SL CTTXT e ic CTTU ci GE e _P___SySNS CTACTC CCRO GUCT Ci CT (e, CEE tdi | Cla ( AT a i @ Ta ‘€ di Ade Ns Il PUBBLICATE PER CURA : SNIEDETI PROF. MARIO CANAVARI : pe. È i v S Musno GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DIOPISANGIE ts noe tot A "rig. 18-36. i | — Fossili wealdiani del verrucano tipico del Monte Pisano (Tav. VII-XI [I-V]). — Fossili ordoviciani del Capolago (Seekopf) presso il Passo di Volaia (Alpi carniche) (Tav. XII, XITI[I, 10). = Contribuzioni allo studio del Paleozoico carnico; V.— Fossili eodevonici _ della base del Capolago È (Seekopfssockel) (Tav.XIV- XVI [I- III] e Fig. 1 intere.). REC que Fauna cretacea dell’Egitto raccolta dal Figari Bey (Tav. XVII-XXII [I- V]] e Fig. 111 interc.). LE Nuove ricerche sui Felini del Pliocene italiano (Tav. XXIIM-XXVI [E -IV] e Fig.1-37 intere.) PISA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI TÀ Ri OUOOE CIDOZUI, CELIO 0 i, fi VU RINEREIE DIERARNY RIE DI PALEONTOLOGIA == PUBBLICATE PER CURA BM DEL (PROEFIMARTORCANAWVARI Musso GeroLoGICO DELLA R. UniversITÀ DI PisA Vorume XXI. — 1915. PISA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI ; 1915 Ri se Do pe: y fi Hi da i INDICE DEL VOLUME XXI ; = La fano e l’età dei calcari a ittioliti di Pietraroia (Prov. di Bene- vento) (Tav. Du [VIIT- XII] e Fig. 18-36 interc.). - c — Fossili wealdiani del verrucano tipico del Monte Pisano (Tav. VII-XI RIN RS AI PRESI TTORE: . — Fossili ordoviciani del Capolago (Seekopf) presso il Passo Li Volaia (Alpi cariche) (Tav. XII, IRE I «LT Contribuzioni allo studio del Paleogoico carnico: V. — Fossili eode- — vonici della base del Capolago Gee) (Tav. XIV-XVI [I-II] e Fig. 1 interc.). . o È È = È c . . — Fauna cretacea dell'Egitto raccolta dal Hai Bey (Tav. XVII-XXII [I-V]] e Fig. 1-11 interc.). È - ; È È o 5 — Nuove ricerche sui Felini del Pliocene italiano (Tav. XXIILXXVI [L-IV] e Fig. 1-37 interc.). . . sila 6 n 189 233 GEREMIA D'ERASMO LA FAUNA - L'ETÀ DEI CALCARI A ITTIOLITI DI PIETRAROIA (PROV. DI BENEVENTO) Memoria PrEwaTA AL IX Concorso Moroxw peLLa Socmerà GroLogica ITALIANA. Con 13 tavole e 36 figure intercalate 1). Subord. Aetheospondyli. Fam. Aspidorhynchidae. Gen. Belonostomus Ag. [L. AGassiz. Noch cinige neue Genera aus der Ordnung der Ganoiden. Neues Jabrbuch f. Min. etc., 1834, pag. 388]. Sin. Sarcionota O. G. Costa. Pal., p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 352. Napoli, 1856. Ophirachis O. G. Cosra. Itiologia fossile italiana, pag. 13. Napoli, 1860. Dichelospondylus 0. G. Costa. Ibidem, pag. 18. Aspidorhynehus O. G. Cosra (non Acassiz). Pal., p. III: Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 62. Napoli, 1864. Ophisurus O. G. Costs (non UuvieRr). App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VIII, Appendice, pag. 98. Napoli, 1864. Belonostomus crassirostris Cosra. — Tav. I [VII], fig. 1, 2. 1856. Belonostomus crassirostris O. G. Costa. Pal., p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 29, tav. II, fig 162. 1856. Belonostomus gracilis O. G. Costa. Ibidem, pag. 31, tav. II, fig. 3. 1856. Sarcionola proboscidata O. G. Cosra. Ibidem, pag. 353, tav. XXVIII, fig. 12. 1860, Ophirachis deperditus O. G. Costa. Ittiologia fossile italiana, pag. 14, tav. II, fig. 4. 1864. Belonostomus crassirostris 0. G. Costa. Pal., p. III. Atti Acc, Pont., vol. VIII, pag. 99. 1864. Ophirachis deperditus O. G. Costa. Ibidem, pag. 107, tav. IX, fig. 4. i) Nel volume XX (1914) furono pubblicate le Tav. IV-X [I-VII] e le fig. 1-17 intere, ; in questo volume sono contenute le Tav, I-VI [VIII-XIII] e le fig. 18-36 intere., col rimanente del testo. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 i rei i na 2 G. D'ERASMO [60] 1882. Belonostomus crassirostris F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina, ecc. Denkschr. k. Akad., Wiss., math.-naturw. CI., vol. XLV, pag. 230. 1895. Belonostomus crassirosiris A. S. Woopwarp. Catalogue of the foss. fishes in the Br. Mus., parte III, | pag. 434. i ; 1911. Belonostomus crassirosiris G. D° Erasmo. Risultati ottenuti dallo studio di alcumi Actinopierigi ecc. Atti Soc. It. per il progr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic. 1910), pag. 799. Ad eccezione dell’esemplare alla Tav. I [VIII], fig. 1, che è intero e ben conservato, gli altri rappre- sentanti di questa specie, generalmente frammentari, mostrano di solito avanzi di rostri, di colonne ver- tebrali e di squame. L'individuo intero misura nella sua massima lunghezza 56 centimetri; la maggiore altezza, che si trova un po’ prima della metà del tronco, è di 37 millimetri, cioè uguale a 5 circa della lunghezza totale del corpo. In quest’ultima è compresa cinque volte la lunghezza della testa, la quale, essendo supina e non completamente conservata, non permette di stabilirne l’altezza. Vista dal disotto, la testa ha una caratteristica forma triangolare allungata, in cui hanno gran pre- valenza le mascelle; queste sono robuste, protratte in avanti a formare un lungo becco, e qua e là si presentano. longitudinalmente solcate: la loro lunghezza è contenuta circa sette volte in quella totale del fossile. La mascella superiore doveva superare assai leggermente la lunghezza dell’altra; poco si può dire dei denti che l’armavano, di cui si riescono a vedere soltanto alcuni, di forma conica, appuntati, non molto distanti fra loro. Tanto dall’una che dall’altra parte della testa rimangono avanzi delle ossa oper- colari, notevolmente sviluppate, ma spostate e frammentarie. L’esemplare intero, avendo il tronco quasi completamente coperto dalle squame, non mostra che deboli tracce della colonna vertebrale, la quale nella metà anteriore del corpo è più ravvicinata all’orlo dorsale che nella metà posteriore! ; la sua costituzione però può rilevarsi meglio da altri frammenti della me- desima specie, in cui lo scheletro del tronco è rimasto allo scoperto. Le vertebre, in numero non bene determinabile (non meno di 60), sono robuste, depresse nel mezzo, rilevate presso ciascuna faccia arti- colare e fornite di apofisi corte, grosse e terminanti in punta. La lunghezza, la grossezza e l'inclinazione di queste varia notevolmente a seconda delle regioni del corpo: anteriormente quasi perpendicolari al- l’asse vertebrale, molto grosse alla base e lunghe circa un terzo del diametro della corrispondente ver- tebra, si vanno man mano facendo più oblique, sottili e lunghe, fino a diventare quasi orizzontali nella parte più vicina alla coda. Vario è pure il rapporto tra l’altezza e la lunghezza di ciascuna vertebra: le anteriori sono un poco più lunghe che alte; quelle che si trovano verso la metà del tronco hanno i dia- metri longitudinale e trasversale presso a poco eguali; fra le ultime qualcuna è più alta che lunga. Molto considerevole è lo sviluppo delle pinne pettorali, che distano 112 millimetri dall’estremità ante- riore del muso, cioè quanto l'intervallo che divide l’origine dell’anale dalla fine della coda. Esse si mo- strano costituite da circa otto o nove raggi inarticolati per gran parte del loro percorso ed, eccettuato il primo, tutti ramificati nel tratto distale. Il primo raggio, semplice e un poco più robusto degli altri, misura in lunghezza 22 millimetri; il secondo, che è il più lungo e più ramificato, raggiunge 6 centimetri; gli altri si abbreviano rapidamente. Nel fossile alla Tav. I [VIII], fig. 1 non appare traccia evidente di pinne ventrali; un frammento di colonna vertebrale appartenente ad altro individuo, che ha le ventrali parzialmente conservate, induce a !) Nella parte del tronco che segue immediatamente la testa, l'esemplare è fossilizzato un po’ di fianco, e perciò l’asse vertebrale sembra spostato verso la parte ventrale, [61] G. D'ERASMO 3 ritenere che anche queste dovessero essere bene sviluppate (lunghe almeno 22 millimetri), composte da otto a dieci raggi e inserite poco dopo la metà del tronco. A principio dell’ultima quinta parte del corpo, e cioè a 11 centimetri dall’estremità posteriore della coda, comincia la pinna dorsale, rappresentata dalla parte basale di una diecina di raggi, robusti ma molto mutilati. ; Quasi egualmente remota è la pinna anale, la quale comincia qualche millimetro più innanzi della dor- sale ed è, come questa, incompleta e frammentaria, poichè non mostra che quattro grossi raggi, i quali si biforcano a breve distanza dalla base, ma non sono conservati fino alla parte distale. La pinna codale misura nella sua massima lunghezza 33 millimetri, cioè eguaglia l’altezza del tronco verso la metà del corpo dell’animale, e presenta il margine posteriore incavato. Ciascuno dei due lobi, quasi eguali, risulta costituito di sei o sette raggi, divisi almeno due volte e non visibilmente articolati. Essi sono preceduti, tanto sopra che sotto, da sette o otto raggi semplici, più sottili, terminati in punta, la cui lunghezza va man mano aumentando dagli anteriori ai posteriori. Le squame, e superficie liscia e smaltata, occupano tutto il tronco, ove si distribuiscono in serie rego- lari e quasi diritte: dal cinto toracico alla coda ne conto oltre 80 file; il numero delle serie verticali varia, a seconda delle regioni del corpo, da sei a otto. Assai diversa è pure la loro grandezza e la loro forma: le più grandi sono quelle che sì trovano lungo i fianchi, le quali hanno una forma presso a poco rettan- golare, con un’altezza (mm. 10) circa doppia della lunghezza (mm. 5). Ad esse fanno seguito, superior- mente ed inferiormente, altre serie di squame più piccole, che hanno forma di rombo, parallelogramma o losanga. Nella regione compresa tra la pinna anale e la coda, la serie più bassa di squame mostra una spiccata carena longitudinale, che va da un estremo all’altro della squama parallelamente all’asse vertebrale. Questa specie, giustamente ascritta da Oronzio GABRIELE Costa al gen. Belonostomus Ac., può ritenersi distinta da tutte le altre conosciute del genere per i differenti rapporti tra la lunghezza della testa e quella del corpo, tra questa e la massima altezza del tronco, e per i caratteri delle squame. Presenta le maggiori affinità con Belon. lesinaensis Bassani! e con Belon. dalmaticus KrAMB-Gory.? del Cenomaniano di Lesina, in Dalmazia, dalle quali tuttavia la vogliono distinta la minore estensione della testa col rostro rispetto a quella totale del corpo, lo sviluppo maggiore delle pinne pettorali, oltre ad altri caratteri d’im- portanza secondaria. A Belonostomus crassirostris CostA si deve associare, conformemente al parere già espresso dal Bas- sani), il frammento di rostro con piccoli denti che il Costa ritenne appartenente a specie diversa e chiamò Bel. gracilis®. I pezzi di colonna vertebrale con residui di ossa, squame e pinne che il predetto naturalista distinse col nome di Ophirachis deperditus corrispondono pure, per tuttii loro caratteri, alla specie in discorso, giacchè le squame ellittiche, con linee concentriche e rilievo longitudinale mediano, che il Cosra asserì 1) F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. CI., vol. XLV, pag. 198, tav. I, fig. 10. Wien, 1882. 2 D. KRAMBERGER-GORTANOVIC. De piscibus fossilibus Comeni, Mrzleci, Lesinae et M. Libanonis ete. Op. Acad. Sc. et artium Slavorum merid., vol. XVI, pag. 6, tav. II, fig. 1. Zagreb, 1895. 3) F. BASsanI. Loc. cît., pag. 230. 4) Nell’elenco inserito a pag. 9 degli Studi sopra î terreni ad ittioliti delle prov. napolitane, parte Il (Atti R. Ace. Sc. fis. e mat., vol. II. Napoli, 1865), il Costa cita, fra le specie trovate a Pietraroia, anche un Belonostomus tenui- rostris, che non appare mai illustrato nelle opere di lui. 4 G. D'ERASMO [62] di aver trovato in un brano della regione anale e di cui diede la figura ingrandita, quelle squame che basterebbero da sole a far allontanare notevolmente questi resti fossili dal sen. Belonostomus, non sono corrispondenti alla realtà, e non se ne può tenere quindi alcun conto. L’avanzo interpretato dallo stesso autore come un “ anellide branchiato fornito di proboscide , e chia- mato Sarcionota proboscidata deve anche ritenersi come un frammento di colonna vertebrale di Belono- stomus crassirostris: il gen. Sarcionota non ha più dunque ragione di esistere. Belonostomus sp. 1860. Dichelospondylus longirostris 0. G. Costa. Ittiol. foss. ital., pag. 18, tav. II, fig. 8. 1864, Aspidorhynchus platycephalus O. G. Costa. Pal., parte III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 62, tav. IS, (fig. 8. 1864. Ophisurus sp. 0. G. Cosra (non Cuvisr). App. alla Pal. Loc. cit., vol. VIII, Appendice, pag. 98, tav. VI, fig. 6 1864. Belonostomus sp. O. G. Costa. Todon pag. 94, tav. V, fig. 3. 1882. Belonostomus sp. F. Bassani. Deserix. pesci fossili Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. wi math.-naturw. C1., Band XLV, pag. 231. Wien. 1911. Belonostomus sp. G. D’Erasmo. Risultati ottenuti dallo studio di aleuni Actinopterigi ecc. Atti Soc. It. p. il pr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic. 1910), pag. 799-800. Riferisco a Belonostomus sp.tuttii seguenti avanzi, per cui non è prudente esprimere un sicuro giudizio circa la determinazione specifica; infatti il loro stato frammentario e la cattiva conservazione non permettono di istituire un efficace confronto con le altre specie di Belorostomus conosciute, nè di dire se appartengano | adunao a più specie. Non è escluso il caso che qualcuno possa anche riferirsi al Belonostomus crassirostris precedentemente descritto. Un frammento mostra la testa, con un breve rostro incompleto, di un individuo prono, e nove vertebre, il cui corpo, sfornito di apofisi, appare come suddiviso in due parti per la profondità di un solco longi- tudinale mediano che le percorre. È l'esemplare che il Cosra descrisse e figurò nell’ Zttiologia fossile italiana col nome di Dichelospondylus longirostris, ritenendo come carattere fondamentale quello delle vertebre bifide, e che più tardi (Paleont., parte III) ritornò a studiare, chiamandolo più giustamente Aspidorhyrehus platycephalus. In realtà, come ha ben chiaramente fatto osservare il BassAnI !, queste vertebre “ scanalate e doppie ,,, che suggerirono al Costa il nome generico Dichelospondylus, sono dovute “a un fatto sem- plicissimo, esclusivamente dipendente dalla fossilizzazione, e che si riscontra più o meno palese in tutti gli ittioliti (e sono molti) a vertebre provviste di un solco longitudinale mediano ,.1 caratteri della testa, per quanto pochi, possono tuttavia bastare a far ritenere questo frammento come appartenente, molto probabilmente, al gen. Belonostomus Ac. Un altro esemplare conserva residui di una mandibola, incompleta anteriormente, lunga circa 5 cen- timetri e percorsa qua e là da solchi longitudinali, la quale presenta nella parte anteriore due denti conici, terminanti in punta, alti tre millimetri, larghi alla base due e distanti tra loro mezzo centimetro. L’avanzo, erroneamente ritenuto dal Costa come appartenente al gen. Ophisurus Cuv., ha meschina importanza, e potrebbe riferirsi, conformemente al parere espresso dal WoopwaAkp (Cat., parte III, pag. 440), pure al gen. Belonostomus. 1) F. BASSANI. Descriz. pesci fossili Lesina ecc. Loc. cit., pag. 231. [63] G. D’ERASMO 5 Il frammento descritto e figurato dal Cosra (App. alla Pal., pag. 94, tav. V, fig. 3) come “ apparato mandibolare di Belonostomus col proprio osso linguale , è realmente da attribuirsi a questo genere; però ritengo che il cosiddetto “ osso linguale , sia invece un raggio articolato di pinna, spostato. > S RR Un frammento indeterminabile è quello che lo stesso naturalista chiamò PlatycerRynehus rhombeus *). Si tratta dalla porzione distale di un rostro (Tav. I [VIII], fig. 3), lungo quasi 8 centimetri, largo alla base 24 millimetri e tutto percorso da strie longitudinali, che “ ha l’apice dilatato e depresso per modo da formare quasi un rombo ad angoli rotondati ,. La supposizione fatta dal prof. Bassani con la sola scorta delle figure (Voc. cit., pag. 231) che la dilatazione terminale sia affatto estranea al fossile non può sus- ‘sistere, perchè si tratta realmente di una espansione ossea; questa può in certo modo rassomigliarsi a quella specie di cappuccio osseo che, secondo 1° Agassiz (echerches sur les poissons fossiles, vol. II, parte II, pag. 12, tav. B' e B"), ricopre l’estremità del muso nel gen. Lepidosteus e va considerato formato da due paia di piccole ossicina piatte e da un altro osso mediano, che il predetto autore interpreta come ossa labiali. Tuttavia per la scarsità di tale avanzo e per il suo stato frammentario non si può istituire ‘alcun confronto, nè pronunziare un giudizio sicuro. Subord. Isospondyli. Fam. Oligopleuridae. Gen. Qeonoscopus Costa. [O. G. Costa. Ittologia fossile italiana, pag. 2. Napoli, 1853-60 (Jonoscopus) |. Sin. Attakeopsis V. Trioruitre. Notice sur les poissons fossiles du Bugey et sur l’'application de la methode de Cuvier d leur classification. Bull. Soc. géol. de France, Réunion à Nevers, 2.e s., vol. XV, 1858, pag. 784; — In. Description des poissons fossiles provenani des gise- mentis coralliens du Jura dans le Bugey, p. II, pag. 22. Ann. Soc. d’Agric., Hist. nat. ed Arts utiles de Lyon, IV série, tome V, 1873. Macrorhipis A. WaeneR. Monographie der fossilen Fische aus den lithographischen Schiefern Bayern's, IL Abth. Abhandl. k. Bayer. Akad. Wiss., math.-phys. CI., vol. IX, pag. 723. Miinchen, 1863. (@) Opsigonus D. Gorsanovio-KrameeRGRR in F. Bassani. Deserix. pesci fossili Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. Cl., Band XLV, pag. 200. Wien, 1882. — D. Gortanovio-KRAM- BERGER. Palacoichihyoloxki Prilozi. Rad. Jugoslav. Akad., vol. LXXII, 1884, pag. 13. Oeonoscopus petraroiae Costa. — Tav, II [IX], fig. 1, 2. 1860. Jonoscopus petraroiae O. G. Cosra. Ittiologia fossile italiana, pag. 2, tav. I. Napoli. 1864. Ogonoscopus petraroiae 0. G. Costa. Pal. d. Regno di Napoli, p. III, Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 55, tav. VIII. 4) 0. G, Costa. Addizioni ai cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleontologia per l' anno 1851, pag. 10, Filiatre-Sebezio, anno XXI. Napoli, 1852; — In. I#tiol. foss. ital., pag. 43, tav. III, fig. 3; — In, Paleont., ‘parte III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 98, tav. XI, fig. 3. — G. D’Erasmo. Risultati ottenuti dallo studio di alcunì Actinopterigi ecc. Atti Soc. It. p. il progr. d. Sc., IV Riunione (Napoli, Dic, 1910), pag. 800. Roma, 1911, 6 G. D'ERASMO i [64] 1864. Oeonoscopus petraroiae O. G. Costa. App. alla Pal. Atti Ace. Pont., vol. VIII, Appendice, pag. 89, rav NIRrnesiloe82a : ; | 1882. Oeonoscopus petraroiae F. Bassani. Deser. pescî foss. Lesina, ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.- naturw., C1., Band XLV, pag. 240. 1882. Opsigonus megaluriformis F. Bassani: Ibidem. 1884. Opsigonus megaluriformis D. Gorzanovic-KramerReER. Palacoichiyoloxki Prilozi. Rad. Jugoslav. Akad vol. LXXII, pag. 13, tav. IV, fig. 1. Zagreb. 1886. Opsigonus megalurifornis D. Gorzanovic-KrameERGER. Palacoichtyologische Beitrige. Soc. Hist. nat. Croatica, vol. I, pag. 125. Zagreb. | 1895. Oeonoscopus petraroiae A. S. Woonwarp. Cat. of the foss. fishes in the Br. Mus., p. III, pag. 495. 1895. Opsigonus megalurifornis A. S. Woopwarp. Op. cit., pag. 499. Rappresentano questa specie due esemplari: uno, in buono stato di conservazione, misura 61 centimetri;. l’altro, del quale rimangono soltanto la testa con scarsi frammenti della colonna vertebrale e delle pinne: pettorali, ventrale e anale, è notevolmente più piccolo. Il tronco è allungato, fusiforme: il profilo del dorso, uniformemente arcuato nella metà anteriore, fino alla pinna dorsale, diventa un po’ incavato nel tratto posteriore in conseguenza dell’innalzarsi della colonna vertebrale; l’orlo ventrale appare invece quasi diritto. La massima altezza del tronco, un poco maggiore della lunghezza della testa con l’apparato opercolare, è contenuta quattro volte nell’estensione: complessiva dell’animale, e otto volte vi è compresa quella del pedicello codale. hy po) co ù Ù ;} \ } Sini = ) a Suzz x Sie NEL DOT CSS a oso pax - Dì N : 3 NES ì \\ D YI \ \\ A, i GL, DA dn Fic. 18. Oconoscopus petraroiae COSTA. Schema delle ossa della testa e dell’ apparato opercolare [grand. nati]. [ang, articolo-angolare; eZ, clavicola; co, cireumorbitali; d, dentario; fr, frontale; #y, iomandibolare; top, interopercolo; mx, mascellare; 0p, opercolo; ord, orbita; pmx, premascellare; pop, preopercolo; 4; quadrato; rdr, raggi branchiosteghi; sop, sottopercolo; sp, sfenoide]. PSE NT [65] G, D’ERASMO 7 fig. DI è presso a poco così lunga che alta; la linea frontale è arcuata. Le ossa della volta cranica hanno la superficie punteggiata e percorsa da larghi e irregolari solchi (fig. 18). L’orbita, grande, di forma ellittica ‘e situata in alto, misura una lunghezza di almeno quattro vertebre mediane; lo- sfenoide decorre obliquo in avanti, quasi parallelamente al profilo frontale. Il muso è acuto; lo squarcio della bocca, piuttosto grande, raggiunge la metà della lunghezza della testa. Il premascellare, superiormente ristretto e un po’ dilatato nella parte inferiore, porta tre 0 quattro denti conici, gradualmente crescenti dall'esterno verso l’interno, che sono i più sviluppati fra tutti; il mascellare, stretto e diritto, è fornito sul margine esterno di una fila di denti, pure conici, ma più stretti alla base e più vicini; altri ancora, della medesima forma e forse diminuenti anche in lunghezza verso l’indietro, sono inseriti sulla mandibola, la quale appare un poco più breve della mascella superiore. Oltre ai denti conici, che misurano da uno a tre millimetri e che sono lisci, smaltati, chiari, se ne scorgono alcuni altri, sparsi qua e là nella bocca, sopratutto in vicinanza del mascellare superiore, che si mostrano più piccoli, più scuri, arrotondati e con la corona percorsa da leggere increspature, le quali, per quanto esaminate a forte ingrandimento, non rivelano mai la regolarità e lo sviluppo indicato dalle figure del Costa (ttiol. foss. ital., tav. I, fig. 2, E, e; Pal., p. III, tav. VIII, fig. 2, E, e; App. alla Pal., tav. V, fig. 2, c, e,f). La mandibola, rozzamente solcata e pun- teggiata come le ossa del cranio, lascia distinguere una porzione dentaria e una articolo-angolare (Fig. 18): il dentario, largo posteriormente, si restringe verso la sinfisi, ha il margine orale quasi diritto e l’inferiore leggermente incavato verso il mezzo; l’articolare si mostra in forma di placcca triangolare elevata. Verso l'estremo supero-posteriore di questa si scorgono gli avanzi di un osso piccolo e triangolare, che è il ‘quadrato; e innanzi alla parte più alta del preopercolo se ne osserva un altro, lungo e stretto, legger- mente espanso verso la sommità del cranio, un po’ arcuato e diretto obliquamente all’indietro, che si può ritenere come iomandibolare. Nello spazio compreso tra l'apparato opercolare e l’orbita rimangono delle placche ossee, con la superficie cosparsa da solchi quasi raggiati, i cui limiti non sono ben definibili: verosimilmente si tratta di circumorbitali. L’apparato opercolare è completo. Il preopercolo, solo leggermente arcuato, è fornito di un notevole rilievo presso l’orlo anteriore e di poche e leggere denticolazioni su quello posteriore, quasi a metà della «sua lunghezza. Ha la superficie liscia e misura una larghezza massima poco minore del quinto dell’altezza. L’opercolo, considerevolmente più alto che lungo, ha il margine anteriore diritto e gli altri regolarmente «arcuati. Il sottopercolo, la cui altezza corrisponde al terzo di quella dell’opercolo, ha forma quasi semilunare e mostra nella parte antero-superiore un largo processo che s’insinua per breve tratto tra l’opercolo e il preopercolo. L’interopercolo, basso, lungo e triangolare, completa col suo margine posteriore l’arco regolare descritto dalle due ossa precedenti. Quanto alla superficie, si notano dei rozzi solchi raggiati specialmente nell’opercolo e nel sottopercolo dell'esemplare più grande: nell’opercolo essi partono dall’orlo «superiore dirigendosi obliquamente dall’avanti all’indietro; nel sottopercolo s’irraggiano dalla parte bassa «dell’orlo anteriore. Al di sotto dell'apparato opercolare si contano cinque o sei raggi branchiosteghi, — mediocremente sviluppati. La colonna vertebrale, che, come si è precedentemente accennato, piega in su verso la coda, è costituita da 60 vertebre, di cui 34 sono codali; Tutte hanno il diametro longitudinale minore di quello verticale: la differenza, quasi trascurabile nelle vertebre che si trovano sotto la dorsale, diventa notevole in quelle -dei tratti anteriore e posteriore del tronco. Lateralmente ciascuna vertebra presenta due infossature, una ‘superiore e l’altra inferiore, di forma ellittica, limitate sopra e sotto da rilievi longitudinali, di cui quello ‘mediano è il più robusto (Fig. 19). Le spine neurali che precedono la dorsale sono brevi ma forti, fissate La testa, frammentaria nell’esemplare più grande e meglio conservata in quello minore (Tav. II [IX], 8 G. D’ERASMO a [66]: ad archi notevolmente ingrossati, con zigapofisi prominenti, e quasi diritte. Ad esse fanno seguito, nella parte superiore, dei sovrapofisari lunghi, dilatati, percorsi longitudinalmente da un solco mediano, diretti obliquamente all'indietro e con leggera concavità anteriore. Le neurapofisi che stanno sotto la pinna dorsale, Fre. 19. Oeonoscopus petraroiae COSTA. a) Vertebre a livello dell’ origine della pinna anale. E 5) Vertebre innanzi al pedicello codale. grand. nat.] distaccate dai corpi delle vertebre, misurano una lunghezza di circa cinque centimetri e sono molto inclinate: verso l’indietro; le successive, meno inclinate ma più uniformemente arcuate, vanno lentamente abbre- viandosi; quelle delle ultime dieci o undici vertebre, che servono a sostenere i piccoli raggi esterni del lobo superiore codale, sono tutte estremamente ridotte. Le spine emali, che prendono attacco alle vertebre con una base generalmente più dilatata di quella di cui è fornita la corrispondente neurapofisi, diminuiscono gradatamente in lunghezza dalla prima (7 centimetri) alla sedicesima (4 centimetri) e da arcuate diventano. diritte. Le ultime 18, che portano la maggior parte dei raggi della coda, sono molto, ingrossate verso la parte distale, la quale finisce tronca, e si abbreviano assai rapidamente da 50 fino a 4 millimetri. In con- seguenza di questo rapidu decrescere delle emapofisi posteriori e per effetto dell’arco descritto dall’ultimo. tratto della colonna vertebrale, la linea che unisce le loro estremità libere coincide posteriormente con l’ultima vertebra, scende quasi perpendicolarmente alla direzione dell’asse vertebrale e piega ad arco nella porzione più bassa. Le coste, delle quali soltanto poche sono conservate, appaiono robuste, più brevi delle: emapofisi della regione anale e solcate nel senso della loro lunghezza. Della cintura toracica si distingue bene la sola clavicola, arcuata e parallela al preopercolo, ma più: larga di questo: l’orlo anteriore è rilevato. Le pinne pettorali, che nell’esemplare più grande (Tav. II [IX], fig. 1) sono spostate indietro in modo che l’estremità libera dei raggi giunge alla base delle ventrali, hanno uno sviluppo considerevole: si contano circa 20 raggi molto divisi e brevemente articolati, di cui ee pe Ut 1104 [67] G. D'ERASMO : 9 i maggiori, pur non essendo completamente conservati, misurano non meno di dieci vertebre. Nella parte distale ciascuno risulta di dodici braccia, presso a poco uguali fra loro. Le ventrali, inserite a livello della 26.* vertebra ed opposte ai primi raggi lunghi della dorsale, sono più vicine al pedicello della coda che all’estremità del muso. Notevolmente meno sviluppate deile pettorali, mostrano solo quattro o cinque raggi che raggiungono una lunghezza di circa sette vertebre; il primo di questi è fornito di diciotto fuleri lunghi e sottili, che giungono a meno di due centimetri dall’estremità. Tutti sono articolati e divisi: nella parte distale si osservano da 12 a 16 rami, di cui il primo, molto largo, è suddiviso in articoli assai corti, e gli altri, notevolmente più sottili, hanno articoli più lunghi che larghi. La pinna dorsale, che comincia un po’ innanzi la -metà del corpo, ha la sua origine a livello della 94.3-95.8 vertebra. Presenta una estensione notevolissima: benchè nel nostro esemplare grande essa sia incompleta posteriormente, perchè è asportatu un tratto della roccia, misura alla base la lunghezza di almeno quattordici vertebre sottostanti; e se vi aggiungiamo la probabile zona mancante, si arriva a quella dî diciassette vertebre circa, che corrisponde presso a poco alla massima altezza del tronco. Nell’individuo x minore, rappresentato alla Tav. II [IX], fig. 2, la dorsale è disgraziatamente asportata: non possiamo DI D I Fic. 21. Oeonoscopus petraroiae COSTA. Interapofisari della pinna dorsale [ingrand.]. a) all'origine della dorsale; palla fine di detta pinna. Fic. 20. Oeonoscopus petraroiae COSTA. Raggi anteriori e fuleri della pinna dorsale. [grand. nat.] quindi giovarci di esso per il confronto. Conto 5 brevi raggi, che misurano rispettivamente 3, 5, 7, 10 e 16 millimetri; un raggio semplice, lungo 42 millimetri e fornito di fuleri per quasi tutto il suo percorso; uno lunghissimo (9 centimetri), diviso soltanto due volte e con fuleri nella metà distale; e 19 altri, divisi sin dalla base e successivamente ramificati più volte, i quali decrescono gradatamente da 90 a 20 millimetri 2 Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 10 G. D’ERASMO i [68] circa. La pinna in discorso è armata dunque di una doppia serie di fuleri, attaccati ai due raggi predetti in successione immediata, in maniera da formare quasi una serie continua che dalla base del raggio minore giunge all’estremità libera di quello più lungo. In totale i fulcri sono almeno 22, tutti allungati e suc- cessivamente diminuenti in altezza (Fig. 20). Degl’interspinosi il primo, che serve a sostenere i piccoli raggi semplici, è piuttosto breve (32 millimetri), un po’ incavato all’innanzi e molto dilatato alla base (Fig. 21, a); gli altri, generalmente più lunghi e gradatamente decrescenti (da 50 a 34 millimetri), sono diritti o leg- germente incurvati all'indietro (Fig. 21, 6). La pinna anale ha principio all’ altezza della 37.8 vertebra e termina a livello della 42.2, misurando alla base un’estensione di 47 millimetri. La sua origine, che divide a metà lo spazio tra l’inserzione delle ventrali e il principio cella coda, è opposta alla fine dei raggi conservati della dorsale, ma, se si tien conto che questa pinna è posteriormente incompleta, si può verosimilmente ritenere che l’anale era opposta agli ultimi raggi della dorsale e terminava un po’ dopo di questa. Sebbene notevolmente meno sviluppata, l’anale mostra la medesima costituzione della dorsale: preceduta infatti da 4 raggi semplici, brevi e non visibilmente articolati, essa presenta due serie di fulcri, inserite una in continuazione dell’altra, innanzi a due raggi dei quali l'anteriore è semplice, il successivo ramificato; e conta 8 raggi brevemente articolati e più volte divisi. La lunghezza misura rispettivamente 3, 5, 9, e 15 millimetri nei raggi semplici, 34 e 68 in quelli fulerati e da 60 a 35 nei divisi. Come di solito, gli articoli, molto corti quando il raggio è grosso, diventano più lunghi che larghi allorchè la ramificazione s'è fatta sottile. Gli ossicini interapofisari sono in numero di undici; appaiono molto robusti e per la maggior parte diritti e presentano generalmente un solco longitudinale mediano. La loro lunghezza diminuisce regolarmente, al pari della grossezza, man mano che si procede verso l’indietro. La pinna codale, compresa sei volte nella lunghezza totale del corpo, è quasi completamente attaccata, come ho già accennato precedentemente, alle lunghe emapofisi delle ultime vertebre, che sono allargate a spatola presso il punto d’attacco dei raggi. Le corrispondenti neurapofisi, molto ridotte, sostengono soltanto i piccoli raggi esterni del lobo superiore. La coda eterocerca così risultante è costituita da circa 16 raggi semplici e inarticolati (dei quali 10 appartengono al lobo superiore e 6 a quello inferiore), da due raggi lunghi, forniti di fulcri molto fitti, e da 24 brevemente articolati e divisi. I più sviluppati misurano non meno di 11 centimetri. L’orlo posteriore della coda è incavato !. Le squame, grandi ma non molto ben conservate, erano probabilmente a diametri quasi uguali ed avevano il margine posteriore ottuso o arrotondato. Lo schiacciamento uniforme e la mancanza di netta distinzione tra quelle contigue indica ch’ erano sottili. La superficie appare quasi tutta percorsa da sot- tilissime striature parallele fra loro, dirette nel senso della lunghezza e talora un po’ ondulate o ricurve; oltre a queste si osservano ancora brevi raggi più grossi e divergenti, i quali terminano in punte tozze e irregolari al margine posteriore. Come rilevò il Bassani nel 1882 ?), i due esemplari illustrati dal Costa col nome di Oconoscopus pe- ‘ ) In A. GauDRY (Les enchainements du monde animal dans les temps géologiques, Fossiles secondaires, pag. 161, fig. 259. Paris, 1890) è riprodotta la figura impiccolita di un avanzo di questa specie, che mostra l’ultimo tratto della colonna vertebrale e la coda. L'A. indica che l'originale appartiene al Museo geologico di Napoli, ma io non l’ho trovato in collezione. °) F. BAssANI. Descrizione di pesci fossili dì Lesina ece. Denkschr. k. Akad. Wiss., math. naturw. C1., Band XLV, pag. 240. Wien, 1882. [69] G. D'ERASMO IL traroîoe presentano un complesso di caratteri tale da giustificare pienamente la istituzione di un genere nuovo. Per ragione di priorità vanno a questo con ragione riferite, secondo l’opinione dello Zire ”, le specie, provenienti dal calcare litografico della Francia e della Baviera, che il TrrorubRE e il WAGNER descrissero rispettivamente nel 1873 e nel 1863 con i nomi di Aftakeopsis Desori ?) e Oligopleurus cyprinoides ®, e, conformemente al parere del Woopwarp ®, anche una terza, del Portlandiano della Baviera, distinta dal WaeNER stesso come Macrorhipis Minsteri 9. Tutte si rassomigliano infatti notevolmente nei caratteri riguardanti l’aspetto e le proporzioni generali del corpo, la forma delle vertebre, lo sviluppo delle coste, la disposizione approssimativa delle pinne, la presenza di fuleri e la costituzione della codale. Quella di Pie- | traroia è tuttavia nettamente differenziata dalle altre tre 9 per la dorsale meno remota e più sviluppata, per l’anale inserita proporzionalmente più indietro, per il numero maggiore delle vertebre e per la presenza di fulcri alle ventrali. Ad Oeonoscopus petraroiae Costa associo l’esemplare incompleto proveniente dal calcare cenomaniano di Lesina, in Dalmazia, e illustrato nel 1884 dal KRaMmBERGER-GorJANOVIC col nome di Opsigonus mega- luriformis ". Già nel 1885 il Bassani aveva rilevato l’analogia tra le due specie 9° senza potere tuttavia associarle, a causa di alcune differenze che si rilevano nelle figure del Costa e del KRAMBERGER; un minuzioso esame comparativo dimostra che queste sono ‘esclusivamente dovute allo stato di conservazione dei fossili, i quali si completano a vicenda. Lo sviluppo maggiore della dorsale, che suggerisce al dott. Woopwarp 9) il probabile riferimento al gen. Spazkhiurus Davis, non è che una differenza apparente perchè, come abbiamo già indicato, nel fossile di Pietraroia questa pinna è incompleta posteriormente per la mancanza di un tratto della roccia, ma doveva certamente misurare una estensione non minore di quella che si riscontra nell’esemplare figurato dal KRAMBERGER-GoRJANOVIC: in entrambi peraltro essa non raggiunge lo sviluppo straordinario che si riscontra nello Spathiurus dorsalis Davis del Cenomaniano di Hakel (M. Libano) 1%. Allo stesso gen. Oeonoscopus deve essere probabilmente riferita l’altra specie di Opsigonus (Ops. squamosus) che il KRAMBERGER istituì per un esemplare del Cretacico di Mrzlek (M. Santo) !! e che in )) R. A. ZirtEL. Traîté de Paleontologie (trad. franc.), vol. III, pag. 227. Paris, 1893. 5 V. THAIOLLIBRE. Description des poissons fossiles provenant des gisements coralliens du Jura dans le Bugey, parte II, pag. 23, tav. XI. Ann. Soc. d’Agric., Hist. nat. et Arts utiles de Lyon, IV série, tome V, 1873. 3) A. WaGnER. Monographie der fossilen Fische aus den lithographischen Schiefern Bayern’s, II Abth. Abhand]. der k. Bayer. Akad. Wiss., math-phys. C1., vol. IX, pag. 721, tav. VI. Miinchen, 1863. 4) A. SwirH Woopwarp. Cutalogue of the foss. fishes in the Br. Mus., p. III, pag. 496. London, 1895. 5) A. WAGNER. Loc. cît., pag. (24, tav. VII. È 6) Alle specie su indicate si deve aggiungere un altro avanzo descritto nel 1895 dal dott. A.S. Woopwarp (4 contribution to knowledge of the fossil fishfauna of the english Purbeck beds. Geological Magazine, IV s., vol. II, 1895, pag. 151, tav. VII, fig. 9 [Oeonoscopus sp.|) e riscontrato nel Purbeckiano di Swanage, in Inghilterra, del quale non posso giovarmi per il confronto, perchè risulta soltanto di una mascella superiore con denti conici e robusti. 7 D. KRAMBERGER-GorRzanovIC. Palaeoichthyolozki Prilozi. Rad. Jugoslav. Akad., vol. LXXII, pag. 14, tav. IV, -fig. 1. Zagreb, 1884; — Ip. Palaeoichthyologische Beitriige. Soc. Hist.-nat. Croatica, vol. I, pag. 125. Zagreb, 1886. —Come si rileva dalla sinonimia, una breve diagnosi del gen. Opsigonus era stata precedentemente riportata dal BASSANI (Descrizione dei pescî fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math-naturw. C1., vol. XLV, pag. 200. Wien, 1882). 8) F. BassanI. Risultati ottenuti dallo studio delle principali ittiofaune crétacee, pag. 6. Rend. R. Ist. Lombardo, serie II, vol. XVIII. Milano, 1885. 9 A. S. Woopwarp. Cat., p. III, pag. 499. London, 1895. 10) I. W. Davis. The fossil fishes of the Chalk of M. Lebanon in Syria. Scient. Trans. ofthe Roy. Dublin Soc., serie II, vol. III, pag. 503, tav. XXXV, fig. 1. 14) D. KRAMBERGER-GoRTANOVIC. De piscibus fossilibus Comeni, Mrzlecì, Lesinae et M. Libanonis ecc. Loc. cit., pag. 10, tav. III, fig. 1 e 4. Zagreb, 1395. e, MEZZA ACNE I VAT ROERO con 12 G. D'ERASMO « [70] confronto della nostra appare meno sviluppata. Un completo ed esatto paragone non è tuttavia possibile, perchè tanto i particolari della figura che lo stato di conservazione del fossile illustrato dall’ittiologo croato lasciano qualche dubbio in proposito, sopratutto per ciò che riguarda la costituzione delle apofisi spinose, lo sviluppo della dorsale e. dell’anale, il margine posteriore della coda, i caratteri delle squame e la pre- senza di fuleri alle pinne. Inscrivo pertanto con dubbio il gen. Opsigorus KRAMBERGER come sinonimo di Oeonoscopus Costa 1). Questo trova il suo posto adatto nella fam. Oligopleuridae insieme con gli altri due: Oligopleurus TEIOL- LIRE e Spathiurus Davis. Differisce dal primo per la mandibola non prominente, per i corpi vertebrali. forniti di due fosse laterali e per la dorsale in gran parte anteriore all’anale; si distingue dall’altro, col quale presenta peraltro maggiori rapporti di somiglianza, principalmente per la estensione minore della pinna dorsale, che nel gen. Spathiurus occupa quasi tutto il dorso. Fam. Leptolepidae. Gen. Leptolepis Ae. [L. Acassiz. Untersuchingen liber die fossilen Fische der Lias-Formation. Neues Jahrbuch f. Min, ete., 1832, pag. 146. — Id., Rech. s. les poîss. foss., 1833-44, vol. II, parte II, pag. 129. Sin. Ascalabos G. von Muenster. Beitrige Petrefakt., parte I (1839), pag. 112. Tharsis C. G. GreseL. Fauna d. Vorwelt, Fische (1848), pag. 145. Sarginites 0.G.Cosra. Paleontologia del Regno di Napoli, p.I. Atti Acc. Pont., vol. V, pag. 285. Napoli, 1853. — Megastoma O. G. Costa. Ibidem, pag. 287. Piotisoma O. G. Cosra. Ittiol. foss. ital., pag. 24. Napoli, 1860. Leptolepis Brodiei AG. — Tav. I [VIII], fig. 4-6. 1845. Leptolepis Brodiei L. AGassiz in P. B. Bropin. Fossi insectes of the secondary rocks of England, pag. 15, tav. I, fig. 1, 3. London. 1853. Sarginites pygmaeus O. G. Costa. Pal. del Regno di Napoli, p. I. Atti Ace. Pont., vol. V, pag. 285, tav. VII, fio. 65 8 le 09. 1853. Megastoma apenninum O. G. Costa. Ibidem, pag. 287, tav. VI, fig. 7 e 10. 1854. Piotisoma minimus O. G. Costa. Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Paleont. nel corso dell’anno 1853, pag. 6. Rend. Acc. Pont. Napoli, anno II. 1856. Sarginites pygmacus O. G. Costa. Pal., p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 7, tav. I, fig. 4. 1856. Megastoma apenninum O. G. Cosa. Ibidem, pag. 8, tav. I, fig. 3. 1860. Piotisoma minimum O. G. Costa. Ittiol. foss. ital., pag. 24, tav. II, fig. 9. 1864. Piotisoma minimum O. G. Cosra. Pal., p. III. Atti Ace. Pont., vol. VIII, pag. 105, tav. IX, fig. 9. 1864. Surginites pygmaeus O. G. Costa. App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VUI, Appendice, pag. 94, tav. NG ia Da 1879. Leptolepis neocomiensis F. Bassani. Vorliufige Mittheilungen ber die Fischfauna der Insel Lesina. Verhandlungen k. k. geolog. Reichsanstalt, n. 8, pag. 163. i Quanto all’esemplare del Giurassico di Ust-Balei, in Siberia, riferito dal RoHon al gen. Opsigonus e distinto col nome di Ops. gracilis (I. V. Romon. Die Jura-Fische von Ust-Balei in Ost-Sibirien, pag. 11, tav. I, fig. 6. Mém. de l’Acad. Imp. des Sciences de S. Petersbourg, s. VII, vol. XXXVIII, 1890), non appartiene alla famiglia della quale ci occupiamo, ma probabilmente alla fam. Palaeoniscidae (A. S. Woopwarp. Cat., p. INIL, pag. 499. London, 1895). [71] G. D'ERASMO 13 1879. Lepiolepis neocomiensis F. Bassani. Ueber cinige fossile Pische von Comen. Ibidem, pag. 204. 1882. Leptolepis neocomiensis F. Bassani. Deserix. dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., da math.-naturw. CI., vol. XLV, pag. 204 e 256, tav. IL fig. L-5. 1895. Leptolepis brodiei A. S. Woopwarp. A contribution tho Ihnowledge of the . fossil fishfauna of the english Purbek beds. Geological Magazine, new series, dec. IV, vol. II, pas suo tav VIE fioo 6) 1895. Leptolepis brodiei A. S. Woopwarp. Cat. of the foss. fishes in the Br. Mus., p. III, pag. DIS. 1912. Leptolepis Brodieì F. Bassani e G. D’ Erasmo. La ittiofauna del calcare eretacico di Capo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie 3.%, tomo XVII, pag. 229, tav. IV, fig. 6. Leptolepis Brodiei, molto abbondante a Pietraroia, è rappresentato nel Museo geologico di Napoli da 42 individui, due dei quali furono cortesemente donati dal prof. FEDERICO Sacco. ! È la più piccola fra tutte le specie di questo giacimento: gli esemplari maggiori misurano circa 5 centimetri; alcuni altri non rag- giungono i due. La testa, piuttosto grossa, è contenuta da tre volte e mezza a quattro nella lunghezza totale ed è minore della massima altezza del tronco, la quale è quasi doppia di quella del pedicello codale. Lo squarcio della bocca non giunge a livello dell’orbita, e mostra minutissimi denti conici inseriti sul premascellare e sul dentario; l’orbita è grande, alta ed attraversata dallo sfenoide nella sua parte inferiore. L'apparato opercolare è esteso e regolarmente arcuato; il preopercolo e la maggior parte delle ossa della testa si veggono percorse da leggerissime strie. i La colonna vertebrale risulta di 38 a 40 vertebre, presso a poco così alte che lunghe, delle quali la metà sono codali. Le neurapofisi della metà anteriore del tronco si mostrano fornite di appendici secon- darie; quella della metà posteriore sono, al pari delle corrispondenti emapofisi, piuttosto lunghe e leg- gerissimamente arcuate. Le coste non raggiungono l’orlo ventrale. Le pinne pettorali, la cui inserzione è un poco più vicina all'origine delle ventrali che all’estremità «del muso, contano da 10 a 12 raggi, di cui i più sviluppati misurano una lunghezza di cinque vertebre. Le ventrali, situate presso a poco alla metà della lunghezza di tutto il corpo, sono opposte al terzo, quarto o quinto raggio della pinna dorsale e dividono in due parti quasi uguali l'intervallo tra le pet- torali e l’anale 2. Mostrano 8 raggi, un poco più corti di quelli pettorali. La pinna dorsale, mediana, occupa un’estensione di cinque vertebre e risulta costituita da 10 raggi, i maggiori dei quali hanno una lunghezza corrispondente all’altezza del tronco a livello della loro inser- zione. A forte ingrandimento essi si vedono percorsi da leggeri solchi longitudinali. L’anale, che in parecchi fra i nostri esemplari è andata dispersa, comincia più vicino alla codale che alle ventrali, opposta all’undicesima vertebra a contare dall’indietro, ed ha sei o sette brevi raggi, uni- formemente decrescenti. !) Un altro esemplare, indicato come proveniente da Montesarchio (prov. di Benevento), fu donato nel 1893 dal dott. CATERINO. 2 Come il BASssanI e l’autore di questa memoria ebbero già ad osservare descrivendo i Lept. Brodiei di Castellam- mare, le differenze riscontrate tra gli esemplari di questa specie provenienti dai diversi giacimenti in ciò che riguarda i rapporti reciproci tra le pinne ventrali e la dorsale, sono apparenti e dipendono dalla varia distorsione degli in- dividui [Bassani e D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando presso Castellammare (Napoli). _ Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie 32, tomo XVII, nota a pag. 230]. ld G. D’ERASMO i [72] La pinna codale, robusta, è contenuta sei volte nella lunghezza complessiva dell’animale, ha il margine posteriore incavato e risulta di almeno undici raggi in ciascun lobo. Fra gli esemplari dei quali ho ora dato una diagnosi sommaria e complessiva, sei furono illustrati da O. G. Costa nella Paleontologia del Regno di Napoli e distinti con i nomi di Sarginites pygmaeus e Me-- gastoma apenninum. Come minuziosamente potè dimostrare fin dal 1882 il Bassani con la sola scorta delle fisure, tutte le differenze che indussero il precedente autore a tenere distinti i piccoli pesci di Pietraroia 1) Altri due individui di Leptolepis Brodiei provenienti da Pietraroia si conservano nel Museo Civico di Storia naturale: di Milano (n.' 1965 e 1971). Oltre ad essi vi è il piccolo esemplare rappresentato dalla fig. 7 della Tav. I [VIII], che merita un cenno speciale. [L'impronta si conserva nel Museo di Napoli (n.° 925), la controimpronta in quello di Mi- lano (n.° 2042) ]. z La lunghezza complessiva del corpo, di 56 millimetri, comprende quattro volte quella della testa e dell’apparato: opercolare, la quale è molto maggiore della massima altezza del tronco ; quest'ultima corrisponde al doppio del pe- dicello codale. La testa, diseretamente conservata, mostra a forte ingrandimento le sue ossa leggerissimamente ruvide; i pa- rietali sono piccoli e triangolari, i frontali lunghi e molto dilatati posteriormente. L’orbita, arrotondata, misura un diametro di tre millimetri e giunge con l’orlo posteriore alla metà della lunghezza della testa con l'apparato oper-. colare; lo sfenoide, molto delicato, è tangente al suo margine inferiore. Il premascellare, ristretto, non è completa- mente conservato; il mascellare, robusto e con l’orlo orale leggermente arcuato, presenta minuti denti conici molto. vicini fra loro, e si continua superiormente con alcuni frammenti ossei che devono essere ritenuti come sopramascel- lari. La mandibola mostra presso l’estremo anteriore il processo coronoide che caratterizza il gen. Leptolepis, ed hala superficie ruvidamente rigata. L'apparato opercolare è completo: il sottopercolo appare fornito di un breve processo, antero-superiore. Si contano 5 raggi branchiosteghi, che diventano man mano più larghi e robusti dall’innanzi al- l’indietro. La colonna vertebrale risulta di 47 vertebre (comprese quelle nascoste dall’apparato opercolare), che hanno per: la maggior parte i due diametri quasi uguali: soltanto quelle del tratto anteriore del tronco sono più alte che lunghe. La loro superficie presenta pochi rilievi di ossificazione secondaria, diretti nel senso longitudinale. Le vertebre co- dali, in numero di 18 0 19, sono fornite di apofisi spinose discretamente sviluppate e uniformemente arcuate; quelle: addominali presentano delicati e numerosi ossicini secondari alle neurapofisi. Le coste non giungono alla linea del ventre. Delle pinne pettorali rimane l’impronta: da questa si rileva che i raggi, in numero di poco più di una diecina. dovevano avere la loro inserzione a un centimetro e mezzo dall’estremità del muso e a 12 millimetri dall’origine: delle ventrali. Queste dividono quasi a metà la lunghezza di tutto il corpo e sono opposte al quinto raggio dorsale; la distanza. che le separa dall’anale è presso a poco uguale all’intervallo tra esse e le pettorali. Le ossa pelviche, lunghe circa. quattro vertebre, sostengono otto o nove raggi, che dovevano misurare da tre a quattro millimetri. La pinna dorsale è mal conservata; si può tuttavia affermare che doveva essere costituita da 13 0 14 raggi, oc- cupanti complessivamente un'estensione di circa un centimetro. L’anale, pure frammentaria, è ristretta e remota: si origina infatti più vicino alla coda che alle ventrali e porta. solo sei o sette raggi, spezzati all’estremità. La codale è incavata al margine posteriore e risulta in ciascun lobo di circa otto raggi divisi, un lungo raggio: semplice, e pochi altri piccoli, esterni. Confrontando questi caratteri con quelli sopra esposti per il Leptolepis Brodiei AG. e osservando le rispettive fo-. tografie degli esemplari, si nota subito come l’individuo alla Tav. I [VIII], fig. 7, il quale mostra tutte le partico- larità del gen. ZLeptolepis, offre grandissima affinità con questa specie. Non posso tuttavia associarlo ad essa senza. riserve, perchè presenta un maggior numero di vertebre e la pinna dorsale un poco più estesa; nè mi pare dall'altro. lato opportuno che queste differenze, riscontrate per ora soltanto sopra un esemplare non completamente conservato in tutte le sue parti, si possano considerare sufficienti per la istituzione di una nuova specie. 73] G. D'ERASMO 15 «dei quali mi occupo, a crederli ben differenziati dai Leptolepîs e a creare per essi due generi nuovi, ‘sono insussistenti o eclusivamente dovute allo stato di conservazione degli individui. Così per la presenza 0 mancanza di coste sternali e di pinna anale, per i caratteri dell’opercolo, per la struttura della pinna codale. Tanto Sarginites che Megastoma non sono dunque che Leptolepis, e vanno associati a Lept. Brodiei AG. !, riscontrato nel Cretacico dell'Istria (Comen), della Dalmazia (Lesina) e della Campania (Castel- lammare), nel Purbeckiano inferiore del Wiltshire (Inghilterra) e probabilmente anche nel Wealdiano del Belgio 2). Alla stessa specie riferisco la colonna vertebrale incompleta (n.° 1046 coll. Museo geol. Napoli) che il ‘Costa illustrò col nome di Piotisoma minimum ®. Le corrisponde infatti in tutti i particolari, poichè si deve ritenere che le ossicina le quali, secondo il predetto naturalista, chiudono la cavità toracica costituendo , ‘una sensibile chiglia, non sono altro che interspinosi e raggi di pinne, variamente spostati. Leptolepis Brodiei, che è la più piccola fra le specie conosciute di questo genere, presenta le maggiori ‘somiglianze con Lept. Voithì e con Lept. Neumayri, che provengono rispettivamente dal Portlandiano della Baviera e dal Cenomaniano dell’Istria e della Dalmazia #. La prima di queste due specie, affine per le propor- «zioni generali e per il numero delle vertebre, si distingue sopratutto per l'inserzione delle pinne ventrali, «assal più vicine all’anale che alle pettorali, oltre che per la posizione dell’anale, meno remota; mentre la ‘seconda, simile per le dimensioni approssimative del corpo e per l’origine della pinna anale, si differenzia principalmente per l’aspetto complessivo più tozzo e per il numero minore di vertebre. Tutte e due poi hanno un’apparenza più robusta e le pinne più sviluppate ®. Gen. Aethalion MuENSTER. [G. von MurnsreRr. Beitrag zur Kenniniss einiger neuen seltenen Versteinerungen aus den lithographischen Schie- fern in Bayern. Neues Jahrbuch f. Min. ete., pag. 41. Stuttgart, 1842]. Aethalion robustus Traquarr. — Tav. I [VIII], fig. 8. 1853. Pholidophorus stabianus (p. p.) O. G. Cosra. Pal. d. Regno di Napoli, parte I. Atti Acc. Pont., i vol. V, pag. 309, tav. VII, fis. 4 (non fis. 3). - 1864. Cyprinus vel Tinca O. G. Costa. App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VIII, Appendice, pag. 96, tav. VI, fig. 4. :(2) 1864. Sauropsidium laevissimum (p. p.) O. G. Cosra. Ibidem, pag. 96, tav. VI, fig. 5 (non tav. A). i. Anche il Megastoma apenninum Cosra illustrato nella Pa/., parte I (loc. cit., pag. 287, tav. VI, fig. 7 e 10), che ‘secondo l’opinione del Bassani rappresenterebbe probabilmente Lept. Neumayri Bass., deve ritenersi come Leptolepis Brodiei Ac. [F. Bassani. Risultati ottenuti dallo studio delle principali ittiofaune cretacee, pag. 6. Rend. R. Ist. Lomb., ‘serie II, vol. XVIII, fasc. X. Milano 1885; — A. S. Woopwarp. Cat. of the foss. fishes in the Br. Mus., p. III, pag. 515. London, 1895]. 2) R.H. TRAQUAIR. Yes poissons wealdiens de Bernissart, pag. 56 e 57, tav. XII, fig. 1-4. Mém. du Musée Royal -d’Hist. nat. de Belgique, tomo VI. Bruxelles, 1910 [col nome di Lept. formosus TRAQUAIR]. 3) Negli Studj sopra î terreni ad ittioliti delle provincie napolitane ece., parte II, Calcarea stratosa di Pietraroia, ‘pag. 10 (Atti R. Accad. delle Sc. fis. e matem. di Napoli, vol. II, 1865), l'esemplare è indicato col nome di Piotisoma minor. 4. Una specie affine a Leptolepis Voithi fu riscontrata pure nel calcare cenomaniano di Castellammare (BASSANI ‘e D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando presso Castellammare [Napoli]. Mem, Soc. It. d. Sc. [detta dei XL], serie 3.2, tomo XVII, pag. 231. Roma, 1912). 5) BASSANI e D’Erasmo. Loc. cit., pag. 231. 16 G. D'ERASMO [74] 1865. Pinca prisca O. G. Costa. Studj sopra i terreni ad ittioliti delle provincie napolitane ecc., parte II, Calcarea stratosa di Pietraroia. Atti R. Acc. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. II, pag. 80. 332. Sauropsidium laevissimum (?) F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. CI., Band XLV, pag. 243, 1910. Aethalion robustus R. H. Traquarr. Les poîssons wealdiens de Bernissart, pag. 50-54, fig. 19 e 20 nel testo e tav. XI. Mém. du Musée Royal d’Hist. nat. de Belgique, tomo VI. Bruxelles. 1912. Methalion robustus F. Bassani e G. D’ Erasmo. La ittiofuuna del calcare cretacico di Capo d’ Orlando presso Castellammare (Napoli). Mem. Soc. It. d. Sc. (detta dei XL), serie: 3.*, tomo XVII, pag. 234, tav. III, fis. 3 e tav. VI, fig. l e 2. L’unico esemplare di questa specie, rappresentato in grandezza naturale alla fig. 8 della Tav. I [VIII], è discretamente conservato, perchè privo soltanto del tratto posteriore della coda. Nella lunghezza totale, che si può calcolare di circa 10 centimetri, è contenuta quattro volte la lunghezza della testa con l’apparato: opercolare, non meno di tre volte e mezza la massima altezza del tronco, e più di otto quella del pedicello: | codale. La forma complessiva appare ovale allungata, con la maggiore altezza subito dietro il cinto tora- cico, ma occorre tener presente che questa appare maggiore del vero, per effetto dello schiacciamento subìto dall’esemplare: il profilo dorsale, regolarmente arcuato nella metà anteriore, diventa diritto dal principio: della pinna dorsale; la parte ventrale è notevolmente rigonfia. L’orbita è assai grande, la mandibola un po’ prominente e l’apertura della bocca ristretta ed obliqua. Non vi sono denti in posto; tuttavia dalle tracce qua e là rimaste si desume che essi dovevano essere: piccolissimi e conici. Le ossa dell’apparato opercolare non sono conservate: rimangono solo le impronte: di un preopercolo probabilmente stretto e di un opercolo più alto che lungo. I raggi branchiosteghi, nel. numero di una diecina, si fanno mano a mano più grandi verso l’indietro: i primi sono molto sottili ed arcuati, sli ultimi larghi e quasi diritti. b La colonna vertebrale, che ha per la sua mag- gior parte percorso rettilineo, piega leggermente: in su nell’ultimo tratto ed è costituita da 50 ver- tebre, delle quali almeno 20 sono codali. Queste. sono quasi tutte più alte che lunghe e presentano: la superficie percorsa da rilievi longitudinali irre- golari e piuttosto fitti, perfettamente distinguibili, anche quando (come nella metà anteriore del tron- co) delle vertebre non sono rimaste che le im- pronte (Fig.22). Le neurapofisi, discretamente forti e leggermente arcuate, sono tutte fornite di ossi- cini secondari, più numerosi nella parte che pre- cede la pinna dorsale; delle emapofisi le ultime cinque, le quali sostengono i raggi del lobo infe- Fic. 22. Aethalion robustus TRAQUAIR. riore della pinna codale, sono più sviluppate di Vertebre della regione codale [molto ingr.]. i ona 9 La, scio dia SCR bi vertebre iniimpronta]i tutte le altre e allargate all’estremità distale. Le: coste, sottili e numerose, erano lunghe fin quasi a raggiungere l’orlo ventrale e attraversate longitudinal- mente da un solco. EI E TTT Je e eg E sd atiatà L e _ [C5] G. D'ERASMO 17 Le pinne pettorali. la cui origine è un po’ più vicina a quella delle ventrali che all’estremità del muso, risultano di un raggio semplice, robusto, e di circa dodici divisi, di cui gli anteriori, più lunghi, misurano dieci vertebre; gli altri si abbreviano gradatamente. Due centimetri le dividono dall’origine delle ventrali, le quali sono opposte al principio della dorsale e distano più dalle pettorali che dall’anale. Sostenute da ossa pelviche lunghe e strette, le pinne addominali contano sette o otto raggi, che all’estremità appaiono ripetutamente suddivisi. La dorsale s' inizia un po’ prima della metà di tutto il corpo ed occupa alla base un’estensione di dodici ‘ millimetri, presso a poco corrispondente all’altezza del pedicello codale. Vi conto 4 raggi semplici e 12 divisi: i primi misurano una lunghezza rispettiva di millimetri 2, 4, 6 e 18; gli altri si accorciano regolar- mente da due a mezzo centimetro. I raggi semplici sono portati da tre interspinosi, dei quali i primi due sono brevissimi e il terzo è lungo; quelli divisi hanno un interapofisario ciascuno, la cui lunghezza va diminuendo lentamente, al pari di quella dei raggi, verso l’ indietro. Nella regione compresa tra l’occipite e la pinna dorsale rimangono, parzialmente conservati, circa una diecina di ossicini sopraneurali. La pinna anale ha principio alla fine dei tre quinti della lunghezza complessiva del pesce, a livello della quattordicesima vertebra codale, a contare dall’indietro. Il suo primo raggio è un po’ più vicino alle ventrali che alla coda; l’ultimo divide a metà lo spazio tra l’origine dell’anale e il pedicello codale. L’esten- sione basale della pinna in discorso, un po’ minore di quella della dorsale, corrisponde a circa un cen- timetro. La costituiscono 13 raggi, di cui i tre anteriori sono semplici; tutti ripetono la disposizione di quelli dorsali, dei quali peraltro sono alquanto più brevi. I raggi divisi mostrano molte e sottili ramifi- cazioni all’estremità libera ed almeno per metà del loro percorso sono distintamente articolati. Gl° inte- rapofisari, in numero di 12, presentano un leggero solco nel senso della loro lunghezza e si abbreviano, dall’innanzi all’indietro, da otto a quattro millimetri. La pinna codale, incompleta sopra e sotto per la troncatura della roccia, è forcuta. I suoi raggi si attaccano in buona parte alle emapofisi delle ultime vertebre, perchè, come abbiamo già visto, la colonna vertebrale si ripiega in alto nell’ultimo tratto. Im ciascun lobo conto dieci raggi divisi e fittamente di- stinti in articoli da linee sinuose, oltre a un lungo raggio semplice e a cinque o sei molto brevi, esterni. Questi dovevano essere preceduti da una piccola squama, in forma di losanga allungata; quella del lobo superiore, che era la sola conservata e parzialmente coperta dalla roccia, si è fratturata durante l’isolamento. L’esemplare ora descritto, benchè offra, per effetto della deformazione in seguito a schiacciamento, a prima vista un aspetto piuttosto tozzo che contribuisce a darne una idea poco conforme a verità, pre- senta un complesso di caratteri che lo fanno ascrivere al gen. Aethalion Munster. A prescindere dalle dimensioni notevolmente minori, esso corrisponde in quasi tutte le sue particolarità ad Aethalion robustus TRAQUAIR, riscontrato nel Wealdiano di Bernissart (Belgio) e nel Cenomaniano di Castellammare (Napoli). Vero è che nel fossile di Pietraroia la posizione della dorsale e delle ventrali non corrisponde in gene- rale perfettamente a quella che si riscontra negli esemplari finora ascritti a detta specie, e che la testa è forse anche proporzionatamente un po’ più piccola, ma non si può d’altra parte dare soverchia impor- tanza a queste piccole variazioni che possono benissimo dipendere, oltre che dalla varia età degli indi- vidui, dalla facilità con cui alcune parti (per es., le ventrali) possono andar spostate durante la fossiliz- zazione. Tenuto conto che fra i numerosi esemplari di Aet%. robustus dello stesso giacimento di Bernissart, esistono, secondo le osservazioni del TraquAIR ®, numerose differenze di proporzioni e di forma che in i) R. H. TRAQUAIR. Les poissons wealdiens de Bernissart, pag. 50. Mém. du Musée Royal d’Hist. nat. de Belgique, t. VI. Bruxelles, 1910. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 3 18 G. D’ERASMO [76] base ad attento esame devono solo considerarsi come apparenti, io non esito a ritenere come un giovane individuo di questa specie il fossile da me studiato. !' Abbondantissima nelle argille wealdiane del Belgio, la specie in discorso ha dunque i suoi ultimi rappresentanti nei calcari cenomaniani di Castellammare e di Pietraroia. Il frammento illustrato da O. G. Costa alla tav. VI, fig. 5, dell’ App. alla Paleontologia col nome di Sauropsidium laevissimum è da riferirsi alla fam. Leptolepidae. La mancanza al dentario di quell’apofisi particolare, diretta in alto, la quale costituisce la caratteristica principale del gen. Leptolepîs, indurrebbe a ritenerlo piuttosto un Aethalion, ma l'esemplare è troppo incompleto per una esatta determinazione. Fam. Elopidae. Gen. Sauropsidium Costa. [O. G. Costa. Paleont. del Regno di Napoli, p. II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 12. Napoli, 1856 (non p. I. Atti Acc. Pont., vol. V, 1853, pag. 322) ]. Sauropsidium laevissimum Cosra. — Tav. III [X]. 1856. Sauropsidium laevissimum O. G. Costa. Pal. del Regno di Napoli, parte II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 12, tav. I, fig. 1 [non Pal., p. I. Atti Acc. Pont., vol. V, 1853, pag. 322, tav. VI, fig. 1). 1864. Sauropsidium laevissimum O. G. Costa. App. alla Pal. Atti Acc. Pont., vol. VIII, Appendice. pag. 96, tav. A [non tav. VI, fig. 5]. 1865. Sauropsidium laevissimum O. G. Cosna. Studj sopra î terreni ad attioliti delle provincie napolitane ecc. parte II, Calcarea stratosa di Pietraroia. Atti R. Ace. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. II, pag. 9, tav. I [non Sauropsidium laevissimum O. G. Cosra. Nuove osservazioni e scoverte intorno ai fossili della calcarea ad ittioliti di Pietraroia. Ibidem, 1866, pag. 5, tav. II, fig. 1 e 1]. 1882. Sauropsidium laevissimum F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. i Wiss., math.-naturw. Cl., Band XLV, pag. 241-243. Wien. 1901. Sauropsidium laevissimum A. S. Woopwarp. Catalogue of the fossil fishes in the Br. Mus., p. IV, pag. 58. London. Riferisco alla specie sopra indicata gli esemplari seguenti: a) Individuo completo, in ottimo stato di conservazione, figurato dal Costa, senza descrizione, nell’ App. alla Pal., tav. A, e negli Studj sopra i terreni ad ittioliti ecc., parte II, tav. I (n.° 1087 coll. Museo geol. Napoli); : 3) Individuo incompleto, mancante della pinna dorsale e con l’anale e la codale frammentarie, illu- strato dal Costa nella Pal., parte II, pag. 12, tav. I, fig. 1; i Credo utile rilevare anche la grande somiglianza che il nostro esemplare di Pietraroia presenta, nell’aspetto e nelle proporzioni generali, con quello proveniente dal calearecenomaniano di Hajula (M. Libano) e illustrato dal- l’Hay [On a collection of Upper Cretaceous fishes from Mount Lebanon, Syria, with descriptions of four new genera and nineteen new species. Bull. Amer. Mus. Nat. Hist., vol. XIX, pag. 4830, tav. XXXIV, fig. 1. New York, 1903] con il nome di Microcoelia Dayi. La terminazione della colonna vertebrale e lo sviluppo delle pinne dorsale ed anale dimostrano tuttavia, al pari di altri caratteri secondari, che si tratta di genere distinto. Mi; iL | [77] G. D'ERASMO 19 c) Individuo mancante di quasi tutta la testa e molto distorto in seguito alla fossilizzazione (n.° 1079); d) Colonna vertebrale con avanzi della testa e delle pinne dorsale e ventrale (n.° 827); e) Tratto posteriore del tronco con anale e porzione della codale (n.° 974). All’infuori dell’ esemplare alla lettera 3, che non ho trovato in collezione, tutti gli altri si conservano nel Museo geologico dell’Università di Napoli. Per la descrizione mi gioverò sopratutto del fossile intero, la cui ottima conservazione permette di non tralasciare quasi nessun carattere degno di nota, limitandomi a semplici accenni agli altri, che per il loro stato consentono solo pochissime osservazioni. Il pesce rappresentato dalla Tavola III [X] misura nella lunghezza complessiva 38 centimetri e mezzo. La testa con l’apparato opercolare, della estensione di quasi otto centimetri, vi è contenuta circa cinque volte, e quattro volte doveva esservi compresa la massima altezza del tronco, la quale appare maggiore del vero per effetto dello schiacciamento subìto. Non tenendo conto di questo, le linee che segnano i profili dorsale e ventrale sono arcuate e dànno al tronco una forma regolarmente allungata. L’ altezza del pedicello codale, quasi uguale alla metà della lunghezza della testa e dell’apparato opercolare, sta due volte e mezza in quella maggiore del corpo. La testa è piccola, triangolare. Le ossa che ne costituiscono la parte superiore hanno generalmente la superficie ornata da leggiere rughe raggiate (p. es., parte posteriore del frontale). L’orbita è alta e arrotondata; il suo centro dista verticalmente dall’ orlo inferiore del capo il doppio del tratto che lo di- vide dall’orlo superiore. L’apertura della bocca, piccola, non raggiunge il margine anteriore dell’orbita. . Gl’intermascellari, notevolmente sviluppati, e la mandibola, un poco più corta della mascella superiore, non mostrano tracce sicure di denti in posto; alcuni molto piccoli, quasi emisferici, neri, sì osservano Sparsi qua e là, e parecchi altri, della stessa forma e un po’ spaziati fra loro, si vedono nel fossile alla lettera d (n.° 827 Museo geol. Napoli). L'apparato opercolare è molto esteso, ma le ossa che lo compongono sono in più punti screpolate e rotte. Dietro il quadrato si scorgono gli avanzi di tre o quattro raggi branchiosteghi. Nell’esemplare al n.° 827 l’opercolo, conservato soltanto superiormente, mostra poche grinze presso l’orlo anteriore, rilevato, e parecchie sottilissime rughe, decorrenti obliquamente dall’avanti all’in- dietro, presso l’orlo posteriore. La colonna vertebrale decorre rettilinea per la maggior parte del suo percorso e piega in su nell’ul- timo tratto: conta 62 vertebre, delle quali sette sono nascoste dall’apparato opercolare e venti sono co- dali. Tutte appaiono molto rilevate alle facce articolari, e nella parte mediana alcune mostrano, a forte ingrandimento, piccoli e numerosi rilievi paralleli di ossificazione secondaria, diretti nel senso longitudinale. Le anteriori, più alte che lunghe, sono meno robuste delle successive, le quali si vanno facendo mano a mano più lunghe; quelle della regione tra le ventrali e l’anale, che sono le più forti, hanno presso a. poco uguali i due diametri; le ultime, pur conservando l’eguaglianza fra l’altezza e la lunghezza, diven- tano alquanto più piccole. Le neurapofisi anteriori, che sono le più lunghe, misurano sette vertebre co- dali e giungono a meno di un centimetro dal profilo dorsale; esse sono sottili, diritte o con leggera concavità anteriore. Le seguenti, che si trovano in corrispondenza dell’origine della pinna dorsale, sono più corte (quattro vertebre codali), un po’ più forti alla base e piegate leggermente ad arco verso l’in- dietro. Quelle della metà posteriore del tronco, notevolmente robuste, conservano generalmente tutte la medesima lunghezza delle precedenti, delle quali sono più arcuate, ad eccezione delle ultime che sosten- gono la pinna codale, che sono diritte, più lunghe e molto inclinate. Le neurapofisi anteriori pre- sentano, fin quasi alla metà della dorsale, delicati ossicini secondari. Le emapofisi hanno d’ordinario, meno le prime che sono più brevi, la medesima forma e inclinazione delle corrispondenti apofisi superiori, ed al pari di queste giungono per la maggior parte a dodici o tredici millimetri di distanza dal profilo del 20 G. D’ERASMO ) [78] corpo. Le coste, piuttosto brevi, non giungono con la loro:estremità all’ orlo ventrale; si presentano quasi tutte concave verso l’avanti, all'infuori di quelle che si trovano dopo l'inserzione delle ventrali e e che sono quasi diritte e meno sviluppate delle anteriori. Le pinne pettorali distano dall’estremità del muso di un tratto presso a poco uguale alla estensione della pinna dorsale e di poco inferiore allo spazio esistente tra pettorali e ventrali. Nel fossile figurato esse appaiono sostenute da una clavicola piuttosto larga e costituite da un grosso raggio semplice e da circa dieci divisi. Il raggio semplice, straordinariamente robusto, con la testa articolare molto rilevata, non è conservato fino alla estremità; come si vede nella Tav. III [X], la parte distale è ripetutamente spezzata e le porzioni del raggio sono variamente spostate. Non è difficile tuttavia calcolarne con suffi- ciente - approssimazione la lunghezza, la quale doveva quasi raggiungere quella della testa con l'apparato opercolare, misurando complessivamente circa otto centimetri. Nel terzo basale esso è intero e a super- ficie perfettamente liscia, mentre per il resto del suo percorso appare brevemente articolato (Fig. 23, @) e fittamente solcato nel senso longitudinale, tanto da assumere ad occhio nudo l’aspetto di un raggio enor- memente suddiviso. A forte ingrandimento peraltro si vede che i solchi non raggiungono gli orli di di- 3} Fic. 23. Sauropsidium laevissimum Costa. a, schema del primo raggio delle pinne pettorali [poco ingrand.]. b, articoli di detto raggio, molto ingranditi. visione tra due articoli vicini (Fig. 23, b). I raggi divisi, che sono presso a poco egualmente lunghi, hanno uno sviluppo corrispondente alla metà del raggio semplice ; gli articoli sono più lunghi che larghi. !) Le pinne ventrali, inserite a livello del decimo raggio dorsale e all’altezza della 33. vertebra addo- minale, distano più dall’estremità del muso che dal pedicello della coda e sono un po’ più vicine all’anale che alle pettorali. Le ossa pelviche, sottili, misurano una lunghezza di sette vertebre. Conto un raggio semplice e dieci divisi: tanto-quelli che questi hanno la medesima forma dei raggi pettorali, ma sviluppo un poco minore (da 38 a 26 millimetri) ?. i La dorsale s’inizia un po’ avanti il punto medio tra l'estremità del.muso e il pedicello codale, a livello della 29.* vertebra, e termina ad una distanza dal principio della coda uguale alla lunghezza della testa con l'apparato opercolare; la sua estensione basale, corrispondente alla lunghezza di 17 vertebre, è quasi uguale all’intervallo che separa l'origine delle ventrali da quella dell’anale. Vi si contano 4 raggi semplici e 22 divisi: quelli sono lunghi rispettivamente 1, 2, 4 e 7 centimetri; questi vanno rapidamente diminuendo da 66 fino a 30 millimetri nella metà anteriore, e più lentamente, da 28 fino a 14, in quella 1) Nell’esemplare figurato dal Costa (Pal., parte II, tav. I, fig. 1) le pettorali, benchè frammentarie, mostrano la medesima costituzione; notevole è infatti lo sviluppo del raggio semplice di dette pinne. 2) Il Costa asserisce (Pa/., parte II. Atti Acc. Pont., vol. VII, p. I, pag. 15) che le ventrali sono più grandi delle pettorali, ma in realtà nell’esemplare da lui illustrato queste sono incomplete per la troncatura della roccia (Op. cît., tav. I, fig. 1). BISI RI MT SEI RIONI 79] G. D'ERASMO 21 posteriore. In conseguenza di tale sviluppo diverso dei raggi, la linea che riunisce l'estremità libera dei raggi dorsali. è notevolmente incavata. Gl’interspinosi, discretamente forti e quasi tutti diritti, si accor- ‘ciano gradatamente da 23 a 13 millimetri. La pinna anale, più vicina alla codale che alle ventrali, comincia a livello della dodicesima vertebra, ‘a contare dall’indietro, e finisce all’altezza della sesta, occupando alla base un’esten- ‘sione di 29 millimetri, corrispondente ai due quinti di quella della dorsale. L’ultimo raggio divide a metà lo spazio tra l’ origine dell’anale e il pedicello della coda. I primi quattro raggi (Fis. 24), semplici, robusti e terminati in punta, misurano una lunghezza ‘rispettiva di mm. 3, 6, 10 e 47: i tre anteriori fra essi sono inarticolati; il più lungo invece è, per almeno due terzi del suo percorso, nettamente distinto in articoli più lunghi che larghi e longitudinalmente solcati. I raggi divisi, nel numero di dieci, sono pur essi brevemente articolati e mostrano non meno di sedici sottilissimi rami all’estre- mità libera; la loro lunghezza va regolarmente diminuendo da 49 a 14 millimetri, e la linea che congiunge la loro parte distale è un poco arcuata in avanti. Conto undici interapofisari: il primo, che sostiene i raggi semplici, è assai più lungo degli altri (mm. 31), notevolmente ingrossato vicino alla base e mostra, a forte ingrandimento, la superficie completamente cosparsa di granuli minutissimi (Fig. 24); i seguenti misu- rano da 20 a 15 millimetri e si rassomigliano a quelli dorsali. La codale, contenuta un po’ più di quattro volte nella lunghezza complessiva del- l’animale, è forcuta. Il lobo superiore risulta di sette raggi semplici e di nove divisi; nel lobo inferiore essi sono rispettivamente sei e otto. Dei raggi semplici l’ultimo, che è il più lungo, misura nove centimetri; gli altri sono brevissimi (da 35 a 5 millimetri). ea ‘Quelli divisi si ramificano non meno di cinque volte durante il loro percorso; sicchè IRA ciascun raggio presenta all’estremità ben trentadue sottili filamenti. Tutti i raggi sono Raggi semplici e primo articolati; gli articoli presso la base presentano il diametro longitudinale minore di SARA anni ‘quello trasversale, poi si fanno così alti che lunghi, e nella metà distale sono molto grand. nat] più lunghi che alti. Le linee che dividono ciascun articolo da quelli contigui sono generalmente sinuose (Pig. 25). Le squame, piuttosto piccole e molto delicate, sono generalmente un poco più lunghe che alte e mo- ‘strano con la lente finissime strie concentriche ‘d’accrescimento. Alla base della pinna codale, tanto sopra che sotto, si osserva una lunga squa- ‘ma aculeata, a superficie liscia, in forma di lo- -sanga, che ha il diametro longitudinale di milli- ‘metri 26 e il trasversale di 4. Quella del lobo in- feriore è incompleta per una rottura della roccia. Fi. 25. Sauropsidium laevissimum Costa. Un raggio diviso della pinna codale [grand. nat.]. Come ho già accennato, l'esemplare ora esaminato, che è rappresentato in grandezza naturale alla Tav. III [X], venne figurato, senza descrizione, da O. G. Cosra (1864 e 1865) col nome di Sauro- psidium laevissimum; ad esso corrispondono perfettamente, in tutti i particolari, gli altri tre avanzi in- ‘completi che ho precedentemente indicati alle lettere c, d, e, e che si conservano nel Museo geologico «di Napoli. Vi si può pure associare senza alcun dubbio un quinto ittiolito, illustrato dal Costa nella parte II della sua Paleontologia del Regno di Napoli (pag. 12, tav. I, fig. 1) anche col nome di Sauropsidium G. D’ERASMO [80] DO DO laevissimum: benchè l’originale sia andato disperso e la descrizione contenga spesso dei dati poco con- cordi con i caratteri da me innanzi esposti, la figura che l’accompagna dimostra all’ evidenza l’identità di questo individuo con quello di cui mi sono dianzi occupato. I cinque fossili di Pietraroia presentano le maggiori affinità col pesce proveniente dal Sopracretacico. dei dintorni di Sendenhorst, in Westfalia, per il quale il von peR MARCK istituì nel 1868 il senere Da- ctylopogon (D. grandis) *: si possono infatti ritenere identici molti fra i caratteri principali, che riguar- dano Ja testa e la ornamentazione delle sue ossa, la disposizione delle mascelle e lo sviluppo della denta- tura, il numero e il diametro delle vertebre, l’inserzione approssimativa delle pinne, le squame, e sopra- tutto lo sviluppo notevole del primo raggio delle pinne pettorali e la presenza di due squame aculeate: alla base della codale. Tuttavia i nostri esemplari si possono considerare come sicuramente differenziati da quello della Westfalia: infatti, in confronto di questo, presentano il tronco proporzionatamente più alto, il numero totale delle vertebre minore, la regione codale meno estesa, le ventrali collocate dopo l’ori- gine della dorsale e non un po’ prima, la pinna anale meno sviluppata e inserita dopo la fine della dorsale anzichè opposta al suo ultimo raggio. Per tali motivi, pur rilevandone gli stretti rapporti di somi- glianza, preferisco conservare distinti i dye generi. i i Desidero completare queste osservazioni rilevando che gli altri ittioliti di Pietraroia ascritti da O. G. Costa al gen. Sawropsidium spettano, come già sostenne ripetutamente e giustamente il Bassani? e come: noi vedremo tra breve ®, a generi diversi; e che il piccolo frammento di tronco, proveniente dal calcare: cenomaniano di Hakel (M. Libano), per il quale il KRAMBERGER-GoRJANOVIC istituì una seconda specie di Dactylopogon (D. parvulus KRAMB.){, benchè offra notevoli rapporti con i fossili da me precedentemente: passati in rassegna, è troppo incompleto ® per permettere di esprimere un sicuro giudizio ©. Gen. Elopopsis HECKEL [J. J. Hrcxnu. Beitrige zur Kenniniss der fossilen Fische Oesterreichs. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-na- turw. Cl., Band XI (1856), pag. 251.] Sin. Hyptius O. G. Cosra. Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno di Napol nel 1856. < Giambattista Vico », vol. I, pag. 69. Napoli, 1857; — In. Paleontologia del Regno di Napoli, p. III. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 79. Napoli, 1864. Pristignathus O. G. Cosra |dn sch.]. i) W. von DER MARK u. C. ScaLUTER. Newe Fische und Krebse aus der Kreide von Westphalen. Palaeontographica,. vol. XV, pag. 278, tav. XLI, fig. 1. Cassel, 1868. 2) F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina, accompagnata da appunti su alcune'altre ittiofaune cretacee. Denkschr. k. Akad. Wiss., math. naturw. C1., Band XLV, pag. 241. Wien, 1882; — In. Risultati ottenuti dallo studio delle: principali ittiofaune cretacee, pag. 7. Rend. R. Istituto Lombardo, serie II, vol. XVIII, fasc. X. Milano, 1885. 8) Vedi pag. 27-29 [85-87] di questo lavoro. 4) D. Gorsanovic-KRAMBERGER. De piscibus fossilibus Comeni, Mreleci, Lesinae et M. Libanoniîs ete., pag. 41, tav. VII, fig. 8. Opera Acad. Scientiarum et artium Slavorum merid., vol. XVI. Zagreb, 1895. 5) A. S. WoopwarRD. Catalogue of the fossil fishes in the Br. Mus., p. IV, pag. 249. London, 1901. 6 Il TRAQUAIR nella descrizione dell’ Aethalion robustus del Wealdiano di Bernissart (Belgio) rileva l'affinità che: questa specie presenta col Sauropsidium laevissimum di Pietraroia figurato dal Cosra nella Pal., p. II, pag. 12, tav. I, fig. 1; ma in realtà queste somiglianze sono più apparenti che reali [R. H. TRAQUAIR. Les poîsson wealdiens. de Bernissart, pag. 53. Mém. du Musée Royal d’Hist. nat. de Belgique, tomo VI (1910). Bruxelles, 1911]. _ [81] | i G. D’ERASMO 93 Elopopsis atf. Fenzli Hrox. — Tav. IV [XI]. 