nP^ ^'!^^'-^?i^^^ii^H';l-:'l aii'l!!-*'^'''! ' -ini rt- = tefl •' ' •Isa. '«"uf it f Sili' & S. iKif. ]\IJ0VI AIV]\ALI SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo III. (Gennajo i845.) {pubblicato il 15 Febbraio 1845) BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI NELLE SPADERIE. AVVISO iVrrivata la prima Serie degli Annali delle Scien^^e Naturali al Tomo X. , la Società Editrice , che riprende la pubbiicazioae del giornale secondo le norme seguile a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè : Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa: il primo ed il settimo fascicolo d'ogni annata verrà fornito di un frontispizio, ed il sesto e dodicesimo dell'in- dice delie materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto delia consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05: non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alla- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, r Elenco dei quali si legge nel 1." fascicolo. S' inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrario. NUOVI a;\i\ali DELLE itiia^j ^ii'kìt^ MOVI AIVMLI DELLE SCIENZE NATURALI RElflìICOiyTO DELLE SESSIONI DELLA SOCIETÀ AGRARIA, E DELL* ACGIDEMIA DELLE SCIENZE DELl' ISTITUTO DI BOLOGNA. MJat Srtanofc ALESSANDRINI Cav. Dott. ANTONIO Prof. d'Anatomia Comparata e Medicina Veterinaria. BERTOLONI Cav. Dott. ANTONIO Prof, di Botanica. CONTRI Dott. GIOVANNI Prof. d'Agraria. GHERARDI Dott. SILVESTRO Prof, di Fisica. SGARZI Dott. GAETANO Prof, di Chimica Farmaceutica. Serie II. Toxiio III. 1843* SOCIETÀ EDITRICE Alessandrini Presidente. Berti Pichat Carlo. Bianconi Dottor Gio. Battista. Bianconi Prof. Giuseppe. Bertoloni Prof. Giuseppe. Breventani Dottor Ulisse. Brighenti Ispettore Ingegnere Maurizio. Contri Prof. Giovanni. Da Via Marcliese Dottor Luigi. Glierardi Prof. Silvestro. Grandi Dottor Giacomo. Paolini Dottor Marco. Pizzardi Marchese Luigi. Salina Conte Camillo. Santagata Dottor Domenico. Sgarzi Prof. Gaetano. Soverini Dottor Carlo. I componenti la Società Editrice oltreché sostengono le spese della stampa del giornale, che diviene loro pro- prietà , si prestano ancora nella qualità di Collaboratori alla redazione del medesimo. Le materie trattate in questi Annali riguarderanno al solito: 1° La Storia Naturale propriamente detta, cioè la Zoologia, Mineralogia, Geologia e suoi diversi rami, la Geografia fisica, Geognosia e Geogenia, e la Botanica compresa l'Anatomia e Fisiologia vegetale. 2.° L'Agricol- tura teorico-pratica 5 3.° l'Anatomia e Fisiologia umana e comparata: 4.° la Medicina, la Chirurgia, e la Veterina- ria: 5." la Chimica e la Farmacologia: e.** la Fisica, Me- teorologia, Astronomia fisica, e Scienze Tecnologiche. SULLE DIFFERENZE SESSUALI DELLE CONOPIN^ E MYOPlNiE MEMORIA UNDECIMA PER SEMIRE Alli DITTEROLOGIA ITiLIiM ìAUMwoto iell'A 'OOOK^o^ L/nìOKvioKoqKoci, Cv Sx>a.wcia, ecc. lì elle Famiglie delle Conopìnae e delle Blyopìnae negli Inselli Billeri fu necessario di togliere i caratteri disumivi de' sessi dai soli organi inservienti alla copula od alla emissione delle uova o da parli accessorie agli organi slessi, perchè i maschi e le femmine di tutte le specie hanno la fronte in modo eguale allargata, e in quasi tulle non esiste patente diversità nella lunghezza de' pulvilli ed uncini dei tarsi, le diiTerenze delle quali parli sono eccellenti caratteri sessuali in molle famiglie Dilte- rologiche. Ma anche gli organi dai quali si tolsero i caratteri distintivi dei sessi nelle due famiglie in discorso non sono così conformati da poter mostrare in modo facile e sicuro quali siano quelli che sono proprii delle femmine e quali dei maschi. È contraria perciò l'opinione di alcuni autori a quel- la di altri sullo scopo al quale è destinata una lunga ap- 6 DEGLI INSETTI DITTERI pendice acuminata, cornea, e posta all'apice dell'addome in uno dei sessi delle Dalmannìe di Robineau nelle Mio- pine , la quale si crede dai primi una teiebra od ovidutto femminile, e dai secondi un organo fecondatore de' mas- chi: e tanto nell'una come nell'altra sentenza bisogne- rebbe poi ritenere, che l'appendice terminale di qualche altro genere diversamente conformata o sviluppata, sia di- stintivo di sesso differente da quello delle Dalmannie che n'è fornito, ossia, in queste famiglie, la modificazione di un organo si dovrebbe credere che portasse con sé diver- sità grandissima di destinazione senza prove di fatti in appoggio. Così pure si è stabilito essere di sesso maschile gli individui dell'una e dell'altra famiglia i quali sono for- niti di una capsula valviforme ventrale, formata dalla di- latazione di un segmento addominale (1), e dove l'estre- mità degli organi copulatori può essere collocata^ senza che tale opinione venga appoggiata ad argomenti che mo- strino il giusto motivo per cui ella fu stabilita ed adottata. In tali dubbiezze ed in tali contrarietà mi sono volu- to determinare all'accettazione di una delle due sentenze riguardo all'appendice addominale delle Dalmannie dietro plausibili ragioni che mi sono studiato di rintracciare: ed ho cercato di conoscere se realmente questo pezzo termi- nale dell' addome , in ambidue le famiglie di cui si tratta, (1) Si ritiene generalmente che questa dilatazione sia del quarto segmento , ma osservando con attenzione si vede che è il quinto e non il quarto inferiormente dilatato. Questo er- rore è nato sicuramente dal vedere quest^ appendice che tro- vasi ordinariamente sotto il quarto anello, il quale è scavato per modo da poter permettere a questa capsula di collocarvisi perfettamente di sotto; ella però può occupare anche altre posizioni, e spingersi fin sotto il terzo ed avvanzarsi sotto il sesto anello addominale. DI G. fiONDAlSI 7 secondo la sua lunghezza e forma diversa, possa cambia- re deslinazione, ed essere in alcuni generi wn ovidutto, ed in altri un organo fecondatore de' maschi; ed ho posto cura di ritrovare qualche argomento di valore il quale mi convincesse, che gli individui forniti della capsula valvi- forme ventrale sono di sesso maschile, o che mi autoriz- zasse ad allontanarmi da questa generale opinione. Le mie prime idee sopra tale materia furono le se- guenti : Una appendice allungata, cornea, composta, acumi- nata, posta all'apice dell'addome, e piegata sotto il ven- tre nelle Dalmannie, anzi in un solo sesso delle medesi- me, aveva per me tutti i caratteri necessari! a costituire un ovidutto, e come tale doveva ritenerlo per regola di analogia; ed in questa idea mi confermava nel conoscere che gli autori i quali sostengono che tale appendice è uà organo maschile, sono poi di parere diverso sulla lunga appendice terminale dell'addome nel genere esotico Stylo- gaster della Famiglia medesima. Da questi due generi delle Miopine passando agli al- tri due , le Miope ed i Zodion , osservava che in un sesso di tutte le specie l'addome è terminato come ne' primi da un pezzo corneo ripiegato ugualmente sotto del ventre, e quasi sempre più o meno acuminato, per la qual cosa quantunque in questi ultimi sia mollo più breve e meno assottigliato , credetti non potesse considerarsi che come un organo avente eguale destinazione di quello che trovasi nelle Dalmannie, benché molto modificato, e che perciò si dovesse ritenere nel modo medesimo per una appendice femminile. Osservando in seguito che in alcune specie di questa famiglia negli individui forniti del pezzo corneo apicale esisteva pure la capsula valviforme del ventre, nella mia opinione sull' altra appendice terminale, non potei più credere che fosse la dilatazione valviforme del quinto 8 SUGLI INSETTI DITTERI segmento addominale , un attributo esclusivo de' maschi ,' come credevasi generalmente: ed osservando per di più, che gli individui che sono privi della appendice che ter- mina l'addome sono pure mancanti della valva ventrale in tutte le specie da me osservate, fui obbligato a pensare che un tale accessorio fosse nella famiglia un distintivo particolare di alcune femmine, e non già di alcun maschio. Da questa sentenza emergeva naturalmente che uguale dovesse essere il mio parere riguardo alle due appendici addominali delle Conopine, imperocché anche in esse quella che trovasi all'estremità si osserva costantemen- te in un solo sesso di tutte le specie benché varia- mente sviluppala , e la valvula inferiore trovasi spesso negli individui forniti dell'altra appendice, e giammai in que' che ne sono mancanti. Queste però erano ancora supposizioni fondate soltan- to sulla prima idea che mi era formato dell'appendice che termina l'addome nelle Dalmannie; erano tuttora opi- nioni contrarie ad altre opinioni, le une e le altre man- canti di vere prove, per la qual cosa onde fossero con- fermate od abbattute importava di istituire alcune apposi- te osservazioni , come feci di fatto nel modo e col risul- tamento che qui importa di riferire. Cominciai le mie indagini dal lato opposto a quello d'onde eran nate le mie prime idee sulle sessuali diffe- renze di queste famiglie ditlerologiche, togliendo ad esa- me primamente le Conopìnae; ed osservai in primo luo- go un accoppiamento di una specie del mio genere Leo- poldhis (1), nella quale gli individui dell'uno e dell'altro sesso hanno poco distinta la capsula valviforme del ven- (1) Ora le specie di questo genere sono due, per la sco- ferta di una nuova, la quale verrà descritta nella monogra- fia delle Conopine Parmensi che sto preparando. DI C. ROSSDANI 'J tre (1), ma in uno di essi, come nell'altra specie del ge- nere stesso, esiste un' apicale appendice dell'addome, ben- ché pochissimo allungata ed acuminata, e stando alla re- gola ordinaria non conformata ad ovidutto: qualunque pe- rò sia la forma e lo sviluppo di questa appendice, sicco- me il sesso che ne è fornito è quello che ha i pulvilli e gli uncini dei tarsi patentemente meno sviluppati di quelli dell'altro, se è vero che il carattere dei tarsi è distintivo sessuale di primo ordine negli Insetti Ditteri, essendo co- stantemente i maschi quelli che li posseggono più allun- gati , non rimane alcun dubbio che le femmine dei Leo- poldius siano quelle che presentano l'addome terminalo da un pezzo corneo che si ripiega sotto del ventre. I maschi di questo genere^ cioè gli individui che presentano i pulvilli ed uncini più allungati , osservai che hanno il quinto segmento dell'addome, il quale nella par- te inferiore è alquanto sollevato, cosicché pare che l'estre- mità dell'addome medesimo possa esservi collocata, e du- bitai che questa benché piccola espansione del quinto a- nello fosse un rudimento della capsula valviforme che tro- vasi sotto il ventre di altre specie, e perciò che tale ap- pendice dovesse appartenere al sesso maschile, come si crede generalmente; ma nell'esame di parecchi individui del Conops Quadrìfasciatus (2) di De-Geer osservai che in (1) Se la capsula esiste ella è appoggiala al ventre che è mollo incavato e non lascia vedere distintamente guest' ap- f endice la quale in ogni modo non dev' esserti mollo estesa come in altre specie. (2) Per questa specie formo un genere distinto che no- mino Conopaeus, diverso dagli altri Canopi per la fornui della capsula valviforme della femmina per la lunghezza del quinto segmento addominale maggiore di quella del sesto nel medesimo sesso, per gli uncini e pulvilli dei tarsi più alluna 10 DEGLI INSETTI DITTERI questi^ come in quelli dei Leopoldi), uno dei due sessi é fornito di pulvilli ed uncini de' tarsi distintamente più sviluppati, quindi anche in questa specie si distinguono con certezza e facilità i maschi dalle femmine, le -quali son pure nel modo medesimo fornite del pezzo corneo terminale; ma in questo sesso dei Conopaeus esiste svi- luppatissima la capsula ventrale, e si vede nel maschio il quinto anello addominale un po' sollevato inferiormente come ne' maschi del genere anteriore, dalle quali cose risulta evidente che la ventrale appendice non è un di- stintivo assoluto de' maschi, come si pensa comunemente, e come io aveva dubitato. Non per questo però si poteva ancora esser certi che ella dovesse essere un attributo particolare delle femmine, perchè il poco sollevamento inferiore del quinto anello addominale che si osserva in questi maschi, potrebbe in altre specie estendersi molto, e tanto, da formare la capsula valviforme ordinaria, e trovarsi nell'uno e nell'altro sesso di una specie medesi- ma od anche ne' maschi solamente. Seguitando però le osservazioni sulle specie tutte degli altri Conopi da me conosciuti, ho sempre veduta la ventrale dilatazione negli individui ove trovasi pure la terminale appendice, ed ho costantemente veduti gli individui dell' altro sesso esser privi di amendue questi organi, e mostrare soltanto nel modo solilo, il quinto segmento dell'addome un po' sol- levato nella parte inferiore, e perciò fui costretto a con- chiudere che la ventrale appendice è pure un carattere distintivo delle femmine sole in tutta la .famiglia, come quella che trovasi all'apice dell'addome. Ad onta della sicurezza nella quale io mi trovava in riguardo al risultamento di queste mie osservazioni, pure un individuo di una specie in ultimo osservata mi pose in gati nei maschi ecc. La sua diagnosi genenca°completa verrà pubblicata nella monografia delle Conopinae Pannensi. DI C RONDANI II qualche imbarazzo quando cercai di conoscere a qnal ses- so apparteneva. Posseggo un solo esem'ilare del Conops Ceriaeformis del Megerle, e qiieslo ha i pulvilli ed un- cini dei tarsi mediocremente allungati, è privo della cap- sula ventrale, e l'addome lo ha terminato da un rigon- fiamento subrolondato o tnberculiforrae, solido, levigalo, non appuntato all' apice né allungato. Considerando la mancanza della ventrale appendice ed il nessun prolunga- mento del pezzo apicale dell' addome, io era portato a cre- dere che si trattasse di un maschio ; se poi si aveva ri- guardo alla consistenza ed anche allo sviluppo di questo pezzo dovevasi piuttosto pensare che fosse una femmina , imperocché la mancanza dell'appendice del ventre si osser- va pure nelle femmine dei Leolpoldii , ed un tubercolo apicale, benché meno regolare ed esteso, trovasi pure nelle altre specie di Conopine al sesso maschile, e perciò poteva essere una femmina priva di valvula ventrale, od un maschio a tubercolo terminale più esteso e regolare. Per poter giudicare in questo caso con maggiore si- curezza , mi venne in pensiero di osservare se potevasi ri- conoscere quaich' altro motivo di sessual distinzione^ il quale esistesse nell' individuo di cui si tratta ed in un ses- so solamente, se non di tutte, almeno delle specie di un qualche genere della sua famiglia; ed esaminando a tale scopo le Conopinae da me possedute riconobbi nel genere Conops una sessual differenza non prima osservata, la quale consiste nella strettezza del quinto segmento del- l'addome nelle femmine, tanto meno largo dei due fra i quali è collocato, che in alcune specie dir si potrebbe quasi trasversalmente lineare: e siccome nell'individuo del Conops Ceriaeformis da me osservato vi si trova il quinto anello addominale assai più ristretto del sesto, e moltis- simo più del quarto, ho creduto di poter stabilire con si- curezza che l'individuo della specie in discorso da me rac- colto è una femmina; la quale è priva della capsula ven- 12 DEGLI INSETTI DITTERI trale, ed ha poco sviluppato il pezzo corneo terminante l'addome (1). Determinate cosi le vere differenze sessuali delle Co- iiopine , riconoscendo erronee le opinioni prima vigenti sulle addominali appendici delle medesime, ne risultava necessariamente che uguale dovesse credersi la destinazio- ne delle stesse parti nell'altra famiglia delle Miopine: tuttavia volli seguitare le mie osservazioni anche ne' ge- neri di queste, per conoscere se fatti eguali, od alcuni particolari confermavano il giudizio fondato sulla legge di analogia , o se alcuna speciale differenza valeva a mostrar- ne per alcune, o per tutte la insussistenza. Il genere Zodìon come più prossimo alle Conopine fu esaminato prima d'ogni altro, ed in questo si vede co- stantemente uno dei sessi fornito della ventrale dilatazione e del pezzo corneo terminante l'addome, come si trova soventi volte nelle femmine della famiglia antecedente, e l'altro sesso è mancante sempre di amendue quelle ap- pendici , e solo vi esiste il sollevamento poco marcato della parte ventrale del quinto anello dell'addome, come ne' maschi delle Conopinae. Passai dopo ad osservare le specie numerose del ge- nere 3Iyopa , ed ivi pure la terminale appendice esiste sempre in un solo dei due sessi, più o meno sviluppata ed acuminata, e l'altro è privo in tutte le specie come nell'altro genere d'ambo gli addominali accessorii; che se la valvula ventrale si trova in qualche specie di questo genere^ esiste solamente negli individui che sono forniti (1) Per questi due caratteri, e per la grossezza dei femo- ri e principalmente dei posteriori , e pel nessun assottigliamento del secondo anello dell'addome e per altre marche distintive , che verranno enumerate nella monografìa delle Conopine Par- mensi, ho slahiliio per questa specie un genere nuovo che chiamo Conopilla. DI C. RONDANl 13 anche dell' apicale appendice, e gli altri hanno il quinto anello addominale nel modo solito un poco sollevalo in- feriormente. Adunque in questi due generi si trova ciò che ritrovasi nelle Conopine, quindi le due appendici addo- minali saranno in questi, come sono in quelle, distintivi particolari delle sole femmine. Una tale conseguenza che teneva per giustissima ven- ne maggiormente autenticata per l'osservazione di tre ac- coppiamenti della Myopa Atra del Fabricio , imperocché in essi gli individui forniti delle appendici addominali si veggono collocali inferiormente e , come è regola genera- le, deve esser questa la posizione della femmina; che se in un quarto accoppiamento l' individuo mancante di ap- pendici si trova posto al di sotto, sono obbligato a pensare che lo sbaglio nel collocamento sia succeduto una volta, e non tre, e tanto è ciò vero, che in una delle tre prime copule si trovano i due sessi cogli organi copulalorii an- cora in congiunzione, e si vede in modo chiaro che quel- lo che è collocato inferiormente ha sollevata 1' appendice terminale, sotto di cui quell'individuo che sta sopra ha curvata la parte estrema dell'addome, la quale pare che possa essere trattenuta dalla capsula valviforme dell' aliro. solamente ben non si scorge se la femminile appendice sia in qualche modo introdotta nelle parti del maschio, o se vi sia sem[ilicemente collocata al di sopra. È dunque evidente che in tale atto il posto naturale degli individui forniti di appendici è quello inferiore, e se in questa po- sizione vedesi costantemente la femmina nelle copule dei Ditteri, resta confermata la prima sentenza, che anche le femmine delle 3Iyopae e de' Zoclìon come quelle delle Co- nopinae , sono fornite di ambidue o di una almeno delle appendici dell'addome, ed i maschi mancano sempre e dell'una e dell' altra. Restano ad esaminarsi i due generi estrerai delle 3fyO' pìnae, le Dalmannie cioè ed i Slilogastri ; ma sopra questi 14 DEGLI INSETTI DITTERI ultimi non c'è alcuna quislione ; tulli sono d'avviso che Ja lunga appendice che si scorge in un sesso dei medesi- nìi sia un organo femminile, e perciò non resterebbe che il genere Dalmannia sul quale è diverso il parere di di- versi entomologi riguardo alla terminale appendice dell'ad- dome, ma siccome l'opinione dì quelli che tengono un tale organo come particolare de' maschi , non è a mio credere appoggiata ad argomenti che ne dimostrino giusta l'accettazione, e quella degli altri è fondata sulla legge di analogia, si dovrà seguire quest'ultima sentenza, fin- tantoché non venga abbattuta da fatti decisivi che ne di- mostrino nel caso speciale la insussistenza: e tanto più volentieri adotto l'antica opinione, per la quale non si vede infranta la regola generale delle due famiglie, per- chè i filamenti pelosi di cui sono forniti gli individui che mancano dell'appendice apicale, non sono analoghi che agli accessori degli organi dell' accoppiamento che trovansi in altri maschi d'altre famiglie. Concludiamo adunque che per queste osservazioni ven- gono stabilite con sicurezza le differenze sessuali di tutti i generi delle Conopinae e Myopinae , restando le femmi- ne di tutte le specie, ben distinte dai maschi per uno al- meno de' seguenti caratteri: 0 per la minore estensione de' pulvilli ed uncini de' tarsi : o per la presenza di un pezzo corneo più o meno sviluppato e variamente conformato posto all'apice del- l'addome: 0 per una capsula valviforme ventrale prodot- ta dalla dilatazione di un segmento dell'addome: o fi- nalmente per la strettezza rimarcabile del quinto anel- lo addominale in paragone di quelli fra i quali è col- locato. Il pezzo terminale dell'addome si trova in tutte le femmi- ne di ambedue le famiglie, benché molto diverso nella forma e nella lunghezza, e per questa sola prerogativa sono distinte in generale nelle Miopine le femmine dai maschi, se ne togli DI C. HOISDANI 16 quelle de' Zodion e di alcune Miope (1) le quali presen- tano pure la capsula ventrale: ma nelle Conopine oltre la terminale appendice che trovasi in tutte le femmine , sono queste in particolare distinte secondo i generi per qual- ch' altro carattere sessuale. Quelle dei Leopoldius hanno i pulvilli ed uncini de' tarsi distintamente meno allunga- ti, quelle dei Conopaejus hanno parimenti i tarsi assai meno sviluppati, e presentano inoltre la ventrale appen- dice estesa e rotondata. Quelle dei Conops hanno pure la valvula del ventre prominente assai ed acuminata, e per di più hanno il quinto segmento addominale ristrettissimo trasversalmente in paragone dei due fra i quali è posto. Finalmente le Conopillae femmine sono anch' esse distinte per la ristrettezza del medesimo anello dell'addome. Per le cose fin qui discorse è palese che sono aggiunte alla storia naturale ditterologica alcune nuove cognizioni che ponno ridursi alle seguenti. 1.° Glie i pulvilli ed uncini dei tarsi sono distinta- mente più allungati ne' maschi di alcune Conopine, cosa non osservata prima in alcuna specie di questa famiglia. 2° Che la capsula valviforme ventrale è un organo particolare di parecchie femmine delle Conopine e di al- cune Miopine, e non già dei maschi come credevasi prima. 3." Che questa ventrale dilatazione non è già pro- dotta come si riteneva da uno sviluppo straordinario del quarto anello addominale ; ma bensì del quinto. 4." Che il quinto anello dell'addome può essere stret- tissimo in alcune femmine delle Conopine, e servire come carattere distintivo sessuale, il che non era ancor stalo osservato. (1) Forse converrebbe separare queste specie fornite di ventrale dilatazione al quinto segmento nelle femmine dalle altre che ne sono prive ^ e formare un genere distinto che potrebbe chiamarsi TUecophora. 16 DEGLI INS. DITT. DI C. RONDAMI 5.° Che nella massima parte delle Miopine ed in tulle le Conopine il pezzo corneo che termina l' addome in uno dei due sessi è un attributo delle femmine e non de' ma- schi come era opinione comune. 6.® Che dalle premesse emerge necessario il rifiuto dell'opinione sull'appendice apicale delle Dalmannie che la considera un organo maschile. Ho creduto non inutile di pubblicare queste mie po- che osservazioni , perchè ad ogni nuova cognizione che viene portata nella storia naturale, questa progredisce di un passo, il quale benché sia per se stesso di poco mo- mento può tuttavia esser motivo di più interessanti sco- perte: e sono d'avviso che qualunque siano le osservazio- ni le quali distruggono qualche erronea opinione esistente in una scienza , non debbano porsi mai fra le cose di pO" ca importanza- DEL SANTONINO \jhiarao per ora Santonino e non Santonina una so- stanza cristalizzala discoperta pressoché nel medesimo tem- po dalli Signori Kahler, e Alms neW Artemisia contro, Santonica judaica chiamata volgarmente Seme Santo. Questa sostanza presenta secondo i citati autori i se- guenti caratteri: Essa sembra essere neutra, e cristallizza in prismi piatti a sei facce troncati obbliquamente all' estremità, senza colore, e senza sapore sensibile se non che dopo una prolungata masticazione vi si rimarca un poco di amaro. Rifrange la luce, la quale in pochi minuti le cora- munica il color giallo. Non prova all'oscuro alterazione nel colore. È poco solubile nell'acqua fredda e nell'alcool, solubile nell'al- cool caldo, e nell'etere, come negl'oli grassi e volatili, quali soluzioni hanno un sapore amarissimo. Fondesi ad una temperatura di 135, e 136 gradi in un liquido in- coloro che coir infreddamenlo si rappiglia in una massa cristallina. Allorché si aumenta la temperatura dei gradi assegnati, si risolve in vapori bianchi densi che, pren- dendo molta cura, si condensano in cristalli aghiformi, senza che il Santonino soffra alterazione. Disciogliesi nel- l'acido solforico^ ed allorché la soluzione viene diluita coir acqua, il Santonino si precipita dalla medesima. Si discioglie perfettamcnle nell'acido acetico concentrato, e coir evaporazione il Santonino si separa inalterato. Secon- do Liebig il Santonino disciogliesi egualmente nell'acido azotico fumante, dove l'acqua lo separa; ma bollilo nel- l'acido diluito, il Santonino si converte a poco a poco in H. Ann. Se, Natuu. StuiE II. Tom. 3. 2 18 DEL SANTONINO acido ossalico. Il Santonino forma delle combinazioni con la più parte degl'ossidi metallici;, le quali sino ad un certo punto sono solubili nell'acqua. Le soluzioni sature non sopportano l'ebullizione. Se gli ossidi sono insolubi- li nell'acqua, essi si precipitano, ed il Santonino cristal- lizza col raffreddamento (1). Dopo di aver ben studiati i caratteri che appartengo- no al Santonino non che i modi di ottenerlo, mi sono rivolto a riconoscere quali fossero le sue proprietà elettro- chimiche, e se veramente fosse capace di saturare gli os- sidi metallici, o se esso stesso saturava gli acidi. A tal fine ho preso del Santonino cristallizzato tale quale ritro- vasi in commercio , 1' ho messo a bollire dentro una cap- sula di porcellana contenente acqua, e potassa idrata, ed allorché osservai che il fluido non aveva più verun' azione sopra la carta tinta di curcuma, lo filtrai con carta em- poretica, e dopo il raffreddamento osservai che si erano separati dal medesimo alcuni piccioli cristalli. Il fluido conservava il suo stato neutro. Introdussi questo fluido in un tubo di cristallo in forma di V, armai il tubo co' fili di platino, e assoggettatolo all'azione clollro-chimica, lo vidi tosto ad intorbidarsi. Esplorando colle carte a reagenti il fluido che ritrovasi alle due estremità, rinvenni che una carta tinta di curcuma diveniva rossa al polo elettro-posi- tivo, e rossa appariva egualmente quella tinta di torna- sole al polo elettro-negativo; cosicché mi assicurai che il Santonino gode di proprietà elettro-negative, e mi confer- mai essere il Santonino un acido siccome già avevano so- spettalo li Signori Thomson , e Liebig , i quali dissero rassomigliante moltissimo agli acidi grassi. Non trovando soddisfacenti i modi già pubblicati onde oUenere il Santonino , né chiaro sembrandomi il totale de' (1) Opera di Chimica del Sig. Berzelius. Nuova edizio- ne di Bruxelles, DEL PROF. P. PERETTI 19 suoi caratteri, ho voluto tentare in prima se mi riuscisse conoscere in quale stalo ritrovasi nel seme santo, se cioè combinalo con un ossido metallico, ovvero disciolto da un acido. Il Sig. Kahler ci dice di aver rinvenuto nell' estratto etereo di seme santo un acido, che forma un sale cristal- lizzabile, ma io non so se intenda dire che quest acido for- mi un sale cristallizzabile colla Santonina, ovvero con qualche ossido metallico (1). Una decozione di Sanlonino è acida, e se sopra que- sta versi a poco a poco della potassa idrata a saturare l'acido avrai un abbondante precipitato giallo. Separa que- sto con filtro di carta, evapora il fluido sino alla consi- stenza di sciroppo, e col raffreddamento e riposo avrai un residuo viscoso nel quale sonovi alcuni cristalli irrego- lari. Disciogli questo residuo nell' alcool freddo , ed i cri- slalli rimarranno insoluti e che potrai separare con filtro. Discìogli i medesimi nell'acqua bollente, filtra il flui- do, ed i cristalli appariranno col raffreddamento in pri- smi quadrilateri diafani , e mollo regolari. Se sopra il flui- do superstite ai medesimi versi dell'azotato d' argento , del cloridrato di calce formasi un precipitato bianco. Se disec- chi questo, e postolo in un tubo di vetro chiuso da una parie, lo assoggetti al fuoco di una lampada esso non annerisce, non isviluppansi gas che abbino azione sulle carte a' reagenti. Se lo poni poi in una capsula di plati- no al fuoco esso lascia un residuo del tutto alcalino senza parie carboniosa. Se sopra una soluzione dello stesso sale versi dell'acido ossalico, formansi sul momento dei pic- cioli cristalli , che cadono al fondo del liquido. Questo carattere ed alcuni degli antecedenti mi por- tarono a credere, essere l'acido ossalico quello che libe- ro ritrovasi nel seme santo, ma sulla considerazione che (1) Opera citata Tomo III. jtag. 153. 20 DEL SANTONINO l'ossalato neutro di potassa è di difficile cristallizzazione, desisto ciò pronunciare, riserbandorai a fare ulteriori ri- cerche allorquando avrò maggiori quantità del predetto sale. Per ora dirò che, trattando il precipitato giallo otte- nuto col versamento della potassa idrata sopra la deco- zione di seme santo coli' alcool bollente, e decolorando il fluido col carbone animale, ho ottenuto il Sanionino e che egualmente 1' ho ottenuto col decolorare quell'alcool che ha servito a disciogliere l'estratto, dal quale si è avuto il sale di sopra preso ad esame. I cristalli ottenuti coll'ebullizione della così detta Santonina colla potassa idrata, non avevan forma regola- re^ eran un miscuglio di prismi, e di lamelle. 11 sapore di questi era presso che nullo, poco solu- bili nell'alcool freddo, solubili in quello bollente da cui mediante il raffreddamento separansi in piccoli prismi riuniti a fascelli. Sottomessi all'azione del fuoco essi fondonsi in un fluido bianco, che col raffreddamento si rappiglia in una massa cristallina. Coir aumento di temperatura il flui- do prende un color rubino, indi oscuro; spande vapori acidi empireumalici;, e non lascia residuo carbonioso, ma bensì una picciola quantità di sostanza bianca solubile nel- l'acqua, la qual soluzione cambia fortemente in rosso una carta tinta colla curcuma, e ripristina quella di tornasole arrossata con un acido , fa effervescenza cogli acidi. Indizi tutti di carbonato di potassa (1): il sale preso ad esame, lo considererò siccome una combinazione di acido Santo- nico, e di potassa, combinazione neutra, che potrà ap- pellarsi santoniato di potassa- Quella poi che presenta la (l) La Santonina di Commercio ^ trattata nello stesso mo' do presenta i medesimi caratteri, somministrando egualmente la potassa carbonata coli' abbruciamento, DEL PROF. P. PEBÈTTI 21 COSÌ delta Sanlonina, la considererò come un bisantonia- to di potassa. Una decozione di seme santo oltre di essere acida co- me Ilo detto in avanti , precipita in nero i sali ferrici. Allorché la medesima è ben satura, è trasparente, ed ha un color giallo cupo, col raffreddamento s'intorbida. La- sciala in riposo deponesi una sostanza granuUare di color grigio giallo, che ha un saper astringente ed amaro e che bagnala con acqua lenente in soluzione un sale ferri- co diviene nera. Sembra essere questa una combinazione di acido tannico e di bisantoniato di potassa. Il fluido nul- r ostante che abbia lasciato depositare la sostanza suindi- cata continua ad essere torbido, e nuovo precipitato lascia deporre col riposo. Questo secondo precipitato è quasi bianco ed il suo sapore è meno astringente. Trattati que- sti due precipitali coli' alcool bollente e decolorale le so- luzioni col carbone animale col raffreddamento deponesi il bisantoniato di potassa cristallizzalo e bianco. L'alcool su- perstite versalo nell'acqua, la rende laltiginosa, e col ri- poso di più giorni nuovo bisantoniato lascia separare. II fluido alcolico diluito continua a precipitare in nero i sa- li ferrici. CosicchC si può credere che l'acido tannico esistente nel seme santo sia quello che tiene in soluzione il bisantoniato di potassa esistente nel medesimo; come egualmente farà l'altr' acido rinvenuto, che colla potassa ha somministralo que' cristalli quadrilateri regolari. Si può avere poi il bisantoniato di potassa nello stes- so modo con il quale ho avuto i resinati alcalini forman- ti r amaro della più gran parte de' vegetali. Se decolorasi perfeltamente col carbone animale una decozione di seme santo , e che lavalo bene il carbone venga diseccalo^ quin- di trattalo coli' alcool bollente, questo fluido tiene in so- luzione il bisantoniato di potassa, il quale si separa^ al- lorquando si diluisce con acqua la soluzione alcoolica. Se sopra una tintura alcoolica ben satura di seme 22 DEL SANTONINO santo si versa della potassa idrata, ne nasce un for- te inlorbidaraeuto , quindi un precipitato viscoso che fa- cilmente si può separare dal fluido alcoolico. Decolorato questo col carbone animale, e diluito con acqua deponesi il bisantoniato di potassa. In fine un' infusione di seme santo fatta a caldo nell' olio di oliva , col raffreddamento e riposo lascia separare il bisantoniato di potassa. Conviene però confessare che qualunque sia il meto- do adoperato per avere il bisantoniato di potassa, sempre piccole quantità se ne sono avute , dacché si può dubitare che l'azione antelmintica non sia dovuta totalmente a que- sto principio. Pietro Peretti Professore di Farmacia in Roma- DELL» ACIDO VALERIANICO A, .vevo già manifestato ritrovarsi l'acido valerianico nella valeriana, in gran parte combinato colla potassa, e che colla distillazione della radice di valeriana non olte- nevansi che quantità minime di quest'acido (1). Riconosciuto essere l'acido valerianico in gran parte combinato colla potassa, immaginai che maggiori quantità di acido valerianico polevansi ottenere seguendo il meto- do qui appresso descritto. Trenta libbre di valeriana dissecata e grossamente pol- verizzata furono poste in infusione in una certa quantità di acqua capace di ben bagnare la medesima , quale acqua tenesse in soluzione del Carbonato di potassa. Dopo lo spazio di ventiquattro ore fu colato il flui- do, e compresso il magma. Detto fluido fu evaporato alla consistenza di un liquido sciroppo, e posto quindi in una cucurbita di vetro, si è aggiunto nella medesima una cer- ta quantità di acido ossalico disciolto nell'acqua. Adat- tatovi un ampio recipiente, e lutate le giunture, si è po- sta la cucurbita in un fornello, e con fuoco moderato si è distillato gran parte del fluido avendo avuto cura di (1) Nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bologna. Fa- tcicolo di Febbrajo e Marzo 1844. 24 dell'acido VALERIAN. DEL PROF- PERETTI mantener freddo il recipiente. Detto fluido acido fu in par- te combinato coli' ossido di zinco idrato, e colla chinina pura, ed ebbesi oncie sei valerianato di zinco, ed un'on- cia di valerianato di Chinina. I medesimi prodotti si ebbero facendo infondere la radice di valeriana nell'acqua di calce, ed operando come la avanti si è detto. Pietro Peretti Professore di Farmacia in Roma. DESCRIZIONE DI DUE GENERI EWI DI INSETTI DITTERI PER SERVIRE ALLA DITTEROLOGIA ITALIANA MEMBRO DELLA SOCIETÀ ENTOMOLOGICA DI FRANCIA ECC. N. lello studiare le prime divisioni delle M/jcmae ne- gli Inselli Billeri, airoggello di conoscere e dislingiiere 1 generi italiani delle medesime, ho trovale nella mia rac- colta due specie di Tachinariae le quali per la maggio- ranza dei loro caratteri dovrebbero appartenere al genere Tliryptocera del Macquart; ma nel cercare di conoscere a quali specie di questo genere si dovevano riferire, ho co- nosciuto che elle sono diverse da tutte quelle infino ad ora descritte per caratteri di un'importanza tale da non lasciare alcun dubbio potessero essere sfuggiti ad altrui osservazioni, 0 fossero stati dai Dillerologi appositamente trascurati. Una d'esse difTalti è diversa non solamente da tutte le Triptocere, ma da tulle le Tachinarie anzi dalle Creo- file tutte di Lattreille, per la mancanza assoluta della se- conda venetta trasversale delle ali , di quella cioè che do- vrebbe riunire, esistendo, la quinta e la sesta delle vene longitudinali: ed ha inoltre interrotta la quinta delle vene medesime nel punto ove dovrebbesi piegare in gomito, co- sì come si osserva nelle Actiae del Robineau. La seconda specie ò pure distintissima da tulle l'al- tre della sua sessione delle Triptocere per un complesso 26 DEGLI INSETTI DITTERI di caratteri marcatissimi, parecchi dei quali si trovano so- lamente isolati in qualche specie, ed alcuni altri sono ad essa particolari; ed è principale fra questi ultimi la lun- ghezza quasi eguale dei tre articoli che compongono la se- tola antennale. Per queste ragioni adunque non solo si può esser certi che le due specie italiane non sono state in fino ad ora descritte, ma si può eziandio credere con fondamento che debbano istituirsi per esse due generi nuovi anche quando non esistessero altri caratteri ausiliarii che verranno ennu- merati nelle loro descrizioni. Prima però di passare alle diagnosi e specifiche e ge- neriche di questi due insetti, importa di far precedere la spiegazione di alcune maniere particolari di esprimermi, che sono stato costretto di adoperare, o perchè ho fatto uso di caratteri distintivi i quali non erano prima consi- derali, 0 perchè ho creduto necessario di modificare alcu- ne espressioni poco precise che si veggono usate dai Dit- terologi: e sarà pure util cosa di anteporre alcune osser- vazioni e considerazioni alle quali han dato motivo la sco- perta e lo studio di tali specie confrontate con altre della sessione alla quale appartengono o di gruppi ad essa vicini. Le setole principali, quelle cioè distinte dall'altre per grossezza e lunghezza maggiori , e che trovansi sull' addo- me 0 la testa od altre parti degli insetti Ditteri secondo- che esistono, o no in certe posizioni servirono ad alcuni scrittori come caratteri distintivi : ma per conoscere se trattasi di queste soltanto od anche di quelle minori e più esili che trovansi quasi sempre ad esse mescolate , trovo conveniente di appellarle con nome diverso il quale faccia pur suggerire la qualità per cui furono distinte, eie chia- mo perciò Macrochetae, parola che può tradursi coli' al- tra Crassisetae , e così il nome semplice di Setae resterà a quelle che sono distintamente piìt esili, e di Pili a quel- le che sono sottilissime. DI C. nONDANI 27 Le Macrochete e le setole che trovansi sulla testa di parecchie fami£[lie di inselli Billeri , allorché furono ado- perali come molivi di disiinzione dagli scrittori Ditterologi , lo furono in maniera assai confusa e non uniforme, cosic- ché non si poteva comprendere quasi mai con certezza né il vero posto da loro occupato né il modo con cui erano disposte né il numero né le qualità delle medesime, e quindi erano distinzioni di poco valore per le incertezze nelle quali ci lasciavano. Si chiamava, ad esempio , la fac- cia di certe specie ora aligera, ora Setis marginata, ora Vibrìssata, ma ciò non indicava se la faccia era fornita di setole nelle gole e nei bordi della fossa facciale, o se in quelle od in questi soltanto; ne si intendeva per queste e- spressioni se tulle od in parte le gole o le fosse facciali eran fornite di setole, né se queste eran poche o nume- rose, né se erano indipendenti dalle frontali o formavano un seguito di queste;, e va dicendo, cosicché considerale queste incertezze ho dovuto credere che importasse assai che più non esistessero per l'avvenire, e che si potesse mettere riparo ad un tale inconveniente col distinguere le macrochete della testa secondo la posizione da loro occu- pata, dopo di che sarà più facile assai di far conoscere le altre loro qualità. Io distinguo perciò le macrochele del capo in Fron- tales , Foveales , Faciales ed Orales. Le Frontali saranno quelle che trovansi nella parie superiore della testa e lalora discendono in linee non in- lerrotte e più o meno nelle gole. Queste poi si potrebbero suddividere in seguilo in Ferticales, Ociilares , Ocellares ed Occipitales secondochè occupano lo spazio superiore ed intermedio , o i margini degli occhi , o la regione degli occhietti, 0 la parte della nuca, sia isolale, sia aggrup- pale, sia disposte in|linee. Le Foveali saranno quelle che cominciando presso le vibrisse maggiori dell'epistoraa ascendono più o meno sui 28 DEGLI INSETTI DITTERI bordi della fossa facciale, e per l'avvenire il significato della parola Vibrissae dovrà essere limitato ad indicare so- lamente le due raacrocliele maggiori, che per lo piii si incrocicchiano all'estremità. Le Facciali saranno quelle che trovansi negli spazii della faccia fra gli occhi e la fovea intermedia, cioè nelle gote, ma non dovranno così appellarsi se non quando sa- ranno indipendenti dalle Frontali^ vale a dire;, quando non formeranno con quelle una qualche linea continuata. Finalmente le macrochele Orali saranno quelle che dalle vibrisse ordinarie discendono nella parte inferiore della testa sui bordi dell'apertura peristomale. Quelle poi che ponno trovarsi nella parte inferiore delle gote senza essere sugli orli dell'apertura del perisloraa, potrebbero chiamarsi 3Ientuales. Le Setae ed i Pili potranno pure esser distinti e no- minati come le Macrochetae nei casi ove si conoscerà che sia utile ed in questa ed in altre famiglie di Ditteri. Ho adottato nella distinzione di parecchi generi, co- me furono adoperati alcune volle dal Macquart, i caratteri tolti dalla presenza e mancanza di macrochete o setole nel mezzo superiore di alcuni segmenti addominali , ed ho co- minciato a far uso nelle distinzioni specifiche delle diffe- renze di numero od assoluto od approssimativo delle me- desime , perchè importa attualmente di calcolare il mag- gior numero possibile di marche distintive onde meglio si possano caratterizzare e le specie ed i generi, il cui nu- mero va tuttogiorno crescendo. Queste macrochete o setole addominali saranno su- perne 0 laterales , collocate cioè o nella parte superiore dei segmenti dell'addome od ai lati dei medesimi, e si diranno margìnaìes od intcrmediae secondo che si vedran- no presso i bordi degli anelli;, o nella parte di mezzo de- gli stessi. Questi caratteri numerici delle setole sono soggetti DI C. RONDANl 29 egli è vero a variare anche negli individui della stessa specie e del medesimo sesso, ma queste variazioni hanno un limile il quale si può facilmente determinare solamente che si posseggano parecchi individui di una specie: e poi, qual'è mai quel carattere che non sia soggetto a variazio- ni? Per lo più importa di stabilire un maximum od un minimum e non l'assoluta misura e quantità: perciò qua- lunque sia la poca stabilità di queste marche caratteristi- che avranno sempre un valore almeno eguale a quello delle variazioni nelle tinte e nella grandezza, e si potrà quindi trarre qualche vantaggio anche dall'uso delle me- desime, anzi questi caratteri appoggiati alla qualità^ posi- zione 0 numero diverso delle setole addominali, e della testa sono di opinione che non potranno più in seguito abbandonare^ perchè non poche volte avverrà che sola- mente per essi si potrà distinguere una specie dall'altre, 0 perchè almeno sarà più facile altre volte coli' aggiunta di queste differenze , la distinzione non solo delle specie ma anche talora dei generi. In una delle specie per le quali propongo la istitu- zione di due generi nuovi ^ ho osservato un carattere del- l'ali, il quale parmi non sia stato in fino ad ora cono- sciuto, od almeno non siasi mai tenuto conto del medesi- mo, e consiste nella maggior vicinanza della seconda ve- netta trasversale alla prima, di quello che sia al gomito della quinta longitudinale. Osservate le specie , benché po- che, delle Triptocere da me possedute, quasi tutte mi hanno presentato questo carattere, mentre le Gonie, le Echinomie, i Micropalpi e tutte le altre Tachinarie ad ar- ticolo secondo dell'arista distintamente allungalo, mi han- no sempre mostrato il carattere contrario, cioè maggior vicinanza del gomito della quinta vena longitudinale alla seconda Irasversa, di quella della prima Irasversa alla seconda. Considerando che le Gonie e le Triptocere sono fra 30 DEGLI INSETTI DITTERI loro distinte per caratteri di pochissima stabilità cosicché in ultima analisi il principale motivo di loro distinzione consisterebbe nella faccia più o meno rigonfia delle prime e non rigonfia delle seconde, e che il distintivo dell'ali da me osservato , almeno per le specie che mi sono no- te, è sempre accompagnato dall'altro della quinta areola esterna che abutisce presso a poco all'apice dell'ali, so- no stato obbligato a credere che se questi due gruppi d'insetti vorranno essere conservati divisi, si dovran pre- ferire quelli dell'ali ad ogni altro motivo di distinzione, il che porterebbe seco il bisogno di riportare alla sezione delle Genie quelle specie di Triptocere che mancano alle ali dei caratteri di cui si parla : ma credo però che mi- gliore consiglio sarebbe quello di riunire in una sola que- ste due suddivisioni perchè alcune specie hanno i caratteri facciali delle Triptocere e quelli alari delle Gonie, e tutte hanno marche caratteristiche importanti che le sono comuni. Se ad ogni modo si crederà non inutile di conserva- re una tale separazione, tralasciando di notare le cose che trovansi nell'una e nell'altra sezione si dovranno a mio credere riportare alle Triptocere quelle specie che sou fornite dei due caratteri qui notati; — Alarum vena secunda transversaria magis distans a cubito venae quintae longitudinalis, quara a prima transversa. Areola quinta exterior ad apicera alae circiter aperta. — e dovranno appartenere alle Gonie quelle che hanno i se- guenti caratteri dell'ali — Areola quinta exterior distincte ante alarum apicera aperta. Vena secunda transversaria magis proxiraa cubilo quin- tae longitudinalis, quam primae Iransversariae. — Se poi, come penso che sia più conveniente, si vor- ranno riunire le due sezioni in una sola, la quale si po- trebbe chiamare delle Gonichetae la diagnosi comune così si dovrebbe fi^'-roarp. DI C. RONOANI 31 — Pioboscis brevis crassiuscula numqnara bicubitala. Palpi scraper elongati circiter usque ad marginera an- tìcum epistomatis. Anlennarum articulus terlius longior seciindo vel lon- gissimus. Aristae arliculi duo primi , vel saepius secundus tantum magis vel minus elongalus, et cura tertio plus mi» nusve dislincle cubitatus: si raro brevis lune vel facies dislincle buccata, vel vena prima Iransversa- ria magis proxima sccundae, quam secunda cubito quintae longitudinalis. Oculi scraper distantes in utroque sexu- — Ho posto per primo carattere delle Gonìchetae la trom- ba non esile né bigomitala, perchè io separo ìe Siphonae dalle Thachinarìae formando per esse il primo gruppo delle Muscinae il quale lega in certo modo questa serie di Ditteri colle Myopinae per la conformazione analoga della loro tromba: quindi le Triptocere che sono le più prossime alle Sifone saranno alla testa delle rimanenti Tachinarie, e per me riunite alle Gonie in una sola sotto- sezione, la quale attualmente sarà composta almeno dei generi qui notati e distinti. A. Vena secunda transversaria, nisi abest, magis pro- xima primae quam cubito venae quintae longitudi- nalis , si fere aequidistans aristae articulus secundus manifeste elongatus. Arcola quinta exterior ad apicem alae circiter aperta. B. Vena quinta longitudinalis ad cubitum iuteriupta. C. Vena secunda traasversaria completa- GEN. I. ACTIA. R-D. ce. Vena secuada transversaria Dulia. 32 DEGLI INSETTI DITTERI GEN. II. PHYTOMYPTERA mihi. BB. Vena quinta longitudinalis non interrupta. D. Aristae articuli primi tertio brevioies. Macrochetae abdorainis superae marginales tantum seg- menlis secundo et tertio. GEN. III. TRYPTOCERA Mac. DD. Aristae articuli primi elongati circiter ut terlius. Macrochetae abdominales intermediae et marginales segmenti secundo et tertio. GEN. IV. BIGONICHETA mihi. A A. Vena seconda transversaria raagis distans a prima quara a cubito venae quintae longitudinalis. Areola quinta exterior aperta longe ab apice alarum. E. Facies obliqua, non buccata; genae uudae. Macrochetae aliquae intermediae segmenlis secundo et tertio abdominis. GEN. V. GERMARIA R-D. E E. Facies non obliqua, magis vel minus buccata. Genae plus minusve seligerae. Macrochetae nullae intermediae segmenlis secundo et tertio abdorainis. GEN. VI. GONIA Mgn. Ho chiamato Phytomyptera il primo dei due nuovi generi perchè le sue ali somigliano in certo modo a quelle delle Phytomize per la mancanza di vene trasversali nella DI C. RONDANI '' 33 loro parte intermedia , ed ho chiamato l' altro Bigonìcheta perchè la sua setola anlennale forma due gomiti alle ar- ticolazioui dei tre pezzi dei quali è composta. Descrizione dei due generi nuovi e delle due specie dei medesimi' GENUS PHYTOMYPTERA m. Char. Gen. Antennae ad epistomatem fere productae: ar- ticulo secundo siibconico, breviusculo, ci- liato; tertio satis ampio, extra ad apicem oblique subtruncato. Arista in articulorum secundi et tertii conjun- elione subcubitata: articulo secundo paulo elongato: primo brevissimo. Series Macrochelarum foveales elongatae ultra raedielatem faciei: Frontales in genis non descendentes, faciales nulae. Oculi nudi. Abdominis segmenta duo intermedia macroche- tis marginalibus tantum nonnullis. Alarum vena quinta longitudinalis, ubi in aliis cubitura efformal , iulerrupta : secunda transversa nulla. Species Ph. Nitidi ventris. mihi. Longil Mill.^ 3h Facies et Frons obscure albidae, vitta frontali siibtestacea. Antennae articuiis primis et basi lenii subriilescunlibus, uUimo et arista uigris. N. A.\N. Se. MATin. SEfiit II. Tom. 3. 3 34 DEGLI INSETTI DITTERI Palpi saltem extrinsecus fulvescentes. Tliorax niger palilo siibcinerascens ut pleurae et melathorax. Sciilellum nigro-leve. Abdomen nigro-nilidum , vix prope basim segmentorum la- teribus paulo sub-albido-sericeis. Macrochelae abdominales segmento primo nuUae: secando superae diiae inarginales : tertio plures marginales in lineam transversariam : quarto plures in medietate apicali. Squaraae fusco-Iulescenles. Alae limpidae,, venis prope basim alarum pallide sublute- scentibus. Venae quartae longitudinalis basi setula unica. Pedes omnino nigri. Rarissima. Capta in alnis prope Padura in ditione Par- mensi, primo vere labente. GENUS BIGONICHETA mihi. Char. Gen. Antennae elongatae circi ter usque ad episto- malem: arliculo secundo brevi ciliato: ter- tio longissiino prismatico. Aristae articuli tres elongati, longitudine fere aequali; ad conjunctiones bicubitata. Oculi distincte villosi. Macrochetae foveales nullae : frontales distinctae a gennalibus, illae in genis non descen- dentes, istae salis validae. Abdonsinis segmentis intermediis macrochetae superae et marginales et intermediae. Alarum vena secunda transversa magis proxima primae quam cubito quintae longitudinalis; ista ad cubitum non interrupta: cubitus validus. DI C. RONDANI 35 Species Big. Mariettii. raihi. Long. Mill." 5-6. Facies et Frons obscure fusco-cinerascentes , villa frontali lata vix palilo subrufescenle. Palpi obscure fulvi. Anlennae nigrae, ad conjunclionem lanlum secundi et ler- tii arliculi anguste et paium manifeste rufescentes. Arista nigra , arlicuUs primo et teilio longitudine fere ae- quali , secundo paulo minore. Thorax niger obscure fusco-cinerascens ut scutellum. Tho- raci vittae quatuor anticae obscuriores. Abdomen nigrum segmentis basi late fasciatis cinerei ma- gis vel minus fusci. Macrochetae abdorainales superae segmento primo nul- lae: secundo duae marginales e duae inierraediae : lertio intermediae quatuor, et posticae plures margi- nales in lineam transversam disposilae: quarto plures in series aliquas transversarias collocalae, sed prope basim nullae. Alae sublimpidae , vena secunda transversa recla : sccunda longiludinalis setulis omnino ciliala: quarta selulis in- slructa a basi usque centra secundam transversariam : sexta in tenia parie tantum basali setulis praedita. Squamae pallide sublutescenles. l'cdes omnino nigris, vix geniculis angustissime subrufe- scentibus. Rarissima in Longobardia. Parmae semel capta in floribus plantaginis. Domino Marietti entomologo diligentissimo Mediolanensi nuper defunclo speciem hanc dicavi , quia exemplar pri- mum ejusdem ab eodem dono acccpi. 36 DEGLI INSETTI DITT. DI C RONDACI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA L 1. Antenna Phytomyptera. 2. Ala Gen. ejusdeni. 3. Ala Bignichetae. 4. Caput Gen. ejusdem, 5. Antenna ejusdem. N:Aiinuli.Serie2"T'Ill. Tav ^. ^. /. .r Lir^Brttmi. OSSERVAZIONI ZOOTOMICO-FISIOLOGICHE SULLA RESPIRAZIONE DELLE RANE , SALAMANDRE E TESTUGGINI »X BAILTOZiOaXEO PANXZZA Lette nella adunanza dell'I. R. Istituto del giorno 28 Dicembre 1843. I. Li meccanismo della respirazione è essenzialmenie eguale in tutti i mammiferi e In tutti gli uccelli. Nei ret- tili invece vi sono due ordini, cioè i Batraciani (rane e salamandre) e i Cheloniani (testuggini), nei quali, per consentimento di tutti i zoologi , si riscontra una curiosa anomalia riguardo a questa importantissima funzione; va- le a dire che non potendo il loro torace dilatarsi attiva- mente ed agire come una tromba aspirante, la natura ha disposto in modo che l'aria venga spinta nei polmoni per un moto di deglutizione. Infatti, si ammette che, chiusa la bocca, l'animale dilati la gola, formando un vuoto, sicché l'aria esteriore per la via delle narici vi si preci- pita. La gola piena d' aria si contrae e , chiusa trovando- si la faringe, chiuse le narici, mercè una valvola oppor- tunamente ivi collocata, l'aria compressa prende l'unica 38 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOLOG. via che rimane aperla, quella cioè della trachea, per la quale passa ai polmoni. Dalla forza contratlile dei polmo- ni combinata coli' azione dei muscoli del cavo splancnico si eseguisce poi la espirazione. Il sig. Doli. Haro negli Annales des scìences naturelles, fascicolo di luglio ed agosto dello scorso anno, ha inserita lina Memoria sulla respirazione delle rane, salamandre e testuggini , in cui assicura dietro numerose esperienze che la respirazione si effettua presso questi rettili in una ma- niera analoga a quella degli uccelli , vale a dire per una contrazione e dilatazione alternativa della cavila polrao- nale, prodotta da un particolar sistema di muscoli ed or- gani cartilaginei, e non per un meccanismo di deglutizione. L'importanza dell'argomento e le viste zootoraico-fisio- logiche dell'autore destarono in me un vivo desiderio di verificare se l'opinione da lui esposta corrispondesse in tutto ai fatti. Ma innanzi di entrare nella parte sperimen- tale del signor Haro relativamente alle rane, credo oppor- tuno il rammentare le seguenti circostanze anatomiche. Le aperture esterne delle narici hanno un contorno molle e mobile nella parte anteriore, il quale, a guisa di battente membranoso , può esser portato all' indietro e stringere di tanto l'apertura da chiuderla ermeticamente, come si prova tenendo immersa per alcuni minuti una rana in una lunga soluzione di cianuro ferruginoso potassico; imperocché estratta la rana, tenendole chiusa la bocca, e asciugatogli con molta accuratezza tutto il contorno del muso, indi apertale la bocca, se si tocca l'apertura interna delle na- rici e il cavo della bocca stessa con una soluzione di clo- ruro di ferro, non apparisce alcun indizio di tinta bleu. Né si creda che concorra la lingua all' uffizio di chiude- re ed impedire l' ingresso del fluido , imperocché se ad una rana si esporta la lingua, dopo di avere posta un'allaccia- tura alla sua parte posteriore, onde impedire l'uscita del sangue, e indi si sottopone al suaccennato esperimento, si DI B. PANIZZA 39 ha lo stesso risultato ; che dimostra non essere penetrala in bocca neppure una stilla del liquido. Dalle quali esperien- ze emerge chiaro che i battenti membranosi alle aperture esterne delle narici sono valevoli a chiudere ermeticamente le narici. Nella respirazione piccola e breve nessun movi- mento si appalesa alle narici; nella grande ed esagerata si scorge un moto di allargamento e di stringimento che ac- cade palesemente nel momento d'innalzamento della gola. Nulladimeno non è tolta del tutto l' uscita all'aria, giacché se si pone in questo istante una leggera piuma accanto a questa apertura, ne viene respinta. L'apertura interna delle narici è ampia, di contorno immobile, né viene mai otturala, anche quando, a bocca chiusa, la lingua si pone contro il palato osseo, perchè il margine esterno della lin- gua sta al di dentro delle aperture nasali interne tra la regione inferiore della bocca e l'osso ioide, la di cui parte larga cartilaginea membranosa è anteriormente , la solida si trova posteriormente e finisce con due eminenze ossee divaricate tra loro, che si possono chiamar grandi corna del- l'osso ioide. Fra queste eminenze si trova collocato ed at- taccalo per una niembranella legamentosa il principio del canale aereo, la glottide, molli muscoli della quale hanno per punto fisso le grandi corna dell'osso ioide. Quest'osso deve i suoi movimenti ai muscoli niilo-ioideo, genio-ioideo, omo-ioideo, temporo-ioideo, slerno-ioideo. Allo scopo di conoscere il meccanismo del continuo ab- bassamento ed innalzamento dell'ioide ed i movimenti de- gli oggetti contenuti nel cavo della bocca, ho a molte rane vive, mediante un colpo di forbice, esportata trasversal- raenle la parte anteriore della mascella superiore sino in vicinanza agli occhi , ed a qualcheduna ho levata via con taglio trasversale anco la parte anteriore della mascella in- feriore. Dietro queste preparazioni , ho potulo osservare nell'interno della bocca la vera posizione de' varj oggetti;, e r azione di ciascuno in quel meccanismo. Nel fondo delle 40 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOIOG. fauci ed in alto si presenta la membrana mucosa tutta grinzosa pieghettata, a rughe longitudinali talmente avvi- cinate tra loro da chiudere il principio dell'esofago, al di sotto di questo punto si vede un piccolo rialzo conico , nel cui mezzo avvi una fenditura longitudinale che si apre e chiude a volontà dell'animale, la glottide. Vidi che nell'allargamento della gola, r osso-ioide a cui è obbligata la glottide , si porta indietro e al basso, e così si accorcia il cavo toracico nel diametro antero-posteriore , ed il pol- mone viene spinto indietro. Durante questa retrazione dell'osso ioide^ da cui dipende l'ingrandimento ed allar- gamento della gola, la glottide sta sempre chiusa; cessata la retrazione, la glottide si apre, nel quale istante esce i'avia, da cui viene respinta un'esile piuma che si avvi- cini all'imboccatura della glottide. La glottide così aperta si dirige coli' osso ioide in alto e in avanti, per cui viene ingrandito alcun poco il cavo toracico ed allungato il pol- mone, e stringendosi contemporaneamente il cavo della bocca, e ponendosi la lingua a contatto del palato osseo, l'aria entra per la glottide. Compiuto questo momento, cioè accaduto il massimo stringimento del cavo della bocca , la glottide si chiude e cosi resta finita la inspirazione. Le potenze che si trovano in azione in questi due di- versi momenti sono gli omo-ioidei e sterno-ioidei , per la retrazione ed abbassamento dell' osso ioide , e quindi per r allargamento della gola. Questo ufficio si deduce non solo dalla loro posizione e dai loro rapporti, ma dall'esperien- za; giaccìièj tagliali i nominati muscoli^ non si effettua più la retrazione dell'osso ioide, e perciò della glottide e del fondo delle fauci. I muscoli poi milo-ioidei , genio-ioidei , gcnio-gìossi;, temporo-ioidei cospirano a portare innanzi ed in allo l'osso ioide, quindi la glottide ed il fondo delle fauci , e perciò allo stringimento della gola. Certamente tra queste potenze, i muscoli temporo-ioidei concorrono di mollo ad innalzare e portare in avanti l' osso ioide ; il che hi B. PANIZZA 41 apparisce chiaro guardando il cavo della bocca, alla re- gione sua laterale j all' indietro del foro uditorio; impe- rocché mentre l'osso ioide si innalza e viene innanzi, si vede la loro contrazione. La stessa cosa si dimostra dalla seguente sperienza : se ad una rana, aperta la bocca, si leva via la membrana mucosa, al di dietro del foro udi- torio, e messi così allo scoperto i suddetti muscoli, si ta- gliano, il moto d'innalzamento deir ioide diminuisce assai. Talvolta in questo esperimento ho veduto cessare anche il moto di allargamento della glottide; ma dall'esame co- nobbi che nel taglio dei muscoli temporo-ioidei aveva com- presi eziandio i filamenti nervosi che scorrono dietro i sud- detti muscoli, e si portano alla glottide ed alla lingua, per cui rimanevano paralizzate le potenze motrici che presie- dono al movimento dell'apertura della glottide. Conosciuto il vero modo d'agire dei diversi oggetti del cavo della bocca nell'allargamento e stringimento di que- sta cavità, si consideri ora il fatto, dietro il quale il sud- detto signor Haro dichiara del tutto erronea la comune opinione sul meccanismo della respirazione. A comprovare il suo assunto, l'autore così si esprime : Io prendo una ranocchia vigorosa , ne distacco dalla ma- scella inferiore la pelle, i muscoli genio-glossi , milo- ioidei , e la mucosa della bocca ; la lingua sorte penden- te, nulla di meno i movimenti respiratori dell'osso ioide continuano; a ciascuna ìnspiraT^ione , quest'osso e tutte le parti che vi si attaccano si portano in basso, la ca- vità della bocca si ingrandisce , nello stesso tempo la glottide, che è formata da una semplice fenditura, si apre , e per un moto contrario la lìngua tende ad avvi- cinarsi al palato , sen^a potersi applicare alle narici; in- tanto Varia penetra nei polmoni , poi V espiraT^ìone si ef- fettua come d' ordinario , ciò che è provato dalle contra- 7^ioni dell' addome e dei fianchi- Nel giorno successivo A raìia era piena di vita e così vigorosa come innanzi l'operazione. 42 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOLOG. Certamente da questo esperimento , replicato da me pa- recchie volle collo stesso successo, restando vive e vegete per sei, selle e più giorni le rane , parrebbe del tutto do- versi aramellere l'opinione del signor Haro, che esclude onninamenle ogni influenza nella respirazione di un mec- canismo analogo alia deglutizione dell'aria. Ma volendo procedere con accuratezza in sì fallo argomento, ho cre- duto indispensabile l'osservare, se dopo l'operazione ac- cennata dall'autore, i polmoni presentassero quella disten- sione che aveano innanzi l'operazione; se la respirazio- ne cioè fosse così energica come da prima. A tal fine ad una robusta rana ho lolla per un bel tratto la pelle di un fianco del torace, dietro l'arto anteriore; e messa così allo scoperto la parete muscolare del fianco (la trasparenza di questa parete lascia vedere il polmone e i cambiamenti di volume che in esso avvengono nell'alto respiratorio), ho notata l'ordinaria distensione e restrizione del polmone nei due momenti della respirazione. Quindi sulla stessa rana ho eseguito l'esperimento del signor Haro, cioè ho tolta la cute sotto-mascellare, il muscolo milo-ioideo e ge- nio-glosso , la membrana mucosa della bocca , ed ho la- sciata la lingua penzolone. La rana offrì in questo slato il moto della glottide, e perciò dell'osso ioide, più energico e frequente che mai ; nulla di meno , benché gli sforzi d' in- nalzamento ed abbassamento dell'osso ioide fossero al mas- simo, pochissim' aria penetrò nei polmoni, i quali non ven- nero più gonfi come prima, non restando dilatala dall'a- ria che la sola loro estremità anteriore. E però, accorgen- domi che la inspirazione era incompleta , la qua! cosa non dovea essere secondo l'autore, ho pensato di eseguire al- cune esperienze , per decidere se il movimento d' innalza- mento della gola, cioè lo stringimento del cavo della bocca concorreva a rendere più completo l'atto inspiratorio. In una robusta rana ( levata la pelle laterale del corpo , e conosciuto 1q stato del polmone in varie respirazioni ) ho DI B. PANIZZA 43 distrutto tutto il contorno delle aperture esterne delle na- rici , in guisa da stabilire permanenteraenle una grande comunicazione col cavo della bocca. Lasciata libera la rana si mise subito a fare grandi sforzi d'allargamento e stringimento del cavo della bocca, senza che accadesse quasi nessun distendimento nei polmoni. Né questo certa- mente avveniva perchè fosse impedito l'ingresso dell'aria nella bocca, e quindi nelle vie aeree, che anzi era liberis- sima; ma perchè ingrandite di molto le aperture nasali, nel momento dello stringimento della bocca, quasi tutta l'aria della bocca esciva dalle narici, e quindi pochissima ne entrava nelle vie aeree. In questo esperimento si pre- senta un fallo degno di tutta l'attenzione: la rana che sente il bisogno di respirare nell' atto che stringe più che può il cavo della bocca infossa anche molto gli occhi, i quali relralli entro l'orbita fanno sporgenza nella bocca, sicché concorrono ad angustiare questa cavità, ed a spingere l'aria nelle vie aeree. A vieppiù confermare che all'inspi- razione completa contribuisce un meccanismo analogo alla deglutizione, ho pensato di fare il seguente esperimento, senza alterare menomamente la cavità della bocca. L'or- gano per l'udito nella rana si tiene in comunicazione col cavo della bocca per una grande apertura a contorno os- seo. Messo, secondo il solito, in vista il polmone, ho levata ad una vispa rana la membrana del timpano , sì da una parte che dall' altra , e portala una fina piuma contro l'a- pertura dell'udito, la vidi respinta al momento dell'innal- zamento della gola. La rana intanto era sturbala nel re- spiro, e faceva degli sforzi reiterati d'allargamento e strin- gimento del cavo della bocca, onde supplire alle imper- fettissime inspirazioni, giacché i polmoni, non solo non giungevano più al distendimento di prima, ma erano ri- stretti, avvizziti, e non contenevano che poca aria; se poi colle dita io chiudeva i fori corrispondenti alla tolta membrana del timpano, subito, dietro uno o due allarga- 44 OSSERVAZ. ZOOTOMlfiO-FISIOLOG. memi e stringimenti della gola , si vedevano disfendersi di molto i polmoni , distensione che palesemente effeltuavasi nel momento dell'innalzamento della gola. Né ad indebo- lire il valore di questi fatti varrà l'esperimento capitale del siillodato autore, cioè, che levata tutta la membrana della gola e i muscoli, e lasciata la lingua penzolone, nul- ladimeno la rana vive per piti giorni , sicché faccia d' uopo credere che respiri benissimo come prima. È vero che vive vispa per parecchi giorni, ma dopo l'esperimento i polmoni poco si distendono, e quindi imperfetta è la inspi- razione. E però è da notarsi che questo animale è atto a vivere, e vive con imperfetta inspirazione, quando si pensi che vive non ostante che per molto tempo gli si sospenda il respiro. Una prova di ciò è l'immersione di una rana nell'acqua in modo che non possa venire a galla. Essa ri- mane sommersa anco per ventiquattr'ore senza morire, essendo la temperatura dell'acqua e dell'ambiente ad al- cuni gradi sopra zero. Se poi la rana è in letargo , allora vi resiste di più, massime se la temperatura dell'acqua si mantiene a zero. In un esperimento in cui tenni l'acqua a zero, la rana per cinque [interi giorni restò sempre immobile al fondo del vaso, e benché estratta dall'acqua sembrasse morta, non tardò a dar segni di irritabilità, e da lì a qualche ora , trovandosi in una temperatura di sei gradi sopra zero, rinvenne vispa come prima; come pure vive per più giorni quantunque le si chiuda perfettamente la glottide. Il quale esperimento fu esposto nella mia opera Sul sistema linfatico dei rettili, e ripetuto più e più volte in quest'anno in una rana (alla quale aveva chiusa per- fettamente la glottide) e che tenuta nella mia stanza alla temperatura di sette ad otto gradi visse ventun giorni. Questo esperimento della chiusura della glottide riesce poi opportunissimo a confermare il concorso dell'atto della deglutizione al meccanismo della inspirazione. Aperta ad una rana la bocca , si pratichino due punti di cucitura al- DI 6. PANIZZA 45 r apertura delle vìe aeree in modo da chiudere la glottide , e per maggior sicurezza si faccia anche una legatura cir- colare intorno alla glottide , onde riesca più perfetta la chiu- sura. Lasciata la rana in libertà , si mette tosto a fare dei grandi abbassamenti ed innalzamenti alternativi della gola, con infossamento degli occhi e forti movimenti dell'aper- tura delle narici. Osservata dopo qualche ora , ordinaria- mente appare grossa nei fianchi^ e si direbbe esserlo pel distendimento dei polmoni, ma non è così. Dietro i reite- rati sforzi d'allargamento della gola e successivo stringi- mento fu invece spinta l' aria nel canale intestinale e per- sino nella vescica orinaria, che ne sono distesi. È evidente infatti come l'aria per quei conati di respirazione compressa nella bocca, non potendo nell'innalzamento della gola en- trare nei polmoni , benché esca in parte per le narici , debba sforzare lo sfintere dell'esofago ed entrare nel ca- nale alimentare. Delia qual cosa ognuno si persuade allo scorgere come aperto l'addome della rana ad ogni serra- mento della gola entri l'aria nel tubo alimentare. Che se trovandosi lo stomaco disteso dall'aria, si fa una piccola apertura, uscita l'aria, di lì a poco si vedono sortire altre bolle nell'istante che la rana eseguisce l'atto d'innalza- mento 0 serramento della gola. Rispetto all' alto espiratorio , esso dipende dalla contra- zione del tessuto del polmone , dei muscoli delle pareti to- ì-acico-addominali , e dall' azione dei muscoli sterno-ioidei , non tanto perchè, come concepiva il signor dottor Haro, avvicinando la parte posteriore dello sterno alla colonna vertebrale concorrano ad angustiare il torace e compri- mere i polmoni, quanto perchè dirigendo all' indietro e al basso l' osso ioide e la glottide, angustiano alcun poco il cavo ove sono contenuti i polmoni. Notai infatti che tali muscoli non si trovano nel loro decorso mai in rapporto coi polmoni , scorrendo essi dall'osso ioide allo sterno sotto i vasi maggiori ed i lobi del fegato ; e l' abbassamento 46 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOIOG. della parte posteriore dello sterno (che io non ho mai po- tuto vedere nell'atto espiratorio) quand'anche avvenisse, non potrebbe influire che poco e sempre indirettamente, essendo i polmoni profondamente collocali e posti in alto ai lati della linea mediana. Per convincermi della poca loro influenza nell'alto espiratorio, ad una robusta rana, tagliata la pelle alla regione della gola, con diligenza alzai r estremo anteriore dello sterno e recisi trasversalmente i due muscoli sterno-ioidei; e l'alto espiratorio non fu per nulla disturbato. Le esperienze sulla respirazione della salamandra acqua- jola e terrestre nel complesso mi diedero risultali analoghi a quelli della rana , sicché per brevità tralascio di esporle. Noterò soltanto che non sono dell'avviso del dottor Haro che la natura abbia nella salamandra e nei tritoni prolun- gato il muscolo della espirazione ;, lo sterno-ioideo sino al pube , perchè la lunghc^'^a dei polmoni in questi rettili esi- geva un attacco inferiore di questo muscolo destinato al vuotamento del polmone. La quale ragione del prolunga- mento dei muscoli nominati è più speciosa che vera, perchè tali muscoli sono collocati in modo che nella loro contrazio- ne non possono agire direttamente sui polmoni , e perchè an- che nella rana i polmoni giungono non di rado vicino alla regione pubica , eppure i muscoli sterno-ioidei arrivano soltanto alla parte posteriore dello sterno, che è distante dall'estremità pubica del polmone un pollice e più. Ad un'altra circostanza io ritengo si debba attribuire il loro prolungamento nella salamandra, ed è che per necessitai suddetii muscoli dovevano giungere sino al pube, perchè mancava altrimenti nella salamandra un punto d'appoggio; imperocché in questa e nei tritoni non avvi , propria- mente parlando, lo sterno come nelle rane, ma è invece una lamina membranosa cartilaginea della spalla, la quale allargata va verso la linea mediana a sovrapporsi ad altra simile , alla quale si collega lassamente ; d' onde ne deriva DI B. PANIZZA 47 che ogni molo dell'arto anteriore è trasmesso alla parte sternale della spalla; e quindi queste parti non potendo servire di punto d' appoggio , occorreva che i suddetti mu- scoli giungessero ad attaccarsi al pube. Né ciò solo ; ma bi- sognava che un'altra circostanza favorisse il loro ufficio, che fossero liberi cioè in tutto il loro lungo tragitto. E infatti scorrono in una guaina posta nello spessore delle pareli addominali per cui possono colla loro contrazione portare l'osso ioide all' indietro ed al basso. Inquanto alla testuggine , chi bene considera l'esten- sione della cavità posta tra lo scudo dorsale e sternale, la mobilità della pelvi e la mobilità della spalla, l'attacco di questa estremità mediante tessuto celluioso alla membrana involgente la cavità splancnica; chi conosce le potenze o i piani carnosi che chiudono l'ampia fenditura elittica si all' innanzi che all' indietro dell'astuccio osseo, non può a meno che vedere in tali disposizioni anatomiche tutte le circostanze opportune , affinchè il modo della respirazione in questo rettile sia quello di torace mobile. Meritevoli al certo di tutti gli encomj sono le considerazioni anatomico- fisiologiche del signor dottor Haro, tendenti a dimostrare il vero meccanismo della respirazione della testuggine, ab- battendo l'errore ammesso dai più distinti zoologi. Allo scopo di maggiormente confermare così importante verità, feci il seguente decisivo esperimento. Ad una testuggine marina, la quale non ritira mai il capo entro la custodia ossea, ho messo allo scoperto mediante un taglio tegu- mentale , senza offendere vasi di sorta , la parte anteriore della trachea poco dopo la glottide, vi passai sotto un nastrino, indi, tagliati alcuni anelli cartilaginei, vi intro- dussi un tubo metallico che fermai col nastrino. L'animale nulla aveva sofferto , e la respirazione si eseguiva come al solito. Per essere poi certo di ciò che accadeva nel tempo della respirazione, ho posta una piuma all'apertura del ca- nello come indice dell'ingresso e dell' uscita dell'aria. Co- 48 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOLOG. nobbi infalli dalla forte ripulsione ed attrazione delle barbe della piuma come fosse libera, liberissima la respirazione. Per la qual cosa è incontrastabile che nella testuggine que- sta funzione si eseguisce come negli altri animali forniti di coste mobili e muscoli motori per la dilatazione ed il restringimento delle pareti toraciche, e non già per un meccanismo analogo alla deglutizione; imperocché, non ostante che il tubo metallico nulla avesse a fare colla ca- vità della bocca, l'animale respirava perfettamente. Per altro, quello che mi importava di verificare si era quel fatto nuovo, notato dall'autore alla pag. 47: che le testuggini godono cC mm doppia respìra'^ione come gli uc- celli , perchè V aria dei polmoni passa nei serbato] aerei , uno dei quali , amplissimo , occupava nella testuggine che gli ha servito d' esperimento un ter'Zft della cavità interna. L'autore, volendo conoscere gli elementi capaci di servire di base ad una soddisfacente teoria della respirazione, ha sopra una testuggine terrestre viva levato lo scudo sternale con somma cautela senza offendere parti importanti;, 'cosicché l'animale respirava come prima- In questo esame notò quanto segue : « Tonte la panie mise à nu par la réseclion du sternum est recouverte d' une membrane aponévrotique très dense, nacrée, transparente seulemetìt dans la par- tie poslérieure; elle s'élend du bord antérieur des omo- plates à la crèle sous-pubienne , se réfléchit dans la cavile du bassiu en tapissant les muscles de la cuisse, recouvre les còlés de la carapace, envoie un feuillet qui maintient les viscères, pénètre entre ceux-ci et les poumons qu'elle renferme dans un doublé feuillet, comme dans un sac, et se termine anlérieurement par un muscle qui s'élend de la créte transversale de la carapace à l'épine dorsale. Elle forme ainsi quatre vastes poches qui comuniquent toules entre elles , comme le prouvent leurs mouvemens alterna- lifs de dilalation et de contraction. )) Deux de ces poches s' étendant de chaque cóle de la DI B. PANIZZA 49 colonne vertebrale dans tonte son étendiie, contiennenl les poumons; la troisième renferme les viscères abdominaux, et la damiere , qui remplit au moins le tiers de la cavile inlérieure de la Tortile, ne paraìt destinée qu'à contenir de l'air. Pendant plus de qiiatre heures que je l'aiexa- rainée dans cet état, j'ai constate qua'à chaque péiiode d'inspiration la poche pulraonaire se gonflait d'abord; qu'en- suite la Tortue, élevant les epaules et renlranl le cons dans la carapace, l'air, comprime par ces contractions dans les poumons, s'insinuait dans les autres poches, qui se gon- flaient à leur tour; par un mouvement conlraire, ces deux poches conservant leur turgescence, le tissu pulraonaire, d'abord affaissè, se relevait de nouveau, et, pendant quel- ques rainutes, la Tortue ne respirait plus; si on la forcail à renlrer le cou et les patles dans la carapace, la peau, dislendue par la pression des poches aériennes, s' étendait autour des patles en gros bourrelels ; et si , en donnant à l'animai de légers coups sur le nez, on l'obligeait à les presser davantage, il rejetail l'air par un mouvement brus- que d'expiraiion, et les parois de lous les sacs aériens s'af- faissaient à-la-fois. w Pendant une des slases qui suivaienl l'inspiration, quand toutes les cellules avaient acquis leur plus haut degré de développement, je percai avec la pointe du bistouri le grand réservoir, et l'air s'échappa avec bruit. Cependant la Tortue continua à respirer, mais seulement par les pou- mons, qui se dilataient cu se contractaient alternativc- raent; l'acte respiratoire avait repris le mode simple, le ròle des cellules aériennes avait cesse. Alors je bouchai avec le doigt, et ensuite avec un empiate agglutinatif l'ou- verture qui donnait passage à l'aire, et la première inspi- ration vint soulever leurs parois et les rendre a leurs fon- clions primitives ». Dopo il surriferito mio esperimento comprovante a tutta evidenza che nella testuggine la respirazione si effettua N- Ann. Se. Natub. Serie M. Tom. 3. 4 60 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOLOG. come in noi , ho levato lo sterno con accuratezza senza in- teressare r apparato membranoso, che cinge la cavità splanc- nica toracico-addominale. Fatto questo , ho posta supina ]a testuggine, o l'ho immersa nell'acqua in guisa che ri- manesse tutta coperta , eccetto la testa ed il cannello me- tallico attaccalo alla trachea. Osservate due o tre respira- zioni in cui si rialzava la membrana splancnica e si ab- bassava , feci sott' acqua un' apertura all' apparato membra- noso della gran borsa aerea e non ne uscì aria di sorta; vidi all'incontro entrare l'acqua nella cavità ventrale, abbas- sandosi i visceri, e concorrer così all'espirazione. Morta che fu la testuggine, la posi supina entro un recipiente pieno d'acqua, ed ivi^ mentre uno soffiava nel cannello ed otte- neva l'espansione dei polmoni, io osservava se uscivano delle gallozzole d'aria dall'acqua, comprovanti le vie che dai polmoni conducevano nelle così dette borse aeree, e se- gnatamente nella grande borsa che era aperta. Ma quan- tunque i polmoni fossero slati dislesifjj massimo grado, neppure una bolla d' aria uscì dalla grande borsa , o dalle altre tutte; sicché resta dimostrato i recipienti dell'aria non essere che i polmoni , la qual cosa è tanto vera che di- stesi i polmoni a dismisura, se si chiude il cannello non ostante che sia aperta la così detta gran borsa aerea, i polmoni mantengonsi egualmente dislesi, né può altrimenti avvenire; imperocché, esaminando tutta la superficie del polmone , vedesi cinta d' una membrana che è propaggine di quella che tapezza tutta la cavità generale; la quale membrana, che é poi il peritoneo, levata anche per un bel tratto di polmone disteso d'aria, questa non esce. Siccome l'autore fece l'esperienza sopra una testuggine terrestre, così ho voluto io pure eseguire lo stesso esperimento sì nella testuggine greca che nella europea. Dapprima intro- dotto e fermato un cannello nel principio della trachea, mi sono accertato, mettendo una leggera piuma all' imboccatura del cannello, del libero ingresso ed uscita dell'aria nei due DI B. PANIZZA r 51 momenti della respirazione, poi mi accinsi a verificare se realmente quei rigonfiamenti che appajono nel tessuto cel- lulare sotto-cutaneo alla base del collo e intorno agli arti loracici ed addominali fossero prodotti effettivamente dal- l'aria, come dice l'autore. A tal fine ho pensato d'immer- gere la testuggine in un secchiello d'acqua alla tempera- tura dell'atmosfera, che era di 18 gradi, e la collocai in modo che rimanesse soltanto fuori dell'acqua la testa ed una parie del collo. Disposto così l'animale, formai una piega cutanea in corrispondenza di quei gonfiamenti in- torno all'estremità toraciche notati dal signor Haro, e ta- gliata la pelle e la sottoposta membrana posi a nudo il piano muscolare che concorre a muovere l'arto e chiude- re il cavo splancnico. Nella inspirazione apparivano infatti quei rigonfiamenti cutanei indicati dall'autore, ma non mi accade mai di veder uscire bolle d'aria, ciò che sarebbe avvenuto se fossero state, come dicea l'autore, borse ripiene di aria intorno a''\ base delle membra. Se al tatto queste regioni cutanee danno la sensazione come dell' elasticità prodotta da aria che fosse di sotto , è però una illusione e dipende da quella soflìce pinguedine che giace sotto la cute e che si trova posta sopra ai piani muscolari, i quali per la loro contrazione e per l' espansione dei polmoni la solle- vano , e rialzano con essa la pelle corrispondente che si di- stende e sembra farsi tumida. Lo stesso effetto ottenni ta- gliando sott' acqua la cute alla base degli arti posteriori, ove pure essa presenta nella inspirazione dei rigonfiamenti. Per rimuovere affatto ogni dubbio sull'argomento dei sacchi aerei accessorj dei polmoni, ho tolto con tutta attenzione lo scudo sternale, senza ledere la membrana, ed ho ese- guita sott'acqua l'apertura della così delta grande borsa aerea. Non una bolla d'aria ho veduta uscirne, sicché mi persuasi che l'aria non penetra oltre ai polmoni, e che quindi non avvi alcuna somiglianza tra l'apparato respi- ratorio degli uccelli e quello delle testuggini; d'altra parte 62 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOLOG. i polmoni nella testuggine , distesi che siano , presentano un volume ragguardevole, e considerali nella intricatissima e minuta decomposizione dei loro vasi aerei, appajono or- gani capaci di contenere una quantità d'aria sufficiente al bisogno, sicché inutili riescirebbero altre vie secondarie da me non verificate. Né so in vero comprendere come l'auto- re parlando delle borse aeree comunicanti coi polmoni, non abbia indicati i siti di comunicazione, e come si sia indotto ad ammetterle essendo i polmoni nelle testuggini isolati e non comunicanti neppure colla membrana che li involge. In vero mi sorprende come il succitato autore siasi per- suaso dell'esistenza di questi serbatoj d'aria nella testug- gine dietro quanto ebbe ad osservare , cioè che:« pendant une des stases qui suivaient l'inspiration, quand toules les cellules avaìent acquis leur plus haul degré de développe- ment, je percai avec la pointe du bistouri le grand réser- voir , et r air s' échappa avec bruit » , non pensando che po- teva essere, com'è realmente, l'effetto dell'ingresso dell'aria esterna penetrante in un sacco vuoto e non dell' uscita del- l'aria stessa. In questo esperimento ho potuto verificare che la respirazione si effettua come in noi , imperocché eseguita nel mezzo dello scudo sternale un' apertura della grandezza di mezzo scudo e tagliala via la corrispondente membrana siero-fibrosa della cavità splancnica onde penetri libera- mente l'aria, tenuta supina la testui:gine allo scopo che le viscere non vadano ad otturare la fatta apertura , si vedrà che anco nella massima azione dei muscoli delle due estre- mila dell'astuccio osseo combinata col successivo e forte allungamento ed accorciamento degli arti toracici e addo- minali in un col collo, la piuma posta all' imboccatura del cannello introdotto previamente nella trachea , non dà alcun indizio d'ingresso ed uscita dell'aria. Da quanto finora ho esposto circa il meccanismo della respirazione delle testuggini, rane e salamandre, mi sem- bra che si possa asserire quanto segue: essere giusta in DI B. FNIZZAA £3 massima l'opinione del signor dottor Haro che anco in questi rettili la respirazione è regolata come negli altri vertebrati muniti di torace mobile. Il che è provato con tutta evidenza nella testuggine: riguardo alla quale, ol- treché r organizzazione già per sé dimostra che il cavo contenente i polmoni può estendersi assai per le potenze muscolari che si trovano ai due estremi aperti dell'astuc- cio osseo e per la mobilità degli arti anteriori e della pelvi, aggiungono certezza le esperienze di sopra riferite. Se non che in quanto alle borse aeree accessorie ai polmoni alla guisa degli uccelli, ammesse dal signor dottor Haro, credo potere alfermare, dietro le osservazioni da me esposte, che nella testuggine non esistono. Rispetto alle rane e salaman- dre l'opinione del signor dottor Haro è la sola che valga a dare ragione, come nella rana, dopo l'esperimento da lui indicato, succeda tuttavia la respirazione. Ciò che si può mettere nella maggiore evidenza con questo semplice espe- rimento. Posti a nudo i muscoli dei fianchi onde vedere i polmoni , si apra bene la bocca s' insinui l'estremità piatta d'un comune specillo nella glottide, poi lo si ponga di traverso e sì tenga così aperta la glottide ond'esca l'aria dai polmoni , al qual fine si facciano delle leggere pressioni ai fianchi. Vuotati così i polmoni, si levi lo specillo e si mantenga aperta la bocca con una pinzetta anatomica, in guisa che l' una dall'altra mascella rimanga distante due o più linee. Osservando intanto l' interno della bocca, si scor- gerà che di quando in quando la glottide si apre e si porla in alto e in avanti, e poi si chiude, indi ritorna indietro e al basso. Dopo questi reiterati movimenti guardando ai fianchi si scorge che nei polmoni della rana vi è già del- l'aria senza che menomamente vi abbia concorso il moto di deglutizione, perchè la bocca è rimasta sempre aperta. Nulladimeno siccome non si giungerebbe a spiegare perchè dietro questi esperimenti, oppure dopo aver levato sol- tanto le membrane del timpano, la inspirazione riesca in- 64 OSSERVAZ. ZOOTOMICO-FISIOIOC completa, cioè non penetri più nel polmone quella quan* tilà d'aria che basta a distenderlo pienamente, secondochè ho dimostralo; mentre qualora si chiudano di nuovo i fori, da cui si levarono le membrane del timpano^ si vedono ancor dilatarsi di molto i polmoni nel momento dello strin- gimento 0 innalzamento della gola ; così resta pure dimo- trato che nelle rane e salamandre la completa inspirazione è opera d'un meccanismo analogo alla deglutizione, me- diante il quale viene spinta nella glottide già aperta più aria di quella che esce dalle narici ; tanto più che nel mo- mento dell'innalzamento della gola si fanno più o meno strette le aperture esterne nasali. Ed era pur d'uopo che nella organizzazione delle rane e salamandre vi avesse questa modificazione per l'atto inspiratone : imperocché a dilatare il torace non vi sono altre potenze che quelle, le quali portano in alto ed in avanti l' osso ioide ; nel qual momento benché la glottide aperta sia del pari portala in alto ed in avanti e venga allungato il polmone sicché vi entri un po' d'aria, come provano le esperienze suaccen- nate, pure è poca e soltanto bastevole per una incompleta inspirazione. ]Nè per sussidiare l'atto inspiratorio si può arameltere una forza espansiva nel polmone, imperocché la sua organizzazione non dà fondamento a questa idea, né gli esperimenti dimostrano questa atliludine del polmone a dilatarsi di per sé. Ripeto dunque, che l'empirsi e disten- dersi di questo viscere olire un certo limile è puramente effetto dell'innalzamento della gola, il quale (previo l'al- largamento) quanto più è grande e pronto, tanto più resta compressa l'aria nel cavo della bocca e facilitatone l'in- gresso nella glottide, già ben aperta, meglio che la sua uscita dalle narici. Per la espirazione vi é la forza attiva del polmone, il ristringimento del torace, il portarsi indie- tro r osso ioide non che la contrazione delle pareti del cavo toracico-addominale. Dietro il fin qui esposto si dà ragione come si effettui la inspirazione indipendentemente dall' allo DI B. PANIZZA 65 della deglutizione, e come questa possa concorrere allo scopo d'ottenere la più pronta, estesa e compiuta inspira- zione. Inoltre s'intende perchè la natura abbia fornito una specie di sfintere nel principio dell'esofago^ e perchè i polmoni possano empiersi di molta aria^ anco aperto il torace, purché rimanga intatto il contorno del cavo della bocca. ( Dal Tomo 8.