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I-XIV [I-XIV] e Fig. 1-40 interc.) — Contribuzione allo studio dei vegetali permo-carboniferi della Sardegna (Tav. XV [I]) . — L’Elephas primigenius Bu. nel Post-Pliocene della Toscana (Tav. XVI-XVII [-I11]) . — Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria (Tav. XIX-XXVII [I-IX]) — Brioxoi, anellidi e spugne perforanti del Neogene ligure (Tav. XXVIII [I] e Fig. 1-5 intere.) 5 5 ; 5 9 — Il Miocene inferiore del Monte Promina in Dalmazia (Tav. XXIX-XXXIMI [I-V]) -—- Di alcuni resti di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria miocenica di Belluno (Tav. XXXIV [I]) pas. ALBERTO FUCINI CEFALOPODI LIASSICI DEL MONTE DI CETONA PARTE PRIMA (Tav. I-XIV [I-XIV] e Fig. 1-40 intere.) I Cefalopodi, dei quali io mi propongo lo studio nel presente lavoro, provengono dal Monte di Cetona nella provincia di Siena e per la massima parte furono raccolti nelle vicinanze di S. Casciano de’ Bagni, ove da lungo tempo si sono fatte escavazioni nella roccia fossilifera a scopo edilizio. Di essi, molti, messi a mia disposizione dal prof. CANAVARI, esistevano già nel Museo di Pisa, mandati un tempo dal dott. QuaprI e da altri al prof. MeneGHINI che ne determinava alcuni; altri moltissimi mi sono stati concessi in studio dal prof. De STEFANI che li acquistò per conto del R. Istituto superiore di Firenze dal BrogI di Siena, il quale alla sua volta li aveva avuti dal farmacista PiLape MaAncIATI di S. Casciano de’ Bagni; numerosi me li ha affidati il prof. v. ZrtteL dell’ Università di Monaco di Baviera; alcuni il prof. MA- RIANI del Museo civico di Milano ed il comm. PeLtatI del R. Comitato geologico; numerosissimi infine li ho raccolti io stesso aiutato validamente dal farmacista MancIaATI, per il quale nessun elogio è bastevole ad encomiare il merito di avere con tante cure appassionate radunato un sì prezioso materiale scientifico, La raccolta così fatta somma a qualche migliaio di esemplari ed io devo esser molto grato alle tante persone sopra ricordate della liberalità e della cortesia che mi hanno usato, lasciandomi e mandandomi per studio il materiale dei Musei respettivamente da loro diretti. Rivolgo dunque a tutti i più sentiti e riconoscenti ringraziamenti, lamentando solo di non aver potuto avere in esame i due o tre esemplari interessanti del Museo dei Fisiocritici di Siena. Se lo studio delle singole specie è stato spesso reso più facile e più completo dalla quantità del materiale, esso è però talora incerto sulla precisa posizione cronologica degli esemplari, essendo questi, per la massima parte, stati raccolti promiscuamente e senza tener conto della successione cronologica dei terreni. Nè, quindi, è da escludersi del tutto la possibilità di aver forse talvolta fatta confusione involon- taria di specie di un’età con quelle di un’altra. A questo riguardo, poco aiuto mi è stato dato dalla natura della roccia in cui sono fossilizzati gli esemplari, perchè essa è molto simile e spesso identica in diversi piani geologici. Allo studio sistematico delle specie farò seguire una descrizione dei terreni che hanno somministrato la fauna in esame, corredata di quelle deduzioni che potranno emergere da tale studio e delle relazioni faunistiche con altri depositi. Per ora sarà sufficiente accennare come le Ammoniti che mi accingo a studiare sieno state raccolte in terreni che stanno sopra ai calcari bianchi ceroidi e che si continuano sino a quelli contenenti Hildoceras bifrons. I calcari bianchi sottogiacenti sono identici e contemporanei a quelli del Monte Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 1 9 ; A. FUCINI [2] Pisano ”, e di altre parti della Toscana, e quindi coevi, o certo non superiori, al Lias inferiore di Spezia. È presumibile quindi che negli accennati terreni di Cetona, superiori ai calcari ceroidi, sieno rappresentate tutte le zone liasiche superiori a quella delll’Ariet. Buklandi e fino a quella dell’ Wild. bifrons. Ma per le ragioni su esposte esse non sono del tutto distinguibili, nè si può con sicurezza precisare le specie proprie di ognuna. Tuttavia è possibile una divisione dei calcari ammonitiferi del Monte di Cetona in tre parti. La prima, più inferiore, comprende calcari grigi e rossi, raramente selciferi, sfaldabili,a lastre per inter- calazione di strati marnosi. Essa è identica a quella di tante altre località della Toscana e che, pur avendo un gran numero di specie di Lias inferiore, racchiude anche forme di Lias medio profondo, e corrisponde cronologicamente, almeno in parte, al Lias inferiore di Cantiano nell’Appennino centrale, a quello di Saltrio in Lombardia, di Longobucco in Calabria e di Taormina in Sicilia; quest'ultime due località però di facies faunistica differente. Fuori di Italia la corrispondenza è notevole con il classico deposito di Hierlatz e più specialmente con quelli di Adneth, della Bukowina e del Széklerland. La seconda parte comprende pure calcari grigi e rossi del tutto simili, sebbene più selciferi, a quelli della parte inferiore ed è ricca di Ammoniti del Lias medio, in gran parte identiche con quelle dell’Ap- pennino centrale che io ho recentemente studiate e che hanno un’impronta speciale per la loro grande affinità con forme del Lias superiore. La terza parte si compone ancora di calcari grigi e. rossi, ma di aspetto tutto particolare, perchè più marnosi, variegati, intercalati a schisti e di frequente costituiti da un ammasso di una piccola con- chigliola, appartenente forse al genere Astarte. Si trovano in questa serie di strati specie caratteristiche del Lias superiore, che sebbene in numero assai limitato