HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF SOMPAZZNIVE ZOOLOGY 13, bol db ougli Opul 3, NUEE Ù, SUC 1 DoS Ca, Cab elia PALAEONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA DEL PROF. MARIO CANAVARI Museo GroLoGIco DELLA R. UnIveRSITÀ DI Pisa —_— ere AIROLA) rene. PISA STABILIMENTO TIPOGRAFICO SUCC. FF. NISTRI CAV. V. LISCHI E FIGLI PROP. 1191272 C, SIT È TALI Vel sù Da bia / i j VI MCCAMEDURGN AO, ere a eosco: 7 ir (300 MASERA Rae "IE A ARI O ; 2 i Da 0! Ta Ù SENANARI all Aera Innate” Sui n r TO) [O { ci i i DOCET 1 3 INDICE DEL VOLUME XXVIII . Prever P. L. — I corulli oligocenici di Sassello nell’Appennino Ligure. Parte I (continuazione). Coral- lari a calici confluenti (Tav: I-VII [X-XVI]) GorTANI M. — Faune paleozoiche della Sardegna. Parte I. Le Graptoliti di Goni (Tav. VII XIII [E- VI) FrawncescHI D. — Pesci fossili nuovi o poco noti del Terziario italiano (Tav. XIV [1]) GorranI M. — Faune paleozoiche della Sardegna. Parte II. Graptoliti della Sardegna Orientale (Tav. XV-XIX [I-V]) e Fig. 1 intere. I ca ioni su P. L. PREVER I CORALLI OLIGOCENICI DI SASSELLO NELL'APPENNINO LIGURE CONTINUAZIONE PARTE I. Corallari a calici confluenti. \ (Tav. I-VII [X-XVI]) Hydnophyllia Isseli n. f£. — Tav. I [X], fig. 1,2. ? 1857. Meandrina subceircolaris CATULLO T., n. 10, pag. 73, tav. XV, fig. 2. 1915. Hydnophyllia prior (pars) DAINELLI G., n. 22, pag. 274, tav. XXXIII, fig. 1. Il polipaio è massiccio, cespitoso, e sembra talora brevemente peduncolato ; la sua faccia inferiore è ornata di larghe costole irregolari, ramificate, piuttosto avvicinate, flessuose, e finamente granulate. Quel- la superiore è subpiana o leggermente convessa talvolta con delle gibbosità più o meno spiccate. Le valli calicinali sono quanto mai irregolari, ora sono brevissime ed aperte alle due estremità, ora sono chiuse da un lato, oppure da entrambi; sono di mediocre grossezza, si biforcano, si intrecciano, si av- volgono in svariati modi e spesso circoserivono dei calici che chiudono quasi completamente. Causa la loro irregolarità di sviluppo non è cosa facile misurarne 1’ ampiezza, ad ogni modo si può dire che in media essa è di 5 mm., raramente si spinge sino ai sette. La loro profondità è pure un po’ variabile; vi sono dei punti, specie là ove c'è un solo calice o due o tre al più, in cui arriva appena ad 10 2 mm,; in altri punti si spinge fino ai 6, abitualmente è di 4 mm. Le colline ora brevi, ora lunghe, sono molto acute alla loro sommità; spesso sono addirittura taglien- ti, sinuose od involute, per lo più piuttosto alte, molto sottili, con dei muri quasi verticali. La loro sotti- gliezza in alto è tale che la porzione superiore è frequentemente asportata per un’altezza di 1-3 mm. Alla base misurano al massimo mm. 2% di spessore. Negli esemplari in cui esse sono molto involute i calici isolati e le cavità calicinali comprendenti due, tre calici, sono assai frequenti. Il fondo vallivo è un po’ arroton- dato. i I setti sono mediocremente spessi, denticolati al loro orlo superiore, mediocremente numerosi, non sì corrispondono nelle valli contigue e nascondono spesso perfettamente i muri. Sono molto sottili alla loro estremità superiore e un po’ più spessi alla base ; se ne contano da 14 a 20 su di 1 cm., di lunghezza; Palaeontographia italica, vol XXVIII, 1922 1 P. L. PREVER — [50] to spesso si ingrossano alla loro estremità verso il centro della valle, si inflettono, trasformandosi in rag- gi setto-costali, e determinano assai bene i calici. Talora quelli di un lato si saldano per mezzo di tra- biculine a quelli del lato opposto della valle in modo che in fondo a questa si ha l'apparenza di una columella spugnosa. 1 raggi setto-costali, quando vi sono, si mostrano non numerosi, brevi, irregolari, ma ben visibili. Le faccie settali sono riccamente granulate e fornite di sinatticole. Si scorgono pure delle traverse inegualmente sottili, orizzontali od oblique, e subequidistanti. Ho dei dubbi che la Meandrina subcircolaris Car. faccia una cosa sola con questa specie; non ne sono, però, sicuro, e per la descrizione deficiente, e per la scarsa illustrazione. S'intende che se ciò fosse la spe- cie dovrebbe cambiare di nome. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia hyerogliphica n. È. — Tav, I [X], fig. 3. Il polipaio, lungo circa 17 em. e largo 8, si presenta éon forma laminare assai spiccata. La faccia in- feriore è coperta da un’epiteca irregolarmente ornata di strie inegualmente spesse, ravvicinate, dicotome, flessuose. Quella superiore è subpiana, qua e là mostra delle gibbosità o delle infossature non troppo pro- nunziate e d’estensione variabile. Essa è tutta coperta da valli quasi o atfatto superficiali, larghe da cresta a cresta 1 cm., tortuose al massimo grado, come nella Hydn. serpentinordes Cat. La linea mediana delle val- li mostra una fossetta calicinale ben delineata dai setti primari che alla loro estremità libera leggermente si inspessiscono, biforcandosi talvolta ed inflettendosi in modo da svilupparsi in seguito parallelamente al- l’asse vallivo. Così si formano dei raggi setto-costali bene sviluppati, in numero da 2 a 5. La stretta fosset- ta calicinale è occupata da una columella spugnosa ora pochissimo sviluppata e dall’ aspetto perfino lamel- lare, ora ben sviluppata e dall’aspetto nettamente spugnoso e crestiforme alla sommità. Im molti punti i muri delle colline sono visibili, ma in molti altri essi non si scorgono affatto ed i setti passano da una val- le all’altra direttamente. Sono frequenti, lungo il rilievo collinoso, come dei cocuzzoli che si trovano là appunto dove i muri sono visibili. I setti sono mediocremente numerosi, piuttosto sottili e ben sviluppati, sia i primari che i secondari ; que- sti spesso lo sono ben poco meno di quelli : alla sommità si mostrano denticolati e sulle faccie laterali por- tano numerose granulazioni. Talvolta si presentano sub-retti, ma spessissimo sono flessuosi, talvolta spic- catamente arcuati, spesso anche accartocciati in maniera che la superficie del polipaio risulta assai carat- teristica. Quasi sempre è appunto là ove vi sono gli accartocciamenti che si possono scorgere i muri e sor- gono i cocuzzoli collinosi. Le faccie laterali dei setti sono provviste di numerose sinatticole; hanno anche delle traverse, ma queste sono scarse. Per la tendenza che hanno i setti di agcartocciarsi e per il modo per il quale terminano verse la fossetta calicinale sono stato tentato di collocare questa specie fra le Mycetoseris. Ma vi sono caratteri, tra cui quello dei raggi setto-costali, che mi pare non lascino dubitare sul riferimento generico. Sassello (Genova). Hydnophyllia pulchra MICHELOTTI sp. — Tav. I [X], fig. 5. 1871. Hydnophora meandrinoides var. pulchra Siswonpa E. e MicHELOTTI G., n. 107, pag. 68, tav. V, Î. 4. 1889. Hydnophyllia mirabilis RrIs O., n. 93, pag. 138, tav. II, fig. 9, 10. 1889. Hydnophyllia curvicollis (pars) REIS O., n. 93, pag. 136, tav. III, fig. 8. I [51] P. L. PREVER 1894. Hydnophora meandrinoides var. pulchra De ANGELIS G., n. 25, pag. 63. 1897. — affinis (pars) Osasco E., n. 84, pag. 7. i 1897. — minoris (pars) Osasco E., n. 84, pag. 6, tav. I, fig. 2. Come a Reit anche nell’Oligocene ligure gli esemplari si mostrano per lo più in frammenti, talora di- scretamente grossi. Un solo esemplare si può dire completo ed è quello parzialmente figurato da Osasco sotto il nome di Hydn. minoris Osc. La forma generale del corallario è conica con larga base. Esso ha un’altezza che varia da 7 a 9 cm. ed un diametro di 24-28 em. Talvolta si trovano degli esemplari che sem- brano laminari, ma credo si tratti di frammenti marginali di individui ben sviluppati. La faccia inferiore del polipaio è ornata da un complesso di costole larghe da 1 a 3 cm., arrotondate, ramificate verso il mar- gine e ricoperte da uno strato spesso con delle costoline poco rilevate, numerosissime, assai vicine e di spessore ineguale. La faccia superiore è un po’ convessa o è subpiana; alle volte presenta delle gibbosità di varia importanza. Qualche volta gli esemplari sono sviluppati unilateralmente. Le colline che si scor- gono sulla superficie hanno al centro vero del polipaio che, quando questo si sviluppa dissimmetricamente non coincide con quello geometrico, una disposizione confusa. Per lo più esse presentano una notevole variabilità. Verso il centro sono abitualmente più corte e spesso discretamente addossate le une alle altre; verso il margine, invece, abbastanza larghe, quasi sempre arcuate, alle volte soltanto un po’ ondulate e talvolta con delle brusche risvolte. Im certi esemplari si trovano delle colline variabili in lunghezza, libere, con varia orientazione, spesso un po’ contorte, magari con qualche brusco risvolto. Esse lasciano fra di loro delle larghe valli nelle quali si trovano tante piccole colline coniche che hanno un’apparenza stellare evidentissima, causata dai setti di cui sono ricoperte. In qualche esemplare, mentre abbondano dappertutto le colline brevi, larghe da 5 a 10 a 12 mm., sono pure frequenti per ogni dove le colline larghe da 2 a 6 mm. Queste si fanno più frequenti verso il margine ed assumono qualche volta un andamento radiale, conservando frequentemente verso il centro una disposizione confusa. Le nuove colline si formano per sdoppiamento delle vecchie, ma più spesso per inserzione di una nuova fra due vecchie che si rendono divergenti. Non sono molto alte, poichè misurano da 2 a 3 mm., rara- mente 4, sono inoltre acute alla sommità senza essere taglienti. Le valli sono, perciò, poco profonde, mediocremente ampie, non molto larghe, talora assai brevi, spe- cialmente verso il centro, con decorso rettilineo o curvilineo, raramente con dei risvolti e con orientamenti svariatissimi, salvo verso il margine dove assumono quello radiale, che non è mai assoluto. Verso il cen- tro, dove le colline sono brevi o brevissime, le valli non sono facilmente discernibili, i calici si mantengono subdistinti nelle serie per mezzo di raggi setto-costali che sono radi, poco sviluppati, talora mancanti addi- rittura, specialmente verso il margine. I setti sono discretamente numerosi, sottili, ben rilevati ed alle volte ravvicinati. Il loro orlo superiore è fornito di dentellature più robuste verso lo spazio columellare. Essi giungono sino alla sommità delle col- linei cui muri saldati e sottili sono pressochè invisibili. 1 più sviluppati giungono sino al centro della cavi- tà calicinale, dove qualche volta subiscono un rigonfiamento graduale o brusco e dove spesso si flettono. Tra di essi si trovano i secondari, ma specialmente i terziari, che sono meno sviluppati, più sottili 0 mol- to sottili e forti. Quelli di una valle non si corrispondono con quelli della valle adiacente. Su di una lunghez- za di 1 cm. se ne contano da 20 a 30. I raggi setto-costali sono alle volte ben visibili, specialmente là dove predominano le collinette coniche, e le valli sono confuse. In altri punti essi sono sempre -ben rilevati, di ineguale sviluppo, ma sono meno numerosi ; specialmente nelle valli un po’ lunghette ne troviamo fra ca- lice e calice uno solo o due di diverso sviluppo. Le faccie settali sono ornate di piccole granulazioni, é por- tano pure delle sinatticole; però le traverse sembrano più numerose. 4 P. L. PREVER [52] Questa specie ha cambiato nome più d’una volta. MicHELOTTI (n. 107) nel testo la chiama semplicemente maendrinoides ed accenna alla sua variabilità; nella tavola la figura sotto la denominazione di Zydn. mean- drinoides var. pulchra Micart. Dopo ha ricevuto il nome di mirabilis e di curvicollis da KREIS, il quale accen- na alla grande affinità tra queste sue due supposte specie. La 4ydn. minorîs di Osasco non è che questa specie ; ad essa vanno pure ravvicinati parecchi esemplari che questa studiosa ha catalogato come Aydn. affinis Osc. i Sassello, Dego (Torino, Genova). HydnophylIlia crispata DE ANGELIS sp. — Tav. I [X], fig. 4. 1894. Hydnophora crispata DE AnceELIS G., n. 25, pag. 63, tav. II, fig. 13, 14. 1897. = minoris (pars) Osasco E., n. 84, pag. 6 (non tav. I, fig. 2). Il polipaio è massiccio, cespitoso ; superiormente si presenta convesso, talora subpiano con qualche leggera ondulazione o gibbosità. La sua faccia inferiore è coperta da robuste costole, ineguali in grandezza ed inegualmente rilevate, largamente arrotondate e poco alte, ramificate e coperte di costoline assai nu- merose, serrate, sottili. Le valli si sviluppano in tutte le direzioni; talvolta sono mediocremente lunghe, talvolta invece brevi, ma sempre tortuose e con numerose risvolte ampie, o brusche e strette. Sono pro- fonde 3-4 mm., talvolta anche solo 2 ed hanno un fondo piuttosto piatto. La loro larghezza è variabile da 5 a 6 mm., ma può giungere anche ad 8. Le colline si modellano per lo sviluppo sull’andamento delle val- li; esse sono numerose, non molto spesse. subacute alla sommità. Questa qualche volta è percorsa da un pic- colo solco che sta ad indicare la non avvenuta saldatura dei muri contigui. Talvolta esse sono pure brevi, così brevi da ridursi a dei monticelli, i quali però sono rari, lunghi 1-2 em., rettilinei o curvilinei. Però, accade di vedere su qualche esemplare che in un dato punto tali monticelli si fanno assai abbondanti in modo da escludere le colline. ] setti appartengono a tre cicli, talvolta si scorgono pure dei rappresentanti del quarto. Quelli del primo sono mediocremente spessi e, frequenti volte, alla loro estremità libera nella valle, subiscono un rigonfiamen- to il quale fa spesso assumere a tale estremità la forma di un T maiuscolo. Quando ciò avviene in modo spiccato quasi sempre i setti posti da un lato della valle, per un tratto più o meno lungo, sì uniscono per le loro estremità, formando come un lungo raggio setto-costale, il quale determina, con quello formato dirim- petto dai setti dell’altro lato vallivo, un solco columellare spesso molto netto, stretto, quasi sempre vuoto, talora occupato da raggi setto-costali. I setti del secondo cielo sono più sottili, ma sviluppati quasi quanto quelli del primo, e si assottigliano gradatamente verso la loro estremità libera. Tutti hanno il loro orlo supe- riore ornato da denticini irregolari per forma e per distribuzione. Sulle loro faccie laterali sono provvisti di granulazioni numerose e di sinatticole. De ANGELIS accenna a circa 20 setti su di una lunghezza di 5 mm., ma il suo disegno è in contrasto con quanto aîrerma. Su di una lunghezza di 1 cm., ne ho contati da 22 a 28. La Hydn. minoris Osc. va in parte riferita a questa specie, mentre l’altra parte si deve ascrivere alla Hydn. pulchra Micart. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia meaudrinoides MicHELIN sp. — Tav. I [X], fig. 6; Tav. II [XI], fig. 1. 1838. Monticularia Guettardi MicupLortI G., n. 57, pag. 145, tav. V, fig. 6. 1840-48. — meandrinoides MicHELIN H., n. 56, pag. 57, tav. XI, fig. 9. [53] P, L. PREVER 5 1894. Hydnophora meandrinoides DE ANGELIS G., n. 25, pag. 62. 1902. — contorta Osasco E., n. 85, pag. 110, tav. I, fig. 12. 1915. — Marinelli (pars) DarnELLI G., n. 22, pag. 272, tav. XXXI, fig. 5, 6; tav. XXXIII, fig. 10. Questa specie è piuttosto scarsa nel giacimento appenninico, e mi sembra sia anche più scarsa altrove. Ad ogni modo ho a mia disposizione una diecina di esemplari, quasi sempre, però, piccoli ed incompleti per giunta. Essi hanno costantemente la forma cespitosa. Inferiormente la faccia non è sempre ben visibile, tuttavia. essa sembra abbia delle rughe di ineguale grandezza sparse irregolarmente, talora con un accen- no ad una disposizione anulare. Vi si scorge pure un leggero accenno a delle costole larghe, pochissimo ri- levate, irradiantesi dal centro all’orlo. Esse sono ricoperte da una pseudoepiteca ornata da numerose costo- line robuste, ben rilevate, non molto serrate, con delle ramificazioni che spesso si uniscono alle costoline vicine. Il corallario è poco elevato, talora è sottile in modo da assumere una forma sublaminare. La faccia superiore è piana o con lievi gibbosità, talora con delle lievi ondulazioni. Le colline sono generalmente bre- vi; quando sono un po’ lunghe hanno un decorso a zig-zag spiccato, ed hanno un’altezza assai variabile da punto a punto. Ve ne sono numerose, brevi edisolate, poste una vicina all’altra, tutte acute alla sommità ove spesso lasciano vedere i muri che appaiono sottili ed intimamente saldati. L'altezza di esse è di 2 a 5 mm., per lo più oscilla fra 3-4 mm. La loro base è larga 6-7 mm. Quasi dappertutto sono sviluppate e verticali, però, in un esemplare alquanto irregolare, esse si innalzano un po’ oblique. Le valli, a fondo acuto, sono per lo più brevissime, disposte confusamente in svariate direzioni; quelle un po’ lunghe sono spiccatamente a zig- zag e mostrano improvvisi mutamenti di larghezza. 1 setti non sono molto numerosi, e neppure molto spessi; alle volte sono sottili, sempre ben rile- vati; talora si mostrano anche ondulati con accenni, in qualche esemplare, persino a delle arricciature. Es- si hanno al loro orlo superiore delle denticolature piuttosto robuste. non molto numerose. Quasi sempre quelli di una valle si corrispondono con quelli della valle attigua. I primari, giungendo al fondo della valle, spesso si flettono e si sviluppano lungo questa formando dei raggi setto-costali mai molto numerosi, ma ben netti e robusti. Si contano da 13 a 19 setti su di una lunghezza di 1 em. I più giovani sono molto brevi e molto sottili, talvolta non si vedono neppure. Le faccie settali sono ornate di piccole granulazioni e di sinat- ticole ; le traverse non sono molto abbondanti. La figura di MicHELOTTI lascia molto a desiderare, ma ci si può fidare di quella di MionELIN il quale ha avuto in esame gli esemplari di MicHELOTTI; uno di essi, appartenente al Museo di Torino, s'avvicina mol- tissimo al disegno dello studioso francese. Il nome dato da MicHELOTTI non si può però conservare, per- chè già impiegato avanti da LAMmARCK per un’ Astrea. Osasco ha notato la rassomiglianza della sua Hydn. contoria con la Hydn. meandrinoides Micn., ma non ha creduto che fosse la medesima cosa, perchè i monti- celli sono più numerosi ed i setti più sporgenti e più sottili. Eftettivamente vi è qualche differenza fra la sua figura e quella di MicHELIN, ma bisogna ricordare che questa è un disegno ; malgrado ciò, se sì esamina bene, si scorgono monticelli e setti anche su questa figura, che hanno le caratteristiche dell'esemplare figurato da Osasco. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia longicollis Reuss sp. — Tav. Il [X1}, fig. 2. 1864. Hydnophora longicollis Reuss A. E., n. 95, pag. 19, tav. IV, fig. 2, 4. 1868. Hydophora longicollis D’AcHIARDI A., n. 19, pag. 27. 6 P. L. PREVER [54] 1889. Hydnophyllia curvicollis (pars) Reis O.,. n. 93, pag. 136, tav. III, fig. 5, 6, 7. 1889. Hydnophyllia limitata Reis O., n. 93, tav. III, fig. 4. 1901. —. prior OPPENHEIM P., n. 77, pag. 173, tav. XII, fig. 6. 1902. Ulophyllia distinta Osasco E., n. 85, pag. 109, tav. VIII, fig. 11. Il corallario è di forma cespitosa, misura 14 cm. circa di larghezza per 18 di lunghezza, ed è alto al mas- simo 6 cm.; verso l’orlo si assottiglia notevolmente. La faccia inferiore è ornata di rughe concentriche, irre- golari nello sviluppo e nella distribuzione, e di costole radiali larghe, ramose, di sviluppo pure irregolare e ri- coperte di costoline non molto spesse, talora sottili, piuttosto ravvicinate, granulari. La faccia superiore è leg- germente convessa e presenta delle piccole protuberanze. Le numerose colline alte 2-3 mm. hanno un decor- so rettilineo od ondulato ; spesso mostrano anche dei risvolti e delle diramazioni ; esse sono acute alla sommi- tà dove spesso si scorgono isottili muri contigui delle serie calicinali saldati intimamente. Qualche volta essi non sono saldati, la sommità della collina è arrotondata e lascia vedere un solco strettissimo fra i due muri posti vicinissimi. Le valli, con fondo acuto, spesso subacuto, possono giungere sino alla lunghezza di 10 cm. ; talora si sdoppiano e sono quasi sempre flessuose o tortuose, con risvolti ampi od improvvisi, ma sempre arrotondati. Verso il centro esse e le colline sono più tortuose; verso la periferia, invece, diventano più rettilinee e le prime si fanno più strette. La distanza fra gli assi di due valli contigue varia fra 6 ed 8 mm. I calici posti in seriè in esse sono assai distinti l’uno dall’altro, specialmente per la presenza dei raggi setto-costali e per la direzione dei setti. Questi sono mediocremente numerosi ed, alle volte, ramificati verso il fondo della valle ; si mostrano con decorso rettilineo, ma spesso sono ondulati, non molto spessi, ma di spes- sore alquanto variabile, ed hanno l’orlo superiore grossolanamente dentellato. I primari sono i più svilup- pati; spesso si inflettono verso il fondo vallivo, nel qual caso molte volte si prolungano in senso longitudinale, trasformandosi in raggi setto-costali. Quelli secondari sono quasi sempre assai bene sviluppati e giungono talvolta ad inflettersi debolmente quando arrivano in fondo alla valle; quelli terziari non vi giungono più, ma si arrestano a metà percorso, talvolta anche prima. Su di una lunghezza di 1 cm. se ne contano da 16 a 22. I raggi setto-costali sono ben sviluppati, ravvicinati, affiancati in numero da tre, a cinque, a sette; tal- volta si biforcano o si anastomizzano e si mostrano abbastanza irregolari. Fra i setti si trovano delle sinat- ticole in discreta abbondanza ; pure abbondanti sono le traverse. Non credo che la Hydn. curvicollis ReIS costituisca una buona specie. Anche da quanto serive RESIS, oltre che dalle figure che dà dei suoi esemplari, che dice molto variabili, ciò che afterma pure verificarsi per quel- li di Castelgomberto, si può dedurre che questa sua specie sia una cosa sola con la Hydn. longicollis ReUSS. Però la fig. 8 della tav. III non rappresenta certamente quest’ultima specie, ma va ascritta alla Yydn. pul- chra MicHt. Nella Hydn. longicollis Reuss i dossi collinosi isolati sono rarissimi ; tale carattere e la stessa disposizione di essi, nonchè i loro rapporti con le colline sono proprie della Hydn. pulchra Micar.; basta, del resto, confrontare tale figura con la 9 e la 10 della medesima tavola. Sassello (Genova). ‘ Hydnophyllia cerebriformis Reuss sp. — Tav. II [XI], fig. 3. 1864. Coeloria ? cerebriformis Reuss A. E., n. 95, pag. 19, tav. IX, fig. 7, 8. 1878. Symphyllia microlopha QuenstEDT F. A., n. 91, pag. 1909, tav. CLXXXII, fig. 42. I due esemplari che ho sott'occhio non sono in buone condizioni di conservazione, perciò, poco posso aggiungere alla descrizione di Reuss. Essi sono piccoli, emisferici, ricordano una coppa rovesciata, che non [55] P. L. PREVER 7 è ben visibile per la presenza di ripiegature della lamina, qui abbastanza spiccate ‘ed analoghe a quelle che con tanta frequenza si trovano in Mycetoseris ed anche in talune Hydnophyllia. Sembra che sulla faccia infe- riore vi siano delle larghe costole piatte, ramificate, ornate di numerose costoline sottili, abbastanza ravvi- cinate. La faccia superiore mostra delle colline subarrotondate od arrotondate, alte 2-3 mm., tortuose od involute fra le quali si scorgono i calici confluenti distinti meno bene che in altre specie riferibili a questo genere ; non mancano dei calici quasi isolati. I setti sono ravvicinati, piuttosto spessi, ma di spessore molto irregolare ; non si mostrano molto numerosi ed hanno l'orlo superiore fortemente ed inegualmente dentato. I raggi setto-costali sono poco sviluppati. È Secondo Kranz (n. 51) la Diploria intermedia di MicHELOTTI (n. 107) è eguale alla Coel. cerebriformis Reuss; quest’asserzione, però non regge all’esame anche solo delle figure delle due specie ; indiscutibilmente la forma di MicHELOTTI va confrontata con altre forme. Sassello (Genova). i Hydnophyllia multisepta Osasco sp. — Tav. II [X]], fig. 4. 1871. Hydnophora meandrinoîdes (pars) MicarLoTTI G. e Siswonpa E., n. 107, pag. 68, tav. V, fis. 1. 1897. — — var. multisepta Osasco E., n. 84, pag. 8. È questa la specie che MicteLoTTI ha chiamato meandrinoides M. E. et H., e che afferma essere assai va- riabile, afiermazione tanto più vera nel suo caso in quanto che egli comprendeva in una due specie. Il poli- paio è massiccio, cespitoso, la sua faccia inferiore è più o meno conica, costulata, con delle costoline irrego- lari, triangolari, robuste ed anche arrotondate, discretamente accostate, inegualmente spesse, ricoperte da una pseudo epiteca (formazione estraepitecale) formata di costoline inegualmente spesse, ravvicinate, ben rile- vate, Îlessuose e con delle ramificazioni. La faccia superiore è subpiana ; le valli sono brevi, ondulate, o tor- tuose ed a fondo- acuto. Esse arrivano ad una profondità di 6-7 mm., talora anche ad una di 9, difficilmente scendono al disotto di 6. La loro ampiezza è di mm. 10, qualche volta si spinge a 12-14 mm. o scende ad 8. Le colline sono corte, difficilmente rettilinee o soltanto arcuate ; per lo più sono tortuose ; in complesso so- no rare. Vi sono, invece, numerosi monticelli ellittici, lunghi 14-16 mm., spesso anche meno. Talvolta essi so- no assai piccoli, conici e meno alti delle colline. Queste e quelli hanno una cresta piuttosto acuta, il loro spessore è discreto. Vi sono degli esemplari in cui le colline sono rarissime e non si scorgono che dei mon- ticelli di forma e di grandezza differente. Spesso verso l’orlo le colline od i monticelli si innalzano con dire- zione più o meno obliqua. f I setti sono mediocremente numerosi, se ne contano da 16 a 20 su di un cm. di lunghezza, sono molto spessi, però il loro spessore è dappertutto uniforme, specialmente per i setti del primo cielo. Spesso si mostra- no subretti, sono anche discretamente rilevati e non nascondono i muri, sottili ed intimamente saldati, del- le serie calicinali contigue. Talvolta si flettono e si allungano in fondo alla valle nella direzione di questa, formando dei raggi setto-costali ben rilevati, robusti, più o meno lunghi, riuniti a due, a tre, quasi sempre uno più sviluppato degli altri. Le faccie settali appaiono granulate e portano delle sinatticole e delle tra- verse non molto spesse, arcuate, inequidistanti. Un esemplare della collezione Sismonpa, conservato nel Museo geologico di Torino, porta l’indicazione di Hydn. meandrinoides, ed è quello figurato da MicHeLoTTI nel lavoro sopracitato di Siswonpa. Esso fu da Osasco riferito ad una varietà (multisepta) della stessa ‘specie di Hydnophora, mentre, invece, costituisce una buona specie a sè da riferirsi ad Aydnophylla. Sassello, Dego (Torino, Genova). 8. P. L. PREVER [56] Hydnophyllia valleculosa GiùMBEL sp. — Tav. Il [X{], fig. 5, 6- 21861. Hydnophyllia valleculosa GumBeL W. C., n. 43, S. n. 15. Polypi. 1889. — valleculosa ReIS O., n. 93, ‘pag. 39, tav. II, fig. 9-12. 1889. — Bellardii Reis O., n. 93, pag. 140, tav. III, fig. 11-14. 1914. — valleculosa KrRANZ W., n. 51, pag. 306. 1915. Leptoria italica DAINELLI G., n. 22, pag. 269, tav. XXXXI, fig. 1-3. 1915. — cristata DAINELLI G., n. 22, pag. 270, tav. XXXVI, fig. 2. Il corallario, di forma cespitosa o sublaminare, è basso e largo. Gli esemplari, quasi sempre assai incom- pleti, hanno uno spessore che varia da 2 a ? cm. al centro e da 4 a 4% verso il margine. Di tutte le specie è forse la più largamente rappresentata. La faccia inferiore si presenta con due aspetti difterenti ; spesso essa appare percorsa dal centro verso l’orlo da costole largamente arrotondate, ben distinte, di sviluppo ine- guale, ricoperta da un rivestimento con delle numerose strie, fitte, biforcantisi il più delle volte. Talora la faccia è rugosa non soltanto per le costole, ma anche per dei rilievi anulari di ineguale grandezza, ora nemmeno completi, ora più spiccati, ora meno, ed inequidistanti. Spesso la formazione extraepitecale con le sue costoli- ne manca, ed allora le colline e le serie calicinali, che sono sulla faccia superiore, si vedono bene anche su di quella inferiore, per quanto un po’ meno nette e con un aspetto radiale più spiccato ed assai più frequente. La faccia superiore, negli esemplari tipici, è piana od un po’ ondulata, con delle gibbosità; in parecchi esem- plari è sensibilmente convessa. Le colline sono numerose e ben sviluppate ; esse più che in qualunque altra specie di Zydnophylia hanno la tendenza a disporsi radialmente dal centro alla circonferenza, dove spesso ornano l’orlo del corallario e passano sulla faccia inferiore. Talora sono così diritte che attraversano da un orlo all’altro la faccia del corallario senza modificare per nulla la loro direzione. Frequentemente sono un po’ ondulate, talvolta, anzi, mostrano delle diramazioni con dei rapidi e brevi accartocciamenti che formano come dei punti interrogativi. Ma ciò non le interrompe nel loro sviluppo, e mentre una diramazione si svolge e si ripiega, la collina principale continua il suo andamento radiale. Anche in altre specie questa ten- denza delle colline ad accartocciarsi è evidente, talora più evidente che in questa, e più abbondante, ma non così brusca e di così breve sviluppo, e, quindi, così caratteristica. Al centro l’aspetto radiale può anche fare difetto; allora le colline sono un po’ involute, in modo da determinare delle cavità calicinali ad uno, due, tre calici, talvolta chiuse completamente, per lo più ancora un po’ aperte. Ma quasi subito la tendenza radiale ripiglia ii sopravvento ed esse ritornano rettilinee. Talvolta la flessuosità delle colline centrali non accenna a diminuire in nessun posto della superficie, ed allora esse, per quanto possano giungere alla lunghez- za di 3-4-5 cm., oftrono un aspetto meandriforme con delle valli tortuose con tratti rettilinei talora normali, talora paralleli all'orlo del corallario o un po’ involute. In questo caso dagli esemplari tipici si fa passaggio ad altri che ricordano Hydn. Bellardii M. E. e ad altri ancora che rammentano un po’ la Hydn. eocenica Reuss. Ho detto che le colline sono numerose e infatti, esse sono vicine tra di loro più che in ogni altra specie del genere, ciò che costituisce pure un buon carattere specifico, per quanto la loro distanza sia, come al solito, un pò variabile. Negli esemplari tipici essa è di 4-5 mm. da cresta a cresta ; la medesima distanza si trova pure negli e- semplari a colline meandriformi : negli altri oscilla fra 5-6 mm. L'altezza delle colline è di mm. 14-15: esse sono per lo più acute alla sommità. I muri sono assai sottili e nascosti o quasi dai setti, che non si corri- spondono, ma che giungono a toccarsi sulle sommità collinari. In qualche esemplare le colline sono come appiat- [57] P. L. PREVER 9 tite alla sommità, perchè i muri sono un po’ più spessi o leggermente scostati. In questo caso si nota la pre- senza di un leggero solco attraversato da coste che si scorgono poco. Talvolta le colline sono più alte, talal- tra più spesse e più arrotondate alla sommità e costituiscono il carattere più variabile dalla specie. Le val- li sono mediocremente profonde, talora poco ; sono piuttosto strette ed a fondo acuto, abitualmente un po’ arrotondate. Riguardo al loro sviluppo, lunghezza, apparenza, mi richiamo a quanto ho detto per le colline. I setti sono discretamente numerosi, piuttosto ravvicinati; alternativamente più lunghi e più spessi, e più corti e più sottili; verso lo spazio columellare hanno quasi sempre un rigonfiamento frequentemente assai marcato in quelli più lunghi, che spesso si incurvano e si prolungano in un senso o nell’altro della valle, formando dei raggi setto-costali e delimitando abbastanza nettamente i calici confluenti. Di questi raggi setto- | costali ne esiste talvolta uno solo, oppure sono in numero di due o di tre. Talvolta appaiono spezzettati e si scorgono come delle granulazioni strette ed allungate che simulano la presenza di una columella, la qua- le esiste in realtà allo stato rudimentale ed, a tratti, è visibile. Sulle faccie settali vi sono delle granulazioni non troppo numerose ; vi sono pure delle sinatticole, anch'esse scarse e delle traverse molto numerose, robu- ste, oblique. Su di una lunghezza di 1 cm., si contano da 14 a 20 setti. Kranz, che dopo Reis ha esaminato i campioni di Reit, osserva (n. 51, pag. 307) che gli esemplari attribui- ti da Reis alla Hydn. Bellardii M. E. et H. sono da ascriversi alla Zydn. valleculosa GimgeL. Difatti, un esame accurato anche delle sole sue figure convince che l'osservazione di KRANZ è esatta, e spiega certe anomalie della descrizione di Reis. La Hydn. Bellardiù M. E. et H. ha le valli più larghe ed un altro aspetto alla som- mità delle colline. Gli esemplari tipici del bacino oligocenico appenninico rassomigliano perfettamente alla fig. 11 della tav. II di Re:s, gli altri ricordano ora una, ora l’altra delle figure 9, 10, 12 della medesima tavola e 11, 12, 13 della tavola III sempre del medesimo lavoro, e riferiti alla Hydn. Bellardiù M. E. et H. Oltre a questi esempla- ri ve n'è qualcuno che ha le valli brevissime, racchiudenti solo due o tre calici, in modo da non risul- tarne un orientamento nè di esse, nè delle colline, ma piuttosto un aspetto meandriforme. Ciò, si vede anche delle figure 12, 13 della tav. III su ricordata (Reis, n. 93), ma forse nei miei esempleri è anche più spic- cato. Questo, secondo me, potrebbe costituire l’accenno di un passaggio alla 4ydn. pulchra MicHt. In qualche esemplare le colline sì fanno relativamente distanti, ma ciò accade di rado ed appunto nei campioni accen- nanti al passaggio su ricordato. In qualcun altro le colline sembrano più alte, e sono certamente più sottili, in modo che le valli compaiono più profonde e più ampie. La specie, insomma, ha una certa variabilità che è forse più spiccata di quanto si supponesse, ma, che in limiti più o meno ampi, è pure presente in tutte le altre riferibili a questo’genere Le due Leplorie figurate da DAINELLI, e che io colloco in questa spacie, hanno come unica differenza il numero dei setti, e la presenza di una columella lamellare. Del primo carattere non so che dire: nei miei esemplari io ne ho contati di meno sopra di una eguale lunghezza ; del secondo, dato come DaineLLI rappresenta la columella, dubito che si tratti di raggi setto-costali. La rassomiglianza per il resto è perfetta in tutto, e ricorda, oltre che numerosi esempiari appenninici, quello figurato da Reis a tav. II, fig. 11, in modo perfetto. Aggiungerò che l'andamento delle valli e delle colline è proprio del ge- nere Hydnophyllia e non di Leptoria. Hydnophyllia dimorpha Reuss sp. — Tav. II [XI), fig. 7; Tav. II [XII], fig. 1. 1868. Latimaeandra dimorpha Reuss A. E., n. 99, pag. 150, tav. VI, fig. 5. L'unico esemplare che ho è di modeste dimensioni e per giunta incompleto, ma fortunatamente ben conservato. Come osserva REUSS questa specie assomiglia parecchio alla Favia pulcherrima Micat. Esso è bas- Palasontographia italica. vol XXVIII, 1922 2 10 P. L. PREVER 3 [58] so, laminare, la sua faccia inferiore sembra coperta da una specie di epiteca debolmente striata. La faccia su- periore è subpiana, ondulata, alle volte gibbosa. I calici, di forma irregolare, subpoligonali, ellittici, con delle strozzature più o meno evidenti, sono di varia grandezza e trequentemente isolati o quasi. Vi sono pure delle vallette calicinali lunghe due o tre cm., con un andamento rettilineo, e comprendenti da due a tre, a quattro calici al più, i quali sono quasi sempre ben distinti per la presenza di raggi setto- costali che li separano un poco. | crlici sono profondi da 2 a 3 mm. e sono a fondo acuto, come le vallette cali- cinali. I muri contigui di queste, come anche dei calici, non sono che raramente saldati, quasi sempre sono se- parati da un solco largo 4-16 mm. ben marcato. I setti sono discretamente numerosi, subregolari, non molto spessi, denticolati al loro estremo superiore. I pri- mari, e spesso anche i secondari, si ingrossano alla loro estremità libera in fondo alla cavità calicinale e qual- che volta si uniscono fra di loro, simulando un rudimento di columella. Nei calici isolati se ne contano da 40 a 45. nelle vallette da 20 a 22 su di una lunghezza di 1 cm. In queste si scorgono dei setti primari che si flet- tono e formano dei raggi setto-costali robusti. in nuniero da due a tre assieme. Le faccie settali sono ornate da numerose sinatticole e da traverse quasi orizzontali, sottili. Dalla Fav. pulecherrina Mica. si distingue, oltre che per parecchi caratteri generici, per i raggi setto-co- stali e per la tendenza che ha la lamina di ripiegarsi su di sè stessa, ed anche per le minore profondità e mi- nore grandezza dei calici. Assai facilmente si distingue dalla 4ydn. "imitata Reuss, per la forma e la mi- nore grandezza dei calici, oltre che per la costante presenza del soleo intermurale. Hydnophyllia Bellardii Mirne Epwarps et HArmE — Tav. III [XII], fig. 6-8. 1838. Meandrina filograna MicarLoTtTI G., n. 57, pag. 157. 1842. — phrygia MicHeLIiN H., n. 56, pag. 55, tav. XI, fig. 5 (non Meandr. phrygia LAMARCK). 1842. _ vetusta MicHELIN H., n. 56, pag. 56, tav. XI, fig. 8. 1849. — Bellardii Milxe Epwarps et J. HaIme, n. 63, pag. 283. 1857. — Bellardiù Milne EpwaARDS., n. 66, vol. II, pag. 392. non 1889. HydnophyMWlia Bellardii Reis O., n. 93, pag. 140, tav. III, fig. 11-14. Gli esemplari hanno delle dimensioni variabilissime ; se ne trovano di completi, aventi una forma ellittica o quasi, con una lunghezza di 10-12 cm. per una larghezza di 8-9 cm., mentre ve ne sono che giungono ad un diametro di 22-25 cm. Essi assumono una forma fungiforme talvolta spiccata, e, poichè al margine le colline e le valli calicinali spesso passano sulla faccia interiore, l’orlo è rivoltato o tende a rivoltarsi in basso. Talora la forma è cespitosa, qualche volta è laminare e gli esempleri si mostranoin lamine dello spessore di 15- 45 mm. La faccia inferiore è ornata di nervature piuttosto grosse ed arrotondate, nodulose, biforcantisi spe- cialmente verso l’orlo. Esse e gli intervalli sono coperti di uno strato tutto costituito da costoline ben decise, serrate, discontinue, ramificantisi. Spesso mancano, specialmente nelle forme laminari o cespitose, le ner- vature e lo strato a costoline che le ricopre; oppure c’è solamente questo qua e là, e sotto di lui, e, dove non c'è, si vedono le colline e le valli, come sulla faccia superiore. Questa è talora quasi piana, ma più spesso convessa ed un po’ ondulata per via di qualche gibbosità. Le colline, numerose e ben sviluppate, ricordano alle volte un pochino la disposizione di quelle della 7ydn. eoceniea Reuss. Presso il centro del corallario — che qui, a differenza degli esemplari della su citata specie, sembra sia sempre egualmente sviluppato in tutte le direzioni e non unilateralmente — esse hanno una disposizione confusa, e sono molto involute, in modo da apparire assai spesso spiccatamente meandriformi. In seguito, x pur conservando ancora una certa ondulazione, che in qualche punto è spiccata e si cambia in involuzione, [59] P. L. PREVER 11 essesi distendono e diventano più o meno nettamente radianti sino all’orlo dell’individuo. Talvolta, anche fuori del centro, verso l’orlo o sino'ad esso, permane il tipo ondulato e manca affatto o quasi il tipo col- linoso radiante. Le colline non sono molto alte, oscillano fra mm. 1-2; l’altezza che più comunemente si ri- scontra è di mm. 1 16. Si trovano anche delle colline alte mm. 2 45; ma sono rare. Im nessun caso ho potu- to misurarne di alte 3 mm., altezza a cui dice che giungono MiLne EDpwarps. La sommità loro può presentar- si sotto due aspetti; spesso i muri di due valli contigue, che concorrono a formare una collina, sono sotti- lissimi e si saldano e scompaiono addirittura sotto i setti :.on corrispondentisi delle due valli. Spesso il muro si vede, per quanto assai poco: in questo caso la sommità è acuta, spesso idue muri sono distanti fra di loro 44mm. 0 poco più, e sono uniti da coste, in modo da determinare dei piccoli vani tra queste. Le nuo- ve colline si formano spesso per sdoppiamento delle vecchie, ma più frequentemente per l'inserzione di una nuova nel mezzo di una valle che si allarga. Le valli sono larghe da 5 a 7 mm., la loro profondità è poca, raggiungendo abitualmente solo mm. 2 4%. Esse sono a fondo piatto, corte e molto sinuose, specialmente aleentro, ondulate in moltissimi casì e radianti andando verso l’orlo del polipaio. Qualche volta subiscono dei bruschi risvolti; talora sono brevi. e con delle strozzature sensibili in modo da formare dei tratti di valli con solo due o tre calici, i quali sembrano chiusi. La larghezza normale nei piccoli esemplari è di 45 cm.; nei grandi persistono talora tali lunghezze, ma spesso si trovano delle valli di 7-9 em. Il tipo prevalente è quelo con valli non più lunghe di 5-6 cm. I setti sono discretamente numerosi, poco spessi, talora con una forma spiccatamente triangolare e sottile all'estremità verso l’asse calicinale ; essi sono pure alternativamente più grandi e sono mediocremente serrati. Spessissimo i più lunghi hanno un rigonfiamento all’estremità, verso lo spazio columellare ; per mezzo di traverse si uniscono tra di loro e con quelli di fronte e con la columella rudimentale che allo- ra apparentemente sembra bene sviluppata. Non mancano i setti che conservano pressochè inalterato il loro spessore, salvo che verso il fondo delle valli: spesso sono anche diritti, ma ben spesse sono incurvati, e la curvatura si accentua presso lo spazio columellare, ove essi qualche volta si prolungano parallelamen- te alle colline sotto forma di setti costali che delimitano i diversi calici confluenti. Im questa specie i raggi setto-costali non sono molto numerosi. Sono più spiccati gli ingrossamenti alle estremità settali e le unioni dei setti vicini ed opposti per mezzo di traverse in maniera da fare apparire al centro della valle una colu- mella spugnosa qua e là ben sviluppata. Su di una lunghezza di 1 cm. se ne contano da 15 a 18. Essi giun- gono sino sui muri che in tutto od in parte nascondono. Il loro orlo superiore è irregolarmente dentato quando termina con un ingrossamento presso la culumella; tale ingrossamento costituisce quasi sempre un dente assai notevole. Sulle faccie laterali si trovano numerose granulazioni, piccole, e delle sipatticole: fra di essi si trovano anche delle numerose traverse mediocremente spesse. i fi Questa specie e la 7ydn. valleculosa GiùmB. sono le più comuni nel bacino oligocenico ligure, specialmente a Sassello. MicHeLIN cita come località di provenienza, sia per la Meandr. phrygia come perla velusta, Ri- valba. Come per altri casi ciò costituisce un errore in cui sistematicamente è caduto 1’ autore francese, e, talvolta, anche MicHELOoTTI (Spec. n. 57, vedi Meandr. labyrinthica). Ripeto che a Rivalba, e non a Ri- valta, come scrive MicHELOTTI, presso Gassino, nelle marne e nei conglomerati langhiani, non si trovano per lo più che scarsissimi corallari isolati, e non furono mai trovate le specie che vengono citate per questa località. Esiste pure presso a Torino un Rivalta, ma è in pianura, addossato alle colline moreni- che riferibili al rissiano. A meno che non si tratti di Rivalta Bormida, che si trova vicino alle località oligoceniche appenniniche ; ma non so di corallari trovati in questa località. Ù MiLne Epwarps et Harme collocano in sinonimia della Meandr. Bellardii la Meandr. labyrinthica Mica. Ciò non può essere; la specie michelottiana va riferita alla Hydn. profunda Mican. La Meandr. filograna di 12 P. L. PREVER [60] MicHELOTTI non corrisponde, anche per affermazione di MicHeLIN, alle figure a cui egli si riferisce nella sua sinonimia, perciò, l’autore francese, che ebbe in mano gli esemplari del paleontologo piemontese, tro- vando che essi rappresentavano un’altra specie, mutò il nome. Anch’egli, però, riferì gli esemplari piemon- tesi ad una specie che non era ancora la esatta: furono MILNE EpwaARDS e HAIME che riconobbero trattar- si di una specie nuova. Con un punto interrogativo questi ultimi autori collocarono in sinonimia della specie la Meandr. vetusta di MicuELIN; essi avevano ragione ed il punto interrogativo non deve sussistere. Il Museo geologico di Torino possiede l’esemplare (che è di Sassello e non di Rivalba o di Rivalta) che ha avuto in mano e figurato MicHELIN e si vede benissimo, da certi punti un po’ meglio conservati del rima- nente, come esso debba essere riferito alla Hydn. Belardi M. E. et H. Reis ascrive parecchi esemplari di Reit a questa specie, ma KRanz, che ebbe dopo ni lui in mano i medesimi esemplari, afferma che essi si debbono riferire ad YydAn. valleculosa GimB. Basta esaminare con un po’ d’attenzione le figure di Reis e confrontarle con le figure di MrcHteLIN per convincersi che così è pre- cisamente. Sassello, Carcare, Cassinelle, Lerma (Torino, Genova). Hydnophyllia Dalpiazi n. f. — Tav. INI [XII], fig. 4, 5 Il corallario sì presenta con forma massiccia, cespitosa o laminare: è lungo circa 25 em., largo 15-18. La faccia inferiore non ho potuto esaminarla bene, tuttavia, mi sembra non sia ricoperta da quella sorta di epiteca che frequentemente si incontra in altre specie. Verso il margine il corallario presenta delle ri- piegature della lamina qualche volta assai pronunciate. La faccia superiore è leggermente e largamente con- vessa con molte ondulazioni irregolari, causate da numerose gibbosità. 1 calici isolati sono poco numerosi; vi sono per lo più delle valli calicinali larghe da 3 a 4 mm. e lunghe da 3 sino ad 8 cm. Esse sono chiuse alle due estremità e mostrano qualche restringimento più o meno pronunciato lungo il loro percorso. Hanno uno sviluppo alle volte rettilineo o largamente incurvato, mai si presentano con dei risvolti. I calici sono quasi superficiali, misurando da mm. 1 a 1 46 di profondità, e sono d’abitudine ben distinti anche nelle valli calicinali per via dei raggi setto-costali. Le valli ed i calici isolati contigui non sono uniti per i muri; come nella Hydn. dimorpha Reuss si scorge un solco intermurale netto, largo poco meno di 4 mm., il quale può anche scomparire quasi completamente. I muri non si vedono, perchè nascosti dai setti. Le colline so- no pochissimo elevate. I setti sono mediocremente numerosi, leggermente più spessi, ma meno lunghi che nella Hydn. dimorpha Reuss; sono talvolta di eguale spessore per tutto il loro percorso, oppure sono nettamente triangolari. I primari frequentemente si ingrossano quando giungono presso alla cavità calicinale e, per mezzo di tra- biculine, si anastomizzano con quelli opposti, dando origine ad una specie di columella spugnosa e pa- pillosa. Essi sono in numero di 18-20 su di 1 cm. di lunghezza. Superiormente sono un pochino dentico- lati, verso la cavità columellare i primari spesso si inflettono, continuando poi a crescere in modo da for- mare dei raggi setto-costali poco viluppati in lunghezza, ma robusti. Le faccie settali sono riccamente granulate e portano numerose sinatticole e delle traverse non molto abbondanti, subequidistanti, orizzontali. Per la prevalenza, la maggiore lunghezza e minore profondità delle valli si distingue facilmente dalla Hydn. dimorpha Reuss. Sassello (Genova). ]61] P., L. PREVER 13 Hydnophyllia intermedia MicHELOTTI sp. — Tav. II [XII], fig. 2, 3. 1871. Diploria intermedia Siswonpa E. e. MicneLorTI G., n. 107, pag. 70, tav. VI, fig. 1. Corallario di piccole e medie dimensioni, cespitoso o lamellare, alto 5 mm. verso l’orlo e circa 24 verso il centro. La faccia inferiore è ornata di costole irregolari nello sviluppo, ramificate, larghe, non molto spesse, ravvicinate, granulose. Essa mostra pure delle irregolari costole concentriche più o meno accentuate. La faccia superiore è pianeggiante, spesso lievemente ondulata o con qualche lieve gibbosità. Le colline sono alte al massimo 2 mm., talvolta sono arrotondate alla sommità, nel qual caso a malapena o punto si scorge il solco intermurale caratteristico della specie. Prevalentemente esse sono piatte e allogano um :olco intermu- rale più o meno largo, orlato lateralmente dai setti sopraelevati sui muri. Quasi sempre sono ondulate, tal- volta mostrano dei risvolti, magari anche delle diramazioni, nascenti quasi sempre all’origine di essi. Le valli brevi, tortuose, con delle biforcazioni, sono profonde, hanno delle pareti ripide,e sono larghe, da cresta a cre- sta, 3-5 mm. Il fondo loro per lo più è piatto. I calici che vi si allineano non sono molto distinti, perchè i setti si flettono raramente e debolmente, in modo che sono assai rari i raggi setto-costali. Neppure\sono molto frequenti i calici completamente isolati o quasi. Dei setti sono presenti quelli dei due primi cicli, scarsi quelli del terzo : essi sono medioeremente spessi, hanno una sezione triangolare assai netta, non sono troppo serrati. I primari talvolta si flettono leggermente in fondo alle valli, sviluppandosi un po’ nel senso di queste. Su di una lunghezza di 1 cm. se ne contano circa 15. Le faccie settali portano numerose sinatticole e scarse traverse. Questa specie ha delle affinità con la Hydn. valleculosa GijmB., però, il suo carattere preminente, quello del solco intermurale cioè, che solo accidentalmente scompare, ne la distingue. Inoltre, le colline sono sem- pre più larghe ed i raggi setto-costali più scarsi. Sassello (Genova). Hydnophyllia interrupta Reuss sp. — Tav. IV [XIII], fig. 1, 2. 1864. Mycethophyllia interrupta Reuss A. E., n. 95, pag. 18, tav. III, fig. 4. 1872. Ulophyllia acutijuga Reuss A. E., n. 101, pag. 38, tav. XLIII, fig. 2. La forma del polipaio è difficilmente definibile, perchè gli esemplari sono assai scarsi e tutti incompleti ; non parlo solo dei miei, ammontanti ad una dozzina, ma di tutti i conosciuti: tuttavia, sembra essere la ce- spitosa. Il corallario, piuttosto alto, massiccio e spesso, presenta la faccia inferiore irregolarmente ed incom- pletamente costulata e ricoperta da una epiteca ornata di piccole costoline, mediocremente serrate, rilevate, inegualmente spesse. La faccia superiore è pianeggiante, talvolta porta delle gibbosità, oppure è convessa. Le colline sono alte, molto tortuose, spesso assai lunghe, con delle diramazioni acute alla sommità. Esse sono per lo più di ineguale spessore ed altezza : questa va da un massimo di 8 ad un minimo di 2 mm.; in generale è di 5 mm. Lo spessore loro alla base è al massimo di 9 mm. per lo più è di 6mm.I muri delle serie calicinali sono quasi sempre saldati fra di loro e sottili, ma talvolta, come nella H7y4n. Bellardî M. E. et H. le colline alla sommità lasciano scorgere un solco intermurale nel quale si sviluppano delle costole. Le valli sono profonde e con una larghezza assai variabile. Ora sono larghe appena 4 mm., ora ampie sino ad 11 mm. Sono quasi sempre molto tortuose, con fondo acuto, non molto lunghe, anzi spesso sono brevissime e si chiudono completamente in modo da circoscrivere due o tre calici, ben segnati dalla direzione dei setti. 