1853. Sauropsidium luevissimum O. G. Costa. Pal., p. I. Atti Acc. Pont., vol. V, pag. 322, tav. VI, fig. L. 1854. Sauropsidium angusticauda O. G. Costa. Cenni intorno alle scoperte fatte nel Regno riguardanti la Pa- leontologia nel corso dell’anno 1853, pag. 5. Rend. Acc. Pont., anno IU vinse E 1860. Sauropsidium angusticauda O. G. Costa. Ittiol. foss. ital., pag. 9, tav. II, fig. 2. 1864. Sauropsidium gracilicauda O. G. Costa. Pal., p. III. Atti Ace. Pont. Napoli, vol. VIII, pag. 60, tav. sé IX, fig. 2. 1864. Hyptrus Sebastiani O. G. Costa. Ibidem, pag. 80, tav. XI, fig. 6, 13 e 14.4) 1864. Pristignathus O. G. Costa [in sch.|. 1866. Sauropsidium laevissimum O. G. Costa. Nuove osservazioni e scoverte intorno ui fossili della calcarea ad èttioliti di Pietraroia. Atti R. Acc. Se. fis. e mat. di Napoli, i vol. Il, pag. 5, tav. III, fig. 1. 1882. Hyptius Sebastiani F. Bassani. Descrizione dei pesci fossili di Lesina ecc. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. C1., vol. XLV, pag. 241-243. 1901. Hyptus Sebastiani A. S. Woonwarp. Catalogue of the fossil fishes in the Br. Mus., parte IV, pag. 58» London. Esemplare n. 1. L’individuo rappresentato dalla fig. 1 della Tav. IV [XI], al quale manca soltanto la coda per la ‘troncatura della roccia, doveva nella lunghezza totale misurare circa 22 centimetri. La testa e Ja parte ‘anteriore del tronco sono schiacciate verticalmente, sicchè non riesce possibile determinare la massima ‘altezza del tronco. La lunghezza della testa con l’apparato opercolare è compresa meno di tre volte nel ‘tratto che va dalle pinne pettorali al pedicello codale. S sm : LI : MIL - > MVNYi Fic. 26. Elopopsis aff. Fenzli HECKEL. Fia. 27. Mascellare [mx] e sopramascel- Elopopsis att. Fenzli HECKEL. lare [sm]. Preopercolo [ingr. 2 : 1). ingr. 2:11). . Le ossa della testa sono generalmente liscie o appena rugose; a giudicare dalla lunghezza delle ‘mascelle, lo squarcio della bocca doveva essere ampio. Vedo soltanto pochi denti conici e un po’ arcuati, spostati qua e là tra le varie ossa. La porzione prossimale del mascellare superiore è parzialmente co- perta da un largo sopramascellare, il quale è fornito di un lungo processo anteriore (Fig. 26). Nella parte 1) Negli Studi sopra î terreni ad ittioliti delle provincie napolitane ecc., parte II, Calcarea stratosa di Pietraroia ‘(Atti della R. Acc. Sc. fis. e mat., vol, II. Napoli, 1865), alla pag. 9 questa specie è indicata col nome di Zehthyus Sebastiani. 24 G. D'ERASMO [82]! più alta si scorge la placca golare, in parte conservata. Dell’apparato opercolare restano il preopercolo, rilevato all’orlo anteriore e con larghi solchi diretti radialmente verso il margine posteriore, che doveva essere verosimilmente intero (Fig. 27), e l’opercolo, più alto che lungo, asportato nella parte inferiore e: con la superficie percorsa da leggere e fitte striature decorrenti parallelamente dall’innanzi all’indietro. La colonna vertebrale mostra 67 vertebre più alte che lunghe; quelle che si trovano al di sopra della pinna anale sono le più robuste ed hanno i due diametri quasi uguali tra loro. Almeno 20 dovevano essere codali. Le coste appaiono molto lunghe e longitudinalmente solcate; le apofisi spinose, pure bene: sviluppate, diventano mano a mano più brevi e più forti nell’ultimo tratto del corpo. Le pinne pettorali, incomplete, presentano un raggio semplice e sette o otto (?) divisi. La loro origine, che corrisponde alla fine del primo quarto della lunghezza totale, divide a metà lo spazio tra l’estremità. del muso e il principio della dorsale. Le ventrali, opposte agli ultimi raggi dorsali, sono un po’ più vicine al pedicello codale che all’in- serzione delle pettorali. Le ossa pelviche, molto strette, hanno una lunghezza di 14 millimetri, uguale a quella di sei vertebre, e circa altrettanto dovevano essere sviluppati i raggi, dei quali non rimangono: che le impronte. Da queste si rileva che dovevano essere in numero di nove, di cui il primo, più robusto, era semplice, e gli altri divisi. La pinna dorsale principia alla metà del corpo, a livello della 33.8 vertebra, e divide egualmente lo: spazio tra l’origine delle pettorali e quella dell’anale. Ha alla base un’estensione di circa otto vertebre: e comprende 12 o 13 raggi, gradualmente decrescenti, dei quali i maggiori misuravano una lunghezza di almeno due centimetri. Gli interspinosi, molto robusti, sono un po’ incavati all’indietro. L’anale, molto frammentaria, doveva essere piccolissima: si contano otto raggi dei quali non è pos- sibile determinare la lunghezza; il primo dista dal pedicello codale i due terzi del tratto che lo divide: dalle ventrali e il quarto di quello che lo separa dalle pettorali. Complessivamente, essi sono opposti alle vertebre 11.8-14, a contare dall’indietro. La codale, conservata soltanto nella parte basale, non permette di stabilire la sua costituzione; i raggi, molto numerosi, appaiono per la maggior parte articolati. Le squame, di cui si vedono gli avanzi ‘qua e là nella regione dorsale e che hanno lasciato nitide: impronte nella parte ventrale, sono piccole, molto più alte che lunghe nel tratto scoperto, e col margine: posteriore intero e regolarmente arcuato. Il percorso della linea laterale, visibile innanzi alla coda, è indicato da un doppio rilievo longitudinale. Esemplare n. 2. L'individuo riprodotto alla fig. 2 della Tav. IV [XI] misura complessivamente 23 centimetri nella; lunghezza e 5 nella massima altezza, la quale appare più grande del vero per effetto dello schiacciamento: subìto dall’esemplare. Alquanto maggiore dell’altezza è la lunghezza della testa con l’apparato opercolare, che è compresa un po’ più di quattro volte nella estensione totale del pesce e due volte e mezza nel' tratto che va dalle pettorali al pedicello della coda. Le ossa della testa sono liscie o percorse da leggerissime strie longitudinali; il muso è acuto, lo squarcio: della bocca' grande. Si scorgono soltanto tre o quattro denti, vicino all’estremità distale delle ossa ma- scellari, i quali sono conici e piuttosto piccoli. Le ossa della volta cranica e quelle dell’apparato opercolare: sono talmente frammentate che non è in alcun modo possibile rilevarne i caratteri. Conto una ventina di raggi branchiosteghi, dei quali gli ultimi quattro o cinque dovevano essere lunghi ed. espansi; gli anteriori. sono brevissimi. 183] G. D'ERASMO 95 La colonna vertebrale era costituita da 62 o 63 vertebre visibili, a cui bisogna aggiungerne poche altre, che si trovavano sotto l'apparato opercolare. Quelle dell’ultimo tratto del corpo sono asportate. Tutte hanno il diametro verticale maggiore di quello longitudinale, ma la sproporzione, notevolissima nelle vertebre della metà anteriore del corpo, diventa minima in quelle del tratto fra le ventrali e l’anale. Queste ultime, che sono le meglio conservate, mostrano gli orli anteriore e posteriore notevolmente rilevati e la superficie leggermente depressa nel mezzo: non si vedono rilievi longitudinali. Le neurapofisi anteriori hanno numerose appendici secondarie: quelle posteriori sono, come le corrispondenti emapofisi, robuste, arcuate e mano a mano decrescenti verso l’indietro. Le coste sono piuttosto lunghe, sopratutto verso la metà del corpo; le anteriori, un po’ più robuste, si mostrano solcate longitudinalmente. Le pinne pettorali sono inserite alla fine del primo quarto della lunghezza totale e mostrano un raggio semplice e otto (?) divisi. A forte ingrandimento tutti appaiono articolati nella parte distale. Le ventrali non sono conservate: si vedono soltanto le ossa pelviche e deboli tracce di qualche raggio. A giudicare da quelle, le pinne in discorso dovevano stare alla metà del corpo, un po’ più vicino all’anale che alle pettorali, e dovevano essere opposte agli ultimi raggi della’ dorsale. Questa ha la sua origine alla metà del corpo, esclusa la coda, a livello della 25* vertebra addominale, ed è pure incompleto: ai primi sei raggi succede una spazio vuoto di un centimetro e mezzo,. dietro il quale appaiono gli avanzi degli ultimi quattro o cinque raggi. Complessivamente, è probabile che l’estensione basale di questa pinna misurasse 26 millimetri, pari alla lunghezza di nove vertebre codali. L’anale è inserita presso a poco a livello della 53.2 vertebra e dista dal pedicello codale i due terzi dello spazio che la divide dalle ventrali e la metà di quello che la separa dal livello del primo raggio dorsale. Enumero sette brevi interapofisari e la parte basale di altrettanti raggi, ma non posso determinarne x la quantità complessiva, perchè subito dopo la roccia è spezzata. La pinna codale, la cui lunghezza è contenuta quasi sei volte e mezza in quella totale del corpo, è forcuta. Vi si contano 16 raggi divisi, 2 semplici e, nel solo lobo inferiore, almeno 8 piccoli, esterni. I primi sono ripetutamente ramificati all’estremità; i lunghi raggi semplici, molto ingrossati verso la metà del loro cammino, hanno la superficie percorsa da sottilissime strie parallele e longitudinali. Tutti sono distintamente articolati: gli articoli, più lunghi che larghi, e le linee di separazione ondulate. Le squame, piccole, generalmente splendenti, mostrano qua e là leggeri solchi parallelamente diretti verso l’indietro. Esemplare n. 3. Quest’individuo, che mostra la testa, un po’ obliquamente, dal lato ventrale, misurava nella lunghezza totale 18 centimetri e mezzo (Tav. IV [XI], fig. 3). Per gli spostamenti subìti dalle varie parti del corpo durante la fossilizzazione e per lo stato frammentario delle pinne, esso permette di aggiungere soltanto pochi particolari. i La lunghezza delle ossa mascellari fa credere che lo squarcio boccale sia stato grande: presso la loro estremità si scorgono tre denti conici, arcuati e mano a mano crescenti verso l’interno. Nella parte su- pero-posteriore della testa rimangono gli avanzi dell’apparato opercolare di destra, del quale si distingue Sopratutto il caratteristico preopercolo, posteriormente scolpito da profondi solchi intercalati da rilievi. I raggi branchiosteghi, molto numerosi, sommano a 25 circa per lato. Conto 65 vertebre più alte che lunghe, ispessite presso gli orli anteriore e posteriore e con la superficie percorsa da ruvide striature o punteggiature. Si può calcolare che 22 o 23 fossero codali. Le apofisi spinose, Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 4 26 G. D’ERASMO ; [84] discretamente lunghe e quasi diritte nella metà anteriore del tronco, diventano gradatamente più brevi e molto piegate all’indietro nella regione codale; le coste, in numero di circa 40 paia, si mostrano percorse longitudinalmente da un solco che giunge fin presso alla loro estremità. La pinna pettorale di destra, verosimilmente spostata indietro, si vede a livello della colonna vertebrale; quella di sinistra, incompleta, giace presso l’orlo ventrale, un po’ innanzi il livello della precedente. Conto non meno di sedici raggi, il primo dei quali è robusto e semplice, gli altri articolati e divisi. Le ventrali, molto frammentarie, paiono inserite a metà della lunghezza della colonna vertebrale, a livello dei raggi posteriori della pinna dorsale e un po’ più vicino alle pettorali che al pedicello codale. I raggi rimasti sono nel numero di nove. La dorsale, pure mal conservata, s'inizia a metà del corpo ed ha una diecina di raggi gradatamente decrescenti, che nell’insieme occupano una estensione di 12 millimetri. Non si può escludere che alcuni altri, sopratutto nella parte posteriore, siano stati asportati. La lunghezza di quelli più sviluppati corrisponde alla estensione di otto vertebre codali. Dell’anale non restano tracce sicure. La codale, incompleta per la troncatura della roccia, risulta in totale di circa 35 raggi: già a poca i distanza dalla base essi sono per la maggior parte articolati, e gli articoli, che sono separati da linee sinuose, hanno il diametro longitudinale maggiore di quello trasverso. Delle squame rimangono scarsissimi avanzi, che le fanno ritenere assai piccole e arrotondate. A for- tissimo ingrandimento si possono scorgere le strie concentriche di accrescimento. Sotto forma di un doppio solco brevemente interrotto restano sulla roccia le nitide impronte della linea laterale, visibili nella parte ventrale dal pedicello della coda fino alle pinne pettorali. TA Esemplare n. 4. (Tav. IV [XI], fig. 4). — Quest’individuo, acquistato recentemente dal Museo geologico di Napoli, è più piccolo dei precedenti, misurando nella lunghezza totale 16 centimetri e mezzo. La massima altezza non è determinabile, perchè il fossile si presenta supino. La lunghezza della testa e dell’apparato opercolare sta circa quattro volte in quella complessiva del corpo. Rimangono le impronte di parecchi denti conici piuttosto robusti; le ossa mascellari appaiono ruvi- damente rigate nel senso della loro lunghezza. Lo squarcio della bocca, doveva essere molto ampio. I raggi branchiosteghi, numerosi, si fanno gradatamente più grossi verso l’indietro. La colonna vertebrale risulta di 61 o 62 vertebre, a cui si può aggiungerne forse altre due, nascoste sotto l’opercolo. Per la maggior parte più alte che lunghe, esse diventano a diametri quasi uguali innanzi alla coda. Le apofisi spinose e le coste hanno l’aspetto già indicato per gli esemplari precedenti. Le pinne pettorali mostrano circa 18 raggi, dei quali il primo è semplice. Sovrapposta alle prime vertebre è quella di destra, mentre la corrispondente di sinistra si vede presso l’orlo inferiore del pesce. La loro inserzione è presso a poco a metà della distanza tra l’estremità del muso e l'origine delle ventrali. Di queste rimane soltanto l’impronta all’altezza degli ultimi raggi dorsali. Le ossa pelviche, strette e lunghe, giungono con la loro estremità a livello del principio di detta pinna. La dorsale comincia un po’ prima della metà del corpo, a livello della 32.* vertebra, con un robusto raggio semplîce la cui lunghezza eguaglia quella di 10 vertebre codali. Dei pochi raggi divisi che seguono non è prudente stabilire il numero, perchè assai probabilmente la pinna dorsale è incompleta. L’anale non è conservata. [85] G. D’ERASMO 27 La codale, compresa sette volte nella lunghezza totale, è forcuta ed ha otto raggi divisi, un lungo raggio semplice e almeno sei piccoli, esterni. Tutti sono largamente articolati. Le: squame sono conservate qua e là in piccole zone: appaiono piccole, liscie, arrotondate. Sopra e sotto la colonna vertebrale si distingue nettamente la linea laterale dei due lati. Esemplare n. DE Aggiungo poche osservazioni su di un frammento che conserva la testa e la parte anteriore della regione addominale, perchè, essendo fossilizzato di fianco, mostra meglio dei precedenti l’aspetto generale del capo. Disgraziatamente di quasi tutte le ossa esistono soltanto le impronte, sicchè non è generalmente possibile stabilire la loro ornamentazione. Il premascellare, piuttosco corto, doveva portare piccoli denti conici, due dei quali si vedono spezzati presso l’estremo anteriore del muso. Il mascellare superiore, molto sviluppato e col margine orale un po’ convesso, si spinge oltre l’orlo posteriore dell’orbita e nella metà prossimale conserva le tracce di un osso di forma triangolare allungata, che si può considerare soprama- scellare. La mandibola, pure molto lunga, mostra soltanto le impronte di pochi denti di forma conica e spaziati. Nello squarcio della bocca, notevolmente ampio, pare di scorgere un dente piuttosto robusto, della solita forma a punta, spettante alla mascella superiore. Il preopercolo, largo al suo angolo, mostra i solchi raggiati già descritti per gli esemplari precedenti. Così l’opercolo, le pinne pettorali e la parte conservata della colonna vertebrale non aggiungono alcun nuovo particolare ai caratteri stabiliti per gli esemplari innanzi passati in rassegna. All’infuori di quelli ai numeri 4 e 5, gl’ittioliti precedentemeute descritti furono già illustrati da O. G. Costa: il fossile al n. 1 col nome di Sauropsidium laevissimum (Pal., p. I. Atti Acc. Pont., vol. V, pag. 322, tav. VI, fis. 1); quello al num. 2 dapprima col nome di Sauropsidium angusticauda (Ittiol. foss. ital., pag. 9, tav. II, fig. 2) e poi con l’altro di Saur. gracilicauda (Pal., p. IMI. Atti Acc. Pont., vol. VIII, pag. 60, tav. IX, fig. 2), e quello al n. 3 col nome di Hyptius Sebastiani (-Pal., p. III. Loc. cit., pag. 80, tav. XI, fig. 6) !. L'esame dettagliato da me istituito dimostra che essi non si possono tenere separati nè genericamente nè specificamente, perchè le differenze esistenti tra loro sono dovute o a inesattezze di rilievo da parte del naturalista napoletano o a deformazione e cattiva conservazione delle diverse parti. Altrettanto è da ritenersi per quelli ai numeri 4 e 5. Un accurato confronto induce a stabilire per tutti e cinque i seguenti caratteri specifici comuni: Lunghezza della testa con l’apparato opercolare alquanto maggiore della massima altezza del tronco e contenuta almeno due volte e mezza nel tratto compreso tra le pinne pettorali e il pedicello codale. Ossa craniche liscie o leggermente rugose. Squarcio della bocca grande e obliquo all’insù; denti conici e un po? arcuati. Un osso sopramascellare. Opercolo più alto che lungo; preopercolo con larghi solchi radiali. Vertebre circa 65, di cui 22 ‘codali; coste lunghe e longitudinalmente solcate. Pettorali alla fine del primo quarto della lunghezza totale con un raggio semplice e circa 18 divisi; ventrali più brevi, opposte agli ultimi raggi della dorsale, con 9 raggi. Dorsale quasi a metà del corpo, ad uguale distanza tra le pettorali e l’anale, con 12 0 13(?) raggi. Anale remota e brevissima, con circa 8 raggi. Codale forcuta. Squame piccole; arrotondate, con leggieri solchi diretti parallelamente verso l’indietro. % i) Alle fig. 13 e 14 della ‘medesima tavola il Costa riprodusse altri due frammenti, dei quali io non ho creduto utile ripetere la descrizione, perchè non aggiungerebbero alcun nuovo particolare a quelli indicati per gli esemplari precedenti. 28 G. D'ERASMO |86] Agli esemplari di cui mi sono finora occupato si deve aggiungere, come rappresentante della medesima specie, il frammento illustrato da O. G. Costa nelle Nuove osservazioni e scoverte intorno ai fossili della calcarea ad ittioliti di Pietraroia (Atti d. R. Acc. d. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. II, 1866, pag. 5, tav. IIL fiò. 1) col nome di Sauropsidium laevissimum, che non ho potuto trovare in collezione: la figura ne dimostra tuttavia l'identità con gl’individui innanzi esaminati. A questi corrisponde pure una mascella inferiore isolata, in discreto stato di conservazione, che non appare descritta nè figurata in alcuna delle opere del Cosa, ma reca sull’etichetta, scritta di suo pugno, l'indicazione: Pristignathus Costa. Le due metà sim- metriche dell’osso sono spostate in maniera che l’una appare al di sopra dell’altra; tuttavia sono rico- noscibili, come nell’esemplare al n. 5, i denti conici, piuttosto larghi alla base e spaziati, che l’armavano. Ne conto sette nei due terzi posteriori della mandibola, ma è certo che non dovevano essere meno di dieci. La massima lunghezza di quest’osso è di millimetri 34, l’altezza di otto. Spettano ancora alla specie in discussione parecchi altri avanzi, di diversa grandezza ein vario stato di conservazione, appartenenti al Museo geologico di Napoli, dei quali non credo necessario tenere speciale parola perchè non furono illustrati in precedenza e ripetono, più o meno esattamente, le particolarità già enunciate per quelli che sono innanzi descritti. Tutti dimostrano che questa specie era molto abbondante sul calcare cenomaniano di Pietraroia ”. Quanto alla posizione sistematica di essa, è fuor di dubbio che ci troviamo innanzi a pesci della famiglia Elopidae, e precisamente di uno dei due generi E/opopsis HeckeL o Osmeroides Acassiz, i quali si dif- ferenziano tra loro principalmente per la grandezza dei denti e dello squarcio boccale. Benchè in tutti gl’individui da me studiati lo stato di conservazione dei denti lasci sempre assai a desiderare, o squarcio della bocca, molto grande, induce a considerarli come E/opopsis. Infatti nello studio della ittiofauna del calcare cretacico del Capo d'Orlando presso Castellammare, compiuto dal prof. Bassani e dall’autore di questa memoria, a proposito dell’ Elopopsis Fenzli Hrcx. di quella località si concluse che nella sinonimia di questa specie doveva verosimilmente rientrare Hyptius Sebastiani Costa di Pietraroia 2). Ora peraltro, stabilito in sèguito al confronto precedente che gli Hyptius Sebastiani, è Sauropsidium laevissimum ed angu- sticauda vel gracilicauda prima elencati costituiscono un’unica specie; determinati con maggior precisione, in base al notevole numero dei fossili, i caratteri di questa, appare arduo e non pienamente giustificato includere i nostri pesci fossili nella citata specie dell’ittiologo austriaco. Pur presentando infatti maggiori rapporti con Elopopsìs Fenzli che con le altre specie del genere, essi se ne differenziano per i denti meno sviluppati, per il numero maggiore delle vertebre e per la pinna dorsale più breve e più remota. Inscrivo pertanto gl’ittioliti di Pietraroia con il nome di Elopopsis aff. El. Fenzlì Heckst, riscontrato. nel calcare cenomaniano di Comen, in Istria, e di Capo d'Orlando presso Castellammare (Napoli). Per ciò che riguarda la momenclatura, il gen. Sauropsidium Costa (1853), istituito prima del gen. Elopo- psis HECKEL (1856), dovrebbe per priorità essere conservato; ma siccome il Costa lo adoperò per indicare va- rie specie appartenenti a generi diversi ® ed io l’ho già adottato per fossili certamente differenti da quelli dei quali mi sono testè occupato; siccome d’altra parte il gen. Elopopsìs è generalmente noto per le classiche descrizioni dell’HeckeL, del KnER, del WoopwaArp e di molti altri autori; siccome infine gl’ittioliti di Pie- 1) Un altro esemplare, in discreto stato di conservazione, appartiene al Museo Civico di Storia naturale di Milano. 2) F, Bassani e G. D’Erasmo. La ittiofauna del calcare cretacico di Capo d'Orlando presso Castellammare (Napolì). Loc. cit., pag. 241. Roma, 1912. 3) Vedi pag. 18 [76] e pag. 21-22 [79-80]. [87] G. D’'ERASMO 29 traroia, per quanto numerosi, non sono certo i meglio conservati per poterlì considerare come tipici di «un genere, concludo riferendo al gen. E/opopsis tutti i Sauropsidixm compresi nella precedente sinonimia. Gen. Hemielopopsis Bassani. [E. Bassani. Vorliufige Mttheilungen diber die Mischfuuna der Insel Lesina. Verhandl. k. k. geolog. Reichsanst., 1879, n. $, pag. 164; — In. Descrizione dei pesci fussili di Lesina, accompagnata da appunti su alcune altre ittiofaune cretacee. Denkschr. k. Akad. Wiss., math.-naturw. C1., Band XLV, pag. 215. Wien, 1882.] Hemielopopsis gibbus Kraw.-Gorg. — Tav. V [XII], fig. 1,2. 1886. MHemielopopsis gibbus D. Gorzanovic-KrAMBERGER. Palaeoichthyologische Beitriige. Soc. Hist. Nat. Croatica, vol. I, pag. 128. Zagreb. 1891. Henmielopopsis gibbus D. Gorzanovic-KramBerGER. Palaeoîchthyoloxki Priloxi, II. Rad. Jugoslav. Akad., vol. CVI, pag. 67, tav. VIII, fig. 3. Zagreb. 1901. Hemielopopsis gibbus A. S. Woonwarp. Catalogue of the fossil fishes in the British Museum, p. IV, pag. 58. London. Hemielopopsis gibbus, fondato sopra un solo esemplare incompleto proveniente dall’isola di Lesina, in Dalmazia, è rappresentato a Pietraroia da quattro individui. Il più frammentario reca l’ indicazione “ Sau- ropsidium luevissimum Costa ,; nessuno peraltro fu descritto o figurato da questo naturalista. Sono disgra- ziatamente incompleti, perchè tutti e quattro privi della testa e due senza la pinna codale; tuttavia la loro «descrizione giova a completare la diagnosi della specie data dal KRAMBERGER, perchè i fossile illustrato da «questo autore ha tutte le pinne in cattivo stato di conservazione. La forma complessiva del corpo è tozza; nella lunghezza totale, che si può calcolare non sorpassasse i ‘venti centimetri, doveva essere contenuta circa quattro volte la massima altezza del tronco. L’altezza del ‘pedicello codale corrisponde alla metà di quella del tronco a livello degli ultimi raggi dorsali. _ Per lo stato di conservazione degli esemplari non è possibile determinare con esattezza il rumero totale «delle vertebre. Infatti in quello alla fig. 2 della Tav. V [XII] (n.° 879, Coll. Museo, geol. Napoli) se ne veg- gono 33, in quello al n.° 889 se ne contano 36, nell’altro al n.° 892 (Tav. V [XII], fig. 1) circa 40; ed è in tutti i fossili evidente che nella parte anteriore del tronco ve ne dovevano essere altre, le quali sono -asportate. Calcolando queste con l’aiuto delle coste e della inserzione delle pinne pettorali, si può verosi- milmente concludere che la colonna vertebrale doveva essere costituita da 47 c 48 vertebre. Le codali sono 18, sebbene nell’individuo alla fig. 2 (n.° 879) questo numero sembri alquanto minore. Tutte sono ro- buste ed hanno i centri depressi nella parte mediana e notevolmente ingrossati alle due facce articolari : le anteriori sono più alte che lunghe, le successive si fanno mano a mano più basse e le ultime sono ‘a diametri uguali. Le neurapofisi anteriori, piuttosto sottili ma lunghe, presentano numerose appendici secondarie; le posteriori sono robuste e, ad eccezione delle ultime che camminano diritte, notevolmente piegate ad arco verso l’indietro. Le emapofisi, pure bene sviluppate e un poco arcuate, partono a livello delle corrispondenti apofisi superiori, cioè al punto medio della lunghezza di ciascuna vertebra. Le coste, .a concavità anteriore, sono lunghe, giungendo con la loro estremità libera a poca distanza dall’orlo ventrale. Le pinne pettorali, sempre frammentarie, risultano formate da non meno di 10 raggi, fittamente ar- ticolati, divisi all’estremità e gradatamente decrescenti in lunghezza verso l’indietro; i maggiori dove- ‘vano essere lunghi circa cinque vertebre codali. Il loro estremo posteriore giunge a livello della trente- «Sima- vertebra, a contare. dall’indietro. 30 G. D'ERASMO [88] Le ventrali, inserite più vicino all’anale che alle pettorali, distano da queste ultime pinne di uno spazio alquanto superiore alla massima altezza del tronco. Nell’esemplare al n.° 892 (Tav. V [XII], fig. 1). esse, notevolmente spostate verso l’indietro in sèguito alla fossilizzazione, sono giunte a pochi millimetri ‘ di distanza dal principio dell’anale. Le ossa pelviche, robuste e piuttosto tozze, dividono a metà lo spazio: compreso tra le pettorali e l’anale: l'intervallo infatti che va dalla loro estremità libera all’origine delle: pettorali è presso a poco uguale a quello che separa l’estremo posteriore di dette ossa dall'inizio dell’anale.. Conto una diecina di raggi, un poco più corti di quelli pettorali. La pinna dorsale, opposta alle ventrali, è mediana, occupa un’estensione di almeno due centimetri: (esemplare al n.° 892) e termina a livello della diciassettesima vertebra, a contare dall’ indietro. Sebbene: lo stato di conservazione della pinna in discorso sia generalmente tale da non permettere di escludere: ogni dubbio in proposito, si può ritenere che i raggi che la componevano non sorpassavano il numero di 10, e che i più sviluppati fra questi raggiungevano una lunghezza di sette a otto vertebre. Gl’interspinosi sono corti ma robusti, e i raggi per la maggior parte articolati e divisi più volte. La pinna anale, più vicina alla coda che alle ventrali, comincia all’altezza della decima vertebra (contate dall’indietro) e finisce a livello della sesta, occupando alla base uno spazio di quattro vertebre, presso a poco uguale a quello che divide l’ultimo suo raggio dall’origine della coda. Vi enumero 10 raggi, sostenuti da 9 interspinosi: quelli, ad eccezione dei due anteriori, cortissimi, decrescono regolarmente dall’avanti. all'indietro da 15 fino a 8 millimetri; questi appaiono più lunghi degl’interapofisari della dorsale e si abbreviano molto rapidamente. Anche i raggi anali sono brevemente articolati e più volte divisi all’estremità.. La coda, conservata discretamente nell’esemplare al n.° 889, parzialmente in quello alla Tav. V [XII], fig. 2 (n.° 879) e asportata negli altri, è un poco forcuta. In ciascun lobo si contano nove raggi ripetutamente: ramificati, un lungo raggio semplice e sette esterni, mano a mano decrescenti. Eccettuati i più piccoli fra. questi ultimi, tutti gli altri sono articolati; ogni articolo, presso a poco così alto che lungo, è diviso dai. ‘ contigui da una linea leggermente ondulata. Gl’individui testè descritti corrispondono, come ho detto precedentemente, all’esemplare di Lesina, conservato nell’Istituto geologico di Vienna, che fu illustrato nel 1891 dal dott. GorJANOVIC-KRAMBERGER: col nome di Hemielopopsis gibbus. Sebbene per parecchi caratteri, riguardanti sopratutto la posizione delle pinne e la loro costituzione, essi aggiungano nuovi dati alla diagnosi del naturalista croato e si affratellino. ancor più agl’ittioliti, pure di Lesina, per i quali il BAssanI aveva precedentemente istituto il gen. Hemielo- popsis, malauguratamente la mancanza della testa in tutti i fossili da me studiati m’ impedisce di rilevare con precisione tutte le particolarità generiche e di discuterne i rapporti con gli altri generi della fam. Elopidae, alla quale vanno sicuramente riferiti. Mi limito quindi ad inscrivere i quattro avanzi di Pietraroia col nome di Hemielopopsis gibbus, notando che questa specie si distingue dalle altre due fondate dal BassaNI (H. Suessi ed H. gracilis) per il numero diverso di raggi alle pinne, per la maggiore altezza del pedicello: della coda, per il numero minore di vertebre codali, e dalla prima di esse anche per lo sviluppo minore: dei raggi dorsali più lunghi. Gen. Hypsospondylus KRAMB.-GoRI. [D. KramsrrerRr-Gorsanovio. Palaeoichihyolozki Priloxi. Rad. Jugoslav. Akad., vol. LXXII, pag. 30. Zagreb,. 1884; — In. Palaeoichthyologische Beitrige. Soc. Hist. Nat. Croatica, vol. I, pag. 129. Zagreb, 1886]. OR SERV de {[89] G. D'ERASMO 31 Hypsospondylus Bassanii Krawmg.-Gors, — Tav. V [XII], fig. 3. 1853. Lepidotus oblongus O. G. Cosra. Paleontologia del Regno di Napoli, parte I. Atti Acc. Pont., vol. V, i pag. 305, tav. VII, fig. 7. 1864, * CRE Dall’esame della non troppo povera fauna di questi strati assai facili sono le deduzioni cronologiche. Esse scaturiscono naturalmente da uno sguardo alla tabella delle forme e delle loro corrispondenze che qui riproduco. Risulta adunque che di trentuna forma che costituiscono la fauna studiata quattro sono indeterminabili e nove sono nuove. Ne restano quindi diciotto che possono servire a determinazioni eronologiche. Tutte quante queste diciotto forme sono a comune cogli altri giacimenti ordoviciani carnici; e più specialmente undici si trovano anche al Palon di Pizzul, cinque a Meledis e dieci a Lanza. A comune con Uggwa se ne contano undici sieure e due dubbie. Delle nove specie non peculiari alla Carnia la Monotrypa certa Pocra è del Mesosilu- rico boemo, le altre tutte sono del Caradoc inglese. Non vi può quindi essere il più piccolo dubbio che gli scisti varicolori, sottostanti al calcare grigio- ‘chiaro devoniano dell’alta parete del Capolago e sovrastanti ai calcari rosati neosilurici sono da riferirsi all’Ordoviciano e più specialmente al Caradoc superiore, come gli altri giacimenti ora noti delle Carniche, e che x quindi la serie della base del Capolago (Seekopfsockel) ® è una serie rovesciata. Parma, Istituto geologico dell’Università, gennaio 1915. ') Il costone detto così dai tedeschi ha oggi un altro nome impostogli dal 2:° reggimento alpini che ha conqui- stata la conca di Voluia. Si chiama costone Lambertenghi dal nome dell’ufficiale che vi trovò una gloriosa morte. (Nota aggiunta sulle ultime bozze nel luglio 1915). [19] NOME DELLA SPECIE P. VINASSA DE REGNY Palon di Pizzul Scisti verdi Scisti rossi velàbi160% È To a ALPI CARNICHE Meledis | Chiadin di Lanza 115 Caradoce europeo Protocrisina carnica n. f. Ceramopora Gortanii n. f. Graptodictya sp. Nematopora sp. Prasopora fistuliporoides VINASSA . Prasopora carnica VINASSA Monotrypella Consuelo Vinassa Hallopora Taramellii Vinassa . Hallopora forojuliensis VINASSA . Hallopora cearnica n. f. Hallopora filicina n. f. Trematopora Taramellii Ma Rio Batostoma Canavarii n. f. Batostoma (?) n. f. Diplotrypa Bassleri n. f. Acanhotrypa carnica Vinassa Monotrypa certa Poc. Monotrypa Paronai VINASSA . Monotrypa simplicissima VINASSA . Orthis Actoniae Sow. Orthis flabellulum Sow. Orchis calligramma DALM. Orthis porcata M’ Coy . Orthis unguis Sow. sp. Orthis alternata Sow. Orthis patera Sarm. in MNGH. Orthis carnica VINASSA Strophomena expansa Sow. Pleurotomaria n. f. Trochus (?) volaianus n. f. Strophostylus carnicus Vinassa . | ++ | | | | ++t+t+4+4 | | | SE | | ++ — | SI +++++ +++ Finito di stampare il 28 luglio 1915 ++++ | | MICHELE GORTANI CONTRIBUZIONI ALLO STUDIO DEL PALEOZOICO CARNICO V. FOSSILI EODEVONICI DELLA BASE DEL CAPOLAGO (SEEKOPFSSOCKEL). (con Tav. XIV-XVI [I-III] e 1 fig. intercalata). INTRODUZIONE. Nella regione di Volaia, ormai classica per lo studio del Siluriano e Devoniano alpino, speciale cura fu posta dai rilevatori austriaci e tedeschi (StAcHE, FrEcH, GeyER, SpITz) nell’esame delle due serie stratigrafiche del Capolago (Seekopf) e della Valentina; le quali, in apparenza regolari e indisturbate, diedero modo di distin- guere termini numerosi e furono ritenute fondamentali non soltanto per lo studio geologico regionale, ma anche per la geologia generale come tipi rappresentativi del Paleozoico inferiore delle Alpi. L’accurato rilevamento delle altre parti della Catena principale Carnica, e in particolare dei monti di Pau- laro, dove il Vinassa ed io eravamo riusciti a mettere in luce una serie fossilifera meso e neosilurica notevol- ‘mente estesa e con facies caratteristiche e costanti, ci aveva però condotti a ritenere molto strana e difficil- mente spiegabile la serie stabilita dai colleghi di oltr’alpe per la regione di Volaia. Le serie non si corrispondevano nè per i tipi di rocce, nè per l’ordine di successione dei termini, nè per i ca- ratteri paleontologici; ciò che pareva singolare, data la breve distanza, la natura dei terreni, le risultanze pa- leogeografiche ormai acquisite. Si aggiungevano a queste difficoltà le stranezze che, sopra tutto nella serie del Capolago, non erano interamente sfuggite neppure ai rilevatori medesimi; e in particolare: la presenza di avanzi vegetali (impronte calamitoidi) male spiegabili in terreni siluriani; la parvenza di minore antichità nei vari fossili rinvenuti in termini inferiori della serie; l’asserita indeterminabilità di numerosissimi fossili di cui secondo i rilevatori eran zeppi gli scisti e calcoscisti al passaggio fra Neosilurico ed Eodevonico, passaggio controsegnato da calcari con Coralli silicizzati in tutta la parte orientale del Nucleo Centrale Carnico. S’imponeva quindi, da parte nostra, uno studio minuzioso delle classiche serie della regione di Volaia; studio che, dopo i rilevamenti ripetuti e concordi dei nostri valorosi predecessori, temevamo però destinato a non grandi risultati concreti. Il risultato fu invece superiore alle nostre più ardite speranze, poichè ci condusse ad affermare che la serie alla base del Capolago è rovesciata, mentre che ancor più profondamente sconvolta è la serie della Valentina, In particolare, i fossili definiti come indeterminabili negli scisti fra il Neosilurico e le sovrastanti masse calcaree 4) Vedi per le parti I, II e IV: Palaeontographia italica, vol. XII (1906), vol. XIII (1907) e vol. XVII (1911); per la parte III: Mem. R. Acc. Sc. Bologna, serie 6, vol. IV, 1907. 118, M. GORTANI di scogliera eodevoniche, si sono dimostrati sicuramente determinabili come Brachiopodi e Treptostomi ordovi- ciani; i termini calcarei inferiori della serie hanno dato una ricca fauna eodevoniea, dimostrandosi contemporanei dei calcari di scogliera superiori; il complesso scistoso-arenaceo con impronte calamitoidi è carbonifero e tra- Sgressivo DE | Tali affermazioni, destinate a ripercuotersi profondamente così sulla ‘interpretazione g geologica e nei del Nucleo Centrale Carnico, come sulla conoscenza-del-Paleozoico alpino, debbono essere ampiamente documen- tate. Importanza essenziale hanno i fossili ordoviciani degli scisti e calcoscisti intermedi ed i fossili eodevonici. dei calcari inferiori della serie. Il Prof. Vinassa ha compiuto lo studio dei Brachiopodi e Treptostomi ordovi- ciani ”.. Scopo del presente lavoro è l'illustrazione della fauna eodevonica. Tutti i fossili des serittàr nelle pagine seguenti furono da me raccolti în pos sto nei calcari sottostanti agli” strati calcarei neosilurici con Orthoceras, alla base del Capolago (Seekopf) e pre- cisamente alla base dello sperone che si eleva sopra il passo e il lago. di Volaia * ESCRIZIONE DELLA FAUNA. Bryozoa. Fam. Fenestellidae Kino. . Gen. Fenestella LonsDALE. i I CO 1. Fenestella sp. cfr. Julii Gorrani. 1911. Fenestella (Isotrypa?) Julii Gerrani. Oontribuzioni allo studio del Paleoxioico Carnico. IV. La fauna meso- devonica di Monumenz. Palaeontogr. Italica., XVII, p. 147 (7), t. XVE (1), fig. 2, 3. i Della fronda, che ha l’aspetto generale della Y. Juli, è visibile soltanto la faccia esterna. Il reticolo è minuto, abbastanza regolare. I rami sono paralleli fra loro, poco ramosi, allungati; il loro spessore è appena di mm. 0,2 a 0,3. Sono acutamente carenati sulla linea mediana. I ponti di collegamento. che hanno lo stesso diametro dei rami, sono disposti perpendicolarmente ad essi. Le finestrelle sono ora ovali, ora subesagonali-oblunghe, ora subret- tangolari; misurano mm. 0,4-0,8 in lunghezza e mm. 0,3-0,6 in larghezza: in un centimetro d’intervallo se ne contano in media 10 o 12 nel senso longitudinale e 14 o 15 nel senso trasversale. 4) Vedi: P. Vinassa DE REGNY e M. GORTANI. oe condizioni geologiche della conca di Volaia e dell’alta Valentina (Alpi Carniche). Boll. Soc. geol. ital., XXXII, pag. 445-50, Roma, 1913; — P. Vinassa. Die geologischen Verhdlinisse am Wolajersee. Verh. k. k. geol. R.-Anst., pag. on Wien, 1914; — M. GoRTANI. Tevisione del rilevamento geologico nel Nuclèo Uentrale Carnico. Boll. R. Comi geol. d’Ital., XLIV, pag. 309 314, Roma, 1914. i i 2) «P. Vinassa: DE REGNY. dat ordoviciani del Capolago (Seekopf) presso il passo di Volaia (Alpi Carniche): Palaeontogr. Ital., XXI, pag. 97. Pisa, 1915. ì 3 Durante la stampa di 0) lavoro, lo sperone in parola, che non aveva prima d’ora alcun nome, fu via zato dal comandante del Battaglione Alpini « Dronero . Costone Lambertenghi, in memoria ed onore del tenente LamerRIENGHI che vi lasciò eroicamente la vita nella conquista del passo di Volaia, contro truppe austriache sal- damente trincerate su quella posizione dominante. citati 13] i M. GORTANI 119 Se veramente si tratta della Y. Jul, come la pertetta analogia dell’impalcatura lascia supporre con fonda- mento, questo esemplare permette di completare la descrizione di tale forma, nota finora soltanto per i carat- teri della faccia interna. i i i | Brachiopoda. Ord. Aphaneropegmata \VAAGEN. Fam. Strophomenidae Kixc. Gen. Orthis DALman. 2. Orthis (Schizophoria) striatula Scuorneni sp. © 1813. Anomia terebratulites siriatulus ScaLorzem. Bettrige ur Naturgeschichte der Versteinerungen in geo- gnostischer Hinsicht. LronzaRD's Taschenbuch f. ges. Miner., VII, tav. I, fig. 6. 7 1911. Orthis (Schixophoria) striatula GortanI. Pauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 150 (10) (cum syn.). 1913. Schixophoria striatula Prosser. Systematic Palaeontology. Middle Devonian. Maryland geol. Surv., pag. 5 170, tav. XIV, fig. 13, 14 (cum syn.). 1913. — Crarke. Systematic Palacontology. Upper Devonian. Maryland geol. Surv., pag. i 572, tav. LII, fig, 14-18; tav. LIII, fig. 1, 10 (cum syn.). Due soli esemplari: uno di essi ridotto a porzione della valva ventrale; l’altro completo, abbastanza ben con- servato, con porzione del guscio mancante sul lato dorsale, così dalasciare scorgere le impronte dei muscoli e delle lamine dentarie. La conformazione e la scultura di questo esemplare sono perfettamente corrispondenti a una figura del Cowper ReEeD (The Devonian Faunas of the Northern Shan States. Paleontol. Ind., n. ser., II, 5, tav. XIII, fig. 21). Le dimensioni ne sono notevoli: mm. 24 di altezza, mm. 28 di larghezza, mm. 15 di spessore. Alla fronte si contano da 13 a 15 costicine in ogni intervallo di 5 millimetri. 3. Orthis (Dalmanella) cfr. perelegans Harr. — Tav. XIV [I], fig. 1. 1857. Orthis perelegans Han. Xth Annual Report of New York State Cabinet of Natural History, pag. 44, fig. 1. 1859. — Harr. Palaeontology of New York, III, pag. 171, tav. XIII, fig. 4-12. 1906-07. Dalmanella aff., subcarinata Scurim. Das Devon der Ostalpen. IV. Die Fauna des unterdevonischen ] Riffkalkes, LI. Brachiopoden. Zeitschr. Deut. geol. Ges., LVITI, pag. 223, fig. 7 nel testo. Conchiglia di contorno trasversalmente ovale, subtroncata in alto, dove il margine cardinale è per un certo ‘tratto quasi rettilineo in vicinanza dell’apice. Valve moderatamente convesse: la dorsale meno della ventrale. Nella regione mediana la valva ventrale è rilevata quasi in un lobo, e la dorsale è lievemente depressa in un im- percettibile seno; costantemente depresse sono le regioni laterali, così da rendere il profilo trasversale della con- chiglia asimmetricamente lenticolare. L’apice della valva dorsale è piccolo e non prominente; quello della ven- ‘trale è piccolo, acuto e ricurvo sull’area; la quale, bassa e sottile, si estende per una lunghezza equivalente a metà della larshezza della conchiglia. i | La superficie è percorsa da finissime strie radiali dicotome, uguali fra loro, in numero di 16 a 20 per ogni 6 millimetri d’intervallo. i 120 M. GORTANI (4); Le dimensioni sono le seguenti: Altezza della valva ventrale . Ù 5 7 mm. 17 Altezza della valva dorsale È % È x » 16 Larghezza ò o 5 5 3 5 ; DAMMNEL9 Spessore . ò ò c 5 È ù s » 8 Molto simile alla Oris (Dalmanella) perelegans, sopra tutto quale essa comparisce, con dimensioni ridotte, nel Devoniano inferiore del Maryland, l’esemplare descritto ricorda molto anche quello figurato nel 1893 dallo. TscHERNYscHEW ! come Orthis subcarinata HALL. La 0. subcarinata, affine alla O. perelegans, se ne distingue sopra tutto per le costicine radiali ineguali, altre più minute, altre più forti e rilevate; se ne distingue pure per la presenza di un seno ben evidente nella valva dorsale. Entrambi questi caratteri sono molto attenuati nel- l’esemplare degli Urali orientali figurato dal paleontologo russo. Ancor più attenuati, stando anche alla descri- zione, si presentano nell’esemplare carnico illustrato dallo ScuPin (1. c.), che mi sembra rientrare prevalen-. temente, al pari del mio, nell’ambito della O. perelegans. La minore convessità della valva ventrale rispetto alla valva dorsale è, d’altra parte, sufficiente a distinguere tali forme dalla prossima 0. praecursor BARRANDE è; la piccolezza e specialmente la poca elevazione dell’area, insieme con la forma lenticolare del profilo trasverso,. sono bastevoli per una netta distinzione dalla 0. palliata BARRANDE ?). Gen. Strophomena RaArinesquE” (em. DE BLAINVILLE). 4. Strophomena rhomboidalis Wicxesns sp. 1769. Conchita rhomboidalis Winctens. Nachricht von seltenen Versteinerungen, pag. 77, tav. VIII, fig. 43, 44. 1858. Strophomena — var. analoga (PaibLIPS) Davipson. A Monograph of British Carboniferous Bra- chiopoda. Palaeontogr. Soc., XII, pag. 110, tav. XXVIII, fig 1-13 (cum syn.). 1863. _ = Davson. A Monrograph of British Devonian Brachiopoda. Ibid., XVII, pag. 76. tav. XV, fig, 15-17 (cum syn.). 1870. —_ = Davinson. A Monograph of British Silurian Brachiopoda. Ibid., XXIV, pag. 281, i tav. XXXIX, fig. 1-21, e tav. XLIV, fig. 1 (cum syn.). 1878. _ _ Kayser. Die Fauna der iiltesten Devonablagerungen des Harzxes. Abh. z. geol. Spe- zialk. Preussen, II, 4, pag. 189, tav. XXIX, fig. 16-18. ; 1878. -_ — var. Zinkeni Kayser. Ibid., pag. 189, tav. XXIX, fig. 19, 20 (cum syn.). 1879. -_ — BarranDE. Syst. Silur., V, tav. 41, fig. 1-38; tav. 55, cas. III; tav. 92, cas. III. 1885. — — Maurer. Die Fauna der Kalke von Waldgirmes bei Giessen. Abh. hessisch. geol. Landesanst., I, 2, pag. 147, tav. V, fig. 22-25. 1885. _ _ MarLapa. Synopsis de las especies fosiles que se han encontrado en Espana. Estr. d. Bol. del Mapa geol. de Espana, pag. 183, tav. IX, fig. 9. !) Ta. TscHERNYScHEW, Die Fauna des unteren Devon am Ostabhange des Urals. Mém. Com. géol. St. Pétersb., IV, 3, 1893, tav. IX, fig. 21. 2 J. BARRANDE. Système Silurien du centre del la Bohéme. V.. Brachiopodes, 1879, tav. 58, fig. 3; tav. 61, cas IIT,. e tav. 125, cas.V. 3) J. BARRANDE. Ibid., tav. 58, fig. 7; tav. 60, cas. V. [5] M. GORTANI 121 1885, Strona (Reese Ria rem pool et var. analoga TscarrnvscHew. Die Fauna des umtern Devon am West- LR Si Urals. Mém. Imp. Com. géol. St. Pétersb., III, 1, pag. 58, tav. VII, fig. 1887. _ — rhomboidalis TS Die Fauna des mittleren und oberen Devon am Westabhange des Urals. Mém. Imp. Com. géol. St. Pétersb., III, 3, pag. 108, tav. XIV, fig. 25. 1887. Pleciambonites rhomboidalis OrnLERT in Fiscarr. Mantel de Vonchyliologie, pag. 1283, fig. 1048. 1889. — _ NicHorson. Manual of Palaeontology, I, pag. 663, fig. 518. 1892. Leptaena = Haut et Crarke. Pal. N. York, VIII, 1, pag. 279, tav. VIII, fig. 17-31; tav. XV a; fig. 40-42; tav. XX, fig: 21-25. 1899. _ — WeEnguKow. Die Fauna der silurischen Ablagerungen des Gouvernements Po- dolien. Mater. z.' Geol! Russlands, XIX, pag. 104, tav. I, fig. 10. 1905-07. — — . Gorrami. Contribuzioni allo studio del Paleoxoico Carnico, II. Paune devo- 5 niane. Palaeontogr. Ital.; XIII, pag. 19 [103] (cum syr.). 1908. — i — Cowrrr Rrrp. Devon. Faunas North. Shan States. L..c., pag. 74, tav. XIII, fig. 1. 1913. - _ Mavnarp. Systematic Palaeontology. Lower Devonian. Brachiopoda. Mary- i land geol. Surv., pag. 308, tav. LVI, fig. 13-17 (cum syn.). 1913. — — Prosser. Middle Devonian. Maryland geol. Surv., pag. 141, tav. X, fig, 10, 11 (cum syn.). Questa specie tanto polimorfa fu già segnalata dallo Scupin nel Devoniano carnico. Non ha alcun valore ero- nologico, spingendosi dal Siluriano al Carbonifero; e le varietà che si tentò di definire e circoscrivere tra le forme raccolte nei differenti orizzonti possono aver qualche interesse per la sistematica, ma non hanno neppur esse va- lore stratigrafico. Così la var. analoga PHiLLIPS sp., fittamente pieghettata, che secondo il concetto del Davip- son avrebbe sostituito nel Devoniano e Carbonifero il tipo siluriano, si accompagna in più giacimenti devonici a forme assolutamente tipiche; e le distinzioni proposte dal BarRANDE nel 1848 1 possono essere comode per la classificazione, ma non servono per la cronologia geologica. Dei cinque esemplari che possiedo, il meglio conservato è un individuo giovane, corrispondente in modo per- fetto a quelli eodevonici di Konieprus disegnati dal BARRANDE (Syst. Stl., V, 1879) a tav. XLI, fig. 1-8. In un altro giovane esemplare, le pieghe concentriche sono fittissime, analogaménte alla forma distinta come var. Zin- keni (RormeR) dal KAvSsER (loc. cit.) e alle fig. 24 e 25 del MAURER (loc. cit.), e in grado maggiore che nella var. analoga (PriLtips) e nella var. Gold/ussiana BARRANDE, istituite esse pure per carattere consimile. Un esem- plare adulto, assai mal conservato, sembra invece accostarsi alla forma tipica. 5. Strophomena cfr. clausa pr VernEUIL sp. in OFELERT. 1850. Leptaena clausa pe VernetIL. Réunion extraordinaire à Le Mans. Bull. Soc. géol. France, sér. 2, VII, pag. 783. 1887. St ophodonta clausa Orunerm. Etude sur quelques fossiles devoniens de © Quest de la Fr ance. Ann. Se, ; géol., XIX, pag. 60, tav. IV, fig. 1-7. 1889. Strophomena — Bisi Faune du calcaire d’ Erbray. Mém. Soc. géol. du Nord, III, pag. 67, tav. IV, fig. 10 a-c. 1) J. BARRANDE. Veber die Brachiopoden der silurischen Schichten aus Bohmen. II. HatDINGER?S Naturwiss. Abh., II, pag. 235. Palaeontographia italica vol. XXI, 1915. 16 122 : M. GORTANI 16] Valva ventrale alata, più del doppio larga che alta, fortemente convessa, rigonfia verso il mezzo, genicolata verso la fronte. Larghezza massima del contorno sul margine cardinale, che è prolungato in ali ad orecchiette conservate solo in parte nell’ esemplare, ma nettamente accennate dall’ andamento delle linee concentriche che si inflettono ad angolo acuto verso il margine stesso. Ornamentazione costituita dalle accennate linee concen- triche, per la massima parte finissime e visibili soltanto sotto la lente, ma di tratto in tratto meglio spiccate, e da strie radiali fine e numerose (circa 15 per ogni intervallo di 5 millimetri), che individuano costicine depresse, fitte, superficiali, talora un po’ nodulose nell’intersezione con le maggiori linee di accrescimento. Altezza della valva ventrale, circa . 3 . mm. 18 Larghezza, circa + - 5 z 5 AO 47 Spessore n 3 Î) ni 4 5 an 9 L’esemplare corrisponde particolarmente alla descrizione che della S. clausa dà il BaRROIS; il quale appunto le attribuisce figura alata e ornamenti costituiti da fine strie concentriche e da sottili strie radiali uguali fra loro, fitte, superficiali, visibili sotto la lente. Alla descrizione dell’autore corrisponde la sua fig. 10 a, che è anche la più simile al nostro esemplare, ma non la fig. 10 e, dove, forse per inesattezza del disegno, le costicine radiali appariscono assai meno fitte e più grossolane. Fino a qual punto gli esemplari di Erbray corrispondano a quelli illustrati da OEHLERT, non si potrebbe appurare che dietro esame degli originali; sembra però che nei tipi di OEHLERT, le costicine radiali siano meglio spiccate. Esse sono certo meno evidenti nell’esemplare carnico, dove però è visibile la parziale nodulosità delle costicine. Accennerò da ultimo che già il BarroIs ha messo in evidenza 1’ affinità di S. clausa con S. armata BARRAN- DE 1; ma che il legame tra le due forme mi sembra meno stretto di quanto egli ritiene. Non soltanto nella S. armata le costicine radiali sono più rade; ma anche, e sopra tutto, esse non sono tutte uniformi. Dalla descri- zione meglio che dalle fisure del BARRANDE si rileva infatti che vi è un ciclo di costicine primarie più robuste, Îra cui se ne interpongono altre più sottili, come nella S. sericea; mentre è proprio della S. clausa il tipo unico e uniforme delle costicine medesime. 6. Strophomena carnica n. f. — Tav. XIV [I], fig. 3, 4. 1907. Chonetes subgibbosa Scue. juv.? Scupin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 214, tav. XI, fig. 5 a, d. Valva ventrale rigonfia, a contorno più del doppio largo che alto, alato, con larghezza massima in corrispon- denza del cardine. Il corpo della valva, prescindendo dalle ali, ha figura più o meno esattamente semicircolare tanto nel contorno quanto nel profilo trasversale. L’apice è poco rigonfio, pochissimo ricurvo, quasi punto spor- gente sul margine anteriore. Il guscio ha circa 44 millimetro di spessore a 1 centimetro di distanza dall’ apice. La sua superficie non porta tracce di linee di accrescimento; è invece tutta uniformemente pieghettata da coste radiali appartenenti tutte ad un solo cielo, uguali fra loro, che si iniziano sull’apice e si vanno facendo sempre. più robuste a misura che si avvicinano alla fronte. La maggior parte continuano indivise sino alla fronte; alcune aumentano per biforcazione. A un centimetro dall’apice se ne contano circa 7 per ogni intervallo di mm. 5; a due centimetri se ne hanno 5 o 6 in uguale intervallo. Tali pieghe hanno sezione semicircolare e sono separate da spazi intercostali larghi quanto esse. Con rilievo più attenuato sono visibili anche sul modello interno del guscio. i) J. BARRANDE. Silur. Brachiop. aus Bohmen, II, L. c., 1848, pag. 229, tav. XX, fig. 10 a-e: e Syst. Sil., V, 1879, tav. 50, cas. I. [71 M. GORTANI 123 I II Altezza della valva dorsale 5 7 x TA MERA mm. 18 Larghezza È 5 o c : 5 È DO » 44 circa. Spessore . 5 i È 3 5 3 . » 2 » 10 Alla forma descritta appartiene quasi certamente l'esemplare che ScupIN ritiene con dubbio un individuo giovane della sua Chonetes subgibbosa 1, ma che differisce nettamente da questa per il suo contorno largamente alato. Esso è molto simile all’esemplare giovane da me fisurato, e per il suo aspetto si avvicina piuttosto a una Strophomena che ad una Chonetes. 1 Dalla maggior parte delle congeneri, la S. camnica si stacca per la figura alata del suo contorno tanto più largo che alto; dalle varie forme che hanno contorno simile, la differenziano la figura e l’andamento delle pieghe. Tra le forme più vicine ad essa, la già citata S. clausa (vedi sopra) ha costicine radiali molto più deboli e quasi tre volte più minute e più fitte; la S. Frechi Scupin 3 ha la grande valva sinuata ele pieghe non già uniformi ma tanto più appressate fra loro quanto più vicine alla linea mediana; la S. translata BARRANDE 3) e la S. convoluta Bakr. 4, entrambe eodevoniche e forse riunibili in una sola specie, hanno gli spazi intercostali principali per- | corsi da due o più costicine finissime, mentre sono tutti lisci nella S. carnica. 7. Strophomena cfr. hirundo Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 5, 6. 13879. Strophomena hirundo BaRRanpE. Syst. Siur., V, tav. 47, cas. I, e tav. 111, cas. IV. Con la S. hirundo i miei esemplari hanno in comune il carattere più saliente di tale specie, vale a dire il lobo nettissimo che a guisa di una larga piega percorre la valva ventrale dall’apice alla fronte e costituisce in certo modo il corpo della rondine a cui il BARRANDE ha paragonato la figura della conchiglia. Il lobo forma una spor- genza anche nel contorno, e dà a esso una figura subtriangolare a margini simuati. La valva dorsale si mantiene parallela e vicinissima alla ventrale, e quindi si inflette nella regione mediana in un seno perfettamente corri spondente al lobo della valva opposta. Le dimensioni dei migliori fra i miei esemplari sono: I I Altezza della conchiglia . ; 6 5 . mm. 17 mm. 13 Larghezza i : 5 > b i È » 18 » 24 Spessore . È : È 5 È B ; » 9 » 5 La superficie negli esemplari boemi è percorsa da coste radiali variabili di numero, di rilievo e di aspetto, ora uniformi ed ora distinte in pieghe robuste e costicine finissime, intersecate da strie di accrescimento e con intervalli scolpiti minutamente e in modo variabile secondo l’età e lo stato di conservazione del guscio. Negli esemplari carnici si distinguono soltanto strie di accrescimento di tratto in tratto più spiccate, e costicine radiali subeguali fra loro, molto fitte e sottili, in numero di circa 10 per ogni intervallo di mm. 5. 1) Per la descrizione di questa efr. ScuPIN. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 213, fig. 4 nel testo. 2) H. Scupin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c. pag. 217. tav. XI, fig. 3,4. 3) J. BaRrRANDE. Syst. Silur., V, 1879, tav. 40, fig. 1-5. 4) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, 1879, tav. 40, fig. 6-9. 124 1848. 1852. 1853. 1851-56. 1858. 1858. 1867. 1867. 1867. 1868. 1878. 1879. var.21882. 1885. 1885. 1887. 1887. 1889. ? 1890. 1895. 1908. var.?1908. 1911. M. GORTANI [8] 8. Strophomena Phillipsi Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 7. Leptaena Phillipsi Barranpe. Silur. Brachiop. aus Bohmen, II. L. c., pag. 226, tav. XXI, fig. 10-11. — transversalis? (non WaÒuemeeRe) Roemer et Lepiaena sp. Roemer. Bettrige ur geologischen Kenntiss des nordwestlichen Harxgebirges, IL. Falicontozraniica III, pag. 99, tav. XV, fig. 4-5. —_ interstrialis (non Pamnuies) Scanur. Zusammenstellung und Beschreibung simmilicher im Ue- bergangsgebirge der Eifel vorkommenden Brachiopoden. Palaeoniographica, III, pag. 222, tave XLI, fig. 2 0-f. ) Strophomena taceniolata Sanpeeraer. Die Fauna des Rheinischen Schichtensystems in Nassau, pag. 360, tav. XXXIV, fig. 11-11le (syn. exel.). Leptaena transversalis GregeL. Die silurische Fauna des Unterharzes, pag. 49, tav. V, fig. 8. _ acutostriata GieseL. Ibid., pag. 50, tav. V, fig. 10. — plana Trenkner. Paldioniologische Novitiiten vom Nordwestlichen Harze, I. Iberger Kalle und Kohlengebirge von Grund. Estr. d. Abh. Naturf. Ges. Halle, X, pag. 19, tav. IIL fig. 40. — affinis TRENENER. /bid., pag. 20, tav. IIL fig. 41. Orthis interstrialis TrenENER. Ibid., pag. 20, tav. III, fig. 42. Leptaena — Dames. Ueber die in der Umgebung Freiburgs in Niederschlesien auftretenden devo- nischen Ablagerungen. Zeitschr, Deut. geol. Ges., XX, pag. 499, tav. XI, fig. 3. Strophomena interstrialis Kavser. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 193, tav. XXIX, fig. 82,9. — Phillipsi BarranpE. Syst. Silur., V, pag. 218, tav. 43, fig. 17-28; tav. 53, cas. VI; tav. 110, cas. I, e tav. 128, cas. II fig. 1-5, _ interstrialis Barros. Recherches sur les terrains anciens des Asturies et de la Galice. Mém. Soc. géol. du Nord, II, pag. 243, tav. IX, fig. 8 a, d. — —_ Maurer. Fauna von Waldgirmes. L. c., pag. 144, tav. V, fig. 17. Leptaena Phillipsi Mannapa. Especies fosiles de Espana. L. c., pag. 70, tav. VIII, fig. 4, 5. — aff. nterstrialis OrtLERT. Fossiles dévon. d. Quest d. n. L. c., pag. 58, tav. V, fig. 33, 34, Strophomena — TscarrnyscneW. Mitt!. u. ob. Devon des Urals. L. c., pag. 107, tav. XVI, fig. 19. — — . Barrors. Maune d’Erbray. L. c., pag. 64, tav. IV, fig. 8 a, d. Leptaena — Orznert. Sur le dévonien des environs d’ Angers. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, XVII, pag. 76, tav. XIX, fig. 10. Strophomena — HonzaPrEL. Das obere Micia (i mit Stringocephalus Burtini «nd . Maeneceras terebratum) è Rheinischen Gebirge. Abh. k. Preuss. geol. Lan- desanst., N. F., XVI, pag. 295, tav. XII, fig. XVI. — — TorLev. Die Fauna des Schleddenhofes bei Iserlohn. Abh. k. Preuss. geol. Lan- desanst., N. F., LIMI, pag. 34, tav. VIII, fig. 2, 20. Stropheodonia var. birmanica Coweer Ret. Devon. Faunas North. Shan States. L. c., pag. 66, tav. X, fig. 11-13, e tav. XI, fig. 1-6. Stropheodonta Phillipsi Gorrani. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 151 [11], tav. XVI [I]; fig. 12.5). Una valva ventrale, a contorno un po’ più largo che alto, molto leggermente convessa, con margine cardinale quasi rettilineo. superficie coperta da una quarantina di sottili costicine radiali fra cui se ne interpongono in i) Quivi, per inavvertenza, nella sinonimia fu citata dello ScuPIN una Strophomena interstrialis invece della $S. Phillipsi da lui descritta su esemplari delle Alpi Carniche. ‘[9] M, GORTANI HOC «ciascun intervallo da 2 a 4 ancora più sottili. L’esemplare, che non è nel migliore stato di conservazione, se per- mette un’esatta determinazione (e può essere avvicinato sopra tutto alla fig. 27, tav. 43, di BARRANDE), non porta certamente alcuna luce sulla dibattuta questione dei limiti della S. Phillips e dei suoi rapporti con le nu- merose forme consimili che sono state descritte con nomi particolari. . Ho tentato, a ogni modo, di ricostruire la sinonimia di questa specie in modo che ne risulti una delimitazione dei suoi confini meno illogica di altre che furon proposte. E ciò partendo anzi tutto dalla constatazione che i tipi ‘e contipi della S. woterstirialis PatLLIPS sp. !, spesso confusa con la S. Plillipsi, sono ben distinti da quelli del BARRANDE, sia per la loro molto più forte convessitàtanto longitudinale quanto trasversale, sia per avere le pieghe maggiori più rilevate, più forti e in numero molto minore (in esemplari non giovanissimi, per lo più da 12 a 20 ‘in luogo di 25 a 40.). Rientrano così nel ciclo della S. Phallipsi gli esemplari dello Harz che RoeMER e GieBEL | avevano ravvicinato a S. transversalis, e che il KavsEr dietro esame degli originali (da lui nuovamente figurati) ‘aveva, per il loro contorno largamente alato, riferito a Leptaema interstrialis. La S. taemiolata SANDBERGER, che Dawes (1. c.) e KAvSER ? ritengono identica alla consueta forma dei gia- ‘cimenti Renani e dello Harz, e che del resto gli stessi fratelli SANDBERGER opinano esser identica alla S. Phat tlipsi, ne differirebbe invece, secondo il MAURER (1. c.) per le impressioni muscolari diversamente conformate e per le costicine primarie da 3 a 4 volte più numerose. Certamente diversa dalla S. Phillipsi è la S. Sedgwicki D’ArcHiAc et De VeRNEUIL ®, che ha anche qualche apparente analogia con il precedente esemplare, ma che si distingue da tutte le forme di questo gruppo, come notò già il BARROIS ®, per avere le costicine tutte uguali fra loro. Le Leptaema plana e L. affinis del TRENKNER corrispondono esattamente alla S. Phallipsi; la loro identità ‘specifica con la forma renana fu già riconosciuta dal CLARKE ® e dal WHIDBORNE ®, e l’identità con la specie del BaRRANDE è provata dalla regolarità e finezza della scultura e dalla natura spianata delle valve. Non sono invece d’accordo coi predetti autori nel riunire a queste forme la L. radiata TRENKNER (I. c., pag. 21, tav. III, fig. 44), in cui si alternano regolarmente due soli cicli di costicine le une maggiori e le altre minori, e che perciò molto meglio si potrebbe identificare con la S. Dutertrii MurcHISON ®, caratterizzata appunto % da questo particolare. Nelle Asturie il BARROIS asserisce di aver trovato campioni molto più simili a quelli della grovacca di Da- Jleiden (figurati dallo ScanuR come S. wterstrialis), che non a quelli della Boemia; ma non precisa in che cosa consistano tali differenze. L’esemplare da lui disegnato non corrisponde però nè agli uni nè agli altri, per la sua figura molto più alta che larga, e rappresenta forse una varietà della specie. Ml Tortey (I. c.) ha posto in sinonimia con S. interstrialis, insieme alle forme renane, quella avvicinata dal 1 PurLips. Figures and Descriptions of the Palacozoic Fossils of Cornwall, Devon, and West Somerset. Mem. geol. ‘Surv. Great Britain, I, 1841, pag. 61, tav. XXV, fig. 103; — DAvIpson. Brit. Devon Brackhiopoda. L. c., XVII, 1865, pag. 85, tav. XVIII, fig. 15-18. = 2) E. KaysER. Die Brachiopoden des Mittel- und Ober-Devon der Eifel. Zeitschr. Deut. geol. Ges., XXIII, 1871, pag. 622. 3) D’ARcHIAC et DE VERNEUIL. On the fossils of the older Deposits in the Rheinish Provinces. Trans. geol, Soc. London, ser. 2, VI, pt. 2, 1842, tav. XXXVI, fig. 1. '. CH. BARROIS. Terrains anciens des Asturies, L. c., pag. 242, 5) CLARKE. Die Fauna des Iberger Kalkes. N. Jb. f. Min. etc., Beil. III, 1885, pag. 400. 9 WuHIDBORNE. A Monograph of the Devonian Fauna of the South of England, IT. Pal. Soc., XLVII, 1893, pag. 125. ©” MuRcHISON. Sur les roches devoniennes qui se trouvent dans le Boulonnais ete. Bull. Soc. géol. France, sér. 1, XI, 1841, pag. 253, tav. II, fig. 6. 8) Cfr. BaRROIS. Terrains anciens des Asturies. L. c., pag. 243, tav. IX, fig 3. 126 M. GORTANI [10] MauRER a Leptaena transversalis !.-Si tratta di due esemplari, che differiscono nettamente da S. Phillipsi per la forte convessità longitudinale e trasversale, e che forse potranno accostarsi alla forma inglese. Da questa è forse lontano invece l’esemplare che le riferì lo OEHLERT (1. c.) e che proviene dai dintorni di Angers;in mancanza di ragguagli descrittivi o iconografici sopra la curvatura delle valve e la robustezza delle pieghe, è però difficile dare un giudizio. 9. Strophomena cfr. laevigata SowrerBy sp. — Tav. XIV [I], fig. 8. 1839. Leptena laevigata SowerBy. Silurian System, tav. XIII, fig. 3. 1870. — (A — Davson. A Monograph of the British Silurian Brachiopoda. Pal. Soc., XXIV, pag. 328, tav. XLIX, fig. 1-12 (cum syn.). Il piccolo esemplare, di figura semiovale, con margine cardinale rettilineo e gli altri margini regolarmente convessi, apice piccolo e pochissimo prominente sulla linea cardinale, convessità così debole che la valva apparisce: quasi spianata, guscio sottile e superficie lisefa, ha moltissima analogia con la S. laevigata quale è illustrata dal Davipson. Non esiterei a identificare con essa l'esemplare, se in questo fossero presenti le brevi ali od orecchiette: che nella forma inglese prolungano le estremità della linea cardinale. Tale carattere è obliterato nel campione- in esame, per essere rotta in quei punti la conchiglia. Anche le dimensioni: Altezza della valva ventrale È 3 è ; mm. 8 Larghezza ) » { » 12 Spessore ) » ì è . ? » 0,8 concordano con quelle accennate dal Davipson. La S. laevigata sarebbe propria degli strati più alti del Neosilurico inglese. Gen. Orthothetes FiscHer DE WALDHEIM. 10. Orthothetes hipponyx Scunur sp. (?) 1896. Orthothetes hipponyx (Scanur) OrnLerT. Hossiles dévoniens de Santa Lucia (Espagne). Bull. Soc. géol.. France, sér. 3, XXIV, pag. 856, tav. XXVII, fig. 9-11 (cum syn.). 1911. -_ DE Gorrani. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 153 [13], tav. VI [I], fig. 14 (cum syn.). Tre valve incomplete, due delle quali di notevoli dimensioni, ma delle quali male si possono apprezzare i ca- ratteri. Il contorno sembra più allargato che nel tipico O. hipponye; la scultura invece vi corrisponde bene, notan-. dosi anche in qualche punto costicine più sottili alternanti con quelle primarie più robuste, come è rilevato nella. bella descrizione di OEHLERT. i) Vedi MAURER. Mauna von Waldgirmes. L. e., pag. 152, tav. VI, fig, 4-5. fl] M. GORTANI 127 Ord. Hielicopegmata WAAGEN. Fam. Atrypidae Dart. Gen. Atrypa DALman. 11. Atrypa reticularis Linneo sp. 1767. Anomia reticularis Linneo. Systema Naturae, ed. XII, I, pag. 1132. 1864. Atrypa — . Davioson. Brit. Devon, Brachiop. L. c., XVI, pag. 53, tav. X, fig. 3 e 4 (cum syn.). 1905-07. — — GorranI. Faune devoniane. L. c., pag. 10 (cum syn.). 1911. — — Gortani. Mauna mesodev. di Monumenx. L. c., pag. 157 [17], tav. XVI [I], fig. 19-22 (cum syn.). 1913. — — Prosser. Middle Devonian. Maryland geol. Surv., pag. 183, tav. XVI, fig. 4-6 (cum syn.). 1913. — — CLarkE. Upper Devonian. Maryland geol. Surv., pag. 586, tav. LV, fig. 6-11. Esemplari numerosi e tipici. Qualche individuo a contorno subtriangolare, ricorda l'A. desquamata var. trigona Gort. !, senza però riunire tutti i caratteri di codesta forma aberrante. In due esemplari è notevole la particolare finezza e fittezza della striatura radiale: le costicine, che normal- mente si contano in numero di 6 a 10 per ogni intervallo di mm. 5. vi giungono fino a 13 in un uguale inter- | vallo, così da assumere la finezza di scultura della Orthis striatula. Se tale carattere si mostrasse maggiormente diffuso, si potrebbe in base ad esso istituire una for. striatissima. 12. Atrypa aspera Scucorzen sp, var. laevicosta GortanI. 1905-07. Atrypa aspera B laevicosta GortanI. Paune devoniane. L. c., pag. 22. IM — - — Fauna mesodev, di Monumenz. L. c., pag. 158 [18], tav. XVII [II], fig. 1. Le pieghe non larghe e non lamellose distinguono gli esemplari dalla tipica A. aspera; la maggiore frequenza delle pieghe stesse in confronto della A. reticularis (3-5 pieghe, invece di 6-10, per ogni intervallo di mm. 5), nonchè la convessità assai debole della conchiglia, escludono la pertinenza alla specie precedente. La forma in questione, che è assai più frequente del tipo nel Devoniano carnico, non è rara nei calcari alla base del Capolago. 13. Atrypa Arimaspus EicawaLD sp. 1840. Orthis Arimaspus Ercawacp in v. Buca. Beitrige xur Bestimmung der Gebirgsformation Russlands. Arch. min. geogn. Berg-Hiitt., pag 108. 1847. Atrypa comata Barranpe. Stilur. Brachiopoden aus Bohmen, I. L. c., I, pag. 455, tav. XIX, fis. 7. 1911. — Arimaspus Gortani. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 163 [22], tav. XVII [II], fig. 20-22 (cum syn.). i) M. GorTANI. Fauna mesodev. di Monumenz. L. e, pag. 161 [21], tav. XVII [II] fig. 18, 19. 128 M.. GORTANI [127 I cinque esemplari, tutti di dimensioni notevoli, mostrano la ‘caratteristica scultura a pieghe semplici e bi- fide frammiste, con decorso arcuato verso i lati, ben rilevate e bene individuate, con tenui strie di accrescimento. È pure costante la presenza del netto seno lineare, massime nella regione apicale della valva dorsale, cui fa ri- scontro un rilievo quasi a carena nella valva opposta. La frequenza delle pieghe e la larghezza degli spazi interposti varia nei diversi esemplari. In alcuni, come; già negli individui di Monumenz, si ha, per numero di pieghe e riduzione degli spazi intercostali, massima ana-. i logia con la forma boema chiamata A. comata dal BARRANDE; in due esemplari invece, le pieghe sono meno nu- merose e gli intervalli presso la periferia sono. più larghi delle pieghe stesse, mostrandosi una maggior somi- glianza con alcuni tipi. russi dell’A. Arimaspus, come quello figurato dal VERNEUIL (Paléontologie de la Russi d'Europe, 1845, tav. X, fig. 11). Non si nota però quella maggior larghezza delle pieghe (non però costante nemmeno fra gli esemplari russi) in cui lo Scupin (Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 273) vedrebbe il principale: motivo di tener separata lA. Aramaspus dall’A. comata. 14. Atrypa italica n. f. — Tav. XIV [I], fis. 9. Conchiglia di contorno largamente obovato o sub-pentagonale, quasi troncato superiormente, con la massima. larghezza nella metà apicale. Larghezza subeguale all’altezza, o di poco superiore. Valva ventrale con apice pie- colo e non protratto come nel gruppo dell'A. reticularis. Tale valva è poco convessa, ma notevolmente ondulata: si rialza a guisa di carena mediana nella regione apicale, come l'A. Arimaspus; ma tale carena si arrotonda e si deprime rapidamente, per dar luogo a un seno nella metà frontale; inoltre la valva si rialza quasi a sella verso i margini laterali. La valva dorsale è notevolmente e regolarmente rigonfia; ma è contraddistinta da un seno ben evidente lungo la linea mediana. Il suo apice raggiunge il livello dell’apice della valva opposta. La scultura del guscio ha gli stessi caratteri della A. Arimaspus: numerose costicine radiali, semplici o bi- forcate, in numero di 3 o più spesso 4-5 per ogni intervallo di mm. 5, separate da spazi intercostali meno larghi delle pieghe: sul modello interno però le coste sono meno numerose e gli intervalli più larghi. Il guscio ha spessore notevole, superiore a 1 millimetro. Dimensioni: i g I I III Altezza . A N a di ò fa sl canne ZIE mm. 21 mm. 7? È Larghezza - . è . . . è » i 23 » 22 DI Spessore 3 ° ° . . È . Datel DINO Do: Con lA. Arachne BARR. V, VA. granulifera BARR. ? e A. paradora ScuPIN ®, l'A. italica costituisce un: eruppo speciale di forme, caratterizzato dalla presenza di un seno nella valva non perforata. Nell’A. Arachne sono profondamente sinuate entrambe le valve; nell’A. paradora al seno della valva dorsale si oppone una spic- cata carena sulla valva ventrale. Codesta carena si attenua verso la fronte nelle A. granulifera e A. italica, dove anzi si converte in una larga sinuosità. Dalle altre forme del Sruppo, VA. granulifera si allontana poi in causa: della forma ovale arrotondata del suo contorno, e VA. italica si distingue per la scultura robusta, con pieghe: bene spiccate e bene individuate, senza nodi nè granulosità. 1) J. BARRANDE. Syst. Sil., V, 1879, tav. 30, fig. 50. 2 Ip. Ibid., tav. 19, fig. 1, e tav. 129, cas. V. 3) H. Scupin. Devon d. Ostalpen, TV. L. c., pag. 274, tav. XV, fig. 16 (non fig. 20), e tav. XVI, fig. L [13]; ) M. GORTANI ì 129 Gen. Karpinskya TscHERNYscHEW (em. GORTANI) 15. Karpinskya conjugula TscnrrnyscnEw. 1885. Karpinskia coniugula TscaernyscHew. Uni. Devon West-Abhang des Urals. L. c., pag. 49 e 91, tav. VII, fig. 80-86. 1893. — — TscrernvscHew. Unt. Devon. Ostabhang des Urals. L.c., pag. 69 e 176, tav. IV, fio. 5, 6. 1894. — occidentalis FrEca (nomen). Die Karnischen Alpen, pag. 253. 1906-07. — conjugula Scurm. Devon d. Ostalpen. IV. Brachiopoden. L. c., pag. 268, tav. XV, fig. 8,9, 17. 1913. arpwnskya _ GortanI. La serie devoniana nella giogaia del Voglians. Estr. d. Boll. R. Com. geol. it., XLIII. pag. 10, tav. I, fio. 8a, d. Nel materiale raccolto alla base del Capolago, questa forma è rappresentata soltanto da due valve incom- plete, una dorsale e una ventrale. La prima è tuttavia ben riconoscibile per la convessità che tocca il suo massimo verso la metà del profilo longitudinale (invece che nella regione apicale, come è nelle specie affini), e per la figura del profilo trasversale foggiato a D con ifianchi quasi verticali; nel suo insieme è particolarmente simile alla fig. 6 tav. XIV, dello TscrernyscHEw. La valva ventrale è stretta e allungata, misurando mm. 17 di altezza per 8 di larghezza, ed ha profilo longitudinale leggermente convesso e profilo trasversale concavo verso l’esterno come negli esemplari adulti degli Urali (cfr. TscHeRNnyscHEW, Op. cit., 1885, fio. so) e delle Alpi Carniche cfr. Scupin, Op. cit., fig. 17 a). 16. Karpinskya Tschernyschewi Scupim. — Tav. XIV [I], fig. 10, 11. 1906. Karpinskya Tschernyschewi Scurin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 270, tav. XV, fig. 10-12. Secondo lo Scurin, la K. Tschernyschewi è caratterizzata prevalentemente dal particolare tipo di conves- sità della valva dorsale, per cui lo spessore massimo della conchiglia trovasi a circa un rerzo dell’altezza a partire dall’apice: risultando così la regione apicale più rigonfia e la regione frontale più depressa che nella K. conjugula. Nella K. 7'schernyschewi la convessità diminuisce in misura graduale verso i margini laterali, così che il profilo trasversale ha figura piuttosto lenticolare che non foggiata a D come nella specie precedente. La conchiglia non è mai allungata come nella K. conjugula, e le coste radiali sono generalmente piu sottili e numerose che in tale specie. Tranne quest’ultimo particolare, i medesimi caratteri differenziali si notano fra la K. T'schernyschewi e la K. Pedorowi TscHERN. 1), che può considerarsi quale una varietà fittissimamente e finemente costata della X. conju- gula. Non si notano invece differenze apprezzabili tra la XK. Yschernyschewi e gli individui giovani della X. Con- suelo GORTANI 2) e sopra tutto della X. Consuelo var. Geyeri, come già ebbi occasione di rilevare 9. Si può rilevare soltanto che tanto gli esemplari di Volaia e della Valentina quanto gli esemplari del Capolago hanno sem- 1) Tn. TscHernYyscHEW. Unt. Devon Ostabhang des Urals. L. c., pag. 70 e 176. tav. IX, fig. 1, 2. © M. GortanI. Faune devoniane. L. c., pag. 22-26, tav. I, fig.6-18. 3) Im. Ibid., nota 3 a pag. 23. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 17 EZMA TONE Va STATO LOTTE RE lt 130 M. GORTANI Ì [14] pre dimensioni piccolissime in confronto con quelli della Cianevate. Ecco infatti le misure di alcuni individui del Capolago, inclusi tra essi il maggiore e il minore di quelli da me raccolti: I I INI Altezza della valva ventrale . x a 5 mm. 7? mm. ll mm. l4 Altezza della valva dorsale ; 5 È x ) 6 » ORD) 12,5 Larghezza Ù d È : : . ? » 5,5 » 9 » 11,5 Spessore . a h n n È o 3 ) 3 » 5 » STIA Riguardo ai suoi esemplari originali, lo ScuPIx (1. c., pag. 270) dice che « das gròsste derselben zeist 10 mm. Linge und 9 mm. Breite, das Kleinste Stuck 15 mm. Lànge und 11 mm. Breite » (sic!). Il Zapsus calami sfug- gito all’autore non ha importanza. E poichè gli esemplari di K. Consuelo hanno quasi sempre parecchi centimetri di altezza (e raggiungono i 43 mm. nella var. alpina e 34 mm. nella var. Geyert), si può supporre con qualche fondamento che la K. Tschernyschewi, dell’Eodevonico medio, si sia poi evoluta nell’Eodevonico superiore dando origine al complesso e multiforme gruppo della K. Consuelo. Fam. Spiriferidae Kixo. Gen, Spirifer SowERBY em. 17. Spirifer togatus Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 12. 1848. Spirifer togatus Barranpe. Silur. Brachiopoden aus Bòhmen, II. L. c., pag. 167, tav. XV, fig. 2 a-k. 1855. — subsinuatus Rorunr. Bettriige Nordwestl. Harzgebirge, III. L. c., V, pag. 3, tav. II, fig. 5 a, db. 18598. = = GreseL. Silur. Fauna des Unterharzes, pag. 31, tav. IV, fig. 11. 1866. — Davousti ne VernruIL. Paléontologie de l° Asie Mineure, pag. 19, tav. XXI, fig. 2. 1878. — dogatus Kayser. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 160, tav. XXI, fig. 3-3 d. 1878. — — var. subsinuata Kavser. Ibid., pag. 162, tav. XXI, fig. 1, 2, 7. 1878. — Davousti Bauer. Explication de la carte géologique de la Prance, tav. XV, fig. 1, 2. 1879. -— togatus Barranpr. Syst. Silur., V, pag. 184, tav. 5, fig. 10-16. 1887. — Davousti OrnLert. Fossiles dévon. d. Quest d. France. L. c., pag. 36, tav. III, fig. 42-48. 1889. — — Barross, Faune dErbray. L.'c., pag. 141, tav. IX, fig. 7 a, bd. 1900. — togatus et var. subsinuata Scurin. Die Spiriferen Deutschlands. Palaeontol. Abh. v. Dames u. Koxen, VIII, pag. 10. 1906. — — Scurin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 285, fig. 26 nel testo. Come meglio vedremo più avanti, sono incerti i confini tra S. togatus e S. secans. L’uno e 1° altro sono somma- mente variabili, così da rendere assai malagevole definirne i caratteri specifici. A quanto hanno già detto il KAavsER elo ScurIN, poco vi è da modificare o da aggiungere. Le differenze notate dal BARRANDE fra gli esemplari dise- gnati dal KaysER e quelli della Boomia, non mi sembrano esorbitare dai limiti delle variazioni individuali. Più notevoli sarebbero le differenze con le figure-tipo di RoEMER e di GreBEL relative a S. subsinuatus; ma è noto come le iconografie di codesti autori siano artificiose e manierate: cosicchè dobbiamo attenerci soltanto all’il- lustrazione del KavseR, che potè avere fra mano i loro originali insieme con molti altri esemplari della stessa provenienza. [15] M. GORTANI 131 To,S. Davoustinon ebbe ampia nè precisa descrizione e figura prima di quella data da OrHLERT (e sfuggita allo Scupimn). OEHLERT lo mantiene distinto dal togatus per il lobo meno sporgente alla fronte, l’apice della piccola valva non sporgente sul cardine, l’apice della grande valva più sviluppato, l’angolo apicale diverso. L’esame delle figure non conferma però tali differenze, eccezion fatta dalla prominenza dell’apice della valva dorsale: carattere al quale però fanno passaggio gli esemplari di Erbray e dello Harz. Nè nei campioni riferiti a S. Davousti, nè in quelli deter- minati come S. subsimuatus, seno e lobo non appariscono poi così poco spiccati da giustificare la separazione di detti esemplari dal tipico S. togatus. Lo stesso ScuPIN, che identifica S. Davousti con S. subsinuatus e mantiene distinto quest’ ultimo, come varietà, da S. fogatus, riferisce poi al tipo un esemplare delle Alpi Carniche dove il seno non apparisca più spiccato che negli individui francesi. L’esemplare del Capolago che riferisco a S. fogatus, e del quale dò la figura, ha seno e lobo più superficiali che negli esemplari tipici della Boemia; il profilo di entrambi è anche più arrotondato, descrivendo un arco regolare, mentre si presenta spianato nel mezzo nelle figure del BarranpE, Gli altri caratteri concordano invece perfetta- mente con quelli del tipo. Le dimensioni sono le seguenti: Altezza della valva ventrale . a 5 3 mm. 30 Altezza della valva dorsale i È È 5 NINNI. Larghezza . a 5 ) x SI. 5 » 35 Spessore > > î c 5 - : » 18 Un secondo individuo, ridotto alla valva dorsale, è invece più simile agli esemplari dello Harz. È più grande e più allargato, misurando mm. 33 di altezza per mm. 40 di larghezza; ha l’apice meno rilevato e meno sporgente, il lobo depresso e senza limiti netti; spetterebbe certamente alla var. subsinuatus, qualora si volesse mantenere questa distinta da S. togatus tipico. 