° del Giornale deW 1. R. Istituto Lon^ardo.) Intorno la questione proposta dai moderni Agro- i liXiomi, i quali mettono in dubbio la necessità di preparare i letami con una lunga fermenta- zione. — Memoria letta alla Società Agraria di Bologna nella Sessione Ordinaria dell' undici Decembre 1823 dal Prof. Giovanni Contri Se- gretario di detta Società. Q. [negli autori che muovono questione intorno alla miglior maniera di preparare il letame ^ e che sostengono doversi preferire al vecchio e decomposto, il nuovo ed ap- pena tratto dalla stalla, dicono non esservi soggetto di ri- cerca pili evidentemente dimostrato sì in teorica come in pratica, e tengon per fermo che ogni agricoltore sperimen- tato possa averne delle prove di fatto ben chiare in qua- lunque coltivazione. Io per altro, benché persuaso in parte dai ragionamenti e dalle sperienze fisico-chimiche che que- sti autori riferiscono, a dir vero ho bensì cercato per mol- to tempo tali prove di fatto, ma non ho mai potuto rico- noscere eh' esse siano così frequenti e così comuni. Se non che poi facendo qualche riflessione sul metodo che ordinaria- mente da noi si tiene nella formazione de' concimi, e nel- r apprestarli ai terreni mi è sembrato che si possa avere ìq ciò una delle ricercate prove. MEIir. BEL PROF. C. CONTRI 67 E per verità osservando attentamente quanto si prati- ca in ciascun anno da' nostri conladini credo di poter as- serire che i Bolognesi più che del letame ben fermentato e decomposto , fanno un uso quasi costante di letame o pochissimo fermentato o del tutto nuovo e fatto allora al- lora. Poiché tanta si è la scarsezza degl' ingrassi in ciascun podere in paragone del bisogno che se ne ha nelle nostre divoratrici, e moltipllcale coltivazioni, che prima della semina di ogni prodotto, ad eccezione del frumento, sem- pre si vuota il lelamajo , e cosi accade che pel prodotto successivo il concime sia sempre di recente formazione, 0 come volgarmente sogliono dire i pratici un letame non fatto. Suppongasi pur anche il caso di un conladino, al quale sia prescritto dal padrone d'incominciare il primo giorno di Marzo ad accumulare tutto il letame che si rac- coglie di giorno in giorno dalla sua stalla, e così serbar- lo sino alla metà di Agosto, epoca nella quale deve es- sere poi trasportato ad ingrassare il Canepajo. Ecco lo spazio di tempo men breve che si accorda di fermentazio- ne al concime nelle nostre buche: vale a dire di cinque Mesi e mezzo appena per quel letame , che si è raccolto ai primi di Marzo, e meno poi in proporzione per l'altro che si va radunando ne' tempi successivi sino alla metà di Agosto. Avvertasi però che pochi sono i Proprietarj , i quali impongano ai loro contandini la surriferita prescrizione, e meno poi ancora i conladini ai quali essendo stato im- posta, non sorvegliali, l'adempiano. Perchè il più spesso avviene che nel Marzo ancora si estrae letame dalla buca per concimare il formentonajo, poi se ne somministra più tardi nel Marzo slesso, e nell'Aprile ai fagioli, poi a tulli gli altri predoni pei quali si prepara il terreno in quella stagione , né in somma si tralascia di ricorrere al lelamajo se prima non siansi terminate le semine di Primavera, cioè sino al principio di Maggio. Il che posto, ognun vede, che 58 «EnoRiA assai meno di quattro Mesi di tempo rimane per fermen- tare a quel letame, che poi dee servire d'ingrasso al Ca- nepajo in Agosto. Di quanto poi sia più breve il tempo concesso alla fermentazione del letame che si destina o alle fave di au- tunno e di primavera j o a compiere la concimazione del canepajo , o ad eseguire quella del Frumentone chiunque facilmente il ravvisa , né serve ch'io mi trattenga a dimo- strarlo. È chiaro dunque per tutto questo che nella nostra maniera di coltivare si fa un uso assai copioso del letame recente, ed il letame decomposto quasi esclusivamente vie- ne riserbato alle piantagioni degli alberi, alle raelonaje, e ad altre coltivazioni meno generalmente estese e per co- si dire secondarie. Ond' è che come dissi da prima io cre- do , che la pratica in ciò seguila da' nostri coltivatori pos- sa offrirsi come un esempio dell'impiego che si fa di le- tame non decomposto in un'ampia ed industriosa coltiva- zione. Se per altro dall'osservazione di questa pratica così generalmente stabilita fra noi, e dall'osservazione insieme de' buoni raccolti che si fanno nella nostra Provincia io volessi trarne qualche conseguenza in favore del nuovo metodo proposto dagli autori, e volessi dichiarare che i Bolognesi hanno perciò sott' occhio continuamente una di- mostrazione manifesta de' vantaggi che si ottengono usan- do il letame nuovo invece del vecchio, son certo che in- contrerei gravissime opposizioni per parte de' più speri- mentati coltivatori. Probabilmente mi si direbbe, che quan- tunque tale sia in realtà l'uso nostro, pure ciò non si pratica perchè credasi di ben operare, ma bensì perchè la necessità ne costringe, e perchè l'estrema penuria degl'in- grassi non ci permette di fare diversamente. Mi si opporreb- be che il letame non fatto è debole, e non ha efficacia veruna, e però all'uso di esso si dee spesse volte attri- buire la scarsezza de' nostri raccolti ; i quali anzi anche DEL PROF. G. CONTRI 59 quando non si mostrano scarsi riescirebbero probabilmente migliori d'assai se l'impiego del letame ben fermentato venisse generalmente sostituito a quello del letame recen- te. Si accuserebbe ancora questo concime come cagione di gravissimi danni ai seminati , e specialmente come mezzo alto a favorire lo sviluppo della golpe, della ruggine, de' bachi divoratori, di mille erbe nocive, che sempre lordano i prodotti de' nostri campi. Isè si tralascierebbe di ricor- dare che all'aspetto di tanti mali già riconosciuti dagli agricoltori nostri di lutti i tempi siccome effelto de' con- cimi mal decomposti , e nella ferma persuasione che 1' uso di essi è uno dei principali difetti della coltivazione Bo- lognese, più volte ed in queste adunanze ancora, fu sug- gerita r utile riforma di preparare i letami un anno per l'altro, incominciando pel primo anno a comperarne tal quantità da provedere a tulle lef ';correnze del fondo sen- za aver bisogno di ricorrere alla massa in fin a tanto che la fermentazione avesse in essa operato per 1' inte? ro anno. I Alle quali obbiezioni per vero dire non saprei qual cosa rispondere, perchè il sentimento de' vecchi pratici quantunque per avventura fondato sopra cieca abitudine, credo tuttavia doversi rispettare, e ad impugnarlo son per- suaso non esser sufficienti i ragionamenti Teorici , ma ri- chiedersi inoltre sperienze comparative replicate per una serie non breve di anni , onde escludere l'influenza del casO;, ed accertarsi della precisione ne' risultali. Le quali sperienze comparative non avendo io eseguite, né essendo a mia cognizione che siansi né tentate né eseguite da altri nel nostro paese , penso che per ora sarà prudente consiglio lasciar indecisa la questione. Frallanto però, poiché trattasi di un argomento che mollo interessa la pratica, penso esser cosa non del tutto inutile il riferire in breve le principali ragioni, e i fatti più manifesti che si adducono in prova dell'opinione nuo- 60 IIIEMORIA vamcnte proposta, perchè questo oltreché potrà servire a dichiarare vie meglio lo stalo della questione, potrà altresì dare a conoscere sopra quali oggetti, e con quali viste debbano essere dirette le richieste sperienze. Primieramente i chimici giudicano dannosa la fermen- tazione, perchè con rapidità sviluppa molle ottime sostan- ze, le quali mentre il letame rimane fuor di terra inutil- mente si disperdono, la dove se la decomposizione avesse luogo sotterra o verrebbero tosto con giovamento assorbite dai vegetabili, o resterebbero ivi depositate per l'attitudi- ne che hanno le particelle terrose a trattenerle. Davy aven- do posto a fermentare entro una storta una piccola quan- tità di letame di bue caldo per naturale fermentazione^ ed avendo raccolto i fluidi elastici che se ne svilupparono in tre giorni , ne misurò 35 pollici cubici , 21 dei quali erano di acido carbonico, ed il rimanente idrocarbonato, ed azo- to, vale a dire tutte sostanze le più alte a nutrire i vege- tabili. Raccolse similmente la sostanza fluida ascesa in va- pore sotto il recipiente nello stesso spazio di tempo, e ne misurò presso a poco una mezz'oncia. Volendo poi veri- ficare se queste materie che la fermentazione manda di- sperse sono effettivamente atte a nudrire le piante, a mi- sura che queste si sviluppavano dal letame le fece pas- sare a contatto delle radici di alcune erbe che vegeta- vano in un prato. Le erbe esposte all' azione delle mate- rie aeriformi crebbero con più vigore dell'altre ad esse vicine. Gazzeri ancora ha ripetuto la medesima esperienza ed ha ottenuto un egual risultato. Anzi l'esperimento di que- st'ultimo è più decisivo ancora, perchè egli 1' ha insti- tuito in modo da togliere ogni sospetto che le piante sot- toposte ad esperimento acquistassero vigore da qualche so- stanza assorbita per le foglie. Lo stesso Gazzeri inoltre con più dettagliati esperi- menti che leggonsi nella sua interessante Memoria intorno DEL PROF. 6. CONTRI 61 agi' ingrassi (1) dimostra quanto ;sia grande la perdila che la fermentazione cagiona nel letame. Quaranta libbre di sterco di cavallo raccolte in massa, e collocate io modo da soffrire la minor possibile evaporazione, in due Mesi perdettero 9 libbre, nel terzo Mese altre [tre libbre, iodi in tre settimane altre libbre due. Dipoi variato l' esperi- mento, in maniera che venisse lasciata alcun poco libera l'azione dell'aria sulla massa del concime, in 12 soli gior- ni diminuì questa di alti e libbre 6. Per modo tale che in 4 Mesi le libbre 40 si ridussero a 18. Qual perdita enorme ! Se non temessi di abusare della sofferenza vostra nel- r ascoltarmi vi potrei riportare i risultati di molte altre sperienze dello slesso chimico, eseguite tanto sopra diversa specie di sterco, quanto sopra lo sterco e la paglia misti assieme, e che tutte portano alle stesse conseguenze, ma le accennate potran bastare per averne un'idea. Similmente non mi fermerò a narrare quelle con cui lo stesso Autore dimostra essere in inganno chi crede che la fermentazione sia necessaria per rendere solubili le so- stanze che compongono il letame. Solamente v' inviterò con esso lui a considerare che gli Agricoltori impiegano mol- te specie d'ingrasso in istato natuiale e senza far prece- dere al loro sotterramento veruna fermentazione^ quan- tunque sian esse di lor natura non molto facili a scio- gliersi, ed anzi agronomicamente parlando siano insolubili nell'acqua. Tali sono per esempio le corna, le unghie, le penne, i cenci di lana. Questi tutti, senz' altro artificio, soffrono sotterra una lenta decomposizione e senza ritardo spiegano la loro efficacia. (1) DegV ingrassi , e del più utile, e più ragionevole im- piego di essi neW Agricoltura , Memoria del Prof. Giuseppe Gazzeri. Firenze, Tip. Pialli 1819. 62 nEivoBiA Ma passando oltre a notare altre cose che ci si pro- pongono da considerare nella citata Memoria intorno a questo argomento, chi potrà giammai persuadere i prati- ci agricoltori che quand'anche si ammetta che le materie del letame siano rese solubili per la fermentazione , pure ciò non reca verun profìtto? L'esame però delle analisi di uno stesso concime eseguite ne' successivi periodi della dì lui putrefazione ne convince di questo. Si osserva che la materia solubile non si accresce. Essa non oltrepassa giammai in peso un qualche centesimo del totale , anzi per r ordinario il letame recente ne suol contenere qualche po- co di più. Del che io penso che possa aversene anche un'assai facile dimostrazione in pratica. Quando si sotterra il leta- me non accade giammai ch'egli sia tutto uniformemente macerato , ma parte di esso è alquanto sciolto e grumoso , parte conserva intatta, o quasi intatta la paglia, e lo stra- me. Se qualche settimana^ o qualche mese dopo il sotter- ramento di bel nuovo si scuopra , si troverà sciolto affatto il letame paglioso, ma i grumi dell'altro potranno os- servarsi anche interi, e questo io credo per essersi riuni- te le loro molecole in composti secondar] più difficili a sciogliersi. Ma io non intendo, colle mìe osservazioni da nulla, di aggiugnere alcun peso alle prove esposte, ed ai riferi- ti ragionamenti, i quali la sola diretta sperienza può di- mostrare se siano veramente giusti e ben fondati. Certo è però eh' essi meritano tutto lo studio e tutta 1' atten- zione degli Agronomi sperimentatori , perchè provata la sussistenza loro sarà provato insieme essere la fermenta- zione dei letami irragionevole e dannosa: 1.° perchè si propone una preparazione non necessaria: 2.° perchè nep- pur si ottiene per essa il fine proposto : 3." perchè alla sola inutil brama di ottenerlo si sacrifica almeno la metà delle migliori sostanze. DEL PROF. G. CONTRI 63 Tuttavia, supposto ancora per un raoraento che abbian luogo tali inconvenienti nel processo della fermentazione, la maggior parte degli agricoltori è persuasa che usando il letame non fermentato i vegetabili risentan danno dal suo calore, e da' suoi malefici eflluvj. Ma la realtà di questo difetto eziandio si nega dagli autori surriferiti, e l'ultimo di essi in particolar modo afferma esser questo un volgare pregiudizio. Egli in comprova dà a conoscere i risultati di moltissimi esperimenti da esso lui instituiti per accertarsi del fatto ponendo a vegetare semi di grano in varj miscu- gli di terra e di concime non fermentato in diverse pro- porzioni. Esaminando tali risultati costantemente si vede che 0 non nacquero, o perirono quei soli vegetabili che furon posti in qualche mescuglio in cui il concime ecce- deva di mollo quella proporzione che si suol serbare nel darlo alle terre anche nella maggiore abbondanza. Ma ove il concime era misto in giusta proporzione le piante tutte crebbero prosperose e maturarono il seme. Per esempio Io sterco di cavallo misto alla terra nella proporzione di un quarto non recò verun danno. Ma nulla o poco certamente gioverebbe nell'esposta controversia a favorire la nuova opinione se non si avessero in appoggio di essa altro che sperienze di gabinetto, ed analisi e ragionamenti. Se queste sole fossero le prove, e non concorresse a confermarle ancora T autorità di molti agronomi sperimentatori, penso, senza far torto agli uo- mini illustri che teoricamente sin' ora si sono occupati della questione, di poter asserire eh' essa non meri- terebbe per anche di esser proposta come oggetto di ri- cerca pratica veramente importante. Perchè gli agri- coltori pratici soglion dire altro esser quello che accade fra le mani del fisico, ed altro ciò che opera la natura nelle campagne; ed è ben probabile ch'essi non abbiano torto. Ma nel caso nostro non mancano eziandio le auto- rità dei pratici. 64 «BMORU Naysmìth ne' suoi Elementi di Agricoltura riportati per estratto nella Biblioteca Brittanica narra gli esperi- menti di fittajuoli, e di Proprietarj Inglesi, i quali, aven- do casualmente fatt' uso in uno slesso campo , ed in una stessa coltivazione di letame fresco, e di letame de- composto^ riconobbero maggiore 1' efficacia del primo , ed alcuni di essi se ne avvidero senza averne veruna pre- venzione. Egualmente nella stessa Biblioteca Brittanica si pos- son leggere le prove di fatto, che Young riporta nel suo Saggio sopra i concimi. Davy nella sua Chimica Agraria dice di essere stato per dieci anni testimonio di un numero grande di esperimenti , riferendo altresì che il Sig. Coke uno dei migliori pratici d'Inghilterra, già noto ovunque per l'abilità sua nel coltivare, ha ne' suoi possedimenti abbandonato affatto l' uso del concime decomposto , ed ol- tre averne ottenuto più bei raccolti, ha pressoché raddop- piato la quantità degl'ingrassi. Altri fatti somiglianti si leggono nell'Articolo Letami del Nuovo Corso completo di Agricoltura pubblicato dalla Sezione di Agricoltura dell'Istituto di Francia, ove inol- tre vien riferito che in qualche cantone della Francia e particolarmente ne' contorni di Meaux è uso costante d'im- piegare il letame non fermentato. In Italia poi sono ormai trecento anni che Agostino Gallo avea sperimentato 1' efficacia del concime non de- composto, e per quanto egli stesso dichiara nella Nona Giornata della sua Agricoltura, si riconosce che la lunga pratica solamente lo ha indotto a persuadersi che il le- tame fermentato è meno vigoroso d'assai. Finalmente l'Accademia de' Georgofili di Firenze col- r avere accordato un doppio premio all' autore di una Me- moria intorno agi' ingrassi presentata al concorso del pros- simo passato anno, e diretta a provare i vantaggi che si ottengono nella coltivazione coli' uso del letame non fer- DEL PROF- G. GOISTRI 65 mentalo mi dà a conoscere qual sia il senlimenlo di quel- rilhislre Consesso intorno alla proposta controversia. Quanto essa meriti perciò l'attenzione vostra, Colle- ghi Ornatissimi , e le ragioni esposte , e le autorità riferite facilmente vel potranno persuadere, ond' io non dubito che voi pure la troverete degna di farne oggetto delle vo- stre sperienze. Delle quali qualunque sieno i risultamenti gioveranno sempre a dimostrare se sia o no utile una ri- forma che da molti anni si va predicando come necessaria nella nostra coltivazione. N. Ann. Se Natub. Serie II. Tom. 3. ARTICOLO SULL'EREMITA NUOVO MINERALE DELL' AMERICA DEL NORD ( Ànnal. de' Pog. Tom. XLVJ. pag. 645. ) TRADOTTO DA D. G. Trovasi questo minerale ordinariamenie in parte iso- late , gli è stalo perciò imposto il nome di Eremita, da una voce greca, che vuol dire solitudine. È stato scoperto dal signor Dutton nell'anno 1836, in un masso di granito biancastro di 4 piedi di diametro; fu ritrovato nella Contea di Watertown nel Connecticut , Provincia degli Slati Uniti dell'America settentrionale. Questo granito si assomiglia molto a quello che trovasi sulle frontiere di Massachuset. V Eremita, secondo il signor Shepard, ha una frat- tura concoide ed ineguale , Io splendore grasso e vetroso sulle facce dei cristalli; questi sono piccolissimi: la forma sua primitiva pare un prisma romboidale obliquo. Il suo colore è di un bruno giallastro tirante al bruno di garo- fano, semi-trasparente, fragile; la durezza è compresa tra 5, e 6,6; il peso suo specifico è di 3,704. Al cannello diviene istantaneamente trasparente e incoloro, senza fon- dersi, né ramollirsi ; coli' aggiunta del sottocarbonato di soda , dà una massa di un bianco fosco, con macchie bru- ne. Allorché s'irrora con acido solforico, i vapori che si sviluppano, attaccano fortemente il vetro, ciò che mostra essere probabilmente un fluotitanato. Secondo il signor Dana, i cristalli ù' Eremita sono tutti piccolissimi; i più grandi non hanno più di un quin- to di pollice del piede parigino di lunghezza; ma tutta- ARTICOLO sull'eremita 67 volta si pnò studiare il suo sistema cristallino, e si rico- nosce che la sua forma primitiva è un prisma romboidale obliquo. Il signor Gaetano Rose ha osservalo nella Collezione del signor Tamnan, di Berlino, un cristallo di Eremita del- la grossezza di una testa ordinaria di spilla e di cui ha potuto misurare gli angoli, col mezzo del goniometro a ri- flessione, e gli ha trovati simili ai cristalli descritti dal signor Dana. MEMORIE DI STORIA NATURALE Cede c/bcba'te PROFESSORE DI MINERALOGIA E ZOOLOGIA NELLA UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E SOCIO DI MOLTE ACCADEMIE ETC. DECA SECONDA POSTUMA Bologna — 1844. Voi. I. in 4.*' con 41 tavole litografiche. (Rom. Se. 2|. ) Questa seconda raccolta di Memorie, che la morte prematura dell' Illustre Prof. Ranzani impedì di vedere la luce prima d'ora, si compone di dodici dissertazioni. Il nome dell'Autore ci risparmia di entrare a dire del me- rito di queste: invece ne mostreremo l'importanza col da- re un indice delle materie che in esse sono trattate. 1. De Testudine coriacea marina. 2. De Didelphide nudicaudata. 3. De Serpente Monspessulano generis Coelopel- tis Wagleri. {Coelopeltis Monspessulana. Ranz. ) ^. De Tupinambidibus Daudinii. (La Famiglia de' Tupinambidi stabilita dall' A. è da lui divisa in 2 sezioni: la 1.^ comprende li Tupin. Africani ed Asiatici ne' Generi TupìnamUs e Hy~ drosaurus: la 2.^ li Tupin. Americani ne' Gen. Crocodilurus , e Monitor. 5. Dispositio Familiae Molarumjn genera et in species. (Fara. Molae Sect. I.'* Gemis. Cephalui (Ceph- Lu- na N. — Ce. elongatus. Riss. ). MEM. DI ST. NATURAtE 69 Sect. 2,^ Gen. Tympanomìum — (Sp. Tym. Planci'N.): Sect. 3.^ Gen. Diplanchias (D. Nasus Raff.) Gen. Tre- matopsis. ( T. Willugbeì N. ) Gen. Orthragorìscus {O. Ret^ii. N. O. Ghini N. Or. Rondeletii^. O. Blochìì N. O. Alexandrini N. O. Redi N. O. a- cukatus N. O. elegans. O. Battarae N. O. t;a- rm5. Ciiv.) Gen. Oy^odura {0:{. Orsini. N.). 6. De Chamaeleontibus. 7. De tribus vegelabilibus fossilibus. 8. De novis speciebus piscium. Dissertatio prima. ( Galeus maculatus. — Carcarìas porosus- — Tetro- don marmoratus. — Tet. pacliycephalus. — Syri' hranclms fuliginosus. — Gymnothorax funehris. — Conger opìstophthalmus. — Con. hrasiliensis. — Con. cylindroideus. — Con. rubescens. 9. De novis specieb. piscium. Dissertatio secunda. (Monacanthus pullus. — Mon. varius. — Hìppo- glossus brasiliensis. — Hipp. ìntermedius. '— Syo" cium mìcrurum. — Sya. ocellatum. 10. De novis etc. Dissertatio tertia. (Clupea macrocephala. — Callichthys personatus^ — Scarus amplus. — Hemìramphus unìfascìa- tus. — Pimelodus pusillus. — Bagrus macro- nemus. 11. De novis etc. Dissert. quarta. (Diapterus auratus. — Haemuìon melanopterum. — Haem. 3Ioricandi. — Pagrus quadritubercu- latus. — Acanthurus vulnerator. — Mesoprion bahiensis. — 3fes. argyreus. — Serranus luri- dus. — Belone raphidoma. — Exocetus bahiensis. 12. De Maxilla in agro Bononiensi reperta a Ca- jetano Monti. ODONTOGRAFIA ( Continuazione > vedi Serie IL T. IL pag. 153. ) Premesse queste annotazioni storiche passa il dotto inglese a riferire le proprie osservazioni tendenti ad illustrare la tessi- tura tanto varia e complicata dei denti di questa classe di Ver- tebrati; e dopo aver notato, che la regione primaria o fonda- mentale del dente è sempre quella cavità o canale nel quale è contenuta la polpa molle, od organo secernente interno, re- gione alla quale molto spesso dà il nome anche di cana- le midollare, ammette quattro principali modificazioni nella struttura di siffatti organi. Nella prima molti di questi canali ascendenti in linea paralella dalla base del dente ;, e circondati ciascuno dal proprio astuccio di sostanza dura , costituiscono altrettanti denticelli distinti, di forma or cilindrica, or prismati- ca, or conica, insieme agglutinali mediante sottil strato di dura sostanza paragonabile al cemento. Somministrar possono esem- pio di siffatta struttura i denti del rostro del pesce sega ; quelli delle razze Mylobates, Zygobates ecc.; le lamine mascellari dei Chimeroidi , quelle degli Scari e simili. In questi ultimi i den- ticelli, tanto mascellari che faringei, sono affatto distinti, nelle altre specie citate invece i tubi della polpa di ciascun piccolo dente si vanno anastomizzando fra loro , e formano per tal mo- do il passaggio alla seconda modificazione di struttura, nella quale per lo appunto i nominati canali della polpa non solo si anastomizzano tra loro, ma si intrecciano ancora, ed attraver- sano il dente rendendolo per tal modo molto più duro e com^ patto. I denti Ae\ Cestracion Philippi costituiscono un bell'esem- pio di questa modificazione, che prevale anche di più in quelli dei generi estinti Ptychodus, Psammodus , Uelodus, Ctenopty- ODONT. DI R. OWEN 71 chius ecc. Nei denti del genere Acrodus , che è fra i perduti , i canali midollari, che pure ne attraversano in gran numero il corpo, assumono una direzione piìi o meno ripiegata, disposi- zione la quale , combinata con un numero anche maggiore di anastomosi, conduce alla terza modificazione che è anche la più comune e caratteristica della classe. In questa varietà la denti- na è permeabile da un lavoro reticolare di canali della polpa , e le aree, od interstizii, della rete sono poi occupati dai tubi calcarei e dalle cellette. Siffatti canali continuansi direttamente con quelli dell'osso cui sta aderente, anzi anchilosata, la base del dente. Gli esempi di questa terza modificazione sono tolti nell'Opera dai generi estinti Lamna, Dictyodus e Saiirocepha- lus , come anche dai viventi Sphiraena ed Acanthurus. Moltissimi altri esempi di siffatta struttura cita l'Autore, trattandosi, come si è detto, di una struttura che è la più comune nei pe- sci. Finalmente la quarta modificazione è quella che costituisce il tipo più elevato di struttura del dente, e che s'incontra quasi costantemente nei rettili e nei mammiferi. In questa il dente è munito di una semplice cavità centrale , o canale del- la polpa, dalle solide pareti della quale irradiano verso la periferia i tubi calcarei : di tale qualità sono i denti dei generi estinti delle famiglie dei percoidi e picnodonti; i mascellari dei generi Balistes , Lophius ; quelli di molti sparoidi ; la lamina dentaria faringea dei Labridi. Sviluppo — Riguardo allo sviluppo dei denti è applicabile ai pesci quanto si disse in genere nella introduzione intorno a cosi fatto argomento : soltanto in molli casi la formazione loro non procede a quei gradi di perfezionamento più elevalo, che è pro- prio soltanto dei verlebrali superiori. In ogni caso il primo passo alla produzione di cosiffatti organi consiste nella mani- festazione di una semplice papilla nella molle parete della cavità della bocca , o sui delicati integumenti che si ap- prossimano ad essa , come avviene per esempio nel rostro del Pristi», 0 pesce sega. Considerati i denti a questo primo gra- do di sviluppo è chiara 1' analogia che li rende somiglianti ai tubercoli ossei, alle spine, agli scudi, alle squame o sca- glie integumentali ; nò questo solo , ma parecchi di tali orga- ni, anche pervenuti al completo loro sviluppo e perfczionamen- 72 ODONTOGRAFIA to, somigliano perfettamente ai veri denti. Le robuste scaglie, a cagion d' esempio, del genere estinto Lepidotus si compongono di minuti tubi paralelli, coi loro rami ed anastomosi complicate, come si disse verificarsi di molti denti. Nelle nominate papille primitive, rudimento del dente, ben presto si fa palese una cavità, rivestita da membranella piuttosto densa (membrana della polpa), e piena di liquido di particola- re natura. La papilla poi sottostà necessariamente alla mucosa buccale, ed all'integumento generale esterno, parti le quali vanno grado grado assottigliandosi e perdendosi col crescere dell' organo papillare formatore. Il dente intanto si va consoli- dando entro questa capsula in cui trasformasi la papilla , e per- venuto a certo grado di sviluppo mostrasi fuori della medesima nella posizione che gli compete. Nei pesci cartilaginosi della fa- miglia degli Squali, mancando gli alveoli distinti pei denti, col- locansi le papille in una comune depressione, o solco, dei margi- ni mascellari, ed imitano così, anche nello stato di individui adulti, la disposizione che è propria dell'umana specie nel pe- riodo della vita embrionale. In molte altre specie di pesci, per esempio nel Lophius pis- catorius , la papilla dentaria tende a deprimersi in tante distinte cavità, le quali però non arrivano alla dura sostanza delle mascelle, ma si formano nella grossezza della mucosa stessa , dal che la facilità dello schiantamento dei denti in formazione, portando seco il molle tessuto nel quale è immersa la loro base. Però nel per- fezionarsi del dente si sviluppa un robusto tessuto fibroso sotto- mucoso, che diviene un mezzo fermo di unione tra 1' osso ed il dente , e spesso un tale tessuto per modo si indurisce da costi- tuire una solida saldatura tra la base del dente e l'ossea so- stanza che lo sostiene : e questo modo di disporsi e perfezionarsi del dente può riguardarsi come un secondo grado di più perfet- ta formazione che va ravvicinandosi sempre più alla condizione dei denti dei mammiferi. Infatti nelle specie dei Generi Balistes, Sparoidis, Spliyraena , Scarus ed in molti altri passano i den- ti nel loro sviluppo'per tutti i soliti stadii che sono stati distinti nei vertebrati i più elevati fla papilla s' immedesima col folicolo, viene circondata dalla capsula?, che si approfonda entro un di- stinto alveolo osseo, "dal quale spuntando il dente viene stretto alla base delle corona dalla mascella via via crescente. DI R. OWEN 73 Molte altre cose aggliigne l'autore in questo capitolo ris- guardanli il modo di crescere, di perfezionarsi, di rinnovarsi e di cadere dei denti dei pesci, le quali saranno con maggior profitto e chiarezza ricordate trattando particolarmente di co- testi organi nei diversi generi e famiglie della Classe, nella quale circostanza gli esempi e le figure, che si citeranno, rendere potranno una tale materia e più interessante e più istrutiiva- Capitolo II. Denti dei Ciclostomi — Mixine. Nella classe dei pesci, come in quelle dei rettili e dei mam- miferi s' incontrano delle specie prive di denti. Questi pesci sden- tati più frequentemente si rinvengono nella sezione della classe costituita dai cartilaginosi ; tali sono gli ammoceti , gli storioni, i planirostri e aodonti. L'ordine intero dei Lofobranchi del Cu- vier non presenta denti come per lo appunto gli Singnati ed Ippocampi. I pesci occupanti i più bassi gradi della serie, ed a- venti il corpo somigliante a quello dei vermi, come i raixinoidi e le lamprede, sono affatto privi di denti calcari, ed hanno in loro luogo delle sostanze cornee somiglianti a quelli degli ento- 2oari. La mixine glutinosa, ed altre specie affini riunite dal Mul- ler nel genere Bdellostoma , hanno un dente particolare nella linea media del palato, assai lungo e robusto, ed una doppia la- mina dentaria ai lati della lingua. Nelle lamprede poi la cavità della bocca è munita di denti m.oIto più numerosi, ma sempre di natura cornea, e sostenuti da grosse papille molli formate dalla mucosa buccale; secondo la diversa loro posizione si potreb- bero distinguere in labiali, mascellari, palatini e linguali. Il modo di sviluppo e riproduzione di tutti questi denti è lo stesso e nei mixinoidi , e nelle lamprede. La matrice è persi- stente, come nella maggior parte delle altre produzioni cornee, ed il nuovo dente conico vi è sviluppato immediatamente dentro e dietro la base del vecchio dente; e la sezione verticale di qualcuno dei denti delle lamprede mostra nno o due coni di suc- cessione fra il dente in uso e la superficie della matrice. Le sot- tili sezioni trasverse dei denti delle lamprede osservate al mi- 74" ODONTOGRAFIA croscopio mostrano la loro sostanza composta di tubi paralelli strettamente uniti e perpendicolari alla superficie secernente: siffatti tubi avranno il diametro di 124000 di pollice. Rapporto alla composizione chimica sono analoghi alla sostanza cornea delle corna. Capitolo III. Denti dei Plagiostomi. Pesci cani:, o Squalloidi. Tutti i generi dei veri plagiostomi a branchie fisse, eccet- tuato il gen. Pristis , hanno denti numerosi ma limitati ai lem- bi delle due mascelle. Sono disposti in numerose file che succs- donsi l' una all' altra dalP interno all' esterno ; hanno un certo grado di mobilità, aderendo all'orditura cartilaginea delle ma- scelle solo per mezzo di tessuti fibrosi e della mucosa della boc- ca , mancando del tutto gli alveoli. Prima di discendere a par- lare particolarmente dei denti di questi animali parla a lungo della composizione delle loro mascelle riportando le diverse opi- nioni, massime del Cuvier e del Miiller, conchiudendo in fine, che gli archi cartilaginosi destinati a sostenere i denti nelle raz- ze e negli squadri rappresentano , il superiore i mascellari con- giunti agli intermascellari, e l'inferiore i rami mandibolari coi loro processi articolari. La varia costruzione dei denti nei pla- giostomi rende questi animali idonei a procurarsi, e in diverso modo, varie qualità di cibi, ed i snelli e predatori Squadri so- no qui associati alle pigre omnivore Razze, come i denti del Lamna atti soltanto a trattenere e lacerare una preda fanno un singolare contrasto col regolare lastricato a musaico costituito dai molari appianati della razza Mylobates , due generi dei carti- laginosi collocati ai due estremi della serie. I Cani, 0 Plagiostomi squaloidi, pochi eccettuati, hanno denti di forma conica molto appuntita, più o meno compressa; frequentemente con denticelli più piccoli alla base; disposti l'uno al di dentro delP altro in numero di tre a tredici secondo le varie specie : 1' anteriore è verticale, gli altri più o meno si in- DI R. OWEN 75 clinano all'indentro, rappresentando cosi ciascuna serie una scmi- ruola dentata. Nelle razze dove i denti di ciascuna fila sono più nu- merosi offrono ogni modo di inclinazione ; e quantunque quelli de- gli squadri dotati sieno di maggiore mobilità, tuttavia quelli che sono molto inclinati non possono cangiar posizione, come da taluno fu creduto, a volontà dell'animale, ma solo progredendo il loro sviluppo e cadendo quelli delle serie più esterne. Fra gli Squadri il sottogenere Rhinodon di Smith è quello che present. i più piccoli denti , che paragonare si potrebbero a quelli denominali a spazzola nei pesci ossei, segue il sotto- genere Selache cui appartiene lo Squalus maximus di Home nel quale in un individuo lungo circa trentasei piedi (inglesi) non arrivavano, compresa la loro base, a mezzo pollice, avendo due 0 tre lince di diametro alla base che è rotonda. Qualora siffat- ti denti aumentano di mole variano molto di forma nelle diffe- renti specie, ma fa duopo notare che l'età diversa ancora pro- duce talvolta delle notabili variazioni in sifliitti denti ; p. e. le due punte laterali alla base, descritte come note caratteristiche de! genere Scyllium, spariscono frequentemente nei denti degli individui molto vecchi. E gl'individui giovani del Carcharias glau- cus hanno i margini dei denti semplici e taglienti, e si fanno den- tati nei vecchi: in parecchie specie ancora è diversa la forma dei denti nella mascella superiore e nell'inferiore, come si vede princi- palmente nel gen. Scynmus. Dipiù talvolta differiscono per mole e figura anche nelle diverse regioni di una stessa mascella , il che deve rendere molto cauti quelli che dalla forma di un solo dente fossile intendono dedurne dei caratteri di analogia colle specie vi- venti , 0 formarne specie e generi del tutto nuovi. Rapporto alla forma dei denti propria di diversi generi e sottogeneri della tribù degli Squadri, o Cani, nota l'Autore che nel sottcgenere Odontai^pis i denti sono più stretti che nel Lam- na, la punta media e più diritta, più lunga e più acuta, muni- ta di più alla sua base di altre due acute punte , per cui que- sto animale può afferrare e lacerare facilmente una preda, dal che ne venne il nome di Odontafpix ferox alla specie tipo. Nel gen. Spinar. Cuv. i denti sono somiglianti in ambedue le mascelle, e rappresentano delle sottili lamine triangolari cogli apici inclinati all' indietro. Nelle specie affini i denti della 76 ODOiNTOCRAFIA mascella superiore sono più piccoli e di una forma differente da quella degli inferiori, essendo tricuspidali. Nel gen. Notidanus i denti sono non solamente di forme diffe- renti nella mascella superiore e nella inferiore, ma di più variano e per forma, e per mole sì nella regione anteriore che nella poste- riore della stessa mascella. Nella mascella superiore i denti ante- riori rappresentano delle larghe lamine triangolari, compresse col- l'apice inclinato all' indietro : nell'inferiore i larghi denti anterio- ri hanno l'apice meno sviluppato, col margine anteriore fina- mente dentato, ed il posteriore diviso in tre o più denticelli. Nel sottogenere Carcharias i denti hanno la forma di lami- ne triangolari con larga base, l'apice acuto, e gli orli taglien- ti e finamente dentati. La superficie anteriore è quasi piana, la posteriore leggermente convessa. Il grande e formidabile cane bianco dei Navigatori Carcha- rodon di Miiller, ha i denti triangolari, a margini liscii |e ta- glienti : nel museo conservansi le mascelle colossali di un indi- viduo di 37 piedi di lunghezza, e nelle quali il dente maggiore è lungo due pollici, largo alla base un pollice e nove linee. Denti fossili simili s' incotrano nell' antico e nel nuovo continen- te alcuni dei quali arrivano fino ai sei pollici di lunghezza, a- vendo una base di cinque pollici. Siffatti squadri dovevano su- perare in grandezza le maggiori balene, e per la loro voracità essere considerati il flagello degli antichi mari. E cosi va l'au- tore descrivendo in breve i caratteri della forma dei denti nel Carcharias glaucxis Cuv. , nel sottogenere Phycodon, nei generi Zygaena , Galeiis , Goniadus Agassiz, Scymnus , e Pristis. Le tav. 3 e 4 poi rappresentano i denti del Lamna, Odontaspis , Spinax, Notidanus, Zygaena, Carcharias, Scymnus e Goniadus. Passando poscia a dire della struttura, osserva l'Autore che, in tulli i generi della famiglia degli Squali il corpo del dente è occupato in principal modo dai due generi di canali da Lui de- nominali midollari e calcarei. I primi , cioè i midollari, negli in- dividui freschi sono pieni di una sostanza sanguinolenta che rassomiglia del tutto a quella che riempie le cellule midollari della robusta sostanza ossea formante la base del dente , e colle quali sono i canali stessi in continuazione : pel consolidarsi del dente siffatti canali si obbliterano, giacché nuovi strati di so- DI R. OAVEN 77 Stanza calcarea si vanno sempre depositando dall'esterno verso l'interno fino a riempirne totalmente la cavità. Ho studiato, continua l'Autore, lo sviluppo dei denti degli Sqiialloidi nei ge- neri Galeus , Carcharias e Scymmis. In un feto giacente ancora neir utero di un grande individuo del cosi detto cane bianco (Carcharodon) , feto avente già la lunghezza d' un piede, non apparivano denti sulla faccia interna delle mascelle, tolta però una piega della mucosa ^ che scorreva paralella al margine delle mascelle, e sulla faccia interna delle medesime, si videro ma- nifestamente i minuti denti disposti nel modo ordinario. Le file più esterne offrono di già la forma propria della specie, le più interne van decrescendo, e nelle ultime esiste soltanto la molle papilla coperta nella punta da piccola callotta dentaria che facilmente si stacca , però con evidente lacerazione della polpa stessa , giacché si insinua questa evidentemente , come si vede facilmente al microscopio, negli stessi canali midollari den- tarli, occupandone interamente la loro cavità. In un feto di Carcharias lungo appena tre pollici, e che non aveva per anche perdute le esterne branchie , sulla membrana mascellare erano visibili soltanto due file di papille. Le polpe dentarie dei feti non ancora ossificate osservate al microscopio con un forte ingrandimento vcdonsi composte di granelli semio-^%. pachi poliedri , o di cellette immerse in una matrice trasparen- te , ed il tutto rinchiuso in una membranella trasparente che forma l'esterior superficie della polpa. Presso questa membrana i granelli o cellette sono disposte in linee corrispondenti a quelle dei sovrapposti tubi calcarei. La formazione del dente incomin- cia per la deposizione di particelle terree nell'esterna membrana nella polpa. Non sono stato capace, dice l'Autore, di distinguere la disposizione dei sali duri in questo strato. Egli è trasparen- te, estremamente denso, e costituisce l'esterior strato liscio del dente somigliante allo smalto: la facilità colla quale questo stra- to si stacca dalla polpa enlroposta potrebbe far supporre che l' un tessuto non fosse all' altro continuo. Ma se si osservi al microscopio la polpa in questo modo isolata , non si mostra già liscia all'esterno, come lo era innanzichè si formasse su di essa il detto strato, ma invece comparisce villosa, o fioccosa: egli è evidente perciò che l' esierior strato del dente non è stato tras- 78 ODONTOGRAFU sudato dalla superficie dell'esterna membrana della polpa, né depositato fra quella membrana e la parte globulare o granellosa della polpa, ma si deve invece al convertirsi della membrana stessa nei denso osso somigliante allo smalto. Per tal modo la formazione del corpo del dente mediante la deposizione di particelle solide in molli tessuti e cavità già predisposte si rende sempre più facilmen- te dimostrabile: secondochè si avanza il consolidamento del dente riesce sempre più difficile il separare dalla polpa la parte già so- lidificata, e meglio si dimostra ancora la continuazione delle produzioni della polpa in quei canali midollari che, solidificandosi mano mano verso la periferia , vengono a costituire come tanti centri dai quali irradiano i tubi calcari plessiformi. L'applicazione del principio dello sviluppo del dente median- te la conversione di molli tessuti organizzati e predisposti in so- stanza dura e compatta , e non già per la meccanica trassuda- zione e deposizione di solidi strati I' uno contro 1' altro , come generalmenle si pretendeva, facilmente dimostrabile nella forma- zione dei denti degli Squadri, ed in quella ancora dei denti dei mammiferi, non è in modo alcuno forzata, ma naturale invece ed assai facile. In questo luogo aggiugne l' Autore la seguente nota interes- sante. Dopo che questi fatti, e generali conclusioni intorno al processo della dentificazione furono esposti nelle mie partecipa- zioni al Collegio dei Chirurghi (maggio 1839), e poscia co- municati , più estesamente ancora, all'Accademia francese, mi avvenne di poter consultare V opera dello Schwann che ha per titolo ,, Untersuchungen ueber Osservazioni sulla corri- spondenza fra le piante e gli animali nella loro struttura ed in- cremento , in 8. 1839 ,^ . Non prevedendo dal titolo dell' opera che contener potesse osservazioni quasi direttamente spettanti alla struttura dei denti, ne procurai l'acquisto soltanto alcuni mesi dopo la di lei pubblicazione. Il Dott. Schwann descrive i ri- sultati delle microscopiche osservazioni da lui istituite sullo svi- luppo della dentina nei denti dei mammiferi , e giunge alla con- clusione, che il processo, somigliante a quello della ossificazio- ne , è uno di quelli che eseguisconsi per intus-susceptio. Cosi la teoria della dentificazione dedotta dalle osservazioni istituite su- gli squadri, e per analogia estesa anche ai vertebrati superiori , è DI R. OWEN 79 resa certa ex vim da uno dei più accurati ed csperimentali mi- crografi viventi. Un' analisi compita delle sue osservazioni si da- rà nella introduzione generale alla presente opera. Cuvier dopo aver stabilito che i denti dei pesci crescono, come quelli dei quadrupedi, per strali, aggiunge nella L'edizione delle Le- zioni d'Anatomia Comparala Tom. III. pag. 112. „ Ma i denti che aderiscono soltanto alla gengiva, come quelli degli Squali, crescono al modo delle epifesi delle ossa^ vale a dire, che tutta la loro sostanza è da prima tenera e porosa, ma si indurisce uniformemente divenendo come l' avorio „ . Io non ho mai nei denti veduto esempio di tale uniforme indurimento, e supposto ancora che una tal cosa potesse verificarsi, questo consolidamento del dente non sarebbe mai da paragonarsi a quello della ossifi- cazione delle epifesi. Sembrerebbe che Cuvier stesso avesse su tal proposito cangiato di parere, perchè nella seconda edizione delle citate lezioni un tal passo è soppresso. E vero nondimeno che i denti non solo degli Squali, ma anche degli animali più eleva- ti, si sviluppano a somiglianza delle ossa, ed i sali che danno la naturale durezza a sifiatti organi sono in ambi i casi depo- sitati in cavità preformate, in un modello o matrice di sostan- za animale preesistente, ma differiscono in quanto che nelle ossa è dal centro alla circonferenza che avviene il consolida- mento, laddove al contrario nei denti il progresso della ossifi- cazione si fa in senso opposto, dalla periferia al centro. Questo modo di formazione dei denti pel convertirsi della sostanza molle nella durissima che ne costituisce 1' essenza loro, esige the vadino successivamente manifestandosi gli organi mol- li 0 papille formatrici allorché rinnovar si debbano più serie di denti. Queste polpe riproduttive sono negli squadri collocate alla base della scanellatura mascellare : da questa situazione grado grado si avanzano verso il margine delle mascelle stesse, con- solidandosi nello stesso tempo , di guisa che sono già divenuti denti perfetti quando stanno per collocarsi in prima linea sul lembo mascellare, sostituendo le serie cadute. Questo movimento non è già parziale dei denti ma generale nella membrana den- tifera, che vegeta e cresce prodigiosamente dal fondo della doc- cia comune che contiene i denti , ossia dal suo lembo posterior- mente collocato. 80 ODONT. DI R. OWEN Esposte queste cose generali spettanti alla struttura e for- mazione dei denti degli Squali passa l'Autore a dire in parti- colare di questi organi come si presentano in diverse specie alla sezione medesima spettanti, trattando prima d'ogni altra del Prislis antiquorum. Sono principalmente i denti del rostro, o sega, cosi detta che descrive e rappresenta nella tav. 8. Avverte che fra tutte le parti dello scheletro il rostro, o punta della mascella superiore destinata a sostenere cotesti denti è quella che più sollecitamente si solidifica e diviene veramente ossea. Questi denti, abbenchè la parte che li sostiene vadi acquistando col crescere delP animale notabili dimensioni, non si rinnovano per essere sostituiti da dei maggiori, ma crescono perennemen- te per la base dalla quale ricevono il nutrimento, e consuman- dosi la punta estrema più sottile quella che si prolunga si pro- porziona sempre alla mole crescente del rostro. Una sezione trasversa del dente, praticata verso la base , la dimostra legger- mente incavata , tutta piena di solida sostanza , ma porosa , cO' me lo è per esempio la sezione di una canna. Tratta ancora della forma dei denti di altre specie di prislis il P. cuspidatus, il Microdon, il Cirratus. ( sarà continuato ) mDICEl DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Rondami — Differente sessuali delle Conopìnae e Myopinae pag.. 5 Peretti — Bel Santonina » 17 Dello stesso — Dell'Acido Valerianico ... m 23 RoNDANi — Due nuovi Generi di Insetti Ditteri. » 26 Pakizza — Sulla respira7,ione delle rane , salaman- dre e testuggiìu M 37 Contri — Sulla necessità di preparare i letami con lunga fermentazione » 56 D. G. — Nuovo minerale dell' America del nord. » 66 Memorie di Storia Naturale dell' Abbate Prof. Ran- ^ani. Deca secunda postuma « 68 OwEN — Odontografia, continuazione del sunto. » 70 ]\II0VI A1\NAII 2)eue SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo III. (Febbrajo 1845.) (puiblicato li 8 Marzo anno suddetto) BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI «ELIE SPADERIE. AVVISO iVrrivata la prima Serie degli Annali delle S€ien:ie Naturali al Tomo X. , la Società Editrice , che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842^ incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati )e condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo rìchiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa: il primo ed il settimo fascicolo d'ogni annata verrà fornito di un frontispizio , ed il sesto e dodicesimo dell'io- dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato , che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05 : non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, l'Elenco dei quali si legge nel 1° fascicolo. S'inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro I^oyembre non siasi dato avviso in contrario. CENNI SVI PESCI D'ACQUA DOLCE DELLA LOMBARDIA DI 3. IDS 92S3:?92 Estratti dalle Notizie naturali e civili sulla Lombardia , voi. L Milano 1844. te perenni acque, che ora in ampj laglifT^a in generose correnti, ora in una vasta rete d'acquedutli e di colatori , vediamo sparse quasi in ogni parte del nostro paese, offrono al popolo un'abbondevole copia di pesci, libera per lo più da privilegj e tributi gentilizj. Ma quel medesimo, ora commune, ora almeno communaie, diritto di pesca sui grandi fiumi e sui maggiori laghi fece sì che la propagazione di questi viventi non divenisse oggetto di particolare industria, e anzi rimanesse abbandonata al suo corso naturale anche in quelle più limitate acque di mi- nori laghi , di slagni e di canali che soggiaciono a priva- ta proprietà. Onde, se si eccettua qualche antico regola- mento sul modo e il tempo della pesca, se si eccettua la propagazione al tutto ornamentale del Caprino ot/raro nelle fontane dei giardini , e quella che alcuni anni addietro si fece della bottatrice nel Lago Sebino, e della trota nei laghetti alpestri della Val Malenco, per solerzia del pro- N. Ann. Se. Natir. SKniE li. Tom. 3. 6 82 SUI PESCI d'acqua dolce posto Chiesa, non pare che siasi posto mente agli ulte- riori vantaggi che si potrebbero ritrarre da un ramo di produzione, che in alcune parti dell'Europa settentriona- le eguaglia in importanza quella del pollame domestico. Perlochè potrebbe forse avvenire che questi nostri cenni fossero principio ad un miglioramento, che per l'immensa diffusione delle acque vive e salubri può forse tentarsi più vastamente fra noi che altrove. Quasi ognuno dei nostri laghi ha un proprio suo van- to, 0 nel possesso esclusivo, o nella maggiore abbondanza e bontà di qualche specie di pesci. Solo il Lario e il Ver- bano alimentano il pigo ; solo il Benaco accoglie lo spina- rello e una rara specie di blennio; nel Lario sì dovizio- sa è la pesca dell' a^o/ze da rappresentare a pari superficie quelle deìV aringa nell'Oceano boreale; e il piccolo lago di Varese, il più pescoso di tutti, vanta il volume e la bontà delle sue tinche. Ma gli antichi scrittori che tratta- rono dei nostri pesci, lo fecero piuttosto per accennarne la squisitezza, o per descrivere gli artitìcj della pesca, che non per tracciarne una classificazione scientifica. Onde r egregio autore della Fauna Italica ne fece giusta lagnan- za; e noi, per supplire alla troppo manifesta lacuna, e rettificare le poco accurate determinazioni delle specie fi- nora pubblicate, abbiamo intrapreso questo lavoro, il quale potrà venir arricchito ulteriormente da chi fosse in opportu- na condizione di raccogliere più riposti materiali , massime per ciò che riguarda le acque della regione montuosa bre- sciana e bergamasca. Non si potrebbe, colle poche parole che il luogo e il tempo ci assenlono, esporre pienamente perchè qui non si siano adottate le più recenti divisioni generiche. Dire- mo soltanto che frequenti prove dimostrano qual poca fi- ducia si debba agli isolati caratteri di classificazione per i quanto possano a priori sembrare importanti. Inoltre al- * cuni variano assai nei limiti stessi della specie; l'ampiezza DI F. DE FILIPPI 83 e direzione della bocca, la linea del profilo, la curva del dorso , le proporzioni del corpo , possono non essere ri- gorosamente identiche in tutti gli individui d'una specie. Eppure qual alto senso non si è voluto dare a questi ca- ratteri ? Si paragoni di grazia la Tinca chrysitis e l' italica del principe di Canino , da lui slesso sospettale in seguilo per un' unica specie ; si paragoni il Cyprinopsis gibelio e il carassius, ricongiunti novellamente e a buon diritto da EckstrOra: si vedrà fin dove possano giungere codeste va- rietà. Ad onta di ciò s'inventò un nuovo strumento, Y it- tiometro , ed una nuova arte, V ittiometrìa\ Se non che, scemato l' uso di frasi ambigue e di certi un po' più e un po' meno, che troppo sovente ricorrono nelle descrizioni, non si potranno più fare tante specie di quante lievi dif- ferenze di forme s'incontrano in un regno, dove queste forme sono così indipendenti dal compasso. E non ha mol- to che il signor Heckel trasse altrettanti nuovi generi dal numero e dalla forma dei denti faringei, per tal modo che smembrò in undici generi il solo Leuciscus; e il ge- nere C/iorzrf; 05 roma, così nitidamente contrasegnato, e an- cora sì povero di specie, fu scomposto in quattro; uno dei quali , il Chondrochylus , si distingue per un piccolo dente faringeo di più da un lato solo, in reliqitis cum genere Chondrostoma congruens. V ha per lo contrario un ordine di caratteri il cui valore antico è posto in dubbio dagli osservatori moderni, e che pure entro i suoi giusti confini non è mai fallace; e consiste nella forma delle nalaloje, nel numero dei lo- ro raggi, e in quello delle serie longitudinali delle squa- me; i quali contrassegni consultati in innumerevoli casi non offrono eccezione alcuna; come ebbe pure a riconoscere il sagace autore della Fauna belgica , signor Selys de Long- champs. E si può avervi tanto maggior fiducia , in quanto non offrono mai variazioni che non si accompagnino con altri contrassegni di maggior rilievo. 84 SUI PESCI d'acqua dolce Coir accordare ai gruppi generici alquanto largo confi- ne, non è già che si vogliano rifiutare al tutto le suddivisioni moderne. Queste, ridutte al grado di sottogenere, posso- no, senza aggravare di nuovi ricapiti i cataloghi, ottener nomi loro proprj da inserirsi in principio alla frase de- scrittiva delle singole specie. E per tal modo riassumendo un complesso di caratteri , gioveranno a compendiare il linguaggio, e sostituire un vocabolo ad una circollocuzio- ne; e interposte destramente, come si fa da molti, nella serie delle specie, ne indicheranno il naturale coordina- mento; ma non verranno ad accrescere quella confusione, per la quale vediamo elevato oggi al grado di genere ciò che jeri non militava tampoco siccome una buona specie. Dei quattro gruppi , nei quali il principe Bonaparte suddivise il genere Leuciscus di Cuvier e Agassiz, uno solo manca in Lombardia, e forse in tutta l'Italia; ed è quello cui conservò il primiero nome di Leuciscus- Gli altri fanno nel nostro lavoro altrettanti sottogeneri, con una lieve modificazione ad uno solo, e vi stanno contrad- distinti come segue : Squalius. — Corpo grosso, non molto alto, di me- diocre mole; bocca piccola, quasi orizzontale; pinna dor- sale per lo piiì opposta alle ventrali. Abita profonde acque. Telestes. — Non ammesso da quel medesimo signor Heckel che spezzò in undici generi il Leuciscus, com- prende (\ue§]\ Squalj , che non oltrepassano due decimetri di lunghezza, e che fuggendo le acque larghe e profon-' de, frequentano fiumicelli e canali. Non corrisponde affat- to al Telestes Bp. ; ma pure il suo tipo è il L. muti- cellus. ScARDiNius. — Corpo compresso ai lati ed allo ; boc- ca obliqua; ventre più o meno carenato; pinna dorsale spiccante per lo piiì dietro le ventrali. DI F- DE FILIPPI SS Il circoscritto numero dei pesci nostrali rende di mi- nor momento il modo d'ordinarli; né invero possiamo vi- ver sicuri della slabilità di quella slessa classificazione, che sui principj dell' Agassiz venne divisata dal Bonaparle, benché, fra quante fin qui si proposero, la più meritevo- le del titolo di naturale. Perocché d'essa pure si vengo- no svelando i difetti per opera dell'illustre Miiller, il quale interroga la natura, esplorando piuttosto le viscere degli animali che non la superficie della loro cute. Nella presente rivista le specie si seguiranno coli' or- dine adottato dal Bonaparte, come preferibile nello stalo della scienza a quello di Cuvier. AciPENSER Stup.io L. ( vulg. Storìonc) ; - Acipenser Naccarii Bp. (vulg. Storione). - Queste due specie che il vulgo confonde con un sol nome, vedonsi raffigurate neir Iconografia del principe Bonaparte. Abitatrici dell'A- driatico , risalgono di maggio la corrente del Po. Da quanto si può scorgere sui mercati di Milano e di Pavia, sembre- rebbe la prima appena più frequente dell'altra. CoTTL's GOBIO L. ( vulg- -Scfl;{c^one). - Diffuso in tutta Europa, e comune anche nei nostri fiumi, benché si ve- da raro presso i pescivendoli , e quasi solo d'inverno. Cor- risponde alla figura e descrizione che ne diede Jurine (Mém. de ìa Sociélé de Pliys. et d' Hist- Nat. de Genève, tora. Ili, p. 150). Perca fliviatilis (vulg. Pesce persico). - Jurine Op. cit. 152; Bp. Op. cit. - Più che nei fiumi, comune nei laghi , ma non nel Benaco , dove sembra mancare af- fatto. Non raggiunge in lunghezza quattro decimetri. GoBiis FLIVIATILIS Bonel. {Une. Ghioy^7^o^, lomb. Bat- tola, Bottina). - Stazionario e comunissimo nei fossati e fiumicelli ghiarosi. A differenza dello scazzone, fa per sé oggetto di mercato , e per la sua dilicatezza vien preferito all'altra minuta pescheria. Non vedesi figurato in alcun' 86 SUI PESCI d'acqua dolce opera ; ma fu descrillo nell' Istoria dei pesci di Cuvier e Valenciennes. Quando non lo adeschi la preda o lo cacci la forza, dimora nascosto sotto le pietre, alla cui superfi- cie inferiore sospende le ova ; le quali , per la figura che prende la membranella esterna , sembrano fusiformi , e av- vicinate in un solo strato, tutte insieme ondeggiano col- r acqua. Sullo sviluppo di queste ova, facilissime a tro- varsi nel giugno , vedi i nostri studi negli Annali univer- sali di Medicina (agosto 1841). Blennius anticolus Bp. (vulg. Cagnetta). - Proprio e distintivo del Benaco e d'altri laghi più meridionali del- l'Italia, vi forma una colonia lacustre d'un genere mari- no , com' è per tutta la Lombardia il Gobìus fliiviatilis. Pol- lini lo descrive nel suo Viaggio, ma dove dice linea la- teralis recta, non avvertì ch'ella è anzi molto curva nel primo quarto della sua lunghezza; e perciò riesce più fe- dele la descrizione del Bonaparte. LoTA vuLGARis Jcnyns. - Jurine, Op. cit-, tom. II {Bottatrice, vulg. Bottrisa). - Stazionaria nei nostri la- ghi, abita le grandi profondità, terrore degli altri pesci, e sopratutlo dei persici , che ingoja fino a distendersi enor- memente il ventre. Ha carne tenera e saporita. AcANTHOPsis T^NiA Lin. Agass. (vulg. Usellina). — Comune fin nel Benaco, ma più nelle acque pantanose che derivano dall'interna città; poco pregiato, si frigge dalla plebe. È il solo del genere linneano Cobitis , che si veda fra noi. È figurato da Bloch , tav. 31. 2, Gobio lutescens Nob. (vulg. Bertone) -(G. ore in- fero , parvo , oculis lateralibus , corpore subquadrilatero ; pinna caudali apicibus acuminatis , superiori longiusculo. - D. 10. P. 14. V. 8. A. 8. Lin. lat. 40 6/5). - Se que- sta specie indigena di gobione vuoisi paragonare a quelle descritte nella Fauna Italica, appare distinta da tutte per la forma del rauso^ la posizione elevata dell'occhio, la piccolezza della bocca , la forma della coda. Il G. obtu- DI F. DE FILIPPI 87 sìrostris del signor Valenciennes è descritto con frasi trop- po parche ed incerte, perchè si possa trarne un esalto confronto; e quella del G. fluviatilis , mentre ridonda di dati superflui sulle dimensioni delle singole parti, ommelte altri indizj più importanti. Inoltre , se Valenciennes asse- gna a distintivo di quella specie le ventrali sottoposte alla dorsale, il principe Bonaparte ne fa invece il distintivo del suo Gob. venatus del Piemonte e del Bolognese, mentre il Gob. fluviatilis porterebbe la dorsale mollo più avanti. Ad ogni modo la nostra specie pare bastevolmente contrad- distinta dalle congeneri per la bocca piccolissima, che co- gli angoli non raggiunge le perpendicolari calate dalle na- ri, per la molta convessità della fronte e del muso, per l'interposto avvallamento, e per la statura, che non oltre- passa i centimetri 13. La pinna dorsale si spinge appena più avanti delle ventrali; le pettorali talvolta toccano col- l'apice l'attaccatura delle ventrali, ma talora ne disiano 2 millimetri. La coda ha i lobi acuminati, e alquanto, ma però sensibilmente e sempre, più lungo il superiore, la parte dorsale è appianala, e così pure i fianchi, e più lievemente l'addome; onde l'intera figura riesce quasi prismatica. Un giallo olivastro cupo colora in lungo il terzo superiore del corpo; quindi d'ambo i lati scorre una larga fascia grigio-ferrea. Questo fondo è seminato di mol- te macchie irregolari bruno-cupe, che si stendono anche alla parte superiore del capo e alla natatoja dorsale e cau- dale; le altre sono d'un pallidissimo ranciato. Questa specie non è comune , né accade di trovarne molti uniti. Si pesca avventizia con altra specie, e massi- me co' barbi, coi quali alcuni la confondono. Barbi's fluviatilis Ag. (vulg. Barbio, Halbio). -Fra quanti barbj ci siamo procurati dai nostri laghi e fiumi, ne abbiamo sempre rinvenuto un'unica specie, la quale però non si conforma in particolare ad alcuna delle quat- iro descritte nella Fauna Italica, benché ciò non lolga 88 SUI PESCI d' acqua dolce la nostra ferma opinione che tutti i barbj di Lombardia debbano rientrare nella specie linneana Cyprìnus barbus. Gli autori moderni^ nel proporsi una rigorosa precisione descrittiva, non evitano sempre d'applicare a tutta una specie quanto appartiene al solo esemplare esaminato, e d'alzare quindi al grado di specie le mere individuali va- rietà. Ma se la minuziosa proporzione delle minime parti si prestasse ad una rigorosa classificazione, il Barbus flu- vìatilis di Valenciennes sarebbe già ben diverso dalla spe- cie che porla lo stesso nome nella Fauna Italica, come divien manifesto se si contrappongono Je frasi dei due va- lenti naturalisti. Valenciennes. La plus grande hauteur est cinq fois et trois (|uarts , et souvent six fois et demi dans sa longueur. La lète compri se quatre fois dans la longueur totale. Les yeux sont petits;car leur diametre n'est pas le dixième de la longueur de la tote, et à peine le quart de leur intervalle. (NB.) E quindi la lunghez- za del capo è maggiore del- l'altezza del corpo. Bonaparte. L'altezza maggiore è me- no d' un quarto della lun- ghezza. Il capo è il quinto di lut- to il pesce. L' occhio entra cinque vol- te nella lunghezza del capo. La disianza che corre fra un occhio e l'altro, è d'un dia- metro e mezzo. (NB.) E quindi la lunghez- za del capo è minore dell'al- tezza del corpo. Gli esemplari da noi raccolti non si adattano né all' una né all'altra di queste descrizioni ; e meglio si riferirebbe- ro al Barbus plebejus. Ma questa specie fu stabilita da Valenciennes per uno dei barbi nostrali , di corpo più lar- go e tozzo del comune; e dal Bonaparte è ammessa per altra specie pur nostrale, di corpo sottile e allungato. DI F. DB FILIPPI 8» Ragion vorrebbe adunque che «no dei due nomi si espungesse; nei qiial caso non può esser dubbia la scelta fra un nome novello e il nome amico e riconosciuto. II Bar' bus plebcjus è dunque mera varietà del B. fluviatiUs, pe- sce che varia assai di proporzioni corporee, anche nei più angusti limili di paese; dimodoché, stando la più perfetta uniformità degli altri caratteri , abbiamo trovato in uno de- gli esemplari l'altezza del corpo compresa 6 volte nella lunghezza, in un altro 5i, in altro 6, in altro 4L Le serie delle squame nei nostii esemplari furono sempre da 74 a 76 in lunghezza e 30 in altezza, quasi egualmente ripartite sopra e sotto la linea laterale, cifre ben diverse da quelle di Bloch , di Bonaparte e di Selys de Longchamps ; ma viceversa conformi a quelle che Valenciennes assegna ai Barbus plebejus e fluviatiUs. Costante è l'insieme del suo aspetto, la curva dolce del capo, il muso allungato, la bocca inferiore e munita di labbra carnose e grosse, massime nel verno. II colore, verdastro bronzino sul dorso, in alcuni trapassa al grigio chiaro, con molle e irregolari macchiette sui Iati; l'addo- me è bianco, e le pinne pettorali, ventrali ed anale gial- lo-rancie. È comune, segnatamente nelle acque profonde, pres- so gli scogli , ma poco pregiato. Cyprini's carpio L. (vulg. Carpano). - L'unico fra noi del genere Cyprinus. Varia alquanto , come la tinca , nella curva più o meno risentita del dorso, ma non però come nel C. elatns lì\). ; e l'altezza sta da tre a quattro volte nella lunghezza. Varia anche nel colore verdastro bronzino, ora quasi nereggiante, ora traente all'aurato. Pare che il C regina Bp. sia una mera varietà della specie linneana. La Fauna Italica ne offre ottime figure e un' e- legante ed erudita istoria. Il carpano assai frequente nei laghi si accompagna alle tinche, ed è con esse la principal preda che si fa colle 99 SUI PESCI D ACQUA DOLCE reti poste intorno a quei mucchi di sassi ad arte appre- stali , che si chiamano garovi- È a desiderarsi che si adolli r uso sparso nel settentrione d' ingrassare con esca oppor- tuna questa specie e di promoverne la propagazione, rac- cogliendo le ova fecondale in apposite pescaje, che in certi luoghi darebbero maggior lucro che un eguale spazio di terra coltivata. Pare che la Fauna dell' Italia non abbia ciprini senza cirri alla bocca. V encoUa del Lario, che il Bonaparte reputa un Carassìus, è il pi^o in autunno, privo dei fiori che adornano il maschio in primavera. Caso comune tra gli studiosi, ma raro fra il vulgo dei pescatori, è questo di un doppio nome pel medesimo pesce. Tinca vilgaris Cuv. {Tinca)- - Diffusa in tutta Eu- ropa. Varia nel profilo e nelle proporzioni , fino a produr forme più disparale che non siano quelle della Tinca chrysitis e deW Italica Bp. Varia eziandio di colore; quella varietà delta T. aurata da Bloch, non fu trovala finora tra noi; invece è frequentissima intorno a Milano una tinca che noi diremmo carbonaria, d'uniforme color piombino scuro. Phoxinus l^vis Ag. - Bloch , Op. cit. , tav. 8 ( vulg. Fregarolo). - Elegantissimo pesciolino , frequente nei ru- scelli intorno a Milano, nei fiumi Lambro ed Olona, do- ve in vivaci famiglie guizza nei siti ombrosi contro le lim- pide e fredde correnti. È il solo che col luccio suo nemico si avanzi fino alle teste dei fontanili^ e si ricoveri negli stessi lini delle surgenli. In primavera vince tutti gli altri pesci nostrali per varietà ed eleganza di colori : e sull' ad- dome, sulle mascelle, sul contorno delle labbra e nell'oc- chio stesso, si tinge inegualmente d'un color di fiamma, che fa bel contrasto col verde aurato del dorso e la fascia argentea dei lati. Non conosco il Phoxinus lumaìraeul del piemontese Bonelli. Ma quadra benissimo al nostro la descrizione del à DI F. DE FILIPPI 91 Phoxinus laetis data da lleckel negli Annali del Museo Viennese. CuoNDRosTOMA NAsus L. ( vulg- Savcttu ) • Blocli , t.^ 3"*, figura ottima. - II principe Bonaparle descrive una sola specie di queslo genere, apponendovi il nome vulga- re di Savetta, cli'ei vorrebbe specificamente conservato, qualora questa specie non si riconosca per l'inedito Clion- drostoma rysela hg. Veramente la descrizione e la figura della Fauna Italica sembrano distinguerla dal Cìiond. na^' sus, sì comune in Europa; ma potrebbe non essere per- venuta dalla Lombardia , dove col nome di Savetta dino- tasi ben altro pesce, cioè il vero Cyprinus nasus L. A questo conviene perfettamente la figura e la descrizione di Bloch , colla sola differenza che le natatoje sono appena velate di lanciato, mentre in quell'opera sono d'un tosso intenso. Ma i raggi della pinna anale sono 15, come nel- l'opera di Bloch, cioè più che non siano nelle formule degli altri autori. Il Ch. nasicus di Heckel, coli' anale di 14 a 15 raggi , non sembra differire tampoco dal Ch. nasus, poiché l'essere i denti faringei piuttosto sei che sette per parte, non dà diritto di fare due specie d'una sola. L'altezza del corpo, in modo approssimativo e non rigoroso, si comprende cinque volte nella lunghezza. La sua formula è la seguente D. 12. A. 15. V. 10. P. 17. Lin. lat. 9^9 62. Chondrostoma jAciLiM Nob. (vulg. Strìe). - {Chondr. longitudine altitudinem sexies superante ; squamis argen- teo-micantibus. - D. 11. A. 12. V. 10. lin. lat. 5810/8). - Si pesca principalmente nel Ticino e nel Po un'altra specie di Chondrostoma , distinta dalle congeneri per for- ma allungala e sottile; al che forse si riferisce il suo no- me vulgare (da i^jc/ta'). La sua lunghezza è incirca sei volte maggiore dell'altezza, la quale pareggia la lunghez- za del capo. Gli occhi, grandicelli ^ distano un diametro e mezzo. La pinna dorsale è alquanto elevala, ma per meno 92 SUI PESCI d' acqua dolce sproporzionata lunghezza dei raggi il suo margine supe- riore non appare così obliquo come nel Ch. nasus. L'ana- le differisce costanleraente per ire raggi di meno. Il dorso è grigio verdastro chiaro con pallidi riflessi dorati, disposti pel lungo; le squame dei lati e del ven- tre risplendooo di minuti ma distinti raggi argentini , e quelle dei fianchi sono punteggiate di nero, che nel ver- no spicca maggiormente, come gli altri colori del pesce; e allora scorgesi al disopra della linea mediana una larga e sfumata fascia grigia , come nel vairone. Le pinne sono bianche giallastre, inserte in un bellissimo giallo ranciato_, che tinge anche il contorno e l'angolo della bocca, e le congiunzioni delle ossa opercolari. Questa specie non tocca in lunghezza un piede (cent. 32); mentre la savetta per ordinario lo oltrepassa. Leuciscl's pigus .... Cyprinus pigus Lacép. - Cy- priniis rutilus Scop. (vulg. Figo). - Il nostro pìgo ha un'antica celebrità pel suo ^onre in primavera, ossia, perchè il maschio nella stagione nuziale si riveste di tanti bottoni cartilaginei , che sono sparsi in linee irregolari lungo i lati del dorso, sui raggi maggiori delle pinne, e più riccamente sul capo. Non tutte le squame ne sono ornate , ma alcune ne hanno due. Sembrano attaccati per mera adesione, e facilmente decidui; somigliano alla con- chiglia òeWAncyhis, acuti all'j^ice, larghi ed dittici alla base, ma sul capo circolari. L'alcoole che altera ben poco gli altri colori del pigo , tinge i suoi bottoni in bruno ferrugineo. Anche fuori della stagione si scorgono sul pigo i varj punti, sui quali i fiori verranno a spuntare, o sono già cascati. Il pigo nella sua forma autunnale è chiamalo cncohia dai pescatori comaschi. La specie linneana che più gli si accosta è il Cypri- nus grislagine, tuttora così incertamente descritto, e quin- di disadatto ad ogni confronto. La lunghezza del pigo su- pera 41 volte l'altezza; è allungalo e piuttosto compresso; DI F. DE FILIPPI 93 il profilo è regolarmente curvo dal dorso all' apice del muso,, che sporge innanzi alla bocca; e questa è piutto- sto piccola. L'occhio dista un diametro e mezzo dall'api- ce del muso, e forma la quinta parte del capo. La pinna dorsale s'innalza sopra l'origine delle ventrali; la coda è forcuta. La linea laterale, parallela alla curva del ven- tre, ha 50 squame, divide le serie longitudinali dalle al- tre squame in modo che otto restano al di sotto e sei al di sopra. 11 colore, verdastro sui fianchi, volge al bron- zino, e quindi all'argenteo verso l'addome; sul dorso gZi nereggia fa^^urro, come scrisse elegantemente il Por- cacchi; le pinne sono grigiastre. - D. 12. V. 10. A. 14. P. 17. Non sono rari gl'individui del peso di tre libbre, nel qual caso gareggiano per delicatezza di carni coi migliori nostri pesci fluviali. Pare che dimori solo nel Verbano e nel Lario, del quale ama la riva orientale tra Como e Torno. Leuciscus cavedanl's Bp. (vulg. Cavc'^^ale , Caveda- no, Cava:{^mo). - QyìGilo pesce triviale e spregiato , detto dai pescivendoli trota bastarda, e temolo bastardo, ab- bonda nelle acque tranquille e profonde ; cade sovente co- me preda avventizia nelle reti tese a miglior pesce. Si cela fra le pietre, e per diffidenza, maggiore dell'ingordigia, rare volte morde l'esca che gli getta il pescatore, che ta- lora consiste in frutti, ma è più gradita quando sia una crisalide viva del baco da seta. Alcuni autori, come Por- cacchi e Scopoli, lo riferiscono allo squalio dei Romani; fra i nomi vulgari dd quale Belon annovera pur quello di cavedano, e queUo di caliiastro, dato in Piemonte ad una specie probabilmente non diversa. Il principe Bona- parte distinse specificamente col nome di Squalìus cave- daniis quello del Bolognese , di Sq. tìberinus quello de' Romani , e di Sq. Pareti quello dei Piemontesi. Se a que- sti vogliamo paragonare quello di Lombardia^ tenendo 94 SUI PESCI d'acqua dolce conto di tutte le più minute variazioni , giungeremo facil- mente 0 a ricondurre le tre specie ad una, o ad aggiun- gerne molte intermedie. Il nostro cavezzale ha corpo oblungo, non molto compresso, dorso arrotondato, capo largo, dimodoché lo spazio interoculare è doppio del massimo diametro del- l'occhio, benché talvolta alquanto minore. Il contorno del muso è tondeggiante; il fronte seconda la curva del capo; la bocca è alquanto inferiore, alquanto obliqua e grandi- cella; l'occhio dista quasi due diametri dall' apice del muso. È per lo più verdastro cupo lungo il dorso, con pallidi riflessi bronzati, posti a striscie longitudinali ; i lati e l'addome acquistano un grigio di madreperla traente all'argentino, la pinna dorsale di undici raggi è inserta alquanto più indietro delle ventrali; l'anale è sorretta da dodici raggi. Questa e l' altre natatoje sono pallide a prin- cipio, ma verso il margine prendono un color piombino più 0 meno carico volgente talvolta al nero. Sette ordini di squame restano sopra la linea laterale, e cinque sotto. Se lo confrontiamo colle tre specie distinte dal Bona- parte, le pinne più o meno piombine allontanano il ca- vezzale dallo Squalius cavedanus e tìberinus per avvici- narlo allo Sq. Pareti, col quale molte volte s'immedesi- ma anche nella proporzione dell'altezza alla lunghezza, che sta sovente come 1 a 6; e se discende a 4^ e 4, al- lora la nostra specie trapassa al cavedanus. L'inserzione della dorsale talvolta é più, talvolta meno discosta dall'at- taccamento della ventrale. È probabile che gli individui a pinne più chiare somiglino a quelle del tìherinus a pinne più oscure; e in ogni modo questo non è fondamento a farne due specie. Poiché , quando si vede il Chondrostoma nasus e il Leuciscus eryhtrophthalmos perdere il color rosso delle pinne verso il confine meridionale del territo- rio che loro assegnò la natura, non è più meraviglia se nel Leuciscus cavedanus, disceso verso l'Italia meridie- i DI F. DE FILIPPI 95 naie, le natatoje impallidiscono, fino a trapassare dal piombino leggiero al grigio chiaro ed albeggiante. Leuciscus MUTiCELLiis Bp. (vulg. Fairoue). - U nostro vairone, per mera siraiglianza di nome col véron dei Francesi, fu lungamente confuso col Cyprinus phoxinus L. Nelle meno recenti opere non si trovano figure o descri- zioni che si possano riferire a questo pesciolino triviale; ma conviene ravvisarlo neW Iconografia del Bonaparte, e riferirlo come una mera varietà di clima alla Lasca mo^- %etta. È comune nel Larabro, nell'Olona, nei Navigli, nel Ticino ; ma più contento di guizzare in acque basse fra le pietre e i legnami delle sponde, non s'inoltra entro i la- ghi. Come tutti i pesci bianchi o leucisci, si propaga in maggio e giugno, coprendosi di bottoncini come il pigo; e in ciò si accosterebbe allo Squalius rubella, da cui dif- ferisce per tutto il resto. Si riconosce senza minuto esame per costanti caratteri di colore, più cospicui al finir del- l'inverno; e sono una fascia nerastra sovrapposta pel lungo alla linea laterale, eh' è pur segnata di grigio cupo in tutta la sua lunghezza. Il fondo è grigio d' aciajo sul dor- so, sfumante a poco a poco verso la metà inferiore, ove si muta in elegante gialliccio con riflessi di madreperla. Le pinne pettorali, ventrali ed anale sono gialliccie, vela- te lievemente di grigio all'estremità, e tocche d'un bel ranciato all'inserzione. Leuciscus pagellus Nob. (vulg. Trollo , trìotto) - ( Leuciscus telestes , - dorsali elevata ; corpore depresso , spatio interoculari sesquimajore diametro oculi ; oculo magno , capite longiusculo , quartum longitudinis corpo- ris, cauda exccpta, subaequanti. D. 11-12. A. 11-12. V. 9. Scr. squam. 39-40 8/4 ). - Col nome di trolli , abbiamo ricevuto dal Verbano parecchi esemplari , simili nel colore al vairone , e come questo non oltrepassanti mezzo pie- de (0™ 16) di lunghezza; hanno il corpo però molto più compresso e in proporzione più elevato. La dorsale sovra- 96 SUI PESCI d'acqua, dolce sta all'inserzione delle ventrali ed è alla, meno però di quanto sia lungo il capo; il secondo suo raggio è doppio dell' ultimo, onde deriva l'obliqniià nel tagliente della pin- na. La linea laterale asseconda la curva del ventre, e il fronte quella del dorso; il capo, assai lungo, è il quarto della lunghezza del corpo, esclusa la coda; le mascelle sono eguali; l'occhio è grande, e sta quattro volle nella lunghezza del capo e anche meno. L'altezza del corpo, doppia della larghezza, è il quarto della lunghezza tota- le, compresa la coda. S'acccosta molto al Cyprìnus bìpunctatus Jurine, o Squalius pigulus Bp. ; ma ne differisce per le squame più grandi, per minor numero di raggi alla pinna anale, per l'attacco della dorsale, e per mancanza della doppia pun- teggiatura sulla linea laterale. Leuciscus scardinus Kob. (vulg. Trìotto) - (Leuci- scus Telestes , corpore crassiusculo ; altìtudiììe longitudi- nem parum ultra ter superante, capite parvo; fronte convexa ; spatìo ìnterocidari duplo diametro oculi ; ore infero-, dorsali ventralibus apposita. D. 11. A. 11. P. 16. V. 9. ser. squam. 398/4). - Questa specie, non rara nei fossati presso Milano, s'accosta pel nome alle scardole, colle quali il vulgo la confonde. Somiglia alla precedente per grandezza e forma, per la posizione della dorsale e pel colore. Un grigio lievemente violaceo sul dorso, e verdastro sul fianco, sfuma in bianco di madreperla sul- l'addome; ma è interrotto da una fascia grigia, che scorre dall'opercolo alla radice della coda. Si dislingue per l'al- tezza, che non è compresa tre volte e mezzo nella lun- ghezza totale; e la notevole sua grossezza misura quasi la metà dell'altezza. Il capo è piccolo: la fronte convessa e larga, gli occhi distanti due diametri ; la bocca piccola, inferiore, raggiunge cogli angoli le perpendicolari calate dalle narici; l'occhio dista dal muso un diametro; la linea laterale è più diritta che nel L. pagellus. DI F. DE FILIPn 97" Leugiscus pauperum Nob. (vulg. Sbroffone, Triotto) - ( Leuciscus Telestes , corpore depresso , altitudìnem lon- gitudine quatnor superante; pinna dorsali altiuscula; ca- pite brevi ; spatio interoculari duplo diametro oculi. D. 12. A. 12. Ser. squam. 408/4). - Non si può decidere sulla semplice figura se questo sia lo Squalius elatus Bp. ; né si può nel dubbio conservare il nome specifico elatus, dachè, opportuno in uno Squalio, non lo sarebbe del pari in un Leucisco. Somiglia al L. scardinus , e più ancora al pagellus; ma si distingue pel colore verdaslro-chiaro sul dorso , che passa alquanto al grigio sui fianchi , poi all'argentino nella metà inferiore. 11 corpo, assai meno alto e grosso che nel L. scardinus , ha le proporzioni del pagellus, però col capo più piccolo che sta volle 61 nel- la lunghezza totale, col muso alquanto più convesso ^ e l'occhio sempre e notabilmente minore. Potrebbe classifi- carsi immediatamente presso la lasca roccella, L. rubella Bp. , cui s'accosta nelle forme;, ma non nella fioritura. Con- fusa sui nostri mercati anch'essa colle scardole, è lasciata a cibo de' poveri. Leuciscus ( Scardinius ) erytlirophthalmos Un. Cuv. (vulg. Fiotta , Scardola , pesce del diavolo). - Il più ab- bondante fra i nostri pesci, fu soggetto d'errore nella sua determinazione, ricevendo talvolta i nomi specifici di Cy- prinits grislagine e Cyp. rutilus , e il nome generico à' Abramis. Corrisponde \GX2in\tn[Q 3\ Leuc. erythrophthal- mus , ove si prescinda dal color delle natatoje piombino e non rosso vivace, come suol vedersi sulle ventrali, sul- l'anale e sulla coda degli individui modelli. Onde pare nuovamente che il clima freddo fomenti nei ciprini questo colore , il quale impallidisce nella stagione estiva e sotto cielo più australe. Per non ripetere la descrizione d'una specie già no- ta, ci rimettiamo a quanto altri scrissero e rappresentarono con buone figure; e aggiungeremo solo che chi da leg- N. An.-s. Se. Natur. StBiE H, Tom. 3. 7 98 SUI PESCI d'acqua dolce gieri variazioni nel contorno della faccia, nella curva del dorso, nella direzione della bocca, amasse ricavare allrel- tante specie, ben ve ne avrebbe materia. Ma in verità pa- re potersi appena distinguere come varietà del L. erythro- phthalmos quel pesce sì comune nel Milanese , che al piom- bino delle natatoje aggiunge una linea poco distinta dello slesso colore, la quale stando sul margine del circolo sca- polare, sembra contornare l'opercolo. Il nome vernacolo di pesce del diavolo allude alla frequenza delle reste non compensala dal sapor della carne. Abbonda in lutti i la- ghi, e nella Bassa accade veder le acque delle risaje tulle piene di piccole scardole , che nessuno si cura racco- gliere. Aspius ALBORELLA Nob. (vulg. Alborella, Avola) - ( Aspius longitudine altìtudinem quintuplo superante ; dorsali ventralibus valde retroposita. - D. 11. A. 14-16. Ser. squam. 42 8ìS). - V alborella del Verbano e del La- rio e V avola del Benaco, differenti solo di nome, sono l'unica specie d' Àspìo che rallegri delle argentine sue squame le nostre acque. Vive a stuoli ; e gli individui lun- ghi un decimetro sono già dei più grandi. Propaga in giugno e luglio; e talora scorrendo con impeto nelT ulti- mo lembo dell'acqua, dà in secco. Serve d'esca per la bottatrice, il luccio e il persico. Il principe Bonaparle sospetta a ragione che differisca dal vero Aspius alburnus d'oltremonte; ma la figura eh' egli ne dà, se non si rife- risce ad una specie diversa da entrambe , dev' essere im- perfetta. L'alborella si distingue dalle congeneri J. albur-- nus Ag. A. Alburnoides Selys, A. acutus Heck. e A. Mento Ag. , per la costante inserzione della dorsale oltre Ja metà dell'intervallo fra le ventrali e l'anale, sicché la perpendicolore calata dal primo suo raggio, e non già dall'ultimo come nell'J. alburnus , cade a piccola distan- za dell'ano. Inoltre i raggi dell'anale non sono mai più di 16, talvolta H; epperò cinque meno che neU'«/6Mrwi; DI F. DE FILIPPI 99 in confronto al quale, il suo corpo è alquanto men al- lungato^ ma il colorito affatto eguale. Su questa specie, come sulla tinca, sul persico, e sul luccio, versano le belle ricerche embriologiche dell'egregio nostro Rusconi. Clupea (Alosa) finta Lacép. (vulg. Agone). - Egli è quel medesimo pesce che toccando per estremi confini la Svezia e l'Egitto, e risalendo dall'Oceano, si sparge pei fiumi e i laghi di quasi tutta l'Europa. Da noi pren- de diversi nomi, secondo le età; chiamasi cep;ja , come la vera Clupea aiosa a Venezia, quando è grosso, e misura io lunghezza un piede e più (0" 32); agone, quando è di mediocre grandezza; ceppino, quando è piccolo; e allora si pesca in buon numero fin sotto le mura di Milano, nella sua discesa verso il mare, in settem- bre. Ma la sua pesca non è mai tanto copiosa quanto in maggio e giugno; e allora sai Lario gli agoni vengono salati e messi in commercio col nome di missoUini. È forse la stessa specie che prende il nome di Sardena e Scarahìna sul Benaco. Salmo fario L. (vulg. Trota). - Si pesca in abbondanza nei fiumicelli e torrenti che sboccano nei nostri laghi. Quante variazioni di colore offra questa specie si vede nel- le bellissime tavole d'Agassiz. Secondo l' avviso di qualche naturalista, sarebbe veramente a distinguersi il S. marmo- ratus di Cuv. Salmo trutta L. (vulg. Tr^ota). ~ È pur frequente tra noi questa seconda specie di trota, [segnalata per la mole a cui giunge, non toccando di rado 16 chilogrammi. Si pesca nei fiumi alpini , come la Toce, il Ticino e l'Ad- da, e anche nei laghi. Ad onta delle diverse opinioni, pa- re che non se ne possa distinguere il celebrato carpione, 0 Salmo carpio Poli, del Benaco, sul qual lago i pesca- tori chiamano pioncello una piccola trota , eh' essi conside- rano per un novello del carpione; ma ciò rimane dubbio. TUYMALLIS VEXILLJFER Ag. (VUlg. TCmolo). - È il 100 SII PESCI d' acqua dolce temolo degli Insubri, ma non dei lilorani del Benaco, bello e squisito pesce, copioso in tulli i fiumi. Cogli al- tri due ora descritli forma quanto noi possediamo di sal- monidi; poiché l' altro genere Coregonus , così comune ol- tralpe, non ha rappresentante fra noi. Esox LUCIUS L. (vulg. Luccio). - Questo lupo dei fiumi, sparso in tutte le acque, non richiede descrizione. Gasterosteus aculeatus L. (vulg. Spinarello, Ron- cone). - Diffuso in tutta Europa, manca affatto al Lario, al Verbano e ai loro fiumi, per ricomparire copioso nel Benaco. Fu scambiato dal Pollini col Cyprinus aphya L. Appartiene alla varietà di coda inerme o G. gymnurus Cuv. e appena giunge alla lunghezza d'un pollice (millime- tri 27). Se ne vegga la figura e descrizione nell'opera di Cuvier e Valenciennes. Anguilla vulgaris Cuv. (vulg. Anguilla). - II Ver- bano e il Lario non ne abbondano quanto il Benaco sul quale presso l'emissario del Mincio, se ne prendono tal- volta in una sola notte d'autunno più centinaia di libbre. Delle tre varietà che il signor Yarrell chiama specie, si vede sui nostri mercati quella sola ch'egli chiama acuti- rostre. È congettura probabile che 1' anguilla non sia vi- vipara, e si rechi al mare per deporvi le ova; perchè, giusta Yarrell e Ralhke, l'orificio dell'ovidutto sarebbe troppo angusto per le anguillette viventi ^ e la sua fe- condità è assai maggiore che non soglia essere nelle spe- cie vivipare. Ciò che gli studj moderni accertarono col sussidio del microscopio, è l'apparato feraineo con ovuli organizzali come negli altri animali ; e la probabile sepa- razione dei sessi anche in questa specie ( V. Hohnbaura- Hornschuch. De Jnguill. sex. et gen- Gryphiae, 1842), E qui speriamo pubblicamente che l'illustre Panizza de- ponga presto negli archivj della scienza quella preziosa messe ch'egli sta raccogliendo sopra sì interessante "sog- getto. DI F. DE FILIPPI 101 Petromyzon marini s L. (viilg. Zufolotto). - Quasi in ogni primavera si prende nei Ticino presso Pavia ; por- ta a fregio nuziale lungo il dorso un cordone gelatinoso sotto la cute , assai distinto nei raasclii. Le belle ricerche di Ralhke e di Panizza, inscritte queste ultime degli Atti del III Congresso scientifico italiano, lasciano poco a de- siderare sulla struttura di questo pesce singolare. Petromyzon fluviatilis L. (vulg. Fiuta, Lampredo' ne). - Ancora più raro del precedente, non sembra che siasi preso altrove che nel Ticino. Petromyzon Planeri L. (vulg. Lampreda). - Abita nei fiumi e fossatelli presso Milano. AmmoC;ì;tes branchialis Dum. (vulg. Lampreda). ^ Comune fra noi, come in tutta Europa. Delle 34 specie finora riscontrate nelle nostre acque ripeteremo l' enumerazione , partendo inversamente dal no- me vulgare. Riassunto dei pesci osservati in Lombardia. Agone. Clupea finta Cuv. Alborella. Aspius alborella De FiL. Anguilla. Anguilla vulgaris Cvy. Barbio. Barbns fluviatilis Ag. Benone. Gobio lulescens De FlL. Battola , Bottina. Gobius fluviatilis Bonel. Bottrisa. Lota vulgaris Jen. Cagnetta,Caba^'{a. Blennius aniicolus Br. Carpano. Cyprinus carpio L. Carpione. Salmo truta L. Cave:{:iale, Cavedano. Leu- ciscus cavedaqus Bp. Fiuta, petromyzon fluviati- lis L. Fregarolo. Phoxinus laevis Ag. Petromyzon Planeri L. Lampreda. { Aramocacies branchialis Dum. Luccio. Esox lucius L. Persico. Perca fluviatilis L. Figo. Leuciscus pigus La- CÉP. Roncone, Spinarello. Gaste- rosteus aculeatus L. Bavetta. Chondrostoma na- sus. L. Ag. 102 SUI PESCI D ACQUA DOLCE Storione. Scardola , Piatta. Leiiciscus eryllirophtalmos L. Cuv. Scai^one. CoUus gobio L. [ Acipenser Slu- rio L. Acipenser Nac- V carii Bp. Strìccio. Chondrostoma ja- ciiliim De Fa. Temolo. Thymalliis vexilli- fer Afi. Tinca. Tinca vulgaris Cuv. Leiiciscus pagellus De Fil. Trollo, { „ paiiperura De Triotto. l Fil. „ scardinus De Fil. Trota. Salmo fario L. e for- se Salmo niarmoratus Cuv. Usellìna. Acanihopsis taenia Ag. Vairone. Leuciscus muticel- lus Bp. Zufolotto. Petromyzon ma- rinus L. NOTA Una collezione di pesci dell' Italia media, che il principe di Canino inviò gentilmente in dono al nuovo Museo di Mi- lano , giunse ad opportuna occasione d' un confronto fra le specie nostrali e quelle da lui osservate e descritte nella Fauna Italica. Un diligente esame diede i risultamenti che siamo per dire : i.° Il Barbus eques non differisce specificamente dal B. fluviatilis , come già si disse non differirne il B. plebeius. 2." Il Telestes Savignyi non è altra specie dal muticel- lus^ del quale sarebbe solo la varietà insubrica. La grandez- za alquanto maggiore delle pettorali, attribuitagli dal Bona- parte , non si riscontra in natura , quando ad un esemplare della Lasca mezzetta se ne ponga accanto uno d' eguale sta- tura dd Telestes Savignyi , specie ideata certamente sul no- stro vairone. Lo stesso dicasi dell' occhio , che per minim& differenze individuali può trovarsi or più or men grandicello in una medesima specie. Quanto alla sua dimora nei laghi, diremo che anzi non ama d' inoltrarvisi. Poco sentita riesci DI F. DE FILIPPI 103 nella figura la fascia nerastra longitudinale , e meno ancora il bel rondato all' inserzione delle pinne , forse perchè la fi- gura si trasse da un esemplare conservato nelV alcoole. ^° Il Leuciscus rubella , intermedio fra il L. pauperum e t7 L. scardinus^ se ne distingue e pel suo colorito^ e per- che questi non hanno la fioritura nuziale y e perchè lo scar- dino ha sempre il corpo più largo. 4.* Il Leuciscus squalus non si distingue dal nostro Ca- vedanus; e V esemplare donato ha pure le pinne tinte di piombino. 5.° Il Leuciscus scardafa è pure una varietà climatica del L. erylhroplitalmos^ col guale e con tutte le gradazioni in- termedie s'incontra fra noi; il che conferma la nostra con- gettura che il color rosso o rancialo delle natatoje nei ciprini «cerna o si dilegua quando si avvicinano al loro limite meri- dionale. E infatti, lo ripetiamo, il Chondrostoma nasus nel Belgio e nella Germania ha rosse le ventrali e V anale , al di- re di Sehjs e Bloch, mentre fra noi le ha tinte in pallido gial- lastro ; e in quella vece le ha rosse il Chondrostoma jaculum , che forse non vive oltralpe. Il L. mulicellus , adorno di quel colore fra noi, si scolora nell'Italia meridionale. E in am- bedue queste specie il rosso e più vivido nelV inverno. Il L. erylhrophtalmos , che, oltre alle natatoje porporine , ha spar- so di macchie sanguigne il fondo dorato dell' iride , conserva fin tra noi questi ornamenti, ma già scolorati alquanto ; e qui si mischia colla varietà meridionale, L. scardofa Bp., che domina sola nella rimanente penisola. Faremo qui notare per ultimo come abbondino in Italia fra i Leucisci le specie di piccola mole , mentre le specie cor- pulenti guizzano di preferenza ne' grandi fiumi d' oltralpe. Il sig. Ignazio Pizzagalli di Milano potrebbe sommini- strare agli amatori dell' Ittiologia una completa collezione de' pesci lombardi qui sopra descritti , preparati a cera con un artifizio suo ; e tali che pajono tolti appena dall' acqua. Distribuzione naturale in ordini, famiglie e ge- neri della classe dei Zoo filari {Blainyille) del Dott. G. D. Nardo membro pensionario del I. R. Istituto Lombardo Veneto (1). Classe dei Zoofitari (Blainv. )• Famiglia degli Alcìonìani (Milne Edwards). Ordine \P Zoofitarj tubuligeni Nardo. (Famiglia I.