LIAISON RORORE SAMADISE SESTA EI E a a _! > Hi * 5 / ; “> “dm 5 ONT RR SS > PD» % 3} IS: N22) % I RE SS; Ù È o) de È EN pRN NE ARA SNA RAAAG' fù — (ANT Ù fl "BA PR ) ; y o” AA Ri ARG PES NS da È FARA ARprÒ xi N RD MARA RA HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. PALABONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA UBBLICATE PER CURA PROF. MARIO CANAVARI Musso GroLoGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PISA VoLume XX — 1914. TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI d È Di i NASGAFAA: UIL ì i PISA $ TURATI (Mu O & AE i cd CALA INDICE DEL VOLUME XX Di-Srerano G. . — Le Aichthofenia dei calcari con Fusulina di Palazzo Adriano nella valle del Piume Sosio (Tav. LTÙ [[-III]). À 5 s > . . - + PASS: D’ Erasmo G. . — La fauna e l’età dei calcari a ittioliti di Pietraroia (Tav. IV-X [I-VII] e Fig. 1-17 interc.). È ò : ; È ” ; a 2 ; 3 3 CE 29 DeL Campana D. — La Lycyaena lunensis n. sp. dell’ ossario pliocenico di Olivola (Val di Magra) (Tav. XI [D|)- È ò - i , o 3 CAI : È Arte, 87 CipoLra F. . . — Le Plewrotomidi del pliocene di Altavilla (Palermo) (Tav. XII-XIV [RN L05 CrruLLi-IrRELLI S. — Mauna malacologica mariana. Parte settima (Melantidae, Littorinidae, Fossaridae, Solariidae, Rissoidae, Capulidue, Calyptracidae, Xenophoridae, Lamellartidae, v Naticidae, Scalidae, Aclisidae, Eulimidae, Pyramidellidae) (Tav. XV-XXII [XLVIIE-LV]). 5 è ; : È È È È 2 È : ms 183 Î% e | tl fi TOA 4 1) LAI t rd Ur Xi rr | (i I #it } i ia zi Ò. GIOVANNI DI-STEFANO LE RICHTHOFENIA DEI CALCARI CON FUSULINA DI PALAZZO ADRIANO NELLA VALLE DEL FIUME SOSIO (evi eo) INTRODUZIONE Con questo scritto inizio la continuazione, tanto vivamente desiderata, dell’opera di G. G. GEMMELLARO su La fauna dei calcari con Fusulina della valle del fiume Sosio nella provincia di Palermo, 1887-1889, con grave danno della scienza troppo presto interrotta dalla morte. Adempio così a quello che io considero come un mio dovere, per quanto deboli siano le mie forze, e rendo nello stesso tempo omaggio alla me- moria dell’insigne maestro, che nello studio di quella ricca fauna spese non pochi anni della sua nobile e laboriosa esistenza. i Comincio dallo illustrare le Aichthofenia, per la grande importanza di questo strano genere, che non è ancora compiutamente conosciuto e sulla cui posizione sistematica possono forse ancora sollevarsi delle con- troversie. Il materiale già riunito nell’Università di Palermo dal prof. GeMMELLARO e quello ora raccolto da me vince di molto, per abbondanza e buono stato di conservazione, quello dell’India, della China e delle Alpi; le preparazioni dello stesso prof. GemmELLARO e le molte che io ho eseguite mi mettono in condizioni di potere, non solo confermare o più nettamente stabilire la massima parte delle conoscenze che, per opera di W. WaaeEn e di G. G. GEMMELLARO, già si avevano sul difficile genere; ma anche di modificarne o meglio interpetrarne parecchie e infine di accrescerle con nuove osservazioni. L’estesa illustrazione ico- nografica che io ne pubblico è resa necessaria dalla grande variabilità di forma delle Rickhoferia e dalla importanza e complessità dei loro caratteri; sicchè io spero che non sarà inutile del tutto. * * * Il genere Richthofenia fu creato nel 1881 dal prof. E. KayseR ! sopra due fossili raccolti da F. von RicatHorEN a Lo-ping (Kiangsi in China) in sedimenti allora attribuiti al Carbonifero superiore, ma che, secondo il FRECH ?), appartengono piuttosto al Dyas e hanno rapporti paleontologici con gli strati di Pa- è i) KavspR E. In Zeitschr. d. d. geol. Gesell., XXIII, 1881, pag. 351, % FrocH F. Lethaea geognostica, I Th. Lethaea palaeozoica, 2 Bd., 1897-1902, pag. 358. e in RicaATHOFEN F. China. Ergebnisse eigener Reisen und darauf gegriindter Studien, V., 1911, Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 1 9 G. DI-STEFANO [2] lazzo Adriano. Il Kayser indentificò questi due esemplari cinesi con 1’ Anomia Lawrenciana De Kon. del Calcare a Productus del Salt-Range nell'India e ne fece rilevare i rapporti con i brachiopodi, precisa- mente con i Productus e le Crania; però poco dopo, cioè nel 1883, 2° fondandosi sulie prime osservazioni del WangeN ?, emise invece l’opinione che le Richthofenia siano dei tetracoralli opercolati e ritenne inso- stenibile la loro appartenza ai brachiopodi. Le ragioni per le quali egli pervenne a tale convinzione stanno nell'esistenza, sulle Rickthofenia, dei seguenti tre caratteri principali, comuni con i tetracoralli: struttura cellulare dello strato medio della conchiglia; setti trasversali interni nella valva ventrale e. tre setti longi- tudinali interni, dei quali il più forte è, secondo il KayseR, paragonabile al setto principale dei coralli rugosi (tetracoralli). Vedremo qui appresso che cosa in realtà rappresentino questi tre pseudosetti longi- tudinali. Il De Koninck di già nel descrivere la sua Anomia Lawrenciana aveva, pel carattere delle spine cave esterne, accennato alle somiglianze con i Productus; così sin dal 1863, come ha fatto notare il Waa- GEN, Si può dire che siano cominciati i dubbi sul posto sistematico delle ickthofenia. Nel 1883 * e nel 1885 ?° W. Waacen pubblicò quelle illustrazioni del genere Richthofenia, le quali certamente vanno riguardate come le più importanti. L’insigne paleontologo venne alla conclusione che, sebbene in questo genere vi siano caratteri comuni con i tetracoralli, vi prevalgono nondimeno quelli dei brachiopodi, tra i quali però istituì il sott’ordine Coralliopsida e la famiglia Richthofenidae. Egli studiò bene la struttura dei tre strati della conchiglia; mostrò come l’esterno e il medio ricoprono e nascon- dono la conchiglia interna, che è quella tipica ed essenziale del genere; stabilì l’esistenza dell’area e del pseudodeltidio all’esterno della valva ventrale; quella dei setti trasversali all’interno e chiarì i caratteri esterni ed interni della valva dorsale. Il WaAGEN, per deficienza di materiale, non potè dare una interpe- trazione esatta dei tre pseudosetti longitudinali che si osservano nelle sezioni della valva ventrale. Nono- stante che egli avesse attribuito al pseudosetto medio le funzioni di dare appoggio, sui lati, ai muscoli adduttori ed avesse accennato a fossette ricettatrici dei diduttori, non ebbe un’idea determinata dell’esi- stenza delle lunghe cavità miofore imbutiformi, che pure sono rappresentate in parte nelle sue sezioni della tav. LXXXIII, fig. 6,9 e 10 (Palaeont. indica, 1885). Gli esemplari studiati dal WaAcEN erano inoltre incom- pleti o non ben conservati, quindi egli non potè osservare quella che io chiamo falsa valva; il solco che sulla parte esterna della conchiglia interna separa la valva ventrale da tutto l'apparecchio dorsale (aulaco- terma); le lacinie o le costole esterne; il calice reticolato e il tessuto vescicolare interno della sua base, nonchè la forma dendritica delle impressioni degli adduttori sulla valva dorsale, da lui non credute com- parabili a quelle simili dei Productus. i Nonostante le conclusioni alle quali il WAAGEN era pervenuto sulla posizione sistematica delle icktho- fenia, VOFHLERT, il valente conoscitore di brachiopodi, ritornò nel 1887 a sostenere, come il KaysER, che esse rappresentino dei tetracoralli opercolati '%. Qui è da rilevare che anche l’opinione degli eminenti na- i) De Koninck. Descriptions of some fossils from India discovered by Dr. A. FLEMING ecc. Quart. Journ. of the geol. Soc., vol. 39, 1863, pag. 6 (1862). 2 Kayser E. in RicaTHOFEN F. China. Ergebnisse eigener Reisen und darauf gegriindter Studien, IV, 1883. 3) WAAGEN W. in Neues Jahrb. f Min. ecc., 1883. È 4 WaaGEN W. On the Genus Richthofenia Kays. (Anomia Lamvrenciana Kon.). Rec. of the geol. Surw. of India, XVI, pag. 1,1883. i 3) Ip. Salt-Range fossils. I. Productus Limestone foss. Brachiopoda. Palaeont. indica, S. XIII, 1885. 9) FiscHmr P. Manuel de Conchyliologie-Appendice: OpHLERT D. P. Brachiopodes, pag. 1334, 1887. [3] G. DI-STEFANO 3 turalisti, ai quali sul proposito si era rivolto il Waacen (WaageEN, On the Genus Richthofenia, 1883, pag. 15), erano discordi; così il BARRANDE, il VaLéRIN e il MoLLER ritennero che le Rickthofenia fossero as- sal più legate ai corallari che a qualunque altro tipo di animali, mentre il Linpsnrom e lo Zret le ritennero per brachiopodi. Questa opinione è confermata dallo ZirteL nella prima edizione de’ suoi Grund- elige der Palaeontologie, 1895. Nel 1894 il prof. G. G. GemMELLARO, in un esame preventivo ! del materiale del Permiano inferiore di Palazzo Adriano, s1 mostrò convinto che quegli importanti fossili dovessero riferirsi ai tetracoralli oper- colati; ma poco dopo, cioè nel 1896 2, sulla base di nuove osservazioni, concluse che le Aichthofenia, sebbene non siano Brachiopodi tipici, pure hanno più affinità con questi che con i Tetracoralli. Nelle sue due importanti Comunicazioni alla Società di Scienze naturali ed economiche di Palermo il prof. GemmELLARO, oltre a confermare la massima parte dei fatti osservati dal Waagen, stabilì V’esi- stenza del calice reticolato esterno nella parte superiore della conchiglia, del tessuto vescicoloso interno della base del calice, nonchè quella delle apofisi miofore sottocardinali nella valva ventrale, cioè degli appoggi tubolari dei muscoli, con che dimostrava che le Rickthofenia non possono essere dei corallari. Più tardi (1900) lo ScaELLWIEN 3), esaminando alcuni esemplari di Aichthofenia di Palazzo Adriano, ricevuti in comunicazione dai professori CANAVARI, HOLZAPFEL e ZITTEL, avvicinò troppo intimamente questo genere alle Scacchinella Gemu., lasciando nello stesso tempo in dubbio se esso appartenga ai Productidi o agli Strofomenidi. Lo ScHELLWIEN osservò giustamente che il fatto dell’involucro esterno ricoprente tutta la conchiglia interna non è esclusivo delle Rickthofenia, presentandosi anche nel suo nuovo genere Tegulifera e, secondo lui, anche in qualche Scacchinella, e che inoltre i setti trasversali interni della valva ventrale si osservano nelle stesse Zegulifera e Scacchinella. Così è annullata, come valore generico, l’importanza del primo carattere e sono resi più deboli i rapporti con i tetracoralli. Però lo ScHELLWIEN rappresentò in modo arbitrario, per la posizione e per la forma, il setto mediano di quello che egli, se- guendo il WaaGEN, riguarda come l’interno della valva ventrale (vedi pag. 7 e 12), mentre è l'interno della dorsale visto da sopra per causa della mancanza delle lamelle più alte, e non tenne conto di quanto avanti aveva già scritto il prof. GEMMELLARO sull’esistenza del tessuto vescicoloso interno e del calice, nè di quella degli appoggi dei muscoli nella valva ventrale. Per queste ragioni egli stabilì dei rapporti non del tutto esatti e non potè dare l’interpetrazione della singolare figura che le cavità miofore offrono nelle fratture della parte inferiore e superiore della valva ventrale (ScHELLWIEN, Op. cit., pag. 29, fig. 2 e 3). Lo ScHEnLWIEN 4 e il Kossmat trovarono per primi il genere Aichthofenia nel Calcare a Bellerophon della Carnia; gli esemplari raccolti sono stati illustrati dal prof. DreneR ®, che li ha pure riguardati come brachiopodi. Questa opinione è anche rappresentata nella seconda edizione dei Grundz%ge der Palaeon- tologie dello ZrirteL (1 vol., 1903); nel Lehrbuch der Palaeontologie dello STROMER (1 vol., 1909) e dal FRECH i) GemmeLLARO G. G. Le Richthofenie provenienti dal calcare con Fusulina della valle del fiume Sosio nella prov. di Palermo. Bull. d. Soc. di Sc. nat. ece. di Palermo, n. 1 (25 Aprile 1894). 2) In. Sopra due nuovi generi di Brachiopodi provenienti dai calcarì con Fusulina della prov. di Palermo. Giorn. di Se. nat. ed econ. di Palermo, XXI, 1896 (note a piè delle pag. 3 e 4). 3) ScaeLLwIEN E. Die Fauna der Trogkofelschichten în den karnischen Alpen und den Karawanken, I Th. Die Brachiopoden. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., XVI, 1900. 4 ScHELLWIEN E. Bericht ueber eine von F. Kossmar und ihm im alpinen Bellerophonkalk aufgefundene neue Fauna. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., LVII, 1905, pag. 357 (Protocoll). 5) Kossmat F. u. DirNnER C. Die Bellerophonkalke von Oberkhrain und ihre Brachiopoden. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., LX, 1910. 4 G. O [4] nella Lethaca palacozoica (1 vol., 1897-1902) nonchè nel V volume dell’opera di RicatHoFEN, China (1911). Lo studio del ricco materiale del Permiano inferiore di Palazzo Adriano mi fa pervenire alle stesse conclusioni, sebbene il carattere dell’esistenza del calice reticolato e del tessuto vescicoloso della sua base possa sembrare, come infatti è, insolito nei brachiopodi. Vedremo pertanto se la illustrazione di tutti i caratteri delle Richthofenia finora conosciuti farà risorgere i dispareri sul riferimento sistematico di questi strani e importanti organismi paleozoici. PARTE DESCRITTIVA Brachiopoda. Sott'ord. Coralliopsida \VAAGEN. Fam. Richthofenidae WAAGEN. Gen. Richthofenia Kavser. Forma e caratteri esterni della conchiglia. Conchiglia più o meno irregolarmente conica; negl’individui adulti espansa a forma di calice alla parte superiore; frequentemente contorta; a superficie irregolare, coperta di bozze o di ammaccature, dovute alla vita gregaria o all’aderenza a corpi estranei. Le sue strie di accrescimento sono forti, irre- golari, lamellose, per lo più ondulate, non di rado sinuose, discontinue e anche anastomizzate. La superficie è per lo più, ma non sempre, ornata di piccole spine cave, con l’estremità rivolta all’ingiù, in numero molto variabile; vi sono dei casi in cui non se ne osservano. La conchiglia è fissata in generale per l’apice della valva ventrale, il quale è perciò per lo più de- formato e mostra frequentemente la superficie obliqua di aderenza a corpi estranei. Non è però raro il caso che si attacchi per i lati a crinoidi e a coralli, la cui impressione produce spesso la deviazione o l’incontro delle lamine di accrescimento. In queste condizioni l’apice della valva ventrale non è ot- tuso, come generalmente, ma piuttosto appuntito. Le Richthofenia complete e ben conservate sono rivestite di un involucro calcareo, che ricopre e nasconde la conchiglia interna, la quale è formata di una valva ventrale con area e pseùdodeltidio all’esterno, ed è separata, per mezzo di un solco profondo, da un apparecchio dorsale. Questo è costituito di una valva dorsale, di una falsa valva, di un tessuto vescicoloso interno alla parte superiore e spesso, sebbene non sempre, di un calice a fondo reticolato. La conchiglia interna non si può osservare se il guscio non è spezzato v decorticato; essa contiene gli organi dell’animale ed è quindi la più complessa ed importante: non a torto il WaaAGEN ha fatto rilevare che la conchiglia tipica ed essenziale delle Richthofenia è quella interna. 15] G. DI-STEFANO (| e Struttura della conchiglia. Come il WaaGEN ha stabilito sugl’individui dell'India, anche i molti di Palazzo Adriano hanno la” conchiglia costituita di tre strati calcarei, l’esterno, il medio e l’interno. Lo strato esterno, sottile e imperforato, somiglia a quello dei Productidi, corrispondente al perio- straco dei molluschi. Esso è lamelloso e ornato di piccole spine cave, formate dal ripiegamento delle lamelle all’ingiù, cioè verso l’apice della valva ventrale. La sua superficie interna, là dove si sovrappone allo strato medio, si mostra finamente papillosa. Lo strato medio (eystiferous layer WAAGEN) è assai più spesso, ma di uno spessore molto variabile; esso non mostra la lucentezza setacea indicata dal WaAGEN e dal KaysER, il che significa che questo carat- tere, finora non verificato dal prof. GemmeLLARO e da me sui molti esemplari di Palazzo Adriano, nè su questo, nè su altro strato, è dipendente dallo stato di fossilizzazione. Lo strato medio è costituito da molte lamelle traversate da abbondanti canalicoli perpendicolari alla loro superficie o leggermente obliqui nel senso ascendente, che ad occhio nudo o con la lente appaiono come pori simili a quelli dei Productus 0 di altri brachiopodi. Lo sbocco dei pori è per lo più chiuso da piccole papille, sicchè la superficie interna ed esterna delle lamelle appare nella massima parte dei casi del tutto o in parte finamente papillosa. Tra le papille della superficie interna dello strato medio si osservano anche delle piccole spine cave dirette verso lo strato interno, da distinguere da quelle dello stato esterno epidermoidale, le quali con le loro cavità traversano anche lo strato medio obliquamente e pervengono anche sulla superfice interna di questo strato, formandovi talvolta dei tubi striscianti come stoloni (Tav. III [III], fig. 17), che richiamano alla mente il genere Aulopora. JI pori e le papille descritti sono ordinati in serie longitudinali discontinue, che spesso s'incontrano tra di loro con angoli molto piccoli; per tale disposizione si generano sullo strato medio delle strie o delle costole longitudinali, ora molto leggiere, ora forti, non di raro obsolete. La superficie interna dello strato medio riproduce le strie e le costole di quello interno; le papille e le spine penetrano nello strato interno, producendovi fori e depressioni. Il descritto strato medio è celluloso; le cellule sono costituite dai ripiegamenti delle lamelle e sono variabili di forma e di numero. Nelle sezioni longitudinali (Tav. II [II], fig. 5, 8, 9; Tav. III [III], fig. 9, 10, 11, 19), le pareti di queste cellule si mostrano formate per lo più dall’intersezione di piccoli archi di cerchio, irregolarmente disposti e anastomizzati; però non di raro le cellule appaiono ellittiche, rotonde subrettangolari o poligonali. Spesso si osservano su tutti i due lati della conchiglia sezionata, tal’ altra sola- mente sopra uno o sulle porzioni più spesse dello strato. Avviene anche che siano rare o mancanti. Nelle Rickthofenia di Palazzo Adriano il carattere della struttura cellulosa è meno spiccato che in quelle dell’India. Le cellule non sboccano all’esterno o all’interno dello strato, che le rinchiude e limita dentro due sottili pareti. Lo strato celluloso somiglia a quello dei tetracoralli; però esso sembra dovuto alla straordinaria e ir- regolare esuberanza di accrescimento della conchiglia. È accettabile l’idea del WaacEN che lo strato cel- luloso dovette essere formato da una frangia del mantello dell’animale protratta al di fuori del mar- gine cardinale della valva ventrale interna e che depositava il calcare nel modo più irregolare, dando ‘così origine a quei piccoli vuoti che costituiscono le cellule. Il terzo strato, cioè quello interno, è formato di lamelle porose e, sulle superfici, papillose; esso è spesso quasi quanto il medio, ma appare per lo più-sottile, perchè in buona parte distrutto sul lato interno dalla spatizzazione, per la quale talvolta non si osserva bene nelle sezioni. I frequenti canalicoli che lo traversano, in modo perpendicolare o leggermente obliquo (Tav. II [II], fig. 4; Tav. IMI [III], fig. 9, 10), appaiono 6 G. DI-STEFANO [6] sulla superficie in forma di forti pori, che con forte ingrandimento si mostrano poligonali (Tav. III [III], fig. 20). Sulla parte interna il terzo strato ha spesso, ma non sempre, delle forti spine. Lo sbocco di pori è anche otturato da papille, ma meno frequentemente che sullo strato medio. I pori e le papille assumono anche una disposizione in brevi serie longitudinali, discontinue e non perfettamente parallele, in modo da incontrarsi spesso tra di loro sotto angoli assai piccoli. Da questa disposizione sono originate delle strie e delle costole discontinue, longitudinali, ora leggiere, ora assai forti e larghe, spesso biforcate ed anastomizzate (Tav. II [II], fig. 24; Tav. IMI [III], fig. 2, 12,15). Esse sono non infrequentemente obliterate. Caratteri della conchiglia interna. Abbiamo detto avanti che la conchiglia interna, ricoperta e fasciata come una mummia dallo strato mediano e dal soprastante esterno, è quella tipica ed essenziale delle ichthofenia. Essa è costituita dal terzo strato; sebbene molto porosa e papillosa non mostra nelle sue pareti un tessuto cellulare. Descriviamo: qui appresso le parti che la formano, cioè la valva. ventrale e tutto quello che noi chiamiamo “ appa- recchio dorsale ,. Esterno della valva ventrale. — La forma di questa valva è irregolarmente conica, come si rileva da quanto abbiamo esposto avanti. La sua superficie esterna, oltre che coperta dei pori e delle papille che abbiamo indicato, è per lo più ornata di strie e di costole longitudinali, ora forti, ota assai leggiere o obsolete, spesso biforcate ed anastomizzate, interrotte da strie di accrescimento e da forti rari solchi, che sono le tracce di quello divisorio tra le due valve (aulacoterma) e indicano quindi i punti di arresto nel- l’accrescimento della conchiglia. All’esterno si osservano pure piccole depressioni originate dall’impressione delle papille interne dello strato medio e frequenti buchi, piccoli e grandi, spesso allungati, dovuti alla penetrazione delle spine interne di questo strato (Tav. II [II], fig. 6; Tav. III [III], fig. 2, 12, 15, 16). Sulla parte esterna posteriore della valva ventrale sono chiaramente osservabili l’area e il pseudo- deltidio, che giungono fino all’apice. L’area costa di due parti triangolari, strette, appianate, coperte di forti strie di accrescimento trasversali, incrociate da molte strie longitudinali fine, ma chiare. Le due porzioni dell’area sono costituite da lamelle sovrapposte sui due lati delle interne cavità miofore; esse appaiono porose quando mancano quelle più elevate. Il pseudodeltidio, che le divide è pure triangolare, più o meno convesso, di larghezza variabile, coperto di forti strie arcuate di accrescimento. (Tav. I [I], fig. 5, 8, 10, 12, 13; Tav. II [II], fig. 1, 2, 6, 25, 28; Tav. III [III], fig. 1, 2, 12, 13). Esso copre la piega divisoria delle due cavità miofore interne e nella sua apertura cardinale arcuata ricetta il processo cardinale della supe- riore valva dorsale. Le sezioni longitudinali mostrano che le due porzioni dell’area e la cavità del pseudodel- tidio sono suddivise all’interno da piccoli setti trasversali. i Quando la valva ventrale è spezzata nella sua parte inferiore, si osserva dall’esterno, guardando la conchiglia da sotto in su, una figura speciale sul lato posteriore, ora poco convessa ed aliforme, ora più convessa e sporgente, in entrambi i casi suddivisa in due lobi da una ripiegatura mediana settiforme (Tav. II [II], fig. 15, 17, 20, 22, 29). La superficie di questa figura, quando mancano le lamelle più elevate, è finamente porosa. Lo ScHELLWIEN la osservò e rappresentò in qualche esemplare di Palazzo Adriano; ma non ne diede l’interpetrazione. Questa figura rappresenta il fondo delle due cavità miofore interne spez- zate e guardate da sotto in su, accompagnato, sulla parte posteriore, dalle sezioni delle due parti dell’area, che sono rettilinee, e da quella del pseudodeltidio, che è arcuata. Se la frattura della parte inferiore della valva mette in mostra solo la parte posteriore di questa figura, allora essa appare poco convessa o ap- pianata e declive verso l’orlo posteriore, sempre divisa da una piega in due lobi aliformi; se la frattura scopre, PUR [7] G. DI-SIEFANO 7 oltre l’area e il pseudodeltidio, le cavità miofore da tutti i lati, la figura si mostra più sporgente e il fondo di tali cavità si vede come rappresentato da due protuberanze, divise dalla solita piega (Tav. II [II], fig. 15, 29). Questa figura si vede pure nella parte superiore delle due cavità miofore, quando queste sono spezzate o sezionate dal di sopra (Tav. II [II], fig. 12, 14, 16). Interno della valva ventrale. — La valva ventrale presenta all’interno, osservato per preparazioni dirette o per sezioni longitudinali, i seguenti caratteri: La sua parte inferiore e media è suddivisa in con- camerazioni più o meno basse da setti trasversali, sottili, irregolari, semplici, bifidi, trifidi e in qualche caso quadrifidi, non di rado anastomizzati, più o meno avvicinati, tanto che talvolta si toccano in qualche punto. Le superfici di questi setti interni sono per lo più coperte di minuti pori o di papille; esse sono nella massima parte dei casi concave sopra o ondulate per l’esistenza di una piega larga e ottusa nel Inezzo, diretta nel senso antero-posteriore. Avviene anche che siano leggermente convesse sopra o subpiane. Le superfici dei setti sono spesso, ma non sempre, fornite di poche spine cave dirette all’ingiù, quindi mentre queste sporgono dal lato inferiore, si manifestano in forma di piccoli buchi imbutiformi su quella superiore. Tutti i setti trasversali interni portano nella parte posteriore una larga intaccatura arcuata prodotta dal passaggio delle due cavità miofore tubolari. Il numero dei setti trasversali è molto variabile; essi sono ora pochi e limitati alla sola regione apicale, come nella Richthofenia sicula Gemm., ora abbondanti tanto da occupare la metà o i due terzi della altezza della valva ventrale. La descritta struttura interna ram- menta assai meglio quella dei tetracoralli che quella della valva inferiore degli Hippurites, con la quale, del resto, ha molte somiglianze; essa sembra dovuta al fatto, come il WaagEN ha già ricordato, che il guscio delle RickthRofenia, aumentava più rapidamente che l’animale non ingrossava, in modo che, questo nell’ac- crescimento, chiudeva le parti che non poteva più occupare. Il più elevato dei setti, che è anche il più spesso, costituisce il fondo della cavità abitata dall’animale. Esso è per lo più concavo o ondulato, per effetto di una piega mediana ottusa e bassa, diretta secondo il diametro antero-posteriore; si mostra però in vari casi anche subpiano o leggermente convesso sopra. La cavità abitata dall’animale è di una profondità variabile; nelle forme con pochi setti trasversali oc- cupa la metà dell'altezza della valva ventrale o anche dippiù; ma in quelle con setti abbondanti spesso dalla metà si riduce a un terzo. Anche il fondo della cavità ventrale è ornato di papille allungate. Nella Tav. II [II], fig. 16 è rappresentato questo fondo, visto da sopra. Le figure che ne hanno dato il WaAAGEN nel 1885 (Op. cît., pl. LXXXIII, fig. 1 a 6,) e lo ScHELLWIEN nel 1900 (Op. còt., pag. 28, fig. 16 e pag. 30 fig. 4) sono inesatte, perchè questi due autori hanno riguardato come fondo della cavità ventrale quella che è la parte esterna esfoliata della valva dorsale. Quando in questa mancano, per cattiva conservazione, le lamelle più elevate, allora sull’esterno appaiono gli elementi interni, ma in modo inverso (Tav. II [IT] fig. 18, 19, 23), cioè il setto mediano in forma di solco; il solco che separa le impressioni dei muscoli adduttori in quella di setto; le apofisi lamellari del processo cardinale in quella di due piccoli solchi divisi da un corto rilievo, ecc. L’interno della cavità ventrale non mostra impressioni muscolari di quella forma disegnata dal WaAGEN, ma invece le due lunghe cavità miofore conico-tubolari che lo intaccano nel loro passaggio, per il che ha un aspetto differente da quello rappresentato dal WaAacEN e dallo ScHELLWIEN, che lo ha seguito. Le impressioni muscolari emarginate, figurate dal WaAAGEN, sono invece quelle dendritiche della valva dorsale. Nell’interno della valva ventrale, oltre ai setti trasversali descritti, si osservano, nella parte posteriore, addossate alla linea cardinale, due cavità longitudinali coniche, tubolari, protratte fino agli apici, a superficie esterna arrotondita e longitudinalmente striata, separate da una ripiegatura settiforme delle loro pareti (Tav. I [I], fig. 14; Tav. II [II], fig. 12, 13). La piega che le separa si mostra diritta oppure un po’ curva verso un lato o l’altro e anche leggermente ondulata; essa è ora corta, ora più lunga, in modo da giungere G. DI-STEFANO [8] (00) a toccare quasi la parete del pseudodeltidio che la copre; sulla linea cardinale sporge come un corto e basso setto. Le due lunghe cavità conico-tubolari sono sostenute da due spessi spigoli della parte posteriore della valva ventrale (Tav. I [I], fig. 14; Tav. Il [II], fig. 12, 14, 16, 22, 24), i quali le abbracciano in parte e non di raro le circondano del tutto. La pressione di questi spigoli o sporgenze rende in molti casi rettilinee o un po’ concave le pareti arcuate laterali delle due cavità. Quando la valva ventrale e la dorsale delle Rickthofenia sono connesse, il processo cardinale di quella dorsale si sopramette direttamente sull’apertura cardinale del pseudodeltidio della ventrale, in modo che: tra le due apofisi lamellari di quel processo, destinate all’inserzione dei muscoli diduttori, s’incastra la piega che divide le cavità miofore conico-tubolari della valva ventrale; nello stesso tempo le impressioni de- gli adduttori sulla valva dorsale sovrastano in gran parte sulle imboccature delle sovraddette cavità. È quindi evidente che queste e la piega che le divide servivano da appoggio ai muscoli. Impressioni muscolari sulla valva ventrale noi non ne abbiamo potuto osservare; il WAAGEN credette che in essa gli adduttori dovessero fissarsi sul suo setto longitudinale mediano, che è la nostra piega settiforme divisoria delle due cavità; però la corrispondenza tra le apofisi del processo cardinale e tale piega è così diretta da fare più ragione- volmente supporre che sui suoi lati si attaccassero i muscoli diduttori, anzichè gli adduttori. Questi dovevano: fissarsi sul fondo o sulle pareti delle due fossette miofore. Noi non possiamo aspettarci di trovare in questi fossili la stessa disposizione delle impressioni muscolari che si verifica nei brachiopodi articolati e molto. meno negli inarticolati, poichè questi brachiopodi a valva ventrale fissa sembrano appartenere a un gruppo intermedio. A ogni modo, le due cavità conico-tubolari erano certamente destinate all’inserzione dei mu- scoli nella valva ventrale. È Quando si eseguiscono delle sezioni longitudinali lungo la parte posteriore della valva ventrale si osserva che le due cavità conico-tubolari sono all’interno in gran parte suddivise da molti piccoli setti trasversali, irregolari, arcuati verso la parte superiore della valva o anche ondulati, non di raro ana- stomizzati, i quali lasciano libere alla parte superiore due fossette a fondo per lo più concavo, talvolta subappianato. La profondità delle fossette corrisponde in misura variabile alla quarta o anche alla quinta parte di tutta l’altezza della valva; esse ricettavano direttamente i muscoli. Il prof. GemmELLARO chiamò: apofisi miofore sottocardinali quelle lunghe cavità; io preferisco d’indicarle col nome più adatto di cavità miofore tubolari, riserbando quello di fossette miofore alla loro parte superiore libera di setti. Il WAAGEN accennò all’esistenza di fossette miofore, che si osservano in sezione nelle figure 6, 9 e 10 della tav. LXXXIII: nella Palaeont. Indica, 1885; ma egli non ebbe un’idea determinata delle lunghe cavità tubolari, coniche. Qui è il caso di spiegare che cosa siano i tre pretesi setti longitudinali interni che lo stesso WAAGEN indicò nella valva ventrale. Se le sezioni longitudinali delle RichtRofenia sono condotte parallelamente alla linea cardinale della valva ventrale, si notano allora nel mezzo della parte posteriore come tre setti longitudinali, avvicinati e convergenti agli apici (Tav. II [II], fig. 8). Per setti li ritenne il WaAAGEN, il quale restò molto in dubbio che si trattasse di qualche cosa paragonabile alla columella dei coralli, e piut- tosto li riguardò come appoggi dei muscoli o come un processo somigliante a quello nasiforme della Craria. Altri potrebbe anche supporre che le tre linee longitudinali corrispondano alle sezioni di quelle poche lamine verticali che in alcuni tetracoralli traversano le fabulae; però quelle linee delle Richthofenia non sono setti, nè le lamine longitudinali che si osservano talvolta, p. es. negli Amplexus e nei OlisiophyMWlum, sibbene, le due laterali, le sezioni delle pareti delle due cavità miofore conico-tubolari e l’interna, quella della ripiega- tura che le divide. Questo fatto non si poteva schiarire quando non si conosceva l’esistenza delle due ca- vità miofore. Se le sezioni longitudinali sulle conchiglie delle Ric4thofenia sono eseguite nel senso del diametro an- [9] G. DI-STEFANO G tero-posteriore, cioè trasversalmente alla linea cardinale, allora, oltre alla cavità abitata dell'animale, se ne osservano altre due laterali e molto più piccole (Tav. II [II], fig. 4 e 9), la cui interpretazione è facile ed è la seguente. Prima di tutto, accanto la cavità ventrale se ne vede un’altra minore, separata dalla prima da un pseudosetto diritto, leggermente arcuato o un po’ onduloso, che sale dall’apice e va a fondersi con la parete interna della cavità ventrale, terminando in alto in punta più o meno acuta. Questa seconda cavità allungata, all’interno pure suddivisa da setti traversali abbondanti e sottili, non è che la sezione di una delle cavità miofore posteriori, mentre il pseudosetto che la separa dalla cavità ventrale è la sezione della sua parete interna. Se la sezione si spinge fin sulla linea mediana della conchiglia, compare allora sul lato posteriore un’altra cavità assai più piccola, addossata alla parete posteriore, allungata fino all’ apice, sepa- rata dalla cavità miofora da un altro pseudosetto longitudinale e pure suddivisa da molti piccoli setti interni trasversali, che, a volte, nella parte inferiore si cambiano in tessuto cellulare. Questa terza e pic- cola cavità è quella ricoperta dal pseudodeltidio, compresa tra la parete di questo e la piega divisoria delle due cavità miofore. Quando la sezione longitudinale comprende anche la valva dorsale, allora si osserva la sezione di questa, che si sopramette sull’imboccatura della descritta terza piccola cavità allun- gata per mezzo del processo cardinale (Tav. IL [II], fig. 4, 9). Apparecchio dorsale — Come abbiamo accennato avanti, la valva ventrale non è chiusa sopra solg da una valva dorsale, che è quella già indicata dal WAAGEN, ma da un insieme complesso di parti inti- mamente legate, alle quali ho dato il nome collettivo di apparecchio dorsale, e che è diviso dalla valva ventrale da un profondo solco divisorio esterno, che s’inizia ai lati della protuberanza linguiforme cardi nale della valva dorsale e circuisce tutta la conchiglia, arcuandosi largamente verso l’alto. Il pe KoNINCK, il KayseR il WaAAGEN e lo ScHELLWIEN non conobbero dell’ apparecchio dorsale che solo la valva dor- sale, perchè gli esemplari da loro studiati erano incompleti; quelli esaminati dal prof. GEMMELLARO e da me sono invece spesso completi. La valva ventrale non è quella che sale fino al calice della conchiglia, ma quella che mostra, all’esterno, l’area e il pseudodeltidio, e all’interno, le cavità miofore tubolari, e che è separata da tutto l’apparecchio dorsale dal profondo solco esterno citato avanti. Nell’apparecchio dorsale bisogna distinguere dunque la valva dorsale, che è interna; la falsa valva, che si vede sulla parte esterna posteriore; il fessuto vescicoloso interno, il calice, e il solco divisorio, per il quale propongo il nome di aula- coterma *).. Tutte queste parti, come si vedrà, dalla descrizione che segue, sono così connesse organicamente da costituire un tutto indivisibile. 1. Valva dorsale. —- La valva dorsale sta nell’interno dell’apparecchio dorsale ed è visibile dall’esterno sol quando la conchiglia è incompleta o spezzata. Essa ha un carattere opercolare; è relativamente sottile e formata dalla sovrapposizione di varie lamelle; si mostra più o meno convessa sopra, non di raro subap- pianata e scende dal lato anteriore al posteriore in modo più o meno obbliquo. Il suo contorno è ovale, ora nel senso del diametro trasversale, ora in quello dell’antero-posteriore, oppure è subarrotondito. Nella parte posteriore è fornita di una sporgenza linguiforme, con l’orlo cardinale diritto, per lo più finamente striato, suddiviso da un’altra piccola sporgenza, esternamente più o meno arrotondita, che è il processo cardinale (Tav. I [I], fig. 5, 8, 10, 12, 13; Tav. III [III], fig. 1 e 12). Tale sporgenza lingui- forme posteriore si raccorda con la parte anteriore di detta valva per mezzo di due leggieri incavi arcuati o leggermente angolosi. La valva dorsale mostra sulla sua superficie esterna, in vari casi, ma non sempre, delle costole radiali basse, larghe, ottuse, spesso biforcate (Tav. II [II], fig. 24, 26, 27) e per lo più delle papille ). Da ade = solco e ceppu = confine. LS Palaeontographia italica, vol. «XX, 1914. 10 G. DI-STEFANO. [10] allungate, talvolta arrotondite, disposte in generale in serie lineari, irraggianti dagli apici, ora rade, ora molto abbondanti, meglio visibili nella metà anteriore, più deboli sulla regione apicale. Quando sulla valva dorsale mancano, per esfoliazione, le lamelle più alte, compaiono, sotto le papille, i pori, per lo più allungati. La valva dorsale non suole sempre chiudere bene quella ventrale: se questo avviene, e il caso non è frequente, la dorsale si sopramette all’orlo anteriore della ventrale per mezzo di fini denti (Tav. II [II], fig. 24, 26, 27), che s'ingranano tra quelli prodotti sull’orlo della ventrale dalle costoline longitudinali. Ricorderò che il Waacen vede nei denti o nelle strie dell’orlo superiore della valva ventrale, l'impressione palleale; ma in verità io non trovo ragioni sufficienti per poter sostenere tale opinione. Assai spesso, specialmente negli individui aceresciuti, resta tra la valva ventrale e il contorno anteriore di quella dorsale, una soluzione di continuità, ora assai stretta, ora larga, la quale viene colmata da un tessuto vescicoloso che, per alterazione, può apparire esternamente reticolato. Questo tessuto si forma per mezzo dei denti della parte anteriore della valva dorsale, i quali si allungano come setti e vanno a fondersi con le strie e le costole dei margini dell’aulacoterma, o solco divisorio, tra la valva ventrale e l’apparecchio dorsale (Tav. Il [II], fig. 19, 27). Il descritto tessuto vescicoloso sale obliquamente a formare la base interna del calice (Tav. II [II], fig. 4, 9), che sarà qui appresso descritto. Anche nella parte posteriore la valva dorsale non chiude ‘del tutto quella ventrale, poichè là dove la protuberanza linguiforme cardinale si raccorda con il contorno anteriore rimangono aperti due piccoli spazi, o meglio, due fossette. Queste vengono chiuse in parte dalle due sporgenze scaliniformi che nella valva ventrale rinchiudono le cavità miofore tubolari e in parte dalle due estremità laterali a forma di punte della protuberanza linguiforme posteriore della falsa valva (Tav. II [II], fig. 1), delle quali è anche parola a pag. 12. La valva dorsale ha lungo la linea cardinale un’area esterna corta, molto stretta, quasi lineare, formata da due piccole porzioni triangolari, striate longitudinalmente dalle linee di accrescimento, sepa- rate dal processo cardinale, che all’ esterno ha 1’ orlo arcuato rilevato. L’area sporge leggermente dalla linea cardinale; ma non si può osservar bene se la valva dorsale non è rovesciata e guardata dall’interno (Tav. III [III], fig. 5, 6, 7). All’interno la valva dorsale fa osservare i caratteri seguenti: La linea cardinale è diritta e corta; il processo cardinale, che la divide in due porzioni, è più o meno sporgente e arrotondito, limitato sul contorno esterno, semilunare, da un margine rilevato che somiglia a quello del genere OrMisina; esso internamente porta due apofisi lamelliformi corte, basse diritte, paral- lele, separate da una corta depressione sulciforme, le quali, come avanti è stato detto, servivano per l’attacco delle estremità superiori dei muscoli diduttori. Immediatamente avanti il processo cardinale si osserva un altro solco, distinto dal primo e posto più in basso, fiancheggiato da due rilievi leggermente arcuati, specialmente nella parte anteriore, con le estremità posteriori claviformi, i quali circondano le impressioni dendritiche degli adduttori. A questo solco succede nella parte mediana e anteriore della valva (Tav. II [II], fig. 11; Tav. IMI [III], fig. 5, 7) un setto diritto, poco elevato, che non giunge a toc- care l'orlo anteriore delia valva. Questo setto è per lo più semplice; però vi sono dei casi specialmente quando la valva è decorticata delle lamelle interne, che appare biforcato nella sua parte posteriore (Tav. II [II], fig. 18). Le impressioni dei muscoli adduttori stanno sopra leggeri rilievi e sono chiaramente dendritiche. Il WaacEN, che ne potè osservare chiaramente solo 1° orlo esterno, credette che esse non avessero alcuna somiglianza con quelle dei brachiopodi e che rammentassero dippiù quelle dei pelecipodi; ma nel fatto esse sono dendritiche come quelle dei Produetus, delle Strophalosia e del sottogenere Awlosteges (Tav. DIOR POUR 5 10 11] i G. DI-STEFANO 11 Sulla parte anteriore dell’ interno della valva dorsale, si notano, lungo il contorno, spesso, ma non sempre, in rapporto con lo stato di conservazione, dei rilievi stretti e bassi, che nascono appena sopra le impressioni muscolari, oppure un po’ più in alto, seguono il contorno, della valva fino oltre la sua metà e poi si arcuano fortemente verso l’interno, con tendenza a divenire spirali. Questi rilievi a forma di leg- gere creste sono di lunghezza variabile e non di raro molto corti; in parecchi casi si manifestano in due, e qualche volta, in tre ordini paralleli. (Tav. II [II], fig. 11, 18; Tav. III [III], fig. 5, 6, 7). A prima vista tali rilievi sembrerebbero solo dei margini che orlano il contorno della valva dorsale; però la loro forte arcuazione verso l’interno della valva, non più in rapporto col contorno di essa e tendente a divenire leggermente spirale fanno credere molto probabile che si tratti di creste d’impressioni reniformi (7mpres- stons réniformes OrnLERT; mierenformige Eindricke Zire). Si aggiunga che la superficie della valva den- tro l’arcuazione di quelle creste è depressa e coperta di granulazione assai fina. Nei generi Productella e Strophalosia si osservano delle creste somiglianti, che circondano le impressioni reniformi. Tuttavia sul significato di questi rilievi si resta talvolta un po’ dubbiosi, perchè avviene che s’iniziano al di sopra delle impressioni muscolari, sull’ orlo anteriore della piccola area. La superficie interna della valva dorsale è ornata di piccole papille allungate, disposte in serie radiali, ora abbondanti, ora scarse, per lo più meglio visibili sulla parte anteriore. Queste papille possono esser anche arrotondite. Se la valva è esfoliata delle lamelle interne, i suoi elementi compaiono in forma inversa, cioè le papille sono sostituite da pori allungati; il setto mediano da un solco; il solco che separa le impressioni muscolari da un rilievo ecc.; questa inversione si nota pure sulla superficie esterna esfoliata, come avanti è stato indicato. Abbiamo già detto (pag. 8) che quando le due valve sono connesse, il processo cardinale della dorsale s’incastra sull’ apertura del pseudodeltidio della ventrale, in modo che tra le due apofisi del processo si sottomette la piega settiforme che separa le inferiori cavità miofore. 2. Falsa valva — Quella che noi chiamiamo qui falsa valva non fu conosciuta dagli autori precedenti al prof. GemmELLARO, il quale però non la separò dalla valva dorsale. Essa sta sopra di questa; è assai rialzata, anzi addossata alla parete posteriore della conchiglia, cioè allo strato mediano, e, secondo il grado di obliquità della dorsale, è ad essa ora lontana, ora vicina. Quando manca l'involucro esterno la falsa valva è sempre visibile sull’ esterno della conchiglia interna. Essa è costituita da lamelle dello strato interno; è relativamente spessa e riproduce, sebbene in modo più grossolano, la forma della valva dorsale, della quale però si mostra più gonfia. La falsa valva non è staccata dalla parte anteriore della conchiglia interna, ma solo differenziata da due rigonfiamenti arcuati, limitati sotto da due depressioni sulciformi, con le quali essi convergono a una protuberanza linguiforme posteriore, simile a quella della valva dorsale, sulla quale si sopramette direttamente. Tale seconda linguetta cardinale, limitata pure da una linea cardinale diritta, è interrotta da una piccola sporgenza arcuata e leggermente striata. La forma della falsa valva è variabile (Tav. I [I], fig. 8, 10, 12, 13; Tav. II [II], fis. 1, 2, 3, 6, 10: Tav. III [III], fig. 8, 12, 13); per lo più è più alta che larga; ma è anche tanto larga che alta o più larga che alta. Negl’individui vecchi diventa molto alta, si contorce, si accartoccia o si ripiega nella parte superiore Tav. II [III], fig. 8, 12), tanto da chiudere la conchiglia in tutto o in parte, il che doveva esser causa della morte dell’animale. La falsa valva col crescere dell’età diventa anche molto depressa o concava sulla linea mediana; sull’orlo superiore si rovescia in fuori e si espande a forma di calice (Tav. I [I], fig. 12, 13; Tav. II [II], fig. 3, 6). Sullo stesso orlo superiore la falsa valva mostra delle costole più o meno basse e ottuse oppure, sì rompe in una frangia di lacinie più o meno appuntite avanti, con superficie arrotondita, semplici, bifide, trifide e in qualche caso quadrifide (Tav. 1 [I], fig. 10, 12, 13; Tav. II [II], fig. 1, 3, 6), dalle quali ha origine il tessuto del calice. 12 G. DI-STDFANO [12] La falsa valva e la valva dorsale s'incontrano sulla linea cardinale con un angolo variabile, ora piccolo, ora più grande, ma si mostrano sempre distinte e separate (Tav. TOI IU] AO MEA RIONI ONINE Tav. IIl [III], fig. 9, 10, 14. La superficie interna della falsa valva è sempre tapezzata di calcite, sicchè non si osserva bene; però sulla sua sporgenza linguiforme posteriore si riproducono in rilievo inverso le apofisi lamellari del processo cardinale della valva dorsale. Certamente riesce difficile di stabilire quali siano le funzioni della falsa valva; ma che essa è distinta dalla dorsale è un fatto sicuro. Sarebbe un errore’ il ritenere che rappresenti la vera valva dor- sale e che quella da me indicata come tale sia invece il fondo della ventrale, secondo di già suppose il WaacEn, seguito dallo ScHELLWIEN, i quali però non conobbero l’esistenza della falsa valva. Ho già dimostrato che questa supposizione sarebbe infondata (pag. 7). La valva dorsale (smaller value WAAGEN) è quella che si sopramette direttamente alle cavità miofore della ventrale e che mostra all’interno le im- pressioni dendritiche dei muscoli adduttori, oltre il setto mediano e il processo cardinale, sulle cui apo- fisi lamellari si fissavano le estremità superiori dei diduttori. La falsa valva non ha questi caratteri, nè questa posizione e doveva quindi avere funzioni: differenti. È probabile che abbia lo scopo accessorio di chiudere le fossette che nella valva ventrale lasciano aperte le curve di raccordo della sporgenza lingui- orme cardinale; questa chiusura è fatta per mezzo dell’estremità posteriori dei rigonfiamenti che limitano lateralmente la falsa valva, le quali sporgono come due punte (Tav. II [II], fig. 1), mentre nello stesso tempo abbracciano i lati della linguetta cardinale della valva dorsale. (Tav. II [II], fig. 10, 11). Sono preci- samente queste punte che, lasciando la traccia nell’ accrescimento della conchiglia, danno origine ai sovraddetti rigonfiamenti laterali che individuano la falsa valva. La sola funzione di concorrere con i denti, le costole o le lacinie della parte anteriore alla formazione del tessuto della base del calice non potrebbe spiegare la forma della parte posteriore della falsa valva. 3.Aulacoterma e parte anteriore dell’apparecchio dorsale —. Tutto l'insieme di parti costituenti l’apparecchio dorsale della conchiglia interna, cioè valva dorsale, falsa valva, tessuto vescicoloso interno e ca- lice, è separato dalla valva ventrale da quel solco profondo e discretamente largo pel quale avanti abbiamo proposto il nome di aulacoferma. Tale solco divisorio è costante in tutti gl’ individui completi ed ha sempre posizione determinata; esso incomincia sui lati della protuberanza cardinale della valva dorsale, anzi rap- presenta la continuazione della linea di contatto della protuberanza di questa sulla valva ventrale, e cir- cuisce tutto l’apparecchio, arcuandosi largamente nella parte anteriore, con la convessità rivolta in alto (are Nip o 665 105 185 Tavo J01 [pia 26 8, 76 Toy 001 oi i 1,9, 12. 15). L’aulacoterma è limitato sopra e sotto da due margini forti, ma il più evidente è quello superiore, che è longitudinalmente striato ed è reso più distinto da una depressione alla parte superiore che lo fa ri- saltare come un collaretto. Il solco divisorio non taglia nettamente la conchiglia, ma indica bene la se- parazione di tutto l’apparecchio dorsale dalla valva ventrale.» Le strie longitudinali che cominciano sul margine superiore dell’aulacoterma coprono il collaretto e, spin- gendosi sulla parte superiore della conchiglia, si riuniscono in fascetti per formare delle costole longitudinali grossolane, irregolari, e non di raro biforcate, come nella Richthofenia sicula Gemm. (Tav. III [III] fig. 15), oppure delle lacinie a superficie arrotondita, appuntite, semplici, biforcate, triforcate, in qualche caso quadri- forcate (Tav. I [I], fig. 4,7,9, 14; Tav. II [II], fig. 7), identiche a quella della parte anteriore della falsa valva, come avviene nella Kichthofenia communis Gemm. Sulle costole, sulle lacinie e sui loro spazi divisori si osser- vano, oltre i pori caratteristici dello strato interno, dei frequenti e più larghi buchi, che sono prodotti dalla pe- netrazione delle spine interne dello strato medio. Le costole e le lacinie rendono l’orlo superiore dell’apparec- chio dorsale dentato o più o meno fortemente ondulato. Quando si formano le elevate pareti del calice, le vw [13] G. DI-STEFANO 1 costole e le lacinie, specialmente queste, si vedono sempre bene sulla parte esterna della conchiglia interna. 4. Calice reticolato e tessuto vescicoloso della sua base. — A pag. 10 abbiamo detto che quando l’orlo anteriore della valva dorsale non si sopramette direttamente a quello della ventrale si genera nella soluzione di continuità, ora stretta, ora discretamente larga, un tessuto vescicoloso per mezzo dei denti anteriori della dorsale, i quali si allungano come sottili setti. Questo tessuto, che per alterazione appare anche reticolato (Tav. II [II], fig. 19, 27), cioè formato di piccole maglie poligonali, lega, dietro l’aulaco- terma, la parte anteriore della conchiglia alla valva dorsale e di là sale nell’interno obliquamente a cos- tituire la base del calice, fondendosi anche con le lacinie e i denti grossolani della parte superiore della falsa valva. Le sezioni longitudinali mettono bene in mostra che la falsa valva, la parte anteriore dell’apparecchio dorsale, la valva dorsale e il calice sono intimamente legati (Tav. II [II], fig. 4, 5,9, 19,27; Tav. III [III], fig. 11) dal tessuto vescicoloso interno. Il fondo reticolato del calice è formato da corti fili 0 setti che nascono tra gli spazi divisori delle lacinie o delle costole, sia della parte superiore anteriore dell’apparecchio dorsale, che della falsa valva. Il tessuto vescicoloso interno non è dunque formato dalla penetrazione di prolungamenti dello strato medio, come sospettò il prof. GEMMELLARO; esso appartiene tutto alla conchiglia interna. La parte superiore dell’apparecchio dorsale è chiusa dal tessuto vescicoloso e dal fondo di un calice reticolato, al quale esso serve di base. Il fondo del calice, che si vede dall’esterno, suole essere depresso o concavo nella parte anteriore e convesso o gibboso in quella posteriore; ma appare anche ondulato o subappianato. Esso è costituito di piccole maglie poligonali, per Jo più pentagonali, ma spesso in parte anche subquadrangolari, triangolari o ellittiche (Tav. I [I], fig. 1, 2, 7; Tav. II [II], fig. 4). Intorno al calice si forma in principio un margine assai basso, che con l’acerescimento, si eleva in vere pareti, espanse e più o meno alte (Tav. I [I], fig. 2, 3, 4, 7, 9, 12, 13, 14; Tav. II [II], fig. 4, 7), originate dallo strato interno e quindi coperte di pori o di papille. Si vede allora un vero calice a fondo reticolato, che, per i brevi setti che lo iniziano, rammenta quello del genere CystiplRyIlun, cioè quello di un vero tetraco- rallo. Le pareti del calice sono ricoperte dai due strati esterni, cioè dal medio e dal superiore. L’unione fra il tessuto vescicoloso e quello reticolato del calice con la falsa valva, la valva dorsale e la parte anteriore dell’ apparecchio dorsale è così intima ed organica da fare escludere l’ipotesi che il tes- suto reticolato del calice e quello vescicoloso della sua base non appartengano al genere Richthofenia, ma siano forse prodotti dalla fissazione di organismi parassiti, come idromeduse, briozoari o corallari. Poli- pai di organismi estranei se ne trovano spesso attaccati all’esterno o all’interno delle Richthoferia di Palazzo Adriano, segnatamente di Stromatopora; ma essi non occupano una posizione determinata e non sono organicamente legati alle lacinie o ai denti della parte superiore dell’ apparecchio dorsale. Le funzioni del calice e del sottostante tessuto possono forse esser quelle di agevolare la penetrazione nell'interno della conchiglia delle correnti d’ acqua necessarie alla vita dell'animale. Si tenga conto che il guscio delle Richthofenia, sebbene sia formato di strati in prevalenza porosi e anche in parte cellulosi, difficil- mente comunica con l’esterno, perchè lo strato esterno è imperforato e ricopre tutto, e dall’altro canto la cavità abitata dall’ animale è confitta e chiusa nella conchiglia. Il calice ben determinato non si osserva sempre nelle Aickthofenia; così nella R. sicula GeMmx., seb- bene si presenti il tessuto vescicoloso della parte superiore della conchiglia, fimora non abbiamo osservato un vero calice. Nello stadio di vecchiezza, secondo si è detto, la conchiglia alla parte superiore si accar- toccia e si ripiega in modo che il calice viene coperto e chiuso. 14 G. DI-STEFANO [14] Posizione sistematica delle Riechthofenia. Come abbiamo detto nell’ introduzione, la posizione sistematica delle £tichthofenia è stata oggetto di dispareri, mostrando esse a un tempo caratteri di rudiste, brachiopodi e tetracoralli; però l’opinione che appartengano ai brachiopodi ha finito col prevalere. Il WaacEN rilevò bene i rapporti del genere Ricktho- fenia con le rudiste, i coralli e i brachiopodi; ma conchiuse che esso deve esser collocato in quest’ ul- tima classe. Recentemente il prof. G. StEINMANN !, che riguarda le rudiste come i progenitori delle ascidie e vari brachiopodi del Paleozoico come quelli delle salpe, pur facendo rilevare le relazioni delle Richthofenia con le rudiste, non accenna a staccarle dai brachiopodi. I rapporti con le rudiste stanno nella forma conica della conchiglia, nella struttura cellulare dello strato medio e nell’ esistenza dei setti interni trasversali. Per quanto avanti abbiamo dimostrato sul significato «dei tre pseudosetti verticali che appaiono nelle sezioni della valva ventrale, non è il caso di vedere in essi delle analogie con le infles- sioni della valva ventrale degli Hippurites. Nonostante le somiglianze del calice delle Richthofenia con la parte esterna della valva superiore degli Hippurites a pori poligonali, pure non vi è alcuna analogia tra questa, che è una vera valva, fornita di apofisi miofore, denti ed impressioni muscolari, e quello che è soltanto un tessuto di maglie irregolari. Bisogna anche riconoscere che se la struttura dello strato medio nelle Richthofenia è cellulare, non è precisamente reticolata come nelle rudiste. Le relazioni sono più strette con i Zetrucorallia, con i quali il genere Rickthofenia, oltre all’involucro: esterno, che può rassomigliarsi alla epiteca, sebbene non abbia con essa una vera analogia, ha comuni il carattere delle spine esterne radiciformi e quelli della struttura cellulosa dello strato medio, dei setti in- terni trasversali nella valva ventrale, del tessuto vescicoloso della parte superiore e del calice reticolato, nonchè la forma coralloide. Anche qui osserveremo che quei creduti setti longitudinali della parte posteriore interna della valva ventrale non hanno nulla da vedere con la columella dei coralli, nè con le lamine ver- ticali di alcuni tetracoralli (pag. 8). Le somiglianze tra le sezioni longitudinali delle Zichfhoferia e quelle di molti tetracoralli è però così spiccata che spesso sembra aver davanti delle sezioni di Zaphrentis, Om- phima, CampophyIlum, Ceratophyllum ecc., con calice, setti verticali, dissepimenti e fabulae. Il calice somiglia non di rado a quello del CystiplyMlum vesiculosus Gonne. Tuttavia, salvo il calice, questi caratteri si presen- tano anche in vari brachiopodi: le spine cave esistono nei Productidi e in altri brachiopodi; l’involuero esterno che avvolse la conchiglia interna si osserva nelle Zegulifera ScHELLWIEN, brachiopodi in rapporto con i Productidi e gli Strofomenidi; la struttura cellulare dello strato medio, oltre che in vari lamelli- branchi, nelle stesse Zegulifera e nelle Proboscidella; i sette trasversali interni nelle Scacchinella (fide ScHELLWIEN) e nelle Proboscidella, secondo l’osservazione del LinpstRron, riferita dal WAAGEN. A questi caratteri non esclusivi dei tetracoralli se ne aggiungono parecchi altri molto importanti, di natura brachiopoidea. Come avviene nei Productidi, sotto lo strato esterno imperforato, la conchiglia delle Richthofenia è perforata. Sulla parte posteriore esterna delle due valve si osservano le aree e in quella ventrale anche il pseudodeltidio. Nella parte interna della valva dorsale, prescindendo qui della molto; probabile esistenza delle creste delle impressioni reniformi, vi è il processo cardinale dei brachiopodi articolati, con le apofisi, oltre un setto e le impressioni dendritiche degli adduttori, somiglianti a quelle dei Productus, e delle Strophalosia, specialmente del sottogenere Awlosteges. Nella parte interna poste- riore della valva ventrale si presentano gli appoggi dei muscoli adduttori e diduttori (apofisì miofore sottocardinali GEMMELLARO) in forma di due lunghe cavità imbutiformi, estese fino all’apice, divise da una 1) StEINMANN G. Die geologischen Grundlagen der Abstammungslehre, 1908, pag. 174-187. [15] G, DI-SIEFANO 15 ripiegatura settiforme delle loro pareti. Questi caratteri non possono appartenere a dei Zetracorallia, siano anche opercolati; ma, se l’interpretazione dei contrassegni delle Aich/hofenia è esatta, tali organismi non possono essere che brachiopodi. Non mi avvalgo qui, come fece il Waagen, della differenza rispetto ai corallari data dal carattere della lucentezza sericea della conchiglia, perchè in nessuno degli esemplari siciliani finora da me esaminati esiste, essendo in dipendenza del modo di fossilizzazione. I caratteri che avvicinano le Rickthofenia ai coralli sono dunque dovuti a fenomeni di convergenza. Nelle Richthofenia si presentano associati e bene sviluppati dei caratteri che nei brachiopodi dei ge- neri Zegulifera, Proboscidella e Scacchinella si osservano isolati o hanno un assai debole sviluppo ; tali sono quelli dello spesso involucro esterno, che ricopre tutta la conchiglia interna; l’ accentuata cellulo- sità dello strato medio e 1’ abbondanza dei setti trasversali interni; però quello che determina la sin- golare posizione delle Richthofenia è l’esistenza di una falsa valva, del tessuto vescicoloso della parte superiore dell’ apparecchio dorsale e quella del calice reticolato della conchiglia interna, caratteri che fino ad ora non si conoscono in altri brachiopodi e che, come ho già detto, non possono riferirsi a casi di parassi- tismo, nè a simbiosi con altri organismi, secondo è dimostrato qui appresso. Per queste ragioni il posto occupato dalle Rickthoferia non sarebbe ben distinto solo dalla adozione di un nome di famiglia (Ltieht hofenidae WAAGEN); ma è per lo meno necessario di mantenere tra i brachiopodi la distinzione del sot- t'ordine Coralliopsida. Il WaaGEN fondò tale sott’ordine per l’esistenza dell’involucro esterno, che ricopre la conchiglia interna, cioè quella tipica ed essenziale del genere; per la posizione delle impressioni mu- scolari nella valva ventrale; pel contorno frangiato di quelle degli adduttori nella dorsale (smaller valve); per la presenza di una impressione palleale e in genere per tutte le affinità con coralli e i pelecipodi. Sebbene alcuni dei caratteri differenziali indicati dal WAAGEN non possano più mantenersi, come quello che riposava sulla diversa forma delle impressioni muscolari nella valva dorsale, secondo egli credette di,osservarla, e l’altro della esistenza della impressione palleale sulla ventrale, mentre quello dell’ involucro esterno, che si osserva in altri brachiopodi, non può avere un valore preponderante, tuttavia quelli da me messi in rilievo, specialmente 1’ esistenza del tessuto vescicoloso interno che lega le parti superiori dell’ apparecchio dorsale e quella del calice reticolato, giustificano il mantenimento del sott’ordine, che il Waacen credette un gruppo di transizione tra gli Arthropomata (Articulata) e le Craniidae (Inartieulata). Resta però ancora da stabilire se, tenuto anche conto che il cardine delle Richthofenia è diritto e senza denti, non sia più conveniente di dare a questa gruppo dei Coralliopsida il valore di un ordine. Tra i brachiopodi le maggiori affinità delle Richhoferia si trovano nei Productidi e negli Strofomenidi, più nei primi però, che sono privi di denti al cardine nella massima parte dei casi. Sono i generi Pro- ductus e Strophalosia, compreso il sottogenere Awlosteges, che maggiormente si avvicinano alle £ieh- thofenia. Infatti essi hanno il guscio *perforato; l’ interno delle valve papilloso; un’area triangolare, suddivisa dal processo cardinale nella valva dorsale; un’altra allungata e suddivisa dal pseudodeltidio nella ventrale; un setto mediano nell’interno di quella dorsale, che ha anche il processo cardinale e le impres- sioni dei muscoli adduttori pure dendritiche. Se, come pare, le lamine arcuate nell’interno della valva dor- sale delle Richthofenia, sono le creste che circondano le impressioni reniformi, allora i rapporti sono anche più stretti; tuttavia, considerato l’insieme dei caratteri, le ehthoferia non possono comprendersi nè tra ‘i Productidi, nè tra gli Strofomenidi ed è giustificata la creazione della famiglia delle /ickthofenidue, per ora unica nei Coralliopsida. Non credo che si possano con sicurezza aggregare a tale famiglia i generi Scacchinella e Megarhyn- chus. Per la forma della conchiglia le Rickthoferidae hanno molti rapporti con essi, come, del resto anche con i generi Geyerella, Streptorhynchus e Meckella; ma si rilevano forti differenze nei caratteri interni e 16 G. DI-STEFANO [16] nella struttura del guscio. Lo ScHELLWIEN accentuò troppo i rapporti della ARichthofenia con le Scacchinella, perchè ammise inesattamente una stretta corrispondenza del setto mediano della valva dorsale di questi due generi; però l’esistenza della falsa valva; delle cavità miofore conico-tubolari nella valva ventrale; della speciale struttura della conchiglia; del tessuto vescicoloso interno della parte superiore dell’ appa- recchio dorsale e del calice nelle Riekthoferia allontanano molto queste dalle Scacchinella. Maggiori sono i rapporti con i Megarhynchus, che il prof. GEMMELLARO riguardò come un anello che lega dippiù le Kick- thofenia ai brachiopodi; ma anche in questo caso l’esistenza del calice e del tessuto vescicoloso della sua base nelle Richhofenia; il fatto che nei Megarhynchus le impressioni degli adduttori nella valva dorsale non sono dendritiche e che in tale genere manca l’involucro esterno, non mi pare che giustifichino 1° as- sociazione di questi due generi in unica famiglia. Per quanto si voglia attribuire l’origine dell’involuero esterno delle Rickthofenia e della sua struttura cellulare alla esuberanza della conchiglia, bisogna pur pensare: che l’insieme dei caratteri che le fanno rassomigliare a dei tetracoralli, specialmente quello dell’esistenza del calice, appartenente alla conchiglia interna, non si può trascurare. Prima di finire, crediamo di dover prendere in considerazione anche l’ipotesi che nei caratteri anormali, di questi brachiopodi potrebbe vedere l’associazione simbiotica di due organismi, cioè l’invasione di un brachiopode da parte di un tetracorallo, con vantaggio reciproco. Tale ipotesi è a prima vista attraente; ma non sarà facile di poterla dimostrare ben fondata. Lo strato medio involgente, il quale per la sua struttura dà il carattere che più richiama i tetracoralli, è distinto e separato dalla conchiglia interna, che è quella essenziale del genere. Il calice e il tessuto vescicoloso della parte superiore dell’apparecchio dor- sale, altri due importanti caratteri che stringono i rapporti con i tetracoralli, appartengono alla sola con- chiglia interna e sono indipendenti dallo strato avviluppante. Anche i setti trasversali interni sono distinti dall’involucro celluloso esterno e dal calice. Per queste ragiòni avremmo che le parti costituenti il tetra- corallo sono staccate e sparse nell’altro senza connessione organica, il che ci sembra difficile ammettere, trattandosi di due organismi non cellulari, ma di organizzazione relativamente elevata e complessa. Le difficoltà svaniscono se si riguardano le A%chthoferia come un unico organismo. Noi abbiamo esposti i dubbi che solleva l’anormale struttura delle ickthofezza e manifestata la con- vinzione che questo genere appartenga ai brachiopodi; però riconosciamo che la discussione sul loro posto sistematico non è forse ancora chiusa. Richthofenia communis Grmm. Tav. I [I], fig. 1-14; Tav. Il [II], fig. 1-5, 7-16, 20, 21,23; Tav. IN |IM], fig. 5, 13, 18. 1894. Richthofenia communis GenmeLLARO. Le Richthofenia provenienti dai calcari con Pusulina della valle del' fiume Sosio nella prov. di Palermo. Boll. d. Soc. di Se. nat. ed econ. di Palermo, n. 1 (25 aprile 1894), pag. 7. 1896. = = GrumeLLARO. Sopra due nuovi generi di brachiopodi provenienti dai calcari con Fusulina d. prov. di Palermo. Giorn. d. Soc. d. Sc. nat. ed econ. di Pa- lermo, vol. XXI, 1896 pag. 114 (nota a piè di pagina). . 1900 Aiekhthofenia sp. ScueLLwIEN. Die Fauna der Trogkofelschichten in den karnischen Alpen ecc. Abhandl. d. k. k. geol. R. A., Bd. XVI, pag. 29 (fig. 2a)2} fis. 2 d, fig. 3a, di 1910. Aechthofenia aff. Lawrenciana pe Kon. — Diener in Kossmar u. Drener. Die Bellerophonkalke von Oberkrain und ihre Brachiopoden. Jahrb. d. k. k. geol. R. A., LX, pag. 299 (23). [17] G. DI-STEFANO 17 Nel 1894 il prof. GemmeLLaRo indicò solo i nomi della Aichthofenia communis Gemm. e della £ti- chthofenia sicula Gemm. di Palazzo Adriano; nel 1396 accennò alle due specie soltanto con le seguenti parole: Le Richthofenia di Sicilia appartengono a due specie, una conico-allungata e con poche spine, che chiamni Richthofenia communis, e Valtra conica, larga, bassa, rugosa, con molte spine, a cui diedi il nome di Richthofenia sicula. Le due specie non sono distinte da etichette con i nomi nel materiale raccolto dal prof. GEMMELLARO; però souo assai facilmente riconoscibili. Jo ho potuto ancora riunirne un grande nu- mero di esemplari ed eseguire interessanti preparazioni che ne fanno conoscere bene i caratteri interni. Nel descrivere queste due specie, che sono ben distinte, sarò costretto di riprodurre in buona parte le indicazioni già date nella diagnosi del genere; ma procurerò di ripetermi quanto meno sia possibile. Forma, caratteri esterni e struttura della conchiglia. La Richthofenia communis GeMmm. è conica, per lo più in modo irregolare, allungata, svelta o anche gracile; negl’ individui accresciuti è espansa alla parte superiore in forma di calice; a quella inferiore in generale attenuata o quasi appuntita; con l’apice per lo più deformato per la fissazione agli oggetti estranei. Essa è frequentemente contorta e coperta di bozze e di ammaccature, dovute alle pressioni della vita gregaria. Le strie di accrescimento sono lamellose, forti, irregolari, ondulose, spesso rilevate in forma di risalti, non di rado sinuose e anche deviate dal loro andamento e anastomizzate, non solo per causa della vita sociale, ma anche per effetto dell’attacco laterale a corallari e a crinoidi. L’irrego- lare superficie della conchiglia è anche ornata di poche piccole spine cave, rivolte all’ingiù, formate dal ripiegamento delle lamine di accrescimento. La conchiglia è costituita di tre strati, il primo esterno, epidermoidale, sottile, imperforato; il secondo, medio, più spesso, celluloso e poroso, e il terzo, interno, discretamente spesso, traversato da innumerevoli pori a contorno poligonale. Questi strati sono ampiamente descritti nella diagnosi del genere. I due strati esterni fasciono e ricoprono tutta la conchiglia interna, della quale si vede solo il calice e il suo fondo reticolato, quando è conservato o non è coperto, come nello stadio gerontico, dalle ripiegature delle pareti. Le spine cave della superficie traversano obliquamente anche lo strato mediano, sulla cui superficie interna assumono talvolta l’aspetto di stoloni, ricordando le Alopora. La conchiglia adulta, completa e integra, somiglia a un tetracorallo, come l’esemplare della Tav. I [I], fig. 2, specialmente a un OystiphylIum ; solo quando è spezzata o decorticata degli strati superiori mostra la conchiglia interna, che dà il tipo del genere. Caratteri della conchiglia interna. Caratteri interni ed esterni della valva ventrale. — La conchiglia interna è costituita da lamelle del terzo strato; la sua valva inferiore, che è quella ventrale, è conica più o meno irregolarmente, al- lungata e coperta di pori, i cui sbocchi sono per lo più turati da papille allungate. I pori, la cui se- zione è poligonale (Tav. III [III], fig. 20), sono dovuti a canalicoli che attraversano lo strato, sia in modo perpendicolare che obliquo; essi sono disposti in brevi serie longitudinali, che s’incontrano con angoli strettissimi e si anastomizzano, producendo sulla superficie della valva delle strie o delle costelle longitu- dinali leggiere, non di rado obliterate. Tra le strie e le costelle si osservano frequenti buchi irregolari, prodotti dalla penetrazione delle spine interne dello strato medio. Sulla parte esterna posteriore della valva ventrale si vede l’area, stretta, triangolare, allungata fino Palaeontographia italica, vel, -2XX, 1914, 3 18 G. DI-STEFANO |18] all’apice, costituita di due porzioni divise dal pseudodeltidio, coperte di fine e chiare strie longitudinali, che s'incrociano con le forti strie trasversali di accrescimento. Il pseudodeltidio, pure molto allungato, è convesso, non più largo, in questa specie, di ognuna delle due porzioni dell’area, e coperto di forti strie trasversali di accrescimento arcuate. Il pseudodeltidio copre la ripiegatura che divide le due interne cavità miofore conico-tubolari e perciò si salda sulle loro pareti; esso sulla linea cardinale termina con un'apertura arcuata sulla quale si sopramette il processo cardinale della valva dorsale. Nelle sezioni si osserva che all’interno la cavità del pseudodeltidio e Je parti ricoperte dalle due porzioni dell’area sono pure in grandissima parte occupate da setti trasversali, fini e avvicinati tra di loro. La valva ventrale è separata da tutto il superiore apparecchio dorsale da un solco profondo. e di- scretamente largo, pel qual abbiamo proposto aventi il nome di aulacoterma. Questo solco s° inizia ‘ai lati della linguetta cardinale della valva dorsale, come continuazione della linea di contatto tra questa protuberanza e la linea cardinale della valva ventrale, e circuisce tutta la conchiglia, arcuandosi . verso sopra nella parte posteriore. (Tav. I [I] fig. 4, 7, 9, 10, 13; Tav. II [II], fig. 7). All’interno della valva ventrale si osservano i seguenti caratteri: La cavità abitata dall’animale è in gran parte occupata da setti trasversali, più o meno sottili, che si originano dai ripiegamenti dello strato interno, il quale è ora discretamente spesso, ora sottile. Nella diagnosi del genere abbiamo minutamente descritti i caratteri di tali setti e delle loro superfici Per quanto riguarda quelli che sono caratteri specifici della Rickthoferia communis, diremo che i setti, semplici, bifidi, trifidi e in vari casi quadrifidi, ondulati, spesso anastomizzati, concavi alla parte superiore o subappianati, sono abbon- danti, ma di numero assai variabile, in modo che le concamerazioni che ne resultano sono ora basse o bassissime (Tav II [II], fig. 9); ora discretamente alte (Tav. II [II], fig. 5, 8) La parte della cavità interna che contiene i setti trasversali non è in altezza minore della metà di tutta quella della valva ven- trale; ma spesso i setti occupano almeno i due terzi di tutta l’altezza di tale valva. La cavità diret- tamente occupata dall’animale è quindi di variabile profondità ed occupa uno spazio che ‘oscilla dalla metà a un terzo dell’altezza della valva ventrale. Il fondo di tale cavità è chiuso da un setto che è più spesso di quelli inferiori; esso è talvolta subappianato; ma nella massima parte dei casì sì mostra concavo 0 onduloso per l’esistenza di una piega larga, ottusa, ora forte, ora limitata da una parete legsiera, diretta secondo il diametro antero-posteriore. Sul lato interno la cavità abitata dall’animale è limitata da una parete relativamente breve, subdiritta o leggermente arcuata, che alla parte superiore termina con-un’estremità acuta, nella quale si fondono anche (Tav. II [II], fig. 8, 9) le pareti interne delle cavità miofore tubolari. Nella parte posteriore interna della valva ventrale sono visibili gli appoggi dei muscoli adduttori e diduttori, rappresentati da due cavità tubolari, allungate, coniche, che giungono fino all’ apice e sono sepa- rate da una ripiegatura delle loro pareti, la quale sulla linea cardinale sporge come un setto relativa- mente corto 0 basso. La superficie esterna di queste cavità tubolari (Tav. I [J], fig. 14; Tav. Il [II], fig. 12, 13) è arcuata e coperta di strie longitudinali numerose, fine, ma bene impresse. Queste cavità miofore s’in- castrano tra due spigoli o spesse sporgenze della valva, i quali con la loro pressione rendono spesso subdiritte o leggermente concave sui lati le loro pareti esterne. Sulle figure 12, 14, 16, della Tav. II [II] sono rappresentate le apparenze che le cavità miofore, insieme con gli spigoli che le incastrano, l’ area e il pseudodeltidio, assumono nelle sezioni cardinali. Abbiamo già descritto nelle pag. 6 e 7 e rappresentate nella Tav. II [II], fig. 15, 13, 20 l'aspetto che tali elementi mostrano quando si vedono dalle fratture della parte inferiore della valva. Le descritte cavità miofore sono all’interno in gran parte occupate da fini setti trasversali, semplici, [19] G. DI-STEFANO 19 biforcati, triforcati e talvolta quadriforcati, spesso anastomizzati, sicchè per ricevere le estremità inferiori dei muscoli adduttori rimangono vuote in alto solo due fossette a fondo concavo o subpiano, la cui altezza corrisponde alla quarta o alla quinta parte di quella intiera della valva ventrale. La ripiegatura settiforme che divide le due cavità miofore, quando le valve sono connesse si sottomette direttamente tra le due apofisi lamellari del processo cardinale della superiore valva dorsale, mentre le impressioni dei muscoli adduttori di questa sovrastano sulle due imboccature cardinali delle fossette miofore della valva ventrale. È dunque verosimile il dedurne che le estremità inferiori dei muscoli diduttori s’inse- rivano sui due lati della ripiegatura divisoria, che sporge nella cavità coperta dal pseudodeltidio, e quelle degli adduttori sul fondo o sui lati delle due sottoposte fossette miofore. Nelle pagine 8 e 9 abbiamo indicato quello che all’ interno fanno osservare le sezioni longitudinali della conchiglia, condotte sia parallelamente alla linea cardinale, che nel senso antero-posteriore. Senza voler ripetere quella estesa descrizione, basta qui accennare ai fatti che si rilevano. Nel primo caso, cioè quando la conchiglia si taglia in modo parallelo alla linea cardinale, si vedono, nella parte posteriore, le sezioni delle pareti delle due cavità miofore e della piega che le divide in forma di tre setti Jon- gitudinali convergenti all’apice e separanti due lunghe e strette cavità (Tav. II [II], fig. 8), suddivise in gran parte da piccoli setti trasversali. Ai lati di tali cavità miofore si manifesta quella ventrale, che è sezionata sui due lati, e quindi appare in forma di due fossette più grandi, pure suddivise da setti trasversali. Nel secondo caso, cioè quando la sezione è condotta perpendicolarmente alla linea cardinale, si vede sulla valva ventrale la cavità abitata dall’ animale, chiusa in gran parte da setti trasversali (Tav. II [II], fi. 4,9); una delle cavità miofore imbutiformi, pure in gran parte colmata da piccoli setti trasversali, semplici, bifidi, trifidi, spesso anastomizzati, e un’ altra cavità conica, più esterna molto stretta, allungata, suddivisa pure da piccoli setti trasversali, addossata alla parete posteriore della conchiglia. Questa terza cavità rappresenta la sezione dello spazio compreso tra la ripiegatura divisoria delle due cavità miofore interne e il pseudodeltidio. I lunghi pseudosetti longitudinali che separano queste cavità non sono che le sezioni delle rispettive pareti e del pseudodeltidio. Le sezioni longitudinali sulle conchiglie complete mettono anche in mostra (Tav. II [II], fig. 4 e 9); quelle della valva dorsale e della falsa valva. Apparecchio dorsale — L'apparecchio dorsale costa della valva dorsale, della falsa valva, del calice e del tessuto vescicoloso della base di questo; esso è separato dalla valva ventrale da quel solco profondo che abbiamo chiamato aulacoterma. Il margine superiore di questo solco è il più forte e si mo- stra sempre longitudinalmente striato; al disopra del margine vi è una depressione che lo fa risaltare come un collaretto. Le strie del margine alla parte superiore si riuniscono in fascetti per formare, in tutta la parte laterale ed anteriore dell’ apparecchio, delle costole, spesso biforcate, o delle ramificazioni che indichiamo col nome di lacirie, le quali, come quelle della falsa valva, sono semplici biforcate, triforcate, talvolta quadriforcate, sempre a superficie convessa ed ad estremità appuntita. Tutta la parte posteriore dello apparecchio dorsale è coperta di fini pori e di frequenti buchi irregolari, che sono prodotti dalla penetrazione delle spine interne dello strato medio. Le lacinie formano intorno la parte posteriore dell’apparecchio come una corona (Tav. 1 [I], fig. 1, 4, 9, 14), che si scorge sempre, anche quando al di sopra crescono le pareti del calice. Come appresso si vedrà, e come di già abbiamo detto nella descrizione del genere, dalle lacinie ha origine il tessuto reticolato del fondo del calice. 1. Valva dorsale. — La valva dorsale ha un contorno per lo più ellittico, ora nel senso del diametro antero-posteriore, ora in quello del trasversale; però si mostra anche subarrotondita. Essa, rispetto allo spessore della conchiglia nella valva ventrale e nella falsa valva, quando questa non è semidistrutta dalla spatizzazione, è relativamente sottile. La sua protuberanza cardinale, linguiforme, ha il margine 20 G. DI-STEFANO [20] striato e diritto, ma interrotto dalla sporgenza arrotondita del processo cardinale. La superficie esterna della valva dorsale è coperta di un numero molto variabile di papille allungate, talvolta arrotondite, disposte in serie lineari irraggianti dall’ apice, sul quale però sogliono assai spesso essere molto deboli o obsolete. Le papille turano lo sbocco dei pori, che, quando la superficie delle lamelle non è ben conservata, compaiono abbondanti. Avviene non infrequentemente il caso che su individui giovani o di medio accrescimento si manifestano sulla superficie esterna delle costelle larghe, basse, ottuse, semplici, biforcate o triforcate, irraggianti dagli apici. La valva dorsale non si può vedere dall’ esterno se la conchiglia è completa; essa è posta in. modo più o meno obliquo rispetto all’ asse del guscio, scendendo dalla parte anteriore alla posteriore della conchiglia. Nei giovani individui la obliquità è non di raro lievissima, L’interno della valva dorsale è coperto di un numero variabile di papille allungate, in serie irrag- gianti dall’apice e, quando è esfoliato, di pori allungati. I caratteri generici sono quelli descritti avanti cioè vi si osservano (Tav. II [II], fig. 11; Tav. III [IXI], fig. 5) il processo cardinale, che ha l’orlo esterno arcuato e rilevato ed è fornito di due apofisi miofore lamellari, corte, parallele; le impressioni dei muscoli addut- tori dendritiche, separate da un solco e circondate, sul lato interno, da rilievi arcuati claviformi nella parte anteriore; il setto longitudinale mediano, stretto, discretamente rilevato, che non giunge a toccare I orlo anteriore della valva e che talvolta, quando la valva è un po’ esfoliata delle lamelle interne, si mostra biforcato nella parte anteriore, perchè vi si fonde con i due rilievi che orlano le impressioni mu- scolari. Inoltre si osservano nell’ interno dei rilievi stretti, che cominciano sopra le impressioni dei mu- scoli adduttori, seguono il contorno degli orli della valva e, oltrepassata la linea mediana, si arcuano fortemente verso l’ interno della stessa valva, con chiara tendenza a divenire spirali. Questi rilievi sono di varia lunghezza; ora corti e non arcuati verso l’interno; ora lunghi e arcuati o subspirali;, non è raro il caso in cui si manifestino in due o tre ordini subparalleli, come anche quello in cui manchino del tutto. Abbiamo a pag. 11 già discusso sul significato di questi rilievi, che è molto probabile rappresentino le creste delle impressioni reniformi. Quando la valva dorsale è vista dal lato interno, allora si osserva bene sulla linea cardinale la pic- cola e stretta area esterna, di forma triangolare, divisa dall’orlo rilevato del processo cardinale in due porzioni, che sono striate longitudinalmente dalle forti strie di accrescimento. Abbiamo già rilevato nella descrizione del genere, ed è bene di ripetere qui, che quando la valva dorsale manca, per esfoliazione delle sue lamelle superiori, si vedono allora dall’esterno gli elementi del- l’interno in forma inversa, cioè il setto mediano come solco; il solco che divide le impressioni muscolari come setto; le due apofisi lamellari del processo cardinale come brevi solchi, separati da una corta e bassa cresta, ecc. La descritta valva dorsale per lo più non chiude del tutto quella ventrale. Sul lato posteriore le curve che uniscono la linguetta cardinale della dorsale alla parte anteriore di questa lasciano aperte due fos- sette (Tav. I [I], fig, 8) che in parte sono chiuse da due spessi spigoli della valva ventrale e in parte dalle punte laterali che sono ai lati della protuberanza linguiforme posteriore della falsa valva (Tav. Il [II], fig. 1). Nella parte anteriore l'orlo della valva dorsale, quando è integro, si mostra finamente dentato; nei casi poco frequenti in cui 1’ orlo anteriore della: dorsale chiude bene la ventrale i dentini della prima si sopramettono, lungo i margini dell’ aulacoterma, tra quelli prodotti sul contorno della ventrale dalle strie o dalle costole longitudinali; ma il caso più comune è quello che resta tra le parti anteriori delle due valve una soluzione di continuità, ora stretta, ora discretamente larga e talvolta molto. Allora i dentini si allun- gano in forma di sottili setti orizzontali, tra i quali si forma un tessuto vescicoloso, che per alterazione ettcietntei [21] G. DI-STEFANO 21 appare spesso formato da piccole maglie poligonali. Questo tessuto sale nell’interno obliquamente e si fonde con le lacinie o i denti ottusi dell’orlo anteriore della falsa valva, andando a formare la base del calice reticolato (Tav. II [II], fig. 4, 5, 9). 2. Falsa valva — I caratteri della falsa valva sono quelli descritti nella diagnosi del genere. Essa è differenziata dalla parte anteriore dell’apparecchio dorsale da due rigonfiamenti arcuati, che convergono verso la regione cardinale, ed è munita, nella parte anteriore, di una protuberanza cardinale linguiforme, identica a quella della inferiore valva dorsale, sulla quale si sopramette direttamente. La sua linea cardinale è diritta, leggermente striata esternamente e suddivisa da una curva, che riproduce la forma, ma non le funzioni, del processo cardinale. Nella Aichthofenia communis la falsa valva è discretamente spessa; ma per causa della spatizzazione o per riassorbimento diviene spesso sottile. La falsa valva è di forma un po’ variabile; riproduce in modo grossolano quella della inferiore valva dorsale, ed è per lo più tanto alta che larga o più alta che larga, sebbene non di raro si mostri più larga che alta. La sua superficie è convessa o sub-appianata e coperta da innummerevoli fini pori poligonali, che sono lo sbocco di cana- licoli obliqui o perpendicolari. Tra i pori si osservano dei buchi irregolari, di numero e dimensione varia- bili, più abbondanti nella parte superiore, senza che però occupino una posizione determinata; essi sono dovuti alla penetrazione delle spine interne dello strato mediano della conchiglia; ma queste spine interne non pigliano parte alla formazione del tessuto del calice. Il prof. GEMMELLARO aveva ritenuto possibile che lo strato medio, penetrando nell’ interno, concorresse alla formazione del tessuto vescicoloso e di quello del calice. I pori sogliono essere disposti in corte serie longitudinali, che s'incontrano e si anasto- mizzano sotto angoli piccolissimi. Gli spazi interposti tra queste serie non producono con i loro rilievi le strie o le costole che pur si osservano sulla valva ventrale di questa stessa specie e anche sulla dor- sale delle Rickthofenia sicula Gemm. La falsa valva si suddivide alla sua parte superiore in lacinie a superficie convessa, ad estremità appuntita, irregolari, semplici, bifide, trifide e in qualche caso quadrifide, tra le quali, come meglio sarà detto qui appresso, nasce il tessuto reticolato del calice. L’orlo superiore della falsa valva, con l’ accre- scimento della conchiglia, concorre alla formazione delle pareti del calice e perciò si allarga e si espande, rovesciandosi spesso anche indietro; nello stadio di vecchiezza invece finisce col piegarsi ed accartocciarsi su tutta la parte superiore delle conchiglia, in modo da ricoprirla e chiuderla in tutto o in parte (Tav. TI [II], fis. 3, 7). Quando le pareti del calice crescono al di sopra delle lacinie, queste sì osservano sempre sull’ esterno della conchiglia interna. La falsa valva non deve essere confusa con la valva dorsale, secondo abbiamo dimostrato avanti essa è sempre distinta e separata da questa da uno spazio molto variabile, ora relativamente molto stretto, ora largo (Tav. II [10], fio, 1, 4, 6, 9, 11; Tav. IMI [IMI], fig. 9, 10). 8. Calice — La conchiglia, quando è integra e non spatizzata all’ interno, è chiusa alla parte supe- riore da un tessuto reticolato, che ha per base quello vescicoloso interno, del quale può essere l’altera- zione. Esso è formato di maglie poligonali, per lo più pentagonali, ma che divengono anche in parte sub- quadrate, triangolari o ellittiche. Queste maglie sono costituite dalle ramificazioni dei brevi fili, o meglio, di brevi setti, che nascono degli spazi divisori delle lacinie o delle costole della parte superiore dell’ap- parecchio dorsale. Questi brevi setti, che danno origine al tessuto reticolato, somigliano a quelli poco sviluppati del calice del genere CystiphyWlum (tetracorallo). Il tessuto reticolato, che si osserva dall’esterno è indivisibile, da quello vescicoloso interno, che ne forma la base; esso appartiene alla conchiglia interna, alla cui parte superiore è legato da intima connessione organica e non può quindi appartenere a un organismo parassita. Secondo gli stadi di età, intorno al tessuto reticolato comincia a formarsi un piccolo margine, 29 G. DI-STEFANO [22] che poi si eleva in pareti più o meno alte, in modo che si costituisce un calice più o meno profondo. Il tessuto reticolato ne occupa il fondo, che è depresso nella parte anteriore, convessa o gibbosa in quella posteriore. Le pareti interne del calice sono costituite dallo strato interno e si mostrano quindi porose e papillose; esse sono ricoperte da due strati esterni. Abbiamo detto poco avanti che nello stadio gerontico le pareti del calice si ripiegono e si accartocciano in modo da coprirlo, il che doveva portare la morte dell’animale. 5 Rapporti e differenze. La Richthofenia communis GeMmm. mostra strette relazioni con la Richthofenia Lawrenciana DE Kon. sp., specialmente se si tien conto della sezione longitudinale di questa specie pubblicata dal FRECH; ! però vi è un insieme di caratteri differenziali che può permettere di tenerle separate. Il tipo siciliano, e pos- siamo dire anche alpino, è di forma sempre più svelta ed allungata, più attenuata nella regione apicale e più irregolarmente conica, quindi l’area della valva ventrale e il pseudodeltidio sono molto più protratti. Le spive esterne si mostrano molto rare; la conchiglia è più sottile; la struttura cellulosa dello strato medio meno spiccata, perchè discontinua. La Rickthofenia att. Lawrenciana delle Alpi, figurata dal protes- sor DIENER, si distingue dalla specie del pe KonINcK per le stesse ragioni, come ha ben notato lo stesso DieNER; essa è identica con la Richthofenia communis, almeno certamente per l’individuo rappresentato da Kossmar e DieNER nella tav. XV, fig. 12 dell’Op. cit.). Vicina alla specie in esame è pure la Rickthofenia sicula GemmM.; ma esse sono distinte da caratteri esterni ed interni. La R. sicula è larga, bassa e tozza; le sue strie di accrescimento sono più fortemente rugose; le spine esterne assai più abbondanti; l’area e il pseudodeltidio della valva ventrale più brevi, il pseudodeltidio è anche più largo e più gonfio; il guscio è più spesso e di struttura più spiccatamente cellulosa. È da notare inoltre che tutto l’apparecchio dorsale della . sicula è sempre assai più alto e sviluppato della valva ventrale, mentre avviene il contrario della È. communis. All’interno si osserva che la £. sicula ha un numero molto minore di setti trasversali nella valva ventrale, i quali sono spesso rari, e che le cavità miofore sono più corte, più gonfie sulla loro superfice esterna è separate da una piega più forte, più sporgente e più elevata, suddivise da setti assai più obliqui. Località: — Palazzo Adriano, nelle regioni S. Benedetto, Passo di Burgio e Rocca di Salomone, dove la specie è molto abbondante. Richthofenia sicula Gemm. Tav. II [II], fig. 6, 17-19, 22, 24-29; Tav. IMI [IN svfig. (1-4 6212) 14-10) 190020) 1894. Richthofenia sicula GrmmELLARO. Le Richihofenia provenienti dei calcari con Fusulbna della valle del fiume Sosio mella prov. di Palermo. Boll. d. Soc. di Sc. nat. ed ec. di' Palermo, n. 1 (25 aprile 1894), pag. 7. 1996. — -— _ GrmmeLLaro. Sopra due nuovi generi di brachiopodi provenienti dar calcari con Husu- lina della prov. di Palermo. Giorn. di Sc. nat. ed ec. di Palermo, XXI, 1896, pag. 114 (nota a piè di pagina). 1900. Richthofenia sp. ScaeLLwIeN. Die Fauna der Trogkofelschichten in den karmischen Alpen ecc. Abhandl. d. k. k. geol. Ri. A., XVI, pag. 28, fig. La, db. i) FrpcH F. in Zeitschr. f. Rassen und Gesellschaftshygiene, Bd. VI, 1909, p. 21, Abb. 6. [23] G. DI-STEFANO 23 Forma, caratteri esterni e struttura della conchiglia. Conchiglia di forma conica per lo più irregolare, specialmente negl’individui adulti, tozza, larga, bassa, spesso compressa sul diametro antero-posteriore, ottusa sull’apice, coperta di lamine di accrescimento molto forti, rilevate, rugose, irregolari, ondulose o sinuose, non di raro deviate dal loro andamento e anastomizzate. La superficie esterna di questa specie è assai irregolare e sparsa di bozze e di ammac- cature, prodotte dalla vita gregaria e dalla fissazione ad oggetti estranei; inoltre essa è ornata di un gran numero di piccole spine cave rivolte verso l’apice, spesso disposte in serie parallele orizzontali nel senso delle lamine di accrescimento, di cui seguono le ondulazioni. Tali spine sono formate dal ripiega- mente delle lamine verso giù; la loro cavità penetra anche nello strato medio. Il guscio è costituito dai tre strati caratteristici del genere, cioè dall'esterno, imperforato e molto ‘sottile; dal medio, assai più spesso, a struttura cellulare, e dall'interno, abbastanza spesso, quando non è spatizzato o in parte riassorbito, sempre perforato da pori a sezione poligonale, che sono lo sbocco di canalicoli perpendicolari o obliqui alla superfice dello strato. I pori al loro sbocco esterno sono spesso otturati da papille allungate. Pori e papille sullo strato interno sono per lo più disposti in brevi serie longi- tudinali, che s'incontrano con angoli assai stretti e si anastomizzano; si osservano inoltre frequenti buchi irregolari, prodotti dalla penetrazione delle spine interne dello strato medio. I rilievi che separano i pori o le papille formano delle strie e più frequentemente delle costole longitudinali, grossolane, non di raro biforcate, che vengono interrotte trasversalmente dalle impressioni delle più forti strie di accrescimento e di quando in quando da qualche solco più largo e profondo, che circonda la conchiglia e rappresenta la traccia dell’aulacoterma nei vari stadi di accrescimento (Tav. III [III], fig. 12, 15). Lo strato vescicoloso è più spesso che non sia nella icAkthofenia communis; sulla sua superficie interna si notano spine a forma di stoloni, papille e le impressioni delle costole dello strato interno (Tav. III | III], fig. 17). Caratteri della conchiglia interna. Caratteri interni ed esterni della valva ventrale. — La valva ventrale è larga e bassa; all’esterno porta le costole, i solchi e i buchi che abbiamo descritto qui sopra. Nella parte posteriore esterna si osservano l’area e il pseudodeltidio, che sono relativamente corti. Le due porzioni triangolari dell’area sono coperte di strie longitudinali fine ma bene impresse, che s’incrociano con strie trasversali di accrescimento; il pseudodeltidio è largo e gonfio, coperto di forti strie trasversali di accrescimento arcuate. I caratteri interni si osservano bene per mezzo di sezioni longitudinali. La valva ventrale mostra nella sua parte inferiore i setti trasversali, che, per la forma, il loro modo di suddivisione, i pori, le papille e le spine cave che portano, hanno i caratteri già indicati a proposito del genere (pag. 7) e della Rich- thofenia communis, se non che differiscono molto pel loro piccolo numero. Infatti comunemente oscillano tra 8 e 2; in rarissimi casi salgono fino a i4, che è il massimo; invece nella £. communis se ne presentano da 14 a 30. La ristrettezza del numero dei setti fa sì che, nonostante la poca altezza della valva ven- trale, lo spazio abitato dall’animale è piuttosto alto. Il fondo della cavità ventrale è concavo, subappianato oppure, come è più frequente il caso, ondulato per l’esistenza di una piega mediana forte, diretta nel senso antero-posteriore. I setti trasversali più vi- cini al fondo, seguendo l’ andamento della piega, formano nel mezzo una forte sella, spesso strangolata alla base. i Sulla parte posteriore dell’interno della valva ventrale si osservano le due cavità miofore conico-tubolari 24 G. DI-STEFANO [24] relativamente basse e piccole, a superficie esterna striata per lungo e molto convessa, suddivise da una forte ripiegatura delle loro pareti, che sporge molto sulla linea cardinale, orizzontalmente, e dentro la cavità coperta dal pseudodeltidio longitudinalmente, tanto che quasi ne tocca la parete. Le cavità miofore sono incastrate dentro due forti e spessi spigoli della valva ventrale, che le abbracciano interamente o quasi (Tav. II [II], fig. 22, 24, 28; Tav. IMI [III], fig. 11). Le sezioni longitudinali fanno osservare che tali cavità miofore sono all’ interno suddivise da molti fini setti trasversali, per lo più ondulosi e assai obliqui rispetto alla ripiegatura divisoria, anzi talvolta piegati a forma di una lettera V rovesciata; gli spigoli della valva sono pure a struttura cellulare. Alla parte superiore le cavità tubolari mostrano degli spazi senza setti, concavi, profondi poco meno della metà dell’altezza della valva ventrale, i quali costi- tuiscono le fossette direttamente destinate a ricevere le estremità inferiori dei muscoli adduttori. Le estre- mità dei diduttori dovevano attaccarsi sui lati della forte ripiegatura divisoria. Nelle sezioni cardinali e nelle fratture della regione apicale della valva ventrale si ottiene una figura (Tav. II [II], fig. 17, 20, 22, 29) delle cavità miofore, insieme al profilo dell’ area e del pseudo- deltidio, la quale differisce specificamente da quelle della £. communis, essendo le cavità miofore della R. sicula più piccole, a superficie esterna più arcuata, suddivise da una ripiegatura che giunge alla parete del pseudodeltidio o quasi e circondate del tutto dalle sporgenze della valva ventrale. Apparecchio dorsale L'apparecchio dorsale ha lo stesso modo di costituzione di quello della Richthofenia communis; però, pur essendovi il tessuto vescicoloso che chiude la conchiglia alla parte superiore, finora non abbiamo potuto osservare nella R. Sicula un calice ben determinato. Tutto l’apparecchio dorsale è qui anche se- parato dalla valva dorsale per mezzo del largo e profondo solco che abbiamo chiamato aulacoterma, il quale comincia ai lati della linguetta cardinale della valva dorsale e circuisce tutta la conchiglia, arcuandosi largamente verso la parte superiore. Esso è limitato da due margini, dei quali l’inferiore, ondulato o dentato per effetto delle costole longitudinali, appartiene alla valva ventrale, e il superiore alla dorsale. Questo è più forte, striato longitudinalmente e meglio fatto distinto da una depressione superiore, che forma come un collaretto. Le strie del margine superiore si riuniscono alla parte superiore in fascetti per formare, non precisamente delle lacinie ad estremità acuta, come nella Richthofenia communis, ma delle costole longitudinali grossolane, non di raro biforcate, che rendono dentato o ondulato l’orlo anteriore della conchiglia. Oltre i pori caratteristici dello strato interno, si scorgono sulla stessa parte anteriore dell’apparecchio dorsale frequenti buchi irregolari, che sono prodotti dalla penetrazione delle spine interne dello strato medio. 1. Valva dorsale — La valva dorsale è, nella parte superiore, più o meno convessa e talvolta subap- pianata sul diametro antero-posteriore. La sua forma è più o meno ellittica, ora nel senso antero-poste- riore, ora in quello trasversale, talvolta subarrotondita. Questa valva è costituita da lamelle dello strato medio, alla parte superiore, e da altre di quello interno all’inferiore. La superficie esterna è nella massima parte degl’ individui giovani-o di medio accrescimento ornata di costicine radiali, basse, larghe, arrotondite sopra e per lo più biforcate o triforcate, che giungono fino agli orli della valva; però tali costicine col progredire dell’ età diventano sempre più obsolete, fino a scancellarsi. Sulla stessa super- ficie, sopra e tra le costicine, si osservano sempre delle serie radiali di papille allungate, in numero molto variabile, più forti verso gli orli. La valva dorsale ha gli altri caratteri del genere già indicati, cioè la protuberanza cardinale linguiforme - [25] G. DI-SIEFANO 2! posteriore, che si sopramette sulle fossette miofore della valva ventrale e sul pseudodeltidio, e si raccorda per mezzo di due curve con la parte anteriore. La protuberanza linguiforme ha l'orlo cardinale legger- mente striato e diritto, ma è diviso in due porzioni dalla sporgenza arcuata del processo cardinale. Quando la superficie della valva è esfoliata, al di sotto delle papille appaiono i pori allungati. La valva in esame è più o meno obliqua, talora molto, tal’ altra pochissimo rispetto all'asse della conchiglia, ma è sempre distinta dalla falsa valva. L'orlo anteriore della valva dorsale è finamente dentato. All’interno della valva dorsale troviamo la ripetizione dei soliti caratteri generici; essi differi- scono ben poco nella forma da quelli della Aic/hthofenia communis. La piccola area esterna, trian- golare, corta, stretta e longitudinalmente striata dalle strie di accrescimento, divisa in due porzioni dall’orlo arcuato della protuberanza cardinale, è meglio osservabile quando la valva si guarda dal lato interno, per causa della sua poca sporgenza dalla linea cardinale. La superficie interna, che è un po’ concava, è ornata di un numero variabile di file di papille allungate, raramente arrotondite; su di essa, quando gli esemplari sono giovani, si riproducono leggermente le larghe e basse costole esterne. Il processo cardinale, che ha all’interno l’orlo arcuato e ben rilevato, mostra le due solite apofisi lamelli- formi, parallele; le due impressioni dei muscoli adduttori sono fortemente dendritiche, separate da un solco e circondate da leggeri rilievi. Di questi rilievi arcuati intorno le impressioni muscolari se ne osservano due subparalleli nella parte interna, cioè presso il solco divisorio, mentre nella ichthofenia communis ve ne è uno. Il setto mediano della metà anteriore è netto e ben visibile; esso non giunge all’orlo della valva. Quando la conchiglia è esfoliata dal lato interno, il setto mediano si fonde con i rilievi che fian- cheggiano il solco divisorio tra le due impressioni dei muscoli adduttori, e sembra allora biforcato nella sua parte posteriore. Anche in questa specie nell’ interno della valva dorsale si osservano quei rilievi stretti e arrotonditi che seguono gli orli nella sua metà. posteriore e, oltrepassatala, si arcuano verso l'interno (Tav. II [II], fig. 18; Tav. IMI [III], fig. 6, 7) e tendono a divenire spirali. Essi cominciano appena sopra le impressioni muscolari e sono ora corti, ora più lunghi; talvolta si manifestano in due o tre ordini subparalleli e in non pochi casi non si osservano. Abbiamo avanti detto che questi rilievi rappre- sentano probabilmente le creste delle impressioni reniformi. La valva dorsale in pochi casi chiude bene quella ventrale nella parte anteriore; in quella posteriore le due curve per le quali la protuberanza linguiforme passa al contorno anteriore della valva lasciano aperte due fossette, che sono chiuse in parte dalle due spesse sporgenze della valva ventrale, dentro alle quali s’ incastrano le due cavità miofore tubolari, e in parte dalle due punte laterali della linguetta posteriore della falsa valva. Nella parte anteriore, quando il contorno della valva dorsale si sovrappone su quello della ventrale, la chiusura avviene per mezzo dell'ingranaggio dei dentini anteriori della «falsa valva con quelli ottusi prodotti sul contorno della valva ventrale delle strie o costole longitudinali esterne della conchiglia interna (Tav. II [II], fig. 24, 27). Però il caso più comune è che tra il contorno anteriore della valva dorsale e quello della ventrale resta una soluzione di continuità stretta o larga : in questi casi i dentini della parte anteriore della dorsale si allungano come setti fino a raggiugere l’aulacoterma. Questi setti filiformi danno origine (Tav. II [II], fig. 19) a un tessuto vescicoloso che esternamente, per alterazione, appare formato di maglie poligonali, il quale riempie lo spazio tra l’aulacoterma e la valva dorsale e sale obliquamente a fondersi con le dentature della falsa valva, per chiudere tutta la parte superiore della conchiglia. 2. Falsa valva — La falsa valva della Richfhofenia sicula è variabile di forma, poichè è ellittica, nel senso del diametro trasversale, oppure compressa lateralmente, più alta che larga e spesso ristretta e altissima. Nelle piccole forme, che sogliono essere piuttosto regolarmente coniche e che hanno la super- Palaeontographia italica. vol, ‘xXX, 1914. 4 26 @. DI-STEPANO [26] ficie esterna della valva dorsale costata, la falsa valva somiglia molto nella forma a quella dorsale. Im generale essa è coperta di fini pori a sezione poligonale e di poche costole longitudinali grossolane È basse, non di rado biforcate o triforcate, sicchè l’° orlo superiore risulta ottusamente dentato, senza che vi siano quelle lacinie con estremità appuntita che si notano sulla falsa valva della Richthofenia COMMUNIS, I pori sono disposti in serie lineari brevi e discontinue, che s'incontrano e si anastomizzano con angoli assai piccoli. Tra di essi, oltre a molte papille che ne turano lo sbocco, si notano frequenti buchi irre- golari, specialmente alla parte superiore, che sono prodotti dalla penetrazione delle spine interne dello strato medio. La falsa valva è anche qui fornita della protuberanza linguiforme posteriore, che con orlo diritto, striato e interrotto da una piccola curva che riproduce quella del processo cardinale, si sopra- mette alla protuberanza linguiforme cardinale della valva dorsale. I rigonfiamenti laterali esterni che diffe- renziano e separano la falsa valva dalla parte anteriore dell'apparecchio dorsale, diventano molto ottusi e quasi obsoleti con il restringersi e innalzarsi di essa, secondo il progresso dell’età. Lo spessore della falsa valva è variabile molto, specialmente per effetto della spatizzazione o per riassorbimento; quando è ben conservata fa osservare nelle sezioni che i pori sono lo sbocco di molti cana- licoli perpendicolari o obliqui alla superficie (Tav. III [III], fig. 9, 10). Negl’individui di medie e grandi dimensioni la falsa valva è fortemente depressa o concava sulla linea mediana, nel senso trasversale. Da tale depressione in su l’orlo della conchiglia si espande e si rivolta anche verso il basso; ma con l’a- vanzar dell’età si ripiega e si accartoccia, finendo spesso col chiudere in tutto o in parte la conchiglia. 3.Tessuto vescicoloso della base del calice. — Sugli esemplari della Richthofenia sicula Gemm. di Palazzo Adriano non abbiamo finora trovato un calice ben determinato con margine o con parete, come avviene nella Aichihofenia communis GemM.; ma invece abbiamo osservato talvolta il tessuto vescicoloso della sua base, quando però gl’individui sono completi e non spatizzati. Questo tessuto, che per alterazione appare reticolato, cioè costituito di maglie poligonali, s’interpone tra l’aulacoterma e la parte anteriore della valva dorsale e di là sale a rilegarsi da un lato con i denti dell’orlo superiore della falsa valva e dell’altro con quelli che le costole longitudinali formano sulla parte posteriore dell’orlo anteriore del- l'apparecchio dorsale; si vede così dall’esterno una superficie reticolata, un po’ convessa o appianata, che chiude obliquamente la parte superiore della conchiglia (Tav. III [IX], fig. 11). Il tessuto vescicoloso, ester- namente reticolato, è così intimamente legato alla pseudovalva, alla valva dorsale e alla parte anteriore del guscio da fare escludere anche per questa specie l’ipotesi che potrebbe attribuirlo a un organismo parassita della Rickthofenia. Son riuscito a staccare dalla conchiglia la falsa valva, la valva dorsale e il tessuto che le rilega, ottenendo così un corpo (Tav. II [II], fig. 27), che, se non si fosse sicuri della sua appartenenza al genere RichtRofenia, sembrerebbe un briozoare o un corallario. Come si vede dalle figure qui pubblicate, spesso nella Rickthoferia sicula non si osserva il descritto tessuto; questa mancanza pare dovuta al cattivo stato di conservazione e alla spatizzazione. Rapporti e differenze. I rapporti della Richthofenia sicula si trovano, naturalmente, nelle poche specie fino ad ora note, cioè nella £. communis Gemw., nella R. Lawrenciana DE Kon. sp. e nella R. sinensis Waac. (= R. Lawrenciana KAYS. non pe Kon.) Abbiamo indicato avanti per quali caratteri si distingue dalla prima; per quanto riguarda la seconda, cioè la R. Lawrenciana pe Kon. sp., la R. sicula se ne separa per la sua forma bassa, tozza e slargata; per le forti rugosità della sua superficie e per l’abbondanza di spine cave esterne; per la re- 127] G, DI-STEFANO 27 lativa bassezza della valva ventrale e pel piccolo numero di setti trasversali che questa ha all’interno. Ignoriamo quali siano i rapporti e le differenze dell’apparecchio dorsale, che finora è sconosciuto nella specie del pe Konincx. Fra gli individui della /. Larwenciana figurati dal VAAGEN ve ne sono alcuni (Palaeont. indica, 1885, tav. LXXXIII, fiz. 34 e 15) i quali, per la forma conica e slargata, somigliano molto alla I. sicula, però non possiamo giudicare se appartengono a questa, anzichè al tipo del pe KonIncKk, perchè non sappiamo se la loro valva ventrale è all’interno così povera di setti trasversali. La È. sinensis Wan. è, rispetto alla &. sicula, più obesa, più tozza e più regolarmente conica; ha la linea cardinale assai corta, secondo il WaaGEN; il processo cardinale invece più sviluppato; 1’ area più stretta e lo strato mediano della conchiglia molto meno fortemente sviluppato; però nemmeno per i rap- porti e le differenze con la . sinensis può emettersi un giudizio sicuro, perchè ignoriamo quali siano i caratteri di tutto l’apparecchio opercolare di questa. Del resto è da rilevare che le differenze della K. sinensis WaAG. rispetto alla R. Lawrenciana pe Kon. sono dal FrEcH (in RicartorEN China, V, 1911, pag. 135) attribuite solo a stadî di età di una stessa specie. Località: — Palazzo Adriano, nelle regioni S. Benedetto, Passo di Burgio e Rocca di Salomone, dove la specie si presenta con molta abbondanza. Finito di stampare il 10 luglio 1914, E \ QTA TAB EE WioiaNini a) DEGNE NE tO OVITGI Niott ie ti lost RIE OS AIR TITTIT) TU) GGISTAItA, E IRLRAIRAER TA N ILA RICCI AE) GI IrÌ, (n 1105: PEGNARE o Hit ITA UMONTTO SSA ento fuso PA en rio pie sab, sei LT 4 DNA TATRTIT RISEUTT VIDEO rTOnI DE OLA ila NALE IRARgE pa i 1e:4a ride Lao MARE TERE Driade ILA a I ioni EE MOI no PE 10 TSI ISVEARITT MESSI] “arto RAMO aGe petite a Bri iti te) i nai anal pr; INIT IIGINO DICI An i tr; Ù 4 IBRA St AMA ITOI) lasts oli niligts dida git DÒ iubotieoh ataro ala DELPIERSITA MISA petra ANI A EA to eee DR E OA A Re 3 ora alan dessare Aido HE eee DN AAMAIO Mt 6 tao IROERIE og a MOSTRA Ai i MAE MR aftia REI LATTSSO ATTO TTI VARZI ORE AT ì MEA RIDE ST AITTOVTIII(AITNAIATITA TALL EI LIATRAERIO4 1 Sii Va À SAU e SSR 4 V î pitone gtd risale pl put deg u Tare dé soci Sa it pirati “ia meli cda OTO Ito eg a "AR PEA È MR NP: A 5 i pata Ri. aa Mia di LL ARAN IA Satan Dem ig At oi ENT CIURIONA Jaca ini Vel de Maartige girò PAN Re be RE i rift (ea, Mea sir Ù Syidto: ‘ NTIRIERA al? 1° ile E at SriE Tak V'igei Pera Siae i Forte ia "06 Regpe > TITT pr. 