PI ES) SS Mea E: ; SÒ caaaN aL MMIARZAGE x AE VESIIVZIN, ae RT ROS va Mir 9° SS Ni sa v° van ag per Di x A dl a SA ii n xd a NS te id \\\W NS Sa SES HARVARD UNIVERSITY. TRS ESA ZEANI OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. iabib - PALARONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA DEL PIRIOIFIM'ARIO? CA NFAVA RI Museo GroLogIco DELLA R. UnIversITÀ DI PISA —_—_—r_ Viorume XVI = 9712. N p TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI 1912 ù 4 î ‘ N ME A ASL I : * Mi Di) i % î Dr: î ai Fucini A.. SILvEsTRI A. . Di-Sterano G. Fucini A.. Lovisato I). . GCeruLLI-TRELLI $. INDICE DEL VOLUME XVIII . — Trionya pliocenicus Law. (Tav. I-V [I-V]) . — Nuove notizie sui fossili cretacei della Contrada Calcasacco presso Termini-Imerese (Palermo) (Tav. VI, VII [I, II] e Fig. 1-8 intere.) . — La Dolomia principale dei dintorni di Palermo e di Castellammare del Golfo (Trapani) (Tav. VIII-XVII [I-X]) . — Polyplacophora del Lias inferiore della montagna di Casale in Sicilia (Tav. XVIII, XIX [I, I1]) . — Da Cagliari a Thiesi — Altre specienuove di Clypeaster miocenici (Tav. XX-XXII [I-II{]) — Fauna malacologica mariana. Parte sesta. Cerithiidae, Cerithiopsidae Triforidae, Diastomidae, Vermetidae, Turritellidae, baia Caccidae (Tav. XXIII XXV [XLIV-XLVI]) pag. 29 141 VUC Ale) ui L'esito i A tipa Un LERRAn e } AE A MATT miti ii asa TIE si MIE Mata ai bit Ishnihi Son pi Dec hLO IUSR GRATO. VT. dI aa dit Tallin it arani rit i uesE MITRA, eso Teil fia utt pre ell RR I TATE AE ) va rt ER eb sl dn sente MARA gt fe Arai: sedia sabilivti A. FUCINI TRIONYX PLIOCENICUS Law (Tav. I-V [I-V]). Il bellissimo esemplare di 7ri0nyz, che è oggetto del presente lavoro, mi fu, molto gentilmente, concesso in studio dal sig. CarLo LawLEY che gelosamente lo conserva a Montecchio, nella ricca colle- zione paleontologica radunata con tanta cura dal compianto suo padre. Esso fu trovato molti anni fa a Mapesi, presso il Poggio alle Monache, cura di S. Silvestro, non lungi dalle Saline di Volterra, dal noto raccoglitore Dr Paco, come questi mi ha direttamente assicurato e come resulta dalla etichetta che lo accompagna. Proviene dunque dalle argille turchine, ancora inglobanti alcuni pezzi ossei, che appartengono al Pliocene inferiore o Piacenziano, essendo immediatamente sovrapposte al Miocene superiore con gessi dei dintorni delle Saline stesse. Tale esemplare fu già menzionato e sommariamente descritto dal LawLey , che lo chiamò prov- visoriamente Zr20nyx pliocenicus. Io ho creduto utile farlo conoscere più estesamente non solo per la sua singolare bellezza, ma anche, più specialmente, per l’importanza particolare che esso può avere nella sistematica. Mentre, infatti, i Zrionychidi del terziario antico e medio sono stati raccolti in gran nu- mero ed estesamente illustrati, quelli del Pliocene sono invece assai rari e piuttosto imperfettamente conosciuti. i È mio strettissimo obbligo di ringraziare ora il sig. CARLO LawLeyY della liberale gentilezza usatami, affidandomi lo studio di un esemplare sì bello e sì interessante, a lui particolarmente caro per il ricordo di virtù paterne, ed altrettanto faccio verso il prof. E. FrcaBI per avermi cortesemente affidato uno scheletro di Tr. aegyptiacus, appartenente al Museo zoologico di questa Università da lui diretto e che mi è stato utilissimo per continui confronti, altrimenti molto difficili a farsi. Gli studi sopra i Zrionychidi fossili riguardano in generale lo scudo che è la parte che a preferenza di ogni altra è stata ritrovata e raccolta. I paleontologi hanno quindi dovuto basare sopra i caratteri di esso le loro specie, riferendosi sopra tutto all'importanza della piastra nucale e delle neurali ed alla posizione della piastra diaframmatica. È perciò che anche io sono costretto ora a riferirmi specialmente a quei caratteri nei confronti specifici che possibilmente posso fare. Io ritengo che il nome istituito dal LawLEY debba con ragione sussistere, essendo precedente allo stesso adoprato dal ReINAcH ? per un Zrionyx del terziario egiziano e perchè a me sembra che la specie debba giustamente tenersi separata da ogni altra. i) LawLev. Nuovi studi sopra ai pesci ed altrì vertebrati delle colline toscane, pag. 100. © ReInacH. Vorliufige Mittheilung diber neue Schildkroten aus dem aegyptischen Terticir. 1903. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. ll 2 A. FUCINI [2] Tra le specie che più si avvicinano, per î caratteri da esse relativamente e parzialmente mostrati, a quella da me illustrata debbo porre in prima linea il 7r. propinguus Rist. ® della formazione del Ca- sino. Questo ha infatti una grande somiglianza con il 7. pliocenicus per i caratteri dello scudo, sia per la forma, sia per gli ornamenti. Esso però ha il settimo paio di piastre costali più sviluppate ed estese, aventi il loro margine in parte esterno in parte posteriore, l’ottavo paio delle Stesse piastre pure più sviluppato ed esteso e, quel che più conta, la piastra diaframmatica in corrispondenza della sesta neurale anzichè della quinta, come nella specie in esame. Il miocenico 7r. Portisi Risr. ® differisce dalla specie in esame, oltre che per gli stessi caratteri ora notati in riguardo alia piastra diaframmatica del 7. propìîngquus, anche per avere la sutura tra le piastre costali dell’ ultimo paio, irregolare, obliqua e talmente disposta che la penultima costale di destra è per un tratto assai lungo in contatto con l’ultima costale di sinistra, mentre nel 7». pliocenicus ac- cade precisamente il contrario. Grandi analogie esistono pure tra la nostra specie od il 7». pedemontanus PortIs ® dal quale va staccato, secondo gli studi del Sacco, l’ esemplare pliocenico proveniente da Roero. La specie del PoRTIS sì distingue per la nucale non scavata anteriormente, per la porzione libera delle coste più estesa, il che in verità potrebbe dipendere da minore ossificazione dell’individuo, per l’ultima piastra neurale as- sai spiccatamente esagonale e più corta, per cui le costali del settimo paio sono fra loro a contatto per un tratto più lungo, ed in ultimo perchè le piastre costali dell'ottavo paio sono a contatto solamente fra loro mentre nella specie da me studiata l’ottava di destra è anche a contatto assai lungo con la settima di sinistra. È utile notare che tanto il 7r. pedemontanus Port. quanto il Tr. pliocenicus Law. sì distinguono da tanti altri 7ri0rnyx per il piccolo sviluppo delle piastre costali del settimo e dell’ot- tavo paio. È Il Tr. vindobonensis PET. # è certo una specie vicina a quella in esame, della quale ha simile l’ ul- tima piastra neurale, lo sviluppo e l'andamento suturale del settimo e dell’ottavo paio di costali, ed anche la forma generale; ma se ne differenzia indubbiamente per le verminazioni sculturali dello scudo assai differenti e per i caratteri della piastra nucale e del piastrone. Il Tr. pliopedemontanus Sacco ®, che riguarda l’esemplare di Roero riunito dal PormIs alla specie precedentemente ricordata, 7». pedemontanus, già da molto tempo figurato e riferito dal Sismonpa ® al vivente 7. aegyptiacus, è molto vicino alla specie del LawLEY ed io aveva anzi creduto in principio che le due specie fossero da identificarsi. La forma dello scudo, l'estensione delle piastre costali, specialmente di quelle del settimo ed ottavo paio, sono infatti molto simili; solo la piastra diaframmatica ha una po- sizione diversa e mentre essa nella specie ora in studio è la quinta neurale, nel 7. pliopedemontanus è invece la sesta. Data ora la stessa forma generale dello scudo e la stessa posizione della piastra dia- frammatica non sarebbe improbabile che con il paragone diretto degli esemplari si venisse a riconoscere l'uguaglianza specifica tra il 7r. propinguis Rist. sopra ricordato ed il 7r. pliopedemontanus Sacco. ) RIsTORI. Cheloniani fossili di Montebamboli e Casteani, con appendice sui Cheloniani del Casino. Pubbl. R. Ist. sup. di Firenze, 1895, pag. $$, tav. II, fig. 11; tav. V, fig. 27. ®) RisrorI. Ibidem. L. cit., pag. 29, tav. II, fig. $, 12, 13. 3) PortIs. Dì alcuni fossilì terziari del Piemonte e della Liguria. Estratto Mem. R. Accad. di Se. Torino, ser. II, tom. XXXII, pag. 15, tav. IV. 1879. + Pprers. Schildkròtenreste, pag. 3, tav. I; tav. II, fig. 1-4. 5) Sacco. I Cheloniani astiani del Piemonte. Estr. Mem. R. Accad. d. Sc. di Torino, pag. 34. 5 SismonDa. Boll. Soc. géol. de France, vol. VII, pag. 206. Paris, 1836. 3 i A. FUCINI 3 [ Altro Zrionyx pliocenico che potrebbe avere delle affinità con il Zr. pliocenicus del Lawrey è il Tr. Quweni KauP. che è stata fatta conoscere però molto imperfettamente dal ReInACcH ”. Un esemplare di Zrionix completo quasi quanto il nostro è quello del Zr. rostratus illustrato dal- l’ARTHABER 2), che però è più antico e specificamente molto differente. Nel corso del lavoro ho notate in confronto con esso differenze numerose e talora importantissime, che io non starò ora a ripetere. Per stabilirne la differenza basterà solo che accenni come tale esemplare abbia ornamenti dello scudo molto diversi, la piastra nucale più estesa e più scavata anteriormente, le piastre costali meno allungate delle quali quelle del settimo paio specialmente meno sviluppate e la piastra diaframmatica di altra forma essendo poco dissimile dalle sue precedenti neurali. Relativamente al Procyclanorbis sardus del Pornis ®, tralasciando per ora la questione del genere che non mi sembra del tutto giustificatamente istituito, debbo osservare che esso ha una discreta somiglianza specifica col 7. pliocenicus, diversificandone solo per caratteri assai minuti. Esso infatti si differenzia solo che per la sesta piastra neurale molto corta, estesa solo fino a metà di lunghezza delle costali contigue, anomala nella forma e nelle sue connessioni; per la settima piastra neurale che si insinua molto bre- vemente fra le costali dell’ottavo paio, le quali quindi sono a contatto per una porzione molto più lunga, ed infine per la sutura simmetrica e perfettamente assiale delle piastre costali dell’ ottavo paio. La testa, sulla quale il PortIs # istituì 1° Aspilus Cortesti rivela a prima vista una notevole somiglianza con la testa del 7. pliocericus, però appartiene indubbiamente, se non ad un genere molto differente, almeno ad altra specie. Avendone infatti avuto in comunicazione l’originale per cortesia del compianto prof. UzieLLIs ho potuto constatare che essa ha sopra tutto la mandibola vuota internamente nella stessa ma- niera caratteristica del 7r. aegyptiacus. Le orbite sono inoltre più piccole; il margine alveolare delle mascelle assai più acuto. Fra le specie viventi la più somigliante a quella pliocenica da me studiata è certo il 7. aegyptiacus Cuv. Questo ha però lo scudo senza alcuna fessura tra i margini laterali della piastra nucale e quelli delle costali del primo paio; le piastre costali del settimo paio, sebbene non molto estese, hanno mar- sini quasi completamente laterali, mentre i posteriori dello scudo sono quasi del tutto occupati dai mar- gini esterni delle piastre costali dell’ottavo paio, moltissimo sviluppate. Non grandi differenze si riscon- trano paragonando fra loro i piastroni e si riducono ad una minore incavatura anteriore dell’ iopiastrone del 7. aegyptiacus, ad una minore estensione dell’ipopiastrone, e alla maggiore coossificazione di queste due parti, aventi sutura meno sinuosa. Oltre a queste esistono, tra le due specie a confronto, altre dif- ferenze, non certo notevolissime, nelle parti ossee, che saranno fatte notare nel corso del lavoro e fra le quali alcune delle più importanti riguardano la cintura scapolare e la mandibola. Genericamente ritengo che il fossile studiato appartenga al gen. 7riornyc nel significato più ristretto. Esaminando ‘a questo proposito le classificazioni del BouLanGER ®, che sono forse ancora le più attendi- bili e poichè non ho potuto consultare l’opera dell’ Hay 5, si vede subito che abbiamo a che fare col primo gruppo di Trionychidae da tale autore stabilito, comprendente i tre generi Zyi0nyx, Pelochelye e Ohitra e che dobbiamo scartare il secondo. Infatti mentre per il primo gruppo il BouLENGER stabilisce i) ReinacH. Schildkrotenreste, in Mainzer Terticirbecken. Senckenberg. naturf. Gesellsch., Bd. XXVIII, pag. 124. °° ARTHABER. Zrionyx rostratus. Beitr. z. Palaeont., Bd. XI. 3) PortIs. IZ Procyclanorbis sardus. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 51, tav. I. 4) PortIS. Resti di Chelonii terziari italiani. Estr. Atti R. Accad. Sc. di Torino, vol. XX, pag. 13, fig. 2, 3. 5) BouLENGER. Catal. of the Ohelonians ecc. in the British Museum. New edit., 1889. 6) Hay. On the Existing Genera of the Trionychidae. Proc. Am. phil. Soc., vol. 17. 4 A. FUCINI [4) in “ Syopsis of the Genera , a pag. 241, i seguenti caratteri: “ Plastron without cutaneous valves; hyo- plastron distint from hypoplastron; outer extremities of the nuchal bone overlying the second dorsal rib; posterior border of the pterygoids free, without median process; walls of the laberyrinth completely exposed behind ,, per il secondo dice che ha: “ Plastron with a cutaneous femoral valve under which the hind limb may be concealed; hyoplastron coossified with hypoplastron; outer extremities of the nucal bone under- lying the first costal plate; posterior border of pterygoiîds with a median ascending process forming a suture with the opisthotic, behind the labyrinth ,. Tra i tre generi poi compresi nel primo gruppo, Pelochelys e Uhitra vanno scartati perchè aventi le orbite più vicine alle fosse nasali che alle temporali. Fortunatamente le ossa del cranio conservate ci danno modo di stabilire che nella specie in esame le orbite sono assai più ravvicinate alla fossa tempo- rale che non alla nasale, carattere strettamente limitato al genere Zrionys. Scudo. — Tav. I [I], fig. 1. I numerosi frammenti, da cui resulta composto lo scudo, erano per la massima parte staccati e sconnessi ed io ho dovuto fare un lungo lavoro di preparazione per riunirli e connetterli nel modo at- tuale. Mi lusingo però che, se lo scudo non è venuto una delle parti migliori del fossile, esso offra tut- tavia agli studiosi i suoi caratteri più numerosi ed i più importanti a conoscersi. È molto probabile che lo scudo costituisse da solo tutta la parte scheletrica dorsale dura, non avendo trovato nessun frammento che facesse in qualche maniera dubitare della presenza di una prenucale o di piastre marginali, della cui mancanza del resto è quasi indice sicuro la grande brevità della parte libera delle coste. Caratteri generali. — Lo scudo, lungo quanto largo, raggiunge circa mm. 330 tanto in lunghezza quanto in larghezza, ed ha il contorno irregolarmente subquadrato e ad angoli arrotondati ampiamente. Di questi, gli anteriori sono molto smussati in corrispondenza del primo paio di piastre costali, e i posteriori sono smussati, alquanto meno però, tra il sesto ed il settimo paio delle stesse piastre co- stali. Il margine antéèriore, non molto esteso, è sinuoso, concavo assai nella parte mediana, convesso lateralmente. I margini laterali, sebbene non ben conservati, appariscono poco arcuati ed il posteriore, quasi diritto, presenta una lieve insenatura, alquanto meno distinta di quella, ad esempio, dell’ esem- plare originale del 7r. propirguus Risr. ! che io ho presente. La curvatura generale dello scudo è notevolissima, tanto da fare ritenere che l’arco trasversale da essa determinato raggiungesse una saetta di mm. 60: non è però tanto regolare manifestandosi più accen- tuata anteriormente che posteriormente. Lo scudo si presenta poi fornito nella parte superiore di una leggiera cavità longitudinale mediana la quale interessa oltre che le piastre neurali anche una piccola porzione contigua delle costali, e sì estende dal margine posteriore, presso il quale è assai poco spiccata, fino alla prima piastra neurale, d’onde si divide in due rami che seguono le suture tra la nucale e le prime costali. Tale cavità sì osserva, relativamente alle parti conservate, anche nel 7. propînquus Rist., testè ricordato, il quale è però schiacciato e deformato, ed è pure notata dal PortIs per il suo Procyclanorbis sardus ®, dal NEGRI 4) RisTtoRI. Cheloniani foss. di Montebamboli ece. L. cit., pag. 29, tav. II, fig. 11; tav. V, fig. 2, ©. è PoRTISs. Procyclanorbìs sardus. L. cit., pag. 51, tav. I. [5] i A. FUCINI 5 per il Tr. Capelliniù 1 e dall’Owen per il 7. marginatus, > il quale la presenta eccezionalmente spic- cata, e per il 7». Barbarae 3). Gli ornamenti on offrono caratteristiche speciali essendo fra i più comuni e molto simili a quelli del Tr. Portisi Rist. ®, del 7. Capellinii NEGRI 9) e specialmente del 7y. propingquus Rist. 5 Nella parte me- diana o centrale prevale l’ ornamentazione a reticolo, a maglie irregolari, spesso non ben definite, tal- volta distribuite in serie; nelle parti periferiche ha sviluppo prevalente una disposizione a maglie lon- gitudinali, ondulate, spesso incerte, interrotte, suddivise o confluenti. Presso le suture trasversali delle piastre costali non appare di subito evidente alcuna differenza nelle ornamentazioni, però sotto certe incidenze di luce si scorge che queste vi presentano delle zone ristrette, angolose verso l’esterno, slar- gate verso l'interno, di aspetto speciale. Tali zone, che appariscono meglio che altrove nelle parti an- teriori dello scudo, sono specialmente determinate dall’ allineamento prevaleite nel senso sopra detto, delle sculture ornamentali. Il margine dello scudo, che è molto netto, mostra una fine ed irregolare gra- nulazione e, in corrispondenza dei lati della piastra nucale, anche una espansione arrotondata, non molto estesa, con fibre raggianti irregolari e non tanto spiccate. La porzione libera delle’ coste, sempre poco ben conservata, talora però sufficientemente distinta. sporge pochissimo dal margine dello scudo, appena pochi millimetri, come accadeva anche nel 7r. pro- pinquus Rist., sopracitato, mostrando con ciò un interessante carattere in parte dovuto a carattere spe- cifico ed in parte alla già asserita ossificazione dell’individuo. La porzione saldata alle piastre è molto slargata, poco elevata e quindi non bene appariscente. Lo spessore dello scudo non è grande; il minimo, che non raggiunge i mm. 5, si trova nella parte mediana, specialmente posteriore; il massimo, talora anche di mm. 9, è situato sulla parte esterna delle piastre, in special modo delle prime costali. Piastra nucale. — Questa piastra, di un estensione considerevole, con una massima lunghezza an- tero-posteriore circa di mm. 52 e con una larghezza trasversale di mm. 190 almeno, ha il contorno an- teriore concavo al centro e convesso ai lati, come l’arco per l’ antiche freccie, e quello posteriore assai spiccatamente convesso. Essa si presenta anteriormente costituita da due zone, una delle quali superiore ornata allo stesso modo della parte superiore di tutto lo scudo, ed una inferiore separata dalla prece- dente da un listello, in continuazione del margine laterale dello scudo stesso, ornata da strie raggianti. La sua superficie esterna, in generale non molto curvata, si deprime leggermente presso la sutura col primo paio di costali e si alza assai spiccatamente nella porzione medio-anteriore, che resulta quasi gibbosa. Essa si connette col primo paio di piastre costali con sutura squamosa. La sua parte poste- riore s’insinua infatti sotto l’anteriore di tali piastre per un’estensione assai considerevole e dà ori- gine al fatto di aversi la piastra nucale con la lunghezza antero-posteriore dorsale alquanto più breve della ventrale, mentre le piastre costali del primo paio hanno di altrettanto più breve, invece, la lun- ghezza antero-posteriore ventrale in rapporto con la dorsale. In relazione a questo carattere, cui si dà dal Porris ® valore nella sistematica, se ne ha un altro di non minore importanza. Questo consiste in i) NEGRI. Trionici eocenici ed oligocenici. Estr. Mem. d. Soc. ital. di Se., tomo VIII, ser. 3. 2) Owen. Monogr. foss. Reptilia. Palaeont. Soc., tav. III, pag. 59, tav. XIX *. 3) Owen. Ibidem, pag. 50, tav. XVIA. 4) RistoRI. Cheloniani foss. di Montebamboli. L. cit., pag. 29, tav. II, fig. 8, 12, 15. 5) NEGRI. Trionici eocenici ed oligocenici. L. cit. $ RIsTORI. Cheloniani foss. di Montebamboli. L. cit., pag. 88, tav. II, fig. 11; tav. V, fig. 27. ?) PoRriIs. Il Procyclanorbis sardus. L. cit. 6 A. FUCINI [6] una fessura, assai spiccata, che si trova ai margini latero-posteriori della piastra in esame, tra questa e la contigua costale, e che è estesa quanto il ricoprimento suturale delle due piastre, in quel punto specialmente notevole, raggiungendovi circa mm. 17. Dirò da ultimo del valore sistematico di questo carattere, molto bene evidente sul fianco destro del- l’esemplare, e di quello precedentemente descritto. La superficie interna irregolarmente concava, è specialmente infossata in corrispondenza della prima vertebra dorsale. La cresta discendente trasversa, che delimita tale infossatura e che contorna anterior- mente l’ultima vertebra cervicale, non è molto spiccata, sopra tutto nella parte mediana, e si mostra meno estesa e più obliqua di quella del 7r. Capellîiniî NEGRI e del 77. incrassatus Owen !. Nel 7r. ro- stratus ARTH.® essa è meno distinta e più orizzontale che in ogni altra specie, nel 7r. Boulengeri Ren. 5) invece più manifesta. Piastre neurali. — Sono in numero di 7, se, come è presumibile e come parrebbe dai diversi fram- menti della prima, questa si presenta unica ed indivisa, e si continuano ininterrotte fino alla metà del- l'altezza del settimo paio di piastre costali. La prima è conservata solo in frammenti che non ci forniscono assolutamente alcun carattere. La seconda piastra neurale, irregolarmente esagonale, ristretta anteriormente, slargata posteriormente, ha mm. 35 di lunghezza assiale e mm. 23 di massima larghezza. Essa ha il margine anteriore convesso; il posteriore concavo; i due latero-anteriori rettilinei, convergenti lentamente in avanti e molto estesi, - e i due latero-posteriori, pure rettilinei, cortissimi e molto spiccatamente convergenti in dietro. La terza e la quarta presentano la stessa forma della precedente e come questa hanno relazione, oltre che con le costali dello stesso ordine; anche con quelle di ordine successivo; però sono relativa- mente e successivamente più piccole. La quinta è la piastra diaframmatica e quindi solo a contatto con le costali contigue. Essa appare lunga mm. 30, precisamente il doppio più che larga, assai simmetrica, subrettangolare ellittica, cioè con i margini anteriore e posteriore ugualmente estesi e convessi e con i laterali, molto più lunghi, pure fra loro ugualmente estesi e convessi. La sesta, incompleta, ha in senso contrario la stessa forma delle prime tre esaminate, di tutte però alquanto più piccola, éd è quindi slargata anteriormente e ristretta posteriormente. La settima piastra neurale, molto meno lunga della precedente, è come questa esagonale, slargata anteriormente, ristretta posteriormente, ed ha il margine anteriore concavo, i due latero-anteriori ret- tilinei e spiccatamente convergenti in avanti, i latero-posteriori non molto estesi, sebbene più lunghi degli altri, poco convergenti in dietro, il posteriore molto corto ed un poco convesso. Piastre costali. — In generale non hanno una buonissima conservazione; anteriormente sono con- servate meglio quelle di destra, posteriormente invece quelle di sinistra. Hanno tutte una notevolissima estensione trasversale e presentano ben poco sviluppate le porzioni libere delle coste le quali, sebbene di cattiva conservazione, sorpassano i margini solo che di pochi millimetri. Le costali del primo paio, molto oblique, hanno uno sviluppo antero-posteriore più considerevole medialmente che lateralmente: in prossimità della sutura neurale misurano infatti mm. 46 di lunghezza, la quale raggiunge circa î mm. 50 presso il margine esterno; la loro massima larghezza è di mm. 115 1) Owen. Monogr. foss. Reptilia. L. cit., pag. 51, tav. XVIII. ?) ARTHABRR. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 181, tav. XXVI. 3) ReinacH. Schild&rbtenreste im Mainzer Tertitirbecken. L. cit., pag. 104, tav. XXXVIII. [7] A. FUCINI 7 approssimativamente. Esse hanno la sutura con la nucale molto concava e quella con le successive al- quanto convessa internamente e quasi diritta lateralmente. Come ho detto parlando della piastra nucale, la sutura con questa è squamosa, per modo che le piastre in esame resultano antero-posteriormente alquanto più estese sulla faccia dorsale che non sulla ventrale. Questo carattere, che è poco spiccato internamente, si palesa sviluppatissimo ai lati ove la differenza raggiunge, come ho già avvertito, anche i mm. 17. Alle estremità laterali anteriori, il contatto tra le due piastre, nucale e prima costale, non accade e fra di esse viene a determinarsi per lo spazio interposto, quella fessura caratteristica della quale ho pure detto più sopra, e che ha un’estensione antero-posteriore di mm. 19 approssimativamente, poichè la non perfetta conservazione delle parti relative non permette una misura esatta. Il capo della seconda costa per quanto deficiente appare molto sottile e con spiccata cresta posteriore. L'attacco dell’estremità della prima costa rudimentale è molto esteso e ravvicinato all’asse. La parte libera della seconda costa è manifesta sul lato destro e sebbene alquanto corrosa vi apparisce limitatissima. Le piastre costali del secondo paio si fanno distinguere per lo straordinario sviluppo laterale cui solo si approssima quello delle piastre corrispondenti del 7r. pedemontanus Ports ®. La loro lunghezza presso la sutura neurale è infatti di mm. 44, mentre presso il margine esterno raggiunge i mm. 60. La larghezza massima è di cirea mm. 148 considerata anche la parte libera della costa, che non è però del tutto conservata da ambedue le parti. Esse sembrano essere in relazione, oltre che con la neurale dello stesso ordine, anche con quella precedente, e ciò si rileverebbe dal fatto di avere sull’angolo antero- interno un piccolo margine suturale aperto anteriormente. La destra, piuttosto di buona conservazione, lascia scorgere assai bene anche i caratteri della parte libera della costa, sebbene questa sia alquanto corrosa all’ estremità. Le costali del terzo e quarto paio presentano forma normale; le prime sono però più estese e più inclinate in avanti delle seconde. La lunghezza delle terze presso la sutura neurale è di mm. 34; presso il margine esterno di mm. 54; la larghezza massima di mm. 155 circa. La lunghezza delle quarte presso la sutura neurale è di mm. 34, presso il margine esterno di mm. 45; la massima larghezza approssima- tiva di mm. 150. Esse sono evidentemente in relazione, oltre che con i lunghi margini laterali delle piastre neurali dello stesso ordine, anche con i margini latero-posteriori delle neurali di ordine immediatamente precedente. Le piastre costali del quinto paio, che sono le peggio conservate, inclinano leggermente in dietro ed hanno la sutura con le precedenti presso a poco trasversalmente rettilinea. La loro lunghezza in pros- simità della sutura neurale è ancora di circa mm. 34, quella presso il margine esterno pure di mm. 45; la larghezza non si può rilevare neanche approssimativamente. Esse articolano oltre che con la piastra neurale dello stesso ordine, che è la diaframmatica, e con i margini latero-posteriori della quarta neurale, anche con i margini latero-anteriori della sesta neurale. Sono queste le piastre costali che all’ interno presentano la testa delle coste conservata meglio delle altre, però senza manifestare caratteri di grande importanza. Le costali del sesto paio si distinguono per il notevolissimo sviluppo laterale, che non trova cor- rispondenza nelle piastre omologhe di altre forme e che fa spiccato riscontro a quello mostrato dalle piastre costali del seeondo paio. La lunghezza delle piastre in discorso presso la sutura neurale è infatti di mm. 31, mentre presso il margine esterno raggiunge per lo meno i mm. 64; la larghezza è di circa mm. 130. Esse sì articolano con i lunghi margini latero-posteriori della sesta neurale e con i margini latero-anteriori della settima. i PortIs. Fossili terziarii del Piemonte e della Liguria. L. cit., pag. 15, tav. IV. (0.0) A. FUCINI ’ [8] Le piastre costali del settimo paio sono molto meno sviluppate delle precedenti. La loro lunghezza presso la sutura neurale è di mm. 28 e presso il margine esterno di mm. 44, considerata però alquanto obliquamente in relazione all’obliquità assai notevole delle sue suture. La massima larghezza è di mm. 117. Tali piastre sono in relazione oltre che con la settima ed ultima piastra neurale, mercè una sutura a grosse e lunghe dentellature, anche fra di loro, mercè la porzione anteriore della sutura assiale, che ne com- prende la metà dell’ altezza circa. La piastra di sinistra è per di più in relazione con la piastra di destra dell’ottavo paio, mercè la porzione media della sutura assiale, la quale si allontana dall’asse per una lun- ghezza di mm. 8 circa, dirigendosi molto obliquamente a sinistra. Le piastre costali dell’ottavo paio, non molto ben conservate, sono poco sviluppate e presentano fra loro una forma leggermente diversa a cagione della non perfetta regolarità della sutura assiale. Infatti mentre la piastra di sinistra è a contatto, oltre che con la costale precedente, solamente con la sua com- pagna di destra, tra le quali si ha la porzione più lunga e, per quanto è dato giudicare, anche più rego- lare della sutura assiale. la piastra di destra invece, come ho detto sopra, è anche a contatto con una piccola porzione della settima costale sinistra. La porzione posteriore della sutura assiale, non tutta con- servata, leggermente sinuosa, separa le piastre dell’ottavo paio assai regolarmente, seguendo la linea me- diana, e molto probabilmente fino al non ben conservato margine posteriore. Piastrone: — Tav. II [II], fig. 13-18; Tav. III [III], fig. 21-26. Il piastrone è generalmente assai ben conservato in tutte le sue parti: ha quattro estesissime cal- losità che interpongono fontanelle limitate, ed è molto grande. La sua massima lunghezza è di circa mm. 370, considerata dall’estremità anteriore dell’epipiastrone alla posteriore del sifipiastrone, e la mas- sima larghezza è di circa mm. 390. Da tali dimensioni resulta che esso non sporgeva che poco al di là dei margini dello scudo e che quindi la parte cartilaginea di questo era assai limitata, come già si po- teva in parte arguire dalla piccola estensione delle porzioni libere delle coste, facendo anche ragionevol- mente pensare alla mancanza di piastre marginali. Dalla riunione delle varie parti si rileva che il piastrone ha le porzioni laterali, in corrispon- denza delle metà esterne delle callosità anteriori, arcuate in fuori o inferiormente e la parte mediana fornita di una larga incavatura cui prendono parte le due callosità posteriori o xipiali, oblique 1° una verso l’altra, le due porzioni interne delle callosità anteriori, ed in piccola misura anche le due branchie dell’entopiastrone. Gli ornamenti sono simili a quelli dello scudo; però un poco più minuti, specialmente nelle zone centrali delle callosità anteriori. Vi si nota una più frequente discontinuità delie maglie, unita ad una maggiore irregolarità di percorso; un minor parallelismo, che si manifesta in una ben scarsa concentricità, ed una certa abrasione in special modo distinta sui margini. Assolutamente non si osserva alcuna differenza ornamentale in contiguità della sutura tra iopiastrone ed ipopiastrone. Le condizioni di totale sviluppo dell’individuo si manifestano chiaramente dai caratteri del piastrone, e resultano evidenti oltre che dalla ristrettezza delle fontanelle, dal contatto immediato e senza digita- zioni delle due callosità anteriori e specialmente dalla estesa riunione dei margini interni delle due piastre che costituiscono il sifipiastrone, nonchè dalle limitatissime zone fibrose. Epipiastrone. Tav. II [II], fig. 13, 14; Tav. III [III], fig. 21,22. — È la parte del piastrone meno ben conservata; non è però difficile ricostruirla totalmente mercè i diversi frammenti presenti e data la sim- metricità delle sue parti. Queste, che nell’insieme hanno figura ad X a branchie disgiunte, considerate singolarmente si presentano costituite da una lamina angolosa nella parte più slargata, gradatamente ap- [9] ì A. PUCINI 9 puntite posteriormente e piuttosto espanse anteriormente. La porzione mediana, più dilatata, è convessa assai regolarmente nella parte superiore ed interna, e irregolarmente concava nella inferiore; la porzione anteriore, deficiente in special modo a sinistra, è irregolarmente biconvessa e termina, quasi digitata, con grosse fibrosità; quella posteriore, assai ristretta, pure irregolarmente biconvessa, presenta la faccia late- rale interna solcata per la connessione con l’entopiastrone ed è tutta fibrosa grossolanamente. L’epipiastrone ora esaminato è assai differente da quello del 7. incrassatus Owen !; si accosta a quello del 7. rostratus ARTH. *, che non è però nettamente angoloso sul margine laterale interno, nè tanto attenuato e nemmeno tanto diritto nella porzione posteriore. Esso rassomiglia moltissimo a quello del vivente Tr. aegyptiacus, che però non è tanto fibroso nè quasi digitato anteriormente, e si allontana da quello del 7r. gargeticus per avere le porzioni anteriori meno estese e assai più divaricate. Il pezzo osseo che il RIstORI ®) riferì all’epipiastrone. di destra del 7. Bambolèi, appartiene al corno grande di sinistra dell’ioide; non è quindi possibile un confronto fra i due pezzi fossili. Entopiastrone. Tav. II [II], fig. 15; Tav. IMI [III], fig. 23. — Si presenta mancante sola- mente di una piccola porzione sul lato destro. È costituito da una lamina rotondamente angolosa ante- riormente, in corrispondenza della massima espansione, assai ristretta posteriormente, ove è divisa in due branchie simmetriche e divaricate, con un angolo acuto di poco inferiore al retto. La porzione anteriore più dilatata, all'opposto di ciò che succede nell’ epipiastrone, è convessa assai regolamente nella parte inferiore od esterna, leggermente concava nella superiore. Le branchie laterali, lunghe circa mm. 100, mutano di forma da un punto all’altro. Il loro margine laterale esterno è sempre più o meno sottile, dovendo entrare nel solco della faccia laterale interna della porzione posteriore del contiguo epipiastrone, e quello laterale interno si presenta acutamente arrotondato sul principio, foliacev ed espanso al centro, slargato ed appiattito posteriormente per la connessione con l’iopiastrone. Nella parte anteriore esse sono più convesse nella faccia inferiore che non nella superiore, nella parte posteriore sono invece concave inferiormente, convesse superiormente. Finiscono in una punta depressa e con molte grossolane fibrosità. L’entopiastrone esaminato, differisce assai da quello del 7. incrassatus Owen 4, che non è sub-an- goloso anteriormente, bensì arcuato molto largamente, e da quello del 7. gangeticus, che nella parte anteriore è appuntito, e somiglia invece all’ entopiastrone del 7. aegyptiacus del Museo di Pisa. Iopiastrone. Tav. II [II], fig. 16, 17 (sup.); Tav. IMI [III], fig. 24, 25 (sup.) — Le due piastre che costituiscono questa interessante parte del piastrone sono ugualmente ben conservate. Hanno una massima lunghezza di circa mm. 80, considerata assialmente in corrispondenza dell’ apofisi pectiniforme anteriore, una minima lunghezza di mm. 30, situata sul primo terzo esterno della larghezza ed in corrispondenza della maggiore insenatura del margine anteriore, ed una massima larghezza di mm. 180 valutata tra l’estremità digitata esterna e l’angolo retto fatto dal margine laterale interno e dalla sutura con l’ipopiastrone. Il margine esterno, leggermente concavo, è obliquo e parallelo a quello interno che è invece ben poco convesso e frangiato anteriormente. L'espansione apofisale interna è poco estesa, fibrosa, foliacea internamente ed un poco ingrossata anteriormente; quella esterna, più spessa, è divisa in due grosse digitazioni, alquanto schiacciate e molto grossolanamente fibrose. i) Owen. Foss. Reptilia. L. cit., pag. 51, tav. XIX, fig. 2. ©) ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 190, tav. 27, fig. 5. 3 RistoRI. Cheloniani foss. di Montebamboli ecc. L. cit., pag. 18, tav. 1, fig. : 4 Owen. Foss. Reptilia. L. cit., pag. 51, tav. XIX, fig. 1. I Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. {Se} 10 A. FUCINI r [10] L’iopiastrone ora esaminato, sebbene del medesimo tipo di quello del 7y. gergensi H. v. M. ®, dif- ferisce da questo ed anche da quello del 7’. aegyptiacus per maggiore sviluppo della parte interna, per il margine anteriore molto profondamente scavato, in special modo verso i lati, e per la sutura con l’epi- piastrone pur essa assai sinuosa verso i lati. Per tali caratteri esso si avvicina molto all’ iopiastrone del 7». Lorioli Porn. ?) Ipopiastrone. Tav. Il [II], fig. 16, 17 \inf.); Tav. II [III], fig. 24, 25 (inf.). — La parte di destra è perfettamente conservata; quella di sinistra manca di qualche frammento. Anche questi pezzi ossei sono molto più sviluppati sulla metà laterale interna che non sulla esterna, ed hanno una massima lunghezza di circa mm. 90, situata sulla parte interna stessa, una minima larghezza di mm. 27, in corrispondenza della maggiore cavità del margine posteriore, ed una massima larghezza di cirea mm. 190. Il margine esterno segue il contiguo dell’iopiastrone, quello posteriore è profondamente scavato ed il laterale interno angoloso e con la porzione anteriore liscia e la posteriore festonata. L’insenatura, tra il margine posteriore e l’in- terno, che serve all’ingranaggio col sifipiastrone è molto profonda e arrotondata. Le espansioni digitate esterne sono robuste, subconiche e srossolanamente fibrose. Nessun epipiastrone fossile corrisponde completamente all’ esaminato; il più vicino è forse quello del Tr. antracotheriorum Portis ® almeno a giudicarlo dalle parti conservate: sono tuttavia dello stesso tipo anche quelli del 7. vindobonensis Pet. * e del 7r. aegyptiacus del Museo pisano. Sifipiastrone. Tav. II [II], fig. 18; Tav. III [III], fig. 26. — I due pezzi sono ugualmente ben conservati. Hanno forma spiccatamente triangolare con un angolo ottuso internamente e due acuti esternamente, e presentano ciascuno una lunghezza assiale di mm. 105 ed una massima larghezza di mm. 85. Il margine anteriore è obliquo e leggermente concavo; i laterali esterni ondulati; quelli mediani interni, pure ondulati nella parte posteriore, formano una linea spezzata e superiormente anche dentata nella parte anteriore, per la quale si congiungono i due pezzi. Le estremità posteriori di questi, per buon tratto fibrose e prive di callosità, si piegano l’ una verso l’altra; le estremità laterali esterne hanno due punte fibrose che framettono una profonda e arrotondata insenatura per l'ingranaggio con l’ipopia- strone. La superficie inferiore 0 esterna, non molto regolare, presenta, nella parte laterale interna e piut- tosto posteriore di ciascun pezzo, un rilievo arcuato in fuori, cui fa riscontro, nella faccia superiore, una depressione di ugual’forma, come si osserva nel sifipiastrone del 7. gergensi H.v. M.9) Testa. — Tav. II [II], fig. 2-12. La rarità degli esemplari di 7ri0ryx con la testa più o meno conservata rende apprezzabilissimi i resti che io ho presenti, dei quali ho dovuto però tener conto solamente dei migliori, o di quelli che ho potuto riunire, completare o determinare, tralasciandone una quantità assai notevole perchè troppo minuti, spez- zettati ed irriconòscibili. Per il lungo e paziente lavoro di ricostruzione è stato possibile mettere insieme una buona parte del cranio e della mandibola e riconoscere frammenti della mascella superiore sinistra, dell'osso quadrato di destra, degli squamosi, dell’occipitale, e alcuni pezzi dell’ioide. ! ReInacH. Schilekrotenreste. L. cit., pag. 115, tav. XL, fig.1,2. Porms. Les Cheloniens de la molasse vaudoise. Mem. Soc. paléont. Suisse, vol. IX, pag. 55, tav. XXIII. PortIs. Nuovi Chelonii fossili. Estr. Mem. Accad. Se. Torino, serie II, tom. XXXV, pag. 10, tav. I, fig. 4. i Perors. Schildkròtenreste. L. cit., pag. 7, tav. III, fig. 2 © ReInacH. Ibidem. L. cit., pag. 117, tav. XL, fio. d. 3) [11] i A. FUCINI 11 Le varie parti, più o meno conservate, non ci danno criterii per giudicare esattamente la forma della testa; anche il dentale che avrebbe potuto mostrarci i caratteri anteriori di questa, che sono sì importanti, non ci è di grande aiuto per essere mancante anteriormente e per avere i due rami spezzati in maniera da non lasciare riconoscere di quanto precisamente sia la loro apertura. Possiamo nulladimeno essere certi che la testa della nostra 7ri0nyx era assai allungata, allontanandosi dal tipo di quella del Tr. gangeticus ed avvicinandosi a quella del 7. aegyptiacus. Le ossa del cranio infatti hanno uno sviluppo relativamente assai spiccato in senso assiale; i frontali e i prefrontali non fanno una curva discendente in avanti molto spiccata, per cui si può arguire che la testa era depressa, il muso lungo ed acuminato. Anche i rami mandibolari, riuniti e completati nel modo più razionale e in accordo alla loro curva interna ed esterna, presentano un andamento che rafforza questa opinione. Dalle relazioni comparative dei diversi pezzi della testa mi sembra di potere stabilire inoltre che la lunghezza di questa, compresa la spina occipitale, doveva raggiungere almeno i mm. 160, sopra una larghezza approssimativa di mm. 85 o 90 al più. La larghezza della testa era dunque poco più della metà della lunghezza come si riscontra nella testa del Tr. aegyptiacus a me presente, la quale ha una lunghezza di mm. 87 ed una larghezza di mm. 47. Per le considerazioni ora esposte, parrebbe che la testa del 7. pliocericus differisse da quella del Tr. rostratus ARTH.! per avere maggiore lunghezza in rapporto alla larghezza e per il muso più aguzzo e si accostasse invece a quella dell’eocenico 7. Gemmellaroi studiato dal NEGRI >, che però, non foss’altro, ha le cavità orbitali molto più grandi. Prefrontali. Tav. II [II], fig. 2a-c. —- Sono ambedue conservati per il solo terzo posteriore, in connessione con i frontali. Come nel 77. aegyptiacus essi prendono massima parte alla formazione del- l’orbita, il che si riscontra, però in modo molto meno spiccato, anche nel 7. rostratus poco sopra men- zionato, e non avviene quasi affatto nel 7. gangeticus. La loro larghezza è considerevole, raggiungendo in corrispondenza delle orbite i mm. 9 e facendo quindi ritenere che queste ultime si aprissero molto all’esterno e che fossero anche molto grandi. Frontali. Tav. II [II], fig. 2a-e. — Si presentano in ottimo stato; hanno forma subrettangolare e sono lunghi mm. 25 e larghi mm. 15. La sutura mediana è piuttosto semplice sebbene irregolarmente dentellata; così quella a comune con i prefrontali, leggermente angolosa in dietro; più complicate si mostrano le suture con i post-frontali, dentellate molto profondamente e che specialmente quelle con i parietali, possono dirsi veramente limbose. Anche i frontali prendono parte alla formazione dell’orbita, però in modo molto limitato. La cavità orbitale è tuttavia occupata da tali ossa nella porzione superiore e laterale interna fino ai processi discendenti, che la separono dalla cavità cerebrale anteriore, e che non sono fra loro discosti molto spiccatamente. I frontali ora esaminati, in confronto con quelli di ogni altra specie a me nota, vivente o fossile, si presentano con uno straordinario sviluppo posteriore. Postfrontali. Tav. II [II], fig. 2a-c. — I postfrontali sono relativamente piuttosto grandi, decisamente triangolari, con un angolo troncato in corrispondenza della sutura con l’jugale, ed hanno dentellate profon- damente, o limbose, anche le suture con i parietali. Essi, molto più dei precedenti, prendono parte alla formazione dell’orbita che appare, come ho già detto, grande e ‘rotonda, e contribuiscono a formare il ponte, di circa mm. 6 di larghezza, che separa la cavità orbitale dalla temporale. Parietali. Tav. II [II], fig. 2a-c. — Queste ossa non sono di conservazione tanto perfetta, special- i) ARTHABER. Triony® rostratus. L. cit., pag. 193, tav. XXVII, fig. 1, *?) NeGRI. Zrionici cocenici ed oligocenici. L. cit., pag. 11, tav. I; tav. V, fig. 2-5. 12 A. FUCINI [12] mente nel lato posteriore ed in quello inferiore; mostrano però chiaramente tutti i loro caratteri, assai complessi. Superiormente esse hanno una forma triangolare molto allungata ed acuta posteriormente, verso la spina dell’occipitale superiore; inferiormente costituiscono con le porzioni discendenti molta parte delle pareti laterali del cranio, spioventi alla fossa temporale, e sono profondamente scavate sotto agli spigoli laterali che ne limitano le due parti. Imferiormente esse costituiscono, oltre la volta cranica, anche quasi totalmente le pareti superiori delle cavità post-orbitali, molto profonde, che si incuneano quasi sopra alle orbitali e che sono in dipendenza del foro del quinto paio, precedente alle fosse temporali. È naturale che i parietali esaminati, dato lo sviluppo posteriore dei frontali, non siano molto estesi anteriormente e che in questo si differenzino da quelli delle altre specie a me note, nelle quali in gene- rale hanno per di più una minore estensione posteriore, connessa ad una minore acutezza della calotta cranica. Questa, in verità, si trova molto simile alla mia nel 77. aegyptiacus, per non parlare dell’ Aspilus Cortesi, più volte ricordato, che la mostra perfettamente simile. Occipitale superiore. Tav. II [II], fig. 3a-c. — È conservata solo la porzione posteriore costituente la spina, che relativamente non è molto sviluppata. La cresta superiore è sciupata per cui non può cono- scersi la connessione con i parietali. I fianchi sono concavi superiormente, spioventi ai lati, e convessi inferiormente, ove si rimboccano sulla faccia inferiore. Questa resulta scavata longitudinalmente quasi fino all’estremità, con una piega irregolare nel mezzo e con grosse fibrosità terminali. Tale spina occipitale si distingue da quella del 7r. aegyptiucus, perchè relativamente è più minuta e nello stesso tempo più robusta non essendo come im quella specie costituita da lamine molto sottili disposte ad angolo retto fra loro. Mascellare. Tav. II [II], fig. 4a-c. — Sembra trattarsi di un frammento del mascellare di sinistra molto limitato. La sua parete esterna è leggermente concava e quindi è presumibile che la mascella avesse una scavatura longitudinale, simile a quella che si osserva nel 7. aegyptiacus. Il margine alveo- lare non è molto acuto e la superficie interna, assai obliqua, leggermente concava, sale da esso assai spiccatamente verso il palato. Nella parte superiore interna si ha una piccola porzione della cavità nasale. Osso quadrato. Tav. II [II], fig. Sa-e. — Ho solo quello di destra, mancante però di tutta la porzione che costituisce la cassa e dalla parte posteriore a contatto con lo squamoso. Si ha dunque ben conservato l’orlo posteriore arcuato. raggrinzato e con una assai distinta tuberosità obliqua in dentro, e la faccia inferiore con il condilo per l'articolazione con la mandibola. Mandibola. Tav. II [II], fig. 5a-c, 7a, D, 9a-c. — Questa interessante parte della testa è disgraziata- mente in frammenti. Io ho potuto mettere insieme una buona parte anteriore del dentale con porzioni dei due rami mandibolari, i due complementari, dei quali il destro alquanto deficiente, e le due porzioni posteriori con le superfici articolari pel quadrato e quindi con porzioni dell’articolare, dell’angolare e del- l’opercolare e con il soprangolare. La mandibola appare robustissima. La parte anteriore, un poco deficiente all’estremità sinfisaria, ha il margine alveolare largo, obliquo verso l’esterno e sinuoso in maniera tale che si presenta leggermente convesso anteriormente e parecchio concavo posteriormente, ove s’inalza per salire alla apofisi coronoide. Nella parte anteriore il margine esterno si rovescia leggermente e dà origine ad una piccola doccia situata subito al di sotto di esso. La superficie esterna è anteriormente sempre più obliqua. Quella superiore, pianeggiante, ha due fossette: una più grande, più larga, più profonda, che occupa dal lato esterno più della metà della larghezza della superficie stessa, l’altra, assai limitata, si trova sul lato interno e segue l'andamento della precedente. L’apofisi coronoide, costituita oltre che dal complementare anche dal dentale che ne occupava fino [13] i A. FUCINI 13 alla estremità la parte anteriore, come è dimostrato dalla superficie suturale conservata, è irregolarmente arrotondata e fibrosa nella parte superiore; posteriormente è scavata e assottigliata. Il complementare è relativamente poco esteso. Le faccie articolari per il quadrato sono assai scavate a scodelletto nella porzione esterna, apparte- nente all’articolare, che è più estesa di quella interna. Questa inclina in dentro ed è pure concava. I soprangolari costituiscono le cavità assai distinte e allungate con le quali terminano superiormente e posteriormente ambedue i rami mandibolari. La nostra mandibola, in relazione alla lunghezza della testa, si differenzia da quella dei 7r. gangeticus e Tr. rostratus ARTtH.! per maggior lunghezza e si assomiglia molto a quella del 7r. aegyptiacus e spe- cialmente alla mandibola dell’ Asp. Cortesîì Port.® che ho già detto essere però vuote internamente, come nella maggior parte dei 7yrz0nyz, e quindi essenzialmente differenti. Joide. Tav. II [IT], fig. 104-d, 1la-c, 12a,6. — Questa parte della testa, sì rara ad essere trovata fossile, ha conservato integralmente e molto bene il corno grande destro, le porzioni terminali del sinistro e la parte anteriore del corno piccolo di sinistra. Il corno grande, detto anche corno anteriore o thyrohyale, è un osso, come dice il nome, a guisa di corno, di struttura speciale, stravolto, arcuato e contorto leggermente a spira, cilindrico posteriormente, triangolare e compresso anteriormente, ove ha la superficie interna scavata e l’interna irregolarmente convessa. La faccia articolare anteriore è molto grande, subellittica e leggermente concava. La lunghezza è di mm. 73. Sul quarto anteriore e sulla faccia inferiore esterna si mostra evidente una piccola tube- rosità allungata; sulla metà posteriore e sul lato interno si ha poi una cresta contorta e fibrosa. Questa. parte dell’joide somiglia molto alla corrispondente del 7. uegyptiacus, della quale è più irre- golare, più contorta, più irregolarmente angolosa e assai più spiccatamente scavata sul lato anteriore interno, però corrisponde meglio a quella del 7. Bambolii Rist. , che il Ristori erroneamente ritenne per una pòrzione di epipiastrone, e che, relativamente alla sua grossezza, appare alquanto più corta. Il corno piccolo o posteriore o ceratohyale ha conservata solo la porzione anteriore, un poco arcuata e ripiegata in su, la quale ha due spigoli laterali molto netti, specialmente l’esterno, il lato inferiore molto convesso ed il superiore longitudinalmente un poco scavato. La faccia articolare è semirotonda e pianeggiante. In confronto con il corno piccolo dell’joide del 77. aegyptiacus non appariscono differenze. Colonna vertebrale. — Tav. IV [IV], fig. 3-6, 13-26; Tav. V [V], fig. 3-8, 11-14, 18-33. L’imperizia di chi scavò l'esemplare di Zyi0rny% in esame è sopra tutto rivelata dallo stato deplore- volissimo della colonna vertebrale. Nessuna vertebra è illesa. Più o meno bene sono però quasi tutte rappresentate, dalia prima cervicale alle ultime caudali. Io ho dovuto tener conto solamente delle meno deficienti o dei frammenti più grandi o più interessanti, la cui posizione era facilmente più riconoscibile. Nell'insieme la colonna vertebrale mostra, in confronto con le specie a me conosciute tanto fossili quanto viventi, la più grande affinità con quella del 7. aegyptiacus, senza tuttavia corrispondervi, come sarà rilevato nella descrizione delle singole parti. Atlante. Tav. IV [IV], fig. 3; Tav. V [V], fig. 3a,0. — È conservata, e nemmeno molto bene, solo 1) ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 195, tav. XXVII, fig. 2. ?) PoRTIS. Resti di Cheloniani, ece. L. cit., pag. 16, fig. 3. 3) RisrorI. Oheloniani fossili. L. cit., pag. 18, tav. I, fig. 3. 14 A. FUCINI [14] l’apofisi odontoide. Essa ha la faccia articolare posteriore spiccatamente concava e l’anteriore leggermente convessa e suddivisa in tre porzioni che corrispondono alle tre parti dell’atlante, in senso stretto, con le quali articola. La superficie superiore è convessa, e l’inferiore ha assai bene sviluppata, per quanto di deficiente conservazione, la cresta mediana su cui si appoggiava anteriormente l’estremità posteriore del pezzo impari dell’atlante. i Terza (2) vertebra cervicale. Tav. IV [IV], fig. 4; Tav. V [V], fis. 4. — Dato il suo cattivo stato di conservazione, non è facile potere stabilire con sicurezza se la vertebra in esame sia proprio la terza o non piuttosto una delle contigue. Crederei di potere escludere però che si trattasse della seconda perchè il condilo articolare, assai grande, mal si adatta alla superficie articolare posteriore dell’apofisi odontoide e perchè sembra che dovesse avere molto robuste le apofisi trasverse o diapofisi, a siudicarlo dalle superfici di rottura da queste lasciate; non crederei poi che dovesse riferirsi alla quarta poichè un tal posto mi pare meglio assegnato a quella che descriverò subito sotto e che d’altra parte non sembra potere essere la quinta. La vertebra ha una massima lunghezza di mm. 47. La faccia articolare posteriore, molto concava, obliqua dal sotto in su e in avanti, occupa il lato superiore, per cui presenta un margine inferiore spesso, largo e sporgente. La vertebra esaminata, nella parte conservata, corrisponde perfettamente alla terza cervicale del 7. aegyptiacus del Museo pisano. Quarta vertebra cervicale. Tav. IV [IV], fig. 5; Tav. V [V], fig. 5a-c. — Il condilo articolare, alquanto più grande di quello della precedente, giustifica la posizione di successione assegnata alla vertebra in esame, che escludo essere la quinta e tantomeno la sesta, perchè il condilo suddetto non mostra alcuna traccia di divisione come altrimenti dovrebbe mostrare, ed è più sporgente, anzichè no, delle apofisi trasverse. i Del corpo di questa vertebra è ‘conservata parzialmente solo la porzione anteriore. Le apofisi trasverse, delle quali è presente la sinistra, sono sviluppatissime; la faccia articolare anteriore ha forma di vero condilo ed è molta estesa; il foro rachidiano appare piuttosto ampio e regolarmente arrotondato; la su- tura tra le due parti si trova sopra una cresta assai distinta. : La vertebra corrispondente e le contigue del Tr. aegyptiacus hanno la faccia articolare anteriore al- quanto meno grande ed assai meno estesa anteriormente, non sopravanzando le apofisi trasverse; queste vi sono meno sviluppate, e la sutura tra le due parti non si trova su alcuna cresta distinta. Anche le vertebre cervicali del 7r. incrassatus Owen !, del Tr. rostratus ARvH. ?) differiscono per le stesse ragioni. i Settima vertebra cervicale. Tav. IV [IV], fig. 6; Tav. V [V], fig. 64,6.— Appartiene a questa verte- bra un frammento della parte anteriore sinistra, che ha l’ apofisi trasversa non tanto sviluppata e la faccia articolare divisa in due porzioni distinte. Pre e post-zigapofisi. Tav. V [V], fig. 7a,b, Sa-c. — Queste porzioni vertebrali, altrimenti chiamate apofisi articolari anteriori ed apofisi articolari posteriori, sono numerosissime nel mio materiale, però non si può con sicarezza assegnarle ad una anzichè all’ altra vertebra cervicale. La prezigapofisi figurata (fig. 7) per essere ampia, slargata e convessa appartiene ad una delle ultime vertebre, non però alla settima. i) Owen. Monogr. foss. Reptilia. L. cit., pag: 52, tav. XIX, fig..9. 2) ARTHABER. Zrionyx rostratus. L. cit., pag. 197, tav. XXVIII, fig. 13. ]15] A. FUCINI 15 « La postzigapofisi (fig. 8) appartiene probabilmente ad una delle prime vertebre perchè ha la superficie articolare leggermente convessa anzichè concava come, per analogia col 7. aegyptiacus, sarebbe stato se si fosse trattato delle ultime vertebre. Essa, come le altre, presenta superiormente una robustissima cresta che non si osserva uguale in nessuna delle specie da me conosciute, nemmeno nel 7. rostratus ArtH. ® che la presenta già parecchio sviluppata. : Vertebre dorsali. Tav. IV [IV], fig. 13-16; Tav. V [V], fig. 11-14. — Oltre alle quattro figurate, conosciute solamente per i corpi vertebrali, ne ho anche altre rappresentate da numerosi frammenti. Escluderei però che fra queste si trovassero la prima, che ha forma tanto caratteristica e che si rico- noscerebbe anche da un frammento qualsiasi, e l’ultima, o lombare, che è libera. Le due quasi com- plete figurate, sono contigue fra loro e probabilmente si riferiscono alla quinta ed alla sesta. La prima di queste ha una lunghezza di mm. 33 ed una larghezza di mm. 17, considerata anteriormente, tra le su- perfici articolari con le coste, e si presenta assai arcuata in senso longitudinale e, da quel che si può giudicare per lo stato di conservazione, alquanto ‘più larga anteriormente che posteriormente. L'altra vertebra, lunga mm. 28, in confronto con la precedente, è assai meno arcuata. Ambedue sono assai rilevate nel mezzo ed hanno le faccie articolari concave e tagliate obliquamente dal sotto in sopra ed in dietro. Tale ultimo carattere nel 7. aegyptiacus è palese fino alla settima vertebra; nelle vertebre poste- riori avviene in senso opposto. Le vertebre esaminate differiscono da quelle del 7. «egyptiacus per essere meno robuste, quindi relativamente più lunghe e sottili, più rilevate e più arcuate. Vertebre sacrali. Tav. IV [IV], fig. 17, 18; Tav. IV [V|], fig. 18a,6, 19a,6. — La prima è rappre- sentata da una porzione avente l’apofisi articolare per la prima costa sacrale sinistra e la seconda dall’arco neurale mancante delle post-zigapofisi. Della prima posso solo dire che ha la faccia articolare molto grande, ovale, col maggior diametro verticale, con l’apice rivolto in basso, e con la superficie scabrosa, leggermente concava nella parte supe- riore ed un poco convessa nella inferiore. L'altra ha le faccie articolari più piccole, semilunari, alquanto oblique longitudinalmente e discre- tamente concave. L’ apofisi spinosa, molto sviluppata, è bifida come quella delle susseguenti vertebre caudali ed il foro rachidiano ampio e rotondo. In complesso le vertebre sacrali sembrano differire dalle corrispondenti del 7r. aegyptiacus solo che per avere l’ apofisi spinosa più robusta e più spiccatamente bifida. Coste sacrali. Tav. IV [IV], fig. 19-22; Tav. IV |V], 20, 21a-c, 22, 23a, 6. — Stimo bene di de- scrivere a questo punto le coste sacrali, che sono tutte rappresentate. Di quelle di destra è completa solo la prima, la seconda manca di una porzione mediana; delle sinistre è conservata solo la metà distale. La prima, lunga mm. 29,5, presenta il massimo diametro verticale di mm. 10 all’ estremità prossi- male, di mm. 13 a quella distale. Il corpo è sottile ed alquanto contorto ed appena arcuato. L’ estremità prossimale, alquanto compressa, irregolarmente convessa nella parte antero-superiore e leggermente con- cava nell’opposta, ha la superficie articolare un poco convessa, rugosa ed obliqua dal sotto in sopra e infuori. L’estremità distale, grandemente sviluppata e rotondeggiante, è molto scavata inferiormente per la congiunzione con la costa successiva ed ha la superficie articolare per 1’ ilio molto ampia e convessa. La seconda costa sacrale ha l’estremità prossimale piuttosto depressa, convessa inferiormente, con- cava superiormente e con la superficie articolare con la vertebra corrispondente, semilunare, irregolare i) ARTHABHR. 7rionyx rostratus. L. cit., pag. 197, tav. XXVIII, fig. 13. 16 A. FUCINI [16] e rugosa. L’estremità distale, corrispondentemente all’ altra costa, è pure molto sviluppata, subtriangolare, convessa superiormente, un poco concava inferiormente e con la superficie articolare per l’ ilio ampia, convessa e pure triangolare. Le coste ora esaminate hanno uno sviluppo distale molto grande in rapporto al prossimale e perciò si distinguono assai da quelle mostrate dal 7. rostratus ARtH.!, che però non sono complete. Esse si distinguono dalle corrispondenti del 7. aegyptiacus perchè la prima ha il corpo meno arcuato e l'estremità prossimale compressa anzichè arrotondata, e la seconda per avere la parte prossimale depressa e non rotondeggiante, e per la parte distale meno depressa e meno acutamente angolosa posteriormente. Vertebre caudali anteriori. Tav. IV [IV], fig. 23-26; Tav. V [V], fig. 24a, d, 25a-d, 26a-d, 27a, b. — Le vertebre caudali, come è noto tutte proceli, sono in generale molto male rappresentate dai corpi ver- tebrali e dagli archi neurali più o meno incompleti. Per analogia a quel che succede nel 7. aegyptiacus, cioè che la prima vertebra caudale è più corta della seconda, io ritengo che la serie delle mie più com- plete e più grandi rappresentino appunto le prime quattro. L’apofisi trasversa della seconda, così svilup- pata, è un altro argomento in favore di questo modo di vedere, perchè nel 7». aegyptiacus l’ apofisi tra- sversa più grande è quella appunto della seconda vertebra caudale. La prima è lunga mm. 23,5 e larga mm. 15 anteriormente, mm, 15,5 posteriormente, ed ha il lato inferiore alquanto depresso. La seconda ha il corpo lungo mm. 24,5 e largo mm. 15 anteriormente e 13,5 posteriormente, ed un poco più svelto della precedente e meno depresso. Le superfici articolari sono ugualmente ellittiche e allungate trasversalmente. Le apofisi trasverse, delle quali è ben conservata quella di sinistra, come ho già detto, sono molto sviluppate, piuttosto sottili, piegate in su, con l’estremità volta leggermente in dietro e con il margine posteriore assai scavato. L’apofisi spinosa, alta e robusta, arcuata e declive in avanti, è bifida per un solco mediano profondo e angoloso. Il foro rachidiano, piuttosto ampio, si presenta ellittico e col maggiore diametro verticale. La terza è più completa di tutte. Il corpo, lungo mm. 24 e largo mm. 13,5 anteriormente e mm. 10 posteriormente, è più arcuato degli altri, ha le faccie articolari più arrotondate e presenta inferiormente un solco mediano, in special modo accentuato nella parte posteriore, per cui vengono a determinarsi le ipapofisi. Le apofisi frasverse, delle quali è ancora ben conservata solo la sinistra, sono un poco meno sviluppate di quelle della vertebra precedente. L’apofisi spinosa, avente gli stessi caratteri di quella sopra esaminata, mostra una unione notevole con le post-zigapofisi. Queste sono molto ravvicinate fra loro ed hanno le superfici articolari oblique, allungate e leggerissimamente concave. Le prezigapofisi, delle quali è conservata solo la sinistra, hanno piccolo sviluppo e superfici articolari piccole .e leggermente convesse. La quarta vertebra della serie in esame si distingue per avere il corpo suddiviso più spiccatamente nella parte posteriore del lato inferiore e quindi con ipapofisi più distinte e con faccia articolare posteriore più convessa ed arrotondata, mostrandosi alta quanto larga, e per avere le postzigapofisi più divaricate. Il foro rachidiano, sempre ellittico, è ampio quanto quello della vertebra precedente. Le vertebre sin qui esaminate sono certamente dello stesso tipo di quelle del 7. aegyptiacus, però presentano le prezigapofisi meno allungate e quindi più allungate invece le postzigapofisi, e molto più distinto il solco che divide inferiormente 1’ apofisi spinosa e che separa le postzigapofisi. Gli stessi carat- teri differenziali si notano in confronto con le vertebre corrispondenti del 7. rostratus ARA. > i) ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 198, tav. XXVIII, fig. 14. ®) ARTHABER. Ibidem. L. cit., pag. 198, tav. XXVIII, fig. 14, 15. 17 i A. FUCINI 17 | Vertebre caudali posteriori. Tav. V|V], fig. 284,6, 29a,b, 300,b, 31, 32, 334,6. — Dopo quelli descritti vengono i residui di altre sei vertebre. Credo infatti di potere riferire alla sesta caudale la parte anteriore di una vertebra che presenta la faccia articolare anteriore trasversalmente ellittica, le preziga- pofisi relativamente molto grandi e divaricate, ed il foro rachidiano rotondeggiante. Segue un corpo vertebrale incompleto, lungo mm. 15, che per le sue dimensioni sembra succedere alla vertebra testè esaminata e che, in analogia a quel che notasi nel 7. aegyptiacus, si mostra molto arcuato e con faccia articolare anteriore molto obliqua e con la posteriore trasversalmente ellittica. Altre vertebre caudali molto incomplete appartengono probabilmente all’ ottava, alla nona ed alla decima. La vertebra caudale più piccola che io posseggo, verosimilmente l undicesima, è quasi completa, mancando solo della prezigapofisi destra. Essa ha il corpo lungo mm. 9, largo mm. 6 anteriormente e mm. 5 posteriormente, rotondamente acuto nel lato inferiore, non molto arcuato, e con faccie articolari slargate trasversalmente. Le apofisi trasverse e la spinosa sono appena distinte. Le prezigapofisi si pre- sentano piuttosto divaricate, le postzigapofisi invece assai ravvicinate e molto piccole. Il foro rachidiano, col diametro massimo di quasi mm. 2, è leggermente ellittico in senso trasversale. La vertebra testè descritta rivela le notevoli differenze che intercedono tra le ultime caudali del Tr. pliocenicus e quelle del 7r. aegyptiacus le quali in avanti si erano mostrate molto simili. Nella specie . vivente le ultime caudali, dalla settima in poi, hanno infatti il corpo più largo che lungo, schiacciato in- feriormente, e ‘le apofisi trasverse moltissimo sviluppate. Con differenze assai notevoli si presentano anche le ultime vertebre caudali del 7. messelìianus REIN. ! Cintura scapolare. — Tav. VI [IV], fig. 1, 2; Tav. V [V], fig.1,2. Non è molto facile avere conservate fossili le ossa della cintura scapolare, che ha caratteri specifici tanto importanti, e tanto meno è facile averle unite, come accade per le mie di sinistra. L'interesse maggiore che è dato dal loro studio, per me, riguarda sopratutto la notevole loro somi- glianza con quelle del 7. gangeticus, secondo che vengono figurate dal CuviER ?! specialmente in riguardo al coracoide. Scapola. Tav. IV [IV], fig. 1a, 2a; Tav. V [V], fig.1@,0, 2a. — Manca quasi completamente a destra, ove se ne ha solo la porzione basale unita alla clavicola ed è discretamente conservata a sinistra. È un osso lungo mm. 101 dall’estremità alla sutura col coracoide, con mm. 10 di larghezza all’estremità stessa e con almeno mm. 13 della medesima larghezza in prossimità della base, ed è schiacciato obliquamente. All’estremità si presenta ugualmente convesso sulle due faccie, alquanto ripiegato verso il dorso e con grosse fibrosità; alla base è convesso inferiormente, concavo dorsalmente, presentando poi una solcatura an- teriore assai distinta (Tav. V [V], fig. 10) della quale però non può seguirsi la forma per insufficiente con- servazione della parte prossimale. La sola differenza mostrata da questo osso, paragonato col corrispondente del 7. aegyptiacus, con- siste nella presenza della solcatura anteriore la quale oltre che in tale specie vivente manca anche nella scapola del 7. senensis Rist. 3) i ReinacH. Schildkròtenreste. L. cit., pag. 119; tav. XLII, fig. 2. 2) CuviER. Recherches sur les Ossements fossiles, pl. 240, fig. 13. 3) RisTORI. Cheloniani fossili ece. L. cit., pag. 28, tav. I, fig. 6. Palaeontographia itàlica, vol. XVIII, 1912. 18 A. FUCINI [18] Clavicola.Tav. IV [IV], fig. 16, 25; Tav. V [V], fig. 10,5, 2a,6. — È conservata in frammenti sul lato destro, assai bene invece sul sinistro dal quale si rilevano tutti i caratteri. La sua lunghezza, conside- rata dalla sutura con il coracoide, è di mm. 98, la sua larghezza massima all’estremità di mm. 22 e la larghezza minima di mm. 13, presso la base. È un osso alquanto stravolto, schiacciato, slargato a spa- tola all’ estremità, presso la quale si piega leggermente in giù, convesso ventralmente e concavo supe- riormente alla base, con margini, anteriore e posteriore, acuti e con andamento generale sinuoso. L’an- golo che esso fa con la scapola è di circa 40 gradi ed alquanto più piccolo di quello determinato dalle ossa analoghe del 7. aegyptiacus a me presente, del 7. vindobonensis Pet. ®, e del Ty. incrassatus ® . Coracoide. Tav. IV [IV], fig. le, 26; Tav. V [V], fig. 1a-c, 2a-c. — Questa parte scheletrica, che, data la sottigliezza e fragilità, si trova tanto difficilmente fossile, è per noi molto interessante poichè si mostra nella sua integrità, unita alla scapola ed alla clavicola di sinistra. A destra essa è rappresentata solo che da una porzione basale in connessione con la scapola-clavicola. Dalla estremità glenoidale a quella epicoracoidea misura una lunghezza di mm. 135; dal margine interno all’esterno ha una larghezza massima di mm. 45, situata sul primo terzo posteriore della lunghezza; la minore larghezza di mm. 16 si trova presso la base. È un osso sottilissimo specialmente presso l’esterno, ove ha un margine assai regolarmente arrotondato. Il margine interno è piuttosto ingrossato e concavo, in special modo presso la base, e quello posteriore, cui s’attacca la cartilagine epicoracoidea, si mostra troncato obliquamente ed un poco sinuoso. La superficie dorsale, convessa nella parte mediana, che è assai estesa, si presenta de- pressa tanto in continuità del margine esterno, quanto dell’interno; l’ inferiore poi segue l’andamento della superiore. La cavità glenoidale è piuttosto profonda, ha forma obliquamente ovale, essendo un poco più larga sul lato interno che nell’esterno, ed'ha margini rilevati e leggermente ondulati. Essa è costituita quasi completamente dalla clavicola e dalla scapola: il coracoide ne costituisce poco più della quarta parte esterna. La sutura che unisce questo pezzo osseo a quelli studiati più sopra non è ben conservata. Il coracoide esaminato, che lio già detto corrispondere assai a quello dei 7. gangeticus, differisce da quello del 7. aegyptiacus per essere più dilatato posteriormente, più uniformemente e maggiormente de- presso in contiguità dei margini laterali, dei quali l’interno è assai più sinuoso sopra tutto presso la base, e differisce anche per l’angolo determinato dal margine interno con la scapola, il quale è più piccolo, e per l’angolo determinato ‘dalla faccia superiore con la scapola stessa, che è invece più grande, trovandosi scapola e coracoide quasi sullo stesso piano. Il coracoide figurato dal DeLFORTRIE 5 è molto simile a quello del Tr. aegyptiacus; quello del 7. incrassatus OweN ‘, sembra essere vicino al nostro, per quanto si può arguire dal suo stato imperfetto di conservazione. Cintura pelvica. — Tav. IV |IV], fig. 11, 12, 27, 28; Tav. V|V], fig. 9, 10, 15-17. I varì ossi della cintura pelvica, specialmente quelli riguardanti il pube e l’ischio, si presentavano ridotti in un gran numero di sparsi, incoerenti e minuti frammenti. Non è quindi da meravigliare se è 1) PemeRs. Schildkrotenreste. L. cit., pag. 7, tav. I, fig. 4. ® Owen. Monogr. foss. Reptilia. L. cit., pag. 53, tav. XIX, fig. 4. 3) DELFORTRIE. Les chelorniens du miocène supérieur de la Gironde, Estr. Atti d. Soc. Linn. de Bordeaux, tom. VII, 4.° livr., pag. 28, tav. 26, fig. 27 D. j 4 Owen. Monogr. foss. Reptilia. L. cit., pag. 54, tav. XIX, fig. 5. A. FUCINI 19 [19] occorso un lungo e paziente lavoro di ricostruzione per renderli allo stato in cui vengono ora descritti e fisurati. Moltissimi pezzi sono tuttavia rimasti senza trovare posto e fra questi probabilmente alcuni del- l’ischio destro, che sarebbe stato tanto interessante conoscere completamente. Pube. Tav. IV [IV], fig. 11, 12: tav. V [V], fig. 9, 10a-c. Tanto a destra quanto a sinistra ha con- servate presso a poco le stesse parti, che naturalmente sono fra le più massiccie. Partitamente con- siderato presenta una massima larghezza di mm. 113, posta tra la sutura con l’ischio e la tuberosità , anteriore cui è attaccata la cartilagine dell’epipube, ed una massima larghezza di circa mm. 90, situata tra la sinfisi e l'angolo esterno. La parte dilatata ha la superficie ondulata, in rapporto a due depres- sioni raggianti dalla base, che si osservano inferiormente, e delle quali una si slarga verso il margine esterno ed una, più grande, nel senso opposto, ove si estende per tutta la sinfisi ed è specialmente di- stinta in avanti. Naturalmente fra le due depressioni resta interposta una parte convessa, che si dirige pure in avanti. Non è possibile stabilire con sicurezza quanto sta. estesa assialmente la sinfisi, però è a credersi parecchio, considerando la curva e la posizione della tuberosità anteriore e lo spessore della sua super- ficie articolare, nella porzione posteriore conservata. Il margine posteriore interno fa un angolo appena ot- tuso con la sinfisi ed è rettilineo: l’esterno, quasi sulla stessa linea dell’altro, è leggermente concavo. La parte non dilatata è relativamente breve, alquanto depressa, pianeggiante dorsalmente, e convessa infe- riormente, in special modo verso il margine interno. La base ha le due faccie articolari coll’ischio e con l’ilio non ben conservate, però evidentemente più estese di quella che prende parte a formare la cavità cotiloide. Il pube. del 7. pliocericeus, che è del medesimo tipo di quello figurato dall’Owen ! per un Zrionyx assai più antico, mentre si differenzia grandemente dal pube del 7. gangeticus, trova moltissima somi- glianza con quello del 7. aegyptiacus del Museo pisano. Da questo esso è solo differente per la parte non dilatatà più breve e per il margine posteriore esterno più concavo e meno obliquo in avanti. Ischio. Tav. V|[V], fig. 17. — Come ho già detto appartengono a quello destro alcuni frammenti per i quali sembrerebbe che esso avesse uno sviluppo considerevolissimo. L’ unico riconoscibile di questi si riferisce all’ischio destro ed è solamente interessante perchè mostra ben conservata la superficie che prende parte a formare la cavità cotiloide e che ha la stessa estensione e la stessa forma, però in senso opposto, di quella contigua appartenente al pube. Ilio. Tav. IV [IV], fig. 27, 28: Tav. V [V], fig. 15a-c, 160, 6. — Ho presente quello di destra completo e la metà posteriore, o sacrale, di quello di sinistra. E un osso molto caratteristico. E arcuato, contorto, alquanto compresso, subangoloso sulla parte centrale, ove presenta una piccola tuberosità superiore, e si slarga un poco verso l’estremità sacrale. Qui esso presenta la superficie inferiore quasi piana e ornata da fibre piut- tosto sottili, e quella dorso-laterale molto convessa e con fibrosità molto grossolane, nonchè margine in- terno molto spesso ed interno assottigliato. All’estremità anteriore tale osso si presenta molto ingrossato, subtriangolare e con le faccie articolari col pube e con l’ischio, piane, romboidali, assai più sviluppate di quella subtriangolare, che prende parte alla formazione della cavità cotiloide. Questa resulta assai profonda ed a contorno subtriangolare, con gli angoli molto arrotondati e con i lati leggermente concavi, in particolar modo l’inferiore. Nessuna differenza notevole intercede tra l’ilio ora descritto e quello del 7r. «egyptiacus, se si ec- cettua uno sviluppo relativamente un poco maggiore nei rapporti con le altre ossa del bacino. 1) Owen. Monogr. foss. Reptilia. L. cit., tav. XIX D, fig. 5. 20 A. FUCINI [20] Le ossa iliache del 7r. incrassatus figurato da OwEeN #, appaiono meno arcuate e meno slargate al- l'estremità sacrale. Arti anteriori. — Tav. III [III], fig. 1-20, 27-33. Quello di sinistra, cui appartengono l’ omero e la maggior parte delle falangi esaminate è meglio conservato prossimalmente e distalmente; il destro ha invece migliore conservazione nella parte media. Al primo mancano dunque completamente il cubito; il radio; tutte le ossa del carpo; il secondo, terzo e quinto metacarpale; la quarta falange prossimale, la quinta media, e la quarta e quinta distale. Al secondo fanno difetto buona porzione dell’ omero; 1’ intermediale; il centrale; il quinto metacarpale; il quinto carpale: la terza, la quarta e la quinta falange prossimale, e quasi tutte le falangi medie e distali. Omero. Tav. III [III], fig. 1a-e. — Come ho detto testè ho il sinistro; per quanto sia un poco deficiente tra la testa e la tuberosità esterna, si può dire tuttavia essere di buona conservazione. Dalla sommità della testa all’ estremità distale misura mm. 106 e dall’ estremità posteriore della testa stessa all’ ante- riore della tuberosità esterna mm. 48; il massimo diametro dell’estremità distale è di mm. 35. Nell’ in- sieme esso rassomiglia molto all’omero del 7r. aegyptiacus ed alla stessa guisa di questo non si presenta esageratamente arcuato, come ad esempio si osserva nel 7. rostratus ARTH. È La testa, spostata al- l’indietro forse un poco più che in quest’ultima specie, ma meno che nell’aegyptiacus, è robusta, molto convessa, elissoidale ed obliqua. Il collo resulta netto e distinto. La tuberosità interna, molto sviluppata e subangolosa esteriormente, è separata dalla testa da un incavo molto profondo, assai più di quello del Tr. aegyptiacus e, fatto che non si verifica in questa ultima specie, ha una cresta prossimale piuttosto distinta (Tav. IMI [III], fig. 1e), la quale scende nella fossa interposta tra le due tuberosità e risale poi fin presso all'orlo superiore della tuberosità esterna. Un simile carattere si riscontra, presso a poco, anche nel 7r. rostratus ArtH.3 La tuberosità esterna, molto meno sviluppata della precedente, è allungata tra- sversalmente, arcuata ed assai ripiegata in su. Il corpo, prossimalmente subtriangolare arrotondato, si slarga e si appiattisce verso l'estremità distale. Questa si presenta un poco convessa posteriormente e concava anteriormenté,. in special modo in corrispondenza della cavità coronoide, ed ha la superficie ar- ticolare il doppio circa più lunga che larga e divisa in due porzioni disuguali da un incavo trasversale obliquo. La fessura epicondiloidea è ristrettissima, subterminale e preceduta da una doccia ben distinta, che si slarga e svanisce verso la parte media del corpo. Cubito. — Tav II [III], fig. 2a-f. — Ho conservato solamente il destro. È lungo mm. 55 ed ha mm. 18 di diametro massimo prossimale e mm. 15 di massimo diametro distale. Il corpo, assottigliato e irregolarmente poligonale, ha una cresta imterossea distinta ed un margine esterno assai arcuato. L'e- stremità prossimale, assai più voluminosa della distale ed alquanto compressa, presenta una depressione dorsale a margini distinti ed una cresta inferiore. La superficie suturale col radio è piuttosto ampia. La sua faccia articolare mostra assai evidenti le cavità sigmoidi. L’ estremità distale, subtriangolare, ha una ben distinta cresta suturale con la parte esterna del radio e la faccia articolare, per massima parte assai convessa, con una leggera cavità in rapporto con l’intermediano. 1) Owexn. Monoyr. foss. Reptilia. L. cit., pag. 54, tav. NIX, fig. 6. 2) ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 190, tav. XXVIII, fig. 16. 