* Tu- biporea Blainv.)- Divis. t.* Animale nidulato in una specie di polipaio, solido calcare , di sostanza uniforme. Fam. I Tubiporidi N. Gen. Tiihipora Lamk. Gen. Gyringopora? Divis. 11-^ Animale nidulato in una specie di polipaio, corneo-sarcinoideo , più o meno infarcito internamente di aghetti calcarei. Fam. 11.^ Cornularidi N. Gen. Cornularia Lamk. Telesto Lamouroux. Osservazioni. Un tal ordine che relativamente al poli- paio formerebbe importante eccezione alla Classe dei Zoo- fitari, d'altronde naturalissima, può quasi considerarsi sic- come risultato d'una anomalia consistente nella conversione in corteccia esterna di ciò che nei Zoofitari Fitoidei con- vertesi in asse interno. I Tubiporidi rappresenterebbero re- lativamente al polipaio una anomalia dei CoraZZirfi, i Cor- nularidi un'anomalia dei Gor gonidi. La corteccia esterna (1) Questo è l' articolo che si è accennato in nota di que- sti Annali Tom. II. pag. 460 j estratto dagli Atti della quinta riunione in Lucca pag. 430. SUI ZOOF. DEL DOTT. G. D. NARDO 105 che osservasi nei Fitoìdei verrebbe rappresenlala, ossia polrebbesi considerare come uno strato riidimenlario di essa la specie di veste membranosa che involge l'animale, da cui sembra trasudarsi la sostanza calcarea ^ o cornea. Una tal membranella è sovente sostenuta nel suo interno specialmente alla parte inferiore, ossia è più o meno in- farcita di aghetti calcarei (credo che a torto ne animella il Blainville anche di silicei. V. Dici, d' Hist. Nat. pag. 461 ) come meglio osservasi nelle Cornularìe. Ordine II.*^ Zoofitari alcìonari N. (Fara. IV. Zoofitarj sarcinoìdci, o alcìonari Blainv-). Ordine IV. Polipi tubiferi. Lamk. Fara. I. Anthelidi. Nardo. Gen. Antlielia. Lamk. Fara. II. Exosidì. N. Sottofamiglia I. Exosini. N. Gen. Exos N. Sottofam. II. Alcìonidinì. N. Gen. Alcionida Edw. Fara. HI. Lobularidi. N. Soltofamil. I. Lobularinì. N. Gen. Lobularìa. N. Gen. Sympodium. Ehremb. Gen. Dendrìdium. N. Gen. Asbestia. N. Gen. Alcinia N? Sottofam. II. Xenini N. Gen. Ammotliea Savigny. Gen. Neptea Sav. Gen. Xenia Sav. Fara. IV. Briareideì. Nardo. Gen. Briareum Blainv. Osservazioni. È molto naturale un tal ordine. La so- stanza polipifera, che è di natura uguale alla corteccia de' Fitoidei, contiene come quello gran numero di corpic- ciuoli calcarei aghiformi. Questi sono nelle Anthelic appe- na visibili, ed in piccolo numero. Crescono in quantità ed in grandezza nella Famiglia degli Exosidi. Nei Lobularidi 106 sul ZOOFITARI vetlonsi ancora maggiori sì in numero come in grandezza specialmente nella sottofamiglia Xenini. L Briareini hanno la sostanza polipifera centralmente stipata in maniera da simulare ima specie di asse solido prodotto dall'insieme degli aghi calcarei fascicolati verticalmente. Una tal fami- glia forma per questo carattere naturale passaggio ai Fi- toidei. Le differenze nelle famiglie risultano anche da ca- ratteri spettanti all' animale. Il genere Exos contiene fino- ra due specie: V Ale exos Auct. Exos palmotum Nob. e r Jlc. stellatum Edwards , Exos stellatum Nob. II genere Lobularia per me restringesi alla Loh- di- gitata a cui deve aggiungersi (se non è come crede Ehrem- berg un giovane individuo di questa) la Zo&. conoidea Lam. Forse devesi riportare a questo genere anche la Lob. au- rantiaca del medesimo autore. Tipo del mio nuovo genere Dendridium assolutamente distinto àa\\Q Lohularie h V Ale. arboreiim L. , Dendridium arboreum Nob., a cui aggiun- go altre due specie cioè V Ale arboreum flavum óegìi au- tori Dendridium albuscola Nob. che ha diramazioni lun- ghe come bacchette, e liscie. Il genere Sympodium Ehrem- berg, sembrami ben distinto e da collocarsi dopo le Lo- bularìe. Il mio genere Asbestia ha per tipo V Ale asbe- stinum Auct. , e questo forma forse una sotto famiglia per se come forse anche il genere Z)ewc?nrfn;m Ehr., Ale. fle- xibile , -flavum, flabellum, viride ài Quoy e Gaymard, vengono da me provisoriamente riuniti sotto il nome ge- nerico Alcyonia, e riposti nella famiglia dei Lobidarini. Nel genere Brìareum non può aver luogo la Gorgonia mollis dell'Olivi come pensa Blainville, giacché è una ve- ra Gorgonia. I generi ammessi dal Blainville fra gli Aleìonari quali sono Alcyonium , Cydonium , Pulmonellum , Mussariinn e Cliona non possono aver luogo in tal ordine per le ragio- ni da me esposte in altro lavoro prossimo a pubblicarsi , intitolato -— Ri schiarimenti e rettip.ca'^iom a generi ed DEL DOTI. G. D. NARDO 107 a qualche tpecìe della famiglia dei Zoofitarj sarcinoidei stabilita dal signor de Blainville (1). — Ordine IH. Fitoidei Nardo (Ord. III. Sez. VI. Polipi cor- ticiferi Larak. Fam. II. Coralli Blainville). Divis. I. Corteccia spiculifera — Polipi ottotentacolatì. Fam. I. Corallidi N. Gen. Corallmm Lamk. Fara. II. Isisidi N. Sottofamiglia I. 3Ieliteini N. Gen. 3Ielitaea Lamk. Sottofamiglia II. Isidini N. Gen. Isis Lamk. Geo. Mopsea Lax. Fam. III. Gorgonìdi N. Sottofamiglia I. Gorgonini N. Gen. Gorgonia N. Gen. Pterogordia Ehremberg. Gen. Ennicca Lamk. Gen. Flahellum N. Gen. Placomus N. Gen. Funiculina Lamk. Sottofamiglia II. Plexaurini N. Gen. Plexaura Larak. Sottofamiglia III. 3Iuriceìni N. Gen. Muricea Lamk. Sottofamiglia IV. Primnoini N. Gen. Primnoa Lamk. Divis. II. Corteccia non spiculifera, polipi a tentacoli più 0 meno di otto. Fam. IV. Antìpatidi. Sottofamiglia I. Antipatini, Polipi a sei tentacoli. Gen. Anthipathes Pallas. Gen. Cirripathes Blainv. Sottofamiglia II. Savalini — Polipi a sedici tentacoli. Gen. Savalia N- Osservazioni. Sarebbe naturalissimo quest'ordine tan- to rapporto al numero dei tentacoli, che d' ordinario con- tasi negli animali di questa classe, quanto rapporto alla (1) r. Queiti Annali Tom. IL p. 460. 108 SUI ZOOFITARI presenza degli Aghi Calcarei nella corteccia del polipaio analoghi a quelli degli Alcionari , se non si avesse gran- d' eccezione nella famiglia degli Antìpatìdu Fa maraviglia come sia sfuggito all'occhio degli osservatori il bel lavoro del \Donati V suH'Anlipate dell'Adriatico Gor gonio sa- voglia , ( Berloloni ) inserito nel primo volume del Giornale di Grisellino j ove vedesi esattamente descritto e figurato l'animale con 1 suoi sedici tentacoli. Non v' ha dubbio che una tale specie debbasi distinguere dal genere Ariti- pathes. Costituisce anzi a mio credere una sottofamiglia, come mostrerò in più esteso lavoro relativo ai caratteri distintivi delle famiglie dei Zoofitari. Gli animali delle Antipati propriamente dette secondo Gray ed altri , hanno soltanto sei tentacoli , oltre ciò la corteccia in queste è più corrosa, e caduca facilmente e vi ha pur differenza nella struttura dell'asse interno. Sembrami naturale la fa- miglia dei Gor gonidi, come pure sembrami di qualche valore la distinzione delle quattro sottofamiglie, le quali attesa la grande differenza dell' esterna corteccia e del nu- mero, grandezza, disposizione e forma degli aghi calcarei, debbono presentare importanti differenze anche nella ca- ratteristica dell' Animale, che è desiderabile sia meglio fatto conoscere ; forsechè il numero dei tentacoli non sia eguale in tutte le sottofamiglie, I Generi Flabellum, e Placomus da me proposti hanno per tipo il primo la G. flabellum Auct. ed altre specie , il secondo la G. placomus degli autori, e due altre nuove specie, una delle quali Adriatica. Nei Gorgonini gli aghetti calcarei della corteccia non discopronsi ad occhio nudo come osservasi avvenire nelle Anthelie. Nei Plexaurinì divengono più apparenti come negli Exosini- Nei Muriceini sono tanto grandi che di- stinguonsi ad occhio nudo come avviene nei Xenini. I Prìm-' noini diversificano per la grandezza , e per la forma squam- mosa che presentano. DEL DOTT. G. D- NARDO 109 Naturali e ben distinte sono pure le famiglie dei Co- rallidi e degli Isididi, e vie maggiormente risulterà la loro importanza quando con più dettaglio si conoscerà la loro caratteristica. Ordine IV. — Fam. III. Pennatularì. Blainv. Fara. F. Branchio stomi calamìdi Latreille,, Ord-\. Polipi na- tantes Lamk. escluso il gen. Encrinus. Ord. XVI. Pen- noe marinae Schweigger. Fam. I. Umbellularidi. Gen. Umbellularìa Lam. Fam. II. Pennatularidi. Sottofamiglia I. Pennatularinì. Gen. Pennatula Lam. ex p. Gen. Penna N. Sottofamiglia II. Virgularini. Gen. Firgularia Lamk. Fam. 111. Pavonaridi. Sottofamiglia I. Pavonarinì. Gen. Pavonaria Ciiv. Gen. Scirpearia Cuv. Sottofamiglia II. Verretilini. Gen. Veretillum Cuv. Gen. Revita Lamk. Osservazioni. La distribuzione di quest'ordine natu- ralissimo è presso a poco quale venne proposta dallo Schweigger. Dettagli caratteristici maggiori mostreranno l'importanza rappresentativa delle famiglie e sottofamiglie. Sembrami dover distinguere genericamente le Pennatiilae grisca e spinosa, àaWa phosphorica e dalla ru&ra. Le due prime hanno l'asse rotondo, le altre due quadrangolare. Distinguonsi anche per altri importanti caratteri tanto e- sterni quanto interni specialmente relativi alla disposizio- ne delle ovaje come mostrò il Delle Chiaje. Lasciando il nome generico Pennatula alle specie grisca e spinosa, crederei potersi distinguere col nome generico Penna le altre due cioè la phospìiorìca e la rubra- REIVDICOINTO DELLE SESSIONI DELL' ACCADEMIA IMPERIALE DELLE SCIENZE DI FIETROBITHOO ( Continuazione , vedi Serie IL T. II. pag. 305. ) Sessione del 1. Febbrajo 1843. Il Sig. Ministro della pubblica istruzione dirige alla Classe due baratoli contenenti dei saggi sviluppati dell'in- sello che nel 1842 devastò i campi di biade e le praterie del Governo di Simbirsk. Sono incaricati i Signori Brandt e Baer a determinarne la specie. Il Sig. Vice Presidente trasmette da parte del Sig. Mi- nistro della Corte Imperiale due pelli di lupo nero, cin- que pelli di martora zibellino bianco, due del rosso, due pelli di Scojattoli bianchi, ed una blu chiaro; infine due zanne di morso: oggelli lutti passali nelle mani del Sig. Brandt onde sieno preparati e depositati nel Museo. Il Sig. de Bradke_, direttore del terzo dipartimento dei Dominii annunzia al Segretario perpetuo, che il Sig. Mi- nistro de' Dominii approvando pienamente il progetto dato dall'Accademia di pubblicare un Dizionario dei nomi po- polari delle piante della Russia , ha incaricato il detto Di- partimento di ingiungere agli impiegati delle foreste, ed a quelli che sono addetti ai poderi modelli di far pervenire alla Accademia dei saggi di tutte le piante proprie dei paesi di loro dimora colla indicazione dei nomi usali dal popolo, dell' uso che se ne fa , e di altri somiglianti dati. Quindi il Sig. de Bradke dirige al Segretario la minuta dell'or- ACCAD. IMP. DELLE SC DI PIETROBURGO 111 dine circolare da diramarsi ai suoi impiegati, e lo prega di aggiungervi quelle variazioni ed aggiunte che l'Accademia crederà più opportune. Soggiugne poi che in questo modo l'Accademia non potrà essere informata che delie piante che crescono nelle foreste, nei campi e prati circostanti, e nei poderi modelli dei quali ne esistono soltanto quat- tro ; suggerisce quindi che all' effetto di ottenere le piante anche di tutte le altre provincie e luoghi fa duopo che l'Accademia supplichi il Sig. Ministro dell' interno perchè incarichi della collezione i medici e farmacisti di Distretto ;. parere lodato e seguito dal Corpo Accademico. j Il Sig. De Struve Ministro residente russo in Ambur- go comunica all' Accademia il risultato di esperienze ese- guite in quella città sull'inconveniente dell' anerimento del- l'argento brunito esposto all'aria. Queste esperienze hanno dimostrato che i disegni eliografici non sono alla loro su- perficie alterati come l'argento brunito, e che la loro du- rata, usando delle debite precauzioni, uguaglia quella dei quadri dipinti ad olio. Il Sig. Fritzsclie annunzia alla Classe che il Signor Bakhmèleff officiale del Corpo delle strade di comunicazio- ne avendo trovalo delle ghiacciaje in vicinanza del Kazbek, desidera dall'Accademia le opportune istruzioni onde po- ter ripetere le osservazioni che oggigiorno tanto interessa- no la geologìa relative alla formazione ed ai movimenti spontanei delle ghiacciaje stesse. Lo stesso Accademico Sig. Fritzsche presenta alcuni esemplari del Carobiis caucasicus e la pelle di un serpente portata dal suo viaggio e che offre al Museo. Annunzia pure di aver formato una collezione di rocce di Pialigorsk , dal Caucaso e di Tiflis, esibendone dei saggi all'Accade- mia qualora creda gli possano essere utili: questa infatti mediante il Sig. Helraerzen si propone di far scelta di tutti quelli che possono rendere complete le serie del Mu- seo mineì'alogìc(). 112 ACCAD. IMP. DELLE SCIENZE Sessione delli 15 Febbrajo 1843. Il Sig. Kupffer legge una nota sulla inclinazione ma- gnetica di Pèkin. Il Sig. Brandt legge due note , l' una sopra una nuo- va specie di Souslik (spermophilus brevìcauda) , e V aìlvai sopra tre nuove specie di uccelli cantori di Siberia. Il Sig. Baer fa un rapporto favorevolissimo intorno un' Opera anatomica recentemente pubblicata da due Professori di Dorpat col titolo — Die Selbststàndsgheìt des sympa- tischen Nerven diirch anatomische Untersuchungen naclv gemesen von F. H. Bidder und A. W- Volkmann — : emette il desiderio che ne sìa fatta onorevole menzione nel prossimo rapporto risguardante i premj Demidoff col- V osservazione , che se l' Opera non fosse pubblicata al- l'estero ed in lingua tedesca, la medesima per le nuove osservazioni e riflessi che contiene avrebbe meritato uno dei grandi premj. (Vedi il sunto di quest'Opera fatto dal Signor Dott. Mauro Rusconi , ed inserito nel Tomo 2.° Se- rie 2.^ di questi Annali, pag. 228). Promozioni Accademiche. Il Sig. Destrem Luogote- nente generale del Corpo delle strade di comunicazione, ed il Principe di Canino Carlo Luciano Bonaparte al gra- do di Membri onorari. A quelli poi di Membri corrispon- denti i Signori Nervander professore ad Helsingfors ; Evers- mann professore a Kasan; Dove professore a Berlino e Clol-bey medico militare al Cairo. Sessione del 1 Mar'^o 1843. Il Sig. Meyer legge una Memoria intitolata — Osser- vazioni sulle Dafnacee senza scaglie perigeniche. Il Sig. Bi-andt legge il Rapporto sui progressi e gli acquisii del Museo Zoologico e del Museo Zootomico del- l'Accademia nell'anno 1842. DI PIETROBURGO 113 Sessione delli 16 detto. II Sig. Slruve legge una Memoria sulla quantità co- stante nell'aberrazione delle stelle fisse, dedotta dalle os- servazioni eseguite nell' Osservatorio di Poulkova collo strumento dei passaggi di Repsold stabilito nel primo verticale. Il Sig. Brandt legge le quattro seguenti note - 1. so- pranna nuova specie di Pernice (Perdix grìseo-gidaris) - 2. Sopra una nuova Sp. del gen. Accentar (Dechstein) sco- perta neir Aliai - 3. Osservazioni sulla pernice gigante del Caucaso e dell'Aitali {P.Caucasìca ed Altaica) come tipo di un sottogenere particolare del genere delle Pernici - 4. Osservazioni sul posto che deve occupare il Passer pu- sillus di Pallas. Il Sig. Brandt fa un rapporto favorevolissimo sulla traduzione francese dell'Opera di Ratzeburg intitolata — Die Waldverderbes und ihre Feìnde — traduzione pub- blicata dal Sig. Conte De Corberon sotto il titolo - Les hy- lophthires et Icurs ennemis. Anche il Sig. Conservatore Helraersen riferisce favo- revolmente sulla collezione delle rocce e delle petrifica- zioni formata nel viaggio del Sig. Demidoffj e da lui of- ferta all' Accademia. Il Sig. Struve legge una nota nella quale, dopo aver esposto la necessità di una determinazione possibilmente esalta della longitudine dell'Osservatorio centrale per rap- porto al meridiano di Greenwich, per la ragione che oramai l'Osservatorio di Poulkova deve essere considerato come punto iniziale della geografìa matematica dell'Impero, svi- luppa le proprie idee intorno i mezzi di mettere in esecu- zione questa importante operazione. Propone a tal uopo una congiunzione cronometrica reiterala tra Pietroburgo ed Altona mediante i piroscafi! di Lubecca nella {irossima sta- ^. Ann. Se. Natir. Serio 11. Tom. 3. 8 114 ACCAD. IMP. DEllE 8C. DI PIETROIVURGO gione, vale a dire dal 1.^ maggio al 1.° settembre. La Classe approvando un tale progetto, iigiialraenle che le spese approssimative che a dire del relatore possono eie-, varsi a poco più di 6000 rubli d'argento, incarica il Se- gretario perpetuo perchè , precisato di concerto col Diret- tore dell'Osservatorio centrale il piano e le spese dettaglia- te della spedizione, metta il tutto sotto gli occhi del Sig. Presidente pregando S. E. ad ottenerne la sanzione da S. M. l'Imperatore^ caricando d'una tal spesa l'erario del- l' Impero, Sessione delli 29. Mar'^o 1843. II Sig. Jacobi legge una nuova Nola sulla Galvano^ plastica. Il Sig. Meyer presenta l'estratto della sua Mem. sulle Dafnacee letta all'Accademia nella Sessione delli 17 Feb- braio, sunto da inserirsi nel Bollettino. S, E. il Ministro dell' Istruzion pubblica. Presidente dell'Accademia, annunzia alla Conferenza che il Dott. Ko- lenati per ordine supremo è addetto nella qualità di viag- giatore ar giardino imperiale botanico. Il Signor Meyer consegna copia dell'istruzione data al medesimo pel viag- gio che sta per intraprendere nella Georgia e Transcaucasia. Il Sig. Baer espone in un rapporto il piano dei lavo» ri anatomici e fisiologici che si propone di intraprendere coir assistenza del nuovo conservatore addetto al Museo, e prega la Classe a destinarvi la somma annua di 400 rubli d'argento, che basterà non solo per le ricerche propria- mente dette, ma anche per la successiva fondazione di una ppllezione d'antropologia fisica. ( sarà continuato) Polipi della famiglia dei Tvbulipori.ìni finora osservati neW Adriatico — Memoria del Prof. Giuseppe Meneghini, letta all'I. R. Accade- mia di Scienze j Lettere ed Arti di Padova nella Seduta privata del 7. Marzo 1844. — Estratta dal Volume VI. dei Nuovi Saggi della suddetta Accademia. I Tuniciani tenlacolati si distinguono dagli altri ani- mali , che gli autori comprendono nella grande classe dei Polipi , per la presenza di due aperture , mercè le quali il tubo digerente communica all'esterno; e si avvicinano quindi alla organizzazione più complicata delle Ascidie composte. Quest' ordine si divide in due famiglie : li Escariani ed i Tubuliporiani. I primi hanno un opercolo che chiu- de^ per l'azione di appositi muscoli, l'apertura del tubo solido tegumentare, nel quale l' animaletto si contrae. Que- sto apparecchio manca nei secondi, nei quali invece l'in- tegumento solido, che costituisce il tubo esteriore, si ri- piega internamente per tutta la circonferenza, e dà origi- ne, inferiormente all'apertura, alla vagina tentacolare, la quale, per l'azione dei muscoli retrattori, si rovescia co- me dito di guanto quando l'animale si contrae. Le specie adriatiche di questa famiglia, da me finora osservale, sono quindici, ed appartengono ai cinque ge- neri: Tubulipora, Crisia, Nomerà, Idmonea, Fustu- lopora. 116 SUI POLIPI TUBULIPORIANI TUBULIPORA Gli animaletti appartenenti a questo genere sono for- niti di dodici tentacoli, ciascuno dei quali porta due serie di cigli vibratili. Questa struttura dei tentacoli è la stessa nelle Escare e Flustre, con le quali le Tubulipore hanno pure comune la condizione, che nel contrarsi essi tentacoli punto non si ripiegano all'interno, come nelle Sertula- riee , ma si riuniscono soltanto in fascio cilindrico. La bocca, che occupa il centro della corona tentacolare, si apre in un tubo membranoso, sospeso nel mezzo d'una cavità addominale, la quale, seguendo la ripiegatura del corpo , viene ad aprirsi con ano distinto lateralmente alla corona dei tentacoli. L'ano quindi non mette liberamente all'esterno se non quando l'animale è sporgente fuori del suo tubo. Il tubo calcare altro non è che la guaina tegu- mentale del polipo in gran parte ossificala. Non è un de- posito inorganico che si formi all'esterno a guisa d'incro- stazione, ma una vera ossificazione del tessuto vivente ^ le cui maglie sono riconoscibili al microscopio dopo d'averne allontanata, mercè qualche acido, la parte calcare. L'ac- crescimento successivo del polipajo dimostra la vitalità di quel tubo esteriore. Sono in origine pochi di questi tubi che a partire da un punto si distendono a raggio su la superficie delle piante marine o di polipaj maggiori. Dalla faccia inferiore, e presso alla base di ciascuno d'essi, na- scono a guisa di gemme nuovi individui d'una seconda generazione , ed obbligano i primi ad elevarsi dal piano su'l quale s'aveano formato. Nuove generazioni a mano a mano si succedono con l'ordine medesimo^ e termina così il piccolo polipajo per offrire un disco convesso di alcuni millimetri di diametro, tutto formato di tubi irraggianti, e disposti in serie verticali. Questa disposizione è manife- sta nella specie più comune, la Tubulìpora verrucosa , la DEL PROF. G. niElNEGHINI 117 quale varia nella forma secondo le condizioni dell'oggetto su cui nasce; ed ebbe quindi dagli autori sei differenti no- mi: Madrepora verriicaria (Olhon Fabricius), Mìllepora tubulosa (Ellis), Mìllepora liliacca (Pallas), Tubiilipora serpens (Lin. e Fleming), TiibuHpora transversa (Blainv. Larak. )> e Ohelia tubuli fera (Laraouroux). La seconda specie, denominata dal Lamark Tubulipora patina, presenta la medesima collocazione dei tubi tegu- mentari , nascenti alla base , e rialzati più o meno bru- scamente all'estremità, costituenti con la loro riunione una piccola massa circolare, alla cui superfìcie formano piìi o meno numerose serie irraggianti dal centro alla circonfe- renza. Queste serie, che sono più regolari di quello che nella specie precedente, sono riunite presso alla base da una sostanza calcare comune ;, tutta pertuggiata di minuti forellini, e quasi fosse un tessuto areolare di consistenza petrosa. Questo tessuto è prodotto da prolungamenti fili- formi della vagina tegnmenlare dei varj individui riuniti nel medesimo polipajo: prolungamenti che saldandosi fra di loro e con le parti vicine, ed ossificandosi danno origine a quella solida refe. La circonferenza poi del po- lipajo è occupata da un lembo lamelloso che presenta delle linee rilevate regolarmente irraggianti , e distanti fra loro appunto quanto è lo spessore dei tubi. Il eh. Milne- Edwards spiega la formazione di questo lembo marginale supponendo un primo grado di ossificazione nella faccia inferiore dei tubi tegumentari dei polipi novelli costituenti l'ordine più periferico. Questa spiegazione non è punto soddisfacente, perchè quell'orlo membranoso esiste anche nel polipajo vivo, ove la porzione non ossificata del tubo e gli animaletti di quell'ordine dovrebbero pur vedersi al pari degli altri. Che se anche voglia supporsi che la loro estrema delicatezza ne arrechi la distruzione tosto che il polipajo vien tolto alle naturali sue condizioni , e colloca- to nell' alcool , non è ammissibile ancora quella supposi- 118 SUI POLIPI TUBULIPORIANI zione^ perchè questi supposti tubi, dai quali dovrebbe originarsi quel margine^ sarebbero l'uno all'altro conti- gui, mentre invece ogni nuovo ordine o generazione di polipi non conia che un numero d'individui pari a quello dei raggi nei quali sono distribuiti: numero che va au- mentando con lenta progressione, interponendosi nuove serie alle preesistenti di mano in mano che s'accresce la circonferenza del polipajo^ sempre però rimanendo fra l'una e l'altra lo spazio di quattro o cinque tubi conti- gui. Si aggiunga, che ciascun nuovo tubo non eccede in lunghezza il preesistente se non di pochissimo, e il lem- bo invece ha una larghezza che alle volte è di poco infe- riore al raggio dell'intiero polipajo. Per tutte queste ra- gioni io non credo ammissibile l'opinione del eh. Milne- Edwards riguardo all'origine di quell'orlo; ma la credo più tosto analoga a quella del tessuto areolare interposto fra le serie dei tubi , proveniente cioè da produzioni ester- ne non dei soli tubi periferici, ma di tutti i tubi costi- tuenti il polipajo, al pari delle produzioni radiciformi delle Crisie ed altri generi analoghi. Una terza specie, non descritta dagli autori, si ri- scontra su la Flabellarìa Desfontainii , che perviene al diametro di quattro millimetri, mentre non s'innalza che appena un mezzo millimetro: tanta è l'obliquità dei tubi, i quali d'altronde non sono fra loro contigui, né collo- cati in serie verticali. La loro disposizione è alterna e quasi direbbesi a quìncunce. 11 tessuto comune, eh' è in- terposto ai tubi, è superiormente tutto continuo, e vedesi areolato soltanto sul contorno. Per tali caratteri questa specie, al pari della Tubulìpora orbiciilus, dalla quale evidentemente differisce , sembrerebbe forse spettare al ge- nere Escaroìdes di Milne-Edwards ; ma la perfetta roton- dità delle aperture dei tubi a ciò si oppone. Rimane dun- que una qualche incertezza, fino a che non si rinvenga l'animale vivente, per decidere se realmente appartenga DEL PROF. G. MENEGHINI 119 al genere Tubulìpora questa specie, che fraUanto deno- mineremo T. complanata. Senz' alcun dubbio poi , riguardo alla collocazione gene-» rica, riferiamo qual nuova specie di Tubulìpora un polipajo> il cui disco incavalo e curvo nella sua superficie inferiore, in guisa d'abbracciare l'oggello su'l quale cresceva, ha otto millimetri di diametro. I suoi tubi, che sono molto più minuti che nelle specie precedenti, sono contigui e dispo- sti in serie verticali irraggianti , ma flessuose. 11 tessuto intermedio è foraminulato come nella T. patina. Essa ha pure un margine, ma breve, grosso, e senza linee irrag- gianti. Non ha simiglianza che con qualche specie fossile, come la T. grigionensis , e propongo por essa il nome di T. irregularìs- CRISIA. Le anatomiche condizioni nei polipi delle Crisie sono le stesse che in quelli delle Tubulipore; solo v' hanno otto tentacoli in luogo di dodici. Ma la collocazione re- ciproca dei tubi tegumentari è grandemente diversa, e difl'e- rentissimo quindi riesce l'aspetto esteriore del polipajo. Egli è perciò che nelle artificiali sistemazioni questi due generi furono collocali lontanissimi, anzi in ordini dilfe- remi, mentre nella classificazione naturale devono trovar- si vicini. I tubi togumenlari delle Crisie si erigono fino dalla loro prima formazione, e ciascuno di essi, ad un' altezza determinata secondo le specie, dà origine ad wn secondo tubo , il quale ne emelle un terzo su 'I suo lato interno, e questo un quarto, e così successivamenle ; di modo che il polipajo si slancia con isvella forma di ar* boscello. Se 1' origine di ciascun tubo è presso alla som- mità del precedente, tutti rimangono liberi di adesione, e le estremila aperte di essi sono collocate a grande di- stanza. Se all'incontro quell'origine è al terzo inferiore 120 SUI POLIPI TUBUIIPORIANI della lunghezza , come nella comune nostra Crisìa eburnea , ciascun tubo rimane incuneato fra quello che immediata- mente lo originò ed il precedente, il polipajo ne consegue maggiore larghezza , e le aperture dei tubi trovansi collo- cale a distanze minori. Nella Crisìa dentìculata , che nel- l'Adriatico è alquanto più rara, ciascun tubo trae suo na- scimento dalla estremila inferiore di quello che lo precede; quindi più eslesa l'adesione, cortissima la porzione libe- ra, ancora più largo il polipajo. Nel primo caso su ogni sezione orizzontale non si ha che un solo tubo, due nel secondo, e tre in quest'ultimo. Se oltre al tubo origina- to alla faccia interna altro ne sorga all'esterna del prece- dente, questo, libero sviluppandosi, genera in serie linea- re divergente la nuova sua progenie, e forma così un ra- mo,, la base del quale, costituita d' un solo tubo,, presen- ta notevole assoltigliamento e distinta articolazione. Il eh. Milne-Edwards attribuisce l'origine di quell'articolazione alla naturale fragilità in quel sito necessariamente mag- giore che altrove , supponendo che il più piccolo urto vi cagioni una fenditura , che a mano a mano va allargando- si , e riempiendosi poi di sostanza cornea. Sembrami non es- sere necessario supporre questa previa frattura, la quale, anche astenendoci dalla ricerca delle cause finali, ci fareb- be tacciare la natura di poco provida misura nei mezzi im- piegati alla conservazione di questi esseri fragilissimi. È più naturale il supporre che in quel punto meno resisten- te l'ossificazione non si compia giammai per infiero, e perciò il tessuto ne rimanga cartilaginoso. Che così sia realmente lo dimostra l'esame microscopico, che palesa la presenza dell'articolazione alla base anche dei più gio- vani rami. Diversa poi è l'origine delle articolazioni che scor- gonsi nella lunghezza del ramo medesimo. Ecco come la spiega il Milne-Edwards. Li individui (egli dice) prove- nienti da una quinta o sesta generazione nella C eburnea DEL PROF. C. nENEGUINI 131 trovano impedimento al loro accrescimento, e sono quin- di obbligali a dirigersi meno obliquamente degli altri ; es- si s'avanzano anche men lungi, e il giovane polipo, che nasce dall'ultima cellula così sospinta all'interno, cessa prontamente d'essere in contallo con le cellule precedenti, e non dà origine ad un nuovo individuo che verso il pun- to ove diviene libero. Per quanto sia ingegnosa codesta spiegazione, essa certamente non può dirsi altrettanto chia- ra, e due objezioni principali la dimostrano insussistente: 1.° non vedersi ragione perchè il tubo polipifero della quinta o sesta generazione sia maggiormente impedito de- gli altri nel suo normale sviluppo ;, per cui abbia a pren- dere un'altra direzione; 2.° essere il fatto diverso da quan- to asserisce il eh. autore, perchè il tubo polipifero, che costituisce la base di ciascun articolo , non sorge già pres- so all'apice dell'ultimo dell'articolo precedente, ma pre- cisamente in vetta ad .esso , e quasi sua continuazione. Ecco come si effettua tale disposizione. Il nuovo polipo, che nasce su la faccia interna del tubo polipifero che lo precede nelle ordinarie circostanze, non si sviluppa già dopo che quello ha conseguito la sua completa formazione, come sembra supporlo il eh. Milne-Edwards; e l'adesione quindi dei tubi successivi della medesima progenie non è punto consecutiva al loro nascimento. Ciascun polipo, fin dalle prime epoche della sua vita non ancora resa indi- pendente, è costituito di due parli ancora confuse ed im- medesimate, le quali vanno successivamente disgiungendo- si col progresso dell' accrescimento. L' una di esse giun- ge a completo sviluppo, e costituisce il polipo che im- mediatamente succede al precedente; mentre l'allra comin- cia appena a palesare che di due elementi essa pure si compone , i quali subiranno le medesime vicende. Risulta quindi avere ciascun polipo origine comune con quello che lo sopporta , anziché nascere da quello; ed essere fin dalla sua origine accompagnalo dal primordio di quello che lo 122 SUI POLIPI TUBULIPORIAIHI sussegue, anziché darvi nascimento egli stesso. Differente è il caso dell'articolazione. Quivi il nuovo polipo, che co- stituisce la base dell'articolo, non sorge dal lato del pre* cedente, e conteraporaneanienle al suo sviluppo: esso na- sce iniraedialamenle da esso, e consecutivamente alla ces- sazione della sua vita individuale. Dopo un certo numero di generazioni, vario secondo le specie, avviene che si for- mi un ultimo polipo isolato, non accompagnato cioè dal primordio d'altro individuo a lui successivo. Questo po- lipo, dopo avere vissuto la sua vita individuale, [si con- trae nel fondo della cellula, e da quel fondo medesimo sorge il corpo del nuovo polipo, che deve formare lo sti- pile di una nuova progenie e d'un nuovo articolo. Rima- ne ad indagare se il germe di esso si formasse nel corpo di quello , o avesse d' altronde la sua origine ; ma questa incertezza non inferma punto il valore della spiegazione, poiché essa altro non è che l' esposizione del fatto , e nulla suppone che il fatto stesso non dimostri. Riguardo alle vescicole ovariane, tanto frequenti su le Crisie, il eh. Milne-Edwards altro non dice, se non che esse sono piriformi , e si aprono alla sommità, lo avverto^ riguardo alla loro collocazione, che ciascuna d'esse oc- cupa il sito d' uno dei consueti tubi polipiferi , e punto non ne interrompe la serie: circostanza che mi sembra ave- re grande valore morfologico, perchè dimostra che se in quella vescicola ovariana non è incluso un polipo di sesso diverso dagli altri , essa almeno lo rappresenta organogra- ficamente. Nelle (jgure che gli autori danno delle Crisie so- no indicati alcuni punti sparsi tanto su le cellule ovaria- ne, quanto su'l restante del polipajo; ma nessuno se ne occupò nelle descrizioni. Essi sono collocali in serie lon- gitudinali alternanti su i tubi , e molto più approssimali ed a quìncunce su le vescicole , ove sono anche più gran- di. Essi appariscono al microscopio quali areole diafane contornate da un annello oscuro. Diligente esame convince DEL PROF. G. MENEGHINI 133 ch'essi non sono fori pervii, ma soltanto regolari inlerru- zioni delia sostanza calcare, con coniinuilà del tessuto or- ganico. Questa circostanza è importarne, perchè si collega a quella dei forellini che si dicono esistere nei tubi della Tubulipora foramìnulata , e di cui s' ignora l' uso. IIORNERA, Nelle Hornere, come nelle Crisie, il polipajo è co- stituito da una unione di cellule tegumentari di consisten- za petrosa e di forma tubulosa, le quali, anguste alla loro origine , si allargano a poco a poco senza presentare alcun improvviso rigonfiamento, e terminano con apertura circolare destinala a dar passaggio all'apparecchio tenta- colare. Questi tubi sono più lunghi che nelle Crisie, na- scono egualmente gli uni dagli altri; ed aderendo fra loro^, costituiscono delle frondi ramose, nelle quali ogni cellula si eleva più o meno al di sopra di quella da cui provie- ne^ e di cui essa costeggia una faccia per più o raen lun- go tratto. Essi riunisconsi a fascio in numero considere- vole, ed in ciascuno di questi fasci le aperture terminali di tutti i tubi sono dirette allo stesso lato, mostrando evi- dente tendenza a formar serie longitudinali alterne, sen- z' acquistare però disposizione perfettamente regolare. Con l'invecchiare quelle cellule tubolose aderiscono intimamen- te fra loro^ e la fronda formala dalla loro riunione s'in- grossa considerevolmente, coprendosi d'una moltitudine di strie longitudinali, che sembrano dover essere in origine produzioni filiformi analoghe alle fibrille radicali delle Crisie ; ma che aderiscono per tutta la loro lunghezza alla superficie della fronda, coprendola a poco a poco di un grosso strato di materia calcare. Da ciò proviene che la porzione terminale delle cellule tegumentari, da principio libera e sporgente, è a poco a poco invasa e avviluppata 124 SUI POLIPI TUBUtlPORIANI da quello strato fibroso-calcare che termina alla base dell polipajo per ricoprila interamente. La specie vivente, su la quale è fondato il genere, è la Hornera frondìculata , comune nel nostro Adriatico. In esso rinviensi pure una seconda specie, distintissima;, ol- treché per le minori sue dimensioni, per la ragguardevo- le sporgenza dei tubi tegumentari laterali , a differenza dei mediani. Questa condizione si osserva pure nella specie precedente, ma riesce molto più evidente in questa nostra, che quindi propongo di denominare Hornera serrata. In ambedue queste specie osservai la presenza d'organo che manifesta un nuovo rapporto delle Hornere con le Crisie; voglio dire le vescicole ovariane , le quali per altro hanno forma e collocazione affatto particolare. Neil' Hornera fron- dìculata hanno forma trigona , con la base rotondata , ed aguzzo r apice per la confluenza dei tre canti ; mentre le facce sono o tutte e tre convesse, o l' una concava, e con- vesse le altre due, o viceversa: tulle in ogni caso fina- mente striate nei senso longitudinale. Hanno colore giallo- arancio , aderiscono alla faccia posteriore della fronda che eguagliano in larghezza, e frequenlemenle sono collocate immediatamente sotto alle dicotomie. Sono petrose come il rimanente del polipajo, e racchiudono una cavità che ne- gli esemplari diseccati, ch'io potei esaminare, riscontrai sempre vuota. Nella Hornera serrata hanno parimente forma trigona, raa più rotondeggiante, e il loro colore è come quello del polipajo bianco-giallastro. Finalmente l'Adriatico va ricco d'una terza interes- santissima specie, nella quale non i soli tubi laterali, ma tutti sono liberi e sporgenti per oltre due millimetri. Sem- bra che in essa manchi o scarseggi grandemente lo strato superficiale di fibrille radiciformi lapidescenli. Per tale condizione la si direbbe una Tubulipora, che in luogo di formare un disco incrostante , si elevasse a guisa di fronda cespugliosa. Ma questa è appunto la precipua differenza DEi PROF. G. MENEGUIISI 1125 che corre fra i due generi, e determina appartenere alle Hornere questa nostra specie, che denomino H. tubulosa. IDMONÈA. Le Idraonee si distinguono dalle Hornere per la co- stante collocazione che assumono i singoli individui nel- r aggregarsi a costituire il polipajo, E poiché questa col- locazione necessariamente dipende dal modo di moltipli- cazione, cosi la si può avere per caratteristica opportuna di un genere distinto. I tubi tegumentari si dispongono in serie trasversali d'ambo i lati d'una linea mediana, sor- gendo da due piani più o meno inclinati fra loro. Ne pro- viene, che il polipajo formato dai tubi stessi, in gran par- te fra loro adesi , presenta nella sezione trasversale la fi- gura di triangolo, la cui base corrisponde al dorso del polipajo, e gli altri due lati alle facce, dalle quali sorgo- no le porzioni libere dei tubi polipiferi. Per rendere con- to di codesta disposizione il eh. Milne-Edwards suppone che le due serie mediane longitudinali provengano alterna- tivamente r una dall'altra, come avviene nelle Crisie;ma in luogo di dare origine ad un solo individuo, producono invece un fascio di due, tre o quattro , collocati di fianco l'uno all'altro in maniera da costituire una serie trasver- sale, e i quali non danno altre propagini se non nel caso delle ramificazioni. L'osservazione delle giovani sommità di tali polipi somministra, a mio credere, più completa spiegazione del fatto. Le serie di tubi tegumentari, che, con curva più o meno pronunciata, corrono oblique o quasi trasversalmente su le due facce laterali del polipajo, sono fra loro costantemente alterne. Ognuna di esse conia un certo numero di tubi , vario nelle differenti specie ; ma questo numero va scemando verso la sommità del polipa- jo, ove alla fine soli rimangono distinti quelli dell'ordi- ne mediano. E dico che rimangono distinti, non che siano 126 SUI POLIPI TUBCLIPORIANI isolali , giacche tali essi non sono giammai. Come all' estre- mila esterna di ciascuna serie trasversale, quando non è ancora compiuto il numero de' suoi tubi , l' ultimo di essi, che già pervenne alla normale sua lunghezza, altro ne presenta lungo il lato esterno, tuttora incompleto; co- sì è del solo che rimane distinto per ciascuna serie alla sommità del polipajo , il quale inoltre porta anche al lato interno altro rudimento di tubo, di quello cioè ch'esser deve il primo della serie trasversale opposta e susseguen- te. Puossi dunque da tale disposizione chiaramente inferi- re;, che ciascuno dei polipi dei due ordini mediani pro- viene da un triplice germe, il medio dei quali in esso si sviluppa.- l'interno, nulla trovando che meccanicamente si opponga al suo ulteriore svolgimento, perchè diretto su- periormente, in tre distinti elementi novaraente si risolve; e l'esterno invece;, addossato e stretto contro al mediano, non ha libertà di sviluppo che al lato esteriore,, e dà ori- gine perciò a due soltanto; uno cioè che immediatamente si sviluppa a canto del precedente, e l'altro che per le cagioni medesime novamenle si sdoppia; e cosi successi- vamente fino a che sia compiuta la serie. Di questo interessantissimo genere v' hanno molle specie fossili nei terreni terziarj ; ma di viventi tre sole se ne conoscono, una delle quali della Nuova Olanda, la seconda del Giappone, e la terza finalmente del Mediter- raneo. Sembra ragionevole il sospetto, che tanta apparente scarsità provenga dalla piccolezza e fragilità somma di queste elegantissime produzioni del mare ; giacché l' infa- ticabile naturalista signor Vidovich ne trovò su le coste della Dalmazia;, oltre alla specie mediterranea, altre quat- tro distintissime. sì per la evidenza del carattere generico, come pe'l valore dei caratteri specìfici. La specie mediterranea, illustrata dal eh. Milne-Ed- wards sollo il nome di Idmonea transversa , ha, oltre la forma e le dimensioni del polipajo , per carattere princi- DEL PROF. G. MENEGUINI 137 pale le serie trasversali dei due lati collocate a pochissi- ma differenza di altezza fra loro- Ma l'unico esemplare conservato nella galleria del Museo di Francia, già indi- cato dal Lamark, che confondeva questa specie con una delle forme della Tubulipora verrucosa, e rappresentato dal eh. Milne-EdwardSj ha i tubi lutti infranti nella por- zione libera, sì che la regolare loro distribuzione non rie- sce così evidente. L'esemplare dalmatico, che posseggo, è meglio conservato, e presenta alcuni de' suoi tubi lunghi oltre un millimetro nella porzione che si eleva dalla fac- cia laterale del polipajo. Nella frattura esso presenta quel- la moltitudine di cavità tubulose che anche nella figura sopra citala vedonsi occupare il lato posteriore, il quale ne risulta convesso; e sembrano indicare la presenza di produzioni radiciformi analoghe a quelle delle Hornere. La prima specie , che propongo qual nuova sotto il nome di Idmonea frondosa, si erige poco più di un centimetro, con dicotomie mollo divaricate ; offre fronda più larga del- la precedente, ed assottigliata all'apice; le serie trasver- sali dello stesso lato sono fra loro distanti mezzo milli- metro, e ciascuna quindi corre un quarto di millimetro più alta della precedente del lato opposto. Sei tubi costi- tuiscono la intiera serie, ed essi sono più gracili e più lunghi di quello che nella specie precedente. Ed è pure carattere di questa specie che i tubi di ciascuna serie non aderiscono fra loro lateralmente che per un tratto della loro lunghezza, divaricando l'uno dall'altro con le libere loro estremila. La seconda nuova specie slancia la gracile sua fronda fino a circa due centimetri di altezza; ha i rami tulli ri- volti allo stesso lato , ma flessuosi ; frequenti le dicotomie specialmente nella parte inferiore ; acute le ascelle. Nella lunghezza d'un millimetro comprendonsi quattro delle se- rie successive d' una faccia ; ciascuna quindi è lontana dalla precedente del lato opposto un sesto di millimetro. 128 STJI POLIPI TWBCLIPORIANI Ciascuna serie conia cinque tubi; e i tubi mediani, che eccedono gli altri in lunghezza, hanno libera da ogni ade- sione l'estremila. Sembra non disconvenire a questa specie il nome di Idmonea gracìlis. La costante regolarità che si ammira nelle tre specie precedenti manca nella Idmonea, che per ciò appunto denomino ìrregularìs. Le serie alterne sono a brevissima ed incostante distanza fra loro, e presso che orizzontali, in maniera che ciascuna di esse sembra continuare in senso ascendente quella che la precede dal lato opposto. Que- st'apparenza è resa maggiore da un'altra circostanza. In questa specie, a differenza di tutte le altre, il primo po- lipo di ogni serie non nasce immediatamente dal primo delia serie precedente, né dà origine al primo della susse- guente. Ne rimangono invece da due a tre d' iutermedj , così riguardo all'altezza, come riguardo alla collocazione su la linea mediana. Da ciò principalmente dipende la ir- regolarità che a prima giunta presenta questa specie. Riferisco finalmente a questo genere medesimo una specie che più evidentemente di ogni altra dimostra i rap- porti delle Idraonee con le Tubulipore, e per ciò appunto propongo di denominare Idmonea iubulipora. Per la forma del polipajo essa conserva qualche simiglianza con la Idmonea transversa e con la frondosa ; ma è più regola- re di esse in quanto alla ramificazione. Al pari delle altre Idraonee il polipajo sorge a guisa di piccola fronda da un punto fìsso; ma in luogo di erigersi a cespuglio si esten- de orizzontalmente; e i rami, nei quali si divide fino dalla base, sembrano quasi irraggianti da un centro comune. Le serie trasversali dei tubi polipiferi alternano regolarmente, e sono leggermente oblique; ma, a differenza di tutte le altre specie, ciascuna di esse, invece che risultare d'un solo piano di tubi , è costituita da due e perfino tre piani di tubi fra loro alternanti ed intimamente adesi. La d'stri- buzione in serie trasversali alterne dimostra che i polipi DEL PROF. G. MENEGHINI 129 dei due ordini mediani si sviluppano nel modo consueto e carallerisUco delle Idmonee; ma ciascuno dei polipi late- rali, che da quelli provengono, ne produce due o tre in luogo di uno solo al lato esterno. Questa condizione non mi sembra sufficiente a stabilire un nuovo genere, né di- strugge il valore dei caratteri priraarj, in forza dei quali credo doversi riferire anche questa specie al genere Id- monea. PUSTULOPORA. Il polipajo delle Pustulopore è formato di lunghe cel- lule tubnlose adese fra loro nella maggior parte della lo- ro estensione, ma isolate e libere alle estremità, precisa- mente come nelle Tubulipore, Il carattere particolare del genere si ha appunto nel modo di aggregazione, perchè quelle cellule lubulose sono riunite a fascio in iin polipajo cilindrico, dalla cui intiera circonferenza sorgono per ogni dove le estremila libere dei tubi tegumentari. I nuovi po- lipi nascono dalla faccia dorsale dei vecchi, e quindi dalla parte centrale della specie di colonna che risulta dalla lo- ro unione. E soggiunge il eh. Milne-Edwar/Js : quando i giovani polipi crescendo arrivano a sorpassare 1 loro ge- nitori, dal fondo del fascio eh' essi formano s'eleva un'al- tra generazione destinata ad allungare ulteriormente la co- lonna. Esso eh. autore quindi suppone che ciascun polipo nasca da quello che lo precede quand'esso è già comple- tamente sviluppato. Ma se ciò fosse, la sommità della co- lonna ci offrirebbe sempre una depressione infundibulifor- me, mentre invece la vediamo costantemente assottigliarsi fino a terminare col rudimento di un unico tubo non an- cora compiuto. Egli è che anche in questo genere, come nei precedenti, i nuovi polipi non nascono che per isdop- piamento di quelli che stanno formandosi. Quell'ultimo che dicemmo costituire l'apice della colonna si sdoppia ìq N. Ann. Se. Natub. Sesie U. Tom, 3. 9 130 sul POLIPI TUBULIPOMANI due, uno dei quali immediatamente consegue il completo suo sviluppo, mentre l'altro va egli pure a poco a poco sdoppiandosi, pei* subire alla sua volta la medesima sorte. Ma questa riproduzione , in luogo che avvenire alternati-' vamente ai due lati , o sempre dal lato medesimo , qui si effettua nel senso di una curva spirale, che co'I linguag- gio attualmente impiegato dai Botanici nella filotassi sa- rebbe espressa dalla frazione 2/5. Voglio dire, che trac» ciando su la superficie del cilindro una linea che passi successivamente pe'i punto d' origine dei singoli tubi, nel- l'ordine con cui essi si susseguono in altezza, ne risulta un elice, il quale, a partire dal primo tubo^ arriva dopo due passi al sesto, che cade verticalmente sopra il primo. Cinque dunque sono i tubi che costituiscono l'intiero gi-» ro, due i passi di spira ^ 2/5 della circonferenza, ossia 144° l'angolo ài divergenza fra ciascun tubo ed il suc- cessivo. L'unica specie vivente che si conosca di questo gene- re, la quale molte ne conta di fossili nei terreni terziarj, è la Pustiilopora probo scidea , eh' è frequente nel nostro Adriatico al pari che nel Mediterraneo. DEL PROF. G. MBNÈGUmi 131 PROSPETTO DELLE SPECIE TUBULIPORA , Lmk. An. s. vert. III. Ed. I. p. 236. T. VERRUCOSA , M. E. Mém. sur les Tubuilip. p. 3. pi. 12. Madrepora verrucaria, Oth. Fabr. Faun. groenl. p. 430. Milleporatubulosa,'El\. et Soland. Nat. Hist. of.Zooph. p. 136. Eli. Corali, pi. 27. n. 4. flg. e. E. Cuv. Regn. anim. li. Ed. ili. p. 305. Obelia tubulifera, Lmx. Exp. meth. p. 81. pi. 8. fig. 7. 8. T. PATINA, Lmk. 1. e. p. 237. M. E. 1. e. p. 9. pi. 13. fig. 1. Delonchamps Encycl. p. 759. Blainv. Dict. dcs Se. Nat. LVI. p. 33. Man. d'Actinol. p. 425. Millepora verrucaria, EU. et Scland. 1. e. p. 137. Madrepora verrucaria . Esp. I. pi. 17. fig. A. Uno. Pali. Zoop. p. 280. T. COMPLANATA, nob. T. IRREGULARIS, nOb. 132 SU'. POLIPI TUBULIPORIANI CRISlAj Fleming Ilist. of. br. anim. p. 540. — BlaiiPv. Man. d' Aclinol. p. 460. C. EBURNEA, Lmx. pol. flcx. p. 138, Encycl. mctliod. Vers, p. 224, Esp. Pflantzth. III. p. 261. Cuv. Regn. anim. II. Ed. III. p. 302. Blainv. Man. Actinol. p. 460. pi. 78. fi. 3. M. E. Mèra, sur Ics Cris. p. 6. pi. 5. Corallina eburnea, EU. Corali, p. 54. n. 6. pi. 21. fig. a. A. Sertularia eburnea, Linn. Syst. XII. Ed. I. p. 1316. Esp. Pflanzth. Sert. pi. 18. fig. 1-3. CelHlaria eburnea, Pali. El. p. 75. Celiarla eburnea, Lmk. Hist. d. an. s. vert. III. Ed. I. p. 216. C. DENTICULATAj M. E. 1. C. p. 9. pi. 7. fig. 1. Celiarla denticulata , Lmk. 1. e. p. 215. HORNERA, Lmx. Exp. meth. p. 4i. H. FRONDicuLATA, Lmx. I. c pi. 47. fig. 7-9. Encycl. method. Vers , p. 460. pi. 480. fig. 4. Blaiav. Man. d' Actinol. p. 419. M. E. l. e. p. 17. pL 9. fig. I. Millepora lichenoides , Fall. El. p. 245. Linn. Syst. nat. XII. Ed. L p. 1283. Esp. Millep. pi. 3. fig. 1-4. Millepora tubipora , El. et Solan. Zooph. p. 139. pi. 26. fig. 1. EU. Corali, pi. 35. fig. b. B. Retepora frondiculata , Lmk. 1. e. p. 249. DEL PROF. G. MENEGUIISI 133 H. SERRATA, nob. H. TUBL'LOSA, nob. IDMONEA, Lmx. Exp. melh. p. 80. Encycl. mcth. Vers, p. 4G2. — M. E. 1. e. p. 22. I. TRANSVERSA , M. E. 1. C. p. 25. pi. 9. fig. 3. Tubulipora transversa, Lmk. 1. e. p. 237 (excl. synon.). I. FRONDOSA , nob. I. GRAciLis , nob. I. IRREGULARIS, nob. I. TUBULIPORA j nob. PUSTULOPORA, Blainv. Man. d' Actinol. p. 418. — M. E. 1. e. p. 27. P. PROBOSCIDEA, M. E. 1. C. pi. 12. fig. 2. RENDICONTO DELLE SESSIONI DELLA SOCIETÀ AGRARIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA. {Continuazione, vedi Serie II. T. II. pag. 337. X ANNO ACCADEMICO 1824-1825. 1.* Sessione Straordinaria 16 Decembre 1824. Secondo il consueto , ed a norma de' Regolamenti que- sta prima sessione fu destinata al rinnovamento delle ca- riche, alle nomine di Socj , ed alla destinazione del gior- no delle sedule ordinarie mensili. Perciò il Sig. Presiden- te (in casa del quale come in luogo di provvisoria resi- denza continuavano queste adunanze) prima di procedere alle elezioni avvisò che il Sig. Conte Luigi Turrini Socio Ordinario, per la sua abituale indisposizione di salute im- pedito di frequentare le nostre convocazioni , aveva mostra- to il desiderio di essere trasferito dalla Classe de' Socj Ordinarj a quella degli Onorarj; e posta a voti l'istanza venne soddisfatta con partito pienamente favorevole. Indi si passò alla rinnovazione delle cariche ed , inco- minciando da quella del Presidente , osservato intorno a ciò il disposto dell'Articolo VII del Regolamento, il Sig. Cav. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 136 Avv. Salina riesci confermato con pieno partito, ed egli confermò Vice Presidente il Signor Professore Francesco Orioli. Di poi passando alla completazione, e rinnovamento della Censura, in conseguenza del surriferito mutamento di Classe del Socio Sig. Conte Luigi Turrini , che era Censore, si formarono le schede per la sostituzione, aper- te le quali, e posti i voli venne con intero partito favo* revole eletto il Sig. Pietro Bonini. Gli altri che a norma del citato Articolo dovevano cessare, rimessi a partito se- condo il disposto dell'Articolo stesso, furono confermati. Dopo di che completata la Classe dei Socj Oidinarj colla nomina a voti unanimi del Sig. Prof. Francesco Ro- saspina , il quale era già Socio nella Classe degli Onora- ri , e fattesi indi alcune nuove elezioni in questa stessa Classe, fu chiesto dal Sig. Presidente se sarebbe piaciuto di continuare anche in questo nuovo Anno Accademico le Sessioni Ordinarie nel secondo Giovedì di ogni Mese, e non essendo slata promossa alcuna difficoltà, venne con- fermata la destinazione di detto giorno. Posto termine a queste cose d'ordine, il Sig. Presie- dente si fece a riproporre l' interessantissimo argomento della riforma degli scritti colonici, e discusso alquanto l'affare, tutti i Socj si trovarono concordi nel nominare una Commissione all'oggetto di esaminare il soggetto, e riferire, indicando quello che avrebbe giudicato utile di proporre alla decisione del Corpo Accademico : e furono destinati a comporre questa Commissione li Signori Dott. Filippo Guermani , Ing. Andrea Stagni e Giuseppe Zucchini. Così ebbero compimento quelle cose che dovevano trat- tarsi in Sessione straordinaria, ma l'adunanza però non si sciolse perchè i Socj Ordinar.) si trattennero aspettando l'arrivo di quelli delle altre Classi, già invitati dal Sig. Presidente per la Mensile. 136 RENDICONTO DELIA SOCIETÀ AGRARIA 2/ Sessione Ordinaria del detto 16 Dicembre 1824. In essa il Sig. Prof. Francesco Orioli lesse un suo discorso nel quale propose alla Società incile cose da far- si per lustro, e decoro della medesima, ma principalmente dirette ad ottenere che le adunanze riescano sempre più utili, meglio dirigendo i lavori di esse verso il fine cui tendono, quello cioè di togliere i difetti, perfezionare i melodi, riformare ove occorra in qualche guisa l'agrario sistem»> pubblicare vantaggiose pratiche , in somma mi- gliorare in ogni parte l'Agricoltura della nostra Provincia. Molto fu commendata questa Memoria^ e per l'oggetto di essa, e pel modo con cui l'Autore vi aveva sviluppato il suo assunto; per la qual cosa il Corpo Accademico pre- se la risoluzione di deputare alcuni Socj, i quali riuniti in Commissione avessero l'incarico di proporre un piano diretto a mettere senza ritardo in esecuzione i divisamenti del Sig. Prof. Orioli. A voti unanimi furono destinati Mem- bri di detta Commissione li Signori Marchese Nicolò De Scarani, Avv. Antonio Silvani, e Prof. Francesco Orioli, e con ciò l'adunanza fu sciolta. 3.^ Sessione Ordinaria 13 Gennajo 1825. In questa Sessione il Sig. Davide Bourgeois col suo Discorso Accademico diede a conoscere la decadenza de' nostri boschi, e la necessità di metter cura al loro mi- glioramento. Trasmesso agli Alti questo discorso , e lette indi le due lettere di S. E. il Sig. Principe D. Clemente Spada, e del Sig. March. Francesco Guidoni, dirette a rendere grazie alla Società per essere stali essi ascritti al numero de' nostri Socj Onorari, il Sig- Presidente dichiarò sciolta la sessione. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 137 4.^ Sessione Straordinaria 10 Febbrajo 1825. Il giorno presente era secondo l'ordine turnale de- stinato a Sessione ordinaria, ma per l'indisposizione di salute del Sig. Ing. Francesco Rossi, uno dei due Socj cui incombeva la lettura del Discorso Accademico, ed un grave impedimento essendo stato cagione che anche l'altro de' Socj in tale ufficio cioè il Sig. March. Antonio Bolognini Amorini si trovasse obbligato a dispensarsi da tale lettura, convenne estradare l'invito ai soli Socj Ordinar], mutando la Sessione Ordinaria in Straordinaria all'oggetto di co- municare al Corpo Accademico un Dispaccio di Legazione relativo al progetto di assicurazione della vita del Bestia- me: del quale progetto sono già stati riferiti gli antece- denti nel sunto della Sessione straordinaria del 26 Agosto 1824. Il tenore poi dell'accennato Dispaccio è il seguente ALLA SOCIETÀ AGRARIA ec. ILLUSTRISSIMI SIGNORI. » Riassumendo il pregiato foglio delle Signorie Loro )) Illustrissime del 10 Settembre 1824 N. 15 in cui si ri- » servarono di esternare il loro voto sul coubapuio pro- » getto di attivazione ne' Dominj Pontificj di una Banca w di assicurazione della vita de' Bovini simile a quella sta- )) bilita neirimp. , e R. Governo dello Stato Veneto, do- M pò che fossero stali comunicati alle stesse Signorie Lo- M ro Illustrissime i Regolamenti , e le discipline relative al 138 RENDICONTO DELLA SOCiETÀ AGRARIA M dello Progetto immaginato , e trasmesso dall'Autore Sig. « Francesco Riviere, cade ora l'opporlunilà di fare ad » esse la bramata comunicazione mediante 1' annesso fa- » scicelo di carte ;, che la Legazione si rese premurosa di )) richiamare col mezzo di persona qui commissionata dal- n r anzidetto Sig. Riviere. Le dette carte sono slate vedute » dalla cessata Sezione dell'Istituto delle Scienze ora con- )i centrata nella ripristinata Accademia Benedettina, e per ì) quanto si rileva dal riscontro 28 Novembre scorso del- V l'esimio Sig. Professore Magistrini già Membro, e Vice- )) Segretario della detta Sezione, copia della quale si ac- M chiude, essa non si è occupata della parte del dettaglio w disciplinalo relativo alla della Banca Epizootica, ma )) soltanto delle massime principali riguardanti il Proget- w lo, intorno a cui ha creduto poter manifestare alcune » riflessioni contenute appunto nel riscontro suddetto. » Tutto questo corredo si rimette ora alle Signorie » Loro Illustrissime, perchè con paziente attenzione ab- w biano la bontà di esaminarle, e riordinarle nel miglior )) modo , per quindi trarne il materiale più acconcio a )) concretare le massime, e le discipline, che potrebbero j> proporsi al Governo Pontificio, e per esso al Camer- ì) lengalo , onde facilitargli lo sviluppo del Progetto, e la » intelligenza dei vantaggi che sarebbero per derivare al- }) l'interesse pubblico e privato dall'attivazione della Ban- » ca Epizootica in discorso. « E siccome il prelodato Camerlengalo è nell'aspetta- n zione di ricevere l'apprezzabile volo di codesta Società )) Agraria intorno all'enunciato Progetto, così vorranno )) compiacersi le Signorie Loro Illustrissime di occuparse- )) ne con particolare interessamento per quindi far cono- )) scere alla Legazione i risultati delle loro applicazioni, » ed utili travagli , i quali saranno da essa rassegnati al- M l'Eminenlissimo Sig. Cardinale Camerlengo coi meritati M encomj. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 139 » Fra tanto ho il piacere di confermare alle Signorie » Loro Illustrissime i sentimenti della mia perfetta stima, » e considerazione con cui sono Delle Signorie Loro Illustrissime. Bologna li 14 Gennajo 1825. Jffe%ionatissmo per servirli G. D. FOLICALDI Vice Legato. E quanto al riscontro dei Membri dell'Istituto citalo nel precedente Dispaccio qui parimenti s'inserisce per in- tero^ ed è il seguente: EMINENZA REVERENDISSIMA w Sua Eccellenza Reverendissima Monsignore Vice Le- » gato con suo Veneralo Dispaccio del giorno 14 Agosto )j p. p. N.° 7105 trasmise all'lslilulo delle Scienze, ora )) Accademia Benedettina, il Regolamento della Banca di w assicurazione della vita degli animali bovini stabilita nel- j) r Imp. R. Governo dello Stalo Lombardo Veneto, invi- )) tandolo da parie di S. E. R. il Signor Cardinale Ca- )) merlengo a dare il suo voto sul progetto avanzalo dal- » l'autore Sig. Francesco Riviere dell'attivazione di una » Banca simile nei Dominj Ponlifìcj. w I pocbi Membri dell' Istilulo obbedienti al Superiore )) invito si radunarono subito presso il Collega Direllore « Sig. Abaie Don Ignazio Molina. Videro essi primiera- )) mente, che non poteva essere quistione circa l' milita di M uno Stabilimento del genere proposto, e che tulta la w loro attenzione doveva indirizzarsi sopra le condizioni » del progetto, e sui modi di sua esecuzione. Ma i Si- 140 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA » gnori Abate Molina, e Professore Valeriani, che assun- w sere l' incarico di questo esame, troppo scarsi dati ne w avevano nel solo Regolaraenlo comunicato dalla Legazio- « ne, e dovettero pregare per mezzo mio il Si{j. Segre- » tario Generale Zecchini di volere procurare più minute )> notizie, almeno dell' attivazione della Banca di Venezia; » il che fu cagione di notabile ritardo dell'operazione, e » del riscontro dovuto alla Legazione. Giunti Finalmente )) i fogli di schiarimento richiesti , la Commissione predet- )) ta potè ripigliare , ed ultimare il suo esame , i risultati » del quale sono i seguenti » 1.° L'Istituzione di una Banca di assicurazione della )) vita degli animali bovini merita di essere protetta, e w promossa dal Governo, e come mezzo di garanzia, e » miglioramento del ramo più notabile, e più proficuo )) della rustica Economia, e come mezzo di perenne gene- w rale beneficenza. » 2.° Sebbene per mancanza di tavole delle epizoozie , » e delle altre malattie delle bestie in questi Stati non si )) possa calcolare il giusto prezzo dell'annua assicurazio- )) ne esibita dal Sig. Riviere, dell' intero valore dei bovini )) contro i casi di epizoozia, e ben anche della metà del )) valore per qualunque altra malattia ; nulladimeno l'Isti- » luto non esitò a dichiarare^ che se la retribuzione an- )) nua per ciascuna bestia in tal modo assicurala intende )) il Sig. Riviere debba essere quella stessa della Banca di » Venezia di soli centesimi 75, ossia bajocchi 1 3,875 ^ » possa il Governo permetterla con piena sicurezza. » 3.* La condizione fondamentale di questo progetto )) di assicurazione, che il prezzo da ricavarsi dalle bestie )) inferme debba andare a sconto del prezzo assicurato, il )) giudizio delle malattie dipendendo unicamente dal Ve- )) terinario , e dal Commesso della Banca , vuol essere cor- )) redata di norme certe , e precise , che conlemperino i )) due interessi opposti, quello della Banca di macellare DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 141 w le bestie inferme il più presto possibile, e quello del » proprietario di non farlo mai. Sembra difficile questo )) accordo tra l'assicurato, e l'assicuratore senza l'inter- )) vento in ciascun caso dell'Autorità locale, la quale inol- » tre dovrà esaminare se l'interesse della Banca sarà poi )> conciliabile colla più stretta osservanza delle prescrizio- M ni sanitarie, che garantiscono alla popolazione la salu- » brità delle carni macellate. » Questi sono gli oggetti principali, e queste le ri- )) flessioni, che l'Istituto giudicò più meritare potessero » il riguardo di V. E. R., e dell' Eminenlissimo Cardinale M Camerlengo sul Progetto raccomandalo, e soddisfare al- » r invito del sopracitato Dispaccio di S. E. Monsignor » Vice-Legato, e che mi porgono l'onore di baciare la )) Sacra Porpora e di rassegnarmi con profonda venera- M zione Dell'Eminenza ec. Bologna 28 Novembre 1824. Sott.« GIO. BATT. MAGISTRINI. Per copia conforme D. MASINI Capo Speditore. L'entità dell'affare, che, ommesso il contenuto del- l'altre carte, abbastanza si rileva dal contenuto dei due riferiti documenti , determinò il Consesso Accademico ad incaricare una Commissione dell'esame, e rapporto intor- no a ciò ; e tal commissione fu composta dei Signori Giu- seppe Zucchini , Avv. Antonio Silvani , Ingegn. Giuseppe Berti, ed Ing. Giovanni Brusa. Falla la qual nomina si sciolse l'adunanza. 142 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA 5.^ Sessione Ordinaria 10 Mar'^o 1825. Il Sig. Avv. Antonio Silvani fece lettura del suo Ra- gionamento Accademico nel quale diede alla Società im- portanti notizie intorno alla coltivazione del Rìso secco, esponendo come fino dall' anno 1820 erasi cominciato a coltivare in Austria, ed in diversi luoghi d'Italia una spe- cie di Riso, che credevasi poter prosperare all'asciutto, il quale era denominato Riso secco, o cinese. Egli per- tanto insieme ad un suo amico ne avevano tentato la col- tivazione negli anni 1823, e 1824, e venivasi a dar conto alla Società del risultato degli esperimenti fatti. Dopo una minuta relazione delle operazioni, dell' andamento ;, e del prodotto delia tentata coltivazione, e della descrizione de' luoghi, e della qualità de' terreni ne' quali era stata ten- tala, si viene ai seguenti corollavj. I. Che la nuova specie di Riso non è che una varie- tà del Piiso fino allora coltivalo^ non differendo dal mede- simo che per qualità accidentali, vale a dire per la man- canza dell'arista, e per alcune diversità nella dimensione del granello. Anzi è d'avviso l'Accademico che il Riso ci- nese non altro sia che il Riso comune 'educato a far sen- za di una continua immersione, ed a sostituirvi invece delle frequenti irrigazioni ; poiché avendone coltivato una parte coi melodi ordinarj ha veduto spuntare sulle spiche un ru- dimento di arista. II. Che non possa esser utile il coltivare la varietà cinese a secco, perchè richiede delle copiose irrigazioni settimanali ; la qual cosa esige che si possa disporre una perenne copia d'acqua non forse minore di quella richie- sta nella coltivazione per immersione. Oltre ciò le frequen- ti irrigazioni dando comodo all'erbe, di cui racchiude il terreno i germi;, a svilupparsi, si rendono necessarie piiì frequenti sarchiature , che neU' altra coltivazione. In fine DELLA I>ROVINGIA DI BOLOGNA 143 la maturità della spica si fa a riprese lo che esige che la Biieliliira si faccia in più volle. III. Che allora sarà utile la coltivazione di questa va- rietà, quando sia fatta alla foggia ordinaria per immersio- ne, perchè resistendo questa varietà più che l'altra alia mancanza d'acqua, si potrà collocare nelle parti più ele- vate della risaja, e ne' luoghi ove non giunga l'acqua ad altezza sufficiente, o dove vi sia scarsezza d'acqua. E que- sto tanto più potrà farsi in quanto che, essendosi tentata la coltivazione umida di questa varietà, si è veduto non fare nella maturazione quella differenza, che nella colti- vazione detta a secco. Dalle quali cose l'Accademico ricava argomento di conchiudere eccitando i coltivatori di risaje a provvedersi il seme del Riso cinese, e ad esperimentare se pratica- mente possano ottenersi le utilità che i tentativi fatti gli danno occasione di sperare che si ottengano. Consegnato agli Atti questo Ragionamento il Signor Presidente invitò il Sig. Prof. Orioli a leggere una nuova Memoria intorno ai Paragrandini la quale può essere ri- guardata come una seconda appendice all'altra già data alle stampe con una prima appendice. E di quest'ultima ancora, deposta in Atti, e di poi riconsegnata all'Autore per pubblicarla a spese della Società, ci dispenseremo dal dare alcun sunto per quelle ragioni medesime che si ac- cennarono superiormente nel riferire delle prime intorno all' argomento medesimo lette dall' Autore nelle precedenti Sessioni. Di poi avendo il Sig. Presidente annunziato esservi alcuni affari di qualche importanza da trattare, ma sem- brar r ora troppo avanzata per potersi formare la Società in Sessione straordinaria, venne stabilito il diferiraento di tale sessione ad altro giorno da determinarsi , e fra tanto fu dato incarico alla Censura di prendere in esame gli og- getti di essa adunanza. 144 RENDICONTO DELLA SOClExX AGRARIA Ma poiché mentre si prendevano queste determinazio- ni, nello assentarsi de' Socj Onorarj, il Sig. Ing. Giu- seppe Astolfi, uno del loro numero, aveva lasciato al Sig. Presidente l' incarico d' informare il Corpo Accademico del- l'onore allo slesso Signor Astolfi compartito dalla Società Linneana di Parigi , avendolo Ella nominato suo socio Cor- rispondente, nella speciale considerazione di quelle spe- rienze che aveva Egli istituite intorno ai Paragrandini , il Sig. Presidente soddisfece con tutto il piacere all'incari- co, e lesse la lettera di partecipazione del 10 Gennajo 1825 colla quale il Sig. Thiebaut di Berneaud Segretario per- petuo della detta Società avvisava della nomina il nostro Socio , e di tal lettera venne deposto copia negli Atti no- stri. Il Corpo Accademico intese con mollo compiacimento questa partecipazione, e riconobbe mollo decoro derivare ancora a sé dall'avere uno de' propri Membri ascritto a quell'illustre, e rispettabile Corpo Scientifico. Per la qual cosa , e per dare insieme al medesimo un segno di aggra- dimento fu dal Sig. Presidente proposto di nominare So- cio Corrispondente della nostra Società il detto Signor Thiebaut de Berneaud. Sì che posto il partito risultò pie- namente favorevole ;, ed il Segretario ebbe l'incarico di spedire a Lui il relativo Diploma: con che si chiuse la Sessione. e.'' Sessione Straordinaria 11 Aprile 1825. La Società Agraria si radunò in questo giorno in Ses- sione straordinaria in obbedienza ad un Dispaccio del- l' Eraineniissirao Legato diretto alla medesima , ed è il seguente : DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 145 ILLUSTRISSIMI SIGNORI M Ad istanza dei priraarj Possidenti di questa Provin- )) eia fu premurosa la Legazione d'inculcare ai Comuni M nello scorso anno l'attivazione dei Paragrandini , arraan- » done i territori dei rispettivi circondarj. Piacque gene- » ralraenle un tale divisamento, ed un solo Comune si )) permise di opporsi alla massima, mentre tutti gli altri » erano stati concordi Dell'accettarla; limitandosi taluni )) soltanto a fare delle osservazioni economiche circa la )) competenza, e ripartizione della spesa relativa. Malgra- » do però queste buone disposizioni delle Magistrature )> Comunilative, nessuna si è fin' ora occupata di propo- )) sito di effettuare l'inculcata attivazione dei Paragrandini, » lasciando che in qualche località i Possidenti ne armino » spontaneamente i loro Beni. M L' esempio di questi non ha giovato ad ispirare im* )) energia sufficiente per propagare l'uso di un così be- » nefico preservativo ;, e si ha perciò la dispiacenza di ve- )i derlo trascurato con una quasi comune indolenza. Ha fat- M to conoscere r esperienza , che gli effetti sono pili sicuri, » quanto più esteso è il territorio nel quale sono collocati » i detti Paragrandini, armandone specialmente a prefe- )> renza, o almeno contemporaneamente le Montagne più » alte del Territorio Bolognese. w Con questo intendimento la Legazione inclinerebbe n di generalizzare l' attivazione dei Paragrandini , a ciò )) pressata assai vivamente dai Primarj Possidenti della me- » desima, ed è perciò che si è determinata di nominare » una Commissione appositamente incaricata della forma- )) zione di un progetto che conciliando alla semplicità, e » regolarità del metodo la debita economia della spesa, N. Ann. Se. Natir. Serie, II. Tom. 3. 10 146 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA w valga a facilitare la più sollecita, ed estesa attivazione )) dei suddelli Paragrandini tanto nella Pianura quanto )) nella Montagna dell'Agro Bolognese. La delta Commis- w sione sarà composta dei seguenti Soggetti. Signori Professore Orioli Presidente. Principe Astorre Hercolani. Marchese Sebastiano Conti Castelli. Cavaliere Luigi Salina. Conte Cesare Bianchetti. Marchese Massimiliano Angelelli Conte Alessandro Agucchi- Rafaelle Slagni. Giovanni Mazzacurati. Gaetano Pizzardi. Luigi Borghi. Pellegrino Spinelli, Paolo Bignami. )) Si radunerà essa quanto prima presso il sullodato ì) Presidente, il quale avrà la compiacenza di presentarla » alla Società Agraria per assumere di piena intelligenza M e concerto le conferenze necessarie, onde meglio discu- )) tere, e concretare le massime, e stabilire gli appunta- » menti, e dettagli tutti, diretti all' interessante scopo pro- » posto , giusta le viste da me accennate nella mia lettera iì al prefato Sig. Professore Orioli. w Dalla reciprocanza dei lumi della Commissione, e » molto più dalle savie direzioni della Società Agraria io » debbo ripromettermi un Progetto pienamente degno della » mia approvazione , e resto perciò nella ansietà di veder- » melo presentato colla possibile sollecitudine. )> Approvato che fosse il detto Progetto, sarebbe mia » intenzione di affidarne interamente la esecuzione alla )) sunnonjinala Coromissione apposita, onde con mag- DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 147 )) giore speditezza , regolarità , ed economia venisse rea- )> lizzato. )) Partecipo alle Signorie Loro Illiistrissirae questa mia )) determinazione, onde vogliano compiacersi di cooperare )) all'esaurimento della medesima per tntlo ciò che potrà }) da esse dipendere, e frattanto coi sentimenti di perfetta » considerazione mi raffermo Delle Signorie Loro Illustrissime Bologna 9 Aprile 1825. Servitore ce. G. CARD. ALBANI. Perciò r adunanza straordinaria essendo destinata a riunire la nominala Commissione insieme al Corpo Acca- demico della Società, e ad incominciare la discussione re- lativa ai Paragrandini , siccome era prescritto nel riferito Dispaccio, venne l'una, e l'altra cosa posta ad effetto nel luogo della solita provvisoria residenza per 1' intervento dell'intera Commissione predetta, oltre ad altri diciassette Membri della Società, fuori del numero dì quelli che facean parte di essa Commissione. Letto il Dispaccio, e propostosi per prima questione se per tentare un esperimento convenga di estendere l'arma- tura a tutta la Provincia, oppure se per ora convenga, e basti limitarsi ad una sola zona, e discusse quindi le ra- gioni che possono far preferire l'una all'altra delle due risoluzioni, e messi i voti risultò approvata l'armatura dell'intera Provincia per voli ventisette aHerraaljvi, e due 148 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA negativi, essendosi astenuto dal votare il Signor Professo- re Orioli. In seguito essendosi osservato la disposizione del detto Dispaccio in cui si ordina che la Società Agraria uniscasi alla Commissione per istabilire il metodo di attivazione de' Paragrandini , e le necessarie discipline, venne proposto il dubbio , se potessero i nostri Membri che formavan parte di detta Commissione rappresentare in essa la nostra So- cietà^ oppure se sii dovesse nominare una Deputazione a ta- le effetto. Posta a partito l'una e l'altra massima vennero autorizzati i nostri Membri della Commissione a fare tut- to quanto era di spettanza della Società Agraria, ed a sen- so del Dispaccio, per voli affermativi diciassette contro sei negativi; avendo intorno a ciò dato il loro voto i soli Mem- bri della Società. Quindi i Socj , e Membri insieme della Commissione ebbero l' incarico di concertarsi coi loro Col- leghi per tenere il più presto possibile un'adunanza al- l'oggetto di proporre con sollecitudine il piano di esecu" zione^ e ciò concliiuso la convocazione fu sciolta. H.^ Sessione Ordinaria 14 Jprile 1825. Fu aperta l'adunanza colla lettura di una lettera del Sig. Ing. Giovanni Brusa, il quale faceva le sue scuse per non aver potuto, mancatogli il tempo, presentare a que- sta sessione il suo turnale discorso accademico; intorno alla quale mancanza;, ch'era per lui dispiacenlissima, ave- va già dato un tocco di prevenzione fin dal momento in cui aveva ricevuto avviso dell'affidatogli incarico. Passata la detta lettera agli Atti il Sig. Presidente invitò il Segre- tario a leggere il Ragionamento del Sig. Prof. Francesco Rosaspina, che era l'altro Socio destinato per la lettura DELLA PROVINCIA D! BOLOGNA 149 di questo giorno, e che assente, per motivo d'indisposizio- ne, aveva mandalo alla Segreteria il suo Discorso. L'Accademico prese argomento a questo dal conside- rare la poca cura degli Agricollori Bolognesi nel molti- plicare, e nel ben coltivare le migliori specie di frutta; e più specialmente poi restringendo il discorso alla sola spe- cie del Melo, ed alle moltissime varietà di essa, alla col- tivazione delle quali non si oppone la natura del clima, diede a conoscere la deficienza che se ne osserva nella nostra Piazza, quantunque l'utilità di questo frutto ed il consumo che tutto giorno ne vien fatto dimostri quanto sarebbe vantaggioso il coltivarlo. Per la qual cosa con- chiuse che sarebbe stata cosa molto lodevole il destinare un luogo ove coltivarvi i selvatichi della specie, e con cura, e con sceltezza premurosamente innestarli, e ven- derli. Il quale progetto Egli propose alla Società invitan- dola a secondarlo con qne' mezzi che la medesima avreb- be giudicato i più opportuni , e meglio conducenti allo scopo. E tale divisamento fu dal Accademico Consesso tro- vato ben meritevole dell'universale attenzione, e fu ordi- nato che nel deporre in Alti la Memoria, fosse di essa fatto speciale menzione, per averne presente il contenuto allorché si fosse dato luogo a qualche nuova intrapre- sa di lavori nel Podere assegnato per Orlo Agrario alla Società- Di poi levata la seduta i Socj Ordinarj si rimasero nella residenza per formarsi in Sessione straordinaria che fu di quest'anno 1' 8.* Sessione del detto 14 Aprile. Nella quale furono trattati diversi affari, e primiera- mente la Commissione, che ebbe già l'incarico di esami- 150 RENDICONTO DELIA SOCIETÀ AGRARIA nare il Progetto del Signor Riviere per l' assicurazione de' Bovini presentò il suo Rapporto, ed è il seguente )) Incaricati li sottoscritti Membri della Società Agra- » ria di esaminare il Progetto fatto al Superiore Governo )) in Roma, di aprire ne' suoi Dominj una Banca Privata M di assicurazione della vita de' Bovini, a somiglianza di » quella già istituita nello Stato Veneto , si sono fatti un )) dovere di parlitamente esaminare li recapiti ad essi con- w segnati ; consistenti: w 1.° Ne' Regolamenti con cui si vuole istituire la del- )) ta Banca d'assicurazione, non che quelli risguardanti » la Banca già istituita nel Veneziano, colle varie istru- « zioni, e dilucidazioni che vi sono unite. )) 2.° Il voto emesso da questa Accademia Benedelti- » na in riscontro alli Dispacci di Legazione. w E dopo il diligente esame di tali recapiti , e dopo le w premesse discussioni si è trovata concorde la Commis- » sione nel riferire. M Che l'utilità in genere della proposta istituzione w traluce per se stessa, subito che si pensi all'effetto che w da quella ne deriva ;, che è di ripartire il danno, che )) patirebbero pochi per morte dei loro -bestiami , in raol- i) ti, caricandoli di una leggerissima annua corrisposta. II » vantaggio di una tale assicurazione resta altresì dimo- » strato dall'adozione che ne fecero le piii colle Nazioni w di Europa, presso le quali è in vigore; come anche più )) recentemente dalla riportata approvazione dell' Imp. e R. )* Governo Veneto, il quale permise che fosse mandato ad w effetto in quei Dominj; e finalmente dal favorevole volo )) emesso da cotesta Accademia Benedettina. )) Che in quanto poi alle discipline del nuovo Pro- )) getto crede la Commissione che nessuno interesse sia da }) prendersene, ogni volta che il Governo, non concorren- )) do con alcun premio o spese in tale operazione , lascias- )) se ai Possessori de' Bestiami piena libertà di approfittare DELLA PROVINCfA DI BOLOGNA 161 )) 0 no di ima tale assicurazione. Ed a convalidare questo )> parere della Commissione giova il citare il savio Deere- w to dell' Imp. e R. Governo Veneto in risposta alla do- w manda del Sig. Riviere esposto in qnesti termini. » Nulla ostare per di lui parte, che venga manda' » to ad effetto il progetto del Sig. Riviere per la for- » magione di una Banca privata, rìsguardante la vita » degli Jnimali Bovini. u Permesso che sia in questo senso al Sig. Riviere di )> aprire la Banca nello Stato Pontificio ne verrà che, se « i Possessori di Bestiami troveranno vantaggioso di farli M assicurare ;, lo faranno, e la Banca sarà aperta; e quan- )) do non vi sia la proposta utilità avverrà che non potrà j> aprirsi la Banca, ovvero si farà con condizioni più fa- » vorevoli agli assicurati. Perocché in questi argomenti di w pubblico bene, quanto è lodevole che il Governo vi w prenda interessamento, e li protegga, altrettanto è ne- w cessano che accordi piena libertà, e lasci fare. Ed è per )) questi motivi , che la Commissione opina essere super- )) fluo il prefinire alcuna disciplina, e che si debba pie- w naraente imitare la risoluzione dell'I. R. Governo Vene- w lo superiormente citata. M Per poi non lasciare alcuna parie del Progetto non w discussa ha voluto la Commissione considerarlo parlico- w larmente in riguardo alla nostra Provincia, e si è cre- M duta in dovere di fare le seguenti riflessioni. » Nella Provincia di Bologna il Bestiame Bovino ge- j) neralmente ( per un clTello di antichi pregiudizi ) non ì) appartiene né agli Agricoltori, né alli Possessori delle )) terre , ma ad una Classe di speculatori. Questo è causa )) che r Agricoltore non riguarda la conservazione del Be- )) stiame , come una delle principali sue cure , e che infi- M nite permute poi succedono del medesimo. Le quali circo- )) stanze pare alla Commissione che potessero essere di non )) lieve ostacolo alla prosperità della Banca di assicurazio- » ne io questa Provincia di Bologna. 152 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA » Le Epizoozie nella nostra Provincia sono molto ra- )) re. Rado è pure che i nostri Bovini sieno attaccati da » contagio mortale. Ed i lumi della odierna Veterinaria, e » la maggior cura che si ha nella conservazione di questi » animali, tengono sempre più lontani i timori di queste » malattie. Per le quali cose qui si troverà minore la con- j) venienza di assicurare la vita degli animali che nella » Venezia dove entrano molti bestiami di Oltremare, che n non di rado vi portano il contagio. n La Banca assicura per intero il Bestiame morto per » Epizoozia; per metà quello morto per qualunque ma- M lattia, 0 causa, e l'Art. 7° che dichiara questa gua- )) rantigia spiega Epi^oo^ia, ossia malattia contagiosa. n Dal che pare che si confonda Epi^oo^ia con Contagio, y> malattie troppo distinte l'una dall'altra, come è ben » noto. Il contagio si comunica per contatto, ed è il più w frequente; le epizoozie dipendono generalmente da par- » ticolari costituzioni atmosferiche, e sono le più funeste. w Onde, se s'intende nel Progetto di assicurare per in- » tero la vita de' Bovini morti soltanto di Epizoozia, que- )) sto sarebbe poco benefizio , pochi essendo i casi di Epi- )) zoozia, e molti quelli di contagio. Se- poi si vogliono )) assicurare per intero anche le morti per contagio, come w pare voglia spiegare l'Art. 7.° bisogna dichiarare meglio )) il suo significato, e dire che si assicura per intero il n bestiame morto tanto per Epizoozia , quanto per qua- n lunque Malattia Contagiosa. » Il diritto dell' Assicuratore di ripetere il valore del- ì) l'animale, che va a perdersi per malattia è giusto; ma w l'esercitarlo senza danno dell'assicurato, e senza in- )) quietarlo colla sorveglianza che vorrà avere , e come )) nota avvedutamente l'Accademia Benedettina, è cosa da )) non potersi conciliare ncU' effetto, e questo può essere w un altro ostacolo considerevole. » Se poi la ricompensa del | per cento ò moderala pel DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 153 M Veneziano, può risguardarsi gravosa per questa Provin- w eia (li Bologna, dove più che nella Venezia sono lonta- » ni ì timori di Epizoozie, e di contagi. w Tali sono le deduzioni chela Commissione ha l'o- » nore di sottoporre al giusto giudizio della intera Socie- n Ih, con che si rassegna colla dovuta stima. devotissimi Servitori GIUSEPPE BERTI. ANTONIO SILVANI. La lettura di questo Rapporto fu da tutti ascoltata con comune soddisfazione, ed il contenuto ne fu approva- to per modo che si passò a stabilire con voto unanime doversi trasmettere il Rapporto stesso alla Legazione in risposta alle ricerche fatte col Dispaccio H Gennajo 1825 N. 287 , e perciò unendovi una semplice lettera di accom- pagno ne fu fatta la spedizione. Due altri affari furono indi proposti , raa piuttostoche portati alla discussione del Corpo Accademico, potevano riguardarsi comunicati al medesimo perchè ne fosse infor- mato ^ e fosse posto in grado o di approvare le relative risoluzioni prese dalla Censura, o di fare intorno ad esse le occorrenti osservazioni. Perciocché trattandosi di ogget- ti intorno ai quali la Legazione aveva fatto alcune doman- de, e pressava per ottenere pronti riscontri, il Sig. Presi- dente impedito nella ristrettezza del tempo di poter con- vocare la Società si era reso sollecito di adunare la Cen- sura, e sentitone il parere, aveva Egli sull'appoggio di questo, dato risposta alle richieste della Legazione. Il primo dei delti affari fu una interrogazione fatta dairEmiucniissimo Legalo intorno al prescrivere ai Pasto- 154 RENDICONTO DELLA SOCIETX AGRARIA ri, pascolanti nell'inverno nel nostro piano, il precìso tempo in cui essi debbono tornare al Monte. L'altro si fu una istanza fatta dai Sig. Pouchin de la Roche per ottenere dall' Erainentissimo Camerlengo la privativa di fabbricazio- ne, e vendita della macchina inventala dal Sig. La Forèt per preparare la Canapa^ ed il Lino senza macerazione. Per brevità, ommessi tutti i documenti relativi a queste due pendenze, basterà per portarle alla cognizione di tutti il riferire qui per intero le lettere della Legazione , e le risposte date dal Sig. Presidente dopo di avere consultata intorno ad arabidue gli oggetti la Censura della Società. ALLA SOCIETÀ AGRARIA ILLUSTRISSIMI SIGNORI w Nella Notificazione di questa Legazione 23 Aprile )) 1824 fu sanzionala la massima che n«gli Anni avvenire M fosse obbligo preciso dei Pastori di avere colle loro }) Mandre abbandonala la pianura di questa Provincia en- M tro il Mese di Marzo di ogni anno , e non più tardi , a )> meno che particolari circostanze, debilaraenle ricono- )) sciute , inducessero la Legazione stessa ad accordar loro « una qualche proroga. I motivi di privata , e pubblica w tutela , che determinarono la promulgazione della enun- )> ciata provvidenza sono indicati nella Nolificazione me- M desima, di cui si unisce alla presente un esemplare a » stampa. » Nell'Agosto 1824 ricorsero i Pastori dell'alta mon- )) lagna, rappresentando i prelesi danni che soffrono, le » Pecore pel troppo loro sollecito ritorno alla montagna I DELLA PROyiNCIA DI BOLOGISA 155 » in Stagione ancor frigida , ed invocarono la grazia di po- )} ter trattenersi ai pascoli in pianura per tutto il Mese » di Aprile del successivo anno 1825. M A persona assai perita in ogni ramo d' industria ì) agraria fu dalla Legazione rimessa la supplica dei sud- » delti Pastori con incarico di esternare l'imparziale suo » libero parere sulle cose dedotte dai supplicanti , e sulla )> convenienza di prolungare o no la dimora in pianura » dei Pastori colle loro maudre. Le molle occupazioni w della persona come sopra interpellala non permisero alla )) medesima di esaurire l'incarico colla desiderata solle- w citudine, e soltanto vi si determinò allorché nello scorso )> Febbraro venne ad essa comunicata altra fervorosa sup- w plica dei Pastori per essere graziati del permesso di ri- » manere ai pascoli in pianura a tutto il Mese di Aprile. » Dal Rapporto fattoci dal Perito incaricato fummo ì) resi consapevoli che i Pastori nel loro passaggio colle » pecore, recandosi alle rispettive abitazioni di montagna si w fermano trailo tratto sulle strade, sui fossi^ ed anche nelle » adjacenli campagne secondo il bisogno , onde poter pa- M scere le delle pecore , e che perciò se dovessero partire j)> soltanto alla fine di Aprile, ne deriverebbe il sommo » inconveniente che gli argini , le siepi , li fossi , li prati , » ed i nuovi pianlamenli di vili limitrofi alle strade, in tempo )) di una generale vegetazione che suol rendere più attratti- )) vo e copioso il pascolo, continuerebbero a risentire i gravi » danni sofferti in addietro, e perciò determinammo di » tener fermo il prescritto dalla succitata Notificazione, )) onde proleggere possibilmente l'indennità della colliva- » zione agraria della pianura. M Ed affinchè gli armenti, partili alla fine di Marzo, » non giiignesscro all'alta montagna in tempo in cui i pa- » scoli della medesima fossero anche coperti dalla neve, y 0 non avessero bastantemente germogliato proponemmo w ai Pastori supplicanti di fermarsi in alcune località della tl60 RENDICONTO DELLA SOCIEtX AGRARIA » bassa montagna , onde ivi procurare il necessario alimen- )) to alle loro Mandre , andando cioè per la strada dei Bagni » della Torretta, negli Appodiati di Vergato, Carviano, » Prada, Savignano, A^'imignano, Castelnuovo , Lisano, e )) Monte Gavaloro , e prendendo la strada lungo il torren- w te Lavino , o l' altra dietro il torrente Samoggia potreb- )) bero permanere negli Appodiali di Mongiorgio, Merla- M no, Savigno, Monte Pastore, Vignola de' Conti, Rodia- ì) no, Vedeghelo, ed in altri contermini, prendendo in w affitto per quel tempo che loro occorre que' pascoli, ì) che sono adjacenti alle strade che percorrono , onde re- » carsi alle Alpi ; giacché molte sono le situazioni a pro- » posilo per istabilirvi la temporanea loro dimora, senza » recare alcun danno ai Possidenti, e senza pregiudicare )) la condizione degli Armenti. » Diffidati in tal guisa i Pastori hanno preteso di n giustificare con attestali di persone pratiche dei luoghi w surriferiti che nel Mese di Aprile non vi è modo di )) pascolare colà gli armenti, e perciò con altra supplica M hanno insistito per essere facollizzali a rimanere in pia- )) nura almeno sino al 20 Aprile suddetto. M Nel momento in cui riceviamo questa nllima sup- )) plica corredala degli attestati surriferiti , vediamo bensì » caduta la neve, che probabilmente potrebbe rinnovarsi M nel corso dell'andante Marzo, e rendersi forse anche » più copiosa, tanto nella bassa, e nell'alta montagna, » quanto ancora nella pianura^ e allora la vegetazione delle M piante andrel)be necessariamente a ritardarsi , e quindi M si verificherebbe una di quelle circostanze particolari, )) contemplate dalla menzionata Notificazione, per cui in )) quest' anno si offrirebbe un ragionevole motivo di accor- » dare la domandata proroga. )) Ma siccome indipendentemente da qualunque specia- M lità di circostanze pretendono i Pastori, ed i loro fau- w tori di Montagna d'impugnare direttamente la massima DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 157 n adottata della suddetta Notificazione di ricondurre le )) Mandre agli originarj ovili sul finire di Marzo di ogni )) anno , come appunto è il voto generale dei Possidenti w della Pianura, così in merito a tale opposizione è nostro » desiderio di sentire l'apprezzabilissimo parere della So- w cielà Agraria , onde all' appoggio di esso poter Noi esse- )) re più tranquilli sulla determinazione da prendersi cir- » ca il confermare , o modificare la combattuta massima )) in discorso. » Con questo intendimento rimettiamo alle Signorie )) Loro Illustrissime la documentata supplica surriferita, w onde vogliano compiacersi di prendere il tutto nella do- w vuta considerazione, per quindi manifestarci il savio » loro parere. )) Bramoso di sollecito riscontro col ritorno delle M carie ho il piacere di confermare alle Signorie Loro n Illustrissime li sentimenti della mia perfetta considera- » zione con cui sono Delle Signorie Loro Illustrissime Bologna 18 3Iar%o 1825. Servitore G. CARD. ALBANI. Al quale Dispaccio così fu dato risposta dal Signor Presidente. 