dimostrano l’ affinità che la.formazione presenta con i depositi di Lias superiore dell’ Appennino centrale, con i quali si ha spesso anche identità litologica. Sembrerebbe che nella parte inferiore le specie di Ammoniti più antiche fossero conservate di pre- ferenza nel calcare grigio, nulla però si può affermare in proposito. Anche sul posto la colorazione rossa e grigia degli strati fossiliferi si presenta molto irregolare ed incerta; talvolta a strati alternanti, spesso a zone od a macchie più o meno estese, tanto orizzontalmente quanto verticalmente. Anche in un solo individuo di Ammonite si hanno non di rado le due colorazioni. Ho cercato di preparare nel miglior modo possibile gli esemplari, specialmente in riguardo alle linee lobali, delle quali spesso ho potuto mettere in evidenza la parte interna, ricoperta per l’involuzione. Degli individui ho dato più figure che ho potuto, attenendomi per esse al mezzo fotografico, come quello che dà migliori garanzie di fedeltà e solo ricorrendo per poche al disegno, quando lo stato: di conser- vazione degli esemplari non permetteva di fare altrimenti. Le linee lobali furono da me rilevate alla camera oscura in grandezza doppia della naturale e talvolta quadrupla; i disegni sono stati dopo riprodotti in zincotipia alla metà delle loro dimensioni, riportando così al vero ed al doppio la grandezza delle linee lobali fisurate. È questo il mezzo che ho ritenuto più semplice ed il più relativamente esatto. Le linee lobali sono state poi di frequente da me anche tracciate in nero sopra gli esemplari per mostrare la posizione rela- tiva dei lobi e delle selle. La fauna che io descriverò, specialmente per quanto riguarda la parte inferiore, è certo per ora la più ricca d’Italia. Mi si vorrà perdonare, spero, se, allettato dalla quantità e dalla bellezza delle forme, mi sono accinto al suo studio, pur rendendomi conto delle difficoltà che avrei incontrato, a causa spe- cialmente dell’incertezza della provenienza di molti esemplari, per condurlo a termine con quella scru- polosa esattezza che ora si richiede nelle scienze paleontologiche. 1) FucINI. Fauna d. calce. bianchi ceroidi ecc. . | | | | ste tate [3] A. FUCINI 3 DESCRIZIONE DELLE SPECIE I. Gen Oxynoticeras Hvar. Nessun altro deposito liasico italiano si presenta tanto ricco di forme appartenenti a questo genere, quanto quello del Monte di Cetona. Le seguenti specie che vi ho distinto: Oxynoticeras Soemanni Dum. Oxrynoticeras Haueri n. sp. » Lymense WriGnT » Driani Dux. » numismale Quenst. var. evoluta. n. V. » Bourqueti ReyN. » oenotrium n. Sp. » pulchellum n. Sp. provengono tutte dai calcari ammonitiferi inferiori grigi e rossi, ma più specialmente da questi ultimi. Esse, per le forme che rappresentano e per quelle alle quali si avvicinano, mostrano evidentemente la poca profondità relativa del deposito nel quale furono trovate. Gli esemplari poco numerosi, talvolta uno solo per specie, e di sviluppo più o meno completo, non mi hanno permesso di intraprendere ricerche filogenetiche estese sopra questo bel gruppo di Ammoniti, nei suoi estremi di caratteri tanto disparati. L’ HyamT, in vari suoi lavori, ha fatto studi assai impor- tanti specialmente sopra gli Oxymoticeras del tipo dell’ Ox. oxynotus, dell’ Ox. Greenoughi e dell’ Ox. Gui- balianum; a me sarebbe stato interessante stabilire le relazioni di parentela dell’ Ox. Driani e dell’ Ox. Bourgueti che sembrano essere così vicini a certi Asferoceras, specialmente ad alcuni di quelli che ver- ranno studiati nel presente lavoro. Se però le affinità fra questi tipi di Ammoniti sono molto appariscenti a sviluppo completo od avanzato non sussistono allo stato giovanile. In questo stato, 1’ Ox. Bourgueti, per esempio, avvicinandosi molto all’ Ox. pulchellum, si allontana assai da tutti gli Asteroceras per corrispon- dere forse meglio alle forme tipiche del genere. 1. Oxynoticeras Soemanni Dux. — Tav. I [I], fig. 1. 1867. Ammonites Soemanni DumortIERr. Dépots jurass. Lias inf., pag. 154, tav. 40, fig. 2-4; tav. 43, fig. 1,2. 1879. _ _ RevrnÈs. Monogr. d. Amm., tav. 45, fig. 44-46. DIMENSIONI Diametro . c o 5 6 . , . 5 0 7 ò TAM Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. z 5 È 5 : 0,53 Spessore » » » . : 5 6 ” i 0,18 Larghezza dell’ombelico » » o 0 5 ò ò 7 0,05 Ricoprimento della spira » » x È ; 5 P ; 0,25 Questa specie, che non era stata ancora trovata in Italia, nella importante collezione delle Ammo- niti del Monte di Cetona, è rappresentata da un individuo di mediocre conservazione. Esso è concamerato fino all’apertura ed ha i fianchi, quali li descrive il DumoRTIER, lisci, leggermente convessi, con il mas- simo rilievo alla metà della loro altezza, d’onde vanno deprimendosi uniformemente e gradatamente fino alla carena esterna che resulta acuta, senza però essere separata dai fianchi. L'ombelico è ristretto; la sezione dei giri ellittico-lanceolata, molto compressa. 