3) ARTHABER. /bidem. L. cit., pag. 190, tav. XXVIII, fig. 16. [21] i A. FUCINI 210 « Radio. Tav. II [III], fig. 3a-f. — Ho il destro. Più esteso del cubito, il radio ha una lunghezza, di mm. 60, un massimo diametro anteriore di mm. 14 ed un diametro massimo distale di mm..16. Il corpo, un poco arcuato verso l'interno e concavo verso l'esterno, è subcilindrico ed un poco depresso esterna- mente. L’estremità prossimale, leggermente piegata, è semicilindrica, avendo la parte interna convessa e l’esterna troncata in corrispondenza dell'attacco col cubito, per il quale mostra una superficie suturale leggermente convessa; ha la faccia articolare semicircolare, obliquamente scendente all’interno e. spicca- tamente concava. L’ estremità distale resulta assai compressa, convessa dorsalmente, concava assai. infe- riormente e subangolosa sui lati, specialmente sull’esterno, ove si ha una cresta parecchio distinta, con una superficie d’attacco con il cubito; la sua faccia articolare, irregolarmente gibbosa, ha due rilievi. late- rali, in rapporto con l’intermediale e col primo carpale, ed una cavità intermedia in corrispondenza del radiale. Tanto il cubito quanto il radio non presentano differenze notevoli con le ossa omologhe del, 7. aegyptiacus. Il radio del 7. rostratus ARTH.! presenta il corpo un poco arcuato e l’ estremità distale meno svi- luppata in rapporto con la prossimale. Cubitale. Tav. III [III], fig. 4a-d. — È il destro. Ha forma irregolarmente esagonale; misura mm. 10 di lunghezza e mm. 11 di larghezza; è biconcavo; dorsalmente si presenta scavato in senso trasversale, in- feriormente a guisa di scodelletto. Il lato prossimale, assai ingrossato, mostra una ampia, rotonda e con- cava superficie articolare col cubito; il distale, leggermente arcuato, è un poco scavato trasversalmente; l’esterno, angoloso e piuttosto attenuato, mostra una superficie articolare, col pisiforme, triangolare e con- vessa; il lato interno infine, pure angoloso, assai spesso, ha le superfici articolari con l’intermediale e col centrale concave e simili fra loro. Nessuna differenza notevole si rileva col cubitale del 7. aegyptiacus, nè con quello del Tr. rostratus ARTH. 3 Pisiforme. Tav. IN [III], fig. 5a, 5. — Ho il destro. È irregolarmente ovale: ingrossato assai al lato interno ed un poco meno a quello esterno, ed ha la parte superiore convessa e leggermente angolosa e l’inferiore concava. i Radiale. Tav. III [III], fig. 6a, 6. — Ho ancora il destro. È un ossetto molto irregolare, di forma non ben definita. In confronto con quello corrispondente del 7. rostratus 3 si presenta un poco più allun- gato trasversalmente. Primo carpale. Tav. III [IMI], fig. 7a, 6. — È quello di destra. Di forma irregolarmente lenticolare, ha la parte prossimale convessa in modo assai spiccato. È più arrotondato dell’omologo del 7. rostratus ARTH. 4) Secondo carpale. Tav. III [III], fig. Sa-c. — È pure il destro. Fra i carpali è il più grande ed avendo notevole sviluppo trasversale sorpassa di gran lunga gli altri sul lato palmare, come accade anche nel Tr. aegyptiacus. La parte dorsale, ingrossata e gibbosa, apparisce obliquamente tagliata dal lato interno dalla superficie articolare col primo carpale, la quale è leggermente concava. La parte palmare pure in- grossata, però in modo meno spiccato, ha forma trasversalmente ovale, ristretta e troncata a contatto del secondo carpale. 2) = ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 191, tav. XXVII, fig. 6. ARTHABER. Ibidem. L. cit., pag. 191, tav. XXVII, fig. 7,8. ARrTHABER. Ibidem. L. cii., pag. 191, tav. XXVII, fio. 7,10. 4 ARTHABER. Ibidem. L. cit., pag. 191, tav. XXII, fig. 7, 11. uu DI Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. . 3 DI A. FUCINI [22] Terzo carpale. Tav. II [IMI], fig. 9a-c. — È il destro. Si presenta allungato, compresso lateral- mente, ingrossato e gibboso dorsalmente, attenuato e sempre gibboso inferiormente. Quarto carpale. Tav. III [III], fig. 104-ce. — È ancora il destro. Non è come i precedenti allungato verticalmente. Ha la parte dorsale molto ingrossata e irregolarmente gibbosa, compressa lateralmente, e con superficie articolare col quinto carpale, distinta, arrotondata ed un poco concava. La parte inferiore, alquanto deficiente sul lato interno, sembra più attenuata che nel 7. aegyptiacus. Quinto carpale. — Potrebbe riferirsi al sinistro un ossetto piuttosto compresso, con due piccole protuberanze dorsali distintamente separate fra loro e attenuato inferiormente. Internamente mostra una faccetta articolare assai estesa e pianeggiante che potrebbe essere quella col carpale precedente. Stante la non sicura determinazione di esso non ho creduto bene di figurarlo. Primo metacarpule. Tav. III [III], fig. 1la-c. — Tanto il sinistro quanto il destro mancano del- l'estremità distale. Il corpo, assottigliato, è più convesso dorsalmente che inferiormente. L’estremità pros- simale, molto ingrossata, irregolarmente gibbosa, con mm. 14 di diametro massimo, presenta una faccia articolare trasversalmente cuoriforme, con cercine laterale prodotto dall’articolazione col carpale corrispon- dente, ed è alquanto scavata dal lato del secondo metacarpale, al quale in parte si soprammette. Secondo metacarpale. Tav. IMI [III], fig. 124-e. — È il destro. Ha mm. 28 di lunghezza, mm. 11,5 di diametro massimo ‘prossimale, mm. 12 di diametro massimo distale. Il corpo un poco arcuato inferior- mente ed alquanto contorto, si presenta più appianato sul lato palmare che non su l’opposto e spiccata- mente angoloso sul lato esterno, ove distalmente ha una cresta rugosa interossea. L’estremità prossimale, ingrossata e subprismatica, ha la faccia articolare subtrapezoidale ed assai concava. L’ estremità distale assai depressa, con una piccola tuberosità -dal lato esterno, alla quale termina l’angolosità del corpo, ha la faccia articolare subcilindroide. Nel metacarpale omologo del 7. aegyptiacus manca quasi completamente l’angolosità del lato esterno . del corpo e questo è un poco meno arcuato. Terzo metacarpale. Tav. II [III], fig. 13a-d. — È il destro. Presenta gli stessi caratteri del pre- cedente; .però è più lungo, più gracile, non tanto arcuato inferiormente, nè tanto angoloso esternamente. Misura mm. 33 di lunghezza e mm. 9 di massimo diametro tanto prossimale, quanto distale. Quarto metacurpale. Tav. II [II], fig. 140,0, 20. — Tanto il destro quanto il sinistro non hanno benissimo conservata l’estremità distale. E un osso molto gracile, lungo mm. 31, col corpo diritto, cilindrico, e con l’estremità prossimale, uniformemente ingrossata, avente la superficie articolare arrotondata e concava. Quinto metacarpale. Tav. III [III], fig. 29a, 6. — Credo di potere riferire all’estremità prossimale del sinistro un frammento slargato lateralmente e con faccia articolare obliquamente triangolare ed al- quanto convessa. Il terzo, il quarto ed il quinto metacarpali non mostrano differenze con i corrispondenti del 7. aegyptiacus. Prima falange prossimale. Tav. II [III], fig. 154,0, 27a-e. Come ho già avvertito ho in esame tanto quella di sinistra, quanto quella di destra, non di ottima conservazione. La sua lunghezza giunge a mm. 30, il suo massimo diametro prossimale a mm. 12, e quello distale a mm. 8. Essa corrisponde molto bene all’omologa del 7. aegyptiacus e differisce da quella del 7. rostratus ARTH.! per essere meno ro- busta, più allungata e più diritta. Seconda falange prossimale. Tav. III [III], fig. 164-e. — La destra è ben conservata, la sinistra i ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 191, tav. XXVII, fig. 7, 13. (i Do (D0) (nt bp hr (el Q = n di UN ui ha solo l'estremità distale. Misura mm. 26 di larghezza, mm. 11 di massimo diametro prossimale e mm. $ di quello distale. Come la precedente ha il corpo subcilindrico, l’estremità distale alquanto ingrossata e con la tipica superficie articolare bipartita a troclea, e la estremità prossimale, molto allargata, con la superficie articolare concava in senso trasversale e con l’apofisi inferiore bene sviluppata; è però al- quanto più gracile, più corta, più diritta e con i caratteri articolari meno spiccatamente decisi. Terza falange prossimale.Tav. II |III], fig, 23a-d. — Mancando la destra prendo in esame quella di sinistra. Ha mm. 28 di lunghezza, mm. 10 di diametro massimo prossimale e mm. 7 di quello distale Naturalmente è del tipo delle precedenti, però, oltre ad una maggior lunghezza che la rende più svelta, presenta il corpo superiormente angoloso in senso longitudinale. Quest'ultimo carattere appare più distinta- mente nel 7. aegyptiacus. Quarta falange prossimale. Tav. IN [III], fig. 33a-d. — Ho in esame la sinistra. Ha forma molto caratteristica. La sua lunghezza è di mm. 22, il suo massimo diametro prossimale, che a differenza di quello della precedente non è trasversale, di mm. 7 ed il distale di mm. 4, 5. Il corpo è cilindrico distalmente, compresso prossimalmente; l'estremità prossimale, avente leggera cavità ligamentare interna, ha una su- perficie articolare obovale, obliqua e pianeggiante; l'estremità distale, non ingrossata, quadrangolare, pre- senta una superficie articolare assai poco distintamente bipartita. Prima falange media. Tav. II [III], fig. 17a-d. — Ho solo quella di destra e la riferisco all’arto anteriore perchè è più grande e più tozza di ogni altra, in accordo a quello che si osserva nell’esem- plare di 7. aegyptiacus a me presente. Per il pollice è la falange unguale. Sebbene mancante di una buona porzione terminale, si scorge evidentemente che essa è molto robusta e parecchio arcuata, special- mente verso la parte palmare. La parte dorsale, conseguentemente, resulta molto rigonfia e convessa, l’inferiore invece piuttosto scavata, in special modo presso i margini ricoperti dall’unghia. L’ estremità prossimale è rotondeggiante, divisa in due faccette disuguali da una prominenza submediana e presenta una superficie articolare molto incavata. In confronto con l’osso omologo del 7. aegyptiacus si avverte una maggiore robustezza ed una più spiccata curvatura. Seconda falange media. Tav. II [III], fig. 304-e. — Appartiene all’arto sinistro. Misura mm. 18 di lunghezza, mm. 8,5 di massimo diametro prossimale e mm. 8 di massimo diametro distale. È un osso molto tozzo, che ben si riconosce dagli analogi degli altri diti. Si presenta pianeggiante inferiormente, con netti margini laterali, arrotondato superiormente, ove si restringe e si prolunga nell’apofisi prossimale appuntata. La superficie articolare distale è simile a quella delle falangi; la prossimale, cuoriforme, molto concava, è bipartita in due faccette per modo che la porzione interna resulta un poco più estesa dell’altra. La corrispondenza con l’omologa del 7. aegyptiacus è perfetta; non così resulterebbe, stando alla de- terminazione del ArtHABER”, con quelia del 7. rostratus, la quale non è improbabile, a mio parere, che appartenga al dito successivo. Terza falange media. Tav. IM [III], flg. 32a-c. — Ho presente la sinistra. E simile alla precedente, però molto meno tozza; ha mm. 23 di lunghezza, mm. 7,5 di massimo diametro prossimale e mm. 7 di quello distale. Confrontata con quella del 7. rostratus, a mio credere, come ora ho detto, erroneamente riferita al secondo dito dall’ARTHABER, appare meno voluminosa e non arcuata superiormente. Quarta falange media. Tav. IN [III], fig. 31a, 6. — Riferisco alla quarta sinistra la metà distale di una falange che corrisponde perfettamente all’omologa del 7r. aegyptiacus del Museo pisano, e che ha l’estremità distale compressa lateralmente, ripiegata inferiormente e a superficie articolare, ristretta e con- vessa e non altrimenti a distinta puleggia. 1) ARTHABER. Yrionyx rostratus. L. cit., pag. 192, tav. XXVII, fig. 7, 14. 24 A. FUCINI |24| Seconda falange distale. Tav. IMI [III], fig. 18a-c. — È una falange unguale, mancante dell’estre- mità distale, che io ritengo riferibile alla seconda dell’arto anteriore destro. Somiglia alla falange unguale, prima falange media, del pollice; però è meno convessa dorsalmente, meno arcuata lateralmente e verso il lato palmare ed ha il margine esterno più acuto. Le incisure per l’attaccamento dell’ unghia, distinta- mente situate sul lato palmare, sono a guisa di incavi allungati e assai profondi e dei quali l'esterno è il più profondo. L’estremità prossimale ha la cavità articolare non molto profonda, però bipartita eviden- temente, e le apofisi, dorsale e palmare, ben poco sviluppate. Terza falange distale. Tav. III [III], fig. 19a-c. — Come la precedente è una falange unguale mancante dell’estremità. Evidentemente si riferisce ad una terza ed io crederei a quella dell’arto ante- riore destro. Essa appare poco arcuata verso il lato palmare, punto verso i laterali; molto schiacciata, poca convessa e subangolosa sul lato palmare; con margini acuti e con incisure per l’attaccatura dell’ unghia molto grandi, poste lateralmente ed interessanti anche il lato dorsale. L’estremità prossimale è poco in- grossata ed ha la cavità articolare ben poco spiccata. Le falangi distali, ora e più sopra esaminate, differiscono da quelle del 7r. aegyptiacus per essere più arcuate, in special modo lateralmente, il che però in gran parte dipende dal diverso sviluppo degli individui. Arti posteriori. — Tav. II [II], fig. 1; Tav. IV [IV], fig. 7-10, 29-44; Tav. V [V], fig. 34-39. Il destro è molto incompleto; manca di tutte le falangi, di tutte le ossa del tarso e del quinto me- tatarsale; della tibia e del perone ha conservato solo la porzione distale; del femore mostra una parte del corpo e l'estremità prossimale. Il sinistro è invece quasi completo; mancano tuttavia le ossa del tarso, eccettuato l’astragalo, la quinta falange prossimale, la quinta media, e la seconda, quarta e quinta distale; il femore, il quinto metatarsale e la terza falange prossimale sono però alquanto deficienti. Gli arti posteriori del nostro Zri0nyx si fanno distinguere per il notevole sviluppo in lunghezza dei loro elementi e specialmente delle falangi prossimali. Femore. Tav. IF[II], fig. 1a-d. — E una porzione del destro, costituita da parte del corpo e dall’e- stremità prossimale, e non ha buonissima conservazione. Il corpo è molto arcuato dorsalmente ed assai arrotondato; ha però il lato ventrale un poco meno convesso dell’opposto. La parte prossimale ha la testa bene sviluppata, con mm. 25 di massimo diametro e mm. 16 del minimo, ellissoidea e con collo assai distinto. La tuberosità trocanterica maggiore; molto estesa, è alta quanto la testa; la minore manca. Nel 7r. aegyptiacus del Museo di Pisa, il trocantere maggiore è meno sviluppato, essendo più basso della testa, nel 7r%0nyx di Hernals ! appare invece sviluppato maggiormente; corrispondenze notevoli sembrano però intercedere col Zrionya vèindobonensis Pet. > Tibia.Tav. IV [IV], fig. 9a-e, 440, b. — Alla destra manca una buona porzione prossimale, alla sinistra, quasi completa, solo una piccola porzione del corpo. Fra luna e l’aitra si possono rilevare al completo tutti i caratteri, eccettuata la lunghezza che si ha solo approssimativamente. Questa è di mm. 80, circa, il massimo diametro prossimale di mm. 25, quello minimo di mm. 18 ed il massimo distale di mm. 17. Il corpo è subprismatico triangolare. La cresta tibiale, assai distinta ed acuta, si allarga prossimalmente i) PprERrs. Schildkròtenreste. L. cit., pag. 9, tav. III, fig. 5a. 2) Peters. Ibidem, tav. I, fio. 6. [25] A. FUCINI À 25 fino alla tuberosità omonima che non è molto spiccata. Sulla cresta interossea, a metà della lunghezza del corpo si trova una distinta tuberosità rugosa incavata, allungata ed obliqua, per l'attacco del liga- mento. L’estremità prossimale è molto voluminosa, subquadrangolare-rombica, a lati più o meno incavati, a margini irregolari e a superficie articolare con cavità interna molto distinta. L’estremità distale, rela- tivamente poco ingrossata, alquanto compressa, ha una cavità glenoide, arcuata obliqua e limitata da due apofisi laterali, delle quali l’interna più alta e più sviluppata dell’altra. Questa tibia corrisponde molto bene a quella del aegyptiacus, nella quale però il corpo è più roton- deggiante, meno angoloso'e con assai meno spiccata tuberosità sulla cresta interossea. Differisce dalla tibia del 7. rostratus ARTH.P, per essere più ingrossata distalmente e per le superfici articolari più oblique verso il dorso, da quella del 7rionyx di Hernals, figurata dal PerERS 2, per avere invece, le su- perfici articolari molto meno inclinate esternamente. Perone. Tav. IV [IV], fig. 7a, 6, 10a-c. — Il perone di destra è rappresentato dall’estremità distale, quello di sinistra manca invece di questa estremità. È un osso parecchio sottile, torto sul suo asse, con la lunghezza non minore di mm. 80, col diametro massimo prossimale di mm. 10,5 e con quello distale di mm. 16. Il -corpo, assai compresso, con cresta interossea bene sviluppata e margini superiore e inferiore abbastanza acuti, si arrotonda prossimalmente e diviene prismatico-triangolare distalmente. L’estremità prossimale, rugosa e fibrosa sotto il margine articolare, ove si nota un piccolo ristringimento a guisa di collaretto e dal lato esterno una distinta depressione ligamentare, ha la superficie articolare cuoriforme e molto convessa ed è piegata verso l’ interno. L’ estremità distale ha la superficie articolare obliqua, poco convessa e che si alza sul lato interno ove, corrispondentemente, il margine si rovescia leggermente. Il perone esaminato differisce da quello corrispondente del 7. aegyptiacus per avere molto più di- stinta la depressione rugosa ligamentare, situata sotto il margine articolare esterno dell’estremità prossi- male, carattere che, non è affatto distinto nel 7. rostatus ARTH. il quale non mostra nemmeno la stessa estremità prossimale piegata all’interno. Astragalo. Tav. IV [IV], fig. 29a-d. — Ho presente il sinistro che manca di una piccola porzione in- feriore prossimale. Dorsalmente si mostra pentagonale in modo irregolare e concavo: dal lato plantare mostra una superficie longitudinale incavata ed una grossa tuberosità interna, ovoide, allungata. Delle sei superfici articolari, le più grandi sono quelle con la tibia, avente una spiccata prominenza submediana obliqua, quella con il perone, quasi verticale e leggermente incavata, e quella con il quarto tarsale, obliqua , e molto profondamente concava; vengono dopo quelle con il primo, secondo e terzo tarsale sempre meno evidenti, specialmente le ultime due le quali sono anche fra loro non bene distinte. Primo metatarsale. Tav. IV [IV], fig. 300-e. — Ho presenti, la metà distale del destro ed il sinistro completo. Questo ha mm. 29 di lunghezza, mm. 16,5 di massimo diametro prossimale, che è trasverso, e mm. 12 di quello distale. Il corpo, piuttosto attenuato e schiacciato, ha la superficie dorsale convessa e quella palmare, quasi pianeggiante, un poco concava nella parte esterna e con margini laterali coneavi e sottili, specialmente 1’ esterno. L° estremità prossimale è molto voluminosa, con apofisi interna assai sviluppata e con superficie articolare cuoriforme irregolare. L’estremità distale, non molto ingrossata, è schiacciata ed ha la troclea poco incavata e cavità laterali per l'inserzione dei lisamenti non tanto spiccate. Non saprei trovare differenze tra esso e l’osso omologo del 7». aegyptiacus, invece mi sembra che, 1) ARTHABNR. Zrionyx rostratus. L. cit., pag. 192, tav. XXVIII, fig. 18, 18. 2 Perprs. Schildkrotenreste. L. cit., pag. 9, tav. III, fig. 5bd. 26 A. FUCINI [26] per avere l’apofisi prossimale interna molto sviluppata, differisca tanto dal corrispondente metatarsale del Tr. rostratus Arta.” quanto da quello del 7r;0nyx ® di Hernals. Secondo metatarsale. Tav. IV |IV], fig. 314,5, 42a, b; Tav. V |V], fig. 37. — È conservato assai bene tanto a destra che a sinistra. Misura mm. 32 di lunghezza, mm. 13 di massimo diametro prossimale e mm. 12 di quello distale. E un osso che ha subìto una notevole torsione, poichè la faccia che è dorsale distalmente è quasi esterna prossimalmente. Il corpo alquanto arcuato ed un poco schiacciato è più con- vesso plantarmente che dorsalmente, ove, a causa della spiccata torsione si nota una prominenza obliqua che dalla parte esterna prossimale va all’ interna distale. Il margine esterno è più acuto dell’ interno, questo più arcuato di quello. L’ estremità prossimale, alquanto deficiente nel secondo metatarsale sinistro, un poco più sviluppata della distale, presenta la superficie articolare irregolarmente gibbosa ai lati e concava nel mezzo. L’estremità distale ha la troclea poco scavata. Somiglia all’osso omologo del 7. aegyptiacus del Museo di Pisa ed a quello del 7. rostratus #, non tanto a quello del 7rionye di Hernals® che è più diritto. Terzo metatarsale. Tav. IV [IV], fig. 32a-d. — A destra manca dell’ estremità prossimale, a sini- stra di un frammento del corpo. Ha presso a poco gli stessi caratteri del precedente del quale è però più gracile è molto più allungato. Misura mm. 39 di lunghezza, mm. 12 di massimo diametro prossimale, mm. 10 di quello distale. La superficie articolare distale è a troclea assai distinta. Quarto metatarsale. Tav. IV [IV], fig. 33a, 6; Tav. V [V], fig. 34. — Quello di destra è meglio conservato di quello di sinistra. E un osso lungo mm. 42, con mm. 8 tanto di massimo diametro prossimale quanto di quello distale. Il corpo è subcilindrico, un poco schiacciato trasversalmente ed un poco arcuato verso l’ esterno. La superficie articolare prossimale è ellittica e convessa, la distale scavata a troclea. Quinto metatarsale. Tav. IV [IV], fig. 34a-e. — Posseggo solo una porzione prossimale del sinistro che presenta una piccola cresta laterale interossea ed una superficie articolare ovale e leggermente convessa. Prima falange prossimale. Tav. IV [IV], fig. 35a-e. — Come per quasi tutte le falangi del piede che saranno descritte, ho in esame solo la sinistra. Misura mm. 32-di lunghezza, mm. 11,5 di massimo dia- metro prossimale e mm. 7,5 di quello distale. Il corpo, un poco compresso lateralmente, è arrotondato distalmente, subtriangolare prossimalmente, arcuato dal lato plantare, concavo da quello dorsale, ove si osserva una cresta che determina un angolosità mediana e due superfici laterodorsali pianeggianti. L’estre- mità prossimale, assai voluminosa, ha molto profonda la cavità articolare trasversa e molto sviluppata l’apofisi plantare. L’ estremità distale, poco ingrossata, ha la troclea bene spiccata. L’osso esaminato per avere la cresta mediana dorsale bene distinta somiglia molto a quello del Trionyx di Hernals ? e non corrisponde all’omologo del 7». aegyptiacus, che manca di tal carattere, e nemmeno a quello simile, a quest ultimo, del 7r. rostratus ®. Seconda falange prossimale. Tav. IV [IV], fig. 360, d; Tav. V [V], fig. 38. — Ho la sinistra. E più lunga e più gracile della precedente, della quale presenta però gli stessi caratteri. Misura mm. 35 di lunghezza, mm. 10 di massimo diametro prossimale, mm. 7 di quello distale. In confronto con la corri- !) ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 192, tav. XXVII, fig. 16; tav. XXVIII, fig. 1. °?) Peters. Schildknròtereste. L. cit., pag. 9, tav. II, fig 6. © ARTHABER. Trionyx rostratus. L. cit., pag. 192, tav. XXVII, fig. 16; tav. XXVIII, fig. 4. 4 PerERS. Schildkotenreste. L. cit., pag. 9, tav. III, fig. 6. ©) PeToRSs. Ibidem, pag. 9, tav. III, fig. 6. 8) ARTHABER. Zrionyx rostratus. L. cit., pag. 192, tav. XXVII, fig. 16d. LO I [27] i A. FUCINI spondente del 7. aegyptiacus e del 7. rostratus, presenta sviluppo notevolmente maggiore in lunghezza, cosa che un poco poteva notarsi anche per la falange precedente e che appare riscontrarsi anche nel Trionyxa di Hernals più volte ricordato. Terza falange prossimale. Tav. IV [IV], fig. 37a-c. — Ho in esame solo che una piccola porzione distale della sinistra, che ha il corpo rotondo, dorsalmente arcuato, cavità ligamentare distale spiccata, e superficie articolare a troclea, non però molto caratteristica. Quarta falange prossimale. Tav. IV [IV], fig. 38a-c; Tav. V [V], fig. 35.—- Posseggo solo la sinistra. Misura mm. 29 di lunghezza, mm. 8 di massimo diametro prossimale, che è verticale, e mm. 5 di quello distale. Ha presso a poco le caratteristiche delle precedenti, però è naturalmente molto più gracile, con le estremità meno ingrossate, specialmente la prossimale, che resulta assar compressa lateralmente. La cresta mediana dorsale è prossimalmente poco distinta. Prima falange media. Tav. IV [IV], fig. 8a-d. — È la destra. Per il pollice, corrisponde alla distale degli altri diti ed è quindi 1’ unguale. È lunga mm. 27 e larga prossimalmente mm. 9. La parte prossimale è in- grossata fortemente, convessa dorsalmente, plantalmente appianata e gibbosa ai lati, e presenta la superficie articolare divisa da un tenue rilievo verticale in due porzioni, delle quali l’ esterna è un poco più sviluppata dell’ altra. La parte distale cuneiforme, convessa sul dorso, appianata plantalmente, è curvata in giù ed anche esternamente. I margini laterali sono molto acuti; le incisure per l'attacco dell’ unghia assai spiccate. Seconda falange media. Tav. IV [IV], fig. 39a, bd; Tav. V [V], fig. 39. — Ho in esame la sinistra. È lunga mm. 22 ed ha mm. 9 di massimo diametro prossimale, che è verticale, e mm. 7,5 di quello distale. Il corpo è piuttosto tozzo, convesso dorsalmente e leggermente incavato sul lato plantare, ove si hanno due margini laterali assai spiccati, dei quali l’ esterno alquanto sinuoso. L’estremità prossimale, non molto ingrossata, offre a considerare una apofisi dorsale mediana, a guisa di becco, assai spiccata, un poco piegata esternamente, ed una superficie articolare con due faccette non dissimili, separata da una lieve cresta madiana. L’estremità distale, relativamente assai ingrossata, presenta una troclea ben distinta. Terza falange media. Tav. IV [IV], fig. 40a-d. — È la sinistra e ha mm. 27 di lunghezza, mm. 7,5 di massimo diametro prossimale, che è verticale, e mm. 7 di quello distale. Somiglia alla precedente della quale è però più gracile, più allungata ed ha il corpo più arrotondato plantarmente, la superficie arti- colare prossimale divisa in due faccette meno regolari e la distale a troclea assai più appianata. Quarta falange media. Tav. IV [IV], fig. 41a, 5; Tav. V [V], fig. 36. — Credo di potere riferire, a questa, una falange mancante dell’ estremità distale, col corpo irregolarmente cilindrico e con la estremità prossimale arrotondata ed avente superficie articolare poco nettamente divisa in due faccette. Terza falange distale. Tav. IV [IV], fig. 43a-d. — In seguito ai relativi confronti ritengo che appartenga a questa una falange unguale destra, mancante dell’estremità. Essa infatti non potrebbe essere la seconda e tanto meno quella del pollice e nemmeno mi parrebbe che dovesse appartenere ail’ arto anteriore, ove tali falangi sono*più sviluppate slargate e con la superficie articolare meno depressa. È molto schiacciata, poco convessa dorsalmente e meno plantarmente, ove presentasi anzi incavata lungo i margini laterali. Le incisure per l'attacco dell’unghia sono estese e spiccate. La superficie articolare, trasversal- mente ellittica, ha faccette secondarie ben poco distinte. Questo lavoro era già composto ed impaginato quando ho avuto visione dello studio dell’ Ammon “ Schildkroten aus dem Regensburger Braunkohlenton ,} giunto alla Biblioteca della Soc. tose. di Sc. nat. i) Separat-Beilage 2. 12 Jahresb. d. Naturwiss. Ver. Reg. f. J. 1907-1909. Regensburg, a. 1911. DO s] £ A. FUCINI [28] dopo il 15 gennaio 1912. In questa pubblicazione viene fatta conoscere, insieme con altri resti di Cheloniani, una bella specie di Zyionyx, Tr. Brunhuberi Awm., la quale ha spiccate relazioni di affinità con il 7r. pliocenicus LAw., che, per quanto effettivamente sia specie diversa, appartiene tuttavia allo stesso gruppo del Zr. protriunguis Rein. Il 7r. Brumhuberi ha l’ornamentazione dello scudo e del piastrone più grosso- lana, meno evidentemente concentrica: la nucale più estesa assialmente e con margine anteriore scavato in modo diverso e con la zona libera, fibrosa, dentellata più profondamente; l’ iopiastrone e l’ ipopiastrone sono molto differenti, perchè il primo risulta assai meno escavato anteriormente, il secondo invece più pro- fondamente sinuoso posteriormente, e perchè la loro sutura, seguendo il margine anteriore dell’ iopiastrone, è diritta e non arcuata; il sifipiastrone ha il margine anteriore spiccatamente angoloso in dietro, anzichè largamente sinuoso come nella specie da me descritta e mostra quindi le due parti molto meno spicca- tamente triangolari. Finito di stampare il 24 febbraio 1912. A. SILVESTRI NUOVE NOTIZIE SUI FOSSILI CRETACEI DELLA ContrADA CALCASACCO presso TERMINI-IMERESE (PALERMO) (avv RAVE II] NetEigl=Stimitere.) Nel vol. XIV di questa Palaeontographia italica illustrai dettagliatamente un'interessante faunula di tipo dordoniano!, scoperta in certo calcare grigio con macchie verdicce, messo alla luce nel 1905 da scassi praticati nel vigneto della proprietà “Indovina , situata in Calcasacco ?, piccola contrada della pro- vincia di Palermo appartenente al territorio di Termini-Imerese — le antiche 7hermae Himerenses — posta in prossimità e ad oriente di questa cittadina, e traversata da un valloncello, al fondo del quale scorre il torrente che di essa ripete il nome; torrente il quale fa seguito all’altro detto Canalaccio, che nasce dalle falde del monte S. Calogero. Scopo dell’illustrazione si era quello d’ottenere, richiamandone con essa l’attenzione sui fossili di cui m’occupavo, il parere dei competenti sull’età dei fossili medesimi e della roccia che li racchiude: e ciò es- sendosi determinato un contrasto manifesto tra le mie deduzioni cronologiche, fondate sulla paleontologia stratigrafica, e le altrui, stabilite queste a preferenza sulla litologia e stratigrafia, lo scoprir le ragioni del quale avrebbe potuto, benchè indirettamente, giovare assai alla soluzione di quella controversia di molto maggiore importanza, che l’illustre geologo e paleontologo torinese, il prof. cav. FEDERICO Sacco, chiamava “La questione eo-miocenica dell’Appennino ,4, e d’altre a questa strettamente connesse, riguardanti la possibilità o meno dell’esistenza di fossili di tipo cretaceo nell’ eocene, di tipo eocenico nell’ oligocene, e viceversa, nonchè alla miglior conoscenza di quell’importante gruppo tassinomico detto delle Orbitoidinae?; le cui forme, presentando un grado di complicazione strutturale più elevato ancora di quello offerto dalle i) N.21 della Bibliografia annessa: vedasi a pag. 52 [23]. 2) Preferisco per questo nome tale ortografia anzichè l’altra di « Cacasacco », che ho visto adottata anche dalla Società geologica italiana (n. 25 della Bibliografia, pag. CLXXXI), benchè questa derivi da una di quelle tante alte- razioni fonetiche sì frequenti in bocca al popolo, sia reputando la prima etimologicamente più corretta, sia pure perchè consegnata in atti pubblici e privati, e quindi entrata nell’ uso, da tempo. 3) N. 9 della BwWliografia, pag. 122. 4) Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXV, pag. 65-127. Roma, 1906. 5) Si veda a pag. 119 e seguenti del mio studio sulle « Lepidocicline sannoisiane di Antonimina in Calabria », nelle Mem. Pontif. Acc. N. Lincei, vol. XXVIII. Roma, 1910. Palaeontographia italica. vol. XVILI, 1912. 4 30 A. SILVESTRI [ 2] Nummulitinae, sembrano offrire buoni elementi diagnostici per la cronologia dei terreni compresi dal seno- niano al miocene medio inclusivamente. Dopo della citata mia illustrazione dei fossili di Calcasacco dal tipo dordoniano, ne comparve un’altra maggiormente estesa, comprendente cioè le diverse faune della contrada, in uno studio geologico di questa dovuto al dott. Gruseppe CHEccHIA-RIspoLI !; e posteriormente poi alcuni componenti della Società geo- logica italiana, in occasione del XXVIII Congresso sociale, recatisi a Termini-Imerese, si occuparono pure, benchè dal lato esclusivamente geologico, della contrada in parola, facendo figurare le loro conclusioni nella relazione della gita, stesa dal dott. SALVATORE SCALIA ?). Differendo queste, come quelle del CHeccHIA-RisPori dalle precedenti mie, stimo utile, essendo anche venuti fuori nel frattempo fatti nuovi capaci di modificare le antiche mie vedute, di ritornar sopra al- l'argomento già trattato, nell’intento di schiarirlo meglio, come merita, dato l’interesse speciale che pre: senta pei motivi sopra addotti. Però nell’ assolvere il compito prefissomi son costretto di sconfinare un po dal campo puramente paleontologico, poichè altrimenti le mie nuove osservazioni e deduzioni non potreb- bero essere apprezzate nel loro giusto valore, e tanto meno poi per la loro portata, per le loro conseguenze. Stando al dott. Giuseppe CHeccHIA-RIsPOLI®) e ad alcuni egregi membri della nostra Soczetà geologica, tra cui l'ing. cav. Eminio Cortese, il dott. GrusePPE MERCIAI, l’ing. cav. Errore MarTIROLO, l’ing. cav. VEN- TURINO SABATINI, il prof. cav. FepERICO Sacco, il prof. PAoLo EUGENIO Vinassa pk ReGNY, ecc.4, semplice assai resulterebbe la costituzione geologica della contrada Calcasacco, essendochè vi si troverebbero sol- tanto terreni eocenici e post-terziari, consistenti i primi di “ argille galestrine con calcari nummulitici del Luteziano superiore, i quali costituiscono ivi la formazione profonda , °, come anche dei soprastanti “ calcari marnosi con marne ed argille varicolori e regolari straterelli calcarei alla parte superiore, nei quali si raccolgono associate insieme, Nwnmulites, Orthophragmina, Orbitoides s. str. ed Omphalocyclus di ottima conservazione ,8; i secondi, de “i conglomerati della terrazza quaternaria, costituiti da ciottoli e blocchi di vari terreni e di varia natura litologica ,?, in trasgressione “ sulle argille e sulla formazione marnosa ,*, di cui fanno anche parte “ blocchi erratici di calcare cretacico con Rudiste, Chamacee ed in qualche caso con molte Orbitoides s. str. ed altri foraminiferi cretacei ,®, ruzzolati dal monte S. Calogero. Stratigrafia poi dettagliata e precisata, dallo schizzo di sezione geologica qui riprodotto nella Fig. 1 e dovuto al CueccHia-RispoLI 19, e dalla seguente di lui descrizione, nella quale però dispongo gli elementi strati- N. 24 della Bibliografia. 2) N. 25 idem. N. 24 idem, pag. 178 e seguenti. 4) N. 25 idem, pag. CLXXXI. 5) Idem, ibidem. 6) Idem, ibidem. 7) Idem, ibidem. 8) Idem, ibidem. ?) N. 24 della Bibliografia, pag. 180. (9) Idem, figura di pag. 178. In questa la scala delle distanze è di 1:8000, e quella delle altezze di 1:2000; nel riprodurla ne ho un po’ ridotto le dimensioni, come resulta dall’ annessa Fig. 1. [B] 7 A. SILVESTRI 31 grafici nell'ordine inverso di quello adottato da lui stesso, ossia dall’alto in basso anzichè dal basso in alto: Fic. 1. RiSecce i REC s ianch e peso R°Cacasacco p ' x : ’ Ù Ù ESE Sezione del territorio compreso tra la collina sopra Punta Secca ed il valloncello Calcasacco (Cacasacco). Scala di 1:10640 per le distanze e di 1:2900 per le altezze. “4. — In trasgressione sui membri eocenici.... stanno i depositi delle terrazze quaternarie, costituiti di ghiaie, grossi ciottoli e blocchi di varia natura litologica e di varia età, rilegati da un cemento sab- bioso giallastro, grigio-giallastro o rossastro ....,”. . “3. — In concordanza sui calcari marnosi e sulle marne varicolori [di cui sotto] stanno delle argille brunicce con numerosi strati e lenti di arenarie giallastre o grigie, passanti talora a puddinghe .... La descritta formazione è la diretta continuazione di quella che presso Termini ed al Vallone Cucca ed in varie altre località del Termitano costituisce il membro più elevato della serie eocenica....,?. “2. — Le [sottostanti] argille scagliose passano superiormente a calcari marnosi biancastri, verdicci, rossastri, associati con marne ed argille scagliose degli stessi colori. Nella parte più elevata di questa formazione, specialmente tra le marne grigie o verdiccie, si osservano 2 posto degli strati sottili di calcari e di brecciuole calcaree fossiliferi, tutti di color grigio tendenti al verdiccio. Tale insieme calcareo-marnoso ha gli strati più o meno ondulati; per questo essi hanno un grado di pendenza molto variabile. Essi incli- nano dal Nord al Nord-Est. Negli strati di calcare grigio-verdiccio intercalati nella parte superiore di tale complesso calcareo-marnoso si raccolgono parecchi foraminiferi, radioli di echinidi eocenici (Cidaris striato- granosa D’ARCH., Cid. acicularis D’ARCH.), frammenti di briozoari, di lamellibranchi (Pecten, Ostrea ecc.). I foraminiferi predominano e sono ben conservati e determinabili: vi si osservano Alveolìina, Baculogypsina, Operculina, Nummaulites, Orthophragmina in associazione con Omphalocyclus, Orbitoides s. str. e Lepidocyclina tipiche. Questa associazione si nota nelle stesse sottili lastre di calcari e di brecciuole calcaree, nelle quali i fossili si presentano saldati insieme .... Questa formazione si estende lungo il litorale fino a Punta -Secca e più oltre ,. “ Percorrendo la sezione, dal Vallone Cacasacco 3) fin verso Punta Secca, si vede che lo spessore dei calcari marnosi con le argille associate non è inferiore ai 100 metri. Tutta la valletta di Cacasacco è co- stituita da quella formazione, salvo per piccola porzione presso lo sbocco. Tutta la piccola costa ben col- tivata, che .... costituisce le proprietà Lanzirotta, De Novo, Indovina, ecc. è formata dai calcari marnosi, che abbiamo descritto. La località fossilifera principale ..., specialmente quella che ci ha fornito Je la- strette calcaree con Orbitoides e Omphalocyclus, sta nella parte più elevata della formazione ,*. 1) N. 24 della Bibliografia, pag. 180. 3) Si consulti la nota n. 2 in calce a pag. 29 [1]. 2) Idem, ibidem. 4) N. 24 della Bibliografia, pag. 179. 32 A. SILVESTRI [4] “].— Argille scagliose di color grigio, piombino, verdicce, che compaiono con ristretta potenza quasi allo sbocco della vallecola presso il mare. Queste argille contengono intercalazioni di strati calcarei fossi- liferi, ben visibili presso il ponticello della strada ferrata. La fauna di questi strati non è molto abbon- dante, ma le specie che vi si raccolgono, si trovano anche in altri luoghi dello stesso territorio di Ter- mini, sempre nella stessa formazione delle argille scagliose eoceniche, delle quali esse non sono che la continuazione ,,}). Il membro n. 1, ossia il più basso di questo complesso, il CHEccHIA-RIsPoLIi attribuisce al Zuteziano superiore, e, successivamente, il n. 2 al bartorniano inferiore, il n. 3 a strati elevati dell’eocene 0 di passaggio all’oligocene, ed il n. 4, infine, al quaternario?. Pienamente d’accordo con lui sull’età di quest’ ultimo membro, non lo sono però per l'assegnazione al luteziano superiore data al primo, perchè, per l'elenco dei fossili contenutivi, dovuto allo stesso CHECcHIA- RisPoLI, e resultante di: ° Baculogypsina tetratdra GùmB. Orthophragmina dispansa Sow. sp. Nummulites atacica LeymM. o Di-Stefanoi CE.-RIsp. Ò Guettardì D'ARCH. 3 nummulitica GUMB. sp. x Tchihatcheffi D’ ARCH. 5 patellaris SCHLOTE. Sp. È latispira MxcH. 55 radians D'ARCH. Sp. Orthophragmina Pratti MicHL. sp. 2 stella GUMB. sp. > sella D’ARUH. Sp. dà stellata D’ARCH. sp.3) non posso che riconoscere nel membro anzidetto il dartoniano, ben sapendo come sieno comprese fra i fossili reputati caratteristici del bartoniano proprio la Nammulites 0 Paronaca atacica (LevmeRrIE), la Num- mulites o Paronaea Guettardi (p’ArcaIac), e la Nummulites o Paronaca latispira (MENEGHINI)), quantunque le due prime sembra si estendano dal luteziano al priaboniano inclusivamente e la terza dal luteziano al bartoniano superiore, pure inclusivamente?), ed essendomi poi noto che la Nummulites o Paronaea Tchihatcheffi (D’'ArcHIACc), la quale del resto ritiensi vada dal luteziano inferiore al priaboniano medio, sempre inclusivamente 9, ha nel caso presente la forma dell’ eocene superiore e dell’ oligocene inferiore?). ‘) N. 24 della Bwliografia, pag. 178. 3) Idem, pag. 178, 181 e 188. 3) Idem, pag. 178. i) Si vedano a questo proposito le « Considerazioni sullo studio delle Nummuliti» del dott. Pretro Lopovico PREVER, a pag. 461-487 del Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXII (Roma, 1903). 5) Per tal riguardo vedasi p. es. a pag. 469 del precitato studio, ed a pag. 86-87 della memoria del dott. RAMIRO FABIANI sulla « Paleontologia dei Colli Berici», nelle Mem. Soc. italiana Se. (dei XL), ser. 3.8, vol. XV (Roma, 1908). 5) Di ciò trovasi conferma a pag. 85 del lavoro del FABIANI testè citato, e ciò va bene intendendo la specie del D'ARrcHIAC entro limiti ampî; mentre, invece, restringendoli, convien accogliere i resultati cui giunse il prof. HENRI DouvILL® riprendendo in istudio i topotipi della Crimea, così espressi a pag. 226 del di lui scritto « Sur quelques gi- sements à Nummulites de VEst de l'Europe» (Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VIII. Paris, 1908): « Nummulites Tchihatcheffi a été le plus souvent mal interprété ... 0° est en réalité une espèce du Lutétien inférieur ». Ma anche acco- gliendo la restrizione, le conclusioni cui giungo rimangono nella fattispecie immutate: e questo per quanto dico nella annotazione successiva. ©) Trattasi della forma discoide o subdiscoide, simile nel primo caso per l'aspetto esterno alla Paronaea Cail- laudi (p’ArcHIAC et Hammer) (Nummulites Caillaudi, 1853. Descr. Anim. foss. groupe numm. Inde, pag. 97, tav. I, [5] A. SILVESTRI 33 Sono anche in disaccordo col CHEccHIA-RIspori sull’età del membro n. 3, il quale in altri miei scritti già avevo, benchè indirettamente, attribuito all’oligocene sannoisiano! ed in questo confermo, ma più grave tra noi è la divergenza d’apprezzamento su quella del membro n. 2, che, come ho esposto, per l’autore nominato spetta tutto al bartoniano inferiore. Che esso în parte sia veramente da attribuirsi al bartoriano in generale, è cosa di cui non dubito, essendo venuti fin dal 1905 a mia conoscenza per gentil favore dell'amico prof. cav. Saverio CIroraLo di Termini-Imerese, come riferii nella mia antecedente memoria?, materiali provenienti dal vigneto della proprietà “ Indovina , nella contrada Calcasacco, i quali consistevano di frammenti d’ un calcare brunastro a Fucoidi, in stato d’alterazione avanzata, rinvenuto ivi in strati di 3 a 4 cm. di spessore, alla profon- dità di più d’un metro sotto il terreno coltivato, a partire dalla superficie di questo, in cui potei deter- minare specificamente: Paronaca Tchihatcheffi (D'ARCH.) Orthophragmina -sella (D’ARCH.) var. depressa (TELLINI) E; stellata (D’ARCH.) va Guettardi (D’ARCH.) Orbitoclypeus himerensis A. Stnv. ® Fic. 2. A B (0; D E Orbitolina Paronai PrEVER, dal calcare di scogliera, cenomaniano, delle fosse Mezzaspada ed Agnese nei Monti di Bagno (Abruzzo Aquilano). A, faccia inferiore (x5): B, lato (X5) di esemplare depresso; C, idem {X5) di altro più conico; D ed E, faecia superiore (x5). Ma da altri campioni, avuti contemporaneamente e dallo stesso giacimento, resultanti di porzioni di lastre calcaree freschissime, spesse dai 15 ai 20 mm., di color grigio macchiato di verdiccio, le quali il CrioFraLo m’aveva scritto d’aver trovato èn posto, a contatto col predetto calcare a Fucoidi. avevo ricavato pure la faunula affatto diversa illustrata nella memoria predetta, costituita di: fig. 8, 8a, 8d, 8c), scoperta per la prima volta dal TELLINI nel bartoniano superiore del Piemonte, e da lui descritta sotto il nome di « Nummulites Tehihatcheffi D'ArcH. et Hamme, var. depressa » (1888. Boll. Soc. geol. italiana, vol. VII, pag. 193), di cui mi sono interessato a pag. 104 e 105 (in nota) della pubblicazione di cui al n. 23 dell’annesso elenco bibliografico; alla quale è assai prossima l’altra sublenticolare, rinvenuta dall’ UrLIG a Wola-luzanska ed a Szalowa nei Carpazi della Galizia occidentale, in terreno priaboniano, e dall’ UHLIG stesso attribuita alla « Nummuwulites Tehi- hatcheffi D’ARCH. » (1886. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst. Wien, vol. XXXVI, pag. 204, fig. 11). 1) N. 7 della Bwliografia, pag. 89 e 90 (in nota); n. 11, idem, pag. 186 e 187. Si consulti poi il mio studio sulle « Nummuliti oligoceniche della Madonna della Catena presso Termini-Imerese (Palermo) », contenuto nelle pagg. 593-654 (fig. I e tav. XXI) del Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVII (1908) (Roma, 1909); e quello del dott. MrcHELE CioraLo indicato al n. 10 della Bibliografia. ®) N. 21 della Bibliografia, pag. 121. 3) N. 9 idem, pag. 105 e 106; n. 21 idem, pag. 121 34 A. SILVESTRI [6] Lithothamnium sp. Omphalocyclus macropora (LAMARCK) Orbitolina Paronai PREVER® var. Schlumbergeri A. SILVESTRI Rotalia? sp. Orbitoides media (D’ARCHIAC) Calcarina sp. A, apiculata SCHLUMBERGER Siderolites cfr. calcitrapoides LAMARCK Li gensacica (LEYMERIE) Lepidorbitoides Paronai A. SILVESTRI ?) 4) In riguardo all'importanza di questa forma nell’ associazione faunistica riferita, mi rimetto a ciò che ne scrissi a pag. 124 della pubblicazione più volte qui ricordata, la quale nell’ unita Bibliografia porta il n. 21; completandone però così la sinonimia ivi prodotta a pag. 123: Orbitolina Paronai PREVER. Orbitolina lenticularis (LAMARCK). [pars] SCHNARRENBERGER, 1901. Ber. naturf. Gesellsch. Freiburg, vol. XI pag. 18. Orbitolina Paronai PREVER, 1904: in PREVER e SiLvestRI. Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXIII, pag. 469. Orbitolina Paronai PrEVER, 1909: in PARONA, CrEMA e Prever. Mem. deser. Carta geol. Italia, vol. V, parte 12, pag. 59, tav. I, fig. 7-11. £ Non avendo potuto studiare completamente tal forma, per le condizioni in cui mi si presentò nel calcare grigio a macchie verdiece ed a fauna dordoniana di Calcasacco, e quindi farla conoscere appieno nella precitata pubblica- zione, trovo opportuno, sempre ad integramento di quanto sul soggetto esponevo in questa, di presentare qui le fi- gure della specie dovute al suo autore, nonchè la descrizione di essa, comparse posteriormente al mio scritto, nella importante memoria su « La fauna coralligena del Cretaceo dei Monti d’Ocre mell'Abruzzo Aquilano» compilata dal prof. C. F.ParonA con la collaborazione dell'ing. dott. C. Crema e del dott. P. L. Prever (Mem. deser. Carta geol. Italia, vol. V, parte 12, 1908, pag. 1-242, tav. I-XXVIII. Roma, 1909). Le figure son quelle che nel superiore testo compaiono sotto l'indicazione generica di Fig. 2, ed in dettaglio con quella delle lettere A, B, C,D ed E, corrispondenti rispettivamente alle figure 7,8, 9, 10 ed 11 del PrEVER, e di cui la B (fig. 8 del Prever), salvo una minore conves- sità della faccia inferiore, ben si adatta alla mia sezione verticale fig. 2 contenuta nella Tav. XVII del vol. XIV, pel 1908, di questa Palaeontographia italica. In quanto alla descrizione del PrEVER, eccola: «Questa forma di Orbitolina si riconosce facilmente per la sua forma caratteristica, e costituisce il passaggio dalla O. bulgarica DesH. alla 0. Boehmi PrEv. Essa infatti conserva ancora abbastanza spiccata la forma a cono della faccia superiore, ma un po’ meno della 0. bulgarica DesH., ed è perciò anche un po’ meno alta di questa; inoltre la sua faccia inferiore invece di essere un po’ incavata come nella suaccennata forma, è piana talvolta, generalmente con- vessa. Gli esemplari riferibili a questa forma misurano un’altezza massima di 2 mm. ed un diametro di 3 mm. Spesso però l'altezza si riduce a mm. 1'/,:mentre la larghezza non si altera; allora la forma conica della conchiglia risulta ancora meno spiccata. Causa la sua piccolezza questa forma, come parecchie altre, è sottoposta facilmente ad essere logorata; così nella maggioranza degli esemplari la faccia superiore appare liscia 0 quasi. Negli esemplari ben con- servati su tale faccia si scorgono invece degli anelli concentrici più o meno rilevati, ma in tutto simili a quelli che si osservano sulla 0. conoidea Gr. e sulla O bulgarica DesH. l « Accanto alle forme tipiche, nel giacimento aquilano [calcari cenomaniani di scogliera di: sotto Colle Pagliare; margine N di fossa Mezzaspada; fossa Agnese; e fosso Cerasetti) si trova un certo numero di esemplari i quali hanno meno evidente la forma conica, in causa della minore altezza della faccia superiore e di una più pronunciata convessità di quella inferiore: spesso tale convessità è così marcata che a tutta prima non si riesce a vedere quale sia la faccia superiore e quale l’ inferiore. Tale modificazione degli esemplari accenna ad un passaggio alla O. ovulum Prbv., sinora presente solamente a Col dei Schiosi e a Tarahuna presso Homs in Tripolitania, in terreni Turoniani. «La O. Paronai è caratteristica specialmente del Cenomaniano: oltre che ad Aquila si trovano bellissimi esem- plari tipici nel Cenomaniano di Font du Junqueiro nel Portogallo; begli esemptari della medesima forma si trovano ancora nell’ Albiano di Vimport, ma sono assai scarsi: rari esemplari si trovano pure in pochissime località barre- miane e aptiane (Orgon, Le Rimet strati sup. Yodar), ma questi si mostrano ridotti nelle dimensioni e con caratteri non completamente eguali alla forma tipo ». (Loc. cit., pag. 59 e 60). 2) In sinonimia di questa notevole specie, che nel 1907 scoprii nel calcare grigio a macchie verdicce contenente i fossili dordoniani. di Calcasacco, e nell'altro grigio-chiaro cristallino, del dordoniano della rupe del Castello di [d] ) A. SILVESTRI 35 Doryderma? sp. Sphaerulites o Radiolites sp.! Hippurites sp. Faunula di tipo così spiccatamente dordoriarno, che non esitai ad affermare per essa la presenza di questo sottopiano nella località di Calcasacco sopra indicata? , deducendone anche, pel fatto testè esposto, la tras- gressione sul medesimo del dartoriano3; e ciò con tanta maggiore sicurezza per parte mia, in quanto che avevo pur rinvenuto in un calcare grigio-chiario cristallino della rupe del Castello di Termini-Imerese, ossia nel m&desimò territorio cui appartiene Calcasacco, il dordoriano rappresentato da: Siderolites sp., affine alla calcitrapoides LAMARCK Orbitoides (= Lepidorbitoides) Paronai A. SILVESTRI Orbitoides media (D’ARCHIAC) Radiolites sp. A gensacica (LEYMERIE) ° Ed in una breccia a cemento rossiccio ed elementi bianco-lattei, del vallone Trepietre, sempre in quel di Termini-Imerese, avevo rilevato la trasgressione del lufeziano sul dordoriano, data dall’ associazione dei fossili : Paronaea contorta (DESHAYES) Orbitoides gensacica (LEYMERIE) Bruguieria laevigata (LAMARCK) st media (D’ARCHIAC) Laharpeia tuberculata (BRUGUIERE) si apiculata SCHLUMBERGER?). i Lamarckì (D’ ARCHIAC) Però il riferimento al dordoniano di quelle tali lastre di calcare grigio-verdiccio e quindi anche di porzione del membro stratigrafico considerato, portante il n. 2 nella sezione geologica riprodotta a pag. 31 [3] (Fig. 1), m’aveva procurato delle critiche per parte del prof. cav. GrovannI DI Sterano della R. Uni- versità di Palermo, il quale scrisse in proposito: Termini-Imerese (n. 11 della Bibliografia, pag. 168) deve mettersi la « Orthophragmina? prima CAR.-Rrsp. et M. Gomm. » (1909. Giorn. Se. nat. ed econom. Palermo, vol. XXVII (1908), pag. 169, tav. II, fig. 6, 10 e 12) rinvenuta dai dot- tori G. CagccHIA-RispoLi e M. GEMMELLARO nel dordoniano (« senoniano superiore ») della regione Serradifalco presso Bagheria (Palermo). Essa non è un’ Orthophragmina, bensì una Lepidorbitoides A. Sv. di tipo speciale, arcaico per la forma dei segmenti equatoriali (di Omphalocyclus). Per quanto abbia anch’io ammesso la possibilità abbiamo le Lepidorbi- toides dato origine alle prime Orthophragmina — del daniano — (n.21 della Bibliografia, pag. 152), non si tratta neanche, in questo caso, di forma di passaggio, che, se mai, avrebbe potuto derivare da Lepidorbitoides del tipo minor (SCHLUMBERGER); come accennerebbero esemplari del calcare biancastro, friabile, del daniano di Lasconmières presso Bénesse in Francia (Orthophragmina A, H. DouvILLÉ). Però giova osservi su quest’ argomento, che l'esame, per ora incompleto a causa della difficoltà d’isolarli, degli esemplari in questione, m’indurrebbe ormai a sospettare per dette Orfhophragmina una derivazione un po’ diversa e più naturale: direttamente da forma spiralata. i) N. 9 della Bibliografia, pag. 106; n. 11 idem, pag. 168, in nota; n. 17 idem, pag. 18 e 20; n. 18 idem, pag. 99; e n. 21 idem, pag. 122 e seguenti. 2) N.9 della Bibliogr., pag. 106 e 107; n. 17 idem, pag. 21; n. 19 idem, pag. 175; e n. 21 idem, pag. 160. 3) N. 9 della Bibliogr., pag. 108. 4) N. 11 idem, pag. 168, in nota. 5) N. 9 idem, pag. 107. 36 A. SILVESTRI [8] “Il prof. SiLvestRI, ingannato dalla presenza di Orbitoides s. str.,... ha riferito i calcari marnosi va- riegati di Cacasacco !” al Senoniano superiore e precisamente al Dordoniano; ma essi.... rappresentano l’Eocene, e se non m’inganno il Bartoniano inferiore .... come tutti gli altri calcari marnosi a fucoidi, che formano il membro più elevato della “ Formazione delle argille scagliose eoceniche , propriamente detta ,, ?). Critiche ribadite successivamente dal CHECCHIA-RISPOLI, che così esprimevasi: “Il prof. Silvestri ha recentissimamente® attribuito al Cretaceo superiore (Dordoriano), gli strati eocenici di Cacasacco con Orbitoides a maglie arrotondate, ingannato certamente dall’analogia* di queste forme con quelle cretacee. Egli .... avrà avuto fra le mani qualche pezzo di calcare,.in ci casualmente non vi erano Nummuliti, come anch'io ne ho trovato qualcuno ,,5). Quest'ultimo autore rafforzava il suo giudizio, pubblicando il seguente elenco di fossili da lui osservati in lastrette di calcare grigio-verdiccio, simili alle mie, collocate presso la parte superiore della formazione di Calcasacco: Cidaris acicularis D’ARCH. Orbitoides (Orth.) sp. ind. s Striato-granosa D’ARCH. Nummulites sub-Capederi PREVER Orbitoides Caroli CHECCATA p N contorta DESH. ; Philippi CHECCHIA (= Vrbitoides ; Guettardi D’ARCH. et H. cfr. media SiLv. non D’ARCH.)9) 2 minuta CHECCHIA 5) Johannis CHECCHIA A Sp. n Januarii CHECCHIA Operculina ammonea LEym. È Ciofaloi CHECCHIA Baculogypsina tetratdra Gin. n Saverii SILVESTRI Alveolina ellipsoidalis ScAawe. È (Orth.) Pratti Micnr. Sp. È oblonga D’ORB. ecc.” » dispansa Sow. Sp. n” » Considerato che per me Orbitoides Caroli CAECcHIA, corrispondeva ad 0. media D’ARCH. Ro Ciofaloi A È ad O. apiculata ScALUMB. SI Philippi 4 b ad 0. media (D’ARCH.). i È questa l'ortografia preferita pel nome della contrada di cui trattasi dal Dr SreFANO e dal CHECCHIA- RisPoLI; vedasi poi la nota n. 2 in calce a pag. 29 [1]. 2) N. 12 della Bibliografia, pag. 6 estr. % 3) Affinchè quest’avverbio, nella frase cui è inserito, non venga frainteso, nel senso ch'io abbia attribuito al ere- taceo strati da altri già giudicati eocenici, debbo per semplice esattezza storica osservare, che la prima menzione espli- cita della formazione controversa di Calcasacco e della sua età geologica, trovasi a carte 106 della mia comunicazione del 24 febbraio 1907, che nell’ unita Bibliografia è citata sotto il n. 9. 4) Altro che analogia! Si tratta d’identità specifica, come del resto, successivamente (n. 24 della Bibliografia, pag. 199 e 200), il CieccHIa-RIspoLI ha dovuto riconoscere in parte, e finirà, ne son convinto, col riconoscere in- tegralmente. 5) N. 18 della Bwliografia, pag. 29 estr. 5) Questa forma è divenuta in seguito pel CaRccHIA-RISsPOLI stesso, la « Orbitoides media D’ ArcH. var. Philippi CxH.-Risp.» (n. 24 della Bibliografia, pag. 198). 7) N. 13 della BwWliografia, pag. 17 e 18 estr. [9] | A. SILVESTRI : 37 Orbitoides Johannis CHECCHIA, corrispondeva ad 0. media (D’ARCH.) a Januarii ti da ad O. gensacica (Levm.) a Savertù SILVESTRI, s ad O. apiculata SCHLUMB. non potei interpretare l'argomento addotto dal CHEccHIA-RisPoLi contro le mie vedute, se non come una prova a favore di esse, poichè l’associazione di fossili da lui pubblicata, mi stava nè più nè meno che ad assicurare della realtà di quanto avevo già supposto, ossia d’una trasgressione del bartoniano sull’ac- cennato dordoniano; tantochè così replicai su questo soggetto, in una nota polemica con la quale rispon- devo ad altra del prof. G. Dr STEFANO”: “jo stesso che recisamente .... ho sostenuto e sestengo l’ esistenza del cretaceo (piano senoniano, sot- topiano dordoniano) nella contrada Calcasacco, non posso che confermare quanto già in merito scrissero il suddetto [il Dr SteFano] ed il CHECCHIA, ossia che “ indubbiamente ,, quei tali calcari marnosi testè citati del valloncello Calcasacco? “ appartengono all’ Eocene ,, però non da questa conferma si deve indurre che anche le ‘Orbitoides siano eoceniche ,,3; come affermavano ed affermano il Dr Sterano *, il CHECCHIA- RisPoL1?), e questi col GEMMELLARO®). E fu anche per meglio dimostrare quanto avessi ragione allo stato dei fatti, nel voler sostenere l’ età dordoniana di quelle lastre calcaree dai fossili esclusivamente cretacei, che mi decisi a pubblicare l’illu- strazione di questi nella mia memoria del 1908, al termine della quale venivo a concludere: “ In quanto all’età della roccia che li contiene, non ritenendo, per quel poco a mia conoscenza, sia da ammettersi pei dintorni di Termini-Imerese un'alternanza nelle formazioni eoceniche e cretacee, simile a quella osservata dal De STEFANI nel Pesarese e nell'Appennino meridionale, data la triturazione in cui Sì trovano i nicchi delle Rudiste nei miei campioni del calcare di Calcasacco, ad onta della presenza tra essi d’un frammento d’Orbitolina, il quale accennerebbe se mai a rimaneggiamento di fossili ancor più antichi dei dordoniani, non avrei difficoltà ad accettare l’ipotesi che il suddetto calcare potesse apparte- nere ad orizzonte eocenico; nota essendo la grande resistenza di certi nicchi di Rizopodi reticolari so- prattutto di forma rotonda o lenticolare, all’attrito, per cui spesso passano inalterati dai terreni più antichi ai più recenti e perfino di formazione attuale. Ma se si ammette un eocene costituitosi a spese esclusive del cretaceo, a somiglianza di quanto, secondo le osservazioni del Sacco, sarebbe avvenuto negli Abruzzi centrali e meridionali, convien pure ammettere nel mio caso si tratti d’eocene privo di fossili proprî, il che nella fattispecie è semplicemente assurdo. Ed in vero v’è la contradizione determinata dall’esistenza nel territorio, non solo di tali fossili, ma benanco della mescolanza loro, come al valloncello Calcasacco, al vallone Trepietre, salvo se altrove, con le Orbitoides e Lepidorbitoides dordoniane. Laonde ritengo che anche la roccia in questione, dai fossili dordoniani, sia da assegnarsi al dordoniano, e, prescindendo dalle 1) Poche altre parole sull’Eocene della Terra d’Otranto. Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVII, pag. 17-20, fig. A e B. Roma, 1908. 2. AI valloncello Caleasacco riappare, per quanto sostengono detti due autori, la medesima formazione, con le stesse rocce, del vigneto « Imdovina» della limitrofa contrada Calcasacco (n. 12 della Bibliografia, pag. 6 estr., e n. 20, idem, pag. 29 estr.): ciò che quindi scrivevo pel valloncello Calcasacco, vale pure per la contrada omonima. 3) N. 19 della Bibliografia, pag. 175. 4 N. 12 idem, pag. 6 estr. 5) N. 13 idem, pag. 30 estr.; e n. 24 idem, pag. 185. 6) N. 16 idem, pag. 4 e 5 estr.; e n. 22 idem, pag. 156. 7) N. 21 idem. u Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. vw (o) A. SILVESTRI [10] trasgressioni che a mio avviso possono esservi state dell’eocene medio e superiore sul cretaceo superiore nel territorio di Termini-Imerese in generale, con la conseguenza o no del rimaneggiamento dei fossili cretacei, sto a spiegare la presenza pur verificatasi di qualche Orbitoide cretacea (p. es. 1° Orbitoides Cio- faloi CaEccHIA-RISPOLI, corrispondente all’O. apiculata SCHLUMBERGER), 0 forma affine, nell’ eocene medio e superiore del territorio in discorso, supponendo siano state isolate dalla loro roccia ancor poco coerente, per via della degradazione meteorica nell’età eocenica, ovvero dell’ erosione di acque continentali o marine e, non essendo andate in sfacelo a causa della loro peculiare resistenza agli agenti fisico-chimici, siano poi state disseminate più o meno abbondantemente, tra i nicchi degli animali viventi sul littorale dei mari di detta età ,,!. Veduto però che il CHEccHIA-RIsPOLI persisteva nel negare che i miei materiali potessero esser cretacei, veduto eziandio che egli, il quale pure aveva affermato d’aver raccolto nella formazione per lui bartoniana di Calcasacco, lastrette dai fossili di tipo cretaceo e non contenenti forme eoceniche 2), avanzava, benchè co- pertamente, il sospetto, del resto già francamente manifestatomi dal valoroso geologo prof. P. E. Vinassa pe Re&NY, potessero i miei fossili dordoniani provenire dai “ blocchi di calcare cretaceo appartenenti alla terrazza quaternaria ,}, cioè da rocce non 7 situ, sebbene non avessi alcun dubbio in proposito, dato se non altro il raccoglitore dei materiali da me studiati, che non era il primo venuto, ma il prof. SAVERIO CroraLo, distinto geologo il quale di Termini-Imerese si può dire conosca il terreno palmo a palmo, ed in particolare quello della contrada Calcasacco, di cui è anche proprietario, e data pure la particolar fre- schezza de’ miei campioni, nonchè la loro forma speciale di lastre sottili, le quali, se mai, non avrebbero potuto subire che unatrasporto en bloc, cioè con tutto un lembo di formazione, ossia di quei trasporti esclusi nella fattispecie dal prof. Giovanni Di SreFrANO #, volli ciò non ostante interessare il suddetto prof. S. CroraLo alla questione.-Egli, fatti eseguire nuovi scavi nel vigneto “ Indovina ,, potè gentilmente confermarsi che quelle tali lastre calcaree ad Orditoîdes s. str. ed altri fossili cretacei dordoniani, vi sono perfettamente in posto, ed inviarmene altra serie di campioni, consistenti non solo di frammenti più o meno cospicui delle solite lastrette dello spessore di 15 o 20 mm., ma anche di lenti misuranti nella parte più grossa 6,5 cm.; in tutti i quali campioni ho ritrovato quei medesimi fossili dordoniani già illustrati ®, e, quel che più importa, senza mescolanza alcuna con fossili di tipo più recente del cretaceo. Non è dunque un fatto puramente accidentale, come il CHEccHIA-RisPoLI suppose, la presenza d’una fauna cretacea pura nel luogo indicato, ma un fatto normalissimo per esso, pel quale ben sarei autorizzato a mantenere il mio punto, ad insistere sull’ esistenza del dordorizano, nella contrada Calcasacco, e proprio in quella formazione nella quale si sarebbe riconosciuto il bartoniano (n.2 della Fig. 1). Però avendo per fine unico delle mie indagini la scoperta della verità scientifica, non importa se a scapito delle mie vedute, debbo invece, mal- grado ì pareri favorevoli alla precedente mia conclusione per l’ età dordoniana dei calcari a fauna dordo- niana della contrada in parola, di competentissime autorità scientifiche, dichiarare che avendo anche di- retto le mie nuove indagini allo studio della tessitura della roccia la quale i fossili ricetta, che è poi il solito calcare compatto, grigio, con macchie verdicce ®, studio cui dapprima non avevo dato, a motivo del- 1) N. 21 della Bibliografia, pag. 160 e 161. N. 13 idem, pag. 29 estr. 3) N. 24 idem, pag. 182. N. 8 idem, pag. 264-270. 5) N. 21 idem, pag. 121 e seguenti. 6) N. 13 idem, pag. 29 estr. ") N. 21 idem, pag. 121 e 122. [11] A. SILVESTRI 39 l’uniformità ed omogeneità della sua fucies paleontologica, molta importanza, me ne è venuta fuori una novità che annulla gli argomenti già portati contro alla non cretacità della roccia stessa”, permettendomi pure di modificare oggi quel che dai fossili contenutivi deducevo circa la sua età; ed ecco in che cosa consiste: i fossili non.,sono contemporanei, ma anteriori alla roccia che li ricetta! Di fatti, essa?) resulta costituita dall’aggregazione di frammenti irregolari, angolosi ed anche arroton- dati, di rocce sedimentarie, e di fossili interi, o frammentarii pur questi (Tav. VI [I], fig.1; Tav. VII [II], fig. 1), saldati mediante un cemento calcareo minutamente cristallino, più o meno infiltrato di sostanza amorfa, verdiccia, dalla quale, funzionante qual pigmento della roccia, fui condotto alla scoperta della natura di questa 3; il cemento stesso in alcune plaghe è ben sviluppato (Tav. VI [I], fig. 1), in altre scarso (Tav. VII [II], fig. 1) o scarsissimo, ed in quest'ultimi casi poco appariscente. Quando il medesimo, che è senza dubbio posteriore ai fossili ed ai frammenti di roccia ricordati, trovasi abbondante, si osserva chiaramente che i primi ed i secondi, i quali ultimi non tutti furon contemporanei #, costituivano in origine un calcare organogenico a spese del quale si formò l’attuale ?, rimanendo tutt’ ora aderenti ai fossili alcuni dei fram- menti della roccia primitiva, come può verificarsi p. es. nell’angolo in alto, di destra, della Fig. 1 nell’an- nessa Tav. VI [I]. E può anche darsi che il fenomeno sia stato maggiormente complesso, nel senso che il calcare di seconda formazione sia derivato dal riammassarsi dei prodotti della disgregazione non d’un altro soltanto, ma di altri i quali in ordine di tempo lo precedettero, quantunque, per le condizioni spe- 1) N. 21 della Bibliografia, pag. 160 e 161. 2 Con molta cortesia il collega chiarissimo, prof. dott. IraLo CHELUSSI, me ne ha favorita l’analisi petrografica in questi termini: « Fa molta effervescenza e dà poco residuo col trattamento con l’acido cloridrico: il residuo è una polvere gri- gio-verdastra (simile al residuo dato dalla pietra leccese) formata da glauconia (?) per la massima parte, in granuli a contorno irregolare, frastagliato, quasi quello d’uno straccio, grigio-opachi, e da pochissimi granuli tondeggianti, semitrasparenti, nei quali r=1,66, dotati di vivacissimi colori di polarizzazione; i quali ultimi riferisco dubitativa- mente al diopside ». 3) Nè l’esistenza del cemento calcareo minutamente cristallino, nè lo stato frammentario di molti fossili e spe- cialmente delle Rudiste, mi avevano giovato a ciò, perchè fatti simili avevo pure notato in calcari ad Orbitoides spet- tanti senza discussione al cretaceo superiore — dordoniano per me — come p. es. in quelli grigio-chiari della rupe del Castello di Termini-Imerese. i Questo fatto avevo già rimarcato nel 1908: n. 21 della Bibliografia, pag. 122. °) Chiesta sul proposito l’opinione dell’ illustre prof. cav. DANTE PANTANELLI, la cui competenza in materia è ben nota, ed al quale devonsi importanti ricerche sulla costituzione litologica dei calcari (Note di micropaleontologia e micropetrografia. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Proc. verb., vol. II, pag. 237-239. Pisa, 1879. — Note microlitologiche sopra i calcari. Mem. R. Ace. Lincei, CI. sc. fis. mat. e nat., ser. 3.*, vol. XII, pag. 379-396, tav. I-II. Roma 1882), egli, dopo esaminate le sezioni ottenute da campione di roccia fornitogli, si è compiaciuto farmi conoscere che ritiene sia essa «un calcare di seconda formazione; cioè una sabbia originale calcarea, come ad esempio se ne trova facilmente alla base dei monti dolomitici, cementata dalla calcite e da una miscela di calcite e materiali argillosi glauconitiferi; sabbia grossolana nella quale le particelle più minute di calcare sono state disciolte dalle acque circolanti che pos- sono aver fornito la calcite in vene, che s’incrociano in tutte le direzioni ». Mi ha aggiunto anche il prof. PanTANELLI le motivazioni del suo giudizio, le quali per brevità non riproduco, essendo all’incirca quelle su cui ho fondato il mio, sopra esposto. 40 A. SILVESTRI [12] ciali del giacimento, e per l’essere alcuni frammenti inglobati in altri coetanei alle Orbitoîdes, ecc., que- st'ipotesi non mi sembri troppo attendibile ”. Resulta poi che i fossili angolosi e facili a rompersi, debbono la loro conservazione nella roccia pre- sente, all’esser rimasti avviluppati da uno strato protettore di quella in cui impietrirono, come spero possa all'evidenza provare la Fig. 3 della Tavola precitata, la quale non è poi altro se non l’ingrandimento della porzione inferiore, a sinistra, della Fig. 1 comparente nella stessa Tavola. Ciò posto, non posso aver più difficoltà ad ammettere che le lastre di calcare grigio a macchie ver- dicce del vigneto “ Zadovina , nella contrada Calcasacco, appartenenti al membro n. 2 della sezione geo- logica descritta dal CHEccHIA-RIsPOLI (v. ante: pag. 31 [3] e Fig. 1), dai fossili tipicamente cretacei, sieno posteretacee; qualora però quest’autore, il prof. Di STEFANO, e quei tali componenti della Società geologica italiana, ricordati a pag. 30 [2] del presente scritto, i quali il 9 settembre 1909 recaronsi, durante il XXVIII Congresso sociale, a visitare la contrada indicata, si trovino sempre al caso di sostenere quanto già af- fermarono concordemente, ossia che “ non esistono ivi strati cretaceì în posto , * La difficoltà si è ora di stabilire a qual piano e sottopiano debba attribuirsi il calcare in questione: esclusone il riferimento al cretaceo dordoniano, la sua natura litologica e paleontologica lo farebbero giu- dicare dei primordî dell’eocene, ed assegnare tutt’al più all’eocene luteziano, mancandovi affatto elementi costitutivi che possano riferirsi all’eocene, ed i quali, verosimilmente, non avrebbero dovuto mancarvi, una volta che, dal luteziano medio in poi l’eocene si presenta nel territorio di Termini-Imerese, cui spetta la contrada Calcasacco, con fossili proprî ®. Ma il CaeccHIA-RIsPoLI ne fissa la posizione stratigrafica non nel luteziano, bensì “ nella parte superiore dei calcari marnosi varicolori , #, da lui assegnati al barto- niano inferiore (n. 2 della sezione geologica riprodotta nella Fig. 1 di pag. 31[3], aggiungendo che gli stra- terelli in posto da esso calcare costituiti ed intercalati nei calcari marnosi varicolori, lo sono così minu- tamente, da non potersi attribuire il fatto ad accidenti tettonici ®. Escludendo anche questi, vediamo un po’ se la determinazione di bartoniano inferiore può reggersi: nel lavoro più recente sull'argomento, del 1909 ®, il CreccHIA-RIsPoLI, correggendo in parte l’elenco dei fossili del membro n. 2 della formazione di Calcasacco (vedasi sezione geologica Fig. 1, di pag. 31 [3]) pub- blicato nel 1907 ”, dà per specie contenute nelle lastrette calcaree da lui studiate: 1. Alveolina ellipsoidalis ScHwG. 3. Baculogypsina tetratdra GiumB. DI Ni oblonga n° ORB. 4. Operculina ammonea LEvm. i) Osservo però che al prof. PANTANELLI, l’opinione del quale val di certo molto più della mia, « la diversità delle massecole calcari » che entrano a far parte della roccia di Calcasacco dall’età controversa, « rappresenta il coa- cervato di strati, che possono essere dello stesso periodo ma differenti peri materiali che contengono ». (Notizia da- tami contemporaneamente a quella di cui nella precedente nota). 2) N. 25 della Bibliografia, pag. CLXXVI. 3) N. 20 idem, pag. 54 e seguenti. 4) N. 24 idem, pag. 182. 5) N. 24 idem, pag. 182 e 183. 5) N. 24 idem, pag. 189-204. 7) N. 13 idem, pag. 17 e 18 estr.; è l’elenco qui riprodotto a pag. 36 [S]. » [13] A. SILVESTRI 41 5. Nummulites Guettardi D° ARCHIAC 14. Orbitoides media -D’Arca. var. Philippi var. prima PREV. CH.-RISP. 6. Ci sub-Capederi PREV. 15. LI gensacica Levm. var. Januarti Ile 5 sub-Airaghii PREV. | CH.-RIsp. 8. 5 sicula CH.-RISP. IG Lepidocyclina Joffrei Lem. et Douv. 9. Da sub-sicula CH.-RISP. Ui7à Ri cfr. marginata MIcaT. 10. Omphalocyclus macropora LmK. sp. 18. Orthophragmina pulcra Ca.-RIsP. 11. Orbitoides Schuberti CE.-RISP. 19. ù dispansa Sow. Sp. IDE È Caroli CH.-RISP. 20. È Di-Stefanoi Ca,-Risp. 1a. 5 Ciofaloù CH.-RISP. In quest’elenco non comparisce più citata una Nummulite, di quelle ritenute fin qui sicuramente ca- ratteristiche: o si tratta di forme di cui la più grande non supera i 4 mm., specificamente malsicure, e sulle quali, se mai, si sosterrebbe più facilmente la determinazione di luteziano anzichè l’altra di barto- niano, come quelle che figurano coi numeri 5, 6 e 7, oppure d’una coppia di forme omologhe, di cui ai numeri 8 e 9, prossima alla Paronaea miocontorta (TELLINI) — P. submiocontorta PARISCHA ®, ma dichiarata nuova, e come tale da non potervi fare alcun assegnamento. Pur non di manco, pel complesso faunistico compreso dal n. 1 al n. 9 inelusivamente, si potrebbe anche propendere per un bartoniano un po’ ele- vato, nella considerazione che, stratigraficamente parlando, verrebbe subito dopo del membro n. 1 ed im- mediatamente avanti del membro n. 3, nella sezione geologica Fig. 1 di pag. 31[3], il primo dei quali e come ho già significato, spetta per me al bartoniano, ed il secondo all’oligocene sarnoîsiano. Ma ai n. 16 e 17 del complesso faunistico riferito compaiono due Lepidocicline, di cui quella detta “ Lepidocyclina Joffrei Lem. et Douv. ,, dalla descrizione e figura pubblicatene dal CHEccHIA-RIsPOLI ®, starei ad identificare con semplice variazione della L. dilatata (MicreLoTTI) megalosferica, essendo l’altra, denominata “ Lepidocyclina cfr. marginata MicHm. ,,, sempre giudicando dai dati forniti dall’autore indicato ? , senza dubbio una delle tante forme della L. marginata (MicHELOTTI) ®. Queste Lepidocyclina, le quali, fidandomi delle figure indicate ® non trovo sieno da confondersi con le Lepidorditoides del dordoniano ?, e che lo stesso ha rinvenuto as- 4) N. 24 della Bibliografia, pag. 179. 2) Nummulites miocontorta TELLINI, 1888. Boll. Soc. geol. italiana, vol. VII, pag. 183, tav. VIII, fig. 4a,4b. N. mio- contorta var. crassa TELLINI, 1888. Ibidem, pag. 185. N. miocontorta var. exilis TELLINI, 1888. Ibidem, pag. 185, tav. VIII, fig. 5a,b,c. — Nummulites veronensis OPPENHEIM, 1894. Numm. Venetianischen Tert., pag. 26, tavola, fig. 6, 60, 7. — Paronaea miocontorta PaRISCH, 1906. Mem. R. Ace. Se. Torino, ser. 2.8, vol. LVI, pag. 75, n. 6, tav. I, fir.8e9. — Nummulites miocontorta PREVER, 1908: in FABIANI. Mem. Soc. italiana Sc. (dei XL), ser. 3.8, vol. XV, pag. 87. Paronaea sub-miocontorta PARISCH, 1906. Mem. R. Acc. Se. Torino, ser. 2.8, vol. LVI, pag. 75, n. 7, tav. I, fig. 10, 11 e 12. — Nummulites sub-miocontorta PrEVER, 1908: in FABIANI. Mem. Soc. italiana Sc. (dei XL), ser. 3.2, vol. XV, pag. 87. — Paronaea miocontorta A, A. SILVESTRI, 1909. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXII (1908-1909), pag. 21, fig. 1. — Nummulites sub-miocontorta CHEccHIA-RIsPOLT, 1909. Giorn. Sc. nat. ed econom. Palermo, vol. XXVII (1908), pag. 197 estr., tav. VI, fig. 10. 3) N. 24 della Bibliografia, pag. 201, tav. I, fig. 15. 4 Ibidem, pag. 202, tav. I, fig. 16. 5) Di molte di queste ho trattato nel mio studio « Sulla Lepidocyclina marginata (MIcHELOTTI)» negli Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LIX (1905-1906), pag. 146-166, fig. 1a-c. Roma, 1906. 5) Ibidem, tav. I, fig. 15 e 16. Riguardano soltanto sezioni equatoriali, e sono incomplete e poco nitide. © Ciò in risposta a quanto in merito scrive il CHECCHIA-RISPOLI, a pag. 186 della sua pubblicazione di cui al n. 24 della Bibliografia. 49 A. SILVESTRI [14] sieme con le Orbitoîdes dordoniane, le quali ultime ho or ora dimostrato rimpastate e probabilmente quindi anche provenienti da altra formazione, fanno nascere in modo inevitabile il sospetto, sia la parte superiore degli strati n. 2 della formazione considerata, il resultato d’un rimaneggiamento generale di fossili cre- tacei ed eocerici, liberatisi dalle relative assise pel disfacimento di queste, effettuato dalla trasgressione oligocenica priaboniana recante le prime Lepidocicline, che, com'è noto s’accompagnano spesso con Num- muliti piccole, di tipo, dirò così, bastardo, per cui d’incerta determinazione specifica, quali potrebbero esser quelle chiamate dal CHEccHIA-RIsPoLI “ Nummulites Guettardì D’ARCHIAC var. prima PREVER , (diam. di 2,5 mm.), “ Nummulites sub-Airaghi PREVER , (diam. di 3 mm.), nonchè tutte le altre pure dall’au- tore in discorso trovate nelle lastrette calcaree appartenenti alla parte superiore della formazione n. 2 predetta, e comprese sotto il termine generico di “ Nummulites sp. ind. , ?. Concludendo, e riferendomi pei numeri a quelli della sezione geologica Fig. 1 di pag. 31 [3], la strati- grafia della contrada Calcasacco dichiarata dal CHeccHIA-RIsPoLI ®, è a parer mio ed allo stato presente delle conoscenze sull’argomento, da rettificarsi così: He Quaternario SI Oligocene superiore (sannoisiano) ( Parte superiore: oligocene inferiore (priaboniano) ‘| Parte inferiore: bartoniano superiore 1. Bartoniano inferiore. Ma sia esatto o no quest'emendamento, che rappresenta, almeno per ora, l’unico partito permettente di metter d’accordo la stratigrafia di posizione con la paleontologica — e col tempo ciò si potrà accer- tare, — il fatto importante e sicuro si è che le Orditoides e gli altri fossili cretacei dordoniani della parte elevata del membro stratigrafico n. 2, sono, come s’è visto, rimpastati nelle lastrette calcaree che li con- tengono, per cui, in contrapposto a quanto sul proposito sostenne il CaeccHIA-RIsPoni #, parmi possa af- fermarsi con buon fondamento che: “ L’ipotesì dei rimaneggiamenti per spiegare la presenza dei generi Orbitoides s. str., Lepidocyclina ed Omphalocyelus ecc., nell’eocene,.ed oligocene, di Calcasacco, è pienamente giustificata dalle condizioni fisiche del giacimento, ed è necessaria e sufficente ,. Posso quindi, e più validamente ancora di quel che non l’abbia fatto pel passato per altre località del Termitano, sostenere anche per la contrada Calcasacco, che le Orbifoèides s. str. e le Lepidocyclina s. str., finora fatte conoscere qual provenienti da essa, son fuori di posto quando s’attribuiscono all’eo- cene ®. Nemmeno, dunque, 1’ Orbitoides Ciofaloi CHECcHIA-RIsPOLI — corrispondente specificamente all’0. i) Vedasi p. es. a pag. 56, estr., del lavoro segnato nella Bibliografia col n. 20, dove, e per precisare, nel membro stratigrafico E del vallone Trepietre in quel di Termini-Imerese, il CHeccHIA-Rispori ricorda le Lepidocicline con « piccole Nummulites di dubbia determinazione ». Tal membro rappresenta l’orizzonte più antico delle Lepidocicline di Termini, che, per me, va assegnato all’oligocene inferiore (priaboniano). (Si consulti a questo proposito lo stampato n. 253 della Bibliografia). 2) N. 20 della Bibliografia, pag. 56 estr. 3) N. 21 idem, pag. 178-180. 4) Ibidem, pag. 188. 