14 P, L. PREVER ]62] La chiusura può anche non essere completa, ma la valle offre o un restringimento brusco, accompagnato da un sollevamento trasversale, od un brusco cambiamento di direzione. I calici isolati non sono molto numerosi, sono di forma ellittica e di variabile grandezza : generalmente sono piccoli. I setti sono discretamente numerosi, sottili, ben rilevati, con poche denticolature larghe e poco pro- nunciate sul loro orlo superiore. I primari ed i secondari sono discretamente sviluppati, quelli meglio di questi ; gli altri lo sono poco, talora pochissimo, specialmente quelli del quarto ciclo, che non sempre si scor- gono. I primari spesso si flettono alla loro estremità libera in fondo alla valle e decorrono per un breve tratto parallelamente a questa, formando dei raggi setto-costali ora poco ed ora ben sviluppati, tanto da misurare sino ad un cm. di lunghezza. In tal caso sono sottili, vicinissimi, ben rilevati, in numero da .due sino a cinque. I setti non sì corrispondono nelle valli calicinali contigue ; sono ben rilevati anche alla som- mità delle colline, ma non mascherano mai completamente i muri. Se ne contano da 13 a 19 sopra un cm. di lunghezza. Sulle loro faccie sono ornati da granulazioni irregolarmente sparse e rare e portano del- le scarse sinatticole e delle numerose traverse sottili, un po’ oblique od orizzontali ed inequidistanti. Nè Reis, nè Kranz collocano la Myceth. interrupta Reuss tra le Hydnophylia, tuttavia, avendo presenti i caratteri del genere, basta gettare gli occhi sulla figura e leggere la descrizione della specie di Oberburg per convincersi che si tratta di HWydnophylia, alla quale devonsi unire gli esemplari di Hydn. longicollis di Castelgomberto e di Ul. acutijuga Reuss di Fontanabuona di S. Lorenzo. Osasco ha determinato per il Mu- seo di Torino un esemplare come Myceth. dubia che va riferito a questa specie. Anche la Myceth. dubia di D’AcHiarDI è una Hydnophyllia, ma differisce da questa specie per la maggior frequenza dei calici isolati e la minor altezza delle colline. Accanto agli esemplari tipici ne ho parecchi altri a colline più alte, più spesse, più massicce, a valli più profonde, più strette. Ne faccio una varietà (var. incrassata n. L.). Sassello (Torino, Genova). . Hydnophyllia italica n. f. — Tav. IV [XII], fig. 3. I due esemplari che posseggo di questa specie sono incompleti, ad ogni modo essi sono abbastanza gran- detti per poter vedere che la forma del corallario deve essere la cespitosa. Esso è poco alto, largo, e può giungere a delle dimensioni discrete. La faccia inferiore è poco visibile, sembra sia ornata da numerose strie, ravvicinate, di ineguale grossezza, ondulate, e con delle ramificazioni. La faccia superiore è larga- mente convessa e con delle piccole gibbosità. Le colline sono grosse ed alte, alla base misurano sino a 20 mm. di larghezza, ma questa è variabile, così anche l’altezza che da 4 può giungere sino ad 8 mm. Sono più comuni le colline a base larga e ad altezza discreta. La loro sommità è, perlo più, arrotondata, talvol- ta è anche subacuta. Quasi sempre esse si mostrano più alte dove sono subacute, e più basse dove sono arroton- date. Come questi due aspetti si succedono spesso l’uno all’altro, così il profilo collinare è alquanto mosso. Esse sono talvolta assai lunghe con dei tratti rettilinei, seguiti da bruschi risvolti, che ricordano la Hydn. serpentinotdes CAT. Frequentemente, però, esse hanno un andamento irregolarissimo. dedaleo, con delle a- nastomosi. Le valli in questo caso non sono più rettilinee, ma hanno una disposizione confusa ; sono quasi sempre brevissime, strette, profonde, ed a fondo acuto, e mostrano dei restringimenti oppure dei rilievi col- linosi trasversali in modo che rimangono ben definite le cavità calicinali. Qualche volta vi sono dei grup- pi di due, tre, quattro calici rinserrati da un’ unica collina ad andamento flessuoso e che salda la sua termi nazione con il suo inizio. I setti sono discretamente numerosi, ma non troppo ravvicinati; sono sottili, di forma piuttosto irregola re, flessuosi, con dei denticini al loro orlo superiore. Essi nella valle si flettono e talvolta si sviluppano per [63] P. L. PREVER 15 breve tratto parallelamente all’asse vallivo. Sulle loro facce portano delle traverse e delle numerose sinatti- cole. Per la grossezza delle colline si distingue facilmente dalle congeneri. Si avvicina alla Hydn. grandis ReùSS, ma questa ha le creste collinose sempre taglienti e frastagliate. Inoltre, le colline sono a frequentissimi risvol- ti come nella Hydn. serpentinoides CAT., con delle valli ora strette ora larghe, specialmente nei risvolti. Si avvi- cina pure alla Hydn. interrupta Reuss, ma questa ha le colline più strette e più acute alla sommità e con un altro andamento e mostra delle valli molto strette. Inoltre, sulla sommità delle colline spesso si ha il solco intermurale. Anche i setti hanno un altro aspetto. Dalla Hydn. platygyra Reuss differisce per la grandezza e la forma delle valli. Sassello (Genova). Hydnophyllia cfr. grandis Reuss sp. — Tav. IV [XIII], fig. 4. 1869. Coeloria ? grandis ReuSs A. E., n. 100, pag. 239, tav. XX, fig. 1. & Un frammento di mediocre grandezza, di un esemplare che ricorda la Hydn. platygyra Reuss e la Hydn. italica Prev. ed anche le Hydn. interrupta Reuss e Hydn. serpentinoides CAT. senza che si possa riferire a nes- suna di queste specie, mi fa pensare alla Hydn. grandis Reuss, che per un po’ di tempo sono stato dubbio- so se dovesse o no essere riunita alla Hydn. platygyra Reuss. Veramente la figurazione che dà Reuss di questa specie è un po’ troppo, credo, ideale; la sua descrizione riesce però, a dare un idea suf- ficiente della specie. Nel mio esemplare le creste collinose sono quasi sempre acute e ondulate, ma meno frastagliate, meno acute di quanto risulta dalla figura di Reuss; inoltre, le cireonvoluzioni sono meno numerose 0, per lo meno, non si vedono tanto bene, forse anche per causa di aver io solo un frammento di esemplare, più piccolo di quello figurato da Reuss. Le colline sono alte, subacute alla sommità, talora con tendenza ad arrotondarsi, spesse alla base da 12 a 16 mm,, flessuose, con delle ramificazioni e dei risvolti. Fra di loro si distendono delle valli profonde, a fondo acuto, con sviluppo meandriforme, talora con i calici subdistinti per via di strozzature delle valli. Talvolta i calici, in numero di tre o quattro, si riuniscono in una fossa più o meno irregolare. I setti sono numerosi, piuttosto sottili, di sviluppo irregolare, flessuosi, con dei denti di ineguale gran- dezza sull'orlo superiore e con delle numerose traverse e delle sinatticole sulle loro faccie laterali. La Hyd4n. grandis Reuss ricorda per l’involuzione delle sue colline la Hydn. serpentinoides Cat. ma non credo possa essere considerata neppure una varietà di essa, perchè le sue colline sono assai più grosse ed alte e frastagliate e le sue valli più profonde, più ampie, e più variabili in larghezza. Esse hanno inoltre una tendenza spiccata a formare delle serie brevi, quasi chiuse, o chiuse. Sassello (Genova). Hydnophyllia flexuosa D’ACHIARDI sp. 1868. Ulophyllia ? flexuosa D’AcHIARDI A., n. 18-19, pag. 25, tav. XI, fig. 2, 3. 1868. Symphyllia serpentinoides D’AcHIARDI A., n. 18-19, pag. 18, tav. XI, fig. 1 1839. Coeloria ? platygyra Reuss A. E., n. 100, pag. 239, tav. XIX, fig. 2. 1894. Ulophyllia fleruosa De ANGELIS G., n. 25, pag. 67. Il corallario sì mostra di forma spiccatamente cespitosa, è ellittico, alto cirea 10, lungo circa 18 e lar- go 11 cm. al massimo La sua faccia inferiore è assai poco visibile, ma sembra che porti delle grosse costole, 16 P. L. PREVER [64] ornate di costoline numerose, discretamente ravvicinate, robuste, regolari. La faccia superiore è convessa ed un po’ gibbosa : le colline sono poco numerose, si svolgono con ampie volute e sono alte 6-8 mm.: tal- volta sono subacute, tal altra sono, invece, largamente arrotondate e mostrano al sommo una cresta dal profilo irregolare, come risulta assai nettamente dalla figura di Reuss della Coel.? platygyra. Le colline dei miei esem- plari, in confronto di quelle figurate dal paleontologo tedesco sembrano più spesse, meno acute alla sommi- tà: esses'avvicinano assai per la forma a certi tratti delle colline che Reuss figurò nella sua Coel. grandis, che è pure una Hydnophylia vicina di questa e della serpentinoides, ma non precisamente la stessa cosa. Le valli sono ondulate e molto variabili in larghezza : ora sono larghe non più di 12-15 mm. da una cresta all'altra, ora giungono sino a 50 mm. Esse sono tutte con fondo piatto, salvo che nei tratti dove sono strette, ove esso è arrotondato. T setti sono numerosi, abbastanza ravvicinati fra di loro, inegualmente spessi, sottili all’estremità su- periore, ove portano dei denticini acuti e disuguali. Quelli del primo cielo sono assai spessi, ma non tutti ad uno stesso modo e generalmente si assottigliano progressivamente dal muro alla cavità calicinale. Qual- che volta, invece, si assottigliano bruscamente dopo di avere conservato uno spessore uniforme per un bel tratto. Spesso essi sono largamente ondulati, talora sono sub-retti, e si incurvano solo verso il fondo della ca- vità calicinale, ove sì dispongono e talora sì sviluppano per un certo tratto parallelamente all'asse vallivo, formando dei raggi setto-costali. Sulle loro faccie laterali mostrano delle traverse abbastanza numerose e delle sinatticole. Nonècosafacile vedere bene tutte le particolarità di questa specie, perchè i due esemplari che ho a mia disposizione hanno le valli ripiene di arenaria che non si stacca nè facilmente, nè bene. In ogni modo non ho dubbi sul loro riferimento. Così pure riesce facile l'avvicinamento della Uloph.? flezuosa D’AcH. con la Coel.? platygyra Reuss i cui campioni tipo provengono pure dal Vicentino (Crosara). Questo esempla- re differisce dai miei per l'aspetto della sommità delle colline ; nel disegno che lo rappresenta le colline sembrano tutte acute, mentre nei miei esemplari io ne trovo non solo di acute, ma anche di arrotondate. Credo che si tratti semplicemente di variazione di non notevole importanza. Infatti parecchie variazioni sì possono pure osservare per altre specie di HydnophyMia, particolarmente per la Hydn. longicollis Reuss, la Hydn. interrupta Reuss, la Hydn. microlopha REUSS ; l'aspetto delle colline, in questa specie, varia talora notevolmente. Del resto, Reuss non figura che un frammento di esemplare; potrebbe darsi benissimo che seilsuo esemplare fosse stato completo mostrerebbe come i miei più di una qualità di colline. Ho collocato in sinonimia anche la Symph. serpentinoides di D’AcHIaRDI: il disegno che la riproduce non è dei più belli certamente, ma sesiesaminano le colline, l'ampiezza e la forma delle valli calicinali e lo sviluppo dei setti ci si convince trattarsi della Hydn. flecuosa D’Acg. D’ACHIARDI osservava, a proposito di questa sua Symphylia, che essa non è simile ale altre e che non si può nemmeno collocarla fra le I/- sophyllia o îra le Mycethophyllia. Anche qui, come perla Cyath. appennina Mican., lo studioso toscano ave- va sentito il disagio di classificare servendosi di generi stabiliti in grande parte su delle specie viventi ed adattati come si poteva alle fossili. Peccato che non abbia avuto il coraggio di saltare il fosso e creare quei due generi che avrebbero servito ad evitare tanta confusione ! L'avvicinamento della forma di D'AcnmiarpI alla Meandr. serpentinoides Cat. (n. 10, pag. 70, tav. IX, fi. 8) non è possibile farlo. L’esemplare di CatuLLO mostra delle valli calicinali piuttosto profonde, a fon- do acuto, sempre strette, spiccatamente tortuose. CATULLO aveva avvicinato la sua specie alla Uloph. pro- funda M. E., ma neppure questa fusione può sussistere, non fosse che per la natura delle valli. Quest'ul- tima specie non può neppure confrontarsi con la Sympk. serpentinoides D’AcH.: quella è a valli molto pro- fonde, a fondo acuto, strette, con delle colline molto alte. D’AcHIARDI serive che la sua specie ha delle valli [65] P. L. PREVER 17 profonde, ma io non riesco a vederle nell’esemplare che figura; non vorrei azzardare delle supposizioni, ma dubito che questo studioso abbia unito sotto il nome di Symph. serpentinoides più d’una specie; a meno che il disegno riproduca molto male l'esemplare. Sassello (Genova). Hydnophyllia repanda MicHELOTTI sp. 1861. Zatimaeandra repanda MicHELOTTI G., n. 59, pag. 45. 1871. Mycetophyllia repanda MicHELOTTI G. in SiswonDpa A. E., n. 107, pag. 71. Questa specie non fumai figurata, ma nel Museo geologico di Torino esiste l’esemplare determinato da Sismonpa che certamente aveva sott'occhio quello di MicHELOTTI. Inoltre, questo autore ha riveduto e au- mentato l’opera postuma di SISMONDA, perciò si può essere sicuri che l’esemplare torinese corrisponde al tipo: ciò m’induce a conservare il nome che venne dato alla specie, la quale è abbastanza caratteristica per la sua forma, il numero dei setti e per l’aspetto delle colline e delle valli. Il corallario è di dimensioni piuttosto grandi, esso misura 23 cm. di lunghezza per 19 circa di larghezza ; è di forma cespitosa, si mostra piuttosto elevato ed ha la lamina ripiegata in qualche punto verso ‘Porlo. La faccia inferiore spiccatamente ed irregolarmente conica, è coperta di un’epiteca e di costole larghe, arrotondate, non molto rilevate, biforcantisi, molto ravvicinate; queste portano su di loro delle strie sottili o poco spesse, assai vicine l’una all’altra, flessuose, ramificate. La faccia superiore è incurvata abba- stanza uniformemente ed è ornata di colline lunghe 6, 7, 8 cm. al massimo e leggermente ondulate. Essa ‘| porta numerosi calici isolati o quasi, posti frequentemente in serie lineari, poco profondi, come le valli calicinali. In queste i calici sono quasi sempre distinti per l’orientamento che assumono i setti, per la pre- senza di raggi setto costali e, talvolta, per quella di strozzature o di piccoli rilievi trasversali. Le colline sono alte 2-3 mm., hanno un andamento subrettilineo o largo ad ampie curve e sono arrotondate, talora piatte, raramente con uno stretto solco alla loro sommità, ciò che indica la mancanza di una saldatura intima tra i muri attigui di due valli. I setti sono numerosi, sottili, irregolari, assai flessuosi nel loro decorso e ravvicinati ; il loro orlo supe- riore è coperto di granulazioni leggere. I primari ogni tanto si inflettono verso il fondo della valle e si svi- luppano, per un tratto però piuttosto breve, nel senso longitudinale di questa, in modo da formare dei rag- gi setto costali affiancati in numero di due, tre, quattro. Si possono contare 15-20 setti su di una larghezza di 1 cm. Le loro faccie laterali portano numerose granulazioni e delle abbondanti sinatticole. Le traverse sono poco numerose. ; Sassello, Mornese? (Torino). \ Hydnophyllia stellifera MioHELIN sp. — Tav. IV [XIII], fig. 5. 1840-47 Meandrina stellifera MicHELIN H., n. 56, pag. 54, tav. XI, fig. 4. 1842 Mycethophyllia stellifera (pars) Stsmonpa E., n. 106, pag. 11. 1848-49. —_ ? — Mirne Epwarps et Hare J., n. 63, pag. 259. 1857. Meandrina stellifera Mine EDwaRDS, n. 66, vol. II, pag. 377. 1857. — — Caruzto T., n. 10, pag. 71, tav. XVI, fis. 2. Il corallario assume sempre un discreto sviluppo, è di forma cespitosa, piuttosto elevato, ma qualche vol- ta si mostra anche appiattito. Ha una forma ellissoidale ed una lunghezza di cm. 15-19 per una larghezza di Palaeontographia italica, vol: XXVIII, 1922. 3 18 P. L. PREVER [66] 9-12 em. La faccia inferiore, ricoperta da un’'epiteca, è ornata di costole larghe, ramose, e di strie irregolari, sottili o mediocremente spesse e ravvicinate. Quella superiore è debolmente ineurvata e porta delle gibbosità. Le valli calicinali sono lunghe al massimo 4-D em. e sono strette, Qualehe voltà sì mostrano ampie, ma sem> pre con una sezione trasversale a V, vale a dire sono a londo acuto. Esse comprendono dei calici che quasi sempre sono ben distinti, per via della diversa direzione che vi assumono i setti e per la presenza di raggi setto-costali ed anche dì lievi gibbosità trasversali. Sono Îre- quenti ì calici isolati o quasi, i quali, appunto per la Torma e la distribuzione dei setti, sembrano talvolta stelliformi. Le colline sono larghe e piatte, talora con una piccola cresta alla loro sommità, o con un lie- ve soleo al suo posto, secondo che i muri delle valli contigue che le formano sì saldano Tra di loro, oppure sì avvicinano solamente. La larghezza che corre Tra di una cresta e Valtra è di mm. 15-20, talvolta anche di più. T setti sono mediocremente numerosi, piuttosto sottili ì primari, di più i secondari ed i terziari ; spesso sono lievemente Îlessuosi e sembrano relativamente distanti là dove fanno difetto quelli del terzo e del quarto ciclo. Stipatì, però, non lo sono mai: in 1 em. di lunghezza se ne contano da 7 a 10. Talora, invece di essere perfettamente verticali, sì sviluppano un po’ per obliquo ; il loro orlo superiore è fornito di denticini di ine- quale erandezza e quasi sempre ben spiccati. Verso ìl fondo della valle calicinale ì setti primari, qualche vol- ta, s'inflettono continuando a svilupparsi, ma dì poco, nel senso longitudinale della valle, in modo da for- mare dei raggi setto-costali quasi sempre ben visibili e robusti e che servono appunto a distinguere le cavità calicinali luna dall'altra. Lateralmente essì portano delle granulazioni poste secondo linee di inegua- le sviluppo, parallele più o meno all'orlo superiore libero, e delle numerose traverse subequidistanti. Sì scorgono pure delle rare sinatticole. Due dei mieì esemplarì sono altì : mostrano numerosi calici quasi iso- lati in modo che in essì l'aspetto stellare è assai spiccato, L'altro esemplare, che è quello di Sismonpa, e che certamente Tu pure visto da MicneLin, ha meno frequenti ì calici isolati e, perciò, presenta assai meno evidente l'aspetto stelliforme. Questo esemplare ricorda perfettamente la figura di MricmeLIn, gli altri due maggiormente la figura dì CaruLLO, per quanto in questa ì calicì ligurino quasi tutti con le colline portanti un solco alla loro sommità, mentre in essì ciò accade assal meno Irequentemente. La Meandr. ceredrifor- mis Mrorr non è allatto da collocare în sinonimia con la Meandr. stellifera Mricrnn. L'osservazione sola che MicueLormt parla dì anfratti tortuosi lo eselude: la specie dello studioso pie- montese va attribuita Torse alla 7ydn. cerebriformis Reuss, ma molto più probabilmente alla Hydn. dist nuosa Mrcun., che MrcHweLoTTI considera per appunto la stessa cosa della sua specie. Sismonna, copiando MrcHELIN, considera egli pure la Meandr. cerebriformis Micnt. diversa dalla Meandr. ceredriformis LAMOK. è la colloca in sinonimia con la Meana». stellifera Micun., ciò che credo di avere dimostrato essere inesatto. La Meandr. stellifera Micnt. rappresenta invece un frammento di Mye. adsetta De Ana. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia profunda MicHetin sp. — Tav. V [XIV], fig. 1. 1838. Meandrina labyrintica MicHeLoTTI G., n. d7, pag. 150. 1840-47 - profunda MicHELIN H., n. dè, pag. di, tav. NI, fig. 3. 18657. Ulophyllia ? profunda Mriene Epwarps, n. 66, vol. Il, pag. 379. 1808. - t_ — D'ACHIARDI A., n. 19, pag. 24. 1809, ? Reuss A. E., n. 100, pag. 238, tav. XVIII, fig. 8. 1871. Ulophyllia profunda Siswonpa E. e MrcHeLoTTI G., n. 107, pag. 72. 1894, — — Reuss? DE ANGRLIS G., n. 2ò, pag. 67 [67] P. L. PREVER 19 Gli esemplari riferibili a questa specie sono discretamente sviluppati, non così bene però, come quelli del- la Hydn. valleculosa Reis, Bellardii M. E. ; s1 tratta di esemplari per lo più non ancora completamente svilup- pati, o di frammenti. La faccia inferiore è un poco concava 0 piana, brevemente peduncolata ed ornata di costole larghe, arrotondate, talvolta ramificate, ricoperte da numerose strie molto ravvicinate, granulate, con le granulazioni serrate. Quella superiore è talvolta subpiana, generalmente è convessa in modo più o meno regolare in causa di gibbosità variamente pronunciate. Le valli sono discretamente lunghe, subrette od un po’ flessuose, quasi sempre aperte e perciò comunicanti con le altre. Esse sono discretamente ampie, poichè misurano abitualmente 12 mm. di larghezza, e, talvolta, anche sino a 16; la loro profondità è di 6-11 mm., ordinariamente sono di 8-9, qualche volta arrivano solo a 5 mm. Il loro fondo è acuto. Le colline che le limitano sono, perciò, sensibilmente elevate, mediocremente spesse alla base, ove misurano 14-12 mm. di spessore ; esse sono a decorso rettilineo, talora hanno, però, dei bruschi risvolti, più spesso sono ondulate e con la sommità acuta. Qua e là ove le valli si allargano, perchè si fondono, si trovano dei corti monticelli subellittici o perfettamente conici e con altezza variabile, ma sempre minore di quella delle colline. I setti sono discretamente numerosi, non molto spessi, quelli primari lo sono più degli altri ed in ge- nerale tutti s1 assottigliano dal muro al fondo vallivo. Talvolta alla loro estremità libera nella valle si ingros- sano, in numerosi casi sono di irregolare spessore, perchè le granulazioni laterali assai spiccate, ne aumenta- no lo spessore. I setti primari sono i più lunghi, raramente sono retti, quasi sempre ad un certo punto si in- curvano per disporsi parallelamente alla valle in maniera che i singoli calici risultano molto distinti. Così essi si trasformano in raggi setto-costali che spesso sono discretamente sviluppati, ma sempre poco nu- merosi. Quasi sempre ve n’è uno più robusto ‘e più elevato degli altri. I muri sono molto sottili, per lo più non sono visibili alla sommità delle colline, perchè nascosti dai setti, che non si corrispondono nelte valli contigue. Talvolta si scorgono, e ciò avviene quando i muri sono leggermente scostati fra di ioro in modo da formare alla sommità delle colline uno stretto solco. I setti sono granulati al loro orlo superiore e sono in nu- mero di 15-22 su di 1 em. di lunghezza. Le granulazioni sulle faccie settali sono mediocremente numerose, irregolarmente sviluppate, disposte in linee confuse; le sinatticole sono meno abbondanti delle traverse. Questa specie si avvicina alla Hydn. eocenica Reuss, però, ha in confronto con essa delle valli assai più ampie, più profonde, e dei setti meno numerosi, oltre a ciò le colline sono relativamente meno spesse e meno piene. Qualche esemplare meno caratteristico mostra delle affinità con la Hydn. pulchra Micam., ‘ma se distingue per le colline sempre più larghe e più ad angolo acuto in fondo. Mine EpwaARrps pone la Meandr. labyrinthica Micat. assieme alla Meandr. protunda di MricHELIN ; questo studioso serive invece, e con intenzione, che non ha potuto conservare il nome di MrcneLOTTI, perchè le figure da questi citate hanno tutte la sommità doppia o molto larga. L’esemplare o gli esemplari della collezione MicHeLoTTI non si tro- vano a Torino, ma ne esiste uno portante un cartellino molto vecchio, che probabilmente fu scritto avendo sott’occhio gli esemplari di MicuweLottI, esso fa parte della collezione Siswonpa e va riferito alla Hydn. profunda Micun. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia serpentinoides CATULLO sp. — Tav V [XIV], fig. 2,3. 1357. Meandrina cristata CATULLO T., n. 10, pag. 71, tav. XVI, fig. 1. 1857. _ serpentinoîides CATULLO T., n. 10, pag. 70, tav. IX, fig. 8. 1868. Ulophylia? macrogyra Reuss A. E., n. 99, pag. 166, tav. VII, fig. 2. 20 P. L. PREVER 168] 1868. Symphyllia cristata Reuss A. E., n. pag. 147, tav. VIII, fig. 4. 1868. Latimaeandra daedalaea Reuss A. E., n. 99, pag. 151, tav. VIII, fig. 3. 1869. Ulophyllia maerogyra Reuss A. E., n. 100, pag. 238, tav. XIX, fig. 1. 1873. — irradians Reuss A. E., n. 101, pag. 35, tav. XLIII, fig. 1. 1889. Hydnophyllia daedalaea Reis O., n. 93, pag. 133, tav. II, fig. 8. 1901. -— — OPPENHEIM P., n. 77, pag. 210. 1915. — — DarneLLi G., n. 22, pag. 275. Questa specie non è largamente rappresentata nell'Appennino ligure ; di essa non posseggo che quattro esemplari piccoli pergiunta, e, salvo uno, neppure completi. La faccia inferiore è poco visibile, essa è talora ornata di costole larghe e poco rilevate e coperte da una pseudo epiteca ornata di costoline mediocre- mente spesse, ben rilevate, ravvicinate, di ineguale spessore ; esse sono per lo più attraversate da irrego- lari rughe concentriche. Un esemplare presenta in modo spiccato il carattere che mostrano abitualmente le Mycetoseris, fa vedere, cioè, una ripiegatura della lamina in modo che ne risultano due sovrapposte. Nel- la inferiore si scorgono pure, almeno nella porzione visibile, delle valli e delle colline sviluppate quasi quan- to nella faccia superiore. Questa è piana o pianeggiante. Le colline sono ben rilevate, numerose, spiccata» mente involute, Îlessuose e con frequenti e bruschi risvolti e diramazioni. Esse sono alte 3-4 mm., hanno una base larga 8-10 mm. e sono acute alla loro sommità. I muri sono sottili, saldati fra di loro e quasi na- scosti dai setti. Le valli, a fondo quasi sempre acuto, sono come le colline, molto tortuose, con dei risvolti, strette in molti punti, larghe in altri e come chiuse a formare delle cavità calicinali comprendenti tre 0 quat- tro calici. I setti sono discretamente numerosi, per lo più ben rilevati, con l'orlo superiore ornato di denti piccoli, numerosi, di ineguale grandezza e ravvicinati. Essi giungono sino alla sommità della collina, ma non sì cor- rispondono nelle valli contigue. Non sono molto spessi ed il loro spessore, specie nei primari, è quasi uni- forme sino ai due terzi, ed anche più, della loro lunghezza. Gli altri sono più corti, talvolta molto corti. I pri- mari, qualche volta anche î secondari, quando giungono in fondo alla valle si flettono e si prolungano nel senso di questa in modo da formare dei raggi setto-costali ben netti, discretamente rilevati, in nu- mero anche di tre, quattro o cinque. Qualche volta anche il setto in prossimità del fondo vallivo si biforea e manda i due prolungamenti nelle due direzioni opposte della valle. Talvolta i raggi setto-costali non sono apparentemente legati ai setti ed allora sembrano anche più rilevati e più netti. Per lo più si contano da 15 a 18 setti su di 1 cm. di lunghezza. Sulle loro faccie si scorgono delle granulazioni di ineguale gran- dezza, non molto grosse, delle sinatticole e delle traverse non molto numerose. Rets fa osservare che il suo esemplare figurato a tav. Il corrisponde di più ad una forma vicina alla Hydn. eocenica Reuss che non alla Hydn. daedalaea Reuss (= serpentinoides CAT.) ; ciò non mi pare. REIS aveva un concetto alfatto speciale delle specie, sia di Mycetoseris sia di 7yAnophyllia; per Vammissione di numerose forme di passaggio per ogni specie veniva talora a comprenderne parecchie in una, mentre se- parava magari quello che doveva essere riunito. Come ho detto ciò è dovuto alla scarsezza del materiale che aveva a sua disposizione e ad un esame troppo critico e, direi, preconcetto, delle figure e delle descrizioni altrui. y Basterebbe confrontare la sua figura con quella, pure sua, della 7ydn. cocenica Reuss e con quella della Lept. eocenica di Reuss per convincersi che l’affermazione sua è inesatta. Certamente l'esemplare da lui fi- gurato non è identico a quello che figurò Reuss, ma credo che il disegno di questi sia troppo di maniera, poichè, forme che riproducano quella rappresentata da quel disegno non ne ho potuto vedere da nessuna parte, nè descritte, nè figurate, mentre forme che le si avvicinano ne ho trovate molte. Per me è fuori [69] P. L. PREVER 21 di discussione che l'esemplare figurato a tav. VII sotto il nome di Uloph. macrogyra Reuss è una cosa sola con quello della tav. VIII, che Reuss ritiene il tipo della presente specie ; così pure la Uloph. cristata REUSS, figurata nella medesima tavola, è ancora la medesima cosa; sono anche convinto che la Uloph. irradians da Reuss figurata a tav. XLIII, è ancora una Lat. daedalaea, che è una cosa sola con la specie di CATULLO. Vi è qualche differenza, ma essa è dovuta in parte a differenti maniere di interpretare gli esemplari da parte dei disegnatori ed in parte alle differenze che inevitabilmente vi sono quasi sempre fra esemplari provenien- ti da bacini diversi. Sassello (Torino, Genova) Hydnophyllia limitata Reuss sp. — Tav. V [XIV], fig. 4. 1873. Latimaeandra limitata Reuss A. E., n. 101, pag. 41, tav. LIV, fig. 1. Il corallario non sembra che raggiunga grandi dimensioni ; si presenta con forma cespitosa. È alto,poco più di 4 cm. e largo circa 10 ; la faccia inferiore degli esemplari che posseggo si mostra in assai cattive con- dizioni di conservazione, tuttavia, in qualche punto si possono vedere delle costoline mediocremente ed ine- gualmente spesse, irregolarmente distanti, mediocremente rilevate. La faccia superiore è irregolarmente sviluppata ed in complesso pianeggiante e con delle lievi gibbosità Le colline non sono molto lunghe, hanno un decorso a zig-zag, per lo più si piegano ad angolo ed hanno un’altezza di 4-5 mm. che si riduce talora anche a soli 3; sono acute alla sommità, ove lasciano vedere i muri sottili ed intimamente saldati fra di loro, e discretamente larghe alla base, la quale misura 7-9 mm. Le valli sono brevi, tortuose e comprendono pochi calici ; le loro brusche svolte ed i loro restringimenti, oppure i rilievi trasversali nascenti qua e là dànno a primo aspetto l'impressione di tanti calici isolati 0 quasi e non di valli. Esse sono discretamente profonde ed a fondo acuto. Isetti calicinali, non molto numerosi, sono mediocremente spessi, quelli dei primi due cicli sono tanto spessi verso i muri quanto verso la fossa columellare, talvolta, anzi, presentano dei rigonfiamenti terminali, specialmente quelli del secondo cielo. Quelli del terzo sono corti, cortissimi quelli del quarto, quando ci sono, ed hanno tutti una forma triangolare. Essi non si corrispondono nelle valli attigue, talora sono a decorso un po’ ondulato e sull’orlo superiore presentano delle denticolature grosse, irregolari e delle granulazioni. I set- ti primari spesso, quando giungono vicino all’asse della valle, s’inflettono, sviluppandosi poi, più o meno, nella direzione di questa e formando dei raggi setto-costali in generale ben rilevati ed in numero da uno a cin- que, più spesso di tre. Essi frequentemente formano anche come un piccolo rilievo trasversale che serve a se- parare una cavità calicinale dall'altra. Su di 1 cm. di lunghezza si contano 15-17 setti. Fra di essì sì osser- vano delle simatticole non molto numerose e delle traverse anch'esse non molto abbondanti. Cassinelle, Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia dubia CATULLO sp. — Tav. V [XIV], fig. 5. 1857. Pavonia dubia CATULLO T., n. 10, pag. 74, tav. XV, fig. 4. 1868. Mycethophyllia dubia D’AcHiaRDI A., n. 19, pag. 23, tav. XII, fig. 6. 1889. Hydnophyllia connectens (pars) ReIs O., n. 93, pag. 139, tav. III, fig. 3, 1889. Mycetoseris D’Achiardi (pars) Reis O., n. 93, pag. 120 tav. I, fig. 12. 1915. Hydnophyllia prior (pars) DAINELLI G., n. 22, pag. 274, tav. XXXI, fig. 7 (non tav. XXXIII, fig. 1). 29 P. Lì. PREVER [70] Il corallario,. per lo più di forma cespitosa, mostra qualche volta inferiormente delle ripiegature lami- nari, come avviene frequentemente nelle Mycetoseris, e delle costole larghe e piatte, ineguali, irregolari, ricoperte da costoline assai ravvicinate, mediocremente spesse, di ineguale spessore, irregolari e granulose. Su di alcuni punti vi è un chiaro accenno a delle rughe concentriche. La faccia superiore è convessa con delle piccole gibbosità. Le colline sono alte da 3 a 7 mm., normalmente sono acute alla sommità, però, in qualche esemplare o tratto di esemplare esse sono meno acute e persino accennano ad un leggero, stret- tissimo solco. Sono flessuose in modo spiccato, con dei risvolti ad angoli più o meno acuti, per cui anche le valli si mostrano assai tortuose, di guisa che pare spesso di scorgere dei calici isolati, mentre essi inve- ce sono abbastanza rari. Le valli, a fondo acuto e di variabile profondità, ma abitualmente abbastanza pro- fonde, non contengono che tre o quattro calici, tutti abbastanza distinti, uniti da raggi setto- costali in numero da tre a cinque. I setti sono piuttosto sottili, di forma triangolare, con il margine superiore granulato od ornato di den- ti di ineguale grandezza, smussati ; essi hanno un andamento ondulato, irregolare ; talvolta, quelli del primo cielo e talora anche quelli del secondo arrivano sino alla cavità calicinale ove s’inflettono, formando dei raggi setto-costali. Tra di essì sì trovano numerose traverse sottili. I calici sono di maggiori dimensioni che nella Hydn. tenera Reuss, generalmente quelli dall’apparenza isolata sono meno numerosi, l'apparenza di numerosi calici suddistinti è più spiccata; essisono d'abitudine più profondi ed è maggiore lo sviluppo dei raggi setto-costali. Un esame più accurato delle figure e della de- scrizione della Pav. dubia CAT. e della Myc. dubia D’AcH. nonchè della H7ydn. connectens Reis mi ha convinto che fra di queste specie non esiste nessuna differenza, se si eccettuano le fig. 1-2 della tav. INT ela 30 della tav. IV. È a torto che Reis erede di potere indentificare l'esemplare della fig. 3 della tav. III con la Lat. te- nera Reuss; l'aspetto, e non solo questo carattere, ne è assai diverso. Sembra che i calici isolati sia- no molto frequenti in questi esemplari, ma realmente essi sono quasi isolati per la maggior parte. Io pos- seggo dei campioni che sì accostano per un verso alle figure di CatuLLO e di D’AcHIARDI, mentre per un al- tro se ne scostano. D'altra parte nella descrizione D’AcHIARDI parla di valli calicinali con due, tre calici, ciò che non sì vede nella figura, ma che in realtà esiste. Sassello (Genova). Hydnophyllia conneetens REIS sp. — Tav. III [XII], fig. 9. 1889. Hydnophyllia connectens (pars) REIS O., n. 93, pag. 139, tav. III, fig. 1-2; tav. IV, fig. 30. A mia disposizione ho tre esemplari soltanto, tutti piccoli, i quali s1 accordano, del resto, per le dimensioni con quelli di Reis. Il polipaio è di forma leggermente cespitosa; la faccia inferiore è poco visibile, sem- bra sia ornata di larghe costole poco rilevate, poco nette, irregolari, e di altre piccole che le ricoprono e che risultano formate da granulazioni spesse, assai ravvicinate, irregolari e poco rilevate. La faccia superiore è debolmente convessa. Le colline sono alte 3-6 mm., normalmente 4 44 ; sono arrotondate alla sommità, o subacute, hanno una larga base, sono molto tortuose e mostrano delle corte diramazioni. Le valli sono discretamente profonde, con fondo acuto, tortuose, brevi, da non racchiudere più di tre o quattro calici abbastanza distinti; vi si scorgono pure dei calici completamente isolati, di forma irregolarmente ellittica. I setti sono irregolarissimi nello sviluppo, ed hanno uno spessore assai variabile ; ora sono relativamente distinti tra di loro, ora assai ravvicinati: i primari, spesso anche i secondari, verso il fondo della valle cali- [71] P. L. PREVER 23 cinale s’incurvano, dando origine a dei raggi setto-costali che si affiancano in numero di due o di tre e si mo- strano irregolarmente sviluppati, ondulati, talvolta assai lunghi, talaltra brevissimi, qualche volta spezzettati. Sul loro margine superiore sono pochissimo denticolati, sulle faccie laterali portano delle granulazioni e delle sinatticole. Le traverse sono rare. Reis ed anche Kranz insistono ripetutamente sulle affinità tra specie e specie di Hydnophyllia, tantochè, secondo essi, in ogni specie, isolando l'esemplare tipico,.se ne trovano altri vicini ad esso, e della medesima specie, i quali fanno così bene passaggio ad altre specie che si rimane indecisi sui limiti di ognuna e sul ri- ferimento, perciò, di molti esemplari; e si è portati a concludere che non vi sono tante specie ma una sola a formare il genere. Questo in generale può essere vero approssimativamente, e non solo per le specie di questo genere, ma non nella misura che gli accennati autori vorrebbero ; essi, specialmente il primo, hanno ere- duto questo perchè le loro specie erano troppo complesse. Nel caso della Hydn. connectens REIS, per es., è chia- ro che non c’è nessuna diîterenza fra l’esemplare figurato a tav. III, fig. 3, e la Hydn. dubia CAT. REIS, che nella sua specie ne comprende più d’una, crede che non esista, invece, nessuna differenza tra di esso e la Lat. tenera REUSS ; ciò non è vero, esistono in questa specie delle colline più acute alla loro sommità, ed i calici, nonchè le valli calicinali, sono meno profondi, i raggi setto-costali sono pure meno sviluppati. Le fisure 1,2 della tavola III e la figura 30 della tavola IV, credo invece, che vadano staccate dalle sopradette e formino una specie a sè, che sarebbe precisamente la Hydn. comneetens Reis. Faccio notare che è special- mente a questi esemplari che si riferisce ReIs nella descrizione della sua Hydn. connectens. Però, vi sono in- negabilmente delle affinità fra le Hydn. tenera, dubia, limitata, connectens e qualche altra. Forse qualcuna dovrà magari sopprimersi, per adesso non sono riuscito a nessuna soppressione, ma ad es. non sarei alieno dall’ammettere che forse la connectens non sia che una buona varietà della limitata, da cui differisce, pe- rò, per parecchi caratteri importanti, quali l'andamento dei setti, lo spessore delle colline, lo sviluppo dei raggi setto-costali. Per questo appunto mantengo la specie. Sassello (Torino, Genova). Hydnophyllia plana n. È. — Tav. VI [XV], fig. 1. Questa specie non è rappresentata nella collezione che ho in esame che da due frammenti di esemplare, per giunta non troppo bene conservati. Il polipaio cespitoso doveva essere di forma ellittica, con una lunghezza di 12 em. circa su di una larghezza di 9. La faccia inferiore appare coperta da una specie di epi- teca rugosa che porta delle irregolari e forti striature ravvicinate. Quella superiore è debolmente con- vessa. I calici si trovano collocati in serie in modo da formare delle valli flessuose, biforcantisi,'con dei ri- svolti, ampie,profonde 2-4 mm. e con fondo piuttosto piatto. La loro lunghezza varia da 6 mm. a 2 cm. In generale quelle adiacenti sono unite intimamente per i muri, ma in qualche punto questi sono separati da un solco brevissimo, quasi completamente nascosto da costole. Le colline sono larghe alla base, inegualmente alte, per via della loro cresta subacuta che si sviluppa ondulata. Esse sono pure flessuose ed hanno dei ri- svolti e dei cambiamenti di direzione che determinano degli angoli più o meno pronunciati. I calici non sono sempre facilmente discernibili l’uno dall'altro, perchè i setti solo poche volte si inflettono cegami ns in modo da delimitarli nettamente, come succede in molte altre specie. I setti sono bene sviluppati in lunghezza, numerosi, curvilinei od ondulati, e generalmente sono più grossi nel loro ultimo tratto verso il centro calicinale. Talvolta all’estremità libera hanno dei prolunga- menti che si saldano con i setti di fronte dando origine ad una specie di columella. Raramente si inflettono decisamente e più raramente ancora formano dei raggi setto-costali. Se ne contano 18-24 «u di una lunghez- 94 P. L. PREVER [72] za di 1 cm. ; al loro orlo superiore sono leggermente granulosi, lateralmente presentano delle numerose sì- natticole. Differisce dalla 2y4n. plana D'Acxw. per la larghezza delle valli è per la loro profondità. Sassello (Genova). Hydnophyllia formosissima CATULLO sp. — Tav. VI [XV], fio. 2. . 1857. Lobophyllia formosissima Carurro T., n. 10, pag. 53, tav. X, fig. 1. 1878. Symphyllia sinuosa QuenstEDT F. A., n. 91, pag. 1008, tav. CLXXXII, fig. 40. Un solo esemplare, neppure intero, e mal ridotto anche dal lato della conservazione, è tutto quello che posseggo di questa specie che si presenta in lamina ondulata con la faccia inferiore ricoperta da costo- line serrate, spesse, e con un andamento abbastanza irregolare. Quella superiore, con delle gibbosità che la rendono pure ondulata, è percorsa da colline irregolari per il loro sviluppo, aite da 2 a 4 mm., larghe, con la cresta subacuta, talvolta percorsa da un solco molto stretto e poco visibile. Le colline hanno dei tratti subrettilinei lunghi 3-4 cm.; spesso sono ineurvate e lasciano scorgere dei risvolti abbastanza frequenti. Le valli, a tratti subrettilinei, talora sinuose, sono larghe 12-30 mm., hanno un fondo subacuto o piatto ed ordinariamente contengono i calici allineati in una sola serie e distingui- bili facilmente per la direzione dei setti e per la presenza di raggi setto-costali. Qualche volta, là dove s’al- largano, contengono i calici un po’ sparsi, ciò che richiama alla mente la Hydn. microlopha Reuss. Si trovano pure dei calici isolati, ma essi sono molto rari. I setti sono mediocremente numerosi, discretamente spessi, ornati al loro orlo superiore di denti non molto regolari : quelli dei due primi cicli sono assai bene sviluppati, poco lo sono invece quelli del terzo. Quelli del primo mostrano degli ingrossamenti lungo il loro percorso, e precisamente là ove portano sulle faccie loterali delle traverse ; talvolta mostrano pure degli ingrossamenti ove terminano nella cavità cali- cinale; frequentemente qui s'inflettono e si sviluppano diseretamente sotto forma di raggi setto-costali robusti, ben rilevati, e in numero da 3 a 7. Si contano 13-16 setti sopra una lunghezza di 1 em. Le loro fac- cie laterali portano delle traverse e delle numerose sinatticole. Sassello (Genova). Hydnophyllia tenera ReUSS sp. — Tav. V [XIV], fig. 6,7. 1857. Meandrina stellata CatuLLO T., n. 10, pag. 73, tav. XVI, fig. 6. 1868. Latimaeandra tenera Reuss A. E., 99, pag. 175, tav. VI, fig. 4. 1870. _ — D’ACHIARDI A., n. 20, pag. 187. 1901. — — OPPENHEIM P., n. 77, pag. 178. 1915. Hydnophylia — Reuss? DamEeLLi G., n. 22, pag. 275. Posseggo quattro soli esemplari da riferirsi a questa specie, essi sono perfettamente eguali alle figure di Reuss. Il corallario si mostra di forma cespitosa ed ha la faccia inferiore ornata di grosse costole arrotonda- te, di ineguale grandezza, ricoperte da costoline subequidistanti, subregolari, mediocremente spesse. Essa è altresì ornata di rughe concentriche di sviluppo irregolare. Quella superiore è convessa, le colline che porta sono brevi, ondulate, con qualche risvolto, subacute alla sommità e coni muri saldati, oppure un po’ ottuse e percorse da un leggero solco. Esse hanno un’altezza di 2-3 mm. ed unalarghezza alla base di 4-6 mm. Le valli calicinali, brevi, sinuose,con dei risvolti, sono a fondo acuto. [73] P. L. PREVER 25 I setti sono mediocremente numerosi in modo da poterne contare 25-30 su di 1 cm. di lunghezza : sono ora più ora meno spessi anche presi nel medesimo ciclo. Quelli del primo ciclo sono notevolmente più svi- luppati degli altri e si inflettono verso il fondo della valle calicinale, dando origine a dei raggi setto-costali quasi sempre poco sviluppati ed in numero di 2, raramente di 3. Frequentemente i setti del secondo ciclo sono tanto spessi quanto quelli del primo, sono però sempre un po” meno lunghi. Anzi, in questo caso quel- li dei cieli successivi sono appena accennati o sono addirittura mancanti. Il loro orlo superiore è fittamente granulato, le loro faccie laterali sono ornate di granulazioni e di sinatticole. La Hydn. tenera Reuss ha qualche rassomiglianza con la Hydn. circumscripta, ma non può essere confusa con essa per lo sviluppo dei raggi setto-costali e per il loro numero. Inoltre, nella tenera le colline sono meno acute o non lo sono affatto, qualche volta alla sommità loro portano un soleo e sono meno alte e , per conseguenza, meno profonde le valli. Cassinelle, Sassello (Torino, Genova). Monticulastraea minima n. £. — Tav. VI [XV], fig. 3. Ì Non ho, purtroppo, a mia disposizione che un solo e piccolo frammento di questa graziosa specie, e mi sembra poterne dedurre che essa è laminare e deve giungere a delle discrete dimensioni. La lamina ha uno spessore di 1 cm. circa ; la faccia inferiore è ricoperta di fini costole serrate, granulate, abbastanza re- golari. Quella superiore è subpiana ed è ornata di numerose piccole collinette circolari od un po’ ellittiche, distanti fra di loro alla sommità da 3 a 4 mm. ed alte 2 mm. al massimo. Esse determinano alla loro base delle valli tortuose e spesso dei calici subconfluenti, resi abbastanza o nettamente distinti dalla direzione dei setti. Nel fondo dei calici o delle vallette si trova una columella a volte sottile tanto da scorgersi difficil- mente. ) I setti partono dalla sommità dei coni e delle collinette e sono piuttosto scarsi e molto spessi, senza trac- cie di granulazioni al loro orlo superiore. Nei disegni delle diverse specie di Monticulastree che dà DUNCAN (n. 28) essi si scorgono terminare alla loro estremità libera in fondo alla valle con un rigonfiamento. Però, non sembra si saldino che raramente alla columella, vicinissimo alla quale terminano ; anche meno essi si sal- dano con gli opposti. Quelli del mio esemplare quasi mai si saldano con gli opposti, ma qualche volta con la columella. Mi sembra che non siano rappresentati che i setti di due cicli. Le loro faccie laterali sono ornate di granulazioni poste in linee quasi parallele all’orlo libero superiore del setto. Le traverse sono scarse e sottili, sembra vi siano anche delle sinatticole. 5 Di primo acchito ho creduto si trattasse della Hydn. styriaca M. E. H. la quale, secondo Rets (n. 93), deve essere chiamata Lat. styriaca, ma per parecchi caratteri dei setti ho dovuto allontanarnela ; anche quello della columella l’allontana da questa specie e da HyAnophora. Sassello (Torino). Favia daedalaea REUSS sp. — Tav. VI [XV], fig. 4. 1964. Favia daedalaea Reuss A. E., n. 95, pag. 21, tav. V, fig. 3. 1871. — pulcherrima (pars) Siswonpa E. e MicHELOTTI G., n. 107, pag. 66. Il corallario è massiccio, spesso elevato, talora si presenta in lamine di mediocre spessore, alle volte sub- piane, alle volte gibbose o mediocremente e regolarmente incurvate sulla faccia superiore e concave o subpiane Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. 4 26 P. L. PREVER [74] su di quella inferiore. Questa è ricoperta da un’epiteca di mediocre spessore, ornata di strie non molto spes- se, quasi sempre alternativamente più spesse e più sottili, ravvicinate, non ornate di granulazioni. Essa sì presenta anche spesso lobata al margine e porta delle rughe concentriche a tratti complete, inegualmente distanti. I calici sono raramente circolari e sono sempre i più piccoli quelli che presentano tale forma. Nor- malmente sono ellissoidali, più o meno allungati, con evidenti segni di fissiparità. Quelli circolari misurano da 7a 9 mm. di diametro gli altri spesso oscillano ira 14 e 17 mm. di lunghezza per 5-7 di larghezza : vi sono poi delle cavità calicinali racchiudenti quasi sempre tre calici e che misurano 25-30 mm. di lunghezza. La loro profondità è di circa 2 mm. ; capita talvolta su di qualche esemplare di trovarne di meno profondi, in modo da dover fare un raffronto con la Fav. pulcherrima MicHT., ma ciò avviene di rado e per pochi calici. I muri sono sottili, fra di loro vi è uno spazio intermurale che dà origine ad un solco stretto, all’incirca della grandez- za di quello della Favia ora nominata, ma forse un po’ più profondo per causa dei setti che sono un pochino più sopraelevati sui muri. Tale soleo è attraversato da robuste coste generalmente ben rilevate, fitte, vi- cine. I setti sono discretamente numerosi, piuttosto diseguali, discretamente spessi. Dal muro al centro calicinale generalmente vanno assottigliandosi, ma capita pure spesso di vederli con uno spessore uniforme in tutta la loro lunghezza, oppure, ingrossarsi presso il loro termine, vicino alla columella. Qualche volta sono diritti, ma spesso si flettono presso alla loro terminazione al centro della cavità calicinale ; di frequente sono lievemente ondulati. Se ne contano da una trentina nei calici più piccoli, e da 30 a 60 in quelli mez- zani e nei grossi, fatta eccezione per quelli che contengono tre calici in serie, nei quali se ne contano di più. Il loro orlo superiore è ornato di denticini, i più grossi dei quali sono collocati presso alla columella ; talora non si scorgono che questi e, sembra, che sulla rimanente porzione del setto non siano mai esistiti. La co- lumella è spugnosa e qualche volta un po’ rilevata sul fondo calicinale. In qualche esemplare, specialmente in quelli spiccatamente convessi, sì trovano dei calici collocati un po? obliquamente ; essi, allora, sembrano meno profondi. La descrizione e specialmente la figura di Reuss corrì- spondono perfettamente agli esemplari che ho sott'occhio. Sassello, Dego (Torino, Genova). Favia daedalaea Reuss sp. var. haemisphaerica n. î. — Tav. VI [XV], fig. 5. Questa varietà presenta degli individui che hanno sempre una forma emisferica ora più ora meno net- ta. La loro faccia superiore è incurvata spesso regolarmente, qualche volta presenta delle ondulazioni o delle gibbosità. Quella inferiore sì mostra, come nella forma tipo, concava oppure subpiana con delle ondulazio- ni irregolari; può anche portare al centro un rigonfiamento a cono rovesciato che dà all’esemplare un carat- teristico aspetto cespitoso. Su di questa faccia sì osserva un’epiteca non molto sviluppata e che ha delle numerose strie mediocremente spesse, alquanto irregolari e flessuose. Vi si trovano pure delle rughe concen- triche più o meno regolari e complete, robuste, ora spesse, ora di poco conto. In generale i calici sono circolari od un po” ellittici, incavati in modo da rassomigliare a delle coppe. Ne esistono anche, ma in numero ristretto, che hanno una forma ellittica con una strozzatura mediana, alle volte molto pronunciata. L'aspetto loro è poi alquanto variabile anche sul medesimo esemplare. Ve ne sono di quelli pochissimo od aftatto incavati, e sono quelli che più degli altri sono rialzati sul piano generale del corallario. L'orlo esterno del calice è acuto in numerosi esemplari, ma capita pure di osservarlo arrotondato ; in qualche esemplare i calici sono anche abbastanza distanti îra di loro e più sopraelevati che d'abitudine. Su di un esemplare si vedono da un lato delle brevi valli tortuose, che costituiscono un fenomeno di diver- [75] P., L, PREVER 27 genza della specie e del genere. In tutti gli esemplari i calici maggiori stanno al sommo, verso la periferia si trovano quelli più piccoli; ciò che non esclude che qualche volta i piccoli si trovino mescolati con i grossi dappertutto. I muri sono sottili, distanti quasi sempre 1 mm., talvolta anche 2. 