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Dei numerosi esemplari (circa quattrocento), consistenti principalmente in Pesci, Rettili, Anfibi e Cro- Stacei, parecchi furono raccolti ed esaminati da Oronzio GaBRrIELE Costa; altri sono stati acquistati in quest’ultimo ventennio in seguito ai nuovi scavi eseguiti nella regione; altri, raccolti da me nelle escur- sioni recentemente fatte sul posto. Il calcare ittiolitifero, per lungo tempo ritenuto giurassico, fu successivamente, in base all’esame dei lavori del Costa fatto dal Bassani, riferito al Neocomiano; più tardi, per le osservazioni stratigrafiche com- piute dal CassettI, venne ascritto ail’Urgoniano o a uno degli altri piani successivi del Cretaceo. L’in- certezza fino ad oggi rimasta sul preciso riferimento cronologico, dovuta alla incompleta ed inesatta cono- scenza dei fossili del giacimento, ne richiedeva uno studio particolareggiato, il quale all’utilità della de- serizione di forme nuove o poco note e alla importanza di un esame critico delle specie mal definite aggiungesse l’interesse della precisa determinazione dell’età geologica. Quest’interesse appare tanto più notevole se si considera l’attuale necessità di avere, in quella formazione tanto importante per potenza e sviluppo qual’è il Cretaceo nell’Appennino, dei buoni punti di riferimento che ne permettano una sud- divisione più sicura e più facile di quella fino ad oggi consentita dai caratteri di una certa uniformità litologica e di una relativa povertà paleontologica con cui si presenta nell’Italia meridionale. 1) In questo volume XX sono pubblicate le Tav, IV-X [I-VII] e le fig. 1-17 intere.; nel successivo vol. XXI (1915) saranno contenute le Tav. I-VI [VIII-XIII)] e le fig. 18-36 intere., col resto del testo, Palaeontographia italica, vol. XX, 1914, 30 G. D’ERASMO [2] Nel render noti i risultati delle mie ricerche, di parte delle quali diedi già un cenno sommario in una brevissima nota preliminare !, sento il dovere di manifestare la più viva gratitudine al mio Mae- stro, prof. Francesco Bassani, per la cortese liberalità con la quale mise a mia disposizione il prezioso mate- riale scientifico appartenente al Museo geologico di Napoli e per la benefica influenza che ha esercitato sui miei studi, incoraggiandoli in tutti i modi ed eliminandone le difficoltà, e ai prof. E. MARIANI e M. Cana- VARI, che si piacquero inviarmi in esame gli esemplari rispettivamente conservati nel Museo civico di Storia naturale di Milano e in quello geologico di Pisa. Ringrazio pure i prof. C. F. ParoNA, A. GALDIERI e F. Brotni e il dott. A. S. Woopwarp per i gentili consigli e gli autorevoli pareri con i quali facilitarono il mio lavoro. Napoli, Istituto geologico dell’Università, Marzo 1913. Cenno storico. fl primo autore che, per quanto io sappia, ha citato i fossili di Pietraroia è ScIpIonE BREISLAK, il quale nella Topografia fisica della Campania (pag. 18, 19. Firenze, 1798) espose il risultato delle sue osservazioni con le parole seguenti: “ Sopra Cerreto sorge l’ alta montagna di Pietra Roja chegè una delle cornate del Matese, molto interessante per i prodotti che presenta. Questa montagna in alcune parti è composta ili pietra calcarea scissile con impressioni di pesci. La durezza però dello schisto, e la moltiplicità delle venature spatose che s’intersecano in molte direzioni, fan sì, che con difficoltà se ne possano avere de’ belli esemplari, nè sono giammai di quella precisione e bellezza che si osserva ne? pesci fossili del Bolca. Nella parte un poco più elevata della montagna si trovano de’ massi di pietra calcarea bianca, di grana grossolana, ma compatta e capace di polimento in cui sono racchiuse moltissime conchiglie del genere de’ Pettini. ,, 2). Molti anni più tardi, Nrcora CoveLLI, rilevando la corrispondenza della roccia ad ittioliti con quella della Terra di Lavoro ®) che il TonpI aveva ascritto alla quarta “ formazione di calcio carbonato compatto (Jura Kalkstein),, la disse giurassica 4). Successivamente il PiLLa ?) precisò con particolari più ampi le località in cui sì rinvengono i pesci fossili di Pietraroia e distinse il calcare che li contiene da quello che costituisce l’ossatura del monte per la stratificazione più regolare, la direzione orizzontale e per gli straterelli di marna intercalati fra uno strato e l’altro ,; citò « uno Sparus, un Pleuronectes, forse un Zeus, avanzi indeterminabili con squame bruno-rossicce e micacee, ed altri pesciolini piccolissimi , ©; e riferì “ la montagna ad ittioliti di Pietraroia alla formazione calcarea del Giura ,, considerandola “ analoga sotto il riguardo de’ suoi i) G. D’ Erasmo. Zisultati ottenuti dallo studio di alcuni Actinopterigi del calcare cretacico di Pietraroia, in pro- vincia di Benevento. Atti Soc. It. per il progr. d. Se., IV Riunione, pag. 797-800. Roma, 1911. 2) V. anche S. BREISLAK. Voyages physiques et lythologiques dans la Campanie, t. I, pag. 20, 21. Paris, 1801. 3) M. Tonpr. Elementi di Oreognosia, pag. 334. Napoli, 1824. 4 N. CoveLLI. Memoria per servire di materiale alla costituzione geognostica della Campania (1827). Atti R. Rio d. Sc. [Sezione della Società Reale Borbonica], vol. IV (1839), pag. 43 e 66. ) L. Pila. Osservazioni geognostiche sulla parte settentrionale e meridionale della Campania. Annali Civili del 0 delle Due Sicilie, vol. I, pag. 118 e 147. Napoli, 1833; — Ip. Atti della prima riunione degli scienziati ita- liani tenuta in Pisa nell’Ottobre del 1839, pag. 86. Pisa, 1840; — Ip. Trattato di Geologia, parte II, pag. 414. Pisa, 1847-51. & Oltre a questi avanzi sono indicati pure alcuni Pecfen' e un’ OSITRI latissima, che evidentemente però non appartengono agli strati ittiolitiferi. |3] G. D’'ERASMO 31 fossili agli scisti di Pappenheim ,. Questo stesso riferimento cronologico si trova riportato in L. AGassIz ” (il quale non potè tuttavia esaminarne alcun fossile), ed appare pure nella Carta geologica del Regno di Napoli pubblicata nel 1842 dal pe TcnInATCAEFF 2; giova per altro notare che già questo autore era im- barazzato a decidere se tutte le masse calcaree del versante tirreno dell’ Appennino, considerate fino allora come giurassiche, appartengano al medesimo gruppo, o se una parte di esse non spetti invece al Cretaceo inferiore. Intanto nel 1838, per incarico avuto dalla R. Accademia delle Scienze di Napoli, compì un viaggio geologico nel Matese ArcanceLo ScaccHI, il quale, esponendo in una lettera 5 al cav. Monticelli, segre- tario perpetuo di detta Accademia, le cose principali osservate nelle sue escursioni, accennò pure alla “ calcare stratosa che fornisce gli ittioliti di Pietraroia ,, in cui egli peraltro non ebbe “ la fortuna di trovare buoni esemplari ,. Lo ScaccHI non si occupò di proposito, nè in quella nè in altre pubblica- zioni successive, dell’età del predetto giacimento; tuttavia dalle sue impressioni comunicate in lettera a Oronzio GaBrIiELE Costa 4 si rileva ch’ egli aveva già distinto in quel monte due formazioni diverse, appartenenti, secondo lui, al Giurassico e al Cretacico, e poteva affermare che il calcare ittiolitico “ offre i caratteri mineralogici della formazione cretacea avendo frequenti rognoni ed anche sottili strati di piromaco ,. Dopo un periodo di tempo piuttosto notevole, in cui la mancanza di studi stratigrafici e di accurate ricerche paleontologiche tenne lungamente incerti gli scienziati sulla età di questi calcari (incertezza che si estendeva a buona parte delle montagne calcaree dell'Appennino meridionale), vennero i lavori di Oronzio GaBrIELE Costa °. Si deve a questo naturalista il merito di aver fatto praticare ripetuti scavi nel giacimento a pesci e di aver raccolto con lunghe e pazienti cure l’abbondante materiale da studio che forma oggi una delle più belle collezioni del Museo geologico di Napoli; tuttavia le sue ricerche, per 1) L. AGassiz. Recherches sur les poissons fossiles (1833-43), tomo I, pag. 59. 2) P. pg Tecninarcnpre. Coup d'oeil sur la constitution géol. des provinces mérid. du Royaume de Naples, pag. 35 e seg. Berlin, 1842. 3) A, Scaccni. Viaggio al Matese. Giornale « Il Lucifero », anno I, n. 33. Napoli, 19 Settembre 1838. {4 O. G. Costa. Studj sopra i terreni ad ittioliti delle provincie napolitane ecc., parte II. Calcarea stratosa di Pietraroia. Atti R. Acc. Sc. fis. e mat., vol. II, pag. 5. Napoli, 1865. 5) Le opere di 0. G. Costa che contengono, fra l’altro, descrizioni o notizie sui fossili di Pietraroia sono le seguenti : Estratto dalla Paleontologia del Regno di Napoli. Atti della settima adunanza degli scienziati italiani, parte I. Napoli, 1846; x Scopo e risultamenti di una gita a Pietraroia. Filiatre - Sebezio, anno XXI. Napoli, 1851; Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleontologia mel corso dell’anno. Loc. cit. Napoli, 1851; Addizioni ai cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleontologia per Vanno 1851. Loc. cit., 1852; Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleontologia durante V’ anno 1852. Loc. cit., 1853; Paleontologia del Regno di Napoli, parte I, presentata il 24 Settembre 1848. Con 15 tavole. Atti Ace. Pont., vol. V. Napoli, 1853; Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleontologia nel corso dell’anno 1853. Rend. Acc, Pont., anno II. Napoli, 1854; É Cenni intorno alle scoperte paleontologiche fatte nel Regno durante gli anni 1854 e 55. Loc. cit., anno IV. Napoli, 1856; ° Paleontologia del Regno di Napoli, parte II, presentata il 25 Agosto 1850. Con 28 tavole. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I. Napoli, 1856; Cenni intorno alle scoperte paleontologiche fatte nel Regno di Napoli nel 1856. «Giambattista Vico», vol. I. Napoli, 1857; 32 G. D’ERASMO [4] quanto numerose e riflettenti un periodo di circa venti anni, se ebbero una certa importanza dal lato paleontologico, non fornirono mai, perchè prive di buoni studi comparativi, alcun risultato cronologico. Rilevando infatti che i fossili di Pietraroia presentano le maggiori analogie con quelli del calcare lito- erafico di Cerin, in Francia, egli tendeva a ritenerli giurassici, ma la presenza dei calcari sottostanti ch’ erano voluti cretacei lo lasciava in una grande incertezza !. Come semplice notizia storica credo opportuno citare qui la memoria che nel 1864 diede alle stampe il dott. G. Voree sulla origine del Matese: il lavoro, scritto con l’intento di dimostrare la presunta ori- gine vulcanica di questo gruppo montuoso, considera i pesci fossili di Pietraroia come appartenenti per la maggior parte a specie viventi, attribuisce le rocce a formazioni assai recenti. e. non ha alcuna im- portanza, nè fondamento scientifico ?). > Otto anni più tardi Garrano Tenore ? pubblicò un “ Saggio sull'industria mineraria e sulla costitu- zione geologica di Terra di Lavoro , accompagnandolo con una carta geologica, nella quale i calcari a ittioliti, al pari di quasi tutta la regione del Matese, sono ancora indicati come giurassici. Per un altro decennio la geologia del Beneventano non fece ulteriori progressi, fino a quando cioè il BASSANI, occupandosi dello studio comparativo delle principali ittiofaune cretaciche dell’ Europa e dell’ Asia minore, potè stabilire, in base all'esame dei lavori del Cosra, una larga sinonimia per le specie di pesci di Pietraroia che questo naturalista aveva in gran maggioranza distinte come nuove. I suoi risultati paleontologici dimostrarono che alcune fra le specie di detto giacimento “ sono rappresentate anche a Lesina e a Comen ,,, che parecchie “ richiamano nettamente altre specie di Lesina, di Comen, di Halkel e di Sahel Alma , e che per conseguenza l’ittiofauna di Pietraroia doveva considerarsi cretacea e oc- cupare la base del Neocomiano 4. Successivamente il medesimo autore, affermando la contemporaneità Su di un nuovo genere di pesce fossile. Mem. R. Ace. d. Sc., vol. II. Napoli, 1857; Cenni intorno alle scoperte paleontologiche fatte nel Regno durante gli anni 1857 e 1858. Rend. Acc. Pont., anno VI. Napoli, 1858; Ittiologia fossile italiana. Napoli, 1853-60; Paleontologia del Regno di Napoli, parte III, presentata il 28 Agosto 1853. Con 16 tavole. Atti Acc. Pont., vol. VIII. Napoli, 1864; Paleontologia delle provincie napolitane, Appendice I. Con 10 tavole. Loc. cit., Appendice. Napoli, 1864; Notizie intorno agli scavi recentemente eseguiti nella roccia ad ittioliti in Pietraroia. Rend. R. Acc. Sc. fis. e mat. Napoli, 1864: Memorie da servire alla formazione della carta geologica delle provincie napolitane. Atti R. Istit. d’Incoraggia- mento. Napoli, 1864; Studj sopra i terreni ad ittioliti delle provincie napolitane diretti a stabilire V’età geologica de' medesimi, parte IL, Calcarea stratosa di Pietraroia. Atti R. Acc. Sc. fis. e mat., vol. IT. Napoli, 1865; Studj sopra i terreni ad ittioliti delle provincie meridionali d’ Italia, parte III, Castellammare. Loc. cit. Napoli, 1866; 6 Nuove osservazioni e scoverte intorno ai fossili della calcarea ad ittioliti dì Pietraroia. Loc. cit. Napoli, 1866, i) 0. G. Costa. Studj sopra è terreni ad ittioliti ece., p. II, Calcarea stratosa di Pietraroîa. Loc. cit., pag. 13. 2) G. VoLpe. Sulla origine del Matese. Mem. letta alla R. Soc. economica di Campobasso il 5 Giugno 1864, pag. 17-21. Campobasso, 1864. 3) G. TENORE. Saggio sull'industria mineraria e sulla costituz. geol. di Terra di Lavoro, pag. 5 e 30. L’arte e la scienza d. Ing. Architetto, anno II, n. 1. Napoli, 1872. 4) F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina, accompagnata da appunti su alcune altre ittiofaune cretacee, Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. Cl., Band XLV, pag. 228-246, 279, 230. Wien, 1882; — Ip. Risultati ottenuti dallo studio delle principali ittiofaune cretacee, pag. 8. Rend. R. Ist. Lombardo, s. 2%, vol. XVIII. Milano, 1885. [5] G. D'ERASMO 33 di questo deposito con quello di Capo d’ Orlando presso Castellammare, riconosceva la necessità dello studio completo della ittiofauna, in base agli originali, prima di poter dare un sicuro riferimento crono- logico !). Si giunse così alle osservazioni del Cassetti, 2 in seguito alle quali i calcari a ittioliti di Pietraroia riposerebbero in concordanza sopra strati contenenti esemplari di Zoucasia giudicati dal prof. Di Srerano © identici con la Zoucasia carinata MATE. sp. Siccome peraltro essi sono direttamente ricoperti dal Terziario inferiore, potrebbero rappresentare o “ una parte elevata del piano Urgoniano od uno degli altri piani successivi del Cretaceo ,,. Un nuovo contributo cronologico fu portato dagli studi del De Lorenzo nell’ Appennino meridionale 4). Conformemente a quanto aveva proposto lo Svacre 9 per il Cretaceo dell’ Istria e della Dalmazia, egli distinse in due gruppi le potenti masse stratificate che lo compongono: 1.° Calcari seneralmente scuri, raramente chiari o dolomitici, con toucasie, sferuliti e monopleure, contenenti delle intercalazioni di marne a orbitoline e le ittiofaune di Castellammare e di Pietraroia; 2.0 Calcari generalmente chiari brecciati o marmorei, raramente scuri, ricchissimi di nerinee, acteonelle e rudiste. I primi comprendereb- bero tutti i terreni che dalla base dell’ Urgoniano vanno fingo alla parte più alta del Cenomaniano; gli altri rappresenterebbero i livelli ippuritici del Turoniano e del Senoniano %. Delineata in tal modo la serie cretacea dell’ Italia meridionale, apparve evidente la necessità di nuove scoperte e nuovi studî sistematici per poter definire con precisione i limiti e le faczes dei vari piani e distinguervi le diverse zone. A questo intento concorsero efficacemente le ricerche paleontologiche di questi ultimi anni, che fecero notevolmente progredire lo studio dei nostri calcari con rudiste e chamacee. Le osservazioni del prof. Di Srerano ? dimostrarono infatti che 1’ orizzonte con Toucasie, ritenuto per lungo tempo urgoniano per la sua posizione e per la sua facies, si presenta nell’ Appennino in vari piani del Cretacico, e che una piccola specie, diversa dalla Zoucasia carinata (MATH.) e dalle altre specie del- l’Infracretacico, si ritrova, sempre alla base dei calcari con rudiste e cliamacee, in Calabria, nella Cam- pania, in Terra di Lavoro, nel Molise, nelle provincie di Roma e di Palermo, associata con fossili dei i) F. Bassani. Marmi e calcare litografico di Pietraroia, pag. 2. Rend. R. Istit. d’Incoraggiamento. Napoli, 1892. 2) M. CassertI. Appunti geologici sul Matese. Boll. R. Comit. geol. d’Italia, anno XXIV, pag. 329. Roma, 1893: — Ip. Relazione sui lavori eseguiti nella valle del Volturno nell’ anno 1898. Boll. cit., anno XXV, pag. 258. Roma, 1894. — V. anche CassertI. Osservazioni geologiche sul Monte Massico presso Sessa Aurunca in prov. di Caserta. Boll. cit. 1594, pag. 160; — Ip. Osservazioni geologiche eseguite l’anno 1894 in alcune parti dell’ Appennino meridionale. Boll. cit. 18959, pag. 329. 3) G. Di StprANO. Sulla presenza dell’ Urgoniano in Puglia. Boll. Soc. geol., vol. XI, pag. 680. Roma, 1892. i) G. Dn Lorenzo. Le montagne mesozoiche di Lagonegro, pag. T0. Atti R. Acc. Se. fis. e mat. di Napoli, serie 28, vol. VI, 1894; Osservazioni geologiche nell’ Appennino della Basilicata merid., pag. 17. Loe. cit. vol. VII, 1895; Studi di geologia nell’ Appennino meridionale, pag. 55. Loc. cit., vol. VIII, 1896; Geologia e geografia fisica dell’ Italia meridionale, pag. 83, 84. Bari, 1904. 9) G. SracHe. Die liburnische Stufe und deren Grenz- Horizonte. Abhandl. a. k. k. geol. Reichsanst., Band XIII. Wien, 1889. 9) Generalmente non esiste peraltro tra i due tipi un limite netto, perchè a volte i calcari di un gruppo passano all’altro senza alcuna discontinuità litologica (G. De Lorenzo. Osserv. geol. nell’ App. della Basil. merid. Loc. cit., pag. 17). ? G. Di SrerANO. Osservazioni geologiche nella Calabria settentrionale e nel circondario di Rossano. R. Uff. geol., Mem, descr. d. carta geol. d’ It., append. al vol. IX, pag. 73 e seg. Roma, 1904. 9% G. D'ERASMO [6] calcari cenomaniani di Termini-Imerese ® e di quelli di Colle Pagliare (Abruzzi). I calcari inferiori a Requienie dell’Italia meridionale spetterebbero per tal modo non più all’ Infracretacico, ma al Cenomaniano in senso lato, e sopporterebbero i rimanenti banchi ippuritici del Turoniano e del Senoniano. L’asserzione del Dr SteFANoO trovò una notevole conferma negli studi compiuti recentemente 3) dal prof. O. F. Parona, con la collaborazione dei dott. CremA e PREVER, sulla fauna cenomaniana dei Monti d’ Ocre, nell’ Abruzzo aquilano # ; e le sue conclusioni furono ulteriormente applicate anche al deposito dei dintorni di Castellammare, la cui età cenomamiana venne l’ anno scorso stabilita, in base all’ esame di quella ittiofauna, dal Bassani e dall’ autore di questa memoria ?). Quanto all’ età dei calcari di Pietraroia, rimasta controversa per la inesatta e incompleta conoscenza dei fossili di quella località 9, le osservazioni stratigrafiche e paleontologiche che seguono dimostrano i risultati ottenuti dal mio studio. Osservazioni stratigrafiche. Il monte di Pietraroia, situato all’estremo settentrionale della Provincia di Benevento, è una delle ultime pendici di quel gruppo montuoso, compreso tra Boiano a Nord, Piedimonte d’ Alife a Sud, la valle del Tammaro a .Est e quella del Lete a Ovest, che è conosciuto col nome di Matese. Benchè notevolmente meno sviluppato delle massicce moli calcaree che costituiscono l’impaleatura circostante, appare subito distinto agli occhi dell'osservatore per le profonde valli di erosione che circondandolo tutto all’intorno lo indivi- dualizzano nettamente. ; La sua massa risulta in buona parte costituita da una pila uniforme di strati calcarei che si spingono fino a non grande distanza dalla cima: sono calcari chiari, compatti, a grana piuttosto fina e a frattura irregolare, che per l’ aspetto litologico presentano sensibili analogie con quelli più alti, di cui mi occu- però tra breve; non ho potuto rinvenirvi dei fossili. Sopra ad essi si adagia un altro calcare, facil- mente distinguibile perchè di colore cenerognolo che va gradatamente fino al giallastro, tenace, molto compatto, a frattura concoide, a grana finissima, con liste e noduli di selce. È la roccia su cui sorge gran parte dell’ abitato di Pietraroia e con la quale sono costruite molte delle sue case. Ultre che in parecchie vie del paese, essa affiora a poche diecine di metri di distanza dalle ultime abitazioni, nella 1) G. p1 STEFANO. Studi strat. e pal. sul sîstema cret. della Sicilia. — I. Gli strati con Caprotina di Termini Imerese. Atti R. Ace. di Se. ece. di Palermo, vol. X, 1888; — II. / calcari con Polyconites di Termini Imerese. Palaeont. Italica, vol. IV. Pisa, 1898. 2) C. F. Parona. Osservazioni sulla fauna e sull’ età del calcare di scogliera presso Colle Pagliare mell’ Abruzzo: aquilano. Atti R. Ace. d. Se. di Torino, vol. XXXIV, 1599. 3) C. F. PaRrONA. Con la collaborazione di C. Crema e P. L. PREVER. La fauna coralligena del Cretaceo dei Monti d’ Ocre nell’ Abruzzo aquilano. Mem. d. R. Comit. geol. d’ Italia, vol. V. Roma, 1909. 4) Giova qui notare che i principali risultati di questo studio erano già stati pubblicati dal prof. PARONA nel 1899 nella citata Nota preliminare sul calcare a scogliera di Colle Pagliare. 5) F. Bassani e G. D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando presso Castellammare (Na- poli). Mem. Soc. It. d. Scienze (detta dei XL), serie 3.3, tomo XVII, pag. 185-243. Roma, 1912. 5 Il PARONA, fondandosi principalmente sulle osservazioni del CassErTI, riferì gli strati a ittioliti all’Aptiano- Albiano (Sopra alcune Rudiste senoniane dell’ Appennino meridionale. Mem. R. Acc. d. Sc. di Torino, serie II, vol. L, 1900, pag. 4, nota 1. — Trattato di geologia, pag. 526 e 555. Milano, 1903); il BonARELLI li ascrisse al Turoniano inferiore (Escursioni della Società geologica italiana nei dintorni di Ascoli Piceno. Boll. Soc. geol. it., vol. XVIII, 1899, pag. LXIII), e qualche altro autore li citò come eocenici. [7] G. D’'ERASMO 35 località detta “ le Cavère ,. Quivi furono rinvenuti i pesci e gli altri fossili descritti in questa memoria. Per la sua struttura compatta e per la grana fina, il calcare a ittioliti potrebbe impiegarsi come pietra litografica, come fece già notare il Bassani nel 1892 !, e fu un tempo adoperato anche a scopo edilizio; senonchè la facilità con la quale si rompe in piccoli pezzi e la presenza nei dintorni di altra roccia più adatta per costruzioni hanno oggi reso le antiche cave completamente abbandonate. Il giacimento, piut- tosto ristretto, va dalla quota di 800 a quella di 860 metri; gli strati pendono generalmente di circa 15° a ENE (fig. 1), ma l’inclinazione è talvolta un po’ varia. In mezzo a questi strati si trova anche della selce, più o meno intimamente commista a carbonato di calcio, in straterelli interposti a quelli notevol- Fio. 1. Strati a ittioliti di Pietraroia visti da S. [Gli straterelli più oscuri e più sottili sono quelli più o meno silicei]. mente più spessi di calcare, in liste, in noduli per solito in forma di ellissoidi schiacciati o in masse irregolari. Nei noduli si osserva che la parte centrale è di selce, mentre le zone circostanti si vanno mano a mano arricchendo di carbonato di calcio verso l’ esterno, con passaggio talora quasi insensibile alla roccia circostante. Le stesse variazioni, benchè in maniera assai meno notevole, si verificano negli strate- relli e nelle liste. La silice si presenta colorata in verdognolo chiaro, a differenza del calcare che, come ho detto prima, è grigio-giallastro. La parte superiore di questo calcare a ittioliti, e precisamente lo strato che è a contatto con la roccia i) F. Bassani. Marmi e calcare litoyrafico di Pietraroia (prov. di Benevento). Rend. R. Istituto d'Incoraggiamento. Napoli, 1892. 36 G. D’ERASMO [8] terziaria sovrastante, della quale dirò tra breve, si presenta costantemente crivellata di fori piriformi prodotti da molluschi litofagi e riempiti di calcare simile a quello superiore ”. Questo ha caratteri molto diversi: è bianco, spesso brecciforme, compatto, con diverse specie di Pectex, e si adagia in discordanza sul precedente, giacchè i suoi strati pendono di solito (trascurando le piccole variazioni che naturalmente si riscontrano) di circa 25° verso ESE. Oltre che alle Cavère, i calcari compatti di tipo ittiolitico affiorano anche a Ovest di Pietraroia, a SW della prima località, sull’ altro versante (Ortupapa) della piccola valletta detta “ Valle Nova ,. Civita di Pietraroia Cavère Fi. 2. Civita di Pietraroia b Ortupapa FIG. 3. ANAS Calcari terziari a Pecten. ELI; Calcari chiari a Nerinee. ELIS Cwaec. quasi bianchi a Requienie. trezdi Calcari cenerognoli ad ittioliti. Cale. grigio-chiari oolitici. E Caleari chiari inferiori. È Scala 1:10.000. Questa, di origine evidentemente erosiva, deve essere dunque scavata proprio nel calcare a pesci, ma è ricoperta in basso da materiali detritici. Benchè sul versante occidentale non abbia trovato alcun fossile, ' Le ricerche dell’amico prof. GALDIRRI, pubblicate quando il presente lavoro era in corso di stampa, hanno potuto stabilire che questi molluschi cavicoli appartengono al gruppo delle foladi chiuse e sono riferibili a un genere affine a Pholadidea (A. GALDIERI. Osservazioni sui calcari di Pietraroia, in provincia di Benevento. Rend. R. Ace. Sc. fis. e mat. di Napoli, serie 3, vol. XIX [1913], pag. 164-171). i [9] G. D'ERASMO 37 non può rimanere il dubbio che il calcare sia lo stesso, perchè i suoi caratteri e la presenza della selce lo di- mostrano perfettamente. Come si osserva nel profilo alla figura 2, qui esso sopporta in concordanza cal- cari (di tipo nettamente distinto da quelli a Pecter) che contengono delle Nerinee, di solito mal conser- vate; a questi seguono gradatamente in alto altri calcari per lo più grigio-chiari, compatti, talvolta oolitici che passano alla lor volta insensibilmente a calcari chiari, quasi bianchi, contenenti numerosi esemplari di una piccola chamacea (probabilmente requienia). I calcari a Requienie offrono nell’ aspetto grandissima somiglianza con quelli più bassi della serie che, come ho detto innanzi, costituiscono 1’ ossatura del monte, e nei quali non ho trovato fossili; essi si estendono molto verso l’angolo N W della Civita di Pietraroia, ove, per Poseca > MA Fic. 4. Karrenfelder nei calcari a Requienie della Civita di Pietraroia. effetto della erosione chimico-meccanica esercitata dall’ acqua di pioggia, assumono quell’aspetto caratteri- stico di rupi denudate con solchi diretti lungo il pendio, che i tedeschi indicano col nome di Xarren- felder (fig. 4). Riassumendo, la successione litologica da me constatata è, in ordine discendente, quella che segue: a) nella località “ Cavere ,, (v. profilo alla fig. 2): Fi 3. calcari bianchi brecciformi a Pecten; 2. calcari cenerognoli ittiolitiferi; 1. calcari chiari, a grana fina, senza fossili (?). 6) nella località “ Ortupapa , (v. profilo alla fig. 3): 5. calcari quasi bianchi con Requienie; 4. calcari grigio-chiari oolitici; 3. calcari chiari con Nerinee; 2. calcari cenerognoli, identici agl’ ittiolitiferi; 1. calcari chiari, a grana fina, senza fossili (?). Nella figura 5, la quale mostra una delle profonde pendici a W di Pietraroia che cadono quasi a picco, 6 38 G. D’ERASMO [10] ‘con un dislivello di circa 400 metri, sull’ alveo del torrente Acqua Calda, si osserva facilmente la po- sizione del calcare a pesci rispetto a quelli soprastanti e sottostanti per la netta distinzione che offre la sua sottile stratificazione. Quello inferiore, messo a nudo per un’ altezza considerevole, potrebbe forse qui fornire dei fossili, ma disgraziatamente i dirupi sono inaccessibili. Le osservazioni del CasserTI condussero alla conclusione che il deposito ittiolitifero poggiasse sui cal- cari a Toucasia carinata (forse Requienia) e fosse sormontato da calcari a Nummuliti e a Pecfen; quelle ‘mie, pur non escludendo che i calcari sottostanti possano contenere la voluta Zoucasia carinata o Requienia, Pic. 5. Calcari a pesci affioranti nel dirupo a W di Pietraroia, distinti per la stratificazione sottile. ‘dimostrano che questa specie di Chamacea si ritrova, alla Civita di Pietraroia, in strati sovrastanti a quelli che fornirono i pesci, o, per essere più precisi, sovrastanti al loro prolungamento. Il calcare lito- grafico in questione dunque, che nelle “ Cavère , è direttamente ricoperto da sedimenti discordanti terziari mostrando una lacuna stratigrafica, sarebbe nella località “ Ortupapa , ancora sottoposto ad una serie di calcari cretacei a Nerinee e Requienie: fatto interessante questo, per la determinazione crono- logica, di cui mi occuperò tra breve. [11) A G. D'ERASMU 39 Risultati paleontologici. I. Calcari a ittioliti. — I calcari ittiolitiferi hanno fornito una ricchissima collezione di fossili (circa 400 esemplari), consistenti principalmente in Pesci, Rettili, Anfibi e Crostacei !. Le specie da me riscontrate e illustrate nel presente lavoro sono le seguenti: Class. Reptilia. Ord. Rhynchocephalia. Fam. Sphenodontidae. 1. Chometokadmon Fitzingerì Costa. Class. Amphibia. Ord. Urodela. Subord. Salamandrina. 2. Triton (2) megacephalus Costa. 3. Polysemia apennina Costa sp. Class. Pisces. Subel. Elasmobranchii. Ord. Selachii. Subord. Tectospondyli. Fam. Rhinobatidae. 4. Rhinobatus obtusatus Costa. Subord. Asterospondyli. Fam. Scylliidae. 5. (2) Phorcynis sp. Subcl. Teleostomi. Ord. Actinopterygii. Subord. Protospondyli. Fam. Pycnodontidae. 6. Coelodus Costai HECKEL. 7. Palaeobalistum Bassanti n. sp. 1) Nell’eleneo dato da O. G. Cosra alle pag. 9-10 degli Studi sopra i terrenì ad ittioliti ece., p. II, Cale. strat. di Pietraroia (Atti R. Ace. Sc. fis. e mat., vol. II. Napoli, 1865), sono compresi anche Gasteropodi, Anellidi, Echinodermi e Celenterati: questi avanzi però o non provengono dai calcari ittiolitiferi o spettano a vertebrati, come sarà dimo- strato nella descrizione delle specie. Lo stesso autore descrisse inoltre due frammenti, trovati nei calcari a pesci, che ritenne Cefalepodi e indicò col nome di Sepia vetustissima. Non ho trovato in collezione gli originali e non posso esprimere alcun giudizio con la sola scorta delle illustrazioni del Cosra, le quali lasciano molti dubbi in proposito (vedi O. G. Costa. Pal. del Regno di Napoli, p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 89, tav. VIII. Napoli, 1856). 40 G. D’'ERASMO : [12] Fam. Macrosemidae. (0 0) . Notagogus Pentlandi AGASssIz. . Propterus Scacchii (Costa). 5 Fam. Semionotidae. 10. Lepidotus minor AGASSIZ. Subord. Aetheospondyli. Fam. Aspidorhynchidae. 11. Belonostomus crassirostris Costa. 12. Belonostomus sp. Subord. Isospondyli. Fam. Oligopleuridae. 13. Oeonoscopus Petraroiae Costa. Fam. Leptolepidae. 14. Leptolepis Brodiei AGASssIz. 15. Aethalion robustus TRAQUAIR. Fam. Elopidae. 16. Sauropsidium laevissimum Costa. 17. Elopopsis aff. Fenzlì HreckEL. 18. Hemielopopsis gibbus KRAMBERGER. 19. Hypsospondylus Bassanii KRAMBERGER. Fam. Albulidae. 20. Chanos Leopoldi Costa sp. Fam. Chirocentridae. 21. Chirocentrites Coroniniiù HECKEL. Fam. Clupeidae. [sò] N . Diplomystus brevissimus (DE BLAINVILLE). Class. Crustacea. Subcl. Malacostraca, Ord. Decapoda. Subord. Macrura. Fam. Astacomorpha. 23. (?) Pseudastacus Sp. In queste vanno comprese tutte le specie illustrate da O. G. Cosra, le quali si possono raggruppare come mostra il quadro che segue: E [o T_@<@" [18] G. D’ERASMO 41 SPECIE DESCRITTE IN QUESTA MEMORIA 10. 12. 13. 23. Reptilia . Chometokadmon Fitzingeri COSTA . Amphibia . Triton (?) megacephalus Costa . Polysemia apennina Costa sp. Pisces . Rhinobatus obtusatus Costa . . . (?) Phorcynis sp. . Coelodus Costai HECKEL . Palaeobalistum Bassanii n. sp. . Notagogus Pentlandi AGASSIZ . Propterus Scacchii CosTA sp... . . . Lepidotus minor AGASSIZ . Belonostomus crassirostris CosTA Belonostomus sp. Oeonoscopus Petraroiae Costa . Leptolepis Brodiei AGASSIZ . Aethalion robustus TRAQUAIR. . . . > . Sauropsidiun laevissimum Costa . Elopopsis aff. Fenzli HECKEL . . Hemielopopsis gibbus KRAMBERGER. . Hypsospondylus Bassanii KRAMBERGER . . Chanos Leopoldi Costa sp. . Chirocentrites Coroninii HECKEL. . Diplomystus brevissimus (DE BLAINYV.) Frammenti indeterminabili. Crustacea (?) Pseudastacus sp. SINONIMI ADOPERATI DA ORONZIO GABRIELE COSTA Lacerta brevicauda. Salamandra Rusconi, Salamandra apennina. Centropterus lividus. Pyenodus grandis, Pycen. Achillis, Glossodus angustatus, Pycen. rotundatus, Microdon simplex, Anomiophthalmus vetustus. Rhombus aculeatus [in sch.]. Notagogus erythrolepis, Not. crassicauda, Not. gracilis, Blennio- moeus maior, Lepidotus exiguus, Calignathus sp., Pachyo- don sp. Rhynchoncodes macrocephalus, Notagogus pygmaeus [in sch.). Lepidotus Maximiliani, Lep. unguiculatus, Lep. unguiculatus - minor. Belonostomus gracilis, Ophirachis deperditus, Sarcionota probo- scidata. È Aspidorhynchus platycephalus, Ophisurus sp., Dichelospondylus longirostris. Sarginites pygmaeus, Megastoma apenninum, Piotisoma mini- mum. Cyprinus vel Tinca, Tinca prisca, (?) Sauropsidium laevissi- Mum p. p. a Sauropsidium laevissimum p. p., Saur. angusticauda vel gracili- cauda, Hyptius Sebastiani, Pristignathus sp. [in sch.]. Lepidotus oblongus. Caeus Leopoldi. Andreiopleura vetustissima vel esimia, Chirocentrites? Cavolinii, Heterolepis sp. Histiurus elatus, Hist. serioloides, Hist. ventricosus. Glossodus Heckeli, Platycerhynchus rhombeus. Aglauros effossa, Astyages effossus, Trichocerus Monticellianus, Branchipus gigas. 49 G. D’ERASMO [14] II. Calcari a Requienie soprastanti agl’ittiolitiferi. — Le mie ricerche nei calcari sopra- stanti a quelli ittiolitiferi hanno fornito numerosi esemplari di Requieria, che ho comunicati al prof. C. F. Parona. Egli non potendosene occupare subito di proposito, perchè sul punto di partire come mem- bro della Commissione per gli studi in Libia, ne ha fatto un esame sommario, riserbandosi di compierne più tardi lo studio particolareggiato. Intanto si è compiaciuto di comunicarmi che detti calcari a Requienie di Pietraroia ripetono l’aspetto e la costituzione di quella formazione caratteristica da lui riscontrata nel Cretacico dei Monti d’Ocre, nell’Abruzzo aquilano, e che alla pag. 30 della sua opera su quella fauna coralligena ® indicò col nome di “ calcari a piccole requienie ,. Nella regione studiata dal PARONA, essi si estendono largamente, con caratteri sempre costanti, sopra e sotto ai calcari con Nerinea forojuliensis. Pirona, in un’area che fu erroneamente già attribuita all’Urgoniano e che spetta invece al Cenomaniano. Detta formazione “ è costituita ,, dice l'Autore, “ da calcari bianco-latte, di struttura e compattezza notevole. per cui ricordano il bianzone 0 magjolica, e che contengono sempre, spesso in numero tale da assumere il carattere di lumachelle, degli esemplari di una piccola conchiglia a spirale svolta, a guscio. di color cereo scuro e che ordinariamente si presenta, sulle superfici della roccia e sui frammenti erosi di essa. in sezioni ellittiche o subcircolari, assai evidenti: assumendo la roccia un aspetto tutto parti- colare di “ pietre ad anellini , come dicono i montanari. ,, Malgrado la grande abbondanza degli esem- plari trovati, il fatto che di solito si raccolgono in frammenti e difficilmente sono separabili dalla roccia non permise all’Autore di ottenere buone preparazioni, le quali giovassero a precisare la determinazione generica e a verificare se si tratta di una o più forme specifiche. Com’egli aveva precedentemente no- tato ?, queste non sono probabilmente riferibili a specie conosciute: è dunque da augurarsi che le pic- cole Requienie da me raccolte a Pietraroia, le quali, come mi scrive il prof. PARONA, sono fra i migliori campioni da lui visti finora, possano, mediante tagli opportuni, mostrare i caratteri indispensabili per la verifica sistematica e condurre alla esatta conoscenza di questo fossile interessante, tanto comune nell'Appennino meridionale # ed ancora indeterminato. Secondo il giudizio del predetto geologo, oltre agli esemplari della supposta Requienia vi sono, in questi calcari di Pietraroia, forse anche delle Mono- pleure e sezioni di Jfieria. Nella stessa roccia furono quasi certamente raccolti anche gli esemplari che il Costa citò con i nomi seguenti: Requienia plicata Costa | Memorie da servire alla formazione della carta geologica delle provincie na- politane, pag. 78, tav. VI, fig. 15, in Atti R. Ist. d’Incoragg. Napoli, 1864; Stud) sopra è terreni ad ittioliti ecc., parte II, Cale. strat. di Pietraroia, pag. 5, in Atti R. Ace. Sc. fis. e mat., vol. II. Napoli, 1865; [42] tunque per lo stato molto frammentario di tali avanzi sia isolatamente difficile una sicura determinazione specifica, io ritengo, in base al confronto con altri esemplari analoghi, che si tratti anche questa volta di rappresentanti della medesima specie di Coelodus (Tav. VI [III], fig. 2, 3). Vi comprendo per ultimo il Microdon simplex Costa, fondato esclusivamente su di un apparato den- tario incompleto (Tav. VII |IV], fig. 11) che l'A. dice “ distinto dai già noti ,, sia perchè fornito di denti “ quasi quadrilateri, uniformi ed eguali,, sia perchè ciascuno degli “ ossi dentari o mascelle superiori , è “ guarnito di un solo ordine di denti ,. Premesso che la figura data dal naturalista napoletano è inesatta, tanto nei particolari che nelle dimensioni, sicchè indurrebbe facilmente in errore chi volesse giovarsi soltanto di essa, dirò che l’avanzo in questione è in realtà una placca vomerina frammentaria, con le superficie trituranti dei denti incassate nella roccia. Il riferimento generico di questo esemplare riesce facilissimo se si tien conto di quell’ultimo “ grosso dente , mediano, che il Costa dice corrispon- dente alla “ regione faringiana ,. Esso ha una radice incavata nel mezzo e una manifesta forma ellittica in senso trasverso; il diametro longitudinale è circa del doppio maggiore del trasversale. Inoltre i denti “ quadrilateri, uniformi ed eguali , che il Costa crede di scorgervi “in una sola serie , per ogni lato della sinfisi, sono in realtà l’insieme di due file diverse, di cui l’esterna è rappresentata da denti più piccoli, che si vedono per metà inclusi nella roccia, e adagiati quasi di lato, tanta è la loro inclinazione, mentre l’interna doveva essere costituita da denti più grossi, di cui non è appariscente che la sola radice, come di solito incavata nel centro. In conclusione, in questa placca vomerina si possono riconoscere cinque principali file longitudinali di denti: una mediana a denti ellittici in senso trasverso, due laterali, intermedie, a denti in forma di quadrilateri più o meno irregolari, e due esterne, con denti più piccoli di tutti gli altri e arrotondati. Corrisponde pertanto esattamente agli esemplari che lo stesso Costa chiamò Glossodus angustatus e che io ho innanzi riferiti a Coelodus Costaì HrecKet. Questa specie, riscontrata pure nei calcari cretacei di Capo d’Orlando presso Castellammare (Napoli)! e dell’isola di Meleda, in Dalmazia, ? offre le maggiori affinità con Coelodus saturnus HECKEL 8, prove- niente dagli scisti bituminosi cenomaniani del Carso triestino, con Coel. rostratus KRAMBERGER 4 e Coel, latus Tp. 3, del Cenomaniano di Mrzlek (Monte Santo, valle dell’Isonzo) e con CGoel. Gasperiniù Kram- BERGER 5 di Solta, in Dalmazia. Tuttavia essa si differenzia anche da queste quattro, sia per il numero dei raggi componenti le pinne dorsale, anale e codale, sia per la posizione relativa dell’asse vertebrale, sia infine per i differenti rapporti nei diametri dei denti. Gen. Palaeobalistum pe BLAINVILLE. [H. D. pe BramviLe. Nouveau Dictionnaire d’ Histoire naturelle, vol. XXVII, 1818, pag. 338]. 1) F. Bassani e G. D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando presso Castellammare (Na-- polì). Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie 3.8, tomo XVII, pag. 224, tav. V, fig. 4 e 5. Roma, 1912. 2) J. J HEecKkEeL. Beitrige zur Kenntniss der fossilen Fische Oesterreichs. Denkschr. k. Ak. Wiss., math.-naturw. C1., vol. XI, Wien 1856, pag. 223, tav. IX, fig. 4-6 [col nome di Coel. pyrrhurus]. 3) J. J. HECKEL. Zoc. cit., pag. 207, tav. III e IV. 4 D. Gorganovic-KRAMBERGER. De piscibus fossilibus Comeni, Mrzleci, Lesinae et M. Libanonis ete. Op. Acad. Scient. et artium Slavorum merid., vol. XVI, pag. 24, tav. V. Zagreb, 1895. i 5) D. GorJaNoVIC-KRAMBERGER. Loc. cit., pag. 26, tav. VI, fig. 2. 5 D. GorganovIc-KRAMBERGER. Palaeoichtyologische Beitrige. Mitteil. aus d. Jahrb. der k. ung. geolog. Anstalt, Band XIV,pag. 19, tav. IV, fig. 3. Budapest, 1902. |48] G. D'ERASMO 71 Vedi anche: J. J. Mecgen. Besbdge sur Kenniniss der fossilen Pische OVesterreichs. Denkschr. k. Ak. Wiss., math.-naturw. Cl.. vol. XI, pag. 204. Wien, 1856; — D. Goryawovic-KramBERGER. De piscibus fossilibus Comeni, Mrxleci, Lesinae et M. Libanonis, pag. 32. Opera Ac. Scien- tiarum et artium Slavorum merid., vol. XVI. Zagreb, 1895. Palaeobalistum Bassanii n. sp. — Tav. VIII [V]. 1864 (?). thombus aculeatus O. G. Cosra (non RonpeL.) [in seh.|. - 1911. Palacobalistum Bassanii G. D’Erasmo. hisultati ottenuti dallo studio di alcumi Actinopterigi ete. Atti Soc. It. per il progr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic. 1910), pag. 798. È un fossile assai interessante, completo, ma con le pinne non molto ben conservate. Il corpo, di una forma ovale più manifesta nella parte posteriore che nell’ anteriore, misura nella lunghezza complessiva 38 centimetri. La sua massima altezza, presa un po’ prima dell’ inserzione della pinna dorsale, è con- tenuta una volta e mezza nella lunghezza, esclusa la coda. Il profilo dorsale si dirige obliquamente verso la faccia, in modo che la linea da esso descritta può considerarsi come un arco di cerchio (con il centro al principio della pinna anale) che vada dall’ estremo anteriore della bocca sino all’origine della dorsale; posteriormente la linea del dorso scende gradatamente verso il pedicello codale, descrivendo una linea non fortemente arcuata. Il profilo ventrale è rappresentato da una curva leggerissima nella parte ante- riore, presso a poco simile a quella del dorso nella posteriore. La testa, compresa più di tre volte e mezza nella lunghezza totale del pesce, è quasi una metà più ‘ alta che lunga. La parte inferiore di essa è occupata dalla bocca, la cui fenditura, pur essendo coperta posteriormente dalle ossa mascellari, mostra manifestamente una direzione obliqua, salendo alquanto in sopra verso dietro. Ben poco si può con una certa sicurezza affermare sui caratteri dell’ apparato den- tario. Sono visibili quattro denti incisivi, e neppur tutti completamente, di cui due appartengono al pre- mascellare e due al dentario. Inseriti su di un peduncolo sottile e liscio, hanno, a quanto si può giudi- care da uno di essi che è completamente scoperto, forma rettangolare e presentano i margini laterali convessi e il superiore leggermente concavo. La loro lunghezza (millimetri 6) è quasi doppia dell’ al- tezza (mm. 3), la superficie perfettamente liscia, e la direzione, quasi orizzontale nell’ incisivi superiori, è notevolmente inclinata in quelli portati dal dentario. Oltre ad essi si scorgono soltanto quattro o cin- que denti che dovevano far parte delle piastre vomerina e spleniali: sono assai piccoli, lisci, di forma presso a poco ellittica o subarrotondata e a superficie molto convessa. Poche fra le ossa del capo sono in discreto stato di conservazione, molte appaiono screpolate e non ben definibili o spostate dal luogo originario. Tale è, per esempio, il caso dell’ etmoide e di quella parte del frontale chè va dal prema- scellare al livello superiore dell’ orbita; essi hanno subìto uno spostamento in avanti e in alto, di modo che inducono quasi a far credere che il profilo anteriore della faccia sia verticale anzichè obliquo. Il frontale forma posteriormente, al di sopra della sua unione con l’etmoide, il margine anteriore dell’ ar- cata orbitaria, la quale poi si continua posteriormente col postfrontale. L’ orbita (considerando lo spo- stamento come non avvenuto) ha forma quasi circolare e misura in diametro 14 millimetri, vale a dire poco meno di due archi vertebrali; essa è situata molto in alto, giacchè dista 85 millimetri (cioè quasi 11 archi vertebrali) dall’ estremo anteriore della bocca, mentre è lontana poco più di una mezza vertebra dal profilo antero-superiore del capo. Superiormente completa le ossa del capo la porzione occipito-pa- rietale, con pezzi non conservati nella loro integrità e perciò mal riconoscibili. I rami del mascellare inferiore sono fortissimi, convessi e piegati verso l’ alto nella parte prossima alla loro articolazione: de- bolissime strie li percorrono esternamente nel senso longitudinale. A quanto si può giudicare da quelle che rimangono, le ossa della testa dovevano avere la superficie esterna liscia o leggermente rugosa. 79 G. D’'ERASMO [44] L’apparato opercolare, ampio e robusto, si presenta ben conservato, in quanto che sono visibili le due ossa che lo compongono: opercolo e preopercolo. Il preopercolo, situato ad un livello un po’ ante- riore a quello dell’opercolo, è del doppio più grande di questo: comincia all’innanzi con un margine spesso e nettamente visibile, che cammina quasi rettilineo, e termina posteriormente con orlo assai sottile, irrego- lare, alquanto arrotondato, talora però indistinto. Il margine anteriore, lievemente sporgente ai due quinti della sua altezza, si trova verticalmente allo stesso livello del principio dell’ asse vertebrale; la minima distanza che lo divide da esso è di circa sei archi vertebrali, e di cinque è quella esistente tra la fine del detto margine e l° orlo inferiore del pesce. La maggiore altezza del preopercolo, che si trova sulla medesima retta, misura presso a poco anche sei mezze vertebre, mentre la massima larghezza non doveva verosimilmente sorpassare tre archi vertebrali. La superficie è disseminata, in tutta la sua esten- sione, di innumerevoli fossette di forma circolare, ovale o alquanto allungata, che si dirigono in senso radiale, partendo da un centro situato quasi a metà dell’ altezza del preopercolo ed a brevissima distanza dal margine anteriore. Talora le fossette si dispongono tanto regolarmente e a così breve distanza l’una dall’ altra da avere nell’assieme la forma di un solco. L° opercolo, assai più piccolo, sembra anterior- mente quasi fuso col preopercolo; il suo limite superiore si stenta quasi a vedere per una frattura esi- stente nella roccia, mentre appare regolarmente arrotondato e sottile 1’ orlo posteriore. Anche sulla su- perficie di quest’osso le fossette non sono scarse: però la loro grandezza è generalmente minore di quella delle fossette del preopercolo e poco visibile appare la loro disposizione in serie radiali. L'asse vertebrale è assai ravvicinato al profilo dorsale del pesce, specialmente nella metà anteriore; decorre quasi diritto per i primi due terzi e poi si ricurva verso l’alto. Al suo punto di origine la di- stanza che lo separa dal profilo del ventre è di circa 16 mezze vertebre, quella che lo divide dalla linea del dorso è di appena 7 archi vertebrali. Gli archi neurali ed emali, bene ossificati, sono assai ravvici- nati tra di loro, tanto che, all’infuori di un breve tratto che precede il pedicello codale, vengono a contatto con i margini convessi, i quali non dovevano essere interi, ma debolissimamente denticolati. Ogni arco neurale ed emale si continua, come nel Coelodus Costa Heck., precedentemente descritto, con una apofisi spinosa, fornita lateralmente di due apofisi articolari; queste sono disposte perpendicolarmente alla prima, lunghe circa mezza vertebra e, affiancandosi a quelle portate dalle apofisi spinose che precedono e se- guono, formano come una doppia linea parallela all’asse vertebrale. Dalle apofisi articolari anteriori partono, come di solito, le lamelle ossee formanti il setto intermuscolare: le poche conservate occupano presso a poco i due terzi dell’altezza delle rispettive apofisi spinose. Conto 37 o 38 archi neurali con apofisi spi- nose molto robuste, di cui le prime 7 non dovevano essere in connessione con pinne; le ultime 6 o 7 contribuiscono all’inserzione dei raggi codali superiori; una, libera, precede questa pinna; le rimanenti 23 sono in connessione con la dorsale. La lunghezza di queste apofisi aumenta rapidamente, nelle ante- riori, da un minimo di centimetri 2! ad un massimo di nove. Le più lunghe dovevano dunque esser quelle immediatamente precedenti la pinna dorsale; le seguenti si fanno gradatamente più piccole, fino al pedicello della coda. La loro inclinazione sull’ asse vertebrale varia da 70 a 80 gradi. Nel tratto an- ‘ teriore della regione ventrale: si trovano 13-14 paia di robuste coste, inclinate presso a poco come le corrispondenti apofisi neurali sull’asse vertebrale, ma assai più lunghe di esse. Le maggiori dovevano raggiungere una lunghezza di 16 a 17 mezze vertebre, presso a poco corrispondente alla distanza tra l’orbita e il principio della dorsale. Quasi tutte appaiono diritte. In connessione con gli interspinosi della pinna anale si trovano 13 robuste emapofisi, le quali ripetono perfettamente, tanto per inclinazione che per lunghezza, la disposizione delle corrispondenti apofisi spinose superiori; solo le ultime, che si tro- vano innanzi al pedicello codale, sono un poco più lunghe, sicchè il profilo di quest’ultima parte del [45] G. D'ERASMO 73 tronco appare alquanto più convesso nel lato ventrale che nel dorsale. Le ultime dieci apofisi spinose inferiori, più inclinate e più trasformate di tutte le altre, vanno a costituire il sostegno di gran parte dei raggi della coda. Come di solito nei picnodonti, esse si abbreviano rapidamente, allargandosi a spa- tola verso l’estremità distale. Tra l’occipite e il principio della pinna dorsale si contano nove ossicini dorsali, quasi diritti, meno robusti delle spine neurali che intersecano, e inclinati di 110 gradi sull’asse vertebrale; essi partono dal profilo superiore del corpo e si dirigono obliquamente in giù, oltrepassando l’asse vertebrale e perden- dosi tra le coste, di cui sembrano una continuazione. Sul margine dorsale ciascun ossicino si saldava con quello dell’altro lato formando uno scudetto lungo circa un arco vertebrale: in gran parte asportati, questi dovevano avere, a quanto si può giudicare dai pochissimi rimasti, l’orlo esterno probabilmente liscio. In- feriormente la cavità ventrale era chiusa dalle coste sternali, di cui si hanno scarsissimi avanzi che non permettono di determinarne con sicurezza i caratteri. Le pinne pettorali, parzialmente conservate, si originano a livello del tratto inferiore del preopercolo, a metà dello spazio tra l’estremità del muso e il principio dell’anale, e mostrano molti raggi, brevemente articolati e più volte suddivisi. Non è prudente precisare il numero di questi, perchè per parecchi non sì può seguire il cammino fino all’origine; a poca distanza dalla base si contano già ventotto rami, i maggiori dei quali raggiungono una lunghezza di quattro eentimetri. Manca ogni traccia di pinne addominali. Scarse e pallide impronte rimangono pure della dorsale, i cui caratteri non sono ben definibili a causa della rottura della roccia e della mancanza dei raggi. Questa pinna comincia subito dopo l’ultimo ossicino dorsale e finisce al pedicello codale, misurando una estensione basale di quindici centimetri, quasi eguale all’altezza verticale del tronco al principio della pinna anale, In base al calcolo, molto approssimativo, che si può fare con l’aiuto degl’interspinosi, ritengo che i suoi raggi non dovessero essere meno di 50. Gli ossicini di sostegno, che s’intromettono o a due a due o a tre a tre fra le neurapofisi, diminuiscono regolarmente in lunghezza verso l’indietro da quattro fino a un arco vertebrale. La pinna anale, conservata un po’ meglio della dorsale ma pur essa frammentaria, comincia alquanto più indietro e misura in lunghezza 11 centimetri, cioè eguaglia la distanza esistente fra il centro del- l’orbita e il profilo ventrale del pesce. I raggi che la costituiscono raggiungono il numero di 40 0 41 e sono ripetutamente divisi, ad eccezione forse dei primi quattro o cinque, non conservati. Tutti appaiono articolati: però gli anteriori sì mostrano più robusti, perchè la divisione in articoli comincia dopo almeno un terzo della lunghezza totale del raggio; i posteriori invece sembrano assai più delicati e divisi subito dopo la base. Di nessuno è conservata l’estremità libera. La lunghezza dei raggi, da un massimo di circa 40 millimetri scende rapidamente a poco più di un centimetro nella metà anteriore della pinna; quelli della seconda metà si mantengono presso a poco uguali e simili a frangia. Gli articoli di cui risultano sono assai brevi (tre quarti circa di millimetro). La pinna codale, bene sviluppata, presenta una apparente eterocerchia esterna, ma in realtà essa è incompleta superiormente, essendosi perduti alcuni fra i raggi che dovevano attaccarsi alle ultime apofisi spinose superiori. La lunghezza massima dei raggi esterni più sviluppati è di poco inferiore alla esten- sione dell’anale e raggiunge circa i due terzi di quella della dorsale. Come ho precedentemente accen- nato, alla inserzione dei suoi raggi prendono parte non meno di dieci apofisi spinose inferiori e sei o sette superiori; tanto quelle che queste sono più corte ma più robuste di tutte le altre, e le emapofisi mano a mano espanse nella parte distale, in modo da costituire nel loro complesso un orlo uniformemente arcuato. Le più trasformate misurano in luaghezza 18 millimetri e in larghezza mm. 1!/, presso l’arco 74 G. D’ERASMO [46] emale e mm. 6 alla base dei raggi. Questi sono in numero di 17 a 18 nel lobo inferiore; e assai meno numerosi dovevano essere in quello superiore, anche tenendo conto che alcuni sono andati perduti. Eccettuati i raggi esterni (che sono sei nel lobo inferiore), tutti gli altri sono forcuti; ognuno di questi, suddiviso sin dalla base, subisce nel suo cammino parecchie ramificazioni e si espande sempre più verso la estre- mità libera. Tutti dovevano essere articolati almeno per tre quarti della loro lunghezza; questa varia per i singoli articoli da un millimetro a un millimetro e mezzo. Nel tratto ventrale anteriore rimangono scarsi avanzi di squame delicate, piccole. L'esemplare ora descritto non fu illustrato dal Costa, ma reca, di suo pugno, l’ indicazione RRombus uculeatus. In base ai caratteri precedentemente esposti e sopratutto alla presenza di archi neurali ed emali molto ravvicinati fra loro, esso richiama subito alla mente il gen. Palaeobalistum pe BLarmv. Tale è anche il parere del dott. A Swrra Woopwarp che si compiacque gentilmente esaminarne la fotografia ; tuttavia è a deplorarsi che lo stato della dentizione non permetta di completarne la diagnosi. Fra le specie di Palacobalistum che presentano maggiori affinità con la nostra è da notarsi il Pal. libanicum KRAMB-GORI., del calcare cenomaniano di Hakel (M. Libano) !, dal quale tuttavia essa di differenzia per la forma e le proporzioni generali del corpo, per la posizione relativa dell’asse vertebrale e per il numero di raggi alle pinne. Potendo pertanto a buon diritto considerarsi come nuova, la distinguo col nome di Pa- laeobalistum Bassanii, in omaggio verso il Maestro che ha in tutti i modi incoraggiato i miei studi. Alla fam. Pyenodontidue il Cosva riferì anche due avanzi di Pietraroia, che ascrisse al suo gen. G/os- sodus e distinse col nome specifico Meckelî (Cosra. Cenni ecc. per l’anno 1853, pag. 6. Rend. Ace. Pont. Napoli. 1854; /tti0l. foss. ital., 1860, pag. 16, tav. II, fig. 12 e 13; Pal. d. Regno di Nap., p. III. Atti Ace. Pont., vol. VIII, 1864, pag. 109, tav. IX, fig. 12 e 13). Questi frammenti però (Tav. VI [III], fig. 4 e 5), consistenti in due corpi di forma ovale allungata (“lingue ,, secondo |’ A.) completamente coperti di pie- colissimi tubercoli (denti?) ellittici © arrotondati, sono di poca importanza, non permettono neppure una determinazione generica e devono considerarsi come avanzi non riferibili a Picnodonti. Conformemente al parere espresso dal dott. Woopwarp (Cat., p. IV, pag. 73. London, 1901), è probabile che si tratti di frammenti di dentizione da riferirsi verosimilmente alla fam. A/bulidae, ma non si può in ogni caso espri- mere un sicuro giudizio. Fam. Macrosemidae. Gen. Notagogus Ag. i |L. AGassiz. Recherches sur les poissons fossiles, 1833-43, vol. II, p. I, pag. 10 e 298]. Sin. Blenmiomocus O. Costa. Paleontologia del Regno di Napoli, parte I. Atti Acc. Pont., vol. V, 1853, pag. 319 Oulignathus O. G, Cosna. Ibidem, parte II. Atti Acc. Pont., vol VII, p. I, 1856, pag. 37. Pachyodon O.G&.Cosna. Ibidem. i) D. Gortanovio - KramBoRGER. De piscibus fossilibus Comeni, Mrzleci, Lesinae et M. Libanonis ete. Loc. cit.,, pag. 33, tav. VII, fig. 1. [47] G. D'ERASMO 75 Notagogus Pentlandi Ac. — Tav. IX |VI], fig. 1-4. 1833-43. Notagogus Pentlandi L, Agassiz. Rech. s. les poiss. foss., vol. II, p. 1, pag. 10 e 294, tav. XLIX, fig. 2. 1833-43... —_ latior Lu. Agassiz. Ibidem, fig. 3. 1853. _ Pentlandi O.G.Cosna. Pal. d. Regno di Napol., parte I. Atti Ace. Pont., vol. V, pag. 312, tav. Vi, fig. 2 e tav. VII, fig. 5. 1853. - erythrolepis O. (x. Costa. Ibidem, pag. 314, tav. IV, fig. 6 e 7. 18553. _ minor O. G. Cosna. Ibidem, pag. 315, tav, V, fig. 4. 1853. Blenniomoeus longienuda O.&. Costa. Ibidem, pag. 319, tav. VI, fig. 2. 1853. _ brevicauda O. G. Cosra. Ibidem, pag. 321, tav. V, fig. 3. 1856. - maior 0. G. Costa. Pal., parte II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 34, tav. II, fig. 4-6. 1856. Oalignathus sp. O.G. Costa. Ibidem, pag. 37, tav. IV, fig. 6. 1856. Pachyodon sp. O. G. Cosra. Ibidem, pag. 38. tav. IV, fig. 7. 1860. Lepidotus eriguus O.C&. Costa. Itiol. fossile italiana, pag. 8, tav. III, fig. 2. 1864. _ — 0.G. Costa. Pal., parte III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 75, tav. XI, fig. 2. 1864. Notagogus Pentlandi O.G. Costa. Ibidem, pag. 72, tav. XII, fig. 5. 1564. - crassicauda O. G. Cosra. Ibidem, pag. 74, tav. XII, fig. 6 e 7. 1864. Blenniomoeus longicauda O. G. Costa. Ibidem, pag. 99, tav. XI, fig. 9 e 10. 1864. Notagogus erythrolepis O. G. Cosra. Ibidem, pag. 102, tav. XI, fig. 11. 1864. _ gracilis O. G. Costa. Ibidem, pag. 103, tav. XI, fig. 8. 1864. > crassicauda O. G, Costa. App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VIII, Appendice, pag. 91, tav. VII iii (0 1882. - Pentlandi F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. CI., Band XLV, pag. 237-239. Wien. 1595. _ E A. 5. Woonwarp. Catalogue of the fossil fishes in the Br. Mus., parte III, pag. 186, tav. JUI, fig. V e 8. 1911. _ — (G. D° Erasmo. Misullati ottenuti dallo studio di aleuni Actinopterigi ecc. Atti Soc. It. p. il progr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic. 1910), pag. 798-799. 1912. _ _ F. Bassani e G&. D’Erasmo. La èttiofauna del calcare cretacico di Uapo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. d. Soc. Ital. d. Se. (detta dei XL), serie 3%, ti. XVII, pag. 206; tav. III, fig. Le 2, tav. IV, fig. Le 2, tav. V, fio. 1. lap Come a Castellammare, così pure a Pietraroia questa specie è rappresentata da individui numerosi ‘e discretamente conservati, i più grandi dei quali misurano una lunghezza di 14 centimetri; parecchi sono molto più piccoli, ed uno, minore fra tutti, raggiunge appena i 5 centimetri. Confrontando nelle loro parti i diversi esemplari dei due giacimenti, si trova una corrispondenza di caratteri così completa e perfetta, che nel dare ora la descrizione del Notagogus Pentlandi Ac. di Vietra- roia non posso che ripetere quasi integralmente quanto su questa specie scrissero già il Bassani e l’au- tore di questa memoria nello studio della ittiofauna di Capo d’ Orlando presso Castellammare. Il corpo è fusiforme, molto allungato; la sua maggiore altezza, presa a livello del quarto o quinto raggio della pinna dorsale, è compresa non meno di quattro volte nella lunghezza totale. L’ altezza del pedicello codale corrisponde ai due quinti della massima altezza del tronco. Il profilo dorsale scende an- teriormente arcuato, sì mantiene quasi diritto per tutta l’ estensione della piuna dorsale, e piega poi leggermente in su; l’ inferiore si mostya alquanto convesso, specialmente nel tratto ventrale. La testa (fig. 12) è contenuta insieme con l’ apparato opercolare circa tre volte e mezza nella lun- .ghezza totale. L’ orlo anteriore di essa, troncato, forma con i margini superiore ed inferiore un angolo 76 G. D’ERASMO [48] di circa 110 a 120 gradi. L’ apertura boccale, alquanto inclinata in basso posteriormente, non arriva al livello anteriore dell’orbita. La branca orizzontale della mandibola, molto robusta e fornita di una cresta longitudinale mediana, forma con la branca ascendente un angolo ottuso. Il premascellare, generalmente mal conservato, doveva essere breve e assai delicato; il mascellare superiore è allungato, robusto, lieve- Fre. 12. Notagogus Pentlandi AGASSIZ. Schema delle ossa della testa e dell'apparato opercolare [molto ingr.]. [ag, angolare; el, clavicola; d, dentario; 7», frontale; i0p, interopercolo; mx, mascellare; 0p, opercolo; orb, orbita; pl, arcata pterigo-palatina; pma, premascellare; p0p, preopercolo; p.pett, pinne pettorali; qu, quadrato; rbr, raggi branchiosteghi; soce, sopraoccipitale; s0p, sottopercolo.] mente ricurvo, con la convessità rivolta verso 1° alto. I denti sono conici, a superficie liscia, presso a poco eguali, quasi equidistanti. In alcune mandibole riesco a contarne nove o dieci, che occupano una esten- sione di 5 millimetri; altrettanti e di uguale forma dovevano essere nel mascellare superiore, ove sono però di solito meno bene conservati; in numero un po’ minore, più sottili e più fitti, sono quelli in- seriti sul premascellare. Al di sopra del mascellare superiore, e propriamente nello spazio compreso fra questo e lo sfenoide, si vedono gli avanzi dell’ arcata pterigo- palatina, sviluppata, alla quale si collega posteriormente e inferiormente il quadrato, piccolo e quasi triangolare. Lo sfenoide, ben distinto in quasi tutti gli esemplari, è tangente al margine inferiore dell’ orbita. Questa, cinta da sottorbitali piccoli e mal x conservati, è arrotondata e misura in diametro sette o otto millimetri nei maggiori individui, due o tre nei più piccoli. Nella parte anteriore di essa rimangono talora tracce dell’ etmoide. Le ossa frontali e il sopraoccipitale, spesso rotti e frammentari, si mostrano percorsi da leggère rugosità. L'apparato opercolare è completo. Il preopercolo comincia all’ altezza del centro dell’ orbita ed ha forma semilunare. L° opercolo, grande, misura un’ altezza doppia della lunghezza, ed ha i margini supe- riore e posteriore arcuati e l’ inferiore quasi diritto; la sua superficie è percorsa da leggerissime rugo- sità, decorrenti dall’ alto in basso ed evidenti solo nei più grandi individui. Il sottopercolo e 1’ intero- percolo, forniti di strie tortuose e lievi punteggiature, sono piccoli e descrivono posteriormente, insieme con l’° opercolo, un arco assai regolare. È Innanzi all’ apparato opercolare rimangono traccie dell’ arco ioideo, di cui non si riesce però a distin- e e. eo ie © Tm [49] Gi. D'ERASMO TATA guere i vari elementi. Si contano cinque, sei, e, in alcuni esemplari, sette raggi branchiosteghi, che in generale cominciano a livello della perpendicolare tangente all’ orlo posteriore dell’orbita. La colonna vertebrale, la quale in qualche individuo di Castellammare mostra nettamente la sua 0s- sificazione incompleta e i pleurocentri ed ipocentri che proteggevano la corda dorsale (Bassani e D’ ERra- smo. Loc. cit., pag. 208 e 209, fig. 2 nel testo e tav. IV, fig. 1), è negli esemplari di Pietraroia sempre più o meno completamente nascosta dalle squame. La clavicola è leggexmente arcuata. Le pinne pettorali, molto sviluppate, distano dall’ angolo posteriore della bocca quasi quant'è l’ intervallo tra 1° origine delle ventrali e quella dell’ anale. Esse comprendono un raggio semplice, breve, e otto o nove divisi, doppi del precedente e lunghi poco meno di due cen- timetri negli esemplari maggiori. Le pinne ventrali, inserite a livello dell’ottavo o nono raggio del lobo anteriore della dorsale, di- stano dall’ origine delle pettorali di un tratto che è eguale alla massima altezza del tronco. Esse sono sorrette da ossa pelviche robuste, lunghe presso a poco quanto i raggi: questi, in numero di cinque, divisi e articolati verso 1’ estremità, misurano circa un centimetro negli individui più grandi. La pinna dorsale ha una estensione complessiva corrispondente ai due quinti della lunghezza totale del pesce, ed è distinta in due lobi, di cui l’ anteriore ne occupa i due terzi. Tra essi vi è, negli esem- plari meglio conservati, uno spazio piccolissimo, che sarebbe appena sufficiente per l’ inserzione di uno o, al più, di due altri raggi, sicchè talora la dorsale apparirebbe unica, se la diversa lunghezza dei raggi non mostrasse all’ evidenza la suddivisione di detta pinna. Il lobo anteriore ha principio poco dopo l’arto toracico e conta 14 o 15 raggi, molto spaziati, articolati e divisi. I maggiori fra essi sono i primi quat- tro o cinque, la cui lunghezza raggiunge presso a poco l’ altezza del pedicello codale; gli altri vanno lentamente accorciandosi e I’ ultimo è quasi uguale alla metà di quelli più lunghi. Il secondo lobo, che comincia un po’ innanzi il livello dell’ anale, risulta di 11 raggi un po’ più ravvicinati fra loro e più sviluppati dei precedenti; l’altezza diminuisce rapidamente negli ultimi di essi, e la parte distale appare (eccettuato il primo) articolata e divisa. L’ ultimo raggio dista dal principio del lobo superiore della coda di un tratto eguale all’ altezza del pedicello codale. Gli ossicini interapofisari sono mal definibili, perchè in tutti gli esemplari il corpo è coperto dalle squame. La pinna anale, ristretta, comincia al terzo posteriore della lunghezza complessiva dell’animale ed occupa una estensione inferiore alla metà di quella del secondo lobo dorsale. Il primo raggio, lungo presso a poco quanto i maggiori del lobo anteriore dorsale, è semplice e provveduto di fuleri: gli altri, in numero di sei 0 sette, sono un po’ più corti, articolati e ripetutamente divisi nella seconda metà del loro percorso. La pinna codale è leggermente incavata: la sua lunghezza, compresa da cinque volte e mezza a sei in quella totale del pesce, corrisponde all’ altezza del tronco all’ origine del secondo lobo della dorsale. Fio. 15. Notagogus Pentlandi AG. Raggio esterno e fuleri della pinna codale [molto ingr.]. I fuleri, di cui è fornita superiormente ed inferiormente, sono numerosi (non meno di 15 per lobo), Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 11 OD Ti G. D’'ERASMO [50] ( grossi e molto vicini tra loro (fig. 13). Conta 7 raggi nel lobo inferiore e 6 nel superiore, uniforme- mente articolati e, eccettuati gli esterni, tutti profondamente biforcati tre volte (fig. 14). Gli articoli Fio. 14. Notagogus Pentlandi AG. Un raggio diviso della pinna codale [molto ingrand.)]. molto brevi, hanno talvolta, specialmente alla base dei raggi, il diametro trasversale uguale o anche maggiore di quello longitudinale, Le squame, fortemente smaltate, ricoprono tutto il tronco, e si insinuano anche in tre file (che si riducono successivamente a due e poi ad una) nel lobo superiore della pinna codale, ove vanno a rive- stire la base dei primi tre raggi. Sono disposte in serie oblique dall’ avanti all’indietro; dall’ estremità posteriore della testa alla coda se ne contano 39 o 40 serie; dal dorso al ventre: tredici file, in corri- spondenza del primo raggio del lobo anteriore della dorsale; dodici, in corrispondenza del primo raggio del lobo posteriore di detta pinna, e dieci a livello del primo raggio dell’ anale. Le squame collocate lungo il profilo dorsale e anale del corpo si mostrano a foggia di cuore o di scudo (fig. 15, @), con la estremità posteriore che ricopre la squama susseguente; quelle mediane, più alte che lunghe, nella parte AB aa Fic. 15. Notagogus Pentlandi AGASSIZ. Squame delle diverse regioni del corpo [molto ingr.]. [a, squame lungo il profilo dorsale e anale; 5, squame mediane del tratto anteriore del tronco; e, squame mediane della metà del corpo; d, squame del pedicello codale; e, squame dietro le pinne pettorali]. anteriore del corpo (fig. 15, è) mostrano il margine posteriore un po’ arcuato e leggerissimamente fra- to) D [51] G. D'ERASMO 79 stagliato, mentre nel tratto susseguente (fig. 15, c) hanno forma pressochè esagonale. Quelle del pedicello codale (fig. 15, d) si fanno ancora più strette e sono a losanga. Le squame che stanno alla base della regione ventrale, tra le pinne pettorali e le addominali (fig. 15 e), sono più piccole e più basse delle altre ed hanno gli angoli arrotondati. In tutte la superficie è liscia. Quelle a margine posteriore veramente intero sono pochissime; in quasi tutte, con l’ aiuto della lente, si possono notare delle frastagliature ir- regolari, che qua e là assumono la forma di lievissime seghettature; in ogni caso differiscono però notevol- mente dalle profonde e abbastanza uguali dentellature proprie del MNotagogus denticulatus AG. del calcare portlandiano di Kelheim (Baviera). Alla specie ora descritta, la quale corrisponde agli esemplari di Castellammare illustrati dall’ Agassiz col nome di Notagogus Pentlundi e di Notagogus latior, vanno associati (come hanno già fatto notare il Bassani e il Woopwarp) i fossili di Pietraroia e di Castellammare riferiti dal Cosra ai generi Nota- gogus e Blenniomoeus e compresi nella precedente sinonimia. Infatti un particolareggiato esame compa- rativo istituito sui predetti avanzi, così dell’ uno come dell’ altro giacimento, dimostra che i caratteri dif- ferenziali rilevati dal Costa (e messi in evidenza nelle rispettive figure, spesso non conformi a verità) sono insussistenti !, Le quattro specie di Notagogus (N. Pentlandi, N. crassicauda, N. erythrolepis, N. gra- cilis) e l’ unica specie di Blenniomocus (Blenn. maior È) esistenti, secondo il naturalista napoletano, a Pietraroia e delle quali ho trovato in collezione tutti gli esemplari da lui illustrati, non sono dunque che individui di grandezza diversa, e in differente stato di conservazione, di Notagogus Pentlandi Ae. A questa stessa specie riferisco anche le quattro mascelle inferiori, più o meno conservate e prov- viste di denti (fig. 4 alla Tav. IX [VI]), che il Costa credè appartenenti a pesci fossili non ancora descritti e per le quali istituì due generi nuovi: Calignathus e Pachyodon. L’ esemplare frammentario (parte posteriore della testa e porzione anteriore del tronco) che il me- desimo Autore chiamò Lepidotus exiguus, ritenendolo affinissimo a ZLepidotus Maximiliani Ac., è certa- mente anch'esso un avanzo di Notagogus. Pur essendo difficile per la scarsità del fossile esprimere un coscienzioso giudizio, io non esito a riferirlo alla specie della quale mi sono precedentemente occupato per la perfetta corrispondenza che con essa ha nei pochi caratteri degni di rilievo. Come fu già notato nello studio della ittiofauna di Castellammare, la specie testè descritta presenta af- finità con Not. denticulatus AG. del Portlandiano di Kelheim * e con Not. parvus Traquarr del Wealdiano 1) Che Blenniomoeus non differisca fondamentalmente da Notagogus lo prova anche il fatto che il Costa ha nella sua Paleontologia, senza accorgersene, descritto e figurato come Not. crassicruda (parte III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 4, tav. XII, fig. 6 e 7) i due medesimi esemplari (uno di individuo intero, 1’ altro con la sola testa) che aveva precedentemente illustrati come Blenniomoeus maior (parte II. Loc. cit., pag. 34, tav. II fig. 4 e 5). 2) Nella Pal., p. III (Atti Ace. Pont., vol. VIII, 1864, pag. 99, tav. XI, fie. 9 e 10), il Costa illustrò tra i fossili di Pietraroia anche un Blenniomoeus longicauda: come hanno già dimostrato il Bassani e il D’ Erasmo, l’ originale delle dette figure proviene da Castellammare e corrisponde pure a Nof. Pertlandi AG. (F. Bassani e G, D’Erasmo. Loc. cit., pag. 212, nota 2). 3) L. AGAssIZ. Rech. s. les poiîss. foss., 1833-43, vol. II, p..I, pag. 294, tav. L, fig. 1-5, e parte II, pag. 289. — Come semplici varietà del Not. denticulatus AG. io considero, conformemente al parere già espresso dal Woopwarp (Cat., p. III, 1895, pag. 188 e 189), le specie seguenti del Kimmeridgiano della Francia e del Portlandiano della Baviera: Notagogus inimontis THIOLLIBRE, appena diverso*per il profilo della testa, più ripido, e per i denti, più grossi (Poîss. foss. Bugey, parte II [1873], pag. 15, tav. VI, fig. 3); N. margaritae In., soltanto figurato (Loc. cit., tav. VI, fig. 4), e N. macropterus VETTER, scarsamente distinto per il dorso più arcuato, il tronco più alto e lo sviluppo maggiore delle pinne pettorali, dorsale e anale (Mittheil. k. mineralog.-geol. Mus. Dresden, parte IV [1881], pag. 46). 30 G. D’ERASMO [52] di Bernissart (Belgio) ”: dalla prima può ritenersi distinta, oltre che per l’ importante carattere delle squame (già accennato), anche per il diverso modo di biforcazione dei raggi della codale; differisce dal- l’altra per la maggiore estensione del primo lobo dorsale, per la posizione meno remota dell’ anale e per la forma delle squame, che nella specie belga, secondo il TraquaIR, apparirebbero cicloidi (sebbene le fotografie annesse lascino qualche dubbio in proposito) e dimostrerebbero che si tratta di una forma aberrante. Gen. Propterus Ac. [L. Agassiz. Noch einige neue Genera aus der Ordnung der Ganoiden. Neues Jahrbuch, 1834, pag. 385-386]. Sin. Rhynchoncodes 0. G. Costa. Pal. d. Regno di Napoli, p. I. Atti Acc. Pont., vol. V, 1853, pag. 317. Propterus Scacchii (Cosra). — Tav. IX [VI], fig. 5. 1853. Rhynchoncodes Scacchii O. G. Costa. Pal., parte I. Atti Acc. Pont., vol. V, pag. 817, tav. Voli d 1854. Rhynchoncodes macrocephalus O.G. Cosra. Cenni intorno alle scoperte. futte nel Regno riguardanti la Paleontologia nel corso dell’ anno 1853, pag. 5. Rend. Acc. Pont. Napoli, anno II. 1860. Rhkynchoncodes macrocephalus O. G. Cosra. Ittiologia fossile italiana, pag. 22, tav. II, fig. 10 e 11. 1864. RAhynchoncodes macrocephalus O. G. Cosra. Pal., parte III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 102, taxa IDG ilo Al) E ate 1864 (?). Notagogus pygmaeus O. G. Costa (în sch.). 1882. Propterus macrocephalus F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. Cl, Band XLV, pag. 239. 1895. Propterus Scaceiti A. S. Woopwarp. Catalogue of the fossil fishes in the Br. Mus., parte III, pag. 185. 1911. Propterus cfr. Seacchii G. D’Erasmo. Iisultati ottenuti dallo studio di alcuni Actinopterigi ecc. Atti Soc. It. per il progr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic. 1910). pag. 799. 1912. Propterus Scacchii F. Bassani e G. D’Erasmo. La sttiofauna del calcare cretucico di Capo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie 3.2, tomo XVII, pag. 213, tav. IV, fig. 3. L’ unico esemplare appartenente al Museo geologico di Napoli, non molto ben conservato perchè privo della testa e con le pinne frammentarie, è un piccolo pesciolino, allungato-fusiforme, che dal principio del tronco fino alla estremità della codale misura circa mm. 30. La sua massima altezza, che si trova in corrispondenza del settimo raggio della dorsale, è di mm. 8, cioè superiore al doppio di quella del pedicello codale. Le pettorali, situate innanzi al livello dell’ origine della dorsale, mostrano sette o otto raggi molto sottili, lunghi circa mezzo centimetro. Delle ventrali si scorgono tre o quattro raggi, che cominciano a livello degli ultimi del lobo ante- riore della dorsale e si estendono rettilinei ed orizzontali, raggiungendo nella loro lunghezza totale mm. 5.-° La dorsale, nettamente distinta in due lobi, occupa alla base uno spazio di un centimetro e mezzo, pari alla metà della lunghezza totale, esclusa la testa. Il lobo anteriore, che cominciava probabilmente a poca distanza dalla nuca, ha una estensione di almeno 6 millimetri e mostra 10 o 11 raggi, di cui gli anteriori, più sviluppati, hanno un'altezza uguale a una volta e mezza quella del pedicello codale, mentre i posteriori si abbreviano piuttosto notevolmente. Il secondo lobo ha principio quasi ad uguale distanza i) R. H. TRAQUAIR. Les poissons wealdiens de Bernissart, pag. 26, tav. IV. Mém. du Musée Royal d’ Hist. nat. de Belgique, t. VI. Bruxelles, 1910. [53] G. D’ERASMO 81 dall’ origine del precedente e dal pedicello della coda, è meno sviluppato (4 a 5 millimetri) e risulta di 9 o 10 raggi, più corti di quelli del lobo anteriore. Tanto gli uni che gli altri, essendo mal conservati all’ estremità, non permettono d’ indicarne le particolarità; così non si può neppure escludere il dubbio che lo spazio di quattro millimetri, che divide due i lobi dorsali, sia stato parzialmente occupato da al- tri raggi. Della pinna anale rimangono tre o quattro brevi raggi, inseriti all’ altezza della metà del secondo lobo dorsale, cioè più vicino al pedicello della coda che al principio delle ventrali. La pinna codale, anch’ essa frammentaria e apparentemente molto incavata, perchè i raggi interni non sono interamente conservati, raggiunge nella sua massima lunghezza 1’ altezza del tronco misurata al prin- cipio del secondo lobo della dorsale. Nel lobo superiore il raggio esterno è provvisto di otto o nove fuleri lunghi, acuminati, robusti, ed è, insieme con gli altri sette o otto divisi, ricoperto alla sua base dalle squame che vi si insinuano dapprima su quattro serie, e poi su tre, due ed una, per il progressivo arresto di quelle interne; il lobo inferiore mostra residui di otto o nove raggi mutilati e contorti. In nessuno riesce possibile seguire il modo di biforcazione; con l’ aiuto della lente si distinguono articoli relativamente lunghi già a poca distanza dalla base. Le squame sono fornite di smalto e ricoprono tutto il tronco, distribuendosi in serie oblique dall’ in- nanzi all’ indietro. Longitudinalmente, in vicinanza dell’ asse vertebrale, dalla cintura scapolare alla coda ne conto 30 file; dal dorso al ventre, in corrispondenza del principio del secondo lobo dorsale, undici, di cui 5 sopra e 6 sotto l’ asse vertebrale. Sono tutte a superficie liscia: quelle della parte anteriore del tronco, più alte che lunghe, hanno il margine posteriore arrotondato, sono quasi esagonali verso la linea del dorso, e scudiformi ma non appuntate nella regione ventrale; quelle che si trovano nella metà posteriore del corpo si abbassano man mano fino a diventare presso a poco rombiche e le ultime più lun- x ghe che alte. Il loro margine posteriore è costantemente appuntato. L’ esemplare descritto fu riferito dal Costa, insieme con un altro ! che non ho trovato in collezione, al sen. Rhynchoncodes, da lui precedentemente creato per un pesciolino del Cenomaniano di Capo d’ Or- lando presso Castellammare (A%kynek. Scacchii), e contrassegnato, perchè creduto appartenente a specie diversa, col nome di A7yrehoncodes macrocephalus. Questo genere, distinto secondo il suo fondatore dal Notagogus Ac. quasi esclusivamente per i caratteri dei due lobi della dorsale “ disgiunti e dissimili , fra loro, deve rientrare, come hanno già osservato il Bassani, il WoopwarD e l’ autore di questa memoria, nel gen. Propterus AG. che ha appunto la caratteristica su nominata. Quanto alla specie, sebbene gli esemplari dei due giacimenti non permettano, per la loro conservazione, un perfetto confronto delle sin- gole parti e quantunque dei due individui di Pietraroia che furono illustrati dal Costa io non possegga che il più incompleto, trovo nei loro caratteri così strette affinità da essere indotto a considerarli come rappresentanti di una sola specie. Infatti le pochissime differenze che potrebbero rilevarsi in seguito ad un minuzioso esame comparativo e che mi avevano dapprima lasciato un po’ incerto per la determinazione -dell’ ittiolito innanzi descritto, devono ritenersi accidentali perchè dovute tutte alle diverse condizioni di schiacciamento e di fossilizzazione, e non possono quindi essere prese in considerazione. ‘4 O. G. Costa. Pal., p. III. Atti. Acc. Pont., vol. VIII, 1864, tav. IX, fig. 10. 2) Nel gen. Propterus AG. la dorsale ha due lobi distinti, e i raggi del lobo anteriore sono più lunghi dei sus- :seguenti. Non è da tenere in gran conto il carattere della distanza tra i due lobi dorsali, perchè può facilmente di- pendere, almeno in parte, da mancanza di raggi intermedi. 82 G. D’ERASMO [54] Un altro esemplare di Pietraroia, probabilmente di questa specie, appartiene al Museo civico di sto- ria naturale di Milano (n.° 1909); il suo stato di conservazione non permette tuttavia utili confronti e la mancanza quasi completa della pinna dorsale lascia perfino qualche dubbio sulla sua determinazione. Come fu già rilevato nella descrizione della ittiofauna di Castellammare, Propterus Scacchii, pur offrendo somiglianze con Propterus speciosus WAGNER ? del Portlandiano della Baviera, presenta i maggiori rap- porti con Propt. microstomus AG. e con Propt. Vidali Sauvage ®, molto affini fra loro e riscontrati rispettivamente nel calcare litografico della Baviera e in quello della Catalogna. La nostra specie tuttavia si differenzia principalmente per la maggiore lunghezza della testa rispetto a quella totale, per il numero: minore dei raggi dorsali e per le squame non denticolate. Fam. Semionotidae. Gen: Lepidotus Ac. [L. Acassiz. Untersuchungen iiber die fossilen Fische der Lias-Formation. Neues Jahrbuch f. Min. ete., 1832, pag. 145; — In., tech. s. les poiss. foss., (1833-43), vol. II, parte I, pag. 8 e 233]. Vedi anche: F. Priem. Hfude sur le genre Lepidotus. Annales de Paléontologie, vol. III. Paris, 1908. Lepidotus minor Ae. — Tav. IX [VI], fig. 6; Tav. X [VII]. 1833-43. Lepidotus minor L. Agassiz. Rech. s. les poiss. foss., vol. II, p. I, pag. 9 e 260, tav. XXXIV (non tav. XXIX c, fig. 12). 1853. Lepidotus Maximiliani O. G. Cosra (non Ag.). Pal., p. I. A. Acc. Pont., v. V, p. 306, tav. VII, fig. 2. 1856. Lepidotus minor O. G. Costa. Pal., p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 11, tav. IV, fig. 1-4. 4. 1564. Lepidotus minor 0. G. Cosra. Pal., p. III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 134. 1864. Lepidotus unguiculatus 0. G. Costa (non Ae.). Ibidem. 1864. Lepidotus unguiculatus-minor O. G. Cosra. App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VIII, Appendice, pag. 111, tav. VII, fig. 2-9. 1882. Lepidotus sp. F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. Cl., Band XLV, pag. 234-237. 1887. Lepidotus minor W. Branco. Bertrige zur Kennhnviss der Gattung Lepidotus. Abh. geol. Specialk. v. Preussen u. d. Thiring. Staaten, vol. VII, pag. 363, tav. VI, fig. 2. 1893. Lepidotus minor A. S. Woopwarp. On the cranial osteology of the mesozioie Ganoid Fishes Lepidotus and Dapedius. Proc. Zool. Soc. London, pag. 562, tav. XLIX, fig. 3. 1895. Lepidotus nvinor A. S. Woopwarp. Cat. of the foss. fishes in the Br. Mus., parte III, pag. 94, fig. 22. 1911. Lepidotus sp. G. D’Erasmo. ‘risultati ottenuti d. studio di ale. Actinopterigi del cale. cr. di Pietraroia ecc. Atti Soc. It. per il progr. d. Sc., IV R. (Napoli, Dic. 1910), pag. 799. 1912. Lepidotus minor F. Bassani e G. D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Vapo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie 3.8, tomo XVII, pag. 35, fig. 7 e 8 nel testo e tav. IV, fis. 7. i) A. WAGNER. Beitrige zur Kenntniss der in den lithographischen Schiefern abgelagerten urweltlichen Pische. Abhandl. d. II Cl. d. k. bay. Akad. d. Wiss., -Band VI, pag. 67, tav. IV, fig. 1. Miinchen, 1851. ? L. AGassiz. Rech. sur les poissons fossiles, vol. II, p. I, pag. 296, tav. L, fig. 6-8. 3 H. E. SauvaGe. Noticia sobre los peces de la Caliza litografica de la prov. de Lérida (Cataluna), pag. 9, tav. II, fig. 1. Mem. R. Acad. Ciencias y Artes de Barcelona, vol. IV, 1903. 4 Alla medesima tav. IV della Pa2., p. II, il Costa illustrò molti frammenti di Pietraroia senza importanza, fra cui varie squame di Lepidotus. bat i [55] G. D'ERASMO 83 Con i nomi di Lepidotus Maximiliani, L. minor, L. unguiculatus, e L. unguiculatus-minor il Costa de- scrisse alcuni avanzi di ossa, pinne, denti, e specialmente di squame, che, pur appartenendo tutti ! a questo genere, non permettono, per il loro stato troppo incompleto e per la conseguente scarsezza di dati di confronto, una sicura determinazione specifica. Tenendo conto infatti della stretta affinità che pre- sentano le squame di molte specie di Lepidotus e considerando |’ estrema variabilità della loro forma nelle diverse regioni del corpo, dapprima il BassanI e successivamente |’ autore del presente lavoro già conclusero che gli scarsi frammenti illustrati dal predetto naturalista, se dimostrano la presenza di que- sto genere nel giacimento di Pietraroia, non possono essere riferiti con certezza ad alcuna delle specie già note, nè meritano d’altra parte di essere considerati come rappresentanti di specie nuove perchè nes- suno di essi offre un complesso di caratteri che ne autorizzi la istituzione ?). Fortunatamente il Museo geologico di Napoli si è arricchito recentemente di altri due eseniplari (di cui uno è stato da me trovato a Pietraroia),i quali, benchè non siano completamente conservati, permet- tono di giungere ad una conclusione soddisfacente, eliminando le incertezze sulla specie ch’è rappresen- tata nella nostra ittiofauna. Li riproduco entrambi in grandezza naturale (Tav. X [VII], fig. 1; Tav. IX [VI], fig. 6), perchè si può dire che si completano a vicenda. Il primo (n. 3900 coll. Museo geol. Napoli) conserva la testa e la regione anteriore del tronco, ma in entrambe le parti manca del tratto inferiore, prossimo all’ orlo ventrale. L’ esemplare, notevolmente grande, doveva raggiungere una lunghezza complessiva di almeno 45 centimetri. La testa (fig. 16), alla quale per la troncatura della roccia è stata asportata, oltre alla parte vicina al margine inferiore, anche l’estremità anteriore del muso, misura insieme con l’ apparato opercolare una estensione di 102 millimetri. La sua altezza, dall’orlo superiore alla fine del subopercolo, è di 76 mil- limetri. Il profilo frontale descrive a livello dell’orbita una leggera curva, che nell’ esemplare appare più notevole per lo spostamento avvenuto di alcune ossa del lato sinistro, e poi scende rapidamente, con una linea quasi diritta, a costituire un muso piuttosto ristretto ed allungato. L’ orbita è subarrotondata, presso a poco ugualmente distante dai margini anteriore e superiore della testa ed ha un diametro mas- simo di 18 millimetri, corrispondente alla maggiore altezza del frontale nella sua parte posteriore. Que- st’ osso, di forma triangolare allungatissima, si estende per una lunghezza di cinque centimetri e mezzo ‘e si continua verso ]l’ estremo anteriore con un altro osso, pure robusto ma molto ristretto, che è |’ in- termascellare. Il suo margine posteriore è sinuoso in corrispondenza della sutura con il parietale, il su- periore arcuato posteriormente e diritto nella metà anteriore, l’ inferiore un po’ incavato in vicinanza dell’orbita. Fino al principio di questa, la superficie del frontale è liscia, mentre nella parte posteriore è cosparsa di granuli smaltati, arrotondati o ellittici, disposti disordinatamente, che si vanno man mano facendo più fitti e più rilevati verso 1’ indietro. Il parietale, molto sviluppato, ha nel complesso una ‘) Come risulta dal presente lavoro, altri due frammenti di Pietraroia, descritti dal Costa come appartenenti al gen. Lepidots, devono essere riferiti a generi diversi: Lepidotus exiguus Costa è uguale a Notagogus Pentlandi Ac. (vedi pag. 79 [51]) e Lepidotus oblongus Costa (non AG.) è una pinna codale di Hypsospordylus Bassani KRAMB. (vedi la descrizione di questa specie). Nella memoria: Su di un nuovo genere di pesce fossile (Mem. d. R. Acc. d. Se., vol. II, pag. 234. Napoli, 1857), lo stesso autore cita fra i pesci del medesimo giacimento anche un /.epidotus gigas AG., che non appare successivamente descritto in alcuna delle sue opere; deve verosimilmente trattarsi di una svista, perchè l’unico avanzo da lui illustrato con questo nome (Pal., p. I, in Atti Ace. Pont., vol. V, 1853, pag. 308, tav. VIII, fig. 3) appartiene a Colobodus ornatus AG. sp. e proviene dal Trias di Giffoni, nel Salernitano (F. BAssANI, La ittiofauna della Dolomia principale di Giffoni. Palaeontographia italica, vol. I, pag. 188. Pisa, 1895). 2) F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Loc. cit., pag. 237. — G. D' Erasmo. Risultati ottenuti dallo studio ecc. Loc. cit., pag. 799. 84 G. D’'ERASMO |56] forma grossolanamente quadrangolare, ma dei suoi lati è diritto soltanto quello superiore, giacchè il po- steriore e l’inferiore, rispettivamente confinanti con le ossa temporali e con lo squamoso, sono ondulati, e l’ anteriore, come ho detto precedentemente, è sinuoso. I granuli, circolari o un po’ allungati, ricoprono Fic. 16. Lepidotus minor AGASSIZ [grand. nat.]. [e2, clavicola; co, circumorbitali; fr, frontale; ix, intermascellare; 0p, opercolo; 03, orbita; pa, parietale pel, squama postelavicolare; pop, preopercolo; pi, post-temporale; sel, sopraclavicolare; so, sottorbitali; s0p, sottopercolo; sp, sfenoide; sg, squameso; st, sopratemporale.)] quasi uniformemente la sua superficie: sono soltanto un po’ più radi verso l’ estremo superiore e man- cano su di una zona assai ristretta, contigua al sopratemporale. Quest’osso, insieme col post-temporale sottostante, del quale ripete all’incirca la grandezza, la forma quadrilatera e l’ornamentazione, occupa meno della metà della superficie del parietale. Lo squamoso, pure coperto da eranuli, ha la parte su- periore alquanto infossata nella roccia, sicchè non mostra distintamente la sua forma; tuttavia non po- teva occupare una estensione notevole, limitato com’è posteriormente dal preopercolo, superiormente dal parietale e nei lati anteriore e inferiore dai piccoli circumorbitali. Di queste ossa la maggior parte è asportata: non rimangono che poche tracce, qua e là spostate, dalle quali si rileva come fossero pur esse cosparse dei soliti granuli lucenti. Sotto allo sfenoide, molto robusto, che corre tangente al mar- gine inferiore dell’ orbita, si osserva una serie di sei ossa quasi rettangolari, di cui quelle mediane sono le più strette, tutte più o meno ornate da granuli: sono evidentemente i sottorbitali. La parte infe- riore conservata della testa mostra gli avanzi delle ossa mascellari, molto estese e a superficie liscia, che non consentono peraltro, per il loro stato, una efficace descrizione. Dell’apparato opercolare sono conservati il preopercolo, l’opercolo e il sottopercolo ; 1’ interopercolo manca per la troncatura della roccia. Il preopercolo, lungo e stretto ma spesso, ha la superficie quasi completamente: liscia e solo percorsa nella parte superiore da poche e leggère strie verticali; l’opercolo, molto esteso, [57] G. D'PRASMO 8! misura 51 millimetri nella sua altezza e 27 nella massima larghezza, ha il margine anteriore quasi di- ritto, il posteriore arcuato, il superiore e l’inferiore obliqui in avanti e paralleli. Il sottopercolo, lungo e basso, falciforme, è fornito anteriormente di un lungo processo che va ad interporsi tra il preopercolo e l’opercolo, giungendo con la sua estremità quasi ai due quinti dell’altezza di questo. La superficie del- l’opercolo e del subopercolo presenta pure delle granulazioni, meno vistose peraltro di quelle che ornano le ossa della testa. La cintura toracica risulta di un sopraclavicolare, lungo poco meno di tre centimetri e largo otto millimetri, il quale si articola al post-temporale, e di una clavicola, pure molto robusta, che non è conservata fino all’estremo inferiore. La superficie di queste due ossa è perfettamente liscia. Poste- riormente alla clavicola si osserva una grossa squama post-clavicolare, col margine anteriore diritto e rile- vato e col posteriore arcuato e leggermente ondulato. Spezzata nella parte inferiore, essa misura nel tratto conservato un’altezza di trenta millimetri e una massima larghezza di nove. Nulla è conservato delle pinne. Mancando, per la rottura della roccia, oltre alla metà posteriore del corpo anche tutta la parte più vicina all’orlo ventrale, non è possibile determinare il numero delle file di squame che rivestivano il tronco. Le serie longitudinali parzialmente rimaste sono 21; in qualcuna di quelle anteriori, che sono le meno incom- plete, si contano 12 squame dall’orlo del dorso a quello conservato del ventre. e A Fic. 17. Lepidotus minor AGASSIZ. Squame della metà anteriore del tronco [grand. nat.]. [a, squame della sommità del dorso; d, squame sui fianchi (file anteriori); e, squame delle file superiori dorsali; d, squame della linea laterale.] Quasi tutte le squame hanno forma quadrilatera; però le loro proporzioni variano notevolmente nelle diverse regioni del corpo. Quelle che si trovano alla sommità del dorso, benchè in gran parte affondate nella roccia, si mostrano robuste e terminate in una punta acuta che si dirige verso l’indietro (fig. 17 @). Le squame che si trovano sui fianchi appaiono molto più alte che lunghe, ma messe completamente allo scoperto diventano a diametri quasi uguali; hanno il margine posteriore intero (nelle file posteriori) o con poche irregolari denticolazioni (nelle file anteriori, fig. 17 d). Quelle che costituiscono le prime cinque o sei file longitudinali dorsali sono nel tratto visibile presso a poco così alte che lunghe ed hanno in gran parte forma rombica (fig. 17 c). La linea laterale principale decorre sulla nona serie di squame, a contare dal dorso; queste sono caratterizzate dalla presenza di un foro, situato alla fine del terzo inferiore della Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 12 86 G. D’ERASMO [58] loro altezza, a poca distanza dall’orlo posteriore che si presenta intaccato in corrispondenza di esso (fig. 17 d). Tutte le squame hanno la superficie completamente liscia. L'altro esemplare, rappresentato dalla fig. 6 della Tav. IX [VI] (n° 938 coll. Museo geol. Napoli), con- serva una porzione del tratto posteriore del tronco (compreso fra la pinna dorsale e il pedicello codale), lungo circa dodici centimetri. Le squame, che coprono interamente il pezzo fossile, sono robuste, smaltate, disposte in serie oblique dall’avanti all’indietro. Esse presentano in generale la forma di parallelogramma; rombiche sono quelle che si trovano nella parte anteriore, :cioè a livello della dorsale, e nelle file longi- tudinali mediane della parte posteriore; più lunghe che alte quelle prossime al margine ventrale e al pe- dicello codale. Hanno la superficie perfettamente liscia, che mostrano spesso screpolata e rotta, special- mente verso l’apice posteriore: i margini sono interi, il superiore leggermente concavo, l’ inferiore diritto o poco convesso. Le squame più grandi del frammento hanno un’altezza di 6 e una lunghezza di 10 mil- limetri; una serie, che occupa il mezzo dell’altezza del tronco, ne mostra tre o quattro le quali presen- tano presso il centro delle piccole perforazioni e indicano il cammino della linea laterale. La pinna dorsale è preceduta da robusti fuleri, i quali nella parte anteriore facevano verosimilmente passaggio alle squame appuntate e prominenti della prima fila, che abbiamo già descritte nell’esemplare precedente. I pochi raggi (otto o nove) non hanno conservato l’estremità libera ed appaiono molto divisi. Fra gli altri numerosi avanzi di Lepidotus già studiati da O. G. Costa credo interessante’ riprodurre quello alla fig. 2 della Tav. X [VII] (n.° 939 coll. Museo geol. Napoli) sia perchè mostra un gruppo di squame della regione ventrale molto dislocate, dalle quali si può perciò rilevare lo sviluppo della parte anteriore, normalmente nascosta, e l’acuto prolungamento in cui essa si continua, sia perchè conserva gli avanzi di due o tre grosse squame, almeno doppie delle altre, che precedono la pinna anale. Di un altro frammento, che oltre a squame, ossa della testa e dell’apparato opercolare, fa vedere pure i denti, io aggiungo la fotografia di questi ultimi, nel doppio della grandezza naturale, per mostrare la loro forma cilindrica e ottusa e il lungo peduncolo che li porta (Tav. X [VII], fig. 3). In seguito a un minuzioso confronto istituito fra tutti i fossili predetti e gli altri ancora più incom- pleti esistenti nella collezione, posso stabilire che non vi sono assolutamente caratteri tali da tenere spe- cificamente separati i diversi avanzi di ZLepidotus di Pietraroia, e che quiudi essi rappresentano tutti una medesima specie. La determinazione di questa è stata resa possibile e facile dalla presenza del fossile che ho descritto per primo: basterà infatti confrontare i suoi caratteri con quelli di Lepidotus minor AG. per convincersi della loro assoluta identità. A detta specie, riscontrata nel Purbeckiano del Dorsetshire, dove è comune, ! nel Wealdiano della provincia di Hannover 2 e nel Cenomaniano di Castellammare ®, devono dunque essere ascritti i frammenti di Lepidotus della nostra ittiofauna. Questi presentano gene- ralmente dimensioni più grandi di quelle finora conosciute per il Lep. minor; in rapporto a tale statura dev'essere verosimilmente considerato lo sviluppo maggiore delle ornamentazioni delle ossa craniche offerto dall’ individuo alla Tav. X [VII], fig. 1. i L. AGassIz. Recherches sur les poissons fossiles (1833-43), vol. II, p. I, pag. 260, tav. XXXIV. 2 C. STRURCKMANN. Wealdenbild. Hannover (1880), pag. 86. — W. Branco, Beitrige zur Kenntniss der Gattung Lepidotus. Abhandl. geol. Specialk. v. Preussen u. d. Thiiring. Staaten, Band VII, Heft 4, pag. 368, tav. VI, fig. 1. Berlin, 1887. — A. S. Woopwarp. Cat., p. III (1895), pag. 96. 3) F. Bassani e G. D’ErAsMO. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. Soc. It. delle Scienze (detta dei XL), serie 3° , tomo XVII, pag. 215, tav. IV, fig. 7. (Finito di stampare il 2u luglio 1914). DOMENICO DEL CAMPANA LA LYCYAENA LUNENSIS N. SP. DELL'OSSARIO PLIOCENICO DI OLIVOLA (VAL DI MAGRA) (Tav. XI [I]). INTRODUZIONE Il Gen. Lycyaena Hens., al quale appartiene il fossile la cui illustrazione forma oggetto della pre- sente memoria, era rappresentato fino ad oggi da resti assai scarsi ed appartenenti, 1 più, alla mandi- bola o alla sua dentizione. i Due specie vengono attualmente riconosciute come appartenenti a questo genere, la Lycyaena Pomeli KauP e la Lycyaena macrostoma Lyn. i Per quel che riguarda la prima, della quale è sinonimo Lycyaena Choeretis GAaUDRY, essa visse esclu- sivamente durante il Miocene. Il primo a far conoscere i resti fossili di questa specie sarebbe stato, secondo lo ScgcosseR!, il KauP; il quale fino dal 1832, in un suo lavoro su alcuni Mammiferi fossili del Museo di Darmstadt, descrisse e figurò un M 1 inferiore di carnivoro, rinvenuto ad Eppelsheim, ch’egli riconobbe appartenente ad un genere del tutto nuovo e denominò Agnotherium, non senza notare, opportunamente, la somiglianza che passava tra di esso e il Gen. Canis. Più tardi (1861) questo medesimo dente, veniva auovamente indicato dal Kaup ? sotto la determi- nazione di Agnocion Pomeli. Lo ScHLoSssER, nell’esprimere l’opinione surriferita, osserva che le dimensioni di questo dente sono un po’ grandi, ma i caratteri morfologici di esso combinano esattamente col M 1 del Gen. Lycyaera. Relativamente poi ai resti della Lycyaena Choeretis descritti dal GauDRY essi appartengono tutti, ad eccezione di un ferino superiore isolato, alla mandibola inferiore ed alla sua dentizione, e provengono dai giacimenti miocenici di Pikermi. o Il Gaupry, che fece oggetto di varie sue note 3 l’illustrazione di questi resti, aveva già notato la i) ScHLosser M. Die Affen, Lemuren, Chiropteren, Insectivoren, Marsupialier, Creodonten und Carnivoren des Europàischen Tertizirs ecc., pag. 26,27 e 32,33. Wien 1890. °) Kaup I. I. Beitrùge zur néihern Kenntniss der urweltlichen Saugethizre; funftes Heft, pag. 16, tav. II, fig. 3. Darmstadt und Leipzig, 1861. % GauDRY A. et Larrer. Comptes rendus de l’ Académie des Sciences, vol. XLIII, séance du 4 Aoùt 1856; — GauprY A. Ibid., vol. LII, séance du 15 Avril 1861; — Ip. Note sur les carnassiers fossiles de Pikermi (Grèce). Bul- letin de la Société géologique de France, serie 2.9, vol. XVIII, pag. 527, tav. X, XI, séance du 22 Avril 1861; — Ip. Animaux fossiles et Geéologie de l’Attique, pag. 92, tav. XV, fig. 1-5. Paris, 1862. 88 D. DEL CAMPANA [2] somiglianza col Gen. Hyaena; ma osservava in pari tempo che si era molto probabilmente in presenza di un tipo nuovo di carnivoro, come lasciavano prevedere i premolari allungati, stretti e distanziati tra di loro, caratteri tutti che non si ritrovano nel Gen. Hyaena !). Più copiose sono all’opposto le notizie che si hanno intorno alla seconda specie di Lycyaera, ricor- data sopra, cioè la ZLycyaena macrostoma LyDp. I resti fossili di questa forma, illustrati in due diversi lavori dal LyDEKKER ?, provengono, anzichè dal Miocene, dai giacimenti pliocenici dell’India inglese, ed hanno, benchè scarsi, un’ importanza grandis- sima per la conoscenza del genere in questione; del quale ci hanno fatto apprezzare non solo i carat- teri morfologici della mandibola e della sua dentizione, ma anche quelli assai più importanti del cranio e della dentizione della mascella superiore. Avremo luogo nel corso del presente studio di fermarci sui caratteri della Zycyaena macrostoma LyD.; per ora può bastare questa rapida rassegna da noi fatta sulle diverse specie del Gen. Lycyaena, per darci un'idea della scarsezza dei resti a questo riferiti sino ad oggi. | Penso per ciò che abbia a riuscire di qualche interesse per gli studiosi, l’illustrazione di un cranio di Lycyaena, proveniente dall’ossario pliocenico di Olivola in Val di Magra già noto per aver dato abbon- danti ed importanti resti fossili di altri vertebrati ?. La specie cui appartiene questo cranio non ha però le medesime caratteristiche della specie indiana, come vedremo nel corso della presente memoria, ma se ne diversifica per molti particolari assai spiccata- mente. Ho quindi creduto di potere con tutta sicurezza adottare per il cranio di Olivola il nuovo nome specifico di Lycyaena lunensis. Non ho ritenuto affatto inutile, essendosi presentata favorevole l’occasione, di confrontare largamente il fossile da me studiato con vari crani di Jene fossili, plioceniche e quaternarie, non che delle due specie principali di Jene viventi, Hyaena striatà Zimm. e Hyaena crocuta ErxLEeB. Anche le osservazioni fatte su crani dei generi Canis e Lycaon hanno facilitato assai il mio studio, servendo a renderlo più com- pleto. L'elenco delle specie delle quali ho potuto esaminare il cranio è il seguente. Gen. Hyaena 1. Hyaena robusta WertA. — Pliocene — San Mezzano (Valdarno superiore). 2. Hyaena spelaca Goro. — Quaternario — Cucigliana (Pisa). 3Ì id. id. Bastière (Belgio). Modello in gesso del Museo di Bruxelles. a . Hyaena striata Zrmm. India inglese. id. Località ignota. 6. Hyaena crocuta ErxLEB. 9 Setit (Eritrea). To id. Località ignota. Gen. Lycaon 8. Lycaon pictus Temm. 9? Setit (Eritrea). Gen. Canis 9. Canis lupus Linn. Russia. (Sii i) GaupbRY A. Animaux fossiles, pag. 94. 2) LyvpEKKER R. Indian Tertiary and post-tertiary vertebrata Siwalik and Narbada Carnivora. Palaeontologia Im- dica, ser. X, vol. Il, Part 6, pag. 298, tav. XXXVI, fig. 2; tav. XXXVII, fig. 1, 2; tav. XXXVIII, fig. 4; tav. XXXIX, fig. 6. Calcutta, 1884; — Ip. On a collection of Mammalian Bones from Mongolia. Records of the Geological Survey of India, vol. XXIV, Part. 4, novembre 1891, pag. 208. 3 ForsyrH Mayor ©. I. L’Ossario di Olivola in Val di Magra (Provincia di Massa Carrara). Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Processi verbali, vol. VII, pag. 57. Adunanza 2 marzo 1890. [3] D. DEL CAMPANA 89 Di questa serie i numeri 1-3 appartengono alle Collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia del R. Istituto di Studi superiori in Firenze; mentre i numeri 6-8 appartengono alla Collezione generale dei vertebrati del Museo Zoologico del medesimo Istituto, dal cui direttore vennero gentilmente messi a mia disposizione. Il cranio posto sotto il numero 5 mi venne favorito dal sig. EnRIco BercIGLI Conservatore nel Museo di Geologia di Firenze; finalmente sono di mia proprietà i crani indicati ai numeri 4 e 9. DESCRIZIONE DEL CRANIO. Inizio il mio studio colla descrizione del cranio. In seguito a rotture, sopravvenute con molta probabilità nell’atto della escavazione, la cassa cefalica è scomparsa in buona parte, come sono andate perdute le due arcate zigomatiche. Sicchè le ossa ancora conservate appartengono più specialmente alla regione anteriore del cranio, o meglio alle regioni fron- tale, faciale e palatina. Le ossa che formano la cavità orbitale sono nella loro totalità o rotte, o mancanti. Inoltre anche nelle regioni frontale e faciale le ossa sono prive di alcune loro parti importanti. Infatti i frontali sono ambedue rotti in corrispondenza delle apofisi post-orbitarie, come sono pure mal conser- vati, nella loro parte anteriore, anche i premascellari. Relativamente alle suture, salvo quelle più importanti della regione faciale, le altre mancano in buona parte ; 0, se esistono, sono così poco conservate, che non offrono modo di far su di esse nessuna osserva- zione dettagliata e sicura. Quanto alla dentatura del cranio oggetto del nostro studio, questa manca del tutto sui premascellari e sul mascellare destro. Su questo rimane in posto solo la parte basale della corona del Pm 4, i cui caratteri vengono così ad essere del tutto sconosciuti. All’opposto sul mascellare sinistro si trovano, ancora in posto e ben conservati, Pm 2, Pm 3, e la parte anteriore di Pm 4. La corona di questi denti, sebbene cominciata ad usare, non ha perduto alcuno dei suoi caratteri morfologici; e mentre ci rivela che il cranio di Olivola appartenne ad un individuo adulto, sebbene non troppo vecchio, ci fornisce al tempo stesso delle nuove cognizioni sul sistema den- tario del Gen. Lycyaena. Esaurita così la descrizione sommaria del fossile, prima di vederne e di discuterne i particolari carat- teri morfologici, possiamo notare che nessun dubbio può esservi circa il riferimento di esso al Gen. Lycyaena Hrxs. La conformazione del palato e quindi anche del muso, più stretto e più lungo che nel Gen. Hyaena, l’orbita relativamente larga, i nasali allungati, i premascellari che non raggiungono, come nelle Jene, i frontali, ma che ne sono separati da un certo intervallo; gli alveoli dei denti della mascella, disposti quasi secondo una linea retta, contrariamente a ciò che si vede nel Gen. Hyaena; e finalmente le corone dei premolari ristrettite ed allungate, sono tutti caratteri che si trovano nel cranio di Olivola, come già li ebbe a notare il LypegkeR nel cranio da lui descritto di Lycyaena macrostoma Lwp.; sicchè valgono a togliere qualunque dubbio sul riferimento generico del fossile che è oggetto di questo studio. Resta ora a vedere se la Lycyaena vissuta durante il Pliocene in Val di Magra sia da considerarsi specificamente identica alla Lycyaena macrostoma Lyp. dell’India inglese, ciò che mi prefiggo di fare colle osservazioni che seguiranno. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 13 90 D. DEL CAMPANA |4] Caratteri morfologici del cranio. Frontali. — Ho già accennato allo stato di non buona conservazione di queste ossa. Dall’ esame del loro insieme sembra di poter dire ch’esse sono quasi al completo per ciò che riguarda la parte su- periore e che la linea di rottura del cranio segna, almeno in parte, la linea di sutura tra i frontali e i parietali. Il LyDEKKER, a proposito della Lycyaena macrostoma Lyp., nota sulla faccia posteriore del cranio il leggero sviluppo della cresta sagittale ed osserva opportunamente che questo carattere si ha nel Gen. Hyaena, soltanto allo stato giovanile. Noi non possiamo, per le ragioni espresse sopra, ripetere tale osservazione per la Lycyaena lunensis n. sp; ma il fatto che in questa la curva frontale si presenta menomamente rilevata, mentre nella specie indiana il rilievo di detta curva è piuttosto sentito, ci sembra autorizzi a ritenere con buon fondamento che nella specie italiana le curve frontali, fondendosi insieme, dovevano dar luogo ad una cresta sagit- tale ancor meno sviluppata che nella Lycyaena macrostoma Lyp. Nessuna particolare osservazione possiamo fare sulla sutura medio-frontale, nelle due forme di Lyoyaena poste a raffronto, perchè nella Lycyaena macrostoma Lyp., questa sutura è nella metà anteriore mancante. Nella Lycyaena di Olivola resta invece visibile nel tratto anteriore, ove ha un percorso sinuoso; carat- tere che io ritengo non sia da attribuirsi alla leggera compressione che il cranio ha subìto in quel punto. Infatti, esaminando un cranio di Hyaena crocuta ErxLEB. (9 Setit-Eritrea) ancor giovane, come si ricava dalle suture ancora largamente aperte e dallo strato corticale delle ossa non ancora solidificato, trovo che la sutura medio-frontale ha nel medesimo tratto. il medesimo carattere; il quale non si nota invece sui crani di Jene più vecchie, viventi e fossili da me avuti a disposizione. La fossa frontale è presente nella Lycyaena lunensis n. sp. come nella Lycyaena macrostoma LyD., ma in questa, a giudicare almeno dalla figura del cranio data dal LyDEKKER, poichè la descrizione ci manca, sembra fosse assai più breve. Portando ora la nostra osservazione sulla metà anteriore dei frontali, possiamo osservare che sebbene le apofisi postorbitarie manchino nel cranio di Olivola, non di meno ciò che delle cavità orbitarie ri- mane ancora conservato, dimostra che dette apofisi erano spostate più indietro, forse anche meno espanse che nella Lycyaena macrostoma Lvp. Tal particolare induce, come conseguenza, forma e proporzioni diverse nella cavità orbitaria delle due specie poste a confronto; essendo essa nella Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola più allungata, in pro- porzione della grandezza, ed anche più dilatata. E giacchè ho accennato ai caratteri morfologici della cavità orbitaria, debbo fare menzione di un altro particolare che ho riscontrato nella Lycyaerna di Olivola; cioè di quel rilievo, a modo di cresta, che si origina nella cavità orbitaria sopra alla apertura posteriore del foro infraorbitario, con direzione verso il foro ottico. Ora questo rilievo, non ostante il grado di deficiente conservazione, si nota nella Lycyaena lunensis n. sp. assai più accentuato che nei crani di Jena viventi e fossili avuti a disposizione. Nella Lycyaena macrostoma Lyp., non avendo il LypEKkER fatto nessun cenno particolare di questo carattere, nè potendolo io esaminare neppure sulle figure illustrative, aggiunte da questo autore alla sua memoria, resta impossibile qualunque confronto. L’osso malare non essendo nel cranio di Olivola conservato che in piccola parte, non posso dare alcuna dimensione della cavità orbitaria. [5] D. DEL CAMPANA 91 Noto invece che a formarne il margine superiore’ anteriore concorre quasi unicamente il frontale. Questo carattere manca non solo nella Lycyaena macrostoma Lyp., ma anche nelle Jene, mentre è sempre presente nei Cani, ad onta delle varianti specifiche o individuali. Molto meno espanso si presenta, invece, nella Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola, il prolungamento del frontale tra i nasali ed i mascellari; sicchè queste ossa, oltre a trovarsi tra di loro in diversi rapporti, viene ad essere notevolmente diversa anche la linea di sutura che le unisce. Ciò del resto si può apprezzare ancor meglio esaminando le figure da me appositamente date. Mascellari. Queste ossa, salvo alcune leggere rotture subìte lungo il margine inferiore, si notano nel cranio di Olivola quasi completamente conservate, sicchè si prestano a confronti abbastanza esatti colle ossa omologhe della Lycyaena macrostoma Lxp. Già nell’esaminare i caratteri morfologici dei frontali ho indirettamente avuto luogo di notare alcune differenze tra i mascellari della forma italiana e quelli della forma indiana. Aggiungo ora che nella prima di queste essi appaiono proporzionalmente .meno svilup- pati in direzione antero-posteriore, ed anche un po’ più rigonfi. Nella Lycyaena macrostoma Lvp. infatti, in corrispondenza del Pm 1, i mascellari si restringono; carattere questo già indicato dal LyvDEKKER, quando osserva che gli alveoli dei denti mascellari formano quasi una linea retta, Nella Lycyaena di Olivola, al contrario, questo particolare è molto meno accentuato, sicchè il muso viene ad aver l'estremità più ingrossata che nella specie del LyDEKKER. Nasali. — Nella Lycyaena macrostoma Lx. queste ossa, salvo la maggiore lunghezza, non offrono differenze morfologiche notevoli dai nasali del Gen. Ayaena. Come in questo hanno l’estremità posteriore marcatamente ristretta; e come nella maggior parte di que- Ste il nasale sinistro è più prolungato verso l’indietro del nasale destro. Nella Lycyaena lunensis n. sp., come si vedrà dalle figure e dalla tavola di dimensioni ch’io darò tra poco, le ossa nasali sono proporzionalmente più corte e più larghe che nella Zycyaena macrostoma Lxp. Inoltre, andando dall’innanzi all'indietro, si mantengono sempre slargate e vanno a terminare con un contorno ricurvo che manca non solo nei nasali della Lycyaena macrostoma Lyp. ma anche, come già ac- cenavo, in quelli delle Jene viventi e fossili di cui ho potuto esaminare i crani. Invece è singolare il fatto che se io esamino i nasali in un cranio di Lycaon pictus Temu., la somi- glianza coi nasali della Lycyaena lunensis n. sp. appare notevole; non ostante che nel primo questi ab- biano l'estremità posteriori ravvicinate insieme, mentre nella Zycyaena di Olivola esse sono invece ben distinte l’una dall’altra. Do ora una tabella di misure relative alle ossa nasali ed alla lunghezza della volta palatina nelle due forme di Lycyaena sin qui ricordate, ed in varie altre specie di Hyaena fossili e viventi. Avremo così modo di controllare le osservazioni già fatte, aggiungendovene altre; e potremo anche apprezzare la diversa proporzione dei nasali nelle varie specie poste a confronto. 92 D. DEL CAMPANA [6] Fic. 1 Fi. 2 Lycyaena macrostoma LyD. Lycyaena lunensis n. sp. FI. 3 FIG. 4 Fi 5 Hyaena striata ZIiMm. Hyaena crocuta ERXLEB. Lycaon pictus TeMmmM. o [7] D., DEL CAMPANA 93 Ù s Ot E fù Le! . e [ei C7) i RC : È È È E E E |A z d Di È Y RON No 5 ci È i È n CM: = [LS E 2 fa A 4 7) ao 0 sN (SIR Sea ene 5 SER IST NZAA aaa sz 0515 El tie NCAA NCIVCIA e E e a da cala e De ER piso |c2l ce Mosca fel) VSC ESE e CAN Pic Ne Mei ISS Goa | E) ® [e SA PESO OI RICADE II, ES DIA MRS ah MES Resi Neal ita Aa a EEE EDEN ee (Grease Le O SQ|z=|ia|z0|#& s0|f2|58 e] e) [se] sol cel [co] [nel ay 2) IA RS BLRATAA HE Ual L Lunghezza massima dei nasali . . . . . . mm. 67 10 76% 66 — 62 60 50 | 60 Lunghezza minima dei nasali . . ./... >» 50 d1.8| 51.5*%| 45 40 43.5| 42 33.8) 42.8 Lunghezza massima dei nasali presi insieme . » 28 19.1] 32* 28 _ 19 20 20 | 25 Lunghezza della volta palatina... ... >» 123. | 126 |126 .— | 113.3) 107 100 |105 107 Innanzi di procedere all’esame di queste dimensioni è bene notare che le cifre segnate con asterisco indicano che le dimensioni, per difetto di conservazione, sono state date colla maggiore possibile appros- simazione. Aggiungo che la lunghezza minima dei nasali corrisponde al diametro interno del LyDEKKER, le cui misure, espresse in pollici inglesi, ho riportato ridotte in millimetri. Alcune dimensioni da me date per la Lycyaena macrostoma Lyb. mancano nello studio del LyDEKKER, € cioè la lunghezza e la larghezza massima dei nasali; io ho ottenuto tali cifre dopo aver trovato il rap- porto tra la lunghezza minima effettiva (diametro interno del LypekkeR) e la lunghezza che risulta mi- surando direttamente sulla figura. Ritengo per ciò che le cifre da me date abbiano ad essere, se non identiche, almeno sensibilmente vicine alle cifre reali. Prendendo ora ad esaminare le misure date, possiamo riconoscere che se si confronta la Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola colla Lycyaena macrostoma Lyp., si vede che questa ultima ha, come sopra ac- cennavo, i nasali meno accorciti; onde il muso in questa specie viene proporzionalmente ad allungarsi più che nel fossile oggetto del nostro studio. Questa diversità appare poi enorme se, invece del cranio di Olivola, si prendono come termini di confronto le diverse forme di Hyaena pliocenica o quaternaria. In queste i nasali corti e piuttosto larghi alla loro estremità anteriore, insieme alla volta palatina, proporzionatamente breve, dànno luogo al muso tozzo e corto, così caratteristico del Gen. Hyaena e che nelle forme plioceniche è più spiccato che nelle forme quaternarie. Nelle Jene viventi il muso tende leggermente a distendersi, ma sebbene i nasali sieno più ristretti ed allungati che nelle quaternarie, non di meno sono sempr@ ben lontani dal presentare i caratteri che si riscontrano nel Gen. Lycyaena. Concludendo dunque, possiamo affermare che la Lycyaena di Olivola si diversifica dalla Lycyaena macrostoma Lyp. per nasali di forma e di proporzioni diverse, quindi per avere il muso meno allungato ; venendo in tal modo a stabilire, sotto tal riguardo, un termine intermedio tra la Lycyaena macrostoma Lyp. ed il Gen. Hyaena. 9d D. DEL CAMPANA [8] Premascellari. — Nel dare la descrizione sommaria del cranio di Olivola, ho già avuto luogo di notare come anche in esso, del pari che nel cranio della Lycyaena macrostoma Lvp., i premascellari non raggiungono i frontali, ma ne restano separati da un certo intervallo; ed ho aggiunto che tal parti- colare anatomico manca affatto nelle Jene, ove i premascellari ed i frontali vengono a toccarsi colle loro estremità. Debbo ora notare che dall'esame condotto sui diversi crani di Jene fossili e viventi, mi resulterebbe che questo particolare, mentre è costante negli individui giunti ormai a completo sviluppo, nei giovani invece manca. Infatti nel cranio di Hyaena crocuta ERXLEB. ancora giovine, già ricordato nel dare la de- scrizione dei frontali, l’estremità anteriore di questi è separata nettamente per un intervallo di mm. 8 dalla estremità posteriore dei premascellari. Sembrerebbe dunque di poter concludere, una volta di più, che nel genere Zycyaena persistono, anche allo stato di completo sviluppo, caratteri che nel genere Hyaena sono solo giovanili. Tornando ora al cranio dalla Lycyaerna di Olivola, se i premascellari sono nella loro regione anteriore in parte rotti o abrasi e in minor parte mancanti, nel loro tratto posteriore essendo invece completa- mente conservati, permettono non solo di verificare la presenza del particolare anatomico di cui stiamo occupandoci, ma dànno altresì luogo di stabilire dei confronti importanti colla Lycyaena macrostoma Lxp. La distanza che intercede in questa specie tra l’estremità dei premascellari e quella dei frontali, ri- sulta, riducendo debitamente la misura data dal LyDEKkER, di mm. 12,6. Al contrario nella Lycyaena di Olivola questa cifra è di mm. 20; il che vale quanto dire che nella nostra forma i premascellari si spingono ancor meno verso l’indietro che nella forma indiana. Il LyDEKKER, non avendoci dato nessun altro carattere morfologico, o misura, di queste ossa, occorre eseguire i confronti direttamente sulla figura da lui data del cranio di Lycyaena macrostoma Lyn. Possiamo pertanto notare che mentre in quest’ultima specie la sutura tra i premascellari ed i mascel- lari è rappresentata da una linea sinuosa, questo carattere manca nel cranio di Olivola; nè tal circo- stanza sembra dovuta a difetto di conservazione, onde i particolari della sutura ricordata ne sieno rima- sti alterati. Tenuto conto inoltre anche del fatto che nella Zycyaena di Olivola i premascellari, e specialmente il destro, hanno la parte anteriore mal conservata, sembra si possa tuttavia asserire che essi erano non soltanto più distanziati tra di loro (carattere questo causato in parte dalla maggiore larghezza dei nasali), ma si sviluppavano di più nella loro regione anteriore, dando luogo ad un osso incisivo più slargato ed espanso. i Conseguenza diretta di tutti questi caratteri, che non si osservano ugualmente nella Lycyaena macrostoma Lyp., è una apertura nasale diversa nelle due forme poste a raffronto. Il LyDEKKER osserva per la sua specie che l’apertura nasale è, in paragone del Gen. Hyaena, ovale e relativamente larga; per la Lycyaena lunensis n. sp. questi caratteri fondamentali non mancano, ma la larghezza sembra predominare sulla lunghezza, sicchè il muso ha l’estremità meno ristretta che nella forma indiana. È Ossa del palato. — Queste ossa si trovano nel cranio di Olivola completamente conservate, insieme ai mascellari e menomamente alterate dalla.fossilizzazione, quindi i caratteri della volta palatina rimangono facilmente apprezzabili. Osserva il LyDEKKER, a proposito della sua Lycyaena macrostoma, che il lembo libero posteriore del pa- lato, differisce da quello di ogni altra specie di Jena, perchè in questo genere esso descrive la figura regolare di un U. Al contrario nella Lycyaena macrostoma Lyn. il centro del lembo posteriore del palato descrive I [cei ut [9] ; D. DEL CAMPANA una linea retta, all'estremità della quale si partono i lembi laterali delle narici posteriori, formando quasi un angolo retto, e continuano poi verso gli pterigoidi notevolmente inclinandosi verso l'interno. Questi caratteri che allontanano il Gen. Lycyaena dalle Jene, per avvicinarlo invece ai Cani, si riscontrano, sebbene un poco meno accentuati, anche nel cranio di Olivola; il quale se genericamente viene a mostrarsi identico al cranio dell’India, specificamente però se ne presenta diverso e costituisce un termine di trasizione tra le forme tipiche del Gen. Lycyaena e quelle del Gen. HMyaena. A proposito del quale ultimo ho da aggiungere che la configurazione regolare ad U del margine pa- latino posteriore osservato dal LybEKKER, in alcuni casi si modifica notevolmente, secondo le mie osserva- zioni, e nei crani di Jene ormai vecchie questa curva non soltanto si accentua, ma si converte in un vero e proprio angolo il cui vertice corrisponde alla posizione che nel cranio del gen. Camis, occupa la spina palatina posteriore. Ho voluto osservare i caratteri in parola anche nel cranio di Lyeaon pictus Temm., ed ho trovato che essi, tranne la presenza della spina palatina, si uniformano ai caratteri riscontrati nel Gen. Lycyaena. Ci resta ora da istituire il confronto tra i caratteri della volta palatina del cranio di Olivola e quelli della Zycyaena macrostoma Lyvp. Riporto intanto alcune dimensioni le quali serviranno a render più complete le osservazioni che stiamo per fare; avvertendo che le cifre segnate con asterisco indicano, al solito, che la misura è solo appros- simativa; e che quelle ricavate dal LypEKKER sono state ridotte in millimetri dalla misura inglese. i d O, fa fe Epi RCS È : a = 2 ‘n Si = i 2 | S as 8 & 5 S n m Se E ò Sn E E 4 E tri e E © Ci05 N E NES INNS SS Gi E è a 30 E © © i © Go è = O = ID Gm E 2 35 E Se i a ROS a E sE ea rà © ou RA E 0 TIRO Ca e ZU Ea Ein= ti 8 aa È S| SA AE sw ARR , 2 = = Si © £ EN CE CINES ce è e Ce SSR SIE s 2 CIC 2 3 © e lE © 3 sE Larghezza del Palato: | | ‘ in corrispondenza di Pn 4 mm SONDA MSI 1054 98 70 (1152, 7.8 89.5 | | in corrispondenza di Pm 3. » 60 | 63.5 89.5 | (9 _ 60. 3 59 59 | 76 | | | ; È E (Fog | on E9A ‘ | dietro al Canino . . . . > 45 |38.5 — di _ dI.I 36.4 38 40 | | | | | | | | in corrispondenza del Canino » METE 44.5 | 37 _ 30 29 29.5 30.5 | | | | Lunghezza della volta palatina » 123* | 126 120,0. 113.3 | 107 100 106 | 107 | Le misure che precedono confermano ciò che abbiamo avuto luogo di osservare più volte nel corso di questo studio, intorno alla conformazione del muso nella Lyeyaena lunensis n. sp. In questa il palato va restringendosi lentamente verso il bordo anteriore dei premascellari, e dà luogo ad un muso allungato come nella Lycyaena macrostoma Lyp., ma meno assottigliato alla estremità; ed è questa la ragione per cui nella Lycyaena italiana la linea lungo la quale son disposti i denti è ancor più vicina alla retta che nella Lycyuena macrostoma Lvp. 96 D. DEL CAMPANA 2 [Lia] Ho aggiunto nella Tabella delle dimensioni anche alcune misure relative al Gen. Hyaena, le quali ser- vono a riconfermare sempre più la presenza in questo genere dei caratteri differenziali riscontrati già dal LYDEKKER. Prima di lasciare l’esame dei caratteri morfologici del cranio, non sarà privo di importanza l’osservare alcuni altri particolari che si apprezzano facilmente sulla faccia inferiore di esso e più specialmente nella regione posteriore. Noto intanto la quasi completa conservazione del presfenoide, il quale, a giudicare da quanto si vede, accenna ad avere una forma diversa da quella che ha nelle Jene viventi. In queste infatti, come ho veduto nel cranio di Hyaena striata Zimm. dell’India, l’osso in parola, verso la metà del suo percorso, si slarga a modo di triangolo isoscele colla base rivolta in avanti. Invece nel cranio ancor giovane di Hyaera crocuta ErxLEB. dell’Eritrea (Setit), l'espansione del presfe- noide è assai meno visibile e la larghezza dell’osso, oltre ad esser maggiore, si mantiene anche quasi uniforme in tutta la lunghezza. Ora il presfenoide della Lycyaena lunensis n. sp. mentre presenta quest’ultimo carattere morfologico, porta da ciascun lato, verso la metà della sua lunghezza, due ramificazioni volte all’innanzi. Di queste ramificazioni soltanto quella di destra si presta ad essere esaminata ed appare assai al- lungata e relativamente slargata. E Sotto questo punto di vista quindi, il presfenoide della Zycyaena di Olivola ricorda, in parte, i ca- ratteri dell’osso omologo che si osservano, con certa frequenza, sebbene meno marcati, nei Cani propria- mente detti. Il cranio di Lycyaena macrostoma Lyp., descritto e figurato da LyDEKKER, non presenta visibile il pre- sfenoide, forse per obliterazione delle suture. Insieme al presfenoide si trova completamente conservato nel cranio Olivola il basisfenoide. Nulla però Vv è da osservare, nei caratteri morfologici di questo, di sostanzialmente diverso da quanto si nota nelle Jene e nei Cani. Piuttosto merita di venire segnalato il diverso sviluppo che gli pterigoidi assumono nel Gen. Lyceyaena, in confronto col Gen. Hyaera. Se noi osserviamo queste ossa nel Gen. Hyaera, si vede che esse si arrestano colle loro espansioni la- terali presso a poco a metà della lunghezza del basi-occipitale. Se però tra le Jene prendiamo come termini di confronto i crani di Hyaena crocuta ERXLEB., e segnatamente quello ancor giovane, più volte citato, di Setit nell’Eritrea, troviamo che le espansioni laterali degli pte- rigoidi si spingono un poco all’indietro, divaricandosi poi verso l’esterno, in corrispondenza delle bolle tim- paniche; ove, gradatamente declinando, vengono ad arrestarsi, e più precisamente presso i due fori lacero- medio ed ovale. Ora tutti questi particolari si notano ancor più accentuati nella Lycyaena lunensis n. sp. ove gli pte- rigoidi si continuano, sia pure degradando lentamente, sino a toccare la base dei processi zigomatici, ossia fino alle fosse glenoidi. y Queste, a loro volta, vengono ad esser notevolmente spostate verso l’interno dinanzi allo spazio che, nel cranio allo stato completo, era, con probabilità, occupato dalle bolle timpaniche. Tuttociò autorizza pertanto a ritenere che, nella sua parte posteriore, il cranio della Lycyaera di Olivola era assai meno slargato che non quello delle Jene, ed aveva inoltre le arcate zigomatiche assai meno spor- genti. Nulla riferisce il LyDEKKER intorno a questi particolari morfologici nella sua Zycyaena macrostoma. Però, [11] D. DEL CAMPANA 97 giudicando dalle figure che di questa specie ha dato l’autore ora ricordato, sembra di potere affermare che, non ostante il difetto di conservazione, tali caratteri si ripetono pure, sebbene meno accentuati, anche nella Zycyaena indiana, Ho voluto esaminare i caratteri dei quali ci siamo occupati fin qui, anche in crani di Uanis e di Lycaon, generi coi quali il Gen. Lycyaena può offrire, come abbiamo visto altrove, qualche affinità. Ma in nes- suno dei due ho trovato alcun particolare che ricordi, sia pure da lontano, i caratteri già osservati nel cranio della Lyeyaerna di Olivola. Caratteri della dentizione. Esaminati i caratteri morfologici del cranio della Lycyaena lunensis n. sp., ci resta ora a vederne i particolari della dentizione. La formula dentaria del Gen. Lycyaena, quale si è potuta ricavare dagli scarsi resti fossili fin qui Fole4all Go atto della mascella superiore, al quale riguardo possiamo dire che la Lycyaena lumensis n. sp. presenta la medesima formula della Lycyaena macrostoma Ly. Se dunque possiamo tener conto di quanto ci mostrano i due crani fino ad oggi noti del gen. Lycyaena, un importante carattere differenziale verrebbe ad essere riconfermato relativamente ai premolari, tra il genere ricordato ora e il Gen. Hyaera; ove il numero di questi denti, tanto superiori che inferiori, varia, a seconda della specie, da tre a quattro, mentre è costante (quattro) nella Lycyaena. Ciò che di questa rimane conservato ho già notato in principio del presente studio, sicchè non mi resta noti, è la seguente: . L'interesse del nostro studio ci porta a considerare solo la dentizione che passar subito ai confronti. Il LywexkeR ha osservato a proposito della sua Lycyaena macrostoma, che gli incisivi occupano uno spazio minore relativamente ad altre specie di Jene fossili, pure indiane, da lui già descritte, e ciò per le dimensioni ridotte del terzo incisivo ”. Nella Lycyaena di Olivola non si può, per difetto di conservazione dell’ osso incisivo, osservare con esattezza questo particolare. Tuttavia per le considerazioni che già abbiamo fatto intorno alla forma più tozza che assume l’estremità del muso, sembra si possa ritenere che la Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola si differenziava in questo carattere dalla Lycyaena macrostonia LyD., per accostarsi invece alle Jene. Dei canini, tanto nella Lycyaena macrostoma Lyp., quanto in quella di Olivola, non sono conservati che gli alveoli. A proposito della specie indiana il LyDEKKER nota che questi denti dovevano essere relativamente grandi, mentre i loro alveoli erano inclinati verso l’infuori in modo non comune. Nella Lycyaena lumensis n. sp. si ripetono questi medesimi caratteri, colla differenza però che i ca- nini erano, a giudicare dagli alveoli, proporzionalmente un poco più ridotti e separati dalla serie degli incisivi per un più breve intervallo. Relativamente alle Jene, ho potuto osservare che la Hyaena striata ERXLEB. si avvicina assai, pei ca- ratteri in parola, al Gen. Lycyaena. Al contrario la Hyaena crocuta Ziuw. ha gli alveoli meno sporgenti infuori e quindi i canini impian- tati meno obliquamente. 1) Questo particolare si riscontra pure, secondo le mie osservazioni, anche nelle Jene viventi. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 4 98 D. DEL CAMPANA [12] Le Jene fossili, anche tenuto conto dei difetti di conservazione presentati dai crani che io ho avuto in esame, ripetono i caratteri della Hyaena crocuta ERxLEB. Per ciò che riguarda in generale i premolari nella Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola, ho già osservato come essi si trovino situati sul bordo inferiore del mascellare, lungo una linea che si presenta leggermente sinuosa, in corrispondenza del canino e del Pm 1, carattere questo il quale tiene nettamente distinto il cranio da noi studiato non solo dal Gen. Hyaera, ma anche dalla Lycyaena macrostoma Lv. Un'altra differenza assai notevole è data dalla disposizione dei premolari gli uni rispetto agli altri; i quali sono nella Lycyaera lunensis n. sp. di Olivola intimamente avvicinati, sovrapposti anche tra di loro, contrariamente a quanto si osserva nella Lycyaena indiana. Avrò del resto luogo di occuparmi più minutamente di tal particolare, nel dare la descrizione dei singoli denti come mi accingo a fare. Esaminando nel cranio di quest’ultima specie figurato da LyDEKKER l’alveolo del Pm 1, si osserva che questo dente, oltre ad avere dimensioni relativamente ridotte, era separato per un notevole intervallo tanto dal canino, quanto dal Pm 1. Nella Lycyaena di Olivola, al contrario, esiste unicamente un piccolo intervallo tra il canino e Pm 1; il quale viene così ad essere molto vicino al Pm 2. Occorre poi notare che sebbene nelle due forme di Lycyaera poste a confronto, l’alveolo di Pm 1 abbia sezione sub-ovale, nella forma indiana il diametro maggiore di esso alveolo si trova disposto quasi pa- rallelo al bordo esterno del mascellare, mentre nella Lycyaena di Olivola l’alveolo ha posizione marcata- mente obliqua verso l’interno. Nel Gen. Hyaena i caratteri ora ricordati mancano completamente. Il Pm 1, oltre ad essere ravvicinato al canino ed al Pm 2, ha in generale la corona con base a sezione più o meno regolarmente cilindrica, quindi con forma più massiccia, e perciò anche con alveolo meno allungato che nel Gen. Lycyaena. Nel qual genere probabilmente, a giudicare dall’ alveolo, Pm 1 aveva corona lateralmente compressa sul tipo di quella che si osserva nel Gen. Canis ed anche nel Gen. Zycaon. Le misure che qui aggiungo, sebbene per le due forme di ZLycyaena sieno state prese sugli alveoli, pure servono a riconfermare le osservazioni riportate sopra. n IS @ Ot È GINE î 5 È S S Ei E |a E E & A o si El Ric Baio ds E E Hi 6 ci n 5 SE ESE E EICSQS Sa - ‘E deals SER ee e la Gi SM RISI e e e eo O eles|isa|tk © Ze | Farei ialo (ene, aa e ae E || E d (Oi Si CSI 3 2 Sp EE z JE [e eg = = SK asa ACI di £ © da Bd A A RS DIE MAISON A S Ss SE 2) 4 = © JT (= P_A P_N £ & IS A _ IS z Geloffe|lza|ERiZalGs|e Se | Si Se|sAalsS|laf|sR|esleGlee|se]|las de) E cd de (5) dA = A s dA 3 d_ © Es A è SIE D eee alas|Ge Gs s|3£ See (Rae Ge eee RE |E°|ige se Lunghezza massima di Pn1i mm. 8 CAO TO TI) do 19 T 6 1.3 8 Larghezza massima » » 5 5 8.2| 7.5, — 5.5 | 6.5 | 6.5 5) 4.5 5 Il Pm 2 manca, come abbiamo veduto, insieme al Pm 3 nel cranio di Lycyaena macrostoma Lv. de- scritto e figurato dal LyDEKKER, mentre è presente, pure insieme a Pm 3, nel cranio di Olivola, il quale as- sume così, anche sotto tal riguardo, un’importanza speciale. [13 D. DEL CAMPANA 99 Noi ne esamineremo i caratteri aggiungendo, a miglior cognizione di questi, alcuni confronti coi Pm 2 e Pm 3 del genere Hyaena, escludendo i generi Canis e Lycaon perchè profondamente diversi, sia per forma, come per dimensioni. Osservato nel gen. Myaera, Pm 2 offre caratteri morfologici assai diversi a seconda che si prende ad osservarlo nelle forme fossili o nelle forme viventi. In tutte le specie questo dente si presenta con corona massiccia, ma i particolari di questa variano assai. Nella Hyaena crocuta ErxLEB. una grossa cuspide, lateralmente non troppo compressa, costituisce, quasi da sola, l’intera corona del dente ed ha alla base, rispettivamente disposti sui lati anteriore e po- steriore, due rilievi a modo di cingolo o di tallone. Al contrario nella Hyaera striata Zimm. a questi due rilievi si sostituiscono due tubercoli, non molto svi- luppati, e di questi il posteriore, un poco più ingrossato, dà origine, sul lato interno, ad un cingolo che percorre il dente in tutta la sua lunghezza e va a riunirsi al tubercolo anteriore. Le Jene fossili italiane stanno, per la forma del Pm 2 intermedie alle due specie viventi ora ricordate, in quanto che manca il tubercolo anteriore, sostituito da un rilievo più o meno accentuato che si con- tinua poi sul lato interno nel cingolo da noi già osservato 4). Ora nella Lycyaena di Olivola è la forma della Hyaena striata Zimm. che si ripete, colle differenze che io sono per notare. In primo luogo la corona del Pm 2 è molto più compressa lateralmente, quindi ha forma più allungata. Riguardo poi alla cuspide principale, essa si presenta di forma meno ingrossata e più alta che nella Hyaena striata Zimm., e questo carattere si ripete anche nei due tubercoletti notati sopra. Manca inoltre nel Pm 2 della Zycyaena di Olivola il cingolo sul lato interno, ed in suo luogo si nota un’ espansione della corona situata presso a poco tra la cuspide ed il tubercolo posteriore. Relati- vamente poi alle proporzioni, sebbene queste vadano nel Gen. Hyaena soggette a varianti, come 10 stesso ho potuto riscontrare, si può tuttavia asserire che il Pm 2 era nella Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola più sviluppato. » Quanto al Pm 2 della Lyeyaena macrostoma Lvp., il LyDEKKER si limita ad osservare che, considerata la forma del suo alveolo, come anche dell’alveolo del Pm 3, ambedue questi denti dovevano esser note- volmente lunghi e stretti. Tenuto però conto della figura riprodotta dal LyDEKKER, noi possiamo anche aggiungere che il Pm 2 della Zyeyaena macrostoma Lyp. aveva dimensioni più ridotte dell’omologo nella Lycyaena lunensis n. sp. Inoltre mentre nella specie indiana Pm 2 si trova semplicemente giustapposto a Pm 3, nella specie italiana, al contrario, Pm 2 si sovrappone a Pm 3. Riporto anche pel dente in parola alcune dimensioni, le quali serviranno a farci apprezzare sempre meglio i caratteri differenziali di cui abbiamo parlato. i) Le Jene fossili del Siwalik hanno, a quanto sembra, una minore uniformità di tipo a tale riguardo; alcune presentando i particolari della Hyaera striata Zimm., altre quelli della Hyaena crocuta ERXxLEB. 100 D. DEL CAMPANA [14] fa) > ini : = A £ DI Cui à Di a) BRta] RES la rà & 2) n Li JA E SII AQ ù . . (I (LI «Ge REMO si e) ° = = = ; L oe = Ut P È IAS = w > gi 5) È È E È è Coca Esco E tei 2 ® ni . = E SaR Ezra) SES IS RSS dea E dlgs eee ae SE E SU © è | e |a a |a 5 GE | Sa DS SA °_ 2 2 a As 2 2 £ A 5 8 6 A e . cia z SS _ Qua 7) Ln Q S = R SES ele a ® o ® © E gas] LS = © © SQ È © î# è è SCI è e CA 35 ca 2 2 e FINO s € ds PR FS ds = fd è as si Co Se e pal e = 2 a Cia ©) o f © È (S) Topo se Re|lse| Salse Se: SÌ s Si n Hi H nei n ni fee 2 5 Fa mn Lunghezza massima di Pm.2_ . . . mm. | 21 15.5*| 20.4 | 18 16 13.9*| 16.3 | 16.2 14% 13 tel Larghezza massima » BIANI IT) 12 8*| 14 13 MUTA NS] 078 LOCA | RMON6= MOD Veniamo ora ad esaminare i caratteri di Pm 3. Le differenze notate tra la Lycyaena di Olivola e le Jene si ripetono anche in questo caso, nè occorre tornarvi sopra, in quanto che, salvo le diverse dimensioni, Pm 3 ha, tanto nel fossile da noi studiato, quanto nelle Jene, la medesima forma di Pm 2. Piuttosto mette conto osservare le differenze che, anche a questo riguardo, separano la Lycyaena lunensis n. sp. dalla Ly- cyaena macrostoma Lvp. In quest’ultima invero Pm 3, a giudicare dal suo alveolo, si presenta notevolmente ingrandito di fronte a Pm 2, ma sempre inferiore, per dimensioni, all’omologo della Lycyaena di Olivola. Ho già notato come in questa Pm 2 si sovrappone in parte a Pm 3, aggiungo che Pm 3 tende a sua volta a sovrapporsi a Pm 4; mentre, al solito, nella Lycyaerna macrostoma Lvp. appare soltanto giustapposto. Ecco ora alcune misure del Pm 3 ricavate sul materiale da me esaminato. 3 E DI + Di A x ci E sE î ; E È Ri 5 Ro (E ) Ra = = = A (2 i = E LS E S Si P È a AE ae aa _ DE IAS is ss a ni Usasi cato og NE NES NES 5 Ge Gi ONE È q S s e 3 e ® e 2 e IS) E °d|523|E CES c EI e = Er ee = a Shi Nana sco) ess o oe = Ea © SS Fej 5 5 2 ia 5 ema Meran Usai a Ea s| ela S| ga ASS e US Q 3 IO e z SER e sE a S|A|A S| 8 ae SE|££|28|8 SS e e Saia ossa ee © |SS.LSES SSR elsa à & Ei Mz E ce i n È e Lunghezza massima di Pm 3. . . . mm. | 25.4 | 22.7 | 26.8 | 24.7 | 21.7 | 19.2*| 21 |212]|21.8| 21 Larghezza massima » 6 olo od 12.7 | 11.5*| 19.2 | 18 15.5 | 12* | 13.6 | 15 | 15.6 | 16.4 I) Pm 4 non si presta, per difetto di conservazione già notato altrove, ad estese osservazioni; non ostante anche le poche che andrò facendo non saranno prive di importanza. Il LyDEKKER, a proposito del Pm 4 della Lycyaena macrostoma Lyp., osserva che esso è relativamente corto, di proporzioni analoghe all’omologo della Hyaena striata Zimm. e col lobo posteriore relativamente non grande, come nella Hyacna Colvini Lyp., fossile nell’India, e nella vivente Hyaena crocuta ERXLEB. Sebbene nella Lycyaena di Olivola solo la metà anteriore del Pm 4 sinistro rimanga del tutto con- i PT. Lean cit |15] D. DEL CAMPANA 101 servata, pur non ostante, anche a giudicare dalle parti frantumate non solo del Pm 4 di sinistra, ma anche di quello di destra, sembra dovessero ripetersi i caratteri generali della Lycyaena macrostoma Lxp. Solo ho da notare che il lobo posteriore doveva essere nella Lycyaena italiana più ridotto; ciò che viene a stabilire una diversità non priva di importanza non solo colla Lycyaena indiana, ma anche colle Jene fossili e viventi. X Un'altra differenza sulla quale il LypEKkeR non ha creduto di insistere troppo, ma che si apprezza facilmente in ambedue le forme di ZLycyaena più volte ricordate, è data dal tubercolo interno. In tutte le forme di Jena, sia fossili che viventi, questo tubercolo appare nettamente distinto e se- parato dalla cuspide anteriore. Nel Gen. Lycyaena, al contrario, oltre ad essere molto meno espanso, doveva essere anche meno rilevato. Tutto ciò fa sì che la Lycyaena rimanga intermedia, sotto tal punto di vista, tra i Cani e le Jene, sebbene con queste ultime le affinità sieno un po’ maggiori. Ho anche notato che Pm 4 di Lycaon pictus TEMM. si avvicina per la sua forma, salvo le minori di- mensioni, al Pm 4 della Lycyaena. i Avendo a disposizione crani delle due specie viventi di Jena, Hyaena striata Zimm. e Hyaena cro- cuta ERXLEB. ho potuto osservare che mentre in quest’ultima Pm 4, porta sul lato esterno della cuspide anteriore un piccolo tubercolo che tende a scomparire quasi del tutto negli esemplari adulti, all’opposto nella Hyaena striata Zimm. questo tubercolo manca talora del tutto, al tempo stesso che in qualche esem- plare può assumere le proporzioni di una piccola cuspide. Ora non sarà fuor di luogo notare che tanto nel Gen. Lycyaena, quanto nelle Jene fossili, plioceniche e quaternarie, da me esaminate, questo tubercolo manca, o tutt’al più è rappresentato da un leggero increspamento dello smalto. Per le proporzioni del dente in questione nelle specie più volte citate, può consultarsi utilmente Ja tabella di misure qui sotto aggiunta. è = z TE = 5 » È _ A C Gi DI ; E È 5 È E] |t : e S AZ|IAQa|4. 5 Si 5) 5 [= 3 f o RA WA E z = = 4 = 2 5 SA ate E E IS 95 ci ini 0a RRTST ZA UNE IN N E Pea Fi 5 A eq al e 3 & ; © eleéeI a © 4 33 i ® ®© cs È 4 z = = = è = Gi INEri S) iS [OASI Ion e 2 x_A P_i 2 sd e as 3p> Pa = Sw se 8 Cai" ace È E [ee ee eRECE SE ZI SN SEE Oa se ea ene 2 € s|segliaa FONNI Rao SO aaa = È Sn Negri eo s » ® IM fg a A Ss = 4 S 3 = d Os PE |RE|EAE|EA|EaR|ge alcilliera |S o llsto n G [ei i = 5 a n î > & u IS] PAS SI È ISIS Ie! ISO ICAO EIA e i Sp = Hi = = = 5 i 2 | | Lunghezza massima del Pn4 mm. 33 33 39 | 41.3 | 38 | 30.3 | 29.5| 30 364 | 335 | 19 Larghezza massima » » = — = _ _ - 17 20 20 18 10 Vengo ora a dire qualche cosa intorno al M 1. Di questo dente nel cranio di Olivola non è conservato altro che l’alveolo, tanto di destra che di sinistra; ‘e lo stesso si può ripetere press’a poco pel cranio di Lycyaena macrostoma Lyn. Ora gli scarsi confronti eseguiti in queste due forme mi hanno mostrato che il dente in parola è nella Lycyaena italiana più spostato verso l'interno, molto più ridotto in dimensioni e più compresso, propor- zionalmente, in senso antero posteriore. 102 D. DEL CAMPANA [16] Tutti questi caratteri si notano nella Hyaena striata Zimm. colla sola diversità che mentre in questo il M 1 si trova intimamente avvicinato al Pm 4, nella Lycyaena lunensis n. sp. di Olivola è un poco distanziato, pure avendo, come nell’altra forma, la medesima posizione verticale, rispetto all’asse longitu- dinale del cranio. Li Gli altri crani da me avuti in osservazione di Hyaena crocuta ErxLEB. e di Jene fossili, non avendo conservato il dente in parola, non posso estendermi in ulteriori confronti. Le misure ricavate sono le seguenti: \ Lycyaena lunensis n. sp. (Olivola) (Da LYDEKKER) Hyaena striata ZIimm. (Da LYDEKKER) Lycyaena macrostoma LyD. (India Inglese) Hyaena striata Z1Mm. Hyaena striata ZIiMm. (Località ignota) Lunghezza massima di M 1 lo o 0 IU: r9 (Oi ESSI (di DÌ n DD D (S)] ( Diametro antero posteriore. Larghezza massima di M 1 oo 5 0 I, 10 15.6 14. 6 14 14.5 (Diametro trasverso). CONCLUSIONE. Riassumendo ora le osservazioni fatte sul cranio e sulla dentizione della Lycyaena lunensis n. sp., pos- siamo concludere che riguardo al primo, esso pur presentando i caratteri generali del cranio della Lycyaena macrostoma Lyp. se ne differenziava per avere una conformazione più robusta o massiccia, la quale fa sì che la specie italiana si distacchi dal Gen. Hyaera meno della specie indiana, e stia come termine: intermedio tra questa e quella; sempre però marcatamente distinta da ambedue. Quanto alle specie del Gen. Ayaera che offrono colla Lycyaena lunensis n. sp. maggiori contatti, pos- siamo senz’altro citare la Hyaena striata Zimm. a preferenza della Hyaena crocuta ErxLEB. Per altro i con- fronti eseguiti tra il fossile di Olivola e le Jene, estesi ancora alla Lycyaena macrostoma Lvp., ci autoriz- zano a ritenere che in quest’ultimo genere sono persistenti dei peculiari caratteri craniensi, che nel Gen. Hyaena sì osservano soltanto negli individui ancor giovani. Esistono pure nella Lycyaena lunensis n. sp. alcune affinità coi generi Canis e Lycaon, ma esse hanno: ben poca importanza di fronte alle maggiori affinità riscontrate col Gen. Hyaena. Relativamente poi ai caratteri della dentizione, sebbene questa non si trovi conservata troppo bene tanto nella Lycyaena lunensis n. sp. che nella Lycyaena macrostoma Lyp., pure non mancano caratteri che autorizzino a tenere ambedue queste forme specificamente distinte tra di loro, e questi caratteri sono: a) Una diversa disposizione dei denti tra di loro; sicchè mentre nella specie italiana la somma delle singole lunghezze dei denti premolari e molari dà una cifra ch'è minore della lunghezza totale della serie i [17] D. DEL CAMPANA 103 dentaria, nella specie indiana invece la lunghezza totale della serie è maggiore delle singole lunghezze som- mate insieme. b) Una diversa proporzione di sviluppo dei vari denti tra di loro nelle due specie poste a raffronto. c) Finalmente una diversa distribuzione in serie, di questi denti, nelle due specie; carattere che ha la sua corrispondenza nella diversa conformazione del cranio. Tutte queste differenze permettono altresì di ritenere che nella Lycyaena lumensis n. sp. si ha una specie non solo morfologicamente distinta dalla Lyceyuena macrostoma Lyp., ma avente ancora con tutta pro- babilità abitudini meno sanguinarie, nel senso stretto della parola, e più vicine invece a quelle delle Jene. Finito di stampare il 15 settembre 1914. IPRVIBIATE DRS het LAT vigono i i i TTT DI { ICT: VESTO MIDI HT ° ro e DEE i % i Li } ” MSA Ve AMIR AOL RT o GT “ARR vgghi ELA) TÀ CCA PIOLANTTI id ol: VII i ) i | pa TICO ONTO mu “pu RONON Lia sur pia h i) Ti hh adi b " la RETTO Vo LI ANI Chu er 5 [TOR 2 {PALE sli vst ì ili 2 LTT US ; ot NE “ i i Kenia ati ù ì marti x M \ 4 U K k | \ l aa LN Ù n » n © È i A n ì Ro MONT Ùù sà De, A È i Ù 5 alii I LI i x î, " n ' x ki i l 5 F | | } DI | i hi a Wi il pS CI i 1 i 1 ‘ A, We Mg Ul È È 3, | | i % e Wi LE, a : = "i IE sc Mer - Ì ta : Ta Ù : i | PO 0 i f T i Lr } dl Ni Ò Ì i "n | Ti ite Ae ii pi di dirai VT e AE E SETE | i n ( = - REI d n | spuinci i N e A RAV : i i bd Iauò A i i i DA i Ne i es I, «i sid ut Voi Dar Riot al | | | Ai AS i lata 20 ao e LA x 1 LR eta Liri al REA RO LIRA I 1 Tiogn: ù DOTE idr ° tenti O N j teus d) “ae (A Ve ASTA Sa Saro up Fal Tree . sedia nd; uo Mr » | 4 VA Lari Ag Re DOTT. FRANCESCO CIPOLLA LE PLEUROTOMIDI DEL PLIOCENE DI ALTAVILLA (PALERMO) Tav. XIII-XIV [I-1]] INTRODUZIONE. Questa monografia ha lo scopo d’illustrare le Plewrotomidae del Pliocene di Altavilla presso Palermo. La srande abbondanza di forme generiche e specifiche, assai ben conservate, rende singolarmente impor- tante un lavoro speciale su tale famiglia, dal lato sistematico e da quello dei mutamenti subìti da questi gasteropodi attraverso il Pliocene ed il Quaternario. Lo studio delle Pleurotomidae di Altavilla sulla base della moderna sistematica non è ancora stato eseguito. Data la grande ricchezza di tipi e il nuovo ordinamento del Cossmann, tale lavoro è assai dif- ficile, ma di una grande utilità. Ho lavorato lungamente su questa monografia; riconosco di averla potuta eseguire soltanto per avere avuto a mia disposizione la grande collezione di fossili pliocenici di Altavilla dell’Istituto geologico di Paler- mo, per l’uso della ricca bibliografia che tale Istituto offre e per l’esame della collezione di molluschi viventi, raccolta dal prof. Giovanni DI SrerANo, che mi è stato largo di utili ammaestramenti, e al quale io qui esprimo la mia gratitudine. Debbo anche vivamente ringraziare il sig. march. Di MonrERosaTo, che mi ha permesso l’esame e il confronto di alcune specie viventi della sua preziosa collezione. Le Pleurotomidae di Altavilla sono state studiate da parecchi illustri ‘autori siciliani, come il CaLcaRA, il Lipassi, il BruGNONE, il SEGUENZA e qualche altro. La massima parte degli anzidetti autori, forse per difetto dei non pochi libri che trattano di questa numerosa famiglia di gasteropodi, o per mancanza di un ricco materiale. proveniente non solo dalla suddetta località, ma anche da altre differenti, da servire di confronto, sono incorsi in varî errori di determinazione. Essi spesso ritennero per specie nuove quelle che erano di già note, o che, per lo meno, da queste differiscono solo per caratteri poco importanti, cioè di varietà. Pietro CaLcara nella sua Memoria sopra alcune conchiglie fossili rinvenute nella contrada di Altavilla, pubblicata nel 1841, redasse un catalogo dei molluschi di quella località, nel quale descrisse alcune nuove pleurotome; però quell’elenco contiene non pochi errori. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 106 F. CIPOLLA [2] Dopo di lui, si distinse nello studio della fauna di Altavilla, come abbiamo detto, il padre IGNAZIO Liassi, il quale trovò in questa contrada altre specie, non prima rinvenute in altri terreni pliocenici, e da lui descritte nella sua Memoria sopra alcune conchiglie fossili di Palermo (1859); la quale però non è scevra d’inesattezze. Un altro siciliano, l’abate G. BRUGNONE, si occupò in modo speciale delle Pleurotomidae di Altavilla, racco- gliendo un abbondante materiale e formando così una importante collezione. Egli pubblicò una Nota dal titolo Alcuni pleurotomi fossili di Palermo (1862), nella quale mise in luce il risultato dei suoi studî pazienti ed accurati sulle pleurotome dell’accennata regione e del Pleistocene di Palermo, le quali aveva in parte confrontato con i corrispondenti esemplari viventi nel mare Mediterraneo. La sua pubblicazione è impor- tante per un grande numero di specie che egli descrisse come nuove e che, appartenendo specialmente al genere Mangilia, rappresentato per lo più da piccoli individui, presentano non poca difficoltà di studio. Il compianto prof. Gruserre SEGUENZA nei suoi Studi stratigrafici sulla formazione pliocenica dell Italia meridionale (1875-77) fornì un elenco delle pleurotome di Altavilla, alquanto più completo di quello del Carcara. Per lui si conobbe quanto numerosi fossero i rappresentanti di questa famiglia in quella formazione pliocenica. Nella compilazione di questo elenco egli ebbe l’agio di correggere alcuni errori di determinazione degli autori precedenti. Però, avendo il suo lavoro uno scopo esclusivamente stratigrafico, il SEGUENZA non potè occuparsi della fauna malacologica di Altavilla che piuttosto in modo assai breve. Nel presente lavoro ho seguito in gran parte la classificazione moderna del Cossmanxn ”, la quale è fondata sulla forma della protoconca e dei giri, ma principalmente sulla posizione e profondità del seno, che è distintamente intagliato nel labbro, donde il nome di Pleurotoma. Questa insenatura dei labbro, la quale si trova anche in parecchie altre famiglie di gasteropodi, come nelle Pleurotomariidae, ecc., corrisponde, secondo alcuni autori moderni, alla parte ove si apre l’orifizio anale dell’animale, e quindi serve per agevolare l’espulsione delle feci. Per quanto riguarda la nomenclatura, ho sostituito al sottogenere Teres (Buca. DoLLr. et Daurz. 1882) compreso nel genere Daplnella, la correzione Teretia, proposta da NORMANN ? e accettata dai moderni malacologi. Questa correzione, dovuta al fatto che Zeres è un aggettivo, s'impone ancora più, giacchè, essendo risultato dal presente studio, di essere la 7. teres FoRrB. (che appartiene al detto sottogenere) differeute dalla P/. anceps ErcHaw., si eviterà col nome di NormanN il doppio impiego della stessa voce per l’indicazione sottogenerica e specifica della citata specie del ForBES. Ho aggregato al genere Peratotoma il nuovo sottogenere Leufroyia Mrs., il quale si distingue dalle Clathurella, di cui Cossmann lo ritiene sinonimo, principalmente per la mancanza dei denti interni del labbro. Inoltre ho accettato il nome di Agathotoma proposto giustamente dal Cossmann per il sottogenere Ditoma BeLt., al quale appartiene sinora una sola specie, la P7. angusta Jan (Tav. XIII [II], fig. 19 @, 5) trovata pure nelle sabbie di Altavilla e la cui estensione geologica va dal Miocene superiore al Pliocene superiore. 1 Infine ho compreso nel genere Drillia i due sottogeneri Drilliola Mrs. e Tripia De GREG., proposti per alcune piccole conchiglie fornite di carene spirali sui giri; ma mentre le Dril/liola hanno la proto- conca paucispira o appiattita, le ZYipîa presentano la protoconca poligira e conica. i) Essais de paléoconchologie comparée, vol. II, pag. 58 (1896). % Museum Normannianum, pag. 8 (1888). |] F. CIPOLLA 107 Poichè molti generi e sottogeneri in cui è oggi divisa la famiglia delle //eurotomidae sono rappre- sentati in Altavilla, io ho dato di ogni genere una sommaria descrizione che ho reso più particolareggiata trattando dei varì sottogeneri che esso racchiude. In ciò mi son servito del sovraccennato interessante lavoro di Cossmann, in modo che dalla presente monografia si può altresì rilevare l’importanza della mo- derna sistematica, che con le sue numerose divisioni agevola la non facile determinazione dei singoli individui. Nella bibliografia che precede la descrizione di ciascuna specie, ho notato solo quelle opere che ho avuto l’agio di consultare, dando la preferenza a quelle che trattano delle faune plioceniche siciliane. Ciò, se m’è costato non poca fatica e consumo di tempo, mi ha dato l’occasione di eliminare dalle precedenti sinonimie alcuni nomi che devono invece attribuirsi a specie differenti o per lo meno ad altre che bi- sogna riguardare come mutazioni. Nella descrizione delle specie ho seguito il metodo finora adottato dai migliori conchiliologi, cioè di far precedere una breve diagnosi in latino, che racchiuda i principali e più importanti caratteri della specie. Nella descrizione poi particolareggiata della conchiglia, ho seguito il metodo adottato da FonTANNES nella sua opera MoMlusques pliocènes de la vallee du Rhoòne et du Roussillon (1879-82), per cui non ho tralasciato di notare quei caratteri che sembrano secondarî, ma acquistano interesse per chi voglia ten- tare l’esame comparativo delle specie del Terziario della Sicilia con quelle delle altre regioni appartenenti alla stessa epoca geologica. Il presente mio lavoro aggiunge agli elenchi finora pubblicati altre specie e varietà di questa impor- tante famiglia di gasteropodi, le quali sono ampiamente studiate nella parte paleontologica; qui accenno ad esse soltanto in modo sintetico: 1.° Drillia (Crassispira) Geslini Desm. (Tav. XII [I], fig. 7 @, 6) che Cancara confuse con la PI. oblonga Br., la quale è sinonima di PZ. Brocchi Bon. e manca in Altavilla, mentre è comune nei colli astesi. 2.° Daphnella (Teretia) anceps Ercaw. (Tav. XIV [III], fig. 4 @, 6) che è sinonima del PI. minutum Aran. (non Forg.) e devesi ritenere diversa dalla P?. feres ForB. (Tav. XIV [III], fig. 5 @, 0), con la quale sinora si è confusa. 3.° Mangilia clathrata De SeRR. (Tav. XIII [II]. fig. 3 «, 6, 4), la quale, oltre che rappresentata nel Miocene del bacino della Loira col nome di P7. quadrillum Duy. e nel Neogene del Sud d’Europa, si trova pure nel tufo calcareo di M. Pellegrino ed è ancora vivente nel Mediterraneo. 4.° Clavatula rustica Br. (Tav. XII [I], fig. 18 a, 8), specie rarissima in Altavilla come nel Pliocene inferiore di Castelnuovo d’Asti, ma frequente nei colli astesi. 5.° Mangilia costata Donov. (Tav. XIII [II], fig. 9, 10) da non confondersi con la P7. prismatica BRUGN., che è una sua varietà, e precisamente la var. coarctata ForB. et HanL., pure esistente nelle sabbie di Altavilla (Tav. XIII [II]. fig. 11 a, 5). 6.° Mangilia Bertrandì Payr. (Tav. XIII [II]. fig. 12 a, 5), la quale è rarissima nelle sabbie di Alta- villa, ma comune a M. Mario. Essa è ora per la prima volta citata nel vero Pliocene. 7.° Peratotoma (Leufroyia) concinna Sc. (Tav. XIV [III], fig. 25, 26), la quale è stata finora ritenuta una specie soltanto vivente nel Mediterraneo, e la cui origine si è creduto di riscontrare, al massimo, nel Post-pliocene. Inoltre le varietà da me ora per la prima volta indicate in Altavilla, sono le seguenti: a) Daphnella (Raphitoma) vulpecula BR. var. pliosulcatula Sac. (Tav. XIV [III], fig. 9 a, 6) che fu riguar- data come specie tipica dagli autori siciliani, e da BeLLaRpI indicata nel Pliocene inferiore di Pino d’Asti.. 10 F. CIPOLLA [4] b) Pleurotoma monile BR. var. denticulo-marginata Sac. (Tav. XII [I], fig. 2 a, 6), indicata da BeLLARDi nel Pliocene inferiore del Piemonte. Essa non differisce dagli esemplari della PI. rotata Br. (Tav. XII [I], fig. 1 a, 6) di Altavilla che per la stria marginale della sutura posteriore, più forte, granulosa e più vi- cina alla carena. c) Mangilia (Clathurella) reticulata Ren. var. pliocurta Sac. (Tav. XIII [II], fig. 15 a, 0), la quale si distingue dal tipo di Renier (Tav. XIII [II], fig. 13, 14) per la spira più breve e meno acuta e l’ultimo giro in proporzione più ventricoso. d) Drillia (Cymatosyrina) incrassata Dus. var. miominor Sac. (Tav. XII [I], fig. 12 a, è), la quale mentre è rarissima nelle sabbie di Altavilla, è frequente nel Miocene medio dei colli torinesi. Essa si distingue dalla mutazione del tipo miocenico di DusaRrpin, chiamata var. magnocostulata Sac. (Tav. XII [I], fig. 10 a, d) esistente in Altavilla, per la spira più breve e meno acuta e le costole assiali in minor numero. Oltre alle suddette specie e alle varietà già note, che il presente studio aggiunge al numero delle pleurotome di Altavilla, precedentemente illustrate, altre esso ne fa conoscere che sono del tutto nuove. Esse sono cinque, delle quali una studiata da Lrgassi, ma da lui erroneamente riferita ad una specie nota e da essa assai diversa; e tre varietà. ) Le nuove speeie sono: 1.° Clavatula Raffaélei m. (Tav. XII [I], fig. 19 a, d), rarissima nelle sabbie plioceniche di Altavilla. Essa mostra qualche rassomiglianza con la PI. Sehreibersi HòRN. del Miocene del bacino di Vienna, nella quale l’ultimo giro è più breve, i tubercoli più spinosi e di numero minore, ed in generale la forma è più obesa. 2.° Drillia (Cymatosyrina) Stoppanii m. (Tav. XII [I], fig. 13 @, 5), che per il numero ed obliquità delle costole assiali dell’ultimo anfratto si avvicina alla PI. sigmoidea Bronn, e per la forma subconoidale della conchiglia ha qualche analogia con la PI. incrassata Duy. 3.0 Mangilia (Clathurella) Checchiai m. (Tav. XIII [II], fig. 18 a, 0), la quale si rassomiglia alla vivente PI. linearis Mre., ma se ne distingue per i giri meno convessi, per il canale più breve non ricurvo, e per l’angolo spirale meno acuto. 4.° Daphnella (Raphitoma) Di-Stefanoi m. (Tav. XIV [III], fig. 16 a, 6), che ha qualche rapporto con la miocenica PI. strombillus Dus. , la quale ha però i giri convessi, il seno profondo, il lato columel- lare grinzoso. 5.° Daphnella ( Teretia) Monterosatoi m. (Tav. XIV |IIl|, fig. 6 a, 5) elegante ma rara conchiglia. Essa era stata descritta da LrBassi e da BRUGNONE, ma da loro erroneamente riferita alla PI. turritelloides BELL., la quale non è altro che la PI. teres FoRB. Le nuove varietà sono le seguenti : 1.° Drillia Allionii Berr. var. Altavillensis m. (Tav. XII [I], fig. 6 «, 5), il cui tipo è comunissimo nel Pliocene inferiore del Piemonte, della Liguria e della Francia. Mentre in Altavilla il tipo di BELLARDI è rarissimo (Tav. XII [I], fig. 5 a, d), è piuttosto.comune la detta varietà, che ha la spira meno acuta, il canaletto spirale più stretto e 1 giri più convessi. 2.° Clavatula interrupta BR. var. tuberculifera m. (Tav. XII [I], fig. 17 @, 5), il cui tipo mentre è fre- quente nell’Astigiano, è rarissimo invece in Altavilla (Tav. XII [I], fig. 16 a, 5). La suddetta varietà si 1) Hornns. Moll. foss. de Tert.- Beck. v. Wien, pag. 379, tav. 40, fig. 1, 2 (1853). [5] |. CIPOLLA 109 distingue dalla specie di Broccni per la superficie fortemente granulosa; per causa delle strie di accre- scimento assai più forti e per un cordoncino spirale di piccoli tubercoli nella parte posteriore depressa dei giri. 3.° Surcula dimidiata Br. var. mutica m. (Tav. XII [I], fig. 24 «, 6), che si distingue dalla specie tipica, pure esistente in Altavilla (Tav. XII |, fig. 22 a, 6) per la carena più acuta e senza nodi, terminata da una laminetta sottile e rivolta verso l’apice della conchiglia. È da rilevare che in Altavilla, oltre alle nuove specie e varietà surriferite, si trovano anche le seguenti, già descritte dagli autori siciliani e non rinvenute ancora in altre località, come : a) Surcula Brugnonei Se@. (Tav. XII [I], fig. 21 a, 6) corrispondente alla P7. Coquandi Bruen. (non BeLL.), da me ora per la prima volta figurata. bh) Mangilia varicosa Lis. (Tav. XIII [II], fig. 2 @, 0) piccolissima e graziosa pleurotoma. c) Mangilia rugosissima Bruen. (Tav. XII [II], fig. 7 @, 6) alla quale BrcraArpI riferisce alcuni fos- sili del Pliocene inferiore di Zinola appartenenti a specie ben differente. d) Daphnella (Raphitoma) minima Bruen. (Tav. XIV [III], fig. 20 @, 6) Ja più piccola delle pleuro- tome che io conosca. 5 e) Drillia (Cymatosyrina) pseudosigma Bruen. (Tav. XII [I], fig. 15 «, 5) che si distingue dalla 77. sigmoidea BRoNnN (Tav. XII [I], fig. 14 «, 5) per la forma più allungata e le costole assiali rilevate. Inoltre molte altre specie, che si riscontrano altrove, si presentano pure nelle sabbie plioceniche di Altavilla, fornite di tali caratteri speciali, sia nelle dimensioni, sia negli ornamenti, che alcuni autori non han dubitato di ritenerle come nuove. Esse invece sono state da me riguardate come varietà proprie del Pliocene di Altavilla. Così per esempio, le due grandi Surcule, sparse nelle faune plioceniche della regione mediterranea, cioè la Surewla dimidiata Br. (Tav. XII [I], fig, 22 a, 0) e la Sure. intermedia Brown (Tav. XI [I], fig. 25 a, 0) si mostrano in Altavilla, la prima con i noduli mediani lamelliformi, formanti sulla carena una specie di laminetta ondulata e continua, e per questi caratteri fu chiamata dal Carcara P/. Poweri (Tav. XII [I], fig. 23 «, 6); la seconda con la spira più snella ed acuta, con le costicine più rilevate e formanti sulla carena dei tubercoli subspinosi, e perciò denominata dallo stesso Cancara PI. Saint-Ferriotii (Tav. XII [I], fig. 26 a, 6). La Clavatula Romana DeFR., propria dei colli astesi, presenta ad Altavilla la parte anteriore dell’ultimo giro carenata, i tubercoli più acuti e subspinosi e le dimensioni più piccole; perciò fu distinta dal SEGUENZA come varietà della specie di DEFRANCE, col nome di var. minor. Gli esemplari della P7. spirifera BeLL. provenienti dal Pliocene di Altavilla, mostrano una caratteri- stica speciale, che non si scorge nei fossili della stessa specie, trovati da BeLLARDI nel Miocene superiore dei colli tortonesi e nel Pliocene piemontese; portano infatti sulla carena una laminetta spirale che con- giunge le basi dilatate dei tubercoli spinosi. Per questi caratteri furono chiamati da BrueNoNnE P/. acan- thoplectum (Tav. XIV [III], fig. 7 a, d). Fa d’uopo altresì notare le differenze (sufficienti forse a stabilire una varietà) che presenta la Daph- nella (Bellardiella) Desmoulinsi Ber. (Tav. XIV [III], fig. 3 @, 6), non rara nel Pliocene del Piemonte, ma rarissima in quello di Altavilla. Essa, in confronto degli esemplari delle altre località, mostra una forma più snella, per la spira allungata e per l’ultimo anfratto ventricoso e meno alto. La massima parte delle pleurotome del Pliocene di Altavilla corrispondono a quelle del Piacenziano «anzichè a quelle dell’Astiano, come si può anche rilevare da alcune specie sovraccennate; di più la Drillia 110 F. CIPOLLA [6] obtusangula Br. (Tav. XII [I], fig. 4 a, 6) e la Peratotoma (Amblyacrum) harpula Br. (Tav. XIV [II], fig. 23 a, b), si trovano anche nel Miocene, ove predominano. Tuttavia fra le pleurotome da me esaminate varie (undici) cominciano a comparire nella serie Astiana (vedi l’ annesso quadro comparativo generale), come per esempio la PI. nevropleura Bruen., la PI. frumentum Bruen., la PI. teres ForB., la PI. scala riformis BRUGN. Ne dovrei quindi trarre la conseguenza che gli strati sabbiosi del Pliocene di Altavilla contenenti le pleurotome da me esaminate, superiori alle marne bianche del Piacenziano ed inferiori ai cal- cari ad Amphystegina, che sono gli strati più elevati di quel Pliocene, e non agli altri calcari grossolani (pietra morta) della stessa località, appartengano a sedimenti di passaggio dal Piacenziano all’Astiano. Nel Piemonte e nella Liguria gli strati di passaggio fra le due formazioni plioceniche anzidette non sono rari; vi abbondano i fossili, e le marne passano a zone sabbiose o si alternano con queste. Noterò che il prof. Giuseppe SEGuENZA mentre da un lato riconosce l’identità della fauna di Altavilla. con quella dell’Astigiano, dall’altro nota la grande somiglianza di essa con quella delle colline bolognesi, studiata dal Foresti !, di Biot (Antibes) illustrata dal BeLL ?, e del Piacentino studiata dal Cocconi 8). Le quali faune appartengono senza dubbio al Pliocene inferiore. Ma per potere esprimere su tale que- stione un giudizio definitivo e ben fondato è necessario lo studio di tutta la fauna. II. Il mio studio delle pleurotome di Altavilla è riuscito più completo per l’esame comparativo che ho: fatto degli individui fossili di questa località sia con quelli di un terreno immediatamente superiore, cioè del Piano Siciliano dei dintorni di Palermo, che con quelli viventi nel Mediterraneo. Sulle conchiglie fossili di Ficarazzi e M.* Pellegrino esiste una pubblicazione del march. Dr Montre- Rosato 4, dalla quale si può facilmente rilevare di quanti tipi sia diminuita nel Piano Siciliano la nume- rosa famiglia delle pleurotome plioceniche. Tale diminuzione, specialmente per la scomparsa di molti rap- presentanti dei generi Pleurotoma, Clavatula, Surcula, Drillia, si mostra più accentuata se si studiano le pleurotome viventi dell’odierno Mediterraneo, rappresentate quasi unicamente dai generi MMVangilia, Bel- lardiella e Taphitoma. Da siffatto confronto ho potuto osservare molto spesso le variazioni che le specie di questa famiglia hanno subìto nel passare ai mari odierni attraverso il Piano Siciliano. Sulle mutazioni di tale famiglia ho trovato un cenno nell’opera citata di FonrannEs. Questi distin- gue la PI. turricula BR., di cui si trovano belli esemplari in Altavilla (Tav. XII [I], fig. 3 @, 6), dalla PI. stricta e contigua, riguardate da varîì autori come varietà d’una sola specie, perchè crede che esse dimostrino le mutazioni subìte dal tipo, dalla sua apparizione nel Miocene medio sino alla sua estinzione verso la fine del Pliocene. | Anche il BrUGNONE ritiene che la vivente PI. balteata Beck, la più bella delle pleurotome del mare Mediterraneo, sia una mutazione della Surcula undatiruga Biv., esistente a M.t* Pellegrino. Il BELLARDI crede che la Daphnella ornata Hinp. dei mari della N. Guinea derivi dalla PI. Zfromanii LIB. Infine il Gienoux ® asserisce in generale che un gran numero delle grandi specie, appartenenti alla 1) Catal. moll. plioc. Bologna, 1868. 2 Catal. des Moll. foss. des marn. bleues de Biot. Journ. de Conch., Juill. 1870. 3) En. sist. Moll. mioc. e plioc. di Parma e Piacenza (1878). 4) Conch. foss. di M.te Pell. e Fic. (1872). 5) Les form. mar. plioc. e* quatern. de VIt. du Sud et de la Sic., pag. 474 (1913). [7] F. CIPOLLA 111 famiglia delle Pleurotomidi del Pliocene, discende direttamente dalle forme delle argille a pleurotome del Miocene. Delle specie fossili di Altavilla, da me studiate, circa venti specie (vedi Quadro compara- tivo) ho riscontrato nel Siciliano di Monte Pellegrino e Ficarazzi e di esse la maggior parte sono ancora viventi. Poche conservano inalterata la loro forma, alcune subiscono lievi modificazioni. Tra queste no- tiamo le seguenti specie: 1.° Drillia (Drilliola) emendata Mrs. (Tav. XII [I], fig. 8 a, 5) e Drillia (Tripia) Loprestiana Canc. (Tav. XII [I], fig. 9 @, 5), appartenenti ai due nuovi sottogeneri, da me compresi, come ho detto, nel genere Drillia. 2.° Mangilia clathrata De Ser. di Altavilla (Tav. XII [II], fig. 3 @, d), la quale è una mutazione della miocenica Pl. quadrillum Duy., ed è identica a quella di M,'* Pellegrino. La vivente nel mare di Palermo (Tav. XIII [II], fig. 4), per avere l’ ultimo giro proporzionalmente più grande, ha un numero maggiore di costicine assiali. 3. Mangilia costata Donov. di Altavilla (Tav. XIII [II] fig. 9 a, 5), che è ora rappresentata nei mari d’Inghilterra (Tav. XIII [II], fig. 10 @, 5); ma gli esemplari viventi si distinguono dai fossili per una maggiore obliquità e un maggior numero di costicine assiali, nonchè per la bocca in proporzione più larga ed il canale meno distinto e più aperto all’estremità anteriore. 4,° Mangilia coaretata ForB. di Altavilla, che è identica alla specie vivente nel Mediterraneo e agli esemplari del Siciliano di Ficarazzi. 5.° Mangilia Bertrandi Pavyr. di Altavilla, che è anch’essa inalterata negli esemplari viventi, i quali però, secondo KoBELT, assumono dimensioni quasi doppie. 6. Daphnella (Bellardiella) gracilis Mra.; la quale, oltre che nel Pliocene di Altavilla (Tav. XIII [II], fig. 26 a, 6) trovasi nel Tortoniano, nel Pliocene inferiore del Piemonte e nel Post-pliocene di M.te Pel- legrino e Ficarazzi (Tav. XIII [II], fig. 27).Essa è ancora vivente nel Mediterraneo (Tav. XIII [II], fig. 28) e nell'Atlantico; ma negli esemplari viventi il canale è più breve e la depressione suturale un po’ più pro- fonda, le coste assiali più fitte e sottili. 7.° Daphmella (Teretia) teres ForB. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 5 @, 6) che trovasi anche a M. Mario, nelle argille di Ficarazzi e nelle profondità del Mediterraneo e dell'Oceano Atlantico. Dalla descri- zioni che ne dà JeFFREYS della forma vivente si rileva ch’essa assume rispetto alla fossile maggiori di- mensioni, porta un maggior numero di cingoletti spirali, i quali, anzichè arrotondati, sono lamelliformi. 8.° Daphnella (Raphitoma) attenuata Mre. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 14 a, 5), che è stata tro- vata a M. Mario, nelle argille di Ficarazzi e nei tufi di M.'* Pellegrino, ed è ancora vivente nel Medi- terraneo e nell’Atlantico. Ma gli esemplari viventi (Tav. XIV [III], fig. 15) hanno in generale un mag- gior numero di costicine assiali più rilevate e l’ultimo giro più alto. Per queste differenze gli antichi autori diedero alla forma fossile nomi diversi da quelli con cui venne designata la vivente. 9.° Daphnella (Raphitoma) turgida For. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 17 a, 6), che si trova nel Pliocene inferiore della Liguria, nell’Astigiano, a M. Mario, nei tufi di M.t* Pellegrino; e vive ancora nel Mediterraneo e nei mari del Nord. Gl’individui viventi di questa specie (Tav. XIV |III], fig. 18) hanno l’ultimo giro rigonfio anteriormente, ma non angoloso. 10.° Daphnella (Raphitoma) brachystoma Pa. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 19 @, è) che è stata rinvenuta a M. Mario e nelle argille di Ficarazzi. Essa, come osserva anche il FonTANNES, è una delle pochissime specie, della fauna mediterranea neogenica, che, senza modificazione nella forma, si trovano ancora viventi nei mari del Nord d’Europa. 11.° Daphnella (Raphitoma) scalariformis BRUGN., sopra citata, che trovasi inalterata nel Piano Sici- liano di Ficarazzi, ma che non si conosce nell’odierno Mediterraneo. 112 F. CIPOLLA [8] 12.° Lo stesso dicasi della Rap. Qolumnae Sc. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 22 a, 6), che è rap- presentata a M.te Pellegrino; ma la cui esistenza nel Mediterraneo non è ancora provata. 13.° Peratotoma (Leufroyia) Leufroyi Micap. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 24 a, 8), che apparisce per la prima volta nel Miocene del bacino di Vienna e trovasi nel Pliocene di Asti e a M. Mario (qui però associata dal CeruLLI-IRELLI alla Leufr. concinna Sc.). Conserva inalterata la sua forma nel Quaternario di Palermo e nei mari odierni; solo gl’individui viventi si presentano di maggiori dimensioni e portano un numero maggiore di costole assiali. 14.° Peratotoma (Leufroyia) concinna Sc. (Tav. XIV [III], fig. 25 a, d), che è stata sinora creduta una specie vivente e non fossile; essa però trovasi anche nel Pliocene di Altavilla; sebbene rarissima e poco diversa dalla vivente. L’esemplare fossile inoltre l’ho trovato identico a quello del Pliocene inferiore del Piemonte descritto da BeLLARDI col nome di Homotoma Michaudi, e a quell’altro di M. Mario, associato da CERULLI-IRELLI a una specie affine, cioè alla PI. Zeufroyì Micuap. La forma fossile della PI. concinna è rispetto alla vivente (Tav. XIV [III], fig. 26 a, 4) più snella, con striatura spirale più fitta, e con l’ul- timo giro meno ventricoso. Tra le pleurotome che subiscono importanti mutamenti nella forma della conchiglia notiamo: 1.° Drillia (Cymatosyrinx) incrassata Dus. che è propria del Miocene della Turenna. Essa è rappre- sentata nelle sabbie di Altavilla (Tav. XII [I], fig. 10 a, 3) dalla var. magnocostulata Sacco. La forma vi- vente intesa comunemente col nome di P7. Maravignae Biv. (Tav. XII [I], fig. 11 a, 8) devesi ritenere come un’altra mutazione dell’anzidetta specie di Dusarpin, dalla quale si differenzia per un numero mag- giore di costole assiali più ristrette e flessuose. 2.° Mangilia scabriuscula Bruen., la quale comparisce nel Pliocene di Altavilla (Tav. XIII [II], fig. 6 @, 5), trovasi inalterata a M. Mario, ma nel Post-pliocene e nel Mediterraneo odierno è rappresentata dalla Mangilia rugulosa PH. Questa devesi assai probabilmente ritenere una sua mutazione per la forma meno: allungata, per le strie spirali in minor numero e di varia grandezza, per l’angolo posteriore dei giri arro- tondato e non segnato, come nella PI. scabriuscula, dalla linea spirale più rilevata. 3.° Mangilia (Clathurella) reticulata Ren. di Altavilla (Tav. XIII [II], fig. 13 @, 8) che si trova nel Siciliano di M.'° Pellegrino, ove assume maggiori dimensioni, ma sempre più piccole di quelle che pre- sentano gli esemplari viventi (Tav. XIII [II], fig. 14 a, 5), i quali differiscono anche per il numero e per l’elevatezza delle costole assiali e spirali, per la lunghezza della spira e per la forma in generale più svelta. Tali differenze indussero il CaLcara a distinguere la specie fossile dalla vivente, che chiamò PI. echinata. 4.° Mangilia (Clathurella) pupoides Mus. (= rudis Sc., non Broper.) di Altavilla (Tav. XII |II], fig. 16 a, d), che è il solo terreno pliocenico in cui finora si conosce questa specie; essa è vivente nel Me- diterraneo (Tav. XIII [II], fig. 17 4, 8), ove però si mostra con la spira più lunga, l’ultimo anfratto più rigonfio, le costole assiali piu rilevate e separate da interstizî più larghi. Sicchè la forma vivente si può ben riguardare come mutazione dell’antica specie pliocenica, alla quale si notrebbe dare un altro nome. 5.° Daphnella (Bellardiella) striu CAaLc. di Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 1a, 5), la cui esistenza nel- l'odierno Mediterraneo non è stata ancora provata; essa trovasi nel Siciliano di Ficarazzi e di M.t* Pel- legrino (Tav. XIV [III], fig. 2 a, 6). In queste località quaternarie mostra tali differenze, rispetto alla forma pliocenica che si può a ragione ritenerla come una vera e propria mutazione. Essa infatti ha la spira più svelta ed allungata, le costole assiali più depresse e che svaniscono nell’ ultimo e penultimo giro, e le dimensioni molto più grandi. 6.° Daphnella (Raphitoma) hispidula JAN, che apparisce nel Miocene superiore dei colli tortonesi, at- traversa il Pliocene d'Asti, di Altavilla (Tav. XIV [IT], fig, 11 a, 5) e di M. Mario; ma nel Siciliano di [9] F. CIPOLLA 113 Palermo, pur conservando la sua forma generale e la stessa ornamentazione, presenta i giri convessi e non angolosi, le costicine assiali in minor numero e prolungate sino alla sutura posteriore. Questa muta- zione della specie di Jan fu distinta già da Prarvippi col nome di 7. decussutum. che però non si può mantenere, giacchè, prima di lui, LamaRrcKk chiamò con lo stesso nome una specie differente. Piuttosto si può accettare il nome di PI. nuperrima "Trserr (Tav. XIV [III], fig. 12) per questa mutazione, la quale si mantiene ancora nell’odierno Mediterraneo. 7.° Peratotoma (Leufroyia) inflata Jan, che è una specie eminentemente polimorfa; e appunto per questo essa è stata chiamata con molteplicità di nomi, secondo le variazioni che presenta nelle varie formazioni geologiche in cui è stata rinvenuta. Io ritengo che alcuni suoi nomi potrebbero adottarsi per indicare le mutazioni della PI. inflata, propria .dei terreni miocenici e pliocenici. La specie tipica che si trova ad Altavilla (Tav. XIV [III], fig. 27 a, 6), si accompagna a M. Mario per la prima volta ad una forma che CeruLLI-IRELLI distingue per le maggiori dimensioni, le costicine più sporgenti, gli spazi inter- costali più ampii, la striatura assiale più fine e numerosa. Questa mutazione si presenta da sola nel Si- ciliano dei dintorni di Palermo, e ad essa spetta il nome di PI. virgatum Brv. (Tav. XIV [III], fig. 28 a, 5) impostole per la prima volta dal Bivona. Nei mari di Sicilia poi, esiste la specie suddetta, ma con un aspetto differente tanto dall’antica spe- cie di JAN che da quella del Bivona; perchè stando alla descrizione fornitaci dal KreneR, PHILIPPI e BRUGNONE, essa si presenta con minor numero di costole assiali e di strie spirali, con il labbro interno liscio e con minori dimensioni. La forma vivente potrebbe indicarsi col nome di PI. volutella, datole da VALENCIENNES (KIENER). Come si vede, i risultati ottenuti dallo studio comparativo delle Pleurotomidi fossili del Pliocene di Altavilla e del Postpliocene della città di Palermo con quelle viventi, stabiliscono bene quali specie ab- biano subìto delle variazioni e in che misura, e quali siano rimaste immutate. Istituto di Geologia dell’Università di Palermo, Luglio 1913. Subfam. Pleurotominae SwaAINSON 1840. Gen. Pleurotoma LamaRcKk 1798. Testa fusiformis. Anfractus ultimus dimidium longitudinem aequans vel subacquans. Labrum sinistrum simplex, columella non callosa; sinus a sutura postica plus minusve distans et in carina contemptus; cauda longa, plerumque recta, in axim testae producta, interdum leviter contorta et obliqua. Questo genere comprende i sottogeneri: Pleurotoma s. str. e Gemmula, rappresentato quest’ultimo solo da varie specie viventi nei mari della China e della Polinesia. Subgen. Pleurotoma s. str. Il sottogenere Pleurotoma s. str. è distinto dai seguenti caratteri: forma generalmente fusoide:; spira lunga, acuta; protoconca conoidale a nucleo ottuso; giri angolosi, leggermente dentati sull’angolo od ornati da cordoni spirali; ultimo giro eguale o quasi alla metà della lunghezza della conchiglia; apertura piriforme, terminata da un canale lungo aperto, talora quasi retto, talora leggermente riflesso, la sua estremità ante- riore è quasi sull’asse della conchiglia; labbro sottile, molto arcuato nel mezzo, munito posteriormente di un seno stretto, profondo, separato dalla sutura, il quale è indicato sulla conchiglia dalle dentellature Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 16 114 F. CIPOLLA {10] e dalle pieghe, che ne segnano i punti di arresto. A_ partire da questo ultimo il contorno del labbro corre obliquamente, antecorrente verso la sutura; lato columellare liscio, assai largo, smaltato, ristretto verso l’estremità del canale. Pleurotoma rotata Broccui sp. — Tav. XII [I], fig. 1 a, d. 1814. Murex rotatus BroccHi. Conch. foss. subap., pag. 434, tav. IX, fig. 11. 1841-44. Pleurotoma subdentata GoLpruss. Petr. Germ., vol. III, pag. 21, tav. CLXXI, fig. 9. 1847. = rotata Br. GrateLOUP. At. Conch. foss. des. ter. tert. de l’Adour, tav. XX, fig. 10. 1853. = — — Hornrs. Moll. foss:d. Tert.- Bech. v. Wien,V. I, p. 854, tav. XXXVIII, fig. 18 a, db. 1859. — — — Lusassi. Conch. foss. Pal., pag. 35. 1875. — — — Secuenza. Form. plioc. It. mer., pag. 208. 1877. _ — — BennarDr. I Moll. terz. del Piem. e della Lig., pag. 13, tav. I, fig. 2. 1879-82. _ — — Fonrannes. Moll. plioc. de la vallee du Rhone, vol. I, pag. 40, tav. IV, fig. 5. 1896. — — — Cossmann. Zss. de paléoc. comp., pag. 7, fig. 14-16. Testa fusiformi; anfractibus subinfundibuliformibus, acute carinatis, antice posticeque planis; carina papillis acutis, spinosis, erectis instructa, parte antica anfractuum minori, ultimo bi vel tricincto profunde depresso, canali distinctissimo erecto apertura parvula ovato-rotundata. Conchiglia turricolata, fusiforme; spira lunga, assai acuta, composta di 12-13 anfratti unicarinati rego- larmente separati da suture profonde. La carena è acuta, ornata di tubercoli bifidi e più vicina alla sutura anteriore. Ogni giro è ornato di cingoletti spirali che passano anche sulla carena, rendendo i tubercoli granulosi. L'ultimo giro supera la metà di tutta la lunghezza della conchiglia. Le suture sono profonde. Tre costole spirali si avvolgono nella parte anteriore dell’ultimo giro di cui la prima è più piccola delle altre due che sono fra loro assai distanti. Lungo la sutura inferiore dei giri corre pure un cingolo principale più o meno forte e granuloso. Si osservano pure minute strie assiali di accrescimento, irregolari e sinuose. Il labbro sinistro posterior- mente angoloso. Il canale è lungo, sulla parte esterna obliquamente striato e costulato; queste costule sono piccole e quasi uniformi. La columella è poco scavata e il lato columellare sub-calloso. Apertura ovale allungata, seno molto profondo ed intagliato sulla carena. Il nostro esemplare più adulto misura mm. 40 di lunghezza e mm. 15 di larghezza. — Questa specie non è troppo rara nelle sabbie argillose di Altavilla. Benchè la spira dei nostri esemplari non sia breve e la carena non molto acuta, come nell’esemplare tipico del BroccHi, pure differiscono sempre dalla P7. monile BR. giacchè questa ha la conchiglia proporziona- tamente più lunga e più stretta: l’angolo spirale più acuto; l’ultimo giro notevolmente più breve e meno depresso anteriormente: la carena meno sporgente, ottusa e più distante dalla sutura anteriore, quasi me- diana; le suture meno profonde; il canale notevolmente più breve. i Benchè la Pleurotoma rotata si riscontri (secondo BeLLARDI) nel Miocene medio dei colli torinesi e nel Miocene superiore di Stazzano e di S. Agata; pure essa è caratteristica, per la sua abbondanza, dei depositi argillosi della regione mediterranea nel principio dell’epoca pliocenica. Io credo che la Pleurotoma monile BR. tipica, di cui ho osservato parecchi esemplari del Piacentino esi- stenti nellà collezione DoDERLEIN del nostro Museo, non esista ad Altavilla, e che CaLcaRrA il primo a notarla in questa località l’abbia confusa con la Pleurotoma rotata, ivi trovata poi effettivamente dal LiBassi. PO I, sii ILE Lote RZ, E O iene |t1] È. CIPOLLA 115 SEGUENZA che indica ad Altavilla la 7. monile, dichiara di non possederla e di seguire CaLcara. Io trovo piuttosto fra i miei esemplari della P/. votata uno solo che mi sembra identico alla varietà B. della PI. monile, indicata da BeLcarRDI ! nel Pliocene inferiore del Piemonte, e che Sacco chiama var. denticulo- marginata ®) (Tav. XII [I], fig. 2a, 6). Essa ha le stesse dimensioni della P/. rotata, e, benchè la stria marginale un pò denticulata della sutura posteriore appaia spesso negli esemplari della 7. rotata propria di Altavilla, qui è invece più forte e granulosa e molto più vicina alla carena. Pleurotoma turricula Broccni 20n MonraGu sp. — Tav. XII [I], fig. 30,5. 1814. Murex turriculus Broccni. Conch. foss. subap., pag. 435, tav. IX, fig. 20. 1841. Pleurotoma turricula CaLcara. Conch. foss. Altav., pag. 52. 1845. _ - Nysr. Cog. et Polyp. des. terr. tert. de la Belgique, pag. 520, tav. XLI, fig. 5. 1845. _ Stoffelsiù Nvst. Coq. et Pol. ecc., pag. 521, tav. XLIV, fig. 1. 1848. _ turricula Woop. Crag Moll., v.I, pag. 53, tav. VI, fig. 4. 1853. — —_ Hornes. Moll. foss. de Tert.-Beck. Wien, vol. I, pag. 520, tav. XXXVIII, fig. 11 (a, d pars). 1875. _ _ Secuenza. Porm. plioc. dell’ It. merid., pag. 206. 1877. _ — BeLnLarDI. I moll. terx. del Piem. pag. 39, tav. I, fig. 25. 1879-82. —_ —_ Fonrannes. Moùl. plioc. de la vall. du Rhòne, v. I, pag. 41, tav. IV, fig. 6. 1896. _ _ Cossmann. ss. de paléoc. compar., vol. II, pag. 77, tav. V. fig. 11-12. Testa fusiformis, acuta, apertura cum cauda dimidiam totius testae longitudinem circiter aequans. An- fractus contigui, sutura parum profunda distincti, cingulis tribus elevatis, croceum colorem retinentibus, obtusis, interdum crenulatis cincti ; quorum medium paulo magis prominens carinam aemulatur. Anfractus ultimus subventricosus, pluribus cingulis ornatus. Cauda recta subito oriunda. La conchiglia è di forma fusoide, allungata, con spira lunga ed acuta. I giri sono contigui, carenati; la carena è mediana e ottusa. Essa divide gli anfratti in due parti, di cui la parte anteriore è un po” convessa, la posteriore è concava; inoltre nei primi giri è minutamente dentata; i denti sono piccoli, ravvi- cinati, ottusi e nei giri di mezzo e nell’ultimo quasi obsoleti. Tutta la superficie è segnata da minutissime strie spirali; tanto la parte anteriore che la posteriore degli anfratti sono ornate da un cordoncino spirale in vicinanza della sutura; ma quello della parte posteriore è alquanto più forte. L’ultimo giro è subventricoso ed ornato da parecchi cingoletti circa tredici; esso è alto quanto la metà della lunghezza della conchiglia: la sua parte anteriore porta spesso cinque cingoli spirali, talvolta sei, alquanto distanti fra di loro. Le suture sono superficiali, la posteriore marginata. La conchiglia è segnata da strie di accrescimento minute e fitte, curvate sulla carena per seguire la forma deli seno. Apertura ovale, labbro sinistro internamente liscio, lato columellare debolmente sinuoso, canale quasi retto ed allungato. Dei nostri esemplari alcuni arrivano alla lunghezza di mm. 60 per mm. 20 di larghezza. La PI. turricula è molto bene rappresentata in Altavilla, ove era stata già indicata da CaLcaRA e da SEGUENZA. 1) I moll. terz. del Piem., vol. II, pag. 26, tav. I, fig. 16 (1877). 2) I moll. terz. del Piem., vol. XXX, pag. 41 (1904). 116 F. CIPOLLA [12] Gen. Drillia Gray 1883 (s.1.) Labrum sinistrum subvaricosum, antice plerumque sinuosum. Labrum dextrum plerumque postice callosum. Cauda saepe brevissima vel subnulla, sinus suturalis. Questo genere comprende i sottog. Drillia s. str.; Crassispira, Cymatosyrina, Drilliola e Tripia, tutti rappresentati nel Pliocene di Altavilla. X Subgen. Drillia s. str. Le Drillia s. ste. hanno forma stretta e fusoide; spira turricolata e lunga; embrione liscio, poligiro, conoide, a nucleo ottuso. Giri convessi nella parte anteriore, dove sono ornati sia di costole, sia di nodosità . oblique; depressi posteriormente e separati dalla sutura da un cuscinetto più o meno sporgente. Ultimo giro più piccolo del resto della spira, a base arrotondata, terminato anteriormente da un canale corto, largo, obliquo e un po’ inflesso a sinistra nella sua estremità, che è leggermente incavata; a questa in- senatura corrisponde un cuscinetto obsoleto che si avvolge sul collo del canale. Apertura piriforme, ‘poco ristretta anteriormente. Labbro poco arcuato, spesso varicoso sulla parte corrispondente alle coste; il seno sulla depressione spirale è profondo, corre obliquamente verso la sutura e forma quasi una doccia alla bocca. Lato columellare stretto, calloso, spesso munito di un piccolo tubercolo rimpetto la doccia posteriore. Il sottogenere Drillia s. s. si distingue dai sottogeneri Surcula s. str. e Pleurotoma s. str. per la brevità e larghezza del canale, che è incavato nella sua estremità e munito di un cuscinetto sul collo. Alcune Drillia somigliano molto alle Eopleurotoma (sottogenere di Pleurotoma a coste sinuose e a canale assai corto), ma se ne distinguono per la posizione del seno che somiglia a quello delle Surcula; d’altra parte l’ ispessimento del labbro è un carattere particolare delle Drillia e che non si trova nè in Plewrotoma nè in Surcula. Drillia obtusangula Broccnr sp. — Tav. XII [I], fig. 4 a, d. 1814. Murex (Fusus) obtusangulus. Broccni. Conch. foss. subap., pag. 422, tav. VIII, fig. 19. 20) 1841. Pleurotoma obtusangulum Br. Cancara. Conch. foss. Altav., pag. 52. 1845. —_ _ — Carcara. Moll. viv. e foss. di Sicilia, pag. 36. 1845. — — — GrareLovP. Altas conch. foss. du bassin de l’ Adour, tav. XX, fig. 58,59. 1847. - obtusangula —‘— BreLLarDi. Monogr. Pleur. del Piem., pag. 65, tav. 1II. fig. 21. 1853. _ — — Hornes. Moll. foss. d. Tert.-Beck. v. Wien, v. I, pag. 365, tav. XL, il o eee lb 1875. _ — — Secuenza. HPorm. plioc. dell’ Ital. merid., pag. 208. 1877. Drillia obtusangulus Br. BeLLarDI. I moll. terz. del Piem. e Lig., pag. 98. 1896. — obtusangula — Cosswann. Essais de palèoc. comp., pag. S4. 1910. - _ — Sacco. I moll. terx. Piem., Parte XXX, pag. 45, tav. XII, fig. 15, 16. Testa subfusiformi elongata ; transversim minute striata et longitudinaliter costata; striis intermediis minu- tissimis, costis obliquis, curvatis plicaeformibus, triplo interstitiis minoribus ; anfractibus postice angulosis, subcarinatis, antice planis; sutura postica submarginata: canali longiusculo, contorto; apertura ovato-angulosa. i | | [13] F. CIPOLLA SLiST/ Conchiglia subfusiforme a spira appuntita. I giri sono carenati e nella parte posteriore strettamente ma fortemente depressi. La carena è submediana, ottusa e più vicina alla sutura posteriore. Tutta la superficie è adorna di minute, ravvicinate e irregolari strie spirali, e di parecchie coste assiali in numero di dodici nel penultimo giro e tredici nell’ultimo, più piccole dei loro interstizii, compresse, oblique, subspinose sulla carena, dove vanno a terminare. La sutura posteriore è submarginata. L'ultimo giro è ventricoso, anteriormente assai depresso, un po’ più breve di metà della lunghezza di tutta la conchiglia. L'apertura è ovale, la columella nel mezzo arcuata, anteriormente inflessa e piegata verso destra nella sua estremità. Il canale è curvo e un po’ lungo. Si osservano appena nell’ultimo giro le linee oblique di accrescimento, come anche nella depressione posteriore sono poco visibili quelle dell’accrescimento del seno. Lunghezza dell'esemplare più grande mm. 15, larghezza mm. 5. BELLARDI questa specie non conosce proveniente dalle sabbie gialle dell’Astigiano, ma la trova non rara nel Miocene dei colli torinesi e nel Pliocene inferiore di Castelnuovo d’Asti e Albenga. Essa è piuttosto comune in quelle di Altavilla, dove è stata citata dal CaLcara, e dal SEGUENZA. Drillia Allionii BeLLarpI sp. — Tav. XII [I], fig. 5 «a, d. 1847. Pleurotoma brevirostrum BeLuarDi (non SoweRBY). Monogr. delle Pleur. del Piem. e della Lig., pag. 79, ava Wi die, OL 1859. —_ — Brett. (ron SowerBy). Lipassi. Conch. foss. di Pal., pag. 35. 1875. Pleurotoma Allionii — Secuenza. Form. plioc. dell’ It. merid., pag. 208. 1877. Drillia Allionii BeLLARDI. I moll. terx. del Piem. e della Lig., pag. 91, tav. III fig. 17. 1879-82. Drillia — Benn. Fontannes. Moll. plioc. de la vallee du Rhòne, vol. I, pag. 45, tav. IV, fig. 9. Testa subfusiformi, elongata, longitudinaliter costata. Costis rotundatis, rectis, antice attenuatis, interstitiis minoribus; transversim striata: striis distinctis, acutis, confertis; anfractibus convexris, postice concavis laevibus; sutura postica marginata, margine filiformi, simplici; apertura ovato-elongata; canali distineto, longiusculo, dilatato, retrorsum revoluto; labro sinistro simplici, acuto, subalaeformi. Conchiglia subfusiforme a spira lunga assai acuta. Giri nel mezzo convessi e subangolosi; nella parte anteriore poco convessi e nella ‘parte posteriore depressi. Ultimo giro assai depresso verso la base ed uguale quasi ai ?/5 di tutta la lunghezza. Apertura ovaleallungata; il labbro sinistro è alquanto aleforme, anteriormente sinuoso e posteriormente ingrossato nell’interno; il lato columellare è poco calloso nella sua parte posteriore. Il canale è un po’ lungo, largo, quasi retto, inflesso, e nell’esterno obliquamente striato. Suture profonde. i { giri sono adorni di strie spirali e di costicine assiali; le strie sono ravvicinate, compresse, acute e separate da larghi interstizi; ogni anfratto ne ha tre più distinte, di cui la mediana corre sull’angolo. tutte poi passano sulle costicine assiali. Nel canale esse sono minutissime e appena visibili; lungo poi la sutura posteriore corre una stria spirale più forte. Le costole assiali sono in numero di 10-11, subparallele all’asse della conchiglia, separate da interstizi piuttosto larghi, ottuse, posteriormente nodose. Esse giungono più sotto la sutura anteriore e svaniscono nell’ultimo giro prima .della base del canale; inoltre s’indeboliscono fino a sparire nella parte posteriore dei giri; ove si osservano sempre le arcuate strie di accrescimento del seno. 118 F. CIPOLLA [14] Lunghezza mm. 33; larghezza mm. 10. Il BeLLarDi ! nel 1847 riferì questa specie al Pl. brevirostrum SowERBY; ma accorgendosi poi che ne è differente per alcuni caratteri descritti dal F. E. Epwarps ?), la chiamò Dr. Allionii nel suo lavoro sui Molluschi fossili del Piemonte del 1877. Questa specie appare in Italia nel Tortoniano di S. Agata, di Stazzano; in Austria nel Miocene supe- riore del bacino di Vienna; in Francia nelle marne a Cardita FJouanneti del bacino terziario di Bordeaux; ma solamente alla fine dell’epoca pliocenica essa raggiunge, nella regione mediterranea, il suo massimo sviluppo numerico. La forma tipica di questa specie è rara nelle sabbie di Altavilla, ove è stata indicata da Liassi e: da Seeuenza. Ivi è discretamente rappresentata una sua varietà (Tav. XII [I], fig. 6 a, è), che ha la spira meno acuta, i giri più convessi, il canaletto spirale più stretto, l’ultimo giro subventricoso, il canale meno ricurvo e dilatato, le coste un po’ più forti e più distanti, le strie più grandi e subuniformi. Dimensioni quasi identiche della specie tipica. Questa varietà propria e non rara di Altavilla, ove prima fu indicata da SeGUENZA, che la chiamò: PI. interposita e attribuì a BELLARDI, venne poi da quest’ultimo messa nella sinonimia di Dr. Scillae, anche perchè il nome «‘nterposita » era stato dato da DesHayes ad un’altra pleurotoma ben diversa. La Dr. Scillae però, propria dei colli torinesi, ha forma più grande e ventricosa, suture meno profonde, margine: della sutura posteriore più grande. Non potendo quindi il nome di var. interporsita essere mantenuto, l’ho mutato in quello di var. Alta- villensis. Subgen. Crassispira SWAINSON 1840 = (Crassopleura MoxTEROSATO 1884). Le specie appartenenti a questo sottogen. hanno forma stretta, turricolata; spira conica o conoide, embrione paucispiro ottuso, giri ornati di coste tubercolose o granulose, interrotte sopra la depressione: spirale che le separa dalla sutura. Ultimo giro poco convesso a base obliquamente declive, terminato da un canale troncato, breve e pro- fondamente incavato. Sul collo del canale vi è un rigonfiamento, più che un cuscinetto, corrispondente agli accrescimenti dell’insenatura terminale. Suture superficiali. Apertura stretta, a lati quasi paralleli; labbro arcuato, sottile nel suo contorno, generalmente varicoso,, profondamente intagliato sulla depressione posteriore, per un seno stretto e parallelo alla sutura, e da questa separato da un largo margine. Lato columellare obliquo, calloso, assai largo. La callosità ricopre la fenditura ombelicale, lasciando una piccola rima. Il sottogenere Crassispira differisce dalle Drilta perchè il canale è più incavato, più largo e assai breve; la. forma più conoide, il seno più profondo, l'embrione paucispiro e molto ottuso. Si comprende in questo sottogenere il gruppo Crassopleura MontEROSATO, il cui tipo PI. Maravignae non sembra distinguersi che per la sua columella più callosa. In riguardo all’ornamentazione essa è meno tubercolosa e si riduce talvolta a strie spirali, sulle quali le granulazioni dei primi giri non persistono sino all’ultimo. i) Monogr. delle Pleur. foss. del Piemonte, pag. 79, tav. V, fig. 9. ? A Monogr. of the eocene Mollusca. London, 1849, pag. 259. [15] PF, CIPOLLA 119 Drillia (Crassispira) Geslini Drsmovrins sp. — Tav. XII [I], fig. 7 a, d. 1841. Pleurotoma oblonga Cancara |non Broconi|]. Conch. foss. Altav., pag. Di 1842. _ Geslini DesmouLins. Itéwis. Plewr., pag. 72. 1845. _ oblonga Carcara (non Broconi). Cern. moll. viv. e foss. Sicilia, pag. 36. 1875. —_ Geslini Desw. Seguenza. Morm. plioce. Ital. Merid., pag. 208, 1877. _ _ — BrLrarpi. I mol. terx. Piem., V. II, pag. 104, tav. III, fig. 30. Testa subfusiformis, spira parum acuta et parum longa. Anfractus postice depressi. Suturae superficiales, postica crasse marginata. Superficies partis anticae anfractuum spiraliter striata et longitudinaliter costulata. Striae et costulae circa duodecim in ultimo anfractu. Cauda brevissima et striata. Labrum dexterum callosum. Os ovale elongatum. Conchiglia fusoide, poco acuta. I giri alti, appianati, posteriormente depressi; questa depressione è stretta, poco profonda. L'ultimo giro alto, eguale a ?/; di tutta la conchiglia, decrescente con una certa regolarità sino all’estremità del canale. Suture lineari, la posteriore marginata, il margine è largo, grasso e ondulato. L'apertura è ovale, allungata; il lato columellare posteriormente calloso. La columella nella parte posteriore poco depressa, anteriormente sub-retta. Il canale breve, largo. La base dell’ultimo giro spesso rimata. La parte anteriore dei giri presenta pochi cordoncini spirali, circa cinque, nei primi giri, parecchi, circa dodici, nell’ultimo, uniformi, separati da larghi solchi e talvolta da un filo intermedio. Le costicine assiali sono dodici, leggermente oblique, compresse, subacute, e separate da solchi poco larghi. Il più grande dei nostri esemplari misura mm. 30 di lunghezza e imm. 16 di larghezza; il più piccolo mm. 15 di lunghezza e mm. 16 di larghezza. Questa specie si avvicina alla P/. Brocchi BonELLI, che raggiunge maggiori dimensioni, porta costole più ottuse, depressione submediana più larga e profonda, strie numerose e minutissime nella parte ante- riore dei giri. Essa è anche molto vicina alla Dri/lia sejuneta BeLt., la quale però ha la spira più acuta ed appuntita, la forma in generale assai più svelta, il lato columellare meno calloso e le coste parallele all’asse. La Dr. Geslini è molto comune in Altavilla, ove fu notata dal SeGuENZA, ma confusa dal CaLcaRra con la PI. oblonga, che è sinonima della Pl. Brocchù e non è stata sinora trovata in quella località. Subgen. Drilliola MontEROsATO 1903. Questo sottogenere comprende un gruppo speciale di conchiglie piccole e unicamente fornite di carene spirali sui giri; la loro protoconca è paucispira, tettiforme o appiattita. Cossmanxn ! avendo ricevuto dal march. Dr MownteRosaTo una specie vivente di Palermo con la scritta: Drilliola emendata MontS., la rico- nobbe vicina alla Dr. angulosa DEeSsH. per la forma dell’embrione e per gli ornamenti. Adottò allora la denominazione data da MonteROsATO, per alcune specie eoceniche del bacino di Parigi, distinte dai caratteri da noi surriferiti e prima da lui compresi nel sottogenere Crassispira; augurandosi che l'ulteriore scoperta 1) Essais de paléoconchologie comparée, vol. V, pag. 185 (1903). 120 î F. CIPOLLA [16] di campioni miocenici e pliocenici venisse a colmare il vuoto esistente tra i tipi eocenici precitati e quello di Dr. emendata vivente in Sicilia (fra i 100 e 300 m. di profondità). CossmanN ritiene che questa sezione si colleghi ad un’altra, costituita dal genere Zripîa DE GREGORIO. Questo comprende alcune piccole Dri/Zîa ad embrione poligiro conico, coi primi giri lisci e convessi, poi costulati, mentre la spira è ornata di carene spirali, nell’intervallo dei quali vi sono fine pieghe d’accre- scimento sinuose. Si credeva che tale sottogenere, di cui è tipo la PI. anteatripla De GREG. fosse limitato esclusivamente all’Eocene e fors’anche all’Oligocene medio; invece è anche rappresentato nei mari. attuali dalla PI. Trecchii Testa (= Loprestiana CArc.). Drillia (Drilliola) emendata Mowrrrosaro sp. — Tav. XII [I], fig. 8 a, d. 1844. Plewrotoma Renieri Pamurpri (non Scaccui). Enum. moll. Stc., v. II, pag. 176, tav. XXVI, fig. 22. 1862. _ crispatum Bruenone (non De Crisr. et Jan). PI. foss. di Pal., pag. 14. fig. 7. 1872. Taranis emendata Monterosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Ficar., pag. 17 e 34. 1874. Pleurotoma — — SeGueNnza. Morm. plioc. dell’ It. merid., pag. 92. 1875. — _ Secuenza Form. plioc. dell’ It. merid., pag. 208. 1878. _ _ Mowrrrosato. Enumerax. e Sinon. conch. med., pag. 45. 1886. — — KoseLt. Prodr. faun. moll. mar. europ., pag. 128. 1903. Drilliola _ MonrERosaro. Cossmann. Paléoc. comp., vol. V., pag. 188. Testa fusiformis turrita. Anfractus parum convexi, superiores cingulis tribus rotundatis instructi, quorum infimum suturae contiguum, secundum in medio anfractu, tertium inter hoc et suturam sita sunt. Spatium inter cingulum infimum et sequens concaviusculum a fissura occupatur, et lineis elevatis incurvatis eleganter signatur, quae minus distinctae super reliquam testam continuantur. Suturae marginatae, margo sim- plex et filiformis. Basis et cauda multistriata. Apertura oblonga, bis tertiam spirae partem aequans. Cauda: breviuscula, vix distineta; sinus angustus et profundus. Labrum sinistrum simplex et subalaeforme. Elecante specie subfusiforme, con la spira elevata e la base arrotondata. Gli anfratti sono poco convessi D I LI leggermente depressi nella loro parte posteriore. Il seno è profondo e stretto; il labbro è semplice e subale- forme, l’apertura ovato-allungata ed eguale quasi alla metà della spira; il canale piuttosto corto, poco di- stinto e ricurvo. . I giri sono ornati da molte strie spirali più o meno prominenti e distanti fra di loro. Di queste strie, la mediana più elevata delle altre, tiene luogo di carena; altre due, l’una anteriormente e l’altra posterior- mente alla carena, sono vicine alle suture corrispondenti e ne formano il margine. Gli spazî compresi fra queste strie sono anch’essi adorni da una o da due linee ben distinte, di cui sono sempre più esili quelle che occupano la depressione posteriore dei giri. Numerose strie un po’ decrescenti e tavolta alternate da altre più piccole, rivestono tutto l’ultimo giro. La depressione posteriore è sempre adorna di linee elevate e curve che indicano gli accrescimenti del seno. Tali linee di accrescimento si osservano in ogni anfratto distintamente, e sono dirette quasi sempre obli- quamente. La lunghezza del più grande-‘dei miei esemplari è di mm. 10 e la larghezza di mm. 4. Questa specie è stata confusa da Bruenoxe con la PI. crispata JAN che trovasi prevalentemente nel Miocene medio e superiore; ed è molto vicina alla nostra, ma se ne distingue oltre che per le dimensioni maggiori, per la depressione più larga e profonda, e per la base dell’ultimo giro spesso rimata. Altavilla è la prima località pliocenica che racchiuda questa specie. [17] F. CIPOLLA 121 BeLLARDI !) crede che la suddetta specie sia derivata dalla Dr. consunguinea SEGUENZA, del Miocene medio, che ha carena più sporgente e quindi suture più profonde, ultimo giro più lungo, costicine e strie spirali meno numerose, canale più lungo. La Dr. emendata è rara ad Altavilla ed anche a Ficarazzi; è ancora vivente ma rarissima nel Mediterra- neo e nell’Oceano Atlantico. MontEROsATO nota, a proposito dell'animale di questa specie, che mentre gli occhi delle conchiglie del genere Pleurotoma s. l. sono sulla metà dei tentacoli, in questa specie si trovano due “superbi occhi neri ,, sulla punta dei tentacoli, che sono cortissimi e con una larga base. Subgen. Tripia De GrEGORIO 1890. ?! Drillia (Tripia) Loprestiana Carcara sp. — Tav. XII [I], fig. 9 4, d. 1836. Plewrotoma crispatum ParLieri (non De CristoroRIS et Jam). En. moll. Sie., v. I, pag. 200. 1841. _ Loprestiana Cancara. Monogr. dei gen. Spirorbis e Succinea, pag. ©. 1842. _ Trecchii Tesna. Giorn. L’Oreteo, n. 6: Due nuove specie di conchiglie, pag. 1, fig. 1. 1844. _ crispatum Prippi (non De Crist. et Jan). En. moll. Ste., v. II, pag. 170, tav. XXVI, fig. 12. 1845. —_ Loprestiana CaLcara. Moll. vv. e foss. di Sicilia, pag. 34, tav. IV, fig. 19. 1862. _ Wicintum Bruanone (non Ercnwarp). PI. foss. di Palermo, pag. 15, tav. I, fig. 8. 1875. _ Loprestiana CaLcara.SeGuenza. Form. plioc. It. merid., pag. 208. 1877. Drillia _ — BeLnarpi. I moll. terx. Piem., pag. 139. 1878. Pleurotoma o — Monrrrosaro. Enum. e Sinon. conch. medit., pag. 45. 1888. —_ = — Kosrur. Faun. moll. mar. Europ. pag. 128. 1903. Tripia Trecchii Tesra. Cossmann. Ess. paltoc. comp., v. V, pag. 188. 1912. — _ — DaurzeNsrRe et Fiscurr. Moll. des camp. de l’ Hirondelle et Pr. Alicev. XXXVII, p. 52. Testa fusiformi-turrita, sacpius rimata, carinata; anfractibus numerosis, planiusculis, carinis spiralibus 3-4, linulisque confertis longitudinalibus interstitia occupantibus sculptis; suturis indistinctis; apice acuto, gra- nuloso, subcostulato; apertura elongato-ovata; cauda brevi, superne sinuata; columella strictiuscula, callosa; labro simplici, acuto, curvato, inferne late simuato. Piccola specie subfusiforme, risultante da alcuni giri appianati. L’apice è acuto, granuloso e subcostu- lato. L’ultimo antratto è molto depresso sulla parte anteriore; la sua base è spesso leggermente rimata, Il labbro è semplice, acuto; l’apertura è ovato-allungata e termina in un canale, brevissimo, largo e un po’ curvo. La columella stretta e callosa. I giri sono ornati comunemente da tre cingoletti spirali acuti; l’ultimo invece da circa nove strie decrescenti sino alla base del canale, su cui diventano assai minute e ravvicinate. I cingoli degli anfratti sono equidistanti fra loro; di essi il posteriore è più piccolo e quasi contiguo alla sutura, il mediano è più grande. Le strie di accrescimento sono numerose e fine; la traccia del seno è nettamente visibile sulla parte posteriore dei giri. Il seno è profondo e si trova nell’intervallo fra la stria mediana e la posteriore. i Questa specie, rarissima nelle sabbie plioceniche di Altavilla e rara nel Post-pliocene di Ficarazzi, è ancora vivente nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico. Sugli esemplari viventi si osserva talora un mag- gior numerò di strie negli anfratti. 1) I molluschi terziari del Piem., v.II, pag. 1383 (1877). 2) V. sottogen. Drilliola Mrs. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 17 122 F. CIPOLLA [18] PaiuipPi riferì un solo esemplare della nostra specie, trovato fossile a Calatabiano, alla miocenica Dril- lia crispata JAN Sp.; nè l’avvertì dell’errore, in cui era incorso, l’apice granuloso e longitudinalmente costu- lato, che egli osservò nella specie vivente dell’isola di Capri, donatagli dallo ScaccHIi. Questo carattere in- sieme con la magggiore altezza proporzionale dell’ultimo anfratto, che è semplicemente striato, indusse il CALcaRA a distinguerla nettamente dalla Dr. crispata JAN sp. La descrizione poi che fa BruenoNE del suo PI. tricinctum (non EicHWALD) è del tutto corrispondente alla nostra specie. Egli invero riconosce il suo PI. tricinetum come analogo in gran parte alla PI. Loprestiana; ma non vuole tenere conto di questa Pleurotoma perchè mal descritta dal CaLcara in una pubblicazione, che, secondo lui, “ merita di essere dimenticata ,. Ciò non è esatto, perchè CALcARA di questo fossile fa una descrizione molto chiara, tanto nella sua Monografia dei generi Spirorbis e Succinea del 1841, quanto nel suo Cenno dei molluschi viventi e fossili di Sicilia. Il più grande dei miei esemplari è lungo mm. 9 e largo nell’ultimo giro mm. 4. Subgen. Cymatosyrinx DALL 1889. Questo sottogenere comprende delle specie di forma in generale breve e grossa, con spira spesso assai corta. I giri sono tubercolosi ovvero ornati di costole nodolose sull’angolo mediano, generalmente sprovvisti di fili spirali o debolmente striati. La base è un po’ convessa, porta spesso un cingolo anteriore di granu- lazioni e termina con un canale molto breve e largo, il cui collo porta alcuni solchi spirali. L'apertura è subromboidale, appena ristretta anteriormente; il labbro è arcuato ed intagliato verso la sutura da un seno più profondo della sinuosità delle coste. Lato columellare largo e calloso. Le forme assai svariate, che sono comprese in questo sottogenere, hanno la stessa protoconca delle Drillia s. s.; se ne allontanano però per la loro ornamentazione e per la brevità del canale. Paragonate alle Crassispira, che hanno il canale molto corto, se ne distinguono per le costole nodolose, per l'embrione meno ottuso, per il seno contiguo alla sutura. Drillia (Cymatosyrinx) incrassata Dusarpin sp. — Tav. XII [I], fig. 10 a, d. 1836. Plewrotoma elegans Scacchi (non Derrance). Notix. Uonch. foss. Gravina, pag. 43, tav. I, fig. 8. 1837. _ imcrassata DusarDin. Mem. sur les couch. du sol en Tour., pag. 292, tav. XX, fig. 28. 1838. —_ Maravignae Brvona. Gen. e sp. di moll., pag. 13. 1839. — —_ Biv. CaLcara. Ric. malac., pag. 8, tav. I, fig. 3. 1841. — elegans Scaccni. CaLcara. Conch. foss. di Altav., pag. DA. 1844. - —_ — Paruippi. Moll. Stc., v. II, pag. 168 e 175, tav. XXVI, fig. 5. 1847. Raphitoma incrassata Dr. BeLLarDIi. Monogr. delle Pleur. foss. del Piem., pag. 108, tav. IV, fig. 27. 1853. Pleurotoma incrassata Dus. Hòrnes. Moll. d. Tert-Beck. v. Wien, v. I, pag. 383, tav. XL, fig. 14. 1862. —_ incrassatumno Dus. Bruanone. Ale. pleur. foss. di Pal., pag. 20. 1872. _ elegans Sc. MonteRrosato. Conch. foss. di M. Pellegr. e Picar., pag. 34. 1875. —_ Maravignae Biv. Secuenza. Formax. plioc. dell’ Ital. merid., pag. 208. 1877. Drillia incrassata Duy. BeLLarDI. I moll. terz. del Piem., pag. 140, tav. V, fig. 1. 1879-82. — — — var. ltihodanica Fonrannes. Les moll. Plioc. de la vallée du Rhone, vol. I, page 46, tav. IV fig. 10. 1884. Crassopleura Maravignae Brv. MonreRrosato. Nomen. gen. e sp. delle conch. del Med., pag. 127. 1896. Drillia (Cymatosyrina) incrassata Dus. Cosswann, Hss. de paléoc. comp., v. II, pag. 88. Testa parvula, fusiformi, nitida; anfractibus parum converis; costellis longitudinalibus plicaeformibus, sub- [19] P. CIPOLLA 123 rectis circiter quindecim; postice subsinuosis instructis. Apertura ovata, dimidiam spiram via superante; labro varicoso; cauda subnulla; columella callosa et inferne tuberculata. Piccola conchiglia, composta di pochi giri quasi appianati, tranne l’ultimo che è un po’ convesso ante- riormente non depresso, ma leggermente curvato. Le suture sono superficiali e leggermente ondulate. L'apertura è ovale ed anteriormente allargata, un po’ più alta della terza parte della lunghezza della conchi- glia. Il labbro è varicoso; il lato columellare è calloso e porta nella sua parte inferiore un grosso tubercolo. Il seno è profondo ed intagliato contro la sutura. Il canale è brevissimo. In ogni giro si osservano molte costicine assiali (circa 15) ottuse, poco distanti fra di loro, leggermente flessuose vicino la sutura posteriore; esse nell’ultimo anfratto sono più flessuose e arrivano sino all’estremità del canale. Alcune minute strie spirali rivestono la parte esterna del canale; mancano poi in tutto il resto della conchiglia. Gli esemplari di Altavilla non raggiungono maggiori dimensioni di mm. 11 di lunghezza e mm. 4 di larghezza dell’ultimo anfratto. Essi si distinguono (come rilevasi dalla superiore descrizione) dal tipo Pl. incrassata Duys. della Turenna, perchè portano costicine forse più numerose, più ristrette, più flessuose e più forti. Noi quindi riteniamo che la forma in cui si presenta la PI. inerassata nelle sabbie di Altavilla non sia che una mutazione della specie miocenica del DuysArpIn. Questa mutazione corrisponderebbe alla var. B. della Raph. incrassata proposta da BreLLarpI !) e da Sacco è) chiamata var. magnocostulata. La PI. incrassata è rappresentata anche nell’Astigiano e nel Post-pliocene di M. Pellegrino; è vivente nel Medi- terraneo (Tav. XII [I], fig. 11 @, 6) e nelle isole Azzorre 5). La forma dei mari odierni viene generalmente chiamata col nome di 7. Maravignae Biv. La suddetta mutazione della Rap). incrassata è rarissima nel Pliocene di Altavilla, ove è stata indicata da CALCARA, Brugnone e SeGuENZA ‘4; come del pari è assai rara in quello di Villalvernia ove fu indicata da BELLARDI. var. miominor Sacco — Tav. XII [I], fig. 12 a, d. 1877. Drillia inerassata Duy. var. O BeLLarDI. I molluschi terziari del Piem., v. II, pag. 142. 1904. — (Cymatosyrina) inerassata Duy. var. miominor Sacco. I moll. tera. Piem., Parte XXX, pag. 47, tav. XII, fig. 47, 48. Riferisco alla varietà C BeLLarpI della Dr. incrassata Duys. che SAcco chiama miominor, due esemplari di Altavilla più piccoli della precedente mutazione e a spira meno acuta. In uno, lungo mm. 8 e largo mm. 3, conto 14 coste nell’ultimo giro, nell’altro, lungo mm. 7 e largo mm. 2 '/», ve ne conto 12. Queste sono più forti e più oblique nell’ultimo giro. : Questa varietà, che secondo BrLLARDI non è rara nel Miocene medio dei colli torinesi, è rarissima in Altavilla e nuova per questa località. Drillia (Cymatosyrinx) Stoppanii Cirorta — Tav. XII [I], fig. 13 a, d. Testa parvula, nitida, fusiformi; anfractibus subconvexis et postice leviter depressis, costellis longitudinalibus subcontinuis, circa decem, instructis; in ultimo anfractu costellis sinuosis, în ceteris subrectis, in medio anfrac- 1) I molluschi terz. del Piem. v. II, pag. 142 (1877). ) Ibid., part. XXX, pag. 47 (1904). 3) DAUTZENBERG. Contribution à la Faune Malac. des Il. Agores, pag. 26 (1889). 4) Form. plioc. dell’ It. merid., pag. 208 (1875). (O) 124 F. CIPOLLA [20] tuum subnodosis, inde subtilibus et iuata posticam suturam tuberculum parvum efformantibus. Apertura covata, dimidiam spiram via superante; labro varicoso; sinu lato in varice sculpto. Cauda subnulla, in basi nodu- losa et in dorso minute striata. Columella subcallosa et inferne tuberculata. Conchiglia piccola, fusiforme, composta di giri subconvessi e leggermente depressi nella parte poste- riore. L'ultimo giro termina in un canale brevissimo e largo. I giri mancano di strie spirali, ma sono ornati di parecchie costicine assiali, lievemente oblique quasi continue, subnodose nella parte anteriore, indi sinuose per seguire l’andamento del seno e terminanti in un piccolo tubercolo in vicinanza della sutura posteriore. Nell’ultimo giro queste costicine sono circa 10, sigmoidali ed inferiormente sinuose; sulla base poi del ca- nale si arrestano formando una serie di piccoli tubercoli della stessa grandezza di quelli che limitano la sutura posteriore. La parte esterna del canale è rivestita di minute strie spirali. Specialmente sulla varice boccale si scorgono alcune strie di accrescimento. La bocca è ovale e supera appena la metà della spira. Il labbro è varicoso, il seno largo, poco profondo e contiguo alla sutura: il lato columellare è subcalloso e termina inferiormente con un tubercolo ben distinto. Le suture sono quasi superficiali. Questa specie, oltre alle somiglianze generiche e subgeneriche, si avvicina alla PI. sigmoidea BRONN per la forma dei giri e per il numero ed obliquità delle coste assiali dell'ultimo anfratto; rassomiglia pure alla PI. incrassata Duy. per la forma subconoidale della conchiglia. Differisce però dall’una e dall’altra specie per la serie dei tubercoletti che si osservano distintamente sia in vicinanza della sutura posteriore sia sulla base del canale, per le costicine assiali più forti e subnodose; e subordinatamente per le dimen- sioni più piccole. Lunghezza mm. 7 ! e larghezza dell’ultimo anfratto mm. 2 5. È un po’ rara nelle sabbie di Altavilla. Drillia (Cymatosyrinx) sigmoidea Bronn sp. — Tav. XII [II], fig. 14 a, db. 1831. Pleurotoma sigmoidea Bronn. Ital. tert. Geb. pag. 47. 1847. Raphitoma — — Betcarpi. Monogr. Pleur., pag. 109, tav. IV, fig. 29. 1853. Pleurotoma Suessi Hòrnes. Moll. foss. Tert.-Beck. v. Wien, v. I, pag. 334, tav. XL, fig. 13 (@, d, c). 1875. Conopleura sigmodea Bronn. SeGuenza. Form. plioc. lt. mer., pag. 208. 1807. Drillia — — BreLrarpi. Moll. terx. Piem. e Lig., v. Il, pag. 144, tav. V, fig. 4. 1896. Dr. (Cymatosyrinae) sigmodea Bronn. Cossuann. Essais paltoc. v. II, pag. 88. 