4 A. FUCINI : [4] La linea lobale (fig. 1), non molto ramificata, ha la sella esterna ampia, poco elevata e divisa asim- metricamente ed assai profondamente da un lobo secondario obliquo; la prima laterale, con dentellatura semplice e di forma ellittica, resulta assai più alta della precedente, ma di essa alquanto più stretta. La seconda sella laterale, sebbene raggiunga almeno l’altezza di quella esterna, si presenta molto ristretta ed assai ridotta. Oltre le selle WERE ARE ? esaminate si trovano ad occupare la metà interna dei fianchi otto o nove selle Va, î accessorie, molto piccole e semplici, che vanno degradando di altezza procedendo Linea lobale dell’Or. Soeman= verso l'interno. Il lobo sifonale, discretamente ampio, è il più profondo, ma è nì Dum., presa al diametro SEI in grandezza quasi raggiunto dal primo laterale, di limitata larghezza; il secondo lobo laterale, CINDIA pure molto ristretto, appare circa la metà profondo del lobo esterno; seguono i numerosi lobi accessori di profondità molto piccola, degradanti insieme con le selle verso l’interno, e dei quali alternativamente se ne ha uno più ed uno meno profondo. Questa specie ha spiccate somiglianze con l’Ox. Oppelì Scun.! della zona dell’ Aeg. Jamesoni, dal quale differisce più per la linea lobale che per la forma esterna della conchiglia, che tuttavia è più liscia e più compressa. La linea dei lobi è molto meno sottilmente frastagliata, il lobo esterno è più profondo del primo laterale, anzichè di meno ed i lobi e le selle accessorie degradano verso l’interno con maggiore regolarità. Ancora più spiccata apparisce poi la differenza con gli esemplari che ScHLOENBACH descrisse e figurò posteriormente sotto lo stesso nome ©; essi infatti si allontanano sempre più dall’Ox. Soemanni Dum. per la linea lobale avente i lobi accessori ed anche le selle scendenti al disotto della linea radiale, mentre per il loro maggiore spessore e per gli ornamenti ricordano 1’Ox. Buvignieri ’OrB.? Altra notevole somiglianza con l’Ox. Soemanni Dum. viene data dall’Ox. Lymense WRIGHT sotto descritto, che 1’ HyarT È) anzi a quello considera identico. Io li ritengo invece sufficientemente distinti e ne dirò le ragioni esami- nando l’Ox. Lymense WRIGET. Fra le Ammoniti dei calcari rossi inferiori di Campiglia Marittima esistenti nel Museo di Pisa si trova una specie di Oxynoticeras che il MENEGRINI indicò nell’etichetta col nome di Amm. nautiloides e che in parte si avvicina moltissimo a quella in discussione. Da questa si distingue appena un poco nella forma della conchiglia che, oltre ad essere meno compressa, ha il dorso meno acuto e porta lievi pieghe e sottili striature radiali sulla superficie. La linea lobale è molto simile. Il GewmeLzaRO ?) ha riconosciuto nel Lias medio inferiore delle Rocche rosse presso Galati una forma, che lascia indeterminata, molto vicina a quella in esame, alla quale esso infatti la paragona. L’Ox. Soemanni Dum. è originario degli strati con Ox. oxynotus Quenst. del bacino del Rodano. L’esemplare del Monte di Cetona proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. Fic. 1. Ù = h-50--0 2. Oxynoticeras Lymense Wricar. — Tav. I [I], fig. 10. 1882. Amaltheus Lymensis Wricuar. The Lias Amm., pag. 391, tav. 46, fig. 1-3; tav. 47, fig. 1-3; (?tav. 48, fig. 1,2). 1879. Ammonites Albion RevnÈs. Monogr. d. Amm., pag. 7, tav. 45, fig. 21-24. 1889. Oxynoticeras Lymense Hyanr. Genesis of the Arietidae, pag. 217, tav. somm. 13, fig. 12, (ewel. syn.). i) ScaLoenBAcH. Mittl. Lias in nordw. Deutschland, pag. 515, tav. 12, fig. 2. 2) Ip. Jura u. Kreide Format., pag. 15, tav. 26, fig. 4, 5. 3) D’OrBIGNY. Palton. frang., terr. jurass., t. I, pag. 200, tav. 74. 4 HyarT. Genesis of the Arietidae, pag. 217. 5) GemMELLARO. Strati a Ter. Aspasia, pag.45, tav.1, fig. 18,19. [5] A. FUCINI 5 DIMENSIONI Diametro . 7 7 c È a o . . ; : 7 . mm. 63 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 6 : ; i 5 0, 62 Spessore » » » 7 ; ò o ò : 0,16 Larghezza dell’ombelico » » . È o 6 b 5 0, 03 Ricoprimento della spira » » ; 7 6 6 . È 0,22 Anche questa specie viene ora per la prima volta notata in Italia e, come la precedente, è rappre- sentata da un solo individuo tutto concamerato e di conservazione non buonissima. La conchiglia, molto x discoidale e compressa, è grandemente involuta poichè i giri si ricoprono quasi del tutto, lasciando solo un piccolissimo e stretto ombelico. L’accrescimento è molto rapido. I fianchi leggerissimamente convessi hanno il loro maggiore rilievo in prossimità dell’ombelico, d’onde vanno deprimendosi gradatamente verso l’esterno, producendo un dorso acuto e tagliente. La sezione dei giri apparisce assai decisamente sagittata. La superficie della conchiglia, quantunque non benissimo conservata, lascia vedere lungo il margine esterno delle piegoline irregolari, molto inclinate. La linea lobale (fig. 2) presenta la sella esterna assai finamente ramificata, irregolarmente bipartita da un lobo secondario, e tanto larga ed alta quanto la prima laterale, la quale però è meno frastagliata. La seconda sella laterale, anche essa poco frastagliata, è più bassa delle precedenti. Seguono quindi circa cinque selle accessorie via via sempre più basse e ridotte, ent procedendo verso l'interno. Il lobo sifonale, larghissimo e frastagliato, vien quasi raggiunto in profondità dal primo e dal secondo lobo laterale che fra loro si È CHIA . O «1% . . Ù AD uguagliano in profondità e presso a poco anche in larghezza. Uno sbalzo si osserva si L0— {- poi nella poca profondità del primo lobo accessorio, al quale fanno dopo seguito L;nea lobale dell’ or. Itp circa cinque altri lobi accessori via via sempre più profondi e più semplici. De VO DER . . . a; è . a lametro di mm. 3, Credo che questa conchiglia sia da me giustamente riferita all’Ox. Lymense in grandezza naturale. WrIGHT, con il quale non so trovare altra differenza notevole se non quella pre- sentata dalla linea lobale, la quale, nell’esemplare del Monte di Cetona, ha la sella esterna più sottilmente frastagliata. Per tale lieve diversità distinguo il mio esemplare come mutazione italica della specie del WricHT. Debbo però notare che nel Museo di Pisa ho esaminato un esemplare di Oxynoticeras del Lyme Regis, determinato come Ox. oxynotus QUENST., ma avente tutti i caratteri della specie del WrIGHT, che per nulla differisce dall’individuo