18. Spirifer secans Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 13. ‘ 1858. Spirifer secans Barranpe, Silur. Brachiopoden aus Bohmen. II. L. c., pag. 168, tav. IVI fig. 6 a-g. 1849 = — Barranpe, Syst. Silur., V, tav. 6, fig. 16-29, e tav. 123, fig. II. 1893. — 4urjensis Tscaerniscuew. Unt. Devon Ostabhang des Urals. L. c., pag. 56.170, tav. V. fig. 9 a-d. Non è chiaro quali siano i caratteri di separazione fra il multiforme S. togatus e lo S. secans, che le figure ori- ginali del BArRRANDE mostrano non meno variabile del primo. Secondo lo TscHERNYscHEW (Op. cit., pag. 170), la principale differenza sembra consistere in ciò, che lo S. secans ha contorno più allargato ed ha il massimo della larghezza spostata verso la fronte, mentre nello S. fogatus questo massimo sarebbe spostato verso -il margine cardinale. Lo ScuPin non dà invece importanza al valore e alla posizione della massima larghezza, e rileva come proprio dello S. secans un accenno a deboli pieghe la- terali al seno e al lobo nella regione apicale. Esaminando le figure del BARRANDE, si vede però come nessuno di tali caratteri abbia valore costante. Le pieghe accessorie nella regione apicale mancano negli esemplari disegnati nelle fig. 2, 3, 4,7, 68 della tav. 123 (non citata dallo Scurin, e perciò forse sfuggitagli); la linea di massima larghezza è spostata in alto nelle figure 4,7,8 della tavola stessa; e il rapporto fra altezza e larghezza sale nella fig. 1 a 5%/100 e nella fig. 2 a °*/100, ossia a valori più alti che non in parecchi individui di S. togatus. E i detti caratteri appaiono-ancor più variabili, se 132 M. GORTANI [16] con il Kavser e lo Scurin includiamo nello S. togatus gli esemplari dello Harz e del Passo di Volaia da essi illustrati. Sarebbe desiderabile una revisione accurata degli Spiriferi di questo gruppo, fatta dietro esame e confronto degli originali. Provvisoriamente, mi pare che il nome di $. secans (da considerarsi forse come una semplice va- rietà del togatus) si possa riservare alle forme con apice sottile, poco rigonfio, accompagnato o no da tracce di pieghe laterali e con la massima larghezza della conchiglia spostata verso la fronte. Rientra così nel ciclo dello S. secans anche l’esemplare descritto come S. turjensis da TscHERNYSCHEW, che tutt'al più se ne distinguerebbe come una forma particolarmente rigonfia. Simile per contorno a quest’ultima, ma invece depressa, e con il seno assai più superficiale e svasato, è la valva ventrale che riferisco allo S. secans inteso nel modo accennato. La massima profondità del seno è segnata sulla linea mediana a guisa di V o di chiglia, unendosi ad angolo nel fondo i lati destro e sinistro del seno stesso. Le costicine radiali sono 10-12 alla fronte in ogni intervallo di mm. 5. Nella regione apicale una leggerissima ondulazione sostituisce le pieghe accessorie. 19. Spirifer cfr. Najadum Barranpe — Tav. XIV [I], fig. 14. 1858. Spîrifer Najadum Barranpe. Silur. Brachiopoden aus Bòohmen, II. L. ce, pag. 171, tav. XV, fig. 6a-f UST = — Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 2, fig. 5-9, e tav. 75, cas. V, fig. 3 (cet. eacl.). Conchiglia grande, di contorno trasversalmente ovale, con area breve e bassa, con superficie costata e striata. Valva ventrale poco convessa, con apice ristretto, prominente, e seno distinto solo nella regione frontale dove oc- cupa circa %; della larghezza della conchiglia. Area triangolare, imperfettamente delimitata, liscia, leggermente convessa, circa 5 volte più lunga che alta. Valva dorsale convessa più della ventrale, con apice rigonfio: lobo appena accennato nella regione apicale, ma ben rilevato alla fronte in una sporgenza linguiforme grosso- lanamente semicircolare. Prescindendo da tale sporgenza e da quella dell’apice, il contorno della conchiglia ha figura trasversalmente ovato-oblunga, il doppio larga che alta. La superficie, per quanto se ne può giudicare data l’imperfetta conservazione dell’unico esemplare, è tutta ornata di fittissime e finissime strie radiali, che si sovrappongono a un sistema di pieghe radiali numerose e inte- ressanti l’intera valva, compresi il lobo ed il seno. Sembra che tali pieghe fossero ben manifeste soltanto verso i margini laterali e frontali; si tratta in ogni modo di pieghe poco rilevate, quasi nulle sulla superficie interna del guscio, e arrotondate, così da rendere appena crenulata la commessura ai lati e alla fronte. Dimensioni : Altezza della valva ventrale, circa —. È i mm. 44 Altezza della valva dorsale 5 È 3 i » 40 Larghezza ° . . E È ° . » 58 Spessore È . 5 . . ° . Di 27 Lunghezza dell’area 0 6 0 . ° » 35 L’esemplare descritto ha tutti i caratteri essenziali comuni con lo S. Najadum, del piano F, della Boemia. Si può soltanto osservare che l’apice è più sottile e meno rigonfio, che il seno si attenua più rapidamente e che seno e lobo hanno le pieghe assai più leggiere e indecise nell’esemplare carnico, il quale raggiunge anche dimen- sioni maggiori. Tutti questi caratteri mostrano peraltro un notevole grado di variabilità negli stessi esemplari figurati dal BARRANDE; e le differenze non mi sembrano tali da superare il limite delle variazioni individuali o locali. i{17] M. GORTANI 133 20. Spirifer pseudo-viator Scupin. 1906-07. Spiwifer pseudoviator Scuem. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 289, tav. XVI, fig. 14 e fig. 27 e 28 nel testo. Forma caratterizzata da contorno trasversalmente ovale, con rapporto molto variabile fra altezza e larghezza; ‘convessità moderata; apice ricurvo sopra un’area bassa e mal delimitata; seno e lobo poco spiccati, appiattiti lungo la zona mediana, larghi quanto le tre pieghe laterali contigue; regioni laterali percorse ciascuna da 5-7 pieghe superficiali e arrotondate; superficie percorsa da fitte e fine strie concentriche. La forma stessa è distinta per maggior numero di pieghe, depressione del lobo e profilo ad U del seno, dallo S. subsulcatus BaRROIS !; per maggiori dimensioni e per avere seno e lobo alquanto più larghi, dell’ affine S. Geyeri ScuPIn 2); per scarso rilievo delle pieghe e per minore convessità del lobo, dalla forma seguente, alla quale è legata da tali passaggi, che, come già accennai lo scorso anno 8), esse non si possono specificamente dif- ferenziare. Gli esemplari della base del Capolago concordano pienamente con quelli illustrati dallo Scupin, ma sono in stato più o meno frammentario. 21. Spirifer pseudo-viator Scup. var. Stachei (Scurr). 1906-07. Spirifer Stachei Scurim. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 290, tav. XVI, fig. 18, 19; tav. XVII, fig. 6; fig. 29 nel testo. Sotto il nome di S. Stachei lo Scupin ha raccolto una serie di esemplari che hanno comuni col tipo S. pseudo- ‘viator figura, contorni, convessità, conformazione degli apici e dell’area, larghezza del seno e del lobo, numero delle pieghe e scultura superficiale; ma che ne differiscono per maggiore rilievo delle pieghe e del lobo, e per il profilo convesso a schiena d’asino del lobo stesso. Intercedono però numerosissime gradazioni (come lo ScuPIN medesimo non ha potuto a meno di accennare) fra l’una e l’altra forma; per di più, le due forme si trovano riunite promiscuamente, e non mi sembra quindi giustificabile la loro separazione specifica. È Negli esemplari della base del Capolago è molto variabile il rilievo delle pieghe, e il lobo è molto sovente spic- ‘cato ma regolarmente arrotondato, presentando così una conformazione intermedia fra i due tipi descritti dallo Scuein. Il contorno varia molto così nei nostri come nei suoi esemplari, oscillando fra */1o e 8/10 il rapporto fra altezza e larghezza. 22. Spirifer inflectens Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 15. 1879. Spirifer inflectens Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 2, fig. 9, 10. I tipi del Barranpe mostrano la grande valva con figura di un rombo allargato, di larghezza pari a 1,5. o 2 volte l’altezza, talvolta arrotondata a semicerchio nella metà frontale. La valva dorsale ha figura ora triango- i) BarROIS. Faune d’Erbray. L. c., pag. 129, tav. VIII, fig. 2 a-k. 2) H. Scupin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 287, tav. XVI, fio. 13, 16, 17. 3) Cfr. M. GoRTANI. Serie devon. d. Coglians. L. c., pag. 11. IA TRA STILO TATA rst e STE RRO 134 M. GORTANI [187 lare, ora grossolanamente semicircolare, La massima larghezza è sempre sulla linea della cerniera, La conves- sità è forte in entrambe le valve. L’apice è acuto, spesso assottigliato, ricurvo con la sola estremità sull’area;. quest’ultima apparisce piana, ora in forma di triangolo isoscele, ora coi lati un po’ arcuati; i limiti ne sono net- tissimi, e la sua larghezza è pari a 4 o 5 volte l’altezza. Seno e lobo sono pronunciati, ma ristretti, così da inte- ressare meno di '/, della superficie di ciascuna valva; la parte mediana così del lobo come del seno è alquanto: spianata, di modo che il loro profilo è a forma di U. Su ciascun lato si hanno da 3 a 6 pieghe forti, ben rilevate, a spigolo arrotondato o smussato. Tutta la superficie è percorsa da sottili striatyre concentriche fitte e regolari. L’unico esemplare proveniente dalla base del Capolago, che riferisco a tale specie, ne presenta fedelmente i caratteri. Esiste soltanto la grande valva, che ha figura rombica, quattro pieghe robuste da ciascun lato del seno, apice sottile e acuto, area a triangolo isoscele. La valva ha mm. 11 di altezza e 17 di larghezza; l’area, contro. mm, 17 di larghezza, ne ha 4 di altezza. Dove è conservata la superficie esterna del suscio si scorse la striatura lamellosa concentrica. La sola differenza che ho riscontrato con gli esemplari boemi è il minore appiattimento longitudinale mediano del seno, il cui profilo è piuttosto largamente arcuato che non in forma di U: avvicinan- dosì così all’affine S. perlamellosus HALL , che si distingue dallo S. inflectens appunto per il profilo più arro- tondato del seno e del lobo, oltre che per le pieghe meno rilevate e l’apice meno sottile e protratto in alto. 23. Spirifer infirmus Bark. var. imperficiens Barranpe. — Tav. XIV [I], fig. 16. 1879. Spirifer infirmus var. imperficiens BarranDE. Syst. Silur., V, tav. 3, fio. 3. Riferisco a questa forma un piccolo esemplare, meno caratteristico e più globoso, ed uno più sviluppato, del quale dò la figura e che ha le dimensioni seguenti: Altezza della valva ventrale ; È È , mm, 11,5 Altezza della valva dorsale 2 9 x 5 ) 9,0 Larghezza È RA ae 3 : È i » 18}5) Spessore 5 È ; 7 , : ì » 6,5 Salvo il più forte spessore, vi è corrispondenza perfetta con gli esemplari figurati dal BARRANDE, specialmente: nella conformazione dell’apice, protratto ed elegantemente curvato, del lobo e del seno appena accennati, degli: angoli laterali arrotondati, della fina e fitta striatura radiale. Devesi notare, a questo proposito, che sotto i nomi di S. infirmus e di S. transiens il BARRANDE fisurò due se-- rie parallele di forme, identiche per conformazione generale, grandezza e curvatura dell’apice, riduzione dell’area, contorno trasversalmente ovale, ampiezza del lobo e del seno, e variabilità nelle pieghe, che possono mancare: od essere più o meno numerose, mai però acute nè rilevate. La sola differenza tra le due serie sta nella minuta scultura della superficie, che nell’una (S. infirmus) è data da sottile striatura radiale, e nell’altra (S. transiens). prevalentemente da sottili strie concentriche. ” 24. Spirifer indifferens Barr. var. transiens BARRANDE. 1879. Spirifer indifferens var. transiens Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 3, fig. 8-10. 1893. _ _ — TscurrnyscHew. Unt. Devon Ostabhang des Urals. L. c., pag. 51, tav. V, fig. 3-6, 16. 21905-07. -— cfr. indifferens Gorrani. Faune devoniane. L. c., pag. 26, tav. II, fig. 1. i) J. Hanx. Pal. N. York, III, 1889, pag. 201, tav. XXVI. [19] M. GORTANI 135 La netta striatura concentrica della superficie toglie ogni dubbio sulla possibile pertinenza degli esemplari ‘a questa specie piuttosto che alla precedente. Nella Boemia, dello S. infirmus sono più frequenti le forme con pieghe radiali; dello S. indifferens sono in- vece più frequenti quelle prive di pieghe; perciò il BARRANDE, non senza creare un po’ di confusione, ha creduto “opportuno di designare come tipici nel primo caso le forme costulate, nel secondo le forme liscie. Per ciò che ri- guarda lo S. ndifferens, sembra che negli Urali prevalgano gli esemplari muniti di pieghe; questi mancano in- vece in Germania, dove è rappresentato soltanto il tipo, e sono all’opposto esclusivi, a quanto pare, nel Devo- “niano carnico. 25. Spirifer cfr. tiro Barranpr. — Tav. XIV [I], fig. 17. 1848. Sporifer Tiro Barranpr. Silur. Brachiopoden von Bohmen, II. L. c., pag. 175, tav. XVI, fig. 8 a-e. 1879. — #0 BarranDe. Syst. Suur., V, tav. 4, fig. 10-12, ?1885, — Jaschei? (non Kayser) Tscanrnvscnew. Unit. Devon West-Abhang des Urals. L. c., pag. 35, avo Vo iis 95, 1894. — diro Tscarrnyscurw. Unt. Devon Ostabhang des Urals. L. c., pag. 53, tav. V, fig. 1, 2. 1906-07. — — Scu. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 296, fig. 30-31 A nel testo. Una sola valva ventrale, fortemente convessa, con seno amplissimo e profondo fin dall’inizio, irradiante *dall’apice, esteso a 4% della conchiglia, nettamente delimitato per tutta la sua lunghezza, e Gon una sola piega «arrotondata su ciascun lato. Il contorno è trasversalmente ovale: la convessità è assai notevole; l’apice si mostra mon affilato, ma ricurvo sull’area, che è liscia, non molto ampia, con limiti indecisi, leggermente concava. Altezza della valva È i B b ù . mm, 9 Larghezza : - ò c : 0 ni 12 Spessore della valva b A S N S È » DID Altezza dell’area s ; p 5 È ; 5 » 200 Lo Scupin ha messo in rilievo le relazioni dello S. #0 con le forme vicine, eccezion fatta dello S. Jaschei RoE- MER », meglio illustrato dal KAyseR ®, ma tuttavia non ancora bene caratterizzato, forse anche per la defi- «cienza degli esemplari. BaRROIS credette di potervi riferire alcuni esemplari di Erbray ®, che nella descrizione “egli dice differire da S. to per convessità un po maggiore e seno più ricurvo alla fronte, mentre dalle figure le «differenze sembrano essere precisamente il contrario. Lo TscHERNYScHEW ascrisse a S. Jascher nel 1885 un esem- plare che successivamente riportò a S. tro, ma che pare diverso anche da quest’ultimo per il numero notevole «delle sue pieghe e la larghezza notevole del suo alato contorno. 26. Spirifer sub-tiro Scupin. — Tav. XIV [I], fig. 18. 1906-07. Spirifer subtiro Scurim. Devon d. Ostalpen, IV. L.c., pag. 297, tav. XVII, fig. 9-12. Un esemplare piccolo, ma già adulto, come è provato dal forte spessore, dal contorno ben individuato, dai -caratteri decisi e dalla robustezza del lobo e del seno. Corrisponde esattamente ai tipi dello ScupIn, fatta ecce- zione delle pieghe laterali, che giungono in quelli fino a 3 per parte, mentre nel nostro caso se ne presenta a mala 1) F. À. RormER. Beitrige Nordwestl. Haregebirge, I. L. c., III, pag. 58, tav. IX, fig. 11. 2) E. KaysER. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., 1879, pag. 176, tav. XXIII, fig. 15, e tav. XXIV, fig. 1, 2. 3) CH. BaRROIS. Paune d’Erbray. L. c., pag. 137, tav, TX, fig. 4 a-e. 136 M. GORTANI . [207 pena una su ciascun lato. Con tale carattere, l'esemplare si accosta un po’ allo S. orbitatus BARR. , dove però: l’apice è molto più sviluppato e la conchiglia è più globulosa. La superficie è striata concentricamente. Altezza della valva ventrale. 5 È 5 . mm. 5 Altezza della valva dorsale - ò E È É » 4,3 Larghezza . . . 5 - 5 È SOUAR) 7 Spessore ò R ò 6 da 7 i o 4 Altezza dell’area i £ 3 d i È A » 0,5 Lo S. sub-tiro è una minuscola specie, che dallo S tiro si distingue per la regione apicale meno sviluppata. il contorno più allargato con seno e lobo non sporgenti ma rientranti alla fronte, il seno affievolito sull’apice,, l’area molto piccola e bassa. ; > 27. Spirifer cfr. orbitatus Barranpe. — Tav. XV [I], fig. 1. 1879. Spirifer orbitatus Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 4, fig. 1-4, e tav. 125, cas. II. 1893. — _ Tscarnrnyscnew. Unit. Devon Ostabhang des Urals. L. c., pag. 49, tav. V, fig. 7, 8. Esemplare unico, slobuloso. Grande valva molto fortemente convessa, con regione apicale sviluppatissima, apice protratto, arrotondato, alquanto ricurvo sull’area che è assai male delimitata e di ampiezza ridotta per la ripiegatura molto pronunciata della regione apicale della valva. Il contorno ha figura triangolare nella metà superiore, con i lati concorrenti verso l’apice alquanto convessi all’esterno, ed ha invece figura semiovale nella metà frontale. Il seno occupa un po” meno di % della valva; è distinto anche sull’apice; ha il fondo arrotondato e non molto profondamente incavato. Nelle regioni laterali si riscontra una piccola piega da ciascun lato, oltre al rilievo fiancheggiante il seno. i La valva dorsale è piccola, di figura semiovale, fortemente convessa. È munita di un lobo ben rilevato, esteso. a 1), della sua superficie, a sezione parabolica. Su ciascun lato vi è un leggiero accenno a una piega, a mala pena visibile. i Il profilo longitudinale ha figura ovale; il profilo trasversale è irregolarmente pentagonale. La commessura; è molto sinuosa ; nella regione frontale sono molto spiccate le linee di accrescimento. La superficie è percorsa da sottili linee concentriche. Dimensioni: Altezza della valva ventrale . È 3 A . mm. 6,2 Altezza della valva dorsale à È È ; n » 5 Larghezza 0 d 5 c o . o i » 6 Spessore . Ù c c c - è : È » 4,5 L’esemplare descritto è certamente affine allo S. orbitatus; ma differisce dai tipi del BarranDE per avere il seno un po’ meno profondo e meno nettamente delimitato, e per la presenza delle lievi pieghe laterali. Per que- st'ultimo carattere (accennato, a quanto sembra, nella fig. 1 di BARRANDE), esso si avvicina all’affine S. accedens BARR. ®, che forse può essere interpretato, se gli originali corrispondono alle figure, come una forma lesgermente costulata di S. orbitatus. Nell’esemplare disegnato dal medesimo autore a tav. 4, fig. 2, il seno ha gli stessi carat- 1) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, 1879, tav. 1, fig. 1-4. 2) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, 1879, tav. 4, fio. 6. Lt RATA) Y Ù [21] M. GORTANI 137 teri del nostro, e anzi si allontana ancora di più dagli altri contipi; manca però ogni accenno a pieghe laterali. ; Qualche somiglianza si ha pure con.lo S. macrorkyrcehus ScuNUR, bene illustrato recentemente dal Tor- LEY !: tale specie se ne stacca tuttavia Do il.contorno molto più allargato e l’area generalmente più elevata e più estesa. 28. Spirifer inflatus Scanur. — Tav. XV [II], fig. 2. 1853. Spirifer dnflatus Scanur. Brachiopoden der Bifel. L. c., pag. 211, tav. XXXVII, fig. 2 @-d. 1911. — - Gortani. Muuna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 169 [29], tav. XVII [II], fig. 33 (cum syn.). Affine allo S. nfimus Wrips. 2), lo S. inflatus ne diversifica, come già ebbi a osservare, per essere un po’ più inequivalve, un po’ meno allargato, con seno molto leggiero, e sopra tutto con area male delimitata o senza li- miti affatto. I due esemplari che ho in esame hanno le dimensioni seguenti : I II È î Altezza della valva ventrale È - ci ammi 5 TO ORIO. ; Altezza della valva dorsale . Ù ; È ) 5,5 DIREI Larghezza . , ; 4 : i i ) 7 Z Deli Spessore . P 4 h È È A )» ASSI » 90 Sono un po’ meno rigonfi dell’esemplare tipo dello ScHmuR e hanno l’apice un po” meno ricurvo; concordano Invece nelle altre particolarità essenziali con esso, come pure con le altre numerose forme che mi parve necessario di interpretare come ad esso corrispondenti, e di porre quindi in simonimia. Gen. Gyrtina DaAvIDSON. 29. Cyrtina heteroclyta Derrance sp. 1824. Calceola heteroclyia Derrance. Dictionnaire des Sciences naburelles, XXXII, pag. 306, tav. LXXX, fig. 3 1911. Cyrtina — Gorrani. Fauna mesudev. di Monumenz. L. c., pag. 171 [31], tav. XVII [II], fig. 35 a, db (cum syn.). i 1915. — hamiltonensis (Havt) Prosser. Middle Devonian. Maryland Geol. Surv., pag. 185, tav. XVII, fig. 1-9. Due esemplari, uno dei quali è fra i più tipici e caratteristici rappresentanti carnici di questa specie ben nota, | presentando area elevata, apice acuto e sottile, contorno alato, seno e lobo ristretti e bene spiccati, 1-8 forti | pieghe su ciascuna valva. Le sue dimensioni sono: ._ | Torey. Fauna d. Schleddenhofes. L. c., 1908, pag. 14, tav. II, fig. 12-18. ] %) Cfr. GORTANI. Pauna mesodev. di Monumenz. L. c., 1911, pag. 168 [28], tav. XVII [II], fig 21 (cum sym.). Palaeontographia iralica, vol. XXI, 1919. - (o.e] les M. GORTANI [22] Altezza della valva ventrale È ‘ GIA IDATA . mm. 9 Altezza della valva dorsale .. E } di > » 6,5 Altezza dell’area » 5 Larghezza » 15 Spessore » 7 Fra i sinonimi ho dovuto includere la nuova iconografia della C. hamiltonensis, seguendo gli stessi criteri che mi hanno persuaso ad accettare altra volta, per la sinonimia della ©. Reteroclyta, il quadro proposto dal WrnipBorne (Devon. Fauna S. England. L. e., XLVII, 1893, pag. 111). Gen. Spirigera D’ORBIGNY. 30. Spirigera Philomela BarranDE sp. — Tav. XV [II], fig. 3, 4. 1879. Atrypa Philomela Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 84, cas. II; tav. 134, cas. I; tav. 145, cas. I, II. Fra le numerose ferme che il BAaRRANDE ha descritto come specie di Atrypa, e che verosimilmente debbono riportarsi al genere Spirigera, 1’ A. Philomela si distingue per il contorno in generale subcir- colare, tanto alto quanto largo; per la regolare convessità di entrambe le valve (d’onde un profilo lenti- colare); per l’apice piccolo e di solito acuto, un po’ prominente; per il seno e il lobo leggerissimi, di consueto accennati soltanto da una poco accentuata sinuosità della commessura frontale. I due esemplari della base del Capolago, che riferisco a questa forma, hanno le dimensioni seguenti: I II Altezza della valva ventrale ; . mm. 8,7 mm. 8 Altezza della valva dorsale . A } » 8 » To { Larghezza » 8,5 » 8 Spessore » 5 D) 4,5 La convessità è uguale in entrambe le valve; la sinuosità della commessura è in un caso leggiera, nel- l’altro quasi nulla. Alla superficie si notano rade linee concentriche di accrescimento. Gen. Merista Surss. 31. Merista herculea BarranpE var. porrecta n. f. — Tav. XV [II], fig. 5. 1879. Merista' Herculea (pars) Barranpe. Syst. Squr., V, tav. 10, fig. 1-6, 122, 16, 17 (cet eacl.). 1907. — herculea var. Scurin. Devon d. Ostalpen., IV. L. c., pag. 277, tav. XVI, fig. 8 a-d, 11 a, b? L’esemplare della base del Capolago a cui dò questo nome ha contorno piriforme, convessità mediocre e sub- eguale nelle due valve, profilo longitudinale regolarmente ovale, seno e lobo indistinti, apice della grande valva protratto, non applicato sulla cerniera. La pertinenza al genere Merista è assicurata dalla presenza del collega- mento caratteristico fra le due grandi lamine dentarie della valva ventrale. La superficie è liscia, con una leg- giera striatura radiale simile (ma più attenuata) alle figure 3, 16, 17 di BarranpE. Le dimensioni sono : MNT ERANO O STO gerardo 0 gt 1 [23] M. GORTANI 139 Altezza della valva ventrale i 5 È È an Altezza della valva dorsale b 1 3 ) À » 17 Larghezza . . o - È 3 . ° DIRI Spessore -. 5 È 5 2 5 n È 5 DO1i5 Angolo apicale o c . è o > Sub 900 Lo Scurin (I. c.) osserva giustamente che fra gli esemplari figurati dal BARRANDE nel 1879 sotto il nome di M. Herculea, si posson distinguere facilmente due tipi principali: uno con l’apice svolto e slanciato, l’altro con l’apice molto ricurvo e applicato sopra la cerniera e l’apice della valva dorsale. Ritiene lo ScuPIN che al primo tipo si debba riservare il nome di M. hereulea, e vi riferisce i suoi esemplari distinguendovi una forma elongata ed una rotundata a seconda del contorno più o meno slanciato. La proposta dello Scurin non può, per altro, essere accolta. Il BaRRANDE illustrava infatti per la prima volta la sua specie nel 1847 (Silur. Brachiopoden aus Bòhmen, I. L. c., I, pag. 282, tav. XIV, fig. 1-2 #, sub Terebra- tula Herculea) descrivendo e designando soltanto esemplari del secondo tipo, ossia con apice depresso e fortemente ricurvo. È a questo tipo adunque che correttamente va riservato il nome di M. Rherculea sensu stricto; mentre per l’altro tipo, con apice svolto e non applicato sulla cerniera, deve essere stabilita una nuova denominazione. E riferendomi appunto alla conformazione dell’apice, propongo per tale forma il nome di porrecta. La ritengo piut- tosto una varietà della precedente che una specie a sè, per due motivi: i graduali passaggi che tra l’una e l’altra sono documentati nella tav. 10 del BARRANDE, e il fatto che l’apice svolto sembra prevalere negli individui gio- vani !). A M. herculea var. porrecta dovranno dunque essere riferite le forme elongata e rotundata che allo ScuPIN è piaciuto distinguere, quando non si preferisca abolirle in considerazione della grande variabilità di contorno delle Meriste. i La M. herculea var. porrecta, per il carattere del suo apice è distinta da tutte le congeneri, avvicinandosi ad alcune Meristelle, come la Meristella recta BarROIS ?. 32. Merista gibba n. f. — Tav. XV [II], fig. 6-8. Conchiglia di contorno piriforme o securiforme, subtroncato alla fronte. Valve subeguali fra loro. Convessità molto notevole nella metà apicale, di dove degrada rapidamente verso la fronte terminandovi a cuneo. Il pro- filo trasversale è quindi lenticolare rigonfio; quello longitudinale è obovato-cuneato. Lo spostamento della con- vessità massima verso l’apice è talora simmetrico in entrambe le valve, talora limitato alla valva dorsale. Gli apici delle due valve sono subeguali tra loro, ricurvi e applicati l’uno contro l’altro. L'angolo apicale è acuto. Le regioni laterali della conchiglia si vanno man mano elevando dalla fronte verso gli apici, e nella metà apicale finiscono coll’essere perpendicolari, o quasi, al piano di commessura. Non vi è lobo; ma noto in un esemplare gio- vane una leggiera sinuosità in entrambe le valve nella regione frontale. La superficie è liscia, con poche linee concentriche di accrescimento. 1) Fra gli esemplari non adulti vi è soltanto quello figurato dal BARRANDE nel 1847, tav. XIV, fig. 2 a, b, che presenti gli apici applicati uno contro l’altro. * CH. BaRROIS. Haune d’Erbray. L. c., pag. 107, tav. VI, fig. 6. LISTE PAIA 140 M. GORTANI [24] Le lamine dentarie della grande valva sono molto forti e unite fra loro per lungo quasi ad angolo retto: molto lungo e pronunciato è il setto mediano della valva ventrale. Dimensioni: I ADECONETO III Altezza della valva ventrale . K È : mm. 14 mm. 10 mm. 5 Altezza della valva dorsale 2 5 3 BDO 13,5 » 9,5 » 5 Larghezza c 0 a a È : é )» 12 )» 8 ) 4 Spessore o . 5 5 ò Ò 0 » 9 ) 6 » 3 Angolo apicale 3 È ì ti t 5 700 ‘800 850 Per il contorno la forma descritta si avvicina a Merasta securis BARRANDE !, come pure a Meristella upsilon - BarranDE ®. Ma rimane distinta dalle specie congeneri e anche da tutte le Meristelle a me note, per la gibbo- sità apicale, soprattutto nella valva ventrale, che ha per conseguenza lo spostamento del massimo spessore nella metà superiore. La sola Merzsta tectiformis TscHerNYyscHEW ?, dell’Eodevonico uraliano, presenta spostato verso l’apice il colmo della convessità; ma non può essere confusa con la M. gibba per essere fortemente inequi- ‘valve e simile per conformazione ad una XKarpwnskya. Ord. Ameîstropegmata ZITTEL. Fam. Pentameridae Mac Coy.. Gen. Pentamerus SoweRByY. 33. Pentamerus volaicus n. f. — Tav. XV [II|, fig. 9-12. Conchiglia grande, biconvessa, rigonfia specialmente nella metà apicale e dal lato ventrale; contorno larga- mente ovato triangolare, subtroncato o arrotondato alla fronte. Linea cardinale angoloso arcuata. Setti molto sviluppati e robusti. La grande valva ha la massima larghezza nel terzo inferiore, vale a dire nella regione frontale. I margini la- terali, raccordati in curva regolare col margine frontale, corrono pressochè rettilinei fino all’apice, dove s’incon- trano in angolo largamente arrotondato. L’apice è ampio, arrotondato, rigonfio, sporgente e più o meno ricurvo sopra l’apice della valva dorsale. Il colmo della convessità della valva è un po’ spostato verso l’apice, dove il rigonfiamento è notevole, mentre si attenua rapidamente verso la fronte. Un lobo leggiero e mal delimitato, ma che interessa un terzo della larghezza della valva, si nota dalla fronte fin verso il mezzo, dove si affievolisce gradatamente fino a scomparire. La valva dorsale, meno convessa della precedente, ha pure risonfio l’apice con tutta la regione apicale, a dif- ferenza della metà inferiore; di guisa che il profilo longitudinale della conchiglia ha figura nettamente ovale o meglio cuoriforme. In corrispondenza del lobo ventrale, si ha qui un seno ventrale molto ampio ma a limiti inde- cisi, e distinto solamente nella metà frontale della valva negli esemplari adulti; negli individui giovani, seno e 1) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, tav.17, cas. IMI. 2) J. BARRANDE. Syst. Sdlur., VW, tav. 16, 114, 136. 6 3) Tu. TscHERNYSCHEW. Unt. Devon Ostabhang d. Urals. L. c., pag. 165, tav. VII, fig. 3, 4. [25] ; M. GORTANI 141 lobo sono ancora più sfumati verso le regioni laterali e si rendono visibili per la sinuosità della commessura fron- tale. Il profilo trasversale della conchiglia è in forma di lente biconvessa. L'angolo apicale oscilla in media fra 100° e 1200. La superficie è percorsa da pieghe larghe, arrotondate o non molto rilevate, separate da intervalli lineari, ‘non di uniforme larghezza nè di uniforme rilievo, nè regolarmente distribuite ; tali pieghe, in numero general- mente di 15-20 su ciascuna valva, sono distinte nella metà frontale e si affievoliscono rapidamente verso la regione apicale, che resta liscia. Le commessure, diritte nella parte superiore, inferiormente e su tutta la fronte sono cre- nate o con denti arrotondati. Dimensioni: I II III IV Altezza della valva ventrale 5 5 3 mm. 30 mm. 27 mm. 28 mm. 15 Altezza della valva dorsale . È 5 È DNN2/6 » 25 » DIL. PIRAS Larghezza . 5 G h 1 , di » 37 » 31 » 29 » 18 Spessore . c ° é o c 5 » 25 » 20 ) 16 » 8 Con la forma descritta ha particolare somiglianza il P. Steberî v. BucH in BaRR., che, come subito vedremo, è pure rappresentato nella nostra fauna. Da questa specie, il P. volaieus differisce per il contorno ovato trian- golare, con la maggiore larghezza nella regione frontale anzichè nel mezzo; per la regione apicale un po’ più ri- ‘gonfia, più sviluppata e protratta in alto; per gli incerti limiti e la debole accentuazione del lobo e del seno; per la mancanza di pieghe nella regione apicale, e per la natura delle pieghe stesse che non sono acute ma arroton- date e si presentano meno numerose, meno indipendenti una dall’altra, meno regolari e uniformi. Gli stessi caratteri, e a più forte ragione, separano il P. volaicus dal P. Oehlerti BarRoIs 1, dal P. langue- docianus BarROIS ? e dal P. Heberti OruLERT 8). Il P. hercynicus HALFAR *) ‘è più vicino al nostro per la con- formazione generale; ma, oltre ad avere dimensioni molto maggiori e apice foggiato diversamente, presenta molto più numerose e sottili le pieghe o coste radiali. è 34. Pentamerus Sieberi vow Buck in Barranpe. — Tav. XV [II], fig. 13, 14. , 1847. Pentamerus Steberi von Buc® in BarRANDE. Sir. Brachiopoden aus Bohmen, I. L. c., pag. 465, tav. SO ina dl D i 1858. — Kmightii (non SowerEy) Green. Sur. Fauna des Unterharzes, pag. 46. 1858. Spirifer seleanus Greger. Ibid., pag. 33, tav. IV, fig. 12. 1878. Pentamerus Sieberi Kavser. Aelt. Devonablag. des Harzes. Li. c., pag. 158, tav. XXVII, fig. 5-9. 13. CH. BARROIS. Zerrains anciens des Asturies. L. c., pag. 270, tav. XI, fig. 7 a-g. 2) CH. BARROIS. Memoire sur le calcaire à Polypiers de Cabrières. Ann. Soc. géol. du Nord, XIII, 1885, pag. 83, tav. I, fio. 3 a-h. 3) D. P. OrHLERT. Sur les fossiles devoniens du Departement de la Mayenne. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, V, 1877, pag. 597, tav. X, fig. 12. i 4) HaLFaR. Veber eine neue Pentamerus-Art aus dem typischen Devon des Oberharzes. Zeitsechr. Deut. geol. Ges., XXXI, 1879, pag. 705, tav. XIX. , ARES AZONAVI TNEORO 2 TU APT STAI 142 M. GORTANI [26] 1879. Pentamerus Stieberi et var. BarranpE. Syst. Silur., V, tav, 21, fig. 1-8; tav. 77, fig. 1-12; tav. 78, fig. I-IV; tav. 79, cas. I; tav. 119, cas. II; tav. 142, cas. IV (2); tav. 150, cas. VI (2). 1889. = — Barrors. Paune d’Erbray. L. c., pag. 7%, tav. V, fig. 1 aj. 21906. = — Siemranzri. Die Palacoxoischen Gebilde Podoliens, Beitr. z. Pal. Oest. ni) u. Or., XIX, pag. 255, tav. XX, fig. 23. 1906-07. — — Scupin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 254, tav. XV, fig. 4 Dalla base del Capolago provengono parecchie valve isolate, dorsali e ventrali, nettamente distinte dalla forma precedente per avere pieghe radiali acute, robuste, evidenti fin sull’apice, e per il contorno trasver- salmente ovato, non dilatato nella regione frontale. Tali valve mi sembrano appartenere al P. Steberz quale fu descritto dal BaRRANDE e illustrato dagli autori che lo hanno seguito. Nl Barrots e lo Scurin hanno diligentemente analizzato i caratteri ed esposto le affinità e differenze che in- tercedono fra il P. Steberi e le forme congeneri estranee al bacino della Boemia. Rimandando ai loro scritti per tale questione, mi limito ad aggiungere che al P. Sieber. è pure strettamente affine il P. fiwmus BARRANDE !), che parrebbe distinguersene soltanto per le coste con spigolo non ottuso ma acuto, e perillobo non appariscente. 35. Pentamerus optatus Barranpe. — Tav. XV [II], fig. 15. 1847. Pentamerus optatus Barranpe. Silur. Brachiopoden aus Bohmen, I. L. c., pag. 471, tav. XXII, fig. 4. 1879. — — Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 22, fig. 5-8; tav. 24, fig. V (2); tav. 114, fig. VI; tav. 116; tav. 117, fig. IV; tav. 118, fig. IV; tav. 119, fig. III; tav. 150, fig. VII. 1885. — —. TscnernvscHew, Unit. Devon Weslabhang des Urals. L. c., pag. 53, tav. VII, fig. 94, 95. i 1899. — — Wensurow. Silur. Ablag. Podoliens. L. c., pag. 149, tav. VIII, fig. 3, 4. 1905-07. _ — Gortani. Paune devoniane. L. c., pag. 32, tav. II, fig. 6. 1906-07. — — Scurin. Devon d. Ostalpen, IV. L. c., pag. 252, tav. XIV, fig. 11. 1908. — — Vinassa. Fauna dei calcari con Rhynchonella Megaera del Passo di Volaia. Boll. Soc. geol. ital., XXVII, pag. 562. La notissima specie, diffusa nel Neosilurico superiore e nell’Eodevonico delle Alpi Carniche, è rappresentata alla base del Capolago dal piccolo esemplare che figuro. È un giovane individuo, misurante in : Altezza della valva ventrale . È n o senno LO Altezza della valva dorsale 3 ; È 3 » 8 Larghezza é ? Ra NECES o ) Il Spessore . i i 3 ; 6 ° ; » 6. Benchè notevolmente rigonfio, ha seno e lobo ancora indistinti, tranne che alla fronte; le pieghe sono a mala pena visibili come lievi ondulazioni; ha le maggiori somiglianze con gli esemplari disegnati da BARRANDE a tav. 116, fig. 1 e tav. 119, fig. III. 1) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, tav. 9, fig. VIII, e tav. 79, fig. II. [27] M. GORTANI 143 La valva ventrale è un po’ spostata rispetto alla dorsale; perciò il suo apice apparisce nella fisura più pro- tratto e sviluppato che non fosse in realtà. 36. Pentamerus linguifer Sowrrsr sp. var. sublinguifer (Maurer). — Tav. XV [II], fig. 16. 1885. Pentamerus sublinguifer MavrER. Fauna von Waldgirmes. L. c., pag. 218, tav. IX, fig. 7-10. 1893. —_ — 2 Wamsorne, Devon. Fauna S. England, 1I. L. c., XLVII, pag. 123, tav. SEND ao 4 21913. — Micra Gorrani. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 181 [41]. Mentre gli esemplari di Monumenz che ravvicinai a questa forma, si accostavano per dimensioni notevoli e forte convessità al maggiore degli individui figurati dal WHIDBORNE, il piccolo e giovanissimo esemplare che vi riferisco oggi si accosta al meno sviluppato degli individui inglesi e tiene un posto intermedio, per contorno e convessità, fra quelli rappresentati dalle fig. 8 e 10 del MauRER. L’esemplare, per quanto piccolo, è notevolmente rigonfio. Molto convessa è soprattutto la valva ventrale, il cui apice segue la convessità della valva e mantiene scoperto il deltidio. Il contorno è irregolarmente esagonale arrotondato; seno e lobo sono visibili soltanto nella regione frontale; mancano ripiegature secondarie, e manca pure quella carena mediana del seno di cui il MAURER parla nella sua descrizione, ma che dalle sue figure appare distinta soltanto nell’esemplare maggiormente rigonfio. Dimensioni: Altezza della valva ventrale È È è È mm. 5,5 Altezza della valva dorsale E 5 3 7 NE 5 Larghezza 5 o 3 ò ù . 5 » 5 Spessore . È È i È 2 x 9 » 3,5 Angolo apicale . o 0 . n ò 3 100° circa. Il MAURER (I. c., p. 120-21) mette assai bene in evidenza i caratteri differenziali tra il suo P. sublinguifer eil P. linguifer quale è inteso dal BarranDE !). Ma vedremo quanto prima come la determinazione del BARRANDE debba essere corretta, non corrispondendo appieno i suoi esemplari a quelli tipici inglesi. Le differenze sono invece minori fra il P. sublnguifer e il P. linguifer quale è rettamente descritto e figurato dal Davipson 2): potendosi notare soltanto che negli esemplari del Siluriano inglese il seno e il lobo sono ben pro- nunciati, evidenti lungo tutta la valva dall’apice alla fronte, senza ripiegature secondarie, ele valve sono sempre Figonfie, a contorno più o meno nettamente esagonale; mentre invece gli esemplari di Waldgirmes hanno seno e lobo impercettibili nella regione apicale, hanno spesso una carena o una traccia di carena mediana nel seno, e hanno conchiglia a volte rigonfia, a volte depressa, a contorno più di sovente rombico. Tali differenze, attenuate anche da graduali passaggi, sono troppo leggiere per giustificare la separazione di P. sublinguifer come specie au- tonoma. 1) J. BARRANDE. Syst. Silur., V, tav. 22, tav. 24, tav. 119. È 2. Davipson. A Monograph of the British Silurian Brachiopoda. Pal. Soc., XX, 1866, pag. 149, tav. XVII, fig. 11-14. î DI 144 M. GORDTANI 37. Pentamerus linguifer SowrrBy sp. var. carnicus n. f. — Tav. XV [II]; fig. 17-19. Conchiglia piccola, appena più larga che alta, di contorno subrombico. Grande valva con apice molto alto e rigonfio, regolarmente arrotondato; angolo apicale ottuso, variabile da 105° a 113° negli esemplari esaminati. La valva è notevolmente e uniformemente convessa; tien luogo del-seno ‘un leggiero appiattimento della porzione longitudinale mediana. I margini laterali formano tra loro un angolo frontale opposto a quello apicale ed aperto cirea altrettanto. Altezza e larghezza stanno fra loro come 100 a sul nell’esemplare più alto, come 100 a 116 i in quello più allargato. La valva dorsale, a differ enza dell’altra, si Dr esenta: fortemente ondulata. Anche essa è rigonfia nella regione apicale, — e diventa addirittura gibbosa nell’ esemplare della fig. 19, che è forse una varietà, ma non una forma abnorme—; ma ha un lobo molto rilevato, che si protende alla fronte e si stacca fortemente dalle depresse regioni laterali della valva. La convessità del lobo è variabile secondo gli individui; e ciò risulta evidente dall’andamento della commessura frontale, la quale in corrispondenza del lobo s’inflette ad angolo più o meno arrotondato (cfr. fie. 17 d), o ad arco regolare (fig. 18 c), o perfino si appiattisce leggermente al colmo della convessità (fig. 19 d). La superficie dell’intiera conchiglia è liscia; il guscio è sottile. Mancano pieghe secondarie. Lo spessore com- plessivo oscilla fra ?*100 e “/oo del valore dell’altezza. Dimensioni: I TI TII IV Altezza della valva ventrale È : È mean IT TAMA mm. 5,6 mm. 3,7 Altezza della valva dorsale i } 3 » 6 » 6 » 5 Dito: Larghezza 5 : x 5 ° : )» 8 ) 7,8 » 6,5 DINNASO, Spessore c è È ò 5 ; » 4,5 » 4 D 3,5 È di, 2 Angolo apicale . ; è x . o 1050 108° 1130 1110 La forma descritta è strettamente affine a quelle illustrate come P. linguifer e P. sublinguifer da vari autori, e sopra tutto a quelle fisurate dal BarRANDE ! sotto il nome di P. linguiferus SowEeRBY. Dal tipico P. linguifer del Siluriano anglo- scandinavo ?, come pure dalla var. sublinguifer (MAURER( di cui già fu discorso, la var. carnicus si stacca principalmente per avere il foro e la regione deltidiale nascosti, e per il regolare contorno rombico della conchiglia, che è simmetrico rispetto a una linea trasversale mediana ed ha l’angolo frontale circa altrettanto aperto quanto l’angolo apicale. Inoltre nei nostri esemplari la convessità degli apici è in entrambe le valve indipendente dalla convessità della conchiglia; e i margini che concorrono all’apice sono perciò concavi verso l’esterno, mentre sono convessi negli esemplari figurati dal Davipson e dal MAURER. Nella forma carnica la valva ventrale è priva di seno, mentre sono invece sinuati nella regione frontale gli esem- plari del tipico P. lmguifer e del sublinguifer. Le medesime differenze si rilevano altresì fra gli individui carnici e quelli boemi più sviluppati; eccezion fatta per la visibilità del deltidio, che è nascosto negli uni e negli altri. Fra gli esemplari figurati del BARRANDE son- vene però alcuni (cîr. spec. tav. 22, fig. 4 a-e, dell’op. cit.), simili anche per figura e portamento ai nostri, da cui si distinguono soltanto per gli apici meno risonfi, il contorno meno regolarmente rombico, il lobo e il seno assai meglio spiccati anche nella regione apicale. Gli esemplari del BARRANDE sono però ben diversi, per il portamento d’insieme e per avere il foro deltidiale nascosto, dalle forme inglesi e renane; e proponiamo di distinguerli col nome di P. limguifer var. bohemieus. 1) J. BARRANDE. Syst. SWun., V, tav. 22, fig. 2 e 4; tav. 124, cas. qu: tav. 119, cas. I, fig. 9e 10. 3 C. Sowerbr. Silurian System, 1839, tav. XIII, fig. 8, sub Atypa linguifera; — Davipson. Brit. Silurian Brachiopoda. L. e., XX, 1866, pag. 149, tav. XVII, fig. 11-14. - [29]. M. GORTANI 145 Potremmo così distribuire le forme del ciclo di P. linguifer secondo questo prospetto !: o.) typicus. — Apertura deltidiale scoperta. Seno e lobo ben pronunciati, distinti dall’apice alla fronte, senza ripiegature secondarie; conchiglia molto rigonfia, a contorno esagonale. i 8) sublinguifer (MAURER). — Apertura deltidiale scoperta. Seno e lobo più o meno pronunciati, mai però nella regione apicale; seno provvisto per lo più di una carena longitudinale mediana; conchiglia rigonfia o anche depressa, a contorno esagonale arrotondato o subrombico. ) bohemicus Nobis.—Apertura deltidiale nascosta. Seno e lobo distinti dalla regione apicale alla fronte, ov- vero prolungati oltre il resto del margine frontale; contorno con simmetria bilaterale, o arrotondato; conchiglia spesso globulosa e in cui la convessità degli apici è fusa con quella delle valve. è) carnicus Nobis.— Apertura deltidiale nascosta. Seno e lobo indistinti nella regione apicale, - il seno anzi accennato soltanto alla fronte, - e non protratti; contorno regolarmente rombico; convessità degli apici accentuata e indipendente da quella della conchiglia. Fam. Rhynchonellidae Gray. Gen. Rhynchonella FiscHER von WALDHEIM, 38, Rhynchonella Monas BarRANDE. UA XV [II], fig. 20 «a-d. 1847, Terebratula Monas BarranDE. Silur, Brachiop. aus Bohmen. I. L. c., pag. 444, tav. XX, fig. 3 we, 1879. Ahynchonella monas BarranDE, Syst. Silur., V, tav. 31, fig. 4, 5. i 2 1879. — tarda (pars) BarranpE, Ibid., tav. 115, cas. IV, fig. 3 (cet. excl.). 1906-07. — n. sp. off. monas Scurr. Devon. d. Ostalpen. 1V. L. c., pag. 230, tav. XIII, fig. 2 a-d. La Rh. Monas è di figura ovale, risonfia, con profilo longitudinale obovato-oblungo, convesso nella regione apicale in grado alquanto più forte che nella regione frontale. L’angolo apicale è retto; gli apici sono appena di- stinti, strettamente applicati contro la cerniera. Il seno, lungo e stretto, è limitato da due pieghe molto forti nella metà frontale. Le pieghe sono 3 nel seno, 4 sul lobo, 1 o 2 su ciascun lato. Nelle figure pubblicate dal BAR- RANDE nel 1877 le pieghe del seno e del lobo sono equivalenti fra loro in rilievo e larghezza; nè egli accenna in qualsiasi modo, descrivendole, a differenze tra di esse. Nelle fisure date nel 1879, e specialmente nella fig. 5, la piega mediana del seno è invece un po” più larga e più forte delle laterali. L’esemplare del Capolago che ho in esame, ha nel seno 3 pieghe, di cui la laterale sinistra ridotttissima; su ciascun lato ne corrono 2, oltre ad una fortissima fiancheggiante il seno. Seno, lobo e pieghe si perdono nella regione apicale. Le dimensioni sono le seguenti: Altezza della valva ventrale ; ; 5 o : mm. 13,5 Altezza della valva dorsale ; È ° 5 . » 13 Larghezza . o È 5 - 5 9 ° È Di ili Spessore . o 5 . È . : È : » 8,5 Angolo ‘apicale . . ; ; 5 8 6 - 9 0° circa i) Non sembra pertinente al P. linguifer, sopra tutto per il contorno frontale rientrante e concavo verso l’interno, la forma podolica figurata dal WenJuKOW (Silur. Ablag. Podoliens. L. c., 1899) e riprodotta dal FRECH (Lethea palaeo- zoica. I, 2, pag. 117 b, fig. 10). Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. i 19: METRICO RSA VISITI 146 M. GORTANI [30] Dagli esemplari tipici del BARRANDE, il nostro differisce per le dimensioni all’incirca doppie. Tale differenza però cesserebbe, se si accogliesse. come io propongo, nel ciclo della RR. Monas l’individuo figurato-dal BARRANDE a tav. 115, cas. IV, fig. 3, come RR. tarda; il quale pera forma ovale e per la conformazione e il piccolo numero delle pieghe si stacca dalla Rh. tarda, avvicinandosi moltissimo alla RR. Monas. In questo esemplare si nota, fra le pieghe del seno, un carattere analogo al nostro, e cioè la riduzione di una piega laterale. In ogni modo, un riferimento a Rh. tarda sarebbe errato certamente per il nostro esemplare del Capolago, date le forti e rade pieghe sulle regioni laterali della valva, la forma ovale del contorno e del profilo longitudinale, e la piccolezza degli apici, applicati entrambi sulla cerniera. Molto simile, e specificamente identico al nostro, è l'esemplare che Scuprn descrive e figura come RA. n. sp. aff. monas. Egli lo dice diverso dalla R}. Monas per avere dimensioni maggiori (altezza di 11 mm.) e conves- sità meno spostata verso l’apice. L’ uno e l’altro carattere si riscontrano anche nel nostro individuo; ma non mi sembrano tali da giustificare una separazione specifica dalla forma boema. Tutt’al più essi possono denotare una variazione locale, che potremmo chiamare RR. Monas for. volaica. 39. Rynchonella Nympha Barranpe. — Tav. XV [IIj, fig. 21-23. 1847. Terebratula Nympha et var. Barsanpr. Silur. Brachiop. aus Bohmen. I. L. c., pag. 422, tav. XX, fig. 6-8. 1850. _ — Roruer. Bestrige Nordwestl. Harzgebirze, 1. L. c., INI, pag. 59, tav. IX, fig. 16 |a-e. 1854. — — v. Grurnewannr. Weber die Versieinerungen der silurischen Kallsteine von Bogoss- Ù i lowsk. Mém. Sav. étrang. Ac. Imp. Sc. St. Pétersb., VII, pag. 582, tav. Liaison î ì 1 j 1855. - Pomelii? (non Davinson) Rormer. Bertrige Nordwestl. Haragebirge, III. L. c., V, pag. 4, i tav. II, fig. 7 a-c. ng 1855. —_ Nympha? Roemer. Ibid., pag. 5, tav. II, fig. 8. 1858. — cuneata Giper. Silur. Fauna des Unterharxes, pag. 38, tav. II, fig. 18. 1858. _ Nympha Gieger. Ibid., pag. 43, tav. IV, fig. 7. 1858. Atrypa socialis Gueger. Ibid., pag. 36, tav. IV, fig. 4. 1878. Rhynchonella nympha Kavser. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 142, tav. XXV, fig. 1, 2, 6-11; tav. XXVI, fig. 15-18. 1879. —- — et var. (pars) Barranpe. Syst. Siuur., V, tav. 29, fig. 10-14; tav. 135, cas. VI; tav. 153, cas. I-XII (tab. 122 et tab. 147 excl.). 1889. —_ — Barros. Waune d’Erbray. L. c., pag. 86, tav. V, fig. 2 a-e. 1889. _ Pareti (non pe VerNEUIL sp. ?) BarRors. /bid., pag. 84, tav. V, fig. 3 arc. 1899. _ nympha Wensurow. Silur. Ablag. Podoliens. L. c., pag. 156, tav. IV, fig. 10-12. 1906. _ — Srewmavzei. Die Palaeoxoischen Gebilde Podoliens. Beitr. z. Pal. Oe.-Ung. u. Or., XIX, pag. 259, tav. XXI, fig. 2. 1906-07. _ (Camarotoechia 2) nympha Scurin: Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 236, tav. XI, fig. 102, US: tav XA, D. Il gruppo, ricchissimo di forme, che si rannoda intorno a Ph. Nympha e specie affini, è talmente complesso e offre tali passaggi fra esemplari a primo aspetto diversissimi e sistematicamente lontani, da renderne lo studio difficile, e molto difficile le distinzioni specifiche. È indubitato che, scorrendo la serie delle iconografie; molte forme riunite sotto il nome di RR. Nympha mostrano differenze assai più appariscenti fra loro che non verso specie por- tanti nome diverso: accenno come esempio i due fossili che il BarRoss figura rispettivamente come RA. Nympha e Rh. Pareti, e che non paiono assolutamente spettare a specie diverse. i [31] M. GORTANI 147 Meritano del pari un’accurata revisione, ad esempio, le Rinconelle figurate come RA. cypris D’ORBIGNY !, Rh. sub-Pareti OHLERT >, Eh. livonica v. Buca 3) e la stessa Rh. Pareti De VERNEUIL sp. # da un lato; e d’altro lato le RR. marginalis BARRANDE sp. ®), RA. praegnans BARRANDE %, RA..Daphne BARRANDE ?), Rh. Mi- nerva BarrAnDE ®, Rh. Hebe BarRANDE ®, Rh. Niobe BARRANDE !9) ed altre, che si avvicinano più o meno a Rh. modica e Rh. Amalthea. i Ai tipi più « amaltheiformi » di RR. Nympha si accostano gli esemplari numerosi che rappresentano questo grup- po nella fauna della base del Capolago. Essi sono tutti caratterizzati da spessore molto mediocre, contorno fla- bellare angoloso, con i due lati concorrenti all’apice un po’ concavi verso l’esterno, i margini laterali e frontale riuniti ad angolo, la regione apicale slanciata © sottile, la metà frontale del contorno foggiata a semiesagono. Gli esemplari meglio conservati hanno queste dimensioni: I II II IV Altezza della valva ventrale . mm, 15 mm. 13 mm. 11,2 mm. 9,5 Altezza della valva dorsale 7 ) 19 Di ILS » 10 » 8,5 Larghezza È o 6 5 » 19 » 16 » 15 v 12 Spessore . ò È . 5 » 9,5 » 9 » 7 » 6 Angolo apicale . 3 : È 1150 1100 1100 1000 Vi sono generalmente 6 pieghe sul lobo, 5 nel seno, 5 o 6 su ciascun lato; seno e lobo sono nettamente distinti, e la commessura frontale è angolosa, non arcuata. Le maggiori somiglianze sono con la fig. 12, tav. XI, di ScuPIN, la fig. 17, tav. XXVI, di KaysER, e la fig. 14, tav. 29, di BARRANDE. 40. Rhynchonella simulans Barranpe. — Tav. XV [II], fig. 24 a-d. ‘1879. Ehynchonella simulans Barranpr. Syst. Silur., V, pag. 31, tav. 93, cas. IV; tav. 147, cas. VII, fig. 1 a-d. Il carattere più saliente di questa forma è già stato accennato dal BARRANDE. Il lobo presenta cioè « una di- visione longitudinale, consistente in una solcatura mediana molto distinta e che non può esser confusa con i solchi interposti alle pieghe ». Più semplicemente si può dire che il lobo presenta negli esemplari adulti due pie- ghe bifide, e negli esemplari giovani due pieghe che accennano a biforcarsi: tale essendo infatti il motivo della conformazione descritta dal BarranDE. Negli esemplari da lui figurati il contorno è irregolarmente pentagonale, più largo che alto; la convessità è mediocre, con un massimo ora alla fronte, ora verso il mezzo, e con la regione i In OrHLERT. Étude sur quelques Brachiopodes dévoniens. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, XII, 1884, pag. 412, tav. XIX, fig. 11m. i 2 D. P. OEHLERT. Ibid., pag. 416, tav. XIX, fig. 3-3 e. 3) L. v. BucH. Ueber Terebrateln. Mém. Soc. géol. France, III, 1838, pag. 136. tav. XIV, fig. 5: — DE VERNEUIL Paléontologie de la Russie d'Europe, 1845, pag. 80, tav. X, fig. 3 a, db. 4 Cfr. pe VERNEUIL. Note sur les fossiles devoniens du district de Sabero (Léon). Bull. Soc. géol. France, ser. 2, VII, 1850, pag. 177, tav. III, fig. 11 a, bd. 9 J. BARRANDE. Syst. Silur., V, tav. 31, fig. 1-3, sub Atrypa. 6) J. BARRANDE. Zbid., tav. 31, fig. 6-8. 7) J. BARRANDE. Zbid., tav. 32, fig. 1-6. 3) J. BARRANDE. Zbid., tav. 32, fig. 7-12. %) J. BARRANDE. Ibid., tav. 33, fig. 14-17. 10) J. BARRANDE. Zbid., tav. 18, fig. 1, 2: tav. 37, cas. I-V. E RS BRELA N ERIN IT TSE Reg ptt SPIRE CERVI È, È afgano 148 M. GORTANI ; [32] apicale ora depressa, ora alquanto rigonfia. Seno e lobo, estesi a meno di metà della superficie delle valve, sono bene spiccati nella regione frontale, affievoliti nella regione apicale. L’apice è acuto, breve; l’angolo apicale è lar- } gamente ottuso, da 110° a 130°. Le pieghe, larghe e arrotondate, piuttosto depresse, ora sono distinte fin sull’a- pice, ora si vanno progressivamente estinguendo nella regione apicale; oltre alle 2 bifide sul lobo, e alle 3 corrispon- denti nel seno, se ne hanno da 2 a 5 su ciascun lato. Rispetto agli esemplari boemi, i miei sono di dimensioni ridotte: . | I II INI Altezza della conchiglia. . È È mm. ll mm. 9 mm. 6 Larghezza È x 5 ù 5 » 13 » 11 » 7,5 Spessore È È È i ; » 6,5 » 4,5 POTE Angolo apicale 6 6 È ì 1200 1100 1100 Presentano evidenti e tipicamente conformate le pieghe del seno e del lobo; hanno 2 o 3 pieghe su ciascun lato, varie per rilievo nei diversi esemplari; hanno la regione apicale depressa e con pieghe quivi affievolite. La corrispondenza nei caratteri essenziali con i tipi boemi può dirsi perfetta. i Pieghe conformate e disposte nello stesso modo della Rh. simulans ha la RM. postmodica Scuein (vedi più a- vanti), la quale ne differisce sopra tutto per la figura generale (in ispecie per la forma delle ali laterali) che è quella di una Pugnax, mentre nella RR. Nympha è quella di una Rhynchonella s. str. tipica o di una Camarotoechia. 41. Rhynchonella cfr. Proserpina BarrANDE, 1879. Rhynchonella Proserpina Barranpe. Syst. Silur., V, tav. 30, fig. 1-4. 1906-07. — (Camarotoechia) Proserpina Scurn. Depot d. OSInen IV.L.c., pag. 288, tav. XIII, fig. 6. Probabilmente è questa una semplice varietà della RR. Nympha, da cui si distingue soltanto per l’ottusità delle pieghe, che hanno spigolo smussato e meno forte rilievo. Vi riferisco un esemplare, incompleto perchè corroso nella regione apicale, molto allargato nella regione fron- tale, con seno amplissimo ma poco profondo, percorso da 4 pieghe larghe e depresse. Il seno occupa circa metà della larghezza della conchiglia. L’angolo apicale sembra molto ottuso. Le dimensioni sono assai modeste, date quelle che la specie raggiunge negli individui più sviluppati: l'altezza probabile della conchiglia non supera 114 millimetri; la larghezza è di mm. 16,5 e lo spessore è di mm. 9. 42. Rhynchonella (Pugnax ?) postmodica Scurim. — Tav. XV [II], fig. 25 a-b. 1906-07. Rhynchonella (Pugnax) postmodica Scurin. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 240, tav. XIII, fig. 3-9, 109, 13. Negli individui tipici, la RR. postmodica è ben caratterizzata dal contorno allargato nella metà frontale, dal profilo longitudinale che tocca il massimo spessore verso la fronte, e dalle 2 pieghe biforcate del lobo cui fanno riscontro 3 pieghe robuste nel seno, accompagnate da 2-4 pieghe su ciascun lato; pieghe tutte larghe, arrotondate, appressate, ben mamifeste nella regione frontale, nulle nella regione apicale. Le regioni laterali della conchiglia presentano una conformazione a sella analogamente a quanto si osserva nel sottogenere Pugnaz, incontrandosi quasi ad angolo retto le commessure laterali con la commessura frontale. [33] 3 M. GORTANI i 149 I due esemplari provenienti dai calcari della base del Capolago, presentano evidenti tutte queste particolarità. Hanno le dimensioni seguenti: I II Altezza della valva ventrale . in è 3 . mm. 12 mm. 10 Altezza della valva dorsale . 3 it È E pi I » 9 Larghezza... . : o 5 CSR È PARENTI DINI, Spessore ò o È o “o 5 c No » 8 VIBRCZI L’angolo apicale è retto o quasi. Nel maggiore dei due esemplari, che figuro, le 3 pieghe del seno non sono uguali fra loro, ma la mediana è più larga e un po’ più rilevata: delle laterali, analogamente a quanto si è osser- vato nella RR. Monas. La conformazione della regione apicale, punto rigonfia e dove declina bruscamente la con- vessità in entrambe la valve, basta però a stabilire a prim’entro la pertinenza dell’esemplare alla RR. postmodica. 43. Rhynchonella (Pugnax) preacuminata n. f. — Tav. XV |II], fig. 26 a-d. La conchiglia ha la figura caratteristica di una Pugnax, del gruppo della Rh. acuminata. La porzione ventrale della grande valva è reniforme, con larghezza massima verso il mezzo, convessità molto debole, angolo apicale di 140°, apice piccolo e poco prominente. La porzione frontale della grande valva è ginocchiata rispetto alla por- zione ventrale, formando con essa un angolo minore del retto; si protende in un seno ampio, profondo, a con- torno trisonale linguiforme, leggermente arrotondato all’estremità, con sezione ad arco regolare. La valva dorsale, a contorno reniforme, con apice breve ed elevato quanto l’apice della valva opposta, segue con le ali laterali l'andamento della valva ventrale; codeste ali o regioni laterali sono leggermente concave verso l'esterno. Di profilo, il contorno della conchiglia ha figura securiforme. Il seno è liscio; il lobo, su cui nell'unico esemplare manca il guscio, porta una lievissima impressione longi- tudinale; le regioni laterali hanno, su ciascun lato, 3 pieghe radiali larghe e arrotondate nella valva ventrale e 2 nella valva dorsale; tali pieghe, ben distinte presso la commessura, si affievoliscono rapidamente, e sono nulle su tutta la metà apicale delle valve. Si ha pure qualche linea concentrica di accrescimento. Altezza della conchiglia : D . . a mm. 19 Larghezza . 6 . : 6 6 , ò » 26 Spessore . 6 o : 5 5 i i p 19 La forma descritta è molto simile ad alcuni tipi di RA. (Pugnax) acuminata MARTIN sp., come pure ad altri di Rh. pugnus MARTIN sp. !). La Rh. pugnus è in ogni modo fuori di questione, perchè essa non è mai priva di pieghe nel seno. Nella RA. acuminata sono molto rari gli individui con seno liscio e regioni laterali percorse da pieghe; e quando ciò si verifica (cfr. Davipson. Brit. Carbon. Brachiopoda. L. c., tav. XXI, fig. 2), il seno termina «con la caratteristica punta -lanceolata e acuminata, La forma più simile alla nostra è forse quella proveniente dal Mesodevonico di Plymouth, figurata dal So- WERBY 2) come Atrypa triangularis e riprodotta dal DAvipson ?), che rimane incerto, data la manchevolezza del disegno, sulla sua determinazione precisa. i. Cfr. ad es. Davipson. Brit. Devon. Brackhiopoda. L. c., XVII, 1864, tav. XIII; — Ip. British Carboniferous Brachiopoda. Pal. Soc., XII, 1860, tav. XX-XXII. 2) SoweRBY. Devonshire. Geol Trans., ser. 2, V, tav. LIV, fig. 9. = =: 3) Davipson. Brit. Devon. Brachiopoda. L. c., XVII, 1864, tav. XIII, fig. 5. 150 M GORTANI [34] Caratteri affini, prescindendo dalla piega nel seno e dalle due pieghe sul lobo, ha pure la R”. (Pugnar) pseudo- pugnus ScuPIN ! dell’Eodevonico alpino; forma che, al pari della nostra, sta a indicare la remota età di questo singolare gruppo di organismi. 44. Rhynchonella Vinassai n. f. — Tav. XVI [III], fig. 1, 2. 2 1906-07. Rhynchonella (Uncinulus 2) nov. spec. Scurmm. Devon d. Ostalpen. IV. L.c., pag. 250, fig. 16 a, - nel testo. - 3 Conchiglia piccola, moderatamente rigonfia, di figura flabellare o cuoriforme, con seno e lobo deboli e ristretti. Larghezza massima subeguale all’altezza e situata nella metà frontale della conchiglia. Angolo apicale con aper- tura di circa 80°. i Sul lobo decorrono nei miei esemplari 2 pieghe bifide (la cui biforcazione s’inizia verso la metà della valva) e 3 pieghe nel seno; 3 o 4 pieghe si contano su ciascuna regione laterale. Le pieghe stesse hanno sezione triango- lare arrotondata su la maggior parte del loro decorso, facendosi più acute e rilevate verso la fronte; sono distinte anche in prossimità dell’apice, che è piccolo e poco rigonfio in entrambe le valve. La convessità delle valve è moderata e regolare: le regioni laterali si deprimono gradatamente verso le commes- sure. In uno degli esemplari figurati, che è più schiacciato ed ha carattere più giovanile, la commessura frontale è debolmente sinuata; nell’altro tale sinuosità è molto più accentuata, e l'estremità del seno, piegata ad angolo retto, va ad incontrare l'estremità del lobo protraendosi di molto oltre le regioni laterali della valva ventrale. Le dimensioni sono: I TI Altezza della valva ventrale 5 4 3 mm. 6 mm, 6 Larghezza della valva dorsale . 8 x DI 0555 ) 5,5 Larghezza 5 c nto: : - » 6 » 6 Spessore . | 5 È a 3 5 » 4,3 » 3 Con i nostri ha massima analogia l'esemplare illustrato da ScuPIN (I. c.), che si differenzia soltanto per avere 3 pieghe bifide sul lobo invece di 2, e 5 pieghe per lato invece di 3 o 4; trattandosi di individuo più sviluppato, vi sono anche più manifesti la sinuosità e ‘l’appiattimento” della fronte. Affine alla Rh. Vinassai è la Rh. postmodica, per il tipo delle pieghe e per analogia di contorno; quivi però sono più ampie e meno numerose le pieghe, ed è poi molto diversa la conformazione delle regioni laterali, rilevate ‘ad ala da ambo: i lati del seno. 45. Rhynchonella Caput-lacis n. f. — Tav. XVI [II], fig. 4, 5. Conchiglia piccola, flabellare, poco risonfia. Larghezza massima situata nella metà frontale, e subeguale, 0 ap- -pena superiore, alla massima altezza. Margine frontale rientrante nella parte mediana. Angolo apicale acuto. Valva ventrale sinuata, con seno stretto, il cui fondo è per intiero occupato da una piega longitudinale, e ai lati del quale si notano 3 o 4 pieghe per parte. Valva dorsale senza lobo, anzi depressa e leggermente sinuata lungo la linea mediana; percorsa da due pieghe appaiate mediane, e 3 o 4 pieghe un po” più sviluppate su ciaseun lato. Apici piccoli, sottili, ricurvi sulla cerniera. Profilo longitudinale di figura ovale oblunga. i) ScuPIN. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 243, tav. XIII, fig. 8, 11? WYpar, © Ren [35] M. GORTANI ; 151 Le pieghe sono ben rilevate, arrotondate, separate da solchi lineari, ben distinte fin presso l’apice. Dimensioni : I II Altezza della conchiglia . 5 È È : mm. 6 mm. 6 Larghezza |. c o o : : . » 6,5 DIG, Spessore . IA nine o - . o » 3,5 IMI Angolo apicale . - 7 o 6 o 6 800 700 Caratteristica della specie è la mancanza del lobo, o meglio la sua sostituzione con una depressione me- diana anche sulla valva dorsale; cosicchè la conchiglia assume, tanto nella sezione trasversale quanto nel profilo trasversale, una figura che si avvicina alla forma di un 8. Specie consimili nelle faune paleozoiche antiche non ne conosco; qualche analogia si può riscontrare nella ‘Rh. Kuschvensis TscHERNyScHEW ”, in cui al posto del lobo si scorge, specialmente in alcuni esemplari, una leggiera depressione. 46. Rhynchonella (?) Thetis BarrANDE sp. var. depressa n. f. — Tav. XVI [III), fig. 3 a-c. (tipo) 1847. Terebratula Thetis pine Silur. Br ea aus Bohmen. I. L. c., pag: 394, tav. XIV, È . 5 a-f. — 1879. Atrypa . — li Syst. Stlur., V, tav. 86, cas. IV; tav. 133, cas. I. — 1381. — — Maurrr. Palaeontologische Studien im Gebiet des rheinischen Devon: I. Der Kalk von Greiîfenstein. N. Jb. f. Min. etc., Beil. I, pag: 39, tav. III, fig. 1 a-c. «— 18855. — ». .— ‘Tscuernyscanw. Unit. Devon. West-Abh. des Urals. L. c., pag: 40, ‘tav. VI, | ‘fig. 70. IMI SIO RISE —. Wensugorr. Silur. Ablag. Podoliens.: L. c., pag. 115, tav. I, fig. 20. —. 1906, — — Siemranzri. Palaeox. Gebilde Podoliens. L. c., pag. 261, tav. XXI, fig. 11. — 1907. Rhynchonella (2) Thetis Scuem. Devon. d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 226, fig. 9 a-d nel testo. Dei due esemplari riferibili a RA. (?) Thetis, il primo, che certamente vi spetta, si avvicina specialmente alla fig. 6, tav. 133, di BARRANDE, per la sua figura rombica, pur mostrando un’espansione anche maggiore nelle ali laterali. L’altro esemplare, a contorno subcircolare, si approssima alla fig. 3, tav. 86, dello stesso autore; ma ha l’apice alquanto più spinto in alto e le valve meno convesse. Le dimensioni sono le seguenti: I II Altezza della conchiglia È 5 o a . mm. l4 mm. 10 Larghezza . : È 5 . 5 5 o DR MIRINO: Spessore 6 6 3 e o ò 5 È » 6 Ds So Carattere comune a entrambi gli esemplari è la convessità relativamente leggerissima. Mentre nella tipica ‘Rh. (?) Thetis il rapporto fra spessore e altezza è in generale di ©, 0 ”°/v0, e non è mai inferiore a ©, nei no- stri individui esso è rispettivamente di */,, e di ©/,» ; e il rapporto fra spessore e larghezza è rispettivamente i) Tn. TscHERNYScHEW. Unt. Devon Ostbhang. des Urals. L. c., pag. 179, tav. VIII, fig. 11-16. 152 M. GORTANI i [36] di */o0 e ho» Rapporti di tal genere si notano nella Atrypa (an Ehynchonella?) Assula BARRANDE, alla quale pure sarebbe molto simile il secondo dei miei esemplari, se vi fosse traccia delle lievissime pieghe radiali che nell’A. Assula adornano la superficie. 47. Rhynchonella (Wilsonia) princeps Barranpe. — Tav. XVI [III], fig. 6 ad. 1847. Rhynchonella princeps BarranDE. Silur. Brachiopoden aus Bohmen. I. L. c., pag. 439, tav. XVIII, fig. 1-3. 1850. Hemithyris subwilsoni D° OrBieny. Prodrome de Paléontologie stratigraphique, pag. 92. 1850. Terebratula _ pe VernevIL. Tubleaux des fossiles du terrain dévonien du département de la Sarthe. Bull. Soc. géol. Fr., ser, 2, VII, pag. 780 (deser. tantum). 1853. — Wahlenbergii GoLnruss in Sremincer. Geognostische Beschreibung der Eifel, pag. 58, tav. VE ion. i 1853. — Goldfussii (pars) Scanur. Brachiopoden der Eifel. L. c., pag. 188, tav. XXXVI, fig. 4 4-9, m-p (cet. excl.). 1854. — princeps GruenewaLDT. Silur. Verstein. von Bogosslowsk. L. c., pag. 17, tav. I, fig. la-e. 1851-56. Ahynchonella pila (non Scanur) SanpeerGER. Rhein. Schichiensystem in Nassau, pag. 340, tav. XXXIII, Heeli5o 1858. _ obliqua Green. Silur. Fauna des Unterharzes, pag. 40, tav. V, fig. 1, 11. 1859-61. — nucleolata (pars) Haru. Pal. N. York, III. tav. XXXI, fig. L a-f, 2 @ (cet. ewcl.). 1871. Terebratula Wilsoni bohemica QuensteDT. Brackiopoden, pag. 195, tav. XLII, fig. 24-26. 1878. Uncinulus subwilsoni Bavue. Explic. carte géol. France, tav. XI, fig. 11-16. 1878. — imperator In. Ibid., tav. XIII, fig. 1-4. 1878. Rhynchonella princeps KAvyser. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 147, tav. XXVI, fig. 3-6. 1879. —_ —_ BarrANDE. Syst. Silur., V, pag. 14, tav. 25, fig. 1-5; tav. 26, cas. II, fig. 1; ì tav. 120, cas. I-XII; tav. 121, cas. V, fig. 1-4; tav. 139, cas. V, fig. 1-4, 6. 1884. Uncinulus subwilsoni Ornrert. Étude sur quelques Brachiopodes dévoniens. Bull. Soc. géol. Fr., ser. 3, i XII, pag. 427, tav. XXI, fig. 1-1 s. 5 1889. Rhynchonella (Wailsonia) princeps BarroIs. Faune d’ Erbray. L. c., pag. 92, tav. VI, fig. 2-2 j. 1905-07. — princeps Gortani. Paune devoniane. L. c., pag. 35, tav. II, fig. 9 a, d. 1906-07. — (Uncinulus) princeps Scupin. Devon. d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 245, tav. XIV, fig. 3 a, bd. 1912. — (Walsonia) princeps GortanI. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 187 [47]. Abbondante nei calcari alla base del Capolago, dove essi sono fossiliferi, questa specie ben nota vi comparisce con i caratteri tipici, che si possono riassumere nella forma generalmente globulosa, con angolo apicale per lo più retto od acuto, apice sottile e protratto, contorno spesso non meno alto che largo !), parte mediana della commessura frontale situata per lo più verso il terzo superiore dell’altezza della fronte, coste numerose, fitte, de- presse, ma distinte fino all’apice. Seno e lobo nella forma tipica (e così pure nei miei esemplari) sono appena ae- cennati, benchè messi in piena evidenza dell’andamento della commessura frontale. La grande variabilità dei rapporti fra altezza, larghezza e spessore nella RA. princeps, e la facilità con cui gli esemplari si trovano deformati, mi dispensano dal riportare le dimensioni degli individui raccolti. 1) Per lapsus calami, a pag. 187 del mio lavoro su la fauna di Monumenz è detto « contorno spesso più largo che alto ». [37] M. GORTANI 153 48. Rhynchonella (Wilsonia) princeps var. carnica (Scurin p. p.). 1906-07. ARynchonella (Uncinulus) carnica (non GortANI) Scuein. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 246, tav. XIV, fig. 6, 8 (fig. 12 excl.). 1912. _ ( Wilsonia) princeps var. carnica Gorrani. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 187 [47]. Sotto il nome di RA. carnica lo ScuPIN descrive e figura una forma che egli stesso dice molto affine alla RA. princeps e, come questa, molto variabile nei rapporti fra altezza larghezza e spessore, ma distinta per numero più scarso di pieghe e rilievo molto meno accentuato delle pieghe medesime, che sono indistinte nella regione api- cale. Nota però l’autore che « talora » (« bisweilen ») si ha nel seno un accenno di largo rilievo mediano a cui corrisponde una depressione mediana del lobo. Ora a mio giudizio gli esemplari che presentano codesto carattere debbono separarsi dalla forma in questione, rientrando per il carattere stesso nel gruppo della RR. Orbignyana; ho perciò escluso dall’elenco iconografico la figura 12 dello ScuPIN, che rappresenta appunto un esemplare con seno lobato e lobo solcato. Rimane quindi, come solo carattere differenziale da RR. princeps, oltre alle dimensioni minori, il numero più scarso ed il più debole rilievo delle pieghe: differenze che noto in un esemplare proveniente dalla base del Capo- lago. Codeste differenze non mi paiono sufficienti a dare alla entità tassonomica in questione il valore di specie, Nè d’altronde il nome specifico potrebbe sussistere, essendo stata in precedenza descritta e fisurata una RA. car- nica tra i fossili permocarboniferi del Col Mezzodì !. 49. Rhynchonella (Wilsonia) cuboides Sowery sp. var. parallelepipeda (Bronx sp.). 1835. Terebratula parallelepipeda Bronn. Lethaea geognostica, I, pag. 71, tav. II, tig. 11 a-d. 1911. Ahynchonella (Wilsonia) cuboides var. parallelepipeda GortanI. Fauna mesodev. di Monumenz. L. c., i pag. 191 [51], tav. XIX [IV], fig. 6-10 ® (cum syn.). Sei esemplari, dei quali però due soli completi. Riporto qui i caratteri da me assegnati dopo lunga discussio- ne a codesta entità tassonomica: Angolo apicale ottuso; apice applicato sulla cerniera e ottuso; contorno tra- verso; seno stretto e profondo; commessura frontale arcuata nel tratto mediano; spessore minore della larghezza. I due esemplari integri hanno le seguenti dimensioni: I II Altezza della valva ventrale È ; 3 Ù 5 ; mm. 6 mm. 6 Altezza della valva dorsale . 5 3 5 È S 7 Di a DIMM5IO Larghezza . È o b d E a È È 3 DIMISS5 » 7,5 Spessore . " , c ; È 5 2 6 2 DN495. DE Angolo apicale . o o o . 5 2 È : 1200 1150 È notevole, specialmente nel primo esemplare, la grande apertura dell’angolo apicale e la conseguente lar- ghezza della conchiglia, molto forte rispetto all’altezza, anche in confronto coni numerosi esemplari di Monumenz. i) Cfr. M. GORTANI. Contribuzioni allo studio del Paleozoico carnico. I. Palaeontogr. Ital., XII, 1906, pag. 38, tav. II, fig. 34-38. 2) Nella spiegazione della tavola, per lapsus calami, è detto «Rhynchonella princeps var. procuboides » e «Rh. prin- ceps var. parallelepipeda » in luogo di « RR. cuboides var. procuboides » e « Eh. cuboides var. parallelepipeda ». Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 20 154 M. GORTANI [38] Gruppo della Rhynchonella Orbignyana!. Appartengono a questo gruppo le Wilsonie con valva ventrale senza corona, commessura frontale sinuata nel tratto mediano, seno e lobo con ripiegature secondarie (seno lobato e lobo solcato), fronte spianata. Il quadro delle forme note finora può così stabilirsi: : 1. Rh. Kayseri BarROIS (Terrains anciens des Asturies. L. c., pag. 266, tav. XI, fig. 2. — Angolo apicale acuto (70°-75°). Contorno flabellare. Pieghe numerose; da 8 a 10 di esse percorrono il seno ed il lobo. 2. Rh. Bureaui BarROIS (Faune d’Erbray. L. c., pag. 98, tav. V, fig. 8), — Angolo apicale subretto (900-110). 7 Contorno pentagonale. Pieghe robuste, più o meno numerose; da 6 a 12 se ne contano nel seno e altrettante sul lobo 5. Rh. Scupini Nobis (vedi più avanti). — Angolo apicale c. s. Contorno: c. s. Pieghe c. s., ma molto deboli. Deboli, spesso a mala pena accennate, le ripiegature del seno e del lobo. 4. Rh. Orbignyana pe VerNEUIL (Dévonien de Léon et des Asturies. Bull. Soc. géol. Fr., ser. 2, VII, pag. 175, tav. III, fig. 10. — Angolo apicale ottuso (120°). Contorno pentagonale allargato. Pieghe finissime, dicotome, AL numerose: fino a 20 e più se ne contano nel seno e sul lobo. 5. Eh. pila ScanuR (Brachiopoden der Eifel. L. c., tav. XXVI, fig. 1). — Angolo apicale moi ottuso (130°- sua contorno pentagonale-reniforme. Pieghe molto numerose. Lobo molto leggermente solcato. 6. Rh. pila var. irbitensis TscHerRNnyscHEWw (Unt. Devon Ostabhang des Urals. L. c. pag. 177, tav. IX, fis. 13, 14). — €. s; ma con le ripiegature secondarie del seno e del lobo particolarmente spiccate. 50. Rhynchonella (Wilsonia) Bureaui BarroIs. 1889. Ahynchonella (Wilsonia) Bureaui Barrors. Faune d’Erbray. L. c., pag. 98, tav. V, fig. 8 a-d. 1906-07. = (Uncinulus) — ’Scurim. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 248, tav. XIV, fig. 4, 92 (fig. 7 excl.). La Rh. Burceani è caratterizzata da angolo apicale retto o poco ottuso; contorno pentagonale circa tanto largo quanto alto; convessità notevole; seno e lobo bene accentuati, estesi a circa 4% della rispettiva valva, e percorsi quello da una carena arrotondata, questo da un solco mediano; pieghe arrotondate, dicotome, fitte ma non finissime, indistinte nella regione apicale; dimensioni piccole. Tali caratteri sono ben manifesti negli esemplari a mia disposizione. Essi hanno queste dimensioni: I II III Altezza della valva ventrale a . S È 5 ; mm. — mm. 8 mm. 7,5 Altezza della valva dorsale ; È È È i È » 8 » RS DINA] Larghezza 4 È 5 È 5 " Si È 3 ) 9 » 8,5 » 8 Spessore . & o 7 t e ; È ; i » — dm SI DIGA Angolo apicale . , . , ; : 3 p i -_ 1100 900 Seno e lobo sono stretti, percorsi da 6-9 pieghe: cifre queste minori di quelle esposte dal BaRROIS (10-12) e dallo ScuPIN (8-10). Ho però già dimostrato altra volta come il numero delle pieghe non possa servire come carattere differenziale specifico fra le variabilissime Wilsonie. ') Cfr. M. GORTANI. Fauna mesodev. di Monumenz. L.c., pag. 188 [48.] [39] M. GORTANI 155 Dalla RA. Orbignyana anche gli esemplari con maggior numero di pieghe si staccano per l’angolo apicale meno largamente aperto, il contorno meno arrotondato, il profilo trasversale a contorni angolosi e di figura esagonale schiacciata. Delle figure pubblicate da ScuPIN, sembra spettare a questa specie la fig. 4, e così forse anche la fig. 9, che rappresenta un giovane individuo; invece la fig. 7 per la globosità della conchiglia, la larghezza del seno, l’appiat- timento delle pieghe e la superficialità del rilievo mediano del seno mi sembra spettare piuttosto alla forma seguente. 51. Rhynchonella (Wilsonia) Scupini n. n. 1906-07. Ehynchonella (Uiuvinalus) carnica (non GortanI) p. p. Scupin. Devon d. Ostalpen. IV. L.c., pag. 246, tav. XIV, fig. 12 a-d (cet. excl.). - — Bureaui p. p. Scurin. /bid., pag. 248, tav. XIV, fig. 7 a-b (cet. excl.). GI _ (Wilsonia) Scupini GortanI. Fauna mesodev. di Monumenx. L. c., pag. 188 [48] (nomen). Eccezion fatta del seno lobato e del lobo solcato, i caratteri di questa forma sono quelli di una RA. princeps con costicine depresse e rapidamente affievolite fimo ad estinguersi nella metà apicale delle valve. La depressione longitudinale del lobo e il rilievo mediano del seno sono molto poco accentuati, e si hanno tutti i passaggi dalle forme che presentano tali ripiegature — e che perciò debbono rientrare nel gruppo della FE%. Orbignyana —, alle forme che ne sono prive— e che spettano quindi al gruppo della R%. princeps. Abbiamo così ancora un esempio della estrema variabilità delle Wilsonie, nelle quali il valore delle entità tassonomiche è tanto arduo a stabilirsi. Ho un solo esemplare riferibile a questa forma; ed esso non è certo fra quelli più discosti dalla RR. princeps, essendo ben visibile la lobatura del seno, ma non già la solcatura del lobo. La conchiglia è globosa, e misura in: Altezza della valva ventrale . o ; 5 P È ; : mm. 13 Altezza della valva dorsale . " 6 - o ; ; : » 11,5 Larghezza Do I Spessore . pi L'angolo apicale abbraccia circa 100°. La Rh. Scupini è nettamente distinta dalle altre forme di questo gruppo non soltanto per aver molto leggiere le ripiesature secondarie del lobo e del seno, ma anche per l’angolo apicale retto o poco maggiore del retto, e per le pieche molto depresse e rapidamente attenuate dalla fronte verso l’apice, fino a lasciarne liscia la metà apicale delle valve. Ord. Aneylopegmata ZITTEL. Fam. Terebratulidae Kixc. Gen. Terebratula KLEIN. 52. Terebratula (Dielasma) cuneata Scupin. 1906-07. Dielasma cuneata Scupin. Devon d. Ostalpen IV. I. c., pag. 263, tav. XVI, fig. 6. Due soli esemplari: uno, più adulto, a contorno largamente ovale-piriforme; l’altro, più giovane, di forma ONESTA SLA® at IPY RE SAN RINCARI 156 M. GORTANI [40] cuneata simile alla Merista securis BarR., ma con l’angolo apicale più acuto e i margini laterali assai meno ar- cuati. Dimensioni: I II Altezza 0 È 6 ; - ; ; È mm. 5 mm. 3,7 Larghezza . ; i ; È ò 5 . » 4,5 » 3 Spessore i ; ) ; : : È ; DINNNS: » 1,2 Angolo apicale 5 3 i È . ; 5 750 650 Gen. Megalahnteris Surss. 53. Megalanteris cfr. inornata p’OrsiGny sp. — Tav. XVI [III], fig. 7. 1847. Atrypa inornata v’OrBiany. Prodrome de paléontologie stratigraphique, pag. 92, n. 260. i 1878. — Megantheris (2) sp. Kavser. Aelt. Devonablag. des Harxes. L. c., pag. 141, tav. XXVIII, fig. 1-3. 1887. Megalantheris inornata Oranert. Fossiles. dévon d. Quest d. France. L. c., pag. 20, tav. II, fig. 1-10. 1889. _ _ Barros. Maune d’Erbray. L. c., pag. 152, tav. X, fig. O a-c. 1893. Meganteris — Wamreorne. Devon. Fauna S. England. L. c., XLVII, pag. 95, tav. XII, fig. 1. 1906-07. Megalaniheris . — Scueim. Devon d. Ostalpen. IV. L. c., pag. 258, tav. XV, fig. 14 a, d. I due esemplari che riferisco dubitativamente a questa forma sono ridotti a porzione della valva dorsale. Poi- chè entrambi sono rotti nella regione frontale, e poichè non sono riuscito a mettere in evidenza le impressioni mu- scolari, non è possibile dare un riferimento specifico esatto. Risulta però dagli esemplari, — in cui sono ben evidenti le tre lamine dentarie caratteristiche del ge- nere, — che il contorno doveva essere certamente subcircolare, molto simile a quello dell’esemplare carnico fi- gurato come M. enornata da SCUPIN. All’infuori di questa specie, le maggiori affinità sarebbero con la M. Suessi DREVERMANN ! dell’Eodevonico renano; e precisamente con quella forma per la quale il MaurER ? ha proposto il nome di M. media, mentre lo Scupin, riunendola col DREVERMANN alla M. Suessi (= M. Archiaci Surss, non VeRNEUIL) la dimostra ben di- stinta dalla M. ovata del MAURER ). i Nel nostro caso mi sembra però assai più probabile che si tratti della M. inornata, anche per esser questa l’unica forma congenere rinvenuta sinora nel Devoniano carnico. Lamellibranchiata. Ord. Anisomyaria NEUMAYR. Fam. Aviculidae LAMARCK. Gen. Pterinea Gonpruss. 54. Pterinea sp. indet. Una valva sinistra, fortemente inequilaterale, obliquamente ovata, è ornata elegantemente da una decina 1) F. DREVERMANN. Die Fauna der Untercoblenzschichten von Oberstadifeld bei Daun in der Eifel. Paleontographica, XLIX , 1902, pag. 100-102, tav. XIII, fig. 1-11. 2) F. MAURER. Die Fauna des rechtsrheinischen Unterdevon ete., Darmstad, 1886, pag. 20. *) H. ScuPIN. Devon d. Ostalpen IV. L. c., pag. 259-62. [41] M. GORTANI 157 di pieghe radiali arrotondate, separate da intervalli poco più larghi di esse, intersecate da tracce concentriche di accrescimento che le rendono lamelloso-embriciate. L'altezza è di mm. 9, la lunghezza è di cirea mm. 10, lo spessore della valva è di mm. 3. i Una determinazione specifica non è possibile, mancando il contorno della parte anteriore della valva. Noto soltanto che essa sembra presentare caratteri intermedi fra la Pterinea subspinosa Tscaern. ! e la P. Trigeri OrHL. ?), mentre differisce per il molto minor numero di pieghe dalle forme a superficie lamellosa di P. (Act nopteria) Boydi ConraD ® e si accosta alla Actinopteria muricata HALL 4. Con nessuna di queste forme si potrebbe però identificare la nostra, per essere le sue pieghe più larghe, con intervalli subeguali ad esse e in forma di solchi concavi (simulando quasi l'aspetto dell’Atrypa aspera), mentre in tutte le Pterinee suaccennate gli intervalli sono piani e più larghi delle coste che li separano. Ord. Homomyaria ZITTEL. Fam. Astartidae GRAY. Gen. Goniophora PHÒÙittips. 