1 setti sono poco rilevati sul muro e su di esso formano con le costole un angolo deciso, in maniera che i lati del solco, il quale non è molto profondo, non sono convessi, ma come costituiti da due piani di assai ineguale inclinazione. Talora i calici sono col- locati un po’ obliquamente; il loro diametro va da 6 mm., peri piccoli, a 9 nei medii, a 11 nei grandi; la loro profondità oscilla intorno ai 3 mm. Vene sono anche di più profondi ;ma ve ne sono pure di più super- ficiali. La columella è spugnosa, mediocremente sviluppata, poco o nulla rialzata sul fondo del calice. I setti sono abbastanza numerosi, di medio spessore, talvolta anche sottili, un po’ flessuosi; quelli dei primi due cicli alle volte si gonfiano leggermente all'estremità libera presso alla columella. Quelli degli al- tri cieli, più corti, sono alle volte quasi egualmente spessi in tutto il loro sviluppo e presentano una sezio- ne triangolare assai netta. Sul loro orlo superiore sono ornati di denticini robusti, rilevati, più forti presso il centro del calice ; talora lo spessore varia da setto a setto del medesimo ciclo, in modo da passare da quel- li a spessore mediocre ad altri che sono assai sottili. Le loro faccie laterali sono granulate ; le traverse\sono subequidistanti e collocate alla distanza di circa 1 mm. luna dall’altra ; si mostrano, inoltre, orizzontali od un po’ oblique, spesso sono concave. Questa varietà ricorda per la sua forma generale, oltre che per l’aspetto, la disposizione e la profondità dei calici, la 7. profunda Reuss (n. 101, pag. 13, tav. XLII, fig. 6). I miei esemplari però hanno calici più gran- di ed il solco intermurale maggiore. Sassello (Genova). Favia confertissima Reuss. 1868. Favia confertissima Reuss A. E., n. 99, pag. 152, tav. VIII, fig. 5. Di questa specie, stata trovata a Monte Grumi, io non posseggo che un solo esemplare, il quale però si mostra in buone condizioni e perfettamente eguale nei caratteri agli esemplari di Reuss. Poichè nulla ho da aggiungere alla descrizione già stata fatta dall’autore della specie, rimando ad essa. Sassello (Genova). Favia minima Osasco — Tav. V [XV], fig. 6. 1887. Favia minima Osasco E., n. 84, pag. 9, fig. 12. La Osasco definisce questo corallario, di cui possedeva due piccoli esemplari, come nn polipaio sot- tile, incrostante, a calici piccoli, irregolari, ineguali, a coste granulate e con quattro cicli di setti subeguali. Eftettivamente il corallario è in lamine, ma non incrostanti, ed ha uno spessore variabile da 5 a 40 mm. La faccia inferiore dei diversi esemplari che ho a mia disposizione è quasi sempre nascosta da un velo di arenaria, od è erosa, di modo che si può assai male giudicare quali dovevano essere i caratteri presenta- ti da questa faccia. Sembra che vi siano numerose costole assai ravvicinate, mediocremente spesse, ben rilevate, granulose. La faccia superiore è piana ‘o leggermente convessa. I calici sono abitualmente di piccole dimensioni, subcircolari, qualche volta poligonali, spesso ellittici od ovali. Le dimensioni loro sono di 5 mm. e giungono sino a 7. Accanto ad essi vi sono delle valli chiuse, 98 P. L. PREVER [76] un po’ flessuose, che comprendono tre o quattro calici indicati da lievi strozzature o dalla direzione dei set- ti. La profondità dei calici e delle valli è di 2 mm., talora di solo mm. 1 46. I muri, poco spessi, sono al massimo distanti fra di loro 1 mm., di regola lo sono meno. Nel primo caso, poichè i setti sono un pochino sopraelevati, e le coste mediocremente spesse e non confluenti occupano il solco; questo risulta pochissimo profondo od appena accennato ; nel secondo caso non esiste e si verifica spesso la confluenza delle coste, che sono brevissime. Alle volte i muri sono così avvicinati, e ciò avviene specialmente negli esemplari con qualche accenno a delle brevi valli, che i dossi collinosi comuni sono acuti o quasi ed il solco affatto ine- sistente. I setti sono mediocremente spessi, i primari ed i secondari terminano un po” sottili presso il centro ca- licinale, gli altri diminuiscono di poco il loro spessore. Difficilmente sono rigonfi presso la columella; sul loro orlo superiore si notano delle granulazioni che si continuano sulle coste e che sono un po? più grosse presso alla columella; esse però sono molto sviluppate. oltre, essi sono ornati sulle faccie laterali da altre granulazioni più piccole. Si contano da 24 a 34 setti su di una lunghezza di 1 cem. La columella è poco sviluppata; le traverse sono sottili e poste un po’ obliquamente. Si distingue facilmente dalle congeneri per la mancanza di un vero solco intermurale e per la picco- lezza dei calici. Dalla F. apennina Prev. si distingue per il minore sviluppo dei denti sull’orlo superiore dei setti, denti assai nettamente visibili in quest’ultima specie. Malgrado la mancanza di un solco inter- murale, data la variabilità che spesso oftrono i corallari del terziario medio e superiore, non sarei alieno dal pensare che forse questa specie va fusa con la Y. cylindracea Micur. Entrambe sono molto male figu- rate e troppo brevemente descritte, perciò, non mi arrischio di unirle; è certo che il carattere più impor- tante che le distingue è quello della presenza in una, e dell’assenza nell’altra, del solco intermurale. Il carat- tere è importante, ma nelle Favie talvolta si vede nel medesimo esemplare il soleo da disereto diminuire sino magari ad annullarsi. Sassello (Torino, Genova). Favia cylindracea MICHELOTTI — Tav. VI [XV], fig. 7-9. 1861. Favia cylindracea MicHELOTTI G., n. 59, pag. 157, tav. XV, fig. 11, 12. Come rappresentanti di questa specie posseggo tre soli esemplari, uno piuttosto male conservato, due piccoli. I caratteri più importanti però si scorgono su tutti e tre. Il corallario si mostra su di un esem- plare di forma cupuliforme e negli altri due in lamina distesa, spessa 20 mm. circa da un lato e più sot- tile dall’altro. La faccia inferiore è ricoperta di un’epiteca, ma non si può scorgere se vi sono pure delle strie. Quella superiore è convessa o piana e presenta dei calici che sono spesso circolari del diametro di 5-6 mm. od ellittici e lunghi allora 10-12 mm. per 5-6 di larghezza. La loro profondità è di 2 mm. in media. La cavità calicinale è ampia, perchè i setti non sono con un profilo convesso, ma concavo. I muri sono un po spessi e distanti fra di loro 1 mm.; alle volte tale distanza è anche minore. Essi determinano un soleo ben pronunciato, quantunque non molto profondo, perchè i setti sono un po’ rialzati sui muri in modo da costituire un margine ben rilevato ai calici. Tale solco è coperto da spesse costole non confluen- ti, o solo subconfluenti. I setti sono mediocremente spessi, subretti, difficilmente ondulati; essi si assottigliano andando dal muro verso il centro calicinale; presso a questo, ma raramente, si ingrossano i primari ed anche i seconda- [77] P. L. PREVER 2 ri; gli altri, più corti, hanno un aspetto triangolare più o meno deciso. Non è molto facile scorgere su di essi delle granulazioni, tuttavia sembra che siano più sviluppate quelle presso alla columella. Que- sta è generalmente ben sviluppata. Uno dei miei esemplari era stato da Osasco determinato per Y. cireumscripta Micnr., ma se esaminia- mo la figura che MicHeLomTI dà di questa specie in Stswonpa troviamo che ne differisce per la forma e la grandezza, nonchè per la profondità dei calici e del solo, mentre è perfettamente eguale alle figure che MicueLorTI dà della sua Y. eylndracea. Ciò che forse ha deciso Osasco a determinare in tal modo il suo esemplare credo sia stato l’averlo visto in lamina stesa. Sassello, Dego (Torino, Genova). Favia Perrandii n. f. — Tav. VI [XV], fig. 10. Il corallario si presenta in lamine più o meno ondulate, spesse da 8 a 40 mm., inegualmente spes- se da punto a punto. La faccia inferiore, ricoperta di una spessa epiteca, è ornata di rughe concentriche, irregolari, inegualmente spesse e rilevate, interrotte, Îlessuose, e di strie sottili, numerose, poco rilevate. Quella superiore ha in generale la forma convessa ed è quasi sempre un po’ ondulata o gibbosa. I calici nu- merosi sono raramente circolari, più frequentemente si presentano ellissoidali, ovalari, spesso allungati ; talora mostrano una strozzatura più o meno accennata nella loro parte mediana. Essi sono di grandezza un po’ variabile ; i più piccoli misurano 7 mm., ma sono scarsi, d'abitudine misurano 11-12 mm. di lunghez- za per 5-6 di larghezza. Ve ne sono di quelli profondi al massimo 1 mm., ma generalmente raggiungono la profondità di 2 mm. I muri calicinali sono sottili, discosti fra di loro un pò meno di 1 mm.; essi determinano un solco piat- to, subregolare, un pò profondo anche a causa dei setti, i quali si mostrano un pò sopraelevati e cadono sul solco abbastanza verticalmente con un profilo quasi rettilineo. Qualche volta anche i calici, special- mente verso il margine del corallario, assumono la forma di un’ ellisse schiacciata e sembrano disposti in serie lineari. I setti sono discretamente numerosi, equidistanti, non molto spessi, subretti, talora retti, ma frequente- mente si flettono bruscamente o dolcemente verso lo spazio columellare ; essi sono finamente granulati sul- . centro del calice, ma presso la columella si inspessiscono talora gradualmente, talora bruscamente. Su di tutti si osservano dei denticini robusti, discretamente elevati, generalmente più forti presso la coumella ; se ne contano 29-59-50 a seconda della grandezza dei calici. Su di molti di essi a prima vista parrebbero più sviluppati i denticini presso il muro, ma un’osservazione attenta mostra che essi non sono ben conservati, La columella è spugnosa e mediocremente sviluppata. Si distingue facilmente dalla /. dedalaea Reuss per la poca profondità dei calici, per la columella e il comportamento dei setti, e dalla Y. pwlcherrima Micnr. per la minore larghezza del vallo intermurale e per l'aspetto dei fianchi di questo. Sassello (Genova). Favia ponderosa MicHeLotTI — Tav. VII [XVI], fig. 1. 1871. Favia ponderosa Siswonpa E. e MicHeLotTI G., n.107, pag. 66. Il corallario si presenta in lamine distese, talora un po’ ondulate e sottili, ma generalmente spesse sino a 40 mm. La faccia inferiore è coperta di una epiteca e di strie irradianti da un centro, rilevate, discreta- 30 P. L. PREVER [78] mente ed inegualmente spesse verso il margine. Quella superiore è piana, più frequentemente ondulata o lievemente gibbosa. I calici in questa specie sono numerosi, ravvicinati, raramente circolari, generalmente ovalari od ellissoidali, qualche volta con una strozzatura nel mezzo. Sono inoltre un pò variabili in gran- dezza. I più piecoli misurano 5 mm. di diametro, sono comuni quelli ellittici di 10-11 mm. di lunghezza per 6-7 di larghezza. I muri sono piuttosto sottili e distanti fra di loro al massimo 1 mm., generalmente un pò meno. Si determina, quindi, ira di essi un solco assai poco profondo, spesso quasi inavvertito, perchè le coste lo mascherano. Abitualmente queste si trovano all'altezza del muri, mentre i setti sono leggermente soprae- levati, non di più però, anzi un pò meno che nella F. dedalaea ReUuSS, e, perciò, il solco si vede lo stesso, ma strettissimo, talora appena largo 16 mm. I calici sono profondi da 3 a 4 mm., normalmente 4. I setti sono numerosi, quasi sempre piuttosto sottili, meno spessi che nelle 7. dedalaea Reuss e pulcherrima Micat.; vi sono, però, dei calici in cuì essi raggiungono lo spessore di quelli della prima specie nominata. Il loro spessore va diminuendo dal muro verso la columella ; qui spesso. sì inflettono, mentre nella rimanente por- zione sono retti o solo leggermente flessuosi. Qualche volta îl loro spessore è un pò irregolarmente distri- buito, così che accade spesso di trovare dei setti rigonfi presso alla columella, specialmente quelli del primo e del secondo cielo. Gli altri quasi sempre hanno una spiccata tendenza ad essere triangolari. Accade pure di trovare nel medesimo calice dei setti inegualmente spessi del medesimo cielo. Sulle loro faccie laterali si trovano delle granulazioni assai fini; il loro orlo superiore è ornato di denticini piuttosto grandetti e più sviluppati verso la cavità columellare. Non si trova che raramente sui setti di questa specie quel dente presso alla columella che sì mostra più sviluppato degli altri e che si vede bene, per es., nella F. pulcherrima Micat. e nella 7. apennina Prev. La columella è spugnosa, ma non molto sviluppata. I setti sono in numero varia- bile da 20 a 38 a 56 e più, secondo la grandezza dei calici. Più frequentemente se ne contano da 44 a 48 ; in molti calici invece di innalzarsi verticalmente si sviluppano un pò obliqui. In parecchi esemplari verso il margine i muri sì mostrano anch'essi un pò obliqui, e conseguentemente sono un pò inelinati anche i calici. Le traverse sono numerose, subequidistanti, spaziate fra di loro di circa 6 mm. e sono sottili, oriz- zontali od un poco oblique. Sì distingue facilmente dalla 7. dedalaea Reuss per la maggiore profondità dei calici, la minore sopraele- vazione dei setti sui muri, la maggiore appariscenza delle coste, la minore grandezza dei calici, il minore sviluppo della columella e spesso per il solco che diventa quasi piano o scompare. Dalla F. pulcherrina Mr- cHT. sì distingue subito per la maggiore profondità dei calici. Sassello, Carcare (Torino, Genova). Favia Zuffardii n. f. — Tav. VII [XVI], fig. 2. Il polipaio si mostra in lamine spesse sino a 40 mm., ma talvolta lo si osserva pure in lamine dello spessore di 6-10 mm. La faccia inferiore è ricòperta da un’epiteca mediocremente spessa ed è ornata di numerose strie sottili od alternativamente più spesse e più sottili; quasi sempre esse sono più sottili verso la porzione centrale da cui irraggiano, e di spessore mediocre ed inegualmente spesse in seguito. La faccia superiore è subpiana e leggermente ondulata. I calici sembra siano ancora disposti in serie lineari più o meno flessuo- se. Quelli circolari o subeireolari sono numerosissimi e del diametro di 3-4mm. Sono più frequenti quelli ova- lari od ellittici, piccoli e di forma alllungata, con accenni a strozzature nella parte mediana. Oltre ad essì vi sono poi dellecavità calicinati talora con evidenti strozzature e racchiudenti tre o quattro calici. I muri sono sottili, distanti fra di loro poco più di 1 mm., normalmente 1 inm., talora anche un po’ meno. Poichè [79] P. L. PREVER 31 i setti sono leggermente sopraelevati su di essi si determina un solco quasi sempre largo 4 mm., poco pro- fondo, regolare, sul quale si stendono delle costole pochissimo rilevate, mediocremente spesse e ravvicinate. I setti sono piuttosto sottili, subregolari, un po’ flessuosi, talora incurvati presso alla columella: essi vanno assottigliandosi dal muro verso la cavità calicinale; quelli dei due primi cicli si rigonfiano più o meno verso il centro di questa e portano in corrispondenza di tali rigonfiamenti dei denti assai sviluppati. Lateralmente sono ornati di granulazioni discretamente numerose, piccole : superiormente sull’orlo portano dei denticini non sempre ben conservati, i quali sono più forti presso alla columelta. Nei calici piccoli i setti sono in numero di 28-30, in quelli mediani di 35-45, e di 50-56 in quelli grandi, fatta eccezione di quelli che contengono più calici in una sola cavità. La columella è spugnosa, ma poco sviluppata. I calici sono profondi 3-5 mm. circa e la cavità calicinale è piuttosto piatta in fondo ; i setti, invece di essere molto convessi, lo sono poco e cadono quasi verticalmente sul fondo di essa, ciò che la fa sembrare anche più profonda. Questa è una caratteristica per cui la specie di distingue assai facilmente dalle sue congeneri. Le traverse endotecali sono distanti circa 4 mm., sono poste orizzontalmente od un pochino obliquamente e sono poco spesse. Sassello (Genova). Favia apennina n. Î. — Tav. VII [XVI], fig. 3. CL) Il polipaio sì presenta in lamine distese di spessore variabile da mm. 10 a 40, frequentemente un pò ondu- late. La faccia inferiore mostra un’epiteca ben sviluppata, mediocremente spessa e delle strie discretamente rilevate, numerose, un pò flessuose e, sembra, non fornite di granulazioni. Quella superiore è un pò ondu- lata e presenta spesso delle piccole gibbosità. I. calici sono numerosi, frequentemente perfettamente circola- ri e piccoli, spesso ovalari od ellissoidali ; si trova pure un disereto numero di valli. Si tratta, però, di valli chiuse, diritte 0 più o meno flessuose, che comprendono da due a quattro calici assai netti, spesso resi più netti da rilievi trasversali che li dividono. I calici, come le brevi valli, sono profondi 2-3 mm.: tale profon- dità è notevolmente costante nei calici dei diversi esemplari che ho sott'occhio. I muri sono sottili e discretamente distanti l’uno dall’altro in modo che fra di loro si apre un soleo in cui vengono a finire i raggi setto-costali o le costole robuste e spesse di cui i calici sono provvisti. Il solco è in tutti gli esemplari quasi superficiale a motivo dei setti che sono pochissimo sopraelevati sul muro ed è di regola largo un buon mm. La sua larghezza, è però soggetta a delle variazioni, e così, talvolta, anche la sua profondità, che può essere un tantino più pronunciata del normale. Vi sono degli esemplari o dei tratti di esemplari in cui l’esoteca è pochissimo sviluppata ; allora il soleo diventa assai più stretto, poco profondo e talora quasi scompare. Raramente scompare del tutto, nel qual caso la collina che separa due ca- lici attigui è acuta. Gli esemplari tipici hanno come caratteristica la poca elevatezza ed il discreto spes- sore dell’apparato muro-costale. I setti sono mediocremente spessi, regolarmente spaziati, subretti od incurvati verso la cavità colu- mellare, ove si flettono, più sottili dal muro andando verso di questa ; però quelli del primo e del secondo ci- clo spesso si rigonfiano all’estremità presso alla columella. Da esemplare ad esemplare varia il loro spes- sore ; in molti casi essi si presentano piuttosto spessi e frequentemente sono orientati in diverso modo nel- le valli in maniera da determinare assai bene i diversi calici quando non c’è il rilievo divisorio a cui ho accennato. Questo carattere è saltuario, è però talora così spiccato che si potrebbe credere si trattasse di una Hydnophyllia vicino della Hydn. valleculosa GimB., ciò che non è, come lo dimostrano gli altri carat- teri. Tutti i setti sono provvisti di piccoli denticini sul loro orlo superiore; verso la columella ve n'è uno sempre più sviluppato degli altri; talvolta ve n’è più di uno. Ciò, unito al rigonfiamento dei setti in questo 32 P. L. PREVER [80] punto, dà spesso l'apparenza di un fondo calicinale provvisto di pali. Nei piccoli calici vi sono 22 setti, 35-40 se ne contano in quelli ellissoidali ; nelle valli se ne annoverano da 16 a 18 su di una lunghezza di 1 em. La columella è spugnosa, poco o niente rilevata sul fondo del calice. Le traverse sono diseretamente nu- merose, distanti fra di loro 4 mm., suborizzontali, sottili. L’esoteca cellulare si scorge difficilmente. Si distingue facilmente fra le sue congeneri per il solco largo e la poca profondità dei calici unitamente alla loro disposizione seriata, ma specialmente per le spiccate granulazioni dei setti al loro orlo superiore. Casaleggio Monferrato, Sassello (Torino, Genova). Favia pulcherrima MIcHELOTTI. — Tav. VII [XVI], fig. 4 1861. Favia pulcherrima MicareLotTI G., n. 59, pag. 40, tav. IV, fig. 1, 2. 1867. — — D’ACHIARDI A., n. 17, pag. 6. 1868. — Meneguzzoi D’AcHIARDI A., n. 18, pag. 29. 1868. — — D’AcHIARDI A., n. 19, pag. 29, tav. XIII, fig. 2. 1871. — pulcherrima Siswonpa E. e MicHELOTTI G., n. 107, pag. 66. 1894. Clypeofavia pulcherrima De ANGELIS G., n. 25, pag. 62. 1897. Favia pulcherrima Osasco E., n. 84, pag. 8. Il corallario si presenta in lamine distese di spessore variabile da mm. 4 a 30. La faccia inferiore, piana o subpiana, è finemente striata ed ornata di un’epiteca che non sembra molto spessa; quella superiore è subpiana, leggermente ondulata, spesso gibbosa. 1 calici sono nettissimi, numerosi, di mediocre grandezza ; le loro dimensioni sono però assai variabili da punto a punto sul medesimo esemplare. Essi sono di forma circolare, più spesso si mostrano ellissoidali, allungati, sinuosi, con delle strozzature ed evidenti indi- zi di fissiparità. Vi sono in taluni esemplari dei calici allungatissimi che racchiudono, invece di due, an- che tre calici subdistinti. Il diametro di quelli subcireolari varia da 4 a 9 mm., gli altri, ellissoidali, mi- surano 10-20 mm. di lunghezza per 4-6 di larghezza. I muri sono un po’ distanti, l’esoteca cellulosa che u- misce i diversi calici non è molto sviluppata, talora è ridottissima per la grande vicinanza dei polipieriti. Le costole sono anch'esse solo mediocremente sviluppate ; in molti punti esse congiungono nettamente i di- versi calici, ma spesso si hanno anche solo dei raggi setto-costali spessi e subeguali, i quali lasciano ancora sussistere, con maggiore o minore evidenza, un solco intermurale. Questo carattere serve ad avvicina- re questa specie a Symphylia, e più particolarmente a Symph. bisinuosa Micat. Ad ogni modo il solco si scorge sempre, sia che vi si trovino le coste, sia che siano presenti i raggi setto-costali. 1 calici sono superficiali e ben poco profondi, promiscuamente; i muri sono sottili. ì setti sono discretamente numerosi, subregolari, mediocremente spessi al muro, sul quale si sopraelevano un po”. e più sottili verso il centro calicinale ; spesso qui si ingrossano leggermente o discretamente, tanto da potere simulare dei pali. Essi sono armati superiormente di denti piccoli dappertutto, salvo che verso la colu- mella, ove ve n’è per lo meno uno su ciascun setto assai più notevole degli altri. Talvolta i setti sono collocati un pò obliquamente, talaltra invece, sono un po’ incurvati presso la columella, dove si flettono, in guisa da avere un decorso brevissimo parallelo allo sviluppo in lunghezza del calice. Ciò si verifica in quei calici mol- to allungati e composti di due o tre calici subdistinti. Essi sono poi in numero di 24 nei piccoli calici, e di 32-44 negli altri. In quelli che racchiudono più di un calice se ne contano da 54 a 60 e più. Nei calici in cui la fissiperità è evidente essi sono spesso poco regolarmente spaziati e verso il muro piuttosto ine- gualmente spessi. Loteralmente sono granulosi, ma la poco buona conservazione degli esemplari impedisce di vedere bene la distribuzione delle granulazioni. La columella è spugnosa, ma è poco sviluppata; ie [81] P. L. PREVER 33 traverse sono discretamente numerose non molto spesse, subequidistanti, poste a circa 1 mm. l’una dall’al- tra e con un decorso per lo più orizzontale. D’AcHIARDI nel suo lavoro sui Coralli del Veneto descrive una Y. Meneguzzoi che in principio credette fosse la P. pulcherrina MicHr., tanto che mentre nella descrizione è indicata con il primo nome, nella illu- strazione della tavola viene indicata con il secondo. A mio parere, anche tralasciando la figurazione che il medesimo autore accenna difettosa, credo che si debba trattare della F. pulcherrima Micam. Questa spe- cie rassomiglia assai, come lo ebbe già a notare anche D’AcHiaRDI, alla Symph. bisinuosa Micam. ; però, in essa i calici non sono mai o rarissimamente disposti in serie lineari dirette o sinuose, inoltre, nel solco inter- murale le coste sono quasi sempre presenti in luogo dei raggi setto-costali; anche i setti hanno un aspetto diverso. D’AcHIARDI pone con questa specie la F. dedalaea REUSS; è vero che queste specie, talora assai rie- che in individui, in ogni località dove si trovano, e molto diftuse, sono piuttosto variabili, ma oltre la differenza di profondità dei calici, sta la forma del soleo intercalicinale e la terminazione arrotondata del- l’orlo calicinale nella pulcherrima, mentre è acuto nella F. daedalaea. Sassello (Torino, Genova). Favia profunda Reuss — Tav. VII [XVI], fig. 5. 1873. Favia profunda Reuss A. E., n. 101, pag. 13, tav. XLII, fig. 6. 197/bNGa — D’ACHIARDI AÀ., n. 20, pag. 42. 1915. — — DAINELLI G., n. 22, pag. 276, tav. XXXIV, fig. 2, 3, 7; tav. XXXVI, fig. 6. L’unico esemplare che ho trovato nel giacimento ligure è di piccole dimensioni ed incompleto. Com- pleto, si può arguire, dovrebbe misurare 87 mm. di lunghezza per 50-60 di larghezza. La sua forma è cespitosa, lasua faccia inferiore è coperta di un’epiteca che sembrerebbe non essere molto spessa ed ornata di costole piuttosto grosse e ben rilevate, granulose, irregolari nello sviluppo e nel decorso: la faccia superiore è pianeggiante. l:calici sono numerosi, raramente circolari, spesso ellittici ; hanno frequentemente degli ac- cenni chiarissimi a delle strozzature, spesso assumono anche delle forme subtriangolari. Generalmente sono isolati, talora sono confluenti o subconfluenti a due a due. Le dimensioni variano da 5 mm. a 9-10 di larghezza per 4-5 di lunghezza. In qualche punto si hanno tre o quattro calici confluenti in maniera che si formano delle valli piccole, chiuse. La profondità dei calici è di' mm. 1-1 44. I muri sono sottili e spesso invisibili in causa delle costole, e sono generalmente distanti fra di loro circa 1 mm. in guisa che determinano un solco poco profondo, abbastanza largo, piatto, mezzo obliterato dal- le costole robuste, e rialzate. Vi è, quindi, un discreto sviluppo dell’esoteca, salvo che inrari punti ove i muri sono saldati fra di loro. I setti sono mediocremente spessi, di forma triangolare, diritti, talora un po’ incurvati, verso il centro calicinale ove i più grandi portano frequentemente dei denti assai forti. Qualche volta, quando s’inflettono, si allungano nel senso dell’asse calicinale e dànno origine a dei raggi settocostali che ricordano quelli delle Hydnophylla ; sono però più rari. Sul muro essi sono discretamente robusti e sopraelevati, hanno la loro continuazione nelle costole, che, alle volte, si spingono sino a toccare il muro opposto, ove si saldano a qual- che setto dei calici contigui ; oppure terminano in mezzo al solco intermurale. Il numero dei setti va da 35 a 50, a seconda dei calici. Sul loro orlo superiore, vicino al muro, vi sono dei denticini poco forti. La co- lumella è spugnosa e poco sviluppata ; le traverse sono robuste, ravvicinate, numerose. Per la profondità-dei calici si avvicina alla Y. ponderosa Micat. ed alla F. daedalaca Reuss, ma se ne di- stingue subito per la sottigliezza del muro calicinale e del solco poco sviluppato e pianeggiante ; da tutte le Palaeontographia italica, vol. XXVITI, 1922. 5 34 P. L. PREVER [82] Faviae si distingue pure per la relativa piccolezza dei calici. La 7. brevisulcata è quella che più le si av- vicina, però ì calici di questa sono più profondi e più grossi, il solco più profondo, i muri, poi, terminano presso a questo in modo più acuto. Sassello (Genova). Favia irregularis n. £. — Tav. VII [XVI], fig. 6. Il corallario è laminare, spesso da mm. 10 a mm. 45; talvolta è ineguaimente spesso ; la faccia infe- riore, irregolarmente convessa o subpiana, sembra porti un’epiteca e delle costole spesse e granulate. Quella superiore sì mostra un po” ondulata 0, meglio, un po’gibbosa. I calici sono di forma e di grandezza assai variabile; ve ne sono di allungati con una strozzatura mediana, spesso sono semplici, spesso la cavità cali- cinale racchiude due o tre calici in via di separarsi e già più o meno distinti. La loro profondità è di mm. 2-3-4. Qualche volta essi sono impiantati un po” obbliquamente e misurano 6 mm. di diametro quelli piccoli, 8-10 quelli medii e 18-25 quelli allungati, che comprendono più d’un calice. I muri sono sottili e ravvicinati mediocremente fra di loro, i setti sono un pochino sopraelevati su di essì, così che si delinea un solco inter- murale largo un buon mm., qualche volta meno e poco profondo, appiattito o dolcemente arrotondato ; esso è attraversato da costole discretamente robuste, non troppo numerose e non molto rilevate. Rara- mente i muri sono tanto avvicinati fra di loro da fare scomparire il solco. L'apparato setto-costale appare sot- tile per causa dell’altezza dei muri e per causa anche dei setti, che, invece di essere convessi entro il calice, si mostrano più o meno concavi. I setti sono mediocremente spessi, più spessi verso il muro che presso il centro calicinale, subretti, talo- ra un po’ ondulati, talora più o meno incurvati presso alla columella. Verso questa essi frequentemente si in- grossano, ma di poco, specialmente quelli del primo ciclo e del secondo. Gli altri ora hanno una forma ‘nettamente triangolare, ora sono quasi egualmente spessi in tutta la loro lunghezza. Il loro orlo superiore è ornato di denticini un po’ rilevati, i maggiori tra questi si trovano presso alla columella, ma non è tanto facile vederli per causa dell’erosione. Sembra però che non raggiungano mai un discreto sviluppo. Nei ca- lici di mediana grandezza (7 mm. di diametro) se ne contano 32, negli altri sino a 50 ed anche molto di più, secondo la grandezza. La columella è spugnosa, ma non è affatto rilevata sul fondo della cavità calicinale. Non sono riuscito a vedere le traverse. Per l’irregolarità nella forma e nella grandezza dei calici, la sottigliezza relativa dell’ apparato muro- costale e la profondità dei calici, si distingue facilmente da tutte le altre Faviae. Sassello (Genova). Plocophyllia contorta CATULLO sp. 1847. Lobophyllia contorta CATULLO T., n. 9, pag. 12, tav. IV, fig. 10. 1847. — pulchella CATULLO T., n. 9, pag. 30, tav. IV, fig. 11. 1847. — calyculata ? CATULLO T., n. 9, pag. 28, tav. II, fig. 7. 1847. Turbinolia unisulcata ? CATULLO T., n. 9, pag. 38, tav. IV, fig. 7. 1857. _ pulchella CAruLLO T., n. 10, pag. 53, tav. III, fig. 11. 1847. Caryophyllia bisulcata CATULLO T., n. 9, pag. 19, tav. II, fig. 1. 1847. —- pseudocernua CatuLLO T., n. 9, pag. 20, tav. II, fig. 2. 1840-47. Lobophyllia contorta MicHELIN H., n. 56, pag. 53, tav. X, fig. 12. 1857. —_ contorta ? CatuLLo T., n. 10, pag. 52, tav. III, fig. 10. 1857. _ calyculata CATULLO T., n. 10, pag. 52, tav. IV, fig. 7. 1857. Turbinolia unisulcata ? CATULLO T., n. 10, pag. 34, tav. III, fig. 7. I (ui [83] P. L. PREVER 1857. Caryophyllia bisulcata CATULLO T., n. 10, pag. 49, tav. IV, fig. 1. 1857. —_ pseudocernua CATULLO T., n. 10, pag. 49, tav. IV, fig. 2. 1865. Trochoseris distorta (pars) De ScHAUROTH, n. 105, pag. 186. 1868. Thecosmilia?® multilamellosa D’AcHIARDI A., n. 19, pag. 16, tav. X, fig. 5, 6. i 1868. Thecosmilia contorta (pars) D’AcHIARDI A., n. 19, pag. 13, tav. IV, fig. 2, 3, 6-14; tav. X, fig. 14. 1868. PlocophyIlia contorta D’ACHIARDI A., n. 18, pag. 63. - : 1868. — calyculata Reuss A. E., n. 99, pag. 145, tav. III, fig. 1-5. 1868. — constricta Reuss A. E., n. 99, pag. 146, tav. III, fig. 6, tav. IV, fig. 1. 1868. — flabellata Reuss A. E., n. 99, pag. 146, tav. IV, fig. 2. 1873. — calyculata Reuss A. E., n. 101, pag. 29, tav. XLVIII, fig. 1, 2; tav. XLIX, fig. 1-4. 1873. _ Jlabellata Reuss A. E.. n. 101, pag. 30, tav. XLIX, fig. 5-7; tav. L, fig. 1. 1873. —* caespîitosa Reuss A. E., n. 101, pag. 31, tav. L, fig. 2-3; tav. LI, fig. 1. 1901. Plocophyllia contorta OrPENBEIM P., n. 76, pag. 74, fig. 6, 7. 1902. —_ contorta Osasco E., n. 85, pag. 114. 1902. — — var. flabellata Osasco E., n. 85, pag. 115. 1902. —_ — var. caespîtosa Osasco E., n. 85, pag. 115. 1902. — — var. crussa Osasco E., n. 85, pag. 115, tav. II, fig. 4. < 1915. a — DAINELLI G., n. 22, pag. 325, tav. XXVIII, fig. 7. Il corallario, che è di forma cespitosa, raggiunge un’altezza di 6 em. circa su di una lunghezza di 13 em. ed una larghezza di circa 11 cm. Inferiormente mostra il segno d’attacco di un peduncolo che doveva essere discretamente sviluppato. Da esso si partono dello costole grosse, ramose, ricoperte di strie ravvicinate, nu- merose, irregolari, più o meno forti ed interrotte qua e là da accenni a degli anelli concentrici. Tutti que- sti caratteri si vedono però solo frammentariamente e con difficoltà per essere la faccia inerostata dalla so- lita arenaria oligocenica che accompagna quasi sempre i polipai di Sassello, rendendone così facilmente rico- noscibile la provenienza loro. Anche la faccia superiore porta dei calici e dei brevi spazi intercalicinali obli- terati da tale arenaria grossolana e tenace, in guisa che tra i primi sono pochissimi quelli che si vedono un po’ bene. Fra di essi sono abbondanti quelli isolati di forma circolare ed ellittica, con delle dimensioni di 15-18 mm. per 20-22, e separati da solchi intercalicinali piuttosto profondi, di variabilissima larghezza. Non sono neppure infrequenti quelli doppi, perchè in via di fissiparizzarsi, e quindi allungati, mostranti una stroz- zatura mediana. Il mio esemplare non si avvicina a quello figurato da CATULLO e nemmeno a parecchi tra quelli figurati da Reuss. Non è possibile descriverlo a fondo in causa della sua cattiva conservazione. Sono rimasto anche un po’ dubbioso se riferirlo alla specie ; esso è, però, perfettamente rispondente alla figura ed anche alla de- serizione dell'esemplare di Monte Carlotta figurato da Reuss a tav. XLVIII, fig. 1. Se si osservano attenta- mente le figure date dai diversi autori delle specie contorta, calyculata, constricta, caespitosa, flabellata, pul- chella, si trovano punte differenze specifiche o per lo meno molto scarse, e, per converso, molti passaggi ; la specie appare molto variabile; forse fra gli esemplari riferibili ad essa si potrebbero creare parecchie varie- tà, come fece Osasco, ma, a parte la discordanza di esemplari messi assieme per fare queste varietà e 1a ras- somiglianza di altri separati, non mi sento da tanto di farlo, perchè gli individui non variano solo da luogo a luogo, ma anche nella medesima località, e ve ne sono di quelli che presentano delle variazioni in sè stessi. Se si dovessero fare delle varietà, una, credo, si potrebbe costituire, e sarebbe data dall’esemplare catul- liano (tav. IV, fig.7) della calyculala, a cui si potrebbero unire: pulchella Cat. (tav. INI, fig.11), calyculata Reuss (tav. III, fig. 1-5), constricta Reuss (tav. III, fig. 6), calyculata Reuss (tav. XLVIII, fig. 2, tav. XLIX, fig. 1). Ma la calyculata della tavola XLVIII, fig. 1 e della tavola XLIX, fig. 2, come la /ladellata (tav. XLIX, fig. 6,7) formano un tale passaggio fra questa varietà e la tipo che non si può fare a meno di rimanere perplessi di fronte ad una tale intenzione. 36 È P. L. PREVER [34] Vi è qui, e purtroppo non solo qui, una questione di priorità non facile a dirimersi: CaruLLo creò mol- te sue specie nel 1847; MicHELIN, il cui lavoro va dal 1841 al 1847 ha dato nomi nuovi e, s'intende, diversi a talune specie di CatuLLo. A chi spetta la priorità di denominazione ? Forse a MicHELIN che probabilmente avrà creato qualche sua specie avanti il 1847, ma io non ho potuto appurare questo punto. Sassello (Genova). Plocophyllia oligocenica n. f. — Tav. VII [XVI], fis. 7. Il corallario ha forma cespitosa, è basso e misura 4 cm. di altezza ; la sua larghezza è di 10 cm. per cir- ca 7 di lunghezza. Inferiormente esso porta in posizione eccentrica la traccia di un largo peduncolo, e mostra dei grossi rami suddivisi e nettamente isolati verso l’orlo: talora la suddivisione è poco netta ed essi verso il margine formano dei lobi. Su di questa faccia si trova un’ epiteca formata talvolta di parecchi foglietti, come si vede frequentemente nella Myc. hypocraleriformis MicHt., ed ornata di strie quasi sempre non troppo ravvicinate, non molto spesse, ben rilevate e quindi ben visibili. Superiormente il polipaio sì mostra assai spiccatamente lobato e porta dei calici isolati, di forma arrotondata od ellittica e del diametro di 20-30 mm.; e posti specialmente verso il margine. Oltre ad essi ve ne sono altri in via di suddividersi ; questi comprendono due o tre calici minori, riuniti in certe valli che mostrano delle strozzature più o meno pronunciate, in guisa che i centri calicinali sembra siano sempre assai bene distinti. Sia i primi che questi sono separati da solchi di variabilissima larghezza, profondi, e, sembra, ricoperti da epiteca con delle strie eguali a quelle visibili sulla faccia inferiore. I setti sono discretamente numerosi, quelli dei due primi cicli sono ben sviluppati, quelli del terzo lo sono talvolta poco, sempre poco quelli del quarto. Essi sono mediocremente ad inegualmente spessi; quelli appar- tenenti ai calici confluenti e subconfluenti sono talora un po’, qualche volta molto, ondulati o piegati. Quelli dei calici isolati sono più numerosi e più ravvicinati. In questi sene contano da80a 90; il. loro orlo supe- riore sembra armato di denti irregolari. È però difficile abbastanza verificare questo carattere per causa del deterioramento dell’esemplare. Lateramente sembra siano muniti di piccole granulazioni; le traverse che li legano appaiono discretamente abbondanti, ed oltre ad esse sembra vi siano delle sinatticole. Non mi è possibile dare una descrizione esauriente di questa specie della quale posseggo due soli esempla- ri in non troppe buone condizioni di conservazione. Essa si avvicina molto alia Ploc. forojulensis D’Ack. : ne differisce per non essere così profondamente lobata, inoltre, le valli calicinali sono più larghe e meno lun- che ed i setti sono meno numerosi. Dalle altre Plocophyllia si allontana nettamente per parecchi caratteri. Sassello (Torino, Genova). BIBLIOGRAFIA } . BeLLaRDI L. — Catalogue raisonné des fossiles nummulitiques du Comité de Nice, avec la collaboration de M.J. Haime pour les Polypiers; Mém. S. G. d. Fr., 2 sér., vol. IV. Paris 1852. . BERNARD H. R. — Catalogue of the Madreporarian Corals in the British Museum. London 1896. . BerNARD H. M. — On the affinities of the Madreporariam genus Alveopora, with the Palaeozoic Pavositi- dae, together with a brief sketch of some evolutionary stages of the Madreporarian skeleton : J. Linn. Soc. Zool., vol. XXVI. London 1896. . 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INTRODUZIONE La scoperta delle Graptoliti di Goni e l’ illustrazione del Meneghini. — Nel 1838 il generale ALserto de LA MARMORA scopriva «per caso», come egli ebbe a dire modestamente 1), le numerose e belle impronte argentee di Graptoliti che dovean dare rinomanza al povero villag- gio di Goni, nel medio bacino del Flumendosa. Il generale, rimandato il lettore alla monogratia del MENE- cHINI per l'elenco e la descrizione delle specie, prosegue indicando la precisa località del giacimento fossili- fero : « Le lieu, ou nous fîmes cette découverte, se trouve à 5 minutes de Goni, vers le nord, dans une région dite Pé Inconi (pied boiteux). Là se montrent au jour, dans un chemin légèrement encaissé, les couches fouil- letées de ce schiste noir qui se subdivise en plaques aussi minces qu’ une feuille de papier è lettre, et qui lais- sent voir des deux còtés les empreintes de ces corps singuliers » ?). Aggiunge che gli scisti si alternano con banchi di calcare reticolato, che egli a ragione ritiene identico a quello di Pauli (S. Nicolò) Gerrei e Silìus ; scisti e calcari piegati variamente in ogni senso, con una prevalente inclinazione verso est. Il MENEGHINI a sua volta, parlando di questi fossili, così si esprime °): « Dans tout le vaste groupe des terrains siluriens de l’est et du nord de la Sardaigne, le gisement fossilifère le plus important est celui des schi- stes noirs fortement carburés, riches de nombreuses et belles empreintes de Graptolites de Pé-inconi près de Goni. Ces Graptolites appartiennent pour la plus grande partie au sous-genre Monograpsus ou Monoprion. Quelque fragment seulement indique aussi la présence du genre Diplograpsus cu Diprion, repré- senté par deux espèces, tandis que nous en avons pu distinguer neuf du premier. Parmi celles-ci il n°y ena malheureusement qu'une seule qu'on puisse rapporter, avec pleine certitude, à une espèce déjà connue, mais c'est justement la plus importante, étant celle qu’on trouve le plus universellement répandue dans la par- tie supérieure du terrain silurien inférieur ed dans la partie inférieure du terrain silurien supérieur de tous les 1) A DE LA MARMORA. Voyage en Sardaigne. III partie, Description géologique. I. Turin, 1857, pag. 67. 2) Op. cit., pag. 68. 3) MENEGHINI. Paléontologie de l’ile de Sardaigne. In: LA MARMORA, Voyage en Sardaigne, pt. III, vol. II, 1857, pag. 86-87. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. 6 49 M. GORTANI [2] pays, et c'est aussi la mème que nous avons notée comme caracteristique, avec la Cardiola interrupta.... et les Orthocères, du calcaire de la Cea di S. Antonio, c’est-à-dire le Graptolithus Priodon ». Passando poi alla parte speciale '), il MenrGHINI ragiona con la sua consueta minuzia di finissimo osserva- tore intorno al modo in cui si presentano le impronte, alla maniera di fossilizzazione, ai diversi tipi, alle apparenti ramificazioni; e descrive infine le forme seguenti: 1. Graptolithus (Monograpsus) antennularius n. sp., 2. G. (M.) Lamarmorae n. sp., 3. G. (M.) colonus BARR. ?, 4. G. (M.) belophorus n. sp., 5. G.(M.) he- mipristis n. sp., 6. G.(M.) Gonù n. sp., 7. G.(M) falcatus n. sp., 8. G. (M.) mutuliferus n. sp., 9. G. (M.) Priodon Bronn, 10. Graptolithus (Diplograpsus) sp. ind., 11. G. (D) sp. ind. i Le critiche allo studio del Meneghini e lo scopo del presente lavoro. — Dalle parole del LA MarmoRA e dall’illustrazione del MeNEGHINI appariva chiaramente che le Graptoliti di Goni provenivano da una sola località, di estensione limitata, e da un medesimo orizzonte. Ma le sottigliezze degli autori succes- sivi, che senza esaminare gli esemplari originali nè meditare le parole si attardarono ad elucubrazioni su le figure, finirono col travisare i fatti e col portare la maggiore incertezza sul livello o sui livelli geologici del giacimento di Goni. Il TULLBERG per primo, a quanto mi è noto, nello studio critico sul Siluriano di Svezia e delle altre regioni ?) portò speciale attenzione ai risultati del MenEGHINI e in particolare alle Graptoliti. Dopo aver osservato 5) che nel Museo della Sverige geologiska Undersòkning si hanno pezzi di scisto a Graptoliti indicati come pro- venienti dal Fichtelgebirge e contenenti Monograptus turriculatus BarR., M. Hisingeri CARR. e M. cf. falcatus MENEGHINI, venedo a trattare della Sardegna, così si esprime 4): « Il MENEGHINI cita 11 specie di Graptoliti degli « schistes graptolitifères de Goni». Vi è una specie diversa da tutte quelle finora descritte, che si trova anche nel Fichtelgebirge : di grande statura, simile al M. testis BARR. per larghezza, aspetto e struttura delle teche, ma senza il lungo denticolo con cui protundono le aperture tecali di questa specie. MeNEGHINI la chia- ma M. falcatus : nel Fichtelgebirge essa compare con M. Hisingeri e M. turriculatus. Insieme al M. falcatus, il MenEGHINI ha disegnato altri frammenti che descrive come nuove specie. Una specie (tav. B, fig. 1 3, 4 e 5) è certamente il M. Hisingeri CArR.; un’altra (fig. 2c, 6, 8 e 9)è il M. priodon; alcune forme (fig. 2a e 24) molto prossime o identiche al M. vomerinus NicH. Una specie affine a queste, ma assai mal disegnata, è rappresentata dalla fig.2 e. Lafig. 10 rappresenta un Diplograptus, che somiglia al D. palmeus BARR., specie che si trova negli scisti dell'orizzonte di Gala presso Ròstanga. Un'altra specie del medesimo tipo è figurata nella tav. 5, fig. III 10: essa rassomiglia un po’ al D. tamariscus NicH.». — Il TuLLBERG prosegue esprimendo il parere che il \Monograptus figurato dal MENEGRINI nella tav. C (fig. 19) e proveniente dai calcari con Orthoceras e Cardiola di Xea S. Antonio presso Flùmini non sia il priodon, ma piuttosto il colonus BARR.: giudizio errato, come ho già avuto occasione di dire altrove 5) : errato del resto è per intero il brano su riportato, come apparirà dal- la revisione delle Graptoliti di Goni. Il TuLLBERG, come logica conclusione dalle accennate premesse, termina dicendo che «gli scisti di Goni 1) Op. cit., pag. 153-182. 2) ToLLeBRe. Skanes Graptoliter. I. Allman bfversigt ofver de siluriska bildningarne i Skane och jemforelse med ofriga kinda samtidiga aflagringar. Sver. geol. Undersékn., ser. C., n. 50, 1882. i 3) TuULLBERG. Op. cit., pag. 28. 4) TuLLBERG. Op. cît., pag. 32 ; traduco dall’originale svedese. 5) Cfr. GORTANI. Contribuzioni allo studio del Paleozoico Carnico. VI. Faune a Graptoliti. Palaeontogr. ital., XXVI, (1920) 22, pag. 37. [3] M. GORTANI 43 sono del piano di Gala e corrispondono alla zona con M. (urriculalus del Fichtelgebirge e della Boemia; l'orizzonte a Cardiola è certo del Ludlow ». Nella traduzione riassuntiva tedesca del lavoro, pubblicata l’anno successivo, il TUuLLBERG ripete testual- mente l’accenno al M. cf. falcatus nei pezzi di scisto del Fichtelgebirge '), ma tralascia l’esame delle figure del MENEGHINI, limitandosi a dire che le 11 specie dei suoi «schistes graptolitifères » sembrano del piano di Gala 2) e ripetendo l’errore di giudicare M. colonus il M. priodon del calcari di Flumini. Nelle tabelle riassun- tive annesse ai due lavori, gli scisti di Goni sono sincronizzati con la zona a M. turriculatus e M. runcinatus del Gala-Tarannon inferiore. Nel 1887 il FrREcH, confrontando le formazioni paleozoiche di Cabrières con quelle di altri paesi, riprende l’argomento senza portarvi aleun nuovo contributo *). Anche il ToRNQUIST, due anni appresso, rivedendo alcune serie siluriane europee, si limita a prendere atto delle osservazioni e dei risultati del TuLLBERG®). Nè le muta sostanzialmente più tardi, in una incidentale nota critica sulle forme descritte dal MENEGHINI come M. colonus e M. belophorus 5). Di diversa opinione è invece il BaRROIS. Egli si prova a costruire a modo suo una sinonimia e um’identifi- cazione delle specie, in base alle figure delnostro autore; e, senza neppur curarsi di esaminare le associazioni di specie presenti in ciascuna delle tre lastre di scisto disegnate dal MENEGHINI, finisce con lo smembrare gli scisti di Goni in due distinti orizzonti. Egli dice infatti 9): «M. MenEGHINI a decrit en Sardaigne une riche faune graptolitique dans le schistes de Coni, dont les relations avec les Pyrénées nous paraissent remarquable- ment intimes. En Sardaigne on peut distinguer 2 niveaux principaux, l’un à M. antennularius (ci. Bechi), M. Gomi (cf. continens), M. hemipristis (cf. jaculum), qui est de l’àge de Tarannon ; l’autre à M. colonus, M. Lamarmorae, M. mutuliferus (cf. vomerinus), qui répresente le Wenlock. Les espèces de MENEGHINI présentent les plus grandes analogies avec celles des Pyrénées ; la comparaison des types permettrait de les identifier, et de faire passer en synonimie un certain nombre d’espèces anglaises, l’antériorité revenant à ces types italiens». A parte le identificazioni delle specie, che appariranno errate nell’esame dei tipi, è veramente singolare che il BARROIS mon si sia accorto chele forme da lui attribuite ai due distinti livelli sono insieme frammiste su ciascuno dei tre pezzi di roccia figurati dal MENEGHINI ! Con tutt'altro criterio, un decennio più tardi le dott. ELLES e Woop esaminarono nuovamente l’illustra- zione delle Graptoliti sarde. « Descrizioni e figure delle Graptoliti dell’isola di Sardegna — esse dicono ?) — 1) TuLLBRRG. Ueber die Schichifolge des Silurs in Schonen, nebst einem Vergleiche mit anderen gleichalterigen Bildungen. Zeitschr. deut. geol. Ges., XXXV, 1883, pag. 254. È 2) TuLLBERG. Ibid., pag. 259. 3) FrecH. Die Palaeozoischen Bildungen von Cabrières (Languedoc). Zeitschr. deut. geol. Ges., XXXIV, 1887. A pag. 401 il FREcH dice: « Della Sardegna, ad opera di La MARMORA, sono noti scisti a Graptoliti, che TULLBERG è propenso a riferire a due orizzonti diversi. Gli strati più antichi equivalgono secondo lui all’orizzonte di Gala- -Tarannon; i più recenti al gruppo di Wenlock o al piano E,, e contengono Cardiola interrupta e Monogr. colonus. La presenza di Cardiola interrupta, se fosse sicura, non corrisponderebbe alle condizioni della Boemia. Il lamel- libranco in questione si trova quivi in gran quantità solo nel piano E,. Oltre a ciò, BARRANDE lo cita dubbiosa- mente nel piano E,, e inoltre nelle « Colonie », sulla cui apppartenenza al Neosilurico superiore non vi è più dubbio alcuno». ‘) TérNQUIST. Nagra anmdrkningar om. vestra Buropas kambriska och siluriska korologi. Geol. Fòren. i Stock- holm Férhandl., XI, 1889, pag. 331. °) ToRNQUIST. Researohes into the Monograptidae of the Scanian Rastrites beds. Acta Univ. Lund., XXVIII, 2, 1399, n. 10, pag. 9-10. 5) BARROIS. Mémoiîre sur la distribution des Graptolites en France. Ann. Soc. séol. du Nord, XX, 1892, pag. 128. °) ELLES et Woop. British Graptolites. Introduction (Pt. III). Palaeontogr. Soc., LVII, 1903, pag. XXXIX. 