158 RENDICONTO DELIA SOCIETÀ AGRARIA A SUA EMINENZA REVERENDISSIMA IL SIGNOR CARDINALE LEGATO DI BOLOGNA. 26 Mar^o 1825. M Si è riunita la Censura della Società Agraria per » dar sfogo al Venerato Dispaccio delli 18 Corrente N." M 1849 di Vostra Eminenza, pervenuto alla medesima, )) riguardante l'esternare il proprio parere sulla disposi- )) zione determinala dalla Notificazione di questa Legazio- w ne delli 23 Aprile 1824, che prescrive ai Pastori di ave- » re colle loro mandre abbandonata la pianura di questa « Provincia entro il Mese di Marzo di ogni anno, e non w più fardi: come anche prendere in considerazione la istan- » za di diversi Pastori dell'alta montagna, che rappresen- » tano essere la precitata epoca pregiudicevole alle loro w mandre di pecore pel troppo sollecito ritorno alla mon- )) lagna, in tempo ancor frigido, e per' la mancanza dei )) necessarj pascoli , a loro stati denotati da questa Lega- w zione in varie Comuni , alla metà circa del loro viag- )> gio cui sono costretti di praticare recandosi agli origi- M narj loro ovili , per cui desidererebbero di essere facol- n lizzati a rimanere in pianura sino li 20 del Mese di )) Aprile di ogni anno. w Fa essa riflettere che considerando li molti pregiu- )) dizj che arrecano le Pecore nella pianura Bolognese in )) qualunque stagione, e che solo per antica consuetudine, )) e pratica vengono tollerale nella bassa pianura, ed in va- )) ste tenute nell'Autunno, e nell'inverno, al solo oggetto )) di ottenere i concimi necessarj alla coltivazione della Ca- » napa , mancando altri mezzi per supplire ai medesimi ; DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 159 u come pure considerando che il permettere ai Pastori di » trattenersi colle loro Pecore nella pianura Bolognese nel M Mese di Aprile, epoca in cui la vegetazione di qualun- w que erbaggio comincia a muovere, e qualunque pianta )) a germogliare , e verdeggiare ; e che la Pecora ha per ì) se stessa un' ingordigia naturale per brucare esse piante^ » ed erbe ridenti , riesce di grave pregiudizio , essendo no- » to qual danno rechi il morso di esse bestie alle piante )) tutte; non può a meno la nostra Società di convenire w nella giusta massima presa dalla Legazione per la par- » lenza delle Mandre di Pecore dalla pianura Bolognese » entro il 31 Marzo d'ogni anno. Tauto più che la mag- » gior parte dei Pastori che conducono Mandre di Pecore w sulla nostra pianura sono provenienti dalle alle monta- M gne dello Stalo Estense;, e pochi sono quelli della no- M stra alla montagna; portandosi una parie di questi nel- )) le Maremme Toscane, come lo sono quelli di Bandita » Rasora, Mugne ecc. che conoscendo l'antico costume di w dovere partire dalla pianura Bolognese entro il mese di M Marzo e trasferirsi ai primi di Aprile colle loro Gregge » ai proprj Comuni, i quali sogliono essere coperti di n nevi , hanno preso la determinazione di recarsi alle Ma- )) rcmme suddette , ove dimorano poi sino in Maggio. )) Ed in quanto all'asserzione dei Pastori, mediante » i due Ccrlifìcali uniti al loro ricorso, della mancanza M de' pascoli nelle Comuni della bassa Montagna, stali M designati dalla Legazione, ove trattenersi nel ritorno ai w proprj Ovili , sembra non sia bastantemente fondata ; » mentre se nel finire del mese di Marzo cominciano le )) piante, ed erbe della jìianura Bolognese a germogliare, » quasi in pari stalo lo devono essere le erbe in detti Co- w numi , e se si vuole anche ritenere alquanto tardiva )) in tale posizione la vegetazione, si potrebbe però sns- M sidiarne l'alimento alle pecore col darvi fieno provveduto Win anticipazione nell'Estate, e così togliere l'esposto M ostacolo del mancante pascolo. 160 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA » Pei motivi superiormente dedotti adunque la nostra )) Società vieppiù si persuade, che non sia opportuno di » fare variazione alcuna alla massima stabilita colla Noti- » ficazione 23 Aprile 1824. )) Mentre intende di avere con ciò esaurito l' onorevole » incarico affidatole dalla Eminenza Vostra Reverendissi- )) ma su questo proposito, passo per essa ad inchinarmi )) al bacio della Sacra Porpora ed a protestarmi osse- )) quiosamente Di Vostra Eminenza Reverendissima Umìliss. Dev. Osseq- Servo LUIGI SALINA Presidente. (sarà continuato) f^: mmcE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO De Filippi — Cenni sui pesci d^ acqua dolce della Lombardia pag. 81 Nardo — Distribuitone naturale in ordini , famìglie e generi della classe dei c^oofitari .... » 104 Rendiconto delle Sessioni deW Accad. Imp. delle So, di Pietroburgo » 110 Meneghini — Polipi della famiglia dei Tubuliporiani finora osservati neW Adriatico «115 Rendiconto delle Sessioni della Società Agraria della Provincia di Bologna «134 l^UOVI A]^]\ALI "omo SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo III. Marzo 1845.) {TpìnhWtato li 31 Marzo anno suddetto) BOLOGNA TirOGItAFIÀ SASSI KELLE SPADERIE. AVVISO Arrivala la prima Serie degli Annali delle Sciente Naturali al Tomo X., la Società Editrice, che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associali le condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redalo delie opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa: il primo ed il settimo fascicolo d'ogni annata verrà fornito di un frontispizio, ed il sesto e dodicesimo dell'in- dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'alio della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato^ che importerà paoli quindici romani pari ad Hai. lire 8. 06: non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- belia N. 1637, e da tulli gli altri componenti la Società slessa, l'Elenco dei quali si legge nel l.'^ fascicolo. S' inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avvisò in contrario. AGGIUNTE AL DISCORSO SOPRA LA PRODUZIONE DELLE FIAMME NEI VULCAIVI DEL S>Oi©^a 2ia(£)S>©2iS©^_^2iél (1) Lie mie osservazioni circa la prewxTtJne delle fiamme ne' Vulcani , avvegnaché fossero state universalmente con- siderale come un fatto d'importanza nello studio de' fe- nomeni vulcanici , non di meno non hanno trovato da per lutto la medesima accoglienza. Primieraraenle il Bory de S. Vincent si richiamava nell' Accademia delle Scienze di Parigi della priorità di queste osservazioni, alTermando di aver veduto 40 anni prima di me tale fenomeno nel vulcano di Mascareigne nell'isola di Bourbon, e di averlo mentovalo nel suo Voyage mix quatre iles des mers d' Afri- que tom. II. p. 247 e 248 (2). Io non avea conoscenza di tale osservazione allegala dal sig. Bory de S. Vincent : ma piacemi di qui citare il passo della sua opera che ha a quella riguardo, a A dritta delle girandole era un foro un poco M lontano, dal quale sul bel primo io non avea veduto (1) Inserito negli Atti del Congresso di Lucca. Estratto dal Cimento, Fascicolo Settembre -Ottobre 184i. Vedi questi Annali Ser. 2. T. 2. jw^. 379. (2) Compi. Rend. de l' Acad. des Sciences de Paris lom. XYU. n. 17. N. A.NN. Se. NATua. Serie li. Tom. 3. 11 162 SULLE FIAMME NEI VULCANI » uscir nulla, ma durante la oscurità ne spicciavano fuora )> di tempo in tempo, e quasi per accesso, delle fiamme )) azzurrognole, simili a quelle dello spirito di vino; le » quali erano spinte con una certa violenza come quelle )) di una lampada di smaltatore, e producevano .presso a )> poco lo stesso rumore : tali fiamme passeggere eccedevan )> di rado tre piedi di altezza; la loro luce era senza dub- w bio oscurata dallo splendore delle girandole di pietre )) infuocale. Sono queste le sole fiamme ch'io mi abbia » vedute nel cratere , e ci ha ragioni da far credere che )) i Vulcani non ne producano altre, e che ciò che nel- )) V erw^ioni si dimanda fiamme non siano che vapori ar- » denti. » Lascio che i miei lettori giudichino delle con- seguenze che da questo passo si possono tirare: a me pa- re che il dotto Autore appoggi con la sua conclusione quello che io ho affermato nel principio della mia scrittu- ra su la produzione delle fiamme ne' Vulcani, la quale conchiusione distrugge quel poco d' importanza che avreb- be potuto avere la sua osservazione così arida e sterile coni' ella è riferita. Eguale e forse maggior ragione avreb- be avuta il sig. E. de Beaumont di pretendere all'anterio- rità dinanzi indicata; perocché nel suo egregio lavoro sul- l'Etna afferma con parole evidenti di avere osservato delle fiamme in mezzo ad un suolo imbianchito, ch'era appiè del cono sommo di quel Vulcano allorché vi ascese insie me con de Buch , Link ed A. Richard (1); ma il mio il- \ lustre amico conosce bene la differenza che corre tra le r grandi fiamme da me osservate nello spiraglio principale j di un Vulcano in tempo di sua eruzione, e le fiammelle che 1 possono essere prodotte accidentalmente da un gas che scappa dalle fenditure di un cono vulcanico. Del resto io so grado al sig. Bory de S. Vincent di avere additato un (I) Recherches sur le Moni Etna Ch. 11 (Méin. pour servir à une description géologique de la France, tom. VI). DEL PROF. L. PILLA |6S nuovo fatto che fortifica la tesi da me sostenuta nella suc- citata scrittura. Altri Fisici invece sembra che ancora mettano in dub- bio la realtà della mia osservazione, o almeno non se ne mostrano ben persuasi secondo che si potrà dedurre dal seguente passo del sig. Angelot che leggesi nel Biilletino della Società Geologica di Francia. „ Il nostro collega sig. Pilla in una scrittura che ha rimessa di recente al- l'Accademia delle Scienze, assicura che tutte l'esplosioni del Vesuvio sono accompagnale da fiamme (1); ch'ei le ha osservate nella maniera più certa ed in più volte dal 1833 in poi, e la prima volta segnatamente insieme col sig. Ravergie (2). Egli aggiunge di più che Maravigna avea di già nella eruzione del 1819 osservato delle fiam- me su le lave dell' Etna. Il sig. Pilla sembra attribuire queste fiamme all'idrogeno solforalo, e più particolarmen- te al gas idrogeno. E sembragli trovare in ciò , come in fatti si può credere, una prova della scomposizione del- l'acqua del mare ne' fenomeni vulcanici „. „ Quanto a me, continua il detto scrittore, io ho avuto occasione di vedere il 28 Marzo 1835 nel fondo del cratere del Vesuvio dell'esplosioni che comunicavano alla lava mescolala con materie solide de' movimenti analoghi a quelli di un licjuido agitato da forte ebuliizione. Essen- do disceso in parte nell'interno del cratere, e trovandomi in buon punto per vedere i fenomeni che avvenivano nel fondo, io non ho veduto il minimo segno di fiamma. In- tanto come più si avvicinava la notte , il nugolo di vapori (1) /o noM ho detto questo precisamente , ma sivvero che neW energiche azioni di quel Vulcano accade inincipalments idt vederle. (2) La prima volta , che fu la osservazione j)ii\ bella e pia pericolosa, io mi trovava soltanto con la mia guida. Si legga la mia scrittura. 164 SULLE FIAMME NEI VULCANI fiiliginosi che si alzava dal Vulcano rifleltendo la luce delle materie incandescenti, avea la sembianza di fiamme, in modo da produrre la più compinta illusione. Di qui io conchiusi, secondo che infino al Pilla aveano fatto i Fisi- ci e Naturalisti che hanno osservalo dell'eruzioni;, che i vulcani non producono fiamme. Senza dubbio almeno tutte l'esplosioni non sono da questo fenomeno accompagnate, poiché ecco appunto un caso di eccezione. Il sig. Pilla , gli è vero, sembra ammetterne per le piccole esplosioni del Vesuvio (1). Io non posso già dire che quelle le quali ho vedute sieno le più intense che possa produrre il vulcano, ma elle erano assai energiche (2). Non si comprende d'al- tra parte perchè le piccole differirebbero dalle grandi^ quanto all'infiammazione de' gas (3). Del resto quanto a me non posso qui citare che fatti negativi, ed il sig. Pilla annunzia ricisamenle di aver veduto nel Vesuvio, nel mo- do il meno equivoco e replicate volte, delle fiamme, delle quali egli dà una descrizione assai precisa. La sua asser- tiva merita una grande attenzione, e dovrò dire ancora (1) Certamente, ma quando sono accompagnate da enèr- giche emissioni gassose , e da una temperie sufficiente ad ac- cendere il gas infiammabile. (2) Dal mio Giornale di osservazioni de' fenomeni del Vesuvio rilevo , che nel tempo di che parla V Àngelot le azio- ni del Vulcano erano debolissime : s' ei le considerava come energiche , ciò era perchè gli accadeva di osservarle per la prima volta , e non avea idea di quelle che veramente merita- no di essere chiamate con tal nome. (3) La ragione né facile : perchè le piccole esplosioni non sono sempre accompagnate da grande svolgimento di gas in- fiammabile , e sopratuUo perchè la loro temperie non aggiun- ge al grado necessario per infiammare il gas che spiccia ', ov- vero finalmente perchè questo è mescolato a molto vapore aC' quoso che ne impedisce l' accensione. DEL PROF. L. PILLA 165 una grande fiducia. Niilladimeno non si vuole ammetterla senza un esame diligente , per sapere se, malgrado le pre- cauzioni ch'egli ha usato a questo riguardo, non è slato ingannato da qualche illusione ottica; ma non si vuole ri- gettarla leggerraenle. Se io non sono molto corrivo ad ac- coglierla come una verità perfettamente dimostrata, ciò è perchè sone animato sopralutlo dal desiderio di non am- mettere che fatti certi per base della mia ipotesi; perchè i fatti annunziali dal sig. Pilla, e la spiegazione ch'ei dà di essi, vengono ad appoggiare potenteraenle l'ipotesi del- l'intervenlo dell'acqua del mare nella causa de' fenomeni vulcanici (1) ,,. Dal passo dinanzi cilalo_, e da altri argomenti che mi risparmio di qui recare in mezzo, io ho potulo dedurre che molli ancora dubitano del fallo delle fiamme da me osservalo nel Vesuvio, e temono specialmente che io non sia sialo tratto in errore come tanti altri da una illusio- ne ottica. Ma in verità io riposo tranquillamente sopra la certezza della mia osservazione, come potrei essere sicu- ro di distinguere in una camera buia la fiamma di una candela dalla luce di un ferro infuocalo. Che se molli Fi- sici e Naturalisti hanno creduto di veder fiamme nell'e- splosioni de' Vulcani là dove altro non era che un raggia- menlo luminoso prodotto dalle pietre infuocale, ciò è av- venuto perchè costoro non hanno recalo un' allenzione par- ticolare a tal fenomeno , non conoscendo le importanti conseguenze che se ne possono dedurre, o per dir meglio la scienza delle azioni chimiche non essendo giunta an- cora al segno da chiarire dello fenomeno. Ma io, che pure qualche piccolo studio ho fallo de' fenomeni vulcanici, e posteriormente alle scoperte chimiche di Davy,Gay Lussac e (1) Quatrième note sur Vintervenlion des eaux de la mer dans Ics jìfivnomènes volcaniques (Bull, de la Soc. Géol. de France tom. 1. della II. serie pag. 23). 166 SULLE FIAMME NEI VULCANI Berzelius, sonomi con particolar cura applicato ad osser- vare se le azioni vulcaniche erano veramente o pur no da produzione di fiamme accompagnate, ed ho avuto la sor- te di vedere, all'incontro di quello che generalmente si credea, che tale fenomeno vi succede manifestamente, ed ho altresì fatto conoscere le ragioni perchè fin qui le fiam- me non sono state da altri osservate, e quindi sono state dall'universale negate. Quanto poi al caso possibile che io abbia scambiato un riverbero luminoso di corpi infuo- cati con una vera manifestazione di fiamme, non vo' qui parlarne più innanzi , perchè parrai che anche una per- sona straniera alla scienza, laddove rechi sopra ciò la attenzione^ possa far bene tale distinzione. Quindi rimet- tendo all' avvenire la conferma di questa mia osservazio- ne, la quale può chiarire non pure la causa de' feno- meni Vulcanici ma eziandio molte altre quistioni generali di geologia, piacerai di dire in questo luogo che un fisi- co distinto, il sig. Forbes di Edimburgo, mi ha assicurato di aver riconosciuta la realtà di questa mia osservazione in una visita recente fatta al Vesuvio, nella quale fu spet- tatore dell'esplosioni del cratere di quel vulcano, e delle fiamme che le accompagnavano. Ora attendendo che altri vengano ovvero a confermare, ovvero a smentire il fatto da me annunziato, non sarà fuor di proposito che io faccia conoscere a' lettori di que- sto Giornale alcune considerazioni del prelodato Angelot, le quali sono molto acconce per appoggiare uno degli ar- gomenti teoretici da me sostenuti nella mia scrittura, cioè l'intervento dell'acqua del mare nella produzione delle fiararae e quindi di tutl' i fenomeni vulcanici. Io ho cer- cato in quella scrittura di far conoscere le principali dif- ficoltà che sono state prodotte come argoraenti contrari alla ipotesi dell'intervento anzidetto, ed ho altresì addi- tate le ragioni che possono scemare a quelle opposizioni il valore ed altresì distruggerle. Ma il sig. Angelot è andato DEL PROF. L. PILLA 167 più innanzi di me su questo proposito, perocché coli' aiuto di certi calcoli fisici non già sottili, ma moventi da termi- ni assai ragionevoli , ha felicemente confutate le ragioni principali contrarie all'ammissione di quel fatto, e lo ha renduto perciò moltissimo verisimile. E siccome l' argomen- to di che si tratta è cardinale nella ipotesi da me sostenuta, però stimo di far cosa utile traducendo in questo luogo le giudiziose osservazioni critiche del mio collega. ,, La porzione del globo non bagnata dalle acque ci presenta , sia temporaneamente nella occasione de' tremuo- ti, sia durevolmente coir orifizio delle sorgenti termali, sia infine co' condotti de' vulcani medesimi , ci presenta, dico, de' canali, delle fenditure, le quali per via dello stesso svolgimento di vapori eh' esalano , ci attestano la loro co- municazione coir interno del globo, di cui sono in qual- che modo specie di spiragli. I numerosi filoni metallici , i quali altra cosa non sono che fessure di questa sorte riem- pite da subblimazioni, ci rendono fede ancora delle frequenti comunicazioni che si sono stabilite in differenti epoche e mantenute aperte più o meno lungo tempo tra l'este- riore e l'interiore del globo; e ciò è avvenuto in moltis- simi punti ed in tutte le parti del suolo non inondato. Questo suolo non forma che la quarta parte circa della superficie del globo. Il numero delle aperture delle crepac- ce 0 de' fori che vi si trovano è assai notevole^ ora, non saprebbe vedersi la ragione perchè non ci abbiano ad essere di consimili aperture nelle altre tre quarte parli del globo che sono bagnate dalle acque. Egli è dunque assai verisimile che nel suolo somraarino ci sieno di que- ste aperture. „ Ciò posto, esaminiamo quello deve seguire nel caso di sopra indicato. Ammettiamo innanzi tutto , ciò che mol- to probabile è, che la corteccia terrestre secca e la inon- data hanno presso a poco la medesima spessezza. La tem- perie del fondo dell'Oceano, secondo che risulta da nu- |b$ SULLE FIAMME NEI VULCANI mcrose sperienze falle con la sonda, è di circa + 2,5 cent. Si ritiene generalmenle che per fondere la più gran parie delle rocce vnlcaniche, abbisogna una temperie almeno di 1200" a 1500''. Prendiamo per accrescimento medio della temperie del suolo sommarino a misura che si va in basso, 1 grado per 32 metri, secondo che è stato osservato per rispetto al suolo di Parigi;, e supponiamo, ciò eh' è ancora molto esagerato, che questo accrescimen- to continui con la medesima progressione infino alla pro- fondità, alla quale incontrasi la temperie di 1500°. Po- nendo quindi, per aver numeri rotondi, un accrescimento medio di 3*^ per 100 metri di profondità , avremo per ispessezza approssimativa della corteccia solida del globo circa 5 miriamelri. Noi possiamo situare l'origine di que- st'apertura nelle parti le più profonde dell'Oceano; ma per fermare un esempio di calcolo, senza esagerazione della profondità, supponiamola a 2000 metri al di sotto della superficie del mare, la quale profondità è slata pu- re sorpassata da molte osservazioni di sonde. Una colonna di acqua di mare di 10 metri di altezza rappresenta pres- so a poco la pressione di un'atmosfera, quindi 2000 me- tri ci danno una pressione di 200 atmosfere. Questa pres- sione produrrà la forza con la quale l' acqua si precipiterà nell'apertura per cadere su la massa liquida incandescen- te. La colonna di acqua discendente, presa dalla sua ori- gine fino al grande focolaio centrale sarà eguale in al- tezza alla spessezza della corteccia terrestre, ossia avrà 5 miriamelri di altezza , e produrrà una pressione di 5000 atmosfere , che vuoisi aggiungere alla pressione di 200 at- mosfere date dalla profondità del mare, essendo la temperie supposta a O'', e la pressione di 0™ ,76. Ora, combiniamo questi diversi casi con le conoscenze che abbiamo circa la forza elastica del vapore acquoso. Nel gran lavoro che Biot comunicò all'Accademia delle scienze nel mese di Gennajo 1841 , egli afferma , che dalla riunione delle DEL PROF. l. PILLA 169 speiionze fatte da Arago e Diilong, da Taylor e Gay Lns- sac sopra la forza elastica del vapore acquoso, si può dedurre per le leggi di questa forza una formola genera- le, la quale le rappresenta con forme paraboliche io una maniera al tutto conforme alle osservazioni , e cli'ei risul- la dalla espressione di questa forza stessa ch'ella tende per gradi verso un termine massimo , il quale non raggiun- gerebbe se non ad una temperie infinita,, e che allora si eleverebbe a circa 1200 atmosfere. „ Noi siamo ben lungi, nella ipotesi posta, di avere una temperie infinita;, poiché abbiamo soltanto quella di 1500°; ma poniamo pure, se così piace, il massimo grado della forza elastica del vapore, si avrà sempre luti' al più una potenza di 1200 atmosfere. Ora, secondo che noi abbiamo veduto dianzi , l' acqua ci dà alla base della colonna una pressione anche molto superiore. Sembra dunque impossi- bile ch'ella convertir si possa in vapore, ed avvegnaché quivi sia in comunicazione con la superficie del globo, pure la troviamo mantenuta allo stalo liquido in contatto di rocce liquefatte dal calore (I). ,, Ma siccome dalla temperie di 100" in sopra la for- za elastica del vapore cresce con una grandissima rapidità per ciascun grado di aumento di temperie, si può dubitare che la colonna d' acqua riscaldata dalle pareti del canale che la contiene^ possa acquistare ad una certa distanza dalla sua origine una forza elastica superiore alla pressione sostenuta in quella parte, e quindi possa ridursi in va- pore. Ora si trova che ad un miriametro circa di pro- (I) Lunatura ci presenta tm esempio notevole dell'acqua mantenuta allo stato liquido ad una temperie assai superiore a 100 '. E. Robert ha trovato che nel bacino del grande Gey ser d' Islanda alla profondità di circa 50 piedi la temperie dell' acqua era a -¥■ 124*^ cent, per effetto della pressione degli strali liquidi superiori aggiunta a quella dell' atmosfera. 170 SULLE FIAMME NEI VULCANI fondila la temperie del suolo dev'essere di 300.° A que- sta profondità la colonna di acqua dà una pressione di 1000 atmosfere circa, alla quale conviene aggiungere, co- me si è detto di sopra , 200 atmosfere per la profondità del mare, o una somma di 1200 atmosfere. La qual pressione è eguale al maximum della forza elastica del va- pore nelle più alte temperie; e, secondo le tavole calco- late da Biot a norma della sua formola, la forza elastica del vapore acquoso a 300° è solamente di 85 atmosfere. Dunque ne seguita che la colonna deve restare interamen- te liquida in tutta la sua lunghezza. „ Nel calcolare la pressione prodotta dalla colonna d'acqua, non si è tenuto conto né della dilatazione del- l'acqua allo stato liquido, né della sua compressibilità. La dilatazione dell'acqua da 0° a 100° è di 1/23 del suo vo- lume a 0° per l' acqua distillata , e di 1/20 per l' acqua satura di sai marino. Servendoci , per difetto di conoscen- za di altri numeri di tal sorte , di quest' ultimo coefficiente per applicarlo quadruplicandolo a tutta una colonna di a- cqua di mare di 10,000 metri di altezza, riscaldata di 300° a 400°, comeché in realtà le diverse parli di questa colonna sieno inegualmente riscaldate , e la loro temperie decresca fino a 2°,5 andando di basso in alto ,- si troverà eh' essa dev'essere allungata di 1/5 per dare una pressione di 1000 atmosfere. Alla profondità di 12^000 metri la temperie è di circa 360°. Le tavole di Biot non indicano la forza elastica del vapore a questa temperie ; ma siccome a 300° ella non è ancora che di 85 atmosfere, non si può, per una diffe- renza di 60° di temperie, aumentarla di più di un centinaio di atmosfere esagerando molto i suoi accrescimenti. Egli è dunque certo che l'acqua resterebbe liquida in tutta la lunghezza della colonna. Forse bisognerebbe calcolare la dilatazione dell'acqua liquida con un coefficiente più pre- sto crescente di quel che noi abbiamo fatto : ma in ogni caso non potrebbe far discendere assai di più la profon- DEL PROF. L. PILLA 171 (liià io cui la colonna di acqua darebbe una pressione di 1,200 atmosfere. D'altra parte egli è probabile che la dilatazione dell' acqua liquida ha un limite come la forza elastica del suo vapore. Ancora non si è tenuto conto della compressibilità dell'acqua, la quale equilibrar po- trebbe un poco la sua dilatabilità. Nelle sperienze fatte fi- nora, le quali non oltrepassano i limiti di 23 atmosfere, la compressibilità è restata proporzionale alla pressione, e si è trovata soltanto di 0,000045 del volume per ogni atmosfera. La quale piccola quantità non farebbe che lie- vissimo ostacolo alla dilatazione. Ma si può credere che l'acqua assai dilatata dal calore è capace di un più alto grado di compressione: perocché nella macchina di Papia si porta l'acqua ad una temperie assai elevata, senza te- ner conto di altro che della forza elastica del vapore. Con- verrebbe supporre nella macchina nna resistenza assai più grande di quella che ha per resistere alla dilatazione del- l'acqua, se questa prendesse un accrescimento di volume enorme di 100" a 5 o 600", e che la pressione di un'atmo- sfera non la riducesse allora che di 0^000045. In conclusione, e non ostante che impossibile sia di calcolare con gran precisione tutti gli elementi, risulta sempre dalle cose det- te di sopra la certezza che la colonna di acqua rimane liquida in tutta la sua lunghezza, e perciò la probabile conseguenza che alla sua base la pressione è di molte mi- gliaia di atmosfere. ,, L'effetto della enorme pressione di questa colonna di acqua esser debbe quello di abbassare alla sua base il livello delle materie minerali liquide, quantunque elle fos- sero più dense, di comprimerle^ ed iniettarvi l'acqua così come farebbe una tromba comprimente un corpo fluido, sia liquido sia gassoso, in una massa liquida più densa. E si comprende che da questa potente pressione, aiutala da altissime temperie , possono risultare nuove dissoluzioni dell'acqua, anche liquida, ne' minerali liquefatti; onde i72 SULLE FIAMME NEI VULCANI vedesi entrare come elemento di composizione di un gran numero di rocce ignee nella stessa fucina in cui sono pro- dotte (J). Inoltre l'acqua arrivando sempre con una gran ra- pidità e non potendo risalire per l'orifizio dal quale discen- de, deve tendere , per effetto della sua gravità specifica meno grande, ad elevarsi alla superficie delle materie liquide. Ora nell'orifizio inferiore de' vulcani terrestri e nelle grandi ca- vità che possono trovarsi alla parte inferiore della cortec- cia del globo, il livello delle materie fuse dev'essere più alto che all'estremità inferiore del canale onde l'acqua è penetrata , perchè il mare è situato nelle parti basse della corteccia del globo. Adunque l'acqua introdotta deve cac- (1) Questa energica pressione dell' acqua nelle viscere del Globo, ed il suo allo grado di tem^ìerie , ci possono ancora render felicissima ragione della origine delle zeolili , ovvero de' minerali composti di silicati idrati a varie basi che si trovano nelle cellette degli antichi prodotti del fuoco. Tali sono gli analcimi , le stilbiti, i mesotipi, le cubaste, le gis- mondine e gli altri numerosi minerali di questa sorte. I quali sembrano differire per ciò dagli altri composti di silicati ani- dri , come sono il pirosseno , V anfibolo ,' il peridoto , il di- steno ec. , che questi sono stati prodotti unicamente per fu- sione ignea così come si genera il vetro , e gli altri per azio- ne di una elevatissima temperie accompagnata dal vapore ac- quoso. Ed io ravviso una prova manifestissima di ciò nelle zeoliti del Vesuvio , le quali non si trovano giammai nelle cel- lette delle lave corse alla superficie del suolo , ma sempre nelle cavernosità delle lave erratiche. Le quali essendo state riget- tate dall'esplosioni del vulcano dimostrano che la loro giaci- tura in posto esser dovea nelle parti profonde del focolaio vulcanico , in que' luoghi appunto dove la potente pressione del vapore acquoso sostenuta da un" alta temperie , era capace di produrre specie di fusioni e dissoluzioni al medesimo tempo. DEL PROF. L. PILLA 173 ciarsi verso quefìle cavila , in questi spiragli , risalendo così dalla estremità inferiore delle fessure sommarine ai vulca- ni terrestri. Noi abbiamo supposta nel mare una profondi- tà di 2,000 metri al di sopra della fessura ; dunque la dif- ferenza di livello delle materie minerali liquefatte tra i di- versi punti di che parliamo dev'essere presso a poco la stessa , per effetto della eguaglianza di spessezza supposta nella corteccia terrestre, sia inondata sia secca. Prenden- do la densità de' basalti e delia maggior parte delle lave allo stato solido, come densità media di questo strato di rocce liquide, cioè 3, il quale numero è innanzi alto cìie no, si trova che detto strato di 2,000 metri dà una pres- sione di 600 atmosfere circa. L'acqua dunque alzandosi gradatamente in questo strato, deve passare rapidamente allo stato gassoso sì tosto come arriva ad un punto in cui la sua forza elastica è superiore alla pressione che sopporta, e ciò forse avviene nell'istante del suo arrivo alla base della fessura per la quale si è introdotta. Allo- ra questi vapori svolgendosi con tanta maggior tensione quanto più sono stali compressi, produr debbono nella massa grandi agitazioni , grandi fluttuazioni, e debbono al- tresì cercare un ricettacolo o una uscita qualunque, e però s'innalzano con maggior libertà lungo la corteccia del globo nelle grandi cavità inferiori e ne' serbatoi de' vul- cani terrestri. Essi debbono produrre esattamente in tali punti le detonazioni e gli effetti che abbiamo attribuiti ai gas supposti disciolti dalla origine nelle materie liquide. Forse ancora il loro passaggio rapido ed in masse immense sotto certe parti meno resistenti della corteccia solida , è la cagione di que' movimenti ondulatori del suolo, di qua' tremuoti violenti che imi)rimono a quelle parti delle scosse di basso in alto, facendo talvolta sentire uno strano rumore, e producendo alla superfìcie del suolo screpoli e fenditure, le quali tramandano sostanze gassose. Si comprende di leg- gieri dall'accumulo di questi vapori nelle grandi cavità 174 SULLE FIAMME NEI VULCANI sotterranee, poter derivare la rottura delle parti meno resistenti, l'apertura di bocche vulcaniche, e forse anco- ra la formazione de' cralleri di sollevamento. Ne' focolai poi de' vulcani già formati debbono eccitare una grande effervescenza, una tumefazione delle materie liquide, che innalzano nel condotto del Vulcano e lanciano in alto ; pe- rocché la colonna di materia cosi rigettala deve avere, infino allo sgorgo de' vapori dall'orificio del Vulcano, una densità di gran lunga minore delle lave liquide, per ef- fetto del suo mescuglio con questa gran quantità di va- pore e della espansione crescente di questo. La figura se- guente con le lettere di spiegazione farà meglio compren- dere il processo di tale fenomeno. «a a— Corteccia solida del globo tanto emersa che immersa. b — Acqua del mare. e — Fessura soramarina più o meno stretta , per la quale _ le acque del mare discendono nell' interno del globo. DEL PROF. L. PILLA 175 d — Estremità inferiore della fessura dove l'acqua è in contatto con le materie liquide infuocate, e gè _ Serbatoio delle materie infuocate liquide o gassose. f — Spiraglio di un Vulcano terrestre. gg — Livello normale delle lave liquide in detto spiraglio quando l' arrivo di vapori d' acqua non viene ad ec- citare il bollimento. h — Orifizio di un Vulcano terrestre^ per il quale scappa il vapore prodotto dall' acqua introdotta al punto d. „ Pertanto ei non è necessario di supporre che ciascuno dei 4 0 500 vulcani che conosciamo in attività, abbia una fessura o un ordine particolare di fessure, nelle qua- li l'acqua del mare si verserebbe per rispetto ad esso so- lo. Dalla quale supposizione risultar dovrebbe che in cia- scun vulcano l'eruzioni dovrebbero essere continue; ciò che sicuramente non accade. Ma. basta di supporre una sola fessura per un certo numero di Vulcani, forse anche a rigore una sola per tutl'i vulcani. Le perturbazioni, le fluttuazioni che i vapori stessi producono col loro svolgi- mento nel serbatoio generale delle materie liquide, le ir- regolarità e le ineguaglianze interne della corteccia soli- da, debbono porre ostacoli perchè 1 vapori formati segua- no sempre lo slesso cammino in una stessa direzione, ov- vero seguano direzioni diverse con una continuità ed ab- bondanza sempre eguali per ciascuna. Onde avviene che i vapori derivanti da una medesima fessura sommarina possono recarsi senza regolarità ora verso un Vulcano ora verso un altro , o parte verso gli uni , parte verso gli al- tri, senza nessuna costanza nella copia relativa della di- stribuzione, e spesso percorrendo di grandi spazi per giun- gere a trovare una uscita. ,, Esaminando gli effetti del calore sulla colonna d'acqua discendente per la fessura sommarina^ se noi non abbia- mo tenuto conto de' movimenti relativi che debbono se- guire ira le molecole dell'acqua nell'interno di questa 176 SULLE FIAMME NEI VULCANI Slessa colonna, per efFelto del riscaldamento sempre più grande di ciascuna porzione di quesla vena, per rispetto alla porzione che ad essa è soprapposta, ciò è perchè ci sembra che 1' andamento generale discendente della colon- na intera dev'essere molto più rapido che l'ascensione relativa delle molecole d'acqua inferiore più riscaldata, le quali debbono disporsi tra loro nell'ordine di densità che ad esse assegnano le temperie differenti. Ma se, per effetto di qualche circostanza accidentale, l'orifìzio supe- riore della fessura viene ad essere ostrutto, allora la co- lonna rotta cessa di discendere, perchè la sua pressione non è più sufficiente a spingere l'acqua nell'interno del globo, ed allora eziandio succede il cammino ascendente delle molecole di acqua più calda. La colonna si riscalda prontamente in tutta la sua altezza ;, e bentosto deve nella sua parte superiore produrre una gran quantità di vapo- ri, e con energica forza elastica. In tal caso può esservi, per effetto di questa espansione, lanciamento di materie solide in pezzi più o meno grossi, e se i vapori non sono tutti condensati ed assorbiti per effetto dello scroscio che deve avvenire nel loro contatto cogli strali di acqua fred- da del fondo del mare , può esservi per più o meno lungo tempo emissione di vapori alla superficie del mare. Ma ci sembra che questo accidente non possa produrre un vero vulcano sommarino con lave e scorie. L'introduzione del- l'acqua che si evapora succedendo dall'alto, non può per tal via spingere e lanciar fuora le lave liquide più dense di essa, le quali si trovano situate nella parte infe- riore. I Vulcani sommarini conosciuti cacciando fuora lave e scorie, non sono per lo più molto lontani dal continente, né a grandissime profondità nel mare , essi non si trovano ancora molto distanti dai Vulcani terrestri. Quindi non possono essere che ramificazioni di questi ultimi , e si pos- sono considerare come assolutamente prodotti dalle mede- sime cause di eruzione, cioè dall'arrivo nella parte in- DEL PROF. L. PILLA 177 feriore del loro serbatoio, di vapori che vengono da par- ti più basse (1). „ Fin qui le riflessioni critiche del sig. Angelol circa la penetrazione dell'acqua del mare ne' focolai de' Vulcani. \ me sembra che il dotto autore abbia esaminato questo argomento con tutte quelle buone ragioni che possono ren- derlo ammissibile ancora dagli spiriti severi ; ed in questa parte io mi penso esser lui andato più innanzi di ogni al- tro che ha trattato lo stesso soggetto. Almeno in tutto il tempo che ho studiato i fenomeni de' Vulcani delle Sicilie, le osservazioni di tali fenomeni negli orifizi esteriori vul- canici mi hanno sempre dato idea che nel focolaio interno terrestre le cose debbano succedere presso a poco nel mo- do indicato dal sig. Angelot. Quindi sono meravigliato com'egli possa ancor serbar qualche dubbio sopra la pro- duzione delle fiamme da me osservate nel Vesuvio. Le quali pongono un vero suggello alle idee da lui felicemente soste- nute. Ma le mie osservazioni , se non m'inganno , sono anco- ra più importanti , in quanto che elle si possono considerare come la prova più dimostrativa che 1' acqua del mare dà origine a' fenomeni vulcanici in principal modo con la sua scomposizione, cioè fissando l'ossigeno nelle materie che hanno una grande affinità per questo gas , la quale affinila non è soddisfatta, e svolgendo il gas idrogeno sia semplice sia combinato con altre sostanze , il quale gas è la causa delle fiamme ne' Vulcani. E termino questa mia nota ri- tornando sopra ciò che nella mia succitata scrittura ho af- fermato, cioè che se le fiamme non sono state fin qui da altri osservale, ciò deve attribuirsi a diverse ragioni, del- le quali principalissime sono, le grandi difficoltà di potersi riguardare da vicino l' energiche esplosioni vulcaniche , pe- (1) Sur les causes iles emanations gazeuses provenani de Vintérieur du fjlobc (Bull, de la Soc. Gcol. de Fraucc lom. Xlll. pag. 186). N. Anm. Se. NATtu. SiiKiE II. Tom. 3. 12 178 SULLE FIAMME NEI VULC. DEL PROF. t. PILLA rocche , quando queste son vedule lungi dalla bocca in azio- ne, le fiamme o sono nascoste dalle pareli di scorie onde le delle bocche si cingono, ovvero nelT innalzarsi spari- scono in mezzo al fumo ed ai galli delle pielre. E nel- l'aver superale queste difficollà è il principal nierilo delle mie osservazioni, se pure alcuno ne possono avere. Così l'acqua ed il fuoco, questi due elementi contra- ri, sono la cagione de' fenomeni vulcaniti presenti, a quel modo che sono stali le cause di luiie le vicende pas- sale del nostro globo. Nel quale ammirabile artifizio è da vedere, secondo mio avviso, uno di quegli effetti di dua- lismo antagonistico eh' è la molla segreta e potentissima di tutt'i fenomeni dell'Universo. Prof. L. Pilla. RENDICONTO DELLE SESSIONI DELl' ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'istituto DI BOLOGNA Anno sedicesimo dalla sua restaurazione 1844-1846. PROFESSORE SILVESTRO GHERARDI 1. Sessione Ordinaria- 7 Novembre 1844. »5i partecipa all'Accademia l'autorizzazione ottenuta dal Superiore Governo per l'aggregazione alla classe dei Corrispondenti italiani dei seguenti Soggetti, eletti con mol- li altri nella Sessione delli 30 p. p. giugno. Signori Majocclii Dott. Alessandro residente in Milano. Rusconi Dott. Mauro. Pavia. Bizio Prof. Bartolomeo. Venezia Meneghini Prof. Giuseppe. Padova. Caddi Prof. Paolo. Modena. Fusinieri Dott. Ambrogio. Vicenza. Folciti Cav. Luigi Ingegnere Architetto. Roma. Il Segretario comunica ancora il contenuto nelle se- guenti Lettere ricevute durante le ferie estive. Del Sig. Prof. Bartolomeo Bizio suddetto, in data di 180 RENDICONTO ACCADEMICO Venezia 4 Settembre p. p. nella quale ringrazia l'Accade- mia per la sua aggregazione fra i Corrispondenti. Del Sig. Prof. Giuseppe Meneghini sudd. in data di Padova delli 6 Settembre, per lo stesso oggetto. Del Sig. Dott. Mauro Rusconi, da Pavia li 10 Settem- bre, nella quale accusa egli pure il ricevimento del Di- ploma di corrispondente e ne ringrazia l' Accademia. Anche gli Eminentissimi Signori Cardinali Bernetli e Mezzofanti partecipano, con venerato dispaccio in data di Roma, d' aver ricevuto il VI Volume dei Nuovi Commentari , che r Accademia ebbe l'onore di loro offerire all' atto della pubblicazione, e degnansi di manifestare il pieno loro aggradimento. Il Sig. Dott. Giacomo Grandi , nominato Alunno del- l'Accademia nella seduta delli 9 p. p. giugno, ringrazia dell'onore compartitogli. Il Segretario della R. Accademia delle Scienze di Brusselles Sig. A. Quetelet, con Lettera del 31 p. p. Ot- tobre , accusa il ricevimento dei cinque primi tomi dei Com- mentari ; dei Fascicoli del Rendiconto delle Sessioni fino a tutto l'anno Accademico 1841 al 1842, e della Colle- zione compieta delle Opere del Galvani. Viene esposto sul banco dell'Accademia il seguente catalogo di libri inviati in dono dai rispettivi loro Autori, 0 da Corpi Scientifici. 1. Larber Dott. Giovanni Medico municipale di Bassano ■. — Monografia della Segale speronata. Bassano 1844 in 8." di pag. 84 con tavola. 2. Società editrice — Nuovi Annali delle Scienze Naturali 2.'' Serie. Febbrajo all' Ottobre 1844. 3. Società Medico-Chirurgica di Bologna. Bullettino delle Scienze Mediche. Maggio al Settembre 1844. 4. Griraelli Prof. Geminiano — Metodo originale italiano di Elettro doratura. Modena 1844. in ottavo. DEL PSOF. a. AIESSANDRINI 181 5. Accademia R. delle Scienze di Brusselles — Bulletìn des Sèances. Tom. X. N. 9 al 12. Bruss. 1843. in 8.**. Tomo XI. N. 1 e 2. ivi 1844. 6. Della stessa — Annuaire de V Academìe ec. . . . Brux.' 1844. in sedicesimo. 7. Accademia R. delle Scienze di Torino — Memorie del- l'Accademia ec. Tomo V. Torino 1843 in 4. 8. Leroy-d'Etiolles — Justification d'une dèmarche qui n" en a pas besoìn. in 8.° di pag. Vili e ijO senza data. 9. Dello stesso — Elude hìstorique de la Lithotritie. 10. Jan Kops en J. E. van der Trappen — Flora Baiava. Amsterdam, Fascicolo 131. Contiene le seguenti tavo- le colla descrizione delle specie figurate. Tav. 666. Viola Stagnina Kitaibel — 667. Fritillana meleagris. 668. Lathyrus Sylvestris — 669. Polylrìchura aloides, Dill. — 670. Morchella esculenta, Persoon. Fascic. 132. Tavole 671 Galium boreale — 672. Gera- nium Lucidum — 673. Achillea nobilis — 674. Grim- mia pulvinala, L.m — 675. Grimmia Apocarpa, Hedu. 11. Galvani Dott. Domenico — Necessità di introdurre nella Comune di Jesi la specie denominata Porco Anglo- Cinese. Bologna 1844. in 8. 12. Orti Manara Nobile Conte Giovanni — II Poligrafo Giornale dì Scienze , Lettere ed Arti. 1.° semestre 1844. 13. Società Medico- Chirurgica di Bologna. Memorie, Vo- lume III. Fase. 5. Bologna 1844. in quarto. 14. Fusinieri Dott. Ambrogio — Risposte al Dott. Bartolo- meo Bizio sopra vari pnnti di Meccanica molecolare. Appendice ai bimestri 3. e 4. 1844. degli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto, in quarto di p. 39. 16. Alberi Eugenio — Replica ad un articolo del Prof. Guglielmo Libri (Journal des Savans, Giugno 1844) relativo alla quistinne sui lavori di Galileo e di Renieri intorno i Satelliti di Giove. Firenze 10 Settembre 1844. 16. Selrai Francesco Prof, di Chimica applicata a Reggio — 182 RENDICONTO ACCADEMICO Studi di chimica molecolare. Dagli Annali di Fisica ec' Milano 1844. di pag. 23. 17. Belli Prof- Giuseppe — Riflessioni snlla legge dell'at- trazione molecolare. Dal fase 1 al 4 degli Opuscoli Matematici e Fisici. Milano 1833. in quarto. 18. Dello stesso — Della distribuzione dell'elettrico ne' corpi conduttori. Memoria inserita nel Tom. XXII di quelle della Società Italiana. Modena 1840 in 4,° 19. Società Italiana delle Scienze — Memorie, Tomo XXIII. Parte Fisica. Modena 1844, in quarto. 20. Lombardi Antonio , Segretario e Membro della Società anzidetta — Elogi storici dei Socj defunti Morichini, Brera e Mascagni. Modena 1844. in quarto dal volu- me anz*!letto. 21. Sismonda Doti. Eugenio sudd. — Memoria Geozoologica sugli Echinidi fossili del Contado di Nizza. Torino 1843. in quarto di pag. 71 con tavole. 22. Scortegagna Dott. Francesco Orazio — Notizie sulle ossa fossili degli animali mammiferi rinvenute sepolte nel Monte Zoppega. Vicenza 1844. in quarto di pag. 24 con 4 tavole litografiche. 23. Fusinieri Dott. Ambrogio sudd. -=- Risposta su la ru- giada, su la scomparsa della neve ec. ad articoli del Sig. Macedonio Melloni ed Angelo Bellani. Dagli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto. Bime- stre V e VI. 1844. 24. Meneghini Prof. Giuseppe — Polipi della famiglia dei Tubuliporiani finora osservati nel mediterraneo. Me- moria inserita nel Tomo VI dei Nuovi Saggi dell' I. R. Accademia di Scienze Lettere ed arti di Padova, ivi 1844 in quarto. 25. Barsotti Prof. G. — Discorso sulla Memoria del Sig. A. L. Martino che tratta di due rimarchevoli teoremi. Luca 1844. in ottavo. 26. Antinori Commendatore Vincenzo — Sull'Archivio me- DEL PROF. A. ALESSANDRINI 183 teorologico generale italiano. Firenze 1844. in ottavo." 27. Sani Dott. Francesco — Sopra alcune operazioni di te- nolomia e raiolomia. Roma 1844 in ottavo. 28. Leroy-d'ElioIle — Recueille de Leltres et de Mèmoires. Paris 1844. in ottavo. 29. Flauti Prof. V. — Sulla invenzione geometrica opera postuma di Nicola Fregola, ordinata, compiuta e cor- redata di noie da ec. Napoli 1842 un voi. in ottavo. 30. Pilori Ab. Pietro — Osservazioni in materia de' lavori Galileiani sui satelliti di Giove, seguitate da una let- tera del Cavaliere Fabrizio Ottaviano Mossotti. Bolo- gna 1844 in ottavo. L' Accademico pensionato Prof. Fulvio Gozzi legge una sua Memoria^ che intitola — Seguito della Disserta- zione sopra un metodo di curare direttamente la scrofo- la — (1). Ammesso avendo l'Autore nei diversi suoi scrit- ti su tal proposito pubblicati, che la scrofola appartenga a quelle morbose condizioni che Egli chiama composte a miste, vale a dire che a produrre siffatta malattia vi pos- sa aver parte tanto una generale disposizione, o congenita 0 acquisita, quanto , come pure talvolta avviene, una sem- plice affezione locale, così a togliere, o correggere una tale disposizione debbono pure essere dirette le cure del medico avveduto. E non v' ha dubbio che il modo preci- puo per soddisfare a questa indicazione non debba consi- stere Dell' uso regolare e salubre delle potenze comuDi alla (1) La prima parte di questo lavoro fu letta all' Accade- mia nella Sessione delli 22 Aprile 1830, e resa poscia dal- l'Aul. di pubblico diritto colle stampe nel 1834. Una seconda parte fu letta nella Sessione delli 24 No- vembre 1842 ed è inserita nel quaderno di Ottobre 1844 di questi Annali. Tomo IL Serie 2.^ pcg. 241. 184 RENDICONTO ACCADEMICO vita, vale a dire dell'aria atmosferica, degli alimenti e bevande, del moto e della quiete, in una parola di tutti i mezzi igienici con saviezza e costanza adattati all'uopo. Affermasi anzi, dice egli, che si otterrebbe l'intento d'im- pedire lo sviluppo della scrofola qualvolta si potessero col- locare sin dalla nascita i fanciulli sotto influenze contrarie a quelle che producono, mantengono, o accrescono una così funesta complessione. Quindi ogni cura in tal caso riferire si deve all'educazione fisica e morale della gioven- tù seguendo dei principi diversi da quelli , che nel mag- gior numero dei casi almeno, regolano l' attuale educazio- ne massime nelle grandi e popolate città, dove suolsi nella prima età di troppo arricchire il morale a detrimento della fisica costituzione. E sarebbe pure ottima cosa che si ri- stabilissero quelle istituzioni ginnastiche, od altrettali, che cotanto valsero un tempo ad allontanare l'ozio e la mol- lezza , ed a rendere gli uomini sani , vigorosi e veramente utili a se medesimi ed alla patria. Abbenchè la scrofola non consista nella sola gonfiezza e tubercolizzazione degli esterni gangli linfatici: tuttavia ho fiducia d'aver provato in altro mio scritto, dice sempre l'Aut. , — Sopra un metodo dì cubare direttamente le scrofole — (Nuovi Annali 1. e.) la necessità di estirparli e distruggerli col mezzo dei caustici secondo certe regole ed avvertenze, affine di impedire che il male non progre- disca in modo da farsi grave e pericoloso. L'osservazione e l'esperienza mi hanno mostrato, che quand'anche l'in- fermo offra uno stato mollo grave, e tale che tutto l'or- ganismo apparisca d'essere ammalato, ciò nulla ostante la gravezza ed il pericolo cessarono con prontezza mira- bile, tostochè i caustici ebbero agito quanto basta sui tumori strumosi , e fino ad ottenere così anche la compiuta guarigione : lo che prova ad evidenza , che il morbo era locale anziché universale, malgrado le apparenze in con- trario. Tuttavia è pur necessario talvolta combattere con DEL PROF. A. ALESSANDRIM 185 opportuni rimedi la maialila già divenuta universale, e ciascuno sa quanto estesa sia la serie dei rimedi suggeriti per domare così terribile e pericoloso morbo. E qui l'Au- tore riporta delle pratiche osservazioni colle quali dimostra l'utilità in tal caso di alcuni preparali d' oro esternamente, cioè perfrizione, applicati , trovandoli tanto più utili in que- sta guisa adoperati in quanto che il rimedio per passare dall'esterno all'interno e trasfondersi nel torrente stesso del- la circolazione deve percorrere quei vasi , ed attraversare quei plessi nei quali appunto si stabilisce e porla i maggiori guasti il morbo scrofoloso. È singolare a tal proposilo la guarigione avvenuta sotto un tal metodo in certa Signora Clorinda Zambonini , che fino dall'infanzia fu travagliata da tumori strumosi al col- lo, che durarono e si moltiplicarono col crescere degli anni, e pervenuta al 16.""' fu di più sorpresa da grave ed ostinata oftalmia in ambi gli occhi, ribelle all'ordinario metodo aniiflogistico , come resistettero poi anche più osti- nati all'uso interno dei più validi antiscrofolosi i tumori al collo. Chiamato dopo questi inutili tentativi il Gozzi prescrisse l'ossido d'oro per lo stagno (slannalo d'oro) alla dose di mezzo grano con amido, da usarsi per frizio- ne sulle gengive prima di coricarsi : la qual dose aumentò poco per volta fino ai due grani per giorno. Ottenuto con questo metodo notabile vantaggio credette di potere sosti- tuire all'anzidetta preparazione il protocloruro d'oro e di soda come molto più efficace, incominciando da un quat- tordicesimo di grano, e con molta cautela arrivando ad un decimo quollidianamente. Questa cura si proseguì per quindici mesi con mirabile costanza ed esattezza dell'in- ferma, sospendendo di tanto in tanto il rimedio secondo gli effetti , i quali si ridussero a sndori notturni più o meno profusi, a qualche leggiero accesso febbrile, ed a lievi irritazioni alla bocca, ottenendosi così la completa guari- gione. 186 RENDICONTO ACCADEMICO Avverte in ultimo l'Accademico^ che le malattie le quali aggravano lo slato scrofoloso, e che debbono consi- derarsi come complicazioni, non hanno d'ordinario colla scrofola nessuna relazione di carattere e di origine: sono esse in grandissimo numero , e più frequentemente si notano la sifilide j lo scorbuto e le erpeti. Trattandosi di scrofola complicata bisogna naturalmente accoppiare al metodo cu- rativo antiscrofoloso quei rimedi che si confanno alla ma- lattia costituente la data complicazione , preferendo quel- li, che ponno servire ad ambedue le complicazioni. 2. Sessione. H Novembre 1844. Il Segretario partecipa lettera del Sig. Doli. Paolo Caddi Professore di Anatomia Umana nella R. Università di Modena, nella quale rende grazie all'Accademia per la recente sua aggregazione fra i Corrispondenti. Offre ancora al Consesso i seguenti libri venuti in dono. Frati Dott. Luigi - Di un insigne raccolta di majoli- che dipinte delle fabbriche di Pesan), e della Provincia Melaurense, premessovi un sunto storico dell'arte cerami- ca. Bologna 1844. in ottavo di pag. 104 con tavola. Panizza Prof Cav. Bartolomeo - Lettera al Prof. Ales- sandrini sul rapporto tra i vasi linfatici e sanguigni nei rettili. Milano 1844. in ottavo di pag. 32 con tavola. Società R. di Londra - Astronomìcal .... Osserva- zioni astronomiche fatte nell' Osservatorio R, di Greenwich nel 1842 sotto la direzione dell' Astronomo R. Giorgio Biddell Airy, e pubblicale per ordine di S. Maestà dai Lord dell'ammiragliato. Londra 1844. in quarto. Jd. Appcndix to Appendice alle osservazioni ■astronomiche del 1842 conlenente il Catalogo di 1439 stelle. Londra 1843. in quarto. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 187 Il Presidente consegna le due Opere astronomiche in iillirao citate agli Accademici Signori Doti. Amadeo Ama- dei , e Qiiirico Baratta aifinchè ne facciano rapporto al- l'Accademia del conleniito in una delle prossime Sessioni. Consegna pure per lo slesso oggetto anche la lettera del- l'Accademico corrispondente Prof. Cav. Panizza all'Alun' DO Dolt. Enrico Giacomelli. L'Accademico pensionato Prof. Michele Medici conti- nuando, come negli andati anni, a parlare degli Anato- mici che hanno fiorito in Bologna dall' incominciamento del XVIII Secolo fino al presente, espone oggi l'Elogio di Pietro Nanni. Si duole l' Accademico sul principio del suo Discorso che questo insigne anatomico e medico bolo- gnese non avesse lunga vita, perciocché dalle cose opera- te da Lui nella breve età, culla Provvidenza gli concedet- te, si puote con sicurezza affermare, che divenuto saria, non che di Bologna, d'Italia tutta bellissimo e splendido ornamento. E quando altre testimonianze non fossero, prosegue il Medici, basterebbono a far fede della vastità ed altezza dell'ingegno di lui le autorevoli deposizioni de' suoi con- temporanei: da' quali abbiamo, che al grave ufficio di Professor pubblico d'Anatomia soddisfacea egli con tanta profondila di dottrina, con tanta copia d'erudizione^ con tanta squisitezza d'eleganza, che vivissimo accendeasi in tutti il desiderio d'ascoltarlo: ed ascoltarlo non poteano senza darli afTelluose e calde dimostrazioni di contentezza e di gaudio, ben dovute a chi sa istruire ad un tempo e dilettare. Ma il Nanni ebbe prove ancora dell'altissima slima che si era meritala sì nelle anatomiche che nelle mediche discipline, tanto da questa nostra Accademia, che consul- tata dal Pacchioni circa le sue osservazioni anatomiche e 188 RENDICONTO ACCADEMICO fisiologiche sopra la dura meninge, ne deputò a giudici il Valsalva ed il Nanni, mostrando apertamente di stima- re questi compagno degno di quel sommo uomo; quanto dai Reggitori della Provincia, che lo destinarono al gra- vissimo e delicatissimo ministero di visitare il territorio bolognese coperto da torbid' acque stagnanti, e a preferen- za de' compagni che dati gli furono (e cioè Jacopo San- dri, e Francesco Simoni, medici a quel tempo dottissimi) eletto venisse a stendere la relazione dello stato dell' inon- dato agro bolognese, ed a proporre gli argomenti oppor- tuni a liberare il comune da sì lagrimevole calamità. Ma più che questi documenti attestano della perizia del Nanni, specialmente nella Notomia, le ricerche di lui intorno le ghiandole, per le quali meritossi un posto nella Storia della Notomia e della Chirurgia del Porrà/, e d'es- sere onorevolmente citalo dall'illustre Giovanni Mueller nella sua recente Opera sopra 1' intima struttura delle ghiandole separatone. Merita pure di essere citata un'altra ricerca ana- tomico-fisiologica del Nanni diretta a decidere una que- stione a que' tempi agitata, se la linfa scorrente pei vasi linfatici del mesenterio provenga dagli intestini, ov- vero scaturisca da ghiandole sue proprie. Né stimò egli di poter meglio aggiugnere il divisalo scopo, che ri- correndo alle seguenti esperienze, comunicate poscia a questa Aaccademia dall' insigne Antonio Leprotti, com- pagno al Nanni nell' eseguirle insieme con un Nicola Pi- storini , medico assai dotto ed erudito. Ad un cane vivo tagliare longitudinalmente le pareli addominali e fatta una ferita nel principio del duodeno, introdurvi mediante un tubo acqua tepida. Dopo ciò videro i vasi del mesenterio inturgiditi. Oltre che , tagliati trasversalmente alcuni di essi , manifestamente scorgeasi uscir l' acqua dalla por- zione risguardante l'intestino. E d'altra parte legali stret- tamente molti vasi in prossimità alle ghiandole, onde DEL PROF. A. ALESSANDRINI 1S9 impedire il corso dell'umore, che per avventura venis- se da quelle separalo, continuarono i vasi a presentare la loro turgenza. Ed in estremo 1hoc:o il nostro Anatomico, così dà termine al suo Discorso il Medici , allo studio delle seve- re discipline accoppiar seppe quello delle amene , e fu ele- gante e lodato prosatore e poeta. Lo annoverò fra' suoi l'Accademia de' Gelati: ed ebbe il nome di Genisio in quella degli Arcadi, Socielà Letterarie a que' tempi rino- matissime. Suo è il nono Canto del mese di Settembre ne' Fasti di Lodovico XIV: suo il primo de' Trionfi della Povertà, Castità ed Ubhidien:{a pubblicati quando Anna Maria Laura Pepoli si monacò ; volendo io tacere di mol- ti altri componimenti inediti posseduti, per quanto la- sciò scritto r erudito Fantuzzi^ dalla nobilissima fami- glia Hercolani. Ma di Pietro Nanni non più. Quando aprisse egli gli occhi alla luce del dì, non ho potuto raccoglierlo da que- gli Storici medesimi , i quali fanno pur menzione del tem- po della nascita degli altri scrittori bolognesi , affermando eglino solamente, che era di una famiglia originaria del Casteluccio, due o tre miglia al dilà di Porretta. Per le diligenze però da me usate ho potuto scoprire, che egli nacque sotto la Parrocchia di S. Benedetto e fu battezza- to in S. Pietro di Bologna a dì 20 Lu.glio 1677: ed aven- do cessato di vivere l'anno 1716 o 1717, dire ben si può che ebbe vita breve, perito essendo al più tardi nel quaran- tesimo anno. La mortale spoglia di Lui fu riposta in un sepolcro dell'ora abolita chiesa di S. Lorenzo di Porta Stiera. 190 RENDICONTO ACCADEMICO 3. Sessione. 21 Novembre 1844. Viene partecipato airAccaderaia un Dispaccio dell'Emi- nentissimo Sig. Cardinale Macelli in data di Roma 15 cor- rente, nel quale, accusando il ricevimento del VI Tomo dei Nuovi Commentari^ rende grazie con termini cortesissi- mi pel dono inviatogli. Il Sig. Dott. Luigi Calori, eletto Professore d'Anato- mia Umana neir Università per la morte dell' illustre Pro- fessore Francesco Mondini, partecipa all'Accademia di a- ver ricevuto il Diploma di Pensionato o Benedellino, alla quale promozione acquistava diritto per la Cattedra occu- pala, secondo il disposto all'articolo 6 del Regolamento Ac- cademico. Anche il Sig. Ambrogio Fusinieri scrive in data di Vicenza 15 andante ringraziando l'Accademia per la re- cente sua aggregazione fra i Corrispondenti. L' Accademico pensionato Prof. Cav. Antonio Cavara legge la sua Memoria d'obbligo nella quale tratta — Del- le cause probabili che hanno reso presso noi molto fre- quente il morbo scrofoloso _, e dei me^p^i igienici e cura- tivi atti a moderarne la violen'^a nei diversi suoi pe-, rìodi — . Tre sono le cause principali che , giusta il parere del- l'Autore, hanno resa molto piii comune di quello lo fos- se per r addietro la scrofola, ed anche più difficile a gua- rirsi; la maggior difusione della sifilide, tanto più che Autori gravis.imi sono d'avviso che un tal morbo possa per se solo ; massime nei teneri bambini , produrre la stes- DEL PROF. A. ALESSANDRINI 191 sa diatesi scrofolosa , e che le scrofole altro non siano che im modo speciale di manifestarsi di quella malattia^ la sifìli- de, mutando di forza e di gravezza. E per tacere di mol- tissimi altri basti il citare a tal proposito il parere del celebre Hufeland, il quale non teme di asserire, che i fanciulli procreali da parenti affetti da morbo gallico na- scono scrofolosi, e che la malattia scrofolosa non è altro il più delle volte che la modificazione della sifìlide stessa così cambiata nella seconda generazione. Una seconda ragione del dominare più frequente pres- so noi del morbo scrofoloso si ha dalle variazioni atmo- sferiche che, secondo il parere dell'Accademico, si sono manifestamente cambiate, e al dire di Bufalini _, soggiunge egli, può il clima e l' atmosfera generare in noi le predi- sposizioni morbose, che poco a poco mutando le ordina- rie condizioni organiche inducono quindi la diatesi scro- folosa, senza la quale non si possono mai, a parer suo, generare gli infarcimenii e i tumori alle glandolo nelle diverse parti del nostro corpo. Come terza cagione del manifestarsi più frequente della scrofola annovera la possibilità di innestare dei principj morbosi nocevolissimi all'animale economia, e singolar- mente quello della sifìlide, in un col pus vaccino, dal che la necessità di fare ottima scelta dei bambini dai quali ri- cavar si voglia il seminio per la difusione del preservati- vo di Jenner. Per quel che spetta poi ai mezzi igienici e curativi pro- posti dall' Autore coli' idea di opporsi possibilmente allo svi- luppo della malattia , e di combatterla, manifestala che sia- si, seguendo le idee su tal proposito già esternate dalla mag- gior parte di quelli che franarono questa materia, propo- ne innanzi tutto, e commenda la salubrità dell' aria , la mon- dezza delle persone, l'esercizio moderato e ben regolato del corpo, un certo regime di alimenti, il non affallicare innanzi tempo e ollremodo l' intelletto, 1' astinenza dai 192 RENDICONTO ACCADEMICO sensuali diletti, i bagni, la maniera di vestire nella rigi- dezza del verno e nel bollor dell' estate , e l' allontanamen- to da ogni nociva potenza esterna. Rapporto alla cura, nel caso che la malattia siasi di già sviluppata, oltre i mezzi igienici di sopra dichiarati, convenendo tutti i pratici nella necessità di purgare fre- quentemente siffatti infermi sarà da preferirsi ad ogni al- tro purgante il calomelano unito all'aloe^ somministrando in seguito le preparazioni antimoniali, le marziali, gli amari, i leggeri sudoriferi, i preparati di jodio, i bagni di mare, non trascurando i topici rimedi sulle parti ester- ne più bersagliate dal male e massime le fanghiglie di mare giusta il metodo commendato dal Brera e posto in pratica dal Farlo , non omraettendo però di associarvi sem- pre anche l'appropriata interna cura con insistenza ap- plicata e lungamente continuata- Sessione straordinaria delli 25 Novembre 1844. Convocati i due primarj Ordini dell' Accademia ad eleggere un Accademico onorario in sostituzione del Prof. Calori passato nella Classe dei Benedettini , il Presidente , seguendo le norme prescritte dal Regf^lamento , propone il pili anziano degli Alinni il Dolt. Carlo Soverini che viene dal Corpo Accademico approvato con pieno partito favorevole. 4. Sessione. 28 Novembre 1844. L' Eminentissimo Sig. Cardinale Ugo Spinola con suo venerato Dispaccio in data di Roma 18 corrente, parteci- ì DEL PROF. A. ALESSANDRINI 193 pa di avere ricevuto il sesto volume dei Nuovi Commen- tari umigliatogli dall'Accademia, degnandosi nello stesso tempo di esternare il pieno suo aggradimento. Anche l'Ingegnere Sig. Cav. Luigi PoUetli trasmette all' Accademia una sua Lettera in data di Roma 22 andan- te nella quale ringrazia per la sua aggregazione fra i Cor- rispondenti italiani. Sono offerti all'Accademia da parte dei singoli Auto- ri i seguenti libri. Rondani Camillo, Membro della Società Entomologica di Francia — Sopra una specie d'insetto dittero (Flebo- tomus papatasii , Scop. ) Mem. I. per servire alla Dittero- logia italiana. Parma 1840 in 8.° di pag. 16. Dello stesso — Sopra alcuni nuovi generi d'insetti Ditteri. Mem. H. per servire alla Ditterologia italiana. Parma 1840. in ottavo pag. 27. Dello stesso — Species italicae Generis Flebotomi. Parisiis 1843. in ottavo. Dello stesso — Species italicae Generis Calligerae. Parisiis 1844 in ottavo. Dello stesso — Note sur un nouveau genre d' Insecte Diptere subaptere {Ptcrelachisus Rondoni) Magazin de Zoologie annèe 18.'ne Cecchini Pacchierotti Giuseppe — Rrevi cenni sullo stato attuale delle Arti Belle in Italia ed olir' alpe, non che intorno la prelesa influenza e fraternità de' pittori tedeschi sulla Scuola di Giotto. Padova 1844. in ottavo di pag. 20. Càceres y Arias Joaquin — La Cuadratura La quadratura del circolo dimostrata sinteticamente, Sa- lamanca 1844 in ottavo dì pag. 15. Trevisan Conte Vittore — Sunto di tre Memorie al- gologiche. Padova 1843. in oliavo di pag. 15. N. A.NN, Se. Natur. Skuie II. Tom. 3. 13 194 RENDICONTO ACCADEMICO L' Acccademico onorario Doit. Ulisse Breventani legge la Memoria — sulla curabilità della tisi pulmonare — già presentala nell' ultima sessione 30 maggio 1844 del- l'anno accademico ultimo passato, e della quale se ne diede anche un cenno nel Rendiconto della seduta stessa- 5. Sessione. 5 Dicembre 1844. II Dolt. Carlo Soverini con lettera delli 28 p. p. No- vembre ringrazia l'Accademia per la recente sua aggrega- zione alla Classe degli Accademici Onorari. Il Professore Abate Francesco Zanledeschi offre all'Ac- cademia le seguenti sue produzioni rese pubbliche colle stampe. Elenco delle principali sue Opere scientifiche presentate ad Accademie, o pubblicate a parte. Venezia 1842. in 4.° di pag. 21. Del trasporlo della materia pesante nelle due opposte correnti dell'apparato Voltiano, della loro natura, e del moto vorticoso o a spirale dell'arco luminoso. Vicenza 1844. in quarto di pag. 15. Trattato del Magnetismo e dell'Elettricità. Parte I. Ve- nezia 1844. in ottavo di pag. 389 con tavole. L'Accademico pensionato Dolt. Gio. Giuseppe Bian- coni , Professore di Mineralogia e Zoologia in questa Uni- versità, continua a trattare l'argomento, già in parte svol- to nelle Dissertazioni lette nei due anni Accademici ultimi passati, dell'antico livello delle acque del mediterraneo, le quali improvvisamente abbassandosi per la comunicazio- ne apertasi coli' oceano mediante lo stretto di Gibilterra, lasciarono allo scoperto il deposilo marino delle marne blu ; DEL PnOF. A. ALESSANDRINI 195 avvenimento che l' Accademico riferisce ai tempi storici , posteriori alla partenza degli Ebrei dall' Egitto , classifican- do perciò quel terreno, ricco di conchiglie fossili marine, ollimamente conservate , non già fra i terziarj antidiluviani, come generalmente si pretende, ma fra i posdiluviani for- matisi in tempi storici. A sostenere la quale ipolesi aveva r Accademico fra gli altri argomenti citato ancor quello validissimo che , sino al momento dell'apertura dello stretto di Gibilterra ninna città, niuD abituro posava sulle pia- nure adiacenti all'attuale lido del mediterraneo, e che solo dopo questo istante il popolarsi delle coste maritime fu quasi un prodigio : ma , prosegue 1' Accademico , mi abbat- tei a scoprire che si citava una città nel basso Egitto, al livello dell'odierno mare, ivi esistente già otto secoli pri- ma della guerra Trojana. Come questa notizia rovesciava da capo a fondo le belle speranze da prima concepite, dovetti investigare il fondamento di questa tradizione, e trovai aprirsi larghissimo campo per arguire , che non già della piccola città del basso Egitto fosse questione, cioè di Tanis, ma bensi dell'antica capitale di quel famoso re- gno posta sull'alto Egitto, cioè Tebe. Imperocché 1. dal- l'attento confronto della Storia di Mosè che ci parla di Tanis, con le altre storie più accreditate, colle tradi- zioni , e co' monumenti , emerge apertamente che conven- gono esse anche in tutti i più minuti dettagli de' costumi, delle gesta, delle condizioni topografiche degli antichissi- mi Egiziani, ed essere quindi onninamente inverosimile che dovessero poi essere discrepanti nel punto principale, cioè neir assegnare la capitale di que' prischi tempi, l' una cioè a Tanis, gli altri a Tebe. 2. La indicazione dei punti cardinali dirigere al mezzodì, cioè a Tebe, e non ad Oc- cidente, cioè a Tanis. 3. Gli itinerarj che nella storia de- gli ebrei si hanno fra la terra di Canaan e la Capitale dell'Egitto segnando per punti intermedi li paesi di Madian e di IMiaran (punii bene stabiliti in geografia) conducono a 196 RENDICONTO ACCADEMICO Tebe e giammai a Tanis. 4. L'itinerario fornito pure dalla storia di Mosè della partenza degli Ebrei dalla delta capi- tale dell'Egitto pel monte Sinai indicando il necessario passaggio per la terra de' Filistei seguendo la via com- merciale ordinaria porta la impossibilità di farli partire da Tanis, o suoi contorni, quantochè li Filistei non eran punto sulla via da Tanis al Sinai, bensì sarebbersi incon- trati da chi partendo dalla Tebaide avesse seguito il corso del Nilo attraversando il paese di Caftar o de' Filistei. ( sarà continuato) ) ALCUNE COrVSIDERAZIOlXI INTOMO A CERTI CURIOSI FENOMENI NOTATI BA E. TB.lEVrX pubblicata dal medesimo negli Ann. de Chim. et de Phys. 3.^ Serie, Tomo XII, fascicolo di Novembre e Dicembre del 1844. DI FRANCESCO SELMI U, Ino de' più importami lavori dati in luce nell'an- no scorso , risguardanli la chimica inorganica , è senza dubbio quella bellissima Memoria che il Fremy pubblicò negli Annales de Cium, et de Physique Tom. XII S-"" Se- rie, nella quale si riscontra copia di esperienze giudiziose ed esatte, abbondanza di fatti per lo addietro sconosciuti alla Scienza ed un genere di fenomeni nuovi e curiosissi- mi, de' quali lo stesso autore fu molto maravigliato e non seppe darne ragione. Se tali fenomeni eccitarono lo stupore del Fremy, me pure toccarono di vivo interessamento, poiché in esso loro ravvisai stretta parentela con altri non meno curiosi fatti da me osservati e pubblicati in parte, ed in ispecialità con quelle decomposizioni e ricomposizio- ni che io vidi effettuarsi nelle soluzioni miste d' acido jo- didrico ed acido arsenico , le quali accadevano in modo 198 SUGLI ACIDI METALLICI inverso secondo il grado di concentrazione del liquido (a) , con quelle precipitazioni ora a larghe falde ora , a mi- nuli fiocchi del solfo emulsionato operale per influenza delle soluzioni saline (b), e con quelle reazioni singolari effelluate dai cianuri alcalini ferroso-alcalini suH'amrao- niuro d'oro e sull'idrato dello stesso metallo (e). Ma avan- ti d'incominciare a dimostrare per quali nodi abbiano un vincolo di attinenza, i fenomeni descritti dal Freray ed i fatti da me ricordali e come i primi servano a convalidare le conclusioni che io dedussi dall'osservazione dei secondi, giovi il riferire in breve, la somma degl'uni e riportare le deduzioni tratte dagli altri. Ecco in compendìo i curiosi fenomeni trovati da Freray, ai quali io faccio allusione. Allorquando si scioglie del- l'osido di cromo idratato nella potassa caustica , e si scalda la soluzione, l'ossido si separa dal liquido allo stato ani- dro, abbandonando la sua acqua non perchè l'alcali sia tanto concentrato da possedere qualche tendenza ad asso- ciarsela, ma per la semplice sua presenza, pel suo con- tatto ad un dato grado di temperatura. Questa azione disidratante della potassa caustica di- luita di moli' acqua riesce più bizzarra ne' suoi risulta- menti , quando agisce sul protossido di stagno idratato e stemperato colla medesima. Scaldando la soluzione dell'os- sido di stagno nella potassa allungata, l'ossido perde la sua acqua d' idratazione e precipita conformato a piccoli cristalli bruni , duri , i quali si ottengono anche senza bi- sogno di scaldamento, purché si operi col vuoto la con- centrazione del liquido. Fa d' uopo guardare che il liquido sia debolmente alcalino, e molto allungato, altrimenti il protossido di stagno si riduce in acido stannico ed in mel- lallo. Non solo la potassa in stato di diluzione disidrata l'ossido di stagno, ma gli stessi cloruri alcalini valgono a produrre la reazione, sebbene essi non abbiano bisogno d'acqua per idratarsi. DI F. SELMI 199 L'ammoniaca trasforma il protossido di stagno idra- talo in ossido anidro, di colore verde olivo ^ nella quale modificazione polimorfica può anche commutarsi l'ossido a- nidro bruno alla mercè del calore di 250 gradi. La slessa ammoniaca , associala ai cloruri alcalini , bollila per pochi secondi coll'idralo dello stesso protossido, svaporando poi il liquido con sollecitudine ed a piccole quantità, Io trasforma in un ossido anidro di colore del minio. Questi tre ossidi anidri rappresentano diverse modifi- cazioni molecolari del protossido di slagno puro. I protossidi di piombo e di bismuto, l'ossido di an- timonio rimangono disidratali in presenza degli alcali e senza disciogliersi possono cristallizzare: i due primi in genere hanno per ciò grande somiglianza col protossido di slagno, laonde qui non converrebbe il riportare circostan- zialamenle la descrizione delle loro trasformazioni. Le due proposizioni generali che emergono dai falli accennali sono: l."* che varii ossidi metallici possono di- sidralarsi in faccia degli alcali o di alcuni sali, cristalliz- zare senza disciogiiersi previamente, ed assumere aspelli diversi di colore e di forma j S.'* che la soluzione acquosa di potassa secondo il grado di concentrazione o disidrata semplicemente alcuni protossidi , ovvero li scompone in os- sido supuriore ed in metallo libero. Riferite le cose spellanti al Fremy, mi farò a ricor- dare in succinto quanto fu da me osservalo intorno ad al- [«une reazioni, che loro pajonmi analoghe. Se si prepara del solfo emulsionalo nell'acqua facen- do gorgogliare dell'idrogeno solforato nella soluzione me- diocremente concentrala di acido solforoso, e si mescola siffatto liquido a varii liquidi salini , si noia l.*^ che certi sali disciolli guastano al momento della loro mescolanza l'unione emulsiva del solfo col veicolo, ed aggrumano il solfo in larghe falde le quali si raccolgono al fondo del 200 SIGLI ACIDI METALLICI vaso; 2.*^ che altri sali guastano pure l'emulsione, ma esercitano un'azione meno vigorosa sopra il solfo , di guisa clic questo si condensa in tenuissimi fiocchi dolci al tatto i quali precipitano al fondo falde e fiocchi che compressi fra la carta si riducono in grumi molli ed elastici , i quali stirali fra le dita cedono a modo del solfo y; 3.° che i solfuri alcalini non solo guastano l'emulsione, ma tra- mutano il solfo, rendendolo latteo come è il solfo sepa- rato dai polisolfuri col mezzo di un acido, e Io fanno passare dallo stato di mollezza e pastosità allo stato pol- veroso e non riducibile a grumi elastici, la luce possiede una facoltà identica a quella di cui sono dotati i solfuri. Per ispiegare queste congrumazioni del solfo emul- sionato, ed il mutamento molecolare che esso subisce alla presenza dei solfuri alcalini , e della luce , poiché median- te questi corpi da una condizione allotropica trapassa ad altra, cioè da solfo y si trasmuta in solfo A, ho ammes- so che le particelle dei sali de' solfuri disciolti muovonsi con particolari movimenti, quando le loro soluzioni sono mescolate all'emulsione alfine di diffondersi uniformemen- te in tutta la massa del liquido , composto dalle due quan- tità riunite della soluzione e dell'emulsione, movimenti i quali produrrebbero delle vibrazioni , che talvolta sareb- bero insufficienti a generare un mutamento molecolare nel corpo contro il quale percuotano , ma valevoli ad accostar- ne i globuli 0 le particelle disseminate nel liquido, con- formandole ora a falde ora a tenui fiocchi secondo l'ener- gia della percussione, e tal altra volta, accrebbero tanta potenza da mutare l'ordine delle molecole nel corpo per- cosso e a disporle ad assumere nuova forma. Nel caso pri- mo forse r azione è da considerarsi come puramente mec- canica (d) ; nel secondo caso invece non mi saprei indurre a ravvisare quelle modificazioni intime delle disposizioni anatomiche come prodotte da soli urti meccanici , perchè il mutamento è troppo profondo, e perche la luce, sostanza DI F. SELMI 201 imponderabile, la quale compie le idenliche reazioni -, non può percuotere con urli meccanici, ma deve toccare il solfo con vibrazioni di altro genere. E qui, od io prendo grande abbaglio, o queste idee di trasformazioni chimiche per influenza delle vibrazioni molecolari imperano soverchiamente sul mio spirilo; ma se non sono di tal guisa allucinato, è certo che le con- grumazioni ed il mutamento allotropico da me osservati nel solfo, e la disidratazione e le cristallizzazioni degli ossidi metallici notate dal Fremy derivano dalla stessa ca- gione. Le sostanze che producono questi ultimi fenomeni non agiscono per via d'affinità chimica, dunque deggiono operare per semplice contatto, e per compiere la loro a- zione di contatto si muoveranno a percuotere i corpi seco loro mescolali, ovvero ripercuoteranno in maniera speciale agli urti dei corpi suddetti. Ma, che si muovono realmen- le esse stesse, che vibrino internamente nel veicolo, tor- na palese alla mercè delle congrumazioni del solfo a fal- de ed a fiocchi delle quali ho fatto cenno, e siccome le disidratazioni e cristallizzazioni degli ossidi metallici al contatto della potassa, e dei sali , avvengono per la sola pre- senza di queste sostanze, ella è naturai cosa il concludere che le loro vibrazioni molecolari vi prendono parte prin- cipalissinia, ed anzi che siano la causa effettricedi quelle metamorfosi, poiché non iscorgesi presente altro motore atto a produrle. Ammessa questa proposizione, chiaro ap- parisce che le precipitazioni del solfo emulsivo ed il suo trasformarsi in solfo latteo, le disidratazioni e le cristalliz- zazioni degli ossidi metallici s'efl'ettuano per una medesi- ma ragione; cioè, riconoscono per operatori delle loro trasmutazioni le vibrazioni molecolari delle sostanze sciol- te nel veicolo in cui stavano sospesi. Forse molli altri fe- nomeni di precipitazioni, cristallizzazioni e scomposizioni nel seno d'un liquido, registrate dai chimici, non fatti mai soggetto di profonda riflessione, ovvero spiegali con 202 SUGLI ACIDI MESAILICI ragioni mozze ed apparentemente giuste, appartengono allo slesso ordine di cose. La precipitazione a fiocchi più o me- no grandi di tanti corpi che prendono nascimento dalla mescolanza di due soluzioni di sostanze diverse, si rife- risce alla coesione, attribuendo a questa forza non solo la produzione del corpo insolubile ma per anco la sua conformazione. La prima parte di questa opinione, rice- vuta nella scienza come dottrina, fu già confutata da Gay Lussac e da Bizio (e); veggiamo se la seconda parte an- cora sia vulnerabile ovvero se resista alle obbiezioni. Al- lorquando in mezzo d'un liquido si genera un corpo in- solubile tutte le sue molecole , nell' alto del loro nasci- mento, sono l'una dall'altra separale da un velo del li- quido stesso, e quando si operi con soluzioni diluite, la lontananza dev' essere abbastanza notabile. L'interposizione di quel velo di liquido deve opporre un ostacolo, perchè le particelle siano avvicinate in modo da potersi congiun- gere in quantità considerevole , ostacolo a vincere il quale fa d'uopo r intervento di forza estrinseca alle piccole mas- se così disgiunte, che le spinga incontro, le approssimi e vinca la resistenza del velo liquido frapposto onde si pos- sano formare quei fiocchi e quelle falde. D'altronde il fatto stesso parla chiaro per tale riguardo. Molti corpi in- solubili che nell'atto della loro produzione rimangono diffusi nel veicolo e stentano grandemente a deporsi al fondo, lo fanno più sollecitamente, quando siano agitati e dibattuti con forza, raccogliendosi con rapidità ad ampii fiocchi. L'acido jodico separato dall'acqua col mezzo del- l' alcool ne fornisce un esempio parlante. Allorquando il liquido alcoolico è versato sopra la soluzione d'acido jo- dico questo corpo non potendo restare più disciolto , si di- sgiunge dal suo solvente, ed apparisce disseminato in tutta la quantità del raenstruo idro-alcoolico, rendendolo opaco, latteo, senza dare indizio di precipitarsi. Agitando il li- quido con canello di vetro, le cose mutano un tratto, e ^ DI F. SEIMI 203 l'acido si riduce in larghe falde che sollecitamenle vanno al fondo. L'ossalato calcico precipitato di recente, rimane disseminato nel veicolo d'onde nacque, in forma di finis- sima polvere che trapassa i feltri di carta e non va al fondo se non a mala pena: ho osservato che mediante lo scaldamento , tosto quelle tenui particelle s'accostano e si uniscono in mas- se più grandicelle alle quali i pori della carta non danno più passaggio. Il solfato baritico ci offre un caso degnissimo di considerazione. Esso rifiuta di deporsi dal liquido in cui fu prodotto^ se il liquido è neutro ed alquanto concentrato; se invece è molto diluito od assai concentrato , od acido , allora precipita sollecitamente e non passa per i pori del feltro. Si vede da ciò che il solfato baritico tende a restare piut- tosto disseminato nel suo menstruo di quello che a sepa- rarsi a guisa di piccoli fiocchi , fino a tanto che trova le circostanze favorevoli; al momento però che o le quantità del liquido presentano condizioni opportune ad acconci movimenti delle molecole delle sostanze sciolte, o che ag- giungonsi principii possedenti la facoltà di vibrare nelle maniere necessarie, in tali casi il solfato tocco e percos- so si costipa in parti maggiori delle prime onde stava di- viso , e diviene non permeabile per la carta. Altri falli ras- somiglianti si potrebbero qui citare in buon numero; ma basti ricordare il precipitarsi della fecola sciolta aggiun- gendo piccolissima quantità di sale alla soluzione (/) il deporsi dell'acido colico per mezzo del cloruro sodico delle sostanze albuminoìdi col solfato potassico e sodico, il co- stiparsi dei sali basici didimici gelatinosi col mezzo del nitrato ammonico (Berzelius), la trasformazione dei cri- stalli d'assarone colla bollitura nell'alcool (Schmit) ed il cangiamento del cloruro platinico-chinico pel semplice dibattimento (Gerhart). La fecola, l'acido colico, i principii albuminosi , non debbonsi veramente dire disciolti nell' acqua a guisa dei sali, poiché vi si trovano piuttosto in islalo di sommo 204 SUGLI ACIDI METALIICI rigonfiamenfo j essendo le loro cellule o globuli, distesi e penetrati dal menslruo, come opina giustamente anche il Liebig. Somigliano adunque per alcun lato ai corpi emul- sionati;, e dill'eriscono solo in ciò che non tolgono la tra- sparenza al liquido, mentre gli altri impediscono di pas- sare ai raggi della luce , e lo rendono opaco. Quanto i sa- li precipitano i primi della loro distensione nel veicolo, non fanno altra cosa che produrre delle vibrazioni moleco- lari neir atto del diffondersi nel solvente , e sotto la per- cossa di quegli urti , le membranelle delle cellule distese, si raggrinzano, si contraggono, e non potendo più rima- nere diffuse si separano dal liquido e precipitano. Il nitrato didimico basico gelatinoso non può lavarsi sui feltri che a grande stento poiché non lascia scolare l'acqua tornando acconcio il costiparlo non si ha che a stemperarlo in soluzione di nitrato amraonico, il quale lo comprime e toglie la forma vescicolare alle sue particelle. Il nitrato ammonico agisce sulle piccole vescichette del sale didimico evidentemente per urto o percossa proce- dente da vibrazioni molecolari, e l'ultimo corpo dimostra col suo restringersi che non è dissomigliante dalla fecola e dagli albuminoidi. L'assarone, sostanza cristallizzata, bollilo coli' alcool per dieci minuti perde lo stato cristallino e diventa amor- fo senza mutare composizione ; ed il cloruro platinico-chi- nico fioccoso e giallo pallido al momento in cui si forma, mula poscia in giallo-arancio e si fa granelloso dibatten- dolo nel vaso in cui si trova. Affinchè il cloruro plalini- co-chìnico cangi la sua condizione molecolare non ha uopo che di una scossa, di una agitazione; e l'assarone non abbisogna che degli urti suscitali nell'alcool mentre bolle. Non mi sforzerò certamente a trovare parole molte per dimostrare ai lettori il nesso che affratella questi fe- nomeni a quelli della congruraazione del solfo, del suo passaggio da uno ad altro stalo allotropico, e della disi- DI F. SELIUI 205 dratazioDC e cristallizzazione degli ossidi alcalini per l'in- fluenza dei cloruri e degli alcali allungati. Essendo ciò abbastanza chiaro, mi contenterò solamente di disporre in ordine tutte le reazioni effettuate sopra di sostanze sospe- se, emulsionate o distese nei seno di un liquido tanto pel contatto di corpi neutri quanto per il solo scuotimento. 1.° Corpi semplicemente stemperali che si separano dal veicolo per vibrazioni molecolari indotte coli' aggiunta di sali 0 suscitate collo scaldamento: solfato barilico, os- salato calcico, solfo polveroso; 2.° Corpi stemperati che precipitano per solo dibatti- mento: acido jodico; 3.° Corpi stemperati che mutano di condizione poli- morfica per sola agitazione o per bollitura: cloruro-pla- tinico-chinico, assarone (/?). 4." Corpi emulsionati che precipitano per vibrazioni molecolari di sali aggiunti all'emulsione: solfo elastico ; 6.** Corpi distesi o gonfiati in un veicolo che si coa- gulano per vibrazioni molecolari, di altre sostanze: feco- la, albuminoidi, acido colico, sali basici di didiraio; 6.** Corpi stemperati in un veicolo che si scompon- gono e passano ad altri stati polimorfici per vibrazioni molecolari etc ossidi metallici studiati dallo Freray; 7.** Corpi emulsionati che si trasmutano da uno stato allotropico ad altro: solfo colle soluzioni dei solfuri al- calini- La serie delle reazioni derivanti da vibrazioni mole- colari che fino ad ora vedemmo esercitarsi dal liquido so- pra il solido non si restringe a questi limiti e procede oltre, procede cioè, a scomporre le molecole di composi- zione complicata, in varii prodotti, taluno dei quali si combina alle volte al corpo operatore della scomposizione, tal altra rimangono tutti liberi. Riscontrasi nei trattati di chimica registrata una sin- golare alterazione che avviene nel solfocarbonalo potassico. 