55. Goniophora sp. indet. — Tav. XVI [III], fig. 8 a-c. Modello interno di valva sinistra, a contorno probabilmente trapezoidale, con gibbosità acuta e pronuncia- tissima. L'altezza sta alla lunghezza come 2 a 5; lo spessore è di poco inferiore all’altezza. Il margine cardinale è relativamente breve, equivalendo la sua lunghezza a circa % di quella della valva; esso fa un angolo di circa 140° col margine posteriore. I margini anteriore e posteriore, che sono molto leggermente convessi, si uniscono for- mando un angolo di circa 50°. È mancante nell’esemplare la regione anteriore all’umbone. L’umbone è com- presso, non protratto sul cardine, fortemente spinto in avanti. L’acuta carena che parte da esso si dirige con lie- vissima sinuosità verso l’estremità posteriore della conchiolia. Il profilo trasversale della valva ha forma di trian- golo isoscele, con uno dei lati maggiori in corrispondenza del piano commessurale e con il lato minore (che è leg- germente concavo) in corrispondenza della regione superiore della valva. Superficie esterna del guscio non con- servata; superficie interna apparentemente liscia. Altezza della valva ; i . ; c 5 o o mm. ll Larghezza o o : o a cRa e o ; 5 » 25 circa Spessore ò ; 5 o 7 ; 5 d : È 6 » 9 La mancanza della regione anteriore, per rottura dell’esemplare, impedisce qualsiasi ravvicinamento atten- dibile a forme congeneri. Caratteristiche dell’esemplare sono l’ottusità dell'angolo formato dal margine cardinale col margine posteriore, la poca estensione della regione posta superiormente alla carena, la forma allungata del contorno. Tali caratteri si ritrovano nella G. secans BARR. ®, che mostra notevoli somiglianze col nostro esemplare e a somiglianza della quale ho tratteggiato nella figura il supposto contorno anteriore. i) Tn. TscHneRNYscHEW. Mittl. u. oberen Devon des Urals. L. c., 1887, pag. 172, tav. VII, fig. 2. 2 D. P. OrHLERT. Note sul quelques Pélécypodes dévoniens. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, XVI, 1888, pag. 646, tav. XIV, fig. 4. 3) Cfr. p. es. Hart. Pal. N. York, V, 1, 1885, tav. XIX, fig. 2,3. 4) J. Hart. Pal. N. York, V, 1, tav. XVII, fig. 1-3. 5) J. BarRANDE. Syst. Silur., VI, 1881, tav. 255, cas. II 158 M. CORTANI Gen. Cypricardinia Han. 56. Cypricardinia scalaris Puirrips sp. 1841. Modiola scalaris Prinuips. Palacoroie Fossils of Cornwall etc. L. c., pag. 137, tav. LX, fig. 62. 1911. Cypricardinia scalaris Gortani. Fauna mesodev. di Monumenzx. L. c., pag. 197 [57], tav. XIX [IV], fig. 22 (cum syn.). Due frammenti spettanti a due valve isolate, sufficienti per riconoscere i caratteri già ampiamente de- scritti negli esemplari di Monumenz. 57. Cypricardinia crenicostata RoEmeR sp. 1850. Cypricardia crenicostata Roemer. Beitriige nordwestl. Harzgebirge. I. L. c., pag. 60, tav. IX, fig. 19. 1911. Cypricardinia — Gortani. Fuuna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 200 [60], tav. XIX [IV], fio. 23. Due valve isolate, complete. L’una, destra, fortemente convessa, rigonfia, a contorno subquadrato; l’altra sinistra, a convessità molto tenue e contorno obliquamente allungato. Dimensioni: I {valva destra) II (valva sinistra) Altezza della valva . ; È , 5 ; ; È mm. 7 mm. 8 Lunghezza della valva x 5 8 H d " 5 » 8,5 » 10,5 Spessore della valva 6 . 53 ” 5 ; : » 4 » 2 Fra 2 e 5 millimetri di distanza dall’apice, le pieghe sono 6 sulla valva destra e 7 sulla sinistra, misurandole sulla linea obliqua di massima convessità. ; Per tutto ciò che riguarda caratteri, affinità, variabilità e sinonimia di questa e della precedente specie, ri- mando al mio lavoro sopra citato. 58. Cypricardinia aequabilis Barranpe. — Tav. XVI [III], fig. 9. 1881. Cypricardinia aequabilis BarrANnDE. Syst. Silur., VI, Acéphalés, tav. 257, cas. II, fig. 1-4. La specie è fondata da BARRANDE sopra una valva destra, isolata, lunga mm. 12 e alta mm. 6, con uno spes- sore di mm. 2. La valva apparisce, dalla figura, trasversalmente e obliquamente allungata, con l’altezza massima verso l’estremo posteriore. Il margine cardinale è diritto, con una lunghezza pari ad oltre metà della lunghezza della valva. L’umbone è piccolo e sporge impercettibilmente oltre il margine. Una leggiera rientranza si ha nel margine anteriore sotto l’umbone; un’altra, leggiera ma allungata, nel margine inferiore. I raccordi dei margini sono tutti gradatamente arrotondati, a eccezione di quello fra i margini cardinale e posteriore, che formano fra loro un angolo di circa 140°. Il corpo della valva non presenta spiccate depressioni nè rilievi fra l’umbone e la regione posteriore, come è invece in qualche forma congenere. La super- ficie ha ornamentazione minuta ma semplicissima, consistente in una finissima e fortissima striatura concentrica. deteittieeiimtnn [43] M. GORTANI : 159 L’esemplare del Capolago è una valva sinistra, i caratteri della quale corrispondono in tutto a quelli ora de- scritti, astrazion fatta dalle dimensioni. che sono alquanto minori: Altezza della valva 6 - . È 5 È 7 mm. 4 Lunghezza . Ò o 6 . ò 0 ; 6 » 8 Spessore 5 5 7 a 5 A ; 7 È 15 e dalla curvatura meno brusca (con raggio cioè un po’ più lungo) del margine anteriore. Quest'ultima particolarità si ritrova, più accentuata, negli esemplari riuniti dal BarRANDE (I. c., tav. 257, cas. III) sotto il nome di C. squamosa, benchè siano alquanto diversi tra loro nella forma e grandezza della regione anteriore della conchiglia. L'estrema variabilità delle Cypricardinie non consentirebbe però di tenere distinte per sole differenze leggiere di contorno, nè questi diversi esemplari, nè quello del Capolago, nè quello su cui il BAR- RANDE ha fondato la C. aequabilis. Anche la posizione del colmo della convessità della conchiglia si sposta dalla regione anteriore alla regione dell’umbone e alla regione posteriore, per semplici differenze manifestamente individuali. Carattere comune, in maggiore o minor grado, agli esemplari riuniti sotto il nome di C. squamosa, è la lamel- losità di talune costicine concentriche di accrescimento; tali costicine lamellose mancano invece, per esplicita dichiarazione del BARRANDE (I. c., Spiegazione della tav. 257) nella C. aequabilis, e mancano pure nel nostro esem- plare. A tale forma pertanto lo riferisco, in attesa che ulteriori studi sugli originali dimostrino se C. aequabilis e €. squamosa siano specie realmente distinte o siano piuttosto (come io sospetto) da riunirsi in una medesima Specie. Tanto la C. aequabilis, quanto la 0. squamosa, si distinguono nettamente da tutte le congeneri per essere equi- valvi, per avere forma molto allungata e per essere prive di vere pieghe o cercini concentrici. Fam. Conocardiidae NEUMAYR. Gen. Conocardium Bronn. 59. Conocardium cfr. artifex BARRANDE. 1881. Conocardium artifex Barranpe. Syst. Silur., VI, tav. 199, cas. II, fig. 1-35. 1911. — — Gorrani. Mauna mesodev. di Monumenz. L. c., pag. 203 [63], tav. XIX [V], fig. 25-27 (cum. syn.). Parecchi esemplari, in stato più o meno frammentario e non bene conservati, per forma e ornamentazione sembrano riferibili a codesta specie largamente diffusa nel Devoniano inferiore e medio delle nostre Alpi. Gastropoda. Ord. Prosobranchia CuviER. Fam. Bellerophontidae Mac Coy. Gen. Bellerophon Montrort. 60. Bellerophon sp. indet. Un grosso esemplare con ombelico stretto, giri depressi, angolosi verso la regione ombelicale e a profilo tet- 160 M: GORTANI [44] tiforme verso l’esterno. Manca il guscio, e sul modelo interno non sono visibili le traccie dell’ornamentazione superficiale. L'ultimo giro ha circa mm. 45 di diametro e mm. 35 di altezza massima. Per la forma generale e le dimensioni, l’esemplare ricorda il B. heros Spritz (Die Gastropoden des Karmischen Unterdevon. Beitr. z. Pal. Oest.-Ung. u. Or., XX, pag. 119, tav. XI, fig. 8 e 9), dell’Eodevonico di Volaia e del Mesodevonico di Monumenz. Fam. Capulidae CUVIER. Gen. Orthonychia Haut. - 61. Orthonychia patelliformis HoLzaprret sp. — Tav. XVI [II], fig. 10 arc. 1895. Plalyceras patelliformis HoLzarreL. Ob. Mitteldevon im Rhein. Gebirge. L. c., pag. 180, tav. XV, fig. 8-9. Conchiglia conica, breve, depressa, a sezione ellittica, con apice centrale. Il profilo trasversale, corrispondente cioè all’asse minore della base, è semi-ovale (fig. 10 d); il profilo secondo il piano antero-posteriore, in corrispon- denza cioè dell'asse maggiore della base (fig. 10 a) è invece asimmetrico, con un lato diritto (o meglio leggeris- simamente concavo verso l’esterno) e un lato notevolmente convesso. L’apice è leggermente ottuso-arrotondato. Il piano della bocca è perpendicolare all’asse della conchiglia. La superficie mostratraece concentriche di accre- scimento. Altezza della conchiglia. o Ò . mm. 9 Larghezza (diametro massimo ilo base) . » 14 Spessore (diametro minimo della base) . Spare O) Ritengo l’esemplare specificamente identico con quelli figurati dallo HorzaprEL, benchè di essi anche il più simile al nostro (1. c., fig. 8) abbia conchiglia relativamente meno alta. Delle forme simili, la Palaeacmaea incerta BARR. sp. in PERNER ! è più depressa, con sezione ovale meno allungata, profilo meno asimmetrico e apice acuto; la Palaeacmaea (?) ungulata Wrireaves 2 ha l’apice acuto e leggermente eccentrico, ed il profilo regolarmente conico, simmetrico; il Platyceras dubium BaRROIS ® ha mag- giore dissimmetria, apice eccentrico e lato concavo irregolare. 62. Orthonychia Canavarii n. f. — Tav. XVI [III], fig. 11 a-g. Conchiglia eretta, lessermente arcuata, compressa lateralmente, con una torsione Spirale per cui l’asse mag- giore dalla base fino in prossimità dell’apice è ruotato di circa 30°. La sezione trasversale della conchiglia è il doppio lunga che larga, di figura ovale reniforme per essere la compressione maggiore da un lato che dall’altro, così da aversi una:doccia o rientranza longitudinale nel lato maggiormente compresso. Vista di profilo, nel senso corrispondente all’ asse minore della base, la con- chiglia ha figura allungata, con un lato diritto e l’altro molto leggermente convesso; i due lati concorrono sotto il BARRANDE-PERNER. Syst. Silur., IV, 1, 1903, pag. 29, tav. 5, fig. 15-17. 2) WuirEaves. The fossils of the Devonian Rocks of the Islands shores or immediate vicinity of Lahes Manitoba and Winmnipegosis. Contrib. Canad. Palaeont., I, 4, pag. 311, tav. XLIII, fig. 8. 3) CH. BARROIS: Faune d’ Erbray. L. c., pag. 191, tav. XIII, fig. 1 a, d.. [45] = M. GORTANI 161 un angolo molto acuto (circa 12°). Il profilo trasversale, in corrispondenza dell’asse maggiore della base, ha in- vece figura molto asimmetrica per essere la bocca fortemente obliqua rispetto all’asse verticale e per essere il lato minore diritto, e il lato maggiore arcuato con la convessità volta all’esterno. L’esemplare è ridotto al modello interno; presenta però tracce trasversali di accrescimento che provano la sottigliezza del guscio. Altezza dell’esemplare È ; : : 3 È . mm. 28 Altezza probabile della conchiglia . 5 3 È ; no 88) Diametro massimo della sezione trasversale 2 : o >» 10 Diametro minimo della sezione stessa c 5 ; : » 4,5 Nella letteratura paleontologica paleozoica non ho trovato forme prossime a quella ora descritta. Una tor- sione analoga della conchiglia, però assai più accentuata, si ha nella O. dentalium Han !, la quale differisce inoltre dalla nostra per le maggiori dimensioni, per avere depressioni longitudinali più numerose e più accentuate. per essere meno compressa e per la posizione non obliqua della bocca rispetto all’asse della conchiglia. La 0. emarginata BARR. sp. in PERNER ?) ha una compressione laterale consimile, ma simmetrica ai due lati; la conchi- glia non è torta, nè ha l’apertura obliqua. Ritorta e compressa, ma più simmetrica, maggiormente solcata, meno schiacciata lateralmente e con la bocca almeno apparentemente non obliqua, è infine 1’O. procera BARR. sp. in PERNER 8). Gen. Platyceras ConRap. 63. Platyceras pericompsum WxÒipsorne sp. — Tav. XVI [III], fig. 12 a-c. 1887. Platyceras sp. Tscaernvscurw. Mittl. u. ob. Devon des Urals. L. c., pag. 39, tav. VI, fig. 6 a-c. 1891. Capulus pericompsus WuaBorne. Devon. Fauna S. England. L. c., XLIV, pag. 205, tav. XX, fig. 1-5. L'unico esemplare ha conchiglia conico-ricurva, breve, carenata sul dorso, (cioè sul lato della più forte conves- sità), con apice acuto che all’estremità devia dal piano longitudinale mediano, apertura obliqua. In vicinanza dell’apertura, la carena dorsale si attutisce e la curvatura della conchiglia si fa meno accentuata. AI di sotto dell’apice, il lato concavo, visto di profilo, non segue una curva rientrante regolare, ma una linea dap- prima alquanto sinuosa, poi bruscamente inflessa. Vista dal lato dorsale, la conchiglia ha un profilo ogivale, con una lessera curva rientrante in prossimità della carena. Da un lato si nota un accenno a due debolissime pieghe longitudinali. i i La sezione trasversale è di figura largamente ovale. La superficie del guscio, che è relativamente grosso, appare liscia. La conchiglia ha mm. 20 di altezza, mm. 13 di massima larghezza, mm. 11 di spessore. L’esemplare può ritenersi specificamente identico con quello figurato da TscHERNYscHEW, che WHIDBORNE a ragione mette in sinoninia col suo Capulus pericompsus: specie che appare notevolmente variabile e tra le cui forme il nostro individuo può trovar posto a buon diritto. Si differenzia dal P. hamulus BARR. sp. * e dal Capulus conspicuus ErcHw. 5) per la netta carena longitudinale; » J. Hart. Pal. N. York, V. 2, 1879, tav. I, fig. 3-8. © BARRANDE-PERNER. Syst. Silur., IV, tav. 4, fig. 22-29; tav. 103, fig. 7-8; tav. 232, fig. 27-30. 3) BARRANDE-PERNER. Ibid., tav. 226, fig. 11-14. 4) BARRANDE-PERNER. Syst. Silur., IV, tav. 28, 29, 32, 33. 5) ErcHwaLD. Lethaea Rossica, I, 1860, pag. 1103, tav. 50, fis. 12; — SpPirz. Gastrop. Karn. Unterdevon. L. c., pag. 164, tav. XV, fig. 25. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 21 162 M. GORTANI [46] dall’Acroculia compressa RoeMER ! per la conchiglia non compressa, per l’accenno a pieghe longitudinali, per l'andamento della curvatura. Non risulta giustificato, a mio parere, inglobare nel P. pericompsum l'esemplare figurato da MAURER ?) come Capulus rostratus Barr.?, esemplare in cui non apparisce carena mediana, e che vero- similmente spetta al P. hamulus. 64. Platyceras hainense Maurer sp. — Tav. XVI [III], fig. 13 a-c. 1885. Capulus Hainensis MaurER. HPauna von Waldgirmes. L. c., pag. 239, tav. X, fig. 16-20. ? 1895. Platyceras compressum p. p. (non Rormer sp.) Honzarren. Ob. Mitteldevon im Rhein. Gebirge. L. c., i pag. 176, tav. XI, fig. 5-5 d (cet. excl.). L’esemplare in esame è eretto (cioè con l’asse normale al piano dell’apertura), ricurvo-conico, con base ovale. La forma generale è quella di un elmo; l’apice, compresso lateralmente, si ricurva in modo da costituire un mezzo giro di spira, spostandosi però notevolmente e bruscamente dal piano mediano. La superficie è liscia. Dimensioni: Altezza della conchiglia È : c ò o ° mm. 18 Larghezza (diametro massimo della base) . È x DRAGO. Spessore (diametro minimo della base) S . È DAENNIALI6E Il nostro esemplare, mentre si avvicina moltissimo a quelli del MAURER, da cui non si può specificamente di- stinguere, è invece ben diverso dagli esemplari che PERNER (in BARRANDE-PERNER, Syst. Sur, IV, pag. 78, tav. 28; fig. 13-16, e tav. 29, fis. 9 e 12) illustra e figura come P. hainense var. n. plicifera. Non è soltanto l’accenno a pieghe longitudinali a distinguere la forma boema; ma è altresì il grande sviluppo, con ampia curvatura del- l’apice e della regione apicale, che diventa porzione notevole della conchiglia, mentre è rapidamente assottigliato e ridotto quasi a una piccola appendice di essa nel nostro e nei tipi del MAURER. Con questi ultimi è forse possi- bile diinglobare talune forme estreme della serie (non graduale ed alquanto sforzata) a cui HoLzAPrEL ha tentato di estendere il nome di P. compressum RoEMER. sp. 5); intendo alludere più particolarmente all’esemplare da lui disegnato a tav. XI, fig. 5, che più si allontana dagli altri per la mancanza di compressione e per la;forma gene- rale della conchiglia. 65. Platyceras fecundum Barranpr sp. — Tav. XVI [III], fig. 14, 15. 1903-11. Platyceras fecundum (BARR. sp. mscr.) Perner. In « BarranDE. Syst. Silur., IV», pag. 83, tav. 29, 32, 40, 42, 223; 224, 231, 241. —_ — paraformosum (BARR. sp. mscr.) Prrner. Ibid., pag. 79, tav. 28, fig. 1-3, e tav. 223, fig. 5-8. La variabilissima forma boema è rappresentata nel materiale della base del Capolago da due esemplari no- tevolmente diversi fra loro. L’uno (fig. 15) ha avvolgimento lasso, limitato alla porzione apicale, con poco più i) F. A. RoEMER. Die Versteinerungen des Harzgebirges, 1843, tav. XII, fig. 34. 2) F. MauRrER. Der Kalk bei Greinfestein. N. Jb. f. Min. ete., Beil. I, 1880, pag. 33, tav. II, fig. 16. 3) Acroculia compressa RoEMER. Versteiner. d. Harzgebirges, 1843, tav. XII, fig. 34. Vedi HoLzaPrEL. Ob. Mattel- devon im Rhein. Gebirge. L. c., pag. 176. — Lo SPITZ (Gastrop. Karn. Unterdevon. L. c., pag. 161), ritenendo diverso il tipo del RorMER dalla forma illustrata da HoLzAPFEL, ha proposto per quest’ultima il nome di P. Holzapfeli; ciò che però non muta in nulla il nostro apprezzamento. [47] M. GORTANI 163 di un giro di spira; l’altro (fig. 14) è strettamente ravvolto in due giri di spira a rapido sviluppo. Nel primo esem- plare la porzione apicale devia poco dal piano di simmetria dell’ultimo giro, eperciò la conchiglia risulta poco asimme- trica. Nel secondo, l’asimmetriaè molto pronunciata, tanto chela spira arriva asporgere esternamenteall’ultimo giro. Il primo esemplare, che ha dimensioni maggiori, ha anche un maggior numero di pieghe e solchi longitudinali, massime lateralmente. La sezione trasversale dell’ ultimo giro è in esso prevalentemente arrotondata, mentre nell’esemplare più strettamente ravvolto si espande in corrispondenza delle pieghe, con tendenza a prendere la forma di un poligono stellato. La superficie sembra liscia in entrambi, ma non è ben conservata nelle poche por- zioni di guscio che sono rimaste. Con il P. fecundum mi sembra debbasi riunire il P. paraformosum, che secondo la diagnosi del PERNER se ne staccherebbe soltanto per l’avvolgimento meno pronunciato della spira. Tutt’al più potrebbe essere considerato una varietà, alla quale il primo dei nostri esemplari si avvicinerebbe notevolmente. 66. Platyceras Taramellii n. f. — Tav. XVI [III], fig. 16 a, d. Conchiglia irregolare, asimmetrica, bassa, ventricosa, formante mezzo giro di spira. Apice breve e probabil- mente ottuso. Linea di massima convessità rilevata in carena. Superficie irregolarmente sparsa qua e là di grosse nodosità ineguali di forma, di rilievo e di aggruppamento. Profilo longitudinale irregolare e gibboso. Apertura all’incirca ovale, molto fortemente obliqua; lato concavo brevissimo. Sezione di forma variabile da punto a punto. L’esemplare è ridotto al modello interno; ha mm. 21 di massimo diametro. Tra le forme irregolari di Platyceras, è meno lontano dal nostro il P. concentricum BARR. sp. in PERNER 1), dove però le nodosità sono più leggiere e pliciformi anzichè tuberose, e la spira è assai più involuta. Qualche ana- logia di ornamentazione offre la Orthonychia difformis BARR. sp. in PERNER, sopra tutto veduta di profilo ?). Cephalopoda. Nautiloidea. Fam. Orthoceratidae Mac Cor. Gen. Orthoceras Breyn. 67. Orthoceras sp. indet. Un solo esemplare; indeterminabile, non essendo conservata la superficie esterna del guscio. L'angolo apicale è di cirea 10°. Le camere sono piuttosto basse, essendo la distanza fra due setti consecutivi equivalente a circa la metà del diametro, Il sifone è centrale. i) BARRANDE-PERNER. Syst. Silur, IV, pag. 68, tav. 28, fig. 11-12, e tav. 30, fig. 10-11. °) Cfr. BARRANDE-PERNER. Zbid., pag. 152, tav. 20, fig. 4-5, e tav. 41, fig. 10-11. Vedi specialmente l’esemplare figurato nella tav. 41. 164 M. GORTANI : [48 Gen. Cyrtoceras GoLpruss. 68. Cyrtoceras sp. indet. Un frammento di conchiglia ricurvo-conica, con angolo apicale di circa 20°. Mancano tracce della superficie esterna. Le camere sono bassissime, molte volte più larghe che alte. Il diametro massimo è di mm. 8 (all’estremità apicale del frammento); il diametro massimo (all’estremità opposta) è di mm. 16. La distanza dei setti oscilla fra 2,5 e 3 mm. Crustacea. Entomostraca. Fam. Entomididae Jonrs. Gen. Entomis Jones. - 69. Entomis tuberosa Jones. — Tav. XVI [III], fig. 17, 18. 1861. Entomis tuberosa Jones. In « Mem. Geol. Surv. Scotland », Explan. Map 32, pag. 137, tav. II, fig. 5. — 1872. — pelagica BarranpE. Syst. Silur., I, Suppl., pag. 515, tav. 24, fig. 1-6. 1884. — tuverosa Jones. Notes on the Palaeozoie Bivalved Entomostracha. XVIII. Some Species of the Entomididae. Ann. a. Mag. Nat. Hist., ser. 5, XIV, pag. 391, tav. XV, fig. 1 a, d. 1885. — pelagica (?) TscaernvscaEw. Unt. Devon West-Abhang d. Urals. L. c., pag. 8, tav. I, fig. 6 a, d (non fig. 4). 1893. _ — Tscaernyscnew. Uni. Devon Ostabhang d. Urals. L. c., pag. 17, tav. I, fig. 12, 13. Due valve, l’una destra e l’altra sinistra, senza dubbio spettanti alla medesima specie, presentano 1 seguenti caratteri: Contorno irregolarmente reniforme-ovale, di larghezza pari a circa */, della lunghezza. Margine dorsale inciso verso la metà dalla terminazione del solco trasversale, e raccordato con stretta curva ai margini anteriore e poste- riore, che sono regolarmente arrotondati al pari del margine ventrale; quest’ultimo alquanto più convesso nella - regione posteriore che nell’anteriore. Soleo trasversale molto ben manifesto, stretto e profondo, diretto un po? obliquamente all’indietro, proteso fin oltre '/. o fin quasi ai ?|, della larghezza della valva, molto leggermente dilatato in fossetta verso la sua estremità. Le valve sono molto convesse, e più nell’anteriore che nella posteriore delle due regioni determinate dal solco trasversale. La regione anteriore, o cefalica, quasi spianata in prossimità del margine dorsale, è caratterizzata da un grosso tubercolo arrotondato, che, elevandosi d’un tratto sopra il solco trasversale e la depressa zona dorsale, sposta il suo colmo verso il margine dorsale, mentre si abbassa gradatamente verso le regioni ventrale e ventrale- cefalica della valva; il diametro del tubercolo raggiunge quasi !/4 della lunghezza totale della valva stessa. La regione posteriore al solco è fortemente convessa, rigonfia, e si abbassa gradualmente verso il solco, mentre cade rapidamente verso i margini della valva. [49] M. GORTANI 165 La superficie è liscia. Le dimensioni sono le seguenti: I (valva destra) Ir (valva sinistra) Lunghezza della valva : È , mimi 6,5 mm. 6 Larghezza della valva $ 5 È È » 4,5 » 4 Spessore della valva . 7 È 3 5 » D » 2 Le forme di Entomis munite di tubercolo nella regione anteriore e con le quali si possano confrontare i nostri esemplari, sono quelle descritte da T. R. Jones (1. c.) come E. tuberosa, dal BARRANDE (I. c.) e dallo TscHERNY- scHEW (I. c.) come E. pelagica, dal WHIDBORNE ! come £. peregrina, e dal CANAVARI ° come E. Ichnusae. Quest'ultima rimane nettamente distinta per le piccole dimensioni, per la scabrosità della superficie e per essere il tubercolo assai piccolo e poco rilevato. Richiedono un accurato esame le forme illustrate come Z. tuberosa ed E. pelagica. Le descrizioni e figure dei tipi ri- spettivi, date dal Jones e dal BARRANDE, mostrano sensibili differenze in parecchi caratteri. Le valve di E. tube- rosa appariscono di forma ovale, con rapporto fra larghezza e. lunghezza pari a 5%r0c0 0 “100, intaccate da un solco arcuato che delimita nettamente il tubercolo tanto in addietro quanto dal lato ventrale; e la convessità debole in tutta la valva (il cui spessore giunge appena a '/, della lunghezza), è minimo nella metà posteriore al solco, la quale va disradando lentamente verso l’estremità caudale. Invece nel tipo della E. pelagica la forma è oblunga, ristretta in addietro, con larghezza pari a *°/100 0 °°/roo della lunghezza; il solco è ampio, diritto e perpendicolare al margine dorsale; il tubercolo appare indipendente dal solco, che non lo delimita; la con- vessità, abbastanza pronunciata (equivalendo lo spessore a !/3 della lunghezza), è particolarmente notevole nella regione posteriore della valva, che cade ripidamente sul margine caudale. Malgrado tali differenze, tanto il Jones (1. c., pag. 393), quanto il WHIDBORNE (I. c., pag. 52) ritennero « estre- mamente probabile » l’identità specifica delle due forme. Tale opinione parmi validamente appoggiata dai ca- ratteri, intermedi fra l’uno e l’altro tipo, presentati dagli esemplari russi illustrati da TscHERNYSscHEW e dagli esemplari carnici sopra descritti. Gli esemplari russi hanno forma più o meno allargata (con rapporto fra larghezza e lunghezza variabile da 55/100 a ‘?/100); si accostano al tipo dell’E. tuberosa per avere la regione caudale delle valve poco convessa e per il tubercolo contiguo al solco e limitato da esso posteriormente; ma, d’altra parte, come nel- VE. pelagica, il solco non si arcua in avanti nè delimita il tubercolo dal lato ventrale, e le valve si restringono posteriormente e sono un po” più convesse degli esemplari inglesi. I due esemplari carnici invece, mentre hanno il contornodell’E.tuberosatipica (rapporto fra larghezza elunghezzapazi a ‘1000 "9/00, regione posteriore arroton- data), e presentano solco e tubercolo analoghi a quelli degli individui russi, hanno il forte spessore e la speciale convessità e risonfiezza della regione caudale che si nota nel tipo di Boemia; e collegano quindi le forme estreme di E. tuberosa ed E. pelagica in guisa diversa dagli esemplari di Russia. Se si dovesse tener conto di tutte queste piccole differenze, dovremmo dunque distinguere con nomi Speciali quattro forme diverse: a) la forma inglese, con tubercolo delimitato cireolaimmente dal solco, e regione posteriore depressa; 5) la forma uraliana, con tubercolo delimitato dal solco solo posteriormente, e regione posteriore depressa; c) la forma carnica, con tubercolo delimitato dal soleo solo posteriormente, e regione posteriore -larga- mente rigonfia; 3) WuHpEBornE. Dev. Fauna S. England. I. L. c., XLII-XLIII, 1888-89, pag. 51, tav. IV, fig. 14-15. 2) M. CANAVARI. Fauna dei calcari nerastri con Cardiola ed Orthoceras di Xea Sant Antonio in Sardegna. I. Ostra- coda. Paleontogr. Ital., V, 1899, pag. 197, tav. XXV, fig. 12 a-d. 166 M. GORTANI [50] 1) la forma boema, con tubercolo indipendente dal solco e regione posteriore un po? ristretta e molto rigonfia. A me sembra preferibile riunire tutte queste forme sotto il nome di £. tuberosa; osservando però che l’habitus degli esemplari carnici (e in ispecie il profilo, che è importante rispetto alla conformazione dell’animale) mostra una particolare affinità con gli esemplari boemi e anche (benchè forse in minor grado) con quelli uraliani. Trilobitae. Fam. Calymmenidae BRONGNIART em. Gen. Calymmene BRONGNIART. 70. Calymmene cfr. Blumenbachi Bronewiart. — Tav. XVI [III], fig. 19 a, d. 1822. Calymmene Blumenbachii BronenIiART. Histoire naturelle des Crustaces fossiles, pag, 11, tav. I, fig. 1 A-C. 1892. — Blumenbachi Barranpe. Syst. Silur., I, pag. 566, tav. 19, fig. 10, e tav. 43, fig. 46-48 (cum syn.). 1865. — — SaLter. A Monograph of British Trilobites. Pal. Soc., XVII, pag. 93, tav. VIII, fig. 7-16, e tav. IX, fig. 1,2 (cum syn.). 1872. _ _ BarranpE. Syst. Silur., 1, Suppl., pag. 36, tav. 14, fig. 33, e tav. 15, fig. 15. L’unica glabella in esame, molto rigonfia, con il colmo della convessità nella parte anteriore, ricorda non soltanto la C. Blumenbachi, ma anche quella C. reperto OrHLERT ! che sembra rappresentare e continuare la €. Blumenbachi nell’ Eodevonico francese ed alpino e che, stando all’interpretazione del FRECH ?), ne differisce sol- tanto per maggiore convessità della glabella e inclinazione della fronte. La C. reperta, per le incomplete diagnosi e figure sinora pubblicate e per il cattivo stato dei suoi esemplari, non può dirsi ben nota; sembra però che in essa la glabella sporga, protraendosi, sul margine anteriore del capo e quindi sul lembo frontale. Tale carattere non si riscontra invece nell’esemplare in esame, che ritengo perciò più prossimo alla C. Blu- menbachi. Esso ha le dimensioni seguenti: Altezza del capo È ò ; È . ; . 7 : mm. 8,5 Altezza della glabella c : RARO Larghezza della glabella in CORNA. dei lobi salici 6 ) (5 Larghezza della glabella in corrispondenza dei lobi ‘posteriori c » 6,5 Spessore della glabella x È 5 6 o $ c Ù » 3,5 Il corpo centrale della slabella ha figura obovato-spatolata, di metà più lunga che larga; in addietro è appena più larga di ciascun lobo posteriore. I solchi posteriori si continuano, benchè molto affievoliti, sulla glabella fino a riunirsi in una leggerissima depressione trasversale convessa verso l’indietro. I solchi dorsali formano tra loro un angolo di circa 15°. I lobi anteriori sono a mala pena distinti; quelli medî e posteriori hanno rispettiva- mente mm. 1 e mm. 1, 5 di diametro. In avanti la glabella cade direttamente sul margine interno del lembo che è sottile e convesso a guisa di cordoncino. 1) D. P. OrHLERT. Sur le dévonien des environs d’ Angers. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, XVII, 1889, pag. 766, tav. XVIII, fig. 1. 2 F. FRECH. Veber das Devon der Ostalpen. ITT. Zeits. deut. geol. Ges., XLVI, 1894, pag. 448, tav. XXX, fig. 1. [51] M. GORTANI 167 Fam. Bronteidae BARRANDE. Gen. Bronteus GoLpruss. 71. Bronteus cfr. formosus Barranpe. — Tav. XVI [III], fig. 20, 21. 1852. Bronteus formosus BarranDE. Syst. Silur., 1, pag. 851, tav. 46, fig. 14, e tav. 47, fig. 1-5. r_— — oblongus Corpa in Barranpe. Ibid., pag. 853, tav. 46, fig. 13-17. Alcune glabelle, e forse anche un frammento di pigidio, si possono riferire molto probabilmente a questa specie, della quale rappresenterebbero individui giovani oppure una razza locale di dimensioni ridotte. | La forma della glabella, notevolmente convessa, è flabellare, con i solchi dorsali tanto più divergenti quanto più si avvicinano al lembo frontale. L’ angolo che essi formano è all’incirca, in media, di 80° o 90°, La larghezza massima della glabella (in corrispondenza del lobo frontale) è circa tripla della sua larghezza minima (in corri- spondenza del lobo posteriore). Il lobo frontale occupa, in altezza, più di un terzo della glabella; anteriormente ad esso corre strettissimo e regolare il lembo anteriore. I solchi anteriori giungono fino a !j3 della larghezza della glabella, e si obliterano in | prossimità del solco dorsale a cui rispettivamente dovrebbero riattaccarsi. Da ciascun lato i solchi medî e poste- riori (questi ultimi brevissimi, ma profondi) si riuniscono per le loro estremità interne in una depressione o solco longitudinale, che si spinge fin quasi al solco anteriore e divide i lobi anteriori e medî dal resto della glabella. Lobo anteriore e lobo medio formano da ciascun lato della regione mediana un gruppo piriforme che il solco medio (però assai lieve) divide in due rilievi di figura subcircolare, di cui l’inferiore assai più grande del superiore. Il lobo occipitale si unisce senza discontinuità al corpo centrale della glabella, che a sua volta confluisce diretta- mente col lobo frontale di un rilievo continuo e convesso a formadi T, privo di qualsiasi protuberanza o tubercolo. Ampio e depresso è il solco occipitale, a cui segue un anello sottile, ben rilevato a guisa di cordoncino, munito di un tubercolino mediano. La superficie è finamente striata in traverso. I II Altezza del capo . È ù ò È mm. 10 mm. 9 Altezza della glabella (dalla fronte. al opo ona] 0 . ò ; » 8 » 7,5 Larghezza massima della glabella È c È o » 11 pin Larghezza della glabella in corrispondenza i Io anteriori, È : » 7 » 7 Larghezza della glabella in corrispondenza del lobo posteriore . $ » 4 » 3,9 Larghezza dell’anello occipitale 5 c 0 7 ; . o î » — » 4,5 Gli esposti caratteri coincidono con quelli del B. formosus BARR. e ricordano da vicino anche il B. oblongus Corpa in BARR.: forme di cui lo stesso BARRANDE riconosce la grande somiglianza, affermando che si distinguono pel fatto di essere nel B. oblongus il pigidio più allargato e con asse alquanto più breve che nel B. formosus. Tali differenze mi paiono troppo tenui per giustificare la separazione proposta dal BARRANDE; tanto più che il B. oblongus è fondato sopra un solo esemplare. Dall'esame delle figure, risulterebbe però qualche altra lieve dif- renza nella larghezza del capo (relativamente più ristretto e allungato nel B. oblongus) e della glabella (dove i solchi laterali sarebbero inoltre indistinti nel B. oblongus); perciò sarebbe necessario un confronto tra gh esemplari originali per stabilire con fondamento la simonimia. 168 M. GORTANI . [52] 72. Bronteus palifer Bevyrica var. carnicus n. f. — Tav. XVI [III], fig. 22 @, Bd. (tipo) 1945. Bronteus palifer BevRICH. Ueber einige bohmvische Trilobiten, pag. 38, tav. I, fig. 11 (fig. 10 excl.). — 1846. — — Brvrica. Untersuchungen tiber Trilobiten, pag. 13. tav. II, fig. 1 ad. Si ISO _ — Barranpe. Syst. Siur., I pag. 859, tav. 8, fig. 31, e tav. 45, fig. 1-21. = 1ST2 - - Barranpe. Syst. Selur., I Suppl., pag. 129, tav. 16, fig. 21,22. — 1883. = — Novàk. Zur Kenntniss der bohmischen Trilcbiten. Beitr. ». Pal. Oest.-Ung. u. Or., SII, pag. 48, tav. XII, fig. 10. Glabella leggermente convessa, ma con ondulazioni (infossature e rilievi) bene spiccate. Solchi dorsali larghi e profondi, diritti e paralleli fra loro nel primo tratto, poi rettilinei e divergenti di circa 70° fino all’ altezza del solco anteriore, quindi inflessi decisamente all’infuori con una divergenza di 130° circa. (Nel tipo, isolchi dorsali formano tra loro un angolo cha da oltre 80° si allarga poi fino a 150° o 1600). Solchi anteriori, medî e posteriori come nel B. palifer tipico. i Il lobo frontale, più basso che nel tipo, occupa appena !/s dell’altezza della glabella; più sviluppati sono, in proporzione, i lobi medî, che hanno altezza subeguale a quella del lobo posteriore. Anche il solco occipitale è relativamente più ampio. I lobi anteriori, meno allargati che nel tipo, hanno figura subcircolare anzichè ovale in traverso. Depressioni e rilievi sono in particolare modo accentuati; molto forte è sopra tutto la convessità del lobo posteriore, che, visto di profilo, ha la stessa prominenza del tubercolo anteriore e dell’anello occipitale. Altrettanto spiccato è il rilievo della convessa regione compresa fra i solchi dorsali e la sutura facciale. Dimensioni: I II Altezza del capo 6 ò È ò o mm. 27 mm. 18 Altezza della glabella (dalla fronte al io paia : 5 i DZ » 14 Larghezza massima della glabella (= del lobo frontale) di 7 ; » 30? » 220? Larghezza massima della glabella in corrispondenza dei lobi anteriori . » 21 » 16 Larghezza della glabella in corrispondenza del lobo posteriore . c DIE » 8 Larghezza della glabella in corrispondenza dell’anello occipitale . RARO » 12 ’ Nell'insieme, la forma carnica appare molto affine a quella boema; ma se ne stacca, come varietà o razza locale, per la figura slanciata (molto meno larga e più alta) della glabella, e verosimilmente anche delle altre parti del capo e del corpo. Per tale carattere si avvicina alquanto all’aspetto del B. angusticeps BARR. !), da cui rimane però nettamente distinto per l’inflessione dei solchi dorsali in corrispondenza del lobo frontale, per la mancanza della spina occi- pitale, per la superficie striata e non granulosa, e per altre minori particolarità. 73. Bronteus rhinoceros Barranpe var. inermis n. f. — Tav. XVI [III], fig. 23 a, d. (tipo) 1872. Bronteus rhinoceros BArRANDE. Syst. Silur., I Suppl., pag. 131, tav. 9, fig. 12-19. Capo molto convesso; forse meno largo che nel B. rMinoceros tipico. Forma generale della glabella trapezoi- dale. Solchi dorsali dapprima (fino all’altezza degli occhi) divergenti verso l’indietro di circa 35°; poi inflessi e ) J. BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852, pag. 873, ta. 47, fig. 23-27. [53] M. GORTANI 169 divergenti invece verso l’imnanzi di circa 60°, fino all'altezza dei solchi anteriori; infine volti decisamente verso . il margine esterno. Il lobo frontale occupa meno di 4j; dell’altezza del capo (ossia !/4 circa dell’altezza della glabella), e termina ai lati in un’espansione triangolare arrotondata. I solchi mediani mancano; gli anteriori sono brevi, larghi ma poco profondi; l'estremità interna di ciascunosi collega con l’obliquo solco posteriore mediante una stretta, profonda de- pressione lineare che forma un angolo acuto col solco dorsale. I lobi anteriore e medio da ciascun lato sono fusi così in un corpo unico, di figura triangolare, separato dal corpo centrale della glabella. Il solco occipitale è largo, profondo verso le estremità, dove si espande in una fossetta. - i La parte centrale della glabella porta un grosso ed acuto tubercolo a metà circa della sua altezza. Un tuber- colo analogo ornava certamente l’anello occipitale; e un tubercolo consimile sorge da ciasenn lato presso l’estre- mità del lobo palpebrale, sul culmine della guancia fissa che è fortemente rigonfia. L’andamento della sutura facciale è analogo al tipo: soltanto con una sinuosità più profonda ed arrotondata fra l’estremità posteriore della guancia fissa e il lobo palpebrale. Il margine posteriore della guancia fissa è leg- germente sinuoso. Superficie apparentemente liscia. Dimensioni: Altezza del capo Ò 5 - 6 6 i ‘ ò È ° : mm. 15 Altezza della glabella È È 6 5 - o ? x : c DIST Larghezza massima della glabella (= del lobo frontale) . 5 5 è po IG Larghezza della glabella in corrispondenza dei lobi anteriori È 6 6 DIO Larghezza della glabella in corrispondenza del lobo posteriore . i i, » IZ Larghezza della glabella in corrispondenza dell’anello occipitale . E c » 10 Molto simile al B. rhinoceros per la contormazione generale e le particolarità del capo, che si allontanano da tuttele altre forme congeneri, l'esemplare si distingue dal tipo boemo in primo luogo per avere ridotte a tubercoli le grandi spine del centro della glabella, dell’anello occipitale e dei lobi palpebrali; e secondariamente per essere indistinti i solchi medî, per essere concorrenti ad angolo acuto coi solchi dorsali i solchi posteriori, per lievi diffe- renze nella sutura facciale, ecc. 74. Bronteus alpinus Gorrani. — Tav. XVI [III], fig. 24 a, d. 1905-07. Bronteus alpinus GortanI. Faune devoniane. L. c., pag. 51, tav. II, fig. 26. Caratteri principali di questa forma, esclusiva finora delle nostre Alpi, sono: Glabella delimitata da solchi dorsali prima paralleli, poi divergenti di circa 60°, diritti e profondi; margine frontale molto debolmente arcuato (e quindi un contorno del capo molto larzo e breve); lobo frontale allargato e alto meno di !/g della» glabella; solco posteriore biforcato, con una branca ascendente verso la fronte e una branca trasversale, parallela al solco occipitale; rezione mediana della glabella munita di due tubercoli, l’uno davanti al solco posteriore, l’altro poco al di sotto dei solchi anteriori. T lobi medî, come ho verificato dietro nuovo esame dell’esemplare tipo, sono bensì fusi coi lobi anteriori, ma non senza che sia percettibile una lesgiera depressione trasversale, che rappresenta il soleo medio. o n Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 170 M. GORTANI [54] L'anello occipitale sembra sprovvisto di tubercoli. La superficie appare liscia. Ecco le dimensioni dell'esemplare tipo, proveniente dall’Fodevonico superiore della Cianevate (1), e dell’esemplare del Capolago (11): I II Altezza del capo à . . È 5 5 , . mm. 6 mm. 8? Altezza della glabella o È o ; c » 4,5 » 6,5 Larghezza massima della glabella (= del lobo frontale) » 6 » 9 } Larghezza della glabella in corrispondenza dei lobi anteriori » 45 » 6,5 Larghezza della glabella in corrispondenza del lobo posteriore » 3 pi 4 Gli accennati caratteri, e sopra tutto la presenza dei due tubercoli nella regione mediana della glabella e la fusione dei solchi posteriori in una depressione unica, bastano a distinguere il B. alpimus da tutte le forme con- generi. Fam. Phacopidae SALTER. Gen. Phacops EmmMRICH. 75. Phacops Bronni Barranpe. — Tav. XVI [III], fig. 25 a-c. 1852. Phacops Bronni Barranpe. Syst. Silur., I, pag. 519, tav. 20, fig. 15-17. Capo di contorno ogivale, appiattito dal lato dorsale, ma con profilo trasversale arcuato. Guance fortemente inclinate verso la faccia ventrale, ma in misura ineguale: la sinistra, di quasi 60°; la destra, di circa 70°; la dif- ferenza è quasi certamente dovuta alla fossilizzazione. 1 La glabella ha contorno anteriore parabolico; la sua figura è flabellare: la sua maggiore larghezza è situata a circa metà dell’altezza misurata fra il lembo e il soleo posteriore 1; il colmo della convessità è nella sua metà posteriore. Anteriormente il lobo frontale si spinge assai oltre il lembo; non sono affatto distinti i solchi (e quindi neppure i lobi) laterali; il soleo posteriore (solco intercalare del BARRANDE) è profondo ai lati, ma appena segnato nel mezzo; l’anello posteriore (= anello intercalare del BARRANDE) è poco rilevato e molto più debole dell’anello occipitale. I solchi dorsali, che limitano la glabella lateralmente, fanno tra loro un angolo di circa 80°. Il lembo, rudimen- tale attorno al lobo frontale della glabella, si allarga progressivamente verso l’indietro, mantenendosi poi largo, convesso e ben delimitato tutto attorno alle suancie. Gli angoli laterali appaiono smussati; il margine posteriore è concavo verso l’indietro. 3 L’occhio è esteso, in superficie, a meno di ‘|, della guancia. Occupa l’angolo anteriore della guancia stessa; e della guancia lascia libero, dietro a sè, un intervallo di poco inferiore al proprio massimo diametro. Sotto il lobo palpebrale, che è a semicerchio, la parete visiva dell’occhio porta 15 o 16 serie verticali di lenti o faccette, con 5 faccette per ciascuna serie. i La superficie del guscio è finamente granulosa sulla glabelia, specialmente alla fronte; appare liscia sulle guancie e sul lembo. i) Per la nomenclatura dei solchi laterali della glabella nelle Phacopidi, cfr. R. HoERNES. Die Trilobiten-Gattungen Phacops und Dalmanites ete. Jb. k. k. geol. R. Anst., XXX, 1880, pag. 656, e NovàÀk. V ergleichende Studien an einigen Trilobiten aus dem Hercyn ete Palacont. Abh. v. DAMES n. KAysER, V, 1890, pag. 115. [55] M. GORTANI 171 Altezza del capo (dal vertice all’anello occipitale) % È a 1 3 mm. 8,5 Larghezza del capo (fra gli angoli laterali) . ; Y ; ‘ i È » 13,5 Altezza della glabella (dal vertice al solco posteriore) È ; ; ò » 6,5 Larghezza massima della glabella 6 + 5 È È » 8,5 Larghezza della glabella in corrispondenza del olco STO o : ; » 4 L’esemplare descritto corrisponde in ogni particolare al PR. Bronni del BARRANDE. salvo una leggiera dif- ferenza nel numero delle faccette oculari, che sono in questo disposte in 13 o 14 file di 7 od 8 lenti ciascuna. Notevolissime analogie si hanno pure col Ph. Sternbergi BARR. !), che è molto vicino al Ph. Bronni, tanto da potersi forse identificare con esso. A questo proposito bisogna convenire con KaySsER 2) che non è punto facile distinguere una dall’altra le varie specie di Phacops istituite dal BARRANDE, delle quali sarebbe utile una revisione dietro esame degli originali. Le sole differenze apprezzabili tra Ph. bronni e Ph. Sternbergi sono nella curvatura delle guancie.(che il Ph. Bronni ha più inclinate), nel solco posteriore (più attenuato verso il mezzo nel Ph. Bronni) e negli occhi, che il Ph. Sternbergi ha alquanto più grandi e costituiti da un maggior nu- mero di faccette (23-26 serie di 7-9 faccette ciascuna). L’esemplare carnico ha inoltre la parte posteriore della glabella più risonfia del Ph. Sterndergi, così da ricordare il Ph. Boecki Corpa in BARR. 3, dove però la glabella è più ristretta, più protesa in avanti, e gli occhi sono re- lativamente assai più sviluppati. Qualche analogia si ha altresì col Ph. Zorgensis KAavsEeRr #, benchè anche qui gli occhi ricoprano la maggior parte della superficie delle guancie e la glabella sia di figura subrombica, più rigon- fia, maggiormente protesa in avanti e con contorno anteriore ogivale. Fam. Cheiruridae SALTER. Gen. Cheirurus BeyRICH. 76. Cheirurus Sternbergi Borcx sp. — Tav. XVI|III], fig. 26, 27. 1825. Trilohites (Paradorites 2), SrernBERG. Uebersicht der in Bohmen dermalen bekannten Trilobiten. Verh.. Ges. vaterl. Mus. Bòhmen, pag. 85, tav. I, fig. D. 1827. _ Sternbergi Borcx. Notitzxer til Lacren om Trilobiterne. Mag. for ini g 1 pas SI ? 1883. — — (pars) SternBere. Bolkmische Trilobiten. II. Verh. Ges. vaterl. Mus, Bohmen, pag. 51, tav. II, fig. 3 @ (non fig. 3 6). (var.) 1841. Calymene — Piinuips. Palaeozoie Fossils of Cornwall ete. L. c., I, pag. 128, tav. 56, fig. 247. 1843. Trilobites — BurmrIster. Die Organisation der Trilobiten ete., pag. 132, tav. III, fig. 7, 8. 1845. Cheirurus — Bovrica. Bohmische Trilobiten, pag. 15, tav. I, fig. 4, 4a. 1846. — gibbus (pars) Beyrica. Untersuch. ib. Trilobiten, pag. 3, tav. IV, fig. 5 (var.) 1850. _ myops Roemer. Bettriige nordwesil. Harzgebirge. I. L. c., III, 1, pag. 65, tav. X, fig. 8. 1852. — Sternbergi BarranDE. Syst. Silur., I pag. 795, tav. 41, fig. 29-39. (var.) 1855. — myops Rormer, Bedtrige nordwestl. Harxgebirge. IMI. L. c., V, pag. 24, tav. V, fig. 6a, db. 1856. — gibbus (non Berr.) SanpeerGER. Fhein. Schichiensyst. in Nassau, tav. IL, fig. 22, 2a. 1) J. BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852, pag. 510, tav. 20, fig. 1-14. © E. KayseR. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 21. 3) J. BARRANDE. Syst. Silur., I, pag. 513, tav. 20, fig. 30-32. i) E. KAySER. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 23, tav. III, fig. 3-5. 172 M. GORTANI [56] (var.) 1864. Cheirurus articulatus (non Miinsrer) SaLter. Brit. Trilobites. L. c., XVI, pag. 61, tav. VI, fig. 7,8. 1872. —_ Sternbergi BarranDE. Syst. Silur., I Suppl., pag. 94, tav. 12, fig. 8-15. (var.) 1878. = = ? var. interrupta Kavser. Aelt. Devonablag. d. Harzes. L. c., pag. 41, tav. Vi dee (var. ?) 1885. = gibbus? Maurer. Fauna von Waldgirmes. L. c., pag. 264 e 289, tav. IX, fig. 31. (var. ?) 1886. = — Barrors. Sur le calcaire dévonien de Chaudefonds (Muine-et-Loire). Ann. Soc. i géol. Nord, XIII, pag. 172, fig. 1. (var.) 1889. — Pengelli Wamsorne. Devon. Fauna S. England. I. L. c., XUII, pag. 8, tav. I, fig. 10-13, 15, 16. ? _ — Sternbergii Wrsorne. Ibid., pag. 11, tav. I, fig. 14. — — — 2 Barros. Faune d’Erbray. L. c., pag. 235, tav. XVII, fig. 3. (var.) 1895. — — (mut. myops) Hovzapret. Ob. Mitteldevon im Rhein. Gebirge. L. c., pag. 22, tav. I, fig. 2-4; tav. II, fig. 15,16; tav. III, fig. 1-10, e, tav. XII, fig. 15. 1905-07. - —_ Gortani. Maune devoniane. L. c., pag. 52, tav. II, fig. 27-28. (var.) — _ Pengelli GortanI. Ibid., pag. 53, tav. II, fig. 29. Un accurato esame delle fisure e descrizioni originali e di abbondante materiale di confronto, mi ha persuaso a modificare l’opinione da me espressa qualche anno fa intorno all’opportunità di tenere specificamente distinte tuttele principali forme che si rivelano molto affini al tipico Ch. Sternbergi della Boemia. Sono così meno lontano dalle vedute di HoLzAPFEL, pur seguendo un criterio diverso nella valutazione delle differenze che intercedono fra le varie forme che gli autori hanno successivamente illustrate. Rientrano a mio parere nel ciclo di una medesima specie le forme risultanti nella esposta sinonimia; e in tale specie (Ch. Sternbergi) si possono riconoscere le tre individualità seguenti: a typicus. — (= Trilobites Sternbergi Borcx [rif. a STERNBERG] e BurmeIsTER; = Chewurus Stern- bergi BevRIcH, BARRANDE, BARROTS, et Auct. p. p.). = Contorno del capo semicircolare; glabella di larchezza pari a #/4 dell’altezza; lobo frontale regolarmente e dolcemente arrotondato in avanti, di figura semicircolare, una volta più largo che alto, non affatto rigonfio, nè più elevato dei lobi successivi, nè sporgente sul contorno ante- riore del capo; profilo longitudinale del capo e specialmente della glabella molto depresso, resolarmente convesso verso l’esterno secondo una linea continua di cui il profilo del lobo frontale forma, con un arco di 60° circa, la porzione discendente (cfr. fig. 1 A). B Pengelli (WampBorNnE). — (= Oheirurus Pengelli WripBorNnE; = Calymene i PHILLIPS; = Cheirurus articulatus [non MsrR.] SALTER; = Oh. Sternbergi mut. myops HoLzAPFEL p. p.). — Contorno del capo semicircolare, o più spesso semiovale; glabella di larghezza pari a #40 ?j3 della sua altezza; lobo frontale a cur- vatura più stretta del tipo, sporgente sul contorno anteriore del capo, una volta più largo che alto, convesso ed un po’ rigonfio, ma non (o appena) più elevato dei lobi successivi; profilo longitudinale della glabella diritto nella porzione dorsale, poi rapidamente e fortemente convesso verso la fronte; il profilo del lobo frontale forma un arco di 90° circa (cfr. fig. 1 B e C) myops (RoemER). — (= Cheirurus myops Roemer; = ? Ch. gibbus |non Beyr.] MaurER; = Ch. Sternbergi mut. myops HoLzAPFEL p. p.). — Contorno del capo subtriangolare, con i margini laterali molto debol- mente e l’anteriormente molto fortemente convessi; glabella di larghezza generalmente inferiore a */s della sua altezza; lobo frontale assai poco allargato (altezza pari a * della larghezza), slanciato e molto prominente in avanti, a curvatura ogivale, di figura semiovale acuta, e notevolmente rigonfio, così da superare in altezza i lobi successivi e da dare alla glabella un profilo dorsale concavo verso l’esterno (cîr. fig. 1 DI). [57] M. GORTANI 173 Il Ch. Sternbergi a typicus è rappresentato nel materiale della base del Capolago da alcune glabelle in stato più o meno frammentario e da due ipostomi. Questi e quelli sono di notevoli dimensioni e spettano a esemplari adulti, il cui capo doveva misurare da 20 a 24 millimetri di altezza. Fic. 1. Contorno del capo (dal lato dorsale e di fianco) delle principali forme dei Cheirurus Sternbergi. — A, Ch. Sternbergi a typicus; B e C, Ch. Sternbergi B_Pengelli; D, Ch. Sternbergi y myops. (La fig. C ri produce la «forma larga» erroneamente inclusa nella var. m170ps da HOLZAPFEL). Le glabelle sono caratterizzate dalla leggiera convessità del lobo frontale, il cui profilo longitudinale segue un arco di molto inferiore ai 90° e continua regolarmente la curvatura del dorso della glabella. Gli ipostomi hanno il corpo centrale obovato-spatolato, ristretto nella parte distale e quivi con due leggiere impressioni laterali. La lunghezza del corpo centrale è in tutti e due gli esemplari di mm. 14; la sua larghezza mas- sima è di mm. 10,5 nell’uno e di mm. 11 nell’altro: la larghezza è quindi da */1 a 4/5 dell’altezza, come è appunto ne- gli esemplari tipici della Boemia. Il lembo è di larghezza uniforme ai lati e nella parte distale; si assottiglia molto nella parte prossimale; è rilevato a guisa di cordone; è separato mercè una profonda solcatura dal corpo centrale. I margini laterali si ripiegano ad angolo retto in un’espansione lungamente triangolare, ben visibile di profilo, che è seguita più avanti da una breve espansione aliforme e accartocciata in modo da formare una doccia obliqua. La superficie è grossolanamente punteggiata. Per ultimo darò brevemente ragione della esposta sinonimia. Delle figure pubblicate nel 1833 dallo STERN- BERG, la fis. 3 @ può spettare tanto a CR. Sternbergi quanto a Ch. gibbus, come già osservò il BevRICH (1845, L. c., pag. 15); la fis. 3 d rappresenta invece un pigidio di Enerinurus Beaumonti Barr. ®. La « Calymene Sternbergri » del PÒÙicnips fu, come la fis. 3 @ di STERNBERG, identificata da BARRANDE (I. c., pag. 794) col Chesrurus gibbus; ma, come osserva HoLzAPFEL (I. c., pag. 25-26), essa ha le parti laterali del capo appiattite e larghe del Ch. Sternbergi. Alla medesima specie, come è dimostrato dai ritrovamenti successivi, spetta il pigidio staccato che BeyRIcH nel 1846 (1. c., fig. 5) disegnò attribuendolo a Ch. gibbus. Nell’iconografia dei fratelli SAnDBERGER sono raffigurati una te- sta che può spettare, giusta la loro indicazione, a CR. gibbus, e un pigidio che appartiene invece a Ch. Sternbergi, come già BARRANDE e KaysER hanno rilevato. L’esemplare disegnato da SALTER come Ch. articulatus ha tutti i 4) Cfr. anche BARRANDE, Syst. Silur., I, 1852, pag. 26 e 828. 174 M. GORTANI [58] caratteri della nostra specie, e più particolarmente della var. Pengelli, quale è da noi intesa. Agli esemplari ti- pici della var. m20ps spetta invece, con tutta probabilità, la glabella figurata dal MauRER. Per ciò che riguarda l’apprezzamento di queste varietà ed i loro caratteri differenziali, rimando infine a quanto è detto più sotto, a proposito della forma seguente. 77. Cheirurus Sternbergi var. Pengelli (Wamsorne). — Tav. XVI [III], fig. 28, 29. 1889. Cheinurus Pengelliù Wameorne. Devon. Fauna S. England. I. L. c., XLII, pag. 8, tav. I, fig. 10-13, 15, 16 (cum syn.). 1895. — Sternbergi mut. myops (pars) Horzarrer. Ob. Mitteldevon im Rhein. Gebirge. L. c. pag. 22, tav. III, fig. 1-9 e tav. XII, fig. 15? (cet. excl.!). 1905-07. — Pengelli GortanI. Faune devoniane. L. c., pag. 53, tav. II, fig. 29. Il capo, di cui dò la figura, si differenzia nettamente dal Oh. Sternbergi typicus per il suo profilo longitudinale. Al carattere saliente dato dalla spiccata convessità del lobo frontale, si aggiungono l'andamento molto sinuoso che nel profilo ha il margine laterale della glabella, lo spiccato rilievo di tutti i lobi e la profondità e larghezza dei solchi. Un secondo esemplare, che probabilmente spetta alla medesima forma, non è esattamente determinabile per rottura del lobo frontale. L’ipostoma, che riproduco nella fig. 29, è somigliantissimo a quello della Cianevate, da me altra volta illustrato, e corrisponde per le piccole dimensioni, le ali poco espanse e la superficie apparentemente liscia, agli esemplari disegnati da WripBornE. Il corpo centrale ha due leggiere impressioni ai lati presso l’ estremità distale; è un po’ più slanciato che nel tipo, avendo una larghezza (mm. 5,5) alquanto inferiore ai ?}, della lunghezza (mm. 8,5). HoLzAPFEL, nel citato lavoro, riunisce tutte le diverseforme di CR. Sternbergi provenienti dal Devoniano medio germanico, sotto l’unica denominazione di Ch. Sternbergi mut. myops (ROEMER); e con esse identifica anche gli esemplari inglesi della stessa età distinti dal WnipBorNE come Ch. Pengelli. Ammette che in codesto raggrup- pamento si viene a raccogliere forme particolarmente allargate con altre di figura più slanciata; ma ritiene che si tratti soltanto di differenze sessuali. To però non posso seguire in questa via l’egregio autore. In primo luogo si tratta di dilferenze abbastanza notevoli, come ho già avuto occasione di rilevare; tanto che vi è assai maggiore affinità fra Ch. Sternbergi typicus e la var. Pengelli, che non fra la var. Pengelli e la var. myops (cfr. le figure schematiche a pag. 173 [57]). Inoltre, nè fra gli esemplari d’Inghilterra, nè fra quelli alpini, nè fra quelli nume- rosissimi della Boemia spettanti al Ch. Sternbergi e ad altre specie congeneri, non è dato di riscontrare differenze di aspetto analoghe a quelle esistenti fra i due gruppi di forme della Germania che HoLzAapreL vuole riunire assieme. Se si trattasse di differenze sessuali, i due gruppi (o gruppi corrispondenti) dovrebbero essere rappre- sentati anche fra gli esemplari delle altre regioni; ma poichè invece questo non si verifica, la supposizione (d’al- tronde puramente ipotetica) di HoLzAPFEL apparisce infondata. Si noti ancora che egli asserisce esservi passaggi graduali fra l’uno e l’altro sruppo: passaggi che, mentre sono perfettamente comprensibili fra due varietà della medesima specie, non dovrebbero invece presentarsi in nessun modo se le differenze fossero dovute a caratteri sessuali. Ritengo per ciò che debbano mantenersi distinti i due sruppi: dei quali l’uno, var. Pengelli (Waps.), rappresenta la forma di CA. Sternbergi più largamente diffusa, mentre l’altra, var. myops (RoEm.), sembra piut- tosto una forma estrema, di carattere locale, evolutasi nell’ultimo periodo di vita della specie. [59] M. GORTANI 175 Fam. Proétidae BARRANDE. Gen. Proètus STEININGER. 80. Proétus cfr. unguloides Barranpe. — Tav. XVI (III), fig. 30 a, db. 1852. Prottus unguloides BarranDe. Syst. Silur., I, pag. 443, tav. 15, fig. 23-27. ? 1878. — _ Kayser. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c., pag. 11, tav. I, fig. 11. 1881. — Urani Maurer. Palaeontologische Studien im Gebiet des rheinischen Devon. IV. Der Kall bei Greifenstein. N. Jb. f. Min. ete., Beil. I, pag. 6, tav. I, fig. 2. 1890. — wrguloîdes Novàr. Vergleichende Studien an cinigen Trilobiten aus dem Hereyn etc. Palacont. Abh. v. Dames u. Kayser, V, pag. 109, tav. XX, fig. 1,2. Il capo di Trilobite, che riferisco a questa forma, è mal conservato, così da impedire una determinazione sicura. Esso è certamente molto vicino al P. ungulordes tipico, con il quale ha in comune: l'andamento parabolico del contorno esterno; la superficie liscia; il lembo largo e convesso; l’anello occipitale basso e provvisto di un minuto tubercolo mediano; la glabella piccola, semiovale, appiattita, senza impressioni laterali, separata dal lembo fron- tale mediante un’area larga quanto il lembo, piana, leggermente inclinata in avanti. Le dimensioni: altezza del capo 6 x E R 5 mm. 8 larghezza del capo. i : > 6 » 13 circa lunghezza della glabella o © 6 : » 5 larghezza della glabella : 5 > é » 4 sono alquanto maggiori che nell’esemplare boemo. Alcune leggiere differenze che il nostro individuo presenta sono, prescindendo dalla statura, la forma un po’ meno slanciata della glabella, e la posizione e il rilievo degli occhi, che sono più sporgenti, meno ricurvi nel con- torno, e più appressati alla glabella, in confronto di ciò che si osserva nella figura del BARRANDE. 79. Proétus forojuliensis n. f. — Tav. XVI [III], fig. 31, 32. 1905-07. Proétus subfronialis (non WemsorneE) Gorrani. Maune devoniane. L. c., pag. 54, tav. II, fig.3 a, d. Tra i fossili eodevonici della Cianevate, descrissi come P. subfrontalis WaIDB. un esemplare che in seguito a più accurato esame debbo ritenere invece distinto dalla forma inglese. Esso ha bensì, come quest’ultima, la gla- bella finamente granulosa, un po’ spianata, di figura subquadrangolare appena più lunga che larga, in avanti arrotondata ma poco o punto ristretta, coi solchi appena accennati da due leggerissime impressioni alla base; ha pure l’anello occipitale granuloso, poco saliente, senza tubercolo mediano; ed ha altresì il lembo regolarmente arrotondato in avanti, rilevato a guisa di cordoncino, striato per lungo (con strie sottili concentriche al margine). Ma l'intervallo, od area, compreso fra la parte anteriore della glabella ed il margine interno del lembo, se inentrambi ha la stessa larghezza del lembo, nel tipo inglese è convesso («tumid ») e delimitato da due solchi, uno verso il lembo e uno verso la glabella; mentre nell’esemplare della Cianevate l’area stessa è perfettamente piana ed oriz- zontale, senza solchi che la delimitino. Tale differenza si rileva dalla descrizione del WiaDBORNE, benchè non ‘ apparisca dal solo esame dei disegni, che lasciano molto a desiderare sia per l’esecuzione, sia per la mancanza di un profilo o di una figura del capo visto di fianco: a questa deficienza iconografica è dovuta la mia prima erronea interpretazione. 176 M. GORTANI [60] La forma alpina si deve quindi separare dal P. subfrontalis: e per essa propongo il nome di P. forojulrensts. Tra i fossili della base del Capolago vi è un esemplare che ritengo pertinente a codesta forma, non ostante il suo cattivo stato di conservazione. Sulla glabella manca il guscio, e la granulosità della superficie è sostituita da piccole punteggiature. Forma generale della glabella, dell’anello occipitale, del lembo e dell’area interposta fra esso e l’estremità anteriore della glabella, sono perfettamente corrispondenti al P. forojulzensis della Ciane- vate; l’area è liscia, larga quanto il lembo, e quest’ultimo, rilevato a cordoncino, è percorso da strie concentriche al margine esterno che è regolarmente arrotondato. La sola differenza apprezzabile sta nella convessità della gla- i bella, che è alquanto maggiore nell’esemplare del Capolago, come risulta dai respettivi profili riportati a tav. III, fig. 31, 32. Dimensioni (r= esemplare della Cianevate, n = esemplare del Capolago): I II Altezza del capo, compreso l’anello occipitale 5 c : 7 mm. 8,7 mm. 10,5? Altezza del capo, escluso l’anello occipitale . Ù 5 Ò 0 dea » 8,5 Altezza della glabella ° D è . . î È ò Di (15.5 » 6,5 Larghezza della glabella . 7 - - è o 6 È » 5 » 6 AI P. forojulensis sono vicine, oltre al P. subfrontalis, parecchie forme congeneri: Così il P. frontalis BarR.!), dove però la glabella è.più attenuata in avanti e più depressa in addietro, il lembo è più sottile e l’area interposta fra esso e la glabella è più ampia e convessa; il P. sculptus BARR. ?, molto simile al nostro, ma caratterizzato dalle forti e profonde impressioni dei solchi laterali sulla glabella; il P. intermedius BARR. 3), anch'esso molto pros- simo al P. forojulensis, ma distinto per l’anello occipitale più largo, più basso e munito di tubercolo mediano, e perla glabella un po’ più depressa e più larga in avanti; il P. eremita BARR. ®, la cui glabella però ha solchi pro- fondi e porta una spiccata carena mediana alla base. Il P. complanatus BARR. 9) deve essere smembrato, come il NovAx (I. c., pag. 99) ha messo in evidenza, in P. Buch. Corpa ms. 5) e P. Dufresnoyi Corpa ms. ?: entrambi si differenziano dal nostro per la curvatura del margine frontale non regolare, ma ogivale, subango- losa nel mezzo; di più, il P. Dufresnoyi ha due tubercoli nel solco occipitale e una carena mediana basale sulla gla- bella, ed il P. Buchi ha l’area strettissima e forti solchi laterali sulla glabella. Da ultimo, appare molto simile al P. forojuliensis il P. pictus GreBEL 9), che, stando all’accurata figura datane nuovamente dal Novàk *, ne sarebbe differenziato dalla maggiore larghezza dell’anello occipitale, dalla mag- giore evidenza dei solchi laterali, dalla maggior depressione della parte anteriore della glabella, e dalla ristret- tezza dell’area interposta fra essa ed il lembo. 80. Proétus sp. indet. Tre glabelle aventi superficie granulosa, contorno largamente ovale e convessità molto spiccata, presentano stretta analogia con il P. bohenvicus Corpa in BARRANDE (Syst. Sdur., I, 1852, pag. 452, tav. 16, fig. 1-15) e con i) J. BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852. pag. 440, tav. 15. fig. 10-14. = 2 BARRANDE. Ibid., pag. 438, tav. 15, fig. 1-4. 3) BARRANDE. Zbid., pag. 464, tav. 16, fig. 31-33. 4) Cfr. NovàÀK. Trilobiten aus dem Hercyn. L. c., 1890, pag. 98, tav. XIX, fig. 1-8. °) BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852, pag. 463, tav. 17, fig. 34-41. 5) Rappresentato dalle fig. 36-41, tav. 17, del BARRANDE, e dalla fig. 1, pag. 99, di NovàK. °) Rappresentato dalle fig. 34 e 35, tav. 17, del BARRANDE, e dalla fig. 2, pag. 99, di NovàK. 3) GreBe. Silur. Fauna des Unterharzes, 1858, pag. 6, tav. II, fig. 7; — KAysER. Aelt. Devonablag. des Harzes. L. c.. pag. 13, tav. I, fig. 9 e 10, sub P. complanatus. î Novak. Trilobiten aus dem Hercyn. L. c., pag. 100, fig. 3. Pag e [61] M. GORTANI i 177 le forme che si raggruppanointorno ad esso, o che hanno con esso notevole somiglianza, quali: P. granulosus GoLpr. !, P. laevigatus GoLpr. ©, P. crassimargo Rom. *, P. orbitatus Barr. *, P. Cuvieri STEIN. °), P. suborbitatus Honz. È, P. Oehlerti Bavre ©, P. Guerangeri OrHt. et Dav. Î, P. audax Wuz. ®), P. Barrandei Roem. 19), P. orbicularis Roem. 11) ecc. ; Di tutte queste forme, male e incompletamente note, sarebbe necessaria una revisione e un esame critico, come finora il solo Novàx ha tentato rispetto a P. orbitatus e P. crassimargo. Fam. Marpedidae BARRANDE. Gen. Harpes Gorpruss. 81. Harpes cfr. reticulatus Corpa in Barranpe. — Tav. XVI |III], fig. 33 @, d. 1852. Harpes reticulatus Corpa in Barranpe. Syst. Siur., L pag. 353, tav. 9, fig. 20-24, 1890. — — Novàx. Trilobiten aus dem Hercyn. L. c.. pag. 120 (28), tav. XXI (II), fig. 17-18 d. Capo molto convesso, rigonfio così nella glabella come nelle guance, col lembo spianato ma fortemente incli- nato verso la faccia ventrale. Larghezza della glabella alquanto minore di quella di ciascuna guancia; larghezza del lembo subeguale a quella delle guance e, a quanto sembra, in addietro ristretta già all’altezza del solco occi- pitale. Glabella conico-oblunga, poco allargata alla base, dove ha due lobi corti ma ben distinti; il suo contorno è ogivale anteriormente, ed è pure ogivale il profilo trasverso, essendo la glabella conformata a schiena d’asino, con una ottusa carena longitudinale mediana. Solco occipitale largo e profondo. Occhi situati all’altezza del primo terzo anteriore della glabella e a una distanza da questa pari al loro diametro, senza filetto trasversale di connessione. Guance mobili limitate verso la parte posteriore della glabella da una sutura sinuosa, convessa verso l'esterno. Superficie liscia su la glabella e le parti interne delle guance; punteggiata su la parte esterna delle guance e sul lembo, con punteggiature più forti presso il margine interno del lembo stesso. 1 GoLpruss. Systematisches Uebersicht der Trilobiten. N. Jb. f. Min. ete., 1843, pag. 558, tav. IV, fis. 4. ® GoLpruss. Ibid., pag. 557, tav. IV, fig. 3; — MAURER. Pauna von Waldgirmes. L. c., pag. 255, tav. XI, fig. 13-15. 3) RoEMER. Bettrdge nordwestl. Harzgebirge. I. L. e., 1850, pag. 65, tav. X, fig. 9. 3) BARRANDE. Syst. Silur.. I, pag. 444, tav. 15, fis. 28-32 (cet. exel.); — cfr. Novàk. Trilobiten aus dem Her- cyn. L. c., pag. 105, 132 e 137, tav. XIX, fig. 9-21, e tav. XXIII, fig. 7,8. 5) STEININGER. Observations sur les fossiles du calcaire intermédiaire de VEifel. Mém. Soc. géol. France, I, 2. 1833, pag. 355, tav. XXI, fig. 6. 5) HoLzaPFEL. Ob. Mitteldevon im Rein. Gebirge. L. c., pag. 38, tav. XIII, fig. 12-14, 172, 18, 19. * BavLE. Hwplication de la carte géologique de la Prance, Atlas, tav. IV, fig. 18-21; — OEHLERT. FHossiles dé- von. Quest France. Ann. Se. géol., XIX, 1887, pag. 10, tav. I, fig. 8,9. 3) OEHLERT et Davoust. Sur le dévonien du département de la Sarthe. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, VII, 1879, pag. 702, tav. XIII, fig. 1. 9 WEmBORNE. Devon. Fauna S. England. I. L. c., 1889, pag. 25, tav. II, fig. 5-10. 10) RoEMER. Beitrige nordwestl. Harzgebirge. I. L. c., pag. 20, tav. III fis. 33. 11) RoEMER. Ibid., p. 20, tav. III, fig. 34. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. i 23 178 = M. GORTANI [62] Altezza del capo (fino al margine esterno del lembo) . é . mm. 9 Altezza del capo (escluso il lembo) 3 7 È ; 4 ; » 6,5 Larghezza del capo (compreso il lembo) : È 5 ; È n 19 Larghezza del capo (escluso il lembo) . 3 - È È i » 8 Altezza della glabella . . ° 6 5 i È ; . ». 4,5 Larghezza della glabella ; ; È : ° 5 : È » 3 I suesposti caratteri sono presentati da tre esemplari. Si tratta senza dubbio di una forma del sruppo del H. reticulatus, quasi identica all’esemplare giovane riprodotto da BARRANDE a fig. 23 e 24, e nel quale si può notare soltanto un’inclinazione del lembo alquanto meno accentuata. Dalla descrizione e dalle figure del NovàK i nostri esemplari differiscono in qualche particolare; la glabella è meno affilata in avanti; i solchi posteriori | sono meno spinti in addietro, e mancano i filetti oculari (mancanti però anche nelle fisure del BARRANDE). Dal H. d’ Orbignyanus BARR. 1 si stacca per il lembo non convesso, la glabella più attenuato conica e più distintamente carenata, gli occhi più ravvicinati; dal H. fornicatus Novàk ?), che è affine al H. d’Orbignyanus, si differenzia e per la conformazione della glabella e per la posizione assai meno avanzata degli occhi e per la maggiore inclinazione del lembo. Ù 82. Harpes venetus n. f. — Tav. XVI [III], fig. 34-36. Capo con glabella e guancie molto convesse: lembo quasi orizzontale e molto leggermente concavo, di larghezza equivalente a circa metà del resto del capo. Glabella digitiforme, il doppio lunga che larga, arrotondata in avanti, apparentemente non lobata, molto convessa, a sezione trasversa di forma ogivale, con spigolo o carena mediana ottusamente arrotondato e segnato da una serie di numerose e brevi lineette trasversali. Fra la estremità anteriore della glabella ed il lembo si stende un’area molto convessa, delimitata lateralmente da due leggiere depressioni longitudinali in continua- zione dei bene spiccati solchi dorsali. Sulla glabella, soltanto nel modello interno sono visibili i solchi posteriori, sottili, brevissimi e diretti trasversalmente; i lobi non sono distinti e la glabella appare come corpo unico dalla base alla fronte. i Gli occhi sono posti a un’altezza corrispondente al terzo o al quarto anteriore della glabella, e distano da essa di un intervallo subeguale al loro diametro. La protuberanza oculare è isolata, non collegata con la glabella da filetto nè rilievo trasversale. Le guance, molto convesse, sono delimitate da una sutura facciale che a un’altezza corrispondente a circa metà della glabella piega bruscamente in linea arcuato-sinuosa verso l’angolo postero-esterno del capo. La superficie è minutamente granulosa su la glabella e le guance; l’orlo esterno delle guance e la parte interna del lembo si presentano fittamente punteggiate da fossette divise da nervature ramificate a maglia, che sono molto spiccate (quasi a guisa di raggiera) sul margine interno del lembo, mentre si vanno man mano assottigliando verso il margine esterno: analogamente a quanto si osserva nel H. venulosus CorpA in BARR.. ®, tipo del gruppo 1) BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852, pag. 355, tav. 8, fig. 26-30. >) NovAk. Trilobiten aus dem Hereyn. L. c., 1890, pag. 134. tav. 5, fig. 23. *) BARRANDE. Syst. Silur., I, 1852, pag. 350, tav. 8, fig. 11-15, e tav. 9, fig. 11-19. [63] M. GORTANI 179 a cui senza dubbio spetta la nostra forma. Il lembo, che sembra di uguale larghezza così ai lati come alla fronte, è marginato esternamente da un sottilissimo cordoncino convesso. I II Altezza del capo (fino al margine esterno del lembo) 5 È È 3 mm. 20. mm. — Altezza del capo (escluso il lembo) 6 s 3 - 5 x è ria e 7 Larghezza del capo (compreso il lembo) . o ” . ; ; È N27 » o — Larghezza del capo (escluso il lembo) . 6 3 - 5 5 ; Do DIRI, Altezza della glabella . . 5 . 5 6 5 ; : 3 » 9 DINNNIO: Larghezza della glabella o è o ; - 5 3 5 , » 5 » 5,5 Molti simile al H. venulosus, la nostra forma se ne distingue però nettamente per la figura allungata e non lobata della glabella, e per la posizione degli occhi maggiormente appressati alla glabella stessa. Tra le specie della Boemia è prossima alla nostra H. transiens BARR. ): quivi però il lembo sembra contornato da un cordone mar- ginale più largo e più grosso; e d’altronde tale forma è descritta e figurata in modo troppo deficiente per poterla bene individuare. - La forma della glabella è sufficiente a distinguere a prima vistagli esemplarinostridal H. macrocephalus GoLpr. 9) dove la glabella è larcamente conica e coi lobi basali bene sviluppati. Glabella semicilindrica ha H. convezus TRENK. 5, il quale però, benchè insufficientemente noto, è tuttavia ben distinguibile dal nostro per la maggiore convessità, la maggior lunghezza del capo, il lembo più larso e più largamente marginato. Tra le forme che più si avvicinano a quella descritta, sono infine H. Bischofi Roem. 4, H. socialis HoLz. 9) e H. gracilis SAnDB. . I caratteri differenziali di questi tre Harpes non sono ben chiari. H. gracilis sarebbe distinta da H. Bischofi, secondo il KAvsER, per avere capo meno convesso e glabella più lunga e di figura conica: ma la glabella del H. gracilis appare invece semicilindrica nel disegno datone da HoLzaPreL. H. gracilis si distinguerebbe da H. socialis, secondo HoLzAPFEL, per minore convessità e maggiore larghezza del capo, glabella non angolosa sulla linea mediana, occhi più piccoli. Il carattere relativo alla convessità del capo, che accomunerebbe H. s0- cialis e H. Bischofi contro H. gracilis, non risulta però dall’esame delle iconografie. HoLzALPFEL non confronta la sua specie con H. Bischofi, nonostante la somiglianza assai grande che apparisce tra le figure rispettive. Nell’in- sieme, le tre forme non sono abbastanza ben note: ma nessuna di esse, per quanto si può dedurre dalle ico- nografie e descrizioni degli autori. sembra identificabile con H. venetus. Il quale ne rimane distinto sia per la conformazione della glabella, sia per l’obliterazione dei solchi laterali alla base di essa, sia per la sottigliezza dell’anello occipitale, sia per il carattere della punteggiatura del lembo e la sottigliezza del suo orlo marginale. 4) BARRANDE. Syst. Silur., I, Suppl., 1872, pag. 7, tav. 15, fig. 40. 2 GoLpFuss. Bettrdage zur Petrefactenkunde. N. Acta Ac. Gaes. Leop. Nat. Cur., XXIX, 1839, pag. 359, tav. XXXIII, fig. 2, riprodotta anche in RoeMER. Lethaea Palaeozoica, Atlas, 1876, tav. XXXI, fig. 1; — per la deseri- zione cfr. RicHuTER. Beitrige zur Kenntniss der devonischen Trilobiten aus dem Rheinischen Schiefergebirge. Marburg a. d. L., 1909, pag. 36. 3) TRENKNER. Palaeontologische Novitaten vom nordwestlichen Harze. I. Estr. d. Abh. Naturfosch. Ges. Halie, X, 1867, pag. 2, tav. I, fis. 1a, b;-— CLARKE. Die Fauna des Iberger Kalkes. N. Jb. f. Min. ete., Beil. III, pag. 324, tav. IV, fig. 2,3. i) RoEMER. Bettrige nordwestl. Harzgebirge. IT. L. c., pag. 101, tav. XV, fig. 17: — KAySER. Aelt. Devonablag. des Harzes, L. c. pag. 9, tav. V, fig. 9.11. 5) HoLzapFEL. Ob. Mitteldevon im Rhein. Gebirge. L. c., pag. 45, tav. I, fig. 1, e tav. II, fig. 1,3. 6) SANDBERGER. Rhein. Schichtensystem in Nassau, pag. 28, tav. III, fig. 1; —- HoLzaPrEL. Op. cit., tav. II, fig. 2. ST | | | ‘UUVg 8UD0998 *S' *8T OuUCUIY ; È uni oWOE uuvg snn0b0) sofrvadg “LT sa *TN0S IM0YIshusoyosT “W ‘91 Sin ‘NUTHOSI vnbnluoo nhysuduyr ‘SI (1) "EU DIMON “7 “FI ul + | eruofog ‘ds -MHOIT sRASDWWY "7 ‘81 na sli 3 3P ra E ‘"IRIOO) 098 | -001000] “TCA ds ‘HLOTHOS muodso *Y ‘31 i i + i i «ds TT suomogos vdhay TI se Sr ate ‘ds tanHOS ciuodduy s2)2430YMO ‘OT ‘ds ‘MOg nba] “ISO *S' ‘6 Z " ODEIS = 5 aa È vouomy i AZ iù uuvd 60MUd ‘8 78 6) 5 *MUVg Opunwy “IO “SL Li dar ‘Fu poWummI *S "9 “THA UL ds *NUA VS] *IO *S' ‘e * AF AR + + ‘ds ‘MOTI SUDPL0quo|i DUIWOYdOMS * TIRES (+) TIVH sunbaosod ‘Io (0pounupogd) ‘O © SF sE la + *«ds ‘HLOTHOS DNS (M210YdO24]IS) SUMO ‘E (+) “TUO WNf *Ipo D]pogs0Uog “T olor] È = do | du È n [oe] È VIIRIO] S E È E È È VIEIO] G 3 E) ® E S E VIVO] 3 Ei [a SIIY = Es s|2| S| ou = | & | BE g è LE olV eg : s Es |S RS È x SEE TIOUdS HTTHA 0 dINON OOINOAHTOSHIN OOINOAHUTOH OOIUATISOUN 180 BRR ORE en 181 GORTANI M. + eIUO]OJ +|+ VIOPOd 3 emopod | + WUITOPOT + |+ + + + VITOpog *"MUVg Vurdi9s0ngT ‘JO ‘ULI *MUVE SUDMWAS ‘UT "WIVE DYyDURN UT ttt tRIMIVEI SVWO7 V2U0YOUANI © * “PU SNOVUIDO “IRA vofanbun. “ T (IAVII) vofenbuggns ‘aa "mos vofimbun "MAIVEq s770)d0 HOME “A 2009928 ;e DE ‘d ttt 0%" "Ul SW0020)00 SNIQWUDIWIT * ‘gu vqgb Tr "} "UU 07004400 “IVA “IUVE VO]MILIY VISWOTT to. cds mavg 2/00 Viobwuadg IONE OE ‘ds “Miu 207/7904079 DUMIMA TONTOG smvfur "8 Sn ini *MUVE S7VRQUO IFO *S *IMOS, 044-QNS *S . . . . . . . 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È (NNO) mpodado;9]o.4 z o “IVA “MOS SApuogno (MUOSTM) ‘UT ‘6% I + 7 dd (3099) È vIvumDI “IA sdoowwud (9uuosttAl) ‘UT ‘8% si sli i Ge ani sk smavg sdoound (0vwOSIM) "WI "1% (eropoa)| + |(4)|(4) (+) | (#+)|(emopod) (+) ‘pu mssasdop ‘IVA “Ivg SUMI (6) WI ‘97 tt 70 ru sv: ndog NT "St &+ "FU 208SDUVA “UT “VV (+) qu nmuvunovast (evubna) "MT ‘EF + (4) “2008 napowgsod (4evubng) vuoyIUANT ‘T% | | = a = - : — = =_= QIITV SE 558 38 AR QJI1V EE ES QIIIV BE DA ae i i HE I: HIONAS VITHO HNON 0) OOINOATTCOSHN ODOINOAHTO Hd OOTTATISOUN PTT EZIO rc _r————————————————————_——_—t12@m@@@@@@@@ een 183 M. GORTANI (+) CITEIISNY (4) (+) CITRIISNY ‘5 U s779U90 *H *JIvg Ur Vado, sN70/NIYIL *Iyo sodunH * © > ‘uuvg saprombum cIzo smoong © (Tara) m065uog “IgA 2610qui9gs “YO * ‘ds NOTOA Wuoquio:gi SNUNMIYI à ‘UuVg 24u04g sdoonyg * “TI0), snudpo *g *F (U SVUIIUI *IVA “WAVE S04000WWH “ET ? * tu SNOVUII “IVA “UUVg vofynd «q * *pur *ds 097 D ‘Ju sisuoynlosof *d * ‘68 ‘18 ‘IUVq snsouwsof *1Jo sn0Quoug “IL ‘NDUE 2/0vquaumg ‘Ipo ouawwhno "OL "NOf VS042QN SVUOFUTT “69 ‘pur ‘ds sv1220mv0/) ‘89 satreto ‘pur *ds SDIIZOYMO *L9 nea e, ‘EU 227) T = i :ds ‘uuvg wnpunoof ‘di ‘99 SCE . *ds ‘H0OV]I 25U2UW0Y “Td "59 - «ds ‘aarH Ai unsduooiod svu0ho)T ‘89 Gao SEE ‘Fu 22DaDUDA "O "69 > * > zio] suusofypomd vuphuogio © ‘pur :ds voydosop?g a e 184 M. GORTANI i [68] ETÀ E CARATTERE DELLA FAUNA L'esame del quadro particolareggiato che diamo a pag. 180-183 [64-67] permette di arrivare rapidamente a fissare la precisa età della fauna studiata. Eliminiamo anzitutto le forme che non possono essere utilizzate a tale scopo, sia perchè specificamente indeterminate: Plerinea sp. ind. Orthoceras sp. ind. Goniophora sp. ind. Oyrtoceras sp. ind. Bellerophon sp. ind. Proétus sp. ind., sia perchè estese dal Neosilurico al Meso o Neodevonico: Strophomena rhomboidalis Atrypa reticularis, S. Phallipsi sia perchè finora esclusive del giacimento studiato: Strophomena carmica Rh. Caput-lacis Atrypa ‘italica Orthonychia Canavarii Merista gibba Platyceras Taramellu Pentamerus volaicus . Bronteus palifer var. carmicus P. linquifer var. carnicus B. rhimoceros var. inermis i Rhynchonella preacumimata Harpes venetus. Rh. Vinassai i Sopra 82 forme, 22 sono quindi prive di valore cronologico: potendosi soltanto notare che fra le 13 forme nuove ve ne sono 5 (Strophomena carnica, Atrypa italica, Rhynchonella Vinassai, Bronleus palifer var. carmieus e B. rhinoceros var. inermis) affini a specie eodevoniche, 2 (RAynchonella preacummnata, Harpes venetus) affini a specie mesodevoniche, nessuna prossima a specie siluriane. Delle 60 entità rimanenti, appena 4 (delle quali 2 incerte) risultano esclusivamente siluriane (e precisamente neosiluriche): Strophomena cfr. hwundo Spirifer inflectens S. cir. laevigata Platyceras fecundum; soltanto 5 (delle quali 1 incerta) sono finora proprie del Devoniano medio: Fonestella cfr. Julvi | Rhynchonella parallelepipeda Pentamerus limquifer var. sub- Orthonychia patelliformas linguifer | Platyceras hainense; [69] M. GORTANI 185 invece sono esclusive dell’Eodevonico ben 28 forme, di cui 20 determinate con sicurezza: Orthis cfr. perelegans Strophomena cfr. clausa Karpinskya conjugula K. Tschernyschewi Spwifer cfr. Najadum S. pseudo-viator S. pseudo-viator var. Stachei S. infirmus var. imperficiens S. indifferens var. transiens S. cfr. tiro S. sub-tiro Merista herculea var. porrecta Ehynchonella Monas Rh. simulans Rh. cîr. Proserpina Spirifer togatus S. secans S. cfr. orbitatus Spirigera Philomela Pentamerus Sieberi P. optatus Orthis striatula Orthothetes hipponya Atrypa aspera var. laevicosta A. Arimaspus Spirifer inflatus Cyrtina heteroclyta n Rh. postmodica Eh. princeps Eh. princeps var. carnica Rh. Bureavi Rh. Scupini Terebratula cuneata Cypricardinia aequabilis Bronteus cfr. formosus B. alpinus Phacops Bronni È Prostus ctr. unguloides P. foroiuliensis Harpes cir. reticulatus. Vi è poi un certo numero di entità (11) comuni al Neosilurico e all’Eodevonico: REhynchonella Nympha Rh. (?) Thetis Imtomis tuberosa Calymmene Blumenbachi Oheiwwurus Sternbergi; e vi è infine un gruppo, circa altrettanto numeroso del precedente, di entità comuni all’Eo e al Mesodevonico: Megalantheris cfr. inornata Cypricardinia scalaris O. crenicostata Conocardium cîr. artifex Platyceras pericompsum Cheirurus Sternbergi var. Pengelli. Riassumendo, la fauna è adunque così costituita: a) elementi senza valore cronologico: 22, pari a circa il 26 %; b) elementi identici (3) o prossimi (1) a forme siluriane: 4, pari a circa il 5 %; c) elementi identici (20) o prossimi (8) a forme eodevoniche: 28, pari a circa il 34 %; d) elementi identici (4) o prossimi (1) a forme mesodevoniche: 5, pari a circa il 6 %; e) elementi identici (9) o prossimi (2) a forme comuni al Neosilurico e all’Eodevonico: 11, pari a circail 14%; f) elementi identici (10) o prossimi (2) a forme comuni all’Eo e al Mesodevonico: 12, pari a circa il 15 %. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915* 24 (26 M. GORTANI : [70] Queste relazioni non soltanto dimostrano che si tratta di Devoniano inferiore tipico, ciò che SVILeniemca DA è fuori di discussione; ma si prestano a un più preciso riferimento cronologico. Lasciando in disparte le forme nuove, è notevole la circostanza che delle altre 64 forme specificamente deter- minabili, ben 54 siano comuni anche ad altri giacimenti eodevonici, mentre le 10 rimanenti si dividono in misura poco diversa tra il Neosilurico e il Mesodevonico. Già da questi rapporti sarebbe lecito dedurre che la fauna studiata non appartenga nè alla parte più antica, nè alla parte più recente del Devoniano inferiore. Di più, fra le 38 forme della base del Capolago che già furono rinvenute in altri giacimenti eodevonici delle Alpi Carniche, non figurano affatto nè i fossili caratteristici del nostro Eodevonico superiore (Karpinskya Con- suelo e sue varietà), nè quelli propri del nostro Eodevonico inferiore ! (Lhymehonella volaica, Tremanotus fortis var. alpinus e altri grossi Gasteropodi, Hercynella sp. pl., ecc.); mentre vi compariscono parecchie forme che risultano caratteristiche dell’Eodevonico medio ?, quali Karpinskya congugula, K. Tschernyschewi, Spwifer pseudo-viator, S. Stachei, ecc. Analogamente, mentre sono numerosissime (circa una quarantina) le specie comuni con l’orizzonte fi della classica serie Boema, corrispondente per l’appunto all’Eodevonico medio, mancano nella fauna studiata le forme esclusive dei piani f, e g della serie medesima. Possiamo quindi affermare che la. fauna studiata appartiene all’Eodevonico medio. Oltre all’importanza stratigrafica, sulla quale non è ora il momento di ritornare, la nostra fauna offre un certo interesse anche dal punto di vista paleontologico. Tale interesse non risiede nè in particolare conservazione dei fossili che abbia permesso di illustrarne delicati caratteri, nè in uno speciale valore delle forme nuove, le quali anzi per la maggiore parte appariscono come modificazioni locali di tipi già noti. Ma vi è nel complesso della fauna _un numero notevole di forme le quali per la prima volta compariscono nel Devoniano alpino, ed anzi hanno nel giacimento studiato (a eccezione di Spwigera Plalomela, nota al Pie de Cabrières), l’unica loro stazione fino ad ora conosciuta nell'Europa meridionale. Tali forme (oltre alle 13 descritte come nuove) sono le seguenti: Strophomena cfr. clausa È Orthonychia patelliformis S cfr. Mmrundo Platyceras pericompsum S. efr. laevigata P. hainense Spirifer secans P. fecundum os. cfr. Najadum Entonvis tuberosa S. inflectens Calymmene cfr. Bund S. infirmus var. imperficiens Bronteus cfr. formosus S. cfr. orbitatus Phacops Bronni Spwigera Philomela Proétus cir. unguloides Cypricardinia aequabilis Harpes efr. reticulatus. L’insieme di queste entità (comprese, per quanto fu detto più sopra, le specie e sopratutto le varietà nuove) rafforza i legami di affinità che più volte ebbi occasione di rilevare tra le faune eo e mesodevoniche alpine e quelle sinerone della Boemia e, in minor grado, degli Urali, della Francia e del Bacino renano. i Cfr. M. GortanI. Serie devon. del Coglians. L. c., 1913, $ 3 e conclusione. 2 Cfr. M. GORTANI. Ibid.,$ 4 e conclusione. rà — A ot dee Bat. iii Lone > nt ARA È dl j ì A 171] v M.GORTANI 187 La presenza di un certo numero di forme citate per la prima volta dallo ScuPin su esemplari di provenienza stratigrafica non accertata (perchè raccolti al piede delle alte pareti della conca di Volaia), permette ora un ri- ferimento cronologico più preciso delle forme stesse, che così risulterebbero vissute nell’ Eodevonico medio. Come già nelle altre faune devoniane carniche non esclusivamente o principalmente coralline, anche al Ca- polago i Brachiopodi sono in grande prevalenza per numero di specie, e in prevalenza grandissima per numero di esemplari: massime di Atripe (A. reticularis, A. aspera), Rinconelle (RA. princeps, Rh. Nympha) e Pentameri (P. volaicus). Notevoli: le svariate forme di Strofomene con la singolare S. Rirundo, e di Spiriferi; le razze locali di Pentameri; le molteplici Rinconelle con la strana RR. Caput-lacis e con la RM. preacuminata che preannuncia in anticipo considerevole un gruppo destinato più tardi a grande sviluppo. Mancano interamente i Celenterati; i Molluschi son ridotti a poche forme, quasi tutte di Lamellibranchi e Gasteropodi, fra le quali poco vi è da segnalare. Degna di nota, malgrado la conservazione frammentaria, è la serie del Crostacei, relativamente molto numerosa: con i resti di Entomis, che ci hanno permesso la riunione dell’E. pelagica allE. tuberosa; con la serie svariata dei Brontei, finora quasi ignoti nelle Alpi; con le due forme di Harpes, altrettanto interessanti per la paleontologia locale; con gli avanzi di Oheirurus e Proétus che ci hanno portati a correggere precedenti errori di determinazione. Possiamo quindi concludere che i grossi banchi calcarei alla base del Capolago, dove i geologi di oltr’alpe avevano fatto invano ricerca di fossili, non soltanto ci hanno fornito documenti che fissano in modo inoppugna- bile l’età eodevonica dei calcari stessi e quindi il rovesciamento della serie; ma ci hanno pure dato un materiale di studio che aumenta le cognizioni sulla fauna paleozoica delle Alpi. Istituto geologico della R. Università di Pisa, maggio 1915. Finito di stampare il 15 agosto 1915. È i B. GRECO FAUNA CRETACKA DELL'EGITTO RACCOLTA DAL FIGARI BEY PARTE PRIMA: CEPHALOPODA. (Tav. XVII-XXII [I-V]] e Fig. 1-11 intere.) INTRODUZIONE Per vicende della mia carriera, nel gennaio 1900 fui costretto ad abbandonare i miei prediletti studi geologici e paleontologici. E soltanto nel novembre scorso, dopo 14 anni, mi è stato concesso finalmente di potere realiz- zare la mia costante e fervida aspirazione di dedicarmi di nuovo ad essi con rinnovellata lena, in seguito al mio trasferimento al R. Liceo « Cicognini » di Prato e grazie alla benevolenza del chiarissimo prof. CarLo DE STE- FANI. Egli mi ha offerto cordiale ospitalità scientifica nel R. Istituto geologico di Firenze, da lui così ben diretto; si è compiaciuto di volermi affidare lo studio della ricca collezione di fossili raccolti dal FreaRrI Bey nel Cretaceo dell'Egitto; ha messo a mia disposizione, con la sua ben nota gentilezza, la ricchissima biblioteca dell’Istituto; mi ha procurato il prestito di alcune opere ed altre ha acquistato espressamente; si è assai interessato delle mie ricerche e dei risultati del mio lavoro, mano mano che glieli facevo conoscere, incorasgiandomi con i suoi preziosi consigli; ed infine ha disposto che l’egregio Sig. EnrIco BeRcIGLI, Conservatore dell’Istituto geologico, eseguisse le fotografie dei fossili, che figurano nelle tavole fototipiche annesse al presente lavoro. Perciò io sono ben lieto che mi si presenti l’occasione di potergli tributare pubblicamente i sentimenti della mia più viva e de- Vota riconoscenza. INDICE DELLE ABBREVIAZIONI USATE NELLE CITAZIONI DELLE SINGOLE OPERE BLANCKENHORN M. Neues zur Geol. und Pal. Aegyptens. — Neues zur Geologie und Palaeontologie Aegyptens. Zeit- schrift der deutschen geologischen Gesellschaft, vol. LII. Berlin, 1900. BouLE M., LEMOINE P. et THEVENIN A. Céph. crét. de Diego-Suarez. — Paléontologie de Madagascar. INI. Céphalopodes crétacés des environs de Diego-Suarez. Annales de Paléontologie pubbliées sous la direction de M. BouLE, vol. Ie TI. Paris, 1906 e 1907. BuLLEN NEWTON R. Cretaceous from Egypt. — On some Cretaceous from Egypt. The Geological Magazine. New Se- ries, vol. V. London, 1898. 190 B. GRECO [2)) Cuorrar P. Maune crét. 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Paris, 1893 (1894). DE STEFANI C. Tripolitania. Fossili della Creta superiore raccolti da MicHELE Srorza in Tripolitania. Palaeonto- _graphia italica, vol. XIX. Pisa, 1913. î Di StbFANO G. Faune cretaciche del Deserto arabico. — Intorno ad alcune faune cretaciche del Deserto arabico. Rendi- i conti della R. Accademia dei Lincei. Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, vol. XXI. Roma, 1912. D'ORBIGNY A. Pal. frang. Terr: erét., vol. I. — Paléontologie francaise. Terrains erétacés, vol. I. Paris, 1840. DouviLLi M. Oératites de la Craie. — Sur la classification des Cératites de la Craie. Bull. dela Société géol. de France. III serie, vol. XVIII. Paris, 1890. Figari Bey A. Studi scientifici sull’ Egitto. — Studi scientifici sull’Egitto e sue adiacenze compresa la penisola dell’Ara- bia Petrea. Lucca, 1864-1865. i | Fourrat R. Maune erét. d’ Egypte. — Contribution à l’étude de la faune crétacique d’Égypte. Bull. Sonnino Égyptien, vol. IV. Le Caire, 1904. Fraas EB. 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Wiiste. — Die Fauna der obersten weissen Kreide der libischen Wiiste. Palaeontographica, vol. XXX, 2. Stuttgart, 1902. : Zirret K. Libysche Wiiste. — Beitraege zur Geologie und Palaeontologie der libyschen Wiiste und der angrenzenden Gebiete von Aegypten. Palaeontographica, vol. XXX. Cassel, 1883. CENNI GEOLOGICI. Il Frari Bey per oltre 40 anni fu Professore di Storia naturale nella Scuola medica e farmaceutica del Cairo e Farmacista particolare di S. A. il Vice-Re d’Esitto. Durante questo lungo soggiorno colà egli ebbe numerose occasioni di percorrere in tutti i sensi l'Egitto e le regioni vicine, raccogliendovi collezioni scientifiche e numerose osservazioni e notizie. I risultati delle sue vaste ricerche egli pubblicò nel 1864 nella sua opera in due volumi !) Ma prima del Figari Bey, e specialmente dopo di lui, una lunga schiera di benemeriti geologi ha gradual- mente contribuito a sollevare il velo di mistero, che copriva quella terra, antecedentemente incognita alla Geo- logia. Ed i lavori, che andavano mano mano moltiplicandosi, furono fino al 1883 tutti esaminati e riassunti nella magistrale opera geologica dello ZrrreL sul Deserto libico?! Alla parte geologica dello ZirtEL seguirono nello stesso volume i pregevoli lavori paleontologici di ScHENK, FucHs, MAYER-EYMAR, SCHWAGER, DE LA HARPE, PRATZ, ed, in seguito, di LorioL e di Mayer-Evmar sulle diverse faune terziarie dell’Egitto e del Deserto libico. Nel 1898 poi fu pubblicato sul Cretaceo dell’Egitto il lavoro di BuLLen NewToN 5) in cui sono descritte e figu- rate alcune specie di Gasteropodi e di Lamellibranchi. Nel 1900 il BLancKeNHORN! faceva conoscere, in diverse località del deserto arabico, la presenza del Cretaceo superiore, rappresentato dal Cenomaniano, dal |Turoniano, dal Santoniano, dal Campaniano e dal Daniano inferiore. E, nello stesso anno, FraAs E?) comunicava i risultati della sua traversata del Deserto arabico da Chena sul Nilo a Cosseir sul Mar Rosso, accompagnati da una carta geologica della regione, e da numerose sezioni geologiche dei terreni attraversati, fra i quali figurano il Campa- niano ed il Santoniano, come rappresentanti del Senoniano. Ma ecco che nel 1902 e poi nel 1903 turono pubblicati i pregevoli lavori paleontologici di WANNER, Quaas e DacQuè, mediante i quali furono illustrate le.collezioni di fossili cretacei del Deserto libico, esistenti nel Museo di Monaco di Baviera. Il WannERS studiò la fauna della Creta bianca superiore, il Quaas? quella dei sottostanti strati con Exogyra Overwegi ed il Dacqua® i fossili di tutto il Cretaceo superiore di Abu Roahs. Intanto il FourtAU andava illustrando, con una serie di lavori geologici e paleontologici i terreni terziari e cretacei di molte località dell'Egitto. Fra questi lavori, più interessante per le nostre ricerche è quello sulla fauna cretacea, pubblicato nel 19049) Con esso l’autore ci fa conoscere numerose località fossilifere del Cretaceo superiore 1) Figari Bey A. Studi scientifici sull’Egitto. è ZirteL K. Libysche Wiiste. 3) BuLLen-NewToN R. Oretaceous from Egypt. 1 BLANCKENHORN M. Newes cur Geol. und Pal. Aegyptens. 3 FraAS E. Profil von Nil cum Rothen Meer. 5) WANNER J. Fauna oberst. weissen Kreide lib. Wiste. © Quaas A. Overwegischichten der lib. Wiiste. 3) Dacque E. Kreidecomplex von Abu Roash. 9 Fourtat R. Faune erét. d’ Bgypte. 192 È B. GRECO [4] del Deserto arabico settentrionale, della penisola del Sinai, o Arabia Petrea, e, nel Deserto libico, di Abu Roahs; passa in rassegna i piani geologici del Cenomaniano, del Turoniano, del Santoniano, del Campaniano; ed infine illustra la fauna cretacea da lui trovata nei diversi giacimenti, ricca in modo speciale di Lamellibranchi e di Gaste- ropodi. In seguito, nel 1911, l’Hume! pubblicava i risultati delle sue ricerche geologiche in Egitto, riguardanti sia la estensione e la costituzione dei diversi piani del Cretaceo superiore in quella regione, sia 1 rapporti di essi coll’are- naria nubiana ed il contatto con gli strati eocenici. E nel 1913 il CorrESE? faceva conoscere le osservazioni geolo- giche da lui fatte durante un suo viaggio attraverso il Deserto arabico da Chena sul Nilo a Cosseir sul Mar Rosso, accompagnandole con belle sezioni geologiche. I piani del Cretaceo da lui segnalati in quelle regioni appartengono al Campaniano, al Maestrichtiano e al Daniano, determinazioni cronologiche fatte dal prof. Di STEFANO in base allo studio dei fossili, che il Cortese donò al Museo geologico della R. Università di Palermo. Ed il Dr SrEFANO8) infatti aveva già pubblicato i risultati dell’esame di questi fossili in una nota comunicata nel 1912 all'Accademia dei Lincei. La collezione dei fossili cretacei dell Egitto, il cui studio costituisce l'argomento del presente lavoro fu donata dal Frari Bey a questo Istituto geologico nell’anno 1868. Pochi anni dopo però disgraziatamente, a causa di una inondazione i locali furono invasi dall’acqua, la quale bagnò i fossili ed i cartellini che li accompagnavano. Domata l’inondazione e fatta asciugare la collezione, fu constatato che malauguratamente alcuni cartellini erano stati distrutti. Così si trovano anche presentemente degli esemplari che non hanno specificato il luogo di prove- nienza scritto di pugno del Frcari Bev, ma sono accompagnati da un cartellino del Museo, che porta semplice- . mente l’indicazione: Egitto, oppure Arabia Petrea. Tuttavia, come vedremo, per la maggior parte dei campioni privi del loro cartello originale mi è stato possibile di ritrovare la località, colla scorta del voluminoso lavoro del FicArI Bey. L’opera scientifica di questo benemerito autore, nella parte che si riferisce alla Geologia e specialmente alla Paleontologia, lascia veramente a desiderare. E già lo Zrrret® ebbe occasione di constatare che il Frari Bey non possedeva sufficienti conoscenze geologiche e paleontologiche per interpetrare giustamente le sue osservazio- ni e le collezioni raccolte; che le descrizioni delle rocce cristalline, mancano di acutezza, le determinazioni dei fos- sili sono per la maggior parte errate e grossolani errori, nella determinazione dell’età delle formazioni sedimenta- rie, diminuiscono il valore dell’opera sua. Stabilì però chel’opera del FicarI Bey, specialmentela parte fisico-geo- grafica di essa, contiene parecchie nuove osservazioni e che anche per la Geologia dell’Egitto ha importanza, poichè vi sono per la prima volta descritte regioni, che erano completamente sconosciute. Aggiunse che le perfo- razioni e le ricerche minerarie nell'Alto Egitto e nel Deserto Arabico?) gli fornirono talora importanti conclusioni e che, anche se le sue interpetrazioni delle singole formazioni possono apparire errate, le descrizioni degli assaggi di perforazioni e dei profili sono abbastanza esatte e, coll’aiuto della sua collezione, che si trova nel Museo di Fi- renze, tali da permettere una interpetrazione postuma. Poichè il Figari Bey non era un geologo, nè tanto meno un paleontologo, ma un naturalista dilettante di scienze geologiche e paleontologiche, non possiamo fare a meno di riconoscere che, come tale, ha fatto molto e che i suoi errori sono scusabili. Sopratutto poi esso è da considerare come benemerito della scienza, perchè in tem- pi in cui l'Egitto era una regione presso che sconosciuta alla Geologia ed alla Paleontologia, raccolse così rieco i Hume W. F. Cretaceous and Eocene periods. 2) Cortese E. Deserto arabico. 3 Di SteFANO G. Faune cretaciche del Deserto arabico. i) Zirrer K. Libysche Wiiste, pag. 50 e 51. °) Figari Bey A. Studi scientifici sull’ Egitto, pag. 26-33. rat ni i E de ETTI ica [5] B. GRECO 193 materiale geologico e paleontologico, insieme con svariate osservazioni scientifiche in numerose località di quel paese. L’ Istituto geologico di Firenze gli deve essere ben grato per il dono che nel 1868 il FraAarI Brvy gli fece della sua collezione, ed assai riconoscente gli sono io, che, a tanti anni di distanza, mi sono accinto allo studio dei fossili cretacei da lui raccolti. Hssi costituiscono una ricca fauna rappresentata in modo particolare da Cefalopodi, Gasteropodi, Lamelli- branchi ed Echinidi. Dato ilgrande numero di specie, non è possibile di pubblicare ora al completo lo studio di tutta la fauna, ma è necessario di suddividerne la pubblicazione in più parti. E pertanto, mentre il chiarissimo prof. GrusePPE STEFANINI, con la sua speciale ben nota competenza, studierà in seguito gli Echinidi, incomincerò adesso ad esporre i risultati paleontologici e geologici ai quali sono giunto in seguito allo studio dei Cefalopodi e delle rocce nelle quali sono contenuti. Secondo il Freari Bey! il sistema Cretaceo in Egitto nel suo complesso sarebbe costituito superiormente da un calcare biancastro con Hippurites, Sphaerulites, Baculites, al quale segue un calcare compatto, più rare volte marnoso, giallognolo un poco eranuloso ricco di fossili. Questo calcare sarebbe spesso rimpiazzato da un calcare con noduli di selce, d’un bianco cenerino, con le parti esposte all’aria di un giallo appena ocraceo. Esso contiene oltre a numerose specie fossili di Lamellibranchi e di Echinidi una specie di grande Ammonite ed il Nau- tilus elegans. Al calcare con noduli di selce, segue inferiormente un calcare grossolano bianco giallognolo a tes- situra alquanto terrosa, il quale spesso fa passaggio ad arenaria micacea assai compatta a frattura spatica, di co- lore rosso o di un rosso sereziato giallognolo. A questo succede un calcare compatto bianco giallognolo che passa al cenerino sbiadito ed al bianco perfetto, nel quale il FicaRI Bey trovò, oltre a parecchi Lamellibranchi, due spe- cie di Ammoniti. ì Tutto questo complesso di strati costituirebbe la parte superiore del sistema Cretaceo, al quale seguirebbe la parte media, costituita da argilla cenerina, che passa a marna argillosa cenerino-giallognola o verde pallido, attraversata da vene di selenite fibrosa o lamellare e da salgemma fibroso. Questa formazione spesso presenta inferiormente un banco di calcare marnoso ocraceo di piccolo spessore, racchiudente parecchie specie di Lamelli- - branchi fossili, e segue poi un massiccio costituito da una alternanza di arenaria, breccia ed argilla marnosa. La parte inferiore del sistema Cretaceo sarebbe rappresentata da sabbie cloritiche molto sviluppate « verso la valle d’Araba, nel deserto della Bassa Tebaide, cioè colà ove sono i monasteri di S. Antonio e di S. Paolo, non- chè alla base della balza dell’altipiano di valle Ghenne, di valle Cosseir ece. ». Alla base poi delle pendici di valle d’ Araba si trovano, con strati sollevati, delle argille, marne, arenarie, cal- care oolitico con numerosi fossili, fra i quali due specie di Ammoniti; formazione geologica che rappresenterebbe il Giurassico, al quale seguirebbe nella stessa regione, con piccola estensione, un calcare marnoso cenerino, che farebbe passaggio a un calcare nero, entrambi del periodo liasico. Le località fossilifere eretacee, indicate dal FrcarI Bey in Egitto, si trovano nei dintorni di Edfu, nella regione orientale dell’Altipiano mokattanico ed in aleuni luoghi dell'Arabia Petrea. Passiamole brevemente in rassegna. Dintorni di Edfu. ù Il Figari Bey? osservò, « nel deserto orientale della città di Edfu, ad un’ora e mezza dall’alveo del Nilo », tutta la sua serie dei terreni Cretacei, quale sopra abbiamo esposta, dall’arenaria cloritica fino al calcare con Ip- puriti e Sferuliti, il tutto disposto sopra l’arenaria, che costituisce i primi massicci dell’ altipiano (arenaria nubiana). i) FigaRI Bey A. Studi scientifici sull’Egitto, pag. 7, 8, 62, 63 e 136-143. 2) FicaRI Bey A. Ibidem, pag. 7. 8. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 25 194 B. GRECO i [6] Deserivendo inoltre la piccola regione geognostica che comincia dal parallelo di Siloe e si continua fin sotto Edfu, attraversata dal Nilo, fece conoscere come essa presenterebbe allo scoperto la parte media ed inferiore del Cretaceo!!. È Lo strato superiore della parte media della Creta sarebbe costituito da un calcare compatto, che « su qualche punto della stratificazione presenta una varietà affine alla pietra a litografia », essendo assai compatto, di grana finissima, bianco cenerino e di non grande sviluppo, ma in forma di noduli nell’impasto del calcare conchiglifero. In esso abbonderebbero: Ostrea carinata, Exogyra subplicata, Ostrea deltoides, Exogyra virgula, sarebbe rara Zama elegans, 1° Ammomites momiles ed una specie di Nautilus. Benchè il FreARI Bey non lo dica espressamente, è da rite- nere che, per la posizione stratigrafica, per la presenza del Nautilus, dell’ Ammonites e di numerose specie di Lamellibranchi, questa formazione rappresenti il calare con noduli di selce sopra ricordato. Ad esso succede una breccia costituita di ciottoli di calcare cenerino, di arenaria ferrugginosa, di frammenti di conchiglie e vertebre di pesce; il tutto cementato da argilla ferrugginosa. Segue una arenaria marnosa giallognola, che alterna con un calcare siliceo ferrugginoso ed un calcare marnoso giallognolo con tronchi di albero silicizzati; e poi un’arenaria silicea ferrugginosa, compatta e sonora, indi argille cenerine verdognole contenenti salgemma e gesso fibroso. La parte inferiore del Cretaceo poi sarebbe costituita dalle arenarie celoritiche. Degna di nota è in primo luogo una contraddizione in cui è caduto il FrcARI Bey, perchè, mentre a pag. 139 e anche a pag. 8 ascrive alla parte media della Creta le argille cenerine verdognole con gesso fibroso e salgemma, considerando tutto il complesso sovrastante come prima serie dei terreni cretacei e quindi come parte superiore, qui invece aserive al suo Cretaceo medio tutta la formazione dal calcare compatto alle argille cenerine verdognole. Comunque sia, lo ZirreL® fece constatare che il FrcarI Bey, descrivendo gli strati marnosi, argillosi, calcarei, che stanno sopra all’arenaria nubiana fra Siloe ed Edfu, li considerò, basandosi su erronee determinazioni paleon- tologiche, come corrispondenti alla Creta media ed inferiore; che disgraziatamente egli nel suo viaggio in Egitto non ebbe occasione di visitare quelle località, ma nella collezione del FicARrI Bey, che sitrova nel Museo di Firenze, vide un tipico esemplare di Ammonites Ismaélis. Im una nota poi a pag. 76 fa conoscere che le determinazioni di fossili del FicarI Bey, sopra riportate, sono erronee; egli vide l’Ezogyra virgula e la considerò come Ostrea larva; Ex. subplicata, O. carinata e O. deltoides sarebbero invece da considerare come forme molto affini ad 0. Renoui, Forgemolli e Aucapitanei Coo. del Campaniano e Dordoniano di Algeria. To mi riservo di ritornare su questo argomento quando studierò i Jamellibranchi della collezione del FrcarI Bey. Lo ZirtEL perciò ritenne, in seguito anche all’esame dei risultati delle trivellazioni fatte eseguire dal mea By in tre località dell’Egitto®), che gli strati superiori del Cretaceo dei dintorni di Edfu, costituito dai caleari compatti contenenti i fossili erroneamente determinati dal Frcari Bey, lungi dal rappresentare la Creta media come ritenne questo autore, corrispondessero forse agli strati con Exogyra Overwegi del Deserto libico; che tutto il complesso sottostante, considerato dal FiGARI Bey come Cretaceo medio ed inferiore, appartenesse ancora con potenza di più di 300 metri alla Creta superiore, che starebbe quindi sopra all’arenaria nubiana. Ciò anche in base ad osservazioni geologiche ed a fossili raccolti da ScHWEINFURTE nella stessa regione. Fra i fossili raccolti nel calcare compatto con noduli di calcare litografico, oltre alle specie già ricordate di La- mellibranchi, il FrcarI Bey citò, come abbiamo detto, Ammonites moniles ed una specie di Nautilus. Ora appunto nella collezione del FrARI Bey si trova un grosso frammento di ultimo giro di un grande Nautilo, fossilizzato in un calcare giallo appena oeraceo, colore che secondo il FicAri Bey acquistano le parti esposte 1) FigarI Bry A. Studi scientifici sull’Egitto, pag. 23-25. ©) ZirteL K. Libysche Wiiste, pag. 76-78. 3) Figari Bey A. Studi scientifici sull’ Egitto, pag. 26-33. [7) B. GRECO 195 all’aria del calcare con noduli di selce (pag. 137). Esso porta l’indicazione nel cartellino originale del Frari Bey: «Sotto il parallelo di Edîu ». Inoltre alcune concamerazioni di un altro grande Nautilo sono da ritenere della medesima provenienza. Questi due esemplari sono stati da me determinati come Nautilus Sehweinfurthi (?) Zirr. Fisurano ancora nella stessa collezione 7 esemplari di una grande specie di Nautilus, i cui cartellini originali, indicanti la località, sono andati distrutti o sono incompletamente conservati; in uno tuttavia si intravede la parola Edfu. Essi sono fossilizzati in un calcare compatto corrispondente a quello sopra descritto, contenente Nautilus. La corrispondenza poi viene ad essere perfettamente assicurata dal fatto che, in un esemplare di detti Nautili, un pezzo della roccia fossilizzante è costituito da « una varietà molto affine alla pietra a litografia » della quale parla il FicAaRrI Bey. Resta così ritrovata la località di provenienza di questi grossi Nautili. Essi sono stati raccolti nei dintorni di Edfu, nel calcare compatto con noduli di selce. Sono questi esemplari appunto che il prof. De STEFANI determinò già come Nautilus desertorum Zirt., come risulta dal cartellino di sua scrittura, e coi quali paragonò gli esemplari di questa specie, provenienti dalla Tripolitania, da lui studiati. È probabile che siano pure questi gli esemplari di Nautilus ascritti dal FrcarI Bey a N. elegans, manonse ne può essere certi, essendo andati distrutti i cartellini originali. Avevo già determinato e descritto due esemplari di Ammoniti come appartenenti a Labycoceras Ismaéli Zirt. sp. ed ero dolente perchè, a causa della perdita del cartello origimale del FicARI Bey, non si potesse sapere la lo- calità precisa di provenienza, quando, nell’esaminare la classica memoria dello ZrrreL sul Deserto libico, ho appreso, con viva soddisfazione, che egli vide, come già sappiamo, nella collezione del FicaRrI Bey, esistente nel Museo di Firenze, un tipico esemplare di Ammonites Ismaélis, proveniente dai dintorni di Edfu. Così anche la località di provenienza di questa interessante e caratteristica specie è stata ritrovata. . Riguardo all’ Ammonites momales, citato dal FicArI Bey in questa formazione calcarea, è da osservare che, se questo autore ha voluto riferirsi all’ Ammonites monilis HAAN, esso è dal D’ORBIGNY?) considerato come sinonimo dell’ Ammonites mammillaris ScHLOTH., che è una specie del genere Acanthoceras. Ora fra le Ammoniti della col- lezione del Frcari Bey non ve n’è alcuna che rassomigli a questa specie dello ScaLoTHETM. È probabile che 1 Am- momnites moniles del FicArI Bey corrisponda al nostro Libycoceras Ismaéli Zirt. sp., ma non possiamo affermarlo, non esistendo più il cartellino originale che l’accompagnava. T Cefalopodi provenienti dal caleare compatto con noduli di selce dei dintorni di Edfu appartengono quindi alle seguenti specie: Libycoceras Ismaéli Zror. sp., Nautilus desertorum Zirt. e Nautilus Schwenfurthi (2) Zirt. Poichè tutte e tre queste specie nel Deserto libico sono caratteristiche degli strati con Exogyra Overwegi È, re- sta dimostrata nei dintorni di Edfu la presenza di questi strati, ai quali appartiene il calcare compatto con noduli di selce, come già lo ZitTEL aveva ritenuto molto probabile. Però lo ZirreL® e quindi il Quaas?, il WanneR', il BLANCKENHORN® considerarono gli strati con Ex. Over- wegi come appartenenti al Daniano inferiore, ritenuto però corrispondente al Maestrichtiano. Il BLANCKENHORN inoltre nel quadro sinottico annesso al suo lavoro, cita all’Ouadi Zeran ed a Bir Scheich Muhammed, nella parte sud del Deserto arabico la presenza di un calcare cretaceo con Ezogyra Overwegi e Labycoceras Ismaéli. i) DE STEFANI C. Tripolitania, pag. 297. ® p’ORrBIGNY A. Pal. frane. Terr. crét., vol. I, pag. 250, tav. 72 e 73. 3) Quaas A. Overwegischichten der lib. Wiiste, pag. 299-307. 4 ZirteL K. Libysche Wiiste, pag. 92, 93. 5) Quaas A, Overwegischichten der lib. Wiiste; Beilage III. 5) WANNER J. Mauna oberst. weissen Kreide lib. Wiiste, pag. 91, 92. 7) BLANCKENHORN M. Neues zur Geol. und Pal. Aegyptens, pag. 44 e quadra sinottico. 196 B. GRECO [8] Il Fourtau! invece ritiene che gli strati con Ezogyra Overwegi non debbano essere riferiti al Daniano inferiore ma al Campaniano superiore, da lui considerato come corrispondente al Maestrichtiano, sembrandogli che essi siano uma facies laterale degli strati con Ostrea Valle dei dintorni di Cosseir.. Recentemente poi il Di STEFANO ?), studiando i fossili raccolti dal CortESE nel suo viaggio attraverso il Deserto arabico da Chena a Cosseir, ha riferito al Maestrichtiano una formazione costituita superiormente da marne sab- biose listate di giallo e di bianco, da calcari marnosi semisilicizzati, da calcari con noduli di selce, e racchiudente una fauna costituita specialmente da Lamellibranchi caratteristici degli strati con Ex. Qverwegi dell’Algeria, della Tunisia, della Tripolitania e dell’Egitto. Ha fatto però osservare che, secondo l’opinione dell’Hauc®), il riferimento degli strati con Ex. Overwegi al Daniano inferiore avviene a torto, perchè quegli strati rappresentano il Maestrichtiano, mentre il Daniano in Africa, come in Europa, è soprastante. Ed infatti anche il Di STEFANO rife- risce al Daniano, in base ai fossili determinati, un insieme di calcari marnosi bianchi con noduli di selce, ricoperto superiormente da un banco con Rudiste e da un altro superiore eon Turritelle, complesso di strati che ricopre la formazione riferita al Maestrichtiano. Anche gli strati con Ex. Overwegi della Tripolitania sono stati riferiti al Maestrichtiano dal KrumBEck*), dal De STEFANI? e dal PARONA). Concludendo quindi, mi pare che, seguendo l’opinione ben fondata di tutti questi autori, gli strati con Ea. Overwegi debbano essere considerati come appartenenti al Maestrichtiano e riferiti alla parte elevata del piano Senoniano. Dai dintorni di Edfu poi provengono tre frammenti di una specie di Ammonite fossilizzato in un calcare si- liceo duro, compatto, ferruginoso, di color rosso. Il cartello originale del FrcarI Bey indica: « Tebaide superiore; costa arabica, versante occidentale; sotto il parallelo di Edfu; Quadi Ouh ». Il FrcArI Bey appunto a pag. 26 del suo lavoro, dà notizia di una trivellazione eseguita «sotto ii parallelo di Edfu sulla costa orientale, ad una lega dall’alveo del Nilo, nel vallone chiamato Quadi Ouh, al Sud-Est del piccolo villaggio di Redesie ». I tre frammenti di Ammonite sopra indicati appartengono ad Heterotissotia aegyptia n. sp., che è più comune nella regione orientale dell’altipiano mokattanico, ove, come vedremo, insieme con altre specie, caratterizza la parte inferiore del Senoniano, il Coniaciano. All’Quadi Ouh quindi quel calcare siliceo compatto di color rosso rappresenta il Coniaciano. Regione orientale dell’altipiano mokattanico. La maggior parte delle Ammoniti raccolte dal Frari Bey proviene da questa regione. I cartellini originali indicano la provenienza dalla « regione dell’Altipiano mokattanico, sotto il parallelo di Benesuef, Quadi Araba, declive verso il Golfo di Suez »; oppure: « Bassa Tebaide, costa orientale ». L’Ouadi Araba, come è noto, e come dice il FrcArI Bey, solca profondamente l’ altipiano mokattanico, di- videndolo con direzione prevalente da Sud-Ovest a Nord-Est in due porzioni, dette rispettivamente Galala-el- Kiblieh e Galala-el-Baharieh, a lor volta solcati da Quadi affluenti dell’Araba. Questa grande Quadi è chiamata anche valle dei Monasteri o degli Anacoreti, perchè nel versante nord del Galala el Kiblieh si trova il Convento di S. Antonio e nel versante orientale il Convento di S. Paolo. ‘) FourtAU R. Faune crét. d’Égypte, pag. 235. 2 Dr SterANO G. Faune cretaciche del Deserto arabico, pag. 169-172. ) Haue E. Traité de Géologie, pag. 1336. 4) KRUMBECK L. Geol. und Pal. von Tripolis, pag. 127, 128. ) Dr STEFANI C. Tripolitania, pag. 258. 5° Parona C. F. Tripolitania, pag. 18-24. TE, I VE I PERITO _ __OE * [9] B. GRECO 197 Ora il FicArI Bey! ci fa conoscere che egli osservò la serie cretacea ben sviluppata sia nei dintorni del Con- vento di S. Paolo, sia verso il Monastero di S. Antonio all’Ouadi Morakam (Am Rockam) e all’Quadi Deir, dove sbocca il vallone di S. Antonio; inoltre a l’Ouadi Askhar sul versante Sud del Galala el Baharieh. E poichè i cartellini originali che accompagnano le Ammoniti raccolte dal FicARI Bey, portano semplicemente l’indicazione di provenienza dall’Ouadi Araba, non possiamo sapere con precisione, basandoci soltanto su di essi, in quali delle suddette località siano state rispettivamente trovate. Indicazioni più precise potremo invece sta- bilire tra poco, anche per ciò che riguarda la ubicazione dei piani geologici da esse caratterizzate. Le località sopra riferite sono ben note alla Geologia in seguito specialmente ai lavori dello ZirreL®, del BLANcKENHORN®) e del FourtAv®. Quest'ultimo in modo particolare indica in tale regione del Deserto arabico numerose località fossilifere del versante orientale e settentrionale del Galala el Kiblieh e del versante Sud del Galala el Baharieh, fra le quali località sono comprese quelle indicate dal FrcARrI Bry e sopra riportate. Già lo ZiTTEL, in base alle collezioni raccolte dallo ScHWEINFURTH, citò nei dintorni del Monastero di S. Paolo, oltre a parecchie specie di Lamellibranchi e di Echinidi: Ammonaites Vibrayeanus d’OrB., Amm. Mantelli Sow., Amm. cîr. Footeanus Stot., attribuendone la formazione calcareo-marnosa grigia al Cenomaniano. Descrisse la successione di strati, che si presenta nelle vicinanze del Convento di S. Antonio, illustrandola con un profilo fa- voritogli dallo ScHWEINFURTEH e fece notare colà la presenza del Senoniano. Il BLANCKENHORN in seguito distinse il Campaniano al Convento di S. Antonio, il Santoniano (compren- dente anche il Coniaciano) allo stesso chiostro e all’Ouadi Askhar, un dubbio Turoniano all’Ouadi Gharib ed il Cenomaniano ben sviluppato al Convento di S. Paolo ed in altre località di questa regione. Della formazione cenomaniana farebbero parte superiormente marne e calcari con Pseudotissotiae, sovrastanti a marne e calcari con Neolobites Vibrayeanus ed Acanthoceras Mantelli. Il FourTAU, sulla base dei fossili da lui raccolti, indicò la presenza, nelle numerose località di questa regione, di formazioni geologiche rappresentanti il Cenomaniano, dubitativamente il Turoniano, il Santoniano ed il Cam- paniano. Di Ammoniti ricorda il'Neolobites Peroni FourtAU (=N. Fourtawi PeRv.), proveniente dal Cenomaniano dell’Ouadi Dachal e del Convento di S. Paolo, nel versante orientale del Galala el Kiblieh, e dell’Ouadi Askhar nel versante Sud del Galala el Baharieh; l’Ammonites Pioti FourtAU dal Cenomaniano di Rod el Ques, nel versante orientale del Galala el Kiblieh; la Schloendachia Quaasi Peron del Cenomaniano dell’Ouadi Abou Elefieh nel ver- sante orientale medesimo. Delle Ammoniti raccolte dal Figari Bey nella regione della quale ci occupiamo, alcune sono fossilizzate in un calcare marnoso grigio chiaro, altre in un calcare arenaceo marnoso grigio scuro ed altre infine, per essere con- servate in un calcare marnoso bianco giallognolo o in un calcare siliceo ferruginoso rosso, dimostrano la loro pro- venienza dalla formazione calcarea bianco giallognola che fa passaggio e si unisce, secondo il FrcARI Bey, al cal- care siliceo compatto di color rosso, come abbiamo precedentemente detto. Le Ammoniti provenienti dal calcare marnoso grigio chiaro appartengono alle seguenti specie: Neolobites Vibrayeanus d’ORB. sp. Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) StoL. sp. Neolobites Fourtaui PeERV. Acanthoceras Mantelli (?) Sow. sp. Neolobites Isidis n. sp. Schloenbachia Quaasi PERON. 1) FicARI Bey A. Studi scientifici sull’Egitto, pag. 51 e pag. 62-65. © ZirteL K. Libysche Wiiste pag. 27, 28 e pag. 79-82. 3) BLANCKENHORN M. Newes zur Geol. und Pal. Aegyptens, pag. 32-44. 4 FourtAU R. Faune ceréi. d’Hgypte, pag. 236-244. 198 B. GRECU i [10] Prescindendo da Neolobites Isidis, che è specie nuova, il Neolobites Pourtaui e la Schloenbachia Quaasi sono in- dicate dal FourTAU in terreni cenomaniani di alcune località di questa regione. E lo ZirTEL già citò nei dintorni del Monastero di S. Paolo (indicandoli naturalmente col nome generico di Ammonites) Neolobites Vibrayeanus, Mammites (Pseudoaspidoceras) cfr. Footeanus e Acanthoceras Mantelli. Inoltre Neolobites Vibrayeanus, N. Fourtaui e Ac. Mantelli sono specie che il PervinquIÈRE! ha trovato nel Cenomaniano della Tunisia. Nessun dubbio quindi che le nostre Ammoniti sopra riportate siano del Cenomaniano e che a questo piano siano da asceri- vere i calcari marnosi grigi chiari che le racchiudono. Dal calcare arenaceo marnoso grigio scuro provengono poi le sesuenti specie di Ammoniti: Vascoceras Durandi Tu. et PeR. sp. Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis Sora. Thomasites Meslei PERV. * Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. Prescindendo da questa ultima specie, che è nuova, le altre furono trovate tutte e tre nei giacimenti fossiliferi del Turoniano di Tunisia®. La Ps. (Ch.) segnis Sorc., prima che in Tunisia, era stata descritta dal SoLcnr? come proveniente dall’Ouadi Morin Egitto al Sud del Galala el Kiblich. Le Ammoniti suddette quindi appartengono tutte al Turoniano e questo piano geologico è rappresentato dal calcareo arenaceo marnoso grigio scuro nella regione della quale ci occupiamo. | Infine dai calcari bianchi giallognoli che fanno passaggio e si uniscono al calcare siliceo ferrusginoso di color rosso, provengono. Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp. Heterotissotia Osiridis n. Sp. Hetererotissotia aegyptia n. sp. Tissotia Fourneli BAYLE sp. Heterotissotia Pigarti n. sp. A dimostrare che le due rocce sopra ricordate costituiscono una sola formazione geologica della stessa età, sta il fatto che alcuni esemplari della stessa specie sono fossilizzati nel calcare bianco giallognolo, altri nel cal- care siliceo di colore rosso. Un esemplare anzi di Heterotissoha Osiridis n. sp. è fossilizzato in un calcare marnoso giallo rossastro. Le tre specie di Heterotissotia sono nuove e quindi per sè stesse nessun documento potrebbero fornirci circa l’età della formazione geologica nella quale sono racchiuse. Tuttavia sappiamo che il PeRON fondò il suo genere Heretotissotia su un solo esemplare di ammonite raccolto in Algeria, il quale costituì la H. neoceratites PeRON®).. A questa specie è affine la nostra H. aegyptia n. sp. E poichè la specie del PERON proviene dal Senoniano inferiore (Co- niaciano) dell'Algeria, si può ritenere che anche queste tre nuove specie di Heterotissotia siano della stessa età. Ma questa conclusione viene ad essere poi perfettamente dimostrata giusta dal fatto che, associate con esse, si trovano Barrotsiceras Haberfellneri v. HAUER sp. e T'issotia Fourneli BaYLE sp., che caratterizzano, secondo il PERON ed il PERVINQUIÈRE, il Senoniano inferiore in Algeria e in Tunisia. In Egitto era stata finora citata con riserva dal Fourtau® la T'issota Fourneli nel Santoniano di Abu Roash; ma il FourTAU impiega il termine di Santoniano 1) PeRrvIinQuIÈRE L. Et. paléont. tunisienne. Céphalopodes. °) PERVINQUIÈRE L. Ibidem. SoLGerR F. Jugendentw. von Sph. lenticularis, pag. 77, tav. IV. i Peron A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 81-83. i) FourtAau R. Paune crét. d’ Egypte, pag. 234-251. È Pe. [11] B. GRECO 199 nel senso più largo, come l’hanno compreso THomas e PeRON per la Tunisia. Risulta quindi che nel Santoniano del FourTAU è compreso nella parte inferiore il Coniaciano. Le Ammoniti sopra indicate sono tutte specie del Senoniano inferiore (Coniaciano) e perciò questo piano del Cretaceo superiore è nella nostra regione rappresentato dal caleare marnoso giallognolo, che fa passaggio al cal- care siliceo ferrugginoso rosso. Nella regione mokattanica quindi le rocce del Cretaceo superiore che hanno somministrato Ammoniti al Fr- GARI Bey rappresentano il Cenomaniano, il Turoniano ed il Coniaciano. Anche il Santoniano ed il Campaniano, come hanno fatto conoscere il BLANCKENHORN ed il FourTAU vi sono rappresentati, ma le rocce che le costitui- scono non hanno fornito Ammoniti al Figari Bey. I calcari con Pseudotissotiae dei dintorni del Convento di S. Paolo, attribuite alla parte superiore del Cenomaniano dal BLANCKENHORN, credo che corrispondano invece al no- stro Turoniano, essendo il genere Pseudotissotia, come vedremo, limitato a questo piano geologico. Il FourtAU poi nelle località cretacee indicate dal Figari Bey, ha trovato ben caratterizzato, dei piani geo- logici da noi determinati, all’Ouadi Askhar il Cenomaniano contenente, oltre ad altri fossili, il Neolobites Peroni FourtaAu (= N. Fourtaui PeRrv.) ed il Santoniano; al Convento di S. Paolo il tipico classico Cenomaniano, scoperto dallo SCHWEINFURTH, comprendente anche dei calcari con Ammoniti; ed anche di questa località cita il suo N. Peroni. A 4 Km. poi dal Convento di S. Paolo, e più precisamente all’Ouadi Abou Elefieh, egli trovò ben svilup- pato oltre al Campaniano, che presentemente non ci interessa, il Santoniano nel senso largo da lui inteso, in modo da comprendere inferiormente il Coniaciano; non ben caratterizzato invece il Turoniano, sia perchè non vi trovò alcun fossile, sia perchè constatò essere il massiccio molto dislocato ed egli ebbe poco tempo per studiarlo; perciò egli non si pronunziò definitivamente a questo riguardo. Discendendo poi il letto dell’Ouadi in parola, incontrò il Cenomaniano, del quale fa parte un calcare racchiudente delle Ammoniti grandi, accompagnate dalla piccola Schloenbachia Quaasi PERON. Così stando le cose, mi pare che, anche e specialmente in base a ciò che abbiamo detto sopra a proposito dei caleari con Pseudotissotia del BLANcKENHORN, si possa stabilire la presenza del Turoniano nei dintorni del Con- vento di S. Paolo; che da questa località provengano le specie di Ammoniti turoniane sopra riferite: Vascoceras Durandi Tr. et PER. sp. Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SoLa. . Thomasites Meslei PeRrv. Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. Questa conclusione è avvalorata dal fatto che alcuni esemplari di Pseudotissotia portano l’indicazione di «costa orientale dell’Altipiano mokattanico » ed una poi quella di « vallone del Monastero di S. Paolo ». oltre possiamo anche stabilire che il Cenomaniano si troverebbe, nelle località visitate dal FrArI Bey, nei dintorni del Convento di S. Paolo e all’Ouadi Askhar. Delle specie di Ammoniti cenomaniane da noi citate è da ri-. tenere che Neolobites Vibrayeanus d’ORB. sp., Acanthoceras Mantelli (?) Sow. sp. e Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) STOL. sp. siano state raccolte dal FrgArI Bey presso il Convento di S. Paolo, sia perchè specialmente lo ZirTEL citò queste specie in tale località, sia perchè il FouRrTAU indica nello stesso luogo dei calcari con Ammoni- ti, ed inoltre l'esemplare di N. Vibrayeanus porta l’indicazione di « costa orientale dell’Altipiano mokattanico ». La Sehloenbachia Quansi PERON si può ritenere raccolta nelle vicinanze del Convento di S. Paolo, all’Quadi Abu Elefieh, ove il FortAU ne indica la presenza; e, come vedremo meglio nella descrizione delle specie, tre degli esem- plari di Neolobites Fourtaui Perv. (=N. Peroni FoURTAU) sono da considerare come provenienti dai dintorni del Convento di S. Paolo ed uno dall’Ouadi Askhar, nelle quali località sono stati rispettivamente indicati anche dal FourTAU. È vero che questo autore cita anche il suo N. Peroni all’Ouadi Dachal, ma tale giacimento fossili- fero non è indicato dal FicarI Bey. Dallo stesso Quadi Askhar proverrebbe poi il Neolobites Isidis, perchè trovato insieme con quell’esemplare di N. Fourtawi PeRv., considerato come raccolto in detta località. 200 B. GRECO i [12] Il Coniaciano sarebbe infine rappresentato presso il Convento di S. Antonio, poi nelle vicinanze del Monastero diS. Paolo, più precisamente all’QOuadi Abu Elefieh, ed anche all’Ouadi Aschar. Poichè i cartellini del FicArI Bey rimasti ad accompagnare alcuni esemplari di Heterotissotia Figari n. sp. e di H. aegyptia n. sp. portano l’indica- zione di provenienza dalla « costa orientale dell’Altipiano mokattanico », oppure, come per l’esemplare di Tisso- tia Fourneli BAYLE sp., quella di « declive verso il Golfo di Suez », possiamo ritenere che tutte le Ammoniti del Coniaciano, precedentemente indicate, siano state raccolte nelle vicinanze del Convento di S. Paolo e più precisa- mente del prossimo Quadi Abou Elefieh. i Inoltre in questa stessa regione, specialmente nei dintorni del Monastero di S. Antonio, il FreArI Bey rinvenne le rocce rappresentanti la sua parte media ed inferiore del Cretaceo, già ricordate a pag. 193 [5], le quali sono invece giustamente considerate dallo ZrrTtEL come costituenti la base della Creta superiore. Il Figari Bey poi attribuì al Giurassico una formazione che, alla base delle pendici di valle Araba, come già indicammo a pag. 193 [5], è costituita da argille, marne, arenarie e da calcare oolitico contenente, fra altri fossili, due specie di Ammoniti. Ora appunto a questo proposito mi permetterei di osservare che, fra i cartellini i quali accompagnano le Ammoniti da me esaminate, ne ho osservato uno che porta l’indicazione «nel calcare oolitico verso la base di valle Zafferan e del vallone del Monastero di S. Paolo »; ed un altro nel quale è seritto « nelle mar- ne della formazione della Creta e nella Oolite dell’epoca giurassica » (!!). Poichè il primo cartellino accompagna un esemplare da me determinato come Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis Sora. ed il secondo tre esemplari da me considerati appartenenti a Ps. (Ch.) segnis Sora. var. discoidalis Perv., mi pare, secondo ciò che abbiamo precedentemente esposto, che la formazione attribuita dal Frari Bey al Giurassico, sia da ascrivere invece al Turoniano. Ritengo infine che il riferimento al Lias, fatto dal FrcArI Bey, del calcare marnoso cenerino, che farebbe pas- saggio al calcare nero, come già indicammo a pag. 193 [5], da lui osservato alla base dell’Ouadi Morakham (Am Rockam) verso il Monastero di S. Antonio, sia in parte pienamente siustificato. Come infatti recentemente ho avuto occasione di far conoscere !, il calcare marnoso cenerino è di età sinemuriana, mentre il calcare nero interstratificato con calcari marnosi nerastri appartiene al Cretaceo e più precisamente, seguendo l’opinione del FourTAU, al Campaniano. Arabia Petrea. Frale Ammoniti raccolte dal FrcArI Bey si trovano sette esemplari, il cui cartellino originale non esiste più e sono accompagnate da un cartello del Museo, portante semplicemente l’indicazione: « Arabia Petrea; da FrGARI Bey ». Speravo di potere ritrovare con precisione la località di provenienza di queste Ammoniti, consultando i giornali dei due viaggi fatti dal Figari Bey in Arabia Petrea negli anni 1847 e 1849, annessi alla sua opera sul- l'Egitto. La mia speranza però è stata in molta parte delusa, perchè il FicARI Bey, nei suoi due giornali, ci fa sa- pere che vide ben sviluppati i terreni cretacei nell’Arabia Petrea e vi raccolse Ammoniti ed altri fossili in 4 località e precisamente all’Ouadi Bahet-Azan, all’Ouadi Magara, all’Ouadi Abutrefa e all’Ouadi Gorandel?. Da queste quattro località provengono certo gli esemplari suddetti, ma, in mancanza di altre indicazioni, nulla possiamo stabilire di più preciso circa il luogo dove ciascun esemplare fu raccolto. Dalla indicazione troppo vaga di Arabia Petrea è stato possibile semplicemente di giungere a limitare il rinvenimento di questi fossili alle quattro località suddette. '! Greco B. IZ Sinemuriano nel Deserto Arabico settentrionale. °) FiaRrI Bry A. Studi scientifici sull’Egitto, vol. II, pag. 501, 503, 556-558 e 654-655. [13] B. GRECO 201 Le Ammoniti delle quali ora ci occupiamo appartengono alle seguenti specie: Heterotissotia neolobitoides n. sp. Heterotissotia Osiridis n. sp. Vascoceras Durandi Tu. et PeR. Sp. Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n. sp. Heterotissotia aegyptia n. sp. Per ciò che abbiamo detto a proposito della regione orientale dell’altipiano mokattanico, possiamo sta- bilire che Vascoceras Durand: TH. et PeR. sp. e Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefani n. sp. rappresentano il Turoniano in questa regione; mentre le tre specie di Meterotissotia indicano in essa il Coniaciano. Anche la na- tura litologica delle rocce fossilizzanti è la stessa di quelle che costituiscono il Turoniano ed il Coniaciano nella | regione mokattanica; quindi abbiamo tra le due regioni, per ciò che riguarda questi due piani geologici, per- fetta corrispondenza faunistica e litologica. Conclusioni. Da ciò che abbiamo finora esposto risulta evidente che le formazioni geologiche dell’Egitto già riferite dal Fi- GARI Bey al Giurassica, al Cretaceo inferiore, medio e superiore appartengono tutte nel loro complesso al Cre- faceo superiore, essendo le più antiche quelle del Cenomaniano. Se invece vogliamo seguire la classificazione | dei terreni Cretacei indicata dall’Haue! ,. questi strati, nei quali sono contenuti i Cefalopodi studiati in questo lavoro, possono essere disposti nel modo seguente. { Maestriehtiano dei dintorni di Calcare bianco cenerino con noduli di selce, contenente: Nautilus ° E i Edfu. - Strati con Exogyra OQver- desertorum Zirt., Nautilus Schweinfurthi (?) Zirr. e Libycoceras S | wegi. Ismaéli Zurm. sp. (/2) 5 * s ) Coniaciano di Quadi Abou Ele- Calcare marnoso bianco giallognolo e calcare siliceo ferrugginoso (3) A 7 $ | fieh, di Quadi Ouh e di alcune rosso con Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp., Heterotissotia S| località della Arabia Petrea. aegyptia n. sp., H. neolobitoides n. sp., H. Figarùi n. sp., H. Osiridis or $ n. sp. e Tissotia Fourneli BAvLE sp. Turoniano dei dintorni del Con- Calcare marnoso arenaceo grigio scuro con Vascoceras Durandi TH. vento di S. Paolo e di alcune et PeR. sp., Thomasites Meslei Perv., Pseudotissotia (Choffaticeras) 8 | località dell'Arabia Petrea. segms SoLe., Ps. (Ch.) mokattanica n. sp., Ps. (Ch.) De Stefaniin. sp. (ci © Ss 0 È Ci Calcare marnoso: grigio chiaro con Neolobites Vibrayeanus D’ORB. - È SAR RG rali Mai sp., N. Fourtaui Perv., N. Isidis n. sp., Mammates (Pseudoaspido- | Convento di S. Paolo e di Quadi Askhar. ceras) Footeanus (2) StoL. sp., Acanthoceras Mantelli (2) Sow. sp. e Schloenbachia Quaasi PERON. ; Il Santoniano sensu stricto ed il Campaniano, presenti come abbiamo visto nella regione mokattanica, non hanno somministrato Cefalopodi al Frcari Bey. Se ora vogliamo stabilire dei confronti fra i nostri Cefalopodi dell’Egitto e quelli di altre regioni, ove i terreni - cretacei siano ben conosciuti, le corrispondenze appariranno evidenti dal seguente prospetto comparativo. i) Haue E. Traité de Géologie, pag. 1169 e 1170: — Palaeontosraphia italica, vol. XXI, 1915 26 202 B. GRECO ) [14] at AR Vdeg A i cu et E _ _—__——————r-@ r9P#lk)kÀlÌklkl.ili 1 9 È © E ©) © 9 R f .S GS s è di [== IG =; 5 iS 1 9 <= n 2 $ s 3 sE È s È £ NOME DELLE SPECIE EEE | o. 6) IS <- SI È E TE "e iS | zi D 5 ds e ea o I. Cefalopodi del Cenomaniano. È 1. | Neolobites Vibrayeanus D’ORB. sp. AOSTA SOIL ERA (a + + —_ + AL SP, Der dea 2. | Neolobites Pourtaui PERV. SARI e OR RAMI CA Na = + _ — STE = sel ES 3. | Neolobites Isidis n. sp. PO RIO AURA CO CUORE MENO Ma —_ —_ _ _ pesi 28 CR IR 4. | Acanthoceras Mantelli (OSO NAS II I I e dar 42 Lg | ULo DELIO 5. | Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) STOL. Sp. | — = _ — |+? = | #48 ZE ASTA 6. | Schloenbachia Quaasi PERON SRO AIA AI tisi ia - _ — = Dee = 35, gi II. Cefalopodi del Turoniano. 7. | Vascoceras Durandi TH. et PER. Sp... . | + + —_ - PE vie SS Pos 8. | Thomasites Meslei PERV. TRE VER a i e SE —_ — = E = = za 9. | Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SoLe. to = + — — = PRE = sa i 10. | Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. . - —_ _ i — = 33: peso SI pel: 11. | Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n.sp. +. | 7 —_ _ — = 2 i pe Si III. Cefalopodi del Coniaciano. 12. | Heterotissotia aegyptia n. sp. I a INS ION n ati a — — = = - = ne 18. | Meterotissotia meolobitoides n. Sp... 0/0. |7 - _ Ce = = = = ta, 14. | Meterotissotia Figari n. sp... . ./.0/.00 —_ — = = = = ate Des 15. | Meterotissotia Osiridis n. sp. NOI RIN CA — = CS = = = si OO 16. | T'issotia Fourneli BAYLE Sp. PIO MER E + + + =. | Li nu Da pe, 17. | Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp... . | + + - = aL i db S IV. Cefalopodi del Maestrichtiano. 18. | Zibycoceras Ismaéli Zirt. sp. ARA ovo + — = = = = = = = 19. | Nautilus desertorum ZirT. e ito Mi aio _ —- + —_ = = = _ 20. | Nautilus Schweinfurthi (?) Zirt. COORTE Tae St | grant - = = = = cas = _ N.B.— Fra i Cetfalopodi cretacei dell’ Egitto va annoverato anche Baculites vertebralis LawmK., che ho trovato recentemente nella collezione del FiaarI Bey, proveniente insieme con altri fossili dal calcare marnoso nerastro di Quadi Am Rockam, dal FIGARI Bry, come sap- piamo, erroneamente ritenuto lisiaco. Tale specie sarà da me figurata e descritta nella seconda parte di questo lavoro, nella quale ol- tre a studiare i Gasteropodi cretacei della collezione del FrcArRI Bry, tratterò anche dell’età di tale formazione di Quadi Am Rockam, in base allo studie dei fossili che essa racchiude. [15] | B. GRECO 203 Prescindendo dalle specie nuove finora esclusive del Cretaceo egiziano, e dalle specie determinate con riserva, si rileva a colpo d’occhio, dal quadro comparativo sopra riportato, che, delle otto specie di Cefalopodi già cono- sciute del Cenomaniano, del Turoniano e del Coniaciano, sette trovano le loro corrispondenti nei terreni sineroni — della Tunisia! e cioè: Neolobites Vibrayeanus D’ORB. sp., N. Fourtaui Perv., Vascoceras Durandi Tx. et PER. sp., Thomastites Meslei PeRv., Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SoLa., T'issotia Fourneli Bavre sp. e Barroisi- ceras Haberfellneri v. HAUER sp.; che quattro sono a comune con i medesimi terreni cretacei dell’ Algeria?: Neo- lobites Vibrayeanus d’ORB. sp., Vascoceras Durandi Tr. et PeR. sp., Tissotia Fourneli BAYLE sp. e Barroisiceras Haberfellneri v. HauER sp. Una sola specie si ha in comune col Deserto libico? , Tissotia Fourneli BAYLE sp.; nes- suna con la Tripolitania, nella quale regione si conoscono finora ben pochi Cefalopodi di questi piani‘); due con il Portogallo?: Neolobites Vibrayeanus D’ORB. sp. e Vascoceras Durandi TE. et PeR. sp.; due con.la Francia: Neolo- bites Vibrayeanus d’ORB. sp. e Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp.; ed infine una col Madagascar ?, Barroi- siceras Haberfellneri v. HAUER sp. Restano dubbie le corrispondenze di Acanthoceras Mantelli (2) Sow. sp. con questa tipica specie della Tunisia, dell'Algeria, del Portogallo, della Francia, dell’India meridionale, della Sassonia” e di Mammites (Pseudoaspi- doceras) Footeanus (?) StoL. sp. con quella del Portogallo, dell’Imdia meridionale 1% e della Sassonia!!), Strettissime sono dunque le affinità dei nostri Cefalopodi cenomaniani, turoniani e coniaciani sopratutto con quelli della Tunisia e in secondo luogo con quelli dell’Algeria. Dei tre nostri Cefalopodi maestrichtiani invece due trovano certamente i loro corrispondenti negli strati con Exogyra Overwegi v. Buck del Deserto libico: Labycoceras Ismaéli Zirt. sp. e Nautilus desertorum Zrrr.!2); dubbia resta invece la corrispondenza del Nautilus Schwemmfurthi (2) Zirt. Il Nautilus desertorum Zi. si ritrova ancora nel Maestrichtiano della Tripolitania!*); ma in Tunisia, in Algeria, in Portogallo, in Francia, in India e al Mada- gascar, almeno finora, queste specie non sono state trovate. Concludendo quindi possiamo affermare che per il Maestrichtiano si ha perfetta corrispondenza paleontolo- gica tra i nostri Cefalopodi e quelli del Deserto libico; mentre per il Coniaciano, il Turoniano ed il Cenomaniano l’affinità è strettissima con la Tunisia e con l'Algeria. ‘) PervinquièrE L. Mt. paléont. tunisienne. Céphalopodes; — PeRON A. Moll. foss. Tunisie. 2) PeRON A, Amm. crét. sup. Algérie; — Coquanp H. Géol. Pal. Prov. Constantine. 3 Fourtau R. Faune crét. d’ Égypte; — Dacqué E. Kreidecomplex von Abu Roahs. 4) PARONA C. F. Tripolitania: Neolobites Peroni HyATT, pag. 12. 3) CHoFraT P. Paune crét. Portugal. 9 De Grossouvre A. Amm. Craie sup.; — D’ORBIGNY A. Pal. frang. Terr. crét., vol. I. ° BouLe M., LEMOINE P. et TEÉVENIN A, Céph. crét. de Diego-Suarez. SroLIcZKa F. et BLAnFORD H. F. Cret. S. India. PerrascHRCcK W. Die Ammoniten der sdchsischen Kreideformation. StOLICZKA F. et BLANFORD H. F. Ibidem. PeTRASCHECK W. Ibidem. 12) Quaas A. Overwegischichten der lib. Wiiste. 13) DE STEFANI C. Tripolitania; — KrumBECK L. Geol. und Pal. von Tripolis. È) 9 10 dI 204 B. GRECO ; [16] DESCRIZIONE DELLE SPECIE I. Cefalopodi del Cenomaniano. Sott. Ammonoidea. | Gen. Neolobites FiscHeR. 1. Neolobites Vibrayeanus D’OrB. sp. — Tav. XVII [I] fig. 1. 1840. Ammonites Vibrayeanus D’OrBIGNnY. Pal. frang. Terr. erét., vol. I, pag. 322, tav. XOVI, fig. ia 1883. — _ ZirteL, Libysche Wiiste, pag. 28 e 79. 1889. Neolobites — Prron. Moll. foss. Tunisie, pag. 16. ' i 1898. — = CHorrar., Faune crét. Portugal, pag. 75, tav. V, fig. 2-9. 1907. — = Pervinquière. Zt. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 207 (cum syn.):. DIMENSIONI Diametro . 5 o o î : 5 i ; ; - ù im 6 Altezza dell’ultimo giro . ; ; 5 7 3 é È ; È » 40 Spessore dell’ultimo giro . ; : E : È 5 ; i 4 » 20 Larghezza dell’ombelico . i ° È 5 5 , : È > » 9 Appartiene a questa specie un solo esemplare, che ha conservato gran parte della sua camera di abitazione, la quale occupa più di metà dell’ultimo giro. La conchiglia è di forma discoidale, compressa lateralmente, a spira assai involuta, con ombelico stretto e fianchi appena convessi. La regione esterna è in gran parte erosa; tuttavia qua e là essa è visibile ed appare troncata, depressa, angolosarispetto ai fianchi, liscia e piana nel mezzo, provvista agli angoli di una serie di piccoli tubercoli poco spiccati. I fianchi sono ornati da circa 18 pieghe arrotondate, rag- gianti dall’ombelico, che, oltrepassatala metà dei fianchi, inflettendosi alquanto, gradatamente svaniscono, presen- tando però in questo tratto interposte una o due costole secondarie. L’ultima parte della camera di abitazione presenta una diecina di coste finissime ad andamento flessuoso, fra le quali 3 contigue più spiccate delle altre. La sezione dei giri è ristretta e troncata superiormente, ovale compressa ai lati, molto più alta che larga. La linea lobale (Fig. 1) è costituita da una successione ondulata di selle e di lobi a contorno semplice, perfet- tamente integro, col secondo lobo laterale più profondo di tutti gli altri e con le selle più larghe dei lobi. Sono evidenti 6 selle e 7 lobi; la 7.2, ultima selletta, non è ben vi- sibile al margine dell’ombelico. i Come appare evidente da questa descrizione e dalla figura, il nostro esemplare RR) pai Solito corrisponde alla forma tipica di N. Vibrayeanus, descritta e figurata dal D’ORBIGNY, D'ORE. sp., rilevata in gran- della quale però ha dimensioni minori; presenta come carattere differenziale i fian- dezza naturale al raggio di chi leggermente più compressi. mol: Il N. Vibrayeanus D’ORB. sp. è specie del Cenomaniano della Francia, del Porto- gallo, dell'Algeria, della Tunisia e dei dintorni del Convento di S. Paolo in Egitto, ove fu citato dallo ZirtEL e dal BLANCKENHORN. A proposito però degli esemplari della Tunisia ascritti dal Peron a N. Vibrayeanus D’ORB. Sp., mentre il PERVINQUIÈRE accetta la riunione a questa specie del Ceratites Maresi Coo.! fatta dal PERON, consi- i‘) Coquanp H. Géol. et Pal. Constantine, pag. 168, tav. XXXII, fig. 1-2. [17] B. GRECO i 205 dera giustamente come specie diversa l’ Ammonites Ganiveti Coq.!; inoltre, seguendo il parere dell’HyATT®), se- para col nome di N. Peroni Hyarr quell’ammonite della Tunisia, figurato dal PeRON (tav. XVIII, fig. 1-2) e considerato da lui come una forma estrema di N. Vibrayeanus d’ORB. Il nostro esemplare egiziano è indicato dal Figari Bey come proveniente dalla « regione dell’altipiano mo- kattanico, sotto il parallelo di Benesuef, costa orientale ». Per le considerazioni già fatte nei cenni geologici, è quindi da ritenere che sia stato raccolto presso il Convento di S. Paolo, nella-costa orientale del Galala el Kiblieh. 2. Neolobites Fourtaui Prrv. — Tav. XVII [I], fig. 2, 3. 1904. Neolobites Peroni Fourtav. Faune crét. d’ Égypte, pag. 253, fig. 2. 1907. — Fourtaui Previnquière. Hit. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 209, tav. VIII, fig. 2-6. Il FourtAU descrisse sommariamente e figurò una nuova specie di Neolodites egiziana, che egli indicò col nome di N. Peroni. Ma successivamente i] PERVINQUIÈRE, descrivendo questa stessa specie da lui trovata in Tunisia, fece osservare che tale denominazione era già stata usata dall’HyArT nel 1903 per un’altra specie di Neolobites, come precedentemente abbiamo, detto; propose quindi di dare alla specie eviziana il nome di N. Fourtaui PeRrv. Essa è rappresentata nella nostra collezione da 4 esemplari più o meno incompleti. Uno di essi (Tav. XVII [I], fig. 2 @, bd) è costituito da un frammento di giro depresso con fianchi poco ma regolarmente convessi, troncato nella regione esterna, assai involuto, a sezione subrettangolare, molto più alta che larga. La superfice, alquanto erosa, non lascia vedere in questo esemplare la serie dei tubercoli ombelicali, ma fa bensì intravedere le costole, che, iniziandosi sui fianchi in prossimità della regione esterna, terminano in questa in una serie per parte di tubercoli allungati e stretti, seguendo la direzione dell’appiattimento della regione sifonale. La linea lobale (Fig. 2) è tipica da Neolobites, con selle e lobi ondulati ed integri. Si vedono 6 selle e 6 lobi, ol- tre al lobo sifonale, che è assai piccolo e corto. Esso è seguito dalla prima sella bassa ed appiattita superiormente, che si continua col primo lobo laterale stretto e poco profondo. La seconda sella laterale è più larga e più alta della precedente; il secondo lobo più profondo e più largo del primo. La terza sella è più piccola, ma un poco TA più alta della seconda ed il terzo lobo è assai ridotto rispetto al precedente. Qui la r;nea lobale di n Fowrtazi Das, linea lobale prende un andamento decrescente, essendo la quarta sella più corta e rilevata in grandezza naturale più bassa della precedente ed analogamente si può dire della quinta e della sesta; i @! raggio di mm. 87 (1) lobi parimente, diminuendo le loro dimensioni, assumono un andamento inclinato verso la linea radiale. Il frammento del quale ci occupiamo corrisponde agli esemplari descritti e figurati dal FourtAU e dal PER- VINQUIÈRE, differendone per essere leggermente più convesso in corrispondenza dei fianchi. Un altro esemplare (Tav. XVII [I], fig. 3 a, d) è rappresentato da un frammento di giro, costituito quasi completamente dalla camera di abitazione, lasciando vedere, in corrispondenza della rottura inferiore, qua e là piccola parte delle selle a contorno integro dell’ultima linea lobale; si vede anche un lobo, pure integro. L’ombe- lico è in parte conservato e permette di osservare che l’avvolgimento della spira è meno accentuato delle altre spe- cie di Neolobites conosciute. La sezione dei giri appare subrettangolare, essendo i fianchi pianeggianti e la regione esterna troncata. La superfice è ben conservata e lascia vedere le ornamentazioni caratteristiche della regione om- belicale, dei fianchi e della regione esterna, come è descritta dal PERVINQUIÈRE e come si osserva nell’esemplare i) Coquanp H. Ibidem, tav. XXXIV, fig. 1, 2. °° HyATT A. Pseudoceratites, pag. 179. 206 B. GRECO [18] figurato dal FourtAU ed in quello rappresentato dal PERVINQUIÈRE colla figura 4 della tav. VIII. Ad essi corri- sponde il nostro frammento per tutti i caratteri che presenta. Il terzo esemplare è costituito da un frammento più grande e un poco più completo ai altri due, ma ha È superficie completamente erosa. Per l’avvolgimento della spira, per l'aspetto dell’ombelico, per la forma della regione esterna, per la sezione dei giri subrettangolare, per i caratteri della linea lobale, corrisponde anch’esso agli esemplari di N. Fourtawi PeRv., descritti e figurati dal FourTAU e dal PERVINQUIÈRE, ed io non esito ad aseri- verlo a questa specie. Esso, insieme col primo frammento descritto, proviene secondo il cartellino del Ficari Bry dalla « Tebaide inferiore, costa arabica» e, per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, possiamo ritenere che sia stato raccolto presso il Convento di S. Paolo. Della stessa provenienza è il quarto esemplare, costituito di porzione della regione esterna; mentre il secondo frammento, che porta l’indicazione « Valle Araba, Bassa Tebaide», possiamo più pre- cisamente considerarlo come raccolto all’ Quadi Askhar. Il N. Fourtaui PeRv. è specie finora trovata nel Cenomaniano d’Egitto e della Tunisia. 3. Neolobites Isidis n. sp. — Tav. XVII [I], fig. 4. DIMENSIONI . Diametro . ò 3 x A 3 3 5 3 3 3 . mm. 64 Altezza dell’ultimo giro è È 6 : # z 5 5 È 3 » 35 Spessore dell’ultimo giro . : . o o o . 6 3 ; » 13 Larghezza dell’ombelico Conchiglia discoidale, depressa, a spira oltremodo involuta e ad ombelico strettissimo; fianchi appena convessi, regione esterna assai ristretta (mm, 2), troncata, carenata ai lati e provvista nel mezzo di una leggera depressione. Sezione dei giri quasi subtriangolare, appena troncata alla sommità e poco convessa ai fianchi. Ben conservata la camera di abitazione, che occupa metà dell’ ultimo giro e, in gran parte, la conchiglia. È possibile quindi con- statare che la regione ombelicale, i fianchi e la regione esterna sono completamente privi di qualsiasi ornamento. La linea lobale (Fis. 3) è tipica da Neolobites. Consta di una successione ondulata di sei selle e di sei lobi com- pletamente a contorno integro, semplici. Rassomiglia nell’insieme alla linea lobale del N. Vibrayeanus D’ORB. sp., ma se ne distingue per la curva dei lobi e delle selle meno arro- tondata, per le selle meno larghe rispetto all’ampiezza dei lobi, per il 2.° lobo laterale della Hol oa È ITER stessa profondità del primo e per la 3.2 sella più alta della precedente. Dalla linea lobale n.sp.rilevatain gran del N. Fourtawi PeRV. diversifica per le selle più strette ed a contorno meno arrotondato, per dezza naturale al rag. la prima sella non appiattita e per il secondo lobo laterale della stessa profondità del primo. gio di am, 22° La specie ora descritta è rappresentata dal solo esemplare figurato, il quale, per la for- ma della conchiglia per la mancanza di qualsiasi ornamento, per la conformazione della sua linea lobale, si di- stingue nettamente da tutte le specie di Neolobites finora conosciute. Essa rassomiglia molto a quell’ ammonite proveniente da Kheneg-el-Arouiain Algeria, determinato dal PERON come Discoceras cfr. Largillertianum D’ORB.!. La riserva nella determinazione s’impose al PeRON, sia perchè l’ammonite da lui studiato non lasciava vedere la linea lobale, sia perchè nori presentava alcuna traccia delle costole raggianti, sinuose, che si osservano sulla su- perfice della conchiglia nella specie del p’OrBIGNY e mostrava inoltre il bordo esterno più assottigliato. Il PER- i) PeRON A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 40, tav. I, fig. 6,7. [19] B. GRECO 207 VINQUIÈRE ! in seguito espresse l’opinione che il Discoceras cfr. Largillertianum del PERON possa appartenere in realtà ad Hopltoides Munieri Perv., dal quale si distinguerebbe per uno spessore minore, oppure ad Engono- ceras Thomas PERV.?!; ma non potè nulla affermare di preciso essendo sconosciuta la linea lobale nell’esemplare del Peron. Per questa stessa ragione, malgrado la rassomiglianza di forma tra Discoceras cfr. Largillertianum del Peron ed il nostro Neolobites Isidis, nulla di più preciso si può dire, quantunque sorga nella mente la supposi- zione che tale ammonite dell’Algeria possa trovare il suo posto nella sinonimia della nuova nostra specie. Da Hoplitoides Munieri Perv. e da Engonoceras Thomasi PeRv.; il N. Isidis n. sp. si distingue per la sua linea lobale completamente diversa e tipica da Neolobites, per lo spessore minore e per la differente sezione dei giri. L’esemplare di questa nuova specie è stato raccolto, secondo il cartellino del FrcAarI Bey, nella «Bassa Tebaide, valle di Araba »; per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, portando esso la stessa indicazione di uno degli esemplari di N. Fourtaui PeRv., possiamo ritenere che, appunto come questo, esso più precisamente provenga dal calcare cenomaniano dell’Quadi Askhar. Gen. Acanthoceras NEUMAYR. 1. Acanthoceras Mantelli (2) Sow. sp. — Tav. XVII [II], fig. 1. 1304. Ammonites Mantelli Sowerer. Min. Conch., vol, I, pag. 119, tav. LV. 1865. —_ — SroLiozra. ret. S. India, pag. 81, tav. XLI, fig. 2-3 e tav. XLII, fig. 1-3. 1883. — —_ Zirtni. Libysche Whiste, pag. 28 e 79. 1902. Douvilleiceras — PrrrascHECK. Die Ammoniten der stichsischen Kreideformation, pag. 146. 1907. Acanthoceras — PervinquibÒte. Zt. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 288, tav. XVI, fig. 18 (?) (cum. syn.). DIMENSIONI Diametro . : ò ” - i ; 5 x È 3 3 . mm. 90 Altezza dell’ultimo giro. ; g È i 3 E 6 5 i » 38 Spessore dell’ultimo giro . 6 : : - : È 5 : 5 D36, Larghezza dell’ombelico . : E $ È ò È È b ì DE2.6, L’esemplare, che attribuisco con riserva a questa specie, lascia a desiderare per il suo stato di conservazione ed è costituito da un grande frammento dell’ultimo giro, rappresentato quasi totalmente dalla camera di abita- zione, poichè si vede, in vicinanza della rottura inferiore, piccola parte della linea lobale dell’ultimo setto; è conser- vato anche, ma in cattivo stato, parte del giro precedente. Si tratta di un ammonite a spira discretamente involuta, ad ombelico largo, profondo ed a margine arrotondato, a fianchi poco convessi, a regione sifonale larga, rigonfia, a sezione dei giri ovale, di poco più alta che larga. Gli ornamenti consistono in coste radiali (11 nella parte con- servata), evidentissime, larghe, sporgenti, leggermente arcuate in avanti nella regione esterna, attraversata da esse, mentre gradualmente s’indeboliscono nei fianchi fino a svanire al margine ombelicale. Fra di esse se ne os- servano tre intercalate e meno spiccate. Al principio della regione sifonale si intravedono, sulle coste più spiccate, accenni ad una serie per parte di nodosità. Della linea lobale si vede soltanto, ed in cattivo stato, una parte della prima sella, che sembra frastagliata e bipartita. 1) PERVINQUIÈRE L. Et. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 218. è PeRvInQuIÈRE L. Ibidem, pag. 204. 208 B. GRECO È [20] Il nostro esemplare rassomiglia agli individui di Acanthoceras Mantelli Sow. sp. dell’Imdia meridionale, figu- rati dallo Sroriozza a tav. XLII, fig. 2 e 3, differendone per le nodosità delle coste nella regione esterna appena accennate e per le coste meno spiccate in prossimità dell’ombelico. Per questi caratteri rassomiglia di più a quell’individuo della Tunisia, rappresentato dal PERvINQUIÈRE a tav. XVI, fig. 18 e riferito ad Ac. Mantelli Sow. sp., pur facendo notare che può essere ascritto ad Ac. Martimprey Coo. sp., essendo un termine di passaggio tra le due specie; il che dimostra, secondo il PERVINQUIÈRE, che queste due specie sono poco distinte. Per tali ragioni e per lo stato di conservazione del nostro esemplare, nel quale sono molto incompleti i dati relativi alla linea lo- bale, credo opportuno di ascrivere con riserva l’ammonite in discussione ad Acanthoceras Mantelli Sow. sp. Questa specie è stata citata in modo particolare nel Cenomaniano di Francia, di Sassonia, di Algeria, di Tu- nisia, dell’India e, dallo ZitteL e dal BLANCKENHORN, dei dintorni del Monastero di S. Paolo in Egitto. Lo CHorrar inoltre descrive e figura un Ac. cîr. Mantelli Sow. sp. del Portogallo in stadio di sviluppo più piccolo del nostro, dal quale differisce per le nodosità delle coste più spiccate. L'unico nostro esemplare è indicato dal FircARI Bey come proveniente dalla « Bassa Tebaide; strati del pen- dice mokattanico »; per le considerazioni precedentemente fatte, riteniamo che sia stato raccolto nel calcare ce- nomaniano presso il Convento di S. Paolo, ove è anche citato dallo ZitTEL e dal BLANCKENHORN. Gen. Mammites Lause et BRUDER. 1. Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) Sror. sp. — Tav. XVII [I], fig. 5. 1865. Ammonites Footeanus SroLiozza. Cret. S. India, pag. 101, tav. LIS, fig. 1 e 2. 1883. — cfà. — ZirreL. Libysche Wiiste, pag. 79. 1902. Mammaites — PrrrascHEox. Die Ammoniten der séiichsischen Kreideformation, pag. 144, tav. IRE Ioia 10; DIMENSIONI Diametro . : : o 3 ; , o \ ò . ò . mm. 130 Altezza dell’ultimo giro . ; 6 È ; È o c o : » 55 Spessore dell’ultimo giro -. 6 5 ; c 5 E A : È Do 7 Larghezza dell’ombelico . 5 . È g ARE è È 5 » 49 Riferisco con riserva a questa specie un solo esemplare di grandi dimensioni, rappresentato da gran parte dell’ultimo giro, costituito quasi totalmente dalla camera di abitazione, essendo visibile incompletamente e mal conservata, in vicinanza della rottura inferiore, parte della linea lobale dell’ultimo setto. ° Esso si presenta con forma discoidale, poco involuta, ad ombelico assai ampio e profondo, a sezione dei giri quasi subquadrata, essendo di poco più larga che alta, a regione esterna assai ampia e convessa. Superficie ornata di coste, che si iniziano all’ombelico con un tubercolo, sono poco spiccate, quasi evanescenti, sui fianchi e formano al principio della regione esterna un tubercolo molto più grande di quello ombelicale, in forma di mammellone, al quale segue, un poco obliquamente in avanti, un altro tubercolo assai poco spiccato. Di queste coste, nel nostro esemplare incompleto, se ne contano 10; di esse 2 sono meno pronunziate, con tubercolo più piccolo. Laregione esterna perciò resta ornata lateralmente da due serie di tubercoli per parte, con la serie esterna a tubercoli molto più grandi. i‘) CHorFat P. Faune erét. Portugal, pag. 73, tav. V, fig. 1 [21] i B. GRECO "209 Della linea lobale ben poco possiamo dire; si vede incompletamente la 2.2 sella, la quale appare frastagliata, larga ed irregolarmente tripartita; simile perciò all'elemento corrispondente della specie di SroLIOZEA. Il nostro esemplare rassomiglia al Mammates (Pseudoaspidoceras) Salmuriensis Court.‘ della Tunisia e molto di più all’Ammonaites Footeanus Stot., che dal PERVINQUIÈRE è considerato come il tipo di Mammaites (Pseudoa- spidoceras)®. Non starò qui a ripetere la storia e la delimitazione di questo genere e del sottogenere, riferendomi a tutto ciò che il PERVINQUIÈRE ha così ben fatto conoscere al riguardo. Da Mammates (Pseudoaspidoceras) Salmuriensis Court. però il nostro individuo sì distingue per la sezione dei giri più larga che/alta, per una sola serie di tubercoli della regione esterna ben sviluppata da ciascun lato, essendo l’altra serie appena sensibile, mentre le due serie di tubercoli per parte sono entrambe ben sviluppate nella specie del COURTILLER, ed infine per i tubercoli ombelicali restanti al margine dell’ombelico, senza spostarsi verso il mezzo dei fianchi. Per questi caratteri esso corrisponde meglio all’esemplare di Mammites (Pseudoaspidoceras) Footea- nus STOL. sp., rappresentato dallo StoLIcZKA colla figura 1 della tav. LII. Ma la determinazione resta dubbiosa per l’incompleto stato di conservazione del nostro ammonite e della sua linea lobale. Dall’esemplare di Mammaites Fvoteanus StoL. sp. della Sassonia, rappresentato dal PeTRASCHECK colle fig. la, 1b della tavola IX [III], differisce il nostro individuo per la regione sifonale molto più ampia, [per quanto sia in stadio più piccolo di sviluppo, e per le due serie interne di nodi più spiccate. Anche l’ Acanthoceras (?) cfr. Footeanum StoL. sp., descritto e figurato dallo Crorrat?, rassomiglia molto al nostro esemplare; ma niente di più possiamo dire per l’insufficienza in questo della linea lobale. Lo ZirtEL citò nel calcare cenomaniano dei dintorni del Convento diS. Paolo Ammonites cfr. Footeanus Stot., che finora non è stato descritto nè figurato. È probabile chesi tratti della stessa specie della quale ora cioccupiamo. Il tipico Mammates (Pseudoaspidoceras) Footeanus Stot. sp. è specie degli strati dell’Ootatoor indiano, che nella loro parte inferiore e media sono dal PervinQuiÈRrE* e dall’Haua® considerati come corrispondenti al Ceno= maniano, mentre la parte superiore è riferita al Turoniano. Per il PervinquIèRE M. (Ps.) Footeanus STOL. sp. è specie del Turoniano. Per ciò che riguarda però il nostro ammonite, ascritto dubitativamente a tale specie, è da osservare che la roccia, nella quale è fossilizzato, corrisponde a quella in cui sono racchiuse le nostre specie ceno- . maniane e nona quella del Turoniano. Ritengo quindi che questa forma egiziana appartenga sicuramente al Cenomaniano, come anche lo ZirttEL l’ha considerata. Essa, per le considerazioni già fatte nei cenni geologici, è da ritenere raccolta nella località fossilifera presso il Convento di S. Paolo, ove è già stata citata dallo ZimTEL. Gen. Schloenbachia NeuMmAYR em. DE GRrossouvrE. 1. Schloenbachia Quaasi Peron. - Tav. XVII |I|, fig. 6. 1904. Sehloenbachia Quaasi FourtaT. Paune crét. d’Egypte, pag. 255, tav. I, fig. 1-3. DIMENSIONI Diametro . c 3 5 5 ; - È . 5 o ; di rd O) Altezza dell’ultimo giro . : : 5 S o 5 a ; 4 De IO Spessore dell’ultimo giro . ; ; 3 : ; > , 5 ; » 6 Larghezza dell’ombelico . 5 i : ; ; È « ; È » 3 !) PeRVINQUIÈRE L. Et. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 314, tav. XIX, fig. 1. 2) PERVINQUIÈRE L. Ibidem, pag. 308 e 309. 3 CHorFat P. Faune crét. Portugal, pag. 66, tav. XVI, fig. 9, 10 e tav. XXII, fig. 34. 1 PrervinquièRrE L. E? géol. de la Tunisie centrale, pag. 90 e pag. 107. 5) HauG E. Traité de Géologie, pag. 1285 e 1286. Palaeontosraphia italica, vol. XXI, 1915 210 B. GRECO [22] Questa piccola specie descritta e figurata dal FourTAU è rappresentata nella collezione del FicarI Bey da due frammenti e da un niccolo esemplare intero, privo della camera di abitazione, spatizzato e corroso alquanto da una parte. î È Si tratta di una conchiglia discoidale depressa, a spira molto involuta, ad ombelico stretto, profondo, con pa- reti arrotondate, a fianchi leggermente convessi, a regione sifonale ristretta, provvista di una carena ben spiccata, non tagliente e priva di depressioni ai suoi lati, a sezione dei giri ovale, poco convessa ai fianchi e acuta in alto in corrispondenza della carena. - Gli ornamenti consistono in coste che partono dall’ombelico, ove formano un leggero rigonfiamento, si bifor- cano uno 0 due volte sui fianchi, divengono flessuose piegandosi in avanti e terminano al margine esterno repen- tinamente con un piccolo rigonfiamento. La linea lobale nei nostri esemplari, come in quelli di FouRTAU, non è visibile; nell’esemplare completo è con- servato invero l’ultimo setto, ma da esso, corroso ai margini, ben poco si può rilevare della sutura, e, data la spatizzazione, per quanto abbia fatto, non mi è stato possibile di mettere in evidenza in altre parti dell’esemplare la linea lobale. Nessun nuovo dato quindi posso aggiungere alle osservazioni già fatte dal FourTAU riguardo a questa piccola specie; non ci resta perciò che seguirlo nel riferimento di essa al genere Schloenbachia, come fu li- mitato dal De GrossouvrE! ed in seguito considerato dal PERVINQUIÈRE?); riferimento basato sulla forma ca- renata e sugli ornamenti, che richiamano alla memoria quelli dell’ Ammonites varians Sow., che, secondo il DE GrossouvrE ed il PERVINQUIÈRE, è il tipo dell’emendato genere Sehloenbachia. I nostri esemplari corrispondono a quelli descritti e figurati dal FourrAU, provenienti dal Cenomaniano di Quadi Abou Elefieh, presso il Convento di S. Paolo, sul versante orientale del Gralala el Kiblieh, nella regione dell’altipiano mokattanico. E nella stessa località, come abbiamo detto nei cenni geologici, riteniamo che il FrcArI Bey abbia raccolto i tre esemplari di questa specie. II. Cefalopodi del Turoniano. Sott. Ammonoidea. Gen. Vascoceras CHOFFAT. 