5 A voler prescindere da quanto ho significato, non potendosi per la successione delle faczes faunistiche nelle diverse assise costituenti i terreni geologici del Termitano, ammetter la sopravvivenza delle Orbitoides dal senoniano [15] A. SILVESTRI 43 apiculata ScHLUMBERGER — che apparisce tra le prime, si sottrae a questo singolare destino delle Lepi- docyclina ed Orbitoides di Termini-Imerese, da altri dichiarate eoceniche prima ” e dopo ® lo studio stra- tigrafico delle formazioni dove comparvero. Come diamine a Calcasacco si sieno potuti mantener puri, ossia esenti da mescolanze con altri più recenti, i fossili cretacei rimaneggiati, in certi straterelli calcarei, ed in altri no, essendo in questi com- misti a fossili eocenici ed oligocenici, è un quesito che mi son proposto e di cui tratterò tra breve. In- tanto, giacchè delle sezioni litologiche dei primi ho prodotto a titolo di documento comprovante il rim- pasto dei fossili due fotografie (Tav. VI [I], fig. 1, e Tav. VII [II], fig. 1), trovo opportuno spender qualche parola per descrivere quelli di maggiore interesse compresivi, a complemento dell’ illustrazione della fauna già comparsa in questa Palaeontographia italica. Nella fig. 1 della Tav. VI [I] s’osserva in alto a destra una sezione obliqua, prossima all’equatoriale, riprodotta poi con maggiore ingrandimento con la fig. 2 della Tavola medesima, d’ Orbitoides s. str., me- galosferica, la quale è con tutta propabilità una forma dell’ O. apiculata ScHLUMBERGER # , nella cui loggia Orbitoides apiculata SCHLUMBERGER, dal calcare tufaceo, dordoniano, di Maastricht nel Beigic. Parte centrale della sezione equatoriale (X24). dalla grossa parete, dell'apparato embrionale, sono scomparsi durante la fossilizzazione i due sepimenti superiori disposti ad angolo, ben visibili nell’annessa Fig. 3, riguardante la sezione equatoriale — parte x superiore in poi, e delle Lepidocyclina — supponendole già eoceniche — dal luteziano superiore in poi, si dovrebbe avanzare, per dichiararle è situ nell’eocene, l'ipotesi d’una fachigenesi ricorrente, la quale, purtroppo, nel momento manca di base. E dico, purtroppo, perchè se questa base esistesse, si sarebbe sulla via d’una scoperta biologica d’im- portanza capitale: di una di quelle scoperte che fanno epoca nella storia delle scienze! 1) Vedansi le pubblicazioni segnate nella Bibliografia coi n.i 1, 2,3 e 4. ) Idem idem, coi n.i 13, 14, 20, 24 e 25. 3) N. 21 della Bibliografia. 4) 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. I, pag. 465, tav. VIII, fig. 1,4 e 6; tav. IX, fig. 1 e 4. Vedasi poi al n. 21 della Bibliografia, pag. 143 e seguenti, tav.-XVIII, fig. 1 e 2, tav. XIX, fig. 2 e 3. (S) Ad A. SILVESTRI [16] centrale — d’esemplare tipico della specie, proveniente dal dordoniano di Maastricht nel Belgio, ed è ri- masto soltanto il sepimento inferiore. Qualora anche questo fosse venuto a mancare, ci si sarebbe tro- vati in presenza dell’Orbitoides Ciofaloi CHEccHIA-RisPoLI !.. Verso il mezzo della fig. 1 in parola è collocata la sezione d’un frammento di nicchio di Mollusco, il quale starei a riferire al genere Radiolites od allo Sphaerulites. In basso ed a sinistra, si nota nella medesima, la sezione obliqua d’una forma di Siderolites calcitra- poides LamaRcK dalle lunghe, ma parzialmente rotte, apofisi spinose, comprendente due di queste; forma ingrandita nella fig. 3 (Tav. VI [I]), e che, da altre sezioni osservate, come ad esempio la tangenziale parallela al piano equatoriale riprodotta nella fig. 4 (Tav. VI [I]), ed appartenenti allo stesso campione li- tologico, credo debbasi identificare con quella, ed a parer mio non giustificatamente, distinta in specie a sè dalla Osimo, col nome di “ Siderolites Preveri , ?, cui corrisponde anche per la grossezza delle gra- nulazioni; la quale ben si può arguire, non essendo desse direttamente visibili, da quella dei pilastri che compaiono nelle citate figure. La forma in questione non è stata scoperta di recente: essa fu fatta conoscere fin dal 1802 ® con Siderolites calcitrapoides LAMARCK (.S. Preveri Osrmo), dal calcare tufaceo, dordoniano, di Maastricht nel Belgio; faccia (X10). Da disegno dell’OupinoT pubblicato dal FAUTAS-DE-SAINT-FOND. quattro figure comprese sotto il n. 6 della sua Tav. XXXIV, dal Fauyas-pE-Samyt-Fonp, per esemplari del 1) Lepidocyclina Ciofaloi CaeccHIA-RIsPoLI, 1905. Riv. italiana Paleont., anno XI, pag. 80. — 1905. Palaeontogr. Italica, vol. XI, pag. 148. — 1906. Riv. italiana Paleont., vol. XII, pag. 89, tav. III, fig. 4 e 5. Orbitoides Ciofaloi Capconia-Risponi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed .econom. Palermo, vol. XXVII, pag. 17 estr., n. 7, e pag. 21 estr., n. 8. — 1907. Provenienza alc. Lepidoc. dintorni Termini-Imerese (Palermo), pag. 2. — 1909. Giorn. Sc. nat. ed econom. Palermo, vol. XXVII (1908), pag. 197. i Per questa forma rimando poi a quel che ne scrissi a pag. 146 del n. 21 della Bwliografia. 2) 1907. Atti R. Ace. Se. Torino, vol. XLII, pag. 280, tavola, fig. 1, 13, 14 e 15. 3) Per la data riferita, si consulti l'osservazione in calce a pag. 128 del mio studio che figura al n. 21 della B?- bliografia. : [17] A. SILVESTRI 45 dordoniano di Maastricht ” sopra ricordato, nella classica di lui opera portante il titolo di “ Histoire na- turelle de la Montagne de Saint-Pierre de Maestricht , ® ;la più importante delle quali — le altre tre con- cernono rispettivamente un individuo in grandezza naturale e gli ingrandimenti, piuttosto di fantasia, delle relative sezioni equatoriale e meridiana — ho reputato utile, per la miglior conoscenza del soggetto, essendo diventata assai rara l’opera in discorso, riprodurre con la Fig. 4 qui inserita, da confrontarsi con la Fig. 5 che ho ricavata da campione della medesima provenienza, mediante la fotografia diretta. E di Fic, 5. Siderolites calcitrapoides LAMARCK (.S. Preveri Osimo), da calcare tufaceo, dordoniano, di Maastricht nel Belgio; faccia (Xx20). questo unisco con la Fig. 6 la sezione equatoriale, dalla quale e dalla meridiana d’altro individuo d’egual forma, Fig. 7, chiaramente resulta il tipo rotalide del genere lamarckiano Siîderolites ®. Il piccolo fossile a raggi, aderente in alto a destra nella fig. 1 della Tav. VI [I], ed in basso pure a destra nella fig. 3 di essa, alla Siderolites calcitrapoides LAmARCK #, è facilmente la sezione obliqua dell’estremità d’una spina d’individuo dell’ istessa specie. 1) Così le spiega l’autore nominato: « Figures 5 et 6, sont des polypiers étoiles, décrits par Knorr, sous le nom impropre d’ étoiles marines, voyez tome III page 158, planche VI*, figures 8 et 16, où ces corps sont assez bien gravés. Il en a figuré des frustes; mais deux dont Vun a huit et autre neuf rayons sont fidèélement rendus. «. +. . Lamarck, a qui j'avois communique ces jolis petits polypiers fossiles, en a formé un genre sous la déno- mination de Siderolite, Siderolites; c’est le 20. ème genre des polypes a rayons, et il désigne celui de Maestricht sous le nom de Siderolite calcitrapoide ». (Loc. cit., pag. 188 e 189). 2 In 49; pag. 1-263, tav. I-LIV. H. J. Jansen. Paris, 1799. 3) 1801. Syst. Anim. sans Vert., pag. 376. 4) 1801. Ibidem. — 1832. Encycl. Method. « Vers », vol. IMI (1827), pag. 948, tav. CDLXX, fig. 4. Si legga poi ciò che scrivo sull’accennata specie, a pag. 125 e seguenti dello studio di cui al n. 21 della Bibliografia. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 6 46 A. SILVESTRI [18] Nella fig. 1 della Tav. VII [II], spicca in alto a sinistra la sezione parallela e prossima al piano equa- toriale, d'un bell’esemplare megalosferico a’ Orbitoides gersacica (LEYMERIE) nella var. secans (Leym.) ®, 9 ingrandita nella fig. 3 della tavola indicata, dove vi s’osserva aderente in alto la sezione meridiana d’una Fio. 6. Siderolites ‘calcitrapoides LAMARCK (S. Preveri Osimo), dal calcare tufaceo, dordoniano, di Maastricht nel Belgio. Sezione equatoriale (X25). Orbitoides apiculata ScaLuMBERGER megalosferica. L’ingrandimento permette si scorgano meglio le irrego- lari suddivisioni in molte loggette della loggia grande racchiudente l’apparato embrionale: caratteristica della specie. Con l'ingrandimento ancor maggiore della fig. 4, Tav. VII [II], si scopre che le comunicazioni tra le varie loggette comprese nella loggia principale, e la forma di esse medesime ricordano in qualche modo i) Orbitolites gensacica LEYMRBRIE, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 2.%, vol. IV, Mém. 3.*, pag. 190, n. 2, tav. IX, g. 2a-d, e 3a-d. 2 Orbitolites secans LEYMERIE, 1851. Mém. Soc. gèol. France, ser. 2.8, vol. IV, Mém. 3.3, pag. 191, n. 3, tav. IX, .4a, db. Vedasi anche a pag.147 della memoria n. 21 della Bibliografia. Eh [e] Eh (Le) [19] 3 A. SILVESTRI 47 i caratteri di quelle dei componenti il genere Planorbulina D’ORBIGNY ”, con un progenitore ® non molto remoto del quale ultimo, non è improbabile abbia tale Orditoides stretta affinità ®. Fic. 7. Siderolites calcitrapoides LAMARCK (IS. Preveri Osimo), dal calcare tufaceo, dordoniano, di Maastricht nel Belgio. Sezione meridiana (x25). Un poco più sotto ed alla destra dell’ Orbitoîdes gensacica var. secans, nella fig. 1, Tav. VII [II], si scorge ottimamente la sezione quasi equatoriale d’altra Orbitoîdes, anche questa megalosferica, corrispon- Fic. S. Polytrema miniacea (PALLAS), dell'Atlantico, dragata nei paraggi delle Azore, alla profondità di 130 m. Sezione principale dell’apparato embrionale (Xx100). Da un disegno dello SCHLUMBERGER (Polytrema miniaceum LINNE). 1) 1826. Ann. Se. nat., vol. VII, pag. 280, Genre XII. 2) Si tratterebbe dell’ Archaecyelus A. SiLv., genere istituito nel 1908 (Palaeontogr. italica, vol. XIV, pag. 134). sulla « Planorbulina? cenomaniana » di G. SeGUENZA (1882. Mem. R. Ace. Lincei, CI. Se. fis. mat. e nat., ser. 3.8, vol. XII, pag. 200, tav. XXI, fig. 4, 4a-e), da quest'autore scoperta nel cenomariano delle vicinanze di Brancaleone in provincia di Reggio-Calabria. Per maggiori notizie rimando a pag. 134 della pubblicazione n. 21 della Bibliografia. 3) Come giustamente osservò il prof. H. DOUvILLE, a pag. 601 del doito suo studio sintetico dal titolo « Evolution et Enchaînement des Foraminiferes » (Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VI (1906). Paris, 1907), in merito alla deri- sa (00) A. SILVESTRI [20] dente all’O. Sehuberti del CAEccHIA-RISPOLI ’, ed è in realtà da riconoscersi, al pari della mia specie, ormai abbandonata, detta 0. Saverià ?, e dell'O. Hollandi del VREDENBURG ®, per una forma dell’O. api culata SCHLUMBERGER, predetta, segnante il passaggio tra 1’0. media (D’ARcHIAC) ® e 1°0. apiculata stessa ); ma più prossima a questa che non a quella, mancando la briglia trasversale — propria dell'O. media — tra i due sepimenti, i quali in tre parti dividono nell’esemplare rappresentato poi con ingrandimento più forte nella fig. 2, Tav. VII [II], la loggia grande dell’apparato embrionale. Nell’angolo di destra, in basso, è pur visibile, sempre nella fig. 1 della Tav. VII [II], una sezione lon- gitudinale obliqua, cioè non coincidente col piano meridiano (vedasi la Fig. 7), di Siderolites che parmi inseparabile dalla S. calcitrapoides sopra ricordata, o da altra forma della specie ad essa prossima. Come ben può constatarsi, in nessuna delle due sezioni litologiche riprodotte mediante le fig. 1 della Tav. VI [I] e della Tav. VII [II], come del resto in nessuna delle altre in mio possesso e che ho otte- nuto dalle lastrette calcaree del vigneto “ Indovina ,, già attribuite da me al cretaceo dordoniano, tro- vasi nulla, assolutamente nulla di caratteristico dell’eocene, ed i fossili citati e fotografati (Tav. V [I], fig. 1-4; Tav. VII [II], fig. 1-4) ® hanno una facies così spiccatamente cretacea, che ad onta del dimostrato vazione del genere Orbitoides D’ORBIGNY Ss. str.: « Il est possibile ....que ce genre soit hétérogène et ait des origines multiples ». In quanto però all’ 0. gersacica, egli opina, fondandosi sulla fig. 5 della sezione mediana d’un embrione di Polytrema miniacea (PALLAS), pubblicata dallo SCHLUMBERGER sotto il nome di Polytrema miniaceum Linné (è la Millepora miniacea Linné, 1788. Syst. Nat., ediz. 13.% (di GweeLIN), vol. I, parte 6.%, pag. 3784, n. 6, che corrisponde poi alla specie Millepora miniacea PaLLas, 1766. Elenchus Zoophytorum, pag. 251, al quale ultimo autore si deve la precedenza per ragioni di data, sebbene le figure della specie stessa sieno comparse solo nel 1791 per merito dell’ E- sprr in Die Pflanzenthiere, vol. I, pag. 225, tav. XVII, fig. 1-4) a pag. 197 della sua « Note préliminaire su les Fo- raminifères dragués par S. A. le Prince Albert de Monaco » (Mém. Soc. zool. France, vol. V. Paris, 1892), qui riprodotta nella Fig. 8 « qu’on devrait le considérer comme ayant une origine commune avec ce dernier genre » (loc. cit.); ma, date le comunicazioni tya loggetta e loggetta secondaria, messe in evidenza nell’0. gensacica dalla mia fig. 4, Tav. VII (II) (da cfr. con la Fig. $ di pag. 47:[19]), tale comunanza d'origine sembra poco probabile, poichè, riferendosi alla sezione suddetta, dice lo SCHLUMBERGER che essa « montre un assemblage de trois loges sphériques à parois minces, traversées par quelques rares perforations et disposées comme les loges embryonnaires d’une Globigerina, sauf qu'on ne constate pas d’ouverture spéciale d’une loge à l’autre » (loc. cit., pag. 197): caratteri non corrispondenti a quelli offerti dalla: precitata mia fig. 4, Tav. VII [II]. i l n) Si consulti pure quanto ho scritto sul proposito a pag. 149 della pubblicazione citata nella Bibliografia sotto il n. 21. 4) 1909. Giorn. Sc. nat. ed econom. Palermo, vol. XXVII (1908), pag. 196, tav. I, fig. 3-5. ?) 1907. Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106. Per questa forma, che all'atto di distinguere avevo pur accennato di non escludere potesse anch’essere « una varietà della specie Sopra indicata », ossia dell'O. apiculata ScHLUMBERGER (loc. cit., pag. 106), vedasi quanto significo a pag. 145 della memoria di cui al n. 21 della BWliografia, e la fig. 3 con la quale comparisce nella Tav. XIX della medesima. 3) 1908. Records geol. Survey India, vol. XXXVI, parte 3.2, pag. 201, fig. 2 (da cfr. con la fig. 4, tav. VIII dello SCHLUMBERGER: 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. I), tav. XXVI, fig. 1e2. i) Orbitolina media [pars] p’ ARcHIAC, 1837. Mém. Soc. géol. France, ser. 1.8, vol. II (1835), pag.178. Per altre notizie sulla specie indicata, mi rimetto a quel che ne ho scritto a pag. 136 e seguenti dello studio segnato nella Bibliografia col n. 21. 5) Leggasi quanto in merito a quest'argomento significo a pag. 145 dello studio predetto. 8 V. anche le Tav. XVII-XX pubblicate nel 1909: n. 21 della Bibliografia. [21] A. SILVESTRI 49 loro rimpasto, se non fosse per l'affermazione unanime dei geologi che si recaron sul luogo ”, di non esister cretaceo in situ nella contrada Calcasacco, mi rimarrebbe sempre il dubbio, data anche la natura della roccia, dal punto di vista della sua costituzione mineralogica, che tale fatto non fosse dovuto ad un rimaneggiamento oligocenico, stranissimo per la selezione dei fossili dordoniani per parte d’un oligo- cene con fossili propri, ma piuttosto ad un rimaneggiamento preeocenico, ossia avvenuto durante ancora il cretaceo, poco dopo il deposito dei fossili dordoniani. Non resta quindi per spiegare il singolar feno- meno, che invocar l'intervento in esso di circostanze affatto favorevoli, quali per es. quelle della degra- dazione meteorica d’un calcare dordoniano ad Orbifoides, ecc., divenuto subaereo nell’eocene od anche prima, e del successivo trasporto per opera delle acque continentali, dei detriti rocciosi e dei fossili li- beratisene, in un seno tranquillo di mare, dove abbiano potuto ricostituire un sedimento privo affatto o quasi affatto d’intrusioni di materiali estranei ?). Assurdo essendo il ricorrere all'ipotesi di un’ alternanza di faune oligoceniche e cretacee; alternanza che pel succedersi di bradisismi in senso vario, avrebbe solo potuto aver luogo nei primi tempi dell’eocene Sr Qualunque però sia del fenomeno la spiegazione la quale si possa dare ed accogliere, esso è di tal sorta da render sospette fuffe le determinazioni cronologiche fondate sulle faune a facies mista rinvenute nel territorio di Termini-Imerese, ed in altri ancora della Sicilia ®, nelle quali si diede la massima im- portanza ai fossili più antichi, se eocenici, come anche le asserite sopravvivenze di fossili cretacei nel- l’eocene , e di fossili dell’eocene medio nel superiore, o nell’oligocene ®, resultando ormai provati consi- derevoli rimaneggiamenti di materiali, nell’oligocene in particolare, a cominciare dai cretacei dordoniani e forse anche dai cenomaniani 7, per finire, se qui in realtà finiscono, coi barfoniami. 1) V. ante, a pag. 30 [2]. 2 Qualcosa di simile sembrerebbe fosse avvenuto anche al Monte Cònero presso Ancona, dove, trovandosi la scaglia con Orbitoides s. str. all’incirca nelle medesime condizioni tectoniche di quella con Nummulites dei Monti Sibillini, fu dal CasseTTI attribuita, benchè con riserva, all’ eocene (Appunti geologici sul Monte Cònero presso Ancona e suoi dintorni. Boll. R. Comit. geol. Italia, ser. 4.?, vol. VI, n. 1. pag. 54-65; n. 2, pag. 89-106, tav. V. Roma, 1905). Il PARONA però, considerata la mancanza di Nummulites nella prima formazione, preferisce ritenerla, fino a prova contraria, d’età senoniana (n. 162 delle « Aggiunte all’ Indice bibliografico, ecc. », pag. 109). 3) Simile alternanza sarebbe stata osservata p. es. dal prof. cav. avv. CARLO De STEPANI nel Pesarese e nell’A p- pennino meridionale (Fossili cretacei dell'Emilia e delle Marche. Rendic. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. DIS vol. I, sem. 2.°, 1892, pag. 297 e 298), ma oggi, in presenza del fatto sopra esposto, essa richiede conferma da accurato esame della costituzione delle rocce che la testimonierebbero. i N. 8 della Bibliografia, pag. 265 e 266; n. 12 idem, pag. > e 6 estr.; n. 13 idem, pag. 6,7,8,10,11,12,13,14, 21,22, 25,26, 27,28, 29,31,32, estr.; n. 20 idem, pag. 60, 63, 66, 67, 68, 69, 72, 73. 5) N. 12 della Bibliografia, pag. 6 estr.; n. 13 idem, pag. 29 estr.; n. 24 idem, pag. 187 e 188. N. 157 delle Aggiunte all’ Imdice bibliografico, pag. 113,114, 117,183 e 184. 6 N. 20 della Bibliografia, pag. 57 e seguenti (la critica delle quali-può consultarsi nella mia nota n. 23 della Bibliografia medesima); e n. 25 idem, pag. CLXXX. 7) A questi accennerebbe la presenza da me accertata d’un frammento d’Orbitolina Paronai PREVER (v. ante, a pag. 34[6] ed alla Fig. 2), nel calcare ad Orbitoides s. str., ecc., di Calcasacco (v. ante, a pag. 37 [9]), la quale specie « è caratteristica specialmente del Cenomaniano » (PREVER: loc. cit. nella nota n. 1 in calce a pag. 34 [6]; pag. 59). Però, prescidendo da quanto in merito ho scritto a pag. 40 [12], la scarsezza delle specie in discorso — per la quale mi riferisco a quel che ne dissi a pag. 123 e 124 della memoria di cui al n. 21 della Bibliografia — rende poco probabile il rimaneggiamento contemporaneo oligocenico di formazioni dordoniane e predordoniane; potendo benissimo spie- garsi la presenza di qualche rara Orbitolina nel dordoniano, per rimaneggiamento in questo di fossili cenomaniani. Ma è pur vero che qualche fatto starebbe ad attestare il rimaneggiamento diretto di fossili cenomaniani per parte dell’oligocene con fossili propri; posso a questo proposito render noto d’aver rinvenuto di recente una Orbitolina di Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 6% 50 A. SILVESTRI [22] Fatti consimili di rimaneggiamento è probabile sieno accaduti pure altrove, come ad esempio nella Terra d'Otranto ”, nell’ Umbria ”, nella Toscana ? e nella Lombardia # ; nelle prime due delle quali regioni avremmo l’oligocene, e nelle ultime l’eocene, rappresentati faunisticamente da fossili propri associati con quelli d’età più antica . facies cenomaniana, evidentemente di trasporto per le condizioni in cui si presenta, nel calcare brunastro a Lepidoci- cline di Sestola nell’ Appennino Modenese, la formazione del quale già il prof. Pantanelli assegnò al tongriano (Sopra un piano del nummulitico superiore nell’ Appennino Modenese. Atti Soc. Nat. Modena, ser. 3.%, vol. XII (1892), pag. 81-86, 1 sez. geologica e fig. a-d. Modena, 1893), considerato come facente parte dell’eocene, ma che oggi egli attribuisce al- l’oligocene (n. 160 delle Aggiunte all’ Indice bibliografico). Io la giudicherei ormai un po’ più antica del sarroisiano, e cioè priaboniana; sempre riferendo il sottopiano priaboniano all’oligocene. i) Si veda la nota del prof. G. Di STEFANO « Swll’esistenza dell’ Eocene nella Penisola SalenAina », a pag. 423-425 dei Rendic, R. Ace. Lincei, CI. se. fis. mat. e nat., ser. 5.8, vol. XV, sem. 1.° (Roma, 1906); l’altra dello stesso autore intitolata « Poche altre parole sull’ Eocene della Terra d'Otranto », a pag. 17-20, con fig. A e B, del Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVII (Roma, 1908); e l'annotazione a pag. 74 della memoria citata al n. 20 della Bibliografia. 2) Per esempio a Collelungo (v. a pag. 390, n. 82, tav. II, fig. 3, delle « Note micropaleontologiche sopra i calcari » del prof. PANTANELLI, nelle Mem. R. Ace. Lincei CI. se. fis. mat. e nat., ser. 3.3, vol. XII. Roma, 1882), ed a Castel Ri- gone, frazione di Passignano (materiale favoritomi dal chiarissimo prof. comm. Giuseppe BeLLUCecI dell’ Università di Perugia). 3) Nel calcare nummulitico di Mosciano presso Firenze ho osservato, benchè rare, Orditoides s. str., una delle quali ho potuto anche determinare per Orbifoides media (D’ArcHIAC), Ed è probabilmente pure un’Orbitoides, la forma con- tenuta nelle brecciole nummulitiche intercalate nei galestri dei monti del Chianti, di cui il Trabucco ha fatto cono- scere una parte cospicua della sezione equatoriale, con la fig. 4 inserita, col nome di « Orbitolites sp. », a pag. 35 del proprio studio « Sulla vera posizione dei terreni eocenici dei Monti del Chianti ». (Boll. Soc. geol. italiana, vol. XIV, pag. 24-36, fig. 1-6, tav. I. Roma, 1895); figura poi riprodotta mediante la 103 di pag. 418, nella seconda edizione del di lui è Trattato di Geologia ad uso degli Istituti Tecnici e dei Licei » (in 8°; Tipografia di M. Ricci. Firenze, 1907). 4) A Centemero nella Brianza; vedasi poi il n. 20 della Bibliografia, pag. 71, in nota, ed il n. 22 idem, pag. 187. 5) Le ragioni più forti addotte dal CHPRccHIA-RIsPoLI (n. 20 della Bibliografia, pag. 71, in nota, e n. 22 idem, pag. 185) e dal PREVER (n. 20 idem, pag. 71, in nota) contro la possibilità di tali rimaneggiamenti, consistono nell’e- guale stato di fossilizzazione delle specie reputate di diversa età, nell’esser le loro conchiglie riempite della medesima sostanza minerale, e nell’ottimo ed egual modo di conservazione dei niechi. Sono appunto desse che una volta mi fecero escludere in simili associazioni i rimaneggiamenti, i trasporti (n. 9 della Bibliografia, pag. 108), ma di fronte ad altri fatti, cone quelli esposti per Calcasacco, è giuocoforza ammetterli possibili, attribuendo alla perfetta minera- lizzazione ed al completo riempimento iniziale dei niechi, la loro inalterabilità attraverso le vicende diverse che do- vettero subire; e la eguaglianza della fossilizzazione e del riempimento di essi, alla costanza dell’ambiente fossiliz- zante attraverso i tempi, in quelle particolari località, in quegli speciali giacimenti. [23] A. SILVESTRI 51 (36) (S| 17. 13. . Sacco F. — Sur la valeur stratigraphique des Lepidocyclina et des Miogypsina. In 8.°; Bull. Soc. géol. France BIBLIOGRAFIA V . CagccHIA-RispoLi G. — Osservazioni sulle Orbitoidi. Nota preventiva. In 8.°; Riv. italiana Paleont., anno XI, pag. 79-51. Perugia, 1905. CHÒeccHIa-RispoLi G. — Sopra alcune Alveoline eoceniche della Sicilia. 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SILVESTRI [24] SirvestrI A. — PHILIPPE DE LA HARPP nella questione delle Lepidocicline. In 4.°; Atti Ace. Pontif, N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 171-179. Roma, 1908. 20. CÙeccHia-RispoLI G. — La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese. I. Il Vallone Tre Pietre. In 4.0; 160. 161. Giorn. Sc. nat. ed econom., vol. XXVII (1908), pag. 53-137, 1 sez. geol., tav. I-VII. Palermo, 1909. 21. SiuvestrI A. — Fossili cretacei della contrada Calcasaeco presso Termini-[merese ( Palermo). In 4.°; Palaeontogr. italica, vol. XIV (1908), pag. 121-170, fig. 1-38, tav. XVII-XX. Pisa, 1909. . Capconia-RispoLi G. e GemieLLAaRo M. — Seconda nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. In 4.; Giorn. Sc. nat. ed econom., vol. XXVII (1908), pag. 157-172, tav. I e II. Palermo, 1909. . SivvestRI A. — La successione delle faune nel Vallone Trepietre presso Termini-Imerese (Palermo). In 4.9; Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LXII (1908-1909), pag. 95-110, fig. 1-2. Roma, 1909. . CaeccHIa-RisporLi G. — La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese. II. La Regione Cacasacco. Giorn. Se. nat. econom., vol. XXVII (1908), pag. 177-207, 1 sez. geol., tav. I e II. Palermo, 1909. O . ScaLia S. — Escursione a Termini-Imerese (9 settembre 1909). In 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVIII (1909), pag. CLXXII-CLXXXII. Roma, 1910. . Sacco F. — In Scania S.: Escursione a Termini-Imerese (9 settembre 1909). In 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVIII (1909), pag. CLXXII-CLXXXII (pag. CLXXVIII-CLXXX). Roma, 1910. AGcIunTE ALL'INDICE BIBLIOGRAFICO pPussLicato NEL 1908. . Carconia-Rispori G. — La serie nummulitica dei dintorni di Termini-Imerese. II. La Regione Cacasacco. In 4.9; Giorn. Se. nat. ed econom., vol. XXVII (1908), pag. 177-207, 1 sez. geol., tav. I e II. Palermo, 1909. . Cueccnia-RispoLi G. e GemweLLARO M. — Seconda nota sulle Orbitoidi del Sistema cretaceo della Sicilia. In 4.9; Giorn. Se. nat. ed econom., vol. XXVII (1908), pag. 157-172, tav. I e II. Palermo, 1909. . CareccHia-Rispori G. — La serie nummulitica dei dintorni di Bagheria in provincia di Palermo. In 4.9; Giorn. Se. nat. &d econom., vol. XXVIII, pag. 107-200, 1 sez. geol., tav. I-VII. Palermo 1911. . Herox-ALLEN E. and EarLAND A.— On the Recent and Fossil Foraminifera of the Shore-sands of Selsey Bill, Sussex. — VII. Supplement (Addenda et Corrigenda). In 8.0; Journ. R. mier. Soc., pag. 298-343, tav. IX-XIII. London, 1911. . Osio G. — Studio critico sul Genere Alveolina d'Orb. In 4.9; Palaeontogr. italica, vol. XV, pag. 71-100, tav. IV- VII. Pisa, 1909 >. PANTANELLI D. — Sulla estensione dell’ Oligocene nell’Appennino settentrionale. In 8.0; Atti Soc. naturalisti e mat. Modena, ser. 4.2, vol. XIII, pag. 28-37. Modena, 1911. Parona C.F. (con la collaborazione dell’ ing. dott. C. Crema e del dott. P. L. PrRever). — La Fauna coralligena del Cretaceo dei Monti d’ Ocre, nell’Abruzzo Aquilano. In 4.9; Mem. descr. Carta geol. Italia, vol. Vi parte 1.3, pag. 1-242, tav. I-XXVIII ed 1 carta geologica. Roma 1909. i) A pag. 162-169 della memoria: Fossili cretaceì della contrada Calcasacco presso Termini-Imerese (Palermo). Pa- laeontogr. italica, vol. XIV. Pisa, 1908. Nelle presenti aggiunte cito i lavori comparsi posteriormente alla stampa di detta memoria o di cui ho potuto prender conoscenza solo in ritardo: tutti, coi precedentemente citati, tenuti in considerazione nel compilare questo scritto. 2?) Aecenna a forme del cretaceo e specialmente dordoniano, a pag. 75, 77 e 78. bl =) È) A. SILVESTRI 53 . PaRONA C. F. — Sulla presenza del Turoniano nel Monte Cònero presso Ancona. In 8.% Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXX, pag. 108-112. Roma, 1911. . Prever P.L.— In Parona C.F.: Sulla presenza del Turoniano nel Monte Cònero presso Ancona. In 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXX, pag. 108-112 (pag. 109). Roma, 1911. . Provare I. — Di alcune Nummulitine e Orbitoidine dell'Isola di Borneo. Parte seconda. In 8.9; Riv. italiana paleont., anno XV, pag. 65-96, tav. II e III. Catania, 1909. 5. Sacco F. — In Scania S.: Escursione a Termini-Imerese (9 settembre 1909). Im 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVIII (1909), pag. CLXXII-CLXXXII (pag. CLXXVIII-CLXXX). Roma, 1910. . SANGIORGI-BeLLUSO V. — Il sistema cretaceo di Sicilia. In 8.0; Riv. italiana Sc. Nat. anno XXXI, num. 5 e 6, pag. 37-51; num. 7 ed 8, pag. 66-78. Siena, 1909. . ScaLia S. — Escursione a Termini-Imerese (9 settembre 1909). In 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXVIII (1909), pag. CLXXII-CLXXXII. Roma, 1910. . SILvESsTRI A, — Lepidocicline sannoisiane di Antonimina in Calabria. In 4.9; Mem. Pontif. Ace. N. Lincei, vol. XXVIII, pag. 103-164, fig. I-XXVIII, tav. I. Roma, 1910. . SILVESTRI A. — Distribuzione geografica e geologica di due Lepidocicline comuni nel terziario italiano. In 4.9; Mem. Pontif. Acc. N. Lincei, vol. XXIX, pag. 1-77. Roma, 1911. . SiLvestRI A. — In PANTANELLI D.: Sulla estensione dell’Oligocene nell'Appennino settentrionale. In 8.9; Atti Soc. naturalisti e mat. Modena, ser. 4.%, vol. XIII, pag. 28-37 (pag. 31-32). Modena, 1911. . SilvestRI A. — Sulla vera natura dei Palaeodictyon. In 8.9; Boll. Soc. geol. italiana, vol. XXX, pag. 85-107, fig. 1-2, tav. VI-VII. Roma, 1911. 54 A. SILVESTRI INDICE DELLE SPECIE CITATE 1 Alveolina ellipsoidalis ScawAGER 3 5 è ; s : . 3 5 .- pag. 36. [8], Alveolina oblonga D’ORBIGNY —. 2 è ” 7 c 6 7 E : , sa IR [SIL Archaecyclus cenomanianus (G. SEGUENZA) 3 Baculogypsina tetraédra GueMBEL . o 5 . . s o x o 32 [4], 36 [8], Bruguieria laevigata (LAmARCK) . Calcarina sp. * Cidaris acicularis D° ArRcHIAC ; 3 ; 5 - . 5 b o 3 o RSS RL Uidaris striato-granosa D’ ARcHTAC ; ; ì 5 : * x 3 : 5 5 Sil BIL Doryderma? sp. * «Etoiles marines » KworR Hippurites sp. * Laharpeia Lamarcki (p° ArcaIac) Laharpeia tuberculata (BRUGUIÈRE) . È È ; 3 ? . x i; È n Lepidocyelina Ciofaloi CaEccHIA-RiIsPoLI * . Lepidocyclina cfr. marginata MicHeLOTTI Lepidocyclina Joffrei LeMornE et DovviLLé Lepidorbitoides minor (ScHLUMBERGER) 3 s Lepidorbitoides Paronai A. SiuvestrI * i, , ; È : 5 : É 346) Lithothamnium sp. * Millepora miniacea Liyné . Millepora miniacea Partas Nummaulites atacica LeyWeRrIE Nummulites, Caillaudi p’Arcaac et Hans. Nummulites contorta DESHAYES . Nummulites Guettardi v’° Arcniac et HAamp È SA à ; : È ; SZ]! Nummulites Guettardi v’ArcHIAc var. prima PrEVER ò 5 - x - o c 41 [13], Nummulites latispira MENEGHINI Nummulites minuta CarccHIA-RIsPOLI Nummulites miocontorta TELLINI Nummulites miocontorta var. crassa TELLINI Nummulites miocontorta var. exilis TELLINI Nummulites sicula CaEccHIA-RISsPOLI i) Vi ho distinto in corsivo le specie costituenti la fauna della formazione controversa di Calcasacco, segnandovi con asterisco quelle provenienti dal dordoniano. [26] 36 [S] 42 [14] 32 [4] 36 [S] 41 [13] 41 [13] 41 [13] 41 [13] contras- 27] ; A. SILVESTRI Nummulites sp. Nummulites sub-Airaghi PreveR Nummulites sub-Capederi PrREVER Nummulites sub-sicula CaeccHIA-RISPOLI : les Nummulites Tchihatcheffi D’ArcHIAC Nummulites Tehihatcheffi »’ Arcniac et Hame var. depressa TELLINI Nummulites veronensis OpPPENHEIM Omphalocyclus macropora (LamaRrcK) “ Omphalocyclus macropora (Lamarcx) var. Schlumbergeri A. SivestrI * Operculina ammonea LEeYxMERIE Orbitoclypeus himerensis A. SILVESTRI Orbitoides apiculata ScHLUMBERGER * . Orbitoides Ouroli Cueconia-RispoLi * . Orbitoides Ciofaloi Carccnia- RISPOLI È Orbitoides cfr. media A. SivestriI * . Orbitoides gensacica ( LevmerIR) * Orbitoides gensacica (LeymerIe) var. Januarii CarccnIa-RIspoLI * Orbitoides gensacica (LevwerIe) var. secans (LevmeRIB) * Urbitoides Hollandi VREDENBURG * Orbitoides Januarii Carccnia-RispoLi * Orbitoides Johannis CueccHIA-RISPOLI * Orbitoides media (D’ArcHIAC) * Orbitoides media v’ Arcriac var. Phuilippi Carccnia-Rispori * Orbitoides (Orthophragmina) dispansa (SoweRBr) Orbitoides (Orthophragmina) Pratti (MricHELIN) . Orbitoides (Orthophragmina) sp. Orbitoides Paronai A. SiLvestRrI * Orbitoides Philippi CaeccHIa-RispoLI * Orbitoides Saveriù A. SiuvestRrI * Orbitoides Schuberti CaeccHIa-RisPoLI * Orbitolina Boemi PREVER . Orbitolina bulgarica DesHAYES Orbitolina conoidea Gras Orbitolina lenticularis ( LAMARCK) Orbitolina media n° ArcnIac * Orbitolina ovulum PrEvER È Orbitolina Paronai PreveR * 4) Per la provenienza di questa specie vedasi a pag. 49 [21], nota n. 7. 34-38 [6-10], 43 [15], (8), 38 [10], 34-37 [6-9], pag. 41 [13], 36 [S], 36 [81 46 [18], 36. [S], 41 [13] 35 (a, 47 [19], so 8) 364418], 48 [20], 36 [8]. 36. [8], 41 [13], 30 19 34 (6), 56 A. SILVESTRI Orbitolites gensacica LeyMERIE * Orbitolites secans LevxMERIE * Orbitolites Sp. Orthophragmina 4, H. DovviLLé * Orthophragmina Di-Stefanoi CreccHIA-RisPoLI Orthophragmina dispansa (SoweRBY) Orthophragmina nummulitica (GueMBEL) Orthophragmina patellaris (ScALOTHEDI ) Orthopkragmina Pratti (MicHELIN) Orihophragmina? prima Caeccara-Rispori e M. GemreLLARO * Orthophragmina pulcra CaeccHIA-RIsPOLI Orthophragmina radians (D’ ARCHIAC) Orthophragmina sella (D’ARcHIAC) Orthophragmina stella (GuEMBEL) Orthophragmina stellata (0 ArcHIAC) . Paronaea atacica (LEYMERIE) Paronaea Caillaudi (p’ArcaIac et Ham) . Paronaea contorta (DesHavEs) . . c : 5 Paronaea Guettardi (0’ArcHIAC) Paronaea latispira (MeENEGHINI) . - Paronaea miocontorta (TELLINI) . Paronaea submiocontorta PArIscE Paronaea Tehihatcheffi (D’ ArcHIAc) Paronaea Tchihatcheffi (D’ ArcaIAc) var. depressa (TELLINI) Planorbulina? cenomaniana G. SEGUENZA « Polypiers étoiles marines» Fauyas-pe-SAamm-Foxp Polytrema miniacea (PALLAS) Polytrema miniaceum Linné Radiolites? sp. * Rotalia? sp.* . - : 3 . . « Siderolite calcitrapoide » Fauzas-pe-Samr-Fonp * Siderolite atf. calcitrapoides LamarcK Siderolites calcitrapoîdes LamaRrerk È Siderolites cfr. calcitrapoides LamareK * Siderolithes Preveri Osio * Sphaerulites? sp. * Finito di stampare il 10 maggio 1912. pag. 32. [4], 32 [4], 32 [4]; 32 [4], 32 [4], 47 [19], 47 [19], 35 [7], 44-48 dA-AT (3E) (O) [7]; 46 [18] 46 [18] 50 [22] 35. [7] 41 [13] 41 [13] 32 [4] 32. [4] 32 [4] 35 [7] 41 [13] 32 [4] 33. [5] 33. [5] 32 [4] 32 [4] 32 [4] 35 [1] 33. [5] 32 [4] 41 [13] 41 [13] 32 [4] 33. [5] 47 [19] 45 [17] 48 [20] 48 [20] 44 [16] 34 [6] 45 [17] 35 [7] [16-20] 34 [6] [16-19] 44 [16] GIOVANNI DI-STEFA NO LA DOLOMIA PRINCIPALE DEI DINTORNI DI PALERMO E DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO (TRAPANI) (Tav. VII-XVI [I-X]). INTRODUZIONE In questa prima monografia sul Trias della Sicilia occidentale è illustrata la fauna della Dolomia principale dei monti che circuiscono il bacino di Palermo e di quelli del gruppo di Castellammare del Golfo e di S. Vito (prov. di Trapani). Le conclusioni che derivano da questo studio e la descrizione geologica della formazione saranno pubblicate per esteso in un prossimo scritto; esse non possono sepa- rarsi da quelle relative ad altri gruppi di strati triassici che sono in relazione con la Dolomia principale, in buona parte ad essa sottostanti e già riferiti rispettivamente al Trias, al Lias inferiore (Calcarì con Rhynchonellina ), al Titonico e all’ Eocene. Ognuno di questi gruppi ha bisogno di illustrazioni che non possono essere tutte contenute nella presente monografia. Credo però necessario di dare in questo scritto un breve riassunto di parte delle conclusioni stra- tigrafiche e paleontologiche alle quali conduce l’esame delle dolomie più elevate dei dintorni di Palermo, Monreale, Parco, Montelepre, Torretta, Carini, Castellammare del Golfo e S. Vito Lo Capo: 1. — Nella Sicilia occidentale la Dolomia principale, la cui esistenza fu ammessa come probabile dal BrrnER ”, seguito dal De LoRENZO ?, e provata definitivamente nel 1904 dal prof. G. G. GEMMELLARO ?, è rappresentata da spesse masse di dolomia grigia e bianca, raramente rosea, compatta, cristallina, brec- ciforme, spesso farinosa, associata a calcari dolomitici, con gli stessi caratteri paleontologici, litologici e morfologici della Dolomia principale alpina, specialmente di quella lombarda. 2. — Si rilevanosin essa quelle notevoli relazioni paleontologiche con piani triassici inferiori che risultano i) BrTTNER A. Brachiopoden d. alpinen Trias. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XIV, 1890, pag. 177. DI °° DE Lorenzo G. Le montagne mesozoiche di Lagonegro. Atti d. R. Ace. di Sc. fis. e mat. di Napoli, VI, 8.2.8, 1894; — In. Noch ein Wort iiber die Trias des siudlichen Italiens und Siciliens. Verhand]. d. k. k. geol. R. A., 1896, n. 9. 3) GEMMELLARO G. G. I cefalopodi del Trias superiore d. regione occidentale di Sicilia. Giorn. di Se. nat. ed econ. di Palermo, XXIV, 1904, pag. VII, pag. XVIII e pag. XXI. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 58 G. DI-STEFANO [2] anche, per la Dolomia principale del Salernitano, della Basilicata e della Calabria, dai lavori di Bassani”, Di-SteFANo ?, De Lorenzo ®, Cortese #, GaLpieRI”, Banpacci e VioLa ®. 3.— La dolomia della parte N. E. del gruppo dei monti di Castellammare del Golfo, (ai quali si può dare collettivamente il nome di Montagna d’Inici) e di quelli di S. Vito, con Diploporidae, Worth. solitaria Ben. sp., Gerv. erilis Stop. sp., Megalodonti e abbondanti esemplari del' Dicerocardium Curionii SToPP., rappresenta la parte superiore della Dolomia principale (Norico nel senso del BrrrNER, Juvavico in quello del Moysisovios). L'indicazione di Norico per queste masse di dolomia e di.calcari dolomitici, usàta nella Carta geologica di Sicilia e nella Descrizione geologica dell’isola di Sicilia del Barpacci (1881), in un tempo in cui il Moysisovics non aveva modificato il modo di successione della sua serie triassica, deve ora essere intesa in un senso differente. 4. Le dolomie più elevate, con calcari dolomitici. dei dintorni di Palermo (Sferracavallo, M. Monolfi, M. Cuccio, M. dell’Occhio, S. Martino, Monreale, Pioppo, Piana dei Greci, Parco, M. Grifone ecc.) in parte indicate dal prof. GemmeLLARO con i nomi di Dolomia a Daonella Lepsiusi, 1882; Dolomia superiore, 1882 Dolomia principale, 1904, le quali contengono Worth. solitaria BEN. sp., Gero. erilis StoPP. Sp., Prigonodus rablensis GrEDL. sp., Halorella pedata BRonn sp., Halorella amphitoma BRoNN sp., ecc., rappresentano la parte inferiore della Dolomia principale. Si vedrà molto prossimamente che le altre conclusioni d’insieme, stratigrafiche e tettoniche, alle quali si perviene, sono importanti non solo per la più estesa ed esatta conoscenza del Trias siciliano, ma anche per la valutazione della teoria dei pretesi grandi carreggiamenti in Sicilia. 4) BassanI F. Fossili nella dolomia triassica di Mercato S. Severino ecc. Atti d. R. Acc. di Sc. ecc. di Napoli, V, s. 2.2, 1893. A . 2) Di-SteFANO G. Sulla estensione del Trias sup. nella prov. di Salerno. Boll. d. Soc. geol. ital., XI, 1893; — Os- servazioni geologiche nella Calabria settentrionale ece. Mem. descrittive d. Carta geol. d’ Italia; Appendice al vol. IX, 1904. 3) De Lorenzo G. Op. cit., 1894; — Osservazioni geologiche nell’ Appennino d. Basilicata. Ibid., VII, s. 2.8, 1895. 4 Cortese E. Descrizione geologica della Calabria. Mem. descritt. d. Carta geol. d’Italia, IX, 1895, pag. 96. 5) GALDIERI A. La malacofauna triassica di Giffoni nel Salernitano. Atti d. R. Acc. di Se. ecc. di Napoli, XII, s. 2.8, 1905; — Sul Trius dei dintorni di Giffoni. Atti d. Ace. Pontaniana, vol. XXXVIII, 1908. 6) BaLpacci L. e VioLa C. Sulla cestensione del Trias in Basilicata ece. Boll. d. R. Com. geol., a. 1894. [3] È G. DI-STRFANO 59 PARTE PALEONTOLOGICA Plantae. Algae. Siphoneae verticillatae MuUNn.-CHAL. Gen. Gyroporella GuemB. em. BEN. DI Gyroporella vesiculifera Gurm8. — Tav. I, fig. 1 (parte); 2, (36) 1871. Gyroporella vesiculifera GuemseL. Die sogenannien Nulliporen ecc. Abhandl. d. k. bayer Ak. d. Wiss., XITAN2:0i pipa sa 800 tav DA IENA oa ADAIVI ig; 3azo1 NSZA9 _ —_ Guems. BenEeckr. Ueber die Umgebungen v. Esino in d. Lombardei. Geogn. pal. Beitrige, II vol., pag. 308. tav. XXIII, fig. 6-7, 9-12. 1912. = = Guens. emend. Ben. v. Pia. Neue Studien iiber die triadischen Siphoneae verti- cillatae. Beitr. z. Pal. und Geol. Oest.-Ung. ecc., XXV, Heft I, pag. 35 (COD) to VALDESI Nella Dolomia principale di Castellammare del Golfo sono frequenti i resti di Diploporidae (com- prendendo questa famiglia nel senso del v. Pra), che specialmente nel Vallone Petraro gremiscono in taluni punti la roccia. Invece sono assai rari e più mal conservati nella Dolomia principale del Palermi- tano; infatti se ne conosce qualche cattivo esemplare di Boccadifalco, alla base del M. Cuccio. Le Diploporidae di Castellammare sono rappresentate da corpi cilindrici, diritti o poco curvati, di lunghezza variabile, che non suol sorpassare gli 80 mm., con un diametro di 3-7 mm. Tali fossili sono in grandissima parte allo stato di modello interno e mostrano una suddivisione in anelli ora assai debole, ora più evidente. Nella maggior parte dei casi, per l’avanzata alterazione, dovuta agli atmosferili, gli anelli, che sono sempre bassi e non più alti di mm. 1-5, spiccano molto. Sopra ogni anello si notano una o due serie di tubercoli minuti. In molti esemplari, sui quali la suddivisione in anelli è appena riconoscibile, i tubercoli sono sparsi in modo uniforme. Non si tratta di crinoidi, la cui struttura non si manifesta sopra le superfici di distacco; invece sui rarissimi esemplari che ancora conservano le pareti dei cilindri si osservano caratteri di Sifonee verticillate. Nell’ unica sezione longitudinale naturale di un piccolo individuo (Tav. VIII [I], fig. 2) si vedono, nelle pareti, delle piccole cavità che non sboccano al di fuori. Lo sbocco nell'interno è visibile, sebbene danneggiato e allargato. Si tratta quivi del genere Gyroporella, nel senso del BENECKE, e, con molta probabilità, della Gyroporella vesiculifera Gurms. Nessun'altra osservazione più minuta si può fare su questo esemplare. Le preparazioni pel microscopio eseguite su altri individui non fanno osservare nulla di chiaro: la do- lomitizzazione ha distrutto per lo più ogni particolare della struttura. Le stesse cavità bolliformi, non sboccanti all’esterno, si osservano sulle sezioni trasversali artificiali di qualche altro raro esemplare. Non sarebbe quindi del tutto ingiustificato il ritenere che la maggior parte di quelle ramificazioni di Sifonee verticillate appartengono al gruppo della Gyroporella vesiculifera; ma il giudizio deve essere riserbato per tutte quelle ramificazioni che non fanno osservare la struttura delle pareti e, purtroppo, 60 G. DI-STEFANO i [4] sono la massima parte. Fra queste molte presentano spiccate somiglianze di forma e di ornamenti (Tav. VII [I] fig. 4) con Diplopora annulata ScHarat. (= Gyroporella cylindrica GuemB. = Diplopora porosa ScHaFHT.), sicchè non a torto potrebbero far pensare che nella dolomia di Castellammare del Golfo sia anche frequentemente rappresentato il genere Diplopora. Il v. Pra non indica Diploporae nel Trias superiore; ma esse certamente esistono nella Dolomia prin- cipale del Salernitano, come fu provato nel 1893 dal prof. Bassani” e da me; però l’esistenza di esse in quella di Castellammare del Golfo rimane dubbia, almeno per ora, poichè non è su quei resti ridotti in pessimo stato che si può emettere un giudizio sicuro. Anche le rare e assai mal conservate ramifica- zioni di Diploporidae della Dolomia principale di Boccadifalco (Palermo) lasciano in dubbio nella loro ap- partenenza generica. Di sicuro possiamo solo affermare che il gen. Gyroporella esiste a Castellammare. Animalia. Molluscoidea. Brachiopoda. Gen. Rhynchonella FiscHER. Rhynchonella isotypus Gem. — Tav. VIII [I], fig. 10-13. 1871. Rhynchonella isotypus G.G.GemmeLLARO. Studj paleont. sulla fauna del calcare a T. janitor del Nord della Sicilia. Giorn. di Sc. nat. ed econ. di Palermo, 1568-1876, parte III, pag. 23. tav. IV, fig. 8-10. Il prof. G.&. GeMmmELLARO descrisse e figurò questa specie nel 1871, indicandola come frequentissima nelle cave di calcare grigio di “ Billiemi,, (rettamente Bellolampo), meno comune alla Valanca di Misil- meri e rara in qualche altra località del Palermitano. Più tardi lo stesso prof. GemMELLARO riconobbe che i calcari grigi, marmorei, di Billiemi (rettamente Bellolampo) appartengono al Trias”, non al Titonico, e che il riferimento della R%. isotypus al Trias, per questa località e per la Valanca di Misilmeri, era avvenuto per un miscuglio casuale di fossili, essendovi in quelle regioni dei calcari fossiliferi triassici e titonici molto somiglianti. Egli tolse dalla collezione titonica del Museo geologico universitario di Pa- lermo tutti gli esemplari della R%. isotypus per collocarli in quella del Trias. Gl’individui di qualche altra località dei dintorni di Palermo appartengono a una specie differente, secondo riconobbe lo stesso prof. GEMMELLARO. i Si vedrà in altra prossima monografia che i fossili delle cave di Bellolampo creduti ‘una volta di età titonica, ma da riferire con sicurezza al Trias, sono molti. Le ricerche da me eseguite confermano che la specie in esame è molto abbondante in quelle cave ed associata a una fauna nettamente triassica. Il Titonico esiste bensì a Bellolampo, ma in luoghi più elevati, distinti e lontani. i) Bassani F. Fossili nella dolomia triassica dei dintorni di Mercato S. Severino ecc., 1893, pag. 14 (Gyroporella sp. d. gr. delle annulatae). 2 Di-SteFrANO G. Sulla estensione del Trias superiore nella prov. dì Salerno. Boll. Soc. geol. ital., XI, fasc. 2, 1893. 3) GemmeLLARO G. G. 1 cefalopodi del Trias superiore della regione occidentale della Sicilia. Giorn. d. Sc. nat. ed econ. di Palermo, 1904, vol. XXIV, pag. VI e XVIII. 15] G. DI-STEFANO 61 La Eh. isotypus non si raccoglie soltanto nel calcare marmoreo triassico di Bellolampo, ma anche nella superiore Dolomia principale di Boccadifalco (proprietà Caruso), dove però è rara. Figuro qui un esemplare di Boccadifalco e, per la più estesa conoscenza della specie, anche tre altri delle cave di Bel- lolampo (Billiemi, secondo GEMMELLARO), ove è rappresentato un livello triassico del quale si parlerà nella seconda parte di questo lavoro. Due degl’individui qui figurati (Tav. VIII [I], fig. 10, 11) appar- tengono alle forme più dilatate, inequilaterali e asimmetriche di questa variabile specie e una a quelle triangolari e poco dilatate (Tav. I, fig. 12). Essendo stata la £%. isotypus ampiamente illustrata dal prof. GEMMELLARO non credo necessario di doverla qui descrivere di nuovo. Sottogen. Halorella BirmnER 1884. Rhynchonella (Halorella) amphitoma Browx sp. — Tav. VII |I|, fig. 5-7. 1832. Terebratula amphitoma Bronx. Die Versteinerungen des Salza Thales ecc. N. Jahrb. f. Min. ecc., pag. 162. 1843. - — salinarum PerzzoLo. Bertrige «. Geognosie von Tirol, pag. 52, fig. 1,2. 1871. — (Ehynchonella) amphitoma Bronn. QuensteDt. Die Brachiopoden Deutschlands, pag. 148-150, tav. 40, fig. 84-88. 1884. Halorella amphitoma Bronx sp. BirtxeR. Aus den Salaburger Kalkhochgebirgen. Verhandl. d. k. k. geol. R. A., pag. 107. 1890. _ _ Bronx sp. BirtxER. Brachiopoden der alpinen Trias. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XV, pag. 183, tav. XVIII, fig. 3-9; tav. XIX, tav. XX. 19I1. — —_ Bronn sp. var. rarecostata Brrrn. ScaLia. La fauna del Trias sup. del gruppo del M. Judica. I. Atti d. Acc. Gioenia ecc., s. 5.%, vol. III, pag. 22, tav. II, fig. 17. Nella Dolomia principale del Palermitano si sono raccolti molti individui di una Halorella di forma dilatata, che io credo di poter riferire alla Halorella amphitoma Bronn sp., fondandomi essenzialmente sul paragone con esemplari di questa specie provenienti da Hallein e conservati nel Museo geologico del- l’Università di Palermo (Collezione ZIttEL). Essi portano sopra ogni valva una depressione mediana radiale, che produce alla fronte un seno largo e relativamente leggiero, corrispondente sulle due valve. Queste si mostrano ornate di un numero variabile di costole, che giungono su due esemplari fino a ventiquattro (var. multicostata BiTtN.), mentre sopra un altro sono invece 17 (var. media BIrtN.). Le costole coprono tutta la superficie delle valve, ma sui lati s’indeboliscono così rapidamente che questi sembrano lisci. Sull’apice della grande valva (ventrale) di due esemplari si scorgono, per rottura, le lamine rostrali. Come è noto, l’Halorella amphitoma è strettamente legata alla H. pedata BRONN sp.; se non che, ha già notato il BirtNER, le due forme non si corrispondono nel ciclo delle loro variazioni. Inoltre la forma meno triangolare e più dilatata nella H. amphitoma e le evidenti depressioni radiali mediane delle valve, con la conseguente più chiara amfitomia, permettono spesso di distinguere gl’individui adulti delle due Halorella;. tuttavia bisogna riconoscere che la distinzione non riesce sempre netta, specialmente per le varietà multicostate e per i giovani individui. Le Halorella costituiscono un gruppo di Ahynekhonella triassiche caratterizzate dalla forma più dila- tata; dagli acutissimi angoli apicali; dalla esistenza di una piccola falsa area, dovuta essenzialmente alle forti orecchiette della valva grande (ventrale); dalle crura più lunghe e dalla vita sociale. Però questi 62 G. DI-STEFANO [6] caratteri sono alquanto leggieri e non costanti, come lo stesso BirtNER ha riconosciuto nel fondare il genere ”; sicchè credo sia meglio di dare al gruppo delle Halorella il valore di un sottogenere. La Halorella amphitoma si presenta con abbondanza nel Dacksteinkall: alpino, nelle regioni Hochkénig, Hagengebirg, Tinnengebirge, Hohe Goll e Untersberg, nelle Alpi settentrionali (BrttNER); è meno abbon- dante nei Calcarî di Hallstatt, come nel territorio di Hallein, nell’ Hagengebirg, nel Raschberg (livello con 7. subbullatus), presso Berchtesgaden, dove è anche associata con I Halorella pedata e nel Salzkam- mergut (Hierlatzwand, Waldbacheck), nonchè nella Ennsthale, e alla Hohe Wand (Bassa Austria). In Sicilia essa è indicata dallo ScaLia nel gruppo del M. Judica, in sedimenti con la fauna di S. Cassiano- Raibl e si presenta, anche nei calcari intercolati tra le marne che sostituiscono i calcari con nodoli di selce dei monti che formano lo sfondo del bacino di Palermo, cioè nelle regioni Giacalone, Barone, Pez- zenti, Carpineto, Portella Garrone, Strasatto Fontanafredda e Presti, nonchè nella soprastante Dolomia principale della Pizzuta, della ela dial Paglia, del M. Cuccio (Boccadifalco) e del M. Grifone (Palermo). Rhynchonella (Halorella) pedata Bronx sp. — Tav. VIII [I], fig. 8,9. 1832. Terebratula pedata Bronn. LeonHARD n. Brown. Die Versteinerungen des Salxa-Thales. N. Jahrb. f. Min. ecc., pag. 163. 1854. Ehynchonella — Bronvn sp. Suess. Uber die Brachiopoden d. Kòssener Schichten. Denk. d. k Ak. d. Wiss., VII, pag. 33, tav..IV, fig. lVia, by fig. 22, 23. 1882. _ sp. d. gruppo d. £). pedata Broxn. GemmeLLARO. Sul Trias della reg. occ. della Sicilia. Mem. d. Acc. d. Lincei, s. 3.3, vol. XII, pag. 8,9 e 11. 1890. Halorella pedata Bronx sp. Birtner. Brachiopoden der alpinen Trias. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XIV, pag. 19, tav. XXVII, fig. 1-20); tay. XVIII, fig. 1. 1906. - — Broxn. ArrHaper. Die alpine Trias Mediterran-Gebietes. Lethea geogn., II Th., tav. 47, fig. 15-17. 1909. _ — Bronn sp. Scanra. Il gruppo del M. Judica. Boll. A. Soc. geol. ital., XXVIII, pag. 283 e pag. 311. 1911. —_ — Broxx sp. Scania. La fauna del Trias sup. del gruppo del M. Judica, I. Atti d. Ace. Gioenia ecc., s. 5*, vol. II, pag. 22, tav. II, fig. 15-16. Nel 1882 il prof. G.G. GeMMELLARO scrisse di aver trovata nella dolomia più elevata del M. Grifone presso Palermo, cioè in quella che allora riferì al Retico col nome di Dolomia superiore e nel 1904, giustamente, alla Dolomia principale, una Rhynchonella del gruppo della RX. pedata Bronn. Il BrrtNER, che l’aveva potuto osservare presso il Moysisovies a cui il prof. GeMMELLARO l’aveva comunicata con altri fossili triassici, credette di riconoscervi una grande somiglianza, se non identità, con le Pedate del XCo- rallenkalk della Hohe Wand presso Wiener Neustadt :(Op. cit., pag. 177). Più tardi mi è riuscito di trovare due altri esemplari, sebbene incompleti, della stessa specie nella Dolomia principale di Boccadifalco (pro- prietà Caruso), anche presso Palermo e molti altri più grossi in quella della Portella della Paglia (Monreale). SO Nella Tav. 1, fig. Sa,6 è data la fotografia del frammento di una valva grande (ventrale) della i) BirrNER A. Aus den Salzburger Kalkhochgebirgen. Verhandl. d. k. k. geol. R. A., 1884, pag. 107 (in nota). 2?) GEMMELLARO G. G. / cefalopodi del Trias superiore della Regione occidentale della Sicilia. Giorn. di Se. nat. ed econ. di Palermo, vol. XXIV, pag. XXI. _ NI DI G. DI-STEFANO Rhynchonella (Halorella) pedata BRONN sp. var. intermittens Bimn., raccolta nella dolomia di Boccadifalco. In questo esemplare si osservano 9 costole radiali principali, di cui 5 sì suddividono ad altezze variabili. ma sempre al di sotto degli apici, in modo che verso la regione frontale le costole diventano 14. Nono- stante che l’individuo sia incompleto, ritengo sicura la sua determinazione. Nella fig. 9 della stessa tavola è rappresentato l’esemplare di cui parlò il prof. GEMMELLARO nel 1882, cioè quello proveniente dalla do- lomia più elevata del M. Grifone. Si tratta del modello interno di una valva piccola (dorsale) di una grossa Halorella, con undici costole radiali, forti e semplici. Per la sua forma poco dilatata e pei caratteri della fronte, su cui sta solo una assai leggiera depressione, più che alla specie della Hohe Wand, cioè alla H. amphitoma, come dubitò il BrrmNER, corrisponde alla R%. pedata Bronn sp., var. rarecostata GùmB. Tuttavia per l'unicità dell’esemplare e per lo stato di cattiva conservazione, il riferimento di questo indi- viduo alla Ha/orella pedata può forse dar luogo a qualche dubbio. La Halorella pedata è una specie delle grandi masse calcaree del Trias superiore delle Alpi setten- trionali, dal Salisburghese a Wiener Neustadt, ma specialmente degli Zlambachschichten di Aussee e di Goisern. Il BrrrnER ne ha dimostrato l’esistenza anche in calcari corrispondenti al Dachsteinkalk. In Sicilia, oltre che nella dolomia più alta di M. Cuccio (Boccadifaleo) e di M. Grifone, si ritrova nei calcari associati con marne del Giacalone, Pezzenti, Portella Garrone, Strasatto, Carpineto, Fontanafredda, Presti (Monreale) cioè sui monti tra Pioppo e la Portella della Paglia, come anche nella superiore Dolomia principale della Pizzuta e della contigua Portella della Paglia (Monreale). Lo Scatra la riporta del gruppo del M. Judica in istrati con la fauna di S. Cassiano-Raibl. Rhynchonella (Halorella) cfr. rectifrons Birrw. — Tav. VIII [I], fig. 14. 1884. Halorella rectifrons Brrrner. Aus den Salaburger Kalkhochgebirgen. Verhandl. d. k. k. geol. R. A., pag. 107. 1890. —_ _ Bimner. Brachiopoden der alp. Trias. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XIV, pag. 187, tav. XXI, fig. 31-52, tav. XXXII, fig. 1-36. 1906. _ — — Birrn. Arruager. Die alp. Trias des Mediterran-Gebietes. Lethea geogn., II Th., tav. 47, fig. 12-14. Nelle collezioni del Museo geologico dell’ Università di Palermo esiste, come proveniente dalla dolomia più elevata del M. Grifone (Dolomia superiore Gemm., 1882), un frammento di una grossa Halorella liscia, coperta di forti strie di accrescimento, che io credo appartenga alla Halorella rectifrons BrrmN. È questo probabilmente l’esemplare che il prof. GemmeLLARO indicò come Spirigera del tipo della Sp. orycolpos Emx.:; infatti in quella dolomia non esiste altro esemplare che possa lontanamente richiamare la specie retica di EMMRICH. Allora il prof. GemmELLARO riteneva come retica la dolomia più alta del M. Grifone; ma più tardi, secondo del resto avevano dubitato il BrrTtxER e il Moysisovics nel 1896, egli la riferì esattamente alla Dolomia principale, insieme con la sua Dolomia a Daonella Lepsiusi. L'individuo in esame rappresenta buona parte della valva piccola (dorsale) di una Halorella, che per la forma dilatata e per la depressione mediana, lunga, stretta e molto profonda, la quale doveva produrre l’amfitomia della fronte, io credo rappresenti l’Halorella rectifrons Birmtn.; nondimeno, dato lo stato in- completo dell'esemplare, tale riferimento va eseguito con dubbio. 64 G. DI-STEFANO [S) L’Halorella rectifrons si presenta sulle Alpi nel Dachsteinkalli e in livelli ad esso corrispondenti, nonchè nei tipici Calcari dì Hallstatt, nel territorio di Hallem e nel Salzkammergut. I BITTNER la cita a Berchtesgaden, associata, nei Calcarì dì Hallstutt, con H. amphitoma. i Mollusca. Lamellibranchiata. Gen. Gervilleia Derr. Gervilleia exilis Srorp. sp. — Tav. VIII[I], fig. 15-17. . Avicula enilis Srorrani. Studi geologici e paleontologici sulla Lombardia, pag. 393. 1857 1860-65. — _ — Possiles du Trias sup. ou de la dolomie a M. Giimbeli. Paléont. lombarde, Ss. 33, pag. 259, tav. 60, fig. 9-14. 1864. — polymorpha Costa G. 0. (p. p.). Note geologiche e paleontologiche sui Monti Picentini ecc. Atti A. Ist. d’incoraggiamento di Napoli, s. 2.8, t. 1, pag. 239-243 (71-76), tav. V, fig. 13-15, 1; tav. VI, fig. 3. 1876. — exilis Stopp. BewecKe. Ueber die T pa von Esino in der Lombardei. Geol. pal. Beitrige, I, pag. 311(5D), tav. XXIIV, fig. 12) 13° 1881. Gervilleia erilis Srorr. sp. Birrner. Veber die geol. Aufnahmen in Judicarien und Val Sabbia. Jahrb. d. k. k.. geol. .R. A., vol. 31, pag. 298-299. 1593. Avicula (Gervilleia) exilis Srorr. Bassani. Fossili nella dolomia triassica dei dintorni di Mercato S. Se- verino eee. Atti Acc. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. V, 8. 2.2, pag. 7., fig. 4. 1893. — exilis Srorr. De Lorenzo. Sul Trias dei dintorni di Lagonegro in Basilicata. Atti Acc. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. Vi, s. 2%, pag. 21, fig. 8. 1903. Gervilleia erilis Stop. Tomasi. Revisione della fauna a molluschi della Dol. prine. di Lombardia. Palaeont. italica, vol. IX pag. 97 (3), tav. XVI(1), fig. 4-9. 1905. _ _ — Ganpreri. La malacofauna triassica di Giffoni nel Salernitano. Atti Acc. Sc. ; fis. e mat. di Napoli, vol. XII, s. 22, n. 17,. pag. 24, fig. 15 e 16. 1906. PA (? Odontoperna) exilis Stop. v. ArtHABER. Die alpine Trias des Mediterran Gebiotes: Lethea geogn., II Th., vol. 1, tav. 42, fig. 17. 1908. = ewrilis Sropp. sp. GarpierI. Sul ori dei dintormi di Giffoni. Atti d. Acc. Pontaniana, vol. XXXVIIE, pag. 88. Conchiglia più alta che lunga, più o meno leggermente obliqua, inequilaterale, inequivalve, ovato- subromboidea, discretamente convessa. Margine cardinale diritto, lungo; apici prosogiri, contigui, appuntiti, poco ‘sporgenti dalla linea cardinale. La maggior convessità della conchiglia si rileva sulla regione apicale, donde le valve scendono rapidamente al contorno. La valva destra è leggermente più convessa della sinistra. Negli esemplari qui studiati l’orecchietta anteriore è quasi sempre spezzata: quella posteriore, invece più o meno compiutamente conservata, è aliforme, larga e poco nettamente divisa dalla valva da una depressione larga e leggiera, che la rende più o meno leggermente e largamente sinuata sull’orlo infe- riore. Sugl’individui adulti l'estremità dell’orecchietta posteriore è ottusa; su quelli giovani il seno è più forte e l’estremità suole mostrare un rostro corto e ottuso. [9] ; G. DI-STEFANO 65 La conchiglia è discretamente spessa: la superficie delle valve è foliacea e coperta di strie di accre- scimento un po’ rugose e un po’ irregolari, tra cui se ne intercalano altre più sottili. Sopra due esemplari adulti, che sono qui figurati, si osservano molte sottili strie radiali; anzi uno di questi, proveniente dalla dolomia grigia della sommità di M. Grifone (Palermo), e che conserva parte della conchiglia, ha le strie di accrescimento foliacee rese increspate dall'incontro con le lineette radiali. Non mi è riuscito di poter preparare il cardine negli esemplari siciliani finora avuti in esame; però è oramai dimostrato ed ammesso da tutti che questa specie appartiene al genere Gervilleia. Di già nel 1864 G.O. Costa riconobbe caratteri di Gervillesa nella sua Avicula polymorpha, che in parte è identica con la Gervilleia exilis; il BENECKE nel 1876 e il Lepsius nel 1878” accennarono al fatto che associati con gl’individui di Avicula exilis si trovano impronte di cerniera di Gervilleia ed esemplari molto somi- glianti alla specie dello StoPPANI col cardine di questo genere; infine nel 1881 il BirtxER dimostrò bene l’appartenenza dell’ Avicula exilis della Dolomia principale alle Gervilleia. Egli potè preparare la cer- niera di un esemplare del M. Spesso presso Storo ed osservarvi le fossette ligamentari e i dentini listiformi. Nel 1503 il prof. Tommasi figurò il cardine della Gervilleia exilis; ma sulla preparazione da lui eseguita non si osservano denti. Secondo un recente lavoro dello stesso autore ®, 1’ Avicula exilis Stopp. di Esino è una specie differente da quella della Dolomia principale e riferibile veramente al genere Avicula. Il FRECH® pone questa specie nel suo sottogenere Odontoperna #*, che sarebbe caratterizzato dalla conchiglia spessa e di forma rombica, dall’esistenza di 2-3 denti cardinali deboli e dall’assenza di denti laterali e d’impressione muscolare anteriore. Però la necessità di mantenere questa divisione sottogene- rica è più che mai controversa dopo le osservazioni di WoHRMANN®, BrrtNER® e quelle recenti di L. WAAGEN®. Dubito che la Gero. Gemmellaroi Tomm. possa tenersi ben distinta dalla Gerv. ezilis, che per quanto ho potuto osservare su esemplari della Dolomia principale della Lombardia, della Calabria e della Sicilia, è una specie col guscio più o meno spesso e molto variabile, sia per la forma generale e per la convessità, che pel carattere della sinuosità posteriore, ora lieve, ora. più fortemente impressa. Però bisognerebbe esaminare direttamente tutti gli esemplari della G. Gemmellaroi descritti dal prof. Tommasi nel suo bel lavoro per poter invero decidere con sicurezza, tanto più che la minore convessità della conchiglia si manifesta sulla valva destra, secondo il Tommasi, mentre il caso è inverso nella Gerw. erilis. Di questa specie, così nota nella Dolomia principale, ho potuto esaminare solo delle valve isolate, in vario stadio di accrescimento, cioè 4 di Castellammare, 2 della dolomia più elevata del M. Grifone e uno della dolomia delle cave di Boccadifalco (Palermo), dove è rara. Credo qui inutile di enumerare tutte le regioni delle Alpi e dell’Italia meridionale in cui si presenta questa specie. La valva più grande esaminata è alta mm. 43 e lunga mm. 33. i) Lepsius R. Das westliche Stid-Tirol, 1878, pag. 95. 2) Tommasi A. I fossili della lumachella triassica di Ghegna in Valsecca ecc. Palaeont. ital., XVII, 1911, pag. 15. 3) FrEcH F. Neue Zweischaler und Brachiopoden ars der Bakonyer Trias, pag. 43 e 44. 4 FRE@H F. Die devonischen Aviculiden Deutschlands. Abhandl. z. geol. Specialkarte von Preussen ecc., IX, 1891. 5) v. WOHRMANN. Die Raibler Schichten ecc. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XLIII, 1893, pag. 657. 5) BITTNER A. Lamellibranchiaten aus der Trias des Bahonyerwaldes. Resultate der weissenschaft. Erf. d. Bala- tonsees, 1 Bd., 1 Th., 1901, pag. 31. 7) WaaGEN L. Die Lamellibranchiaten d. Pachycardientuffe ece. Abhand]. d. k. k. geol. R. A., XVIII, Heft 2, 1907, pag. 166. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 8 66 G. DI-STEFANO [10] Gen. Pecten KLEIN. Pecten Egidii Venantii Tom. — Tav. VIII|[I], fig. 1S, 19. 1903. Pecten Egidi Venantii Tomrasi. Revisione della fauna a molluschi della Dolomia principale di Lom- bardia. Pal. italica, IX, pag. 96 (2), tav. XVI(I), fig. 3a, db. ICOER e —_ - Tomx. GaLpierI. La malacofauna triassica di Giffoni vel Salernitano. Atti d. IR. Acc. Sc. fis. e mat..di Napoli, vol. XII, s. 23 n. 17, pag. 25, fig. 64 Conchiglia più o meno suborbicolare, subequilaterale, subequivalve, discretamente e regolarmente convessa, con la linea cardinale diritta. Apici piccoli, appuntiti, non sporgenti. La superficie delle valve è ornata di 40-45 costelle radiali, ben distinte, arrotondite sopra, separate da spazi ineguali, ora più larghi delle costelle ora più stretti. Le coste sono ripartite in due serie che si alternano in modo irregolare. Alla prima appartengono le maggiori, che cominciano sugli apici; alla seconda le altre minori, che s’iniziano al di sotto di questi, ma sempre dentro il terzo superiore dell’altezza delle valve. Le costelle minori s’intercalano tra le maggiori irregolarmente e in numero variabile; per lo più sono due, ma se ne osservano talora una o tre. Le strie di accrescimento sono sottili, fitte e rilevate come lievi costelle concentriche; esse rendono tinamente granulose le costelle radiali. Di tanto in tanto le strie di accrescimento assumono la forma di risalti, indicando i punti di arresto della conchiglia. Ho potuto studiare solo quattro valve di questa specie. In quella sinistra le orecchiette sono meglio conservate, sebbene piuttosto decorticate; esse sono subeguali, ben distinte dalla regione apicale, coperte di strie di accrescimento fine e rilevate e di poche strie radiali. L’ anteriore si mostra legger- mente sinuata. Sulla valva destrà, che è pure costata, le orecchiette sono allo stato frammentario. La specie in esame ha i caratteri di una Ch/amys; ma, per la sicurezza della determinazione ci manca la conoscenza esatta delle orecchiette della valva destra. Gli esemplari siciliani mi pare che corrispondano bene col P. Egidii Venantii Tomm. nonostante che siano alquanto più orbicolari. Il P. Egidii Venantiì è molto vicino e forse identico al P. Ferreri (Varisco) Tommasi; ma quest’ ultimo è troppo incompiutamente conosciuto, perchè si possa emettere un giudizio sicuro. Gl’individui che io riferisco al P. Egidii Venantii hanno rapporti con alcuni Pettini triassici, dai quali mi sembra che sì differiscano bene per vari caratteri. I più vicini, per l'irregolarità nella successione delle costole, sono il P. Deeckei v. WOHRMANN nec Parona ! e il P. incospicuus Brrmn.® Il primo se ne separa per i caratteri ornamentali differenti sulle due valve; per quelli delle costole della sinistra, che sono più numerose e più grossolane e hanno una più spiccata tendenza a riunirsi in fasci, nonchè per la forma asimmetrica; per la presenza della depressione laterale tra l’orecchietta anteriore e la regione apicale; pel più grande sviluppo relativo delle orecchiette e per le più grandi dimensioni. Il secondo è differente pure per la mancanza di strie radiali sulle orecchiette; per le costelle radiali delle valve più sottili, più serrate fra di loro, meno irregolari e separate più da solchi che da veri spazi in- tercostali e, subordinatamente, per la forma meno orbicolare. 1) v. WOHRMANN S. Die Fauna der Raibler Schichten vom Schlernplateau. Zeitschr. d. d. geol. Ges., XLIV, 1892, pag. 172, tav. IX, fig. 1,2. È °) BIrTNER A. Die Lamellibranchiaten aus d. Trias d. Bakonyerwaldes, pag. 43, tav. V, fig. 20, 21. [11] G. DI-STEFANO 67 Vi è poi un gruppo di altre specie triassiche vicine, come il P. cistonensis Por. (al quale è proba- bilmente da riunire il P. inaequialternans Par.) il P. subalternans v. WOHRMANN nec D’ ORBIGNY ?, il P. subalternicostatus BrrtNn.®, il P. Ciampinii Sropp. #, il P. subalternans D° ORB. (ben fisurato dal GoLpruss e dal Birrner), il P. asperulatus BIrtN.® ecc., i quali se ne separano, oltre che per vari carat- teri degli ornamenti, delle orecchiette e delle costole radiali delle valve, essenzialmente per la regolarità di alternanza delle costole maggiori e minori. Fra i vari Pettini del piano di Esino, pubblicati recentemente dal prof. Tommasi (Op. cif., 1911), il P. Brugnatelliù Towm. mi pare il più vicino al P. Egidi Venantii, sebbene sia meno orbicolare ed abbia una maggiore regolarità nella successione delle coste. Il paragone diretto degli esemplari delle due specie potrà permettere un giudizio definitivo sui loro rapporti, che sono stretti. La valva più grande da noi esaminata è alta mm. 30 e lunga mm. 19. Gen. Myoconcha Sow. Myoconcha Corna]bae StorP. sp. var. alternicostata n. var. — Tav. IX [II], fig. 7. 1860-1865. Mytilus Cornalbae Stoppani. Géol. et paléont. d. couches à A. contorta. Appendice s. les grandes bivalves cardif., III, pag, 259, tav. 60, fig. 7 e 8. 1893. —_ _ Sropp. Bassani. Fossili nella dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Se- verino ecc. Atti R. Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. V, s. 28, n. 9, pag. 9, fig. 14. 1903. Myoconcha — StoppP. sp. Tomrasi. Revisione della fauna a moltuschi della Dol. prine. di Lombardia. Palaeont. ital., vol. IX, pag. 101. tav. XVI, fig. 21-23. Conchiglia ovato-romboidale, discretamente convessa, ristretta sul lato apicale, slargata su quello pal- leale. Il suo orlo posteriore è obliquo e quasi diritto e forma un angolo ottuso col contorno palleale. La regione posteriore si slarga in una piccola ala depressa, separata dal resto della conchiglia da un leggiero solco. L'orlo anteriore è sinuato. L’apice è anteriore, piccolo e prosogiro. Sulla parte anteriore della regione apicale si osserva una sporgenza auriculiforme convessa sopra. La superficie della conchiglia è ornata di sei costelle radiali principali, arrotondite sopra, che comin- ciano sugli apici, tra le quali se ne intercalano altre minori, di numero variabile. Le costelle minori tra due principali non superano il numero di quattro e s’ iniziano un po’ al di sotto della regione apicale. L’ala posteriore e la parte anteriore della conchiglia non sono ornate di costole. Le strie di accrescimento, che sono lamellose e di tanto in tanto spiccate in forma di risalti, ren- dono le costelle subgranulose. La sporgenza auriculiforme anteriore non è del tutto integra, sicchè fa scorgere sul modello interno un rilievo ovale, che è il riempimento della fossetta su cui si attaccava il muscolo adduttore anteriore. 1) PoLIrka S. Beitriige z. Kenntniss der Fauna des Schlern-Dolomits. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XXXVI, 1886, pag. 603, fig. 10 (P. subalternans PAR. nec D’ORB.) e fig. 11 (P. cistonensis Pot.). 3) v. WOHRMANN S. Die Fauna der sogenant. Cardita-und Raibler-Schichten ece. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XXXIX, 1889, pag. 204, tav. VII, fig. 5, 6. 3) BITTNER A. Op. cit., pag. 44, tav. V, fig. 22-24. 4) STOPPANI A. Les pétrifications d’ Esino ecc. Pal. lomb., s. 1.8, 1858-60, pag. 99, tav. 20, fig. 10, 11. 5) BrrtNER A. Lamellibranchiaten d. alp. Trias, pag. 156, tav. XVIII, fig. 26. (7) (00) G. DI-STEFANO [12] Questo carattere e gli stretti rapporti con varie Myoconceha del Trias mostrano che la specie in esame appartiene a quest’ultimo genere. Dai PlewropRorus triassici, tuttochè non si possano osservare i carat- teri del cardine, sì distingue perchè assai meno modioliforme, pel seno della parte anteriore della con- chiglia e per la mancanza di lunula. Di già L. WaAGEN ha mostrato che i generi Myoconcha e Pleuro- phorus possono tenersi dìvisi per differenze interne ed esterne. I Questa interessante specie è rappresentata nel materiale di Castellammare del Golfo da due valve sini- stre. Come tutte le IMyoconchae costate, che si somigliano molto, essa ha rapporti con varie forme congeneri del Trias, specialmente con I. Massìmiliani Leuchtenbergensis Kupst. sp., IM. Broili L. WaacEN, M. auricu- lata Broii, M. Brunneri Hauer, M. Millerì GreB., e M. Cornalbae StorP., tralasciando qui di paragonarla con altri tipi che ne sono più lontani (I. gregaria Birrn., M. pavida Birtn., M. lombardica HAUER ecc.) Dalla prima sì distingue perchè non è così mitiliforme di aspetto, avendo la regione apicale più slargata; per l'orlo cardinale subdiritto, pel numero minore di costole principali, che lasciano libera tutta la parte an- teriore, nonchè per l’esistenza delle costicine minori. I caratteri degli ornamenti distinguono anche la specie in esame dalla seconda ”, che, del resto, sembra una varietà della prima, e anche dalla M. auri- eulata BroILi ®, che è coperta su tutta la superficie di costicine ed ha una forma assai più subromboi- dale. La I. Brunnerì HAauER ®, che è affine al tipo di Castellammare, se ne separa per la mancanza delle fine costelle secondarie intercalate tra le principali, per il lato anteriore meno fortemente sinuato e per la regione apicale più larga. La 2. Muellerì GreB. sp. ® =M. Thielaui v. StrOMB., molto vicina alla M. Maximiliani Leuchtenbergensis KLwsT. sp., è differente dalla Myoconcha in esame, sia per la forma che pel carattere degli ornamenti, costituiti da fine costelle le quali coprono l’intera superficie della conchiglia e non alternano con altre minori. La specie che mostra le maggiori affinità con la forma qui descritta è la M. Cornalbae StoPP. sp. della Dolomia principale delle Alpi e della provincia di Salerno, fondandoci specialmente sulle figure dello StoPPANI e del Bassani; le analogie sono tali che io credo sì possano riguardare gli esemplari di Castel- lammare come appartenenti a una varietà di quella specie dello SroPPanI, distinta dall’ esistenza delle fine costelle secondarie tra le principali (var. alternicostata) e dalla forma meno subromboidale. La valva meglio conservata è alta mm. 30 e lunga mm. 16. » Gen. Macrodus Lycem. Macrodus sp. aff. M. strigilatus Par. nec Mvexsr. — Tav. IX [II], fig. 3, 4. Specie gontia, trasversalmente allungata, inequilaterale, subquadrangolare. Sulla parte mediana la conchiglia mostra una depressione radiale leggiera, larga ed obliqua, che comincia sulla regione apicale e giunge, slargandosi, al contorno. Dall’apice sì diparte una carena ottusa, che sì estende diagonalmente sino all'estremità posteriore dell’orlo palleale. Gli apici sono anteriori, leggermente prosogiri e piuttosto larghi. 1) WaaceN L. Op. cîìt., pag. 78, tav. XXXII, fig. 1. © BroILI F. Die Fauna der Pachycardientuffe der Seiser Alp. Palaeontographica, 1903, vol. L, pag. 197, tav. XXIII, fig. 25. 3) HaueR F. Palaeontologische Notizen. Sitzb. d. k. Ak. d. Wiss., XXIV, 1857, pag. 151 (9), tav. 11, fig. 6. 4 GieBEL C. Die Versteinerungen im Muschelkalk von Lieskau ecc., 1856, pag. 35, tav. III, fig.2 e 4; tav. VI, fig. 9. | 13] 7 G. DI-STEFANO (639) Il lato anteriore della conchiglia è breve; il suo orlo, obliquo, forma con la linea cardinale una punta sporgente; quello posteriore è allungato ed obliquamente troncato all’ estremità, in modo subparallelo al primo. La superficie della conchiglia è ornata di molte costelle radiali, sottili, piane sopra, che divengono leggerissime sulla regione posteriore. L’area ligamentare è larga, triangolare e longitudinalmente striata. La linea cardinale è diritta e parallela all'orlo inferiore della conchiglia. Un modello interno (Tav. IX [II], fig. 3), mostra, sul lato an- teriore, le impressioni di vari dentini, obliqui alla linea cardinale, e sul posteriore, quelle di due denti listiformi allungati, il che dimostra che la specie in esame è un vero Macrodus. La determinazione di questo Macrodus offre delle difficoltà pel piccolo numero di esemplari (3) che ne abbiamo potuto studiare e per gli stretti rapporti con varie specie del Trias, senza che però si possa stabilire una netta identifi- cazione. Le analogie più intime le mostra col MacroQus strigilatus Parona ” nec MunstER, col quale ha comune il carattere degli ornamenti e la forma quadrangolare, sebbene si mostri meno alto e un po’ più allungato trasversalmente e con gli apici più piccoli. Queste differenze mi sembrano leggiere; altri esem- plari probabilmente dimostreranno la necessità della loro associazione. Il BirrnER ha già rilevato che il tipo del prof. PARONA differisce dal I. strigilatus Miùnst. sp.; la forma molto quadrangolare e molto ap- puntita al punto d’incontro della linea cardinale con i lati Ja distinguono infatti principalmente. Per questi Macrodus e per altri simili della Dolomia principale bisognerebbe creare un nuovo nome. Le afti- nità di questi tipi col M. imbricarius Bimtn. (=M. strigilatus Lause nec Munst.) di S. Cassiano sono innegabili; ma non si possono associare con quest’ultimo pel loro aspetto fortemente quadrangolare, per gli ornamenti più deboli e perchè meno alti. i Sono da tenere in conto i rapporti col M. rudis Stopp. sp. e col M. Songavatii StoPP. sp. della Dolomia principale; però il primo, che è ancora mal conosciuto, non è certamente ornato di costicine così fitte e così sottili, nè è così angoloso sulla regione anteriore; e il secondo ha molto differente il lato anteriore, come si rileva non solo dalla figura dello SroPPANI, ma anche da quelle del prof. Tommasi. Non è qui il caso d’insistere sui rapporti con la Cueullsea (2 Macrodon) formosissima D'ORB., che ha differenti caratteri del cardine, e su quelli col M. juttensis PicHL., che ne è separato dall'esistenza di una forte piega longitudinale nell’area posteriore. La più grande «elle tre valve studiate è alta mm. 10, lunga mm. 26 e spessa mm. 7. Gen. Trigonodus SANDBERGER. Trigonodus rablensis GrepL. sp. — Tav. IX [II], fig. 5, 6. 1862. Cypricardia rablensis GREDLER. Vierzehen Tage in Bad Ratxes. XIII Programm d. k. k. Gynmasiums VALI Bozen, pag. 4I, 1892. Trigonodus — GreDL. v. Woònrmann u. Koken. Die Fauna d. Raibler Schichten vom Sehlernpla- teau. Zeitschr. d. d. geol. Gesells., XLIV Bd., pag. 184, tav. VII, fig. 1-8. 1903. — — GrepL. Broni. Die Fauna der Pachycardientuffe d. Seiser Alm. Palaeontographica, 50. Bd., pag. 210, tav. XXV, fig. 25. 1907. _ - GrepL. Waagen L. Die Lamellibranchiaten der Pachycardientuffe der Seiser Alp. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., Bd. XVIII, pag. 20, tav. XXVII, fig. 4, 7-9. i) PaRrONA C.F. Studio monograf. d. fauna raibliana di Lombardia, pag. 110, tav. IX, fig. 4. @ 70 G. DI-STEFANO [14] Conchiglia equivalve, inequilaterale, più o meno accorciata e arrotondita avanti, prolungata dietro. L'orlo palleale è leggermente incurvato; il cardinale è diritto e occupa la metà della lunghezza dell’ intera conchiglia o poco più. Il lato posteriore è obliquamente troncato, in modo che le valte assumono un aspetto subtrapezoidale; l’orlo posteriore incontra quello palleale con una punta più o meno ottusa. Gli apici sono piccoli, leggermente prosogiri, incurvati, assai vicini, ma non contigui. Dagli apici parte una chiglia ottusa, che raggiunge diagonalmente estremità posteriore dell’orlo palleale e costituisce la regione più elevata della conchiglia. La superficie delle valve è coperta di strie di accrescimento forti, ma non di pieghe concentriche. Il cardine non si osserva direttamente; però sui modelli della valva destra (Tav. IX [II], fig. 5) si vede il solco diritto lasciatovi dal lungo dente posteriore listiforme. Le impressioni degli adduttori si osservano spesso sui modelli delle valve; esse sono ovali-allungate e ristrette sopra quasi in una punta. Il Trigonodus qui descritto è rappresentato da un discreto numero di valve isolate nella dolomia più elevata del M. Grifone, associate con Halorella pedata Bronn sp. e Gervilleia exilis StoPP. sp. La mas- sima parte degli esemplari corrisponde bene, per i caratteri della forma, con gl’individui del Zrigonodus rablensis GreDL. dello Schlernplateau. Accanto ad essi vi sono delle valve col lato anteriore più lungo e quindi meno inequilaterali, le quali tuttavia non possono dividersene. Non si presenta nessun esemplare di quella varietà plicata, che rilega la specie del GREDLER all’affine 7. costatus v. WOHRM. Il prof. Parona ha figurata. una Myophoria Haueri del Raibliano lombardo che ha rapporti di forma coni Zrigonodus del M. Grifone (Palermo). La forma illustrata dal Parona non fa osservare i caratteri del cardine ed è quindi variamente giudicata dagli autori; così, mentre il v. WOHRMANN la ritiene identica col 7. rablensis, il dott. L. WaageN ” è indeciso se si debba associare col Trigonodus carniolicus BITTN. o con la Myophoria (Heminyas) fissidentata Avot. Comunque sia gli esemplari del M. Grifone si distin- suono dalla M. Hawerì per la carena più debole e più ottusa e per la mancanza di rugosità concentriche. Questa e qualche altra specie citata più oltre dimostrano che la Dolomia principale di Sicilia ha con gli strati di Raibl e con quelli di S. Cassiano gli stessi rapporti che sono stati rilevati per quella dell’Italia meridionale continentale (Bassani, Di-StEFANO, DE LORENZO, GALDIERI ecc.) L'affermazione dell’esistenza di varie specie di piani più bassi nella nostra Dolomia principale è fondata su fatti reali e non sulla acciden- tale confusione di fossili di differenti livelli. Gen. Myophoria Lamarck. Myophoria inaequicostata Kursr. — Tav. IX [11], fig. 1, 2. 