1910. — — — — CeruLui-IreLri. Paun. malac. mar. Palaeont. Ital., vol. XVI, pag. 50, tav.IV, fig.53 e 54. Testa turrita-fusiformi nitida. Anfractibus ventricosis costellatis: costellis circa duodecim, perobliquis sinuosis plicaeformibus, abbreviatis, medio subnodulosis, laevissimis. Striis spiralibus nullis. Apertura ovato-ro- tundata, dimidiam spiram subaequanti; canali brevi, vix subdistincto, exquisite striato, labro calloso et infime prope sinum tuberculato. Questa specie ha forma fusoide;i giri sono poco convessi nel mezzo. L’ultimo anfratto è anteriormente non depresso, ma leggermente curvato. Il canale è breve ma distinto e largo; la sua superficie esterna è fimamente striata. Il labbro sinistro è varicoso e porta un seno largo e profondo in vicinanza della sutura. Il lato columellare è calloso e porta inferiormente un grosso tubercolo. I giri sono ornati di parecchie costicine assiali (circa 12) flessuose, più strette dei loro interstizii, nel mezzo rialzate, quasi nodose e leesermente curvate verso la sutura; nell’ultimo anfratto sono più flessuose e svaniscono alla base del [21] Î. CIPOLLA 125 canale. Le strie di accrescimento flessuose sono fine. ma si osservano bene; però la traccia del seno è debole. La lunghezza della maggior parte degli esemplari studiati è di mm. 12 e la larghezza dell’ultimo giro mm. 5; alcuni però arrivano a mm. 15 di lunghezza e mm. 6 di larghezza. Questa specie è comunissima nel Pliocene di Altavilla, ove è stata indicata dal SeGuENZA e mentre è rara, secondo CeruLLi-IrELLI, a M. Mario; manca nel Post-pliocene di Ficarazzi e M. Pellegrino. Drillia (Cymatosyrinx) pseudosigma BruGwone sp. — Tav. XII [I], fig. 15 a, d. 1876. Pleurotoma pseudosigma Bruenone. Due specie nuove fossili di Altavilla. Bullettino della Società Malac. Ital.; pag. 216, tav. C, fig. 4. osta turrita, elongata, transversim tenuissi riata. Anfractib ubconveris, longitudinaliter costato-no- Testa turrita, elongata, transversim tenuissime striata. Anfractibus sube , longitudinalit tat osìs; costis circa 6-7, vatis, abruptis, obliquis, interstittis mult inoribus, suturis undulatis; postica mar- dosìs; costis circa 6-7, elevatis, abruptis, obliquis, interstittis multo minoribus, sutu ndulatis; post ginata; cauda brevi, latiuscula; labro simplici, acuto. Apertura angusta; labro tenui, subcalloso et inferne tuberculato. Conchiglia a spira allungata ed acuta. I giri sono subconvessi e leggermente depressi nella parte poste- riore. L'ultimo anfratto eguaglia quasi la metà della spira; è debolmente depresso anteriormente e termina in un canale assai curvo e largo. L'apertura è stretta ed allungata. Il labbro è semplice, acuto ed intagliato da un seno profondo e contiguo alla sutura. Il lato columellare è leggermente calloso e inferiormente porta un tubercolo depresso rimpetto al seno. Le suture sono ondulate; la posteriore marginata. Tutta la superficie è finmamente striata. Queste strie spirali sono molte, uniformi e debolmente increspate dalle finissime linee di accrescimento; nella depressione posteriore sono ondulose e quasi obliterate. Ogni giro porta 6 0 7 coste assiali molto rilevate ed ottuse, nodiformi, che si arrestano innanzi la piccola depressione posteriore. Lunghezza mm. 19 e larghezza dell’ultimo giro mm. 6. Questa specie, che è comune e finora conosciuta solo in Altavilla, differisce dalla P7. sigmoidea BRONN per la forma più allungata, per la superficie coperta di strie spirali leggere, per le coste ‘assiali meno numerose, rilevate e quasi rette, per la sutura posteriore marginata e subordinatamente per le dimensioni maggiori che può raggiungere. Subfam. Clavatulinae H. et A. ADAMS 1848. Gen. Clavatula Lamarck 1801 (s.1.) Spira longa; anfractus omnes vel saltem primi contra suturam anticam longitudinaliter costati plicati vel nodosi; cauda brevissima, quasi recta, în apice subincavata; sinus a sutura distans. Il genere Clavatula comprende i sottogeneri: Clavatula sens. str., Trachelotus e Perrona; dei quali solo il primo è rappresentato nel Pliocene di Altavilla. o) Subgen. Clavatula s. str. Le conchiglie appartenenti a questo sottogenere hanno guscio spessito, forma conica e spira acuta. L’embrione è liscio, conoide a nucleo ottuso e depresso. I giri appianati o un po’ scavati, generalmente provvisti di un cingolo inferiore o di tubercoli acuti o spinosi, qualche volta ornati da costole assiali corte, 126 F. CIPOLLA [22] incrociate da strie spirali. La base dell’ultimo giro è un po’ scavata, attenuantesi rapidamente in un canale: non molto corto e quasi retto, sul collo del quale si avvolge un cuscinetto obsoleto. L'apertura è piriforme, assai larga posteriormente; il labbro rettilineo nella parte anteriore, fortemente arcuato nel mezzo, inta- gliato da un seno largo e acuto, lontano dalla sutura. Il lato columellare è liscio, leggermente arcuato indietro, rettilineo avanti. Clavatula interrupta Broccni sp. — Tav. XII [I], fig. 16 @, d. 1814. Murex (Pleurotoma) interruptus Broccni. Conch. foss. subapp. pag. 433, tav. IX, fig. 21. 1826. Pleurotoma turris Encycl. Mth., tav. CCCOXT, fig. 7 (a, b). 1847. - interrupta Br. BrLLarDi. Monogr. Pleur. pag. 31, tav. I, fig. 16. 1867. _ _. — Per. pa Cosra. Gasteropodì terc. Port., pag. 219, tav. XXVI, fig. 9. (a, db). 1875. — -_ — Secuenza. Form. plioc. It. merid. pag. 208. 1877. Clavatula - — BretLarpi. / moll. terx. Piem., v. II, pag. 169, tav. V, fig. 33. Testa subfusiformi, sulcato-rugosa; striis spiralibus tenuibus, crenulatis, undulatis. Anfractibus antice inflatis, post angulum plano-concavis, sublacvibus; suturis marginatis; canali dilatato, longiusculo. Conchiglia subfusiforme a spira lunga ed acuta. I giri sono anteriormente convessi; molto depressi: posteriormente e marginati presso la sutura posteriore. L'ultimo giro è un poco più corto di metà di tutta la lunghezza della conchiglia. Le suture profonde. La parte anteriore dei giri è coperta di strie spirali fitte; di varia grandezza, granulose, perchè incontrate da alcune rughe assiali ottuse e subnodose nell'angolo. Nella parte posteriore le strie spirali divengono sottili e quasi obsolete. Nell’ultimo giro le: strie di accrescimento sono visibili e nella depressione si osserva la traccia del seno che forma alcune rughe irregolari nel margine della sutura posteriore. Il seno è largo e acuto. Il margine posteriore dei giri piccolo, irregolarmente rugoso negli ultimi giri, pieghettato nei primi. L'apertura è ovale, il canale: è un po’ lungo, largo, subretto, curvo all’estremità. Questa specie è variabilissima nei diversi periodi di sua vita: nei giovani esemplari gli anfratti sono quasi appianati, ricoperti da costicine assiali interrotte sulla depressione del seno, ove sorge un elegante serie di piccoli tubercoli. Negli esemplari adulti non rimangono altre vestigia delle costicine assiali che tubercoli irregolari posti sull’angolo del giro. Questa specie che nell’Astigiano raggiunge mm. 85 di lun- ghezza e mm. 28 di larghezza, ed è frequente; è rarissima in Altavilla. L’unico esemplare studiato è lungo mm. 60,5 e largo mm. 20. Discretamente rappresentata nelle sabbie di Altavilla è invece una varietà della Clavatula interrupta Br. sp. che io chiamo tuberculifera (Tav. XII [I], fig. 17 a, 0), confusa da Ligassi ! con la specie tipica. Questa varietà, che io credo propria di Altavilla, si distingue dalla tipica, per l’angolo spirale meno acuto, per i giri meno alti e perchè più fortemente granulosa su tutta la superficie, a causa delle strie di ac- crescimento assai più forti. Il seno è assai fortemente indicato, tanto che la sua traccia lascia un cordoncino di tubercoli nella parte posteriore depressa dei giri. Il più piccolo degli esemplari di questa varietà è lungo mm. 12 e rassomiglia alla P7. ditissima MAr. descritta da BELLARDI, ma se ne allontana per la ristrettezza della parte concava dei giri e per le sue costicine assiali granulose. Il più grande esemplare ha le stesse dimensioni di quello tipico. i Conch. foss. Palermo, pag. 36 (1859). [23] F. CIPOLLA 127 Clavatula rustica Broccui sp. — Tav. XII [I]. fig. 18 @ db. 1814. Murex rusticus Broccui. Conch. foss. subap., pag. 428, tav. IX, fig. 4. 1847. Pleurotoma rustica Br. BeLLarRDI. Monogr. Pleur., pag. 28, tav. I, fig. 17. 1861. se fimbriata O. Cosra. Osserv. Conch. S. Miniato, pag. 13, tav. III, fig. 8 (a, b). 1861. _ striolata O. Costa. Osserv. Conch. S.M., spieg. tav. X, pag, 22. 1875. _ rustica Br. Secuenza. Form. plioc. It. merid., pag. 208. 1877. CQlavatula _ — BeLLarpDI. I moll. terx. Piem., pag. 152, tav. V, fig. 9. Testa turrita, rudis, sulcis transversis tuberculatis undequaque erasperata; anfractibus planulatis, in medio leviter ewmavatis, granulosis, ad suturam tumescentibus; cauda brevi. Conchiglia turrita, con la spira lunga. I giri sono anteriormente poco convessi; nel mezzo un po’ depressi; marginati presso la sutura posteriore. L’uitimo è breve, eguaglia in altezza la metà circa della spira, e nella base del canale è assai depresso; esso mostra una rima assai debole. Le suture sono superficiali. L'apertura è ovale, il labbro semplice, il seno largo e profondo. Il lato columellare è calloso, posteriormente scavato, poi sub-retto. Il canale brevissimo, largo, ricurvo. La parte media e anteriore degli anfratti è ornata di strie spirali, di cui tre sono più grandi e rilevate. Inoltre ì giri sono anteriormente ornati di costole assiali numerose ed evidenti che all’inerocio con le strie spirali diventano granulose. Le strie di accrescimento sono forti e anche granulose, specialmente là dove indicano le traccie del seno. Il margine della sutura posteriore è largo, grasso, rugoso, irregolarmente nodoso e talvolta subspinoso. L’esemplare più grande è lungo mm. 27 e largo mm. 10. Questa specie è rara nelle sabbie di Altavilla e nuova per questa località. Essa mentre è rarissima nel Pliocene inf. di Castelnuovo d’Asti è frequente nell’Astigiano. Clavatula Raffaélei Crrorva — Tav. XII [I], fig. 19 a, d. Testa subturrita; anfractibus medio late depressis, antice et postice magnis tuberculis spinosis cinctis, ultimo anfractu asperrime striato et longitudinaliter sulcato, spirae longitudinem aequante:; cauda recta, longiuscula; sinu parum profundo. Conchiglia con la spira conica poco allungata. I giri sono largamente e fortemente depressi quasi sulla parte mediana. L’ultimo anfratto eguaglia la lunghezza della spira; esso è leggermente depresso nella parte anteriore e termina con un canale un po’ lungo, curvo e largo nella sua estremità. L'apertura è ovale allungata; il labbro intagliato da un seno semicircolare, poco profondo e lontano dalla sutura poste- riore. Il lato columellare è incavato leggermente nella parte posteriore, indi sub-retto, leggermente calloso. Le suture sono un po’ profonde. I giri, lungo le corrispondenti suture, sono ornati da una serie di tubercoli spiniformi, grandi, ottusi e separati da uno stretto intervallo. L’ultimo anfratto sino all’estremità del canale è rivestito da parecchie strie spirali, alternate, specialmente nella base e nel dorso del canale, da altre più sottili. Queste strie diventano granulose o subspinose nella loro intersezione con le strie di accre- scimento che sono forti e rugose. La traccia del seno si scorge bene nella depressione mediana. L’esemplare studiato è lungo mm. 30 e largo mm. 10. 128 F. CIPOLLA [24] Questa specie è rara nelle sabbie di Altavilla. Si avvicina alla PI. Schreibersi HoRNES del Miocene del Bacino di Vienna, ma in essa l’ultimo giro è più breve e più largo, i giri sono meno depressi nel mezzo e più alti, e i tubercoli più spinosi, ma di numero minore. La forma della specie di HoERNES è più obesa. Clavatula Romana Drerrance sp. — Tav. XII [I], fig. 20 a, d. 1826. Pleurotoma romana Derrance. Dict. Sc. nat., v. XLI, pag. 393. 1861. -_ exoleta O. Costa. Osserv. Conch. S. Miniato, pag. 14, tav. III, fig. 9 (a, db). 1862. 2 asperulatum Bruenone (non Lamarcr). Pleur. foss. Paler., pag. 11, fig. 5. 1864. Pleurotoma Mortilleti Mayer. Journ. de Conch., v. XII, pag. 163, tav VIII, fig. 3. 1875. — -- - SeGuenza. Mormazx. plioc. It. merid., pag. 208. 1875. — — May. var. minor Seguenza. HMorm. plioc. It. merid., pag. 208. 1877. Clavatula romana Derr. BetvarDi. I moll. ter. Piem., pag. 172, tav. V, fig. 36. Testa subfusiformi, longitudinaliter undatim striata; anfractibus medio depressis, superne spinarum serie instructis; sutura postica margine rugoso et noduloso cincta; basi parum depressa, transversim irregulariter costulato-granulosa; cauda brevi, recurva. Conchiglia piccola, fusiforme-turrita, composta di 8-10 giri largamente e leggermente depressi. L'ultimo giro è depresso nella parte anteriore e quasi uguaglia la lunghezza della spira, che è acuta ed un po’ al- lungata. Le suture sono superficiali. I giri portano anteriormente una serie di tubercoli acuti e subspinosi, uguali in larghezza ai loro intervalli; essi si prolungano obliquamente sino alla sutura anteriore, e nell’ultimo anfratto pigliano quasi l’aspetto di costole irregolari, ondulose, ‘evanescenti nella base del canale. Inoltre si osserva una serie di noduli misti a delle suture irregolari lungo la sutura posteriore, la quale perciò è provvista di un margine rugoso e ondulato. L'ultimo giro risulta carenato per i tubercoli più forti e più spinosi. La superficie dei giri è rivestita da numerose strie spirali fine, più o meno obliterate nella depres- sione dei giri, che sono più forti sull’ultimo giro sino a tutto il canale (ivi due o tre sono più rilevate), e diventano granulose e subspinose per la intersezione colle strie ondulose di accrescimento. Nella depres- sione spirale si scorge chiara la traccia del seno. Nei primi anfratti si osserva un’altra serie di piccoli tubercoli più o meno vicini a quelli delle altre due; onde la conchiglia prende vicino all’apice un aspetto molto granuloso. L'apertura è ovale; il labbro negli esemplari adulti solcato internamente, intagliato nella parte posteriore da un seno acuto e profondo. Il lato columellare è un po’ rigonfio nel mezzo; il canale breve e curvato all’estremità. Gli esemplari di Altavilla corrispondono ad una varietà della P?. Romana DeFR., la quale varietà non è comune nelle sabbie di Altavilla, ove è stata indicata da BruenonE, che l’ha erroneamente identificata col nome di P/. asperulatum Lmx., e da SeGuENZA che l’ha chiamata PI. MortiWMleti Mav. var. minor. Essa differisce dalla specie tipica, che secondo BELLARDI è propria dei colli astesi, ove è rarissima, ma che manca in Altavilla, per la forma più snella, per la parte anteriore dell’ultimo anfratto carenata, per i tubercoli più acuti e subspinosi e per le dimensioni più piccole (ordinariamente gli esemplari della Pl. Romana sono lunghi mm. 40 e larghi mm. 15). Il BruGNONE credette questa varietà analoga alla var. B della P/. asperulata Lmx., che BELLARDI descrisse e figurò nella Monografia delle pleurotome fossili del Piemonte !) e che poi nell’altro suo lavoro sui Mol- 1) Pag. 38, tav. II, fig. 6 (1847). E ee A x I PO n e |25] FP. CIPOLLA 129 luschi terziari del Piem. ! riguardò come var. A della specie MMavatula gradata Ber. Ma questa varietà della lav. gradata, che Sacco * figura e chiama carimuata, propria del Miocene superiore di Stazzano, si distingue dalla varietà sopra descritta per i giri più alti e meno depressi, per la parte anteriore dei giri rilevata a forma di leggera carena, sulla quale i tubercoli sono ottusi e in maggior numero. Gen. Surcula H. et A. Apams 1855 (s.1.) Testa subfusiformis; anfractus ultimus antice valde depressus; sinus latus, suturae posticae contiguus; cauda longa, in axim testae producta; operculum idem ac Clavatula. Il cenere Sureula si distingue dalle Clavatula per la posizione del seno, per la forma, della base e perla lunghezza del canale; ma la forma del suo opercolo lo fa comprendere nella medesima sottofamiglia. Questo genere si distingue nei sottogeneri seguenti: Surcula s. str., Ancistrosyrina, Apiotoma, Clinura; ma ‘soltanto il primo di essi è rappresentato in Altavilla. Subgen. Surcula s. str. Questo sottogenere comprende delle specie di forma allungata, fusoide o biconica, con spira turricolata, ed embrione liscio, conoide a nucleo appuntito. I giri son convessi anteriormente, scavati dietro: spesso ornati di costole assiali nella parte convessa, talvolta angolosi o subcarenati al di sopra della rampa po- steriore. L'apertura è piriforme, terminata da un canale ora un po’ inflesso anteriormente e allargato alla sua estremità, ora quasi retto ed egualmente stretto in tutta la sua lunghezza. Il labbro è sottile, liscio all’in- terno, arcuato nel mezzo, intagliato da un seno profondo, che è situato sulla rampa posteriore, a poca distanza dalla sutura. Il lato columellare sottile in generale, assai leggermente calloso, sempre stretto, ter- minato in punta affilata in direzione dell’imboccatura del canale. Surcula Brugnonei Secuenza sp. — Tav. XII [I] fig. 21 a, Bd. 1862. Pleurotoma Coquandi Bruenone (non BeLLarDI). Pleur. foss. Paler., pag. 7, fig. 3 1575. - Brugnoni Secuenza. Pormax. plioc. It. merid. pag. 206. Testa fusiformi, sublaevi; anfractibus carinatis antice convexiuseulis, postice concavis; superficie primorum anfractuum minutissime striata; anfractuum supertorum laevi; carina obtusa, nodis obtusis crassis ornata; canali recto, superne dilatato; apertura ovali; sinu lato et profundo. Conchiglia subfusiforme e allungata. Una carena più o meno ottusa divide in due parti ineguali i giri; la parte anteriore è più ristretta e un po’ convessa, la posteriore assai alta e depressa. L’ultimo giro uguaglia in altezza quasi la metà della lungezza della conchiglia ed è assai depresso anteriormente. I primi giri sono ornati di minutissime strie spirali, che mancano nei giri superiori. La carena porta una serie di nodi obliqui che spesso scompaiono nell’ultimo anfratto, nel quale l’ottusa carena spesso si oblitera. In tutta la superficie della conchiglia si scorgono le strie di accrescimento ondulose e nella parte posteriore dei giri indicano 1) Pag. 175. %) I moll. terz. Piem., parte XXX, pag. 48, tav. XII, fig. 65, 66. Palaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 130 F. CIPOLLA |26] chiaramente la traccia del seno che è largo e profondo. L'apertura è ovale; il labbro sottile ed arcuato nel mezzo; il lato columellare lievemente incrostato, il canale lungo, retto ed allargato nell’estremità. Questa specie è piuttosto comune in Altavilla. Lunghezza mm. 35, larghezza dell’ultimo giro mm. 12. La Surcula Brugnonei, propria delle sabbie gialle di Altavilla e da nessuno ancora bene descritta e figurata, fu confusa da BrueNonE con la Suc. Coquandi Bert. !, del Pliocene inferiore di Albenga (Liguria). Ma la specie di Altavilla differisce da quella pei seguenti caratteri: 1.° dimensioni minori, 2.° angolo spirale notevolmente più acuto, 3.° carena ‘molto meno sporgente, 4.° nodi più piccoli, piccolissimi o nulli sull’ultimo anfratto, 5.° l’intaglio più vicino alla carena. Surcula dimidiata Brocc®i sp. — Tav. XII [I], fig. 22 a, d. 1814. Murex dimidiatus BroccHi. Conch. foss. subap., pag. 431, tav. VIII, fig. 18. 1847. Pleurotoma dimidiata Br. BeLLarDI. Monogr. Pleur. foss. Piem., pag. 51. 1847. — — — GrarrLotp. Conchyl. foss. des terr. tert. de V Adour, tav. XX, fig. 11-13. 1853 — = Hornes. Moll. foss. d. Tert.- Beck. vw. Wien.,v.I, pag. 360, tav. XXXIX, fig. 2,3. 1859. — dimidiatum — LUrassi. Conch. foss. Paler., pag. 34 (in parte). 1875. _ dimidiata —‘— Secuenza. Form. plioe. It. merid., pag. 208. 1879-82. Surcula dimidiata —‘— Fonrannes. Moll. plioc. du Rhòne et Roussillon, v. I, pag. 44, tav. IV, fig. 8. 1904. _ = — Sacco. Moll. tera. Piem., parte XXX, pag. 43, tav. XI, fis. 53, 54 Testa fusiformi, clongata, angusta, transversim undique minutissime striata; anfractibus, medio acute carinatis, superne converiusculis, inferne exrcavatis; carina papillis odosis, acutis, obliquis coronata ; suturîs simplicibus; strùis incrementi irregularibus, emilibus; sinu margine antico carinae contiguo ; apertura ovato- dilatata et cum camali spiram subaequante; cauda longa et recta. Conchiglia fusiforme, allungata; composta di 8-9 giri carenati, anteriormente poco convessi, posterior- mente molto depressi. La carena è submediana, appena più vicina alla sutura anteriore. Le suture sono profonde semplici non marginate. La carena porta una serie di denti, spesso 12, acuti, subspinosi. I giri sono ornati di strie spirali minute, impresse, ravvicinate, più evidenti nella parte anteriore che nella posteriore degli anfratti. L’ultimo giro è regolarmente depresso verso la base del canale, ed uguaglia la metà della lunghezza di tutta la conchiglia. L'apertura è ovale, allungata; il bordo columellare coperto d’una fine callosità; il canale lungo e subretto, un po’ curvo all’indietro. Si scorgono anche le strie di accresci- mento che sono flessuose e nella parte posteriore dei giri indicano bene la forma del seno, che è profondo, e la cui parte anteriore sta quasi nella carena ed è quindi lontano dalla sutura posteriore. Il più grande degli esemplari studiati è lungo mm. 28 e largo mm. 9; il più piccolo mm. 19 e mm. 5. La Sw:cula dimidiata è uno dei fossili più comuni delle argille plioceniche del littorale provenzale, del Piemonte, del Parmigiano; del Piacentino, del Bolognese, ecc.; esso è invece assai raro, tranne in alcuni punti del bacino di Vienna, nei terreni miocenici della regione mediterranea e del Sud-Est della Francia, ove fa la sua apparizione. Questa specie ad Altavilla è rarissima, tanto che BruenoNE ® ritenne, sebbene non esattamente, che il Lipassi non l’avesse nella sua collezione dei fossili di Altavilla, e il P7. dimidiatum descritto nel lavoro sulle 1) I moll. terz. Piem., v. II, pag. 65, tav. II, fig. 16 (1877). ®) PI. foss. di Palermo, pag. 8 (a proposito della PI. Coquandi Belt.) |27] FP. CIPOLLA 151 conchiglie fossili di Palermo del Ligassi non fosse altro che la P/. Coquandi Bruen. (non BELLARDI), cioè la Surcula Brugnonei. Bisogna notare però che gli esemplari di Altavilla sono più snelli e piccoli di quelli degli altri terreni sovraccennati. senchè veramente la presente specie presenti alcune variazioni notate da parecchi autori, tanto che BEL- LARDI la chiama polimorfa; pure i suoi caratteri sono così costanti che, citata in 45 lavori, dice il FONTVANNES, non è stata mai confusa con nessuna delle sue affini. Infatti si avvicina alla Surceula Brugnonei, ma se ne distingue facilmente, per la sua forma più stretta e più allungata, per l’angolo spirale più acuto, per il maggior numero e minore grossezza dei tubercoli della carena (la quale nell’altra specie è più ottusa e non mai mediana), per le strie spirali che non mancano in tutta la sua superficie, e per la forma e posizione dlel seno. Var. Poweri CaLcara — Tav. XII [I], fig. 23 a, d. 1545. Pleurotoma Power CaLcara. Cenno sui moll. viv. e foss. della Sic., pag. 33, tav. IV, fig. 18. 1859. -_ dimidiatum Br. Ligassi. Conch. foss. Paler., pag. 34 (in parte). 1562. Plewrotomna Powerii Caro. Bruenone. Conch. foss. Paler., pag. 8. 1875. _ dimidiata Br. var. Powerî Carc. Seguenza. Pormax. Plioc. It. mer., pag. 208. Varina nodulis lamelliformibus, obliqguis ornata. Questa varietà della Sure. dimidiata si distingue dalla specie tipica per i nodi della carena non già acuti e subspinosi, ma a forma di laminette incavate al di sotto, e così contigue nelle loro creste da offrire una linea continua e sinuosa. La sua forma è un po” più stretta e più allungata anche degli esemplari tipici di Altavilla; le strie spirali e quelle di accrescimento sono un po’ più evidenti; e le dimensioni maggiori. Lunghezza del più grande esemplare mm. 40; larghezza dell’ultimo giro mm. 8. La presente varietà, al contrario del tipo, è piuttosto comune nelle sabbie plioceniche di Altavilla. Essa è propria di questa località e da nessuno ancora bene figurata. Contrariamente a quello che ha fatto BRUGNONE, io seguo l’opinione di Liupassi, di SEGUENZA e di BeLLARDI ” nel ritenere questo fossile come varietà del PI. dimidiatum Br., al quale, tranne per la forma dei tubercoli della carena, si deve per gli altri caratteri riferire. : Var. mutica Ciporra. — Tav. XII [I], fig. 24 a, d. 1859. Pleurotomi dimidiatum Bg. Lusassi. Conch. foss. Paler., pag. 34. 1862. - Powerii CaLc. Bruenone. Conch. foss. Paler., pag. 8 (pars). 1875. — _ — var. C Secuenza. Morm. plioc. Ital. merid., pag. 208. Testa angustior et minor; carina magis acuta non nodis sed lamina contigua ad apicem revoluta praedita. Questa seconda varietà di forma più snella e di più piccole dimensioni del tipo e anche dell’altra var. Powerì, ha la carena più acuta, che è senza nodi, ma solo lievissimamente intaccata dalle strie e terminata da una laminetta sottile più o meno continua, punto o poco ondulosa; e rivolta verso l’apice della conchiglia. Anche le strie spirali e quelle di accrescimento sono più obliterate. Lunghezza 25 mm.; larghezza mm. 83. 1) JI moll. terz. Piem., v. II, pag. 60 (1877). 132 F. CIPOLLA [28] Essa è piuttosto rara in Altavilla, propria di questa località, e da nessun autore figurata. Surcula intermedia Bronx sp. — Tav. XII [I], fig. 25 a, d. 1831. Pleurotoma intermedia Bronn. Italiens Tert. Gebilde, pag. 45. 1840. _ fusoidea BeLLarDI et MicHeLomtI. Saggio Orittografico dei Gaster. tera. Piem., pag. 8, tav. TNA 1847. — intermedia Bronn. BeLLarDI. Monogr. Pleur. foss. Piem., tav. III, fig. 14. 1847. _ aquensis GrateLoUP. Conchyl. foss. des terr. tert. de V Adour (Atlas), tav. XX, fig. 14. 1853. —_ intermedia Bronn. Hirnes. Moll. Tert.-Beck. v. Wien, tav. 1, pag. 359, tav. XXXIX, fio. 9 (pars). 1867. _ intermedia Pereira Da Costa. Guster. terx. Portugal, pag. 231, tav. XXVII, fig. 3 (@, db). 1872 — Serventiù Mayer. Journ. de Conchyl., v. XX, pag. 232, tav. XIV, fig. 6. 1875. intermedia Bronn. SeGuenza. Formax. plioc. Ital. merid., pag. 206. 1877. Surcula intermedia Bronx. BeLLarpI. Moll. tera. Piem., v. II, pag. 53, tav. II, fig. 9. Testa fusiformi, lineis transversis undatis, minutissimis, impressis, interdum obsoletis instructa; anfractibus antice converis, postice depressis, medio carinatis; carina obtusa, nodosa, nodis în costulas longitudinales obliguas antice decurrentibus; apertura ovato-clongata; cauda longa et revoluta. Conchiglia fusiforme, con spira allungata ed acuminata. I giri sono separati da suture mediocremente profonde, e divisi da una carena ottusa in due parti quasi eguali; la posteriore depressa. L'ultimo giro in altezza è quasi uguale alla metà della lunghezza della conchiglia, sensibilmente attenuato nella sua parte anteriore, termina in un canale piuttosto lungo, assai lievemente curvato alla sua estremità. L'apertura è ovale; il lato columellare lievemente incrostato; il labbro nel mezzo lievemente arcuato, ed intagliato da un seno profondo, il cui margine anteriore passa sulla carena. Tutta la superficie della conchiglia è rivestita di strie spirali impresse, minutissime, ravvicinate, irregolari, ondulose. I giri sono ornati da costi- cine assiali, leggermente oblique, in numero di 8-9 sull’ultimo giro ove svaniscono alla base del canale; nella parte anteriore dei giri sono sporgenti e quasi tubercolose sulla carena; nella posteriore sono meno evidenti e talvolta obsolete. Le strie di accrescimento sono quasi irregolari, ben distinte, e indicano chia- ramente nella depressione posteriore dei giri la traccia del seno. Lunghezza mm. 30; larghezza mm. 9. Questa specie, comune nelle faune mioceniche delle terre circummediterranee e in quelle oceaniche, ove assume grandi dimensioni, è più particolarmente sparsa nelle formazioni plioceniche della regione mediterranea. Essa non è rara ad Altavilla; ma qui sì presenta con dimensioni più piccole degli esemplari del Pliocene superiore dei colli biellesi [non essendosi questa specie trovata nell’Astigiano]; oltre a ciò l’ultimo giro non è ventricoso come nei fossili del Piemonte, del Piacentino e della Toscana, e le costicine assiali sono più rilevate. - Questa specie rassomiglia alla Surcula dimidiata BR. sp., ma se ne distingue per la carena più ottusa e submediana in tutti i giri, per la forma e il minor numero dei tubercoli e per la presenza delle costicine assiali che mancano nella Surc. dimidiata. Inoltre la presente specie ha varii rapporti di somiglianza con la Surcula undatiruga Brv. sp. esistente nel Post-pliocene di M. Pellegrino e Ficarazzi e vivente nei mari d'Europa. Se non che la PI. undatiruga Biv. differisce dalla PI. intermedia Br. per le costicine assiali flessuose, in maggior numero sulla parte anteriore dei giri, oltre che per le dimensioni più grandi (lunghezza mm. 75, larghezza mm. 20). La vivente PI. balteata Beck, la più bella delle pleurotome del Mediterraneo |29] F. CIPOLLA e principalmente di Palermo, è una mutazione, come crede anche BruenonE !, della suddetta specie post- pliocenica. La Sure. «ndatiruga si distingue dalla vivente per i giri meno convessi e quasi appianati, le strie spirali non rilevate ma impresse, le, costicine assiali in minor numero. Var. Saint-Ferrioli Carcara — Tav. XII [I], fig. 26 «, d. 1845. Pleurotoma Saint-Ferrioli Cancara. Moll. viv. e foss. Sic., pag. 33, tav. IV, fig. 17. Testa angusta, acutissima; costulis acutis in carina spinosis ornata; apertura et cauda paullo elongatioribus. Contrariamente all’opinione del SeguenzA -?, che ritenne la P7. Saint-Ferrioli CALc. identica alla PI. intermedia BRONN; io riguardo questa Surcula, come varietà della sudetta specie di Bronn, secondo ha già scritto il BeLLarpI *). Essa infatti differisce dal tipo per la forma più snella, più allungata ed acuta; per le costicine assiali rilevate, più-strette lateralmente e formanti sulla carena dei nodi acuti e sub- spinosi; per l’apertura e il canale un po’ più allungati. Questa varietà è piuttosto comune ad Altavilla, ed ancora non bene figurata. Lunghezza del più grande esemplare mm. 36, larghezza mm. 9. DaAUTZENBERG 4’ recentemente ha descritto e figurato col nome di Pl. torta un esemplare vivente nelle coste occidentali dell’Africa, che io credo essere, se non identico, per lo meno assai vicino alla PI. intermedia di Bronn, e, particolarmente per la sua forma più allungata, alla varietà ,S. Zerrioli di CaLcara. È assai interessante come questa pleurotoma una volta piuttosto comune nei mari pliocenici della Sicilia, sia poi scomparsa nel Quaternario dal Mediterraneo; ed ora trovisi rarissima, di più piccole dimensioni e a grandi profondità nella fauna malacologica, vivente nei mari dell’Africa occidentale. Subfam. Borsoninae BELLARDI 1875. Gen. Bathytoma Harris et Burrows 1891 (s. 1.) Testa ventricosa; anfractus ultimus ad eaxtremum caudae regulariter adscendens; labrum aliforme; sinus in carina mediana obtusa incisus, profundissimus, a sutura distans; columella contorta, inflata vel subplicata ; cauda brevissima. Questo genere comprende due sottogeneri: Bathytoma s. str.; e Epalxis. Ma soltanto una specie appar- tenente al primo sottogenere trovasi ad Altavilla. Subgen. Bathytoma s. str. =Dolichotoma BELLARDI 1875 non Hope 1839). Le specie, appartenenti a questo sottogenere, hanno forma ovale e ventricosa; spira conoidale, turri- colata; giro embrionale liscio e regolarmente conoide, con nucleo piccolo e deviato. I giri sono sub-angolosi, 1) Pleur. foss. di Pal., pag. 11 (1862). 2) Formaz. plioc. It. merid., pag. 206 (1875). 3) I moll. terz. del Piem., v. II, pag. 55 (1877). 4 Mission Gruvel sur la còte occidentale d'Afrique. Mollusques marins. Ann. Inst. Océan., tom. V, fase. IMI, pas. 11, Pl. I, fig. 3-4 (1912). 134 }. CIPOLLA o [30] con una carena dentata e ottusa, e depressi fra questa carena e la sutura che è marginata. L'ultimo giro è grande, ovale, assottigliato alla base, terminato da un canale largo, un po’ curvo, e leggermente incavato; sul collo del quale si avvolge un grosso cuscinetto. Apertura stretta, sub-piriforme; labbro assai spessito, talvolta internamente fornito di pieghe, arcuato a forma di ala; seno profondo situato sulla carena dell’ultimo anfratto, raccordantesi per un quarto di cerchio perpendicolarmente alla sutura. La columella è leggermente sinuosa, l’incrostazione del lato columellare è sottile alla parte posteriore e molto più forte e larga in quella anteriore, dove prende l’aspetto di una leggiera callosità, che diventa ristretta ed appuntita all’estremità del canale. La specie tipo è il Murex cataphractus BRoccHi. La denominazione Dolichotoma, essendo stata adope- rata, prima di BELLARDI, in Entomologia, fu corretta (secondo le regole di nomenclatura adottate dal Congresso di Bologna) in Bathytoma da HARRIS e Burrows; ma come ben notò il Cossmann, forse sarebbe meglio dimenticare questo doppio impiego per cofiservare il nome di Dolichotoma, che è universalmente: conosciuto e usato. , Bathytoma cataphracta Broccni sp. — Tav. XIII [II], fig. 1 a, d. 1814. Murex cataphractus Broccni. Conch. foss. subappen., pag. 427, tav. VIII, fig. 16. 1825. Pleurotoma cataphracta Basteror. Coquill. foss. de Bordeaux, pag. 65. 1829. _ muricata MarceL De SERRES. Géogn. des terr. tert. du Midi de la Prance, p.112, tav. IL, fig.3, 4. 1838. - — Bronn. Lethaea geognostica, v. II, pag. 1062, tav. XLI, fig. 12. 1839. - cataphracta Cancara. Ricerche malacol., pag. 11. * 1841. _ — CaLcara. Conch. foss. Altav., pag. 52. 1844. — — Puirippi. Moll. Siîc., v. II, pag. 17%. 1847. — - BreLLarDI. Monoygr. Pleur. foss. Piem., pag. 20, tav. I, fig. 14. 1847. — = GrareLouP. Conch. foss. bass. de l Adour (Atlas), tav. XX, fig. 41, 43 e tav. XXI, fig. 20, 21. 1853. _ - Hornes. Moll. des Tert.-Beck. v. Wien, v. I, pag. 333, tav. XXXVI, fig. 5-9. 1853. — —_ Hornes. Loc. cit., v. I, pag. 35%. tav. XXXVIII, fig. 19-20. 1856. _ --- Bronn. Leth. geogn., 3% ediz., v. III, pag. 539, tav. 41,42. 1867. _ —_ Peretra Da Cosra. Gast. dos dep. terc. do Portug., pag. 214, tav. XXVI, fig. 6. 1875. Dolichotoma 2 SecueNza. Form. plioe. It. merid., pag. 210. 1877. — —_ BeLLArDI. Moll. terz. Piem., v. IL, pag. 230, tav. WILL, fig. 20 (a, 6; 600% 1879-82. = — Fonrannes. Moll. pl.du Rhòne et du Roussill.,v.I, pag. 259, tav. XII, fig. 32, 33. 1896. Bathytoma _ Cossmann. ss. de paleve. comp., v. II, pag. 101, tav. VIII, fig. 14. Testa ovato-subfusiformi, striis granulatis moniliformibus undequaque cincta; anfractibus bipartitis, carina- tis, antice convexiusculis, postice excavatis; carina crenulata; apertura oblongo-ovata, via dimidiam testae longitudinem aequante, cauda brevi, labro alaeformi; sinu profundissimo in carina. Conchiglia ovato-subfusiforme, cor la spira a profilo, leggermente convessa e appuntita all’apice. I giri in numero di 9-10. sono separati da suture poco profonde; essi sono ottusamente carenati, la carena è vicina alla sutura anteriore nei primi giri, ma diviene a poco a poco mediana in quelli superiori, la cui parte anteriore è convessa e la posteriore un po’ depressa. Tutta la superficie della conchiglia è coperta. di strie spirali, ineguali, rugose e granulose per l’incontro con le strie di accrescimento. Im ogni anfratto la carena è ornata di piccoli denti, eguali ed equidistanti. [31] F. CIPOLLA. 135 Queste dentature sono prodotte dalla parte posteriore del seno, che è varicosa, specialmente nei giri più giovani. Nella parte anteriore le strie spirali sono più forti, ineguali, alternanti. L'ultimo giro egua- glia in altezza la metà circa di tutta la lunghezza della conchiglia; esso è un po’ rigonfio verso il mezzo, ‘anteriormente depresso: e rivestito di strie spirali assai sporgenti, ineguali, granulose in seguito alle linee e pieghe di accrescimento. Apertura ovale-allungata; labbro solcato all’interno, aliforme, intagliato nel posto corrispondente alla carena da un seno profondo, ma relativamente stretto. Columella lievamente scavata, contorta: segnata verso il mezzo da una piega ottusa; lato columellare ricoverto d’una callosità sottile, assai estesa, che nasconde una rima molto leggiera. La presente specie è comune nelle sabbie di Altavilla, dove è stata indicata da CALcARA e da SEGUENZA, e dove talora assume dimensioni molto grandi, essendo infatti le sue medie dimensioni: lungh. mm. 60 e largh. mm. 23, alcuni esemplari di quella località arrivano fino a mm. 80 di lungh. e mm. 29 di larghezza. Questa specie da alcuni autori siciliani fu attribuita a BasrEROT; ma erroneamente, essendo financo l’opera del BasrEROT posteriore a quella del Brocchi. Il CaLcara nelle sue Ricerche malacologiche la indica nel Post-pliocene di M. Pellegrino; ma egli confonde questa specie col P7. undatiruga Biv., di cui erronea- mente la ritiene sinonima. Questa specie, di cui alcuni autori fanno rimontare l’origine sino al Miocene inferiore, è più particolarmente caratteristica delle formazioni plioceniche. Subfam. Mangilinae COSSMANN 1896, Gen. Mangilia Risso emend. 1826 (s. 1.) Testa ovato-fusiformi, longitudinaliter costulata; apertura elongata, labro arcuato, varicoso, sinu in varice plus minusve profunde inciso, cauda brevi. La creazione del genere Mangilia (dedicato a ManeILI e non a ManGEL) è spesso attribuita a Leack: ma in realtà questo genere fu stabilito da RIsso, dietro il consiglio di Leaca. Esso comprende i sottogeneri: Mangilia str. s., Eucithara, Qlathurella, Atoma, Agathotoma. Di questi soltanto i due sottogen. Eucithara e Atoma non hanno rappresentanti nelle sabbie di Altavilla. Subgen. Mangilia sens. str. =Clathromangilia MonTSs. 1884 ) Le specie, appartenenti a questo sottogenere, hanno la forma piccola e fusoide, la spira assai breve, la protoconca con giri convessi e nucleo papilloso. Gli anfratti sono ornati di costole assiali. L’ultimo giro è uguale o superiore alla metà della lunghezza totale della conchiglia, con la base attenuata e terminato con un canale corto, largo, troncato e senza alcuna incavatura alla sua estremità. L’apertura è stretta, a lati quasi paralleli; il labbro ispessito per l’ultima costa, liscio nell’interno, intagliato contro la sutura e nello spessore della varice da un seno assai profondo. Il lato columellare è sottile, stretto, appena distinto. Cossmann ! non ritiene necessario mantenere il nome di Clathromangilia proposto per il sruppo di alcune specie cancellate del gen. Mangilia da MontERosATO, trattandosi di una leggiera differenza di ornamen- tazione. 1) ss. de paléoc. compar., v. II, pag. 118. 136 E, CIPOLLA [32] Mangilia varicosa Lisassi sp. — Tav. XIII [II], fig. 2 a, d. 1559. Plewrotoma varicosum Lisassi. Conch. foss. di Paler., pag. 31, tav IT, fig. 34. 1575. Mangelia varicosa Lis. SeGueNza. Formaz. plioc. Ital. merid., pag. 212. Testa minima fusiformi-clongata; anfractibus rotundatis, striis minutissimis transversis filiformibus et costulis verticalibus eleganter ornata, costulis în ultimo anfractu evanescentibus, ad suturam posticam regula- riter refleris. Apertura sub-lineari ovata, labro intus lacvi et eatus varicoso, canali brevissimo, aperto. Conchiglia piccolissima, fusiforme, composta di 6-7 giri convessi, costulati e striati; tranne i primi tre (embrionali) che sono semplici e di un bianco di porcellana. Nel penultimo ed antipenultimo giro le costole assiali sono in numero di 15-16 e vicino alla sutura posteriore s’incurvano leggermente. Nell’ultimo giro, che è quasi uguale in altezza alla lunghezza doppia della spira, le costole assiali cominciano ad assottigliarsi sino a confondersi con le finissime strie di accrescimento. Le strie spirali sono sottilissime e nel passare sulle costole si fanno meno visibili. L'apertura è quasi diritta ma non stretta; il labbro è varicoso; nello spessore della varice è inciso obliquamente verso la sutura; il seno piccolo e arrotondato; il lato columellare negli esemplari adulti è leggermente calloso; il canale è brevissimo, retto ed allargato. (Questa specie è rarissima e propria di Altavilla, dove fu indicata da Lipassr e da SecuENza. L’esemplare studiato è lungo mm. 4'/» e largo mm. 2; in esso però, forse perchè giovane, non si osserva l’altra varice, che il LiBAssi nota anche nel lato destro della conchiglia, nè la callosità del lato columellare che si unisce inferiormente con la parte posteriore del labbro. Mangilia clathrata De Serres sp. — Tav. XII [II], fig. 3, 4. 1829. Pleurotoma clathrata De SerRES. Geognosie des terr. tivt. du Mididela Prance, p. 113, tav. II, fig. 7, Sale). 1836. _ rude Paiippi. Moll. Sic., v. I. pag. 199, tav. XI, fig. 16. 1837. - quadrillum Dusarnin. Mém. sur les couches du sol en Touraine, pag. 291, tav. XX, fig. 23. 1839. — cancellata Cancara. Iicerch. malacologiche. pag. 5, tav. I, fig. 1. 1844. _ granum Priurppi. Moll. Sic., v. II, pag. 170. 1845. _ cancellata CaLcara. Moll. viv. e foss. Sic., pag. 34. 1853. Pleurotoma clathrata De Serres. Hòrnrs. Poss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, p. 379, tav. XL, fig. 20.a, db, e. 1873. Mangelia _ — Secuenza. Rech. Conch. au Cap. S. Vito. Journ. de Conch., 3% ser., vol XIV, pag. 364. 1875. Mangelia clathrata _ Secuenza. Porm. plioe. Ital. merid., pag. 212. 1877. _ - _ BrLLarDI. I moll terr. del Piem. e Lig., v. II, pag. 292. 1878. Pleurotoma — - — Monrerosato. Enumn. e sin. delle conch. medit., pag. 47. 1879-82. — - - Fonrannes. Moll. pliocònes de la vallée du Rhone et du Rouss., v. I, pag- 49, tav. IV, fig; 12. 1854. Qlathwomangelia granum Pu. Monrerosato. Nomenel. gen. e specif. delle conch. Medit., pag. 131. 1886. De/rancia clathrata De Serg. Kopeut. Mawn. moll. mar. curop. inhab., pag. 142. 1591. Marg. (Clathrom.) granum Pu. Monterosato. Moll. foss. quatern. di S. Flavia. pag. 3. 1896. Mangilia clathrata De Serr. Cosswann. Essuis de paltoc. comp., v. II, pag. 119. — _ quadrillum Du. Cosswann. Ess. de paltoc. comp., v. II, pag. 119, tav. VII, fig. 14. 1904. Mangilia (Clathromangilia) clathrata De Serres. Sacco. Moll. tera. Piem.e Lig., parte XXX, pag. 55, Tav SXSLVIAI cai31E 1910. Mangilia (Clathromangilia) clathrata De Serrrs. Cerunti-TreLLI. Puuna malac. mariana, parte IV, pag. 248, tav. XXXVI, fig. 19. 1 [88] F. CIPOLLA 13 1912. (lathromangilia granum Pa. PaLvary. Outal. d. moll, du litt. médit. de lì Egypte. Mém. Inst. Egyp., t. Viifase, JI pag. 85, tav. XVI fig, 25. Testa fusiformis, minuta; anfractus parum converi, cancellati, interstitiis serobiculati; costulae longitudinales circiter novem; striac transversue in anfractibus superioribus circa tres; apertura spiram acquams, oblonga; cauda brevissima; labrum varicosum, intus sulcatum. Conchiglia fusiforme, solida, con spira poco allungata, appuntita alla sua estremità. I giri in numero di 6-7, sono poco convessi, separati da suture, poco profonde, elegantemente ornati di costole assiali e spirali. Le costole assiali sono nove, strette, arrotondate, separate da larghi interstizii, parallele all’asse, e giungono, debolmente attenuate, sino all’estremità anteriore del canale. Esse sono incontrate da 2-3 costole spirali nei primi giri, un po’ più ravvicinate, che determinano così la formazione di un reticolato di rettangoli allungati; nei punti d’incontro si elevano leggere nodosità. L'ultimo giro è eguale in altezza alla metà della lunghezza totale della conchiglia. Sulla regione caudale, dove tre altre costole spirali incontrano le costicine assiali ad intervalli molto minori che sulla convessità del giro, i nodi diventano più forti in modo che l'estremità della conchiglia appare circondata da tre serie di tubercoli quasi con- ticui. L’apertura è oblonga, assai larga ; il lato columellare quasi retto, calloso; il labbro mediocremente arcuato, varicoso, ornato internamente da denti tubercoliformi; il seno è profondo e obliquo; il canale corto, leggermente curvato all’estremità ed assai aperto. Lunghezza mm. 6 ‘>, larghezza mm. 2 !/,. Questa specie è rarissima ad Altavilla e nuova per questa località; essa è rappresentata anche nel Post-pliocene di M. Pellegrino ed è ancora vivente nel Mediterraneo. L’esemplare post-pliocenico non differisce da quello di Altavilla. In quanto alla specie vivente, co- mune nel mare di Palermo (Tav. XIII [II], fig. 4), chiamata PI. rude PH. (non BropERIP) e PI. granum da Puicippi e PI. cancellata da CALCARA, essa presenta un numero leggermente minore di costole assiali, l’ultimo giro e l’apertura proporzionalmente più grandi, più gradualmente assottigliati anteriormente, oltre che assume due colori diversi. La Mangitia clathrata è, come fossile, molto rara da per tutto, sia nel Miocene del bacino della Loira che nel Neogene del Sud dell’Europa e sulle coste della Sicilia e dell’ Egitto. Secondo BELLARDI essa sarebbe rappresentata abbondantemente da una var. w02n0r nel Pliocene superiore dei dintorni di Tortona. Il Pleurotoma quadrillum Dus. della Turenna viene generalmente identificato con la Margilia clathrata, sebbene presenti una spira meno allungata, giri più arrotondati, costole spirali più numerose, oltre a ciò le coste assiali si scancellano completamente sulla regione caudale, la quale perciò non mostra alcuna traccia di sranulazione. Per queste differenze Cossmann distingue le anzidette specie ritenendo essere il P/. qua- drillum proprio dei terreni miocenici. Mangilia ambigua Bruenone sp. — Tav. XII [II], fig. 5 a, bd. 1862. Pleurotoma ambiguum Bruenone. Pleur. foss. di Palermo, pag. 40, tav. IL fig. 5. 1875. Raphitoma ambigua Brun. Secuenza. Formaz. plioc. It. merid., pag. 212 1877. Mangelia _ BreLnarDI. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 289, tav. VIII, fig. 33 1896. Mangilia -_ —. Cossmann. Essais de Palcoc. comp., vol. II, pag. 119. Testa fusiformi turrita, minutissime et confertissime striata, longitudinaliter costata; costis elevatis sub- continuis; interstitiis angustioribus; anfractibus octo, parum converis; labro et sinu incrassatis; apertura angusta; canali subindistineto, dilatato. Palaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 19 188 F. CIPOLLA [34] Conchiglia fusiforme-turrita; composta di otto giri poco convessi, ornati da numerose e minutissime strie spirali, e da costicine assiali rilevate sub-continue arrotondate, debolmente curvate vicino alla sutura posteriore, subparallele all’asse della conchiglia. Le suture sono poco profonde, sinuose. L'ultimo giro è in altezza molto inferiore alla metà della lunghezza di tutta la conchiglia; esso è lievemente depresso alla parte anteriore e porta otto costole assiali, separate da interstizî assai più larghi di esse. L’apertura è ristretta, coi margini boccali sub-paralleli ; il labbro è varicoso e marginato, e nel margine, e non nella varice, è intagliato da un seno piccolo, poco profondo e contiguo alla sutura. Il lato columellare è calloso, e la sua callosità si fonde alla parte posteriore col margine acuto del labbro. Il canale è brevissimo, indi- stinto, allargato. L'unico esemplare studiato è lungo mm. 10 e largo mm. 4. Questa specie è rara non solo nel Pliocene di Altavilla, ma anche in quello dei colli astesi. le due sole località in cui sinora è stata trovata. Rassomiglia alla Plewr. striolata ScaccHI non Risso [= PI. costulata pe BLarnviLLE ” nec Risso] vivente nel Mediterraneo ed Oceano Atlantico |= extriolata CERULLI- IRELLI]; ma ne differisce per non avere gli anfratti angolati, per le coste più distinte ed elevate e per il labbro varicoso. Si avvicina pure alla Mangilia costata Donovan, esistente anch’essa in Altavilla, ma ne differisce per la spira più lunga, gli anfratti meno alti e più numerosi, convessi e non appianati, le costole assiali in maggior numero, più ottuse, le strie spirali più distinte. ù La presente specie è un tipo che collega i due generi Mangilia e Raphitoma, perchè nel mentre il seno è intagliato nel labbro varicoso, non è scavato nello spessore della varice, come nelle Mangilie tipiche, ma nel margine che segue dopo la varice terminale; e la posizione del seno nel margine limitante la bocca è proprio delle &ap/ifoma, con alcune delle quali, in particolar modo con la vivente fap. attenuata MontaAGu, la Mang. ambigua ha molta analogia. Mangilia scabriuscula Bruenone sp. — Tav. XIII [II], fig. 6 a, d. 1862. Pleurotoma scabriusculum Brucnone. Pleur. foss. di Palermo, pag. 39, tav. I, fig. 30. 1873. Mangelia scabriuscula. Bruen. SeGueNnza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 94. 1875. Raphitoma —_ — Secuenza. Morm. plioc. Ital. merid., pag. 212. 1877. Mangelia - — BeLrarpr. / moll. ter. del Piem., v. II, pag. 287. 1904. — — — Sacco. 1 moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 55, tav. XIV, fig. 15, 19. 1910. — - — Creruuni-IreLLi. Muuna malac. mariana, parte IV, p. 247, tav. XXXVI, fig. 18. Testa oblongo-fusiformi; anfractibus parum convexis, postice subangulatis, costulis longitudinalibus 8-9; et striis transversis tenuissimis ac lineis elevatis cinctis; labro varicoso; apertura angusta, dimidiam spiram superante; cauda attenuata, brevi. Piccola conchiglia fusiforme, allungata, composta di 7 giri poco convessi, nella parte posteriore angolosi ed ornati di costicine assiali e di minutissime strie spirali, di cui alcune sono più rilevate. Le costicine assiali sono ben evidenti da una sutura all’altra, acute, rette, separate da interstizi piuttosto larghi, in numero di 8-9. } Le strie spirali sono nei primi anfratti sottili, in numero di 2-3; la prima, vicino alla sutura poste- riore, è più rilevata, formando una lieve carena. Lo stesso avviene nell’ultimo anfratto, il quale è assai i) vedi Paiuippi. Enum. Moll. Sic., v. II, pag. 168, tav. XXVI, fig. 7 (1844) — KoBELT. Faun. moll. mar. europ. inhab. p. 148, (1886). ; [35] F. CIPOLLA 139 più alto della metà della lunghezza di tutta la conchiglia. Esso porta 8 costole assiali, che giungono sino all’estremità del canale e quattro strie spirali poco rilevate fra cui se ne interpongono altre sottilissime, che divenendo un po’ sinuose ed irregolari, rivestono la parte esterna del canale. L'apertura è ristretta; il labbro varicoso e marginato; porta un seno profondo, largo ed obliquo. Il lato columellare porta una callosità assai leggera e stretta. Il canale è brevissimo e allargato. Gli esemplari di Altavilla sono lunghi ordinariamente mm. 6-6 1, e larghi mm. 2-2 !/,. È un fossile piuttosto comune in quella località e a Ficarazzi dove è stato indicato da BRuUGNnoNE e da SEGUENZA ; è raro invece nei colli astesi e a M. Mario. Questa specie è rappresentata nell’odierno Mediterraneo dalla Mangilia rugulosa Pa.” e dalle sue varietà, cioè: var. aldbida DEesH., var. coerulans Pu., var. Stossiciana Brus. Le tre anzidette varietà. ri- tenute prima come specie a sè, si distinguono dal tipo per caratteri poco importanti, tra i quali alcuni non possono scorgersi nelle conchiglie fossili, giacchè la P/. a/bida DesH. è di color bianco e con strie Spirali meno rilevate, la Mang. Stossiciana Brus. con filetti spirali più sviluppati e granosi nell’inter- sezione con le costicine assiali. La P/. coerulans ha dimensioni più grandi, scultura spirale più fina e colorazione bluastra, con una stretta zona rossa nell’ultimo giro. La PI. scabriuscula differisce dalla PI. rugulosa, esistente nel Post-Pliocene di M. Pellegrino, per la forma più allungata, per l’ultimo anfratto più breve ed anteriormente più depresso, per le strie spirali in maggior numero, di varia grandezza, per l’angolo posteriore dei giri segnato dalla linea spirale rile- vata, la quale nella IM. rugulosa è quasi obsoleta. La scabriuseula si rassomiglia pure alla M. Vauquelini PayR. ®, esistente anch’essa a M. Pellegrino e vivente nel Mediterraneo; ma quest’ultima, oltre ad as- sumere ordinariamente dimensioni quasi doppie, ha la spira meno allungata, strie sottilissime, costicine assiali più numerose e arrotondate. Mangilia rugosissima Bruewone sp. — Tav. XIII [II], fig. 7 @, d. 1862. P/leurotoma rugolosa var. B Bruenone (non Pruippi). Alcuni Pleur. foss. di Paler., pag. 38. fig. 28. 1875. Mangelia rugosissima Bruenone. BeLLaRDI. Novae Pleurotomidarum Pedemonti et Liguriae fossilium. Bollet. Malacol. Ital., 1875, pag. 17. 1875. _ _ _ SEGUENZA. Formar. plioe. Ital. merid., pag. 212. 1877. - sa _ BeLLarDI. [ moll. terx. del Piem. e Lig. vol. Il, pag. 292, tav. VII, fig. 30. Testa parvula, fusiformi; anfractibus postice subangulatis, costulis longitudinalibus decem in ultimo anfractu subrotundatis et striis transversis elevatis aequedistantibus cinetis; upertura angusta, dimidia lon- gitudine paulo breviore; cauda brevi et exterius granulosa; sinu suturae subparallelo. Piccola conchiglia fusiforme, composta di 6 giri poco convessi, nella parte posteriore subangolosi ed ornati di costole assiali arrotondate e di costicine assiali sottili rilevate ed equidistanti. Le suture sono ondulose e un po’ profonde. Le costole assiali, in numero di 9-10, sono leggermente oblique all’asse della conchiglia, sono separate da interstizî piuttosto larghi e nell’ultimo giro arrivano fino all’estremità del canale. Esse sono attraversate dalle costicine spirali ad eguali intervalli, in modo che la superficie della conchiglia appare distintamente clatrata. Queste costicine spirali sono tenui, in numero di quattro 1) Moll. Sic., v. II, pag. 169, tav. XXVI, fig. 8 (1844). 2 Vedi PaiLIpPI. Moll. Sic., v. I, pag. 198, tav. XI, fig. 19 (1841). 140 F. CIPOLLA [36] nei primi anfratti; e di sei nell’ultimo, escluse quelle che ornano la parte esterna del canale, dove di- ventano granulose nell’intersezione con le costicine assiali. L'ultimo giro è poco più breve in altezza della metà dell’intera lunghezza della conchiglia. L’apertura è assai ristretta, il labbro varicoso e levi- gato nella parte interna, intagliato da un seno relativamente profondo e sub-parallelo alla sutura. Il lato columellare porta una callosità leggiera e stretta. Il canale è breve ma distinto. Lunghezza mm. 6 !/» e larghezza mm. 3 2. Questa specie è piuttosto rara nel Pliocene di Altavilla, e, credo, sia propria di questa località. Giacchè dalla descrizione e figura che ci dà BreLrARDI di alcuni esemplari, trovati nel Pliocene inferiore di Zi- nola e in quello superiore di Villalvernia, si scorge facilmente che essi appartengono ad una specie di- versa dalla Mang. rugosissima Bruen., alla quale egli li ha attribuiti. Questa specie. che BrusNoNE dapprima ritenne essere una varietà della vivente Pleur. rugulosa PA., si distingue da questa per la spira più allungata ed acuta, per le strie spirali molto più rilevate, per le costicine assiali più acute e granulose nella parte esterna del canale. Si distingue poi dalla Marg. scabriuscula BruceNn., esistente anch’essa in Altavilla, oltre che per la granulosità del dorso del canale, per la uniformità di grandezza delle strie spirali e per l’angolo assai ottuso della parte posteriore dei giri. Per l’ornamentazione rassomiglia alla Marg. clathrata De SERR.; ma in questa la forma è meno snella, le costole assiali sono più forti, le costicine spirali più rilevate e più distanti fra loro, il labbro internamente solcato, le intersezioni delle costole assiali con quelle spirali nodulose, l’apertura più larga. Mangilia frumentum Bruewone sp. — Tav. XIII [II], fig. 8 a, d. 1862. Pleurotoma rugulosa var. © Bruanone. Alcune Pleur. foss. di Paler., pag. 38, tav. I, fig. 29. 1875. Mangelia frumentum Bruen. BeLLARDI. Novae Pleur. Pedem. et Lig. foss. Boll. Malac. Ital., 1875, pag. 23. 1877. — I molli. tera. dell Piem., vol. II, pag. 291. 1904. Mangilia — — Sacco. I moll. tera. del Piem., parte XXX, pag. 55, tav. XIV, fig. 29, 30. Testa parvula, fusiformi; anfractibus postice inflatis; costis longitudinalibus (10 in ultimo anfractu) ro- tundatis et inferne leviter curvatis; striîs transversis numerosis, tenuibus, confertis, irregularibus, super cauda magis evidentibus; apertura dimidia longitudine breviore; cauda brevissima; sinu suturae obliquo. Piccola conchiglia, fusiforme, composta di 6-7 giri quasi appianati; nella parte posteriore leggermente rigonfi, ornati di costole assiali un po’ oblique e di strie spirali numerose, ravvicinate, tenuissime, irre- golari. Le suture sono profonde e ondulose. Le costole assiali, in numero di 9-10, sono arrotendate, poco distanti fra loro, flessuose vicino la sutura posteriore, e nell’ultimo anfratto si estendono sino all’estre- mità del canale. Le strie spirali nella parte esterna del canale diventano un po’ più forti e sinuose. L'ultimo giro è più breve in altezza della metà della totale lunghezza della conchiglia. L'apertura è assai ristretta; il labbro varicoso, intagliato da un seno profondo e obliquo alla sutura, ingrossato; il lato columellare rivestito da una callosità leggera e stretta. Il canale è brevissimo e allargato. Lun- ghezza mm. 6 */2, larghezza dell’ultimo anfratto mm. 3. Questa specie è rara non solo nelle sabbie plioceniche di Altavilla; ma anche in quelle dei .colli astesi. ? Essa fu da BruGnoNE ritenuta primieramente una varietà della vivente PI. rugulosa Pa.; poi fu ri- guardata dallo stesso BRUSNONE, come una specie ben diversa, per la forma più ristretta, le costicine più distinte, posteriormente flessuose, in maggior numero, più oblique ed alterne; per le strie spirali più frequenti e sottili; e per il canale leggermente rugoso sul dorso. Inoltre la presente specie si distingue [37] V. CIPOLLA 141 dalla precedente Marg. rugosissima BRUGN. sp., per la forma un po’ più snella; per le coste più forti, arrotondate e flessuose vicino la sutura posteriore; per le strie spirali sottili e più numerose, per il ca- nale rivestito all’esterno di lievi rughe e non di costole granulose. Mangilia costata Donovan sp. « Tav, XIII [II], fig. 9, 10. 1805. Murex costatus Dowovan. Natur. hist. of Br. Shells, v. Vi, tav. 91. 1877. — _ Prnnann. Brilish Zoology, v. IV, tav. 79 (pars). 1840. Mangelia pusilla Rerve. Conch. Icon. Plewrot., pl. VII, fig. 50. 1867. Pleurotoma costata Donovan. Jerrrevs. Bri. Conch., v. IV, pag. 379. 1869. Jerrrevs. Brit. Conch. suppl., v. V. pag. 220, tav. XC, fig. 3. 1877. Mangelia costata Penn.BeLLARDI. Moll. terx. del Piem. pag. 288. 1886. _ — Donovan. Koseur. Prodr. faun. moll. mar. europ. imhab., pag. 139. 1894. = —. Penn. Sacco. / moll. terx. del Piem., parte XXX. pag. 55, tav. XIV, fig. 20. Testa ovato-fusiformi, spira brevi; anfractibus convexis; costis longitudinalibus plerumque septem, valde prominentibus, obliguis, ab interstitiis latis separatis; striis transversis crebris, minutis; apertura ovali ; cauda recta, vw notata; sinu paullo profundo, labro incrassato. Piccola conchiglia ovato-fusiforme, composta di 6-7 giri poco convessi, dei quali l’ultimo è poco più alto della metà di tutta la lunghezza della conchiglia. Le suture sono un po’ profonde. I giri sono or- nati di 6-7 coste assiali, elevate, lievemente oblique, angolose e assottigliate vicino alla sutura poste- riore, separate da interstizî un po’ concavi e larghi. Tutta la superficie della conchiglia è rivestita di strie spirali sottilissime, fitte, meno evidenti sulle costole assiali. L'apertura è ovale: il labbro ingros- sato internamente e marginato, il seno poco profondo, il lato columellare leggermente calloso, il canale brevissimo, retto e largo. Lunghezza mm. 8, larghezza mm. 3. Questa specie, vivente nei mari d’Inghilterra, è rarissima in Altavilla. Essa è citata ora per la prima volta in questa località, giacchè la conchiglia riferita alla PI. costata, indicata da Seguenza in Altavilla, è la PI. prismatica Bruen., la quale è tanto affine alla specie ancora esistente nei mari d’Inghilterra, che era stata già ritenuta come varietà della M. costata Donov., e chiamata da ForBes e HanLEY var. coarctata. Questa si trova pure nelle sabbie di Altavilla ed è vivente nel Mediterraneo, ma associata da MontERosATO con la specie tipica. A giudicare dalle figure e descrizioni degli autori inglesi, come anche da due esemplari che della Marg. costata ho avuto modo di consultare, risulta che questa specie sia molto variabile nella forma, la quale però in quella che è ritenuta tipica. è poco allungata e con l’ul- timo giro un poco. più alto della metà della lunghezza di tutta la conchiglia. Gli esemplari viventi (Tav. XIII, fig. 10 a, 6) si distinguono da quelli fossili in Altavilla per una maggiore obliquità e un maggior numero delle costicine assiali, nonchè per la bocca in proporzione più larga ed il canale meno distinto e più aperto all’estremità anteriore. Alcuni autori attribuiscono questa specie a PennaNr; ma, secondo JEFFREYS, il Murer costatus PEN- NANT è una mescolanza di piccole conchiglie appartenenti a generi diversi. BeLLAaRDI nell’opera Mollu- schi terziari del Piemonte e della Liguria, pone nella sinonimia di questa specie il Buccinum costatum Da Costa, che “fide JerrREYs, non è altro che il Murex septangularis Mre.; poi nella “ Monografia delle Pleur. foss. del Piem. , confonde la PI. costulata BLamnv. nec Risso (= Raph. extriolata CERULLI- Ia SS 142 PF. CIPOLLA |38] IreLLi) con la Mang. costata Doxov. sp., dalla quale la prima si distingue per un maggior numero di costole assiali (10-11), per i giri angolosi nella parte posteriore e il labbro non ingrossato. Invero la Raph. attenuata Mve. rassomiglia alla M. costata, ma quella ha la conchiglia più piccola, più spessita, meno allungata, non attenuata verso le due estremità; la spira meno acuta, le strie spirali più fitte, il seno labiale più profondo e il labbro internamente ingrossato. Var. coarctata Forses et HanLev — Tav. XIII [II], fig. LI @, d. 1849. Mangelia costata Dowov. var. courctata Forers et Hanceyv. Brith. Moll., vol. INI, pag. 485, tav. CXIV, ino. 1862. Pleurotoma prismaticum Bruenone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 36, tav. I, fig. 26. 1875. laphitoma costata Secuenza (non Donovan). Formax. plioc. Ital. merid., pag. 212. 1878. Pleurotoma costata MonreRosaTo (non Donovan). Enumer. e sinon. delle conch. med., pag. 40. 1596. Mangilia costata Cossmanx (non Donovan). Lss. de Paléoc. comp., v. II, pag. 118, 119, tav. VII, fig. 24,25. 1910. Mang. costata Penx. var. coarctata Fors. et Hanuev. CeruLLI-IRELLI. Puuna mal. mariana, parte IV, pag. 246, tav. XXXVI, fig. 12. Questa varietà è distinta dalla forma più turricolata, dalla spira più allungata ed acuta, dagli an- fratti posteriormente subdepressi. Le costicine assiali sono meno rilevate, separate da intervalli menòd larghi. La striatura spirale è più evidente particolarmente sulle costicine, sulla base e sul dorso del canale, il quale ha la stessa larghezza della bocca. Il seno è più largo e profondo. Lunghezza mm. 10, larghezza mm. 3 !/e. La presente varietà è comune nel Pliocene di Altavilla; mentre è rara nel Post-pliocene di Fica- razzi. Gli esemplari di quest’ultima località non differiscono da quelli di Altavilla e dai viventi nel Me- diterraneo. La figura che dà il Cossmanwn della Mang. costata Don. si avvicina più alla var. coarctata che alla specie tipica, fra le quali ForBes e HanLEY asserirono di avere osservato una numerosa serie di passaggi. Credo dunque che mal si avvisarono varii autori posteriori, i quali vollero considerare questa varietà come una specie a sè. Mangilia Bertrandi Pavrauprau sp. — Tav. XIII [II], fig. 12 a, db. 1826. Pleurotoma Bertrandi Pavrauprau. Voquilles de lile de Corse, pag. 144, tav. VII, fig. 14, 15. 1830. — _ PayRr. BLamviLLe. Maun. franc., pag. 97, tav. IV, fig. 2. 1540. _ —_ — Krexer. Zconogr. Coquill. viv. Gen. Pleur., pag. 75, tav. XXVI, fig. 1. 1874. Laphitoma _ — Werxxaurr. Uber einige Nvit. Art. aus der Gruppe der klein Pleur.Jahrb. Mal. Ges., I, pag. 211, tav. X, fig. 1-3. 1875. Pleurotoma _ — Secuenza. Morm. plioc. Ital. merid., pag. 212. 1884. Mangelia — — Monnerosaro. Nom. gen. e specif., pag. 129. 1886. _ _ — Koper. Moll. Test. mar. curop. mhab., pag. 158. 1910. Mangilia _ — Cerunti-Ireni. Puuna mal. mar., parte IV, pag. 244, tav. 36, fig. 4-6. 1912: _ — — Parvary. Cutal. des moll. du litt. de V Egyp. Mém. Inst. Egyp., tom. VII, «fasc. III, pag. d4. Testa subturrita, longitudinaliter costata; anfractibus converis; costis 6-7 inter se distantibus; cauda brevi, leviter recurva; labro intus marginato, acuto, incrassato; tuberculo parvulo prope sinum. Conchiglia subturrita, composta di 7-8 anfratti, ornati di 6-7 costicine assiali strette, elevate, equi- [39] l. CIPOLLA 143 distanti, leggermente oblique e separate da spazi intercostali larghi. La superficie della conchiglia ap- pare rivestita di sottilissime strie spirali, più evidenti negli spazi intercostali che sulle coste. L'apertura è piccola, stretta, terminata avanti in un canale breve e curvato, eguale quasi alla metà della spira. Il labbro è spessito acuto, con un ingrossamento tubercoliforme presso il seno, il quale è arrotondato e profondo. Lunghezza mm. 6, diametro mm. 3. Questa specie è rarissima nel Pliocene di Altavilla ed è ora citata per la prima volta in questa lo- calità. Essa non era stata trovata nemmeno in altri terreni pliocenici. E molto comune a M. Mario ed è vivente nel Mediterraneo. Gli esemplari viventi, secondo KoBrrr, assumono dimensioni quasi doppie dei fossili. Questa specie è affine alle viventi Mang. indistineta e caerulans Pain., dalle quali si distingue per i giri più regolarmente convessi, non subangolati nella parte posteriore presso la sutura e per la stria- tura spirale sottilissima. La Mang. Bertrandi Pavr. non era finora ritenuta per una buona specie; ma in seguito alle illustrazioni che han dato KrenER, KoBeLt, CaRUS ed ultimamente CeRrULLI-TRELLI, si è visto che essa si distingue facilmente dalle specie affini e particolarmente dalla IM. costata Don. sp. e dalla Raph. attenuata con le quali spesso andava confusa. A me sembra ch’essa rappresenti la forma di passaggio dalle Mangilia s. str. alle Qlathurella, per l’esistenza del dente tubercoliforme nella parte posteriore del lato columellare rimpetto il seno, che è uno dei caratteri più importanti del sottogenere Clathurella. PaiLIePI nel 1.° vol. della sua opera Molluschi viventi e fossili di Sicilia !! e CALCARA nelle sue ricerche malacologiche ® riferirono questa specie a una pleurotoma comunissima nel mare di Pa- lermo, cioè la PI. Ginnaniana ScaccHi, con la quale la M. Bertrandi ha qualche rapporto di somiglianza. Subgen. Clathurella CARPENTER 1857. (= Defrancia MiLLET 1826, non BRroNnN 1875; = Cirillia Monrs. 1884; = Cordieria Movnrs. 1884, non RovaLT; = Philbertia MonTs. 1884). Le specie appartenenti a questo sottogenere hanno forma buccinoide, spira conica, protoconca pau- cispirata papillosa, con nucleo subdeviato. I giri sono angolosi, costulati sopra l’angolo e generalmente ornati da strie spirali. L'ultimo giro è grande, cilindro conico; l’apertura romboidale, allungata ; il labbro quasi verticale, appena curvilineo nel mezzo, intagliato sulla rampa suturale da un seno ovale e profondo, spessito all’interno, dove porta aleune dentature allungate. La columella è quasi retta e forma con la base del penultimo giro un angolo quasi retto; il lato columellare è largo, poco calloso e porta un rigonfiamento 0 un dente parietale rimpetto al seno del labbro e talora alcune crenulature mediane irregolari, spesso imper- cettibili. Le Clathurella si distinguono facilmente daile Margilia s. str. per la presenza delle suddette dentature o rughe nell’interno del labbro e sulla superficie mediana del lato columellare, come anche per il dente parietale e tubercoliforme che si nota nella parte posteriore dell’apertura. Mangilia (Clathurella) reticulata Renter sp. — Tav. XIII [II], fig. 13, 14. 1804. Murex reticulatus Renier. Tav. alf. conch. dell'Adr., pag. 4. 1814. Murex echinatus Broccni (nee Lamarck). Conch. foss. subapp., pag. 423, tav. VIII, fig. 3. 1) Pag. 198 (sine icone). ME apt: 144 F. CIPOLLA [40] S14. Murex reticulatus Ren.BroccnIi. Loc. cit., pag. 663. 839. /leurotoma reticulatum Bronn. Carcara. Ficer. malac., pag. 4. 1540. — echinata CaLcara. Nuov. spec. conch. sic., pag. 48. 1641. — _ Conch.'foss. d’Altav. pag., 51. 841. — reticulatum. Bronn. Carcara. Conch. foss. d’Altav., pag. D4. 844, — — Ren. Paiuipri. Moll. Sîc., v. II, pag. 165 e 174. 1545. — echinata Carcara. Conch. viv. e foss. Sic., pag. 35, 36. 1869. Defrancia reticulata Ren. Jerrrevs. Brith. Conch. v. V, suppl., pag. 220, tav. 89, fis. 3, 4. _ —_ — Monrterosaro. Conch. foss. Mont. Pell. e Ficar., pag. 34. _ = Secuenza. Morm. plioc. It. merid., pag. 94. _ - Bronx. SeGuENzA. Loc. cit., pag. 210. 1884 Cordiera reticulata (Rex.) Br. Monrerosato. Nomencl. gen. e spec. conch. Medit., pag. 131. 1886. Defrancia reticulata Ren. KogeLr. Moll. test. mar. europ. inhab., pag. 146. 1896. Mangilia (Clathurella) reticuluta Ren. Cosswann. Ess. de Paltoc. comp., v. II, pag. 122. 1904. Peratotoma reticulata Ren. Sacco. I moll. tera. del Piem., parte XXX, pag. 52, tav. XII, pag. 38. 1910. —_ — — CeruLu-IreLLI. Mauna mat. mar., parte IV, pag. 249, tav. XXXVI, fig. 25-28. 1912. Cordieria _ — Paucarvy. Oautal. des moll. du litt. médit. de l’ Egypte. Mém. de VInst. Esyp., tom. VII, fasc. III, pag. 83. Testa fusiformi-turrita; anfractibus rotundatis, costis longitudinalibus lineisque transversis elevatis cla- thratis; papillis in angulis sectionum acutis; apertura ovata, labro intus sulcato, cauda brevi recta. Conchiglia fusiforme-turrita; compesta di 6-7 anfratti convessi, separati da suture profonde, ornati di 15-16 costicine assiali strette, elevate, poco distanti fra loro, rette e sull’ultimo giro terminanti alla base del canale. Le costicine assiali sono incontrate da altre costole spirali, sottili ma ben rilevate, in numero di 8-9 nell’ultimo giro e di 4 negli altri, più ravvicinate di quelle assiali, che rendono le costole assiali subspinose nei punti d'incontro, ma granulose nel canale. L'ultimo giro è un po’ più alto della metà: della lunghezza della conchiglia ed anteriormente assai attenuato. L'apertura è ovale, il lato columellare quasi retto, coperto d’una sottile callosità: il labbro subarcuato è internamente dentato. Il canale, relativamente alle specie affini, è un po’ lungo, curvo ed aperto. Il più grande degli esemplari di Altavilla, ove questa specie è piuttosto comune, è lungo mm. 10, e largo mm. 4. : La Mang. (Qlath.) reticulata si trova pure nel Post-pliocene di M. Pellegrino; ma gli esemplari di questa località hanno dimensioni maggiori, ma sono sempre più piccoli e più svelti di forma (ciò che notò pure BeLLARDI per i fossili del Piemonte) degli esemplari viventi ‘attualmente nel Mediterraneo e nel- l'Oceano Atlantico sulle coste dell’Imghilterra (Tav. XIII, [II] fig. 14, «, 6). Questa differenza nelle dimensioni, nel numero e nell’elevatezza delle costole assiali e spirali, nella lunghezza della spira, nella forma più svelta, ha generato una grande confusione nella sua sinonimia, rendendo difficile a parecchi autori il ricono- scere nel Murex reticulatus fossile di BRronn, il Murex reticulatus di RENIER, cioè il vivente. BELLARDI indica questa specie financo nel Miocene medio dei colli di Torino. Prendendo poi come tipo quello per prima volta figurato da BroccHi (il quale avverte dell’ identità degli esemplari viventi coi fossili), si trovano ad Altavilla ed a Ficarazzi alcuni esemplari della var. pliocurta Sacco (a spira più breve ed ultimo giro ventricoso) (Tav. XIII [II], fig. 14 a, 5). Si trovano a M. Pellegrino: altri esemplari con papille più lunghe della tipica, somiglianti alla Homotoma herinacea Bru. Quest'ultima varietà per l’ornamentazione e la forma più allungata sembra un tipo di passaggio dalla PI. retielata alla PI. histrix JAN, vivente nel Mediterraneo, esistente nel Quaternario dei dintorni di Palermo, e distinta mel atei |41] fl. CIPOLLA 145 per la spira più snella ed acuta, per il canale più lungo e le spine più alte ed assottigliate. Vicinissima alla PI. reticulata è la vivente PI. Cordieri Pavr., !) la quale hala spira più allungata, gli anfratti più convessi, dei quali l’ultimo che è più breve e più rigonfio, si raccorda alla base con angolo più acuto e termina con un canale più allungato. MontERosato fa anche osservare che, mentre nella PI. reticulata la protoconca è conica e minutamente punteggiata, nella 7. Cordieri la protoconca è adunca e rivolta in giù. Var. pliocurta Sacco — Tav. XIII {I fig. 15, d. 1575. Defrancia reticulata Bronn var. formosa Secuenza. Form. plioc. It. merid., pag. 210. 1877. Homotoma reticulata Ran. var. A BruLarpi. / moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 269. 1904. Peratotoma _ — war phiocurta Sacco. I moll. tera. del Piem., parte XXX, pag. 52, tav. XIII, fig. 39. 1910. _ — - — — Sacco. CeruLui-IrELLI. Fauna mal. mar., parte IV, pag. 249, tav. XXXVI, fig. 29. Questa varietà si distingue dal tipo per la spira più breve, per i giri angolati posteriormente presso la sutura, per l’ultimo anfratto in proporzione più ventricoso, e, subordinatamente, per l’angolo più accentuato che la columella forma con la base del penultimo giro. Essa è rara non solo nel Pliocene di Altavilla e nel Pleistocene di Ficarazzi, ma anche nel Pliocene dell’Astigiano. Gli esemplari di Altavilla raggiungono dimensioni maggiori non solo di quelli della specie tipica, ma anche di quelli della stessa varietà trovati nell’Astigiano; infatti il più grande è lungo mm. 14 e largo mm. 6. Il SeGUENZA, che è uno degli autori che distinguono la Pleur. reticulata fossile dalla vivente, ritiene che questa varietà, che egli indica nelle sabbie di Altavilla, sia ancora vivente nel Mediterraneo e nei mari del Nord, identificandola col Murex echinatus BR. e con la Pleurotoma echinata Canc. Ma la figura che BroccHI ci fornisce del suo M. echinatus ha la spira più allungata e la forma più snella e questi due caratteri principalmente distinguono la specie tipica da questa varietà, che Sacco chiama var. pliocurta e SecuENZA var. formosa. Il nome del SeGuENZA dovrebbe essere usato, ma purtroppo posteriormente fu descritta un’altra Clathurella vivente nell'Oceano Atlantico boreale sino alla profondità di 2000 m., alla quale il JErrREYS diede il nome di Defrancia formosa e questo nome è generalmente usato. Per non produrre della confusione nella nomenclatura, accetto il nome proposto da Sacco, sebbene tutto questo non sia rigorosamente conforme alle regole della nomenclatura, per le quali dovrebbe mutarsi il nome dello JEFFREYS >). La varietà presente e il tipo hanno rapporti con la suddetta Defr. formosa JEFFREYS, la quale però ha un’apertura più ampia, più arcuato il labbro esterno, meno aperto l’angolo spirale e più acute le spor- genze spinose sulle costicine assiali. FonrAanNES *) trova nel Pliocene inferiore di S. Ariès (Valchiusa) una deviazione del Murex reticulatus ReN., e la chiama var. Bollenensis. Questa varietà si avvicina molto a quella delle sabbie di Altavilla; ma ha la spira ancora più breve, l’ultimo giro meno convesso e regolarmente depresso nella parte anteriore e le dimensioni anche più piccole degli esemplari tipici del Pliocene superiore. 1) Cfr. Pacary. Catal. des moll. du litt. med. de l'Égypte. Mem. prés. à l'Inst. Eeypt., tom. VII, fase. III, pag. 83, tav. XV, fig. 1 (1912). | 2) JerrREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 371, vol. V, tav. LXXXIX, fig. 4, 3) FoNTANNES. Les moll. plioc. de la vall. du Phone, pag. 48, tav. IV, fig. 11 (1879-82). Palaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 20 146 F. CIPOLLA [42] Mangilia (Clathurella) pupoides Mowrerosato sp. — Tav. XIII [II], fig. 16, 17. 6. Pleurotoma rudis ScaccHi (non BronerIP). Catal. Conch. Regn. Neap., pag. 12, fig. 17. 1848. — reticulatum Ren. var. brevis RequIEN. Cat. Coquali. de Corse, pag. 72. 1875. Defrancra rudis Sc. Secuenza. Form. plioc. It. Mer., pag. 210. 1883. Clathurella rudis Sc. Bucquoy, DauTzENBERG et DoLLFUS. Les mol!. du Rouss., pag. 94, tav. XIV, fig. 8,9. 1884. Cordieria pupoides Monterosato. Nom. gen. e spec. delle conch. med., pag. 132. 1886. Defrancia rudis Sc. KeseLt. Faun. moll. test. mar. europ. inhab., pag. 147. Testa turrita, spira longiuscula, prothoconcha conica, anfractibus converis postice angulatis; costulis lon- gitudinalibus rotundatis (circa 15 in ult. anfr.), interstitiis latiusculis separatis; lincis spiralibus alternis, in intersecatione costularum muticis; apertura ovata, canali aperto brevissimo, labro intus denticulato. Conchiglia turrita, composta da 6-7 anfratti, di cui l’ultimo è ventricoso convesso assai depresso nella parte anteriore e poco più alto della metà della lunghezza dell’intera conchiglia. Gli altri giri sono poco convessi e sub-angolosi posteriormente. Le suture sono profonde. Gli anfratti sì mostrano ornati di costole assiali oblique arrotondate, ben rilevate e separate da intervalli piuttosto larghi. Queste costole, in numero. di 15-16, sono attraversate da altre costicine spirali, meno rilevate e meno distanti, in numero di 4-5, nei giri posteriori di 8-10, nell’ultimo irregolarmente alternate di differente grossezza, le quali rendono granulose le costole assiali nei punti d’incontro. Nell’ultimo giro le costole spirali alternano più frequente- mente con altre costicine più piccole e, incontrandosi con le sottili terminazioni delle costole assiali, rendono molto granulosa la parte esterna del canale. Il canale è brevissimo, aperto, lievemente curvato. Illabbro arrotondato, spessito ed internamente denticolato ; il lato columellare arcuato nel mezzo e rivestito d’una leggera callosità. Il seno è profondo in rapporto alle proporzioni della conchiglia. L'unico esem- plare studiato è lungo mm. 12, e largo mm. 6. La Pleur. rudis ScAccHI è vivente nel Mediterraneo; ma poichè esiste una specie congenere diversa, già chiamata con lo stesso nome da BroperIP, ! il MonreRosaro le ha cambiato il nome in Cordieria pupoides, perchè la sua forma pupoide, come egli dice, la fa distinguere subito dalle specie affini. SEGUENZA indica ad Altavilla la PI. rudis Sc., ma egli l’ha identificata con la PI. purpurea (Ph. non Mra.), la quale è chiamata Cord. radula da MonteRrosato ?) e si distingue dalla Cord. pupoides per la reticolazione quasi obsoleta e per l’apice conico, assai appuntito, a giri angolati. La specie sopra descritta è stata confusa da parecchi autori con la PI. purpurea Mre., che ha però in generale forma più slanciata e canale non così breve ed aperto, vive particolarmente nei mari dell'Inghilterra e non esiste fossile nelle sabbie di Altavilla, nè in quelle dell’Astigiano. L’esemplare fossile da noi studiato differisce dagli esemplari viventi (Tav. XIII, [II] fig. 17 @, 6) per la spira più breve, l’ultimo anfratto più rigonfio, le costole assiali più rilevate, in minor numero, e sepa- rate da interstizî più larghi, oltre che i viventi raggiungono ordinariamente una lunghezza da mm. 18 a 20. Per queste differenze io ritengo che la forma vivente sia una mutazione della fossile, rarissima in Altavilla, e dovrebbe distinguersi con nome diverso. i Questa specie si avvicina alla var. pliocurta della PI. reticulata REN., da me indicata pure in Alta- 1) Proceedings of the Zool. Soc., III (1833). 2) Nom. gen. e sp., pag. 132 (1884). [43] |. CIPOLLA 147 villa, ma se ne distingue facilmente per le coste arrotondate e non lamellose, e per l’asseuza dei tu- bercoli spinosi nell’intersezione delle costicine assiali con le spirali. Mangilia (Clathurella) Checchiai Crrorva — Tav. XIII [II], fig. 184, d. esta parvula, turrita, anfractibus converiusculis; eostis longitudinalibus novem interstitiis. minoribus, obtusis, awì testae parallelis; limneis transversis latis, contiguis, umiformibus aequedistantibus; cauda brevi, labro intus denticulato, sinu angusto et profundo. Conchiglia piccola, turrita, con spira poco allungata ed acuta. I giri sono leggermente convessi; l’ul- timo eguaglia in altezza quasi la metà della lunghezza della conchiglia, ed è regolarmente depresso verso la base del canale, che è brevissimo e retto. Le suture sono poco profonde. Gli anfratti sono ornati da nove costicine assiali arrotondate, ottuse, quasi contigue, evanescenti nell’ultimo giro alla base del ca- nale. Le costicine assiali sono incrociate da lineette spirali più piccole, uniformi, equidistanti, strette, in numero di quattro nei primi giri, numerose nell’ultimo. L'apertura è piriforme, il labbro internamente crenulato ed intagliato da un seno stretto e profondo. Il lato columellare è posteriormente largo e ri- vestito da una fine callosità. Lunghezza mm. 5 !s e Jarghezza mm. 3 1. Questa specie è rara nel Plio- cene di Altavilla. Essa si avvicina alla PI. linearis Mre. ” vivente nel Mediterraneo e nell'Atlantico; ma se ne distingue per i giri meno convessi e l’ultimo non ventricoso, per il canale più breve, meno aperto e non ricurvo; per l’apertura più stretta e per l’angolo spirale meno acuto; subordinatamente poi per le dimensioni sempre più piccole. Questa specie è prossima pure alla Clath. ringens BeLn. ?) dell’Astigiano, la quale però ha un maggior numero di costicine spirali nei primi anfratti e un tubercolo alla base della columella. Subgen. Agathotema Cossmann 1899 * (= Ditoma BELL. 1875, non IL. 1807). Questo sottogenere di Mangilia è distinto per la forma stretta, la spira turricolata, la protoconca conoidale con nucleo deviato e papilloso. I giri, di cui i primi sono brevi e i superiori molto alti, sono ornati di costole assiali e di strie spirali, appena visibili negli intervalli delle costole. L’ultimo giro è molto alto, a base rapidamente attenuata, terminato avanti da un canale corto, allargato ed incavato alla sua estremità. L'apertura è stretta, un po’ più larga nel mezzo; labbro spessito da una forte varice, ma sottile nel contorno esterno, liscio all’interno, intagliato contro la sutura da un seno assai profondo, e fornito anteriormente da una sinuosità simile a quella degli Strombus. La columella è liscia, il lato columellare largo e poco spessito. Il tipo di questo sottogenere è dato dalla PI. angusta Jan. Il sottogenere Agathotoma si distingue dalle Mangilia s. str. per l’incavatura anteriore del canale e sopratutto per la sinuosità caratteristica nella parte anteriore del labbro, la quale lascia la traccia sulle costicine assiali della base dell’ultimo giro, le quali rappresentano le antiche varici. Se si raffronta con le Clathurella, se ne distingue non solo per quest’ultimo carattere, ma anche per l’assenza delle crenu- lature interne nel labbro e nella columella. !) Vedi Buco. Dautz. DoLLF. Les moll. mar. du Rouss., pag. 96, tav. XIV, fig. 20, 21. 2) I moll. terz. del Piem., pag. 257, tav. VIII, fig. 14 (1877). 3) Revue critique de paléoz., 3° ann., pag. 45 (1899). 148 F. CIPOLLA |44) Mangilia (Agathotoma) angusta Jan sp. — Tav. XII [II], fig. 19. a, d. 1842. Pleurotoma angusta Jan in Siswonpa Synops. ecc., pag. 34. 1847. Raphitoma - — BreLrarpi. Monogr. delle Pleur. foss. del Piem., pag. 103, tav. IV, fig. 25. 1859. = angustum — Liassi. Conch. foss. di Paler., pag. 37. 1873. Mangelia angusta —‘— Secuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 94. 1876. _ _ — Secuenza. Ibid., pag. 212. 1877. -- (Ditoma) angusta Jan. BeLLarpI. I moll. tera. del Piem. e Lig., vol. II, pag. 295, tav. VIII, fig. 40. 1896. Mangila — = — Cossmann. Fss. de paléoc. compareée, vol. II, pag. 125, tav. VII, fig. 29, 30. 1899. — (Agathotoma) angusta Jan. Cosswann. Ess. sup. cit., vol. III, pag. 192. 1904. - — — — Sacco. I moll. terx. del Piem. e Lig., parte XXX, pag. 55. 1910. — = _ — CreruLLI-IreLLI. Pauna mal. mar., parte IV, pag. 248, tav. 36, fig. 20-21. Testa subfusiformi, angusta, anfractibus superioribus elongatis, planulatis, longitudinaliter costatis : costis acutis, interstitàis minoribus, sub-obliquis, subcontinuis, in ultimo anfractu ad canalem recurrentibus; strùis transversis tenuissimis et confertissimis; canali distincto, dilatato, recurvo; apertura elongata; labro incras- sato, antice subsinuoso; columella laevi, sinu profundo. Piccola conchiglia quasi fusiforme, allungata, ristretta, composta da 6-7 anfratti sub-appianati, di cui i superiori relativamente più alti degli inferiori. L’ultimo giro eguaglia la metà della lunghezza di tutta la conchiglia. I giri sono ornati da 12 costole assiali acute, oblique, separate da interstizî piuttosto larghi, subsinuose vicino la sutura posteriore per seguire la forma del seno. Gli intervalli delle costole assiali nel nostro esemplare sono rivestiti da finissime e fitte strie spirali. Le costicine assiali si prolun- gano fin sul canale, ove si piegano e s’incrociano con delle sottili strie spirali, rendendo leggermente granuloso il collo del canale. Le suture sono superficiali. Inoltre i giri sono ornati da finissime strie spirali meglio visibili tra gli spazî intercostali. Il canale è ben distinto per la rapida depressione della base dell’ultimo giro, alquanto allungato, curvato all’indietro ed aperto. Il labbro è profondamente in- taccato da un seno quasi parallelo alla sutura ed è anche subsinuoso nella sua parte anteriore. L’aper- tura è allungata. La profondità dell’intaglio, la lunghezza del canale, la relativa larghezza e lunghezza della conchiglia contribuiscono, dice bene il BeLLARDI, a darle una facies, che difficilmente si potrà con- fondere con quella delle sue affini. Lunghezza mm. 7, larghezza mm. 2 '». È rarissima nelle sabbie di Altavilla, dove è stata indicata da Lipassi e da SEGUENZA. Questa specie, secondo BeLLarDI, FoRESTI e Cossmann, è rarissima nell’ Elveziano della Turenna, e nel Tortoniano dei dintorni di Torino; rara nell’ Astiano di Cannes, nel Messiniano dei pressi di Savona, nel Piacenziano di Biot e di Bologna. L’esemplare di Altavilla mostra un carattere, non notato da BeLLARDI nella descrizione fattane tanto nella Monografia che nell’altra sua opera sui Molluschi terziari Zel Piemonte; cioè la striatura spirale finissima che pur è visibile nella figura da lui data. Gen. Daphnella Hinps 1844. Labrum subtile, non plicatum interius; columella laevis; sinus paullo profundus, contra suturam; pro- thoconcha pluribus anfractibus instructa. ore -r_—T————_— ou |45| FP. CIPOLLA 149 Questo genere comprende i seguenti sottogeneri: Daplnella s. str., Bellardiella, Teretia, Raphitoma, Pleurotomella. Di questi soltanto il sottogenere P/eurotomella non ha rappresentanti nel Pliocene di Altavilla. Subgen. Daphnella s. str. Vi appartengono delle specie che hanno guscio sottile, dimensioni assai piccole, forma ovale fusoide o buccinoide, spira poco allungata e conoide, protoconca poligira con nucleo appuntito e piccolissimo. I giri sono convessi, finamente cancellati o reticolati, regolarmente depressi nella rampa suturale: l’ultimo è assai allungato a base convessa, poco attenuata, terminante in un canale talvolta assai breve, largo, senza alcuna incavatura nell’estremità anteriore. L'apertura è stretta, subromboidale; il Jabbro semplice, arcuato, intaccato da un seno suturale arrotondato e poco profondo; la columella inflessa nella sua estre- mità anteriore; il lato columellare sottile, stretto, poco visibile. Le Daplmella s. str. si distinguono facilmente dalle Mangilia per il labbro sottile: dalle ClaMurella per la columella liscia e sovratutto dagli altri generi della medesima sottofamiglia per il canale largo e troncato, per il seno evidente e per la mancanza del cuscinetto sul collo del canale. Daphnella Romanii Lisassi sp. — Tav. XIM [II], fig. 20 4, d. 1859. Pleurotoma (Clavatula) Iomanv Lusassi. Conch. foss. Pal., pag. 30, tav. I, fig. 30. 1872. _ admirabilis Maver, Journ. de Conchyl., vol. XX, pag. 234, tav. XIV, fig. 7. 1875. Daphnella Romani Lig. Secuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1877. - _ — BecLarpi. / moll. tera. del Piem., pag. 283, tav. VIII, fig. 31. 1896. — — — Cosswann. Ess. de Paléoc., vol. II, pag. 127, tav. VII, fig. 31,32. 1910. = = — Crruru-IreLLi. Mauna malac. mar., parte IV, pag. 252, tav. 36, fig. 48, 49. Testa ovoidea fusiformi, ad utramque extremam partem attenuata; anfractibus converis, ad suturan po- sticam parum depressis, costulis transversis et striis longitudinalibus augmenti eleganter clathratis: apertura ovato-oblonga, spiram superante, canali aperto; cauda suboriunda récurva; labro simplici, acuto. Piccola conchiglia fusiforme, composta da 6-7 anfratti convessi, leggermente depressi in vicinanza alla sutura posteriore. L'ultimo giro è ovulare, supera in altezza la metà della lunghezza di tutta la conchiglia, alla quale per questi suoi caratteri dà l’aspetto di una piccola Voluta. Esso è regolarmente attenuato verso la base del canale, che è breve e un po’ curvo. 1 giri sono adorni di molte piccole co- sticine spirali, assai più numerose, alternanti di differente grossezza, più sottili nella depressione spi- rale dei giri e sulla base del canale. Esse s’incrociano con le strie d’accrescimento della conchiglia, le quali sono rilevate, più sottili, più fitte, oblique, leggermente curvate nella parte vicino alla sutura, per seguire la forma del seno, quasi obsolete nella parte esterna del canale. L’incrocio delle strie spirali e di quelle di accrescimento rende la superficie della conchiglia fimamente ed elegantemente clatrata. L’aper- tura è ovale, stretta, allungata; il labbro poco arcuato, acuto; il Jato columellare stretto e leggermente incrostato. Il seno è piccolo, semicircolare, compresso nella depressione suturale degli anfratti. Lunghezza della conchiglia mm. 9, dell’ultimo giro compreso il canale mm. 6; larghezza mm. 5. Questa specie è rarissima ad Altavilla, come pure nei colli astesi e a M. Mario (Roma). Essa è rap- presentata, secondo BELLARDI, nei mari attuali dalla Daplnella ornata Hinps ®, una delle tre forme tipiche 1) Moll. Sulphur, tav. VII, fig. 21. 150 F. CIPOLLA [46] riferite da Hixyps a questo genere e vivente nel mare della Nuova Guinea. La Pl. Romanti è molto vicina alla PI. ancillarioides DE RAYNEVAL, ma se ne distingue perchè la specie di pe RAYNEVAL manca delle strie di accrescimento nei giri e nell’ultimo si osservano anche alcune costole assiali. Daphnella Salinasi Cancara sp. — Tav. XIII [II], fig. 21 @, d. (©) | 1841. Pleurotoma Salinasii CaLcara. Conch. foss. d’Altav., pag. 53, tav. II, fig. 1842. -- Lanciae Testa. Vonch. foss. Giorn. L’Oreteo, pag. 2. 1845. -_ Salinasit CaLcara. Cenn. moll. viv. e foss. Sîc., pag. 34, tav. II, fig. 5. 1875. Daphnella Salinasii Csrc. SeGuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1877. _ Salihasti Care. var. A BeLLarpi. I moll. tera. del Piem., vol. II, pag. 285. 1904. — - Care. var. plocostulatissima Sacco. I moll. tera. Piem., parte XXX, pag. 53, tav. XIV, fis. 1. Testa subfusiformi, spira brevi, acuta; anfractibus postice obtuse curinatis, costulis longitudinalibus obliquis et transversis elevatis distantibus irregulariter clathratis; apertura ovata; cauda recurva, dilatata, labro sim- plici, sinu lato, parum profundo. Conchiglia subfusiforme, sottile, con spira breve ed acuta; composta da 6-7 giri poco convessi e care- nati nella parte posteriore vicino alla sutura. L’ultimo anfratto è molto alto ed eguaglia la metà della lunghezza dell’intera conchiglia; termina avanti in un canale breve, largo e un po’ curvo. I giri, che sono separati da suture piuttosto profonde, sono ornati da costicine spirali alternanti di differente gros- sezza, distanti fra loro; delle quali in ogni giro quattro sono più rilevate, e di queste, due stanno sulla carena ‘posteriore quasi contigue. Le costicine spirali s’inerociano con molte altre costicine assiali oblique, distanti e più evidenti nei primi anfratti, più numerose e sottili nell’ultimo, ove si confondono con le strie di accrescimento e diventano quasi obsolete nella parte esterna del canale. L’incrocio delle costole assiali con le spirali rende granulosa, leggermente ed elegantemente clatrata la superficie della conchi- glia. La parte posteriore dei giri in vicinanza alla sutura mostra solamente le strie di accrescimento del seno, che è largo e poco profondo. L'apertura è ovale; il labbro arcuato ed internamente liscio, la co- lumella depressa lievemente nel mezzo; il lato columellare un po’ incrostato. Il più grande degli esem- plari di Altavilla, dove è rara questa specie, è lungo mm. 13 *a e largo mm. 5 1/2. Dallo studio degli esemplari di Altavilla, dalla descrizione e figura, che ci fornisce il CALcarA della Pleur. Salinasi, risulta che questa ha la spira breve, l’ultimo giro molto alto e ventricoso, le costicine assiali e spirali rilevate in modo da formare un reticolo ben regolare e definito. Per questi caratteri l’esemplare descritto e figurato come tipo da BELLARDI, ! proveniente da Castellarquato, con spira lunga e reticolazione più fitta e meno sporgente, devesi riguardare come uma varietà della specie di CALCcARA. Mentre al contrario gli altri esemplari con spira più raccorciata ed acuta, provenienti dal Pliocene infe- riore di Zinola e di Albenga, da BeLLaRDI ritenuti come varietà della P7. Salinasi, corrispondono per- fettamente al tipo, come ben si vede anche dalla figura che ne dà Sacco, il quale però li chiama var. pliocostulatissima. } Il Mayer? diede alla varietà di Castellarquato il nome di P?. caveola, il quale può ritenersi solo come nome di varietà. 1) I moll. terz. del Piem., v. IL pag, 284, tav. VII, fig. 33. 2) Journ. de Conch., vol. XXX, pag. 234, tav. XIV, fig. 8. —_—_———xz rt". en [47] F. CIPOLLA 151 La Daplm. Ponteleviensis Cossw. * prov. dall’Elveziano del Pontlevoy (Turenna) differisce dalla Dapln. Salinasi Care. non per la forma e la spira più corte, come dice il Cossmann, ma per l’ornamentazione più regolarmente cancellata, poichè le coste assiali sono meno numerose e più forti nell’ultimo anfratto. Subgen. Bellardiella FiscHeR 1883. (= Bellardia Buco. DoLLr. DAUTZ. 1882, non MAYER 1870; = Comarmondia MrRs. 1884). Le specie di questo sottogenere hanno forma slanciata, fusoide, spira allungata, protoconca conoidale composta da due giri rabescati e da un nucleo liscio ed acuto. I giri sono provvisti d’una rampa suturale generalmente depressa, ornati di costole assiali e di strie spirali. L’ultimo giro è corto, arrotondato alla base, che è molto attenuata, e termina con un canale allungato, un po’ inflesso. L'apertura è piriforme, il labbro arcuato, sottile, intagliato al di sopra della sutura con un seno assai profondo. La columella è sigmoidale, liscia; il lato columellare molto stretto e sottile. Daphnella (Bellardiella) textilis Broccni sp. — Tav. XII [II], fig. 22 a, d. 1814. Murex tertile BroccHi. Conch. foss. subapp., pag. 423, tav. VIII, fig. 14. 1841. Plewrotoma textile Br. CaLcara. Conch. foss. Altav., pag. 53. 1845. —_ _ — Carcara. Moll. viv. e foss. Sîc., pag. 36. 1875. Defrancîia textilis. / — Secuenza. Morm. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1886. Daphnella (Bellardiella) textilis Br. Cosswann. Ess. de Paléoc. comp., v. II, pag. 129, tav. VI, fig. 33, 34. 1904. Bellardiella textilis Br. Sacco. I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 54, tav. XIV, fig. 7,8. Testa subfusiformi, subulata et elongata; spira elata, anfractibus teretibus convexiusculis longitudinaliter costatîs; costulîis, 12-14 in penultimo anfractu, subobliquis, rotundatis, interstitia subaequantibus; striistransversis elevatis, irregularibus; suturis profundis, rugîs lunulatis sinus augmenti exaratis; cauda longiuscula et recurva: apertura ovato-lanceolata ; columella rugulosa et granosa. Conchiglia subfusiforme, con spira allungata ed acuta, composta di 8-9 anfratti un po’ convessi e poste- riormente depressi nella rampa suturale. L’ultimo giro un po’ rigonfio nella parte anteriore, più alto della metà dell’intera lunghezza della conchiglia; è avanti assai attenuato e termina con un canale curvo, stretto e allungato. Le suture sono profonde, la superficie dei giri, tranne la rampa suturale, è elegantemente ornata da evidenti granelli, risultanti dall’incontro delle costicine assiali con le strie spirali. Le prime in numero di 12-14 nel penultimo anfratto sono forti, oblique, leggermente arrotondate, separate da stretti intervalli. Nell’ultimo giro diventano più sottili, nviù numerose e quasi obsolete alla base del canale su cui svaniscono. Le molte strie spirali uniformi, equidistanti, separate da stretti interstizî: nell’ultimo sottili, alternanti di differente grossezza, numerose; esse sul loro passaggio rendono, come è stato detto, sranulose le costole assiali. Si osservano, specialmente negli spazii intercostali dell’ultimo giro, le strie di accrescimento della conchiglia: le quali sono più evidenti e rilevate sulla depressione suturale dei giri, ove indicano la forma del seno, che è largo e poco profondo. L’apertura è ovale; il labbro arcuato, liscio nell’interno, la columella è angolosa nel mezzo ; il lato columellare stretto e poco incrostato. Lunghezza mm. 12, larghezza mm. 41/,. 1) Ess. de Paléoc. comp., vol. II, pag. 174, tav. VII, fig. 9, 10. 152 F, CIPOLLA [48] Questa specie è rara non solo nel Pliocene inferiore del Piemonte, della Liguria e della Francia; ma anche nel Pliocene superiore di Altavilla, ove è stata già notata dal CaLcara. Gli esemplari da noi studiati pur presentando la forma slanciata che mostrano le figure degli esemplari tipici del BroccHI, Sacco e Cossmann, hanno sempre minori dimensioni, giacchè si conservano nel Museo geologico dell’Università di Palermo alcuni individui di questa specie, provenienti dal Modenese, lunghi mm. 20 e larghi mm. 5. Var. Savii Lrsassi. — Tav. XIII [II]. fig. 23 a, d. 1859. Pleurotoma (Mangelia) Savi Lipassi. Conch. foss. di Paler., pag. 31, tav. 1, fig. 24. 1877. Homotoma texrtilis Br. var. B BeLLarpI. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 266. 1904. Bellardiella textilis Br. var. apertespiralata Sacco. I mol. terx. del Piem., parte XXX, pag. D4, tav. XIV, as, Slo dI, Questa varietà è distinta dal tipo per la conchiglia più piccola, l’angolo spirale più aperto, l’ultimo giro ventricoso ed anteriormente più depresso, il canale un po’ più corto, la forma più obesa, le costole: più depresse e più oblique. Lunghezza mm. 12 e larghezza mm. 5. Essa è più frequente nel Pliocene di Altavilla della specie tipica, con la quale è stata confusa dal SEGUENZA. Dalla descrizione e figura che Lipassi ci fornisce della Plewr. Savii, si rivela che questa devesi riferire» al Murex testile BR.; ma non è del tutto identica alla specie di BroccHI, come ha creduto il BeLLARDI. Piuttosto la Pl. Savîî corrisponde alla var. B della PI. textilis che lo stesso BeLLARDI indica nel Plioc. inf. di Io Torsero (Liguria) e che Sacco chiama var. apertespiralata per l’apertura maggiore dell’angolo spirale.. Daphnella (Bellardiella) semicostata BrLLarpI sp. — Tav. XII [II], fig. 24 a, d. 1847. Iaphitoma semicostata BeLLarDi. Monoyr. delle Pleur. foss. del Piem., pag. 94, tav. IV, fig. 19. 1875. Defrancia - BeLL. SeGuenza. HPormar. plioc. dell’ Ital. merid., pag. 210. 1877. Homotoma — var. A BeLvarpi. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 282. 1896. Bellardiella — var. pliostriata Sacco. I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 53, tav. XIV, fig. 5,6. Testa subfusiformi, ovata, transversim minutissime striata; anfractibus antice converiusculis costatis, postice anguste planeque depressis; costis numerosis; interstitiis maioribus, rotundatis, subobliquis, ultimo anfractu costis obsoletis vel nullis instructo ; apertura angusta, ovato-lanceoluta; cauda brevi, dilatata, leviter recurva; columella medio depressa. Conchiglia subfusiforme, con spira poco allun8ata, composta da 7-8 anfratti, anteriormente poco convessi, in vicinanza della sutura posteriore lievemente depressi. Le suture sono poco profonde. Tutta la superficie della conchiglia è coperta da sottilissime strie spirali, fitte, irregolari, correnti anche nella depressione dei giri, ove diventano assai più sottili. Gli anfratti sono ornati da 14-15 coste arrotondate, separate da stretti interstiziî, troncate bruscamente all’inizio della depressione posteriore dei giri, leggermente oblique. Esse nell'ultimo anfratto sono molto depresse: obsolete o quasi, talvolta nulle. L'ultimo giro è assai alto, rigonfio, eguale alla metà dell’intera lunghezza della conchiglia, regolarmente depresso nella parte anteriore, terminante in un canale breve, curvo ed allargato. L'apertura ovale, allungata, ristretta; il lnbbro semplice: poco arcuato, intagliato nella depressione suturale da un seno largo e poco profondo. Il lato columellare, depresso nel mezzo, è rivestito da una stretta callosità che è più spessita nella parte anteriore. Lunghezza mm. 16 e larghezza mm. 6. oO [49] W. CIPOLLA 153 Questa specie è rarissima nelle sabbie plioceniche di Altavilla e rara nel Pliocene inferiore di Albenga. Essa è stata descritta e figurata da BecLarpI per la prima volta nella sua Monografia delle Plewrotome, ma più tardi lo stesso autore nella sua opera sui Molluschi tere. del Piem. descrisse e fisurò come tipo della suddetta specie una varietà, che era stata già trovata in Altavilla dal Bruenone e da Ini chiamata Pleur. polyplectum. Poichè devesi ritenere come tipo la ftaph. semicostuta BeuLARDI, descritta nella prima opera di questo autore (1847), io riguardo la Zap. semicostata, illustrata nella seconda sua opera (1877), come varietà, alla quale do il nome, già da BRUGNONE impostole, cioè di var. polyplecta. Quindi metto nella sinonimia della specie tipica la var. A BELL. della /taph. semicostata, descritta da lui nell’opera sui Mol- luschi tere. del Piem., e poi figurata da Sacco, col nome di pliostriata, la quale tanto per la descrizione, quanto per la figura, fornitaci da BELLARDI e Sacco, corrisponde esattamente al tipo illustrato nella 1.8 opera dal suo autore. Se il nome di £ell. semicostata non fosse universalmente accettato, sarei tentato di cambiarlo in quello di P/. subsemicostata, che D° OgRBIGNY ha creduto dare alla stessa specie, perchè esi- sterebbe secondo lui una P7. semicostata di REEVE. Var. polyplecta Bruenone — Tav. XIII [II]. fig. 25 4, db. 1862. Pleurotoma polyplectum Bruenone. Alc. Plewr. foss. di Pal., pag. 26, tav. I, fig. 18. 1875. Defrancia semicostata Ber. var. SeGuenza. Porm. Plioc. It. merid., pag. 210. 1877. Homotoma semicostata BeLLarDi. I moll. terx. del Piem., v. II, pag. 282, tav. VIII, fig. 30. Questa varietà è distinta per la forma snella, per la spira più lunga ed acuta, per l’ultimo giro più corto ed eguale ad 4/, della lunghezza di tutta la conchiglia, per il numero minore delle costicine assiali (10-12) e la striatura più fina. Lunghezza mm. 19 e larghezza mm. 5. Essa è rarissima nel Pliocene di Altavilla, non rara nei colli astesi. È stata anche trovata nel Miocene medio dei colli torinesi e nel Pliocene inferiore di Albenga e del Vallone Torsero. Il PZ. polyplectum BrueN. confuso da Secuenza con la Raph. semicostata BeLL. tipica, non si può riguardare una specie a sè, come ha fatto il BruenonE; giacchè nella forma e nell’ornamentazione si rassomiglia molto all’ anzidetta specie del BELLARDI. Daphnella (Bellardiella) gracilis Mowragu sp. — Tav. XUI [II], fig. 26-28. 1803. Murex gracilis Monragu [non Broccni (1814), non Scaccni (1836)]. Vest. brit., pag. 267, tav. XV, fig. 5. 1804. — emaginatus Donovan. Brith. Shells, V, tav. CLXIX, fig. 2. 1814. — oblongus Ren. var. Broccni. Vonch. foss. subapp., pag. 430, 664, tav. IX, fig. 19. 1829. Pleurotoma Comarmori Mricnaup. Bull. Soc. Linn. Bord., t. II, pag. 263, tav. I, fig. 6. 1836. _ suturale Bronn. Pippi. Moll. Sic., v. I., pag. 197, 200. 1840. —_ Comarmondi Mica. Kuener. Cogq. vw. G. Pleur., pag. 68, tav. XXIV, fig. 2. 1841. —_ sulurale Bronx. Carcara. Uonch. foss. Altav., pag. 55, 1844. i gracile Mr. Pupi. Moll. Stie., v. II, pag. 166. 1849. Mangelia gracilis Mr. Forbes and Hanvev. Mist. Brith. Moll., v. III, pag. 473, tav. CXIV, fig. 4. 1867. Defrancia gracilis Mre. Jerereys. Brith. Conch. v. IV, pag. 363. 1869. i —_ — _ Ibid., v. Vi :suppl.; pag. 219, tav. LXXXVIII, fig. 6. 1872. — — - Moxnrrrosaro. Conch. foss. M. Pellegr. e Picar., pag. 33. 1573-75. — _ = SEGUENZA. Mormax. plioc. Il. merid., pag. 94, 210, 1883. leurotoma (Bellardia) gracile Mr. Bveovor, Davrzexpero, DoLLrus.. Moll. mar. du Rouss., pag. 89, tav XU 102: Pialaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 21 154 F. CIPOLLA [50] 1886. Defrancia gracilis Mre. KoBeLt. Faun. moll. mar. eur. inhab., pag. 143. 1896. Daphnella (Bellardiella) gracilis Mme. Cossmann. ss. de paléoc. comp., v. II, pag. 128, 129. 1904. Bellardiella gracilis Mra. Sacco. I moll. terx. Piem., parte XXX, pag. 53, tav. XIV, fig. 2, 3. 1910. Daphnella (Bellardiella) gracilis Mre. CeruLLI-IRELLI. Fauna malac. mar., pag. 253, tav. XXVI, fig. 50-53. 1912. Bellardiella gracilis Mrc. Parrary. Catal. des moll. du litt. méditerr. de l Egypte. Mém. pres. è l'Inst. Egypt., tom. VII, fasc. IMI, pag. 83. Testa fusiformi-turrita, spira elongata; anfractibus converiusculis, postice depressis, ultimo ?|s totius lon- gitudinis aequante; costulis longitudinalibus obtusis, numerosis lineisque transversis, impressis instructis; cauda longiuscula et recurva; labro varicoso et acuto în margine, apertura ovali elongata, sinu profundo, columella postice depressa; parvulo tuberculo in parte postica labri. Elegante conchiglia fusiforme-turrita, con spira allungata ed acuta, composta da 10-11 giri poco con- vessi e regolarmente depressi in vicinanza della sutura posteriore. L’ultimo giro eguaglia in altezza i ?/5 della lunghezza della conchiglia, esso è un po’ rigonfio nella sua parte mediana, mentre è depresso an- teriormente, e termina in un canale piuttosto lungo, curvo ed allargato nella estremità. Le suture poco profonde. Gli anfratti sono ornati di 12-14 costole assiali, arrotondate, separate da interstizî piuttosto larghi, un po’ oblique nell’ultimo e penultimo giro, diritte negli altri. Esse si arrestano all’inizio della . depressione suturale; nell’ultimo anfratto talora sono più depresse e quasi obsolete e svaniscono sempre alla base del canale. Quella costola poi vicino alla bocca, che è situata a poca distanza dal labbro, è molto più lunga e larga a mo’ di ottusa varice. Tutta la superficie della conchiglia, inclusa la depres- sione spirale, è rivestita da numerose strie spirali, fortemente impresse, alternanti di differente gros- sezza, passanti sulle costole assiali; più sottili nella depressione posteriore dei giri, sulla base e sul dorso del canale. L’apertura è piriforme, allungata; il labbro al di là della varice, acuto e rotondato, intagliato sopra la sutura da un seno profondo e stretto e con i lati paralleli. La columella posteriormente de- pressa, il lato columellare è lievemente incrostato e porta talvolta rimpetto all'apertura del seno un piccolo tubercolo appena rilevato ed appuntito. Le strie di accrescimento della conchiglia sono ben visi- bili nell’ultimo anfratto; e nella depressione suturale quelle dell’accrescimento del seno. Il più grande degli esemplari di Altavilla è lungo mm. 26 e largo mm. 9; il più piccolo è lungo mm. 12 e )argo mm. 5. Questa specie, rara nel Tortoniano, non frequente nel Pliocene inferiore di Zinola e di Albenga, è piuttosto comune nell’Astigiano e in Altavilla. Essa è discretamente rappresentata nel Post-pliocene di M. Mario (Roma) e in quello di Ficarazzi e M. Pellegrino (Palermo). Essa è ancora vivente; abita il Mediterraneo e l'Oceano Atlantico, dal Nord dell'Inghilterra sino alle isole Madera, Canarie e Capo Verde. Il suo habitat normale è limitato, secondo DaAUurzENBERG e H. FiscHeR ” alla zona coralligena; tuttavia è stata trovata da Locarp ® in profondità maggiori (da 411 a 1440 m.). Quanto all’esemplare trovato da Locarp a 3850 m. di profondità, è ormai accertato da DAutZENBERG e FIscHER che esso non è la PI. gracilis; ma sì bene la PI. balteata (Beck) KieNER (=stmilis BIVONA). Gli esemplari fossili hanno talvolta una forma più allungata e talvolta anche le coste assai depresse e quasi obsolete nell’ultimo giro; ma per queste sole differenze non credo opportuno distinguere, come han fatto Sacco e CeRruLLI-IRELLI, le due varietà elongata ed obsoletocostata. Gli esemplari postpliocenici della provincia di Palermo (Tav. XIII [II], fig. 27) sono un po’ più ac- 1) Moll. proven. des dragages à l’ouest de l’Afrique, pag. 12 (1906). ?) Exp. « Travailleur» et « Talisman», I, pag. 187 (1897). ra atei I —_ muy __———rorr_—r—_ rr [DI] F. CIPOLLA 155 corciati di quelli pliocenici di Altavilla, ma non tanto quanto i viventi (Tav. XIII [TI], fig. 28); nei quali il canale è più corto, la depressione suturale un po’ più profonda in modo che i giri sembrino posterior- mente angolati, la bocca più larga, le strie assiali più fitte e sottili, l'interno del labbro ingrossato e leggermente dentellato. BeLLARDI nel 1847 fu il primo ad attribuire questa specie, tanto confusa dai naturalisti e chiamata con diversi nomi, a quella descritta e figurata dal Monmnaeu col nome di M. gra- cilis e dal Donovan col nome di M. emarginatus. Ma le opere dei detti autori, in cui la presente specie è descritta, non sono contemporanee, come ha ritenuto la maggior parte dei malacologi, compreso il BELLARDI; giacchè, secondo le recenti osservazioni di DaurzENBERG e H. FiscHER, il secondo volume di Monracu, nel quale fu per la prima volta descritto il M. gracilis, è stato pubblicato nel 1803, mentre il tomo V dell’opera British Shells di Donovan, che contiene la descrizione del M. emarginatus, non è apparso che nel 1804, come si rileva dal titolo di questa opera. D'altronde MonraGu nella sua prefa- zione dice che, al momento in cui scrive, Donovan non aveva ancora pubblicato che quattro volumi della sua storia naturale delle conchiglie d’ Inghilterra. Daphnella (Bellardiella) stria CaLcara sp. — Tav. XIV [III], fig. 1, 2. 1840. Pleurotoma stria CaLcara. Ricerche malac., pag. 11, tav. I, fig. 5. _ —_ semiplicata Bon. BeLLArDI e MicueLommI. Sagg. Orittogr., pag. 11, tav. I, fig. 2, 3. 1841. — stria CaLcara. Conch. foss. d’Altav., pag. 52. 1844. — semiplicatum Bon. PuarLippi. Moll. Ste., v. II, pag. 174, tav. XXVI, fig. 18. 1845. _ stria CaLcara. Moll. viv. e foss. della Sic., pag. 34. 1862. Pleurotoma semiplicatum Bon. var. minus. Bruenone. Ale. Pleur. foss. di Pal., pag. 29, fig. 22. 1572. Defrancia stria Canc. MontreRrosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Ficar., pag. 33. 1873. - _ — Secuenza. Mormax. plioc. Ital. merid., pag. 94. 1875. — _ — Seauenza. Hormax. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1877. Homotoma — — var. A. BeLLarpi. / moll. terx. del Piem., v. II, pag. 277, tav. VIII, fig. 25. 1896. Daphnella (Bellardiella) stria Care. Cossmann. ss. de paléoe. comp., v. II. pag. 129. 1904. Bellardiella stria Canc. var. Astensis Sacco. I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 54. 