44 M. GORTANI [4] furono pubblicate da MENEGRINI nel 1857. Sono citate 9 specie, e di queste 7 sono descritte come nuove. Sfor- tunatamente i disegni sono così manchevoli, che è impossibile identificare le forme specifiche con certezza ; e malgrado le prolisse descrizioni del MENEGHINI i suoi nomi non sono mai stati adottati. È possibile tut- tavia che le sue figure siano tentativi di rappresentare specie ben conosciute. Il suo Graptolithus (Mono- grapsus) antennularius è del tipo del M. Becki, e il suo Gr. Lamarmorae è forse identico al M. Flemingii di Sarrer. La forma chiamata Gr. colonus BARR. è identificata a torto, ma il suo Gr. belophorus può essere questa specie. Il suo Gr. hemipristis è rappresentato da figure parzialmente scalariformi, ed è quindi indetermina- bile. Il suo Gr: Gonù appartiene chiaramente al gruppo del M. vomerinus. Il suo Gr. falcatus rassomiglia al M. limatulus di TornQuIST nella forma generale e nel lungo prolungamento prossimale dell’asse. Il suo Gr. mutuliferus è del tipo del M. Flemingii ; mentre il suo Gr. priodon è forse correttamente riferito alla specie di Bronn, ma però non è certo. La sua lista termina con due specie non denominate di Diplograpsus, che non sono specificamente riconoscibili. Ma, mentre le figure non permettono di riconoscere individualmente le spe- cie, l'abito generale è reso abbastanza bene, ed è evidente che pressochè tutte le forme seno del piano di WENLOCK ». Nella Lethaea del FREGA, l’argomento non è trattato; lo HauG nel 1907 1) s1 limita a trascrivere il giudizio del BARROIS. Una così notevole diversità di opinioni e di apprezzamenti, in parte evidentemente erronei, dimostra- va la necessità scientifica di un’accurata revisione del lavoro del MENEGHINI, condotta con criteri moderni in base all’esame degli esemplari originali. Tale studio mi pareva anche una indispensabile premessa alle ri- cerche stratigrafiche sul Paleozoico antico della Sardegna, che mi proponevo di iniziare. Queste le ragioni della presente memoria; che non voglio licenziare senza un affettuoso ringraziamento al prof. MarIO CANAVARI, cui debbo la fortuna di aver potuto compiere nelle migliori condizioni il lungo lavoro di indagine sull’ abbondante materiale raccolto dal generale La MARMORA e studiato dal MENEGHINI, che si conserva nel R. Museo geologico di Pisa. i Condizioni topografiche e geologiche del giacimento. — Il LA MARMORA, come si è accennato, descrive in modo preciso le condizioni del giacimento fossilifero di Goni e della regione contermine, quali il suo occhio esercitato le aveva potute rilevare. Ciò mi dispensa dal dilungarmi su tale ar- gomento ; tanto più che tutta la vasta plaga circostante richiederebbe un accurato studio d’insieme per poterne trattare convenientemente. = Goni si trova in un gruppo montuoso che ha la forma di un accidentato altipiano ) con la superficie fra 370 e 552 metri sul mare, tagliato ad est dalla profonda valle del Flumendosa (che qui scorre a poco più di 100 m.s.m.) e a nord e a sud rispettivamente dai suoi due tortuosi affluenti Mulargia e Annallai, an- ch’essi profondamente incassati. La località fossilifera si trova poco fuor del paese, lungo la stradicciola indicata come sentiero sulla carta e che si dirige a nord rimontando le pendici del Bruncu Bullao, a circa 400 m. di altezza. La ricchezza di fos- sili, in quel breve tratto, è veramente strabocchevole. Gli scisti inelinano a SSE; ricompaiono a ponente di Goni, ma con rari fossili, nella valletta del rio Subbau in cui giace l’abitato. Essi sembrano far parte di una lunga zona, che in direzione approssimativamente O—E, complicata da arricciamenti locali, dalla valle del Flumineddu per l’Areu Genna Quaddari e il rio Fontana Coverta raggiun- 1) HaAuc. Traité de géologie, II, pag. 652. Così pure nella 2? ediz. del Trattato. 2) Cfr. la cartina annessa alla sesonda parte di queste Faune paleozoiche della Sardegna. 15] M. GORTANI 45 ge il Flumendosa e per Goni si continua oltre il rio Uvini alta Sedda de s’Ortu, M. Nuxi ecc. Tale zona pre- senta Graptoliti analoghe e coeve a quelle di Goni presso lo sbocco del rio Fontana Coverta nel Flumendosa ; include alla Sedda de s’Ortu Graptoliti del Landovery superiore, e si appoggia quivi agli scisti del Caradoc; comprende intercalazioni di calcari reticolati del Gotlandiano medio, e anche del superiore con Tentaculitidi, come presso Goni e sulla destra del rio Fontana Coverta. Fa corpo con la grande plaga siluriana del Gerrei e della Trexenta, corrugata da pieghe a prevalente direzione E—O, e sconvolta anche da frequenti masse erut- tive di età imprecisata; tra le pieghe è notevole quella di Armungia, dove affiorano ancora scisti con Grapto- liti determinabili analoghe a quelle di Goni 1). Sistema seguito nella revisione. — Ho adottato nella revisione il sistema seguente. Dapprima ho studiato tutti gli esemplari originali della collezione La MARMORA : sia quelli figurati dal MENEGHINI, sia quelli, molto numerosi, che accompagnano i primi e che recano in parte sulle schede determinazioni di mano del MenEGHINI. Giova notare, a tale proposito, che i tre superbi esemplari da lui fatti disegnare sono sta- ti completati nelle figure sovrapponendovi anche qualche impronta esistente in pezzi accessori. Come per le Graptoliti carniche, ho fatto precedere a qualsiasi determinazioneil disegno degli esemplari, adottande (date le grandi dimensioni di essi) un mieroscopio da preparazione e la camera lucida grande di Koristka, così da ottenere un ingrandimento di 9 diametri. Identificati gli originali, tipi e contipi, mi sono volto ad altre forme trascurate dal MENEGHINI e che mi parevano degne di studio. L'esistenza di tali forme e l’indubbia presenza di un Cyrtograptus mi dimostrarono però la necessità integrare il lavoro con una raccolta diretta sul posto. E questa fu da me compiuta nell’aprile 1922, con acccurata cernita del materiale in sito e con risultati veramente ottimi: poichè ebbi la fortuna di trovare intere alcune forme descritte da MENEGHINI su frammenti talora arbitrariamente riuniti, di rinvenire un certo numero di forme nuove, e di constatare come i Cyrfograpti, per quanto non frequenti, si accompagni- no a tutte le varie forme dei Monograpti di Goni. Non è risultata possibile una distinzione paleontologica in zone, assai improbabile del resto anche peril tenue spessore degli strati fossiliferi in tutto il loro complesso. Lo studio di questo nuovo materiale fu condotto con lo stesso metodo usato per il materiale preceden- te. I disegni uniti al presente lavoro, eseguiti anche in tal caso nel modo su indicato a 9 diametri d’ingran- dimento, furono ridotti fotograficamente ad un terzo. Non ho creduto necessaria altra illustrazione per glioriginali del MENEGHINI, poichè i magnifici disegniin grandezza naturale fatti per lui dal PiERUCCI rendono perfettamente la fisonomia e il portamento degli esemplari, mentre i loro esatti caratteri minuti risaltano bene nei miei ingrandimenti. Per completare l° iconografia delle singole forme, ho voluto però fotografare i più importanti fra i campioni da me raccolti: procedimento assai poco usato per le Graptoliti, ma che mi ha dato qui ottimo risultato. Tutti gli esemplari figurati si conservano nel Museo geologico di Pisa. Raccolte parziali ho formato, col mio materiale, per i Musei geologici di Bologna, Pavia e Parma. 1) Vedi GORTANI. Osservazioni sul Paleozoico della Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., XLI, 1922, pag. 366-67, nonchè la seconda parte di queste Faune paleozoiche della Sardegna (Paleonto®r. ital., XXVIII). 46 M. GORTANI [6] DESCRIZIONE DELLE SPECIE Graptoloidea LAPHORTA. Fam. Diplograptidae LAPWORTH. Gen Diplograptus M’Coy em. 1. Diplograptus sardous n. f. — Tav. VIII [I], fig. 1 2. 1857. Graptolithus (Diplograpsus) sp. MENEGHINI. Paléontologie de Vile de Sardaigne, pag. 180, tav. B, fig. LIT, IO. 1857. — ce sp. (cfr. D. foliaceus HRKN.) MENEGHINI. Ibid., pag. 181, tav. B, fig. 11. I due esemplari rappresentano a mio giudizio una medesima specie : nel maggiore è visibile il lato siculare, obverso secondo la terminologia del T6RNQUIST '), mentre il secondo, più prossimo all’inizio, si presenta dal lato antisiculare o reverso. Il rabdosoma è robusto, lungo certamente qualche centimetro, progressivamente allargantesi anche nella parte distale ; i margini concorrono sotto un angolo di circa 69, e nell’esemplare maggiore la larghezza arriva a 4 mm. Sicula e regione siculare sconosciute. Il setto sembra completo. Le teche sono rade, in numero di 5 a 6 per centimetro ; sembrano rieoprirsi per circa % della loro lunghezza, che è di circa 3 mm. Il margine esterno delle teche è spiccatamente sigmoidale. Le pareti divisorie sono inclinate di circa 25° sull’asse del rabdosoma. L’escavazione è ampia e profonda, specialmente nella regione prossimale. L’alternanza delle teche è netta nella regione prossimale, attenuata nella distale. Goni, rarissimo. — Museo geologico di Pisa. Il MENEGHINI aveva notato la somiglianza generale dell’esemplare più piccolo con talune delle forme rife- rite al D. foliaceus MurCHIS. sp. Effettivamente la forma sarda, se ha qualche punto di contatto con tale spe- cie 2), si avvicina di più ad altre attribuite dalie dott. ELLes e WooD al medesimo sottogenere (Mesograptus), e in particolare al D. magnus Larw. 3) del Gotlandiano inferiore britannico. Ma nessuna specie nè di questo, nè degli altri sottogeneri, ha le teche così rade come il D. sardous ; in nes- sun’altra forma il numero delle teche scende infatti al di sotto di 8 per centimetro. Troviamo già in questo Di- plograpto superstite (tutti i congeneri sono limitati a orizzonti più antichi del Gotlandiano medio) una carat- teristica che riscontreremo generale fra le Graptoliti di Goni, distinte per le grandi dimensioni e per la dispo- sizione rada delle teche. Il D. sardous, come vedremo nelle conclusioni, ha interesse per essere la più recente specie di questo genere trovata finora. 1) TORNQUIST. Observations on the Structure of some Diprionidae. Acta Univ. Lund., XXIX, 1893. ?) MurcHIson. Silurian System, 1839, pag. 694, tav. XXVI, fig.3; ELLes et Woop. British Graptolites, pt. VI. Palaeont. Soc., LXI, 1907, pag. 259, tav. XXXI, fig. 8 a-f, e fig. 177 a-d nel testo. 3) LAPwoRTH H. The Silurian Sequence of Rhayader. Quart. Journ. Geol. Soc., LVI, 1900, pag. 132, fig. 21; ELLES et Woop. British Graptol., VI. L.c., 1907, pag. 266, tav. XXXI, fig. 14 a-e, e fig. 183 @,b nel testo. [7] M. GORTANI 47 Fam. Monograptidae LAPWORTH. Gen Monograptus GreiniTz em. Gruppo del Monograptus dubius. 2. Monograptus Meneghinii n. f. — Tav. VIII [I], fig. 3-8: Tav. XII [V], fig. 6D; e Tav. XIII [VI], fig. 20, 44. 1857. Graptolithus (Monograpsus) colonus ? (non BARRANDE) MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 164 (icon. omn. excl.). Rabdosoma lungo fino a 6 cm., diritto nelle parti distali, con curvatura ventrale leggiera e molto legger- mente sinuata nella regione prossimale; la curvatura ventrale interessa le prime 6 0 7 teche e talora anche meno. La larghezza massima varia da 1,6 a 2,2 mm. secondo gli esemplari; più frequentemente oscilla fra 1,8 e 2 mm.; viene raggiunta gradualmente a meno di 1 cm. dali’estremità siculare e per solito fra la 5* e la 7° teca. Al livello della prima apertura tecale la larghezza è di circa 1 mm. ; essa diminuisce talora leggermente nelle parti più mature. La sicula è lunga da 2,5 a 3 mm. e larga circa 4% mm. alla sua apertura ; il suo apice arriva fino al livello della prima apertura tecale, o lo supera leggermente. Le teche sono generalmente 7 per centimetro nella regione prossimale e 5 34 o 6 per centimetro nelle parti distali ; sono tubuiari, relativamente più larghe e più brevi che nel M. dubius, ma dei medesimo tipo ; diritte, inclinate da 25° a 30° sulla virgula, ricoprentisi per circa 44 della loro lunghezza. Il margine esterno delle te- che è diritto o leggermente sinuato ; quello aperturale è diritto e ad angolo retto col precedente ; spesso però in seguito alla compressione sì mostra concavo, terminato esternamente da un dentino saliente, e raccorda- to in arco più o meno saliente co. margine ventrale della teca sovrastante. La lunghezza delle teche mature è di 2,5 a 3 mm. La parte del rabdosoma che appare dentata per le sporgenze tecali occupa circa 44 della lun- ghezza totale. Goni, frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Parma e Pavia. ll M. Meneghinù è simile al M. dubius SuEss sp. 1), ma ha la curvatura prossimale del rabdosoma meno ac- centuata, le teche molto più larghe e più rade, e il rabdosoma complessivamente molto più stretto e sottile rispetto alla larhezza delle teche. In questo senso ricorda un po’ il M. comis Woop?), che è però forma di assai minori dimensioni, più esile, con teche molto più piccole e più fitte. E) 3. Monograptus sardous n. f. — Tav. VIII [I], fig. 9-12; Tav. XII [V], fig. 14, 34; Tav. XIII [VI], fig. 2D, 658. 1857. Graptolithus (Monograptus) colonus? (non BARRANDE) MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 164, tav. B, fig. III 3 » (cet. excl.) Rabdosoma lungo parecchi centimetri, e probabilmente fin oltre 1 dm., diritto nelle parti distali, ma con una netta curvatura ventrale nelia regione prossimale ; curvatura sinuata in corrispondenza della sicula ed 1) Suess. Veber Bohmische Graptolithen. HAIDINGER ’s Abh., IV, 1851, pag. 155, tav IX, fig. 5 a,b: — GORTANI. Contribuzioni allo studio del Paleozoico Carnico. VI. Faune a Graptoliti. Palaeont. Ital., XXVI, (1920) 23, pag. 29, tav. II, fig. 13 (cum syn). 2) Woop. The Ludlow Formation and its Graptolite-Fauna. Quart. Journ. Geol. Soc., LVI, 1900, pag. 459, tav. XXV, fig. 8 4, B: ELLEs et Woop. British Graptol. L. c., LXIV, 1910, pag. 381, tav. XXXVII, fig. 9, e fig. 251 nel testo. 48 M. GORTANI 3 [8] estesa di solito fino ad oltre 1 cm. dall’estremità siculare. La larghezza del rabdosoma cresce rapidamente da 1,3--1,5 mm. in corrispondenza della prima teca a circa 2 mm. in corrispondenza della quarta teca, e riesce poi più o meno lentamente al suo valore massimo, di 2,5 -— 3,3 mm., che è raggiunto di solito a meno di 1 em. dall’estremità siculare, e viene poi mantenuto uniformemente. La sicula, lunga circa 2,5 mm., molto attenuata all’apice, larga dì solito 4 mm., si spinge fino al livello della seconda apertura tecale. Le teche sono di uno stesso tipo, analogo a quello del M. dubius, con profilo esterno variabile per la notevole larghezza del margine aperturale, associata sovente ad una compressione della parete esterna verso l’alto: si ha così molto spesso una teca apparentemente retroflessa o apparentemente rostrata, che può far pen- sare a prim’entro al gruppo del M. Flemingi, ma chesi rivela invece analoga a quelle del M. varians WooD!). Le teche prossimali sono da 3 a 10 per centimetro, le distali da 7 a 8 nello stesso intervallo. La prima teca è ora più ora meno allungata (fra 1,9 e 2,9 mm.), probabilmente in relazione al grado di sviluppo che aveva rag- giunto come teca ultima formata al momento della morte del polipaio. Le teche sono approssimativamente diritte, uguali fra loro, inclinate da 25° a 30° sulla virgula, sovrapposte per oltre 4 della loro lunghezza; la den- tatura occupa da ‘|; a % della larghezza del rabdosoma. Goni, frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia, Parma. La forma descritta è prossima al M. tumescens Woop ?), da cui differisce essenzialmente per le teche più rade e col margine aperturale più ampio, e pel rabdosoma più largo e ancora più rapidamente allargantesi nel- la regione prossimale. Si distingue poi: dal M. dubius Suess sp. 3) per il rapido allargarsi del rabdosoma e le teche più lunghe, più strette, più a lungo sovrapponentisi; dai M. vulgaris WooD*) per la netta curvatura ventrale, l'estremità non rigida e meno attenuata, le teche più rade; dal I. transgrediens PERNER ?), per quanto è lecito giudicare dalla incompleta descrizione e dalle figure, rettificando le indicazioni evidentemente errate dell’ingrandimento, per le teche più rade, l'allargamento del rabdosoma più rapido, la parte distale mai ri- curva; dal M. largus PERNER %) per minor diametro e teche meno inclinate, più strette e più numerose ; dal M. gotlandicus PERNER °) pel rabdosoma più largo, le teche meno allungate e meno a lungo sovrapponentisi : inoltre da tutte queste forme per l'ampiezza del margine aperturale e la conseguente particolare forma che così spesso acquista il protilo delle teche. Il M. varians, dove il carattere delle teche è prossimo a quelle del M. sardous, ha un dimorfismo tecale che lo fa porre nel gruppo del M. colonus, e del quale manca ogni traccia nella nostra specie. 4. Monograptus saraous var. macilentus n. f. — Tav. VII [I], fig. 13, 14; Tav. XII [V], fig. 2. Rabdosoma non più largo di2 mm., ma con curvatura ventrale anche più pronunciata. Il resto come nel tipo.. Goni, raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. 1) Woop. Ludlow Formation. L. c., pag. 467, tav. XXV, fig. 14-16, fig. 15 nelitesto ; — ELLESs et Woop. Bri tish Graptol. L. c., 1910, pag. 395, tav. XXXIX, fig. 6 a-e, e fig. 263 a-c nel testo. 2) Woop. Ludlow Formation. L. c., pag. 458, fig. 5 A, B, e fig. 11 a; db nel teste; — ELLES et Woop. Bri- tish Graptol. L. c., 1910, pag. 379, XXXVII, fig. 12 a-d, e fig. 249 a, db nel tegto. 3) Cfr. nota 1) a pag. 47 [T]. b 4) Woop. Ludlow Formation. L.c., pag. 455, tav. XXV, fig. 2, e fig. 10 nel testo; — ELLES et Woop. Bri- tish Graptol. L. c., 1910, pag. 378, tav. XXXVII, fig. 10 a-e, fig. 248 «, b nel testo. 5) PERNER. Etudes sur les Graptolites de Bohéme. III. Monographie des Graptoltes de l’étage E, sect. b, 1899, pag. 13, tav. XVII, fig. 24. 6) PERNER. Graptol. de Boheme. III, sect. b, pag. 12, tav. XIV, fig. 6, 13, 23, 26. 7) PERNER. Graptol. de Bohéme. III, sect b, pag. 12, tav. XIV, fig. 22; — ELLES et Woop. British Grapiol. L. c., pag. 382, tav. XXXVII, fig. 8, e fig. 352 nel testo. [9] M. GORTANI 49 È una forma stretta, nella quale le teche rimangono delle stesse dimensioni del tipo, mentre è assotti- gliato il corpo del rabdosoma. La dentatura ha così un'ampiezza pari a 44 circa della larghezza totale. I ca- ratteri delle teche, la pronunciata curvatura della regione prossimale e il suo rapido allargarsi fino dall’ini- zio, vietano ogni confusione col M. Meneghini a cui si potrebbe pensare di avvicinarla. Gruppo del Monograptus vomerinus. 6. Monograptus vomerinus NicHoLSoN sp. —- Tav. VITI [I], fig. 28-32; Tav. XII [V]; fig. 5; e Tav. XIII [VI], fig. 22. 1850. Graptolithus colonus BARRANDE ex parte. Graptolites de Bohéme, pag. 42, tav. II, fig. 4 (cet. excl.). 1851. = — Surss ex parte. Ueber Boehmische Graptolithen. HAIDINGER'S Abh., IV, pag. 32, tav. VIII, fig. 8 a-f. 1857. — (Monograpsus) Gonii MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 170 (icon. omn. excl.). 1868. Graptolites priodon (non BrRoNN) NicHoLson ex parte. On the Graptolites of the Coniston Flags, with Notes on the British Species of the ‘Genus Graptolites. Quart. Journ. Geol. Soc., XXIV, pag. 540, tav. XX, fig. 7, 8 (non fig. 6). \ 1872. — vomerinus NicHoLson. A Monograph of the British Graptolitidae, pag. 53, fig. 21. 1876. Monograptus vomerinus LaPwoRrTA. On Scottish Monograptidae. Geol. Mag., (2) III, pag. 353, tav. XII, fig. 6 a-e. 1883. — — TuLLBERG. Skanes Graptoliter II. Graptolitfaunorna i Oardiolaskiffern och Oyr- tograptusskiffrarne. Sver. geol. Undersòkn., ser. C, n. 55, pag. 19, tav. II, fig. 10,11. 1897. Monoclimacis vomerina FRECH. Lethaea geognostica. I. Lethaea palaeozoica, pt. 3, pag. 622. 1899. Monograptus vomerinus PERNER. Etudes sur les Graptolites de Bohéme. III. Monographie des Graptoli- tes de l’étage E, sect. b, pag. 18, tav. XIV, fig. 2 a-c; tav. XVI, fig. 2 1-3; tav. XVII, fig. 13. 1900. — — var. a ELLes. The Zonal Classification of the Wenlock Shales of the Welsh Bor- derland. Quart. Journ. Geol. Soc., LVI, pag. 405, fig. 15. 1910. = = ELLES et Woop. British Graptolites, pt. VIII. Pal. Soc., LXIV, pag. 409, tav. XLI, fig. 1 a-b, e fig. 275 a-f nel testo. ? 1921. — — HunpTr ex parte. Beitrdge cur Kenntniss der Graptolithenfauna Deutschlands. Jahrb. Preuss. geol. L.-Anst. f. 1920, XLI, tav. VII, 1fig. 1 p. p. (cet. excl). Il M. vomerinus è rappresentato, fra le frequentissime forme consimili nelle Graptoliti di Goni, solo da pochi esemplari. i Il rabdosoma, lungo fino a 6 cm., è diritto o molto leggermente arcuato a curvatura dorsale, non rigido ; si allarga gradatamente dal diametro iniziale di 0,5 o 0,6 mm. fino al diametro normale di 2 mm., che viene raggiunto fra 114 e 214 cm. dall’origine e viene poi mantenuto. La sicula, relativamente piccola, si spinge fino al livello della prima apertura tecale. Le teche sono brevi (le distali non oltrepassano in lunghezza 1,5 mm.), in numero di 10 o 11 per centime- tro nella regione prossimale e di 8 o 9 per centimetro nelle parti distali. Si sovrappongono per circa 44 della loro lunghezza, o poco più. 1l loro margine dorsale ha curvatura ogivale distinta ; il margine ventrale o esterno si presenta per lo più con la curvatura bruscamente sigmoidale che è solita negli esemplari schiacciati lateralmen- te, e l’escavazione occupa in tal caso circa 14 della larghezza totale del rabdosoma. In qualche caso è conser- vato l’apice distorto e il margine esterno appare semplicemente sinuato. Goni, raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. Palaeontosraphma italica, vol XXVIII, 1922 7 50 M. GORTANI [10] Tra le forme di questo gruppo presenti negli scisti di Goni, il M. vomerinus è quella con teche più ap- pressate. La specie è propria degli strati del Wenlock, tanto inferiori che superiori, d’Inghilterra, Scozia, Svezia, Germania, Boemia, Francia, Pirenei. 6. Monograptus hemipristis MENEGHINI em. — Tav. VITI [1], fig. 23-27; Tav. XII [V], fig. 11. 1857. Graptolitus (Monograpsus) hemipristis MENEGHINI Graptol. de Surdaigne, pag. 168, tav. B, fig. I 5 a-d. 1857. — — colonus? (non BARRANDE) MENEGHINI ex parte. Op. cît., tav. B, fig. I 3a (cet. excl.). 1857. = -- belophorus MENEGHINI ex parte. Op. cît., tav. B, fig. III 4 (cet. etcl). 1857. = —_ mautuliferus MENEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 177, tav. B, fig. II 8c (cet. excl.). 1880. Monograptus galaensis var. basilicus LAPwORTH. On new British Graptolites. Ann. Mag. Nat. Hist., (5 V, pag. 152, tav. IV, fig. 6 a, d. 1910. — vomerinus var. basilicus ELLES et WooD. British Graptol., pt. VIII. L. c., pag. 411, tav. XLI, fig. 2 a-d, e fig. 276 a, b nel testo. 1 1921. — ts HunpT ex parte. Grapiol. Deutschlands. L. c., tav. V, fig. 4, tav. VII, fig. 1 P. p. (cet. excl.). Rabdosoma diritto o molto leggermente arcuato, allargantesi progressivamente da circa 4% mm. a 3-4 mm. di diametro; i 2 mm. di larghezza vengono oltrepassati a meno di 2 cm. dall’estremità siculare. La . lunghezza del rabdosoma è superiore al decimetro. | Le teche sono simili a quelle del M. vomerinus, ma più lunghe (fino a 3 0 3,5 mm.), e si sovrappongono per almeno ?/, della lunghezza. Se ne contano da 7 a 8 per centimetro nella regione prossimale, 6 per centimetro nelle parti distali. L’escavazione è relativamente meno profonda che nel M. vomerinus, non occupando più di '/; della larghezza totale del rabdosoma. Goni, abbastanza frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia. Il M. hemipristis si distingue agevolmente dal M. vomerinus non soltanto per le maggiori dimensioni, spe- cie la grande larghezza, che assume il rabdosoma ; ma anche per il più rapido aumento del diametro e per il grado di sovrapposizione delle teche, che sono al tempo stesso più lunghe e più diradate. L'aspetto delle teche varia moltissimo secondo il senso della compressione; ne ho figurati i tipi principali. La fig. 25 della Tav. VIII [I] rappresenta l'esemplare disegnato nella fig. III 4 del MenEGHINI sotto il nome di M. bdelophorus, L'identità del M. hemipristis con la forma successivamente descritta dal LarwoRTH è completa. Quest’ul- tima è propria degli strati inferiori del Wenlock d'Inghilterra, e dalle figure dello Hunpr sembra presente anche in Germania (Katzbach Gebirge). 7. Monograptus Gonii MENEGHINI em. — Tav. VII [I], fig. 15-22; Tav. XII [V], fig. 64; e tav. XIII [VI], fig. 6C. 1857. Graptolithus (Monograpsus) Gonii MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne pag. 170, tav. B, fig. I 6, 6b (excl.). ? 1857. — — colonus ? (non BARRANDE) MENEGHINI ex parte. Op. cit., tav. B, fig. I 3e (cet. excl.): figura errata. Rabdosoma allungato fino a 1-2 dm., diritto, per lo più con leggiera curvatura dorsale nella regione pros- simale. Di solito il margine interno della sicula continua in linea retta l’asse dorsale del rabdosoma, il suo [14] M. GORTANI i 51 margine esterno è un po’ concavo, e la sicula appare come spinta all'infuori ; talora invece la sicula è meno spostata e sembra che abbracci la base della prima teca. Il rabdosoma ha in media 0,7 mm. di larghezza in cor- rispondenza della prima teca ; poi il diametro si allarga lentamente così da raggiungere i 2 mm. soltanto a parecchi (almeno 3) centimetri di distanza dall’origine ; successivamente continua un aumento lentissimo, fino a raggiungere i 2,5 0 2,7 mm. dopo circa 1 dm. La sicula è lunga da 2 a 2,5 mm., acutamente conica, lar- ga all’apertura 0,6 00,7 mm,; si spinge un po’ oltre il livello della prima apertura tecale, senza però raggiungere la seconda. Le teche hanno il tipo del M. vomerinus ; si sovrappongono per circa ' della lunghezza; l’escavazione arriva fino a ‘/; della larghezza del rabdosoma nelle parti prossimali e intermedie, mentre è, in proporzione, meno profonda nelle parti distali. Si contano 7 teche per centimetro nella regione prossimale ; successivamente esse diminuiscono fino ad essere soltanto 5 0 6 per centimetro. Le teche mature arrivano a 3 mm. di lunghezza. Goni, frequentissimo. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia, Parma. Il M. Gonù è prossimo al M. vomerinus e al M. hemipristis. Si distingue dal M. vomerinus per le teche mol- to più diradate anche e sopra tutto nella regione prossimale, per larghezza maggiore delie parti distali, per il più lento allargarsi delle parti prossimali che si presentano assai più slanciate. Dal M. hemipristis si distingue parimente per la forma più attenuata del rabdosoma, e inoltre per la minor larghezza di esso e per le te- che più brevi e meno a lungo ricoprentisi. ; Il M. Gomi collega in certo modo le forme precedenti col M. Linnarssoni var. Flumendosae che deseri- viamo qui appresso, e nel quale è spinta all’estremo la lentezza nell’allargamento del rabdosoma. 8. Monograptus Linnarssoni TuLLBERG var. Flumendosae n. f. — Tav. IX [II], fig. 1-6; Tav. XII [V], fig. 44,60, e Tav. XIII [VI], fig. 4B Rabdosoma lungo fin oltre 1 dm., diritto, non rigido, lineare fino a notevole distanza (per solito almeno 5 cm.) dall’origine, poi allargantesi più o meno lentamente nelle parti distali. La larghezza, di 0,5 mm. in corri- spondenza della prima teca, rimane per parecchi centimetri inferiore o prossima a 1 mm. ; indi raggiunge in un tratto relativamente breve il valore di 2 -- 2,2 mm., che è normale nelle parti distali. La sicula, ampiamente aperta e spostata all’intuori dal lato dorsale, oltrepassa appena il livello della prima apertura tecale. Le teche sono 7 nei primi 10 mm., 6 per centimetro neile parti successive dei rabdosoma ; il loro numero si abbassa anche a 5 44 per centimetro nel tratto lineare del rabsoma, e può aumentare di nuovo a 7 e anche 8 nelle parti distali dilatate. Quivi le teche, che hanno il solito tipo del M. vomerinus, si sovrappongono per due terzi della lunghezza, mentre si ricoprono soltanto per metà nella parte sottile ; la loro lunghezza 'è di 2,5 — 3 mm. L’escavazione occupa circa 4 della larghezza totale del rabdosoma. Goni, frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia, Parma. La forma descritta si distingue dalle altre del medesimo gruppo per la persistente sottigliezza di un lungo tratto del rabdosoma, per il rapido allargamento successivo, per il maggiore addensamento delle teche distali in confronto delle prossimali. Il M. Limnarssoni TuLtB. 1) è pressochè identico alla nostra forma nella parte prossimale ; ma questa se ne distingue per i caratteri della parte distale dilatata. La medesima differenza si nota in confronto del M. cremularis Law. ?), il quale per di più è arcuato invece che diritto ed ha le teche molto più addensate. Note- 1) TuLLBERG. Skanes Graptoliter. II. L. c., 1883, pag. 20, tav. II, fig. 5-9. 2) LaPworTH. New British Graptol. L. c., 1880, pag. 153, tav, IV, fig. 10 a-c; — ELLES et Woop. British Grap- tol., pt. VIII. L. c., 1910, pag. 414, tav. XLI, fig. 7 a-e, e fig. 281 a-e nel testo. 52 M. GORTANI [12] vole somiglianza con la nostra forma sembrano avere alcuni esemplari germanici figurati dal Hunpr come M. vomerinus 1) ; ma la figura è troppo imperfetta e gli esemplari sono troppo frammentari per rendere possi- bile una identificazione. i Il M. Linnarssoni è proprio degli strati medi con Cyrtograptus. Gruppo del Monograptus Flemingi. 9. Monograptus mutuliferus MENEGHINI em. Tav. IX [II], fig. 7-13; Tav. XII [V], fig. 48, 65, 8,9, 158, 158’; Tav. XIII [VI], fig. 38. 1857. Graptolithus (Monograpsus) mutuliferus MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 175, tav. B, fig. II 8b (cet. excl.) 1857. —_ _ Lamarmorae MENEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 159, tav. B, fig. I 2 a, d (cet. excl.). Rabdosoma lungo fin oltre 116 dm., rigido, diritto, rapidamente allargantesi nei primi due centimetri fino a 4 e talora 5 mm. (larghezza osservata costante anche sopra un frammento distale lungo 11 cm.). La larghezza di è circa 1 mm. al livello della prima apertura tecale ; la larghezza normale è raggiunta fra la 19% e la.23* teca. La sicula, lunga cirea 2 mm., non raggiunge il livello della seconda apertura tecale. Teche del tipo del M. Flemingi, ma senza spina terminale ; inclinate di circa 40° sulla virgula ; con rostro generalmente in forma di proboscide larga e tozza, lunga da 1 a 1,8 mm., tronca all’estremità, ginocchiata ad angolo retto col corpo della teca. In qualche esemplare il rostro appare invece arcuato, e in altri casi invece si mostra uncinato e ripiegato due volte ad angolo retto. Le teche sono in numero di 10 nel primo centimetro ; poi si diradano subito a 7--8 e talora anche a 6 per centimetro. Il rostro occupain media 44 della larghezza totale del rabdosoma. Goni, abbastanza frequente. — Museo geologici di Pisa, Bologna, Pavia. Dal M. Flemingi SALTER sp. 2) il M. mutuliferus difterisce, oltre che per la mancanza delle spine terminali, per il rostro più tozzo e più sviluppato, le teche più rade (10 a 6 invece che 14 a 9 per centimetro), il rabdo- soma più largo e più rigido. È probabile che ad esso dabbano riferirsi due esemplari figurati da Hunpr 3) rispet- tivamente sotto i nomi di M. riccartonensis LAPrw. e M. Flemmingi BARR. (sic !) e provenienti dal Wenlock del Katzbach Gebirge. 10. Monograptus mutuliferus var. elegans n. f. — Tav. IX (II), fig. 16; Tav. XII [V], fig. To Rabdosoma diritto o con impercettibile flessione dorsale nella regione prossimale, gradualmente allargan- tesi così da raggiungere soltanto a 3 0 4 cm. dall’inizio (oltre la 24* teca) la larghezza normale di 3,3 mm., che arriva a 3,6 mm. nelle teche più mature. La regione prossimale risulta molto attenuata, con larghezza di 0,8 mm. in corrispondenza della prima teca e ancora di 2,2 mm. in corrispondenza della 12* teca, a un centimetro 1) HunpT. Graptol. Deutschlands. L. c., 1921, tav. VII, fig. 3 (cet. excl.). ?) SALTER. Description of Graptolites from the South of Scotland. Quart. Journ. Geol. Soc., VIII, 1852, pag. 390, tav. XXI, fig. 5-7: — ELLes et Woop. British Graptol., pt. IX. L. c:, LXVI, 1912, pag. 425, tav. XLII, fig. 5 a-d, e5fig. 287 a, d nel testo. : 3) HunDT. Graptol. Deutschlands. L. c., 1921, tav. VI, fig. 6 0 7, [13] M. GORTANI 53 e mezzo dall’estremità siculare. Le teche, di forma uguale a quelle del tipo, sono più diradate: 7 ad 8 nel primo centimetro, 514 per centimetro nelle parti distali. Il rostro occupa circa 4 della larghezza del rabdosoma. Goni, raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. i La var. elegans è distinta dal tipo per il lento incremento in larghezza, la forma generale più slanciata e con estremità assottigliata, le teche più rade, la parte dentata più cospicua; dalla var. strigosus per la lar- ghezza maggiore e più lentamente raggiunta, e per le teche più rade. 11. Monograptus mutuliferus var. strigosus n. f. — Tav. IX [II], fig. 17, 18; Tav. XII [V], fig.15 0,0. 1857. Graptolithus (Monograpsus) Lamarmorae MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, tav. B, fig. I 2d (cet. excel.) 1857. = — Priodon (non BRONN) MENEGHINI ex parte. Op. cit., tav. B, fig. III 9 (cet. excel.) Rabdosoma meno allungato che nel tipo e relativamente sottile, con leggiera flessione dorsale in corrispon- denza della sicula e delle primissime teche. Allargamento graduale ma abbastanza rapido : in corrispondenza della prima teca la larghezza è di 0,8 mm.; in corrispondenza della 18* teca (a un centimetro e mezzo dall’e- stremità siculare) la larghezza ha già il valore normale di 2,5 mm.; cresce poi lentissimanemte fino a raggiungere i 3 mm. nelle teche mature. Le teche sono come nel tipo ; il loro numero è di 9 nel primo cen- timetro, e di 7 per centimetro nelle parti distali: il rostro occupa ben 4% della totale larghezza del rabdosoma. Goni, non raro. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia. La var. sfrigosus è nettamente distinta dal tipo per la minor larghezza delrabdosoma e le proporzioni relativamente maggiori del rostro; dalla var. elegans per la minore larghezza, la regione prossimale meno attenuata, le teche più fitte; dal M. Flemingi per la mancanza di spine, il rostro assai più sviluppato e angoloso, le teche più rade. È possibile che a questa forma siano da riferirsi i due esemplari determinati da Hunpr come M. riccartonensis e da lui riprodotti nel già citato lavoro a tav. VI, fig. 5; essi proven- gono dal Wenlock del Katzbach Gebirge. 12. Monograptus Lamarmorae MENEGRINI em. — Tav. IX [I]], fig. 14,15; Tav. XII [V], fig. 10. 1857. Graptolithus (Monograpsus) Lamarmorae MENEGRINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 159, tav. B, fig. I 2c (cet. oxcl.). E) Rabdsoma robusto, largo fino a 7 mm., diritto o con impercettibile curvatura (nell’esemplare tipo del ME- NEGHINI, su 8 em. di lunghezza la curvatura è così leggiera che la saetta dell’areo sotteso è inferiore a 1 mm.). Regione prossimale sconosciuta. Lunghezza totale certo assai superiore al decimetro. Teche in numero di 5 o 6 per centimetro, del tipo del M. Flemingi ma senza spine terminali, con rostro ricurvo, breve e tozzo, troncato o un po” smussato all’apice. Le teche sono inclinate circa 40° sulla virgula, lun- ghe e lungamente ricoprentisi. Tl rostro è un po’ arcuato e forma con esse un angolo maggiore del retto ; ha una lunghezza media di 1,5 mm. ; occupa circa ‘/, della larghezza totale del rabdosoma. Goni, raro. — Musei Geologiei di Pisa e Bologna. Il M. Lomarmorae è la forma più larga di Monograptus finora conosciuta ; lo stato di conservazione identico alle altre Graptoliti di Goni e l’associazione con esse nei medesimi seisti escludono che ciò sia do- vuto a particolari condizioni di fossilizzazione o di successivo stiramento. 54 M. GORTANI [14] I confronti con le altre forme sono necessariamente incompleti, per essere il M. Lamarmorae noto soltanto su frammenti distali; i più lunghi di essi sono l’originale del MENEGHINI (8 cm.) ed uno da me raccolto a Goni (6,2 cm.). Le affinità maggiori sembrano essere col M. mutuliferus, del quale forse potrebbe conside- rarsi una varietà ; oltre all’estrema larghezza, lo distinguono però anche il rostro più breve e non ginocchiato, ma arcuato e meno inclinato rispetto alla parte adnata della teca, le teche più rade, la dentatura relativa- mente meno profonda. i Una certa somiglianza si può notare con il Monograptus (però assai meno largo e con 8 o 9 teche per centi- metro) che PERNER ‘) ha illustrato sotto il nome di « M. latus M'Coy sp. ». Osserviamo però, a tale riguardo, che fin dal 1868 il Niczorson °) ha messo in evidenza che il Graptolites latus M°Coy 3) fu fondato su porzioni di rami di Dichograptus, Didymograptus e Tetragraptus : è quindi un nome che non rappresentando una vera specie dev'essere abbandonato. E quanto al M. latus figurato dal M° Coy qualche anno più tardi 4), il Lap- WORT per gli stessi motivi istituì nel 1884, mutandogli il nome, il M. M°Coyi5): specie incerta anche questa, poichè anche per essa vi è dubbio se si tratti realmente di un Monograpto. D'altra parte, lo stesso PER- NER nota che nei suoi esemplari le estremità libere delle teche sono «tubes minces et courts» enon denti triangolari come appaiono nei disegni del M° Covy. Gli esemplari boemi rappresentano in realtà una forma a sè stante, per la quale propongo il nome di M. Perneri. Ed a me sembra che tale forma, per quanto si può giudicare dalle figure, sia per lo meno molto prossima a quella che ELLes e Woop 5) disegnano come M. Jaekeli PeRN., ma che hanno aspetto diverso dagli esemplari boemi, fra altro per la maggiore langhez- za del rabdosoma e la brevità del rostro. 13. Monograptus proboscidatus n. f. — Tav. IX [11], fig. 19-22; Tav.XII[V], fig. 12,13. Rabdosoma lungo più di 1 dm., diritto, rigido, rapidamente allargantesi: da 0,8 — 1 mm. in corrispon- denza della prima teca, la larghezza aumenta così da raggiungere in 2 o 24% cm. il valore normale di 3--3,5 mm., che in alcuni esemplari si accresce poi lentamente fino a 4 o 4,5 mm. Sicula piccola, lunga circa 1,5 mm., giungente fino al livello della seconda apertura tecale. Teche del tipo del M. Flemingi, ma senza spina terminale e con rostro immediatamente e per intero reflesso, troncato all’apice, diritto o leggermente arcuato. Nel primo centimetro si-contano 10 teche ; se ne hanno da 7 a 8 per centimetro nelle parti distali. Il rostro è nasuto, più o meno attenuato verso l’apice, lungo da 1,5 a 2 mm.; forma colla teca un’angolo minore del retto ; nelle teche mature occupa circa un quarto della larghezza totale del rabdosoma. Goni, non raro, — Musei geologici di Pisa, Bologna e Pavia. Il M. proboscidatus ha il portamento del M. mutuliferus, ma se ne stacca nettamente per il carattere delle teche. Esse, in luogo di protundere con un grosso rostro uncinato, retroflettono il rostro immediatamente, a guisa di proboscide, in modo analogo a certe forme di M. runcinatus (cfr. p. es. ELLES et Woop, Op. cit., 1) Graptol. de Bohéme. III, sect. b, pag. 5, tav. XV, fig. 2, 4, 12, 18, 16-19. 2) NicHoLson. The Graptolites of the Skiddaw Series. Quart. Journ. Geol. Soc., XXIV, 1868, pag. 141. ; 3) M°Cor. Note on the Skiddaw Slate Fossils. In; SEDGWICK. On the Urganie Remains found in the Skiddaw Slate ete. Quart. Journ. Geol. Soc., IV, n. 15, 1848, pag. 223 e fig. pel testo. :3) In: SEDGWICK et M’Cov. British Palaeozoie Rocks and Fossils. Cambridge, 1855, tav. 1 B, fis. ©. 5) LaPworTH. On New British Graptolites. Ann. Mag. Nat. Hist., (5) V, 1884, pag. 156. È 6) ELLES et Woop. British Graptol., pt. IX. L. c., 1912, pag. 436, tav. XLIV, fig. 1a, b, e fis. 299 nel testo. [15] M. GORTANI 55 IX, 1. c., LXVI, 1912, pag. 451, fig. 309 e, f). Le teche appartengono però sempre al tipo del M. Flemingi ; per le grandi dimensioni, il loro numero per centimetro è scarso; ma sono molto addensate e spesso i rostri tendono a sovrapporsi ad embrice 14. Monograptus proboscidatus var. laxus n. f. — Tav. IX [II], fig. 28; ? Tav. XII [V], fig. 3D. Differisce dal tipo per avere le teche più lasse (quelle distali in numero di 50 6 per centimetro), e col rostro un po’ più breve (dala 1,5 mm.), non assottigliato e nettamente troncato all’apice. Goni, piuttosto raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. , Il minore addensamento delle teche e la minor lunghezza dei rostri fanno sì che nella var. lacus essi perdano il carattere che li faceva rassomigliare a proboscidi ricoprenti ciascuna col suo apice la base della pre- cedente ; il rabdosoma non appare più frangiato, ma nettamente dentato. L'aspetto ricorda quello del M. rhynchophorus Lwrs. !), che è però forma assai più ridotta in ogni parte e con appendici tecali più brevi e triangolari acute. Si ha pure una certa rassomiglianza di tipo con alcune forme del M. ric- cartonensis LAPw., specialmente quale è figurato dal TuLLBERG (Skanes Graptoliter, II, I. c., 1888, tav. II. fig. 27); la nostra forma e però sempre ben distinta per le teche assai più rade, il rostro più grosso e molto meno arcuato, la molto maggiore larghezza. 15. Monograptus Tariecoi n. î. — Tav. x [III], fig. 10,6,2; Tav. XII [V], fig. 15a. Rabdosoma lungo oltre 15 em., abbastanza rigido, diritto, lungamente attenuato alla base, allargantesi progressivamente da 0,8 mm. (in corrispondenza della prima teca), a 2,8 -- 3 mm., che è la larghezza normale e che viene raggiunta a 2403 cm. dalla sicula. Un nuovo e notevole aumento di larghezza si ha poi d’un trat- to in corrispondenza delle teche mature ; in questa estrema regione distale, a 11 4% cm. di distanza dalla sicula, l’esemplare più lungo presenta un rapidissimo allargamento da 3 mm. a 4,5 mm. Le teche si possono ricondurre al tipo generale del M. Flemingi, ma con la parete interna della teca protratta e sporgente al di sopra dell’apertura in un rostro relativamente piccolo ed a forma di mucrone o di spina breve, grossa ed ottusa. Tale rostro, lungo da 4 a 1 mm. e largo in media 4 di mm.,, è per solito dirit- to e leggermente inclinato verso il basso, talvolta più fortemente inclinato e talora invece perpendicolare alla virgula. Le teche prossimali sono 10 in 10 mm., le distali sono in numero da 5 a 7 per centimetro, le più mature si infittiseono di nuovo a 8 per centimetro. Sono inclinate di circa 30° sulla virgula. La parte denta- ta corrisponde a '/5 0 '/, e anche meno, della larghezza totale del rabdosoma. La sicula piccola, sottile, lunga 15% mm., arriva al livello della prima apertura tecale. Goni, molto raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. Il M. Tariccoi presenta qualche analogiacon talune forme di M. uncinatus TuLiE. 2) e M. micropoma JAEK. 3), che però, a parte le assai minori dimensioni e l’assai maggior numero di teche per centimetro, 1) Linwnarssow. Graptolitskiffrar med Monogr. turriculatu svid Klubbudden néra Motala. Geol Foren. i Stockholm Fòrhandl., 1881, n. 68, V, n. 12, pag. 7, tav. I, fig. 7,8. 2) TuLLeERG. Skanes Graptol. IT. L. c., 1883, pag. 30, tav. I, fig. 25,26: — GortANI. Contribuzioni allo studio del Paleozoico Carnico. VI. Faune a Graptoliti. Palaeontogr. Ital., XXVI, (1920) 23, pag. 38, tav. III, fig. 4-7, e fig. 1 nel testo (cum syn.). 3) JAEKEL. Ueber das Alter des sogen. Graptolithengesteins. Zeitschr. deut. geol. Ges., XLI, 1889, tav. XXIX, fig. 4-9. 56 M. GORTANI : [16] hanno il rostro sempre nettamente arcuato, ricurvo ad uncino e assottigliato all’estremità. Più affine gli è il M. spinulosus TuLuB.!); ma, prescindendo dalle dimensioni, in questo il rabdosoma è tenue e sottile, non rigido ed il rostro è relativamente più sottile, in forma di rigida spina. ll M. spinulosus è del Wenlock della Svezia meridionale o delle Alpi Carniche. Gruppo del Monograptus flexilis. 16. Monograptus falcatus MENEGHINI. — Tav. X [III], fig. 3-8; Tav. XII [V], fig. 1B, 3C; Tav. XII [V], fig. 1. 1857. Graptolithus (Monograpsus) falcatus MENEGHINI. Graptol. de Sardaigne, pag. 172, tav. B, fig. II 7, 7a e fig. III 7, 7b,b’,c. 1857. si — Lamarmorae MEeNEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 159, tav. B, fig. III 2 e (cet. excl.). 1857. — —_ mutuliferus MENEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 176, tav. B, fig. II 8a (cet. excel.) 1857. — = Priodon (non BRONN) MENEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 178, tav. B, fig. III 9 d (cet. excl.). Rabdosoma lungo fino a oltre 1 dm., con doppia curvatura a S: dorsale e molto accentuata, a falce, nella regione prossimale ; ventrale e generalmente debole nel tratto successivo e nell’estrema regione distale. La larghezza è di 1-- 1,5 mm. in corrispondenza della prima teca, di 2 mm. fra la 4° e la 6° teca; conti- nua poi a crescere un po’ meno rapidamente, raggiungendo 3 mm. a circa 2 em. dall’estremità siculare; nelle parti distali può arrivare fino 4 — 4,5 mm. Sicula lunga e stretta, misurante fino a 3,5 o 4 mm. di lunghezza per 46 mm. o poco più di larghezza, spingentesi di solito fino al livello della seconda apertura tecale. È sempre presente una virgella diritta, aciculare, lunga fino a 20 mm. La virgula è sempre spinta all’infuori dal lato dorsale, mentre la virgella con- tinua regolarmente la linea assiale del rabdosoma. Negli esemplari giovani è spesso conservato il prolunga- mento distale della virgula. Le teche hanno il tipo generale del M. Flemingi, ma senza spine terminali, con parete dorsale prolungata in grosso rostro uncinato o ricurvo al di sopra dell’apertura. L'aspetto del rostro varia secondo il modo di compressione e di fossilizzazione, presentandosi ora acuto ora troncato, ora elegantemente arcuato-ricurvo, ora in forma di corta proboscide patente o reflessa, talora ginocchiata. All’estremità prossimale si hanno da 9a 11 teche nei primi 10 mm. ; successivamente il numero decresce subito a 8 o 7 per centimetro. Il rostro occupa da % a % della larghezza totale del rabdosoma, il quale per la relativa fittezza delle teche appa- risce come frangiato. Goni, frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Parma e Pavia. Il M. falcatus è molto vicino al M. flexilis Elles ?), che ha conformazione generale identica : la somiglianza è tale da rendere ben singolare che l’autrice descrivendo il M. flexilis non ne faccia menzione. Le sole difte- renze consistono : a) nelle dimensioni e particolarmente nella larghezza, che è doppia nel M. falcatus ; ) TuLLBeRG. Skanes Graptol. II. L. c., 1883, tav. II, fig. 12-15; — GORTANI. Graptol. Carniche. L. c., (1920) 28, pag. 38, tav. III, fig. 8. 2) ELLES. Zonal Classification Wenlock Shales. L. c., 1900, pag. 405, fig. 18 a pag. 407; — ELLes et Woop. British Graptol. IX. L. c., 1912, tav. XLIII, fig. 4 a-e, e fig. 293 nel testo. [17] M. GORTANI 57 b) nella lunghezza della virgella, che è pure quasi doppia del M. faleatus ; c) nel numero delle teche per centimetro, che è leggermente minore nel M. falcatus: date però le diverse dimensioni, le teche ap- paiono in proporzione più addensate nel M. falcatus che nel M. flexilis. Il M. flezxilis (che può forse con- siderarsi varietà del falcatus) è proprio degli strati medii del Wenlock d’Inghilterra e Scozia. 17. Monograptus belophorus MENEGHINI em. Tav. X [III], fig. 9-15; Tav. XII [V], fig. 3B, 14; Tav. XIII [VI], fig. 1. 1857. Graptolithus (Monograpsus) belophorus MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, pag. 165, tav. B, fig. 4b e II 4, 4a (cet. excl.). 1857. — = Gonii MENEGHINI ex parte. Op. cît., pag. 172, tav. B, fig. II 6a (cet. exol.) 1857. — _ Priodon (non Bronxn) MENEGHINI ex parte. Op. cit., pag. 178, tav. B, fig. II 9, 9a (cet. excl.). Rabdosoma lungo più di 1 dm. (il frammento più lungo misura 12 cm.,) flessuoso, con doppia gurva- tura leggiera ma evidente in forma di S allungatissima: dorsale e più sentita nella regione prossimale, a Gui se- gue più dolce la curvatura ventrale. Larghezza di circa 1mm.in corrispondenza della prima teca, poi in leggiero aumento, così da raggiungere solo a 1,5 -- 2,5 cm. di distanza dall’estremità siculare il valore di mm. 2, che viene mantenuto nel sèguito. Sicula da 2 a 2,59 mm., larga circa 4 mm., raggiungente quasi la seconda apertura tecale, con virgella persistente e lunga fino a 15 mm. La sicula è spinta all’infuori dal lato dorsale, mentre la virgella continua regolarmente la linea assiale del rabdosoma. Teche del tipo generale dei M. Flemngi, ma senza spine terminali e col rostro per lo più bruscamente reflesso come nel M. prodoscidatus, talora ginocchiato, sempre grosso, e di solito troncato all’apice. Le te- che prossimali nelle forme tipiche sono appressate, contandosene 9 nei primi 10 mm.; si diradano poi rapidamente a 7 ea 5 o 6 per centimetro, numero costante per le teche distali. In alcuni esemplari partico- larmente slanciati, che non ho creduto di distinguere con nome speciale (fig. 15), le teche si presentano diradate fin dall’inizio (7 o 8 nel primo centimetro), e la larghezza è di solo 1 mm. in corrispondenza delle primissime teche. Il rostro occupa, secondo gli esemplari, da ‘ a °/ della larghezza totale del rabdosoma. Goni, abbastanza frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Pavia e Parma. Ii M. belophorus ha qualche somiglianza col M. falcatus, da cui si distingue però facilmente per il diverso portamento, la minore flessuosità e 1a relativa sottigliezza del rabdosoma, di cui la parte libera delle te- che occupa una parte assai cospicua. Le teche hanno spesso una certa analogia con alcune forme di %M. runcinatus ; ma tale somiglianza è puramente superficiale, appartenendo le teche medesime al tipo del M. Flemingi (e non a quello del M. lobiferus o del M. Becki come il M. runcinatus, dove l’apertura è termi- nale eillobo aperturale è involuto). Dal M. proboscidatusil M. belophorus è distinto per la flessuosità del rab- dosoma, la minore larghezza, la virgella persistente, il carattere della regione prossimale. Dal M. flezilis EtuES ‘), finalmente, per la meno sentita curvatura nel primo tratto, il minor numero di teche per centi- metro, e il rostro assai più sviluppato, proboscidato e generalmente reflesso. 1) Cfr. nota 2) a pag. 56 [16]. Palaeontographia italica, vol, XXVILI, 1922 8 58 M. GORTANI [18] Gruppo del Monograptus runcinatus. 18. Monograptus antennularius MENEGHINI. — Tav. X [III], fig. 16-20; Tav. XIIT[VI] fig. 2A4,A* 1857. Graptolithus (Monograpsus) antennularius MENEGHINI. Graptol. de Sardaigne, pag. 156, tav. B, fig. I I, la, b. Rabdosoma sottile, leggermente flessuoso, spesso con sentita curvatura sigmoidale nella regione prossima- le, con prevalente curvatura ventrale, lungo parecchi centimetri (ilframmento più lungo conservato è lungo 6 cm.). Il diametro si allarga progressivamente da 0,5 mm. in corrispondenza della prima sporgenza tecale, a 1 0 1,2 mm. raggiunti a 1 4 o 2 cm. di distanza dalla sicula; facendo astrazione dalle sporgenze tecali il dia- metro aumenta rispettivamente da 0,3 a 0,8 mm. La sicula è lunga 2 mm. circa, sottile, e raggiunge a stento il livello della prima apertura tecale. Le teche sono in numero di 7 o 8 per centimetro nella regione prossimale e di 5 a 7 per centimetro nella distale ; del tipo del M. runcinatus o del M. Becki, con porzione libera o lobo occupante da '/; a !