1. Vascoceras Durandi Ta. et Per. sp. — Tav. XVIII [II], fig. 2, 3. 1889. Pachydiscus Durandi Tomas et Prron. Moll. foss. Tunisie, pag. 27, tav. XVIII, fig. 5-8. 1896. — _ Prron. Amm. Crét. sup. Algérie, pag. 44, tav. IV, fig. 1; tav. V, fig. 1; tav. XVII, fig. 5. 1898. Vascoceras Douvillei Cuorrar. Faune crét. Portugal, pag. 59, tav. X, fig. 3 e 6; tav. XI, fig. 2-5 e tav. XXI, fig. 13-16. 1907. — Durandi Prrvinouiire. Hi. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 332, tav. XXI, fig. 1 (cum syn.). i DIMENSIONI I II INI Diametro . î o o c È : o . mm. 102 mm. 66 mm. 82 Altezza dell’ultimo giro 5 o 7 . . ; » 47 » . 31 Mie Spessore dell’ultimo giro . 5 i È ; ; » 50 » 34 » 41 Larghezza dell’ombelico : È ) ; à i Di DI » 9 De ZI ') DE Grossouvre A. Amm. Craie sup., pag. 109. » Pervinquière L. Ei. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 223. | i i [23] B. GRECO 211 Riferisco a questa specie quattro esemplari in diverso stadio di sviluppo, che corrispondono a quelli della Tu- nisia e dell’Alseria descritti e figurati dal PERON. Il più grande (es. I, Tav. XVIII[II],fig.2 a, d) ha conservato gran parte della camera di abitazione, che occupa i 5}, dell’ultimo giro. È assai rigonfio, arrotondato, a spira involuta, con ombelico profondo, piuttosto ristretto, con contorno subcarenato, a regione sifonale larga, convessa, rigonfia, con sezione dei giri arrotondata, più larga che alta; la superficie, corrosa alquanto, appare priva di ornamenti. La linea lobale, non ben conservata, manca del lobo sifonale, ma lascia vedere tre selle e tre lobi a contorni festonati, non ramificati e corrisponde, tenuto conto del suo stato di conservazione, alle figure che di essa ha dato il PERON. Questo esemplare è indicato dal FraRI Bey come proveniente dalla «costa arabica, versante orientale dell’E- gitto »; più precisamente quindi, per le considerazioni già fatte nei cenni geologici, deve essere stato raccolto nei - dintorni del Convento di S. Paolo. Un altro esemplare (II, Tav. XVIII [II], fis. 3 @, 0) è un rappresentante giovanile di questa specie. Ha ombelico più stretto, e anche esso superficie liscia, come gli esemplari studiati dal Peron. Lalinealobale, alquanto corrosa, corrisponde alla figura data dallo stesso PERON. Questo giovane individuo non è accompagnato dal cartellino originale del FrcARI Bey, ma da un cartello del Museo con la vaga indicazione di provenienza dall’Arabia Petrea. Il FrcArI Bey! raccolse ammoniti in quat- tro località di questa regione: Quadi Bahet-Azau, Quadi Magara, Quadi Abutrefa e Quadi Gorandel. In una di queste località è stato raccolto il nostro esemplare, ma non possiamo stabilire in quale. Un terzo esemplare (III) ed un quarto, di dimensioni intermedie fra i due ora descritti, presentano per la forma e per quel che si vede della linea lobale, i caratteri della specie di THomaAs et PERON, ma mostrano una partico- larità degna di nota. Il PeRON ed anche il PervINQuIBRE hanno osservato, sulla superficie di qualche individuo di questa specie meglio conservato, delle coste numerose, fini, sinuose, arcuate sulla regione esterna, da esse at- traversata in modo da formare una curva colla convessità in avanti. Questi due nostri esemplari lasciano scorgere appena, sotto certe incidenze di luce, delle coste con andamento simile, ma in forma di pieghe allontanate fra loro ed in scarso numero. Credo che essi possano essere considerati come una varietà della specie di THOMAS et PERON. Uno è indicato da un cartellino del Museo come proveniente dall’ Arabia Petrea: quindi possiamo ripetere ciò che abbiamo detto del precedente esemplare. L'altro è da ritenere raccolto nei dintorni del Convento di S. Paolo. Lo CHOFFAT, descrivendo la sua nuova specie Vascoceras Douvillei del Turoniano del Portogallo, notò la grande rassomiglianza di essa con Pachydiscus Durandi Tx. et PER., stabilendo, come caratteri differenziali, la mancanza, nella specie portoghese, delle coste fini, serrate e la presenza invece dei tubercoli ombelicali, mancanti nella spe- cie tunisina. Ma il PERVINQUIÈRE in seguito constatò che molti suoi esemplari, provenienti dal medesimo giaci- mento di quelli di THomAS et PERON, presentano dei tubercoli ombelicali fino ad uno stadio assai avanzato di sviluppo; che inoltre le piccole costole si vedono soltanto in pochi esemplari in perfetto stato di conservazione; che, essendo le ammoniti del Turoniano del Portogallo generalmente mal conservati, è naturale che queste co- stule siano scomparse. Per questi motivi egli ritenne giustamente che il Vascoceras Douvillei CHOFF. dovesse rien- trare nella sinonimia del Vascoceras Durandi Tx. et PeR. sp. Nei nostri esemplari che lasciano a desiderare per il loro stato di conservazione, come in quelli di THomAS et PERON, non si osservano tubercoli ombelicali. Il V. Durandi Tu. et PER. sp. è specie quindi che finora era stata trovata nel Turoniano della Tunisia, dell’Al- geria e del Portogallo. i) FicARI Bey A. Studi scientifici sull’Egitto, pagg. 501, 503, 557 e 654. PATATE PI 212 ì B. GRECO i [24] Gen. Thomasites PERVINQUIÈRE. 1. Thomasites Meslei Prev. — Tav. XVIII [II], fig. 4. 1907. Thomasites Meslei ParvinquièRre. E. paléoni. tunisienne. Céphalododes, pag. 345, tav. XXII, fig. 8e 9. DIMENSIONI Diametro . ? . 5 o 5 È È i 5 o o . mm. 75 Altezza dell’ultimo giro . 5 7 : È È 6 ; : È » 44 Spessore dell’ultimo giro . c 5 o 5 L o 0 ò 7 No: Larghezza dell’ombelico . ò : : . o ; ò 6 d » 5 Un ammonite della collezione del FicARrI Bey, sebbene lasci a desiderare per il suo stato di conservazione, presenta così evidenti i caratteri di quell’individuo di Thomasites Meslei PeRV., rappresentato dal PERVINQUIÈRE colla figura 9 della tavola XXII, che io non esito ad ascriverlo a questa specie. Presenta infatti forma discoidale depressa, a spira oltremodo involuta e ad ombelico strettissimo; fianchi quasi appiattiti, convergenti debolmente verso la regione esterna, troncata ed anch’essa quasi appianata; sezione dei giri subquadrangolare molto più alta che larga. La superficie, in cattivo stato, presenta i fianchi per la massima parte lisci, lasciando solo intravedere, i come nel suddetto esemplare della Tunisia, al limite della regione esterna qualche debole nodosità. La camera di abitazione non è conservata. La linea lobale, per quanto corrosa, lascia riconoscere i tratti caratteristici di que- sta specie, rilevati dal PERVINQUIÈRE, per numero, forma e disposizione degli elementi. Il Th. Meslei Perv. era stato finora trovato soltanto nel Turoniano di diverse località della Tunisia. Il nostro esemplare è indicato dal FicArI Bey come proveniente dalla Bassa Tebaide e quindi possiamo dire più precisa- mente, in seguito alle nostre considerazioni fatte nei cenni geologici, che sia stato raccolto nel calcare turo- niano dei dintorni del Convento di S. Paolo. Gen. Pseudotissotia PERON. Questo genere fu stabilito dal PERON per alcune ammoniti del Turoniano affini al genere T'issotia, ma dal quale si distinguono in modo particolare perla conformazione della linea lobale, che presenta non solo i lobi, ma anche le selle dentellate, mentre il genere Tssotia ha le selle intesre. Successivamente però l’Hyarr!) osservò che il genere Pseudotissotia, come fu inteso dal PERON, comprenderebbe, oltre al tipo Ps. Galliennei D’ORB. sp., delle ammoniti di forme assai variabili e tra di loro assai disparate; egli quindi limitò il genere di Peron a Ps. Galliennei D’ORB. sp., mentre instituì il nuovo genere Choffaticeras per le altre specie già riferite a Pseudotissotia. Questa risolu- zione parve in seguito giustamente troppo radicale al PERVINQUIÈBRE?), esistendo dei legami stretti di affinità tra Pseudotissotia e Choffaticeras; credette bene quindi di considerare Choffaticeras come sottogenere di Pseudo- lissotia. Così stando le cose, il genere Pseudotissotia in senso stretto, secondo il PERVINQUIÈRE, comprende delle ammo- niti discoidali, ispessite, a fianchi presso a poco paralleli, poco rigonfi, a regione sifonale allargata, provvista di tre carene quasi uguali, a linea lobale costituita da quattro selle larghe e dentellate, col primo lobo laterale più profondo del lobo sifonale e diviso in due branche assai ineguali: una esterna ridotta ed una interna più lunga i) Hyatt A. Pseudoceratites, pag. 35-38. PeRrvINQUIÈRE L. Yi. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 349 e 350. [25] B. GRECO £ 213 e più larga, generalmente suddivisa in due punte corte. Vi appartiene, tra le specie conosciute, soltanto Ps. Gal- liennei D’ORB. Sp. AI sottogenere Choffaticeras appartengono invece, secondo il PERvINQUIÈRE, ammoniti di forma lenticolare, con fianchi più o meno rigonfi, convergenti fortemente verso la regione esterna, assottigliata e generalmente ta- gliente, carenata. La carena mediana può essere accompagnata da due carene latero-sifonali integre o formate da serie di tubercoli. La linea lobale rassomiglia molto a quella di Pseudotissotia s. str., ma le selle ed i lobi sono più numerosi, potendo arrivare fino a sei in qualche specie. Lo stesso PERVINQUIÈRE distingue nel sottogenere Choffaticeras due gruppi: 1.0. Forme tricarenate: Ps. Meslei Peron, Ps. Pavillieri Perv., Ps. segnis Soc., Ps. Gamiveti Coe. 2.9. Forme monocarenate: Ps. Barjonai CHOFF., Ps. Luciae PeRv., Ps. Massipiana Perv., Ps. Philippi SoLG. e forse Ps. Douvillei PER. Il PervinQuIÈRE aggiunge che finora il genere Pseudotissotia è limitato ai giacimenti del Turoniano. Le tre specie di Pseudotissotia, che si trovano nella collezione del FicARI Bey, appartengono tutte, come quelle di Tunisia, illustrate dal PERVINQUIÈRE, al sottogenere Choffaticeras e più precisamente una, Ps. (Ch.) segnis SoLa., ‘al gruppo delle tricarenate, mentre le altre due specie sono nuove e fanno parte del gruppo delle monocare- nate. 1. Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis. Sor. — Tav. XVIII [II], fig. 55 Tavo SIDE [00] 0 1903. Pseudotissotia segnis SoLcer. Jugendentw. von Sph. lenticularis, pag. 77, tav. IV. 1907. — (Ohoffaticeras) segnis PervinquiàRre. Ét. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 351, tav. XXIII, fig. le 2. DIMENSIONI Diametro . 6 , D 0 È o È 3 i 3 | . mm. 35 Altezza dell'ultimo giro . È È ò ; 5 : È } È » 20 Spessore dell’ultimo giro . " È ; È ; 5 z : È DENRONICA: Larghezza dell’ombelico 2 5 ì : . c o 6 1 5 » 4 Il SoLGeR fondò incidentalmente questa specie su alcuni esemplari raccolti da ScHWEINFURTE all’Quadi Mor nel Deserto arabico dell’Egitto. Im seguito essa fu trovata in Tunisia dal PERVINQUIÈRE, il quale, oltre alla forma tipica, vi distinse una varietà, che chiamò discoidalis. L'una e l’altra forma sono rappresentate nella nostra colle- zione. - Gli esemplari appartenenti alla forma tipica sono tre; uno è completo e giovanile, mentre gli altri due sono frammenti di due grandi individui. L’esemplare completo (Tav. XVIII [II], fig. 5 a, b) corrisponde a quello rappresentato dal SoLGER colla fi- gura 1 della tavola IV, del quale però è in stato più giovanile ed è meno convesso. È di forma discoidale, alquanto lenticolare, con spira assai involuta, ad ombelico stretto, a sezione dei giri subpentagonale lanceolata, col massimo spessore in vicinanza dell’ombelico. La regione sifonale non è ben conservata, ma tuttavia in qualche punto lascia vedere una carena spiccata e, rispettivamente ai due lati, una serie di piccoli tubercoli, acquistando per ciò un aspetto tricarenato. La camera di abitazione non è conservata. Al margine dell’ombelico si notano dei piccoli tubercoli arrotondati, che svaniscono subito, dando origine gradualmente a delle coste relativamente larghe, diritte, fra le quali se ne notano alcune intercalate; se ne contano circa 20 nell’ultimo giro e tutte termi- nano al lato esterno con un tubercolo leggermente allungato nella direzione della spira. Degna di nota è l’asim- 214 B. GRECO metria evidentissima dei due fianchi, essendo uno più convesso dell’altro; carattere già posto in evidenza dal SoLcEr nella conchiglia e anche nella linea lobale degli individui da lui esaminati, riscontrato anche dal PervinQuIÈRE in qualche esemplare della Tunisia e che il SOLGER crede di potere spiegare ammettendo che questa specie, come anche Hopltoides ingens v. KoEN., conducesse una vita pigramente strisciante sul fondo del mare e portasse quindi la conchiglia inclinata da un lato. La linea lobale (fig. 4) corrisponde pure a quella degli esemplari di SoLceRr. Consta di un lobo sifonale relati- vamente largo e discretamente profondo, al quale segue la prima sella ben sviluppata e tripartita inugualmente da due dentellature più spiccate; il primo lobo laterale è largo, più profondo del lobo sifonale e chiaramente diviso da una piccola sporgenza in due Fis. 4. parti disuguali, l’esterna più piccola, l’interna più larga e più profonda. La seconda sella EER Si Se meno sviluppata, più bassa della prima, è solo debolmente dentellata; segue un secondo Sc pi no lobo laterale assai ridotto, semplice, dentellato, molto meno profondo e più piccolo del naturale, al raggio di primo, un poco più sviluppato in larghezza dei due seguenti, pure dentellati. Le altre DI due selle sono debolmente dentellate e gradatamente decrescenti in grandezza ed altezza. Il secondo esemplare consta di un frammento dell’ultimo giro di un individuo di dimensioni molto più grandi (mm. 44 di altezza del giro). In corrispondenza con le variazioni di questa specie in riguardo all’età, poste in evi- denza dal SoLcER, la sezione del giro ha acquistato forma subtriangolare con fianchi regolarmente curvati; nella regione esterna, le due carene laterali, formate dalle successioni dei nodi, sono scomparse insieme con i rispet- tivi ornamenti dei fianchi e si osserva la sola carena mediana che non è più tagliente, ma assai smussata. La conchiglia, conservata in parte qua e là ed anche su un tratto del frammento della camera di abitazione, lascia vedere le linee di accrescimento, che pare presentino una triplice ondulazione, come è indicata dal SoLGER nella figura 22. Anche la linea lobale, per quel che se ne può osservare, corrisponde a quella precedentemente descritta e alle figure del SoLcer. Im una parte della regione esterna alquanto erosa, in corrispondenza della carena, è posto in evidenza il modello del sifone, che appare come un tubo calcareo, a sezione circolare, di mm. 2,5 di diametro. Il nostro esemplare corrisponde a quello della figura 2, tav. IV del lavoro del SoLGER, rappresentato a metà della grandezza naturale, ma è in stadio meno avanzato di sviluppo. E molto più grande ancora è l’altro grosso frammento di ultimo giro (mm. 58 di ai) di un altro individuo (Tav. XIX [III], fig. 1 a, d). Per quanto esso presenti da un lato una rottura con spostamento di una parte, lascia riconoscere la sezione del giro corrispondente al frammento precedente e all’esemplare adulto di SoLGER, di dimensioni presso a poco uguali. Anche in esso gli ornamenti sono del tutto scomparsi in relazione con l’età avanzata. La linea lobale, discretamente ben conservata, corrisponde proprio alle figure date dal SoLcER. Tutti e tre gli esemplari sopra descritti, provengono, per le ragioni già dette nei cenni geologici, dai dintorni del Convento di S. Paolo. var. discoidalis Perv. — Tav. XIX |III], fig. 2-4. 1897. Ps. (Ch.) segnis Soc. var. discoidalis PERVINQUIÈRE. Et. palcont. tumisienne. Cephalopodes, pag. 352, tav, XXIII, fig. 3. DIMENSIONI Diametro . 0 0 c o ò o È 6 0 c . mm. 190 Altezza dell’ultimo giro. © . 5 ò 5 : c ì . » 104 Spessore dell’ultimo siro . 6 0 3 \ 6 È : ; SRERSN) 49 Larghezza dell’ombelico . 5 E 3 3 3 2 5 È ARES) 12 Questa varietà di Ps. (CR.) segnis SoLe. della Tunisia è rappresentata nella nostra collezione da sei esemplari MAI BOI [27] B. GRECO 215 più o meno incompleti ad eccezione di uno; tre in stadio giovanile e tre adulti. In tutti è caratteristica la forma discoidale, appiattita per la debole convessità dei fianchi, che si collegano poi ottusamente colla regione esterna, molto assottigliata e la sezione subtriangolare lanceolata, ristretta lateralmente. Negli individui giovani (Tav. XIX [III], fig. 2 @, d, 3 a, db) si ha ancora l’ornamentazione corrispondente a quella che, nella forma tipica, si riscontra allo stesso stadio di sviluppo, ma le coste sono molto meno spiccate, in forma di deboli e larghe pie- ghe, quasi indistinte in prossimità dell’ombelico; qui però non si osservano tubercoli, mentre essi sono evidenti all’inizio della regione esterna e corrispondono a quelli della forma tipica, ma sono meno spiccati. La carena è acuta, tagliente e la regione esterna appare tricarenata per le serie laterali di tubercoli, che simulano rispetti- vamente una carena per parte, situata ai lati della chiglia mediana. La linea lobale corrisponde a quella della forma tipica. Tre individui rappresentano lo stadio adulto di questa varietà. Soltanto l’individuo, rappresentato a metà della grandezza naturale colle fig. 4 a, © della Tav. XIX [III] e del quale ho dato sopra le dimensioni, è com- pleto; gli altri due sono grossi frammenti dell’ultimo giro. L’esemplare intero, ora ricordato, ha conservato la sua camera di abitazione, che occupa oltre metà dell’ultimo giro, ed è alquanto eroso da una parte. Le orna- mentazioni sono completamente scomparse e, con esse, le carene laterali, formate dalle due serie di tubercoli. La regione esterna è ristretta e la carena mediana assai smussata, tanto che nell’ultimo tratto si nota la regione sifonale acutamente arrotondata. La linea lobale, in cattivo stato in tutti e tre questi esemplari, perchè se ne possa rilevare il disegno, lascia tuttavia riconoscere le caratteristiche, che si osservano negli individui giovanili e quindi anche nella forma tipica di questa specie, sia nei nostri individui, sia in quelli di SoLcER. Dei due grossi frammenti, uno è in stadio ancora più avanzato di quello ora esaminato, misurando mm. 204 di diametro. Presenta ombelico più largo (mm. 32), ma per il resto corrisponde agli altri due esemplari. L'individuo della Tunisia, rappresentato dal PERvINQUIÈRE colla figura 3 della tavola XXIII e ridotto a 3/, della srandezza naturale, può considerarsi riguardo al suo stadio di sviluppo come intermedio tra i nostri indi- vidui giovanili e gli adulti, misurando esso mm. 96 di diametro; ed è intermedio anche per la scomparsa della ornamentazione, perchè, mentre i nostri individui adulti sono completamente lisci, nell’esemplare suddetto della Tunisia, come il PERVINQUIÈRE ci fa sapere, le coste sono presso che scomparse, ma sussistono ancora i tubercoli terminali per qualche tempo, in modo che la carena mediana è inquadrata da due serie di tubercoli, che si conti- nuano fino alla camera di abitazione e finiscono poi per scomparire. Anche i sei esemplari di questa varietà, come quelli della forma tipica, in base alle indicazioni del Figari Bey ed alle considerazioni già fatte nei cenni geologici, provengono dai dintorni del Convento di S. Paolo. Tanto la forma tipica di Ps. (Ch.) segnis SoLa., quanto la var. discoidalis PERV., per ora sono specie esclusive del Turoniano dell’Egitto e della Tunisia. 2. Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. -- Tav. XIX [III], fig. 5. DIMENSIONI Diametro . o 5 . ° : È c 3 Sera 7 . mm. 93 Altezza dell’ultimo giro . c ; È È ò . 5 : 5 DT Spessore dell’ultimo giro . —. 3 6 , è 5 È - È » 36 Larghezza dell’ombelico . c ) 3 ; 5 : 5 5 ; » 18 L’esemplare figurato, del quale ho ora trascritto le misure, è il solo rappresentante di questa caratteristica nuova specie. Consta di metà dell’ultimo giro di un ammonite privo di camera di abitazione, di forma lenticolare, con spira assai involuta, in modo da fare scorgere però per piccolo tratto i giri precedenti, con ombelico stretto, 216 B. GRECO [23] profondo, a pareti verticali. Il massimo spessore è in vicinanza dell’ombelico, donde i fianchi convergono, con de- crescente curvatura, verso la regione esterna, la quale è assai assottigliata, acuta, provvista di una carena non di- stinta lateralmente da alcun indizio di solchi, che la pongano in evidenza. La sezione dei giri è di forma ovale lanceolata. La superfice può dirsi liscia, presentando soltanto qua e là delle vaghe ondulazioni radiali. La linea lobale (Fig. 5) ha i caratteri del genere Pseudotissotia, avendo dentellati tanto le selle, quanto i lobi. Presenta sui fianchi 4 selle, l’ultima delle quali si completa sulla parete per- pendicolare dell’ombelico. Il lobo sifonale è ampio, poco profondo e obliqua- mente spostato verso l’interno; esso sì continua colla prima sella slargata, tozza, festonata e divisa in tre parti imeguali da due dentellature un poco più profonde. Il primo lobo laterale stretto riguardo alla prima sella, di poco Fic. 5. Linea lobale di Ps. (C4.) morattanica n. Meno profondo del sifonale, presenta due branche, delle quali è leggermente sp., rilevata in grandezza naturale al più corta quella situata verso l’ombelico. La seconda sella, pur mantenen- Taggio din co, dosi larga e tozza, è molto più piccola e più bassa della prima. Il secondo lobo laterale è meno profondo del precedente e quasi della stessa larghezza di esso; seguono più ridotti, ma ri- spettivamente un poco più bassa ed un poco più profondo, la terza sella ed il terzo lobo, quindi la quarta sella, che si completa nella parete dell’ombelico. Per la presenza di 4 selle nella linea suturale, la specie di Pseudotissotia, ora deo, siravvicinerebbe al eruppo di Pseudotissotia s. str.; ma per la forma lenticolare, con fianchi convergenti fortemente verso la regione esterna assottigliata, acuta e provvista di una sola carena, è invece da ascrivere al sottogenere Choffaticeras ed al gruppo di forme monocarenate, secondo quanto ci ha fatto conoscere il PeRvINQuIÈRE. Perciò il carattere relativo al numero delle selle nella linea lobale, osservato in questa specie, rende ancora più stretti, come si vede, i legami tra Pseudotissotia e Choffaticeras, già riconosciuti, come sappiamo, dal PERVINQUIÈRE. La Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp., fra le specie appartenenti al sruppo delle monocarenate, presenta affinità con Ps. (Oh.) Luciae Perv.!, ma se ne distingue specialmente per la linea lobale assai diversa nella configurazione della prima sella e del primo lobo laterale, oltre che per la curvatura differente dei fianchi, che non presentano il massimo spessore proprio al bordo dell’ombelico e non portano una depressione spirale in prossimità della regione esterna; la sezione dei giri risulta perciò di aspetto diverso. | Anche Ps. (Ch.) Massipiana Perv.È e Ps. (Ch.) Barjonai Cuorr.3 sono specie affini alla nostra, ma la confu- sione con esse non è possibile per diversità delle car lobali e delle sezioni dei giri in relazione colle differenti ‘ curvature dei fianchi. Per la sua forma invece la nostra specie si avvicina all’esemplare di Hemitissotia Morreni Coa. sp. var. prae- cipua PeR., figurato dal PeRON® a tav. XV fig. 1 e 2 (linea lobale a tav. XVIII, fig. 11), ma se ne distingue net- tamente per la linea lobale da Pseudotissotia ed inoltre diversa per il numero degli elementi (4 selle invece di 5) e per la conformazione di essi, specialmente per ciò che riguarda la prima sella ed il primo lobo laterale. L'unico esemplare di Ps. (OR.) mokattanica n. sp. fu raccolto dal Figari Bey nella «regione dell’altipiano mokattanico, sotto il parallelo di Benesuef, nella costa orientale » e quindi, per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, più precisamente nei dintorni del Convento di S. Paolo. Sia perchè la roccia fossilizzante, un calcare marnoso grigio scuro, corrisponde a quello in cui sono pietrificate le ammoniti turoniane precedentemente ‘ PervinquièrE L. Ft. paléont. tumisienne. Céphalopodes, pag. 354, tav. XXIV, fig. 1 e 2. © PERVINQUIÈRE L. Ibidem, pag. 357, tav. XXIV, fig. 3. " CHorrart P. Faune crét. Portugal, pag. 73, tav. III; tav. XVIII, fig. 3; tav. XXII, fig. 40-42. ) Peron A. Amm. crét. Algérie; — PeRvinquièRrE L. Op. cit., pag. 360, tav. XXV, fig. 2,3. E IE E A, ET E I PL NET n iii [29] B. GRECO 2017 descritte della medesima località, sia perchè tutte le specie di Pseudotissotia conosciute sono confinate nel Turo- niano, a tale piano geologico appartiene anche questa specie nuova. 1 3. Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n. sp. — Tav. XX [IV], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . 3 ò ò ; : i 5 i ò 5 . . mm. 124 Altezza dell’ultimo giro . È ; 9 } ; È . , 5 » 54 Spessore dell’ultimo giro. } È 5 . È | i 1 5 ni d3 Larghezza dell’ombelico . c $ i o " . D : È » 22 Fra le ammoniti della collezione del FicArI BEY notaisubito, a prima vista, questo unico esemplare, il quale, sebbene lasci a desiderare per ilsuo stato di conservazione, è interessante e singolare per i suoi caratteri morfolo- gici. Esso ha forma lenticolare, con spira molto involuta, lasciando allo scoperto però per piccolo tratto i giri pre- cedenti, mal conservati, con ombelico di piccola ampiezza, profondo, le cui pareti, arrotondate al contorno, diven- gono poi verticali. Fianchi poco convessi, col massimo spessore a breve distanza dall’ombelico, donde si dirigono con debole e decrescente curvatura verso la regione esterna. Essa è particolarmente interessante in questo nostro individuo. All’inizio dell’ultimo giro è estremamente assottigliata, acuta, tagliente, provvista di carena, non di- stinta da solchi laterali; per erosione lascia vedere qua e là il modello del sifone, che appare come un tubo cal- careo, cilindrico, del diametro di mm. 2. Tale conformazione si continua fino al diametro di mm. 105, avendosi quindi, per tutto questo tratto, la sezione del siro di forma acutamente subtriangolare. A partire da tale diametro in poila carena sparisce, la regione esterna gradatamente va sempre più allargandosi e deprimendosi, acquistando nel mezzo forma arrotondata, ed essendo lateralmente delimitata da due carene smussate, una per parte, diver- genti dalla originaria carena. Esse, continue al loro inizio, gradualmente divergendo risultano in seguito ciascuna di una successione di tubercoli ben spiccati, regolarmente distanziati, che si collegano con i corrispondenti della altra carena, mediante una grossolana piega attraverso la regione esterna; di tali tubercoli se ne contano nel no- stro esemplare 6 per parte. La sezione del giro quindi in questo tratto modifica la sua forma acutamente subtrian- golare, divenendo troncata in alto. Data la grande regolarità di.tale configurazione della regione sifonale, mi pare si possa ritenere che questo singolare aspetto non sia dovuto a rottura o ad erosione, per quanto l’esemplare lasci a desiderare per il suo stato di conservazione. Tuttavia, possedendo questo unico esemplare e non potendo con- statare se questo carattere sia costante o si tratti di un caso teratologico, e, non potendo per la stessa ragione, d’altra parte escludere assolutamente che ciò sia dovuto in qualsiasi modo alla fossilizzazione, resto perplesso a questo riguardo. Mail nostro ammonite è interessante anche per altre singolarità che presenta. Esso è asimmetrico nella curva- tura dei fianchi, essendo un poco più convesso dal lato sinistro di chi suarda l’apertura della conchiglia; inoltre dallo stesso lato sinistro esso mostra, regolarmente distanziati nella parte conservata, cinque solchi peristoma- tici, più o meno spiccati, ad andamento alquanto tortuosi, i quali non trovano affatto corrispondenti nell’altro lato dell'esemplare. Questa seconda asimmetria è da aggiungere a quelle notate già dal SoLcER, dal PERVINQUIÈRE e da me a proposito di Ps. (CR.) segnis SoLGER (pag. 213 [25] e 214 [26]) e dal SoLGER a proposito di Hoplitoides ingens V. Korn. Queste asimmetrie come già abbiamo riferito, sarebbero spiegate dal SoLGER, ammettendo per tali specie una vita strisciante sui fondi marini, portando la conchiglia piegata da una parte. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 28 ba PARO 218 B. GRECO | [30] La superficie, all’infuori dei solchi peristomatici e dei tubercoli descritti, appare liscia. La camera di abitazione non è conservata. Lalinealobale(Fig.6),postainevidenza al raggio dimm. 57 è tipica da Pseudotissotia. Consta di un lobo sifonale relativamente largo, profondo, di poco spostato lateralmente, al quale segue la prima sella slargata inferiormente e ristretta in alto, divisa alla base in due parti, mediante due festonature spiccate ed alla sommità in altre due parti per mezzo di una dentellatura più forte delle altre; risulta quindi divisa in quattro parti di poco asim- metriche due a due. Il primo lobo laterale è assai largo e alquanto più profondo del sifonale; comincia con una piccola sporgenza, alla quale ne SI , segue un’altra più spiccata ed in seguito la restante parte del lobo è divisa Linea lobale di Ps. (CA.) De Stefanti n. sp., rilevata in grandezza naturale al raggio di da una punta piccola in due parti asimmetriche, delle quali è un poco mm. 57. meno profonda quella rivolta verso la regione esterna. La seconda sella, di gran lunga più piccola della prima, della quale è pure molto più bassa, è dentellata e bipartita alla sommità da una incisione più profonda; ad essa segue il secondo lobo laterale quasi della stessa larghezza di essa, ma, ri- spetto al primo lobo laterale, meno profondo e molto più ridotto. La terza sella è di poco più piccola e più bassa della precedente e, come essa, bipartita alla sommità. Al terzo lobo laterale, assai più stretto e meno profondo del secondo, seguono la quarta sella ed il quarto lobo più piccoli e con andamento discendente verso la parete dell’ombelico, sulla quale si completa la quinta sella di dimensioni ancora minori. L’ammonite ora descritto, per la sua conformazione fino al diametro di mm. 105 e per i caratteri della linea lobale appartiene al genere Pseudotissotia, sottogenere Choffaticeras ed al gruppo di forme monocarenate, secondo l'opinione del PervinQuIÈRE. Se il carattere della regione esterna oltre il diametro di mm. 105, sopra descritto, fosse costante, il nostro esemplare, non solo sarebbe distinto da tutte le Pseudotissotia finora conosciute, ma bi- sognerebbe alquanto modificare la diagnosi di questo genere per farlo in esso rientrare. Prescindendo però, allo stato presente delle cose, da questa singolare conformazione e, limitandoci ad osservare i caratteri morfologici fino al diametro di mm. 105, il nostro ammonite presenta affinità, fra le specie monocarenate, con Ps. (Ch.) Barjo- nai CHorr.!, con Ps. (Ch.) Luciae PeRV.° e con Ps. (Ch.) Massipiana Perv.8. Da esse tutte però si distingue bene per la presenza dei solchi peristomatici, non osservati finora in altre specie di Pseudotissotia, per sezione di giri diversa e per la differente linea lobale. Poichè il genere Pseudotissotia è limitato al Turoniano, anche questa nuova specie Ps. (Ch.) De Stefan appar- tiene a tale piano geologico, il che concorda colla natura della roccia, nella quale il nostro esemplare è fossilizzato, corrispondente a quella che in Egitto si depositò durante il Turoniano. L'unico individuo che rappresenta tale nuova specie, da un cartellino del Museo è indicato semplicemente, come proveniente dall’Arabia Petrea; pur troppo quindi non possiamo sapere da quale delle quattro località fos- silifere, indicate dal Figari Bey* in questa regione, esso provenga: Ouadi Bahet-Azau, Quadi Magara, Quadi Abutrefa e Quadi Gorandel. ) CÒoFFat P. Faune crét. Portugal, pag. 73, tav. III; tav. XVIII, fig. 3; tav. XXII, fig. 40-42. ® PERVINQUIÈRE L. Et. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 354, tav. XXIV, fig. 1 e 2. 3 PERVINQUIÈRE L. Ibidem, pag. 357, tav. XXIV, fig. 3. 4) FigARI Bey A. Studi scientifici sull’Egitto, pagg. 501, 503, 557 e 654. . [31] i B. GRECO 219 III. Cefalopodi del Coniaciano. Sott. Ammonoidea. Gen. Heterotissotia PERON. Questo genere fu istituito dal PERON per un ammonite dell’Algeria!) di forma diseoidale, con regione esterna troncata, piana e limitata da due carene laterali tubercolose; con linea lobale composta di quattro selle a contorno arrotondato, la prima semplicemente divisa in due parti, delle quali l’interna arrotondata e simile alle selle seguen- ti; a lobi denticolati. Il PERON fece notare come questo genere, avendo la linea lobale corrispondente a quella del genere 7'issotia e la forma della regione sifonale simile a quella del genere Neolobites, fosse da considerare come un termine di passaggio tra i Neolobites e le Tissotia. Il PrRON descrisse una sola specie appartenente a questo genere, Heterotissotia neoceratites PER., rappresen- tata a sua volta da un solo esemplare, proveniente dal Senoniano inferiore dei dintorni del ricovero per carovane di Tamarins in Algeria. In seguito il PervinouièRE? attribuì con qualche riserva alla stessa specie un esemplare incompleto di un ammonite raccolto in Tunisia negli strati di Dyr-el-Kelb presso Kasr Tleli, da lui ascritti alla fine del Turoniano. Nella nostra collezione il genere Heterotissotia è largamente rappresentato da numerosi esemplari appartenenti a quattro specie finora non conosciute. Degna di nota sopra tutto Heterotissotia neolobitoides n. sp., che, come ve- dremo, ha i caratteri morfologici di Heterotissotia, compreso il numero e la conformazione delle selle nella linea lobale; ma i suoi lobi, come nei Neolobites, sono privi di dentellature. Ciò rende ancora più stretta la parentela tra Neolobites, Heterotissotia e T'issotia, già posta in evidenza dal PERON. Prescindendo da quell’individuo riferito con riserva dal PERVINQUIÈRE ad Heterotissotia neoceratites PER., raccolto in Tunisia in terreni della fine del Turoniano, la detta specie sarebbe certamente stata trovata nel Seno- niano inferiore dell’Algeria. E di questa stessa età è da ritenere che siano anche le nostre Heterotissotia egiziane; ciò in accordo colla natura della roccia, un calcare marnoso giallo che fa passaggio ad un calcare siliceo ferrug- ginoso rosso, la quale formazione, perla presenza di Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp., costituiscein Egitto il Senoniano infèriore, 0 più precisamente il Coniaciano. 1. Heterotissotia aegyptia n. sp. — Tav. XXI[V], fig. 1,2. DIMENSIONI Diametro . È 6 è È 5 . 2 È È È 5 20 iano (07 Altezza dell’ultimo giro . ; 3 EI ; i x 5 ; » 32 Spessore dell’ultimo giro . È È : ; È : È ; 3 22 Larghezza dell’ombelico . ; ; : : 5 ; È 5 , Di Conchiglia discoidale, depressa, a rapido accrescimento, con spira molto involuta, in modo però da lasciare scoperto per piccolo tratto i giri precedenti, con ombelico piccolo, a pareti regolarmente arrotondate. Fianchi leggermente e regolarmente convessi; regione sifonale troncata, appianata e limitata ai lati rispettivamente da i) PeRON A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 81. ?) PERVINQUIÈRE L. f. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 379, tav. XXIII, fig. 7. 220 B. GRECO [32] una carena originata da una serie di piccole sporgenze tubercolose, compresse lateralmente ed allungate nel senso della spira; sezione dei giri subrettangolare, molto più alta che larga. Camera di abitazione non conservata. Or- namenti costituiti da coste grosse ben spiccate, che incominciano con un tubercolo poco rilevato al contorno del- l'ombelico, si continuano radialmente, separati da spazi più larghi di esse, fino verso la metà del giro; quivi si di- vidono ad angolo in due coste più sottili e più deboli, che, giunte in prossimità della regione esterna, formano un piccolo tubercolo ben spiccato, oltre il quale quasi completamente svaniscono, piegando in avanti, per andare poi a formare le piccole sporgenze tubercolose delle carene nella regione sifonale. Di queste coste principali se ne contano 4 nella metà dell’ultimo giro di due esemplari, essendo gli altri ancora più incompleti; si può quindi argo- mentare che il numero di esse in tutto l’ultimo giro sia di 8. Alternate con le 4 coste principali nei nostri due esem- plari se ne hanno altre meno spiccate, senza tubercolo ombelicale, che hanno lo stesso comportamento; cosicchè in prossimità della regione esterna, in detta metà dell’ultimo giro, si osservano 16 di quei piccoli tubercoli for-. mati dalle coste secondarie. Lalinealobale (Fig. 7), tipicada Heterotissotia, constadiunlobosifonale stretto, denticolato e spostato versolaca- rena laterale, in corrispondenza della quale esso ha la punta inferiore; la prima sella assai larga si svolge per piccolo tratto sulla stessa carena laterale, quindi ha il suo massimo sviluppo sul fianco, ove da una dentellatura è divisa in due parti disuguali, la esterna più grande, più bassa e leggermente denticolata, la interna arrotondata, semplice, più elevata, alquanto inclinata verso il primo lobo laterale ed un poco strozzata alla base. Il E) eta ae primo lobo laterale è di poco meno profondo del sifonale, denticolato, slargato lateral- dezza naturale al raggio mente dopo la strozzatura della metà interna della prima sella; anche la seconda sella è di mm. 29 (2). un poco strozzata, arrotondata. integra, più bassa e di gran lunga più piccola della prima. Seguono il secondo ed il terzo lobo laterale, denticolati, deerescenti in grandezza ed ampiezza, alternanti con la terza e quarta sella, pure sradatamente più piccole, ma a margine integro ed arrotondato; la quarta sella si trova al margine dell’ombelico e, sulla parete arrotondata di esso, segue un piccolo lobulo ed una piccola selletta in forma di ondulazioni. Come varietà estrema compressa, collegata da termini intermedi alla forma tipica, distinguo alcuni esemplari a fianchi depressi e pianeggianti, con regione esterna più ristretta, a coste principali ed a tubercoli meno spiccati; la linea lobale corrisponde a quella della forma tipica. La H. aegyptia n. sp. rassomiglia alla H. neoceratites PeRON.!; ma se ne distingue in modo speciale sia per le co- ste secondarie radiali, formanti un tubercolo spiccato in prossimità della regione esterna, mentre nella specie di Peron hanno un andamento doppiamente sinuoso e non formano tubercolo prima di giungere alla regione sifo- nale, sia per notevoli diversità nella linea lobale. Infattiin H. neoceratites PERON, a differenza della nostra specie, la prima sella ha la porzione esterna integra e molto più piccola della interna, che non è strangolata alla base, nè inclinata verso il lobo, strozzatura che non si verifica nemmeno nelle altre selle; il primo e secondo lobo laterale sono più ampi e non slargati lateralmente. E Questa nuova specie è rappresentata nella nostra collezione da 13 esemplari, uno dei quali è intero, ma defor- mato e gli altri più o meno incompleti. Di essi 9 appartengono alla forma tipica; due, fossilizzati in calcare marnoso giallastro, provengono, secondo il cartellino del Museo, dall’ Arabia Petrea senza più precisa indi cazione e quindi da una delle quattro località fossilifere di questa regione, indicate dal FrcArI Bey, come abbiamo già fatto conoscere precedentemente; degli altri 7, tutti costituiti da calcare siliceo ferrugginoso rosso, 4 sono indicati da FrcARI Bey come provenienti dalla «regione dell’altipiano mokattanico, costa orientale » e quindi Fic. 7. Linea lobale di H. aegyptia !) PERON A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 82, tav. XVI, fig. 9 e 10; tav. XVIII, fig. 20. [33] B. GRECO - 221 più precisamente, per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, dall’Ouadi Abou Elefieh, nelle vicinanze del Con- vento di S. Paolo; ed infine 3, pure secondo il cartellino del FrcAarI Bey, dall’Quadi Ouh nei dintorni di Edfu. La var. compressa è rappresentata da 4 individui incompleti ed in cattivo stato, fossilizzati pure in un calcare ferrug- ginoso rosso. Un cartellino del Museo indica semplicemente la provenienza dall'Egitto; non possiamo quindi pre- cisare se siano stati raccolti all’Ouadi Quh, oppure all’Ouadi Abou Elefieh, nelle vicinanze del Convento di S. Paolo. Per ciò che abbiamo detto a proposito del genere Heterotissotia e che diremo, occupandoci di Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp., la H. aegyptia n. sp. è da considerare come specie del Senoniano inferiore o Coniaciano. 2. Heterotissotia neolobitoides n. sp. — Tav. XXI [V], fig. 3. DIMENSIONI Raggio spirale massimo . È : î c È . È 4 . mm. dl (?) Altezza dell’ultimo giro . : 3 5 è È ; c ° 5 DIS? Spessore dell’ultimo giro . 6 : . Ò ) 5 : 5 9 120 Un ammonite della collezione del FicaRI Bey, quantunque molto incompleto, è interessante in modo speciale, come ora diremo, per la conformazione della linea lobale. Si tratta di una porzione dell’ultimo giro, costituita, nella sua quasi totalità, dalla camera di abitazione, presentando nella parte inferiore la linea lobale dell’ultimo setto e piccola porzione della penultima; è conservato inoltre un tratto del giro antecedente. La forma della con- chiglia appare discoidale depressa, a spira involuta, con ombelico di discrete dimensioni, a pareti arrotondate. I fianchi sono appena convessi fino a 3/, del giro, poi spiccatamente inclinati verso la regione esterna, la quale è . compressa lateralmente, troncata, priva di carena mediana e provvista ai lati rispettivamente di una carena co- stituita da una serie di sporgenze ben spiccate più o meno taglienti, compresse lateralmente, allungate nel senso della spira ed a contorno arcuato; la sezione del giro appare subesagonale. Nel tratto del margine ombelicale conservato si vedono 3 tubercoli da ognuno dei quali si originano ad angolo due pieghe larghe, poco spiccate, con andamento quasi rettilineo, separate da spazi molto più ampi; esse, in corrispondenza della porzione dove i fianchi piegano verso la regione esterna, formano un tubercolo ben rilevato ed, evanescendo, piegano un poco in avanti e vanno a terminare alle sporgenze delle carene laterali sopra descritte. Interposta ad esse si trova una piega della stessa forma e del medesimo comportamento delle altre, ma che comincia dal mezzo del fianco senza tubercolo iniziale. L’ultima costa del nostro frammento è più spiccata delle altre; si origina semplice dall’ombelico senza tubercolo e si comporta come le altre; essa è separata dalla precedente da un solco più profondo, che si con- ‘tinua nella regione sifonale e nell’altro fianco, originando un peristoma. La linea lobale (Fig. 8) consta di 4 coppie di elementi. Il lobo sifonale non è conservato; la prima sella larga, depressa, è divisa da una piccola incisione in due parti di dimensioni quasi uguali, simmetriche, entrambe a contorno integro, della stessa altezza, arrotondate e de- presse; il primo lobo laterale è piccolo, stretto, molto sproporzionato non solo rispetto alla prima sella, ma anche alle altre, ed a margine integro, senza alcun indizio di REA dentellature, pure essendo la linea lobale ben conservata. Segue la seconda sella an- Linea lobale di 7. neolobitoides ch’essa integra, a curva arrotondata, ma saliente un poco in obliquo e risulta più sp. rilevata in grandezza alta della prima. Il secondo lobo laterale è molto meno profondo e più piccolo del °**"810alraggio dimm.38 (1) primo ed anch'esso a contorno semplice; segue la terza sella della stessa larghezza della precedente, ma di poco più bassa ed a curva discendente, e poi un terzo piccolo lobulo integro; la quarta sella, estremamente ridotta, si svolse sul bordo dell’ombelico. -n- —- — << - SL 222, B. GRECO [34] La linea lobale ora descritta, per il numero degli elementi, per le selle a contorno integro, con la prima di esse bipartita da una incisione, ha i caratteri da Heterotissotia; e ciò in concordanza anche della forma ed ornamenti della conchiglia. Ma presenta lasingolare caratteristica di avere anche ilobiprivididenticolazione, richiamando alla memoria i lobi del genere Neolobites. Da questo genere però la linea lobale del nostro esemplare si allontana per il minor numero degli elementi e per la conformazione e le dimensioni della prima sella. Avendo riguardo appunto a questi caratteri, alla forma della conchiglia ed agli ornamenti, ritengo che il nostro singolare ammonite sia da riferire al genere Meterotissotia. Ora poichè il Peron! crede appunto che tale genere da lui fondato rappresenti un termine di passaggio fra Neolobites e Tissotia, l'integrità dei lobi in questa specie di Heterotissotia è un altro valido argomento in appoggio della sua opinione. E noi possiamo spiegarlo come un ritorno di detti lobi alla. forma atavica dei Neolobites del Cenomaniano in questa specie di Heterotissotia coniaciana. In tale considerazione appunto ho dato a questa nuova specie il nome di H. neolobitordes. Essa ricorda H. aegypta n. sp. ed H. neoceratites PeRON®), distinguendosene nettamente per la sua carat- teristica linea lobale, oltre che per spiccate diversità nella sezione del giro e negli ornamenti. L'unico esemplare incompleto, che la rappresenta, è fossilizzato nel calcare ferrugginoso rosso del Coniaciano. Un cartello del Museo ne indica semplicemente la provenienza dall’Arabia Petrea; quindi non sappiamo in quale delle 4 località fossilifere di questa regione, indicate dal FrcARrI Bey e da noi precedentemente accennate, esso sia stato trovato. 3. Heterotissotia Figarii n. sp. — Tav. XXI [V], fig. 4, 5. DIMENSIONI Diametro . . 3 ; : 3 2 i 3 i ; ; . mm. 108 Altezza dell’ultimo giro. ; RESI , 5 3 ; 3 ; » 40 Spessore dell’ultimo giro . , : ; È . ; 7 ‘ ; » 30 Larghezza dell’ombelico . o ò . È ; o ; È 1 » 34 Conchiglia discoidale, depressa, a spira involuta, ad accrescimento lento, con ombelico largo, a pareti arroton- date. Fianchi pianeggianti e, nella parte precedente la camera di abitazione, incurvati vicino all’inizio della regione esterna, che è troncata, larga, piana e provvista ai due margini rispettivamente di una carena, formata dalla successione di rilievi compressi lateralmente, acuti, taglienti, a superficie arcuata e molto allungati nel senso della spira; sezione del giro, in questa parte, subesagonale. Ornamenti costituiti da 8 grossi tubercoli ombelicali nello ultimo giro, che danno origine ciascuno a due pieghe divergenti, ampie, ma poco spiccate. Esse nel mezzo dei fianchi formano un tubercolo più piccolo, poi sì affievoliscono e, vicino alla regione esterna, danno origine ad un altro tubercolo più spiccato; quindi quelle, che si trovano prima della camera di abitazione, piegano obliquamente in avanti per piccolo tratto. ed, evanescendo, vanno a terminare ai rilievi delle carene laterali sopra descritte. Fra una coppia di pieghe e la successiva, quasi nel mezzo dei fianchi, in corrispondenza del secondo tubercolo, si origina, da un tubercolo uguale a questo, una piega della stessa forma delle altre, che si comporta usualmente; ne risulta perciò che il giro è provvisto sui fianchi di 3 serie spirali di tubercoli, delle quali la ombelicale e la mar- ginale esterna sono più spiccate. La camera di abitazione, nella parte conservata, occupa poco più di metà dello ultimo giro; essa pure lascia vedere, dove è in stato discreto di conservazione, le tre serie di tubercoli; ma i fianchi in essa arrivano appianati proprio nella regione esterna ed i tubercoli marginali si fondono con le sporgenze care- i) PERON A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 81. ? PERON A. Ibidem, pag. 82, tav. XVI, fis. 9 e 10; tav. XVIII, fig. 20. _ [35] B. GRECO 223 nali, prendendone il posto e la forma; diventano quindi essi molto più grossi, la regione esterna acquista aspetto più slargato e spianato, la sezione dei giri da subesagonale si cambia in subrettangolare. La linea lobale (Fig. 9) ha i caratteri da Heterotissotia. Consta di un lobo sifonale stretto, poco neo, al- quanto spostato obliquamente verso la carena laterale. Segue la prima sella larga, tozza, divisa da un piccolo lobulo appena denticolato, in due parti uguali, entram- be arrotondate, depresse, leggermente ristrette alla base e provviste di due pieco- |\v lissime dentellature; la porzione esterna, disposta obliquamente in fuori, si svolge per metà sulla regione sifonale, il lobicino divisorio è situato in corrispondenza RO della serie marginale esterna dei tubercoli, negli avvallamenti compresi fra essi, Linea lobale di X. rigarii n. sp., mentre la porzione interna, un poco inclinatain dentro, si trova tutta sul fianco del rilevata in grandezza naturale giro. Il primo lobo laterale è della stessa profondità del sifonale, di forma arcuata #1 raggio di mm. 41. in basso, denticolato, di poco più ampio della seconda sella. Questa è arrotondata, depressa, a margine integro, lessermente strozzata alla base ed è un poco più bassa della precedente. Segue il secondo lobo laterale pure denticolato, ma più piccolo e meno profondo del precedente e quindi la terza sella quasi della stessa forma, al- tezza e dimensione della seconda; il terzo lobo laterale è molto ridotto in grandezza e profondità, anch'esso denticolato. Segue la quarta sella più piccola della precedente e, in prossimità della parete ombelicale, si sus- seguono come semplici ondulazioni due minuscoli lobicini e due sellette. Oltre all’esemplare intero e meglio conservato, ora descritto, fossilizzato nel calcare marnoso giallognolo, fanno parte della nostra collezione anche altri 3 esemplari, dei quali uno quasi completo, provvisto pure di buona parte della camera di abitazione, ma deformato e due costituiti da frammenti estratti dal calcare ferrugginoso rosso. La H. Figarù n. sp., comerisulta dalla descrizione, si distingue bene da H. neoceratites Peron! , da H. aegyptia n. sp. e da H. neolobitoides n. sp. specialmente per il suo accrescimento lento, con ombelico largo, per le 3 serie di tubercoli spirali e per la linea lobale diversa. Per il suo aspetto generale e per la serie mediana di tubercoli nei fianchi ricorda a prima vista quell’esemplare di Placenticeras syrtale Mort. sp. var. Guadalupae Roew., descritto e fisurato dal De GrossouvreE?) colle fig. 1 e 2 della tavola VI, differendone però specialmente perla presenza dei tubercoli ombelicali e per la linea lobale, che non è affatto da Placenticeras, ma da Heterotissotia. Anche questa specie, come le due precedenti, è finora esclusiva del Coniaciano dell’Egitto. I due frammenti estratti dal calcare ferrugginoso rosso sono indicati come provenienti dalla « costa orientale dell’altipiano mo- kattanico, sotto il parallelo di Benesuef » e quindi, per ciò che abbiamo già detto nei cenni geologici, più precisa- mente sarebbero stati raccolti nelle vicinanze del Convento di S. Paolo, all’Ouadi Abou Elefieh; anche gli altri due esemplari, che portano la vaga indicazione di Egitto, sono da ritenere trovati nella stessa località. 4. Heterotissotia Osiridis n. sp. — Tav. XXI [VI], fig. 1. DIMENSIONI Raggio spirale massimo : è . è - 5 ; i . . mm. 58 (?) Altezza dell'ultimo giro - c c ; . £ È d : È » 47 Spessore dell’ultimo giro . c c 3 : È ? 3 : . » 47 Questa bella e caratteristica specie è rappresentata da 3 esemplari incompleti, il migliore dei quali è quello figurato, le cui misure ho sopra trascritto. Consta di quasi metà dell’ultimo giro di un ammonite tutto concamerato i) Peron A. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 82, tav. XVI, fig. 9 e 10: tav. XVIII, fig. 20. 2 De Grossouvre A. Amm. Craie sup., pag. 128. 924 B. GRECO [36] e privo perciò della sua camera di abitazione. Appare di forma discoidale a spira involuta, con accrescimento piuttosto lento, ad ombelico largo e profondo, di modo che si vede bene per buon tratto il giro precedente, con pareti ombelicali arrotondate. Fianchi debolmente convessi fino alla regione esterna, che è larga, troncata ed ap- pianata, provvista, nella parte inferiore del nostro frammento, di due carene marginali una per parte, costituite ciascuna da una serie di rilievi compressi lateralmente, a superficie acuta, arcuata, ed allungati nel senso della spira. Sul margine ombelicale, nella parte conservata, si osservano 3 tubercoli ben rilevati, ciascuno dei quali si continua con una costa a forma di piega ben rilevata, a superficie arrotondata, ad andamento radiale; queste pieghe, giunte a metà del fianco, formano un nodo appuntito, oltre il quale si deprimono, attenuandosi, per for- mare, al principio della regione esterna, un altro nodo acuto più spiccato, quindi, evanescendo per piccolissimo tratto e piegando un poco in avanti, vanno a terminare nei prossimi rilievi carenali. Interposte fra esse si vede prima una costa, che comincia a metà del giro senza tubercolo, e giunta al margine esterno, si comporta come le altre; più in là se ne vede una consimile, ma che comincia col tubercolo e, dopo questa, si vede al margine esterno un tubercolo ridotto, che dovrebbe corrispondere ad altra costa secondaria, ma di essa manca qualsiasi traccia sul fianco. Risulta da ciò che i fianchi presentano tre serie di tubercoli spirali, una ombelicale, una mediana ed una marginale esterna; che al margine della regione sifonale, nel nostro frammento, sì contano 7 tubercoli. Essi sono di grandezza crescente; i primi 3, prossimi ai rilievi della rispettiva carena, nettamente distinti da essi, sono ben spiccati ed appuntiti; ne seguono due molto più rilevati e robusti, poi uno più ridotto, privo della costa corri- spondente ed infine uno robustissimo, compresso ai lati ed allungato secondo la spira. Tale maggiore sviluppo di questo tubercolo è in relazione anche colla robustezza della costa corrispondente, dalla quale deriva, che è la più sviluppata di tutte. A partire dal terzo nodo inferiore la regione esterna va gradatamente sempre più allargandosi e deprimendosi, mentre svaniscono i rilievi delle due carene laterali; allora i tubercoli si sviluppano maggiormente, si formano proprio sulla regione esterna e quelli di un margine si uniscono a quelli dell’altro mediante una larga piega appena distinta, che attraversa la regione sifonale. La sezione del giro perciò, dapprima subesagonale, diventa poi subquadrata. Lalinealobale (Fig.10)consta di un lobo sifonalerelativamente profondo ed ampio, che appena è spostato verso il margine esterno. Ad esso segue la prima sella assai larga e tozza, divisa in due parti molto disuguali da un lobulo denticolato, spo- stato obliquamente verso l’interno e che si trova in corrispondenza della serie dei tubercoli marginali esterni; la prima parte è il doppio . più grande, festonata, suddivisa in due parti disuguali da una inci- FIG. 10. sione più spiccata, ed è compresa quasi totalmente nella regione si- Linea lobale di H. Osiridis n. sp., rilevata in gran- fonale; la porzione interna è un poco più alta, molto più piceola, di dezza ne nuralo aliraegio-di samiese 1) forma arrotondata, strangolata alla base, a margine denticolato ed inclinata verso l’interno. Segue il primo lobo laterale molto più lungo che largo, alquanto più profondo del sifo- nale ed elegantemente dentellato. Esso si continua con la seconda sella slanciata, più lunga che larga, un poco ristretta alla base, arrotondata, integra e più bassa della prima. Il secondo lobo laterale è della metà più stretto e meno profondo del precedente e pur esso denticolato; ad esso segue la terza sella integra, arrotondata, ristretta alla base, slargata e presso a poco della stessa altezza della seconda. Il terzo lobo laterale, molto ridotto in lar- ghezza, profondità e denticolatura, si continua con la quarta sella repentinamente e sproporzionatamente più . piccola e più bassa della terza ed a margine integro. Si susseguono poi, in vicinanza della parete dell’ ombelico e sulla parete stessa, con curva stretta e semplicemente ondulata, quattro sellette e quattro lobicini, come elementi accessori. La H. Osîridis n. sp., come risulta dalla descrizione, è simile alla H. Figardi n. sp., ma da essa si. distingue per [37] È i B. GRECO 995 la regione esterna più slargata, per la differente sezione del giro, per i tubercoli marginali più spiccati e robusti, che si collegano con quelli del margine opposto, e soprattutto per le notevoli differenze della linea lobale. L’esemplare figurato è fossilizzato nel caleare marnoso giallo, che qui ha sfumature rossastre indicanti il pas- saggio al calcare ferrugginoso rosso; un altro frammento appartenente ad un individuo più piccolo è costituito da quest’ultimo calcare rosso. Sono entrambi indicati come provenienti dall’ Egitto senza altra specificazione di località; per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, è da ritenere che siano stati raccolti nelle vicinanze del Con- vento di S. Paolo, all’Ouadi Abou Elefieh. Un terzo esemplare, pure esso incompleto, che porta la semplice indica- zione di Arabia Petrea, proviene da una delle quattro solite località fossilifere, indicate dal FrcAarI Bey in tale regione e da noi precedentemente riferite. Anche questa specie, come le tre precedenti, è finora esclusiva del Coniaciano dell’Egitto. Gen. Tissotia DouviILLé. 1. Tissotia Fourneli Bavur sp. — Tav. XXI [V], fig. 6. 1889. Buchiceras Fourneli Thomas et Prron. Moll. foss. Tunisie, pag. 9, tav. XV, fig. 10-14. 1890. Tissotia Fourneli DouvinLe. Cératites de la Craie, pag. 282-285. 1897. _ — Peron. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 59, tav. X, fig. 1-8; tav. XVII, fig. 9-10. 1903. 2 Tissotia sp. cfr. Fourneli Dacque. Kreidecomplex von Abu Roash, pag. 388. 1994. —_ — 2? Fourrau. Faune crét. d’Egypte, pag. 251. 1907. . — —_ Prrvinquière. Hi. palcont. tunisienne. Cephalopodes, pag. 372, tav. XXVI, fig. 5 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . 5 o : 3 : 3 " 3 5 È . mm. 39 Altezza dell’ultimo giro . ì : 2 . : È : i ; » 19 Spessore dell’ultimo giro . 6 E é 5 È È È È « PIO 1) Larghezza dell’ombelico . o G > . . o ; ; 5 » 8 Il genere Tissotia fu instituito dal DouviLLÉ per alcune specie di ammoniti precedentemente ascritte al ge- nere Ceratites, poi riferite al genere Buchiceras, come B. Tissoti, B. Ewaldi, B. Fourneli, le quali, specialmente per differenze della linea lobale, non potevano appartenere al genere Buchiceras. Questo infatti ha tanto le selle quanto i lobi denticolati ed i lobi angolosi, mentre le specie, per le qualiil DouviLLÉ propose il nome generico di Tissotia, hanno le selle integre ed i lobi denticolati, ma arrotondati. Questo genere è rappresentato nella nostra collezione dalla sola specie della quale ora ci occupiamo, costituita dal solo piccolo esemplare figurato, che presenta le misure trascritte. La sùa forma è discoidale, con fianchi poco ma regolarmente convessi, con regione esterna ottusamente arrotondata e provvista di una carena poco evidente, per lo stato di conservazione dell’esemplare, che ha la superfice alquanto corrosa. L’accrescimento è rapido, con giri ricoperti quasi completamente, lasciando vedere solo una piccola parte dei giri precedenti; l’ombelico è quindi stretto. Gli ornamenti consistono in 8 coste principali, che partono dal contorno dell’ombelico, ove formano un tubercolo poco spiccato e terminano in prossimità della carena nellaregione esterna; fra queste coste, nel mezzo dei fianchi, si originano per biforcazione altre coste simili alle precedenti. La linea lobale non è ben conservata; tuttavia lascia scorgere 4 selle a margine arrotondato integro, la, prima delle quali non ben visibile, separate da lobi arrotondati anch'essi e denticolati. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915 29 226 B. GRECO : [38] Il nostro esemplare corrisponde a quel piccolo individuo di 7. Fournelh BayLE sp. della Tunisia rappresen- i; tato da Tnomas et Peron colla fig. 13 della tav. XV, ed anche a quello delle stesse dimensioni, raccolto in Al- geria e figurato dal Peron a tav. X, fig. 6. Esso, fossilizzato in un calcare marnoso giallognolo rossastro, fu raccolto dal FicaRrI Bey nella «regione dell’al- tipiano mokattanico, sotto il parallelo di Benesuef, all’Ouadi Araba, declive verso il Golfo di Suez»; più precisa- mente quindi, per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, proviene dal Coniaciano dell’Ouadi Abou Elefieh, nelle vicinanze del Convento di S. Paolo. La 7. Fourneli BayLE sp. fu dapprima citata da THromas et PERON come specie del Santoniano in diverse lo- i calità della Tunisia e dell'Algeria, le quali però in seguito furono dal PERON e dal PERVINQUIÈRE ascritte con mag- giore precisione al Senoniano inferiore o Coniaciano. In Egitto, prescindendo da quei due esemplari di ammoniti raccolti ad Abu Roash e determinati dal Dacqué come Tessotia cfr. Fourneli BAYLE, la cui determinazione quindi è dubbia, questa specie è stata citata dal FouRTAU, con un poco di esitazione dovuta allo stato di conservazione degli esemplari, a Darb-el-Hassan, nel massiccio di Abu Roash, in strati da lui attribuiti al Santoniano, impiegando questo termine nel senso più ampio, come THomas et Peron l’intesero per la Tunisia. Il FourtAU infatti distin- gue il Senoniano egiziano in due piani: Campaniano la parte superiore e Santoniano la parte inferiore. Quest’ul- timo quindi preso in senso largo, comprenderebbe anche il Coniaciano, parte inferiore del Senoniano. E come di età coniaciana, d’accordo con l’opinione del PERON e del PERVINQUIÈRE per l’Algeria e Tunisia, noi possiamo con- siderare il nostro esemplare di 7. Fourneli BAYLE sp. ed il calcare nel quale è contenuto. Ciò in corrispondenza anche colla natura litologica della roccia fossilizzante simile a quella che racchiudele specie del Coniaciano in Egitto. Gen. Barroisiceras De GrossouvrE em. SOLGER. 1. Barroisiceras Haberfellneri v. Haunr sp. — Tav. XXII [VI], fig. 2, 3. 1866. Ammonites Haberfellneriv. HaupR. Neve Cephalopoden aus den Gosaugebilden, pag. 301, tav. I, fig. 1-5 1894. Barroisiceras -_ De Grossouvre. Amm. Craie sup., pag. bl, tav. I e II (cum syn.). 1896. — _ Peron. Amm. crét. sup. Algérie, pag. 48, tav. VII, fig. 4 e 5. 1907. — = Previnquière. Et. paléont. tunisienne. Céphalopodes, pag. 380 (cum syn.). DIMENSIONI I II III Diametro . 4 3 3 sont : .- mm. 79 mm. 28: mm. 21 Altezza dell’ultimo giro 5 È : > : . » 40 » 16.» 11 Spessore dell’ultimo giro . 3 ; : ; 3 » 30 )» O» 11 Larghezza dell’ombelico x 3 5 ; ; ‘ vo 15 » 4» 5 Questa bella specie, così bene illustrata dal De GrossouvrE, si presenta nella collezione del FrcArI Bey coni tre esemplari, in stato di conservazione non soddisfacente, dei quali ho dato sopra le misure. DI (Tav. XXII [VI], fig. 2) consta di gran parte dell’ultimo giro e del precedente ed è rappresentato quasi totalmente dalla camera di abitazione, osservandosi in basso il setto dell’ultima concamerazione, con la linea lobale molto mal conservata. Esso, per l’accrescimento rapido, per la sezione del giro, per la curvatura dei fianchi, . per la conformazione della regione sifonale, per i tubercoli ombelicali, per le coste che da essi partono, per le due. carene marginali esterne, formate dalle serie di sporgenze ben spiccate, compresse ai lati ed allungate nel verso della spira, rassomiglia all’esemplare della forma tipica, rappresentato dal De Grossouvre colla figura 3 della tav. L Ha anche le stesse dimensioni e, trovandosi quindi nello stesso stadio di sviluppo, come quello, ha perduto :[39] ; B. GRECO 227 la carena mediana e presenta soltanto le due carene laterali. Come carattere differenziale si può indicare la re- _ gione sifonale un poco più larga. La linea lobale è molto mal conservata; si può semplicemente constatare che essa, per il numero ridotto di elementi, 3 selle e 3 lobi oltre al sifonale, corrisponde a tale carattere della specie in parola. L’esemplare II è di piccole dimensioni. Esso, per i fianchi depressi e la regione esterna ristretta, perla scomparsa dei tubercoli ombelicali e delle coste sui fianchi, essendo però presenti le due carene marginali esterne, formate dalle successioni di tubercoli, corrisponde all’ esemplare della var. Harleù De Gross. rappresentato a tav. TI, fig. 2; è in stadio di sviluppo molto più piccolo di esso e mostra evidente quindi la carena mediana interposta fra le due laterali. La linea lobale è in cattivo stato, ma anche per essa possiamo arrivare alle medesime conclu- sioni dell’esemplare precedente. TINI individuo (Tav. XXII [VI], fig. 3 «, 5) è di dimensioni ancora più piccole. Per la sua forma tozza, per la curvatura dei fianchi, per la sezione del giro subpentagonale, per la regione esterna angolosamente ottusa e ca- renata, per i tubercoli ombelicali grossolani, per la forma e biforcazione delle larghe coste, che originano ai mar- gini esterni le successioni di tubercoli compressi lateralmente, per la conformazione dell’ombelico, corrisponde, proporzionalmente alle sue piccole dimensioni, all’ esemplare della var. Desmoulnsi De Gross., figurato a tav. II, fig. 6. La limea lobale è meglio visibile degli esemplari precedenti, ma lascia anch'essa a desiderare. Tuttavia si può dire che, per numero di elementi e per frastagliature, sembra corrispondere alla figura data dal De GrossouvrE a pag. 56. i Il Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp. è specie caratteristica del Senoniano inferiore o Coniaciano della Francia, della Tunisia, dell'Algeria, del Madagascar. È vero che il PeRON cita in Algeria questa specie, rappresen- tata da un solo esemplare, inviatogli dal PRUDHOMME come proveniente dalla stessa località, nella quale sono state trovate specie turoniane; ma il PERVINQUIÈRE ritiene che tale associazione risulti quasi certamente da una mescolanza di fossili, e che questa specie anche in Algeria si trovi nel Coniaciano. La presenza di B. Haberfellneri v. HAuER sp.in Egitto dimostra, insieme con T'issotia Fourneli BAYLE sp. chela formazione dei calcari marnosi gialli intercalati con calcari ferrugginosi rossi appartiene al Coniaciano e che anche le specie nuove di Heterotissotia, estratte dalla stessa formazione e precedentemente descritte, sono della stessa età. Eciò in perfetto accordo col fatto che 7. neoceratites PeRrON, la sola specie di tal genere, che finora si conosceva, rappresentata da un solo esemplare, è stata trovata negli strati del Senoniano inferiore dell’ Algeria. Tutti e tre i nostri esemplari, fossilizzati in calcare marnoso giallognolo, sono accompagnati da un cartellino del Museo con la semplice indicazione di provenienza dall'Egitto. Per ciò che abbiamo detto nei cenni geologici, essi sono da considerare come trovati dal FrcArI Bey nelle vicinanze del Convento di S. Paolo, all’Ouadi Aboù Ele- fieh. n IV. Cefalopodi del Maestrichtiano. Sott. Ammonoidea. Gen. Libycoceras EAsTMAN. 1. Libycoceras Ismaéli Zror. sp. — Tav. XXII [VI], fig. 4. 1902. Libycoceras Ismaéli Quaas. Overwegisehichten der lib. Wiiste, pag. 302, tav. XXIX, fig. 3-7, tav. XXX. 228 B. GRECO DIMENSIONI Diametro . , È 5 c ò : } 3 o 5 i . mm. 126 Altezza dell’ultimo giro... i d È 5 ; ì ò AR 70 Spessore dell’ultimo giro . : b i 5 i i ; SARA 30 (?) Larghezza dell’ombelico . di - È ; e 3 È È SES) 7 Questa specie, così bene illustrata dal Quaas, è rappresentata nella nostra collezione da due individui, che la- sciano a desiderare per il loro stato di conservazione; il migliore di essi è quello figurato, che presenta le dimensioni sopra indicate. È un esemplare molto corroso da un lato, provvisto di una piccola parte della sua camera di abitazione, molto mal conservata. Per le sue dimensioni esso è in stadio di sviluppo intermedio tra i due esemplari figurati dal Quaas rispettivamente a tav. XXIX, fig. 7 ed a tav. XXX, fig. 1, essendo però più prossimo al primo. E, come tale, presenta i caratteri della specie a tale stadio. Ha infatti forma discoidale, appiattita, con spira assai involuta ed ombelico molto stretto; accrescimento dei giri rapido in altezza, lento in spessore; fianchi debolmente convessi, con curvatura saliente dall’ombelico fin verso il mezzo del giro, ove è maggiore, declinando poi dolcemente verso la regione esterna, assai ristretta, assottioliata e carenata; sezione del giro ovale acutamente lanceolata. Gli orna- menti consistono in pieghe poco distinte, evanescenti, che si originano a metà del fianco, in corrispondenza della maggior curvatura, da una serie spirale di piccole sporgenze a forma di capezzoli e terminano al principio della regione esterna in una successione spirale di nodi più sviluppati, massicci, compressi lateralmente, ottusi ed allun- gati nel senso della spira. Di essi nel nostro esemplare se ne distinguono nettamente 8 nella seconda metà dell’ultimo giro, e 7 sembrano esservi nella restante parte, corrosa in vicinanza della regione esterna; sarebbero perciò 15 nodi marginali, in corrispondenza con i 15 nodi più piccoli, tutti visibili, che formano la serie spirale me. diana e in relazione con altrettante coste evanescenti, non tutte ben visibili, che collegano i nodi di una serie con quella dell’altra. Il fianco eroso mette in mostra molti setti divisori delle concamerazioni, bene evidenti, essendo limonitizzati; in qualche parte, ove la erosione è meno avanzata, si vede la linea lobale, senza poterne però ben distinguere i delicati particolari. È possibile però constatare che i setti sono numerosi, piuttosto fitti, che la linea lobale ondulata consta di numerosi elementi; vi si contano certamente 8 selle, forse anche 9, alternate ai lobi. Dal lato op- posto poi, ove la conchiglia è in parte conservata, sono riuscito a preparare quattro linee lobali evidenti fino alla maggior curvatura del fianco, al di là della serie mediana dei nodi; da questo punto all’ombelico non mi è stato possibile di metterle in evidenza. Tuttavia ve n’è abbastanza per assicurarsi che il nostro esemplare, anche per ciò che riguarda la linea lobale, sia per numero degli elementi, come abbiamo già visto, sia per conformazione di essi, corrisponde a questa caratteristica specie dello ZrrreL. Infatti (Fig. 11), per quanto nulla possiamo, dire del lobo sifonale, che non è conservato, tuttavia, come ha fatto constatare il Quaas, VIARIO la prima sella è suddivisa, da un profondo lobo avventizio denticolato, in due FiG.11. Linea lobale di 7. Ismasti Zio. © Strozzate alla base. Il primo lobo laterale denticolato è simile al lobo avventizio, sp., rilevata in grandezza natu- ma più grande e più profondo; il secondo lobo laterale, pure denticolato è assai più rale al raggio di mm. 36 (+ piccolo e meno profondo; ed ancora più ridotto è il terzo. La seconda sella laterale ed anche la terza sono della stessa grandezza e conformazione delle due metà della sella esterna, e quindi a con- torno integro anch'esse; la terza si trova proprio in corrispondenza della serie mediana dei nodi, che è anche il punto di maggior curvatura dei fianchi e segna pure il punto più alto dell’ andamento ascendente della linea lobale; colla quarta sella, anche essa integra, ma più piccola, incomincia la direzione discendente, ma gli altri lobi e le altre selle non sono visibili, come abbiamo detto, nel discreto tratto che va dalla quarta sella all’ombelico. parti uguali, disposte simmetricamente, curvate cireolarmente, a contorno integro . OE EAT N ET TTT [41] B. GRECO 229 Riguardo ai rapporti ed alle differenze, che questa bella e caratteristica specie presenta con altre consimili, mi riferisco a tutto ciò che il QuaAs ha così ben posto in evidenza nella illustrazione di essa. Il L. Ismaéli Zrrr. sp. fu raccolto primieramente negli strati con Exogyra Overwegi del deserto libico, che abbiamo considerato nei cenni geologici come rappresentanti del Maestrichtiano. Il BLANCKENHORN! la citò nel deserto arabico all’Ouadi Zeran, ove fu raccolta da Hume. Il cartellino del FrcArI Bey, che accompagnava i due nostri esemplari, non esiste più e noi non conosceremmo con precisione la località egiziana di provenienza, se lo ZrrreL® non avesse pubblicato che vide nella collezione del FicarI Bey, esistente nel Museo di Firenze, un tipico esemplare di Ammonites Ismaéli, proveniente dai dintorni di Edfu. La località di provenienza è stata così ritrovata. Sott. Nautiloidea. Gen. Nautilus BREYN. 1. Nautilus desertorum Zion. — Tav. XXII [VI], fig. 5, 6. 1902. Nautilus desertorum Quaas. Overwegischichten der lib. Wiiste, pag. 299, tav. XXIX fig. 1, tav. XXXIII, fig. 29 e 30 e figura nel testo a pag. 300. 1906. — _ KrumBecx. Geol. und Pal. von Tripolis, pag. 122. 1913. —_ 2 De Srerani. Tripolitania, pag. 297. DIMENSIONI I II Diametro . b Ò È ; Ò ; c c . mm. 200 mm. 190 Altezza dell’ultimo giro 3 5 £ È È o 3 - i 1195 » 122 Spessore dell’ultimo giro . 5 i : È 5 ò a » 140(?) » 150 Altezza dell'apertura 5 3 : 5 È ; ; o » 80(?) » 74 Il Nautilus desertorum Zrrt. è rappresentato nella collezione del FicARI Bey da cinque grandi individui e da due esemplari giovanili. Sono questi appunto gli esemplari con i quali il prof. De STEFANI paragonò gli individui di tale specie, raccolti al Gebel Soda in Tripolitania da MicHELE SFORZA. L’esemplare I è il più grande (mm. 200 di diametro, rappresentato con la fig. 5 della Tav. XXII [VI] a metà della grandezza naturale). Ha conservato quasi completamente la sua camera di abitazione, che occupa poco più di mezzo giro. La conchiglia, pure conservata, ma colla superficie alquanto erosa, appare priva di ornamenti. È di forma globulare, con ombelico assai stretto, a giri completamente ricoprentisi, col massimo spessore un poco al disopra dell’ombelico, con superficie esterna larga, rigonfia, arrotondata, con apertura quasi il doppio più larga che alta. Il sifone non è visibile. Le linee suturali, qua e là incompletamente evidenti, sono debolmente curve sui fianchi e passano quasi in linea retta sulla regione esterna. L’esemplare II, rappresentato pure a metà della grandezza naturale colla fig. 6 della Tav. XXII [VI], è privo della camera di airinzione e mostra qua e là la sua conchiglia spessa, priva di ornamenti. Il forame sifonale evi- dentissimo è situato circa nel mezzo dell’ultimo setto. Per una rottura dell’esemplare, si vedono molto bene le concamerazioni assai fitte, numerose, ravvicinate fra loro, separate da setti formanti una superfice regolarmente 1) BLANCKENHORN M. Neues zur Geol. und Pal. Aegyptens, pag. 44. 2 ZirteL K. Libysche Wiiste, pag. 76. 930 B. GRECO [42] concava in fuori. Le linee suturali determinano una curva sporgente, arrotondata, immediatamente sopra al- l'ombelico, sono debolmente curvate sui fianchi e sorpassano quasi in linea retta la regione esterna. L'ultimo setto, che si vede nel nostro esemplare, è oltre il doppio più largo che alto. Gli altri cinque individui, di dimensioni decrescenti sono più o meno incompleti e tre di essi deformati. Essi pure appartengono a questa specie per la forma dei giri, per l'ombelico stretto, per l'andamento delle linee sutu- rali e per i setti molto avvicinati e fitti. Cinque dei nostri esemplari sono di dimensioni molto maggiori degli originali di N. desertorum Zrrt., descritti e figurati dal Quaas, con i quali però corrispondono per i caratteri propri di questa specie, della quale si conosce- vano finora individui di piccole dimensioni. Tl N. desertorum Zirt. è specie trovata per la prima volta negli strati con Exogyra Overwegi di diverse località del deserto libico, che nei cenni geologici abbiamo considerato come rappresentanti del Maestrichtiano; ne fu indicata contemporaneamente dal Quaas, in modo generale, la presenza in Tripolitania (collezione Ross). In seguito fu citata dal KrumBEcK al Gebel Tar e dal De STEFANI al Gebel Soda, nei terreni del Maestrichtiano della Tripolitania. I cartellini del FrcARrI Bey, che accompagnavano questi esemplari di Nau/lus, non esistono più, o sono ineom- pletamente conservati; tuttavia, per le considerazioni già fatte nei cenni geologici, si riesce a stabilire che essi provengono tutti dal Maestrichtiano dei dintorni di Edfu. 2. Nautilus Schweinfurthi (?) Zmmm. 1902. Nautilus Schweinfurthi Quaas. Overwegischichten der lib. Wiiste, pag. 301, tav. XXIX, fig. 2. Il Nautilus Schweinfurthi Zrrr. fu fondato sopra un piccolo, incompleto, ma caratteristico esemplare, costi- tuito soltanto di due concamerazioni e proveniente dagli strati con Exogyra Overwegi delle colline settentrionali dinanzi al Gebel Omm-el-Reuneiem. A questa specie riferisco con riserva un frammento di un Nautilus di grandi dimensioni ed un altro frammento costituito dal modello di tre concamerazioni di un altro grande individuo. Corrispondono alla figura dell’esemplare originale per il sifone situato al disotto del centro dei setti e per le linee suturali, che formano prima una larga sella sporgente in avanti, poi nel mezzo dei fianchi un lobo laterale arro- tondato e passano appena convesse in avanti nella regione esterna; ne differiscono per i fianchi più convessi e per il lobo della linea suturale un poco meno profondo. Questi caratteri differenziali potrebbero forse essere attribuiti allo stadio di sviluppo molto più avanzato dei nostri esemplari; ma poichè del N. Schweinfurthi Z1rt. si conosce soltanto un individuo piccolo ed incompleto, credo conveniente di riferire con riservai nostri esemplari a tale specie. Il cartello del FrcARI Bey, che accompagnail grosso frammento portal’indicazione: «Sotto il parallelo di Edfu». Come abbiamo già detto nei cenni geologici, esso proviene dal calcare maestrichtiano dei dintorni di Edfu. Anche l’altro frammento costituito dal modello di tre concamerazioni è da credere che sia stato trovato nella stessa località. Firenze, R. Istituto geologico, maggio 1915. Finito di stampare il 15 dicembre 1915 B. GRECO 231 INDICE Introduzione 5 5 ò . o è c 5 . - pag. 189 [1] Indice delle ie viazioni SE 2a ice oe gol opere . 5 2 5 c . » 189 [1] Cenni geologici . ; o . o 5 È o ò ì ; y È È . . » 191 [3] Dintorni di Edfu NR, CIRCO i CU , ; DR CL VI E) ICI] Regione orientale dell’altipiano eo c i ; i . 6 : x - - » 196 [8] Arabia Petrea . 5 . o . à ò d o i, È 6 ò È 6 d » 200. [12] Conclusioni . È 5 d È . : ò o DARE È 5 o È o . » 201° [13] Descrizione delle specie . È 5 ò c 5 £ d È È 6 3 o » 204 [16] I. CEFALOPODI DEL Caerano o : n e 5 È 5 5 8 5 o : » 204 [16] Genere Neolobites FiscHER . ò ò 8 A 6 È . E . È 3 ù » 204 [16] l. Neolobites Vibrayeanus D’ORB. sp. i È 3 3 - 5 î È Sigle: » 204 [16] 2. Neolobites Fourtaui PERV. 5 ò 3 è o 6 6 3 6 È : do » 205. [17] 3. Neolobites Isidis n. sp. . - - È a o 2 5 : ò - 5 1 » 206 [18] Genere Acanthoceras NEUMAYR . È 5 5 È e 5 2 o 5 g » 207 [19] 1. Acanthoceras Mantelli (?) Sow. Sp. ò s o 5 Ò o , - 3 È » 207 [19] Genere Mammites LAUBE et BRUDER . i È 5 A c È i, S 3 » 208. [20] l. Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) non Sp. . 5 5 o : 5 » 208 [20] Genere Schloenbachia NeumAYR em. DE GRrossouvRE,. o - ° 3 È ‘ - » 209 [21] 1. Sehloenbachia Quaasi PERON o c 5 - 3 È 3 A i 5 GER RI) 209 [21] II. CEFALOPODI DEL TURONIANO È 5 È 3 5 5 x E È 3 ; 5 » 210 [22] Genere Wascoceras CHOFFAT ò - è ” $ 6 G È 1 È : » 210 [22] i 1. Vascoceras Durandi TH. et PER. sp. . È È d : : 6 dl E MIS) 2100 [22] Genere Thomasites PERVINQUIÈRE . 6 = È o - 5 o È ? È Di » 212 [24] j l. Thomasites Meslei PERV. A o 5 o " : - c È . o 6 » 212 [24] È Genere Pseudotissotia PERON ? 3 È 3 o SAMEIIE È î ò » 212 [24] 1. Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis Fora. 6 5° : 5 d o 5 3 5 » 21380825] Ps. (Ch.) segnis SoLe. var. discoidalis PERV. È o Ò È - c = o » 214 [26] _ 2. Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. . SR ò c ò 5 ò » 215 [27] 3. Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefani n. sp. . 