1910. Daphnella (Bellardiella) stria CaLce. CeruLLI-TRELLI. Fauna malae. mar., pag. 253, tav. XXXVI, fio. 54-57. Testa ovato-fusiformi, ventricosa, transversim irregulariter elevato-striata; anfractibus rotundatis, infe- rioribus longitudinaliter costatis, ultimo dimidiam longitudinem aequante, latissimo, ecostato; apertura ovata, ampla; labro inflexo, intus laevi; cauda brevi et recurva; sinu lato et parum profundo. Conchiglia ovato-fusiforme con spira allungata ed acuta, composta di 7-8 giri arrotondati, angolosi, ma depressi lungo le suture. Le suture sono profonde. I primi giri sono ornati di 10-11 costicine assiali, leggermente oblique, separate da interstizî poco larghi, che si arrestano all’inizio della depressione su- turale. L’ultimo anfratto è assai ventricoso, eguaglia in altezza l’intiera lunghezza della conchiglia; è molto depresso nella sua parte anteriore, ove si attenua in un canale breve e curvo. Su di essa le co- stole assiali sono molto deboli e spesso obliterate. I giri sono pure ornati da strie spirali numerose, fitte, elevate, ineguali, granulose nella loro intersezione con le costicine assiali, più sottili in vicinanza della sutura posteriore. L’apertura è ovale allargata, il labbro inflesso anteriormente; il lato columellare assai depresso nel mezzo e lievemente incrostato; il seno vicino alla sutura, largo e poco profondo. Le strie di accrescimento son ben visibili nell’ultimo giro e nella depressione suturale mostrano la forma del seno. Questa specie è rara nelle sabbie di Altavilla, gli esemplari studiati di questa località raggiungono 156 F. CIPOLLA [52] le dimensioni di quelli descritti da CAaLcaRa e BRUGNONE, cioè lunghezza mm. 17 e larghezza mm. 6; uno solo poi ha le dimensioni dell’esemplare descritto da PHILIPPI, cioè lunghezza mm. 25 e larghezza mm. 12. Metto nella sinonimia la var. minus proposta da Bruenone per alcuni esemplari di Altavilla che egli crede di dimensioni più piccole di quelle raggiunte dal tipo di CaLcara; giacchè la PI. stria, descritta dal CaLcara in tre diverse pubblicazioni, ha proprio le stesse dimensioni degli esemplari pos- seduti dal Bruenone. Piuttosto trovo un esemplare di Altavilla con spira più lunga ed ultimo anfratto meno ventricoso e meno alto, cioè portante quei caratteri con cui questa specie sì presenta nell’Astigiano e nel M. Mario e per cui è distinta da Sacco col nome di var. Astersis. Questa specie si trova anche nel Post-pliocene di Ficarazzi (Tav. XIV [III], fig. 2a, 0) e M. Pelle- grino, ove è stata indicata da SEGUENZA, BruenonE e MonreRosaTo; ma nessuno di questi autori ha fatto notare le variazioni che assume in questi terreni la forma tipica di Altavilla. Essa infatti ivi si presenta di dimensioni quasi doppie (lungh. 50 mm. e largh. 19 mm.), con la spira più allungata, le costicine assiali più depresse che svaniscono nei giri penultimo ed ultimo. Nell'insieme la forma post-pliocenica ha la spira più svelta ed allungata e questo carattere è bene spiccato, tanto che la forma post-pliocenica potrebbe forse riguardarsi come una mutazione. La PI. stria è stata ritenuta sinora anche come vivente, per la notizia.fornita dal solo MonreRosaro che asserì di averla trovata in Sicilia nelle sue “ Ricerche al Capo S. Vito ,, ®. Ma secondo quanto mi ha detto personalmente . lo stesso marchese pr MonreRrosato la Pl. stria non esiste vivente nel Mediterraneo e quella da lui tro- vata al Capo S. Vito a 180 m. di profondità, è una specie ben diversa. Daphnella (Bellardiella) Desmoulinsi BeLr. sp. — Tav. XIV [III], fig. 3 a, d. 1847. Raphitoma Desmoulinsi BeLuarDI. Monogr. delle Pleur. foss. del Piem., pag. 91, tav. IV, fig. 16. 1862. Pleurotoma _ BreLL. Bruanone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag.*31. 1875. Defrancia - — Secuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1877. Homotoma -— BeLLarDI. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 278, tav. VIII, fig. 26. 1896. Daphnella (Bellardiella) Desmoulinsi BeuL. Cossmann. Ess. de Paltoc. comp., v. II, pag. 129. Testa fusiformi-turrita; transversim minutissime et creberrime striata; striùs exilissimis, inregularibus ; anfractibus converiusculis, postice depressis, inferioribus oblique longitudinaliter costulatis, ultimo spira vìx breviore, plicis obsoletis ornato; labro rotundato: apertura ovali, cauda brevissima, sinu lato et parum profundo. Conchiglia fusiforme-turrita, con spira poco allungata ed acuta; composta di 6-7 giri un po’ convessi e posteriormente depressi lungo la sutura. Le suture sono poco profonde. Gli anfratti sono ornati da strie spirali numerosissime, fitte, molto sottili, spesso alternanti di differente grossezza, talvolta oblite- rate nella parte esterna del canale. I primi giri portano 12-13 costole assiali, le quali sono un po’ oblique, arrotondate e separate da stretti intervalli e terminano all’ inizio della depressione suturale. Esse nel- l’ultimo anfratto, che è un po’ rigonfio e appena più alto della lunghezza della conchiglia, si fanno assai più deboli e spesso si scancellano del tutto. L'apertura è ovale allungata, il labbro arrotondato, nella parte posteriore intagliato da un seno relativamente largo e poco profondo; il canale è brevissimo, ap- pena curvo, allargato; il lato columellare depresso nella parte mediana e lievemente incrostato. Le strie di accrescimento della conchiglia si distinguono bene nell’ultimo giro. Lungh. mm. 11; largh. mm. 5. 1) Journ. de conch., vol. XIV, pag. 277. seri RZ I CI — _—r_———’—_—_m—————_—_ [53] FP. CIPOLLA , 157 Questa specie è rarissima nei colli astesi ed. anche in Altavilla, dove è stata già indicata da Bru- GNONE e SeGuENZzA. L'unico esemplare di Altavilla, da me studiato, corrisponde, benchè per le sue dimen- sioni sia meno adulto di quello posseduto da BruaNoNE, a quello figurato per la prima volta da BELLARDI nella Monografia delle Pleur. foss. del Piemonte. Nondimeno esso differisce un poco dagli esemplari del- l’Astigiano, i quali hanno una forma più snella per la spira più allungata e l’ultimo giro meno alto e meno rigonfio, come risulta anche dalla descrizione e dalla figura che BeLLARDI ci fornisce di questa specie nella sua opera sui molluschi terziari del Piemonte. La Bellardiella Desmoulinsi si avvicina alla Bell. stria CALc.; ma se ne distingue per la forma stretta e non ventricosa, per la spira più allungata, per i giri posteriormente meno depressi, le costicine assiali più numerose, l’apertura meno allargata, il canale più breve, la striatura spirale più sottile e regolare, più distinta negli spazi intercostali che sulle costicine assiali. Subgen. Teretia NORMANN 1888 ! (= Teres Buco. DoLur. et DauTZ. 1882) Questo sottogenere comprende delle specie a forma di trivello allungato, con protoconca conica, com- posta da quattro giri stretti, i due primi rabescati, gli altri due lisci a nucleo acuto e subdeviato. I giri sono anteriormente convessi, depressi indietro, ed ornati da carene spirali; il canale è assai corto, ristretto; l’apertura subpiriforme; la columella liscia od un po’ callosa. La creazione di questo sottogenere è giustificata dal canale meno allungato e più stretto di quello di Bellardiella; ma principalmente dall’ornamentazione che ha una facies diversa di quella di Daplnella e Bellardiella, a causa della predominanza delle carene spirali. Teretia è una correzione proposta da Normann al sottogenere Zeres di Buco. DoLLF. e DauTz., es- sendo questo un aggettivo. Oltre a ciò con la correzione suddetta, essendo ormai la PI. Teres FoRB. non più sinonima della P7. anceps ErcHw., come si vedrà dalla descrizione delle anzidette specie apparte- nenti a questo sottogenere, si eviterà il doppio uso della stessa voce ad indicare il nome del sottogenere e quello della specie. Appartengono al sottogenere Zeretia tre sole specie, le quali si trovano nelle sabbie di Altavilla, ed una di esse è ancora vivente nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico. Daphnella (Teretia) anceps Eicnwarp sp. — Tav. XIV [III], fig. 4 a, d. 1830. Pleurotoma anceps Ercuwanp. Naturhist. Skixx. von Litth. Volh. ete., pag. 225. 1846. — minutum Arapas (non ForBrs). Conch. nuov. viv. e foss. Sic. Atti Acc. Gioenia, vol. III, pag. 175, tav. I, fig. 12 a, db. 1853. — anceps ErcawaLp. Leth. ross., vol. III, pag. 186, tav. VIII, fig. 7, a, È. 1853. _ _ — Hornes. Moll. foss. d. Tert.- Beck. v.Wien, v.I, pag. 368, tav. XL, fig. 11. 1875. Defrancia _ _ SecueNza. MPormaz. plioc. Ital. merid., pag. 210. Testa minuta, fusiformi, transversim costata; anfractibus medio carinatis, postice depressis; carina ro- tundata; duobus costulis supra et infra carinam transversis; striîs testae incrementi obliquis, confertissimis, in spattis intercostalibus apparentibus; striis incrementi sinus in margine posteriore anfractuum leviter cur- vatis; basi ultimi anfractus transversim striata; apertura ovata; canali elongato, inflexo. » 1) Museum Normannianum (1888), pag. 8. 158 FP. CIPOLLA ° |54] Piccola conchiglia fusiforme, con spira allungata e appuntita, composta da 8-9 anfratti carenati e depressi nella parte posteriore. Le suture sono ben distinte e un po’ profonde. I giri sono ornati da una carena mediana, arrotondata ed un po’ ondulata, da due cingoletti spirali, dei quali uno vicino alla su- tura anteriore e l’altro nella parte depressa dell’anfratto ma più vicino alla carena che alla sutura po- steriore. Quest'ultimo cingoletto nell'ultimo e penultimo giro si presenta bifido. L'ultimo giro, eguale in altezza alla terza parte della lunghezza di tutta la conchiglia, porta nella sua parte convessa al di là della carena, anzichè uno, come negli altri anfratti, due cingoletti. Esso anteriormente è assai depresso, termina in un canale un po’ allungato ed inflesso, la cui base e dorso sono rivestiti da numerose e rav- vicinate strie spirali. Si osservano le sottili, oblique e fitte strie di accrescimento della conchiglia, spe- cialmente negli spazi compresi fra la carena e i cingoletti spirali; nella parte depressa dei siri, tra il cingolo posteriore e la sutura, le strie di accrescimento s’incurvano leggermente per seguire la forma del seno. L’apertura è ovata; il lato columellare posteriormente depresso e un po’ incrostato. Lunghezza mm. 7; larghezza mm. 2 !fa . i Questa specie non rara nel bacino di Vienna e nei dintorni di Messina, è rarissima in Altavilla, ed indicata ora per la prima volta in questa località. Essa è stata sinora confusa con la PI. teres FoRBES, ancora vivente; dalla quale si distingue per un gran numero di caratteri, come meglio si dirà nella de- scrizione di quest’ultima specie, anch’essa trovata nelle sabbie di Altavilla. l La PI. anceps si avvicina alla PI. Loprestiana CALC.; ma se ne distingue per la forma più snella, per il numero minore di costole e per la grossezza minore delle costicine spirali nell’ultimo giro; per la disposizione diversa dei cingoletti spirali che nella PI. Loprestiana sono più forti ed egualmente di- stanti dalla carena centrale; per la maggior lunghezza del canale, che nella P7. ZLoprestiana è un po’ largo e curvo. Daphnella (Teretia) teres ForBes sp. — Tav. XIV [III], fig. 5 a, d. 1844. Pleurotoma teres Forpes. Addit. to Brit. Fauna. Ann. and. Mag. of Nat. Hist., I ser. XIV, pag. 412, tav. NG fig. 3. 1845. Pusus La Viae CaLcara (non Pleur. La Viae Puir.). Moll. viv. e foss. della Stc., pag. 37, tav. IV, fig. 20. 1847. Homotoma turritelloides BeLLarDI. Monogr. delle pleur. foss. del Piem., pag. 71, tav. IV, fig. 5. 1859. Pleurotoma crispatum Lrsassi (non Jan). Conch. foss. di Pal., pag. 33 (in PI. turritelloides BELL). 1862. - minutum Ar. var. polyzonatum Bruanone. Ale. pleur. foss. di Pal., pag. 17, tav. I, fig. 10. 1872. Defrancia teres For. MonreRrosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Fic., pag. 33. (D. —_ — — SeGuenza. Form. plioce. It. merid., pag. 210. 1877. Homotoma anceps BeLLarDI (non Ercuw.). I moll. tera. del Piem., vol. IT, pag. 280. 8. Pleurotomna — Monmrrosato (non Ercaw.) Cog. Paler., Journ. de Conch., XXVI, pag. 157. 1883. _ (Teres) anceps Bucquoy, DaurzeNBERG et G. DoLLrus (non Ercaw.) Moll. du Roussill., I, pag. 87, fig. 1. 1890. Teretia teres Forp. Monterosato. Conch. delle prof. del mare di Paler., pag. 26. 1904. Peratotoma(Teres) anceps Sacco (non Ercaw.) I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 54, tav. XIV, fig. 15, og J% 1910. Daphnella (Teres) anceps CeruLLT-IREGLI (non Brcnw.). Fauna mal. mur.,pag. 255, tav. XXXVII, fig. 6-10. 1910. _ _ — var. turritelloides BeLu. CerurLi-TreLLI. Loc. cit., pag. 256, tav. XXXVII, fig. IR al 1912. Teretia anceps Daurzengere e H. Fiscuer (non Ercuw.). Moll. proven. des camp. ... dans les Mers du Nord, pag. 50. ea a dd [55] F. CIPOLLA 159 Testa fusiformi-turrita; anfractibus multi-cingulatis (cingulo mediano elevatiore), postice depressis; in ultimo cingulis alternis, permultis (20 circiter); sinu profundo, labro rotundato, acuto; apertura ovali, cauda longiuscula, contorta. Elegante conchiglia fusiforme turrita, con spira piuttosto lunga, composta da 8-9 giri convessi, in vicinanza della sutura posteriore assai depressi, e separati da suture un po’ profonde. Gli anfratti sono ornati da sei cingoli spirali, alternanti di differente grossezza, tre più grandi ed elevati, dei quali il mediano a mo’ di carena, separati da strettissimi intervalli. L’ultimo giro, che è uguale in altezza ad un terzo della lunghezza della conchiglia, porta nella parte convessa quattro cingoli più elevati, i quali, alternandosi, con altri più piccoli, divengono più sottili nella base e si cambiano in minute strie sul dorso del canale. L’apertura è ovale, il labbro arrotondato ed intaccato da un seno un po’ profondo, il canale lunghetto e lievemente curvato, il lato columellare depresso ed incrostato. Le strie di accresci- mento sono minute e ravvicinate; sono molto evidenti nella depressione suturale quelle dell’ accresci- mento del seno, le quali sono rilevate e curve. Lunghezza mm. 10; larghezza mm. 4. I terreni del Pliocene superiore dei colli astesi e biellesi e di Altavilla, sono i più antichi, in cui è stata trovata questa specie; la quale come fossile, è anche rappresentata nel. Siciliano di Ficarazzi Palermo). Ad Altavilla fu indicata per la prima volta da CaLcara col nome di Fusus La Viae, poi da Lipassi che la confuse con la miocenica PI. crispata Jan. Il BrueNoNE la riguardò come varietà del PI. minutum Arapas (non ForBES), che, come vedemmo, è sinonimo della PI. anceps Ercnw. Finalmente il SEGUENZA, più esattamente degli altri, la riconobbe come corrispondente alla Pl. feres FoRB., vivente an- cora nei mari odierni. Questa specie è molto rara nelle sabbie di Altavilla e nelle argille di Ficarazzi; mentre è frequente a M. Mario (Roma), secondo il CeruLM-IRELLI, e non rara nell’ Astigiano, secondo il BELLARDI, il quale nella sua “ Monografia delle PI. foss. del Piem., la descrisse come una specie nuova e la chiamò PI. turritelloides. Dopo che la forma fossile in questione fu riconosciuta identica alla vivente PI. teres ForB., la sua sinonimia, invece di semplificarsi, si confuse ancora di più; giacchè dal 1874 ad oggi essa, sull’affer- mazione del MontEROSATO, è stata ritenuta da parecchi autori come sinonima di Pl. anceps Ercaw., la quale è stata sinora trovata fossile e non vivente. Infatti con quest’ultimo nome è chiamata da BELLARDI nei suoi: Molluschi terziari del Piem., da BucQquorx, DAUuTZENBERG e DoLLFrus, da Tryon, Sacco e CE- RULLI-IrELLI. La PI. feres vive nel Mediterraneo e a grandi profondità, come si rileva dalla pubblicazione di MontERosato “ Conchiglie delle profondità del mare di Palermo , e forse per questo essa si trova fossile nel Quaternario di Ficarazzi il quale è di mare un po’ più profondo di quello di M. Pellegrino più litorale. Recentemente è stata trovata da DaurzeNnBERG e H. FiscHER nell’Oceano Atlantico, dalle coste della Norvegia alle isole Canarie, Madera e Azzorre, sino alla profondità di m. 1385. Pare, almeno dalla descrizione particolareggiata che ne dà JeFFREYs !, che la forma vivente si di- stingua dalla fossile per le maggiori dimensioni, per un numero maggiore di cingoletti spirali, i quali anzichè arrotondati sono lamelliformi, e per la leggiera dentellatura interna del labbro. Invero la vi- vente PI. teres si rassomiglia alla PI. anceps EicHw., che è fossile prevalentemente miocenico; ma la prima specie, anche come fossile, raggiunge il doppio quasi delle dimensioni della seconda; ha la spira meno appuntita, i cordoncini spirali di ciascun anfratto in numero maggiore e di grossezza differente, 1) Brit. Conch., vol. IV, pag. 362. 160 F. CIPOLLA [56] la base ed il collo del canale diversamente striati e cingolati, la depressione suturale in proporzione più ristretta e distintamente increspata dalle strie di accrescimento del seno. Daphnella (Teretia) Monterosatoi CrpoLra n. mut. — Tav. XIV [ID], fig. 6 @, d. 1859. Pleurotoma turritelloides Lisassi (non BeLLaRDI). Conch. foss. di Paler., pag. 33. 1862. - turritelloideum var. maius Bruenone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 6, tav. I, fig. 2 1875. Defrancia turritelloides SeGuENZA (non BeLLARDI). Horn. plioc. Ital. merid., pag. 210. 1877. Homotoma — BeLLarpI (pars). I moll. terx. del Piem., tav. VIII, fig. 29 (sine descriptione). Testa fusiformi-turrita; anfractibus carinatis; carina suturae anticae prorimata, acuta, striata, inter duos sulcos laeves et satis latos decurrente; cingulo tam in parte antica quam in postica anfractuum inter- dum bifido; basi rotundata in caudam recurvam attenuata, utraque exquisite striata. Elegante conchiglia fusiforme-turrita, con spira piuttosto lunga ed appuntita, composta da 8-9 giri carenati, i quali sono separati da suture così profonde, che la conchiglia assume la forma di una subula. La carena è grande, sporgente, minutamente striata, un po’ ondulata, più vicina alla sutura anteriore. Le due parti di ogni giro divise dalla carena, sono lievemente depresse ed ornate da alcuni cingoletti spirali variamente disposti. Nella parte anteriore se ne osservano uno o due vicini, lungo la sutura, e di questi qualcuno è bifido; nella parte posteriore se ne vedono costantemente due, più o meno ravvi- cinati, situati alla stessa distanza tanto dalla carena che dalla sutura; e di essi il primo si mostra bi- fido. L’ultimo giro, alto un quinto della lunghezza della conchiglia, è assai depresso nella base del canale e dopo un piccolo spazio al di là della carena, è rivestito da cingoli spirali equidistanti e talvolta bifidi sino all’estremità del canale. L'apertura è largamente ovale, il labbro aliforme, intaccato da un seno largo e profondo; il lato columellare arcuato ed incrostato, il canale un po’ lungo e curvo. Gli interstizî, sia fra i cingoletti, che tra questi e la carena, sono elegantemente increspati dalle strie di accrescimento oblique; esse nello spazio compreso tra l’ultimo cordoncino posteriore e la sutura sono un po’ curvate per seguire la forma del seno. Lunghezza mm. 14; larghezza mm. 6. Fossile assai raro di Altavilla. La PI. turritelloides BELL., come si disse nella descrizione della precedente specie, non è altro che la PI. teres ForB. La figura della PI. turritelloides fornitaci da BeLLaRDI nei Molluschi terz. del Piem., rassomiglia agli esemplari di Altavilla, illustrati con questo nome da Lrpassi e BRUGNONE, dio però sono ben diversi dalla suddetta specie del FoRBES. Subgen. Raphitoma BELLARDI 1847. (= Ginnania Mons. 1884 = Villiersia MoxTs. 1884.) Questo sottogenere comprende delle specie di forma biconica e con spira poco allungata. La loro protoconca è poligira; conoidale, composta da un nucleo subdeviato, di due giri lisci e di uno costulato. Gli anfratti sono più o meno angolosi verso la terza parte inferiore della loro altezza, ornati da costole incurvate sulla rampa suturale, da strie -di accrescimento assai sottili, e da filetti spirali più o meno di- stanti, talvolta alternanti di diversa grossezza, sempre più fitti sulla rampa inferiore che sulla parte an- teriore dei giri. L'ultimo anfratto è molto alto, regolarmente attenuato alla base, e termina con un canale un po’ allungato, quasi retto e arrotondato nella sua estremità anteriore. L'apertura stretta, il labbro sottile, il seno poco profondo sopra la sutura; il lato columellare liscio, poco calloso. [57] li. CIPOLLA 161 Questo sottogenere si distingue dalle Daplrella non solo per la sua ornamentazione invariabilmente formata di costole curvate in dentro, ma sopratutto per il suo canale troncato, più allungato e ristretto, per il suo labbro non dilatato, con l’intaglio del seno meno vicino alla sutura. Se si raffronta alle Bel- lardiella, si nota che il canale è molto più diritto, le costole sono raramente interrotte, ma sempre as- sottigliate sulla rampa posteriore di ogni giro. Queste differenze giustificano al più la separazione di un sottogenere, ma non quella di un genere distinto. Le sezioni Ginnania e Villiersia proposte da MontERosato hanno per tipo alcune conchiglie, le quali non sono che vere Raphitoma e non differiscono tra loro che per alcuni dettagli d’ornamentazione, aventi solo un valore specifico. Daphnella (Raphitoma) spinifera BrLLarpi sp. — Tav. XIV [III], fig. 7 @, d. 1840. Pleurotoma spinulosa BeLnarDi e MrczeLomI (non Risso). Sagg. Orîtt., pag. 8, tav. I, fig. 9. 1847. - spiniferu BeLLarDi. Monogr. delle Pleur. foss. del Piem., pag. 66. 1862. — acanthoplectum Bruenone. Ale. Pleur. foss. di Paler., pag. 19, tav. I, fig. 11. 1873. —_ acanthoplecta Bruen. Secuenza. Pormaz. plioc. It. merid., pag. 92. 1875. Raphitoma —_ — Secuenza. Form. plioc. It. mer., pag. 212. 1877. i spinifera BeLLarDI, I moll. tera. del Piem., v. II, pag. 298, tav. IX, fig. 2. 1877. —_ acanthoplecta Brun. BeLLaRDI. Loc. còt., v. II, pag. 298, tav. IX, fig. 3. Testa fusiformi, spira longiuscula; anfractibus medio carinatis, ultimo tertiam longitudinis partem su- baequante; costulis longitudinalibus 11-12, compressis, obliquis, in carina detruncatis et spinosis; striis tran- sversis impressis, alternis, minutis; apertura ovali, cauda longiuscula, leviter recurva. Conchiglia fusiforme, con spira un po’ allungata, composta da 8-9 giri, carenati e nella parte ante- riore costulati. Le suture sono abbastanza profonde. La carena è mediana o submediana e acuta. La parte anteriore, degli anfratti è ornata da 11-12 costicine assiali oblique, corte, assai sottili nel loro inizio, rialzate in acute spine sulla carena, ove si arrestano. Numerose strie spirali, sottili, ben compresse, al- ternanti di differente grossezza, ornano la parte anteriore degli anfratti, esse nella parte posteriore si fanno più tenui e quasi obliterate. L'ultimo giro, eguale in altezza ad un terzo della lunghezza della conchiglia, è depresso nella sua parte anteriore e distintamente striato sino all’estremità del canale, alla cui base, e talvolta anche prima, svaniscono le costicine assiali. L'apertura è ovale, il labbro è semplice ed acuto, il seno è poco profondo, compreso fra la sutura posteriore e la carena, il lato columellare lie- vemente incrostato, il canale un po’ lungo e curvo. Specialmente nell’ultimo giro si distinguono le strie di accrescimento della conchiglia, le quali nella rampa suturale diventano più sottili e s’incurvano per seguire la forma del seno. Lunghezza mm. 13; larshezza mm. 5. Questa specie è rappresentata nel Miocene superiore dei colli tortonesi, nel Pliocene inferiore del Piemonte e della Liguria; ove non è tanto rara come nel Pliocene dei colli astesi e di Altavilla, e nel Post-pliocene di Ficarazzi. Gli esemplari però illustrati da BeLLarpI col nome di Pleur. spinifera differi- scono un poco da quelli di Altavilla, descritti e figurati dal BruGNonE col nome di PI. acanthoplectum, giacchè nei primi manca la laminetta spirale di congiunzione delle basi dilatate dei tubercoli spinosi. Quindi la specie di Altavilla potrebbe chiamarsi Raph. spinifera var. acanthoplecta Bruen. Inoltre il BeLLarRDI nella sua pubblicazione “# Z molluschi ferz. del Piem., , chiamò Raph. acantho- plecta Bruen., alcuni piccoli esemplari del piano Tortoniano, i quali devono riguardarsi come una varietà Palaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 22 162 F. CIPOLLA [58] della suddetta specie di Bruenone. Essi infatti hanno la spira più breve e più aperta, i giri più acuta- mente carenati, le costicine assiali più rilevate, le spine più lunghe ed acute, il canale più allungato. Questa varietà si riscontra pure e meno raramente nel Pliocene di Altavilla. La Raph. spinifera ha molta rassomiglianza, per la forma dei giri e per l’ornamentazione, con la PI. dimidiata Br. e la PI. intermedia BronN, appartenenti, come si disse, al genere Surcula; ma queste due specie hanno principalmente alcuni caratteri che non si riscontrano nè nella Raph. spînifera, nè in alcuna altra Raphitoma, cioè la parte anteriore del seno, che è profondo, situata lungo la carena dei giri; la protoconca liscia, conoide e con nucleo appuntito. Daphnella (Raphitoma) vulpecala Broccni sp. — Tav. XIV [III], fig. 8 a, db. 1814. Murex vulpeculus Brocchi. Conch. foss. subapp., pag. 420, tav. VIII, fig. 10. 1841. Pleurotoma vulpecula Br. CaLcara. Conch. foss. d’ Altav., pag. 53. 1859. Raphitoma plicatellum Lrassi (non Jan). Conch. foss. Palerm., pag. 37. 1875. — vulpecula Br. Secuenza. Form. plioc. Ital. merìd., pag. 212. 1877. _ - — BeLrarpi. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 308, tav. IX, fig. 20. 1904. - — var. pliosulcatula Sacco. I moll. terz. del Piem., parte XXX, pag. 56, tav. 14, fig. 20. 1910. = CeruLLI-IreLLI. FPuuna malac. mar., pag. 256, tav. XXXVII, ito 16 17o Testa fusiformi, anfractibus converiusculis, postice depressis, ultimo dimidiam longitudinem aequante, costulis longitudinalibus 9-14 parum obliquis, obtusis, sinuosis in parte postica anfractuum; striis transversis crebris, alternis; apertura ovali, labro arcuato; cauda lata, brevi, dextrorsum obliquata. Conchiglia fusiforme, con spira poco acuta, composta da 8-9 giri convessi, posteriormente un po’ de- pressi in vicinanza della sutura. Le suture sono poco profonde e leggermente ondulate. Gli anfratti sono ornati da un numero variabile di costicine assiali (specialmente nell’ultimo giro, ora se ne contano 9, ora anche 14), ottuse, un po’ oblique, assottigliate e sinuose nella depressione suturale. La superficie dei giri è rivestita da numerose strie spirali sottili, alternanti di differente grossezza; esse passano sulle costole assiali e nella depressione suturale diventano più fitte e più tenui. L’ultimo anfratto è alto quanto la metà della lunghezza della conchiglia, regolarmente depresso nella sua parte anteriore; in esso le co- stole assiali talvolta svaniscono nella base del canale, e negli spazi intercostali si scorgono le finissime strie di accrescimento, che nella depressione lievemente sì incurvano per indicare la forma del seno. L’apertura è ristretta ed allungata; il canale è breve; aperto ed un po’ obliquo, il lato columellare poco depresso e sottilmente calloso. Lunghezza mm. 19; larghezza mm. 7. Questa specie, che è comune, secondo il BecLAaRDI, nel Pliocene; è rara nelle sabbie di Altavilla.. Di essa esiste nel Siciliano di Ficarazzi una varietà a costicine assiali più numerose e meno rilevate ed io credo che l’esemplare fossile trovato da PaHiLipPi nelle argille di Palermo e da lui riferito alla PI. vulpecula Br. debba ascriversi a questa varietà. Nel Pliocene di Altavilla è comune un’altra varietà, in cui le costicine assiali sì arrestano all’inizio della depressione posteriore dei giri, i quali sono ornati da strie spirali depresse e larghe alternanti con altre piccole e sottili. Il BeLLarDI nella sua Monografia delle Pleurotome foss. del Piemonte riferì gli esemplari appartenenti a quest’ultima varietà alla specie tipica di BroccHI, i cui esemplari, provenienti [59] PF. CIPOLLA 163 dal Pliocene. egli descrisse sotto il nome di 7. plicatella JAN, la quale è una specie prevalentemente miocenica. Per questa confusione creata da BeLLarpI fra le due specie anzidette, parecchi autori, fra cui Lipassi e forse anche CeruLLI-IRELLI, invece di attenersi alla descrizione che della P/. vulpecula ave- vano dato il BroccHI e il PrhItipPI, seguirono quella del BeLLarpI, chiamando PI. plicatella JAN alcuni esemplari pliocenici, appartenenti invece alla detta specie del BRoccHni. Ma più tardi il BeLarDI nella sua seconda pubblicazione sulle pleurotome fossili del Piemonte, cre- dette più esattamente riguardare gli esemplari in questione, provenienti dal Pliocene, come corrispon- denti alla tipica P?. vwlpecula, della quale distinse quella varietà del Plioc. infer. di Pino d’Asti, con strie depresse e larghe, che Sacco chiama var. plioswWcatula (Tav. XIV [III], fig. 9 a, 5) e che, come si disse, è frequente in Altavilla. Invero molta rassomiglianza corre fra la PI. vulpecula e la PI. plicatella, ma quest’ultima, a quanto io ne possa giudicare da alcuni esemplari di Castellarquato e del Modenese, esi- stenti nella collezione DoDERLEIN: conservata nel nostro Museo di Geologia, ha l’angolo spirale più aperto, l’ultimo giro anteriormente rigonfio e ventricoso, la depressione suturale più profonda, le costicine assiali più forti e più acute specialmente sull’angolo degli anfratti. Daphnella (Raphitoma) megastoma Brunone sp. — Tav. XIV [III], fig. 10 a, d. 1862. Pleurotoma megastoma Bruenone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 34, tav. I, fig. 25. 1875. Raphitoma — — SeGuENZzA. Form. plioc. It. merid., pag. 212. 1877. = = _ BeLLarDI. I moll. terx. del Piem, vol. II, pag. 311, tav. IX, fig. 23. 1896. _ = = Cosswann. ss. de Paléoc. comp., vol. II, pag. 133. Testa solida, turrito-fusiformi, transversim exilissime irregulariter striata, anfractibus subconveris, po- stice depressis, longitudinaliter costatis; costis crassiusculis, leviter obliquis, ab interstitiis latis separatis, ad suturam posticam sinuose evanescentibus, in ultimo anfractu ad caudam productis; labro varicoso, apertura ovali dilatata, canali brevi et aperto. Conchiglia solida, turrito-fusiforme, con spira piuttosto allungata, composta da 8-9 anfratti poco con- vessi e posteriormente depressi lungo la sutura. I giri sono ornati da strie spirali finissime, fitte ed irregolari, e da 7-9 costole assiali grosse, assai ottuse, separate da larghi interstizî, leggermente oblique, subnodose al principio della depressione suturale nella quale svaniscono. Esse nell’ultimo giro, che è alto quanto un terzo circa della conchiglia, si estendono sino alla base e si assottigliano sul dorso del canale. Le suture sono poco profonde. L'apertura è ovale, il canale breve, aperto e un po’ curvo, il labbro va- ricoso e posteriormente, vicino alla sutura, intaccato da un seno piuttosto profondo; il lato columellare depresso nel mezzo e rivestito da una leggera e stretta callosità. Le strie di accrescimento, specialmente evidenti negli spazi intercostali dell’ultimo giro, nella depressione suturale s’incurvano a mo’ di uncino per seguire la forma semicircolare del seno. Lunghezza mm. 17; larghezza mm. 6 ‘/ . Questa specie, che è rara nel Pliocene inferiore di Savona e di Zinola, è un po’ frequente nell’Asti- siano e in Altavilla. La PI. megastoma per la forma generale, il labbro varicoso e qualche altro carat- tere, si avvicina al PI. secalinum PA., ® fossile dei colli tortonesi e, secondo il SeGuENZA, anche di Altavilla; ma da me non posseduto. La prima specie però per le maggiori dimensioni, per la continuità delle coste sino a tutta la base, per la esistenza del canale, si distingue nettamente dal P. secalinum, 1) PaiLippi. Moll. Sie., vol. II, pag. 170, tav. 26, fig. 9. 164 F. CIPOLLA [60] il quale è, oltre che fossile, ancora vivente nel Mediterraneo, e dai moderni malacologi riguardato come varietà del Murex septangularis MTte. Per quest’ultima specie e parecchie sue varietà, è stato creato da Monterosato il genere Haedropleura, poichè sono le sole pleurotome, viventi nel Mediterraneo, provviste di un opercolo corneo con nucleo apicale. Daphnella (Raphitoma) hispidula Jan sp. — Tav. XIV |UI], fig. 11 a, d. 1844. Pleurotoma decussatum PaiLipPI (non Lamarck). En. Moll. foss. Stc., v. II, pag. 174, tav. 26, fig. 23. 1847. Raphitoma hispidula Jan, BeLLarpI. Monogr. delle PI. foss. del Piem., pag. 92, tav. IV, fig. n9: 1853. Pleurotoma plicatella Hòrnes (non Jan). Moll. foss. d. Tert-Beck. v. Wien, v. IT pag. 374, tav. XL, fig. Da, dI 1855. Raphitoma nuperrima Treeri. Nuovi testacei viv. nel Mediterr., pag. 14, tav. 11, fig. 7-9. 1859. — ‘mhispidula Jan, Ligassi. Conch. foss. di Pal., pag. 37. 1873. — — SeGuenza. HMorm. pl. It. merid., pag. 92. l'en. — —_ — BrLLarpi. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 304, tav. IX. fig. 18. 1904. Daphnella (Raphitoma) hispidula Jan, CeruLLI-IRELLI. Fauna mal. mar., pag. 256, tav. XXXVII, fig. 13. Testa subfusiformi, ventricosa, transversim eleganter striata et longitudinaliter costulata; costulis acutis (circiter 16), in intersecatione striarum subspinosis, anfractibus subcarinatis, apertura ovali, lanceolata ; labro simplici, rotundato ; canali longiusculo, aperto, parum recurvo; sinu lato, paulo profundo. Conchiglia subfusiforme, con spira poco allungata e poco acuta composta da 6-7 giri brevi, subcare- nati, separati da suture profonde. Gli anfratti sono ornati da numerose costicine assiali (circa 16), acute, separate da intervalli piuttosto larghi, parallele all’asse della conchiglia, più rilevate sulla carena, eva- nescenti ed un po’ sinuose in vicinanza della sutura posteriore. I giri sono ornati da strie spirali ine- guali, delle quali quelle che stanno sulla parte anteriore, sono più evidenti, subspinose nella intersezione con le costicine assiali e separate da interstizi anch'essi ornati da sottilissime e fitte strie spirali. Di tutte queste strie spirali è più grande quella che sta sulla carena. L'apertura è ovale, allungata, il labbro arcuato e leggermente sinuoso nella parte posteriore, il canale un po’ lungo e un po’ curvo, il lato co- lumellare poco depresso e quasi liscio. Negli spazi intercostali le strie d’acerescimento, incontrandosi con quelle spirali, rendono minutamente granulosa la superficie della conchiglia. Il più grande degli esem- plari di Altavilla è lungo mm. 13; largo mm. 5. i Questa specie appare nel Miocene superiore dei colli tortonesi insieme alla Ztap%. hispida Bern. ! la quale non differisce dalla Rap. hispidula che per un minor numero di costicine assiali. Essa si trova anche nell’Astigiano e nelle sabbie di Altavilla, dove non è rara. La sua forma generale è vicina a quella di Raph. vulpecula Br., da cui però si distingue per le strie spirali più sollevate e più distanti fra loro, per i giri più angolosi, per un numero maggiore di costicine assiali e per la sua superficie ruvida e spinulosa. Il fossile trovato da PriLippi nel Post-pliocene dei dintorni di Palermo e chiamato Pleurotoma de- cussatum, devesi ritenere come una mutazione della Raph. hispidula Jan, della quale conserva la forma generale e la stessa ornamentazione; ma.ha i giri convessi e non angolati e le costole assiali in numero minore e prolungate posteriormente sino alla sutura. Questa mutazione della specie di JAN, della quale possediamo pochi esemplari del Siciliano di Ficarazzi (Tav. XIV [III], fig. 12) e M. Pellegrino, si man- 1) I moll. terz. del Piem., vol. II, pag. 299, tav. IX, fig. 5. [61] F. CIPOLLA 165 tiene ancora nell’odierno Mediterraneo; infatti è stata trovata dal Trgeri vivente e chiamata Zaph. nu- perrima. Quest'ultimo nome si deve poi conservare per i detti esemplari viventi e postpliocenici, derivati dall’antica specie di JAN, poichè, quantunque il nome proposto dal PrWiurpp1 (1844) sia anteriore a quello del Trgeri, il LAMARK sin dal 1824 chiamò P/. decussata una specie ben differente. Daphnella (Raphitoma) nevropleura Brugnone sp. — Tav. XIV [III], fig. 13 a, d. 1869. Pleurotoma nevropleurum Bruonone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 35, tav. I, fig. 24. 1875. Raphitoma nevropleura Bruan. Seguenza. MPormax. plioc. I. merid., pag. 212. 1877. _ -- — Brurarp:. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 310, tav. IX, fig. 22 1896. _ - — Cossmann. ss. paléoc. comp., v. II, pag. 133. Testa fusiformi, tenuissime transversim striata; spira acuta; anfractibus parum converis, postice leviter «depressis, longitudinaliter costatis; costis crassis, rotundatis, postice suturam sinuose attingentibus; sinu hand profundo, labro sub-incrassato, apertura oblonga, canali subindistineto, lato. Conchiglia fusiforme con spira acuminata, composta da 8-9 anfratti poco convessi e leggermente de- pressi sulla rampa suturale. Le suture sono poco profonde e ondulate. I giri sono ornati da costole assiali, in numero di 10-11 nei primi anfratti, di 8 nell’ultimo, grosse, ben distinte, diritte, separate da larghi intervalli, nella depressione posteriore lievemente sinuose ed estese sino alla sutura. La superficie dei giri, ma specialmente gli spazi intercostali, sono rivestiti da strie spirali finissime e fitte, talvolta alter- nanti di differente grossezza, nella depressione suturale più sottili ed uniformi. L'ultimo anfratto è poco più alto del terzo della lunghezza dell’intera conchiglia; in esso le costole assiali arrivano sino alla base e s’inflettono sul dorso del canale. L'apertura è ovale, il labbro subarcuato, un po’ ingrossato dall’ultima costola assiale e posteriormente incavato da un seno poco profondo; il lato columellare sub-retto e lie- vemente calloso, il canale appena distinto ed allargato. Le tenuissime strie di accrescimento rendono finamente granulosa la striatura spirale. Lunghezza mm. 18; larghezza mm. 6. Questa specie oltre che nelle sabbie di Altavilla è stata trovata da BeLLARDI nel Pliocene dell’Asti- giano, ma è molto rara nell’una e nell’altra località. Essa ha grande analogia con la Rap. vulpecula BR., dalla quale è facile distinguerla per la forma più snella, per la spira più allungata, per la maggiore grossezza delle costole assiali che non si arrestano nella depressione posteriore dei giri, ma giungono sino alla sutura, per il canale più breve, quasi indistinto. Daphnella (Raphitoma) attenuata Monracu sp. — Tav. XIV |III], fig. 14, 15. 1804. Murex attenuatus Montagu. Test. brith., pag. 266, tav. IX, fig. 6. 1814. — vulpeculus var. Broccni. Conch. foss. subap., pag. 420, tav. VIII, fig. 11. 1829. Pleurotoma Valliersi Micnaun. Bull. Soc. Linn. Bord., pag. 262, tav. I, fig. 4, 5. 1831. Pusus pehtagonus Bronn. Ital. tert. Geb., pag. 41. 1830. Pleurotoma gracile Pareri (non Mr). Moll. Sie., v. I, pag. 198, tav. XI, fig. 23. 1838. — vulpina Brvona Anprra. Gen. e sp. di Moll. (fide MontEROosATO). 1844. _ attenuatum Mre. Parupri. Moll. Sie., v. II, pag. 166, 174. 1844. —_ Payraudeavi Desa. Pamipri. Moll. Sie., v. II, pag. 175, tav. XXVI, fig. 20. 1853. - Valenciennesi MaravIGnA. Nuove conch. sic, viv., pag. 6. 1862. _ attenuatum var. tenuicosta Bruenone. Ale. pleur. foss. di Pal., pag. 25, tav. I, fig. 17. 166 F. CIPOLLA [62] 1862. Pleurotoma Payraudeaui Desa. BruGNoNE. Loc. cit., pag. 24. 1872. —_ attenuata Mre. Montrrosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Picaraxzi, pag. 34. 1872-75. Raphitoma — — SeGuenza. Form. plioc. It. merid., pag. 94 e 212. 1877. Raphitoma attenuata Mre. BeLLarpI. I moll. tera. del Piem., v. II, pag. 315. 1883. _ -_ — Bucquoy, DaurzenBeRG et DoLLrus. Moll. mar. du Rouss., pag. 101, tav. XIV, tig. 24, 25. 1884. Valliersia _ — Mowrerosato. Nom. gen. e spec. delle conch. del Med., pag. 128. 1904. Raphitoma — — Sacco. I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 56, tav. XIV, fig. 43-44. 1910. Daphnella (Raphitoma) attenuata Mrc. CeruLLI-IRELLI. Fauna mal. mar., pag. 262, tav. XXXVII, fig. 52-58. 1912. Villiersiella attenuata Mrs. Pararv. Catal. des moll. du litt. méd. de l Éqypte. Mém. prés. a ’Inst. Égy- ptien, tomo VII, fasc. III, pag. 82. Testa gracili, subfusiformi; spira longa, acutissima; anfractibus vix convexis, nitidis, transversim minu- tissime striatîis et longitudinaliter costatis; costis 6-7, leviter obliquis, interstitiis latis separatis; ultimo an- fractu *|5 totius longitudinis testae subaequante; apertura ovali, angusta; columella .subrecta; cauda longiu- scula; labro non incrassato, sinu haud profundo. Conchiglia subfusiforme, gracile; con spira allungata e molto acuta, composta di 8-9 anfratti alti e poco convessi. Le suture sono quasi superficiali ed oblique. I giri sono ornati da 6-7 costicine assiali, strette, poco prominenti, separate da larghi interstizî, un po’ sinuose in vicinanza della sutura posteriore, e leggermente oblique. La superficie dei giri è ornata da strie tenuissime. L'ultimo giro è alto circa un terzo della lunghezza della conchiglia; regolarmente assottigliandosi anteriormente, termina con un ca- nale breve e un po’ curvo. L'apertura è ovale allungata; il lato columellare sub-retto e liscio, il labbro semplice, spessito all’esterno dall’ ultima costola e posteriormente provvisto di un seno poco profondo. Lunghezza ordinaria degli esemplari di Altavilla, ove questa specie è frequente, mm. 12; larghezza mm. 4. La Raph. attenuata è ancora vivente nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Come fossile essa, oltre che in Altavilla, è stata trovata in varie località, nel Pliocene a M. Mario e nei colli astesi, nel Post-pliocene a M. Pellegrino e a Ficarazzi. Gli esemplari fossili differiscono per qualche carattere dai viventi (Tav. XIV [III], fig. 15), i quali generalmente hanno un maggior numero di costicine assiali, più rilevate, l’ultimo giro più alto ed eguale alla metà dell'intera lunghezza della conchiglia. Forse per questo gli antichi autori diedero alla forma fossile nomi diversi da quelli con cui venne designata la vivente. Infatti questa specie, come fossile, fu dal BroccHI ritenuta per una varietà della Rapl. vupecula, dal Bronn fu chiamata impropriamente Fusus pentagonus (anche i più piccoli esemplari non hanno mai 5 costicine assiali), dal DesHAyEs fu de- nominata Pl. Payraudeaui. Anche la specie vivente nei mari odierni, è distinta con molteplicità di nomi, forse per la difficoltà di accettare il primo nome impostole dal Monraeu, la cui descrizione e figura sono assai difettose. Essa infatti, oltre che col nome di Rap). attenuata Mre., ormai da tutti accettato anche per la forma fossile, è stata chiamata PI. vulpina dal Bivona, PI. Villiersi dal MiczaauD e PI. Valenciennesi dal MARAVIGNA. Il KoBeLT !, ripetendo la descrizione che PHILIPPI dà di alcuni esemplari fossili della Calabria col nome di Raph. Payraudeavi DesH., senza accorgersi che essi sono piccoli individui fossili di Zap). at- tenuata Mra., nota erroneamente come vivente nell’odierno Mediterraneo, oltre alla specie suddetta del 1) Faun. moll. mar. europ. inhab., pag. 150 (1886). MI CS © rr e lettini eni [63] F. CIPOLLA 167 Montagu, anche la Raph. Payraudeaui Desn., la quale, secgndo lui, si distinguerebbe dalla prima per le minori dimensioni, l’angolo spirale meno acuto e per qualche costicina assiale di più. Ma il CERULLI ha bene osservato che fra i giovani esemplari della Zaph. attenuata la forma in generale è meno al- lungata, l’ultimo giro più globoso e più sviluppato rispetto al resto della spira, di quanto non sia negli individui adulti. La Raph. ditenuata si avvicina alquanto alla Raph. nebula Mre., vivente sui litorali dell'Atlantico ; dalla quale però si distingue per la forma più affusolata, per gli anfratti meno convessi, il canale più lungo, le costole più esili e numerose. Nelle argille di Ficarazzi trovasi comunemente una varietà della Raph. attenuata, che Bruenone ha già distinto dalla specie tipica col nome di var. tenvicosta. Essa, che è rappresentata anche nell’Astigiano e a M. Mario, porta i giri più convessi, le costicine assiali più ristrette lateralmente, più numerose e posteriormente flessuose; il canale più lungo e rivolto verso destra. Daphnella (Raphitoma) Di-Stefanoi Cirorva — Tav. XIV [III], fig. 16 @, d. Testa fusiformi, anfractibus angulatis, longitudinaliter costulatis lirisque spiralibus instructis, costulis in angulo mugis elevatis, prope suturam posticam evanescentibus; liris spiralibus super costulas decurrentibus ibique subnodosis, una in angulo anfractuum maiore, duabus iuxta suturam posticam; pluribus in basi ct caudae dorso; dpertura ovali; canali longiusculo, dextrorso; labro intus striato, sinu paulo profundo. Conchiglia fusiforme, composta di 8-9 anfratti angolosi quasi nel mezzo e lievemente depressi lungo la sutura posteriore, che è marginata. I giri sono separati da suture piuttosto profonde, ed ornati da 10-11 costole assiali, sub-rette, arrotondate, maggiormente elevate suil’angolo, evanescenti all’ inizio della depres- sione suturale. Tanto sulle costicine assiali che sugli spazi intercostali passano molti cordoncini spirali, inegualmente distanti fra loro, di cui uno si osserva nella parte anteriore degli anfratti, un altro sul- l’angolo ed è il più grande, e altri tre ornano la parte posteriore. Lungo la sutura posteriore si osser- vano due cordoncini spirali contigui, lontani dall’ultimo per un intervallo maggiore di quello che intercede fra due cordoncini consecutivi, essi formano come un margine sulle suture, nonchè -la rampa suturale sembra in buona parte liscia. L’ultimo giro è poco meno alto della metà della lunghezza della conchi- glia; in esso le costole assiali svaniscono verso la base del canale, i cordoncini spirali cingono la base ed il dorso del canale, diventando più sottili. La parte anteriore dell’ultimo giro è molto depressa ed attenuata e termina con un canale un po’ lungo e curvo. L’apertura è ovale; il labbro arcuato, interna- mente striato; il lato columellare depresso nella parte submediana e un po’ incrostato, il seno nella rampa suturale poco profondo. La superficie della conchiglia appare granulosa per l’intersezione dei cor- doncini spirali con le costole assiali e le finissime strie di accrescimento. Lunghezza mm. 10, lar- ghezza mm. 4. Questa specie è molto rara nel Pliocene di Altavilla. Essa per la sua elegante ornamentazione ras- somiglia alla Drillîa Allionii BeLL.; ma se ne allontana per la spira più raccorciata, per i giri più an- golosi, per le costole assai più strette, pel margine delle suture e per il seno meno profondo e non limitato sopra dai cordoncini spirali. La presente specie ha pure qualche rapporto con la miocenica PH. strombillus Duy. !, che ha però i giri convessi, il seno profondo, le costicine assiali talvolta obsolete nell’ultimo anfratto, il lato columellare grinzoso, il labbro ingrossato. i Vedi Horxes. Moll. foss. d. Tert.-Beck. v. Wien, pag. 379, tav. 40, fig. 1, 2. 168 FP. CIPOLLA [64]. Daphnella (Raphitoma) turgida Forses sp. — Tav. XIV |III], fig. 17, 18. 1836. Pleurotoma nana Scaccni (non Desnaves.) Cat. Conch. Neap., pag. 13, fig. 20. 1843. _ turgida Forbes. Rep. on. Aegean Invert., pag. 139 (fide WEINKAUFF). 1843. —_ - — Reeve. Conch. Icon., tav. XIX, fig. 163. 1844. = nanum Sc. Paruippi Moll. Ste., vol. 2, pag. 169, 175, tav. XXVI, fig. 11. 1872. _ — So. Monrerosato. Conch. foss. M. Pelleg. e Ficar., pag. 34. 1873-75. Raphitoma nana Sc. Secuenza. Form. plioc. It. merid., pag. 94, 212. 1874. Pleurotoma nana Sc. MonteRrosato. Rech. au. Cap. S. Vito. Jonrn. de Conch., v. XIV, pag. 279. 1877. Raphitoma turgida For. BeLLarpDI. I moll. tera. del Piem., vol. II, pag. 312, tav. IX, fig. 25. 1886. Raphituma — — KoseLr. En. moll. mar. eur. inhab., pag. 150. 1889. _ turgidum — DaurzenBeRa. Maun. mal. des Agores, pag. 28. 1910. —_ turgida —— CeruLui-IreLLI. Fauna mal. mar., pag. 258, tav. XXXVII, fig. 25-29. JOX2A — _ — Daurzensere. Miss. Gruvel sur la còte occ. d’ Afr. Moll. marins. Ann. Tnst. Océan., tomo V, fig. III, pag. 14. 1912. — — — Pannary. Cat. des moll. du litt. méd. de È Egypte. Mém. Inst. Éeypt., tomo VII, fasc. III, pag. 85. Testa ovato-fusiformi, anfractibus parum converis, postice depressis ; striîs transversis confertissimis striis incrementi decussatis, scabris; costis longitudinalibus plicaeformibus, circiter octo, crassis, rotundatis, interstitiis angustioribus, in medio anfractuum, subnodiformibus; cauda brevissima, dilatata, sinu profundo;, apertura oblonga. Conchiglia ovata, con spira breve e poco acuta; composta da 8 giri leggermente convessi e depressi sulla rampa suturale, separati da suture quasi superficiali. Gli ornamenti degli anfratti risultano di 8. costole assiali, assai ottuse, rette, attenuate nella rampa suturale, non prolungate sino alla sutura, nel mezzo più rilevate e subnodiformi. Inoltre i giri sono ornati da strie spirali minutissime, fitte, uniformi, più evidenti negli spazi intercostali che sulle costole. L’ultimo anfratto è appena più alto della metà della lunghezza della conchiglia, ottusamente carenato, attenuato nella sua parte anteriore, la quale ter- mina in un canale brevissimo ed aperto, sul dorso del quale svaniscono le costole assiali. L’apertura è oblonga, il lato columellare poco depresso e liscio, il labbro semplice, acuto ed intagliato posteriormente. da un seno discretamente profondo. Le strie di accrescimento della conchiglia, incontrandosi con quelle: spirali. ne rendono un po’ scabra la superficie. Il più grande degli esemplari studiati è lungo mm. 7 te e largo mm. 4. Questa specie è indicata da BeLLarpI nel Pliocene inferiore della Liguria, nelle sabbie di Altavilla non è così comune come in quelle dei colli astesi. Essa è stata trovata pure a M. Mario, nel tufo cal- careo e nelie argille postpliocenici dei dintorni di Palermo. Vive ancora nel Mediterraneo e nei mari del Nord, DAaurzENBERG nota la sua presenza nel mare delle: isole Azzorre da m. 27 a m. 1278 di profondità. I pochi esemplari viventi, da noi osservati e prove- nienti dal mare di Palermo (Tav. XIV [III], fig. 18) e di Astura (Roma) differiscono poco dai fossili di Altavilla, coi quali l’abbiamo raffrontato. Essi hanno l’ultimo giro rigonfio anteriormente ma non ango- lato; la striatura spirale anche sulle costicine assiali. Nessuno degli esemplari di Altavilla presenta quella forma allungata, che CeruLLI-IRELLI riscontra più comunemente negli esemplari di M. Mario: essi invece mostrano assai pronunziata la depressione [65] 0 l, CIPOLLA 169 anteriore dell’ultimo anfratto, la quale è ritenuta per un carattere costante dello stato giovanile della specie. La PI. turgida ForB. era prima chiamata col nome di Pl. nana Sc.; ma poichè DesHayes ” aveva dlescritto e figurato pure col nome di /. rana una specie differente e per dippiù spettante al genere Mangilia, fu cambiato il nome dello Scacchi con quello del Forbes. Resta però la Zhesbia nana Lover, appartenente alle Plewrotomidae, ad indicare una specie diversa da quella dello Scacchi e vivente nei mari artici. Daphnella (Raphitoma) brachystoma Puivippi sp. — Tav. XIV [IL], fig. 19 @, d. 1844. Pleurotoma brachystomum Puruippi. Moll. Sic., vol. II, pag. 169, 176, tav. XXVII, fig. 10. 1847. Raphitoma cancellina Bon. BeLLAaRDI. Monogr. delle pleur. foss. del Piem., pag. 96, tav. IV, fig. 1849. Pleurotoma brachystoma Pa. Forpes et HanLey. Brit. Moll., vol. III, pag. 482, tav. CXIV, fig. 5, 6. IO Dei 1862. _ granuliferum Brucnone. Ale. Pleur. foss. di Pal., pag. 21, tav. I, fig. 13. 1869. _ brachystoma Pa. Jerrrevs. Brit. Conch., vol. V, pag. 220, tav. XC, fis. 5. 1872. -— brachystomum — MontERrosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Ficar., pag. 24. 1873-75. Raphitoma brachystoma — Secuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 94. 210. 1874. — _ — Monrerosato. Reckh. au Cap. S.Vito. Journ. de Conch., vol. XIV, pag. 278. 1877. _ = — Betnarpr. I moll. tera. del Piem., vol. II, pag. 318, tav. IX, fig. 34. 1879-82. = — — Fonrannrs. Les Moll. Plioc. de la Vall. du Rhone, v. I, pag. 52, tav. IV. fig. 1. 1896. Mangilia = — Cossmann. ss. de paléoc., v. II, pag. 119. 1910. Raphitoma _ — CeruLui-IreLLI. Fauna mal. mar., pag. 260, tav. XXXVII, fig. 35-43. 1912. _ brachystoma —— DaurzenBeRa. Miss. Gruvel sur la còte occ. d’ Afr. Moll. mar. Ann. Inst. Océan., tom. V, fasc. IMI, pag. 14. 1912. —_ = — Parrary. Cat. d. moll. du litt. medit. de V Egypte. Mém. Inst. Ègyp., tom. VII, fasc. III, pag. 85, pl. XVI, fig. 23. Testa turrita, spira subeylindrica, anfractibus convexis, postice angulatis, striis elevatis transversis, al- ternis, scabris; costis longitudinalibus octo circiter, ad suturam posticam evanescentibus; apertura oblonga, dimidiam spiram vin superante, cauda brevissima obliqua, labro acuto. Piccola conchiglia turricolata, con spira allungata e subcilindrica, composta da 6-8 giri alquanto con- vessi, posteriormente angolosi e separati da suture piuttosto profonde. L’ornamentazione degli anfratti risulta da 8-9 costole assiali, incrociate da alquante strie spirali. Le costole assiali sono rettilinee, rile- vate, alquanto acute, separate da interstizî poco più larghi di esse e terminate sull’angolo degli anfratti. Le strie spirali, im numero di 4-5 nei primi giri, e di circa 10 nell’ultimo, sono uniformi, granulose nell’intersezione con le costicine assiali, alterne talvolta con altre più sottili, poco distinte sullo stretto margine limitante la sutura posteriore. L’ultimo giro è appena più alto di un terzo della lunghezza della conchiglia; in esso le costicine assiali si scancellano nella regione caudale. L’apertura è oblonga : il labbro assai arcuato sulla metà posteriore, ed acuto; il seno poco profondo, il lato columellare indietro poco depresso e rivestito da una leggiera callosità; il canale brevissimo, ma distinto ed allargato. L’incontro delle strie spirali con quelle di accrescimento rende scabra la superficie della conchiglia. Il più grande degli esemplari di Altavilla è alto mm. 5 e largo mm. 2. 1) Expedît. scient. en Morée, Moll., pag. 179, tav. XXIV, fig. 20-22 (1832). Ra Pulaeontographia Italica, vol. XX, 1914. 171 F. CIPOLLA [66] Questa specie è rarissima nel Pliocene di Altavilla e delle altre località in cui è stata trovata; è frequente invece nel Post-pliocene di M. Mario e nelle argille di Ficarazzi. Essa è ancora vivente nel Mediterraneo; e come tale raggiunge dimensioni un po’ più grandi della fossile. Gli esemplari della Rap. brachystoma varietà Comitatensis, che FoNTANNES trova nelle marne di Saint-Ariès (Valchiusa), non differiscono da quelli di Altavilla. La aphitoma brachystoma è una delle poche specie della fauna fossile mediterranea neogenica che, senza modificazioni nella loro forma, si tro- vano ancora viventi nei mari del Nord d'Europa. Essa d’altronde non ha abbandonato la regione che ha abitato sin dalla sua apparizione, giacchè la sua distribuzione geografica odierna si estende dal lito- rale della Norvegia alle coste dell'Algeria. ! Un'altra varietà di questa specie è la Ginnania papillaris Mrs. (m. s.), fossile del Post-pliocene lungo la valle dell’Oreto (Palermo), la cui striatura spirale più rilevata, incontrandosi con le strie di accresci- mento, rende papillosa tutta la superficie della conchiglia. Daphnella (Raphitoma) minima Brugnone sp. — Tav. XIV |III], fig. 20 a, d. 1362. Pleurotoma mininum Bruenone. Alc. pleur. foss. di Pal., pag. 22, tav. I, fig. 14. Q dd, 72. _ — _ Moxrerosato. Conch. foss. M. Pellegr. e Picar., pag. 34. 1873-75. Faphitoma minima — Secuenza. Form. plioc. Ital. merid., pag. 94, 212. Testa perminuta, elongata, fusiformi-turrita; anfractibus converiusculis, postice submarginatis, transver- sim minutissime striatis, longitudinaliter costatis; costulis votundatis, interstittis aequalibus, prope suturam posticam obtruncatis; labro simplici, acuto; apertura ovali; cauda brevi, dextrorsum inclinata. Conchiglia piccola, fusiforme-turricolata, composta di circa sei giri poco convessi e separati da suture quasi superficiali, di cui la posteriore è submarginata. Gli anfratti sono ornati da 7-8 costole assiali, arrotondate, separate da interstizî alquanto larghi, subparallele all’asse della conchiglia, non prolungate sino alla sutura posteriore, ma terminate all’inizio del margine suturale. Passano su di esse e sui loro interstizì alquante strie spirali, minute, poco distanti tra di loro, raramente alternate da altre più pic- cole, ma sempre più sottili e contigue sul margine posteriore dei giri. L'apertura è ovale; il labbro semplice ed acuto, lievemente intagliato nella parte posteriore da un seno poco profondo; il canale breve, appena distinto; il lato columellare un po’ incrostato. Le strie di accrescimento sono un po’ rilevate sul piccolo margine suturale, ove appariscono incurvate per seguire la forma del seno. Esse incontrandosi con le strie spirali, che sono tenuissime e contigue, rendono la parte posteriore dei giri minutamente papillosa. Lunghezza mm. 4; larghezza mm. 1 !/a . Questa specie è rarissima nelle sabbie di Altavilla e nelle argille di Ficarazzi, che sono le due sole località in cui sinora è stata indicata. La Raph. minima ha qualche rapporto con la Raph. brachystoma PA., dalla quale si può distinguere per la forma relativamente più ristretta e fusiforme, per la minore convessità degli anfratti, per il minor numero e per la maggiore grossezza delle costicine assiali, e per le piccolissime dimensioni. Non è da confondersi la presente specie nè col Fusus minimus BRown, il quale appartiene non solo ad un genere, ma ad una diversa famiglia; nè con la Donovania minima MG. sp., vivente nell’ Oceano Atlantico, e fossile nel Post-pliocene di Palermo ?; ormai riguardata come tipo del genere Donovania (olim Lachesis) della grande famiglia delle Pleurotomidae. 1) WEINKAUFP. Die Conchylien der Mittelmeeres, pag. 140 (1869). 2 Cossmann. Zss. de paléoc.comp., vol. II, pag. 94, tav. V, fig. 28, 29. [67] P. CIPOLLA 170 Daphnella (Raphitoma) scalariformis Bruonone sp. — Tav. XIV [IL], fig. 21 4, d. 1862. Pleurotoma scalariforme Bruanone. Ale. plewr. foss. di Paler., pag. 23, tav. I, fig. 16. 1873-75. Raphitoma scalariformis Bruen. Seauenza. Pormax. plioe. dell’ Ital. merid., pag. 94, 212. (db) 1877. —_ _ — Bexvarpr. 2 moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 319, tav. IX, fig. 23. Testa turrita-clongata : anfractibus converis, postice leviter inflatis, transversim striatis, longitudinaliter costatis; striis lenuibus, elevatis, corum ‘interstittis minutissime et confertissime striatis; costulis sub-acutis, duplo vel triplo interstitiis angustioribus; labro simplici, acuto; canali brevi, distincto, sinu paullo profundo. Piccola conchiglia turricolata, con spira allungata, composta da 8-9 anfratti convessi, leggermente angolosi nella parte mediana, posteriormente un po’ rigonfi e separati da suture alquanto profonde. L’ul- timo anfratto è appena più corto del terzo della lunghezza della conchiglia. I giri sono ornati da circa 10 costicine assiali, separate da larghi intervalli, leggermente oblique, prolungate sino alla sutura po- steriore e all’estremità del canale. Inoltre la superficie dei giri è ornata di 4-5 strie spirali principali, ben rilevate, .filiformi, distanti fra loro, nodulose nella intersezione con le costole assiali, evanescenti posteriormente in vicinanza della sutura, e di altre strie minutissime e numerose ben visibili negli spazi che dividono quelle principali e che diventano un po’ granulose nella intersezione con le strie esilissime di accrescimento. L’apertura è ovale, il labbro semplice ed acuto; il seno poco profondo, quasi angoloso; il canale breve ed obliquo; il lato columellare sub-retto. Il più grande degli esemplari di Altavilla è alto mm. 19; largo mm. 3. Fossile non raro nel Pliocene dei colli astesi e di Altavilla; raro nel Piano siciliano di Ficarazzi. Questa specie si distingue dalla Raph. brachystoma PA. per i giri posteriormente rigonfi e non sub- angolosi, le strie spirali più tenui, assai distanti, e con i loro interstizî finamente striati, le costole as- siali più acute e terminate sulla sutura posteriore, il canale più lungo e più obliquo, le dimensioni più grandi. Daphnella (Raphitoma) Columnae ScaccHi sp. — Tav. XIV [III], fig. 22 @, d. 1836. Pleurotoma Columnae Scaccui. Not. Conch. foss. di Gravina, pag. 44, tav. I, fig. 20. 1836. Wusus costatus Puiuippi. Moll. Sie., vol. I, pag. 206, tav. XI, fig. 33. 1872. Pleurotoma Columnae Sc. MoxteRrosaTto. Conch. foss. M. Pellegrino e Picar., pag. 34. 1873-75. Laphitoma _ — Secuenza. Morm. plioc. Ital. merid., pag. 94, 212. 1875. Pleurotoma _ — Monterosato. Nuov. Riv. delle Conch. Med., pag. 42. 1877. Raphitoma - — BrraarpI. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 321, tav. IX, fig. 36. (2h [Vo] (mar (dl) = — — Ginoux. Les form. mar. plioc. et quat. de V Ital. du Sud et de la Sie., pag. 4A, tav. XV, fig. 15. Testa turrita, elongata; anfractibus converis, transversim tenuissime striatis et longitudinaliter costulatis, costulis teviter obliquis, subacutis, subcontinuis; ultimo anfractu quartam longitudinis partem subaequante, antice viv attenuato; apertura oblonga, in canalem brevem terminata. Conchiglia turricolata, con spira lunga ed acuta, composta da 11-12 anfratti poco convessi e separati da suture non molte profonde. Gli anfratti sono otnati da 11-12 costicine assiali sub-acute, un po’ oblique, 172 F. CIPOLLA 168] continue, le quali sono attraversate da numerose strie spirali tenuissime e uniformi, ben evidenti su tutta la superficie. L'ultimo giro eguaglia quasi in altezza la quarta parte della lunghezza della conchiglia; esso è poco attenuato anteriormente e termina con un canale breve ed aperto. L'apertura è ovale; il labbro semplice, acuto; il lato columellare sottilmente calloso nella sua parte anteriore, il seno largo e poco curvato. Le strie di accrescimento incontrandosi con le fine strie spirali rendono un po’ scabra la superficie degli anfratti. Altezza mm. 27; larghezza mm. 8. Questa specie, indicata dal BeLLarDi nel Miocene superiore dei colli tortonesi, è rara nel Pliocene di Altavilla, ove raggiunge dimensioni più grandi di quelle notate da BeLLARDI nei fossili miocenici. La Raph. Columnae è rappresentata anche nel Siciliano di M. Pellegrino; ma la sua esistenza nel- l’odierno Mediterraneo non è ancora ben provata. ! Essa ha qualche affinità con la Perat. (Amblyacrum) harpula BR., una specie della sottofamiglia delle Margilîine, anch’essa rappresentata in Altavilla; dalla quale però si distingue, oltre che per i caratterî generici, per la spira più lunga, i giri meno convessi, le strie spirali uniformi, più fine e numerose, non granulose per. il loro passaggio sulle costole assiali. Ciò nonostante @evoux crede che la Raph. Columnae derivi dalla pliocenica A. harpula Br., alla quale fa seguito nel Calabriano e nel Siciliano. cada Gen. Peratotoma HARRIS et Burrows 1891. Prothoconcha paucispirata; sinus suturalis; labrum sinistrum non varicosum. Questo genere non si distingue dalle Daphnella che per la forma della protoconca, che è liscia, pau- cispirata e con nucleo papilloso e deviato; mentre è cancellata, poligira e conica in tutte le forme che derivano dal sen. Daphnella. Da ciò si vede quanto difficilmente si potranno attribuire a questo genere le specie fossili a cui spesso mancano i giri embrionali. Esso comprende i sottogeneri: Peratotoma s. sìr. che non ha rappresentanti nel Pliocene; hesbia rappresentato da una sola specie fossile del bacino di Parigi e della Loira inferiore, e da poche specie viventi nei mari nordici; Amblyacrum rappresentato in Altavilla da una sola specie; Leufroyia anch'esso rappresentato nel Pliocene di Altavilla da tre specie. Subgen. Amblyacrum Cossmann 1889. Le specie appartenenti a questo sottogenere hanno la grandezza e la forma delle aphitoma:; solo ne differiscono per la protoconca, che è liscia, paucispirata, composta da un giro e mezzo, con nucleo ottuso e appena deviato. Inoltre si distinguono dalle Peratotoma s. str. per l’assenza di depressione su- turale e per il canale più stretto e non troncato. Peratotoma (Amblyacrum) harpula Broccni sp. — Tav. XIV [III], fig. 23 da, d. 1814. Murex harpula Broccui, Conch. foss. subapp., pag. 421, tav. VIII, fig. 12. 1840. Pleurotoma Philippi BruLarpi et MiczeLorti, Saggio Oritt., pag. 10, tav. I, fig. 10 (2uveras). 1841. — harpula Br. Carcara. Conch. foss. d’ Altav., pag. 53. 1844. — — — Puanmuippi. Moll. Ste., v. II, pag. 173. MonteRrosaTo. Relaz. fra i moll. del Quatern. di M. Pellegr. e Ficar. e le specie viventi. Estr. dal Bull. della Soc. di Scienze nat. ed econom. di Pal., n. II (1891). (69) FP. CIPOLLA 173 1847. Raphitoma harpula Br, BeuLarDI. Monogr. delle Plewr. foss. del Piem., pag. 101. 1853. Musus harpulus — Hirnes. Moll. foss. d. Tert.- Beck. v. Wien., v.I, pag. 376, tav. XL, fig. 12 4-e. 1862. Pleurotoma harpula Br. var. B Bruanone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 26. 1864. Pusus adolescens Mayer. Journ, de Vonch., vol. XII, pag. 165, tav. VIII, fig. 5. 1875. Raphitoma harpula Br. Secuenza. MPorm. plioc. Ital. mevid., pag. 212. 1896. Peratotoma (Amblyacrum) harpula Br. Cosswann. Ess. de paltoc. comp., v. I, pag. 138. 1904. Raphitoma harpula Br. Sacco. I moll. terx. del Piem., parte XXX, pag. 56, tav. XIV, fig. 45. 47. 1913. _ —_ — Gionoux. Les form. mar. plioc. et quater. de l Ital. du Sud et de la Sic., pag. 474. Testa turrita, longitudinaliter costata; costae prominentes, triplo interstitiis angustiores, sub-rectae, lineis elevatis transversis asperae, subcrenulatae; lincolae transversae saepe alternatae, in parte postica amfractuum subtiliores et numerosiores quam in antica; apertura ovalis dilatata, canalis brevis et apertus; sinus latis- simus, suturae proximus ct parum intrans. Conchiglia turricolata, con spira lunga ed acuta, composta da 9-10 giri poco alti e convessi, separati da suture alquanto profonde. La superficie dei giri è ornata da 10-11. costole assiali, sub-rette,. strette, rilevate, separate da larghi interstizi. Sulle costole assiali passano molte strie spirali, talora alternanti di differente srossezza, obsolete negli spazi intercostali e ne.la parte posteriore degli anfratti, subnodose nella loro intersezione con le costole assiali, che perciò appariscono aspre e crenulate. Nell’ultimo giro, che è alto quanto un terzo della lunghezza della conchiglia, le costicine sono un po’ flessuose, di esse una o due talora varicose indicano i punti di arresto nell’accrescimento della conchiglia, tutte poi ter- minano alla base del canale. L'apertura è ovale, allargata, il labbro ingrossato dall’ultima costola vari- cosa, il lato columellare lievemente incrostato, il canale breve ed aperto. Specialmente negli spazi intercostali dell’ultimo anfratto si osservano le tenui strie di accrescimento della conchiglia. Il seno è largo e poco profondo. Altezza degli esemplari di Altavilla mm. 18; larghezza mm. 7. Gli esemplari del Pliocene di Altavilla, in cui questa specie non è frequente, mostrano qualche dif- ferenza riguardo a quelli trovati più comuni nei terreni miocenici. Essi infatti hanno dimensioni più piccole, le costole assiali dell’ultimo anfratto talora varicose, il labbro ingrossato. Però siffatti caratteri differenziali sono stati anche notati da alcuni autori su esemplari provenienti da altri terreni pliocenici. Esiste nelle sabbie di Altavilla una varietà della specie sovraccennata, con costole assiali non tenui ed acute, ma arrotondate, separate da interstizî meno larghi ed intersecate, ma non rese aspre e cre- nulate. dalle strie spirali, che sono anche evidenti negli spazi intercostali. Un esemplare di questa va- rietà trovai confuso nella collezione dei fossili d’Altavilla, conservata nel nostro Museo, con le Rapà. Columnae Sc., dalle quali il BruenonE la distinse con non poca difficoltà. La specie tipica, secondo Gienoux, ha una vera importanza stratigrafica, perchè è la sola delle grandi Rafitome plioceniche che passa nel Quaternario, trasformandosi, definitivamente, come egli crede, nella R. Columnae Sc. Subgen. Leufroyia MoxTERosATO 1884. Questo sottogenere comprende poche specie con anfratti rigonfi, costati, spiralmente striati, con labbro internamente ingrossato, ma liscio, senza denti nè solchi. Esso si distingue dalle Clathurella principal- mente per la mancanza dei solchi interni del labbro, e dalle Peratotoma s. str. per la scultura esterna fatta di costole assiali più forti delle linee spirali; caratteri questi per cui si avvicina alle Bellardiella. 174 F. CIPOLLA 170] Il nome però proposto da Monterosato per questo sottogenere ci costringe ad usare pressochè lo stesso nome per la distinzione sottogenerica e specifica della Pl. Leufroyi MIicHAUD. Peratotoma (Leufroyia) Leufroyi Micuaup sp. — Tav. XIV [III], fig. 24 «, b. 1827. Pleurotoma Leufroyi Miczaup. Boll. Soc. Linn. Bordeaux, vol. II, pag. 121, tav. I, fig. 5, 6. 1836. — inffata Partippi (non Jan). Moll. Sie., vol. I, pag. 197, tav. XI, fig. 24. - 1839. _ — Carcara (non Jan). Ricerche malac., pag. 4. 1840. - Leufroyi Micnaun. Kipner. Coq. viv. G. Pleur., pag. 70, tav. XXIV, fig. 3. 1853. Pleuroioma conspicua Ercawaup. Leth. ross., pag. 185, tav. VITI, fig. 5 (a, b). 1853. sai Leufroyi Mica. Hornes. Moll. de Tert.-Beck. v. Wien, v. I, pag. 373, tav. 40, fig. 16. 1869. Defrancia _ — Jererevs. Brit. Conch., v. IV, pag. 366; v. V, pag. 219, tav. LXXXIX, fig. 1. 1873-75. _ _ — Secuenza. Form. plioc. dell’It. merid., pag. 94, 210. 1883. Clathurella _ — Bucovoy, DaurzeNnBERG et DoLLrus. Moll. mar. du Rouss., pag. 95, tav. XU, fig. 3, 4. 1884. Leufroyia —_ — Monrerosaro. Nomenel. gen. e specif. delle conch. medit., pag. 134. 1886. Defrancia —_ — KoseLr. Faun. moll. test. mar. europ. inhab., pag. 145. 1904. Peratotoma (Leufroyia) Leufroyi Mica. Sacco. I moll. terx. del Piem., vol. XXX, pag. 53, tav. XIII, fig. 52-53. 1910. _ concinna CervLLI-IRELLI (n0n Sc.). Fauna mal. mar., pag. 252, tav. 36, fig. 47. 1912. Leufroyia Leufroyi Micup. Parvary. Catal. des moll. du litt. méd. de l’Egypte.Mém. Inst. Égypt., tomo VII, fasc. III, pag. 84. Testa crassa, ovato-subfusiformi; anfractibus tumidis, converiusculis, contra suturam posticam parwn et anguste depressis; costulis longitudinalibus 16, rotundatis, sub-rectis, interstitig aequantibus, ante depressionem posticam terminatis; striis transversis crebris, interdum alternis, super costulas decurrentibus ; apertura ovali, antice dilatata; labro interne incrassato et laevi; cauda brevi et aperta; sinu parum profundo. Conchiglia solida, ovato-subfusiforme, con spira poco allungata, composta da 8-9 giri un po’ rigonfi, depressi leggermente lungo la sutura posteriore, e separati da suture non molto profonde. La protoconca è costituita da tre giri proporzionatamente assai più piccoli delle parti succedenti, e di essi il terzo è indistintamente carenato nel mezzo. L'ultimo anfratto è poco più alto della metà della lunghezza della conchiglia e molto depresso nella parte anteriore. Gli anfratti sono ornati da numerose costicine assiali (spesso 14-16), leggermente oblique, arrotondate, larghe quanto i loro interstizî, terminanti all’ inizio della piccola depressione posteriore e nell’ultimo giro sulla base del canale. La superficie della conchiglia è rivestita da fitte strie spirali, passanti sulle costole assiali e sui loro interstizî, talvolta alternanti di differente grossezza, più forti e distanti sulla parte esterna del canale, più sottili sulla depressione po- steriore dei giri. I punti d’intersezione delle costole assiali con le strie spirali formano dei noduli oblunghi, con l’asse maggiore in direzione della spira. La depressione posteriore appare minutamente granulosa per l’incontro delle tenui strie spirali con quelle dell’accrescimento, che ivi si mostrano ben rilevate e curve per seguire la forma del seno. L'apertura è ovale, un po’ allargata alla parte anteriore, il labbro internamente ingrossato e liscio, intagliato vicino alla sutura da un seno poco profondo ; il lato columellare posteriormente un po’ depresso, fornito da una callosità leggiera e breve, è rivolto verso destra nella parte anteriore; il canale breve ed aperto. Lunghezza mm. 12; larghezza mm. 5. Questa specie è rarissima nelle sabbie di Altavilla ed anche nei colli astesi e a M. Mario. Essa vive tà nta [71) l. CIPOLLA 175 ancora nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Nel mare delle Isole Azzorre è stata trovata dal DaurzENBERG alla profondità da 823 a 914 m.. Gli esemplari fossili hanno in generale dimensioni più piccole dei viventi e portano un minor numero di costicine assiali. L’esemplare di M. Mario, illustrato da CeruLLI-IRELLI, col nome di Leufr. concimna Sc. non è altro che la presente specie, la quale ha non poca affinità con la specie dello ScaccHi, ma se ne distingue per alquanti caratteri, come diremo nella descrizione di un esemplare di Altavilla che devesi attribuire alla Leufr. concinna. La PI. Leufroyi, oltre che nel Miocene e Pliocene, è indicata dal PriLiepi, dal Carcara e dal Se- GUENZA nel Pleistocene dei dintorni di Palermo. ; Ad evitare l’uso della stessa voce per indicare il nome sottogenerico e specifico della P7. Leufroyi, sì potrebbe adoperare il nome P7. corspicua proposto da ErcHwALD. Peratotoma (Leufroyia) concinna Scaccni sp. — Tav. XIV [III], fig. 25, 26. 1836. Pleurotoma concinna Scaccni. Uat. Conch. Regni Neap., pag. 12, fig. 18. 1839. _ — Sc. Cancara. Ze. Mal., pag. 5. 1858. Mangelia scabra Jerrrevs. More Glane Ann. Mag. Nat. Hist., pag. 16, 17, tav. V, fig. 9. 1883. Clathurella concinna Sc. Bucquor, DaurzENBERG et DoLLFUs. Moll. mar. du Rouss., pag. 98, tav. XIV, fig. 5. 1884. Leufroyia — — Monnrrerosato. Nomenel. gen. e specif. delle Conch. med., pag. 134. 1886. Defrancia — — Kogpur. En. moll. test. mar. europ. inhab., pag. 143. 1904. Peratotoma (Leufroyia) Michaudi Beuu. Sacco. I moll. terx. del Piem., vol. XXX, pag. 53, tav. XIII, fig. 55, 56. 1910. — — Leufroyi Cexvui-IrELLI (non MicHup.). Mauna malac. mar., pag. 251, tav. 36, fig. 46. Testa ovato-fusiformi, solida; anfractibus convexiusculis, ineta suturam posticam depressis, ultimo sub- ventricoso; costulis longitudinalibus crassis, prominentibus, rotundatis, duodecim; interstitàis amgustioribus, ante depressionem posticam terminatis et în cauda evanescentibus; lineis spiralibus crebris, interdum alternis, super costulas granosis; apertura oBlonga, labro incrassato, intus laevi; columella sub-recta; camali brevi, aperto; sinu parum profundo. Conchiglia solida, ovato-fusiforme, composta da 9-10 giri un po’ convessi e posteriormente depressi lungo la sutura. L'ultimo giro è un po’ meno alto della terza parte della lunghezza di tutta la con- chiglia. Gli anfratti sono ornati da 10-12 costicine assiali grosse, rilevate, arrotondate, quasi rette, se- parate da intervalli piuttosto larghi, terminate al principio della piccola e leggera depressione posteriore e all’inizio della regione caudale. Le suture sono discretamente profonde. Si osservano sulle costole assiali e sui loro interstizî numerose strie spirali, talora alterne in grossezza, più forti sul dorso del canale, più sottili sulla depressione suturale. La superficie degli anfratti appare variamente nodulosa nell’ inter- sezione delle strie spirali con le costicine assiali, e minutamente sranulosa nella depressione posteriore per l’incontro delle tenui strie spirali con quelle dell’acerescimento del seno. L’apertura è ovale ed allungata; il canale è breve, aperto, mediocremente incavato all’estremità ; il lato columellare sub-retto e ristretto; il labbro internamente ingrossato e liscio; il seno poco profondo e suturale. Altezza mm. 10; larghezza mm. 5. Questa specie è rarissima nelle sabbie di Altavilla, ed ora è per la prima volta indicata in questa località. : 176 F. CIPOLLA [172) La PI. concinna Sc. è stata generalmente ritenuta come una specie vivente, la cui origine si è cre- duta riscontrare al massimo nel Post-pliocene. CeruLLI-IRELLI la nota a M. Mario; ma, mi pare che la confonda con la specie affine ad essa, cioè con la PI. Leufroyi; BeLLARDI e Sacco la indicano nel Pliocene inferiore di Zinola e di Albenga, ma la riguardano come una specie nuova e la chiamano Homotoma Michaudìi BELLARDI. Invero la forma fossile della vivente PI. concimna (Tav. XIV [III], fig. 26 @, 6) si mostra più snella, con striatura spirale più fitta e con l’ultimo giro meno ventricoso. Ma tanto l’esemplare fossile di Alta- villa, da me osservato, che il vivente del mare di Palermo, col quale lho raffrontato, si. distinguono dalla PI. Leufroyi Micap. per gli stessi caratteri notati già da BeLLARDI nell’ Homot. Michaudi raffrontata alla suddetta specie del Michaud. Infatti il fossile di Altavilla da me riferito alla PI. concinna differisce dalla PI. Leufroyi, per gli anfratti meno regolarmente convessi e rigonfi verso la sutura posteriore, per le costole assiali in minor numero, più rilevate e grosse, e con gl’interstizi più larghi; per la columella sub-retta e non destrorsa anteriormente. Peratotoma (Leufroyia) inflata Jan sp. — Tav. XIV [III], fig. 27 a, bd. 1832. Pleurotoma inflata Jan. Cat. Conch. foss. pag. 9. 1838. — virgatum Bivona. Generi e specie di Moll., pag. 7. 1839. = virgata Brv. CaLcara. Rie. Malacol., pag. 11. 1840. _ volutella Varenciennes.KTENER. Coquill. viv., pag. 67, tav. XXV, fig. 1. 1844. — _ — Parnippi. Moll. Stîc., v. 1I, pag. 165,174. 1862. — -- — var. B Bruenone. Ale. pleur. foss. di Paler., pag. 27, tav. I, fig. 20. 1872. Defrancia — Krener. Monterosato. Conch. foss. di M. Pellegr. e Ficarazzi, pag. 33. 1872-75. —_ _ _ SecueNza. Formax. plioc. Ital. merid., pag. 94 e pag. 211. 1873. Raphitoma inflata Jan. Cocconi. Moll. mioc. e plioc. di Parm. e Piac., pag. 63, tav. I, fig. 15-16. 1877. Homotoma =6— —’‘’— BeLLarpIi. I moll. terx. del Piem., vol. II, pag. 276. 1884. Leufroyia erronea MonteRrosato. Nomenel. gen. e specif. delle Conch. med., pag. 134. 1886. Defrancia inflata De Crist. et Jan. KoBeLt. FPaun. moll. mar. europ. înhab., pag. 144. 1904. Peratotoma (Leufroyia) inflata Jan. Sacco. I moll. terx. del Piem., pag. 53, tav. XIII, fig. 53. 1910. Daphnella (Bellardiella) — — Cerucui-IreLui. Fauna malac. mar., pag. 255, tav. XXXVII, fig. 5. 1910. — _ volutella Varenc. CeruLLI-IRELLI. Puuna malac. mariana, pag. 254, tav. XOXOCVIII, fig: 1 4. Testa ovato-fusiformi; spira acuta; anfractibus rotundatis, transversim crebre striatis, longitudinaliter costatis; costis interstitiis minoribus (circa 16); suturis profundis; canali distineto, dilatato; apertura ovata; labro simplici, rotundato; sinu lato et parum profundo. Conchiglia fusiforme, con spira acuta, composta da 8-9 giri convessi e depressi lungo la sutura po- steriore. L'ultimo anfratto, uguale in altezza alla metà della lunghezza di tutta la conchiglia, è un po? rigonfio nella parte posteriore, poi si attenua rapidamente e termina con un canale breve e un po? allar- gato. I giri sono ornati da 16 costicine assiali rilevate, arrotondate, diritte, tranne nell'ultimo ove sono leggermente oblique e ondulate, separate da interstizî piuttosto larghi, ed evanescenti sulla base del canale. Esse sono attraversate da numerose strie spirali, ravvicinate, granulose nell’intersezione con le costicine assiali. L’apertura è ovale, il labbro arrotondato ed intagliato vicino alla sutura da un seno largo e poco profondo: il lato columellare depresso e lievemente incrostato. Le strie spirali s'inerociano at [73] F, CIPOLLA 177 anche con le strie di accrescimento della conchiglia, rendendole minutamente granulose. Lunghezza del- l’unico esemplare posseduto delle sabbie di Altavilla mm. 14 e larghezza mm. 5. Questa specie, secondo BELLARDI, appare nel Miocene superiore dei colli torinesi, dove è rarissima; è stata trovata non rara nel Pliocene inferiore di Zinola (Savona) e di Albenga (Liguria). Essa è raris- sima nel Pliocene di Altavilla, ove è stata indicata dal Bruenone e dal SeGuENZA; non rara nelle argille di Ficarazzi e nel tufo calcareo di M. Pellegrino, secondo Brvona, PrHILipPI, CaLcaRA, BrugnonE e Mon- rerosato. Inoltre pochissimi esemplari sono stati trovati viventi solo nei mari della Sicilia, come risulta dalle opere di KrteNER, PHILIPPI, BRUGNONE e MonTEROSATO. Poichè questa specie ha subìto alcune variazioni attraverso le formazioni geologiche, in cui è stata rinvenuta, è riuscito a parecchi autori assai difficile riguardarla come una sola specie; donde la molte- plicità dei nomi con cui è stata chiamata e di cui si è arricchita la sua bibliografia. Secondo me, alcuni nomi che le sono stati attribuiti, potrebbero adoperarsi per indicare le mutazioni della PI. inflata JAN. Già a M. Mario (Roma) comincia a comparire accanto al tipo, quella mutazione, che CERULLI-TRELLI distingue bene per le maggiori dimensioni, per le costicine più sporgenti e sinuose, per gli spazi inter- costali più ampi, la striatura più fina e numerosa, il margine interno del labbro leggermente crenellato- solcato. A questa mutazione, che si presenta anche nel Post-pliocene dei dintorni di Palermo, i cui esemplari raggiungono sinanco la lunghezza di 35 mm. e la larghezza di 12 mm., spetta il nome di PI. virgatum (Tav. XIV [III], fig. 28 @,) impostole; per le costicine assiali rilevate a mo’ di verghette, dal Bivona, il quale fu il primo a trovarla in quei terreni e a distinguerla dalla PI. inflata Jan. Infine la forma vivente nei mari attuali della Sicilia, mi sembra un po’ diversa dalla fossile plioce- nica e dalla sua mutazione post-pliocenica; a giudicare almeno dalla descrizione che ce ne hanno dato Priippi, BruenoneE e KoBeLt col nome di PI. volutella Vanenc.. Ad indicare questa forma vivente, che distinguesi per il minor numero di costole assiali (circa 13) e di strie spirali, per il labbro internamente liscio, per le dimensioni più piccole del Pl. virgatum Biv., non credo necessario mutare il nome di P/. volutella, datole da VALENCIENNES e da tutti ormai accettato, in quello di PZ. erronea MontEROSATO, solo per il timore che il KreneR abbia eventualmente illustrato un esemplare il quale, anzichè essere vivente, era fossile proveniente dalla spiaggia di Ficarazzi (MontEROSATO). Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. 24 178 F. CIPOLLA [74] QUADRO GENERALE COMPARATIVO DELLE SPECIE DELLA FAMIGLIA DELLE PLEUROTOMIDI STUDIATE IN QUESTA MONOGRAFIA 2 £ o |Astiano S È 2 È $ SOTTOFAMIGLIE, GENERI |&|5 28 ce | SS |AEESIE|E MARI ODIERNI Pagina | Tavola | Figura E SOTTOGENERI E SPECIE SIEIES SE |P D i Sottofam. Pleurotominae Swanss. Gen. Pleurotoma Lux. ; Sottogen. Pleurotoma s. str. 1| rotata Br. sp. . o c c o o |SLisrEi|==la = 11410] | XII[I) 1a, d. 2| monile Br. var. denticulomarginata Sac. . |4+|4|4|=|=|=|= —_ 115 [11] » PEGI 3 turricula BR. sp. ; o E 6 .-|e|+|J+t|+]|-|—|- _ 115 [11] » 3a, db. Gen. Drillia Gray Sottogen. Drillia s. str. 4| obtusangula BR. sp. . 6 . - vige _ 116 [12] » 4a, db. 5 Allionii BELL. Sp. 0 0 è o Rca ale — 117 [13] D 5a, db. 6 » var. Altavillensis Cip. . 0 elia — 118 [14] » 6 a, db. Sottogen. Crassispira SWAIN. 7| Geslini Desm. sp. 0 o 0 o pa sbelalal=l= _ 119 [15] » Miaxto: Sottogen. Drilliola MTS. 8 | emendata MTSs. sp. . ò 0 . .|-|—|+|-|—-|-+}|+#| Mediterraneo-Atlantico | 120 [16] » 8 a, db. Sottogen. Tripia DI GREG. 9 | Loprestiana CALc. sp. ; : ° . \|-|+|=|=|+|+ » » 121 [17] » 9a, d. Sottogen. Cymatosyrinx DALL 10 | incrassata Duy. var. magnocostulata Sacco. | — |4|+|+|—-|—-|- —_ 122 [18] » 10 a, db. 11 | incrassata Duy. mut. Maravignae Biv. .|-|=|=]|+|-=]|--|-| Mediterr.-Isole Azzorre | 123 [19] » Wrastos 12 » Duy. var. miominor SAcco. EER — 128 [19] » 12 a, d. 13 | Sfoppanîii CrpPoLLA . : 6 Ò “RR —_ 123 [19] » 1) @ (06 148 Ms79 ode a BRONNESpN E tai fat) (tr) at fr n — 124 [20] » 14 a, db. 15 | pseudosigma BRUGN. sp. . c 6 . \a|=|+|#|=|=|= _ 125 [21] » 15 a, db. [75] P, CIPOLLA E È È Astiano & n E Fi d SOTTOFAMIGLIE, GENERI È E s E È o 2|E|£ II SIE MARI ODIERNI Pagina | Tavola | Figura | A SOTTOGENERI E SPECIE SIE 32 sz 3 “(30/8 = = DIL = __ — Sottofam. Clavatulinae Ap. Gen. Clavatula Lux. Sottogen. Clavatula s. str. 16 | ènterrupta BR. sp. —l—-|#+l4|=|=l- _ 126 [22] | XII [I] | 16 4,6 17 » . » var. tuberculifera Cip. — |< |4l=-|=|=|= —_ 126 [22] » 17 a,b 18 | rustica BR. sp. +|a[J+]4|-|=]|—- — 127 [23] » 18 a, b. 19 | Raffaèlei CrroLLa —|—|+|=-|=|-|= —_ 127 [23] > 19 a, d 20 | Romana DEFR. var. minor SEG. = || —_ 128 [24] » 20 a, b Gen. Surcula H. A. Ap. Sottogen. Surcula s. str. 21 | Brugnonei Sec. sp. =|Sulal=|=|= e 129 [25] > 21 a, d. 22 | dimidiata Br. sp. “ica - 130 [26] , 22 a, db. 23 » var. Poweri CaLc. alceeaàe = 131 [27] » 23 a, d. 24 » var. mutica CIPOLLA. —|-|J+|=|=-|-|- = 131 [27] » 24 a, db. 25 | intermedia BRONN sp. +|—|J+|+|=|=]|+ _ 132 [28] » 25 a, b. 26 » var. S. Ferrioli CaLc. — |-|+|=|-]|=|- _ 133 [29] » 26 a, b. Sottofam. Borsoninae Bxtt. Gen. Bathytoma Harr. et Burr. Sottogen. Bathytoma s. str. 27 | cataphracta BR. sp. +|/+|+#+|+]|--|-|- _ 134 [30] | XIII [II]I| 1 a,b. Sottofam. Mangilinae Cossu. Gen. Mangilia Risso em. Sottogen. Mangilia s. str. 28 | varicosa li. sp. — |=|+|=-|—-|=|— —_ 136 [32] » 2 a, db. 29 | clathrata De SERR. sp. +|+|+|+|+|+|+ Mediterraneo 136 [32] » 3, 4 30 | ambigua BrUGN. sp. —|-|+|+]|=]|=]|- _ 137 [33] » 5 a, db. | 180 F. CIPOLLA [76] © È o |Astiano = n MEA s Dì SOTTOFAMIGLIE, GENERI S È 2 E È sr 2/52 25 lag MARI ODIERNI Pagina | Tavola | Figura Si SOTTOGENERI E SPECIE s|S|EGasigzP o. | |sA|s Va < [Lo Fi 7) 31 | scabriuscula BRUGN. sp. —|+|+|/+[|+/[#+|- - 138 [34] | XIII [II) | 6 a, db. 32 | » mut. rugulosa PE. —|-|-|=-|=-|=|+ Mediterraneo 139 [35] 33 | rugosissima BRUGN. sp. —|+/4+|+|=|=|- = 139 [35] » Ta,b. 34 | frumentum BRUGN. sp. —|-|+]+|=|-|- _ 140 [36] » 8 a,b. 35 | costata Don. sp. —|+|+|-|+|-|+ Mari d'Inghilterra 141 [37] » © 10 36 » var. coarctata FoRB. —|-|J+|=-|+4|4+|+ Mediterraneo 142 [38] » 11 a,b. 37 | Bertrandi PAyR. Sp. —|-|J+|-]|4|-|+ » 142 [38] » 12 a, db. Sottogen. Clathurella CARPENTER 38 | reticulata REN. Sp. +|+|+|+|4|4-|+| Mediterraneo-Atlantico | 143 [39] » 13,14 39 » var. pliocurta SAcco . =|SRP|Ak|sjsar]= = 145 [41] D 15 a, db. 40 | pupoides Mrs. sp. —|-|+|-|-|-|+ Mediterraneo 146 [42] » 16, 17 41| Checchiai CrPoLLA —|-[]J4#|=|=|=]|- —_ 147 [43] » 18 a, db. Sottogen. Agathotoma Cossm. 42 | angusta JAN sp. +/+|/4|/+|/4+|-|- = 148 [44] » DECANCA Gen. Daphnella Hmps Sottogen. Daphnella s. str. 43 | Romanti Lis. sp. Ù —|+|+|+|4+|—-|- = 149 [45] » 20 a, db. 44 | Salinasi Carc. sp. ee iI e 150 [46] 3 21 a, d. Sottogen. Bellardiella FIscHRR x 45 | textilis BR. sp. —|4|+|=-[|=|—-]|= — 151 [47] » 22 a, db. 46 » var. Savi LIB. —|+|J4+|=|-|-]|-= _ 152 [48] » 23 a, b. 47 | semicostata Belt. sp. —|+14|=|=|-|- —_ 152 [48] » 24 a, db. 48 » var. polyplecta BRUGN. +|+|+|+|-|=]|- _ 153 [49] » 25 a, b. 49 | gracilis Mre. sp. +|+|+|+|+|+|+| Mediterraneo-Atlantico | 153 [49] » 26-28 50 | stria Caro. sp. = qe|ar|Arer|= — 155 [51] | XIV [III])| 1,2 51 | Desmoulinsi Bait. sp. —|-|+|+]|=|-]|- _ 156 [52] » 3 a, db. | | ì INCACA E. CIPOLLA. 181 e 2 È o |Astiano| £ 5 SOTTOFAMIGLIE, GENERI A E a È «E 20 2|A|S/SS ZIE MARI ODIERNI Pagina | Tavola | Figura à, SOTTOGENERI E SPECIE CRE FE ATA E: 3 o E = I Ape — a lc - Sottogen. Teretia Norm. 52 | anceps EicHw. sp. +|—-[+|-|[-|-|- —_ 157 [53] | XIV [III}| 4 a,b. 53 | tferes FoORB. sp. . —|—-|4+|4+|+|4+|+| Mediterraneo-Atlantico | 158 [54] 5 a, db. 54 | Monterosatoi Cip. +|+/+|+|—-|-|- _ 160 [56] » 6 a,b Sottogen. Raphitoma Bait. 55 | spinifera BaLL. var. acanthoplecta Bruon. | +|+|+|4|—-|H4|- —_ 161 [57] » Ta,d 56 | vulpecula BR. sp. se|sF|ar]an]=||=|= _ 162 [58] » 8 a, db 57 » var. pliosulcatula SAccO —|+|t|-|=-|=-|- — 163 [59] » 9 a,b 58 | megastoma BRUGN. sp. E] #|=|=|=]|= _ 163 [59] » 10 a, db. 59 | Rispidula JAN sp. +|+|4+|[+|+|=|=- —_ 164 [60] » TaaND: 60 » mut. nuperrima TIB. BRR Mediterraneo 165 [61] » 12 61 | mnevropleura BRUGN. sp. —|-J#{J4|=|=|= -_ 165 [61] » 13 a, b 62 | attenuata Me. sp. —|-|+|+}|+]|4|+| Mediterraneo-Atlantico | 165 [61] » 14,15 63 | Di-Stefanoì CIPOLLA . —|-J#|-|=|=]|= — 167 [63] » 16 a, b 64 | turgida ForB. sp. —|4+|+|4+|+#|+|+| Mediterr.-Mari del Nord | 168 [64] » 17,18 65 | drachystoma Pa. sp. =|antap|=e|ar|ar/s= Mediterraneo 169 [65] » 19 a, d 66 | minima BRUGN. sp. —|-|+|-=|-[|[+]|- — 170 [66] » 20 a, d 67 | scalariformis BRUGN. sp. =||=|st]ar]=|se|= _ 171 [67] > 21 a, d 68 | Colummae Sc. sp. +|-|+|=|-|+ —_ 171 [67] » 22 a, bd Gen. Peratotoma Harr. et Burr. Sottogen. Amblyacrum Cossm. 69 | ARarpula Br. sp. RR _ 172 [68] » 23 a, bd Sottogen. Leufroyia Mrs. 70 | Leufroyi Micep. sp. È +|—|+|+|+]|+|+| Mediterraneo-Atlantico |$174 [70] » 24 a, db T1 | concinna Sc. sp. —|+|+|=|+|-|+ Mediterraneo Lio Ca] 25, 26 72 | inflata Jan sp. +|+|+|t|=|-=|- = 176 [72] > 27 a, b 73 » mut. virgata Biv. —|-|-|=]+]|+|+ Mediterraneo 177 [13] » 28 a, db Finito di stampare il 25 Novembre 1914 Ios i i i PIRRTONI Î ; 7 i î È ti } 9 i N l i Î Ì Î i pi L i 7 | Î y Dl VELI Ì i A di D ‘ o i Ù Ì Un ) Ì { Ì | x LI î i U \ Ì Î Ù dI) ye n ì cp Ù Ri] BE] î IMRE IO OR PRE Î I L vi i x x pi i i! } ì ì resta sera, pria Il o Lay CRAL MIALRE ì I LATTA } IRSA: VETRO 7 È Ù \ MOST nea ipo i RI RI | i; FINDER RESI ME Ù pg! DI LVII Fase b dn | È b Mm Da Ada Ù i De > Ù ‘pg Dyenfî lac i RIE MISTE 1) CAIO EVO n n DI ; Ò y is I da ì a ; Ù j Sh i ì su 4 ti i ta n "i , ì 4 att | Ì f Ort i i N 3 e x V t | } , be perdi fr » Ì her Dis ì } } î I Î i h ua a dare; i È i a Ì Ul 4 Agi: AL î | \ [N] } i Ì È H N du L HEI i ? | {N PI feti 4 bi » 4 ig U » s} ] 54 i î i È ; i : T ì \ i! DI Pa n vai C ul } mi af cai ca TI ; FAIR dl i >} pi ME1110 119) Î A paso VE (ARI AO SERAFINO CERULLI-IRELLI FAUNA MALACOLOGICA MARIANA PARTE SETTIMA !. Melaniidae, Littorinidae, Fossaridae, Solariidae, Rissoidae, Capulidae, Calyptraeidae, Xenophoridae, Lamellariidae, Naticidae, Scalidae, Aclisidae, Eulimidae, Pyramidellidae. (Tav. XV-XXII [XLVIL-LV]). Fam. Melaniidae H. et A. Apavs, 1854. Gen. Melanopsis Ffrussac, 1807. Melanopsis praemorsa L. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 1. (1758. — LinnEO. Syst. Nat., ed. X. pag. 740, n. 408. — Buccinum). L’ unico individuo che rappresenta questa specie a M. Mario mi è stato gentilmente comunicato dal prot. NEVIANI: esso è un individuo giovane a spira conica, perfettamente conforme ad individui fossili più adulti dell’isola di Rodi, come all’individuo vivente figurato da PANTANELLI nella sua monografia sulle Melanopsis *). Per la sua forma corrisponde alla var. a di .M. duccinoidea fossile di Sestos fisurata da FeRUSSAC *), cui è assai affine la var. fusulatina Sacco 4). M. Mario: Farnesina (s. g.). Melanopsis nodosa Fr. — Tav. XV [XLVII], fig. 2-4. (1823. — FERUSSAC. Mon. Espèces viv. et foss. du genre Melamopsis, pag. 29, tav. I, fig. 13). 75. Melanopsis nodosa Fer. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. Conosco di questa specie, citata a M. Mario solo nei cataloghi di Ponzi e Zuccari, tre esemplari. La loro forma, la scultura dell’ultimo anfratto fatta di due serie distinte di grossi noduli e di una terza serie 1) Per la PARTE SESTA v. Palaeontographia italica, vol. XVIII, p. 141-170 [327-356], tav. XXIII-XXV [XLIV-XLVI]. ?) PANTANELLI. Melanopsis fossili e viventi d’ Italia. Boll. Soc. mal. it., vol. XII (1886), pag. 66, tav. III, fig. 14. 3) FéRUSssAc. Monogr. du genre Mélanopside, Melanopsis, pag. 20, tav. VII, fig. 8. 4) Sacco. I Moll. terr. terz. Piemonte e Liguria, parte XVIII, pag. 9, tav. I, fig. 13. 184 S. CERULLI-IRELLI [358] superiore appena accennata, riunite fra loro da costicine assiali obblique più o meno ben manifeste, li rendono conformi al tipo descritto da FERUSSAC. Nei tre individui studiati variano la grossezza e il numero dei nodi da 9 a 13, come la evidenza delle costicine assiali, ma l'aspetto della conchiglia resta essenzialmente lo stesso. La stessa costanza di caratteri ho notato anche in esemplari di altre località, di Toscana ed umbre, per modo che questa specie si presenta di assai facile identificazione. Forse i limiti di variabilità che io assegno alla M. rodosa, col riferire ad essa le tre varietà seguenti, saranno ritenuti troppo estesi. Tuttavia a ciò mi ha condotto l’osservazione di numerosi esemplari, dalla quale mi è risultato, che mentre la M. xodosa varia sensibilmente per scultura e per forma, nel tempo stesso conserva costanti alcuni peculiari caratteri, quali principalmente: la presenza di due o tre cordoni nodulosi o subnodulosi sull’ultimo anfratto, divisi da un solco di depressione; una certa gonfiezza della parte inferiore degli anfratti presso la sutura; la forma dell’ultimo anfratto — caratteri che servono quindi a distinguerla fra le congeneri e a raggruppare attorno ad essa le varie forme in cui si presenta. Vivente anche oggi, come informa FERUSSAC, è questa una specie fossile poco diffusa in Italia, essendo citata soltanto del pliocene umbro, dove per altro è rappresentata da numerosi individui. Nella collezione dell’ Istituto geologico vi sono esemplari anche di Toscana, senza per altro una più precisa indicazione di località. M. Mario (s. g.) — Coll. Rigacci e Ponzi. M. nodosa var. ovoidalis n. var. — Tav. XV [XLVII], fig. 5, 6. 1888. Melanopsis comorpha De Ster. CLERICI. Loc. cit., pag. 108. 1896. — —_ - Meri. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 83. Si distingue dalla forma tipica per scultura e per forma. Le tre serie spirali di nodi sull’ultimo anfratto sono appena manifeste, quasi obliterate, e meno manifeste anche le coste assiali che riuniscono Je tre serie di nodi. Il quasi completo obliterarsi della serie mediana di nodi fa sì, che anche la forma dell’ultimo anfratto appare più strettamente allungata, non subangolata nel mezzo. La callosità del labbro columellare è altresì più pronunziata, più forte. Per i caratterì suaccennati sembrerebbe che l’individuo studiato potesse rappresentare specie diversa dalla rodosa. Tuttavia la sua forma, l’indizio, benchè poco manifesto, delle tre serie di nodi sulle coste longitudinali, separate da due zone spirali depresse incavate, come nella forma tipica, il cordone basale come in questa, non mi fanno dubitare sul riferimento che propongo. L'individuo da me preso in esame era stato in collezione determinato MM. buccinoîdea var. “, antiqua, varietà questa che lo stesso FéRUSSsAc dice affine alla 2. nodosa. Ma l’indizio delle tre serie di tubercoli sull’ultimo anfratto, la forma di questo, mentre a mio parere lo differenziano dalla praemorsa (= duccinoidea), inducono a riferirlo alla JM. rodosa. E in ciò mi conferma anche l’esame di una serie di individui fossili di Otricoli (Perugia), che mi dimostra il graduale passaggio dalle forme densamente nodulose e fortemente costulate, coll’ultimo anfratto rigonfio, a quelle in cui la scultura tende ad obliterarsi e la conchiglia diviene più stretta ed allungata. La M. buccinoidea var. antiqua è citata da MELI per Acquatraversa ”: ma può darsi che, come l’indivi- i) MELI. Nota cit. Boll. Com. geol. it. (1881), pag. 451. : 4 4 Ù [359] S. CERULLI-IRELLI 185 duo della Farnesina, anche quelli raccolti ad Acquatraversa debbano riferirsi piuttosto alla M. nodosa. A questa varietà va riferita la JM. c0morpha citata da CLERICI per Acquatraversa, ed assai bene figurata. La M. comorpha De Ster. è specie diversa per l’ultimo anfratto a forma ovale, convessa, non depressa al centro come l’individuo figurato da CLERICI, depressione che a me pare caratteristica per la JM. nodosa. Anche Mrui cita per Acquatraversa la 2. comorpha, e questa citazione credo possa parimenti riportarsi in sinonimia. M. Mario: Farnesina (Coll. Zuccari); Acquatraversa (fide CLERICI). M. nodosa var. anodifera n. var. — Tav. XV [XLVII], fig. 7. 1882. Melanopsis Dufourei Fer. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. È caratterizzata dalla mancanza di nodi e costicine sull'ultimo anfratto. Sebbene tale mancanza differenzi notevolmente l’individuo che rappresenta questa varietà dal tipo della M. nodosa, pure un oscuro indizio sull’ultimo anfratto della caratteristica ornamentazione, e più la sua forma, depressa al centro e subcarenata al terzo inferiore, in corrispondenza precisamente della serie di noduli maggiori nella forma tipica, e dopo rapidamente declive, ilerigonfiamento degli anfratti presso la sutura inferiore con un oscuro accenno a nodulosità, sono caratteri che mi inducono a riferire l’individuo studiato alla M. nodosa quale distinta varietà. ; Esso era in collezione determinato M. Dufouriù FER., ma diversa è la forma dell’ ultimo anfratto, per quanto la specie del FERussAc comprenda tipi che mi sembrano troppo diversi fra loro. Il nostro individuo per la mancanza di nodulosità apparenti sugli anfratti presenta pure affinità con la M. flammulata De StEF.; ma è anche qui la forma dell’ultimo anfratto che serve di carattere distintivo. Nella flammulata l’ultimo anfratto è meno convesso presso la sutura e senza la pseudo-carena od angolosità ottusa che si osserva nell’esemplare di M. Mario, come precisamente nella M. nodosa. D'altronde l’osservazione di copiosi esemplari fossili di Toscana e dell’Umbria (Narni, Otricoli) mi dimo- stra che se, come ho già detto, la sporgenza ed evidenza delle nodulosità sull’ultimo anfratto sono soggette ad assai notevole variazione, per contrario la forma dell’anfratto resta costantemente la stessa, e costituisce perciò un importante carattere specifico. M. Mario. —- Coll. RIeaccI. M. nodosa var. transiens n. var. — Tav. XV [XLVII], fig. 8, 9. È varietà che si discosta ancor più delle altre dal tipo, per il maggiore allungamento della spira. Tuttavia sono caratteri d’affinità colla IM. nodosa la presenza sull’ ultimo anfratto di due rilievi spirali, quasi cordoni rilevati, subnodulosi, l’uno in prossimità della sutura, l’altro verso il centro dell’ anfratto, divisi l’uno dall’altro da una zona depressa, la presenza altresì di 4 o 5 costole obblique ondulate, presso il labbro esterno, e di nodulosità obsolete sul penultimo anfratto presso la sutura superiore. Nè la mag- giore lunghezza della spira sembrami carattere sufficiente per una separazione specifica, chè in un gruppo di individui fossili di Schifanoia (Narni) ho potuto osservare come sia graduale il passaggio dalla forma tipica di M. nrodosa, corta, fortemente nodulosa, a quella allungata a noduli subobsoleti, tanto che non Palaeontographia italica vol. XX, 1914. 25 186 S. CERULLI-IRELLI [360] è possibile fra le due pensare ad una distinzione specifica, come sarà facile constatare dagli esemplari che ritengo utile figurare. Riguardo perciò l’individuo di M. Mario quale varietà della JM. rodosa, dandole il nome di var. transiens, per ricordare che essa costituisce quasi un passaggio alla JM. praemorsa. Ma questa, mentre manca di ogni indizio di nodulosità e costicine, ha l’ultimo anfratto più breve, colla sommità più larga, per modo che la forma della conchiglia è più conica; gli anfratti inoltre sono depressi presso la sutura inferiore. Dei due individui che rappresentano questa varietà uno è stato da me stesso raccolto alla Farnesina, l’altro è della bella collezione MARTINETTI recentemente acquistata dall’Istituto geologico. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Fam. Littorinidae Gray, 1540. Gen. Lacuna Turron, 1827. Lacuna mariana n. sp. Tav. XV [XLVII], fig. 10. o) 1882. Lacuna canalis Turt. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. Piccola conchiglia, globulosa, largamente ombelicata, a spira breve, composta di cinque anfratti con- vessi, separati da suture profonde canalicolate: ultimo anfratto ventricoso assai grande, eguale ai 3/4 della lunghezza totale. Superficie ornata di esili cingoletti spirali non uniformi e di pieghe assiali di accre- scimento specialmente manifeste sull’estremità inferiore degli anfratti presso la sutura, dove per contrario le strie sono più sottili. Ombelico ampio, profondo, delimitato all’esterno da un cordone elevato acuto care- nato, che si termina in avanti sul margine dell’apertura, e vi dà luogo a una lieve insenatura: nell’interno dell’ombelico altro sottile cordoncino, longitudinalmente striato come tutta la cavità ombelicale. Apertura ovale, subangolosa posteriormente; labbro columellare sottile, acuto, distaccato alla base fino alla sua congiunzione col labbro esterno. Altezza . 5 5 o 7 mm. 4 Larghezza c 0 o 0 DZ L’unico individuo, assai ben conservato, che rappresenta questa specie nella coll. Rigacci portava la determinazione di Lacuna canalis TURT., e con tal nome figurò nel catalogo di Zuccari. Ma dalla L. canalis, considerata generalmente sinonima o varietà di L. divaricata FABR., è perfettamente distinta per la forma e per le suture profonde degli anfratti, e per la scultura loro, come per l’ombelico assai più ampio e il labbro columellare non ripiegato sull’ombelico. det fi [361] S. CERULLI-TRELLI 187 Assai maggiore affinità la specie di M. Mario mostra con la L. retieulata Woop *): ma anche da questa si distingue facilmente per la forma più breve, più ventricosa, la spira meno elevata, la superficie non assialmente costulata e la scultura non reticolata: il labbro columellare più sottile e più diritto. La ri- tengo perciò specie nuova. Il cenere Lacuna vivente oggi nei mari del Nord e principalmente nell'Oceano Atlantico settentrionale è assai ben rappresentato nell’eocene parigino, ma diventa assai raro nelle formazioni terziarie più recenti; nel bacino mediterraneo, dove attualmente il genere è rappresentato dalla L. (Wsilia) mediterranea MrRs., non è citata che una sola specie la ZL. (Epheria) Basterotina BRoNN, conosciuta del miocene di Steinabrunn, del pliocene piemontese e della valle del Rodano. Nel Crag Corallino inglese Woop ha descritto la L. reti- culata: poche specie sono conosciute nel post-pliocene dalle regioni nordiche europee. È quindi interessante la sua presenza a M. Mario. M. Mario: Farnesina (s. g.) — Coll. Rigaccr. Fam. Fossaridae Apivs, 1858, emend. Gen. Eossarus PuÙitppr, 1841, Fossarus (Phasianema) costatus Br. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 11-16. (1814, — Broccut. Coneh. foss. subapp., vol. Il, pag. 300, tav. I, fig. 11. — Nerita costata). 1854. Fossarus costatus Br. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 11. 1854. _ clathratus Pun. — —_ — lbd., pag. 11. 1858. _ costatus —Br. Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. _ - — Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 31. 1864. - clathratus Par. — JIbid., pag. 31. 1868. _ costatus Br. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1868. -_ clathratus Pur. _ Ibid., pag. 16. 1871. -_ coslatus Br. Conti. Op. cit.. 2.% ed., pag. 37. 1871. _ clathratus Pur. — Ibid., pag. 37. 1875. = costatus "Br. Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 26. 1875. — clathratus Pur. Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 26. 1882. _ costatus Br. Zuccari. Cat. cit., pag. 16. 1882. _ clathratus Pur. _ Ibid., pag. 16. È specie discretamente comune, come anche alquanto variabile per la forma e scultura, a spira più o meno sporgente, ed ultimo anfratto più o meno convesso, con cingoli spirali più o meno forti, e pieghe as- siali pure più o meno evidenti, particolarmente sull’ultimo giro e presso l’apertura. Nei giovani esemplari le pieghe o cordoncini assiali sono assai meglio evidenti e rendono la scultura quasi reticolata: a questa scultura corrisponde per Io più anche una forma più ovale, a spira più sporgente, anfratti più regolarmente convessi. È appunto su individui giovani che PatmpPI istituì la specie /. clathra- tus, ora generalmente ritenuta sinonima di . costatus. Talora l’ultimo anfratto si presenta distaccato dalla spira ed allungato dal lato dell'apertura a guisa di tromba; tal’altra il labbro columellare è fortemente sviluppato e reflesso, e l’apertura ricorda quella delle Neritina. i) S. Woop. Crag Mollusca, vol. I, pag. 122, tav. XII, fig. 10. 188 S. CERULLI-IRELLI [362] & Gli individui di M. Mario, sebbene conformi a quelli del pliocene astigiano, non ne raggiungono lo stesso grado di sviluppo, chè i nostri individui più adulti hanno solo mm. 12 di altezza. Il 7. costatus, tuttora vivente, è assai largamente diffuso nel pliocene: nei giacimenti post-pliocenici dell’Italia meridionale non è conosciuto. M. Mario: Farnesina. Fam. Solarifdae Brkoxn. Gen. Solarium LAMARCK, 1799. Solarium (Torinia?) obtusum Bxrn. — Tav. XV [XLVII], fig. 17-20. (1831. — Bronn. Ital. tert. Gebild., pag. 64. -- S.canaliculatum LK. var. obtusa). (1892. — Sacco. Z Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XII, pag. 67, tav. II, fig. 45-55). 1854. Solarium stramineum Gwen. De Ravy., V. n. H., Ponzi. Cat. còt., pag. 11. 1858. — = — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. = —_ — Conti. Op. ctt., 1.% ed., pag. 31. 1864. Bifrontia xanclea Pain. — Ibid. pag. 3L.! 1868. Solarium stramineum — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. — _ — Conn. Op. ew. 12-=ted-pas. 90 1871. Baifrontia zanclea _ — Ibid., pag. 37.4) 1874. Solarium stramineum GxeL. Mantovani. Op. cit., pag. 41. 1875. — — — Ponzi. Op. cît., pag. 20 e 26. 1882. _ — — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1895. —_ fallaciosum Tre. Meli. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 143. Di questa elegante specie si raccolgono rari esemplari fra le sabbie della Farnesina: il più adulto rinvenuto fra le sabbie grigie presenta la seguenti dimensioni: Altezza o 0 c o c . mino TO Larghezza . 3 o ò o è DIA Gli esemplari di M. Mario per la loro scultura rappresentano un tipo intermedio fra la var. subvarie- gata D’ORB. e la var. alternecosticillata SAcco, in quanto fra i cingoli maggiori se ne osservano alternati altri secondari sottili filiformi, di cui uno anche nella regione carenale dell’ ultimo anfratto fra il cingolo mediano e il superiore. Nella var. alternecosticillata invece si hanno nella regione carenale due cingoletti secondari uno per ogni solco. Tuttavia credo che queste lievi differenze di scultura abbiano limitata im- portanza, tanto più che spesso sono in rapporto col grado di sviluppo degli individui. Sacco ha identificato questa specie, distinta da TrseRI come S. fallaciosum, col S. obtusum BRONN, il quale rappresenterebbe tuttavia la forma giovanile. È specie abbastanza diffusa nel pliocene, per quanto le siano state riferite forme alquanto diverse da quelle che si conoscono in Italia e che corrispondono essenzialmente al tipo vivente, di cui un'ottima 1) La Bifrontia zanclea della collezione ConTI non è rappresentata che da apici di Solarium obtusum. Anche nella coll. RigaccI ho trovato riferiti alla specie di PEILIPPI apici di S. obtusum, ma la citazione non figura nel catalogo di ZUCCARI. [ 363] S. CERULLI-IRELLI 189 illustrazione ha dato HipaLao *. Così i S. fallaciosum figurati da FonrannEs ?? mi sembra rappresentino per lo meno due ben distinte varietà. M. Mario: Farnesina. Fam. BRissoidae H. et A. Apans, 1854. Gen. Rissoia FREMINVILLE, 1814”, Rissoia variabilis MeeerLe v. MurnreLD sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 21. (1824. — von MurnreLD. Berlin Verhandl., fase. IV, pag. 212. — Meliz). (1864. — SCHWARTZ VON MOHRENSTERN. Monogr. g. Rissou, pag. 44, tav. IMI, fig. 35). 1906. Zippora oblonga Dasw. MeLi. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 563. Di questa specie ben distinta per la sua spira conica, allungata, acuminata, e per gli anfratti convessi ornati di coste longitudinali distanti fra loro, grosse, elevate, subnodulose nel mezzo, e di una sottile ma ben evidente striatura spirale, conosco un unico esemplare rinvenuto dal D." L. Grassi fra le sabbie grigie della Farnesina. L’esemplare, ben conservato, per la sua forma si avvicina molto al tipo della specie e bene si identifica colla forma quasi tipica vivente nel Mediterraneo figurata da B. D. D. © Altezza : ° 3 0 , ; : mm. 4,8 Larghezza . . 6 o . 0 5 » 2 La È. variabilis non era ancora stata citata a M. Mario: solo CLERICI? ricorda per Acquatraversa una R. cfr. variabilis, che appunto perchè dubbia non ho posto in sinonimia. L’esemplare da me studiato è lo stesso già citato da MELI sotto il nome di Zippora oblonga. La Là. variabilis è conosciuta dell’astiano piemontese (Sacco), nel pliocene modenese (Corpi) e toscano (PANTANELLI): del post-pliocene si conosce per Livorno, per la Calabria, per la Sicilia, per Rodi. M. Mario: Farnesina. — Coll. Grassi. Rissoia ventricosa Desmarbst. — Tav. XV [XLVII], fig. 22-27. (1814. — DESMAREST. Descrip. de Rissoa. Bull. Soc. phil., pag. 7, tav. I, fig. 2). . (1864. — SCHWARTZ VON MOHRENSTERN. Monogr. Rissoa, pag. 45, tav. III, fig. 36). 1882. issoa membranacea Apaws. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. i) HrpaLGo. Moluscos de Espana, tav. 112, fig. 46. 3 ? FonTANNES. Moll. plioc. du Rhòne et Rouss., vol. I, pag. 139, tav. VIII, fig. 6, 7. 3) Delle Rissoia citate nei cataloghi dei fossili di M. Mario non figurano nel mio elenco nè sono citate in sinonimia le seguenti: la A. elongata PrIL., la quale non è una Rissoia; la R. fulgida Apawms del catalogo di Zuccari, non avendola trovata in collezione, per quanto io supponga essa possa riferirsi alla A. intersecta; le AR. glabra e R. turbo specie nuove di Ponzi, delle quali, in mancanza di descrizione ed esemplari, non si può sapere quale forma rappre- sentino; la A. simplex Pur. dei cataloghi di De RayvnavaL, CONTI, e Ponzi, che io non ho trovato fra gli esemplari studiati, ma che tuttavia penso possa invece riferirsi a qualche specie di Odontostomia; la R. trinodosa, che è Odon- tostomia excavata. 4) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 263, tav. 31, fig. 4. 5) CLERICI. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. VII (1888), pag. 108. 190 S. CERULLI-TRELLI 1364] Mentre per la forma come per la costolatura assiale e per il forte ispessimento interno del labbro sinistro gli esemplari di M. Mario possono identificarsi colla specie vivente, sembrerebbero allontanarsene per la mancanza della sottile striatura spirale, di cui solo in qualche individuo si osserva un’oscura traccia. Ma da una parte debbo notare che tale carattere di scultura è, anche nella specie vivente, soggetto ad assai notevole variabilità, ed ho osservato esemplari in cui le strie sono quasi completamente obsolete; dal- l’altra gli esemplari di M. Mario da me studiati hanno la superficie della conchiglia in non perfetto stato di conservazione, ma alquanto corrosa, onde la minuta e superficiale striatura può anche per ciò esser scomparsa. Non ho quindi dubbio sul riferimento specifico che propongo. Fra gli individui di M. Mario posso distinguere due tipi principali, di cui l’uno a forma più stretta ed allungata, coll’ultimo anfratto declinante ad arco verso la estremità della conchiglia, corrisponde alla forma tipica della specie. L'altro a forma più corta, più ventricosa, coll’ultimo anfratto più gonfio, ottusamente angolato nel mezzo, e in conseguenza ad angolo spirale più aperto, può rappresentare una varietà, subangulata, la quale per altro è collegata al tipo da forme intermedie di passaggio. Anche nella specie vivente si osserva una varia- zione di forma press’ a poco corrispondente, a quanto si può giudicare dalle fisure di B. D. D. !. I nostri maggiori esemplari hanno le seguenti dimensioni: Altezza È - o o È mm. 6 Larghezza . 