|; della larghezza totale del rabdosoma, secondo il modo di conservazione e il grado di avvolgimento ; il lobo rappre- senta circa 14 della lunghezza della teca. Goni, frequente. — Musei geologici di Pisa, Bologna, Parma e Pavia. La curvatura del rabdosoma è generalmente più sentita nella regione prossimale e nella mediana; spesso la curva ventrale è ampia e preceduta da una flessione dorsale della regione siculare, d’° onde la frequente forma sigmoidale nelle parti giovani del rabdosoma; in corrispondenza delle teche mature il rabdosoma invece è generalmente diritto. Il M. antennularius è simile al M. runcinatus LAPw. *) del Gala-Tarannon britannico ; se ne distingue essenzialmente per le teche assai più rade e col lobo relativamente assai più breve e meno sviluppato. Gli stessi caratteri lo separano dall’affine M. Becki BARR. sp. 2), quale è inteso dagli autori inglesi 3), che si trova nel medesimo orizzonte e presenta un tipo di curvatura perfettamente analogo al nostro. 19. Monograptus subtilis n. f. Tav. X [ITI], fig. 21; Tav. XI JIV), fig. 1-4; Tav. XII [V], fig. 15D; Tav. XIII [VI], fig. 2B, 23", 40. Rabdosoma sottile, lungo parecchi centimetri (il frammento più lungo misura 5 em.), diritto o legger- mente e irregolarmente flessuoso, spesso con leggiera curvatura ventrale o sigmoidale nella parte prossimale, diritto per solito nella parte distale. La larghezza aumenta con lenta progressione da 0,4 mm. in corrisponden- za della prima sporgenza tecale, al diametro normale di 0,8 o 0,9 mm. che viene raggiunto a 2 0 3 cm. di distanza dalla sicula; quando si faccia astrazione dalle sporgenze tecali il diametro è di 0,25 mm. all’inizio, e di 0,5 o 0,6 mm. nelle parti distali. La sicula è relativamente breve, lunga meno di 1 mm., esile, e non arriva al livello della prima apertura tecale. 1) LarwortH. On Scottish Monograptidae. Geol. Mag., (2) III, 1876, pag. 28, tav. XX, fig. 4 a-g; -—- ELLES et Woopn. British Graptol. TX. L. c., 1912, pag. 450, tav. XLV, fig. 2 a-g, e fig. 309 a-f nel testo (cum syn.). 2) BaRRANDE. Graptolites de Bohéme, 1850, pag. 50, tav. III, fig. 14. 3) Vedi, sulla scorta del LapworTH (Scottish Monograpt., l. c., pag. 500, tav. XX, fig. 2 a-b) ELLES et Woop. British Graptol. IX. L. o., pag. 452, tav. XLV, fig. 4 a-f, e Ae 311 a, d nel testo. Le figure del PERNER nulla ag- giungono alla intelligenza della specie. [19] M, GORTANI 59 Teche del tipo del M. runcinatus, ma con lobo di consueto svolto e diritto o soltanto un po’ arcuato, re- flesso, lungo in media 0,5 -- 0,7 mm., spesso così perfettamente applicato contro la parte adnata della teca da confondersi con essa. Il lobo occupa in media 13 della larghezza del rabdosoma. Le teche sono in numero di 5 o 6 per centimetro. Goni, col precedente, ma più scarso. — Musei geologici di Pisa, Bologna e Pavia. È molto affine al M. antennularius, da cui si distingue per la sottigliezza, per il più lento e graduale inere- mento in larghezza (da cui un angolo apicale assai più acuto), per il lobo più breve e non involuto, per il minor addensamento delle teche nella regione prossimale. I medesimi caratteri, ein particolare il piccolo numero di teche per ogni centimetro, bastano a separare agevolmente il M. subtilis dalle altre forme affini, tra cui le più simili sono i già ricordati M. runcinatus e M. Becki. Gen Cyrtograptus CARRUTHERS. Quando il MenEGHINI pubblicava il suo lavoro (1857), le forme di Cyrtograptus non si conoscevano ancora. Soltanto dieci anni più tardi il CARRUTHERS 1) illustrava, col Cyrtograptus Murchisoni, la prima specie ui que- sto genere che precisamente per essa veniva da lui fondato. Non si può quindi fare appunto al MENEGHINI se egli non riconobbe neil’unico esemplare di questo tipo recatogli dal La MARMORA il rappresentante di una Graptolite ramosa del Siluriano superiore, e se, intuendo l'impossibilità che si trattasse di un tipo ordo- viciano, si sforzò di interpretarlo come un Monograpto. «Le apparenze di ramificazione — egli dice infat- ti — sono frequentissime e talora così ingannevoli...da render necessaria la più grande attenzione... Noi abbiamo potuto sempre assicurarci che le forme apparentemente ramose delle nostre Graptoliti erano dovute alla sovrapposizione, qualche volta complicata, o alla torsione. Im uno dei campioni che abbiamo scelto di figurare (fig. II) si vedono due esempi di questa apparente ramificazione di cui uno è anche ac- compagnato dalla torsione accennata » ?). Trattasi invece dell'esemplare di C. rigidus di cui riproduco il disegno nella fig. 5 della tav. XI [IV]. 20. Cyrtograptus rigidus TULLBERG. — Tav. XI [IV], fig. 5-11; Tav. XII [VI], fig.4D, D', BA, 4 1857. Graptolithus (Monograpsus) colonus? (non BARRANDE) MENEGHINI ex parte. Graptol. de Sardaigne, tav. B, pag. 83, fig. II 3 ( cet. excl.). 1883. Cyrtograpius rigidus TuLLBERG. Skanes Graptoliter IT. T.. c. pag. 38, tav. IV, fig. 12-14. 1897. = — Frrca. Lethaea palacozoica, pt. 3, pag. 653, fig. 2064 a pag. 650 (syn. excel.) 1900. = symmetricus ELLes. Zonal Classification of. Wenlock Shales. L. c., pag. 410, tav. XXIV, fig. 4 A, B. 1913. ni —- ELLES et Woop. British Graptol. X. L. c., LXVII, pag. 509, tav. LI, fig. 5 a-c, © fig. 355 nel testo. (non Cyrtograptus rigidus ELLES, Zonal Classification Wenlock Shales, 1900, 1. e., pag. 409, tav. XXIV, fig. 2 A4-C, e fig. 23a,b nel testo, nec ELLET et Woop, British Graptol., X, l.c., pag. 508, tav. LII, fig. 2a,c, e fig. 354 a,b nel testo). Rabdosoma composto di uno stipite o ramo principale robusto e diritto nella parte distale, arcuato dor- salmente nella prossimale così da descrivere una curva parabolica, emettente un solo cladio. La porzione ') In: MurcHISson. Siluria. IV ed., 1867: Zossils, 90, fig. 1, pag. 541. 2) MENEGHINI. Op. cit., pag. 155-56. 60 M. GORTANI [20] prossimale si assottiglia rapidamente ; in corrispondenza della prima teca la larghezza è di 0,71 mm., e in corrispondenza della 5* teca è già prossima al suo valore normale, che oscilla fra 1,7e 2 mm. Virgula robusta. Sicula piccola, lunga circa 1-mm., larga 0,4 mm., leggermente spostata all'infuori dal lato dorsale. Si hanno 7 od 8 teche prossimali a profilo subtriangolare, emergenti sul margine convesso con largo lobo patente ad apice assottigliato e reflesso, distribuite nel primo centimetro del rabdosoma; per solito le prime sono più rade e le successive più fitte, e in CoMpisssoge sono addensate nella proporzione di 8 0 9in 10 mm. Le teche distali sono 8 per centimetro, ricoprentisi per 3 0 16 della lunghezza, nella parte adnata diritte, in- clinate circa 20° sulla virgula, con margine esterno diritto o più o meno sinuato, arcuato-ricurve in misura variabile nell’estremità apicale. La 6° teca prossimale porta di solito il ramo secandario o cladio, diretto in modo da formare come il con- trapposto simmetrico della parte distale dello stipite o ramo principale. L'angolo che ne risulta oscilla fra 70° e 150°. Il cladio è un po’ meno robusto della parte distale dello stipite, e nel primo tratto presenta una leggiera curvatura ventrale. La sua larghezza è di 1,6 a 2 mm., talora raggiunta fin dalla prima teca. Nella sua parte prossimale il cladio ha 7 teche in 10 mm., la prima delle quali assai lunga e di tipo intermedio fra le pros- simali e le distali. Le teche distali del cladio, analoghe a quelle del tronco, sono del pari 8 per centimetro in media. Goni, piuttosto raro. — Musei geologici di Pisa, Bologna e Pavia. I caratteri suesposti concordano, salvo una maggiore larghezza e robustezza, con quelli diagnosticati dal TULLBERG per il C. rigidus. Di fatto, traducendo dallo svedese la diagnosi dell’autore, i principali carat- teri del C. rigidus sono i seguenti: Rabdosoma lungo, rigido. Asse principale e cladio debolmente arcuati; la parte prossimale più fortemente curvata, ma non involuta. La larghezza normale è di 1 mm., il rabdoso- ma si assottiglia un po’ verso l'estremità prossimale. Canale comune sottile, virgula molto robusta. L’ asse delrabdosoma sì piega al limite fra le regioni prossimale e distale, e da questo punto germoglia di solito il cladio. Teche prossimali }ibere, triangolari con lobo reflesso all’apice, in numero di 6 o 7, inclinate di circa 70° sull’asse; teche distali appressate al periderma, anguste, ricoprentisi, con margine esterno diritto o un po” concavo e terminate in un lobetto ad apice reflesso, ed inclinate circa 35° sull’asse. Sicula piccola. — Dalla figura 13 del TucLBERG, in grandezza naturale, si desume che le teche distali siano in numero di 7 o 8 per centimetro, e che la larghezza del rabdosoma arrivi anche a quasi 2 mm. Il FRECE (I. c., pag. 650 nella spiegazione della fig. 206, e pag. 253) credette di poter mettere i in sinonimia del C. rigidus diagnosi e figure del C. moniliformis TurtB.!), asserendo che fra l’uno e l’altro non vi è alcuna differenza. Pur riconoscendo che le differenze non sono grandissime, giova però riconoscere che esse sussi- stono; e si possono riassumere dicendo che il C. moniliformis è molto più esile (larghezza 0,5 mm.), ha soltanto 4 teche di tipo prossimale, ed ha la regione prossimale del rabdosoma brevissima. Il FREcH va ancora più in là e, per quanto in forma meno recisa, ritiene il C. rigidus specificamente identico al C. Murchisoni CARR. ®) e que- sto al C. Lapworthi Tutts. 3) : non ci sentiamo davvero di seguirlo su questa via. Non mi sembra, d’altra parte, convincente in nessun modo il ragionamento fatto dalla dott. ELLes per giusti- ficare il riferimento dei suoi esemplari al C. rigidus. «I nostri esemplari britannici — essa dice 4) — non cor- cordano esattamente con la descrizione del TuLLBERG, perchè hanno parecchie teche di più nella regione pros- 1) TULLBERG. Skanes Graptoliter. II. L. e., pag. 38, tav. III, fig. 16, 17. ?) CaRRUTHERS in MurcHIson. Siluria, IV id., 1867, Fossils, 90, pag. 541, fig. 1. 3) TULLBERG. Op. cit., pag. 36, tav. III, fig. 8-11. 4) ELLES. Zonal Olaliriation of Wenlock Shales. L. c., pag. 409. [21] M. GORTANI 81 simale del rabdosoma ; ma, benchè il TuLLBERG precisi in 6 o 7 il numero delle teche prossimali, nessuno degli esemplari da lui figurati è completo. Essi mostrano certo 6 0 7 teche prossimali, ma non vi è traccia di sicula, nè della decisa attenuazione che è comune, anzi di solito caratteristica in questo genere nella regione siculare ». E ritiene di poter « completare » la descrizione del TurLsERG portando a ben 18 il numero delle teche prossimali, e di esse 13 prima del cladio. Tale procedimento a me pare assolutamente arbitrario. Il TuLt- BERG è troppo fino osservatore per aver commesso un errore così grossolano; e si dovrebbe parlare di un er- rore in mala fede, dal momento che nel testo svedese egli precisa che la sicula è piccola. D'altra parte, e- gli figura 2 soli esemplari (la fig. 14 è ingrandimento della fig. 13); il primo di questi (fig.12) mostra già l’attenuazione siculare e si può dire mancante della sola sicula; all’altro mancano forse la sicula e la prima teca, come si può desumere dal confronto con i nostri esemplari: ed è noto con quanta facilità si spezzi in que- ste forme l’estremità siculare. Noi teniamo quindi per ferma la diagnosi del TuLLBERG, e osserviamo invece che gli esemplari riferiti dalla ELLes a tale specie differiscono dai tipi svedesi così per il portamento ge- nerale, come per parecchi caratteri : il rabdosoma è tutt'altro che rigido; asse e cladio sono fortemente ar- cuati ; l'estremità prossimale è diritta e assai più attenuata ; la frequenza delle teche è maggiore : tutto ciò, oltre all’avere 18 teche prossinali invece di 6 0 7, delle quali 13 prima del cladio (invece di 5 o 6) e 4 beh svi- luppate dopo il cladio (invece di 1). Concludiamo pertanto che gli esemplari britannici riferiti dalla ELves (e da ELLes e Woop) al C. rigidus appartengono a una specie diversa, per la quale proponiamo il nome di €. Ellesi. Non riesco invece a trovare nessuna apprezzabile differenza tra il C. rigidus del TurrBERG e gli esem- plari descritti e figurati dalla ELLes (e poi da ELLES e Woop) sotto il nome di C. symmetricus. La stessa rigidità del rabdosoma, la stessa simmetria fra asse e.cladio, lo stesso portamento, lo stesso tipo di teche, lo stesso numero di teche prossimali : forse un po’ più attenuati gli esemplari britannici nella regione prossimale e un po’ più frequenti le teche, caratteri non certo bastevoli a una separazione specifica. Cotesti esemplari britannici si posson dire identici ai nostri della Sardegna. Il C. rigidus, così inteso, è proprio degli strati con Cyrtograptus, ossia del Wenlock, parte media (Inghilterra) e superiore (Svezia). 21. Cyrtograptus dispar n. £. — Tav. XI [IV], fig. 12-15; Tav. XIII [V]], fig. 34. Rabdosoma con stipite 0 ramo prineipale lungo parecchi centimetri ed emettente un solo cladio, che è assai più robusto dello stipite. Quest’ultimo è diritto o leggermente arcuato nelle parti distali, rigurvo dorsal- mente ad arco pronunciato nella porzione prossimale, con la curvatura più sentita in vicinanza della si- cula. La regione prossimale è sottile, misurando 1 mm. di larghezza in corrispondenza delle sporgenze tecali e 4 mm. o meno negli intervalli ; nelle parti distali la larghezza totale cresce lentamente fino a 1,30 1,5 mm. (anche 1,7 mm. in corrispondenza delle teche più mature), mentre la larghezza della parte non dentata (misurata cioè con esclusione delle sporgenze tecali) giunge presto al valore di 1 mm. che poi conserva. La sicula è piccola e spinta all'infuori ; arriva col suo apice fino all’altezza della prima apertura tecale. Le teche prossimali sono subtriangolari con margine aperturale reflesso, in numero di 10 all’incirea, appres- sate nella proporzione di 8 o 9 per centimetro ; le distali sono tubulari con apice brevemente reflesso e margine ventrale spesso sinuato, si sovrappongono per 1 od 4%, e sono in numero di 6 0 7 per centimetro. La 6° teca prossimale porta l’unico cladio, che è molto grosso e robusto, notevolmente arcuato, con curvatu- ra ventrale molto sentita nelle parti distali. Esso è fin dall’inizio più largo del ramo principale e acquista ben presto un diametro di quasi 2 mm., che distalmente cresce fino a 2,5 mm.; le sue teche sono del tipo 3 M. GORTANI [22] delle teche mature dello stipite, col margine ventrale spesso rigonfio. Cladio e stipite fanno tra loro un angolo per solito molto aperto, ma assai variabile. Goni, raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. Il C. dispar appartiene al gruppo del C. rigidus ed è certo molto affine a tale forma ; ma non è rigido, ha il cladio ricurvo e molto ingrossato, la parte prossimale più ricurva e molto più esile, la regione siculare ricurva, il lobo delle teche prossimali meno pronunciato ; diverso è il portamento generale, e manca la sim- metria fra stipite e cladio. La mancanza di rigidità può-ricordare il C. EWesì NoBIs (=C. rigidus ELues, non TuLLBERG ; cfr. pag. 61[21]), che però si distingue dal C. dispar per le molte teche prossimali, il cla- dio non dissimile dallo stipite ecc. 22. Cyrtograptus mediterraneus n. f. — Tav. XI [IV], fig. 16,17; Tav. XII [VI], fig. 5. Rabdosoma con stipite o ramo principale abbastanza robusto, non rigido, lungo parecchi centimetri, diritto nelle parti distali, arcuato a curva ogivale pronunciata nella regione prossimale. Sicula piccola, lunga 1,3 mm., spingentesi colsuo apice fino al livello della prima apertura tecale. La regione siculare è molto at- tenuata ed esile; mailrabdosoma si irrobustisce rapidamente raddoppiando dopo poche teche il suo diame- tro: si raggiunge così la larghezza massima, che corrisponde alla parte più fortemente curvata e che oscil- la fra 1,7 62,2 mm.; successivamente, col ridursi delle sporgenze tecali, la larghezza acquista il valore norma- le delle parti distali, che è di 1,3 o 1,4 mm. Le teche prossimali sono in numero di 7 od 8, subtriangolari, con ampio lobo arcuato-reflesso ; in corri- spondenza della parte fortemente curvata del rabdosoma acquistano il tipo delle teche del M. fimbriatus, indi passano gradatamente al tipo distale. Le teche distali sono tubulari, appressate, ricoprentisi l’una l’al- tra per circa 14 della lunghezza, con apice sporgente e brevemente reflesso, a margine esterno leggermente sinuato ; se ne contano 6 per centimetro. Le teche prossimali sono addensate nella proporzione di 9 o 10 in 10 mm. La 5° teca porta l’unico ramo secondario o cladio di 1° ordine, che ha dapprima leggiera curvatura ventrale o sinuata, e continua poi diritto nelle parti distali. Esso forma con lo stipite o ramo principale un angolo molto aperto, di solito prossimo a 180°; è simile al ramo principale per aspetto, robustezza e strut- tura, solo un po’ più sottile (larghezza 1,2 mm.) e con teche leggermente più fitte (in media 7 per centime- tro). Fatto caratteristico: il cladio può germogliare un cladio di seconda generazione, largo quasi il dop- pio di esso (2 mm.). Goni, raro. — Musei geologici di Pisa e Bologna. La specie è nettamente caratterizzata dalla presenza del cladio di 2° generazione ; fatto che non trova riscontro se non nel già ricordato C. Murchisoni e nel C. Grayî Larw. !), mentre per ogni altro carattere essa spetta al gruppo del C. rigidus. Notevole anche la brevità della porzione prossimale edil suo subitaneo attenuarsi verso la regione siculare. Incertae sedis. 23. Problematicum. — Tav. XII [V], fig. 16. In appendice alle forme descritte, credo opportuno di citare e di figurare un fossile, pel quale non non sono riuscito a trovare un’interpretazione soddisfacente. i ii) LaAPwORTH. Scottish Monograptidae. Geol. Mag., (2) III, 1876, pag. ‘545, tav. XX, fig. 11; — ELLES “ot Woop. British Graptol. X. L. c., 1913, pag. 512, tav. LII, fig. 5, e fig. 358 nel testo. [23] M. GORTANI 63 Trattasi di un'impronta leggermente convessa, a contorno ovale ellittico, con l’asse maggiore lungo 48 mm. e l’asse minore lungo 31 mm. ; il rilievo al colmo della convessità è di poco superiore a 1 mm. In posizione eccentrica, all’incirea lungo l’asse minore e a 10 mm. dal margine più prossimo, notasi una leggiera prominen- za contigua a una leggiera infossatura ; da essa partono due tenuissine linee leggermente impresse, che di- vergono dirigendosi verso il margine opposto. La superficie è liscia, con una lievissima rugosità parziale lun- go il margine. Un altro fossile consimile, misurante 12 per 20 mm., presenta un’infossatura lineare lungo l’asse maggiore, col centro della lieve infossatura a 6 mm. di distanza dal polo più prossimo. La fossilizzazione pare la medesima delle Graptoliti, ma con il velo di giimbelite assai più sottile, cosic- chè esso è quasi interamente scomparso nell’esemplare più piccolo, mentre nel maggiore è conservato sui margini e presso il rilievo interno. Non so se possa avere qualche fondamento l’ipotesi di spiegare tali resti problematici come pneumatofore staccate di colonie graptolitiche fluttuanti. RISULTATI PALEONTOLOGICI E STRATIGRAFICI. } Il valore delle determinazioni del Meneghini. — Risulta da quanto precede che le determinazioni del MENEGHINI non ebbero, nè potevano avere successo, per più ragioni. Anzi tutto, la localizzazione a Goni di una fauna graptolitica costituita in gran parte da forme proprie, finora ignote altrove: delle 7 specie di Monograpti fondate dal MeNEGHINI, una sola, il M. hemiprisks, trova esatto riscontro nelle specie istituite più tardi. In secondo luogo, l’imperfezione delle figure, non ostante il valore dell’artista che le disegnò; imperfezione do- vuta sopra tutto allo stadio iniziale in cui si trovava ancora lo studio delle Graptoliti alla metà del secolo scorso, così da rendere difficilissima un’esatta interpretazione degli esemplari schiacciati. In terzo luogo, l’imperfe- zione dello studio : studio che, buono per il tempo in cui fu compiuto, non va però esente da molti errori e che, anche per l’insufficienza del materiale, condusse l’autore a inglobare sotto uno stesso nome esemplari di specie diverse e a smembrare sotto vari nomi esemplari di una medesima specie : tale difetto è partico- larmente sensibile a proposito dei particolari strutturali (come è per es. delle porzioni prossimali di M. fal- catus erroneamente attribuite anche al M. Lamarmorae). Un altro errore non imputabile a difetto di atten- zione da parte del MENEGHINI, è il mancato riconoscimento dei Cyrtograpti, che al tempo suo non erano ancora conosciuti, e di cui egli aveva a disposizione un solo esemplare intero e alcuni frammenti di rami staccati. ; Le corrispondenze delle figure del MENEGHINI, secondo le mie interpretazioni, risultano dalla seguente tabella : 1. Graptolithus (Monograpsus) antennularius { Max i Fig. I 1, la, 1b = Monograptus antennularius MeH. | Fig. I 2c = M. Lamarmorae Mex. em. » I 2a, 2 = M. mutuliferus Men. em. 2a Ge (10) Lema Merz Î » 124 = M. mutuliferus var. strigosus GoRT. » TL 2e = M. falcatus Mor. em. ( Fig. I 3a = M. hemipristis McH. em. 3. G. (M.) colonus BARR, ? >» 136 = M. sardous Gort. ( DIRI, = Cyrtograptus rigidus TuLLB. 64 M. GORTANI [24] \ Fig. I 4b = M. belophorus MGH. em. 4. G. (M.) belophorus Mex. > II 4, 4a = M. belophorus Mar. em. | » IM 4 = M. hemipristis Men. em. 5. G.(M.) hemipristis Meu. } Fig. I 5, 54,50, 5c,5d — M. hemipristis Man. em. 6. G. (M.) Gontîi Mex. (RARI ole 6, 66, 6e — M. Gonî McH. em. ; (UE RITA6A = M. belophorus Mez. em. 5 5 ; Fig. II 7, Ta = M. falcatus Mean. 1. G. (M.) falcatus Max. TO o di RIETI | » III 7,7a,70,7c = M. falcatus Man. ( Fig. II Sa = M. falcatus Mer. S. G. (M.) mutuliferus MoH. ) » Ir Sb = M. mutuliferus MGH. em. » II Se = M. hemipristis Mcn. em. ( Fig. II 9, 9a — M. belophorus MGH. em. 9. G. (M.) Priodon BRONN Di IDOLO) = M. mutuliferus var. strigosus GORT. i (OSSCATTTI95 — M. falcatus Men. 10. G. (Diplograpsus) sp. ind. | Fig. III 10 = Diplograptus sardous Gort. 11. G. (Diplograpsus) sp. ind. i Pig. IMI 11 = D. sardous Gort. Il valore delle critiche. — La tabella precedente basta già a dimostrare come fossero fondalmente errate le critiche mosse al MENEGHINI, e arbitrarie le deduzioni che se: ne vollero trarre, e che abbiamo riportate nell’introduzione. Ma è opportuno esaminarle partitamente. Cominciando dal TuLLBERG, si è veduto come i due esemplari di Diplograptus non rappresentino due specie diverse, e non si avvicinino nè al D. palmeus (che appartiene a un tutt'altro gruppo), nè al D. tamariscus. Si è pure veduto che non esiste fra i Monograpti di Goni il M. Hisingeri, nè altra forma del suo gruppo : le figure del MeNEGHINI in cui TuLLBERG credeva di poter riconoscere quella specie, rappresentano, invece, in parte (fig. 13a) il M. sardous, in parte (fig. I 36, 5) il M. Remipristis, in parte (fis. 14) il IM. bdelophorus. Il M. Gonii spetta bensì al gruppo del M. vomerinus, pur restando distinto da questa specie; ma il M. vomerinus, che è presente a Goni, è tra i fossili guida del piano di Wenlock_ e non già del piano di Gala. Resta però ancora da esaminare il primo dei motivi addotti dal TULLBERG per riferire al Gala-Tarannon le Graptoliti di Goni: e cioè la presenza di M. falcatus insieme con M. turriculatus in un pezzo di scisto del Fichtelgebirge. Evidentemente qui c' è un errore. La fauna a M. turriculatus è abbastanza ben nota per permetterci di escludere assolutamente la cosa: tanto più che in tale fauna appunto non sono infrequenti esemplari frammentari di MM. spiralis o di altre forme consi- mili, che assumono talvolta aspetto analogo. a quello del M. falcatus. E tutto l’insieme della fauna di Goni dimostra che essa non ha nulla a che fare con il piano di Gala. Quanto al BARROIS, si è già notato nella parte introduttiva l'errore di logica in cui egli è caduto, attri- buendo a due diversi orizzonti i fossili presenti l’uno accanto all’altro in una medesima lastra di scisto. Ma, venendo a discutere i suoi tentantivi di identificare le specie del MenEGHINI con altre già note, dob- biamo tosto riconoscere come neppur qui egli sia stato più fortunato. Egli avvicina infatti al M. continens il M. Gonti, che è invece tanto prossimo al M. vomerinus; giudica molto prossimo al M. iaculum il M. hemipristis, che è invece identico al M. vomerinus var. basilicus, e trova affine al M. vomerinus il M. mutuliferus, che appartiene al gruppo del M. Flemingi! Nè, come sappiamo, esiste a Goni il M. colonus, che al BarROoIs faceva giudicare presente il Wenlock, mentre avrebbe dovuto far concludere per il Ludlow inferiore. Il M. antennularius, infine, è bensì prossimo al M. Becki, ma ciò evidentemente non basta, di fronte a tutta la fisionomia complessiva della fauna, per concludere in favore della pertinenza al piano di Gala-Tarannon. i [25] M. GORTANI 65 ELLes e Woop hanno dato giudizi molto meno inesatti. Hanno giustamente riconosciuto che il M. Gonii appartiene al gruppo del M. romerinus; che i M. mutuliferus e M. Lamarmorae hanno il tipo del M. Flemingi: che il M. antennularius ha il tipo del M. Becki. Hanno invece sbagliato giudicando ben determinato il M. Priodor, sotto il cui nome MEeNEGHINI ha raccolto impronte di M. belophorus, M. mutuliferus e M. falcatus; hanno sbagliato ritenendo prossimo al M. colonus il I. belophorus, perti- nente a un gruppo tanto diverso : e hanno avvicinato senza alcun serio motivo il M. falcatus al M. limatulus, mentre anche i disegni del MENEGBINIlo dimostravano prossimo al M. flexilis, descritto dalla stessa ELLes. Ma con sicuro intuito hanno conluso che l’abito generale della fauna indica il piano di Wenlock. Le Graptoliti di Goni e il loro alore stratigrafico e paleontologico. — Le Graptoliti raccolte dal La Marmora e studiate dal MENEGHINI erano già sufficienti per determinare l’età della fauna. Ma il mio nuovo materiale ne rende l'illustrazione più completa e precisa Le mie ricerche sul posto hanno permesso di precisar meglio le condizioni geologiche del giacimento fossilifero e di raddoppiare il numero delle forme, tra cui hanno particolare importanza stratigrafica quelle del genere Cyrtograptus. Nel quadro a pag. 66 [26] ho disposto l’elenco delle Graptoliti di Goni e ho indicato caso per caso le forme note che sono ad esse identiche o affini, precisandone anche l’orizzonte stratigrafico rispettivo. Dal quadro emerge subito l’omogeneità della fauna, che non lascia dubbio intorno alla sua età. Le forme comuni con altri giacimenti di età precisata (Monogr. vomerinus, M. hemipristis, Cyrtograptus rigidus) sono tutte proprie del Wenlock; le forme finora esclusive di Goni hanno nelle Graptoliti del Wenlock le specie ad esse più affini, tranne il Monogr. sardous che trova le maggiori somiglianze nel M. tumescens degli strati immediatamente sovrastanti, e il M. antennularius che le trova invece in forme degli strati immediata- mente sottostanti al Wenlock; esclusivo del Wenlock è poi il genere Cyrtograptus, presente con tre forme diverse e associato a tutte le svariate forme monograptiche del giacimento. L’impronta di fauna del Wenlock non potrebbe essere più tipica Le Graptoliti di Goni appartengono tutte per- tanto ad un unico orizzonte: Gotlandiano medio, parte superiore (Wenlock). Esse hanno dunque un netto e ben preciso significato stratigrafico, che ha valore fonda- mentale per completare la serie gotlandiana della Sardegna. Si è già detto nella parte introduttiva come non sia stato possibile una rina in zone; a tale pro- posito credo anche opportuno di richiamarmi a ciò che sul valore prevalentemente locale di tali minute sud- divisioni ho osservato trattando delle Graptoliti carniche 1). | Dal punto di vista paleontologico, non è senza interesse la presenza di un numero relativamente cospi- cuo di forme nuove, che contrasta con la più volte segnalata uniformità delle faune graptolitiche. La previ- sione del BarROIS, che una revisione delle specie Meneghiniane in base agli originali dovesse far passare in sinonimia, per ragione di priorità, un certo numero di specie inglesi, non si è verificata che in minima parte, e precisamente per il solo Monogr. hemipristis che fa passare in sinonimia il M. basilieus del LaPwORTAH. È possibile però che il presente lavoro, permettendo i necessari confronti, abbia l’effetto di far riscontrare una estensione della fauna sarda fin qui insospettata. Abbiamo motivo di ritenerlo, ad esempio, per varie località germaniche, per i Pirenei, e per il Portogallo, dove il DELGADO ebbe già a citar forme paragonabili al MM. Lamarmorae, mutuliferus, Gonii 2). 1) GoRTANI. Contribuzioni allo studio del Paleozoico Carnico. VI. Faune a Graptoliti. Palaeontogr. Ital., XXVI, (1920) 22, pag. 54. 2) DELGADO. Système silurique du Portugal. Etude de stratigraphie paléontologique. Comm. Serv. géol. du Port. Lisbonne, 1908, pag. 119 e 218-19. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922, c TABELLA RIASSUNTIVA DELLE GRAPTOLITI DI GONI NOME DELLE FORME SPECIE IDENTICHE O AFFINI Orizzonte geologico ea—.,e_-==«—=ee--::‘òfe©©66‘6‘‘@@òe— “EEE TTTT[TS*SZìa (SI, D . M. .M. . Diplograptus sardous n. f. . Monograptus Meneghinii n. f. M. sardous n. f. sardous var. macilentus n. f. . vomerinus NIcH. sp. . hemipristis MeH. em. . Gonîi Men. em. . Linnarssoni TuLLB. var. Flumendo- sae n. f. . mutuliferus MGH. em. . mutuliferus var. elegans n. f. ; E var. strigosus n. f. . Lamarmorae Men. em. . proboscidatus n. f. . proboscidatus var. lacus n. f. . Tariccoi n. f. . falcatus Mau. . M. bdelophorus Mar. em. . antennularius Man. subtilis n. f. . Cyrtograptus rigidus TuLuB. . C. dispar n. f. . C. mediterraneus n. f. . Problematicum M. dubius SuEss sp. M. tumescens Woop. = M. vomerinus NicH. sp. = M. var. basilicus Lapw. . vomerinus NIcH. sp. M. Linnarssoni TULLB. M. Flemingi SALL. (? = M. Flemingi HunpT, non SALT.) (2= M. riccartonensis HunDT, non Lapw.) M. spinulosus TULLB. M. flexilis ELLES M. runcinatus LaPw. M. Beckiì BARR. sp. C. rigidus TULLB C. symmetricus ELLES Wenlock e Ludlow inf, Ludlow inf. Wenlock Wenlock inf. Wenlock Wenlock medio Wenlock sup. Wenlock Wenlock Wenlock medio Gala-Tarannon Wenlock sup. Wenlock medio [27] M. GORTANI 67 Una certa importanza ha la presenza dei due esemplari del genere Diplograptus, le cui forme più re- centi finora note si spingono a mala pena alla base del Gotlandiano medio. Che il D. sardous non stia a indicare un orizzonte più antico del Wenlock, è provato dal trovarsi i due esemplari associati nelle me- desime lastre di scisto con altre tipiche specie del giacimento (Monogr. sardous, hemipristis, mutuliferus, falcatus) ; cosicchè si deve concludere per una maggiore persistenta o sopravvivenza di questo genere. Molto notevole è il gigantismo, carattere saliente di tutta la fauna studiata. Buona parte delle forme nuove riproducono in dimensioni più che doppie, tipi già noti nella fauna del Wenlock;il M. Lamarmorae è la Graptolite di maggior larghezza che mai sia stata illustrata. Ma su tale argomento ritorneremo in una prossima occasione, illustrando le belle forme di Graptoliti di Ballao, allo sboeco delrio Fontana Coverta nel Flumendosa. Pavia, R. Istituto geologico, marzo 1923. VA LPANA RI Ut POSI TATO Ut: E DATI epiteti vrvine ASTIICIA ZA Baabiadn 4 5° y % È x ni PA Ù SORIANO GIIPONE NA Ì Pub) LIOSI (TS QIGAPATNI: NE Rab Kafi SEMESTRE DATI COL ANGUS gi (REA MOR LUCA: DER Ae de BELLINI î AA U [A VG AECINI i) DEVA ah) Vi ie VE, K Lo À Ti. SAVA AA D. FRANCESCHI PESCI FOSSILI NUOVI 0 POCO NOTI DEL TERZIARIO ITALIANO (Tav. XIV [I]). I Focene di M. Bolca (Verona) 1. Clupea polyacanthina Liov. — Tav. XIV [I], fig. 1. 1865. Clupea polyacanthina P. Lioy. Sulle Clupee foss. di M. Bolca. Atti Soc, Ital. Sc. nat. Milano, vol. VIII, pag. 406. Lunghezza complessiva del corpo mm. 70 Lunghezza della testa » 16 Altezza massima del tronco 118) Altezza della testa circa » 12 Vertebre 40-42 L’esemplare, rappresentato in parte da una chiara impronta, ha il corpo slanciato, comprendendo la sua lunghezza complessiva 5 volte e più la sua massima altezza, presa a livello del primo raggio dorsale. Il profilo rettilineo del dorso e quello lesgerissimamente arcuato del ventre vanno lentamente accostan- dosi verso la base della coda, dove formano un pedicello caudale alto quasi 5 mm. La testa, di un terzo più lunga che alta, ha la linea del fronte un poco incavata, l’orbita ovale, lo squarcio del- la bocca breve e l'apparato opercolare mal conservato, come la porzione inferiore del muso ;‘si contano 5 raggi branchiosteghi. Tutte e due le pettorali sono visibili. 1 loro raggi, molto sottili, ma distinti, sono in numero di 13 per cia- scuna, dei quali il 3°, che pare il più lungo, misura poco più di 6 mm. Il punto medio della base della dorsale corrisponde colla metà del corpo, codale esclusa. La pinna conser- va 10 raggi abbattuti, gracili, dei quali il 1° è in lunghezza la metà del 2° e questo i due terzi del 3°, che è il più lungo e misura 6 mm., gli altri diminuiscono tanto lentamente, che le loro estremità vengono ad alli- nearsi quasi verticalmente alla direzione del dorso. La b:fse si estende per 6 mm. Gli ossicini interspinosi sono delicatissimi e a mala pena discernibili anche colla lente. Le ventrali incominciano un po’ più addietro del punto medio della base della dorsale e sono equidistanti dalle pettorali e dall’anale. Ciascuna conta 5 raggi divisi, della lunghezza massima di 4 mm. Il cinto pelvico pare sostenuto da due spine, rivelate da impronte. 70 D. FRANCESCHI [2] L’anale ha la sua origine a livello della 9 vertebra, contando dalla coda, e la sua distanza dalla coda: le è due terzi di quella compresa fra l’anale e le ventrali. La. pinna codale, contenuta 6 volte nella lunghezza complessiva del pesce, è moderatamente forcuta coi lobi sensibilmente divaricati e leggermente ottusi. I suoi raggi, intorno a una ventina, sono gracilissimi, fles- sibili e divisi. La colonna vertebrale, rettilinea nei tre quarti posteriori e inarcata in alto nelle vicinanze dell’opercolo, non può avere più di 42 vertebre, delle quali 20-21 appartengono alla regione caudale; queste sono delicate, lunghe quanto alte e molto uniformi in generale, con due rilievi longitudinali, svelati da solchi nelle im- pronte. Le coste, esilissime, rivolgono la loro concavità in avanti e arrivano coi loro segmenti fino quasi alla l- nea mediana del ventre. Lungo questa si osservano, molto distintamente, le impronte di una serie di dop- pie spine, disposte ad angolo, corte, sottili, situate obliquamente dall’indietro in avanti e coi vertici dell’angolo in coincidenza colla linea mediana stessa ; sono le spine che danno origine alla caratteristica carena dentico- lata delle Clupee in genere. Una fitta massa di brevi reste occupa la parte più avanzata della regione dorsale ed un’altra più rada di reste lunghissime corre sotto e in prossimità della colonna vertebrale, spingendosi quasi fino alla base della coda. Le apofisi spinose superiori, gracili, lunghe, arcuate all’indietro, raggiungono la linea mediana del tronco e portano delle appendici secondarie; le neurapofisi sono estese, quanto ha metà della porzione spinosa, ma alquanto meno esili. Gli stessi caratteri presentano le spinose emali e le emapotisi si mostrano poco più forti delle corrispondenti superiori. * * * Nel 1865 P. Lioy !) presentava un quadro di misure somatiche, relative a 11 specie di Clupee, da lui deno- minate e distribuite in 3 generi diversi a seconda, principalmente, della posizione della dorsale rispetto alla metà del corpo. Il prof. Bassani ?), nel materiale messo a sua disposizione dal Museo geologico dell’Università di Padova, dopo aver completato il quadro caratteristico della Clupea macropoma, già descritta e figurata da AGASSIZ, riconosceva tra gli esemplari in esame due Clupee del Liov e cioè la CI. engrauliformis e la OI. denticiformis. Nel dare la descrizione e le figure 7-9 della prima forma, aggiungeva però per la fig. 8 altri caratteri speciali, che lo persuadevano a ritenere associabile all’engrauliformis anche la Clupea polyacanthina Lioy. Conviene notare a questo proposito, che ai 3 individui figurati, venivano assegnate 45 vertebre, mentre Loy, se ne fissava 45 per la CI. engrauliformis, non ne attribuiva che 40 alla polyacanthina. WoopwarD 8), pur comprendendo nel suo catalogo le specie di Lroy, esprimeva senz'altro l’avviso, che la loro determinazione non fosse rigorosamente scientifica e fosse anche poco sicura per la mancanza di op- portune figurazioni. Ora l'esemplare, di cui è qui parola, per le proporzioni relative del corpo può indicarsi molto prossimo alla CI. engrauliformis secondo le misure di Bassani, ma differisce da questa tanto pel numero delle ver- tebre, che per Ja struttura della dorsale. 1) P. Liov. Clupee fossili di M. Bolca. (Nota). Atti Soc. it. Sc. nat., voli VIII, pag. 406. Milano, 1865. 2?) FR. BASsANI. Palaeontographia. italica, vol. III, pag. 86, tav. IX, fig. 7-9. Pisa, 1897. 3) A. S. Woopwarp. Catalogue of the foss. Fishes in the Brit.. Mus. Nat. -Hist.. Parte IV. Londra, 1901. [9] D. FRANCESCHI TAL Per le proporzioni del corpo esso si accosta anche alla C1. ophtalmica Liov, ma di questa mancano molti e importanti termini per un serio confronto. Le maggiori affinità si riscontrano colla Cl. polyacanthina, la quale ha molto prossimamente le stesse proporzioni relative del corpo e della testa, lo stesso numero di vertebre e di raggi della dorsale e la stessa posizione di questa rispetto al corpo. Ritengo quindi, che detto esem- plare ha grandissima probabilità di essere non altro che una Cl. polyacanthina Liov. Esemplare unico, che si conserva nel Museo Geol. del R. Istituto di Studi Superiori di Firenze. 2. Clupea catopygoptera WooDWwARD. — Tav. XIV [I], fig. 2. 1844. Clupea catopygoptera L. AcAssIz. Poiss. foss., vol. V, p. II, pag. 120 (solo nome). 1901. Clupea catopygoptera Woopwarp. Catalogue of the foss. Fishes in the British Museum, London 1901, pag. 148, tav. VI, fig. 2. Lunghezza totale del corpo mm. 89 Lunghezza della testa VEngN2)l Altezza massima del tronco » 18 Altezza della testa » 16 î Vertebre al minimo 40 L’esemplare è visibile dal lato sinistro. Il profilo del tronco è superiormente un po’ concavo e si raccorda poi con quello della testa, che si presenta obliquo verso l’alto ; più convesso è il profilo inferiore, particolarmente nella regione addominale anteriore. La forma ha l'aspetto alquanto slanciato ; infatti l'altezza massima del corpo, misurata un poco prima del- l'origine della dorsale, è compresa quasi esattamente 5 volte e 4 volte esatte nella lunghezza ridotta (mm. 72) cioè codale esclusa. La testa è grossa, di un terzo più lunga che alta, colla bocca aperta e limitata superiormente dagli in- termascellari, che pajono abbastanza lunghi. La linea frontale è diritta, e, come si è detto, leggermente in- clinata in alto ; la gola, rotondetta, sale presto all'estremità della mandibola ; lo squarcio della bocca è bre- ve ela mascella superiore non sopravanza quella inferiore. L’orbita è piuttosto grande, ovale e molto eleva- ta ; il suo diametro maggiore è contenuto 4 volte nella lunghezza della testa, misurata dall’estremità del muso a quella posteriore dell’opercolo. L'apparato opercolare è grande e liscio, colle sue parti di forma triangolare eurvilinea, meno il sottoper- colo che è quadrangolare ; le suture dei pezzi sembrano molto finamente denticolate. Si contano 5-6 raggi branchiosteghi. 7 Le pettorali, di forma subtriangolare, bassissime e attaccate ad un apparato toracico piuttosto ro- busto, constano di circa una decina di raggi ciascuna, esilissimi, flessibili, della lunghezza massima di 11 mm. L'origine della prima dorsale non bene conservata, coincide colla metà del corpo (codale esclusa), si esten- de per circa 8 mm. e conta forse una dozzina di raggi, molto gracili, della lunghezza massima di 8-9 mm., soste- nuti da ossicini interspinosi debolissimi, inclinati in avanti, quasi nella direzione dei raggi stessi. Le ventrali sono situate sotto la dorsale, principiano poco prima del punto medio della sua base e sono pressochè equidistanti dalle pettorali e dall’anale. La massima lunghezza dei suoi 5 raggi, esilissimi e ondulati, misura 7 mm. L'origine dell’anale cade in corrispondenza alla 8° vertebra, a contare dalla base della coda ; è quindi remota e si stende per poco fin presso a questa. La sua distanza dalle ventrali è, in linea retta, doppia di quella dalla pinna codale. 79 D. FRANCESCHI [4] La coda, stretta, debole, delicata al confronto del resto, è contenuta poco più di 5 volte nella lunghezza complessiva del corpo ; è profondamente forcuta con lobi mediocremente divaricati e conta 23-24 raggi; quello principale è preceduto, sopra e sotto, da altri due o tre molto corti e diseguali e seguito da 8-9 raggi articolati e divisi; essi si attaccano ad unaplacca mediana, apparentemente divisa ma in realtà sol- tanto solcata, eguale in lunghezza a due vertebre, ad una placchetta superiore e inferiore dovuta a delle apofisi dilatate e ad un paio di spine semplicemente ingrossate ; non pare che altre vertebre èll’infuori delle due estreme colle loro apofisi partecipino alla formazione della base codale. La colonna vertebrale, delicata, procede col suo leggero inarcamento quasi parallela al profilo del dorso e conta almeno quaranta vertebre più lunghe che alte, non molto uniformi, delle quali una ventina al più appartengono alla regione caudale. Si contano da 10 a 12 paia di costole, i cui segmenti sono molto gracili, molto arcuati in avanti, rag- giungono quasi ta linea inferiore del ventre e si estendono lungo tutta la cavità addominale. Le spinose inferiori, rivolte indietro, sono abbastanza lunghe, ma gracili; le emapofisi, alquanto meno deboli e accostantisi, posteriormente, mano a mano all'asse. Le spinose neurali hanno pressochè gli stessi caratteri delle precedenti, ma sono molto più regolari, più lunghe e molto appuntite, e sì spingono fin quasi allo linea del dorso ; le neurapofisi appariscono invece un po’ meno lunghe e meno vigorose delle corrispon- denti emapofisi; non si scorgono delle reste lunghe, ma piuttosto delle corte appendici. Questa forma, che AcassIz !) aveva preannunziata nel 1844 con altre Clupee del M. Bolca, riservandosi di esaminarle, ma che non descrisse nè figurò più, fu studiata e figurata nel 1901 da Woopwarp 2). Fra le Clupee di M. Bolca, conservate nel Museo Geologico dell'Istituto di Studi Superiori in Firenze, esi- ste l'esemplare di cui è qui parola; esso corrisponde pressochè esattamente ai earatteri specifici forniti da Woopwarn. Siccome però nella sommaria descrizione, da lui data, non hanno trovato posto, certamente per amore di brevità, altre caratteristiche minori, le quali, senza essere di essenziale importanza, possono tut- tavia meglio precisare la specie, così ho ereduto utile di completare il quadro somatico e di dare la figura dell’in- dividuo in questione, che è alquanto più grande di quello di Woopwarp, ma sempre entro le dimensioni mas- sime da lui indicate. II Oligocene di Chiavon (Vicenza) 1. Clupea Bassanii n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 3. Lunghezza complessiva del corpo mm. 73 Lunghezza della testa DI Nizza Altezza massima del corpo yy Altezza della testa » 14 Vertebre al massimo 40 1) L. AgassIz. Poiss. foss., tom. V, parte II, pag. 120. 2) A. S. Woopwarp. Catal. of the foss. Fishes in Brit. Museum Nat. History, P.IV, pag. 148, tav. VI, fig 2. London, 1901. [5] D. FRANCESCHI i 13 Forma visibile dal fianco sinistro; impronta e contro-impronta. Lo stato di conservazione dell’esemplare non è a tutto rigore così perfetto, come a prima vista si giudiche- rebbe. Nuoce infatti alla completa chiarezza della sua struttura uno strato di integumenti calcitici, che maschera in parte lo scheletro. In complesso però il campione si presta ad un esauriente esame dei suoi ca- ratteri specifici più importanti. Il corpo, allungato e compresso, è anteriormente alquanto raccolto, così da dare alla forma un aspetto piuttosto tarchiato. Il profilo superiore del tronco è pressochè rettilineo e quello inferiore leggermente arcua- to ; le due linee vanno lentamente accostandosi tra loro verso ia base della coda. L'altezza massima, misurata un po’ avanti l'origine della pinna dorsale, è compresa 3 volte e ?/; nella lunghezza del corpo (caudale esclusa), che è di 58 mm. La lunghezza della testa, presa dall’estremità del muso a quella posteriore dell’opercolo, è compresa 3 volte e un terzo nella lunghezza del corpo, considerata come sopra, mentre la sua altezza, misurata subito dietro l'orbita, è contenuta poco più di 4 volte nella stessa lunghezza del corpo ; ne risulta che la testa è di un quin- to più lunga che alta. Il muso è leggermente ottuso. L'occhio, è piuttosto elevato e la cavità orbitale, delimitata sommariamente dai suoi ossicini, appare grande, ovalare, coll’estremità più acuta rivoltain avanti; il diametro maggiore dell'orbita, che si stima di 4 mm. e mezzo, è compreso quasi 4 volte neila lunghezza della testa, L’ap- parato opercolare, come risulta dalla sua impronta, è liscio ; delle sue parti l’opercolo ha forma subtrian- golare (come il preopercolo) e altezza doppia della sua massima larghezza, mentre il secondo ha una altez- za tripla della sua larghezza ; il sottopercolo dev’ essere stato molto stretto. Le ossa della testa non si distin- guono chiaramente, ma è possibile, rilevare che la mascella superiore non è sporgente alla mandibola e vi si scorgono tre o quattro dentini conici, ricurvi, in posizione non definibile; più netti sono invece i' contorni e precisamente la linea del fronte e quella della gola, la prima meno inclinata sull’asse che la seconda. Le pinne pettorali sono situate in basso, a livello della linea inferiore e un po’ in avanti a quella poste- riore dell’opercolo. I raggi, non molto distinti, sono circa una dozzina; il primo cioè il marginale appare semplice, abbastanza forte rispetto agli altri e misura 6 mm.; la massima lunghezza degli altri, molli, gracili, è di 8 mm. Le natatoje accennano ad avere una forma subtriangolare e distano 12 mm. dal muso e 20 dalle pinne ventrali. Le ventrali, situate di fronte alla pinna dorsale, principiano avanti il primo raggio di questa piuttosto che a li- vello, speciale caratteristica e non generale delle melette viventi, e contano 5-6 raggi molli, corti. Di loro non rimangono che impronte e raggi affastellati. Le natatoje sono ad eguale distanza dalle pettorali e dall’anale. La dorsale giace nel mezzo del dorso e conta intorno a 10 raggi, abbattuti, stretti fra loro e degradanti ; il 1° è semplice e gli altri molli, gracili, divisi e terminanti a pennello; la massima altezza della pinnaè di 9 mm. so- sopra 8 mm. di base. I suoi ossicini interspinosi sono molto esili, fitti, almeno i primi, e inclinati in avanti» di un piccolo angolo colla direzione dei raggi. DelPanale manca ogni traccia; ma nella sua posizione ordinaria rispetto alla linea mediana inferiore del tronco si osserva una serie di piccoli ossicini, in generale gracilissimi, meno forse i due o tre primi, tutti paralleli fra loro, inclinati in avanti, lunghi ciascuno 2 mm. ed occupanti un intervallo di 6-7 mm. La pinna è equidistante dalle ventrali e dalla base della coda. La pinna codale, contenuta in lunghezza, circa 5 volte nella lunghezza totale del corpo, è forcuta, con una incavatura profonda meno della metà della sua estensione, a lobi ottusi moderatamente divaricati ; conta circa 28 raggi, dei quali i laterali, due o tre, hanno avanzi incerti ; seguono poi il raggio principale relati- vamente più grosso poi gli altri sempre più sottili, ma tutti articolati; i mediani non numerabili sono più corti e più gracili. I loro sostegni constano di una placchetta, in digressione di una o due vertebre estreme della co- lonna e di apofisi un po’ ingrossate delle due vertebre precedenti. Palaeontographia italica, vol. XXVIII 1922. 10 TA D. FRANCESCHI [6] La colonna vertebrale, composta 21 massimo di 40 vertebre, delle quali la metà è caudale, è leggermente ar- cuata, ma si inarca di più nella regione anteriore per raggiungere la nuca. È delicata e non sempre uniforme ; gli articoli della regione addominale sono più corti di quelli della parte caudale in guisa che occorrono 6 dei primi per avere la misura di 5 dei secondi. Le apofisi spinose sono gracili, inclinate indietro e ricurve alquanto alle loro estremità, nella regione caudale ; le neurapofisi, pure delicate, ma relativamente lunghe nella formazione delle ogive. Le costole, attaccate alla faccia posteriore delle emapofisi sono, come è tutto nel piano strutturale del pescio- lino, gracili e presentano la loro convessità rivolta indietro; i segmenti sternali, che sono estremamente sot- tili, si estendono lungo tutta la cavità addominale; pel velo che li ricopre, essi sono solo in parte manifesti qua e là, ma esso però non impedisce di constatarne sicuramente l’esistenza coll’ajuto di una lente o anche ad occhio nudo, purchè sotto una luce favorevole; quando pure non si considerino le loro estremità che rag- giungono visibilmente la linea mediana del ventre, insinuandosi od appoggiandosi alle spine. Le spinose inferiori, che si inclinano sempre più nella regione caudale verso l’asse sono alquanto più corte delle corrispondenti neurali, mentre le emapofisi appariscono un po’ più larghe e robuste relativamente delle neurapofisi. Per specificare questa Clupea, era anzitutto necessario confrontarla con le forme che il Bassanr e 1’ HEe- CKEL avevano già descritte e figurate e che appartengono, come la presente, allo stesso giacimento oligocenico di Chiavon (Vicenza). Non è però il caso di parlare delle due specie nuove, stabilite dal Bassani, la CI. Ombonit e quella Grandonti, poichè esse hanno delle proporzioni ben lontane da quelle dell'esemplare. E si deve pure, per l'ampiezza della cavità addominale e pel numero delle vertebre non soffermarsi a considerare più oltre le forme Chiavonesi identificate colla O7. latissima HECK. sp. e colla O7. inflata Vugor. di Podsused; benchè questa abbia le ventrali inserite sotto il principio della dorsale. La C1. sagonensis SretnD. e la CI. sagorensis var. arcuata KNER, se hanno qualche carattere comune coll’esem- plare, ne differiscono, la prima per la taglia, pel numero delle vertebre e per la posizione delle ventrali e la se- conda pei due ultimi caratteri e pel profilo superiore del tronco. Non si può d’altra parte associare il campione alla CI. breviceps HecK. sp. per la grande differenza nel rap- porto tra la lunghezza complessiva del corpo e la sua massima altezza e pel numero delle vertebre. Anche la CI. gracillima HecK.sp., di cui ho sott'occhio un bellissimo e perfetto esemplare, presenta delle proporzioni che si scostano troppo da quelle del campione, per cui ne risulta una forma elegantemente slanciata, che ha la dorsale a metà del corpo (codale esclusa), mentre il nostro esemplare l’ha a metà del dorso. Infine la CI. atî. lanceolata Meyer ha bensì quasi lo stesso numero di vertebre e approssimativamente lo stesso rapporto tra la lunghezza totale e l’altezza del corpo; ma il rapporto tra la lunghezza complessiva del corpo e quella della testa è 5 anzichè 4 ; inoltre l'origine delle ventrali è a livello del 10° raggio della dorsale e le coste e tutta la struttura sono robuste, conformemente alle indicazioni già date dal MevER per la sua CI. lanceolata di Unterkirchberg. Da questa rassegna emerge l'impossibilità di associare la nuova forma ad una qualsiasi di quelle illustrate dal Bassani e dall’HECKEL. È poi logico che le due Clupee di Sagor la sagorensis STEIND. e l’alta StEIND., che il BassANI ritiene iden- tiche, non abbiamo niente a che vedere coll’esemplare, osservando solo le loro figure, che ricordano invece nell’aspetto la Cl. macropoma Acass. di M. Bolca. INCA D. FRANCESCHI 15 Fra le specie riportate dall’Agassiz nella sua opera sui pesci fossili, la CI. brevissima BLarnv. del Libano, è quella che ha le stesse proporzioni relative del corpo ; conviene però notare ch’essa non possiede che 30 verte- bre. Nel gruppo di quelle di Licata non vi ha che la C7. Ecnomi SAuv. che abbia pressochè identici i due carat- teri accennati ora, ma oltre che per altri elementi di confronto, le due forme non possono forse, come la pre- cedente, corrispondersi pienamente anche per la diversa età dei giacimenti. Tanto meno prossime all’esemplare sono la CI. (Meletta) Sardinites Hrcx. di Radoboj, che è forse la sola ad avere le ventrali inserite davanti la dorsale, ma che ha 46 vertebre, la C7. (Mel.) longimana Hrox. di Kra- koviza (Galizia), la M. Sardimtes var. heterostoma Vuror. di Podsused, considerate identiche dal NEUMAYER e la Mel. spherocephala Vuror. identicata colla CI. arcuata KNER. Nei diversi gruppi delle Clupee, esaminati, non essendomi mai incontrato in una forma che pei suoi earatte- ri giustificasse l’associazione ad essa dell’esemplare descritto, sono costretto a presentarlo come una specie nuova del giacimento fito-ittiolitico di Chiavon, dedicandolo al compianto illustratore dell’Ittiofauna Vi- centina prof. FrancESCO BASSANI. 