206 SUGLI ACIDI METALLICI allorquando è toccato dall'acqua; questo sale subisce un mutamento tanto profondo nell'ordine onde ha disposte le sue molecole, che si riduce in carbonio libero ed in trisol- furo potassico. Basta raccogliere per un momento l'atten- zione sulla sua formola prima dell' alterazione e quella de* suoi prodotti per accertarsene. Da S^C-hSK, si ha C-t-S'K. Tale scomponimento singolare non può provenire da affinità prepotente dell'acqua sul trisolfuro di potassio, giacché questo corpo non preesiste nel solfo carbonato, e l'acqua essendo pel trisolfuro un semplice solvente, non può operare a modo degli agenti dotali d'energica affinità, i quali pajono spesse volte formarsi le sostanze atte a neu- tralizzarli , disgregando le molecole composte che loro ven- gono a contatto, associando quelle le quali nel combinarsi compongono il principio che li neutralizza. Dunque l'azio- ne dell'acqua nel fatto del solfocarbonalo potassico è a ri- ferirsi ad un'azione di puro contatto, in cui effettuandosi uno scompiglio molecolare, risulla fra i prodoui della scomposizione, la formazione del trisolfuro alcalino. L'a- cqua assomiglia nel dello caso al calorico, alla luce ed al elettrico , i quali risolvono certe molecole complicale in associazioni più semplici e di ordini diversi. La proposi- zione da me ora stabilita s'avvalora per l'altro fallo no- tato da Roucher. Se si lava l' ossicloruro di mercurio per- laceo, da esso lui scoperto, coli' acqua e coli' alcool, si vede che i due liquidi Io alterano, ed il primo assai più presto del secondo, sciogliendo bicloruro di mercurio e lasciando libero dell' ossicloruro bruno. Se T alterazione provenisse dall'affinità del solvente per uno dei due com- ponenti dell' ossicloruro perlaceo, l'alterazione suddetta riuscirebbe maggiore coli' alcool , in cui il bicloruro di mercurio si scioglie in proporzione più grande, di quello che coir acqua; ma il fatto dimostra precisamente il con- trario, perlochè devesi a rigore logico concludere, non DI F. SELMI 207 provenire la scomposizione dell'ossido cloruro da affinila solvente del liquido, e derivare invece da pura azione di contatto. Il raziocinio mi ha condotto alla stessa conclusione per ispiegare le curiose ed anomale decomposizioni da me osservate nel contatto dei cianuri alcalini coli' aurato am- monico, la reazione generale dei quali corpi si può rap- presentare per via di formola nella seguente maniera: M = Amra,Ca,Ba, Sr si avrà ( 4 Cy^M ) ( 0'Au%Amm^ ) = Cy«Au^-i-Cy='M ) 4 OM. (Le cifre scritte fra parentesi indicano i corpi combinati , quelle fuori di parentesi i corpi che rimangono liberi in virtù della reazione : 40M rappre- senta un solo alcali libero quando si adoprò il cianuro ammonico, e due alcali lìberi quando si posero io opra uno dei cianuri calcico, baritico, magnesico) . Gettando lo sguardo sulle due formole si concepisce di primo abbordo come alla scomposizione affeltuatasi ed ai nuovi composti ingeneratisi abbiavi presieduto una cau- sa ben diversa dalle affinità predisponenti incipienti o da altre analoghe manifestazioni dell'attrazione elementare, imperocché le azioni sono così strane ed abnormali, che le tendenze a neutralizzarsi dei prodotti (gli alcali) i più polenti dello scomponimento rimangono non soddisfatte. Col- r intervento delle vibrazioni dei cianuri operanti lo scom- piglio delle particelle dei composti aurici , tutto viene chia- rito a maraviglia. Quindi è gioco forza il convenire nell'opinione che le vibrazioni molecolari delle sostanze disciolte in un li- quido, oltre al costipare certi corpi indisciolti al coagu- larli, al congrumarli, al trasformarli dalla condizione amorfa alla cristallina e viceversa , al cangiarli da uno sta- to allotropico od isomerico ad altro, valgano eziandio a sturbarne l'associazione, ossia a scomporli. Gli effetti delle vibrazioni si ravvisano ancora fra so- 208 SUGLI ACIDI METALLICI Stanze disciolle e mescolate. Io ho dimostrato che il su- blimato corrosivo unito alla soluzione di jodio, agisce a modo della luce, cioè, divide l'acqua ne' suoi elementi e la marita al jodio, il quale si cangia così negli acidi jo- didrico e jodico. La reazione prodotta dal sublimato cor- rosivo è propria a tutti i sali mercuriali ed ai sali d' ar- gento, i quali rapidamente riducono il jodio per mezzo dell'acqua nei due acidi suddetti. Gettando uno sguardo sulla quantità delle reazioni analoghe alle accennate, ognu- no scorge di leggieri quanto esteso sia il numero delle combinazioni e delle scomposizioni operate pel contatto di un corpo disciolto sopra altri corpi parimenti disciolti. Ar- rogi che molte strane alterazioni, le quali troppo sover- chio sarebbe di annoverare ad una ad una , hanno l'origine dalla stessa influenza delle vibrazioni molecolari. La catena dei fatti menzionati ha stretti nodi coi fe- nomeni delle fermentazioni e con altre bizzarre reazioni di chimica organica, all' anomalia delle quali si guardò solo per denotarne la stranezza, non per conoscerne la cagio- ne. Per ciò che riguarda le fermentazioni mi contenterò di accennare, come esse siano operate per via di vibrazioni molecolari che muovono da corpi in decomposizione, alle volte senza che sussegua combinazione di qualcuno dei prodotti della sostanza fermentatrice con quelli della fer- mentata; alle volte con successiva combinazione di taluno di quei prodotti. Le azioni degli acidi, degli alcali, dei solventi nello scomporre le materie organiche dipendono piuttosto da energico turbamento nell'ordine molecolare che essi v'inducono, di quello che da certe affinità preva- lenti intruse per sostenere o seguire le teorie universal- mente accolte; sul quale argomento però non procederò piiì innanzi stante che la sua maravigliosa ampiezza mi tra- scinerebbe tropp' oltre ai termini prefissimi. Prima di venire alla seconda parte del discorso, no- terò alla sfuggita, che le cristallizzazioni dei sali formati DI F. SELMI 209 per doppio scomponimento coli' intermezzo dei solventi , probabilmente dipendono, il più delle volte, dalle stesse cause produttiici della disidratazione e cristallizzazione de- gli ossidi metallici; cause dalle quali derivano senza dub- bio le forme cristalline o più ampie od anche incompati- bili che certi corpi assumono per la semplice presenza di quantità svariale d'acidi di sali etc Gli esempi di falli di tal genere sono copiosi in chimica, basti citare la cristal- lizzazione dell' acido jodico in ampi e regolari cristalli per la presenza di tenui quantità d'un acido diverso e la tra- sformazione dell' acido arsenioso da uno stalo isomerico all'altro quando il liquido da cui si depone contiene del- l'acido cloridrico. Nei fenomeni riferiti dal Fremy non solo si manifesta l'azione della sostanza sciolta in un liquido per modifica- re la condizione molecolare di allra sostanza semplicemente sospesavi o stemperata, ma eziandio vi si ravvisa l'influen- za della quantità del menstnio , poiché colla potassa som- niamenle diluita ottenne la disidratazione dell'ossido di slagno, e collo slesso alcali concentrato ebbe la scompo- sione di quell'ossido in acido stannico e metallo libero. L'influenza della quantità del menstruo nelle reazioni sebbene palese in alcuni fatti conosciuti nella scienza, tut- tavia rimase innaverlila tanto da non parlicolarizzarla mai nei trattali qual cagione di fenomeni diversi fra loro e contrarli , ingenerali dalle sostanze medesime secondo il grado di loro diluzione e concentrazione. È bensì vero, che trovasi scritto^ in alcuni luoghi, esser necessaria la diluzione e la concentrazione del liquido per ottenere i desiderali effetti ; non produrre reazione certi corpi quando concentrali, produrla per lo contrario, quando diluiti; ma nessuno aveva pensato a raccogliere tulli i falli sparsi in cumulo, ed additarli come notabili mollo all' attenzione dei chimici. All'occasione di riferire in succinto varie mie esperienze sopra il jodio adopralo qual principio scompo- N. Akn-, Se. Natir. StaiE li. Tom. 3. li 210 SUGLI ACIDI METALLICI pente dell'acqua, ossia qual mezzo ossidante, rimarcai che il jodio al contatto di raolt' acqua scompariva, e si idra- cilìcava^ e che togliendo porzione dell'acqua, il jodio si disidrogenava e rendevasi nuovamente libero (ì). Rammen- tai poscia che le osservazioni di Liebig sulla potassa car- bonata la quale secondo le proporzioni dell' acqua in cui è disciolla, cede il suo acido carbonico ovvero lo può ri- togliere alla calce; che la precipitazione del jodio dalla sua soluzione nell'acido jodidrico o nel joduro [potassico effettuata dalla semplice addizione d'acqua si collegavano Strettamente ai fenomeni suaccennati ;, e conclusi che » non » esiterei ad ammettere che in alcuni casi passi tanta dif- )) ferenza fra le due soluzioni acquose B e B (ossia a due » diversi gradi di concentrazione) della sostanza identica, ì) quanto ve ne ha fra l'acquosa e l'alcoolica etc (/) ». In alcune mie proposizioni di chimica molecolare esposi pure idee consimili , anzi alla proposizione 25.'' dissi w un w corpo secondo il vario stato in cui si trova può avere ì) un'azione od una reazione diverse di contatto: egli è » perciò che gli acidi concentrati non agiscono od agisco^ » no appena sui carbonati, mentre ad un grado di mag- )) giore diluzione operano con forza potente; che l'acido )) solforico concentratissimo decompone l'acido jodidrico )) mentre non lo può quando è allungata etc. ». E poscia alla proposizione Se."" » che un diverso grado di diluzione 1) apporti un'alterazione nello stato molecolare di un cor-' )) pò disciolio si argomenta da certi corpi colorali ;, con- » centrando o diluendo le loro soluzioni etc. w. Sono co- gniti abbastanza i mutamenti che subisce il cloruro rami- co secondo il grado di concentrazione (Bizio e Solly)^ quelli del cloruro di cobalto il quale si comporta in mo- do analogo , perchè ne discorra a lungo , basterà far cen- no appena anche di altri fenomeni, i quali comprovano sempre più la detta proposizione: ad esempio, l'ossido verde 0'B';-4-0B, con poc' acqua si scioglie nel nitrato f)I F. SELIUI 211 d'argento acido colorando la soluzione in verde; la quale si scolora immediataraenle tanto colia bollitura quanto col- la diluzione (Arppe); trattando con soluzione concentrata d' ipoclorito potassico la soluzione di nitrato bisrautico si ottiene un ossido che differisce da altro ossido precipitato coi medesimi reagenti, tranne che la soluzione dell' ipo- clorito è allungata (Arppe); i bromuri ramici-ammonia- cali si sciolgono in poc' acqua e precipitano aggiungendo- ne ad esorbitanza. (Rammelsberg). Se un grado diverso di diluzione può mutare lo sta- to molecolare di un corpo, sia col renderlo da una con- dizione diniorfica ad altra, sia coli' astringerlo ad asso- ciarsi ad ulteriori proporzioni d'acqua ovvero ad abban- donare parte di quella a cui stava unito, sia ancora col trasformarlo da uno stato isomerico all'altro, ne consegue direttamente che le vibrazioni molecolari dello stesso cor- po dovranno compiersi diversamente a seconda del grado di diluzione, poiché esse corrisponderanno a modificazioni diverse di quel corpo. Posto che le vibrazioni molecolari non siano eguali nell' un caso e nell'altro; esse possede- ranno energia e facoltà diverse e diversi affetti deriveranno dalle loro azioni. Ecco di qual maniera si spiegano gli sva- riati ed inversi fenomeni che si osservano nelle sostanze a norma delle proporzioni di menstruo in cui sono disciol- te; ecco il perchè a molt' acqua la potassa caustica disi- drata e fa cristallizzare gli ossidi metallici, ed a poco li- quido li scompone in ossidi maggiori ed in metallo libero; il perchè certi acidi concentrali non iscompongono i car- bonaii , non ossidano i metalli etc Comunque dai chimici si vorranno accogliere queste mie considerazioni , le maniere di spiegazione da me pro- poste per dilucidare i falli notati dal Frcniy ed i molti altri nella presente scrittura ricordati , e comunque mi si meneranno buoni gli argomenti ond' ho tentato di provarle ragionevoli od accettabili, io reputo che quand'anche loro 212 SUGLI ACIDI METALLICI non si facesse buon viso , non riuscirebbero ciò non ostante inutili del tutto, poiché varranno in qualche modo ad ec- citare menti più addottrinate ed acute della mia a studiar- le con attenzione ed a trovare le vere ragioni che presie- dono alla genesi loro. Le idee da me espresse forse non saranno male accette da coloro 1 quali convengono nelle belle dottrine di B\z'ir> sull'affinità, giacché in parte hanno fondamento sopra tali dottrine. Darò termine col notare che il Fremy, oltre all'avere convalidato coi fenomeni da esso lui scoperti le mie opi- nioni sull'azione di contatto esistente nei corpi, sull'ope- ra delle vibrazioni molecolari che da una sostanza sciolta si trasmettono sopra corpi indisciolti per precipitarli o mo- dificarli, e sull'influenza della quantità del menstruo nelle chimiche reazioni , ha soprappiù ricordata una proprietà del- le combinazioni degli acidi mettallici coli' acqua che viene a sostegno della mia tesi in cui annunciai che l'acqua è un acido e mai una base. Se l'acqua è acido avrà [loca ten- denza a rimanere associala ad altri acidi che siano deboli e poco più potenti che essa non sia, laonde deve disgiun- gersi facilmente dai composti nei quali si trova associata ad acidi dolati di fievole acidità. Gli acidi metallici sono in questa categoria, e di fatto l'acqua loro unita si separa come ha veduto Fremy anche al disotto del calore del- l'obbiezione. Riassumendo in breve concluderò: 1.° Che i fenomeni della disidratazione e cristalizza- zione dei protossidi metallici efl"elluati dalla potassa e dai cloruri alcalini pronvengono di questi corpi sciolti nel menstruo. 2.° Che dette vibrazioni inducono alcune sostanze a precipitare, altre a mutare slato allotropico, isomerico, e dimorfico, altre a cristallizzare in forme più decise od incompatibili ; 3.° Che non solo agiscono per virtù che si muova da DI F. SELIIII 213 liquido sopra solido, ma eziandio fra sostanze ambo di- sciolte ^ ambo ridotte in liquidi, componendo o scompo- nendo eie. 4.° Che la quantità del menstruo cangiando le condi- zioni molecolari dei corpi disciolli, li dispone conseguen- mente a vibrare in modo diverso e quindi a produrre rea- zioni diverse. 6.° Che il facile separarsi dell' acqua combinata agli acidi metallici , prova le tendenze non basiche della me- desima. 214 SUGLI ACIDI METALLICI I\OTE (a) Annali di fisica , Chimica e Matematica diretti dal Prof. Majocchi; Milano Tom. XI. (b) Idem. Tom. XV. Tali esperienze furono anche ripetute da me al cospetto dell'intera sezione di Chimica al congres- so di Milano , e nel Laboratorio del Prof. Kramer , alla pre- senza di questo dotto chimico e del Prof. Sconbein. (e) Idem. Tom. XV. (d) Diffatlo nel caso indicato il solfo si aggruma soltan- to e non cangia di stato allotropico, perchè ho verificato che mescendo le stesse soluzioni saline ad un liquido acquoso con- tenente in sospensione del solfo polveroso, questi v' era all' i- stante precipitato in falde somiglianti a quelle formatesi nel- r emulsione di solfo molle , ma non elastiche non pastose. (e) Sur la coesion ; par Gay-Lussac , Annales de Chimie et de Physique. ecc. Intorno alle molecole ed alle loro affinità. Ricerche di B. Bizio, Venezia 1844. (/) La fecola è tanto sensibile all' azione dei sali sciolti che serve per prova di paragone onde conoscere la maggiore 0 minore purezza delle acque potabili. (g) Vighier si serve della soluzione del solfato jodico per precipitare dal sangue le sostanze proteifere che vi sono dis- seminate: i farmacisti adoprano il solfato potassico per depu- DI F. SELMI 215 rare e chiarire la tintura d' assenzio e renderla imputresci- bile ; in questa operazione il sale coagulando i jmncipii al- buminosi del decotto d' assenzio gli toglie il promotore della fer- mentazione. (A) L' assaronc colla bollitura perde il suo stalo cristol- lino in parte solamente: l'evaporazione nel vuoto ne rende compiuta V amorfazione. (i) Annali del Majocchi Tom. XII. Institut. Gennajo 1844. (l) Annali delle Scienze Naturali di Bologna. Tom. 2," Serte 2." -«aXQi^B^ RENDICONTO DELLE SESSIONI DELLA SOCIETÀ AGRARIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA. {Continuazione, vedi pag. 134.) Il Corpo Accademico, informato, per questa lettura di quanto erasi dalla Censura opinato, e di quanto aveva operato il Sig. Presidente intorno alla consulta ordinata dall' Eminentissimo Legato, tutto riconobbe conforme ai giusti principj, e quale si richiedeva dai bisogni del- l'Agricoltura del nostro piano ;, e però, datane l'approva- zione con voto unanime, si passò ad una simile informa- zione per l'affare della privativa domandata dai Signori Pouchin de La Pioche , e Compagni col leggere i seguenti Dispacci, e la relativa lettera di risposta. ALL' ILL. SIG. PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ ec. ILLUSTRISSIMO SIGNORE « L' Eminentissimo Sig. Cardinale Camerlengo si è » compiaciuto di comunicarmi una supplica ad esso avan- w zala dalli Fratelli Pouchin de la Roche, colla quale DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 217 » implorano la privativa fabbricazione della macciulla-mec- » canica rurale del Sig. La Forét ad uso di macerare la » Canapa, e della fabbricazione della carta colla sostanza w liscosa, mncilaginosa, e glutinosa di tal vegetale; e nel » tempo slesso il lodato Porporato m' incarica d' invitare » la Camera di Commercio, l'Istituto delle Scienze;, e la » Società Agraria ad emettere su tale argomento il rispet- » livo voto, che l'Eminenza Sua desidera di avere insie- » me alle particolari mie osservazioni. » Nel parteciparle questi Superiori divìsamenti che )) fanno prova dell'alta stima del Governo verso il Corpo M da Lei presieduto, le compiego una copia della men- » tovata supplica, il cui contenuto formerà il soggetto » delle considerazioni, e deduzioni da esternarsi dal Cor- w pò slesso. » Unito all'originale di detta supplica, vi è un pic- » colo campione della carta fabbricata colle sostanze suin- w dicale, il quale si conserverà presso l' Archivista di que- )) sta Legazione, a comodo dei rispettivi Corpi; e perciò )) allorquando occorrerà a codesto Corpo di osservare il M detto campione. Ella potrà in prevenzione richiamarlo w dal predetto Archivista per rimetterglielo poi colla pos- ì) sibile sollecitudine. w Persuaso di tutto l' interessamento nel corrispondere » alle premurose ricerche del prefato Porporato, mi pre- )) gio intanto di attestarle la distinta mia stima Di Vostra Signoria Illustrissima Bologna 7 Febbrajo 1825. Devotissimo Servo G. D. FOLICALDI Vice Legato. 218 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA AL SIG. PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ ec. ILLUSTRISSIMO SIGNORE. }) I fratelli Poiichin hanno presentato im' ulteriore V supplica all'Eminentissiniio Sig. Cardinale Camerlengo )) con maggiori dilucidazioni sull'istesso argomento della )) maciulla rurale meccanica di La Forét. Desidera il lo- » dato Porporato che anche quest'esibito sia preso in con- « siderazione nel modo da Lui disposto per la primitiva )) istanza degli slessi Pouchin a Lei rimessa in copia con )) antecedente mia delli 7 corrente N.*^ 1065. )) Le compiego pertanto una copia della mentovata ul- )) lima supplica , interessando li Signori Componenti di co- }) desto Corpo ad estendere su di essa le loro osservazioni, )) conforme vennero n£i proposilo pregati col riferito an- j) tecedenle. n Mi pregio ripeterle la distinta mia stima Di Vostra Signoria Illustrissima Bologna 1 Mar^o 1825. Affe^ionatissimo per servirla G. CARD. ALBANI A SUA EMINENZA REVERENDISSIMA IL SIGNOR CARDINALE LEGATO DI BOLOGNA. Bologna 6 Aprile 1825. M La supplica umiliata dai Signori Pouchin de la Ro- )) che e Compagni all' Eminentissimo Camerlengo per ot- » tenere la privativa fabbricazione della macchina inventata DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 219 « dal Signor La Foict onde separare dalla lisca , e dal w capecchio il tiglio della Canapa, e lavorarlo senza » ricorrere al mezzo della macerazione ;, e degli altri pro- » cedimenti usali fin qui , potrebbe dare luogo a due ri- w cerche: se quella macchina possa in questi nostri paesi )ì produrre quella utilità che promette l'inventore, e che )) dicesi sperimentata dall'Accademia delle Scienze di Pa- » rigi: e se essendo capace di produrre un eguale, o minor ì) vantaggio, vi sia un titolo per concedere ai Signori Pou- » chin ec. la chiesta privativa. » Sul punto dell'utilità poco si può dire poiché non » si ha descrizione veruna della macchina, e l'inventore )) la presentò ad una Sezione dell' Accademia delle Scienze, )) sotto vincolo del più alto segreto, di non propalarne il » meccanismo. Tultavolta riflettendo, che gli esperimenti w pubblicati furono fatti sopra Canapa coltivala, e raccol- M ta in Francia, si può con ragione dubitare, che messa )) in azione sulla nostra Canapa , non possa quella raac- » china dare de' risultali egualmente utili. Ognuno sa che )) la Canapa coltivala nel suolo Francese giugne al più n air altezza di sei piedi Parigini. Laddove presso noi » viene ordinariamente all'altezza di dodici piedi Parigi- » ni , ed anche assai volte maggiore. Ingrossando in pro- M porzione, la parte legnosa è molto più compatta, ed op- » pone una maggior resistenza. II perchè la Canapa Fran- » cese, come si vide cogli sperimenti sulla macchina di » Christian (I), può essere lavorata cogli slessi strumenti (1) Vedi Sperienze ed osservazioni intorno all'uso della macchina proposta dal Sig. Christian per preparare la Ca- napa senza macerazione , di Giovanni Contri Professore di Agricoltura nella P. Uuiversilà di Bologna. Per le stampe di Annesio Nobili Bologna MDCCCXX : inserita ancora nel Vo- lume 3.° degli Opuscoli Scientifici. . Parimenti intorno a ciò leggansi le difficoltà promosse da 220 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA » atti a macciullare il Lino ; laddove la nostra non Io pò- » Irebbe. Il modo diverso ancora di curare la Canapa in )) Francia, e ne' nostri paesi deve dare risultati diversi. » Colà si raccoglie la Canajìa ad uno slato di maturità più » avanzata, e quando le cime cominciano ad ingiallire; )) qui si sega assai più per tempo. In Francia si lascia di- » seccare pienamente la pianta nei granaj , o nelle barches- w se ; qui appena sia prosciugata al sole si mette in ma- )) cerazione. Questo differente modo di trattarla farebbe sì w cbe la nostra Canapa sottoposta alla macchina presen- M terebbe maggiori difRcollà a superarsi , essendo il tiglio » assai più aderente, e più difficile a separarsi la gomma )) resina in uno stato di viscosità di quello che Io sia quan- i) do è diseccala, e pressoché dal sole, e dal tempo ab- w brustolita. A tutto ciò aggiugnere si deve , che per quan- )) lo grande sia una macchina, e per quanto grande lavo- M ro faccia in poco- tempo, drfficilmenle potrebbe egiia- n gliare in prontezza l' effetto che si otiiene nei vasti no- » stri maceratori. In Francia , ove nei grandi possedimen- » li un solo campicello è destinalo alla Canapa, lavoraa- » dosi secondo il costume del paese spesse volle in inver- )) no, può essere vantaggioso l'uso di una macchina che )) richiegga anche qualche tempo. Ma nella nostra Provin- )) eia, ove molti lenimenti sono per la metà coltivati a Ca- )) napa, ed in cui i lavori si devono compiere, perchè )) bene riesca il prodotto, nell'Agosto, o nel Settembre al un Anonimo contro le dette sperienzc e pubblicale nel Quaderno XXI del Giornale Arcadico : come pure la lettera del detto Prof. Contri al eh. Prof. Orioli in risposta a quelle difficoltà pub- blicata in Roma pel de Romanis 1821 col titolo di Nuove sperienze intorno all' uso della macchina di Christian ec. inserite per anche nelle Effemeridi Letterarie di Roma del- l'anno medesimo. DEllA PROTINCIA DI BOLOGNA 221 w più , una 0 più macchine difficilmente supplirebbero al w bisogno. Si speriraenlò colla macchina di Christian che )) per lavorare il prodotto ordinario non di un piccolo po- » deruccio, ma di un solo campo di mezzana fertilità, si » richiedeva l'opera di due uomini per tredici giorni, w cosiccliè molti mesi sarebbero occorsi a lavorare con w quella macchina il prodotto di un'intera possessione, w Congetturando quindi su gli effetti della macchina di )) La Forèt da questi dati generali, senza conoscerne l'or- » ditura (0 si potrebbe conchiudere, che quel profitto (I) La struttura della Maciulla c/*e no» si conosceva , nel momento in cui la Società Agraria fu richiesta del suo pa- rere intorno alla privativa in discorso, venne poi a notizia del pubblico in Francia, allorquando il Sig. La Forét diede in luce un Opuscolo intitolalo Manuel du Collivateur des Chanvres, et des Lins qu'on desiine a ètre trailés par la Broie inecaiiique rurale ec. Paris Lilirairie de Fortic 1826. In detto Opuscolo sono in gualche guisa descritte le operazio- ni che V inventore s" immaginava potessero essere sufficienti per preparare il tiglio della Canapa senza macerarla. Tali operazioni si riducono a quattro e cioè 1.° lo schiacciamento 2." la gramolatura^ 3." la pettinatura , A.^ quella operazione che l' Autore chiama dè^omage; voce che polrehbesi tradurre sgomraalura , giacche il lavoro per essa significato tende a liberare il tiglio dalla gomma-resina che lo riveste. Le figure 1 , e 2 della Tavola che qui si unisce , fedelmente ricopiate da quelle che accompagnano il mentovato Opuscolo , servono a dare una qualche idea della Maciulla^ e del modo con cui il Sig. La Foret intendeva di farne tiso. La macchina è divisa in quattro riparti A , B , C , E , ed un' appendice D. Nel primo A , «' ha una tavola pesante R , tearuxlata nel piano inferiore , e che , j^otendosi muovere ver- ticalmente fra suoi incastri ff,g{j, al girare del manubrio 222 RENDICONTO DELLA SOCIEtX AGRÀRIA )) che in Francia si attende dalla medesima, sperare non w si possa presso di noi. )) Non è però che non abbia a recare un vantaggio » non dispregievole se gingne, come si promette, a se- » parare la gomma-resina in uno stato da poter servire le » Arti. Perciò sarà lodevole cosa se si procuri che anche F , comunicato il moto per le carrucole G , I all' albe- ro orizzontale K J , per mezzo della leva N 0 si alza da a verso A , onde introdotti gli steli della Canapa fra 'l vano che si forma in a, stendendoli sul piano Vr parimenti sca- nalato ma nella parte superiore , col ricadérvi sopra , ed al- zarsi , e ricadere a più riprese la tavola R , essi steli vengo- no schiacciati. Si passano di poi in B , e C per essere ripu- liti dalla più grossa lisca fra due specie di gramole, compo- ste di nove lingue di legno ciascuna , situate alternamente ne' due piani che si combacciano , e che si allontanano , e s' ac- costano egualmente che la tavola R col girare dello stesso manubrio , e dello stesso albero J K , per cui si comunica il movimento alle due leve M , L , e le loro lingue superiori si alzano, e si abbassano per operare la gramolatura. Compiu- ta la quale V Autore insegna di passare il tiglio al pettine D 5 ed in seguilo poi di passarlo , e ripassarlo fra le due brusche armate di forti setole di Cignale in E, le quali fra V azione del piede premente in x per p , ed il contrasto della mola qm si accostano, e si scostano a misura del bisogno; cosicché V operai 0 , traendo a se fra V una e l'altra il tiglio con ambe le mani , possa a forza di strofinamento far cadere quelV intonaco che sta aderente al tiglio. Ecco in ristretto quella invenzione della quale tanto si jìarlò, e con soverchio interessamento prima di conoscerla, e che poi conosciuta , e vedutone a colpo d' occhio la ninna attitudine, cadde ben tosto in piena dimenticanza. DELIA PROVINCIA DI BOtOGNA 223 » nello Stato nostro venga sperimentata, per propagarne w l'uso, ove rutilila lo consigli. » Ma per introdurla si dovrà concedere ai Signori n PoHchin, e Compagni la privativa che domandano? )) Sembra che no. Essi non sono gì' inventori , né da loro » dipende il manifestare la costruzione della macchina. M II Sig. La Forét ha promesso di pubblicarla dopo il pri- )) mo Settembre 1825, quando entro il corrente Aprile w abbia compita la sottoscrizione di sei mila persone, che » si leghino a prendere da Lui una delle sue macchine M al prezzo di cento franchi. Se la sottoscrizione si com- » pie la macchina è conosciuta anche da noi senza biso- » gno dell'opera dei Signori Pouchin, e Compagni; se » poi 0 la sottoscrizione, 0 il Sig. La Forét manchi^ nulla » possono dirci i ricorrenti ^ che sono nello stesso stato di )) oscurità in cui siamo noi. Ma quando la macchina é )) nota , dannoso sarebbe 1' accordarne la fabbricazione w privativa non solo ad un estero, come il Pouchin, ma w ancora ai Nazionali , perché secondo la relazione del- w l'Accademia delie Scienze, la macchina è di facile co- w struzione, ed ogni falegname, carpentiere, legnajuolo, » ed anche qualunque giornaliero, che pure tenga in ma- » no l'accetta è capace di costruirla (1). Qual favore dun- M que ci fanno i Signori Pouchin proponendo di venire a )) fabbricare le macchine di La Forét? Credono forse che » nello Stato Papale sia ignota l'arte lignaria, o man- w chino le nianaje per lavorare il legno ? E qualora » essi non hanno uno speciale merito nell' invenzio- w ne, 0 nell'esecuzione non v' è titolo per concedere una w privativa. (1) Veduta U relazione dell' Accademia si verificò essere la macchina di facile costruzione, ma non però di quella itmplicilà che si richiede in siffatti $trumenti. 224 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA w Oltre di ciò le privative devono avere per iscopo di )) favorire l'utile Nazionale, e quella chiesta dai Pouchin » tende a contrariarla. Ottenuta la privativa essi vogliono j) aprire una soscrizione, o associazione, a similitudine di » quella proposta dal La Forèt. Ma se la pretensione loro » è eccessiva, lo che deve temersi, se esigono un numero » di associati che facile non sia a ritrovarsi non conce- » deranno a veruno l'uso della macchina, e colla priva- M tiva ottenuta impediranno che altri la costruisca. In que- M sto caso , se l' introduzione della medesima fosse per )) riuscire utile, questi esteri speculatori ne impedirebbero » l'uso, 0 sarebbe necessario acquistarla da loro a caro ì) prezzo (1). ì) Condotta da queste riflessioni la Società Agraria M sarebbe di parere che negare si dovesse ai Signori Pou- » chin la privativa che domandano. Siccome poi la mac- w china di La Forèt potrebbe anche essere vantaggiosa, M ed il costo della medesima è assai tenue, non richie- w dendo l'inventore che cento fianchi, cosi potrebbe il w Superiore Governo per la protezione che accorda all'A- )> gricoltura concorrere alla sottoscrizione aperta dall' in- (1) Per quello che riguarda simili privative è da ve- dersi la Notificazione dell' Eminentissimo Camerlengo Cardinale B. Pacca di eh. memoria in data 13 Ottobre 1819, e il Chiro- grafo di S. S. Papa Pio VII di santa memoria inserito nella predetta Notificazione y e firmato li 10 Ottobre dello stesso an- no ^ con cui veniva concessa la privativa della fabbricazione, e vendita della Macchina di Christian; della quale poi cono- tciuti i cattivi effetti , si riconobbe ancora per un tratto di giustizia , e degno della saviezza di quel Governo il lasciare de- serta la detta privativa , ed in tal modo risparmiare alla nostra Provincia quelle vessazioni, e que' danni che in conseguenza della privativa medesima le erano minacciati. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 225 » ventore ; Io che avrebbe fallo la Società se dalla meschi- )) nilà de' proprj fondi non fosse impedita. » Evasi così i Venerati Dispacci di Vostra Eminenza » Reverendissima N.° 1065, e N.° 1319 me Le inchino al ì) bacio della Sacra Porpora , e mi protesto col massimo M ossequio Di Vostra Eminenza Reverendissima Umil. Devot. Osseq. Servitore LUIGI SALINA Presidente. Per la quale informazione il Corpo Accademico venu- to in cognizione dell'onorevole incarico avutosi dall' Emi- nentissimo Legato^ e nel tempo stesso conosciuto il voto della Censura, e le risoluzioni prese insieme ad essa dal Sig. Presidente, trovò lutto questo commendevole, e degno di approvazione. In seguito il Sig. Presidente lesse una istanza a Lui diretta dal Fabbro Ferrajo Vincenzo Alberoni, che, per la sua invenzione di una nuova foggia di gramola per la fabbricazione del pane, domandava alla Società un qualche premio, ed una raccomandazione presso il Superiore Go- verno per conseguirne da questo un maggiore. Ma il Con- sesso Accademico esaminato il disegno esibilo dall' Albe- roni lodò l'invenzione; non riconoscendo però la cosa ba- stantemente relativa alle proprie attribuzioni , e mancan- do d'altronde di fondi con cui esaudire il petente quanto alla prima parte della istanza, si limilo a soddisfarlo nel- l'altra col pregare il Sig. Presidente a voler scrivere let- tera d'ufficio, per la quale l' Alberoni fosse in grado di trovare presso la Legazione quell'appoggio che potesse meritare. N. Ann. Se. Natir, Serie II. Tom. 3 15 226 RENDICONTO DELLA SOCIEtX AGRARIA In sul terminare della presente Sessione il Sig. Prof. Orioli riferì che la Commissione incaricata dell'attivazio- ne dei Paragrandini aveva in pronto il suo progetto, e che pressata dalla Legazione sarebbesi radunata nel giorno susseguente per darvi corso ^ ed informarne la Società, acciocché questa potesse prenderlo in esame, ed inoltrarlo alla predetta Legazione. In seguito della quale notizia dal Corpo Accademico fu stabilito di tenere un'apposita ses- sione straordinaria nel giorno 17 Aprile, e presa questa risoluzione la presente adunanza fu sciolta. (sarà continuato) LETTERA DEL SIGNOR D' IMOLA AL PROF. S. GHEPARDI Xorno ora dalla Sicilia, ove un buon mese di pede- sU'i escursioni m' hanno tenuto occupato a grande parte percorrerne^ e se la ristrettezza del tempo, e le scarse mie cognizioni m' hanno impedito di ritrarre molto frutto da questo viaggetto^ in fatto della scienza che fervidamente coltivo, egli è certo però che d'immensa soddisfazione e piacere è riuscito per me. Quella terra, un tempo sì felice, mi faceva meditare sulle sorti delle nazioni, e quasi pa- revami recarle conforto versando una lagrima sopra le sue ruine. Dio buono! Che rimane egli dell' antica Sicilia, delle sue grandezze, de' tanti suoi possenti abitatori, che 22S LETTERA DI G. SCARABELLI guerrescamente si avvicendarono su di essa? Quanto solo da una benigna natura ne viene, ciò unicamente in quel- l'Isola resta ancora. Sotto un cielo purissimo lussureggian- te vi alligna africana vegetazione; e l'Etna continuamente in tuono solenne fa sentire agli uomini la creatrice, e di- struggitrice natura non aver mai posa. Ricche e popolose città, commercio, industria, arti belle, tutto vi spariva, ed i soli maestosi avanzi de' giganteschi suoi templi ne rimanevano, ad eterna testimonianza delle vicissitudini del destino. Possa la sempre crescente civilizzazione d'Eu- ropa, di cui la Sicilia giace in un angolo, restituirle in parte 1' antica sua felicità , e ridonarla al vetusto suo splendore. L' invernale stagione^ sebbene dolcissima nelle parti meno elevate dell'Isola, avea però colle sue nevi ricoperte le alte cime delle montagne; sicché mi fu assolutamente negata la speranza di salire il Mongibello , che di quelle ancora caricava gli eterni (1) suoi ghiacci : era però tale il desiderio ch'io nudriva di pure qualche passo avanzare su quella celebre cima , che risolvetti almeno giungere a' Mon- ti Rossi, da cui usciva la formidabile corrente di lava del 1669. Io partiva di fatto da Catania il mattino del 15 cor- rente, e felicemente, per comoda ben costruita strada, giun- geva a Nicolosi, quando sì dirotta pioggia incominciò che mi costrinse a deporre qualunque pensiero di piiì oltre proseguire. Inteso che trovavasi allora a Nicolosi il eh. prof. Gemmellaro volai alla sua casa, desideroso di personalmente conoscere così brava persona. Lo trovai di fatto., e, come è proprio dell'animo suo gentilissimo , riceveva da lui schia- rimenti e dóni. Tornato a Catania, e pur sempre piovoso restando il tempo, ne partii per Messina, e solo alla sfuggita una oc- chiata potei gettare sulle lave prismatiche dell'Isola de' Ciclopi , che, come quelle della stessa basaltica natura , ma non prismatiche, che io avea osservato in Val di Noto, LETTERA DI G. SCARABELLI 229 traggono la loro origine dagli antichi eslinli vulcani del- l'Isola. Rimasto a Messina qualche giorno, ne venni indi a Napoli. Avuto notizia che il Vesuvio nel dì 24 corrente avea a- vuta una piccola eruzione, io saliva, presa la via di Resina, il maestoso suo cono. Temerei di recarle colle mie parole soverchio tedio se cenno le facessi delle molte interes- santi cose che s' affacciavano d' ogni parte agli attoniti miei sguardi. Assai su queste hanno scritto valentissimi uo- mini, perchè anco libero io non sia dalla tema di cadere in una ripetizione, che inesatta ancora tornerebbe certamente. Mi limiterò adunque solamente a farle parola di quanto entro al piccolo cono d'eruzione, ed intorno ad esso ne succedeva. Osservato dalla parte N. 0. si presentava di forme assai bene rotondeggianti; la sua altezza era all'in- circa un terzo della sua larghezza alla base, e l'estrema parte sua, irregolarmente troncata, mostravasi di qualche grado inclinata al meriggio. Abbondantissimi vapori, e bianchissimi (per la presenza dell'acido idroclorico) da esso escivano, e questi, ad intervalli di pochi secondi, (come se da un luogo ove fossero condensati si sprigio- nassero) di violentissimo soffio mettevano suono. Salito sopra al cratere vi osservai due grandi fori in forma di imbuto, che sulla medesima direzione si trovavano disposti del N. E. al S. 0.. A quello solo che reslava al S. O- do- veasi tutta la copia del fumo che il vulcano cacciava. In quella medesima posizione io provava violentissime scosse dall' agitato suolo eh' io premeva , scosse che appunto coincidevano colle uscite a getto del fumo, ed osservava pure nell'istante medesimo innalzarsi di qualche palmo sopra il lembo superiore del cratere de' piccoli pezzi di fusa e leggiera scoria, che nel fondo di esso ricadevano. La copia del fumo era tale, e cosi incomodo l'odore in esso cagionato dall' acido muriatico, che inutili si resero i miei sforzi di potermi trattenere in quel luogo più che 230 LÈTTERA DI G. SCARAREILI pochi secondi. In questo brevissimo spazio di tempo non mi fu possibile osservare alcun gas che si mettesse in com- bustione pel contatto dell'aria, come diligentissimi osser- vatori assicurano avere notato talvolta sotto la forma di vere fiamme. Le scorie tutte, all'intorno del cratere, si tro- vavano ricoperte d' una leggera crosta di ferro muriato, che variamente in giallo tinte formavano un bellissimo con- trasto con altre vicine nerissime, e con quelle divenute bianche per l'azione di vapori acidi. Pochi fumaroli stavano in vicinanza del cratere, e questi semplici vapori acquosi cacciavano, o sol legger- mente solforosi. Alla base del cono d' eruzione al S. E. erasi aperta nella notte una uscita alla lava, la quale sten- dendosi in cìrcolo avea ricoperto per buono spazio il pia- no che rimaneva avanti di lei. Al momento ch'io l'os- servava , ancora. lentissimamente andava uscendo ; ed era bello il vedere quante bizzarre forme (attesa la massima sua tliiidilà) vestiva, a seconda degli ostacoli che le presenta- vano nel suo corso le altre, che già raffreddate le sottostava- no, e che poco innanzi aveano fluito. Molto calore traman- davano, ma nessunissimo odore venne a ferirmi le narici. Alcune fenditure nella crosta raffreddala della lava lascia- vano vedere nell'interno le lave ancora in fusione, che, tratto tratto rigonfiando in forma di larghe vesciche, scop- piavano in seguito, lasciandone uscire vapori del tutto inodori. In queste medesime crepacce mi si presentarono alcune efflorescenze di cloruro di sodio, e vi trovai pure in qualche abbondanza il ferro oligistO;, che in piccolissime lamìnelte cristalline tapezzava le porosità delle lave. Qual- che traccia mi si affacciò pure di ferro solfato : ma non mi fu possibile orma rintracciarvi di zolfo. La lava che allora scorreva era una tefrina leucilica con qualche pir rósseno (Augite). Questa imperfettissima relazione valga almeno a farle conoscere non essere avvenuti cangiamenti sensibili nel LETTERA DI G. SCARABELU 231 cratere vesuviano da quando l'osservava il Rozétnel 1843 e ne dava conto alla Società Geologica di Francia (BuUeltin Géologique, Janvier 1844). M' accorgo d' avere troppo abusato della bontà Sua , Sig. professore stimatissimo, ecc. Di Napoli 28 Gennajo 1845. (1) Questa espremone. - gli eterni suoi ghiacci - anda- va forse , per non dar luogo ad equìvoco , mitigata con wA quasi eterni suoi ghiacci. E valga il vero , in parte del- l' estale , e dell' autunno il ghiaccio non trovasi ordinaria- mente che nelle grandi e profonde crepacce situate al Nord del cono Etneo, e i poveri ne traggono vantaggio, lo rac- colgono in cesti, lo coprono con panni bagnati, e lo tra- sportano in Catania , e nelV isola di Malta , donde ritraggono denaro sufficiente pel loro sostentamento. Di più lo scrivente questa nota, nell'anno 1810, il di primo d'Ottobre, potè salire il cono perfettamente scoperto , giungere , benché a grande stento , sul cratere ; ma dopo breve dimora dovette fuggire per la sopraggiunta ìieve , unitamente o' suoi compagni , eh' erano cinque , cioè il Barone Wallershausen , il Sig. Dott. Peters , i due figli del Sig. prof Gemmellaro Carlo, e la Guida. D. G. Socio Corrispondente della Accademia Gioenia ecc. di Catania. Brandt J, F. — Nota sopra ma nuova specie di Souslik Spermophilus brevicauda. (Bullettino dell' Accad. Imp. delle Scienze di Pietroburgo, Classe Fisìco'Matematicaj T. I. ISi^.pag. 364.) Il Sig. Mènètriès nel suo Catalogo ragionato ha dato la descrizione di una specie dì spermofìlo a coda corta da lui denominato Spermophilus musìcus. Una spedizione di oggetti zoologici recentemente ricevuti dall' Aliai contiene un'altra specie pure a coda corta che denominerò Speemophilus brevicauda, Brandt. » Habitus generalis Spermophili Eversraanni. Caiida ad- » modum brevis pedum posteriorum dimidiara parlera cir- w ci ter aequans. Rostri dorsum , supercilia , area triangu- M laris sub oculis, pedum anteriorura anterior facies regio » analis et crurum posterior facies pallide ferruginea. Pe- w ctus et abdomen albida, ferrugineo lavala. Dorsum sor- » dide et pallide ferrugineo, nigricanle et albido mixtum. » Cauda supra ejusdem fere coloris, infra ferruginea, a- » pice alba, parum fasciculala. Auriculae rainimae. m )) A rostri apice ad caudae basira 11" 2". » Caudae longitudo cum pilis 2". L'Autore promette una più esatta descrizione della specie nella sua Iconografia- Brandt J. F. — Nota sopra una nuova specie di Pemince. Perdix griseogularis. ( Bullettino dell' Aìcad. Imp. delle Scienze di Pietroburgo , Classe Fisico-Matematica T. I. 1843. p. 365.) Il Sig. Karéline ha portato dal sud primo viaggio in Turcomania ed in Persia una specie di Pernice, della quale ho cercato invano la descrizione nei diversi Autori. Ras- somiglia in genere alla Perdix Heyi di Temminck , tav. col. t. 328, ed appartiene per la nudità del suo becco alla stessa divisione delle Gymnorhines- Perdix griseogularis, Brandt. » Habitus generalis fere Perdicis Heyi. Rostrura mi- M nns robustura. Dorsum, pectus et abdomen magis cine- » rascenlia et cinereo irrorata. Tectrices alarum inferiores w tenuissirae atro vermiculatae. Frons et stria supra ocu- » lum atra. Menlum cura stria pone et ante oculum al- ì) bum. Gula cura genis et capitis superiore facie cinerea. )) Colli lalera albo fuscoque transversim fasciolala. Dor- » sum et pecloris iniiium cinereo, fusco et ferrugineo fa- » sciolata. Reliqua fere ut in Perdice Hayi. » A rostri apice ad caudae apicem 9" 3'".' w Rostri longitudo ad froniem 7"'. » Alae longitudo B" 3". Tarsi longitudo 1" 2". LA SOCIETÀ AGRARIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA Darà il premio di Scudi cinquanta romani a chi pre- senterà la miglior soluzione del Quesito seguente: Prendere in esame V antico Statuto Bolognese nella parte che riguarda V Economia Campestre , e additare , se, e quali ìnodifica^ioni , ed aggiunte possono al mede- simo essere necessarie per adattarlo ai bisogni della no- stra Provincia al giorno d'oggi. Ad ottenere questo Premio potranno aspirare anche gli Agronomi -non abitanti nella Provincia di Bologna. Quanto ai Premj d'incoraggiamento la nostra Società ha l'onore di manifestare al pubblico che, avendo l'Emi- nenlissimo , e Reverendissimo Signor Cardinale Luigi Van- NiCELLi Casoni , degnissimo Legato di questa Provincia , graziosamente assegnato due Medaglie d'oro in premio ai nostri coltivatori che siensi distinti in qualche parte della pratica, una di esse Medaglie verrà accordata a chi pre- senterà le prove di avere il meglio soddisfatto alla seguen- te proposta: Dimostrare per esperienza qual sia il miglior meto- do di manifattura pei vini della nostra Provincia , tanto considerato il giornaliero consumo nell'interno, quanto avuto riguardo al commercio che si possa stabilirne al di fuori. Per il concorso al conseguimento dell'altra Medaglia il Corpo Accademico è venuto in determinazione di lasciar libero il soggetto, e potrà aspirare ad ottenerla chiunque, o per nuovi metodi introdotti nelle sue coltivazioni, o per invenzioni, e lavori di manifesta utilità nella Cam- SOCIEtX AGRAKIA di BOLOGNA 235 pestrc Economìa da esso stabiliti, e pratìcamenie spe- rimentati nelle terre del Bolognese , dimostri col fatto di essersi reso in qualche parte benemerito della nostra Agricoltura. Questi (Ine Premi sono riserbali ai soli coltivatori a- bitaoli nella Provincia di Bologna. I documenti relativi a questo concorso dovranno esse- re recapitati franchi di ogni spesa al Segretario infrascrit- to entro il giorno 31 Decembre del corrente 1845, E per ciò che riguarda le Memorie conienenli la soluzione del Quesito, ciascuna di esse avrà in fronte un motto, e sa- rà accompagnata da un viglielto sigillato, con entro T in- dicazione del nome, e domicilio dell'Autore, e fuori lo stesso motto posto in fronte della Memoria: avvertendosi inoltre che tali Memorie sieno inedite, e che non ne verrà premiata alcuna di cui 1' Autore siasi in qualche guisa manifestato. Quelli poi che concorrono per ottenere o l'uno 0 r altro dei Premj d' incoraggiamento dovranno documen- tare la domanda colle prove in iscritto del loro operato , e dei visultamcnti di quelle pratiche che siensi da essi introdot- te; tutlociò munito della firma del Parroco, e del Priore delle Comuni in cui i medesimi hanno eseguito i loro lavori , e di quella dei Socj Corrispondenti destinati dalla nostra Società per riferire intorno allo stalo dell'Agricol- tura ne' rispettivi distretti. Bologna 31 Gennaro 1845. Il Presidente ANTONIO ALESSANDRINI GIOVANNI CONTRI Segretario. SOCIETÀ AGRARIA BELLA PROVINCIA DI BOLOGNA Mentre l'industria Agraria Bolognese è di presente tutta rivolta al miglioramento del principale sostegno di essa, che consiste nell'avere numerosi, e robusti Bestiami, os- servasi con dispiacere da molti che non si pensi più gene- ralmente a provvedere meglio l' Armento di foraggi freschi nell'inverno. Il quale provvedimento è per noi di tanto maggiore importanza, anzi di assoluta necessità, in quanto che nel nostro clima gl'inverni, agronomicamente riguardati, sono per l'ordinario lunghissimi ^ ed aspri ; e però maggiormente importa che il Bestiame possa bene difendersi contro di essi col presidio di ottimi, e copiosi foraggi. Il perchè la nostra Società, persuasa che sia cosa utile il richiamare più energicamente l'attenzione, e le cure de- gli Agricoltori a questa parte principale della Campestre Economia, e della Pastorizia con qualche Premio d'inco- raggiamento, è venuta in determinazione di pubblicare il presente Programma, come addizionale all'altro già pub- blicalo il 31 Gennajo del corrente anno , proponendo il se- guente soggetto. Indicare quali sarebbero i foraggi atti a sommini- strarsi freschi al Bestiame nella stagione invernale , e che potessero proficuamente coltivarsi nella nostra Provincia avuto riguardo alla natura del clima, alla diversità dei terreni, alla loro ubicazione, ed alle rotazioni agrarie fra noi praticate. Farne conoscere il valore nutritivo rispet- tivamente alle diverse specie di vegetabili che si propor- ranno ; il metodo più vantaggioso di coltivarli , raccoglier- SOCIETÀ AGRARIA DI BOLOGNA 237 li , e conservarli ; e le avvertente da aversi nella som- ministra'^ione loro al Bestiame. Gli asserti dovranno con- validarsi con prove di fatto dedotte da ripetute , ed ac- curate sperien-^e eseguite nella nostra Provincia. E perchè le coltivazioni di alcuni vegetabili altrove adoperati a quest'uso, ed i metodi seguiti altrove nell' ap- prestarli in cibo al Bestiame, quantunque noli fra noi, hanno incontrato presso alcuni qualche difficoltà nell' adot- tarli , la nostra Società ha reputato necessario di concede- re un tempo conveniente per dar luogo agli sperimenti, ed acciocché ancora i risultati di questi possano essere cor- redati di concludenti prove. Perciò il concorso al Premio assegnato in ^ 40 romani verrà chiuso solamente il giorno ultimo dell'Anno 1847. Esso Premio è riserbato ai soli coltivatori abitanti nella Provincia di Bologna, ed i concorrenti dovranno entro il surriferito termine aver recapitato, franchi di ogni spesa al sottoscritto Segretario, i documenti in iscritto compro- vanti il loro operato, ed i risultamenti delle coltivazioni, e delle pratiche da essi stabilite, muniti delle firme del Parroco , e del Priore de' Comuni in cui i medesimi avran- no istituito i loro esperimenti j e di quella insieme dei So- cj Corrispondenti destinati dalla nostra Società per riferire intorno allo stato dell'Agricoltura nei rispellivi Distretli. Bologna 10 Marzo 1845. Il Presidente ANTONIO ALESSANDRINI GIOVANNI CONTRI Segretario. SETTIMA RIUNIONE DEGLI Q^aasraa^i^a a^^aa che oggi dicesi elettrica: e mollo fa alla gloria del no- » stro paese che quivi si dischiudessero i semi, dai quali » lo studio e l'ingegno dei moderrai, trassero, in copia ;, )) grandi ed utili fruiti. E questo sia detto perchè mi pa- » re oggidì dismessa, in generalità, l'usanza lodevole di M cercare, prima che altrove, sulla dottrina degli avi no- j) stri l'origine delle scienze e delle arti: della quale non M curanza traggono spesso profitto gli stranieri invidiosi M della gloria d'Italia, i quali, sopra il nostro silenzio, » possono, senza molestia^ appropriarsi gran parte del- » l'antica italiana sapienza ». 9. Sessione. 9 Gennajo 1845- È offerta all'Accademia in nome dell'Autore il N. U. Sig. Luigi dei Marchesi Ridolfi una Memoria di Matema- tica col titolo — Di alcuni usi delle epicicloidi , e di uno 286 RENDICONTO ACCADEMICO Strumento per la loro descrizione e specialmente per quel- le deli'Elisse. Firenze 1844. in ottavo di pag. 49, con due tavole. Il Presidente nel presentare una Memoria di concorso al premio Aldini sul Galvanismo, pervenuta nelle mani del Segretario lì 28 del p. p. Dicembre, avverte essere questa la sola inviata al concorso, portante sulla scheda sigillata che l'accompagna la seguente epigrafe: . ... Le nom de Galvani ne perirà point, les sie- cles futurs profiieront de sa dècouverte. (Humboldt, Ex- pèriences sur le galvanisme Gap. X. p. 361). Premessa la lettura degli articoli del Regolamento che risguardano il metodo di devenire al giudizio di una tale Memoria, preliminarmente nomina una Commissione inca- ricata dell'esame e del ragionato rapporto sul contenuto nella scrittura- li lodato Presidente Prof. Silvestro Gherardi ricorda all'Accademia i meriti scientifici di uno dei più distinti de' suoi Membri pensionali recitandone un ben forbito Elogio al quale dà il modesto titolo di — Artìcolo Necrologico suW Ingegnere Francesco Bertelli morto in Bologna nel princìpio del 1844. — Non essendo questa scrittura suscettibile di estratto, e certi d'altronde che fra non molto sarà per intero fatta di pubblico diritto colle slampe, ci limiteremo a trascri- vere soltanto il catalogo delle Opere edite ed inedite del- l' illustre Matematico. Opere edite. 1. Riflessioni sui Campioni di contributo degli scoli Consorziali. Bologna Tipografia della Volpe al Sassi 1830. 2. Saggio di una nuova teoria sull'equilibrio delle DEL PROF. A. ALESSANDRINI 287 volte applicabile con generalità alla pratica. Letto all'Ac- cademia delle Scienze dell' Istituto di Bologna nel 1836, e pubblicato nel 1836, Tip. sudd. 3. Discorso sull'attuale occorrenza d'osservazioni di- rette a perfezionare le formole e le tavole del movimento de' corpi celesti, è necessità di accomodare a tale scopo i calcoli delie effemeridi astronomiche. Letto alla sudd. Ac- cademia nel 1836^ e pubblicato nell'anno stesso. Tipo- grafìa suddetta. 4. De inflexìone laterum in micrometris Dìsquisìtio- nes. Mem. letta ali' Accademia sudd. del 1837 e pubblicala nel Tomo IV pag. 381 de Novi Commentarii AccademiìE SCIENTIARI'M InsTITUTI BONONIENSIS. 1840. 5. Conjecturae de anomalìa , cui ex opticis qiiibitsdam experimentis obnoxìa esse videtur gcneralis lex refractio- nis. Mem. Iella alla slessa Accademia nel 1838, ed uscita nel Tomo VI de' suoi Nuovi Commenlarj, pag. 3. 1844. 6. De derivatione alìisque proprietatibus formularum, quas Mechanica Coelestis usurpatur ad planetarum motiis exhibendos , et ad perturbationes definiendas qmbus eo- riindem conversiones ea de causa afficiuntur. Memoria Iella all'Accademia medesima del 1840 e pubblicata nel citato Tomo VI pag. 123 dei Commenlarj. 7. Evolutìo functìonis perturbatricis quam involvunt aequatìoncs diffcrentiales motus cujuscumque planeiae viri- bus tracti alìorum plenetorum, solisque vi praevalenti : nec non animadversioiics in quaedam praecipua ejus evolutio- nìs loca quae alìquam posiidant emendationem. Memoria letta all'Accademia slessa sul principio del 1841, e usci- ta collo stesso Tomo VI de' suoi Commenlarj , p. 239. 1844. 8. Elementi di Meccanica Celeste. Voi. I. Un volume in quarto di pag. 41)G con due tavole in fol. Bologna Tip. Governali va alla Volpe 1841. 288 RENDICONTO ACCADEMICO Opere inedite. 1. Progetto di uno scolo generale per la pianura bo- lognese fatto d' ordine delle private Congregazioni Consor- ziali degli scoli del bolognese, ma specialmente di quella del quarto Circondario detta del canale della botte. Pre- sentato per intero sul fine del 1826. 2. Sunto storico con illustrazioni intorno alle osser- vazioni astronomiche eseguite nella Specola di Bologna dalla sua fondazione finoall833. Letto all' Accademia sud- detta nel 1836 insieme al discorso segnato sotto il N. 3 del precedente elenco. 3. Relazione fra la quantità d'acqua delle pioggie e le conseguenti piene degli Alvei, dedotte da una serie di osservazioni di questa classe di fenomeni , anziché da speri- mentali apparecchi, o da ipotesi, e regole che ne dipen- dono per la soluzione dell'importante problema idraulico diretto: nota le ubicazioni e l'area di un territorio incol- to e soggetto ad innondazioni , determinare la portata delle piene massime dell'alveo da formarsi atto ad accogliere e trasmettere le acque di piogge nell' accennate superfìcie ca- denti? Memoria letta alla medesima Accademia del 1841. 4. Del Piesimetro, strumento ideato per istituire delle ricerche sperimentali, dirette alla risoluzione del problema delle pressioni dei corpi solidi, nei casi in cui la misura di esse , secondo le analoghe teorie meccaniche si mani- festa indeterminata. Memoria letta alla ridetta Accademia nel 1843. 5. Considerazioni e ricerche intorno al fiume Reno (di Bologna) e sulle campagne fra le quali ei scorre. Me- moria letta alla Società Agraria della Provincia di Bologna in Dicembre del 1S43. 6. Sunto istorico-ragionato dei diversi tentativi per la risoluzione del suddetto problema delle pressioni de' corpi DEL FROF. A. ALESSANDRINI 289 solidi ne' casi in cui la misura di esse, secondo le ana- loghe teorie manifestasi indeterminata. Presentalo all'Ac- cademia suddetta dell'Istituto, dopo la morte dell'Autore, in Marzo del 1844. Francesco Bertelli perde la vita, dopo breve malattia, il sette Febbrajo del 1844^ non compito ancora il deci- mo lustro. L'Accademico pensionato Dott. Amadeo Amadei legge un Rapporto dell'Accademico Dott. Giulio Bedetti, impe- dito per grave malattia dall' intervenire alla seduta, intor- no una Mappa offerta in dono all'Accademia dal N. U. il Sig- Barone Vizer. Da Cornarti d'Ungheria venne al Magnifico Rettore di questa nostra Università diretto per lettera un involto contenente altra lettera all'Inclita, Alma e Celeberrima Università di Scienze ed Arti liberali, una nota d'opere^ ed una mappa geografica della (Diocesi di Wes^prim. Le due lettere, l'opere, e la mappa sono del .Sig. Stefano Fì'^er, nobile ungarese, sostituto di Matematica per tutta l'Ungheria, Assessore de' tribunali di molle Contee, e membro d' un Ordine cavalleresco. E cominciando dalla lettera alla nostra Università , il Sig. Fi'^er chiama se stesso fortunato, perocché gli sia conceduto di far cosa grata a questa Università offerendole quella sua mappa. La prega poi a degnarsi d'accoglierla graziosamente, come opera di dieci anni di fatiche, reputata nella sua patria degna di pubblico premio, e nella erudita Francia decorata della laurea d'onore; e la prega ancora a tener grata memoria di sé, che in varie parli della Filosofia, delle Matemati- che, della Fisica, della Geologia e Geognosia, dell'Eco- nomia, e della Tecnologia va da 30 anni e più con non comune zelo sudando ; di che reca in lesliraonio le opere sue pubblicate, che fra minori e maggiori superano già il centinajo, le qualtro uovcllauicote venule alla pubblica N. Ann. Se. N.uuu. Skiue 11. Tom. 3. 19 290 RENDICONTO ACCADÈMICO luce, cioè una Cosmologia , una Geologia , e Geognosìa, la Descri^iojie fisica de' monti Carpa'^%j , e la Climatologia del Regno d' Ungheria; non che altre ed altre opere da pubblicarsi ben tosto, più sublimi ed amene risguardanti li più stupendi fenomeni naturali. Finalmente domanda, che l'Università nostra si compiaccia farlo partecipe de' suoi Annali, che d'anno in anno essa pubblica, e decorarlo del grado di Dottor Collegiato di Fisolofia e d'Arti libe- rali: eletto poi membro Onorario della facoltà filosofica, promette in ricambio di comunicare alla Università tulle le invenzioni, le naturali osservazioni e le cose che riguar- dano alle Scienze ed alle Arti liberali^ che saranno per uscire al pubblico nella Ungheria , e ne' vicini Regni e Provincie : dichiara che secondo l' usato costume egli stes- so, 0 per mandatario avrebbe presentato la sua mappa in luogo della orazione inaugurale; ma che nullaraeno con qualche special opera erudita dimostrerà la sua gratitudine» La Nota delle opere ;, dette dal Sig. Fi^er prelibale, ha per titolo: Nunciwn lìterarium ex Hungaria super re- centissimis operibus literariis Auctoris Stephani Vi^er eie Tiene il primo luogo la mappa geografica della Dio- cesi di Wes%prim: seguono indi le quattro opere dette di sopra, perlinenii alla naturai filosofia, scritte in lingua uugarese: poi tre Poemi latini^ cioè Poema lalinum suae Majeslatis sacratissimae Caesareo-Regiae Ferdinando I, Augustissimo Austriae Imperatori eie. eie sacratum; Tro- phaeum gloriae immortali sacrum! Augustissimi, ac Po- tentissimi Gallorura Regis Ludovici Philippi eie eie ho- noribus sacratum ; Triumphus immortalis Victoriae, orbis annalibus celebrandae, per heroicara Hispaniarum urbera Sevillara victoriose rcportatus. E di queste otto opere fa- rebbe pur dono l'Autore alla Università, ove ai suoi de- siderj fosse dato adempimento. La mappa che il Sig. Tqer presenta alla Università nostra, è coslruita secondo il metodo delle projezioni ste- DEL PROF. A. ALESSANDRINI 291 reografìche, posta la terra sferoidale. Le longitudini sono contate secondo l'antico nso dall'Isola del Ferro. Non più della mappa; che per voi medesimi, A. S-, potete pren- derne notizia senza perdere nel leggerla tutto quel tempo che io ho dovuto impiegare per giungere ad intendere la scrittura , e ad interpretare il senso delle lettere del No- bile Ungarese. Anzi ho creduto, che questo breve cenno vi basti perchè conosciate i meriti, e le richieste dell' Au- tor della Mappa. 10. Sessione- 16 Gennajo 1845. Viene partecipata al Consesso lettera del Sig. Prof. Giusto Bellavitis, in data di Vicenza 31 Ottobre, colla quale ringrazia l'Accademia per la sua recente aggrega- zione fra i Corrispondenti^ inviandole in dono ancora le seguenti sue Memorie pubblicate colle stampe. Tentativi sui fondamenti dell'Algebra, in seguito alla Memoria del Sig. Cauchy sui metodi analitici inserita nel Novembre 1830 della Biblioteca Italiana. Annali delle Scien- ze del Regno Lombardo-Veneto, Tomo I. Meccanica ceìesle. Pomsot. Determinazione dell'Equa- tore del Sistema Solare. Articolo inserito negli Annali sud- detti Tomo II. 1832. Sopra alcuni teoremi di Geometria. Brano di lettera al Sig. Girolamo Resti Ferrari. Annali sudd. Voi. II. Bi- mestre 1.** 1842 pag. 47. Sulla natura delle forze resistenti dei corpi , e quindi spiegazione della singolare rottura di fili osservata dal Prof. Elice. Verona 1832 in 8.° di pag. 18. Intorno due nuovi Oligocronometri. Dal Poligrafo di Verona, quaderno di Ottobre 1832. Saggio di applicazione di un nuovo metodo di Geo- metria analitica. Dagli Annali suddetti Tomo V. 1835. 292 BENDICONTO AGGADEItlIGO Teoria delle figure inverse, e loro uso nella Geome- tria elementare. Dagli Annali suddetti Tom. VI 1836. Saggio di Geometria derivala. Dai Nuovi Saggi della I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova. Metodo dell'equipollenze. Dagli Annali suddetti To- mo VII. 1837. Risposta alla difesa del Doti. A. Fusinieri dei suoi principj di meccanica molecolare tratti dall' esperienza. An- nali ec. 5.° bimestre 1841. Soluzioni grafiche di problemi geometrici del primo e del secondo grado trovate col metodo delle equipollenze. Dal Voi. I. delle Memorie dell'I. R. Istituto Veneto. Ve- nezia 1843 in 4.0. Alle Memorie stampate erano unite ancora due ma- nuscritte lette all'I. R. Istituto Veneto, le quali trattano — Della dottrina del calorico raggiante — e — Del movi- mento di un liquido che discende in modo perfettamente simmetrico rispetto ad un asse verticale. L' Accademico pens. Prof. Luigi Casinelli legge un — Saggio di risoluzione delie equazioni Algebriche letterali deterofinate fondato sulla trasformazione che ne procura la differenziazione trattando per variabile l'incognita con uno qualunque dei laterali coefficienti — . Due sono i principj analitici sui quali è fondato l'ingegnoso artifizio del eh. Collega. L' uno è che il risultato della differenzia- zione di un'equazione per le varie combinazioni che di esso ponno farsi coli' equazione data riceve forme differen- ziali varie; l'altro, che l'integrale completo dell'equazio- ne differenziale così ottenuta, mentre secondo i vari mezzi impiegati nell' integrarla, di varie forme esso pure si può presentare, e mediante l'opportuna determinazione della costante dell'integrale può sempre rendersi equivalente al- l'equazione proposta, e soltanto differente nella forma, questa diversa forma può andare esente dalle difficoltà , che DEI PROF. A. ALESSANDRINI 293 s'incontrano a risolverla nella forma primitiva. Tal meto- do s'assomiglia a quello che si pratica nella trasforma- zione delle funzioni. Ma a tale permutazione differenziale sempre possibile non corrisponde generalmente l' operazio- ne indispensabile dell' integrazione per le diflìcollà in questa non minori di quelle die si tenia di evitare. Di fatto giunto l'Accademico a ben riuscirne (ino alle equazioni di quarto grado ne dimostra egli stesso l'inefficacia per le equazioni superiori, tranne molti casi di già nolo processo di risolu- zione. Ma così ancora ha reso utile servigio alla scienza, preservando chi la coltiva da un' inutile intrapresa in ma- teria spinosa in cui è prezioso un siffatto risparmio. Ammesso dal Presidente alla lettura il giovine Medico- Chirurgo Signor Dott. Gaetano Scandellari , espone la sto- ria di parecchie cure felicemente riuscite in diversi indi- vidui afTelli da varici esterne , praticando sulle vene affette, e sugli stessi tumori varicosi, l'acupuntura, seguendo nell'operazione il processo dal di lui Maestro, il Prof. Riz- zoli , già da qualche anno adottato , e del quale si tenne di- scorso nel Rendiconto delle Sessioni dell'Accademia del- l' ultimo p. anno alla p. 67. Dalle proprie osservazioni ne de- duce lo Scandellari l' innocuità del semplicissimo processo anche quando, per speciale circostanza, riesca inutile; che i così detti nodi varicosi si rassodano più presto delle va- rici , e che perciò in queste fa duopo che gli aghi vi re- stino più lungamente; che si dovrà praticare una seconda volta l'acupuntura, quando la prima sia slata infruttosa, e di tutte le vene operale , o di quelle soltanto in cui non siasi verificata la superstite grossezza e resistenza. Finalmente l'Accademico pensionato Dottor Amadeo Amadei legge ia sua — Rela:{ìone sulle Osserva'^ìoni Astronomiche di Qrecnmch per V anno 1842. — della quale n'era stato incaricato nella Sessione delti 21 p. p. Novem- bre, e che qui si inserisce per intero. 294 RENDICONTO ACCADEMICO 1. Invitalo dal eh. nostro Presidente a dirvi alcuna cosa, 0 Sapientissimi Colleghi, intorno al sontuoso Volu- me inviato alla Accademia dalia Società Astronomica di Londra, e contenente le osservazioni astronomiche fatte nel R. Osservatorio di Greenwich durante l'anno 1842 sotto la direzione del celebre Astronomo Giorgio Airy, io pen- sai da prima poter essere brevissimo ad onta della grossa mole di esso volume; imperocché se alcuna volta per via di numeriche cifre si compendia un lungo discorso, al- cun' altra per poche parole si può esprimere la rappresen- tazione di nn immenso numero di cifre. E questo sarebbe stato appunto il caso, ove la somma importanza delle materie non avesse assolutamente richiesto pittostochè una semplice relazione, un ragionamento. Io tengo avviso che la più parte delle undici serie d'osservazioni qui registrate costituiscano gli elementi fondamentali alla perfettibilità della scienza astronomica: verrò quindi di ciascuna ordi- natamente parlando, non senza però far prima notare come a loro vada innanzi una chiara spiegazione di tutte le for- mule e tavole le quali hanno servito alle correzioni e ri- duzioni delle fatte osservazioni. 1.^ Serie cC Osservazioni 2. Queste osservazioni si riferiscono al passaggio pel meridiano di stelle fisse ;, e pianeti dal 1.° Gennaro a tutto l'anno. Il loro fine è di dedurre l'AR apparente degli astri, e la corrispondente annua variazione, talché nel cai-, colo della posizione media conduca a rigore il tener conto soltanto della prima potenza del tempo. I passaggi sono osservali a un circolo meridiano, il di cui canocchiale porta un micrometro di 7 fili metallici , dalla conosciuta distanza de' quali si ha per un semplicissimo calcolo il tempo del passaggio dell'astro pel centro dello strumento , o sia per la linea meridiana. Il rigore di tali osservazioni si rende DEL fROf. A. ALESSANDRINI 295 ben tosto manifesto per la semplice considerazione che ol- tre le ordinarie correzioni ognuna ha notato l'errore di collimazione, quello di livello, e persino l'azimutale. È pure notala in questa serie per una gran parte delle os- servazioni l'equazione dell' orologio dedotta dall' immediato confronto dell' AR osservata di quegli astri, la di cui posi- zione e rispettiva annua variazione sia già data dai Ca- taloghi. 2.* Serie d' Osserva'^ìont. 3. Osservazioni dell' AR apparente della polare per lutto l'anno, e della S Ursae 3Imons dal Gennaro al Set- tembre confrontala colla media, e della media di diverse altre stelle. Di queste ultime è notalo solo il giorno del- l' anno in cui si sono falle. Il fine delle prime si è quello di determinare le variazioni della polare, onde avere di continuo la vera posizione del polo, la quale serve di base alle osservazioni della serie seguente. 3.' Serie d' Osservazioni. 4. Osservazioni fatte al circolo murale di Troughton dal 1 Gennaro al 28 Decembre; per le quali viene a de- terminarsi la distanza zenitale apparente degli astri, e la distanza geocentrica del polo boreale. La delicatezza con cui sono fatte tali osservazioni è veramente straordinaria. Da quanto ho potuto desumere dalle indicazioni de' pro- spetti d'osservazione, esistono nel circolo sino a sei nonii, dall' indicazione media de' quali si desume la lettura della graduazione serviente poi all'appuntatura dello strumento allo Zenit, oltre tulle le altre correzioni come pel suac- cennato islrumento de' passaggi. Dedotta da queste osser- vazioni la distanza zenitale apparente di un astro, e cal- colala la rifrazione, si aggiungono entrambe alla co-lalilu- 296 BENDICONTO ACCADEMICO (line assunta per Greenwicli di 38** 31' 21'', e la loro som- ma somministra poi la disianza geocentrica dal polo borea- le. A me pare che tali osservazioni siano combinate con sapiente consiglio , imperocché solo in questo modo si può pervenire al vero valore della declinazione degli astri: qualora esse riferisconsi a corpi erranti, trovasi pure re- gistrato il valore della parallasse, e del semidiametro mi- surato non si dice poi se dal tempo impiegato nel passag- gio, 0 da un micrometro a filo cursore, od altro ingegno di questa specie. Le 3 predette serie d' osservazioni sono segnile dalla deduzione della distanza polare media degli astri osservati , e da un Catalogo di 414 stelle , di cui è data l'AR. media, e la media distanza polare nord, com- plemento della declinazione, pel 1 Gennaro 1842 unita- mente alle loro rispettive annue variazioni. 4.^ Serie d" Osservazioni. 6. Questa 4.'^ serie d'osservazioni che si riferisce ai diametri orizzontali e verticali, AR^ declinazioni del Sole, della Luna , e dei Pianeti dedotte dalle osservazioni e con- frontate colle posizioni calcolate preventivamente, e regi- strate nel Nauiical-Almanac (Effemeridi di Londra) è della più alla importanza pei progressi della Scienza. In prima sono le osservazioni del tempo siderale impiegato nel passaggio al meridiano dal diametro del Sole, e del diametro stesso per tutto Tanno e confrontato con quel- lo dato dal calcolo preventivo affine di ottenere l'errore apparente del Nautico-Almanacco. Seguono le slesse os- servazioni e gli stessi confronti per la Luna, per Giove, Venere , Saturno. Dopo sono registrale le osservazioni delle AR, e declinazioni de' suddetti corpi nell'ordine seguente: il tempo medio solare dell' osservazione , l' AR dedotta dal- l' osservazione ; posizione data dalli calcoli preventivi colle tavole, errori delle tavole; la stessa cosa per la distanza DEI PROF. A. AttSSANDRmi 597 polare nord. Queste iiltirae osservazioni oltre alli sunno- minati corpi si riferiscono ancora a Marte, Vesta, Giuno- ne ed Urano. Tutte queste posizioni geocentriche median- te le opportune formolo sono state convertite nelle elio- centriche, e si trovano per opportuni confronti registrati gli errori a cui conducono le tavole ne' calcoli preventivi. 6.* Serie d'Osservazioni 6. Osservazioni delia 7 Draconìs fatte col tubo zeni- tale, e riduzione di tali osservazioni per tutto l'anno. La descrizione di tale strumento, il metodo d'osservazione e di correzione trovasi nell' Introduzione alle osservazioni pel 1837 _, e qui non trovo opportuno riferirne. Credo solo importi il sapere che tali osservazioni sono fatte per veri- ficare l'indicazione del vero punto dello Zenit de' circoli mu- rali , e meridiani : imperocché la stella 7 Draconìs è distante dallo Zenit di Greenwich per soli 118", quantità d'arco la quale potendo stare entro il campo di un canocchiale permet- te all' osservatore di potere in una serie qualsiasi annua d'os- servazioni di avere esattamente notato e riscontrato nella macchina il vero punto dello Zenit, da cui dipende imme- diatamente la dclerminazione delle declinazioni degli astri. A ben comprendere poi la delicatezza con cui sono falle tali osservazioni, sarebbe necessaria la descrizione della macchina, che io tralascio; non permettendolo i limiti di qnesto rapporto. 6.* Serie d' Osservazioni. 7. La sesta serie d'osservazioni si riferisce al tempo impiegato dal diametro lunare nel suo passaggio ai fili d'un micrometro di un Equatoriale orientale. Sono osservati per tutto l'anno i tempi dell' appulso a tre fili metallici dei due lembi lunari , e dalla differenza di tali tempi si deduce la 298 RENDICONTO ACCADEMICO durata del passaggio del diametro, o in altri termìDì il diametro lunare in tempo, il quale confrontalo con quello dato dalle tavole conduce agli errori di queste. 7." e 8.^ Serie d'Osservazioni. 8. La 7.^ ed 8.* serie d' osservazioni è data alla de- terminazione della posizione in AR e declinazione della co- meta di Encke dal 1 Marzo alli 9 Aprile, e di quella dì Laugier dal 24 al 26 Novembre. Tali osservazioni sono fatte le prime a un Equatoriale orientale, le seconde a un Equatoriale meridionale, e col metodo di confronto con diverse stelle conosciute di posizione e vicine alla cometa a modo da stare contemporaneamente nel campo del canoc- chiale. Questo metodo d'osservazione che si adopera spe- cialmente quando non si possono osservare le comete nel loro passaggio al Meridiano^ conduce a un'esattezza ugua- le a quella che può ottenersi dal determinarne la posizio- ne direttamente dall'osservazione del passaggio, nel sup- posto però che sia esatta la posizione dell'astro di con- fronto, lo che include la necessità della l.'^ serie d' osser- vazioni^ della cui importanza sarà discorso tra breve. Of- fre poi il vantaggio di poter osservare le diverse posizioni d' una cometa a brevissimi intervalli di tempo , e così ot- tenere una più esatta espressione ne' valori de' movimenti orarii e diurni; quindi se si tratti di comete conosciute, si potrà instituire un pili esatto confronto tra il calcolo pre- ventivo e l'osservazione, e dedurne gli errori delle tavole del moto parabolico ; e se si tratti di comete nuove, si avran- no più sicuri dati a calcolarne l'orbita. Le suaccennate osservazioni delle due comete sono fatte con tutta l'esattez- za possibile e colle precauzioni e correzioni accennate per la 1'* serie a modo che gli osservatori inglesi ci danno per sicuri i decimi di secondo d'arco. DEL PROF. A. ALESSAnOaiNI 299 9.* Serie d' OsservaT^ionì. 9. Nella nona serie d'osservazioni sono registrate le ecclissi de' satelliti di Giove, e le occultazioni osservate delle stelle dietro la Luna unitamente alle equazioni de- dotte dall'osservazione. Assicurati per le equazioni dei tem- pi degli orologii del vero tempo sidereo dell'occultazione, per mezzo di opportune formole si perviene alla posizione geocentrica della Luna con un calcolo che io chiamerei di regresso, imperocché per calcolare uu' occultazione è d'uo- po passare dalla posizione geocentrica alla posizione ap- parente della Luna. Registrate pertanto tali posizioni geo- centriche dedotte dall'immediata osservazione, si trova per un'equazione finale la correzione di cui ponno abbisognare 0 le tavole, o le posizioni da queste dedotte, o si potreb- be ancora la correzione trovare per le longitudini e latitu- dini geografiche. 10." Serie (V Osservazioni 10. Misure delle distanze ed angoli di posizione delle stelle doppie 7 Virgìnìs, e Bootìs, vi Canis 3Iajorìs, e dei diametri de' pianeti Mercurio, Venere, Giove e Satur- no , fatte con un micrometro a doppia immagine in un Equatoriale orientale-meridionale. Di tali osservazioni inte- ressano le prime specialmente pe' nuovi cataloglii delle stelle doppie che ora stannosi compilando , le seconde per trovar sempre gli errori delle tavole. 11.'' Serie d' Osserva^^ìom. 11. In quest'ultima serie d' osservazioni sono registra- ti gli andamenti di oltre sessanta Cronometri alla prova coi pendoli dell' Osservatorio , i quali Cronometri sono poi 300 RENDICONTO ACCADEMICO comprati dall' Ammiragliato. In tale confronto si è tenuto conto dell'effetto della temperatura su questi delicatissimi strumenti: dico delicatissimi, imperocché ognuno rimarrà sorpreso nell'udire che non v' ha uno di tali cronometri che nel corso di un anno abbia alterato il suo movimento per [più di 69", mentre non pochi tra questi non sono giunti ad alterarlo per una seconda. A tanto giunge il per- fezionamento dell'arte in que' luoghi ove si conosce ap- pieno il benefizio che desso arreca alla comunanza civile. Non è poi d'uopo che io dica della necessità, dell' esattez- za di tali strumenti indispensabili al buon regolamento di una nave. 12. A queste interessantissime serie d' osservazioni se- gue un Catalogo di 1439 stelle riferite di posizione me- dia al 1 Gennaro 1840, le di cui AR, declinazioni ed a- naloghe annue variazioni sono dedotte dalle osservazioni fatte al R. Osservatorio di Greenwich dal 1 Gennaro 1836 al 31 Decembre 1841. In tale catalogo sono assai vantag- giosamente notate le corrispondenze coi cataloghi di Flam- steed, Bessel, Bradley, Piazzi, Groorabridge, Pond, Ar- gelander, Johson, Taylor, come pure il numero delle os- servazioni da cui quelle posizioni sono stale dedotte. Chiude il volume il rapporto dei visitatori Reali, dal quale risulta «n'assoluta approvazione sulla condotta dello stabilimento , e ove si lodano specialmente le osservazioni meteorologiche e magnetiche che però nel Volume non sono registrate. 13. Io dissi costituire le surriferite serie d'osservazio- ni gli elementi fondamentali alla perfettibilità della Scienza Astronomica j e perciocché alcuno non creda aggirarsi per l'esagerato la mia asserzione, eccomi a dimostrarlo. La scienza , o per meglio dire l' Astronomia razionale non ab- bisogna di sostanziali progredimenti. Abbastanza dimostra- to il principio semplicissimo de' movimenti , e delle vicen- devoli azioni de' corpi celesti , sommi Geometri hanno già svolto per ogni Iato i più intricati problemi, e teoricamente DEL PROF. A. ALESSAMDHINI 301 parlando, coli' attuale algoritmo di calcolo io non saprei trovare un nuovo ramo di celeste Meccanica. Se si tratti della costituzione fìsica de' corpi nello spazio , e del loro modo di essere e di muoversi, non è dato all'uomo escire dal campo delle ipotesi , e tutto quanto potrà da lui idearsi sopra sì fatto argomento non potrà mai costituirsi in di- mostrato sistema. E poi si tenga per fermo esserci conces- so di osservare e determinare soltanto il moto de' corpi che la dimora nostra circondano, e per mirabile disposi- zione della Provvidenza trarre da tali movimenti utili ap- plicazioni agli attuali bisogni della vita civile nel tempo istesso che viene soddisfatta la curiosità dello spirito, al- tro per certo non lieve bisogno degli studiosi della natura- 14. Seguita da ciò che la somma delle cure di coloro i quali la scienza Astronomica coltivano o professano, de- ve coordinarsi alle applicazioni, ed a giusta ragione non può aver nome d'Osservatorio-Astronomico ogni Stabili- mento di questo genere in cui la teorica sola sia coltivata. Sarebbe inutile e in pari tempo inopportuno che io ora anche brevemente numerassi le utilissime applicazioni della scienza in discorso : solo affine di venire più direttamente alla promessa dimostrazione dirò che, ove nella valutazio- ne degli elementi i quali conducono a un calcolo preven- tivo delle posizioni de' corpi celesti più o meno esatto a seconda che più o meno possono essere esalti quegli ele- menti stessi si potesse tener conto di tutto ciò che la teo- rica suppone , determinati una volta tali elementi , e le loro periodiche variazioni , il calcolo preventivo e sue applica- zioni non avrebbero più d' uopo d' ulteriori perfezionamenti. Ma la natura della Scienza Astronomica è tale che non potendo rappresentare i moti dei corpi da lei considerati per una serie d'un ordine determinato deve ricorrere di continuo all' osservazione , la quale facendo conoscere l' er- rore delle tavole induca per una progressiva correzione ad una fedele rappresentazione dei detti movimenti. 302 RENDICONTO ACCADEMICO 15. Se non v' ha alcuno, il quale per quanto poco sappia d' Astrononoia non conosca le utili applicazioni che si fanno de' cataloghi delle stelle specialmente alla Geo- grafia, a pochi però è noto come le variazioni annue di tali posizioni non siano esattamente proporzionali al tempo, e come bene ancora non siasi pervenuto a rappresentare fedelmente per una formola analitica una tal legge di va- riazione. A questo bisogno della scienza suppliscono ap- punto le osservazioni della 1% 2*, 3% 4* serie tra le rife- rite , e i rispettivi cataloghi che ne sono stati dedotti. Qua- lora il tempo scorso tra la compilazione del catalogo e l'epoca del calcolo preventivo della posizione media di un astro è brevissimo, qualunque siasi la legge delle variazioni, essendo queste piccolissime non si commetterà errore sen- sibile assumendole proporzionali al tempo : così non sareb- be se quel tempo sommasse ad un numero discreto di an- ni. Ne viene adunque che i riferiti cataloghi conducendo a tutta quell'esattezza che è sperabile in sì fatto genere di cose hanno in sé 1' elemento opportuno al progresso della Scienza. 16. Se i corpi erranti del nostro parziale sistema so- lare nel loro movimento attorno al sole obbedissero alla sola azione di questo, facile ne riuscirebbe la determinazio- ne degli elementi delle loro orbite, facile quindi la com- pilazione delle tavole che conducono alla rappresentazione preventiva dei loro movimenti e delle loro posizioni. Ma le loro mutue azioni li perturbano: e se la Meccanica ce- leste ha potuto stabilire per via della più sublime analisi le formole a valutare ancora tali perturbazioni, ha però in esse lasciate molle costanti arbitrarie la di cui deter- minazione unicamente dalle osservazioni dipende. E questo non solo, ma le masse de' pianeti da cui in gran parte dipendono i valori delle perturbazioni sono esse, e posso- no esserlo, assolutamente determinate? Senza ricorrere ad una combiaaziODe di calcolo e di osservazioni? Io penso DEL prof: a. AlESSANDRim 303 che no. La scienza adunque affine di progredire al suo perfe- zionamenlo, che quello sarebbe di poter giungere a rappre- sentare fedelmente i moli di questi corpi, ha avuto biso- gno di crearsi un modo tutto suo proprio che è il seguen- te. Si calcolano preventivamente le posizioni eliocentriche de' pianeti cogli elementi dati dalle tavole tenendo pur conto ancora delle perturbazioni, e queste posizioni si con- vertono in quelle che deggiono aver luogo per un dato punto della superficie terrestre. Si confrontano poscia tali posizioni con quelle date da un'accurata osservazione, ot- tenendosi per tale guisa la differenza tra il calcolo pre- ventivo e l'osservazione,, alla quale differenza si dà il no- me di errore delle tavole. Ora pertanto convertendo la po- sizione osservata in geocentrica, e questa in eliocentrica, come dagli elementi presupposti cogniti una tal posizione si dedusse, così per un regresso di calcolo dalia posizione nota si perviene alla determinazione de' così detti elementi dell'orbila. E questo si farà fintantoché si pervenga ad un valor tale di questi elementi , che condur possa alla prefala fedele rappresentazione. Di pervenire a ciò hanno per fine le osservazioni della 4% 6"^ e 9"* serie, ed ecco il perchè io dissi presentare desse il massimo interesse pei progressi della Scienza. 17. Mi cade qui in acconcio di fare una riflessione, la quale tengo avviso sia atta a far toccar con mano l'inu- tilità della più parte delle Effemeridi Astronomiche, al- meno quanto ai perfezionaraenli richiesti dai bisogni attua- li della Scienza. Esaminale attentamente le differenze tra il calcolo preventivo e l'osservazione delle posizioni spe- cialmente de' pianeti, ho trovato stare esse di continuo nel limite di seconde, e decimi di queste. Per conseguente io così meco stesso ho ragionato: se dunque un'Effemeride Astronomica non abbia condotto il calcolo preventivo delle posizioni sino alle seconde e loro decimi , essa diverrà inu- tile ai progressi della Scienza, imperocché non potendosi 304 RENDICONTO ACCADEMICO istituire confronto, non si potrà neppure mai conoscere da esse l'errore delle tavole, e venire alle correzioni surri- ferite. 18. Ma lasciando un tale argomento, il quale merite- rebbe per dir vero un maggiore sviluppo, dirò che se co- tanto interesse presentano alla Scienza le prefate osserva- zioni, sono pure da tenersi in molto pregio le delicate os- servazioni, sulle due citate comete non che le altre delle ultime due serie. Non è d'uopo che io dica quanto impor- ti alla scienza la determinazione delle masse planetarie, e come le comete specialmente vengano nel loro moto per- turbate passando in vicinanza di qualche pianeta. Quindi l'osservazione rigorosa delle posizioni di una cometa po- tendo condurre, come ho notato superiormente, a trovare gli errori degli elementi dell'orbita, una volta questi rinve- nuti, si potranno benissimo valutare le perturbazioni pro- dotte dal pianeta, e dal loro valore la massa di questo. Né io così parlando mi sto nel semplice speculativo, im- perocché è noto come in tale maniera si sia pervenuto non ha molto a scoprire un errore commesso nella valutazione della massa di Giove. Dell'importanza infine delle osserva- zioni delle stelle doppie, e de' Cronometri ho già detto abbastanza superiormente. 19. Tatto quanto esposi parmi sufficiente a dare un' adequata idea dell'operosità, e dell'amore degli Inglesi alla Scienza Astronomica. Se la prima apparisca chiara- mente dal fatto, potrebbe taluno ben credere avesse il se- condo cagione dall'incoraggiamento e dalla protezione ac- cordata a questi studi del paro elevali che utili. Per con- seguente sarebbe facilissimo il dubbio che un somigliante amore vivere non potesse laddove non sono i copiosi mez- zi che r Inghilterra somministra alla coltura dell' Astrono- mia. Ma io tengo potentissimo argomento a togliere sì fat- to dubbio, argomento che mi venne appunto somministra- lo da un' alterità considerazione dell' Opera di cui siccome DEL PROF. A. ALESSANDRINI 305 meglio seppi diedi relazione. Tulle le predelle osservazio- ni sono slate falle con islriinienli , che rigorosaraenie si possono ridurre a due principali soliamo. Non si polrà a- dunque rilenere, e il fallo lo prova, che un Osservatorio Astronomico affine di essere collocalo nel rango di quelli che procurano ai progressi della Scienza, debba avere un copioso numero di macchine: due sole sono sufficienti, un buon Circolo Meridiano, ed un ben collocalo E([ualoriale; ogni altro strumento astronomico o è di semplice ripiego 0 non serve che ad osservazioni di mera curiosità. ( sarà continuato ) LgiJi» fino ad 500.° di millimetro, ed ognuna poi di queste membrane è piena di grandi globuletti di grasso, i quali si vuotano alla pressione più leggera. Fig. 5. T. 2. Mi accadde alle volte dopo avere allontanate mediante pres- sione le cellule perchè elleno si separavano facilmente , di scor- gere nel bel mezzo del tubo uno spazio cilindrico e trasparente che giudicai vuoto , e riguardai come il principio del condotto bilioso. E di questo pensiero mi tenni tanto più giustificalo che in molte altre glandule aveva osservalo alcun che di somiglian- te ( a questo modo la membrana mucosa del retto nel Cane con- tiene nella sua profondità giandole lunghe e cilindriche nelle quali scorgonsi d'ambe le parti cellule di forma piramidale così collocate che nel bel mezzo loro rimane libero un canale che apresi sopra essa membrana mucosa). Vicino a questi vasi biliosi è posto un fino tessuto di cellule in cui vanno a partirsi i vasi sanguigni. Nei pesci ho rinvenuto vasi sanguigni assai bellamente scor- renti in senso paralello, o vogliam dire di forma bislunga fra l'agglomerazione delle cellule, che sono rotonde, e contengono un nucleo ed alcuni punti oscuri , e grasso scorrente che esce con facilità, e piglia allora la forma di globuli piuttosto grandi. Se poi queste cellule siano circondate da condotti speciali non fu dato osservare. Nelle Rane ha luogo un somigliante rapporto colla difTcren- za che nelle rotonde cellule loro non si rinviene grasso, ma queste sono trasparenti ovvero contengono globuletti oscuri ed a forma di pigmento, che si fanno facilmente cscire dalle cel- lule sopraddette. Io non posso paragonare queste cellule oscure al pigmento della pelle, perdio dietro un'approssimazione più 312 ATLANTE PATOLOGICO 0 meno esalta esse compongono almeno la metà della sostanza del fegato , e mi è d' uopo riconoscere die elleno stanno in ispe- ciale rapporto col sangue, e colla preparazione della bile. Negli uccelli osservansi cellule somiglianti, ma senza glo- buletti di grasso nel fegato ; negli animali poppanti trovansi ri- spetto alla disposizione del grasso assai osservabili diversità. Per esempio in certi gatti poppanti e che avevano pochi giorni di età trovai il fegato rigurgitante di globuletti di grasso, questi cuoprivano le cellule e certo non v'era altro mezzo che la lace- razione per farneli uscire. Quanto poi ai condotti biliosi si ad- dimostravano per r appunto quali sono nel fegato stearottico ( vedi T. I. ) e certo un terzo del fegato era di grasso. La bile contiene alcuni corpicciuoli di grasso, ed ugualmente il sangue del cuore. Nei reni poi di questi animali trovai in pari modo le vie urinarie che facilmente sono a distinguersi da quei vasi che vi stanno appresso pieni di sangue, piene esse di globuletti di grasso che si dimostravano tali ed all'aspetto ed alle reazioni chimiche , e che deggiono andare ben distinti dalle cellule epi- telliane. Nei reni di un gatto adulto trovai il medesimo deposito di grasso che solo mostravasi nei canali urinarj della sostanza superficiale, e non in quelle della sostanza medullare. In un Cane poi di alcune settimane di età che poppava , ed in un Vitello di sei giorni non mi fu dato rinvenire alcun grasso nel fegato. Mentre che nei conigli spoppati non si mostrano alle celle del fegato globuli di grasso di sorte alcuna , un tale deposito è un* apparizione costante nei feti dei conigli. Il grasso visibile in piccoli e grandi globuli forma in circa un terzo della sostanza del fegato (v. fig. 3. T. 2). Il suo aspetto ed il suo modo d' a- gire ncir etere dimostrava ad esuberanza le proprietà del grasso. Che se noi mettiamo il coltello nel fegato attaccasi ad esso coltello un fluido bianco che consta appunto nella sua maggior parte di globuli di grasso. Nel feto di un Vitello di cinque mesi non trovai invece grasso nel fegato. Per quello poi che è dell'uomo, non ho potuto di fresco ispezionare se non il fegato di un neonato , e di un feto di cin- " que in sei mesi. Conteneva il primo una quantità di piccoli globuli appena misurabili (fig. 4. T. II, ), di meno che un 500.