5 . p c » 3 mentre quelli spettanti alla var. subangulata hanno rispettivamente: Altezza 5 ; o > - mm. 5,5 Larghezza . ; : c ; » 3,2 Col nome di R. membranacea questa specie è ricordata per M. Mario nel solo catalogo di Zuccari: nei cataloghi precedenti è citata la A. costata Desm. ? e può darsi che dette citazioni si riferiscano pure alla R. ventricosa, per quanto la È. costata Desm. sia sinonima di R. variabilis Munte. Ma mi manca modo di sincerarmene anche per le citazioni di Conti, in quanto nella sua collezione a Ferrara la È. costata manca insieme ad altre specie di tissoza. È tuttavia da escludere, che esse possano riferirsi alla A. variabilis, perchè questa è specie rarissima. Del resto ritengo qui necessario avvertire che è assai difficile dare una sinonimia esatta delle varie specie di Zissoîa, in quanto, data la confusione fra le diverse forme che ho riscontrato nelle collezioni prese in esame, non si può in tutti i casi giudicare dal solo nome specifico quale forma gli autori abbiano inteso citare. Alla £. ventricosa penso vada assai probabilmente riferita la citazione di Zippora membranacea che Meni ® riporta da CLerIci ?. Gli esemplari di Malagrotta così determinati da CLERICI, ed esistenti nel- l’Istituto geologico, sono in verità in poco buono stato di conservazione, tuttavia essi corrispondono agli esemplari assai migliori della coll. RigAacci da me studiati, e questi sia per la poca convessità degli an- fratti, sia per l’accenno di striatura e per la forte costolatura, sia per il labbro esternamente ed inter- namente molto ispessito debbono riferirsi alla R. ventricosa. Vi è, vero, un ispessimento sul labbro interno 1) Bucquovy, DAaUTZENBERG, DoLLFUS. Mo. mar. du Rouss., vol. I, tav. 31, fig. 15. D 2 DE RavyNEvaAL, V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9; — Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 28; — Conti. Op. cit., 2.8 ed., pag. 35; — Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25. 3) MELI. Nota cîit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 564. 4) CLERICI. La formazione salmastra dei dint. di Roma. Rend. Acc. Lincei, vol. II (1893), pag. 147, 151. per [865] S. CERULLI-IRELLI 191 che potrebbe far pensare ad un dente, ma oltre ad essere assai depresso, debbo notare che esso esiste anche nella £. ventricosa vivente, depresso come nei fossili. Gli esemplari della coll. Rigacci, dato lo stato di conservazione della conchiglia, più che dalle sabbie di M. Mario, sembrano provenire da quelle di Malagrotta. Tuttavia anche alla Farnesina la specie è rappre- sentata, e ne posseggo un esemplare dello strato a sabbie grigie (Tav. XV [XLVII] fig. 22). La . ventricosa è dal ManzoNI menzionata fossile per Castellarquato, per Siena, per Vallebiaia; Cocconi la cita nel pliocene parmense; a Livorno la ricorda AppeLIus; in Calabria SeGueNZA; a M. Pellegrino Monte- Rosato: nel post-pliocene di Rodi Frscarr. È perciò specie diffusa così nel pliocene che nel post-pliocene. M. Mario: Farnesina. — Malagrotta (?). Rissoia (Apicularia) similis Scaccu. — Tav. XV |XLVII], fig. 28-31. © (1836. — Scacont. Cutal. conchyl. Regni neapolit., pag. 15, n. 28). (184. — Purcippi. Wnum. Moll. Sic., vol. II, pag. 124, tav. XXIII, fig. 5). 1854. Rissoa similis Scaccui. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 9. 1864, — _ _ Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 28. 1871. — _ - — «Op. cit., 2:* ed., pag. 35. 1875. — - _ Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1852. — costulata Arper. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Gli esemplari di M. Mario che riferisco alla. &. simzlis hanno quasi tutti le costicine assiali limitate ai due ultimi anfratti, e qualcuno perfino all’ ultimo: negli altri caratteri, e cioè per forma, come per la striatura spirale punteggiata, principalmente evidente negli spazi intercostali e sulla metà superiore del l’ultimo anfratto, dove invece le costicine scompaiono, corrispondono perfettamente alla specie vivente, nella quale del resto la costulatura assiale è pure soggetta a variabilità. Fra i pochi individui studiati non si notano variazioni rimarchevoli; è solo leggermente variabile il rap- porto fra l’altezza e la larghezza della conchiglia. Altezza . - 5 > 5 mm. 4,6 Larghezza 5 : 2 7 » 2,2—- 2,4 L’affinità fra questa specie e le &. Guerinzì, subcostulata, Lia è così spiccata, che a me sembra perfetta- mente esatto il criterio seguito da parecchi autori di riumirle tutte al erado di varietà sotto un’unica denominazione specifica, £. sìmilis, tanto più che questa è assai variabile. La £. similis è conosciuta del pliocene dei dintorni di Siena, a Livorno, in Calabria (astiano e sahariano, SEGUENZA), nel post-pliocene siciliano e in quello di Rodi: l’affine R. Guerinii è citata da Sacco nel pliocene piemontese. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Turbella) parva Da Cosra sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 32-34. (1779. — Da Costa. Brit. Conch., pag. 104, LXI. — Vurbo). (1886. — B. D. D. MoZ. mar. du Rouss., vol. I, pag. 272, tav. XXXII, fig. L1, 12). Caratterizzano questa specie la forma breve, conica, ad anfratti molto convessi, di cui l’ultimo assai grande e gonfio, e la scultura fatta di costicine assiali robuste leggermente obblique ed arcuate distanti fra loro, le quali sull’ultimo anfratto si arrestano bruscamente poco al disopra della periferia, onde la base è liscia: negli intervalli fra le costicine, specialmente sulla parte superiore dell’ ultimo anfratto, talora un oscuro indizio di strie concentriche assai superficiali: il labbro è varicoso all’esterno. 192 S. CERULLI-IRELLI [366] Gli esemplari di M. Mario assai rari, mentre essenzialmente corrispondono ad individui viventi della Manica, con cui ne ho fatto confronto, come del resto anche alla forma mediterranea figurata da B. D. D., variano per la maggiore o minore gonfiezza dell’ ultimo anfratto, e in conseguenza per l’angolo spirale più o meno aperto, e per la relativa lunghezza della spira: le costicine sono pure più o meno robuste e distanti fra loro. Altezza . ” È : . 5 mm. 1 Larghezza , G , È ? » il; Gli esemplari di M. Mario esistenti con questo nome nella coll. RigaccI spettavano tutti alla R. in- conspicua. La £. parva è citata solo in Calabria dal SEGUENZA. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Turbella) inconspicua Auper. — Tav. XV [XLVII], fig. 35-42. (184. — ALDER. Ann, a. Mag. nat. hist., vol. XIII, pag. 323, fig. 6, 7). (1863. — FORBES a. HANLEy. Brit. Moll, vol. III, pag. 113, tav. LXXXII, fig. 5, 6). e 1854. Rissoa Ehrenbergii Par. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1854. — obscura PHÙiIn. —_ _ — lIbid., pag. 9. 1854. —. pulchella Pun. _ = — lbd., pag. 9. 1864. — -_ — Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 29. 1864. — obscura — — Ibid., pag. 29. 1864. — Ehrenbergi — — Ibid., pag. 29. 1871. — pulchella —_ — Op. cit., 2.% ed., pag. 35. 1871. — obscura _ — lbid., pag. 35. 18751. — Ehrenbergiiù — — Ibd., pag. 35. 1875. — pulchella - Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1875. — obscura — — lbd., pag. 25. 1875. — Ehrenbergiù — — Ibd., pag. 25. 1882. — parva Da Cosra. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). 1882. — nconspicua ALDER. — Ibid., pag. 15 (partim). 1882. — pusilla Pin. Zuccari. Ibid., pag. 15 (partim). Sono caratteri distintivi di questa specie: la non forts convessità degli anfratti, divisi da suture ben definite ma non profonde; la scultura fatta di costicine assiali variabili in numero e leggermente inflesse, mancanti sui primi anfratti e bruscamente interrotte sulla parte superiore dell’ultimo, e di strie spirali più o meno ben evidenti negli intervalli fra le costicine e principalmente sulla periferia dell’ultimo an- fratto: il labbro esterno espanso e dilatato alla sua sommità e ispessito esternamente da un ingrossamento variciforme a poca distanza dal margine: il labbro columellare sottile, debolmente reflesso, che lascia scoperta una esile fessura ombelicale. i Ma mentre questi caratteri servono a raggruppare le varie forme in cui questa Rissoîa si presenta a M. Mario e a identificarla con la specie vivente, bisogna d’altra parte notare che la specie vivente sembra rappresentata da due tipi leggermente diversi in relazione del suo Rabifat. In effetti MoNTEROSATO 08- serva che nessuna delle varie forme che la specie presenta nel Mediterraneo è perfettamente identica con la forma inglese. Non ho avuto opportunità di osservare esemplari viventi dei mari inglesi, ma dal raf- [B67] S. CERULLI-IRELDI 193 fronto delle figure che ne danno ForBes ed Hanney, SowerBy, JEFFREYS e dall’ esame di individui vi- venti nel Mediterraneo a me sembra che le differenze tra i due tipi siano le seguenti: le costicine meno incurvate, meno flessuose nella forma mediterranea e forse più elevate, gli anfratti più debolmente e meno regolarmente convessi, più rapidamente decrescenti in grandezza. Ora negli esemplari numerosi di M. Mario si possono precisamente distinguere due tipi principali, di cui l’uno assai più raro a me sembra corrispondere al tipo dei mari inglesi, l’altro assai frequente cor- risponde al tipo vivente nel Mediterraneo. Ma fra i-due esistono forme intermedie di passaggio, che, come per i viventi, dimostrano la possibilità di considerarli specificamente uniti. Negli esemplari di M. Mario che possono riferirsi al tipo mediterraneo variano abbastanza sensi- bilmente la forma e la scultura. Quella è più o meno allungata, ad anfratti talora più, talora meno con- vessi: la base di solito convessa è invece negli individui ad anfratti più depressi subangolata alla peri- feria nel punto d’iuterruzione delle costicine. Le costicine sono più o meno numerose, da 14 a 24, e talora più forti e meno numerose sull’ultimo anfratto che non sugli altri: esse normalmente coprono i tre ultimi anfratti, ma talora sono limitate ai due ultimi o all’ ultimo soltanto, e in qualche raro indi- viduo quasi del tutto obliterate. Le strie spirali sono pure esse più o meno evidenti e talora limitate alla parte superiore costata dell’ultimo anfratto, tal’altra ben evidenti negli intervalli fra le coste tanto sull’ultimo che penultimo anfratto. Questa variabilità riscontro anche nella specie vivente nel Mediterraneo: tuttavia a M. Mario mancano esemplari a costicine assai sottili e numerose, come talora fra i viventi. La A. inconspicua si differenzia dalla £. parva per la forma più allungata, per la minore convessità degli anfratti, per l’ultimo pur esso meno gonfio e in proporzione anche meno alto; per la striatura spirale più marcata. Dalla £. dolium Nyst la distinguono pure una minore convessità degli anfratti, divisi da suture meno profonde, e una costolatura assiale meno forte oltre che la striatura concentrica evidente. Altra specie affine è la &. puella MtRS., quale vediamo figurata da CrEMA per il post-pliocene calabrese) ; ma anche questa, a giudicarne dalla figura, ha l’ultimo anfratto assai più ventricoso, ed assai più grande, e molto maggiore rispetto al penultimo: l’angolo spirale più aperto. Del resto il valore specifico di tutte queste minute issoia è assai limitato, e la separazione ne appare spesso difficile ed incerta. La £. inconspicua è citata fossile in Italia nel pliocene toscano da Fucini, e nel post-pliocene cala- brese da Secuenza e da CREMA, di M. Pellegrino e Ficarazzi da MonTEROSATO. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Manzonia) costata Apaxs sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 43-47. jb, fig. 13, 14. — Zurbo). (1796. — Apams. Trans. Linn. Soc., vol. III, pag. 1864. Rissoa carinata Pain. Conti. Op. cit., 1.8 ed., pag. 29. 1871. — — — — Op. cit., 2.* ed., pag. 35. 1874., — — Bon. Mantovani. Op. cit., pag. 4l. 1882. Alvania costuta Apams. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1906. Marnzonia — - Metl. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 565. Di questa rara ed interessante specie possediamo assai pochi esemplari, che bene corrispondono alla forma oggi vivente nel Mediterraneo. .) CREMA. Sul piano siciliano nella valle del Crati, pag 16, tav. III, fig. 8. Palaeontographia italica vol. XX, 1914. 194 S. CERULLI-TRELLI [368] La conchiglia è ad anfratti più o meno convessi, e in alcuni individui subangolati nella parte inferiore, presuturale, per modo che in questi la spira appare più decisamente scalarata. Ma fra i viventi pare anche questa la forma più comune. Merita invece a mio parere di esser distinta come var. inflata la forma a spira più raccorciata, ad anfratti più gonfi, e a costicine obblique più acute e sporgenti, più cristate, e più rade, in numero di 8 sull'ultimo, la quale, non rara fra i viventi, è rappresentata anche a M. Mario da un bell’esemplare (Tav. XV [XLVII], fig. 47). A questa forma mi sembra assai affine, se non addirittura identica, a giudicarne dalla figura, la Manzonia miocristata Sacco del miocene. MELI riferì alla A. costata Apams le citazioni di A. costata Desm., che si trovano nei cataloghi di DE RAYNEVAL, Conti e Ponzi: ma, come ho già fatto osservare, a me sembra esse debbano riferirsi piuttosto alla R. ventricosa, in quanto la A. costata Deswm. è sinonima di &. variabilis, specie affine alla ventricosa ed è invece ben distinta dalla R. costata Apams. D'altronde dall’ordine in cui De RaYvNnevaL, Conti, Powzi citano la specie, vicino cioè alla R. similis, mi pare di trovare appoggio alla mia supposizione. Tuttavia mi è mancata la possibilità di sincerarmene anche per la sola citazione di Conti, in quanto nella sua colle- zione a Ferrara manca, come ho già detto, la . costata, mentre vi è la A. carinata. Ma non mi sembra verosimile che ContI citasse sotto due nomi specifici diversi una specie che negli esemplari da me osser- vati conserva un aspetto generale costante, che la rende facilmente distinta fra le congeneri. La R. costata, comparsa già nel miocene, è conosciuta tanto nel pliocene che nel post-pliocene italiano. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Flemingia) zetlandica Mra. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 48, 49. (1811. — MontaGU. Trans. Linn. Soc., vol. XI, pag. 194, tav. XIII, fig. 3 — Turbo). (1853. — FORBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 78, tav. LXXX, fig. 1, 2). 1864. Rissoa sculpta Pu. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 29. 1871. — _ — — Op. cit., 2.3 ed., pag. 35. 1895. Alvania setlandica Mre. MeLi. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 95. È specie assai rara a M. Mario: nella collezione dell’Istituto ne esistono tre soli esemplari, i quali per scultura e forma mi sembrano corrispondenti alla specie vivente nei marì inglesi. La scultura della zetlandica è quasi identica a quella della . cancellata: ma da questa la distinguono facilmente oltrechè la presenza del cordoncino basale sull’ultimo anfratto, contro il quale si arrestano le costicine assiali, e i caratteri diversi dell’apertura, la forma più stretta ed allungata, colla parte depressa inferiore degli anfratti più larga. Fossile in Italia la A. zelandica si conosce del pliocene piemontese, ligure, modenese, toscano, bolognese; del post-pliocene l’ha citata Mowrerosato per Monte Pellegrino. È conosciuta anche dal miocene. Fuori d’Italia Woop la cita nel crag corallino di Sutton. M. Mario: Farnesina (Ss. g.). 1) Sacco, I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XVIII, pag. 29, tav. I, fig. 73. [369] 8. CERULLI-IRELLI 195 ” Rissoia (Hyala) vitrea Mr. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 50, 51. (1803, — MontaGU. Z'est. Brit., pag. 321, tav. X11, fig. 3. — Z'urbo). (1853. — Forprs a. HanLEy. Brit. Moll., vol. III, pag. 125, tav. LXXV, fig. 5,6). 1854. Rissoa glabrata Murunvr. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. còt., pag. 10. 1864. — _ — Conn. Op. cit., 1.* ed., pag. 29. 1871. — = — Op. cit., 2.* ed., pag. 35. 1975. — — — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. — etrea Monn. Zuccari. Cal. cit., pag. 15 (partim.). 1888. Cingula — — CtericI Loc. cit., pag. 108. 1906. Hyala — — Mxu. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 567. La forma tipica di questa specie, corrispondente cioè a quella vivente illustrata dagli autori inglesi, è abbastanza rara a M. Mario, mentre la maggior parte degli individui che alla specie stessa erano in collezione riferiti spettano alla forma seguente, che io considero varietà della £. vitrea. Negli individui che riferisco al tipo della specie, mentre restano invariate la convessità degli anfratti e le loro suture molto obblique e ben marcate, varia la lunghezza della spira, e l’altezza relativa dell’ ultimo anfratto. Gli individui più adulti a M. Mario hanno le dimensioni seguenti : Altezza . . ; o . o mm. 3,7 Larghezza . ò ” o ò è >» 1,5 La R. vitrea è conosciuta in Italia tanto del pliocene che del post-pliocene, ma è specie rara. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). R. vitrea var. serrata n. var. — Tav. XV [XLVII], fig. 52-55. In confronto della R. vitrea ha gli anfratti meno convessi, le suture meno marcate, l’ultimo anfratto più alto, l’avvolgimento degli anfratti meno obbliquo più serrato, la spira più breve, e l’apice più ottuso. Identici sono i caratteri dell'apertura, come la sottilissima striatura spirale visibile appena al microscopio. Allo stesso modo che nella specie tipica, anche in questa varietà, mentre la forma degli anfratti resta costantemente la stessa, varia l’elevatezza della spira, e l'altezza relativa dell’ultimo anfratto, per modo che oltre la forma più comune potremmo distinguere una f.* brevis. Altezza . à . ; . mm.dg — 2 Larghezza . 6 6 ; o » 1,3 — 1 Come ho già detto, gli esemplari spettanti alla var. serrata sono a M. Mario assai più comuni degli altri riferibili alla specie tipica, ma forme di passaggio fra gli uni e gli altri mi dimostrano, che i primi non possono considerarsi che una buona varietà del tipo vivente. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Hyala) subglobulosa n. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 56, 57. Conchiglia piccola ovale, sottile, composta di 4 anfratti discretamente convessi, di cui l’ultimo assai grande eguale a 5/4 dell’intera altezza della conchiglia: suture distinte ma poco profonde. Superficie liscia, 196 S. CERULLI-IRELLI x [B70] solo con una minutissima striatura spifale appena visibile al microscopio. Apertura piriforme allungata. Columella arcuata: labbro columellare sottile, perfettamente aderente. Altezza o ; 5 c È . mm. 12,2 Larghezza . . 6 ” 5 c > 1 La spira più breve, l’ultimo anfratto più grande, più alto, l’apertura più stretta e più lunga, meno ampia e più protratta anteriormente, la columella pìù arcuata, la distinguono dalla È. vitrea, e a me sembra debba considerarsene specificamente diversa. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Rissoia (Ceratia) proxima ALper. — Tav. XV [XLVII], fig. 58-62. (1853. — FoRBES a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 127. tav. LXXV, tig. 7, 8). 1854. Rissoa striatissima sp. n. De Ray., V. p. H., Ponzi., Cat. cit., pag. 10 e 17 (I). 1875. — _ — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1895. Hyala proxima Aup. Meli. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 142. 1906. Ceratia — — Meu. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 567. Di questa graziosa Rissoia ho rinvenuto tre esemplari confusi fra i numerosi altri spettanti alla &. vitrea, dalla quale servono a distinguerli la minuta ma evidente striatura spirale, la maggiore convessità degli anfratti, le suture più profonde, la spira più bruscamente troncata. Altri 3 bellissimi esemplari ho trovato nelle collezioni Grassi e NevianI. E lo studio dei diversi individui mi mostra che anche questa specie è discretamente variabile per rapporto alla maggiore o minore lunghezza della spira, con una mag- giore obbliquità delle suture nella forma a spira più allungata, e con gli anfratti in numero di 5 anzichè 4, oltre l’apice. Altezza . 3 b : 6 i; rn Sb = 80 Larghezza . È . é - 0 » 1,5 — 1,8 Questa specie fu descritta da De RAYNEVAL come specie nuova sotto il nome di . striatissima, corre- dandola anche di una discreta figura ! : ma ForBes ed HanLEY avevano pubblicato un anno prima la specie di ALpER, la quale è perfettamente conforme alla nostra fossile nel suo tipo più comune. È assai strano che a M. Mario non ostante la buona descrizione e la figura datane da De RAvNEVAL la sua specie sia stata in seguito erroneamente interpretata e ritenuta sinomina della È. punetura, da cui è perfettamente e ben distinta. Tale errore ho rilevato dai cartellini che nella coll. RiaccI accom- pagnavano gli esemplari di &. punctura, nei quali era scritto Rissoa punctura = R. striatissima e viceversa. Nella coll. Conti non ho trovato la &. striatissima, che vi manca come altre specie del gen. ARissosa, ma la sua identità colla R. punctura ci è affermata da Manzoni ® e da MELI, che ne ebbero esemplari dallo stesso CONTI. La A. prorima è una specie di cui si hanno assai poche citazioni, e dovunque è assai rara, come sembra parimenti rara nei mari attuali. In Italia l’ha citata PantaNELLI ® per il pliocene della Toscana, De RarnEvaL. Coquilles foss. de M. Mario, tav. IV, fig. 14. ?) MANZONI. C'onchiologia fossile subappenniha, pag. 63. 3) PANTANELLI. Enum. Molluschi plioc. della Toscana viv. nel Mediterraneo. Boll. Soc. mal. it., vol. VII, pag. 66. sai [371] S. CERULLI-IRELLI 197 e MonteRosatro nel post-pliocene a Ficarazzi. Fuori d’Italia Woop ! la ricorda nel Crag corallino di Sut- ton, e Nyst ® nel Belgio. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Cingulina) intersecta Woon. — Tav. XV |XLVII], fig. 63-66. (1853. — FoRBES a. HanLEY, Brit, Moll., vol. Ill, pag. 131, tav. LXXV, fig. 3,4. — X. soluta). (1856. — Woop. Cray Moll., vol. II, Appendice, pag. 318). (1858. — YerrrEys. Ann. a. Mag. N. H., vol. XIII, pag. 127, tav. V, fig. 5. — /?. Alderi). (1867. — YekrrREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 45; vol. V, tav. LXVIII, fig. 7. — Rissoa soluta PHIL. var. Alderi). 1854. £issoa pygmacea Mica. De Rav., V. p. H., Ponzi. Op. cit., pag. 10. 1864. — — — Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 29. 1871. — _ - — Op. cît., 2.* ed., pag. 35. 1875. — _ — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. £issoa soluta Puiv. Zuccari. Cat. cil., pag. 15. 1882. — enconspicua ALn. Zuccari. Ibid., pag. 15 (partim). Questa minutissima £issoîa non è rara nelle sabbie del M. Mario. La maggioranza degli individui mo- strano, soltanto se osservati al microscopio, la caratteristica striatura spirale che serve a distinguere la k. Alderì dall’affine R. pulcherrima: solo pochi individui hanno la striatura più marcata visibile con una buona lente d’ingrandimento. La specie a M. Mario presenta variazioni oltre che per la evidenza delle strie spirali anche per la lunghezza della spira, ma la maggior parte degli esemplari da me studiati ha forma raccorciata quasi tanto alta che larga, mentre sono rari quelli a spira più allungata, come i viventi ottimamente figurati da Forpes ed Hantey, e più rari ancora altri a spira anche più allungata di questi. Ma così nell’una che nell’altra forma resta identico il carattere dell’apice della conchiglia depresso ottuso, oltre quello della fes- sura ombelicale, e dell’ispessimento più o meno forte del labbro esterno. Le dimensioni medie degli esemplari di M. Mario superano di poco il millimetro in altezza senza rag- giungerlo in larghezza. Generalmente questa specie è stata identificata colla /. soluta PriIL., seguendo l'opinione di JEFFREYS: ma, come già avvertirono ForBes ed HanLey, la descrizione e figura, che PatLIPPI dà della sua specie, fanno invece pensare che essa debba essere diversa dalla forma in questione. In effetti Puivippi dice: “anfractibus laevissimis, ultimus.... sutura profundiore ab antecedente divisus et fere solutus...., e la figura mostra una forma a spira più elevata e più acuta, di quanto non sia la specie illustrata da ForBES ed HanLEY, coll’ultimo anfratto più convesso, ed assai più largo per rapporto al penultimo, dal quale è diviso da una sutura assai più profonda: più ristretta la depressione e fessura ombelicale. Ora se si può esser d’ac- cordo con JEFFREYS sulla poca importanza della mancanza della striatura, una volta che essa è tanto sottile e potrebbe benissimo non esser stata osservata da PHItIPPI, gli altri caratteri distintivi mi sembrano troppo importanti, perchè possa non tenersene conto. E perciò io ritengo che la specie di Paicippi debba rimanere distinta. Dello stesso parere è MontEROsAro, il quale indica la specie col nome .R. obtusa CantRAINE. Ma sul significato della specie di CAnTRAINE non figurata non vi è accordo fra gli autori, e JEFFREYS ritiene che i) Woop. Crag Mollusca. 1.° Suppl., pag. 71, tav. IV, fig. 17. 2) Nyst. Terrain pliocène scaldisien, pag. 96, tav. XXVIII, fig. 13. 198 S. CERULLI-IRELLI [372] essa sia diversa dalla specie vivente nei mari inglesi. Perciò per questa bisognerebbe riprendere il nome R. Alderi datole da JerFREYs nel 1858: ma pochi anni prima Woop, nel dubbio, come ForBrs ed HANLEY, che la specie mediterranea figurata da PrHILIPPI potesse essere identica alla specie inglese illustrata da ForBes ed HANLEY, aveva proposto per questa il nome . èntersecta, il quale per diritto di priorità deve essere adottato. La R. intersecta vivente nei mari inglesi e nel Mediterraneo ed Adriatico, è citata fossile a Monte Pellegrino e Ficarazzi da MonweRosATO come £. obtusa. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Cingulina) ventricosella n. sp. — Tav. XV [XLVII], fig. 67. Conchiglia globoso-conica, a spira breve, apice ottuso, composta di 4 anfratti molto convessi, rapida- mente accrescentisi in larghezza, divisi da suture profonde. Superficie liscia, ornata soltanto presso l’estre- mità posteriore dell’apertura da 4 a 5 strie spirali, le quali non si estendono oltre sull’ultimo anfratto, e, osservata al microscopio, sottilmente punteggiata e segnata da sottilissime e molto numerose linee assiali di accrescimento. Apertura ovale, anteriormente «dilatata: labbro columellare sottile diritto, con a lato una depressione e fessura ombelicale come nella Là. ertersecta: labbro sinistro fortemente ispessito e margi- nato all’esterno da un cercine ben delimitato e rilevato. Altezza . 6 , " ; 3 TOO MALI Larghezza o 5 ò S ò SIMMONS La forma più breve e più globosa dell’unico esemplare studiato, gli anfratti più convessi, la superficie liscia, e principalmente il forte e ben delimitato ispessimento del labbro esterno distinguono questa specie dalla precedente: come la forma pure più globosa, ma più ancora l’ispessimento del labbro la separano dalla A. fulgida Apams, cui per la mancanza di strie potrebbe avvicinarsi. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Rissoia (Alvania) cimex L. sp. — Tav. XV |XLVII], fig. 68, 69. (1766. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1293. — Zurbo). (1884. — BuoQuoy, DaurzEnBERG, DoLLEUS. Moll. mar. Rouss., vol. J, pag. 283, tav. XXXIII, fig. 10-12), È una specie nuova per il M. Mario, rappresentata in collezione da pochissimi esemplari. La superficie degli anfratti debolmente convessi è ornata di costicine assiali e di cordoncini spirali di quasi eguale grossezza, i quali intrecciandosi danno luogo ad un fitto reticolato a maglie quasi quadrate, leggermente più lunghe che alte, e nei punti d’intersezione a piccoli tubercoletti arrotondati. L'apertura è ovale, subrotonda, a labbro sinistro esternamente ispessito, ed internamente pieghettato. Altezza 3 ò , È ; ò mm. 3, ALA Larghezza . 0 ; ò 7 ò » 2,5 Gli individui di M. Mario sono conformi alla specie vivente nel Mediterraneo, di cui le ottime figure fotografiche di B. D. D. danno una ben precisa idea: ma mentre per la loro forma più tozza e più glo- bosa meglio che al tipo corrispondono alla var. Zreminvillea Risso !), per la maggiore piccolezza dei 1) Risso. Hist. Nat. Europe mérid., vol. IV, pag. 141, tav. IX, fig. 118. [373] 8. CERULLI-IRPLLI 199 tubercoletti all’incrocio fra costicine e cingoletti, i quali nei viventi spesso sono dei veri noduli perliformi, potrebbero costituire una var. apertifera. La AR. cimex è citata fossile nel post-pliocene calabrese (CREMA) e siciliano (ScaLia); FrscneR la cita di Rodi e la dice fossile pure a Taranto ed Ischia. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Alvania) Mariae n’Ors. — Tav. XV [XLVII], fig. 70-72. (1852. — D’OrBIGNY, Prodr. de Paltont, stratigr., vol. III, pag. 29, n. 378). (1884. — Buoquoy, DaurzENBERG, DoLLEUS. Moll. mar. du KRouss., vol. I, pag. 291, tav. XXXVI, fig. 7-10). 1854. Rissoa textilis Prin. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — _ — Conn. Op. còl., 1.3 ed., pag. 29. 1871. — _ _ —. Op. cit., 2.* ed., pag. 35. 1875. — - — Ponzi. Op. cit., pag. 2b. Caratterizza questa forma la spira conica acuminata composta di sei anfratti assai poco convessi, ed ornati di costicine assiali e cordoncini spirali numerosi e di quasi eguale grandezza, originanti nei punti d’intersezione robusti tubercoletti, dei quali una serie più grossa sormonta e contorna su ogni an- fratto le suture poco profonde, costituendo un precipuo carattere distintivo. L'apertura è ovale col labbro sinistro internamente pieghettato ed esternamente munito di un grosso cercine ispessito e ornato dai cordoncini spirali. Gli esemplari di M. Mario variano esclusivamente per numero e grossezza degli ornamenti assiali e spirali, ed io li riferisco alla /?. Mariae D’ORB. per il raffronto fattone colle figure degli autori dei IMollusques du Roussillon. Fra gli esemplari stessi trovo rappresentato tanto il tipo della specie figurato da B. D. D., quanto la var. rustica B. D. D., la quale secondo MontERosAto, CaRUS, KoBELT corrisponde alla £. Geryonia Brus., e si distingue dal tipo per tubercoletti meno numerosi e più forti, perchè meno numerosi e più grossi sono tanto le costicine assiali che i cordoncini spirali. Ma fra l'una e l’altra non è assolutamente possibile fare una distinzione specifica, onde ritengo la /. Geryonia var. di &. Mariae; e se la figura di B. D. D. rappresenta esattamente la specie di D’ORBIGNY, io convengo pienamente nell’opinione espressa dagli autori francesi. Tuttavia è stato fatto notare che la figura di B. D. D. è notevolmente diversa da quella di GratELOUP ! che D’OrBIGNY riferisce alla ft. Mariae, e perciò SAcco propone chiamare la forma figurata da B. D. D. var. progeryonia: ma se la diversità fra le due figure è innegabile, d’altra parte dal momento che gli autori francesi asseriscono di aver data figura di un esemplare tipico di £. Mariae della coll. D’ORBIGNY, non mi pare vi possa esser dubbio sull’interpretazione della specie: tutt'al più potrà discutersi se effettivamente ne sia sinonima la £. comex di GRATELOUP. Gli individui abbastanza rari che rappresentano questa specie a M. Mario erano stati riferiti, così nella collezione Conti, che nella coll. RIieacci, alla £. textilis Pain. Ma la specie di Priippi sembra avere gli anfratti più convessi, e la scultura fatta di costicine e cordoncini assai più sottili, giacchè PHILIPPI parla di “Vineis elevatis transversis longitudinalibusque confertissimis tenuissime cancellata ,. MoNnTEROSATO la considera sinonima di . punctura; B. D. D. la ritengono invece, benchè con dubbio, sinonima di A. reticulata MTe., specie questa spesso confusa colla X. Mariae, dalla quale tuttavia si distingue per gli i) GratELOUP. Conchyliol. des terr. tertiar. du bassin de l’Adour, tav. IV, fig. 53,54. 200 S. CERULLI-IRELLI [374] anfratti più convessi, l’ultimo più gonfio, per la mancanza del cingolo presuturale più grosso, l’apertura più arrotondata. Questa confusione rende difficile conoscere dove realmente la specie (R. Mariae) sia stata rinvenuta. Ma da ciò che leggiamo in ManzonI a proposito dell’ Alvaria Beanii HAnL. possiamo dire che la . Mariae si raccoglie nel pliocene a Castellarquato, a Siena; a Vallebiaia, a Livorno. Nel post-pliocene calabrese CREMA cita la £. Brocchiù WeriK., che ritiene sinonima di R. Geryonia Brus. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Alvania) cimicoides Forpes. — Tav. XV [XLVII]; fig. 73, 74. (1845. — FoRrBES. Rep. Brit. Assoc., pag. 189). (1867. — JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 14; vol. V, tav. LXVI, fig. 6). 1864. Rassoa crenulata Micn. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 29. (fide Manzoni) ®. is7à Pi — _ — Op. cit., 2. ed., pag. 35. (fide Manzoni). È anche questa una specie nuova per il M. Mario, e pur essa rara. Si distingue dalla precedente per gli anfratti assai più convessi, e per le suture distintamente scamalate. Le costicine assiali sono più robuste e più rilevate, mentre sottili sono i cordoncini spirali. Maggiore affi- nità la A. cimicoides ha colla £. reticulata Mre., ma ne è tuttavia ben distinta per anfratti più convessi e per suture più profonde e scanalate, oltre che per particolarità di scultura. Una buona figura della specie vivente, cui gli esemplari fossili di M. Mario mi sembrano conformi, troviamo in ForBES ed HAanLEY ?), ma sotto il nome di è. sculpta PHÙiz., in quanto detti autori credettero poter identificare la forma vivente con quella fossile descritta da PHILIPPI. Della . cimicoides fanno menzione PANTANELLI e DE STEFANI nel pliocene toscano, per Castellarquato Cocconi: Manzoni 3 la dice non rara a Vallebiaia, e la ricorda pure del post-pliocene di Rodi e Livorno; nel post-pliocene siciliano la cita MonTEROSATO. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Alvania) subcrenulata Scawarez. — Tav. XV [XLVII], fig. 75-77. (1869. — SCHwARTZ v. MOHRENSTERN in APPELIUS. Conch. del Mar Tirreno. Bull. malac. it., vol. II, pag. 191). (1884. — BucQuoy, DAUTZENBERG, DOLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. 1, pag. 293, tav. XXXVI, fig. 11-13). ? 1851. Rissoa sculpta. Pair. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 2 1875. — — — Ponzi. Op. cit., pag. 25. È specie abbastanza frequente, che ha caratteri apparenti di affinità colla R. cancellata, sebbene ne sia perfettamente distinta. Negli esemplari di M. Mario non noto variazioni rimarchevoli, e mi sembra che essi corrispondano al tipo oggi vivente, per quanto talora in questo i tubercoletti originantisi nei punti d’intersezione degli ornamenti spirali ed assiali siano più salienti ed aguzzi: ho tuttavia osservato individui viventi di Zara ') E sulla fede di Manzoni che io riporto in sinonimia le citazioni di R. crenu/ata di ContI, in quanto nella col- lezione ContI la specie manca. 2 ForBES a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, tav. LXXX, fig. 5,6. ec n - 3) MANZONI. Conch. foss. subapp., pag. 61. [875] S. CERULLI-IRELLI 201 che ai nostri fossili sono in tutto conformi. Nello stato giovanile la forma, come spesso anche nelle altre specie, è assai più raccorciata, coll’ultimo anfratto più gonfio. Riporto con dubbio alla R. suberenulata le citazioni di £. sculpta Puin. dei cataloghi di DE RAYNEVAL, e Ponzi, perchè mi sembra che ad essa meglio che alla £. comicoides possano riferirsi, per il fatto che la subcrenulata è assai più frequente, e che la figura di PHivippi per la scultura degli anfratti è assai più affine alla suberenulata che non alla cimicordes. La LR. sculpta dei cataloghi di ContI corrisponde invece, come abbiamo visto, alla A. zetlandica. La R. subcrenulata fu citata da AppeLIUS per Livorno; BruenonE la ricorda fra le conchiglie plioceniche delle vicinanze di Caltanisetta: è quindi specie poco conosciuta fossile. M. Mario: Farnesina. Rissoia (Alvania) scabra Pu, — Tav. XV [XLVII], fig. 78. (1844. — Puirtppi. Enum. Moll. Sie., vol. II, pag. 126, tav. XXIII, fig. 8). Posseggo di questa specie, non ancora conosciuta a M. Mario, due esemplari, i quali bene corrispondono alla descrizione di PHILIPPI circa il numero e la natura degli ornamenti spirali ed assiali, come per gli altri caratteri. Soltanto in confronto della figura di PaILIPPI i nostri esemplari sembrano avere l’ ultimo anfratto più alto, e meno gonfio. Gli individui di M. Mario sono più adulti di quello descritto da PHILIPPI. Altezza 7 ; : 4 - - mm. 3 Larghezza . o ; ò 5 6 » La £. scabra ha per forma affinità con la £. reticulata MTG., ma se ne separa a tutta prima per la diversa scultura, per la quale si avvicina alquanto alla /t. lineata Risso, rimanendone tuttavia distinta per le costicine meno forti e più obblique, per la spira più elevata, e l’angolo spirale meno aperto. Maggiori affinità ha con la £. Aglaia De Suer., dalla quale tuttavia la separano il minor numero e la maggiore grossezza delle costicine assiali e cingoletti spirali, e un maggiore ispessimento e più forte denticolatura del labbro sinistro. È una specie assai rara fossile, in quanto sembra conosciuta soltanto in Sicilia (SEGUENZA) e a Rodi (FiscHER). M. Mario: Farnesina (s gr.). Rissoia (Alvania) Aglaia Dr Srer. et Pant. — Tav. XVI [XLVII], fig. 1. (1888. — DE STEFANI. Zeon. nuovi molluschi plioc. int, Siena. Boll. Soc. mal. it., vol. XIII, pag. 231, tav. XI, fig. 40, 41). Rappresenta questa specie un solo esemplare, che mi sembra identico alla buona figura data dal DE STEFANI, il quale ne descrive pure le differenze colla £. reticulatu, che consistono nel minor numero delle linee o cingoletti spirali, e nella maggiore sottigliezza delle linee assiali onde ne risulta un reticolato a maglie più larghe. Altezza 5 : , È È s mm. 3 Larghezza . 5 È c È : VI Palaeontographia italica vol. XX, 1914. 202 S. CERULLI-IRELLI [376] Ha pure molta affinità colla KR. scabra PÒÙit., ma ne è sufficientemente distinta, come si è detto parlando della specie di PHILIPPI. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Rissoia (Alvania) lineata Risso. — Tav. XVI [XLVII], fig. 2,3. (1826. — Risso. Mist. nat. Europe mérid., vol. IV, pag. 142, tav. IX, fig. 120). (1884. — Bucquoy, DaurzenBERG, DOLLEUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 287, tav. XXXIV, fig. 5-9). È specie rarissima a M. Mario, come è sconosciuta altrove: B. D. D. tuttavia ne ritengono sinonima la A. rugulosa Arapas fossile nel post-pliocene siciliano: sinonimia che anche MonrERosaTo conferma. Più conosciuta è una specie affine la . Montagui con la quale, come gli autori francesi B. D. D. avvertono, la X. lineata è stata generalmente confusa. La distinguono gli anfratti più convessi a suture meno largamente canalicolate, e le costicine sull’ultimo anfratto non bruscamente interrotte alla periferia, ma continuantesi sebbene attenuate sulla parte superiore dell’anfratto stesso. I tre esemplari di M. Mario possono riferirsi alla forma più comune della specie vivente, per quanto due di essi, essendo assai giovani, abbiano forma più breve e più globosa di quelli figurati da B. D. D. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Rissoia (Alvania) reticulata Mrs. sp. — Tav. XVI [XLVII], fig. 4-9. (1807. — MontaG<. Test. Brit. Suppl., pag. 332. tav. XXI, fig. 1. — Zurbo). 1882. — Alvania cimicoides ForB. Zuccari. Cat. ert., pag. 15. È abbastanza frequente a M. Mario e, come la specie vivente, discretamente variabile per la scultura degli anfratti, per modo che alcuni individui tendono verso la R. punctura. Le variazioni consistono nella maggiore o minore elevatezza tanto delle linee spirali che assiali, e nel numero e grossezza di queste ultime, che sono da 16 a 22 sull’ultimo anfratto, cosicchè la superficie appare più o meno ruvida, e a maglie più o meno allungate rettangolari nel senso spirale: le costicine o linee assiali sull’ultimo anfratto sono più o meno fortemente attenuate sulla sommità. Ma restano costanti il numero delle linee spirali, che è di 6 a 7 sul penultimo anfratto e 12 a 14 sull’ultimo, e la forma convessa degli anfratti, a sutura pro- fonda, caratteri questi per i quali l’aspetto generale della conchiglia resta essenzialmente lo stesso in tutti gli esemplari. Gli individui a scultura più distintamente cancellata, più ruvida presentano affinità colla A. calathus ForBESs: ma il maggior numero delle linee spirali, come la maggiore larghezza del penultimo anfratto servono a farli da essa distinguere. Il maggior numero così delle costicine assiali che delle linee spirali serve a distinguere la . reticulata da altre specie affini, quali la £. Zhalia De StEF. e PanT., e la R. Aglaia pure degli stessi autori. Altra specie affine è la £. asperula Bruen. del pliocene siciliano, ma pure questa è caratterizzata da un numero assai minore di ornamenti tanto assiali che spirali. La R. cimicoides ha pure minor numero di cingoletti spirali, anfratti meno alti, più convessi e suture assai incavate, scanalate. La R. reticulata, non citata in nessuno dei cataloghi di M. Mario perchè confusa con altre specie, è conosciuta tanto dal pliocene che dal post-pliocene italiano. M. Mario: Farnesina. [377] S. CERULLI-IRELLI 203 Rissoia (Alvania) punctura Mra, sp. — Tav. XVI [XLVIII|], fig. 10-15. (1803. — MontaGu. est. Brit., vol. II, pag. 320, tav. XII, fig. 5D.— Z'urbo). (1853. — ForBEs a. HANLEv. Brit. Moll., vol. 111, pag. 89, tav. LXXX, fig. 8, 9) 1864. Zissoa striatissima De Rav. Coni. Op. cit., 1.3 ed., pag. 29. 1871. — _ - —_ Op. cit., 2.% ed., pag. 35. 1882. — punetura Mura. Zuccari. Vat. cit., pag. 15 (partim). L'esatta intepretazione di questa piccola /ssoîa si presenta tutt’altro che facile attraverso le varie illustrazioni che ne conosco per la vivente — fra le quali forse la migliore è quella originale di MontaGu — perchè in nessuna di esse è indicato con precisione il carattere della scultura che serve precisamente a distinguere la specie, la quale appartiene ad un gruppo di forme costato-striate, in cui le distinzioni spe- cifiche sono principalmente fondate su diversità quantitative nello stesso tipo di scultura, difficilmente ap- prezzabili senza l’aiuto di una buona figura o di sicuri esemplari di confronto. Fortunatamente per la /. punctura suppliscono le dettagliate descrizioni che ne danno gli autori inglesi (ForBes ed Hannry, JEFFREYS), descrizioni dalle quali si rileva che la specie è caratterizzata, oltre che dalla sua forma conico-ovale, con sei anfratti convessi, separati da suture profonde ma non incavate, prin- cipalmente dalla scultura assai finamente cancellata, fatta da numerose filiformi linee spirali, e numerosis- sime assiali, quelle spesso più forti e meglio evidenti di queste, le quali s’incrociano fra loro dando luogo ad un finissimo reticolato a maglie quasi quadrate, e talora più alte che larghe. Le linee assiali si attenuano e scompaiono sulla parte superiore dell’ultimo anfratto, sulla quale invece restano ben. evidenti le linee spirali. L'apertura è ovale-rotondeggiante, discretamente ampia, col labbro esterno internamente liscio ed esternamente varicoso. Per questi caratteri riferisco alla specie di MonraGu diversi individui raccolti fra le sabbie di M. Mario, le di cui comuni dimensioni sono: Altezza : o 2 è ; : mmi 13) Larghezza . ; 3 - : : » 1 In essi la forma come la scultura presentano una serie di sfumature di variazioni, che permetterebbero a chi ne avesse vaghezza la distinzione di parecchie varietà, distinzione che per conto mio non credo per altro di proporre, data la facile transizione da un tipo all’altro. Talora le sottili linee assiali sull’ultimo anfratto diventano obsolete insieme alle linee spirali, e l’anfratto appare liscio; tal’altra le linee assiali stesse si mostrano sull’ultimo anfratto accoppiate due a due, per modo che la scultura sembra fatta da costicine piatte e larghe. Alcuni esemplari presentano sull’ultimo anfratto dei rigonfiamenti assiali varicosi, talora in prossimità della varice labiale, che ne risulta come amplificata, allargata, tal’altra dal lato opposto dell’apertura o sul ventre dell’anfratto. La AR. punctura è conosciuta fossile nel pliocene piemontese: di Vallebiaia 1’ ha citata ManzonI, nel post-pliocene siciliano MonTERosATO, ed è parimenti conosciuta dal post-pliocene di Rodi, e nelle regioni settentrionali d'Europa. Woop l’ha citata con dubbio nel Crag Corallino, e la specie da lui figurata mentre sembra avere una scultura conforme a quella della specie vivente, presenta, come carattere differenziale, la denticolatura interna del labbro sinistro. M. Mario: Farnesina. 204. S. CERULLI-IRELLI [378] Rissoia (Acinopsis) cancellata Da Costa sp.— Tav. XVI [XLVIII], fig. 16-20. (1779— Da Cosra. Brit. Conch., pag. 104, tav. VIII, fig. 6,9. — ZVurbo). (1867. — JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 8; vol. V, tav. LXVI, fig. 3) 1854. Rissoa crenulata Mica. De Ray., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9. 1864. Conti. Op. cet., l.a ed., pag. 29. 1871. — — —_ — Op.rett., (2-2ed, (pag: 39. 1874. - Mantovani. Op. còt., pag. 41. 1875. — — — Ponzi. Op. ctit., pag. 25. 1882. — cancellata Da Costa. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. La scultura largamente cancellata a tubercoletti acuti spinosi e la presenza di un tubercoletto ottuso alla sommità della columella rendono facilmente identificabile questa elegante forma, e gli esemplari non rari che la rappresentano a M. Mario corrispondono al tipo oggi vivente, anche per il grado di sviluppo. Varia in essi il rapporto fra l'altezza e la larghezza della conchiglia, e in conseguenza l’ elevatezza della spira: come varia altresì il numero delle costicine assiali, da 15 a 20, ma senza che a questa diver- sità di scultura corrisponda una diversità di forma. Nei giovanissimi individui Je costicine sono assai larghe fra loro, e la. forma è quasi tanto larga che alta. Del resto l’accorciamento della spira nello stato gio- vanile è un carattere che potrei dire costante in tutte le specie di /tissoîa studiate. Alcuni individui pre- sentano sul dorso dell’ultimo anfratto una varice, e possono riferirsi alla var. varicosa B. D. D. Sono queste per altro lievi variazioni che non modificano l’aspetto generale della conchiglia. Sacco dice la R. cancellata frequentissima nell’astigiano, e come dal pliocene piemontese è conosciuta dal pliocene piacentino e bolognese: Manzoni la cita a Vallebiaia; è parimenti conosciuta dal post-plio- cene a Livorno, in Sicilia, a Rodi. M. Mario: Farnesina. Gen. Barleeia CLARK, 1855. Barleeia rubra Apawns sp. — Tav. XVI [XLVIII], fig. 21. (1795. — ADAMS. Trans. Linn. Soc., vol. III, pag. 64, tav. XIII, fig. 21, 22. — Turbo ruber). (1884. — BucQuoyr, DAUTZENBERG, DOLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 315, tav. XXXII, fig. 21, 22). 1882. Melania soluta Pair. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). L’unico individuo che riferisco alla Barlecia rubra si differenzia dalla forma vivente più comune sol- tanto per le sue dimensioni maggiori, chè ha un’altezza di mm. 5.5. Tuttavia anche nella specie vivente abbiamo una var. major, che raggiunge fino ai sette mm. di altezza, e che MonrERosATO riguarda come specie a sè (B. maiuscula), mentre altri autori la ritengono varietà della rubra. Io non so se l’esemplare ili M. Mario si identifichi perfettamente con questa f.* major che non conosco, ma data la perfetta cor- rispondenza di caratteri colla rubra è certo che esso non può rappresentarne che una varietà. La forma della conchiglia, come il grado di sviluppo ricordano assai da vicino la Nematurella Mene- ghiniana De StEF., ma questa ha il labbro sinistro esternamente ispessito, mentre nella 5. rubra, come nell’individuo di M. Mario, il labbro è semplice, sottile. L'individuo da me studiato era nella coll. RieAccI riferito alla Melania soluta Prin. insieme con altri spettanti invece all’Odontostomia conoidea: la Melania soluta della coll. ContI è pure Odontostomia: è assai pro- babile che anche le citazioni dei cataloghi di De RAYNEVAL e Ponzi si riferiscano a specie di Odontostomia. [379] S. CERULLI-IRDLLI 205 La 5. rubra, conosciuta anche nel miocene, è notata fra le specie raccolte a Vallebiaia da MANZONI: in Calabria (Astiano e Sahariano) la ricorda SEGUENZA. M. Mario. Gen. Rissoina D’'ORB., 1840. Rissoina (Zebinella) decussata Mra. sp. — Tav. XVI [XLVIII], fig. 22, 23. (1803, — Monnagu. Test. Brit., vol. II, pag. 399, tav. 15, fig. 7. — Melia). 1864. Melania decussata Desu. Conn. Op. cît., 1.4 ed., pag. 28. 1871. —_ i - — Op. cu., 2. ed., pag. 35. Gli esemplari di M. Mario si differenziano dalla forma vivente e fossile più comune per una mag- giore depressione degli anfratti, e per la scultura fatta da esili costicine o linee assiali assai più nume- rose, per modo che sull’ultimo anfratto se ne contano da 55 a 60. Tuttavia anche nella specie vivente, come nota Scawartz v. MonBRENSTERN !, la scultura è soggetta a notevole variazione, ed io perciò ritengo che gli esemplari di M. Mario non rappresentino altro che una varietà (var. densecosticillata) della £. decussata, varietà che mi sembra rappresentata anche fra gli esem- plari del pliotene piemontese. L’ esemplare completo di cui dò figura, trovato nella coll. Rieacci fra individui di Cerithium, ha le linee assiali e spirali assai depresse e la superficie, particolarmente sull’ultimo anfratto, appare come pun- teggiata. Una scultura corrispondente ho osservato in esemplari di £. obsoleta PaRTSCA, ma in questa è poi diversa l’apertura, e gli anfratti sono più convessi. * È a M. Mario una specie rarissima: oltre l'esemplare della coll. RigAccI non ne conosco che altri due individui assai incompleti nella coll. Conti. Sacco invece la dice piuttosto frequente nel pliocene astigiano: è conosciuta pure dal pliocene senese e in Calabria; a Vallebiaia Manzoni la dice frequente. Nel miocene è anche più diffusa. M. Mario: Farnesina (s. gr. e s. g.). Fam, Capulidae Frrussac, 1821. Gen. Capulus Montrort, 1810. Capulus hungaricus L. sp. — Tav. XVI [XLVIII), fig. 24-36. (1776. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1259. — Patella). 1854. Pileopsis ungarica Lg. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9. 1858. = — — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. -_ — — Conti. Op. cit., 1.8 ed., pag. 27. 1864. — cornucopiae Lx. Conti. Ibid., pag. 27. 1868. — ungarica — Mantovani. Op. eit., pag. 16. 1871. _ _ — Conm. Op. cit., 2.* ed., pag. 34. 1871. — èntortus — — Ibd., pag. 34. 1) ScHwaRTZ v. MoHRENSTERN. Ueb. Famil. d. Rissoiden u. Gatt. Rissoina, pag. 80 206 S. CERULLI-IRELLI [380] 1871. Pileopsis cornucopiae Lx. Conti. Ibid., pag. 34. 1874. Capulus ungaricus Sow. Mantovani. Op. cit., pag. 42. 1874. — cornucopiae Mantovani. Ibid., pag. 43. 1875. Pileopsis ungarica L. Ponzi. Op. cit., pag. 20, 25. 1882. — - — Zuccari. Cat. cit., pag. 14. Di questa specie comunissima si raccolgono nelle sabbie del M. Mario copiosi individui, ed in note- vole grado di sviluppo. Variano assai notevolmente la forma ed anche la scultura esterna della conchiglia per evidenza mag- giore o minore delle numerose strie che irradiano dall’apice, le quali sono anche più o meno flessuose e più o meno regolarmente alterne: variabilità questa che ha dato origine perfino a creazioni di tipi spe- cifici distinti, oltre che di numerose varietà delle quali parecchie sono anche rappresentate a M. Mario. Tuttavia queste modificazioni di forma e scultura sono in dipendenza sia dell ’età dell’ animale, sia anche da cause esterne, e perciò a me sembra di poca utilità farne particolare menzione nella loro non limitata moltiplicità. È interessante qualche caso di mimetismo rappresentato da individui che imitano la forma dell’ Zso- cardia cor, simulando persino l’ apparato cardinale, ed una certa depressione lunulare (Tav. XVI [XLVIII], fig. 34). M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno. C. hungaricus var. Tapparoneiana Cocc. sp. — Tav. XVI [XLVIII], fig. 37-39. (1873. — Cocconr. Enum. Moll. Parma e Piacenza, pag. 206, tav. IV, fig. 24-27). Distingue questa varietà la sinuosità del margine posteriore, subapicale, della conchiglia, sinuosità che talora diventa tanto pronunziata fino a provocare la rottura del margine e lo spostamento delle due parti. A questa particolarità di forma corrisponde la scultura fatta di strie più uniformi, più rilevate, più av- vicinate fra loro, meno flessuose, assumenti negli adulti l’aspetto di sottili costicine : nei giovani esse sembrano come accoppiate due a due. Fra gli esemplari da me studiati ve n’ha uno che presenta ben marcata l’interruzione del margine, e corrisponde perfettamente all’ individuo figurato e descritto da Cocconi come specie nuova, Capulus Tapparoneianus. Tale specie, sebbene con dubbio, venne conservata e citata anche da Sacco, il quale la riferì al genere Brocchia. Ma il carattere precipuo che secondo Cocconi e Sacco distingue questa forma è a mio parere un’accidentalità patologica e quindi non può ritenersi carattere di distinzione specifica, mentre la lieve differenza di. scultura può esser soltanto buon carattere per la creazione di una varietà. È facile osservare, quando si dispone di un discreto numero di esemplari di C. Aungarieus, come il margine della conchiglia si presenti talora bizzarramente frastagliato, sinuoso, evidentemente in relazione della superficie che ha servito d’attacco all'animale. Mentre negli individui che per il carattere della scul- tura riferisco alla var. Zapparoneiana ho potuto d’altra parte notare vari gradi nella sinuosità del mar- gine, che nel più adulto si riduce semplicemente ad una ondulazione del margine stesso. M. Mario: Farnesina. Gen. Brocchia Bronn, 1831. Considero le Brocchia genere a sè, anzichè sotto-genere di Capulus, in quanto alla particolare pieghet- tatura del lato sinistro, ed alla caratteristica solcatura ed ondulazione del lato destro fa riscontro una [881] S. CERULLI-IRELLI 207 diversità della impressione muscolare, che è asimmetrica alle due estremità, ed è interrotta verso il lato destro, anzichè posteriormente come nei Capwlus. Inoltre tutte le Broccehia sono forme estinte. È un gruppo di forme assai variabili, per modo che da taluni autori esse furono divise in un gran numero di specie, mentre altri le riunirono tutte in una sola, o tutt'al più in due. Per quanto la pie- ghettatura del lato sinistro permetta raggruppare le varie forme in tipi diversi, e quindi sembrerebbe poter siustificare una distinzione specifica, pure l’osservazione dei non scarsi individui avuti in esame mi ha fatto convinto, che debba trattarsi di un’unica specie. In effetti la particolare scultura del lato sinistro, sulle cui differenze è fondata principalmente la distinzione delle varie specie, è, si può dire, una scultura di adattamento, mentre la scultura propria della conchiglia è un’assai superficiale striatura, fatta di strie ondulate, irradianti dell’apice, più o menòd sottili, valora quasi del tutto obsolete. Da individui assolu- tamente privi di pieghe sul lato sinistro, ad altri nei quali si osserva una leggera e superficiale ondu- lazione, si passa ad individui in cui il lato sinistro è segnato da grosse pieghe divise da solchi più 0 meno profondi, pieghe che in altri si estendono anche su parte del lato destro. Ma l’orientamento di queste pieghe, il loro numero, come la loro ampiezza, variabili da individuo a individuo dimostrano che tale ornamentazione è dovuta a cause esteriori, tanto più che alle differenze che in essa si osservano non fa riscontro alcuna diversità nei caratteri generici; mentre vi hanno individui nei quali si nota che alle pieghe corrispondono altrettante rotture e risaldature esterne della conchiglia, le quali evidentemente dimo- strano i disturbi subiti dalla conchiglia nel suo normale accrescimento, e l’adattamento alla superficie d’attacco. Si era creduto dagli autori, che fecero nelle Brocchia numerose distinzioni specifiche, di trovare differenze anche nell’impronta muscolare, e Bronni diede per ogni specie la forma dell’impronta. Ma osser- vando parecchi individui mi è stato facile constatare come l’impressione muscolare sia perfettamente corri- spondente in individui a scultura diversa, e diversa invece in individui aventi la stessa pieghettatura esterna, e notare come la sua posizione e forma siano piuttosto in dipendenza della forma più o meno gib- bosa o allungata della conchiglia, per quanto neanche in modo assoluto. Brocchia laevis Brn. — Tav. XVII [XLIX], fig. 1, 2. (1831. — Bronw. Ital. tert. Gebild., pag. VIII e 82, tav. III, fig. 1). 1871. Brocchia laevis Bronn. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 34. 1882. _ — Zuccari. Cut. cit., pag. 14. Dal momento che la pieghettatura del lato sinistro deve, come anche altri autori ritengono, considerarsi un'anomalia, dovuta a modalità diverse di aderenza a corpi estranei, ed alla diversità di questi, io ri- tengo che specie tipica debba considerarsi la forma liscia, e cioè la Br. Zaevis, e le altre variazioni di questa, perchè mi sembrerebbe illogico considerare varietà quella che è la forma naturale della specie. La Br. laevis è distinta precisamente dalla mancanza di pieghe sul lato sinisto e fors’anche da una minore asimmetria dell’ impronta muscolare; ma 1’ estremità sinistra è sempre più breve della destra e situata inoltre assai più in alto, verso l'interno della conchiglia, di quanto non sia l’impronta destra che è più marginale. M. Mario: Farnesina. Br. laevis var. pileata n. var. — Tav. XVII [XLIX|, fig. 3. E caratterizzata dalla sua forma molto elevata, a base ristretta subrotonda, ad apice sporgente oltre la linea marginale posteriore: la sinuosità del margine laterale destro è meno accentuata: l’impressione ® re 208 S. CPRULLI-IRELLI [382] muscolare è assai più fortemente asimmetrica, l’estremità sinistra più grande, più ampia giungendo fin quasi alla linea mediana dorsale, mentre la destra non giunge neanche a metà del lato destro. o Diametro antero-posteriore 7 ; i mm. 26 ” trasversale , . ; ; » 24 Altezza. ò 7 7 b ; : » 25 vicorda alquanto la forma dell’HMipponya cornucopiae, ed ha proprio l’aspetto di un berretto. Il bell’esemplare che rappresenta questa varietà è della coll. Grassi. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Br. laevis var. lunulata n. var. — Tav. XVII [XLIX], fig. 4,5. Si distingue per una piega ad arco a sinistra dell’apice la quale delimita una depressione simulante la lunula dei Pelecypoda. La piega si prolunga fino al margine, e il margine posteriore della conchiglia si presenta sollevato in ampio arco. La depressione è evidentemente dovuta ad un disturbo nell’acere- scimento in quanto essa corrisponde ad una rottura subita dalla conchiglia. Il lato sinistro, depresso al margine, porta delle pieghe o rughe obblique, trasversali, assai super- ficiali, quasi indistinte. La forma della conchiglia è piuttosto depressa, a striatura superficiale abbastanza manifesta, coll’impres- sione muscolare fortemente asimmetrica. Di M. Mario ne conosco cinque individui, i quali per le loro pieghe rudimentali a sinistra costituiscono un termine di passaggio fra la forma tipica normale e la forma seguente, sinuosa. M. Mario: Farnesina. Br. laevis var. sinuosa Br. sp. — Tav. XVII [XLIX], fig. 6-11. (1814. — Broconr, Conch. Yoss, subapp., vol. II, pag. 257, tav. I, fig. 1. — Patella sinuosa). 1854. Brocchia sinuosa Bronn. De Ravy., V. p. H., Ponzi. Cat. cil., pag. 9. 1858. — _ — Ponzi. Nota cit., pag. 599. 1864. - - - Conri. Op. cit., 1. ed., pag. 27. 1868. -- _ - Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. _ — Con. Op. ci., 2.* ed., pag. 34. 1874. - -- — Mantovani. Op. ciòt., pag. 43. 1875. — - — Ponzi. Op. còt., pag. 20, 25. 1882. _ - — Zuccari. Cat. cit., pag. 14. La pieghettatura del lato sinistro della conchiglia presenta notevoli variazioni sia «per la grossezza e numero delle pieghe, sia per la loro disposizione. In alcuni individui esse sono longitudinali arcuate, estese da sotto l’apice fino all’estremità anteriore della conchiglia e somigliano alle coste di certi pettini; in altri esse sono obliquamente dirette dall’avanti all’indietro, e si prolungano, senza assottigliarsi, sotto l’apice, dove anzi appaiono più manifeste per maggiore profondità dei solchi che le separano. Per altro ciascuno dei sette od otto individui che si possono riferire a questa forma presenta per la direzione, forma ed estensione delle pieghe variazioni rispetto agli altri. La superficie in alcuni è quasi liscia, in altri è sottil- mente, ma evidentemente striata da strie ondulate, superficiali che irradiano dall’apice. La sinuosità del margine destro è variabile per ampiezza e profondità, come variabili per evidenza sono il caratteristico RE O Oo, __——_mm6m6@@Ò@6@——_—’—’’—@— v’e’_@——_——_—_—_—r’oprm [383] 8. CERULLI-IRPLLI 209 solco e la zona rugosa che dall’apice discendono ad arco sul margine destro, il quale in corrispondenza presenta in qualche individuo una curiosa appendice allungata, anteriore al seno marginale. La Br. sinuosa dovrebbe per ragioni di priorità esser scelta come specie tipo, ma, come ho già detto, mi parrebbe assai strano che si dovesse considerare come forma tipica un'anomalia, e varietà invece il tipo nor- male della specie, che a mio credere è la Lr. luevis. La var. sinuosa è conosciuta in Italia tanto di giacimenti pliocenici che post-pliocenici. M. Mario: Farnesina . Br. laevis var. Cornaliaeana Cocc. sp. — Tav. XVII [XLIX], fig, 12-18. (1573. — Cocconi. Znum, sist. Moll. mioc. e plioc. Parma e Piacenza, pag. 209, tav. V, fig. 6-0). Gli esemplari da me studiati sono tutti notevolmente più adulti di quello descritto e figurato da Coc- CONI, e con un numero di pieghe sempre minore, che oscilla da 4 ad 11 - diversità questa del resto di poca importanza, precisamente perchè osservo, che il numero delle pieghe è assai variabile. È a M. Mario forma più comune della sir4osa, dalla quale si distingue per il fatto che le pieghe del lato sinistro brevi, forti, meno ampie, separate da solchi larghi e profondi, partono dal margine posteriore e laterale sinistro, il quale per effetto loro è fortemente dentellato, frangiato, e sono dirette dal basso in alto verso il dorso della conchiglia. Ma la direzione ed estensione di queste pieghe è assai variabile: esse sono talora quasi verticali, tal’altra come convergenti ad arco verso l’apice, tal’altra più o meno fortemente incli- nate verso la parte anteriore della conchiglia, per modo da dinotare un graduale passaggio alla var. sinuosa. Esse sono in alcuni individui estese fin sulla sommità del dorso della conchiglia, in altri limitate invece a breve distanza dal margine. Il seno del margine destro è più o meno ampio, ma sempre profondo, come più 0 meno sporgente è l’appendice del margine, anteriore al seno stesso; altro seno, ma assai meno accen- tuato, si osserva sul margine anteriore in corrispondenza del solco di depressione longitudinale che sta sul dorso della conchiglia, ma la cui posizione è variabile da individuo ad individuo, talora spostato verso sinistra, ma più comunemente verso destra, e non sempre nella stessa misura, nè sempre allo stesso modo evidente. La forma della conchiglia è in generale più gibbosa che nella sinuosa, e l'apice più breve. La var. Cornaliacana, rappresentata a M. Mario da diversi individui, è fossile nel pliocene piacentino, nel senese e bolognese, come mi dimostrano alcuni belli esemplari esistenti nella collezione dell’Istituto geologico. . M. Mario: Farnesina. Br. laevis var. Contii mut. nom. — Tav. XVII [XLIX], fig. 19-22. (1864. — Contri. Il M. Mario ed i suoi foss., pag. 27 e 44. — Pileopsis depressa). 1854. Pileopsis sp. n. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9 e 16. 1864. — depressa n. sp. Conti. Op. cît., 1.* ed., pag. 27 e 49. 1871. —_ _ _ — Op. cit., 2.* ed., pag. 34 e 54. 1882. Brocchia — Conti. Zuccari. Cat. cit., pag. 14. E caratterizzata dalla sua forma ovale, più o meno depressa, e subequilaterale, coll’apice situato molto indietro e inclinato a sinistra. La superficie, densamente e minutamente striata da strie radiali, interrotte, increspate dalle linee di accrescimento ondulate, è coperta di coste o pieghe longitudinali, che sembrano Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 Dr 210 S. CERULLI-IRELLI [384] in parte come irradianti dall’apice. Esse in numero di 7 a 10 sono depresse, e soltanto presso il margine ben manifeste: coprono tutto il lato sinistro e parte del lato destro della conchiglia fino al caratteristico solco di depressione, rendendo il margine laterale ed anteriore profondamente dentellato. Il solco di depres- sione laterale a destra è appena accennato, come assai poco pronunziato il seno del margine. L'impressione muscolare fortemente asimmetrica è claviforme ad entrambe le estremità. Diametro antero-posteriore . o o o . o mm. 27 — 23 » trasversale . o c È - 7 ” » 23 — 21 Altezza . 6 5 . ; à G 6 5 . » 10 — 6 È questa la forma che Conti descrisse come specie nuova sotto il nome di PiZeopsis depressa, nome che son dolente dover cambiare per l’esistenza di una Br. depressa JAN, considerata varietà di Br, laevis, e di altra Pileopsis depressa CaLcara. Essa fu pure riconosciuta come nuova da De RAYNEVAL, ed illustrata nelle sue tavole postume (tav. IV, fig. 4,5), ma senza nome. La sua forma depressa, più regolare, la poca evidenza del solco laterale di depressione, e il seno del margine appena manifesto ne sembrerebbero buoni caratteri distintivi colla Br. laevis e colle altre forme innanzi descritte: ma tuttavia a me non sembra si possa parlare di distinzione specifica. In uno degli esemplari spettanti a questa varietà (tav. XVII [XLIX], fig. 22 @, 5) ho avuta ventura di tro- vare intatta l'impronta della superficie che ha servito d’attacco all'animale. Essa è probabilmente l’impronta della valva di un Pecter, ed osservandola si vede chiaramente come le pieghe o pseudo-coste della Brocchia corrispondono sul margine precisamente alle coste della, valva su cui l’animale s’era in vita attaccato. È questa una constatazione interessante, che viene a dare appoggio all’ ipotesi, che la speciale costolatura delle Brocchia sia accidentale, sia cioè una scultura di adattamento. M. Mario: Farnesina. Fam. Calypitraeidae Broperrr, 1535. Gen. Calyptraea LaAmarcK, 1799. Calyptraea chinensis L. sp. — Tav. XVIII [L], fig. 1-11. (1766. — LiNnNEO. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1257. — Patella). 1854. Calyptraea chinensis L. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9. 1864. - — _— Comm. Op. cit., 1.* ed., pag. 2%. 4 1864, —_ muricata Br. e, var. testa conica. Conti. Ibid., pag. 27. 1864. Calypeopsis striata Say. Conti. Ibid., pag. 27. 1868. Calypiraca chinensis L. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1868. — murtîcala Br. var. testa conica. Mantovani. Ibid., pag. 16. 1871. — chinensis L. Coni. Op. cit., 2.3 ed., pag. 34. 1871. — muricata Br. e var. testa conica. Br. Conti. Ibid., pag. 34. 1871. Calypeopsis striata Say. Conti, Ibid., pag. 34. 1874. Calyptraea chinensis Br. Mantovani. Op. cit., pag. 42. 1874. —_ muricata Br. e var. testa conica Br. Mantovani. Ibid., pag. 42. 1875. _ chinensis L. Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25. 1882. — —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 14. 1882. — muricata Br. e var. testa conica Br. Zuccari. Ibid., pag. 14. 1888. - chinensis L. CLerIcI. Loc. cit., pag. 108. ® A E o ta E ME NOI, [385] S. CERULLI-IRELLI . 211 È specie comunissima, e discretamente variabile per dimensioni, convessità ed ornamentazione della conchiglia. V’hanno individui a conchiglia quasi completamente depressa, altri a conchiglia conica elevata, per modo che si possono distinguere la var. depressa e la var. conica indicate da Woop. Una curiosa ano- malia di forma è rappresentata da un individuo che ha il margine della conchiglia piegato ad angolo, e diretto verticalmente in basso; rassomiglia ad un piccolo nido, e lo chiamerò perciò anom. cubili- formis (Tav. XVIII [L], fig. 11 a, 0). La superficie è talora liscia, semplicemente rugosa come nel tipo, tal’altra più o meno distintamente e densamente squamosa come nella C. muricata BR., che ben a ragione è considerata semplice varietà della chinensis, perchè dall’una all’altra si passa tanto gradatamente che una netta distinzione non è affatto possibile. In alcuni individui la superficie della conchiglia, particolarmente al margine, si presenta irregolarmente e più o meno fortemente pieghettata; e su tale carattere si sono istituite diverse varietà (plicata GRaT., crispata Cocc., Moniciù Gu., pseudo-Brocchia De FRANCcHIS). Ma evidentemente è scultura dovuta alla po- sizione della conchiglia, facilmente sopra bivalvi costate, che non presenta perciò alcun carattere costante e si riscontra anche oggi in individui viventi. La Calypeopsis striata dei cataloghi di ContI è rappresentata. da questi individui a scultura anomala. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa (fide CLERICI). Gen. Crepidula LAMARCK, 1799. Crepidula crepidula L. sp. — Tav. XVIII [L], fig. 12-27. (1776. — LiNNnEO. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1257. — Patella). 1854. Crepidula cochlear Bast. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9. 1854. _ ungquiformis Lr. — _ — lbd., pag. 9. 1864. — cochlear Bast. Conmi. Op. ci., 1.a ed., pag. 27. 1864. - unguiformis Lx. — Ibid., pag. 27. 1868. _ cochlear Bast, MantovanI. Op. cit., pag. 16. 1868. — ungquiformis Lr. — Ibid., pag. 16. 1871. - cochlear Basr. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 34. 1871. - unguiformis Ur. — Ibid., pag. 34. 1875. - cochlear Basn. Ponzi. Op. cit., pag. 20, 25. 3 1875. — unguiformis Lx. — Ibid., pag. 20 e 25. 1882. _ gibbosa Derr. Zuccari. Cat. cit., pag. 14. 1882. — unguiformis Lx. — Ibid., pag. 14. È specie assai comune a M. Mario e variabilissima in dipendenza del suo modo di esistenza. Variano- immensamente il contorno della conchiglia e la forma; questa talora è completamente piana, talora più o meno convessa, tal altra fortemente concava: per altro i giovanissimi individui, nei quali si osserva anche la breve spira depressa avvolta a destra, hanno costantemente forma più o meno convessa. Varia altresì la spessezza della conchiglia: questa è generalmente assai sottile, ma in alcuni individui invece notevolmente ispessita. Variano parimenti la forma e profondità del seno, a destra, del septwm interno, come più o meno ret- tilineo, e talora anche fortemente sinuoso si presenta il margine libero di detto septum. Qualche rarissimo individuo (Tav. XVIII [L], fig. 27) ha la superficie della conchiglia longitudinalmente. pieghettata, evidentemente per effetto di aderenza su qualche valva di conchiglia costata. 212 S. CERULLI-IRELLI [886] Ora tutte queste variazioni potrebbero servire, come hanno servito, alla creazione di distinte varietà: distinzione che io credo affatto inutile — a meno di non voler creare quasi per ogni individuo una va- rietà — in quanto la variabilità di forma dipende dall’adattabilità dell’animale all'ambiente in cui vive. Questa stessa spiccata variabilità di forma, e la constatazione che nello stato giovanile la conchiglia è convessa, mi inducono per di più a pensare che la ©. gibbosa non sia altro che la forma convessa della C. crepidula. Tali sono certamente gli individui di M. Mario riferiti alla gibbosa. La C. gibbosa DEFR., che pare corrisponda alla vivente C. Moulinsi MicH., viene distinta dalla crepidula per la sua forma convessa, per la conchiglia assai più spessa, rugosa all’esterno. Ma nessuno di tali caratteri ha importanza per la distinzione, perchè anche in forme depresse o concave troviamo la conchiglia assai ispessita, come d’altra parte i giovani individui hanno tutti forma più o meno convessa. Che daltronde la conchiglia nel primo stadio di esistenza sia convessa lo dimostra anche il fatto di non pechi individui adulti a conchiglia sottile fortemente depressa od anche concava, che hanno conservata senza deforma- zione l'embrione, per dir così, e questo è convesso. Io credo in conseguenza che la condizione normale della conchiglia è di essere a forma convessa, e che essa diventi piana ed anche concava per adattamento, per deformazione: e non credo quindi si possano fare distinzioni specifiche. M. Mario: Farnesina. Fam. Xenophoridae Despayes, 1564. Gen. Xenophora FiscHer v. WaLpHEIM, 1807. Xenophora crispa Kénre sp., — Tav. XVII |L], fig. 28-35. (1825. — KONIG. Icones fossilium sectiles, tav. V, fig. 58. — Trochus). 1854. Phorus crispus Kòn. De Rav. V. p. H., Ponzi. Cut. cit., pag. 11. 1858. — _ — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — _ — Conti. Op. cît., 1.* ed., pag. 32. 1868. — _ — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. — — — Conn. Op. cit., 2.* ed., pag. 38. 1875. — _ — Ponzi. Op. cit., pag. 20, 26. 1882. Xenophora commutata Fiscner. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. - -_ _ CLeRrIcI. Loc. cit., pag. 109. 1896. _ Irinacria _ Meri. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 78. È veramente rimarchevole l’abbondanza degli individui riferibili a questa specie nelle sabbie del M. Mario, tutti in ottimo stato di conservazione, data la solidità della conchiglia, e in un grado medio di sviluppo abbastanza notevole, in quanto il diametro medio basale degli individui studiati oscilla frai 4 e 5 centimetri. i Variazioni notevoli la specie non presenta: variano l’elevatezza della spira, la convessità degli an- fratti, l'evidenza e il numero dei cingoli basali increspati, l'apertura dell’ombelico, il quale è ora ampia- mente aperto infundibuliforme, ora quasi completamente ricoperto dalla callosità peristomale. Tuttavia le diverse variazioni passano così insensibilmente l’una all’altra, che a me non sembra pos- sibile nè utile fare distinzioni. sù [887] 8. CRERULLI-IRELLI 213 FiscHER! in uno studio monografico su questa specie la vuole scissa in due forme, di cui una, pro- pria del pliocene astigiano, chiama X. commutata, e l’altra, del post-pliocene siciliano, X. trinacria, rigettando il nome crispa per imprecise indicazioni. Ma le osservazioni del FiscHER per quanto esatte non sono tuttavia da generalizzare a tutti gli esem- plari. In vero nel pliocene astigiano le dimensioni degli individui che vi si incontrano superano di molto quelle indicate da FrscHeR, raggiungendo perfino i 50 mm. di diametro basale, come ci indica Sacco. Nè l’ombelico aperto è carattere costante: esso è di solito ampiamente aperto nei giovani, coperto negli adulti; ma come vi sono adulti con l'ombelico aperto, così si incontrano giovani con l’ombelico chiuso, senza che per altri caratteri si notino differenze fra gli uni e gli altri. Tale constatazione fece anche Di FrancHIS?, ma egli volle trovare delle differenze principalmente nella scultura basale fra gli individui dell’a- stigiano e del senese corrispondenti alla X. commutata, quelli di M. Mario, e quelli del post-pliocene del- l’Italia meridionale, i quali ultimi furono distinti da FiscHER come X. trinacria. Le differenze, che DE FrancHIS ha creduto riscontrare fra gli individui di M. Mario e quelli dell’astigiano e senese per le quali egli ha concluso, che la forma di M. Mario è intermedia fra la commutata e la trinacria forse derivano dal limitato numero di esemplari che De FrancHIS ha avuto in osservazione. In effetti così negli individui di M. Mario che in quelli dell’astigiano l’ombelico ora è ampiamente aperto ora completamente coperto ; e perfettamente corrispondente è la scultura basale, per quanto variabile: chè anzi dovrei dire che negli individui di M. Mario in generale i cingoletti basali sono più numerosi che in quelli dell’astigiano, al contrario di quanto osserva De FrancHIs. E inoltre l’esame di numerosi individui mi dimostra che il carattere della scultura basale, ritenuto da De FrancHIS buon carattere distintivo, tale non può con- siderarsi, perchè esso è sommamente variabile. Così mentre vi hanno individui a M., Mario con i cingoli basali ben rilevati e fortemente granulosi, ve ne sono altri. che, pur corrispondendo in tutto ai primi, hanno per altro la base subliscia coni cingoli basali quasi obsoleti, solo fortemente segnata da evidenti strie di accrescimento arcuate, come precisamente nella X. trinacria. Tuttavia avendo potuto esaminare quattro esemplari di Xenophora del post-pliocene siciliano, ho notato, che, pur non tenendo conto della scultura basale, essi hanno nell’insieme un aspetto leggermente diverso da quello della generalità delle Xenophora di M. Mario, e che consiste nella minore capacità agglutinante della conchiglia, e in una conseguente maggiore sottigliezza del guscio, nella maggiore con- vessità degli anfratti e nella loro più regolare sovrapposizione. Ma tali differenze, che meriterebbero di esser controllate su maggior numero di esemplari, perdono molta della loro importanza, in quanto fra gli ‘esemplari di M. Mario ne trovo alcuni che per forma di anfratti, e successione loro corrispondono quasi perfettamente agli individui del post-pliocene siciliano, ma sono nel tempo stesso collegati da così gra- duali passaggi con gli altri più comuni, che sarebbe impossibile farne distinzione. In conseguenza io ritengo che la Xenophora di M. Mario è perfettamente corrispondente a quella che si incontra nel pliocene dell’alta Italia; che la Xenophora del post-pliocene siciliano ne potrebbe esser localmente distinta come varietà, ma che tuttavia essa è strettamente collegata alla forma più antica da forme di passaggio che ne rendono la distinzione poco netta. Ultima questione è quella del nome da dare alla specie: ma a questo riguardo convengo pienamente ‘con Sacco nella nessuna convenienza di sostituire il nome già universalmente noto e da lungo tempo in uso. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. i) FiscHER. Note s. la Xenophora crispa KòNnIG. Journ. Conch., vol. XXVII, pag. 210. 2) Dn FraNncHIS. Molluschi post-pliocenici del bac. di Galatina. Boll. Soc. mal. it., vol. XIX, pag. 184. [388] 214 S. CERULLI-IRELLI Fam. Lamellariidae Fiscaer, 1887. Gen. Lamellaria Montaco, 1815. Lamellaria perspicua L. sp. — Tav. XIX [LI], fig. 1. (1776. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1250. — Helix). 1864. Lamellaria perspicua L. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 30. 1871. Cryptocella tentaculata Mont. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 36. 1882. Lamellaria perspicua L. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1895. — _ — Metri. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 142. Non ostante la fragilità della conchiglia esistono di questa specie nelle collezioni di M. Mario alcuni esemplari giovani, i quali sono conformi alla specie oggi vivente nel Mediterraneo. In questi giovani individui la spira, quasi per nulla sporgente. è composta di un anfratto e mezzo, per modo che essi hanno aspetto alquanto differente dagli adulti. Forma giovane perfettamente corrispondente è quella del Crag inglese illustrata da Woop col nome: di Marsenia tentaculata M1e., sinonimo di L. perspicua. In Italia la L. perspicua è citata da Secuenza in Calabria (astiano) e da MontERosato per Monte: Pellegrino. M. Mario: Farnesina. Fam. Vatieidae Forprs et Hanuey, 1853. Gen. Natica Apanson, 1757. Natica millepunctata Lx. — Tav. XIX [LI], fig. 2-17. (1822. — LAMARCK. Hist. nat. Anim. s. Vert., vol. VI, p. II, pag. 199). 1854. Natica maillepunctata Lr. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 10. 1854. — tygrina Deer. De Ravy., V. p. H., Ponzi. Ibd., pag. 10. 1858. — —_ — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — mallepunctata Lx. Conti. Op. ert., 1.° ed., pag. 30. 1864. — tigrina Derr. Conti. Ibid., pag. 30. 1868. — mallepunciata Lx. Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1868. — tigrina Derr. Mantovani. /bid., pag. 16. 1871. — millepunciata Lx. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 36. 1871. —. tigrina Derr. Conti. Ibid., pag. 36. 1874. — maillepunctata Lx. Mantovani. Op. cit., pag. 42. 1874. — tigrina Deer. Mantovani. Ibid., pag. 42. 1875. — millepunctata Lx. Ponzi. Op. cîit., pag. 20, 25. 1875. — tigrina DerR. Ponzi. Ibid., pag. 20, 25. 1881. — millepunctata Lx. MeLi. Loc. cit., pag. 451. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1882. — digrina Derr. Zuccari. Ibid., pag. 15. 1888. — millepunetata Lx. CueRrIcI. Loc. cit., pag. 109. [389] S. CERULLI-IRELLI 215 L’abbondanza di questa specie fra le sabbie del M. Mario, e lo sviluppo che vi presenta sono vera- mente notevoli. Non meno di 800 esemplari sono raccolti nella collezione dell’Istituto geologico, e fra questi i più adulti hanno una larghezza di centimetri 6. L’osservazione di così copioso materiale mi ha mostrato, che in complesso la specie a M. Mario non presenta grandi variazioni. Potrebbero farsi distinzioni di varietà fondandosi sulla colorazione della su- perficie della conchiglia, in quanto le macchie rossastre che la ricoprono sono più o meno numerose, ora assai minute e vicine, più spesso grandi e distanti fra loro. Ma tale carattere è troppo variabile perchè, a mio parere, lo si possa considerare buon carattere distintivo, tanto più che non sempre le macchie si conservano visibili. Tale variabilità mi induce anche a ritenere che la separazione proposta fra la forma fossile — di- stinta col nome di N. tigrina DEFR., 0 var. tigrina di N. millepunetata — e la vivente appunto in base alla diversa punteggiatura della superficie abbia un valore assai relativo, e ciò in base a due osser- vazioni. Innanzi tutto fra i fossili, per lo meno a M. Mario, non mancano, sebbene siano assai rari, individui a punteggiatura minuta e fitta conformi in tutto al tipo attualmente vivente: ma da questa forma den- samente e minutamente punteggiata si passa tanto gradualmente alla forma a macchie grosse e distanti, che distinzione non appare possibile. In secondo luogo fra gli individui viventi, come anche Sacco ci fa conoscere, se ne trovano a pun- teggiatura assai simile a quella della maggioranza dei fossili, non solo, ma si osserva come in uno stesso individuo talora varii sensibilmente la quantità e la grandezza delle macchie nelle varie parti dell’ul- timo anfratto. In conseguenza io ritengo si tratti di una sola ed unica specie, che soltanto essa attualmente è più frequente nella colorazione dense-punctata, mentre fossile è al contrario più comune nella colorazione laxe-punctata. Senza alcun rapporto colla colorazione esterna varia la forma della conchiglia per sporgenza mag- giore o minore della spira, e per rapporto diverso fra l’altezza e la larghezza della conchiglia: come più o meno accentuata è la depressione presuturale sull’ultimo anfratto. Variazioni si riscontrano pari- menti nell’ampiezza dell'apertura ombelicale, e nella grossezza e sviluppo del funicolo. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno ; Acquatraversa. Natica Dillwyni Pavr. — Tav. XIX [LI], fig. 18,19. (1826. — PArRAUDEAU. Out. Ann, et Moll. de Corse, pag. 120, tav. V, fig. 27, 28). È questa una specie nuova per il M. Mario, dove sembra anche abbastanza rara. I quattro individui ‘che la rappresentano in collezione furono da me trovati confusi in mezzo ad altri riferibili alla N. fusca BLAINV. Gli individui di M. Mario, molto giovani, sono conformi alla specie vivente, di cui ottime illustra- zioni troviamo in HipaLeo 1 e B. D. D. ?, e conservano anche abbastanza evidenti tracce di colorazione. 1) HipaLGo. Moluscos mar. de Espana, tav. 20c, fig. 8,9. :3 Bucquor, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Roussillon, vol. I, tav. XVIII, fig. 19, 20. 216 Ss. CERULLI-IRELLI [390] Soltanto in questi esemplari giovani appare meno pronunziato il seno del labbro columellare nel punto di congiunzione col funicolo ombelicale. Altezza . 3 A ? - n mm. 5 Larghezza c c c o 5 DIG La N. Dillwyni ha la forma della N. miMlepunetata, ma, oltre che per la colorazione, ne differisce per l’ampiezza della callosità columellare, per la maggiore larghezza e grossezza del funicolo ombelicale, e per la ristrettezza dell’ombelico. Essa è poco conosciuta fossile: PHILIPPI l’ha citata di Pezzo in Ca- labria: in Calabria fu citata pure da SEGUENZA, ma nel miocene: Sacco vi ha riferito a titolo di varietà alcune forme fossili nel miocene e pliocene piemontese, le quali per altro sembrano alquanto diverse dal tipo vivente. M. Mario: Farnesina. Natica (Naticina) helicina Br. sp. — Tav. XIX [LI], fig. 20-24 (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 297, tav. I, fig. 10. — Nerita). 1854. Natica helicina Br. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — = — Conn. Op. ctt., 1* ed., pag. 30. 1868. — - — Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. — - — Conn. Op. cit., 2% ed., pag. 36. 1874. — — — Manrovani. Op. cit., pag. 42 (partim). 1875. — — — Ponzi. Op. cît., pag. 20, 25 (partim). 1882. — _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Il trovare questa Natica a M. Mario in magnifici esemplari adulti mi permette da un lato la loro sicura identificazione con la forma che il BroccHI fece disegnare, e che rappresenta appunto un indi- viduo adulto, e dall’altro di restituire alla N. Relicina il suo vero valore, in quanto sulla sua esatta interpretazione si sono avuti finora molti dubbi ed incertezze. La forma figurata da BroccHI ha la conchiglia globosa, a spira mediocremente elevata, anfratti con- vessi, di cui l’ultimo gonfio, ventricoso, assai grande. Il labbro columellare, come dice BRoccHI, forma un’espansione callosa che chiude in parte l’ombelico, introducendosi nella cavità di esso. Questa espan- sione callosa ha nella sua estremità anteriore una evidente depressione, una doccia obbliquamente di- retta dall’esterno all’interno, la quale è in corrispondenza di un solco lineare nell’interno dell’ombelico,. solco che delimita e fa meglio risaltare un rilievo funicolare ampio e depresso. Il labbro columellare è nella sua estremità anteriore sporgente e ripiegato all’esterno come in molte Helix. Negli esemplari adulti non in ottimo stato di conservazione il pseudo-funicolo ombelicale, e con esso spesso il callo colu-- mellare, è asportato, staccato, e non ne resta che l’impronta. Altezza. 0 5 3 7 0 E mm, 35 Larghezza . . ° . c si » 30 Questi sono i caratteri della specie a M. Mario che a me sembra assolutamente conforme a quella illustrata da BRoccHI, caratteri che restano invariati anche nei giovani, nei quali soltanto la callosità. columellare appare più espansa. Ora questa forma che io ritengo identica alla MN. hRelicina BR. non corrisponde alla forma fossile più [891] 8. CERULLI-IRELLI 217 comune così a M. Mario che in altri depositi, la quale a detta specie è stata identificata: essa a mio avviso va specificamente distinta dalla N. helicima per spira meno depressa, anfratti meno gonfi, infe- riormente piano-declivi, callosità columellare meno forte e meno espansa, ombelico più aperto, col solco interno più largo e meglio evidente, col labbro columellare anteriormente meno espanso, aderente, non sporgente. Per questa diversità di caratteri riscontrata fra la comune forma pliocenica e quella fatta di- segnare da Broccni, la figura di questo autore fu considerata come anormale, mentre essa si può dire ottima, come ben trovato è il nome dato alla specie, perchè ne fissa l’abito alquanto eliciforme che ha la conchiglia. Ma come diversa dalla forma fossile che le è stata comunemente identificata, la N. helicina è, a mio avviso, ancor meglio specificamente distinta dalla N. catena DA Costa, cui a titolo di varietà è stata riferita. Alla N. catena la N. helicina è solo meglio conforme per la conversità degli anfratti: ma nella N. catena vivente, di cui ho potuto esaminare una quindicina di esemplari così adulti che giovani della Manica, il labbro columellare non forma espansione callosa nella cavità ombelicale, o essa è limitatissima, ed anteriormente è meno espanso, non sporgente e ripiegato all’esterno: la cavità ombelicale è più aperta, e nell’interno mancano assolutamente ogni rilievo o ispessimento funicolare, e il solco che nella helicina lo delimita superiormente. Per questi caratteri la N. catena è diversa anche dalla specie seguente, per quanto questa le sia più affine. La forte espansione del labbro columellare, che copre in gran parte l’ombelico, come il rilievo funi- colare sono caratteri che rendono incerta la assegnazione sottogenerica della N. helicina: tuttavia a me sembra, che essa si avvicini, meglio che ad altri, al sottogen. Naficina. A M. Mario la specie era stata esattamente interpretata e gli individui adulti riferiti tutti alla he- licina Br. Ma sotto questo nome erano stati in gran parte parimenti compresi i numerosi esemplari: spettanti alla specie seguente. M. Mario: Farnesina. Natica (Naticina) fusca BLammv. — Tav. XIX [LI], fig. 25-28; Tav. XX [LII], fig. 1-4. o (1824. — BLAINVILLE. Diet. Sciene. Nat., vol. XXXII, pag. 252). 1854. Natica sordida Swams. De Ray., V. p. H., Ponzi. Cut. cit., pag. 10. 1858. — - — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — _ — Cont. Op. cît., 1.8 ed., pag. 30. 1864. — macilenta Prin. — Ibid., pag. 30 (partim). 1864. — Mart sp. n. — Ibid., pag. 30, 50 (partim). 1868. — sordida Swans. Mantovani. Op. cit., pag. 16. agile, == —_ — Conn. Op. cit., 2.8 ed., pag. 36. 1871. — macilenta Pax. — Ibid., pag. 36 (partim). 187L. — Mari sp. n. — Ibid., pag. 36 e 56 (partim). 1871. — delphinuloides sp. n. Comu. Ibid., pag. 36 e 56 (partim). 1874. — helicina Br. Mantovani. Op. cit., pag. 42 (partim). 1874. — Mart Coni — Ibid., pag. 42. 1875. — nelicina Br. Ponzi. Op. cit., pag. 20, 25 (partim). 18759. — sordidaSwams. — Ibid., pag. 20 e 25. 1875. — macîlenta Pan. — Ibid., pag. 20 e 25 (partim). Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 9218 S. CERULLI-IRELLI [892] 1882. MNatica helicina Br. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). 1882. —. sordida Swams. — Ibid., pag. 15. 1882. — macilenta Pair. — lbid., pag. 15 (partim). 1882. — Marii Conti _ Ibid., pag. 15. 1888. — Ahelicina Br. CueRrICI. Loc. cit., pag. 109. È questa la forma più comune, che a M. Mario come nelle formazioni plioceniche italiane è stata riferita alla N. helicina. Essa, come ho già detto, si distingue dal tipo della %elicina per una leggera di- versità di forma, data da una minore e meno regolare convessità degli anfratti, i quali sono nella parte inferiore presuturale piano-declivi, subdepressi. Ma la principale e più importante diversità sta nel labbro columellare, il quale nella N. fusca forma un’espansione callosa in corrispondenza della cavità ombeli- cale meno ampia ed anteriormente meno estesa, per modo che l’ombelico ne risulta più aperto: e mentre nella Relicina il margine esterno dell’espansione callosa è subparallelo al margine columellare, nella fusca invece è obliquo e si ricongiunge ad angolo col margine columellare nel punto in cui si osserva 1’ in- cisione o insenatura dovuta al solco interno ombelicale, per modo che nella Relicina l'espansione callosa è subrettangolare, nella fusca subtriangolare. Il labbro stesso è nella sua estremità anteriore più ristretto, aderente, e non ripiegato all’esterno e sporgente come nella Relicina: l'ombelico più aperto ha pure più evidente, più marcato, più ampio il solco spirale che delimita superiormente il pseudo-funicolo ombelicale assai depresso, e che sul labbro columellare dà luogo ad una depressione, ad un seno ben evidente. Altezza. È r ; S ; 5 mm. 29 Larghezza : 5 6 . ; » 26 Ora questa specie, che è a M. Mario assai comune particolarmente in individui giovani, mentre più rari sono gli adulti che presentano le dimensioni sopra segnate, è a mio parere assolutamente identifi- cabile colla vivente N. fusca BLamv. (= N. sordida Puin.), come mi risulta dal diretto confronto con esem- plari viventi nel Mediterraneo. Ma i caratteri differenziali surriferiti a me sembrano sufficienti per far ‘considerare la N. fusca specificamente distinta dalla Relicina, tanto più che fra gli esemplari osservati non trovo forme di passaggio, e le stesse differenze si hanno così negli adulti, che nei giovani. E d’al- tronde se la N. fusca è specificamente diversa dalla N. catena Da Costa, come la maggioranza dei malacologi ammette, a maggior ragione essa deve venir distinta dalla N. helicina BR. I numerosi esemplari riferibili alla JN. fusca, esistenti nelle collezioni di M. Mario da me prese in esame, erano in generale stati compresi sotto l’unico nome di N. Relicina, insieme ad esemplari effetti- vamente spettanti alla specie di BRoccHI, o separati con nomi specifici diversi a seconda del grado di sviluppo e non in relazione a diversità di forma, per cui ho dovuto riportare tutti i vari nomi nella si- nonimia della specie. Delle due specie nuove di Conti, la N. Mart è rappresentata da tutti giovani in- dividui riferibili in massima parte alla N. fusca, la N. delphinuloides invece è fondata su individui assai giovani minutissimi, i quali mi sembrano in parte riferibili alla N. fusca, e in parte ad altre specie, fra le quali la N. DiMlwyni. M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno; Acquatraversa. = . Natica (Naticina) pulchella Risso. — Tav. XX [LII], fig. 5, 6. (1824. — RIsso. Hist. nat. Europe mérid., vol. IV, pag. 148, tav. IV, fig. 42). Gli esemplari di M. Mario sono tutti di dimensioni minori degli individui viventi, e l’espansione callosa del labbro columellare è spesso più ampia e l’ombelico in conseguenza più ristretto. Ma a questo [393] S. CERULLI-IRELLI 219 proposito leggiamo tanto in Forpes ed Hanvey ” quanto in JerrREYs 2, che nei giovani il callo ombelicale è più ampio, tanto da chiudere talora quasi completamente l’ombelico. Gli individui di M. Mario hanno spesso anche traccia della naturale colorazione in una fascia a macchie rossastre che contorna le suture. Un carattere precipuo distintivo è la lieve scanalatura che delimita l’ombelico nella parte superiore e che è resa evidente da due rilievi subcareniformi, da due pieghe, di cui quella interna inferiore più marcata, perchè preceduta da un solco impresso spirale. Variazioni si osservano oltre che per l’ampiezza del callo ombelicale, anche per la forma della con- chiglia globosa o più slanciata, a spira più o meno sporgente, per modo che potrei far menzione fra le varietà già note della var. elata B. D. D., e della var. globulosa B. D. D. Ma sono leggere variazioni passanti insensibilmente l’una all’altra. Altezza . 7 ; 6 7 ò gu Gaston 1a, Larghezza . c 0 7 o c . DOTI Questa specie ha caratteri che l’avvicinano da una parte alla N. fusca e dall’altra alla Payraudeau- tia intricota Donovan, e la sua distinzione dalla prima, particolarmente nei fossili, nei quali non soccorre il carattere della colorazione, non appare troppo netta. La N. pulchella è citata da Sacco nell’astigiano, da SEGUENZA e da CREMA in Calabria. M. Mario: Farnesina. Natica (Naticina) macilenta Pr. — Tav. XX [LII], fig. 7-9 (1844, — PHILIPPI, Enum. Moll. Sic., vol. 1I, pag. 140, tav. XXIV, fig. 14). 1854. Natica macilenta Pan. De Rav., V. pn. H. Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — —_ — Conn. Op. còt., 1°. ed., pag. 10 (partim). 1868. — _ — Mantovani. Op. cit., pag. 16. JSKd = — — Con. Op. cit., 2*. ed., pag. 36 (partim). 1871. — conica Lx.? Conti. Jbid., pag. 36. 1875. — macilenta Pan. Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25 (partim). 18582. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). 1888. — _ — Cuerici. Loc. cit., pag. 109. Non è specie rara a M. Mario, ma rari sono gli individui adulti, che raggiungono lo sviluppo dei viventi, ai quali per altro i fossili essenzialmente corrispondono. La forma varia per l’elevatezza maggiore o minore della spira, e quindi per un diverso rapporto fra l'altezza e la larghezza della conchiglia, e i nostri due esemplari più adulti hanno le seguenti ri- spettive dimensioni : Altezza . ò , ; a . mm. 17 — 15 Larghezza . : ò . - + 17 — 13,5 ma in alcuni individui più giovani la spira è anche più allungata (altezza mm. 5, larghezza mm. 4). Forse forma tipica dovrebbe considerarsi quella a conchiglia tanto alta che larga, stando alle dimen- 1 ForBEs a. HanLeY. Brit. Mollusca, vol. III, pag. 330 (N. ritida DoNOVAN). 2) JerrRnYys. Brit. Conchology, vol. III, pag. 224 (N. AZderi FORBES). 220 S. CERULLI-IRELLI [394] sioni date da PrHinippi, mentre poi la figura rappresenta un individuo a forma assai più ovoidale. La forma ovoidale-obliqua, più allungata, cogli anfratti depressi e sollevati presso le suture, col penultimo più gonfio, e nei viventi una diversa colorazione, la fanno distinguere dalla specie seguente, alla quale per altro è strettamente affine. La N. hemiclausa Sow., che secondo la figura originale di SowerBy sembrerebbe quasi identica alla N. macilenta, tale non si può considerare dopo l’illustrazione che ne ha data Woop ?, perchè in essa l'ombelico è quasi completamente coperto. Della N. hemiclausa SAcco ha citato per il Piemonte una var. exturbìnoides, varietà a forma assai allungata, ma che per i caratteri dell’ombelico a me sembra possa riferirsi alla specie vivente nel Mediterraneo. La N. macilenta è conosciuta nel pliocene bolognese, in Toscana, e nel post-pliocene dell’ Italia meridionale. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). Natica (Tectonatica) tectula Bow. — Tav. XX [LII], tig. 10, 11. (1826. — BONELLI. Catal. ms. Museo zool. Torino, n. 3480). (1891. — Sacco. Z Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte VILI, pag. 81, tav. II, fig. 53 @, db). L'ombelico quasi chiuso dall’espansione del labbro columellare è il precipuo carattere distintivo di questa specie, che a M. Mario è rappresentata da diversi esemplari, confusi in collezione con individui di N. fusca (N. helicina non Br.). Altezza li ; : ; ; i mm. li Larghezza . c ; c c . » 11 Fra le specie viventi è assai affine alla N. fectula la N. flammulata Requ. del Mediterraneo, ma serve -a distinguerla la forma diversa dell’espansione del labbro columellare, che nella /lammulata è semilunare, mentre nella fectula ha il margine a forma di una S rovesciata. Per la stessa ragione a me sembra distinta dalla N. tectula la N. eucleista Font. la quale per la forma del callo corrisponde alla specie vivente. Sacco che ha istituito su questa specie il sottogenere Zectonatica dice la N. tectula comunissima nel pliocene piemontese, particolarmente nell’astiano. M. Mario: Farnesina. Natica (Neverita) Josephinia Risso sp. — Tav. XX [LII], fig. 12-20. (1826. — RIsso. Hist. nat. Europ. merid., vol. IV, pag. 149, tav. IV, fig. 43. — Newverita). 1854. Natica olla De Serr. Dr Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1858. — — - Ponzi. Nota. cit., pag. 559. 1964. — — _ Conti. Op. cit., 1°. ed., pag. 30. 1864. — ©hemmnitzii RecLuz. Conti. Ibid., pag. 30. 1868. — . olla Dr Serg. MANTOVANI. Op. cit., pag. 16. gli en Conti. Op. cit., 22. ed., pag. 36. 1871. — duplicata Sax. — Ibid., pag. 36. i) SowerBy. Mineral Conchology, vol. V, pag. 125, tav. 479, fig. 2. 2 S. Woop. Crag Mollusca, vol. I, tav. XVI, fig. 5. [895] i S. CERULLI-IRELLI 221 1874. Natica olla De Serr. Mantovani. Op. cit., pag. 42. 1870. — - _ Ponzi. Op. cit., pag. #0, 25, 27. p 1875. — glaucina Lr. — Ibid., pag. 25. 1881. — Josephinia Risso. Meri. Loc. cil., pag. 451. 1882. — —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 18892. — _ — var. subconoidea Coco. Zuccari. Ibid., pag. 15. 1888. — _ Risso. CLERICI. Loc. cit., pag. 109. Se ne raccolgono comunemente a M. Mario dei buoni esemplari, ed anche in notevole grado di svi- luppo, raggiungendo i più adulti una larghezza di mm. 63 a 64, ed un’altezza di mm. 59. La variabilità della specie si limita alla forma più o meno depressa della conchiglia, ed alla gros- sezza ed estensione del callo ombelicale, il quale o copre completamente la cavità dell’ombelico o la lascia più o meno scoperta. Per la forma, da individui a conchiglia assai depressa con l’ultimo anfratto regolarmente convesso. poco o nulla sollevato presso la sutura, si passa per gradi ad individui a conchiglia subconica più alta, a spira più sporgente, coll’ultimo anfratto meno regolarmente convesso, più alto, e fra essi possiamo distinguere la N. subconoîdea Cocc., che rappresenta una delle variazioni di forma più accentuate. Tut- tavia vi è tale graduale passaggio fra le diverse variazioni così di forma della conchiglia, come di am- piezza della callosità columellare, che io credo poco opportuno fare distinzione di varietà. La N. Josephinia è specie generalmente diffusa nei nostri depositi pliocenici e post-pliocenici, come è oggi diffusa in tutto il Mediterraneo. M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno; Acquatraversa. Fam. Sealidae Broperip, 1839 (Scalaridae). Gen. Scala KLEIN, 1753. Scala (Spiniscala) frondicula Woop. — Tav. XX [LII], fig. 21-25. (1848. — S. Woop. Crag Moll., vol. I, pag. 92. tav. VIII, fig. 16). 1854. Scalaria frondicula Woon. De Ravy., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 11. 1864. — — — Conn. Op. cit., 1.8 ed., pag. 30 (partim).. 1871. —_ _ _ — Op. cit., 2.* ed., pag. 37 (partim). 21874. — foliacea Sow. Mantovani. Op. cit., pag. 4l. 1875. _ - — Ponzi. Op. cit., pag. 20, 26 (partim). 1875. — frondieula Woop. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. — foliosa Woop. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Non è specie molto rara a M. Mario, ma rappresentata da tutti individui giovani, nei quali le va- riazioni, così di forma che di scultura, sono abbastanza notevoli. La forma è in generale allungata e stretta assai più affine al tipo di Woop e di Nysr, che non a quello a forma breve, più conica, figurato da De Boury. La scultura varia per il numero delle lamelle che oscilla da 10 a 12, e per l’elevatezza ed obliquità loro, come per il numero delle varici. La punta con cui le lamelle si terminano ,inferior- mente è più o meno aguzza e sporgente. L’esemplare più adulto ha le seguenti dimensioni: Altezza 7 ° È : È ; mm. 9 Larghezza . o : - È ; 1 3,9 [a] (avo) DO S. CERULLI-IRELLI [396] La Sc. frondicula sembra largamente conosciuta così nel miocene che nel pliocene italiano, se ad essa vanno effettivamente riferite tutte le citazioni @atene dagli autori. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno. Sc. frondicula var. frondiculaeformis Bruen. sp. — Tav. XX [Lili], fig. 26. (1880. — BRUGNONE. — Conch. plioe. delle vicin. di Caltanissetta. Boll. Soc. mal. it., vol. VI, pag. 124, tav. I, fig. 14). Secondo BruenonE la Sc. frondiculaeformis differisce dalla frondicula “ per la statura più piccola, per la forma meno dilatata in proporzione, per le coste più rette e poco elevate ,. Sembrami che alla forma di BRUGNONE, dall’autore citata anche di M. Mario, possa riferirsi una delle Scalarie da me studiate, la quale, mentre appare conforme alla figura di BrUGNONE, differisce dalla /ron- dicula precisamente per le lamelle più rette, e per le loro terminazioni spinose posteriori più avvicinate alle suture. L’esemplare di M. Mario ha in verità la superficie degli anfratti sottilmente striata, mentre BrugnonE dice la conchiglia levigata: tuttavia tale differenza non ha a mio avviso importanza, giacchè è facile osservare nello studio delle Scalarie come variabile sia questo carattere della striatura spirale, e talora possa facilmente sfuggire all’osservazione per la sua poca evidenza. Ma, se la mia interpretazione della specie di BRUGNONE è esatta, come ho motivo di crederla, per me: essa non è che una varietà della frondicula. In effetti mentre non hanno importanza distintiva i caratteri delle dimensioni, e della forma, perchè per quest’ultima, se osserviamo diversi individui e le varie figure di Sc. frondicula, vediamo come ve ne sono a forma anche più stretta della frondiculaeformis, 1° unico. carattere che può avere importanza è la minore obliquità delle lamelle. Ma nella frondicula 1° obliquità delle lamelle è soggetta a notevole variazione, e nello studio dei diversi individui è facile osservare il graduale passaggio alla forma a lamelle assai poco oblique come la frondiexlaeformis. De Boury ha ritenuto che la specie di BRUGNONE potesse identificarsi colla Se. elegans, ma dall'esame della figura di BruenonE tale assimilazione a me non appare possibile, perchè nella frondiculaeformis le terminazioni spinose delle costicine sono assai più sporgenti e più aguzze, e gli anfratti meno convessi. M. Mario: Farnesina. Scala (Spiniscala) spinosa Bon. — Tav, XX SLII], fig. 27,28. (1826. — BoNELLI. Cut. ms. Museo zool. Torino, n. 890). (1891. — Sacco: / Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte IX, pag. 26. — Hirtoscala frondieula var. spinosa). Differisce dalla Sc. frondicula per le costicine più esili, meno elevate, terminate posteriormente da: orecchiette spinose meno sviluppate, particolarmente sugli ultimi anfratti, e colle spine meno sporgenti, e più avvicinate al punto di saldatura colle lamelle del giro precedente, per modo che l’aspetto della conchiglia appare meno scalettato. Parecchie delle costicine sono trasformate in varici, e la superficie fra esse è assai superficialmente, e poco distintamente striata in senso spirale. Lo sviluppo della conchiglia è anche notevolmente maggiore che nella Sc. frondicula: l'esemplare di. M. Mario più adulto, sfortunatamente assai incompleto, ha l’ultimo anfratto della larghezza di mm. 12. Sacco considera questa forma varietà della frondicula; Cossmann ” nel darne due magnifiche figure, cui gli esemplari di M. Mario bene corrispondono, ritiene invece che sia specie distinta. 1 Cossmann. Ess. de Paléochoncologie comp., vol. IX, pag. 31 e 169, tav. V, fig. 2 e 20. [397] S, CERULLI-IRELLI 223 Per quanto la evidente affinità fra le due forme mi spingerebbe a seguire il criterio di Sacco, pure parmi dal materiale avuto in studio, che la maggiore sottigliezza e minore elevatezza delle costicine, le spine più piccole, meno sporgenti e più vicine alle suture siano sufficienti caratteri di distinzione, spe- cialmente in considerazione che non maggiore importanza hanno spesso i caratteri che servono a tener separate altre specie affini di Scala. Non escludo per altro che un più copioso materiale di confronto possa mostrare l’opportunità della riunione delle due specie. La Se. spinosa è citata da Sacco nel miocene superiore e nel pliocene inferiore piemontese e ligure: Cossmann la ricorda del miocene ungherese. I due esemplari di M. Mario appartengono alla bella collezione MARTINETTI recentemente acquistata dall'Istituto geologico. M. Mario: s. g. Sc. spinosa var. Brugnonei Dr Boury. — Tav. XX |LII], fig. 29-31. (1889. — De Bouryr. Rév. des Scalidae mioc. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 261, tav. IV, fig. 16). Ne ho di M. Mario buoni esemplari, di cui il più adulto quasi completo, mancante solo dei primi ‘anfratti, è perfettamente conforme alla buona figura e dettagliata descrizione di De Boury. ho Altezza . o : 0 6 È mm. 22 Larghezza . . È ò . 7 » 8,3 Da questa forma che dobbiamo considerare tipica, gli altri due esemplari si differenziano legger- mente per un maggiore numero di costicine, 11 invece di 10, le quali quindi sono anche più vicine le une alle altre. Ma la forma degli anfratti, la sottigliezza delle costicine e la loro terminazione spinosa po- steriore, la sottile striatura spirale, come le tracce di colorazione, consistenti in tre fasce di colore arancio sull’ultimo anfratto, e due sugli altri, sono perfettamente corrispondenti in tutti. L’individuo completo ha 12 anfratti di cui i tre primi lisci. Colorazione e striatura degli anfratti avvicinano questa specie alla Sc. Camtrainei: ma in questa la striatura è assai meno evidente, tanto che nei giovani sembra quasi assente, e WrINKAUFF, che ha studiato un giovanissimo esemplare, lo dice liscio; le coste sono più grosse, più elevate, più lamellose, più fre- ‘quentemente varicose, colle spine posteriori anche più avvicinate alle suture e più allungate: la forma è anche leggermente diversa nella Cantrainei, non perfettamente conica, ma un pò rigonfia nel mezzo, ‘cogli anfratti meno convessi; l'apertura è più ristretta e più rotonda, marginata all’esterno da una grossa varice. È invece assai maggiore l’affinità fra la Sc. Brugnonei e la Se. spinosa: non v'ha altra diversità che una maggiore evidenza nella Brugnonei della striatura spirale, cui si può forse aggiungere a giudicare dagli esemplari studiati anche un maggior numero di lamelle, in quanto nella spìnosa se ne contano da 9 a 10, ‘e nella Brugnonei da 10 a 11. Ma le terminazioni spinose delle lamelle sono perfettamente identiche, identiche la sottigliezza e poca elevatezza delle lamelle stesse, le quali nella spinosa sono soltanto più frequentemente varicose, se debbo giudicare dagli esemplari di M. Mario. Ritengo in conseguenza che la Brugnonei possa esser considerata varietà della Sc. spinosa. Cossmann e De Boury hanno presa la Se. Brugnonei a tipo di un nuovo sottogenere Graciliscala e della sezione Striatiscala, principalmente caratterizzati dalla sottile striatura spirale, e dalle spine meno ‘sporgenti e più avvicinate alle saldature delle lamelle fra un anfratto e l’altro, e, Cossmanwn aggiunge, 2A S. CERULLI-IRELLI [398] anche da una leggera fessura ombelicale, mentre De Boury nella descrizione originale della specie dice “ festa imperforata ,. Ora a me sembra, che tale distinzione sotto-generica non è assolutamente possibile, perchè come si rileva dal confronto fatto della Brugnonei con la Sc. spinosa e colla Sc. Cantrainei, poste rispettivamente da Cossmann nelle due sezioni generiche Spiriscala e Hirtoscala del s. g. Spiniscala, nè la striatura spirale, nè la vicinanza delle spine delle lamelle alle saldature di queste possono essere buoni caratteri: nè d’altra parte io so vedere una fessura ombelicale negli esemplari di M. Mario. Ma io ritengo inoltre che sia difficile ammettere anche semplicemente una sezione generica Striatiscala dal momento che la specie tipo del s. g. Spiniscala, la Sc. frondicula, ha pur essa gli anfratti spiralmente striati, per quanto non sempre in modo evidente. Secondo De Boury la Sc. Brugnonei è fossile ad Orciano in Toscana e nel pliocene modenese : lo stesso autore vi riferisce in parte la var. Michaudi di Sc. tenuicosta citata da FontannES nel pliocene francese . Fra le viventi sembrami specie molto affine la Sc. vittata Jerrr.