1843. Myophoria inaequicostata KupstEIN. Beitriige x. geol. Nenntniss d. dstl. Alpen, pag. 254, tav. XVI, fig. 18. 1857 - Whateleyae v. Buca sp. Haver. Ein Beitrayg x. Kenntniss d. Fauna d. Raibler- Sch. Sitzb. d. math. wiss. KI. d. Ak. d. Wiss., XXIV Bd., pag. 554, tav. V, fig. S-10 (escl. fig. 4-7). 1865 - imiequicostati Kripsr. Laupe. Die Fauna der Schichten von St. Cassian ecc. Denkschr. d. math. naturw. KI. d. k. Ak. d. Wiss., XXIV Bd., pag. 57, tav. XVII, fio. 3. 1) WaaGEN L. Op. cît., pag. 32 e pag. 37. [15] G. DI-STEFANO } 71 1895. Myophoria inaequicostata KLresr. BirtnER. Lamellibranchiaten der alpinen Trias. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XVIII Bd., pag. 94, tav. XI, fig. 1-14. 1901. -_ —_ Kunst. CneccHia-RispoLi. Nuove osservazioni sulla fauna triassica della Punta delle Pietre Nere ece. Bull. d. Soc, geol. ital., XX, pag. 140 (7). 2 1904. — — Kuipsr. FrecH. Neve Zweischaler und Brachiopoden a. d. Bak. Trias. Resul- tate d. wiss. Erf. d. Balatonsees, 1 Bd., 1 Th., pag. 49, fis. 73, 74. Conchiglia piccola, obliqua, piuttosto gonfia, leggermente più lunga che alta o tanto lunga che alta, inequilaterale. Lato anteriore corto e arrotondito; lato posteriore protratto e troncato all’estremità. Apice piccolo, ricurvo, prosogiro, appuntito all’ estremità. La superficie è ornata di 4-6 costole radiali principali, forti, delle quali, una, più elevata e più acuta, è divisa dalle altre da un più largo spazio e forma una carena anteriore obliqua, che parte dagli apici e giunge, sporgendo, al contorno. Sulla parte anteriore vi è un ristretto spazio in cui le costole divengono lesserissime o quasi scancellate, sicchè vi si osserva una differenza nel modo di ornamentazione della parte mediana e della anteriore della conchiglia. La parte posteriore è leggermente concava e porta le tracce di due lievi costelle radiali; un’altra più forte limita lo scudetto. Sopra un modello interno di valva sinistra e sopra un'altro di destra, provenienti dalla dolomia di Castellammare, gli ornamenti sono ben osservabili; vi si scorge anche l'impressione muscolare anteriore, che è piccola, ma ben rilevata e sporgente. Sono frequenti i vuoti lasciati dalla conchiglia, dai quali con cera e zolfo ho ottenuto dei modelli con ornamenti molto netti. Essi corrispondono bene con le forme del Dachsteinkalk del Becco di Mezzodì (Lago Dallago), figurati dal FRECH; ma alcuni sono poco lunghi, mentre altri presentano la parte posteriore più ristretta e protratta. Questi rappresentano una varietà della M. inaequicostata con più di tre coste principali e che si avvicina alla affine .M. Chenopus LAUBE. pur man- tenendosene distinta per le costole più robuste, meno numerose, meno acute, senza tendenza a inflettersi verso dietro, e per la differenza di ornamentazione tra i due lati della conchiglia. Come è noto, la M. inae- quicostata passa alla M. Chenopus e questo ultimo nome può mantenersi soltanto per le forme estreme della serie. Non è inutile rilevare che gli esemplari qui studiati si distinguono dalla M. WWateleyae v. Bucg, essendo questa più obliqua, più allungata posteriormente e più accorciata nel lato anteriore, in modo da mostrarsi più inequilaterale, nonchè per i caratteri delle costole, che sono più ottuse, tendenti a scancel- larsi e più largamente situate fra di loro. Le Myophoria delle Alpi settentrionali riferite dal v. WOHRMANN ! alla M. Whateleyae Buck sono, come il BrrtneR ha rilevato, più vicine alla M. inaequicostata che alla M. Chenopus e alla M. Whateleyae. La M. picta Leps.® della Dolomia principale si differisce dalla Myophoria di Castellammare, alla quale è molto vicina pel numero maggiore di costole, per non avere differenza di ornamenti tra la parte mediana e la posteriore delle ‘valve e per essere meno gonfia. Il FrecH figura una sua M. Voltzì della Dolomia principale di Ratot (Foresta Bakony), la quale, pur avendo dei rapporti con gl’individui della Myophoria in esame, se ne separa per le costole più gros- solane e più largamente poste fra di loro, per la parte posteriore della conchiglia più ristretta e più pro- tratta e per la mancanza di differenza negli ornamenti della conchiglia della parte mediana e posteriore. 1) v. WOHRMANN F. Die Fauna d. sogenant. Cardita-und Raibler Schicht. ecc. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XXXIX Bd., pag. 214, tav. IX, fig. 1-7. ® Lepsius R. Das westliche Siid-Tirol ecc., pag. 357, tav. I, fig. 10. 72 G. DI-STEFANO [16] La Myophoria inaequicostata è una specie di S. Cassiano e del Raibliano nel senso lato. Essa si trova a Raibl negli strati con Cuspidaria gladius LauBE sp. (= .S. caudatus HAuER) e negli Strati di Tor; si pre- senta pure nei calcari con Ostrea (Opponitzer Kalke) delle Alpi. Si raccoglie alla Punta delle Pietre Nere (Capitanata) nello scisto marnoso nero la cui fauna tanto somiglia a quella degli strati di Gansigen (Argovia) e nel Dacksteinkall: alpino, secondo il FrEcA (Becco di Mezzodì, Tirolo). A Castellammare è nella parte superiore della Dolomia principale. Il più grande degli esemplari è alto mm. 8 e lungo mm. 9. Myophoria Tommasii n. sp. — Tav. IX [II], fig. 8. Conchiglia depressa, leggermente obliqua, inequilaterale, trasversalmente allungata. Lato anteriore corto e arrotondito; lato posteriore molto allungato ed obliquamente troncato all’estremità. Orlo palleale assai leggermente arcuato; orlo ligamentare diritto. Apici anteriori, prosogiri, di mediocre sviluppo, incurvati, appuntiti all'estremità. Dagli apici si diparte una carena forte ed acuta che raggiunge, diagonalmente alla conchiglia, l’estremità posteriore, che è spor- gente. La carena è limitata, sul lato anteriore, da una depressione larga, non molto profonda, ma evidente. L’area posteriore è nettamente limitata sul lato anteriore dalla carena e, posteriormente, da una costola piuttosto acuta, che orla lo scudetto, il quale è stretto, allungato, lanceolato e profondo. Tale area è strettamente concava nella parte mediana, tanto che sembra solcata. I caratteri del cardine rimangono sconosciuti. La superficie della conchiglia mostra, sopra un esemplare, nella regione apicale, tra la carena e il lato anteriore, gl’indizi di due costole radiali corte, leggiere ed ottuse, che svaniscono presto, senza giungere al contorno. La più esterna di esse è la più leggiera e la più corta. Le strie di accrescimento sono caratteristiche; esse si mostrano in forma di rugosità irregolari, molto ondulate, qua e là biforcate o triforcate e anche anastomizzate. Essendo sconosciuti i caratteri del cardine, si potrebbe forse sospettare che si tratti di esemplari della varietà del 7rigonodus rablensis GREDL. con forte carena e rugosità concentriche; ma è da escludere che possa associarsi a tale varietà, per la linea cardinale più lunga e subparallela all’orlo palleale, per la carena più forte, più acuta e meglio separata, nonchè pel carattere differente delle rugosità della su- perficie, le quali sono ondulose, suddivise e anastomizzate. Del resto i caratteri esterni della specie qui descritta sono quelli di una Myophoria. La depressione radiale che orla la carena del lato anteriore, così comune nella Myophoria, e tutti i caratteri dell’area posteriore, depressa nel mezzo ed esternamente limitata da una costola che circoscrive lo scudetto, nonchè la carena molto acuta indicano questo genere. La Myophoria Tommasii rammenta, per la forma e gli ornamenti, la Myophoria? Hauerì PAR. ma la specie siciliana se ne distingue per la carena più forte. più acuta e ben distinta; per la linea cardinale più lunga e perchè le rughe concentriche sono ondulose e molto suddivise. La M. Haverì manca anche di leggiere costole radiali. i ì Escludo che possa trattarsi di una delle varietà molto allungate della M. Kefersteini MunsT. sp., perchè la M. Tommasti è più allungata trasversalmente che non siano quelle: ha gli orli cardinale e palleale subparalleli, la parte anteriore depressa, più bassa e non così largamente rotondata e quella anteriore non così stretta. Inoltre è ornata di vere rughe concentriche ondulose e suddivise e tutta la conchiglia è molto più depressa. [17] ; G. DI-STEFANO (3) Questa specie si raccoglie nella dolomia cristallina grigia più elevata del M. Grifone (Palermo); essa è rappresentata da tre esemplari equivalvi e da una impronta. L’esemplare figurato è alto mm. 21 e lungo mm. 40. Gen. Cardita Bruca. Cardita dolomitica n. sp. — Tav. VIII [I], fig. 20. Conchiglia di discrete dimensioni, obliqua, subromboidale, tanto alta che lunga, sonfia, munita di una forte gibbosità mediana, che comincia sull’apice e giunge diagonalmente al contorno, rendendo la con- chiglia come subcarinata. Dalla gibbosità la superficie posteriore scende al contorno con regolare convessità: quella anteriore invece più rapidamente e mostra anche una leggiera depressione radiale, che comincia sulla parte anteriore della regione apicale e giunge al contorno, che ne risulta un po? inflesso. ‘ L’apice è forte, sporgente. molto curvato, appuntito all’estremità. Nella parte anteriore della con- chiglia, si scorge sotto l’apice una lunula piccola e profonda, ben distinta, ma non limitata da lati acuti. La parte posteriore è leggermente danneggiata, sicchè non si osserva lo scudetto. La superficie «dell’unica valva destra che possediamo è ornata di 34 costelle radiali, arrotondite sopra, ben distinte, ma fine, rese leggermente squamoso-granulose dall’incontro con le strie di accrescimento, che sono fine, Sono sconosciuti i caratteri del cardine e si potrebbe forse sospettare che si tratti di un Cardium: ma l’esistenza di una lunula e le sue strette affinità col gruppo di Cardite di S. Cassiano e degli Strati a Cardita alpini giustificano il riferimento al genere Cardita. La specie in esame, più che con la Cardita crenata GoLpr., ha molte analogie con 0. latemarensis Pa., C. Giimbeli Picat., 0. Pichleri Brrin., C. Beneckei Bir. Certamente la più prossima è la ©. Zatema- rensis, ornata di numerose coste fine e munita di forte sibbosità, sicchè sono stato in dubbio se riferirla alla specie descritta dal PHILIPP!, e trovata anche dal dott. GaLbIERI nelle marne carniche e nella dolomia norica di Giffoni (Salerno); però la mantengo distinta, perchè la forma di Castellammare del Golfo non è trapezoidale e trasversalmente allungata, ma accorciata e subromboidale, più gonfia e più fortemente gib- bosa, con l’apice più sporgente e più forte, e le costelle anche più numerose e più fine, in modo che nell'insieme ha un aspetto differente. La ©. Beneckei Bimrn. è pure ornata di costole sottili; ma esse sono grossolane in confronto a quelle della Cardita dolomitica e inoltre la specie del BrrrNER è più trasversal- mente allungata. La C. Gimbeli Birrn. e la 0. Pichleri Brrmn. se ne distinguono pel minor numero di costole, che sono anche più grossolane, e per la minore gibbosità mediana. L’unica valva studiata proviene dalla dolomia di Castellammare del Golfo ed è alta mm. 13, lunga mm. 13 e spessa mm. 12. Gen. Megalodus Sow. s. ]. Sottogen. Neomegalodus GuEmB. Mi conformo qui all’uso della massima parte degli autori che attribuiscono al nome Neomegalodus il significato, al più, di un sottogenere; ma in verità crediamo che oramai, sia il caso di dare a quell’ esteso i PAILIPP H. Palaeont.-geol. Untersuchungen aus d. Gebilde von Predazzo. Zeitschr. d.d. geol. Ges., 1904, Bd 56°, pag. 96, tav. VI, fig. 25-30. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. TA. G. DI-STEFANO [18] gruppo il valore di un genere. Questo sarebbe giustificato dalle differenze del cardine dei Neomegalodus rispetto a quello dei Megulodus s. str. (= Eumegalodus GuEMB.) del Paleozoico e del Trias (MM. abbreviatus ScaLora., M. ampezzanus Hoern., M. Tofanae HoERN. ece.), messe in rilievo da GuEMBEL (1862) e meglio dal FrecH recentemente (Op. cit., 1904, pag. 86-98), nonchè dal fatto che si è costretti di aggregare ai Neomegalodonti, dei gruppi, quali quello dei Bitrurcati e quello del M. Secco PaR., che possono avere piuttosto il valore di sottogeneri, specialmente il secondo. I Megalodonti sono molto abbondanti nella dolomia di Castellammare del Golfo (Vallone Petraro), ma la massima parte si presentano allo stato di modello interno. Questa, purtroppo, è una condizione quasi generale per i megalodonti del Trias superiore, specialmente delle dolomie; tuttavia lo studio di quei modelli ha sempre fornito utili risultati, come si trae anche dalle recente monografia di F. FRECH e R. Hogerxes sui lamellibranchi e del Trias della Foresta Bakony. Quando si tratta di megaledonti con la lamina cardinale ristretta e poco spessa, la forma del nucleo non differisce molto da quella della conchiglia, mentre si ha il vantaggio di potere osservare parecchi ca- ratteri dell’interno delle valve, i quali altrimenti non si vedrebbero. Anche i caratteri del cardine si ri- levano nettamente sui modelli interni ed ha ben detto il FRECH che, per questo, è meglio appropriato un modello interno che un esemplare conchigliato. Per fortuna i nuclei delle varie specie, tutte con lamina cardinale ristretta, sono rappresentati a Castellammare da centinaia di esemplari di ottima o perfetta con- servazione e in tutti gli stadì di età. Per lo studio dei Megalodonti di Castellammare mi son servito dunque largamente dei modelli. Il nucleo di una valva fa conoscere in modo inverso il cardine di essa, ma riproduce direttamente quello dell’op- posta, sicchè può bastare il modello interno naturale di una sola valva e la controimpronta da essa ottenuta con cera, con zolfo 0 con altro mezzo, per aver cognizione dei caratteri della cerniera di tutte le due valve. Nella presente monografia .gli elementi cardinali e le impressioni muscolari della valva sinistra sono indicati con lettere majuscole e quelli della destra con lettere minuscole. Megalodus (Neomegalodus) complanatus Guens. — Tav. IX [II], fig. 9-15; Tav. XII [V], fig. 4. 1862. Megalodon complanatus GuemBeL. Die Dachsteinbivalve (M. triqueter) und ihre alpinen Verwandten. i Sitzb. d. k. Ak. d. Wiss., pag. 373, tav. V, fig, 1-6. 1860-65. — _ Guo. Stoppani. Géol. et pal. d. couches à A. contorta. Appendice s. les grandes bivalves cardif. Pal. lombarde, s. 3, pag. 254, tav. 56, fig. 1-3; tav. 57, fig. 6 (riprodotta dal GueMBEL). 1880. Megalodus —_ Guems. Horrnes. Materialen x. ciner Monographie der Gattung Megalodus ecc. Denkschr. d. k. Ak. d. Wiss., XLII Bd., pag. 101, tav. 1, fig. 8,9. 211903: - _ Guems. Tomasi. Revisione della fauna a molluschi della Dol. prince. di Lom- bardia. Palaeontogr. ital., IX, tav. XVIII [III], fig. 5. 1904. — — Guews. Frecn. Neve Zweischaler u. Brachiopoden a. d. Bakonyer Trias. Result. d. wiss. Erf. d. Balatonsees, 1 Th., pag. 104, fig. 118. 1906. _ - Guene. Armnager. Die alpine Trias des Mediterran-Gebietes. Lethea geogn., II Th., tav. 52, fig 4. Modelli di medie e piccole dimensioni, più o meno depressi, cordiformi, inequilaterali, inequivalvi. Valva sinistra più convessa dell’altra, con apice più elevato, appuntito all’estremità, ricurvo, proso- giro, munito di un’acuta carena posteriore, che si continua per tutta la parte posteriore della valva. Valva I (d)| [19] G. DI- STEFANO destra più piccola, perchè più depressa e fornita di un apice prosogiro e appuntito, ma più basso e meno forte; esso porta un’acuta carena posteriore, che si estende anche fino all’orlo palleale. L'area della con- chiglia è così limitata da spigoli acuti e si mostra ristretta e abbastanza profonda: la parte maggiore dell’area spetta alla valva sinistra. La lunula della conchiglia è indicata da una depressione relativamente piccola e discretamente profonda ; essa e bisecata da una lamina che rappresenta il modello della regione cardinale. Questa lamina si con- tinua, indebolendosi, sulla linea mediana dell’area posteriore, ove è stata prodotta dal riempimento dello spazio che intercede tra le due valve della conchiglia. Gli esemplari che presentano il modello della regione cardinale sono frequenti, sicchè ho potuto ri- levarne chiaramente i caratteri. Dal modello della valva sinistra (Tav. IX [II], fig. 10) si osserva in modo diretto la costituzione del cardine di quella destra, il quale mostra: Un dente principale (D) forte, lungo, piramidale, appuntito, arcuato verso avanti, più o meno depresso longitudinalmente, ma non bifido: un dente anteriore (D') più piccolo, allungato, obliquamente posto rispetto al principale, in modo che le estre- mità dei due denti convergono e si toccano. Una fossetta dentaria relativamente larga (79), suddivisa al fondo da una leggiera cresta, separa i due denti. Lungo l’orlo posteriore del dente principale si osserva una fossetta piccola (2) poco profonda, stretta, allungata e leggermente arcuata verso avanti. Dal modello della valva destra (Tav. IX[II], fig. 9) si trae direttamente la struttura del cardine di quella sinistra, il quale è così formato: Un dente principale (4) anteriore robusto, corto, bifido, striato longitu- dinalmente; un dente posteriore (d') piccolo e listiforme ma rilevato, arcuato verso avanti: una fossetta prin- cipale lunga (7) arcuata verso avanti ed un’altra anteriore (f") quasi marginale, piccola, corta, obliquamente posta rispetto alla principale. Negli esemplari descritti, sebbene i denti non siano eguali, pure non vi è fra di essi il forte contrap- posto che si manifesta in quelli dei Megalodus s. str. (= Eumegalodus GuexB.), nè essi sono diagonali, ma divergenti. Il dente principale della valva destra è però striato longitudinalmente e spesso bifido. Lo stesso può dirsi del M. Guembeli. Le impressioni dei muscoli adduttori sono osservabili su non pochi modelli. Quella anteriore è por- tata da un rilievo dentiforme, a superficie esterna declive, limitato da un solco sul lato palleale: il muscolo era dunque posto, sulla conchiglia, in una fossetta discretamente profonda. Sotto l'impressione muscolare anteriore, dal lato cardinale, si osserva un piccolo tubercolo che rappresenta il modello dell’impressione del muscolo del piede. L'impressione dell’adduttore posteriore è rappresentata da una lunga depressione che parte dagli apici e scende, allargandosi, verso il contorno palleale, senza giungervi, ed è limitato, dal lato interno, da un solco leggiero che sta sotto un rilievo; questo solco, un po’ prima di toccare il contorno palleale, si piega a cubito e limita la parte inferiore della depressione. Sulla massima parte dei modelli si osservano l'impressione del mantello e quelle delle strie di accre- scimento, che sono fine, ma di tratto in tratto fortemente impresse, indicando così i punti di arresto nel- l'accrescimento della conchiglia. Non di raro si scorgono le impressioni dei vasi venosi, specialmente quella del principale, che sul modello è, naturalmente, rappresentata da un rilievo arrotondito sopra, che orla gli ottusi angoli della depressione lasciata dalla lunula della conchiglia, sale sugli apici e scende, indebolendosi, verso la parte centrale delle valve, sulla quale svanisce. Gli esemplari studiati sono molti; essi per la forma cordata e depressa, per i caratteri dell’area po- Steriore, che è stretta, più o meno profonda e limitata da spigoli acuti, nonchè per i caratteri della cer- niera, corrispondono bene al tipo del .M. complanatus GuemB. Lo spessore è certamente variabile, sicchè 76 G. DI-STEFANO [20] sì hanno forme molto depresse e altre discretamente convesse, ma nessuna diventa gonfia e molto meno glebulare. È variabile anche il rapporto delle dimensioni poichè vi sono esemplari più lunghi che alti e altri più alti che lunghi. Parecchi autori, e tra questi il Ganpreri e il DeL Campana”, conformi all’ opinione dello STOPPANI, sono inclinati a riguardare il IM. complanatus come una varietà del M. Guembeli SroPP.: ma anch'io ritengo con R. Horrxes, FREcH e Tommasi, che debba esserne tenuto specificamente distinto per un insieme di caratteri che non potrebbero attribuirsi tutti a variazioni o a stadî di età. Il M. complanatus non si se- para dal M. Guembeli soltanto per le minori proporzioni e per la forma più depressa, ma anche per gli acuti spigoli che limitano l’area posteriore, la quale è anche più stretta e assai più profonda; per la piccolezza della lunula. nonchè per la spiccata ineguaglianza degli apici e delle due parti dell’area po- steriore. In contrapposto, il JM. Guembelî ha gli angoli posteriori molto ottusi o arrotonditi, l’area più larga e quasi piana, gli apici più corti, più ottusi e discosti fra di loro, la lunula molto grande ed è inoltre equivalve o appena inequivalve. Gli esemplari di Castellammare del Golfo mostrano rapporti con il M. Lacekoî HoeRN., ma non credo sì possano associare con questa specie delle forme così depresse e fornite di un’area tanto stretta. Accanto alle forme tipiche del IM. complanatus GueMB. non sono infrequenti a Castellammare degli esem- plari spesso più grandi che, nonostante siano uniti ai primi dai caratteri degli angoli posteriori, acuti; da quelli dell’area posteriore stretta, allungata e piuttosto profonda; dalla spiccata differenza degli apici e quindi dalla ineguaglianza delle valve, ne differiscono per gli apici più protratti, più alti e appuntiti, per la lunula più grande e per lo spessore un po’ maggiore. Essi rappresentano, rispetto al tipo del M. complanatus, dato dal GuexBEL, quello che la mutaz. acuminata FrecH” è relativamente al M. triqueter Vucr. Non possono riferirsi nemmeno a tale mutazione descritta dal FRECH, per l’acutezza degli spigoli che limitano la stretta area posteriore, per la più forte e costante differenza d’altezza degli apici e per l’identità dei caratteri del cardine con quelli del M. complanatus: riguardo dunque questi individui, che non sono pochi, come appartenenti ad una varietà (var. segestana) del IM. complanatus. Sui modelli di questa varietà è sempre ben visibile, oltre alla impressione palleale, quella del forte vaso venoso principale del mantello in forma di un rilievo arrotondito sopra, che orla gli spigoli della lunula, sale nella regione apicale fin poco sotto l’estremità degli apici e scende fino a raggiungere quasi la metà dell’altezza delle valve. In qualche caso (Tav. IX [II], fig. 13) tale rilievo si biforca nella re- gione apicale e poi si richiude, formando come un occhiello. La posizione del rilievo, indicante la impres- sione del vaso venoso principale del mantello, non è costante, poichè esso corre ora più vicino allo spigolo posteriore delle valve, ora lungo la linea mediana di esse. Questa differenza di posizione è anche osser- vabile sulle due valve dello stesso esemplare, e quindi ad essa non si può dare alcun valore specifico. Il Megalodus complanatus è una specie della Dolomia principale di Val Sarezzo, Clusone, Songavazzo e di altre località di Lombardia citate recentemente dal prof. E. Marrani ®; del Veneto, del Tirolo e del Salernitano. Il FRECA, confermandone la presenza a Rueblanc presso S. Cassiano, crede che rappresenti i) DeL Campana D. Contributo allo studio del Trias superiore del Montenegro. Rend. d. Ace. d. Lincei, XIII, 2° sem., 1904. : 2) FrecH F. Neve Zweischaler u. Brachiopod. a. d. Bakonyer Trias. Result. d. Wiss. Erf. d. Balatonsees, 1 Bd., ITh., pag. 100, fig. 111 e 112. 3) MARIANI E. Appunti geologici sul Secondario della Lombardia occidentale. Atti d. Soc. ital. di Sc. nat., XLIII, pag. 130. ? [21] G. DI-STEFANO i TOT un livello medio del Dachsteinkallk. A Castellammare però si raccoglie insieme col M. Guembeli StoPP., che, secondo il FRECH, apparterrebbe alla parte inferiore del Dachsteimkall, e il Dicerocardium Ourionii SropP., che nelle regioni alpine si presenta nella parte superiore della Dolomia principale. Questa specie è rappresentata da un gran numero di esemplari in tutti gli stadî di età. Le massime dimensioni della forma corrispondente al tipo del GuemBEL sono le seguenti: altezza mm. 53, lunghezza mm. 50, spessore mm. 35; quelle della varietà: altezza mm. 82, lunghezza mm. 74, spessore mm. 45. Megalodus (Neomegalodus) Guembeli Srorp. — Tav. X [III], fig. 1-4. 1860-65. Megalodon (Neomegalodon) Giimbelvi Srorpani. Géol. et pal. d. couches à A. contorta. Appendice s. l. grandes biwalves cardif. Paléont. lombarde, s. 3, pag. 252, tav. 57, fig. 1-5 (escl. fig. 6). 1893. _ — Gitmbeli Storp. Bassani. Fossili n. dol. riassica di Mercato S. Severino ecc. Atti d. Soc. di Sc. di Napoli, s. 2.8, vol. V, pag. 11, fig. 19. 1902. —_ Giimbeli. Sropp. MarINELLI. Descrizione geol. d. dintorni di Tarcento in Friuli. Pubbl. d. R. Ist. d. Studi sup. ecc. in Firenze, pag. 156, tav. II, fig. 15. 1905. = = Sropp. Tommasi. revisione d. fauna a molluschi d. Dolomia principale di Lom- bardia. Palaeont. italica. vol. IX, pag. 106 [12], tav..XVII [II], fig. 14, 16, 18. 1904. —Megalodus _ Stopp. FrecH. Neue Zweischaler u. Brach. a. d. Bak.-Trias. Result. d. wiss. Erf. d. Balatonsees, 1 Th., pag. 102, fig. 114; pag. 103, fig. 115; pag. 104, sassi ILILTO Modelli di medie e grandi dimensioni, gonfi, inequilaterali, equivalvi, in qualche caso appena inequi- valvi per la leggiera maggiore convessità della valva sinistra e il leggiero maggiore sviluppo dell’apice di questa. Apici robusti, mediocremente elevati, poco curvati, prosogiri, ottusi all’estremità. Area posteriore larga, appianata 0 poco concava, poco distintamente limitata da spigoli molto ottusi e molto curvati sulla regione apicale, che non di raro è subgibbosa. Il modello della lunula è rappresen- tato da una depressione erande, cordata, discretamente profonda e limitata da angoli ottusi. In fondo alla lunula si osserva una lamina calcarea elevata, che è il modello della regione cardinale della con- chiglia; ma essa è quasi sempre più o meno spezzata, sicchè non fa osservare nulla di esatto sui ca- ratteri della cerniera. Tale cresta si continua nella parte posteriore, ove divide per metà l’area; quivi rappresenta il riempimento dello spazio già interposto tra le valve della conchiglia. L'impressione muscolare anteriore è raramente ben conservata; però si osserva sopra un esemplare in forma di un rilievo, che è piccolo in rapporto alle dimensioni della conchiglia. Sulla parte posteriore delle valve, lungo gli ottusi spigoli, si osserva una depressione longitudinale, limitata anteriormente da un risalto, la quale comincia leggiera sul secondo terzo superiore della con- chiglia e si fa più larga e più forte verso il margine palleale: questa depressione è stata prodotta dalla lamina che nella conchiglia dei Megalodonti sostiene il muscolo adduttore posteriore. Quando la superficie dei modelli è ben conservata, si osserva sulla linea mediana delle valve una larga depressione, più o meno leggiera, ma evidente, che dalla regione apicale giunge, facendosi più forte e più larga, al contorno palleale. La presenza di tale depressione non è eccezionale, ma frequente; però non è costante. L’esemplare da noi figurato nella Tav. X [III], fig. 2 corrisponde bene, per questo carattere, -1 (0.0) G. DI-STEFANO [22] come del resto per gli altri, a quello di Val Sarezzo rappresentato dal Tommasi nella Tav. XVII [II], fig. 18, della sua monografia sui molluschi della Dolomia principale lombarda. Sugli esemplari studiati si notano per lo più le impressioni del vaso venoso principale del mantello, che, naturalmente, sui modelli si presenta in forma di un forte rilievo arrotondito sopra (Tav. X [III], fig. 1a,6, 2), che orla gli angoli della depressione lasciata dalla lunula, sì continua sulla regione apicale, mantenendosi al di sotto delle estremità degli apici, e scende sulle valve, ove svanisce verso la metà del- l'altezza della conchiglia e anche più oltre. Come ho notato a proposito del M. complanatus, anche sul _M. zuembeli tale rilievo non ha una posizione strettamente fissa. correndo ora sulla linea mediana delle valve, ora avvicinandosi verso gli ottusi spigoli posteriori. Oltre al rilievo descritto, se ne osservano altri sulla parte posteriore della regione apicale, vermiformi, ramificati e talvolta anastomizzati (Tav. X [III], fig. 14,0), i quali spariscono all’inizio della depressione anteriore, che è il modello della lunula. Questi rilievi più piccoli e vermiformi sono pure dovuti al riem- pimento delle depressioni lasciate dai vasi venosi secondari sulla spessa conchiglia, come quello più grande è originato dal riempimento della depressione lasciata dal vaso venoso principale. Nella dolomia di Castellammare del Golfo si presentano grossi individui di forma più tozza e con gli apici molto ottusi e altri più piccoli poco abbondanti, di forma più svelta, con gli apici più elevati e meno ottusi, come la varietà rappresentata dal prof. Tommasi nella Tav. II, fig. 14 dell’opera citata sopra. In generale gl’individui siciliani del M. Guembeli SropP. corrispondono bene a quelli della Dolomia prin- cipale lombarda, come ho potuto assicurarmi osservando gli esemplari della collezione CuRIONI, conservata presso il R. Ufficio geologico in Roma, quelli della collezione SroPPANI che si trovano nel Museo Civico di Storia Naturale di Milano ed altri di Gardone conservati nel Museo geologico dell’Università di Palermo. Il M. Guembeli è stato dagli autori piuttosto vagamente inteso, anche dopo che fu separato dal M. triqueter WutF. dallo Stoppani, e dal M. complanatus GuemB. da R. HogrNES. Il FRECH recentemente ne ha ristretto il concetto nei limiti originari, pigliando a base gli esemplari della dolomia di Sarezzo figurati con quel nome dallo StoPPANI, sui quali, a dir vero, fu creata la specie. Delle forme che lo StopPANI ag- gregò al suo M. Guembeli, il FRECH esclude con ragione quelle figurate dal GueMBEL (Die Dachsteinbivalve (M. triqueter) und ihre alpinen Verwandten, 1862) sotto il nome di M. triqueter Wuxr., le quali differis- cono dal tipico M. Guembelì di Sarezzo per la lunula più piccola, per la netta delimitazione dell’area po- steriore e per gli apici più piccoli e più appuntiti, oltre che per particolari nella struttura della cerniera. Il FrecH le riferisce per la massima parte al M. Lacekhoi HoERN. Come già abbiamo detto, è da distinguere dal M. Guembeli anche il M. complanatus GuEMB. Il M. Guembeli, appartiene al gruppo del .M. triqueter WuLF. e, come è già noto, va compreso fra i Neomegalodus, secondo il GUEMBEL, e più recentemente il FrecH, li hanno limitati. Dobbiamo anche ri- levare che vari dei Neomeyalodus qui descritti hanno pure i denti della valva destra striati, se non fortemente rugosi, chè in essi non v'è a dir vero, l’eguaglianza o quasi del dente principale col laterale, essendo di sviluppo differente; ma in tutti manca la larga e spessa lamina posteriore della regione car- dinale dei Megalodus s. str. Il M. Guembeli SvopP. è una specie comune della Dolomia principale della Lombardia, del Veneto e del Tirolo; si ritrova anche nei sedimenti contemporanei dell'Ungheria e dell’Italia meridionale (prov. di Salerno e Calabria settentrionale). Il FRECE lo indica come proprio delle porzioni inferiori del Dachstein- kalk; a Castellammare invece è associato, nello stesso livello, con il M. complanatus, che indicherebbe la parte media di tale insieme di strati, secondo lo stesso FRECH, e con il Dicerocardium Curionii STOPP., che veramente sta nei livelli superiori della Dolomia principale. ]23] G. DI-STEFANO 79 Nella dolomia di Castellammare del Golfo è ben rappresentato da molti piccoli e grandi individui. Il più grande degli esemplari esaminati ha le seguenti dimensioni: Altezza ; , ; A î È mm. 150 Lunghezza i p : 5 3 » 105 Spessore . 6 s , 3 ; ) ST Megalodus (Neomegalodus) Marianii n. sp. — Tav. XII [V], fig. 1-3: Tav. XII [VI], fig. 1,2. Modelli più alti che larghi, depressi in rapporto alle grandi dimensioni che raggiungono; inequi- valvi, inequilaterali. Valva sinistra più convessa dell’ altra, relativamente ristretta, con apice robusto, lungo, prosogiro. molto curvato, appuntito all’estremità, fornito sul lato posteriore di una forte carena che scende anche fino all'incontro con l’orlo palleale e limita un’area posteriore larga, allungata e più o meno profonda. Valva destra più piccola dell’ altra, pure ristretta e allungata, con apice robusto, prosogiro, molto curvato, fortemente carenato sul lato posteriore, lungo, ma meno di quello della valva sinistra, e anche più basso. La carena dell’apice si prolunga fino al contorno palleale e chiude un’area allungata e larga, ma meno di quella dell’altra. L'area posteriore risulta quindi composta di due parti ineguali. di cui la sinistra è la più grande e la destra più piccola. Nella parte anteriore, sotto gli apici, si osserva una depressione grande e profonda, limitata da spi- goli ottusi, che è il modello della lunula della conchiglia. In fondo a questa depressione si scorge una cresta che rappresenta il modello della regione cardinale e si continua in mezzo all’area posteriore, ove corrisponde al riempimento dello spazio che era compreso tra le due valve della conchiglia. I caratteri del cardine sono bene osservabili solo su vari modelli della valva sinistra, che riproduce quelli della destra. Ecco quello che vi si osserva (Tav. XII [V], fig. 2): Un dente principale (D) sotto l’apice, forte, lungo e triangolare, arcuato verso avanti, appuntito all'estremità, lievemente suddiviso sopra; un dente laterale anteriore (D') forte, allungato ma più piccolo e più ottuso, convergente verso il primo; una fossetta principale anteriore (7) tra i due denti, suddivisa nel fondo da una cresta bassa e ottusa: una fossetta secondaria (7°) posteriore allungata e molto stretta, che corre lungo l’orlo posteriore del dente principale e non si può vedere sulla figura, perchè coperta dall’apice. I caratteri del cardine della valva sinistra possono ricavarsi «da una controimpronta. L’ impressione del muscolo adduttore anteriore è forte ed elevata, limitata dal lato esterno da un solco e su parecchi individui mostra integra la superficie di attacco, che è obliqua: il muscolo anteriore doveva inserirsi dunque sulla conchiglia dentro una fossetta profonda. L'impressione dell’adduttore poste- riore è rappresentata snl modello da una depressione longitudinale leggiera, che corre dalla regione apicale fin presso il contorno ed è limitata da un lato dalla carena posteriore e dall’altro da un lieve risalto: il sostegno del muscolo posteriore sulla conchiglia doveva essere uno ispessimento delle valve, anzichè una vera lamina. Sotto il modello dell’impressione muscolare anteriore, dal Jato del cardine, si osserva un piccolo tubercolo che a sua volta è il modello dell’impressione del piede, la quale non può osservarsi sulla figura 2 della Tav. XII [V]. Sulla massima parte dei modelli interni è visibile la impressione del vaso venoso principale della conchiglia, che è rappresentata da un rilievo lungo e stretto, arrotondito sopra, limitato lateralmente da due solchi. Esso comincia sul lato interno degli angoli della cavità lasciata dalla Junula, sotto 1’ impres- sione muscolare anteriore, sale sugli apici e scende, arcuandosi, sulle valve, per svanire poco dopo oltre- 80 G. DI-STEFANO [24] passata la metà dell’altezza della conchiglia o anche prima, senza mai giungere al contorno. La posizione di questo listello è variabile, in modo che sopra individui identici è ora più avvicinato alle carene poste- riori, ora alla parte anteriore e non di raro corre sulla linea mediana della conchiglia. Anche sulle due valve di uno stesso individuo si notano tali differenze. È evidente che alla posizione del rilievo rappre- sentante sui modelli l'impressione del vaso venoso principale del mantello non può darsi un valore specifico. I forti rilievi, che riproducono sui modelli i vasi venosi, indicano che la conchiglia era molto spessa. Per la grande lunula e per le grandi dimensioni che raggiunge si potrebbe forse sospettare che la specie in esame sia un Dicerocardium; ma la grandezza della lunula non è tuttavia tale da potersi pa- ragonare a quella dei Dicerocardium; del resto i caratteri del cardine, che ho potuto preparare su pa- recchi individui piccoli o di medie dimensioni, sono quelli dei Neomegalodus del gruppo del M. #riqueter. È qui il caso di far rilevare i rapporti di questo grande Megalodus col Dicerocardium 2 eupalliatum FRECH e col Dicerocardium? mesofasciatum FrREcH!, che è molto probabilmente identico col primo. Tali rapporti sembrano resi più stretti dalla forma del forte listello che indica il modello dell’impressione del vaso venoso principale, e che rammenta .anche quello del M. cultridens Brrmn.®, del M. Guembeli StoPP. e anche quello di un Megalodus dell’Antelao riferito dal CaruLLo # al M. triqueter Wurr. e che è da rife- rire forse al M. Marianii. Pur riconoscendo certe analogie di forma tra la specie in esame e quelle illustrate dal FRECA, non credo che queste forme si possano associare, perchè la cavità che rappresenta il modello della lunula nel M. Marianiì, sebbene grande, è molto più piccola di quella di quei due dubbii Dicerocardium e i caratteri degli apici della specie di Castellammare, più protratti e ricurvi, danno alla conchiglia un aspetto differente. Rilevo pure i rapporti che legano il M. Mariani al M. Guembeli StoPP., sia per la forma che per ì caratteri del cardine, ma anche in questo caso non mi pare che sarebbe giustificata un’ associazione; infatti il primo si differisce dal secondo per gli apici più allungati, più ricurvi ed appuntiti; per gli acuti angoli posteriori; per l’area mai appianata, ma molto profonda; per la mancanza di minore o maggiore gibbosità sulla parte posteriore della regione apicale e, subordinatamente, per la forma assai più svelta. Comprendere i molti esemplari da: me indicati col nome di MM. Mariani? nel M. Guembeli SropP. signifi- cherebbe far diventare il concetto di quest’ultima specie più vago di quanto a torto è stato finora, mentre essa è ben determinata dagli apici corti e ottusi, dagli angoli posteriori arrotonditi e dall’ area appianata o quasi, dalla maggiore o minore gibbosità della parte posteriore della regione apicale e dalla forma tozza e ventricosa più o meno manifesta anche nelle varietà relativamente svelte. Le forme meno allungate e un po’ ventricose presentano delle somiglianze con i grossi individui del M. Bvckhi HoERN., figurati dal FRECH nell’opera citata più volte e da lui riferiti in parte al tipo della specie di HoERNES e in parte a varietà; però esse se ne distinguono per gli apici più allungati, appuntiti e ricurvi, per la maggiore grandezza della lunula, pel carattere della grande area posteriore, che è pro- fonda e mai appianata, e per la forma sempre più agile. Le grandi dimensioni raggiunte da questa specie e la forma in generale molto alta richiamano alla mente dei Megalodus del gruppo del M. Tofanae Hoern., dai quali, del resto, è ben distinto non solo: i) FRECH F. Op. cit., pag. 51, fig. 78; pag. 52, fig. 79; pag. 54, fig. Sla, db. 2) BITTNER A. Himalayan fossils. Trias brachiopoda and lamellibranchiata. Palaeont. indica, s. XV, vol. III, parte: 2, 1899; tav. IX, fig. 1 ® CaruLLo A. Saggio di zoologia fossile, 1827, tav. II, fig. A, a. [25] G. DI-STEFANO 81 per caratteri esterni, ma principalmente perchè il cardine, chiaramente osservabile su vari modelli, è di Neomegalodus e non di Megalodus nel senso stretto. In riassunto, il M. Marianti, rappresentato nella dolomia di Castellammare del Golfo da un gran numero di esemplari in tutti gli stadî di età e di ottima conservazione, spesso giganteschi, presenta un insieme di caratteri distintivi, specialmente negli apici, nell’area posteriore e negli spigoli che la limi- tano, da permettere, sebbene sia allo stato di modello, la fondazione di una specie nuova. Il più grande esemplare esaminato ha queste dimensioni: altezza, misurata lungo la diagonale tra la sommità della regione apicale e l’estremità posteriore del contorno palleale, mm. 165; lunghezza mm. 92; spessore mm. 111. Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. — Tav. XI [IV], fig. 1-6. 1888. Megalodus Seccoi (?) Parona. Contributo allo studio dei Megalodonti, Atti d. Soc. ital. di Sc. nat., XXX, pag. 9, tav. III fig. 5, 6. Modelli di medie e grandi dimensioni, cordiformi, inequilaterali, inequivalvi, più o meno rigonfi, più lunghi che alti o tanto alti che lunghi, molto arcuati sulla regione apicale. Valva sinistra un po’ più gonfia dell’altra, munita di un apice prosogiro, robusto, protratto, molto cur- vato e spesso gibboso sopra, appuntito all’estremità, più sviluppato e più alto di quello della valva destra. L’apice, nella parte posteriore, è fornito di una carena forte ed acuta, che si prolunga fino al contorno palleale e limita un’area relativamente stretta, ma ben determinata e molto profonda. Valva destra gonfia poco meno della sinistra, più piccola, con apice forte e molto curvato, ma meno sviluppato e più basso, in modo che la conchiglia risulta asimmetrica. Anche. 1’ apice della valva destra è molto arcuato e quasi gibboso nella parte posteriore, sulla quale è acutamente carenato. L’ area di questa valva è pure pro- fonda, ma si mostra più grande di quella della sinistra; la conchiglia aveva dunque un’area posteriore stretta e molto profonda, costituita di due parti ineguali, di cui la più grande spettava alla valva destra, anzichè alla sinistra. La lunula della conchiglia ha lasciato sui modelli interni una depressione profonda, ma relativamente piccola, e limitata da due angoli ottusi. Come sugli altri modelli di Megalodonti, si osserva in fondo a questa depressione una cresta pietrosa, che si continua lungo la linea mediana dell’area posteriore, e la cui origine è stata in questa monografia spiegata varie volte a proposito di altri Neomegalodus. I caratteri del cardine li abbiamo osservati solo sul modello di varie valve destre, sulle quali è riprodotto in modo diretto quello della sinistra; ecco quello che vi si rileva (Tav. XI [IV], fig. 5): un dente principale triangolare (d) poco appuntito, relativamente piccolo; un dente laterale (d') anteriore, più allungato, un po’ più forte, convergente verso il primo, al quale si salda quasi con la base dell’ estre- mità posteriore, ricordando una disposizione che si osserva nel M. Seccoî PAR. e nel M. elymus Di-STEF.; un secondo dente laterale (d’), posteriore, stretto, allungato, basso, quasi lamelliforme, leggermente arcuato verso avanti; una fossetta principale (7) triangolare, arcuata verso avanti, con una piega bassa e ottusa nel fondo; una fossetta laterale, anteriore (7°) stretta, allungata, subparallela al margine cardinale. Nonostante che i due denti principali tendano ad unirsi quasi in unica lamina, il cardine descritto è quello dei Neomegalodus ed esclude che la specie in esame, la quale pei caratteri esterni ricorda il Lycodus cor ScHAUR.= 0. 'infraliassicus Stopp.= C. Schwageri TauscH, possa essere un Lycodus SCHAFRAUTI = Conchodus STOoPP. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 10 82 G. DI-STEFANO [26] di L'impressione del muscolo adduttore anteriore è poco rilevata, ovale-allungata e limitata, dal lato del margine anteriore, da un solco leggiero; il muscolo era dunque ricettato sulla conchiglia da una fos- setta poco profonda e relativamente larga. Quella del muscolo posteriore è indicata da una depressione più o meno forte, che corre, lungo la carena, dall’apice fin presso il contorno palleale; essa è separata dal resto della superficie delle valve da un solco longitudinale, accompagnato, sul lato interno, da un rilievo. Questa depressione indica, come del resto nella massima parte dei Megalodus, che 1° adduttore posteriore era sostenuto da una forte lamina sulla conchiglia. I molti esemplari studiati sono sempre cordiformi e nella massima parte dei casi tanto alti che lunghi; divengono però anche più lunghi che alti e subrostrati nel lato anteriore. Lo spessore è anche variabile ; essi sono sempre molto convessi, ma spesso divengono più o meno globulari. La regione apicale è sempre fortemente curvata e questo carattere non è dovuto a deformazione. La specie descritta è molto vicina, da un lato, al M. complanatus GuemB., e dall’altro, al M. Secco PAR. Ho creduto necessario doverlo separare da questi due tipi e, tenuto conto degli abbondanti e ben conservati individui, di poterlo descrivere con un nome nuov», nonostante si presenti allo stato di modello interno, il che è una condizione quasi generale per i Megalodonti delle dolomie. Dal 2. complanatus differisce per la forma molto convessa o gonfia delle valve, pel maggiore sviluppo dell’ apice della valva sinistra ed essenzialmente per i caratteri differenti dell’ area posteriore. Questa è formata di due parti molto ineguali, ma la più stretta appartiene alla valva sinistra, nonostante che questa sia la più grande, mentre avviene l’inverso nel M. complanatus. Tale differenza è spiccata ed avvicina il M. Paronai n. sp. al M. Seccoì Par., il quale tuttavia si differenzia per la molto maggiore asimmetria di forma, pel carattere opercolare della valva destra, per la mancanza d’area posteriore sulla valva sinistra, pel maggiore svi- luppo dell’apice di questa valva e per avere gli spigoli posteriori assai meno incurvati verso avanti. Ritengo che debbano associarsi a questa specie, nonostante il loro spessore minore, dovuto alla giovane età, i due modelli di Val Zelline descritti e figurati dal prof. Parona nell’opera citata sopra e che si distinguono dal tipo, secondo egli scrive, “ per l’asimmetria molto meno marcata, poichè risulta meno ine- quale lo sviluppo delle due valve e dei due apici, sicchè anche l’area riesce meno inequilaterale; le loro dimen- sioni sono assai piccole (altezza millim. 33-22; larghezza millim. 34-20; spessore millim. 26-12-5) e proba- bilmente spettano ad una specie diversa intermedia tra i Megalodonti equivalvi e il tipo di Varpené (cioè il M. Seccoi). Questi” caratteri corrispondono a quelli del M. Paronai che si presenta a Castellammare in tutti gli stadi di età. Gli esemplari del M. Lacekoi HoerN. figurati dal FRECH a pag. 127 e 113 del suolavoro citato più volte, richiamano, per la forma e i caratteri del cardine, il M. Paronaìî, ma si distinguono da questa specie per l’asimmetria assai leggiera, la regione apicale meno curvata e non gibbosa, e l’area diversa- mente conformata, poichè la parte più grande di essa spetta alla valva destra, anzichè alla sinistra; mentre il caso è inverso nel M. Paronai? 3 Questa specie è abbondante nella dolomia di Castellammare del Golfo ed è rappresentato da piccoli e grandi individui. Il più grande studiato ha le seguenti dimensioni: altezza mm. 117; lunghezza mm. 119; spessore mm. 80. Megalodus (Neomegalodus) elymus ni 8p. PST a ve eXS VIA) | VALLI] Ati 3-5 Conchiglia e modelli di medie dimensioni, discretamente convessi, inequilaterali, inequivalvi, più alti ‘che lunghi, talvolta tanto alti che lunghi. [27] 3 G. DI-STEFANO 83 Valva sinistra più grande e più convessa dell’altra, con apice robusto, piuttosto ottuso all'estremità, allungato, ricurvo, fornito di due carene posteriori, delle quali una esterna, più ottusa, che giunge fino all’orlo palleale, e l’altra interna, acuta, ma più corta. La carena esterna limita un’area posteriore al- lungata, dentro a cui se ne osserva un’altra più stretta, meno alta, lanceolata, ma profonda, limitata dalla carena più acuta. Valva destra meno convessa della sinistra, più piccola, con apice robusto e ricurvo, ma più corto e più basso di quello della sinistra, munito pure di due carene che hanno gli stessi caratteri di quelle già descritte. Le aree posteriori sono però in questa valva meno alte e più strette di quelle dell’altra. Nella parte anteriore della conchiglia è visibile la lunula, profonda e larga in relazione alle dimen- sioni della conchiglia, limitata da due spigoli ottusi. Sui modelli si scorge in fondo alla depressione, che è il modello della lunula, una lamina pietrosa, che è stata prodotta dalla lamina cardinale; tale cresta si continua nella parte posteriore, bipartendo l’area, e quivi rappresenta il riempimento dello spazio che era compreso tra le due valve. . I caratteri del cardine si osservano solo sopra il modello di alcune valve destre, sulle quali sono riprodotti gli elementi cardinali della sinistra, i quali sono i seguenti (Tav. IX, fig. 4): lamina cardinale ristretta; un dente principale (d), triangolare relativamente piccolo, appuntito; un dente laterale, ante- riore (d'), posto obliquamente al primo, stretto, allungato, che alla base posteriore si suol saldare col dente principale, riproducendo una disposizione che in parte somiglia a quella del Megalodus (Frotodi- ceras) pumilus GuemB. e forse anche a quella del M. Lacekoi HoerN. e che è simile a quella del IM. Pa- ronai Di-Ster. e del M. Seccoì Par.; un dente laterale (d"), posteriore, rilevato, lamellare, leggermente arcuato; una fossetta dentaria principale (f) triangolare, arcuata verso avanti; una fossetta dentaria la- terale (f'), anteriore, stretta, allungata, leggermente arcuata, posta tra i due denti d e d'. Una contro- impronta dà la costituzione del cardine della valva sinistra. L’ impressione del muscolo adduttore anteriore sul modello (ma) è piccola, bassa, ovale e limitata, dal lato palleale, da un solco semilunare. Quella del posteriore è rappresentata da una depressione forte, che giunge dalla regione apicale fino al contorno palleale ed è compresa tra le due carene posteriori (mq). Sotto l'impressione muscolare anteriore si vede il modello di quella del muscolo del piede in forma di un piccolo tubercolo. Il M. elymus è rappresentato da molti esemplari, dei quali alcuni conservano il guscio e altri sono allo statò di modello. Questa specie, pel carattere delle due carene posteriori, appartiene al gruppo dei Bitruncatì GuEMB., dei quali non era conosciuta la cerniera, o meglio era conosciuta molto imperfettamente nel M. Stoppanii R. Hoern. ! (= M. columbella GuemB. non M. HoERNES ?)), secondo ci ha mostrato il FRECH, che lo ha compreso però nel gruppo del 2. Hoernesi (Neomegalodus). Nel M. elymus i caratteri cardinali, per la ristrettezza della lamina e per la pochissima divergenza dei denti, corrispondono in genere a quelli dei Neomeyalodus; il cardine somiglia a quello del 1. Laczkoi HoERN., quale ce lo rappresenta il FRECH, nonchè a quello del IM. Seccoi; è probabile che nelle stesse condizioni si trovino gli altri Bitruncati. Però l’esistenza delle due carene posteriori, alle quali debbono corrispondere nell’interno delle valve due lamine, indicano la neces- sità di mantenere i Bitruncati in un gruppo speciale dei Neomegalodus, al quale si potrebbe forse dare il valore di sottogenere. !) HoerNEs R. Monographie der Gattung Megalodus, pag. 12 (100). 2) GueMmBEL C. W. Die Dachsteinbivalve ecc., pag. 374, tav. VI, fig. I-II. 84 G. DI-STEFANO [28] Il M. elymus è specificatamente anche molto vicino al M. Stoppanii R. HoeRN. e al M. Hauerì HoERN., non- dimeno non si può identificare con essi. Il primo è mal conosciuto ancora, perchè le figure date dal GueMBEL non sono che una ricostruzione (FRECH, Op. cit., pag. 114), nè il modello incompleto pubblicato dal FrECH è sufficiente a darci una cognizione compiuta dei caratteri della specie; a ogni modo, il IM. elymus diffe- risce dal M. Sfoppanii per l’esistenza di una lunula profonda, per la spiccata asimmetria di forma, per l’acutezza delle carene più interne, per la minore larghezza dell’area interna, per la forma molto meno gonfia, nonchè per gli apici più protratti e curvati. Molto più strette sono le analogie col M. Hauerì, che tuttavia, per la forma non asimmetrica, per la più forte gonfiezza e per la grandezza dell’area interna, se ne mostra distinto. Il grado dell’asimmetria è certamente variabile nei Megalodus, ma all'esistenza o alla mancanza di questo carattere, del resto così comune nei Megalodonti, in associazione con altri in modo costante, dobbiamo dare un valore specifico. Questa specie è rappresentata da un discreto numero di esemplari nella dolomia di Castellammare del Golfo, forniti non di raro della conchiglia. Il più grande degli esemplari studiati ha le seguenti dimensioni: Altezza ” . ” a . . mm. 68 Lunghezza . 5 ò . . é » 46 Spessore b o 6 5 ) 3 » 40 Megalodus (Neomegalodus) Seccoi Par. — Tav. XI [IV]. fig. 7: Tav. XII [V], fig. 5, 6; Tav. XII [VI]; fig: 35 4; Tav. XIV [VII], fig. 1-5; Tav. XV [VII], fig. 1,2 1888. Megalodon Secco Parona. Contributo allo studio dei Megalodonti. Atti d. Soc. ital. di Sc. Nat., XXX, pag. 5, tav. V (1); tav. VI (II); tav. VII (III), fig. 1-3; 4(?) (escl. fig. 5, 6). 1898. Megalodus Locxyi Horrxes R. Adalékok a Bakonyi felsò-Triasx Megalodus Fajauinal: ismeretthea. FÒl- dtani Koòzlòny ecc., XXVIII, pag. 140, fig. 1-4; pag. 145, fig. 1-3. 1899. _ — Hoernes R. Ibwd., XXIX, pag. 355. 1904. = — Horrxrs R. Zur Kenntniss der Megalodonten aus der oberen Trias des Bakony in Freca, Neue Zweischaler u. Brach. a. d. Bak. Trias, pag. 72, fig. 94a-d; pag. 78, fig. 95a-d (escl. pag. 95, fig. 144, 105). Modelli più o meno gonfi, molto inequivalvi, inequilaterali, variabili nel rapporto delle dimensioni; più o meno espansi nel lato anteriore, arcuati e in qualche raro caso subtroncati in quello posteriore. La valva sinistra è sempre la più grande; essa è molto e regolarmente convessa, con l’apice robusto, elevato, lungo, ricurvo, prosogiro, tendente in modo spiccato ad avvolgersi su sè stesso e a spostarsi verso fuori, fornito, nella parte posteriore, di una forte carena, che si continua sino al principio dell’orlo pal- leale e limita, non un’area posteriore, ma una depressione sulciforme stretta e profonda. Tale solco, che è il modello della depressione che ricettava il ligamento della conchiglia, escava l’apice, diminuen- done lo spessore. La valva destra è sempre più piccola e spesso, ma non sempre, più o meno compressa sopra, in modo da mostrare il massimo spessore sulla metà superiore della sua altezza, dove è non di raro gibbosa, e poi scende rapidamente al contorno. Vi sono però alcuni esemplari nei quali la: valva destra è tutta forte- mente appiattita sopra, diventando quasi opercolare, e altri invece gonfi e quasi regolarmente convessi su tale valva, nel quale caso riproducono la forma del M. Loceyì HoERN. Questa, valva è munita, nella parte posteriore, di una carena forte, ma meno acuta dell’altra, e che sì continua pure fino al principio dell’orlo palleale, limitando un’area posteriore relativamente larga, poco [29] G. DI-STEFANO 85 concava o quasi appianata ‘e molto declive verso l'orlo ligamentare. Lungo quest’orlo si osserva pure, nella regione apicale e poco più sotto, il solco che nella conchiglia ricettava il ligamento e che è più corto di quello della valva sinistra. L’apice della valva destra è di forma differente di quello dell'altra valva, cioè si mostra compresso sopra, basso, corto, robusto, ottuso o lievemente appuntito all’estremità, molto curvato e prosogiro. In esso la tendenza a spostarsi lateralmente e ad avvolgersi su stesso è più leggiera. Nella parte anteriore dei modelli, sì presenta sotto gli apici, una depressione relativamente piccola, discretamente profonda e limitata da angoli ottusi, la quale è stata prodotta dalla lunula della conchiglia. In fondo a tale depressione corre una cresta pietrosa, bassa e poco spessa, che si continua nella parte mediana della regione posteriore del modello, dove è più elevata; essa rappresenta, nella parte posteriore, il riempimento dello spazio che era compreso tra le due valve della conchiglia e, nel modello della lunula, quello della lamina cardinale. I caratteri del cardine si osservano su molti modelli delle due valve e tanto sono più chiari quanto l’individuo è più giovine. Ecco quello che si nota sul modello della valva sinistra di un giovine esemplare, sul quale è riprodotto in modo diretto il cardine della destra (Tav. XV [VIII], fig. 2): lamina cardinale stretta: un dente principale (2) sotto l'apice, piccolo, triangolare, lievemente arcuato verso avanti: un dente laterale anteriore (D'), allungato parallelamente al margine anteriore della conchiglia, triangolare, leggermente arcuato verso avanti, convergente verso il principale; una fossetta dentaria principale (7), stretta, profonda, arcuata verso avanti; una fossetta dentaria, laterale, posteriore (7°), triangolare; una fossetta dentaria laterale accessoria (7°), stretta ed allungata, a forma di solco (poco ben visibile sulla figura), destinata a ricevere il piccolo dente accessorio della valva opposta, mentre il solco (LZ) che si osserva posteriormente ad essa è ligamentare. Sul modello di molte valve destre è riprodotto direttamente il cardine della sinistra (Tav. XIV [VII], fig. 4 e fig.5; Tav. XI [IV], fig. 7), che presenta i seguenti elementi: lamina cardinale stretta; un dente principale (d), triangolare, più o meno depresso, fino a diventare quasi lamellare (Tav. XI [IV], fig. 7), più o meno striato negli esemplari giovani e di medio accrescimento e privo di striatura negli adulti da me osservati; un dente laterale anteriore (4), allungato obliquamente verso il principale, spesso ma sempre striato negli individui giovani e in quelli di medio accrescimento, ora ben separato dal principale, ora saldato a questo per l’estremità posteriore, senza che tale fatto sia in rapporto con l’ età; un dente late- rale sussidiario (d’), posteriore, un po’ allungato parallelamente all’orlo cardinale, piccolo, appuntito, liscio o appena striato, mancante negl’individui adulti finora esaminati; una fossetta dentaria principale (f), triangolare; una fossetta dentaria laterale anteriore (f'), stretta, allungata parallelamente all’ orlo cardinale e un po’ arcuata. Sulla superficie degli abbondanti modelli studiati si osservano bene per lo più le impressioni dei mu- scoli adduttori. Quella anteriore è relativamente larga, oblunga, poco rilevata e quindi differente da quella della massima parte dei Megalodonti, sui quali suole assumere l’aspetto di un forte rilievo dentiforme: essa è limitata nella parte inferiore e nella esterna da un solco leggiero. Il muscolo adduttore anteriore era quindi ricettato sulla conchiglia da una fossetta larga e oblunga, ma poco profonda. L'impressione dell’adduttore posteriore è rappresentata da una depressione larga e discretamente forte, che si mani- festa debolmente sulla regione apicale e giunge, facendosi più forte, al contorno. Sulla valva destra V’im- pressione posteriore è meglio limitata, cioè, da un lato della carena posteriore e dall’ altro da un rilievo, sotto la cui parte esterna corre un solco leggiero, che presso il contorno palleale s’inflette a cubito; sulla valva sinistra la depressione posteriore è più profonda, più stretta e meno nettamente limitata dal lato esterno. Sulla conchiglia il muscolo adduttore anteriore si appoggiava dunque ad una lamina miofora 86 G. DI-STEFANO [30] piuttosto forte. Il modello dell’impressione pediale (p) è rappresentato da un piccolo tubercolo posto sotto l'impressione muscolare anteriore. Non abbiamo osservato sulla superficie dei modelli i rilievi che indicano le impressioni dei vasi ve- nosi; invece sulle valve, e specialmente su quella sinistra, si vedono spesso, ma non sempre, dei solchi radiali su tutta la regione apicale e più sotto, e inoltre molte piccole depressioni in forma di buchi, il che indica che spesso l’interno della valva portava dei rilievi radiali e dei bitorzoli. Questa bella specie è molto variabile per quanto riguarda il rapporto delle dimensioni, l’altezza della valva sinistra e la maggiore o minore compressione della valva destra, che è sempre più o menofoper- colare; ma essa mantiene sempre un carattere spiccato per la forte asimmetria, per la mancanza d’area posteriore nella valva sinistra e per la tendenza degli apici ad avvolgersi su se stessi e a spostarsi late- ralmente verso fuori. Dalle forme più lunghe che larghe si passa a quelle tanto lunghe che alte o vice- versa; gl’individui tipici sono più o meno espansi avanti e talvolta subrostrati sulla regione anteriore. Si nota una varietà con la valva destra assai depressa e il lato anteriore breve e subtroncato (Tav. XV [VIII], fig. 1,5), la quale assume una forma subquadrangolare (var. subquadrangularis). Il margine della regione posteriore è arcuato sulla massima parte degli individui, come è quello palleale; però essi sì uniscono spesso con un angolo ottuso; tuttavia sono frequenti le forme in cui i due orli formano un contorno circolare, come nelle forme tipiche del Parona. La valva destra nella più gran parte degl’indi- vidui è compressa sopra, gibbosa o subgibbosa nella metà superiore; nondimeno rimane per lo più gonfia. In non pochi casi mostra una convessità regolare. Il carattere più o meno opercolare della valva destra però è costante e in alcune forme, in cui l’appiattimento di detta valva è assai forte, si osserva in modo grandemente accentuato; allora l’area posteriore si restringe, ma non sparisce mai. Il grado di asimmetria delle valve non è in relazione con l’età degl’ individui. I descritti Megalodonti non possono separarsi dal M. Seccoî PaR., quale è rappresentato nella Tav. V [1], VI [II], VII [III], fig. 1-3 del Contributo allo studio dei Megalodonti, 1888. Il Parona indicò anche nella valva sinistra un’area posteriore ristretta; ma è evidente dalle figure da lui pubblicate e dal- l'esame degli esemplari adulti di Sicilia, che negl’ individui accresciuti vi è sulla valva sinistra un ingros- samento della carena, che allora si mostra un po’ declive verso il solco ligamentare, ma non una vera area. Avendo io potuto studiare un gran numero d’ individui di Castellammare in tutti gli stadî di età, ho potuto constatare la notevole variabilità di questa bella e caratteristica specie del PARONA; ma le va- riazioni, che sopratutto riguardano la forma del contorno dei modelli e il differente spessore della valva destra, non escono dai limiti di variabilità che mostra ogni tipo di Megalodonte. Ho dovuto separarne | solo le forme che ho indicate col nome di M. Paronaiì, perchè ben differenti per la esistenza di una vera ristretta area posteriore anche sulla valva sinistra e per la grande e regolare gonfiezza di quella destra, il che riduce grandemente l’asimmetria delle valve. Il TauscH * espresse l’opinione che il M. Seccoi Par. fosse da riferire al genere Conchodus StOPP., 1865 (= Lycodus ScHArHiutI, 1863), anzi precisamente al Conchodus Schwageri Tausca = Conch. infralias- sicus Stopp.= Lycodus cor ScHAFHTL. ed attribuì a deformazione l’asimmetria degli esemplari illustrati dal prof. Parona. Però, come anche R. HoerNEs ? e il GaLpIERI # hanno fatto rilevare, l’opinione del TAuscH i) TauscH L. Ueber die Bivalvengattung Conchodus und Conchodus Sehwageri nov. form. aus der obersten Trias der Nordalpen. Abhandl]. d. k. k. geol. R. A., XVII, 1899. 2) HoeRrNES R. in FRECH. Op. cît., pag. 76. 3) GALDIERI A. Sul Trias dei dintorni di Giffoni. Atti d. Acc. Pontan., vol. XXXVIII, 1908, pag. 107. [31] G. DI-STEFANO 87 è infondata. L’asimmetria si osserva su tutti gl’individui studiati dal Parona, su quelli della Sicilia e sul M. Loczyì HoERNES, che io reputo identico col M. Seccoî; tale asimmetria si manifesta sempre negli stessi caratteri, cioè nella forma e nell’ altezza differente degli apici, nella differente grandezza e convessità delle valve e nella mancanza di area posteriore nella valva sinistra; essa quindi non è dovuta a deformazione; del resto si osserva sempre sopra individui di perfetta conservazione. L’asimmetria di forma è un carattere comune nei Megalodonti; ma nel Jf. Secco essa è molto spic- cata, tanto che questa specie sembra, per la forma, un tipo intermedio tra i Megalodonti e le Ohama, come di già ha notato R. HoeRNES a proposito del M. Loceyì (= M. Seccoi). La forma e la tendenza degli apici ad avvolgersi su se stessi, nonchè le somiglianze con la Physocardia Ogilviae v. WonRrM. del Raibliano !; potrebbero far sospettare che si tratti di una Plysocardia v. WOHRMANN, 1893 (= Craspedotus BITTNER 1901 ?)), però il cardine del M. Seccoì è differente da quello di una Pysocardia, quale v. WOERMANN, BITTNER e FRECH ce lo rappresentano, e non corrisponde a quello dei Lycodus= Cornchodus, nè a quello del genere Laubeia BrrtNER. Invece quel cardine nel piano generale è quello dei Neomegalodus, con i quali ha anche comune la relativa sottigliezza della conchiglia; però la gracilità dei denti, dovuta all’ appiattimento late- rale, più o meno forte, e la tendenza del dente principale e del laterale anteriore a riunirsi in unica lamina leggermente arcuata intorno alla fossetta laterale anteriore (carattere che ricorda quello del I. Damesi Horrn. e del M. (Protodiceras) pumilus Ben. e accenna anche a quello dei Diceras) stabiliscono una differenza non trascurabile dai Neomegalodus tipici (gruppo del M. triqueter e del M. Hoernesiì FRECH). Le differenze si accentuano se si tien conto dei caratteri esterni o di altri interni, cioè della forma più o meno opercolare della valva destra, il che produce un’ asimmetria di forma assai più spiccata che negli altri Megalodonti; della mancanza di un’ area posteriore nella valva sinistra, della forma dell’im- pressione muscolare anteriore, bassa ed oblonga, e soprattutto della spiccata tendenza degli apici, spe- cialmente quello della valva sinistra, ad avvolgersi su se stessi, deviando lateralmente. Questi caratteri giustificano il riferimento del M. Secco, non al gruppo del M. trigueter, come ha fatto il FRECH, ma ad un altro distinto, pur mantenendolo tra i Neomegalodus. Credo che si dovrebbe dare al sruppo del M. Secco un valore sottogenerico, elevando nello stesso tempo a genere i Neomegalodus. Esprimo per ora questa opinione in modo riservato, data la variabilità del cardine dei Megalodonti e la necessità che altri studi confermino o estendano le osservazioni da me fatte sui modelli del cardine; pel caso che venga accettata propongo d’indicare quel sottogenere col nome di Gemmellarodus. Il M. Loczyi è stato separato dal M. Seccoi da R. HoERNES perchè questi non ebbe conoscenza delle figure pubblicate dal Parona nal 1888. Il M. Loczyì è quello rappresentato da R. HoeRNES nel 1898? e nel 1904. L’esemplare figurato da lui in FRECH, Op. cif., pag. 78, fig. 95 è assolutamente identico a quelli dati dal Parona e a quelli della Sicilia; le forme a contorno arrotondito e quasi regolarmente convesse sulla valva destra non costituiscono al più che una varietà del M. Seccoî. Restiamo però in dubbio se gl’individui piccoli pubblicati dal FRECH (Op. cit., pag. 95, fig. 104 e 105) appartengano al M. Loczyi e perciò al M. Seccgi. Il dott. GaLDIERI, il quale, del resto, ha nel 1908? riconosciuta l'identità del 2. 1) v. WGHRMANN S. Die Raibler Schichten ecc. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XLIII, 1893, pag. 672, tav. XIII, fig. 15. 2) BIrTNER A. Lamellibranchiaten a. d. Trias d. Bak. Wald., 1901, pag. 8, tav. I, fig. 1-9. 3 HoERNES R. Adalékok a Bakonyi felsò-Triasz Megalodus ismeretéhez. Fòldtani K6z16ny ece., XXVIII, 1898, pag. 140, fig. 1-4; pag. 145, fig. 1-3; XXIX, 1899, pag. 355; — Zur Kenntniss der Megalodonten aus der ober. Trias Bakony. Ibidem. i HoeRrnes R. Zur Kenntniss d. Megalodonten aus d: ober. Trias d. Bakony in FRECH. Neue Zweischaler und Brachiopoden a. d. Bah. Trias, 1904, pag. 73, fig. 94; pag. 78, fig. 95. 5) GALDIERI A. Sul Trias dei dintorni di Giffoni, 1908, pag. 105-108. 88 G. DI-STEFANO [32] Loczyi Hoern. col M. Seccoì PaR., li ha distinti dal primo e credo che abbia fatto bene, tanto più che l’esemplare della fig. 104 (FrEcH), per la lieve asimmetria delle valve e la conformazione della piccola area posteriore, eguale su tutte due, ha un aspetto differente dai piccoli individui del M. Seccoì, così fre- quenti nella dolomia di Castellammare. Il grado di asimmetria delle valve nel M. Seccoî non è in rela- zione con l’età ed essa è sempre accentuata sui piccoli (Tav. XII [V], fig. 4) e sui grandi esemplari, mentre la mancanza d’area posteriore sulla valva sinistra è costante; è Brobabio piuttosto che l’ esemplare in questione appartenga al M. Paronaì DI-STEr. Tutta la parte che precede era stampata quando ho preso visione della recente monografia di H. Rassmuss, Beitrige 2. Strat. u. Tekt. d. sidòstt. Alta Brianza. (Geol. u. Pal. Abh. v. Kogen X, H. 5, 1912). In essa l’autore considera come M. Seccoî. PAR. quei piccoli individui di Val Zelline che il prof. Parona (Op. cit., pag. 9, tav. VII [III], fig. 5 e 6) chiaramente distinse da questa specie, mentre colloca nella sinonimia del 1. Loczyì HoERN. i srandi esemplari figurati dal PARONA, i quali rappresen- tano invece il JM. Secco PAR. tipico! Questo modo di comprendere e di emendare 1 importante specie del Parona è del tutto arbitrario e sarà causa di non poca confusione nella nomenclatura e nella distinzione delle specie; credo quindi di non dover lasciarlo sfuggire senza qualche rettificazione. Il M. Loczyi HoERN. è bensì identico al I. Seccoì PaRr.: ma la denominazione del Parona, come sopra è dimostrato, ha l’in- contestabile diritto di prevalere su quella di R. HoerNES. I due piccoli modelli di Val Zelline spettano a una specie differente (secondo me al M. Paronai Dr-Ster.), come lo stesso prof. PARONA ha scritto. L’esemplare della Dolomia principale di Trebbia denominato Neom. Secco PAR. em. Rassmuss dal Rass- muss, non è il IM. Seccoì Par. tipico, nè il M. Paronaì Di-Ster.: esso corrisponde probabilmente alle forme del M. complanatus GuemB. con grande lunula ‘e apici protratti (var. segestana DI-STEF.). Il M. Secco Par. è una specie della Dolomia principale del Veneto (Valle del Brenta), del Tirolo (Ampezzo) e della Selva Bakony (Ungheria). È dubbio, per ora, se esista anche in quella del Salernitano, non potendo essere sicuri che il M. Loceyì HoERN. em., citato dal GALDIERI, sia riferibile alla specie del PARONA. Il FrecH enumera il _.M. Seccoi tra le specie caratteristiche dei più bassi livelli del DacAstewmkalk, sebbene dichiari nello stesso tempo che il livello di questa specie non sia ben determinato; però a Castel- lammare è associata con il M. Guembeli StopP., con il M. complanatus GuemB. e con il Dic. Curionii StoPP. Il più grande e il più piccolo degli esemplari studiati hanno le seguenti dimensioni : o “ Esemplare Esemplare più grande più piccolo Altezza della parte anteriore . ; ò . È : 3 mm. 133 mm. 15 Spessore . È . » 80 PIRLO, Lunghezza, dalla Dal anteriore AO a dol rostro 6 PRI Dini Gen. Dicerocardium Stoppani. Dicerocardium Curionii Stopp. — Tav. XVI [IX], fig. 1-3; Tav. XVII [X], fig. 1-3. 1860-65. Dicerocardium Curionii Stoppani. Géol. et Pal. d. couches à A. contorta. App. s. les grandes bivalves cardif. Pal. lombarde, s. 3, pag. 251, tav. 51, fig. 1-5; tav. 52, fig. 1,2. 1904. —_ - Sropp. Frecna. Neve Zweischaler u. Brach. a. d. Bakon. Trias. Result. d. wiss. Erfosch. d. Balatonsees, I Bd., I Th., pag. 59, fig. 86; pag. 60, fig. 87; pag. 61, fig. 88; pag. 94, fig. 103. 1906. - — Sropp. ArtnaBER. Die alpine Trias des Mediterran-Gebietes. Lethea geogn.,. II Th., tav. 55, fig. 1a-d. [33] G. DI-STEFANO 89 Individui conchigliati e modelli interni grandi, gonfi, equivalvi. Valve fortemente inequilaterali, troncate avanti, prolungate dietro in un rostro robusto e massiccio, più o meno lungo, in generale ingrossato 0 ottuso all’estremità, ma in qualche caso subappuntito. La regione anteriore è largamente cordiforme; più o meno concava sulla regione cardinale dei grandi individui; leggermente convessa in quella mediana, donde si deprime per giungere al contorno, e li- mitata da una forte carena quasi perpendicolare alla regione ligamentare e largamente sinuosa. La larga sinuosità è determinata da questo che la carena s’incurva leggermente verso avanti nella regione api- cale e verso dietro nella sua parte mediana, per ritornare ad inflettersi verso avanti in quella inferiore. Negl’individui giovani la regione anteriore è quasi appianata e leggermente rigonfiata lungo il margine cardinale e la carena è quasi acuta. In generale la carena, nella parte posteriore delle valve, è accom- pagnata da una depressione larga e leggiera, fiancheggiata alla sua volta da un leggiero rigonfiamento, che è la traccia dell’antica carena; però ci sono dei casi in cui tale rigonfiamento è quasi obliterato. Gli apici sono robusti, elevati, appuntiti, più o meno discosti, prosogiri, tendenti a divenire spirali e fortemente carenati. Sulla parte posteriore di ogni valva, dall’estremità dell’apice a quella del rostro, vi è una depressione sulciforme, larga e profonda segnatamente nella parte apicale, dove è anche più incavata da un altro solco che si presenta nel fondo. Tale depressione è limitata, sopra ogni valva, da due margini careniformi e divergenti, dei quali il più breve corre dalla parte anteriore dell’estremità dell’apice all’orlo cardinale, e il più lungo dalla parte posteriore di tale estremità sino a quella del rostro, verso la quale per lo più si suole inflettere in giù verso l’orlo palleale. Queste depressioni rendono in realtà gli apici assai meno spessi di quanto sembrano, perchè ne risultano escavati sul lato posteriore. Gli orli interni delle depres- sioni formano dei margini leggermente rialzati, tra i quali si osserva una tunga cresta, ora bassa, ora elevata, spesso ondulata, che è il modello dello spazio già compreso tra le due valve della conchiglia. Le depressioni descritte servivano a ricettare il ligamento della conchiglia, almeno nella paezione anteriore, che è molto più profonda. I caratteri del cardine ho potuto osservarli solo sopra la valva sinistra di un piccolo ed elegante individuo, ancora in parte conchigliato (Tav. XVII [X], fig. 3). Nella parte posteriore della valva sinistra si osserva nettamente un dente stretto e lungo, fiancheggiato da due fossette dentarie pure strette e lunghe, delle quali l’interna è la più forte. Il modello ricavato su questa valva dà la struttura del cardine della destra, composto di due denti stretti e lunghi, separati da una fossetta. La superficie dei modelli conserva le forti impronte delle strie di accrescimento, le quali assumono spesso l’aspetto di forti risalti e rendono subnodulosa la carena che circuisce la parte anteriore. Su questa si osservano in parecchi individui molte strie profonde e leggermente arcuate, oblique alla carena, il che indica che l’interno delle valve era rugoso sulla parte anteriore. Questa specie è rappresentata nella dolomia di Castellammare del Golfo da molti individui in tutti gli stadî di accrescimento, in modo che da esem- plari di pochi millimetri di lunghezza si passa per gradi ad altri giganteschi. Esso è, insieme col M. Seccoî PaR., la specie più abbondante e caratteristica di quella Dolomia principale. La sua forma è variabile per quanto riguarda il maggiore o minore sviluppo degli apici e quindi la maggiore o minore altezza della parte anteriore, la distanza interposta tra di essi e la robustezza e la lunghezza del rostro posteriore, che è ora corto, ora molto allungato. La parte anteriore della conchiglia per lo più supera in altezza la lunghezza del rostro posteriore; ma ci sono non pochi casi in cui l’al- tezza dell'una e la lunghezza dell’altro si equivalgono. Il Dicerocardium Curionii StoPP. è una delle specie più sparse nel Trias superiore alpino. Si conosce dell’Antelao; di Caino (Val Sabbia); di Martignano presso Trento; di Federale presso Cortina d'Ampezzo; Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912.‘ ul 90 G. DI-STEFANO [34] di Borca Cadore ecc. Il FREcE crede anche che si presenti nel DachsteinkalX di Echernthal presso Hallstatt (D. Wulfeni Hauer ms.). Esso occupa, insieme col D. Janì StoPP., la parte superiore del Norico (nel senso del BITTNER). Le dimensioni dell'individuo più grande e del più piccolo sono le seguenti: Individuo Individuo più grande più piccolo Aitezza della regione anteriore È È 4 mm. 150 mm. 23 Lunghezza, dalla regione anteriore all’ estremità del rostro 3 » 170 DIRO, Spessore della regione anteriore = 6 . È ò c » 125 » 26 Dicerocardium Gemmellaroi n. sp. — Tav. XVI [IX], fig. 4, 5; Tav. XVII [X], fig. 4,5. Modelli di medie dimensioni, equivalvi. Valve molto inequilaterali, troncate avanti, prolungate dietro. La loro parte anteriore è cordiforme, leggermente convessa sulla regione apicale e mediana, con un’ al- tezza inferiore di molto alla lunghezza del rostro posteriore, depressa intorno la carena, limitata da una chiglia forte, spesso acuta, specialmente nei giovani esemplari, orlata sul lato posteriore di una de- pressione larga e leggiera che alla sua volta è fiancheggiata da un rilievo posteriore largo e arrotondito. La carena nei giovani è quasi verticale, mentre in quelli adulti si arcua nella metà inferiore verso avanti. ‘ Nella parte posteriore le due valve si prolungano in un rostro gracile, depresso, a forma di guaina, molto lungo, troncato alla estremità, subdiritto o un po’ arcuato verso l’orlo palleale. Gli apici sono pic- coli, bassi, appuntiti, carenati, prosogiri. Dall’estremità degli apici di ogni valva si diparte posteriormente una depressione a forma di solco largo e profondo, che, indebolendosi, si estende fin verso l’ estremità del rostro senza toccarla. Questa depressione è limitata su ogni valva da due spigoli acuti careniformi, che cominciano sugli apici, uno corto e l’altro lungo. Il più breve, posto sulla parte anteriore di ogni apice, arriva, arcuandosi, al prin- cipio dell’orlo cardinale, mentre il più lungo giunge all’ estremità del rostro. In fondo alla depressione comune, che risulta dalla riunione delle depressioni sulciformi delle valve, corrono due deboli margini mediani, tra i quali si eleva una cresta pietrosa ondulata, che è stata prodotta dalla roccia insinuata tra le valve nel rostro della conchiglia. Le due depressioni descritte servivano a ricettare il ligamento della conchiglia, il quale doveva occupare la parte anteriore di essa, dove le depressioni si mostrano più profonde e intaccate’ al fondo da uno o più solchi. I piccoli apici risultano profondamente escavati dalle depressioni ligamentari e sono quindi meno spessi di quanto sembrano. Nel tentare di estrarre dalla roccia tenace un esemplare in parte conchigliato, la regione anteriore è andata in schegge e la conchiglia si è staccata, lasciando però sulla valva destra frammentaria la pos- sibilità di osservare nettamente il cardine, che somiglia a quello del D. dolomiticum Loretz. Vi si os- servano due denti allungati, quasi paralleli all'orlo cardinale, assai leggermente arcuati e divisi da una fossetta stretta e allungata (Tav. XVII [X], fig. 5). Il dente più interno è più piccolo e più corto. Questa specie è rappresentata da molti esemplari in vario stadio di accrescimento, alcuni giovani e piccolissimi ed altri adulti, lunghi fino a mm. 123. Essa è poco variabile, salvo nella maggiore o minore convessità della regione apicale della parte anteriore e nella maggiore o minore acutezza della carena che circuisce tale regione. I rapporti della specie in esame col Dicerocardium Curionii SroPP. sono stretti, sicchè altri, secondo il proprio modo di vedere, potrà forse considerare il Dic. Gemmellaroi come una spiccata varietà della specie dello StopPaNI; ma io credo che la piccolezza degli apici, la poca altezza dalla parte anteriore e spe- cialmente la gracilità e la notevole lunghezza del rostro posteriore ne giustifichino la separazione speci- [85] G. DI-STEFANO 9I fica. Nel Dic. Ourionii V’altezza della parte anteriore supera la lunghezza del rostro o è pressochè eguale, il che avviene raramente, ma mai è minore, mentre è costantemente inverso il caso nel Dic. Gemmel- laroi. La differenza nella lunghezza e gracilità del rostro tra i due tipi si manifesta sin dai più giovani individui. Il Dicerocardium dolomiticum Loretz ” è vicino al Dic. Curionii; ma nella parte anteriore si attenua in modo da assumere un aspetto differente, tanto più che l'altezza di tale regione anteriore supera quasi del doppio la lunghezza di quella posteriore. Questi caratteri lo differiscono bene anche dal Dic. Gemmellaroi, che ha la regione anteriore bassa e non attenuata e il rostro assai lungo e gracile. Il Dic. dolomiticum var. subcurioniù FRECH, così come questo autore l’ha artificialmente compito (Op. cit., pag. 57, fio. 84a) è differente dalla specie qui in esame per le stesse ragioni per le quali se ne distingue il Dic. dolomiticum tipico; però bisogna riconoscere che quel frammento potrebbe anche essere compito arti- ficialmente in altro modo e tale da differire dal Dic. Gemmellaroi solo appena per la maggiore conves- sità della regione anteriore. Un giudizio definitivo sul valore dei rapporti del Dic. Gemmellaroî col Dic. dolomiticum var. subcurionii FRECH potrà emettersi quando si conosceranno esemplari integri di que- t' ultimo tipo. La specie descritta è rappresentata da un discreto numero di esemplari in vario stadio di accresci- mento. Le dimensioni dell'individuo più grande e del più piccolo noti fino ad-ora sono le seguenti: Individuo Individuo più grande più piecolo Altezza della regione anteriore 0 È . c . mm. 71 mm. 26 Lunghezza, dalla regione anteriore all'estremità sad rostro LI posicniore » 124 » 44 Spessore della regione anteriore È , I, , o 3 È » 70 DI Gen. Schafhàutlia Cossmann. Schafh4utlia Mellingi v. Hauer sp. — Tav. XVII [X], fig. 6, 7. 