° DEL DOTT. GOTTLIEB 313 di millimetro, e che dalle qualità palesate nell'etere, sembrano essere appunto globuli di grasso. Riccrclie progressive deggiono mostrare in quali feti di animali mammiferi il deposito di grasso nel fegato sia un' apparizione costante. Il fegato del feto umano ha un colore bruno-cliiaro, come di caffè e latte, le celle ri- gurgitanti di grasso come nella stearosi. Un somigliante colore ha il fegato del pollastrello covato, e se ne spreme un fluido biancastro risultante di globuli di grasso che empiono le cellule del fegato. Un eguale deposito di grasso io lo ho osservato nel fegato del Kaulquappen. Che se noi procacciamo di trarre una conseguenza dai fatti fino ad ora recati , mostransi le cellule siccome la parte orga- nica speciale del fegato in tutte le classi di animali, ed è tal- volta verosimile che siano circondate da un tubo speciale che a quel che sembra termina in un canale centrale siccome principio del condotto bilioso. Rinviensi verosimilmente quest' ultimo anche nell' uomo , ma fino ad ora non è stato visibile ; per quello poi che concerne il contenuto delle cellule, egli è dimostrabile essere grasso coU'a- juto del microscopio appo gli animali che respirano colle bran- chie spesso nella sostanza dei feti degli animali che vi hanno a- nalogia ; nell' uomo il contenuto fluido delle cellule non è dimo- strabile per proprietà chimiche, e verosimilmente esso contiene una minor parte di grasso in istato normale, grasso che poi si manifesta nella bile. In ogni caso è il sangue, e molto verosimilmente il sangue della vena porta , che reca alle celle il contenuto loro ; se poi questo negli animali surriferiti sia già grasso preparato, o se viene formandosi mediante l' unione di materie che vi si ag- giungono si può difficilmente decidere. Essendo che, non e di- mostrabile l'esistenza di alcuna apertura nelle cellule, fa d'uo- po ammettere che qui abbia luogo e l'endosmosi e l'esosmosi della materia che vi si congiunge dai vasi sanguigni nelle cel- lule , e da queste di nuovo nei vasi , e nei dulti biliosi il che è molto probabile, dove si osservi (vedi più appresso) che le cel- lule malgrado il contenuto grassoso sono impregnate d'acqua, e ne rigurgitano. Che se noi prendiamo a considerare colesti rapporti anato- 814 ATLAR. PAT. DEL DOTT. GOTTIIEB mici e quel grande sviluppo normale del fegato che avverasi nei feti di tutto il regno animale appare assai chiaramente che la funzione di esso fegato non serve soltanto alla preparazione della bile, ma che ha luogo in quest'organo un rapporto chi- mico somigliante a quello che osservasi nel polmone, ed un cambiamento del sangue sulla natura del quale fin' oggi non pos- siamo formare che congetture. Pare infatti verosimile che in ogni feto la parte di carbonio del grasso congiungasi alla materia acida del sangue che viene dalla placenta, fino a tanto che i polmoni non sono ancora attivati, e che più tardi il depositarsi del grasso nel fegato cessi presso i feti pervenuti al più alto grado di accrescimento appena che i polmoni intraprendono le funzioni loro , ma che tuttavia una parte di queste funzioni con- tinui ad aver luogo nel fegato come certo accade negli animali di genere inferiore. L'ammettere poi che il fegato sia il luogo di formazione per i globuletti sanguigni, è ipotesi che si può egualmente difendere ed impugnare. (sarà continuato) ANNUNZI DI NUOVI LIBRI Nella Stamperìa di Jent e Gassmann , a Solothurn si è pubblicata (18^4), e si vende dai principali Librai l'Ope- ra seguente, dettata in lingua tedesca. LE ALPI VENETE. Appendice alla cognizione delle alte montagne ; del Doli. W. Fuchs L R. Ispettore delie miniere ad Agordo nel Veneziano, con una carta geognostica, e profili di monti in 18 Tavole in foglio trasverso cartonate. Prezzo fiorini 16, o Talleri 10 |. Il giornale mensile di Biedermann così parla di que- st' opera. Il Dolt. Fuchs I. R. Ispettore delle miniere in Agordo nel Veneziano, essendo vissuto per parecchi anni in seno alle Alpi Venete, dopo moltiplici osservazioni delle mede- sime, ed ajiitato dai ricchi mezzi di che poteva in tale circostanza disporre, fu messo a portata di dettare una im- magine fedele di queste Alpi, e quindi un'Appendice im- portantissima alla Geognosia. Egli incomincia con uno spec- chio geognostico di lutto il gruppo delle Alpi del Bellunese, prendendo ivi di mira ancora gli avanzi organici del Mon- do antico: espone quindi il rapporto di posizione delle Al- pi anteriori e le critiche osservazioni ; dipinge il carattere di quei monti, specialmente rapporto alla vegetazione, e termina colle più importanti conclusioni. Nel tutto mostrasi 316 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI l'Autore ricchissimo di cognizioni, ed osservatore acutis- simo , capace di esporre con elegante stile le sue osserva- zioni ed opinioni. Merita ancora massima distinzione, per essersi mai sempre affaticato nel separare il certo dair ipo- tetico , il veramente osservato , dalle deduzioni e conclusioni. La carta geognostica in bellissima litografìa, è composta di sei fogli ; nelle altre 12 Tavole , sonovi i profili di al- cuni punti importanti , ed una tabella di colori. L' elegan- tissima edizione dell'Opera, dedicata all'arciduca Stefano Francesco Vittore d'Austria, merita particolare elogio. Anche il Repertorio di letteratura alemanna, di Gers- dorf ne dà il seguente favorevole giudizio. Una dimora di parecchi anni fra le Alpi Venete e la ripetuta osservazione delle medesime, favorita da tutti i sussidj offerti dal suo impiego ^ misero l'autore in istato di esaminare le ipotesi geologiche formate intorno al rap- porto delle Alpi del Tirolo australe , e del confinante Re- gno di Venezia. I fatti rilevati in questo esame, ed i loro risultati, vengono dal medesimo esposti nell'opera dedicata all' Arciduca Stefano , opera publicata elegantissimamente tanto per la tipografia, quanto per la cartografia. La prima parte destinata a dare una idea geognostica di lutto il gruppo delle Alpi Bellunesi, incomincia con una copia dei contorni di Agordo e dei suoi schisti argil- losi , di porfidi , del grès rosso , del calcare conchilifero ( Thonschiefers , roten Porphyr% , rotlien Sandsteìnes und Muschetkalkes ) ; i quali due ultimi dovrebbero essere iden- tici a quelli della Valle di Fossa, e delle altri valli del tirolo australe. Conduce poscia il lettore nella valle di Cordevole mediante tavole appartenenti alla Forma-^ione Giurassica , sino al piede australe del Peron e segue di là il declivio del monte della Piava sino al lago di Garda. Passa poi a considerare le formazioni di trabocco consisten- ti in porfido augitico e quelle di tufo riunite al porfido islcsso : è qui appunto che l'autore addimostra delle os- ANNUNZI DI NUOVI LIBUI 317 servazioni interessantissime e ne deduce notevolissime con' clusioni , volendo egli provare che quel tufo dipende dalla medesima precisa cagione della formazione delle pietre a- renarie grigie tanto estese in questo circondario di Alpi (e che ultimamente furono considerate da Klipstein sicco- me Grauwacke) che l'uno non può andar disgiunto dalle altre, e che (siccome viene soggiunto alla pag. 69) anche gli strati, ora tanto decantati di S. Cassiano, devono essere considerali quali dipendenze di questa formazione di pie- tra tufo-arenaria , che guida agli strali sottoposti di pietra calcare, e contiene ancora in altri punti (p. e. a Durano presso Agordo, alla Mojazza, ed al Sasso di Pelmo) le medesime pietrificazioni di quelle di S. Cassiano. Se queste conclusioni saranno comprovale, si avrà sparsa nuova lu- ce sopra una parte importantissima della, oscura formazio- ne dei sedimenti delle Alpi, e si avrà rappresentata una parte importantissima nella Geogenia delle Alpi. La seconda parte si occupa dei rapporti di posizione delle Alpi anteriori dai Colli di Conegliano sino al lago di Garda, e fa precedere una descrizione degli strati nei contorni di Belluno , che l' autore ascrive alla formazione della Creta (?); seguono quindi le considerazioni intorno alle conosciute e mirabilissime formazioni dei contorni di Vicenza alle quali l'autore aggiunge ancora parecchie opi- nioni proprie, e specialmente rapporto ai famosi strati del Monte Bolca e della piefra arenaria di Belluno, trova ve- rosimile il doverle considerare siccome equivalente geogno- slico, e punto di riunione fra la formazione della Creta e le formazioni terziarie. La terza parte contiene una raccolta critica delle os- servazioni, ed offre un paralello delle formazioni del- le Alpi, con le formazioni montane constatate nel re- sto d'Europa, come pure una più estesa prova di pa- recchie opinioni superiormente esposte. Stimabilissime sono le osservazioni contro lo ipotesi fondate sulla sublimazione 318 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI (sublimalion der Talkerde) del Talco, sulla formazione della Dolomite, non clie le indicazioni intorno alla impor- tanza dei diversi strati di formazione per Io sviluppo di diverse forme di animali. La quarta parte versa intorno ai confini della Ve- getazione , e la quinta parte intorno alle misure nel terri- torio del distretto delle Alpi analizzato. Per ordine dei Lordi Commissari dell'Ammiragliato, si pubblica la Zoologia del viaggio dei Vascelli di Sua Maestà V Èrebo e Terrore sotto il comando del Capitano Sir Giacomo Clark Ross, Socio della Reale Società eie, Durante gli anni 1839-40-41-42-43, compilata dai Sig. Gio- vanni Richardson e Giovanni Edoardo Gray. La estesa raccolta degli oggetti di Storia Naturale, fatte in questo viaggio nelle regioni polari Antartiche , con- tenente molto nuove specie in tutti li rami della Zoolo- gia, offre al certo moltissimo interesse. I Lordi Commis- sari dell'Ammiragliato, hanno conceduto mezzi generosi, onde si pubblichi ed illustri una tale collezione. I paraggi visitati da tale spedizione furono gli scogli di S. Paolo ; le Isole del Principe Edoardo ; le Isole di Crozet nell'Atlan- tico; la Terra di Kerguelen; le Isole Auckland; la Terra di Graham; la Nuova Islanda; la Terra di VanDiemen;la Nuova OUanda; il Capo Horn, e le Isole Falkland. Da tutti questi luoghi furono con grande premura ed abilità raccolte sì le produzioni di terra che di mare. Lungo il viaggio, facendo uso di continuo dei più opportuni mez- zi di pesca , vennero raccolti molti animali che stanno a no- tabili profondità; di più il Sig. Dott. Hooker disegnò ac- curatamente li esemplari recenti delli Entomostraci e Mol- luschi che facilmente si alterano. I distinti Zoologi, ap- ANNUNZI DI NUOVI tlRRl 319 presso notali , si sono adoperali con tulio il fervore ed abi- lità onde far pago il desiderio dell' Ammiragliato e procu- rare alla scienza tutti i vantaggi delle scoperte falle. Rettili, Conchiglie, Echinodermi e Coralli, Sir Gio- vanni Edoardo Gray. Uccelli , il Sig. Giorgio Roberto Gray. Pesci , il Sig. Doli. Richardson. Crostacei , il Sig. Bell e Goodsir. Insetti, li Signori Adamo White ed Edoardo Doableday. L' opera sarà pubblicata in tante sezioni , che arrive- ranno air incirca a 15. Prezzo di ciascuna scellini 10. Ciascuna Sezione sarà per quanto è possibile completa; e potrà stare anche da sé. La prima parte contiene i Mam- miferi descritti dal Sig. Giovanni Edoardo Gray Custode della Collezione Zoologica del Museo Britlanico ; illustrate sono con tavole a colori. Londra 1844, presso Longraan , Brown, Green e Longmans. Flora Baiava, Tomo VllL Amsterdam 1844. in AP presso J. C. Sepp e tìglio , colle tavole colorate. Quest'Opera insigne, incominciala e continuata da! celebre botanico /. Kops , è già pervenuta felicemente al- l' Vili tomo ed alle tavole 640 contenenti le figure di al- trettante piante, egregiamente descritte nel testo che va unito alle tavole stesse. A questo ottavo tomo va unita una tavola generale delle specie e delle figure contenute in tutti gli otto volu- mi fin qui pubblicati , lavoro eseguito ad istanza dell' Au- tore dal celebre Medico di Utrecht J. E. van der Trappen , attuale suo collaboratore nella redazione di quest'Opera. Alla tavola sono unite ancora alcune osservazioni, e per riparare a degli sbagli involontariamente occorsi nella re- dazione dell' Opera , e per indicare rapporto a delle piante 320 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI che non sono ammesse fra le più comuni della Flora del paese le posizioni dove vegetano spontanee trovate e preci- sate in seguito. La tavola generale si compone di tre liste o cataloghi distinti: il primo espone le piante descritte secondo l'or- dine del numero delle tavole che le rappresentano: nel secondo le piante sono disposte secondo l'ordine sistema- tico, aggiuntovi il nome olandese che il Prof. Van Hall ha impiegato nella sua Flora Beigli Septentrionalis , e per tal modo l'utilità dell' Opera potrà estendersi maggiormen- te : il terzo catalogo infine dispone le piante pel loro nome generico con ordine alfabetico. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Marianini Cav. Stefano — Sulle Memorie elettriche e Magnetiche da lui pubblicate , Sunto del Prof. Grimelli ............ pag: 241 Alessandrini — Nota ad alcune osservazioni crìtiche dei Signori Dumèrìl e Bìbron m 273 AiEssANDBiNi — Rendiconto delle Sessioni delV Ac- cademia delle Scìen'^e dell' Istituto di Bolo- gna. .............. nW Gluge •— Tavole di Anat. patologica t Sunto del J?ott. Ferdinando Verardini. » 306 Annunzi di Nuovi Libri .,..;....» 315 (i ■ ■■•.■ IVUOVI AIVNAII SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo III. (Maggio 1845.) (pubblicalo li G Giugw anno suddetto) BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI NELLE SPADERIE.; fizai '"*'i_ii :»!♦> ^213 NPOVI Af Mll Serie II. Tomo II. (Maggio 1845 (pubblicato li 6 Giugtw annp uddio) i^' / AVVISO Arrivala la prima Serio degli Annali delle Sciente Naturali al Tomo X. , la Società Editrice , che riprcDde la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnale nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmenle.pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo rìchiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa : il primo ed il settimo fascicolo d' ogni annata verrà fornito di un frontispizio , ed il sesto e dodicesimo dell'in- dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajoccbi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all' atto della consegna del medesimo, Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Hai. lire 8. 05 : non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associali. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alla= bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società slessa, r Elenco dei quali si legge nel l.** fascicolo. S'inten-» de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando enlrp Novembre non siasi dato avviso in conlrario P SOSPETTO DELLE MEMORIE ELETTRICHE E MA- GNETICHE pubblicate dal Professore Cavaliere Stefano Mari an ini , attuale Professore di Fi- sica Particolare e Sperimentale nella Reale Università di Modena , Uno dei Quaranta del- la Società Italiana delle Scienze j Socio corri- spondente del R. Istituto di Francia eie. {Continuazione, vedi pag. 241.) XXII. Memoria sopra alcuni miglioramenti al Galva- nometro a filo incrocicchiato e sopra i suoi usi , Modena 1838; Biblioteca Italiana etc. Il Galvanoraetro è Io stru- menio più opportuno per indicare nell' istante che sì chiu- de un circuito elettrico quale ne sia la forza e quale la direzione , e tutto ciò senza altre operazioni fuori di quel- la di comprendere il filo galvanometrico nel circuito pre- detto; così è che simile strumento preziosissimo servì in grado eminente ad illustrare la dottrina delle correnti elettriche , e guidò eziandio alla scoperta di nuovi rami della scienza elettro-dinamica; quindi i moderni Elettrici- sti, e fra gli Italiani il Nobili ed il Melloni, furono sol- leciti di dare al Galvanometro la maggiore possibile sen- sibilità e comparabilità, rendendolo abile ad indicare le minime correnti idroelettriche, termoelettriche etc-, e ad essere paragonabile con sé e con gli altri analoghi ordigni. V uso frequente poi che il Marianini ha fatto di tale stru- mento , nello studio degli elettromotori , gli ha suggerito taluna modificazione o correzione che Io rende, in parec- chie circostanze, più adatto alle indagini che si vogliono instituire , ed acconcio ad una squisitezza maggiore o minore N. An». Se. MATta. Seaih II. Tom. 3. 21 322 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC a volontà di chi esperimenta , come già pubblicò (in dal 1827 (v). Ora i principali miglioramenti che l'Autore ha introdotti nella primitiva costruzione del suo Galvanorae- tro a filo incrocicchiato riguardano la più comoda unione degli estremi del filo galvanometrico coi reofori, il modo di rendere variabile nel corso delle sperienze la squisitezza dello strumento j il far oscillare l'ago in un piano ver- ticale ^ e l'impedirne ad arbitrio il movimento per ricono- scere gli effetti che sopra esso produce una corrente qual- che istante dopo che il di lei circolo è chiuso. Siffatto Galvanometro può riescire certamente di molto vantaggio neirinsegnamento dell' elettro-dinamica, e nelle applicazio- ni delle correnti voltaiche alla economia animale; infatti in simili applicazioni conviene pure alla sua volta cono- scere la intensità della corrente segnata dall' indicazione galvanometrica, e le varianti della medesima in rapporto colle vicende dei fenomeni elettro-fisiologici. XXIII. Memoria sopra uno strumento misuratore del- le correnti elettriche istantanee e non istantanee, e so- pra alcune analogie fra le dette correnti , Modena 1838. Oltre il conflitto elettro-magnetico applicalo;, mercè la cO' struzione del Galvanometro , a misurare le correnti elet- triche, vi ha altresì la azione elettro-magnetizzante che si offre oltremodo opportuna per iscandagliare le stesse cor- renti , come avvisarono e tentarono il Dal Negro e il Ma- grini in ordine alle continue o indeficienti, e il Person, i'Hachette, il Nobili, in ordine alle disconlinne o istanta- nee; però mentre da simili tentativi non ne risultarono norme valevoli a riconoscere e precisare le suddette cor- renti, mediante la loro azione elettro-magnetizzante, sor- se il Marianini a vantaggiare la scienza con uno strumen- to, abbastanza sensibile e comparabile, all'uopo di misu- rare le correnti elettriche specialmente discontinue o istan- tanee; pel quale ufficio chiamò Reelettrometro, ossia mi* Ruralore delle correnti in genere, Io strumento in discorso. DEL PROF. S. MARIANINI 323 Componesi di un piccolo prisma di ferro dolce circonda- to da una spira a circa 60 giri di filo di ramo coperto di seta, posto sopra un ago da bussola in modo che i punti di mezzo dell'ago calamitato e del detto ferro siano nella stessa verticale; dietro tale semplicissima costruzione av- viando le correnti elettriche, così istantanee come continue, lungo quella spira la conseguente magnetizzazione tempo- raria del piccolo prisma di ferro facendo deviare il sot- toposto ago calamitalo, otliensi in tale deviazione un in- dice della energia propria della corrente o continua o istan- tanea nel momento di chiuderne il circolo; con questo con- gegno quindi il Mariauini potè avere indicazioni, più o meno squisite, della forza o inlensilà delle correnti elet- triche continue degli apparecchi voltaici , non che di quelle di brevissima durala del Faraday ossia di induzione volta- elettrica e raagneto-elettrica, e perfino delle istantanee tratte dalla macchina a disco rotatorio e dall'elettroforo, dalla bot- tiglia di Leida e dai quadri frankliniani. Di tal guisa, men- tre il Coljadon e il Faraday ottenevano a gran stento dalle correnti istantanee della macchina a disco rotatorio, e della bottiglia di Leida , le indicazioni mercè il Galvanometro coir accrescerne l'isolamento e la lunghezza del filo, il Marianini offriva allo stesso uopo il più semplice e squi- sito strumento pel quale si fece altresì ben presto avanti a riconoscere le analogie fra le correnti elettriche istanta- nee e le continue voltaiche, presentandone i seguenti ri- sultali : 1° le correnti istantanee in ragione della tensio- ne dalla quale procedono , e della conducibilità delle vie che percorrono, esercitano la loro azione magnelizzaule che è base delle indicazioni reelellrometriche, e le corren- ti continue voltaiche in ragione della tensione procedente dalla natura anzi che dal numero delle coppie, e della conducibilità delle vie percorse, esercitano il conflitto elet- tro-magnetico che è base delle indicazioni galvanometriche; 2" le prime in ragione diretta delle superficie dei coibenti 324 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC- armati, a pari capacilà e tensione, manifestano i loro ef- fetti sui reelellrometro, e le seconde io ragione dell'am- piezza delle coppie voltaiche, ossia della quantità d'elet- trico che mettono in moto, manifestano i loro effetti sul gàlvanomelro; 3° così le une come le altre si suddividono per le varie vie conduttrici, siano metalliche o umide, ov- vero umide e metalliche all'un tempo, siano più o meno brevi o lunghe, o comunque interposte fra i circuiti dei coibenti armati e degli apparati voltaici. XXIV. Blemoria sulle correnti prodotte dalla attua- zione 0 induzione delle correnti elettriche istantanee ; Mo- dena 1838. Il primo più bel frutto raccolto dal Marianini , raeifiè il ministero del suo reelettromelro, è senza dubbio la scoperta tutta a lui dovuta delie correnti attuale o indotte dalle correnti elettriche istantanee; scoperta bellissima che dallo stesso Faraday fu disperata in sequela di particolari considerazioni teoriche, non che di tentativi infruttuosi {Pliil. Trans 1832), e che dopo i cimenti felicissimi pub- blicati dal Marianini venne poi attribuita ad altri sperimen- tatori i quali divulgarono simili osservazioni dopo quelle prodotte dall'esimio Fisico di Modena { Archives de V Elé- ctricité par 3f. A. De La Rive , Genève). Devesi quindi al Marianini l' avere dimostrato , col sussidio del reelettro- melro, che le correnti istantanee, ossia le scariche tratte dalla macchina a disco rotatorio e dall'elettroforo, dalla bottiglia di Leyden e dal quadro frankliniano, nel passare per un conduttore metallico eccitano una corrente elettrica parimenti istantanea in altri conduttori metallici e anche non metallici vicini al primo, e formanti un circolo chiu- so; nel quale proposito il M. espose la più nuova e pre- gevole serie di osservazioni e di esperienze che comprese sotto il nome di indw^ione leida-elettrica- Laonde poi per- venne a dimostrare che la stessa corrente indotta può ec- citare in altro conduttore una corrente di induzione, e qucbta seconda un'altra^ e cosi via via fino ad aversi cor- DEL PROF. S. nARIAMIMI 325 remi di induzione leida-eletirica di secondo ordine, di ter- zo etc. ; conchiuse eziandio che la corrente indotta ha, nel conduttore attuato, la stessa direzione che la corrente in- ducente ha nel conduttore attuante: ogniqualvolta la bot- tiglia ha molta capacità e non è troppo debolmente cari- ca, e viceversa, eie. XXV. 3Iemona sulla facoltà elettromotrice relativa dei metalli che più di frequente si adoperano nello studio degli elettromotori; Modena 1838. La dottrina voltaica, rettamente e daddovero inlesa ed ai)profondita , ne persua- de e convince che la facoltà elettromotrice propria dei cor- pi eterogenei, nel mutuo loro contallo, necessita ricono- scerla, e precisarla in ogni possibile estensione ed esaltez- za, piuttosto per li suoi fenomeni elettrostatici quali sono le tensioni e i relativi contrassegni eletlromeltrici , anzi che per li conseguenti fenomeni elettro-dinamici quali sono le correnti e le relative indicazioni galvanometriche; la ac- cennata facoltà invero, o forza elettromotrice, mentre per l'una parte offre sui corpi eterogenei accoppiati le rispet- tive tensioni elettriche come suoi prodotti o effetti primi, immediati, costami, uniformi, d'altra parte presenta nei circuiti chiusi le promosse correnti come prodotti o effetti secondar), mediati, variabili, proteiformi; così è che nei varj elettromotori semplici le tensioni non serbano sempre proporzione colle correnti loro , e che negli elettromotori composti le tensioni giammai tengono rapporto colle cor- renti. Dietro le quali considerazioni il Marianini, profondo quanl' altri mai nella verace dottrina volliana, ha rivolti i più accurati studj sulla facoltà elettromotrice relativa dei metalli che più di frequente si adoperano nell'esame degli elet- tromotori, per riconoscere colla maggiore precisione pos- sibile la distanza a cui si trovano dallo zinco, nella scala voltaica, i sette metalli principali cioè il piombo, lo sta- gno, il ferro, il rame, l'argento, l'oro, il platino; di tal guisa riconosciuta la impossibilità di riescire io simili 326 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC ricerche coli' uso dei Galvanomelri , che in proposilo si limitano ad indicare , per la direzione delle correnti , quale dei due metalli dissimili formanti una coppia si elettrizza positivamente, quale negativamente, ed inoltre ravvisate le difficoltà che s'incontrano nel raccogliere e serbare raccol- te sul condensatore e sull'elettrometro tutte le tensioni dei dischi metallici accoppiati a secco, o delle serie di tali cop- pie alternate con islrati umidi , rinvenne opportunissimo all'uopo un particolare suo metodo eletlrometrico eretto sulla contrapposizione delle diverse coppie fino al totale loro equilibrio, tanto delle tensioni quanto delle correnti. Questo metodo è fondato sul fatto, già da tempo avvertito dal Marianini (xii), che cioè due elettromotori di eguali tensioni comunque di correnti differentissime, contrapposti fra loro in modo che simili tensioni e correnti siano rivolte e procedano in direzioni inverse, si elidono all' intutto tanto nelle tensioni quanto nelle correnti stesse; quindi riscontrato avendo che una coppia di platino e d' oro offre pure una tensione abbastanza rimarchevole e calcolabile, anzi maggiore di quella propria delle coppie d'oro e d'ar- gento , non che di stagno e di piombo , si fece a stabilire quante coppie di platino e d'oro^ unite a sistema median- te acqua distillata, equivalevano ad una formala con xinco e piombo, o stagno, o ferro, o rame, o argento, o oro; laonde poi mercè simile principio elettrometrico il M- , con somme cautele e dietro costanti risultati , riesci a confer- mare ed illustrare colla massima precisione la scala voltaica delia facoltà elettromotrice relativa dei metalli suddetti dal platino fino allo zinco. Dimostrò in tal modo che la ten- sione p. e. di una coppia di platino e zinco equivale assai prossimamente a quella che è propria di 12^ 4, coppie di platino ed oro, offrendone altresì gli altri consimili equi- valenti elettroraetrici; intorno al quale proposito veggansi le relative tabelle offerte dal Marianini, nella Memoria ia discorso , ove dalla tensione di una qualunque delle notate DEL PROF. S. MARIANINI 327 coppie si riscontrano facilmente per mezzo numerico le tensioni di tutte le altre. XXVI. Memoria sulle alterazioni prodotte dalle cor-' tenti voltaiche nclV elettrotismo dei principali metalli ; Modena 1838. Il Volta , il sommo Volta, appena discoperta la facoltà elettromotrice relativa de' corpi secchi o metal- lici, riconobbe pur anche che tale facoltà era variabile a seconda di diverse circostanze ed influenze o fisico-chimi- che come lega e amalgama , ossidazione e combinazione qualsiasi^ ovvero fisico-meccaniche come temperatura e tempra, scabrosità o levigatezza delle superficie metalliche. Il Marianini poi avendo riconosciuto che, fra le cause al- teranti la facoltà elettromotrice ossia l' elettrotismo dei me- talli e degli altri conduttori solidi , dovevasi annoverare l'azione delle correnti voltaiche nell'alto del loro scorre- re da un metallo a un liquido o da questo a quello, cosi dietro molte sagacissime esservazioni ed esperienze insti- tuile in proposilo di simile materia, e in parte riferite già nelle precedenti sue scritture, ne offerse la presente Me- moria ordinata come segue. Introduzione: nella quale l'Autore, esposti alcuni brevi cenni storici intorno ai suoi discoprimenti che risguardano le correnti voltaiche quali cause alteranti l' elettrotismo dei metalli, dichiara il rela- tivo oggetto di questo suo lavoro. Parte Prima: Circo- stanze che possono far variare nei metalli la suscettibilità di alterarsi nel loro elettrotismo per l'azione delle cor- renti voltaiche. Articolo I. Influenza della ripetuta azione delle correnti voltaiche. Articolo II. Influenza del condut- tore liquido. Articolo III. Influenza dell'ossidazione del metallo. Articolo IV. Influenza della superficie. Parte Seconda: Suscettibilità di alcuni metalli di alterarsi nel- r elettrotismo per l'azione delle correnti voltaiche. Artico- lo I. Tentativi per determinare la della suscettibilità. Ar- ticolo II. Suscettibilità dei metalli di acquistare altitudine ad eccitar corrente quando vengono sottoposti a circuiti 328 PROSPETTO DELtE MEMORIE EC. voltaici, e poscia accoppiati a metalli della stessa natura non ancora assoggettali a veruna corrente. Articolo III. Suscettibilità dei metalli di calare in elettrotismo per l'a- zione delle correnti voltaiche. Articolo IV. Suscettibilità dei metalli di crescere in elettrotismo per l'azione delle correnti voltaiche. Questa Memoria merita di essere par- litaraente letta nella originale sua estensione, ed attenta- mente meditata nei suoi particolari fatti , da chiunque vo- glia conoscere le più singolari vicende della facoltà o azione elettromotrice, e specialmente da coloro che per mala in- terpretazione di simili vicende travedono ed accampano dif- ficoltà ed obbjezioni contro la dottrina voltaica del contatto elettromotore; di tal guisa sarà manifesto come, nei cir- cuiti idrometallici, le correnti elettriche passando dall' un metallo al liquido aumentano l' elettrotismo del conduttore solido, e viceversa passando dal liquido al metallo dimi- nuiscono r elettrotismo dell'altro solido conduttore, d'on- de poi ne consegue che tali conduttori metallici quanto più eterogenei tanto più si approssimano in elettrotismo 0 facollà elettromotrice, e quanto più omogenei tanto più se ne discostano assumendo un vario elettrotismo ossia una diversa facollà elettromotrice; singolari maniere di fenome- ni tanto più marcate e durevoli quanto meno 1 metalli sono ossidabili, quali sono appunto il platino, l'oro, l'ar- gento eie. XXVIl. Memoria Quinta sulla Teoria degli Elettro- motori Voltaici; Modena 1838. 11 nostro valoroso campio- ne della dottrina voltaica prosegue in questa Memoria a combattere gli ulteriori argomenti, addotti dal Faraday e dal De La Rive, in favore della teoria chimica degli elet- tromotori , oppugnando air un tempo le facili connivenze di talun Giornalista Italiano in proposito della teoria stessa, li Faraday osserva che , agitando con una penna il liquido acido in cui pesca lo zinco ed il rame d'una coppia vol- taica, si toglie lo strato acido neutralizzato aderente allo DEL PROF. S. MARIANINI 329 zinco, si rinnova attorno al medesimo il liquido più at- tivo, e quindi si rinvigorisce la relativa azione chimica, si rinforza la corrente voltaica; ma il Marianini addi- mostra che se si opera la suddetta agitazione a circuito chiuso, il rinforzo della corrente è minimo o nullo, e che se si opera a circuito aperto un tale rinforzo si riduce ad assai piccola cosa , sottraendo quello dovuto alla ricupe- rata forza dell'elettromotore nel tempo del suo riposo; aggiunge che se, invece di collocare le due piastre della coppia nella stessa tazza, si colloca il rame in una e lo zinco in un'altra, osservansi gli analoghi fenomeni col- r agitare ora solo il liquido della tazza nella quale sta im- merso il rame, ora solo coli' agitare quello in cui è lo zinco d'onde vuoisi proceda la cagione di simili vicende; laonde conchiude che tali fenomeni sono riferibili al ripo- so dell'elettromotore quando se ne apre il circuito, e al- l'aumento di conducibililà elettrica nell'apparecchio. D'al- tra parte il De La Rive riproduce varie sue osservazioni e sperienze dirette a sostenere che senza azione chimica, neir elettromotore voltaico, non può esservi corrente elet- trica; quindi il Marianini torna ad opporre gli argomenti già pubblicati, e per li quali risulta che anzi spesso l'elet- tricismo voltaico non tiene ragione diretta colla azione chimica , e talora anche sta in ragione inversa della ener- gia chimica, cioè della causa dalla quale si vuole che de- rivi. Laonde poi così il De La Rive come il Faraday sono stali stretti a dichiarare che i due principj elettrici, ripar- titi dai processi chimici, tendono di continuo a riunirsi e che retrocedendo sulle stesse vie ove ebbero svolgimento, più 0 men presto si ricombinano in tutto o in parte; di tal guisa si ammette che nell'elettromotore voltaico, sia semplice sia composto , la elettricità ripartila fra il metallo e il liquido si ricombina in parte, retrocedendo dall'uno all'altro, e che la sola elettricità residua si avvia nel si- stema idrometallico a costituirne le relative tensioni e cor- 330 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. remi; ma il Marianini avverte che simili ideate retroces- sioni dell'elettrico voltaico sono all' intuito immaginarie, e non comprovale da alcun riscontro sperimentale, e che ridu- consi ad un ripiego ingegnoso diretto ad eludere i molti argomenti addotti a dimostrare le anomalie e i difetti di re- lazione e di rapporto fra le azioni chimiche e le elettriche manifestate dall' elettromotore voltaico. Per tulle le quali cose si conchiude che, negli apparecchj idrometallici del Volta , mentre per l' una parte le tensioni elettriche non tengono alcun rapporto colle azioni chimiche contingenti fra liquido e metallo, per altra parte le correnti che muo- vono da quelle tensioni, quanto più riescono intense, tan- to più dispiegano esse stesse una particolare efficacia chi- mica generatrice di corrispondenti proporzionali efFelli di elettro-chimismo; così è che la dottrina volliana del con- tatto elettromotore resta sempre più confermata ed illustra- ta dalle relazioni e dai rapporti che sussistono e si veri- ficano fra le correnti elettriche e le relative azioni elettro- chimiche. XXVIII. 3Iemoria Sesta sulla teoria degli elettromo- tori voltaici ; Modena 1838. Il nerbo maggiore di questa Memoria consiste nel fallo fondamentale ed incontrastabile della dottrina voltaica che cioè i metalli dissimili pel mu- tuo loro contatto si elettrizzano; fenomeno svolto dal Ma- rianini in tutta la estensione che mai può desiderarsi dal più abile osservatore e sperimentatore ; fatto dal Marianini stesso redento contro tutte le ambagi e le tergiversazioni degli odierni chimico-eiettrologisli. Quindi lo spertissimo nostro Elettricista conferma tal fenomeno mediante gli stessi apparecchj usati dal Volta, e ne dimostra i risullamenti tanto più costanti e cospicui quanto più tersi i dischi me- tallici^ e delicato il condensatore elettrometro, non che quanto più secco l'ambiente nel quale si esperimenta; che se neir addurre i dischi metallici eterogenei a mutuo con- tatto, e nel distaccarli e porli in comunicazione col con- DEL PROF. S. MARUNINI 331 dcnsatore , vuoisi pure considerare la contingenza di qual- The pressione o sfregamento, giova avvertire che l'elettriz- zazione dei dischi in discorso tiene rapporto colla loro na- tura dissimile, misurata sulla scala del Volta, e non già colla pressione o collo sfregamento avventizio nell'institui- re tale prova; s'arroge che in un buon condensatore, a piatti metallici dissimili, toccando semplicemente con un arco metallico li due piatti , se ne ottiene la carica elet- trica e il riscontro elettroraetrico della relativa tensione. Laonde poi il Marianini , premesse parecchie esperienze intorno alle cariche delle boccie di Leiden praticate col contatto dei dischi eterogenei e colla coppia voltaica, si fece avanti a produrre una boccia particolare colle due armature di metalli dissimili, la quale pel semplice con- tatto metallico eseguito con acconcie appendici delle arma- ture stesse si carica in modo da ottenerne riscontri mani- festissimi mercè i moti dell'elettrometro e le contrazioni della rana; così pure ottenne dai quadri frankliniani, ad armature eterogenee d'argento e zinco, le più manifeste cariche e scariche imitando di tal guisa gli effetti elettrici della coppia voltaica. E in questo proposito merita altresì di essere riferito come il Pfaff avendo da mollo tempo pro- vato che il suo condensatore a piatti eterogenei si elettriz- za anche nel vuoto pneumatico, al che il De La Rive con- trapponendo r umido svolgentesi nel vuoto quale cagione di chimismo-elettrico, così il Marianini instituì e verificò la elettrizzazione del condensatore predetto nel vuoto pneu- matico, mantenuto alla maggiore possibile secchezza col mezzo della potassa caustica ; ripetuta molle volte simile esperienza , con bene acconcio apparecchio , ed anche coi dischi metallici scevri di vernice, fu riscontrata sempre la divergenza dei pendolini elettroraetrici, anzi maggiore nell'aria rarefatta probabilmente per la minore resistenza che le foglie d'oro incontrano a muoversi e a divaricarsi. Per ultimo il Marianini adduce le più variale osservazioni 332 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. ed esperienze , condotte col maggior rigore logico , le qua- li sempre più comprovano lo sviluppo elettrico pel con- tatto dei metalli eterogenei come risulta 1° per quelle eseguite coi dischi del Volta ; 2° per quelle fatte coi con- densatori a piatti eterogenei ; 3° per quelle instituite colla boccia di Leiden munita d' una armatura di zinco e d'una d' argento; 4° per quelle fatte mediante le coppie i di cui due metalli o non siano bagnati , o ne sia uno bagnato e l'altro no, o lo siano entrambi nello stesso liquido o in liquidi diversi ; in tutti i quali casi resta dimostrato lo sviluppo dell'elettricismo voltaico, attenentesi al contatto dei metalli eterogenei, indipendentemente da umido qual- siasi e da qualsivoglia azione dei liquidi sui metalli stessi. Quindi a tutta ragione conchiudesi che il contatto elettro- motore, in pretto senso fisico-meccanico ;, è un fatto incon- trastabile qualunque poi ne sia il procedimento intrinseco ed arcano; però certa è una influenza reciproca dei corpi eterogenei o dissimili per la quale, nel luogo e nel mo- mento del loro mutuo contatto , si ripartono il proprio elet- trico in modo da manifestarlo sulle loro libere superficie distinto nelle due opposte tensioni; magistero singolare che non può essere dato di conoscere, in tutta la sua in- trinsichezza , finché non sia dato di conoscere eziandio l'in- trinseco naturale equilibrio elettrico entro i varj corpi. XXIX. Memoria seconda sulle correnti prodotte dalla attuazione o induzione delle correnti elettriche istantanee ; Modena 1839. Dopo di avere riconosciuto nel reelettro- metro uno strumento adattato allo studio delle correnti e- lettriche istantanee;, e dopo avere osservata col medesimo strumento e dimostrata la esistenza di altre correnti alle quali le istantanee danno origine, per l'attuazione che esercitano nei conduttori vicini , il M. notò pure parecchie circostanze le quali concorrono a rendere vario l'effetto della attuazione predetta. Fra tali circostanze alcune , come le dimensioni dei conduttori attuante ed attualo, la distanza DEL PROF. S. «ARIANINI 333 alla quale si trovano l'uno dall'altro, la reciproca indi- Dazione, influiscono solamente a rendere piìl o meno in- tensa la corrente indotta , ed altre come la capacità del coi- bente armato, la tensione del medesimo, la qualità dei conduttori che la scarica elettrica deve percorrere, influi- scono tanto sulla intensità quanto sulla direzione della stessa corrente indotta. Ed è specialmente intorno a que- sto ultimo genere di fenomeni ofi'erti dalla induzione leida- elellrica che si agira la enunciata Memoria del nostro Ma- rianinijinun coli' aggiunta di un tentativo rivolto a spie- gare la cagione per la quale l'induzione suddetta ha una direzione ora contraria ed ora omologa a quella della sca- rica del coibente armato. E sebbene non ancora sia riescito né di scuotere la rana galvanica, né di muovere il galva- nometro, né di produrre azioni chimiche, mediante le in- duzioni leida-elellriche in discorso _, mancando così il più bell'assieme di riscontri concernenti la reale direzione delle correnti indotte nei conduttori attuati (1), tuttavolta il genio osservatore e sperimentale del nostro Fisico persegui- (I ) Le scoperte del Marianini relative alle correnti di tn« duzione leida-eleltrica hanno ben presto condotto altri speri- mentatori a confermarle, ed inoltre con acconci apparati di batterie elettriche e di spirali elettrodinamiche a suscitare si- mili correnti , ottenendo poi dalle medesime eziandio i riscon- tri galvanometrici e gli effetti fisiologici delle scosse ( Pianciani Elementi di Fisico-Chimica Voi. II, pag. 64, Napoli 1840. Malteucci Lezioni di Fisica Tomo II, pag. 313 , Pisa 1841). Frattanto ne sembra in proposito opportuno V avvertire che le accennate correnti d' induzione elettrica dispiegano una effica- cia fisiologica minima stigli animali a sangue freddo , e mas- sima sugli animali a sangue caldo ; così è che mentre per l' una parte promuovono minime o discrete contrazioni sulle rane , d' altra parte riescono oltremodo risentite e tcuotenti per r uomo, (C). 334 PROSPETTO DELLE MEJIORIE EG. tando, col suo reeleltrometro , la più proteiforme azione magnetizzante di quelle correnti si avvia a dischiudere no- velle vie di progresso alia scienza elettro-magnetica. XXX. Sopra l'anione magneti7,'^ante delle correnti elettriche. Memoria I di alcune analogie tra V anione in- ducente e V a'^ione magneti':{':{ante delle correnti elettriche istantanee; Modena 1840. All'oggetto di spiegare come avvenga che l'induzione leida-elettrica abbia una direzione, ora contraria ed ora analoga a quella della scarica del coibente armato^ il Marianini suppose nella precedente Me- moria che tali fenomeni derivassero dal prevalere la effica- cia, ora della invasione, ora della cessazione della mede- sima corrente, nel conduttore attuante, ed inoltre avvertì che nel reeleltrometro il ferro si magnetizza per una spe- cie di induzione, d'onde poi le conseguenti sue magnetiz- zazioni inverse, sotto altro ordine di sperienze osservale dal Savary. A confermare le quali conclusioni il M. si diede ad inquisire dì proposito l'azione magnetizzante delle corren- ti elettriche col metodo di sperimentare che offre il suo reelet- tromettro ricercando se le circostanze influenti a variare l'in- tensità e la direzione delle correnti indotte valgono altresì a far variare l'intensità della relativa magnetizzazione, ed ii senso in cui viene effettuata. E le descrizioni delle spe- rienze a tal fine instituite, coli' introdurre i cilindretti di ferro da calamitare entro un adatto tubetto di vetro circon- dalo dal filo reeleltromelrico, esperienze realmente con- fermanti la accennata analogia tra l'azione magnetizzante e l'azione attuante delle correnti elettriche istantanee^ co- stituiscono la presente Memoria che sparge gran luce sui più arcani fenomeni elettro-magnetici. XXXI. Sopra l'anione magnetizzante delle correnti istantanee. Memoria II delle variazioni nella suscettibi- lità di calamitarsi che si osservano nel ferro ed in altre so- stante per le precedenti sofferte magnetizzazioni; Modena 1840. Il grande numero di esperienze che il Marianini dovette DEL PROF. S. MARIANINI 336 istituire per istudiare le analogie tra l'azione magneliz- zanle e T attuante delle correnti elettriche istantanee, gli lia posto soit' occhio un fatto il quale serve a rendere ra- gione, se non di tutte, certamente della maggior parte delie anomalie che si incontrano in siifalte sperienze. Così è che trattando colla stessa corrente istantanea più ferri di eguali dimensioni , e scevri naturalmente o spogliali de- bitamente di magnetismo , gli avvenne di osservare che quelli i quali erano stati calamitati in un dato senso ser- bavano una assai maggiore attitudine per calamitarsi nel senso medesimo, e all'un tempo una assai minore attitu- dine di calamitarsi nel senso contrario; variazioni e rela- tive vicende nella suscettibilità di calamitarsi che sono al- tresì accompagnale da variazioni e vicende corrispondenti nella suscettibilità di scalamitarsi, e le une in ragione in- versa delle altre. Tutti i quali fenomeni, discoperti dal celeberrimo nostro Fisico, si osservano anche con altre so- stanze capaci di magnetismo, e facendo uso di qualsiasi mezzo per calamitare e discalamitare; nel quale proposi- to non isfuggì alla perspicacia del M. il quesito di un re- siduo di magnetismo occulto o dissimulalo che però non gli riesci in sulle prime di verificare. Laonde poi, per provvedere alla opportuna brevità di discorso in ordine a simili materie del tulio nuove, chiamò suscettibilità pri- mitiva 0 magne ti7^7^abilità primitiva quella che ha un cor- po di restare magnetizzato per una data azione quando esso 0 non sia mai slato calaaiilato^ o lo sia stato in ambi i versi con egual forza ; e disse suscettibilità secondaria 0 magneti^^abilità secondaria quella per la quale un cor- po, mercè qualsiasi mezzo, si calamita con più facilità in quel senso nel quale già è slato calamitalo, ovvero con meno facililà nell'opposto senso. XXXII. Sopra V anione magnetizzante delle correnti istantanee. Memoria III delle magneti%%a:{ioni operate dalla stessa corrente in fili di ferro n ''• - •■'".o rfi nros- 336 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. sez:^e differenti, ed in più fili insieme miti', Modena 1840. La magnetizzazione operata su uno o più fili di ferro da una corrente elettrica volendola il M. riscontrare in rapporto alla grossezza e al numero dei fili stessi, fece uso del suo congegno reelettrometrico il quale servendo a conoscere la forza magnetica acquistata da un ferro può dirsi eziandio strumento magneto-metrico. Dietro quindi una serie acconciamente ordinata delle più pazienti osser- vazioni ed esperienze fu condotto a conchiudere 1° che la forza magnetica da un filo di ferro acquistata per una data corrente cresce in generale al crescere della grossezza del fi- lo in una proporzione molto minore di quella con cui cresco- no le grossezze medesime , cosicché si giunge ad un punto nel quale la forza magnetica ricevuta da un dato filo è pari;, 0 minore di quella ritenuta da un altro più sottile; 2° quando si sottopongono alla azione magnetizzante di una data corrente istantanea più cilindri, o di ferro o di acciajo, si ottiene una magnetizzazione più forte di quella che, a parità di circostanze, si produca su di una massa eguale ma formata di un solo cilindro ; 3° qualora si sot- topone un fascio di fili all'azione magnetizzante di una corrente elettrica l'effetto è molto minore della somma di quelli che si ottengono cimentandoli ad uno ad uno (pag. 149, 153); 4° per distruggere il magnetismo di una data massa di ferro o di acciajo si richieggono correnti più deboli quando sono in maggior numero i fili impiegati a formare la massa medesima. (sarà continuato ) ••^BS^fS^^ ALCUNE OSSERVAZIONI GEOGlSTlCflE SUGLI APPENNINI BOLOGNESI E SPECIALMENTE SULLA ESTREMA PUNTA SUD-OVEST DE* MEDESIMI Lette all' Accademia delle Scienze dell' Istituto di Bologna il dì 13 Marzo 1846. I terreni di questa provincia più volle e da diversi nostri naturalisti descritti, fecero chiaro che profitto non lieve ridondava dalla considerazione loro alle scienze geo- logiche in genere, e alla porzione di queste che versa sullo studio della penisola italiana segnatamente. Per ta- cere de' meno recenti, vennero in questi ultimi anni con- segnati a questa celeberrima Accademia lavori pregevolissi- mi, e veramente degni di ogni commendazione, de* vostri Doti. Domenico Santagala, e Prof. Giuseppe Bianconi, i quali non solo accuratamente descrissero vasti tratti della nostra provincia alla, ma passando a vicenda dalla geo- logia positiva alla induttiva, tanto nello studio del ragio- nare che dell'osservare pareggiarono i più sottili ed eser- citati geologi sia nella finezza pratica delle ricerche, sia nello assegnare , od escogitare le probabili cagioni de' più oscuri osservati fenomeni , che è lo scopo precipuo della scienza. La quale mentre questi lavori facevan ricca di nuovi risultali, mostrarono con ciò slesso, a non dubi- N. A»N. Se. Natur. Serie II. Tom. 3. 22 33S OSSERVAZIONI GEOGNOStlCiìÉ ìarne, quanta messe di osservazioni sia offerta al geologo anche io questa determinata parte d* Italia, e quanta uti- lità sia promessa dal proseguimento di simiglianti indagi- tii, fino al compirsi una descrizione generale di questa provincia già di molto per le anzidette ragioni facilitata, « inoltrata. Con questo preciso e solo intendimento , e cioè colla mira di offrire , per quanto è in me , quel pochissimo che Bìi è occorso di vedere , onde serva di qualche uso , per chi voglia un giorno accingersi a dare effetto a questa de- siderala opera , soggetterò al compatimento vostro , Acca- demici Sapientissimi, alcune piccole osservazioni ristrette ad un punto della parte più lontana, ed elevata del nostro Appennino, per quanto io mi sappia, non ancora di pro- posito descritta. Nel che fare, non mi prometto già di dir cose, le •quali non siano state viste o previste da' geologi , e spe>- «ialmenle da alcuni che mi ascoltano, ma al comunicarve- le mi ha confortato oltre la benignità vostra, l'universale senliraento di essi geologi, i quali, mentre discordano as- sai «elle diverse opinioni , unanimi consentono nella mas- sima ^el convenire in questa scienza relativamente più che in ogni altra , recar fatti ed osservazioni ; poiché essa , tuttoché sia del continuo in sul progredire, pure si con- sidera ancora come una Scienza incipiente, e tuttor difet- tosa nella parte fondamentale delle descrizioni grafiche. E di vero la geologia positiva può pareggiarsi, e poco meno che identificarsi colla geografia, nella quale ogni nuova descrizione di paese si riguarda sempre come importan- te, ed utile, e come un acquisto pel corpo della scien- za. Nelle discipline più antiche, e stabilite possono darsi delle osservazioni, le quali sieno anzi di impedimento e di ingombro , che di vantaggio a' loro avanzamenti ; ma in questa, la quale ìia pure per iscopo primo la cogni- «ione gi^fìca di tutta h terra , non avvi comunicazione di DEL DOTT. C. BIAGI 339 qtresto genere la quale , ancorché non sia di natura da d«r subito gradita occasione all'immaginare e al meditare del filosofo naturalista , né sembri portare a serie e gravi con- clusioni, non conferisca però giustamente al fine prelimi- nare della scienza stessa, ossia alla possibile total cogni- zione della superficie terrestre, in quanto è oggetto di essa Scienza. Così a quel passo che nelle cose geografiche, ninna informazione tiensi per dispregevole od inutile, sol che sia veritiera, e i geografi si rallegrano come di un evento fausto, allorché possono riempiere, come dicono €ssi , un bianco delle loro carte; a quel medesimo i geo- logi si contentano di qualsiasi relazione venga aggiunta alle possedute, purché dilati le cognizioni accertate, o nuovamcnie osservando, o ratificando cose presupposte, o assicurando le dubitale, o semplicemente, non dirò riem- piendo, ma restringendo i vasti bianchi delle loro carte fatte, 0 fatture, per quanto tali osservazioni sembrino al momento ristrette, e sprovvedute di interesse, lo che per altro non si fa vedere sì presto, e può talvolta rilardarsi d'assai. Ond'è che non essendo sì di professione considerata, « presa in esame nelle scritture de' due prelodati Accade- mici, quella parte di montagna bolognese, che forma il seguito della somma giogaia appenninica, ed avendone io scorsi ripetute volte alcuni tratti, mi pensai che non fosse per riuscirvi discaro. Accademici umanissimi e sapientis- simi, l'udirne alcun cenno, il quale possa servire quan- dochesia, e comunque sia alla compilazione della deside- rala geognosia del territorio bolognese^ giovandola con osservazioni lievi sì, ma pure oculari. Per giugnere all'estrema punta sud-ovest dell' appen- nino bolognese, possono tenersi due vie da chi si prende dalla Porretta. L'una, internandosi per le faggete di Bel- vedere, che incominciano superiormente e a sinistra al Ca- ;Stelluccio, terra a due miglia al ponente di Porretta, e 340 OSSERVAZIONI GEOGNOSTICnE cuoprono tutto il fianco settentrionale dell'Appennino che orla il confine bolognese a mezzogiorno. Questa linea è per la massima parte poco propizia al geologo, p-^rchè correndo sempre fra piante folte ed alle così che non vi penetra raggio di sole, l'occhio non può dominare i luo- ghi circostanti, né farsi un'idea della disposizione gene- rale del paese. Il suolo però su cui vegetano queste fag- gete, è sempre e solo composto di arenaria. L' altra via o linea che può prendersi , togliendo per punto di partenza il Castelluccio^ è meno silvestra, assai pili aperta , e potrebbe rappresentarsi con due linee che si incontriuo ad angolo retto all' altura di Vidiciatico , gruppo di case più su del Castelluccio cinque o sei miglia. La pri- ma linea corre dall'est all'ovest da Porrelta fino a Vidi- ciatico, la seconda sale dal nord al sud da Vidiciatico fino al sommo dell' Appennino. La via che si batte da Torretta a Vidiciatico è or sulla cresta, or sul fianco, or sul fondo d'una serra frastagliala che scorre quasi paralella alla centrale dell'Appennino , e dal quale è dapprima disseparala dalla valletta di Capugnano. Questa serra si congiunge all'Appennino poco avanti Vidiciatico, alla destra di que- sta, ed al basso scorre il torrente Sella, che prende sua origine da' fianchi orientali del Corno alle Scale. L'are- naria che si scuopre a Porretta (Monte della Croce) se- guila a vedersi per tutta questa linea, variando nella pro- porzione , e grossezza degli elementi , e nel colorilo, e pas- sa più di sovente allo scisto micaceo che si sfoglia, e si scheggia in lamine sottilissime ed è la varietà più abbon- dante. Col macigno , e collo scisto che sono da confon- dersi in una slessa formazione , trovasi pure il calcare com- patto, 0 pietra da calce. Nella voltata sopra a Vidiciatico, ossia all'angolo delle due linee testé figurate, si entra in una gola lunga, stretta, e profonda cui fiancheggiano al- tissime rupi, e che mena diriltamente ad un valico delle maggiori alture chiamato Porte dell' Appennino. La salita DEL DOTT. C. BIAGI 341 è quasi continua, e più si monta più si entra nelle per- tinenze della catena centrale. Veggonsi a misura che si ascende gli strati gradatamente ingrossarsi , acquistare gli scisti i caratteri dell'arenaria, e perdersi il calcare. Nel fondo di questa gola in cui si fende il fianco dell'Appennino precipita il torrente Dardagna, di cui fra poco avrò occa- sione di parlare, e che riceve l'acqua che cade da' fian- chi laterali delle rupi sovrastanti. Seguitando a salire van- nosi diradando i castagni , e invece infittiscono i faggi , co- sicché poco al di sotto del Santuario sacro a Maria detta dell'Acero la selva è composta solo di questi alberi altis- simi. Cotesto Santuario è l'ultimo luogo abitato che si in- contri lassù, ed è circa a mezza strada dal sottoposto Vi- dicialico al crine dell'Appennino Quantunque non riferi- scasi all'argomento, toccherò di passaggio di questo sacro edificio. Una scritta posta nell' interno della Chiesa ne segna per anno di sua edificazione il 1358. La sua stazio- ne parmi forse più elevata di quella di San Pellegrino, poiché [uon è abitabile 1' inverno se non a grave ri- schio, accumulandovisi le nevi a tale altezza da sep- pellirvi , e tenervi prigioniero qualunque ardisse rima- nervi , per parecchi mesi. Il custode che attualmente vi di- mora , ammaestrato dalla esperienza , al cominciare dell'au- tunno r abbandona , e si ripara al basso di qualche mi- glio. Non ho trovato cose notevoli in questa Chiesa, meno forse quattro figure lavorate in legno, imbiancate, due gran- di al naturale, due piccole come di fanciulli bilustri. Sono collocate sulla cornice della parete a destra della porta maggiore, e sembrano dal costume, e dalla semplice, e rozza ma particolarmente espressiva maniera con cui sono condotte, opera del secolo XV. Come documenti per servire alla Storia delle arti, potrebbero meritare l'attenzione de- gli intendenti, ed é perciò che non stimai inutile al tutto l'averle accennale. I pastori dicono queste figure aotichi voli* 342 OSSERVAZIONI GE0GN03TICHE Due ore di cammino al di sopra di questo Eremo s» lascia la regione de' faggi , e si discuopre la nuda velia dell'Appennino, il quale forma ivi come un anfilealro chiu- so solo da tre Iati, all'oriente dal Corno alle Scale, a mezzodì dalle Porte dell' Appennino, e da' monti del Lago di Scafaiolo a ponente da una catena laterale o conlra- forle che si spicca dalla linea sovrana e discendendo si ab- bassa fino al fianco di Rocca Cometa dove termina, ed ove la Dardagna volgendo a ponente, va a gettarsi in Pa- naro. La cresta di questo contrafforte o serra laterale se- gna il confine fra il bolognese ed il modenese, ed è essa che forma la parete quasi verticale che costeggia a ponente tutta la lunga forra che si traversa da Vidiciatico al som- mo del giogo. Il detto anfilealro, o semicerchio, cui si diviene al cessare de' faggi ha il nome di Valle del Baggioledo. Di questa valle altissima, e de' monti che la circondano fu data una esatta descrizione dal Professore Giuseppe Berto- Ioni , in una memoria intorno alle piante che vegetano su queste solitudini, coli' aggiunta di una tavola che ne facilita la conoscenza, e mi disobbliga dal fare inutili ripe- tizioni. Nel mezzo di questa valle irregolare, sommamente inclinata verso il nord, rilevata e suddivisa da tante altu- rette, corre la medesima Dardagna, che nelle parti su- periori della valle stessa prende origine, e viene formata da tante scaturigini limpidissime, che qua e là trapelano, e facendo rivoletti che vanno a riunirsi nel fondo della concavità, integrano questa non saprei se torrente o foo- tana assai abbondante, che precipita romoreggianle per la nuda e scoscesa roccia, forma via via pittoresche cadute, si riusciva quindi nelle faggete, e va a perder nome facen- do ricco tributo di se slessa al Panaro nel modo poco so- pra indicalo. Superata questa valle si giunge sul crine o bidente in DEL DOTT. «. BUGI 342 cui si partono i due versanti della giogaia, da cui se il cielo è sereno, si dispiega sotto agli sguardi una delle piiì grandiose vedute, che non ha termini , se non se quelli della forza visiva. Da due parli si scuoprono le più longinque con- tinuazioni dell' Appennino ; dall' una fino al Cimone, ed alle bianche Alpi Apuane, che appariscono a questa distanza, come dentate o seghettate, dall'altra fino alle cime del- l'Umbria, e de' monti tosco-romani. Al sud gran parte della Toscana, nella cui dislesa disegnasi la bianca e tor- tuosa striscia dell'Arno, il lago di Bientina, si distingue la città di Pistoia, e di Firenze vogliono alcuni (lo che non potei accertare) la cupola di Brunellesco. Da set- tentrione l'aere nitido lascia prospettare assai più distinta- mente che dalla nostra men discosta pianura, e de' nostri poggi sopraurbani, le grandi Alpi tinte in azzurro. Di qua al sorgere, 'di là al cadere del sole, brillano le due marine, contermini all'orizzonte. Ma raccogliendo lo sguardo , e fissandolo a rimirare i due opposti versanti della catena, che, per così dire, vi stanno sotto i piedi, il toscano cioè, e il bolognese, si rileva che la disposizione loro è assai diversa, e la loro digradazione compiesi in diverso modo. Nel declive tosca- no la catena si divalla più presto , e di conseguente non è sì lungo lo spazio che corre fra il piano e il crine del- la giogaia; tanto è vero che dalle cime di cui è discorso, la distanza al piano di Pistoia ò appena di quindici miglia, mentre alla città nostra è quasi di 60; per questa stessa ragione, mentre si vede la Toscana sotto come in pano- rama , quasi nulla si discerne della nostra pianura. Ma la catena non si abbassa già da questo lato più japidaraente su tutti i punti; invece si divarica sui fianchi, e spicca dall' alto delle braccia , o giogaie laterali , che possono con- siderarsi come continuazioni o propagini della catena cen- trale, le quali si protendono avanti nella pianura > taglia- DO in diverse direzioni la superfìcie del suolo toscano. 344 OSSERVAZIONI GEOGNOSTICHE vengono a costituire le diverse valli , o piani in cui questo paese si comparle e si prolungano fino al naare. Cotesta differente maniera di assettamento dell' Appennino serve, a mio credere, a spiegare diverse cosej a darci ragione delle roccie di arenaria , e congeneri pietre dure di che abbonda la Toscana, e di cui sono ovvie le cave, vicinissime alle cit- tà, ed a' villaggi, comode pe' trasporti, e per tanti usi utilissime. Ciò spiega la maggior ricchezza, e limpidez- za di acque che in generale si osserva ne' torrenti tosca- ni^ essendo evidente, che non già, in un dato senso, il lungo corso gli fa abbondanti, ma la maggiore elevatezza de' monti da cui nascono^ e fra cui scorrono. Circostanze che danno egualmente ad esse, e conservano la limpidez- za, che nelle nostre si vela appena sboccano dalle perti- nenze della catena centrale, e cominciano a tragittare fra le roccie terrose e molli , di che in generale è formala la nostra montagna media ed inferiore. Nel nostro versante all'incontro del toscano, la catena non divarica punto, e si digrada in tutta la continuità sua per serie di monti successivamente più basse e paralelle alla centrale fino alla pianura, e sotto le mura della città nostra. Di que- sta disposizione che non isfuggì all'attenzione del Dottor Domenico Sanlagata, e da lui notata nelle sue memorie geologiche, se ne ha una riconferma dominando con una occhiata dall'alto al basso il nostro pendio. Di tali li- nee digradanti se ne potrebbero, a mio credere, annove- rare tre, senza contare la sovrana dell'Appennino. Nella prima figurano le cime di Montovolo, Monlevenere, Mon- terenzo ed altre. La seconda comprenderebbe in circa il tratto che corre fra questi punti fino al Sasso ed a Pianoro. La terza comprenderebbe le inferiori colline che cessano appiedi della città. Qui si potrebbe ancora osservare , generalmente par- lando, e con qualche agevolezza di eccezioni, che la va- riazione delle locc^ clie si incontrano in queste diverse DEL DOTI. C. BUGI 345 serie segue l'inversa della loro elevazione. L'Appennino è co- stituito da una sola qualità di roccia , ed è T arenaria, com- prendendovi lo scisto delle sue parti inferiori, come so- pra indicai; la quale afFermazione , stando a' luoghi dame visitali non patisce eccezione, quantunque vi si incontri talvolta assai vicino qualche masso serpentinoso , come ad esempio al Castelhiccio e al Molino di Gaggio. Ma questi massi sono o sul terminare o fuori , dirò così , del sistema centrale appenninico anche in ragion di luogo , e sembrano piuttosto appartenere alle successive montagne, dove fanno frequente comparsa. Vi sono però degli indizi pe' quali è da presumersi essere il serpentino immediatamente sotto- posto all'arenaria, non tanto per la vicinanza quanto pe' caratteri talcosi;, micacei, magnesiaci in una parola che va acquistando l'arenaria, passando in scisto veramente ar- desiaco; cangiamenti che equivalgono alla doloraizzazione de' calcari, e Lene si spiegano colla vicinanza di roccia della natura appunto dei serpentini , a' quali la pluralità de' geologi , ascrivono la cagione del sollevamento delle arenarie. Della quale operazione se potesse dubitarsi che fosse in essi il principio, o la causa movente, certo almen è che tutte le ragioni ajutano a credere che ne fossero la strumentale. Ad ogni modo, se serpentino vuoisi ammet- tere nell'Appennino, vi è questo rarissimo e pochissimo, è di equivoca appartenenza, non si incontra colla vera are- naria a grossi strali, e a grossi elementi, ed è poi, se- condo ogni buon principio geologico, di formazione asso- lutamente diversa. Nella seguente serie si accresce il numero delle spe- cie, 0 qualità di roccie, variano d'aspetto, perdono e ri- prendono nello stesso monte e a poca distanza un dato ca- rattere 0 sembianza, e sono fra loro rimescolate e confuse. Altri sono i macigni ^ e fra loro diversi, poveri di quarzo, ricchi di calcare , e più di argilla. Spuntano or qua or là guglie serpentinose , appariscono il calcare compatto, il 346 OSSERVAZIONI GEOGNOSTIGHE calcare saccaroide cristallino, e le seguenze de' terreni ar- gillosi. Nelle serie più basse i macigni addivengono sem- pre più friabili, sono sovente attraversali ed alternati da sepimenti di ghiaja, da strati di argilla, gli uni e gli altri talvolta sottilissimi. Roccìe tutte che variano anche più ne' caratteri mineralogici , nella proporzione de' com- ponenti , moltissimo nel colorito , che è il carattere di tutti il più variato. Finalmente nell'ultima serie abbondano più i terreni marnosi, si trovano frammenti di tutte queste roccie rimescolati, il macigno prende i caratteri di mol- lasse, 0 di sabbia che si disgrega fra le dita, e compari- sce di più la selenite. Ma per non divagarmi dal proposito, basterà il dire che r arenaria bolognese è affatto simile a quella del con- tinuo Appennino descritta da Spallanzani , ed altri natura- listi , e geologi italiani , per esimermi dal qui descriverla e dal ripeter cose , dirò così , volgari in geologia. I suoi strati si distinguono l'uno dall'altro, senza che altra materia gli tramezzi, sono di diversa grossezza, adagiati l'uno sull'altro, e distinti semplicemente da tante linee di separazione, o commettiture fra loro parallele, e quasi sempre più o meno con essi strali inclinate all' oriz- zonte. II dello fenomeno dell' inclinazione desta sempre mol- to e continuo interessamento nell'osservatore, quantunque sia uno de' fenomeni geologici più generali , più conosciu- ti e studiali in questi tempi. E veramente sembra che sia fallo per colpire lo sguardo ed attirarsi T attenzione a pre- ferenza d'ogni altro, imperocché batte agli occhi di qua- lunque riguardante dotalo di spirito un poco curioso e dili- gente, ancorché sia affatto privo di nozioni geologiche, siccome il fenomeno il più grandioso, e più significante scol- pito sulla faccia della terra. Per quello che io vidi nel circoscritto perimetro sog- getto del mio dire, gli strati sono inclinati più o meno DEL DOTT. C BUGI 347 dal sud al nord, con una inclinazione che passa sovente ì 45 gradi. Vi è però una parlicolarità che riguarda l'inclinazio- ne, la quale mi obbliga a fermarmi un istante su questo argomento. Giova ricordare che fra le giaciture dell'are- naria trovasi notata anche la orizzontale o quasi, e ne cita degli esempi tratti dagli Appennini Modonesi anche Laz- zaro Spallanzani. Dapprima parve anche a me di abbatter- mi in esempi analoghi, ma debbo confessare che provavo un certo ritegno a credere agli occhi miei, parendomi, non dico impossibile, ma difficilissimo, che potesse darsi, 0 meglio, conservarsi questa maniera di stratificazione, se è vero, come è quasi indubitato, che queste moli sieno state sospinte all'altezza attuale da forze inferiori che su le levarono. E mentre ripensavo per qual concorso di cir- costanze potesse essersi eseguito questo, direi, pacifico sollevamento, senza aver cangiato i rapporti di posizione coir orizzonte che questi strati dovettero avere un tempo nella loro formazione , né potevo capacitarmi per qual pri- vilegio queste roccie poste nelle identiche circostanze, e spostate dalle stesse cagioni delle circonvicine che sono tutte inclinale, rimaste fossero orizzontali, mi parve di conoscere che veramente anch'esse erano inclinate al pari della pluralità delle altre. Cangiarono il mio sospetto ìd certezza , il dirupo bolognese della lunga Serra che sovra- sta la Dardagna , poco fa descritta, e il precipizio del Corno alle Scale che più guarda a mezzogiorno. In entrambe queste località riguardate dalla costa con- traria, gii strati, ossia gli indizi delle commettiture loro, sembrano orizzontali, o quasi , solo declinano leggermente dal sud al nord. Ma questa lieve obbliquità, non è vera- mente quella che indichi i due punti estremi di maggiore 0 minore potenza della leva , non corrisponde già alla linea obbliqua, che rappresenta la direzione principale del sollevamento; oltre questa giacitura che potrebbe confoQ- 348 OSSERVAZIONI GEOGNOSTICHE dersi colla orizzontale, àvvene un'altra assai obbliqua, e che serba tenore colle maggiori inclinazioni del restante della giogaia. Questa inclinazione va dall'esterno all'interno della roccia, prendendo per punto di partenza od esterno, la prospettiva o facciata dello spaccato che presenta le com- mettiture orizzontali , ed è perciò facilissimo il paralogiz- zare, malamente argomentando dalla orizzontalità delle li- nee, 0 commettiture che attraversano lo spaccato, quella pure degli strati che lo compongono. Ma questa illusione si dilegua ponendo mente ad al- cune particolarità che si rilevano sulla superficie degli stessi spaccati. Si osservano in questi delle scantonature o solcature perpendicolari, originate da scoscendimenti della roccia e formate da spigoli rilevati e da bugne , ossia degli angoli rientranti e sporgenti sul piano verticale , i quali scuoprono all'osservatore come un'infinitesima parte della sezione laterale della montagna, e lasciano vedere in pic- colo quello che in grande si vedrebbe se potessero scuo- prirsi i fianchi dello spaccato, nascosti dalla continuante giogaia. Ma ciò basta per togliere d'inganno, e condurre a confermarsi per senso ;, quello di che sospettavasi per ra- gione, la vera inclinazione cioè degli strati , ossia il fianco della perpendicolare sulla quale si è esercitata la maggiore potenza del sollevamento. In queste solcature adunque si veggono gli strati discendere dall'esterno all'interno, os- sia avere la testata alta all'esterno, e la bassa addentro, ed invisibile nelle viscere del monte. Ed invero, se queste roccie stratificate, furono un tempo smosse dalla loro primitiva posizione orizzontale da forze inferiori che abbiano agito in confuso come leve di diverso genere, ne sarà venuto che non in tutti i lati delle masse emerse, (se non in tutti certo nella pluralità de' casi) debbasì scuoprire uguale inclinazione. Ciò posto, egli è certo, che data una massa o poliedro qualunque cora- DEL DOTI. C. BUGI 349 posto di Strali orizzontali , e contrassegnalo quindi alle su- perfìcie 0 faccie laterali da linee pure orizzontali e para- lelle, se venga questo alzato non sopra un angolo, ma so- pra un lato con una forza uguale su tutti i punti della sua linea trasversale, le linee o commettiture che appari- ranno sulla superficie di questo lato innalzato, si presen- teranno allo sguardo egualmente orizzontali, quantunque il piano degli strali che le disegnano divenuto sia inclinato. In tal caso, quando non sia dato scuoprire altri fianchi del poliedro, ossia dal frammento di roccia sollevata, è lecito e necessario sostituire alla osservazione il raziocinio, ajutandosi con argomenti ed esempi analoghi, essendoché un fallo fa possibili gli altri. Laonde parmi di poter for- mulare questa proposizione : che uno spaccalo di roccia stratificata a linee orizzontali , non indica sicuramente la medesima giacitura negli strati. Dico non sicuramente, potendosi ancora combinare le due cose, lo che si noli eziandio per non far pregiudizio a que' geologi , che falla forse, e non espressa l' osservazione da me indicala, parlando della direzione degli strati dell'arenaria appenninica, vi nota- rono ancora la orizzontale. Per voler adunque stimare la di- rezione degli strali di una rupe , di una serra, di un gruppo di roccie, non basta guardare all'azzardo una qualunque lor faccia , o spaccalo , bisogna eleggersi un criterio sulla scelta di questo, rigirarne i lati, e trovare il vero punto visivo. Ora , anche per le cose dette parmi che possa es- sere alcun poco facilitato l'arrivare a questo inlento. Portandosi così col magistero della fantasia ad imma- ginarsi l'ordigno parziale di questi sollevamenti, si può con verisimiglianza determinare in qual punto de' diversi frammenti disseparati e risaltanti che costituiscono una gio- gaia abbian essi spiegato la maggior forza, o dove abbian incontrata la maggior resistenza. Non dipartendoci dagli esempi nostri , la maggior potenza del sollevamenlo nel Corno alle 5ca/e, si sarà esercitata sotto la sua linea orien SSG 0SSE&VA210ÌNI GEOGNOSTICUE tale, dove è, come dicono, tagliato a picco, e dove si veg^ gono gli strati che discendono verso l'interno del monte, ossia v«rso ponente. I quali strati con giusta comparazione son detti da quegli Alpigiani Scalini, e da essi l'epiteto al nome di questo Corno. Ciò essendo, il monte dovrà ab- bassarsi nella parte posteriore, ossia nel senso della ca- denza degli strali , e così è appunto che il dosso di questo monte forma la parete orientale della descritta declinante valle del Baggioledo. Similmente la Serra che sovrasta « Dardagna, è quasi a perpendicolo nella parte orientale, e termina in una cresta acuta, e spoglia quasi affatto di vegetazione , non potendovi le piante allignare per lo so- verchio pendio, mentre il lato opposto è vestito di faggi, ed ha una china praticabile. Dietro questi principii il punto di maggiore elevatezza di un monte deve essere sulla per- pendicolare del punto di maggiore azione esercitata dalla forea incalzante, e così ogni volta che si incontra in Cerreni sollevati una stratificazione (apparentemente) oriz- zontale, si potrebbe dedurne, anche che i sensi non lo mo- strassero, che da quel lato corrisponde il punto culmi- nante della rupe. Ciò patirà delle eccezioni nell'applicazio- fie, poiché è da supporsi che la collisione di molte for- ze abbia prodotto molle irregolarità negli effetti , ma qualche volta però vedesi essere accaduto in realtà quello che si prestabilisce per teoria , di che ne ho recate le pro- ve cogli esempi qui addotti. Questa presunta meccanica de' sollevamenti spiega prossimamente il modo di formarsi delle accidentalità del «nolo montuoso^ e dà in mano la traccia per predetermi- nare, anche in località sconosciute, quale sia la via meglio praticabile, o la sola praticabile al viandante. Se si pre- senta la facciata, o spaccato di un monte o serra a piano verticale con strati orrizzontali si è quasi certi che percoi*- irendone la linea parallela nella costa che le sta all'incon- ìxo, si giunge a raddoppiarne la punta , o il capo , e si DEL DOtt. C. BUGI Sài tfova nell'altro lato una china praticabile, e se la elevazio- ne lo consente, vestila dal bosco. Se si presenta uno spac-^ cato a strati inclinali , si può dietro gli stessi principii , arguire che si è sul fianco della linea anteriore o della fronte del sollevameuto, e che dirigendosi nel senso della cadenza degli strati si giunge alla parte del monte meno scoscesa. Formatosi questa idea della meccanica parziale de' sol- levamenti, sì giunge a fissare nella mente qualche traccia di leiifge , ed a raffigurare qualche ombra d' ordine , in mezzo alla confusione che realmente presentano quelle so- litudini , che ritraggono in sé tutte le prove de' dinamici rivolgimenti, cui debbono l'attuale loro sconcertala po- sizione. Trovasi in questo disordine una certa uniformità di accidenti, una direi quasi, regolare irregolarità, si vedo- no ripetuti gli slessi effetti, rinnovate le stesse apparenze, mantenuta la slessa fisionomia di luoghi che rendono una stessa figura pel tratto di centinaia di miglia; e da ciò si desume ancora l'operalo di una sola, e slessa causa, tan- to in ragione di tempo, che di misura e grado di azione. Ho notato queste leggeri osservazioni, non già perchè slimi che abbiano in sé della novità, e meno ancora della importanza in ordine agli studi di alta geologia; ma solo perchè mi è sembrato che possano tornare di qualche uli- lltà agli osservatori novizzi , ed abbreviarne le fatiche , an- ticipando loro il risultato di quelle deduzioni , che non potrebber fare se non consumando un tempo che sapranno così impiegare in più importanti , e preziose ricerche. Togliendoci ora dalla considerazione gcognoslica di queste roccie, e venendo per poco ad altri particolari, dirò che nelle località di cui è discorso non mi sono abbatluto in cosa che possa aggiungere nuova eccezione alle rare che si conoscono contro l' osservazione generale che esclude dal- l' arenaria la presenza di fossili ; come neppure mi 6 avve: 352 OSSERVAZIONI GEOGNOSTICHE uuto di rintracciare sostanze interessanti pel mineralogista, se non forse alcuni cristallini di quarzo ialino che tralu- ' cono sulla superficie della roccia , e fra l' erbetta quasi goccie di rugiada. Questi cristalli sogliono essere piccolis- simi, alcuni sono di un'acqua limpidissima, ed hanno, se così posso esprimermi , un' aria di novità e freschezza tale che li diresti formati nell'istante. A vederli poi aven- ti pqr ganga la superficie alterata dell'arenaria, alla quale sono debolmente aderenti , mi confermerebbe in questo opi- nare, e mi guiderebbe a crederli tuttora generati per so- luzione acquosa della silice. È vero che si potrebbe dare un'altra interpretazione sull'origine di questi cristalluzzi, facendoli identici alla grana quarzosa che eatra fra i com- ponenti dell'arenaria, supponendoli isolati^ e quasi slac- cali, in seguilo della decomposizione degli altri materiali della roccia , come parrebbe indicare il carattere della gan- ga su cui spuntano , che è alterata. Ma tale spiegazione io non la saprei preferire, perchè questi cristallini han- no de' caratteri che li distinguono dalla grana quarzosa dell'arenaria j la quale è di un color poco diafano, di aspetto quasi lattiginoso, di forma sferoidale, e tondeg- giante ; mentre quelli hanno la figura prismatica , con spi- goli, e faccie nette, e sono perfettamente vitrei. Per le quali diversità di forma , e di colorito io mi rinfrancherei nei- r assegnare a certi cristalli quarzosi, una formazione diversa da quelli che sono serrati nella roccia, e cioè posteriore, e direi anche giornaliera. Che poi le roccie non vadano esenti da questa legge universale de' corpi dello scomporsi e ricomporsi , ed anzi si mutino affatto, si trasfigurino dirò così pel lento ope- rare delle chimiche affinila, e de' movimenti molecolari; è cosa non solo persuasa dalla ragione, ma autenticata dai fitti, e da geologi di grido sostenuta ed illustrata con os- servazioni conr.ludentissirae. Si distingue in questa partita il celebre Guidoni, il quale ha anche di recente confor- DEL DOTT. C. BUGI 36S (ala tal sua test in una sua Memoria di cui volonlieri ri- ferisco il seguente brano perchè mi sembra confacenlissi- me al mio caso,. e molto proprio ad ajutare la proposta opinione. » Infatti, egli dice, non è credibile che le rocce che compongono la intera montagna si trovino in uno stato perfetto d'inazione dal momento che furono innalzale dal seno de' mari ; ammettiamo la decomposizione delle rocce e de' metalli per cause atmosferiche e fisiche; e non am- metteremo la loro ricomposizione, o cambiamenti;, per cau- se chimiche e magnetiche? Esistono nelle Gallerie de' qua- dri delle statue a Firenze alcuni monumenti Etruschi e Romani di marmo saccaroide probabilmente di Carrara; in cui gli ornati e le figure che rappresentano sono intera- mente scomparsi , e in loro luogo invece si osservano tanti piccoli cristalli di calce carbonata romboidale che forma- no quasi delle slalatiti o stalagmiti simili a quelle delle caverne calcaree. Se un tale movimento molecolare ebbe luogo in masse marmoree staccate da secoli dalle loro cave ; quanto un simile cambiamento deve essere maggiore nelle cave stesse etc? m (1). Tarmi che fra cotesti cristallini di calce carbonata e i cristallini di quarzo da me notati siavi molta analogia, enologica, e molta connivenza per ravvisarli come efielto di una legge universale che continuamente opera in tutta la natura, legge che può intrecciarsi o identificarsi con quella che s'intitola dal moto molecolare de' solidi, ed è cagione di tante perplessità, e riforme teoretiche nelle as- segnazioni delle origini^ delle epoche, della natura primi- tiva di tanti terreni. (1) U Cimento. Gena, e Febb. 1844. N- Ann. Se, Natur. Sesie 11. Tom. 3. 23 354 OSSERVAZIONI GEOGNOSTIGQB Fra i fenomeni che più destano a sorpresa qualunque passeggiero, e di cui si ammirano gli stessi indigeni e semplici alpigiani sonosi le fontane ; che abbondanti e fre- quenti scaturiscono poco al di sotto della criniera della giogaia, non alle radici, ma quasi sulle cime de' vertici. Osservasi in modo rimarchevole questo fenomeno nel- la altissima valle del Baggioledo. Dissi poco sopra come vi prenda nascimento la Dardagna; questa è già presso al- l'origine sì copiosa che la quantità d'acqua che con- duce, si misura ad occhio per quanta è bastevole secon- do la comune estimativa per un molino e più. La somma elevazione del suolo, la mancanza^ o la quasi mancanza di nevi, la stagione estiva, la diuturna serenità, ed altre considerazioni che passo ad accennare, fanno subito di queste fonti colassù sospese un problema difficilissimo, e guidano nella mente la brama di trovarne la spiegazione, la quale variata in diversi modi , e attribuita a diverse cagioni , non potè esser altro che congetturale , e tal si ri- mase Ano al presente. rjon ultima fra le ipotesi recate innanzi per questo genere di fonti, si è quella dei grandi ricettacoli sotter- ranei. Questa ipotesi però , non solo, generalmente parlan- do, è destituita di fondamento sperimentale, ma si pre- sentano all'incontro gravi difficoltà per sostenerla. Fino dal 1719. Domenico Guzmano Galeazzi vedendo di passaggio in compagnia del generale Marsili , le fontane che sgorga- no larghe poco sotto al vertice del Cimone , non si capacitò che la difficoltà dello spiegarne la causa, potesse esser tolta dalla predetta supposizione , ed espresse la sua dubi- tazione in modo che quasi equivale ad una negativa* Queste fonti del Cimone » dubium homini iniecerunt (così legge- si ne' Commentari di questo Istituto) quemadmodum il- lorum opinio huc convenirci , qui putant immania quaedam receptacula sub montibus latere, quo pluviae, et liquatae a sole nives conlluant) bincque fontes et flumina suas DEL DOTT. C, BlAGI 355 aquas ducere. Si enim ita esset, oporleret nullura fontera hic leceplaculis alliorem esse, sed omnes infra illorum suinmiim oriri ; quod difficile est in his credere ex editis- simo prosilientibus loco, ad cujus altitudinem nulli cìr- curaslantiiira nionlium perveniunt . . . . (I). L'immortale Lazzaro Spallanzani proponendosi di ri- cercare le cause di queste supreme scaturigini appennini- che, e citandone le difficoltà, rammentò bensì che le me- desime si presentarono pure al Galeazzi , ma trapassando in silenzio l'ultima particola del suo concetto, e cioè che egli non si mostrò persuaso della esibita ipotesi de' ser- batoi, e quasi la respinse; pensò all'incontro che questa fosse l'unica, o la più probabile da seguirsi, e credette spiegato il fenomeno , supponendo » così sotto il piano del Cimone, come sotto il lago di Scafatolo ricettacoli spa':{iosissimi riempiuti d' acque cadute dal cielo , le quali in parte durando là dentro nella calda stagione, conti- nuassero a fornir materia alle sottocorrenti fontane (2). Se debbo dire ingenuamente il mio parere, fra tanto senno, non sembrami che questo supposto sciolga l'uni- forme problema ; né seppi in esso acquetarmi , ed anzi parvenu prestare degli attacchi a molte obbiezioni , dopo aver osservato i luoghi stessi che allo Spallanzani sugge- rirono il suo pensiero. È da considerarsi primamente che il fenomeno delle sorgenti è di generalità sulle alte regioni dell' Appennino , e che avvi un rapporto costante , e propor- zionale fra la copia delle acque, e la elevazione de' mon- ti, e dell'altezza de' punti in cui nel monte stesso scatu- riscono. Farmi quindi , che se volessersi queste acque far provenire da serbatoi soprastanti^ dovessero questi essere non solo possibili, ma costanti, ìramancbevoli , necessari (1) Coment. Inst. Don. tom. i. p. 105. (2) Spallanz. Opere. Ediz. Milanese 1826. T. Hip 178. 