® la quale ha tuttavia un numero di costicine maggiore, e gli anfratti meno convessi. M. Mario: Farnesina. Scala (Spiniscala) spinifera (Src.) Dr Boury. — Tav. XX [LII], fig. 32-37. (1876. — SEGUENZA. Studi strat. formaz. plioc. It. Mer. Boll. Com. geol, it., vol. VII, pag. 96, 97). (1890. — De Bourr. Et. crit. Scalidue mioc. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XV, pag. 192, tav. IV, fig. 1). Conosciamo questa specie per la dettagliata descrizione e buona figura di De Bovry, il quale ha creduto fosse ad essa riferibile la troppo breve diagnosi datane dal SEGUENZA. Essa è a forma conica allungata, con gli anfratti molto convessi, in numero di 12, sormontati da coste assiali, in numero di 8 a 9, forti, elevate, ripiegate alla sommità, e nella parte inferiore presuturale auricolate-angolate o subspinose, con le spine più frequenti e più sporgenti nei primi anfratti e nei me- diani: le coste, regolarmente allineate in serie poco oblique, e saldate da un giro all’ altro al disotto delle suture, mancano nei primi quattro giri che sono lisci, lucenti: talvolta, e particolarmente sui due ultimi anfratti, qualcuha delle coste è ispessita, varicosa. Altezza . , i ; 6 5 mm. 23 Larghezza ò - 5 0 7 » 8,5 x Negli individui di M. Mario non rari variano la forma che è delle lamelle, con le orecchiette posteriori o solo acuminate o distintamente spinose. Ora se prendiamo come tipo la forma figurata da De Boury, la quale ha le lamelie allineate in serie poco oblique e posteriormente auricolato-spinose, forma questa a cui posso riferire un bell” esemplare. di M. Mario, gli altri individui più frequenti ne potrebbero rappresentare una varietà (var. aspinosa), nella quale la conchiglia ha forma spesso anche più allungata, colle lamelle anche più alte, più robuste, più reflesse, e posteriormente terminate con orecchiette acuminate, ma non spinose, all'infuori che nei primi anfratti. Negli esemplari di M. Mario il numero Taglie lamelle è N costantemente minore di quello indicato così da SeGuENZA (10) che da De Boury (11), per quanto poi sulla figura di De Boury se ne conti lo stesso: i) FonrAanNESs. Moll. plioc. du Rhòne et Roussill., vol. I, pag. 122. © Jerrrevs. On the Moll. Lightning a. Porcupine exped. P. Z. S. London, 1884, pag. 133, tav. X, fig. 4. più o meno allungata, e l’obliquità. [399] S. CERULLI-IRELLI numero che sugli esemplari di M. Mario. Tuttavia questa leggera differenza è di poca importanza e può rientrare nei limiti di variabilità specifica delle Scalarie. De Boury dice la Se. spinifera molto affine alla Se. frondicula, ma tuttavia ne è assai facile la di- stinzione per scultura e forma. Maggiori affinità essa presenta con la Se. muricata Risso, pur rimanendone nettamente distinta. + Cossmann pone la specie nella sezione Spiniscala del sottogenere omonimo, ma la manifesta ed ampia saldatura delle lamelle al disotto delle suture rende alquanto incerto il suo riferimento fra le Spiniscala e le Hirtoscala. . Secondo DE BourYy a questa specie corrisponde la Linctoscala lacerata MrRS. del postpliocene di Fi- carazzi 1), La Se. spinifera è conosciuta anche nel pliocene di Altavilla in Sicilia: Sacco ne ha citate tre va- rietà nel pliocene astigiano, le quali tuttavia, per quanto si può giudicare dalle figure, sembrano alquanto diverse dal tipo. Una forma assolutamente corrispondente al tipo fossile vive nel Mediterraneo, come mi dimostra un individuo trovato nella ricca collezione di conchiglie viventi dell’ Istituto zoologico, sotto la determinazione di Sc. foliacea: esso rispetto ai fossili ha soltanto dimensioni assai minori. M. Mario; Farnesina. Sc. spinifera var. affinis n. var. — Tav. XX |LII], fig. 38, 39. Differisce dal tipo per gli anfratti più convessi, più manifestamente disgiunti, coperti da lamelle più sottili, più erette, allineate in serie assai più oblique, e più regolarmente saldate da un anfratto all’altro. Anche in questa varietà si hanno le stesse variazioni di forma più o meno allungata che nel tipo e nella var. aspinosa, e lo stesso numero di lamelle da 8 a 9. Per l’allineamento obliquo delle lamelle, per la notevole convessità degli anfratti, con le suture ma- nifestamente perforate, gli individui spettanti a questa varietà presentano qualche affinità con la Se. foliacea, da cui per altro serve a farli facilmente distinguere l’orecchietta appuntita con cui le lamelle si terminano posteriormente. Ed è per questo come per l’insieme degli altri caratteri che a me pare che gli individui studiati possano considerarsi varietà della Sc. spinifera. M. Mario: Farnesina. Scala (Spiniscala) Cantrainei Wemx. — Tav. XX [LII], fig. 40. (1841. — CANTRAINE. Malac. Méditerr., tav. VI, fig. 16). (1866. — WEINKAUFF. Nouv. Suppl. Catal. coqu. mar. Algérie, ecc. Journ. Conch., vol. XIV, pag. 241, 246). Distinguono questa specie: la sua forma turrita poco dilatata, gli anfratti non molto convessi, coperti da 11 a 12 costicine poco obblique, subparallele all’asse della conchiglia, poco elevate, fortemente ripie- gate alla sommità, e termirantesi posteriormente in punte aguzze, verticalmente dirette e situate assai vicino alla sutura. Le costicine sono saldate da un anfratto all’altro al disotto delle suture, le quali sono perforate negli intervalli fra le lamelle: di queste qualcuna è più grossa delle altre, variciforme. La su- i MontEROSsaTO. Conchiglie d. profondità del mare di Palermo, pag. 10. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 226 S. CERULLI-IRBLLI [40 0] perficie fra le lamelle è assai sottilmente striata nel senso spirale. L’apertura è piccola, subrotonda, a peristoma doppio. Altezza . ò 5 ; 6 A } mm. 19 Larghezza . o 0 ò ò 0 » 8 L'individuo che riferisco a questa specie è assai più adulto di quello assai bene figurato da Can- TRAINE — per quanto nella figura le punte posteriori delle lamelle siano esageratamente aguzze — ma alla specie vivente esso sembrami perfettamente conforme, come mi sono assicurato anche col raffronto di un individuo del Mediterraneo. È vero che WeINKaUFF dice la superficie della conchiglia liscia, mentre il nostro esemplare l’ha assai sottilmente striata: ma mentre da una parte faccio osservare che la man- canza di striatura sull’esemplare descritto da WEeINKAUFF poteva ben essere in relazione alla piccolezza dell’individuo avente solo 5 mm. di altezza, dall’altra faccio notare che l’individuo vivente da me os- servato, il quale in tutto corrisponde alla descrizione di WernkaurF all'infuori che per le dimensioni leggermente maggiori, circa 9 mm. di altezza, mostra una minuta striatura spirale, per quanto poco manifesta ed assai superficiale. L’esemplare di M. Mario ha altresì 11 lamelle anzichè 12, ma tale dif- ferenza non ha neppur essa a mio avviso alcuna importanza, perchè abbiamo già visto in altre specie come il numero delle lamelle sia soggetto a leggere oscillazioni. La var. major figurata da De Boury è diversa ed essa anzi a me sembra specificamente diversa dalla Cantrainei, per le lamelle più sottili, non ripiegate, più elevate, terminate posteriormente da punte più sporgenti all’infuori, e meno vicine alle suture. La Sc. Cantraineì ha caratteri d’affinità con la Sc. frondicula e con la Sc. Brugnonei De Boury, anzi direi è intermedia fra le due. Dalla frorndicula differisce per la forma più turrita, meno scalettata, anfratti meno convessi: costicine più robuste, più fortemente ripiegate alla sommità, più manifestamente continue da un anfratto all’altro, terminate posteriormente da punte meno sporgenti, inclinate verso la sutura e a questa assai più vicine, per modo che sono meno visibili; l'apertura più piccola, e più rotonda. Dalla Brugnonei, cui molto si avvicina anche per caratteri di colorazione e per striatura spirale, sembra di- stinguersi per forma meno svelta, per lamelle più robuste, più elevate, terminate da punte più vicine alle suture: l'apertura sembra anche più rotonda. Della Sc. Cantrainei non conosco citazione in altri depositi all’infuori di quella dubbia di De Bourr nel pliocene bolognese, ed anche per M. Mario è una specie nuova. L'unico esemplare che la rappre- senta è della coll. Ponzi, nella quale era riferito alla Sc. frondicula. M. Mario: Farnesina. Scala (Spiniscala) frondosa J. Sow. — Tav. XX [LII], fig. 41. (1827. — J. Sow. Min. Conch., vol. VI, pag. 149, tav. 577, fig. 1). (1848. — S. Woop. Crag Moll., vol. 1, pag. 92, tav. VIII, fig. 15). Sc. frondosa var. turriculata n. var. — Tav. XX [LII], fig. 43. Conchiglia allungata, turrita, spira subulata, anfratti molto convessi, disgiunti, a suture perforate, e coperti di lamelle, in numero di 12, assai sottili, erette, quasi per nulla reflesse alla sommità, ed alli neate in serie continue fortemente oblique: nella loro parte posteriore ad un quarto circa della loro al- tezza totale sono acutamente e fortemente spinose, con spine concave sporgenti all’infuori, per modo che DO DO SI [401] S. CRRULLI-IRELLI le suture sono come contornate a distanza da una corona di spine posta ad un livello più alto di esse: le lamelle, dopo la sporgenza spinosa fino alla saldatura con le lamelle dell’anfratto successivo sono assai meno elevate, e più reflesse alla sommità. La superficie fra le lamelle è liscia. Apertura subrotonda, a peristoma doppio, marginata all’esterno dall’ultima Jamella acutamente spinosa. Altezza (di 7 anfratti) 7 } i mm, 17 Larghezza . : ; 7 0 ò » 7,9 L'individuo di M. Mario, da me trovato fra un gruppo di Scalarie datemi in studio dal prof. NE- VIANI, non è purtroppo in perfetto stato di conservazione, perchè le lamelle sottilissime sono quasi tutte rotte alla sommità, ma tuttavia ne resta qua e là qualcuna quasi del tutto intatta che fa vedere la loro particolare forma e terminazione posteriore a punta molto acuminata e distante dalla sutura. Le lamelle erette sulla parte convessa degli anfratti sono parimenti erette sulla sommità dell’ultimo fino al cercine che contorna il peristoma dal lato interno, e che è formato dalla terminazione delle lamelle stesse. Per la sottigliezza ed obbliquità delle lamelle, per la loro terminazione posteriore spinosa a distanza dalla sutura, per gli anfratti disgiunti e a suture perforate, per la forma dell’apertura. l’individuo di M. Mario corrisponde alla Sc. frorndosa J. Sow., quale vedo descritta e figurata in Woop !, per quanto la figura, a confessione dello stesso Woop indichi su ogni anfratto più lamelle di quante la specie del Crag non abbia. Ma l’esemplare di M. Mario si differenzia dalla specie del Crag per un numero mag- giore di lamelle, 12 invece di 10 — differenza questa non di grande importanza, tanto più che SowERBY parla appunto di 12 lamelle —, ma principalmente per la sua forma turrita allungata. Tuttavia data la corrispondenza della scultura degli anfratti io ritengo, che la forma di M. Mario possa riguardarsi va- rietà della frorndosa Sow. E in ciò mi conferma l’osservazione di alcune Scalarie dell’astigiano, fra le quali ne trovo una (Tav. XX [LII], fig. 42) in buona conservazione, in tutto conforme alla fisura e descri- zione di Woop per la Sc. frondosa, e che, per numero, disposizione, sottigliezza delle lamelle, ed acutezza e posizione delle spine, bene corrisponde all’individuo di M. Mario, solo avendo forma più breve. Lo studio di questo bell’esemplare del Piemonte e degli altri che lo accompagnano mi induce anzi a qualche osservazione sul significato delle due specie, Sc. frondosa Sow. e Sc. muricata Risso, che al- cuni autori hanno ritenuto potessero considerarsi o sinonime o quella varietà di questa. A me invece sembra che le due forme siano ben distinte. In effetti Risso dice che la conchiglia della Sc. muricata è ornata di forti coste longitudinali oblique, terminate da una punta aguzza un po’ curvata, e se esaminiamo la figura vediamo che le coste assai oblique sono piuttosto distanti fra loro, e fortemente ripiegate alla sommità colle spine posteriori non . molto sporgenti. Se invece leggiamo in SoweRBy i caratteri della Sc. frondosa, troviamo che l’autore dice le coste sottilissime e molto uniformi, ed osservando la figura si può completare la descrizione col dire che le lamelle sono assai poco oblique, foliacee, elevate, appena ricurve alla sommità, e terminantesi posteriormente in spine assai aguzze, diritte e sporgenti oltre la sutura. Per modo che figure e desecri- zioni di Risso e SoweRBy mostrano già per conto loro una notevole diversità fra le forme prese in esame dai due autori. Tale diversità si rende anche più manifesta se prendiamo in esame la figura di Woop per la Se. frondosa, per quanto essa rappresenti un tipo leggermente diverso da quello figurato da So- WERBY per maggiore obliquità delle lamelle e minore lunghezza delle spine, ma pure egualmente aguzze. i) La figura di SowerBy sembra alquanto diversa per la forma più raccorciata della conchiglia, le lamelle meno oblique, sporgenti in spine più elevate, e sorpassanti le suture. 228 S. CERULLI-IRELLI |402] Dal confronto delle figure e descrizioni succitate a me sembra poter concludere, che la Sc. muricata differisca dalla frondosa per un numero di lamelle minore, per le lamelle stesse non tutte eguali, più robuste, più fortemente ripiegate, fors’anche più oblique, e sporgenti posteriormente in spine più larghe, più forti, meno aguzze, meno diritte, meno allungate, e situate a minor distanza dalla sutura. Ora alla Sc. muricata quale è figurata e descritta da Risso (escludendo beninteso la forma vivente riportatavi da Risso e che è diversa) corrispondono a mio avviso perfettamente alcuni esemplari di M. Mario, i quali hanno appunto costicine assai oblique, equidistanti, in numero di 8 a 10, forti, ro- buste, e molto ricurve alla sommità, ed inclinate a sinistra, terminate posteriormente in una punta acuta, pur essa forte ed inclinata a sinistra nella direzione dell’avvolgimento spirale; gli anfratti subdisgiunti e le suture perforate. Gli esemplari surricordati dell’astigiano invece hanno in confronto le costicine più numerose, 12 in luogo di 8 a 10, meno oblique, assai più foliacee, più sottili, erette, non inclinate, appena ricurve alla sommità, terminate da punte sottili assai aguzze e sporgenti, e situate a maggior distanza dalle suture, colla porzione delle lamelle fra la spina e la sutura in proporzione più lunga e meno elevata, più sot- tile. Per tali caratteri questi individui dell’astigiano mi sembrano assolutamente conformi alla Sc. fron- dosa, e vi trovo anzi rappresentato tanto il tipo di SoweRBY a lamelle meno oblique, con punte allungate e assai sporgenti, sorpassanti la linea delle suture (Tav. XX [LII], fig. 41), come quello di Woop a lamelle più oblique con punte meno alte (Tav. XX [LII], fig. 42), tipo questo che mi pare sia giustamente con- siderato da Sacco varietà (eafrondosa) di quello di SowerBy, al quale tuttavia è riunito da forme in- termedie. A meglio rendere evidenti le mie osservazioni e le differenze di cui ho parlato credo assai utile dare figura degli esemplari dell’astigiano studiati. Di altri rinvenimenti della Sc. frondosa non può dirsi con sicurezza, in quanto da una parte è spesso avvenuta confusione fra questa specie e la Sc. frondicula, e dall’altra la sua affinità con la Sc. muricata rende difficile assicurarsi a quale delle due forme le citazioni vanno riferite. MonreRosaro la cita di Fi- carazzi considerandone sinonima la Sc. pumila LrBasst. M. Mario: Farnesina — Coll. NEVIANI. Scala (Spiniscala) muricata Risso. — Tav. XX [LII], fig. 44-48. (1826. — Risso. Hist. nat. Eur. mérid., pag. 113, voi. IV, tav. IV, fig. 45). (1890. — De Boury. £t. crit. des Scalidae mioc. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XV, pag. 191, tav. IV, fig. 8). Ho rinvenuto di questa elegante e rara specie, non ancora conosciuta a M. Mario, diversi individui giovani, che io non esito a riferire alla forma descritta e figurata da Risso. Essa è ben distinta dalla forma poco allungata un po’ gonfia nel mezzo, composta di 10 anfratti (Risso parla di 7 anfratti, ma la conchiglia figurata manca degli anfratti apicali), di cui i primi quattro lisci, gli altri ornati Gi costicine in numero di 8 a 10 sull’ultimo anfratto, oblique, lamellose, elevate, ro- buste, più o meno fortemente inclinate a sinistra nel senso dell’avvolgimento spirale e ripiegate alla sommità, e terminate posteriormente, ad una certa distanza dalla loro saldatura, in spine larghe, aguzze, inclinate lateralmente nel senso dell’avvolgimento spirale, ed alla sommità leggermente incurvate verso la sutura: gli anfratti sono subdisgiunti a suture perforate. L'apertura è obliquamente ovale, a peristoma interno continuo e largamente ripiegato, a destra ed anteriormente, sull’esterno, mentre a sinistra sor- passa appena il margine interno dell’apertura: il labbro esterno è ampiamente marginato dalla prima costicina, munita posteriormente di una forte spina. La ta [403] 8. CERULLI-IRELLI 229 La Sc. muricata ha affinità con la. Se. frondosa Sow.; ma se dobbiamo giudicare dall’esame delle fi- gure di Woop e SowerBy, e dalle relative descrizioni, mi sembra che la forma di Risso sia sufficiente- mente diversa da quella del Crag, per lamelle più robuste, più alte e più ripiegate, meno acutamente spinose, per potersene considerare specificamente diversa, come ho più diffusamente detto parlando della Sc. frondosa. De Boury nel suo primo lavoro di revisione delle Scalarie fossili del terziario italiano ritenne, che la Sc. muricata e la frondosa fossero sinonime e preferì il 2.° nome, perchè meglio definito. Nel secondo lavoro invece torna al nome di RIsso, non ritenendo sufficientemente accertata l'identità fra la muricato e la frondosa. La figura che egli dà in questo secondo lavoro a me sembra riferibile alla Se. muricata, ma la descrizione lascia qualche dubbio sulla forma che De Boury ha avuto in esame. Specie assai affine alla Sc. muricata sembrami la Sc. Merignacensis De Boury del Miocene. M. Mario: Farnesina. Sc. muricata var. elongatula n. var. — Tav. XX. [LII], fig. 49, 50. Ha forma più turrita, più allungata del tipo, ma a questo corrisponde per la costulazione obliqua, spinosa degli anfratti, e per i caratteri dell’apertura. È varietà di forma interessante, perchè ha affinità con la Sc. spinifera. Tuttavia ne è facile la se- parazione per la forma meno allungata, le costicine più oblique, più robuste, a spine più allungate, più robuste, più distanti dalle suture, più sporgenti in fuori. È a M. Mario più frequente della forma tipica. M. Mario: Farnesina. Sc. muricata var. reflexespinosa n. var. — Tav. XX [LII], fig. 51. Differisce dalle altre forme della muricata per le lamelle più robuste, più reflesse alla sommità, ma principalmente per le loro terminazioni spinose posteriori, le quali anzichè sporgenti in fuori e in basso sono fortemente piegate a sinistra nel senso dell’avvolgimento spirale, colla punta inclinata verso la su- perficie dell’anfratto fin quasi a toccarla. Sebbene questa diversità di disposizione delle spine e la maggiore robustezza ed inflessione delle lamelle diano alla conchiglia un aspetto alquanto diverso dalla muricata, pure a me pare che questa forma debba considerarsi una ben distinta varietà della specie di Risso, anzichè specie a parte, in quanto le terminazioni spinose delle costicine sono della stessa forma e come in quella assai forti ed aguzze, soltanto diversamente inclinate, tanto più che .nei primi anfratti alcune sono raddrizzate e sporgenti come nella muricata. La forma della conchiglia è inoltre la stessa. Appartengono a questa varietà due individui, di cui uno rappresenta l’individuo più adulto riferibile alla mwuricata. Altezza . c : ; . ; : mm. 13 Larghezza. c ; ° c ° : » d,7 M. Mario: Farnesina. 230 S. CERULLI-IRELLI |404] Scala (Spiniscala) subfrondosa Dr Ravn. — Tav. XX [LII], fig. 52, 53. (1854. — DE RAYNEVAL, VAN DEN HECKE, Ponzi. Cat. foss. M. Mario, pag. 17 [P]). 1854. Scaluria subfrondosa n. sp. De Ray., V. pn. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 11 e 17. 1864. _ - De Rav. Coni. Op. cit., 1.8 ed., pag. 30. 1868 _ n Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. _ i — Conti. Op. cit., 2. ed., pag. 3%. 1875. _ — — Ponzi. Op. cit., pag. 26. Conchiglia a forma turrito-conica, poco allungata: anfratti in numero di 10 molto convessi subdi- sgiunti, i primi quattro lisci, gli altri ornati di 15 a 16 lamelle assiali, tutte eguali, assai sottili, ele- vate, e posteriormente piegate ad angolo ad una certa distanza dalle suture, ed auricolato-acuminate: le lamelle erette sulla parte anteriore degli anfratti, nella parte posteriore, dopo la piegatura ad angolo, hanno la sommità leggermente ripiegata fino alla loro saldatura alle lamelle dell’anfratto precedente: la superficie fra le lamelle è liscia, senza alcuna traccia di striatura: apertura subrotonda, a peristoma doppio, marginata all’esterno dall’ultima lamella, posteriormente acuminata. Altezza . 5 5 o o c È mm. 5,0 Larghezza . 2 ò . o 3 PAMMR2 TC È questa la specie che DE RAYNEvAL descrisse come nuova, dandone anche figura ! per quanto poco: felice, ma la sua interpretazione è rimasta finora assai dubbia. Essa è specie assai ben caratterizzata dal numero e dalla forma delle lamelle, e si differenzia nettamente dalla clathratula anche per la spira più breve, ad angolo spirale più aperto. Maggiore affinità con essa ha forse la Se. Ziberi De Boury vivente (= Se. soluta TIBERI), per quanto questa abbia un numero di lamelle (14) inferiore: ma sulla corrispondenza o meno delle due forme, in mancanza di buone descrizioni e figure, non si può dire senza il raffronto con esemplari viventi, ciò che per ora non mi è possibile. Tuttavia dalla figura che ne dà De GREGORIO 2) sembra che la Sc. Tiberi abbia la piegatura ad angolo delle lamelle più vicina alle suture. Dalla Sc. fron- dosa cui somiglia alquanto per la forma la specie di De RAyNEvAL si distingue per le lamelle più av- vicinate e in maggior numero, non terminate posteriormente da spine, ma soltanto angolato-acuminate. La Sc. subfrondosa, assai rara a M. Mario, a me sembra specie del sruppo della Sc. frondicula, e perciò la riferisco al sotto-genere .Spiniscala. M. Mario: Farnesina. Scala (Spiniscala?) elegans Risso. — Tav. XX [LII], fig. 54, 55. (1826.— Risso. Mist. nat. Eur. mérid., vol IV, pag. 113, tav. IV, fig. 49). (1889. — De Bouryr. Rév. des Scalidae mioc. et plioe. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 257, tav. IV, fig. 10). Di questa bella specie per lungo tempo dimenticata, o erroneamente interpretata, e rimessa in onore: da De Boury, ho trovato fra le Scalarie di M. Mario, due soli esemplari, di cui uno giovane, i quali dalla figura e descrizione di De Boury si allontanano soltanto per un maggior numero di lamelle assiali sugli anfratti, presentandone uno 10 e l’altro 11 sull’ultimo anfratto anzichè 9. Debbo tuttavia notare che l’e- semplare fatto disegnare da Risso mostra pure esso, come gli esemplari di M. Mario, un numero di la- i) De RavnevaL. Coquilles foss. de M. Mario, tav. IV, fig. 21. ? De GreGoRrIO. Studi sul gen. Scalaria, pag. 7, tav. I, fig. 15. [405] 8. CERULLI-IRELLI 231 melle superiore a quello indicato da De Boury. D'altronde abbiamo già visto, che il numero delle Jamelle nelle Scalarie è soggetto a qualche variazione. Altezza . Ù , ; 6 0 * mm, 26,5 Larghezza . 7 ; È ; . » 10 La Se. elegans si può ben dire una forma intermedia fra la Sc. communis e la Se. spinosa. Dalla prima, come fece già notare DE Boury, si distingue facilmente per le terminazioni posteriori delle costicine ad orecchiette appuntite o subspinose, e per l’apertura più ampia: dalla spinosa invece si allontana per una minore convessità di anfratti, colle costicine allineate in serie meno oblique e nella loro estremità in- feriore più fortemente auricolate, e semplicemente appuntite piuttosto che spinose sugli ultimi anfratti. Tuttavia è così spiccata l’affinità fra le due forme, che esse potrebbero anche rappresentare una sola specie, considerandosi la elegans varietà della spinosa. Ma col poco materiale che ho a mia disposizione debbo per ora limitarmi ad accennare il mio dubbio. Tale affinità fra le due specie, il fatto che le costicine nei primi anfratti e nei mediani si terminano a punte spinose mi fanno ritenere che la Sc. elegans, meglio che ai QMathrus cui l’ha riferita De Boury, possa riferirsi al s. g. Spiniscala. Della Sc. elegans secondo De Boury si rinvengono esemplari nel pliocene modenese e piacentino. M. Mario: Valle dell’ Inferno. i Scala (Clathrus) communis Lx. — Tav. XX [LII], fig. 56-61. (1819. — LAMARCK. ZHist. nat. Anim. s. vert., vol. VI pag. 228). 1854. Scalaria communis Lx. De Rav., V. p. H.. Ponzi. Cat. cit., pag. 1L. 1864. — = — Conn. Op. cit., d.* edi, pag. 30. 1868. - _ — Manrovani. Op. cit., pag. 16. 1871. - — — Conti. Op. cît., 2.2 ed., pag. 37. 1874. _ — — Manmovani. Op. cît., pag. 16. % 1875. _ _ — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. _ _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. — _ — Cuerici. Loc. cit., pag. 108. E specie abbastanza frequente a M. Mario, per quanto più spesso in giovani esemplari; v’ hanno tuttavia, per quanto rari, individui che mostrano un notevole grado di sviluppo. Altezza . 7 : . ; - 5 mm. 37 Larghezza . . o c ; È SENIO d De Boury ” ha voluto separare la forma fossile, che ha chiamato Se. prorîima, dalla vivente, avendo constatato che in quella l’accrescimento degli anfratti è più lento, per modo che il loro numero è mag- giore a parità di altezza, e inoltre le coste sono ineguali e ripiegate fin dai primi giri, e si seguono dall’uno anfratto all’altro in modo irregolare, mentre nella forma vivente esse formerebbero una linea retta. L’osservazione degli individui fossili di M. Mario e il loro confronto con individui viventi, mi con- vince che la distinzione proposta da De Boury non è possibile, almeno per la specie a M. Mario. i) Dn Bourr. Révis. d. Scalidae mioc. et plioce. d’Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 250, tav. IV, fig. 9. 232 S. CERULLI-IRELLI + [406] L’avvolgimento spirale della conchiglia è assolutamente identico, identica la forma ed allineamento delle costicine, identica l’apertura. Nè può ritenersi buon carattere distintivo quello indicato da DE Boury, che cioè la Se. communis abbia forma, per riguardo alla specie fossile, piuttosto ventricosa, come pre- cisamente l’individuo figurato da Cossmann !, perchè accanto a questa anche fra le viventi vi hanno altre forme allungate e strette identiche a quelle fossili. È che la specie vivente è assai variabile, tanto per la forma, che per la colorazione, e per la scul- tura, e così accanto ad individui con costicine poco ripiegate, nè troviamo altri che fin dai primi giri le hanno poco elevate e depresse; variazioni corrispondenti si hanno parimenti nei fossili. A mio credere perciò le due forme si corrispondono, nè saprei trovar ragione neanche per una di- stinzione della forma fossile dalla vivente al grado di varietà. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa. Scala (Clathrus) spreta Dr Boury. — Tav. XX [LII], fig. 62-64. (1889.— DE Bouryr. Rév. d. Sealidae mioc. et plioc. d' Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 254, tav. IV, fig. 8). Questa Scalaria si distingue dalla Sc. communis per il fatto che le lamelle sono più regolarmente: disposte e formano sulla superficie degli anfratti come altrettante linee continue, poco depresse in cor- rispondenza delle suture: le lamelle sono inoltre più ampie e più depresse: la forma è pure più decisa- mente conico-allungata. A M. Mario: ne conosco diversi esemplari, ma quasi tutti giovani; il più adulto ha le seguenti di- mensioni: Altezza 0 È : . . 0 mm. 17 Larghezza . c . . ò : » 6,9 De Boury ha descritto la specie su esemplari del post-pliocene siciliano, ed alla sua figura e descri- zione gli esemplari di M. Mario sono conformi: per altro il numero delle costicine non è costantemente di 9, perchè in un esemplare, agli altri perfettamente identico, ne ho contate 10. Fra individui di Sca- larie viventi nel Mediterraneo e riferiti alla Sc. communis ne ho trovati alcuni che assai si avvicinano. al Clathrus spretus, solo le costicine sono in numero di 10 e meno depresse. M. Mario : Farnesina. Sc. spreta var. Gregorioi Dr Boury sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 1,2. (1889. — De Bourr. Rév d. Scalidae mioe. et plioc. Italie. Boll. Soe. mal. it., vol. XIV, pag. 255, tav. IV, fig. 7). I caratteri distintivi della Sc. Gregorioi dalla Sc. spreta secondo il loro autore consistono in una forma meno conica e più turricolata nella Sc. Gregorioi, in un maggior numero di costicine, 11 anzichè 9, meno elevate e più depresse, posteriormente più auricolate, formanti pure linee diritte, continue, ma con insenature più pronunziate in corrispondenza delle suture. Posseggo di M. Mario due esemplari, che dalla descrizione e figura di De Boury si differenziano. soltanto per avere 10 costicine anzichè 11, differenza questa che, come abbiamo visto per altre specie, non mi sembra importante. Essi in confronto con gli esemplari di Sc. spreta presentano bensì le diffe- i) Cossmann. Ess. Paléoconchologie comp., fasc. IX, tav. I, fig. 40. [407] 8. CERULLI-IRELLI 233 renze cui accenna De Boury, ma esse mi sembrano così limitate, che possono tutt’al più servire per una distinzione di varietà. A M. Mario questa forma fu citata già da De Boury, M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Imferno. Scala (Clathrus) foliacea Sow. — Tav. XXI [LIII], fig. 5. (1825. — J. Sow. Min. Conch., vol. IV, pag. 125, tav. 390, fig. 2). Sc. foliacea var. septemcostata Cow. — Tav. XXI |LIII], fig. 3, 4. (1871. — Coni. IZ M. Mario ed i suoi foss., ed. 2,3, pag. 37 e 56). J L 1871. Scalaria septemcostata sp. n. Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 37 e 56. 1882. — foliosa Woop. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). I rarissimi individui che possono riferirsi alla Sc. foltacea differiscono dal tipo quale è figurato da SowerBy per lamelle in minor numero, 6 a 7 sull’ultimo anfratto, separate quindi da intervalli più ampii, e disposte più obliquamente, più reflesse e fors’anche più elevate. Altezza. 0 È ; ò ; : mm. 19 Larghezza . , 0 o ; o » 8,9 Per i caratteri succitati gli esemplari di M. Mario corrispondono alla descrizione e figura che della Se. foliacea dà Woop ®, per quanto nella figura si osservi un numero di lamelle superiore a quello che è indicato nella descrizione, nella quale Woop parla di 5 a 7 lamelle sull’ultimo anfratto. Ma se si pa- ragona la figura di Woop con quella di SowerBy si vede, che nella prima le lamelle appaiono assai più oblique, più reflesse e più elevate di quanto non mostri la figura di SoweRBY, e di quanto ho osservato direttamente su un esemplare del Crag, che ho creduto utile figurare (Tav. XXI [LIII], fig. 5), perchè alla figura di SowerBY è in tutto conforme, e sul quale il numero delle lamelle è di 8. La diversità fra il tipo illustrato da Woop e quello di SowerBy fu già rilevata da Sacco, che per il primo propose il nome di var. perfoliacea 2. Ma a me sembra, che questa forma vada distinta col nome proposto nel 1871 da Conti, il quale, benchè senza figura, fu corredato da una buona descrizione. Della Sc. folîacea non abbiamo sicure citazioni nel pliocene italiano; De Boury, dopo averne esclusa la presenza in Italia, vi riferisce, ma con dubbio, alcuni giovani individui dell’astigiano: ma il Sacco non ne ha poi fatto menzione, mentre cita una var. subfoliacea di Sc. spinifera, che dice affine alla Se. foliacea quale è illustrata da Nysr. M. Mario: Farnesina. Sc. foliacea var. belgica Sacco. — Tav. XXI [LIII], fig. 6,7. (1881. — Nyst. Conchyliol. d. terr. tert. de la Belgique, pag. 86, tav. VI, fig. 14. — Scalaria foliucea). (1891. — Sacco. Z Moll, terr. terz. Piem. e Lig., parte IX, pag. 27). Si distingue dalla varietà precedente di Sc. foliacea per la sua forma più gonfia, per le costicine più numerose, 8 a 9 come indica Nysr, meno oblique, meno elevate, e mi sembra differire dal tipo della specie per lamelle alquanto più robuste, e più ripiegate. 1) WooDp. Crag MoMllusca, vol. I, pag. 93, tav. VIII, fig. 17. 2) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte IX, pag. 26. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 dI 234 S. CERULLI-IRELLI [408] Sscco riconobbe giustamente che la specie descritta da Nysr col nome di Sc. foliacea fosse diversa dalla forma fossile nel Crag inglese, e propose il nome di var. bdelgica. Cossmann la ritiene specificamente distinta ”. A me sembra sia piuttosto da seguire il criterio di Sacco, in quanto nè il maggior numero di coste nè la loro maggiore obliquità mi sembrano buoni caratteri di distinzione. In effetti se osserviamo la figura di SoweRBy per la Sc. foliacea ci si accorge agevolmente come in essa le lamelle non sono affatto più oblique, nè meno numerose che nella forma del Belgio: esse sono soltanto più sottili, meno reflesse. A tale conclusione mi porta anche l'osservazione dell’e- semplare figurato di Se. foliacea del Crag di Suffolk (Tav. XXI [LIMI], fig. 5), che è conforme alla illustra- zione di SowerBYy e che dall’esemplare di M. Mario, di cui ha lo stesso numero di lamelle (8), non differisce che per lamelle più sottili e più erette, per modo che si può dire che al tipo di SoweRBY sembra più affine la var. delgica, che non la forma descritta ed illustrata da Woop. M. Mario: Farnesina. Scala (Clathrus) subtrevelyana Bruow. — Tav. XXI [LIII], fig. 8,9. (1S80. — BrUGNONE. Conch. plioc. Caltanissetta. Boll. Soc. mal. it., vol. VI, pag. 124, tav. I, fig. 13). (1889-90. — DE Bourr. Révis. d. Scalidae mioc. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 292; vol. XV, tav. IV, fig. 5). Di questa specie che De Boury dice non molto rara nel pliocene italiano, ho trovato un bell’esem- plare adulto delle sabbie gialle della Farnesina fra diverse Scalarie datemi in studio dal prof. NEVIANI. Esso è conforme alle buone figure di Bruenone e DE Boury: ha 10 lamelle poco elevate, reflesse, irre- golarmente allineate sugli anfratti, e posteriormente auricolate: nei primi anfratti, come si osserva anche nella figura di DE Boury, qualche lamella si termina posteriormente a punta aguzza: alcune lamelle sono trasformate in varici, di cui un paio sull’ultimo anfratto assai grosse e spesse: la superficie degli an- fratti ha inoltre una sottile striatura spirale. Altezza. ; , c . 0 : mm. 25 Larghezza . 0 ; ” - , » 8,5 Sacco ha ritenuto che ia Sc. subtrevelyana di BRUGNONE dovesse considerarsi varietà di Sc. Zurtonis Tur. (= Se. tenuicosta MicH.), varietà assai affine alla alternicostata BRronn, mentre la Sc. subtrevelyana descritta e figurata da De Boury rappresenterebbe un tipo diverso, che SAcco chiama var. subtrevelyanoides. Ma tale interpretazione della specie di BruenonE a me sembra alquanto dubbia, a meno che Sacco non ne abbia visti esemplari tipici. In effetti BruenonE paragona la sua specie con la Sc. trevelyana LEACH, e dice che ne differisce per anfratti più convessi e suture più profonde, oltre che per minor nu- mero di coste. Tali differenze se servono a far distinguere la Sc. subtrevelyana dalla trevelyana debbono ancor meglio servire per separarla dalla Sc. fenwicosta. In effetti, mentre — come leggiamo negli autori inglesi — la Sc. trevelyana ha le suture profonde — e la subtrevelyana a detta di Bruenone le ha più profonde — non riempite dai prolungamenti delle lamelle assiali, nella Sc. tenuicosta invece le suture sono ben definite, ma non profonde, nè apparentemente perforate, perchè le costicine nella loro estremità posteriore si prolungano orizzontalmente sulla sutura in senso opposto a quello dell’avvolgimento spirale, fino quasi a raggiungere la costicina immediatamente successiva a destra, per modo che le suture ne ap- i) Cossmann. Ess. de Paléoconchologie comp., fasc. IX, pag. 37, tav. II, fig. 1. Do (05) Il [409] S. CRRULLI-IRELLI paiono come coperte. Questo, come ho detto, non si verifica nella trevelyana, e a maggior ragione non deve verificarsi nella subtrevelyana dal momento che questa ha le suture più profonde della specie affine. Ritengo perciò che la Sc. subirevelyana Bruan. va considerata specie a sè, diversa dalla enwicosta anche per lamelle più elevate e più manifestamente reflesse alla sommità, e più oblique. Non so poi trovar ragione per tenerne separata la Sc. subtrevelyana figurata da De Boury, tanto più che De Boury ! dopo l'osservazione di Sacco ha assicurato, che la specie da lui illustrata è conforme a quella di BRUGNONE, come gli è risultato dal confronto diretto con esemplari della coll. BRUGNONE. Cossmann riferisce la Sc. subtrevelyana alla sezione generica Fuscoscala: ma per i caratteri differenziali notati colla specie tipo di questa sezione, la Sc. tenuicosta, essa è intermedia fra le due sezioni Clathrus e Fuscoscala. M. Mario: Farnesina. Scala (Clathrus) tenuicosta Micn. — Tav. XXI [LIII], fig. 10,11. (1829. — MicH4auD. Bull Soc. Linn. Bord., vol. ITI, pag. 260, fig. 1). 1874. Scalaria tenwvicosta Pan. Mantovani. Op. cit., pag. 41. Come la precedente è anche questa una specie per il M. Mario assai rara, chè non ne conosco che pochissimi esemplari. Essi hanno le costicine assai depresse in numero di 10 ad 11, e possono riferirsi alle forme compressovaricosa Sacco, e pauperocostata SAcco. Su questa specie MonreRrosatro istituì la sezione sotto-senerica Fuscoscala, che Cossmann mantiene, dandone i caratteri distintivi, ed aggiungendo che anche nelle Zuscoscala la sutura è strettamente per- forata per modo che esse possono bene appartenere al sotto-genere Clathrus. L'osservazione di Cossmann è perfettamente esatta, chè in un bell’individuo vivente adulto ho notato come all’estremità delle inero- stazioni foliacee che le costicine fanno sulle suture, resti talvolta scoperto come un piccolissimo foro. Il nome da dare a questa specie è stato ed è tuttora in discussione, in quanto, dieci anni prima di MicHauD, Turton aveva descritto la stessa specie col nome di Zurbo Turtonis. Per quanto anche a me sembri, come già a De GREGORIO e Sacco, che le ragioni di purismo di nomenclatura addotte per far ri- gettare il nome più antico di Turron abbiano uno scarso valore, pure dal momento che la massima parte degli autori son d’accordo nel preferire il nome di MrcHauD, ad evitare confusioni, lo adotto anch'io per distinguere la specie in discorso. Questa specie, comparsa già nel miocene, ha avuto molta diffusione nel pliocene, si è conservata nel postpliocene, e continua tuttora a vivere nei nostri mari. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (Coll. Grassi). Scala (Hyaloscala) clathratula Apams sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 12-15. (1798. — J. ADAMS. ZWssays of Microse. ed. II, tav. XIV, fig. 19. — Turbo). (1853. — ForBes a. HaNnLEY. Brit. Moll., vol. IlI, pag. 209, tav. LXX, fig. 3, 4). 1864. Scalaria pulchella Brv. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 30. 1871. _ _ — — Op. cit., 2. ed., pag. 37. 1882. — clathratula Mr. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. _ _ — Ccerici. Loc. cit., pag. 108. i) Da Bouryr. Observ. s. quelques espèces ou s. genres de Scalidae. Journ. Conch., vol. LXI, pag. 107. 236 S. CERULLI-IRELLI ì i; [410] Di questa elegante piccola specie esistono nella coll. RigAccr pochi individui, i quali mentre si iden- tificano colla forma vivente presentano come questa variabilità sia rispetto alla spira più o meno allun- gata, sia rispetto al numero delle lamelle di cui sull’ultimo anfratto se ne contano da 16 a 20. La Sc. clathratula del Crag di Sutton illustrata da Woop ! sembra alquanto diversa per la termina- zione posteriore delle lamelle a piccole punte aguzze: eguali differenze presenta la Sc. clathratula dello scaldisiano belga, illustrata da Nysr ?, e forse entrambe sono sinonime della specie seguente. La Sc. clathratula di M. Mario illustrata da De GREGORIO ?), è diversa, e mi pare possa invece ri- ferirsi alla Sc. subfrondosa De RAYN., per quanto più aguzze, più sporgenti e più vicine alle suture siano le punte con cui le lamelle si terminano posteriormente. È interessante il rinvenimento di questa specie a M. Mario, perchè di essa non pare si abbiano si- cure citazioni per altre località in Italia. Coni la citò col nome di Sc. pulchella che è specie affine, ma distinta. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa. Scala (Hyaloscala) minuta Sow. — Tav. XXI [LIHI], fig. 16. (1823. — SowerBr. Min. Conch., vol. IV, pag. 125, tav. 390, fig. 3, 4). Riferisco a questa specie un bell’individuo quasi completo rinvenuto dal dott. L. Grassi fra le sabbie gialle della Valle dell’Inferno. Altezza (dei 7 ultimi anfratti) : 5 mm. 14 Larghezza : o 0 0 . 0 » 5 Esso è perfettamente identico, salvo che per le dimensioni maggiori, ad individui del Crag inglese con cui ho potuto farne raffronto, come è conforme alla bella figura della Sc. minuta data da Cossmann 4) su un esemplare dello scaldisiano di Anversa. Tuttavia sarei rimasto dubbioso sull’identificazione dell’esemplare di M. Mario colla specie di SowERBY dal momento che Woop 5 l’ aveva assimilata alla Sc. clathratula Turt., se il ch. paleontologo inglese F. W. HARMER non mi avesse assai cortesemente assicurato che la specie descritta da Woop sotto il nome di Sc. clathratula è precisamente la Sc. minuta Sow., soggiungendomi che a suo parere la vera Se. cla- thratula Turt. manca nel Crag. La Sc. minuta si distingue dalla Sc. clathratula per la forma più stretta, più turricolata, ad anfratti più convessi, divisi da suture più profonde, più incavate, più aperte, subdisgiunti. La scultura è fatta di lamelle più sottili, meno elevate, erette, in numero maggiore (22 sull’individuo di M. Mario) poste- riormente meno auricolate, ottusamente angolate ad un livello più alto delle suture, e dopo la piegatura ad angolo meno elevate, per modo che le suture appaiono più scoperte che nella clathratula. L'apertura è più ovale, col peristoma anteriormente meno espanso. Le dimensioni sono anche maggiori. Per la forma degli anfratti, per le lamelle numerose la Sc. minuta si avvicina alla Sc. pulchella Biv., 4) S. Woop. Crag Mollusca, vol. I, pag. 94, tav. VIII, fig. 19. 2 Nysr. Conch. d. terr. tert. d. Belgique. Terr. plioc. scaldisien,° pag. 88, tav. VI, fig. 16. 3) Dn GregoRrIO. Studi sul gen. Scalaria, pag. 7, tav. I, fig. 31. 4) Cossmann. Ess. de Paléoconchologie comp., fase. IX, tav. I, fig. 45. 5) Woop. Crag Mollusca, vol. I, pag. 94, tav. VIII, fig. 19. DO w | [411] 8, CERULLI-IRELLI ma questa ha spira più breve, l’ultimo anfratto più largo, le lamelle più numerose e più robuste, cogli intervalli fra esse striati. È interessante trovare questa specie nella fauna fossile di M. Mario, perchè essa, ch’ io mi sappia, non era finora conosciuta, come ho già detto, che nel Crag inglese e nello scaldisiano di Anversa. M. Mario: Valle dell’ Inferno. Scala (Gyroscala) pseudoscalaris Br. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 17,18. (1814, — BroccHni. Coneh. foss. subapp., vol. II, pag. 879, tav. VII, fig. 1. — Vurbo). 1882. Scalaria pseudoscalaris Br. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. Non è rara nelle collezioni di M. Mario, per quanto generalmente confusa con altre specie, e partico- larmente con la Sc. communis o indicata come Se. foliacea. Ne esistono dei magnifici esemplari adulti, anche di maggiori dimensioni di quello figurato da BRroccHI, chè l’individuo più adulto da me osservato, pur non avendo che gli ultimi 6 anfratti soltanto, misura 44 mm. di altezza e 18 mm. di larghezza. Le studio dei diversi individui, per quanto quasi tutti incompleti, che ho potuto avere in esame, mi dimostra che la specie è discretamente variabile innanzi tutto per la forma che è a spira più o meno allungata, e per la scultura degli anfratti. In effetti le costicine variano in numero, da 10 a 13, e si corrispondono o meno da un anfratto all’altro, succedendosi perciò talora in serie regolari subcontinue, più o meno oblique, tal altra in serie alternanti più o meno regolarmente quelle di un giro con quelle del giro successivo. Si nota altresì che la successione delle lamelle varia talora nello stesso individuo, ed alternante negli ultimi anfratti diventa continua nei primi. Le lamelle sono alla sommità più o meno reflesse e posteriormente più o meno espanse ed aurico- late, e piegate ad angolo più o meno acuto. Talora alcune di esse, particolarmente sugli ultimi anfratti, sono trasformate in varici, in qualche individuo adulto ampie e forti. La superficie fra le lamelle è talora subliscia, tal altra fortemente ed evidentemente striata in senso spirale, con le strie che sì estendono anche sulle lamelle, tanto sulla loro faccia concava, che su quella convessa, rendendo quest’ultima a superficie rugosa, increspata. Tuttavia l’aspetto generale della conchiglia resta essenzialmente lo stesso, per modo che a me sembra di dover tenere conto soltanto delle variazioni più spiccate per farne menzione a parte. Le variazioni di cui ho sopra fatto parola mostrano che la distinzione fra i due sotto-generi Gyro- scala e Circuloscala di De Boury, che Cossmann mantiene, è assai poco netta, a meno che al primo non sì vogliano riferire soltanto le forme corrispondenti alla vivente Sc. commutata, a lamelle posterior- mente non auricolate, succedentesi in serie assai regolarmente continue da un anfratto all’altro; ma tanto De Boury quanto Cossmann riferiscono al s. e. Gyroscala anche la Se. pseudoscalaris e le affini. Ritengo inoltre che le Gyroscala vadano considerate come sotto-genere di Scala, e non genere a sè, come lo considera Cossmann. In effetti non v'è altro carattere distintivo che quello del cordoncino ba- sale, delimitante una specie di disco basale, reso spesso manifesto da differente colorazione, ma non sempre bene evidente. Cossmann aggiunge che le Gyroscala differiscono dalle Scala per le suture nè disgiunte nè perforate fra le lamelle: ma questo non è certo carattere costante, chè anzi ho osservato che tanto gli individui di Sc. pseudoscalaris quanto quelli di Sc. Pantanellii hanno le suture disgiunte e perforate precisamente come nei Clattrus, e come in questi negli intervalli fra le lamelle si vedono al- trettanti fori più o meno ampii i quali giungono fino all’asse columellare, fori che talora sono coperti dai prolungamenti suturali delle lamelle. D'altra parte la lieve pseudocarena spirale alla sommità di ogni S. CERULLI-IRELLI [412] LO (SI (00) giro non è che un cordoncino più rilevato fra gli altri che costituiscono la scultura spirale della con- chiglia, per quanto quasi obsoleti, e non dipende affatto da piegatura delle costicine assiali. La Sc. pseudoscalaris è specie assai diffusa nel pliocene italiano, per quanto rara: a Vallebiaia Man- zoNI la dice rarissima, e rappresentata da un solo esemplare: nel post-pliocene dell’Italia meridionale pare manchi, come è scomparsa nei mari odierni. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno. Sc. pseudoscalaris var. muricatoides Sacco. - Tav. XXI [LIII[, fig. 19-21. (1891. — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte IX, pag. 32, tav. I, fig. 48). Si distingue dal tipo per le costicine più diritte, meno reflesse alla sommità, e posteriormente auri- colato-angolate, ma più espanse, per modo che la conchiglia è più distintamente scalettata. Le orecchiette sono talora sui primi anfratti acuminate, subspinose. Ho di questa varietà anche un beil’esemplare adulto, sfortunatamente incompleto dal lato dell’apertura. Anche per la var. muricatoides osservo che la forma varia per spira più o meno allungata, ed ho notato che gli individui a spira più breve hanno un’analogia spiccatissima con la Sc. Studeri De Bourr ! del miocene, sol che il cordoncino basale è in questa assai più sviluppato. Convengo pienamente con Sacco che questa forma vada considerata varietà di Sc. pseudoscalaris ; De Boury invece la tiene distinta come buona specie. Ma l’osservazione del materiale piuttosto abbon- dante che ho avuto a mia disposizione, mi dimostra che l’espansione posteriore delle costicine in vici- nanza delle suture non è buon carattere distintivo, in quanto esso è carattere comune a tutti gli indi- vidui di Sc. pseudoscalaris ed è nella var. muricatoides semplicemente più accentuato. Del resto anche l'individuo adulto figurato da BroccHI mostra chiaramente le lamelle posteriormente auricolate. Nei gio- vani tale carattere resta essenzialmente lo stesso, ond’è che io dubito, almeno per quanto si può giudi- care dalla figura, che l’individuo figurato da De Boury ? come giovane di Gyr. pseudoscalaris possa riferirvisi. Nè carattere distintivo può ritenersi la presenza nella muricatoides di strie spirali più mani- feste, perchè la striatura spirale è nella pseudoscalaris soggetta a notevole variabilità, ma non in rela- zione alla diversa forma delle lamelle, nè, a quanto ho osservato negli esemplari di M. Mario, è nella muricatoides più evidente. Forma assai affine sembra la Sc. carinulata BRUEN. #, se pure non è assolutamente identica, come parrebbe dall’esame della figura. Tuttavia Cossmann #, che ne ha avuto un esemplare da MontEROSATO la mantiene specificamente distinta dalla pseudoscalaris. M. Mario: Farnesina. Sc. pseudoscalaris var. spinosella n. var. — Tav. XXI [LIII], fig. 22. E caratterizzata dalle costicine ancora più fortemente auricolate che nella var. muricatoides, e tutte sporgenti in punte più o meno aguzze, anche sugli ultimi anfratti. i) De Boury. Etude sur les sous-genres des Scalidae. Journ. Conch., vol. LVIII, tav. XII, fig. 7. ® De Boury. Ibid., tav. XII, fig. 5. 3 BRUGNONE. Le conch. plioc. d. vicinanze di Caltanissetta. Boll. Soc. mal. it., vol. VI, pag. 125, tav. I, fio. 16. 4 Cossmann. Ess. de Paléoconch. comp., fasc. IX, pag. 48. [413] 8. CERULLI-IRELLI 239 Per tale carattere l’individuo giovane che rappresenta questa varietà si differenzia abbastanza sen- sibilmente dal tipo, ma è ad esso strettamente collegato per mezzo della var. muricatoides, nella quale, come abbiamo visto, talora le costicine dei primi anfratti sono posteriormente sporgenti in punte aguzze. Tuttavia l'esemplare studiato non può semplicemente considerarsi come lo stato giovanile della var. muricatoides, cui bene corrisponde per la forma turrito-scalettata, e per il numero delle costicine, perchè ho osservato nei giovani di questa varietà che le costicine sono sugli ultimi anfratti auricolate ma non spinose. Altezza . c o o p ' o mm. 8,9 Larghezza . o . ; o ; » 3,0 M. Mario: Farnesina. Sc. pseudoscalaris var. ventricosella n. var. — Tav, XXI [LIII], fig. 23-26. E distinta dal tipo più comune per la sua forma più abbreviata, più conica, ad anfratti più serrati. Il cordoncino basale è appena manifesto. M. Mario: Farnesina. Sc. pseudoscalaris var. pseudocommutata n. var. — Tav. XXI [LIII], fig. 27. Conchiglia piccola, conico-piramidata, composta di 11 anfratti, divisi da suture poco oblique, e abba- stanza profonde; coperti di lamelle assiali, in numero di 9, disposte in serie continue oblique, discreta- mente elevate, debolmente reflesse alla sommità e posteriormente auricolato-arrotondate sugli ultimi anfratti, subacuminate sui primi; anfratti embrionali lisci, lucenti. Superficie fra le lamelle debolmente striata in senso spirale. Cordoncino basale ben evidente: base della conchiglia depressa. Apertura mancante. Altezza. o . 5 o . o mm. 11,9 Larghezza . . è ò o 6 » 5 Parrebbe forma distinta dalla psexdoscalaris per il minor numero delle costicine e per la loro rego- lare successione da un anfratto all’altro, per modo che esse formano come delle serie parallele continue, che ricordano la scultura della Sc. commutata Mrrs. Ma mentre da questa si allontana per il fatto che le costicine sono posteriormente auricolate, il confronto fattone con gli altri individui di Sc. pseudoscalaris mi ha convinto che essa non può che rappresentarne una buona varietà. Dalla var. muricatoides di Sc. pseudoscalaris si differenzia oltre che per la più regolare successione delle lamelle, e il loro minor numero, anche per le orecchiette posteriori meno espanse e meno ango- late, più arrotondate sugli ultimi anfratti: la forma della conchiglia è anche più conica, meno allungata. M. Mario: Farnesina. Scala (Gyroscala) Pantanellii De Boury. — Tav, XXI [LIII], fig. 28-32. (1859. — LiBassI. Sopra ale. conchiglie foss. d. dint. di Palermo, pag. 24. — Scalaria venusta). (1889. — DE Bourr. Rév. d. Scalidae mioc. et plioe. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 237). (1910. — De Boury. Et. sur les sous-gen. des Scalidae. Journ. Conch., vol. LVIII, tav. XII, fig. 4). Come hanno osservato Lisassi e De Boury questa specie si distingue dalla Gyr. pseudosealaris per gli anfratti più convessi, per la conchiglia più sottile, le lamelle più sottili, più fragili, più numerose, 240 S. CERULLI-IRELLI [414] meno elevate, ed io osservo anche più oblique, posteriormente meno espanse, più regolarmente arcuate, non angolate. Ne ho di M. Mario diversi individui sfortunatamente tutti incompleti: essi mostrano che lo sviluppo della specie è press’a poco corrispondente a quello della pseudoscalaris. Il numero delle lamelle oscilla da 14 a 18, ed esse per la loro sottigliezza spesso presentano la sommità rotta, frangiata. Questa specie fu descritta da Liassi su esemplari del pliocene di Altavilla sotto il nome di Sca- laria venusta, nome che De Boury mutò in Sc. Pantanellii per l’esistenza di altra Sc. venusta Lra. Oltre che per Altavilla, dove LrBassi la dice non molto rara, questa Scalaria si trova fossile secondo DE BourY nel pliocene di Castrocaro, di Castellarquato, e nell’astigiano:’ per altro Sacco dice sembrargli che la forma dell’astigiano sia un po’ diversa da quella tipica siciliana, e la cita come varietà di G. pseudo- scalaris, mentre la tipica Sc. venusta, cui gli esemplari di M. Mario bene corrispondono, è ben distinta dalla pseudoscalaris per i caratteri citati. In Calabria la cita SeGueNnza per Gallina (astiano), e in Ca- labria SeGueNzA la ricorda anche nel’ miocenée. M. Mario: Farnesina. Scala (Gyroscala) italica De Boury sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 33. (1889. — De Boury. Rév. des Scalidae mioe. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 240, tav. IV, fig. 14. — Cireuloscala). (1910. — De Bouryr. Et. sur les sous-genr. des Scalidae. Journ. Conch., vol. LVIII, tav. XII, fig. 13). L’esemplare di M. Mario, per quanto incompleto, che io riferisco a questa specie, mi sembra con- forme alla chiara figura fotografica data da De Boury nel 1910. L’esemplare di M. Mario è soltanto più adulto, ed ha 13 costicine, invece di 11, sull’ultimo anfratto: ma quest’ultima differenza non mì . pare di grande importanza, dal momento che gli altri caratteri sono corrispondenti. Caratterizzano e distinguono questa specie dall’affine pseudoscalaris la forma più stretta, l’avvolgi- mento più obliquo degli anfratti, gli anfratti meno convessi, le costicine meno elevate, tutte subeguali, e posteriormente auricolate angolate ma meno espanse, e colla piegatura ad angolo più ottuso e ad un livello più alto delle suture, per modo che queste appaiono più aperte. La superficie fra le lamelle è subliscia: solo in qualche punto si vede un oscuro accenno a strie come: nella pseudoscalaris. L'apertura è come nella pseudoscalaris. Altezza (dei 3 ultimi anfratti). 0 6 ò ò mm. 22 Larghezza . Ò 0 ò 0 0 o 0 0 » ,2 Sebbene questa specie sia senza dubbio assai affine alla pseudoscalaris, e particolarmente alla var. muricatoîdes, pure mi sembra che la forma più stretta e più allungata, l’avvolgimento più obliquo, più rapido, le costicine meno elevate, tutte subeguali, la loro diversa piegatura ad angolo posteriormente siano. caratteri che, dando alla conchiglia un aspetto diverso, servono a tenerla distinta dalla pseudoscalaris. De Boury riferì la Sc. italica al sottogen. Circuloscala, per quanto con qualche dubbio. Cossmann: considera il s. g. Cireuloscala distinto da Gyroscala pur dicendolo a questo estremamente vicino. Senza entrare in discussione sul valore di queste sezioni generiche, che” io credo assai limitato ed alquanto: dubbio, mi limito ad osservare che la Sc. italica appartiene alla stessa sezione generica della Sc. pseudoscalaris. In effetti la striatura spirale che costituirebbe un carattere precipuo di distinzione è assolutamente corrispondente. Aggiungo anzi che la striatura spirale è nella pseudoscalaris assai varia- bile, e da individui che hanno la superficie fra le lamelle completamente o quasi completamente liscia [415] S. CERULLI-IRELLI 241 si passa per gradi ad altri individui nei quali la superficie della conchiglia è manifestamente striata, e come coperta anzi da sottili cordoncini depressi, i quali si estendono spesso così sulla parte concava che su quella convessa delle costicine, e coprono parimenti il disco basale. Nè differenze so riscontrare nella saldatura delle costicine da un anfratto all’altro. La Se. italica è citata soltanto del pliocene piacentino tanto da De Boury che da Sacco, ed en- trambi questi autori la dicono rarissima. M. Mario: Farnesina (Coll. Grassi). Scala (Gyroscala) intricata n. sp. — Tav. XXI |LIII], fig. 34. Conchiglia a forma stretta ed allungata, anfratti non molto convessi, ornati di una sottilissima stria- tura spirale e coperti di 14 lamelle assiali, subeguali fra loro, robuste, poco oblique, poco elevate, ripie- gate alla sommità e posteriormente auricolate ma non angolate, colle orecchiette sporgenti oltre le suture in mezzo alle costicine del giro inferiore, per modo che le costicine d’un anfratto sembrano come intrec- ciate con quelle del giro successivo, e le suture ne sono come coperte. Cordoncino basale ben evidente: apertura subovale. Altezza (dei 4 ultimi anfratti) . a A 1 c , mm. 24 Larghezza 7 ; ò 7 - 7 . o 1 » 11,5 L'individuo di M. Mario che rappresenta questa specie è incompleto, non avendo che i quattro ul- timi anfratti. Esso per le lamelle posteriormente auricolate ma non angolate presenta affinità con la Se. Pantanellii, ma se ne distingue per le lamelle stesse più robuste, più elevate e reflesse alla sommità, meno oblique, posteriormente più ampiamente auricolate, colle orecchiette sporgenti oltre le suture. Gli anfratti sono inoltre meno convessi, e le suture meno delimitate. Sembrami perciò specie diversa dalla Pantanellii. M. Mario: Farnesina. Scala (Gyroscala) mariana n. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 35. Conchiglia a forma conica poco allungata: anfratti convessi divisi da suture molto profonde, poco oblique, ornati di una sottile ma poco evidente striatura spirale, e coperti di lamelle assiali, in numero di 14, subparallele all’asse della conchiglia, alquanto reflesse alla sommità e posteriormente auricolate, colle orecchiette sporgenti in punte ottuse, e situate ad una certa distanza al disopra delle suture: le lamelle discretamente elevate fino alle orecchiette divengono al disotto di queste bruscamente brevi, depresse, esili fino alla sutura: esse sono di tanto in tanto ispessite, varicose e qualcuna fortemente varicosa. Il cordoncino basale è ben demarcato e delimita un disco di colore più chiaro del resto della con- chiglia. é L'apertura è, come nelle altre specie, ovale subrotonda e con gli stessi caratteri, ma il peristoma interno continuo appare più spesso, più robusto. Altezza x 0 È È - È mm. 23. Larghezza . : di È 5 : » 9,5 Questa bella specie, rappresentata a M. Mario da un solo esemplare quasi completo, mancante soltanto Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 32 242 S. CERULLI-IRELLI (416] dell’apice, è talmente conforme alla Sc. subfrondosa DE RaAyn., che, date le sue dimensioni assai maggiori, si potrebbe pensare ne fosse una var. major, se l’esistenza del cordoncino e disco basale non servisse a farla immediatamente distinguere. Io la credo specie diversa dalle altre Gyroscala di M. Mario: solo la var. spinosella di Sc. pseudoscularis presenta qualche analogia con essa, -ma la distinguono il minor numero di costicine nella var. spinosella e la loro maggiore obliquità, oltre che la diversa loro terminazione posteriore, in quanto nella var. spinosella l’orecchietta è allo stesso livello della sutura, assai più vicina a questa, e manca il brusco ed evidente assottigliamento delle costicine fra l’orecchietta e la sutura: la forma della conchiglia è nella var. spirosella anche più allungata. Per modo che mentre la var. spinosella ricorda la Sc. frondicula, la Gyr. mariana corrisponde alla Sc. subfrondosa. E come diversa dalle Gyroscala di M. Mario mi pare diversa da tutte le altre conosciute, e la credo perciò specie nuova. M. Mario: Farnesina. Scala (Acrilla) Libassii Ska. (1876. — SEGUENZA. Studi strat. form. plioc. It. merid. Boll. R. Com. geol. it., vol. VII, pag. 96, 97). (1889. — De Bourr. Rév. d. Scalidae mioc. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal. it., vol. XIV, pag. 320). (1590. — De Boury. Ét. crit. des Scalidae mioe. et plioc. d’ Italie. Boll. Soc. mal, it., vol. XV, pag. 201, tav. IV, fig. 11). Sebbene l'esemplare di M. Mario sia assai incompleto, mancando degli ultimi 4 o 5 anfratti, pure non esito a riferirlo alla presente specie per la corrispondenza che esso presenta colla figura di De Boury. Nel nostro esemplare le costicine sono forse più numerose, in quanto nell’anfratto più grande se ne con- tano 24, ma la forma della terminazione loro sulle suture, la loro sottigliezza ed obliquità, la minuta ma ben evidente striatura spirale, la presenza di un cordone subsuturale, che dimostra l’esistenza del disco basale, sono caratteri che mi permettono identificare colla specie descritta da De Boury l’individuo di M. Mario, per quanto incompleto e giovane. La Sc. Libassii è citata da Sacco nel pliocene ligure: SeGuENZA la cita di Altavilla, di dove la specie fu per prima descritta da Lisassi col nome di Sc. decussata (n. LAMARCK), e LiBassi dice l’ultimo an- fratto coperto di 30 costicine, che diminuiscono poi nel penultimo: SegueNzA la cita pure di Orciano e di Bologna, ma per quest’ultima località non ne troviamo poi menzione in Foresti. È conosciuta anche dal miocene, ed è un esemplare miocenico quello figurato da De BouRy. M. Mario: Farnesina. Gen. Acirsa MòorcA, 1857. Acirsa (Hemiacirsa) lanceolata Br. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 36. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., pag. 375, tav. VII, fig. 7. — Turbo). 1906. Hemiacirsa lanceolata Brocc. MeLi. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 571 Dell’unico esemplare che rappresenta questa specie, dovuto alle fortunate ricerche del dott. L. GRASSI fra le sabbie della Farnesina, già diede notizia MELI qualche anno fa. Esso è perfettamente identico agli esemplari del pliocene piemontese, sui quali SAcco per caratteri di scultura ha istituito la var. prysmatica. Altezza . o . c b o mm. 20 Larghezza . 6 . : È . » 6) [417] 8. CERULLI-IRELLI 243 È strano che questa specie citata già da Broccni a M. Mario sia poi sfuggita a tutte le pazienti ed attive ricerche dei tanti raccoglitori e studiosi dei fossili delle nostre sabbie: ciò è prova della sua grande rarità. E del resto è questa una specie rara ovunque la si incontra. Essa comparsa già nel mio- cene, è particolarmente conosciuta e diffusa nel pliocene tanto piacenziano che astiano, mentre mancano citazioni in terreni più recenti. È perciò interessante la sua presenza nella fauna del M. Mario. M. Mario: Farnesina — Coll. Grassi. Fam. Aelisidae Cossvann, 1912. Gen, Aclis Lovén, 1846. Aclis supranitida Woon sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 37,38. (1842.— S. Woop. Cat. Orag Moll. — Alvania). (1853. — FoRrBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 220, tav. XC, fig. 2, 3). 1864. Zurritella cochleata Br. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 32. 1871. - — — — Op. cu., 2. ed., pag. 38. 1882. Aclis supranitida Woop. Zuccari. Uat. cit., pag. 15. Ho studiato di questa minuta ed elegante specie pochissimi individui, i quali tuttavia mostrano una discreta variabilità così nella forma degli anfratti, che nella loro scultura, variabilità del resto che si riscontra anche nella specie vivente, come leggiamo in JEFFREYS, e come ci dimostrano le buone figure di Forges ed HanceY, dalle quali si vede che gli anfratti talora sono abbastanza regolarmente convessi, anche nella loro metà inferiore, tal’altra in questa leggermente concavi, con i cingoletti spirali più evi- denti, più rilevati nella parte superiore, e completamente assenti nella parte inferiore che è levigata. Facilmente a questa forma corrisponde la var. supralaevigata MtRS., che dovrebbe esser considerata buona varietà, qualora come tipo si. prendesse la forma ad anfratti più regolarmente convessi. Altezza c c c o È à > o mm. 4,6 Larghezza . : ò c c o ò : n DIST Le Aclis sono assai raramente ricordate fossili: l'A. supranitida, oltre che per M. Mario, è stata citata di Monte Pellegrino da MontERosato: a Vallebiaia Manzoni ha citata una specie affine VA. ascaris: nel pliocene piemontese Sacco ha fatto conoscere una nuova specie, l'A. proascaris: tre specie, di cui due nuove, sono menzionate da SEGuENZA nell’astiano di Calabria. M. Mario: Farnesina. A. supranitida var. planata n. var. — Tav. XXI [LIII], fig. 39,40. Differisce dalla specie per la spira conica più breve, gli anfratti assai poco convessi, quasi piani, di cui gli ultimi tre sublisci, solo con uno o due cingoletti depressi presso la sutura superiore, gli altri ornati di tre cingoletti depressi, più larghi degli intervalli che li separano. L’ombelico è altresì più ri- stretto, meno imbutiforme, mancante di quella specie di carena od angolosità che lo delimita superior- mente nella supranitida. Altezza o ; c 0 È x mm. 3,3 Larghezza . - 0 0 , . > iS Per la notevole depressione degli anfratti si avvicina all’A. vitrea Warson, ma servono a separarla 244 S. CERULLI-IRELLI [418] la presenza dei cingoletti spirali sugli anfratti mediani, e l'ombelico assai più ampio. La maggiore am- piezza dell’ombelico come la depressione degli anfratti servono anche a distinguerla dalla A. ascaris, cui per la forma conica, breve, potrebbe in qualche modo avvicinarsi. Per quanto i caratteri differenziali notati siano abbastanza importanti, pure io ritengo che, data la va- riabilità della supranitida, l’individuo studiato possa riguardarsene soltanto come una ben distinta varietà. M. Mario : Farnesina. A. supranitida var. interposità n. var. — Tav. XXI [LIII], fig. 41. La forma della conchiglia è più breve, gli anfratti più convessi, divisi da suture più profonde, con i cingoli spirali subobsoleti, ma in maggior numero: cinque nel penultimo ed ultimo anfratto, e due quasi indistinti sulla sommità di questo; quattro sul terz’ultimo, e due sui successivi, di cui quello in- feriore più rilevato quasi al centro degli anfratti: il cingolo superiore subsuturale è leggermente più distante dalla sutura di quanto non sia nel tipo della specie, mentre all’opposto il cingolo inferiore sul- . l’ultimo anfratto, è assai più avvicinato alla sutura inferiore. Altezza 0 0 0 È . . mm. 3,3 1,3 Larghezza . c : o o o Ddl La maggiore convessità degli anfratti, la spira più breve, il numero dei cingoletti spirali, che si con- tinuano quasi indistinti sulla sommità dell’ultimo anfratto avvicinano l'individuo di M. Mario all’ A. ascaris Turm., quale vedo descritta ed illustrata in ForBes ed HanLEY !); ma l’ampiezza dell’ombelico lo separa nettamente da essa, e mi induce invece a riferirlo quale varietà all’A. supraritida, tanto più che anche nella specie vivente, come indica JerrREYs ®, talora il numero dei cingoletti spirali è di cinque sugli ul- timi anfratti. M. Mario: Farnesina. Fam. Banliomidae H. A. Apaws, 1854. Gen. Eulima Risso, 1826. Eulima polita L. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 42-47. (1776. — LinNnEO. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1241. — Heliv). 1854. Eukima subhastata v’OrB. De Rav., V. p. H., Powzi. Cut. cit., pag. 10 (partim). 1864. — — — Conni. Op. cit., 1. ed., pag. 29 (partim). 1868. Mantovani. Op. cit., pag. 16 (partim). 18%1. = — — Con. Op. ert., 2.* ed., pag. 36 (partim). 1874. — - — Mantovani. Op. cò., pag. 16 (partim). 1875. . — polita Broc. Ponzi. Op. cit., pag. 25 (partim). 1882. — — L. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). 1882. — &termedia Cantr. Zuccari. Ibid., pag. 15 (partim). 1888. — polita L. CreRICI. Loc. cit., pag. 109 (partim). i ForBrs a. HanLEY. British Mollusca, vol. III, pag. 219, tav, LXXXVIII, fio. 8. 2 JerFrRRYs. British Conch., vol. IV, pag. 104. [419] 8, CERULLI-IRELLI 245 E specie non molto rara a M. Mario, e rappresentata oltre che da individui giovani anche da qualche bell’esemplare adulto, che mi sembra conforme alla specie vivente quale vedo illustrata dagli autori in- glesi, ForBes ed HanLev, JEFFREYS, SoWERBY ece. Altezza. 5 5 c 3 i È mm. 18,5 Larghezza . 7 6 - ; 7 ” 6,1 Come osservano ForBes ed HanLey e JEFFREYS per la specie vivente, anche fra gli individui fossili a M. Mario questa Zwulima presenta qualche variazione nella forma più o meno allungata, e nell’ultimo anfratto talora ottusamente angolato al centro, in special modo nei giovani. Tuttavia oltre la forma tipica si possono distinguere le seguenti due variazioni principali: Var. subhastata D'ORB 1. — Tav. XXI [LITI], fis. 46. — È caratterizzata dalle sue maggiori dimen- sioni, dalla forma più allungata, ad anfratti più depressi, e in maggior numero, 15 a 16. Altezza . , , 7 ; , 6 mm. 21 Larghezza 3 , b 7 ; ; » 6 Var. longorecurva Sacco ?. — Tav. XXI [LIII], fig. 47. — Assai vicina alla precedente, di cui ha lo stesso numero di anfratti, egualmente più depressi che nella specie tipica, dalla quale si distingue per forma ancora più esile ed allungata. Altezza. . 6 5 6 È . mm. 20,5 Larghezza .. ; 5 3 o . » 5) La conchiglia è talvolta irregolarmente curvata nella sua estremità apicale. Ma questo è carattere che si osserva anche nella forma tipica più breve. Essenzialmente diversa dal tipo, se come tale dobbiamo considerare, come io penso, quello illustrato dagli autori inglesi, è la forma figurata da B. D. D. ®, diversa per spira assai più breve ed angolo spi- rale più aperto, e minor numero di anfratti, di cui l’ultimo più alto, suture quasi per nulla oblique e più marcate; callosità columellare più forte, particolarmente al centro. L’E. polita è specie largamente conosciuta nel pliocene italiano, se ad essa vanno effettivamente at- tribuite tutte le citazioni che ne abbiamo: nel post-pliocene dell’Italia meridionale sembra invece assai rara, in quanto la trovo citata solo da Scania © per il post-pliocene siciliano. M. Mario: Farnesina. Eulima lactea Gram. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 48-52. (1838. — GRATELOUP. Conchyl. foss. bass. de Vl Adour. — Mélaniens, pag. 10, tav. V, fig. 10-13. — Melania). Come ben dice HORNES, il principale e quasi unico carattere di distinzione fra lE. luctea e VE. po- lita consiste nell’essere in quella l’ultimo anfratto acutamente angolato alla sommità, per modo che x l'apertura è subromboidale: la forma della conchiglia è più decisamente conica, colla base in proporzione più larga, e gli anfratti quasi del tutto piani. 1) D'’ORBIGNY. Prodr. Paléont. strat., vol. III, pag. 167. 2) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 4, tav, I, fig. 3. 3) BucQuoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, tav. 21, fig. 16-18. 4) Scania. Il post-plioc. di Poggio Cibali e Catira, pag. 153. 246 S. CERULLI-IRELLI [420] A M. Mario non è rara, e gli esemplari studiati presentano leggere variazioni rispetto alla lunghezza maggiore o minore della spira, ed alla evidenza dell’angolosità sull’ultimo anfratto, per modo che alcuni individui tendono verso lE. polîta, mostrando la stretta affinità fra le due specie. Tuttavia 1’ E. lactea mostra uno sviluppo minore; Altezza . 2 È o ; ò 2 mm. 15 Larghezza . . a o : » L’E. lactea s'incontra con lE. polita in parecchi giacimenti del pliocene nell’Italia settentrionale: nel post-pliocene è stata citata per Rodi da HoRrnES e FIscHER. M. Mario: Farnesina. Eulima bipartita n. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 53-56. Ne sono caratteri distintivi dalla E. polita, con la quale era in gran parte in collezione confusa; Avvolgimento meno rapido, anfratti leggermente più convessi e meno alti, a suture meno oblique, quasi piane, più profonde e meglio evidenti: su ogni anfratto una linea o intaglio obliquo, profondo e ben marcato, che indica l’arresto d’accrescimento del labbro: queste cicatrici peristomali si succedono regolarmente sovrapposte da un giro all’altro, ed allineate lungo una linea leggermente spirale a partire dall’estremità posteriore del labbro esterno, per modo che la conchiglia si presenta dal lato dell’ aper- tura come tagliata in due parti. La conchiglia è abitualmente incurvata all’ apice. Altezza . . A i 9 5 7 mm. 20 Larghezza 6 , o 0 ; . » 6 Anche nell’. polita si osservano cicatrici peristomali sugli anfratti, ma esse sono assai meno pro- fonde, non regolarmente allineate e sovrapposte come nella £. dipartita, e assai spesso visibili soltanto su alcuni anfratti. i Specie assai affine è la E. grandis Sow. vivente nelle isole Filippine e fossile nel pliocene di Karikal (India francese), stando alla figura che ne dà Cosswann !: unica differenza in questa sembra essere?la minore altezza dell'ultimo anfratto ed una maggiore profondità della sutura. AM. Mario è specie discretamente comune. M. Mario: Farnesina. ma incurva Ren. sp. — Tav. XXI [LIII|, fig. 57-59. (1504. — RENIERI. Z'avola alfab., pag. 4. — Helix). (1883. — B. D. D. Mo. mar. du Rouss., vol. I, pag. 190, tav. XX, fig. 19-21). 1854. Eulima Philippii n. sp. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10 e 17. 1864. — — Dx Ray. Coni. Op. cit., 1.% ed., pag. 29. 1868. . — — _ Mantovani. Op. cit., pag. 16. 8x1. — — -_ Conti. Op. cit., 2.8 ed., pag. 36. 1874. — -_ _ Mantovani, Op. cit., pag. 41. 1875. — distorta Desa, Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25. 1882. — —_ Prin. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. i) Cossmann. Faune pliocèénique de Karikal. Journ. Conch., vol. LVIII, pag. 69, tav. V, fig. 7, 8. [421] 8. CERULLI-TRPLLI 247 Le piccole dimensioni, l’elesante curvatura della conchiglia, la maggiore altezza dell’ultimo anfratto, ottusamente angolato alla periferia, il labbro esterno anteriormente più espanso, e il labbro interno più diritto, meno incavato al centro, ne sono caratteri distintivi con la 4. polita. Tuttavia dei tre esemplari che rappresentano questa specie a M. Mario due meglio che al tipo vanno riferiti, l’uno alla var. gracilis Forpes ed Hanuey ! (Tav. XXI [LIII], fig. 57) per la sua forma più di- ritta, più stretta e più allungata e l’apertura più ovale; l’altro facilmente alla var. ore-rotundato MrRs. (Tav. XXI [LIII], fig. 58) per la forma più breve, più curva, col labbro esterno più espanso, per modo che l’apertura è subrotonda. È questa la specie che De RavnEvaL assimilandola all’E. distorta in PaiiePi propose chiamare £. Philippù per distinguerla dall’£. distorta DerR., che è diversa: lo stesso nome fu in seguito proposto anche da WxrINnKAUFF per la specie vivente illustrata da PrHiLipPI, ma BrRusinA riprese per la stessa il nome più antico di RENIERI, che è stato poi adottato da B. D. D., MontEROSATO ecc. L'E. incurva è citata del pliocene piemontese e in Toscana, in Calabria la ricorda SEGUENZA del plio- cene e post-pliocene, e nel post-pliocene è citata pure in Sicilia. M. Mario: Farnesina. Eulima intermedia Canrr. — Tav. XXI [LIII], fig. 60-63. (1835. — CANTRAINE. Malac. Mediterr. Suppl. pag. 14). (1836. — ParLipPi. Znum. Moll. Sic., vol. I, pag. 157, tav. IX, fig. 17. — Melania nitida [n. LK.]). 1855. Eulina sinuosa Scac. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10, 17, 1864, — - — Conn. Op. cit., 1.? ed., pag. 29. 1871. — _ — — Op. cit., 2.* ed., pag. 36. 1875. — — — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. — intermedia Cantr. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Per quanto la diagnosi data da CANTRAINE di questa sua specie sia troppo breve e manchi del cor- redo di figure, pure i malacologi sono d’accordo nel riferirvi la forma illustrata da PHitipPi col nome di Melania nitida (non Lx.). Essa differisce dalla . polita per la base più stretta che le dà un aspetto più fusiforme, e per la spira più breve. Ne conosco di M. Mario pochi esemplari, nei quali varia leggermente la lunghezza della spira con una corrispondente variazione nella curva del labbro esterno, chè negli individui a spira più breve è più arcuato ed espanso al centro. Questi individui si avvicinano alla forma vivente nei mari inglesi: ma in questa gli anfratti sembrano più convessi, a giudicarne dalla figura di JEFFREYS 5). MonteRosaTo riporta all’. intermedia anche lE. sinuosa ScaccHi 4, per quanto, se la figura di ScaccHI è esatta, sembrerebbe che la sua specie abbia forma più esile ed allungata, con apertura più stretta e più lunga. M. Mario: Farnesina. 1) ForBns a, HanLEY. Brit. Moll., vol. III. pag. 233, tav. XCII, fig. 6. 2) MontERosaTo, Enum. e Sinoni Conch. Medit., pag. 35, 3) JerrrReys. British Conch., vol. V, tav. LXXVII, fig. 4. 4 ScaccHI, Catal. Conchyl. regni Neapolituni, pag. 16, fig. 26, 27. — Rissoa sinuosa. 248 S. CERULLI-IRELLI [422] Eulima (Subularia) subulata Dowov. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 64-69, (1803. — Donovan. British Shells, vol. V, tav. CLXXII. — Turbo). (1853. — FoRrBES a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 235, tav. XCII, fig. 7, 8). 1854. Hulima subulata Mont. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — —_ — Conn. Op. cit., 1*. ed., pag. 29. 1871. — — — 0 o PE A BE 1875. — _ — Ponzi. Op. cit., pag. 20 e 25. 1882. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888... — _ — Cxerici. Loc. -cit., pag. 109. È forma discretamente frequente fra le nostre sabbie, e in belli esemplari adulti, che conservano evidenti tracce delle zone spirali di colorazione aranciata, di cui da tre a sei sull’ultimo anfratto e due o tre sugli altri. Altezza 5 È ; ; x mm. 10-11 Larghezza . o 0 c a » ds —-_2,9 Dalle dimensioni che riporto di due individui adulti appare evidente come la conchiglia presenti qualche variazione per rapporto alla relativa lunghezza della spira, variazioni del resto press’a poco corrispondenti a quelle della specie attualmente vivente, se dobbiamo giudicare dalle figure degli autori inglesi e da quelle di B. D. D. È specie comune nel pliocene italiano, mentre sembra rara nel post-pliocene dell’Italia meridionale : ne troviamo citazione in ScaLia per il post-pliocene di Cibali presso Catania. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). E. subulata var. pseudangulosa Sacco. — Tav. XXI [LIII], fig. 68. (1892. — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 15, tav. I, fig. 27). La forma più breve rispetto al tipo, coll’ultimo anfratto ottusamente angolato alla periferia distingue questa varietà dalla specie tipo, alla quale tuttavia è assai strettamente collegata. Essa è in generale rappresentata da quasi tutti giovani individui. M. Mario: Farnesina. Eulima (Subularia) distincta n. sp. — Tav. XXI [LIII], fig. 70-73. Differisce dalla specie precedente per la sua forma più breve e più conica, con la base più dilatata, l’apice più ottuso, ma principalmente per l’apertura più dilatata al centro, e il labbro esterno ampia- mente sinuoso al margine. Altezza , 0 6 a ò mm. 5,0 — 4,6 Larghezza . . c ò 6 » 1,7—-1,5 Sebbene questa forma sia rappresentata da tutti giovani individui, pure il precipuo carattere distin- tivo colla subulata non può esser ritenuto un carattere giovanile, perchè i giovani di detta specie hanno il labbro esterno a margine diritto non sinuoso, anche quelli che per un’ottusa angolosità della base sembrerebbero avvicinarsi alla forma in discorso. . [423] S. CPRULLI-TRELLI 249 2 Per il carattere della sinuosità del labbro esterno e della brevità della spira gli esemplari di M. Mario mo- strano affinità coll’£. glabella Woop ”, ma questa ha la base anche più dilatata, e gli anfratti più convessi. Anche lE. bilineata ALp. vivente ha, come leggiamo in JErFREYS 2, il labbro esterno sinuoso; ad essa quindi, che in confronto della subwlata ha pure la spira più breve, potrebbe la nostra forma fossile riferirsi. Ma il precipuo carattere distintivo della dilineata sta nelia presenza di due sole fasce colorate al centro dell’ultimo anfratto convergenti verso l'apertura. Ora per quanto caratteri di colorazione possano assai difficilmente esser presi in considerazione per i fossili, pure fra gli individui di M. Mario che riferisco all’4. distincta ne trovo uno che conserva evidentissime tracce delle fasce spirali colorate, ed esse sull’ul- timo anfratto sono in numero di 4, e disposte precisamente come nella £. subulata. Inoltre per rispetto alla bilineata gli esemplari di M. Mario hanno forma più conica per la base più larga. M. Mario: Farnesina. E. distincta var. abbreviata n. var. -- Tav. XXI [LIII], fig. 74. È distinta dal tipo per la forma anche più breve e più conica, per l’apice più ottuso, per l’ultimo anfratto ottusamente angolato alla periferia. Altezza . i; 2 , ò 0 5 mm. 3,7 Larghezza » 1,4 M. Mario: Farnesina. Gen. Niso Risso, 1826. Niso terebellum Curun. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 1-4. (1788. — CnemnITZ. Conchyl. Cabin., vol. X, tav. 165, fig. 1592, 1593. — Turbo). 1854. Niso terebellum Carun. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1558. — — _ Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — — _ Conti. Op. cit., la. ed., pag. 36. 1868. — — — Manrovani. Op. cit., pag. 16. 1871. — _ _ Conni. Op. cit., 2°. ed., pag. 36. 1874. — _ - Mantovani. Op. cît., pag. dl. 1875. — — — Ponzi. Op. cît., pag. 20, 25. 1882. — -_ - Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. — - - CLERICI. Loc. cit., pag. 109. Si raccolgono a M. Mario dei magnifici esemplari di questa bella specie, i quali quasi tutti conser- vano ben evidente una linea di color rosso ocraceo che margina superiormente la carena degli anfratti, e che è principalmente ben visibile sull’ultimo. Notevole è pure il srado di sviluppo che alcuni individui presentano. Altezza . ò 3 è d È U mm. 36 Larghezza » 15 Non ho avuto possibilità di confrontare gli individui di M. Mario con individui viventi; tuttavia la » Woop. Crag Moll., vol. I, pag. 98, tav. XIX, fig. 2; e Supplement, parte I, pag. 67, tav. VII, fig. 4. 2 JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 210. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 250 S. CERULLI-IRELLI [424] corrispondenza della forma fossile a quella vivente è ammessa da SAcco che ha avuto in esame esem- plari dell'Oceano indiano. Non è facile dire quale debba considerarsi la forma tipica, una volta che le due fisure di CHEMNITZ sono o sembrano alquanto diverse fra loro per riguardo alla convessità degli anfratti. Comunque la conchiglia ha forma allungato-conica e l’ultimo anfratto angolato-carenato, come si legge nella descrizione di CHEMNITZ, e, inoltre, a giudicarne dalle figure, ogni anfratto ha la sutura marginata da una fascia, o linea, di colore ocraceo, ciò che mi sembra contrasti con quanto dice SAcco, che cioè la tipica ferebellum è senza fasce. Ora alla specie, com’è figurata da CHEMNITZ, corrispondono abbastanza bene alcuni degli esemplari di M. Mario, per quanto a conchiglia alquanto più conica, e di dimensioni assai più considerevoli. Da questa forma tipica o subtipica gli altri individui di M. Mario si discostano per forma meno al- lungata ed ancora più conica, a base più larga, coll’ultimo anfratto più o meno angolato alla periferia e talora subarrotondato e si hanno rispettivamente per le variazioni estreme, quella cioè più vicina alla forma tipica e quella più conica, le seguenti dimensioni: Altezza . 0 c 6 5 . mm. 30 —- 30,5 Larghezza . c 5 > 0 . » 11-14 Per altro è graduale il passaggio da una forma all’altra ed assai limitate le differenze, per modo che la distinzione delle varie forme ha scarsa importanza, dal momento che rimangono invariati i prin- cipali caratteri distintivi. Tuttavia parecchie delle variazioni indicate da Sacco si ritrovano anche fra gli esemplari di M. Mario, quali la pygmaea, l’acarinatoconica, l’acarinata, l’eburneoconica. Gienoux ! nel suo importante lavoro sulle Formazioni marine plioceniche e quaternarie d’Italia esprime dei dubbi sull’identificazione della specie fossile col vivente N. feredellum dell'Oceano indiano, e ritiene che quella possa assai meglio assimilarsi ad una specie vivente nell'Africa, il N. Cheoreuxi, descritta da DauTZENBERG ©) nel 1891. Su tale assimilazione io non posso per altro convenire, perchè vi ostano carat- teri di forma e di colorazione. In effetti, come ho detto, gli esemplari di M. Mario hanno quasi tutti chia- ramente accennata una fascia di colore ocraceo che margina la sutura superiore degli anfratti, e che è principalmente ben manifesta sull’ultimo, sul quale trovasi quasi in corrispondenza della carena: il colore generale della conchiglia è inoltre nella gran maggioranza degli individui d’un bianco-giallognolo. Questi caratteri di colorazione mentre concordano con quelli del N. ferebellum, quale vediamo figurato in CHEM- NITZ, contrastano invece con quelli del N. Chevreuxi, il quale secondo la descrizione di DAUTZENBERG è d’un colore bianco latteo uniforme, con qualche linea di accrescimento d’un giallo moito chiaro. Ma anche la forma è nello Chevreuxi più conica, meno allungata, a base in proporzione più larga, cogli anfratti quasi affatto piani, coll’ultimo più alto, più acutamente angolato alla periferia, meno con- vesso nella sua parte superiore: l’apertura è meno ovale, più dilatata nel mezzo. Per tali caratteri io ritengo, che la specie fossile sia assai più affine al Niso dell'Oceano indiano, che non a quello dell’Africa occidentale, ed aggiungo inoltre, confermando quanto già fece constatare Sacco, che la grande maggioranza degli individui corrisponde assai meglio alla forma vivente figurata da CHEMNITZ, che non a quella fossile illustrata da Risso col nome di N. eburnea. Penso perciò che ben a ragione Sacco abbia riferita la specie. fossile al N. ferebellum. i Gienoux. Les formations marines pliocènes et quaternaires de l Italie du Sud et de la Sicile pag. 567. ? DAUTZENBERG: Voyage de la goelette Melita aux Canaries et au Senegal. M&m. Soc. zool. de France, vol. IV, pag. 50, tav. III, fig. 6. DO Qt a [425] 8. CERULLI-TRELLI Il N. tercbellum è attualmente scomparso dal bacino Mediterraneo, ritraendosi, come tutte le altre specie dello stesso genere, in mari più caldi. Esso è generalmente conosciuto nelle formazioni plioce- niche italiane: se ne ha citazione anche per Vallebiaia: nelle formazioni plioceniche extra-italiane esso sembra pure diffuso; è conosciuto, in Francia, nel Belgio, in Morea; De Lamorne l’ha citato nel plio- cene algerino. È sconosciuto invece nelle formazioni post-plioceniche dell’Italia meridionale. HGRNES € FiscHER lo citano a Rodi, e ForBes a Cos. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa. Niso marianum n. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 5. Si distingue dalla specie precedente per la sua forma più decisamente conica ad angolo spirale più aperto, coll’ultimo anfratto carenato più in basso, colla base più alta, e l'ombelico assai più ristretto. Alla diversità di forma corrisponde anche una particolarità di colorazione, in quanto la conchiglia è di un bianco-avorio uniforme, anzichè bianco-giallognola come nel N. ferebellum, e senza alcuna traccia di fasce spirali colorate. Altezza i : , b . 6 E ; , mm. 1,8 Larghezza . . 0 ò o 6 o c . » 8,5 L’unico individuo che rappresenta questa specie, per i caratteri suaccennati di forma e colorazione si differenzia nettamente dagli altri numerosi individui che spettano al N. feredellum, ed io ritengo debba esserne considerato specificamente distinto principalmente per la ristrettezza dell’ombelico. Per tale carattere, come per la colorazione uniforme, si avvicina al N. Chevreuxi Daurz., dal quale tuttavia si distingue per anfratti più convessi, per la sommità dell’ultimo pure più convessa, per l’apertura più ristretta e più ovale. M. Mario: Farnesina (s. gr.). — Coll. Ponzi. Fam. Pyramidellidae Gray, 1847. Gen. Pyramidella LAMARCcK, 1799. Pyramidella plicosa Broxn. — Tav. XXII [LIV], fig. 6-12. (1838. — BRoNN. Zueth, geogn., vol. 1I, pag. 1026, tav. XL, fig. 24). 1854. Pyramidella Nystiù sp. n. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 9 e 16. 1864. - — Dr Ray, Coni. Op. cit., 1.° ed., pag. 29. 1868. — _ _ Mantovani. Op. cit., pag. 16. 1871. —_ _ — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 36. 1874. — - _ Mantovani. Op. cit., pag. 4l. 1875. -_ lerebellata Nyst. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. - plicosa Bronx. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. È specie assai comune a M. Mario, ma in pari tempo abbastanza variabile. La forma tipica corri- spondente a quella figurata da Bronn è abbastanza rara a M. Mario, ma nei nostri esemplari le suture non sono così oblique, come, forse esageratamente, nella figura di BRonn. Assai più comuni sono invece gli individui a forma più stretta e più lunga, con le suture, come nel 252 S. CERULLI-IRELLI [426] tipo, poco profonde e coll’ultimo anfratto pure arrotondato. Ma è così graduale il passaggio alla forma tipica più breve che non credo neanche possa farsi distinzione di varietà. Nei giovani individui, come osserva anche Bronx, facilmente l’ultimo anfratto si mostra carenato 0 subcarenato nel mezzo, e la conchiglia ha talora forma più conica. Questa forma ad ultimo anfratto an- golato è quella che Sacco considera tipica, ma la figura di BRonn rappresenta un individuo coll’ultimo anfratto arrotondato, non angolato. L’OUbeliscus obtusatus del pliocene senese illustrato da DE STEFANI !, e di cui Sacco 2 fa una var. angulatosenensis di P. plicosa, è fondato appunto su individui giovani della plicosa. Per altro la forma con l’ultimo anfratto subcarenato o angolato non è soltanto una forma giovanile. Assai difficilmente la conchiglia è integra, chè invece quasi generalmente ha il labbro esterno rotto e spesso precisamente in corrispondenza e in prossimità dei denti interni. Da tale particolarità dipende forse il fatto che spesso nelle illustrazioni di questa specie si osservano i denti interni al labbro si- nistro, i quali invece, quando la conchiglia è integra, non sono affatto visibili, perchè situati dal lato opposto dell’apertura, sul dorso: allo stesso modo le pieghe columellari appaiono assai meno manifeste di quanto diverse figure le mostrano, appunto perchè esse riproducono l’esemplare più o meno girato verso l’interno. Forma assai affine alla plicosa, e che può considerarsene varietà, è la P. laeviuscula WooD 3), essa ha tuttavia gli anfratti più alti e in minor numero e leggermente più convessi: non mi sembra invece carattere importante di distinzione il maggior numero dei denti sul labbro esterno, in quanto negli esemplari di M. Mario ho osservato che il numero e la robustezza dei denti variano assai notevolmente, e se ne contano fino a cinque. La P. plicosa assai diffusa nel miocene e nel pliocene non è conosciuta nelle formazioni più recenti, ed è specie estinta. M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno. P. plicosa var. lineolata n. var. — Tav. XXII [LIV], fig. 13. Si distingue per gli anfratti più depressi, l’ultimo subangolato ed ornata nella sua parte superiore di sottili linee spirali, delle quali in qualche esemplare più adulto esiste traccia anche sugli altri anfratti. Ma l’affinità con la specie tipo è evidente, ed assai graduale il passaggio dalla forma levigata a questa a base striata, e perciò la considero varietà della plicosa. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Gen. Odoatostomia JeFFREYS, 1837. Odontostomia conoidea Br. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 14-19, 22-25. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 660, tav. XVI, fig. 2. — Turbo). 1854. Odostomia plicato Mont. De Ray., V. n. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 9. 1864. _ — — Conn. Op. cit., 1.* ed., pag. 28. 1871. _ —_ _ — Op. cit., 2.2 edi, pag. 35. 1875. _ —_ Pur. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. — conoîdea Broc. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. — — — CLERICI. Loc. cit., pag. 109. i i) Dn STEFANI. Iconogr. Moll. plioc. Siena. Boll. Soc. mal, it., vol. XIII, pag. 223, tav. X, fig. 35,36. 2) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 28. 3) Woop. Cray Mollusca, vol. I, pag. 77, tav. IX, fig. 2. DO (SI vw [427] S. CERULLI-IRELLI È specie comune a M. Mario e discretamente variabile per la spira più o meno allungata e per l’an- golosità dell’ultimo anfratto più o meno pronunziata: ma è tale una serie graduale di variazioni, che riesce difficile fare una distinzione netta di vavietà. Mi limiterò perciò a ricordare, che oltre il tipo a forma conica discretamente allungata, coll’ultimo anfratto angolato, subcarenato, si possono distinguere fra gli esemplari di M. Mario le var. perconoidalis, Sismondae (Tav. XXI [LIV], fig. 18,19), esplicata (Tav. XXII [LIV], fig. 22-25), menzionate da Sacco nel pliocene piemontese. Altezza . : 7 o : . 3 —3p9—5 Larghezza 7 0 5 0 . 1.6 — 1,6 — 2,2 E specie anche oggi vivente, e fossile assai comune ed estesa dal miocene al post-pliocene. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (/ide CLERICI). O. conoidea var. longosismondae Sacco sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 20-21. (1892. — Sacco. Z Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 36, tav. I, fig. 73). Differisce per la sua forma turrito-allungata, e per gli anfratti piano-convessi, e l’ultimo subarrotondato. Ma essa, a mio credere, non è che una varietà della conozdea, sempre se l’interpretazione, che io dò di questa come delle due specie seguenti di Sacco sulla base delle figure non certo ottime, è esatta, come per altro mi sembra. M. Mario: Farnesina. O. conoidea var. turritangulata Sacco sp. — Tav. XXIl [LIV], fig. 26. (1892. — Sacco. Z Moll. terr. terz, Piem. e Lig., parte XI, pag. 36, tav. I, fig. 75). Differisce dalla coroidea per la sua forma più turrita, gli anfratti superiormente subangolati e divisi da suture più profonde, la conchiglia più ispessita, il dente columellare più robusto. Altezza . 0 " , 0 , è mm, 5 Larghezza . . c x è : D 1,8 Ma a me sembra così strettamente collegata con la 0. conoîdea, che non credo possibile separarla specificamente, come ha ritenuto Sacco, e perciò la considero buona varietà. L'individuo di M. Mario che la rappresenta, meglio che al tipo considerato da Sacco può riferirsi alla f.a subrotondula. M. Mario: Farnesina. O. concidea var. conoidoplicata Sacco sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 27. (1892. — Sacco. Z Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 35, tav. I, fig. 71). È una forma, come ben dice Sacco, intermedia fra la conoidea e la plicata Mre., ma assai più vi- cina alla prima, dalla quale si distingue per la sua forma più esile ed allungata, gli anfratti meno de- pressi, superiormente subangolati, e l’ultimo alla periferia assai ottusamente angolato, come si può giu- dicare dalla figura di Sacco. Altezza ° c > 5 ; . mm, 3 Larghezza . ° 5 c . 2 » 1,4 Tuttavia a me sembra che la forma degli anfratti, l’ottusa angolosità dell’ultimo, la forma dell’aper- 254 S. CERULLI-IRELLI [428] tura, la forte piega columellare e i denti interni al labbro sinistro avvicinano talmente questa forma alla conoîdea, che non si può che considerarnela varietà. M. Mario: Farnesina. Odontostomia polita Biv. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 28-32. (1832. — Brvona. Eftem. scient. e lett. Sicil., pag. 4, tav. 1, fig. 7, tav. 2, fig. 11. — Ovatella). Sebbene sia specie vicina all’O. conoidea, se ne distingue facilmente e nettamente per le maggiori dimensioni, gli anfratti più convessi, l’ultimo arrotondato alla periferia, senza alcuno indizio di angolosità. È a M. Mario assai meno frequente della conoîdea e presenta pure variazioni circa il rapporto fra l’altezza e la larghezza della conchiglia. Altezza o . . 0 , mm. 5 Larghezza . c . c c » d — L’O. polita è stata ricordata da PantANELLI nel pliocene di Toscana; in Calabria (Sahariano) la cita Secuenza, a Monte Pellegrino in Sicilia MoNTEROSATO. M. Mario: Farnesina. Odontostomia rissoides Hanuev. — Tav. XXII |LIV], fig. 33. (1844. — HANLEy. Proc. Zool. Soc., part. XII, pag. 18). (1853. — FoRrBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 284, tav. XCVI, fig. 4). La forma breve, ad anfratti convessi arrotondati, distingue questa specie, che a M. Mario sembra molto rara. ù M. Mario: Farnesina. Odontostomia acuta Jerrr. — Tav. XXII [LIV], fig. 34-37. (1848. — JEFFREYS. Ann. a. Mag. Nat. Hist., 2. ser., vol. II, pag. 338). (1867-1869. — JeFFREYS, Brit. Conch., vol. IV, pag. 130; vol. V, tav. LXXIII, fig. 8). Per quanto l’interpretazione di questa specie appaia alquanto diversa nelle illustrazioni che di essa troviamo in ForBes ed HANLEY — cui essenzialmente corrispondono quelle di SoweRBY — e in JEFFREYS, pure ritengo che forma tipica debba considerarsi quella figurata da JEFFREYs, che è l’autore della specie. Vi riferisco diversi individui delle nostre sabbie. Essi si distinguono dall’ 0. conoîdea per la forma più piramidale, la base più larga, acutamente carenata e oscuramente striata nel senso spirale: l'interno del labbro sinistro o è liscio o assai più superficialmente scannellato. La superficiale striatura della base: è per altro in alcuni esemplari quasi completamente obliterata. 5 Per la loro forma gli esemplari di M. Mario potrebbero lasciar dubbiosi fra 1°O. acuta e 1°0. con- spicua; ma il numero degli anfratti di cui è composta la spira, l'ombelico ben evidente ne rendono sicuro. il riferimento alla prima. Gli individui di M. Mario hanno dimensioni minori della specie vivente, e qual- cuno l’apertura forse più arrotondata di quanto essa non sia nella figura di JEFFREYS, e può facilmente: [429] s . CERULLI-IRELLI 255 rappresentare la var. plioastensis SAcco ”, per quanto si può giudicare dalla troppo minuta figura di Sacco. Altezza Ò 7 n ; È ù mm. 4 Larghezza . 2 ’ . ’ » M. Mario: Farnesina. Odontostomia unidentata Mre. sp. — Tav. XXII (LIV), fig. 38, 39 Jd. (1803. — Montragu. Zest. Brit., pag. 324, tav. XXI, fig. 2.— Z'urbo). (1883. — BucQuoy, DaurzeNnBeRG, DoLLEUS. Moll. mar. du Iouss., vol. I, pag. 161, tav. XIX, fig. 19, 14) Ne ho rinvenuti in collezione due belli esemplari che mi sembrano assolutamente conformi alle buone illustrazioni che ne danno gli autori francesi B. D. D. Altezza 0 , ù D 7 G . mm. 3 Larghezza . 0 . 0 o . 0 » 1,6 Nel pliocene piemontese e ligure Sacco ricorda oltre il tipo, tre varietà. M. Mario Farnesina : Odontostomia turrita Hanuey. — Tav. XXII [LIV], fig. 40-43. (1844. — HANLEY. Proc. Zool. Soc., parte XII, pag. 18). (1867-1869. — JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 135, vol. V, tav. LXXIV, fig.2). Gli individui di M. Mario corrispondono essenzialmente alla specie vivente, quale vedo figurata dagli ‘autori inglesi, e che è caratterizzata dalla forma turrita subcilindrica, ad anfratti convessi. Leggermente diversa mi sembra invece la specie mediterranea figurata da B. D. D.?, per forma più conica ed anfratti più depressi. La convessità degli anfratti, compreso l’ultimo, la minore altezza di questo, e la spira più allungata servono a distinguere gli individui spettanti all’O. turrita dagli altri che ho riferiti alla var. /0orgosismondae di O. conoidea. Sacco cita nell’astiano piemontese cinque varietà dell'O. zurrita, ma stando alle figure, esse sem- brano alquanto diverse dal tipo. M. Mario: Farnesina. Odontostomia plicata Mre. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 44. (1803-1808. — MonTAGU. Zest. Brit., pag. 325; Supplem., tav. XXI, fig. 2. — Turbo). 1864. Melania soluta Pan. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 28 (partim). 1801. — — — — Op. cit., 2.* ed., pag. 35 (partim). E specie assai rara a M. Mario, e non ne conosco per ora che un solo esemplare, che mi sembra ‘conforme alla specie vivente. Altezza : . . . - c mm. 3,9 Larghezza . : È o . 5 » 1,5 1) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 37, tav. I, fig. 78. © Bucquoy, DauTZENBERG et DoLLFUSs, Moll. mar. du Rouss., vol. I, tav. 19, fig. 1, 2. 256 S. CERULLI-IRELLI [430] Differisce dalla specie precedente, con cui senza dubbio ha molta affinità, per la sua forma più breve, l’ultimo anfratto più alto e più regolarmente arrotondato alla periferia, l’apertura più allungata, il dente columellare assai più minuto. Sacco ne cita una varietà nell’astiano piemontese: Fucini ha citata la O. plicata pel pliocene toscano a Spicchio: se ne conoscono anche altre citazioni più antiche nel pliocene italiano, ma della loro esat- tezza non è possibile dire, dal momento che la specie è stata talvolta male interpretata e confusa ad es. con la 0. conoidea. Mowxrerosaro riferisce la 0. plicata alla sua sezione generica Brachystomia, insieme allO. rissoides. SAcco, rilevando giustamente la differenza fra la rissoides e la plicata, propone per questa un nuovo sottogenere Turritodostomia: Cossmann dal canto suo considera la O. plicata come tipo del genere. Tuttavia a me sembra che distinzioni sotto-generiche fondate principalmente sulla forma abbiano limitato valore, mentre penso che esse potrebbero forse più opportunamente fondarsi su differenze della forma del nucleo apicale, che mi sembra notevolmente diversa da specie a specie. Mi manca per altro per ora il modo di poter studiare la questione. M. Mario: Farnesina. Odontostomia lineolata n. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 45. Conchiglia a spira allungata, turricolata, composta di cinque a sei anfratti, piano-convessi, subango- losi nella loro estremità superiore presuturale, l’ultimo ottusamente angolato alla periferia: suture abba- stanza profonde, subcanalicolate: spira subtroncata, col nucleo apicale immerso in essa. Superficie macroscopicamente liscia, ad eccezione della sommità dell’ultimo anfratto che è ornata di cinque strie impresse, sottili, distanti, di cui la prima quasi alla periferia: osservata con forte ingrandimento la super- ficie mostra un’oscura striatura spirale. Ombelico abbastanza ampio e profondo. Apertura ovata, a labbro: esterno poco espanso e internamente liscio: columella leggermente arcuata e munita di un dente abbastanza distinto. Altezza . . ” 3 6 5 0 mm. 3,2 Larghezza . 0 : 0 : : » 1,5 La striatura della sommità dell’ultimo anfratto e la forma della conchiglia distinguono questa specie, rappresentata in collezione da due individui, dalle altre Odontostomia che conosco, e mi sembra perciò nuova. LO. Warreni in Forbes ed Hancey ha pure la base striata, ma diversa è in essa la forma degli anfratti e dell’apice, assai meno sviluppato il dente columellare, più ristretto l’ombelico. M. Mario: Farnesina. Gen. Eulimella ForBrs, 1846. Eulimella Scillae Scaccni sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 46-50. (1835. — ScaccHI. Not. Conch. e Zoof. foss. di Gravina, pag. 11 tav. II, fig. 2. — Melania). (1843. — PHiLippi. Enum. Moll. Sie., vol. IT, pag. 135, tav. XXIV, fig. 6. — ZEulima). 1854. Eulima Scillae Scac. De Rav. V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — — — Conti. Op., cit. 1.a ed., pag. 29. 1871. — —_ — O di DE E da 1875. —_ - — Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. Eulimella — —. Zuccari. Cat. icit., pag. 15. 1888. = — — Crerici. Loc. cit., pag. 109. [481] 8. CERULLI-IRELLI 257 Di questa piccola graziosa conchiglia si son raccolti a M. Mario diversi esemplari. La forma tipica, conica discretamente allungata con la base larga e depressa, colla spira composta di 10 ad 11 anfratti depressi, di cui l’ultimo angolato alla periferia, è abbastanza rara, mentre più co- muni sono gli individui che spettano alle due seguenti variazioni. Var. graciliturrita Sacco V. — Tav. XXII [LIV], fig, 48, 50. — Ha forma più allungata meno conica, composta per lo più di maggior numero di anfratti, fino a 17, coll’ultimo alquanto arrotondato, o assai più ottusamente angolato alla periferia, a base meno depressa. L'individuo più adulto ha le seguenti dimensioni: Altezza . x . Ò Ò 0 7 mm. 1,2 Larghezza . . , 7 d 7 » 3 Var. perconica n. var. — Tav. XXII [LIV], fig. 49. — Al contrario della precedente si distingue dal tipo per forma più decisamente conica, a base più larga e più depressa, coll’ultimo anfratto più acutamente angolato. L'E. Scillae è specie largamente conosciuta fossile in Italia così nel pliocene che nel post-pliocene. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). Eulimella affinis Pu. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 51-55. (1844, — Puxuppi. Enum. Moll. Sie., vol. II, pag. 135, tav. XXIV, fig. 7. — Zulima). 1854. Eulima affinis Pa. De Rayv., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. — — — Cont. Op. cit., 1. ed., pag. 29. 1871. — _ - — Op. cit., 2.* ed., pag. 36. 1875. — - — Ponzi. Op. cît., pag. 25. 1882. Eulimella acicula Pa. Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). Sebbene l’interpretazione della specie di PHILIPPI sia stata alquanto diversa a seconda degli autori che l’hanno presa in considerazione, pure io ritengo che la buona figura e la chiara descrizione di PHI- LIPPI permettano di dire qual’è la forma che egli ha voluto illustrare. In effetti Primippi dice che la £. affinis ha la conchiglia subulato-turrita con 11 anfratti alquanto convessi, divisi da suture distinte ma non profonde; ed osservando la figura si nota, che la lieve ma ben evidente convessità degli anfratti è assai regolare ed uniforme, e che l’ultimo anfratto è pur esso con- vesso e regolarmente arrotondato alla sommità, senza ombra di angolosità: l’apertura è ovale-allungata, col labbro esterno leggermente arcuato. Alla specie così intesa vanno riferiti diversi esemplari delle sabbie di M. Mario, i quali presentano assai limitate variazioni di forma, consistenti in lievi diversità nella lunghezza della spira e nella con- vessità degli anfratti. Altezza . 3 o , 5 0 È mm. 4,5 Larghezza . ; . . c . » 1,3 Gli autori francesi B. D. D. hanno ritenuto 1’ E. affimis sinonima della vivente E. acicula, dalla quale essa invece a me sembra distinta, per gli anfratti depressi e più alti nella aciewla, divisi da suture più superficiali. La forma vivente dei mari inglesi riferita da Forses ed HanLer e da SowerBy all'E. affinis 1) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 50, tav. II, fig. 3. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 258 S. CERULLI-IRELLI i [32] parmi alquanto diversa dal tipo di PaILIPPI, ma egualmente diversa dall'E. acicula cui è stata da JEFFREYS e da altri autori riferita, naturalmente per quanto è dato giudicare dalle figure. Wring4urr considerando lE. affinis diversa dalla acicula riferì al gen. Chemmnitzia la prima, e la seconda al gen. Eulimella. Fossile 1’. affinis è stata citata per il Piemonte da Sacco nel miocene, a Vallebiaia da MANZONI, nel post-pliocene siciliano da PHiipri e da MontEROSATO. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno. Gen. Syrnola A. Apams, 1860. Il gen. Syrnola è a limiti alquanto incerti, in quanto da una parte tende verso il gen. Odontostomia e dall’altra verso le Eulimella: Cossmann ! trova la principale differenza fra Syrnola ed Odontostomia nella forma del nucleo apicale, carattere difficile ad osservare nei fossili, ma sulla cui importanza ho qualche dubbio in quanto non mi sembra differenza costante e generale, mentre d’altra parte nelle Odontostomia il nucleo apicale ha forme notevolmente diverse, e in talune specie perfettamente corrispondente a quello di alcune Syrnola. Riterrei in conseguenza che le Syrnola potrebbero assai meglio considerarsi sezione generica di Odontostomia, sezione caratterizzata dalla forma eulimelloide della conchiglia, e dalla piega columellare. DALL e BARTSCH 2) considerano tanto le Syrnola che le Eulimella sottogenere di Pyramidella: ma a me pare che le differenze siano sufficienti per giustificare una distinzione generica. Syrnola Michaelis Bruen. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 56,57. (1873. — BrUGNONE. Miscell. malacol., parte 1° pag. 7, fig. 7. — Odostomia). “ Testa oblongo-conica; anfractibus 7-8, planatis, a suturis impressis distinctis: apertura ovato-acumi- nata: columella superne uniplicata: labro simplici, acuto, intus laevi; apice acutiusculo ,, (BRUGNONE). Credo poter riferire alla specie di BruGnonE alcuni esemplari di M. Mario, i quali sono precisamente caratterizzati da una forma conica allungata, ad anfratti piani, divisi da suture lineari oblique, l’ultimo subcarenato alla periferia: l’apertura è ovale allungata, acuminata in basso, e la columella porta una forte piega obliqua. Altezza ò 6 0 o o o mm, 5,7 Larghezza . 