1857. Corbis Mellingi v. Hauer sp. Ein Beitrag x. Kenntniss d. Fauna d. Raibler Schichten. Sitzb. d. math. naturw. Cl. d. k. Ak. d. Wiss., vol. XXIV, pag. 549 (15), tav. III, fig. 1-5. 1864. Pholadomya rugosa Costa 0. G. Note geologiche e Fobia sui M. Pia ece. Atti d. R. Ist. d’Ime. di Napoli, s. II, t. I, pag. 235 (pag. 67), tav. VI, fig. 16, 19. 1889. Fimbria (Sphaeriola) Mellingi Hauer sp. Parona. Studio monografico d. fauna raibl. di Lombardia, pag. 140, tav. XIII, fig. 3, 4. 1889. — (i Corbis) — Hauer. Wonrmann. Die Fauna d. sog. Cardita-und Raibl. Schichten ecc. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., vol. XXXIX, pag. 225 (45), tav. VI, fig. 4-6. 1893. — (Sphaeriola) — Hauer sp. Bassani. Fossili nella dolomia triasica dei dintorni di Mer- cato S. Severino ecc. Atti d. R. Acc. d. Sc. fis. et mat. di Napoli, vol. W, 13, m.0; PAS di 2200 1901. Gonodon Mellingi Hauer. Binrner. Lamellibranchiaten a. d. Trias d. Bakonyer Waldes, pag. 7, tav. VII, fig. 8-11. i) LorETz H. Einige Petrefacten der alpinen Trias aus der Siidalpen.Zeitschr. d.d geol. Gesells., 1875, tav..X.XII, fig. 7. 92 G. DI-STEFANO [36] 1903. Gonodon Mellingi Hauer. Broni. Die Fauna d. Pachycardientuffe d. Seiser Alp. Palaeontographica, vol. 50, pag. 219, tav. XXXVII, fig. 32. 1907. Schafhàutlia Mellingi Hauer sp. WaaceN L. Lamellibranchiaten d. Pachycardientuffe d. Seiser Alp. Ab- handl. da. k. k. geol. R. A., XVIII, pag. 84, tav. XXXIII, fig. 20, 21. 1908. — — Hauer sp. Gaupreri. Sul Trias dei dintorni di Giffoni. Atti d. Acc. Pontaniana, vol. XXXVIII, pag. 113, tav. III fig. 9. i 1909. - — — Hauer sp. Scania. Il gruppo del Monte Judica. Bull. d. Soc. geol. ital., XXVIII, pag. 297, tav. IX, fig. 15. Conchiglia rigonfia, equivalve, subequilaterale, più lunga che alta o quasi tanto lunga che alta, a contorno più o meno arrotondato. Gli apici sono robusti in rapporto alle dimensioni della conchiglia, più avvicinati al lato posteriore, prosogiri, molto curvati, appena contigui. L'orlo anteriore e il posteriore sono arrotonditi; quello inferiore suole esserlo meno. La superficie della conchiglia è coperta di strie di accrescimento forti, irregolari, tra le quali molte assumono l’aspetto di rughe. Il v. HauER ha già detto che quando sugli esemplari di Raibl manca lo strato esterno della conchiglia si scorgono le tracce di una striatura radiale; lo stesso fatto si rileva sopra un esemplare di Castellammare del Golfo. La Schafhiutlia Mellingi è rappresentata da pochi esemplari nella dolomia di Castellammare ed è rara in quella del M. Grifone e del M. Cuccio. Gl’individui da me studiati sono ora tanto alti che lunghi, ora più lunghi che alti e corrispondono bene a vari altri provenienti dalla sella di Tor (Raibl), conservati nel Museo geologico dell’ Università di Palermo, sebbene siano un po’ più piccoli. Dal BrrtneR e dal BroILI è stato di già accennato agli stretti rapporti della SchafRautlia Mellingi con la Schafh. astartiformis Munst. sp.; il Brorci crede anzi che le due forme dovrebbero associarsi, mentre il BrrtvER ha fatto rilevare che la prima si differisce per aver l’ apice alquanto spinto indietro e quindi la parte anteriore più.sviluppata della posteriore. Il WaageN dà molta importanza a tale ca- rattere distintivo; ma sta il fatto che le due forme sono assai vicine e che la questione della loro iden- tità o meno rimane per ora controversa. Il dott. Garpieri ha accennato con ragione alla affinità della Schafht. Mellingi con la Cyprina cin- gulata Sropp. del piano di Esino; le recenti figure della Cyprina cingulata pubblicate dal Tommasi (Go- nodus cingulatus Storr. sp. — I foss. d. lumachella triasica di Ghegna ecc., 1911, pag. 33, tav. 111, fig. 16, 17) non eliminano i dubbi sulla netta separazione delle due forme; sicchè la questione della loro identità resta ancora aperta. Per le ragioni esposte bene dal dott. L. WaaGEN, è evidente la necessità di adottare per la specie in esame la denominazione generica di Schafhéutlia proposta nel 1897 dal Cossmann (Revue de Paléozoologie, I, pag. 51). La Schafhiutlia Mellingiì è una specie nota del piano di S. Cassiano-Raibl delle Alpi; essa è stata trovata anche nella Dolomia principale dell’Italia meridionale continentale (prov. di Salerno e Calabria settentrionale) da Bassani, Di-SteFraNo e GaLpigri. Il dott. ScaLia l’ha indicata negli strati triassici del gruppo del M. Judica (Catania) con la fauna di S. Cassiano-Raibl. Le dimensioni del più grande esemplare esaminato sono le seguenti: Altezza ; R È Ù 5 3 mm. 24 Lunghezza . : . . . > 2 SE) Spessore o - è È 2 : » 26 [37] G, DI-STEFANO 08 Gen. Pleuromya AGassiz. Pleuromya lata Par. — Tav. XII [V], fig. 11. 1864. Pachymya gigas Sow. Costa O. G. Note geologiche e paleont. sui M. Picentini ecc. Atti d. R. Ist. d’Inc, di Napoli, s. II, t. I, pag. 235 (pag. 67), tav. VI, fig. 1889. Plour omya lata PARONA. Ca monografico della fauna raibliana di i pag. 143, tav. XIII, fig. 7a, b. 1892. - cfr. lata Par. Bassani. Sui fossili e sull’età degli scisti bituminosi di M. Peitine ecc. Mem. ARSOCRTAOISCA RO CNN DRASIPAL 0] 1905. — i Par. GaLpierI. La malacofauna triassica di Giffoni nel Salernitano. Atti d. R. Acc. d. Sc. d. Napoli, vol. XII, s. 2.3, n. 17, pag. 11, fig. 18. Conchiglia poco convessa, trasversa, subequivalve, molto più lunga che alta, inequilaterale, breve ed arrotondita sul lato anteriore, come si deduce dalle strie di accrescimento, ed obliquamente troncata su quello posteriore. Orlo palleale quasi diritto; orlo cardinale diritto. La conchiglia assume così un aspetto allungato-trapezoidale. Gli apici sono anteriori, prosogiri, larghi, bassi e molto curvati. Sulla regione apicale si suole notare una depressione radiale larga e assai leggiera, che svanisce verso la metà dell’altezza della conchiglia. Sulla parte anteriore vi è un angolo assai ottuso che parte dagli apici e raggiunge diagonalmente l’ estremità dell’orlo inferiore delle valve. La superficie della conchiglia è coperta di strie di accrescimento forti, che, riunite in fasci, formano molte rughe concentriche, grossolane, irregolari e un po’ ondulate. I caratteri del cardine non sono osservabili. Di questa specie conosco soltanto quattro valve isolate raccolte a Castellammare, una destra e tre sinistre. Queste valve corrispondono bene alle figure e alla descrizione del prof. Parona. Non conoscen- dosi i caratteri del cardine la determinazione generica di questa specie può ritenersi dubbia; ma tutti i caratteri esterni indicano il genere. Plewromya. La Pleuromya lata Par. trova i suoi rapporti nella P?. ambigua BirmN. del Raibliano ungherese e nella PI. Loeschmanni FRECH della Dolomia principale della stessa regione; però si distingue da tutte e due perchè più depressa, assai meno alta e più obliquamente troncata dietro, in modo che acquista una forma più elongata-trapezoidale. Inoltre gli apici sono più piccoli e la superficie della conchiglia è ornata di rughe concentriche forti. La Pleuromya lata Par. è una specie del Raibliano lombardo, che passa anche nella Dolomia prin- cipale del Salernitano e della Sicilia, insieme con la Schafhéutlia Mellingi v. HavER. Della P?. lata conosciamo quattro esemplari di Castellammare in discreto stato di conservazione; il meglio conservato pel contorno ha queste dimensioni: Altezza È i o Ò È . mm. 21 Lunghezza . 2 . 7 0 3 » 53 Spessore ; i ; : : 4 pi 383 Pleuromya ? infida n. sp. — Tav. XII [V], fig. 8-10. Esemplari conchigliati e modelli interni molto più lunghi che alti, molto inequilaterali, leggermente inequivalvi, poco convessi. Lato anteriore corto, un po’ attenuato, più o meno arrotondito; lato posteriore allungato, obliquamente troncato all’estremità. La valva sinistra è leggermente meno convessa e più pic- 94 G. DI-STEFANO [38] cola della destra. Gli apici sono larghi, bassi, molto curvati, ma non contigui. L'orlo cardinale è diritto e lungo; l’orlo palleale appena arcuato, ma leggermente inflesso nella parte mediana per effetto di una depressione radiale, larga e leggiera, che parte dalla regione apicale e giunge obliquamente al contorno, facendosi più evidente. Nella regione posteriore delle valve si nota un angolo ottuso, che dagli apici va diagonalmente al contorno, e rappresenta la parte più elevata della conchiglia, la quale viene così divisa in due parti ine- guali, una posteriore, stretta, e l’altra anteriore, più grande. Tra le due valve si nota un’areola cardinale stretta ed allungata, che svanisce prima di giungere alla estremità posteriore, ed è limitata sul lato interno dal margine cardinale e sull’esterno da due lievi ma evi- denti angoli che si dipartono dagli apici. La superficie della conchiglia è coperta di strie di accrescimento forti, rugose, un po’ irregolari e assai lievemente inflesse per effetto della leggiera depressione radiale delle valve. La determinazione generica di questo tipo rimane, per ora, alquanto dubbia. Esso rammenta le Arcomya (Myacites ScHLOTA. pars) e trova le sue affinità nella Arcomya Sansonii San.!, dalla quale è del resto specificatamente ben distinta; ma ha anche molti caratteri del genere Pleuromya, mentre l’areola cardinale, insolita nelle Pleuromya, rammenta pure le Arcidae. Ho tentato di preparare il cardine sopra un esemplare; non vi si osservano denti di Arcìdae, ma sotto l’apice, in modo non del tutto chiaro, si scorge una fossetta triangolare a forma di piccolo cucchiajo, fiancheggiata dal lato anteriore da una piccola callosità dentiforme. Questi caratteri accennano al genere Pleuromya; ma, in verità, l’osservazione mi riesce alquanto incerta. La forma della conchiglia e il carattere della areola cardinale avvicinano molto la specie in esame alla Pleuromya? ambigua Brrmn.? del Raibliano ungherese; ma, nonostante la loro affinità, questi tipi non si possono identificare, perchè quello siciliano è più inequilaterale, avendo il lato anteriore più corto. e il posteriore più lungo, e inoltre ha-gli apici più robusti e le valve più alte. La Pleuromya? Loeschmanni FrEcH, della Dolomia principale (FRECH. Op. cit., pag. 50, fig. 76 e 77) è anche affine alla Pleuromya ? infida Di-StEF., tuttavia se ne distingue perche è molto meno iuequilaterale e più gonfia, tanto da non permettere un’associazione. Di questa specie conosciamo sei esemplari di Castellammare del Golfo, dei quali due bivalvi conservano ancora la conchiglia. Le dimensioni dell’individuo meglio conservato sono le seguenti: » Altezza ©. È . - 7 5 mm. 26 Lunghezza . ò x o . o » 44 Spessore ; b 5 5 5 . » 13 Gen. Solenomya Lamarck. Solenomya Scaliai n. sp. — Tav. XII [V], fig. 7. Conchiglia discretamente convessa, molto”inequilaterale, di forma ovato-cilindrica, corta e attenuata. sul lato posteriore, allungata su quello anteriore. L'orlo cardinale è diritto; l’inferiore è lievemente arcuato. Gli apici sono piccoli e incurvati. i) SaLomon W. Geol. u. palaeont. Studien ber die Marmolata. Palaeontogr., vol. 41, 1895, pag. 172, tav. V, fig. DÒ. 2) BirTNER A. Lamellibranchiaten a. d. Trias d. Bakon. Waldes, pag. 5, tav. VIII, fig. 14. [39] è. DI-STEFANO 95 Tutta la superficie della conchiglia è ornata di strie radiali fortemente impresse e regolari, disposte in modo che ogni gruppo di due strie contigue limita uno spazio leggermente elevato, con apparenza di costola radiale bassa e piatta. Gli spazi intercostali o superano in larghezza le basse costelle o sono eguali. Sulla superficie si scorgono anche i punti di arresto nell’accrescimento della conchiglia in forma di ru- gosità concentriche, largamente spaziate. Dietro l’apice è visibile un corto solco prodotto dalla callosa ninfa ligamentare interna delle Solenomya. Non si può dubitare dell’appartenenza di questa specie al genere So/enomya, che si presenta dal Carbo- nifero fino ai mari odierni. Si può dire anzi che compare di già nel Devoniano, identificandovi, come fa il FRECH, il genere Fancia Kine emend. BrusHAUsEN. Le Solenomya sono però rare nel Trias; infatti vi si conoscevano finora soltanto due specie in quello della Foresta Bakony (Sol. semseyana BIttN., Sol. abbre- viata FRECH.). La Sol. Scaliaì è molto vicina alla Sol. semseyana BirrN. !); ma se ne distingue pel lato anteriore più attenuato, più prodotto e meglio staccato dall’apice e per gli ornamenti più forti e ben visibili su tutta la superficie; essa però potrebbe rappresentare una variazione della specie del BrrtweRr. E pure vicina alla Sol. abbreviata FrEca del Muschelkalk dello Unterwald presso Veszprém (Ungheria) (FRECH. Op. cit., pag. 19, fig. 20); però è più inequilaterale; ha il Jato posteriore più corto e l'anteriore più allungato e le strie e le costole radiali più numerose e più fitte. La Sol. Scalia è rappresentata da due esemplari nella dolomia della regione Boccadifaleo (Palermo). Un unico esemplare ne ho trovato anche nella dolomia passante a calcari della regione Madonesi presso Castronuovo (Palermo), in cui si raccoglie una fauna di cefalopodi, composta in prevalenza di specie della zona con Zropites subbullatus. (G. G. GeMMELLARO. I cefalopodi del Trias superiore della regione occiden- tale della Sicilia, 1904). Gastropoda.? Gen. Worthenia pe KonINcK. Worthenia solitaria Brew. sp. — Tav. XVII |X], fig. 8, 9. 1864. Straparollus (Euomphalus) Montagna. Generazione della terra metodicamente esposta ecc., pag. 308, tav. XLVIII, fig. 4. 1864. Trochus contabulatus Costa O. G. Note geol. e pal. sui Monti Picentini nel Principato Citeriore. Atti d. R. Ist. d’Inc. ecc:, s. 2; t. I, pag. 232 (64). tav. V, fig. 4. 1864. — striolatus Costa O. G. Ibid., pag. 233 (65), tav. V, fig. 34,0, O. 1865. Turbo Songavatii Stoppani. Fossiles du Trias sup. ou de la dolomie a M. Giimbeltii. Pal. Lomb., s. 3, . pag. 255, tav. 59, fig. ©. 1) BrrrneR A. Lamellibranchiaten a. d. Trias d. Bakon. Waldes. Result. d. wiss. Erf. d. Balatonsees, 1 Bd., 1 Th., 1901, pag. 41, tav. VIII, fig. 21-24. ) Nella dolomia di Castellammare del Golfo, specialmente in quella del Vallone Petraro, donde provengono la maggior parte dei fossili descritti in questa monografia, sono abbondanti i resti di gasteropodi di piccole e grandi dimensioni. Se fossero ben conservati, la loro illustrazione costituirebbe uno dei capitoli più importanti di questo studio; ma purtroppo in grandissima parte sono rappresentati da modelli interni o da impronte. Mi sono limitato a descrivere e figurare solo quelli che si trovano allo stato di modelli esterni e i pochi il cui modello artificiale, ot- fenuto con cera o con zolfo dalla cavità lasciata dalla conchiglia, riesce netto e fa osservare un insieme di caratteri che ne permette la descrizione. Sono invece molti quelli dei quali ho creduto di non dovere tener conto. 96 G. DI-STEFANO 140] 1865. Delphinula Escheri SropPANI (p. p.) /bîd., pag. 256, tav. 59, fig. 12 e 13 (escl. fig. 14). 1866. Turbo solitarius Benecke. Ueber Trias und Jura in den Stidalpen. Geogn.-pal. Beitrige, I Bd., pag. Lon ita LINA paio) 8. Trochus. — Ben. sp. v. Ammon. Die Gastropode» des Hauptdolomites ece. Abhandl. d. zool.-mineral. Vereines zu Regensburg, pag. 26, fig. 10a-9. 1893. Guidonia Songavatii Srorpr. sp. Bassani. Mossili nella dol. triass. d. dint. di Mercato S. Severino ecc. Atti R. Acc. d. Sc. di Napoli, vol. V, s. 2., n..9, pag. 4, fig. 1. 1900. Worthenia Escheri Stopr. KirrL. Gastropoden aus der Trias des Bakonyer Waldes. Result. d. wiss. Erf. A. Balatonsees, I Bd., 1 Th., pag. 51, tav. III, fig. 13, 14 (esclusa fig. 15). 1902. Pleurotomaria contabulata Costa sp. MarineLLI. Descrizione geol. d. dintorni di Tarcento in Priuli. Pubbl. d. R. Ist. di St. Sup. ecc., pag. 156, tav. II, fig. 1. 1903. Worthenia Songavatii Storr. sp. Tommasi. Revisione della fauna a molluschi della Dolomia prince. di Lombardia. Palaeont. ital., IX, pag. 111 [17] tav. XVIII, fig. 8,9. 1905. _ solitaria Ben. sp. GaupierI. La malacofauna triassica di Giffoni ece. Atti d. R. Ace. di Sc. di Napoli, s. 2.3, n. 17, pag. 10, fig. 2. 1906. — — Ben. sp. ArrtHaBer. Die alpine Trias des Mediterran-Gebietes. Lethea geogn., II Th., tav. 42, fig. 16. 1907. _ contabulata Costa. DeL Campana. Fossili della Dolomia principale della valle del Brenta. Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XXVI, pag. 477, tav. XV, fig. 8. La Worthenia solitaria BEN. sp. è poco frequente nel Trias superiore di Castellammare del Golfo e dei dintorni di Palermo; essa finora non è conosciuta di altri luoghi di Sicilia. A Castellammare è rap- presentata da vari nuclei e da poche impronte. Da queste ho tratto con cera dei modelli sui quali sono riprodotti in modo chiaro gli ornamenti. Vi si osservano le forti carene mediane che ornano i giri e la seconda carena più debole che sta sulla parte anteriore dell’ ultimo, al principio posteriore della base; le sottili strie spirali e le strie di accrescimento. Queste si piegano fortemente indietro sopra e sotto la carena principale, sulla quale formano un seno: la conchiglia era dunque ornata di una fascetta del seno, soprachigliare e leggermente convessa, come del resto hanno anche osservato altri autori. Ci sono forme: a spira più corta e con l’ultimo giro più largo a altre di aspetto svelto e con la spira più alta. Sulla determinazione generica di questa specie oramai si è d’ accordo: essa appartiene alle Pleuro- tomariidae e, per la forma conica, i giri scalinati e carenati, la fascetta del seno convessa e posta sulla. chiglia mediana, nonchè pel falso stretto ombellico, va collocata nelle Wortheria, intese sia nel senso del pe Konrnck che in quello del Kirtt, il quale vi comprende forme perforate e imperforate. Non si è egualmente d’accordo sul nome specifico da preferire, anzi si è creata dagli autori una con- fusione che converrebbe rimuovere. Fino ad ora quella specie è indicata con le denominazioni di Wor- thenia solitaria BEN. sp., W. contabulata Costa sp., W. Songavatii StopP. sp. e W. Escherì StopP. sp., ai quali potrebbe aggiungersi anche, come è detto qui appresso, quello di W. striolata Costa sp. Vediamo in che misura è giustificato l’uso di questi nomi. Non è il caso di prendere in considerazione quello di Neritopsis? Oldae StoPP. (1860), indicato tra i fossili dell’Azzarola, come avrebbe voluto il KirrL; quindi i nomi più antichi ® creati per la specie in !) Nel 1864 il Costa (Op. cìt., pag. 3! [171]) indicò pure un Trochus Mormanni nella calcarea nera con venature e screziature bianche di Mormanno, nella Calabria Citra, rappresentato da modelli e da impronte. Con molta proba- bilità si tratta anche della Worth. solitaria, che precisamente è abbondante a Mormanno, in quelle condizioni, nella do- lomia triassica, nerastra o grigia, venata di bianco. [41] G. DI-STEFANO 97 esame sono quelli del Costa (1864). Sull’identità del Trochus contabulatus Costa col 7. solitarius del BENECKE non vi può essere alcun dubbio; io stesso potei convincermene nel 1892 sull’esame degli esemplari ori- ginali del Costa, gentilmente comunicatimi dal prof. Bassani. Il dott. GAaLbIERI ha ben dimostrato che il Trochus striolatus Costa è lo stesso 7°. contabulatus. I nomi del Costa hanno perciò la priorità; ma quale si dovrà scegliere dei due contemporanei? Io credo che anzichè quello scritto il primo in ordine (7. con- tabulatus) potrebbe scegliersi con più ragione il secondo (7. striolatus), perchè servì a indicare, non un modello interno, ma un individuo fornito dal guscio e quindi meglio determinato. Però dubito che su questa scelta si stabilirebbe l’accordo; così l’adottare le denominazioni di Worthenia strioluta non farà che mantenere o accrescere la confusione. Il Krrrr, ritenendo a torto che l'identità del 7. contabulatus Costa col Turbo solitarius BEN. non sia provata, usa il nome di Worthenia Escheri Stopp. sp. da lui, come dal v. Ammon, dal De STEFANI, dal Bassani, dal MARINELLI e dal DEL CAMPANA creduta identica al 7urbo Songavatii Stopp. (= Worth. solitaria Ben. sp.) Lo Stoppani ha costituita la sua Delphinula Escheri con individui differenti, dei quali due (Op. cit., tav. 59, fig. 12 e 13) appartengono indubbiamente al 7. Songavatiî StoPP., mentre uno (Op. cît., tav. 59, fig. 14) differisce da questo per l’esistenza di una sola chiglia nell’ultimo giro, oltre che, subordinatamente, per la maggiore gonfiezza e altezza di questo. Tali differenze si riscontrano negl’individui figurati dal De STEFANI (Guidonia Songavatii) !, dal Tommasi, dal GALDIERI e in uno di quelli rappresentati dal KirtL (Op. cit., tav. III, fig. 15) e che perciò è da staccare dagli altri figurati dallo stesso autore riferibili alla W. solitaria. Se si sceverano dalla Delphinula Escherì gli esemplari certamente appartenenti al 7. Songavatii, ne risulta una forma, che nonostante gli stretti rapporti con la Worth. solitaria, deve esserne mantenuta di- stinta, come del resto credono anche il TommasI e il GaLpIERI. Non mi pare dunque nemmeno il caso di potere scegliere il nome di Worthenia Escherì StoPP. sp. per la specie in esame. La Delphinula Inzini StopP. (1865), riunita dal KtrtL alla Delphinula Escheri SroPP. è, per l’ultimo giro molto elevato e ornato di una sola carena, anche differente dal 7. Songavatii. In riassunto, ‘giacchè i nomi dati contemporaneamente dal Cosra alla stessa specie sono due e la scelta di uno può sollevare delle controversie, il nome specifico più antico adottabile sarebbe quello di Turbo Songavatiù StoPP., che fu dato a un individuo ben caratterizzato, nonostante giovine. Però è da chiedersi se veramente convenga abbandonare il nome di Turbo solitarius BEN., così conosciuto e ben compreso e largamente usato, per altri meno usati e non di raro ingiustificati. Come ha ben detto il De Lorenzo ?, gli autori, servendosi di uno di questi nomi, sono costretti per farsi comprendere, di unirvi sempre, tra parentesi, quello del BENECKE; si aggiunga che, essendo legato a quella denominazione specifica un significato cronologico generalmente accettato, il cambiamento porterebbe confusione. Credo quindi che si tratti di uno di quei casi in cui si possa e debba fare un’eccezione al necessario rigoroso rispetto dei diritti di priorità, e persisto ad usare la denominazione di Worthenia solitaria, d’accordo col DE LoRENZO e col GALDIERI. La Worthenia solitaria BEN. sp. è specie così sparsa nella Dolomia principale della Lombardia, del Trentino, del Veneto, del Salernitano e della Calabria che non mette il conto di citare con precisione tutte le località in cui si presenta. Della Sicilia è finora conosciuta nelle dolomie di Castellammare (Vallone Petraro) e delle cave di Boccadifalco (Palermo). 1) De STEFANI C. Le pieghe delle Alpî Apuane. Pubbl. A. R. Ist. d. st. sup. ecc., 1899, pag. 20 (figura nel testo). 2) DE Lorenzo G. Le montagne mesozoiche di Lagonegro. Atti R. Ace. di Napoli, vol. VI, s. 2.%, n. 15, 1894, pag. 55. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 12 98 G. DI-STOFANO [42] L’esemplare meglio ‘conservato ha le seguenti dimensioni: Altezza della conchiglia 6 o ; mm, 17 » dell’ ultimo giro : i A » 14 Larghezza » » c , : » 12 Gen. Purpuroidea Lycert Purpuroidea Taramellii Srorp. sp. — Tav. XVII[X], fig. 14-16. 1865. Turbo Taramelliù Stoppani. Possiles du Trias sup. ou de la dolomie a M. Gimbelii. Pal. lomb., s. 3.3, pag. 255, tav. 59, fig. 4, D. 1865. — Seguenzae Stoppani Ibid., pag. 255, tav. 59, fig. 6. 1903. Purpuroidea Taramellii Srorp. sp. Tommasi. Revisione della fauna a molluschi della Dol. principale di Lombardia. Palaeont. ital., IX, pag. 118, tav. XVIII, fig. 25 e 26. Specie conica, più o meno ventricosa, più lunga che larga, formata di una spira regolare composta da 5-6 giri scalinati fortemente carenati sopra Je suture, le quali sono ben distinte. Tra la carena e la sutura i giri sono più o meno fortemente depressi, in modo che ivi si mostrano ora quasi subcanalicu- lati, ora in lesgiera rampa saliente verso le carene. Queste sono ornate di molti tubercoli, che, leggieri nei primi giri, divengono forti e talvolta subspinosi negli ultimi due. Sulla superficie dei giri si notano pochi e leggieri cordoncini spirali, che sulla base divengono subnodulosi; però negli esemplari sieiliani il cordone posto all'inizio della base è sempre fortemente noduloso, sicchè l’ultimo giro risulta ornato sempre di due cingoli più o meno fortemente nodulosi, come nella P. Seguenzae StopP., dei quali il po- steriore è quello che sta sulla carena. Le stfie di accrescimento si mostrano forti. L’ apertura è visibile solo in parte; su di un modello si vede il labbro che è reso angoloso dalla carena e dal secondo cingolo noduloso. Sopra un altro si osserva il lato columellare, il quale è leggermente calloso e fa vedere una stretta fessura ombellicale. Non si può rilevare chiaramente se l’apertura porti una doccia anteriore. Più che sui modélli naturali, questa Pupuroidea è meglio studiabile su quelli artificiali ottenuti con cera o con zolfo dalle frequenti cavità lasciate dalla conchiglia nella dolomia. Si tratta di una specie piuttosto variabile, ma le variazioni non sono tali da permettere la separazione di parecehie specie. Vi si distinguono delle forme conico-allungate, come il 7ardo Taramellii Sropp. (Tav. XVII [X], fig. 14), che costituisce il tipo, ed altre invece a spira accorciata, sebbene appuntita all’apice con l’ultimo giro ven- tricoso (var. ventricosa), come quella figurata nella Tav. XVII [X.], fig. 16. I tubercoli dell’una e dell’altra forma sono ora leggieri, ora forti e subspinosi. Avanti abbiamo rilevato che la porzione posteriore dei giri compresa tra la carena e la sutura è più o meno depressa, in modo che ora si mostra in leggiera rampa ed ora fortemente appiattita sino a sembrare subcanaliculata (Tav. XVII [X], fig. 15). Gli esemplari subcanaliculati sulla sutura corrispondono al Turbo Seguenzae StoPP., che può riguadarsi come una varietà della Purpuroidea Taramellii. Il prof. Tommasi ha mostrato che il 7. Seguenzae e il 7. Taramellii non possono separarsi specificamente; egli tra i due nomi contemporanei ha adottato quello che in ordine è scritto il primo ed io non ho ragioni per non seguirlo, visto che quel nome è dato a una forma ben determinata. [43] G. DI-STEFANO 99 La forma, gli. ornamenti e i rapporti della. specie in esame con Purpuroîdea excelsior Koken !), P. raiblensis BLAscH. °) = P. trinodosa Resp 8), P. baconica Krerr ®, P. crassenodosa Krrest.9, dalle quali però è specificamente ben distinta, permettono di riguardarla come una Purpuroidea, il che non è contrad- detto dai caratteri dell’apertura, così come sono rappresentati dallo Sroppani. La Purp. Taramelliù manca anche della stretta e profonda perforazione e delle costole assiali così comuni nel genere Purpurina. L'associazione della P. Z'aramellii con la P. crassenodosa KuIPst. apud KirrL non mi pare giustificabile. La specie di KcipsreIin è di forma più svelta ed allungata, con la spira più appuntita, i giri subcilindrici ed escavati nel mezzo, e l’ultimo giro gonfio e ventricoso, nonchè ornato di due carene principali for- temente nodulose. Questo insieme di caratteri dà alla P. crassenodosa di S. Cassiano un aspetto ben dif- ferente. L'appartenenza specifica della forma indicata come P. crassenodosa dal GALDIERI nel suo importante lavoro sul Trias di Giffoni (1908) riesce dubbia, pel suo cattivo stato di conservazione; ma essa pare più vicina alla P. Taramellii che alla specie di S. Cassiano. La Purpurina dolomitica v. Amm. si distingue dalla P. Taramellii per la posizione mediana o quasi della carena, per il che la rampa posteriore dei giri risulta assai più larga; per le costole assiali e per la forma dell’ultimo giro più alto e ventricoso. La Purpuroidea Taramelliiù è frequente a Castellammare del Golfo; ma per lo più allo stato d’im- pronte nella dolomia. Le dimensioni dell'esemplare più grande sono le seguenti: Altezza della conchiglia . o 3 mm. 28 » dell'ultimo giro o o 0 do ili Lunghezza dell'ultimo giro . : Ì » 21 Purpuroidea? nassaeformis n. sp. — Tav. XVII [X], fig. 17. Modello ventricoso, composto di 5-6 giri convessi e rapidamente crescenti. L'ultimo giro, gonfio ed abbracciante, occupa quasi due terzi dell’ altezza di tutta la conchiglia. I giri sono ornati di 12-14 pieghe assiali, grossolane, che divengono tubercolose quasi sulla linea mediana di detti giri, i quali risultano quindi leggermente carenati nel mezzo. Sulla parte inferiore dell’ ultimo giro, poco sopra la sutura, le pieghe assumono ancor più l’apparenza di grossi tubercoli. La conchiglia inoltre è ornata di forti strie spirali, che però non giungono sulla base, la quale è convessa e liscia. I caratteri dell’apertura non si conoscono, quindi la determinazione generica di questa specie rimane dubbia, nonostante le sue relazioni con alcune Purpuroidea triassiche. Essa è comune, ma si presenta allo stato d’impronte, dalle quali ho con cera e con zolfo ricavato buoni modelli. I suoi maggiori rapporti questa specie li trova nella Purpuroidea Taramellii StoPP. sp., avanti de- scritta, e nella Purpuroidea excelsior KokgeN 5 dei calcari di Hallstatt, ma è dall’ una e dall’ altra ben i) Koken E. Die Gastropoden der Trias um Hallstatt. Abhandl. d.k. k. geol. R. A., XVII, 1897, pag. 74, tav. XX, fig. 13. * BLascHKE F. Die Gastropoden d. Pachycardientuffe d. Seis. Alpe in Stiidtirol. Beitr. z. Pal. u. Geol. Oest.-Ung., XVI, pag. 201. 3) BRoILI F. Die Fauna d. Pachycardientuffe d. Seis. Alpen. Palaeontographica, LIV, 1907, pag. 105, tav. IX, fig. 28. 4 KirTL E. Gastropoden d. Trias d. Bakon. Wald., pag. 56, tav. III, fig. 19. 5) KirTL E. Die Gastropoden d. Schicht. v. S. Cassian, III, 1894, pag. 253, tav. XIX, fig. 26-29. 5 Koken E. Die Gastropoden der Trias um Hallstatt. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XVII, 1897, pag. 74, tav. XX, fig. 13. 100 G. DI-STEFANO [44] distinta. Dalla prima si separa pe’ suoi giri convessi, non scalinati, senza escavazione posteriore e ornati di strie forti, ma non nodulose e di una sola fila di tubercoli sull'ultimo giro; dalla seconda per la sua forma ovale-pupoide ed appuntita all'apice; pei giri non scalinati e ornati di una sola fila di tubercoli e per l’ultimo giro meno grande e più ovato. Il più grande dei modelli ottenuti ha queste dimensioni: Altezza della conchiglia S . . mm. 26 dell'ultimo giro 5 6 è » 16 Lunghezza dell’ ultimo giro ò 5 » 20 Gen. Turritella LamaRck. Turritella cfr. trabalis v. Amon. — Tav. XVII [X], fig. 10. 1878. Turritella trabalis v. Ammon. Die Gastropoden des Hauptodolomites ece. Abhanal. d. zool. min. Ver. ) in Regensburg, pag. 19, fig. 8. Specie turriculata, molto allungata, a spira appuntita, composta di 14-18 giri convessi, leggermente angolosi nel mezzo, separati da suture profonde, ornati di costole spirali. Ognî* giro porta due costole principali, quasi mediane, di cui la inferiore è la più forte e forma una carena, mentre l’altra, più vi- cina alla sutura anteriore, è un po’ più debole. Tra la carena e ia sutura inferiore s’intercalano una 0 due custole minori; tra la costola maggiore anteriore e la sutura anteriore se ne osservano pure una o due. L’ultimo giro mostra tre costole principali, delle quali l’inferiore è la più forte; tra questa e la sutura se ne scorgono una o due minori. Sulla base stanno poche e lievi strie spirali. Le strie di ac- crescimento si osservano nettamente sull’ ultimo giro e mostrano la forma di quelle del genere Zurritella. Su qualche esemplare si osserva l'apertura, che è ovale; ma, essendo danneggiata, lascia in dubbio se sia fornita di una doccia anteriore. La determinazione generica può riuscire così non del tutto sicura, anzi il mio amico prof. E. MarIant !, benemerito investigatore del Trias lombardo, ha manifestato l’opi- nione che l’incompleto individuo della Turritella trabalis figurato dal v. Ammon possa appartenere alle Promathildia; però gli esemplari di Castellammare, per la forma di tutta la spira, dei giri, delle strie di accrescimento e pel carattere degli ornamenti, sembrano appartenere più a una Zurritella che a una Pro- mathildia, tanto più che nella spira, acuta e completa, osservata sopra uno dei modelli ottenuti con cera, non vi è indizio di eterostrofia. Fra le specie del Trias superiore, come la Turritella sacorum Koxex, la 7. Bernardì KirtL, la 7. tra- balis v. Ammon ece., è questa ultima della Dolomia principale che mostra le più intime analogie con gli esemplari di Castellammare. Io però li riferisco a questa con dubbio, essendo la specie del von Ammon mal conosciuta e mostrando inoltre un maggior numero di costoline secondarie nella parte anteriore dei giri. La specie in esame è abbondante a Castellammare, ma è quasi sempre rappresentata dalle cavità lasciate dalla conchiglia. Altre 7urrifella nelle stesse condizioni vi si raccolgono; ma, essendo troppo in- complete, ho creduto di non doverle descrivere e figurare. Il più srande esemplare della Zurr. cfr. trabalis, che è quello figurato, è alto mm. 66. i) MARIANI E. Su alcuni fossili del Monte Antelao nel Cadore. Rend. d. R. Ist. Lomb. di sc. e lett., s. 2.*, XXXVIII, 1905, pag. 568 (in nota). 145] G. DI-STEFANO 101 Turritella Schopeni n. sp. — Tav. XVII [X], fig. 11. Spira turriculata, composta di 8-10 giri convessi e leggermente angolosi nel mezzo, divisi da suture lineari, ma profonde. Essi sono ornati di due serie di costelle spirali, di cui la prima, formata di costelle più forti, in numero di 4-5, occupa la metà superiore dei giri, e la seconda, costituita di altre 6-8 molto più fine, che meglio si direbbero strie, si presenta sulla metà inferiore. Di quelle della metà superiore due sono le più forti e danno origine a due carene mediane; ma la più bassa è quella che produce la leggera angolosità dei giri. Tra le dune carene s’intercala talvolta una costicina molto leggiera. La base dell'ultimo giro è ornata pure di deboli costelle. Le strie di accrescimento sono identiche a quelle del genere 7urritella. Sopra l’ultimo giro di un esemplare si osserva l'apertura che, purtroppo, è danneggiata avanti; la parte che ne rimane indica che + essa era ovato-arrotondita. I caratteri indicati e i rapporti di questa specie con la Z'urritella Bernardi Kim ® e la 7. paedops Kirru ? inducono a mantenerla nel genere Zurrifella, senza che tuttavia si possa escludere recisamente la sua appartenenza alle Promathlda, alle quali si avvicina pel carattere delle due carene, che richiamano le Promathildae con forti chiglie spirali, come Pr. bolina Munst. sp., Pr. Ammoni v. WORRMANN, Pr. stuo- rensis KirtL, Pr. Antoni KitrL, Pr. Guembeli v. Ammon, Pr. Dunkeri TERQ. Sp. ecc. Nonostante le relazioni con le due Zurrifella citate avanti, il tipo di Castellammare non si può identifi- care con nessuna di esse, pel carattere de’ suoi ornamenti. . La Turr. Schopeni è assai frequente nella dolomia di Castellammare del Golfo, ma quasi sempre non lascia che le impronte, dalle quali ho cavato molti buoni modelli che mi hanno permesso di descriverla. Il modello più grande è alto mm. 27. Gen. Loxzonema PHILLIPS. Loxonema (Zygopleura) cfr. arctecostata Muensr. sp. - Tav. XVII[X], fig. 18. 1841. Turritella arctecostata Mvenst. Beitrige «ur Petrefactenk.: Beschreib. und Abbild. d. in d. Kalkmer- gelscht. von S. Cassian gefund. Verst., pag. 121, tav. XIII, fig. 19. 1843. Melania rugoso costata Kriestem. Beitr. x. geol. Kennt. d. ovest. Alpen, pag. 191, tav. XII, fig. 21 1868. Loronema arctecostata Laure. Die Fauna der Schichten v. S. Cassian, ILL, Denkschr. d. k. Ak. d. Wiss., XXVIII, pag. 65, tav. XXII, fig. 19. 1868. _ subornata Laure. Ibiden, pag. 36, tav. XXIV, fig. 18. 1894. — aretecostata Muenst. sp. Kimi. Die Gastrop. d. Schicht. v. S. Cassian ece., III. Ann. A. k. k. naturh. Hofmuseums, IX, pag. 148(167), tav. (XIII) IV, fig. 9-14. 1895. —_ — Murnsr. sp. KirtL. Die triad. Gastropoden d. Marmolata ecc. Jahrb. d. k, k. geol. R. A., XLIV, pag. 151 (53), tav. V, fig. 5 1896. — arctecostata Mvensr. sp. Di-SterAno. Lo scisto marnoso con Myoph. vestita della Punta delle Pietre Nere ecc. Boll. A. R. Com. geol., 1895, n. 1, pag. 44, tav. 11, fig. 8. i KiTTL E. Die triadischen Gastropoden der Marmolata. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., XLIV, 1894, pag. 51 (149), tav. VI, fig. 24. © KIrTL E. Die Gastrop. d. Schicht. v. S. Cassian ecc., pag. 55 (118), tav. VI (IX), fi 102 G. DI-STEFANO [46] 1907. Loronema arctecostatum Muenst. sp. Broni. Die Fauna d. Pachycardientuffe der Seiser Alp. ecc. Pa- laeontographica, 54 Bd., pag. III, tav. X, fig. 23. 1899. - — Muexst. sp. Kim. Die Gastropod. d. Esinokalke ecc. Ann. d. k. k. naturh. Hofmuseums, XIV, pag. 91. Questa specie è rappresentata da sole impronte, che sono abbondanti. Per mezzo di cera ne ho ricavati dei buoni modelli. Gli esemplari ottenuti sono turriculati, composti di 9-10 giri appianati, divisi da suture lineari, ma bene impresse. I giri sono ornati di costicine assiali oblique (14-16), avvicinate fra di loro. I caratteri dell’apértura non si osservano. I rapporti degli esemplari descritti con la Lazonema urctecostata Minsr. sp. var. applanata KimTL sono tali, a giudicare non soltanto dalle buone figure del KirrL e del Broirt, ma anche dal paragone con esem- plari provenienti da S. Cassiano, che essi non possono esserne divisi per la forma e gli ornamenti; tut- tavia la determino con dubbio perchè si sconoscono i caratteri dell’apertura. Certamente è molto vicina alla L. hybrida Minsr. sp., e se ne differisce solo pel maggior numero di costole; del resto è noto che la differenza tra la L. Aybrida e la L. arctecostata è spesso così leggiera da rendere ben fondata l’ opinione che la separazione delle due forme riposi su differenze di stadî di età. Anche la Loronema rarecostata Binm!® del Calcare della Marmolata ha intima analogia con gli esem- plari in esame e se ne distingue solo pel minor numero di costicine; però la differenza è molto lieve, essendoci forme piccole del L. arctecostata anche con 10-12 costole. Come ha rilevato il KirrL la L. rare- costata Bònm è molto probabilmente una varietà della L. arctecostata. Devono qui essere tenuti anche in considerazione rapporti con la L. Walmstedti KLIPsT. sp.; ma gl’ individui degl’ individui siciliani hanno una forma più turriculata ed appuntita, i giri meno larghi e ornati inoltre di costole più oblique e di numero maggiore. La L. arctecostata appartiene al gruppo della L. hybrida Muxsr. sp., al quale il Koken ha dato il nome di Zygopleura, che può mantenersi per indicare il gruppo delle Loronema costate. L’esemplare più grande è alto mm. 17. Gen. Stephanocosmia CossMann. » Stephanocosmia dolomitica Kirr. — Tav. XVII [X], fig. 12-13. 1900. Stephanocosmia dolomitica Kr. Gastropoden aus des Bakonyer Waldes. Resultate d. wiss. Erfosch. des Balatonsees, I Bd., JI Th., pag. 55, tav. 111, fig. 20-23. Di questa specie non conosco che le frequenti impronte nella dolomite. dalle quali ho ricavato con cera. dei modelli assai netti. Anche il KrrrL l’ha figurata e descritta su modelli ricavati in questo modo. I vari esemplari ottenuti presentano i seguenti caratteri: Forma conico-turriculata, appuntita, composta di 12-14 giri più larghi che alti, quasi angolosi nel mezzo, ornati di 12-14 costole assiali, grossolane, che sull’angolosità dei giri divengono tubercolose oppure subspinose. Tali costole nella parte posteriore dei giri s' indeboliscono molto e quasi si scancellano, sicchè quella parte risulta un po’ più escavata che l’anteriore. ! Bénm J. Die Gastropoden des Marmolatakalkes. Palaeontographica, 41 Bd., 1895, pag. 262, tav. XIV, fig. 14. [47] G. DI-STEFANO ; 103 Lungo la sutura inferiore dei giri corre un forte cordoncino, reso noduloso dall'incontro delle strie di accrescimento, che sono arcuate. Su tutti i giri si notano le tracce di due chiglie nodulose spirali, mediane; ma esse divengono più evidenti sull'ultimo. Questo è relativamente basso e poco convesso sopra. I caratteri dell’apertura non si osservano. Gli esemplari studiati si mostrano alquanto variabili per quanto riguarda la forma più o meno conica ed appuntita; le costole assiali mostrano però sempre gli stessi caratteri. La Stephanocosmia dolomitica KrrtL ha molti rapporti con la Stepl. subcompressa KItTL sp. e con la Steph. compressa Mùnst. sp. di S. Cassiano; ma dalla prima si distingue per la forma più conica e appuntita, per i giri più escavati nella parte inferiore, nonchè pel cordoncino noduloso che corre lungo la sutura infe- riore; dalla seconda per i giri più alti e per l’ esistenza del cordoncino noduloso lungo la sutura inferiore. Il Krrrt ha rilevati i rapporti di una varietà della Step4. dolomitica con la sua Katosira seclandica, dalla quale però è ben separata. Il nome generico di Stephanocosmia fu sostituite dal Cossmanw nel 1895 (Revue bibliographique in Journal de Conchyliologie, pag. 12) a quello di Coronaria Koken” (non FaBRIcIUS nec Lowe, 1854). Il Koxen ha però mantenuto il suo nome; ma ha notato ® che, essendo, secondo lui, la sezione Coronaria 1892, identica con Goriogyra KirtL, 1894, se quel nome dovesse rigettarsi, i diritti di preferenza rimarrebbero a quest’ ultimo. Se tale identità fosse dimostrata, dovrebbe preferirsi quindi il nome di Gonzogyra (che però, come il Cossmann ha mostrato, dovrebbe modificarsi in (Gomiospira Cossmann); ma poichè questa identità non è ancora provata, dobbiamo servirci della denominazione di Sfephanocosmia Cossx. Le dimensioni dell’ esemplare più grande sono le seguenti: Altezza della conchiglia c 0 . mm. 34 » dell’ ultimo giro - o o » to) Lunghezza dell’ultimo giro ; , Di dla i) v. WO6HRMANN S. und Koken E. Die Fauna d. R. Schicht. v. Schlernplateau, 1892, pag. 204. © Koken E. Die Gastropoden d. Trias um Hallstatt. Abhandl. d. k. k. R. A., 1897, Bd. XVII, pag. 96. Finito di stampare il 25 giugno 1912. ' I lina otite stia dnà 16 pra ti tuus? SiR sfrat PRIITINO Hi ASD stilo ali apr Wat di IR TI at RITRATTO: ! È }; Mogano red i ig n e) 1A "4 fig, VA $ 4 ti di itato Ù, est U / if sbistfi LI per sa ALDA eroga ioni Hire ‘ov mt pt RA star” hdi i rv rsa ‘ndlia tt i na } virali Runa e es DAREI TIGRE, VO URI PISA WIM VEZONUTUT 1 DALL r atti LL vobeti E, i tal ‘a4 ton anda kg ta MALATE d1:1) ‘dI PtIRAMnc RIDI Rai Bodo AK r( PERPATA A PIE suit it Toda ata Li a opa bi ti MEA OTTO Aida Att anai pis ital | fata i pà rt O Lit FRE AIR: bi DE simana AD; vata Ty MILL TM raga ti LGILITE a 44 À Satnglidimotnii scia PINE? (PR SATA RANOOELI : n pet fue fd . ’ Li nona POTITO FAMA Ni î , io È uao: in A ta o "A opitizl ERO AA AA ie A TE VO Mana Miri. Rat f LE Ci APUIICO “i AT Sn Ì I DOG, “ima ©, Î reti 1, coi > g sit 2 tali , | Nut LAO DI A ‘ : ì Ù ari I (ik DLL ; sa sin VR 0 dpi A. FUCINI POLYPLACOPHORA DEL LIAS INFERIORE DELLA MONTAGNA DI CASALE IN SICILIA (Tav. XVII, XIX [I I1]) Tra le collezioni di fossili del Lias inferiore esistenti nel Museo paleontologico di Pisa, una delle più ricche e delle più variate è certo quella proveniente dalla Montagna del Casale, in provincia di Palermo, che si è po- tuta ottenere semicalcinando una grande quantità di roccia fossilifera, già da parecchio tempo mandata al prof. CanavaRI per cura del dott. Mercrar. Data la immensa ricchezza del giacimento è naturale che alla splendida monografia del GemmEeLLARO !, che fu il primo a far conoscere quella bellissima fauna, seguissero altre interessanti memorie ?, in seguito alla scoperta di nuove specie. Anche da questo Istituto è uscito infatti una nota # supplementare alla conoscenza dei lamellibranchi di quel deposito ed un’altra è in corso di pubblicazione riguardante i Gasteropodi. L’intiera fauna tuttavia è ben lungi dall’essere completamente conosciuta e forse ancora per molto tempo seguiterà ad essere arricchita da nuovo e interessante materiale Aspettano poi di essere illustrati i Corallari ed i Cefalopodi, tanto interessanti. Proponendomi di portare il mio contributo alla conoscenza di tale fauna importantissima, credo utile adesso di farne conoscere i Chitonidi dei quali, fino ad ora, erano state nominate solo alcune specie, in una nota preventiva, dal prof. ScALIA. I Chitonidi assai frequenti nel paleozoico e nel terziario sono in generale molto rari nei giacimenti mesozoici e neppure in tutta la serie erano stati trovati; mancavano ad esempio nel Lias inferiore. Le forme che descriverò, interessanti per la loro bellezza e per il grandissimo numero di esemplari, con- servati talora molto bene, saranno quindi sommamente utili alla scienza. Per le ragioni altre volte esposte 4 ricordo ora che il deposito fossilifero in questione appartiene con- ogni probabilità alla zona dell’ A. Bucklandì. La nomenclatura adottata è quella dei FrscHER ®, del SimrotH ® e di tanti altri. i) GnMMELLARO. Sui fossili del calcare cristallino delle Montagne del Casale e di Bellampo în provincia di Palermo, 1878. ?) TAGLIERINI e CARAPEZZA. Sopra tal. n. sp. foss. d. mont. d. Casale. Boll. Soc. Sc. nat. ed econ. di Palermo, n. III, 1894; — ScALta. Sopra alcune nuove sp. foss. d. cale. bianco d. Casale. Boll. Accad. Gioenia, fase. LXXVI. Catania, 1903. 3) MERCIAI. Lamellibranchi liassici del cale. cristall. del Casale. Boll. soc. geol. ital. Roma, 1904. 4 FucINI. Sopra gli scisti lionati del Lias inf. di Spezia. Pisa,1906. 5) FiscHer. Manuel de Conchyliologie. Paris, 1887. 5) Simrorg, in Bronxs. Thier Reichs. B. III, pag. 319. 1892-94. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 13 106 A. FUCINI [2] Credo bene di avvertire poi che le misure date sono state prese sul solo tegmentum; quindi esse non comprendono mai le lame suturali, nè le lame d’inserzione talora sporgenti dal tegmentum stesso. Ho descritto e misurato a parte le placche anteriori, le intermedie e le posteriori perchè fra loro tutte differenti: così ho tenuto distinte, per le stesse ragioni, le seconde dalle altre intermedie. Gli esemplari descritti sono quasi tutti conservati nel Museo di Pisa; solo alcuni appartengono al Museo geologico dell’ Università di Catania. Questi mi furono gentilmente inviati per esame dal prof. Scacia il quale unì pure gli originali delle nuove specie da lui istituite. ‘ Tutti gli esemplari sono stati figurati nelle due tavole annesse ingranditi due volte. Pterygochiton Roca. Questo genere fu istituito dal RocueBRUNE! per le specie liassiche O%. Terquemi Des. °! e Oh. liasinus DEsL. 3) e venne così caratterizzato: “ Testa ovata, carinata, plerumque intense arcuata; valvis latis, antice plus minus vel emarginatis; apophysibus latis rotundatis, intense proeminentibus, incisura alta, inferne quadrata, disjunctis centraliter; valva postica ellittica, umbonata; umbone prealto, acuto recto ,. Con questa diagnosi il FrscHER osserva che non riesce facile classificare i Pferygochiton, perchè non furono descritte le lame d’inserzione delle valve posteriore ed anteriore. La riflessione del FiscHER è indubbiamente giusta, ma d'altra parte bisogna riconoscere che è molto difficile trovar fossili contempo- raneamente placche anteriori, intermedie e posteriori e di tale conservazione da presentare ognuna i caratteri delle lame di inserzione. Il mio caso è al riguardo veramente eccezionale, e credo non possa ripetersi tanto facilmente. Stando così le cose, io mi sono trovato molto incerto se dovessi o no attribuire” alcune delle specie esaminate al genere del RocHEBRUNE; tanto più non essendo affatto sicuro che le due specie sulle quali esso fu istituito appartengano veramente allo stesso ed unico genere. D'altra parte, se la diagnosi può essere ora ritenuta insufficiente, essa si accorda tuttavia con i caratteri presentati dalle specie che io potrei riferire a questo genere, specialmente in riguardo alla placca posteriore; nè è poi del tutto senza importanza il fatto che le due placche, appartenenti a due specie differenti, sulle quali è basato il genere Pterygochiton, trovano, tanto l’ una quanto l’altra, una qualche rassomiglianza con le plac- che omologhe delle due specie da me ascritte allo stesso genere Pterygochiton. Se le mie deduzioni sono giuste, il gen. Pterygochiton non potrebbe rientrare nel gruppo dei Chitor, nel senso stretto stabilito dal FiscHER, ma piuttosto dovrebbe far parte di quello degli Holockiton, fra i quali si troverebbero gli Zockitor, rappresentati tutti da generi di Polyplacophora fossili antichi. Nelle classificazioni più estese e più recenti del Pirssey e del TareLe © i Pterygochiton, intesi nel modo ora detto, fanno parte della famiglia delle Lepidopleuridae, poichè le lame d’inserzione non sono fessurate e non hanno suture. Pterygochiton busambrensis Scarra. — Tav. XVIII |I], fig. 1-9. ® 1903. Chiton busambrensis Scania. Sopra alcune specie fossili del calcare bianco cristallino della Montagna del Casale. Estr. d. Boll. Accademia Gioenia sc. nat., fasc. LXVVI, pag. 5. i) RocHEBRUN®. Monogr. des esp. foss. appart. a Polyplariphores. Ann. d. Se. géol., t. 14, 1883. 2) DesLonecHamPs. Sur une nouv. esp. de Chiton. Boll. Soc. Linn. Norm., 1859. 3) DESsLONGCHAMPS. Notes. paléont. L. cit., 1863. i TrueLe. J. Revision des Systems der Chitonen. Zoologica, Heft. 56. Stuttgart, 1910. [3] A.i FUCINI 107 DIMENSIONI COMPARATIVE TEACone, ; Placche seconde Placche intermedie So Larghezza. mm. 12_ = 1 o IRR DS a TAO AA 12 RRCE _ LORSE_Res1 Lunghezza » 5,5=0,46 5,3 =0;45.. 5:=0,38 45=0,25 4 =0,28 !13,2=0,27 5.3 = 0,20 Rilievo » 4,5=0,38 3,6—0,28. 4—0,81 6,5= 0,36. 4,2=0,30, :4. =0,33 i 2,5/=0;23 Placche anteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 1. -.Il contorno della placca anteriore è semilunare, regolarmente semicircolare anteriormente ed assai sinuoso posteriormente. Anteriormente non presenta, forse per una lieve corrosione subìta, grande diffe- renziazione tra tegmentum ed articulamentum e la lama d’inserzione non mostra alcuna dentellatura. Il margine posterione, assai ingrossato, è rovesciato in dentro in modo da originare una ripiegatura, non molto ampia ma assai distinta, che lateralmente finisce all’incontro con la lama d’inserzione e che è se- parata dalla superficie interna della placca da un’insenatura spiccata. La superficie esterna è concava nella parte mediana e si rialza verso il seno posteriore. Il tegmentum ha lievi strie di accrescimento, una sottilissima punteggiatura, specialmente visibile verso il seno posteriore, e delle grossolane scalfitture orna- mentali, alquanto allungate in senso radiale, più profonde in dietro ed evanescenti in avanti, naturalmente identiche a quelle che si osservano nelle aree laterali delle placche intermedie. Tali punteggiature sono distribuite irregolarmente, essendo più fitte ed anche più minute verso il seno posteriore che non verso il margine anteriore, e non si trovano lungo i margini, i quali perciò rimangono lisci, La superficie in- terna della placca: ha leggere e irregolari pieghette radiali, manifeste specialmente al di sopra dei ri- lievi obliqui che limitano le impressioni delle lame suturali della valva susseguente, le quali non resultano molto spiccate. Placche seconde. Esemplari: 2 del museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 2. Le seconde placche hanno una forma subtrapezoidale e sono assai rilevate ed arcuate, specialmente in corrispondenza del mucro. Il margine anteriore, non considerando le lame d’inserzione, ha un con- torno alquanto sinuoso, presentandosi in special modo arcuato in avanti nella parte mediana; quello po- steriore è molto ottusamente angoloso in corrispondenza dell’apice e, ai lati di questo, un poco sinuoso; i margini delle apofisi articolari, obliqui in avanti, sono arrotondati largamente ed un poco ondulati. Il tegmentum appare finissimamente punteggiato. Le aree laterali sono molto spiccate e rilevate, essendo separate ciascuna dall’area centrale per una carena radiale assai pronunziata, che si inalza maggiormente procedendo dall’apice alla base laterale delle apofisi articolari. Sulla superficie delle aree laterali, oltre la fine punteggiatura di tutto il tegmentum, si notano delle punteggiature grossolane, rade, irregolari ed irregolarmente distribuite, identiche a quelle che abbiamo veduto sulla placca anteriore. e che come quelle sono allungate in senso radiale. L’area cen- trale è ornata da pieghe, sviluppate assai fortemente nelle insenature radiali che la separano dalle aree laterali, ai cui margini esse si attaccano. In principio tali pieghe, circa 15 per parte, che sono natural- mente più spiccate verso le lame d’inserzione che non verso l’apice, hanno una direzione trasversalmente obliqua, ma divengono ben tosto, con spiccata curva, parallele o quasi all’asse della conchiglia, mentre, da quella via, degradando rapidamente di rilievo, vanno scomparendo sul margine anteriore. Tali pieghe assumono pol un aspetto decisamente embriciato per il fatto .che il loro lato antero-laterale è tagliato rapidamente e verticalmente alla superficie, mentre l’opposto degrada regolarmente verso la base della piega precedente 108 A. FUCINI [4] Il mucro, che lateralmente appare appena distinto da punteggiature rade ed un poco più spiccate di quelle che ornano le altre parti, è liscio ed ha forma di delta assai slargato. Sui margini delle apofisi articolari non sì rileva alcuna distinzione tra tegmentum ed articulamentum e non si ha alcuna traccia di fessure. L’incisura laterale è ben poco distinta. L'area jugale mostrasi senza dentellature. Le lame suturali, in generale mal conservate, appariscono poco ampie ed a contorno regolarmente arrotondato. La parte interna di tali placche non è in modo perfetto visibile in alcun esemplare. Placche intermedie 3*-T*. Esemplari: 12 del Museo di Pisa, 1 del Museo di Catania. — Tav. XVII [I], fig. 3-7. ° Le placche intermedie rassomigliano naturalmente alle placche seconde, ora esaminate; hanno però, esclusa la prima di esse ossia la terza dell'intera lorica (Tav. XVIII [I], fig. 3), se l’attribuzione di posto è esatta, una forma più decisamente rettangolare; presentano inoltre il margine posteriore diritto e talvolta anche angoloso e sinuoso in dentro. Questo caso è infatti mostrato dalla placca rappresentata dalla fig. 7, che io credo essere l’ultima delle intermedie per avere i margini delle apofisi articolari obliqui all’ indietro. La terza placca suddetta come accade per altre specie, ha una forma spiccatamente triangolare ed in- sieme con la seconda è posteriormente più curvata delle altre intermedie. Le aree laterali di queste placche sono identiche a quelle delle seconde, pur essendo in generale più disgiunte fra loro; l’area centrale ha spesso pieghe in minor numero e queste, nelle placche intermedie posteriori (Tav. XVIIL [I], fig. 6 e 7), sono più diritte e più parallele all’asse della lorica. Il mucro è reso talora assai evidente per una speciale spugnosità che vi acquista il tegmentum e per linee divergenti, con pori assai spiccati (Tav. XVII [I], fig. 3, 4) che lo limitano lateralmente. In nessuna placca si può con- statare la presenza di fessure nella lama d’inserzione, per cui può ritenersi che la specie ne manchi assoluta- mente; nessuna distinzione si nota poi lateralmente fra tegmentum ed articulamentum per quanto alcune placche mostrino una corrispondente perfetta conservazione. Anche le incisure laterali sono sempre poco ben manifeste. La parte interna delle placche intermedie, ben conservata nella placca rappresentata dalle fig. 5a, 56 della Tav. XVIII [I], che, dati certi suoi caratteri, non può escludersi sia una placca seconda, ha il margine posteriore rimboccato per tutta la sua estensione, schiacciato e slargato nella parte mediana, rilevato ed arrotondato verso i lati. Le impressioni delle lame suturali della placca susseguente vi sono assai spiccate e limitate distintamente all’interno da pieghe radiali, divaricate, robuste, nascenti sotto alla ripiegatura centrale del margine posteriore, arcuate ed evanescenti all’esterno. Corrispondentemente ad esse l’articulamentàm si presenta molto irregolarmente poroso, forse per accidentalità individuale, in quanto che ciò non si riscontra in altri esemplari. La placca rappresentata dalla fig. 4 (Tav. XVIII [I]) e che appartiene al Museo di Catania è quella sulla quale lo ScaLra istituì la specie e che egli mi ha molto gentilmente comunicato. Placche posteriori. Esemplari: 2 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 8, 9. Le placche posteriori hanno forma irregolarmente ellittica. Il margine anteriore, astrazione fatta dalle lame suturali, è arcuato in avanti lateralmente ed un poco sinuoso nel centro; quello posteriore, quasi se- micircolare, si mostra subangoloso nella parte mediana o posteriore. La superficie superiore, dall’apice alla parte posteriore, è concava, mentre è invece leggermente convessa verso i lati. L’area posteriore è separata da quella anteriore per rilievi e insenature, corrispondenti a quelle che separano le aree laterali dall’area centrale nelle placche intermedie; ha forma semicircolare e presenta il tesmentum con lievi Strie di accrescimento e con le stesse punteggiature delle aree laterali delle placche intermedie, che nel- l'esemplare della fig. 9 sono però molto irregolari, non radialmente ma concéntricamente allungate e quasi fra loro riunite. Sul suo margine posteriore non si scorge differenziazione tra tegmentum ed articula- 15] A.FUCINI 109 mentum ed al solito non vi si scorge alcuna dentellatura per l’inserzione della zona coriacea. L'area anteriore è poco estesa e presenta gli stessi ornamenti dell’area centrale delle placche mediane, sebbene alquanto più incerti, data anche la ristrettezza dello spazio che non permette il loro sviluppo. Il mucro che comincia acutamente, circa sul centro geometrico della placca, dietro al rilievo mam- millare apicale, è assai slargato anteriormente ed ha il tegmentum corrispondente assai spugnoso. Le lame suturali sono assai sviluppate, presentano il margine antero-laterale quasi diritto ed obliquo all’in- dietro e interpongono un seno non tanto ampio. La parte interna mostra anteriormente una piega, assal sviluppata ed angolosa in corrispondenza dell’opposto apice del mucro, la quale va estinguendosi lateral- mente, e presenta, oltre alla solita porosità in corrispondenza del mucro stesso, anche una superficie poco uniforme. Il Prer. busambrensis Sc. ha qualche somiglianza con il Pter. Viasicus Dest. ! del Lias medio (Cal- vados), ma ne differisce grandemente per la diversa ornamentazione delle aree laterali e per il diverso numero, forma ed estensione delle pieghe dell’area centrale. Esso non ha poi, come la specie del Des- LONGCHAMPS, l’area jugale dentellata. Pterygochiton Di Stefanoi n. sp. — Tav. XVIII [I], fig. 10-18. DIMENSIONI COMPARATIVE Placche anteriori Placche intermedie Larghezza . mm. 13 = l Bre ed IC 4 = I do= i Lunghezza . » 5,8 — 0,44 5 — 0,45 5 — 0,29 4,3 — 0,27 4,7 — 0,33 4,2—-0, 3 > Altezza 0 » 4 — 0,30 3,5 — 0,81 5—- 0,29 4,3 — 0,27 4,3 — 0,30 4 — 0,30 Placca seconda Placche posteriori Larghezza . mm. il = l cd = 10=N0 95/3001 Lunghezza . » 5 — 0,45 6,5 — 0,50 5 — 0,50 4,7 — 0,49 | Altezza 0 » 3,5 — 0,31 3,5 — 0,27 3 — 0,30 2,8 — 0,29 Placche anteriori. Esemplari: 3 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 10. Le placche anteriori sono semimbutiformi ed a contorno semilunare, avendo il margine anteriore semicircolare e quello posteriore assar profondamente sinuoso; vedute dalla parte superiore appaiono re- niformi. La loro superficie è lesgermente scavata sulla linea mediana ed ornata per ogni dove da una fine punteggiatura e da piccole impressioni sparse irregolarmente, del tutto ornamentali, simili a quelle che si trovano sopra le aree laterali delle valve intermedie. Il margine posteriore (Tav. XVIII [I], fig. 100), è rovesciato in dentro, per modo che presenta, nella parte interna e per tutta la sua lunghezza, una co- stola costituita dal tegmentum. Nella parte interna si vedono delle irregolari e lievi piegature radiali, specialmente manifeste nella zona antero-mediana. Questa è separata, dalle spiccate impressioni delle lame suturali della valva sus- seguente, da un rilievo traverso arcuato, assai netto. L’articulamentum non appare più spesso del teg- mentum e tra l’uno e l’altro non si vede linea di demarcazione distinta. Il margine anteriore, che sem- brerebbe totalmente occupato dal tegmentum, si mostra finamente fibroso in senso trasversale, essendovi forse scoperte le perforazioni interne costituenti le subgrande. 1 DesLonacHamps. Notes paléont. Extr. Bull. Soc. Linn. Norm., vol. VIII, pag. 28, tav. V, fig. 4. 110 A. FUCINI [6] Placche seconde. Esemplari: 2 del Museo di Pisa. —: Tav. XVII [I], fig. 11. Le placche seconde che io ho in esame non .sono totalmente conservate. Presentano ‘una forma subtriangolare e sono relativamente piuttosto arcuate. Esse hanno il margine anteriore leggermente cur- vato e sinuoso, quello posteriore alquanto angoloso, sporgente indietro al centro, e con lati un poco concavi e con i margini laterali, o delle apofisi articolari, assai strettamente arrotondati alle loro estre- mità, obliqui verso l’avanti. Il tegmentum ha evidenti perforazioni sottili e sparse perforazioni un poco più grosse in relazione con i microfori e macrofori. Le aree laterali, assai bene distinte dalla centrale per carene radiali divaricate, sono ornate da piccole: impressioni irregolari, più o meno allungate in senso radiale, molto simili a quelle osservate nella specie: precedente. L’area centrale non ha alcuna ornamentazione; solo ai lati, nella depressione che precede le aree laterali, si trova una piega radiale assai spiccata, che però non saprei dire se costituisca un ca- rattere fisso. Il mucro, a forma di delta assai grande, è reso manifesto, in un solo esemplare però, da due pieghette limiti che divergono dall’apice e che cominciano a poca distanza fra loro. All’interno si osserva il margine posteriore ingrossato e rialzato; le cavità laterali o impressioni delle lame suturali della placca successiva, sono molto spiccate: la cavità antero mediana, assai ampia, è divisa dalle precedenti da due rilievi distinti, ma non tanto larghi, che diversono separatamente dal- l’apice. La zona deltoide del mucro, limitata lateralmente da due linee suturali grossolanamente punteg- giante, ha l’articulamentum corrispondente perforato alla stessa guisa di tutto il tegmentum. L’incisura è assai manifesta. La lama d’inserzione, per quanto apparisca ben conservata, non mostra alcuna fessu- razione. I margini laterali che appaiono costituiti dal solo tegmentum, sembrano essere fibrosi trasver- salmente, come i margini interni delle placche terminali. Le lame suturali. non ben conservate, parrebbero- piccole. Placche intermedie. Esemplari: 13 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 11-16. Le placche intermedie, più o meno aliformi, differiscono dalle seconde per essere meno curvate, sub- angolose nella parte mediana od assiale, in generale più decisamente rettangolari, avendo i margini an- teriori e posteriori più diritti. Il margine anteriore, escluse le lame suturali, è caratteristicamente sinuoso: in corrispondenza del seno jugale; angoloso ai lati di questo; poco arcuato, quasi rettilineo e più o meno distintamente obliquo in corrispondenza delle lame suturali. Il margine posteriore è sempre più o meno: incavato ed anche angoloso in dentro. Il tegmentum, che appare molto spesso, lascia facilmente vedere le subgrundae sul margine anteriore. Il mucro non ha zona deltoide distinta, e le placche nella parte mediana od assiale si presentano subangolose. Le aree laterali sono molto bene delimitate dalla centrale da un solco radiale e per essere un poco più rialzate e fornite talora di pieghe di accrescimento più distinte. All’interno tali placche hanno il ri- lievo che divide la cavità antero-mediana dalle laterali indiviso e distaccato per piccolo spazio dal mar- gine apicale e, cosa notevolissima, l’articulamentum punteggiato come il tegmentum sulle cavità laterali in corrispondenza delle zone laterali. La zona deltoide del mucro appare spugnosa, punteggiata assai grossolanamente e spesso delimitata in modo molto netto da linee suturali con grosse perforazioni. L’incisura non è manifesta; ma in sua vece si ha un leggero incavo del margine corrispondente. Mancano le fessure della lama d’inserzione. il cui margine sembra totalmente costituito dal tesmentum, il quale appare trasversalmente fibroso. Le lame suturali sono allungate, non molto espanse e non tanto arrotondate. Nella parte interna di un esemplare si vedono assai chiaramente delle impressioni irregolari, cunei- formi, volte verso l’area jugale, che io riterrei essere dovute al muscolo valvarzem rectum. 17] 3A" FUCINI 111 Placche posteriori: Esemplari: 4 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 17, 18. Le placche posteriori sono sub-ellittiché e per forma molto simili a quelle della specie precedente; le piccole, essendo più scavate anteriormente, hanno forma di rene. Esse sono abbastanza appiattite e si presentano scavate superiormente. L’apice, assai pronunziato e rilevato, reso maggiormente distinto da una speciale scavatura posteriore, è situato nella parte anteriore e da esso partono due solchi assai’ netti, curvati appena anteriormente, che delimitano l’area anteriore da quella posteriore. L’area anteriore ter- mina lateralmente in punta e non ha altra ornamentazione che le punteggiature fini del tegmentum. L'area posteriore, semicircolare, relativamente assai grande, ha la stessa ornamentazione tegmentale della placca anteriore ed in alcuni casi con più spiccata punteggiatura ornamentale. Nella parte interna, al di sotto dell’apice, si osserva un ingrossamento dal quale partono due pieghe in corrispondenza dei solchi che su- periormente dividono l’area anteriore dalla posteriore. Posteriormente a queste pieghe la superficie interna ‘sì mostra poi ornata da pieghette radiali, talora molto sottili e nette. L’ articulamentum parrebbe più sottile del tegmentum e questo sembra occupare tutto il margine posteriore che è fibroso traversalmente, come i margini di tutte le altre lame d’inserzione. Le lame suturali, parzialmente conservate nella placca più grande (fig. 17), sembrano poco ampie, piuttosto estese lateralmente e quindi assai ravvicinate e con seno Jugale ristretto. Il mucro si manifesta talora con una più grossolana punteggiatura del tegmentum o con una spugno- sità dell’articulamentum. Il Pter. Di Stefanoi trova qualche somiglianza di forma col CR. Terquemi Dest. che però ha le zone laterali delle placche con evidenti coste radiali e l’area centrale senza seno jugale escavato. Pterygochiton? mirificus n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 46. Riferisco ai Pferygochiton, con molto dubbio, mancando per una precisa designazione generica qua- lunque elemento attendibile, una placca deficientissima, ma col modello interno ben conservato, la quale mentre presenta differenze notevoli con le specie fino ad ora studiate e che studieremo, ha poi caratteri ‘così distintivi da farsi facilmente riconoscere. Si tratta, a parer mio, di una seconda valva, della larghezza di mm. 13, della lunghezza di mm. 9, moltissimo rilevata in corrispondenza dell’area centrale, depressa invece altrettanto sulle aree laterali. La zona deltoide del mucro, apparentemente liscia, è limitata lateral- mente da due carene, non fortemente divaricate, radianti dall’apice; dalle quali carene partono delle sottili pieghette oblique in avanti ed, a quanto pare, evanescenti sulla depressione interposta tra l’area centrale e le laterali. Per i caratteri mostrati dal modello (Tav. XIX [I], fig. 460) si rileva la mancanza di fessure sulle lame d’inserzione ed è principalmente per ciò che io crederei possibile la pertinenza di questa specie ai Pterygochiton. Dal modello si rileva pure che la parte interna della valva era fornita, in corrispon- denza delle due carene limitanti superiormente il mucro, da due solchi irregolari, specialmente profondi nella parte posteriore e bruscamente terminati assai prima di giungere all'apice. Heterochiton n.%. Conchiglia non molto allungata e con le lame d’inserzione delle valve anteriore e posteriore diffe- renti. La lama d’inserzione anteriore ha denti numerosi, quella posteriore ne è affatto priva. La placca 1) DESLONGCHAMPS. Notes paléont. L. cit., pag. 27, tav. V, fig. 3. 112 * A. FUCINI [8] posteriore è grande, non ha incisure ai lati della lama d’inserzione, termina con apice posteriore, quasi in punta più o meno piegata in su ed è ricoperta per buon tratto dal tegmentum anche nella faccia ventrale. Il maggior numero dei Polyplacophora della montagna del Casale appartengono ad una serie di forme la quale ha caratteri generici particolarissimi. Essi presentando le lame d’inserzione delle valve ante- riori e posteriori differenti e senza lame suturali posteriori sulle valve intermedie, stando alla classifi- cazione del FiscHER, si riferiscono al terzo gruppo stabilito da lui e nel quale si comprendono gli Ani- sochiton e i Chitonellus. Che si abbia a che fare con i Ohifonellus o con generi di tale divisione è asso- lutamente escluso per i peculiari caratteri da questi presentati, principali quelli di avere oltre la con- chiglia molto allungata e quasi intieramente ricoperta dalla zona coriacea, le placche allontanate fra loro: e con le lame suturali allungate, acute, lanceolate. Il genere nuovo che io propongo deve dunque rientrare nella divisione degli Arnisochiton del FiscHER e più propriamente nel gruppo degli Eroplochiton per i quali sono indicate lame d’inserzione delle placche posteriori non fessurate ed apice terminale. Anche secondo la classificazione del PrrsBry il nuovo genere Heterochiton trova la sua posizione ac- canto al gen. Eroplochiton del Chilì e del Perù, che apparterrebbe alla sottofamiglia delle Liolophurinae, cdi alla famiglia delle Chitoridae; è però mancante degli occhi tegmentali. Il gen. Onithochiton, vivente nei mari australi, sempre della sotto “famiglia delle Liolophurinae, si av- vicina pure grandemente al mio, avendo anche la conchiglia liscia all’interno, ma esso ha occhi sopra la. prima placca e sopra le aree laterali delle placche intermedie. Ambedue questi generi viventi differiscono poi dal mio per la forma dell’ ultima placca. Secondo le recenti distribuzioni classificative del THieLE ! il nuovo genere proposto trova pure col- locazione nella famiglia delle Chitonidae e nella sotto famiglia delle Acantopleurinae delle quali fa appunto parte il gen. Enoplochiton sopra ricordato.. Heterochiton giganteus Scania sp. — Tav. XVIII [I], 19-29; Tav. XIX [II], fig. 41-43, 45. 1903. Chiton giganteus Scania. Sopra ale. n. sp. foss. d. cale. bianco crist. d. Mont. d. Casale, pag. 5. (Loc. cit.).. DIMENSIONI Placche anteriori ; Placche seconde Placche intermedie Placche posteriori Targhezzalimm.10 = t5 = oa, die Dot = dl bbo= db dd = il 6,5 Lunghezza » 8=0,80 5 =0,59 9,5=0,57 8=0,50 8=0;34 7—=0,38 6 —0,51 6 —0,54 Altezza » 5=0,30 3,5—=0,41 3,5=0,21 6=0,38 6=0,25 5=0,27 4 —0,34 3,5—=0,32 o o Placche anteriori. Esemplari: 3 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 19, 28. Le due placche anteriori più grandi che secondo me si riferiscono a questa specie non sono del tutto conservate; una però (Tav. XVIII [I], fig. 19) lascia vedere a sufficienza quasi tutti i caratteri. Essa è semimbutiforme, a contorno semilunare se veduta pasteriormente, subtriangolare se veduta verticalmente alla superficie. Questa cade obliquamente al margine anteriore ed è un poco scavata sotto l’apice. Il perio- stracum ha granulazioni simili a quelle che si osservano nelle specie seguenti, ma più grossolane ed irre- golari, e dove esso manca si vede l’ostracum radialmente fibroso, come corrispondentemente si osserva. i) TureLe. J. Revision des Systems der Chitonen. Zoologica, Heft 56. Stuttgart, 1910. 19] A. FUCINI 113 sulle aree laterali delle altre placche. Quasi la metà posteriore interna è occupata dalla callosità lasciata per il rovescrtamento del tegmentum col successivo sviluppo. Tale callosità presenta una depressione me- diana che produce posteriormente una specie di beccuccio; anteriormente essa è separata dall’ articula- mentum per un solco piuttosto distinto. Nella superficie dell’articulamentum, per quanto non conservata molto bene, si vedono delle irregolari pieghette radiali, specialmente manifeste nella cavità antero-mediana che non è molto grande. La lama d’ inserzione, parzialmente conservata nell’ esemplare ora descritto, ove mostra delle fessure corrose, ha queste assai conservate e regolari nell’ altro esemplare. I denti appaiono bifidi o diversamente intagliati alla base. Le fig. 28 «, db, c, della Tav. XVIII [I] rappresentano, a mio parere, una placca anteriore di un individuo giovane di questa specie. La forma di tale placca corrisponde infatti molto bene a quella ora esaminata; il tegmentum ha però ornamentazioni a reticolato assai più regolari e molto simili a quelle che si osservano nel A. Ziftelì più sotto descritto il quale ha però la stessa valva differentemente conformata. Placche seconde. Esempiari: 6 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 20. Le placche seconde sono sub-triangolari e molto curvate, specialmente in corrispondenza dell’ area cen- trale. Il margine anteriore è ondulato; convesso nel mezzo e concavo dalle parti, prima di innestarsi con i margini laterali non molto arrotondati e decisamente obliqui in avanti. Il margine posteriore è allungato, angoloso e ha lati leggermente concavi od ondulati. Le aree laterali sono molto bene distinte da carene radiali, cui seguono, dalla parte dell’area cen- trale, delle depressioni molto marcate. La superficie è ornata, oltre che da strie di accrescimento, tanto più spiccate e rugose quanto più grande è l’individuo, anche da granulazioni più o meno distinte, talvolta anche quasi mancanti, che divengono molto irregolari con lo sviluppo, tanto da dare alla superficie stessa un’apparenza cariata. Talvolta si notano delle lievi pieghe radiali sulle aree laterali. Nessuna particolarità si rileva nella zona deltoide del mucro; solo accidentalmente, in un esemplare privo di periostraco, si vede che essa è limitata da un solco piuttosto profondo, specialmente sul lato destro. All’interno si osserva che il margine posteriore è ingrossato, sopra tutto nel mezzo, e che la cavità antero-mediana, assai grande, senza ornamentazioni speciali, è separata dalle laterali, assai profonde, da un rilievo assai netto, connesso all’apice. Nella lama d’inserzione si vedono tre o quattro fessure più o meno regolari. Le lame suturali, non molto ampie, ma piuttosto larghe e ravvicinate, hanno una superficie concava superiormente, in connes- sione ed in continuazione alle depressioni radiali che si trovano ai lati dell’area centrale. Placche intermedie. Esemplari: 18 del Museo di Pisa e 1 del Museo di Catania. -— Tav. XVIII [I], fig. 21-25, 27, 29; Tav. XIX [II], fig. 41-43. Le placche intermedie di questa specie hanno forma sub-rettangolare. Il loro margine anteriore, talora anche diritto od ondulato (Tav. XVIII [I], fig. 24, 25, 27, 29) è in generale un poco escavato (Tav. XVIII [I], fig. 21-23): il posteriore, più o meno sub-angoloso all’apice (Tav. XVIII [I], fig. 21-24), ha spesso distinte sinuosità ai lati di questo, talora è anche diritto o flessuoso (Tav. XVIII [I], fig. 25, 27, 29) e i laterali non obliqui, o poco sono arrotondati alle loro due estremità in modo pressochè uniforme. Le aree, ta- lora non sono fra loro molto bene distinte (fig. 27, Tav. XVIII [I]); generalmente vi è però una discreta. differenziazione prodotta da pieghe radiali molto ottuse, che si trovano sui lati interni delle aree laterali, e da contigue depressioni, assai lievi però, che si trovano ai lati dell’area centrale. La superficie, che talora sembra quasi liscia, è in generale ornata da granulazioni e da strie di ac- crescimento, che si comportano come quelle osservate nelle placche seconde. Ove manca il periostracum sì vede l’ostracum, il quale è più grossolanamente fibroso in senso radiale sulle aree laterali, che non sull’area centrale, ove la fibrosità sembra anzi essere longitudinale. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 14 114 A. FUCINI [10] Nell’esemplare rappresentato dalla fig. 23 (Tav. XVIII [I]), al principio delle aree laterali, ove la cor- rosione ha asportato anche l’ostracum, si vedono quattro o cinque linee punteggiate suturali dirigersi ra- dialmente alla lama di inserzione. All’interno, oltre al consueto margine posteriore più o meno ingrossato e slargato, si osserva la ca- vità antero-mediana, non molto ampia nè tanto profonda, senza cavità secondarie importanti. Le cavità la- terali, molto ampie e unite fra loro, sono separate dalla precedente da un rilievo non molto spiccato, curvo posteriormente, e presentano talora delle incerte linee suturali, delle quali le più evidenti sono sempre quelle che fanno capo alle incisure laterali. Queste sono sempre manifeste. La lama d’ inserzione ha fessure poco regolari, ora grossolane, ora minute, spesso bifide. Le lame suturali, ampie e larghe, hanno contorno semicircolare. In alcuni esemplari l’articulamentum ha delle punteggiature allungate tra- sversalmente in corrispondenza della zona deltoide del mucro. La placca rappresentata con la fig. 21 (Tav. XVIII [I]), appartenente al Museo di Catania e molto cor- tesemente comunicatemi dal prof. ScacIa, è l’originale sulla quale questi fondò la specie. Evidentemente essa non potrebbe disgiungersi dalle altre con le quali io ho tentato la ricostruzione dell’intiera lorica (Tav. XVIII [I], fig. 19-26). Le tre placche intermedie, rappresentate dalle figure 41, 42, 43 della Tav. XIX [II], mentre per molti caratteri sembrano riferibili ad individui giovanili di questa specie, hanno poi un'impronta speciale che ne giustificherebbe la separazione, almeno come var. gibbosa. Esse infatti oltre ad essere talora (fig. 41) più sottili ed allungate trasversamente e ad avere la superficie gibbosa irregolarmente, con incerte orna- mentazioni, hanno anche seno jugale molto ampio ed aree laterali ben poco distinte. Queste specialmente nei primi due esemplari figurati, sembra che sieno anche limitate alle parti esterne delle placche, senza quindi dipartirsi dall’ apice. Placche posteriori. Esemplari: 3 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 26; Tav. XIX [II], fig. 45. Le placche posteriori che io attribuisco a questa specie hanno, come quelle delle susseguenti, una spic- cata forma di scarpetta chinese; sono però, in confronto, assai meno concave, poichè l’apice si alza e si ripiega meno in sù. All’interno ésse sono poi per uno spazio alquanto maggiore ricoperte dalla callosità prodotta dal tegmentum rovesciato, in via di accrescimento; lo spazio anteriore quindi occupato dalla ca- vità antero-mediana è alquanto minore. Heterochiton Zitteli Sc. — Tav. XVIII [I], fig. 30-46; Tav. XIX [II], fig. 44? 