del Monte di Cetona, del quale ha anche identica linea lobale. L’Hyamr ha riunito alla specie in esame l Ox. Soemanni Duw., cui io ho riferito 1’ esemplare prece- dentemente studiato. Non mi sembra che la riunione sia giusta perchè la specie presente, in confronto con quella del DumortIER, ha linea lobale notevolmente diversa in molti caratteri e fianchi differentemente curvati. Questi infatti hanno il maggiore rilievo in vicinanza dell’ombelico, anzichè sulla metà della loro altezza, dando luogo ad una sezione dei giri decisamente sagittata piuttosto che ellittico-lanceolata. Quello che per me più importa si è poi il diverso sviluppo della spira dovuto ad un accrescimento più rapido, che viene dimostrato da una maggiore altezza proporzionale dell’ultimo giro e da un minore ricoprimento della spira. Ciò accade sebbene l’ombelico sia più stretto. L’ Hyamr riunisce all’ Ox. Lymense WRIGHT anche una parte dell’Ox. oxynotus (non Sow.) HAUER !, riferendo l’altra parte all’Ox. Greenoughi Sow.® Io riporterei quella prima parte piuttosto all’ Ox. pul- i) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 48, tav. 13, fig. 4,5,8,9 (non fig. 6, 7). 2) Sowerev. Mineral Conchology, pag. 71, tav. 132. 6 A. FUCINI [6] chellum, che più sotto descrivo, anzichè all’Ox. Lymense, il quale ha accrescimento più rapido, ombelico assai meno ampio, sezione dei giri molto differente e linea lobale diversa. Secondo il mio parere si riferisce alla specie in esame quell’ Oxynoticeras che, senza essere descritto, fu dal RevnÈs chiamato A. Albion. Se però questo dovesse essere specificamente distinto dal Lymense ad esso preferirei riunire il mio esemplare. L’ Ox. Albion è della zona dell’ A. raricostatus, l’ esemplare originale del WrIGaT di quella dell’Ox. oxynotus. L’esemplare studiato proviene dai calcari rossi inferiori di S. Casciano de’ Bagni ed appartiene al Museo di Pisa. 3. Oxynoticeras numismale Quensr. — Var. evoluta n. var. — Tav. I [I], fig. 11. 1885. Ammonites oxynotus numismalis Quenstent. Amm. Schwib. Jura, pag. 289, tav. 37, fig. 1-7. DIMENSIONI Diametro . . des ) c 5 È 6 . . . . mm. 66 Ù Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. : : 5 i 3 0,51 Spessore » » » 5 : S 3 È . 0,15? Larghezza dell’ombelico » » i . i 2 6 ò 16 Ricoprimento della spira » » È , ; : ) o ? A questa specie, insieme con le precedenti sconosciuta per i depositi italiani, io riferisco, come var. evoluta, un esemplare di conservazione non buona, ma che pur mostra i caratteri più essenziali. La conchiglia discoidale, molto compressa, ha i fianchi rapidamente cadenti verso la sutura ombelicale, senza però dar luogo ad alcuna carena circombelicale, piani e paralleli nella metà interna, uniformemente de- clivi verso il margine sifonale nella metà esterna. Il dorso resulta quindi acuto, ma non tagliente, e la sezione dei giri subsagittata. L'ombelico è relativamente ampio e l’involuzione appare mediocre, dato il rapido accrescimento della spira. Gli ornamenti consistono in pieghe che sì originano piuttosto indistin- tamente dall’ombelico, che vanno, con andamento decisamente proverso, ingrossandosi fino alla metà dell’altezza dei fianchi, e che in seguito si deprimono, si indeboliscono e quindi si sdoppiano regolar- mente in due costicine. Queste poi aumentano in rilievo verso il dorso, che attraversano e che rendono dentellato, per la riunione che ivi avviene tra le corrispondenti dei due fianchi. Considerate nell’insieme tali ornamentazioni hanno un andamento largamente sinuoso. Anche i giri interni presentano, nella parte visibile, identiche ornamentazioni. . La linea lobale (fig. 3) è caratterizzata dalla grande ampiezza di tutti i lobi, a svantaggio però del numero di quelli accessori, i quali sono ridotti forse a tre. Il lobo esterno ed il primo laterale, larshissimi, hanno la stessa profondità; il secondo laterale è di quasi la metà meno profondo dei precedenti ed è un poco meno profondo anche di quelli accessori che scendono sempre un poco più basso, procedendo verso l'ombelico. La sella esterna ha una ) base piuttosto ampia, ma si attenua superiormente in un ramo a tre appendici il i quale se ne lascia indietro un altro ottuso e corto che si trova dalla parte esterna. Linea lobale dell’Or. nu- . PERCIO » x DIS mismale Quenst. var. La prima sella laterale, la quale ha appendici disposte irregolarmente, è un poco più I Ia di alta della sella precedente e sorpassa di assai la seconda laterale e le due o tre grandezza naturale. selle accessorie che vanno tutte degradando rapidamente verso 1° ombelico. Nella determinazione di questa specie io mi sono riferito agli esemplari illu- strati dal QuensteDT nella sua classica monografia sulle Ammoniti del Giura Svevo, senza tener conto di FIG. 3. [7] A. FUCINI 7 una forma precedentemente da lui stesso ! studiata col medesimo nome di A. oxynotus numismalis, poichè mi è sembrato che questa potesse entrare nella sinonimia dell’Ox. Buvignieri D’ORB.? Forse avrei potuto separare specificamente l'esemplare descritto dalla specie del QuenstEDT; avendo però un esemplare solo ed anche di conservazione imperfetta ho preferito farne una semplice varietà caratterizzata per alcune differenze, consistenti principalmente nell’ombelico assai più ampio, nelle ornamen- tazioni più regolari, divise più regolarmente presso la periferia in due elementi, anzichè in due, in tre ed in quattro, e nella linea lobale che ha selle più strette e lobi grandemente più larghi e meno numerosi. L’esemplare in esame ha qualche somiglianza con alcune forme di Ox. oryrotus Quenst., ma questo ha sempre il dorso acutamente tagliente e quasi foliaceo, nonchè ornamenti più irregolari, attenuatissimi nell’attraversare il dorso, ad immediata vicinanza del quale presentano una leggera sinuosità, opposta e caratteristica. L'individuo studiato, fossilizzato nel calcare grigio marnoso inferiore, proviene dai dintorni di S. Ca- sciano de’ Bagni ed appartiene al Museo di Pisa. 4. Oxynoticeras oenotrium n. sp. — Tav. I [I], fig. 2. 