5 6 6 o ò ù 5 ” 217 [29] III. CEFALOPODI DEL CONIACIANO . . : 5 . c A i ; 3 5 3 » 219 [31] \ Genere Heterotissotia PERON A E 5 è : 6 : E 3 AREE, ; » 219 [31] 1. Heterotissotia aegyptia n. sp. . 5 ò . 6 ; . 5 5 - ò 0 » 219 [31] 2. Heterotissotia neolobitoides n. sp. . 5 > 5 È 5 5 o o c n » 221 [33] 3. Heterotissotia Figari n. sp. . 5 ; 5 ; 5 o ò : ì ; È » 222 [34] 4. Heterotissotia Osiridis n. sp. . 3 o 3 ; 3 ù È ; o é di » 223 [35] Genere Z'issotia DOUVILLÉ : - d È : ; 5 > 3 È s » 225. [37] 1. Tissotia Fourneli BAYLE sp. . 6 d ; 7 d o È 5 5 » 225. [37] Genere Barroisiceras De GrossouvrE em. Sn 5 s - 5 ; 2 6 à » 226 [38] 1. Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp. a 3 ; : ; H b d i » 226 [38] IV. CEFALOPODI DEL MAESTRICHTIANO o o a 5 È i 6 5 È z < » 227. [39] Genere Libycoceras EASTMAN ò È 1 6 c ; È È ° c 5 ea 227. [39] 1. Libycoceras Ismaéli Zirt. sp. c 5 o È È 5 c SOI ò i » 227 [39] Genere Nautilus BREYN È : 7 c e 3 5 5 è ò : n - » 229 [41] 1. Nautilus desertorum ZinT. . Ù c 6 5 È : 6 È 3 5 3 » 0229 [41] 2. Nautilus Schweinfurthi (?) ZirT. o È A È : È È : o 5 s » 230 [42] teleco decadi Te D. DEL CAMPANA NUOVE RICERCHE SUI FELINI DEL PLIOCENE ITALIANO (Tav. XXIII-XXVI [I-IV] e Fig. 1-37 interec.). INTRODUZIONE In questa memoria rendo di pubblica ragione le ricerche da me compiute sopra due specie di Felini del plio- cene italiano: il Leopardus arvernensis Cr. et Jos. ed il Felis (Cynailurus?) etruscus sp. n. Prima di me ha contribuito in modo speciale a far conoscere i Felini pliocenici dell’Italia il FAaBRINI © del quale abbiamo tre interessanti lavori; un primo sui Machatrodus del Valdarno superiore; un secondo nel quale vengon fatti conoscere succintamente la Lince del pliocene italiano ed i resti di Felîs che hanno fornito ar- gomento alla presente memoria; un terzo in cui è ampiamente illustrata la Lince del pliocene italiano. Alle monografie del FABRINI segue, in ordine di tempo, un lavoro del TuccimeI1 ® sopra alcuni resti fossili di Leopardus arvernensis CR. et JoB. rinvenuti nei terreni pliocenici dei dintorni di Perugia. Più recentemente poi il MARTELLI ®) rese nota l’esistenza nel pliocene di Olivola di una nuova specie di Felino, il Felis lunensis Marr., confrontabile, pel suo sviluppo, col comune Gatto selvatico. Col presente lavoro viene ad aggiungersi, alla fauna dei Felini, non solo una nuova specie, ma viene ad esser meglio conosciuto il Leopardus arvernensis Cr. et JoB., mediante l’illustrazione di abbondanti resti fossili. Le località dalle quali questi provengono sono: il Valdarno superiore e l’ossario di Olivola, perla specie ora ricordata, e il Valdarno inferiore per la nuova forma Felis (Cymailurus?) etruscus. Poichè molti studiosi di paleontologia hanno citato nei loro lavori i resti che io sto per illustrare, giudico utile, a miglior cognizione dell’argomento, il dar qui in succinto alcune altre notizie bibliografiche. Fino dal 1808 il NestI # cita tra i resti fossili di mammiferi che si incontrano nel Valdarno alcune ma- scelle del Gen. Felis simili alquanto a quelle della 7agre. Non dà però aloro riguardo nessuna indicazione più det- tagliata, e solo si deduce dal contesto del discorso che questi resti appartenevano al Museo Granducale Fioren- tino; onde non sembra errato l’ammettere che sieno queste mandibole quelle stesse che io ho avuto sott’occhio nelle mie ricerche. i FABRINI E. I Machairodus (Meganthereon) del Valdarno superiore; — Ip. Su alcuni Felini del pliocene italia- no; — Ip. La lince del pliocene italiano. 2 Tuccimer G. fest di Felis arvernensis nel pliocene della villa Spinola presso Perugia. 3) MARTELLI A. Sw due mustelidi e un felide del Pliocene toscano. 4 NeSsTI F. Di alcune ossa fossili che si incontrano nel Valdarno, pag. 16. . Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 30 234 D. DEL CAMPANA [2] In seguito al Nesti troviamo citati i Felini del Valdarno sotto il solito nome molto generico, ma per noi interessante, di Tigre, dal BuckLanD ” il quale in un suo lavoro del 1823 ebbe occasione di dare una lista abbastanza estesa dei mammiferi del Valdarno superiore conservati nel Museo di Firenze. I resti di Leopardus arvernensis Cr. et Jo. che si trovavano nelle antiche raccolte del Museo Granducale fiorentino furono presi in considerazione anche dal BLarnviLLe ? (1841) che li attribuì senz'altro in parte al Leopardus pardus Linn., in parte al Leopardus pardus Linn. var. antiqua GoLpr. i Alle osservazioni del BLarnvILLE fanno seguito quelle dello Strozzi ® (1859) sulla straticrafia del Valdarno superiore. Il genere Felis viene però citato da quell’autore tra gli avanzi fossili di mammiferi di quella regione senza altre indicazioni di sorta; lo stesso si può ripetere per le memorie pubblicate, nel 1867, dal CoccHI * sul- l’uomo fossile dell’Italia centrale; dal FALcoNER ®, nel 1868, sull’età geologica degli Elefanti fossili, e sui Masto- donti ed Elefanti fossili della Gran Britannia; dal GrRvAIS sui mammiferi fossili dell’Italia 8. Successivamente alle osservazioni di questi studiosi, abbiamo quelle del Forsyra MAJOR sui mammiferi pliocenici della Toscana in generale e sulla fauna del Valdarno in particolare. In un primo elenco dei mammiferi Valdarnesi, comunicato nel 1872 dal ForsyrH MAJOR allo STOPPANI, e da quest’ultimo pubblicato nel suo corso di Geologia ° e nella sua opera sulla Geologia d’Italia ® viene data la semplice indicazione di due diverse specie di Felis. Ma in due successivi elenchi di mammiferi, resi noti rispettivamente negli anni 1874 9 e 1876 19), le specie appartenenti al Gen. Felis vengono portate a tre e distiute poi in un ulteriore elenco del 1883 11 nel modo che segue: Felis issiodorensis CR. et JoB. ». arvernensis Cr. et JoB. » Sp. Si giunge così al 1889, nel quale anno il WerrHOFER !2) pubblica le sue considerazioni sui mammiferi fossili del terziario italiano. In quella nota, insieme al Felis arvernensis Cr. et JoB., vengono citati con brevissime noti- zie illustrative anche i resti di un’altra specie rinvenuta a Montopoli nel Valdarno inferiore dal ForsyrH MAJOR nel 1880; e tali resti sono appunto quelli che nel presente lavoro fisurano sotto il nome nuovo di Felis (Cynat- lurus?) etruscus. Nello stesso anno in cui il WerrHoreR pubblicava la sua memoria e nel successivo anno 1890 venne reso noto, per opera del CapELLINI e del ForsyrH MAJOR, il deposito pliocenico di mammiferi di Olivolain Val di Magra. I primi però ad occuparsi di questa località furono il CoccHi !8) nel 1856 e il CapeLLINI 15 nel 1858. 1) BockLanD W. Feliquiae Diluvianae, pag. 181. ? Dr BrainviLLe M. Ostéographie, Gen. Felis. 3) GAuDIN CH. Ta. et Strozzi CH. Contributions, pag. 13. 4) CoccHI I. L'uomo fossile, pag. 14. 5) FALCONER H. Geologicai age, pag. 189; —Inp. On the species of Mastodon, pag. 47. 5 GerVAIS P. Coup d’oeil sur les Mammifères, pag. 96. 7) StoPPANI A. Corso di Geologia, v. II, pay. 673. 3) Ip. Geologia d’Italia, v. II, pag. 254. 9 ForsytA MAJOR C. I. Considerazioni, pag. 39, 49. 10) Ip. Il Cranio dell’Olmo, pag. 345. 1) Ip. On the Mammalian fauna, pag. 2. t2) WeitHoreR R. A. Tertiaren Landsaugethiere, pag. 67. '3) Coccur I. Description des roches ‘ignées. 14) CAPELLINI G. Sul giacimento di Vertebrati fossili. RA E III SII È MELO it cate iii i i [3] D. DEL CAMPANA 235 Circa trenta anni dopo lo stesso CAPELLINI ®, e contemporaneamente anche il Forsyra MAJOR, iniziavano gli scavi nella località suddetta. Il ForsyTE MAJOR peraltro lo poteva fare su più vasta scala, e dei suoi lavori rendeva conto in una lunga comunicazione fatta alla Società toscana di Scienze naturali residente in Pisa, nell'adunanza del 2 Marzo 1890 ®. Nell’elenco delle specie fino allora potute identificare, i Felini citati sono due: Felis cfr. arvernensis CR. et JoB. Felis sp. IA Di queste due specie la seconda non è altro che il Melis isstodorensis Cr. et JoB. già illustrato dal FABRINI nel lavoro più sopra citato sulla Lince del pliocene italiano, mentre l’altra, rappresentata allora da due crani, da due mandibole e da varie ossa dello scheletro, viene appunto illustrata nel presente lavoro. E giacchè sono a parlare di Olivola, non sarà fuori di luogo notare che tanto i fossili raccolti dal ForsyTH Mayor nel primo suo scavo, quanto gli altri raccolti in scavi successivi, vennero in seguito acquistati pel Museo di Geologia e Paleontologia del R. Istituto di Studi superiori di Firenze, del quale costituiscono una delle raccolte più pregevoli. Di questa raccolta fanno appunto parte, oltre al Felis issiodorensis Cr. et Jos. citato poco sopra, il Melis lunensis Mart. illustrato dal MARTELLI ®, non che il Canis olivolanus e la Lycyaena lunensis illustrati da me in altre mie precedenti memorie #. Finalmente troviamo ricordato il Leopardus arvernensis CR. et JoB. dei depositi pliocenici del Valdarno e di Olivola, dal BouLe ® e dal Wurw 5; ma sulle opinioni emesse da questi due studiosi in merito alla specie di Crorzet e JoBERT, avremo luogo di trattenerci nella conclusione del presente studio. Dopo aver data così a larghi tratti la bibliografia dei fossili che sono stati oggetto delle mie rierche, debbo aggiungere che nel compierle ho tenuto lo stesso metodo seguito già negli altri miei lavori sui mammiferi plioce- nici italiani. Quindi mentre non ho trascurato i confronti colle forme fossili affini, li ho estesi il più possibile anche alle specie viventi. i Sulla importanza e sulla necessità di tali confronti non sono qui da ripetersi le riflessioni che ho avuto luogo di fare altre volte. Mi limito per ciò a notare che da essi ho tolto i principali e, secondo me, più forti argo- menti per la maggior parte delle conclusioni che ho posto in fine del presente lavoro. Non poche, come si vedrà dall’elenco che darò tra poco, sono le specie viventi delle quali ho avuto in esame i erani; lo stesso non posso pur troppo dire per quello che riguarda ilrimanente dello scheletro. Questa deficienza ha le sue ragioni nel fatto che da un lato gli scheletri che si trovano nei Musei, essendo montati, non si prestano ad essere facilmente confrontati, e dall’altro non ne riesce per troppe ragioni sempre facile l’acquisto dai na- turalisti fornitori. Ad ogni modo il materiale di confronto vivente che io ho avuto a disposizione è sempre in quantità conspi- cua, e sono in debito di ricordar qui con gratitudine quanti mi hanno aiutato a riunirlo. Essi sono, in primo luogo, il prof. A. SennA direttore del Museo zoologico dei Vertebrati nel R. Istituto di Studi Superiori di Firenze, il prof. R. GestRo direttore del Museo civico di Storia naturale di Genova; il dott. RiccarDo FoLri (Firenze) possessore di una interessantissima raccolta craniologica di mammiferi. 1) CAPELLINI G. Sul giacimento di Vertebrati fossili. 2) ForsyTtn Maisor C. I. L'ossario di Olivola, pag. 51. 3) MARTELLI A. Op. cit. i) Der CAMPANA D. 7 cani pliocenici di Toscana. Palaeontographia italica, vol. XIX, 1913; — Ip. La Lyciaena lunen- sis sp. n. dell’ossario pliocenico di Olivola (Val di Magra). Tbid., vol. XX, 1914. 5) Boure M. Les grands chats des cavernes. 9) WurMm A. Beitrage sur Kenntniss ecc. 236 È °D. DEL CAMPANA [4] | Anchei professori A. Mocut, del Museo nazionale di Antropologia in Firenze, ANDREA BatELtI, del R. Istituto Superiore di Magistero femminile di Firenze, G. TRaBUCcco, del R. Istituto Tecnico di Firenze, non che il sig. Enrico Bercreti, Capotecnico nel Museo di Geologia e Paleontologia del R. Istituto di Studi superiori di Fi- renze, hanno messo gentilmente a disposizione erani o altro materiale vivente di confronto. Finalmente aggiungerò che ogni qualvolta mi si è presentata la necessità e la possibilità, non ho mancato di acquistare a mie spese e con non indifferente sacrifizio personale, materiale di confronto dai naturalisti signori A. GHipInI di Ginevra e G. HumLAuFF di Amburgo. Mi è grato ora, concludendo questa breve introduzione, sperare.che il presente lavoro non sia per riuscir di- scaro agli studiosi di Paleontologia e che serva, ir ogni modo, ad altri per fare più e meglio di me. ELENCO DELLE SPECIE VIVENTI CONFRONTATE. Gen. Cynailurus Waet. Cynailurus jubatus ErxLEB. var. guttatus Herm. Crani n.° 6. 1,2. g-9 Steppa di Wembare. Affrica orientale. Acquistati da A. GHIDINI. 3. Sesso sconosciuto e località sconosciuta dell’Affrica. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze. i 4. Sesso sconosciuto. Ukokongo. Affrica orientale. Acquistato da G. HumLAUFF. Cynailurus jubatus ERxLEB. var. raineyò HeLt. 5,6. 4-9. Kilimangiaro. Acquistati da A. GHIDINI. Gen. Uncia Gray. Uncia leo Linn. Crani n.° 7. 1. g. Barberia. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze 2,3. d-2. Sud-Affrica. Id. Id. 4. Sesso sconosciuto, juv. Barberia. Id. Id. 5. Sesso sconosciuto, juv. Colonia Eritrea. Del sig. EnRICO BERCIGLI. 6. g. Località sconosciuta dell’Affrica. Museo del R.° Istituto Tecnico di Firenze. 7. 9. Sud-Affrica. Museo del R.° Istituto di Magistero femminile di Firenze. Uncia tigris Linn. Cranì n.° 7. 1. 9? Località ignota. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze, 2. 2. Calcutta. Museo civico di Storia naturale di Genova. 3. d? Birmania. Id. Td. 4. g? Hyderabad. India inglese. Museo indiano del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze. Uncia tigris Linn. var. sondaica Firz. 5. g. Sumatra. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze. 6. Sesso sconosciuto. Giava. Museo Civico di Storia naturale di Genova. TE Td. Td. Id. Uncia concolor Linn. Crani n.9 4. [5] È D. DEL CAMPANA 237 1. Sesso sconosciuto. Rio Janeiro. Brasile, juv. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Fi- renze. 2,3. g-9. Brasile. pini da A. GHIDINI. Uncia concolor Linn. var. paramorum FESTA. 4. Sesso sconosciuto. Equatore. Acquistato da A. GHIDINI. Uncia puma Mor. Crani n.° 3. 1. g. Patagonia, juv. Acquistato da G. HumLAUFF. 2. 9. Argentina, juv. Acquistato da G. HumLAuFF. 3. Sesso sconosciuto. Località sconosciuta dall'Argentina, juv. Acquistato da di HUMLAUFF. Gen. Leopardus Gray. Leopardus onga Linn. Crani n.° 8. 1. g. Sud-America. Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze, 2. Sesso sconosciuto. Sud-America. Id. Id. 3. Sesso sconosciuto. Brasile. Id. id. 4. g? Località sconosciuta. Sud-America. Id. id. 5. Brasile. Acquistato da A. GHIDINI. 6. Sesso sconosciuto. Paraguay, juv. Acquistato da A. GHIDINI. 7. 2. Brasile. Acquistato da G. HumLAUFr. 8. Sesso sconosciuto. Brasile, juv. Acquistato da G. HUMLAUFF. Leopardus pardus. Linn. Crani n.0 11. 1. 2. Sz-mao (Cina). Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori. 2. g. Rufiji. Affrica orientale. Acquistato da G. HumLAUFF. 3. Sesso sconosciuto. Colonia Eritrea. Del sig. ENRICO BERCIGLI. 4,5. g-g. Colonia Eritrea. Collezione del dott. RiccARDO FOLLI. 6,7. g-9. Colonia del Capo. Acquistati da A. GHIDINI. Leopardus pardus Linn. var. panthera ERxL. 8. £. India centrale. Acquistato da A. GHIDINI. 9,10. Sesso sconosciuto. India. Collezione del dott. RiccaRDo FoLLi. Leopardus pardus Linn. var. minor Mars. J1. g? Steppa di Wembare. Affrica orientale. Acquistato da A. GEDINI. Leopardus uncia ScaREB. Crani n.° 2. 1. Sesso sconosciuto. Turkestan, juv. Acquistato da A. GHIDINI. 2. Sesso sconosciuto. Thiau-Shaau. Acquistato da G. HumLAUFF. Gen. Zibethailurus Sev. Zibethailurus nebulosa GriFF. Crani n.° 1. dg. Sz-Mao (Cina). Museo zoologico del R.° Istituto di Studi superiori di Firenze. Gen. Oncoîdes Serv. Oncoides wiedi ScHINz. Crani n.° 2. d-2 Santa Catharina. Brasile. Acquistati da A. GHIDINI. 238 D DEL CAMPANA Oncoides tigrina ErxL. Crani n.° 2. 6-2. Santa Catharina. Brasile. Acquistati da A. GHIDINI. Oncoides mitis Cuv. Crani n.0 1. Sesso sconosciuto. Brasile settentrionale. Acquistato da A. GHIDINI. Oncoîdes Geoffroyi D’OrB. Crani n.0 1. Sesso sconosciuto, Argentina. Acquistato da A. GHIDINI. Oncoîdes sp. ind. Crani n.° 1. Sesso sconosciuto. Località sconosciuta del Sud-America. Dal sig. Gino CAJANI. Gen. Felis p. d. Felis (catus Linn.) suvestris Scar. Crani n.° 4. 1. g. Capalbio. Maremma Toscana. Collezione GierioLi, nel Museo Zoologico del R. Istituto di Studi su- periori di Firenze. 2. 9. Montepescali. id. 3. 9. Castelporziano (Roma). 4. g. Faucille. Giura. Acquistato da A. GHIDINI. Felis lybica OL. var. siamensis AUT. Crani n.° 1. dg. Siam (domestico). Acquistato da A. GHIDINI. Felis lybica OL. var. domestica Briss. Crani n.° 1. Sesso sconosciuto. Convento del Gebel Catarina. Sinai. Acquistato da A. GHIDINI. Felis lybica OL. var. sarda Lat. Crani n.° 9. 1. g. Cagliari. Collezione GierioLi, nel Museo Zoologico del R. Istituto di Studi superiori di Firenze. . Desulu, Sardegna. id. . Ispidini (Ogliastra) Sardegna. id. { . Seulu (Cagliari). id. . Iglesias, Sardegna. id. . Paulilatini (Oristano) Sardegna. id. . Ilbono (Ogliastra) Sardegna, id. . Ogliastra, Sardegna, juv. id. . Ulei, Sardegna, juv. id. D 90 ID DA 0 9 +© Oy Os 40 04 #0 40 40 Da Gen. Catopuma Suv. Catopuma juguarundi Fisca. Crani n.° 1. g. Brasile meridionale. Acquistato da A. GrIDINI. Gen. Catolynx Srv. Catolyna chaus GùLD. var. affinis Grav. Crani n.0 1. Sesso sconosciuto. Località sconosciuta dell’India inglese. Dal P. Romoro Misso. D. DEL CAMPANA 239 Gen. Lynx Ker. Lynx lynx Linn. Crani n.° 4. 1,2. g-9. Governo di Arkangelsk (Russia settentrionale). Acquistati da A. GHIDINI. 3. S. Carpazi settentrionali. Acquistato da A. GHIDINI. 4. Sesso sconosciuto. Russia. Acquistato da G. HumLAUFF. Gen. Caracal Gray. Caracal caracal Gun. Crani n.° 1. Sesso sconosciuto. Affrica occidentale. Acquistato da A. GHIDINI. NOTA DELLE PRINCIPALI OPERE CONSULTATE NEL PRESENTE LAVORO Bose P. N. — Undeseribed fossil Carnivora from the Siwalik Hills in the Collection of the British Museum. 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Lon. don, 1868. ForsyTtH Mayor C. I. in StoPPANI A. — Geologia d’Italia, vol. 2, pag. 254. Milano, tip. Vallardi. ForsytH Mayor (%. I. — Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e postpliocenici della Toscana. Atti della Società toscana di Scienze naturali residente in Pisa, vol. I, pag. 39-40. Pisa, 1874. ForsytH Mayor C. I. — Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e postpliocenici della Toscana. Atti della Società toscana di Scienze naturali, residente in Pisa, vol. I. Pisa, 1875. ForsytHa Mayor C. I. — Sul livello geologico del terreno in cui fu trovato il così detto cranio dell’Olmo. Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, vol. VI. 1876. 240 Di DEL CAMPANA [81 1 ForsyrH Mayor C. I. — Sul livello geologico a cui è d’ascriversi il così detto cranio dell’Olmo. Archivio per i l’Antropologia e l’Etnologia, vol. VI, pag. 345. 1876. i Forsyra Mayor C. I. — On the Mammalian fauna of the Val d'Arno. Quarterly Journal of the Geological So- ciety of London, vol. 41. London, 1885. ForsyrA Mayor 0. I. — L'ossario di Olivola in Val di Magra (Provincia di Massa Carrara). Atti della Società, toscana di Scienze naturali. Processi verbali, vol. VII. Adunanza 2'marzo 1890. FEREUNDENBERG W. — Die Saugethiere des ilteren Quartàrs von Mitteleuropa. Geologische und palaeontologische Abhandlugen. Neue Folge, Band 12. Jena, 1914. i GauDpIN Ca. Tr. e Strozzi €. — Contributions a la flore fossile italienne. Zurich, pag. 13. 1859. GeRvaIS P. — Zoologie et Palagontologie frangaises. Nouvelles recherches sur les animaux vertébres dont on trouve les ossements avec les espèces propres aux autres régions du Globe. Paris, 1859. GeRvaIS P. — Coup d’oeil sur les Mammifères fossiles de l’Italie. Bulletin de la Société géologique de France, 2.0 e série, t. XXIX. Paris, 1872. Gray J. E. — Notes on the Skulls of the Cats (Felidae). 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Wurm A. — Beitrige zur Kenntniss der diluvialen Siiungethier Fauna von Mauer a. d. ES (bei Heidelberg). Jahresberichte Mitteilungen. PARTE PRIMA Leopardus arvernensis Cr. et JoB. Il materiale da me attribuito al Leopardus arvernensis Cr. et JoB., come ho avuto luogo di notare in prin- cipio, è in massima parte quello ricordato dal FaBRINI nella sua nota sui Felini del Pliocene italiano. Tut- tavia credo necessario, prima di venire ad esaminarre i caratteri morfologici, darne una descrizione breve ma al più possibile completa. [9] i D. DEL CAMPANA 241 ‘Le località dalle quali detti resti provengono sono, già l'ho detto, in parte il Valdarno superiore, in parte l’os- sario pliocenico di Olivola in Val di Magra. Al Valdarno superiore appartengono i pezzi seguenti, i quali ci rivelano con molta probabilità l’esistenza di cinque diversi individui. 1. Cranio quasi completo, raccolto nel Valdarno superiore dal M.se CARLO STROZZI, nelle cui collezioni paleon- tologiche viene conservato. Il Museo di Paleontologia del R. Istituto di Studi superiori di Firenze ne pos- siede una riproduzione in gesso assai esatta. Risuardo a questo, che è uno dei pezzi più importanti, possiamo osservare innanzi tutto che esso è andato . soggetto a delle forti pressioni non solo dall’alto in basso, ma anche trasversali, sicchè il lato destro, per quello che riguarda la regione faciale, ne è rimasto assai deformato. La regione occipitale è mancante e con essa, inferiormente, la massima parte della regione periotica. Delle arcate zigomatiche la destra è un po’ deformata nella curvatura in seguito alla pressione, la sinistra si pre- senta rotta e mancante nella metà posteriore. Abbiamo inoltre il mascellare sinistro fortemente abraso in corrispondenza del premascellare, del quale, come del premascellare destro, ci mancano quasi del tutto i dettagli. Anche i nasali sono incompletamente conservati e privi all’estremità anteriori dei loro prolungamenti laterali. i Mancano in massima parte i caratteri della regione palatina. Dei denti si notano ancora in posto il canino sinistro, e Pm 3 e Pm 4 di ambedue i lati. La loro corona piuttosto usata attesta dell’età avanzata dell’individuo cui appartenne il cranio (Tav. XXIII [I], fig. 1a, 15; Tav. XXIV [II], fig. 1). 2. Frammento di branca sinistra di mascellare superiore recante in posto il canino e buona parte della co- rona di Pm 3. Ambedue questi denti sono poco consunti dall’uso; di Pm 2 non resta conservato che l’alveolo. Hu raccolto nel 1864 a Sammezzano presso Rignano, insieme ad un frammento di mandibola di cui dirò più avanti al n.° 4 e donato, con quello, al Museo sopra ricordato dalla marchesa MARIANNA PauLuccI. 3: Canino superiore sinistro. Ha la corona rotta in prossimità dell’apice mentre la radice è del tutto conser- vata. Faceva parte delle antiche collezioni del Museo Granducale Fiorentino, proviene senza dubbio dal Valdarno ‘superiore ma non porta indicazione precisa di località. 4. Branca sinistra di mandibola recante in posto, ben conservati e poco consunti, il canino con Pm 3, Pm 4 eMI1. In seguito alla forte pressione i caratteri dell’osso, che è rotto subito dopo M 1, non rimangono affatto con- servati. Fu raccolto a Sammezzano insieme al n.° 2 e lo stato identico di fossilizzazione, come anche l’uguale grado di usura dei denti, mostrano che ambedue questi BET. appartenevano ad un medesimo individuo (Tav. XXIV [II], fio. x a, 2 D). 5. Branca destra di mandibola. Manca, in parte, della regione sinfisaria; posteriormente è rotta in corrispon- . denza della branca ascendente. I caratteri osteologici sono abbastanza bene conservati. Dei denti sono in posto e presentano un certo grado di usura Pm 3, Pm 4 e M 1; del Canino si ha conser- vato solo parte dell’alveolo. Questo pezzo fu raccolto nel 1885 da F. BriLLia S. Maria presso il Tasso, nel Valdarno superiore (Tav. XXXIV [IX], fio. 3a, 30). 6. Frammento di branca sinistra di mandibola. Reca in posto Pm 3, Pm4 e M I, dei quali i primi due con corona piuttosto usata. Il frammento è rotto in corrispondenza di Pm 3 e di M 1. Fu raccolto da F. Briui a Castelfranco nel 1878 (Tav. XXIII [I], fig. 3a, 30). Palaeontographia italica vol. XXI 1915. sl 242 D. DEL CAMPANA [10] T resti che seguono provengono tutti dall’ossario di Olivola in Val di Magra. 1. Cranio costituito in massima parte dalla sua metà anteriore. Presenta non lievi avarie in seguito alla pres- sione laterale alla quale è andato soggetto. I processi postorbitali sono in parte rotti; dei nasali e dei premascel- lari, che pur sono in gran parte presenti, i caratteri morfologici mancano quasi completamente. È invece sufficientemente conservato anche il mascellare sinistro con parte del molare. Questi si vedono conservati anche sulla sinistra, ma la compressione ne ha alterati i caratteri. Della cassa cefalica è conservato solo il tratto anteriore, del quale, nonostante la pressione subita dal cra- nio, sono in buona parte conservati i caratteri morfologici. Dei denti sono in posto e presentano lievi traccie di usura, Pm 3 e Pm 4 di sinistra e Pm 3 di destra. (Vedi nella tabella di misure: Olivola II) deo XXV [III], fig. La, ID). 2. Frammento di cranio costituito dalla sola parte anteriore della regione faciale. Lo schiacciamento ha reso irriconoscibili molti dei caratteri delle diverse ossa. Restano invece, ben conser- vati, gli incisivi sì di destra che di sinistra, con Pm 3 e Pm 4 di sinistra, gli uni e gli altri poco usati (Vedi nella tabella di misure: Olivola III) (Tav. XXV [III], fis. 2). 3. Branca mandibolare destra recante in posto gli incisivi secondo e terzo, il canino, Pm 3, Pm 4 e M 1, poco consunti dall’uso. È spezzato in corrispondenza della branca montante, ma si presta ad osservazioni sicure avendo conservati del tutto i caratteri morfologici. (Vedi nelle tabelle di misure: Olivola (A) (Tav. XXV [III], fio. 3a, 30). 4. Branca mandibolare sinistra rotta in avanti in corrispondenza dell’incisivo terzo, posteriormente, anche esso,in corrispondenza della branca montante. Si hanno in posto Pm 3 e Pm 4;del canino è conservato solo l’al- veolo. Date le diverse dimensioni, non vi ha dubbio che questo ramo mandibolare abbia appartenuto ad un indi viduo diverso da quello cui appartenne la mandibola citata al n.° 3 (Vedi nelle tabelle di misure: Olivola (8) (Tav. XXITI [I], fig. 2a, 20). Questi resti di Olivola e del Valdarno che son venuto fin qui enumerando sono gli stessi citati dal FABRINI nella sua nota più volte ricordata, come appartenenti al Leopardus arvernensis CR. et JoB. A questi deve però, secondo me, aggiungersi anche un cranio di grosse dimensioni, raccolto ad Olivola (Ve di nelle tabelle di misure Olivola I) (Tav. XXVI [IV], fig. 1a, 15, lc). Detto cranio non viene direttamente citato dal FABRINI, ma egli doveva alludere senza alcun dubbio a que- sto, quando annoverò tra i Felini del Pliocene italiano, anche una specie affine ai grossi Melis americani rap- presentata, secondo lui, da buoni ma scarsi resti. Molto probabilmente l’enorme compressione in senso laterale alla quale andò soggetto il cranio in parola, fece sì che questi venisse a prendere, specialmente nella regione cefalica, una forma piuttosto allungata, carattere che si riscontra, sebbene in vario grado, anche nei crani di Leopardus onga Linn. : Riservandomi di esporre in seguito le ragioni per le quali non credei di accogliere il parere del FABRINI, mi limito a dar qui la descrizione sommaria del cranio di Olivola. Come ho accennato, questo si mostra profondamente compresso, specie nella metà posteriore; circostanza la . quale ha fatto sì che le arcate zigomatiche si sieno spezzate e sieno in buona parte mancanti; così pure manca una parte del premascellare di destra. Tenuto conto però che la compressione, per quanto profonda, ha più spe- cialmente alterato la figura generale del cranio, in quanto ne ha spostate le varie parti dalla loro posizione nor- male, mentre molti caratteri delle singole ossa ci rimangono conservati; si comprende, facilmente come il cranio di Olivola sì presti ad osservazioni assai esatte e diffuse. Debbo aggiungere che nel Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze si trovano, oltre i resti fossili citati sin qui, anche vari altri resti appartenenti agli arti, raccolti tanto in Val d'Arno, quanto nell’ossario di Olivola in Val di Magra. | CA I er LETR e [11] D. DEL CAMPANA 243 . ° ° . . . OnD * . Questi resti, non citati dal FABRINI, debbono senza dubbio essere attribuiti al Leopardus arvernensis CR. et Jos. Ma di essi mi riservo di dare una notizia più completa, quando avrò esaminato diffusamente i caratteri del cranio e della mandibola in quella specie. CARATTERI MORFOLOGICI DEL CRANIO Tav. XXIII [I], fig. 1; Tav. XXIV [II], fig. 1; Tav. XXV [III], fio. 1,2; Tav. XXVI [IV]. Nasali. — Sebbene, come è stato detto altrove, questi non sieno nel cranio del Valdarno completamente conservati, tuttavia offrono dei caratteri che si presentano degni di speciale menzione. Infatti, oltre ad essere notevolmente ristretti, in paragone delle dimensioni generali del cranio, hanno in tutto il loro percorso una larghezza presso a poco uniforme, o almeno di poco maggiore nella metà anteriore in con- fronto alla metà posteriore, nella quale diminuisce lentamente. L’estremità posteriore delle ossa nasali, a giudi- care da quanto ne resta conservato, sembra fosse molto ristretta, con punta però smussata. In un frammento di cranio proveniente da Olivola, i nasali sono conservati solo in parte e ripetono, in ge- nerale, i medesimi caratteri notati sin qui, colla sola variante che le loro estremità posteriori erano piuttosto ar- rotondate. Invece nel cranio completo di Olivola, sembrerebbe di poter affermare, malgrado la cattiva conser- vazione, che le estremità medesime presentavano gli stessi caratteri che nel cranio del Valdarno. Come vedremo tra poco, una simile variante non è, secondo le osservazioni da me fatte sui crani di specie vi- venti, che una variante individuale. Cominciamo intanto dal portare la nostra attenzione sulle differenze che si notano tra la forma fossile e le vi- venti nella confisurazione generale delle ossa nasali. Invero se in alcune specie, come ad es. in Uncia tigris Linn., in Leopardus onga Linn. ed in Leopardus par- dus Linn. var. panthera ErxLEB., la larghezza dei nasali può talora variare gradatamente dall’innanzi all’indietro come nella forma fossile, nella maggior parte dei crani di queste stesse specie ed anche di altre, per brevità non ri- cordate, i nasali assumono una forma triangolare ben visibile e proporzioni assai maggiori anche rispetto alle di- mensioni totali del cranio. Ciò che si può del resto verificare confrontando le figure inserite nel testo. Qui si farebbe luogo ai confronti colle altre specie di Felini fossili conosciuti, ma mentre pel Leopardus arver- nensis Cr. et JoB. tipico mancano avanzi del cranio, per le altre forme, di cui i crani si hanno conservati in tutto o in parte, il carattere dei nasali del quale ci siamo ora occupati, non si presenta visibile, sicchè restano impossibili i confronti. - A complemento di quelli che abbiamo fatto colle forme viventi, si potrà consultare utilmente la tabella di misure che qui sotto riporto. Quelle che riguardano il fossile sono date per lo più solo con approssimazione; credo per altro che esse si possano, anche in quei casi, ritenere assai vicine al vero, avendo cercato, nel darle, di tenere esatto conto della influenza che il difetto di conservazione poteva esercitare sulle mie ricerche. Ho poi preferito attenermi al diametro massimo interno dei nasali (sutura nasale), anzichè all’esterno, perchè essendo il primo meglio conservato nei fossili, con più precisione se ne potevano prendere le dimensioni e para- gonarle colla stessa misura presa sui viventi. MMI TR: eo — similia E i cur) ‘oenzs P (:0.00) unbe ‘09 sO U0IS 08898 (>) e) D i ca &i Sì a SE ICAO “IRA MESH Ge) adi "IIIU), 280/NQIU SNINTWUIOMNA | 10 Ge) * 5: ell pese SS x == - E S " © 1a) IS 2[BgueLIo BOnLIMV ‘omequio A Ip Cp) +# ca 3. OTIS f 01] . 5 A I DIL \ ce iS Z OJNIOSOMOIS OSS9S È & vl eddo98 12 HOSLYIN «OumU UA È A (o “aa. ni - - : 3 © q) BIpOI — Co) + L 38 omsvia, Co Pel SEA S 5 ‘OQmiosouoos8 088987 10 a Su > nei n 3 N > Ta) ES A Na) 10 5a > lei (v) BIDuI 2 : Co Z SI opsvig P ZII & ir) Q Si OquIOsoOU0IS 08898 o) 16 Di TERA == ses ee : Zi 5A = S (q) tart) + n 10 (o) Q]eIju99 BIPU] Pr D i) S OqmIOSOTO9S 0SS9R | E si Gi & b 35 ò = 93 tie Carre Ss N (V) eaBn9 | CA (to) n ® VU) ‘OGHI-ZS $ 2 s O z SE Oqmi9soTo?s 88598 Dì A 05) S ” SÒ DS A 3 5 = = nente — 21 S 10 S DS Co) D fan È BIQRUNS £ | pi E Ri È odeg [ep gIwo]0oA $ ® ES La — = E - a] cotum = fel È VIIMO]EO ‘09M9S0U0N8 OSSA © Si 2a) È ode 10p ento] Ko) S Si fà S 2Imogeo “ogni ‘ S © 4 CÒ S i È Da) 7; se = = ==» z [SA S 2 19 tm IS VIUNILTIG] ‘OIMIOSONO9S 0SS9S si > co È (q) comma eruopog, P No) Q s SI È 2 = SE SD = Ga 10 10 " È © D oso]jsur empu] ‘PpeqgIiopeH E | a Fo. a (Wi) gong emoro), P 9 Rai n a È = == <=5, = BOLLI] BIUOTO ca Sì È IQuIOSOTOIS MIRO] 8 OSSO S a GA ORIGIN O Ch CÒ Q Si E ETERO si a = 3 ae BOqIeT (co) A © o) “fi d= 2 © 3110 qa Tegueno eoutgy “ly & " q 5 ‘AN OquIiosonoos 09898 19 3 sO) P 1a SA 5 : n DA = = == = p (e 0) z E voupyus $ È E 8 conan ypns 4 P E E: ® & o) ql | © ù z 3 = > È e | stime | e n Dì É ( onsuIa 3 8 D a HOLIV, È ; I Da d È SS minasonoos VImoor], è P Il ca Le) a Rbi ia S | = i za 8 So) a ‘S ? 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Questa osservazione, contradittoria a quella fatta da me, è causata dalla cireostanza che il FABRINI ritenne probabilmente come estremità posteriore ‘dei nasali, il contorno di una rottura trasversale che essi presentano presso l’estremità anzidetta, ciò che non è conforme a quanto in realtà si nota osservando bene il fossile. Del resto, data la ricca serie di crani di specie viventi esaminati, mi riesce facile asserire che questo ca- rattere si presenta incostante come nei crani fossili (Fig. 1, 2); ciò che ci autorizza a ritenere simile variante ‘come puramente individuale nella massima parte dei casi. Fig. 1. Fig. 3. Fig. 2. Leopardus arvernensis CR. et JOB. Uncia leo LINN. Valdarno superiore d Barberia Leopardus arvernensis CR. et JoB. Olivola tl Così pure ritengo che su di essa non abbia ad influire affatto la diversa età degli individui, poichè la presentano tanto crani di individui ancor giovani, quanto crani di individui ormai più che adulti. Senza volermi diffondere troppo a citare esempi, a convalidare tali osservazioni noto che in otto crani di 1) FABRINI E. Su alcumi Felimi del Pliocene italiano. So Fig. 4. ; Fig. 5. Uncia leo LINN. i Uncia leo LINN. d Località sconosciuta dell’Africa Sd Sud-Attrica i : 7 Fig. 6. ; Fig. 7. Uncia leo LINN. Uncia leo LINN. (36 Sud-Attrica Sesso sconosciuto juv. Barberia [15] : D., DEL CAMPANA 247 Uncia tigris Linn. si hanno in tre (var. sondaica Fitz.) nasali con estremità posteriori marcatamente arrotonda- te (Fig. 9, 10); negli altri, nasali posteriormente appuntati (Fig. 8, 11, 12). Nei crani di Leopardus pardus Linn. quattro individui, sopra undici esaminati, presentano l’estremità poste- Fig. 8. Fig. 9. Fig. 10. Uncia tigris LINN._ Uncia tigris LINN. Uncia tigris LINN. località inti var. sondaica Firz. var. sondaica Firz. Pessoa ocalità ‘sconoaciu dk Sumatra Sesso sconosciuto Giava (A) riorearrotondata;e di questi quattro esemplari, due appartengono alla var. panthera ErxtEB. dell’India(Fig.31, 32). Sicchè tenuto conto del numero di crani appartenenti atale varietà, può ritenersi che il tipo di ossa nasali ora descritto fosse in essa predominante; mentre nel Leopardo tipico predominerebbe il tipo di ossa nasali ad estremità poste- riore acuminata. Non è da escludersi che anche pel Leopardus arvernensis Cr. et Jos. del pliocene italiano, ove iresti fossero più numerosi, valesse la stessa osservazione; alla quale, per ragioni ovvie a comprendersi, noi non possiamo oggi dare, nel riguardo dei fossili, che un'importanza relativa. Non sarà fuori di luoge osservare in proposito, che nell’Uncia cristata Lyp. del pliocene indiano, si hanno le ossa nasali superiormente terminate in largo arco. Questo carattere per altro essendo visibile soltanto in uno dei tre crani attribuiti dal LyDEKKER !) alla specie ora ricordata, non esclude che anche quella seguisse la regola che ci è sembrata costante dall’esame delle forme viventi. 1) LYDEKKER. Op. cst., pag. 147 (324), tav. XL, fig. 1. VESPRI ET ECT PRI SERIA PR, se 248 D. DEL CAMPANA [16] Fig. 11. Fig. 12. Uncia tigris LINN. Uncia tigris LINN. Sd ?_ Birmania Sd? Hyderabad Uguale incostanza di caratteri, sebbene assai meno marcata, si osserva nel Leopardus onga Linn.; all'opposto . Uncia concolor Linn. (Fig. 13, 14, 15, 16) e Cynadlurus guttatus ErxLEB. (Fis. 17, 18, 19, ol per tacere di altre specie, presentano una maggiore uniformità nei riguardi del carattere in parola. Concludendo ora queste brevi osservazioni sulla forma generale dei nasali, ritengo che, a preferenza di Uncia tigris Linn., si avvicini alla forma fossile Leopardus pardus Linn. e dopo di esso alcuni esemplari di Zeopardus onca Linn. Apertura nasale. — Dato il non troppo buono stato di conservazione della parte anteriore della regione faciale, vengono a mancarci quasi del tutto 1 caratteri dell’apertura nasale. Questa, come è noto, ha nei Felini un contorno cuoriforme; ed a seconda dei casi si presenta più o meno al- lungata e disposta su di un piano più o meno obliquo dall’avanti all’indietro. Le specie fossili non si prestano sotto tal riguardo a confronti di sorta; per le viventi valgono le osservazioni che seguono. ì Un cranio di Uncia leo Linn. mostra le maggiori somiglianze col eranio fossile del Valdarno; il quale, anche tenuto conto del difetto di conservazione, aveva senza dubbio un’apertura nasale non troppo larga, piuttosto allungata e giacente su di un piano visibilmente obliquo verso l’indietro. Ciò vale quanto dire che in esso il muso era più allungato, come lo è nel Leone; a differenza di altre specie (Tigre, Leopardo, etc.) nelle quali si ha un muso più breve e tozzo. Osservazioni identiche si potrebbero fare riguardo al frammento di cranio di Olivola citato sopra, oveicontorni dell’apertura nasale rimangono in massima parte conservati. Anche nell’altro cranio della medesima località D. DEL CAMPANA i 249 LT] quasi completo, ad onta della profonda compressione laterale che lo ha deformato, tutto lascia ritenere che si avessero caratteri presso a poco identici. . i Uh Fig. 18. : Fig. 14. Fig. 15. - Fig. 16. Uncia concolor LINN. - var. paramorum FESTA d Brasile Q Brasile Sesso sconosciuto, juv. Sesso sconosciuto Brasile. Rio Janeiro IIa / Uncia concolor LINN. Uncia concolor LINN. Uncia concolor LINN. I Fagrini ha notato in proposito che i premascellari formanti il contorno delle aperture nasali non sono uniformemente curvi come nella Tigre e nel Leopardo; ma, come nel Leone, formano una superficie a doppia cur- vatura. Fig. 17. Fig. 18. Fig. 19. Fig. 20. Cynailurus guttatus HERM. Cynailurus guttatus HERM. Cynailurus guttatus HERM. Cynailurus guttatus HERM. é Steppa di Wembare Q Steppa di Wembare var. raineyi HELL. var, raineyi HELL Atfrica orientale Attrica orientale G Kilimangiaro Kilimangiaro Nel cranio valdarnese che io ho in esame non ho potuto notare altre somiglianze col Leone, tranne quelle in- dicate poco sopra. Altre difficilmente potrebbero ammettersene, pel fatto che dei premascellari resta ancora in posto e mal conservata solo la parte anteriore, o osso incisivo, ed anche questa non completamente. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 32 FLAT du 4 AE i NEAR 250 D., DEL CAMPANA [1 8] Mascellari. — Ho già accennato altrove allo stato di conservazione dei mascellari nel cranio del Valdarno. Il sinistro, meglio conservato del destro, si presenta, come ho potuto notare anche in un cranio di Leone, non solo rigonfio in corrispondenza dell’alveolo del canino, ma tendente a restar sollevato nel suo processo ascendente. Fig. 21. Fig. 22. Uncia puma Mor. ; Uncia puma Mot, d juv. Patagonia Q Juv. Argentina Questo carattere, mentre non si può, per difetto di conservazione, controllare nei crani di Olivola, non si nota d’altra parte, nei crani di Uncia tigris Linn., Leopardus pardus Linn., Leopardus onga Linn. da me esaminati; lo presentano invece Uncia leo Linn., Uncia concolor Linn., Uncia puma Mot., Cynailurus guttatus HeRm. Conseguenza diretta di tal particolare è una faccia proporzionalmente più slargata in queste ultime specie, a somiglianza del fossile; mentre nelle specie più avanti citate si ha una faccia più ristretta e quindi proporzio- nalmente più allungata. Riguardo ai mascellari il FABRINI fa anche l’osservazione seguente: « se uniamo con una linea le due estre- mità dei processi ascendenti dei mascellari superiori, questa passa al disotto delle ossa nasali nel fossile come nella tigre: nel leopardo è allo stesso livello di questo, nel leone passa al disopra ». I disegni che io riproduco, mostreranno, meglio ancora delle mie osservazioni, come le note riportate sopra meritino alcune rettificazioni. ; Nonostante le deformazioni subite dai fossili che sto studiando, credo si possa con tutta sicurezza stabilire, al- meno pel cranio del Valdarno e per quello più completo di Olivola, che le estremità posteriori dei nasali si spinge- vano verso l’indietro ben poco più delle estremità dei processi ascendenti dei mascellari: ciò che si nota pure in uno dei crani di Unczia cristata Lyp. del pliocene indiano, In un frammento poi di cranio raccolto a Olivola (Fig. 2),non è dubbio che fossero invece le estremità dei ma- scellari a sopravanzare le estremità dei nasali. Ora queste osservazioni non si potrebbero affatto ripetere per i crani da me esaminati di Uncia tigris Linn., i quali riconfermano quanto ebbe già a notare il LyrDEKKER *) a proposito di questa specie, che cioè l’estremità dei nasali è non di rado appuntita, e non è mai sopravanzata dai processi nasali del mascellare (Fig. 8, 9, 10, 11, 12). Quanto poi al Leopardo, in cui le estremità anteriori dei nasali sarebbero, secondo il FABRINI, allo stesso livello dei processi ascendenti dei mascellari, dietro l’esame di crani viventi di questa specie, avuti a disposizione, posso osservare che in alcuni i mascellari restano al di sotto dell’estremità anteriore dei nasali (Fig. 24, 26, 28, 29, 33), in altri sono allo stesso livello (Fig. 23, 31), in altri finalmente sopravanzano l’estremità dei nasali (Fig. 25, 32). 1) LyDEKKER. Op. cit., pag. 147 (324). ili al'ulelizi PEER Are° vr e ru PE ONTANI, AO, [19] ; D. DEI CAMPANA 261 Il fossile dunque sotto tal riguardo, si avvicina notevolmente al Leopardo anzichè alla Tigre. La quale ultima invece, per il carattere in questione, costituirebbe un’eccezione ad una regola che mi è apparsa costante dal- l’esame del cranio nelle diverse specie di Felini che ho potuto confrontare. AVA Fig. 23. Fig. 24. Fig. 25. Fig. 26. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. S Eritrea (A) S Eritrea (B) Sesso sconosciuto. Eritrea 6 Colonia del Capo Crani di altri Felini nei quali, come non di rado si osserva pel Leone (Fig.3,5,7) e come ho notato pel Leopardo, l'estremità dei processi ascendenti del mascellare si spinga al di sopra della estremità dei nasali, non ne ho trovati, tra i molti di cui dispongo, che cinque. | si NN : ] Fig. 27. Fig. 28. Fig. 29." Fig. 30. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. Zibethailurus nebulosa GRIFF. var. minor MATSCH. Rufiji Cina Cina Il primo è di Uncia concolor Linn. var. paramorum Festa (Fig. 16); il secondo è di Catopuma juguarundi FiscH.; gli altri tre sono crani giovanissimi di Leopardus onga Linn. Paraguay (uno) (Fig. 31), e di Leopardus uncia SCHREB. (due). Sarà utile anche ch'io faccia notare comein un secondo cranio giovane di Leopardus onga Linn. (Brasile) 252 D. DEL CAMPANA [20] molto più sviluppato dei precedenti in grandezza, ma avente ancora in posto la dentizione di latte, le estremità posteriori dei nasali hanno già sopravanzato i processi ascendenti dei mascellari. ; ì Fig. 31. Fig. 32. Fig. 33. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. Leopardus pardus LINN. var. panthera ErxL. India (B) var. panthera ErxL. India (A) var. panthera ERXL. 2Q India centrale Nel fossile i processi ascendenti dei mascellari hanno un contorno dolcemente arrotondato; però debbo osser- vare che, almeno per quel che riguarda i crani viventi, questo carattere non ha troppa importanza, perchè va soggetto, anche nella medesima specie, a notevoli varianti individuali. \ ) Fig. 34. Fig. 35. Fig. 36. Fig. 37. Leopardus onga LINN. Leopardus onga LINN Leopardus onga LINN. Leopardus 0nga LINN. Sesso sconosciuto. Brasile gd? Sud-America Sesso sconosciuto, juv. Q Brasile Paraguay Un carattere che si ha nei mascellari dei crani fossili, abbastanza spiccato, è dato dalle proporzioni ridotte del foro infraorbitario, avuto specialmente riguardo alle loro dimensioni generali, e presentandosi essi sotto tal punto di vista ben conservati. dl rt titre in di it rn ca PI ET AR — "ME VASTA TO i N * pa e! [21] . D. DEL CAMPANA 253 Nel Leopardus arvernensis Cr. et JoB. tipico, e in Uncia cristata Ly. del Siwalik un tal carattere non è possi- bile osservarlo; tra le specie viventi il Leopardo si avvicina per tal particolare assai più della Tigre e del Leone, al Leopardus arvernensis Cr. et JoB. del pliocene italiano. Frontali. Queste ossa, trovandosi nel cranio di Valdarno ben conservate, dànno modo di eseguire coi vi- venti confronti dettagliati e non privi di importanza. Nel fossile il solco frontale è menomamente accennato e con bordi assai distanziati, ciò che dà luogo ad una superficie dolcemente incavata. Questo carattere non tutti i Felini lo presentano ugualmente. Si avvicinano tra i viventi al cranio di Valdarno soltanto i crani di Leopardus onga Linn. ed in minor grado alcuni erani di Leopardus pardus Linn. Nel Leone, . e sembra ancora nel fossile Uncia cristata Lwp.,la concavità è molto più marcata; in altre specie o non esiste, o si presenta con particolari del tutto diversi. Dei processi post-orbitali, il sinistro è del tutto conservato, mentre il destro è in piccola parte mancante. L’uno e l’altro sono poco curvati in basso e tendono a prolungarsi come accade in alcuni crani di Leopardus pardus Linn. ed in Leopardus onga Linn. In Uncia tigris Linn. sono sempre più brevi e più ricurvi; in Uncia leo Linn. sono pure più brevi ma tendo- no alla posizione orizzontale come nel cranio fossile. LyDEKKER non dà per la sua specie Uncia cristata particolari troppo diffusi nei riguardi dei processi post-or- bitali; la fisura del cranio data da questo autore nella sua memoria più volte citata, fa ritenere che la forma fos- sile del Siwalik si avvicinasse di preferenza ad Uncia leo Linn. Relativamente alla distanza che passa tra i processi post-orbitali ho potuto raccogliere nelle forme fossili ed in alcune delle viventi le cifre della seguente tabella. Le misure riportate in pollici dal LyDEKKER sono state precedentemente ridotte in millimetri; da esse si ricava come le dimensioni del Leopardus arvernensis CR. eti JoB. sieno un po’ maggiori della specie pliocenica del Siwalik, la quale non superava in sviluppo gli esemplari medi di Uncia tigris LINN. 3 | a ; LI VATI i s Na Uncia leo Linn. Uncia tigris Linn. Uncia concolor Sol S| Linn. SI a a SEZ 330) Fn Pi:°) è da| A | A EN 0a var. sondaica © [2] [ai Poi » Di os & [a] SOSIA. 2 3 2 EE es Firz GO IRE PROCESSI 29 E CVS VEE 2 Lo | ss Sea el d= 3 © s Z 2 223 | 25 (sega | alè a DE ia ibgen sa aa VASI ISS S |S S| sapa SE [Ba Fs) & 2 | gs A 9 5 D » | s= [a] (2) "A i dò oi È 2 (3) ne È - SATO © 5 salsa POSTORBITALI Sele = o 0a) Ea ea sole | S| | ESE sea [a | S|<|28| < (SH e ||| E Storia ani Sti MB ES e i ME ES RESTA (ne a MAN NS Noa ES: PA] = è Fs) =] »r usi da i è n a & oRloe— (ca) ri 29 È S| S|] 3 |S3| # |2E) S| S| S| S| GA|8z|fe A |8E|SS SS Et sot at esi Rae SE SN Ser] SAS O. tore So S S so |.S Ot | o S 2 9 9 DE | oo | 2 | Ai | 2 © usi o | 8 o Î De sa S IS D | FA D BL o.| o © CA | 23 | 50° N S| | = DAR VET] n © & a E N 2 n o) 2) | Q [A n D n Pa | ES 2 ino, c- D >) 2) n © SS |2|fo| 2. 2 n Distanza tra i processi postorbitali . . mm. |94*|78.4) 85 | 108|107|1192| 86 | 72 | 80 | 113|105|82.5| 91 | 85 [79.5) 75 [76.5] 62 | S1 254 D. DEL CAMPANA Uncia puma Leopardus onga Linn. Leopardus pardus Linn. - Mor. Ri Ta —— A “| var. panthera| &2 |9 _ 2 SI RE ErxLEB. |SÉ|S8 5 e ee Droit PROCESSI Bel e | 8 Sila as Reese 38 S a lssl e | 4 <| A pi & Sal ®© SIOE bS=| BE|S (248) E |2 sa E SR SI n n Og r0 fee -S ae eee s|E | |B2\38 1 Gi = IS) ° Dn | POSTORBITALI £ E) 3< < SE s È SUE Se 3 ala | e È 8 ss | SQ Sd ET BU | n n 2) a g ® nd = 9 Hi lio] | a n | go S Sa n z pa Pa 7) (È 3 Pn S So (‘2) e» © 2) vol © vo EI | a Lunghezza della volta pa- | latina . ..... mm. 110) 155| 138| 150) 117] 105| 122| 151| 147) 117) 143| 143) 128| 90 | 78| 60) 75 Larghezza della volta pa- latina in corrisponden- za di Pm 4 . + » | 72] 120| 95 | 113| 86 | 90 83 | 111] 103| 94 | 88 | 98 | 96.1 62| 63 | 54 | 57 | Id. in corrispondenza di Pm 3 e 61 Nsor 73) 75 | 607580 65) 189 840078 zo] 780 173) NA 46.0 1380 A£ Id. in corrispondenza del Canino 5 - >» || 50| 49) 48 | 5138 | 38) 40| 51| 52) 38) 49| 47 44| 33| 33| 23 | 30 Uncia puma Leopardus onga Linn. Leopardus pardus Linn. Mor. | | | | | | var. panthera| £2 | i 2 | IAA S| Exe. |2É]r VOLTA | È “| @| | o È Pe © SA e A e e las AE e E e Rees D #5) 2 si © ® 2 roba sn FS Aaa PALATINA S| is) S|i|e|e (S| ALE 313) 5|f2|#a|s7|î8 E SS E e E e Galesi CS e e CE 0 GE Gar vo | o i2 olii CET $ LOL isa DI 2 SÒ st SA Moro east Sele SA nio) z di fo | ot &| 53 |5 | SES i oo ISO i IS | SZIS | Ì sa dl b i Lunghezza della vol- | I | | ta palatina mm.| 68 |59.5| 112|118| 96 | 70 | 85 | 116.5| 110 | 79 | 90 (108) 80 | 111| 98 | 85 | 93 | 94 | 76 | 88 Larghezza della volta | | palatina in corri- | | | | | spondenza di Pm 4 » | 62 | 53 | 68 | 65 | 55 | 957 | 74) 78 61) 55 | 56 | 60 | 53 | 67 | 77] 52 | 67) 65 | 46 | 55 Id. in corrispondenza | i Son I | di Pm3 . . . . » | 534254 |52|46.| 41| 56) 62|47)|38|44|47|40;54|49| 4051 | 48/34 | 41 Td. in corrispondenza | ica | | 3 del Canino . . . »|30|25| 34 | 34 | 27 | 29 | 35 | 96 | 30. 26 | 26 | 31 | 23 | 35 | 32 | 281/30. | 31 | 24 | 28 | | | | Ì | 260 D. DEL CAMPANA ) [28] Se, dopo aver tenuto presente che pel cranio fossile le misure sono state date colla massima possibile appros- simazione, prendiamo ad esaminare le cifre della tabella precedente e le mettiamo in rapporto con quelle che ab- biamo date più avanti, possiamo facilmente notare alcuni caratteri peculiari del cranio fossile di fronte alle varie specie viventi colle quali l’abbiamo posto a raffronto. 85 Come si vede per la lunghezza della volta palatina il cranio fossile si avvicina agli esemplari più grossi di Leo- purdus pardus Linn. e di Leopardus onga Linn.; in questi però il palato è proporzionalmente più ristretto che nel fossile. Il che sta a dirci che nelle specie viventi si aveva un muso proporzionalmente più stretto ed allungato, mentre nel fossile doveva essere relativamente breve e tozzo. Se poi si tien conto che in questo la cavità cerebrale aveva nel suo tratto inferiore una lunghezza quasi doppia di quella riscontrata in Uncia leo Linn., abbiamo, mi sembra, dei buoni elementi per ritenere che il cranio fos- sile era, allo stato normale, piuttosto allungato, mentre si distingueva d’altra parte pel muso breve. Nei crani di specie viventi da me esaminati una simile concomitanza di caratteri non esiste così marcata. Leopardus pardus Linn., Leopardus onca Linn., Uneoîdes mitis Cuv., Catopuma juguarundi Fiscr. offrono pertanto, & preferenza delle altre specie, maggiori punti di contatto. : Per le ragioni più volte esposte non ho potuto ripetere, se non molto sommariamente, le osservazioni fatte sin qui sul cranio più completo di Olivola. Il quale profondamente schiacciato com'è, si presenta anche più allungato del cranio Valdarnese, rendendosi così più somigliante di questo alle specie americane. ; Si deve con molta probabilità ad una simile circostanza l’allusione fatta dal FABRINI, alla presenza, tra i Fe- lirii pliocenici da me studiati di una specie affine ai grossi Feles americani e rappresentata, come ho già riferito, da buoni ma scarsi resti. Quanto a me, l'esame condotto sui caratteri del cranio di Olivola non mi ha dato motivo per tenerlo speci- ficamente distinto insieme agli altri resti della stessa località, dal Leopardus arvernensis Cr. et Jo. del Valdarno. Perciò ho creduto conveniente riunirvelo, anzichè seguire le idee dello studioso ora ricordato. Continuando nell'esame dalla faccia inferiore del cranio possiamo notare come, malgrado la non buona conservazione, gli pterigoidi si mantengono assai ben scolpiti fino presso le bolle timpaniche ove vanno a ter- minare. Un simile carattere si riscontra specialmente tra i viventi, in Uncia leo Linn., mentre Uncia ligris Linn. lo ha in generale meno accentuato. Il Leopardus pardus Linn. presenta gli pterigoidi pochissimo sollevati nella loro metà posteriore e lo stesso si può ripetere per Uncsa concolor Linn., Uncia puma Mot. e Zibethailurus nebu- losa Grirr. Il Leopardus onga Linn. si avvicina invece un po’ più, sctto questo rapporto, alla forma fossile. Sotto tale riguardo, il cranio più compleio di Olivola diversifica un poco dal cranio Valdarnese perchè i suoi pterigoidi sono meno sollevati e più brevi pur differenziandosi da quanto sì è notato negli pterigoidi del Leopardo. Uncia tigris Linn. offrirebbe in questo caso un maggior purto di somiglianza. Relativamente alla fossa glenoide il FaBRINI osservò che nella forma fossile essa è più larga nella porzione esterna a somiglianza di ciò che si nota in Uncia leo Linn. e in Uncia tigris Linn. Il Leopardus pardus Linn. si distinguerebbe al contrario per una fossa glenoide a larghezza uniforme. Le misure da me raccolte sul cranio del Valdarno e su alcune delle varie specie viventi avute in esame, mi hanno dato pei diametri interno ed esterno della fossa glenoide le cifre seguenti. 261 ca) N 10 B i IN ‘9Ulle]geo) 89UVS " S Sai cuguodiy Co 285 | oTstag ‘vunieggRo mIuog 10 n SÌ) ci SES = s 10 (sj Ne) D = BIUOSBIBT £ S S SUA | OJISBIE *“VUIINYIRA) BIUES £ 10 ZA hem! Pa e10genbr oqnIiosono9s 0s8S9s 1a BUI) OBUI-ZS P E È ES ‘VISO ] WOW “IBRA SI *"AUIU) VS0/NQ9U SNUN]IMYIRILZ e 25 D a 5 IS OISBIA-OT9UR f OLI Uci e]eguerio gor]y ‘omequio Ai Ip ° ) S zi "Aan( ‘ogniosouoos 08898 (er) 8dd998 } Ko) HOSLY] «d0ULUW "IVA Vai (er) © Zi — _ = rs Sia. 5 È 8 (g) pur 1 n SH OTISUAT Ò ai S i OJnIOSOT098 08898 si to Di S TE SA ( z V) BIPuI [ai qa D OTISUIA to) E Sr OqmIOSOU0I8 08598 ta n. — = 10 a . S (q) ta : gs Ki A 9]eIJue0 BIpuI a) or) La $ OqnIiosoOT0O8 OSSOS Sa la B | U| DJS È Gio Qua S| 3 = LI elus DELE A s|E£ € |P 5 $ So © Sea 48 ii SA|SA| Cs È RSS GA o Seles | SS Go|Gelso| Ss i FOSSA Fo | S| e | A-25 s|Selfol fo | s°|TE DS PEER S/Us oe || £| AlSs è|sa dle elas|se fesa] e) e SÉ 05 /\) c) D S iS S Ò Sì È 9 Z| 85 CA D Ki S AE > | fg |frol® |Ré[ee| 555) 2) #|33|3z|S2|se|O|8s S GI î |P Siae SE | SE#|89| og S| So a |A = S 2/25 © Sq zed \2S|2 Ria) Si a One S fo | ci SE ba E È SElÈ [fo (of s SE to | S 2 is SHE Si se = { i Diametro trasVer- | O Il 1 ” so interno. mm.|8.5| 5 |4.5| 5 |4.5| 5 | 6 6 | 7 | 14 | 13 [12.5| 11 | 14 (14.4) 5 | 8 |9.5/8.6|8.4/8.7 | | j ò | | Diametro trasver- | so esterno . »|7.5| 4 [3.5] 4 |3.53.5) 5 (4.5) 6 |12.519.5/8.5| 9 (9.5/10.8] 4 | 6 |7.5|6.4|6.5.| 6 boe) Come si riscontra da queste cifre i erani di specie viventi portano a conclusioni ben diverse sui caratteri della fossa glenoide da quelle dello studioso ricordato sopra. Per regola generale la fossa glenoide si restringerebbe andando dall’interno verso l’esterno, e sotto tal ri- guardo tanto il eranio fossile quanto l’altro di Zibethalurus nebulosa GriIFF. costituirebbero delle vere eccezioni ad una regola che a me resulterebbe costante. Non sarà fuor di luogo l’osservare che il Leopardus pardus Linn. è tra le forme viventi, dopo quella ora ri- cordata, la più vicina al fossile pel carattere di cui parliamo. Infatti, tanto in un cranio di Pantera, quanto in un secondo della var. minor MaTSscH. i diametri esterno ed interno o sono identici, o differiscono minimamente tra loro. Ciò che conferma sia pure in parte, le osservazioni riportate sopra del FABRINI a riguardo del Leopardus pardus Linn. Nel cranio completo di Olivola la fossa glenoide avendo i bordi in parte mancanti non se ne posson dare i diametri neppure con approssimazione. Tenendosi a quello che ne resta conservato, sembra di poter dire che essa aveva con tutta probabilità i medesimi ‘caratteri riscontrati nel cranio Valdarnese. Altre osservazioni non prive di interesse possono farsi sul processo post-olenoide. Nel cranio del Valdarno questo processo esiste tanto a destra che a sinistra. Quest'ultimo soltanto conserva però i suoi caratteri e si presenta piuttosto ingrossato e mediocremente sviluppato, riguardo alle dimensioni ge- nerali del cranio e a quelle della fossa glenoide. Inoltre è lievemente inclinato verso l’avanti. Nel cranio completo di Olivola questi caratteri non si notano ugualmente sia per ciò che riguarda la con- formazione del processo che è più sottile, rome anche per la inclinazione che è un poco maggiore. Anche nei era- ni viventi adulti il processo post-glenoide subisce delle varianti individuali, esso però si avvicina in generale piuttosto al tipo presentato dal cranio di Olivola che a quello che si osserva nel cranio Valdarnese. È peraltro da notare che in alcuni crani molti giovani di Uncia leo Linn., Leopardus onga Linn., Leopardus uncia SCHREB., il processo post-glenoide ricorda molto da vicino la forma che presenta nel cranio del Valdarno. [31] D. DEL CAMPANA 263 Della bolla timpanica non è conservata in quest’ultimo che la parte basale anteriore, essendo il resto scom- parso insieme alla parte posteriore del cranio. Il poco però che ancora rimane serve per affermare con sicurezza che la bolla aveva uno sviluppo propor- zionalmente ridotto. Nel cranio fossile di Olivola più volte citato, le bolle timpaniche si mostrano alquanto più conservate e si uniformano pel loro sviluppo a ciò che si è notato nel cranio Valdarnese. Ai crani fossili si uniformano pure sotto questo riguardo alcune delle specie viventi, quali ad es. Leopardus pardus Linn., Leopardus onga Linn., Zibethailurus nebulosa GRIFF.; mentre in Uncia leo Linn., Uncia tigris Linn., ed in alcune specie più piccole dell'America lo sviluppo è proporzionatamente maggiore. Forse anche la posizione che la bolla timpanica aveva nel fossile era un poco diversa da quanto si nota nei viventi. Nel cranio del Valdarno infatti, a giudicare da ciò che resta visibile, essa era orientata in modo da avere il diametro massimo disposto quasi trasversalmente al cranio. Nel cranio completo di Olivola questi caratteri appaiono un poco meno spiccati, presentandosi il diametro massimo in posizione meno prossima alla trasversale. Nei viventi per regola costante si ha il carattere inverso di quello riscontrato nel cranio di Valdarno cioè la posizione trasversa viene assunta dal diametro minore. Giova però notare che anche tal carattere subisce delle varianti da specie a specie e da individuo a indivi- duo, il che fa sì che anche quelle riscontrate nei crani fossili assumono ur valore relativo. Riguardo ai caratteri della regione periotica si hanno nell’opera più volte citata del LyDEKKER ! ampli confronti tra la pliocenica Unesa cristata LyD. e la vivente Uncia tigris Linn. Nella prima di queste specie la regione periotica essendo spostata più in vicinanza della fossa glenoide, ne conseguono notevoli varianti spe- cialmente sulla posizione dei diversi fori che si aprono nella regione anzidetta. Il Leopardus arvernensis CR. et Jos. del pliocene italiano uniformandosi a ciò che si nota nella 7gre, non occorre ripetere qui i confronti già fatti per provare la sua diversità da Uncia cristaia Ly. DENTIZIONE DELLA MASCELLA SUPERIORE. Compiuto l’esame dei caratteri morfologici del cranio, inizio ora quello dei caratteri dentari. Anche in questa parte avranno largo campo i confronti colle forme viventi; chè le specie fossili offrono sotto tal punto di vista scarsa materia alle osservazioni. % Infatti per ciò che riguarda il Leopardus arvernensis CR. et JoB. tipico, la dentizione della mascella supe- riore manca affatto, e relativamente a quella di Uncia cristata Lyp. del Siwalik i caratteri conservati sono assai scarsi. Dal FaLconER apprendiamo che quando egli studiò pel primo i resti di quella specie, solo i Premolari e il Molare esistevano in posto in un cranio assai ben conservato; tanto che egli potè riconoscere in quelli la mede- ‘sima struttura osservata nella Zigre e dedurne dal loro grado di usura la presenza di un animale adulto seb- bene non attempato. Nel secondo studio compiuto però dal FALCONER è notato e lo si rileva anche dalle figure, che i denti suddetti avevano le corone profondamente frantumate, sicchè le osservazioni scarseggiano in proposito. Tali osservazioni io riporterò tutte le volte che si rendano necessarie per la miglior conoscenza dei fossili. Incisivi. -- Sebbene i denti incisivi sì trovino conservati in buono stato soltanto in uno solo dei crani di Olivola, come abbiamo avuto luogo di dire precedentemente, tuttavia quelli del primo e del secondo paio non 4) LyDEKKER. L. cit., pag. 145, 322. 264 D. DEL CAMPANA [32] presentano differenze notevoli all’intuori delie loro dimensioni RFoporzionano eni più ridotte, carattere che si riscontra anche negli incisivi del terzo paio. Questi ultimi portano ciascuno, sul lato interno, corrispondente all’incisivo del secondo pajo, un tubercoletto non troppo accentuato e che probabilmente doveva scomparir presto in seguito all’uso del dente. Questo carattere si nota in quasi tutte le specie viventi da me prese in esame, facendo eccezione solo Uneva leo Linn. e Uncia tigris Linn. nelle quali il tubercolo è sostituito da un rilievo che si estende a guisa di cercine sulla metà posteriore della corona. Giova inoltre osservare che non in tutte le specie viventi il tubercoletto in parola è ugualmente sviluppato, essendovi per dir così dei gradi di transizione fra il tipo presentato dal fossile e l’altro riscontrato nel Leone e nella Tigre. Tenuto conto pertanto anche delle varianti individuali, mi sembra che di tutte, Leopardus pardus Linn. e Zibethailurus nebulosa Grip. sieno le forme che più si avvicinano alla forma fossile. Canini. — I canini, visibili nel eranio del Valdarno ed in quello più completo di Olivola, hanno corona pro- porzionalmente esile ed allungata. Questa, non ostante il difetto di conservazione, doveva avere posizione un poco più obliqua che nei viventi. Nel cranio di Olivola il dente ha corona internamente piatta e un po’ compressa lateralmente; in quello del Valdarno invece la forma della corona tende a diventare conica regolare. Altri due canini superiori, provenienti l’uno dal Valdarno, senza indicazione più precisa di località, e l’altro da Sammezzano, hanno, rispettivamente, il primo corona regolarmente conica, l’altro corona internamente piatta. Giova però notare che tra i viventi si hanno simili varietà anche dentro i limiti di una medesima specie, sicchè ritengo che quanto abbiamo osservato sui fossili, non abbia altro valore all’infuori di una semplice variante indi- viduale. Allo stesso modo della diversa sezione della corona, deve ritenersi come semplice variante individuale an- che la diversa curvatura della corona, maggiore nei canini del cranio completo di Olivola, che in quei del Valdarno. La tavola di misure che io riporto, relativamente ai diametri antero-posteriore e trasverso del canino superiore nelle diverse specie, prova ancor meglio queste mie osservazioni. Leopardus } » Uncia tigris arvernensis Cr. et JoB. s Uncia leo Linn. LINN. di | È Ò [al el © | S| - - È CANINO 8 S al) 2 E È A a Ri d Gi S Sì im S SUE È Ei 9 E È Ss È È LES E | oi] SI È È 5 35 ri SUPERIORE RR a È 3 AR e @ È >| _g fa E E È 2 A $ È E 5 È a 2 (>) £ È w 8 © ° SÌ S = È Hi E cas SaS DI US. SS ES DANS DNS ISS DISSI DIS DI SADI SI — = = ———__ = i = Diametro antero po- | : steriore . . . mm.| — |22.6| 17 | 18 | 20 (20.5) 22 [21. 8/25. 5/25. 2[24. 4/24. 8| 21 | 21 |18.5| — [19.6] 20 |27.5| 27 Diametro trasverso » | — | 19 |13.6/11.4/14.4' 15 | 16 | 16 | 18 (17.5/19.3| 19 |17.2|17.2 14) — | 14 | 14 |20|20 265 D. DEL CAMPANA [33] S o So, LS) Se) TH S E dò BIUOSVIVT N mai er) 35 VO] B1U0]0f) (dp) si Ta s SE resi CONS) . 10 Sd OqMIOSOTO0OS8. 08S9 9 3 [SS | P È Qi È SS qui S E È n cd i È Bea Q1oggnbiy ogniosonoos 0s89S (2) I SÈ OqeIueLIO BOTYV "Ilya 2) 1a DI VISTI W7240WHDNd "BA 0% SI Sì S L O Do) ® A ai = ) è | D SES Z F S ; ha Sa 5 OJISBIE ‘OIIOUV OM D | ES ka) VONOULY "png D gi fici = *anl‘ogniosono9s 08s9g ol ° ni : Ga 3 A = SI ? (2) a # S TE Iii 65 19 3 CEE nie Tie Ce È OTISstIg D ci a (1) otssvag v ca gi Si Hi FO Co) 33 È È 3 ò fa) ci S ; ò A Si ci IS RARA Lon! Da La Pi bal n + 9 £ E n OnistId D a © a (v) onscag Dn 7 SI io) A 10 (Sj 0 T . tn La S 6 8 eo 3 - Ci RES È : (N 1a I hi n ca) (g) car (2) ci So S QTISÙI (2) o cli s ; sa = c—rnilloa iS N S OIMIOSOTOIS, OS8OR Ta) na È È OIMIOSOUONS 08898 4 S DS [ca] ASTA Sa A Taste GI Com! dD 2 TI S î Sì a Di e DO IS | (V.) BARI (c9) © IS BOLOUIY-Pug D = Co) Z S OMIASOUOOS 08898 : Sì 39 So) O 53) + SEE 5 £__& 8 SO H Q fo) SE Sa Ss WIQRIUNE D ol d BVOLTOULY-pug o) ISS :S £ Tai © Co OMIOSOTOOS. ORSOg : La co IS Sl co A (to) e È * = = la S x H ù B a E IS (2140) (c10) D DN ss IS 2 ò euguoSIy D S ek OqmIOSOT09S 08898 SI È 9 IS = | $ E cn n Qi i Ss . levi Lo) x n CIUBUIIIC (2) Go) Fei È 2 OquIOSOTOOS 08898 4 A G 9g Ò x a È > 9 | a 3 = ® DE 2 È fai (I 9 Z Di è o (©) (e) (o) Za ° d = 5 È CA FOLLE SI E 3 CA i 3 SS so È 27) 5 où D) AS EOS: SEE Das SÈ CI: LL lcd .S 3a di to) A A A (a) 34 Palaeontographia italica, vol. XXI, 1515. 266 D. DEL CAMPANA [34] —Pr————_—__m_____2l21141111k11.1z12#2=<-<=+=<=<<<______—_—_—_—_—_—__——_—-+€*€©“ ©WOOWMTI*AOQITT (CH È Ss) Î Leopardus pardus Linn. so ì CI Ei © I | i var. panthera ERXLEB. sE & Do | i (DR 5 "i RALE, i RE E _ (ca) © ° Seli | È do 5) ! 5 E DIE E - 00 I c S Sì di CANINO MR 5 e | E: È Sio AR Rion Se a S E PI OROT SAMO Go Sa ° SUPERIORE Si a SR RO Si eat ee 3 3) SSIS © E) DRG & @ A DE SIG È Sy © Ò 2 1 È on Ca 32 8 I | ia 3 SE S | | n V7) E> 3 DE DIST NDI ISS EDYS ED SED NSA RDS CS DS 5] So È = = e Diametro antero-poste- | riore «++ ++ mm.|12.8|13.6|13.7| 14 | 14 |13.7| 14 |15.5| 16 | 13 | 13 | 16 |16.2/15.5/15.8 11.7) 12 | 15 (14.8 Diametro trasverso . . » | 9 |10.S|10.5| 10 | 10 | 10 | 10 | 11 |11.5| 10 | 10 |13.3|13.7|11.2|11.2| 8 |8.2]|11.5|11.8 4 | n = * Sr Degli altri denti, come già ho avuto luogo di notare, i molari mancano affatto, e dei premolari solo il terzo ed il quarto sono visibili. E poichè, specialmente nei crani di Olivola, i caratteri morfologici della loro corona sono sufficientemente con- servati, possiamo eseguirne i confronti colle specie viventi con abbastanza sicurezza. Pm 3. — Per le sue dimensioni esso si avvicina in certi casi a quello di Uneia leo Linn. il che val quanto dire che il dente in parola assume nella forma fossile uno sviluppo proporzionalmente maggiore. CR Il dente inoltre era più robusto nel fossile, perchè aveva una larghezza relativamente maggiore che in. Uncia leo Linn. Tutto ciò si può apprezzare esaminando le dimensioni date pel secondo esemplare di Olivola. ‘Negli altri esemplari fossili questo carattere apparisce meno visibile, poichè la corona di Pm 3 si trova al- quanto consunta; onde ne resulta una larghezza massima un poco inferiore alla reale, ciò che ho voluto indicare contrassegnando le misure con un asterisco. Si può ancora osservare la disparità di dimensioni che corre tra i diversi esemplari fossili riguardo a Pm 3; ma mi sembra che simile variante abbia un valore semplicemente individuale, pel fatto che la si riscontra pure nelle specie viventi, come si desume dalle tabelle di misure delle quali ho corredato la presente memoria, a mag- gior chiarezza della descrizione. i i Relativamente ai caratteri morfologici, Pm 3 nei crani fossili non presenta varianti notevoli. La cuspide ha presso a poco lo stesso sviluppo e la stessa inclinazione che nei viventi dei generi Uneia Grav e Leopardus Grav. rola. [35] ; D. DEL CAMPANA 267 La corona inoltre offre nei vari pezzi osservati qualche leggera variante relativamente alla regione basale e nella sua metà anteriore, che in qualche casu è un po’ più espansa, in qualche caso un po’? meno. Uncia tigris Linn. e Leopardus onga Linn. presenterebbero coi fossili i maggiori punti di contatto; però non è fuor di luogo notare che il carattere in parola varia anche tra gli individui delle specie viventi avute in esame. AI contrario un carattere peculiare del Pm3 nei crani fossili è dato dal tubercolo anteriore presente in quelli, come nel Pm 3 delle specie viventi, ma proporzionalmente più sviluppato. Pm 4. — L’esame di questo dente nei crani fossili, mostra, come si ricava del resto anche dalla tabella delle misure, che esso subisce delle varianti a seconda degli individui, nelle dimensioni massime di lunghezza e lar- ghezza; onde assume in alcuni casi corona più breve e più Jarga, in altri corona più stretta ma più allungata. Per le dimensioni generali del dente non si ha invece la sproporzione notata sopra a proposito di Pm 3 in ri- guardo alle dimensioni generali del cranio; perchè Pm4ha, come si vede dalla tabella, dimensioni intermedie tra Uncia tigris Linn. e Leopardus pardus Linn. Osservazioni non prive di interesse possiamo fare riguardo anche ai caratteri morfologici del dente in pa- Il FABRINI ha fatto in proposito le seguenti osservazioni « Il ferino ha il tallone antero interno più sviluppato che nel leone e nella tigre: il leopardo per questo carattere si avvicina di più al nostro fossile: il contorno del colletto di questo dente apparisce in complesso rettilineo, anche in ciò il leopardo si tiene accosto al fossile: nella tigre è concavo: nel leone convesso ». ì Tali osservazioni, dietro l’esame dei crani viventi ch’io ho sott'occhio, meritano, secondo me, alcune rettificazioni. i Infatti, per quello che riguarda il tallone antero-interno, trovo anzitutto una variante assai notevole in Uncia leo Linn.. Dei crani che ho esaminati di questa specie uno ha il tallone pochissimo accentuato; gli altri invece, dei quali uno assai giovane, hanno un tallone interno proporzionalmente espanso quanto nel fossile, colla sola diver- sità che è situato più in basso, relativamente alla corona del dente, ed è in generale meno rigonfio. Varianti si riscontrano pure in Uncia tigris Linn. coll’aggiunta che il tallone ha proporzioni più ridotte e tende sempre a sollevarsi a guisa di tubercolo. Quanto al carattere in parola nel Pm 4 dei crani fossili, le varianti sopra osservate si hanno ugualmente; però entro limiti assai più ridotti, poichè il tallone è sempre ben visibile e mediocremente rigonfio. La maggior somiglianza col fossile notata dal FABRINI riguardo al Leopardus pardus Linn. esiste, però con- viene aggiungere che in questa specie il tallone ha caratteri molto più costanti, cioè è meno distaccato dalla corona e si presenta più sollevato a guisa di piccolo cono. Queste medesime osservazioni valgono per tutte le altre specie esaminate, fatta eccezione del Oynar- lurus jubatus ErxLEB. il cui Pm 4 manca costantemente del tubercolo in questione ed ha in suo luogo una espansione a forma di tallone marcatamente spostata più in basso, e meno verso l’interno chein Uncia leo Linn. e in Uncia tigris Linn. Relativamente al contorno del colletto di Pm 4, che nella forma fossile apparisce nel suo complesso rettilineo, trovo che, a differenza di quanto ebbe a notare il FARRINI, questo carattere si ritrova, sia pure con costanza mag- giore o minore, anche nelle specie viventi da lui ricordate Uncia leo Linn., Uncia tigris Linn. e Leopardus pardus Linn. Così varia lessermente in queste stesse specie e nella forma fossile, il contorno inferiore della cuspide posteriore del Pm 4, il quale si presenta in aleuni individui più ripiegato in alto, in altri meno. Un carattere costante nel Pm 4 dei crani fossili è la presenza di un piccolo tubercolo esterno alla base della. cuspide anteriore. 268 D. DEL CAMPANA [36] Questo tubercolo si ha conservato nella sua integrità solo nel frammento di cranio di Olivola, mentre negli altri pezzi fossili, o in seguito a rottura, o in seguito all’uso, è ridotto alla sola parte basale. Tra le specie viventi ripetono completamente il carattere in parola Unceza tigris Linn. e Uncia concolor Linn. In Uncia puma Mor. e Leopardus onga Linn. il tubercoletto manca in alcuni casi; in Leopardus pardus Linn. spesso manca e nei pochi casi in cui esiste è minimamente accennato e talora sostituito da un inizio di cercine basale. Finalmente manca quasi del tutto in Uncia leo Linn. e nelle piccole specie americane da me dnenmnietta, ad eccezione di un cranio (g) di Oncoides wiedi ScHINZ. Sul diverso sviluppo che le cuspidi di Pm 4 assumono tanto nella forma fossile, quanto in quelle viventi, non vi è da fare alcuna osservazione, trattandosi di varianti puramente individuali, o, in certi casi, dovute alla maggiore o minore usura del dente. d Piuttosto giova notare che nelle varie forme poste a raffronto l’asse della cuspide mediana, incontrando con un angolo diverso l’asse della cuspide Co ne consegue una diversità nel contorno interno del dente Cine pu quindi essere più o meno ricurvo. Nei crani fossili questo contorno è mediocremente ricurvo, come lo è pure, tenuto il debito conto delle varianti individuali, in Uncia tigris Linn. e nella maggior parte dei crani di Uneia leo Linn. e Leopardus pardus Linn. Aggiungo qui, a maggior intelligenza dei confronti eseguiti, la tabella di dimensioni di Pm 3 e Pm 4 nelle specie avutein esame, essa servirà a darci un’idea abbastanza completa della sezione di questi denti. Intanto, per ciò che riguarda Pm 3, possiamo osservare che la sua sezione in Cynadurus jubatus ERXLEB., costituisce una notevole eccezione; in quanto che il diametro trasverso mediano è maggiore degli altri dne: cioè la corona va restrinsendosi alle due estremità. Ciò è dato dalla circostanza che il risonfiamento interno, che il Pm 3 dei Felini porta sempre, tende a spo- starsi in Cynailurus jubatus ErxLEB. verso la metà della lunghezza del dente, mentre negli altri generi presi in esame, sì ha invece spostato verso l’estremità posteriore. Avremo luogo nel corso del presente studio di tornare nuovamente su questo carattere. Ho poi riportato nella tabella delle misure, dall’opera più volte citata del LyDEKKER, la lunghezza massima di Pm 4, per due dei crani riferiti alla specie Uncia cristuta Ly. del pliocene indiano. Quelle cifre riescono interes- santi per noi, perchè cì fanno apprezzare da un lato la disparità di dimensioni che intercede tra la specie del Si- walik ed il Leopardus arvernensis Cr. et JoB., del pliocene italiano, dall'altro ci rendono ragione dello sviluppo no- tevole che nella specie indiana assume Pm 4 di fronte a quello che si riscontra nei maggiori esemplari di Uncia leo Linn. e di Uneta tigris LINN. D. DEL CAMPANA Uncia Leopardus arvernensis Cr. et JoB. cristata Lyp. DIMENSIONI DEI È Siwalik PREMOLARI Valdarno superiore Olivola (I) Olivola (11) Olivola | (da Ly- (TI) DEKKER) SUPERIORI | Destro. Sinistro Destro Sinistro Destro Sinistro Sinistro A B Pm3 | Pm 4 | Pm3 | Pmn4 | Pm3| Pm4|Pm3|Pm4|Pm3|Pm4|Pm3|Pm4|Pm3| Pm4|Pm3|Pm4 ; Lunghezza massima mm.| 22.3| 31.8| 22 | 31.3] 24 29 ali -_ 21 |31.6|17.5|26.8| 37 |36.6 | Diametro trasverso anteriore . ji 953 17 SAAS: REST MIA 0 LAO — | 8.7 | 16 T |13.7| — = i Diametro trasverso TECO e NI CRE lari e — 8.3. 10 Ci TONSIAIO, _ 0 RL2 54088) 9.6) — — \ i r Diametro trasverso 3 posteriore. . . »|10.6*| 10 |10.4*| 10.4|8.6*| 9 _ 9 10 _ 10 10 | 8.7|8.3| — —- ‘ î | VA Es ERE | . Uncia lee Linn. | Ì ? Sesso sconosciuto Ì d 9 Località i juv. : Barberia Sud-Africa sconosciuta Sud-Affrica Barberia | Destro | Sinistro| Destro | Sinistro | Destro | Sinistro| Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 8|Pm 4/Pm 3|Pm 4|pm 3[m 4|pm 5|Pm 4|Pm8 Pim 4|Pm s[Pm 4| Pm 8/Pm 4|Po1 3|Pia 4|p 8|pm 4|Pm 8|Pm 4 Lunghezza massima mm. |22. 234. 6/21. 8/34. 8/24. 2) 35 |24. 2|34. 6|24. 6|36. 6| — |36.8|19. 5|29.3|19. 6|29. 2] 24 | 36 | 24 | 36 i Diametro trasverso anteriore. °° [19.3 dv.) 9 | 18 Toe] 19 [dal | Ls (ao ir — 17.5) (8 || 16|:8.2 15.7/9.8.| 19 |96|19.3 Diametro trasverso . TICHIOMENOS. 11 | 18 |10.5| 13 |11.7|14.5|11.8) 14 |11.4|14.6| — |14.7| 10 |11.6|9.8]11.3| 11 | 14|11|14 Diametro trasverso superiore 11 [10. 7|11. 5/10. 2|12. 5) 12 |12. 5/11. 5|12.7/11.7| — |11.5| 1L1| 9 | 11| 9 | 11 |11.8/11.5[11.7 270 î D. DEL CAMPANA Uncia tigris Linn. DIMENSIONI Sesso e località 0) Sesso sconosciuto | Sesso sconosciuto Var: sonaioa ina DEI PREMOLARI — a Hyderabad DA C) sconosciuti India inglese Birmania Calcutta Sana SUPERIORI - Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4|Pm 3,Pm 4|Pm 3|Pm 4/Pm 8|Pm 4|Pm 8|Pru 4|Pm 3|Pr 4/Pm 3|Pm 4/Pm3/Pm 4|Pm 3|Pm4|Pm3|Pm4 Lunghezza massima mm. (20. 5/32.6) 20 |32.8| 25 |33.6| 25 [33.5] 25 | 36 (24.9) 36 | — | 28 [19.8/27.5/20.7) 33. | 21 32.6 Diametro trasverso anteriore . . . +. »|8.5|15 |S.6| 15 | 11 19 | 11 [19.2 11 (19.410. 4|19.8| — | — |8.8| 14| 9 |17| 9 | 17 Dametro trasverso medio . . . . . »| 9 |10.3 8.9] 10 | 11 | 12 |11.8|11.8|11.8| 13 |11.8| 13 | — |10.3|8.8|10.3|9.5|11.7|9.6/11.9 Diametro trasverso posteriore. . . . » | 10 9.8! 10 |9.5|11.5|/10.8) 12 |10.5|12.8|11.5|12.8|11.2)-— | 10.)9.2] 9 |10.8/11.4/10. 711.5 Uncia tigris LINN. Uncia concolor Linn. var. sondaica Firz. 3 ‘9 CIAO Femmarno Sesso sconosciuto | Sesso sconosciuto Tesio Pel Rio Jeneno Giava (A) Giava (B) Brasile Destro | Sinistro | Destro Sinistro Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pra 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 8|Pra 4|P.m 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4/Pm 8|Pm 4/Pm 3|Pm 4Pm 8|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 8|pm4 ] | I Lunghezza massima mm, [21. 4| 32 |21.5| 32 [20. 5|30. 3/20. 5/30. 5| 17 |24.5) 17 |24.5| 15 |21.7/15. 721.6 13.7|18.3:13.7| 18. Diametro trasverso anteriore ... . . .|8.5|17.3/8.8/17.5| 9 [16.8|8,7| 17 | 7 (13.5) 7 (13.7) 7 | 11 (6.9]11.2/5.4| 10.|5.5|9.6 . Diametro trasverso DELIO O 7 LOR AS (OS) st OS NES cet O SA PIO SIE NAS) NS 7.8|6.6|7.5;6.7/7.7 Diametro trasverso posteriore. . . . . {10.S|11.8/10 211.8|10.3|11.5'10.3| 11 |8.7|7.5|8.8 8.5|6.8|s.5|e.7| 7 | e |7.3| 6 =J [39] i D. DEL CAMPANA 971 Uncia Uncia puma Mot. Leopardus onca Linn. concolor LINN. P ? d DIMENSIONI DEI VIGO CALATA dl é Q Sesso sconosciuto di PREMOLARI Sesso sconosciuto > z . Equatore Patagonia Argentina Sud-America Sud-America SUPERIORI E I NA IA IA Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4|Pan 3|Pm 4|Pra 3 Pim 4| Pr: 8|Pan 4|Pm 8|pm 4|Pm 3|Pra 4a 8| Pan 4/Pm 8|Puo 4|Pan 3|Pm 4 Pn 3|Pm n Lunghezza massima mm, | 16 |24.3| 16 |23.7| 15 20. 8|14. 7|20, 3|13. 5|20. 5|13. 3|20. 8|18. 5|30. 5|18. 5/30. 5/18.6) — | 19 [27.2 Diametro trasverso È anteriore . . . » |7.5]|13.3] 7 | 13 [6.2|10.7|6.4{10.5| 5 | 10 |5.3| 10 |7.7| 15 [7.7] 15 | 8 [14.2] 8 [14.3 Diametro trasverso mero se er EST eri Leo es T {T.5| € |8.6]| 10 |8.7]| 10 |8.8| 9 |8.8/ 9 Diametro trasverso | posteriore . . . >» 8 _|6.5/8.3|6.2/|6.5/6.5|6.8|6.9) 6 6 |6.3| 6 9 |7.7|8.9|7.5/10.2/7.5]9.8|7.8 tm @—P— —oÒr )M.(.(/{/.2I‘I TT PB Fi iii. IWeEtU[OTZTZUZ[UUÒIp—_GGNYWÒtE eEe.E,.. Leopardus onga Linn. Leopardus pardus Linn. Sesso sconosciuto © © 4? sé : Rufiji Brasile Brasile (A) Brasile (B) Sud-America Affrica orientale Destro | Sinistro | Destro | Sinistro| Destro | Sinistro | Destro | Sinistro| Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4/Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pr 3|Pm 4|Pm 8|Pm 4/Pm 3 Pm 4/Pm 8|pm 4/Pm 3|Pm 4/Pm 8[pm 4 Lunghezza massima mm. |16. 4|23.8) 17 | 24 |16. 6|22. 5|16. 2/22. 2/16. 8] 22 [16.4 22. 3/20. 6/28. 8| 21 | 29 |16. 8/24. 5/17. 2|24.3 Ì Diametro trasverso anteriore . » 6.7] 13 | % (13.2) © |/12 |7.312-4) 7 [11.5 7 [11.2] 8 |-16.