1903. Chiton Zitteli Scania. Sopra alc. n. sp. foss. d. cale. crist. d. Casale. L. cit., pag. 5. 1903. > Monterosatoi ScALIA. Ibidem. DIMENSIONI Fiaeche. Placche seconde Placche ilioonedie RO. Larghezza mm. 8 2. ONERE NOTE 13 e ERE Tae il Lunghezza, » 13,8=0,45 4,7—= 0,51 6 —0,58 6. —0,460 (6,5= 0,45 5= 0,45 | 14,2 —0}43 Altezza » 3,4=0,41 3,5=0,38 3,52—=0,33?. 4,82 =0,362 5,2=0,36 4—0,362,5—=0,25 Placche anteriori. Esemplari: 2 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 31, 44. Le placche anteriori di questa specie hanno contorno semilunare, sono arcuate regolarmente in avanti e sinuose sul margine posteriore. La loro superficie degrada uniformemente dalla regione apiciale alla lama i) Esemplare originale del Chiton Monterosatoî Sc., Tav. XVIII [I], fig. 39. 2 Esemplare originale della specie, Tav. XVIII |I], fig. 34. [11] A. FUCINI 115 d’inserzione. Delle due che io credo di dovere attribuire al Heter. Zittelî, ho assegnato alla forma tipica una placca (fig. 31 Tav. XVIII [I]) incompleta, più giovanile dell’altra, che però si adatta molto bene alle rimanenti placche della lorica di questa specie, sopra tutto per le ornamentazioni molto appariscenti. Queste consistono ‘in grosse papille, di forma irregolare a losanga o diversamente poligonali, che costituiscono un elegante reticolato e che sono maggiormente evidenti e spiccate presso il contorno anteriore della placca anzichè verso l’apice, il quale anzi rimane liscio. La lama d’inserzione di questa placca, nella quale l’arti- culamentum sporge assai dal tegmentum, ha delle fessurazioni piuttosto rade e profonde, che interpongono dei denti, i quali sono alla loro volta suddivisi da altre fessurazioni minori. L’altra placca anteriore (Tav. XVIII [I], fig. 44) che io riferisco a questa specie, e che credo apparte- nere ad una varietà glabra, è mancante di ornamenti esterni e solo si mostra fornita in qualche punto di una leggera striatura radiale per parziale abrasione del periostraco. La lama d’inserzione di questa placca, che lascia scorgere assai bene la sottigliezza del tegmentum in rapporto all’articulamentum, presenta i caratteri osservati per l’altra placca. Le fessurazioni rade sono però meno evidenti; ma, in cambio, mo- strano più evidentemente la loro relazione con le strie suturali, porose, radianti internamente dalla re- gione apiciale. Placche seconde. Esemplari; 13 del Museo di Pisa, 4 del Museo di Catania. — Tav. XVIII [I], fig. 32, 39, 45. Le placche seconde hanno un contorno sub-ellittico e sono assai curvate. Esse presentano il mar- gine anteriore assai più largamente arrotondato dei margini laterali, più o meno obliqui in avanti, ed hanno quello posteriore angoloso e con lati poco curvati, diritti, e talora anche incavati. Il margine po- steriore è poi ripiegato in dentro per tutta la sua lunghezza, ma maggiormente al centro. Le aree la- terali sono assai distinte dall’area centrale, per ottuse carene radiali che sono fatte risaltare maggior- mente da contigue depressioni pure radiali situate ai lati della stessa area centrale. La superficie esterna, che ha talora delle linee irregolari di accrescimento e delle lievi pieghette radiali, spesso più manifeste sulle aree laterali, è ornata da sottili granulazioni, simili a quelle osservate per le placche anteriori, che la rendono elegantemente sagrinata. Tali granulazioni, che sembrano essere più grossolane negli individui giovani che non negli adulti e che sono più o meno sottili da esemplare a esemplare, si presentano al solito più distinte ai margini che non all’apice od in corrispondenza della zona deltoide del mucro. Questa generalmente è indistinta, talora però è resa manifesta da due piccole striette non molto estese, divergenti dalla regione apiciale. All’interno le cavità antero-mediana e le due laterali, corrispondenti alle impressioni delle lame su- turali delle placche susseguenti, sono assai profonde e spiccatamente separate da rilievi che partono dall’apice. Nella cavità antero-mediana si osservano talora delle incerte pieghette radiali, forse di nessuna importanza. Nelle cavità laterali si vedono sempre, più o meno distinte, delle debolissime piegoline radiali facenti capo alla lama d’inserzione, fra le quali parrebbero interporsi lievissime linee suturali. Nessuna differenziazione dell’articulamentum si osserva in corrispondenza della zona deltoide del mucro. L’incisura è assai manifesta. Le lame d’ inserzione hanno fessurazioni molto poco distinte e irregolari, e presentano talora delle piccole e incerte intaccature che le rendono come sagrinate. Le lame suturali, non, molto grandi, a margine leggermente ondulato, talvolta con qualche piccola dentellatura in vicinanza dell’incisura, hanno una superficie leggermente concava all’esterno, convessa invece all’interno; così appaiono quelle della placca rappresentata con la fig. 45, della Tav. XVIII [I]. Alcune placche seconde, che presentano una forma ellittica un poco più allungata, granulazioni della superficie quasi indistinte e talora assolutamente mancanti, nonchè tegmentum più spesso in confronto 116 A. FUCINI [12] dell’articulamentum, sono state da me riferite alla varietà glabra, più specialmente caratterizzata da placche intermedie e dalla anteriore, sopra descritta. Non mi sembra che si possa separare da questa specie, mancando qualunque carattere differenziale, il Oh. Monterosatoi istituito dallo ScaLia sopra alcune placche seconde che egli molto generosamente mi ha comunicate e delle quali ho figurato la migliore (Tav. XVIII [I], fig. 39). Placche intermedie. Esemplari: 56 del Museo di Pisa, 2 del Museo di Catania. — Tav. XVIII [I], fig. 30, 33-37, 40-43, 46. Dalla parte esterna o dorsale, le placche intermedie della forma tipica differiscono dalle seconde per il contorno alquanto reniforme, dovuto alla sinuosità del margine anteriore specialmente palese nelle placche terze (fig. 33,41, 42, Tav. XVIII [I]), nonchè per essere meno curvate, per avere le aree laterali un poco meno distintamente separate della centrale e quindi per le carene e contigue depressioni ra- diali assai meno spiccate. La granulazione della superficie e gli altri caratteri ornamentali rimangono inalterati. L’ostracum in corrispondenza delle aree laterali apparisce fibroso in taluni esemplari. Nella parte interna si notano le consuete differenze tra placche seconde e placche intermedie; la ca- vità antero-mediana, meno profonda e meno spiccata, è separata dalle laterali da un rilievo meno netto, che non fa angolo all’apice, ma solamente uua curva assai distante da questo. Nelle cavità laterali, cor- rispondenti all’impressione delle lame suturali della placca susseguente, sì osservano talora le lievi pie- goline, osservate già nelle placche seconde, però qui, in generale, sono presenti anche linee punteggiate sutu- rali delle quali sono talora specialmente evidenti quelle che fanno capo alle incisure laterali le quali sono, a loro volta, più o meno distinte. Un esemplare mostra molto chiaramente cinque di tali linee, che sono punteggiate irregolarmente; gli altri esemplari ne mostrano presso a poco lo stesso numero. Le lame d’in- serzione hanno dentellature poco numerose e talora quasi indistinte. Le lame suturali sono piuttosto svi- luppate, generalmente a superficie uniforme e con seno interposto non molto largo. Le ultime placche sono meno curvate delle precedenti. Tra le placche intermedie, che in modo lato sono da riferirsi a questa specie, se ne distinguono alcune per caratteri speciali. Quella infatti rappresentata dalla fig. 42, Tav. XVIII [I], che parrebbe essere una placca terza data la sua forma triangolare, ha una punteggiatura sottile ed un andamento generale del margine anteriore che la fanno avvicinare alle placche corrispondenti del Het. compressus più sotto de- scritto. Così quella della fig. 43, Tav. XVIII [I], per avere ornamenti grossolani, pieghe d’accrescimento sviluppate, aree laterali non affatto distinte dalla centrale, potrebbe costituire una varietà di passaggio al- l’ Het. giganteus. Le placche, invece, rappresentate con le fig. 30, 46, Tav. XVIII [I], caratterizzano, insieme con altre, una var. glabra, per avere la superficie affatto mancante di ornamentazioni, all’infuori di rade pieghe di accrescimento, che, anzi, conferiscono alla varietà una. distinzione maggiore. Parrebbe che tati placche si distinguessero anche per avere il seno jugale più ampio e più rettangolare. La fig. 34 rappresenta l’ esemplare sul quale venne fondata dallo Scacra la presente specie e che egli mi ha comunicato tanto gentilmente insieme con altro materiale da lui trovato. Placche posteriori. Esemplari: 4 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I] fig. 38; Tav. XIX [II], fig. 44? Le placche posteriori hanno la caratteristica forma delle scarpette chinesi, già osservata per le cor- rispondenti della specie sopra descritta. Esse sono assai slargate, a contorno decisamente triangolare ed hanno margine anteriore alquanto sinuoso e sub-angoloso; i laterali quasi divitti ed ingrossati per il ri- piegamento inferiore del tegmentum; il posteriore, brevissimo, resulta scavato a guisa di beccuccio, in [13] A. FUCINI 117 rapporto ad una assai spiccata incavatura assiale della parte posteriore ventrale della placca. La parte posteriore,, con apice terminale, è ripiegata in alto assai spiccatamente, in special modo nell’esemplare rappresentato dalla fig. 38 della Tav. XVIII [I]. La superficie superiore, scavata e nello stesso tempo spiovente ai lati, ha un’angolosità mediana, che dall’area jugale va all’apice. In vicinanza di questo e lungo l’angolosità mediana del dorso si attenuano o spariscono le granulazioni ornamentali, simili del resto a quelle notate per le altre placche. Il lato ventrale è occupato, nella parte posteriore, dal tegmentum che vi si è rovesciato assai estesamente e che nell’ esemplare della Tav. XVIII [I], fig. 38 vi mostra molto chiaramente anche le sue caratteristiche ornamentazioni. L'orlo prodotto dal tegmentum così addos- sato all’articulamentum, resulta sinuoso come il margine «anteriore della placca. La parte anteriore del lato ventrale, profondamente incavata, appare manifestamente e maggiormente distinta per un netto ri- piegamento posteriore. Le lame suturali, non sempre ben conservate e poco estese assialmente, hanno forma trapezoidale allungata ed inclinano verso il seno jugale. Ho dubbiosamente riferito a questa specie la placca posteriore rappresentata a Tav. XIX [II] con la fig. 44, la quale, mentre si adatterebbe molto bene per caratteri dorsali alla placca della Tav. XVII [I], fig. 38, che più propriamente ritengo caratteristica, non vi si adatta poi completamente per la parte ventrale, senza ornamenti sul tegmentum e con l’incavatura anteriore ben poco nettamente limitata dal tenue ripiegamento posteriore. Heterochiton compressus Sc. — Tav. XIX [II], fig. 10-16, 17?, 18. 1903. Chaton compressus Scania. Sopra ale. n. sp. foss. d. cale. crist. d. Casale. L. cit., pag. 5. DIMENSIONI Placche Placche seconde Placche intermedie RE Larghezza mm. 8_= ll O ce=t I ia a INR ea O = Il Lunghezza © » 3,8=0,45 4,5=0,45 5,5=0,47 4.2 = 0,33 SNA 10933 DIRE—0555 Altezza » 4 =0,48 9, 0—=0}/85 4 =0,34 9,0 =10,28 Bri =10829 3,8=0,41 Placche anteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XVIII [I], fig. 10. Riferisco a questa specie una placca anteriore, che, mentre non appartiene certo al Met. giganteus, si allontana un poco anche dalle corrispondenti assegnate all’ Het. Zittelì. Fra queste ultime, se mai, si ac- costerebbe a quella della var. glabra (Tav. XVIII [1], fig. 44). Il margine posteriore vi è infatti un poco più ‘escavato ed ha la ripiegatura ventrale del tegmentum più estesa: la dentellatura della lama d’inserzione appare poi alquanto più minuta, sebbene in parte ciò si debba attribuire ad una lieve corrosione da essa subita. La ornamentazione è in ogni modo ben poco evidente e resulta solamente sotto certe incidenze di luce. Placche seconde. Esemplari: 3 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 11. Le placche seconde, che verosimilmente possono essere assegnate a questa specie, hanno una forma ‘ellittica più allungata delle corrispondenti dell’ Z7et. giganteus e dell’ Het. Zitteli. Hanno inoltre il margine an- teriore meno arcuato ed il posteriore meno angoloso, in dipendenza certo del minore sviluppo dell’apice. L’ornamentazione, data da fini e sottili granulazioni a reticolo, è sempre poco distinta; per cui si ha la maggiore affinità con la placca seconda della var. glabra dell’ Het. Zitteli. Le lame d’inserzione sembrano più sviluppate che non nelle altre forme. 118 A. FUCINI [14] Placche intermedie. Esemplari: 18 del Museo di Pisa, 1 del Museo di Catania. — Tav. XIX [II], fig. 12-16, 18. Lo Scatta istituì l Het. compressus sopra la placca rappresentata da me con la fig. 14 della Tav. XIX [II], che, sebbene non completa, lascia scorgere caratteri ugualmente distintivi, come le altre placche intermedie complete riferite a questa specie. Per quanto tali placche di subito sembrino simili alle corrispondenti del Het. Zittelìî, pur si deve ri- tenerle giustamente differenti per alcuni caratteri interessanti. Esse sono infatti più allungate trasversal- mente, più svelte, più rettangolari e, cosa notevole, hanno l’area jugale insenata in maniera caratteristica e per modo che il margine anteriore cdi tali placche è angoloso ai lati di quella area jugale, quasi diritto ed un poco obliquo all’inaietro in corrispondenza delle lame suturali. Il contorno di queste placche ricorda molto bene per tali caratteri quello delle placche corrispondenti dell’ 477. Gemmellaroi, che sarà descritto in seguito. Placche posteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 17? Dubbiosamente riferisco come placca posteriore all’ Het. compressus una placca anale, che, mentre ha il lato dorsale con la tipica ornamentazione di questa specie e più specialmente dell’ Het. Zittelì e che quindi non parrebbe potersi del tutto riportare all’ Het. giganteus, differisce dalla placca corrispondente dell’ Het. Zitteli, ora ricordato, per la mancanza di ornamenti nella porzione del tegmentum rovesciata nel lato: centrale e per non avere superiormente angolosità mediana distinta. Appariscentissima è l’affinità tra questa specie, |’ Het. giganteus e 1° Het. Zittelì che si rivela anche con termini di passaggio. Dobbiamo tuttavia convenire di essere in presenza di più specie, caratterizzate, anche quando si volesse ammettere una qualche confusione nelle placche posteriori, dalla differenza delle placche anteriori e da notevoli caratteri delle placche intermedie. L’ Het. giganteus è certo il più distinto e caratterizzato sia per le ornamentazioni generali grossolane: sia per le dimensioni sue notevolissime, sia infine per la placca anteriore semimbutiforme, che non po- trebbe in alcun modo ritenersi come la forma adulta delle placche anteriori delle altre due specie, avendo nella Tav. XVIII [I], fig. 28, il corrispondente rappresentante giovanile. È vero che io ho creduto di do- vere riferire all’ Het. giganteus, come var. gibbosa, le tre placche intermedie rappresentate con le fig. 41-13. della Tav. XIX [II], aventi ornamentazioni indistinte e quasi mancanti, in modo da essere molto avvi- cinate alla var. glabra dell’ Het. Zitteli, ma io non posso, a questo proposito, escludere la possibilità che con altro materiale si possa giungere a riunire, le suddette var. glabra e gibbosa, in una specie intermedia tra 1’ Het. giganteus e 1° Het. Zitteli. Ho dette sopra le ragioni per le quali 1° Het. compressus può essere ritenuto distinto dall’ Het. Zi- teli; non credo ora dovere insistere sulle differenze che lo separono dall’ Het. giganteus, essendo esse presso a poco le stesse che distinguono da quest’ultima specie 1° Het. Zittelì. Heterochiton Buccai n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 47. DIMENSIONI Placca intermedia Larghezza . 5 . .. 5mm. dl5= di Lunghezza . o . 0 » 4= 0,34 Altezza . 6 . o : _» 4= 0,34 Placca intermedia del Museo di Pisa, parecchio curvata, sub-angolosa superiormente, di forma assai caratteristicamente rettangolare, allungata. Il margine anteriore è ben poco, ma uniformemente, convesso, [15] A. FUCINI 119 il posteriore concavo ed un poco sporgente nella regione apiciale, e i laterali quasi diritti, arrotondati sul lato anteriore, angolosi su quello posteriore. La superficie non si mostra ornata nè da granulazioni, nè da punteggiatura di sorta. Essa è però solcata da fitte costoline di accrescimento più o meno spiccate, che si alleggeriscono in vicinanza dell’apice, ed alle quali è dovuta la lieve distinzione delle aree laterali. Queste infatti sono distinte sol perchè le costoline di accrescimento sono piegate ad angolo netto sopra due linee radiali che dall’apice vanno al lato anteriore dei margini laterali. La zona deltoide del mucro non sì palesa per alcun carattere. La parte interna non si vede, poichè l’esemplare è per essa infisso nella roccia. Le lame suturali, non ben conservate, appariscono poco ampie e con seno jugale interposto piut- tosto largo. Le lame d’inserzione sono dentellate, ma non si scorge bene in quale precisa maniera. Questa specie ha delle affinità tanto con la var. glabra dell’ Het. Zitteli, quanto con la gibbosa del- l’ Het. giganteus; da ambedue si distingue però per una ben più spiccata curvatura, per la manifesta an- golosità superiore, per la mancanza assoluta di ogni ornamentazione e per il modo di differenziamento delle aree laterali, dato solamente e caratteristicamente dalle angolosità allineate delle pieghette di accrescimento. * Heterochiton Vinassai n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 1-9. DIMENSIONI SEOORO Placche seconde Placche intermedie DO Larghezza mm. 6,3= 1 SNO Cod Mies il cme di O =. Il (CN — ee Lunghezza » 3 — 0,47 LIO) (MIAO LO 4 = 0/56 Rilievo MMS 55 DACI SNO L20369) 36 039 2,5—0,35 Placche anteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 1. La placca anteriore ha la forma di un semimbuto rovesciato e come nell’ Het. giganteus e negli Al- lochiton è semilunare, avendo il margine anteriore semicircolare e quello posteriore assai profondamente e largamente sinuoso. Il margine anteriore è quasi costituito totalmente dall’articulamentum in quanto che il tegmentum vi è molto attenuato e sottile. La lama d’inserzione si mostra evidentemente dente- lata, come se avesse tante granulosità allineate. Il margine posteriore è ingrossato ed il tesmentum vi forma una piega rovesciata in dentro, ricoprendo per buona parte l’articulamentum sul quale si adagia. Su questa ripiegatura, che svanisce ai lati, si scorgono delle strie di accrescimento robuste. La superficie esterna è regolarmente convessa, non mostra alcuna punteggiatura sottile ed ha naturalmente gli stessi ornamenti che si osservano. sulle aree laterali delle valve intermedie, il tegmentum, cioè, si presenta rugoso e sa- grinato, più grossolanamente verso il magine anteriore che verso il seno posteriore, ed ha strie di accre- scimento assai evidenti. Nella parte interna, oltre alla ripiegatura del margine posteriore e ad incerte pieghe in senso radiale, si nota un ingrossamento semicircolare anteriore, aperto verso l’esterno, ove limita una depressione se- micircolare antero-mediana assai profonda. '. Placche seconde. Esemplari: 3 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 2. Le placche seconde, molto lunghe, hanno una forma subtriansolare e sono parecchio convesse e gibbose. Il margine anteriore, non considerando al solito le lame suturali, è leggermente sinuoso, con una lieve curvatura in avanti nella parte media. Il margine posteriore è poco ottusamente angoloso ed ha i lati appena convessi. Le apofisi articolari hanno i margini arrotondati ed obliqui. Le aree laterali sono 120 A. FUCINI [16] molto bene distinte per essere assai rilevate e per essere limitate dall’area centrale da carene nette. Esse hanno la superficie irregolarmente rugosa e sagrinata, come la placca anteriore, e sono percorse da pieghe: di accrescimento, pure evidenti sull'area centrale. Questa è molto rilevata ed arcuata nella parte mediana ed è separata dalle aree laterali da larghe e nette depressioni radiali. Sopra queste si notano poi ben distinte impressioni triangolari, più spiccate e più grandi nella parte centrale che non verso l’apice od anche verso il margine anteriore, le quali hanno una punta, più acuta delle altre. volta verso il seno jugale ed un lato in corrispondenza alla carena limite delle aree laterali. «Anche la superficie di questa area si presenta sagrinata, però molto meno distintamente delle aree laterali, specialmente verso l’apice: che è quasi liscio. Niente di particolare si nota in corrispondenza del mucro. La parte interna non è in alcuna placca visibile. Le lame suturali non sono grademente sviluppate. L’incisura, fra la lama suturale e la lama d’inserzione, è distinta assai e taglia obbliquamente l’articu- lamentum. La lama d’inserzione presenta quattro o cinque dentellature. Placche intermedie. Esemplari: 15 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 3-7, 9. Le placche intermedie hanno contorno reniforme, sono assai spesse e non molto ricurve. Il margine anteriore è tanto più sinuoso ed escavato quanto più le placche occupano un posto in avanti della lorica, come accade in tutte le specie esaminate; la placca che io ritengo per terza (Tav. XXIX [II], fig. 3) è quindi assai più sinuosa di quella che ritengo settima (Tav. XIX [II], fig. 7). Il margine posteriore è lar- gamente arcuato, più o meno angoloso, e talora ondulato; i laterali, arrotondati, si uniscono all’anteriore con una curva in generale assai ristretta. Le aree laterali sono del tutto simili a quelle delle placche seconde ed altrettanto può dirsi rispetto agli ornamenti dell’area centrale, la quale però è molto meno gibbosa e manca quasi delle depressioni radiali a confine con le altre aree. Bisogna notare che alcuni esemplari mostrano la superficie di questa area quasi priva della sagrinatura, per cui. appariscono quasi lisci. La zona deltoide del mucro, quasi sempre indistinta, è marcata da due lievi depressioni divergenti in un solo esemplare. Le lame suturali molto sviluppate, più o meno semicircolari, interpongono un seno non molto ampio, ma profondo. L’area jugale non si mostra dentellata. Le lame d’inserzione presentano delle dentellature rade, poco numerose e leggermente oblique. L’incisura è pure obliqua e non molto profonda. Il tegmentum, in corrispondenza. dell’incisura, sorpassa, verso le lame suturali, l’articulamentum. Nella parte interna delle placche intermedie il margine posteriore è ingrossato, rovesciato e schiac- ciato in dentro per una considerevole estensione e mostra distinte linee di accrescimento. Nell’ esemplare: della fig. 7, Tav. XIX [II], si vedono in quel margine (fig. 78) due accidentali impressioni rotondeggianti, asimmetricamente disposte una a destra ed una a sinistra. Le impressioni delle lame suturali della placca susseguente non sono molto grandi. Come nelle placche anteriori anche in queste si osserva assai spiccata la depressione semicircolare antero-mediana, la quale mostra delle pieghe in senso assiale e che è poste- riormente limitata da un rilievo trasversale sinuoso. Nell’esemplare della fig. 70 tale rilievo, che va. sempre perdendosi verso le apofisi articolari, pare che porti le tracce lasciate dall’incisura sull’hypostracum in stadii successivi di accrescimento. Solamente perchè mancano addirittura più vicini termini di confronto, faccio notare la lontana ras- somiglianza delle placche ora esaminate con quelle del Ch. Viasinus Des. D e Ch. Deshayesi TERQ. ? che ancora aspettano una più precisa conoscenza generica. ‘ 1) DesLonecHamPs. Notes paléont. L. cit., pag. 28, tav. V, fig. 4. ?) DESLONGCHAMPS. Ibidem., pag. 26, tav. V, fig. 5. [17] A. FUCINI 121 Placche posteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 8. Questa. placca, tanto interessante per la sistematica, ha la stessa forma a pantofola chinese delle placche omologhe delle altre specie congeneri e come queste ha l’apice terminale e marginale. Gli or- namenti, naturalmente diversi, sono dati oltre che da poche impressioni triangolari, situate sui margini laterali e non molto distinte, da una grossolana e rugosa sagrinatura che si immedesima con le strie di accrescimento e che è più distinta in avanti che non verso l’apice, il quale dunque rimane quasi liscio. Nella parte ventrale questa placca corrisponde molto bene a quella più precisamente assegnata all’ Het. Zitteli (Tav. XVIII [I], fig. 38) e come questa ha la cavità anteriore molto bene spiccata e distinta. Bisogna però avvertire che la placca in esame non ha l’apice molto rialzato e che quindi non è tanto arcuata. Allochiton n. g. Conchiglie non molto allungate; lame d’inserzione differenti nelle placche anteriore e posteriore. La lama d’inserzione della placca anteriore ha fessure numerose, simili a quelle della placca omologa del genere precedentemente studiato; quella della placca posteriore, disposta in due rami laterali, separati da un’area liscia e incavata, ha fessure poco numerose, grossolane, di grande analogia con quelle delle lame d’inserzione delle placche intermedie. La placca posteriore è poi piuttosto grande, quasi piana, bi- lobata, con apice centrale e con seno posteriore. Anche questo genere, rappresentato da un grandissimo numero di esemplari, può essere studiato in tutti i suoi caratteri, presentandoci tutte le placche della lorica, comprese le terminali, di grandissima importanza. Queste avendo le lame d’inserzione differenti, per quanto anche quella della placca poste- riore sia fessurata, ci dimostrano la pertinenza del nuovo genere alla divisione degli Amnisochiton del FiscHER, scartando il gruppo dei Chifonellus per le stesse ragioni addotte nei rapporti col genere prece- dente, senza disconoscere un qualche legame con il gruppo dei Diartrochiton. Nelle classificazioni del PiusBry e del THIELE il nuovo genere trova posto tra la famiglia delle Mo- palidae e quella delle Acanthochitonidoe dell’uno o Cryptoplacidae dell’altro. Certo esso è oltremodo in- teressante perchè lascia intravedere legami tra famiglie e gruppi assai differenti, che sarebbe azzardato per ora designare più precisamente, date le attuali deficienti cognizioni sopra i Polyplacophora fossili, specialmente giuresi. Allochiton Gemmellaroi n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 21-25. DIMENSIONI Placche anteriori Placche seconde Placche intermedie DooO) Larghezza mm d3i = 113 = dl O =. dl 20/019 Tn 0l li Timnghezza, © o 00,48 5,5 —0;43 6,5—= 0,40 SE Op 087 6 0085 6,5 — 0,37 Altezza » 5,5—0,43 5,5—0,43 5b,b=0,34 @=9Mh e 7= 080 = o 0,28 Placche anteriori. Esemplari: 2 del Museo di Pisa, 1 del Museo di Catania. — Tav. XIX [II], fig. 23, 31. Questa specie, che è fra tutte la più frequente, ha le placche anteriori a forma di semimbuto slar- gato e che vedute superiormente si presentano ellittiche, affusolate; anteriormente hanno un contorno regolare ed arrotondato, posteriormente sono subangolose. Il tegmentum, che si rovescia assai limitata- Palaeontographia italica, vol. XVILI, 1912. 15 1292 A. ‘FUCINI [18] mente sul lato ventrale dalla parte posteriore e mediana delle placche, apparisce finamente punteggiato per i micropori ed ha forse anche qualche punteggiatura più grossolana per i macropori. Nei punti dove esso ed il periostracum sono abrasi (Tav. XIX [II], fig. 31) si vedono molto evidentemente linee suturali porose, assai regolarmente irradianti dalla regione apiciale, che fanno capo alle fessure della lama di inserzione. Queste sono piuttosto numerose, circa ventotto maggiori, attraversanti l’articolamentum, ed una ventina di altre minori, limitate alla parte superiore, che rendono spesso bifidi i denti determinati dalle altre. i La parte interna ha una depressione mediana anteriore, non molto profonda, ma piuttosto estesa, limitata rotondamente dalla parte posteriore da un rilievo che limita lateralmente anche le impressioni delle lame suturali della seconda placca. L’articolamentum è più spesso del tesmentum ed ha numerosissime punteggiature suturali, distribuite, specialmente ai lati, in serie radiali facenti capo alle fessure maggiori della lama d’inserzione. Le placche anteriori, ora descritte, non hanno caratteri essenzialmente e grandemente differenti dalle corrispondenti del genere precedente, però sono molto più robuste, avendo tegmentum ed articolamentum, in specie, assai più spessi. Placche seconde. Esemplari: 14 del Museo di Pisa. 3 del Museo di Catania. — Tav. XIX [II], fic. 24, 34, 35. Le placche seconde hanno forma sub-triangolare e sono assai rilevate e globose, specialmente sulla parte mediana. Il margine anteriore, non considerate le lame suturali, è leggermente arcuato o presso che diritto; il posteriore angoloso, sporgente, ha lati un poco concavi: i margini laterali, non perfettamente arrotondati, sono un poco obliqui verso la parte anteriore. Le aree sono assai bene distinte per mezzo di depressioni radiali. Quando il tegmentum è ben conservato, apparisce finamente punteggiato e senza altre ornamentazioni all'infuori di molto lievi pieghette radiali, che talvolta si trovano sulle aree laterali (Tav. XIX [II], fig. 35); quando invece è più o meno eroso mostra la struttura interna simile a quella delle placche intermedie e delle posteriori. Sulle aree laterali esso si presenta quindi fibroso e con serie di punteggiature allineate, radiali, terminanti alle fessure superiori delle lame d’inserzione, ed ha, sull’area centrale, fibre e canaletti sottili, partenti dalla linea di separazione con le aree laterali e diretti obliqua- inente e arcuatamente o verso il mucro o verso il margine anteriore. Qui i canaletti determinano le sub- grundae, spesso visibili negli esemplari di buona conservazione. Il mucro, che pàrte dall’apice e va allargandosi, non però tanto sentitamente, verso il seno jugale, è limitato da due serie sub-radiali di punteggiature, più grossolane di quelle che lo ricoprono totalmente e che lo rendono spugnoso. ; All’interno la placca è divisa, in tre porzioni scavate, da un rilievo che fa angolo e parte dall’apice e va verso le incisure laterali. La porzione anteriore, triangolare, ha due suture punteggiate, che inter- pongono la zona spugnosa corrispondente al muero; le porzioni laterali, che corrispondono alle impressioni delle lame suturali della placca seguente, hanno diverse suture irregolari, di tendenza radiale, facenti capo alle fessure della lama d’inserzione. Questa è piuttosto spessa; ha fessure principali e altre secondarie superiormente interposte, tutte assai irregolari. L’incisura è abbastanza profonda. Le lame suturali, non esageratamente ampie e subangolose anteriormente, interpongono un seno jugale non tanto ampio, in rap- porto al seno maggiormente largo delle placche intermedie. La figura 34 (Tav. XIX [II]) rappresenta una seconda placca avente il margine anteriore diritto e mostrante molto bene le subgrundae. [19] A. FUCINI 123 La fig. 35 della stessa tavola mostra una seconda placca, un poco differente dalle altre più propria- mente riferite alla specie. Forse rappresenta una varietà cui non è facile decidere quali placche intermedie vi possano essere aggregate. Essa in confronto con le altre presenta le aree laterali più evidentemente costulate e, sopra tutto, il margine anteriore molto spiccatamente arcuato. Placche intermedie. Esemplari: 45 del Museo di Pisa, 3 del Museo di Catania. — Tav. XIX [II], fig. 21, 22, 25-29, 32, 33. Le placche intermedie presentano una forma spiccatamente bilobata, determinata specialmente dal- l’ampiezza e profondità del seno jugale. Sono alquanto meno lunghe delle placche seconde, alle quali cor- rispondono del resto per ogni carattere del tegmentum. All’interno esse hanno la cavità medio-anteriore più larga e meno spiccata ed il rilievo, che separa tale cavità dalle impressiori delle lame suturali della valva susseguente, meno strettamente angoloso e distaccato dal margine apiciale; differenza costante tra le valve seconde e le altre intermedie. I caratteri delle lame d’inserzione sono identici; le fessure dalla parte ventrale oscillano da cinque a sette e i denti interposti sono talora bifidi superiormente; le linee suturali sono ben distinte, regolari e con grosse perforazioni; le incisure laterali molto spiccate. Le figure 21 e 22 (Tav. XIX [II]) rappresentano la strana condizione in cui si trovano talora le placche intermedie di questa specie, per una erosione notevole, subìta, s’ intende, avanti di fossilizzarsi e per causa del moto ondoso del mare, che soffregava tali resti organici sulla probabile scogliera corallina che ve- rosimilmente li aveva ospitati da vivi. Essi, che potrebbero essere creduti i rappresentanti di una diversa specie, data anche la loro frequenza, sono dati dalla conservazione dell’articulamentum in corrispondenza della ripiegatura ingrossata che questo produce, nella parte ventrale delle placche intermedie in esame, per separare la cavità antero-mediana dalle laterali. Nessuno dei 4 esemplari esaminati ha infatti il tegmentum; solo quello rappresentato dalla fig. 21 ne conserva una piccola porzione all’ estremità destra, rivelata dalla sua fibrosità e dalle linee suturali punteggiate identiche a quelle sopra descritte per le aree laterali delle placche intermedie e seconde. Placche posteriori. Esemplari: 2 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 30. Le placche posteriori di questa specie escono dall’ordinario per la loro forma caratteristica. Esse sono spiccatamente bilobate o meglio direi bialate, inquanto che sono divise in due parti aliformi da due insenature, una del margine posteriore ed una di quello anteriore. Sono poco curvate; hanno l’apice subcentrale e presentano le due aree non molto bene distinte fra loro. Il tegmentum è finamente pun- teggiato, per micropori e macropori; dove è stato però consumato il periostracum si scorge l’ostracum che ha caratteri differenti sopra le due aree. L'area posteriore lo presenta infatti ornato, più o meno regolar- mente, da grosse punteggiature distribuite in linee presso a poco radiali, identiche a quelle osservate per la placca anteriore e per le aree laterali delle altre placche e come queste facenti capo alle fessure della lama d’inserzione; l’area anteriore lo mostra invece, in relazione col sistema canalifero sensoriale, fornito di fibre o di canaletti che partono dalla linea divisoria delle aree e vanno obliquamente verso le lame d’inserzione o verso l’esterno, dicotomizzandosi anche alquanto. Nel mucro, limitato lateralmente da due solchetti porosi e che ha forma di triangolo equilatero, si ha forse una stessa struttura dell’area poste- riore, apparendovi, non però molto evidentemente, una certa striatura radiale dell’ ostracum. Le lame d’inserzione non sono molto ben conservate, sembra però che esse abbiamo presso a poco la stessa forma di quelle delle placche intermedie. Nella parte ventrale si osserva una depressione trian- golare che, movendosi dal seno posteriore, va slargandosi al seno jugale e che fa contrasto con il carattere pianeggiante delle parti laterali. L’articulamentum in corrispondenza del muero si mostra spugnoso; sotto all'area anteriore invece liscio; corrispondentemente all'area posteriore è poi ornato da punteggiature su- (3) 124 A. FUCINI |20] turali sparse, con tendenza a riumrsi n serie radiali, abbastanza regolari, specialmente in vicinanza delle fessure della lama d’inserzione alle quali finiscono. La lama suturale, molto spessa, è divisa in due parti distinte dal seno posteriore della valva, sul quale non si trovano fessure, ed è fornita per ogni parte da circa otto fessure principali, talora con qualche incisuva interposta superiormente, le quali, divenendo dall’avanti indietro sempre più minute, interpongono posteriormente dentellature sempre più piccole e ristrette. Allochiton costulatus n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 36-40. DIMENSIONI Placche Placche Placche Placche anteriori seconde intermedie posteriori Larghezza . 6 mm. 9 = 1 5 = 1 20 = 1 lo eil Lunghezza . . PED RE0155 T,5= 0,50 6,5 = 0,32 6 =0,40 Altezza... ADE I0 50 6 =0,40 5,5= 0,27 4,5= 0,30 Placche anteriori. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 36. Sono stato molto incerto se dovessi riferire la placca presente alla specie sotto descritta o a quella in esame, che io ritengo più propriamente caratterizzata dalle placche intermedie. Per alcuni caratteri, quali la sua forte curvatura, la glabra superficie e le sue dimensioni limitate, si presterebbe indubbia- mente molto bene ad essere considerata quale seconda placca dell’ A/. a/tus; ma considerando che le placche seconda e terza attribuite all’A0. costati hanno margini laterali molto obliqui in avanti, per modo da dover pensare che la loro placca anteriore dovesse essere molto piccola, non ho potuto scartare la possibi- lità di assegnarla a questa specie, tanto più che le sue costoline superficiali ricordano quelle delle aree laterali delle nostre placche. intermedie. Tale placca è imbutiforme e ricorda molto bene le placche omologhe dell’ Het. giganteus; non ha però alcuna ornamentazione e sembra appartenere a questo genere anche per la sua robustezza, data dal notevole spessore del tesmentum e specialmente dell’articulamentum, nonchè per la sua fibrosità, pa- lese in alcuni punti della placca con periostracum abraso, e che è perfettamente simile a quella notata, nelle stesse condizioni, per le aree laterali delle placche seconde ed intermedie dell'A. Gemmellaroi. S° in- travedono anche alcune serie di punteggiature allineate. La parte interna, con una spiccata e larga ripie- gatura tegmentale, ha la depressione medio-anteriore assai manifesta, con delle piccole impressioni più profonde, assai regolari, e le cavità laterali, in rapporto con le lame suturali della seconda placca, piut- tosto grandi, sebbene non tanto profonde. La lama d’inserzione, alquanto erosa, è munita di numerose . fessure principali, che l’attraversano fino alla faccia ventrale, e di altre minori limitate alla parte superiore. Placche seconde. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tay, XIX [II], fig. 37. Credo di potere riferire a questa specie, perchè ne ha le principali caratteristiche, una placca seconda, assai di buona conservazione, per quanto non mostri del tutto i caratteri ventrali. Essa ha il margine anteriore, astrazione fatta sempre delle lame suturali, spiccatamente sinuoso in corrispondenza dell’ampio seno jugale; quello posteriore, molto esteso, angoloso e con lati alquanto incavati, ed i margini laterali manifestamente obliqui anteriormente e poco curvati. Le ‘aree laterali sono abbastanza distinte; separate dalla centrale da nette carene radiali e da contigue depressioni, ed hanno, assai spiccate, tre o quattro pieghette radiali. [21] A. FUCINI 125 L’area centrale risulta piuttosto elevata e gibbosa. Il mucro, appena distinto presso l’apice, appa- risce finamente spugnoso. Le lame d’inserzione, con profonda incisura anteriore obliqua, hanno fessura- zioni e dentellature molto irregolari. All’interno compariscono linee suturali attestate alle fessure più grandi. | Per quanto la spiccata sinuosità del margine anteriore, in corrispondenza del seno jugale, stabilisca una notevole differenza con la generalità delle placche seconde dell’ AU. Gemmellaroi, non posso escludere che la placca esaminata possa appartenere ad una varietà di quest’ ultima specie e che il suo posto specifico possa esser preso dalla placca seconda rappresentata dalla fig. 35 (Tav. XIX [II]), già attribuita come varietà all’ AU. Gemmellaroi medesimo. In questo caso anche la placca seconda, più propriamente ripor- tata al AN. Gemmellaroi (Tav. XIX [II], fig. 24), potrebbe rientrare nella specie presente, venendo a sta- bilirsi così per le placche seconde dello stesso AU. Gemmellaroi, il carattere della concavità del seno jugale, alquanto palese anche nell’esemplare della fig. 33 (Tav. XIX [II]). Placche intermedie. Esemplari: 4 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 38, 39. Le placche intermedie che si possono riferire a questa specie sono assai ricurve ed hanno una forma spiccatamente bilobata, a causa della forte e ristretta insenatura jugale: Il margine anteriore, anche senza considerare le lame suturali, è assai sinuoso, quello posteriore è subangoloso, non troppo sporgente e con lati alquanto concavi. I margini laterali, piuttosto brevi e arrotondati, sono decisamente e sentitamente obliqui verso l’avanti. Le aree laterali non sono molto distinte, però vi si vedono assai mamifeste quattro pieghette radiali. Il tesmentum non appare finamente punteggiato, nemmeno con forte ingrandimento di lente, però ha delle punteggiature sparse alquanto grossolane che potrebbero rappresentare 1 ma- cropori. Il mucro, nell’esemplare della figura 38 (Tav. XIX [II]), non è affatto distinto e non mostra corri- spondentemente nè il tegmentum nè l’articulamentum spugnosi o porosi, come succede in altre specie. Nell’esemplare della fig. 39 della stessa tavola esso appare appena manifesto e spugnoso, come nella placca seconda. L’interno, mostrato dall’esemplare rappresentato dalla fig. 38, sempre della stessa tavola, ha la ca- vità antero-mediana non molto ampia; relativamente sono più grandi di essa le impressioni delle lame suturali della valva susseguente; il rilievo interposto poi non resulta molto spiccato. L’articulamentum non presenta alcuna sutura. Le lame d’inserzione hanno tre fessure che si presentano bifide, poichè si suddividono verso la parte superiore, interponendo talora anche un lobiciattolo. L’incisura è obliqua e assai spiccata. L’area jugale, come sempre, non mostra alcuna dentellatura. Le lame suturali piuttosto grandi, subtriangolari, interpongono un seno jugale poco largo, ma molto profondo, subrettangolare. Io ho creduto di dovere tenere distinte le placche intermedie ora esaminate, e farne una specie dif- ferente dall'A. Gemmellaroi, poichè mi è parso che la loro superficie senza punteggiatura ed il mucro ora poco ora punto distinto, non affatto spugnoso dal lato ventrale, costituissero dei caratteri differen- ziali notevoli, insieme con le pieghette delle aree laterali, con il seno jugale più ristretto e quadrangolare e con la differente forma del margine anteriore. Questo infatti non è dato da una linea spezzata od an- golosa ai lati del seno jugale, come nell’ A. Gemmelaroi, ma è uniformemente incavato e l'andamento sinuoso dell’area jugale prosegue senza veruna interruzione anche al di là del seno jugale stesso, in cor- rispondenza delle lame suturali. Se le placche seconde sono poi giustamente e corrispondentemente attribuite, vi è da notare per di più che quelle dell’472. costulatus sono sinuose anzichè no sull’area Jugale. ; 126 A. FUCINI [22] Placca posteriore. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 40. La valva posteriore in esame è indubbiamente molto vicina a quelle più propriamente riferite al- l'A. Gemmellaroi, alle quali non è improbabile che debba andare forse aggregata. Io l’ ho tenuta di- stinta perchè vi ho rilevati alcuni interessanti caratteri differenziali e l'ho riportata all’ AI. costulatus, perchè ha la superficie liscia e senza punteggiatura e perchè, ammessa la sua distinzione dall’omologa dell'A. Gemmellaroi non restava, ragionevolmente, da fare altrimenti. La differenza che più mi ha colpito tra la placca in esame e quella omologa dall'A. Gemmellaroi consiste nel differente andamento dei canaletti sensoriali del tegmentum. Essi infatti, nella placca in studio, non si dirigono obliquamente all’esterno, ma si volgono piuttosto verso l’interno o, tutt’al più, verso la parte anteriore. Se a tali canaletti è legata, come pare, una funzione fisiologica importante, non vi è dubbio che la differenza notata debba avere un valore notevole. Allochiton altus n. sp. — Tav. XIX [II], fig. 19, 20. DIMENSIONI Placche Placche seconde intermedie Larghezza 3 5 : NM RE OLI]! Fd, SENI Lunghezza . c È » R=055% » 5 =0,50 Altezza . ; i; È » 5 =0,47 » D,2/— 0,54 Placche seconde. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 19. Questa specie, cui molto probabilmente potrebbe riferirsi, come ho già precedentemente avvertito, la placca anteriore rappresentata con la fig. 36 della Tav. XIX [II], è specialmente caratterizzata dalla. grande altezza e curvatura delle sue placche. La placca seconda, in esame, ha una forma spiccatamente triangolare, in conseguenza, specialmente, della brevità dei margini laterali e della lunghezza dei lati del margine posteriore. Il margine anteriore è leggermente ondulato; il posteriore, allungato e netta- mente angoloso, ha lati appena arcuati e ondulati; i margini laterali sono poco arrotondati e molto. obliqui in avanti. Le aree si presentano grandemente distinte; le laterali, molto ristrette e con due leggerissime pieghe radiali !, sono nettamente separate dalla centrale da carene radiali, piuttosto acute, seguite, ai lati dell’area centrale, da depressioni molto ampie e profonde; l’area centrale resulta molto elevata e gibbosa. Il tegmentum appare irregolarmente e sottilmente punteggiato. Il mucro non bene vi- sibile, si presenta come nella specie precedente, molto finamente spugnoso, in vicinanza dell’apice, ove è abraso parzialmente il periostracum. | Nella parte ventrale la placca presenta la cavità antero-mediana e le laterali grandemente distinte e separate da una netta ripiegatura dell’articulamentum. Questa rimane posteriormente assai discosta dal- l'apice, a differenza notevole di ciò che accade nelle placche seconde delle altre specie studiate. Il mucro: si manifesta con una notevole porosità. La incisura è quanto mai spiccata, profonda ed obliqua. Le lame d’inserzione hanno tre fessure assai grandi, alle quali accapano linee suturali non molto bene distinte. Le lame suturali con margine apparentemente ondulato, parecchio allungate verso il seno ) La fig. 19 (Tav. XIX [II]) mostra tali pieghe, sull’ area laterale destra, più spiccate di quel che non sieno- veramente sull’originale. [23] A. FUCINI 127 Jugale, che resulta assai ristretto, hanno la superficie superiore incavata in TaDponto alla depressione notata ai lati dell’area centrale. Placche intermedie. Esemplari: 1 del Museo di Pisa. — Tav. XIX [II], fig. 20. La placca in esame, che per la forma crederei che dovesse riferirsi ad una terza, ha tutte le carat- teristiche per stare specificamente unita alla placca precedentemente descritta. Essa è straordinariamente elevata ed arcuata: gibbosa e quasi angolosa superiormente; ed ha superfice sottilmente punteggiata; aree laterali distinte e non tanto larghe; seno jugale molto ristretto, a causa specialmente dello sviluppo tra- sversale delle lame suturali, che è veramente notevolissimo, ed ha gli stessi caratteri dell’incisura e del lama d’inserzione notati per la placca seconda. nonchè la stessa ripiegatura ventrale dell’articulamentum assai allontanata dall’apice. Il mucro e le suture sono però indistinti. Finito di stampare il 1.° luglio 1912. VENA le 4“ DOMENICO LOVISATO DA CAGLIARI A THIESI ALTRE SPECIE NUOVE DI CLYPEASTER MIOCENICI (Fav XXXII [LIII]): Alla specie rara di Clypeaster, che ho dedicato al compianto CortEAU, formando la specie 0. Gustavi !, figurando l’individuo del calcare elveziano compatto di S. Bartolomeo al Capo S. Elia, derivante pre- cisamente dalla cava sopra il bagno penale, ho il piacere oggi di aggiungere un quarto individuo trovato nel dicembre 1911 nel tramezzario (calcare elveziano compatto passante all’argilloso) di Is Mirrionis, al di là della Piazza d’Armi di Cagliari, che quindi avrebbe dato due degli individui di questa bella specie, derivando: il quarto dal Camposanto di Cagliari. Il nuovo esemplare è benissimo conservato, specialmente nella sua parte superiore sinistra, che fa vedere i suoi flessuosi petali ovali, lanceolati, assai larghi, bene aperti all’estremità inferiore, colle zone porifere pur larghe, ma depresse e portanti da 6 ad 8 tuber- coli, grossi, distinti, e che si veggono nettissimi. Del pari devo aggiungere un altro individuo, e sarebbe quindi il quinto, dell’altra specie nuova e pur rara C. Contivecchii >), trovato il 31 marzo dell’anno corrente nel calcare argilloso del Monte della Pace o Monte S. Giuseppe, pure al di là della Piazza d'Armi di Cagliari, esemplare rotto, conservante l’orlo solo in un punto, ma colla cupola ambulacrale e la cavità peristomatica magnificamente conservate: sa- DI) rebbe quindi questo il secondo individuo di tale specie trovato in quella località, derivando gli altri 3 dalla stessa forma litologica dell’ interessante Monte S. Michele, posto a tre quarti d’ ora di distanza. Nessun individuo di queste due specie nuove sarebbe stato da me trovato nè nella parte centrale del- l’isola, dove è tanto diffuso il genere Clypeaster, e tanto meno nel suo capo settentrionale, che va così ricco nello stesso genere e dove la fauna echinodermica è così diffusa nella vasta zona cheeva da Ploaghe a Sassari e Portotorres e da Portotorres per Castelsardo al di là di Sedini, internandosi nell’ isola. È un fatto curiosissimo e ben degno di essere rilevato che la parte centrale e quella settentrionale della Sardegna non m’abbiano fornito un solo individuo del tipo degli alticostati, che troviamo accen- trati, ben conservati ed abbastanza numerosi nel pittoresco sistema collinesco di Cagliari, compresovi quindi anche il Capo S. Elia: in zona ancor più ristretta troviamo il bel O. Contivecchii, come abbiamo sopra accennato, mentre abbiamo l’altro fatto che il C. intermedius Des MouLINS è assolutamente ecce- zionale nella parte meridionale dell’isola, mentre lo troviamo enormemente diffuso nella parte setten- trionale, avendosi dei punti di accentramento per esso anche nella parte centrale dell’isola bella. Infatti 1) Palaeontographia Italica, vol. XVI (1910), pag. 140, tav. XVI [I], fig. 1a-d. ® Palaeontographia Italica, vol. XVII (1911), pag. 40, tav. V [II], fig. 4a-d. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 16 130 D. LOVISATO [2] nell’immenso numero d’individui del genere C7ypeaster dei grès, sopportanti altre forme litologiche, com- presi i calcari compatti, pur ricchi in Clypeaster, al Capo S. Elia non avrei trovato che due soli €. èn- termedius, uno tipico, l’altro un po’ dubbioso, ed un terzo nel calcare compatto elveziano, passante al- l’argilloso (tramezzario) del Camposanto di Cagliari, che brilla per numero e per specie del genere Clypeaster. Quanto alla diffusione per un altro Clypeaster ‘abbiamo qualche cosa di simile a quanto si è detto pel O. intermedius: sarebbe il C. Lovisatoi, che dissi *, forse un po’ esagerando, essere diffuso nell’isola forse più ancora del C. intermedius. Infatti quella specie colle altre forme piccole affini la troviamo da S. Baingio Scapezzato ad oriente di Portotorres giù per Sedini fino a raggiungere il suo apogeo nella parte centrale occidentale dell’isola nelle belle colline di Coroneddu e dintorni, non lungi da Bosa nella Pla- nargia, ripetendosi sulla sponda sinistra del Temo nella regione Munis, ma non troviamo un solo esem- plare di tale bella specie nella parte meridionale dell’isola e quindi nel sistema collinesco di Cagliari, ‘dove invece sono accentrati gli alticostati, gli stricteinfundibulati con grossi individui a petali lunghi ecc., che poi mancano assolutamente nel capo settentrionale dell’isola ed anche nelle zone centrali, almeno per le ricerche che finora ho potuto fare. Abbiamo quindi una differenziazione marcatissima nella fauna echinodermica isolana anche pel sem- plice genere C/ypeaster, il quale comparisce con una ricchezza straordinaria negli antichi mari sardi mio- cenici, ma con tipi così differenti ai due capi dell’isola da indurci a separare quel mare miocenico in due mari distinti, comunicanti forse per semplici canali, e tali bacini di mari doveano essere distinti anche da quello che nella Calabria diede la bellezza dei (lypeaster illustrati dal SecuENZA ?, e dall’altro mare ancora più vasto, nel quale pullulavano i superbi e tanto vari Clypeaster illustrati dal PomeL 3), perchè, pur conservando i nostri giacimenti sardi certe specie in comune coi giacimenti accennati e con tutti gli altri, nei quali noi troviamo il genere Clypeaster, noi vediamo il tipo generale delle numerosissime specie nuove sarde assolutamente differente dai tipi e di Calabria e di Algeria. Alcuni anni fa io volea vedere delle affinità fra i Clypeaster isolani e quelli descritti dal PomeL, ma a tali mie vedute si oppose il -GaurzIER, il quale così mi scrivea: Vous étes porté à attribuer à la fauna miocène de la Sardaigne un caractère plutòt algérien qu italien; la position geographique de V ile peut se préter à cette idée; cependant je ne vois rien de franchement algérien dans les Clypeastres. Ils sont plutot reliés à ceux de la Corse. Ma-la grandezza degli individui, la lunghezza dei. petali, i tipi speciali dei Clypeaster dei dintorni di Cagliari, m’ hanno fatto persistere per qualche tempo ancora in questa mia idea; però studiati meglio questi diversi tipi e paragonati cogli esemplari figurati e descritti dal PomEL, mi. sono convinto che ‘le affinità che io volea vedere della nostra fauna isolana con quella dell’ Algeria non erano poi tante, quante dapprima pensava, convinto che i C7ypeaster variano immensamente, non solo da specie a specie, ma anche la stessa specie dando differenze marcatissime, a seconda della sua età, «della sua grandezza ed anche della forma litologica in cui è avvenuta la fossilizzazione. È certo che le affinità maggiori della fauna sarda sono da ricercarsi colla corsa, nella quale però ‘couverrà rivedere, restringendomi ora ai Clypeaster, tutti gli individui descritti dal CortEAU* e che cer- tamente hanno bisogno di essere ristudiati. Infatti è curiosissimo il fatto che mentre il CorrEAU nel 1892 i) Palaeontographia Italica, vol. XVI (1910), pag. 139. ®) Le formazioni terziarie nella provincia di Reygio (Calabria). Roma, 1879. 3) Paléontologie de l’ Algérie. Zoophytes, 2° fascicule, Echinodermes, 2° livraison. Alger, 1887. î Description de la faune des terrains tertiaires de la Corse par ArnouLD Locarp. Description des Echinides par Gustave Corwveau. Extrait des Annales de la Société d’ Agriculture, Histoire naturelle et Arts utiles de Lyon. 1877. [3] D. LOVISATO 132 ascrivea al C. crassicostatus un bell’esemplare del Camposanto di Cagliari di specie nuova, che io avea ravvicinato al C. Scillae e me lo rimandava dicendomi chiaramente che il C. Scilae era bene caratte- rizzato per avere solo 3, rarissimamente 4 tubercoli nelle zone porifere, riferiva nello stesso tempo un mio ©. aff. altus dello stesso Camposanto di Cagliari al ©. Scillae, ad onta mostrasse nettamente da 5 a 7 tubercoli nelle zone porifere: convien dire che il valente specialista d’Auxerre non si fosse incaricato di leggere nelle zone porifere, potendosi aggiurigere a tutto ciò che nella descrizione ch’egli fa del C. Scillae nel suo lavoro citato per la Corsica dice che il numero dei tubercoli nelle zone porifere va da 5 a .6 ®. Anche il GAUTHIER a proposito del C. Scilae mi serivea in una sua lettera del 19 marzo 1897 che è facile riconoscere tale specie pel semplice carattere que sur les. petites bandes qui séparent les paires de pores dans les zones porifères il ne porte que 8 tubercules, rarement quatre, ed infatti allora io avea at- tribuito al C. Scillae un bell’individuo del calcare argilloso compatto elveziano della regione Fraos a SO di Piano verso mare (Bosa, Planargia), ch'egli invece per vari caratteri, ma specialmente per quello del numero dei tubercoli nelle zone porifere, avea attribuito giustamente al C. crassicostatus. Anche di questa questione, della separazione netta del C. scillae da quelli delle altre specie vicine, mi occuperò in seguito, quando avrò esaurito l’altra questione del numero dei C7ypeaster esaminati, studiati e classificati anche da illustri echinologi, che hanno ascritto in grande numero ‘al €. intermedius o ad altre specie, ma che non possono essere accettate come tali, risultando quasi sempre specie nuove: a questo problema del C. Scillae-ho già accennato fino dal 1909 ?, correggendo qualche errore, in cui anche cultori speciali, non conoscendo. la fauna echinodermica della Sardegna, hanno voluto gratuitamente incorrere. Per l’importanza che viene ad avere il C. intermedius nell’ isola nostra, sia per gli studi fatti, ma più ancora per quelli da farsi, non credo inutile ripetere, anzi allargare, ciò che dissi a proposito di questo diffusissimo Clypeaster, la specie più comune cdell’importante genere anche per l'isola nostra, se dobbiamo giudicare non solo dai cento e più individui, raccolti allora fra Portotorres, Castelsardo, Nulvi, Ploaghe, Ittiri, Bonorva, ece., ma anche da qualche altro centinaio d’individui della stessa specie, che oggi posso aggiungere dei dintorni della sola Ploaghe, cara borgata, nei cui pressi sopra una medesima collina abbiamo il 0. Lamarmorai e 1° Echinolampas Spanoi, e dove ancora ho rinvenuto nuove specie di Olypeaster, che m’auguro presto possano vedere la luce a vantaggio della scienza e ad illustrazione sempre maggiore dell’isola bella. Chi verrà dopo di me forse troverà nella mia preziosissima collezione fra gli assai numerosi ©. èn- ftermedius degli altri individui da strappare ancora a quella specie, per formare delle varietà ed anche forse qualche specie nuova, perchè ho voluto essere corrivo, ascrivendo alla specie pure molti individui, che nelle zone porifere portano fino ad 8 tubercoli, piutfosto grossi e non regolarmente disposti, e spe- cialmente poi molti individui, nei quali non ho potuto leggere il numero di questi tubercoli, ma aventi colla forma pentagonale gli ambulacri digitiformi, l’orlo al periprocto concavo, questo periprocto circo- lare e ad una certa distanza dal margine ecc. Si sa che questa specie di C/ypeaster è forse la più variabile fra tutte, comprendendo forme. net- tamente pentagonali, ora col pentagono quasi regolare ed ora irregolare, in taluni individui col penta- gono allungato. in altri schiacciato e quasi inscrivibile in un cerchio, avendone taluni, che posseggono la forma quasi circolare, alcuni di piccole, altri di grandi dimensioni, mai però. grossissimi, e sì è visto i) Lavoro citato, pag. 251. ?) Palaeontographia Italica, vol. XV (1909), pag. 301. 3) Palaeontographia Italica, vol. XV (1909), pag. 300. 132 D. LOVISATO [4] come alle volte queste semplici dimensioni sieno state sufficienti per me per strappare qualche individuo dalla specie, già stabilita per esso da illustri specialisti, quali il Correav ed il GaurHIER, per farne non una varietà, ma una specie nuova per la scienza; nè ho finito ancora di fare nella cernita delle altre specie nuove con esemplari, che dai due valenti echinologi francesi sono stati nettamente battezzati per O. intermedius, come si vedrà anche nel corso della presente Nota. Il tipico ©. infermedius, generalmente pentagonale 0 subpentagonale, non allungato, non molto ri- stretto alla parte posteriore, ma variabilissimo, come abbiamo già ripetuto ne’ suoi contorni, che talvolta possono essere quasi circolari, come pur sopra ho già notato, ha per me le massime dimensioni di mm. 36 per l’altezza, di 147 pel suo diametro antero-posteriore e di 134 per quello trasversale, dimensioni, che sarebbero quelle del più grande fra i numerosi O/ypeuster di questa specie, raccolti e descritti dal PowgL per l’Algeria, non esistendo per quanto io mi sappia, che la varietà calabra del SeGueNZzA per quelli di Calabria, in cui l'altezza arriva a mm. 51, essendo però le altre due dimensioni molto minori !, e dando il Comreau per uno di Corsica l’altezza di 43 °: ha la faccia superiore piuttosto elevata, obliquamente declive sui margini, che non sono tanto ingrossati e specialmente all’ orlo posteriore, al periprocto: la faccia inferiore è piana, cominciando però dopv la metà dagli orli al centro ad incurvarsi per scendere al peristoma subpentagonale, grande, largo, profondo, infundiboliforme, coi cinque solchi, che cominciano ben marcati al peristoma e che s’attenuano sempre più procedendo verso l'orlo: il periprocto piuttosto piccolo, rotondo, molto vicino al margine, dal quale dista dai 4 ai 6 mm. e coll’orlo sempre concavo. La parte superiore, più o meno elevata nella regione ambulacrale, che all'alto s’incurva abbassandosi per formare quindi incavato l’ apice piuttosto piccolo, subcentrale, collocato perciò più basso delle som- mità ambulacrali: costantemente i cinque ambulacri, allungati, stretti, digitiformi, ovali, lanceolati sono salienti, ristretti verso la base, sebbene alquanto aperti ed occupanti meno dei due terzi del raggio, che va dalla sommità apicale all’orlo, essendo sempre l’anteriore più largo degli altri quattro e special- mente del paio anteriore: zone porifere depresse e più basse delle zone interporifere e fornite di un numero di tubercoli, che va da 5 ad 8, piuttosto grossi, non regolarmente disposti, non equidistanti: le zone interporifere elevantesi alquanto al di sopra delle zone porifere, ma variano assai in questo rigon- fiamento da individuo a individuo, da mancare quasi in qualcuno, che apparisce con quelle zone quasi piane, ma in generale sono poco rigonfiate, in ogni modo sempre assai meno delle aree ambulacrali, aventi i tubercoli più grossi di quelli delle zone porifere, essendo quelli della faccia inferiore ancora più grossi. Tali sarebbero per me complessivamente i caratteri di questa specie tanio comune fra i Clypeaster non solo d’ Europa, ma anche d’Affrica e di tutte le parti della terra. Ed ora passiamo ad alcune specie nuove. Clypeaster Pisacanei Lovisaro. — Tav. XX [I], fig. 1. Specie di assai grande taglia, rappresentando i più grossi individui del genere per la Sardegna. Ap- partiene insieme al C. Lamberti ®, C. Capellinit ®, ed altri ancora al gruppo degli stricteinfundibulati. 1) Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio (Calabria), pag. 54, tav. V, fig. 3. Roma, 1879. x 2) Lavoro citato, pag. 255. i 3) Lovisato. Le specie fossili finora trovate nel calcare di Bonaria e di S. Bartolomeo, pag. 17. Cagliari, 1902; — Lampert. Description des Echinides fossiles des terrains miocéniques de la Sardaigne. M&moires de la Société Paléon- tologique Suisse, vol. XXXIV (1907), prém. partie, pag. 49, pl. III, fig. 7 et pl. IV, fig. 1,2. 4 Lovisaro. Lavoro citato, pag. 17; — Lovisaro. Nuove specie dì Clypeaster del miocene medio di Sardegna. Estratto dalla Rivista Italiana di Paleontologia, anno XVII, 1911, fase, I-II, pag.5, tav. 1, fig. la-d. [5] D. LOVISATO 133 L'individuo figurato, che non è il più grande, misura mm. 174 in lunghezza, 162 di massima larghezza e 64 d'altezza, raggiungendo un altro la lunghezza di mm. 182 colla massima larghezza di 167 un po” indietro del punto, nel quale i solchi del paio anteriore degli ambulacri arrivano agli orli. La sua forma è subpentagonale, ristretta indietro, cogli angoli ben attondati e solo i margini fra le due paia di petali un po’ flessuosi e molto sottili. Faccia superiore (Tav. XX [I], fig. 16) subpirami- dale concoide, campanuliforme, declinante quasi uniformemente dalla sommità ai margini con una leg- gera concavità all'indietro: apice un po’ eccentrico in avanti, piuttosto piccolo e convesso, senza però che si possano vedere i 5 pori genitali. Petali assai lunghi (Tav. XX [I], fig. 14), larghissimi, special- mente nella parte inferiore, un po’ salienti in tutta la loro larghezza, racchiusi dalle zone porifere larghe, falciformi, restringentesi molto verso la parte inferiore, quasi per chiudere i petali, infossate e portanti da 12 a 15 tubercoli (Tav. XX [I], fig. 14) su ciascuna costola, piccoli e ad uguale distanza fra di loro: zone interporifere alquanto convesse, rialzantesi specialmente verso la metà per abbassarsi in vicinanza dell’apice, dove sono anche ristrettissime. Faccia inferiore (Tav. XX [I], fig. 15) assolutamente piana col peristoma pentagonale piccolo, ed i 5 solchi ambulacrali marcatissimi: periprocto grande, circolare, vicino al margine e questo ben convesso. — Questa specie era stata da me ravvicinata al O. parvituberculatus PoweL, ma ne differisce oltrechè per la grandezza generale, la sua maggiore altezza ed il contorno, per la larghezza e forma dei petali e specialmente pel numero dei tubercoli nelle zone porifere, che nel nostro è di molto superiore. Il Correau, che ebbe in comunicazione l’esemplare figurato insieme ad altri tre individui, non si pronunziò, e rinviandomeli mi diceva soltanto, che appartenevano al gruppo degli stricteinfundibulati, essendo però diversi da tutti gli altri finora conosciuti. Disgraziatamente ritornarono a me due soli dei. 4 esemplari. Il GaurHIER invece escluse più tardi il ravvicinamento, che io volea fare col C. parvituberculatus Pomet, e pur considerandolo di specie nuova, volea invece vedervi una certa rassomiglianza col O. melitensis: io però esaminando bene anche gli altri individui rimastimi e da me riferiti a questa specie, pur veden- dovi una somiglianza grossolana degli individui isolani colla specie del MicHELIN, dovetti concludere che pei caratteri generali erano ben distinte le specie. Infatti, prescindendo anche dalle dimensioni, che sono molto superiori, arrivando quelle date dal MrcneLIiN ! pel maggiore dei figurati, derivante probabilmente “da Neudorf (Austria) ed appartenente al Museo di Vienna, a mm. 170 per la lunghezza, 150 per la lar- ghezza e 45 per l’altezza, specialmente quest’ultima assai più piccola di quella dei nostri, abbiamo che il SecuENzA pel suo individuo figurato 2, derivante dall’aquitaniano del territorio di Stilo e rappresen- tato in tre differenti posizioni, avendone egli fatto del suo una varietà elegans del C. melitensis Mi- cHELIN, dice che gli esemplari, da lui rapportati a questa specie, sono alquanto più alti di quelli figu- rati dal MrcHetIN e di forma un poco più oblonga, cogli ambulacri allungati, senza parlare punto di lun- ghezza e di larghezza. I nostri individui sono più campanuliformi di quelli, ai quali si riferisce il MIcHELIN, che oltre che dall'Austria possono derivare dal primo luogo d’origine, Malta: hanno i petali più lunghi, più larghi alla parte inferiore, fatti come a clava e poi un carattere essenziale, che differenzia i nostri individui dal tipo di Malta e di Neudorf (Austria) sono le zone porifere, che portano da 12 a 15 tuber- coli, mentre nel C. melitersis, stando alle figure date dal MrcHELIN, ne abbiamo soltanto da 9 a 11; inoltre nei nostri individui isolani abbiamo che l’orlo al periprocto è convesso, mentreche dalla figura 4.* del SEGUENZA apparisce concavo, nulla dicendo di esso il MICHELIN. i) Monographie des. Clypeastres fossiles. Soc. géol., 2° série, t. VII, Mèm. n.° 2, 1861, pag. 129, pl. XXXII, fig.aà d, pl. XXXIII, fig. a àc. °) Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio (Calabria), pag. 55, tav. 1 VI, fig. a, db, e. Roma, 1879. Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912. 16* 134 D. LOVISATO [6] Perciò l’individuo figurato, designato dal prof. Arturo Tricomi dell’Università di Napoli insieme al C. Bandierai ed al C. Moroi, costituisce una specie nuova, che dedico a Carlo Pisacane, il pioniere di Marsala. Deriva questo individuo figurato, insieme all’altro di dimensioni ancora maggiori, dal calcare com- patto, passante all’argilloso (cosidetto tramezzario dei lavoratori) di Is Mirrionis al di Jà di Piazza d’Armi di Cagliari: un terzo individuo l’avrei trovato, sempre nel calcare elveziano, vera zona delle laminarie, di Santa Caterina di Pitinurri sulla costa occidentale. Clypeaster Bandierai Lovisaro. — Tav. XXI |II}, fig. 1. Specie di taglia media, pentagonale, attondato agli angoli, sinuoso agli orli grossi alla parte poste- riore, mancante di sinuosità in quella anteriore. Elevato nella parte superiore (Tav. XXI [II], fig. 1), misurando in altezza imm. 47, essendo la lunghezza di 133 e la larghezza di 113, a cupula troncata, in- cavato all’apice, piuttosto piccolo, disgraziatamente un po’ consumato, ma cogli ambulacri nettamente in- curvantisi. I petali (Tav. XXI [II], fig. 1@) sono lunghi, salienti, acutiformi verso l’apice, rastremantisi di poco alla loro parte inferiore, quindi aperte le zone porifere; queste piuttosto larghe, ma depresse, molto aperte, come ho già detto, nella parte inferiore, non solo nel petalo anteriore, ma anche negli altri quattro: queste zone porifere (Tav. XXI [II], fig. 14) sono munite di grossi tubercoli in numero da 4 a 6, irre- golarmente distribuiti su ciascuna delle costule, piuttosto larghe e separate dalle vicine per mezzo di solchi ben marcati e finienti per pori alle volte assolutamente rotondi. Aree anambulacrali allargantesi molto alla base degli ambulacri, con non risentita elevazione al loro terzo e sempre munite di tubercoli approssimativamente della stessa grossezza di quelli delle zone porifere, eguagliandosi in grossezza anche quelli delle zone ambulacrali. Nel nostro individuo figurato, che è unico della specie, una buona porzione di queste parti è mascherata da estese colonie di briozoi, che si trovano diffusissimi in Sardegna, special- mente sul genere Clypeaster. Faccia inferiore (Tav. XXI [II], fig. 18) assolutamente piana: il peristoma è nettamente pentagonale, allungato, grande, molto profondo: il periprocto grande è presso l’orlo, che pre- sentasi rientrante. Questo Clypeaster, unico per la specie, deriva dalla parte inferiore dei calcari compatti del Camposanto di Cagliari, precisamente da quella forma, detta dai minatori tramezzario, che segnerebbe quasi il pas- saggio dalla zona delle laminarie a quella delle coralline. Quando lo mandai la prima volta in comuni- cazione al CorreAU era un po’ impastato nella roccia ed è vero che in quello stato molti dei caratteri, ora visibili, non si mostravano, e ritornò a me col nome di ©. SciZae Des MouLIns. Non potendo accettare quella determinazione per la descrizione sopra fattane, prescindendo: anche dalla parte inferiore assoluta- mente piana e considerando solo i tubercoli delle zone porifere, che nel ©. Sci/lae per lo stesso CortTEAU, come abbiamo già osservato precedentemente, è generalmente di 3, raramente elevandosi a 4, mentre nel nostro il numero normale va da 4 a 6, lo mandai al GauTHIER, facendogli osservare bene i caratteri differenziali, che per me erano sufficienti per stabilire per quell’ individuo una specie nuova. Il valente scenziato me lo rimandò, dando ragione a me, scrivendomi che non era certamente il O. Scillae, ma che lo considerava come une variété épaisse du ©. altus. Non potendo accettare neppure questa determi- nazione, dopo averlo pulito ancora meglio dal calcare, che l’involgeva, lo rimandai sotto il n° 12 un’altra volta il 7 maggio 1904, quindi dopo diversi anni, al GauTHIER con questo cartellino: Clypeaster sp. n. - calcare compatto del Camposanto di Cagliari, aggiungendogli queste precise parole: Questo esemplare fu messo dal CortEau col O. Scillae Des MovuLins ed Ella, che l’ebbe altra volta in comunicazione, l’ ha considerato come une variété épaisse du C. altus; glielo rimando ora più polito e vedrà che essendo as- [2] D, LOVISATO 135 solutamente piano nella parte inferiore, per aver diversa l’apertura peristomatica e per essere più grosso ai margini non lo possiamo ascrivere a quella specie: disgraziatamente non si veggono i pori genitali, la cui posizione leverebbe ogni dubbio. Quando 1° 8 maggio 1905 l ebbi di ritorno insieme ad altri in- dividui, inviati al valente paleontologo per la conferma o correzione delle mie diagnosi, fu certamente grande la mia sorpresa vedendo tutti gli altri individui, accompagnati da un cartellino dell’illustre uomo, ad eccezione di questo, che fu poi anche l’unico, che arrivasse a me infranto nei pacchi postali di ritorno! Dopo l’esposto non ho alcun dubbio sulla specie. nuova del nostro superbo Clypeaster, che dedico ai magnanimi e valorosi fratelli Bandiera, martiri del nostro risorgimento. Clypeaster Oberdani Lovisaro. — Tav. XXI [II], fig. 2. Echinide di taglia piuttosto piccola, misurando mm. 96 in lunghezza, 75 in larghezza e 19 in al- tezza, notando che la fotografia è riuscita un po’ più piccola dell’originale: è subpentagonale, allungato. ad angoli bene attondati, ad orli non grossi e per la pressione subita, meno grossi nella parte ante- riore che nella posteriore e parti laterali, mostvante in questi una lievissima flessuosità. Faccia supe- riore (Tav. XXI [II], fig. 2a) colla cupula petalica, che si eleva per due terzi di essa faccia per andare all’apice, un po’ depresso: faccia inferiore (Tav. XXI [II], fig. 20), piana dapprima, s’inflette poi dolce- mente circa alla metà del suo raggio per andare a formare il largo peristoma, abbastanza profondo: solchi ambulacrali marcatissimi; periprocto grande, ellissoidale, mm. 4 lontano dal margine, quindi, in paragone delle dimensioni dell'individuo, abbastanza lontano dallo stesso margine, che è nettamente con- vesso. Petali, relativamente alla poca altezza della cupola petalica, (Tav. XXI [II], fig. 2) rialzati, allun- gati, digitiformi, l’anteriore dispari più lungo di tutti, misurando mm. 36, mentre i due posteriori mi- surano mm. 33 e gli altri due anteriori più corti vanno dai 30 ai 31 mm.. essendo quindi il petalo più lungo circa i 3, del raggio. Zone porifere sensibilmente allargate e ciò per la maggior parte della loro lunghezza, specialmente verso la loro parte inferiore, ove s’incurvano lievemente, ma lasciano i petali ben aperti, un po’ depresse, facendo vedere un leggero rialzo nelle zone anambulacrali, abbastanza aperte, allargandosi rapidamente dall’apice agli orli. Le zone porifere (Tav. XXI [II], fig. 2.4) portano da 4 a 5 tubercoli, assai irregolarmente disposti fra loro e piuttosto grossi, quasi quanto quelli delle zone in- terporifere e dei petali, approssimativamente eguali, ma in generale minori di quelli della parte inferiore. Questo Clypeaster, che finora trovai unico nell’isola, e che deriva dal calcare a lithothamnium sopra Montigu Biancu della Fallada de sa funtana di Thiesi in provincia di Sassari, fu da qualche specialista identificato col O. profundus D° ARcHIAC, col quale effettivamente ha in comune la forma e potrebbero pas- sare anche le dimensioni e specialmente l’altezza, ma ne differisce per l'insieme di quasi tutti gli altri carat- teri. Infatti, se noi confrontiamo il nostro esemplare colla descrizione e colle figure date dal MrcHeLIN, ma da lui copiate !, noi ne vediamo ben differenti il profilo pell’aspetto che presenta la cupola peta- lica, la quale nel C. profundus comincia a salire quasi dall’orlo fino all'apice, mentre nel nostro si eleva per due terzi di essa per andare all’apice: i petali sono più lunghi nel nostro e sono digitiformi, mentre nella specie D’ARcHIAC sono lanceolati: le zone porifere in quello si rastremano assai passando dall’ apice agli orli, nel nostro invece conservano quasi un’ uniforme larghezza e sono aperte alle loro estremità: sul numero dei tubercoli nelle zone porifere nulla posso dire, perchè ne tace il MrcHeLIN nella sua de- 1 Monographie des Clypeastres fossiles. Soc. géol., 2° série, t. VII. Mém., n. 2, pag. 138, tav. XVI, fio. 3a e 3 db. Paris, 1861. 