356 OSSERVAZIONI GEOGNOSTICUE in tutta la linea supcriore delia giogaia , e più nelle cime più rilevale di essa; raa questa regolarità non può presu- mersi, postochè si rifletta che questi vani non potrebbero essere se non se prodotti accidentali de''*ollevamcnti e che perciò come a tali non potrebbesi secondo ragione attribuire loro quella costanza, equabilità, regolarità, uniformità, che sarebbe richiesta. Potrebbesi ancora credere che que- ste cavità fossersi formate nella formazione primitiva del terreno; troppo inverosimile cosa pensando che questo terreno è originato per deposito; senza che la disposizio- ne istessa delle roccie, non favorisce questa ipotesi, spe- cialmente considerando la loro porzione superiore, e libe- ra che si può all'intorno circuire, dove gli strati;, quan- tunque sieno inclinati , e trasportati in una posizione lon- tana le migliaia di piedi da quelle che si avevano nel for- marsi, veggonsi però sempre combaciati l'un l'altro, né la loro reciproca continuazione quasi mai interrotta o man- cante. Se poi le cavità fossersi combinate pel sollevamento, sembra che qualche indizio di questo effetto o incompiuto 0 svelato per successivi avvenimenti, e per la sola azione delle cause ordinarie, si dovesse incontrare ne' fianchi sco- perti delle costiere, i quali o avessero de' vestigi di cavi- tà, 0 anche forati fossero da caverne, come si incontra in altre formazioni. Ma nulla di simile ho mai scorto percor- rendo la catena delle Alpi fino oltre il Cimone, e vidi sempre all'incontro gli strati combaciati, mantenenti spes- so il paralellismo dalle vette fino al piede, e le masse montuose ben serrate e compatte. Tali specialmente si pre- sentano i monti che cingono la valle del Baggioledo ; e segnatamente il Corno alle Scale, da' quali pure, come abbiara detto, geme da tutte le parti tanta copia di liquido. Vero è bene che di primo punto al vedere le reliquie e i segni di tanti commovimenti sembra lieve lasciar con- cludere all'immaginativa anche le cavità sotterranee come un evento naluralissimo , e (lualc una proposta ammissibile DEL DOTT. C. RIAGI 357 senza esame. Ma composta la fantasia , e considerando nn poco a mente raffredda e a sensi abilnati questa proposta, non sembra sia ginstilicata da' risiillamenti che si veggo- no, ed oserei dire che il disordine non sia stalo tanto grande, quanto avrebbe potuto esserlo, poiché non pare che dietro il concetto scientifico delle cause de' sollevamen- ti, si sieno avuti colà lutti quegli effetti di cui quelle cause sarebbero capaci di lor natura. Ed invero sono bensì gli strati inclinali, ma rari giun- gono ad essere verticali, più rari i rovesciati; e ad onta di queste violenze serbano sempre le ordinanze loro. Le roccie non sembra che abbiano patito veruna alterazione di entità. Cosicché tutto si riduce a spostamenti di luogo, e questi traslocamenti medesimi dentro certi termini , tali direi, da non cancellare affatto i segni dell'ordine primi- tivo de' terreni ; direi più , della loro primitiva organizza- zione, ed anteriore alla catastrofe che li sollevò. Onde parrebbe che le moli appenniniche, e specialmente le punte culminanti, sieno state spinte alla elevazione attuale, sen- za soffrire inlimi dislogamenti nelle loro masse private, e che la densità interna non debba essere minore o diversa da quella che apparisce all'esterno. Le soluzioni di conti- nuo, le lacerazioni, e quindi le cavità originale nel solle- vamento sembrano piuttosto rappresentate dalle forre, dalle valli, da' burroni, dalle fondure, in una parola;, dagli anfratti, dalle ineguaglianze della superficie della ca- tena, E se dovessi ammettere cavità o vani, gli ammette- rei piuttosto in vicinanza a' luoghi donde si partirono le masse sollevate, nelle parli inferiori della catena, anziché dentro ad esse masse, e meno poi nelle punte loro. Que- sti sono i pensamenti che in me nacquero dietro l'impres- sione ricevuta su' luoghi; d'altronde dove i sensi non ar- rivano, non si possono dare dimostrazioni convincenti, e nel campo delle congetture, il verisimile tien luogo del vero. 358 OnRERVAZIONl GE0GN08TICHE Ora tornando alle fontane, senza lusingarmi di con- cluder caso intorno ad esse che possa appagare al tulio, parmi però che nella assegnazione delle loro cause, sia da farsi molto caso delle condizioni atmosferiche. Nelle regioni in cui scaturiscono queste fontane l'inverno dura per nove mesi e più, e nella brevissima e piccola estate non è raro che la neve ci cada pure ne' giorni canicola- ri. Anche in questa stagione si sa che la temperatura è assai fresca, e frigida talvolta nelle ore diurne;, sempre nelle notturne. I temporali sono frequentissimi, e raro è che passi giorno senza qualche meteora apportatrice di umidità. Se si mostra una nube, ancorché non scarichi pioggia 0 grandine, o neve, questa in poco d'ora involge le cime più rilevale; chi vi passa trovasi ad un subito cir- condalo da folla nebbia, e vede ad un trailo cangiato in umido autunno l'effimera estate. Da queste cose si rileva di leggieri che le cagioni di umidità, per così dire, posi- tiva e negativa sono in tali regioni, molle, assidue, po- tenti, e sensibili anche in estale. Al quale effetto, dob- biamo altresì presumere che concorra l'insensibile conden- sarsi de' vapori che salgono^ 0 sono spinti o attraili lassù, dove colti dal freddo , devon tornare in acqua , e dal fred- do trattenuti non possono tornare in vapore. E di fallo scorrendo le creste dell'Appennino non è raro il trovarvi de' bozzi poco profondi , nati evidentemente per mancanza di scolo, pieni d'acqua sino alle sponde alcun poco cor- rotla con animaluzzi e piante acquatiche ; segni che poco li- quido vi soggiorna a lungo, ed è difficilmente asciugato. Il vedere queste raccolte di liquido corrotto anche ad estate inoltrata, mostra quanto sia difficile la evaporazione, e l'asciugamento del terreno. Un suolo adunque che per no- ve mesi continui è coperto da nevi altissime, che ne' tre della stagione men rea, è ed ogni poco bagnato da piog- ge, umettato da nebbie, e senza discapito di corrispon- dente evaporazione, non parrà stiano che possa sì falla- DEL DOTT. C. BUGI 359 mente impregnarsi di umidità da alimentare molte sorgenti, anche quando mancano di presenza le maggiori cause di umidità. Questa etiologia delle fontane sarebbe comprovata ancora dal modo con cui vanno diminuendo nel dar acqua; il qual modo è sempre decrescente per gradi ed equabile colla maggiore o minore siccità estiva. Se le estati corrono umide , o si è protratto più a lungo il discioglimento delle nevi, sono più abbondanti; scarseggiano invece e si fanno più stentate a misura che l' alimento è minore della per- dita. Veggo bene che questi fenomeni potrebbero spiegarsi , meno naturalmente però , anche nella ipotesi de' bacini , ma io voglio fare intendere che solo mi oppongo a que- ste ipotesi come causa generale , perchè fra essa e il fatto da spiegarsi ne potrebbe correre quella stretta congiuntu- ra e dipendenza essenziale che necessita. La causa che io allego alle fontane non esclude l'altra, né fra loro si eli- dono, che anzi possono essere insieme, e sostituirsi: sol- tanto voglio asserire che l'una di esse è accidentale, e l'altra solo si accomoda a tutti i casi perchè generale, senza darmi a credere, come ripeto^ di averne eoo ciò ra- gionata compiutamente la gagione (1). (1) Non avendo avuto ne intenzione ^ né lumi sufjìeienii per fare un discorso giusto sulle fontane come question gene- rale di fisica e geologia , ma solo di riferire le considerazioni più ovvie , che in me si venner formando su' falli osservati , ho creduto di non dovere impinguare questo scritto rimem- Irando le principali dottrine che si diedero su tal fenomeno da Vallisneri , Guglielmini , Itamazzini , Forlis ed altri cele- hratissimi uomini. Debbo però fare una eccezione a riguardo della Memoria dell' illustre Canonico Bellani Sull' origine di alcune fontane , che non mi era cognita , quando ebbi V ono- re di leggere questo tenue lavoro alla insigne Accademia del- 3G0 CSSERVAZIOT» CEOGNOSTICHE Nò è (la ommellere che ninna di queste sorgenti spic- cia sul fianco delle rupi con qualche vigore, come sareb- be da credere, se queste nell'interno vaneggiassero talvol- ta, ma tutte all'incontro nascono in forma di trasudamento sopra una superficie acquidosa di qualche estensione, dalla quale si raccoglie un primissimo rivoletto, che cala non con altra violenza che con quella che gli deriva dalla in- clinazione del piano su cui scorre- Conchiudesi adunque che vi è un rapporto costante ed equabile fra la numerosità ed abbondanza delle fonti, e la regione da cui promanano; la quale è sempre eleva- V Istituto , e che mi fu cortesemente additata dal sapientissimo fisico Professore Silvestro Gherardi , Presidente della medesi- ma. Ora leggendo questa Memoria ebbi la compiacenza di vede- re che io , cercando una causa che fosse sempre necessaria al- r operazione , e che non fosse né pioggia, né neve, né consistesse in grandi, o piccole e moltijìlicate caverne , ne in corrispondenze sotterranee d'acque dolci, o marine filtrate o sublimate, mi ero condotto a riguardar le cose ad un simile coli' illustre fi- sico milanese. Così invece di fare un^ aggiunta al mio scritto y rimando i lettori cui premesse questo argomento, a consulta- re la prelodata Memoria , dove troveranno più distintamente spiegate , e più, scientificamente esposte le ragioni delle fonti in discorso; specialmente intorno al penetrare che fanno V aria, e i vapori aeriformi nelV interno delle roccie , a depositarvi continua umidità. Io spero che , se mai giunga sotto gli occhi del reverendo Canonico Bellani , questa mia meschina cosa , sia per farne discreto giudizio ed accogliere con bontà que- sta ingenua confessione. Né forse gli sarà discaro vedere che altri abbia trovato, dirò così, esemplificata in natura la sua teoria , e non conoscendola V abbia presentita ed espressa colle stesse idee fondamentali. DEL DOTT. C BUGI 361 tissima e vicina al sommo della catena; e che inoltre sono tanto più ricche e spesse quanto sono più sopracminenli, liberi (la attacchi, e lutti nell'aere i monti da cui na- scono. Nel bolognese il gruppo di montagne che più risalta si è quello che circonda la valle del Baggioledo, e da questa valle, e dall'opposto pendìo meridionale, e dal fianco orientale del Corno , sgorgano più che in qualunque altro punto della giogaja contigua larghe le sorgenti. Questa costanza e generalità di effetto e di correlazione deve presupporre un genere di cagioni^ costante: condizio- ne che non può presumersi negli accidentali ed incerti af- fetti del sollevamento , come porterebbe a credere l'ipotesi contraria. Stando adunque che, dovendosi rintracciare logi- camente una affinità etiologica fra effetti e cagioni pari- menti costanti , necessarie ed operanti con molte recipro- canze ed attenenze, quella può stabilirsi con sufficienza nella altezza barometrica ;, e geodetica nella quale si rifon- dano le sopra accennate cause di umidità atmosferica e tellurica, pioggie, nevi ^ freddi, nembi;, continua conden- sazione poca evaporazione etc. sicché Tuna all'altra pre- ponderi, sembra potersi ristrettivamente definire: chela mmanauc umidità meteorica , congiunta alla porosità na- turale del terreno , seuT^a bisogno di altre concausc , basta prossimamente e di per se a dar ragione della perpetuità, numerosità ed abbondanza delie fonti alpine. Che se questi argomenti non persuadessero, e si vo- lesse prediligere sola la ipolesi de' ricettacoli; dico che, nella realità di questa sentenza si dovrebbero avere elfetti diversi ed in ordine opposto a quelli che l'osservazione ci presenta. Imperocché sia che i vani invisibili dentro alle cime della catena si fossero prodotti per distrazione di continuità nell'occasione del sollevamento, sia che fosser- si formati simultanei alla composizione primitiva del ter- reno (cosa assai inverisimile in un terreno stratificato); 362 OSSERVAZIONI OEOGNOSTICHE questo starebbe sempre che tale caso dovrebbe essersi d' gualmente verificato anche nelle parli medie ed inferio-* ri delle masse sollevate, e che da queste zone dovreb- bero aversi quindi perdile d' acque come nelle supre- me; ed anzi maggiori attesa la maggiore larghezza de- gli assi, e la deducibile maggiore capacità de' recipienti' Ma cosi è, per lo contrario, che la quantità della se* erezione acquea scema in ragione dell' abbassarsi della elevazione e della distanza da' culmini, adunque è impro- babile che le scaturigini sian dovute a ricettacoli sotter- ranei, ed è da arguirne che sia loro convertito l'alimento da diverse cagioni (generalmente assegnando) e verisimil- mente dalle poco fa accennate. Sulle altissime cime che fra mezzogiorno e ponente fan corona alla valle del Baggioledo, e pochi passi oltre i termini che separano il bolognese dal modonese, si tro- va il rinomato lago di Scafaiolo, descritto già da diversi, e nuovamente nella prelodala memoria del Prof. Bertoloni iuniore. La situazione di questo laghetto, posta dentro un ba- cino fiancheggialo da due alle rupi, in cui si fende la bijuga cima dell'alpe nel senso longitudinale della catena, ossia da levante a ponente, e sostenuto da due sponde rilevate, che sono come due foci o sbocchi , in cui si abbassano le rupi , e per cui si ha adito piano nel letto del lago ; queste circostanze, dissi, fanno chiaro abbastanza che la origine comunemente assegnala a questo cumulo di acque, che sieno cioè imprigionate in questo calino per mancanza di scolo, è la più sensata, e suggerita visibilmente dalla ispezione topografica. E così l'origine di queste acque, può farsi una con quella de' bozzi sparsi sulla criniera, e anche delle sorgive. La lunghezza di questo lago di forma rettangolare bislunga è di piedi bolognesi 378, la larghezza di 13S le quali misure possono in quanto alla prima crescere d'altri piedi 48, e in quanto alla seconda a piedi 80, DEL DOTT. C BUGI 363 e non di più , perchè l' acqua alzatasi fino all' altezza del- le due foci laterali sopra mentovate, ha sfogo, e il lago non può acquistare né maggiore ampiezza, né maggiore profondità. Della quale profondità non si ha ancora misu- ra certa, benché si possa presumere da diversi contrasse- gni che debba essere di pochi piedi ; e cioè dal colorito dell'acqua che non é in nessun punto molto carico, e dal rimbombo che vi fanno i sassi gittativi entro, che non vi piombano con quel suono secco, corto e cupo che danno ne' fondi, ma vi cadono con fracasso^ sollevando nel cadervi molto sprazzo. L'acqua di questo lago quantunque stagnante è lim- pidissima , incorrotta come quella delle sorgive , ed è buo- na a bere; non vi si veggono né piante, né animali, e le sue spiaggie sono coperte da frantumi di arenaria spo- gli di qualunque vegetazione. Per questo conservarsi delle sue acque, dislinguesi dagli altri stagnuoli, o bozzi, che si incontrano ad uguale ed anche maggiore elevazione bat- tendo la cresta dell'Appennino; ne' quali, come sopra ac- cennai , r acqua é corrotta. Questo privilegio di incorrutti- bilità di cui gode l'acqua scafeolana fa che serva come di grande abbeveratoio per le mandre che pascolano ne' dintor- ni, e può attribuirsi, se non erro, all'ampiezza e profon- dità del recipiente relativamente grande, per cui è essa con- tinuamente mossa e sbattuta da' venti e mantenuta in tale agitamento^ che equivale ad una circolazione e ad un giro di correnti. Oltre di che potrebbe darsi che contri- buissero a tale conservazione delle sorgive interne che si aprissero nel lago. Però quando il vento tace (cosa assai rara) la superficie del lago é quietissima, e non vi si scor- ge movimento o indizio alcuno di corrente. È questo^ Accademici umanissimi, un saggio de' ri- lievi che venni facendo nello scorrere più volle le accen- nate località dell' alto bolognese. Sarò contento abbastanza se vegga che possano essere di qualche uso per servire 364 OSSERVAZIONI GEOCNOSTICHE come materiali o dati , per la compiuta descrizione o mo- nografia geologica della nostra provincia: genere di lavori parziali, come d'avanzo è saputo da Voi, che ne foste, e ne siete testimoni, maestri, ed autori, già posto in uso con tanta utilità, ed in oggi da tutti i geologi raccoman- dato, e dagli italiani specialmente; imperocché sopra di essi soltanto può sorgere il presagito lavoro nazionale della carta geologica di tutta la penisola e con ciò dare il vanto air Italia di possedere una raccolta completa di notizie relative a tutti gli spazi che ne compongono il suolo. Trattato delle Attinie , ed Osservazioni sopra al- cune di esse viventi nei contorni di Venezia ^ ac- compagnate da 21 Tavole litografiche del Con- te Nicolò Contarini — Venezia 1844. gr. 4.° Le Allinie sono animali di rango inferiore che ebbero in diversi tempi nomi diversi. Il Conle Nicolò Contarini, conoscendo assai bene quanto importi alla chiarezza di un' opera, lo intendersi bene intorno al subielio su cui dessa si aggira, ha premesso, quale introduzione, una eccellente storia della nomenclatura di questi animali, e di alcune delle opinioni degli antichi intorno alla natura de' mede- simi : e della quale sarebbe impossibile dare una idea com- pleta senza riprodurla per intero. Diremo quindi soltanto che conosciuti, per quanto sembra, col nome di Acalephos e di Knide da Aristotile e da Plinio, equivalente al nome Urticae , od Ortiche di mare che gli venne in appresso , furono poi dette Plantamines da Aldrovandi, Colycaenam da Bellonio, Colybdaenam , Corythya etc. da Rondelezio e da altri; Linneo dapprima chiamatele Priapus, nella XII ed. del suo Syst. Nat. seguendo Hillio , Browne , e Baster le appellò poi Actinie da Actin raggio, nome che venne io seguilo adottalo generalmente nella scienza. Volgarmente si dissero Ortiche di mare, Fiamme del mare, Carne ma- rina, Anemoni di mare, Cui d'ànes, e Tettine. In 9 articoli è poi divisa l'opera come segue. 1. Delle Allinie in generale. 2. Della base, del corpo, della bocca, de' tentacoli etc. 3. Della locomozione. 4. Del nutrimento. 6. Della riproduzione. 366 TRATTATO DELIE ATTINIE 6. Della interna costruzione. 7. Degli usi delle Attinie, e loro proprietà. 8. Della classificazione delle Attinie. 9. Delle specie ARTICOLO I. Delle Attinie in generale. Aderiscono a corpo sottomarini tanto ne' luoghi ove il mare è agitato, o lascia a scoperto, quanto ne' profondi ove è tranquillo, e giammai se ne parte; in alcune l'ade- sione al suolo è sì forte che lasciansi piuttosto lacerare che svellere. Cangiano di stazione al sopravvenire del ver- no, e si affondano. Co' tentacoli de' quali è coronata la cima del loro corpo , adducono il cibo alla bocca , che è nel mezzo, e nutronsi di conchigliette, ed in genere di sostanze animali sospese nell'acqua. Sopportano la fame sino a 5 mesi secondo Leske , e sino ad un anno secondo Funkes; e ponno vivere fuor d'acqua per molti giorni. Similmente reggono al freddo intenso, potendo passare una notte nel ghiaccio, e sopportare il caldo sino a 40 gradi. Sembrarono insensibili anche al vuoto; ma l'acqua dolce le fa morire quasi sull'istante, premesso un rilira- mento, e impiccolimeuto del corpo, ed un trasudare di una mucosità; dopo tal morte in breve vanno a brani, e si disciolgono. Tutte quelle che oggi conosconsi, abitano le acque salse. Sono sensibili ad una luce forte , a* suoni , oltre a qualsiasi minimo urto. Introducendo, 0 rigettando acqua dal loro corpo, pon- no ampliarlo, o diminuirlo; e molte con rilassare alcuni muscoli, contraendone altri, ponno dargli forme le più varie. Qualcuna rilira i tentacoli entro del corpo. Apparisce una sola apertura esterna per ingresso de' cibi ; ed egresso delle sostanze che hanno aspetto di escre- DEL CONTE N. CONTARINI 367 memi, e di Uova. Di un'altra parla Reaumur; molte mi- nime servono per emettere l'acqua, ed i condotti sperma- tici: e per fare ufficio di ventose in attaccare al corpo pietruzze, e concbigliette. Trasuda dal corpo, e dalla bocca delle Attinie un umore viscoso , più o meno abbondante secondo le specie. Plinio lo disse urente, negaronlo Gaertner, e Reaumur. Olivi mostrò che era urente in alcune specie; in altre no; secondo Rapp, possiede questo umore una acrimonia ca- pace di infiammare le parti coperte di pelle fina come le labbra etc. Servono di cibo a' Pesci, equalcuua anche all'Uomo. Ermafrodite per consenso di molli , sono altresì vivi- pare, e per osservazioni del Conte Contarini si sviluppa- no i piccoli nelle ovaje prima di uscire alla luce. Questi hanno pochi tentacoli, aderiscono tosto a' sassi, mangiano e ingrandiscono. Possono riprodurre le parti tagliate. Incerta è l'epoca della riproduzione, la durata del loro sviluppo, e della loro vita. Poco si conosce sulle maniere di vivere, ma ciò che sappiamo, dice Cuvier, lo dobbiamo interamente agli osservatori Italiani. Simili affatto nella composizione chi- mica agli Animali superiori , posseggono forse più esclu- sivamente di carbonato di Calce. Cangiando forme , e variando di colore per 1' età , e per la stagione, e perdendoli dopo morte, torna diflìci- lissimo il ben distinguerne le specie; soltanto col molto osservare oggetti viventi può farsene uoa immagine ac- curata. 3G8 TRATTATO DELLE ATTINIE ARTICOLO II. Parti esterne delle Attinie. Il Piede, 0 base, o disco inferiore, serve a fissare l'animale ai corpi sottomarini, e aderisce tanto che in al- cune specie è impossibile staccarlo intero. Alcuni credet- tero fosse per opera di un succhione, ma il Dicquemaire oppose che l' adesione prolungavasi dopa la morte ; il Con- tarini però avverte ciò non essere comune a tutte, anzi accadere per la disseccazione dell'estremo orlo del piede. Altri credette fosse per l' umore viscoso , ma questo non è gran fatto attaccaticcio. Crede il Contarini avvenire per una forte adesione (quale si ha fra due vetri umidi sovrap- posti) accresciuta dalla azione de' muscoli. Staccansi, e galleggiano qualche volta. Cangiano an- cora di luogo, strisciando col piede, ma lentissimamente. Le lacerazioni di questa parte riescono mortali per alcune Attinie, per altre servono a moltiplicarle, nascendo nuovo individuo dal frammento, ma sol quando questo contenga un germe. Fra il piede, ed il disco superiore sta la parte che dicesi Corpo , or liscio , or verrucoso , ora solcato , e va- riamente colorito: nudo, ed irritabile al sommo grado. È composto di un parenchima contrattile , celluioso vasco- lare, entro cui stanno il canale intestinale, e le numero- se ovaje. In generale corto, si abbassa maggiormente nello stato di riposo, e può allungarsi le 8 e 10 volle il suo diametro j assottiglia, s'inflette, s'incurva sotto moltis- sime forme. Una strozzatura più o meno apparente distingue il corpo dal Disco ora circolare, ora angolato piano o con- vesso , 0 crateriforrae. AI suo centro un piccolo rialzo porta un foro chiamato bocca (i cui orli direbhcrsi labbri) ca- DEL CONTE N. CONTARINI 369 paci di allargamento in molle forme , e sino ad acquistare l'ampiezza delia base, e di chiudersi a modo di fessura appena distinguibile. Intorno gli stanno, come sul restante del disco li tentacoli , o raggi ; e sovente più presso , una specie di corona formata da piccole eminenze rotondate e bianche, o bleu, o rosse etc Linneo le ebbe per denti: Cuvier ed il Contarini per organi salivari , ed il Blainville per appartenenze dell' apparecchio acquifero. Carus negò nelle Attinie organi salivari e biliari. — La bocca mette nello stomaco coperto di bianche ripiegature, e gonfiezze. Li Tentacoli, Cirri eie. sono prolungamenti carnosi fistolosi disposti in file circolari, o in gruppi confusi. Sot- tili, ottusi, lisci, cavi nell'interno hanno un piccolo foro dilatabile all'apice. Questo fu negato da alcuni^ ma il Blainville lo affermò, ed il Contarini lo pose fuor di que- stione con osservazioni ripetute. Li molli tentacoli vario- pinti danno l'aspetto di un fiore all'animale; negli indi- vidui adulti se ne coniano ben più di 100 in alcuni pic- coli soltanto dodici; sono di differente lunghezza; i mag- giori posti ora al centro, ora alla periferia, rare volte ra- mificati. Sono essi per le Attinie organi ad usi diversi. Ol- tre il servire a guisa di mani , per prendere e condurre alla bocca il cibo, e per attaccarsi fortemente ai corpi e a guisa di piedi per camminare, di remi per nuoto, il servire per tasteggiare, per succhiare, fanno le veci, se- condo il Delle Chiaje, di ovidutti, e secondo lo Spix, e Carus servono alla respirazione. Vi vide poi il Contarini una circolazione per entro , e l' uscita di bollicine dal foro apicale. Tagliati riproduconsi , a quanto pare, indefinita- mente. Hannovi de' fori posti nel centro di piccole promi- nenze 0 verruche, ordinariamente distribuite in serie cir- colari, e diconsi Pori succhiami, o Succhielli. Forse co- nobbeli anche Gesnero: servono alle Attinie per attaccarsi talvolta alle pietre, o più d' ordinario per affiggere al loro N. Ann. Se. Natur. Serie II. Tom. 3. 2i 370 TRATTATO DELLE ATTINIE corpo pezzetti di conchiglie, granelli di sabbia etc. che ne proteggono in qualche guisa la mollezza, o lo celano rendendolo scabro ed arenoso come il suolo su cui posano. Altri forellini sono sparsi qua e là senz'ordine, o in li- nee perpendicolari, talora discernibilj sol colla lente, q dicopsi Piccoli sifoni, o Forellini. Introducono per essi le Attinie l'acqua del mare, e la spruzzano con forza a no^ labile distanza , essendo molestate. Da quelli che trovansi intorno al piede escono ancora li Filamenti porporini del Dugés, Producten di Rapp, Ovaje di Cuvier, o condotti spermatici secondo il Contarini. Sono filamenti che emet- tono le Attinie ove a lungo siano stimolale, di color di porpora nella specie viventp sul Murex brandqris Lia. q |)ianchi in altre. [sarà contimelo} Giorgio R. WATEnnovsE Esq. Segretario assisten- te e Moderatore della Società Zoologica , Os- SEnVAZIONI SULLA CLASSIFICAZIONE DEI MAM- MIFERI. — ( Dagli Annali e Magazzino di Sto- ria Naturale di Londra. N. 79 Decemhre 1843 pag. 399.) Le osservazioni che verrò esponendo spiegheranno la tavola, che segue, nella quale ho cercato di raggruppare li varj Ordini e Generi dei Mammiferi , e di mostrare le loro reciproche relazioni. In essa tavola gli Ordini sono rappresentati da cir- coli: il numero ne' circoli indica l'ordine di successione, nel quale mi sembra che i grandi gruppi si debbano seguire r un l'altro qualora sia necessario di trattare di essi, ab- Lenchè formino Serie lineari (1). (1) La grande collesione dei Mammiferi appartenente alla Società Zoologica fu da me distribuita verso il finire del 1836 nel seguente modo: 1 Quadrumani, 2 Chiropteri, 3 Fie- re, 4 Cetacei, 5 Pachidermi, 6 Ruminanti, 7 Roditori, 8 Sdentali e 9 Marsupiali. Il catalogo di questa collezione, compito che fu nel 1837, ne venne ordinata la pubblicazione ed appar- ve nel 1838. Dopo la pubblicazione di quello, io adottai le idee del Sig. Blainville relativamente agli Insettivori , che for- mano, secondo lui , un Ordine separato. Nel porre i Marsupiali all' estremità della serie , ho seguito il lodato Blainville ed Owen. La classificazione adottata dall' Owen e Martin, è es- senzialmente uguale a questa. Nella collocazione degli Ordini , secondo la tavola presetUe , molti fatti importanti si dimostre- ranno, che nelle serie lineari non avrebbero avuto spiegazione. Debbo far palese che nella disposizione degli Ordini del Pro- fessore Owen (Ciclopedia ed Anat. pari. 11 ) li Sdentali pre- cedono i Roditori, e non sono come nel Catalogo della col- OSSERV. SULLA CLASSIFICAZIONE lezione della Società Zoologica, posti dopo questo gruppo, ilo abbracciato un tale cambiamento non senza qualche esi- ta:;;ione. ¥ DEI niAMMIFCRl 373 Quelli dal numero 1 al 9 inclusive comprendono i nove Ordini de' Mammiferi placenlali, ed il più basso cir- colo 10 rapresenta gli Animali senza placenta ; i quali nella strullura del loro cervello, organi generativi, e cervelletto presentano il più basso grado di organizzazione osserva- bile in quesl' Ordine, che è il più lontano dall' Uomo ed il più vicino agli Ovipari. Le serie dei Placenlali sembra- no dividersi in due grandi masse o sezioni; la più alta delle quali comprende i circoli 1 al 4 , e la seconda è rappresentata dai quattro circoli più bassi 6 al 9. La più alta sezione abbraccia quelle specie che hanno ben svilup- pate le quattro qualità di 6ealì , cioè incisivi , canini , falsi molari, e veri molari. Essi sono probabilmente animali di rapina , carnivori o insettivori , se si eccettua il più alto circolo (N. 1) che comprende i Mammiferi che si avvici- nano per tutti i loro caratteri di più all'Uomo, e sono abitualmente frugivori ; qui il cervello presenta ne' più alti Quadrumani una strultura simile a quella dell'Uomo, ma ne' più bassi i Lemiiridi troviamo il cervello comparativa- mente piccolo, ed i lobi anteriori in alcuni, come nel ge- nere Stenops di lUiger , poco sviluppati, e ristretti sulla fronte, invece di presentare le rotonde ed espanse forme dell'Uomo. Le circonvoluzioni degli emisferi sono poche ma molto simmetriche. Il cervelletto è in gran parte sco- perto al di dietro degli emisferi. Nelle più infime scimie dell'America, v'è una struttura del cervello, che può ri- guardarsi come intermedia fra quella osservabile ne' Le- muridi e quella de' più alti Quadrumani. Cosi nel genere 3Iidas il cervello è quasi mancante di circonvoluzioni , però è provata la sua superiorità, sopra quello dei Lemuri, nel grande sviluppo comparativo del cervello che è mollo meno ristretto nella fronte, ed è pro- lungalo posteriormente al punto da coprire totalmente il cervelletto. Prendendo in considerazione la forma generale del 374 OSSERV. SULLA CLASSIFICAZIONE cervello, i Mammiferi placeiitali sembrerebbero potersi dividere in due sezioni; prima, quelli nei quali il cerveN lo è generalmente di forma rotonda, ottusa in fronte, e provveduta di distinte circonvoluzioni ; e secondariamente quelli ne' quali il cervello è mancante di circonvoluzioni, e d'ordinario contratto nella fronte. La prima divisione conier-' rebbe li Quadrumani, Carnivori, Cetacei, Pachidermi e Ru- minanti; e la seconda, li Chiropteri, Insettivori, Sdentati e Roditori. La successione degli Ordini della prima divi* sione, come sono superiormente collocali, verrebbe sudi-' cienteraente ad esprimere il grado di sviluppo delle di- verse regioni del cervello di ciascuno, la proporzione del cervello al cervelletto, e di questo alla midolla spinale e allungala. La sostanza midollare del cervello, è da prima grossa, e piccola la capacità de' ventricoli laterali ; i lobi ottici , e tubercoli olfatorj sono ancora piccoli in pro- porzione del cervello, mentre i talami ottici ed i corpi striati sono ben sviluppati. Il cervelletto è coperto dal cervello mentre nei Ruminanti non Io è : la midolla allungala e spinale in questi ultimi sono proporzionatamen- te grandi , e così pure i lobi ottici e più ancora i tubercoli olfatori. I Carnivori formano un gruppo intermediario per questi caratteri. Debbo a tal proposito far palese la rimar- chevole eccezione delle Foche e dei Cetacei : sì gli uni che le altre mostrano un cervello altamente organizzato, le Foche paragonate cogli altri carnivori, i Cetacei parago- nati cogli Ordini vicini. Dobbiamo nuUadimeno a tal pro- posito osservare, che probabilmente il cervello nei cetacei ha acquistato un maggior grado di sviluppo dovendo l'a- nimale supplire, col più esteso esercizio delle funzioni al medesimo aflidale, alle imperfezioni di altre parti , la man- canza cioè quasi totale dell' organo dell' olfato, l'essere gli arti anteriori convertili in pinne, il mancare dei posterio- ri, e simili singolarità in parte applicabili anche alle foche. Nelle altre classi non pretendo di dire che l'ordine t)EI MAMlfflFElil 375 di successione dei gruppi possa manifestare delle modi- ficazioni che esprimino un più elevato o più basso gradò di organizzazione del cervello, come accade dei Mammiferi, ed i materiali che posseggo su questo soggetto sono molto incompleti per venire ad una tale conclusione. Ma siamo noi nella condizione da prendere per base di una classificazione, anche dei soli Mammiferi, la struttura del cervello? Io non lo penso, giacché, rapporto ai Mar- supiali^ vi sono a dir vero dei caratteri che servono per se- parare questi dalle altre sezioni e per indicare il loro vero posto nel sistema; tuttavia non sono inclinato a seguire quei Naturalisti che vorrebbero prendere quesl^ organo come base della distribuzione degli Ordini delle serie placentali. Non posso adottare le due grandi sezioni di queste serie, come vengono apparentemente indicate dal cervello poco sviluppato e contratto anteriormente da un laléf, ed il cer- vello a circonvoluzioni intestiniformi colia sua porzione anteriore rotonda per l' altro. Se dovessi ammettere queste sezioni converrebbe togliere i Lemuri dal loro gruppo nel più elevato ordine della prima sezione, e porli nella seconda. Relativamente ai Cetacei abbenchè la condizione de' sensorj possa dar ragione del cervello Organizzato tanto perfettamente, tuttavia mi sembra che non si possano porre all'estremità della Classe, come da alcuno è stato fatto. Lo stomaco è complicatissimo, essendo diriso in quat- tro e più concamerazioni. La dentatura è molto anormale^ pure fortemente sospetto che i denti presentino maggior somiglianza nella loro struttura coi semplici , alcuna volta osservati nella prima grande sezione de' carnivori (p. e. iti alcune Foche) di quello che coi denti semplici degli Sdentali. In complesso i Cetacei sono forse meglio collo- cati fra le grandi sezioni dei Carnivori e degli Erbivori: nella figura essi si possono congiungere co' Pachidermi per mezzo del Lamantino etc , e coi Carnivori per mezzo delle Foche. Relativamente alle ultime le rassomislianze dei 376 OSSERV. SULLA CLASSIFICAZtONE Cetacei colle Foche sono certamente lontane, abbenchè vi sì veda certa uniformità pei reni molto lobulati ^ come pure pei caratteri delle abitudini acquatiche, il che non posso riguardarlo che di piccolo valore e sufficiente ad indicare una semplice affinità. Il Manalus, Dugong e Rytina sono slati riuniti dal Cuvier alle vere Balene. Blainville ed Owen non adottarono questa unione, anzi Blainville colloca que- sti animali fra i Pachidermi, al che vi aderisce l'Owen. Noi abbiamo veduto , osserva Owen , che tutta la struttura interna nei Cetacei erbivori (Dugong, Manatus etc. ) diffe- risce tanto da quella de' Cetacei carnivori quanto distano le loro abitudini. L'unione del Dugong e Manalus colle vere Balene non si può perciò ammettere in una distribu- zione di animali secondo la loro organizzazione. Le rasso- miglianze sono veramente superficiali, ed hanno poca or- ganica affinità colle Balene, mostrando ancora una forte modificazione del tipo delli Amfibi carnivori. Conchiudo pertanto che il Dugong e suoi congeneri , debbono formare un gruppo a parte ^ ovvero fa duopo unirli, come nella classificazione di Blainville, ai Pachidermi, coi quali li Ce- tacei erbivori hanno le più forti affinità: e sembra essere essi poi stati più immediatamente congiunti col Dinotherium specie di pachidermo presentemente estinta. Dal sin qui detto pare adunque che le ricerche del- l'Owen e del Blainville appoggino l'opinione^ che i Ce- tacei erbivori sieno infatti pachidermi acquatici, aventi le stesse analogie coi pachidermi , che le foche mostrano coi carnivori ai quali generalmente si associano. Nei circoli rappresentanti i differenti Ordini ho intro- dotto quei generi appartenenti a ciascuno , che appariscono avvicinarsi più palesemente agli Ordini che si succedono per numero progressivo. Molti di questi avvicinamenti di generi di un Ordine pei caratteri generali proprii di altri Ordini, sono stali di già notati, e non posso andar oltre senza fare qualche osservazione sulla natura di questi av- DEI MAMMIFERI 377 vìcinamenti,i quali hanno dato luogo alla comune creden- za, quasi regola generale, che cioè le varie Sezioni o Gruppi di Animali, quelli ancora del più elevato valore, siano unite assieme, e passino dall'uno all'altro gradata- mente e per serie continuata: ma vi sono molte specie cosi bene distinte nei loro caratteri, che non possono essere, in una classificazione collocate, senza fare violenza a qualcuno dei caratteri essenziali, in veruno dei prestabiliti gruppi, e siffatte specie debbono essere collocate quasi direi fra gli Ordini co' caratteri de' quali più si accordano. Ma in quei gruppi nei quali ho posta la massima atten- zione azzardo di asserire , che le specie le quali apparisco- no tuttavia di essere ivi collocate quasi forzatamente sono ben poche, e che mano mano che le cognizioni più si ac- crescono intorno ai singoli gruppi ed alle specie che li compongono diminuiscono siffatte incertezze. Non è gran tempo che la sezione dei Marsupiali era riguardata da molti come unione ibrida di specie che in realtà apparte- nevano ad altri Ordini o Gruppi , ed Owen su tal propo- sito così si esprime: )> Fino dall'epoca in cui il giudizioso )) e dotto Naturalista, che poscia fu Vice-Segretario della M Società Zoologica , pubblicò le ragioni sulle quali fon- M davasi per non ammettere li Marsupiali come un distin- M to gruppo (nel Systema Animalìum) amando meglio » distribuirli fra li differenti Ordini dei placentali, secondo » le loro diverse affinità, il Blainville si oppose a que- » sta innovazione, ma la di lui opinione mancava del- )) l'appoggio di quelle prove evidenti, che sole potevano M farla accettare senza contrasto. L'organizzazione dei Mar- M supiali non era in quell'epoca abbastanza conosciuta per » rendere ben ferma una opinione intorno alle loro natu- » rali affinità; ulteriori dissezioni hanno dimostralo, che y l'ipotesi che il Cuvier aveva sanzionata eia esalta. I Mar- M supiali si collegano bene fra loro, e differiscono dalle M analoghe specie placentali per molte importanti modifi- 37i8 OSSERV. SULLA CLASSIFÌC AZIONE » cazioni non sospettale per lo innanzi quando nel Musèo » Zoologico li Mammiferi erano classificali secondo il si- » stema quinario ». Il Sig. Bene»;, il quale propende per l'opitìione ten- dente a scioglierei! gruppo dei Marsupiali, domanda » Che cosa avvi di importante nella struttura del Worabat (Pha- scolomys Geoffr. ) , eccettuato questo solo carattere del mar- supio, per separarlo dall'Ordine de' Roditori? » Ma di già ulteriori cognizioni si sono acquistate sul Wombat; cioè si è trovato avere esso altri caratteri in comune cogli altri Marsupiali. Certamente fra gli animali muniti di marsupio alcuni si avvicinavano molto a quel supposto Roditore per un lato , e per l' altro alli Marsupiali carnivori. Che cosai disse un tempo il Cuvier relativamente a questo medesimo animale? Che è un vero Roditore pei suoi denti ed inte- stini, e che solo si avvicinava ai carnivori per la forma dell'articolazione della mascella inferiore, e che perciò si deve porre fra li Roditori. DifTalto noi l'avremmo quivi col- locato, se non fossimo stati condotti al Wombat per una regolare e non interrotta serie di Marsupiali: dall'Opossum ai Falangisti, al Kanguro, e da questi ultimi al Wombat. Questo dunque è un animale che credemmo dover riunire due Ordini o grandi sezioni , quella dei Roditori eoo quella dei Marsupiali. Ma questo modo di vedere non sarebbe stalo sufficiente a sostenere 1' opinione, che questi due gruppi si piegassero gradatamente l' uno verso l' altro ; giac- ché, ammettendo che il Wombat si avvicinasse molto ai Roditori, sarebbe sialo ancora necessario designare le specie di Roditori, che univano l'Ordine del quale essi forma- vano parte al Wombat. Abbenchè il Cuvier avesse poscia ammesso, che questo animale era per gradazioni congiun- to cogli altri Marsupiali ( molto dissimili in genere dai Ro- ditori) per delle specie intermedie , il che lo indusse a col- locarlo nella sezione dei Marsupiali^ tuttavia non indica una somigliante gradazione dal lato dei Roditori. Un mi- t)EI MAMMIFETCI 37d hutò esame del Wotnbat, e di molti altri Marsupiali, lia presentemente mostrato che questi animali sono molto più strettamente uniti di quello che si era da prima supposto. Molte importanti particolarità in questi animali Sono state scoperte, ed il grado di relazione che hanno coi Roditori deve proporzionatamente essere modiflcato. 11 Prof. Owen da altro Iato nella dissezione di un singolare Roditore (la JBi' scacha) Lagostomus Tridactylus, Brookes (1) ha sco- perto delle parlicolarilà negli organi generativi della fem- mina per le quali si avvicina più è più alii Marsupiali di qualunque altro animale delle serie dei placenlali. Una delle principali consiste nell' esistenza di un setto longitu- dinale che divide la vagina in due canali per oltre un pol- lice presso il muso di tinca. Il dotto Autore asserisce in- contrarsi analoga struttura nel periodo di prima giovinez- za, e nello stato virgineò^'di molti generi di roditori, ma che solo nel Lagostomus , anche adulto, s'incontra per- manente questa disposizione molto più dell'ordinario al- lungata e complessa. Si aggiunga, che nell'Ordine dei Ro- ditori si sono generalmente indicali altri caratteri che espri- mono superare questo gruppo qualunque altro nelle analo- gie che possono ravvicinarlo ai Marsupiali ; tuttavia rela- tivamente alle due specie più vicine di questi contigui gruppi (Lagostomus , circolo 9, e Phascolomys, circolo 10) io non posso segnare per un lato veruna serie di caratteri particolari nel Wombal atti a separare la piccola famiglia a cui appartiene;, dall'altra più vicina dei Roditori, e vi- ceversa. Diffatti esiste una grande lacuna fra questi due gruppi. Il Lagostomus è essenzialmente Roditore; ma nella serie dei placentali può riguardarsi infimo , e comincia già a presentare quelle condizioni negli organi generativi che caratterizzano l'ultimo Ordine dei Mammiferi , i Marsupiali. (1) Annali. . . . Annali e Magazzeno di Storia Natura' h di Londra, Sett. 1840. Tomo VL p. 68. 380 OSSERV. SULLA CLASSIFICAZIONE Questi falli e conclusioni relativamente al Lagostomm mi inducono a collocare il genere al quale esso appartiene, in quella porzione di circolo rappresentante V Ordine de' Ro- ditori che è la più vicina al circolo dei Marsupiali. Ma non posso collocare il Phascolomys nella porzione corri- spondente del circolo de' Marsupiali senza osservare, che le sue relazioni coli' Ordine de' Roditori sono di differente natura; e che solamente in forza di ciò che è slato molto opportunamente denominato carattere di converi'^ione , ho credulo di dovere assegnare al medesimo un tal posto. Abbenchè io opini che i generi introdotti in ciascuno dei circoli della figura posta in fronte a questa Memoria sieno i più opportuni per mettere in relazione tra loro i diversi Ordini , non vedo che i medesimi si pieghino per questo insensibilmente l'uno verso l'altro, credo anzi che ciò dificilmente ottener si possa. ainche pei gruppi di mino-' re entità. E qui 1' Autore enumera moltissimi esempi ten- denti lutti a dimostrare esistere bensì delle analogie che possono più 0 meno evidentemente ravvicinare i diversi gruppi 0 sezioni , non mai però costituire quella serie o catena assolutamente continuata, che taluno pure immaginò, e nelle maggiori e nelle infime suddivisioni degli Esseri organizzati. Avvi un altro punto, continua l'Autore, che si rife- risce ai Generi introdotti nella tavola e sui quali desidero di fermare 1' attenzione , cioè spesso accade che quelle specie di un Ordine che si avvicinano di più alle altre del prossimo Ordine , non si trovano , come dovrebbero in cor- rispondenli identità colle altre della sezione a cui si con- fiiungono. Ciascun Ordine può mandare raggi (parlando figuratamente) verso altri Ordini, ma tali raggi sono dì rado nella medesima direzione. Ho riferito un caso illustran- te questo punto quello cioè del Wombal e Lagoslomus , a cui altri si possono aggiungere. Fra i carnivori il genere Mydaus per la sua apparenza generale , e pel cibo di cui DEI MAnniFERI 38f fa uso, insettivoro, rassomiglia alle specie della sezione de- gli Insettivori, ma ne differisce per la dentatura, non aven- do che un vero molare da ciascun lato delle mascelle» il che Io rende diverso anche dalle altre specie del gruppo in cui trovasi incluso. Da un altro lato troviamo un forte avvicinamento ad esso nel genere Gymnura, animale in- settivoro, che fu ascritto come una Viverra, all' Ordine dei Carnivori; il che si dimostra per la forma generale del teschio , per la presenza di sei incisivi ( numero non or- dinario negli Insettivori), e pei canini molto sviluppati. In ciò io vedo l'avvicinamento da un lato di uno degli Inset- tivori all'Ordine dei Carnivori^ e dal altro, uno de' Car- nivori che si avvicina agli Insettivori. Ma li due menzio- nati animali non si avvicinano l'un verso l'altro per cor- rispondenti modificazioni di struttura, giacché il Gymnura presenterebbe una più stretta analogia con alcuno de' pic- coli Ursidi, dove i veri molari sono due, e qualche volta non solo acquistano la forma quadrata , ma anche di coro- ne appuntile, quattro nei principali cuspidati, come nei Gira- nuri. Nel Mldaus, che è uno de' Mustelidi l'unico vero molare è differentissimo , abbenchè i tubercoli della di lui superficie sieno alcun poco acuti: quindi tali esempi non presentano un avvicinamento di diretta affinila, ed il caso di certa rassomiglianza fra li Giranuri e gli Ursidi , si vedrà offerire un' altra illustrazione in argomenti discussi in questo foglio, giacché negli Ursidi, tra quelle specie che per la struttura de' lóro molari si avvicinano di più agli Insettivori, avvene una che per altri caratteri è ben distante da queir Ordine : alludo al Aìlurus , che è rimar- chevole nel suo gruppo per avere le unghie retrattili. Que- sto animale perciò conserva notabile affinità coi Gatti di- stinti per le loro unghie retrattili. Nel circolo dei Quadrumani io ho posto il Galeopi- leco vicino a quello de' Chiropteri , non solo perchè esso ha la membrana distesa da braccio a braccio, che permei- 382 OSSERV. SVILA CLASSIFICAZIONE te si libri per qualche tempo nell' aria , ma perchè nella den- tatura, e più specialmente nella struttura dei molari, havvi una grande rassomiglianza coi Vespertilioni. I più elevati Quadrumani sono rimarchevoli per l'osso lagriraale somi- gliante a quello dell'Uomo; ma mano a mano che discen- diamo nel gruppo stesso l'osso diventa meno perfetto; l'osso malare costituente l'esterno ed inferior limite del- l'orbila si porta all' indietro^ e si congiunge collo sfenoi- de, colle ossa mascellare superiore e frontale per costitui- re una parete orbitale completa. Questo carattere s' incon- tra in tutte le scimie del nuovo Mondo con piccole modi- ficazioni indicanti una degradazione confrontate coli' Uomo. Nel Tarsius spectrum è ancora comparativamente perfetto paragonato cogli altri Lemuridi , nei quali il processo or- bitale del frontale;, congiunto coir osso malare , forma sem- plicemente un largo annello che circoscrive il lembo ester- no dell'orbila: infine nel Galeopiteco troviamo il processo orbitale dell'osso malare disgiunto dal frontale. Ma di nuovo ci si offre una analogia coi vespertilioni nei quali i prò- cessi orbitali mancano generalmente; nelli Pteropi però le ossa frontali sono molto sporgenti ;, allontanandosi per un tale carattere dai Lemuridi , diversi pur anche nella forma generale del teschio, e nel avere più perfette braccia degli altri chiropteri , pel cibo frugivoro , il che in parte distrug- ge la graduala unione dei due gruppi^ quello cioè dei qua- drumani coir altro dei chiropteri. Fra gli Insettivori il genere Tupaia ha il teschio a dentatura molto vicina a quella de' Lemuridi. Negli Inset- tivori generalmente l' arco zigomatico non è che poco svil- lupato 0 incompleto;, e manca del tutto il processo orbi^ tale; ma nella Tupaia l'arco Zigomatico è ben sviluppalo, e le ossa malari o zigomatiche, e frontali si congiungono per formare un completo;, benché sottile, orlo orbitale: l'osso malare, è rimarchevole per essere pertugiato, ca- rattere che ho incontrato soltanto nei Lemuridi, abbenchè DEI «amuiferi 383 /questo sia piccolo. La rassomiglianza nella dentatura si può dire che si estenda in numero e forma, ad eccezione che nella Tupaia v'è un piccolissimo falso molare nella mascella inferiore, gli incisivi inferiori hanno inoltre la medesima direzione orizzontale, e l'incavatura lungo la superfìcie su^ periore come nei Lemuri. Mi sia permesso di qui inserire alcune generali osser- vazioni sulla dentatura: non parlo della struttura, sicco- me però riguardo al numero di certi denti si possono ol-*- tenere alcuni generali caratteri importanti , siffatti caratteri non si oppongono all' adottata classificazione. In primo luogo nella serie dei placentali non vi sono più di sei in- cisivi in ciascuna mascella; questo è quindi il numero nor- male nei placentali ; la mancanza accidentale del pieno nu- mero in alcuni gruppi è di poca importanza , giacché dan- nosi delle specie molto vicine, per esempio fra i Car- nivori, nelle quali un tal numero diversifica acciden- talmente: nulladimeno talvolta s' incontra una perma- nente riduzione nel numero degli incisivi come nei quad- rumani che ne hanno normalmente 4- Noterò ancora al- tre due eccezioni di numero più ridotto nel Tarsius Spe- ctrumche sono ^ e neW Aye-Aye che ne ha -l- I Chiro- pteri non hanno mai più di quattro incisivi nella mascella superiore, ed è solo nella specie inferiore del gruppo che quel numero eccede, essendovene ^. Negli Insettivori gli incisivi sono qualche volta j ; ma nella maggior parte delle specie la sutura intermascellare è obliterata in una età tanto giovane che il preciso numero degli incisivi non è mai stato esattamente determinato. I Marsupiali sono ri- marchevoli, 0 per avere gli incisivi che eccedono il numero ordinario , enumerandosene alcuna volta ^^ ovvero | , o per 384 OSSERV. SULLA CLASSIFICAZIONE avere due incisivi nella mascella inferiore quando non ve ne sono meno di otto superiormente. Nessun Marsupiale ha -^ incisivi , il solo Wombat mostra lo slesso numero di incisivi in ambedue le mascelle. Relativamente ai veri molari non avvi verun caso fra i placentali nel quale vi sieno più di —g . Nei Marsupiali se ne hanno normalmente |~. I carnivori fra i placentali per unica eccezione non hanno mai piiì di ^-^ veri molari; e 2 2 1 1 1—1 la diminuzione da questo numero a j^j , ^^ , q--^ è impor- tante tanto più che, tranne una o due eccezioni , è congiun- to un tal carattere con altri costituenti le grandi divisioni di quel gruppo. I Pachidermi variano mollo nella dentatura, in alcuni vi sono quattro qualità di denti;, ben sviluppali e molto rassomi- glianti, condizione che caratterizza la prima grande sezio- ne dei carnivori e frugivori , come il genere Sus col quale i piccoli animali insettivori formanti il genere Centetes pre- sentano considerabile rassomiglianza nella struttura gene- rale del teschio , ne' ben sviluppati canini , e per altri ester- ni caratteri. Gli altri Pachidermi (come il cavallo) si avvicinano ai Ruminanti in modo marcalissimo, e l'Elefante benché congiunto cogli ordinari Pachidermi per mezzo dell'estinto Mastodonte , differisce fortemente dalle specie normali nella dentatura nella quale avvi un avvicinamento a quella de' Roditori, avvicinamento percettibile ancora nel sistema sanguifero. Una analogia fra i Tardigradi ed i Ruminanti si dimo- stra nella struttura dello stomaco. In tulli i casi di avvi- cinamento di specie di un Ordine agli altri Ordini qui ri- ferili , avvi un solo esempio in cui si trova bene apparen- DEI MAItliaiFERI 385 te la raj^ionc di un tale avvicinamento. Per tutte le altre spe- cie esiste sempre una ben distinta linea di demarcazione, per cui ho racchiuso gli Ordini per entro un circolo. Le specie abbcranti sono collocate all' indietro , e quando esse mostrano avvicinamento agli altri circoli ciò avviene piut- tosto coir Ordine intero, che ad alcuna particolare specie del medesimo. Per conchiudere vengo alle seguenti propo- sizioni ed osservazioni. Le specie degli animali appartenenti al medesimo ge- nere hanno una affinità fra di loro. I Generi delia medesima famiglia hanno una mutua affinila; uguale relazione di affinità esiste fra le famiglie del medesimo Ordine, e fra gli Ordini delia medesima Classe, ma il grado di affinità è differente ne' differenti casi. Così le specie del medesimo genere hanno una affini- tà del primo o più vicino grado. Le specie di differenti generi del secondo grado. di differenti famiglie del terzo grado. di differenti ordini del quarto grado. di differenti classi del quinto grado. Una relazione può esistere fra le specie di differenti gruppi , che differiscono dal rimanente , come in alcuno de' casi menzionati, cosa che dai Naturalisti viene deno- minata relazione di Affinità. Questa può di nuovo variare di grado secondo la forza dell'affinità, e relativo rango de' gruppi che presentano i casi di analogia. L'analogia può essere più o meno lontana; così il caso di analogia che esiste fra il CaprimiUgus ed il Vespertìlio, membri di differenti classi, può ritenersi quale esempio di analogia del quinto grado; quella della Lontra col Castoro, anima- li di differenti ordini della medesima classe, analogia del quarto grado, e quella del Castoro col Coypii, ambo ro- ditori , una analogia del terzo. Di nuovo la relazione fra le Balene ed i Pesci può ritenersi come analogia del quinto grado; quella che esiste fra il Ditgov» ed il Piirpoise ti, AxiN. St. N.viLft. Seuii; II. Tom. 3. 25 386 OSSERV. SULIA CLASSIFICAZIONE può essere di analogia ed affinila , ma in questo caso è più prossima l' analogia tra questi , che tra i Cetacei ed i pesci. Secondo queste proposizioni la relazione del Lagosto- mus coi Marsupiali può considerarsi affinila di quarto gra- do, come pure quella del Wonibat co' Roditori può rite- nersi del medesimo grado ; quella del Wombat coi Falan- gisti affinità di terzo grado j e del Koala coi Falangisti, affinità di secondo grado , e per ultimo quella del Falan- gista Volpino, col Falangista di Cook, del primo grado. L'affinila de' Monotremi colla Classe de' Rettili^ ammessa da alcuni, non è da adottarsi in forza delle notabilissime dif- ferenze tra le specie dei due gruppi presi in massa, o si dovrebbe circoscrivere tra i Rettili ed i duo generi di Mo- notremi Echidna ed Ornitorinco. ►5w-" nuovi grossi. Il testo alla (ine di ogni tomo sarà valutato a 2 nuovi grossi il foglio. Si prega a volere essere solleciti nelle ordinazioni onde po- tere eseguire pvonlameute la distribuzione regolare. Dresda e Lipsia, Luglio 1814. 400 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI Choulant Ludovicus — Bibliothcca Mcdico-liistorica , scu Ca- talogus librorum historìcorum de re medica et scicntia naturali sistematicus Lipsiae Engelinann 1842 in 8. di pag. 269. Goltig. C. A. E. — De alto arteriae uhiaris ortii. Dissert. inauguralis medica. Kiliae, Mohr i842 in 8. di pag 21 con ta- vola litografica. Windemuth F. Emil. — De Lilhiasi endemica. Dissert. inau- guralis medica. Marburgi 1842. in 8. di pag. 71. Pruys van der Hoeven C. — De Historia Medicinae libar sin- gularis auditorum in usu editus. Lugduni Batavorum , Luchtmans 1842. in 8. di p. 318. Fenger C. E. — De erysipelate ambulanti disquisitio. Dis- sert. inauguralis medica. Havniae. Bianco Luno. 1842 in 8. di pag. 308. Berthold Arnold Adolph — Ueber den Bau .... Sulla strut- tura del Gordìo (Gordius aquaticus). Gottinga, Dieterik 1842. in 4. con tavola. Bischoff Th. Ludw. Wilh. — EntwickUingsgeschichte ec Storia dello sviluppo dell' ovo nel cane. Brunsvich, Vieweg e Sohn 1842 in 4.° di pag. 154 con sedici tavole litografiche. Stilling et Vallach — Untersuchungen ec Bicerchc sulla struttura del sistema nervoso: 1. parte. Tessitura della midolla spinale. 2. parte. Bicerche sulla tessitura e le fun- zioni della midolla allungata. Lipsia 1843 in 4.*^ con atlante in fol. piccolo. ':'<«: INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Marianini Cav. Stefano — Sulle Memorie elettriche e Magnetiche da lui pubblicate , Sunto del Prof. Grimelli • . • , pag. 321 BiAGi DoTT. Clodoveo — Osservazioni geognostiche sugli Appennini bolognesi ........ 337 CoNTAKiNi Conte Nicolò -— Trattato delle Attinie , Sunto del Prof. G. G. Bianconi ... ; . m 363 Waterhouse — Osserv. sulla Classificazione dei Mam- miferi, con figura nel testo ....... 371 Gluge — Tavole di Anat. patologica. Sunto del Vott. Ferdinando Verardini n 387 Annunzi di Nuovi Libri » 398 IVUOVI AIVJVALI deuo SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo III. (Giugno 1845.) (pubblicato li 30 Giugno anno suddetto) BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI NELLE SPADERIE. AVVISO Arrivala la prima Serie degli Annali delle Scien:ie Naturali al Tomo X., la Società Editrice, che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente 1844 una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840 , e cioè : Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando Io richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa: il primo ed il settimo fascicolo d'ogni annata verrà fornito di un frontispizio, ed il sesto e dodicesimo dell'in^ dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05 : non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, r Elenco dei quali si legge nel 1.° fascicolo. S' inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrario. PliOSPETTO DELLE MEMORIE ELETTRICnE E Mà- GNETicnE pubblicale dal Professore Cavaliere Stefano Mari an ini , altuale Professore di Fi- sica Particolare e Sperimentale nella Reale Università di Modena, Uno dei Quaranta del- la Società Italiana delle Scienze , Socio corri- spondente del R. Istituto di Francia etc. {Continuazione, vedi pag. 321.) XXX HI. Nota sullo sviamento delle correnti elettri- che dai conduttori metallici; Modena 1840. Dopo avere dimostrato che non solo le correnti voltaiche;, ma anche le scariche dei coibenti armati , si possono sviare in parte dai rispettivi conduttori metallici , ponendo due dei loro punti alquanto distanti in contatto colle estremità di altro conduttore metallico, e dopo avere inoltre fatto conoscere che accade simile sviamento eziandio se fra i detti capi e il conduttore siavi uno strato liquido poco deferente come è r acqua, ora il M. aggiunge che tali deviamenti e sud- divisioni di correnti e di scariche hanno luogo altresì quan- do non evvi alcun conduttore umido , ma invece sianvi pic- coli strati d'aria fra i punti del conduttore metallico pel quale scorre la corrente o la scarica e i capi del filo de- stinato a sviare V una o l' altra. Di siffatti sviamenti si è avvertili dal reelettrometro, e dal fenomeno della scintilla che ha luogo ai due capi del filo metallico dcviante, e il fenomeno accade anche quando lo stesso ferro posto entro la spira recletlroraetrica serve a sviare parte della corrente della spira , nel qual caso riscontrasi che la scarica la i|uale invade il ferro non altera la sua alliludiac di essere N, Ann. Se. Naiu». àtiui. Il, Tom. 3- 2G 402 FBOSrETTO DELLE UEIHOfllE EC calamitato dalla corrente che gli gira attorno. Le quali maniere di osservazioni e di esperienze, oltre il condurre a sempre più svolgere la dottrina elettro-dinamica , possono servire a vieppiù raccomandare la pratica di mettere in co- municazione coi fili dei parafulmini le masse metalliche proprie degli edifizj, tanto più che simile pratica resta agevolmente trascurata dietro la erronea opinione che il fluido elettrico non possa sviarsi convenientemente dai mi- gliori conduttori pei quali trascorre. XXXIV. Metodo per ottenere i bassi rilievi in rame senT^a apposito elettromotore voltaico. Lettere due al fratello Dottore Pietro Marianini; Iride Novarese N. 2G, 27, 28, Anno 1840. Poco dopo la divulgazione famo- sa dei bassi rilievi in rame ottenuti in Pietroburgo dal Prof. Jacobi mediante l' elettricità voltaica, il nostro Marianini senza conoscere il metodo eletlro-metallurgjco del Jacobi, ed unicamente guidato dalle osservazioni già vecchie alla scuola di Pavia e di Modena relative alla somma facilità per la quale le più deboli correnti elettriche valgono a ri- durre e a precipitare il rame disciolto, fu condotto al più semplice metodo per conseguire i suddetti bassi rilievi sen- za apposito elettromotore, ossia con un semplice elemento voltaico a due metalli dissimili e un solo liquido omoge- neo costituito dalla acquosa soluzione del solfato di rame. Tale apparecchio consiste in un elettromotore semplice nel quale così il metallo elettro-positivo come l' elettro-negati- vo sono ambedue immersi nella soluzione acquosa del sol- fato di rame, dietro che il rame stesso si riduce e preci- pita, si raccoglie e si plasma sulla piastra elettro-negati- va disposta e modellala all'uopo da risultarne il ricercato basso rilievo; a tale oggetto prendasi una piastra di zinco eguale o poco minore in superficie del modello, o stampo 0 conio, preparato con sottile foglia o d'oro o di argento 0 d'oltonclla distesa ed impressa o coniata su un disco fallo eoa cera 3 Uetneulina, olio, poi stabilita la opportuna DEt PROF. S. MARIANINI 403 eomunicazionc metallica fra lo zinco e la foglia predella si immerga siffatla copia voltaica entro una satura soluzio- ne di solfato di rame in modo che i due metalli restino afTacciali alla distanza di alcune linee, ed orizzontalmente disposti collo zinco al di sotto e lo stampo al di sopra; per tal guisa stante la forza elettromotrice dei due metal- li, e la nota conducibilità elettrica della soluzione salina, si stabilisce una corrente diretta nel liquido dallo zinco elettro- positivo al modello elettro-negativo, donde la decomposizio- ne del sale con riduzione del rame che resta raccolto e - plasmalo sulla superfìcie del modello, da cui poi agevol- mente si dislacca in esaltissima forma di basso rilievo , quale bellamente in poche ore di processo continuo fu ot- tennio dal Marianini. In simile apparecchio voltaico quanto debole è la tensione, altrettanto intensa è la corrente, e mentre la prima va scemando rapidamente per l'azione elettro-chimica sullo zinco, la seconda si serba, come lo dimostra il galvanomelro , abbastanza attiva anche quando lo zinco slesso, per eterogeneità e correnti elettriche par- ziali fra varj punti di sua superficie, si veste d'uno stra- to di rame; però nel corso del processo, ad avvalorare in un colla tensione eziandio la corrente elettrica , giova estrar- re a volta a volta la coppia per lavare lo zinco e deter- gerlo dallo strato di ossido il quale quando cresce fino al nero si rende negativo rispetto al rame ; mercè l'accennato semplicissimo metodo, e senza elettromotore a zinco amal- gamalo immerso in liquido acido diviso con sello poroso dalla soluzione metallica nella quale sia poi tuffato il mo- dello 0 conio, e senza gli altri consimili elettromotori co- sì delti a forza costante ossia ad azione possibilmente uni- forme per alcun tempo, il nostro Marianini eseguì in Mo- dena le prime più belle prove di elettro-metallurgia. XXXV. Cenno di esperimenti elettrografici , Lettera al fratello Dottor Pietro Marianini ; Giornale Lettera- rio-Scientifico Modenese 1840. Invitato il nostro esimio 404 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC Elettricista dal fratello a non lasciar passare l'anno quat- trocentesimo dopo l'invenzione della stampa, senza pub- blicare i di lui esperimenti elettrografici che ebbero ori- gine in un con quelli relativi alle pile secondarie, egli ne promette un'apposita Memoria anche in ordine a simile applicazione pratica dell'elettricismo voltaico, limitandosi frattanto ad accennarne la seguente principale regola. Fa che il metallo iportante il disegno o lo scritto comunichi col polo negativo d'una corona voltaica; copri il disegno con carte inumidite di acido idroclorico allungato, e su queste poni una piastra d'oro comunicante col polo posi- tivo; dopo venti o trenta minuti, o più o meno, secondo la forza della corrente l'operazione è finita. XXXVl. Dato un disegno o uno scritto in metallo riprodurlo sulla carta per me\%p dell' elettricità voltaica e sen^a far uso d'inchiostro; Ga^p^etta Piemontese N, 96, anno 1841. Il disegno o lo scritto in metallo comu- nichi col polo negativo di una pila , sia coperto da otto o dieci carte bagnate di acido idroclorico allungalo con cin- que 0 sei parti di acqua distillata, e su queste riposi per un tempo sufficiente una piastra d'oro comunicante col po- lo positivo. Di tal guisa posto il disegno o lo scritto in ri- taglio 0 rilievo di qualsiasi metallo, e a suo contatto il tessuto inumidito o la carta su cui vuoisi riportato lo stes- so disegno o scritto, quindi sovrapposto il conveniente stra- to di carte bagnate nell' acido , e a conlatto la piastra d' oro , avviene che le particelle aurifere trasportate dal polo po- sitivo al negalivo nell' attraversare il tessuto predetto vi si fissano e dispongono esattamente come portano le figure del disegno. L' oro poi è il metallo più opportuno per pre- starsi a disporre più esattamente e a fissare più perma- nentemente le sue particelle in tale foggia di elettrografia; processo eleltrografico che differisce dagli altri eleltrome- tallurgici per varie proprietà e specialmente per questa di deporre e fissare le particelle metalliche lungo il cam- DEI PROF. S. MAHIANTNI 405 mino e sull' oggetto interposto fra il polo positivo e il negativo. XXXVn. Metodo di fare colla elettricità voltaica im- pronte atte a riprodurre in rame i bassi rilievi metalli- ci , Lettera III al fratello Doti. Pietro Marianìni ; Ga%' '^etta Piemontese N. 119, anno 1841. Da questa esposi- zione si apprende un metodo facile di preparare in rame, con procedimento elellrometallurgico , gli impronti o stam- pi sui quali poi si possono riprodurre col noto processo galvanoplastico, i relativi bassi rilievi; di tal guisa si ot- tengono gli opportuni stampi colla massima esattezza che non è possibile conseguire mercè le impronte fatte di cera altra simile materia plastica, e quindi trattandosi , per esem- pio , di una medaglia se ne prepara con metodo elellrome- tallurgico la impronta tutta metallica sulla quale poi con nlteriore simile processo si riproduce la medaglia esattis- simamente al naturale. A tale oggetto si avvolga stretta- mente attorno all'orlo della medaglia un filo di rame i di cui capi incontrandosi si riuniscano attortigliandoli assie- me per alcun tratto, poi si copre di cera l'orlo e il filo stesso lasciandone scoperto il tratto attortiglialo che devesi congiungere con opportuna strìscia di ottone ; la medaglia di tal guisa preparata si collochi fra due dischi di zinco muniti cadauno di striscia d'ottone in modo che simili strisele riunite con quella portala dalla medaglia questa re- sti interposta alla distanza di alcune linee fra ciascun di- sco di zinco; per ultimo si immerga siifatto apparecchio elettromotore nella conveniente soluzione di solfalo di ra- me, e quindi mercè l'azione della corrente elettrica ridu- cendosi il rame questo si precipiterà in istrato piiì o me- no alto sulla superficie della medaglia rappresentandone r esattissimo stampo. In simile operazione conviene il co- prire la superficie dello zinco opposta alla medagliai all' uopo del debito rapporto fra le superficie metalliche elettromotrici in ordine all'inteusità della corrente, e all'og- 406 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC getto (Iella più acconcia direzione della corrente slessa, ri- volta a ridurre, a precipitare, a plasmare il metallo sciol- to; al fine poi di agevolare il distacco degli ottenuti stam- pi dalla medaglia originale giova amalgamarne alcun poco in sulle prime la superficie, specialmente con amalgama formalo da parli eguali in peso di stagno e mercurio. XXXVIII. Metodo di sperimentare la conducibilità dei liquidi per V elettrico; Atti della Seconda Riunione degli Scienziati Italiani, Torino 1840. Il Professore Marianini intervenuto al Congresso degli Scienziati Italiani in Tori- no (ove fu insignito Cavaliere da quel Regnante premiatore del vero merito) espone, con T ostensione dei relativi con- gegni di sua invenzione, un metodo da lui immaginalo af- fine di misurare la conducibilità dei liquidi per l'elettrico. Appoggia un tale metodo ai due seguenti principj 1° che quando ad una stessa corrente elettrica vengono simulta- neamente offerte più strade da percorrere essa si divide in modo da passare con maggiore celerilà per quella che è più conduttrice; 2" che due liquidi, sebbene per natura siano dotati di differente conducibilità, possono offrire al passaggio dell'elettrico la difficoltà medesima quando in quello che è più conduttore debba esso elettrico fare un viaggio proporzionatamente più lungo. Dietro la quale espo- sizione il M. prese poi in ispeciale vista i riflessi del Pro- fessore Bollo relativi alle alterazioni di conducibililà elet- trica dei metalli per l'azione esercitatavi sopra dai liquidi, del Prof. Majocchi concernenti il rapporto costante o varia- bile fra la conducibilità elettrica di uno stesso strato li- quido^ del Prof. De La Rive in ordine alla resistenza che incontra l'elettrico a transitare dal conduttore solido a con- duttore liquido, e viceversa da questo a quello. XXX IX. Sopra un quadro FranUiniano ad armature eterogenee che sì carica ogniqualvolta si pongono fra lo- ro in comunicazione metallica le due armature ; Jtti sudr detti etc. Il M. descrive un quadro frankliniano ad arma- DEL PROF, S. MARIANINI 407 ture eterogenee per mostrare che tale strumento si carica bensì col conlatto metallico stabilito fra le due armature, ma non già collo stabilire simile contallo mercè un corpo liquido ; prende da ciò occasione per entrare a discorrere in- torno all'elellricismo voltaico considerato nella sua origi- De fìsico-meccanica ossia per contatto di conduttori dissi- mili massime metallici, anzi che derivarlo da una suppo- sta origine fisico-chimica ossia per aggregamenti e disgre- gamenti molecolari ponderabili ; invita quindi gli Elettri- cisti che oppugnano la dottrina fisica del contatto elettro- motore, e che avvisano sostenere la teoria chimica delle mistioni elettromotrici , a farsi carico degli argomenti ad- dotti in riconferma della suddetta dottrina voltiana nelle sei Memorie già da lui pubblicate (viit, x, xx, xxi, xxviF, xxviii), e a produrre finalmente per la via delle stampe categoriche risposte. Nel quale proposilo il De La Rive, esso pure intervenuto ad onorare il Torinese Con- gresso Scientifico, soggiunge a difesa dell'azione chimica riguardata quale origine dell'elettricismo voltaico che è mestieri calcolare e distinguere nei processi chimici e nel- r elettrico totale realmente sviluppato, la parie del mede- simo che air un tempo rapidamente si ricompone, e quella che resta sensibile agli usali mezzi di esplorazione; se non che lo stesso De La Rive confessa ben presto non potersi ancora venire a capo di simile calcolo, invocalo per met- tere in accordo le somme anomalie fra la intensità dell'a- zione chimica e la quantità dell'elettrico manifestato dagli apparecchi voltaici- Laonde poi è palese quale valore si possa accordare a simili argomenti vaghissimi tirati fuori dai sostenitori della teoria chimico-elettrica per ischermirsi contro i solidissimi argomenti che addimostrano, nell'elet- tromotore del Volta, lo sviluppo elettrico quanto sciolto da ogni rapporto determinato e costante colle azioni chi- miche, altrettanto attinentesi essenzialmente e con leggi particolari al contatto di materiali eterogenei ; quindi il Fa- ^08 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. raday sebbene esso pure ricorra alla lusin{:[a di rinvenire i computi relativi all'elettrico prodotto dall'azione chimica, e a quello smarrito in seno della medesima, e all'altro ri- masto sensibile, tuttavolta stretto dagli argomenti voltaici accampatigli attorno dal Marianini confessa: les fait que Marìaninì met en avant soni d' un trcs-grand intèret , et touies ces objections devront un jour étre soulévèes , lor- squ'on aura ohtenu des rcsultats numerique poiir expri- mer Vintensìté et la qiiantìté de la force etc. (Archives de VElectrìcìté par M. De La Rive etc. N. 1 , pag. 97 ; Genève). Ma il fatto è che T accennata forza non può es- sere calcolata daddovero che in sulle fondamenta dei prin- cipj elettro-fisici del Volta, come risulta altresì dai lavo- ri dell'alemanno Fisico Ohm il quale ne ha offerto la piò plausibile forma matematica della forza e resistenza elet- tromotrice negli apparecchi idrometallici; maniera di for- mola già adombrata dallo stesso Volta in ordine alla for- za e resistenza dell'elettrico nel suo elettromotore, avendo egli consideralo l'ampiezza delle coppie metalliche come la base di un vase dal quale deve escire un fluido, il nu- mero delle coppie come l'altezza del vase o fluido stesso, i mezzi umidi interposti fra le coppie come il foro o con- dotto del vase d'onde deve scorrere il fluido {Giornale di Fisica, Chimica, Storia naturale etc, tomo II, p. t30, 208; Pavia 1809) (1). ( I ) Il nostro Volta nel discoprire e dimostrare la facoltà elet- tromotrice propria dei materiali eterogenei posti in quella condi- zione fisico -meccanica che dicesi contatto, ne ha condotto a riguardare simile condizione in ordine così alle masse come alle molecole dei corpi; tale stato fisico-meccanico o si consideri nel contatto di massa con massa, o si consideri nel contatto di molecola con molecola, suole essere accompagnato da un riparti- mento elettrico più o meno manifesto e riconoscibile ; quindi poi dal contatto all' un tempo di massa con massa, e di molecola con molecola j è a riguardarsi procedente l'elettrico che si svolge nei DEI PHOF. 55. WARIAÌfmi 409 XL. Teorema di Elettro-Magnetismo', Ga'^^etta Pie" montcse N. 119, anno 1841. Dietro gli studj elellro-ma- gnctici si è pervenuto a conoscere che una corrente elet- trica istantanea cìrcolanilo, mediante apposita spira metal- lica , attorno un ferro lo magnetizza , più o meno , fino anche a calamitarlo completamente, e che qualora tale fer- processi chimici. Questi processi infatti disaminati in ogni loro estremo dal più palese e manifesto, al più recondito ed arcano, si riscontrano risolversi alla perfine in una particolare maniera ài corUatto e compenetrazione delle masse, di distacco e permu- tazione delle molecole dei corpi; foggia di magistero quanto pro- mosso dalle azioni degli imponderabili, altrettanto abile a svolge- re l' impoderabile elettrico , stante il più ripetuto intrinsico con- tatto dei materiali ed atomi ponderabili. Laonde poi nei processi chimici è necessità il riconoscere primitiva la azione e permuta- sione degli imponderabili, secondaria la azione e permutazione delle molecole o atomi ponderabili. Il contatto invero delle masse materiali , per esempio , di due piastre metalliche eterogenee , manifesta un particolare ripartimen- to elettrico anche senza intervento di processo chimico, atteggian- do piuttosto i metalli stessi a particolari azioni chimiche ; lo che resta appieno dimostrato dal contatto delle accennate piastre me- talliche eseguito rimttovendo ogni circostanza o influenza di at- tuale chimismo, come avviene nel vuoto pneumatico ove dietro quel contatto metallico si raccolgono pure i relativi contrassegni elettrici mercè i noti mezzi eleltrometrici. Questo argomento da molti proposto , da pochi debitamente eseguito , dal Marianini com- piuto ed accertato nel modo più incontrovertibile , campeggia tanto a conferma della dottrina del Volta, che gli stessi seguaci della teoria chimico-elettrica hanno già, a fronte del medesimo, comin- ciato a ricorrere ad una azione chimica non in atto, ma in po- tenza, quale cagione produtrice dell'elettricismo voltaico; di tal guisa riconosciuta in difetto e in fallo la azione chimica attuale si tira fuori una azione chimica potenziale o virtuale, ossia im- maginaria ed immaginata , ad estremo puntello di una teoria che vacilla per ogni parte ( Annali di Fisica , Chimica etc. , diretti dal Prof. G. A. Majocchi, Dicembre 1841. 11 Cimento, Giornale 410 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC ro trovasi circondato da un tubo metallico, esso pure col- localo entro la accennata spira ^ ne consegue un notevole indebolimento di magnetizzazione. Ora intorno a simili fe- nomeni elettro-magnetici il Marianini, esercitando il paziente e sagacissimo suo talento osservatore e sperimentale , è rie- scilo a raggiungere e ad offrire la spiegazione di un bellissi- mo ed interessante teorema oltremodo opportuno a far cono- scere come i corpi metallici contrariano le azioni roagne- di Fisica, Chimica etc, pag. 32, Gennajo 1844, Pisa). Fatto è poi che nei due metalli eterogenei posti a contatto, nel vuoto pneu- matico , non può considerarsi tendenza all' azione chimica che fra metallo e metallo, nuli' altro trovandosi in quel vuoto; ma quan- d'anche si consideri simile tendenzUj, o facoltà tensiva fra metal- lo ed umido , fra umido ed umido eterogeneo , tutto questo si ri- durrebbe alla perfine a tradurre o travolgere in un immaginario principio sistematico , il supremo mirabilissimo principio di fatto dimostrato dal Volta cioè il contatto elettromotore fra corpi o ma- teriali eterogenei , o comunque dissimili. In questo supremo fatto voltaico, eziandio con attuale inter- vento di processo chimico, necessariamente il contatto, o ciò che dicesi contatto j delle masse e delle molecole precede lo sviluppo e corso elettrico, manifestato dai noti mezzi galvanometrici. E se in simili foggie di contatti suolsi riscontrare che quanto maggiore interviene la azione chimica tanto più manifeste occorrono le in- dicazioni galvanometriche, tutto ciò nuli' altro addimostra se non che il procedimento cìiimico serve a compire e a ripetere , ad esten- dere e a moltiplicare i contatti delle masse e delle molecole; quin- di poi ne consegue che , come il De La Rive e il Faraday avver- tirono , nei circuiti con minima o nulla azione chimica , quali per esempio di ferro platino, potassa, riesce minima o nulla ov- vero impercettibile o incospicua , la indicaziotie galvanometrica per lo difettivo 0 manchevole più intimo contatto / s' arroge che in si- mili circostanze le minime e più fuggevoli ,, o discontinue e inter- rotte correnti elettriche non possono essere indicate dal Galvano- metro, mentre lo sono pure dalla rana galvanica acconciamente usata all'uopo. DEL PROF. S. MARIANFNI 411 tizzanti e l'esercizio delle azioni magneliclie; per simile teorema quindi il M. ne addimostra che l'accennato inde- bolimento di forza e di azione magnetizzante risulta pro- dotto da una corrente di induzione elettrica promossa nel- r involucro o tubo metallico, in direzione contraria, a quella della corrente primitiva che circolando nella spira opera la funzione inducente. A dimostrare l' enunciato teo- rema si ponga entro un tubo metallico, lungo otto o nove centimetri, una spirale di filo di rame coperto di seta, ed inoltre si collochi un filo di ferro non magnetizzato entro la spira , ed altro simile filo di ferro fra questa ed il tubo suddetto ; poi si scarichi una piccola boccia di Leida lungo la spira, e si riscontreranno ambi li ferri magnetizzati l'uno in senso opposto all'altro; lo stesso fenomeno si ve- rifica altresì replicando la scarica dopo di avere tolto il tubo metallico e sostituito ad esso una spirale chiusa , os- sia coi suoi capi a mutuo contatto. Per le quali cose si concbiude che all'alto della scarica elettrica, per la sud- detta spirale, sorge una corrente di induzione nel tubo metallico, o nella spira sostituita al medesimo, corrente in- dotta con direzione contraria all' inducente, e in tal guisa ne consegue l' indebolimento della magnetizzazione nel fer- ro predetto. XLI. Metodo di sperimentare la conducibilità dei me- talli per l' elettrico ; Foglio di Modena JV. v, 1841. Nel- l'Adunanza della Sezione di Scienze della Reale Accademia di Modena il Prof. Cav. Marianini legge una sua Memoria sopra un metodo di sperimentare la conducibilità per l'elet- trico dei metalli. Questo metodo è fondato sopra i tre se- guenti fatti: 1^ se si fa passare la scarica di una boccia di Leida per una spirale metallica entro la quale siavi del ferro questo si magnetizza come dimostrò il celebre Ara- go; 2° se dentro la spira sulla quale si scarica la boc- cia di Leida avvi un'altra spira metallica chiusa svolgesi io questa una corrente d'induzione che si muove in senso 4l9l PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. contrario della inducente , come dimostrò il Marianini stes- so; 3° che questa seconda corrente affievolisce V azione magnetizzante della prima, e meno l'affievolisce qnanto è meno conduttore il metallo che chiude la detta spira. Per- tanto se invece di chiudere tale spira col porre le sue e- stremità ad immediato contatto fra di loro, si mettano in comunicazione mediante un filo od una striscia di metallo, ottiensi la magnetizzazione del ferro tanto maggiore quan- to piti conduttore dell' elettrico è il metallo sperimentato a chiudere la spirale. XLII. Sopra le correnti di Induzione Volta Elettri- ca; Atti della Ter^a Riunione degli Scien'^ìati Italiani, Firenze 1841. La induzione volta-elettrica consiste, come dimostrò Faraday, in ciò che quando una corrente voltai- ca comincia ad invadere un conduttore suscita momenta- neamente in altro vicino conduttore una corrente indotta con direzione contraria alla inducente, e quando la stessa corrente voltaica cessa, o si arresta, riproduce altra mo- mentanea corrente indotta con direzione analoga a quella della inducente; simili fenomeni di induzione elettro-dina- mica il nostro Fisico intende a spiegarli coi fenomeni stessi dell'induzione elettro-statica. Egli quindi considera che la corrente voltaica, nelT invadere il filo metallico pel quale s'avvia^ induce nelle successive parti o punii del medesi- mo una tensione elettrica che va a promuovere nell'altro vicino filo una corrispondente tensione, la quale scorre nelle di lui successive parti a modo di corrente istantanea; cessata poi;, finché sussiste la corrente voltaica, o per me- glio dire sospeso un tale procedimento o corso di tensio- ne, esso si riproduce in senso inverso al momento del ces- sare od arrestarsi della corrente voltaica, dando così luo- go all' inversa corrente faradiana- Di tal guisa ne fìa forse altresì dato di riferire agli stessi principj delle attrazioni e ripulsioni elettro-statiche, ossia proprie delle tensioni, le attrazioni e ripulsioni eletlro-dinamicbe ossia proprie delle correnti. ^ DEL PROF. S. HARIANIM 413 XLIII. Fatti risguardanti V a7j,one che V acido idro- dorico esercita sull'oro sotto l'influeri'^a delle correnti elettriche; Atti suddetti. Sottosezione di Chimica 'i'ì feb- braio t841. Il Prof. Marianìni delle comunicazione di al- cuni falli riguardami l'azione che l'acido cloro-idrico eser- cita sull'oro, sotto l'influenza delle correnti elellriche; azione che quel!' acido da per sé solo non possiede , o non ispiega, se non allorché dislrulla, in uno od in allro mo- do fra le molecole del precipitato metallo , la forza dì coe- sione, trovisi esso in stato di minutissime particelle. Ciò non per tanto faceva rilevare lo stesso Prof. Marianini che ad onta d'insensibile e non manifesta azione dell'acido in discorso sull'oro, pure bastava di tenere immerse le lami- ne dei secondo nel primo, per far sì che desse assumes- sero stato elellrico opposto a quello che già possedevano prima di aver subito la ridelta immersione. Quindi il dotto fisico traeva partito da quest'azione dell'acido cloro-idrico sull'oro per fare esperienze eleltrografiche , sia per iscri- vere, sia per disegnare a stampa, in colore scuro, sulla seta, sulla carta e simili. Lo che egli eseguiva, facendo comunicare col polo negativo di una pila il disegno o lo scritto scolpito in metallo, coprendolo poscia con olio o dieci carte bagnale coli' acido cloro-idrico allungato di 5 a G parti d'acqua stillata, oppurre con soluzione di cloruro di sodio, di calcio o di sale ammoniaco, sulle quali faceva di poi riposare, per un tempo sufficiente , una piastra d'oro comunicante col polo positivo. Il Principe Luigi L. Bona- parte in appoggio dell'azione che l'acido cloro-idrico eser- cita sull'oro, quando sia estremamente diviso, citava al- cune osservazioni, che gli sono proprie, e quindi scende- va a concludere che il suddetto acido coadiuvalo dalla cor- rente voltaica non più risparmia l'oro metallico , essendo- ché in tal caso rimane superata e vinta la forza di coesio- ne clic dal metallo stesso gli veniva opposta. Si chiese dal Prof. Pcrclli se potessero quei carallcri , sotto l'azione dti 4fl PROSPETTO DELLE MEMORIE EC- brunilojo, prendere il bell'aspetto metallico od il colore ed il lucido che proprj sono dell'oro: al che il Ma- rianini rispose che coli' andar del tempo, e senza artificio veruno, il colore aureo ed il lucido metallico si annun- ziavano da per se stessi. Fialtaulo in proposito di simili esperienze ed osservazioni ne sembra opportuno il conchiu- re che , per le medesime , resta sempre più confermata la dottrina voltiana relativa alla primitiva azione elettrica con secondaria azione chimica, restando all'un tempo additata altra mirabile applicazione pratica dell'elettricismo voltai- co , quale si è appunto la elettrografìa indicata dal Maria- nini j la dottrina d^ Volta infatti risulta confermata da lutti quei fatti i quali addimostrano che mentre due me- talli diversi immersi disgiuntamente in un mestruo non atto ad esercitare sui metalli medesimi le ordinarie azioni chimiche, d'altra parte immersi a mutuo contatto nello slesso mestruo ne procedono ben presto particolari feno- meni ed effetti elettrochimici ; quindi poi da ciò alcune pratiche applicazioni^ antiche ed empiriche^ quali sono l'evitare in alcune costruzioni il contatto o l'accozzamento dei metalli dissimili per rifuggirne la corrosione, mo- derne e scientifiche, quale è appunto la proposta del Ma- rianini di prevalersi cioè della accennala proprietà elettro- chimica delle correnti voltaiche per l'oggetto della elel- Irografia. .XLIV. Storia di due casi di paralisi curati coli' Elet- tricità Voltaica; Atti suddetti; Sc'^ione di Medicina 21 settembre 1841. Dopo la pubblicazione della Memoria ric- ca d'utili osservazioni sopra alcune paralisi curate coU'e- leltriciià voltaica (xiv) il nostro Fisico continuò , con pari amore della scienza e dell'umanità, ad amministrare l' elet- trico a molti infermi confidatigli dai Medici quali parali- tici j e fra questi trasceglie due casi riesciti a buon .fine che gli sembrano degni di speciale commemorazione. Trat- tasi nel primo di una damigella veneta gracile, magra, DEL PROF. S. MARIANIINI 415 pallida, mallradala dalia rachilìde, dalla scrofola, dalia clorosi , e die dielro enorme curvatura alia mela superio- re delia spina dorsale, ai quindici anni di sua età serban- do il tatto allo stato naturale, addivenne inetta a qualun- que minimo movimento volontario degli arti inferiori, i quali piuttosto si addimostravano inflessibili con contrazio- ni convulsive eziandio manifeste per li più strani contor- cimenti degli arti stessi ; tale paziente fu quindi elettrizza- ta usando un elettromotore a corona in sulle prime di trenta poi di ottanta coppie di rame e zinco , immerse nel- l' acqua marina per circa quattro centimetri quadrati di superficie^ e dirigendo dal dorso ai piedi la corrente elet- trica a scariche e scosse momentanee, combinale colle cor- renti continue non scuotenti almeno per dieci minuti in tre volte a ciascun arto ; dopo la sesta elettrizzazione ap- parirono i primi indizj di miglioramento i quali consiste- vano in una qualche flessibilità permanente agli arti, e di tal guisa a poco a poco mercè quaranta elettrizzazioni in due mesi restò dissipata in un colla inflessibilità degli arti ogni altra forma di contrazioni convulsive, conseguendone l'esercizio dei moti volontarj fino a stare in piedi e cam- minare, a correre e a danzare. Il secondo caso riguarda altra signora veneta che ai ventiquattro anni colpita da emiplegia incompleta al Iato sinistro , quindi sottoposta , come sopra, a trattamento elettrico, nel 1827 mal soffren- do le scariche e scosse fu piuttosto curala mercè le cor- renti continue ministrate quaranta volte in due mesi con alcuni piccoli miglioramenti, i quali cessata la elettrizza- zione continuarono in guisa che dopo circa venti mesi la guarigione addivenne cortipleta ; ma dopo cinque anni di tale riacquistata salute ricadde per una seconda volta nella pa- ralisi allo slesso lato sinistro, limitala però al solo arto inferiore, e quindi curala mercè trecento scosse così da principio come verso il fine, colla giunta ogni volta di quattro a sei circoli di 4 miauti; il raiglioiaraento non si 416 PROSPETTO DELLE MEMORIE EC. fece desiderare come nella prima cura comparendo note- vole alla decima, gradatameole compiendosi alla vigesi- ma sesta elettrizzazione, se non che passato un anno la stessa paziente ricadde per la terza volta paralitica all'ar- to inferiore sinistro , tollerando però per buona ventura le scariche e le scosse elettriche assai meglio delle altre vol- te, cosicché cominciando dalle 350 e portandole tino alle 700, ogni giorno, dopo otto simil applicazioni cominciò a sentire la gamba alquanto sciolta, compiendosi il risa- namento alla vigesima quarta elettrizzazione senza più ri- cadere paralitica. ( sarà continuato ) SIGNOR CAVALLIERE V egregio Sig. CavalUere Tomaso Professore Catul- lo di Padova , ni' indirizzava una sua in data del 30 scorso Aprile _, partecipandomi una infausta nuova con queste parole che qui riporto : " Abbiamo perduto V ot- " limo amico nostro Conte Nicolò CavalUere Da Rio. " Impensato accidente ce lo rapì^ e pel quale non ho " potuto a meno di non ispargere un tributo di lacri- " me alla memoria di un così onorato Collega ! „ Se fu grave la dispiacenza dell'amico Sig. Prof. Catullo , non fu tenue la mia, che mi trasse dagli oc- chi lagrime di tenerezza. Mi ha fatto tenére lettera del Chiarissimo Segretario dell' Imperiale ^ e Reale Instituto delle Scienze , Lettere , ed Arti di Venezia , colla quale partecipa la pèrdita fatta dell' illustre Conte Nicolò Ca- valUere Da Rio ; e il medesimo Sig. Cav. Catullo , mi ha fatto viva premura , che sia inserita in questi no- stri — Nuovi Annali delle Scienze Naturali ~; alla sua unisco la mia preghiera per dare in questo modo , una tenue testimonianza di queW affezione ^ che mi univa coli' illustre trapassato. Erano pi^l lustri ^ che mi onorava di sua cordia- le amicizia j e non di rado scrivcvami partecipandomi N. Ann. Se. Naiuii. Surie II. Tom. 3. » 418 LETT. Al PROF. ALESSANDRINI i suoi scientifici lavori , e buona parie di cose sue date alle stampe j me ne faceva dóno. Mentre visse procurai raccorre notizie delle sue memorie sidla mineralogia ^ e geologia, e le qui unite due Note mostrano quelle che sono èdite , e quelle che nella maggior parte sono ancora inèdite. Due volte ho visitato la sua ricca Collezione di og- getti naturali y specialmente di minerali, e di rocce, e quanto mi fu cortese nel lasciartnele a mio bell'agio osservare , altrettanto mi fu liberale in dóni di non poche rocce de' Colli Euganei da lui medesimo illustra- te, e rese di publico diritto colle stampe. Seppe unire alle cognizioni scientifiche lo studio delle amene Lettere. Professò con ingenuità la nostra Santissima Catolica Religione^ visse estimato e venerato da tutti , e il suo nome immacolato sarà con ossequio- so rispetto alla più tarda posterità trasmesso, come più ampiamente verrà manifestato dall'Elogio fùnebre del Sig. Prof. Menin che ora stampasi. Mi abbia sempre, la prego, nella sua amorevolez- za , mentre con ossequiosa stima, me le dico Di Lei Pregiatissimo Sig. Cavalliere Pologna 20 Maggio 1846, J)ev. Umilissimo Servitore e Collaboratore Camillo Sauna. N:.4nnaUSerie2=Tin. Zt'CfZ'. AL CniARISSLMO SIGNORE IL SIGNOR PROFESSORE T. A. CATULLO JUcmbro effettivo dell'I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti in Padova 1. R. ISTITUTO DI SCIENZE, lETTERE ED ARTI Venezia 15 Aprile 1845. CHIARISSIMO COLLEGA Con molto rammarico debbo adémpiere il triste ofiì- cio di parteciparle la mancanza a' vivi avvenuta in Pado-' va il 13 corrente del Membro effettivo ed egregio Collega nostro il Nob. Sig. Nicolò Da Rio Cavalliere dell'I. R. Ordine della Corona di ferro di terza Classe, Direttore delle Facoltà Filosofica e Matematica nell'I. R. Università di Padova e Socio di parecchie Academie. Nato in Padova da illustre famiglia nell'Agosto del 1765. Egli cominciò da gióvane a coltivare i nobili studj , e specialmente le Scienze fìsiche e naturali. La Chimica e la Mineralogia furono da principio sua cura prediletta, e non appena le nuove dottrine chimiche del Lavoisier avea- no valicato le Alpi, eh' Egli ne ripeteva i principali espe- rimenti ad istruzione propria e degli amici suoi. Si può dire che nel domestico laboratorio Egli avesse fondato una scuola per giovare al progresso della Scienza ed alla di- fusione delle utili cognizioni- In fatto la sua casa fu per molti e molli anni il sito di riuuiouc delle più cólte o ragguardevoli persone ili Padova. 420 LETTERA Verso la fine dello scorso secolo la Geologia e la Mi- neralogia erano coltivate in Italia con ardore. L'Arduini, il Forlis, lo Spallanzani, l'Olivi, ed altri parecchi avea- no posto fra noi in alto onore questi studi ; ed a ciò ben anche aveano molto contribuito i viaggi e la dimora fatta in queste contrade dallo Strange , dal Dolomieu, dal De- smarels e da altri valenti naturalisti stranieri. Il Conte Da Rio trovò nell'amicizia e nel consorzio di alcuni di loro un eccitamento per dedicarsi a queste medesime scienze, e fino dal 1791 publicò alcune notizie orittografiche so- pra la Valle dell'Agno, poscia negli anni seguenti molle importanti memorie sopra i monti Euganei ed altri luoghi delle Provincie Venete, ed infine nel 1836 V Orittologìa Euganea eccellente libro, nel quale Egli ha riunito tutti gli studi e le osservazioni che per molti anni avea fatto in que' monti , che s'èrgono vicino alla sua nobile patria, e de' quali Egli si era particolarmente proposto una com- piuta illustrazione. Vulcanista al principio della sua carriera il Conte Da Rio avea poscia abbracciato con ardore le dottrine di Wer- ner, ed applicandole agli Euganei avea sostenuto con mol- to ingegno ed eloquenza il nettunismo di quella roccia che ne forma la principale ossatura. Ma non poteano queste dottrine durare a lungo, specialmente in Italia, cosicché dopo d' esser passato a traverso di tutte le fasiche la Geo- logia ha subito negl'ultimi cinquant'anni, il Conte Da Rio si trovò ricondotto, in sullo scorcio della vita, a quegli stessi principj geològici che avea professato in gioventù. Però in mezzo alle diverse opinioni ed alle lòtte delle va-^ rie scuole, Egli si comportò sempre con aurea moderazio- ne, e 1' esattezza delle osservazioni e la chiarezza e l' ele- ganza deir esposizione sono dòti , di cui vanno adórni tutti ì suoi scritti. Per vieppiù giovare alla difusione del sapere e delle buone discipline Egli non solo tenue per molli anni in sua AL PROF. T. A. CATULLO 421 casa un laboratorio chimico, ma si formò eziandio una ricchissima raccolta mineralògica e fondò nel 1802 e man- tenne per più di venticinque anni , con non lieve dispen- dio e fatica, il Gior«fl/e dell' Italiana Letteratura, xt^iev- torio fedele dei progressi fatti dalle lettere e dalle scien- ze in Italia. Molli publici officj gli furono in varj tempi affidati, ed Egli gli sostenne sempre con intelligenza e probità. Era il tipo dell'omo onesto, del cittadino onorato ch'esercita la virtù, e non manca ad alcuno de' proprj doveri. Tutti han veduto con quanta esattezza Egli, quasi ottuagenario, adempiesse agli oblighi acaderaici e con quale alacrità ed energia, quasi giovanile, accorresse ai Congressi scien- tifici , e prendesse parte alle discussioni ed alle córse geo- lògiche. Un'abituale temperanza gli avea concesso di vivere affatto sano una lunga vita , e di godere per molti anni di una florida e robusta vecchiaja. Nel dipartirsi, dopo breve malattia, da questa vita ter- rena, il Cav. Da Rio, ebbe il compianto di tutti i buoni e lasciò una grata ed indelebile ricordanza delle sue virtù. Il Segretario Lodovico Pasini. NOTA DELLE MEMORIE EDITE 1. Notizie oriltologiche sopra la Valle di Valdagno. Me- moria stampala nel T. XIV degli Opuscoli scelli sulle scienze, ed arli 1791; e poi tradotte in francese dal Fortis, ed inserite nel T. I delle sue — Memoires pour servir a 1' Hist. nal. et principalemenl à l'Ory- ctognosie de l'Italie, et des Pays adjacenls. — 2. Introduzione alla Chimica. Padova co' tipi del Semina- rio 1795 in 8. 3. Saggio intorno la denominazione , e classificazione degli Odóri. Stampato nelle memorie di -matematica, e di fisica della Società Italiana T. XI anno 1804. 4. Dell'origine dei ciottoli. Memoria inserita nel T. XXIII del Giornale dell'Italiana letteratura. Padova 1808. 5. Sopra la così detta Masegna de' monti Euganei. Me- moria inserita nel T. XV degli Alti della Società Ita- liana delle Scienze. 1810. G. Notizie del Gabinetto mineralogico del Conte Nicolò Da Rio , stampalo nel T. II serie 2.'' del Giornale dell' Ita- liana letteratura 1812. 7. Osservazioni mineralogiche sopra la minerà d'Agord ed alcune altre località del territorio bellunese. Memo- ria letta nella publica sessione dell' Academia di Pa- dova il 20 Giugno 1813; ed inserita nel T. I de' Nuo- vi Saggi dell' Acad. di Padova 1817. 8. Sopra la Perlile Euganea. Memoria letta all' Academia di Padova nel Giugno 1817, ed inserita negli atti del- l'Academia sudd. Voi. IL 1825. 9. Lettera mineralogica al Dolf. Scortegagna: comprende la relazione di un dóno di minerali avuti da S. E. il Sig- Conte Capodistria Segretario di Sialo di S. M. ROTA DELLE MElff. EDITE DEL C. DA RIO 423 l'Imperatore di lutle le Russie. Inserita nel T. XX 2." serie del Giornale dell'Italiana letteratura 1819. 