5 L'unico esemplare, trovato dal nob. BorroLo Bonomo, e da me, si conserva nel Museo Geologico dell'Isti- tuto di Studi Superiori di Firenze, al quale ne facemmo omaggio con altri ittioliti noti. BIBLIOGRAFIA 1833-43. L. AGassIz. Fech. sur les poiss. foss. Neuchatel. 1850. J. HEckEL. Beitr. zur Kenntn. der. foss. Fisch. Oesterr. Denkschr. d. k. Ak. d. Wiss., vol. I. Wien. 1852. H. v. MayER. oss. Pisch. aus d. Terticirt. von Unterkirchberg etc. Palaeontogr., vol. II. Cassel. 1853. J. HecKkeL. Ueber foss. Fisch. aus Chiavon ete. Sitzb. der k. Ak. der Wiss., vol. IT. Wien. 1863. FR. STEINDACHNER. Ueber ein. Foss. Fisch. von. Sagor. 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Napoli. 1898. M. CanAVARI. Palaeontographia italica, vol. III. Pisa 1897. 1901. A. S. Woopwarp. Catalogue of the foss. Fishes in the British Museum Nat. History, P. IV. London. 2. Clupea glyptopoma n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 4. Questa terza forma, in unico esemplare, da me rinvenuta, come i due precedenti, negli strati marnosi ce- nerognoli, che affiorano in due 0 tre punti del letto del torrente Chiavon, presenta l’aspetto generale d’una gio- 76 D. FRANCESCHI [3] vine aringa. Non pare fuori di posto l’interpretazione, che si tratti realmente di una Clupea ; oltre alla regola- rità del suo contorno, vi si riscontrano infatti altri caratteri propri del genere, come l’esistenza di un’unica pin- na dorsale molle, la sua posizione mediana rispetto al corpo (caudale esclusa), la posizione normale delle pinne * ventrali rispetto ad essa, la incavatura profonda della pinna caudale, la forma caratteristica del’ultima ver- tebra caudale, su cui trovano appoggio specialmente i raggi mediani, la forma triangolare della testa e quella appuntita del dentario, che non mostra traccia alcuna di denti, un certo grado di debolezza della colonna ver- tebrale, il numero dei suoi articoli e infine la struttura e forma tanto delle squame che coprono la regione ante- riore e particolarmente i margini del tronco, quanto delle altre, che stanno disseminate in giro sulla piastra. Ma un complesso di elementi, come questo, se può giustificare la presunzione che l'individuo appartenga alla famiglia delle Clupeidi, non sembra però sufficiente a far ritenere che V'ittiolito rappresenti una vera Clu- pea. La superficie infatti del bacino è così coperta di spesse squame schiacciate, da non potervi accertare la presenza di coste sternali e quindi di una carena dentellata, benchè apparenze non manchino di esili linee concave in avanti, le quali raggiungono il profilo mediano del ventre ; la testa non ha presenti nè gli interma- scellari, nè i mascellari superiori, la forma e posizione reciproca dei quali sarebbero elementi importanti per la classificazione del fossile ; il fianco, che è quello di sinistra, apparisce particolarmente nella regione addomina- le seminato, senza ordine nè uniformità, di tubercolini, che gli conferiscono una leggiera verrucosità, spiegabile forse come un effetto accidentale del modo di fossilizzazione ; infine singolare è il fatto, offerto dal preopercclo, il cui ramo inferiore, quello cioè rivolto in avanti, mostra una piccola serie di 6-7 sculture (specie di drappeggia- menti o frange all’ingrosso) analoghe a quelle che nello stesso osso si riscontrano nella Perca vivente, astra- zione fatta dal genere dal pesce e dalla forma loro che son diversi *) ; queste ornamentazioni, pare che non sieno comuni alle Clupee viventi e neanche a quelle del terziario, se nessun autore ebbe mai occasione di segna- larle in qualche specie; ma esse però furono osservate e figurate dal Dr. GorzANOvIe - KRAMBERGER in alcuni generi provenienti dal Cretaceo superiore °) e precisamente nelle specie Clupea'lesinensis KRAMB., Scombroclupea macrophtalma (Hrok.) Proret et HumB., Trissops microdon Heck. e Hemielopsis Suessi Bass,. tutte quattro della Creta di Lesina. Tra queste forme è specialmente la Scombroclupea macropoma (Hrck.) Picret et Humr8. 3), che si avvi- cinerebbe per molti caratteri all’esemplare, forma di Hakel, del Monte Libano, rinvenuta pure a Comen nel Carso Triestino, a Crespano presso Treviso oltre che in altre località indicate dal compianto prof. Bassani 4) ma sempre nei depositi riferiti al Cenomaniano, ben lontani per età dalle marne di Chiavon, che vengono rife- rite al Rupeliano del Terziario. Qualche affinità la presentano anche la Clupea macropoma Agass. dell’Eocene di M. Bolea e Ja Olupea Den- tex BLAarnv. del Miocene di Murazzo Strutiano, ma per altri caratteri ambedue si tengono distinte dall’e- semplare °). Fra le piccole famiglie di Malacotteri viventi, considerate da CuvieR et VALENCIENNES, intermedie fra gli E- soceti e le Clupeidi, si trova qualche specie con forme regolari e caratteri prossimi a quelli dell’ittiolito, ma !) R. PERRIER. Anatonvie comparée, pag. 916, fig. 513. Paris, 1893. 2) Palaeoichthyolozki Prilozi. Agram; 1891. Dio 1I, Jab 1, Sl. 9, 10, 11, 12. Rada jugoslavenske akademje znamosti i umjetnosti. 3) A. S. Woopwarp. Catalogue of the fossil Pishes in the British Museum, Parte IV, pag. 135, fig. 1, tav. VI. London, 1901. 4) FR. BASSANI. Descrizione dei pesci fossili di Lesina. Denksehriften der Mathem. noturwissensehaftliechon OL der k. Akad. der Wissensch., Band XLV. Wien, 1882. 5) Acassiz. Poîssons foss., vol. V, pag. 115, 116, tav. 37, fig. 3,4; tav. 61, fio. 4, 5. [9] D. FRANCESCHI Idi dopo un minuto confronto la si vede differenziarsi nettamente da esso, come il Chanos nuchalis degli stessi auto- ri. Nè tra i generi delle Clupeidi pure viventi, escluso Clupea, vi hanno forme che possano sostenere il con- fronto col nostro individuo. È infine certo che esso non ha riscontro alcuno colle forme già studiate dal Bas- sANI e dall’HECKEL. Nonostante quindi la singolare particolarità offerta nel suo preopercolo dall’esemplare, la mancanza di ogni informazione sulle sue ossa mascellari superiori e l’incertezza che regna intorno all’esistenza di coste sternali mi trovo costretto per il complesso di tuttigli altri suoi caratteri, a riferirlo, però con riserva, al genere Clupea e denominarlo Clupea glyptopoma. Un campione, meno imperfetto, potrà in seguito indicarne meglio il genere. Ecco la descrizione del campione : Lunghezza complessiva dell’esomplare mm. 125 Lunghezza del corpo (caudale esclusa) Do Altezza massima del corpo circa N23; Lunghezza della testa ». 29 Altezza della testa DARNN2:2, Vertebre 40 N L’esemplare ha la forma allungata, lateralmente compressa e sensibilmente assottigliantesi verso la base caudale, ove il pedicello si riduce all’altezza di circa 10 mm.; esso ha quindi un aspetto abbastanza slanciato con profili dorsale e ventrale leggermente arcuati. L'altezza massima del corpo, presa un po’ avanti l'inserzione della pinna dorsale, è contenuta quattro volte e un terzo nella sua lunghezza (caudale esclusa). La testa, mal conservata, non grande e abbastanza robusta, è all'incirca di un terzo più lunga che alta. La sua lunghezza, misurata dall’estremità anteriore del dentario a quella posteriore dell’apparato opercolare, è compresa quattro volte e un terzo in quella complessiva dell’esemplare. Lo stato di conservazione del fos- sile non permette d’indicare i caratteri delle ossa mascelleri ; accanto al dentario in alto osservasi 1’ impronta ovale-allungata di un osso, forse di un intermascellare, e in basso una parte della mandibola destra; le mandi- bole inermi e piuttosto corte possiedono una scanalatura che le percorre per tutta la loro lunghezza ; fra que- ste e l'estremità anteriore del preopercolo mostrasi qualche avanzo dell’ osso quadrato; la bocca terminale dovea essere piuttosto piccola. La posizione dell’occhio apparisce molto elevata ed equidistante dalle estremità del dentale e dell’opercolo ; l'orbita subeircolare col diametro maggiore parallelo alla fronte, non è raggiunta dall’estremità posteriore della mandibola. : L'apparato opercolare è molto sviluppato e relativamente forte ; l’opercolo in generale si presenta liscio e solo in alto con delle venule radianti corte, ha una forma subquadrangolare e posteriormente arrotondata ; il sotto opercolo è triangolare curvilineo e il preopercolo, piegato ad angolo ottuso mostra sulla superficie del corno inferiore quelle sculture appunto, cui accennai più sopra. Accanto a quest’ultimo osso ve ne ha un altro leggermente concavo, sulla superficie del quale si vedono ripetuti gli ornamenti del preopercolo. Se non m’in- ganno esso è rovesciato sulla piastra ed appartiene in parte al ramo inferiore del preopercolo del lato destro e pel resto al sottopercolo del lato medesimo. Le pettorali, molto male conservate tutte e due, sono situate in basso a livello delle linee inferiore e posteriore dell’opercolo ; i raggi in numero di 12 circa appariscono gracili, flessibili e della lunghezza mas- sima di 9 mm.; si osserva in mezzo a loro un osso lungo, solcato longitudinalmente, che ha l’aspetto di un 78 D. FRANCESCHI. [10] raggio semplice; credo però ch’esso faccia parte piuttosto del cinto toracico e che rappresenti 1° osso post- clavicolare. Le pinne distano circa 30 mm. dall’estremità del dentario. La pinna dorsale, che occupa colla sua insersione molto prossimamente il punto di mezzo del corpo (caudale esclusa) ha una base di quasi 12 mm. ; i suoi raggi sono molli, semplicemente forcuti e solo forse più divisi alle loro estremità, meno esili del solito ; il 1° è il più corto, il 4° o il 5°il più lungo e misura 12 mm., cioè quanto la base della pinna, e gli altri dapprima lentamente e in seguito più rapidamente degra- danti; il loro numero è da 10-12. Le pinne ventrali, opposte alla dorsale, principiano circa al punto medio della sua base; dei raggi non esi- stono che tronconi, la roccia essendo spaccata avanti e dietro di lorc; e non è posisbile decidere se essi rappresentino tutti i raggi; è molto probabile che detti segmenti appartengano a tutte e due le pinne, con- tandosene 12, e quindi 6 per ciascuna pinna. Le due pinne sono situate presso a poco ad uguale distan- za dalle pettorali e dall’anale. Quest'ultima non è mantenuta affatto ; la sua posizione resta indicata da alcuni ossicini intrapofisari deli- cati, ma abbastanza sviluppati in lunghezza, che incominciano ad una distanza dalle ventrali eguale a quel- la dell'origine della pinna caudale. Nulla si può dire della sua estensione, essendo la regione posteriore agli ossicini coperta da squame e l’ anteriore interrotta da una fessura della piastra. Ritengo però che fosse poco estesa. Anche la pinna caudale non è bene conservata; la sua lunghezza, valutata a circa 27 mm., è contenuta un po più di 4 volte e mezza in quella complessiva dell’esemplare. L’incavatura arriva quasi alla metà della lunghezza ; i lobi sono poco divaricati e terminano probabilmente appuntiti. La pinna in generale non ap- parisce forte, Nel lobo inferiore si possono contare da 7-8 raggi articolati striati, divisi più volte verso le loro estremità, che escono dalle apofisi, posteriormente ingrossate, delle due penultime vertebre e dall'ultima ver- tebra deformata in placca. A sostegno di questa parte dei raggi nel lobo superiore, indefinibile, vi ha ancora una spina sopportata dalla penultima vertebra. La placca, apparentemente divisa in due, efrettivamente solo solcata, ha la parte inferiore scavata a mo’ di vaschetta e quella superiore, un poco più lunga, è attra- versata da un solco. Dei raggi mediani, più delicati, non è possibile indicare il numero, come pure di quelli esterni ai lobi. In generale la base della pinna caudale presenta una conformazione analoga a quella del- l’Alosa. La colonna vertebrale è, in gran parte, diritta e mediana rispetto ai profili dorsale e vertebrale ; solo in avanti s’inarca dolcemente verso la nuca. Il numero dei suoi articoli non è precisabile, ma si può ritenere che esso sia al massimo 40. Le vertebre caudali, delle quali non si può indicare il numero esatto, sono ben conservate nella parte prossima alla caudale e sono più lunghe (2 mm.) che alte. In questa regione le apofisi spinose sono molto inclinate sull’asse della colonna e più o meno diritte, qualche volta curvate in addietro o curvate leggermente ad S. Lo spessore delle squame non permette di vedere distintamente la colonna verte- brale nel tratto anteriore, anche perchè questa è rimasta molto scomposta ; così dicasi delle apofisi superiori e delle coste, le quali però dovevano essere molto gracili e lunghe tanto da raggiungere la linea mediana del- l'addome, come risulta da certe apparenze attraverso le squame ; così nella regione superiore corrispondente pare delinearsi qualche lungo rilievo, corrente parallelamente all'asse, che farebbe presentire l’esistenza di lunghe reste muscolari. Le squame che coprono il corpo e specialmente i margini dei due profili, sono piuttosto grandi, spesse e ap- parentemente liscie alla loro superficie, ma al microscopio si presentano ornate di un sistema di fitti circoli concentrici regolari ; quelle poi disseminate sulla piastra, che sembrano alquanto più delicate e che indubbia- mente appartengono allo stesso esemplare, sono come le prime di forma subcircolare e mostrano, oltre le linee [11] D. FRANCESCHI 79 concentriche, dei solchi trasversali, ora interi, ora dimezzati in numero limitato e paralleli fra loro secondo la maggiore dimensione ; alcune infine accennano nella forma a un passaggio tra queste e le prime. Il centro di accrescimento è un po’ spostato dal centro di figura. La piastra sì conserva nel Gabinetto di Geologia e Paleontologia del R. Istituto di Studi Superiori di Firenze. 3. Pagellus Bonomoi n. sp.-- Tav. XIV [1], fig. 5. Lùnghezza complessiva dell'esemplare mm. 90 Lunghezza del corpo (caudale esclusa) » 75 Altezza massima del tronco » 28 Lunghezza della testa » 27; Altezza della testa » 26 Vertebre 23-24 L’esemplare, in generale abbastanza ben conservato, ha una forma ovale-allungata, compressa e alquan- to istrettita verso la coda. Il profilo del dorso procede quasi orizzontale dalla nuca sino alla fine dellà dor- sale spinosa, da dove esso piega un po’ in basso, piuttosto bruscamente, e raggiunge la base caudale, limitando un pedicello dell’altezza di circa 9 mm. eguale a un terzo dell’altezza massima del tronco. Il profilo inferiore è mediocremente convesso, specialmente in corrispondenza dell’inarcamento anteriore della colonna verte- brale, la quale tende a raggiungere in alto la nuca. Dalle misure sopra indicate rilevasi che l’altezza massima del tronco, presa all'origine della parte spinosa della dorsale, è contenuta meno di 3 volte nella lunghezza totale del corpo (caudale esclusa). La testa, di cui la linea frontale discende lievemente obliqua e quasi diritta verso un muso corto e acuto, è pressochè tanto lunga che alta, robusta e coperta posteriormente di qualche squama. La bocca spa- lancata, che non presenta uno squarcio molto profondo, ha la mandibola un poco più lunga della mascella su- periore ; il dentario fa vedere posteriormente 4 dentini minuti emisferici, dei quali uno più piccolo degli altri tre, e anteriormente tracce di denti conici pure minuti; non vi ha traccia alcuna di denti forti. L’interma- scellare è robusto, col ramo ascendente più corto di quello discendente, che procede obliquo indietro a forma di spina ed è striato. La posizione dell'occhio non risulta troppo bene determinata ; sembra tuttavia che l’or- bita sia stata piuttosto grande, elevata ma non tangente alla linea frontale e collocata a uguale distanza dal muso e dalla nuca. Dei pezzi dell'apparato opercolare non sono riconoscibili i particolari, se si eccettui la linea posteriore dell’opercolo, che è rotonda e liscia. L'origine delle pettorali sta a livello di quella della dorsale; dista 30 mm. dall’estremità anteriore del muso e 20 dal principio dell’anale. Queste pinne sono falciformi, contano almeno 14 raggi, dei quali il supe- riore è semplice e gli altri a pennello ; la massima lunghezza è di mm. 16; il raggio semplice è piuttosto corto. Le pinne ventrali, toraciche, sorgono pochissimo in addietro delle pettorali e sono di queste meno lunghe ; contano 6 raggi due volte divisi e della massima lunghezza di mm. 10. La pinna dorsale è unica e nell'insieme uniforme ; essa occupa quasi tutta la lunghezza del dorso dalla nuca fino in prossimità della pinna caudale ; la sua base si estende per 40 mm. circa, dei quali 25 apparten- gono alla parte spinosa e 15 alla regione della dorsale molle. La prima, preceduta da tre interapofisari i- nermi, consta di 12 raggi abbattuti e addossati ognuno al successivo, robusti, prismatici, acuminati all’e- stremità e leggermente arcuati. Il 1° è corto (mm. 4), il 2° è lungo il doppio, il 3° misura 10 mm., il 4° mm. 80 D. FRANCESCHI [12] 11, il 5° misura 13 mm., il 6° è assente e tutti i successivi misurano ciascuno circa 10 mm.; essi distano fra loro di mm. 216. Segue subito la parte molle costituita da 9-10 raggi sottili, articolati e semplicemente bi- forcati, distanti tra loro cirea mm. 1%; i primi hanno la stessa lunghezza degli ultimi spinosi e i rimanenti vanno gradatamente accorciandosi da 9 a 5 mm. L’anale, distante colla sua origine mm. 50 dall’estremità della mandibola e 25 dalla base della pinna caudale, incomincia a livello del principio della dorsale molle e si compone di 10 raggi, dei quali i 3 primi sono spinosi. Il 1° è brevissimo, tozzo, a punta acuta e lungo soli 4 mm. ; il 2° è alla base grosso quanto il 1°, lungo mm. 11, molto acuminato e lievemente arcuato verso l'estremità, il 3° è poco meno lungo del 2° (mm. 10), meno forte, ma molto aguzzo. I raggi molli sono in numero di 7-8 ; sono articolati e più volte biforcati. I primi so- no lunghi quasi quanto il precedente spinoso, mentre gli altri vanno accorciandosi nella maniera stessa dell’a- naloga dorsale. La pinna caudale manca completamente nella contro impronta; l'impronta conserva quasi tutto il lobo superiore, conta 17 raggi, distribuiti secondo la formola. La pinna è contenuta 5 volte nella lunghezza to- tale del corpo (caudale esclusa). La colonna vertebrale, robusta, consta di 23-24 vertebre alquanto più lunghe che alte (mm. 2 su 1%) molto strozzate, delle quali 14 sono caudali. Le neurapofisi della regione anteriore addominale e posteriore caudale molto più inclinale sull'asse, che nella regione media. Le loro apofisi spinose, si prolungano per più della metà della distanza fra l’asse e il dorso e sono in ge- nerale diritte, ma leggermente arcuate all’ estremità. Le emapofisi sono di poco meno inclinate indietro che le corrispondenti neurapofisi, se si eccettuino quelle prossime alla pinna caudale. Le coste, mascherate dalle squame, appariscono forti, lunghe e arcuate. L’interapofisario della pinna dorsale spinosa, astrazione fatta dei tre ossicini inermi, che sono sottili, rav- vicinati di più tra loro e crescenti in lunghezza dall’anteriore al posteriore, è costituito da ossicini tutti abbastanza forti, alati, quasi perpendicolari all’asse (meno gli ultimi che sono più sensibilmente obliqui in avanti) e lunghi un po’ più della metà della distanza della loro base dall’asse vertebrale, così che giun- gono ad appoggiarsi contro le apofisi spinose sottostanti. I portaraggi della parte molle sono meno robusti dei precedenti, più corti e più obliqui in avanti. Robustissimi appariscono gli intrapofisari dei 3 raggi spi- nosi dell’anale, particolarmente i due primi; quelli della parte molle si presentano molto inclinati in a- vanti e corti in generale, soltanto gli anteriori raggiungendo gl’intervalli tra due spine emali successive. Le squame, che coprono in gran parte il tronco, sono di mediocre grandezza ed hanno orlo apicale arro- tondato oppure ottusamente appuntito, in apparenza leggermente rialzato e fornito di minuti denti. La su- perficie libera è ornata da numerose linee concentriche, lievemente ondulate e parallele al margine poste- riore. Nella loro regione basale, che rimane nascosta, qualche volta si osserva un certo numero di strie radianti dal centro di accrescimento verso il margine anteriore. La linea laterale corre a un dipresso parallela al dorso e ad eguale distanza da questo e dall’asse ver- tebrale ; essa appare segnata da una serie di punti allungati all'indietro, che parte dalla nuca e raggiun- ge la base caudale nelle vicinanze della colonna vertebrale. * * * Fra le 15 famiglie di pesci fossili, che il compianto prof. Bassani riscontrò nel giacimento oligocenico di Chiavon (Vicenza), quella degli Sparidae è rappresentata da tre generi : Sparnodus, Pagrus e Chrysophrys [13] i D. FRANCESCHI 81 con sei forme complessivamente. Io fui da principio disposto a riferire l’esemplare descritto al terzo di que- sti generi ed a identificarlo col Chrysophrys Zignoi Bass., per la comunanza di parecchi caratteri, ma confrontate più minutamente le due specie, dovetti concludere che esse non solo si differenziavano speci- ficamente, ma anche genericamente. In particolare per la dentatura, la linea frontale, la composizione e forma della dorsale spinosa, e per le proporzioni del corpo e della caudale. L’individuo ricorda, nel suo insieme, il vivente Pagellus erythrinus Cuv. et VAL. Le forme fossili del genere sembrano rare. Il dott. Woopwarp nel suo Catalogue of the fossi Fishes in the British Museum (Nat. History) pag. 527, non ne elenca che sei, delle quali due (P. De Stefan e P. Peruzzi) del Dr. BosnIASKI sono noti pel solo loro nome e provengono dal Miocene (tripoli) del Gabbro in Toscana, due sono pesci im- perfetti (P. Stenoura Sauv. del Miocene [tripoli] di Licata in Sicilia e P. microdon Acass. dell’Eocene di M. Bolca), un quinto (P. Leptosteus Agass. del Cretaceo del M. Libano in Siria) sembrò allo stesso autore come il precedente di dubbio riferimento, e infine l’ultimo (P. aquitanus E. DEFOLTRIE), che non conosco. Dedico questa forma al compianto amico carissimo Nob. BorroLo Bonomo, ultimo rappresentante di una antica e benemerita famiglia Vicentina. Esemplare unico, rinvenuto nelle marne oligoceniche di Chiavon (Vicenza) dal predetto amico e da me, e che si conserva nel Museo Geologico del R. Istituto di Studi Superiori di Firenze. ) III Miocene del Gabbro (Pisa) 1. Clupea gregaria Bosn. — Tav. XIV [I], fig. 6. 1878. Clupea gregaria S. De BosnIasrI. Atti della Soc. Tose. di Sc. nat. Proc. verb. Adun. 5 maggio 1878, pag. XIX (solo nome). 1896. Olupea gregaria I. BonomI. Contributo alla conoscenza dell’ittiofauna miocenica di Mondaino. Riv. It. di Paleont. Bologna, 1896, Anno II, fase. 11, pag. 215, tav. V, fig. 7. Nella collezione di ittioliti, provenienti dai tripoli del Gabbro, in Provincia di Pisa, che si conserva nel Museo geologico e Paleontologico del KR. Istituto di Studi Superiori di Firenze figurano 14 lastrine con avanzi di un pesciolino, che il D. Boswnraskt etichettò di proprio pugno col nome di Clupea gregaria. La descrizione e la figurazione della piccola specie non furono mai rese pubbliche da lui 1) - Il naturalista francese SAuvaGE °), dopo aver messo in rilievo le grandi affinità esistenti tra l’ittiofauna fossile di Lica- ta e quella del Gabbro, già riconosciute dal Senatore Prof. CaPELLINI ) e dal Dott. BosnIaskt 4) rideseri- veva una sua CI. sp., designata così e figurata in un precedente suo lavoro 5) sui pesci del giacimento siciliano, associandola inesattamente alla CI. gregaria, del Gabbro, segnalata dal Bosnraskt 6). 1) S. DE BosnIASKI. Atti della Soc. Tosc. di Sc. nat. Proc. verb. Adun. 5 maggio 1878, pag. XIX. 2) H. S. Sauvage. Nouv. recherch. sur les poiss, foss. de Licata. Ann. des Se. Géol. Paris, 1881, tome. X, pag. 45. d 3) G. CAPELLINI. Il calcare di Leitha, il Sarmatiano e gli strati a Congerie dei Monti Livornesi ete., pag. 17. R. Accademia dei Lincei, ser. II, vol I. Roma, 1878. 4) S. DE BOSNIASKI. Loc. citato. 5) H. E. Sauvage. Memoire sur la Faune ichtyolog. d’Oran et de Licata. Annales des Sciences géolog. Paris. 1873, tome IX, pag. 241, fig. 74. 6) S. DE BOSNIASKI. Loc. citato. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. ll s2 D. FRANCESCHI [14] Nel 1892 il Dott. Cecconi in una sua nota *) sopra un coleottero fossile dei tripoli di Mondaino, tra gli ittioliti del giacimento che egli riferiva a forme di Licata, già descritte e figurate dal SAUVAGE, citava una specie col nome di Clupea gregaria BosniaskI. Se non che più tardi nel 1916 il Dott. Ivanor Bonomr *) in uno studio particolareggiato dello stesso materiale, avuto dal Dott. Cecconi, riconobbe che 1° esem- plare esaminato da questi, rappresentava una forma diversa dalla Olupea gregaria e la denominò Clupea Bo- sniaskù n. sp. Il prof. De STEFANO, nel 1916, in un suo lavoro di revisione dei pesci fossili di Licata 3) condotto con criteri nuovi, trovava verosimile che la Clupea gregaria del De Bosniaski, proveniente dal Gabbro, fosse da ascriversi con altre al genere Diplomystus. Da quanto precede risulta quindi che finora della Clupea gregaria non si conoscono, in sostanza, che i caratteri attribuiti erroneamente ad essa dal SAuvace coll’esame della sua Clupea sp. di Licata e alcuni pochi differenziali rilevati dal Dott. Bonomr tra la sua CI. Bosniaskw di Mondaino e gli esemplari di C0. gregaria del Gabbro, avuti in esame dal Museo Paleontologico dell’Università di Pisa. Benchè indicata più volte dai paleontologi, italiani specialmente, non pare fuori di proposito che, dopo tanto tempo dal suo rinvenimento negli scisti a diatomee del Gabbro, la Clupea gregaria del De Bosnta- SKI venga finalmente descritta e figurata. Degli esemplari che il prof. De STEFANI mi permise gentilmente di studiare, nessuno può dirsi proprio perfetto ; nel loro complesso però essi appariscono, almeno a me, sufficienti per il loro stato di conser- vazione, a fornire una esauriente descrizione dei caratteri distintivi della specie. Un discreto esemplare è stato favorito anche dal Museo Paleontologico della R. Università di Pisa. Le loro dimensioni variano, in lunghezza, da un minimo di mm. 20 a un massimo di mm. 52. La descrizione qui riportata riguar- da, in massima parte, una delle forme grandi, pur intendendosi riferita in generale ad altri campioni, presi come termini complementari o di confronto. Lunghezza totale del corpo (caudale esclusa) mm. 35 Lunghezza della coda » 7 Altezza del tronco » 10 Lunghezza della testa » 12 Altezza della testa » 10 Vertebre 37-38 La forma è quanto mai regolare, più raccolta che slanciata, coi profili dorsale e ventrale appena conves- si, che tendono con molta uniformità e lentezza verso la base caudale, dove finiscono col formare un pe- dicello alto un terzo circa dell’altezza massima del tronco, presa subito dietro la testa e contenuta tre volte e mezza nella lunghezza totale del corpo dall’estremità della mandibola al principio della pinna caudale. La testa, poco più lunga che alta e relativamente grossa e robusta, termina in un muso piuttosto ottuso col profilo frontale obliquo e rettilineo e con quello della gola arcuato e raccordato in dietro colla linea addominale. Lo squarcio della bocca appare breve, leggermente inclinato in basso e non raggiungente il livello estremo anteriore dell’occhio. La mandibola, che sopravanza lievemente la mascella superiore e gli intermascellari si presentano un po’ arcuati e abbastanza forti. 1) A. CECCONI. Sphodrus Capellinii, n. sp. di coleottero foss. dei tripoli di Mondaino (Forlì). Bologna, 1892 pag. 5. 2) I. Bonomi. Loc. citato. 3) G. DE STEFANO. Z pesci foss. di Licata in Sicilia, pag. 17. [15] : D. FRANCESCHI 83 L'occhio, elevato e situato a metà della testa, è rotondo, col diametro contenuto quasi 4 volte nella lunghez- za del capo. L’opercolo è lungo, stretto e posteriormente arrotondato, ed il preopercolo alquanto più espanso; nell’esem- plare si contano fino a 6 raggi branchiosteghi. Le pinne pettorali, tutte e due visibili e ben conservate, contano, ciascuna, 15 raggi gracilissimi, colle ossa basali di sostegno subito dietro il margine dell’opercolo alla sua svolta in avanti ; la forma apparisce arroton- data all'estremità posteriore coi fianchi quasi paralleli; in sostanza una forma a ventaglio non molto spiegata e della massima lunghezza di mm. 3. Le pinne ventrali sorgono a 20 mm. dall’estremità della mandibola e a 15 dalla base della pinna caudale, quindi esse sono un po’ più indietro del punto medio del corpo (caudale esclusa). L° intervallo fra esse e le pettorali essendo poi di soli mm. 8, questa distanza risulta circa la metà di quella esistente tra la loro ori- gine e la base della pinna caudale ; inoltre esse sono più lontane dalle pettorali che dall’origine dell’anale, dalla quale distano soltanto 5 mm. e mezzo. Con differenze lievi e sempre giustificabili sia col grado di sviluppo, sia collo stato di conservazione, ho trovato una grande costanza in questi rapporti tra le distanze delle pinne anche negli altri esemplari esaminati. Ho potuto contare in uno di essi 8 raggi divisi e della lun- ghezza massima di mm. 3 ; il 1° pare semplice ; la forma della pinna è probabilmente subtriangolare. La pinna dorsale non è generalmente bene conservata; alcuni ossicini interapofisari, ancora esistenti, i quali dovevano sorreggere i primi raggi, relativamente più forti, possono indicare con grande approssimazione la sua origine, che risulterebbe a livello di quella delle pinne ventrali e per conseguenza un poco più indietro del punto di mezzo del corpo (caudale esclusa) e alquanto più avanti del punto medio del tronco. La dorsale, che mostra di avere un’altezza nom molto maggiore della sua base, conta una dozzina di raggi e forse più, dei quali i primi al massimo sono lunghi 5 mm. e i seguenti sono degradanti e forniti di interapofisari molto più delicati. La pinna anale principia a livello della fine di quella dorsale o leggermente più indietro e si estende, per quanto sembra, fino in prossimità della base caudale; i primi raggi, i più lunghi, sono sorretti da ossicini anche più lunghi e relativamente più forti e inclinati in avanti; i successivi brevi ed esilissimi si fanno scorgere in modo saltuario ; non si può precisare il loro numero, neanche col sussidio degli intrapofisari, ma non vi ha dubbio, che la base della pinna dev'essere più estesa di quella dorsale. La pinna caudale nell’esemplare in esame, gonserva in discrete condizioni un buon tratto basale, ma essa è presente e completa in altri esemplari, nei quali la lunghezza della pinna risulta contenuta circa 5 volte in quella totale del corpo (caudale esclusa). La pinna, profondamente forcuta, ha in questi campioni i lobi piuttosto raccolti che spiegati a ventaglio, acuminati, e coi margini interni lievemente convèssi. Si può rilevare dall’esemplare in esame, che i raggi, in generale gracili, hanno i loro punti di attacco nelle apofisi delle 3 0 4 ultime vertebre della colonna, l’estrema posteriore essendo, per regressione, trasformata in due placchette più lunghe che larghe di forma trapezoi- dale, alle quali s'inseriscono più specialmente i raggi mediani, mentre gli altri esterni e quelli articolati par- tono dalle apofisi e spine delle 2 o 3 vertebre anteriori. Molto probabilmente la composizione della pinna ri- ponderebbe alla formola 2, 1, 7-7,1,2; comprenderebbe cioè una ventina di raggi. 4 Le rarissime squame, che si vedono qua e là sono minute e sottilissime. La colonna vertebrale, delicata, procede in massima parte. diritta e ad uguale distanza dai due pro- fili dorsale e ventrale; solo nella regione addominale anteriore essa tende ad elevarsi per raggiungere la nuca, rendendo così più ampio l’addome. Le vertebre, che in tutti gli esemplari dove era possibile la nu- merazione ho trovato variare dalle 37 alle 38, sono un poco più lunghe che alte ; specialmente nella regione 84 ; D. FRANCESCH ì [16] caudale appariscono in generale abbastanza uniformi ed hanno i loro centri non eccessivamente strozzati e longitudinalmente solcati, se viste colla lente; di esse circa una ventina appartiene alla regione caudale. Le coste lunghe e molto arcuate raggiungono la linea ventrale ; non ho potuto contarne che fino a 9 paja; non esistono nè reste muscolari corte al dorso nè lunghe all’addome e neanche appendici secondarie. Le neurapofisi, come comporta la debolezza della colonna, risultano gracili, inclinate in addietro, più corte delle rispettive apofisi spinose, le quali prolungansi fino in prossimità del dorso; sono più ritte in corrispondenza della pinna dorsale che nella regione caudale, dove neurapofisi e spinose si fanno più corte e più inclinate sul- l’asse vertebrale e dove le estreme invece tendono ad allungarsi dovendo partecipare al regolamento della pin- na caudale. Le emapofisi parmi presentino pressochè gli stessi caratteri delle corrispondenti neurapofisi, se si tolga che le loro spinose sono alquanto più arcuate indietro e meno lunghe. Se le poche caratteristiche della C7. gregaria, riportate dal Dott. Bonomi per dimostrare quanto esse si sco- stino dalle analoghe della sua C7. Bosniaski di Mondaino, coincidono con quelle risultanti dalla precedente descrizione, altrettanto non si può dire per ciò che si riferisce alla C7. sp. di Licata, che il Sauvace identificava colla CI. gregaria del Gabbro. Di. erenze importanti emergono dal confronto delle due specie ; anzitutto la CI. sp. conterebbe circa 32 vertebre, laddove nella C7. gregaria del Gabbro se ne riscontrano al minimo 37. Una tale differenza non si saprebbe come giustificarla, trattandosi di esemplari pressochè delle stesse dimensioni; nè l’autorevole paleontologo francese può essersi ingannato nella numerazione, avendo avuto a sua disposi- zione non un solo esemplare come allora ch'egli ebbe a segnare la sua 07. sp. ma parecchi altri campioni fornitigli in seguito dal Console Francese Sig. ALBv. In secondo luogo nella CI. sp. le ventrali sono inserite molto più vicine alle pettorali che all’anale, carattere importante, che decise il SAuvaGE a considerare la C7. sp. nettamente distinta dalla sua CI. opisthopterya dello stesso giacimento di Licata, mentre nella CI. gregaria del Gabbro il rapporto delle due distanze è nientemeno che invertito in tutti gli esemplari esaminati. Infine l’anale non è, come nella C7. sp., pressappoco equidistante dalle pinne ventrali e dalla base di quella caudale, ma risulta sempre e distintamente più lontana da questa che dalle ventrali. Ne consegue che la C0. sp. di Licata non è riferibile alla C7. gregaria del Gabbro, pur a- vendo cou questa dei rapporti d’affinità. Che la CI. gregaria appartenga al genere Diplomystus, come sospetta il prot. De STEFANO, non saprei deci- dere ; la ricerca degli scudetti distintivi lungo il dorso, dalla nuca all'origine delle pinne dorsali, risultò sempre negativo, a meno che non si prendano come reali alcune apparenze che dovrebbero rappresentarli ; se non che il Woopwarp 1) riuscì a dare e per le specie americane e per laxCI. vectensis Newron dell’ Oligocene dell'Isola di Wight, riportate nel catalogo del Museo Britannico, il numero, la forma e ì caratteri degli scudetti dorsali, come pure delle squame speciali correnti lungo il ventre, mentre, a me almeno, come ripeto, non fu possibile di riscontrare nulla di simile in nessun esemplare. È indubitato però che la CI. gregaria possiede dei caratteri comuni colle forme del genere Diplomystus, nonchè l'aspetto. Noto che la CI. gregaria, così comune negli schisti tripolini del Gabbro, non è stata finora segnalata nel giacimento di Licata, e non ha finora dei rappresentanti neanche nei tripoli di Senigallia, com’ebbi a con- statare in una minuta rassegna della copiosa collezione ittiolitica esistente nel R. Museo Geologico di Firenze. Firenze, Ottobre 1923. 1) A. S. Woopwarp. Catalogue of the fossil Pishes in the Brit. Mus. \of Nat, History. London, 1901. MICHELE GORTANI FAUNE PALEOZOICHE DELLA SARDEGNA Parte II Graptoliti della Sardegna @Grientale (Tav. XV-XIX [I-V] e Fig. 1 intercalata) INTRODUZIONE Premessa indispensabile a uno studio delle Graptoliti di Sardegna era la revisione, accompagnata da nuove e diligenti ricerche, delle Graptoliti di Goni, che hanno reso classico cotesto povero villaggio fra le località tipiche del Gotlandiano sardo. Compiuto questo primo lavoro !), procederemo ora all'esame delle altre faune analoghe riscontrate finora nel bacino del Flumendosa. La scoperta di esse è dovuta in parte al TARICcO ?), e in parte allo scrivente, che ne ha parlato nella recente riunione della Società geologica italiana in Sardegna, completando poi lo studio in successive escursioni 3). Le località considerate sono le seguenti : 1. NO di Ballao (presso la confluenza del rio Fontana Coverta nel Flumendosa), nel Gerrei ; 2. Armungia (lungo la rotabile a metà discesa verso il Flumendosa), pure nel Gerrei ; 3. dintorni di Gadoni (altura del Nuraghe di q. 882), nella Barbagia Belvì; 4. Sedda de S'Ortu fra Goni e Siurgus, nella Trexenta orientale. Interesse paleontologico ha soltanto la prima località, da cui ho tratto una vera e propria fauna grap- tolitica, paragonabile a quella di Goni anche per la bellezza degli esemplari e Ja presenza di forme nuove. I fossili delle altre provenienze hanno tuttavia un grande interesse stratigrafico, in quanto permettono di ri- conoscere e determinare il loro posto nella serie gotlandiana. Ho proceduto allo studio con lo stesso sistema seguito perle Graptoliti di Goni, disegnando prima tutti gli esemplari migliori a 9 diametri d’ingrandimento con la camera lucida modello grande di Koristka sovrap- posta ad un microscopio di preparazione con lente aplanatica Koristka a campo molto grande. 1) Paleontographia Italica, XXVIII, pag. 40 e segg. 2) TarIcco M. Osservazioni geologico-minerarie sui dintorni di Gadoni e sul Gerrei. Boll. Soc. geol. it., XXX, pag. 113-50, Roma, 1911. 3) GORTANI M. Osservazioni sul Puleozoico della Sardegna. Ibid, XLI, pag. 362-71, Roma, (1921) 1923. 86 M. GORTANI [2] Fra le varie centinaia di disegni, ho scelto per la riproduzione i migliori, riducendoli fotograficamente a Y,. E, come nel precedente lavoro, ho creduto opportuno di riprodurre anche le fotografie dirette degli esem- plari originali, in grandezza naturale, prese su piano verticale illuminato di scorcio con apparato usuale da laboratorio munito di obiettivo collineare Voigtlaender n. 4. x Gli esemplari figurati si conservano nel Museo geologico della R. Università di Pisa. LE GRAPTOLITI DI BALLAO. Indico brevemente con tal nome la località, che realmente dista da Ballao 4 km., in direzione di NO. Essa fu scoperta e precisata dal TARICcO!) come situata « nelle vicinanze della valletta di Genna Piras, lungo la strada che costeggia la sinistra del Flumendosa, a forse 300 m. a monte della foce del R. Genna Piras sud- detto e a forse un centinaio di metria sud del confine Ballao-Escalaplano. Quivi la strada sul suo fianco a monte e per l’altezza di circa un metro taglia di sbieco una serie di 6-7 banchi di calcare di piccola potenza ciascuno (da meno di un metro a qualche metro) alternati con altrettanti di scisti neri ardesiaci; la direzione dei banchi è alv’incirca la E-0, l'inclinazione è di 259-300 con immersione a nord; a quanto ho potuto osser- vare nel breve tempo che l’avvicinarsi della sera mi lasciava ancora disponibile, la serie pare si infletta ver- so sud, assumendo una direzione NO-SE, arrivando a formare il versante ONO di Bruncu Bonifacio dove, per la diversa resistenza agli agenti atmosferici, dà luogo ad un complicato e vistoso sistema di linee messe in rilievo dalla diversa sporgenza degli strati e dalla vegetazione ; il complesso di tali linee visto dalla strada in basso lascia l’impressione di una strettissima piega, che la deficienza di tempo non mi permise di stabilire se anticlinale o sinelinale, leggermente coricata a SO su altra roccia assai compatta, a struttura porfirico- scistosa, ricca in quarzo (segnata come porfido dal LamaRMORA), attraverso la quale il Flumendosa scorre in thalweg strettissimo prima di sboccare nella pianura di Ballao. La piega calcareo-scistosa si manifesta pure con analogo aspetto sulla falda SE del monticello quotato 291 posto di fronte al Bruncu Bonifacio e forse riappare a M. Bigliottu presso Ballao. La serie di scisti ardesiaci e di calcari ripetuta almeno sei volte nel taglio della strada sul Flumendosa sotto il M. Genna Piras nel tratto più sopra descritto non lascia dubbi che i calcari sì trovino qui intercalati agli scisti, ma non avendo avuto tempo di esaminare i calcari stessi, nulla posso dire per ora sulle analogie che possono passare tra di essi e gli altri calcari scistosi fin qui accen- nati; il brevissimo tempo che avevo disponibile venne impiegato a raccogliere i fossili che in uno degli strati di scisti ardesiaci sono abbondantissimi ed assai visibili per il loro colore argenteo su fondo nero opaco; le analogie cogli scisti graptolitici di Goni appaiono assai strette per l'aspetto della roccia e dei fossili e per la forma di questi ; la distanza tra le due località non oltrepassa delresto i tre chilometri in linea retta ». i Le condizioni tettoniche a me sono apparse alquanto diverse, almeno nelle linee generali. Pare a me che si tratti, nel complesso, di una serie alternante di scisti e di lenti calcaree (talora brecciate), certamente pieghet- tata, ma in cui si possa riconoscere una direzione generale E-O, raccordandola da un lato con quella di Go- ni e dall’altro con quella di Arcu Genna Quaddari lungo la valletta del rio Fontana Coverta sul fianco set- tentrionale anzichè sul meridionale del M. Carongiu Melas. Ho potuto infatti seguire lungo la valletta fin sot- to alla Fontana Coverta gli scisti neri fossiliferi, raccogliendo al tempo stesso mal conservati Orthoceras nei calcari ad essi intercalati. Tra i calcari è pure presente l’orizzonte superiore, come è provato da calcari scistosi con Tentaculitidi che ho pure rinvenuto lungo cotesto percorso ?). 1) L. c., pag. 125-26. 2) Confronta: GORTANI M. Osserv. sul Paleoz. d. Sardegna. L. c., pag. 368. [3] M. GORTANI 87 Ritornando alle Graptoliti, la località precisa da cui ho tratto il materiale è denominata Somm' e Gia- nas e sitrova lungo il sentiero che si stacca dalla mulattiera costeggiante la sinistra del Flumendosa e sale la pendice a monte della confluenza del rio Fontana Coverta col Flumendosa (il rio Fontana Coverta è sen- za nome sulla Tavoletta « Escalaplano » al 50.000 dell’I. G. M. ; esso fiancheggia a nord il M. Carongiu Me- las ;ilrio Genn’e Pira è un “uo ramo di destra: vedi la cartina riprodotta nella fig. 1). Y V ArcuGenng 0 Quaddari N TU 1 ccmggrt 0!" agri F1G. 1. — Cartina dei dintorni di Goni e Ballao. Scala di 1 a 100.000. — Col segno * sono indicate le località graptolitifere più interessanti. è Il Taricco parla della fauna come segue !): «I fossili per quanto in generale assai deformati, tanto che le idroteche non arrivano in complesso che a 3--5 per cm., si prestano in qualche esemplare alla deter- minazione, almeno approssimata ; i tentativi fatti sulle tavole del PERNER mi portano a determinare, con qualche dubbio, il Monograptus Priodon Barr. nella forma Jaekeli Pern., il M. dubius Suess (descritto come colonus dal BARRANDE), il M. attenuatus Hopk., il M. distans PortL. Il proî. Vinassa DE REGNY, che qui sentitamente ringrazio, esaminò i migliori esemplari, confermando la presenza del M. dubius Surss e del M. Priodon BARR. nella forma Jaekeli PerN., e lasciando dubbi il M. attenuatus Hopx. e il M. Becki BARR., coll’osservazione che quest’ultimo potrebbe forse anche essere il M. distans PoRTL. da me detto. Giova osservare che il materiale raccolto non è molto abbondante nè selezionato, e al prof. Vinassa DE ReGNY non mandai che i pochi esemplari che mi sembravano prestarsi meno male a determi- nazioni; cosicchè conviene lasciare ad esami ulteriori la deduzione del sottopiano del Gotlandiano, che per gli scisti di Goni sarebbe, come dirò nella conelusione, quello medio e neo-inferiore, mentre la faunula ora detta accennerebbe piuttosto a quello superiore ». Conviene per prima cosa di rettificare un apprezzamento erroneo, dovuto non a svista del TARICCO, osser- vatore di rara diligenza e coscienziosissimo, ma al singolare gigantismo che le Graptoliti di Ballao, come vedremo, hanno talora in grado anche maggiore delle Graptoliti di Goni. 1 fossili di Ballao hon sono gene- 1) TarIcco M. Op. cit., l. c., pag. 126-27. . 88 M. GORTANI [4] ralmente deformati, o lo sono in misura assai debole; anche dove gli scisti sono visibilmente e minuta- mente arricciati, ele Graptoliti spiccano sulle superficie arcuate od ondulate di essi, non si notano alterazioni nella forma generale nè nell’addensamento delle teche. La superficie delle lastre di scisto è, in generale, opaca, mentre a Goni ha sovente qualche riflesso lucido ; molto frequente è una minutissima imerespatura; la pre- senza di solfuri di ferro in via di ossidazione rende talora i fossili meno evidenti e meno ben conservati. Nel complesso sono meno belli di quelli di Goni, e ìî minuti particolari sono assai più frequentemente obli- terati; le determinazioni sono a ogni modo fattibili quasi sempre, nel copioso materiale che mercè la cortesia del cav. Pietro Mura di Ballao ebbi la possibilità di portar meco, dopo una prima cernita sul posto. Lo studio della fauna mi ha dimostrato, una volta di più, quanto fosse necessaria la revisione delle Grap- toliti di Goni prima di procedere all’esame delle altre. Di fatto, non una delle determinazioni dei precedenti autori ha potuto essere confermata ; e ciò, per esser quelle basate sui confronti con le faune dell'Europa set- tentrionale e media, mentre qui come a Goni le forme hanno caratteri tutti particolari. Le analogie fauni- stiche del nostro giacimento con quello di Goni sono assai notevoli, pur non mancando a Ballao forme nuove e caratteristiche. E passiamo senz'altro alla descrizione delle specie. Descrizione delle specie Gen Monograp tus GrINITz em. Gruppo del Monograptus dubius SUuESs 1. Monograptus Meneghini GoRrTANI var. giganteus n. f. Tav. XV [I], fig. 1-6; Tav. XVIII [IV], fig. 1,2,3?,108 Rabdosoma lungo fino a 9 em., diritto nelle parti distali, con curvatura ventrale evidente, benchè eg- giera, nel tratto prossimale, a sinuosità ora più ora meno pronunciata (ma sempre leggiera anch'essa) nella regione siculare. La curvatura ventrale si estende talora fino alla 10* o 11° teca. Î La larghezza massima arriva per solito ai 2,5 0 3 mm., e può spingersi in qualche caso fin presso i 4 mm. nelle teche mature; viene raggiunta gradualmente, e per lo più a 2 -—-3 cm. dall’estremità siculare e in pros- simità della 10* teca, pressa poco dove cessa la curvatura ventrale. Talvolta il rabdosoma si restringe, ma di pochissimo, nelle teche più distali. All'altezza della 1* apertura tecale la larghezza oscilla fra 1,1 e 1,3 mm. La sicula è lunga da poco più di 3 a 4 mm., larga da 0,6a 0,7 mm. alla sua apertura, e arriva con l’api- ce presso al livello della 1% apertura tecale. Le teche sono tutte di uno stesso tipo, analoghe a quelle del M. dubîus, in numero di 51 (tutt'al più 6, talvolta 5) per centimetro nella regione prossimale, e di 4 per centimetro nelle parti distali; sono largamente tubulari, diritte, inclinate di circa 25° rispetto alla virgula; si ricoprono l’una con l’altra per circa 4 della lun- ghezza; il loro diametro è ampio rispetto alla larghezza, risultandone teche assai larghe. Il margine esterno è di- ritto o leggermente sinuato; il margine aperturale è diritto e ad angolo retto (o un po maggiore del retto) col- margine esterno, ma molto spesso apparisce concavo in seguito alla compressione, in modo da raccordar- sì a profilo arcuato con ìl margine esterno della teca successiva. La parte del rabdosoma dentata o seghet- tata dalle sporgenze tecali occupa in media 4 della larghezza totale. [5] M. GORTANI 89 ‘La forma descritta si mostra strettamente affine al M. Meneghini GortANI 1); tanto da non sembrar- mi che se ne possa specificamente distinguere. Vedremo essere carattere non infrequente nelle Graptoliti di Ballao un gigantismo spiecato in modo estremo, tanto da apparire tale anche a paragone delle stesse Grap- toliti giganti di Goni. E la forma descritta ci apparisce per l'appunto come un M. Meneghinii più sviluppa- to in ogni parte, e distinto inoltre per avere teche proporzionalmente più rade e meno inclinate, larghezza maggiore e ad incremento più graduale, dentatura del rabdosoma meno profonda, curvatura ventrale pro- lungata per un tratto maggiore. La var. giganteus forma in certo modo transizione fra il M. Meneghini eil M. tyrrhenus che subito de- seriveremo: dal quale ultimo si mantiene specificamente distinta, oltre che per la minore larghezza, per il tipo delle teche assai ampie, fortemente inclinate, e frastagliati per largo tratto con le loro sporgenze libere il profilo del rabdosoma. Somm'e Gianas a NO. di Ballao, frequentissimo. La fig. 6 della Tav. XV [I] è il disegno ingrandito dell’esemplare riprodotto in fotografia nella Tav. XVIII [IV], figura 2. L’esemplare riprodotto nella Tav. XVIII [IV], fig. 3 ha il portamento del M. Meneghinii var. giganteus ; ma le teche, forse anche per effetto di compressione in senso obliquo, hanno un aspetto simile a quello che ve- dremo nel M. sardous var. erimius. 