|.8 [15.7] 7 [12.5] 7-4/12.5 Diametro trasverso Medion ri La 8 |8.7|8.2| 9 |8.4|8.4|8.5|8.2| 8 |8.3|8.2|8.5]9.5| 10 |9.6| 10 | 8 |8.5| 8 |8.5 Diametro trasverso posteriore . . . » |9.2|] 8 [9.7|7.4]/8.8|7.6|8.9/7.5/8. .2|7.5|9.8|9.4| 10 |9.5|7.7 (oli ut DD 7.8|6.7 -l D. DEL CAMPANA Leopardus pardus Linn. DIMENSIONI DIE Sesso sconosciuto d gi d Q DEI PREMOLARI Colonia Eritrea | Colonia Eritrea i I Colonia Eritrea 1 Colonia del Capo | Colonia del Capo (A) (B) SUPERIORI Fail on 3° uom Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro |Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4[Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Prm 4|Pr 8/Pm 4|Pm 8|Pm 4|Pm 8/Pm 4|pm 8|Pm 4[pm 3|Pm 4|pm s|pmé Lunghezza massima mm.|iT7.5/25.5| 18 (26.7) 16 (21.515. 7/21. 417.8) 20 (17.5/24.8| 17 | 24 (16.524. 5|16. 5/24. 7) 17 (24.5 Diametro trasverso | anteriore . 7 | 14 |7.5|14.2|6.3|11.8|6.2/11.9) 7 |13.7| 7 |13.2|6.7]|12.3|6.6|12.4|7.5]|12.3| 7.5] 13 Diametro trasverso - medio . 7.6|9.5| 8 |9.7) 7 | 8 |6.8| 8 | 8 |8.8| 8 |8.6|7.6|7.8/7.7| 8 (8.5/8.8.(8.4|9 Diametro trasverso posteriore . 815.859 est 7673) Ae N87 776130) K7231 N0S1 MSN MS 7074 (535) SIA 850] 0, nm vm_m——-__——errrrr0600_’’’’ X Lunghezza massima mm. Diametro trasverso anteriore . Diametro trasverso medio . Diametro trasverso posteriore . J var. panthera ERXLEB. Leopardus pardus Linn. var.minor MATSCH. 9 ; Sesso sconosciuto | Sesso sconosciuto Steppadi Wembare Sino, Cona India (A) India (B) India Centrale | Affrica orientale Destro | Sinistro | Destro | Sinistro! Destro | Sinistro! Destro | Sinistro | Destro | Sinìstro Phi 3Pia 4|Pm 3}Pm 4[Pm 5|pm 4|Pr 8/Pm 4|Pm 8|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 8|Pm 4|piì 8|pm 4|Pa: 8|pim 4|pm 5]pm 4 I a È | Ì i | 18.6] — | 19 | 26 |17.2| 25 |17.3/25.417.5| 25 |17.3/25.2| 17 | 26| 17 26 | 15 22.8| 19 | 23 7.1| 14 | 8 |18.817.5]13.2/7.5| 13 7 ]12.8] 7 [12.8] 7 |12.5|7.3/12.7[5.4/12.3|5.5| 12 È | 9 8.3| 9 |8.5|9.28.7|9.8/8.8(9.8 8 | 9 | 8 | 9| 8 |8.5| 8 |s.4|6.6|7.6/6.5)7.7 | Sal 8.5|9.2| 9 |8.5| 9 |7.8| 9 |7.8|8.5|7.5|8.3 7.5] 9 | 8 | 9 |7.7]6.8/6.3|6.5|6.5 [41] D. DEL CAMPANA 273 sita Uro, Cymarlurus jubatus ERXLEB. PREMOLARI é si pa Steppa Sesso sconosciuto Sesso sconosciuto à È Sz-mao. Cina di Wembare di Wembare FEE Re i ] SUPERIORI ; Affrica orientale | Affrica orientale |S©!Ula Ce ni FRENO AGIO Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm |P 8/Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|pm 3|Pm 4|pm 3|pm 4|Pm 3]pm 4|Pm [pm 4|Pm 3|Pm 4|pm3|Pm4 Lunghezza massimamm. Diametro trasverso anteriore . Diametro trasverso medio Diametro trasverso posteriore . TT | 25 [17.5] 25 [14.7] 23 | 15 22. 7114. 4/23.7 15 |23.3|12.5| 20 [12.5] 20 | 14 | 21 | 14]|21 7 |12.8|7.4| 13 |5 4/9.5|5.5|9.8/5.4/10.5]5.3|10.2] 5 |8.5/4.7| 8|/5| 95 [9.3 8 |8.8/8.2|8.8|6.2|8.4| 6 |8.3|[6.4|8.8/6.5/8.6/5.6|7.2|5.2| 7 |6.4|7.4/6 4/7.3 921 N43) (3491 SIN RIGA MOR 1aSSI 1981 SI (652) MII (605) (2 1542) VE 55 57050545 Cynailurus jubatus ERxLEB. var. raineyi HeLt. PREMOLARI d z SUPERIORI i Kilimangiaro Kilimangiaro Destro Sinistro Destro Sinistro Pm 3 Pm 4 Pm 3 Pm 4 Pm 3 Pm 4 Pm 3 Pm 4 Lunghezza massima mm. | 14.5 23 14.3 22.8 14.8 2399 14.8 28 Diametro trasverso anteriore . » 4.5 9.8 5 9.4 5.4 10 D.D 10 Diametro trasverso medio . . » 6.5 8.2 6.3 8.3 6 8.4 6.2 8.2 | Diametro trasverso posteriore.» D.9 6.1 5 6.3 5.5 6.5 5.2 6.4 rr pr E N) RAI I GR Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 35 274 D. DEL CAMPANA Caratteri delle mandibole e loro dentizione. Tav. XXIII [I], fig. 2, 3; Tav. XXIV [II], fig. 2, 3; Tav. XXV [HI], fig. 3. I cinque rami mandibolari dei quali dispongo pel mio studio non sono troppo completi, come ho già avuto luo- go di notare, ma permettono tuttavia di fare degli importanti confronti coi viventi. Due di questi pezzi, raccolti l’uno a Sammezzano, l’altro a Castelfranco nel Valdarno superiore, hanno il mar- gine inferiore frantumato, e per giunta il ramo di Sammezzano presenta una forte compressione laterale. Tali circostanze dànno, a prima vista, l’illusione che il margine inferiore della mandibola, fosse nella specie fossile. convesso, mentre nei pezzi ben conservati, come nella mandibola di Leopardus arvernensis Cr. e JoB. riprodotta da Croszet il JoseRT ! e nell’altra illustrata e figurata dal TucciMEI ® è rappresentato da una linea più o meno resolarmente retta, o in qualche caso leggermente sinuosa. Queste medesime circostanze furono, con probabilità, quelle che indussero il FaBRINI ad affermare la conves- sità del margine inferiore delle mandibole, come carattere particolare della forma fossile in questione. Dietro l’esame minuzioso delle mandibole appartenenti alle specie viventi, ritengo che nei Felini non si possa, a tutto rigore di termine, parlare di margine inferiore convesso; nella maggior parte dei casi, come nella forma fossile, il margine è pianeggiante ed in alcuni segue una linea leggermente sinuosa. Occorre inoltre notare che anche per questi caratteri si hanno talora nei viventi delle varianti individuali che nelle mandibole fossili non ho riscontrate. Così mentre gli esemplari di Uncia tigris Linn. e quello di Zibethailurus nebulosa GRIFF. iano il contorno inferiore della mandibola pianeggiante come nella forma fossile; nelle specie Uncia leo Linn., Leopardus pardus Linn. e Leopardus onga Linn. si hanno al contrario mandibole tanto a contorno inferiore più o meno sinuoso che pianeggiante. Nè, per quanto mi risulta, una simile variante si trova in relazione col sesso e coll’età dei singoli individui. Dopo ciò sarei di parere che fra tutte le specie viventi Uncia tigris Linn. si avvicini di preferenza alla forma fossile per il carattere in questione 3). Le stesse varianti individuali si possono osservare circa la minore o mag, ggior concavità del margine alveolare colla differenza che esse si riscontrano, oltre che nei viventi, anche nelle mandibole fossili. Una osservazione importante si può fare sui caratteri morfologici della regione sinfisaria che in tre dei rami fossili si presenta conservata. Se sì prende ad osservare la mandibola nelle specie viventi si nota che in corrispondenza della sinfisi, irami divergono sempre, dal più al meno, verso l’esterno. Delle tre mandibole fos- sili, una proveniente da Olivola (B) presenta tale divergenza molto ridotta, nelle altre due essa lo è ancora più, sicchè ne consegue che la forma estinta aveva il mento più ristretto che nelle forme viventi. Ove poi si voglia stabilire quale di queste presenti colla forma fossile maggiore affinità, mi risulta dalle osservazioni fatte, che dopo il Cynaurus jubatus ERxLEB., il Leopardus pardus Linn. è quello che più sì avvicina, colla differenza che in esso è carattere sporadico quello che nel fossile sembra carattere persistente. In corrispondenza del carattere di cui ci siamo occupati sin qui, ne sta un altro cui conviene accennare sia pur brevemente. ; In generale nei Felini, e più specialmente nelle forme di maggiori dimensioni, la superficie anteriore del mento appare più o meno incavata. Solo in Leopardus pardus Linn., e in particolare nella var. panthera ERxLEB., un tal carattere si mostra meno accentuato ed in alcuni individui anche manca; mentre in CynadWlurus jubatus ERx- 1 Op. cit., pag. 202 ta». IMI, fig. 5 2) Op. cit., pag. 9, tav. VII, fig. 1 3 Vedi in proposito le osservazioni fatte dal PortIs (Avanzi di Carnivori fossili) e dal BouLe (Les grands chats des cavernes). [43] si . D.' DEL CAMPANA 275 LEB. manca del tutto, ed anzichè aversi un mento a superficie pianeggiante, si ha un mento a superficie legger- mente rigonfia. 3 Ora le mandibole fossili, per quanto è lecito dedurre dal loro stato di conservazione, avevano dei caratteri in- termedi tra le due specie ora ricordate. Osserva il TuccimeI ! a proposito della mandibola di Leopardus arvernensis Cr. et Jos. del pliocene di Peru- gia, che essa ha la faccia interna lievemente concava, mentre l’esterna è convessa. Anche le mandibole fossili da me studiate presentano questi caratteri, segnatamente quello della concavità interna. Questa non in tutte le specie viventi si nota; Uncia Leo Linn. e Uncia tigris Linn. lo presentano in alcuni casi, ma assai meno accen- tuato; al contrario Leopardus pardus Linn. si avvicina di più, per questo carattere, alle mandibole fossili. Un altro carattere che si osserva in queste è la loro robustezza di fronte all’insieme delle loro dimensioni. Tale osservazione si può fare solo sui tre rami conservati e permette di stabilire che la forma fossile raggiungeva talvolta, come nel Leopardus arvernensis CR. et JoB. tipico, la robustezza e lo sviluppo di alcune delle mag- giori forme viventi, quali appunto Uncia tigris Linn. e Leopardus onga Linn. Non sarà inutile confrontare la seguente tabella, ove ho pure riportate le misure dell’esemplare tipico di Crorzer e JoBERT. Questi autori non dànno per vero nella loro monografia le precise misure che io ho dato per i fossili e le specie viventi da me esaminate; sibbene l’altezza della mandibola innanzi il primo molare (Pm 3) in mm. 32, e dietro l’ultimo molare (M 1) in mm. 33. Le quali dimensioni corrispondendo esattamente con quelle che si possono ricavare direttamente sulla figura, ritengo che le cifre da me date misurando in quest’ultimo modo, sieno esatte. Leopardus ; o È - ENO ncia concolor arvernensis Uncia leo LINN. Uncia tigris LIiNN. 0) ee CR. et JoB. i d . S 2 ul a e | = | var. sondaica 9 (2) » z| i È #|8 S|Îl Foz i Si) Si LA è SÌ = Si o|gs Ù Da a ea a | | 85 Sg | /s s|S°| s EEE #2 |25 DIBOLA e Se e Ao es |2| e [83° MANDI FOO ea E $ |5 | | 8 |A|Ss =] HO | 3 S 2! 9 Costi < Sua ce a = 3 |..3 E Z (2) o_lse A © | Sil a À A Ì = D » È i a =; E [Peas ea E E |S6|339 è esere dea aaa Bisi MRZAi SIGNS tot NES este NES 3 ion ea de | Sa DES pel n |a O | @ RI EI = S8|5g A | S° s TE S| S|vo 3 MER VERI CRE ca a SONO ESS E) = AS Soi ee e | fol 3 2) 05 | cb 56 Sa 6) R a | © 9 e EE Usi b È Sp o HA © È 6 © a) s n Gi E no) D 5 © ® D | a < È Ki [23 n n Dn n Altezza della mandi- Altezza della mandi- bola in corrispon- | ; denza di Pm3 mm.| 33 | 37 | 36 |28.5/45.8| 44 | 47 | 38 |34. 6134. 5/46.5| 43 | 36 | 42 | 42 | 37 | 29 127.3/19.5 28.7 bola in corrispon- | denza di M1 . » | 27 31.5] 34 | 27 | 50 |41.5/41.5| 33 126. 6/32. 5 41. 4 492 |30.8| 35 |37.3|324| 26 | 25 (18.5/25.3 i) Op. cît., pag. 9. 276 : D. DEL CAMPANA dì Sa-Mao. Cina Uncia puma Leopardus onga Linn. Leopardus pardus LINN. Mor. > E È pa var. panthera | &3 |© î SIA Erxt. AE 2 ma Segue: lo E | 3 S di | 5 È 1 Di sì “else odo | CAS aa Sales e (ee Seles ESA ASSI MANDIBOLA Sila celere eee ela IE 5 So Sessa ere ta | Bi 52 acli SUE Sa Sd Sd ER Se S| 8 |sS|s&l84]D eo E (E) lion 273 È3 Bi È e S| 2a ia 2 © © CEI | ada Oki ro, SES. © UE A| 52 S I I & ino) <“|% 3) (5) A |gZ|em|/ 3A | 2 solo FORO e asia Se | | |a | Ot | | SE | | 88 | I | Altezza della mandibola in corrispondenza di Pm 3 <> + mm.| 23 | 22-32 |/26.7/24.8| 34 | 28 /34.2:28.5| 29 | 24 | 25 (27.5! 25 |24.5' 80 | 29 |20 (625.8 È Altezza della mandibola | | | | in corrispondenza di | | | M1 . » |21.418. 7/29. 5/24. 6/21.731.5 24.533. 7|26.5) 28 | 22 | 22 | 27 23. 422.528. 5/26. 5,20. 625.3 | { I | i Ì Ì nl Le cifre precedenti ci permettono di fare un’altra osservazione che non sembra del tutto inutile riguardo ai fossili. Questi infatti si uniformano alla maggioranza assoluta delle specie prese in esame per la loro man- dibola che decresce piuttosto marcatamente in altezza dall’innanzi all’indietro. Si può anche notare che tale deerescenza va rendendosi meno notevole in alcuni individui appartenenti al Leopardus pardus Linn. Cadono qui opportune anche alcune osservazioni sulle proporzioni e il profilo della barra nella forma fos- sile da noi studiata e le altre forme fossili e viventi. i Delle mandibole di Leopardus arvernensis Cr. et Jos. da me osservate hanno la barra completamente con- servata soltanto le due di Olivola e una terza del Valdarno (S. Maria presso il Tasso) e l’uniformità di caratteri a questo riguardo appare manifesta. La linea di profilo partendo da Pm 3 deserive prima una curva molto stretta, poi si volge in alto marcata: ‘ mente obliqua, ciò che presso a poco si riscontra pure nella mandibola di Perugia studiata dal Tuccimet e già ricordata sopra ”. Possiano inoltre notare che lo spessore della mandibola, in corrispondenza della barra, diminuisce al di sopra del foro nutritizio piuttosto lentamente ad onta delle varianti individuali. î ( Di questi caratteri nel Leopardus arvernensis Cr. et JoB. tipico sembra presente solo il secondo, mentre la barra è più breve e regolarmente ricurva. Le specie viventi offrono campo, anche sotto tal punto di vista, a considerazioni interessanti. Infatti Uncia leo Linn. ed Uncia tigris Linn. si differenziano completamente della forma fossile, in primo luogo per la loro | barra proporzionalmente più estesa e a profilo pianeggiante, in secondo luogo per avere non di rado lo spessore — della mandibola più rapidamente diminuito in corrispondenza della barra. ; 1) Op. cit.. tav. VII, fig. 1. bi 0U09S 08898 8) -0B0I-Zg Ko) Si 1ogunbg "0puios ì CS i = - t Da) ss È S SESTO oo “IBA Sa VITTO, 050/2299U SOLI Ss & Sa rS LORI A gra 2 A Gi = Zi S 5 A 10 OTBIUOLLO BOLLFY ‘OIEquieAi p cm = im) Sor QJISBIE "OMOURf OM d OM. fici E £ S iS SZ OR CSSGIS S eddogs j,P HOSIYW «OULUI “NBA co è > & O S (g) #ipur © S Fd Ss eH MEA ò n DS 0InNIOSOU0OS 08899 TA Si d SF iS Ti fS sane : n e 3 S Ce n Sie (v) eipur d Ri EEE IS D omsvag © Dn. % SA OINIOSOUOO8 08898 co) Di © à © O "© “i & Z SA SE = 2 PORSE S GI (fl) BARDO Ì q 3 s oTtIque0 EIDuI © w SS Ss Ei 5 $ ES) | 03nIosono?s 08898 % 5 S ° Uno) $ 2 CHE ZiSiS è SN (V) eARD9 10 RS odo Tp emo[og 6 ei SES o SE quiosouonS OS89 I & 3; s è S E £ SÒ OmMIOsoTO9 S S 5 2 D E E È Ep E : ce age uni sa Si odo 19p #moro), sa CREO Si) a S apps $ % 2a & [= +» o LA) b SI dai S SNA dEi = 10 A Si " = 5 5 = S È vqquo]ed 09NI9s0u098 0889g SS S (q) eorgug eiro[o) e SI s ROM S { I Sì S, cai SEO se PS S * > da 5 È PS) ES VIUBULILA "0INIOSOT008 0SS9g R IS (V) tera ermo[o) io) o ® » +» S Ù È 5 FOSSE È S BOI BIO]Of) 3 È E AS) E D os018uI eIpux ‘*prariop£H' } P A ‘0QNI9S0MOIS 0889g ni SIE 3 n S 3 . ta . % S = © 9 IuIOsOTO0S YII]EO0] 9 0889S = eqegnento gorgy *Ilym io) ci °° ZL A 2 | 3 x Fi pi = È È Sb BHOQIBY lie) Toi D Z È=; = È ki È “an ‘ommiosonoos 0ss9S S gonroury-pns P S Aa == Co > = > = Si è 5 3 S ‘E f MOLIRV-DUSTS (o Ss (A) onseig E n Pe & Ss Ss F H Si 3 SITÀ SR ° HouyWIP SÌ S z 3 2 S n S Si S equiosotoos MIeoor] è No) o) È (v) episcag é S È È S = TON SZ di < a = (>) SÌ Ss SA Li È A ò dali . S BOLTHy-pus P iS SA Tae È a QI S SH Tse ZA CAS Sr SI 0qnIOSOT098 08898 & POSE N o Da) S VEE II PIE È = REZTRS S È euoqueg D Sa 2 SELE Di SIZE È SAS Si BOLOMY-pug FANO) Q TM SD Co) * ; S TRS TREES (€) eroAIO 9 Ei ! = 23 £ 8 ® VONQULY-PuS CA 5 SETE Zi SSA q OIMIOSOUOOS) 08S9S ; SEE E 2 © \V) RIOAMO SS Ss È Se È SD N di il SS) (| IS 5 DE S E S e SÈ © OSSU], II O8SOTd 21IB] VIUES Ke Sì S HA BUIZUOSIV le Let | è e Ss È SP ‘O TOLTO Ans, OTIBPIBA Fa S S Z «= È E STASI SE SS = ISTE vmoSegra £ 2 Sis DISSE ‘091d1) 218]dmosg ‘ouSioany q l ZGCS ESA | - lr Il i gig 32 > 5 s ss È Ss © ss E SD Re È © Ò mE sa BP ica SS © ve] SS ® n Sd hi ° © b_S dN 3 Hi. S re DI SN < ni Vv Stia ® 9 (È) aa {=} o 3 SIETE aa ; E E 3 RES e as 2 Si n 2 2 O a a "] © È Nd & > o 2g E Tala) Na È Hi CR ca 7 3 NE Ei: s5sSS ES Si rs S DS 1a vi î È ° A s x n e Sa È 278 D. DEL CAMPANA Poche osservazioni basteranno a farci apprezzare il valore di queste cifre. Innanzi tutto la osservazione già fatta che l’estensione della barra può presentare in una medesima specie delle notevoli varianti individuali trova nella tabella la più ampia conferma. Basta infatti, per limitare gli esem- pi, osservare l’indentità di cifre che passa tra Leopardus pardus Linn. var. minor MATScH. e Leopardus par- dus Linn. ® della Colonia del Capo, e paragonare le diverse dimensioni della mandibola in questi due esem- plari, per convincersi che l’identica disparità di lunghezza della barra notata nel Leopardus arvenensis CR. et JoB. tipico e nelle mandibole fossili da noi studiate non ha altro valore che di variante individuale o tutt’alpiù, se si volesse sottilizzare, di semplice varietà. Un’altra osservazione possiamo farla sull’estensione proporzionalmente maggiore che ha la barra nella forma fossile, rispetto alle forme viventi del Gen. Leopardus GRAY. e segnatamente del Leopardus onga LINN., specie che per le dimensioni generali della mandibola si avvicina, a preferenza del Leopardus pardus Linn., alla for- ma fossile. Esaurito così l’esame dei pochi caratteri morfologici delle mandibole, inizio le osservazioni ed i confronti sui caratteri dentari. Incisivi. — Solo il ramo più sviluppato di Olivola (4) presenta in posto gli incisivi del secondo e terzo paio. I caratteri morfologici della corona in questi denti, ripetono quelli che si hanno in Leopardus pardus Linn.; non posso però passare sotto silenzio lo sviluppo ch’essi assumono e che, pure mantenendosi superiore a quello che assumono in Uncia leo Linn. e Uncia tigris Linn., supera non di meno quello dei denti omologhi di Uncia concolor Linn. e Leopardus pardus Linn. Di quest’ultima specie un solo esemplare su dieci esaminati, appartenente alla var. panthera ERxLEB. (India, A), ha I 3 di dimensioni uguali alla mandibola più sviluppata di Olivola (4). Tra i crani di Leopardus onga Linn. da me esaminati, uno solo ( © Brasile ) presenta 1 3 sviluppato alla pari della forma fossile, mentre I 2 è molto inferiore. Canini. — I canino si presenta conservato solo in due delle mandibole fossili, l’una di Olivola (4), l’altra del Valdarno (Sammezzano); in due altri rami si ha conservato solo l’alveolo. Le dimensioni alla base, che questo dente può assumere nel Leopardus arvenensis CR. et JoB. tipico, nonchè nelle mandibole fossili da noi studiate e nelle specie viventi più grosse, sono riportate nella seguente tabella ove stanno indicate con asterisco le cifre avute misurando direttamente sull’alveolo. Questa tabella di misure, anche se si voglia tener conto dell’approssimazione colla quale sono date riguardo alla forma fossile, ci fa apprezzare ancor meglio la diversità di proporzioni che esiste tra lo sviluppo della man- dibola e lo sviluppo del canino. Il quale raggiunge nel fossile dimensioni non molto lontane da quelle che si ri- scontrano in alcuni esemplari di Uncia leo LINN. e Uncia tigris Linn., mentre le mandibole fossili raggiungono appena le dimensioni dei più piccoli esemplari di Uncwa tigris Linn. ì D. DEL CAMPANA 279 {e} (-£} BUI) ‘OgnI-ZS DÒ Î ES = e1og8nba | zi || s 2 US L 23 Si si 0quIOROT098 08898 vso,nqgau snunpimy gg | È ì % | VISA] WnIOWwHADA “IBRA |é } | = = S| HA ‘O[UQUeLIO VOLIgY È s E) ai Q[I8BIE ‘oIIOUEL OIY | (2) z Co) eI1equo A Ip eddogg d (o) 2A 7 - S OQMIOSOTO98 O8S0S |s s E "HOSLV] von *IBA | s Co) S ; = 19 S ORARIE n 5 A (£) erpur dì Do a) Ù SÌ | s A Oqniosouoos 08898 |: = Si C) (ELA CSA lo) i a = T Ta È si È | A mi S E n w = Sì s = % DS (w) vipur | po) = D | # a Ss S |oyntosouoos osseg | =] S oustIg Ko) | 3 È S qui S Ta Ò n e, - O aniqiet —_ | s Si S ; © x E GO epeszue) sipul | vw i s s| mu |a se CAS Re E OJMIISOT0I8 0889 ® Z fa o) A = Ss È SÌ * * (si P = Bi |s zi Di A S È DD D = ode) [ep eruo]o9 DA Do 3 SS (W)vaerg (1) DI $ È L. nni SSA —i $ | a) SÌ 3 3 S OIMIOSOTOOS OSSOG | CA (9 s Re S a DI ni S DI | = ® E = odeg 19p eItuo]o9 È = =i o E CIRUNS A S > = E z| E : È La d SU, 5 b iL a a à S S To] T 2a To) S (q) ceIqug eruo]og [2] s S £ eqquoreo |a = Co) iS lo) 3 a x Db E Co A # S S OgmIOSOTO08 08898 |a E È à = .£ 7 (7) gem eImofog | S eIuguLITg È Ì | Bi S OJniosouoos 0889 DI ta (a) Di 5 u S S 2 Ù od T 00 S CQIIUIH BIUO]0]) D i ni @se[Su] erpur (2) & A 2a È 3 s GEO: COSROLTISI E E 4 peggio 9 E 25 quiop£a 42 S x È - 6 o agli î9) = a]eguenio eorigy ifgng | pe) [2 IInros0n09s (7) È a to Dea = = BIEDO] 9 0999g SÌ 3 E A E = 9 to) È Cn CHOqIeg (A) | vortomy-pns j sa = = ‘anf ‘ogniosonoos 08398 E 3 + A E fel [te] N ; S È È = È 5 Si : (2) enseig S —_ ca = z cougy-pos E BS) = E Z (a) fo S z (2) Q ri (Si? Ss s a È 22) ES Ss s OLHpV.II0P dì s 3 SÌ (v) enstig 3 = Ta = È | eantosomoos gITEIOT] ce i z 9 S A ES Si Sì 5 iS 3 Si E $ euseIg (7) S di à a OS OMIOSOUOIS 08898 To) D vougy-pas Pu n = S s S si î A Si as Si [9 DO © dd (SI Co) Da) si Di Le BoLtewIy-pns © ] = = enoqreg - = = | S % Eri (©) N in © & 1 5 £ gOLIoury pus vò s n La (1) eroAIO di & à ME Sa 2 SS OINnIi.sOT0OR OSSAg E S a So (7) et0AO |é Sì S s = CA 2 ] 3 d S = O 00 Lo! Lom! SI È 5 [DORIA] S oi S suguodiy È SES DI = SES osseL [rt osseid : & è Sd |s S n TS | ewen vIuES - owtEpIeA 2 aq S $ == : = 33 È A aq ì IS S ooidy ‘sq eusIeATY | Bi | S emoderea O peri = 2 12 IÉ Ss E s I £ MS s & -_ g Hal Si O [= [cal è ® i a E x ©) ©) Gi © E Z a) E È È = A a ©) è © è 2 D 0A i 2 pd 3 Gna 2 ES TE È - È È sa Se 23 2 SE o È ° = ©) sa $ S = > a $ sz = S Sue E S SEZ © 3 © È CROMO E 5 dà È 9 3 a S 280 D. DEL CAMPANA [487 Premolari. — Venendo ora a dire dei premolari, prima di tutto occorre ricordare l’osservazione già fatta da FABRINI, che cioè nel fossile essi vanno ‘aumentando di spessore dall’avanti all’indietro a somiglianza di quanto accade nella Tigre. î ) Tale carattere, dietro l’esame delle forme viventi che ho a disposizione, mi resulterebbe, al contrario, costante per tutte, anche, ben inteso, tenendo il debito conto delle variazioni individuali e specifiche. Il solo genere Cynailurus WagL. fa eccezione in qualche raro caso, a riguardo di Pm.3,a questa che pare lesge i costante; ma si tratta, come ho potuto accertare, di varianti le quali non hanno, secondo me, nessuna importanza. Tutto ciò viene confermato esaurientemente dalle seguenti tabelle di misure, nelle quali ho creduto utile in cludere anche le forme più piccole. Manca in esse il Leopardus arvernensis Cr. et JoB. tipico, perchè tali misure non furon date dai signori CROIZET e JOBERT. Vediamo ora i caratteri morfologici della corona nei due premolari. Crorzet e JoBERT non dànno in merito alcuna particolare notizia nei riguardi della forma tipica; nè la tecnica colla quale sono eseguite le fisure date da questi due autori (Op. cit., tav. V, fig. 3) sembra tale da poter colmare questa lacuna. Riguardo alle mandibole del Valdarno e di Olivola, possiamo notare che predomina la forma piuttosto ingros- sata; mentre in non pochi dei numerosi esemplari viventi dei quali abbiamo riportato le dimensioni, si hanno pre- molari proporzionatamente più allungati. È Esaminati separatamente, i denti in parola mi hanno dato modo di fare le seguenti osservazioni: Pm 3.— La conformazione della corona non si discosta sensibilmente da quella che si ha nelle specie viventi più spesso da me ricordate come Uncia leo Linn., Uncia tigris Linn., Leopardus onga Linn., Leopardus pardus'Linn. Peraltro il tubercoletto anteriore che si nota alla base della pugile assume nei fossili uno sviluppo costante ed è assai ben distinto dal resto della corona. Ora, delle specie viventi ricordate sopra, soltanto Leopardus pardus Linn. presenta in ugual grado l’identico carattere; fatta però eccezione della var. panthera ERXLEB., ove il tubercoletto è pochissimo accennato e scompare: presto in seguito all’uso del dente. Uncia leo Linn. e Uncia tigris Linn. hanno il tubercoletto in questione proporzionalmente un poco più ri- dotto; Uncia concolor Linn. e Leopardus onga LiNN. presentano invece casi, non frequenti invero, nei quali il tubercoletto può mancare. Nessuna diversità notevole ho riscontrato tra la forma fossile e le forme viventi per ciò che riguarda la cuspide di Pm 3 e il tubercoletto posteriore. Non posso però lasciar dimenticata la presenza nelle mandibole fossili di un piccolo cercine che circonda la parte posteriore del dente in questione. Questo carattere si nota in tuttii pezzi da me esaminati, senza distinzione della località in cui furono Movenubo talchè lo possiamo ritenere un carattere costante. Delle specie viventi alcune non presentano affatto o hanno menomamente accennato il particolare indicato (Uncia leo Linn., Uncia tigris Linn., Leopardus pardus Linn.,); altre (Uncia concolor Linn., Leopardus onga Linn.) comprendono ad un tempo individui con cercine posteriore nel Pm 3, ed individui che ne sono privi. Finalmente dobbiamo aggiungere che, risuardo al Pm4, Pm3 si trova nel Leopardus arvernensis CR. et JoB. sia del Valdarno che di Olivola, più sporgente in fuori colla sua estremità posteriore, di quel che è nelle forme vi- venti più volte citate. Si direbbe che nella forma fossile i due denti surricordati tendono, lontanamente, a sovrapporsi; e di fronte a, questo particolare non sarà inutile aggiungere che tale sovrapposizione si ha spiccatissima, tra i viventi, in un cranio giovanile di Uncia leo Linn. [49] i D. DEL CAMPANA 981 Pm 4. Al contrario di Pm 3, Pm 4 si presta ad osservazioni meno numerose perchè la forma fossile sì av- vicina notevolmente, pei suoi caratteri, alle specie viventi: nelle quali tutte non mi sembra che Pm 4 offra caratteri differenziali importanti, andando soggetto spesso a variazioni individuali, specie in riguardo allo sviluppo dei tubercoli, della cuspide ‘e del cercine posteriore. L'unica uiversità che il Pm 4 presenta in tutte le mandibole fossili è il marcato sviluppo che assume il tuber- coletto anteriore; il quale in alcuni casi uguaglia quello che si nota in Pm 4 di grosse specie, quali Unera leo Linn. e Uncia tigris Linn. Questo particolare essendo, come ho accennato, costante nelle mandibole fossili, assume un’importanza spe- ciale nei riguardi del nostro studio. . M 1. Il Fagrini ha notato a proposito di questo dente ch’esso ha, come nella Tigre, la parte basale della co- rona esternamente (faccia esterna) convessa, internamente (faccia interna) concava; «tanto che» aggiunge quest’autore « il dente resulta nel mezzo più massiccio. Questi caratteri non si riscontrano nel leone, nel quale i premolari sono più massicci nella porzione posteriore... Il leopardo, tranne le dimensioni, ha caratteri odon- tologici più vicini al nostro fossile ». Data la quantità di crani e di specie che io ho a disposizione, credv utile riprendere in esame i caratteri ai quali allude il FABRINI. La convessità esterna è carattere che si riscontra in tutte le specie viventi; quanto alla faccia interna la Tigre presenta, ad onta delle varianti individuali, il maggior punto di contatto. Occorre però far notare che anche in al- tre specie un simile carattere, benchè non affatto costante, si può rinvenire. Tali sono, ad esempio, Leopardus par- dus Linn., Uncia concolor Linn., Leopardus onga Linn. Anche l’unico esemplare di Zibethailurus nebulosa GRIFF. si avvicina sensibilmente per la concavità interna di M 1, alla forma fossile. Dopo ciò sarà utile consultare le qui annesse tabelle di misure del M 1, tenendo presente che i diametri anteriore e posteriore coincidono press’a poco col punto mediano della base delle cuspidi relative, ed il diametro mediano è stato preso, colla maggior possibile approssimazione, a metà della lunghezza del dente. Un rapido esame di tali misurecimostrachetanto nellaformafossilequantoin tutte le specie viventi prese a con- fronto, non esclusi Uncia leo Linn. e Uncia tigris Linn., i caratteri morfologici del M 1 si ripetono costantemen- | te; e cioè il dente si mostra più massiccio nel mezzo e più ristretto alle due estremità. Verrebbero perciò a cadere, secondo ciò che ho potuto constatare su tutti i crani di specie viventi avuti in esame, le affinità della forma fossile, colla Tigre e col Leopardo alle quali alludeva già il FABRINI. Un carattere che il M 1 delle mandibole fossili presenta conuna certa frequenza è il contorno sinuoso del col- letto. Questo carattere si nota specialmente nelle tre mandibole del Valdarno, col solo diversivo che il M 1 della mandibola di Castelfranco lo ha meno accentuato. Delle due mandibole di Olivola una soltanto (A), come è noto, mantiene ancora in posto M 1. Il carattere cui alludiamo, sembra in esso menomamente accennato, ma avendo il dente subito alcune rotture in corrispondenza del colletto, è lecito argomentare che anche l'esemplare di Olivola non si scostasse troppo da quei del Valdarno. Di tutte le specie viventi che ho avuto sott’occhio, Leopardus onga Linn. e Uncia concolor Linn. sono quelle che più si avvicinano alla forma fossile per il carattere in parola; la prima per altro lo ha molto più accentuato che la seconda. Delle altre maggiori specie viventî, non occorre parlare, poichè esse non presentano un tal carattere costante, se pure non ne mancano affatto, come sembra di poter asserire per ZibethaWurus nebulosa GRIEF. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. 36 282 ————_____________t24k| 6 |8.7|5.8|8.6|4.5/6.5|4.7|6.5/5.3/7.5|5.5|7.8|5.3|7.5|5.3| 7 |5.5|7.6|5.6|7.8 È Diametro trasverso i È posteriore » |7.2] 10) 7 |9.8|5.2|7.8| 5 |7.8|6.5[8.8/6.5| 9 | 6 |8.5]|5.9|8.7|6.2/8.7|6.4/|8.7 Leopardus pardus Linn. Zibethailurus P p nebulosa GRIFF. PREMOLARI Var. panthera ERXLEB. VEE IAnOT LIAISON, Sesso sconosciuto | Sesso sconosciuto Steppadi Wembare di ; INFERIORI TAL India (A) India (B) ‘| Affrica orientale Sz-Mao. Cina Destro |Sinistro! Destro | Sinistro! Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4|P.m 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3| Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm4 Pm3 Pm 4|Pm 3|Pm 4|/Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm4 Lunghezza massima mm. |12, 6/16. 6/12. 4/16. 8/12. 8/20. 3| 13 | 20 | 12 | 18 | 12 17.8/11.5| 17 |11.5| 17 | 13 |17. 8/13. 3/17.8 Diametro trasverso anteriore n DTD) (SIT) N97 NS 5) St TS ar) SIA) 612) MARTA 602) OG |A 5878 Diametro trasverso ‘ È posteriore . >» |6.3|8.6/6,2/8.5|7.8|19.5|7.8/9.6|6.3/9.2/6.2|9.4|5.2]7.5|5.3|7.4|6.8| 9 |6.6]/8.9. 286 D. DEL CAMPANA [54]. Ono IAS Oncoides mitis Oncoides Oncoides tigrina Cuv. GeoffroyiD®OrB. |. ERXLEB. PREMOLARI Sesso sconosciuto | Sesso sconosciuto e) Santa Catarina Santa Catarina Brasile INFERIORI Brasile Brasile meridionale Argentina Santa Catarina Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro Sinistro Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|pm 8|Pm 4|Pm 8|pm 4|Pm 8|Pm 4|pm 8|pm 4|pm 8|Pm 4|Pm 3/pm 4|pm3 ml I Lunghezza massima mm.| 6 |8.2|6.2|8.7/5.4/7.5|5.2|7.5|8.4|11.2|8:4/11.3|5.3|6.8/5.4|6.8| 5 |6.6| 5 |6.6 Diametro trasverso Da: anteriore mi i9) (25) TOI 23° EIN] INA 9] 123113921 Bi61 5) 290201015) 298] 264 2560551255 Diametro trasverso i posteriore . . , »|3.2| 4 |3.2|3.7|2.6| 3 |2.6|3.2|4.6|5.5|4.8/5.5|2.7|3.2|2.8] 3 |2.6|3.2|2.7 SIA __ Oncoides Felis (catus Linn.) Felis lybica Ot. tigrina ERXLEB. | silvestris ScCHR. Var. domestica A ; PREMOLARI var. sarda LAT. Pie var. siamensis sà o) 8 È Sesso sconosciuto AUETT, (losanna), ” È ; ardegna î INFERIORI Santa Catarina | Faucille. Giura | yronti di DE APRO atanta Ciara Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Destro | Sinistro | Destro | Sinistro h Pm 8|Pm 4|Pm 3/Pm 4|Pm 3|Pm 4|pi 8|pm 4|Pm 3|Pm 4/Pm 3|Pm 4|pm 8/Pm 4|Pim 8|Pin 4pm 3|P.m 4|Pm 3|pmd | i Lunghezza massima mm.|4.8|6.5| 5 |6.4|5.5/6.8|5.7| 7 |5.2| 8 [5.5|7.7/5.5 1.9(5.7| 7 |5.8| 7 ba 7 Diametro trasverso anteriore. » |1.6|2.3|1.8|2.4|1.6|2.2|1.8|2.4|2.92/2.52.5/2.5| 2 |2.5|1.8|2.5/2.4|2.2|2.3|2.£ Diametro trasverso posteriore Dini O 9) 25 INN] 2 MS 25 3 059 13951 SS) 246) 7 246] 6] 8 56 ee 287 D. DEL CAMPANA Catopuma Catolyna chaus | Caracal caracal Mii Tax È juguarundiFisca. GULD. GuULD. y DICE fi AI CONTE, var. affinis GRAY. È PREMOLARI Sica Sesso sconosciuto | Y2r- nubica Firz. i é To0 È; Q #3 Ì Brasile Località scono- cadi overno - overno di Ar- dai sciuta dell’India Sere AC O n kangelsk (Russia | kangelsk (Russia Affrica orientale | settentrionale) settentrionale) INFERIORI S9r meridionale inglese. Sinistro | Destro | Sinistro Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro Pm 3|/Pm 4|Pm 3|Prm 4|Pm 8|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4 Ì bi i di n | Ì | | | por A d | 7 7 |10.2) 7 | 10 110.2) 13 |10.4! 4 (10.513. 3/10.2 Pm 3|Pm4|Pm 3|/Pm4 Pm 8|Pm 4|Pm 3|Pm4 { Pm 3}]Pm4 | ' 13 Lunghezza massima mm, pe Diametro trasverso " .15.4| 13.|5.4|3.9|5.5| 4 |5.4 anteriore . » |2.4|3.5|2.4|3.6 $ Diametro trasverso 5 AAA RO DA ASI MESIA 1584 SISSA Bi ADI 9 AA) TA N68 544 posteriore Cynailurus jubatus ERxL. var. guttatus HERM. Lynx lyna Linn. 9 Sesso sconosciuto Località scono- C) S di Wem- SOR PA Ten scluta del- PREMOLARI Q i Sesso sconosciuto È Carpazi Steppa di Wem- Russia bare. Affrica bare. Affrica 3 ( orientale orientale 1° Affrica ARR INFERIORI h A fi. - settentrionali Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro | Destro | Sinistro Pm 3|Pm 4|P.m 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm4 Destro | Sinistro a y Pm 3|P.m 4|Pm 3|Pm 4|P.m 3|P 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm 4|Pm 3|Pm4 9.6| 12 |9.3| 12 |10.8|12.5|10.8|12.5| 13 |16.4| 13 |16.3|12.7|15.2|12.5| 15 |11.3|14.7|11.414.5 pe Lunghezza massima mm. Diametro trasverso anteriore . . . . » |4. 4.2|5.2|4.5|6.5\4.5 5.6| 4 |5.8[4.8|5.4|3.6| 5 5 |\5.8 5,6|6.8/5.2|6.5/4.8, 6 Diametro trasverso posteriore. D. DEL CAMPANA 288 È 0; 3 L À ————__—_——_—___—___—___r_—_-z=mpk1_—ssmsm<% % = * n Cynailurus jubatus ERXLEB. PREMOLARI var. guttatus HERM. var. raineyò HELL. Sesso sconosciuto Ukokongo INFERIORI Affrica orientale (01 Lal 9 Kilimangiaro Kilimangiaro ui Sinistro Destro - Sinistro Destro istri Pm 3 | Pm4|Pm8|Pm4]|Pm8|Pm4|Pm3|Pmd EREannTRA Pm 3 |pm4 4 Lunghezza massima . . . . mm. | 11.5 | 145 | 11L.4| 15 13 | 16.6 12.5 | 15.8 | 12.3 15. 5 Diametro trasverso anteriore. » 4.5 | 5.7 4 6 4.5 1 6.5 | 4.6 Diametro trasverso posteriore —» |5.8 6 5 GAM PAS AO 5.5 Leopardus arvernensis 5 Uncia tigris. Cr. et Jos. oa) (90 Ina, Linn. 2 È È Els || i È E 2 di A 3 E È È Mi INFERIORE sd SEA 8 Bei - SÉ ts 3 3 EI E Cris Mr RSA Fo » |11,5|10.4/11.6) 10 |10.7/12.8| 13 | 14 |14.6/14.8| 15 |11.8|11.8 Diametro trasverso poste: , pi riore say si0 +. +.» | — |8.8| 98.6] — [10.5/10. 2/11. 5|11.8/11.5/11.2/9.5|9.4 9.4/9.5 (10. 2/10.5 . DRL CAMPANA ‘289 Uneia tigris LINN. Uncia concolor LINN. Ea Tg fg eni E E È var. sondaica Fitz. UE > \ 2 (S) ° n GS pie Ko) 2 5 S "i 9 3 Q Mi INFERIORE s : 5 È 2 È : 5 33 3 3 eta oi OSS MS ta o. 53 el Als [ea] (oa) o ° iS a 3 È Ti SEO o E $ a Ki Hi © SR Li È D i | 8 D.|s.|D.|s.|p. s. [pls |D.s D.|S.|D. siii p.|s = =. - - ——— | Lunghezza massima . + mm. |26.5| 27 |22.2|22.2/24 5| 25 | 26 (25. 7/24. 2/24.5/18. 7/18.5/17.8 0 19 19.2 | Diametro trasvenso anteriore » |10.8|10.6| 9 È 11.5/11.8h1.al11.5l10.s|10.5|7.3/7.5|7.3|7.3/6.5/6.21 717.5 Diametro trasverso medio . » |13.5/13.8| 11 | 11 lia.slio 6 13 (13. 2/12. 2/12,2|8.5|8.5) 9) 9 T 7|8.7|8.7 Diametro trasverso posteriore » |10.2) 10 |8.5| 9 | 11| 11 |10.3/10.2] 9| 9| 7] 77.3) 7) 6] 6|7.3/7.3 Uncia puma Mot. Leopardus onga Linn È 2 E n i ® Gi 3 Ss 5 3 5 Sì Fa S QU. Mi INFERIORE - Se 3 |\358 3 SR Di 0) 3 so o # 5% ro È sz sa os + 43 8 è DO Mu < Bi RARI Ei E si È È SE 3 8A s È ù o PESO A 65) 5 i D. | s.|D.|8 D. | $ D.|s.|D.|s8.|p Salina NS E = = = "i = = ==" = = Lunghezza massima . . . mm. |17,8|17.5| 17 |16.8|22.3|22.3|19.4| 20 |17.5| 17.4|17.8|17.8|19.2] 19 |21.4/21.7 Diametro trasverso anteriore » |5.8! 6 6 6N28 DREI MASS IT (CA SD LASA TT gra SIR 332 Diametro trasverso medio . DI NS TNA 68h T 97 0) 94 OA AT 85) tan 9 19.8 | 10 Diametro trasverso posteriore » |6.3 |6.2| 6 |5.8|8.5| 8 |7.5| $S TG 8 (7.8 7,6) 8 . Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. : 37 290 T. DEL CAMPANA Leopardus pardus LINN. e 4,8) È .8 DSOMGIU STUNTIMNAMZ 7 ca Csa e aac ROLLIV : | x = 3 Ro Lì inse! a flo) . = . - oIgquio A) Ip eddogg Ko cioe 9 i a) L0 ; O Di pe E 'HOSUVIN v0UlUW “IBRA & to) dd Ss È : E DO 10 Fo) 10 È (£D) cIpur Co & OSE A OqmIosoTtOoSs 08898 : €9) 10 t 10 È A Caen tw co) tw B A CSS S (V) #IDur ca Co) oi È 0qnIosOT0o8 OSS9g : PIG Cp n = A (co) te ode) [op eiuo[o9) D Co) S 10 ; £ : + cd * tr A ce tw dd "i bi 10 (NI Re) (E) corna eLuo]o)) (79) D i Si o L - co tl [Ri o A RESSE o a (o) i o (V) comu vmo1o9 n CCM 33 D tO Si È D D3) n 9Q]BYUOLIO BOIIHY Ù iS Se) g 5 eImquoy tp eddogg 2 a = e, È E Co) DI No) 5 = . Dm ? | A S CSS S Si È 0) Co) 10 ti = RISSNY (2) 19 ito) È No) Ei (>) È OqMIOSOTOIS 08898 : CO > (co) TO) ds] A Re) To) (o) To) CO = : o tà [c°) Ni i FA Q si I[euo119u9999s Izedigo D i NS N ad 2 A [= È FSSt) È A Hl È : lai (co) N cn Eli d S A sd id id 3 mn DÌ | ®[BuoxI]uogIos VISTI D I w Co ed 1) 5 8 | NS[0dugxIy IP on10A0) Ti Lo) DI Lo) 5 SD G O e] Co oe] A ale Ò A un: id w Voli 55 ee To) @[BU0117U99JO8 BISSO | DI È > tr 10 HS[0dUENIV IP 0UIOAOYO) Ti 19) ? see TA Lo) 7 ; - $ 5 PSI D AH o) @TEIUOTTO BOTIHY ‘0JNIOS0OUONS 08898 | vd DI DE 1 nr ZI] VOLgnu IRA È (19), 290.109 MIDI [a a Da sil Do) È ci To Co) î È (er) (ol Cr) Ce) — RIpur,][op eqmios s È n S 5 -0U098 WIITEOOnT ‘OQMIOSOTOO8 OSSOq Co DS tan) Si Do) AVA) sufi “1A = = 3 1 35 ‘AT S70YI tuono È | la) | & 23 »: È j R Di Fal D È a (i A 8.9 dÌ ? SI i ARS. + ea of o DO Fo do, fu Oo2 922 i IS 2 «È lo) E 0,9 = 3 GP SPE ; A (=) de pt sie VISITE n ISRTORA IVANA MICU IU, à Li Ù ) Ci i mo % 3 : 1 Ti n) Si Li \ % i LI 5 % 1 ded 3 L è, ’ ti di 7 Riloli, BbIsEgaInO 0 e è x = 3 #0 dt SE i È = NEI x E î >, sh IE “np nea dd aero ite ata gna n sro die Gi AMA lu sibi fog iL © i VESTIRE SFR rei atomo nia \ i | Spiegazione della Tavola V pan) a. ; Fig. 1. — Hemielopopsis gibbus KRAMBERGER-GORTANOVIC [grandezza naturale]. Frammento che conserva la maggio: i, R x (M FRS i) MEiiea I parte del tronco, — pag. 29 [87]. pone i Sa , i » 2. — Hemielopopsis gibbus KramBERGER-GORTANOVIC [grandezza naturale). Esemplare privo della t sta e. l’estremo posteriore della pinna codale, — pag. 29 [87]. pr G. D'ERASMO, Zuuna calcari a ittioliti G. D'ERASMO FOTOGR di Pielraroia. PALA] EONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XXI, Tav. V. [ Tav, XII ]. NIDI CaLzoLambH e AMIAMO MILANO HEX) TV lori elleb Snoissasiga. e. Pasabnia Alter: MATTE A 0400) dono Senta — POEICERE TEMI.) seta dielnonno colistrononità : dea 3 ù SUA FELINI LIA O LORIA POETA SI n - “ n £ x i dI a F 5 4 se dt Spiegazione della Tavola VI | Fig. 1. — Chanos Leopoldi Costa sp. ['/, della grandezza naturale], — pag. 35 [93]. » 2. — Chirocentrites Coroninii HecKpL [circa 3/ della grandezza naturale]. Individuo privo della testa e del tratto | i i anteriore del tronco, — pag. 39 [97]. Tav. VI. XXI Vol, ) PALAEONTOGRAPHIA ITALICA elrarota. di Pi Fauna calcari a ittioliti G. D'ERASMO au XII). [T auiox caLzoramm en G. D'ERAGMO FOTOGR. ra Va) e NOE Spiegazione della Tavola VII [I]. Hic. I. — Anomia jurensis RmR?, — pag. 62 [8]. ni 2 — Altro esemplare della stessa specie. » 3 a,b. — Ostrea vesiculosa Sow.;— a, valva sinistra; db, la stessa vista di fianco, — pag. 62 [8]. » (4-8. — Gervillia arenaria RMR., — pag. 63 [9]. » 9-11. — Gervillia subquadrata DER., — pag. 63 [9]. » 12-14. — Gervillia obtusa RmR., — pag. 64 [10]. » 15. — Gervillia rostrata Sow., — pag. 64 [10]. » 16. — Perna Bouchardi Opp., — pag. 65 [11]. DO I — Mytilus membranaceus DER., — pag. 65 [11]. » 18 a,b. — Modiola angusta Rwr.; — a, veduta lateralmente; b, veduta di fianco, — pag. 66 [12]. » 19. — Modiola lithodomus K. u. D?, — pag. 66 [12]. » 20. — Lithodomus subeylindricus Buw., — pag. 66 [12]. D, (ZL — Unio tenuissimus STRUCKM., — pag. 67 [13]. a DM022: — Unio subtruncatus Sow.?, — pag. 67 [13]. » 23 a,b. — Taneredia Autissiodorensis CorT.; — a, veduta lateralmente; b, veduta dalla parte superiore, — pag. 67 [13]. » 24. —- Tancredia? sp. ind., — pag. 68 [14]. » 25 a,b. — Tancredia? sp. ind., — pag. 68 [14]. » 26. -— Altro esemplare della stessa specie. » 27a,b. —- Cardinia suprajurensis STRUCKM.: — a, veduta lateralmente: b, veduta dalla parte superiore, — pag. 69 [15]. » 28. — Altro esemplare della stessa specie. 29 — Lucina substriata RmR., — pag. 69 [15]. » 30-33. — Cyrena rugosa Sow., — pag. 70 [16]. » 34 a,b. — Altro esemplare dellastessaspecie; a, vedutolateralmente; d, veduto dalla parte posteriore, —pag. 70 [16]. » 35-39. — Cyrena rugosa Sow. Altri esemplari. » 40a,b. — Cyrena rugosa Sow. Esemplare corrispondente alla Cyr. fossulata CORN.; a, veduto lateralmente; d, ve- 5 duto superiormente, — pag. 70 [16]. » 41-44. — Cyrena rugosa Sow. Altri esemplari. » 45 a,b. — Cyrena rugosa Sow., — a, forma corrispondente a quella dell’ Hannover rappresentata con la fig. 46; b, lo stesso esemplare veduto dalla parte superiore, — pag. 70 [16]. 46 a, 6. —- Cyrena rugosa SOw., — a, esemplare proveniente dal Wealden dell’ Hannover; d, lo stesso esemplare veduto superiormente, —- pag. 71 [17]. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. P'ALAFTONEOGRAPERTA ITALICA, Vol XXI, Tave VII A. FUCINI, Fossili wealdiani del tipico Verrucano del Monte Pisano. [ Tav. 1}: i ! S. MERCIAI FOT= ELIOT CALZOLAMIHEFHKAMIO: Milani 16. 17 a, db. 18, bd. 19,20. 21 22-24. 25 a, db. 26, db. 27 a, b. 28-33. 34 a, D. 90-37. 38-40. 4l. 42 a-c. 43,44 Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. Spiegazione della Tavola VIII [II]. — Cyrena caudata RmR., — pag. 71 [17]. — Cyrena excavata RmR., — pag. 71 [17]. — Cyrena mactroides Dkr.; —a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 72 [18]. — Altro esemplare della stessa specie. —- Cyrena Heysii DER.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 72 [18]. — Altro esemplare della stessa specie. — Cyrena prona DER., — pag. 73 [19]. — Cyrena fabacea RmRr.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 73 [19]. — Cyrena media Sow.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 73 [19]. — Altri esemplari della stessa specie. — Cyrena subtrasversa RMR., — pag. 74 [20]. — Cyrena sp. cfr. subtrasversa (non RmR.) STRUCKM., — pag. 75 [21]. — Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 75 [21]. — Altro esemplare della stessa specie. — Cyrena venulina DER., pag. 75 [21]. — Cyrena Astarte DkRr.?, — pag. 76 [22]. — Cyrena pisana n. sp., — pag. 76 [22]. — Altro esemplare della stessa specie; «, veduto lateralmente; db, veduto superiormente, — pag. 76 [22]. — Altro esemplare della stessa specie, — pag. 77 [23]. — Cyrena Bronni DkR.; — a, veduta lateralmente; 2, veduta superiormente., — pag. 77 [23]. — Altri esemplari della stessa specie. — Cyrena Isocardia DkR.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 77 [23]. — Cyrena Roemeri DER.?, — pag. 78 [24]. — Cyrena lato-ovata DER., — pag. 78 [24]. — Cyrena ferrugginea De LoRrroL, — pag. 77 [23]. -— Cyrena nuculaeformis DER.; — a, veduta lateralmente; b, internamente; e, superiormente, — pag. 79 [25]. — Altri esemplari della stessa specie. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. VIII A. FUGINI, Fossili wealdiani del tipico Verrucano del Monte Pisano. [ Tav. 11]. 5b Juib E 126 13 14 15 16 17b sb 0) 210) 24 of o5b 49e G. MERCIA] FOT» BLIOT CALZOLAMIH Eb NIC n o ipa di dn snai Tenia, Ù È gin) Doe) tg SPE 87: pi Avanzo indeterminabile i rostro [grandezza natale], _ - pag. 5) (63) I no: n Leptolepis Brodiei AGassiz [grandezza Patuzale) — pag. 12 ia STO J ; TAP — Leptolepis Brodiei AGassiz [triplo della grandezza naturale], _ pag. 12 170] \ Deo Leptolepis att. Brodiei AGASSIZ [grandezza naturale). (L’esemplare SÌ conserva al Museo tI Ù naturale di Milano), — pag. 14 [72]. Ta ui n A, » 8. — Aethalion robustus TRAQUATR [grandezza naturale], — pag. 15 [73]. Pulaeontographia italica vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. I. G. D'ERASMO, /#uuna calcari a ittioliti di Pietraroia, [ Tav, VIN). Rica ansia FG. 1. — Oeonoscopus patamRO Costa [metà della grandezza ei Grande individuo, intero, » 2. — Oeonoscopus petraroiae Costa (odezza naturale]. Testa e tratto anteriore del tronco di un n ind piccolo, — pag. 5 [63]. ? Rida: LE IA Alga du » 3, 4. — Diplomystus brevissimus Dr BLAINVILLE Sp. [grandezza naturale), — pag. 43 [101]. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. Il. G. D'ERASMO, Fuuna calcari a ittioliti di Pietraroia. (Tav. TX]. a, D'ERASMO FOTOGR Pale sioistgoig fu o î ge 0 » i Rata Sonate) Lose balinieeizoni amibigviaiae 1-3, È # LE ù " he } 1% ‘Sauropsidium laevissimum Cosra [grandezza naturale], qa v PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. III. G. D'ERASMO, Zuura calcari a ittioliti di Pietraroia. G, D'ERASMO FOTOGR. i] i) RIE mez Ù i ila i Elopopsis uff. Fenzli Hnoxsn. = a sa Tui Fi. 1. — Esemplare privo della pinna codale |grandezza naturale], — pag. 23 [81]. >» 2. Esemplare intero, alquanto deformato [lievemente impiccolito), — pag. È SER Esemplare privo della pinna codale [un poco ingrandito], = pag. 25 [83]. ; ci i » 4. — Individuo più piecolo, visto dal lato ventrale [grandezza naturale], _ Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PETRI NIKOGRIARENTARIONA RICA IV XI davi IV. G. D' ERASMO, Fuuna calcari a tttioliti di Pietrarota. Tav. XL} G. D'ERASMO FOTOGR. ELIOT CALZOLARIHEEHANMIO= MILAN .la,b. — 2,3. — 4,5. — Gato — EL = JO-12.. — 13. = 14 a, db. — 15 a, db. — 16-20. — 2la-c. — 3. — 4-26. — Spiegazione della ianola AES] Cyrena majuscula RmR.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 79 [25]. Altri esemplari della stessa specie. Cyrena obtusa DkR., — pag. 80 [26]. Cyrena elliptica DER.?, — pag. 80 [26]. Cyrena dorsata DKR,. — pag. 80. [26]. Cyrena gibbosa DER., — pag. 81 [271. Cyrena unioides Dkr., — pag. 81 [27]. Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 81 [27]. Cyrena sublaevis Rmr.; — a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 82 [28]. Altri esemplari della stessa specie. ; Altro esemplare della stessa sperie: a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente; e, veduto poste- riormente, — pag. 82 [28]. Cyrena ovalis DER., — pag. 82 [28]. Cyrena subtrigona DER., — pag. 83 [29]. Cyrena Mantelli Dkr., — pag. 82 [28]. Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 83 [29]. Altri esemplari della stessa specie. Gyrena angulata RmR., — pag. 84 [30]. Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 84 [30]. Altro esemplare della stessa specie. - Altro esemplare della stessa specie veduto come sopra. Altri esemplari della stessa specie. > n Cyrena carenata GoLp., — pag. 84 [30]. Cyrena orbicularis RmR.; — a, veduta lateralmente; d, veduta superiormente, — pag. 85 [31]. Altro esemplare della stessa specie. Cyrena lentiformis RmR., — pag. 85 [31]. Cyrena purbeckensis STRUCKM., — pag. 85 [31]. Cyrena Credneri DER., — pag. 86 [32]. Palacontograplia italica, vol. XXI, 1915. PARTLAEFONTOGRAPHIA INALICA, Vol XXI, Tav. IX. A. FUCINI, Fossili we ildiani del tipico Verrucano del Monte Pisano. f Tav, IST]. 49 45 5() G. MERCIA! FOT- CLINT CALZOI Ar HMrEFHAAMIO- MILANG Ù LORSUYIAI Spiegazione della Tavola X [IV]. . la,b. — Cyrena Pidancetiana De LoRIoL; —a, veduta lateralmente; , veduta superiomente, — pag. 86 [32]. 2-4. — Altri esemplari della stessa specie. ; 5 a,b. — Cyrena Terminetti n. sp., — a, veduta lateralmente; b, veduta superiormente, — pag. 86 [32]. 6-11. — Altri esemplari della stessa specie. 12 a,b. — Cyrena verrucana n. sp. —a, veduta lateralmente; b, veduta superiormente, — pag. 87 [33] 13 a, b. — Altro esemplare della stessa specie veduto come sopra. 14,15. — Altri esemplari della stessa specie. 16 a, 6: — Cyprina callosa RmR.; — a, veduta lateralmente; b, veduta superiormente, — pag. 88 [34]. 17. — Cyprina Courcellensis De LoRrIOL, — pag. 88 [34]. 18 a, b. — Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto superiormente, — pag. 88 [34]. 19,20. — Anisocardia verrucana n. sp., — pag. 89 [35]. 21 a-d. — Altro esemplare della stessa specie; a, veduto lateralmente; d, veduto dalla parte posteriore; c, ve- duto dalla parte anteriore; d, veduto superiormente, — pag. 89 [35]. 22-24. — Mactromya rugosa RmR., — pag. 89 [35]. 25. — Arcomya helvetica THURM., — pag. 90 [36]. 26,27. — Anatina verrucana n. sp., — pag. 90 [36]. 28 a,b. — Corbula angulata PHILL. — a, veduta lateralmente; d, veduta dalla parte posteriore, — pag. 91 [37]. 29-34. — Altri esemplari della stessa specie. 35 a, b. — Corbula verrucana n. sp., —a, veduta lateralmente; b, veduta superiormente, — pag. 92 [38]. 36-38. —- Altri esemplari della stessa specie. 39. — Corbula suicosa RMmR., — pag. 92 [38]. 40,41. — Corbula inflexa RmR., — pag. 92 [38]. Palaeontographia itglica, vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. X. [ Tav. 1V} A. FUGINI, Fossili we ildiani del tipico Verrucano del Monte Pisano. ETe) 40 G. MERCIAI FOT. ELIOT CALZOLARIREFMKAKIO- MILANO + e gle Vas : ì Ta " Ni : rc, U ” Rea Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. Fic. 1. — Monocotiledone?, — pag. 93 [39]. DA — Pinites?, — pag. 93 [39]. » 3,4. — Conifera (Brachiphyllum?), — pag. » 5. — Cyclocarpum?, — pag. 95 (41) » 6. — Pinites?, — pag. 94 [40]. » 7. — Cicadites?, — pag. 94 [40]. f » 8. — Abietites?, — pag. 94 [40]. » 9-11. — Pinites?, — pag. 94 [40]._ » 12. — Trichopitys?, — pag. 94 [40]. s CHO: i » 13. — Cunningamites? Palissya?, — pag. 95 [41]. ; » 14. — Araucaria s. 1.?, — pag. 95 [41]. 5 « 15. — Helmintoidea?, — pag. 58 [4] 3 » 16. — lchnites pisanus n. sp., — pag. 60 [6]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. XI. [ Tav. V|]. A. FUCINI, Fossili wealdiani del tipico Verrucano del Monte Pisano. G. MERCIA! FOT- si sa8 liti aa PI = 5 A da dor > TRE Pato salini svn Per | à È = È di «ini ‘furtiago! di site Me I Du ASI alri amine A VA SEDE RA 7 È i 3 SIR cd VARE ari 01 «BRÙ 35 È ie Soia soglie — SIOI di bi È i E a DI Bol a udgta saggi ME N È egli: x È - ) aelgto mu il pesato SI a È | Lod Sdpinsrognta. aspaisori i E > La » ARE Li Xi ae aienibnsiimo auris Bi ga ara ato. De: DI 986 22 Lt it aniola siopolaRi — VI-0I + di: i Ant» anoisaf DE « DES ì Lol uf ni Ba, « x x # ri È SA o) R È ì N È o di n da : : > Ist dd atieravir) JO allab osimilo cesrl? lui uzbev'ioanoi ie iianigizo Frefguross. i) È I, pri urto S È K “i Si $ TAR OI re taca 5 x i è Va # Pe Wier i E Go» stiezi nidosJotrtoeglgs ù si KE nic sy F 5 i E t Spiegazione della Tavola XII [I]. Fig. 1. — Protocrysina carnica n. f., 12:1. — pag. 97 [1]. » 2. — Nematopora sp., 25: 1. — pag. 99 [3]. » 3-6. — Ceramopora Gortanii n. f. — pag. 98 [2]. Fig. 3. Sezione dell’esemplare in grand. nat. » 4. Particolari della superficie, 12: 1. » 5. Sezione longitudinale, 25: 1. » 6. Sezione tangenziale, 25: 1, » 7-9. — Prasopora carnica n. f., —- pag. 101 [5]. » 7. Esemplare visto dal disotto, 2: 1. » 8. Sezione longitudinale, 12: 1. » 9. Sezione tangenziale, 12: 1. » 10-12. — Hallopora carnica n. f., — pag. 103 [7]. , » 10. Esemplare rotto, 2: 1. » 11. Sezione tangenziale, 12: 1. » 12. Sezione longitudinale, 12: 1. » 13-15. — Hallopora forojuliensis VIn., — pag. 102 [6]. » 13. Frammenti di un esemplare, 8: 1. » 14. Sezione tangenziale, 25 : 1. » 15. Sezione longitudinale, 25 : 1. » 16-17. — Hallopora filicina n. f., — pag. 104 [8]. » 16. Sezione longitudinale, 25 : 1. » 17. Sezione tangenziale, 25: 1. » 18-21. — Batostoma Canavarii n. f., — pag. 106 [10]. » 18. Frammenti di un esemplare, 2: 1. » 19. Sezione trasversale, 18: 1. » 20. Sezione longitudinale, 14 : 1. » 21. Particolare della sezione longitudinale, 32: 1. Gli esemplari originali si conservano nel Museo geologico della R. Università di Parma. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PIATAEOINTIOGRIPIETA TTKALICA., Voll XXI, Tav. XII VINASSA DE REGNY, Fossili ordoviciani del Capolago ( Alpi Carniche ). Aeg pile he ves i: E 1 ne sor ua i, ra lofea dall Pe ame set Ftalgone nata Pg Smoibe FASSA ag gio i ne Stai prora; 5 Sf OR Nr #98 dl suole egolpoa Le Va x i si Ù TEO. ul 4 iMemiat aingelemant — +QI-V « a ° a ne. glio oralonîmo"i n a 3 o x asi E ‘ Uni. stivi ian pa s % RE ici Ri plziovas1), pialada di di ; di a Ate a ssi Uh orizplona dea te irpini di i lrogiaita net uo Spiegazione della Tavola XII [JJ]. Fig. 1.3. — Prasopora fistuliporoides VIN., — pag. 100 [4]. Fig. 1. Sezione trasversale, 12: 1. » 2. Sezione tangenziale, 12 : 1. » 3. Sezione trasversale. 8: 1. » 4-6. — Diplotrypa Bassleri n. f., — pag. 108 [12]. » 4. Sezione dell’esemplare in grand. nat. » 5. Sezione longitudinale, 25: 1. » 6. Sezione tangenziale. 25: 1. » 7-10. — Trematopora Taramellii n. f., — pag. 105 [9]. » 7. Particolare delle superficie, 12 : 1. » 8. Sezione longitudinale di un ramo, 8: 1. » 9. Sezione longitudinale, 25 : 1. »° 10. Sezione trasversale, 25: 1. » ll. — Batostoma (?) sp. nov., 8: 1, — pag. 107 [11]. » 12. — Orthis carnica Vin., gr. nat. — pag. 112 [16]. » 13. — Orthis Actoniae Sow., gr. nat. — pag. 110 [14]. » 14. — Trochus volaianus n. f. — 14 a, 2: 1; 14 b, ornamenti ingr.. — pag. 113 [17]. » 154a,b. Strophostylus carnicus Vin., gr. nat. — pag. 114 [18]. Q i esemplari originali si conservano nel Museo geologico della R. Università di Parma Palaeontographia italica, vol. XX, 1915. Tav. XIII XXI, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. II}. l Tav. ordoviciani del Capolago ( Alpi Carniche ). Fossili VINASSA DE REGNY, (ECE CEI der: A ad; Ta ALTE SERA ZIA SITI SSIS Spiegazione della Tavola XIV [I]. —- Orthis (Dalmanella) ctr. perelegans HALL. Esemplare in grandezza naturale: « dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d dal lato apicale, — pag. 119 [3]. Strophomena ctr. clausa VERN. sp. in OrHL. Valva ventrale, c. s.: a dal lato ventrale, b_ profilo, —- pag. 121 [5]. Strophomena carnica n. f. Valva ventrale c. s.: « dal lato ventrale, b dal lato apicale, c dal lato frontale, d profilo, e porzione ingrandita della superficie, — pag. 122 [6]. Strophomena carnica n. f. Valva ventrale c. s. vista dal lato ventrale, -—— pag. 122 [6]. Strophomena cfr. hirundo BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b di fianco, — pag. 123 [7]. Strophomena cfr. hirundo BARR. Esemplare c. s.: a visto dal lato ventrale, è sezione longitudinale, — pag. 123 [7]. 4 Strophomena Phillipsi Barr. Valva ventrale, c. s.: a dal lato vetrale, d profilo, — pag. 124 [8]. Strophomena cfr. laevigata Sow. sp. Esemplare c. s.: visto dal lato dorsale, —- pag. 126 [10;. Atrypa italica n. f. Esemplare c. s.: @ dal lato ventrale, d dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato frontale, — pag. 128 [12]. Karpinskya Tschernyschewi Scup. Esemplare c. s.: a dal lato dorsale, d di fianco, — pag. 129 [13]. Karpinskya Tschernyschewi Scup. Esemplare c. s.: @ dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, — pag. 129 [13]: Spirifer togatus BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d dal lato api cale, e dal lato frontale, — pag. 130 [14]. | Spirifer secans BARR. Valva ventrale c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato apicale, — pag. 131 [15]. Spirifer cfr. Najadum BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d dal lato apicale, 2 dal lato frontale, — pag. 132 [16]. Spirifer inflectens BARR. Valva ventrale, c. s.: lettere c. s., — pag. 123 [17]. Spirifer infirmus BARR. var. imperficiens BARR. Es. c. s.: lettere ce. s., — pag. 134 [18]. Spirifer cfr. tiro BARR. Valva ventrale, ce. s.: a dal lato ventrale, b di fianco, — pag. 135 [19]. .— Spirifer sub-tiro Scup. Esemplare ingrandito 2 volte: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato frontale, — pag. 135 [19]. Gli esemplari originali si conservano nel Museo geologico dell’Università di Pisa. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALABONIOGRAPEHEIA INALICA, Vol, XXI, Tav. XIV. GORTANI, Fossili eodevonici del Cupolago ( Alpi Carniche ). [ Tav. 1]. - i NCL I citi PEEETTCI U, GAMBACCIANI, DIS, OT CAL ENI averi IO MILA Spiegazione della Tavola XIV [I]. Fig. la-d. —- Orthis (Dalmanella) ctr. perelegans HALL. Esemplare in grandezza naturale: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di tianco, d dal lato apicale, — pag. 119 [3]. » 2a,b. —— Strophomena ctr. clausa VERN. sp. in OeHL. Valva ventrale. c. s.: @ dal lato ventrale, b profilo, — pag. 121 [5]. » 3a-e. — Strophomena carnica n. f. Valva ventrale e. s.: a dal lato ventrale, d dal lato apicale, c dal lato frontale, d profilo, e porzione ingrandita della superficie, — pag. 122 [6]. » 4. — Strophomena carnica n. f. Valva ventrale c. s. vista dal lato ventrale, -—— pag. 122 [6]. » 5a,b. — Strophomena cfr. hirundo BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, d di fianco, — pag. 123 [7]. » 6a,b. — Strophomena cfr. hirundo BARR. Esemplare c. s.: a visto dal lato ventrale, b sezione longitudinale, — pag. 123 [7]. » 7a,b. — Strophomena Phillipsi Barr. Valva ventrale, c. s.: a dal lato vetrale, d profilo, — pag. 124 [8]. DI 8Ì — Strophomena cfr. laevigata Sow. sp. Esemplare c. s.: Visto dal lato dorsale, —- pag. 126 [10]. » 9a-d. — Atrypa italica n. f. Esemplare c. s.: @ dal lato ventrale, d dal lato dorsale, e di fianco, @ dal lato frontale, — pag. 128 [12]. » 10 a,b. — Karpinskya Tschernyschewi Scup. Esemplare c. s.: @ dal lato dorsale, b di fianco, — pag. 129 [13]. » 11 a-c. — Karpinskya Tschernyschewi Scup. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, bd dal lato dorsale, e di fianco, — pag. 129 [13]: » 12 a-e. — Spirifer togatus BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, d dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato api-. cale, e dal lato frontale, — pag. 130 [14]. i » 13 a,b. — Splirifer secans BARR. Valva ventrale c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato apicale, —- pag. 131 [151]. » 14 a-e. — Spirifer cfr. Najadum BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d dal lato apicale, e dal lato frontale, — pag. 132 [16]. » 15 a-c. — Spirifer inflectens BarR. Valva ventrale, c. s.: lettere c. s., — pag. 123 [17]. » 16 a-c. — Spirifer infirmus BARR. var. imperficiens BARR. Es. c. s.: lettere e. s., — pag. 134 [18]. » 17 a,b. — Spirifer cfr. tiro BARR. Valva ventrale, c. s.: a dal lato ventrale, b di fianco, — pag. 135 [19]. » 18 a-d. — Spirifer sub-tiro Scur. Esemplare ingrandito 2 volte: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato frontale, — pag. 135 [19]. Gli esemplari originali si conservano nel Museo geologico dell’Università di Pisa. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. XIV. GORTANI, Fossili eodevonici del Cupolago ( Alpi Carniche ). [ Tav. 1]. U. GAMBACCIANI, DIS, Menia otal fab. n collo î titre Sy vati TESE #iitro «9 astinig@ Dro liti RO Mit edi stat rat’ # ri pn s “co RILUCITICta andati ua ic AVERI osa ni cn peo. nati uibisolit9 ” vai ga -—- bin alato ogni fsb .oonatt. ib » n i gh SIIT gf | soma sospira? + pd ques dl gi addio Slava Ro) ESTA CTETTONE e addio Lu aTT AA soa tb hai PO ilemonct. vi «n agolaty ot i 22} In enoiatoy egmameta® i A Lr 0 MLT RT dg lu h, I lab 3 orti ibuggo=0i 1 st auatalov simomatio9 TRI Ipse “E; he ssaa ("30.0 “Do anoiatavonae raesitoS si TSE sa ! ti IU bi ki sw: oa 7 isdole sombinafte9 pae sid ATE Frate bel monti eutetgo euismatnsti lo activgni tdua na sa won natiupeti srometno” - SEEN “i oa tojact) por inpai badi» pato st an suo v'Agni: osato du ar isotta ge Woziastiugni sricanitto”) (atto) MESE aa MoIne ed die: ipeti pi Balhsiga I ; oasi IMELERIO ‘Reragiupnii simematti eni DL Pupe olninori ott, t.o aupiniap sus? qa ovo sgiggnit amorisino9 - Verzontt ‘otel Igbe iii ib» elcerodb visi Merce esnoM sienoricn pill RES u1 1e DORRGRMORGA tia 110 ala AREA A adam stlolbnoi È sit o Me XV Lfoby dal ET rr nrdfialsv o porgo SARAI 4 parita tif s aliggrob od la Ù vr 7a “eni apai astgroyi gini oro I; n) +, T-ampelermie asiitioe +0 ca LOT que Ì HEI some tir viola * adibomiscg it seno) .2 ri sienimuosoni (esigui) ; Jalesigi oto Spiegazione della Tavola XV [Il]. Fig. 1 a-c. — Spirifer cfr. orbitatus BARR. Esemplare ingrandito 2 volte: a dal lato ventrale, è di fianco, c dal lato frontale, — pag. 136 [20]. » 2a-d. — Spirifer inflatus ScHNUR. Esemplare ingr. c. s.: @ dal lato ventrale, 6 dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato apicale, — pag. 137 [21]. » 3 a-d. — Spirigera Philomela BARR. sp. Esemplare in grandezza naturale: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, 4 dal lato frontale, — pag. 138 [22]. » 4 a-d. — Spirigera Rhilomela BARR. sp. Esemplare c. s.: lettere e. s., — pag. 138 [22]. » 5 a,b. — Merista herculea BARR. var. porrecta n. f. Esemplare e. s.:@ dal lato ventrale, b di fianco, — pag. 138 [22]. » 6 a,b. — Merista gibba n. f. Esemplare c. s.: lettere c. s. — pag. 133 [22]. » 7a-c. — Merista gibba n. f. Esemplare c. s.: @ dal lato dorsale, > di fianco, d dal Jato frontale, — pag. 138 [22]. » 8 a,b. — Merista gibba n. f. Esemplare e. s.: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, — pag. 138 [22]. » 9a,b. — Pentamerus volaicus n. f. Esemplare ce. s.: @ dal lato ventrale, b dal lato frontale, — pag. 140. [24]. » 10 a-c. — Pentamerus volaicus n. f. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, & dal lato dorsale, c dal lato frontale, — pag. 140 [24]. » 11 a,b.-- Pentamerus volaicus n. f. Esemplare c. s.: « dal lato ventrale, © di fianco, — pag. 140 [24]. y» 12 a-d.— Pentamerus volaicus n. f. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato ‘dorsale, c di fianco, d dal lato frontale, — pag. 140 [24]. » 13. — Pentamerus Sieberi v. BucH. in BARR. Valva ventrale, c. s., vista dal lato ventrale, — pag. 141 [25]. » 14. -—- Pentamerus Sieberi v. BucH. in BarR. Valva dorsale, c. s., vista dal lato dorsale, — pag. 141 [25]. » 15 a,b. — Pentamerus optatus BARR. Esemplare c. s.: a dal lato dorsale, b di fianco, — pag. 142 [26]. » 16 a,c. — Pentamerus linguifer Sow. sp. var. sublinguifer (MAuUR). Esemplare ingrandito 3 volte: a dal lato dorsale, % di fianco, e dal lato frontale, — pag. 143 [27]. » 17a-d.— Pentamerus linguifer Sow. sp. var. carnicus n. f. Esemplare ingr. c. s.: a dal Jato ventrale, 9 di fianco, e dal lato apicale. d dal lato frontale, -- pag. 144 [28]. » 18 a-c. — Pentamerus linguifer Sow. sp. var. carnicus n. f. Esemplare ingr. c. s.: @ dal lato dorsale, d di fianco, e dal lato frontale, — pag. 144 [28]. » 19a-d. — Pentamerus linguifer Sow. sp. var. carnicus n.f. (aberr.?). Esemplare ingr. e. s.:@ dal lato ventrale, è dal lato dorsale, c di fianco, d dal lato frontale, — pag. 144 [28]. » 20 a,b. — Rhynchonella Monas Barr. Esemplare in grandezza naturale: a dal lato ventrale, b di fianco, —pag. 145 [29]. » 21 a-c. — Rhynchonella Nympha BARR. Esemplare c. s.: a dal lato ventrale, b dal lato dorsale, c dal lato frontale, — pag. 146 [30]. » 22 a-c. — Rhynchonella Nympha BARR. Esemplare c. s.: lettere e. s., — pag. 146 [30]. » 23 a,b. — Rbynchonella Nympha BARR. Esemplare c. s.: a dal lato dorsale, b di fianco — pag. 146 [30]. » 24 a-d. — Rhynchonella simulans BARR. Esemplare c. s.: @ dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d dal lato frontale, — pag. 147 [31]. » 25 a,b. Rhynchonella (Pugnax?) postmodica Scur. Esemplare c. s.: « dal lato ventrale, d di fianco, — pag. 148 [32], » 26 a-e. — Rhynchonella (Pugnax) preacuminata n. t. Esemplare c. s.: @ dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco, d da lato apicale, e dal lato frontale, — pag. 149 [33]. Gli esemplari originali si conservano nel Museo geologico dell’Università di Pisa. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALAFONTOCGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XV. GORTANI, Fossili codevonici del Capolago ( Alpi Carniche ). [ Tav. II]. U. GAMBACCIANI, DIS, uma r rar sine ner ISLA * dini Lee Ù «i ‘Aeon 9 r}ax rt \ QI A, ih ua ada Viu puri‘ Tua lagesniV atlonodony nen: eta ad: $oft insegni allenbdometà — i Rigi } pe LA ga‘ A - virali e ato Dial LE Tie: "og liquori di Mb sioni PS, 3. alenortane uni. vi nfgola siate d: usi sio noduli i ; siente HTRb 65 ft, urna ci tia pei). stlsnodeni Bu gal ECC nr EAT atamzoni Po I atdetà ja ne avrai «mune CR] tt ATTEVI su ilourrae si ta. 066) BD, 334,b. s4da-c. Gli Spiegazione della Wavwola XVI II. Rhynchonelfa Vinassai n.1. Esemplare ingr. una volta e mezzo: a dal lato dorsale, bd di fianco,— pag. 150 [34]. Rhynchonella Vinassai n. f. Esemplare ingr. c. s.: a dal lato ventrale, è dal lato dorsale, c dal lato frontale, — pag. 150 [34]. Rhynchonella (?) Thetis BARR. sp. var. depressa n. f. Esemplare in grandezza naturale: a dal lato ventrale, b di fianco, e dal lato frontale, — pag. 151 [35]. Rhynchonella Caput-lacis n. f. Esemplare ingr. 2 volte: lettere c. s., — pag. 150 [34]. - Rhynchonella Caput-lacis n. f. Esemplare ingr. e. s.: @ dal lato ventrale, b dal lato dorsale, e di fianco. d dal lato frontale, — pag. 150 [341. Rhynchonella (Wilsonia) princeps BARR. Esemplare in grandezza naturale: a dal lato ventrale, b dal lato frontale, — pag. 152 [36]. Megalanteris cfr. inornata d’OrB. sp. Esemplare €. s., visto dal lato ventrale (figura disposta obliqua- mente), — pag. 156 [40]. Goniophora sp. indet. Valva sinistra, c. s.: @ dal lato sinistro, b dal lato inferiore, e dal lato anteriore, pag. 157 [41]. Cypricardinia aequabilis BARR. Valva sinistra, ingr. 1 16, vista dal lato esterno, — pag. 158 [42]. - Orthonychia patelliformis Horz. sp. Esemplare in grandezza naturale: @ di fianco, > dal lato posteriore, e dal lato apicale, — pag. 160 [44j. Orihonychia Canavarii n. f. Esemplare c. s.: @ dal lato sinistro. b dal lato destro, e dal lato posteriore, d dal lato anteriore, e dal lato apicale, f e g sezioni trasversali condotte a diversa altezza, — pag. 160 [44]. Ì Platyceras pericompsum WrpB. sp. Esemplare c.s.: a di fianco, b dal lato posteriore, e dal lato anteriore, — pag. 161 [45]. Platyceras hainense MauR. sp. Esemplare c. s.: a di fianco, > dal lato anteriore, c dal lato apicale, — pag. 162 [46]. 5 Platyceras fecundum BARR. sp. Esemplare c. s.: @ di fianco, b dal lato posteriore, — pag. 162 [46]. - Platyceras fecundum BARR. sp. Esemplare e. s.: a di fianco, b dal lato anteriore, — pag. 162 [46]. Platyceras Taramellii n. f. Esemplare c. s.: a di fianco, d dal lato posteriore, — pag. 163 [47]. Entomis tuberosa Jonks. Valva destra ingr. 4 volte: a dalla faccia esterna d dal lato dorsale, — pag. 164 [48]. Entomis tuberosa Jones. Valva sinistra e. s.: vista dalla faccia esterna, — pag. 164 [48]. Calimmene cfr. Blumenbachi Breng. Glabella in grandezza naturale: a dal lato dorsale, > di fianco, — pag. 166 [50]. Bronteus cfr. formosus BARR. Glabella c. s., — pas. 167 [51]. Bronteus ctr. formosus BARR. Glabella ce. s.: a dal Jato dorsale, è contorno del profilo, -— pag. 167 [51]. - Bronteus palifer BeyR. var. carnicus n. f. Glabella c. s.: @ dal lato dorsale, b di fianco, — pag. 168 [52]: Bronteus rhinoceros BeyR. var. inermis n. f. Glabella e. s.; lettere c. s., — pag. 168 [52]. Bronteus alpinus Gorr. Glabella c. s.: lettere ce. s., — pag. 169 [53]. Phacops Bronni Barr. Capo: a dal lato dorsale e ingr. 2 volte, d di fianco e ingr. 2jvolte; « occhio si- nistro ingr. 4 volte, — pag. 170 [54]. Cheirurus Sternbergi BorK sp. typicus. Glabella in grandezza naturale, rotta posteriormente: a dal lato dorsale, bd di fianco, — pag. 171 [55]. Cheirurus Sternbergi BorK sp. typicus. Ipostoma ce. s., — pag. 171 [55]. Cheirurus Sternbergi Bork sp. var. Pengelli (WitpEe). Capo c. s., — pag. 174 [58]. Cheirurus Sternbergi Bork sp. var. Pengelli (WHIDB). Ipostoma c. s., — pag. 174 [58]. Progtus cfr. unguloides BARR. Capo c. s., — pag. 175 [59]. Proétus forojuliensis n. f. Esemplare della Cianevate: profilo del capo, ingr. 2 volte, — pag. 175 [59]. Proétus forojuliensis n. f. Esemplare del Capolago, c. s., — pag. 175 [59]. Harpes cfr. reticulatus CORDA in BARR. Frammento del capo, in grandezza naturale: @ dal lato dorsale, contorno del profilo trasversale, — pag. 177 [61]. Harpes venetus n. f. Frammento del capo, c. s.: a dal lato dorsale, b di fianco, e contorno del profilo trasversale, — pag. 178 [62]. — Harpes venetus n. f. Frammento del capo c. s., — pag. 178 [62]. — Harpes venetus n. f. Frammento del lembo, c. s., — pag. 178 [62]. esemplari originali sì conservano nel Museo geologico dell'Università di Pisa. Pulaeontographia italica, vol, XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XVI. GORTANI, Fossili eodevonici del Cupolago ( Alpi Carniche ). [ Tav. III]. U. GAMBACCIANI, DIS, in 200 RIE E MZ ZIO, MILANI g. la 16. 2a. Spiegazione della' Tavola XVII [I]. Neolobites Vibrayeanus d’ORB. sp. Esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 204 [16]. Neolobites Vibrayeanus d’ORB. sp. Lo stesso esemplare veduto dall’apertura, mostrante una parte della re- gione sifonale conservata. - Neolobites Fourtaui PeRv. Frammento di un esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 205 [17]. Neolobites Fourtaui Prrv. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. La figura è stata collocata erroneamente capovolta. Neolobites® Fourtaui Perv. Frammento di un altro esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 205 [17]. Neolobites Fourtaui PrRv. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. Neolobites Isidis n. sn. Esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 206 [18]. Neolobites Isidls n. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla regione sifonale. Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) STOT.. sp. Esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 208 [20]. Mammites (Pseudoaspidoceras) Footeanus (?) STOT. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla regione sifonale. Schloenbachia Quaasi Peron. Frammento di un esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag 209 [21]. Schloenbachia Quaasi PERON. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XVII. B. GRECO, /uuna cretacea dell’ Egitto. [ Tav. I]. FLIOT CALZOLAIIA HENNARIO-MIL ANO E, BERCIGLI PHOT. RR SON TI NARA ORI In CRD Spiegazione della Tavola XVIII [II]. ic. la. — Acanthoceras Mantelli (?) Sow.sp. Frammento di un esemplare veduto di fianco. Cenomaniano, — pag. 207 [19]. 16. — Acanthoceras Mantelli (?) Sow. sp. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. 2a. — Vascoceras Durandi Tx. et PeR. sp. Esemplare veduto di fianco. Turoniano, — pag. 210 [22]. 2b. —- Vascoceras Durandi Tri. et PR. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla regione sifonale. 3a. -— Vascoceras Durandi Tn. et PER. sp. Frammento di un esemplare giovanile veduto di fianco. Tinatia, — pag. 211 [23]. 3b. — Vascoceras Durandi Tr. et PER. sp. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. 4a. — Thomasites Meslei PeRv. Esemplare veduto di fianco. Turoniano, — pag. 212 [24]. 4b. — Thomasites Meslei PeRV. Lo stesso esemplare veduto dalla regione sifonale. 5a. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLcER. Esemplare giovanile veduto di fianco. Turoniano, — pag. 213:[25]. 5b. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER. Lo stesso esemplare giovanile veduto dalla regione sifonale. Palaeontographia italica vol. XXI 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XVIII. B. GRECO, Z£uuna cretacea dell’ Egitto. [ Tav, 11]. ZLIOT CALZOLAIIXFENNARIO= MILANO E, BERCIGLI PHOT. n AR E 17, ca x slovef sap: ; ic sli Lasa 0) allor Pu an par va AIA di O] stonato w UE ; sgin008, 10) stosevoiagi une Sii ì VA È usb sido (Mimun cessi aVarati. oilebiooe si 3 (lio (emanato) ame «| sel ass ae Bia ") ord lode snai allbiooeib Eroi AUD. 108 ‘aîagse aa alive esi buoe9 - i strani rsvobeste slob dt be odtobir 9 afemolia astoigor. ONfn nd ib olbboy ompliizozo db odiate we sr nolnsibazio cosaitoto) sitozaltohuoe9 — i i PA È Op Aî AUS, ASSI GIS 48 hei oyiriy eraorteit osasta ‘ot ga Spiegazione della Tavola XIX [III]. Fig. la. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SoLcER Frammento di un esemplare adulto veduto di fianco. Turoniano. — pag. 213 [25]. » 1%. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SoLcER Lo stesso frammento di esemplare adulto veduto dalla regione sifonale. » 2a. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalis PERv. Frammento di esemplare giovanile veduto di fianco. Turoniano, -— pag. 214 [26]. » 2%. —- Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalis PERV. Lo stesso frammento di esemplare giova- nile veduto dalla regione sifonale. » 3a. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalis PeRv. Frammento di esemplare in stadio più gio- vanile veduto di fianco. Turoniano, — pag. 215 [27]. » 3b. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalis PERY. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. » 4a. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalis PERv. Esemplare adulto veduto di fianco e ri- dotto ad 1 della grandezza naturale. Turoniano, — pag. 215 [27]. » 4b. — Pseudotissotia (Choffaticeras) segnis SOLGER var. discoidalii PeRv. Lo stesso esemplare adulto veduto dalla regione sifonale e ridotto ad 1 della grandezza naturale. » 5a. -— Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. Frammento di esemplare veduto di fianco. Turoniano — pag. 215 [27]. » 5b. — Pseudotissotia (Choffaticeras) mokattanica n. sp. Lo stesso frammento vacuo dalla regione sifonale. Palaeontographia italica vol. XXI 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol, XXI, Tav. XIX. B. GRECO, Zuuna cretacea dell’ Egitto. [ Tav. II |. E, BERCIGLI PHOT. =LIOT CALZOLAINIA FENNARIÙ- MILANO Fig. la. — Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n. sp. Esemplare veduto dal fianco tura, Turomiano==ipaz: 217 [29]. ERE Ta . l’apertura. î oa) SI » le. — Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n. sp. Lo stesso esemplare veduti 7 gione sifonale. ; ni » ld. — Pseudotissotia (Choffaticeras) De Stefanii n. Sp. Lo ‘stesso esemplare veduto dalla gione sifonale. ; MARA \ , "A : Palaeontographia italica vol. XXI, 1915, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. XXI, Tav. XX. B. GRECO, wa cretacea dell’ Egitto. [ Tav. IV ]. E. BERCIGLI PHOT. =LIOT CALZOLAINIA FENNARIO- MILANO CA sf n stola dl th nilossitonataH + © I o dre) ln # ILE per IIPIIT] SUS gi RR POI due Pi pa siltoeeito r0lSH - spun one Tini omni 4A altavgsa. sitovsitorets “— que) OLE (alig — ombio e ug Baatidoiss Og. sivosstionstati du X gipat. Ra € oe rt aetiticologn abi Ù 4 Kart, Mbruhir tre fau “hr pae n n o B...00 oi pel ‘sta ini "Ù) Ae Pi pr serra .(12 «i limagi RitozattamsteH Da na lee 3g SI abibbiogiooi).. ) ® Anti Hamuo9 sitoeeiT 1 pirati Hotrrvor sitoasiT Gb. Spiegazione della Tavola XXI [V|]. . — Heterotissotia aegyptia n. sp. Frammento di un esemplare veduto dal fianco a sinistra di chi guarda |’ aper- tura. Coniaciano, — pag. 219 [31]. —. Heterotissotia aegyptia n. sp. Lo stesso frammento veduto dal fianco opposto. — Heterotissotia aegyptia n. sp. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. —: Heterotissotia aegyptia n. sp. Altro frammento veduto di fianco con ornamenti meglio conservati. Conia- ciano, — pag. 219 [31]. -— Heterotissotia neolobitoides n. sp. Frammento di esemplare veduto di fianco. Coniaciano, — pag. 221 [33]. — Heterotissotia neolobitoides n. sp. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. — Heterotissotia Figarii n. sp. Esemplare veduto di fianco. Coniaciano, -— pag. 222 [84]. — Heterotissotia Figarii n. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla parte superiore della regione sifonale. —- Heterotissotia Figari n. sp. Lo stesso esemplare veduto dalla parte inferiore della regione sifonale. — Heterotissotia Figarii n. sp. Frammento di un esemplare veduto di fianco con ornamenti meglio conservati Coniaciano, — pag. 222 [34]. —- Tissotia Fourneli BAyLE sp. Esemplare giovanile veduto di fianco. Coniaciano, — pag. 225 [37]. — Tissotia Fourneli BAyLe sp. Lo stesso esemplare veduto dalla regione sifonale. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1916. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. XXI, Tav. XXI. B. GRECO, /£uuna cretacea dell’ Egitto. [ Tav. V|. E, BERCIGLI PHOT. 2LIOT CALZOLAIIA FENNARIO- MILANO Tinga! Liri edtrime0. sitoneita fit cu s odiga ritinie0. sitarsltonatoti î i NotradzH asqsaizionat’ È) l pi b da 0 ttabua ainoalelo rali LUO agnh ; Mila: asrostalo ria — Praia h \ sam! eimsongydli — ‘, RI Masa elio SE) Men, o) dea nto rasa brr, Hoy at Y ' MATTLIORT mutati mstitpa —: ») alal 1b. O) 34. 3b. 6. Spiegazione della Tavola XXII [VI]. — Heterotissotia Osiridis n. sp. Frammento di un esemplare veduto di fianco. Coniaciano, — pag. 223 [35]. —. Heterotissotia Osiridis n. sp. Lo stesso frammento veduto dalla regione sifonale. — Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp. Frammento di esemplare veduto di fianco. Coniaciano, — pag. 226 [38]. — Barroisiceras Haberfellneri v. HAuUER sp. var. Desmoulinsi De Gross. Frammento di esemplare giovanile ve- duto di fianco. Coniaciano, — pag. 227 [39]. --- Barroisiceras Haberfellneri v. HAUER sp. var. Desmoulinsi De Gross. Lo stesso frammento giovanile veduto dalla regione sifonale. — Libycoceras Ismaéli ZirreL sp. Esemplare veduto di fianco. Maestrichtiano, — pag. 227 [39]. — Nautilus desertorum ZrteL. Esemplare veduto di fianco e ridotto a 4% della grandezza naturale. Maestrich- tiano, — pag. 229 [41]. — Nautilus desertorum Zirrer. Altro esemplare veduto dall’apertura e ridotto a % della grandezza naturale. Maestrichtiano, -- pag. 229 [41]. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1916. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol XXI, Tav. XXI B. GRECO, una cretacea dell’ Egitto. [ Tav. VI]. E, BERCIGLI PHOT. ELIOT CALZOLAIIAFENKARIU- MILANO nd A D \ Pre. la. — Leopardus arvernensis CR. et JoB. — È i Li pag. 242 [11]. EE TORTI a » lb. — Leopardus arvernensis Cr. et JoB. — Lo stesso visto di fianco. Hate ta: nn ) Za Leopardus arvernensis Cr. et Jo. — Branca sinistra di mandibola di Olivola in Vai # n fianco, — pag. 274 [42]. ) i i >» 20. — Leopardus arvernensis Cr. et Joe. — La Steesa vista di soprat i (IN VAL LR i ; ò » 3a. — Leopardus arvernensis Cr. et Jos. — Frammento di branca i di mandibola L i darno superiore) vista di fianco: — pag. 274 [42]. Li È 3. — Leopardus arvernensis Cr. et Joe. — Lo stesso visto di sona. A OS ; Palaeontographia italica, vol. AXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. XXIII D. DEL CAMPANA, Nuove ricerche sui felini del pliocene italiano. [ Tav. 1]. ELIOT CAL ZULARI 8 FERKAMIO=MILANO AUOT. PH. ti PRE RELA I Spiegazione della Tavo a id - PA Fic. 1. — Leopardus arvernensis Cr. et Jo. — Cranio figurato alla Tav. XXIII DI, fig. pag. 243 [11]. » 2a. — Leopardus arvernensis CR. et Jos. — Branca sinistra di mandibola di Sammezzano nel Valdarno supe vista di fianco, — pag. 274 [42]. dai - s » 25. — Leopardus arvernensis Cr. et Jos. — La stessa vista di sopra. ) 5 maia x » 3a. — Leopardus arvernensis Cr. et JoB. —. Branca destra di mandibola di Santa Maria presso darno superiore, vista di fianco, — pag. 274 [42]. di » 35. — Leopardus arvernensis CR. et Jo. — La stessa vista di sopra. Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, XXI, Tav. XXIV. D. DEL CAMPANA, Nuove ricerche sui felini del pliocene italiano. [ Tav. I]. *LIOI CALZOLARI 4 FERKARIO=MILANO AUCT. PH. Rabitiavee eubatgosg «—— ot, èebbafoet — dI «LO ") slenghiave 4 A 'elboammbvni aubisdoa — È ad A. p Ù% Tre OUT slememavas eulangosg — sof «| NEMO BRIO TOI TONE ; pu NacAla at #01 MD alenaliavan bubinggAI >> \ URL EX Soy divieti sido RA sont l'a: 3a, 3b. Spiegazione della Tavola XXV [III]. Leopardus arvernensis CR. et JoB. Leopardus arvernensis CR. et JoB Leopardus arvernensis Cr.-et JoB Leopardus arvernensis CR. et JoB fianco, — pag. 274 [42]. Leopardus arvernensis Cr. et JoB Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. — Cranio di Olivola in Val di Magra, visto di fianco, — pag. 243 [11]. . — Lo stesso visto di sotto. . — Cranio di Olivola in Val di Magra, visto di fianco, — pag. 243 [11]. . — Branca destra di mandibola di Olivola. in Val di Magra, vista di . — La stessa vista di sopra. PALAEFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XXV. [ Tav, MI ]. D. DEL CAMPANA, Nuove ricerche sui felini del pliocene italiano. *LIOI CALZOLARI 4 FERNAMIO- MILANO È sVieso ù Î MI SPA Tg Odi li Et at da story Î TN f pr È im Lala a lina SR î diri pi | Spiegazione d FOR i) Fic. la. — Leopardus arvernensis CR. et JoB. — Cranio di Olivola in Val È Tag: ) diminuito , visto di fianco, È i — pag. 243 [11]. » 15. — Leopardus arvernensis Cr. et Joe. — Lo stesso visto di sopra. — » Jc. — Leopardus arvernensis CR. et Jos. — Lo stesso visto di sotto. ti f i oa È { se 29 f T CI Palaeontographia italica, vol. XXI, 1915. OI ò RFOZANI PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXI, Tav. XXVI. [ Tav. IV ]. D. DEL GAMPANA, Nuove ricerche sui felini del pliocene italiano. ELIOT CALZOLARI N FERKARIO= MILANO AUCT. PH. Il Vol. XXII (1916) è in corso di stampa. Sa MAIO (SALI (SLINMACIRIA | 3 2044 ii IE I Il 3 9088 01 | | iz >) E D iS = D £ z < z [o] D T E = D I