21886. Oxynoticeras perilambanon De Srerani. Lias inferiore ad Arieti, pag. 59, (pars) non exempl. fig. DIMENSIONI Diametro . : È 6 . 6 6 ò 6 0 6 î . mm. 46 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. 0 ò 0 c ; 0,41 Spessore » » » ì b 5 7 0 i 0,19 Larghezza dell’ombelico » » . ò o . : c 0,23 Ricoprimento della spira » » o . 0 o 5 ò 0,10 Sono stato in dubbio se dovessi riguardare il mio esemplare come una varietà dell’ Ox. Gwibalianum D’ORB.?, ma l'esame di alcuni individui tipici di questa specie mi ha convinto della sua netta separa- bilità. La conchiglia è molto compressa, discoidale, di accrescimento non tanto rapido e mediocremente involuta, inquantochè i suoi giri si ricoprono per metà della loro altezza. I fianchi sono debolmente con- vessi e dal punto di loro massima gonfiezza, che è presso l'ombelico, si abbassano lentamente verso il dorso, che resulta stretto, acuto, quasi tagliente e senza carena sinfonale ‘individualizzata. Dalla parte interna essi scendono alla sutura repentinamente e quasi verticalmente, producendo un distinto margine circom- belicale ed una parete assai alta intorno l'ombelico. La sezione dei giri che ne resulta è subsagittata. Nella parte interna dei giri i fianchi sono ornati da pieghe assai spiccate, alquanto irregolari, un poco più strette degli intervalli, talvolta accoppiate lungo il contorno ombelicale, ove appunto nascono con rilievo subito notevole. Le coste generalmente si suddividono sulla metà dei fianchi, talvolta anche verso l’esterno, .alcune restano però anche semplici, tutte si deprimono e vanno svanendo verso il dorso. Dapprima esse sono quasi radiali e leggermente curvate in avanti; sulla metà dei fianchi fanno una curva assai decisa rivolta in dietro, poi si piegano nuovamente in avanti, e finiscono con una lunga coda gradatamente evanescente. 1) QueNsTEDT. Jura, pag. 119, tav. 14, fig. 6. 2 D’OrBIGNY. Paléont. frans., terr. jurass., t. I, pag. 261, tav. 74. 3) Ip. L.c., pag. 259, tav. 73. 8 A. FUCINI [8] La linea lobale (fig. 4) si distingue per la grande larghezza del lobo sifonale il quale comprende quindi una selletta sifonale di larghissima base. Il primo lobo laterale è invece piuttosto ristretto e un poco meno profondo del precedente. Il secondo laterale è meno profondo di tutti. I piccoli Fre. 4. lobi accessori, di forma non ben decisa, appaiono profondi circa quanto quello sifonale. 20, La sella esterna non è molto ampia, ma assai frastagliata. La prima laterale invece RI è più ampia, ma meno frastagliata e meno alta della precedente. La seconda sella Hr oto dtet laterale resulta ancora più bassa, più stretta e più semplice. Le selle accessorie, Linea lobale dell’Or.veno- 28Saì ridotte, appaiono quasi come dentellature; solamente l’ultima, su cui cade AAT RSI di la sutura ombelicale, sembra allargarsi ed innalzarsi più delle altre. grandezza naturale. In confronto con 1’ Ox. Gwidbalianum D’ORB., al quale vengono dagli autori riferite forme, secondo il mio parere, spesso diverse, questa specie ha la conchiglia assai più compressa, più largamente ombelicata, con coste più numerose e più sinuose e sopra tutto con ombelico distinto nettamente dai fianchi mercè una carena bene spiccata. La linea lobale, oltre ad una differente frastagliatura, presenta anche una sella esterna più alta della prima laterale, anzichè più bassa, come nella specie del D’ ORBIGNY. Tra le Ammoniti dei calcari rossi inferiori di Campiglia riferite dal De STEFANI al suo Oz. perilam- banon si trovano esemplari che corrispondono grandemente alla mia specie, della quale sembra che abbiano solamente pieghe un poco più rade ed aggruppate più irregolarmente. Io ho posto tali esemplari con dubbio in sinonimia dell’ Ox. oenotrium. L° Ox. perilambanon, a tipo del quale, secondo me, va preso l’esemplare rappresentato dal Dr STEFANI con la fig. 3 della tav. II nel suo lavoro citato in sinonimia, differisce dalla specie in esame per minor compressione, per accrescimento meno rapido, per dorso più largo e con carena distinta, per coste più grossolane e meno sinuose, nonchè per ombelico più stretto, avente carena assai meno spiccata. La linea lobale sembra pure diversa perchè meglio corrispondente a quella dell’Ox. Guibalianum D’ORB. Avendo avuto, per gentile concessione del Dr STEFANI, gli originali dell’Ox. perilambanon, debbo notare che non sono stati dal disegnatore molto fedelmente riprodotti. L’esemplare studiato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Firenze. 5. Oxynoticeras Haueri n. sp. — Tav. I [I], fig. 3,4. 1856. Ammonites Greenoughi (non Sow.) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 46, tav. 12, fig. 1-4, (pars) non fig. 5. 21856. _ Oxynotus (non Quensr.) Hauer. Ibidem, pag. 48, tav. 13, fig. 6,7, (pars) non fig. 4, 5, 8-10. 21881. Amaltheus Guibalianus (non D’ OrB.) WriGHT. Lias Amm., pag. 385, tav. 45. 1897. Orynoticeras Greenoughi Parona. Amm. lias. di Lombardia, pag. 18, tav. 1, fig. 2. 1899. _ cfr. Guibalianum Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 6, tav. X, fig. 1. DIMENSIONI I II Diametro . 6 . 