136 D. LOVISATO [8] serizione, ma è certo che, se avesse visto il numero loro e la loro irregolare disposizione, ne avrebbe tenuto conto. La faccia inferiore in quello è piana, mentre nel nostro, piana dapprima, dolcemente s’inflette poi verso la metà del suo raggio per andare a formare il peristoma largo ed abbastanza profondo; il peri- procto nel ©. profundus è piccolo, circolare e molto vicino all’orlo, mentre nel nostro è grande, circolare e non tanto vicino all’orlo; si aggiunga un altro carattere marcatissimo, che distingue il nostro Clypeaster ‘dal C. profundus, quello dei solchi ambulacrali marcatissimi nel nostro, mentre in quello sono poco mar- cati. Tanto meno poi potremo paragonare il nostro esemplare col C. placunarius specialmente pel suo contorno nettamente pentagonale, e non trovando noi nei Clypeaster figurati, specialmente dal PomEL, nè in quelli da lui descritti e non figurati, nè nei numerosissimi per la Calabria del Secuenza *, il quale ebbe il grande torto di ridurre della metà i suoi individui figurati, ciò che rende i confronti assai difficili, nè in quelli descritti ed illustrati da altri, alcun individuo, che presenti il complesso dei caratteri del nostro bell’esemplare ho fatto la specie nuova, che dedico all’ ultimo martire del sentimento nazionale italiano, a Gugliemo Oberdan, a questo simbolo purissimo d’italianità. Non manca però nell’isola bella neppure il Clypeaster profundus »'ArcuHiac. che pure in un unico esemplare avrei trovato nel calcare elveziano del camposanto di Cagliari, concor- rendovi bene i caratteri principali, sebbene i solchi ambulacrali sieno assai bene marcati, quasi quanto nel C. Oberdani. Questo individuo coi petali romboidali, abbastanza rigonfiati, porta da 4 a 6 tubercoli nelle zone porifere ed è parecchio rovinato nella parte sinistra a cominciare da alcuni millimetri dopo il periprocto fino alla metà dello spazio, che separa il petalo anteriore dispari dal pari anteriore. Ha il periprocto circolare, non grande, ravvicinato al margine convesso, il peristoma non grande, ma infundi- buliforme ed i margini sottili, specialmente il posteriore. Clypeaster Moroi Loviswro, — Tav. XXII [III], fig. 1. Anche questa specie è rappresentata da un solo individuo, disgraziatamente rotto in tre pezzi e non benissimo conservato, per essere consumato dall’ usura. È di taglia media, a contorno subellittico, presentante quasi la stessa lunghezza avanti ed indietro, a margini assai leggermente inflessi. Faccia superiore depressa (Tav. XXII [III], fig. 1), sollevantesi quasi uniformemente fino all'ambito. Sebbene il guscio sia alquanto consumato si veggono benissimo gli ambulacri assai poco rigonfiati, poco salienti sulle aree anambulacrali (Tav. XXI [111], fio. 1a), che leg- germente si sollevano a formare la cupola bassa, alquanto depressa ‘all’ ambito. I petali occupano una lunghezza maggiore dei * dall’ apice ai margini, perchè sono di mm. 44 sopra una lunghezza di 64, arrivando il petalo impari a 50 sopra 70: si allargano al basso e sono quasi chiusi dalle zone porifere, che portano sulle costole più lunghe fino ad 8 ed anche 9 tubercoli (Tav. XXI [II], fig. 1d), irregolar- mente distribuiti, piuttosto piccoli ed in ogni modo minori dei tubercoli delle zone interporifere, delle zone anambulacrali: ha pianeggiante la parte inferiore (Tav. XXII [III], fig. 18), che dolcemente s° in- clina verso il peristoma pentagonale, non grande e non molto profondo; i solchi ambulacrali partendo dal peristoma s’arrestano agli orli; il periprocto non grande, ravvicinato all’orlo, piuttosto sottile, come i) Le formazioni terziarie nella provincia di Reggio (Calabria). Roma, 1879. N [9] D. LOVISATO 13 lo è in generale tutto il margine, e questo non rientrante, cioè concavo come nel ©. intermedius, ma sporgente, cioè convesso. ‘ Quest’ ultimo carattere io facea specialmente rimarcare al GaAUTHIER, propenso appunto a ravvicinarlo a quella specie, volendo vedere il contorno subellittico come risultante dall’ usura degli orli sugli angoli, mentre vediamo su qualcuno di essi, ben corîservato e tondeggiante come gli altri, ancora i tubercoli agli orli; manca il nostro individuo assolutamente della forma pentagonale; neppure il poco rigonfiamento dei petali lo dobbiamo all’ usura, che del resto si sarebbe esercitata anche sopra tutte le altre parti. Il contorno subellittico, la sua poca altezza, che arriva appena a mm. 30, misurando la lunghezza mm. 135 e la larghezza 126, la maggior chiusura delle aree ambulacrali, che non sono rigonfiate, mentre lo sono un tantino le interambulacrali, la parte inferiore quasi pianeggiante e che solo leggermente s° in- curva colle sue zone per andare a formare’ il peristoma e specialmente l’orlo convesso al periprocto ed i margini soverchiamente sottili ed anche il numero dei tubercoli nelle zone porifere, che arrivano fino a 9, distinguono nettamente questo individuo non solo dal C. intermedius, al quale l’avrebbe voluto ravvicinare il GAuTHIER, ma da qualunque altra specie di Clypeaster finora conosciuta, disegnata o de- scritta, e mi permettono di fare un’altra specie nuova, che dedico a Moro, altro martire del nostro ri- sorgimento. Raccolsi questo individuo in un importantissimo conglomerato fossilifero da Senis a Nurecci sotto il nuraghe di Planu Ollastu nella zona a Scutella. Clypeaster Sciesai Lovisaro. — Tav. XXII [III], fig. 2. Anche questa specie è rappresentata da un unico individuo, di taglia ancora più piccola del C. Oberdani e fu ascritto dal CortEAU e dal GauTHIER al C. infermedius, ma non può essere di tale specie pei carat- teri, che vado ad esporre. Misura mm. 89 al suo diametro antero-posteriore, 75 al trasversale e 22 in altezza. È di forma sub- pentagonale, non allungato, ad angoli bene attondati, gli orli un po’ flessuosi fra le due paia di petali; l’orlo posteriore sottile in confronto degli altri e per niente ristretto alla parte posteriore in confronto dell’anteriore, uno dei caratteri, che servono a distinguerlo dal ©. întermedius. Faccia superiore (Tav. XXII [III], fig. 2c) subconica, ma non molto elevata, saliente dagli orli all'apice in linea concava al petalo di- spari, ciò che non avviene nel C. èîntfermedius, nel quale quest’orlo è poi anche molto ingrossato, mentre nel nostro di poco si differenzia nella sua grossezza dall’orlo posteriore. I petali ambulacrali non sono così elevati come nel C. intermedius, ma sono larghi (Tav. XXII [III], fig. 2a) lanceolati, superanti in lun- ghezza i *|, del raggio, che va dall’apice all’orlo, altro carattere, che fa distinguere il nostro individuo dalla specie, nella quale era stato messo anche da echinologi valenti: le zone porifere sono poco de- presse, ma non sono falciformi, come avviene per lo più nel ©. intermedius, nel quale poi sono quasi chiuse, mentre nel nostro sono molto aperte e portano da 4 a 6 tubercoli piccoli (Tav. XXII [III], fig. 2 d), quasi sempre ad eguale distanza fra loro e regolarmente disposti, ciò che non avviene nel C. infermedius, col quale ha il carattere in comune che le zone interporifere si elevano alquanto sopra le zone porifere nella loro parte superiore. La faccia inferiore non possiamo dirla piana neppure in vicinanza agli orli, perchè assai dolcemente vanno inflettendosi le 5 zone, che separano i solchi fino a circa la metà della distanza dagli orli al centro e poi s’inflettono rapidamente per andare a formare un assai largo ed assai profondo peristoma, occupante quasi la metà del diametro totale, carattere eminente per distinguere il nostro in- 138 D. LOVISATO [10] dividuo nettamente dal C. intermedius, nel quale abbiamo di più che i 5 solchi ambulacrali ben marcati prima al peristoma s’attenuano così da quasi non vedersi verso gli orli, nel nostro individuo sono distinti fino a questi: il periprocto è assai piccolo, rotondo ed assai vicino all'orlo (Tav. XXII [III], tig. 20), il quale è convesso nel nostro esemplare, carattere che da sulo basterebbe per toglierlo dalla specie di (. în- termedius, al quale era stato ascritto. Il GauTHIER, al quale volli rinviarlo negli ultimi anni di sua vita e pulito dalla roccia, che 1 invol- geva, come lo si vede oggi, perseverò nel suo preconcetto, rimandandomelo come jeume du C. intermedius, ciò che evidentemente non può essere per la serie dei caratteri suesposti, che ne fanno una specie nuova, colla quale voglio ricordare l'operaio milanese (tappezziere) Antonio Scîesa, il cui nome è segnato con lettere d’oro nella storia del risorgimento italiano. Deriva questo Clypeaster dai grès calcari a lithothamnium di Conca Manna sotto la fontana “ Sa friarosa , d’Isili in provincia di Cagliari. Avrei voluto nella presente Nota mantenere la promessa fatta ! di affrontare l’ interessante problema del C. gibbosus, che come già dissi ?® dovrebbe riprendere il nome antico di C. campanatus SCHLOTHEDI, stabilito 9 anni prima, cioè nel 1820, ma nuovo materiale, relativo alla specie, essendosi aggiunto, ho ere- duto prudente di differire a più tardi di occuparmi di questa questione del massimo interesse per l’echi- nologia isolana, nella quale ai numerosi esemplari finora attribuiti a quella specie tanto dal CortEAU, quanto dal GaurBIER pel miocene specialmente del Capo S. Elia e del Camposanto di Cagliari, dobbiamo aggiungere altri individui oltre i pochi e dubbiosi esemplari di Fontanazza, potendo fin d’ora dichiarare che per alcuni di essi dovrò formare delle altre specie nuove oltre a quelle già fatte pel CL Lamberti e pel C. Torquati, che erano stati già attribuiti al €. gibbosus da quei distinti specialisti. Anche sui Clypeaster att. al C. Lovisatoi ho promesso ® di occuparmi per formare almeno una nuova specie per pochi individui di più grande taglia, ma aventi colla specie di CortEAU molti caratteri in comune, ma pur troppo devo dire che non ho proprio potuto ritornare nelle regioni, dove ho raccolti que’ pochi individui per trovarne degli altri e di essi più caratteristici e tali da confermarmi eloquen- temente i caratteri differenziali osservati più o meno chiaramente nei primi: aggiungerò anzi che mentre del tipico 0. Lovisatoi ho potuto ‘avere qualche bell’esemplare, regalatomi dalla gentile signorina Ida Passino di Bosa, della specie dubbiosa non m’avvenne di averne alcuno. A proposito però di questo bel tipo di C?ypeaster e tanto caratteristico per l’isola nostra non posso a meno di ricordare che esso ha tanta somiglianza col O. Douvillei, specie nuova fatta da poco dallo SrEFANINI e da lui descritta e figurata nel suo pregevole lavoro *, per un tipo unico, proveniente dal “ white limestone , di Jasper County (Mississipì) e trovantesi nelle collezioni dell’ Ecole des Mines a Parigi. Però l’esemplare ameri- cano è di dimensioni ancora minori del più piccolo dei miei €. Lovisatoi, quello da me raccolto a Sedinì in provincia di Sassari. L'autore della interessante memoria dopo aver confrontato l'individuo, di cui ha fatto la nuova specie, con altri C7ypeaster conosciuti, dice che un ravvicinamento potrebbe farsi piuttosto col (. folium AG., il cui tipo, che proverrebbe dal terziario di Palermo, egli avrebbe visto nell’anno pas- sato nel Museo di Ginevra (coll. DeLuc) e che ha presso a poco la stessa forma del guscio e dei petali. 1) Altre specie nuove di Clypeaster del Miocene medio di Sardegna. Boll. So. geol. ital., vol. XXX (1911), pag. 466. ì Lavoro citato, pag. 469. : % Palaeontographia Italica, vol. XVII (1911), pag. 39. + Sugli echinidi terziari dell’ America del Nord. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXX (1911), tav. XXII, fig. 1a,b,c. [11] D. LOVISATO 139 Si comprende da ciò che questo esemplare compare e scompare dal Museo di Ginevra, perchè il Corve4aU non ha potuto vederlo in quel Museo * l’ultima volta, che l’ha visitato. Dirò ancora che prima di dar mano alla pubblicazione ed illustrazione di altre specie nuove, non contestate da nessun specialista, anzi da qualcuno confermate tali, ho già assunto l’obbligo ? di toccare e svolgere, se non risolvere completamente l’altro problema relativo alla echinologia isolana, quello che riguarda la Scutella e la Amphiope isolane, dei quali generi la Scutella è conosciuta nell’ isola da lunga pezza colla specie S. subrotunda ® , che probabilmente per qualche giacimento doyrà essere corretta, te- nendo anche conto delle determinazioni fatte posteriormente da qualche illustratore e che dovranno in parte almeno essere modificate e non soltanto pel genere Scutella, ma anche per quello di Amphiope, che nell’isola bella si presenta diffusissima, e non soltanto colle specie nuove pubblicate, ma anche con altre specie, non dissimulandomi fin d’ ora le immense difficoltà, alle quali andrò incontro, non avendo a soc- corso del ricco materiale scientifico, che posseggo, la letteratura echinologica necessaria, e quindi la gran- dissima difficoltà di risolvere esaurientemente tale problema su queste due famiglie di echinodermi nelle mie pagine. Alcuni anni fa era propenso ad ascrivere al bormidiano le forme litologiche, nelle quali trovava Scu- tellac ed Amphiopi; ma dopo esame più profondo di tali forme, nelle quali le specie di questi generi erano diffuse ed avendo trovato una Seutella anche nel vero elveziano 4, ho dovuto restringere i confini, tanto da riferire oggi le formazioni a Scutella e ad Amphiope dall’ aquitaniano all’ elveziano, riferendo il maggior numero all’aquitaniano, piano col quale comincia per me il miocene inferiore, passando forse qualche specie non solo ai terreni più bassi dello stesso miocene inferiore, ma anche all’oligocene: e questi limiti valgono per me anche pei Clypeaster, colla osservazione che nello stampiano, che da alcuni geologi viene ascritto all’oligocene superiore, non ho trovato nè Scutella, nè Amphiope, nè Clypeaster, almeno per ciò che è stampiano isolano; come nelle formazioni, che io ho riferito al langhiano ed al tor- toniano, non ho trovato neppure alcun individuo di quei generi, pure essendo tali formazioni abbastanza ricche di fauna echinodermica, e con forme nuove e bellissime. Saluterò con piacere chi correggerà i miei errori, si comprende con criteri scientifici, stabilendo degli orizzonti netti anche per questa fauna echinologica, la quale non credo che troppo amore m’inganni as- serendo ch’ essa per l'isola bella è non solo la più ricca di tutta Italia, ma forse anche di tutta la terra. # In una notazione a pag. 27 della sua « Description des Echinides miocènes de la Sardaigne ». (Mémoires de la Société géologique de France, tome V, fase. II. Paris, 1895), noi troviamo queste parole: L’original est indiqué par Michelin comme se trouvant à Genève dans la collection de M. Delue; mais cet eremplaire que nous n’avons pas re- trouvé n'est plus à Genève. °) Palaeontographia Italica, vol. XVII (1911), pag. 46. 3) Paltontologie de l’ île de Sardaigne, pag. 612. Turin, 1857. i LamBeRT. Description des echinides fossiles des terrains miocéniques de la Sardaigne. Mémoires de la Société paléontologique suisse, pag. 44, pl. III, fig. 3 et pl. V, fig. 1,2. Genève, 1907. ® » Finito di stampare il 28 ottobre 1512. ig! Mico fi! CTZ TRAE SERAFINO CERULLI-IRELLI FAUNA MALACOLOGICA MARIANA PARTE SESTA D. Cerithiidae, Cerithiopsidae, Triforidae, Diastomidae, Vermetidae, Turritellidae, Mathildidae, Caecidae. (Tav. XXIII-XXV [XLIV-XLVI]). Fam. Cerithiidae Frrusssc, 1821. Gen. Cerithium Apavnson, 1757. Cerithium (Thericium) vulgatum Bruc. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 1-7. (1789. — BRUGUIÈRE. Dict. scient., n. 13). 1854. Cerithium vulgatum Brue. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1858. _ _ — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. —_ - — Conti. Op.cit., 1.2: ed., pag. 32. 1868. - - — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. - 2 — Conti. Op.cît., 2.2 ed., pag. 38. 1874. _ _ — Mantovani. Op. cit., pag. 43. 1875. _ - — Ponzi. Op. cît., pag. 20 e 26. ? 1875. — fuscatum Cosna. Ponzi. Ibid., pag. 26. 1881. = vulgatum Brue. Meri. Loc. cit., pag. 451. 1882. —_ _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. _ _ — CrerIci. Loc. cit., pag. 108. Il C. vulgatum delle sabbie del M. Mario, nei pochi esemplari che ne trovo in collezione tutti in- completi dal lato dell’apertura, mostra una discreta variabilità, come del resto in altri depositi e nei mari odierni. Più frequente che nelle sabbie del M. Mario, la specie si raccoglie a Malagrotta. La maggior parte degli esemplari studiati si raggruppa attorno al tipo della specie ed alla var. nodulosa PrIL., distinta dal tipo per tubercoli più ottusi e per strie spirali più marcate. È rappresentata anche la var. tuberculata PHIL., e la var. crassecingulata Sacco. 1) Per la PARTE QUINTA v. Palaeontographia italica, vol. XVII, pag. 229-275 [279-325], tav. XXI-XXVI [XXXVIII- XLIII]. Palneontographia, vol. XVIII, 1912. 17 142 S. CERULLI-IRELLI [328] Ù Ma varietà più interessante, perchè costituisce un termine di passaggio fra il C. vulgatum e il C. crenatum. è la var. seminuda B. D. D.V, cui riferisco alcuni esemplari della nostra collezione, sebbene essi rispetto alla figura di B. D. D. abbiano forma più raccorciata, e potrebbero forse costituirne una sotto-varietà. La scultura fatta di cordoncini trasversali granulati, a granulazioni sottili ed allineate in serie as- siali più o meno regolari, colla serie mediana ben poco più sporgente delle altre, gli anfratti assai poco convessi, tutti varicosi, la sutura delimitata da un cordoncino densamente noduloso, a noduli allungati, spesso più grossi delle costicine e granulazioni della parte centrale degli anfratti, sono caratteri che la- sciano dubbiosi sul riferimento specifico, in quanto si riscontrano anche nel C. crenatum. Soltanto la forma normalmente meno allungata nella var. di C. vulgatum, gli anfratti meno depressi, un più chiaro in- dizio di costicine assiali sugli ultimi anfratti, e la serie dei tubercoli nella parte mediana degli anfratti un po’ più sporgente possono esser caratteri distintivi fra le due specie, se attentamente messe in raf- fronto. Il O. vulgatum è specie oggi largamente diffusa nel Mediterraneo: lo si conosce di molti depositi pliocenici e post-pliocenici; ma esso comparve già nel miocene. M. Mario: Farnesina: Acquatraversa. Malagrotta. Cerithium (Thericium) crenatocoronatum Sacco. — Tav. XXIII |XLIV], fig. S. (1895. — Sacco, Z Moll, terr. terz. Piem. e Lig., parte XVII, pag. 19, tav. I, fig. 77). La scultura fatta di tubercoli più distanti, più acuti, con una serie, quasi al centro degli anfratti, subspinosa, gli anfratti subangolati al centro, sono i caratteri che distinguono questa specie dal C. crenatum, sebbene senza dubbio siano forme assai affini. Vi riferisco un esemplare abbastanza adulto trovato in collezione insieme ad individui di ©. vdl- gatum. x Altezza . ° : : : mm. 69 ‘Larghezza 5 È 3 : » ? n _ In confronto della figura di Sacco l'individuo di M. Mario ha gli anfratti più densamente ornati di noduli, e meno angolosi al centro. M. Mario (s. g).-_ Cerithium (Thericium) varicosum Br. sp. — Tav. XXIHIT|XLIV], fig. 9-11. (1814, — Broccemi. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 410, tav. X, fig. 3.— Murez). 1864. Cerithium varicosum Broc. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 32. 1865. - - — Manrovani. Op. cìt., pag. 16. 1871. - _ — Conti. Op. cît., 2.* ed., pag. 38. 1874. -_ — — Mantovani. Op. cit., pag. 43. 1875. - - — Ponzi. Op. cit., pag. 27. 1882. - _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. - - — CLerici. Loc. cit., pag. 108. 1896. Cs _ — Men. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 76 e 83. ‘) Bucovoy, DauTzENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Roussillon, vol. I, pag. 201, tav. XXII, fig. 11, 12. [329] S. CERULLI-IRELLI 143 Non sono frequenti gli individui appartenenti a questa specie, ma in compenso alcuni di essi mo- strano uno sviluppo anché superiore a quello che la specie sembra aver raggiunto altrove. In effetti il nostro individuo più adulto ha un'altezza di circa 10 centimetri. Fra gli individui studiati non noto differenze rimarchevoli di forma o di scultura: in essi, e par- ticolarmente nell’individuo più adulto, l'angolo spirale è meno aperto che nella figura di BroccHi, e la varice dal lato opposto dell’apertura è più o meno rilevata. Alcuni esemplari per una maggiore sporgenza delle pieghe e nodi assiali sugli anfratti si avvicinano alla var. trarsiens Sacco. Il C. varicosum, secondo alcuni autori, dovrebbe considerarsi varietà di C. v/gatum: ma io non trovo alcuna ragione per seguire un tale criterio, in quanto il ©. varicosum è specie abbastanza nettamente differenziata dal vulgatum, e non certo meno di altre specie che ne vengono considerate distinte, quali per es. il C. crenatum. Il C. varicosum è conosciuto di diverse località plioceniche italiane: in Francia l'ha citata il Fox- TANNES !, ad Algeri De LamorHe ?. Non è conosciuto dei depositi post-pliocenici italiani nè nei mari odierni. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa. Gen. Bittium Leaca in Gray, 1847. Bittium reticulatum Da Costa sp. — Tav. XXIII [XIV], fig. 12-22. (1778. — Da Costa. British Conch., pag. 117, LXX tav. VIII, tig. 13. — Strombiformis). (1850. — FoRBES a. HanLEY. Brit. Mol., vol. IIl, pag. 192, tav. XCI, fig. 1,2. — Cerithium). 1854. Cerithium lima Brue. De Ray., V.p. H., Ponzi. Cut. cit., pag. 12. 1854. _ mammillatum Risso. De Rav., V. n. H., Ponzi. Ibid., pag. 12. 1858. _ _ — Ponzi. Nolacit., pag. 559. 1864... — = — Conm. Op. cit., 1.* ed., pag. 32. 1864. - lima Brue. Conti. Ibid., pag. 32. Us, = mammillatum Risso. MantovaNnI. Op. cit., pag. 16. 1871. — —_ — Conm. Op. cit., 2.3 ed., pag. 38. 1871. _ lima Bru. Conn. Ibid., pag. 38. 1874. = mammillatum Pur. Mantovani. Op. cit., pag. 43. 1874. — lima Brue. Mantovani. Ibid., pag. 43. 1875. _ mammillatum Risso. Ponzi. Op. cit., pag. 20, 26 e 27. 1875. _ lima Brue. Ponzi. Ibid., pag. 26. 1881. Cerithiolum scabrum Ourvi. Meri. Loc. cit., pag. 451. 1882. Cerithium mammillatum Risso. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1882. _ scabrum Ovivi. Zuccari. Ibid., pag. 16. Questa specie, com’ è noto, è assai variabile, ed attorno ad essa si raggruppano tipi diversi così per forma che per scultura della conchiglia. Io per altro sono indotto a ridurre alquanto i suoi limiti di va- 1) FONTANNES. Moll. plioc. d. Rhòne et Rouss., vol. I, pag. 164. 2) DE LAMOTHE. Les gites fossiliferes des marnes plaisanciennes du Sahel d’ Alger. Bull. Soc. geol. de France, serie 4, vol. VII, pag. 493. 144 S. CERULLI-IRELLI [30]. riabilità, e a separarne il 3. paludosum, che dagli autori francesi B. D. D. ne vien considerato varietà, in quanto mi sembra che per scultura, forma degli anfratti e dell’apertura esso se ne differenzi sostan- zialmente. È difficile dire quale sia la forma tipica di 5. reticulatum, in quanto la figura di Da Costa è assai poco chiara, nè la descrizione vale a darne una più chiara idea. Ma secondo la figura posteriore di Forges ed HanLey la conchiglia ha gli anfratti ornati da linee assiali e spirali di quasi eguale grandezza, che nei loro punti di intersezione danno luogo a noduli perliformi. Tale aspetto la conchiglia ha anche nella figura di SowerBy *, come in quella di JEFFREYS ®, sebbene in questa meno chiaramente. Nella forma invece che B. D. D. considerano tipica si osserva che le linee spirali sono più rilevate che nel tipo dei mari inglesi, ma più sottili di quelle assiali, le quali, più distanti fra loro, hanno ancor meglio l'aspetto di costicine, e i noduli che si originano nei punti d’intersezione fra linee spirali ed assiali sono più acuti e più lineari, non perliformi come nell’altro tipo. Sembrerebbe perciò, che la forma mediterranea dovesse andar distinta a titolo di varietà. Ma JerFREYs informa che tale diversità di scul- tura si osserva anche nella specie vivente nei mari inglesi, in quanto dice che in alcuni esemplari sono più forti e più evidenti le linee spirali, in altri invece le costicine assiali. A M. Mario sono rarissimi gli esemplari (Tav. XXIII [XLIV], fig. 12) che corrispondono alla forma che dirò tipica dei mari inglesi, perchè tale comunemente figurata, mentre sono più comuni gli altri conformi al tipo vivente nel Mediterraneo (Tav. XXIII [XLIV], fig. 13, 14), pur variando in essi sensibil- mente la grossezza ed il numero delle costicine assiali. Le maggiori dimensioni riscontrate fra gli esemplari di M. Mario sono di circa 9 mill. di altezza, dimensioni alquanto inferiori a quelle degli individui attualmente viventi. Fra essi, oltre i due tipi di cuì ho fatto cenno, posso distinguere le seguenti principali variazioni, per quanto i facili passaggi dall’ una all'altra non ne rendano ben sicura la separazione. Var. rudis BrueNn. %. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 15-19. — Per scultura corrispondente al tipo dei mari inglesi, questa varietà se ne distingue per gli anfratti piani, non convessi, divisi da suture superficiali. È forse il tipo più frequente in cui la specie s'incontra a M. Mario, e negli esemplari studiati varia leg- germente la forma, che è più o meno allungata: gli ultimi tre o quatto anfratti sono sempre ornati di 4 serie di granuli perliformi. Gli autori francesi B. D. D. ritengono la varietà di BruGNONE corrispondente al C. scabrum OLIVI; ma a me non sembra, per la maggiore convessità degli anfratti nel C. scabrum e suture più profonde, per le granulazioni più acute, più ‘scabre, non perliformi come nella var. rudis. Var. conica. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 20, 21. — Si distingue dalla precedente per la forma conica, ultimo anfratto meno attenuato all’estremità superiore, e subangolato, base più depressa. In questa varietà trovo esemplari cogli ultimi anfratti ornati anche di tre soli ordini di granulazioni. Var. Latreillei Payr.® sp. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 22. — È forma che serve quasi di passaggio fra i due tipi principali della specie. Gli anfratti convessi hanno le costicine assiali meno profondamente interrotte dagli spazi fra i cingoletti spirali: questi sono più sottili, e formano sulle costicine noduli tra- !) G. B. SowerBy. ZU. index of British Shells, tav. XV, fig. 8. 2 JEFFREYS. Brit. Conch., vol. V, tav. LXXX, fig. 4. * BruanoNE. Osservaz. critiche catal. conch. foss. M. Pellegrino e Ficarazzi del MARCH. pi MontEROSATO. Boll. Soc. mal. it., vol. III, pag. 28, tav. I, fig. 4. ‘© PayRAUDEAU. Catal. Annel. et Mollusques de Corse, pag. 143, tav. VII, fig. 10. [331] S. CERULLI-IRELLI 145 sversalmente allungati, non perliformi. È frequente negli individui riferibili a questa varietà l’ispessi- mento variciforme di una-o due costicine sugli ultimi anfratti, cui corrisponde una maggiore sottigliezza delle costidine intermedie. M, Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa (fide Ponzi, MELI). ; Bittium paludosum B. D. D. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 23-31. (1884. — B. D. D. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 215, tav. XXV, fig. 14-17.— 5. reticulatum var. paludosa). La scultura fatta di linee spirali assai sottili, acutamente sporgenti sulle costicine assiali assai più robuste in proporzione, la notevole convessità degli anfratti, la forma dell’apertura quasi affatto canalico- lata, la columella non contorta alla base, la sottigliezza del labbro interno perfettamente aderente e meno espanso, distinguono, mi pare, abbastanza nettamente la forma paludosa dalle altre che possono raggrupparsi attorno al B. reticulatum. E così la scultura, come e più la forma dell'apertura, che ricorda assai da vicino quella dei Cerithidium, mi inducono a considerare il B. paludosum specie a sè anzichè varietà del reticulatum, tenuto conto anche della notevole costanza dei caratteri che la distinguono nei numerosi esemplari esaminati, e tenuto conto che la diversità di caratteri non è in relazione con di- versità d’ambiente, in quanto a M. Mario si trovano insieme entrambe le specie. Fra gli esemplari di M. Mario oltre la forma ad anfratti convessi, che dobbiamo considerare tipica, sì può distinguere anche una var. sub piramidalis, (Tav. XXIII [XLIV], fig. 30, 31) caratterizzata dagli anfratti meno convessi, colla base dell’ ultimo depressa. Così nell’uno che nell’altro tipo sono soggette a variazione l’altezza della conchiglia in rapporto alla larghezza, e la scultura per linee spirali e costicine assiali più o meno pronunziate e sporgenti. Fra le varie forme spettanti al gruppo del £. reficulatum è questa la più comune fra le nostre sabbie. Essa si raccoglie pure abbondante fra le argille sabbiose salmastre della Rimessola. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Bittium Deshayesi mut. nom. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 32-37. (1832. — DesHavEs. Erped. scient. de Morée, vol. III: Zoologie-Mollusques, pag. 183, tav. XXIV, fig. 17-19. — Cerithium angustum). 1871. Cerithium variculosum Nyst. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 38. Conchiglia piccola, allungata, turriculata, composta di 10 a 14 anfratti, convessi, inferiormente sub- depressi: superficie degli anfratti ornata di sottili costicine assiali di cui spesso due o tre variciformi sull’ultimo, e di sottilissime strie spirali, queste generalmente in numero di quattro, di cui le due su- periori più elevate e più evidenti: nei punti d’intersezione fra costicine e strie, queste più acutamente rilevate quasi a formare una punta più o meno ottusa; primi anfratti ornati solo di strie spirali, gene- ralmente in numero di tre: base dell’ultimo anfratto munita di 4 a 5 strie spirali. Apertura ovale, ovale-arrotondata, o ovale-subromboidale, terminantesi in una depressione anteriore, in luogo del canale, larga, superficiale, appuntita all’estremità a forma di becco; labbro esterno sottile, ora diritto, ora al- quanto sinuoso, talora anteriormente espanso, talora regolarmente arcuato e superante in altezza l’estre- mità della depressione canaliforme. Altezza . 3 - x mm. 4,6 Larghezza È . 5 3 a 106 146 S. CERULLI-IRELLI [332 Variano nei numerosi individui osservati la lunghezza maggiore o minore della spira, la sporgenza delle costicine e strie spirali, la forma dell’apertura: ma è costante il carattere della maggiore sporgenza delle due strie spirali della parte superiore degli anfratti, e una più o meno leggera depressione della parte inferiore degli anfratti stessi. Tali caratteri mi sembrano rispondere a quelli del C. angustum DesH., da DesHayes descritto su individui fossili di Rodi. HòrwnEs ” ha ritenuto identico il C. angustum col C. spina PaRrTSsA, adottando questo secondo aggettivo come distintivo della specie, essendo l’aggettivo angustum già stato usato da DesHayes per altra specie eocenica diversa. Benchè HòrNES dica che la specie è assai variabile nei riguardi della scultura, pure a me sembra che la forma miocenica differisca da quella descritta da DESsHAYES, come da quella fossile di M. Mario, per spira più allungata e numero maggiore di anfratti, per anfratti più re- golarmente convessi, per costicine assiali più strette ed avvicinate e forse più numerose, per la depres- sione anteriore dell’apertura più canaliforme. Specie identica a quella di M. Mario è il Bittixm subelathratum D’ORBIGNY illustrato abbastanza recen- temente da L. VionaL® in una revisione sui Cerithiidae del terziario superiore della Gironda. Questo autore mentre col confronto di esemplari di ©. spina PaRrTSsH si è convinto che detta specie è diversa da quella da i illustrata, ha d’altra parte ritenuto, che il 0. angustum DEsH. sia identico al C. clathratum GRATELOUP, cui D'OrBIGNY cambiò nome in C. subelathratum, per la preesistenza di altro ©. clathratum. Ora a mio parere l'ispezione della figura di GrareLOUP ® non può certo far convinto della identificazione proposta da ViGnaL, chè invece sembra che la specie di GrareLoUP sia assai più aftine al O. spina PARTSH, di cui HoRNES la considerò sinonima, che non al C. angustum DESH. Quindi io ritengo che il criterio seguito da ViewxaL non possa senz’ altro accettarsi e che la specie di Desnayes debba considerarsi specificamente distinta così dal C. spine PartsH come dal ( subelathratum D'ORB., solo cambiandole nome, per la ragione già detta. L’affinità fra questa piccola specie e i giovani di B. reticulatum, come di B. paludosum è assai no- tevole: ma la particolare forma degli anfratti, la loro scultura, la depressione canaliforme anteriore dell’a- pertura offrono ad un attento esame di confronto caratteri sufficienti di distinzione. Apparente affinità vi ha anche fra gli individui esili ed allungati del 2. Deshayesi con gli individui di 5. eziguum Mrrs.: ma nel 8. eziguum da una parte le strie spirali fanno sporgenze più acutamente spinose sulle costicine, dall’altra la parte inferiore degli anfratti è liscia, assai più depressa ed incavata. A M. Mario è stata citata da Conti come €. varieulosum Nyst, ma questa è forma assolutamente diversa, tanto nel tipo del Belgio, quanto in quello del crag inglese figurato da Woop. Per altro sotto la stessa denominazione sono nella collezione Comm confusi anche giovani di B. reticulatum e paludosum. Parimenti negli esemplari della collezione Rrcaccr esisteva confusione fra gli individui della specie in discorso e quelli di Cerithidium submammillatum, che ne è nettamente distinto da scultura meno scabra, e depressione anteriore dell’apertara assai meno pronunziata. Il B. spina è citato da Sacco per il pliocene piemontese: ma la sua figura non mi permette di dire se la forma del Piemonte è corrispondente a quella di M. Mario. Individui perfettamente conformi a 1 HoòrnEs. Foss. Moll. tert. Beck. v. Wien. vol. I, pag. 409. 2? VIGNAL. Cerithiidae du Tertiaire superieur du Departement de la Gironde. Journ. de Conchyl. vol. LVIII, pag. 160, tav. VIII, fig. 20. ‘ % GraTtELOUP. Aflas Conch. foss. du bassin de l’Adour, tav. 17, fig. 14. [333] S. CERULLI-TRELLI 147 quelli delle nostre sabbie mi ha gentilmente comunicato il marchese di Moxrerosato di Altavilla in Si- cilia e di Orciano in Toscana. M. Mario: Farnesina. Fam. Cerithiopsidae H.slA. Apas, 1854. Gen. Cerithiopsis ForBes ed HAanLEY, 1849. Cerithiopsis tubercularis Mr. sp. — Tav. XXIII |XLIV], fig. 38-46. (1803. — MonTtaGUu. Test. Brit., pag. 270. — Murex). (1850. — FoRBES a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 365, tav. XCI, fig. 7,8). (1884. — B. D. D. MoZ?. mar. du Rouss., vol. I, pag. 204, tav. XXVII, fig. 1A). 1854. Cerithium pygmacum Pur. De Ray., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. JS54. — tuberculare Mont. De Rav., V.p. H., Ponzi. Ibid., pag. 12 e 16. 1864. — pygmaeum Pi. Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 32. 1871. —_ _ — - Op.cit., 2. ed., pag. 38. 1875. _ -_ — Ponzi. Op. cit., pag. 26. 1875. _ tuberculare Woop. Ponzi. Ibid., pag. 26. 1875. _ = var. subulata. Ponzi. Ibid., pag. 26. 1882. Cerithiopsis tubercularis Mont. Zuccari. Cat. cit., pag. 17. 1888. _ _ — Crerici. Loc. cit., pag. 108. Questa elegante picco}Ja forma non è rara a M. Mario, ma rari sono gli individui completi. La scultura fatta di tre serie di tubercoli arrotondati su ogni anfratto, regolarmente allineati in senso assiale, la forma cilihdro-piramidale della conchiglia, gli anfratti pianeggianti, coll’ ultimo angoloso alla base, divisi da suture pco profonde, fanno facilmente distinguere questa specie, per quanto la sua scul- tura assai simile a quella del 2. reticulatum renda talora perplessi sul riferimento specifico, quando si è in presenza di esemplari mancanti degli ultimi anfratti. La forma della conchiglia varia per allungamento maggiore o minore della spira, cui corrisponde anche un numero maggiore o minore di anfratti, che va da 9 a 14. Perciò oltre il tipo più comune a forma discretamente allungata, colla conchiglia composta di 11 anfratti, possiamo distinguere: Var. subulata B. D. D. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 41, 42 — caratterizzata dalla forma assai più esile ed allungata; con un numero di anfratti maggiore da 13 a 14. In questa varietà la base è priva negli esemplari esaminati del secondo cordoncino basale, e la base liscia è anche leggermente meno concava. Del resto la presenza dei due cordoncini basali di cui uno forma il margine della base stessa non è un carattere costante, in quanto il secondo cordoncino non di rado manca; come d’altra parte in alcuni individui, particolarmente se adulti, si nota dopo il secondo cor- doncino la presenza di altri tre più minuti. Affinissima a questa varietà (se anche non conforme) a me sembra la ©. horrida JEFFR!: essa per la sua forma un po’ meno strettamente allungata costituisce quasi un tipo intermedio fra la var. subulata, e il tipo della specie mediterranea. 1» JErFREYS. Lightning a. Porcupine exped., pag. 60, tav. VI, fig. 9. 148 S. CERULLI-IRELLI [334] Var. curta n. var. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 43, 44 — distinta dalla sua forma più breve, cui corri- sponde un numero minore di anfratti, 9. Var. obesula B. D. D. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 45, 46. — Ha forma pupoide, leggermente rigonfia nella parte mediana, e più rapidamente ristretta all’apice. Tipo , - più comune Var. subulata Var. curta Altezza 5 à mm. 6,6 mm. 6 mm. 4 Larghezza . : » 2,2 » 1,5 2 ul La forma di M. Mario corrisponde perfettamente a quella vivente nel Mediterraneo come è figurata da B. D. D., e che è assai affine a quella figurata da PraiLIpPI ” col nome di C. pygmaeum, per quanto sia stato talora discusso sull’interpretazione da dare alla specie di PRILIPPI. Si differenzia invece dalla forma vivente nei mari inglesi e fossile nel Crag, come si può giudicare dalle figure che conosco, per gli anfratti più depressi, l’ultimo più angoloso, più depresso e più incavato alla base, per le suture meno profonde, canale fors’anche più breve, conchiglia normalmente più allungata. Questi stessi caratteri differenziali io trovo paragonando le figure di B. D. D. per il C. tubereularis del mediterraneo con le figure di Forpes ed HanLey, JEFFREYS, SowERBY per la specie vivente nei mariì inglesi, e di Woop per la forma fossile nel Crag. Ciò mi indurrebbe ad ammettere che la forma mediter- ranea così vivente che fossile sia diversa da quella dei mari più settentrionali, se l’esame di alcuni indi- vidui viventi nel mare del Nord non mi dimostrasse l’esattezza del criterio comunemente adottato di rite- nere sinonime le due specie. A M. Mario nei cataloghi più antichi sono stati citati tanto il C. pygmaeum che il C. tuberculare: ma jo non so se essi rappresentano forme identiche. Nella collezione Conti il C. tuberculare è diverso dal C. pygmaeum, e i due esemplari, che al primo sono riferiti, rappresentano due specie distinte dalla Cerì- thiopsis tubercularis. È M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa (fide CLERICI). Cerithiopsis minima Brusima sp. — Tav. XXII [XLIV], fig. 47. (1885. — Brusina. Conch. Dalm. ined., pag. 17. — Cerithium), *. (1884, — B. D. D. Moll. mar. du Rouss., vol. I. pag 207, tav. XXVII, fig. 5). La forma corta assai rigonfia nella parte centrale della conchiglia, gli anfratti ornati di tre ordini di granulazioni caratterizzano bene questa piccolissima specie. Ma l'individuo di M. Mario, che io vi riferisco, ha, rispetto alle figure di B. D. D., una forma assai più ovoide, più attenuata cioè alle due estremità e più rigonfia in mezzo. Altezza . * ; ; a mm. 1,7 Larghezza . : - 5 > 0,8 Trattasi in verità di individuo assai giovane, e non ho avuto modo di farne raffronto con individui viventi, ma io penso che la sua speciale forma possa farlo considerare come varietà della C. minima, varietà cui potrebbe darsi il nome di var. ovoides. 1) PiLippi. Enum. Moll. Sic., vol. II, pag. 162, tav. XXV, fig. 26. [835] S. CERULLI-IRELLI 149 La C. minima non è stata finora citata fossile, ed è anche per M. Mario una specie nuova. M. Mario: Farnesina (s. gr.). C. minima var. conjungens n. var. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 48. Ha forma mediocremente elevata, turriculata, conica all’apice, ed attenuata alla base, rigonfia nel mezzo: gli anfratti leggermente convessi, divisi da suture ben marcate, ed ornati di tre serie di granu- lazioni, di cui le due superiori più forti, e separate da uno spazio più ampio che non la mediana dal- l’inferiore: base dell’ultimo anfratto convessa, con due cingoli spirali, di cui quello più esterno, al mar- gine, diviso superficialmente in granuli. Altezza . % 7 c n mm. 3,4 Larghezza . . 3 ; ATL La forma più allungata della conchiglia, più rapidamente attenuantesi alle due estremità, distingue la var. conjungens dalle altre forme di C. minima quali vedo figurate in B. D. D. Per la forma essa ri- corda assai da vicino la C. bilineata, cui è affine anche per il carattere della scultura, în quanto le due serie di granulazioni inferiori sono separate da uno spazio lineare, assai più stretto, che non quello che divide la serie centrale dalla superiore, quasi a dimostrare la tendenza alla riunione delle due serie in una sola a granuli allungati, come nella C. dilineata. Sembrami perciò una forma di passaggio fra le due specie. M. Mario: Valle dell’ Inferno (Coll. Grassi). Cerithiopsis bilineata Hornes sp. var. ventricosa Brusima. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 49. (1871. — BrusINA. Malacologia Adriat., Boll. Malae. it., vol. IV, pag. 6). (1884. — B. D. D. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 205, tav. XXVII, fig. 10, 12). Si distingue così dalla ©. tubercularis, come dalla C. minima, di cui ha la stessa forma pupoide, per la scultura degli anfratti, costituita da due serie di tubercoletti, di cui quelli della serie inferiore, par- ticolarmente nell’ ultimo anfratto, allungati, più grandi degli altri della serie superiore subrotondi: la base dell’ultimo anfratto convessa, limitata al margine da un cordone pure suddiviso in granuli, porta oltre questo altri due cordoni spirali lisci. - Altezza . 7 . c 0 mm. 4,1 Larghezza . , ci - > L’esemplare di M. Mario che riferisco a questa varietà è perfettamente conforme alla fig. 12 di B. D. D. per la forma vivente, che BRusINA, dietro confronto degli esemplari fossili, ritenne doversi considerare varietà della €. bilineata del miocene. M. Mario: Farnesina (s. g.). C. bilineata var. concatenata Conti sp. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 50, 51. 1864. Cerithium concatenatus sp. n. Conti. Op. cit., 1.° ed., pag. 32 e 51. 1871. — - - — Op.ctt., 2.r ed., pag. 38 e 57. 1882. _ i Conti. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. Palaeontographia, vol. XVIII, 1912. 18. 150 S. CERULLI-IRELLI [336] Si distingue dalla varietà precedente, in quanto i tubercoli della serie inferiore dell’ ultimo anfratto e degli altri mediani, più grandi che nella varietà precedente, sono come suddivisi in due da una linea assai superficiale, che diventa ben marcata solo nell’ ultimo anfratto e particolarmente nella seconda metà di esso presso l'apertura. Distintamente tubercolato è anche il cordone marginale della base dell’ ultimo anfratto, in modo che questo è ornato di 4 serie di tubercoli, anzichè di tre come nella varietà pre- cedente. Di tale particolarità di scultura non è parola nè in HornES nè in Brusina, chè entrambi parlano di due sole serie di tubercoli su tutti gli anfratti. Io perciò penso che la forma in discorso debba andar distinta come varietà diversa dalla verntricosa; ma suppongo essa si incontri egualmente vivente, in quanto a me sembra che una delle fisure di B. D. D. (Tav. XXVII, fig. 11) rappresenti un individuo che mostra un’identica particolarità di scultura degli individui fossili a M. Mario, sebbene neanche i suddetti autori francesi ne facciano poi menzione nella descrizione. Questa varietà corrisponde perfettamente al Cerithium concatenatum del Conti, come mi sono assi- curato coll’osservazione diretta dell'esemplare della collezione Conti. Tale osservazione mi permette di restituire alla specie del Conmi il suo vero significato, che mi sembra sia stato frainteso. Così, a giudicarne dalle figure, io ritengo sia del tutto diversa la forma del pliocene di Zinola, che Sacco ” identificò, col C. concatenatum Conti, — diversa per forma e scultura degli anfratti. Come diversa è altresì la C. pulchella JeFFR. non Apams = C. .Jeffreysi Warson, di cui, seguendo Monterosato ®, MELI ” ritenne sinonima la specie di Conti: la scultura della C. Zeffreysi è fatta di tre serie distinte di tubercoli su tutti gli anfratti, eccettuato l’ ultimo su cui diventano quattro, e gli anfratti sono più convessì. La var. concatenata sembra a M. Mario meno rara della var. ventricosa. M. Mario: Farnesina (s. g). — Coll. Rigacct. Cerithiopsis (Metaxia) rugulosa Sow. sp. — Tav. XXIII |[XLIV], fig. 52. (IS50..— Sowerny. Zhesaurus Conchyl. tig. 237.— Verithium). (18S4. — B. D, D. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 207, tav. XXVI, fig. 26, 27. — Verithiopsis Metarae) (ISSI, — MonTEROSATO. Nomenel. gener. e specif., pag. 125), 1864. Cerithium Genei Beur. e Micuer. Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 32, (partim). 1871. — *.- — - — Op.cit., 2.* ed., pag. 38 (partim). È questa una specie nuova per il M. Mario. La sua forma stretta ed allungata, ad anfratti convessi ornati di tre cordoncini spirali sottili, cui se ne aggiunge altro assai più sottile immediatamente presso la sutura inferiore, suddivisi in tanti tubercoli più larghi che alti e regolarmente disposti in serie sovrap- poste, in modo da aver l'aspetto di costicine assiali: l’ultimo giro carenato alla periferia, colla base liscia e depressa distinguono bene questa specie dalla C. tuderewlaris, di cui da alcuni autori fu consi- derata varietà o forma allungata. Sacco. / Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XVII, pag. 67, tav. III, fig. 76, 76 bis. MonteRrosaTo, Nomencl. gen. e spec., pag. 124. ) MeLI. Moll. plioc. delle coll. di Roma. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV (1906), pag. 576. In quanto poi alla C. prlchella citata dal MeLI io debbo per il momento escluderla, perchè l'esemplare su cui la citazione sembra fondata, e che appartiene alla collezione del sig. Grassi, non può riferirvisi, spettando persino a famiglia diversa dai Cerithiidae: cosicchè sorge il dubbio possa esservi stato qualche equivoco o confusione di esemplari. [337] S. CERULLI-TRELLI 151 A_M. Mario è assai rara, e vi corrisponde in parte il Cerithium Genei dei cataloghi del Coxmi. Più comunemente che col nome di SowerBy questa specie è conosciuta come C. Metarae DELLE CHIAIE; ma MonrteRosato, seguendo TIBERI, ha ritenuto, che non potesse senz’altro venir identificata colla specie di DeLre CHIAIE, perchè la figura e descrizione originali di DeLLe CHIAIE non permettono di riconoscere la sua specie, e l’ha assimilata al Cerithiwm rugulosum Sow. M. Mario: Farnesina (s. g.). Fam. Wriforidae Joussere, 1884. Gen. Triphora BraAINVILLE, 1828. Triphora perversa L. sp. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 53-59. (1766. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1231. — Trochus). 1854. Cerithium perversum Lx. De Ray., V.p.H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1864. - - — Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 32. 2 1868. _ granulosum Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. - perversum Lk. Conti. Op. cit., 2.% ed., pag. 38. 1875. _ —_ — Ponzi. Op. cit., pag. 26. 1882.- Triforis —_ L. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. _ —_ -- Coerici. Loe. cit., pag. 108. AM. Mario s'incontra questa specie in tutti piccoli esemplari, dei quali il maggiore raggiunge un’al- tezza di mm. 9. Essi perciò rappresentano la f.* minor della specie, forma che MontAGU descrisse come Murex adversus, e che molti autori considerarono come specie a parte, opinione oggi del tutto abbandonata. Negli individui di M. Mario non rari, benchè raramente completi, sono soggette a variazioni la lun- ghezza della spira e l'espansione maggiore o minore del labbro. La scultura è fatta di tre serie di tu- bercoli perliformi sugli ultimi anfratti, di cui talora la mediana più sottile delle altre due: negli anfratti superiori tali serie si riducono a due e scompaiono del tutto nei primi anfratti embrionali, che visti con forte ingrandimento appaiono solo assialmente striati. La Ir. perversa largamente conosciuta in Italia in depositi pliocenici e post-pliocenici, venne comu- nemente citata col nome generico Zyiforis: ma dal genere 7yiforis sono evidenti i caratteri differen- ziali, per i quali B. D. D. la presero a tipo del sotto-genere £iforina. Sacco nel Piemonte la cita sotto il nome generico Morophorus. CossMann ”, seguendo l’opinione espressa da HepLEy, rimette in onore la denominazione Zriphora creata da BLarnvIiLLE nel 1828. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa (fide CLERICI). Tr. perversa var. quadricingulata n. var. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 60. Gli anfratti sono ornati di quattro serie di granulazioni leggermente allungate nel senso della spira, e regolarmente situate l’una sull’altra; la serie inferiore è fatta di granuli più grossi e più sporgenti. L’ultimo anfratto ha pure quattro serie di granulazioni e un cingolo subliscio che delimita la base: su questa vi sono altri due cingoli spirali più sottili che nella 7. perversa. Non ostante la diversa scultura credo, che l’unico individuo che rappresenta questa varietà, sebbene incompleto, vada considerato precisamente come varietà della 7’. perversa e non come specie distinta, in il CossMann. Fssais de Paléoconch., fase. VII, pag. 169. 152 S. CERULLI-TRELLI [338] quanto forma degli anfratti, avvolgimento della spira, forma dell'apertura sono come nella 7. perversa. Una scultura corrispondente sembra avere la 7r. Benoitiana ARapas, che B. D. D. considerano va- rietà di 7. perversa, ma essa ha gli anfratti convessi non piani. M. Mario: Valle dell’ Inferno. Triphora conoidalis n. sp. — Tav. XXIII | XL1V . fig. 61-64. Conchiglia conica, allungata, sinistrorsa: anfratti piani ornati da duè serie spirali di noduli perli- formi subeguali, cui nei tre, quattro o cinque ultimi anfratti, e talora solo nell’ ultimo, si interpone una serie centrale di noduli assai più minuti: ultimo anfratto angoloso alla base, base subconcava, liscia, segnata solo da rughe di accrescimento, e marginata da un cordoncino liscio che forma come una carena: apertura subquadrata, a peristoma aperto dal lato del canale, che è ricurvo ed inclinato a destra, tron- cato all'estremità, ma non intagliato: labbro sottile non espanso, non intagliato posteriormente, e non saldato anteriormente col margine opposto del canale: labbro columellare sottile, perfettamente aderente. Altezza . ‘ x È 7 mm. 9 Larghezza . : : 2 RI Gli individui appartenenti a questa specie erano in collezione confusi con quelli di 7. perversa. Ma la forma regolarmente conica, ad anfratti depressi, la base subconcava liscia, non convesso-declive ed ornata di due cordoncini come nella 7r. perversa, permettono riconoscere senza esitazione le due forme. A questi caratteri più facilmente manifesti se ne aggiungono altri anche di maggiore importanza, per i quali ritengo che la 7. conoidalis debba considerarsi specificamente distinta dalla 7r. perversa. La bocca è subquadrata, col labbro esterno non espanso, senza il piccolo seno od intaglio posteriore, che è invece ben evidente negli individui di 7. perversa a labbro integro; il labbro columellare è sottile, perfettamente aderente, quasi indistinto; il canale assai meno solido, è più fortemente inclinato a sinistra, ad estremità troncata, senza insenatura, o per lo meno ad insenatura appena accennata, assai meno manifesta e pro- fonda che nella 7r. perversa: il canale è sempre aperto, meno protratto in avanti il suo margine sinistro, che quindi lascia ampiamente scoperto il margine opposto più elevato. Forse la 7. conoidalis è anche vivente, perchè ad essa mi sembra possano riferirsi due degli indì- vidui figurati da B. D. D. come 7r. perversa .. Per forma le è ‘affine la 7r. cristulata Sacco dell’astigiano, per quanto a base meno depressa, non liscia: ma diversa ne è la scultura. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Fam. Diastomidae Cosswany, 1595. Gen. Cerithidium MonterosaTo, 1884. Cerithidium submammillatum De Rayx. sp. — Tav. XXIII [XLIV], fig. 65-79, (1854. — De Rav., V. p. H., Ponzi. Catal. de foss. de M. Mario, pag. 19. — Cerithium). 1854. Cerithium submammillatum sp. n. De Ravy., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12 e 19. 1864. _ _ De Ravn. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 32. ‘ Bucquoy, DauTzeNBERG et DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, tav. XXVI, fig. 10, 11. (SV) [339] S. CERULLI-IRELLI USE IS68. OQerzthium submammaitlatum De Rayn. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. - .— — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 28. 1874... — _ —_ Mantovani. Op. cit., pag. 43. 1875. - — = Ponzi. Op. cit., pag. 26. 1882. —_ pusillum Jerrr. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. _ _ — Ctrerici. Loe. cit., pag. 108. Conchiglia piccolissima, a forma cilindro-conica, discretamente allungata; anfratti convessi ornati di sottili strie spirali e di costicine assiali più forti, sottili, diritte, talora varicose, non granulose nei punti d’intersezione colle strie spirali: sull’ultimo anfratto assai spesso una o due costicine varicose, di cui una sul dorso l’altra sul ventre dell’anfratto stesso, ed altra, quasi costante, a poca distanza dal margine del labbro esterno: base dell’ultimo anfratto subdepressa, ornata di strie spirali più o meno sottili ed evidenti. Apertura subrotonda, o ovato-romboidea, munita in avanti di una depressione che tien luogo del canale, per solito assai poco manifesta, tal’altra leggermente più pronunziata a forma di largo becco: labbro esterno diritto, ma talora leggermente sinuoso : Jabbro columellare stretto, talora perfettamente aderente alla base, tal’altra leggermente sollevato all'estremità: columella incavata non contorta in avanti Pi Altezza . 5 . s , mm. 5, Larghezza È È : : » Da Questa minutissima specie è assai comune a M. Mario, e si deve al marchese Dir MontEROsaTO l’ a- verla rimessa in onore, dopo che per parecchi anni essa venne indicata col nome dato da JEFFREYS alla stessa forma vivente nel Mediterraneo. Nei numerosi individui esaminati varia la sporgenza ed elevatezza delle strie spirali, come anche la grossezza ed il numero delle piccole costicine assiali, le quali sono perciò più o meno esili ed avvici- nate fra loro. È quasi costante sull’ultimo anfratto l’ ispessimento variciforme di una costicina a breve distanza dal margine del labbro esterno e di altre due, una sul lato dorsale l’altra sul lato ventrale del- l’anfratto. Assai più rari invece sono gli individui che hanno costicine variciformi anche sugli altri an- fratti, e rari egualmente quelli che ne sono sprovvisti del tutto. Ma oltre la scultura e la lunghezza maggiore o minore della spira, è soggetta ad assai notevole variazione anche la forma dell’apertura, che talora è subrotonda, talora subovale, tal’altra sensibilmente dilatata nella parte anteriore, a labbro ampiamente arcuato. Così pure il margine del labbro esterno, nor- malmente diritto, in alcuni individui si presenta sinuoso. Tuttavia questa variabilità di forma dell’apertura non sta in alcuna relazione colla diversità di scultura e di forma della conchiglia. Nè fra le varie forme credo utile una distinzione di varietà, perchè essa potrebbe fondarsi solo sui caratteri della scultura, e da una forma all’altra vi hanno tutti i passaggi intermedi. Come ho detto, la specie fossile a M. Mario è perfettamente conforme a quella vivente nel Mediter- raneo, che JEFFREYS, tratto in inganno dalla mancanza del canale ceriziale suli’apertura subrotonda, de- scrisse come Zurritella pusilla. Tale conformità mi è dimostrata dal confronto diretto degli esemplari di M. Mario con quelli viventi, gentilmente favoritimi dal MontERosato. Per altro la figura di JEFFREYS, se esatta, rappresenta un individuo a costulazione assiale più forte, e striatura spirale pure più marcata, oltre che ad anfratti più convessi. Esemplari identici pure a quelli fossili a M. Mario si raccolgono a M. Pellegrino e Ficarazzi. 154 S. CERULLI-IRELLI [340] Su questa specie MontEROsaTO nel 1884 istituì il nuovo genere Cerithidium, distinto dall’assenza di canale, dalla bocca quasi rotonda, e dalla scultura degli anfratti non granellosa. Cossmann nel VII fase. degli Essais de Paléoconchologie accetta la distinzione proposta da MontERosaTo, ma ritiene Cerithidium sottogenere di Aneurychilus Cossmann, dal quale si differenzierebbe per la presenza di varici sugli an- fratti, e sopratutto per il labbro non incurvato. Debbo innanzi tutto notare, che la buona figura fotografica di Cossmann per il C. submammillatum mentre dà una precisa idea della forma e scultura della conchiglia, non ne dà una altrettanto esatta del contorno dell’apertura, per lo meno nel tipo che è a M. Mario più comune. La leggera depressione o sinuosità del labbro prima del suo congiungimento col becco, la maggiore evidenza di questo sono ca- ratteri che si riscontrano in alcuni individui, ma non generalmente. A parte questo, l'osservazione dei numerosi esemplari di M. Mario mi dimostra, che la distinzione generica proposta da Cossmann è per lo meno assai dubbia ed incerta. In vero mentre la maggioranza degli individui di C. submammillatum hanno il labbro diritto, non sono rari quelli che lo presentano sinuoso, incurvato, a curva più o meno ampia, precisamente come Aneurychilus e Alabina sezioni generiche distinte da Cerithidium proprio per la curva del labbro. E d'altronde anche nelle diverse specie di Anewrychilus dell’Eocene la curva del labbro è soggetta a molte gradazioni, fino ad essere quasi nulla come in individui di A. cyclostomoides. Nè la presenza delle varici può essere presa come carattere di distinzione generica, in quanto, come ho già detto, non è carattere assolutamente costante nel ©. submammillatum. A me perciò sembra, che mentre da una parte il gen. Cerithidium deve andare inteso con una mag- giore larghezza, dall’altra in esso, come più antico, potrebbero comprendersi tanto il gen. Anewrychilus Cossu., quanto il gen. Aladina DALL, in quanto queste suddivisioni generiche, data la variabilità dei loro caratteri, di cui si è fatto cenno, hanno un valore assai relativo. M. Mario: Farnesina. Fam. Vermetidae p'Orpioyy, 1540. La determinazione dei Vermetidae e più precisamente la loro sicura distinzione dalle Serpulidae è per il paleontologo spesso quasi impossibile, in quanto egli sovente dispone solo di frammenti, e non di in- dividui completi. Manca perciò uno dei caratteri principali di distinzione, l’avvolgimento spirale dell’em- brione: nè si può invocare l’altro carattere distintivo, la presenza dello strato interno smaltoide nei Ver- metidae che mancherebbe nelle Serpulidae, in quanto la fossilizzazione spesso altera lo strato interno dei tubi. Quindi debbo riconoscere che è perfettamente giusto quanto disse il RoveRETO nel suo studio sulle Serpule !, che cioè senza il confronto di esemplari viventi sicuramente determinati il Paleontologo si troverà in imbarazzo. A M. Mario sono diverse le specie sicure di Vermetus, di cui farò menzione, ma di parecchie altre è citato il nome nei cataloghi editi di M. Mario. Ora di queste a me pare che la maggior parte per lo meno debbano riferirsi a specie di Serpula. Così il V. glomeratus Biv. citato nei cataloghi suddetti a me sembra Hydroides uncinatus in massima parte, in parte H. norvegica, e in parte anche Filograna Paro- nai, Il V. indicus mi pare corrisponda perfettamente a Vermilia multivaricosa MORCH, è qualche esem- plare a Vermilia quinquesignata Reuss. È notevole del resto l'affinità di aspetto e di scultura fra queste specie di Vermilia e il Vermetus granulatus GRAVENH. ! Rovereto. Serpulidae del Terziario e del Quaternario in Italia. Palaeontogr. italica, vol. IV, pag. 47. |341] S. CERULLI-IRELLI 155 Numerosi pezzi di tubo diritti, in collezione riferiti a Vermetus semisurrectus, secondo me non sono che tubi di Protula, e in .gran parte Pr. protula Cuv. Una Protula è anche il Vermetus rectus Coxti, che corrisponde perfettamente alla Protua Isselì Rover. Un anellide è anche il Vermetus triqueter, in: parte affine forse al Pomatoceros polytremus Part., in parte identico al Pomatoceros triqueter L. Gen. Vermetus Apavson, 1757. Vermetus (Petaloconchus) intortus Lx. sp. — Tav. XXIII [XLIV]. fig. 80-84. (1818. — LAMARCK. ist. Nut. Anim. s. Vert., vol. V, pag. 365. — Serpula). 1864. Vermetus subcancellatus Brv. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 30. 1871. _ _ = — Op. cît., 2.* ed., pag. 37. 1882. — intortus Lk. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Sebbene questo Vermetus figurasse in collezione largamente rappresentato. pure sono rari gli indi- vidui che effettivamente possono riferirvisi, spettando gli altri tutti a specie affine, ma completamente distinta. È perciò che in sinonimia non figurano le varie citazioni di V. intortus dei cataloghi di M. Mario, avendo preferito mettervi solo quelle, la di cui esattezza ho potuto controllare. Il V..intortus è caratterizzato dal tubo normalmente avvolto a giri sovrapposti, più o meno depressi nella loro faccia esterna, e subangolato. tanto superiormente che inferiormente: il tubo è segnato da rughe trasversali più o meno forti ed evidenti e da cordoncini spirali pur essi di variabile grossezza. dei quali i due che formano l’estremità superiore ed inferiore della faccia esterna del tubo sono più sporgenti e formano spesso come due carene. È specie largamente conosciuta nel pliocene italiano e fuori d’Italia. Non se ne hanno citazioni nei terreni più recenti dell’ Italia meridionale, nè è ricordata vivente in mari attuali. Tuttavia Sacco ” rife- risce di aver osservato nella collezione del Museo zoologico di Torino un gruppo di Vermeti viventi che gli è sembrato riferibile a questa specie. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.) — Coll. RIgacci. Vermetus (Petaloconchus) glomeratus L. sp. var. Deshayesi May. sp. — Tav. XXIII |XLIV], fig. 85, S6. (1889. — MavER. Coquill. foss. terr. tert. sup. — J.C., vol. XXXVIII, pag. 241, tav. XII, fig. 2. — Serpulorbis). 1854. Vermetus subcancellatus Brv. De Rav., V.p. H. Ponzi. Cat. cit., pag. 11. 1875. _ _ — Ponzi. Op. cilt., pag. 25. La scultura del tubo fatta di numerosi cordoncini spirali eguali o subeguali fra loro, per lo più alternati uno più grande con altro più piccolo, intagliati da rughe trasversali di accrescimento, che formano nei punti d’intersezione piccoli noduli rilevati, permette riconoscere facilmente questa specie dalle affini. Il tubo è irregolarmente avvolto a spirale, a giri in parte sovrapposti, in parte staccati. La scultura è quasi perfettamente identica a quella della forma tipica ora vivente nel Mediterraneo, solo se ne dif- ferenzia per il fatto che i cordoncini spirali non sono tutti eguali fra loro ma più spesso alternati uno più grande con altro più piccolo. Differenza più notevole sta nelle dimensioni, le quali nella forma fossile sono assai maggiori che nella vivente, raggiungendo in quella il tubo un diametro da 8 a 9 mill., mentre i‘) Sacco. [I Moll. d. terr. terz. Piem. e Lig., parte XX, pag. 8. 156 S. CERULLI-IRELLI [342] nella vivente sembra non superi i 3 mill. Però questi caratteri non mi sembrano sufficienti per consigliare la separazione specifica delle due forme. A_M. Mario la var. Deshayesi è abbastanza rara, e gli individui trovati in collezione sono esemplari solitari aderenti a frammenti di conchiglie. Essi presentano perfetta corrispondenza con individui del pliocene piemontese, con cui ne ho fatto raffronto. Circa il nome della specie, dopo che HanLEY ” fece conoscere che l’esemplare di Serpula glomerata della collezione di Linneo corrispondeva al Vermetus subcancellatus Bivona, il nome di Linneo venne adottato a preferenza di quello posteriore di Brvona. MonteRosato per altro, come prima di lui altri autori, hanno insistito nell’opinione contraria, che sembrerebbe giustificata dal fatto, che i riferimenti iconografici citati da Linneo, come lo stesso HANLEY riconosce, non rispondono ai dati della diagnosi dì LINNEO. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Vermetus (Lemintina) semisurrectus Brv. — Tav. XXIII [XLIV], fig. S7-90; Tav. XXIV [XLV], fig. 1-10. (1832, — Brvona. Nwuori gen. Efl'em, Scient. e Lett., pag. 6, fig. 3). 1854. Vermetus intortus Lx. De Rav., V. n. H., Ponzi. Uat. cit., pag. 11. ? 1854. - semisurrectus Brv. De Rav., V. n. H., Ponzi. Ibid., pag. 11. 1864. _ intortus Lx. Comi. Op. cit., 1.* ed., pag. 30. 1864. _ semisurrectus Brv. Conmi. Ibid., pag. 30. 1868. - intortus Lk. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 2 1868. _ semisurrectus Brv. Mantovani. /bid., pag. 16. 1871. _ intortus Lk. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 37. 1871. = semisurrectus Brv, Conti. Ibid., pag. 37. 1875. - intortus Lr. Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25. ? 1875. _ semisurrectùs Brv. Ponzi. Ibid., pag. 20 e 25. 1882. - intortus Lg. Zuccari. Cat. cît., pag. 15 (partim). È il Vermetus più comune fra le nostre sabbie, per quanto nelle collezioni di M. Mario generalmente confuso con V. intortus. Ma l'errore è perfettamente spiegabile, in quanto la forma di M. Mario si dif- ferenzia notevolmente dal tipo vivente della specie. A_M. Mario la conchiglia tubulare a sezione subrotonda è ad avvolgimento a volta assai regolare, talora a giri sovrapposti, talora avvolti in uno stesso piano, tal’altra stranamente intrecciati: i giri del tubo in generale sono in numero di otto o più: il tubo è ornato di rughe trasversali ora più ora meno pronunciate, e di sottili cordoncini spirali ondulati, ora quasi obsoleti, ora più evidenti, specialmente sulla faccia superiore dell’ultimo avvolgimento, sulla quale uno dei cordoncini più grosso degli altri forma spesso come una pseudo-carena sulla sommità del tubo. Le rughe nei punti d’intersezione coi cordoncini, quando questi sono più evidenti, si sollevano in tante piccole squame tegoliformi, tutte rivolte verso la parte anteriore del tubo, in modo che la superficie in questi individui appare alquanto scabra. Rughe e cor- doncini si attenuano e scompaiono nella parte ultima del tubo che resta libera ed eretta, per ricomparire poi in prossimità dell’apertura. Talora osservasi altresì che la scultura varia bruscamente e profondamente in uno stesso individuo in corrispondenza di una rottura della conchiglia, complicandosi o semplificandosi. © HanLEy. /psa Linnaei Conchylia, pag. 444. I [843] S. CERULLI-IRELLI 15 Si incontrano individui isolati, con superficie d’aderenza più o meno ampia, e individui riuniti a gruppi in bizzarri aggrovigliamenti, con un diametro massimo di tubo di circa 7 mill. Rarissimi sono gli individui completi dal lato dell’apertura, perchè da guesta estremità il tubo rima- nendo libero per l’altezza di circa tre centimetri ed essendo anche più sottile, più fragile, più facil- mente va soggetto a rompersi. Per l’ornamentazione del tubo e la brevità della sua estremità eretta gli individui di M. Mario po- trebbero in gran parte riferirsi al V. Seguencianus ArADAS !, che MontEROSATO considera varietà di V. semisurrectus. Ma il V. Seguenzianus ha, come il V. semisurrectus, un numero assai minore di avvolgi- gimenti degli individui fossili, da due a tre, secondo ARADAS e BENOIT. In conseguenza io riterrei che la forma fossile a M. Mario potrebbe rappresentare una distinta va- rietà del V. semisurrectus vivente, varietà che potrebbe chiamarsi var. fossilis. Ma essendomi mancata la possibilità di fare raffronti con esemplari viventi preferisco per il momento non far distinzioni, a ciò indotto anche dal raffronto di individui fossili di M. Pellegrino, dal MontERosaro riferiti al VW. semisur- rectus, e che a quelli di M. Mario sono quasi perfettamente corrispondenti. Il V. semisurrectus, anche nella forma quale si incontra a M. Mario, si distingue facilmente dall’ în- tortus per la forma del tubo più regolarmente cilindrica, non piano-depressa nella faccia esterna, per l’avvolgimento assai più irregolare, per la scultura più semplice rugosa, con cingoli spirali o del tutto obsoleti o ‘assai meno rilevati che nell’intortus e in maggior numero. Maggiore affinità offre col V. glomeratus L., ma la scultura diversa ne è buon carattere distintivo: nel glomeratus î cingoli spirali sono più numerosi, più fitti e più rilevati, più uniformemente disposti sulla superficie del tubo, come più fitte, più forti sono le rughe trasversali. Qualche individuo, con parti di tubo ornate di cordoncini longitudinali rilevati, regolarmente disposti, resi scabri, scagliosi dall’intersezione colle rughe di accrescimento sottili ed assai fitte, presenta a primo aspetto notevole affinità con individui viventi di alcune varietà di V. granulatus. Ma basta una più attenta osservazione, per accorgersi come tale particolare scultura è limitata a parti di tubo comprese fra due rotture, mentre tutto il resto della conchiglia conserva la caratteristica scultura del V. semisurrectus. Sacco ha espresso il dubbio, che il V. semisurrectus possa anche considerarsi varietà di V. arenarius: ma la scultura ne è assolutamente diversa. MoNTEROSATO propone per questa specie una nuova sezione generica, Orthoglyphus; ma io ritengo che tanto per i caratteri della conchiglia, che per il genere di vita, come per la presenza di setti convessi interni nei primi avvolgimenti del tubo, essa possa esser riferita, come il V. arenurius, al sottogenere Lemintina. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Vermetus (Lemintina) arenarius L. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 11-19. (17656. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1266. — Serpula). 1854. Vermetus arenarius Lx. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 11. 1858. _ gigas Biv. Ponzi. Nota cit., pag. 539. 1864. c- arenarius Lr. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 30. 1868. _ gigas Brv. Mantovani. Op. cit., pag. 16. i) ArADAS e BeNoIT. Conch. viv. mar. Sicilia, parte II, pag. 152, tav. III, fig. 6. Palaeontographia, vol. XVIII, 1912. i 19 158 S. CERULLI-IRELLI [344] 1S71. Vermetus arenarius L. Conti. Op. cit., 2.* ed.. pag. 37. 1875. - gigas Biv. Ponzi. Op. cit., pag. 20) e 25. 1882. — arenarius L. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. Non è specie rara a M. Mario, e vi si raccoglie in individui grandi, a tubo fortemente attorcigliato, ma tutti mancanti o quasi della parte libera, eretta. La scultura varia per la evidenza maggiore o mi- nore di cordoncini longitudinali più rilevati in mezzo agli altri filetti sottili che ornano la superficie del tubo. Talora tali cordoncini portano nodulosità dentiformi lateralmente compresse, sporgenti, come nella var. dentifera Lx., e nell’affine var. perpustulata Sacco. La scultura assai più fimamente granosa, meno grossolanamente rugosa per traverso, oltre che le dimensioni del tubo assai maggiori rendono facilmente riconoscibile questa specie fra le altre menzionate. Perfettamente identica alla fossile è la forma attualmente vivente nel Mediterraneo: varietà di essa può a mio parere considerarsi il V. selectus MRS. M. Mario: Farnesina. Valle dell’ Inferno. Fam. Turritellidae Orirck, 1851. Gen. Turritella Laimarck, 1799. Turritella tricarinata Br. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 20-29. (1814. — Broccui. Conch. foss. subapp., vol. LI, pag. 374, tav. VI, fig. 4. — Ziurbo) 1854. Turritella tricavinata Broc. De Ray., V.n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1858. - - — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. _ — -— Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 32. 1868. °° — - — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. _ _ — Conm. Op. cit., 2.* ed., pag. 38. 1874. — - — Mantovani. Op. cit., pag. 4l. 1875. - - — Ponzi. Op. cît., pag. 26. 1881. - - — Mru. Loc. cil., pag. 451. 1852. sa n — — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. - communis Rrsso. Cueriei. Loc. cit., pag. 108. Nei numerosi esemplari di M. Mario riferibili a questa specie varia il rapporto fra l'altezza e la larghezza della conchiglia, come la convessità degli anfratti, e quindi anche la profondità delle suture. Gli individui più adulti hanno un'altezza di mm. 44, e una larghezza di mm. 10. Ma fra i copiosi esemplari osservati posso distinguere oltre la forma coi tre cingoli spirali su ogni anfratto ben manifesti, che va riferita al tipo di BroccHI, anche la var. communis Risso, nella quale i tre cingoli sono sugli ultimi anfratti meno rilevati, mentre più forti sono le strie ad essi intermedie, v Oltre le specie di cui farò menzione, negli elenchi già noti sono state citate a M. Mario altre 7urritella, che vanno escluse. Così la 7. coclheata Br. nominata da ContI non è una 7urritella ; la 7. triplicata sì riferisce in parte alla 7. tricarinata e in parte alla 7. vermicularis: la 7. bisulcata citata da MantOVANI non può dirsi quale forma rappresenti, a meno che non si riferisca alla 7. biplicata. [845] S. CERULLI-IRELLI 159 quasi uguali ai cingoli principali. A questi caratteri di scultura si unisce nella var. communis anche una minore depressione basale; e un’angolosità più ottusa dell’ ultimo anfratto. Ma fra luna e l’altra forma sono così facili e graduali i passaggi, che a me non sembra possibile stabilire una netta separazione. Nei giovani individui si nota in generale che i tre cingoli sono più for- temente e più nettamente sporgenti. Convengo quindi pienamente col Sacco, che la specie va indicata col nome di BroccHI, come più antico di quello di Risso, e che la forma vivente più comune deve riguardarsene varietà. Del resto anche per la specie vivente la riunione delle due forme fu generalmente ammessa, soltanto venne preferito il nome di Risso, che s’applica alla forma vivente più comune. Ma fra i viventi non mancano esemplari di fricarinata, ed uno ne ho osservato assai adulto (altezza mm. 63), che ha precisamente tre carene come nel tipo di BroccHI, solo esse sono meno sporgenti. Questa minore sporgenza dei cingoletti spirali, che io credo in rapporto colla maggiore sottigliezza della conchiglia, è del resto differenza che si osserva costantemente anche fra esemplari viventi e fossili della var. communis: nei fossili sono più sporgenti i cingoletti, mentre meno evidente è la sottilissima striatura mtermedia. Ritengo interessante far anche menzione di due curiose ed opposte anomalie di scultura dovute entrambe a rottura della conchiglia avvenuta durante l’accrescimento. Anom. pluricingulata. — Tav. XXIV [XLV], fig. 28, 29. — In un esemplare piuttosto giovane si os- serva, che mentre i primi 5 o 6 anfratti sono distintamente tricarenati, gli altri sono sottilmente cingolati, e gli anfratti sono come divisi in due parti dalla scultura: la metà superiore è ornata di quattro cin- goletti ben evidenti, tutti eguali, separati da sottili solchi; la parte inferiore porta invece strie più sottili, in numero di sei, ed alternate una più forte con altra più debole: le due parti sono divise da un ampio solco liscio, quasi sul centro dell’anfratto. Sembrerebbe potesse trattarsi di specie a sè, con qualche somiglianza colla 7. aspera: ma ad un’os- servazione attenta si nota, che il cambiamento di scultura avviene bruscamente in corrispondenza di una rottura della conchiglia. Ritengo in conseguenza si tratti di una interessante anomalia, tanto più che lo stesso fatto osservo su altro individuo più adulto, nel quale un indentico cambiamento di scultura, pure egualmente brusco, si verifica a metà dell’ultimo anfratto, dove la conchiglia ha subito una rottura. Anom. bicingulata. — Tav. XXIV [XLV], fig. 26, 27. — Anomalia di scultura opposta alla precedente osservo in altri due individui, nei quali pure per rotture avvenute nella conchiglia durante l'accrescimento le carene da tre si son ridotte a due, e queste sono collocate sulla parte centrale più convessa dell’an- fratto, in modo da ricordare la 7. duplicata L., vivente nei mari indiani. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa. T. tricarinata var. communis Risso sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 30-33. (1826. — Risso. Mist. nat. Europe Merid., vol. IV, pag. 106, tav. IV. fig. 37). E fra le nostre sabbie assai meno comune della forma tipica, da cui, come ho detto, si distingue per scultura e più regolare convessità degli anfratti. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Turritella (Zaria) subangulata Br. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 34-36. (1814. — BroccuI. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 374, tav. VI, fig. 16. — Zurdo). 1882. Turritella subangulata Broc. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1888. - _ — Cnerici. Loc. cit., pag, 108. 160 S. CERULLI-IRELLI [B46] AI contrario della 7. tricarinata è specie assai rara nelle sabbie del M. Mario. Degli individui studiati, tutti incompleti, alcuni per striatura spirale più uniforme, con carena sub- mediana meno sporgente potrebbero riferirsi alla var. depressecarinata Sacco: mentre i due più adulti per la forma degli anfratti più regolarmente convessa si identificano colla var. pseudorotondula Sacco. La 7. subangulata assai comune nel pliocene italiano, come la 7. tricarimata, è molto raramente citata in formazioni più recenti, nè si conosce vivente, sebbene da parecchi autori sia stata con tale nome citata una forma vivente per qualche rispetto affine, la 7. decipiens Mrs. i M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa (fide CLERICI). T. subangulata var. mediocarinata De Gre. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 37. (1889. — DE GrecoRrIO. Moll. vir. d. bacino Mediterr. Natural. Sicil., a. VIII, n. 10,11, 12, pag. 12). Questa forma, di cui per M. Mario conosco il solo esemplare figurato, si distingue dalla specie per gli anfratti più distintamente e più acutamente carenati nel mezzo. Essa corrisponde al 7urbo acutangulus figurato da Broccri ”, per il quale DE GREGORIO propose il nuovo nome Turritella mediocarinata, non potendo mantenersi per essa il nome datole da BroccHI, perchè la vivente Zurritella acutangula L. è specie diversa. Sacco cita questa varietà come var. spirata Br. Ma io non convengo nell’ opinione espressa dal Sacco che cioè la var. mediocarinata sia identica alla var. spirata: in quanto questa se ne distingue per angolo spirale meno aperto, carena più sporgente e più grossa, spira più scalarata. T. subangulata var. spirata Br. sp. (1814, — Broconi. Conch. foss. subapp. vol. 11, pag. 369, tav. VI, fig. 19.— Z'urbo spiratus). 1864. Turritella spirata Broc. Conti. Op. cit., 1.° ed., pag. 32 (partim). 1871. - — —_ — Op. cit., 2.* ed., pag. 38 (partim). Conosco di questa varietà nella forma tipica quale è figurata da BroccHI, l'apice di un giovane indi- viduo, in cui la carena è fortemente accentuata e sporgente e la spira scalarata. L’esemplare è nella coll. CONTI. L'osservazione di alcuni belli esemplari completi di Toscana mi fa convenire pienamente nel criterio generalmente seguito dai paleontologi di riguardare la 7. spirata varietà di 7. subangulata, di cui potrebbe anche dirsi una forma giovane. Essa è sempre nettamente distinta dalla varietà precedente per i caratteri già indicati, come mi è dimostrato dal confronto di esemplari allo stesso stato di sviluppo. M. Mario: Farnesina (s. g.). Turritella (Zaria) unicarinata n. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 38. 1864. Turritella spirata Broc. Conti. Op. cit., }.* ed., pag. 32 (partim). 1871. - — —_ — Op. cit., 2.* ed., pag. 38 (partim). Conchiglia solida, spira elevata, turriculata: anfratti fortemente carenati nella loro parte centrale: carena sporgente, a sommità ottusa: parte anteriore e posteriore degli anfratti concava, ornata da una ‘) Broccni, Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 368, tav. VI, fig. 10. [B47] S. CERULLI-IRELLI 161 sottile ed uniforme striatura spirale, che ricopre anche la carena, la quale negli ultimi anfratti è irrego- larmente e superficialmente crenellato-solcata da rughe di accrescimento ondulate. Suture lineari, super- ficiali. Base dell'ultimo anfratto depressa, subconcava, acutamente angolata alla periferia, e pure essa sottilmente striata. L’aspetto di questa conchiglia può indurre in errore, data la sua affinità colla 7. spîrata Br. Ma un’os- servazione più attenta permette riconoscere facilmente i caratteri distintivi fra le due specie, caratteri che si conservano costanti così nei giovanissimi individui, quanto nei più adulti, come mi è stato possi- bile constatare coll’osservazione di altri individui di Toscana, che esistevano nella collezione dell'Istituto geologico sotto la determinazione di 7. spirata BR. In vero nella var. spirata di 7. subangulata, quando la carena è fortemente sporgente, essa è sottile ed acuta, e situata più vicino alla sutura anteriore che non alla posteriore e come inclinata verso quella: la parte superiore degli anfratti è leggermente concava, mentre semplicemente declive è la parte inferiore. La striatura spirale fatta, di strie sottilissime, ma di uniforme grandezza nella unicarinata, nella sub- angulata invece è a strie alternativamente una più forte ed una più sottile. Inoltre la 7. spirata nel tipo fortemente carenato è rappresentato da tutti giovani esemplari, mentre la 7. unicarinata si presenta in individui adulti, di cui uno di Orvieto quasi completo, del quale credo utile dare figura per confronto (Tav. XXIV [XLV], fig. 39), ha un’altezza di circa mill. 47, ed una larghezza di mm. 14. Per i caratteri differenziali, di cui ho fatto parola, io ritengo che l'esemplare studiato di M. Mario, come quelli di Chianciano e di Orvieto, rappresentano una specie ben distinta dalla 7. subangulata, e che io credo nuova. Essi hanno qualche affinità colla 7. Archimedis. ma se ne distinguono facilmente sia per la maggiore sporgenza della carena centrale, come per la mancanza del cingolo ottuso superiore che nella 7. Archimedis margina in ogni anfratto la sutura. Nella 7. Archimedis inoltre la base è legger- mente rigonfia, anzichè incavata, e vi si osservano tre cingoletti spirati depressi. È assai probabile che a questa specie si riferisca la 7. spirata citata da De GREGORIO ! per il pliocene di Altavilla in Sicilia, dove è pure assai rara: l'esemplare unico studiato da DE GREGORIO misura 35 mill. di altezza. M. Mario: Farnesina (s. g.). Turritella (Haustator) biplicata Brx. sp. — Tav. XXIV [XLV], fig. 40-45. (18381. — BRONN. Ital. tert. gebild., pag. 53. — Turbo). 