2. Monograptus tyrrhenus n. f. — Tav. XV [I], fig. 7-10; Tav. XVIII [IV], fig. 4-6. Rabdosoma lungo fino ad oltre 1 dm., diritto nelle parti distali ; nella regione prossimale con leggiera ma evidente curvatura ventrale, non (0 impercettibilmente) sinuata all’attacco della sicula. Tale curvatura ven- trale di rado oltrepassa il primo centimetro della lunghezza del rabdosoma, arrestandosi presso la 62 teca, assai prima che sia raggiunta la larghezza normale. In corrispondenza della 1% apertura tecale il rabdosoma ha una larghezza di 1,3 a 1,6 mm.; la larghez- za cresce gradualmente fino a raggiungere presso la 10 teca, = circa 2 mm. dall’inizio, il valore normale che è sempre superiore a 3 mm. ed arriva spesso a 4 mm. e più, con lieve diminuzione nelle teche più mature. La sicula si spinge fino in corrispondenza della 1* apertura tecale; ha una lunghezza di circa 3 mm. ed un diametro di 0,7--0,8 mm. all’apertura. Le teche sono di uno stesso tipo, analogo a quello del M. dubius, e per solito in numero di 6 per centime- tro nella regione prossimale, 4 6 per centimetro nella regione distale. Sono piuttosto strettamente tubulari, diritte, con inclinazione poco pronunciata (in media da 15° a 20°) rispetto alla virgula ; si rieoprono l'una l’altra per circa 4 lunghezza. I margini esterno ed aperturale sono rettilinei e ad angolo retto fra loro ; quello aperturale è breve, così che in esemplari non bene profilati le sporgenze tecali si distinguono a mala pena. La parte dentata del rabdosoma rappresenta per solito da 1/5 a 1/ della larghezza totale. L'unica forma a cui si possa avvicinare il M. tyrrhenus è il M. Meneghini var. giganteus. Come si è già osservato, il M. tyrrhenusse ne distingue nettamente per il rabdosoma più largo ed a margini concor- renti (nella regione prossimale) sotto un angolo assai meno acuto; per la zona dentata proporzionalmente assai meno larga ; per le teche meno sporgenti, meno inclinate, più strettamente tubulari; a prescindere da 1) GORTANI M. Faune paleozoiche della Sardegna I. Le Graptoliti di Goni. Paleontogr. Ital., XXVIII, pag. 47, tav. VIII, fig. 3-8, e tav. XIII, fig. 2C, 44. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922, 12 90 M. GORTANI [6] caratteri meno importanti, quali la minor lunghezza della sicula, la curva ventrale a sinuosità nulla o imper- cettibile, il margine esterno delle teche più costantemente diritto, le teche un po’ meno diradate. Frequente a Somm’e Gianas, NO. di Ballao. La fig. 8 della Tav. XV [I] è il disegno dell’esemplare riprodotto fotograficamente nella Tav. XVIII [IV], fis. 6; la fig. 9 e 10 della Tav. XV [I] corrispondono rispettivamente agli esemplari delle fig. 4 e 5 della Tav. XVIII [IV]. 3. Monograptus sardous Gortam var. eximius n. f. — Tav. XV [1], fig. 11-14: Tav. XVIII [IV], fig. 7-9. Rabdosoma lungo fin oltre 1 dm., diritto nelle parti distali, con una pronunciata curvatura ventrale nella regione prossimale. La curvatura, sempre evidentissima,è nettamente sinuata in corrispondenza od in prossimità dell'attacco della sicula, e si estende fino a che è raggiunta la larghezza normale, circa a 2 cm. dall’estremità siculare. | La larghezza delrabdosoma è di circa 2 mm. in corrispondenza della 1% apertura tecale, e cresce rapidamen- te fino al valore normale che è per solito di 4,5 05 mm. e può salire fino a 5,5 mm., con una lieve diminu- zione nelle teche più mature. Il valore normale è raggiunto per solito, come già si è accennato, a circa 2 cm. dall'origine, presso la 12* teca. La sicula è lunga circa 3,5 mm., larga all'apertura da 0,8 a 1 mm., e sì spinge col suo apice fin presso la 2* apertura tecale. Le teche sono di uno stesso tipo, tubulari ma con profilo esterno variabile per Ja grande ampiezza del margine aperturale, onde ne consegue per solito una forma a saccoccia, che per compressione della parete esterna nello schiacciamento dà spesso la falsa apparenza di una teca retroflessa. Le teche si ricoprono l’una l’altra per oltre metà della lunghezza. Il loro addensamento varia notevolmente secondo gli esemplari ; si contano da 6 1 a 8 teche per centimetro nella regione prossimale, e da 5 a 7 per centimetro nelle parti distali. La dentatura o seghettatura occupa, nelle parti distali, da 1/, a 1/5 della lar- ghezza totale del rabdosoma. Il carattere delle teche è identico a quello da noi descritto e illustrato a proposito del M. sardous 1), che è l’unica specie nota a cui la presente forma si possa avvicinare. L'esame degli altri caratteri diagnostici mostra poi che si ha certamente a che fare con una forma non separabile specificamente dal M. sardous, di cui ripete le caratteristiche in proporzioni ingrandite: lunghezza e larghezza maggiori, sicula più sviluppata, teche più grandi e più rade. Si può dire che il M. sardous var. eximius sta al M. sardous tipico come il M. Meneghini var. giganteus sta al tipico M. Meneghini. Il M. sardous var. eximius è Îrequentissimo a Somm’e Gianas, NO. di Ballao. Lefig.7e8 della Tav. XVIII [IV] riproducono fotograficamente gli esemplari disegnati rispettivamente nelle fig. 12 e 11 della Tav. XV [I]. Gruppo del Monograptus vomerinus NIcHoLson sp. 4. Monograptus Gonii MENEGRINI em. GORTANI. — Tav. XV [I], fig. 15; Tav. XIX [V], fig. 5. 1857. Graptolithus (Monograpsus) Gonii MENEGHINI p. p. Paléontologie de ile de Sardaigne. In: La MaR- MORA, Voyage en Sardaigne, III, 2, pag. 170, tav. B, fig. I 60, 6ce (cet. excl.). 1857. — colonus (non BARRANDE) MENEGHINI p. p. Ibid., tav. B, fig. I 8c (cet. excl.) 1) GORTANI. Graptoliti di Goni. L. e., pag. 47, tav. VIII, fig. 9-12; tav. dt, fig. 1A, 34; tav. XIII, fig. 65. [7] M. GORTANI 91 1923. Monograptus Gonii GORTANI. Graploliti di Goni. L. c., pag. 50 [10], tav. VIII [I], fig. 15-22; tav. XII [V1], fig. 6C Un frammento prossimale (Tav. XV [I], fig. 15), lungo 3,4 em., diritto, molto attenuato verso la regione apicale, e un altro frammento (Tav. XIX [V], fig. 5), alquanto maggiore e ancor più attenuato, rappresentano con sicurezza la specie nel materiale da me raccolto a NO. di Ballao. I margini laterali del rabdosoma concorrono sotto un angolo molto acuto. La sicula, pochissimo spo- stata all’infuori, lunga 2,5 mm. e larga 0,4 mm. all’apertura, si spinge col suo apice fino al livello della 18 apertura tecale. La larghezza del rabdosoma è quivi di 0,7 mm.; a 3 em. dall’origine è di circa 1,8 mm. Le teche, del tipo del M. vomerinus, si sovrappongono per circa metà della lunghezza ; l’escavazione si ad- dentra fino a circa 44 della larghezza totale. Il numero delle teche decresce da 6 a 4 4 per centimetro. Gli esemplari riproducono tutti i caratteri del M. Gonii quale fu da me descritto e illustrato, salvo ciò che riguarda l’addensamento delle teche, che nel tipo è alquanto maggiore (da 7 per centimetro nella parte più prossimale a 5 0 6 nelle parti distali) ; questi esemplari ballaesi presentano quindi ancor più spiccata la differen- za col M. vomerinus, che è la specie più affine al M. Gomii, e nel quale il numero delle teche in ogni inter- vallo di 1 em. è quasi doppio. Dal M. Linnarssoni la specie resta ben distinta per i margini concorrenti an- zichè paralleli, per uniforme rapido incremento in larghezza e per la mancanza di esilità nelle parti prossimali. 1 Jl M. Gontù è molto raro a Somm’e Gianas, NO. di Ballao. 5. Monograptus Linnarssoni TuLLBERG var. Flumendosae GORTANI. Tav. XVI [II], fig. 1-3; Tav. XIX [V], fig. 6A. 1923. Monograptus Linnarssoni var. Flumendosae GortANI. Graptoliti di Goni. L. c., pag. 51 [11], tav. IX [11], fig. 1-6; tav. XII [V], fig. 44; tav. XIII [VI], fig. 4B. I pochi esemplari di Ballao hanno i seguenti caratteri : Rabdosoma lungo fino a più di 1 dm., diritto, non rigido, lineare fino ad almeno 5 cm. dall’origine, allungantesi nelle parti distali fino a quasi 3 mm. di diametro, mentre la larghezza misura a mala pena 0,5 mm. in corrispondenza della 1 teca e 1,1 mm. a 5 em. di distanza dall’estremità siculare. La sicula non oltrepassa la 12 apertura tecale ed è ora più, ora meno spostata in fuori dal lato dorsale; è piccola e sotti- le, lunga circa 2 mm. e larga 0,4 mm. all'apertura. É Le teche sono 7 nel centimetro susseguente alla 12 teca; 50 5 16 in ciascuno dei centimetri successivi, finchè il rabdosoma si mantiene lineare; nelle regioni distali si addensano di nuovo fino a 6 4 per centimetro, riducendosi poi ancora a 5 4 per centimetro nelle parti mature più dilatate. Le teche sono del tipo del M. vomerinus e si sovrappongono per metà lunghezza nelle parti prossimali del rabdosoma, per due terzi nelle parti distali ; l’escavazione occupa circa 4 della larghezza totale. In confronto con gli esemplari di Goni, questi di Ballao mantengono il carattere bene spiccato della grande esilità del rabdosoma nel lungo tratto prossimale, come pure la conformazione delle teche; hanno però meno rapido l’incremento distale in larghezza e un po’ meno addensate le teche mature. Il porta- mento e la fisionomia generale sono tuttavia tali da non lasciar dubbio sull’ appartenenza degli uni e degli altri alla medesima forma. è 92 M. GORTANI [8] Il M. Linnarssoni var. Flumendosae è poco frequente a Somme Gianas, NO. di Ballao. L’esemplare fotografato nella fig. 64 della Tav. XIX [V] è la contro impronta di quello disegnato nella fig. 1 della Tav. XVI [II]. Gruppo del Monograptus Flemingi SALTER sp. 6. Monograptus Lovisatoi n. f. — Tav. XVI [II], fig. 4-6; Tav. XIX [V], fig. 1. Rabdosoma lungo oltre 1 dm., non rigido, un po” f'essuoso, a prevalente curvatura ventrale lentissima che fa sèguito ad una pronunciata curvatura dorsale prossimale. Incremento in larghezza, lentissimo. Gli esem- plari sono tutti in stato frammentario; ma la lentezza dell’allargamento si può arguire dal fatto che il frammento più prossimo all’inizio, a cui manca soltanto la regione sieulare, aumenta in larghezza da 1,3 a 2 mm. su 56 mm. di lunghezza ; un frammento intermedio, lungo 70 mm., aumenta in larghezza da 2,2 a 2,5 mm. ; e un frammento distale su 60 mm. di lunghezza mantiene la sua larghezza fra 2,5 e 2,7 mm. Quan- do si preseinda dai rostri o sporgenze tecali, il diametro del rabdosoma cresce rispettivamente da 0,9 a 1,5 mm. nel frammento ‘prossimale, da 1,8 a 1,9 mm. nel frammento medio, da 2 a 2, 2 mm. nel frammento di- stale. Sicula e regione siculare sconosciute. Le teche si possoni ricondurre al tipo generale del M. Flemingi, ma con la parete interna della teca protratta e sporgente al di sopra dell’apertura in un rostro relativamente piccolo ed a forma di muerone ottuso più o meno inclinato, lungo in media da 0,6 a 0,9 mm. e largo da 0,3 a 0,5 mm. Im prossimità della regione siculare si contano 7 teche per centimetro ; il loro numero decresce lentamente a 6 e 5 per centimetro nelle parti distali. La frangiatura formata dalle spoîgenze tecali rappresenta nelle parti prossimali circa '|,, nelle distali da !/, a ?/, della larghezza totale del rabdosoma. La forma descritta è molto prossima al M. spinulosus Tutte. !): quivi però il rostro è più sottile e più rigido, spiniforme ; la larghezza del rabdosoma è di 1 mm. soltanto, e le teche sono ravvicinate così da contarsene 9 per centimetro. Fra le Graptoliti sarde, il M. Tariccoi di Goni 2) ha pure notevoli affinità col M. Lovisatoi. Esso però, se ha le teche di tipo analogo, è provvisto di rabdosoma rigido e diritto, rapida- mente assottigliato nella regione prossimale e molto dilatato in corrispondenza delle teche mature. Il M. Lovisatoi è assai raro a Somm’e Gianas, NO di Ballao. Le fig. 4-6 della tav. XVI [II] sono disegni di tre esemplari frammentarii riuniti nella lastra che è riprodotta fotograficamente nella tav. XIX [V], fig. 1. Gruppo del Monograptus flexilis ELLES 7. Monograptus falcatus MENEGHINI, em. GORTANI. — Tav. XVII [II], fig. 9. 1357. Graptolithus (Monograpsus) falcatus MenEGHINI. Paléontol. de Sardaigne. L. c., pag. 172, tav. B, fi- gura II 7, 7a, e fig. III, 7a-c. 1) TuLLBERG. Skanes Graptoliter. II. Graptolitfaumorna i Cardiolaskiffern och Cyrtograptusskaffrarne. Sverig. Geol. Undersòkn., ser C., n. 56, 1883, pag. 21, tav. II, fig. 12-15; — GORTANI, Contribuzioni allo studio del Paleozoico carnico. VI. Faune a Graptoliti. Paleont. Ital., XXVI, 1920, pag. 38, tav. III, fig. 8. 2) GORTANI. Graptoliti di Goni. L. c., pag. 55, tav. X, fig. 1,2; e tav. XII, fig. 154. [9] M. GORTANI 93 1857. Graptolithus (Monograptus) Lamarmorae MENEGHINI p. p. Ibid., pag. 159, tav. B, fig. ITI 3b (cet. excl). 1857. = = mutuliferus MENEGHINI p. p. Ibid., pag. 176, tav. B, fig. II 8a (cet. excl.) 1857. L _ priodon (ron BRONN) MENEGHINI p. p. Ibid., pag. 178, tav. B, fig. III 9b (cet. excl.). 1923. Monograptus falcatus GORTANI. Graptoliti di Goni. L. c., pag. 56 [16], tav. X [III], fig. 3-8; tav. XII [V], fig. 1B, 3C, e tav. XIII [VI], fig. 1. Gli esemplari di Ballao corrispondono perfettamente a quelli di Goni; ritengo inutile darne la descrizione, poichè essa non sarebbe che la ripetizione di quanto già si è detto a proposito degli esemplari gonesi. Il di- segno, che riproduco nella Tav. XVI [II], basta del resto a documentare tale identità. Il M. faleatus sremisce in qualche punto la roccia a Somm'e Gianas, NO. di Ballao. 8. Monograptus Siren n. f. -- Tav. XVI [II], fig. 10, 11; Tav. XVIII [IV], fig. 11B?; Tav. XIX [V], fig. 7, SA. Rabdosoma lungo fino ad oltre 1 dm., diritto nella parte distale, e con doppia curvatura a S nelle parti prossimali, dove una netta curva ventrale fa seguito ad una accentuata curva dorsale a falce, con la "quale il rabdosoma si inizia. La parte diritta e la parte incurvata del rabdosoma costituiscono due regioni spiccatamente diverse così per la forma generale, come anche per il carattere delle teche, e conviene considerarle separatamente. La parte prossimale, ineurvata, ha sviluppo variabile: pur mantenendo rigorosamente i medesimi ca- ratteri, dei due buoni esemplari a mia disposizione l’uno ha questa regione sviluppata per una lunghezza di 5 mm., l’altro per poco più di 2 em. e 4. Tale porzione incurvato-sigmoide ripete per la forma e la dop- «pia curvatura del rabdosoma, e per la forma e disposizione delle teche, i caratteri del M. falcatus. La sicula non è conservata negli esemplari in esame, nè posso dire se anche qui sia presente o no la virgella; ma, pre- scindendo da ciò, difficilmente si può distinguere la parte prossimale del M. falcatus da quella del M. Stren. Anche qui la larghezza aumenta rapidamente a 2 mm. in corrispondenza delle primissime teche, poi più lenta- mente a 3 mm., e più lentamente ancora al valore massimo, che è di 3,7 mm. in uno degli esemplari, di 4,6 mm. nell’altro più sviluppato. Anche qui le teche hanno il tipo generale del M. Flemingi, senza spine terminali, con il prolungamento della parete dorsale (rostro) grosso e per solito troncato e leggermente arcuato-ricurvo, occupante circa 14 della larghezza totale del rabdosoma. Le teche sono molto addensate: da 12 a 14 per centimetro nel tratto a cervatura dorsale, appena un po’ diradate a 11 o 12 per centimetro nel tratto a curvatura ventrale. In confronto del M. feleatus tipico, in cui le teche deerescono invece da 9--11 a 7--8 per centimetro, si ha quindi un addensamento, cui corrisponde una più fitta frangiatura del rabdosoma ; devesi però osservare che nel M. falcatus tale carattere ha una assai notevole variabilità. Su questa porzione prossimale a curvatura sigmoide, nel M. Siren si viene ad innestare, quasi senza tran- sizione, la porzione distale: rigida, diritta, di larghezza assai minore della precedente e uniforme in tutto il suo percorso. Tale uniforme Jarghezza è di 2,5 mm. nell’esemplare più piccolo (e dove, per rottura, la parte distale è assai breve), e di 2,3 mm. nell’esemplare più sviluppato, dove la parte distale è conser- vata per una lunghezza di 5 cm. Le teche sono conformi, del tipo del M. Flemingi ma con il prolungamento della parete dorsale (rostro) molto sviluppato, grosso, allungato, nettamente ginocchiato, occupante da 4% a 4 della larghezza totale del rabdosoma ; le teche sono appena 6 per centimetro, la metà cioè di quante non se ne contino in uguale intervallo nella parte prossimale. Non conosco alcuna specie che si possa confondere con la presente; il cui nome intende di denotare appunto la sua singolare conformazione. 94 M. GORTANI [10] N M. Siren è raro a Somm’e Gianas, NO. di Ballao. Le fig. 7 e 8 della tav. XIX [V] riproducono in fotografia gli originali da cui son tratti rispettivamente i disegni delle fig. 10 e 11 della tav. XVI [II]. 9. Monograptus belophorus MENEGHINI em. GoRTANI var. laxus n. f. Tav. XVI [II], fig. 7, 8; Tav. XVIII [IV], fig. 124; Tav, XIX [V], fig. 4. Rabdosoma lungo più di 1 dm., flessuoso, con doppia curvatura leggiera ma ben visibile, in forma di S estremamente allungata ; la curvatura è dorsale e più sentita nella regione prossimale, mentre è ventrale e più dolce nella regione distale che può anche raddrizzarsi. La larghezza da 1,3 mm. in corrispondenza della 1 teca, cresce lentamente, così da raggiungere soltanto dopo oltre 2 cm. il valore normale di 2 mm.; la larghezza massima tocca i 2,5 mm. o raramente i 5 mm. La sicula oltrepassa di poco, col suo apice, il livello della 1* apertura tecale; è lunga 2,5 mm. e larga al- l'apertura 0,5 mm., con virgella persistente. Le teche sono del tipo del M. Flemingi, ma senza spine termi- nali e col prolungamento della parete dorsale (rostro) bruscamente ginocchiato 0 reflesso, grosso, troncato all’apice. Le teche nella regione prossimale sono 5 o 6 per cemtimetro; si diradano a 44% 0 5 per centimetro nelle parti distali; sono brevi e inclinate di circa 30° sulla virgula. L’uncino o rostro occupa circa 34 della larghezza totale. La forma descritta è certamente molto prossima al M. belophorus, quale fu da noi inteso !); se ne di- stingue sopra tutto per avere le teche più rade, particolarmente nella regione prossimale dove sono an- che molto più sviluppate che nel tipo ; il rostro delle teche è anche meno fortemente reflesso e la curvatura del rabdosoma è più debole, ma è noto come tali caratteri siano assai poco costanti. Il M. belophorus var. lacus non è raro a Somm’ e Gianas, NO. di Ballao. La fig. 4 della tav. XIX [V] riproduce la fotografia dell'esemplare disegnato nella fig. 7 della tav. XVI [II]. 10. Monograptus ballaésus n. f. — Tav. XVI [II], fig. 12-18; Tav. XVIII [IV], fig. 114; Tav. XIX [V]. fig. 2A, 3, 60. Rabdosoma lungo fino a 9 cm., leggermente flessuoso, con una più o meno sentita (ma sempre evidente) curvatura dorsale nella regione prossimale, cui fa sèguito la rimanente parte del rabdosoma inflessa in una curvatura ventrale estremamente leggiera o addirittura rettilinea. La larghezza all’inizio oscilla fra limiti assai larghi, ein corrispondenza della 1 teca varia da0,7ale perfino a 1,5mm.;a 2 em. dall'origine la lar- ghezza è meglio stabilizzata, tenendosi fra 1 e 1,3 mm. ; la larghezza massima non supera 1,5 mm. Facepdo astrazione dai rostri tecali, la larghezza è di 0,5-—0,9 mm. all’inizio ; di 0,6--0,9 mm. a 2 cm. dall'origine; di 1 mm. circa nelle parti distali. La sicula, acuta e sottile, si spinge oltre la 12 apertura tecale, senza però arrivare alla 23; ha da 1,5 a 2 mm. di lunghezza e da 0,3 a 0,4 mm. di diametro all’apertura ; è presente una sottile virgella, che in un e- semplare misura 5,5 mm. di lunghezza. Le teche sono del tipo del M. Flemingi, ma senza spine. Il prolungamento della parete dorsale (rostro) 1) M. belophorus MENEGHINI p. p. Paléontol. de Sardaigne, l. c., pag. 165, tav. B, fig. II 4, 4a, e fig. I4b, cet. excl.; — GORTANI, Graptol. di Goni, l. c., pag. 57, tav. X, fig. 9-15, e tav. XII, fig. 3B, 14; tav. XIII, fig. 1. [11] M. GORTANI 95 è di regola bruscamente reflesso o ginocchiato-reflesso ; ma nelle teche prossimali non di rado è soltanto reflesso-patente o anche semplicemente arcuato-patente (aumentando allora di molto, in tale regione, la lar- ghezza complessiva). Il rostro è relativamente sottile nelle teche prossimali, più tozzo nelle distali; è acuto 0 arrotondato all’api- ce, e di solito almeno il doppio lungo che largo. Le teche sono, in generale, in numero di 7 0 8 nel primo centi- metro, diradandosi poi fino a 5 per centimetro nelle parti distali; le primissime teche sono però talora molto ravvicinate, aumentando così la variabilità d’aspetto della regione più prossima alla sicula. Le sporgenze tecali occupano, in media, da ‘3 & ‘|, della larghezza totale. La forma descritta si può confrontare, meglio che con qualsiasi altra, col M. belophorus già ricordato ; del quale ha il portamento, ma da cui resta distinto sopra tutto per la minore flessuosità e per la sottigliezza del rabdosoma, peri rostri tecali più sottili ed attenuati all’apice e nelle teche distali più flaccidamente ricadenti sulla parete ventrale della teca rispettiva. Il M. ballaésus non è infrequente a Somm’ e Gianas, NO. di Ballao. La fig. 114 della tav. XVIII [IV] riproduce l’esemplare disegnato nella tav. XVI [II], fig. 15; le fig. 2A e3 della tav. XIX [V] riproducono quelli disegnati rispettivamente nelle fig. 12 e 14 della tav. XV [II]. N Gruppo del Monograptus runcinatus LAPWORTH 11. Monograptus antennularius MENEGHINI var. floridus n. f. Tav. XVII [III], fig. 4-8; Tav. XVIII [IV], fig. 110, 128; Tav. XIX [V], fig. 9-11. Rabdosoma sottile, lungo (a giudicare dai frammenti) almeno 1 dm., molto leggermente flessuoso, a de- bole curvatura sigmoidale (dorsoventrale) nelle parti prossimali. La larghezza aumenta, ora in pochi centimetri ora assai più lentamente, da 0,60 0,7 mm. (1* sporgenza tecale) a 1,7 e fino a 2 mm.; astraendo dalle spor- genze tecali, la larghezza è di 0,4 o 0,5 mm. all'origine, di 1,2 a 1,5 mm. nelle parti distali. La sicula è breve, sottile, spinta all’incirca fino al livello della 1 sporgenza tecale, lunga 2 mm. e larga 0,4 mm. Le teche sono da 4 a 6 per centimetro nella regione prossimale, 4 o anche 5 per centimetro nelle parti distali. Hanno il tipo del M. runeinatus, con porzione libera (lobo) ora più ed ora meno involuta, e occupante da ‘; a !/, della larghezza totale, secondo il grado di avvolgimento e il modo di conservazione. Portamento generale e singoli caratteri avvicinano talmente questa forma al M. antennularius 1), che non mi sembra possibile tenerla specificamente separata. Gli esemplari di Ballao sono però contraddistinti : da flessuosità generalmente minore, anche nelle parti prossimali; da dimensioni più grandi; da ‘un maggior incremento in larghezza e da un minore addensamento delle teche, le quali risultano di regola assai più svi- luppate. Il M. antennularius var. floridus è frequente a Somme Gianas, NO. di Ballao. Le fig. 128 della tav. XVIII [IV] riproduce l’esemplare disegnato nella tav. XVII [III], fig. 6; le fig. 9e 11 della tav. XIX [V] riproducono rispettivamente gli esemplari disegnati nelle fig. 8 e 4 della tav. XVII [III]. 12. Monograptus subtilis GORTANI var. maior n. f. — Tav. XVII [III], fig. 1-3; Tav. XIX [V], fig. 28, 68, 85, 12. Rabdosoma molto sottile, filiforme, lungo oltre 1 dm. (il frammento più lungo, cui manca tutta la par- 1) M. antennularius MENEGHINI Paléont. de Sardaigne, 1. c., pag. 156, tav. B, fig. I 1,16; — GORTANI. Grap- tol. di Goni, 1. c., pag. 58, tav. X, fig. 16-20; tav. XIII, fig. 1,24. 96 M. GORTANI [12] te prossimale, misura 9 em.); diritto nelle parti distali, spesso con una leggerissima curvatura ventrale o sig- moidale nella regione prossimale. La larghezza aumenta con lentissima progressione da 0,4 mm. in corrispon- denza della 1* sporgenza tecale, a 0,7 0 0,8 mm. nelle parti medie e fino a 1,2 mm. in corrispondenza del- le teche più mature. Astraendo dalle sporgenze tecali, il diametro è di 0,25 mm. all’inizio, di 0,5 mm. nelle parti medie, di 0,9 mm. nelle distali. La sicula, esilissima e breve, è mal discernibile. Le teche sono del tipo del M. runcinatus, ma con lobo per solito svolto, diritto o leggermente arcuato, lungo fino a 1 mm., generalmente reflesso e applicato per intero contro la parte adnata della teca. La porzione libera del lobo occupa circa 14 della larghezza com- plessiva del rabdosoma. Le teche sono molto rade : 4 per centimetro nelle parti prossimali,3 per centime- tro nelle parti distali. Specificamente identica è la forma descritta con il JM. subtilis di Goni 1), dal quale si distingue soltanto per maggiore sviluppo in ogni parte e teche più rade. Si può dire che questa var. maior sta al M. subtilis come la var. floridus sta al M. antennularius. E le differenze tra le due varietà sono le stesse che a suo tempo abbiamo segnalato fra le rispettive specie. Il M. subtilis var. maior è frequente con il precedente a Somm’e Gianas, NO. di Ballao. La fig. 12 della tav. XIX [V] riproduce l’esemplare disegnato nella tav. XVIII [III], fig. 1; l’esemplare della tav. XIX [V], fig. 65, è la controimpronta di quello disegnato nella tav. XVIII [III], fig. 2. Gen. Cyrtograptus CARRUTHERS 13. Cyrtograptus cfr. rigidus TULLBERG. — Tav. XVI [I], fig.16; Tav. XVIII [IV], fig. 104. 1883. Cyrtograptus rigidus TuLLBERG. Skanes Graptoliter II. Sverig. geol. Undersòkn., ser. C., n. 55, pag. 38, tav. IV, fig. 12-14. 1923. — — GoRranI. Graptoliti di Goni. L. c., pag. 59 [19], tav. XI [IV], fig. 5-11; tav. XIII [VI], fig. 4D, GA, cum syn. L'unico esemplare di Cyrtograptus che ho rinvenuto nel copioso materiale di Somm’e Gianas, NO. di Bal- lao, ha i seguenti caratteri : Rabdosoma composto di un ramo principale robusto, molto leggermente arcuato (a curvatura ventrale) nella parte distale e fortemente ricurvo (a curvatura dorsale) nella parte prossimale, e di un ramo secondario o cladio. Nel ramo principale la larghezza è di 1 mm. in corrispondenza della 1* sporgenza tecale, di 1,4 mm. in corrispondenza della 5° teca, di 2,4 mm. in corrispondenza delle teche distali. La sicula è piccola, lun- ga 1,4 e larga 0,4 mm., spinta col suo apice un po’ oltre il livello della 12 sporgenza tecale. Si hanno 12 te- che di tipo prossimale a profilo subtriangolare emergenti sul margine convesso con largo lobo patente e ad apice assottigliato e reflesso (elegantemente ricurvo nelle prime teche) ; esse sono distribuite in un inter- vallo di 16 mm., con una densità di 8 o 9 per centimetro. Le teche distali sono pure 8 0 9 per centimetro ; si ricoprono per circa metà lunghezza ; hanno profilo sensibilmente triangolare, con margine esterno concavo ed apice arcuato-ricurvo. La dentellatura occupa circa 16 della larghezza complessiva nella parte prossimale, e circa 1 nella parte distale. L'esemplare è rotto in corrispondenza della parte prossimale del cladio, il cui attacco non è ricostrui- 1) M. subtilis GORTANI: Graptol. di Goni, l. c., pag. 58, tav. X, fig. 21; tav. XI, fig. 1-4; tav. XIII, fig. 25. [13] M. GORTANI 97 bile con sicurezza; pare che esso dovesse partire dalla 9% teca, venendo a formare nell’insieme un angolo poco maggiore del retto con la direttrice del ramo principale nella sua parte distale. Il frammento che ne rimane è un po” meno robusto del ramo principale; ha le teche un po’ meno sporgenti di esso, ma ana- logamente conformate, in numero di 7 per em. ; la sua larghezza è di 1,8 a 1,9 mm., e di essa la dentella- tura occupa circa i °/;. L’esemplare ha il portamento dei campioni di Goni che io riferii al C. rigidus dopo aver discusso la posizione sistematica di questa specie e la sua sinonimia. Vi sono tuttavia differenze fra l'esemplare di Ballao e quelli di Goni; e la principale sta nel maggior numero di teche prossimali (12 in un luogo di 70 8)e nella più tardiva inserzione del cladio (sulla 9® teca all’incirea, invece che sulla 6): sotto questo aspetto esso collega in certo modo le due forme descritte dalla dott. ELLes come C. symmetricus (= rigi- dus TuLLs.) e come rigidus TuLLB. (= EWesi Nobis). Ma per il portamento generale, il carattere delle teche e la rigidità e larghezza del rabdosoma, mi sembra di non poterlo staccare dal C. rigidus quale fu inteso da noi. Risultati paleontologici e stratigrafici. x Come si è detto, il VinASSA aveva creduto di poter riconoscere nei campioni raccolti a Ballao dal TarIc- co, Monograptus priodon Bronn var. Jaekeli PerN., M. dubius Suess, M. attenuatus Hopx. (con dubbio), M. Becki BarR. (an M. distans PoRTI.?). A parte l’associazione di specie proprie di piani assai diversi, che risulterebbe da questo breve elenco e che sarebbe strana in pochi campioni raccolti in un punto solo, sta di fatto che tali. determinazioni non sono sostenibili specie dopo lo studio compiuto sulla fauna di Goni. Esse evidentemente partivano dal presupposto che anche le faune graptolitiche sarde partecipassero del cosmopolitismo vero o presunto delle faune graptolitiche in genere, o quanto meno della larga diffusione di molte specie nel territorio europeo. Da ciò la tendenza a ritenere effetto di deformazione le grandi dimensioni degli esemplari, il diradamento delle teche e gli altri caratteri male accordantisi 0 contrastanti con le diagnosi delle specie più diffuse a cui quegli esemplari potessero in qualche modo essere avvicinati. Tutto ciò viene senz'altro a cadere dopo che, di su gli originali di Goni così perfettamente conservati e in cui qual- siasi deformazione è esclusa in via assoluta, ho potuto dimostrare come durante il Gotlandiano medio pro- sperasse nell’area sarda una fauna graptolitica ricca di forme sue proprie, quantunque serbante la fisono- mia generale della fauna del Wenlock. Ciò mi dispensa, credo, dal dimostrare in modo particolareggiato la inconsistenza di ciascuna delle determinazioni sopra accennate: d’altronde è facile riconoscere i nostri M. falcatus e M. belophorus nel supposto M. Jaekeli, ìl M. Meneghinii nel supposto M. dubius, il M. an- tennularius nei supposti M. attenuatus e M. Becki o distans. Le forme da noi distinte nella località Somm’ e Gianas a NO di Ballao sono le seguenti : 1. Monograptus Meneghinii Gort. var. giganteus n. f. 2 — tyrrhenus n. È. 3. = sardous GoRT. var. eximius n. f. 4. = Gomi MENEGH. em. 5. — Linnarssoni TuLLB. var. Flumendosae GoRrt. 6. — Lovisatoi n. Î. Cà — falcatus MENEGH. em. Palaentographia italica, vol. XXVIII, 1922. 13 98 M. GORTANI [1 4] 8. Monograptus Stren n. È. 9 — belophorus MENEGH. em. var. larus n. f. 10. — ballatsus n. È. ) 11. = antennularius MeNEGH. var. floridus n. f. 12. — subtilis GoRT. var. maior n. f. 13. OCyrtograptus cfr. rigidus TULLE. Su 13 forme, 4 sono identiche a specie di Goni: Monogr. Gont, M. Linnarssoni var. Flumendosae, M. falcatus, Cyrtogr. rigidus. | Altre 5 forme sono varietà più sviluppate, 0 con teche più lasse, di specie pure caratteristiche di Goni: Monogr. Meneghinii var. giganteus, M. sardous var. eximius, M. belophorus var. laxus, M. antennu- larius var. floridus, M. subtilis var. maior. Rimangono 4 forme. Di esse, Monogr. tyrrhenus è strettamente affine al M. Meneghinii di Goni; M. Lo- visatoi è affine per un verso al M. Tariccoi di Goni, per l’altro al M. spinulosus TuLLs. del Wenlock sve- dese e alpino; M. Siren è in tutta la sua metà prossimale similissimo al M. falcatus di Goni; M. ballaè- sus è molto vicino al M. belophorus. Richiamandoci anche a quanto abbiamo esposto nella prima parte di questo lavoro sulle Graptoliti sarde, si deve pertanto concludere : 1.° che la fauna graptolitica di Ballao spetta al Gotlandiano medio, parte superiore (Wenlock), come risulta, anche indipendentemente da altri confronti, dal tipo generale della fauna e da specie caratteristi- che, quali Monogr. Linnarssoni e Cyrtogr. rigidus ; 2.° che, in particolare, si hanno affinità molto strette con la fauna di Goni. Tale affinità non impedisce tuttavia che la fauna di Ballao, non ostante la contemporaneità e la vi- cinanza topografica, e non ostante che appaia racchiusa nel medesimo complesso di strati, abbia però una fisionomia sua propria. Vi sono molto più abbondanti, e si può dire dominanti, le forme del gruppo del M. dubius (M. Meneghini, tyrrhenus, sardous), mentre ha rari rappresentanti il gruppo del M. vomerinus e scarseggia anche il gruppo del M. Flemingi, dove qui non compare il M. mutuliferus, tanto frequente a Goni. Rarissimi poi Oyrtograpti, di cui ho rinvenuto un solo esemplare. Dal punto di vista paleontologico è particolarmente singolare e interessante il M. Seren; ma anche le altre forme sono degne di attenzione, sopra tutto in quanto concorrono a caratterizzar meglio la fiso- nomia della fauna wenlockiana sarda, tratteggiata finora soltanto dalle Graptoliti di Goni. E a tale pro- posito è utile ricordare che, se già quella fauna era impressionante per il gigantismo delle sue forme, quattro specie già presenti a Goni ci compariscono qui ancora più sviluppate e tali da costituire, insieme con il M. mutuliferus var. Lamarmorae della precedente località, un gruppo di forme giganti quale mai fu prima d’ora osservato nelle faune graptolitiche. GRAPTOLITI DI ARMUNGIA. Dei dintorni di Armungia così parla il TARICcO : « Anche nel Gerrei ho trovato località nuove a Mono- graptus in scisti neri presso il contatto coi calcari scistosi soprastanti e precisamente lungo la strada di re- cente costruita che da Armungia scende al Flumendosa a collegarsi colla San Vito-Ballao. La strada si svolge, nella sua parte a monte, mettendo a nudo fresche pareti di tali rocce... Il primo punto fossilifero [15] M. GORTANI 99 si trova lungo la strada a forse 200 m. a nord di Armungia, sulla destra di chi scende, al letto di un ban- co di calcare ricoprente scisti decolorati violaceo-chiari, minutamente fogliettati, argillosi; furono trovati quivi, nei pochi minuti di ricerca, pochi campioni di Monograptus. Assai più abbondanti compaiono que- sti fossili più in basso, a circa metà discesa, ove la strada taglia a destra gli scisti neri in trincea di 1,50 a 2 metri; questi scisti contengono spesso bei Monograptus nerissimi, lucenti, discretamente conser- vati» 1). Gli esemplari determinabili da me rinvenuti, (quelli raccolti dal TArIcco sono andati perduti) provengono da un punto prossimo a quest’ultimo; il modo di fossilizzazione è però diverso, e i fossili ap- paiono grigiastri sullo scisto grafitico. Le specie che ho potuto determinare sono le seguenti : 1. Monograptus Meneghinii GORTANI. — Tav. XVII [III], fig. 10. 1857. Graptolithus (Monograpsus) colonus? (non Barr.) MENEGHINI. Paléont. de Sardaigne. L.c., pag. 164 (icon. omn. excl.). 1923. Monograptus Meneghinii GortaNI. Graptol. di Goni. L. c., pag. 47, tav. VIII, fig. 3-8; tav. XIII, fig. 2C, 44. xv Gli esemplari di Armungia sono giovani (il maggiore supera di poco i 3 cm. di lunghezza); presen- tano distinta la curvatura ventrale nella regione prossimale, leggermente sinuata presso l'attacco della si- cula ; la larghezza è di circa 1 mm. in corrispondenza della 1% sporgenza tecale, e aumenta gradualmen- te fino a un massimo di 2 mm. ; quasi 44 della larghezza è occupato dalla dentatura, ossia dalle sporgenze tecali. La sicula arriva col suo apice fino al livello della 1° apertura tecale. Il numero delle teche decre- sce da 7 nella regione prossimale a 54% nella distale ; la loro inclinazione sulla virgula è di 25° a 30°; il tipo, largamente tubulare, con margine esterno diritto 0 un po’ concavo e raccordato ad arco col mar- gine aperturale della teca precedente, corrisponde anch’esso, come gli altri caratteri, a quello che abbiamo descritto negli esemplari di Goni. Anche il confronto minuto fra gli originali delle due località assicura la loro appartenenza alla medesima forma. 2. Monograptus sardous GORTANI. — Tav. XVII [III], fig. 9. 1857. Graptolithus (Monograpsus) colonus (non BARR.) MENEGHINI p. p. Paléont. de Sardaigne. L. c., pag. 164, tav. B, fig. III 3b, cet. excl. 1923. Monograptus sardous GORTANI. Graptol. di Goni. L. c., pag. 47 [7], tav. VIII [I], fig. 9-12; tav. XII [V], fig. 1A, 3A; tav. XIII [VI], fig. 65. f Il miglior esemplare, che figuro, è lungo 42 mm., senza tener conto del prolungamento distale della virgula che continua il rabdosoma per altri 12 mm. Le parti distali sono diritte, le prossimali mostrano netta la curvatura ventrale sinuata, estesa fin oltre il livello della 8% teca, a 11 mm. dall’ estremità siculare. La larghezza è di 1,5 mm. in corrispondenza della 1* teca, di 2,6 mm. in corrispondenza della 92 teca ; poi il suo incremento si fa più lento, fino a raggiungere un massimo di 3 mm., che diminuisce al- quanto nelle teche più mature. La sicula, lunga 2,5 e larga 0,7 mm., si spinge fino al livello della 1 apertura tecale. Le teche hanno il margige esterno un po’ convesso, segnatamente dal lato prossimale, ciò che denota la notevole ampiezza. 1) TARICCO. Osserv. sui dintorni di Gadoni e nel Gerrci. L. c., pag. 124. 100 M. GORTANI [16] della Joro apertura; a forma di saccoccia ; tale carattere è meglio evidente nelle teche prossimali, ma nep- pur queste hanno l'apparenza di retroflessione che in molti esemplari di Goni (e in più larga scala nella va- rietà presente a Ballao) è dovuta a compressione dell’ampia parete esterna gozzuta. Le teche prossimali sono 8 0 9 per centimetro, le distali 6 nello stesso intervallo : l’addensamento è un po’? minore che negli e- semplari gonesi, ma non tanto da far pensare a una differenza diagnostica di qualche importanza. 3. Monograptus cfr. Gonii MENEGHINI em. — Tav. XVII [III], fig. 11. (Per la sinonimia vedi pag. 90 [6]). Il frammento di Armungia, che figuro, appartiene alla regione distale, ed ha 3 cm. di lunghezza ; la larghezza oscilla fra 2,2 e 2,5 mm. Le teche hanno il caratteristico tipo del M. vomerinus ; il loro numero è di 6 per centimetro ; l’escavazione s’interna fino a poco più di 4 della larghezza del rabdosoma. Le sole specie note a cui potrebbe esser riferito l'esemplare, sono il M. Gonîî ed il M. Linnarssoni var. Flumendosae ; le teche sono troppo rade per pensare al M. vomerinus, e troppo uniforme è la larghezza del frammento per pensare a parti prossimali del M. Remipristis. Credo di poter però escludere anche la va- rietà sarda del M. Linnarssoni (pur mancando la parte prossimale, che in tale forma è così caratteristica per la sua esilità), per essere le teche del frammento assai rade e disposte in modo uniforme, senza traccia di addensamento distale. Col M. Gonzi la corrispondenza è piena, anche istituendo il confronto diretto con gli esemplari originali. 4. Monograptus cfr. mutuliferus MENEGHINI em. — Tav. XVII [III], fig. 12. 1857. Graptolithus (Monograpsus) mutuliferus MENEGHINI p. p. Paléont. de Sardeigne. L. c., pag. 175, tav. B, fig. II 8d (cet. excl.). 1857. —. — Lamarmorae Meneghini p. p. Ibid., pag. 159, tav. B. fig. I 2a,b (cet. exel.). 1923. Monograptus mutuliferus GORTANI. Graptol. di Goni. L. c., pag. 52 [12], tav. IX [II], fig. 7-13; tav. XII [V], fig. 68, 8, 9,158; tav. XIII [VI], fig. 35. Gli esemplari a disposizione sono frammentari e in cattivo stato, e mal si prestano a uno studio accurato. Anche disegnarli riesce malagevole ; mi limito perciò a riprodurre la parte distale di uno di essi. Il rabdosoma, largo fino a 4,5 mm., ha le teche del tipo del M. Flemingi, ma senza spine e con rostro largo e tozzo, lungo 1 mm. circa, tronco all’estremità, arcuato 0 ginocchiato ad angolo un po’ maggiore del retto col corpo della teca ; il rostro (e quindi la parte frangiata del rabdosoma) occupa circa % della larghezza totale. Il numero delle teche è di 11 per centimetro. La larghezza del rabdosoma e la mancanza di spine terminali nel rostro esclude che si possa trattare del M. Flemingi; d’altra parte le teche, trattandosi di parti distali, sono notevolmente più appressate che nel tipico M. mutuliferus, dove le teche mature sono da 6 a 8 per centimetro. Non conosco alcun’ altra specie a cui sì possano avvicinare gli esemplari in parola ; nè, d’altra parte, su di essi è possibile isti- tuire una nuova denominazione, quale potrebbe essere una varietà del M. mutuliferus a teche addensate. Per quanto povera, questa faunula di Armungia permette di essere sincronizzata senza esitazione con quella di Goni, dove si ritrovano tutte le forme in essa presenti: Monogr. Meneghini, M. sardous, M. x [17] M. GORTANI 101 Gonîi, M. mutuliferus. E fisionomia analoga hanno anche le altre Graptoliti mal conservate, che ho veduto qua e là nella zona scistosa a nord e nord-est della borgata e lungo il rio Spigulu. GRAPTOLITI DI GADONI. Nei dintorni di Gadoni, il TARICco 1) rinvenne due località graptolitifere. La prima, più vicina a Ga- doni, è sull’altura del Nuraghe di q. 882 (vedi la Tav. «Laconi» dell’I. G. M., al 50.000), in regione Pi- scia Quaddu, a circa 700 m., in un complesso di scisti sottostanti a calcari e inclinati di 30° o 35° verso NE. La seconda località trovasi 5 km. più a sud della precedente, sulla sinistra del rio Brebegargius, a circa 4 metri dal letto di esso e a forse 50 m. dalla sua confluenza col rio Saraxinus. To non ho avuto la possibilità di visitare questa zona, e neppure di esaminare tutto il materiale raccol- dal Taricco, materiale che in parte è andato disperso. Sono riuscito ad avere soltanto i campioni inviati dallo scopritore al prof. VINASSA, e da questi lasciati indeterminati. Si tratta di abbastanza numerose lastrine di scisto, un po’ decolorate dall’ossidazione delle particelle car- boniose, ma su cui spiccano ancora chiarissime le impronte delle Graptoliti. Queste però sono così defor- mate e frammentarie, da rendere assai ardua la determinazione. Non ostante tale insufficienza di materiale paleontologico, credo tuttavia opportuno di dirne qualche parola, perchè mi sembra che gli esemplari a disposizione permettano già di venire a una prima conclusione nei riguardi stratigrafici. 1. Monograptus cîr. sardous GORTANI. — Tav. XVII [III], fig. 13?, 14-16; Tav. XIX [V], fig. 17. (Per la sinonimia vedi pag. 99 [15]). Tra le forme più frequenti nel materiale di Gadoni si notano quelle con apici o appendici tecali volti in basso (reflessi), che a prima vista sembrano rientrare tutte nel ‘gruppo del Monogr. Flemingi. Ma talune porzioni prossimali, in cui è evidente una curvatura ventrale e nettamente sinuata del rabdosoma, mi fanno ritenere che oltre a rappresentanti di quel gruppo, siano qui presenti anche forme simulanti le prime ma pertinenti invece al ciclo del M. sardous. A tale riguardo è particolarmente istruttivo l'esemplare ripro- dotto nella Tav. XVII [III], fig. 14, col quale è utile confrontare l’altro della fig. 15, visibilmente prossi- mo all’inizio. Quest'ultimo, insieme col frammento disegnato nella fig. 16 della stessa tavola (e vedi anche la fotografia riprodotta nella Tav. XIX [V[, fig.17), dà un’idea esatta dell’intensità della deformazione su- bìta dai fossili in questione : allo stiramento, qui, in direzione prevalentemente trasversale, è-da imputarsi l'enorme larghezza degli esemplari, che arriva a superare gli 8 mm. Tracce evidenti di deformazione pre- senta anche l'esemplare parzialmente disegnato nella fig. 13 della Tav. XVII [111], che pare spettante esso pure alla specie in discorso. Le teche sono in tutti questi campioni molto appressate (10 o 11 per centimetro), e con retroflessione molto spiccata. Dove uno stiramento è meno evidente, la larghezza normale del rabdo- soma sì aggira sul 4 mm. Altura del Nuraghe 882 presso Gadoni, e rio Brebegargius presso la confluenza col rio Saraxinis. 2. Monograptus Linnarssoni TuLLBERG var. Flumendosae GorTANI. — Tav. XVII [III], fig. 17-19. (Per la sinonimia vedi pag. 91 |T]. 1) Op. cit., l. c., pag. 120-24. 102 M. GORTANI [18] È probabile che fra i numerosi esemplari del gruppo del M. vomerinus, che gremiscono parecchi campioni degli scisti di Gadoni, sia rappresentato anche il M. Gonù. Ma i pochi frammenti prossimali atti a consen- tire un giudizio, mi hanno tutti mostrato la grande esilità propria del M. Linnarssoni. Così, nell’esemplare rappresentato dalla fig. 17, la larghezza aumenta appena da 0,5 a 1 mm. in 3 cm. di intervallo. Il numero delle teche decresce da 6 a 5 per centimetro. Le deformazioni non mancano, ma sono meno sentite in questi campioni che negli altri. Altura del Nuraghe 882 presso Gadoni. 3. Monograptus mutuliferus MENEGHINI em. GORTANI. (Per la sinonimia vedi pag. 100 [16]). Frammenti di rabdosoma diritto, larghi fino a 4 mm. e più, con teche a rostro largo, tozzo, tronco, ginocchiato ad angolo retto, mi sembrano riferibili senz'altro alla specie del MENEGHINI, quale è stata da me iritesa. La presenza della varietà strigosus, che anche a Goni accompagna il tipo, conferma la deter- minazione. Altura del Nuraghe 882 presso Gadoni. L) 4. Monograptus mutuliferus MENEGHINI em. var. strigosus GORTANI. — Tav. XVII [III], fig. 20. 1923. Monograptus mutuliferus var. strigosus GORTANI. Graptol. di Goni, L.c., pag. 53 [13], tav. IX [II], fig. 17,18. e tav. XII [V], fig. 150. Frammento di rabdosoma lungo pochi centimetri, con larghezza uniforme di 2,7 mm. ; teche in nu- mero di 7 per centimetro, con rostro grosso, troncato all'apice, ginocchiato-reflesso ad angolo retto col cor- po della teca ed occupante oltre % della larghezza totale. L’esemplare non apparisce deformato, e mostra piena rispondenza con i tipi di Goni. I caratteri delle teche non lasciano dubbio sulla pertinenza al M. mutuliferus; la varietà è distinta per la relativa sotti- gliezza del rabdosoma e lo sviluppo relativamente maggiore delle appendici tecali, che frangiano il rab- dosoma occupando un buon terzo, invece di un quarto, della larghezza complessiva. Alture del Nuraghe 882 presso Gadoni. 5. Monograptus cfr. proboscidatus GORTANI. — Tav. XVII [III], fig. 21, 22. 1923. Monograptus proboscidatus GORTANI. Graptol. di Goni. L. c., pag. 54 [14], tav. IX [II], fig. 20-22, e é tav. XII [V], fig. 12,13. Tra i meno deformati frammenti di rabdosomi che spettano, nei campioni di Gadoni, al gruppo del M. Flemingi, si notano parecchi esemplari con le appendici (rostri) tecali immediatamente reflesse 0 ar- cuato-reflesse verso il basso (ossia verso la sicula), e simili per gli altri caratteri al M. mutuliferus: così da assumere l’aspetto e i particolari di quella specie gonese cui ho dato il nome di M. proboscidatus. Il riferimento però non può esser ancora dato con certezza, sia per lo stato di conservazione degli esemplari (pur limitandoci a quelli meno deformati), sia per il loro stato frammentario, sia per una sorta di mag- giore rigidità che si nota nei rostri, in confronto con gli originali di Goni. [19] M. GORTANI 103 Altura del Nuraghe 882 presso Gadoni (fig. 21), e rio Brebegargius presso la confluenza col rio Saraxi- nus (fig. 22). Abbiamo dunque, sotto il Nuraghe di q. 882, una piccola faunula di 5 forme: Monogr. cfr. sardous, M. Linnarssoni var. Flumendosae, M. mutuliferus, M. mutuliferus var. strigosus, M. cfr. proboscidatus. tutte comuni col giacimento di Goni. Si deve logicamente concludere per la corrispondenza stratigrafica dei due giacimenti e quindi per la presenza del Wenlock anche nei dintorni di Gadoni. Analogo sembra anche l’orizzonte graptolitico che affiora presso la confluenza del rio Brebegargius col Saraxinus; quivi però ci siam dovuti limitare a constatare la presenza di forme prossime al M. sardous e al M. proboscidatus, senza poter dare alcun riferimento sicuro. In ogni modo, è molto interessante il fatto che l'orizzonte graptolitifero del Wenlock, rilevato dapprima a Goni, si palesi ampiamente diffuso non soltanto nel Gerrei, ma anche nell’alto bacino del Flumendosa, e sempre conservando i peculiari caratteri sui quali sì è ripetutamente insistito. GRAPTOLITI DI SEDDA DE S’ ORTU FRA GONI E SIURGUS. Fra Goni e Siurgus, nella parte nord-orientale della Trexenta (vedi Fig. 1 a pag. 87 [3]), si approfondi- sce il complesso bacino del rio Uvini, ramo del rio Mulargia affluente di destra del Flumendosa. La mu- lattiera che mena da Siurgus a Goni tocca dopo circa 1 km. (q. 408) il limite della placca miocenica di Siurgus, e svolge in terreni siluriani gli altri 9 km. del suo percorso, abbassandosi due volte sotto quota 300 per valicare i due principali rami dell’Uvini. Fra questi due rami appunto (rio Su Murru Mannu e rio Uvini propriamente detto), è la regione Cort” e sa Marra, che particolarmente ci interessa. La mulattiera dopo aver attraversato e disceso il groppone di M. Nuxi (518 m.), tocca il rio Su Murru Mannu alla sua confluenza col rio de Is Colorus. La zona siluriana fin qui scistosa, uniforme, priva di fossili, sì rivela a questo punto variata da strati calcarei e da scisti nerissimi, identici a quelli graptoliti- feri di Goni. Lericerche fatte in tale affioramento di scisti neri, che con lievissima pendenza a SSO., formano la sponda destra del torrente, e che sono pure tagliati dalla mulattiera, non mi hanno dato i risultati sperati, ma sol- tanto tracce di Graptoliti che ritengo del Wenlock. Poco più oltre, sempre nel medesimo complesso scisto- so, si apre una valletta che ne incide la parte profonda : e qui le mie ricerche furono più fortunate. Ri- salendo infatti la valletta, che scende in regione Cort’ e sa Marra dalla Sedda de s°Ortu (q. 408), in questi scisti più profondi, assai più teneri, meno grafitici e meno ardesiaci, ho rinvenuto un piccolo numero di forme rappresentanti il Gotlandiano inferiore (Llandovery), come mi propongo di dimostrare. Il comples- so scistoso gotlandiano, con annessi calcari che ne accompagnano la parte superiore, si appoggia a sua volta all’Ordoviciano, che nella parte mediana e più elevata della regione Cort’ e sa Marra (da 350 a 420 m.) presenta la tipica fauna del Caradoc con Treptostomi, Orthis Actoniae Sow., O. patera SALT. ecc., Dal- manttes sp. : fauna di cui ho affidato al Vinassa lo studio. 