6 c ò o c . . mm. 64 mm. 44 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. . È 0, 51 0,51 Spessore » » » 3 5 ì 0,26 0, 26 Larghezza dell’ombelico » » ; ; i 0,15 0,14 Ricoprimento della spira » » 9 ; 5 0,15 0,15 [9] A. FUCINI 9 Credo che si tratti della stessa forma che l’ HauER ed il PARONA riportarono all’ Ox. Greenoughi Sow. D, che l’Huc confrontò con l’ Ox. Guibalianum D’ORB.?) e forse di quella che il WricHT riferì a quest’ ul- tima specie. Avendo in esame, oltre ai miei piccoli esemplari, anche uno molto grande dei calcari rossi inferiori di Campiglia e due provenienti da Adneth, più grandi di quello figurato di fianco dall’ HAUER, mi sono potuto convincere, oltre che della loro corrispondenza, anche della diversità da essi presentata con l’Ox.” Greenoughi Sow. e con lOx. Guibaliamum D’ORB. Nessun individuo, per quanto di sviluppo notevole, presenta la tendenza ad acquistare anche lon- tanamente i radi, ampi ed ottusi ornamenti della specie del SowerBy, la quale è stata molto bene ficurata dal WrIcHT ?). Tutti hanno coste relativamente non tanto grossolane, irregolari, talvolta riunite presso l'ombelico, più spesso suddivise oltre la metà del fianco, raramente semplici, arcuate e piegate assai in avanti sul dorso. L'ombelico non è poi tanto grande, i fianchi forse meno convessi e l’accre- scimeuto un poco più rapido. La linea lobale (fig. 5) dei miei esemplari è più semplice in frastagliatura di quella figurata dall’ HAUER per la forma da lui riferita all’ Ox. Greeroughi, però di andamento identico. La dif- ferenza è presumibile che sia data dalla notevole diversità di sviluppo dei relativi Fra. 5. individui da cui è stata tolta. GI! Unitamente ai miei esemplari ritengo diversi dall’Ox. Guibalianum D'ORB., anche III quelli ad esso riferiti dagli autori citati in sinonimia, sopra tutto per il dorso Linea lobale dell’Ox, più largo, più arrotondato e per i fianchi dei giri più rigonfi presso l'ombelico sul 774ueri n.sp., presa quale cadono assai più rapidamente. Deriva da ciò l’altezza notevole della parete È SO di gni 2, ln grandezza na- circombelicale, che è molto limitata invece nella specie del n’ OrBIGNY, come ho potuto turale. verificare sopra esemplari tipici provenienti da Nancy. La forma in esante è moltissimo vicina all’Ox. Aballoense D'OrB.®, figurato dal DumormIER ® e dal quale il Reywks sembra avere staccato 1° Ox. Doris 9. Io non sarei stato alieno dal considerarla anzi come una varietà di tale specie del p’ OrBIGNY, se gli ornamenti non vi fossero stati tanto meno distinti, più irregolari, più sinuosi, meglio evidentemente dicotomi e più numerosi. L’ Ox. Hauerì differisce inoltre, da una parte dell’ Ox. Abolloense figurato dal DumoRrmtIER, per il dorso meno acuto; dall’ altra parte, (= 0x. Doris REYN.) per minore spessore della conchiglia. L’Ox. perilambanon De StEF., nel quale secondo il mio parere si comprendono più forme, è pure una specie affine alla presente, ma ha un accrescimento molto più rapido ed ombelico più stretto. Ad esso forse si riferisce l Oxynoticeras del Veneto rapportato dal TarameLti © all’Ox. Guibalianum D’ORB. ed escluso dal GeyeR dalla sinonimia di tale specie. Se non potesse forse più propriamente riportarsi all’ _A. Collenotiù D’ ORB., ammetterei che fosse da identificarsi con la specie in istudio l’esemplare di Hierlatz che dall’ HaueR fu riferito all’ Ox. oxynotus i) SowerBy. Mineral conch., t. II, pag. 71, tav. 132. 2 D’Orpienv. Paléont. franc., terr. jurass., t. I, pag. 259, tav. 73. 3) WRIGHT. Lias Amm., pag. 384, tav. 44. 4 D’OrBIGNY. Prodròme, sinem., n. 30. 5) DuMoRTIER. Dép. jurass. Lias inf., pag. 141, tav. XXVII, fig. 1, 2; tav. XXVIII, fig. 1; tav. XXXVIII, fig. 1-3; tav. XL, fig. 1. 5) Revnbs. Monogr. d. Amm., tav. 41, fig. 13-15. 7) TARAMELLI. Monogr, d. Lias, pag. 73, tav. III, fig. 4,5. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 2 10 A. FUCINI i [10] Quensr. e rappresentato con le fig. 6,7 della tav. XIII del suo classico lavoro sui cefalopodi delle Alpi nord-orientali. Tutti i caratteri sembrerebbero corrispondere assai bene. Gli esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori; il più grande tra i due figurati appar- tiene al Museo di Monaco, il più piccolo a quello di Pisa. 6. Oxynoticeras Driani Dux. 1867. Ammonites Driani Dumormer. Depdis jurass. Lias inf., pag. 151, tav. XXXVII, fig. 1-6. 1879. —_ — Rrvnès. Monogr. d. Amm., tav. 41, fig. 4-9. 898. Orynoticeras Driani ? Fucmi. Amm. d. cale. rossi inf. d. Toscana, pag. 241. _ Riferisco a questa specie, altra volta da me notata per la prima volta in Italia, un esemplare fram- mentario costituito da un mezzo giro di circa mm. 72 di diametro, rappresentante parte dell’ ultima camera perchè sprovvisto di concamerazioni. Paragonato con la specie seguente esso ha accrescimento più lento, ombelico più ampio, altezza dei giri minore, spessore dei medesimi un poco maggiore, e naturalmente sezione più depressa e più arrotondata in corrispondenza del dorso, che è più largo. Le pieghe che ornano i fianchi sono meno proverse, quindi perfettamente radiali, più slargate verso l’ esterno, ove svaniscono più rapidamente, ma anche più esternamente. Il DumoRtIER istituì questa specie sopra esemplari della zona ad Ox. oxymotus, alla quale vien riferita anche dal Reynès; alla medesima zona appartiene pure probabilmente l'individuo di Campiglia determinato dubbiosamente da me. Il frammento esaminato è fossilizzato nel calcare grigio inferiore ed appartiene al Museo di Pisa. 7. Oxynoticeras Bourgueti Revn. — Tav. Il [II], fig. 1-3. 1879. Ammonites Bourqueti Revnès. Monogr. d. Amm., pag. 6, tav. 44, fig. 37, 38. DIMENSIONI I II III Diametro È 0 a o . : i o . mm, 107 mm. 68 mm. 68 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,37 0,43 0,42 Spessore » » » ò c 0,23 0,24 0,24 Larghezza dell’ ombelico » » i ol 0,27 0,26 Ricoprimento della spira » » . . 