0 o c 0 3 » 2 Per il carattere della forte piega columellare obliqua gli esemplari di M. Mario corrispondono per- fettamente alle Syrnola str. s., quali sono considerate da CossMann. Nella 2.8 parte della Miscellanea malacologica, BRUGNONE, ritenendo che la specie da lui descritta sotto il nome di Odostomia Michaelis fosse sinonima di O. planulata JAN, applicò il nome Michaelis ad altra specie, alla quale giustamente Sacco ha cambiato nome. Sulla corrispondenza o meno della Michaelis di BruononE colla planulata di JAN non è possibile dire, nè se la specie di BRUGNONE sia da considerarsi varietà di quella di JAN, come alcuni autori credono, e perciò ritengo più opportuno conservare alla specie il nome datole da BRUGNONE, che ha il corredo di una sufficiente descrizione e di una buona figura. i) Cossmann. Cat. ill. Coquilles foss. de V Eocène de Paris, fase. III, pag. 104. ® Dar a. BARTSCH. Syn. of the genera, subgenera, a. sections of the fam. Pyramidellidae, pag. 6. [433] S. CPRULLI-IRELLI 259 La specie di Bruanoxe ha molte affinità con la Zornatella pyramidata Desn. del pliocene di Morea ”, e potrebbe forz’anche considerarsene varietà. Tuttavia, stando alla figura di Desmayes, sembra che la pyramidata abbia forma più allungata, anfratti meno depressi, 1° ultimo più breve, più arrotondato alla periferia e non subangolato, le suture più profonde e meno oblique. Tali differenze appaiono anche più pronunziate se confrontiamo gli individui di M. Mario colle forme del pliocene piemontese riferite da Sacco alla specie di DESYAYES. BruanonEe ha citata la S. Michaelis fossile ad Altavilla in Sicilia, SeGuENZA in Toscana (Val d’Era e Livorno). M. Mario: Farnesina. Syrnola praelonga Jerrr. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 58-60. (1884, — JEFPREYS. On. the Moll. « Lightning » a. « Porcupine » exped. Proc. Zool. Soc, 1884, pag. 350, tav. XXVI, fig. 6. — Odostomia). Di questa bella specie esistono a M. Mario dei buoni esemplari perfettamente identici alla forma vivente, di cui uno abbastanza adulto, il quale rispetto ai più giovani ha soltanto forma leggermente più conica. / Altezza ; pi duo . 3 : mm.. 10,5 Larghezza . ; ) 5 Ò o » 3 Come ben osserva JEFFREYS, per la forma della conchiglia questa specie ricorda perfettamente le Eulimella, dalle quali si distingue per la presenza di una piega columellare obliqua depressa, ma evi- dente. Per tale carattere, oltre che per la forma della conchiglia e del nucleo apicale, la specie di JerFREYS meglio che al gen. Odontfostomia spetta al gen. Syrnola. Potrebbe riferirsi al s. g. Ptycheuli- mella Sacco, qualora si credesse fare delle suddivisioni del genere Syrrola; ma in ogni caso a me sembra che il s. e. Ptycheulimella debba avvicinarsi al gen. Syrnola, anzichè al gen. Eulimella. L’Eulimella acicula figurata da B. D. D. nei MoWlusques du Roussillon a me sembra non sia altro che la S. praelonga JEFFR. M. Mario: Farnesina. Gen. Parthenina Bucquor, DAUTZENBERG, DoLLFUs, 1883. Il sottogen. Parthenina fondato da B. D. D. nel 1883 fu ritenuto così da MontERosaTto che da FIscHER sinonimo di Pyrgulina Apams, e quindi indicato con questo secondo nome: altri autori, pur riguardando Parthenina e Pyrgulina, come inteso da MontEROSATO, sinonimi, prescelsero il primo nome: CARUS mantiene entrambi, considerando Pyrgulina sottogen. di Parthenina con a tipo la P. interstincta. Nel 1894 invece DaLL e BartscH ritennero che Parthenina e Pyrgulina fossero due sottogeneri distinti di Odontostomia avente il primo per tipo la P. (Turbo) interstincta Mre., il secondo la P. (Chrysallida) casta Apams. Nell’impossibilità di studiare per mio conto la questione adotto il nome prescelto da DaLL e BARTSCH, seguendo per altro il criterio della maggioranza dei malacologi di considerare cioè le Parthenina per i caratteri che le distinguono genere a sè piuttosto che sottogenere di Odontostomia. i) DpsHayvEes. Exped. scientif. de la Morée, vol. IIl, pag. 154, tav. XXIV, fig. 29-31. 260 S. CERULLI-IRELLI [434] Parthenina interstincta Mrc. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 61-66. (1803. — MontaGU. Test. Brit., pag. 324, tav. XII, fig. 10. — Zurbo). 1854. Ohemmitzia terebellum Pun. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. = = — Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 29 (partim). 1871. = _ = — Op. cit., 2.2 ed., pag. 36 (partim). 1875. _ - — Ponzi. Op. cît., pag. 25. 1882. Turbonilla interstincta Mra. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. È specie assai frequente a M. Mario, e in pari tempo discretamente variabile così per la spira più o meno allungata, come per le costicine assiali variabili di numero, e per lo più quasi diritte, ma talora oblique e flessuose: le strie o cordoncini spirali, che ornano la parte superiore degli anfratti, sono per lo più in numero di due sull’ultimo, ed uno sugli altri, ma talora se ne osservano tre ed anche quattro sull’ultimo e due sul penultimo e terz’ultimo. È tuttavia carattere costante la depressione degli anfratti nella loro parte superiore. per modo che essi sono subangolosi, subcarenati a breve distanza dalla sutura. Per la loro forma gli esemplari di M. Mario meglio che al tipo figurato dagli autori inglesi (ForBES ed HanLey, SoweRBY, JEFFREYS) sono conformi al tipo mediterraneo, assai bene figurato da B. D. D.”, il quale differisce da quello inglese per forma più stretta, anfratti meno convessi, costicine più diritte. Per le variazioni di cui sopra ho fatto cenno oltre il tipo o quasi tipo (f.a mediterranea), a spira composta di 4 a 5 anfratti oltre gli embrionali, con anfratti ornati di costicine poco flessuose, e di due cordoncini spirali sull’ultimo, ed uno sugli altri, posso far menzione delle seguenti varietà: Var. bicingulata BrueNn. > — Tav. XXII [LIV], fig. 67, 68. — Differisce per la spira composta di maggior numero di anfratti (7, oltre gli embrionali) e più allungata. Essa è tuttavia così strettamente affine al tipo che ritengo debba considerarsene una semplice varietà. È questa la forma che HornEs ® descrisse e figurò credendola la ZurboniMla pusilla PrIL.: ma BRUGNONE dimostrò che la 7. pusilla PHIL. è specie perfettamente distinta. H6RNES ritenne in pari tempo che la Chemnitzia terebellum di PrILIPPI fosse pure sinonima della 7°. pusila; ma anche per la feredellum PaAIL., che alcuni autori considerano pure varietà di P. ènterstincta, BrUGNonE ha dimostrato, che essa mentre è distinta dalla 7. pusilla è assai più affine alla P. indistineta, e tale sembra a giudicarne dalla figura per gli anfratti molto più convessi. Var. tristriata n. var. — Tav. XXII [LIV], fig. 69. — Le strie o cordoncini sull’ultimo anfratto an- zichè due sono tre, e sul penultimo e terz’ultimo due anzichè uno. A questa diversità corrisponde una maggiore flessuosità delle costicine, ed una minore o più breve depressione presuturale degli anfratti. Var. quadristriata n. var. — Tav. XXII [LIV], fig. 70. — Differisce dalla precedente per il fatto che i cordoncini spirali sull’ultimo anfratto sono quattro: la forma degli anfratti è più convessa, per modo che questa varietà, escluso il maggior numero di cordoncini spirali, si avvicina assai al tipo vivente nei mari inglesi. x La P. iînterstineta è citata in Italia tanto in giacimenti pliocenici che pleistocenici. M. Mario: Farnesina. i Bucquoy, DauTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. I, pag. 169, tav. XX, fig. 7. 2 BRUGNONE. Osservo. s. Chemnitzia pusilla e Ch. terebellum Part. Boll. Soc. mal. it., vol. II, pag. 211. ) HORNES. oss. Moll. tert. Beck. v. Wien, vol. I, pag. 500; tav. 43, fig. 30. ; [435] S, CERULLI-IRELLI 261 Parthenina intermixta Mors. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 71. (1883. — BucQquor, DauTZzENBERG, DoLLrUS. Moll. mar. d. Itouss., vol. I. pag. 170, tav. XX, fig. 8, 9. — Odostomia Jeffreysi n. KOCH). (I8S4, — MonteRrOosATO, Nomenel. gen. e spec., pag. 87. — Pyrgulina). La maggiore e più regolare convessità degli anfratti, senza la marcata depressione rientrante al di- sopra del cordoncino spirale suturale; la forma della conchiglia meno allungata e più tozza ne sono i caratteri distintivi con la P. ènterstineta, alla quale tuttavia la P. @ntermiata è assai affine, tanto che potrebbe anche considerarsene una spiccata varietà. Vi riferisco un individuo trovato in collezione confuso con altri di P. interstincta, dai quali si di- stingue per i caratteri succitati: esso per altro, differisce dalle illustrazioni di B. D. D. per la specie vivente, perchè sulla sommità dell’ultimo anfratto le costicine assiali sono quasi completamente oblite- rate. Tuttavia non mi pare diversità di notevole importanza, in quanto anche fra i numerosi esemplari di P. enterstincta ho osservato, che le costicine sono sulla sommità dell’ultimo anfratto talora completa- mente obliterate al disopra del secondo cordoncino spirale, tal’altra invece si continuano, benchè depresse e poco evidenti, anche sulla sommità dell’anfratto stesso. M. Mario: Farnesina. Parthenina indistincta Mre. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 72-74. (1808. — MonTtAGU. Zest. Brit. Suppl., pag. 129. — Z'urbo). (1867-1869. — JeFrFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 149; vol. V, tav. LXXV, fig. 1. — Odostomia). 1854. Chemmitzia areolata sp. n. De Ravy., V. p. H., Ponzi. Cut. cit., pag. 10 e 17. 1875. _ — Dr Ravn. Ponzi. Op. cò., pag. 25. 1882... Turbonilla terebellum Pu. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1882. _ indistineta Mra. — Ibid., pag. 15. 1888. Parthenina —_ — Cuerici. Loc. cit., pag. 109. Gli esemplari di M. Mario, assai più rari che quelli appartenenti alla interstincta con i quali erano in collezione quasi tutti confusi, sembrano corrispondere alla specie vivente, di cui JeFFREYS ci ha data una ben chiara e dettagliata descrizione. Soltanto nei fossili le costicine assiali sono spesso meno flessuose, e la spira è talora più abbreviata. Carattere costante nei fossili, a differenza di quanto osser- vano ForBes ed HanLey e JEFFREYS per la specie vivente, è la presenza di un dente columellare depresso ma ben evidente. Tuttavia nella specie vivente la mancanza del dente non deve essere costante, in quanto JEFFREYS nella descrizione dei molluschi raccolti nella spedizione del “ Lightning , e “ Porcupine ,, dice di aver osservato un esemplare del golfo di Napoli con un “ conspicuous tooth in the middle of the pillar ,, !. La forma turrito-cilindrica ad anfratti convessi, la diversa scultura degli anfratti per il maggior nu- mero di cordoncini spirali distinguono la P. indistincta dalla interstincta. De RaAYNEVAL la ritenne specie nuova, denominandola Chemmnitzia areolata, e dandone anche una di- screta figura, che rappresenta la f.* brevior della specie ?). 1) JerrRaYSs. On the Moll, « Lightning » a. « Porcupine » exped, Proc. Zool. Soc. 1884, pag. 354. 2 Dn RaynEvaL. Coquilles foss. de M. Mario, tav. IV, fig. 17. 262 S. CERULLI-IRELLI [436] La P. indistincta è stata citata da De SrEerAaNnI come Turbonilla nel pliocene senese, MontEROSATO la cita a M. Pellegrino. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa (fide CLERICI). P. indistincta var. transiens n. var. — Tav. XXII [LIV], fig. 75, 76. È distinta dalla spira più breve, dalla meno regolare convessità degli anfratti a causa di una leggera depressione presuturale. Le strie spirali numerose come nel tipo sull’ultimo anfratto, sono ridotte a due: o tre sul penultimo, ma la terza quasi obliterata. Il dente columellare è più evidente. È una forma che costituisce quasi un passaggio fra la indistincta e la interstineta. M. Mario: Farnesina. Parthenina nassoides n. sp. — Tav. XXII [LIV], fig. 77. Distinguono questa specie dall’affine P. indistineta i seguenti caratteri: La forma della conchiglia è assai più breve, più conica, ad angolo spirale più aperto: gli anfratti sono più convessi, e l’ultimo più alto: le costicine assiali più flessuose, meno evidenti le strie spirali di cui circa 12 sull’ultimo anfratto e 4 o 5 sul penultimo, e tanto queste che quelle si continuano sulla sommità dell’ultimo anfratto fin quasi alla piccola cavità ombelicale: l'apertura è meno ovale, più arro- tondata; il dente columellare quasi indistinto. Altezza . È : o c ò ò mm. 2,2 Larghezza . o c ò o 0 » 1 Sebbene la scultura della conchiglia sia assai affine a quella della @ndistineta, pure le differenze sopra citate, insieme alla diversità di forma, mi sembrano sufficienti caratteri per tener separata dalla specie: di MontaGu la specie di M. Mario. Essa è rappresentata da due individui, nei quali, mentre la scultura e forma degli anfratti restano essenzialmente le stesse, variano la lunghezza relativa della spira, e il nu- mero degli anfratti che la compongono, quattro nella f.a drevior in luogo di cinque, coll’apice più ottuso. La P. decussata Mre. che ha più dell’indistineta affinità di forma colla nostra specie ne differisce per il fatto che in essa i filetti spirali non sono limitati solo alla metà superiore degli anfratti, ma co- prono quasi tutta la loro superficie, e le costicine assiali sembrano inoltre assai più sottili. M. Mario: Farnesina. Parthenina semiornata n. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 1-3. Conchiglia conico-allungata a spira assai breve, composta di 4 anfratti, (oltre quello embrionale) di cui l’ultimo occupante circa tre quarti dell’altezza totale, abbastanza convessi e divisi da suture oblique, discretamente profonde: scultura fatta di costicine robuste depresse, diritte, numerose, assai vicine le: une alle altre, e di filetti spirali sulla parte superiore degli anfratti, in numero di 6 a 7 sull’ultimo, e due sul penultimo, ma su questo appena distinti: le costicine si obliterano sui due primi anfratti, e spesso anche sul penultimo e su parte dell’ultimo, per modo che essi sono completamente lisci e lucenti come il primo anfratto embrionale. Apertura ampia, ovale-allungata: dente columellare assai sottile. Altezza . 0 5 5 . , , mm. 2,2 Larghezza . c c . 0 0 » 1,1 [437] S. CERULLI-TRELLI 263 Come per la specie precedente varia anche in questa la relativa lunghezza dalla spira, per modo che oltre la forma che considero tipica, perchè più comune, posso far menzione di una var. abbreviata (Tav. XXIII [LV], fig. 1), distinta per la sua forma più breve, e per l’ultimo anfratto lateralmente meno convesso. Anche questa specie, come la nassozdes, appartiene per caratteri di scultura al gruppo della P. în- distincta, e ne rappresenta un'ulteriore differenziazione di forma con accorciamento della spira, e mag- giore sviluppo dell’ultimo anfratto. Per la forma della conchiglia essa è affinissima alla P. decussata Mre., ma la scultura ne è diversa, e ne costituisce, a mio avviso, un buon carattere distintivo, come per la specie precedente. Dalla rassozdes, come può rilevarsi dal confronto delle figure, differisce per forma e per scultura, per costicine più diritte cioè, più depresse, più vicine, obliterate su gran parte della su- perficie, per filetti spirali meno numerosi. M. Mario: Farnesina. Parthenina cylindrata n. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 4, 5. 1864, Chemmitzia elegantissima Mre. Conti. Op. cit., 1.. ed., pag. 29. 1871. - _ — Op. cit., 2.* ed., pag. 36. m Conchiglia a forma subcilindrica allungata, composta di 7 anfratti, di cui uno embrionale, alquanto convessi, a suture oblique, coperti di una minuta striatura spirale visibile solo con forte ingrandi- mento, ed ornati di costicine assiali oblique flessuose, e di cordoncini spirali forti, principalmente evidenti negli intervalli fra le costicine, in numero di tre sulla metà superiore di ciascun anfratto, di cui per altro quello presso la sutura negli anfratti mediani quasi nascosto: costicine assiali e cordoncini spirali intrecciandosi originano delle cavità subquadrate, dando alla superficie un aspetto in parte cancellato; le costicine si obliterano sulla sommità dell’ultimo anfratto, e mancano sul primo em- brionale, che è liscio. Apice immerso. Apertura ovale allungata; dente columellare piccolo, depresso, poco evidente. Altezza . 5 È è n ; iam 03 1 Larghezza. x ò . ; . È » È una specie che ha caratteri di affinità tanto con la P. indistineta, quanto con la P. clathrata JEFFR. Alla prima si avvicina per la forma allungata della conchiglia, che tuttavia è nella cylindrata più cilin- drica, coll’ultimo anfratto meno alto e suture meno oblique: ma se ne allontana principalmente per le costicine assiali più forti, oblique e flessuose, meno numerose, e per i cordoncini spirali pure in minor numero e più forti, che intrecciandosi colle costicine rendono la superficie cancellata: il dente columel- lare è meno evidente. Per il numero e disposizione dei cordoncini spirali assai si avvicina alla P. clathrata, ma in questa la forma è più conica, più abbreviata, gli anfratti più convessi, l’apice più acuto, le costicine assiali meno flessuose e forse più forti, almeno a quanto posso giudicare dalle figure che ne conosco !. Tuttavia non posso escludere che il confronto diretto degli esemplari di M. Mario con individui viventi, rendendo meno 1) ForBes a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, pag. 258, tav. XCIV, fig. 4; — SowerBy. I. ind. British Shells, tav. XVI, fig. 10; — JerrRnYs. Brit. Conch., vol. IV, pag. 148; vol. V, tav. LXXIV, fig. 9; — KoBELT. Iconogr. schalentr. Meeresconchylien, vol. III, tav. LXX, fig. 21, 22. 264 S. CERULLI-IRELLI |438] pronunziate le differenze che risultano dall’esame delle figure possa far considerare la P. cylindrata sol- tanto varietà della clathrata, che JerFREYS ! ha citata come fossile a M. Mario. Per l’inclinazione e flessuosità delle costicine come per la sottile striatura spirale che si osserva negli spazi intercostali la P. cylindrata ricorda la P. sigmoidea MrRs. ®, ma in questa mancano i cordoncini spirali. M. Mario: Farnesina. Parthenina eximia Jerrr. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 6-8. (1867. — JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 155; vol. V, tav. LXXV, fig. 4. — Odostomia). Conosco di questa specie pochissimi esemplari, pur essi rinvenuti in collezione confusi fra individui riferiti alla P. èiferstineta. In essi il numero dei cordoncini spirali è in generale di 3, di cui quello presso la sutura sul penultimo e terz’ultimo anfratto quasi nascosto; solo in un individuo il terzo cor- doncino spirale inferiore sull’ultimo anfratto è quasi obsoleto, mentre in un altro i cordoncini sono due in luogo di tre sul penultimo e terz’ultimo anfratto. Altezza . ; E . 5 . ; mm. 2 0 Larghezza . 5 ; . . . » ,8 I diversi individui studiati presentano qualche variazione rispetto alla relativa lunghezza della con- chiglia, per modo che oltre la forma che va riferita al tipo posso fra essi distinguere anche la var. elongata Sars ®, per quanto gli individui di M. Mario che la rappresentano abbiano forma anche più esile ed allungata. Altezza . : 5 c 0 . . mm. 2,7 Larghezza . o 0 0 . ò » 0,9 La notevole convessità degli anfratti, l’avvolgimento loro assai obliquo, le costicine in minor numero, ben rilevate, divise da spazi più ampii, flessuose, che, intersecandosi coi cordoncini spirali abbastanza rilevati, rendono la superficie della conchiglia in parte cancellata; il dente columellare più esile e mi- nuto, permettono distinguere la P. ewimia dalla interstineta. Non egualmente agevole mi sembra la di- stinzione colla P. intermixta: soltanto nella eximia è maggiore la convessità degli anfratti, più oblique le suture, la superficie più manifestamente cancellata: comunque la var. flexuosa B. D. D. di P. inter- mixta costituisce una forma di passaggio fra le due specie. La P. eximia vive nei mari boreali e nell’Oceano atlantico. Fossile in Italia 1’ ha citata PANTANELLI nel pliocene senese, pur esso tanto ricco di piccole specie. M. Mario: Farnesina. . Parthenina spiralis Mre. sp. — Tav. XXIII |LV], fig. 9-14. (1803. — MontAGU. Test. Brit., pag. 323, tav. 12, fig. 9. —- Turbo). 1864, Chemmnitzia areolata De Rav. Conti. Op. cit., 1% ed., pag. 30 (partim). 1871. — _ — — Op. cit., 2. ed., pag. 36 (partim). 1882. Odostomia spiralis Mont. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. i JeFFREYS. « Lightning » a. « Porcupine» exped. Proced. Zool. Soc. London (1884), pag. 355. ©. JEFFRRYS. Ibid., pag. 354, tav. XXVI, fig. 9. — Odostomia sigmoidea. ® Sars. Mollusca reg. arct. Norvegiae, pag. 199, tav. 22, fig 13. — Parthenia eximia. var. elongata. [439] S. CERULLI-IRELLI 265 Gli esemplari non rari di M. Mario mostrano una variabilità di forma anche maggiore di quella che per la specie vivente può rilevarsi dalle varie illustrazioni che ne conosco (MontaGu, Forpes ed HanLEyY ”, SowERBy 2), JerrReYs ®, Sars ®), variabilità circa la maggiore o minore lunghezza della spira, composta di 3 a 6 anfratti, esclusi gli embrionali, e il rapporto fra l’altezza e la larghezza della conchiglia; come per riguardo alla lieve convessità degli anfratti, ed all’ottusa angolosità dell’ultimo alla periferia. Le costicine o diritte o leggermente flessuose variano in numero da 20 a 30: le strie o cordoncini basali in numero di 5 a 6 sono più o meno evidentemente intersecate dagli esili prolungamenti delle costicine assiali, che spesso restano visibili soltanto negli spazi fra i cordoncini. Allo stesso modo che in alcuni individui viventi, come leggiamo in ForBxs ed Hantey, talora anche nei fossili la sutura è in- feriormente contornata da un cordoncino spirale più o meno bene evidente. Tuttavia le diverse variazioni sono assai strettamente collegate fra loro, per modo che non è possi- bile considerarle che quali forme diverse della stessa specie, di cui il tipo, corrispondente cioè a quello figurato da MontAGU, deve considerarsi a spira corta. Le altre variazioni principali sono le seguenti: Var. longiuseula, a forma più esile ed allungata, composta di 6 anfratti, colla sutura dell’ultimo contor- nata da un cordoncino spirale ben evidente. Var. intermedia, a forma più allungata che nel tipo, ma più breve che nella varietà precedente, e quindi intermedia fra le due. Corrisponde alla forma vivente figurata da JEFFREYS. Var. convexula, cogli anfratti, e l’ultimo particolarmente, più convessi, ornati di costicine più fitte, e divise da solchi meno profondi. , La variabilità riscontrata fra gli individui di M. Mario, mi induce a pensare che la distinzione della forma vivente mediterranea da quella dei mari del Nord, proposta da Brusina ed accettata da MovtE- Rosato e dagli autori francesi B. D. D., e da altri, quand’anche la si voglia ammettere, non debba es- sere tanto facile e netta. Comunque gli esemplari di M. Mario, a mio avviso, vanno riferiti alla P. spiralis meglio che alla turdîneZloides Brus., sia per la lieve convessità degli anfratti, come per le costicine leg- germente arcuate, e il numero dei cordoncini basali. M. Mario: Farnesina. Parthenina (Miralda) excavata Pair. sp. — Tav. XXIII [LV), fig. 15-17. (1836. — PaurLIppi. Enum. Moll. Sic., vol. I, pag. 154, tav. X, fig. 6. — Rissoa). 1854. Rissoa trinodosa sp. n. De Ray., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10 e 17. 1864. — _ De Ray. Conti. Op. cit., 1.° ed., pag. 29. 187L. — -- _ — Op. cit., 2.» ed., pag. 30. 1882. Odostomia excavata Pan. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1906. Miralda _ — Mz. Nota cit. Boll. Soc. geol. it., vol. XXV, pag. 562. 1906. Cerzthiopsis pulchella Jerrr. MeLi. Ibid., pag. 576. 1) ForBes a. HanLEY. Brit. Moll. vol. III, pag. 299, tav. XCVII, fig. 2. 2) SowerBy. Ill. Ind. Brit. Shells, tav. XVII, fig. 29. 3) JerrREYs. Brit. Conch., vol. V, tav. LXXV, fig. 3. 4) Sars. Mollusca reg. arct. Norvegiae, pag. 200, tav. 11, fig. 4. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 266 Ss. CERULLI-IRELLI [440] La peculiare ed elegante scultura caratterizzano assai bene questa specie fra le congeneri. Essa è rappresentata a M. Mario da pochi individui conformi ai viventi, i quali tuttavia presentano variazioni, che mi sembrano in rapporto al grado di sviluppo, sia rispetto alla lunghezza relativa della spira, sia al numero delle costicine assiali, che, circa 14 nei giovanissimi, sono da 20 a 22 negli individui più adulti. L'individuo più adulto da me osservato ha le seguenti dimensioni : Altezza . 0 0 ò c o c mm. 3 Larghezza . - c c 0 . » 1,5 È questa la Rissoa trinodosa di De RayrnevaL fondata, come la specie di PercipPI, su individui gio- vani. A questa specie va pure riferita la CeritRiopsis pulchella citata da MELI, in quanto l'esemplare della coll. Grassi che la rappresenta, è precisamente l’individuo adulto ed allungato di P. ercavata di cui dò figura. È La P. excavata è conosciuta in Italia tanto del pliocene che del pleistocene. M. Mario: Farnesina. Parthenina (Tragula) fenestrata Forses sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 18,19. (1848. — JEFFREYS. Ann. a. Mag. Nat. Hist., 2. serie, vol. II, pag. 345. — Odostomia). (1867. — JEFFREYS. Brit. Conch., vol. IV, pag. 156; vol. V, tav. LXXV, fig. 5. — Odostomia). 1864. Chemnitzia Rigaccii sp. n. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 30 e 50. 1871. Op. cît., 2.% ed., pag. 36 e 55. 1882. Turbonilla fenestrata ForBes. Zuccari. Cut. cit., pag. 15. Due individui di questa elegantissima conchiglia. Essi sono in tutto conformi alla specie vivente nei mari odierni, ma, come nel Mediterraneo attuale dove è abbastanza rara, così pure gli individui fossili a M. Mario non raggiungono lo stesso grado di sviluppo che la specie presenta nei mari inglesi. Altezza . 0 ” c c 0 . mm. 3 Larghezza. È : : . c o » 1 Secondo MontERosATO a questa specie corrisponde la Chemnitzia Rigaccii di Conti, ed io convengo pienamente in tale assimilazione, perchè la chiara descrizione di Conti non lascia dubbio in proposito: tuttavia non mi è stato possibile assicurarmene col confronto diretto degli esemplari studiati da ContI, perchè nella sua collezione a Ferrara il tubetto della Ch. Rigaccii è vuoto. Dar e BarrscH considerano le 7ragula sottogenere di Turbonilla: esse invece a mio avviso per i caratteri del peristoma, per la peculiare scultura degli anfratti, per la forma del nucleo embrionale debbono riguardarsi come sezione generica di Parthenina. La P. fenestrata è specie fossile assai rara in Italia così nel pliocene che nel postpliocene:: nel-Piemonte Sacco ne ha citata una varietà ad anfratti più arrotondati; MAnzonI la ricorda rarissima a Vallebiaia, per Livorno la cita APPELIUS: in Sicilia l'hanno citata SeguENZA per Altavilla, MontEROsATO per Monte Pellegrino e Ficarazzi. i i M. Mario: Farnesina. [441] S. CRRULLI-IRELLI 267 Gen. Turbonilla Risso, 1826. Turbonilla lactea L. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 20-29. (1776. — LinNnEO. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1288, — Z'urbo). 1854. Ohemmitaia elegantissima Monr. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1871. _ Brocchi Bronn. Conti. Op. cit., 2.% ed., pag. 36. 1875. _ elegantissima Monn. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1882. Turbonilla - — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. - - — Crerici. Loc. cò., pag. 109. Per quanto l’interpretazione del Zurbo lacteus L. sia alquanto dubbia, pure, principalmente sull’au- torità di JEFFREYS, la maggior parte degli autori sono d’accordo nel ritenerlo corrispondente al Turbo elegantissimus Me. Non è per altro facile dire quale sia il tipo della specie dal momento che le varie illustrazioni che ne conosco, di Monracu, ForBes ed Hanrey, SowerBy, JEFFREYS per la forma vivente nei mari inglesi, di CantRAINE, B. D. D., KoBeLT per quella vivente nel Mediterraneo sono alquanto di- verse fra loro, forse in relazione alla notevole variabilità della specie di cui ci fa cenno JerFREYS ®. Tuttavia per gli esemplari fossili di M. Mario si può ripetere la stessa osservazione che già ha fatto Sacco per la specie del pliocene piemontese, che cioè essi si avvicinano più alla forma che Partippi de- scrisse e figurò come Melania Campanellae. La differenza fra i due tipi consisterebbe nella minore con- vessità degli anfratti e maggiore depressione della base nella Campanellae, e costicine oblique meno flessuose. Ma a me non pare che distinzione possa farsi fra le due forme, come del resto si ritiene dalla maggior parte degli autori, a cominciare dallo stesso PHILIPPI. A M. Mario è specie discretamente frequente ed anche in esemplari abbastanza adulti, che hanno dimen- sioni notevolmente maggiori di quelle più comuni fra i viventi. Altezza ò - ; ; ; 3 mm. 16 Larghezza . ; ; : : ; » 3,5 Questi individui adulti, in gran parte, per la convessità degli anfratti, e della base arrotondata alla periferia, per la flessuosità delle costicine si avvicinano molto alla forma lactea degli autori inglesi, pur rimanendo in essi più regolare la convessità degli anfratti, e l’ultimo meno alto. Altre variazioni riguardano il numero delle costicine che oscillano da 18 a 26, e sono talora sul- l’ultimo anfratto assai più avvicinate, più depresse, ed anche più numerose e meno regolarmente di- sposte che sui precedenti. Tuttavia sono variazioni strettamente collegate fra loro, per modo che non credo farne menzione a parte, e mi limito a dar figura delle più importanti. Secondo l'ordinamento del gen. Turbonilla proposto da DaLL e BarrscH, la 7. /uctea, come forse tutte le altre specie che seguono, spetterebbero al sottogen. Chemnitzia distinto da Turbonilla st. s. per l'arresto delle costicine alla periferia dell’ultimo anfratto. Ora tale suddivisione generica a me non sembra possa esser senz’altro accettata, prima perchè il carattere su cui è fondata mi pare soggetto a variazioni, e poi perchè la specie tipo di 7urbori/Za secondo DaLL e BaRTScA, la 7. plicatula Risso, non è specie di sicura interpetrazione. Del resto tutto l’ordinamento delle 7urdonilla di DALL e BARTSCH a mio avviso merita di esser meglio studiato. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa. 1) JorrREYS. Moll. of the « Lightning » a. « Porcupine » exped. P. Z. S. London, 1884, pag. 398. Do (ca) (00) S. CERULLI-IRELLI [442] T. lactea var. hoernesiana Sacco. — Tav. XXIII [LV], fig. 30, 31. (1856. — HORNES. Moss. Moll. tert. Beck. v. Wien, pag. 498, tav. 43, fig. 27. — Turbonilla costellata GRAT.) (1892. — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XI, pag. 77.— Turbonilla pseudo-costellata var. hoernesiana). È caratterizzata dalla forma conico-allungata ad anfratti debolmente convessi coll’ultimo subangolato alla periferia, e colla sommità depressa; le costicine, in numero di 14 a 18, sono più o meno oblique, e talora alquanto flessuose, bruscamente interrotte alla periferia dell’ultimo anfratto, dove esse, e gli spazii intercostali, si mostrano nettamente delimitati come da una specie di pseudocordoncino depresso; tale pseudocordoncino si osserva spesso alla sommità degli altri anfratti e serve a delimitare le costicine presso la sutura superiore. Altezza . 0 ; 0 0 ò 0 mm. 14 Larghezza > . c c ò . » 4 La forma più conica, la base della conchiglia più depressa, le costicine più nettamente delimitate alla periferia dell’ultimo anfratto potrebbero far considerare questa varietà specificamente diversa dalla lactea, come l’hanno ritenuta HORNES e Sacco. Invece l’osservazione del materiale di M. Mario mi fa constatare come dalla forma a base con- vessa, ed arrotondata alla periferia, si passi assai gradualmente a quella a base depressa e sub- angolata, per modo che le due forme appaiono strettamente collegate fra loro, senza possibilità di una netta separazione: ritengo perciò che la specie figurata da HoRNES, cui gli esemplari di M. Mario mi sembrano bene conformi, non sia che una spiccata varietà della lactea. HORNES ritenne poterla assimilare alla 7. costellata di GraTELOUP: ma l’esame della figura di GraTtELOUP non fa sembrare possibile tale identificazione. Perciò ben a ragione Sacco le cambiò nome ritenendola per altro varietà della 7. pseudo- costellata sp. n., forma, che a me sembra possa pure considerarsi varietà della lactea. Secondo HoòRNES esemplari della forma da lui illustrata si raccolgono nel pliocene a Modena e Ca- stellarquato, di dove è stata anche citata rispettivamente da Coppi e da Cocconi. M. Mario: Farnesina. Turbonilla delicata Mrrs. — Tav. XXIII [LV], fig. 32, 33. (1844. — PHILIPPI. Enum. Moll. Sic., vol. II, pag. 137, tav. XXIV, fig. 11. — Ohemnitzia gracilis [n. BROCCHI]). (1878. — MonTEROSATO. Enum. e Sinon. conch. Mediterr., pag. 21). Non è specie rara a M. Mario, ed è in tutto conforme alla specie vivente, di cui ha lo stesso grado di sviluppo. Altezza . c 0 . . mm. 3,9 — 3,8 Larghezza . c 0 c . » 1-1 Fra i diversi individui varia leggermente la lunghezza della conchiglia, e la lieve convessità degli anfratti, senza che per altro si modifichi l’aspetto generale della conchiglia. Qualche individuo ad an- fratti leggermente più convessi divisi da suture più profonde, e colla sommità dell’ultimo più arrotondata può riferirsi alla var. basiglobosa Sacco, che tuttavia è vicinissima al tipo. La 7. delicata è specie assai affine alla 7. Zactea, ma da essa perfettamente distinta per gli anfratti più alti, divisi da- suture più profonde, e coperti di costicine assiali, più oblique, più fitte, più elevate, “A [443] S. CERULLI-TRELLI 269 ‘ed arrotondate anche presso la sutura posteriore, e meno nettamente delimitate alla periferia dell’ul- timo anfratto. La forma più esile ed allungata la distingue dalla 7. pusilla Put. PANTANELLI ha citata la specie nel pliocene senese, Sacco in Piemonte e Liguria, SeGuENZA ad Alta- villa in Sicilia, ApPELIUS a Livorno, MANzoNI a Vallebiaia. M. Mario: Farnesina. Turbonilla obliquata Pri. sp. (1844. — PHILIPPI. Enum. Moll. Sicil., vol. II, pag. 197, tav. XX1V, fig. 10. — Ohemnitzia), 2 T. obbliquata var. transiens n. var. — Tav. XXIII [LV], fig. 34, 35. Differisce dalla specie illustrata da PaILIePI per la forma più stretta e più allungata e per un maggior numero di costicine sugli anfratti, che sui nostri esemplari sono 18, mentre PaÙitippi parla di circa 14. È una forma intermedia fra la 7. obliguata Pain. e la 7. acuticostata JereR. ® (= T. postacuticostata Sacco), alla quale si avvicina appunto per la lunghezza della conchiglia e per il numero delle costicine: ma ne differisce per la maggiore convessità della base della conchiglia, e per il fatto che le costicine non sono così nettamente delimitate alla periferia dell’ultimo anfratto da una specie di cordoncino spirale, come precisamente nell’acuzicostata. Per questi caratteri gli individui di M. Mario mi sembrano assai più vicini alla 7. obliquata, di cui penso possono rappresentare una spiccata varietà. . La maggiore convessità degli anfratti, le costicine meno numerose più strette ed elevate, e separate da spazii più larghi, la distinguono dalla 7. delicata e dalle altre specie affini. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno. Turbonilla pusilla Pair. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 36-40. (1844, — PHILIPPI. Enum. Moll, Sicil., vol. II, pag. 224, tav. XXVIII, fig. 21. — Chemnitzia). 1864. Chemnitzia obliquata Prin. Conti. Op. cit., 1.% ed. pag. 29 (partim). 1864. — pusilla _ — Ibid., pag. 29 (partim). 1871. — obliquata — — Op. cit., 2. ed., pag. 36 (partim). 1871. — pusilla _ — Ibid., pag. 36 (partim). 1882. Turbonilla _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. È una buona specie, che la forma raccorciata, per certo modo pupoide, ornata di costicine grosse oblique, larghe quasi quanto gli intervalli, e nettamente rilevate anche presso la sutura posteriore rende facile distinguere dalla Z. lactea e dalla Z. delicata, alle quali più che ad altre si avvicina per la man- canza di striatura spirale apparente. PHILIPPI, è vero, non asserisce in modo assoluto che la pusilla sia priva di striatura, perchè gli esemplari studiati erano incrostati, anzi dice di aver osservato sull'ultimo anfratto due strie che contor- navano la sutura. Come non striata per altro la specie è descritta dagli altri autori. i) Jerrroys. Mollusca of the « Lightning » a. « Porcupine » exped. Proc. Zool. Soc. London (1884), pag. 359, tav. XXVII, fig. 2. — Odostomia acuticostata (n. SPEYER). 270 S. CERULLI-IRELLI [444] In uno degli esemplari di M. Mario, che per la sua forma meglio si avvicina al tipo di PHILIPPI, osservo sul lato anteriore tanto sull’ultimo che penultimo anfratto presso la sutura inferiore due strie: o linee impresse che la contornano, e che sono visibili negli interspazi costali: ma io penso che tali linee siansi originate a causa della corrosione dello strato superficiale della conchiglia, chè sul lato dor- sale della conchiglia stessa meglio conservato, esse non si osservano. Tuttavia la superficie non può dirsi assolutamente liscia, chè osservata al microscopio la si vede coperta di una minutissima striatura spirale. Gli esemplari di M. Mario che riferisco alla pusilla di PaILIPPI variano leggermente per l’allunga- mento maggiore o minore della spira, e presentano un grado di sviluppo press’a poco corrispondente a quello della specie vivente. Altezza. 0 . . o 0 mm. 3,3 — 4,7 Larghezza . 6 . 6 . » 1,2 — 1,3 Monterosato ® — ed a ragione mi sembra per quanto si può giudicare dalle figure — ha ritenuto I lo} D che la specie vivente nei mari inglesi riferita da JerrREYSs alla 7. pusilla ne sia diversa per le costicine flessuose, arcuate. Egualmente diversa io credo, almeno come varietà rectecostata, la forma illustrata dagli autori francesi B. D. D. ?, in quanto essi dicono la superficie ornata di “ còtes longitudinales.... verti- cales, très faiblement arquées ,, laddove PaInippi dice “ costiîs obliquis , e tale obliquità delle costicine sì osserva manifesta nella figura di PHILIPPI. La 7. pusilla è citata nel senese da De STEFANI, per Vallebiaia da Manzoni: Sacco ne figura tre varietà, che sono tuttavia distinte dalla forma di PHILIPPI per costicine più diritte. M. Mario: Farnesina. Turbonilla densecostata Pair. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 41-43. (1844. — PHILIPPI. Enum. Moll. Sic., vol. II, pag. 137, tav. XXIV, fig. 9. — Chemmitzia). 1854. Chemnitria densecostata Pi. De Ray., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1882. Turbonilla — — Zuccari. Cat. cit., pag. 15 (partim). La descrizione assai precisa e la buona figura di PHILIPPI rendono possibile identificare con sicurezza questa piccola forma. Essa è ben caratterizzata dagli anfratti poco convessi, quasi piatti, discretamente alti, a sutura obliqua profonda, ornati di costicine numerose, quasi diritte, depresse, più larghe degli intervalli, e coperte così quelle, come questi da una sottilissima, regolare e fitta striatura spirale, ben visibile soltanto con forte ingrandimento. Altezza . È È 5 " Ò mm. Larghezza. 0 Ò 0 . ò o » 1 La striatura spirale sottilissima, la maggiore depressione delle costicine, le quali si attenuano e scompaiono più rapidamente sulla sommità dell’ultimo anfratto, distinguono questa specie dalla rufa, con cui è stata talvolta confusa. Anche a M. Mario ho constatato, che sotto il nome di densecostata, così nella coll. Ponzi, che in quella RIgacci, erano stati classificati individui di 7. rufa, e giovani di 7. lactea, mentre di vera 7. den- i MonterosaTo. Nomenel. gen. e spee., pag. 22. ? Bucquoy, DAauTzENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol.I, pag.181, tav. XX, fig. 16. [445] S. CERULLI-1RELLI 271 secostata non ho trovato che due soli individui nella coll. Rigacci. Un’identica confusione ho trovato nella coll. Conti a Ferrara, nella quale, anzi, mi è sembrato che fra gli individui riferiti alla densecostata nes- suno possa effettivamente appartenervi. È perciò che le citazioni di Conti, come quella di Ponzi non figurano in sinonimia ‘. Vi figura invece la citazione di De RaAyNnEvAL non potendosene « priori esclu- dere l’esattezza. Sacco riferì la 7. densecostata ad un nuovo sottogenere Strioturbomilla: ma il carattere della sotti- lissima striatura spirale su cui esso è fondato non può a mio avviso aver importanza, tanto più che esso non manca in modo assoluto in giovani di 7. lactea, ma vi è solo assai meno, e non sempre evidente. La 7. densecostata è citata in Italia in diversi giacimenti pliocenici dell’Italia settentrionale: Sacco vi ha riferito a titolo di varietà, ma con dubbio, due forme che a me sembrano in realtà diverse per la maggiore convessità degli anfratti e per la striatura spirale più evidente. Diversa altresì è a mio avviso la Z. densecostata del Crag inglese figurata da Woop. M. Mario: Farnesina. Turbonilla (Pyrgostelis) rufa Piur. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 44-50. (1836. — Parnippi. Znum. Moll. Sic., vol. I, pag. 156, tav. IX, fig. 7. — Melania). 2 1854. Chemmitzia Humboldti. Pain. De Ray., V. n. H., Ponzi. Cat. ci., pag. 10. 1854. — rufa Pun. Dr Rav., V. p. H., Ponzi. Ibid., pag. 10. 1864. —_ — — Conri. Op ceu., 1.8 ed., pag. 29. 1864. _ Humboldti. Par. Conti, Ibid., pag. 29. 1871. _ rufa Pr. Conti. Op. cit., 2.% ed., pag. 36. 1871. — Humboldti Pin. Conti. Ibid., pag. 36. 1875. —_ rufa Puin. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 1875. - Humboldti Pun. Ponzi. Ibid., pag. 25. 1882. — vufa Pam. Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1888. Dunkeria — —. Cnerici. Loc. còt., pag. 108. Come già hanno avvertito altri autori, questa Zurbonilla è variabilissima per forma e scultura: tut- tavia le variazioni che essa presenta a M. Mario non sono così spiccate, come ad es. nel pliocene pie- montese, e riguardano la lunghezza maggiore o minore della spira, la convessità degli anfratti, il numero e la grossezza delle costicine assiali, l’evidenza maggiore o minore della striatura spirale ed anche il numero delle strie. Ma in complesso le varie forme si raggruppano attorno a cinque tipi principali: F.: A (=rufa PuÙin.) — Tav. XXIII [LV], fig. 44-46. — Anfratti quasi piani, in numero di 11 circa (esclusi gli embrionali), base depressa: costicine abbastanza fitte, diritte, in numero di circa 18: stria- tura spirale a strie distanti fra loro, non molto profonde. F.* B (cfr. Bellardii See.?). — Tav. XXIII [LV], fig. 47. — Anfratti più convessi, base meno depressa. Mi sembra conforme o per lo meno assai affine alla 7. Bellardii See. quale è figurata da Sacco ®), che la considera varietà di 7. rufa. 1) 1864. Conti, Op. cit., 1%. ed., pag. 29; 1871. Op. cit., 2%. ed., pag. 36; — 1875. Ponzi. Op. cit., pag. 25. 2 SEGUENZA, Studi stratigr. formaz. plioe. Italia merid. Boll. Com. geol. (1876), pag. 14. 3) Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XII, pag. è, parte XI, tav. II, fig. 125. 972 S. CERULLI-IRELLI [446]! FP. C (= 7. decussata Box. ®). — Tav. XXIII [LV], fig. 48. — Ha le strie spirali assai più evidenti, più profonde, per modo che gli spazii fra le costicine appaiono come segnati da punti impressi, trasver- salmente allungati. Gli anfratti sono pure più convessi e più alti che nel tipo rufa, la base meno de- pressa, pur essa più fortemente e più fittamente striata. F.8 D. — Tav. XXIII [LV], fig. 49, 50. — Forma più stretta e più allungata che negli altri tipi, con la base meno depressa e più arrotondata alla periferia. Costicine più numerose, più avvicinate fra loro, più depresse, meno regolarmente disposte, talora accoppiate a due a due, particolarmente sull’ultimo: anfratto, sul quale in qualche individuo tendono quasi ad obliterarsi. Sembrerebbe quasi tipo specifico diverso se forme intermedie non ne dimostrassero la stretta affinità colla 7. rufa. Credo possa identificarsi colla var. percostatoastensis SAcco 2). F.a E (= var. gallicula Sacco 3). — È caratterizzata dalla sua forma assai più raccorciata, più conica, dalla base più depressa, e dal minor numero di anfratti, 6 a 7 (esclusi gli embrionali). Mi pare corrisponda bene alla forma vivente figurata da B. D. D.*, e che Sacco considera var. gallicula della specie. Ma io ritengo questa varietà sia anche in dipendenza dello stato poco adulto della conchiglia, e da ciò anche la differenza nel numero degli anfratti. E lo stato giovanile della specie deve: essere appunto la forma figurata da B. D. D., in quanto le dimensioni che questi autori danno dei loro esemplari sono di mm. 3 di altezza, mentre la specie raggiunge negli esemplari adulti, così viventi che fossili, dimensioni più che doppie. Una variazione corrispondente ho osservata per la 7. lZactea, anche essa in relazione del grado di sviluppo degli individui. MontEROsATO °) prese questa specie a tipo di un nuove sottogenere, Pyrgostelìis: invece DALL e BarrscA nel loro studio sulla famiglia Pyramidellidae ® la prendono a tipo del sottogenere Pyrgiscus Pri. Ma dal momento che PaItIPPI indica come tipo del genere la (Melania) Turbonilla Campanellae, esso deve ritenersi sinonimo di Zurbonilla. M. Mario: Farnesina, Valle dell’Inferno; Acquatraversa. T. rufa var. depressecostata n. var. — Tav. XXIII [LV], fig. 51, 52. Ha come la var. gallicula forma più raccorciata e minor numero di anfratti che nel tipo (6, esclusi gli embrionali): ma le costicine sono assai più depresse, più numerose ed avvicinate fra loro, più larghe: degli intervalli poco profondi: la striatura spirale è assai più superficiale. Si avvicina per la depressione delle costicine alla 7. densecostata, ma ne resta perfettamente sepa- rata per la striatura spirale, per la quale corrisponde alla 7. rufa, di cui io credo possa considerarsi una notevole varietà. M. Mario: Farnesina. i‘ BonpLLI. Cat. ms. Museo zool. Torino, n. 3003; — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XII, pag. 4; parte XI, tav. II, fig. 122. 2 Sacco. I Moll.terr. terz. Piem. e Lig., parts XII, pag.5; parte XI, tav. II, fig. 126. 3) Sacco. Op. cit., parte VII, pag. 3. i Bucquor, DauTzENBDRG, DoLLFUSS. Moll. mar. du Rouss., vol. 1, tav. 20, fig. 15. °) MonteRrosaTo. Nomencl. gener. e spec., pag. 89. © DaLL a. BARTSCH. Symnopsis genera, subgenera a. sections of the fam. Pyramidellidae, pag. 8. [447] i 8. CERULLI-IRELLI 273 T. rufa var. ventricosa n. var. — Tav. XXIII [LV], fig. 5: ) A 1871. Odostomia decussata Monn. Conn. Op. cit., 2.* ed., pag. 35. Si distingue dalla 7. rufa per la forma più breve e più larza e minor numero di anfratti (cinque, esclusi gli embrionali), e per gli anfratti stessi assai più convessi. Tuttavia identica è la scultura; per modo che io credo possa considerarsi come una ben distinta va- rietà della specie di PHILIPPI. Forma forse affine è quella del Crag inglese figurata da Woop,! e che Sacco 2° ritiene impropria- mente identificata colla 7. rufa; essa ha tuttavia rispetto all’esemplare di M. Mario, a giudicarne dalla figura, forma più esile e più allungata, e maggior numero di anfratti. M. Mario: Farnesina. Turbonilla (Pyrgostylus) interposita n. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 54, 55. Conchiglia allungata, ad anfratti brevi, convessi, assialmente costulati e spiralmente striati: coste esili, oblique, assai più strette degli interspazi fra esse; le costicine, di cui su ogni anfratto una o due più grossa delle altre varicosa, si arrestano alla periferia dell’ultimo aufratto, dove sono nettamente delimitate da un cordoncino che chiude gli spazi intercostali: strie spirali sottili e superficiali, irrego- lari, numerose, visibili specialmente negli spazi fra le costicine come anche sulle varici, ed estese su tutta la sommità dell’ultimo anfratto. Apertura ovale-arrotondata, labbro sinistro arcuato, esternamente varicoso, internamente liscio; co- lumella verticale. Altezza (dei 7 ultimi anfratti) . : 5 5 c : mm. 9,5 Larghezza . . o 0 o . : ; o 6 : » 3,4 I due individui che rappresentano questa specie mancanti entrambi dei primi anfratti, presentano caratteri di affinità tanto colla 7. striatula L. quanto colle var. Lanceae e communis di 7. pallida. Dalla prima tuttavia si distinguono per le costicine alquanto oblique, esili, separate da spazi più ampi, e nettamente delimitate alla periferia dell’ultimo anfratto: la striatura spirale è fatta di strie assai più numerose, più fitte, estese sulla sommità dell’ultimo anfratto. Dalle varietà summenzionate di 7. pallida si differenziano per gli anfratti più convessi e meno alti, per la conchiglia più sottile, per le costicine più flessuose ed oblique, più esili, divise da spazi più ampi, per il labbro sinistro internamente non solcato — carattere quest’ultimo che mi sembra importante, in quanto ho osservato che la dentatura interna del labbro non manca mai negli individui di 7. pallida, anche se assai giovani. Ritengo perciò possa riguardarsi specie nuova intermedia fra le due: essa è anche vivente nel Me- diterraneo, come mi dimostra un individuo assai giovane trovato fra altri spettanti alla specie seguente. M. Mario: Farnesina. i) Woop. Crag Mollusca, parte I, pag. 79, tav. X, fig.2. 2) Sacco. I MOll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XII, pags 3. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914 S. CERULLI-IRELLI [448] DO 4 > Turbonilla (Pyrgostylus) pallida Pa. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 56-60. (1836. — PHILIPPI. Enum. Moll. Sic., vol. I, pag. 157, tav. IX, fig. 8. — Melania). Questa specie è ben caratterizzata dalla sua scultura fatta di costicine più o meno sottili, numerose, quasi diritte, divise da spazi quasi altrettanto larghi che le costicine, e di una fitta e minuta striatura spirale, che si estende tanto sulle costicine quanto negli intervalli fra esse, come sulla sommità dell’ul- timo anfratto, sulla quale invece non vi è traccia delle costicine assiali: queste si arrestano contro una specie di carena o cingoletto che chiude gli spazii intercostali. Il labbro sinistro è internamente den- ticolato. Alla specie così intesa riferisco, oltre ad alcuni esemplari giovani, tre individui adulti, i quali all’in- fuori delle dimensioni maggiori (l’individuo più adulto misura 5 mill. di larghezza, e 19 mill. di altezza, pur mancando dei primi quattro o cinque anfratti) sono perfettamente conformi ad individui viventi nel Mediterraneo, con cui ho potuto farne raffronto. Ma lo studio degli individui viventi mi porta a pensare, che l’identità generalmente ammessa del Turbo striatulus L. e della Melania pallida PrIL. non possa senz'altro accettarsi. In effetti l’esame della figura del Turbo striatulus data da HanLeY mostra come l’individuo che HanLer ha ritenuto corri- spondere alla specie descritta da Linneo, sia a forma meno turrito-allungata, a costicine assiali più fitte, ma principalmente non limitate alla periferia dell’ultimo anfratto, ma estese anche sulla sommità di esso. Tale aspetto ad un dipresso la specie ha nell’illustrazione datane dagli autori francesi B. D. D. ®, e questi autori parlando della scultura dicono che la striatura spirale è fatta da strie sottili in numero di 4 sugli anfratti superiori e di 5 sull’ultimo, e che le costicine assiali sono numerose, arrotondate, fitte ed assai più larghe degli intervalli che le separano. Una descrizione corrispondente danno anche altri autori Carus 5), KoBELT 4). Invece la figura di Partippi per la Melania pallida mostra chiaramente il brusco arresto alla peri- feria dell’ultimo anfratto delle costicine, le quali appaiono sottili, elevate, più strette degli intervalli che le separano: e nella descrizione PHILIPPI parla di strie trasversali assai sottili, frequenti (striîs transversis tenuissimis, frequentibus), come esse in effetti sono negli esemplari viventi da me osservati. Inoltre questi hanno il labbro sinistro internamente denticolato, mentre Bucquor, DAautzENBERa e DotLrus, e gli altri autori prima ricordati dicono il labbro semplice. À Ritengo in conseguenza che la specie di PrILipPi non possa andar confusa con quella di LInNEOo. Della 7. pallida è, a mio parere, perfettamente sinonima la 7. Cocconi Font. 9, mentre la 7. Lan- ceae Lig. è da considerarsene varietà per una maggiore depressione della base della conchiglia, con una inaggiore evidenza del quasi cingoletto che chiude gli spazi intercostali. M. Mario: Farnesina (s. %.) si 1 HanLpyY. Ipsa Linnaei Conchylia, pag. 342, tav. V, fig. 8. E ) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUSS. Moll. mar. Rouss., vol. I, pag. 185, tav. XXI, fig. 8. ® Carus. Prodr. Faunae Mediterraneae, vol. II, pag. 282. “n 4 KoBELT. Prodr. Faunae Moll. test. maria europ. inhab., pag. 109. — Ip. Icon. schalentr. europaischen Meerescon- chylien, vol. III, pag.159, tav. LXXIII, fig 22-27. È de È DE È i 5) Fonrannns. Moll. plioc. d. la vallée d. Rhòne et Rouss., vol. I, pag. 131, tav. VIII, fig. 1,2 QUBIASNI me Li, [449] S. CERULLI-IRPLLI 270 T. pallida var. Lanceae Li. sp. Tav, XXIII [LV], fig. 61. (1869. — Lrpassr. Sopra ale. conchiglie foss. d. dint. di Palermo, pag. 21, fig. 6, — Ohemmnitzia Lancene). ? 1854. Chemmitxia pallida Pam. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. còt., pag. 10. 1864. — Es — Coni. Op. cit., 1.* ed., pag. 29. 1864. —_ obliquata — — Iba., pag. 29 (partim). 1871. _ pallida — — — . Op. cit., 2.* ed., pag. 32. 1871. _ obliquata — — — Ibid., pag. 36 (partim). r ISO, — pallida —‘—. Ponzi. Op. cît., pag. 25. 1882. Turbonilla = — - Zuccari. Cat. cit., pag. 15. 1882. = obliquata — — Ibid., pag. 15. È distinta, come ho già detto, dal tipo della 7. pallida per la maggiore depressione della parte su- periore dell’ultimo anfratto, il quale è alla periferia ottusamente ma evidentemente angolato e come subcarenato: gli anfratti sono fors’anche più depressi. Altezza 0 c 0 ” c ò mm. 14,5 Larghezza . È ò 5 ò , » 4 Posseggo di M. Mario due belli individui adulti datimi in studio dal prof. NEVIANI, i quali colla figura e descrizione di Lrassi non presentano altra differenza che una maggiore obliquità delle costicine, e una di esse su ogni anfratto più grossa delle altre, varicosa: differenze per altro che a me sembrano di limitata importanza, in quanto l’obliquità e lieve flessuosità delle costicine sono soggette a variazioni, ed anche sullo stesso individuo da un anfratto all’altro, e le varici, come noto in altri individui più giovani, non costituiscono un carattere costante. Lisassi escluse la possibilità che la sua Chemmnitzia Lanceae potesse venir considerata l’analogo fos- sile della CR. pallida Puin., pur riconoscèendone la grande analogia, principalmente per la presenza della “ carena basale e per la base spianata e striata circolarmente ,. Ma l'osservazione degli individui vi- venti mi dimostra che la base della conchiglia è in questi striata come nei fossili, e che la carena basale e la maggior depressione della base può tutt’al più servire per una distinzione di varietà. La 7. Lanceae è stata citata da Lisassi per il pliocene di Altavilla, da Sacco per il Piemonte (astiano e piacenziano), da DE STEFANI nel senese. i M. Mario: Farnesina. T. pallida var. communis Sacco. — Tav. XXIII [LV], fig. 62,63. (1892. — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XII, pag. 9; parte XI, tav. lI. fig, 139. — Pyrgostylus Lanceae var. communis). Si distingue così dal tipo che dalla var. Lanceae per la spira più breve, gli anfratti più convessi, e l’ultimo in proporzione più largo, ed alla sommità meno depresso che nella var. Lanceae. Questa varietà, rappresentata anche fra i viventi, è a M. Mario, come nel pliocene piemontese se- condo Sacco, la forma più comune della specie, per quanto in quasi tutti individui assai giovani. Negli individui giovani così di questa, come delle altre forme in cui la specie sì presenta, le costi- cine sono meno numerose, più distanti fra loro, e talora anche in proporzione più grosse: la spira è più breve, e minore il numero degli anfratti che da 14 si riduce fino a 6 (esclusi gli anfratti embrionali). M. Mario: Farnesina. 976 S. CERULLI=IRELLI 450] Turbonilla (Pyrgisculus) scalaris Pa. sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 64-67. (1836. — PaILIPPi. Enum. Moll. Sicil., vol. I, pag. 157, tav. IX, tig. 9. — Melania). (1853. — FoRBES a. HANLEy. Brit. Moll., vol. III, pag. 251, tav. XCIV, fig. 5. — Chemnitzia). (1883. — BucQuoyr, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. d. Rouss., vol. I, pag. 175, tav. XXI, fig. 4, 5. — Odostomia). 1854. Chemnitxia scalaris Piu. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 10. 1864. —_ — — Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 29. 1871. — _ — — Op. cit., 2. ed., pag. 32. - 1875. —_ _ — Ponzi. Op. ctît., pag. 25. 1882. Turbonilla —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 15. La forma turrito-scalettata, gli anfratti inferiormente subangolosi, ornati di costicine strette, diritte, elevate, e di sottili ma ben manifeste strie spirali nei larghi spazii intercostali, in numero variabile, e continuantesi anche sulla sommità dell’ultimo anfratto, sulla quale invece le costicine assiali si obliterano, caratterizzano assai bene questa specie. Per altro pur rimanendo costante la forma degli anfratti e la loro peculiare scultura, la forma della conchiglia varia abbastanza notevolmente per la relativa lunghezza della spira, e per il numero . degli anfratti che la compongono, per modo che fra gli esemplari di M. Mario oltre la forma che dobbiamo con- siderar tipica, perchè corrispondente alla figura di PHILIPPI, si possono distinguere le due seguenti va- rietà alquanto diverse dal tipo. Var. brevis. Ad angolo spirale, più aperto, spira più breve, composta di quattro anfratti oltre gli em- brionali: costicine assiali più distanti, e in minor numero, circa 14; strie obsolete sulla sommità del- l’ultimo anfratto. Altezza 0 0 : . 3 . mm. Larghezza . o 0 o . Ò » 1,1 Var. longiuscula. A spira assai più allungata, anfratti più convessi, meno evidentemente scalettati, in numero di 7, oltre gli embrionali: strie ben evidenti sulla sommità dell’ultimo anfratto. Altezza . ò 0 ò . 0 mm. 5,9 Larghezza . . 0 È . o » 1,8 È forma affine la var. rufescens ForBEs figurata da ForBes ed HanLEY”, ma questa ha forma meno esile ed allungata, e gli anfratti inferiormente più angolosi. È forma pure affinissima la var. basidepressa Sacco dell’astiano piemontese, ma in questa gli anfratti sembrano più convessi, e l’ultimo ornato alla periferia da un cordoncino più grosso degli altri, che lo rende subangoloso. La forma e l’avvolgimento del nucleo embrionale, la mancanza del dente columellare, sostituito da una piega obliqua, assai depressa, quasi semplicemente una contorsione della columella, avvicinano a mio avviso questa specie assai meglio alle Z'urbonilZa che non alle Odontostomia e Parthenina, cui quasi gene- ralmente essa è stata riferita. Fu citata fossile per la prima volta a M. Mario, in seguito Ia ritrovò Manzoni a Vallebiaia e quindi Cocconi a Castellarquato, e SAcco in Piemonte; MonteRrosato la cita a Monte Pellegrino. M. Mario: Farnesina. i ForBps a. HanLEY. Brit. Moll., vol. III, tav. CXIV, fig. 1. [451] S. CERULLI-IRELLI 277 Turbonilla (Pyrgolidium) internodula S. Woop sp. — Tav. XXIII [LV], fig. 68, 69. (1848, — S. Woop. Cray. Moll., vol, I, pag. 81, tav. X, fig. 6. — Chemnitzia). 1864. Chemmitzia corbis sp. n. Conti. Op. cit., 3.* ed. pag. 30 e 49. 1871. _ — — — Op. cit., 2.* ed., pag. 36 e 5D. 1882. Zurbonilla internodula Woop. Zuccari. Cat. cit., pag, 15. Di questa specie ben caratterizzata dalla sua peculiare scultura conosco pochissimi esemplari di M. Mario, che per la forma della conchiglia possono riferirsi alle var. furrituloides e astensipupoidea ci- tate da Sacco nel pliocene piemontese, di cui la prima per altro mi sembra assai vicina al tipo di Woop. Gli esemplari di M. Mario hanno tuttavia dimensioni minori tanto di quelli fossili nel Crag inglese illustrati da Woop, che di quelli del pliocene piemontese. Altezza . ‘ 6 . : c n mm. 6 Larghezza . : Ò Ò a o » 1,7 Conti che per primo rinvenne la specie a M. Mario la ritenne specie nuova, e la descrisse sotto il nome di Chemnitzia corbis. In seguito essa venne citata da PANTANELLI nel pliocene senese, da SEGUENZA ad Altavilla: nel Piemonte Sacco la ricorda tanto del pliocene che del miocene. Vivente si conosce una specie affine, ma perfettamente distinta, la 7. rosea MRS. M. Mario: Farnesina. Roma, Istituto geologico della R. Università, Luglio 1914. Finito di stampare il 30 dicembre 1914. ) \ i e a, n a È RI 5 Vani Crih TIE ITATRICIA! PRESSO ? [OP ARSA % 4 î i i Ly Del tab Li pe | th RES STCA piau ne fi 7A DIA LAT FA, MERATE a AS 3A LRMNFREI î, al 51 fi Paper: I VE È À È ù ; È dA NU, ì = }4 ni uL 19, st p7 CN puis Vea i Eh ta IRRZNTE fi Risi Vote Ta ia: Reno s7 de #0 lE LitoLir i pai: | Fai : Pegi IV Tae pete ; \ A 4 Lr, enti, RETTO DES "5 : sL MSI SRO IONI AR tt), Los PUCCI x ; Lo Pi LA î L \ va È / À | li i n Dorn i A i rie areni sai x i 4 : ì ivi î i X l Ie al dI î ; o br | È Ù Î L ie i NERI, arresta LETT aspre De ALI SA Tui Sora me Fia. » » (oe 10. Il. 14. Spiegazione della Tavola I [I]. Richthofenia communis Gremwm. Individuo adulto: c, calice a fondo reticolato; /, lacinie della parte anteriore; sm, superficie esterna dello strato medio, che mostra i pori; se, involucro esterno. Loc. Rupe del Ca- stello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto e completo, coperto dall’involuero esterno, fornito del calice a fondo reticolato, visto dal lato ‘anteriore. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto completo, visto dal lato anteriore, Mostra l'involucro esterno e le pareti del calice, formate dallo strato interno poroso. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Grmm. Individuo adulto completo, visto dal lato anteriore: c, parete esterna anteriore del calice; /, lacinie anteriori dell’apparecchio dorsale; a/, aulacoterma; se, involuero esterno; vv, valva ventrale. Loc. Rocca di Salomone. È Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto gracile, incompleto, visto dal lato posteriore. Mostra l’invo- lucro esterno e parte della conchiglia interna, cioè il pseudodeltidio, l’area della valva ventrale e un frammento di quella dorsale. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gemm. Gruppo di tre giovani individui, coperti dall’involuero esterno. Richthofenia communis Grmm. Apparecchio dorsale di un individuo adulto, visto dal lato anteriore: c, tessuto reticolato del fondo del calice; 7, lacinie da cui si origina il tessuto del calice; se, strie del collaretto dell’apparecchio dorsale. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Grmm. Individuo adulto incompleto, visto dal lato posteriore. Sotto l’involuero dei due strati esterni compare la conchiglia interna: vd, valva dorsale, che/mostra, per erosione, le piccole apo- fisi del processo cardinale; rp, ripiegatura che separa le cavità miofore della valva ventrale; pa, pseu- dodeltidio e area della valva ventrale. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gem. Individuo adulto quasi completo, visto dal lato anteriore: c, parte esterna della parete anteriore del calice; /, lacinie anteriori dell’ apparecchio dorsale; a/, aulacoterma ; se, involuero esterno. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gomm. Individuo adulto quasi completo, visto dal lato posteriore: /v, falsa valva; 4 lacinie della falsa valva; «/, aulacoterma; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale; se, involucro esterno. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gem. Individuo adulto ricoperto dagli strati esterni, visto dal lato anteriore. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto quasi completo: c, parte esterna della parete posteriore del calice; /v, falsa valva; /, lacinie della falsa valva; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale; se, involucro esterno. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Conchiglia interna di un individuo adulto, completo, che mostra l’esterno della valva ventrale, l’area di questa e il pseudodeltidio, la falsa valva, le sue lacinie e parte della parete esterna posteriore del calice. Richthofenia communis Grmm. Individuo adulto, completo, visto dal lato anteriore, preparato all’interno della valva ventrale: c, parete esterna anteriore del calice; /, lacinie anteriori dell’apparecchio dorsale; vd, valva dorsale vista all’interno: ma, impressioni dei muscoli adduttori principali sulla valva dorsale; em,cavità miofore della valva ventrale e ripiegatura divisoria; se, involucro degli strati esterni. Loc. Rocca di Salomone. Palacontographia italica, vol. XX, 1914. > Io NIE Vol. A, C PALAEONTOGRAPHIA ITALI G. DI - STEFANO, Kichthofenia dei calcari con Fusulina di Palazzo Adriano, [Tav. 1} dti) - IM e. LU Ù ! » CN ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO — MILANO FOT. R. HUBER; DIS. E FOT. iù , ; P si e, i DE À * “DI a | © , Ea Ù 7 RIBRIAVONIO E 1 î i Ò ni si n, ) T QEOnDOII b ; 0, : Di h Fre, (O) ca 10. ll. 12. 13. Spiegazione della Tavola II [IT]. Richthofenia communis Grmm. Individuo adulto, visto dal lato posteriore: /v, falsa valva: /, lacinie della falsa valva; vd, valva dorsale; /, fossette della valva ventrale per la recezione delle punte posteriori della falsa valva; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale; se, involuero degli strati esterni. — Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Grmm. Individuo adulto incompleto: vd, valva dorsale mancante delle lamelle più ele- vate; cm, cavità miofore della valva ventrale; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale; se, in- volucro degli strati esterni. — Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gpmm. Apparecchio dorsale di un individuo nello stadio gerontico, in cui il calice è ricoperto dalle ripiegature degli strati della conchiglia. Vi si osserva anche la falsa valva con le la- cinie. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gnmm. Sezione mediana longitudinale, pel diametro antero-posteriore, di un individuo adulto; e, calice a fondo reticolato; tv, tessuto vescicoloso interno della base del calice; fr, sezione della falsa valva; vd, sezione della valva dorsale; p, pori dello strato interno; a/, anlacoterma; cv, cavità ventrale; /m, fossetta miofora della valva ventrale; sm, setti trasversali di una cavità miofora; cp, cavità del pseudodeltidio, fornita pure di setti trasversali. Loe. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gremm. Sezione longitudinale, pel diametro antero-posteriore, di un gracile individuo adulto, prossima alla parte esterna della conchiglia e che non raggiunge quindi le cavità miofore della valva ventrale. La sezione mette in mostra il tessuto vescicoloso interno della base del calice; la cavità ventrale; i setti trasversali della parte inferiore della valva ventrale e la struttura cellulosa dello strato medio della conchiglia. Loe. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Conchiglia interna di un individuo adulto: /v, falsa valva, leggermente costata e laciniata alla parte superiore: vd, valva dorsale; al, aulacoterma; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale. Loe. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto completo nello stadio gerontico, visto dalla parte anteriore. Mostra il calice ricoperto dalle ripiegature delle pareti e dei sovrapposti strati esterni; l’aulacoterma; le lacinie anteriori dell'apparecchio dorsale e una parte del lato anteriore della valva ventrale. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gemm. Sezione longitudinale, parallela alla linea cardinale, sul lato posteriore di un individuo adulto: vd, valva dorsale; 7, fossette miofore della valva ventrale; cv, cavità ventrale, se- zionata sui due lati; rp, sezione della ripiegatura divisoria delle cavità miofore della valva ventrale ; pm, pareti delle cavità miofore, che insieme con rp, costituiscono i tre creduti setti longitudinali am- messi dal WAAGEN:; sc, struttura cellulosa dello strato medio; sv, setti trasversali interni della cavità ventrale, che la sezione incontra due volte; sm, setti trasversali interni delle cavità miofore. Loe. Rocca di Salomone. ; Richthofenia communis Gemm. Sezione longitudinale mediana, pel diametro antero-posteriore, di un individuo adulto completo: #v, tessuto vescicoloso interno della base del calice: /v, falsa valva: vd, valva dorsale; cv, cavità ventrale; fm, una fossetta miofora della valva ventrale; sv, setti trasversali interni della valva ventrale; sm, setti trasversali interni di una cavità miofora della valva ventrale; pvm, pa- rete divisoria tra la cavità miofora e la cavità ventrale; cp, cavità tra il pseudodeltidio e le cavità mio- fore. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Grmm. Apparecchio dorsale di un individuo adulto: se, involucro esterno; /v, falsa valva; vd, valva dorsale vista dall'interno, che è eroso. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Apparecchio dorsale di un individuo adulto, visto da sotto in sopra: /v. falsa valva, le cui punte posteriori abbracciano la protuberanza cardinale della valva dorsale; vd, valva dorsale, vista dall'interno; s, setto mediano interno; ma, impressioni dei muscoli adduttori erose; er, creste delle impressioni reniformi. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gomm. Interno della valva ventrale di un individuo adulto: sp, spigoli tra cui s' in- castrano le cavità miofore conico-tubolari; f, fossetta di recezione delle punte posteriori della falsa valva; scm, sezione trasversale della parte superiore delle cavità miofore, della piega divisoria, dell’a- rea e del pseudodeltidio. Loc. Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gemm. Cavità miofore con la ripiegatura divisoria, l’area e il pseudodeltidio, sezionati trasversalmente dalla parte inferiore, che è vista da sotto in su. Individuo adulto. Loe. Rupe del Castello di S. Benedetto. Fig. 14. — Richthofenia communis Grmm. Sezione trasversale sulla parte superiore della valva ventrale di un individuò adulto: cm, sezione delle cavità miofore, della loro piega divisoria, dell’area, delfpseudodeltidio e de- gli spigoli (sp), tra cui s’incastrano le due cavità miofore; cv, cavità ventrale. Ricnthofenia communis Gremm. Valva ventrale di un individuo adulto, fratturata nella parte inferiore e vista da sotto in su: cm, fondo della cavità miofore; st, superficie inferiore di un setto traversale. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. - Richthofenia communis Gemm. Valva ventrale di un individuo adulto fratturata, vista da sopra: cm, sezione trasversale delle cavità miofore, della loro ripiegatura divisoria, dell’area e del pseudodeltidio; st, superficie superiore del fondo della cavità ventrale, ornato di papille e di due spine cave rivolte all’in- giù. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Valva ventrale di un individuo adulto spezzata, vista da sotto in su: cm, sezione trasversale delle cavità miofore, della piega divisoria, dell’area e del pseudodeltidio. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Grmm. Valva dorsale di un individuo adulto, alquanto esfoliata, vista dall’interno: s, setto mediano, che per la mancanza delle prime lamine interne si unisce ai rilievi che circondano le .im- pressioni dei muscoli adduttori, quivi quasi scancellate, e sembra biforcato alla parte posteriore ; è, creste delle impressioni reniformi. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto mancante delle lamine esterne, vista da sopra in sotto: #v, tessuto vescicoloso interno che lega l’ orlo anteriore della valva dorsale alla parte anteriore dell’ orlo della valva ventrale e allo aulacoterma; vd, valva dorsale esfoliata, sulla quale, per inversione, il setto mediano appare come solco e il solco che divide le impressioni dei muscoli ‘ adduttori come un setto. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Gemm. Valva ventrale di un individuo giovine, spezzata, vista da sotto in sopra: cm, fondo delle cavità miofore con la sezione trasversale dell’area e del pseudodeltidio; st, superficie infe- riore di un setto trasversale. Loc. Passo di Burgio. Richthofenia communis Gemm. Valva ventrale di un esemplare adulto, spezzata alla parte inferiore, vista da sotto in su. Mostra la superficie inferiore di un setto trasversale, concavo nel mezzo, ornato di poche spine. Richthofenia sicula Gemm. Sezione trasversale di un giovine individuo, vista da sotto in su. Mostra le due cavità miofore piccole e arrotondite, quasi del tutto separate dalla loro ripiegatura; il profilo dell’area e del pseudodeltidio e i forti spigoli della valva ventrale, i quali rinchiudono le cavità miofore. Richthofenia communis Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto, vista da sopra, che, per l’ esfoliazione delle lamine più elevate, mostra l'inversione dei rilievi, cioè un solco al posto del setto mediano, un setto al posto del solco che divide le impressioni dei muscoli adduttori e un altro piccolo setto al posto della depressione che separa le due apofisi del processo cardinale. Loe. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gramm. Giovine individuo incompleto: vd, valva dorsale, finamente dentata sull’ orlo an- teriore e leggermente costulata sulla parte posteriore; vv, esterno della valva ventrale; sp, spigoli interni della valva ventrale; se, involucro dei due strati esterni. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Giovine individuo della varietà a valva dorsale costulata, sezionato sopra un lato, visto dalla parte posteriore. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Valva dorsale costulata dell’ individuo fig. 25, vista di sopra. Loc. Castello di S. Benedetto. i Richthofenia sicula Gemm. Gruppo staccato dall’apparecchio dorsale di un individuo giovine: /v, falsa valva con orlo dentato; vd, orlo, pure dentato, della valva dorsale; #r, tessuto interno che rilega le due valve. Loc. Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Individuo giovine, a valva dorsale costulata, visto dal lato posteriore. Sotto l’in- volucro dei due strati esterni compare la conchiglia interna. Richthofenia sicula Gemm. Valva ventrale di un individuo adulto, spezzata nella parte inferiore: cm, fondo delle due cavità miofore, piega che le divide e sezione trasversale dell’area e del pseudodeltidio; st, superficie inferiore di un setto trasversale concavo e ornato di poche spine, visto da sotto in sopra. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. D) PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. Il G. DI - STEFANO, Richthofenia dei calcari con Fusulina di Palazzo Adriano. [Tav. II]: R., HUBER) DIS. E FOT. FOT. ELIOT. CALZOLARI &£ FERRARIO — MILANO è 00 n ' n < x a CA . PRA è ) 5 . | i di | i î NECA : > ce et È ne Qu al ia Ù Fic. 1. * o so 6. 10. Jo Spiegazione della Tavola III [III]. Richthofenia sicula Gemm. Individuo adulto completo, visto dal lato posteriore : se, involucro degli strati ester- ni; fv, falsa valva; al, aulacoterma; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale. Richthofenia sicula Gemm. Esemplare adulto completo, visto dal lato posteriore : se, involucro degli strati esterni; /v, valva dorsale, apparsa per l’asportazione della parte anteriore della falsa valva; al, aula- coterma; pa, pseudodeltidio e area della valva ventrale. Richthofenia sicula Gemm. Esemplare adulto, ricoperto dallo involuero esterno. Richthofenia sicula Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto, vista di sopra. Richthofenia communis Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto, vista all’interno. Mostra la piccola area; le apofisi del processo cardinale; le impressioni dei muscoli adduttori, dendritiche e parzialmente cir- condate da forti rilievi; il setto mediano; le papille della parte anteriore e i dentini dell’orlo anteriore. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto alquanto erosa, vista dall’interno. Mostra il processo cardinale, le creste delle impressioni reniformi e i rilievi che orlano le impressioni muscolari erose. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Valva dorsale di un individuo adulto, vista dall’ interno: pe, processo cardinale che mostra le due apofisi miofore; ar, area; ma, impressioni dei muscoli adduttori principali; s, setto mediano; ir, creste delle impressioni reniformi. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicuia Gemm. Individuo completo nello stadio gerontico, visto dal lato posteriore. Mostra il ca- lice ricoperto dalle ripiegature degli strati della conchiglia e buona parte della falsa valva sotto l'involucro degli strati esterni. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gewm. Sezione longitudinale, pel diametro antero-posteriore, di un individuo adulto com- pleto: cva, cavità dell’apparecchio dorsale; p, pori dello strato interno; vd, sezione della valva dorsale; fv, sezione della falsa valva; cv, cavità ventrale; sv, setti trasversali interni della valva ventrale; sc, struttura cellulosa dello strato medio. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gomm. Sezione longitudinale, pel diametro antero-posteriore, di un individuo adulto com- pleto: cva, cavità dello apparecchio dorsale; p, pori dello strato interno; /v, falsa valva; vd, valva dorsale; cv, cavità ventrale; sv, setti trasversali della cavità ventrale; sc, struttura cellulosa dello strato medio. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Sezione longitudinale sul lato posteriore di un individuo adulto: cva, cavità del- l'apparecchio dorsale; #v, tessuto vescicoloso interno della base del calice; v4, sezione della valva dorsale, che fa osservare anche le due apofisi miofore del processo cardinale; /m, fossette miofore della valva ventrale; rp, ripiegatura divisoria delle cavità miofore, suddivise da setti trasversali nella loro parte inferiore ; sc, struttura cellulosa degli spigoli tra cui s’ incastrano le cavità miofore della valva ventrale; cm, setti delle cavità miofore. Loc. Rocca di Salomone. ‘Richthofenia sicula Gemm. Esterno della conchiglia interna completa di un individuo nello stadio gerontico, il cui apparecchio dorsale è molto sviluppato ed accartocciato. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia communis Gemm. Individuo adulto quasi completo, visto dal lato posteriore: fv, falsa valva; 4, lacinie della falsa valva; c, parte della parete esterna posteriore del calice; /v, falsa valva; pa, pseudo- deltidio e area della valva ventrale; se, involucro degli strati esterni. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gemm. Individuo adulto incompleto: v4, parte della valva dorsale; /v, parte della falsa valva; se, involucro degli strati esterni. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Esemplare adulto completo, decorticato degli strati esterni, visto dal lato posteriore. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia sicula Gwmm. Individuo adulto incompleto, parzialmente decorticato degli strati esterni, visto dal lato anteriore. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Frammento dello strato medio dell’esemplare della fig. 15, visto dall’interno. Loc. Rupe del Castello di S. Benedetto. Richthofenia communis Grmm. Frammento dello strato medio, visto dall’interno. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicula Gemm. Microfotografia della struttura di un frammento dello strato medio di un indi- viduo adulto. Loc. Rocca di Salomone. Richthofenia sicuta Gemm. Sbocco esterno dei pori della falsa valva. (Microfotografia di un frammento). Loc. Rocca di Salomone. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. HI. G. DI - STEFANO, Richihofenia dei calcari con Fusulina di Palazzo Adriano, [Tav. 11}: R. HUBER: DIS. E FOT. FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO — MILANO TO j bg) d Chometokadmon Fitzingeri Cosra [grandezza naturale]. Esemplare intero, visto dal lato dorsale, con le estremità mal conservate, — pag. 47 [9]. ave IV. IE x iS VAPHIA ITALICA, Vol. X sl I TOE ON 4 PALA G. D'ERASMO, /uuna calcari a ittioliti di 107) AV, (Li ietrarota. ), / ver net rt a Sia a G. D ERASMO FOTOGR. Spiegazione della Tavola V [II]. FrG. 1. — Chometokadmon Fitzingeri Costa [grand. nat.]. Esemplare privo del tratto posteriore della coda e con le estremità frammentarie, visto dal lato dorsale, — pag. 52 [24]. » 2. — Triton(?) megacephalus Costa (doppio della grand. nat.]. L'individuo mostra, dal lato dorsale, il cranio, la colonna vertebrale e, in parte, l’arto anteriore destro, — pag. 56 [28]. » 3. — Polysemia apennina Costa sp. [doppio della grand. nat.|]. Frammento che mostra dal lato ventrale il tratto posteriore del cranio, buona parte della colonna vertebrale e minime traccie degli arti, — pag. 58 [30]. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. FPASAEONTOGRAPETA I'ALICA, Vol. XX, Tav. V. G. D'ERASMO, /Zuuna calcari a ittioliti di Pietraroia. [ Tav. II}. G. D'ERASMO FOTOGR. E RE PN TOSTA Ù i Li da (DAZZAZ > VI u È En La * 10% | , d ” Ù x \ î] " te e ’ ) i i (I . E VV (>1341) | f sICI # hO I ; w (I fi DI Ni Lo. 40° ld DI # di tI i Men al ogni le tiri da na intonin tao ] FPMRIVE GE PRS TETI GR PE QNT, I MAPTIT POE POO.I , gere: i Î | LES 4 IMMAEAITER A Ot Ty e de TSI wi + fa tn r i i wWilè pan. RITI] ‘ o I PRIANO | "i eb1 4 Mud alii 04 dm Ano MIANTII gravi: 109 \ x TI Fi. 1. — Rhinobatus obtusatus Costa [metà della grand. nat.]. Esemplare quasi intero, al quale manca la parte distale della coda, — pag. 59 [31]. » 2,3. — Coelodus Costai HrcKEL [grand. nat.]. Avanzi di piccoli esemplari, che conservano la colonna vertebrale. e scarsi frammenti della testa e delle pinne, — pag. 64 [36]. » 4,5. — Fam. Albulidae(?). [grand. nat.]). Frammenti indeterminabili di dentizione, — pag. 74 [46]. i Palaeontographia italica, vol. XX, 1914, na — —C— ey eni sr rc tr riad Tyra: "9 eta $% a è ra dadi “è pf È; E a SE PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. VI. G. D'ERASMO, Fuuna calcari a itlioliti di Pietraroia. [ Tav, 111}, G. D'ERASMO ForoGr ta e ARE MT i] ; È LIMI Ve grati a AI (DL melo MaLema biz Af ra I° a a 0 9 dl n Toi impoan hfe 3° SS MA IRAN rd li *r ELIS Spiegazione della Tavola VII [IV]. Coelodus Costai HEeCcKEL. Fi. 1. — Grande esemplare, privo della pinna codale [grandezza naturale], — pag 65 [87]. » 2. — Dentizione spleniale di un grande individuo {grandezza naturale], — pag. 66 [38]. » 3. — La stessa, nel doppio della grandezza naturale, — pag. 66 [38]. » 4. — Dentizione spleniale di un piccolo individuo [grandezza naturale], — pag. 64 |36]. » 5. — La stessa, nel doppio della grandezza naturale, — pag. 64 [36]. » 6. -— Mascellari inferiori, visti dal lato ventrale (doppio della grandezza naturale], — pag. 64 [36]. » . — Dentizione vomerina di un grande individuo [circa grandezza naturale], — pag. 66 [38]. » 8. — La stessa, nel triplo della grandezza naturale, — pag. 66 [38]. » 9. — Dentizione vomerina di un piccolo individuo [grandezza naturale], — pag. 66 [38]. » 10. — La stessa, nel triplo della grandezza naturale, — pag. 66 [38]. » ll. — Parte posteriore di placca vomerina, vista dal lato dorsale [grandezza naturale], — pag. 70 [42]. » 12-15. — Dentizioni vomerine di altri individui [grandezza naturale], — pag. 66 [38]. L’esemplare alla fig. 12 appartiene al Museo geologico di Pisa. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALIGA, Vol, XX, Tav. VII. G. D'ERASMO, uu calcari a tttioliti di Pietraroia. [ Tav, I}, G. D'EMAGMO Forogr vii Ai È z Palaeobalistum Bassanii n. sp. [grandezza naturale], — pag. 71 |43]. 4 Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. VIII. G. D'ERASMO, Fuuna calcari a ittioliti di Pietraroia. Spiegazione della Tavola IX [VI]. Fic. 1. — Notagogus Pentlandi AcaAssIz [grandezza naturale). Grande esemplare, — pag. 75 [47]. » 2. — Notagogus Pentlandi Acassiz [grandezza naturale]. Testa di grande individuo, — pag. 75 [47]. » 3. — Notagogus Pentlandi Acassiz [srandezza naturale]. Piccolo esemplare, — pag. 75 [47]. » 4 Notagogus Pentlandi AG4sssiz [triplo della grandezza naturale]. Mascellare inferiore con denti, —pag. 75 [47]. » 5. — Propterus Scacchii Costa sp. [grandezza naturale]. Piccolo esemplare, privo della testa e con le pinne frammentarie, — pag. 80 [52]. » 6. — Lepidotus minor AGassiz [grandezza naturale]. Tratto posteriore del tronco, con pinna dorsale, — pag. 82 [54]. Palaeontographia italica, vol XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA G. D'ERASMO, /uuna calcari a ittioliti di Pietrarota. G. D'ERASMO FOTOGR. ITALICA, Vol. XX, Tav. IX. Fav. VI ]. Lepidotus minor AGassIz. Fre. 1. — Testa e tratto anteriore del tronco di un grande esemplare [grand. nat.], — pag. 82 [54]. » 2. — Gruppo di squame dislocate della regione ventrale [grand. th = pag. 82 [54]. ‘ » 3. — Denti [doppio della grand. nat.), — pag. 82 [54]. Io P'IALABONTOGRAPEHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. X. G. D' ERASMO, Zuuna calcari a ittioliti di Pietraroia, [ Tav. VII]. di | a, TORE SELES a G. D'ERASMO FOTOGR. n n 5 su LU ] \ ' ' î x n ù Î = n = n i i Ca Ò se Ì S ta ' pi Po ai È ” e. = ‘ >) Ù Si È ni D ” i : y sei LA ' bi NO, ne Ù : Il ù Li to D Fic Lycyaena lunensis n. sp. Olivola (Val di Magra). Cranio visto di sopra, — pag. 89 BI. 10 2. — Lo stesso visto di sotto. 3. — Lo stesso visto di lato. DEL CAMPANA, La Ly I te no pn I) PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XX, Tav. XI. DEL GAMPANA, Za Lyeyaena lunensis n. sp. di Olivola, [ Tav. 1] ELIRT CALZOLAmMR PREsANIO- miLANO ù i , D \ ] x n 9 Ù Pi é aa L Ù, Deer ta Mi n , T Li fi ad hi : Ten ; DV i v a Pa Spiegazione della sila vola SUM Fig. 1a,b. — Pleurotoma rotata BR. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 114 [10]. » 2a,b. — » monile Br. var. denticulo-marginata SAc. — Gr. nat. — Loc. ‘Altavilla, — pag. 115 [11]. » 3a, b. — » turricula Br. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 115 [11]. » 4a,b. — Drillia obtusangula BR. sp. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 116 [12]. » 5a, b. — » Allioni BeLL. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 117 [13]. » 6a, db. — >» » » var. Altavillensis CrroLa — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 118 [14]. » Ta,b. — >» (Crassispira) Geslini Desm. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 119 [15]. » S8a,b. — » (Drilliola) emendata Mrs. Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 120 [16]. » 9a,b. — » (Tripia) Loprestiana CaLc. sp. — Ingr. 2 ‘/, volte: — Loc. Altavilla, — pag. 121 [17]. » 10a,b. — » (Cymatosyrinx incrassata) Duy. var. magnocostulata Sac. — Ingr. 2 volte. — Loe. Altavilla, — pag. 122 [18]. » lla,b. — >» » » » mut. Maravignae Brv. — Ingr. 1 volta e ?/;. — Viv. nel mare di Palermo, — pag. 123 [19]. » 12a, db. — >» » » » var. miominor Sac. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 123 [19]. » (3a, b. — |» » Stoppanii CrroLLa — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 123 [19]. » l4a,b. — » » sigmoidea Bronn — Ingr. 14/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 124 [20]. » lb5a, db. — » » pseudosigma BruGn. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 125 [21]. » 16a,d. — Clavatula interrupta BR. sp. — Ridotta a ‘/, gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 126 [22]. SMISE a 0 » » var. tuberculifera CrroLLa — Ridotta ai ?/, gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 126 [22]. » 18, db. — » rustica BR. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 127 [23]. » 19a,b. — » Raffaélei CrroLra -- Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 127 [23]. » 200, db. — » Romana DeFR. var. minor SEG. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 128 [24]. » 21 a,b. — Surcula Brugnonei Sec. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 129 [25]. » 22, d. = > dimidiata Br. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 130 [26]. » 23a, b. — » » » var. Poweri CaLc. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 131 [27]. » 24a,b. — » » » » mutica CipoLLa — Ingr. 1 4/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 131 [27]. » 25a, db. — » intermedia BRONN sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 132 [28]. » 260a,b. — » » » var. Saint-Ferrioli CALc. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 133 [29]. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEBON'TOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XII. FR. CIPOLLA, Le Pleurotomidi del Pliocene di Altavilla ( Palermo ). [ Tav. 1}: Qb 102 10b 112 1]b 268 26b 230 23b Oda 94b 252 25. EUOT CALZIA Amo ne e Pn AITÙCI - MIL ANT (e Spiegazione della Tavola XIII [II]. Fig. 1a,b. — Bathytoma cataphracta BR. sp. — Ridotta a '/, gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 134 [30]. » 2a, b. — Mangilia varicosa Lis. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 136 [32]. » 3a,b. — >» clathrata De SERR. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 136 [52]. » Ada, b. — » » » » » » — Viv. nel mare di Palermo, — pag. 137 [33]. » ba, db. — » ambigua BRUGN. sp. — Ingr. 2 ‘/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 137 [33]. » 6a,b. — » scabriuscula BrUGN. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 138 [34]. >» Ta,b. — » rugosissima BruGN. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 139 [35]. » 8a, db. — » frumentum BruGn. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 140 [36]. » 9a, db. — » costata Donov. sp. — Ingr. 2 #/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 141 [37]. >» 10a, db. — » » » » Ingr. 2 4/, volte. — Viv. mari d’ Inghilterra, — pag. 141 [37]. >» lla, b. — » » » var. coarctata ForB. — Ingr. 24/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 142 [38]. » 12a,b. — » Bertrandi PayR. sp. — Ingr. 23/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 142 [38]. » 13, b. — >» (Clathurella) reticulata Ren. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 143 [39]. » 14a,b. — » » » » » Gr. nat. — Viv. nel mare d’Astura (Roma), — pag. 144 [40]. » 15a, db. — » » » » var. pliocurta Sac. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 145 [41]. » 16a, db. — » ” pupoides Mrs. sp. — Ingr. 24/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 146 [42]. » l17a,b. — » » » » » Gr. nat. — Viv. nel mare d’Astura (Roma), — pag. 146 [42] 2 Seb » » Checchiai CrroLLa — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 147 [43]. » 19a, bd. — » (Agathotoma) angusta JAN sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 148 [44]. » 20a,d. — Daphnella Romanii Li. sp. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 149 [45]. >» 2la,b. — » Salinasi CaLc. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 150 [46]. » 22a, Db. — » (Bellardiella) textilis Br. sp. — Ingr. 2 ‘/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 151 [47]. » 23, bd. — » » » » var. Savii Lis. — Ingr. 12?/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 152 [48]. » 24a, db. — » » semicostata BeLL. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — dag. 152 [48]. » 25a, b. — » » » » var. polyplecta Bruen. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 153 [49]. » 26a,bD. — >» » gracilis MrG. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 153 [49]. » 27a, db. — » » » » » » » — Loc. Ficarazzi, — pag. 154 [50]. >» 28a, Db. — » » » » » Ingr. 1!/, volte. — Viv. nel mare di Palermo, — pag. 155 [51]. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XX, Tav. XIII [ Tav, Il ]. FR. CIPOLLA, Le Pleurotomidi del Pliocene di Altavilla ( Palermo ). Bb 6% 6b 162 16. 12h È 15L 18° 18 19° 19b 20" 20b 9q" 9{b 28 27 268 26b PUOT CALZOLAN) & E MMAMIO- MILANC ud Spieszione cela Tavola SY DA), Fig. 1a, bd. — Daphnella (Bellardiella) stria CALc. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 155 [51). » 2a, b. — » » » » » >» » — Loc. Ficarazzi, — pag. 156 [52]. » 3a,b. — » » Desmoulinsi BeLL. sp. — Ingr. 24/3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 156 [52]. » 4a, b. — » (Teretia) anceps EicHw. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag 157 [53]. » 5a, db. — » » teres FoRrBES. sp. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 158 [54]. ora; » » - Monterosatoi CrroLLa — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 160 [56]. > abi » (Raphitoma) spinifera BELL. var. acanthoplecta BrUGN. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 161 [57]. isla, bi — » » vulpecula Br. sp. — Gr. nat. — Loc. Altavilla, — pag. 162 [58]. » 9a, db. — » ” » » var. pliocostulata SAc. — Ingr. 14/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 163 [59]. » 10a,d. — » » megastoma BRUGN. sp. — Ingr. 1?/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 163 [59]. » lla, db. — » » hispidula JAN sp. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 164 [60]. » 12a,b. — » » » » mut. nuperrima Tig. — Ingr. 2 volte. -- Loc. Ficarazzi, — pag. 164 [60]. » 13a, db. — » » nevropleura BRUGN. sp. — Ingr. 1/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 165 [61]. » l4a,b. — » » attenuata MG. sp. — Ingr. 3 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 165 [61]. » 15a, db. — » » » » » Ingr. 3 volte. — Viv. mare di Palermo, — pag. 166 [62]. » 16a, db. — » » Di Stefanoi CrroLLa — Ingr. 24/, volte. — Loc, Altavilla, — pag. 167 [63]. » l1T7a,b. — » » turgida ForB. sp. —- Ingr. 2!/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 168 [64]. » 18 a,b. — » » » » » Ingr. 2/, volte. — Viv. mare di Palermo, — pag. 168 [64]. » 19a, db. — » » brachystoma PH. sp. — Ingr. 24/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 169 [65]. » 200, bd. — » » minima BruGn. sp. — Ingr. 2 volte. — Loc. Altavilla, — pag. 170 [66]. » 2la,b. — » » scalariformis BRUGN. sp. — Ingr. 24/ volte. — Loc. Altavilla, — pag. 171 [67]. >» 22a, db. — » » Columnae Sc. sp. — Ingr. 15/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 171 [68]. » 23a,b. — Peratotoma (Amblyacrum) harpula Br. sp. — Ingr. 14/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 172 [68]. » 24a,b. — » (Leufroyia) Leufroyi MicuD. sp. — Ingr. 24/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 174 |70]. » 25 a, db. — » » concinna Sc. sp. — Ingr. 24) volte. — Loc. Altavilla, — pag. 175 [71]. » 26, b. — » » » ba Ingr. 2 volte. — Viv. mare di Palermo, — pag. 176 [72]. >i2a, 0. » » inflata JAN sp. — Ingr. 1 4/, volte. — Loc. Altavilla, — pag. 176 [72]. » 28a,b. — » » » » mut. virgata Brv. — Gr. nat. — Loc. M. Pellegrino, — pag. 177 [73]. Palaeontographia italica, vol XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XIV. FR. CIPOLLA, Le Pleurotomidi del Pliocene di Altavilla ( Palermo ). [ Tav. ILL }. 20% 206 26b LUOT CALZOLAS: i » E MmAMIO - MLA NT 4 ‘i G Ri Ai El È ; 7 p , fa) di la È | 18 ì nor } di 3 do N 5 | fa pusazia i dA N Ne iL È ne AA i i ia Ue TILAS Ni 1 (allen Ù - Spiegazione della Tavola XV [XLVIT]. Fig. 1** a, db. » 24. no P1FEERE_ BREE, e »o DBA FA (A E RI 17###4#_Q(##HK, 18. e >» 21##* a, d. » Qgra 9a. »o 2BREELBAERE, no BBEREESE HERE » BGA #E, BEH pr » 58 HER ERE, » 63*-66*. Di (GUI: » (tostato 6974 @h b. pre: DI T5# sic dr ict E IR » Wo valichi a, b. Melanopsis praemorsa L. sp., — pag. 183 [357]. Melanopsis nodosa FéR., — pag. 183 [357]. Melanopsis nodosa var. ovoidalis n. var., — pag. 184 [358]. Melanopsis nodosa var. anodifera n. var., — pag. 185 [359]. Melanopsis nodosa var. transiens n. var., — pag. 185 [359]. Lacuna mariana n. sp., — pag. 186 [360]. Fossarus (Phasianema) costatus BR. sp., — pag. 187 [361]. Fossarus (Phasianema) costatus BR. sp. (juv.), — pag. 187 [861]. Solarium (Torinia) obtusum Brxn., — pag. 188 [362]. Rissoia variabilii MeG. v. MinL., — pag. 189 [363]. Rissoia ventricosa DESMAR., — pag. 189 [363]. Rissoia (Apicularia) similis Scaccni, — pag. 191 [365]. Rissoia similis f.® brevis, — pag. 191 [365]. Rissoia (Turbella) parva DA Costa, — pag. 191 [365]. Rissoia (Turbella) inconspicua ALDER, — pag. 192 [366]. Rissoia (Manzonia) costata ADAMS sp., — pag. 193 [367]. Rissoia costata var. inflata n. var., — pag. 194 [368]. Rissoia (Flemingia) zetlandica MTG. sp., — pag. 194 [368]. Rissoia (Hyala) vitrea MG. sp., — pag. 195 [369]. Rissoia vitrea var. serrata n. var., — pag. 195 [369]. Rissoia (Hyala) subglobulosa n. sp., — pag. 195 [369]. Rissoia (Ceratia) proxima ALDER, — pag. 196 [370]. Rissoia (Cingulina) intersecta Woop, — pag. 197 [371]. Rissoia (Cingulina) ventricosella n. sp., — pag. 198 [372]. Rissoia (Alvania) cimex L. sp., — pag. 198 [372] Rissoia (Alvania) Mariae D’ORB., — pag. 199 [373]. Rissoia (Alvania) cimicoides FORBES, — pag. 200 [374]. Rissoia (Alvania) subcrenulata ScHWARTZ, — pag. 200 [374]. Rissoia (Alvania) scabra PHÒiir., — pag. 201 [375]. N.B.— Tutti gli originali descritti e figurati, a meno di indicazioni contrarie nel testo, si conservano nell’ Istituto geologico della R. Università di Roma. Tutte le figure di questa Tavola e seguenti, riproduzione diretta di negativi fotografici eseguiti dall’Autore, sono in gran- dezza naturale, se non contrassegnate da asterischi. Spiegazione degli asterischi : *= grandezza sedici volte maggiore della naturale RX HA HAHA RARA FKNAK A LA TISIT RETURN quattro volte sei volte otto volte un terzo tre volte Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. » » » » » » » »d » » PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XV. CERULLI - IRELLI, fauna malacologica mariana, [ Tav. XLVII ] po w x È I } I A f i “’ NA » n1 \ : L La qb D) 3% 4 \ 5 | 6 Ti PBI AL ZOLA A a mmami0: Miane Spiegazione della Tavola XVI [XLVIII]. Fia. 1*** a, db. — Rissoia (Alvania) Aglaia De STEF., — pag. 201 [375]. DO RR 0 — Rissoia (Alvania) lineata Risso, — pag. 202 [376]. PIRAS GERI — Rissoia (Alvania) reticulata MTG. sp., — pag. 202 [376]. DI dele — Rissoia (Alvania) punctura MTG. sp., — pag. 203 [377]. » 16**-20#%. — Rissoia (Acinopsis) cancellata DA Costa sp., — pag. 204 [378]. » 21% a, db. — Barleeia rubra ADAMS sp., — pag. 204 [378]. » 224%, 23*****a-c. — Rissoina (Zebinella) decussata MTG. sp., — pag. 205 [379]. » 2433. — Capulus hungaricus L. sp., — pag. 205 [379]. » 34a, db. — Capulus hungaricus anom. isocardiformis, — pag. 206 [380]. » 35, 36. — Capulus hungaricus L. (individui a margine posteriore sinuoso), — pag. 205 |37)". » 37-39. — Capulus hungaricus var. Tapparoneiana Cocc. sp. -- pag. 206 [380]. Spiegazione degli asterischi: #* = grandezza quattro volte maggiore della naturale. sto » sei volte » » ARS » otto volte » » PEIERE — » tre volte » è Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. P'ALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XX, fav. XVI, GCERULLI - IRELLI, /auna malacologica mariana, / Tav. XLVIII ] UOT CAL ZOLA A BE MRAMIO MLA ne Spiegazione della Tavola XVII [XLIX]. Fic. 1, 2a-c. — Brocchia laevis BRN., — pag. 207 [881]. » 3a,b. — Brocchia laevis var. pileata n. var., — pag. 207 [381]. » 4,5a,b. — Brocchia laevis var. lunulata n. var., — pag. 208 [382]. » 6.11. — Brocchia laevis var. sinuosa BR. sp., — pag. 208 [382]. » 12-18. — Brocchia laevis var. Cornaliaeana Cocc. sp., — pag. 209 [383]. » 19-22. a, b. — Brocchia laevis var. Contii n. var.; 22 @, individuo visto esternam.; 22 d, lo stesso individuo visto internam. coll’impronta della superficie d’attacco, — pag. 209 [383]. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XVII. [ Tav. ALIX |. GERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana, 1 LIDT CA LOLA di SERMARIO- MILAN Spiegazione della Tavola XVIII [L]. Fic. 1-8. — Calyptraea chinensis L. sp., — pag. 210 [384]. » 9a,b. — Calyptraea chinensis f.3 depressa, — pag 211 [385]. » 10. — Calyptraea chinensis f.? conica, — pag. 211 [385]. » lla,b. — Calyptraea chinensis f.? cubiliformis; «, individuo visto internam.; è, lo stesso individuo visto di lato, — pag. 211 [385]. » 12-27. — Crepidula crepidula L. sp.; 25, f.? concava. 26, f.° convexa, 27, f.° mimetica, — pag. 211 [385]. » 28-35. — Xenophora crispa KONIG sp., — pag. 212 [386]. Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XVIII. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana, [ Tav. L ]. 32. { Spiegazione della Tavola XIX [LI]. FIG. 1*** a, db. — Lamellaria perspicua L. sp., — pag. 214 [388]. » 217. — Natica millepunctata LK.; 14, 15, var. ex col. densepunctata; 16, 17, var. ex col. laxepunctata, — pag. 214 [388]. » 18%, 19##*#*%, — Natica Dillwyni PayR., — pag. 215 [389]. » 20a,b, 21#****, 22-24. — Natica (Naticina) helicina BR. sp., — pag. 216 [390]. » 20-28. — Natica (Naticina) fusca BLAINv., — pag. 217 [391]. Spiegazione degli asterischi: ## — grandezza quattro volte maggiore della naturale. ve = » sei volte » » ERRE — » un terzo » » FERRER — » tre volte » >, Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XIX. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana, [ Tav. LI ]. 208 Fia. 1-3, 4*. DRD Spiegazione della Tavola XX FIGIOC]: — Natica (Naticina) fusca BLAINv., — pag. 217 [391]. — Natica (Naticina) pulchella Risso, — pag. 218 [392]. — Natica (Naticina) macilenta PHIL., -- pag. 219 [393]. — Natica (Tectonatica) tectula Bon., — pag. 220 [394]. — Natica (Neverita) Josephinia Risso sp., — pag. 220 [394]. — Natica Josephinia var. subconoidea Guip., — pag. 221 [395]. 1 — Scala (Spiniscala) frondicuta Woop, — pag. 221 [395]. pi gle » 26° È — Scala frondicula var. frondiculaeformis BRUGN. sp., — pag. 222 [396]. DI RA, ASTE — Scala (Spiniscala) spinosa Bon., — pag. 222 [396]. D SE i — Scala spinosa var. Brugnonei pe Boury, — pag. 223 [397]. » 54 a, db, 554 » 56-59, 60%, 61. » 62% Sn 30, 5 PERO — Scala (Spiniscala) spinifera SeG., — pag. 224 [398]. — Scala spinifera var. aspinosa n. var., — pag. 224 [398]. — Scala spinifera var. affinis n. var., — pag. 225 [399]. — Scala (Spiniscala) Cantrainei WeInk., — pag. 225 [399]. — Scala (Spiniscala) frondosa Sow. (astigiano), — pag. 226 [400]. — Scala frondosa var. exfrondosa Sacco (astigiano), — pag. 228 [402]. — Scala frondosa var. turriculata n. var., — pag. 226 [400]. — Scala (Spiniscala) muricata Risso (tipo), — pag. 228 [402]. 3}. — Scala (Spiniscala) muricata Risso (f.° più comune), — pag. 228 [402]. — Scala muricata var. elongatula n. var., — pag. 229 [408]. — Scala muricata var. reflexespinosa n. var., — pag. 229 [403]. — Scala (Spiniscala) subfrondosa DE Rayn., — pag. 230 [404]. — Scala (Spiniscala?) elegans Risso, — pag. 230 [404]. — Scala (Clathrus) communis Lk., — pag. 231 [405]. — Scala (Clathrus) spreta pe BourY, — pag. 232 [406]. Spiegazione degli asterischi: * ** EX EERRE RARE grandezza doppia della naturale. quatiro volte maggiore della naturale. sei volte » : » un terzo » » È tre volte » » Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PIALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XX, Tav. XX. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana, [ Tav. LII ]. ’ 22 ù . I} Vert LI îî n i } Ga i Tar 7 , ) an AA x i ‘ : u x Ù LI A i MRO | A Sì i i te 7 ; ‘ Î si Spiegazione della Tavola XXI [LIII]. Fic. 1, 2. — Scala (Clathrus) spreta pe Boury, var. Gregorioi pe BouRy sp., — pag. 232 [406]. dh CREESRS, — Scala (Clathrus) foliacea Sow., var. septemcostata ContI sp., — pag. 233 [407]. D. — Scala (Clathrus) foliacea Sow. (tipo — Crag Suffolk), — pag. 233 [407]. By (RSI, — Scala foliacea var. belgica Sacco, — pag. 233 [407]. 8, 9a, db. — Scala (Clathrus) subtrevelyana BRUGN., — pag. 234 [408]. 10, 11. — Scala (Clathrus) tenuicosta MicH., — pag. 235 [409]. . 12FEEE8E, 13#*, 14##*#, 15**, — Scala (Hyaloscala) clathratula ADAMS sp., — pag. 235 [409]. 16%. — Scala (Hyaloscala) minuta Sow., — pag. 236 [410]. EC RR18% — Scala (Gyroscala) pseudoscalaris BR., — pag. 237 [411]. NEETISS 20), ZII — Scala pseudoscalaris var. muricatoides SAcco, — pag. 238 [412]. BEIEEIALI, — Scala pseudoscalaris var. spinosella n. var., — pag. 238 [412]. 23,24, 20**, 26. — Scala pseudoscalaris var. ventricosella n. var., — pag. 239 [413]. 27%, — Scala pseudoscalaris var. pseudocommutata n. var., — pag. 239 [413]. 28-30), 31#**** 32. — Scala (Gyroscala) Pantanellii De Boury, — pag. 239 [413]. 33. — Scala (Gyroscala) italica pe Boury, — pag. 240 [414]. 34. — Scala (Gyroscala) intricata n. sp., — pag. 241 [415]. 35 a, db. — Scala (Gyroscala) mariana n. sp., — pag. 241 [415]. 36%. — Acirsa (Hemiacirsa) lanceolata BR. sp., — pag. 242 [416]. SEE ASSE, — Aclis supranitida WooD sp., — pag. 243 [417]. by. )alaloio -— Aclis supranitida var. planata n. var., — pag. 243 [417]. CERERE, — Aclis supranitida var. interposita n. var., — pag. 244 (418]. AD ISA EEA — Eulima polita L. sp., —- pag. 244 [418]. — Eulima polita var. subhastata Sacco, — pag. 245 [419]. — Eulima polita var. longorecurva SAcco, — pag. 245 [419]. #E DOFE*###, b1#*, 52*. — Eulima lactea L. sp., — pag. 245 [419]. DOO DE — Eulima bipartita n. sp., — pag. 246 [420]. STIRARE, — Eulima incurva REN. sp., — pag. 246 [420]. 60#*-63**. — Eulima intermedia CanTR., — pag. 247 [421]. 644-674, 69*#, — Eulima (Subularia) subulata Donov. sp., — pag. 248 [422]. 684. — Eulima subulata var. pseudangulosa SAcco, — pag. 248 [422]. OSSO EEA — Eulima (Subularia) distincta n. sp., — pag. 248 [422]. ASI, — Eulima distincta var. abbreviata n. var., — pag. 249 [423]. — Spiegazione degli asterischi: *= grandezza doppia della naturale. = » quattro volte maggiore della naturale. = » otto volte » » UELEII 5 » un terzo » » DELI a » tre volte » » Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XXI. CERULLI - IRELLI, /auna malacologica mariana. [ Tav, LII |. *LIBT BA: EOLA® è PE MMARIE- Man tf ei «2 » MW uairitt |: Spiegazione della Tavola XXII RIVOL Fic. 1-4. — Niso terebellum CHEMN. sp.; 3 d, individuo 34 visto dall’ ombelico e ingrandito una volta e mezzo, — pag. 249 [423]. Niso marianum n. sp., — pag. 251 [425]. Pyramidella plicosa BRN., — pag. 251 [425]. Pyramidella plicosa Brx. (juv)., — pag. 251 [425]. Pyramidella plicosa var. lineolata n. var., — pag. 252 [426]. Odontostomia conoidea BR. sp., — pag. 252 [426]. Odontostomia conoidea var. Sismondae SEG., — pag. 253 [427]. Odontostomia conoidea var. longosismondae Sacco sp., — pag. 253 [427]. Odontostomia conoîidea var. explicata Sacco, — pag. 253 [427]. Odontostomia conoidea var. turritangulata SAcco sp., — pag. 253 [427]. Odontostomia conoidea var. conoidoplicata SACCO sp., — pag. 253 [427]. Odontostomia polita Biv. sp., — pag. 254 [428]. Odontostomia rissoides HanL., — pag. 254 [428]. 37% — QOdontostomia acuta JEFFR., — pag. 254 [428]. — Odontostomia unidentata MG. sp., — pag. 255 [429]. — Odontostomia turrita HANL., —- pag. 255 [429]. — Odontostomia plicata MG. sp., — pag. 255 [429]. — Odontosiomia lineolata n. sp., — pag. 256 [430]. — Eulimella Scillae SCACCHI sp., — pag. 256 [430]. — Eulimella Scillae var. graciliturrita SAcco, — pag. 257 [431]. — Eulimella Scillae var. perconica n. var., — pag. 257 [431]. — Eulimella affinis Ph1iL. sp., — pag. 257 [431]. Da — Syrnola Michaelis BRUGN. sp., — pag. 258 [432]. DG eee. MISS, — Syrnola praelonga JEFFR. sp., — pag. 259 [433]. LIGTETI, — Parihenina interstincta MTG. sp., — pag. 260 [434]. GHISA, — Parthenina interstincta var. bicingulata BRUGN. sp., — pag. 260 [434]. — Parthenina interstincta var. tristriata n. var., — pag. 260 [434]. — Parthenina interstincta var. quadristriata n. var., — pag. 260 [434]. — Parthenina intermixta MRS. sp., — pag. 261 [485]. — Parthenina indistincia M1G. sp., -—- pag. 261 [435]. — Parthenina indistincta var. transiens n. var., — pag. 262 [436]. — Parthenina nassoides n. Sp., — pag. 262 [436]. - Spiegazione degli asterischi: * Il grandezza doppia della naturale. E » quattro volte maggiore della naturale. » sei volte » » » otto volte » » » un terzo » » » tre volte » Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vel, XX, Tav. XXII. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana, [ Tav. LIV /. bai ? 19 8 12 20) | f | 312 49, 63 i Spiegazione della Tavola XXIII [LV]. RIGA EEE 70) — Parthenina semiornata n. sp., — pag. 262 [436]. DI GRERDI BRE — Parthenina cylindrata n. sp., — pag. 263 [437]. Di BIL — Parthenina eximia JEFFR. sp., — pag. 264 [438]. INUONEERO — Parthenina eximia var. elongata SARS, —- pag. 264 [438]. DI CRAS, AE, — Parthenina spiralis Mre. sp., — pag. 264 [438]. DO IERI — Parthenina spiralis var. longiuscula, — pag. 265 [439]. DO — Parthenina spiralis var. intermedia, — pag. 265 [459]. DI ICRREZE — Parthenina spiralis var. convexula, — pag. 265 [439]. — Parthenina (Miralda) excavata Puic. sp., — pag. 265 [439]. — Parthenina (Tragula) fenestrata FoRBES sp., — pag. 266 [440]. ##, 23*. — Turbonilla lactea L. sp. (cfr. tipo vivente dei mari inglesi), — pag. 267 [441]. — Turbonilla lactea L. sp. (tipo Melania Campanellae Pau..), — pag. 267 [441]. — Turbonilla lactea f.2 basidepressa, — pag. 267 [441]. — Turbonilla lactea f.* irregulariter costata, — pag. 267 [441]. Di SO GERE — Turbonilla lactea var. hoernesiana SAcco, — pag. 268 [442]. DIMORE — Turbonilla delicata MTRS., — pag. 268 [442]. PISA E OD — Turbonilla obliquata Pair. var. transiens n. var., — pag. 269 [443]. » B6FFFE-40F##E, — Turbonilla pusilla PHIL. sp., — pag. 269 [443]. Di (IEEE — Turbonilla densecostata PaIL. sp., — pag. 270 [444]. » o 44FEE46HE*E, — Turbonilla (Pyrgostelis) rufa PHIL. sp., f.° A, -- pag. 271 [445]. DI MS, — Turbonilla rufa f.* B, — pag. 271 [445]. » ABFFE — Turbonilla rufa f.® C, — pag. 272 [446]. — Turbonilla rufa f.8 D, — pag. 272 [446]. — Turbonilla rufa var. depressecostata n. var., — pag. 272 [446]. — Turbonilla rufa var. ventricosa n. var., — pag. 273 [447]. — Turbonilla (Pyrgostylus) interposita n. sp., — pag. 273 [447]. » B64-58*. — Turbonilla (Pyrgostylus) pallida PHIL. sp., — pag. 274 [448]. DI BERE Q0eISe, Gs — Turbonilla pallida var. Lanceae LIB. sp., —- pag. 275 [449]. DM02a MO MORTA — Turbonilla pallida var. communis Sacco, — pag. 275 [449]. DI GE, — Turbonilla (Pyrgisculus) scalaris PHIL. sp., — pag. 276 [450]. DO), GI — Turbonilla scalaris var. brevis, — pag. 276 |450]. DG — Turbonilla scalaris var. longiuscula, — pag. 276 [450]. Di Go oa, — Turbonilla (Pyrgolidium) internodula S. WooD sp., — pag. 277 [451]. Spiegazione degli asterischi: # = grandezza doppia della naturale. ** — » quattro volte maggiore della naturale. *** — » sei volte » » Fk — » otto volte » » ERRE — » tre volte » » Palaeontographia italica, vol. XX, 1914. S PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XX, Tav. XXIII. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. [ Tav, LV |. SMITHSONIAN IN LTTI I 3 9088 0 STIT UTION LIBRARIES LI LI) 34 LI > S DÀ Pe. CET) 3 o) Lal -. SS n -” - ‘’ ca . A e % Ad e . 7 - ” ” - * # si . è . . - i L = — . e - . o la Le - 71 _ - *» af > - - —a - * - - — Pe, 0 - - - = - - n - ” - . we - o. * ‘ -