104 M. GORTANI [20] > Descrizione delle specie Gen. Climacograptus Han È 1. Climacograptus sealaris HIsiNGER sp. var. normalis LAPWORTH Tav. XVII [III], fig. 23. »v 1877. Climacograptus scalaris var. normalis LAPwORTH. On the Graptolites of County Down. Proc. Belfast Nat. Field Club, pag. 138, tav. VI, fig. 31. 1906. = nea: — ELLES et Woo. British Graptolites, pt. V. Paleont. Soe., LX, pag. 186, tav. XXVI, fig. 2 a-g, e fig. 119 a-d nel testo. L’esemplare più completo misura 53 mm. di lunghezza. Ha margini paralleli ; la larghezza a meno di 1 cm. dall’origine ha già raggiunto il valore normale di 1,5 mm., che poi conserva, dilatandosi lievemente nella parte mediana fino a 1,7 mm. Le teche hanno il tipo del CI. scalaris e sono in numero di 9 per centi- metro. Il setto è poco distinto. Non si vede virgella. Data la lunghezza, che è fra le maggiori osservate nei Climacograpti di questo gruppo, si deve esclu- dere il riferimento al CI. scalaris tipico ; e data la limitata larghezza, mi pare che si debba pure esclu- dere il CI. rectangularis M° Cov sp.), in cui l’allargamento è progressivo fino a 2,5 mm., ed in cui è inoltre visibile la breve ma robusta virgella. Altrettanto dicasi per il Cl. medius T6RNO. 2) e il 0. Torn- quisti E. et W. 3). Il CI. scalaris var. normalis è proprio del Llandovery inferiore e medio britannico. Sedda de s’Ortu fra Goni e Siurgus. Gen Diplograptus M'Coy em. 2. Diplograptus tamariscus NIicHoLson. — Tav. XVII [III], fig.25; Tav. XIX [V], fig. 13. 1868. Diplograptus tamariscus NicHoLson. On the Graptoltes of the Coniston Flags. Quart. Journ. Geol. Soc., XXIV, pag. 526, tav. XIX, fig. 10-13. 1920. _ — GORTANI. Graptol. carniche. L. c., pag. 17, tav. I, fig. 22, 23, cum sym. Un esemplare, che figuro, ha i seguenti caratteri : Rabdosoma lineare, lungo 33 mm., assai attenuato nella parte prossimale. Progressivamente la larghezza aumenta fino a raggiungere a circa 11 mm. dall'inizio, il valore normale di 1,7 mm. Le teche si alternano abbastanza regolarmente ; la sovrapposizione è visibile, per breve tratto; hanno parete esterna poco ri- gonfia, con profilo sinuato, e l’incisura ampia e profonda. Il numero delle teche è di 10 o 11 per centimetro nella regione prossimale, di 9 per centimetro nella parte distale. 1) Cîr. GORTANI. Graptoliti carniche. Palaeont. Ital., XXVI, 1920, pag. 13, e relativa discussione. 2) TorNnquIST. On the Diplograptidae and Heteroprionidae of the Scanian Rastrites beds. Acta Univ. Lund., XXXIII, 2, 1897, n. 5, pag. 7, tav. I, fig. 9-15. 3) ELLES et Woop. British Graptolites. V. Pal. Soc., LX, 1906, pag. 190, tav. XXVI, fig. 6 a-f, e fig. 123 a, b nel testo; — GORTANI. Graptol. carniche. L. c., 1920, pag. 15, tav. I, fig. 16-19. [21] M. GORTANI 105 L’esemplare, che appartiene certamente al D. tamariscus sensu lato, ha caratteri intermedi (come ri- sulta dalla nostra descrizione) tra la forma tipica, quale è considerata e precisata da ELLes e Woop1), e la var. incertus da esse istituita. In particolare, la larghezza supera di rado 1mm. nel tipo, secondo la descrizione delle autrici britanniche, mentre si spinge sino a 2,5 mm. nella varietà. Più che la descrizione, mi persuadono però le figure delle autrici medesime a riferire il nostro esemplare alla forma tipica; esso infatti corrisponde bene all'individuo da esse riprodotto nella fig. 8b della tav. XXX, designandolo come forma larga del tipo. Il D. tamariscus tipico è frequente nel Llandovery medio e superiore. Sedda de s'Ortu fra Goni e Siurgus. 3. Diplograptus tamariscus var. incertus ELLES et WooD. — Tav. XVII [III], fig. 24; Tav. XIX [V], fig. 13. 1907. Diplograptus tamariscus var. incertus ELLES et Woop. British Graptol. VI. Pal. Soc., LVI, pag. 249, tav. XXX, fig. 9. 1920. = — — GORTANI. Graptol. carniche. L. c., pag. 18, tav. I, fig. 24-27, cum. sYyn. } L’esemplare più completo, di cui dò disegno e fotografia, è lungo 43 mm., e la sua larghezza arriva a 2,6 mm.; la sovrapposizione delle teche, ner pochi casi dove è visibile, è alquanto maggiore che nell’e- semplare precedentemente illustrato e riferito alla forma tipica. Negli altri caratteri vi è corrispondenza col detto esemplare ; solo il numero delle teche per centimetro è leggermente inferiore, scendendo a 10 nella regione prossimale e 8 nella distale. X Come nelle Alpi Carniche, così anche in Sardegna gli esemplari di D. tamariscus più allargati sono anche quelli che raggiungono lunghezza maggiore, all’inverso di quanto più frequentemente si osserva in Inghil- terra. Non credo che ciò possa infirmare la determinazione: la corrispondenza mi sembra piena, così fra i campioni alpini e sardi, come fra essi e quelli figurati e descritti per la regione britannica. 4. Diplograptus serratus ELLESs et WooD. — Tav. XVII [III], fig.26; Tav. XIX [V], fig. 15. (1906)-07. Diplograptus cfr. vesiculosus (non NicHoLson) Vinassa. Graptoliti carniche. Estr. d. Atti Congr. Natur. ital. in Milano, pag. 15, tav. I, fig. 10. 1907. —_ serratus ELLES et Woo. British Graptol. VI. L. c., pag. 249, tav. XXX, fig. 10 a-c, e fig. 169 nel testo. i 1920. — —_ GORTANI. Graptol. carniche. L. c., pag. 19, tav. I, fig. 29-31. L'esemplare meglio conservato è limitato ad un frammento prossimale lungo 14 mm. e un po” distor- to all’inizio. La sua larghezza aumenta in mezzo centimetro da 1 a 2,9 mm., e in seguito si mantiene sui 3 mm. Le teche hanno il margine esterno più o meno sigmoidale e inclinato circa 30° sull’asse comune; il margine aperturale è pressochè normale alla virgula. Le incisure seno molto profonde : il margine ventra- le è, al massimo, di metà più lungo del margine aperturale. Il numero delle teche è di 12 per centimetro. . 1) ELLES et Woop. British Graptol. VI, Pal. Soc., LXI, pag. 247, tav. XXX, fig. 8a-d, e fig. 167 a-d nel te- sto. Noi abbiamo seguito tale modo di vedere ; vedasi, per la relativa discussione, il lavoro sopra citato. Palaeontographia italica, vol. XXVIII 1922. 14 106 M. GORTANI [22] Benchè della porzione distale vi sia soltanto il principio, la determinazione mi pare giustificata dai ca- ratteri essenziali. La fisionomia è prossima a quella del D. tamariseus, ma la larghezza è assai maggiore, le incisure sono più profonde e non arrotondate, e le teche hanno il profilo in forma di denti triangolari assai più sporgenti ed a lati meno inuguali. Il D. serratus è forma del Llandovery medio e superiore. Sedda de s°Ortu fra Goni e Siurgus. Gen Monosgraptus GrInNITz em. Gruppo del Monograptus Sandersoni 5. Monograptus tenuis PoRTLOCK sp. — Tav. XVII [III], fig. 27. 1843. Graptolithus tenuis PoRTLOCK. Report on the Geology of the County of Londonderry, pag. 319, tav. XIX, fig. 7. LaPwortTH. On Scottish Monograptidae. Geol. Mag., (2) III, pag. 319, tav. XI, fig. 3 a-n. GORTANI. Graptol. carniche. L. c., pag. 34. tav. II, fig. 33-36, cum. syn. 1876. Monograptus — 1920. — - Frammenti di rabdosoma a curvatura leggerissima e dorsale, con larghezza oscillante fra 0,8 e 1,1 mm. Teche in numero di 5 a 6 per centimetro, uniformi, con margine esterno leggermente sigmoidale e forman- te con la virgula un angolo molto acuto ; il margine aperturale è inclinato verso l'interno e forma col mar- gine ventrale un dente acuminato. La parte dentellata occupa da '/, a 2/ della larghezza totale. Vi è perfetta corrispondenza con gli esemplari alpini e con quelli svedesi e britannici. Caratteristica è la forma della regione aperturale delle teche, col profilo del labbro a mo?’ di dente sottile ed aguzzo. Il M. tenuis è specie del Llandovery superiore e medio. i Sedda de s’Ortu fra Goni e Siurgus. Gruppo del Monograptus Sedgwicki 6. Monograptus distans (PORTLOCK). — Tav. XVII [III], fig.28, 29 ; Tav. XIX [V], fig. 16. 1843. Graptolithus (Prionotus) Sedgwickii var. distans XIX, fig. 4a, db. 1912. Monograptus distans ELLES et Woop. British Graptol. IX. Pal. Soc., LXVI, pag. 433, tav. XLIII, fig. 6 a-d e fig. 296 nel testo. (Non Monogr. distans PERNBR, 1897). PortLOcK. Geology of Londonderry, pag. 319, tav. Rabdosoma lungo oltre 1 dm. (il frammento più lungo misura 13 cm.), sottile e slanciato, irregolarmente flessuoso nel complesso, ma diritto nella maggior parte dei singoli tratti, largo uniformemente 1,5 mm. (mancando la regione prossimale). Teche di un solo tipo, assai brevemente ricoprentisi, in numero di 8 o 9 per centimetro, con regione aperturale distintamente arcuato-reflessa e falciforme, occupante circa me- tà della lunghezza visibile della teca: in sostanza, è del tipo delle teche prossimali del M. Sedgwicki, ma con margine aperturale acuto anzichè spinoso. La dentellatura occupa circa ?/; della larghezza totale. [23] M. GORTANI 107 La sottigliezza del rabdosoma, i caratteri della regione aperturale delle teche, l’ampiezza della zona occupata dalla dentellatura, distinguono nettamente il M. distans dal M. Sedgwicki. I nostri esemplari corrispondono in tutto ai britannici ; sarebbero solo un pochino più larghi, stando alle descrizioni ; ma la fig. 6 c di ELLES e Woop rappresenta un esemplare che anche per tale carattere è iden- tico ai nostri. Il M. distans compare nel Llandovery superiore d'Inghilterra, Scozia e Irlanda. Sedda de s’Ortu fra Goni e Siurgus. 7. Monograptus Sedgwicki PoRTLOCK sp. — Tav. XVII [III], fig. 30. 1843. Graptolithus (Prionotus) Sedgwickii PortLOCK. Geology of Londonderry, pag. 318, tav. XIX, fig. 1. 1851. Graptolites Sedgwickii HARKNESS. Description of the Graptolites found in the Black Shales of Dumfries- shire. Quart. Journ. Geol. Soc., VII, pag. 60, tav. I, fig. 4. et var. spinigerus Nicnorson. On the Graptolites of the Coniston Flags. Ibid. XXIV, pag. 533, tav. XIX, fig. 31, 32. LapwortH. Scottish Monograptidae. L. e., pag. 357, tav. XIII, fig. 3 a-d. \ Tornquist. Undersòrkningar vfver Siljansomradets Graptoliter. TI. Acta Univ. 1868. — — 1876. Monograptus — 1892. — — Lundensis, XXVIII, 2, n. 10, pag. 28, tav. II, fig. 31-34, e tav. III, fig. 1-4. 1912. cs — ELLes et Woop. British Graptol. IX. L. c., pag. 440, tav. XLIV, fig. 10 a-f, e fig. 304 a-e nel testo. Rabdosoma diritto, assai lungo (pur mancando la parte prossimale, nell’esemplare meglio conservato la lunghezza è di 8,5 em.), con larghezza pressochè uniforme di 2,8 mm. Teche in numero di 5 o 6 per centimetro, assai brevemente ricoprentisi, con margine aperturale convesso e margine ventrale sigmoide ; la regione aperturale è libera e più o meno arcuato-reflessa, e termina con una spina. La parte dentata occupa circa 14 della larghezza del rabdosoma. Il disegno riprodotto nella fig. 30 rappresenta parte del frammento più lungo, e corrisponde a un trat- to medio del rabdosoma. In esso le spine sono ancora brevi, poco più che mucroni ; assai più lunghe. ap- pariscono in un frammento distale, che mal si prestava ad essere disegnato : quest’ultimo contribuisce però a escludere che possa trattarsi dell’affine M. Halli BARR. sp. 1), che è molto prossimo al M. Sedgwicki, ma in cui, a parte la maggiore larghezza e rigidità, le spine sono brevissime e le teche più ravvicinate e so- vrapponentisi per almeno 14 della loro lunghezza. i Il M. Sedgwicki è caratteristico del Llandovery superiore. - i Sedda de s’Ortu fra Goni e Siurgus. Gruppo del Monograptus lobiferus 8. Monograptus lobiferus M° Coy sp. — Tav. XVII [III], fig. 31. 1850. Graptolites lobiferus M° Cor. On some New Genera and Species of Silurian Radiata in the Geological Mu- seum of Cambridge. Ann. Mag. Nat. Hist. (2) VI, pag. 270 e fig. nel testo. 1) BARRANDE. Graptolites de Bohéme, 1850, pag. 48, tav. II, fig. 12,13; — GORTANI. Graptol. carniche. L. c., pag. 40, tav. III, fig. 14, cum syn. 108 1851. 1851. 1854. 1868. 1876. 1877. 1892. 1897. 1899. 1905. 1912. M. GORTANI [24] Graptolites Becki (non BARRANDE) HARKNESS. Graptol. of Dumfriesshire. L. c., pag. 60, tav. I, fig. 6 a, db. — Nicoli HARKNESS. Ibid., pag. 61, tav. I, fig. 5 a, db. —_ lobiferus M°Cor. Description of the British Palaeozoie Fossils in the Geolog. Museum of Cam- bridge, pag. 4, tav. I B, fig. 3 —_ —. NicHorson. Graptol. of Coniston Flags. L. c., pag. 532, tav. XXX, fig. 30. Monograptus lobiferus LaPrwoRrTH. Scottish Monograptidae. L. c., pag. 26, tav. XX, fig. 1a, b,d (fig. le excl.) — — LaPworrH. On the Graptolites of County Down. Proc. Belfast Nat. Field Club, pag. 129, tav. V, fig. 6. = — TòrNQuIST. Siljansomradets Graptol. II. L. c., pag. 18, tav. I, fig. 37, e tav. II, fig. 1-3 (Tab. I, fig. 37 et Tab. II, fig. 4 excl.) cs harpago et var. Lapworthi et undulatus PeRNER. Etudes sur les Graptolites de Bohème. III. Monographie des Graptolites de V Etage E, sect. a, pag. 18, tav. X, fig. 18-22, tav. XI, fig. 1-3, e fig. 16-18 nel testo. —_ — TòoRNQUIST. Researches into the Monograptidae of the Scanian Rastrites beds. Ann. Univ. Lundensis, XXXV, 2, n. 1, pag. 16, tav. III, fig. 3-11. — lobiferus NogL. Note sur la faune des galets du grès vosgien. Bull. Soc. Sc. Naney, (3) VI, n. 3, pag. 17, tav. I, fig. 12. = — ELLeset Woop. Britisth Graptol. IX. L. c., pag. 448, tav. XLV, fig. la-f, e fig. 308 a-e nel testo. (Non Monogr. lobifer Linnarsson, 1881, nec Vinassa, 1907). Un solo frammento distale, assai breve (13 mm.), diritto, con larghezza lentamente crescente da 1,5 al, mm. Teche conformi, del tipo distale del I. lobiferus così accuratamente descritto da ELLes e WooD; - per 3/, della sua lunghezza la teca protunde in um lobo che si stacca pressochè ad angolo retto con la vir- gula e si torce facendosi arcuato-reflesso in corrispondenza della regione aperturale, così da apparire co- me un lobo ad apice largamente arrotondato ed arcuato verso il basso. Il lobo (e quindi la frangiatura) oc- cupa oltre 2/3 della larghezza totale nelle teche più mature e un po° meno nelle teche meno mature presenti nel nostro frammento, che risentono ancora del tipo prossimale con lobo meno sviluppato. Le teche sono 11 o 12 per centimetro, quindi leggermente più ravvicinate che negli esemplari inglesi, dove normalmente non sì addensano a più di 10 per centimetro. Per quanto breve sia il frammento, la determinazione non lascia dubbio, dati ì caratteri tipici delle te- che. La specie, del resto, è diffusissima nel Llandovery medio. Sedda de s’Ortu fra Goni e Siurgus. 1850. 1854. 1876. 1892. 1912. 1921. 9. Monograptus millepeda M'Cov sp. — Tav. XVII [III], fig. 32. SI millepeda M°Coy. New Silurian Radiata. L. c., pag. 270 e fig. nel testo. —_ M’°Coy. British Paleozoic Fossils, pag. 5, tav. 1 B, fig. 6. POTA lobiferus (non M°Cor) LAPwORTH p. p. Scottish Monograptidae. L. c., pag. 499, tav. XX fig. le (cet. excl.) = — (non M°Cor) TòRNQUIST p. p. Siljansomradets Graptol. TI. L. c., pag. 18, tav.I, fig. 36, e tav. II, fig. 4 (cet. excl.) = millepeda ELLES et Woop. British Graptol. IX. L. c., pag. 465, tav. XLVI, fig. 10 a-d. e fig. 523a-c nel testo. = millipeda HunDT. Beitrig. cur Kenntniss der Graptolithenfauna Deutschlands. Jb. Preuss. geol. L. Anst., XLI, tav. I, fig. 15,16. [25] M. GORTANI 109 Dal M. lobiferus si staccano nettamente alcuni esemplari non bene conservati, ma che permettono di ri- conoscere un tipo di teche analogo al precedente, però con lobo in proporzione assai meno sviluppato, e una forma generale del rabdosoma leggermente arcuata (a curvatura dorsale) nella parte distale, ricurva ad uncino nella regione prossimale. Riproduco il disegno della porzione più fortemente arcuata di uno de- gli esemplari. Gli esposti caratteri sono già sufficienti a individuare il M. millepeda, quale è nettamente inteso da ELLES e Woop. Ad avvalorare la determinazione, giova inoltre rilevare come le teche prossimali mantengano il tipo generale delle teche distali, pur essendo più appressate e falcate : in nessun caso mostrandosi con lo- bo bruscamente assottigliato e uncinato come nell’affine M. Olingani CARR. sp. *). Le teche sono in numero di 13 per centimetro nella regione prossimale ; poi si diradano fino a 8 per centimetro nella parte mediana, rinfittendosi da ultimo a 9 o 10 per centimetro nella parte distale. La larghezza normale è di 1,9 mm. Il M. millipeda è forma del Llandovery medio. Sedda de s'Ortu fra Goni e Siurgus. Età e caratteri della fauna La faunula che abbiamo ora descritto annovera adunque le forme seguenti : Llandovery infer. | medio | super. 1. Climacograptas scalaris His. sp. var. normalis LAPW. + + 2. Diplograptus tamariscus NICcH. n + 3. » » var. incertus E. et W. + 4. » serratus E. et W. sE + 5. Monograptus tenuis PORTL. Sp. È + 6. » distans (PORTL.) 2 To » Sedgwicki PoORTL. Sp. + i 8. » lobiferus M° Cov sp. SL 9) » millepeda M’ Coy sp. ce Sono tutte forme proprie del Gotlandiano inferiore (Llandovery). Nella regione britannica il Clmacogr. scalaris var. normalis compare nel Llandovery inferiore e medio; Diplogr. tamariscus, D. serratus e Monogr. 1)Vedi CARRUTHERS. Revision of the British Graptolites, Geol. Mag., V. 1868, pag. 127, tav. V, fig. 19 a,b (sub Graptolithus); — ELLES et Woop, British Graptol., IX. l. c., 1912, pag. 463, tav. XLVI, fig. 11 a-f, e fig. 322 a, b nel testo. 110 M. GORTANI [26] fenuis compaiono nel Llandovery medio e superiore; Monogr. lobiferus e M. millepeda nel solo Llandovery medio ; Diplogr. tamariscus var. incertus, Monogr. distans e M. Sedgwicki nel solo Llandovery superiore. Ma poichè tali Graptoliti giacciono, nel nostro caso; tutte in un medesimo tenuissimo straterello, e so- pra una medesima lastra di scisti si vedono associate, ad es., tutte le 4 forme di Diprionidi, non vi è alcuna possibilità di suddividere in zone l'orizzonte in parola. La successione delle zone graptolitiche osservata in Inghilterra e confermata (almeno fino a un certo punto) nella Germania media, ha valore in Sardegna, — come nella Svezia e come nelle Alpi Orientali, — soltanto nelle grandi linee, e non già nelle minute sud- divisioni. Come nelle Alpi Carniche, così anche in Sardegna vediamo il Llandovery presentarsi paleon- tologicamente e stratigraficamente come un orizzonte unico, nel quale rientrano e le forme di Sedda de s’Ortu e quelle finora determinate nel Fluminese (Clmacogr. cfr. rectangularis, Diplogr. palmeus, D. ovatus, Ra- strites peregrinus) dal Taricco 1): del quale attendiamo la monografia sulle interessantissime faune ch’e- gli ha recentemente scoperte. Il fenomeno ora accennato ha, del resto, perfetto riscontro nella indivisibi- lità del Wenlock sardo, che già abbiamo avuto occasione di rilevare. Con la fauna sinerona delle Alpi Carniche, quella di Sedda de s’Ortu ha comuni soltanto metà delle sue specie. Pur prevalendo, in essa, forme del Llandovery medio, le manca il Monogr. gregarius, così abbon- dante anche in Carnia, e che del Llandovery medio è fossile guida. Le manca il genere Rastrites, che pur ricompare nel Fluminese, e il gruppo dei Monograpti rastritoidi; e le manca poi, come manca anche a Flu- mini (almeno allo stato attuale delle ricerche), qualsiasi traccia di forme dendroidi. Dal punto di vista paleontologico, la faunula di Sedda de s'Ortu non ha alcun interesse speciale. Non sì erano ancora prodotte, nel Gotlandiano inferiore, le particolari condizioni che più tardi permisero alle Graptoliti viventi in quest'area di acquistare il rigogliossimo sviluppo ed il gigantismo così caratteristici del Wenloek della Sardegna. CONCLUSIONI. Le faune a Graptoliti del bacino del Flumendosa (Sardegna orientale), che siamo venuti illustrando in questo e nel precedente lavoro, spettano in piccola parte al Gotlandiano inferiore (Llandovery), per la mag- gior parte al Gotlandiano medio, orizzonte superiore (Wenlock). Graptoliti del Llandovery. — È indubitato che diligenti ricerche presso al limite fra Ordoviciano e Go- tlandiano permetteranno di riconoscere su ampia estensione il Llandovery anche nella Sardegna orientale : lo dimostra la nostra fruttuosa esplorazione tra Goni e Siurgus, e ne dànno ulteriori affidamenti i risultati del TarIcco nella conca di Fluminimaggiore. Alla Sedda de s’Ortu, fra Goni e Siurgus, il Llandovery è rappresentato da una sottile zona di scisti teneri, nei quali abbiamo raccolto e determinato : Climacograptus scalaris var. normalis LAPWw. Diplograptus tamariscus Nicu. . D. tamariscus var. incertus E. et W. : D. serratus E. et W. Il; 2. 3 4. 1) TarICcco M. Sul Paleozoico del Fluminese. Boll. R. Com. geol., XLVIII, 1921, pag. 14. [27] i i M. GORTANI 111 Monograptus tenuis PORTL. Sp. M. distans (PORTL.) M. Sedgwicki PoRTL. sp. M. lobiferus M’ Cov sp. . M. mallepeda M° Cor sp. La piccola fauna documenta con precisione il Gotlandiano inferiore, con prevalenza di forme del Llan- dovery medio o medio-superiore; permette altresì di riconoscere che, come a Flumini e come nelle Alpi Orientali, non si può far luogo a una suddivisione stratigrafica corrispondente alle zone a Graptoliti della regione britannica. Le forme rinvenute sono tutte comuni alla Gran Bretagna, e non appaiono per nulla mo- dificate. po dog Graptoliti del Wenlock. — I giacimenti di Goni e di Ballao (Somm’e Gianas) ci hanno permesso di de- lineare con fisionomia abbastanza precisa la fauna graptolitica del Wenlock sardo ; l’ampiezza della sua a- rea di diffusione è testimoniata dalla presenza dei medesimi tipi ad Armungia e a Gadoni, dal Gerrei me- ridionale alla Barbagia Belvì. L'elenco complessivo delle forme e la distribuzione loro, sono riportati nella tabella a pag. 112 [28]. Abbiamo già rilevato a suo luogo la singolarità della sopravvivenza del genere Diplograptus, che nella nostra fauna è, peraltro, elemento rarissimo e sporadico. La fisionomia complessiva è quella generale delle faune graptolitiche del Wenlock, ma con forme a straordinario sviluppo (gigantismo), da cui deriva la proporzione notevolissima — e che sembra eccezionale nelle faune a Graptoliti — di forme peculiari e locali; la più singolare fra queste è il biforme Monogr. Stren. Non sono rappresentati, nè il genere Zetiolites, nè il gruppo del Monogr. priodon. L'assenza di quest’ul- tima specie, altrove tanto diffusa, può parere strana, massime quando si pensi alla strabocchevole abbon- danza con cul essa si presenta nei calcari con Orthoceras, presso a poco contemporanei, di Flumini e di Do- musnovas nell’ Iglesiente. Nell’apparente contraddizione è probabile che sia da cercarsi la ragione del fatto: il quale sembra indicare particolari esigenze d’ambiente perchè le colonie del M. priodon potessero prosperare nei mari mediterranei. i 112 M. GORTANI Graptoliti del Wenlock nella Sardegna orientale — 1. Diplograptus sardous Gort. 2. Monograptus Meneghinii Gort. 3 » » var. giganteus GORT. 4 » tyrrhenus GORT. . 5 » sardous GORT. 6. » » var. macilentus GORT. i » » var. eximius GoRT. 8 » vomerinus NICH. sp. 9 » hemipristis MGH. em. 10. ” Goniîi Man. em. 11. » Linnarssoni TuuLLB. var. Mlumendosae GoRT. 12: » mutuliferus MGH. em. 13. » » var. elegans GORT. 14. » » var. strigosus GORT. 15), » Lamarmorae MaH. em. 16. » proboscidatus GoRT. 17. » » ‘var. larus GORT. . 18. » Taricecoi GoRT. 19. » Lovisatoi GORT. 20. » falcatus MoA. 21 » Siren GORT. . 22. » belophorus Man. em. 23. » » var. laxus GoRT. 24, » ballatsus GORT. 20E » antennularius MGH. 26. > » var. floridus GoRT. 2/11 » subtilis GORT. 28. x » var. maior GORT. 29. Cyrtograptus rigidus TULLB. 30. » dispar GORT. 3I. » mediterraneus GORT. Goni + + + ++t+t++++++++#| + + +++ Ballao Armun- gia [28] (radoni cfr. Spiegazione della Tavola I [X]. Fig. 1,2. — Hydnophyliia Isseli n. f. Grandezza naturale. Museo di Genova, — pag. 1 [49]. 3. — Hydnophyllia hyerogliphica n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 2 [50]. 4. — Hydnophyliia crispata Da AnG. sp. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 4 [52]. » 5. — Hydnophyllia pulchra MicHt. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 2 [50]. 6. Hydnophyllia meandrinoides MicHN. sp. Gr: nat. Museo di Genova, — pag. 4 [52]. Palaeontographia italica, vol, XXVIII, 1922. © PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. I. P. L. PREVER, / Coralli olsgocensci di Sassello. Spiegazione della Tavola II [XI]. 1. — Hydnophyilia meandrinoides Micun. Sp. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 4 [52]. 2. — MHydnophyilia fongicollis REUSS sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 5 [93]. 3. — Hydnophyllia cerebriformis ReUSS sp. Gr. nat. Museo di Cona — pag. 6 [54] 4. — Hydnopnyllia multisepta Osasco Sp. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 7 [55]. 6. — Hydnophyilia valleculosa Gin. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 8 [56]. 7. — Hydnophyllia dimoroha Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 9) [5%] Palaeontosraphia italica, vol XXVITI, 1922, . PREVER, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. I Coralli oligocenici di Sassello, XXVIII, Tav. II. f pas [ Tav. XI}. FONTI NI Ue? A ; EEE di \Ng È: TREE NC x FRATE: do NO 1, Pesi Pel AED N yet Spiegazione della Tavola III [XII]. 1. — Hydnophyllia dimorpha Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 9 [57]. ,3. — Hydnophyllia intermedia MicHT. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 13 [61]. 5. — Hydnophyllia Dalpiazi n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 12 [60]. 6,8. — Hydnophyllia Bellardii M. Epw. et H. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 10 [58]. 9. — Hydnophyllia connectens Reis. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 22 [70]. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. gocenici di Sassello. I Coralli oli P. L. PREVER Spiegazione della. Tavola IV [XIII]. Fia, 1,2. — Hydnophyllia interrupta Rnuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 15 [61]. » 3. — Hydnophyllia italica n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 14 [62]. 4. — Hydnophyllia cfr. grandis Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 15 |63]. » 5. — MHydnophyllia stellifera Micrn. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 17 [65). Palacontographìa italica, vol. XXVIII, 1922. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. IV. P. L. PREVER, / Coralli oligocenici di Sassello. : [ Tav. XIII ]. FL arie dd TTLO NOLI le Spiegazione della Tavola V [XIV]. 1. — Hydnophyllia profunda Micnn. sp. Gr. pat. Museo di Genova, — pag. 18 [66]. 9. — Hydnophyllia serpentinoides Car. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 19 [67]. 4. — Hydnophyllia limitata Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag, 21 [69]. D HydnophyIlia dubia Car. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 21 [69]. T Hydnophyllia tenera Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 24 [72]. Palaeontographia italica. vol. XXVIII, 1922. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. V. [ Tav. XIV ] P. L. PREVER, / Coralli oligocenici di Sassello, Spiegazione della Tavola VI [XV]. Fic. 1. — Hydnophyitia plana n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 23 [71]., » 2. — Hydnophyllia formosissima CAT. sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 24 [72]. » 3. — Monticulastraea minima n. f. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 25 [73]. » 4. — Favia daedalaeca Reuss sp. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 25 [73]. 5. — Favia daedalaea Reuss sp. var. haemisphaerica n.f. Gr.nat. Museo di Genova, — pag. 26 [74]. » 6. — Favia minima Osasco. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 27 [75]. » 7-9. — Favia cylindracea MicH. sp. Gr. nat. Fig. 7,8, Museo di Torino; fig. 9, Museo di Genova, — pag. 28 [76]. » 10. — Favia Perrandii n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 29 [77]. Palaeontographia italics, vol. XXVIII, 1922. PREVER, PALAEONTOGRAPHIA I Coralli olisocenici di Sassello. ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. VI. [ Tav. XV }. Spiegazione della Tavola VII [XVI]. . 1. — Favia ponderosa Micur. sp. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 29 [77]. 2. — Favia Zuffardii n.f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 30 [78]. 3. — Favia apennina n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 31 [19]. 4. — Favia pulcherrima MicHt. sp. Gr. nat. Museo di Torino, — pag. 32 [80]. 5. — Favia profunda Reuss. Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 33 [$1]. 6. — Favia irregularis n. f. Gr. nat. Museo di Genova, — pag, 34 [82]. 7. — Plocophyllia oligocenica n.f, Gr. nat. Museo di Genova, — pag. 84 [36]. Palaeontographia italica, vol. XXVIII 1922 PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. VII. P. L. PREVER, Coralli olisocenici di Sassello. [ Tav. XVI 2A DR sÈ |) Au e & MULIA LITRO ca A TO viabinte piatta Tati RR EI te. : d ni; 4 Mad int È Ù A a sip VIA pia #0 UNEENUIA paci METTO. Lod co eu fora Ve MO. une # para [ad x Palgttm ta: dt sr Pay ww Sat Etee i À da a N ZULIO #; Spiegazione della Tavola VIII [I Fig. 1. — Diplograptus sardous Gorr. Lato obverso (siculare); manca l’estremità prossimale, — pag. 46 [6]. t) 2. — D. sardous Gorr. Lato reverso (antisiculare); c.s., — pag. 46 [6]. 3. — Monograptus Meneghinii Gorr. (cfr. fotografia a tav. XIII [VI], fig. 44), — pag. 47 [7]. 4 » . — M. Meneghinii Gorr., — pag. 47 [1]. » 5. — M. Meneghinii Gorm., — pag. 47 [ff]. » 6. — M. Meneghinii Gorr., — pag. 47 [7]. » T.,— M. Meneghini Gorr., — pag. 47 [7]. » 8. — M. Meneghinii Gorr., — pag. 47 [MT]. 9. — M. sardous Gorm. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 14, — pag. 4° [N]. >» 10. — M, sardous Gormr., — pag. 47 [7]. » 1. — M. sardous Gort, (porzione dell’es. cià dis da MENEGHINI nella fig. III 36), — pag. 47 [1]. >» 12. — M. sardous Gort. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 34), — pas. 47 [TU]. » 13. — M. sardous var. macilentus Gorr. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 2), — pag. 48 [S]. » 14. — M. sardous var. macilentus Gort., — pag. 48 [8]. >. 15. — M. Gonii MGH. em., — pag. 50 [10], * » 16. — M. Gonii M6xH. em., (es. già disegnato da MeNEGHINI nella fig. 16), — pag. 50 [10]. » 17. — M. Gonii Mer. em., — pag. 50-[10]. | 3 18. — M. Gonii M6H. em., — pag. 50 [10]. » 19. — M. Gonii Mez. em., — pag. 50 [10]. >» 20. — M. Gonii MGrG. em. (esemplare giovanissimo), — pag. 50 [10]. >». 21. — M. Gonii McH. em., — pag. 50 [10]. 3 22. — M. Gonii M&H. em. (parte dell’es. già dis. da MenEGHINI nella fig. I 6a, — pag. 50 [10]. » 23. — M. hemipristis McH, em. (parte dell’es. già dis. da MENEGHINI nella fig. IT:5c), — pag. 50 [10]. » 24. — M. hemipristis MGH. em. (parte dell’es. già dis. da MeNpGHINI nella fig. I 50), — pag. 50 [10]. » 25. — M. hemipristis Mex. em., — pag. 50 [10]. ; » 26. — M. hemipristis MGH. em., — pag. 50 [10]. » 27. — M. hemipristis Mer. em. (impronta scalariforme), — pag. 50 [10]. » 28. — M. vomerinus NicH. sp., — pag. 49 [9]. » 29. — M. vomerinus Nicx. sp. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fis. 5), — pag. 49 [9]. » 30. — M. vomerinus NicÒ. sp., — pag. 49 [9]. » 31. — M. vomerinus NicH. sp., — pag. 49 [9]. » 32. — M. vomerinus NicH. sp., — pag. 49 [9]. N, B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. XXVIII, Tav. VIII Vol. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, / Tav. L |. di Goni (Sardegna) Grapioliti GORTANI, MILAN FERRARIO KI IND. RRAF CALZOLAR Spiegazione della Tavola IX [II]. IO) SHE | . proboscidatus GorT. (frammento distale), — pag. 54 [14]. . proboscidatus Gort. (cfr. fotogr. a tav. XII [V], fig. 13), — pag. 54 [14]. . proboscidatus GoRrt. (cfr. fotogr. a tav. XII [V], fig. 12), — pag. 54 [14]. . proboscidatus var: laxus Gort. (frammento distale), — pag. 55 [15]. lesi 1: — Monograptus Linnarssoni TuLLB. var. Flumendosae Gort. (giovane esemplare), — pag. 51 [11]. 2. — M. Linnarssoni var. Flumendesae Gort. (es. adulto, privo dell’estremo prossimale), — pag. 51 [11]. 3. — M. Linnarssoni var. Flumendosae GorT., — pag. 51 [11). 4. — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gort., — pag. 51 [11]. 5. — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gorr., — pag. 51 [11]. 6. — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gort. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 4@), — 52 [12]. 7. — M. mutuliferus Men. em. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 8), — pag. 52 [12]. 8. — M. mutuliferus MGH. em., — pag. 52 [12]. 9. — M. mutuliferus Mer. em. (parte dell’es. già disegnato da MenEGHINI nella fig. I 20), — pag. 52 [12]. 10. — M. mutuliferus McH. em. (parte dell’es. già disegnato da MENEGHINI nella fig. 1 2a), — pag. 52 [12]. 11. — M. mutuliferus Men. em. (frammento distale), — pag. 52 [12]. 19. — M. mutuliferus MGH. em. (frammento prossimale), — pag. 52 [12]. 13. — M. mutuliferius Meg. em., — pag. 52 [12]. 14. — M. Lamarmorae Mcx. em. (cfr. fotografia a tav. XII [V], fig. 10), — pag. 53 [13]. 15. — M. Lamarmorae McH. em. (es. già disegnato da MENEGHINI nella fig. I 2e), — pag: 53 [13].. 16. — M. mutuliferus var. elegans Gort. (cfr. fotogr. a tav. XII [V], fig. 7), — pag. 52 [12]. 17. — M. mutuliferus var. strigosus GoRrt. (cfr. fotogr. a tav. XII [V], fig. 15€), — pag. 53 [13]. 18. — M. mutuliferus var. strigosus GoRT. (parte dell’es. già dis. da MENEGHINI nella fig. II 2d), — pag. 53 [13]. 19. — M. proboscidatus Gort., — pag. 54 [14]. È M M M M to b9 SO | N. B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Palaeontographia italica, vol. XXVIFI, 1923, Tav. IX PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Goni (Sardegna) [ Tav. ll | Graptioliti di GORTANI VD. GRAFCALZOLARI, FERRARIO LC - MILANI . A Vi LIMITO IE Spiegazione della Tavola X [III]. 1. — Monograptus Tariccoi Gort.:‘a parte distale, d parte prossimale (efr. fotogr. -a tav. XII [V], fig. 154, si 8. — 9. — M. belophorus MGH. 10. — M. belophorus McH. . belophorus MGH. . belophorus MGH. M Mi M M M M M Mm M 11. — M. belophorus Mcx. M M Mm M. belcphorus MGH. M M M. M M M . belophorus MGH. pag. 55 [15]. 2 . Tariccoi GorT. (frammento distale), — pag. 55 [15]. . falcatus MGH., — pag. 56 [16]. . falcatus MGH. (parte dell’ es. già disegn. da MENEGHINI nella fig. III 9), — pag. 56 [16]. . falcatus MGH. (parte distale dell’es. già disegn. da MPENEGHINI nella fig. III Te), — pag. 56 [16]. falcatus Mu. (parte distale dell’es. già diseen. da MpnbGHINI nella fig. II 84), — pag. 56 [16].- . falcatus Meu. (es. già disegnato da MenEGHINI nella fig. III 7), — pag. 56 [16]. . falcatus McH. Due esemplari giovani (MPNEGHINI, fig. III 7), — pag. 56 [16]. em. (cfr. la fotografia a tav. XII [V], fig. 14), — pag. 57 [17]. em., — pag. DT [17]. em., — pag. 57 [17]. em., — pag. 57 [17]. em. ‘(parte dell’es. già dis. da MeNEG. nella fig. IT 9 sub M. Priodon), — pag. 57 [17]. em. (parte dell’es. già dis. da Mense. nella fig. II 6a sub M. Gonèù), — pag. 57 [17] em. (cfr. la fotogr. a tav. XII [V], fig. 14), — pag. 57 [17]. . antennularius McH., — pag. 58 [183]. . antennularius Mu. (cfr. la fotogr. a tav. XIII [VI], fig. 24), — pag. 58 [1S]. antennularius MGH. (da un originale del MENEGHINI), — pag. 58 [18]. . antennularius MGuH., — pag. 58 [18]. . antennularius MGH., — pag. 58 [18]. . subtilis Gort., — pag. 58 [IS]. N. B. Tutte le figure, sono ingrandite 3 volte. Palaeontographia italica, vol XXVIII, 1990, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. X. GORTANI, [ Tav. 111 |. Grapioliti di Gonî (Sardegna) ve PU a A x. NO.GRAY CALZILARI, PERCARIO LC > MILANE re » TRITO. BOYD i POS tiro CNN | dA VP RATIO RR 43] intgehiage dip ua VI CEELE TDI TOMICA ue ui 1°C DI) MO esa SRI TO Li ARL N sue cd a vet ita O ‘ MIELE Rane pic di Papini N nvesi BEY sg MERLI Braiti Di arziait)i 1) e an RA Sane 50 ; D3 gl " Ta Ò ? a Wu} eppaRiTisti vici ti MT POGUST a r51N$ #3 î 01 AO i 1064 entre slidag, A È i va “tari dl vt »* Lig {INI SEP AI ib depita n < è toa: sta, fe 0340 asta Nd Dov % di pit À fasi iuata È ast gt PAPERE RO RIEN TOTI rei SIE a 1: o . * Pa 9 P0P029P£009000920 Spiegazione della Tavola XI [IV]. Monograptus subtilis GorT., — pag. 58 [18]. subtilis GoRT., — pag. 58 [18]. subtilis Gort., — pag. 58 [18]. M. subtilis Gort. (efr. la fotogr. a tav. XIII [VI], fig. 2 B'), — pag. 58 [18]. Cyrtograptus rigidus TULLB. (es. già dis. da MENEGHINI . rigidus TuLLB. (cfr. la fotogr. a tav. XIII [VI], fig. 64), — pag. 59 [19]. . rigidus TuLLB. (efr. la fotogr. a tav. ‘XIII [V1], fig. 5D), — pag. 59 [19]. . rigilus TuLLB. (cfr. la fotogr. a tav. XIII [VI], fig. 5D'), — pag. 59 [19]. . rigidus TuLLB., — pag. 59 [19]. . rigidus TuLLB. (es. giovanissimo), — pag. 59 [19]. . rigidus TuLLB. (due-es. giovanissimi), — pag. 59 [19]. . dispar Gorr. (frammento; manca la parte distale dello stipite), — pag. 61 [21]. dispar GorTt., — pag. 61 [21]. . dispar Gorr. (frammento distale, raccolto dal LAMARMORA), — pag. 61 [21]. . dispar Gort. (cfr. la fotogr. a tav. XIII [VI], fig. 34), — pag. 61 [21]. . mediterraneus Gort., — pag. 62 [22]. . mediterraneus Gort. (cfr. la fotogr. a tav. XII |VI], fig. 5), — pag. 62 [22]. N. B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Necessità di spazio hanno costretto a disporre una parte delle figure in posizione diversa dalla normale. © Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. nella fig. II 3 sub Mor. colonus), — pag. 59 [19% XXVIII, Tav. XI. MID. ERA! Cal dB ARI Ap ria lo Li ac "I Fio. dì 10. Ibi 195 3 14; IDA. 15 B. - JiS(04 16. Spiegazione della Tavola XII [V]. — Monograptus sardous Gorm., — pag. 47 [7]. ECAM — M .— M , — M . falcatus MGH., — pag. 56 [16]. cfr. proboscidatus var. laxus Gormt., — pag. 55 [15]. : Linnarssoni var. Flumendosae GoRrT., -— pag. 91 [11]. . mutuliferus MGH. em., — pag. 52 [12]. . vomerinus NicH. sp., — pag. 49 [9]. Cyrtograptus dispar Gorr., — pag. 61 [21]. Monograptus mutuliferus MGH. em., — pag. 52 [12]. . mutuliferus var. elegans GORT., — pag. © ; mutuliferus Mcn., — pag. 52 [12]. . mutuliferus Mcu., — pag. 52 [12]. . Lamarmorae Mon. em., — pag. 53. [15]. . hemipristis MH. em., — pag. 50 [10]. . proboscidatus Gort., — pag. 54 [14]. bd . proboscidatus Gort., — pag. 54 [14]. . belophorus Men. em. (parecchi esemplari), — pag. 57 [LT]. . Tariccoi Gort., — pag. 55 [15]. di . mutuliferus Meu. em. (un frammento distale e uno prossimale), — pag. 52 [12] Eesti ==3=35555= Ì UE falcatis MGn., — pag. 56 [16]. sardous var. macilentus Gort., — pag. 48 [S]. sardous Gorr., — pag. 47 [7]. i belophorus Men. em,, — pag. 57 [LT]. 1 QALZ]: mutuliferus var. strigosus Gorm. (c.s.), — pag. 59 [13]. — Problematicum, — pag. 53 [13]. N. B. Tutte le fotografie sono in grandezza naturale. Palarontograbia italica, vol. XXVILI, 1922 À 1% e 7 SIRIA VAGA GERAIS A Cogo è N ARTLIORARE SIA CASI SL î È è = 8 ( GORTANI, SO, pe n a RAC cea n ira e, - x 5 CA. 6 B. 6 C. N. | Spiegazione della Tavola XIII [VI]. — Lastra con Monograptus falcatus MGH. e M. belophorus Mex. em., misti a qualche esemplare di M. antennu- larius MGH., — pag. 56 [16], 57 [17] e 58 [18]. . — M. antennularius M6H., — pag. 58 [18]. B. — M, subtilisi GorT., — pag. 58 |18]. . — M. Meneghini Gort., — pag. 47 [7]. — M. sardous Gort., — pag. 47 [MT]. . — M. vomerinus Nic®. sp. (erroneam. indicato con la lettera @ sulla figura), — pag. 49 [9]. . — Lyrtograptus dispar Gort., — pag. 61 [21]. . — Monograptus mutuliferus McH., — pag. 52 [12]. . — M. Meneghinii Gorr., — pag. 47 [1]. . — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gort., — pag. 51 [11]. — M. subtilis Gort., — pag. 58 [18]. — Cyrtograptus rigidlus TuLLB., — pag. 59 [19]. — Cyrtograptus mediterraneus Gort.,/— pag. 62 [22]. — Cyrtogr. rigidus TuLLB., — pag. 59 [19]. — Monogr. sardous Gort., — pag. 47 [7]. — Monogr, Gonii Meu. em.. — pag. 50 [10]. B. Tutte le fotografie sono in grandezza naturale, Palaeontographia italica, vol, XXVIII, 1922. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XXVIII, Tav. XIII GORTANI, Grapioliti di Goni (Sardegna) vice Spiegazione della Tavola XIV [I]. FIG. 1. — Clupea polyacanthina Liov. Eocene di M. Bolea (Verona), — pag. 69 [1]. » 2. — Clupea catopygoptera Woopwarp. Eocene di M. Bolca (Verona), — pag. 71 [3]. » 3a,b. — Clupea Bassanii n. sp. Oligocene di Chiavon (Vicenza), — pag. 72 [4]. 4 — Clupea giyptopoma n. sp. Oligocene di Chiavon (Vicenza), — pag. 75 [7]. » ©. — Pagellus Bonomoi n. sp. Oligocene di Chiavon (Vicenza), — pag. 79 [11]. 6 — Clupea gregaria Bosn. Miocene del Gabbro (Pisa), — pag. 81 [13]. N. B. Gli esemplari illustrati si conservano nel Museo di Geologia del R. Istituto di Studi Superiori in Firenze: Tutte le figure sono riproduzioni di disegni eseguiti dall’Autore, eccettuata la figura 3a,b, il cui originale venne fotografato direttamente. Palaeontographia italica. vol XXVIII, 1922 D. FRANCESCHIi, D. Franceschi - Dis PALAEONTOGRAPHIA Pesci fossili del terasario italiano. ITALIGA, Vol. XXVIII, Tav. XIV. Si CA } FIS pende, - A 1 Soto FIERA Za peli ti Fiero rigata Ma Ra PRI ovina fi, Lu I Spiegazione della Tavola XV [I]. 1. — Monograptus Meneghini Gort. var. giganteus Gorr., — pag. 88 [4]. 2. — M. Meneghini var. giganteus GorT., — pag. 88 [4] 3. — M. Meneghinii var. giganteus Gort., — pag. 88 [4]. 4. — M. Meneghinii var. giganteus GorT., — pag 88 [4]. 5. — M. Meneghini var. giganteus Gort., — pag. 88 [4]. 6. — M. Meneghinii var. giganteus GorT. (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 2), — pag. 88 [4] T. — M. tycrhenus Gort., — pag. 89 [5]. 8. — M. tyrrhenus Gort. (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 6), — pag. 89 [5]. 9. — M, tyrrhenus GoRT. (cfr. fotografia a tav. XVIIL [IV], fig. 4), — pag. 39 [5]. 10. — M. tyrrhenus Gor. (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 5), — pag. 89 [5]. 11. — M. sardous Gort. var. eximius GoRrt. (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 8), — pag. 90 [6]. 12. — M. sardous var. eximius GoRr. (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 7), — pag. 90 [6]. 15. — M. sardous var. eximius GorT., — pag. 90 [6]. 14. — M, sardous var. eximius GorT., — pag. 90 [6]. 15. — M. Gonii MGH. em., —- pag. 90 [6]. 16. — Cyrtograptus cfr. rigidus TuLLB. (cfr. fotografia a tav. XVII [IV], fig. 104), — pag. 96 [12]. N. B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. XV. I (O fi > x Bosi © 5 < 2 Al Lo E PALAEONTOGRAPHIA I Fra. Spiegazione della Tavola XVI [II] 1. — Monograptus Linnarssoni TuLLB. var. Flumendosae GoRT. (es. giovane; cfr. la fotogr. a tav. XIX [V], fig. 64,) — pag. 91 [(]. ) Linnarssoni var. Flumendosae Gort. (es. giovane), — pag. 91 [T]. . Linnarssoni var. Flumendosae GorT. (parte distale), — pag. 91 [7]. . Lovisatoi Gorr. Frammento distale (cfr. fotogr. a tav. XIX |V], fig. 1), — pag. 92 [8]. . Lovisatoi Gort. Frammento distale (cfr. fotogr. come sopra), — pag. 92 [8]. . Lovisatoi Gorr. Frammento prossimale (efr. fotogr. come sopra), — pag. 92 [8]. belophorus MGH. em. var. laxus Gort. (cfr. fotogr. a tav. XIX [V], fig. 4), — pag. 94 [10]. . belophorus var. laxus Gorr. Frammento distale, — pag. 94 [10]. . falcatus McH. em. (porzione prossimale), — pag. 92 [8]. . Siren Gorm. (cfr. fotografia a tav. XIX [V], fig. 7), — pae. 93 [9]. Siren Gort. (es. più sviluppato; cfr. fotografia a tav. XIX [V], fig. 84), — pag. 93 [9]. . ballaésus GoRrt. (cfr. fotografia a tav. XIX [V], fig. 2), — pag. 94 [10]. . ballaésus Gorm., — pag. 94 [10]. } ballaésus Gort. (clr. fotografia a tav. XIX [V], fig. 3), — pag. 94 [10]. . ballaésus Gort (cfr. fotografia a tav. XVIII [IV], fig. 114), — pag. 94 [10]. . ballaésus Gorr. Es. giovane, — pag. 94 |10 È . ballaésus Gorn. Es. giovane, — pag. 94 [10]. . ballaésus Gorw. Es. giovanissimo, — pag. 94 [10]. en (©) =3=s=s5=323523235355235222=55= N. B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Palacontographia italica. vol XXVIII, 1922 VI. XxX Vol. XXVIII, Tav. S SSSSTE CESSO GSS € We °°’ _ e” PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, UÙ + & 6 È : 3 lei ee 045° 0 3 E peo S ———_————_—______—mm—_m et -- _ = —_ - —— e Spiegazione della Tavola XVII [Il]. 1. — Monograptus subtilis Gorr. var. maior Gormr. (cfr. fotografia a tav. XIX [V], fig. 12), — pag. 95 [11]. 2. — M. subtilis var. maior Gort. (cfr: fotografia della controimpronta a tav. XIX [V], fig.6B), — pag. 95 [11]. 3. — M. subtilis var. maior Gorr. (Es. giovanissimo), — pag. 95 [11]. 4. — M. antennularius Mou. var. floridus Gort. (cfr. fotogr. a tav. XIX [V], fig. 11), — pag. 99 [11]. 5. — M. antennularius var. floridus Gorr. Frammento distale, — pag. 95 [11]. 6. — M. antemularius var. florilus Gort. (cfr. fotogr. a tav. XVIII [IV], fig. 125), — pag. 95 [11]. T. — M. antennularius var. floridus GorTt., — pag. 95 [11], 8. — M. antennularius var. floridus Gorr. Frammento distale (cfr. fotogr. a tav. XIX [V], fig. 9), — pag. 95 [11]. 9. — M. sardous Gorr. Es. di Armungia, — pag. 99 [15]. 10. — M, Meneghini Gorr. Es. di Armungia, — pag. 99 [15]. ll. — M. efr. Gonii Mca. em. Es. di Armungia (frammento distale), — pag. 100 [16]. 12. — M. cfr. mutuliferus MGH. em. Es. di Armungia (frammento distale), — pag. 100 [16]. 13. — M. cfr. sardous Gorr. ? Es. di Gadoni (porzione distale), — pag. 101 [1%]. 14. — M.-cfr. sardous Gort. Es. di Gadoni, — pag. 101 [17]. 15. — M. cfr. sardous Gorr. Es. frammentario e deformato di Gadoni. Per questa figura e per la seguente cfr. la fotografia a tav. XIX [V], fig. 17, — pag. 101 [17]. 16. — M. cfr. sardous Gort. Es, deformato di Gadoni (frammento distale), — pag. 101 [17]. 17. — M. Linnarssoni TuLLB. var. Flumendosae Gort. Es. di Gadoni (frammento prossimale), — pag. 101 [17]. 18. — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gort. Es. di Gadoni (frammento distale), — pag. 101 [17]. 19. — M. Linnarssoni var. Flumendosae Gorr. Es. giovanissimo, di Gadoni, — pag. 101 [17]. 20. — M. mutuliferus MGH. em. var. strigosus Gorr. Es. di Gadoni (teche distali), — pag. 102 [18]. 21. — M. cfr. proboscidatus Gort. Es. di Gadoni (teche distali), — pag. 102 [18]. 22. — M. cfr. probosciiatus Gorrt. Es. di Gadoni (teche distali), — pag. 102 [18]. 23. — Climacograptus scalaris His. sp. var. normalis Laprw. Sedda de s’Ortu, — pag. 104 [20]. 24. — Diplograptus tamariscus Nic8®. var. incertus E.et W. Sedda de s’Ortu (cfr. fotogr. a tav, XIX [V], fig. 14), — pag. 105 [21]. 925. — D. tamariscus Nicu. Sedda de. s'Ortu (cfr. fotogr. a tav. XIX [V], fig. 13), — pag. 104 [20]. 926. — D. serratus E. et W. Sedda de s’Ortu (cfr. fotogr. a tav. XIX [V], fig. 15), — pag. 105 [21]. 27. — Monogr. tenuis PortL. sp. Es. frammentari di Sedda de s’Ortu, — pag. 106 [22]. È 28. — M. distans (PortL.). Sedda de s’Ortu (porzione distale). Per questa figura e per la seguente cfr. la fotografia a tav. XIX [V], fig. 16, — pag. 106 [22]. 99. — M. distans (PortL.). Sedda de s’Ortu (porzione distale), — pag. 106 [22]. 30. — M. Sedgwiski PortL. sp. Sedda de s’Ortu (porzione distale), — pag. 107 [23]. 31. — M. lobiferus M’Coy sp. Sedda de s’Ortu (frammento distale), — pag. 107 [23]. 32. — M. millepeda M'Cov sp. Sedda de s’Ortu (porzione prossimale, — pag. 108 [24]. N. B. Tutte le figure sono ingrandite 3 volte. Palaeontographia italica. vol, XXVIII, 1922. XXVIII, Tav. XVII. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. Graptoliti della Sardegna ortentale. ‘GORTANI, IMI ). [ Tav. it snlltratiioa tie Siti AT" Mie PLANE ND GRAF CALZOLARI FERRARO LC, Aut. Dis. aan Spiegazione della Tavola XVIII [IV], Fig. 1. — Monograptus Meneghini Gorr. var giganteus GorT., — pag. 88 [4]. D) 2. —.M Meneghinii var. giganteus Gorr., — pag. 38 [4]. » 3. — M, Meneghini var. giganteus Gort. ?, — pag. 88. |4]. » 4 — M. tyrrhenus Gort. (il fondo è fittamente disseminato di sicule libere), — pag. 89 [5]. » 5. — M. tyrrhenus Gorm., — pag. 59 [DI]. i » 6. — M. tyrrhenus Gorr., — pag 89 19]. » 7. — mM. sardous Gort. var. eximius GorT., — pag. 90 [6]. DI 8. — M. sardous var. eximius Gorr., — pag. 90 [6]. » 9. — M. sardous var. eximius Gort., — pag. 90 [6]. » 101. — Cyrtograptus cfr. rigidus TULLB., — pag. 96 [12]. ) 105. — Monogr. Meneghinii var. giganteus GoRT. (es. giovane). — pag. 88 [4]. » 114. — M. ballaésus GorT., — pag. 94 [10]. » 115. — M..Siren Gort. ? (frammento distale), — pag. 93 [9]. » 110. — M. antennularius var. floridus GorT. (es. giovanissimo), — pag. 951]. y 124. — M: belophorus MGH. em. var. laxus GORT. (frammento distale), — pag. 94 [10]. 128. — M, antennularius. var. floridus GorT., — pag. 95 [11]. N. B. Tutte le fotografie sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922. XXVII, Tav. XVIII. Vol. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, WES 2 TR Ra \ artt) A eu PIEGDER dda Graptolitt della Sardegna orientale. ARA GORTANI, Aut. Dis. Spiegazione della Tavola XIX [VI]. — Monograptus Lovisatoi Gorr. Numerosi esemplari frammentari, — pag. 92 [8]. — M. ballaésus Gort., — pag. 94 [10]. ‘ — M. subtilis Gorr. var. maior Gort., — pag. 95 [11]. ; — M, ballaésus Gort., — pag. 94 [10]. — M. belophorus McH. em. var. laxus GoRT., — pag. 94 [10]. — M, Gonii Mcn. em., — pag. 90 [6]. — M. Linnarssoni TuLLB. var. Flumendosae Gort., — pag. 91 [7]. — M. subtilis var. maior Gort., — pag. 95 [11]. ; — M. ballaésus GorT. (frammento prossimale), — pag. 57 [17]. — M. Siren Gorr., — pag. 93 [9]. — M. Siren Gort. (es. più sviluppato), '— pag. 93 [9] — M. subtilis var. maior Gort., — pag. 95 [11]. - M, antennularius MGxH. var. floridus Gorr. (frammento distale), — pag. 9ò [11]. — M. antennularius var. floridus Gorr., — pag. 95 [11] — M. antennularius var. floridus Gokv., — pag. 95 1]. — M. subtilis Gorr. var. maior Gort., — pag. 95 [11]. — Diplograptus tamariscus NicH. var. incertus E. et W. Sedda de s’Ortu, — pag. 105 [21]. — D. SM tamariscus Nic®. Sedda de s'Ortu, — pag. 104 [20]. serratus E. et W. Sedda de s'Ortu, — pag. 105 [21]. — Monogr. distans (PORTL.). Sedda de s'Ortu, — pag. 106 [22]. cfr. sardous Gorr. Es. deformati di Gadoni, — pag. 101 [17]. N. B. Tutte le fotografie sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XXVIII, 1922 Vol. XXVIII, Tav. XIX. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, V). [ Tav. Graptoliti della Sardegna orientale. GORTANI, Wai III III Ul IN\ \ I