0,10? 0,11 0,10 Questa bella specie fu instituita dal Reynks sopra un bell’ esemplare di cui non si conosce nè la pro- venienza nè la precisa posizione cronologica. Essa non era stata ancora citata nei terreni italiani. Riferisco ad essa dieci individui, alcuni piuttosto mal conservati, dei quali il maggiore ha presso a poco le stesse dimensioni di quello figurato dal Revnks. La conchiglia è discoidale, compressa, di mediocre accrescimento e di discreta involuzione, in quanto che l’ultimo giro ricopre il penultimo per quasi la metà della sua altezza. La spira però non si svolge regolarmente ed in corrispondenza della camera di abitazione si apre un poco, facendo aumentare sproporzionatamente la larghezza dell’ombelico e diminuire il ricoprimento del giro precedente. Questo carattere, comune ad altre specie’ di Oxymoticeras, si scorge più chiaramente nell’esemplare rappresentato dalla fig. 2 (Tav. II [II]), che ha la metà dell’ultimo giro occupata dalla camera di abitazione, anzichè negli altri due esemplari, concamerati fino ad un terzo di giro dall’apertura. tina ttt... [11] A. FUCINI 11 I fianchi dei giri, quasi piani allo stato giovanile, vanno rendendosi più tumidi con l’accrescimento e proporzionatamente diminuiscono d’altezza. Ne consegue che l'ombelico si allarga e la sezione dei giri diviene meno ristretta. Il dorso con l’accrescimento si arrotonda; negli individui giovani esso è provvisto di una carena ottusa, la quale nei giri interni sembra assottigliarsi, discretamente larga ed arrotondata, distinta assai visibilmente dai fianchi mercè lievi solchi laterali. La carena stessa si perde assolutamente al diametro di circa mm. 50 ed allora il dorso rimane semplicemente e debolmente provvisto di indistinte depressioni laterali, spioventi ai fianchi, ultimo indizio di quelle che in addietro servivano a rendere più visibile la carena medesima e che vanno del tutto scomparendo con l’ulteriore sviluppo. Tali depressioni sembrerebbe che fossero però mantenute fino all’apertura nell’esemplare del ReynÈs, poichè si vedono accennate nella figura che rappresenta la bocca. Anche gli ornamenti variano con l'accrescimento. Essi consistono in circa 24 pieghe che nascono dall’ombelico e che, dopo aver percorso i fianchi, fino oltre la metà della loro altezza in senso più o meno proverso, talvolta indecisamente sinuoso, si suddividono allo stato giovanile, giungendo piegate ed arcuate in avanti fino al dorso, e svaniscono più o meno rapi- damente allo stato adulto. In questo stato, limitatamente però alle ultime coste in vicinanza della bocca e negli individui provvisti per gran parte della camera di abitazione, si osservano poi delle nodosità più o meno distinte che sì sviluppano sulle pieghe a metà circa dell'altezza dei fianchi. Questi cadono sull’om- belico con una curva più o meno strettamente arrotondata, talvolta quasi angolosa. La sezione dei giri è ovale. La linea lobale (fig. 6) è semplice e poco ramificata. Il lobo sifonale, non molto largo, è profondo quanto il primo lobo laterale. Questo presenta una larghezza assai limitata uguale a quella del secondo lobo laterale, il quale però rimane di un terzo meno profondo. Il primo lobo accessorio è assai ridotto, profondo circa quanto il precedente e relativamente Ca assai largo. La sella esterna resulta alquanto più bassa della prima laterale che la uguaglia o sorpassa in larghezza. La seconda sella laterale è alta quasi quanto la sella esterna, ma circa la metà meno larga. Più bassa e più ottusa d’ogni altra si presenta poi l’unica sella accessoria che ha l'estremità troncata e terminata con quattro foglie grossolane, disposte sulla stessa linea ascendente. Fe Questa bellissima e caratteristica specie presenta alcune affinità con l'Ox. mm.77, in grandezza naturale. Driani Duw., precedentemente descritto, e, se vuolsi, anche con 1’Ox. salisbur- gense Hauer ®. La specie del DumortIER ha però accrescimento meno rapido, giri di forma diversa, perchè più rigonfi in prossimità dell’ombelico, ornamenti radiali meno irregolari e sforniti di nodosità, nonchè dorso più largo e affatto privo di carena anche nei giri interni. La linea lobale poi dell’ Ox. Driani, data dal ReryNÈSs, è pure diversa per numero maggiore di lobi accessori e per maggiore sottigliezza nella frastagliatura di tutte le selle. L'Ox. salisburgense HAUER poi si distingue facilmente dalla specie in esame oltre che per gli ornamenti che sono limitati, almeno i più appariscenti, all'ultima porzione della spira, anche per la linea lobale differente e piuttosto simile a quella dell’Ox. Driani Dux. Non posso finire di occuparmi di questa bella specie senza fare rilevare le affinità generiche che essa presenta con gli Asferoceras e particolarmente con quelli che si trovano nella fauna di cui ora mi occupo. La parte dorsale infatti per nessun carattere ne è differente, almeno allo stadio giovanile, e la linea lobale da me rilevata corrisponde meglio a quella di Asteroceras che non a quella di altri tipici Oxyroticeras i quali, in generale, hanno elementi accessori più numerosi. Perciò viene a confermarsi sempre più il legame i) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 47, tav. XIII, fig. 1-3. 12 A. FUCINI [12] genetico tra gli Ardetites e gli Oxynoticeras, alcuni dei quali poi possono anche avere dato origine a degli Amaltei. Dei dieci esemplari di Ox. Bourguetì Rey. esaminati, due sono fossilizzati nel calcare rosso inferiore, gli altri nel calcare grigio; tutti poi appartengono al Museo di Pisa. 8. Oxynoticeras pulchellum n. sp. — Tav. I [I], fig. 5-9. DIMENSIONI I JI III IV Diametro i ; i . o È ; . mm. 57 mm. 50 mm. 39 mm. 39 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,45 0,46 0,47 0,49 Spessore » » » 5 0,20? 