1854. Turritella duplicata Broc. De Ray., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1864. - _ — Con. Op. cît., 1.2 ed., pag. 32. 1868. _ _ — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. _ _ — Con. Op. cit., 2.* ed., pag. 38. 1882. - — — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. Gli esemplari di M. Mario non rari, che riferisco a questa specie, hanno gli anfratti piano-declivi, inferiormente un poco incavati, colla superficie ornata di numerose strie spirali sottili, di cui nella parte inferiore due leggermente più grosse delle altre, e di due cingoletti depressi arrotondati sulla parte su- periore degli anfratti, pur essi striati: il cingolo inferiore trovasi al centro degli anfratti: strie e cingoli sono intagliati da superficiali rughe di accrescimento arcuate. La sutura anteriore degli anfratti è pre- 1) De GREGORIO. Esame Molluschi viv. e terz. del bacino Mediterraneo. Natural. sicil. anno VIII, n.10,11,12, pag. 12. 162 S. CERULLI-IRELLI [348] ceduta da un sottile cordoncino poco rilevato e pure esso striato. L'ultimo anfratto è angolato alla peri- feria e la base ne è debolmente depressa: in essa non si osservano che le sottili strie spirali del resto della superficie, di cui una più grossa delle altre a piccola distanza dal margine. Altezza . a 3 £ 3 mm. 37 Larghezza : 5 È - audi Gli esemplari di M. Mario sono perfettamente conformi alla specie vivente che la maggioranza degli autori di malacologia vivente credettero erroneamente poter riferire alla 7. triplicata Br. Negli esemplari studiati varia semplicemente l’altezza della spira e l’angolosità, più o meno acuta, dell’ultimo anfratto, che talora per l’attenuarsi dei due cingoli spirali appare anche leggermente convesso, con la base meno depressa. I cingoli spirali sono pure più o meno sporgenti: per altro a M. Mario non ho trovato alcun esemplare a cingoli così acutamente sporgenti, come alcuni degli individui viventi da me visti. I caratteri di cui ho fatto cenno mi inducono a riferire la forma in discorso alla 7. biplicata Brx. che è sinonima della 7. duplicata BR. (n. Linneo), in quanto così la figura che la descrizione del Broccni, a mio parere, convengono perfettamente a questa specie. Nè a me sembra possibile il dubbio espresso da Sacco, che cioè l'esemplare figurato da BroccHI potesse essere un esemplare incompleto di T. vermicularis, per il fatto che presso la bocca si osserva un terzo cingolo inferiore, avendo io notato che questo carattere si riscontra non di rado per l’ingrossamento di una delle due strie inferiori. Senza dubbio vi ha affinità fra questa specie e la 7. vermicularis BR., ma la base depressa anzichè convessa, e solo sottilmente striata, senza cingoletti sporgenti come nella vermicwaris, gli anfratti piano-declivi, inferiormente più depressi, subconcavi, i cingoletti sottili e in numero di due, mi sembrano sufticienti caratteri di distinzione, anche prescindendo dalle dimensioni assai minori nella biplicata. Ma se questa specie differisce dalla vermicwaris non meno notevoli sono le sue differenze dalla 7. triplicata BR., cui, come ho detto, è stata generalmente riportata la forma vivente. Si distingue infatti dalla triplicata, cui solo la sottigliezza dei cingoletti spirali l’avvicina più che alla vermicularis, per anfratti non convessi, a suture assai più superficiali, base depressa, non convessa, non cingolata; cingoli spirali sugli anfratti più avvicinati fra loro e quasi eguali, il superiore più lontano dalla sutura anteriore e preceduto dal colletto rilevato che circoserive la sutura stessa. Diversa altresì è la striatura spirale,, meno sottile e meno uniforme nella diplicata. Già Bruenone ” avvertì la impossibilità di identificare colla 7. triplicata Br. la forma in esame, da lui ritrovata fossile in Sicilia. BRUGNONE diceva, che essa relativamente alla specie di Brocchi è “ più tenue, colle suture meno profonde, con gli anfratti meno convessi, diversamente scolpiti e crescenti ra- pidamente, perciò d’una statura assai più corta sopra una base un tantino più stretta ,. Date queste differenze BRUGNONE propose chiamare la specie vivente, comunemente conosciuta col nome di 7. triplicata, T. breviata, Tale nome è stato abbastanza recentemente ripreso da CREMA ?, che ha dato anche buone figure di esemplari viventi, e di individui fossili a M. Pellegrino e in Calabria. Dopo Bruenone anche MonteRosATO # avvertì l’ errore in cui si era per parecchio tempo incorso assi- ') BruGNONE. Le conchiglie plioc. delle vicinanze di Caltanisetta. Boll. Soc. malac. it., vol. VI (1880) pag. 122. Crema. Sul piano siciliano nella valle del Crati. Boll. Com. geol., anno 1903, pag. 18, tav. III, fig. 13, 14. 3) MonterosaTo. Conchiglie delle profondità del mare di Palermo, pag. 9. {B49] S. CERULLI-IRELLI 163 milando alla 7. triplicata la forma vivente, e propose per questa il nome 7. Mediterranea, che natural- mente cade in sinonimia di quello più antico di BRUGNONE. A sua’ volta De FrancHIS , riconoscendo anche egli come non fosse possibile identificare colla 7. tri- plicata la forma in questione, distinse in essa due tipi, di cui uno riferì alla 7. incrassata Sow. e del- l’altro fece una specie nuova, 7. Sandrii, senza parlare della 7. Zyciensis, che mi pare si differenzî com- pletamente, e sia da considerarsi come una delle tante forme di 7. vermicularis. L’ispezione della figura originale di SoweBBy ?) e di quelle posteriori di Woop # e di Nysr non può certo far persuasi delle conclusioni cui è giunto De FrancHIS, in quanto la 7. incrussata ha gli anfratti più convessi, i cingoletti più sporgenti e si avvicina moltissimo alla vera 7. friplicata BR., di cui da molti autori è stata ritenuta sinonima. L'esemplare del crag di Geldgrave figurato da De FrancHIS, se la figura è buona, si differenzia, mi sembra, sostanzialmente dalle figure di Woop per anfratti depresso-declivi, per suture assai meno profonde, per cingoli meno sporgenti. Dal canto loro le figure di De FrancHIS per gli esemplari fossili così di 7. incrassata di S. Maria di Catanzaro e di Reggio Calabria, come di 7. Sandrii di Galatina cor- rispondono perfettamente alla forma vivente nel Mediterraneo, la quale ora è biplicata ed ora triplicata, senza che vi sia possibilità di distinzione specifica fra le due. Ma a questa forma, qualora dovesse darsi un nome nuovo, spetterebbe, in ogni caso, quello di 7. breviata BRUGN. Tuttavia, come ripeto, io ritengo. che questa forma corrisponda perfettamente a quella che BroccHi illustrò col nome di 7. (7urbo) dupli- cata L., nome che Bronw corresse in diplicata, per il fatto che il Zawbo duplicatus L. dei mari indiani è specie del tutto diversa. E l’ aggettivo biplicata corrisponde precisamente alla forma più comune anche nella specie vivente: difatti Pmicippi, WEINKAUFF ecc., dicono che il tipo a due cingoli spirali è assai più comune di quello a tre. La 7. biplicata descritta da BroccHI su esemplari del piacentino, è assai comune nel post-pliocene siciliano, come informa CREMA. Su esemplari a cingoli spirali più attenuati e a conchiglia più stretta ed allungata che nel tipo più comune Crema? fondò la var. abystrornica, che trovo anche a M. Mario: le è affinissima, se pure non identica, la varietà che B. D. D. chiamarono obsoleta ®. Ma è varietà rilegata al tipo da graduali passaggi. M. Mario: Farnesina. Turritella (Haustator) vermicularis Br. sp. — Tav. XXV |XLVI], fig. 1-6. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol. 11, pag. 372, tav. VI, fig. 13. — Turbo). 1554. Turritella vermicularis Br. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1864. _ _- — Conrt. Op. cit., 1.° ed., pag. 32. 1864. _ triplicata' Br. Coni. Ibid., pag. 32. 1868. — vermicularis Br. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. - - — Conti. Op. cîòt., 2.% ed., pag. 38. ‘ De FRancHIS. Descriz. compar. dei Molluschi postpliocenici del bacino di Galatina. Boll. Soc. malac. it., vol. XIX (1894), pag. 272-179. © Sowerby. Mineral conchology of Great Britain, vol. I, pag. 111, tav. LI, fig. 6. ® Woob. Crag Mollusca, vol. I, pag. 75, tav. IX, fig. Ta-d. ! NvsT. Conchyliologie d. terrains tertiaires de la Belgique, parte I, pag. 82, tav. VI, fig. 12a-g. 5) CREMA. Op. cît., pag. 19, tav. III, fig. 15,16. 5 Buceuoy, DAUTZENBERG et DoLLEUS. Moll. mar. du Roussillon, vol. I, pag. 228, tav. XXVIII, fig. 5. 164 S. CERULLI-IRELLI [350] 1871. Turritella triplicata Br. Conti. Ibid., pag. 38. 1874. - vermaicularis Br. Mantovani. Op. cit., pag. 41. 1875. _ — Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 26. 1882. —_ —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. È già noto come questa specie, assai comune nel pliocene dell’alta Italia, sia discretamente variabile. Tale variabilità sebbene in limiti più ristretti riscontro fra i belli esemplari di M. Mario. Tuttavia pur variando per forma più o meno allungata, per maggiore o minore convessità degli anfratti, per sporgenza maggiore o minore dei quattro cingoli spirali, e per loro più o meno regolare disposizione, con strie inter- medie talora più grosse delle altre a guisa di piccoli cordoncini interposti fra i cingoli maggiori, non ostante queste variazioni, ripeto, la specie conserva un XRabitus suo particolare che ne permette il riconosci- mento fra le altre affini. Non starò a far distinzione di varietà, in quanto la separazione dei vari tipi per la facile transizione dall’ uno all’altro non si presenta troppo netta, ma dando figura dei vari tipi, mi limiterò a ricordare, che oltre una forma tipica o quasi tipica corrispondente cioè a quella figurata da BroccHi sono a M. Mario rappresentate le var. alternipercineta, lineatocineta, Brocchii, nominate e tigurate da Sacco. I nostri esemplari più adulti hanno le seguenti dimensioni : Altezza . o A : 4 mm. 114 Larghezza 3 x x : » 26 in modo che la specie raggiunge fra le nostre sabbie lo stesso sviluppo, che, stando alle dimensioni date da Sacco, essa presenta nel pliocene piemontese. A Vallebiaia Manzoni ricorda la 7. Brocchi BRN., che a ragione Sacco considera varietà di 7. vermicwlaris, con uno sviluppo pure considerevole. Nell’Italia meridionale la 7. vermicularis è citata da SeGuENZA per l’astiano di Calabria, da PHI- LpPI per Girgenti e Militello in-Sicilia. Nelle formazioni più recenti così calabresi che siciliane non sembra conosciuta, nè si conosce vivente. M. Mario: Farnesina. i Turritella (Haustator) tornata Br. sp. — Tav. XXV [XLVI], fig. 7-17. * (1814. — Broceni, Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 372, tav. VI, fig. 11. — Zurbo). 1854. Turritella tornata Broc. De Ray., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 12. 1858. _ _ — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. _ — — Conn. Op. cit., 1. ed., pag. 32. 1868. _ _ — Mavrovani. Op. cit., pag. 16. 1871. — _ — Conti. Op. cit., 2.3 ed., pag. 38. 7 1874. _ _ — Manrovani. Op. cit., pag. 4l. 1875. - _ — Ponzi. Op. cit., pag. 26. 1882. _ - — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1882. _ imbricataria Broc. Zuccari. /bid., pag. 16. 1888. -_ tornata Broc. CLERICI. Loc. cit., pag. 108. Lo sviluppo e la frequenza che nelle sabbie di M. Mario presenta questa 7urrifella sono veramente rimarchevoli: forse è essa qui altrettanto comune che nelle tipiche località del Piacenting, dove per [B51] S. CERULLI-IRELLI 165 prima fu descritta da BroccaI, ma con un grado di sviluppo fors’ anche maggiore, in quanto l'esemplare più adulto, che si conservava in collezione, ha una larghezza di mm. 32, ed un’altezza di circa mm. 170). La variabilità della conchiglia è pure assai notevole per la scultura e forma degli anfratti e depres- sione della base, così che la conchiglia prende aspetti discretamente diversi. Gli anfratti sono talora leg- germente convessi tal’altra perfettamente piani, a suture lineari, superficialissime. In corrispondenza la base ora leggermente convessa, tal’altra è depressa, acutamente angolata alla periferia. I cingoli spirali in nu- mero maggiore o minore per l’interposizione di cingoli secondari di quasi eguale grandezza dei principali, sono ora evidenti e rilevati, ora fortemente depressi, più ampii, fino a scomparire, ed allora la superficie degli anfratti piana appare soltanto densamente striata e leggermente ondulata, a strie di tanto in tanto accoppiate a due, a tre, e con un esile cordoncino lineare in prossimità della sutura anteriore. Questi esemplari presi isolatamente sembrerebbero quasi costituire una specie a sè, mentre sono collegati al tipo più comune per graduali forme di passaggio. La forma più comune a M. Mario è rappresentata da individui ad anfratti piani, leggermente inca- vati presso la sutura posteriore con cingoli spirali depressi ma ben evidenti, di cui quello mediano se- parato dal 1.° e dal 3.9, da un ampio solco. Come per la vermicularis, così per la 7. formata, non farò distinzione di varietà, anche perchè non saprei quale realmente debba considerarsi la forma tipica, una volta che la figura di BroccHI e quella di Sacco, pure su esemplare della collezione BroccHI, sono alquanto diverse. . Merita solo di essere menzionata a parte una var. pseudoimbricata (Tav. XXV [XLVI]. fig. 16, 17), caratterizzata dagli anfratti messi l’un sull’altro a guisa di imbuti sovrapposti, e dalla superficie loro più sottilmente striata, a cingoli spirali poco distinti. Ne faccio particolare menzione, perchè è così spiccata l’affinità fra questa forma e la vivente 7. imbricata Lx. delle Antille, anche per la colorazione. di cui negli esemplari di M. Mario resta traccia evidente, che sono stato a lungo perplesso se non dovessi senz’altro a detta specie riferire gli individui fossili studiati. Tuttavia un esame attento dei viventi mi fa avvertire le seguenti limitate ma costanti differenze: nei viventi tutti gli anfratti hanno immediatamente presso la sutura anteriore un colletto rigonfio, rilevato, che la contorna; i primi anfratti anzichè tricarenati come nei fossili, sono unicarenati e depressi. Forma affine è la var. imbricatarioides Sacco, e più ancora forse la var. 4.* del Cocconi (anfractus inferne scalariformibus) ® . Per le variazioni di cui si è fatto cenno sembrerebbe, che anche la 7. vermicularis potesse conside- rarsì varietà di 7. tornata. Tuttavia a me pare che così 1’ una che l’altra conservino sempre nella scultura alcune caratteristiche che le fanno distinguere. Nella 7. vermicularis “ gli anfratti sono leggermente convessi, ed hanno quattro cingoli rilevati, ot- tusi e striati, il quarto dei quali, il superiore (inferiore) cioè, è sempre più sottile degli altri tre, e tutti sono separati da un solco incavato e profondo ,. A questi caratteri dati da BroccHI aggiungo, che in ogni anfratto tanto la sutura anteriore che la sutura posteriore sono contornate e nettamente delimitate da un esile cordoncino depresso. La base dell’ultimo anfratto è a sua volta ornata di tre cingoli rilevati rego- larmente decrescenti in grandezza dall’esterno verso l'interno. !) Di questo individuo, per quanto poco scrupolosamente ricomposto, ho voluto tuttavia dare figura (Tav. XXV [XLVI], fig. 8) per mostrare appunto il grado di sviluppo della specie. °) Cocconi. Enum. Moll. mioc. e plioc. Parma e Piacenza, pag. 189, tav. IV, fig. 16, 17. Palaeontographia, vol. XVIII, 1912. 20 166 S. CERULLI-IRELLI [352] Nella 7. tornata eli anfratti sono più depressi, anche se non perfettamente piani, e divisi da su- ture più superficiali. La scultura è fatta di cingoli pure striati come nella vermicularis, ma più depressi e divisi da solchi meno profondi: il cingolo superiore e il cordoncino che delimita la sutura ‘anteriore di ogni anfratto sono press’ a poco eguali e formano come una fascia depressa striata, divisa in due da un solchetto poco profondo: il terzo e quarto cingolo sono press'a poco eguali al cordoncino presso la sutura posteriore, quando questo non è anghe più ampio, e, separati fra loro da sottili solchetti super- ficiali, formano come un’altra fascia presso la sutura posteriore. In conseguenza in ogni anfratto entrambi i cordoncinì che contornano le suture sono nella tornata più grossi che nella vermicularis, ed eguagliano in grandezza, quando anche non la superano, rispetti- vamente il cingolo superiore ed il cingolo inferiore: il terzo e quarto cingolo sono di eguale grandezza. La base dell'ultimo anfratto è ornata di cingoletti più sottili, più depressi che nella vermicuaris, ma più numerosi, più avvicinati fra loro, in modo che se ne contano sette. Naturalmente queste differenze, che sì riscontrano negli esemplari di 7. fornata, i quali hanno per scultura maggiori affinità colla 7. vermicularis, diventano assai più spiccate quando ai cingoli principali se ne intercalano altri secondari oppure quando i cingoli sono assai depressi, quasi obsoleti. Comunque per i caratteri differenziali di cui ho fatto parola io credo, almeno a giudicarne dal ma- teriale preso in esame, che le due specie possano tenersi separate. La 7.tornata è, come la vermicularis, specie oggi estinta, e a breve e rapido ciclo di esistenza, perchè essa compare e si estingue nel pliocene, dopo aver raggiunto nella parte superiore di esso uno sviluppo veramente considerevole. M. Mario: Farnesina, Villa Madama, Valle dell’ Inferno. Fam. Mathildidae Sicco, 1592, "i Gen. Mathilda Semper, 1865. Mathilda elegantissima 0. G; Cosra sp. — Tav. XXV [XLVI], fig. 15. (1861. — O. G. Costa. Microd. Medit., pag. 55, tav. IX, fig. 1. — Zrochus). (1873.— BrUGNONE. Miscell. Malac,, parte I, pag. 6, fig. 2.— Mathilda granolirata), 1864. Turritella quadricarinata Broc. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 32. 1871. _ _ n —' Op. cit., 2.* ed., pag. 38. 1882. _ _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 16. “ Testa turrita, acuta: anfractibus 7, converiusculis, carinatis; carinis 4 in quovis anfractu, confertim granulosis. Supremae duae carinae eriliores et secunda precipue, tertia in medio anfractuum major et prominentior, ertremae suturis prorimae. Carinae et earum interstitia lineis elevatis longitudinalibus, frequentibus secantur, unde minuta grana ersoriuntur ,. (BBUGNONE). La assai precisa diagnosi di Bruenone per la Mathilda granolirata, sinonima del rochus elegan: tissimus di O. G. Costa, mi dispensa dal descrivere questa forma, che è a M. Mario assai rara. Essa da parecchi autori è stata considerata sinonima di M. quadricarinata BR.; ma il confronto fra gli esemplari di M. Mario ed altri spettanti alla specie di Brocchi mi dimostra, che tale assimilazione specifica non è assolutamente possibile. [B53] S. CERULLI-IRELLI 167 Nella M. elegantissima la forma è più raccorciata, meno convessi gli anfratti, più sporgente e più grossa in proporzione la carena centrale, più esili le due carene inferiori, e di queste la prima, quella cioè presuturale, leggermente più grossa della seconda, mentre nella quadricarinata si osserva l'inverso. Le linee assiali, sottili assai numerose ed avvicinate nella quadricarinata, sono nella elegantissima più robuste, più distanti fra loro, e nei punti d’intersezione coi cordoncini spirali danno luogo a noduli allun- gati sporgenti, in modo che la superficie appare elegantemente granulosa. Fra i cingoli spirali non si osser- vano strie interposte come nella quadricarinata. La base dell’ultimo anfratto è più depressa con due cin- goletti alla periferia, delimitanti insieme ad altri tre cingoletti presso l’apertura una zona intermedia sub- escavata, senza strie spirali. Una scultura assai affine a quella della M. elegantissima ha la M. splendida De Forin, dall’Africa occi- dentale !: ma se ne differenzia per coste assiali ancora meno evidenti, per minor numero di anfratti e diversa forma dell’ apertura. La M. elegantissima vivente nel Mediterraneo è citata fossile di Siena da DE StEFANI, in Calabria da SEGUENZA. M. Mario: Farnesina. Fam. Caecidae Gru, 1847. Gen. Caecum FLEMING, 1817. Caecum trachea Mrs. sp. — Tav. XXV [XLVI], fig. 19-25. (1803. — MonTAGU. est. Brit., pag. 497, tav. XIV. fig. 10. — Dentalium). { ‘1854. Caecum trachea Mont. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9. 1864. —_ — — Coni. Op. cîit., 1.* ed., pag. 26. 1864. — dinacquale sp. n. Conri. Ibid., pag. 26 e 49 (20). 1871. — trachea Monr. Conti. Op. cit., 2.3 ed., pag. 33. 1871. — pulchellum Cuenv. Coni. Ibid., pag. 33. 1871. — inaequale sp. n. Conti. Ibid., pag. 33 e 5423). 1875. — trachea Mor. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. = — — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. _ —_ — Crerici. Loc. ce., pag. 108. Non ostante la piccolezza della conchiglia esistono in collezione copiosi esemplari di questo Caecum raccolti fra le sabbie del M. Mario, le cui dimensioni medie sono: Altezza . c ; . È mm. 3 Larghezza . o 7 . DIMONT La scultura fatta di numerosi anelli assai vicini fra loro, varia per la grossezza ed il numero di tali anelli, per la loro maggiore o minore evidenza. Essi si presentano spesso meglio evidenti presso l'estremità non perforata della conchiglia, attenuandosi verso l’estremità opposta, come altresì sì osser- vano spesso sulla conchiglia delle zone anulari lisce o sublisce, su cui cioè gli anelli sono quasi del tutto obsoleti. La conchiglia presenta pure sovente delle strozzature, indizio di momenti d’arresto d’aceresci- i) De FoLiN et PERIER. Les fonds de la mer, vol. I, pag. 213, tav. XXIX, fig. 6. 168 S. CERULLI-IRELLI - |B54| mento, le quali, se in prossimità dell’apertura, fanno sembrar questa come circondata da un rigonfiamento anulare, per il quale si potrebbe essere erroneamente indotti ad un diverso riferimento specifico. L'apertura è quasi sempre leggermente contratta, tal’altra invece è dilatata. Il 0. inaequale di Conti (Tav. XXV [XLVI], fig. 24, 25) è rappresentato da individuì i quali a forma pressochè cilindrica fino ad una certa altezza della conchiglia, d’un tratto e precisamente in corrispon- denza d'una strozzatura sì allargano a forma conica. Ma a me sembrano anomalie di accrescimento e il carattere unico che li distingue dagli altri individui di €. trachea è assai variabile. Anche il C. pulchellum CRENU citato da Conti va riferito al C. trachea; è rappresentato da giovani individui a conchiglia subliscia, cogli anelli evidenti solo presso l’estremità inferiore: forse corrispondono alla var. obsoleta della specie vivente. Il C. trachea riccamente conosciuto vivente, è in Italia citato fossile nel pliocene piemontese, in Toscana (S. Miniato, Vallebiaia, Livorno) in Calabria, e Sicilia (pliocene e post-pliocene). M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). Caecum Nysti De Srer. et Pant. — Tav. XXV [XLVI], fig. 26, 27. (1878. — DE STEFANI e PANDANELLI. Moll. plioe, d. dint. di Siena. Boll. Soc. mal. it., vol. 1V, pag. 145). (I8SS.— DE STEFANI. Zeon. nuovi moll. plioe. d. dint. di Siena. Boll. Soc. mal. it., vol. XIII, pag. 222, tav. XI, fig. 19, 20). La conchiglia corta, cilindrata, solida, a superficie subliscia, segnata soltanto da superficialissime ed irregolari linee circolari, e da minutissima striatura longitudinale visibile soltanto al microscopio; l’aper- tura leggermente contratta al margine; il septum sporgente, triangolare, caratterizzano bene questa forma. Essa è perfettamente distinta dal O. glabrum per la forma del septum, che in quello è emisferico, mentre nel C. Nystî è prima submamellonare, e quindi submucronato all'estremità più sporgente, col nargine laterale quasi diritto, leggermente ondulato. La forma del septum la distingue parimenti da al- cune varietà di C frachea ad anelli depressi quasi obsoleti. È specie assai affine il vivente C. Carmenensis De For. ”; ma il septum è in questo più decisamente ungulato, subconcavo al centro, anzichè convesso. Ancora meglio distinto è il C. sardinianum De Fot. 2 (=?0. pollicare CARP. fide MoNTEROSATO). A M. Mario non è specie rara, e i diversi individui furono da me trovati tutti insieme agli altri di C. trachea. , De STEFANI la dice specie comune nel pliocene Senese, ed anche altrove. M. Mario: Farnesina. Caecum glabrum Mr. sp. — Tav. XXV [XLVI], fig. 28, 29. (1808. — MonTtAGU. Test. Brit., pag. 497. — Dentalium). 3li individui spettanti a questa specie, alquanto più rara della precegente, se ne distinguono oltre che per il sepfum emisferico, anche per la forma della conchiglia più breve, e più larga, e forse anche meno arcuata. La sporgenza del septum è variabile, come del resto nella specie vivente ®, ma più spesso è più voluminoso, più sporgente che una mezza sfera, come nella var. x DE Fot. ‘© De FoLix et PERIER. Les fonds de la mer, vol. I, pag. 184, tav. XXV, fig. 5, 6. ® De Foix et PERIER. Ibid., vol. I, pag. 231, tav. XXIX, fig. 11, 12. ® De FoLix et PerieR. Ibid., vol. I, pag. 171, tav. XV, fig. 11-14. |355] S. CERULLI-IRELLI 169 . Il C. glabrum vivente nell'Oceano Atlantico, è citato fossile da Sacco per il miocene e pliocene piemontese, ma l’esame delle figure fa nascere il dubbio che la forma del Piemonte vada meglio riferita al C. Nysti. Nel Crag inglese è citata da Woop. M. Mario: Farnesina. Caecum crispum n. sp. — Tav. XXV [XLVI], fig. 30, 31. Conchiglia piccola, cilindrica, arcuata, solida, a superficie leggermente ondulata per rughe anulari di accrescimento, ed elegantemente increspata da numerosi irregolari rilievi longitudinali, ondulati, assai vicini fra loro. È Septum mammellonato, fortemente sporgente, ad apice assai ottuso, indistinto, situato a sinistra. Apertura quasi affatto contratta, non marginata, leggermente declive. Altezza . 5 x . 3 mm. 2,5 Larghezza : : È 5 » 0,6 La scultura increspata della conchiglia, che ricorda quella del Mytilus lineatus (= M. crispus CantR.), la forma del septum mammellonato, senza apice distinto, caratterizzano bene questa specie, che credo nuova. Essa è a M. Mario abbastanza rara; ne ho rinvenuti quattro esemplari confusi con C. trachea. M. Mario: Farnesina (s. g.). Finito di stampare il 31 ottobre 1912. Hi LAURO AO AU IN ATTOT) IFPATS strata nt at sila n agg? riti DESTICIRAZAATO ì " Aa dgr ia nti ah e ALATO gui; eni deg bb dol e UE "A MRIZUTILI PALATI SI RESONI. i A vari sia pag vw dI MPT PreejPrpr A rrnzt afidi pb A taz sinodisbig cifrata alici id, Pirani 0; neon SPA ot ni “Min ‘ SU vii «outils, slitta hei seni an NIRTANIACA AaC li DU Stra n ei ; bi. dead "Ta | 6 ‘Mic Ù Î ir STIRO «ME, 0 ARESE palibel lA. ue fue. A Dia î } sa: ui” Fi ia de s finrnei, bg: fra È P CATIA Saint ME) ninni) dla ot risi pi ade pre dla cbr Vito pa tg art” ice li SA dh ir Start csi" bb TA, DENSO, dall (ir) Wi de gr AA sio vb og AGRA ripe bed è dad gio 4 SS ET ted PUNTA Lpristnca dg. rato Ain Mor. | Mpa i faro Mii de spade RSA; tipe SASA NES te ta pae LA Vo hi sa etti isf Porta pupi ben a RO nz Ago Lat tr sa bj FATATO Asi Re Golgi dai FATATO » luis: a darei di i rapa db ' ASI pai tali las cai ch, i \ ; BIL HO î RR n°. STE i) I lb i (9 À ua i RAPITI ACI aa e ai e n) Mii MACLRRLLII DOCCIA hi ik 1 sosta invio # MIT leg. Vi: e VE pd È | ) O Va È "A pi ‘ i Mi Rd Wp PARO Vi) ig LI VC La bastia ivi gi suna Da, dA, | 1 4 n ag { ‘ MP j | : » È É Mae è ‘ | i ti Uni deve sila, Are a at i RR i Mi Were i i È | : Us i Giacometti er n Meo Li (ui VA A É ina a Ln i A My alta Secsiendi I pifi i hi i sio mattoni. (VA ro] NPPRINIET TO Fini GANN p | Py tes i a aa acli dj, A ps: ho bring, (Patio spie piu f mari ab I TÀ di morifiia | Lartutatà if dd ci AA Dh immabt Pi, rie n paia PRETI bd mado ue Meta" i fà foibe dia ca Cl, O ie Ss ‘pera LUNI, rta né LL. tes 448, ni vi Dada RIO, dia Mi LÀ a n muta) di wa dalia ig TR Y Pan hf. arma Spiegazione della Tavola I [I]. Fio. 1. — Sendo del Tr. pliocenicus Law. alquanto rimpiccolito. 1a dalla faccia dorsale, 1% dalla faccia ventrale, le dalla parte anteriore, — pag. 4 [4]. |. Palaeontographia italicn, vol. XVIII, 1912. PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. I. A. FUCINI, Zrionyx pliotenicus Law. [ Tav. I]. A. FUCINI FOT, EUUOT CALZOLANI FERRARIO = MILANO Pg é Lf Triora Tria suoi Rioni # ui d «pis i x si n È Mi î n : ì i | : DA Tav j î pa dpr nio “sia i buo peli na ui | gg Sv ce i DT e Ù | NR Pi, n sat, i bi Me - apat isp e: ici pei n spa, sh dl entre Amici i Anni Mep #0 in ii La pio. ii beati I * aigin pmufi € | sino li dei Vantad le è lui A Lian Dt ma n ila ina; RZ dit pt DIA i ì Ù i io i ORA (0 Miei fun PI FRATI RITO VE, RO. pre dia RETTt) du PATTO E Ro se sini LL der; i NOTIZIA biagi; Ni d. pur GA son ela a ii Poi Wifi Qu ciali Pivot Ò ona der ua adi Mo la SL a pata n OOTUTITITIO MESE alla i dì SOTA : Pal RR TINTI ra 1) pal mint “PALE "pin ‘pen ail Lg di et e cal ET TR bed Lun nm, Polti (at i eteri) alli; EA i i; mn, ca atte agi Wiplat I abitati Gt MZ DT SI gua dii beer i IE acli MIT ti RITI ETRE PI n ALE at 0g ne viti vii pali? gra PAN ra Fi. Spiegazione della Tavola II [II]. — Femore destro. 1a faccia ventrale, 1b faccia dorsale, le faccia laterale esterna, 1d faccia articolare pros- simale, — pag. 24 [24]. — Cassa cranica. 2a faccia laterale sinistra, 2b faccia superiore, 2e faccia inferiore, — pag. 11 [11]. — Spina occipitale. 3a faccia laterale sinistra, 30 faccia superiore, e faccia inferiore, — pag. 12 [12]. — Mascellare sinistro. 4a faccia esterna, 4b faccia inferiore, — pag. 12 [12]. — Mandibola. 5a faccia laterale sinistra, 9 faccia inferiore, 5c faccia superiore, — pag. 12 [12]. — Apofisi coronoide, — pag. 12 [12]. — Estremità mandibolare sinistra. 7a faccia laterale esterna, 7b faccia superiore, Te faccia inferiore, — pag. 12 [12]. — Quadrato destro. Sa faccia laterale esterna, Sb faccia posteriore, Sc faccia anteriore, 84 faccia superiore, Se faccia inferiore (articolare), — pag. 12 [12]. — Estremità mandibolare destra. 9a faccia inferiore, 9 faccia superiore, — pag. 12 [12]. — Joide (corno grande destro). 10a faccia inferiore, 10% faccia superiore, 10e faccia laterale esterna, 104 faccia laterale interna, — pag. 13 [13]. — Joide (corno grande sinistro). 11a faccia inferiore, 115 faccia superiore, 11e faccia articolare, — pag. 13 [13]. — Joide (corno piccolo sinistro). 12a faccia inferiore, 12% faccia superiore, — pag. 13 [13]. .— Epipiastrone di destra e di sinistra dalla faccia ventrale, alquanto rimpiccoliti, pag. 8 [$]. — Entopiastrone dalla faccia ventrale, alquanto rimpiccolito, — pag. 9 [9]. .— Iopiastrone ed ipopiastrone di destra e di sinistra, dalla faccia ventrale, alquanto rimpiccoliti, — pag. 9, 10 (9, 10). — Sifipiastrone, dalla faccia ventrale, alquanto rimpiccolito, — pag. 10 [10]. Palacontographin italica, vol, XVIIT, 1912. IE Tav. CA, Vol XVIII, PALAEONTOGRAPHIA ITALI [Tav, 11}. Trionyx pliocenicus Law. A. FUGINI, a6 A. FUOINI FOT. SANT "dl; lei A è “37 RA LT Ù TOMANS a” Mi DEA ni (ltd osa (he riva di Sua i (Ra Ago aeit, 1E La o Li HE pit i SL amari ii È REINA rod SIE DR Di i Nu ar Cero Mia "E lierna pra ‘ CI ri” i i ne I sli #4 tibi den dl cei nei A ite, al LEI SS gra vesto stona ha snai mira uno a Li Fipagt para TI 0 PR «Mi VOTI Arti e TT ui Mi Le. ‘Ml DI TI Attenti di O nl AR) si A I SR ki (RE AE e aa STILO vivi; UMibcree AS TNT AU i ESAOT ‘ii pe ca ML in Won: al ingl lt i AT a RT I CIT A TT E I AT vigatito ta nre Da LA EP A RT si poni Spad Mise rd AES AA diva iron i cani SUI aio) siii del Snc il cry è i peg leto me ded Cal i POSA] ARR = ole Silla aloni sl ny e i] Sv it Di die di) Toti ‘ano Got RAI, spa RT ced Mitrimvinnoti, ZU ii de: > i fa ari i salatini, ario RAI PE ZIA: “et DE cam TTT dn ARE rent tig” bt et alpiatbla sat 1 A niger se ia ei a ia IT Leti) aleadi 4 arie Pianista tuto prati nego e 0 Di té li Her oa mor ian lina St io Alani tenga debito i Sr htet allori LIL j Di ERE O Apia e ti apatia los 306 cat) apatia IT solai Met tai, finito vibo folta Ata ATE ghia Nbpalori (alari) Sig bisnonno dari n Il va a) e att MT n Ti STI vana hei wo «a, ai La tono) aimadb Pera pe GUiOBpa Azer # AE LIT O I PRE Ae agi A ita; pi N ‘ci Cern pr dal GSC png tania n i CI fi; ig» - alli ARMA inte 5 ngi alfa) rvstiabi + “getti. “Vip pd v MER, vili ARPA A ratdigoti driirril illleot sftt(nlano, ardnrsazan, da, 10, pr Li di ni m- ni nia cl Gli prod a trlig drvalali e dei front 10 i, Du i / LITTA MATA Paideia E mi) i f “ea pei gneiss ta ilari: #8: VENTI doti A TT A IT PTT INT TA NO Ripi ban spago Dial rp Monti agguati Gana i) di PIANO). ni MANIE rg sii tteplitarrg vd bordi) DEE br gi Ti pai MUR dadetandi. pivaart nh data alici MT cs Wii le "o Du fiere “nf fordaizha, nni atta nina i di TITO Paga Mbioiiza af 0 balena pi RR Mir zone TO doh sii dre agro Mini rea Magi gal: atta vi dinaliaui dit spiders [brad 1) sil PRESA pren adi Suite resi ibi sig - Te — e che si bo Spiegazione della Tavola III [III]. — Omero sinistro. la faccia interna, 10 faccia esterna, lc faccia dorsale, 1d faccia ventrale, le faccia an- teriore, — pag. 20 [20]. — Cubito destro. 2a faccia palmare, 20 faccia dorsale, 2c faccia interna, 24 faccia esterna, 2e faccia arti- colare prossimale, 2/ faccia articolare distale, pag. 20 [20]. — Radio destro. 3a faccia palmare, 3b faccia dorsale, 3e faccia interna, 3d faccia esterna, de faccia arti- colare prossimale, 3f faccia articolare distale, — pag. 21 [21]. bj p D — Cubitale destro. 4a faccia palmare, 4b faccia dorsale, 4c faccia esterna, 4d faccia articolare prossimale, — pag. 21 [21]. — Pisiforme destro. da faccia palmare, 50 faccia dorsale, — pag. 21 (21). — Radiale destro: 6a faccia palmare, 60 faccia dorsale, — pag. 21 [21]. — Primo carpale destro. 7a faccia palmare, 7b faccia dorsale, — pag. 21 [21]. — Secondo carpale destro. Sa faccia palmare, Sb faccia dorsale, Sc faccia prossimale, — pag. 21 (21). — Terzo e quarto carpale. a faccia palmare, d faccia dorsale, e faccia esterna, — pag. 22 [22]. — Primo metacarpale destro. 11a faccia palmare, 110 faccia dorsale, 11c faccia articolare prossimale, — pag. 22 [22]. — Secondo metacarpale destro. 12a faccia palmare, 120 faccia dorsale, 12c faccia esterna, 124 faccia arti- colare prossimale, 12e faccia articolare distale, — pag. 22 [22]. — Terzo metacarpale destro. 13a faccia palmare, 13 faccia dorsale, J13e faccia esterna, 134 faccia arti- colare prossimale, — pag. 22 [22]. — Quarto metacarpale destro. 14a faccia palmare, 14 faccia dorsale, — pag. 22 [22]. — Prima falange anteriore prossimale destra. 15a faccia palmare, 15 faccia dorsale, — pag. 22 [22]. — Seconda falange anteriore prossimale destra. 16a faccia palmare, 160 faccia dorsale, 16c faccia esterna, 99 [x 164 faccia articolare prossimale, 16e faccia articolare distale, — pag. 22 [22]. — Prima falange anteriore media destra (unguale). 17a faccia palmare, 170 faccia dorsale, 17c faccia esterna, 17d faccia articolare, — pag. 23. [23]. — Seconda e terza falange antériore distale destra (unguali). a faccia palmare, d faccia dorsale, c faccia & (uns ’ esterna, — pag. 24 [24]. — Quarto metacarpale sinistro dalla faccia dorsale, pag. 22 [22]. — Epipiastrone sinistro e destro dalla faccia dorsale, alquanto rimpiccolito, — pag. 8 [8]. — Entopiastrone dalla faccia dorsale, alquanto rimpiccolito, — pag. 9 [9]. — lIopiastroni ed ipopiastroni sinistri e destri dalla faccia dorsale, alquanto rimpiccolito, — pag. 9, 10 [9, 10). — Sifipiastrone dalla faccia dorsale, alquanto rimpiccolito, — pag. 10 [10] — Prima falange anteriore prossimale sinistra. 27a faccia dorsale, 27b faccia palmare, 27e faccia interna, 27d faccia articolare prossimale, 27e faccia articolare distale, — pag. 22 [22]. p ) , to) — Terza falange anteriore prossimale sinistra. 28a faccia dorsale, 285 faccia palmare, 28c faccia interna, 28d faccia articolare prossimale, — pag. 23 [23]. — Quinto metacarpale sinistro. 29a faccia interna, 290 faccia esterna, — pag. 22 [22]. — Seconda falange anteriore media sinistra. 30a faccia dorsale, 30b faccia interna, 30c faccia palmare, 304 faccia articolare prossimale, 30e faccia articolare distale, — pag. 23 [23]. — Quarta falange anteriore media sinistra. 31a faccia dorsale, 310 faccia palmare, — pag. 23 [23]. — Terza falange anteriore media sinistra. 32a faccia palmare, 320 faccia dorsale, 32c faccia interna, — pag. 23 [23]. — Quarta falange anteriore prossimale sinistra. 33a faccia palmare, 330 faccia interna, 33e faccia dorsale, 334 faccia articolare prossimale, — pag. 23 |23]. , t=) Palneontographin italica, vol. XVIII, 1912. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. III. (Tav. III]. A FUCINI, Trionya pliocentcus Law. LUOT CALZOLANI Gi FENMAHIO = MILANO A. FUOINI FOT. lp tt la N i lp n VENE vinot bb la » © ti mb a MONGOIO i MUANTILE lu FUT) È nt Hay. pil osi Ci stri, lello) punti 7a i th ip illa Aa, \b ant dite “RR VA ini, E drrniti mpt et VI rta ir fabiana Ma A pt ET TT e e e bi one spun fo triti SM ATE ti sioni gli 99 tri si i LE cat ligenii ente 0! spe vii pendii Alon di Di apud i af Sdi vi at LARA inf ti DA FAAC MN tata al pio at a, î vi DA ci "agli aa mete MISINTO Sult disade tirita a At ele bi IU i a ti pi a n la pani de stati) MTOLIOT dice RL A TT prin Po i SIERO Ù Tdi sig a io ai ino foi argani baia Vagli . CA Regie Line 2 briglie. DERISO Vr baprii SCE La * i Er TA PRIA — elena pl Lia ta i + RURRATIRE zii MITE stelo pnt DA VIA AA 408 dallo 41 rocco pn Ia TAR De iti Gita bi e î beni wi TA Maat MITA soi egli Ani gliele alii bo: ei MIR Oni dI. AO El AIN be rino sli e = 5 MIC; inpeoli NM litg RO T ta sila î MT RR Co n A) pra np LI sa inaltentia Miri brio, Mata stà Li sh #1 Da 1} RA] nare PEPRESETROTT I deo i tai ti Spiegazione della Tavola IV [IV]. . 1,2. — Cintura scapolare destra a sinistra, dalla faccia ventrale. A, scapola; B, coracoide; C, clavicola; — pag. 17, 18 [17, 18]. 3. — Atlante (apofisi odontoide) faccia ventrale, — pag. 13 [13]. 4-6. — Terza (?) quarta e settima vertebra cervicale dalla faccia ventrale, — pag. 14 [14]. ©. — Perone destro. 7a faccia dorsale, 7b faccia plantare, — pag. 25 [25]. S. — Prima falange posteriore media destra (unguale). 8a faccia plantare, 85 faccia dorsale, 8c faccia esterna, 8d faccia articolare, pag. 27 [27]. 9. — Tibia sinistra. 9a faccia plantare, 90 faccia dorsale, 9c faccia esterna, 9d faccia interna, 9e faccia arti- colare prossimale, — pag. 24 [24]. 10. — Perone sinistro. 10a faccia plantare, 10% faccia dorsale, 10c faccia esterna, 104 faccia interna, 10e faccia articolare prossimale, — pag. 25 [25]. 11,12,— Pube destro e sinistro dalla faccia, ventrale, — pag. 19 [19]. 13-16. — Seconda (?), quarta (?), quinta e sesta vertebra dorsale, dalla faccia ventrale, — pag. 15 [15]. 17,18. — Prima e seconda vertebra sacrale, dalla faccia ventrale, — pag. 15 [15]. 19,20. — Prime coste sacrali, destra e sinistra, dalla faccia ventrale, — pag. 15 [15]. 21,22. — Seconde coste sacrali, destra e sinistra, dalla faccia ventrale, — pag. 15 [15]. 23-26. — Prima, seconda, terza e quarta vertebra caudale, dalla faccia ventrale, — pag. 16 [16]. 27,28. — Ilio destro e sinistro, dalla faccia ventrale, — pag. 19 (19). 29. — Astragalo sinistro. 294 faccia plantare, 290 faccia dorsale, 29c faccia anteriore, 294 faccia posteriore, — pag. 25 [25]. ; 30. — Primo metatarsale sinistro. 304 faccia plantare, 30% faccia dorsale, 30c faccia interna, 304 faccia arti- colare prossimale, 30e faccia articolare distale, — pag. 25 [25]. 31. — Secondo metatarsale sinistro. 31a faccia plantare, 31b faccia dorsale, — pag. 26 [26]. 32. — Terzo metatarsale sinistro. 52 faccia plantare, 32% faccia dorsale, 32c faccia interna, 324 faccia arti- colare distale, — pag. 26 [26]. 33. — Quarto metatarsale sinistro. 3ia faccia plantare, 330 faccia: dorsale, — pag. 26 [26]. 34. — Quinto metatarsale sinistro. 34a faccia plantare, 340 faccia dorsale, 34c faccia interna, 34d faccia esterna, 34e faccia articolare prossimale, — pag. 26 [26]. 35 — Prima falange posteriore prossimale sinistra. 3ba faccia plantare, 390 faccia dorsale, 39e faccia interna, 35d faccia articolare prossimale, 35e faccia articolare distale, — pag. 26 [26]. 36. — Seconda falange ppsteriore prossimale sinistra. 364 faccia plantare, 360 faccia dorsale, — pag. 26 [26]. 37. — Terza falange posteriore prossimale sinistra, 37a faccia plantare, 375 faccia dorsale, 37ce faccia interna, — pag. 27 [27]. 38. — Quarta falange posteriore prossimale sinistra. 380 faceia plantare, 38% faccia dorsale, 38c faccia artico- lare prossimale, — pag. 27 [27]. 39, — Seconda falange media posteriore sinistra. 39a faccia plantare, 390 faccia dorsale, — pag. 27 (27]. 40. — Terza falange media posteriore sinistra. 400 faccia plantare, 40% faccia dorsale, 40c faccia interna, 404 faccia articolare prossimale, — pag. 27 [27]. 4l. — Quarta falange media posteriore sinistra. 4la faccia plantare, 415 faccia dorsale, — pag. 27 [27]. 42. — Secondo metatarsale destro. 42a faccia dorsale, 42% faccia articolare prossimale, — pag. 26 [26]. 43, — Terza falange distale posteriore destra (unguale). 43a faccia dorsale, 430 faccia plantare, 43 faccia esterna, 434 faccia articolare, — pag. 27 [27]. 441, — Tibia destra. 4a faccia plantare, 416 faccia articolare distale, — pag. 24 [24]. Palacontograpbin italien, vol. XVIII, 1912. n - NA lai PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. DVI vai A. FUCINI, Zrionya pliocenicus Law. [Tav, IV). ELIOT CALZOLANI & FERNARIO = MILANO. A- FUCINI For. Tn iui ante dp n Frida, LI pi : n di TR, SELL fu) dai 7 a Taio Aa A I lt TE vai LIO rd derit! o ETA pn ui st DUCE asa pon Magi gna N) Nanni nani w My: Di Thi: MII, Qu i ; HR STO ETICA FAI di putti. DL Ta, ava : i: ROL, I SS A TUE ee, I IE TI td nati SITA Manta li at rica LI tI) (EE cal meg a si N) : vs ) i pal Ci Dr) ni dual A IO Ma AA sù Hal IN bela APR Mu: LA Quae. PZ ir A p prime. vega "TL apro CONTESTA, FRA Lar ‘1 lp sauro î Ta Ù pri Atena, ur ari PUNOZI DAL Ling Mpa Be. we et tr str TL Vi to : x va MIGLIO Bat CE n Ù Ut: pi VITA fia di p Lor n PA Pte O ali a hi a HMI AA, JET ‘ROMAE; aplettà Wale Tung Nalin deri Ù 000 lg » spiga enni: Sia i p ARTI id realta AA TT RE i î pv latin Shi Tipi nona TA seit) sd ma ed LISI pei, pria dla Put let ug Let alal ti liti potra Fruit sig VARRONE sip TUTI bagna Amici ‘ftp. | misi "Ms piegati; CIOTTI diari tà spal Plc È (a fora, Pra na, affiatati i dei urto ea Diet i FIG. > otaou 29,30,33. — 4 te] ,82. Spiegazione della Tavola V_[V], Cintura scapolare sinistra. 1a faccia dorsale, 1b faccia anteriore. A, scapola; B, coracoide ; C, clavicola. Cintura scapolare destra. 2a faccia dorsale, 2 faccia articolare per l’omero. A, scapola; B, coracoide; C, clavicola, — pag. 17, 18 [17, 18]. Atlante (apofisi odontoide) 3a faccia dorsale, 30 faccia articolare anteriore, — pag. 13 [13]. Terza (?) vertebra cervicale, dalla faccia dorsale, — pag. 14 [14]. 3 Quarta vertebra cervicale. 5a faccia dorsale, 50 faccia laterale sinistra, 5c faccia anteriore, — pag. 14 [14]. Settima vertebra cervicale, 62 faccia dorsale, 60 faccia anteriore, — pag. 14 [14]. Prezigapofisi. 7a faccia ventrale, 75 faccia dorsale, — pag. 14 [14]. Postzigapofisi. Sa faccia dorsale, 80 faccia ventrale, Sc faccia laterale esterna, — pag. 14 (14). Pube sinistro dalla faccia dorsale, — pag. 19 [19]. Pube destro. 10a faccia dorsale, 10b faccia laterale interna, 10c faccia laterale esterna, 104 faccia posteriore, — pag. 19 [19]. Seconda (?), quarta (?), quinta e sesta vertebra dorsale, dalla faccia dorsale, — pag. 15 [15]. Ilio destro. 154 faccia dorsale, 155 faccia laterale esterna, 15c faccia laterale interna, — pag. 19 [19]. Ilio sinistro. 162 faccia dorsale, 16% faccia laterale interna, — pag. 19 [19]. Ischio destro, dalla faccia articolare, — pag. 19 [19]. Prima vertebra sacrale. 18a faccia dorsale, 180 faccia articolare per la prima costa sacrale destra, — pag. 15 [15]. Seconda vertebra sacrale. 19 faccia dorsale, 190 faccia laterale, — pag. 15 [15]. Prima e seconda costa sacrale sinistra, dalla faccia dorsale, — pag. 15 [15]. Prima costa sacrale destra. 21a faccia dorsale, 21b faccia anteriore, 21c faccia articolare per l'ilio, — pag. 15 [15). Seconda costa sacrale destra. 23a faccia dorsale, 230 faccia articolare per l’ilio, — pag. 15 [15]. Prima, seconda, terza e quarta vertebra caudale anteriore. a faccia dorsale, d faccia laterale destra, e faccia anteriore, d faccia posteriore, — pag. 16 [16]. Sesta (?) vertebra caudale. 28a faccia ventrale, 25b faccia dorsale, — pag. 17 [17]. Settima (?), ottava (?) e undecima (?) vertebra caudale, a faccia ventrale, d faccia laterale sinistra, — pag. 17 [17]. Nona (2) e decima (?) vertebra caudale, dalla faccia laterale sinistra, — pag. 17 [17]. Quarto metatarsale sinistro, dalla faccia esterna, — pag. 26 [26]. Quarta falange posteriore prossimale sinistra, dalla faccia esterna, — pag. 27 [27]. Quarta falange posteriore media sinistra, dalla faccia esterna, — pag. 24 [27]. Secondo metatarsale sinistro, dalla faccia interna, — pag. 26 [26]. Seconda falange posteriore prossimale sinistra, dalla faccia interna, — pag. 26 [26]. Seconda falange posteriore media sinistra, dalla faccia interna, — pag. 27 [27]. Palacontographin italica, vol. XVILI, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. V. A. FUGINI, Zrionyx pliocenicus Law. EUDI CALZOLANI & FERMARIO MILANO A. FUOINI FOT. a: Spiegazione della Tavola VI [1]. FiG. 1. — Sezione del calcare a fossili dordoniani di Calcasacco {Termini-Imerese), contenente: Orbitoides apiculata SCHLUMBERGER, Siderolites calcitrapoides LAMArOK, Radiolites o Sphaerulites sp., ecc. Vi s'osservano poi fram- menti di roccia arrotondati dovuti a rimaneggiamento antico di materiali predordoniani, e frammenti informi ed angolosi aderenti ai fossili, spettanti al rimaneggiamento più recente; nonchè il cemento calcareo minutamente cristallino saldante il tutto, — pag. 3911], 43 [15], 4416], 45 [17]. » 2. -- Orbitoides apiculata SCHLUMBERGER. — Nel calcare suddetto. Sezione un po’ obliqua rispetto all’equatoriale, di forma megalosferica (prossima all’ Orbitoides Ciofaloi CHEccHIA-RispoLT), che, probabilmente nella fossi- lizzazione, ha perduto due sepimenti nella loggia grande dell'apparato embrionale, — pag. 43[15). » i. — Siderolites calcitrapoides LAmARCK. Ibidem. Sezione obliqua rispetto all’equatoriale, passante per due spine, — pag. 44 [16] » 4. — Siderolites calcitrapoides LamaRCK. Ibidem. Sezione tangenziale parallela alla equatoriale, di forma con quattro spine, — pag. 44 [16]. N.B. — L’ingrandimento della tig. 1 è di 7 diametri; quello delle fig. 2, 8 e 4, di 22 diametri. Palaeontographia italien, vol. XVIII, 1912. i ALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. VI. A. SILVESTRI, Fossili cretacei di Termini - Imerese. OLA » va Spiegazione della Tavola VII [II]. Pig. 1. — Sezione del calcare a fossili dordoniani di Calcasacco (Termini-Imerese), contenente: Orbitoides gensacica (Leymerte) var. secans ( LevmeRrIE), Orbitoides apiculata SCHLUMBERGER, Siderolites calcitrapoides LAMARCK, ecc., e, sebbene meno evidenti, i frammenti rocciosi ed il cemento di essi, dei quali è stato detto nella descrizione della fig. 1 della tavola precedente, — pag. 3911], 46 [18], 47 [19], 48 [20]. 9. — Orbitoides apiculata ScuLumBerGER. Nel calcare suddetto. Sezione quasi coincidente con l’equatoriale, di forma megalosferica, di transizione dall’ Orbitoides media (p’Arcuiac) all’ 0. apiculata tipica ( Orbitoides Schuberti Curcona-RispoLi), — pag. 48 [20]. 3. — In alto: Orbitoides apiculata ScuLumeerepR. Ibidem. Sezione meridiana di forma megalosferica, — pag. 46 [18]. In mezzo: Orbitoides gensacica ( LeyMerIE) var. secans (LevmerIe). Ibidem. Sezione parallela e prossima al- l’equatoriale, di forma megalosferica, — pag. 46 [18]. 4. -- Orbitoides gensacica ( LeyMERIE) var. secans (LeyMmERIE). Ibidem. Sezione equatoriale dell'apparato embrio- nale megalosferico — dell'individuo della fig. 3 — fortemente ingrandita per far ben distinguere le comunicazioni tra le loggette secondarie dell'apparato embrionale, — pag. 46 [18]. N.B.— L'ingrandimento della fig. 1 è di 7 diametri, quello delle fig. 2 e3, di 22 diametri; l’altro della fig. 4, di 59 diametri. Palnoontographin italien, vol. XVIII, 1912, VII. Vol XVIII, Tav. CA, PALAEONTOGRAPHIA ITALI II] UV. [Ta Termini - Imerese. Fossili cretacei di SILVESTRI, A. AUCT. PHOT,. ra Fi. 1. = 9, = o [| 10, 11a-c, 12a,dD.— » 13. _ 14. _ 15. _ 16. _ 17. _ 18,19. = 200, b. _ Spiegazione della Tavola VIII [1]®. Frammento di dolomia con Diploporidae (Gyroporella e Diplopora?). Castellammare, — pag. 59 [3]. Gyroporella vesiculifera GupmB. Sez. longitudinale naturale, ingrandita del doppio. Castellam- mare, — pag. 59 [3]. Gyroporella vesiculifera GueMB. Castellammare, — pag. 59 [3]. Gyroporella vesiculifera GuemE. sez. trasversale dello stesso individuo. Castellammare, — pag. 59 BI. Diplopora? sp. Castellammare, — pag. 60 [4]. Rhynchonella (Halorella) amphitoma BroxN Sp. var. multicostata BrrTN. Boccadifalco (Palermo), — pag. 61 [5]. Rhynchonella (Halorella) amphitoma BRONN Sp. var. media BrrrN. M. Grifone (Palermo), — pag. 61 [5]. Rhynchonella (Halorella) amphitoma Broxx Sp. var. media BirrN. Boccadifalco (Palermo), — pag. 61 [5]. Rhynchonella (Halorella) pedata BRONX Sp. var. intermittens BrrrN. Boccadifalco (Palermo), — pag. 626]. Rhynchonella (Halorella) pedata BRONN Sp. var. rarecostata GuemB. M. Grifone (Palermo), — pag. 63 [7]. Rhynchonella isotypus Gemm. Cave di Bellolampo (Palermo), — pag. 60 [4]. Rhynchonella isotypus Gemm. Boccadifalco (Palermo) — pag. 60 [4]. Rhynchonella (Halorella) cfr. rectifrons BrrrN. Valva dorsale. M. Grifone (Palermo), — pag. 63 [7]. Gervilleia exilis STOPP. Sp. (juv). M. Grifone (Palermo), — pag. 64 [8]. Gervilleia exilis SroPP. sp. Boccadifalco (Palermo), — pag. 64 [8]. Gervilleia exilis SrOPP. sp. Castellammare, — pag. 64 [8]. Pecten Egidii Venantii Tomx. Valva sinistra. Castellammare, — pag. 66 [10]. Cardita dolomitica n. sp. Valva destra. Castellammare, — pag. 78 [17). ! Tutti gli esemplari figurati in questa tavola e in quelle successive appartengono alle collezioni dell’ Istituto reologico dell’ Università di Palermo. pia g Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XVIII, Tav. VIII. G. DI STEFANO, La Dolomnia principale dei dintorni di Palermo ecc. [Tav. I]. x \ Przgg att nigi. a CAMPAGNA PHOT. EUOT CALZULAN: aL MMAMIC dali Mini DI di Da î DI ri » d. — : 4, cal » Db. —_ » b. _ » T. _ » 8a,b - » 9 — » 10. - » lla-c, 12, — » 13a,b, 14.— » 15. Spiegazione della Tavola IX [II]. Myophoria inaequicostata KLipst. Valve destre. Castellammare, — pag. 70 (14). Macrodus sp. aff. M. strigilatus Par. nec MUnsT. Valva destra. Castellammare, — pag. 68 [12]. Macrodus sp. att. M. strigilatus Par. nec MUnst., Valva destra vista dalla regione cardinale. Castellam- mare, — pag. 68 [12]. Trigonodus rablensis GrepL. sp. Valva sinistra. M. Grifone (Palermo), — pag. 69 (13). Trigonodus rablensis GrEDL. sp. Modello interno della valva destra. M. Grifone (Palermo), — pag. 69 [13]. Myoconcha Cornalbae Sropp. var. alternicostata n. var. Valva sinistra. Castellammare, — pag. 67 (11). Myophoria Tommasii n. sp. Valva destra. Castellammare, — pag. 72 (16). Megalodus (Neomegalodus) complanatus GuUeMB. sp. Modello della valva destra e del cardine, che ripro- duce direttamente quello della sinistra: d dente principale bifido e striato; d' piccolo dente late- rale, posteriore; 7 fossetta dentaria principale; /' fossetta laterale, posteriore; ma impressione muscolare anteriore; 727 impressione della lamina miofora posteriore. (Castellammare), — pag. 75 [19]. Megalodus (Neomegalodus) complanatus Gu»pms. Modello della valva sinistra e del cardine, che riproduce direttamente quello della destra: D dente principale; D' dente laterale, anteriore; # fossetta den- taria principale, con una piccola eresta in fondo; /' fossetta dentaria laterale, posteriore; Ma impressione muscolare anteriore; Mp impressione muscolare posteriore. Castellammare, — pag. 75 [19]. $ Megalodus (Neomegalodus) complanatus GuemB., a dalla valva sinistra; d dalla destra, c dalla parte poste- riore: 12 dalla parte anteriore. Castellammare, — pag. T4 [18]. Megalodus (Neomegalodus) complanatus GureMB., var. segestana Di-StrF., a dalla valva sinistra; d dalla parte anteriore; 14 dalla valva destra. Castellammare, — pag. 76 [20]. Megalodus (Neomegalodus) complanatus GureMB., var. segestana Di-Srer. Modello della valva destra e del cardine, che riproduce direttamente quello della sinistra: 4 dente principale, bifido e striato; d' dente laterale, posteriore; / fossetta dentaria principale; /° fossetta laterale, anteriore; ma impressione muscolare anteriore; 727 impressione della lamina miofora posteriore. Castellam- mare, — pag. 76 [20]. Palacontographin italien, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. ]X. G. DI STEFANO, Za Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. [Tav. II]. CAMPAGNA PHOT. LUOT CAIZO LAI A SEMMARIO- MILAN LI . Spiegazione della Tavola X [III]: FiG. 1a,b. — Megalodus (Neomegalodus) Guembeli StorP. Modello, a dalla parte anteriore; bd dalla posteriore. Castellam- mare, — pag. (7 [21]. ni: — Megalodus (Neomegalodus) Guembeli SroPp. Modello, dalla valva destra. Castellammare, — pag. 77 [21]. di — Megalodus (Neomegalodus) Guembeli StopP. Modello, dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. 7 [21]. 4. — Megalodus (Neomegalodus) Guembeli SrorP. Modello, dalla parte posteriore. Castellammare, — pag. 77 [21]. Palnsontographin italien, vol. XVIII, 1912, PAFARGNTOGRAPETA TNALICA, Vol XVmni Tav x G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. [Tav. III). CAMPAGNA PHOT. SON "Ono SAR Lai i) h) O LA pin iù A ; ti: I u A a b Spiegazione della Tavola XI [IV]. Fia. 1.— Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello, dalla parte anteriore. Castellammare, — pag. S1 [25]. 2.— Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello, dalla parte posteriore. Castellammare, — pag. 81 [25]. > 3. — Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello, dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. 81 [25). 4. — Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello, dalla parte posteriore. Castellammare, — pag. S1 [25]. » 2. — Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello della valva destra e del cardine, che riproduce direttamente quello della sinistra: d dente principale; d’ dente laterale anteriore; d" dente laterale posteriore, lamel- liforme; 7 fossetta dentaria principale con una cresta in fondo; /° fossetta dentaria laterale, anteriore; ma impressione muscolare anteriore; mp impressione della lamina miofora posteriore. Castellammare, — pag. $1 [25]. » 6. — Megalodus (Neomegalodus) Paronai n. sp. Modello, dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. 81 [25]. » ©. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. (juv.). -Modello della valva destra e del cardine, che riproduce diretta- mente quello della sinistra: d dente principale, striato; d' dente laterale, anteriore striato; d' dente late- rale posteriore; / fossetta principale; /' fossetta laterale; ma impressione muscolare anteriore; mp impressione della lamina miofora posteriore; p impressione del muscolo del piede. Castellammare, — pag. 85 [29]. Palneontographia italien, vol. XVIII, 1912. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol XVIII, Tav. XI. G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. Tav. IV]. CAMPAGNA PHOT. Ri] EX” 5) Watt arto BAL Fia. 1a,b. » 2. » 3. » 4. » D » 6a,b. n Ti 8,9. 10: NA Spiegazione della Tavola XII [V]. Megalodus (Neomegalodus) Marianii n. sp. Modello ridotto della metà; @ dalla parte posteriore; d dall’ante- riore. Castellammare, — pag. 79 [23]. Megalodus (Neomegalodus) Mariani n. sp. — Modello della valva sinistra e del cardine, che riproduce diretta- mente quello della destra: 2 dente principale; D' dente laterale, anteriore; / fossetta dentaria prin- cipale con una cresta in fondo (la fossetta dentaria laterale posteriore è nascosta dall’apice); Ma impressione muscolare anteriore; Mp impressione della lamina miofora posteriore. Castellammare, — pag. 79 [23]. Megalodus (Neomegalodus) Mariani n. sp. Modello, dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. 79 [23]. Megalodus (Neomegalodus) complanatus GueMB. var. segestana n. var. Modello, dalla valva destra. Castellam- mare, — pag. 76 [20]. Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. (juv.), dalla valva destra. Castellammare, — pag. 84 [28]. Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. (juv.); a dalla valva destra, d dalla parte posteriore. Castellammare, — pag. 84 [28]. Solenomya Scaliai n. sp. Valva sinistra. Boccadifalco, — pag. 94 [38]. Pleuromya? infida n. sp. Valva destra. Castellammare, — pag. 93 [37]. Pleuromya? infida n. sp. Modello, dal lato cardinale. Castellammare, — pag. 93 [37] Pleuromya lata Pak. Valva destra. Castellammare, — pag. 93 [37]. Palacontographia italics, vol. XVIII, 1912. DI PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol STEFANO, CAMPAGNA PHOT. La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. XVIII, Tav. ne nes gi XII. [Tav. V]. ia Spiegazione della Tavola XIII [VI]. Fio. 1,2. — Megalodus (Neomegalodus) Mariani n. sp. Modello. Valva sinistra. Castellammare, — pag. 79 [23]. » 3. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. Modello, dalla valva destra. Castellammare, — pag. S4 [28]. » 4. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. Modello, dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. S4 [28]. Palneontographia italica, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. XIII. G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. [Tav. VI}. CAMPAGNA PHOT. LUOT CALZOLANI & SERMARIO=MILANF fina] ROUET VICINE RIT LIEST-I gi ui | ARA ; i ; È È i aotearoa ae (RO Spiegazione della Tavola XIV [VII]. Fic. 1-3. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. Modelli; 1. dalla parte posteriore; 2. dalla valva destra; 3. dalla parte anteriore. Castellammare, — pag. 84 [28]. » 4. — Megalodus (Neomegalodus’ Seccoi Par. Modello della valva destra e del cardine, che riproduce direttamente quello della sinistra: d dente principale; d' dente laterale, anteriore, striato; d" dente laterale posteriore; f fossetta dentaria principale; /' fossetta dentaria laterale, anteriore; ma impressione muscolare ante- riore; p impressione pediale. Castellammare, — pag. 55 [29]. » 5. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. Modello della valva destra e del cardine, che riproduce direttamente quello della sinistra: d dente principale; d' dente laterale, anteriore (manca il piccolo dente laterale po- steriore); f fossetta dentaria principale; /' fossetta dentaria laterale, anteriore; p impressione pediale. Castellammare, — pag. 85 [29]. Palacontographin italien, vol. XVIII, 1912, G. DI STEFANO, CAMPAGNA PMOT. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. XVIII, Tav. XIVE [Tav. VII]. bi i wa au iL Mg LI RIOVeT. aob (Wrong _ Ù U sì l sugli fi SA VAL ASA Tani Wale OO Pat AI Ai Va DI lo ) sy Mbk va Roadie È na } iI ka” i i bi aHabebi a. ngi x Mi outta ii Mari plathuttrt dit 00 Re k A 1 x Li AI 74 Via ni a i 4 Ù, SI TAI HDI GBa0A MAO ì, g DAS Dì ù PI iniphattog davo anno albo Salieri gag agi eat gediev alia DI shoe usa ran sha da ila Mg Nt) de ui VA sl Hell, Ma Spiegazione della Tavola XV [VIII]. Fi. 1a,b. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. var. subquadrangularis nov. var. Modello, a dalla valva destra, d dalla posteriore. Castellammare, — pag. 86 [30]. 2. — Megalodus (Neomegalodus) Seccoi PAR. (juv.). Modello della valva sinistra e del cardine, che riproduce diret- tamente quello della destra: D dente principale; D' dente laterale anteriore: # fossetta dentaria prin- cipale; /' fossetta dentaria laterale, posteriore; /" fossetta dentaria laterale, accessoria; Ma im- pressione muscolare anteriore. Castellammare, — pag. 85 [29]. 3a-d. — Megalodus (Neomegalodus) elymus nov. sp. Modello, a dalla valva destra, b dalla parte posteriore, e dalla valva sinistra. Castellammare, — pag. 82 [26]. 4. — Megalodus (Neomegalodus) elymus nov. sp. Modello della valva destra e del cardine, che riproduce diretta- mente quello della sinistra: d dente principale; d' dente laterale, anteriore; d" dente laterale poste- riore; / fossetta dentaria principale; P fossetta dentaria laterale, anteriore; ma impressione muscolare anteriore; 72p impressione della lamina miofora posteriore. Castellammare, — pag. 82 [26]. D. — Megalodus (Neomegalodus) elymus' nov. sp. Modello della valva sinistra. Castellammare, — pag. 82 [26]. Palneontographia italica, vol. XVI1I, 1912. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVII, Tav. XV. [Tav. VIII]. G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. CY CALZULAN asa rman LAN CAMPAGNA PHOT. in dI il Spiegazione della Tavola XVI [IX]. Frs. 1.— Dicerocardium Curionii Srore. Modello ridotto della metà, visto dalla parte anteriore. Castellammare, — pag. SS [32]. PI ro | Dicerocardium Curionii Storp. Modello, dalla regione ligamentare. Castellammare, — pag. $$ [32]. » 3.— Dicerocardium Curionii Srorr. Modello ridotto della metà, visto dal lato posteriore della valva sinistra. Castel- lammare, — pag. 88 [32]. » 4. — Dicerocardium Gemmellaroi nov. sp., dalla parte anteriore. Castellammare, — pag. 90 [34]. » 5.— Dicerocardium Gemmellaroì nov. sp. (juv.), dal lato posteriore della valva sinistra. Castellammare, — pag. 90 [34]. Palacontographia italica, vol, XVIII, 1912. PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. XVI. G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc. [Tav. IX]. CAMPAGNA PHOT. 2 UOTCALZOLARI A FERIURIO A uN VENETI to] fa Ipod 5 là, ri Utalimd pi Da), in) i, Bar i La Ana ì 1: ef ki FRLT 4 k è te i È a a Ta O A iù TO i Tati LLy Tag pel tai, "TRLOT REI SIT TIE Fic. l. _ A 9 2 » 3. _ » 4a. — » 4b. — > 5 — » 6 — » 8,9 —_ 10. _ » lla,b.— » 12,13. » 14,15. 16. _ SOR _ ui 18. _ Spiegazione della Tavola XVII [X]. Dicerocardium Curionii Sropp. Modello. Individuo adulto, visto dal lato posteriore della valva sinistra. Castellammare, — pag. 88 [32]. Dicerocardium Curionii Srorp, Modello. Individuo giovine, visto dal lato posteriore della valva sinistra. Castellammare, — pag. 88 [32]. Dicerocardium Curionii SroprP. Individuo giovine. Valva sinistra, vista dalla regione cardinale, per osservare il dente e le due fossette laterali. Castellammare, — pag. 89 [33]. Dicerocardium Gemmellaroi nov. sp. Modello di un individuo adulto, visto dal lato posteriore. Castellam- mare, — pag. 90 [34]. Dicerocardium Gemmellaroi nov. sp. Modello di un individuo adulto, visto dalla regione ligamentare. Ca- stellammare, — pag. 90 [34]. Dicerocardium Gemmellaroi nov. sp. Individuo adulto. Cardine della valva destra. Castellammare, — pag. 90 [34]. Schafhautlia Mellingi v. HAURR sp. — Castellammare, — pag. 91 [35]. Worthenia solitaria Ben. sp. Castellammare, — pag. 95 [39]. Turritella cfr. trabalis v. Amm. Modello ottenuto con cera. Castellammare, — pag. 100 [44]. Turritella Schopeni nov. sp.a modello ottenuto con cera; d ingrandimento di un giro, Castellammare, — pag. 101 [45]. Stephanocosmia dolomitica KxrrL. Modelli ottenuti con cera. Castellammare, — pag. 102 [46]. Purpuroidea Taramellii Sropp. sp: Modelli ottenuti con cera. Castellammare, — pag. 98 [42]. Purpuroidea Taramellii StoPP. sp. var. nana nov. var. Modello ottenuto con cera. Castellammare, — pag. 98 [42]. i Purpuroidea? nassaeformis nov. sp. Modello ottenuto con cera Castellammare, — pag. 99 [43]. Loxonema (Zygopleura) cfr. arctecostata MUST. sp. Modello ottenuto con cera, Castellammare, — pag. 101 [46]. Palncontographin italien, vol. XVIII, 1912. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIU, Tav. XVII. G. DI STEFANO, La Dolomia principale dei dintorni di Palermo ecc, CAMPAGNA PHOT. TUO 2DIARIA ERA A Da) (ue ii tti Î i ; VII Mi 44 Di 4 ta giri e co nipote Ma I impe: nbrdigtiiiipnagià ATO hi. A lol {ME pub bi; PIA AB Na di SU dan ni AGES i parti anioni. aaa e ; A AVI. È i tI ARR SOTA ii el gu NE ATI AUT 96 PRE ele Pr A 9 î È T (id È ‘ mi dei ne MAINE MSAItÀ,, 19. 20, 21,22 24,25. 33-36, 42,43. — 87. 10. - tl. i Hi. 15. Spiegazione della Tav. XVIII [I]. Pterygochiton Busambrensis Sc., placca anteriore, 1a veduta superiormente, 15 inferiormente, le ante- riormente, 1d posteriormente, — pag. 107 [3]. Pterygochiton Busambrensis Sc., placca seconda, veduta superiormente, — pag. 107 [3]. Pterygochiton Busambrensis Sc., placche intermedie, vedute superiormente, — pag. 10$ [4]. Pterygochiton Busambrensis Sc., placca intermedia, 5a veduta superiormente, 50 inferiormente, 5e anteriormente, — pag. 108 [4]. Pterygochiton Busambrensis Sc., placca posteriore, 8a veduta superiormente, Sb inferiormente; 8e po- steriormente, — pag. 108 [4]. Pterygochiton Busambrensis Sc., altra placca posteriore veduta posteriormente, — pag. 108 [4]. Pterygochiton Di Stefanoi Fuo., placca anteriore, 104 veduta superiormente, 105 inferiormente 10c an- teriormente, — pag. 109 [5]. Pterygochiton Di Stefanoi Fuc., placca seconda, 1la veduta superiormente, 115 inferiormente, — pag. 110 [6]. Pterygochiton Di Stefanoi Fuc., placca intermedia, 124 veduta superiormente, 125 inferiormente, — pag. 110 [6]. Pterygochiton Di Stefanoi Fuo., placca intermedia, 130 veduta superiormente, 15 inferiormente, 13c an- teriormente, — pag. 110 [6]. Pterygochiton Di Stefanoi Fuc., placche intermedie vedute superiormente, — pag. 110 (6). Pterygochiton Di Stefanoi Fuc., placca posteriore, 170 veduta superiormente, 17% inferiormente — pag. 111 [T]. Pterygochiton Di Stefanoi Puc., altra placca posteriore, 15a veduta superiormente, 186 inferiormente, ISc posteriormente, — pag. 111 [7]. Heterochiton giganteus Sc., placca anteriore, 19a veduta superiormente, pag. 112 [8]. Heterochiton giganteus SU., placca seconda veduta superiormente, — pag. 115 (9). Heterochiton giganteus Sc., placche intermedie vedute superiormente, — pag. 113 [9]. Heterochiton giganteus Sc., altra placca intermedia, 230 veduta superiormente, 23 inferiormente, 23c anteriormente, — pag. 113 [9]. Heterochiton giganteus Sc., placca posteriore, 260 veduta superiormente, 265 inferiormente, 26c an- teriormente, — pag. 114 |10]. Heterochiton giganteus Sc., altra placca anteriore, 280 veduta superiormente, 280% inferiormente, 28c anteriormente, — pag. 112 [$]. Heterochiton giganteus Sc., altre placche intermedie vedute superiormente, — pag. 113 |9]. Heterochiton Zitteli Sc. var. glabra, placca intermedia veduta superiormente, — pag. 116 (12]. Heterochiton Zitteli Sc., placca anteriore veduta superiormente, — pag. 114 [10]. Heterochiton Zitteli Su., placca seconda, 24 veduta superiormente, 32% inferiormente, 32c poste- riornfente; — pag. 115 [11]. Heterochiton Zitteli Sc., placche intermedie vedute superiormente, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc., altra placca intermedia, 374 veduta superiormente, 375 inferiormente, 37e posteriormente, 374 anteriormente, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc., placca posteriore, 380 veduta superiormente, 38b inferiormente, 35c del lato destro, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc., altra placca seconda veduta superiormente (orig. del Ch. Monterosatoi Sc.), — pag. 115 [11]. Heterochiton Zitteli Sc., altra placca intermedia, 400 veduta superiormente, 40% inferiormente, 40c anteriormente, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc., altra placca intermedia (terza), 410 veduta superiormente, 41% posterior- mente, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc. var. glabra, placca anteriore, 44a veduta superiormente, 44b inferiormente, 44c anteriormente, — pag. 116 [12]. Heterochiton Zitteli Sc. var. glabra, placca seconda, 450 veduta superiormente, 455 inferiormente, — pag. 115 (11). 195 inferiormente, — Palnacontographia italica, vol. XVIII, 1512, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. XVIII. A. FUCINI, Polyplacophora del Lias inf. del Casale. [Tav 1). fi 1» Ce + ) 1e U. GAMBACCIANI DIS. n "i tig 06719 uu 1,508 Fis. 1. RL R, » 3. » 4-6 » Te » 8. a 9. » 10. SA E » 12-16,18. SUE » Vi19; » 20. » 21. x) «22; 23. » 24 » 25 (1) » 27. » 28,29,32,33. Spiegazione della Tav. XIX [II]. Heterochiton Vinassai n. sp., placca anteriore, 1@ veduta superiormente, 1d inferiormente, le ante- riormente, — pag. 119 [15]. Heterochiton Vinassai n. sp., placca seconda veduta superiormente, — pag. 119 [15). Heterochiton Vinassai n. sp., placca intermedia (terza), 3a veduta superiormente, 35 anteriormente, — pag. 120 [16]. Heterochiton Vinassai n. sp., altre placche intermedie vedute superiormente, — pag. 120 [16]. Heterochiton Vinassai n. sp., altra placca intermedia, 7a veduta superiormente, 7% inferiormente, — pag. 120 [16]. Heterochiton Vinassai n. sp., placca posteriore, Sa veduta superiormente, 8 inferiormente, Sc ante- riormente, 8d del lato simistro, — pag. 121 [17]. Heterochiton Vinassai n. sp., altra placca intermedia, 9a veduta inferiormente, 9% anteriormente, — pag. 120 [16]. Herochiton compressus Sc., placca anteriore, 10a veduta superiormente, 10% inferiormente, — pag. 117 [13]. Heterochiton compressus Sc., placca seconda veduta superiormente, — pag. 117 [13]. Heterochiton compressus Sc., placche intermedie, vedute superiormente, — pag. 118 [14]. Heterochiton compressus? Sc., placca posteriore, 17a veduta superiormente, 17% dal lato sinistro, — pag. 118 [14]. Allochiton altus n. sp., placca seconda, 19a veduta superiormente, 19. inferiormente, 19c anterior- mente, 194 posteriormente, — pag. 126 [22]. Allochiton altus n. sp., placca intermedia (terza), 20a veduta superiormente, 20% inferiormente, 20e po- steriormente, — pag. 127 [23]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., placca intermedia erosa, — pag. 123 [19]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., altra placca intermedia erosa, 22a veduta superiormente, 225 inferior- mente, — pag. 123 [19]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., placca anteriore, 23a veduta superiormente, 235 inferiormente, 23 e an- teriormente, — pag. 121 [17]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., placca seconda, 244 veduta superiormente, 24b inferiormente 24e po- steriormente, — pag. 122 [18]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., placca intermedia (terza), 254 veduta superiormente, 25% inferiormente, 25e anteriormente, — pag. 123 (19). Allochiton Gemmellaroi n. sp., altra placca intermedia, 264 veduta superiormente, 260 inferiormente, — pag. 123 |19]. Allochiton Gemmellaroi n. sp., altra placca intermedia, 274 veduta superiormente, 27 inferiormente, 27e posteriormente, — pag. 123 [19]. 29,9 — Allochiton -Gemmellaroi n. sp., altre placche intermedie vedute superiormente, — pag. 123 [19]. » 30. — Allochiton Gemmellaroi n. sp., placca posteriore, 30a veduta superiormente, 30% inferiormente, 30c an- teriormente, - pag. 123 [19]. x a Ol — Allochiton Gemmellaroi n. sp., altra placca anteriore veduta superiormente, — pag. 121 [17]. » 34,35. — Allochiton Gemmellaroi n. sp., altre placche seconde vedute superiormente, — pag. 122 [18]. » 36 — Allochiton costulatus n. sp., placca anteriore, 36a veduta anteriormente, 36% inferiormente, 36 ante- riormente, — pag. 124 [20]. » 37. — Allochiton custulatus n. sp., placca seconda veduta superiormente, — pag. 124 [20]. » 38,39, — Allochiton costulatus n. sp., placche intermedie vedute superiormente, — pag. 125 [21]. » 40. — Allochiton costulatus n. sp., placca posteriore, 404 veduta superiormente, 40% inferiormente, — pag. 126 [22]. » 41-43. — Heterochiton giganteus Sc. var. gibbosa, placche intermedie vedute superiormente, — pag. 114 [10]. » 44. — Heterochiton Zitteli? Sc., placca posteriore, 44a veduta superiormente, 44b inferiormente, — pag. 116 [12]. » 45. — Heterochiton giganteus Sc., placca posteriore, 45@ veduta superiormente, 45d inferiormente, 4b ce po- steriormente, — pag. 114 [10]. » 46. — Pterygochiton? mirificus n. sp., placca seconda?, 46a veduta superiormente, 46% modello interno, — pag. 111 [f]. 47. — Heterochiton Buccai n. sp., placca intermedia, 47a veduta superiormente, 475 anteriormente, pag. 118 [14]. Palneontographia italica, vol. XVIII, 1912. x PALAEFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII, Tav. XIX. A. FUCINI, Polyplacophora del Lias inf. del Casale. [ Tav. II]. è) I: U, GAMBACCIANI DIS. tCALZOLANI & FERMAR Spiegazione della Tavola XX [I]. Fi. 1a-c. — Clypeaster Pisacanei Lov. Esemplare del calcare elveziano compatto, passante all’ argilloso, di Is Mirrionis presso Cagliari, — pag. 152 [4]. » ld. — Ingrandimento di una parte delle zone porifere dello stesso esemplare, — pag. 132 [4]. Palacontographia italica, vol. XVIII, 1912. PALABONTOGRAPHTA ITALICA, Vel XVII, Tav XX. LOVISATO, Da Cagliari a Thiesi. Altre specie nuove di Clypeaster miocenici. [Tav. 1). x SI \ muti PROF. ARTURO TRICOMI DISEGNÒ LUDT CALZOLAN: SE MMASRIO= MILAN DRS — Udi | i rie î ‘Dà SPERO LT gra od MER Spiegazione della Tavola XXI [II]. FiG. 1a-c. — Clypeaster Bandierai Lov. Esemplare della parte inferiore dei calcari compatti elveziani, del camposanto di Cagliari, — pag. 134 [6]. » ld. — Ingrandimento di una parte delle zone porifere dello stesso esemplare, — pag. 134 [6]. » 2a-c. — Clypeaster Oberdani Lov. Esemplare del calcare a lithothamnium sopra Montigu Biancu della Fallada de sa funtana di Thiesi in prov. di Sassari, — 135[7]. » 2d. — Ingrandimento di una parte delle zone porifere dello stesso esemplare, — pag. 135 [7]. Palneontographina italica, vol, XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVI, Tav. XXI. LOVISATO, Da Cagliari a Thiesi. Altre specie nuove di Clypeaster miocenici. PROF. ARTURO TRICOMI DISEGNÒ FIG. Spiegazione della Tavola X.XII [III]. 1a-c. — Clypeaster Moroi Lov. Esemplare del conglomerato fossilifero da Senis a Nurecci sotto il nuraghe di Planu Ollastu, nella zona a Scutella, — pag. 136 [8]. 1d. — Ingrandimento di una parte delle zone porifere dello stesso esemplare, — pag. 136 [8]. 2a-c. — Clypeaster Sciesai Lov. Esemplare dei &rès calcari a lithothamniam di Conca Manna sotto la fontana « Sa friarosa» d’ Isili, in provincia di Cagliari, — pag. 157 [9]. 2d. — Ingrandimento di una parte delle zone porifere dello stesso esemplare, — pag. 137 [9]. Palacontographia italica, vol, XVIII, 1912. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVIII Tav. XXII. LOVISATO, Da Cagliari a Thiesi. Altre specie nuove di Clypeaster miocentci. [Tav. III}. PROF. ARTURO TRICOMI DISEGNÒ PO ‘ Spiegazione della Tavola XXIII [XLIV]. Fic. 1-5. » 6, { SATO » 9-11. » otra, vi SIDERi9na, > 20**, 21°". > 22. »i 23"*-31**. SURE Di flo » 38°*-40**. a A AI » 43** 44°". » 45**,46**. IAC: falda » 48**a,b. DI SdIr » 50** 51". » 52 >» b3°*-59**. » BOS. » 61**-64**. NR Clan » 80-84. » 85, 86. » 87-90. Cerithium (Thericium) vulgatum BruG., — pag. 141 [327]. Cerithium vulgatum var. seminuda B.D.D., — pag. 142 [328]. Cerithium (Thericium) crenatocoronatum Sacco, — pag. 142 [328]. Cerithium (Thericium) varicosum Br. sp., — pag. 142 [328]. Bittium reticulatum DA Costa sp., — pag. 143 [329]. Bittium reticulatum var. rudis BRUGN., — pag. 144 [330]. Bittium reticulatum var. conica n. var., — pag. 144 [330]. Bittium reticulatum var. Latrellei PAyr., — pag. 144 [30]. Bittium paludJosum B.D.D., — pag. 145 (331). Bittium Deshayesi mut. nom., — pag. 145 [331]. Cerithiopsis tubercularis MrG. sp., — pag. 147 (333). Cerithiopsis tubercularis var. subulata B.D.D., — pag. 147 (333). Cerithiopsis tubercularis var. curta n. var., — pag. 148 [334]. Cerithiopsis tubercularis var. obesula B. D.D., — pag. 148 [334]. Cerithiopsis minima BruSsINA sp., — pag. 148 [334]. Ccrithiopsis minima var. conjungens n. var., — pag. 149 (335). Cerithiopsis bilineata HGRNEs var. ventricosa Brus., — pag. 149 [335]. Cerithiopsis bilineata var. concatenata ConTI sp., — pag.: 149 [335]. Cerithiopsis (Metaxia) rugulosa Sow. sp., — pag. 150 [336]. Triphora perversa L. sp., — pag. 151 [337]. Triphora perversa var. quadricingulata n. var., — pag. 151 [337]. Triphora conoidalis n. sp., — pag. 152 [338]. Cerithidium submammillatum De RayN. sp., — pag. 152 [338]. Vermetus (Petaloconchus) intortus Lk. sp., — pag. 155 (341). » — Vermetus (Petaloconchus) glomeratus L. sp., var. Deshayesi May. sp., — pag. 155 [341]. Vermetus (Lemintina) semisurrectus Biv., — pag. 156 [342]. N. B. — Tutti gli originali descritti e figurati, n meno di indicazioni contrarie nel testo, si conservano nell’ Istituto geologico della R. Università di Roma. Le figure di questa Tavola e seguenti, riproduzione diretta di negativi fotografici, sono in grandezza naturale, se non contrassegnate da asterischi. Spiegazione degli asterischi : 29 » grandezza quattro volte maggiore della naturale. ge » otto volte » » » Palaeontographia italica, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVII Tav. XXIII. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. » $ 4 TENCHII va cuts) uo pad Katana oca - AC FR ORE rai der Cpt Mi asus) APGINaE — nt oo andre. Mi TIRI [MR +. ANN } adele Simple age OMERO do 4 MI 20 sitio Lo tria dh i Spiegazione della Tavola XXIV [XLVI]. 39. 40-44,45°. Spiegazione degli asterischi: — Vermetus (Lemintina) semisurrectus Biv., — pag. 156 [342]. — Vermetus (Lemintina) arenarius L. sp., — pag. 157 [343]. — Turritella tricarinata Br. sp., — pag. 158 [944]. — Turritella tricarinata anom. bicingulata, — pag. 159 [346]. — Turritella tricarinata anom. pluricingulata, — pag. 159 [345]. Turritella tricarinata var. communis Risso sp., — pag. 159 [545]. - Turritella (Zaria) subangulata Br. sp., — pag. 109 [345]. — Turritella subangulata var. mediocarinata De Greg. sp., — pag. 160 [346]. — Turritella (Zaria) unicarinata n.sp., — pag. 160 [346]. Turritella (Zaria) unicarinata n. sp. (Orvieto), — pag. 161 [347]. — Turritella (Haustator) biplicata BRN. sp., — pag. 161 [347]. = grandezza un terzo maggiore della naturale, quattro volte maggiore della naturale. Palnoontographina italica, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVII, Tav. XXIV. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. Tav. XLVI. Spiegazione della Tavola XXV [XLVI]. Fire. 1-6. — Turritella (Haustator) vermicularis Br. sp., — pag. 163 [349]. »° Ui-1b. — Turritella (Haustator) tornata Br. sp., — pag. 164 [350]. > LO SIT. — Turritella tornata var. pseudoimbricata n. var., — pag. 165 |351] >» 18**a-c. — Mathilda elegantissima O. G. Costa sp., — pag. 166 [352]. n° 19re 20 — Caecum trachea MrG. sp., — pag. 167 (353). d: CROATA — Caecum Nysti De Ster. e PANT., — pag. 168 [354]. IMRE i a e at — Caecum glabrum Mro. sp., — pag. 168 [354]. » 30***,31a"**,0°*"". — Caecum crispum n.sp., pag. 169 [355]. Spiegazione degli asterischi : ** — grandezza quattro volte maggiore della naturale. nisialiii » otto volte » » » sini » sedici volte » » » Palneontographia italica, vol. XVIII, 1912, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XVI, Tav. XXV. [Tav. XLVI). CERULLI - IRELLI, Fauna smalacologica mariana. JAN 1972 NAGIVI NI Nu A N RD Tee Pal CK i tua l'a rid @ le & « = _S > a > S ec «da Nt (ESE SN Ta EC SI dC TC Nu ni ny ri \ y i i ì |. 4 peo i cho; 3 Il MINNA IUS ) A ì be ant pago by AVVLIOORIOO Pad 7 Mae d; t MO i O, M\ ì J SUA Aa - X ) È ” SN he N\ ur OVE TARDA NINE h ì )dyY be AI. RIINA \ A A: CIIASIAI NIN DÀ VW gt BS TWCN a \ L y > x i IN Nea NS NYVUVVYO V TAM e O LARA a Na N i ma \ Ja wi | \ pv 9 \\ A NITRO VI MAME | “i = ie a