10. Sopra i Giacinti di Leonédo. Memoria inserita nel Gior- nale suddetto T. XXV serie 2.^ 1822. lì. Sulla stoviglia sommamente economica che si fabri- ca a Ponte di Brenta (villa suburbana) memoria letta all'Academia di Padova nel 1828, e stampata ne' suoi alti nel 1831. 12. Quelques observations sur le gisseraent des trachiles en general et des trachites des monls Euganées en par- ticulier. Memoria presentala all'Academia di Torino ed inserita nel T. XXXIV de' suoi atti. 13. Dei rapporti della calcaria colla trachite ne' monti Euganei, memoria inserita nel T. I degli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto 1831 p. 61. 14. Estratto ed osservazioni sopra una memoria di Jobert ainé. Annali suddetti T. I p. 246. 15. Relazione delli Signori Buchland e de La Beche sopra la geologia di Weymout , e la vicina costa di Borsetshire , con aggiunta di osservazioni sue. Articolo inserito ne- gli Annali sudd. T. II 1832. p. 230. 16. Sopra una pelrifìcazione non prima rimarcata ne' monti Euganei, ed alcune altre petrificazioni di quelle calcarie. Lettera scritta al Prof. Luigi Canali , ed in- serita negli Annali sudd. T. HI 1833. p. 6.5. 17. Alcune riflessioni sopra un'opinione geologica del Sig. Prevost. Mem. inserita negli Annali sudd. T. IV 1834. 18. Di un polipajo non descritto > ritrovato niella calcaria dei contorni di Teólo con una tavola di Esso Conte Da Rio nominalo Cydocenus Catulli. Memoria inseri- ta nei Nuovi Saggi dell' Academia di Padova 1835. T. IV pag. 117, e prima letta nell'Aprile 1835. 19. Orillologia Euganea. Volume ùnico iu 4.'' con due ta- vole 1836. 20. Lettera geologica al Signor Leopoldo Pilla a Napoli 424 NOTA DEltE MEM. EDITE DEL C DA RIO relativa all'eslratto di lui della Oriltologia del Conte Da Rio. Inserita negli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto f. IX pag. 115. 1839. 21. Ambra gialla, ed ambra grigia. Articolo inserito nel Dizionario di conversazione stampato co' tipi della Minerva 1840. 22. Ametiste; altro articolo come sopra, 1840. 23. Necrologia dell'Abbate Girolamo Romano, inserita nel T. VII de' Nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bo- logna 1842 pag. 120. 24. La parte che riguarda alla quinta sezione nella Guida di Padova , e sua Provincia , cioè , geologia , idrogra- fia , agricoltura, commercio ed industria, stampata nel- l'anno 1842, vale a dire, nella circostanza della Riu- nione de' Scienziati Italiani. Molli estratti di libri, vóti, e rapporti per commissioni ed altro, ed in generale molti articoli spettanti alla bota- nica, alla chimica, e quasi tutti quelli spettanti alla mi- neralogia, e sue diramazioni che si trovano nelli 64 Vo- lumi, che formano la collezione intera del Giornale del- l'Italiana letteratura stampata in Padova dall'anno 1802 a tutto il 1825. N. B. Dopo l'artìcolo inserito nella Guida di Padova^ Egli non publicò cosa alcuna, ed era sul punto di dare in luce uno scritto brevissimo sopra V Hippu- rites Fortisii, ch'ebbe in dóno da un ingegnere, quando fu còlio dal morbo, che lo condusse al se- polcro. NOTA DELLE MEMORIE INEDITE 1. Sopra la causa della formazione di alcune colline ghia- jose del Friuli. Memoria Iella all'Acaderaia di Pa- dova li 13 Giugno 1791. 2. Memoria sopra il picciol colle isolalo di Carrara negli Euganei, letta all'Academia di Padova nel Genna- jo 1792. 3. Dell'altezza di alcuni monti Euganei sopra il livello del mare. Memoria letta alla Àcademia di Padova li 14 Gennajo 1793. 4. Viaggio al monte Cavallo in Friuli. Memoria letta al- l'Academia di Padova li 16 Agosto 1795. 5. Risposta alle osservazioni del Prof. Catullo fatte in op- posizione alla opinione del Conte Da Rio sulla origi- ne de' ciottoli. Le opposizioni del Prof. Catullo sono l'argomento di una sua memoria inserita nel T. XIII serie 2.^ del Giornale dell'Italiana letteratura bime- stre Gennajo, e Febrajo 1817. Le risposte sono MSS. ed aggiunte in margine ad un esemplare delle suddet- te memorie del Prof Catullo. 6. Esame della teoria del Patrin sopra l'origine de' vol- cani; memoria letta all'Academia di Padova li 24 Marzo 1810. 7. Osservazioni oriltologiche sopra Monteccliio Maggiore. Memoria letta all' Àcademia di Padova nell' Agosto 1811. 8. L'ottava giornata della Creazione. Fantasie geològiche. Memoria Ietta all'Academia di Padova li 4 Febbra- io 1813. 426 NOTA DELLE MEMORIE INEDITE 9. Memoria sopra il tufo, Iella all' Academia di Padova li 22 febrajo 1821. 10. Della roccia coslituente la massa principale de' monli Euganei, e della sua relazione colle slralifìcazìoni cal- cane che si osservano al piede della medesima. Me- moria geognóstica Iella all' Academia di Padova li 19 Febrajo 1824. 11. Sopra la calcarla di Seravalle, e l'Arenaria di Fre- gona. Memoria Iella all' Academia di Padova nel 1826. 12. Su li sislemi mineralògici, e parlicolarmente sul me- todo di Beudanl. Memoria Iella all' Academia de' Con- cordi di Rovigo li 30 Aprile 1827. 13. Sulla formazione trappica dei monli Euganei. Memo- ria geologica Iella all'Alenéo di Venezia li 24 Gen- najo 1828. 14. Sulla coulemporaneilà delle formazioni. Memoria Iella all' Academia di Padova li 16 Febrajo 1828. 15. Alcune osservazioni sopra l'espansione delle rocce li- foniàne. Memoria Iella alla Academia di Padova li 22 Febrajo 1831. 16. La slessa memoria con alcune variazioni , ed aggiunle per r Academia dei Concordi di Rovigo. 17. Riflessioni sulla coslituzione della specie mineralogica, ed applicazione di quesli principj alle sostanze commu- nemenle compresa nella specie quarzo. Memoria Iella alla Academia di Padova 5 Febrajo 1833, 18. Sopra le èpoche geològiche; memoria Iella all' Aca- demia di Padova li 13 Maggio 1834. 19. Delle pelrificazioni che si rinvengono nella calcaria Euganea. Memoria letta all' Academia de' Concordi in Rovigo 26 Maggio 1834. 20. Phantasiae quaedam (memoria non terminala ). 21. Brevi osservazioni sull'estensione del terreno terziario negli Euganei. Memoria Ietta all' Academia di Pado- va 28 Maggio 1839. DEL C. DA RIO 427 22. Monografia del Venda con due tavole ad aquarello, memoria letta nella sezione di Geologia della prima Riunione de' Scienziati Italiani in Pisa Ottobre 1839. 23. Cenni storici sulla torbiera Euganea. Memoria Ietta all'Academia di Padova 20 Aprile 1841. 24. Di alcune traccic esistenti di pioggie antidiluviane. Memoria letta all' (. e R. Istituto nella tornata del gior- no 21 Maggio 1841. AL CHIARISSIMO SIGNORE \XtsavaÀi'6òiuM oianov Gavo/llveve éXeòctU'Oxe Bologna 29 Maggio 1845. È riconosciuta la importanza , nella commnne dei Geologi , della soluzione di alcuni quesiti intorno al Terreno cretaceo del vicentino , tanto più che nella Se- sta Riunione de' Scienziati Italiani^ diede motivo a serie e gravissime discussioni j, ed tma singolarmente che ebbe luogo a chiarire un fatto paleontològico ^ se esista cioè realmente la promiscuità di animali fòssili o le spoglie loro y dal terreno jurese al cretaceo. Il celebre Barone de Buch Sig. Leopoldo nega siffatta promiscui- tà ; da altri valentissimi geologi è sostenuta , fra qua- li dai Signori Curioni , e Cavalliere Catullo. Quindi non sarà che lodabile consiglio , se si riproduranno ne' nostri — Nuovi Annali delle Scienze Naturali ~ non solo le due epistole importanti stampate nel — Cimenlo ~ (Anno III fascicolo di Gennajo-Febrajo di guest' an- no); la prima del Sig. D. Leopoldo Pilla profes- sore di Mineralogia , e Geologia nella Granducale Uni- versità di Pisa così intitolata: Shiarimenti sopra alcu- ne questioni riguardanti il Terreno Cretàceo delle Alpi lETT. AL PROF. A. ALESSANDRINI 429 Venete , indiriUa al Siy. Cavallicre Doli. Tomaso Anlo- nio Catullo professore di Zoologia , Mineralogia, e Geologia nella Imperiale, e Reale Università di Pa- dova, e risposta di esso al Professore di Pisa, alla quale vi furono apposte da lui alcune sensatissime note (ch'io appellerei più volentieri dubj ragionati) alla quale vi ha, il professore Catullo, risposto sul fine di al- tra lettera inèdita del 18 corrente, che indirizza al sullodato Sig. Professore Pilla , e che troverà qui uni- la ; amerebbe vedesse la luce nei rammentali nostri An- nali, in quanto che ha un intimo legame con quella, venendo fatte serie osservazioni relative alla sostenuta indipendenza del macigno del terreno cretàceo , essen- do stato ritenuto fin qui, dai geologi, la dipendenza di questo. Le quali osservazioni metteranno in voglia mag- giore il valente Professore di Pisa , di aggiugnerc altre prove alle già publicale intorno a siffatto rilevantissi- mo argomento. Segue altro impontanle lavoro inèdito del medesi- mo Autore , che pure amo sia stampato ne' nostri Nuo- vi Annali ec. , il cui titolo è — Osservazioni geognó- stiche, e palcozoóiche sopra il Kéuper delle Alpi Venete — Lavoro anche questo pregno di molta dottri- na ; si mostra di quale vantaggio sia (dia gcognosica scienza, la paleontològica, in un fatto singolarmente dall' autore osservato a Recoàro ; vi ha, egli dice , que- sto Kéuper , ma in alcune parti di quel distretto la sua formazione fu soppressa , quindi la calcaria jurese ricopre immediatamente la Calcaria conchigliare ; que- sto fatto potrebbe indurre nella supposizione che le due calcarle sono membri contemporanei di uno stesso de- posito. E chi chiariste questa ambiguità di animo in 430 LETT. AL PROF. A. ALESSANDRINI cui trovasi il Geologo osservatore? La scienza paleon- tològica, la quale fa ravvisare la differenza dei corpi organici animati , che vi è fra V una , e V altra for- mazione. Ma più ampiamente si vedrà dall' enunciale Osservazioni rifulgere maggior luce in questo rilevan- tissimo argomento. Amerebbe, il nostro egregio Amico, che fossero tutte inserite in uno stesso fascicolo , e , se fosse fattibile , colla maggiore sollecitudine. Questi inte- ressantissimi lavori non dispiaceranno uniti ai cultori delle naturali scienze. Mi comandi, e mi creda sempre quale con ossequio 6 gratitudine sincerissima mi protesto Di Lei Sig. Cavalliere Redattore Dev. Obbligatissimo Servitore e Collaboratore Camillo Salina. SCHIARIMENTI SOPRA ALCUNE QUESTIONI RIGUARDANTI Il TERRENO CRETACEO DELIE ALPI VENETE LETTERA DEL PHOF. PILLA AL PROF. CATULLO DI PADOVA E RISPOSTA DI QUESTO. Eslratt. dal Cimento fase. Gennajo-Febrajo 1845. Anno HI. In quello si finiva di stampare la noia inserita dinan- zi, giugneami lettera del chiarissimo prof. Catullo, in ri- sposta ad un'altra mia, nella quale io gli chiedea alcuni schiarimenti intorno al terreno cretàceo delle Alpi Venete. Mi bisognavano tali schiarimenti per rispetto alla mia opi- nione circa il posto geològico del macigno in Italia, ed ancora io bramava di conoscere la soluzione di certi que- siti sul terreno cretàceo del vicentino , che aveano dato origine a gravi discussioni Ira geologi nel Congresso di Milano. È il terreno cretàceo di quella regione di gran- dissima importanza nella geologia Italiana ; perocché, oltre al contenere una grande quantità di fòssili , questi presen- tano una riunione di specie appartenenti alla zona cretàcea meridionale , con altre che spettano alla settentrionale ; e però porge un bel punto, che può chiarire il terreno del- la creta Italiana, rannodandola con quella del settentrione di Europa. Ponendo riguardo a tali ragioni ho slimato be- ne publicare in questo Giornale appresso alla scrittura 432 CEOGNOSIA sul macigno le due lettere che di sopra ho mentovate. Mi ho presa la libertà di aggiungere alcune noterelle alla lettera del mio pregiatissimo collega, le quali mi sono sembrate necessarie per rispetto ad alcuni passi della me- desima. Stimatissimo Collega ed Amico Pisa 3 Febraio 1845. Stàvami molto a cuore di conoscere alcune particola- rità circa il terreno cretàceo delle Alpi Venete, e certa- mente avrei potuto bene contentare il mio desiderio coglien- do la opportunità della nostra riunione scientifica a Mila- no. Ma non so come tal pensiero mi uscisse di mente, ed óra mi veggo nella necessità d'indirizzarvi questa lettera per ricevere alcuni schiarimenti sul proposito cennato di so- pra. Voi affermate, in alcuni vostri scritti, e, se mal non mi ricorda, asseriste ancora nel Congresso di Milano^ che il calcare neocomiàno comparisce nella parte inferiore del terreno cretàceo delle Alpi Venete, e principalmente nel bacino di Alpago presso Belluno , e soggiungete eh' esso è contrassegnato da una numerosa quantità di rudiste. Né a questo soltanto vi fermate ; perocché , contraddicendo l'opinione del d'Orbigny, il quale tal famiglia di mollu- schi ripone in Italia interamente nella sua ter'^a Tftna del- le medesime, che ha stanza nella creta cloritica ovvero nell'arenaria verde superiore, voi \ astenete che nel vi- centino, anzi in tutta Italia, le rocce ippuritiche spetta- no alla parte inferiore del sistema cretàceo, cioè a dire al terreno neocomiàno. Ora su questo punto mi nascono alcuni dubi, i quali mi obligano a chiedervi alcune dilu- cidazioni, e confido di averle dalla vostra gentilezza. CEOGNOSU 433 dovendo servirmi in proposito di alcune mie ricorclie p^rli- colari. Kd in prima vi rammcnlo , clie il d' Orbi^ny aven- do esaminalo le ippiirili del viccnlino raccolle dal Liicas , vi riconobbe 1' li- giganiea , la quale specie occorre prin- cipalmente nella sua terza 7^ona delle rudistc. Di più nella occasione del Congresso di Padova voi vi compiaceste di darmi nn bellissimo esemplare di acteoncUa gìgantca, il quale veniva dalla creta del Pine insieme con alcune sfe- rnlili die parimente mi ebbi dalla vostra gentilezza. Ora il d'Orbigny ha fallo conoscere che questo fossile ritro- vasi particolarmente nella creta clorilica, ed accompagna la sua terza zona delle rudiste. Da (piali argomenti dun- que voi desumete che le rudiste del vicentino hanno lor giacitura nella creta inferiore , e propriamente nel calcare neocomiàno? Se dalla natura de' fossili, io vi domando se avole trovato mai insieme con le rudiste la caproLina ammonta, fossile caratteristico del calcare neocomiàno me- ridionale , la nerìnca gìgantea , lo pteroceras bcaumontia- niis , ed altre specie simili che contrassegnano il detto calcare. Finalmente desidero sapere da voi qual posto ten- gono le nummulili del Fcnez e delle montagne al mez- zogiorno di Belluno rispetto alle rudiste che occorrono nella medesima regione; perciocché bene conoscete che le nummulili si trovano specialmente in quella porzione della creta equivalente all'arenaria verde superiore. Or se questi fossili sono mescolati nel medesimo calcare con le rudiste, l'opinione del d'Orbigny non riceve da ciò maggiore conferma? Non vi rincresca di chiarirmi di que- ste dubiezze , le quali mi pungono tanto più V animo che ancor io ho alcuni argomenti in contrario alla della opinione del d'Orbigny, confortandomi delle osservazioni fatte nel calcare neocomiàno del Hegno di Napoli ; dove mi è avvenuto di trovare insieme con la caprotina am~ monia, con alcune ncrince ed actcouc caraneristiche del terreno neocomiàno, una grande <(uantità di rudiste, e, K. Aan. iic. Naiur. bLBik 11. l'uni. 3. 28 434 CE0GN09IA che più è, senz'associazione di nummiiliti, le quali sono circoscriUe ad un piano più alto. Dopo ciò passo a domandarvi altre notizie che mi preme di conoscere. Avete, di grazia, fatto col Pasini le nuo- ve osservazioni che ci prometteste sul tanto contrastalo cal- care rosso ammonitifero delle Provincie Venete, e sulla sua precisa posizione rispetto al calcare ippurilico? La cono- scenza di queste relazioni di giacitura pone molta curio- sità nell'animo di tuli' i geologi della Penisola, i quali at- tendono di sapere se sono confermate anche nelle Provincie Venete le gravi ed autorevoli conchiusioni che su tale sog- getto espose il Sig. de Buch nel Congresso di Milano. E trovandomi a far parola di questo argomento, non vo' o- inettere d'informarvi di una particolarità che vi giungerà mollo gradita. Certamente voi non avrete obliato la contro- versia che aveste col Sig. de Buch a Varese circa la giaci- tura della terehratula diphya, che voi riponevate nel cal- care neocomiàno , ed il Sig. de Buch con molta austerità nel terreno giuràssico superiore, insieme con la falange di ara- moniti che si trovano nel calcare rosso del calcare di Como. Ora avendo di ciò tenuto discorso col mio egregio amico Coquand , costui mi ha assicurato che in Provenza questa specie fossile ha certa ed indubitata sede nel calcare neo- comiàno , e quindi si pone interamente dal lato vostro in tale quistione. Ed inoltre mi ha fatto vedere che il de Buch, nel suo lavoro sopra le lerebralule, colloca la specie anzi- detta eziandio nella creta , e ne cita in appoggio diversi luoghi. Sul quale proposito convien dire ch'egli abbia can- giato pensamento dopo la publicazione di quel suo lavoro. Dò termine a questa lettera pregandovi di trasmetter^ mi un elenco di tutte le specie fossili che voi avete ricono- sciute nel calcare neocomiàno del vicentino. Vostro affez."»» L. Pilla GEOGNOSIA 435 Amico e Collega pregialissimo. Padova 15 Febbrajo 1845. Rispondendo alla carissima vostra del 3 Febrajo pren- derò da lungi le mosse per venire al calcare neocomiàno , del quale mi chiedele schiarimenti ; e prima di tutto deb- bo farvi presente, che allorquando io riputava jurese il cjlcare amnionilico (calcare soprajurassico), il neocomiàno doveva di necessità figurare come roccia medio-jurassica ; e tale appunto io lo qualificai nella memoria sopra gl'ip- pnrili del l'ine inserita negli Alti dell' Academia di Pado- va (1834), anche per mantenermi in armonia colla clas- sificazione de' terreni che aveva adottata nella Zoologia fossile impressa nel 1827. Lo smembramento che allora pro- poneva di fare delle due rocce cretacee per unirle al si- stema jtirassico, mi tirò addosso un'infinità di critiche, per la più parte, giuste^ delle quali non tardai molto ad approfittare. E nel vero, se due o tre specie di ammoni- tes riputate esclusive del jura esistono effettivamente nel calcare ammonitico, non per questo io doveva inferire che al jura e non alla creta esso calcare appartenesse, imperciocché si opponevano a questo distacco tutte le con- chiglie proprie del sistema cretàceo accomunate co' delti ammoniti ; e si opponevano altresì li caratteri geognostici che legano il calcare ammonitico dell'Italia al terreno del- la creta. La promiscuità de' fossili organici di un terreno con quelli di un altro, noi la vedremo moltiplicarsi a mi- sura che più si moltiplicano le osservazioni ; e qualche esempio di questa promiscuità potrò recarlo io stesso nel- r opera che medito di publicare sulla paleontologia del- le Alpi Venete. L'amico nostro il Cav. da Rio trovò, non ha g\\di.\'\,V hippurites Fortisii nel calcare rosso ammoni- lieo di AIbcrone (vicentino), nel (piale abbondano gli ■Ì36 r.EocisosiA individui ikW ananclìites puslutosa; e nel calcare parimente ammonitico di monte Aurino presso Feltrc il conte Dei stac- cò una spherulìtcs di specie ignota ^ di cui non giunsi an- cora a scoprire l'analoga nel calcare dell' Alpajjo, luttoc- chò appaja i)ieno zeppo di rudiste (1). Anche nel calcare ncocomiàno inglese fu rinvenuto r ammonìtcs Deshayesìi , tuttoché Orbigny consideri questa specie propria soltanto delle sabbie verdi (gaw/0; e Fitlon assicurava , mesi sono , la Società Geologica di Francia , che gli strati inferiori del greensand racchiudono mol- te specie, che sono promiscue al gfm mentre ne' monti di Polcenigo, ove le caprotine si trovano in quantità enorme, gl'ippuriti e le sferuliti riescono mol- to scarse; e rare del pari sono le specie di altre conchi- glie che hanno sede pressoché in tutta la zona che segna il calcare neocomiàno, la quale non è stata finora conve- nientemente descritta da nessuno (9). Le nerinee, le ba- culiti, le acteonelle etc , si trovano più di ordinario in que' larghi spazii della zona neocomiàna, che non conten- gono rudiste; e ciò dimostra, come osserva ottimamente Orbigny, che gl'ippuriti, le sferuliti, e le caprotine erano animali gregarii destinati a vivere in famiglia, come le ostriche (Bull, de la Société géol. 1842. pag. 151.). Prima di darvi la lista de' fossili che mi chiedete debbo per ultimo avvertire;, che alcuni tratti della catena neo- comiàna che li racchiude mi apparirono al tutto privi di (9) Adunque qui il prof. Catullo viene in parte a confermare quanto si afferma dal sig. D' Orbigny , cioè che le ippurili e le sferuliti sono rare nel calcare a caprotine , nerinee ec. ovvero nel calcare neocomiàno, e quindi nel vicentino occorre vedere la stes- sa cosa che in Francia. Ho detto di sopra in parte, perchè tra le specie citate di sopra dal sig. Catullo ci ha mescolanze di spe- cie della creta cloritica {acteonelle baculiti) e del calcare neoco- miàno {caprotine, nerinee). Sarebbe cosa molto utile determinare nel vicentino la posizione precisa 1.° delle nummuliti, 2.'^ delle ippuriti e sferuliti , 3." delle caprotine , nerinee ed altre specie neocomiàne. GEOGNOSIA 443 conchiglie, fenomeno che vidi ripetersi in tanli allri terreni «li sedimento, e che vuoisi ascrivere alle abitudini che osservano gli animali molluschi, i quali, a seconda delle loro affezioni , preferiscono, anche adesso, piuttosto un luo- go che un altro per istanziare. Dentro la massa , per esem- pio, del calcare neocomiàno che si eleva ad Aviano, e dalla quale sono stati escavati i massi impiegati nella co- struzione del ponte sulla Meduna^ io non giunsi a vedere orma alcuna di conchiglie. Specie organiche fossili del calcare neocomiàno delle Alpi Venete. Le segnate con * sono state descritte e fi- gurate nella memoria stampata nel 1834, ed inviata in doppi esemplari all' Istituto di Francia (a). * Nerinea Borsonii, Cat- * « giganlea? Orò. Acteonella laevis, 0)b- (( glganlea , Orò- Acleon ovum, Orb. * Hippurites Fortisii, Cat- Zool. fossile, tav. VI. * « turricula, Cat. * a dilatatus, Cat. * Hippurites nanus, Cat. 1 (( contorlus Cat. « maxinnis, Cat. (non figurato) « fasciatus, Cat. id. « rugulosus, Cat. id. « cornu pastoris, des Mulins- (a) Ciò sia detto in via di osservazione alla nota inserita dal- l'Orbigny nel Bulletlino della Società geologica per l'anno 1812, affinchè il celebre autore non continui ad ignorare l'esistenza di una memoria sulle rudiste stampata otto anni prima negli Atti dell' Academia di Padova (Nola del prof. Catullo). 444 CEOGNOSIA Hippiiriles imbricalus, Cat. <( zoveli , Cat- * Spheruliles diiplovalvao , Cat. ^ a umbellata, Cat. ■'* « Da Rio, Cat. * « Ponsiana, Àrchìac ^ « Gazola, Cai. %ool fossile. Baculiles Alpagliina, Cat. * « llexuosa, Cat. Iclilliiosarciilites Iriangiilaris, Desm. Caprotina animonia, O7I). Caprina « , Orb. padre. Asiane (Crassima, Lam. Plagioslonia (1). Il vostro affez ^o Prof. Catullo. (1) Conforme a quanto ho detto nella nota precedente , mi sem- bra vedere in questa lista di fossili un'associazione di specie ap- partenenti alla creta clorilica ed al calcare neocomiàno. Sommetlo tale osservazione al giudizio del mio egregio amico. al eh. professore LEOPOLDO PILLA DI PISA Padova 18 Marzo 1845. Io era in sul punto di scrivervi una seconda lettera quando mi giunse alle mani il primo bimestre (1845) del Giornale di Pisa, in cui piacqucvi inserire la prima che indiriita vi aveva il 13 fcbrajo p. p. ed alla quale face- ste precedere l' interessante vostra memoria sopra la vera pascione geologica del terreno del macigno in Italia, che per vostro avviso sarebbe indipendente da tutte le roc- ce del sistema cretaceo, cui lo si credeva finora intima- mente legalo. — Debbo poi dichiararmivi grato per le an- notazioni poste appiè di pagina della suddetta lettera e con le quali mi richiamate a dare alcuni schiarimenti sulle cose già esposte intorno la posizione occupata dalle Rudi- sle nel terreno cretàceo delle Alpi Venete. Prima però d'incontrare le osservazioni fatte, con esu- berante gentilezza, in quelle note, permettete, amico valen- tissimo, che sull'argomento dcìV indipendenza del maci- gno da Voi con molta dottrina escogitato, io pure som- niella al saggio vostro discernimento alcune osservazioni, dirette anch'esse a rendere più chiara l'idea che mi sono formalo delle attuali vostre dottrine, La scienza iu si l'alte 446 LETT. AL PROF. L. TILLA discussioni non può che guadagnare, quando esse sono trattate con quella moderazione ed urbanità con cui le agi- tiamo noi , e fra persone che non hanno altro scopo che il ritrovamento del vero. Voi dite che il terreno cretàceo in Italia è stato di- stìnto in due piani, Superiore, e Inferiore; il primo de' quali è il Macigno , ovvero quel calcare marnoso a strati sottili di vario colore, contrassegnato da certe determina- te specie di Fucoidi , e contenente qualche specie di poli- tàlamo: il secondo n' è il calcare con Rudiste. Quanto ai caratteri assegnati al primo piano, vi dirò, essere appunto quelli che distinguono la scaglia superiore delle alpi ve- nete, la quale sotto forma di straterelli rossi e bianchi, spesso alternanti fra loro, si mostra parallela alla forma- zione cretàcea che gli soggiace ; e forma anche da se sola de' depositi appiè delle alpi juresi (mezzodì di Belluno). Io non seppi scorgere differenza alcuna tra la scaglia del veneto, e quella che vidi a Mosciano, sette miglia sopra Firenze, come non seppi scoprire nessun divario tra la scaglia di questi luoghi e l'altra che osservai in vostra compagnia a Paderno sull'Adda, e ad Induno presso Va- rese. Negli strati rossi di quest'ultima località Michelin mostravami le stesse specie di Fucoidi che trovammo nel- V alberese toscano, cioè il furcatus , intricatiis e Targio- ni; e nella stessa varietà rossa trovava io medesimo il Belemnites hipartitus di Blainville, che pur esiste nel Biancone della valle Pantena nel veronese {Annali delle scien:{e di Bologna Tomo I pag. 311 , 1829), e nel cal- care ammonitico rosso di Trescorre nel bergamasco. Di più, nella scaglia di Cugnano, presso Belluno^ che per la sottigliezza de' suoi strati si adopera a lastricare le strade ed a coprire i tetti , rinvenni un Aptycus attaccato alla roccia, che ha molti rapporti di somiglianza con VA. imbricaliis , figurato da Coquand {Bidl. de la Soc géol. Tom. 12 tab. IX fig. 1 ), specie che si ripete nel calcare DEL PROF. T. CATULLO 447 ammonilica più sopra ricordato del bergamasco. Pasini, che ha fallo lunghi e profondi slndi inlorno la zona cal- careo-arcnacea del sislcma crelàceo dell' Italia , assicura dell' identità geognóslica del Macigno toscano con la scaglia propriamente detta del Regno Lombardo Veneto, e parla lungamente dell'analogia perfetta che v' ha tra V alberese di S. Donalo, di Fonlebona, e di altri punti della tosca- na , con la creta del milanese e delle provincie Venete {Aunali delle Scieìi^e del Regno Lombardo Veneto 1831 ). Astrazione facendo della focaja, che manca quasi sempre nel Macigno toscano ^ e a'oonda nella scaglia, vi si trova anco fra le due rocce molti punti di analogìa mineralogica , che il Sig. Pasini non ha omesso di accennare; quindi parrebbe che la classificazione del Macigno non dovesse soffrire ulteriori cambiamenti, e che abbastanza chiaro ap- parisca il suo nesso con le rocce del sistema cretàceo. Io però amando più l'olivo che l'allòro, mi sto lon- tano dal decidere sul valr,re de' falli che qui ho recali, e lascio a Voi il dir/Ilo di farne quell'uso che meglio vi piacerà, non dubitando punto che per oscuro e difficile sìa per divenire l'argomento deìV indipenden'^a del maci- gno, a Voi non riesca di bene rischiararlo. Vengo alle note; e quanto alla prima prevéngovi di non mellere a calcolo ciò che ho detto dell' ippiirite tro- vato nel calcare ammonilico dì Albetone, per le ragioni che addurrò fra poco. Un falso supposto ha fallo credere airOrbigny, che nel vicentino vi siano ippurili, e Voi stesso mostrate di crederlo, benché sia cerla cosa che nessuno dei naturalisti veneti assicuri di averne trovalo quaich' uno in quelle alpi , come verrò dimostrando più sotto. La seconda noia contempla ciò che ho dello sulla me- scolanza di specie cretàcee e di specie juresi in una me- desima formazione , con questo però , che le prime pre- valgono di gran lunga in numero la seconda. Quc.slo fallo 4Ì8 LETT. AL PROF. L. riLI.A è COSÌ chiaro per me che dovrei chiudere gli occhi all'evi- denza per credere divcrsamenle. L' Ammotiites Buchlandi fu citalo da me con dubiezza, ed entrò nel nòvero delle specie che mi sono procurate ne' monti di calcare am- nionitico rosso di Trescone nel bergamasco , fra le (piali posso indicarvi V Ammonitcs calypso di Orbigny e VA. Valcotìi di Serr-, 1' una cretàcea, l'altra jurese. A quesl' ul- tima io conserverò il nome di hìfron applicatogli prima da IJruguière , anche perchè esprime il carattere prodotto dal solco impresso sul prino giro della spira- Gli individui di queste specie si ripetono nel calcare rosso di monte Su- bnzio, a levante di Perugia, e sono tulli di piccolo volu- me rispello a quelli che annidano nella formazione juràs- sica della Normandia. Se i luoghi del veneto, ne' quali esiste il calcare ammonitico, fossero a voi famigliari, co- me lo sono a Pasini, ed a me, certo non fareste vóli per- dio da un solo sito, e non da molti, trovare io dovessi le specie fossili delle quali fò cenno nella mia lettera. L'orizzonte geologico sempre costante, che forma questa calcarla nelle Alpi venete è talmente chiaro , che, in qua- lunque luogo la si osservi, non lascia mai verun dubio , eli' ella non sia sempre Io stesso deposito. Terza, 4^, o**, C nota. Li raddrizzamenti , contorsioni e modificazioni sofferte dal sistema cretàceo delle Alpi ve- nete impediscono di bene distinguere la disposizione ori- ginaria delle stratificazioni, ma ad onta di ciò li fossili possono servire di guida per giudicare, che la scaglia rossa e bianca del feltrino e del bellunese n'è più recen- te del calcare rosso ammonitico nel quale mai si veggono li coralli che ho trovati nella prima, e questa distinzione ch'io già ammetteva fino dal 1827 (Zool. fossile) è stata ventilala dallo Studer al Congresso di Milano. Però alcu- ne specie fossili del calcare ammonitico attraversarono anche gli strati della creta superiore, come ho notato nel- la IcUcra^ mentre le Rudisle, le ISerince non si sono r>EL PROF. T. CATILLO 449 cscliisivamcnfe accumulale enlro i limili occupali dal calca- re neocomiàno; e questo carallere, congiunlo a quello del- l'iuimediata sua soprapposizione ai piani del calcare juras- sico,lo fanno conoscere anleriore a tulle le formazioni del terreno cui appartiene. Ora parlo delle rudisle, ricordo^ come un fatto singo- lare, l'esistenza di un ippurite nel calcare Animonitico, non avendone io mai vedute le tracce in quella roccia. Ora però debbo avvertire, essere cosa assai dubia se al cal- care di Albetone spelli V Hippuritcs jPoniiu , reso osten- sibile dal Conte Da Rio alla sezione di geologia nel Con- gresso di Milano, assicurando il Sig. Conte di non aver- lo egli stesso raccolto, ma di averlo in via di dóno rice- vuto da un ingegnere padovano. Interrogalo da me questo in- gegnere rispose: averlo avuto da uno scalpellino , occupa- to in cavar pietre nel m^ntc di Frassenelle negli Euganei. La scaglia rozza di Frassenelle scarseggia di ammoniti cretàcei, e altronde di ecbinidi selcificali, simili a quelli che meno frequentemente si rinvengono nel vicino calcare di Albetone, paese posto sul confine meridionale della Provincia vicentina ( Mia corsa ne' colli cenedesi e vicen- tini; Nuovi Annali delle Sciente Naturali di Bologna 18'i'i). A scanso di equivoci io trovo qui indispensabile di trattenervi alcun poco sopra un punto di geografia paleontològica, coli' intendimento di raddrizzare i falsi giudizi che si sono fatti dagli stranieri sulla presenza di alcuni fossili in luoghi dove certo non esistono. Nel vicentino mancano onninamente le Rudisle, od almeno io non ne vidi mai òrma nelle montagne di quella provin- cia; mancanza, che viene anco consentita dal silenzio os- servalo fin qni da' geologi vicentini. Chi volesse assicura- le di averne trovato qualch' una , è anche ncU' obligo d'indicare il luogo preciso donde fu scoperta, senza di che ognuno avrà il diritto di dubitare della verità dell'as- serto. Vuoisi da taluno, che gli ippurili dell' Italia, de' N Ann. Se. Natib Seuil II. Tom. 3. 29 4S0 LETT. AL rUOF. l. PILlA quali fa cenno d'Orbigny, e parlicolarmenle 1' Hippuri- tes gigdnteus recato ventine anni addietro a Parigi dal mi- neralogista Sig. Lucas, avesse per istanza le sabbie verdi del vicentino.. Vediamo se ciò sia vero. lo^ che per essere più attempato di Voi, bazzicai molto col Sig. Lucas, e coli' Ab. Maraschini , posso anche dirvi, che il primo visitò l'Italia nel 1821; e nello stesso anno fece una córsa in mia compagnia sui colli terziari che si elevano al nord di Verona. Dicovi ancora , che Ma- raschini aveva fin d'allora raccolti molli materiali colla geognosia del vicentino , de' quali si valse a Parigi per compilare la memoria letta alla Società filomatica, che poscia pubblicò nel Journal de Physique di Blainville per l'anno 18*22. In questo suo scritto non fa menzione alcu- na d'ippurili trovati nel vicentino; nò avrebbe omesso, com'è ben naturale, di farla, se nelle pellegrinazioni da esso fatte in quella provincia col Lucas, qualche specie trovata ne avesse. Rèduce dal suo viaggio, rivisitò, Mara- schini, il territorio vicentino, col fine di fare, alla memoria giù stampata, tutti que' miglioramenti che gli fossero sug- geriti da nuove osservazioni; e raggiunto ch'ebbe il suo scopo , diede in luce nel 1824 il Saggio sulle formazioni delle rocce del vicetìtino , nel quale offre un lungo cata- logo di fossili riferibili alle rocce de' due sistemi jurese e cretàceo, senza però mai registrare fra questi veruna specie d'ippurile. Di dove avrà dunque ritirato il Sig. Lu- cas l'ippurite più sopra mezionato? Io non saprei dirlo positivamente; questo so bene, che nella breve sua dimo- ra in Verona molli petrefatti di èstera e nazionale prove- nienza iva egli acquistando, ora nella bottega del vecchio Baroli, posta nel piano terreno dell'Arena, ora nell'em- porio mineralogico del fu Dolt. Sennoner, ben nolo col- lettore di fossili , allora domiciliato in Verona. Non è quindi al tutto destituito di probabilità il sospetto, che l'ippurite trasportato con altri fossili a Parigi dal Lucas, DEL PKOF. T. CATULLO 451 sia uscito dal negozio di Sennoner, e spetti, non già alle rocce ciie rappresentano le sabbie verdi del vicentino (S. Orso), ma piuttosto al calcare neocomiàno del Friuli, for- se a quello di monte Medea, che ne contiene di gran- dissimi. Volete un'altra prova, die vieppiù assicuri la man- canza (li Puidiste nelle alpi vicentine? Eccola. Pasini, che iu sì falla controversia n' è il giudice più legilimo, cre- deva alquanti anni addietro, che il grès verde di S. Orso e di Casiellari (allo vicentino) si dovesse considerare co- me rapprescnianle le sabbie verdi del sistema cretàceo, e credeva altresì, che fra li frammenli fossili imprigionati- vi dentro, vi si potesse scorgere qualche reliquia d'ippu- riti (Annali dette sciente del Regno Lombardo Veneto 1832). Ma quel grès, che per l' identità dei suoi fossili con quelli dell'arenaria verde di Belluno, io sempre con- siderava più recente della creta superiore,, è slato ora ri- conosciuto, anche dal Sig. Pasini, per una roccia del ter- reno terziario medio ( Atti del Congresso di Torino pag. 132); per la qual cosa resta dimostrato, che li frammen- ti di conghiglie, di cui sopra dicemmo, non si debbono conguagliare a nessuno de' generi che abbraccia la classe delle Rudiste, essendo oramai noto a tutti, che la stirpe di siffatti animali, eia già estinta, quando il mare deponeva li materiali per la fabrica de' terreni terziari. Porgete li miei distinti salnti al Cav. Paolo Savi, e con singolare stima e sensibile gratitudine godo dichia- rarmivi Il vostro Affczionalissimo T. A. Catillo. OSSERVAZIONI sopra IL KEUPER DELLE ALPI VENETE DEL PROF. CATULLO. L' ultima delle rocce del terreno Triassico è 11 Kóuper, ovvero quell'arenaria che in molli paesi ricopre la calca- ria concliigliare, e viene ricoperta dalle rocce del terre- no jurese. Essa è la meno sviluppala delle arenarie di se- dimento antico delle alpi venete; e manca non di rado ne' luoghi slessi ne' quali si crederebbe a ragione di do- verla trovare. A Recoàro la si vede occupare l'ordinaria sua sede; ma in altre parti di quel distretto la sua for- mazione è stata soppressa , e per conseguenza la calcaria jurese ricopre immediatamente la calcaria conchigliare, lo che potrebbe indurre a supporre le due calcane come membri contemporanei di uno stesso deposito, se li fos- sili organici della conchigliare non ci facessero accorti della differenza che v'à Ira l'una e l'altra calcaria. — A Recoàro (Spit^) il Kéuper non oltrepassa in potenza li dieci metri, ed è sempre di tinta rosso-brunastra più o meno carica, né contiene orma alcuna di fossili. Anche il Kéuper delle alpi venete ha sofferta l'in- fluenza di quelle rocce di trabocco, che scaturendo dal sótto in su, è iniettandosi attraverso le rocce neltùniche, ovvero adagiandosi sopra i loro fianchi , produssero le va- rie sorta di metamorfosi che in esse osserviamo. Molto gagliarda dcv' essere stata l' azione prodotta dalle rocce OSSrRV- DEL PROF. T. CATULLO 453 emerslve delle Alpi cadoriiic, e particolarmente della do- Iciìlc, che raddrìzxò gli strati della formazione liassica, fra la quale si ò incassata , trasformando le sne marne in lino scliislo duro di color plumbeo, e modificato notevol- mente il Kéuper di quella contrada ; come egualmente for- te riuscì l'influenza della roccia pirica coricatasi per ap- posizione sopra il dosso degli strati sedimentar) del vi- centino. Maraschini è di avviso, che quella specie di fal- so porfido da Lui osservato ne' monti delia Rasta e di Frajeck;, sia lo stesso Kéuper modificato dai porfidi piros- senici usciti dal fondo , e addossati sulle chine de' monti secondarii ; ed in questa opinione lo confermarono viep- più la evidente subordinazione del falso porfido con le rocce di sedimento, e la niuna immediata dipendenza de' porfidi ignei, i quali le cuoprono invece per apposizione^, avendo anche riempiuti li bacini che là vi esistevano (Ma- raschini saggio sulle formazioni del vicentino pag. 94). È da osservarsi che ne' luoghi ove il Kéuper appare modificato, le rocce calcarie con le quali trovasi in con- nessione, si sono del pari modificate, non solo nella tessi- tura, ma ancora nella composizione. Oltre le alterazioni chimiche e fisiche indótte dalle rocce plutòniche sulle rocce nctliiniche; ed oltre al rialza- mento degli strati operato dallo sbocco delle prime, un altro fenomeno produsse la forza del sollevamento nel- l'alto dell' ejezione , cioè la rottura degli strali calcareo- arenacei, ed il successivo sdrucciolamento delle parti di- staccale sulle pendici della montagna. Io non saprei in quale altro modo si possa spiegare la derivazione delle rocce di sedimento, che sotto la forma di masse angolari si veggono inviluppate dentro le grandi dike doleriliche del cadorino; né a quale altra causa si debba ascrivere la presenza de' massi colossali di marmo jalino sepolti sotto le alluvioni che vi sono sui fianchi e sulle pendici de' monti di Predazzo nel Tirolo- Non posso ricordare 464 OSSERVAZIONI quesli massi senza aggiungere , che la perfella loro sinii- glianza col marmo staliiario ha fallo nascere in alcuni scultori il desiderio di tentarne la escavazione, e d'infor- mare nel tempo medesimo 1' Academia di belle arti di Venezia, della scoperta falla colassù di una cava atta a somministrare all' architettura ed al lusso un marmo simi- le a quello che si ritrae dalle pietraje del carrarese. Ma il marmo di Predazzo, anziché trovarsi disposto in córsi regolari e continui, esiste solamente in ispezzoni talvolta isolati, e talvolta congiunti fra di loro per mezzodì grossi filoni spalici generati dalle particelle calcane portate dal- l'aqua dentro lo spazio che divideva l'un masso dall'al- tro. Dalle relazioni testé avute dall'egregio chimico Sig. Domenico Leonardi, uno degl'incaricati a riconoscere se la supposta cava di marmo sia tale da potervi fondare utili speculazioni , appresi che anco li singoli massi mar- morei sono trinciati di venature spàtiche; dal che si può argomentare non potersi neppure con li massi , per quan- to vasti sieno, lavorare statue, colonne e cornicioni, sen- za che in qualche parte della loro estensione, non venga interrotta l'oraogeneilà della pietra dal materiale calcarlo che riempì le crepature. Da ciò si vede non potersi dare a quelle masse il nome di cava non essendo elleno che pezzi dislaccati dalla calcarla jurese (1), in conseguenza degli urti fortissimi da essa sofferti nell'epoca in cui se- guì l'emersione del granito tirolese, e quindi essere me- ritevole di correzione il giudizio di coloro che li annun- ziarono estesi abbastanza per supplire a qualunque inchie- sta nelle arti (Annali delle Scienze del Regno Lombardo (f) Vedremo in altro luogo, che ad onta delle alterazioni e raddrizzamenti sofferti dalle rocce di Predazzo, la calcaria con- tiene tuttavia avanzi di conchiglie riconoscibilissime , e fra que- ste il Cardiiim triquetruin, eh' è la più caratteristica delle spe- cie jurassichc. DEL PROF. T. CATULLO 465 Vendo, fascicolo VI , 1831 ). Questo granilo, com'A nolo a limi li geólofji, fa passaggio non solamenle alla sieiiile amfibulica, ina anche alla dolerite. Tornando al Kt'uper dirò, che ove Io calcarle lias- sica e jnrese attingono a qualche altezza (cadorino) qui- vi appunto l'azione delle rocce ignee è stata più forte, e conseguentemente maggiore apparisce l'alterazione sofferta dalle dette calcarie, dalle marne liassiche, e dal Kéuper che suole accompagnarle. Vedremo a suo luogo le varie fatte di metamòrfosi che subirono le calcarie e le marne di antico sedimento fra cui sònosi iniettale le rocce plutò- niche; e in quanto al Kéuper credo di poter asserire che molto. diflìcile sarebbe distinguerlo^ se nella massima par- ie de' luoghi ne' quali esiste non si trovasse al contallo delle rocce liassiche, e non contenesse quasi sempre le slesse specie di petrefatti. Questa difficoltà deriva dai co- lori e stali chimici differenti assunti dal Kéuper in virtù di quelle slesse cause che hanno agito sopra le rocce alle quali è congiunto. Ove il Kéuper appare modificalo in una marna indurata di tinta verde, esso simula in parlicolar modo quella roccia pirica di cui ho parlato nelle prece- denti carte , e fu in grazia di questa simiglianza che in- ciampai neir equivoco di credere pietra verde anche il Kéuper di Peajo, quello stesso che il Sig. Pasini assicu- rava di aver veduto in una córsa per lui falla nel cadori- no. Ilo già allegate in altro luogo le ragioni per le quali era impedito a ciiiun(|ue, nel 1828, di ben osservare la giacitura di quella marna, ed ora dico averla io slesso riconosciuta per una vera roccia di sedimento, all'occa- sione dì una córsa falla nel passato autunno nell' allo Cadore in compagnia del Sig. de Zigno. Ma se la roccia di Peajo è netlùnica, non ne viene però che anco le pie- Ire verdi del zoldiano e dell' agordino sieno tali, dandosi cileno palesemente a conoscere per roccie di trabocco , e quali appunto io avcale qualificale fino dall' anno 1824 466 OSSERVAZIONI (Gior. di chimica e storia natiir. di Pavia, Bim. secondo). Questa mia vecchia e salda opinione, da cui ha voluto discostarsi il Sig. Pasini, venne non ha guari rafforzala dalle osservazioni del Consigliere Sig. Fuchs più sopra raccontate, al quale non era ignota la calcarea arenacea verde dell' agordino , che, secondo il mio modo di vedere, occupa lo stesso orizzonte geognóslico della marna verde di Peajo, e rappresenta anch'essa il Kéuper degli odier- ni geologisti. Conscio il Sig. Fuchs della divergenza di opinione fra me e il Sig. Pasini sull'origine della pietra verde; ed as- sicurato dalle sue proprie osservazioni che nel bellunese esistono effettivamente due rocce dello slesso colore, ma di origine diversa^ insisteva in una sua lettera affinchè io volessi far presente alla sezione di geologia del sesto Con- gresso degli scienziati = che il Signor Pasini può aver 0 benissimo ragione dichiarando la sua pietra verde una n marna; ma la sua pietra verde non è certo la nostra; « e quella che noi due chiamiamo pietra verde è ben ài- (( versa dalla roccia alla quale egli applica lo stesso nome ff contenendo essa gran copia di augiti e di Feldspati, (f mentre la pietra verde del Sig. Pasini ribocca di con- « chiglie per la più parte intiere, e facilmente deter- (( minabili = (1). Neil' alto bellunese la roccia keuperiàna si scorge adagiala sopra il Muschelkalk ;, e viene ricoperta da una calcarla, che ove non sia modificala e sconvolta, fa co- noscere la sua identità con la calcarla liassica , come ap- presso avremo occasione di dimostrare. Li caratteri mine- ralogici di questo Kéuper non sono sempre gli stessi. (1) Brano staccato da una lettera del Consigliere Ftischs j let- ta alla sezione di Geologìa del Congresso di Milano , di cui si è omesso di far menzione nel Diario. DEL PROF. T. CATULLO 467 presentando talvolta l'aspetto di una calcarla arenacea; talvolta le sembianze di uno schisto, e talvolta quelle di una marna indurala di tinta verde d'erba, che per essere fortemente modificala, simula in particolar modo la pietra verde del zoldiano e dell' agordino. Tale è quello che in banchi alquanto inclinati verso Test, si eleva dal snolo di Peajo (cadorino), e per breve tratto si mostra incas- salo fra le indicale due calcarle, per sepellirvi poscia sotto gli strali raddrizzati dal Lias, e delle sue marne. Quivi il Muschelkalk n' è appena visibile, ed il Kéuper manca affatto di fossili , difello che viene largamente com- pensalo da' sopra riferiti caralleri di giacitura che gli so- no peculiari , e da qualche cefalópodo proprio del Lias che rinvenni nella calcarla che lo ricopre. Ad eccezione di pochi luoghi ne' quali il Kéuper appare trasformalo (Peajo, e Valle Inferna) esso contiene ovunque le medesime specie di conchiglie. LI suoi carat- teri , coni' è dello , sono mollo variabili : quello di Mal- gonera (agordino) ha 1' aspetto schistoso e la tinta bru- no-rossastra; simile in ciò all'altro che slaccai dalla base di monte Sovelle all'est della Pieve di Zoido; mentre il Kéuper di Duram (agordino) ha l'apparenza di una cal- caria sabbiosa di color verde , che passa per gradi ad uno schisto nero indurilo mollo effervescente negli acidi , e che potrebbe forse riferirsi alle marne del lias, cui il Kéuper soggiace; ma in mezzo a queste differenze di colore e di composizione, salde sono sempre le stesse specie di pe- trefatti. Codeste si riferiscono all' Avicula pectìniformis e alla Posidonomya mimUa^ Brora. di cui parlerò fra poco- Gl'individui dell' Avicula pectìniformis, eh' è forse r Halohia Lommeli di Yissmann , esistono in quantità così strabocchevole da poter ricoprire l' intero piano degli strali piuttosto sottili del Kéuper (Malgonera, Sovelle eie); e quelli del Posidonomya minuta?, occupano, sebbene in 458 OSSERVAZIONI minor numero, la pagina opposta dello strato medesimo, De mai eccedono il volume di una lenticchia. (1) Tutti gli esemplari del Kéuper che ho sotto gli occhi presentano infinità d'impressioni perfettamente piane con- guagliabili ad una specie del genere Avicula, che per es- sere solcata alla foggia de' pettini risveglia tosto il sospet- to che all'AvicuIa pectiniformis debba appartenere. Schlo- theim non dà di questa specie descrizione veruna, e sol- tanto a detto di Bronn, si contentò di applicare ad un individuo esistente nella collezione di Menke il nome di Gryphites pectiniformis: Bronn esibì le figure di due in- dividui giovani, in cui abbastanza bene si distinguono i caratteri della specie (Lethaea tab. 18 fig. 22. lab. 27 fig. 13): e Goldfuss diede un disegno che più di ogni altro si accosta alla specie nostra, se pure non è la stessa. (Tab. 120. fig. 9, a,b,c.). Le valve, o meglio le impres- sioni di queste, hanno, secondo l'età, grandezze differen- ti: le maggiori non eccedono il diametro di un pollice: nelle meno imperfette si ravvisa la cerniera dritta e poco inclinata: le impressioni lasciale dalle orecchiette si veg- gono talvolta accompagnate da qualche, lieve traccia delle appendici che si prolungano nella parte posteriore del càrdine. Questa specie è certamente, tra le fossili, una delle più difficili ad essere convenientemente classificala, in causa (i) Il Sig. Boué , che visitò 23 anni addietro tutti i paesi della germania, affine di studiare sul luogo il terreno triassico, ricorda quattro specie di Pettini come caratteristiche del Kéuper, e sono queste il Pectinites punctatus, il radiatus, il longìcolHs, e l'ano- malus {Schloteìm) {Jour. de Physique Mai 1822). Osservo però, che fra le 20 specie di Pettini descritte da Schlotheim ( Die Pe- ctrefaclenkunde 1820) nessuna ve n' ha la quale porti o l'uno o V altro de' nomi surriferiti , e nessuna che venga sotto quei nomi riportata da Bronn nella sua Lethea geognoslica , che pur compren- de una sinonimia molto estesa. DEL PROF. T. CATULLO 459 delle molle differenze alle quali va solloposla rispclto alla grossezza e numero de' raggi, ed alla maggiore o minore inclinazione della cerniera sull'asse longitudinale della concliiglia , per cui *la vediamo riposta dagli autori ora in uno, ora in un altro genere. Schlotheim, come da noi fu osservato, la riputava una Gryphites; Miinster la qualificò una specie del genere Monolis (M. sirailis), ed altri la riferirono al genere Halobia. Alle impressioni di questa specie, altre se ne veggono associate nel Kéuper di Sovelle le quali superano in grandezza le precedenti , ed hanno i raggi mollo più esigui, interrotti di spazio in ispazio da solchi longitudinali assai profondi. Quesl' ulti- mo carattere, che manca nelle figure delle avicule fossili che mi sono passale per le mani, sarebbe sufficiente per crederla una specie particolare; ma la circostanza di non averne incontrata nessuna fornita del càrdine, che in tut- te è mutilato, mi astiene dal farvi sopra ulteriori osser- vazioni. Di fatto , in mezzo ad una farragine d' impressio- ni rappresentami le failezze della valva piana o superiore, appena potei trovarne una, se non intera nella regione del càrdine^ almeno con qualche vestigio dell'apice, o base della conchiglia. Allese le differenze superiormente notate, ho slimato di dare la figura di questo fossile , anche per- chè dall' esame di essa possa quaich' uno decidere se nel Kéuper di altri paesi si sono trovale avicule simili alla nostra, il che sopra tulio importa di sapere nel presente argoraenlo. L' Avicula pecliniformis, tanto copiosa nel Kt'uper delle Alpi bellunesi, non è esclusivamente propria di que- sta formazione, imperciocché, stando alle indicazioni date dagli autori circa la sede da essa occupata, si rileva es- sere stala rinvenuta anche nel Lias di Wirleniberga, e negli strati più profondi delle ooliti jurassiche (Goldfuss. Tom. 1. pag. 139); ed è questo^ secondo alcuni geologi, un novello esempio di fossili identici fra di loro, annidali in formazioni diverse- 460 OSSERVAZIONI Fiichs assicura di aver trovato anch' egli l'Avìcula pecliniformis nelle colili inferiori di S. Tomaso e di Aii- dricli sopra Agordo (Die Venetianer Alpen, pag. 6), ma un esame anche superficiale ci fcapàcila iramantinenle che l'Avicula jurese dell' agordino, appartiene ad una specie non ancora conosciuta, i cui individui si ripetono nella dolòmia delle alpi lombarde, come ho potuto accertarmi confrontando gli esemplari di S. Tomaso con quelli clic mi furono presentali dall' egregio Sig. Giulio Curioui , distinto geologo milanese. Le valve di quest' Avicula sono bensì rigate da un gran numero di coste longitudinali, che partono dall'apice del cardine e vanno al margine, ma a misura che i raggi vieppiù si allontanano dal cardi- ne^ ciascuna delle coste appare scannalata da un solco vi- sibile ad occhio nudo, il quale manca onninamente negli individui delle Avicnle più sopra descritte. In altro luogo ci tornerà forse in acconcio di estenderci un poco più in- torno a questo bivalve. Quand'anche l'Avicula pecliniformis si trovi talvolta associata ai fossili del lias, e a quelli della calcarla jure- se della Baviera , io non credo per questo si possa asso- lutamente escluderla dal novero delle specie che contras- segnano il Kénper bellunese, imperciocché, se alcuni po- chi individui ad onta de' mutamenti occorsi nelle condi- zioni climatológiche necessarie alla vita, hanno potuto so- pravvivere alla distruzione de' loro contemporanei , e at- traversare qualch'una delle formazioni che succedono al Kéuper^ egli è anche certo che assai scarso è il numero di questi superstiti nel terreno jurese,, e pochissimi i luo- ghi ne' quale si trovano. Per la qual cosa io penso, che ove li testacei riferibili ad una data specie sono molto co- piosi, il terreno che li racchiude venga dalla loro pre- senza caratterizzato, anche allora che un qualche indivi- duo della stessa specie si trovasse fuori dell' ordinaria sua sede. DEL PROF. T. CATULLO 461 Seguendo nella deleiminazione de' lerreni questa dot- Irina, si toglierebbe di mezzo le questioni insorte fra li paleontòlogi, fra quelli principalmente, che per essere religiosamente addetti a qualche particolare sistema , nega- no la promiscuità di alcune specie, e vogliono che i fos- sili di una singola formazione mai si possono ripetere nelle formazioni che gli sono contigue. Vedremo nel seguilo delle nostre osservazioni, che questa sentenza è lontana dall'essere esatta, avendovi nel- le Alpi venete infinità di esempi che prova in varie guise il contrario (1). (1) Questi esempi si riducono ai seguenti — Una specie or- ganica fossile , che per la quantità degV individui che la rappre- sentano l fissa V epoca di formazione del piano in cui si trova , può anche presentare le sue reliquie , tanto negli strati che sono superiori al detto piano, quanto in quelli che al piano medesimo si mostrano inferiori. In ambi questi casi le reliquie delle quali parliamo sono scarsissime , e come raminghe in mezzo alla far- ragine delle specie proprie della formazione cui gli strali predetti appartengono. Gli esempi de' fossili ìccuperiani , che in numero assai ristretto si trovano quasi direi a disagio nel terreno jurese della Baviera, ti abbiamo citati più sopra; quelli delle dolomie juresi , che sotto le medesime circostanze si ripetono nel sistema cretàceo, li ricorderemo alla lor volta , e qui basterà a compimen- to della presente nota , eh' io richiami alla memoria de' lettori altri fatti degnissimi di ricordazione . Il Conoclypus conixccntricus , di cui ho data la descriziotie e la figura del tomo V degli Alti dell' Aca- demia di Padova (1839) fu trovalo nella zona cretàcea superiore del veronese , quantunque sede precipua di questa specie sia la calca- ria terziaria die ricopre la creta. Questo fatto troverebbe spiega- zione se gli strati della creta e quelli della calcatia grossolana mostrassero di essere stati raddrizzati da un sollevamento; per- chè allora potrebbcsi credere, ette nel atto in cui seguì V emersio- ne de' basalti veronesi qualche individuo della specie suddetta sia stalo evulso dal terreno terziario, e Irasporlulo sul piano della 462 ossERVAzioNr Dissi più sopra che all'Aviciila pecliniformis trovasi associata un' altra bivalve, cui da taluni fu applicato il nome di Posidonomya minuta, quantunque non si rinvenga di essa che 1 soli modelli adesi tenacemente al Kcuper, creta; ma li fenomeni locali di raldonega, dove ho rinvenuto il Conoclypus^ non sono tali da poter supporre che ivi sia occorso un sollevamento. Non vi essendo in quella siluazioììe nessun fatto geologico il quale torni in acconcio per ispiegarc d' onde addiven- ga che una specie fossile del terreno terziario si trovi talvolta raminga nella creta , parmi si possa dare una ragione del feno- meno ammettendo che un qualche raro germe del Conoclypus co- nixcenlricus abbia potuto svilupparsi quando il mare conduceva a compimcnlo il sistema cretàceo, e che cessale le cause impedien- ti questo sviluppò lo svoglimento totale de' germi , già animali da una forza vitale molto rigorosa, siasi etTettuato con singola- re celerità allorché il mare deponeva li materiali del terreno terziario. Col sussidio di questa ipolesi , e con la ragionevole sup- posizione che qualche raro individuo abbia potuto sorvivere a' suoi simili, e portare le sue spoglie ne' piani di un altro periodo geo- logico più, recente, sì spiegano le associazioni finora osservate di fossili d'una formazione con quelli di un'altra formazione, sia che codesti esistano nella zona superiore al piano da essi ordi- nariamente occupato, sia che si trovano nelle zone che al detto piano riesce inferiore . Ambidue queste anomalie sono state ultimamente verificate neW Isola di Wight in una for- mazione anteriore al Gault e posteriore al calcare neocomià- no; la quale fu distinta dall' Orbigny col nome geografico di terreno aptieno. Una sola delle molte specie contenute in questa formazione ha potuto passare nel Gault (Solarium dentatum^ Orbig. ) ; mentre nella roccia neocomidna che gli soggiace se ne trovarono quattro, cioè la Nucula oblusa {Fillon) la Nucula scapba {Orbig.), e la Nucula simplex {Desh.), e «'Arca Ma- rullensis (Orbig.). (Bull, de la Sociéte' géolog. — Tomo secondo della seconda serie pag. 90), DEL PROF. T. CATULLO 463 i quali (rallroiide sono cosi esigui, che ad occhio inerme si prenderebbero piulloslo per grani schiacciati e rotondi di arena, che per testàcei. Le reliquie che qui accenno non sono tanto copiose nel Kéuper quanto mostrano di essere nel Lias dell' agordino , dove pure occorrono sotto Un altro fatto, del quale non seppi dare la spiegazione sen- za ricorrere olle ipolesi, è quello delle faune omonime incluse in formazioni fra di loro diverse del sistema cretaceo. In una me- moria epistolare letta al Congresso di Lucca io diceva che nelle Alpi Venete te Ihidisle fianno stanza nel calcare ncocomiàno, non già nelle sabbie verdi superiori conìe si ammira nella Francia , ed aggiunsi che questa anomalia non impedisce di dare ai caratteri paleozóoci qucll' importanza che loro venne attribuita quando si voglia ammettere clic il mare abbia deposto in una medesima epoca geologica , e sopra fondi posti a livelli geognóstici dife- renli, le slesse specie di animali. Col sussidio di questa suppo- sizione portemi di poter concludere , che nell'epoca in cui il mare recava al suo termine la terza zona del sistema cretàceo della Francia , cominciasse nelle Alpi venete ad innalzare il terreno della creta, con la deposizione de' materiali che costituiscono la parte inferiore del terreno medesimo, rappresentata dalla zo- na neocomiàna. È incontrastabile che nel Friuli, nel bellunese, nel trevigiano, nella Dalmazia, e fors' anche nella Lombardia, le faune fossili del sistema cretaceo non istanno in armonia con le faune divisale dal cel. Orbigny nel terreno cretàceo della Fran- cia, ma occupano un orizzonte geognóslico diverso. Questo fatto può acquistare grande importanza nelle questioni di geogenia per- chè , studiato che fosse in ogni sua parte , condurrebbe a scoprire la contemporaneità di alcune zone del terreno cretàceo che finora si sono credute geognosticamente dissimili. Formazioni sincrone , pei fatti più sopra narrati, sarebbero te sabbie verdi superiori della Francia , e la calcaria neocomiàna delle Provincie Vene- te. — ( Annali delio scienze naturali , Tom. X , pag. 2G3 Bo- logna ) . 4G4 OSSERV. DEL PBOF. T. CATULLO forme di modelli, che coslantemenle conservano lo stesso volume delle altre incontrate nel Kéuper. Era necessario ch'io facessi menzione di questa conchiglia, e n'espo- nessi lo stato in cui esiste, perchè non si avesse a con- fonderla con la Posidonomya minuta, la quale esiste in- vece nella dolòmia dell' agordino, ed in quella delle alpi lombarde, come vedremo a suo luogo. Glvge — Tavole d' Anatomia patologica. {Continuazione del sunto, vedi pag. 387.) SEZIONE SECONDA. PARTE STORICA Morgagni conobbe lo stato granuloso del fegato e la sua incurabilità, e nelle sue opere si rinvengono molte osservazioni che la riguardano. Vedi in ispecial modo la lettera 38.» dove sono recate le osservazioni di Posthius , Wepfer, Ruysch , Brown, ed Hartmann. Bailiie (nella sezione 131 della Patologia Anatomica tradot- ta da Socmerring) dice intorno all'indurimento del fegato che la e una delle malattie comuni del viscere e specialmente nei bevitori benché si appalesi anche nelle persone sobrie, ed è piìi frequente negli uomini. I globuletti induriti stanno l'uno vicino all'altro e comprendono generalmente l'intera massa del fegato , e dissezionati danno a vedere una materia bruna ovvero giallo- gnola della grandezza d' una testa d' ago , od anche di una nocciola, come altresì qualche volta sono anche maggiori. La grandezza del fegato è normale o più piccola, ed i vasi sembrano avere un piccolo diametro^ oltreché distingue Bailiie certi nodi più grandi risultanti di una sostanza informe fitta e. bianca. Meckel osserva (Patologia Anatomica sez. 301) che l'in- grandimento del fegato accompagna ordinariamente la respira- zione affannosa ; osserva altresì parlando del grande sviluppo del grasso in quei fanciulli di quattro anni osservati da Tillesio, Kastner , e Benzenberg , il primo dei quali fanciulli pesava 33 lib- bre, l'altro 82, ed il terzo 137, che questo sviluppo si fonda sempre sulla piccolezza degli organi della respirazione, il che già aveva notato Tillesio. Del resto Meckel confonde la cirrosi del fegato, che Bailiie aveva separata distintamente, colle degenerazioni di indurimento, e colle escrescenze midollari, e la tratta siccome una modificazione delle medesime alterazioni. N. Ann. Se. NAiia. StaiK II. Tum. 3. 30 466 ATLANTE PATOLOGICO Laennec. Il suo trattato sulla Cirrosi è stato cosi diffìcile a trovarsi come Io fu quello di Fleuri e Monrè. Bouilot ne dà un estratto che tutti hanno copiato ; nel trattato d' Ascoltazione trovo solo citato alcuni esempi. Laennec comprende tre specie di Cirrosi"; Cirrosi nella mas- sa, nella superficie Piagwes, e nella Kisla ; le granulazioni sono sovente cos» numerose che a primo aspetto il tessuto sembra uniformemente giallo, ma dietro più attento esame veggonsi moltissime granulazioni a maniera di grasso tenero, rossa- stro, che si lasciano levare dal fegato. Per lui la Cirrosi non è che un nuovo tessuto sviluppatosi nel fegato. Cruveilhier ha descritto gli stadi suddetti come Cirrosi. Di- minuzione di peso e volume, essere quasi costanti in tale ma- lattia. Il tessuto più denso che nei soggetti normali; la super- ficie convessa del fegato mostrare escrescenze di numerose gra- nulazioni , e negli spazii intermedi rughe e condensamenti ; il colore dice egli mostrasi giallo , derivante dal sugo contenuto nelle granulazioni, e la di cui quantità corrisponde alla loro grandezza. Ogni granulazione è isolata e s'attiene alla sua pros- sima per un filamento sparso di vasi. Ognuna ha la sua capsula propria. Una tale proprietà rìnviensi nell'interno del fegato, ma nell'esterno solo un denso tessuto cellulare. Comunemente precede l'Ascite, Dice Cruveilhier non aver trovato mai fegato diminuito per metà, che non l'avesse pre- ceduto T Ascite, È positivo, dice Cruveilhier, che la granulazione nella Cirrosi non costituisce un novello tessuto , né una disorganiz- zazione del primo, perchè ad occhio munito di microscopio ap- pare il fegato come sano, solo la granulazione è piena d'una quantità di fluido giallo, il che ci ha condotti all'idea d'atro- fìa di una delle due sostanze del fegato. Ma, finisce Cruveilhier, non sonovi nel fegato due sostanze. Quello che poteva rendere verosimile cotesto errore è che il centro d'ogni granulazione corrisponde ad un canale bilioso {radicule biliaire) e però si addimostra di color giallo, mentre la periferia corrisponde ai Yasi, e però è rossa. Quindi Cruveilhier pensa che una parte delle granulazioni si atrofizzi, ed altra si iperlrofizzi, le uue mostrandosi assai DEL DOTT. C. CLUCE 467 piccole , le altre piullosto grandi ; quanto alle vene le trovò li- bere, ma rislrclte e contenenti sangue sieroso. Andrai (Patologia sez. 31 1) cerca in una ipertrofia della bianca sostanza (la vera biliosa in opposizione alla sostanza rossa 0 dei vasi ) cerca dissi la natura della Cirrosi. Appena la sostanza rossa s'ipertrofizza, s'ingrossa il fegato, invece di- venta atrofico, ed il suo volume diminuisce alterandosi la so- stanza bianca. La sostanza rossa del fegato atrofico si conden- sa e le injezioni vi si possono fare per entro diifìcilmen- tej e spesso sembra commutarsi tutta in una sostanza fibrosa cellulare. Dalla formazione del grasso nel fegato deduce Andrai con molta ragione che talvolta il grasso non s'infiltri nel medesi- mo, ma si depositi in una parte in forma di una materia tu- bercolare donde risultano masse ammalate grìgie o bianche che costringono intorno il parenchima del fegato, e che hanno tut- te le proprietà del grasso. Talvolta si compongono interamente di colesterina. Che la suddetta formazione si sviluppi estesamente nei ti- sici lo dice anche Andrai, il quale ripete nella sua Clinica me- dica queste osservazioni^ e vi aggiunge distinti casi del fegato granuloso. Brighi descrisse fino dal 1827 il fegato granuloso, ed indicò mediante analisi una gran quantità di grasso essere indizio del più alto grado della cosi detta Cirrosi. Carswell tratta la Cirrosi come avente stretto rapporto d'origine coli' atrofia del fegato, e questa fa dipendere dall' ap- parire ed aumentare di un tessuto filamentoso contrattile nel che ha palesemente sott' occhio il solo caso del più alto grado della malattia, la vera Cirrosi. Il fegato, dice egli, così afTctto e ridotto talvolta alla quarta parte del suo diametro. La consistenza aumentasi col diminui- re della grandezza. Il fegato appare come raggrupato, di una forma rotonda irregolare, specialmente nei lati, e tutta la su- perficie esterna è occupata da escrescenze molli della grandezza di un seme di canapa fino a quella di un pisello, od anche di una ciliegia. Esaminate con più attenzione queste gonfiezze mol- li, mosiransi composte di altre piccole e queste di lobuli del 468 ATLANTE PATOLOGICO fegato ; cosi che i gruppi sparsi risultano di lobuli ciascuno dei quali è separato da un tessuto filamentoso la di cui quantità è distinta e chiaramente si appalesa fra i gruppi maggiori. E col- l' incisione appalesasi questa medesima disposizione di gonfiezze. Il tessuto filamentoso cellulare forma l'indizio principale della malattia, tanto per rapporto alla sua quantità maggiore rispetto ai lobuli, che per lo contrasto del suo color 'bianco o grigio col colore giallognolo, o giallo bruno, dei lobuli, e cotesto svi- luppo lo si vede incominciare dalla vagina della vena porta e seguire il corso di questi vasi a traverso il loro passaggio e nello spargersi che fanno fra i lobuli. E nella prima località formasi intorno alle vene una vagina densa filamentosa , e nella seconda una capsula che contiene un numero determinato di lobuli in alcune da 4 a 6, in altre da 10 a 20 e più. Questa è la ragione perchè i lobuli sono aggruppati nelle protuberanze maggiori, e separati nelle più piccole. Che se una tale protuberanza viene separata dalla sua vicina, il che si può fare sovente in ispecial modo nei primordi del male , scorgesi che ella si attiene ad una serie di vasi sanguigni che s'intromettono nei lobuli che essa contiene. In questo punto i vasi sono abbracciati dalla vagina filamentosa come i lobuli dallo stesso tessuto che forma la ca- psula loro compagna. L'interno di ogni gruppo di lobuli mostra , dissezionato , un numero di divisioni intermedie filamentose , con- tinuazione della capsula che [le accompagna. La quantità del tessuto filamentoso è diversa, piccola in principio del male, più tardi essa forma la maggior parte della sostanza del fegato cosi che sovente non rimane alcun vestigio dell'ordinaria sua strut- tura; questo tessuto, dice Carswell, costringe i vasi, come la sostanza del fegato. La vena porta vi è più soggetta della vena epatica, perche la prima giace in un tessuto puramente cellu- ioso , però ella subisce le stesse alterazioni in un grado minore. Carswell si esprime a questo modo intorno alle osservazio- ni di Laennec , che sia un nuovo tessuto quello che costituisce la Cirrosi, che ella risulta generalmente di atrofia, e che il tessuto nuovamente formato sia il solo fibroso contrattile. I di- versi colori li fa dipendere dui ristagnamento di sangue e bile nei lobuli. Dice nel principio essere il fegato bruno o di un giallo orango } e verso il fiue bruuo-grigio. In alcuni casi trovò Gru- DEL DOTT. C. GLUCB 469 Tcilliier la vena porta cosi sirelta che ella conteneva pochissimo sangue ; in tre casi essa era piena di sangue coagulato , fibri- na e bile, ed il suo intero sistema assai dilatato dal suo comin- ciare al suo termine. L' idropisia si spiega mediante il combaciamento dei vasi. Hallmann descrive due casi di granulazioni di fegato: i glo- buli induriti risultavano interamente di cellule, molte delle quali erano piene di gocciole di grasso più o meno grandi, ed in numero quando maggiore quando minore, e sviluppate oltre il diametro medio. Oltracciò molli globuli di grasso che supe- ravano in grandezza le cellule. I nuclei erano di rado visibili. Hallmann trovò il diametro medio delle celle 0,0106. In una cellula lunga 0,0140 si trovò una goccioletta di grasso della grossezza di 0,0097. Questa proprietà non la trovò soltanto nella Cirrosi , ma anche nei fegati degli ubbriaconi. Il tessuto intermedio alle protuberanze lo trovò Hallmann parte consisten- te di cellule dense, parte di sottili filamenti simili al tessuto cellulare , siccome questi in un fegato sano sono in numero mi- nore, perciò in questo stato si trovano aumentati. Hallmann dice che la cirrosi non deve essere attribuita a quelle protuberanze nocive. Dice inoltre che aumenta il tessuto cellulare intcrlobulare , e si deposita nelle cellule che costitui- scono i lobuli una quantità di grasso anormale, e che poi l'ipertrofia del tessuto cellulare ìnterlobulare comprime questi lobuli. Becquerel espresse in un suo saggio importante del 1840 l'opinione che la Cirrosi avvenga più di frequente che non si crede , e rese i medici attenti intorno al suo essere frequente- mente accompagnala da malattia di cuore, polmone, o di reni. Il suddetto autore considera nel fegato sano due sostanze, la gialla separabile, e la sostanza rossa dei vasi. A parer suo la Cirrosi altera soltanto la sostanza gialla, il che non è vero del tutto, e se egli dice che la Cirrosi non sia mai parziale nel fegato, le mie ricerche dimostrano che questo accade solo in al- cune forme. Distingue il Becquerel i gradi o stati seguenti. 1.*^ grado. È in generale accompagnato da una 'complica- zione con malattia di cuore, enfisema ai polmoni, bronciiiti 470 ATLANTE PATOLOGICO croniche, e più di rado colla lisi. Il volume del fegato è nor- male od aumentato di qualche poco; il tessuto giallo si mostra mediante la dissezione iperlrofizzato e circondalo da linee ros- se che provengono dal tessuto cellulare fallo più denso ; i tes- suti sono permeabili ma non lo è la sostanza gialla. Il 2.° grado è più raro. Il fegato diminuisce il suo volume, è ineguale per molte protuberanze giallognole, ed i vasi, al pari dei meati biliosi, sono obliterati. Vi si scorge una quantità di piccole granulazioni gialle le quali sono poste le une vicine alle altre, e separate sovente da linee biancastre del tessuto cel- lulare. Il 3." grado è rarissimo. Fu risguardato da Laennec come uno stadio di ammollimento; egli reca un caso osservato da An- drai. Il Fegato è pieno, denso, e la sua dissezione palesa due alterazioni; I. piccole cavità formate di una membrana cellulare, come se le granulazioni si fossero vuotate ; 2. piccole gonfiezze ripiene di un fluido gelatinoso e verde ; il resto della sostan- za del fegato sparso di numerose granulazioni come nella Cir- rosi comune. (Il detto fegato spettava verosimilmente all'ulti- ma forma da me descritta ). La membrana biliosa fn da Becque- rel rinvenuta sempre sana , toltone un caso di condensamento. Vide esso la bile ora naturale , ora densa , verdastra , o chiara , ed in un caso solo come una gelatina d' Albicocco. Toltone que- si' ultima alterazione vi si appalesavano le altre spettanti alla forma diversa della malattia. In 42 casi trovò Becquerel 21 malattie di cuore che avevano preceduta la Cirrosi, e l'avevano determinata, e le malattie di cuore suddette erano per dir vero di forma svariatissima. Nel più di questi casi (13) palesavasi la Cirrosi nel primo grado ; in otto casi ella era giunta al secondo ; Becquerel trovò poi sei volle la Cirrosi complicata con tubercoli del polmone. Egli se- para la Cirrosi del fegato grasso cosi di frequente osservabile nelle lisi. In 15 dei 42 casi il male Britanno accompagnava la Cirrosi. Dimostra Becquerel essere conseguenza della Cirrosi l'Asci- le, procedente sempre dal secondo grado, e la peritonite, come ancora l'ApopIcsia dei polmoni, e per complicazione le malat- tie di cuore (le altre alterazioni suddescritte pleurite, pneumoni- DEL DOTT. C. GLUGE 471 te ec. non istanno in un rapporto inseparabile colla Cirrosi ) . Egli risguarda con ragione il flusso sanguigno degli intestini come proveniente dalla Cirrosi. Lo malattie del cuore ed i tu- bercoli si possono adunque risguardare come cagioni principali della Cirrosi. In 45 casi di Cirrosi egli trOTÒ 28 uomini > 17 donne^ e per quello che risguarda l' età 1 caso dai 18 anni ai 20 2 — dai 20 — ai 30 7 — dai 30 -- ai 40 3 — dai 40 — ai 50 5 — dai 50 ~ ai 60 Gehrard e Baron dicono avere osservato Cirrosi in piccoli fanciulli. Per quello che risguarda i sintomi, il dolore è raro ed egualmente l'Itterizia, ma la pelle mostra una colorazione par- ticolare terrea. Quando la Cirrosi è innoltrata la pelle è aspra ed il viso rugoso. Becquerel non vide mai una decolorazione nelle masse fecali ; ma egli non 1' ha neppure esaminata seii\pre. La stitichezza secondo esso è rara. Becquerel arriva alle seguenti conclusioni. 1." La Cirrosi del viscere riconosce per suo principio una iperemia abituale del fegato attiva o mecanica (ipotesi vera so- lo in alcuni casi). 2.^ L'influsso delle malattie del cuore, dei tubercoli a ca- gione d' esempio , si manifesta generalmente per la congestione che loro consegue. 3.*^ Sotto r influsso delle congestioni il tessuto giallo rice- ve una quantità abnorme di sangue in conseguenza del quale si alterano i lobuli, mentre la parte più consistente del sangue, la materia filamentosa , e la mucosità vi si depositano. 4." Il tessuto giallo s'infiltra con una sostanza mucosa, e filamentosa , la quale mediante il calore si coagula ed è analo- ga alle pseudo-membrane (che tale pensiero sia poco esatto Io addimostrano lo nostre ricerche). Dietro a cotesta infiltrazione ha luogo r ipertrofìa del tessuto giallo , e finalmente l' atrofìa della sostanza interlobularc o rossa , donde poi la obliterazione delle arterie, delle vene e dei canali biliosi che vi sono diffusi. 472 ATLANTE PATOLOGICO 5.** Pigliano i lobuli un volume minore perchè ne viene fuori cacciata l'acqua e s'atrofizzano. In tal caso non esiste più la sostanza rossa. 6." La Cirrosi del fegato è adunque una malattia che ha per qualità caratteristiche l'ipertrofia della sostanza gialla. Ha luogo per una infiltrazione di materia plastica che dapprima è molle nel primo grado, e che poi si condensa per la perdita d'acqua, ed opera cosi l'atrofia. Becquerel separa affatto il fegato grasso dalla Cirrosi , e questo per ignorare gli elementi caratteristici della seconda ma- lattia , dal che avrebbe dovuto preservarlo la conoscenza di nuo- ve ricerche. Lo sviluppo grassoso incomincia secondo lui nella sostanza gialla che è poco densa, ed il tessuto rosso ne viene uniformemente affetto per modo che il fegato intero forma una massa uniforme giallognola e meno consistente che nello stato normale (noi però abbiamo veduto che in questo caso il grasso vi è spesso depositato libero ) . Mentrechè il fegato si atrofizza colla Cirrosi^ aumentasi il suo volume nel fegato grasso ; in 42 casi la Cirrosi al fegato fu trovata solo 7 volte isolata senza alterazione di altri organi. La ricerca più importante e profonda per quanto sia dato al col- tello anatomico di procacciare ne fu presentata ultimamente dal Sig. Rokitanski; duolci soltanto che siano separate le descri- zioni dei soggetti che vi hanno rapporto , motivo per cui noi possiamo convenire pochissimo intorno alla natura loro colla vi- sta del lodato scrittore. Come ipertrofia egli descrive il cosi detto Muskatnussleber , nel quale la sostanza gialla eccede di peso la rosso-bruna. Egli la reputa una dilatazione della capillarità dei vasi biliosi ed un deposito maggiore di grasso normale, nel primo dei quali casi essa conduce al fegato granuloso , e nel secondo al fegato gras- so; complesso di idee che si accordano colle ricerche mie proprie. Il fegato grasso consiste secondo il medesimo nel depositarsi che fa il grasso libero in un grado si forte che non occu- pa soltanto il luogo della sua propria sostanza glandulare, ma costringe tutti i tessuti e s'infiltra nella sostanza vascolare, siccome le mie ricerche microscopiche me ne hanno assicurato. Egli trova la cagione della sua frequenza nei tisici non già DEL DOTT. G. CLUGE 473 nella difficoltà del respiro, ma vede bensì il deposito di grasso fondato principalmente nella tubercolosi ; anche il suddetto au- tore addita siccome due serie di cagioni, un metodo di vita lus- surioso, ed il troppo uso dell'alcool. Il detto Sig. Kokitanski reca anche tra le sue osservazioni , l'alterazione lardacea in forma talvolta di protuberanze larda- ceo-biancastre ; mostra inoltre le superficie dissezionate piatte, omogenee, somiglianti al lardo ^ ed il contenuto acquoso del sangue della vena porta. All'atrofia attribuisce Rokitanski la Cirrosi rossa e gialla , e quella del più alto grado del Signor Laennec, una delle cui varietà si è il fegato granuloso. Queste granulazioni egli le pone fra le malattie della tes- situra. Il fegato mostrasi in tal caso impicciolito, sparso di protuberanze, e per mezzo a queste i follicoli appajono di un grigio biancastro , densi , e raggruppati , e come ricurvi verso l'interno per modo che le granulazioni che vi stanno at- torno separate le une dalle altre, le abbracciano qua e là a modo di corona. Appajono queste granulazioni anche nelle su- perficie dissezionate, e fra di esse in molta copia una specie di tessuto cellulare assai denso, e biancastro. Il Sig. Rokitanski combatte in seguito l'opione di Laennec e dice che il parenchima del fegato scompare in una certa por- zione, e si riduce nel resto alle granulazioni innanzi trattate, e che per la parte perita subentra un tessuto intercellulare ; del resto neppure il Sig. Rokitanski accetta le opinioni di Andrai, e Cruveilhier , e richiama le ricerche microscopiche. Il Sig. Rokitanski classifica i seguenti stati diversi. 1.° Il parenchima si trova di frequente nelle granulazioni del fegato , quando ha luogo l' ipertrofia della sostanza acinosa colla tessitura globulare per cui le granulazioni mediante la dis- sezione ci si presentano sotto forma di prominenze rosso-brune, ed clastiche. 2.'* Questo grado avverasi anche nella slato del fegato Blu- shatnussleber , l'infimo grado della Cirrosi di Laennec. 3.** Le granulazioni del fegato si rappresentano siccome un gomitolo sferico, od irregolare di vasi biliosi, gialli, dilatati, rigurgitanti, nei quali è scomparsa la sostanza rossa vascolare. 474 ATLANTE PATOLOGICO Questa è la vera Cirrosi. Il Sig. Rokitanski pensa che il più degli osservatori ebbero prima di lui di questi casi. AP Spesso ha luogo il parenchima delle granulazioni in uno stato di contenuto di sevo morboso, od anche di una infil- trazione avanzata nella quale le granulazioni danno in piccolo i caratteri di questa malattia. 5.** Molte volte le granulazioni accadono nel caso d' atrofia gialla acuta , ed allora sono bianche da parte a parte , ed ap- pajono quali masse lacerabili, e luride. 6.° Molte volte altresì il parenchima delle granulazioni del fegato mostra il carattere d' una infiammazione nello scolori- mento^ ed omogeneità esterna della sua compage, nell'ostru- zione della capillarità biliosa , e nel primo stadio d' indurimento. Quanto al tessuto cellulare fibroso che trovasi fra le gra- nulazioni, dice il Sig. Rokitanski, che ora ha luogo in una data porzione, ora in una maggiore. Il Sig. Rokitanski fa derivare le granulazioni del fegato da due stati morbosi. 1.** Nell'uno di essi sviluppasi il sistema capillare de' vasi biliosi, ed aumenta di peso in conseguenza delle stasi di una secrezione della bile formatasi nel rimanente della massa, per cagione di che l' apparato capillare de' vasi sanguigni diventa premuto da esso. Questa è la Cirrosi del grado più allo che si sviluppi in granulazioni. Mentre poi i vasi capillari si ripiegano gli uni sugli altri a foggia di gomitoli sferici formansi le gra- nulazioni; il tessuto interstiziale perde a poco a poco la sua vascolarità, s'indurisce a modo di cuojo, diviene tenace, la granulazione non sta più in unione coi vasi che sono obliterati, è impedita la nutrizione, e la granulazione si esercita in una capsula cellulare-fibrosa donde poi l'intero fegato diminuisce, si fa atrofico, e sembra talvolta ridotto ad un 6.° del suo vo- lume. Il peritoneo si dispone a forma rotonda e si raggruppa e si condensa in un modo che non appalesa infiammazione ; la suddetta Cirrosi sviluppasi senza alcun dubbio in seguito d'i- peremia. 2.** Nel secondo stato ha luogo un'infiammazione cronica del parenchima del fegato ; ( ma noi per dir vero non troviamo arrecato nessuna prova di questo secondo stato essendo che le DEL DOTT. C. GLUGE 47fi formazioni psciido-metnbranose ed i follicoli peritoneali non han- no per noi la stessa origine che vi assegna il Sig. Rokitanski, mentre si debbono riconoscere come un efFetto, non come una causa, e sono frequenti in tutte le alterazioni del cuore). Oltre questi due modi di sviluppo, dice il Sig. Rokitanskì, può anche il fegato granuloso formarsi mediante un processo graduato, da quegli stati che si rendono noti o come anomalie dei depositi derivanti da un mescolamento di sangue, o come infiltrazioni del parenchima del fegato. Egli riguarda poi il con- tenuto morboso in forma di sego come una combinazione dello slato granuloso. {sarà continuato) Osservazioni sulla dissezione di una femmina della Simia Salyrus, falle dal Prof. OwEìW. {Annali e Magazzino di Storia Naturale di Londra N. 87. Giugno 1844. pag. 512. ) La femmina dell' Orang-Mfan che mori nell' ottobre del 1843, fa da me esaminata nel veniente giorno. Il suo peso di libbre 41 , l'età circa 4 a 6 anni. Quando vivente fu ricevuta, li 4 gennajo 1839, nel Giardino zoologico pesava 33 libbre ed 8 oncie. Lo svilluparsi della serie permanente dei denti ha percorso circa un anno. Di questa serie, i primi sono stati i veri molari su- periori ed inferiori, poscia 1 medii incisivi inferiori, indi i due grandi incisivi superiori medii. I due incisivi laterali superiori caddero; e poscia i due incisivi inferiori sinistri laterali, ma quelli che loro doveano succedere , non erano per anco comparsi alla morte dell'animale. I denti permanenti (bicuspidi) destinati a rimpiazzare quelli di latte avevano le loro corone formate per metà. Quelle de' grandi canini permanenti mostravansi sotto forma di coni cavi, mantenuti in sito, come gii altri, da grandi e vascolarissime matrici. Riguardo al passaggio in sostanza dentale, le corone, ed i culmini degli incisivi permanenti laterali, erano quasi com- plete ; quivi non più si vedeva segno di matrice nell' ultimo vero molare della inferiore. Nelle membrane del cervello vi appariva una injezione considerevole, e mollo siero era contenuto fra l'aracnoide e la pia madre. Similmente il torace, pericardio, ed addome erano pieni di siero in una quantità non ordinaria. Le principali morbose alterazioni patologiche furono osser- vate nel torace. Il polmone destro aderiva con quasi tutta la superficie alle pareti che lo rinchiudono. La sua sostanza era disorganizzata da numerosi tubercoli, alcuni de' quali erano già in via di rammolimento. Il sinistro polmone era stato invaso da più recente ed attiva infiammazione : il tessuto cellulare era in- gorgato di siero sanguinolento, o ne era epatizzata la porzione inferiore. Una piccola cisti, di robuste pareti, contenente flui- do bianco, aderiva alla di lui superficie. Il cuore aveva una OSSEUV. DEL PROF. OWEN 477 macchia ovale larga due terzi di pollice, alla quale vi a- dcriva una linfa opaca ; cisti eguale a quella del polmone sta- va aderente al detto viscere. La mucosa tracheo-broncliiale appariva di un colore roseo , ed i canali aerei erano pieni di muco opaco spumeggiante. Il destro lobo del fegato era più grosso ed in congestione. Vi aveva una debole adesione del epiploon colla milza , la quale offeriva una leggiera anomalia, che di sovente si incontra nell'Uomo, cioè a dire una piccola e separata milza supplemen- tale, del diametro circa di mezzo pollice, aderente all'epiploon e collocata inferiormente alla vera milza. Il canale alimentare era dovunque sano, fatta eccezione di due punti ove vi aveva una lieve iperemia sanguigna. I sacchi laringei erano espansi fino alle clavicole, ma non arrivavano al di sotto di esse. Le ovaje erano piccole e di forma oblunga, colla super- ficie lievemente bernocoluta. Potei distaccare delle uova da pa- recchi follicoli del GraalT, uno dei quali ne conteneva due. Ras- somigliano perfettamente le uova umane, ed hanno una robusta e trasparente tunica vitellina, la quale contiene i piccolissimi corpi granulari, e la vescichetta germinale j il diametro lo se- gnai di 1?200 esimo di pollice. Lo stesso Prof. Owen presentò alla Società Zoologica una di queste uova, e conchiuse con osservazioni sul cervello del- l'Orang-ulan. Questo viscere pesava li oncie, 2 dramme, 12 grani, compresa la pia madre injettata. >«^«< INDICE DEL TOMO III. SERIE IL MEMORIE ED ARTICOLI ORIGINALI Rondami — Differente sessuali delle Conopinae e Myopìnae pag. 5 Peretti — Del Santonino « 17 Dello stesso — Dell'Acido Valerìanico ...» 23 Rondami — Due nuovi Generi di Insetti Ditteri n 25 Contri — Sulla necessità di preparare i letami con lunga fermentazione « 56 Rendiconto delle Sessioni della Società Agraria della Provincia di Bologna. Tav. II . . pag. i34, 216 Alessandrini — Rendiconto delle Sessioni dell' Ac- cademia delle Scien:{e dell'Istituto di Bolo- gna pag. 179, 267 Selmi — Considera'^ioni intorno a certi curiosi feno- meni notati da Fremy nella Memoria sugli acidi metallici » 197 ScARABELLi Gius. — Lettera al Prof. Gherardi . w 227, Alessandrini — Nota ad alcune osserva'^ioni critiche dei Signori Dumèril e Bibron » 273 Biagi Dott. Clodoveo — Osservazioni geognostiche sugli Appennini bolognesi w 337 Salina — Lettera al Prof. Alessandrini . • • w 417 INDICE 479 Nota delle Memorie edite ed inedite del Conte Ni- colò Da Rio » '522 Salina — Altra Lettera al Prof. Alessandrini . w 428 Catullo — Lettera al Prof. Pilla w 446 Dello stesso — Osserva:{ioni sul Keuper delle Alpi Venete w 452 Analisi d' Opere , Mem. ec. , e Ristampe. Panizza — Sulla respiraT^ione delle rane, salaman- dre e testuggini < . . » 37 D., G. — Nuovo minerale delV America del nord, n 66 OwEN — Odontografia , continuaTjonc del sunto. » 70 De Filippi — Cenni sui pesci d'acqua dolce della Lombardia » 81 Rendiconto delle Sessioni dell" Accad. Imp. delle Se. di Pietroburgo » 1 10 Meneghini — Polipi della famiglia dei Tubuliporiani finora osservati neìV Adriatico » 115 Pilla — Sulla produzione delle fiamme nei vulca- ni w 161 Brandt — Nuova specie di Spermofilo e di Pernice » 232 Marianini Cav. Stefano — Sulle 3Iemorie elettriche e Magnetiche da lui pubblicate , Sunto del Prof. Grimelli pag. 241, 321, 401 Gluge — Tavole di Anat. patologica , Sunto del Dctt. Ferdinando Verardini. . . . pag. 306, 387, 465 CoNTARiNi Conte Nicolò — Trattato delle Attinie, Sunto del Prof. G. G. Bianconi w 365 Wateriioi'se — Osserv. sulla Classificazione dei Mam- miferi, con figura nel testo » 371 Catullo — Sul terreno cretaceo delle Alpi Venete w 431 480 INDICE Annunzi di nuovi Libri. Ranzani — Memorie di Storia Naturale.Deca se- cunda postuma pag. G8 Fucus — Le Alpi Venete. Solothurn 1844. . . » 315 Zoologia del viaggio dei Vascelli T Èrebo ed il Ter- rore, Londra 1844 w 318 Flora Bataya— Tomo Vili, Amsterdam 1844. in 4"^ » 319 Reichenbach — Storia naturale degli animali con tav. Lipsia 1844 » 398 Libri spettanti alla anat- ed alla medicina . . » 400 Notizie interessanti. Programmi di premi proposti dalla Società Agraria della Provincia di Bologna m 234 Circolare per la VIl^ Riunione degli Scienziati Ita- liani in Napoli w 238 Annunzio della morte del Nobile Sig. Nicolò Da Rio. Con ritratto w 418 IMPRIMATUR Fr. H. Vaschetti V. S. 0. J. Passaponli l'io-Vic. Gea. "5 IXDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Marianini Cav. Stefano — Sulle Memorie elettriche e Magnetiche da lui pubblicate , Sunto del Prof. Grimelli pag. 401 Salina — Lettera al Prof. Alessandrini . . . » 417 Pasini — Partecipazione della morte del Nobile Sig. Nicolò Da Rio » 419 Nota delle Memorie edite ed inedite dell' illustre de- funto M 422 Salina — Altra Lettera al Prof. Alessandrini so- pra alcuni lavori del Sìg. Prof Cav. Catullo da inserirsi negli Annali m 428 Catullo — Schiarimenti sopra alcune quistioni rf- sguardanti il terreno cretaceo delle Alpi Vene- te ..... . » 431 Dello stesso — Lettera al Prof. Pilla. ; . . m 445 Dello stesso — Osserva'^ionì sul Keuper delle Alpi Venete. : ; » 452 Gluge — Tavole di Anat. patologica ^ Sunto del Dott. Ferdinando Verardini » 465 ; .;irti!pÌfl?Um5]t|ÌSÌj:J .■:;:utU-ni;uD:se2nuj:: ;; .t'Njpo.Titrj;;; .-_;.h:!H-rjtn]