0,24 0,21 0,21 Larghezza dell’ombelico » » o 0,17 0,19 0, 18 0,17 Ricoprimento della spira » » . 0,15 0,14 0,14 0, 16 Per i sedici esemplari che io ho di questa specie parrebbe che essa non acquistasse dimensioni notevoli, poichè l’individuo più grande e che io figuro non sorpassa mm. 57 di diametro. La conchiglia è discoidale, molto compressa, di accrescimento non tanto rapido e di involuzione piuttosto spiccata, poichè l’ultimo giro ricopre il precedente per i tre quarti circa della sua altezza. Anche in questa specie, come nella precedente, si osserva, non in tutti gli esemplari però, un mag- giore svolgimento della spira in corrispondenza della camera di abitazione; ciò fa sì che l'ombelico appare più o meno proporzionatamente più grande quando si abbia la conchiglia a sviluppo completo. A questo riguardo bisogna qui osservare che tale carattere, che appare tanto distinto nell’esemplare più grande figurato, è in esso enormemente esagerato dalla corrosione subìta dalla conchiglia lungo il margine circombelicale della camera di abitazione, che vi occupa appunto la metà dell’ultimo giro. I fianchi sono appena leggermente convessi ed hanno il maggiore rilievo a metà della loro altezza. Di qui essi scendono molto debolmente tanto verso l’ombelico quanto verso il dorso; mentre però da quest’ultima parte vanno alla carena con una curva regolare, dalla parte interna invece si rialzano un poco lungo l’ombelico, per produrre un lieve cingoletto circombelicale, e quindi cadono alla sutura repen- tinamente e verticalmente. Il cingolo circombelicale si vede solo negli individui di perfetta conservazione. La sezione dei giri risulta sublanceolata, troncata inferiormente. Il dorso è ristretto e, nei piccoli esemplari o nella parte concamerata di quelli più grandi, presenta talvolta una leggerissima carena che forse sparisce con lo sviluppo. Spesso esso è acuto ma senza carena. Disgraziatamente in corrispondenza dell’ ultima camera nei più grandi individui da me posseduti, il dorso non è tanto ben conservato da presentare chiaramente la sua forma, però appare piuttosto arrotondato. Gli ornamenti consistono in pieghe più o meno numerose, da diciassette a venticinque per giro, depresse, poco distinte, irregolari, che nascono dal contorno ombelicale e che si dirigono verso 1’ esterno con andamento più o meno proverso ed aumentando un poco in rilievo ed in larghezza fin presso alla metà dell'altezza dei giri. Ivi le pieghe si deprimono, tanto da rendersi quasi indistinte, si slargano e si suddividono in coste leggerissime, pressochè invisibili, le quali con una curva discretamente spiccata, avente la convessità rivolta in dietro, giungono al dorso ove spesso scompaiono e talvolta si uniscono a quelle dell’opposto fianco, interrompendo leggermente la carena e lo spigolo del dorso stesso. Con lo sviluppo anche questi ornamenti sembrano divenire nulli od ottusissimi. In. alcuni esemplari, aventi la camera di abitazione rappresentata dalla metà dell'ultimo giro, e precedentemente all’apertura, si trova un larghissimo [13] A. FUCINI 13 x solco radiale che ripete l'andamento delle pieghe. Il contorno preciso della bocca è sconosciuto. Il solco sinuoso ed obliquo che si vede alla fine dell’ ultimo giro nell’ esemplare più grande figurato è forse casuale, non avendosi sul fianco opposto alcuna traccia corrispondente ad esso. La linea lobale (fig. 7) non è molto complicata. Il lobo sifonale, assai ampio, contiene una selletta larga e discretamente elevata ed è sorpassato appena in profondità dal primo laterale. Il secondo lobo laterale appare alquanto meno profondo del sifonale, ma sorpassa i tre o quattro lobi accessori, molto ridotti e sempre meno profondi procedendo verso l’ombelico. La sella esterna BIG.7 resulta un poco più bassa della prima laterale, della quale però è un poco più frasta- LEA Mez Si gliata. Essa, mentre ha la base stretta, si slarga poi superiormente. La prima sella De Se laterale invece è più larga alla base e più stretta nella parte superiore. La seconda ,,;realobale dell Oolvul: laterale e le tre o quattro selle accessorie, che vanno degradando verso l’ombelico, chellumn. sp., presa al OLE 5 R 6 diametro di mm. 37,in somigliano per la forma alla prima sella laterale, ma sono però molto ridotte. randezaltoatalo! Questa specie ha grandi somiglianze con l’Ox. salisburgense HAUER ® e special- mente con quell’esemplare di Moroges citato dal DuMORTIER °) e che io dubito più vicino alla mia specie che a quella dell’ Hauer. Infatti 1’ HauER, che ha avuto in esame anche individui giovani, non rileva per essi aleun carattere diverso e dice che la sua specie ha la superficie liscia ed il dorso, sebbene ristretto, non carenato, nè angoloso, ma sibbene arrotondato. L'individuo del DumortIER ha il dorso arrotondato solo nell’ultima porzione della spira, mentre lo ha evidentemente angoloso almeno fino alla metà del- l’ultimo giro, e presenta ancora, nei giri interni, delle pieghe radiali, deboli e flessuose, che ricordano quelle della mia specie. L’Ox. pulchellum non sembra però raggiungere le dimensioni della specie dell’ HAUER, nè dell’individuo ricordato dal DumortIER e manca, sul terminar della spira, delle grosse pieghe radiali che precedono l’apertura; di queste pieghe se ne avrebbe tutt'al più un indizio, determinato dal solco peristomatico che precede la bocca di alcuni individui. Una certa somiglianza passa pure tra la specie in esame ed una parte dell’ Ox. perilambanon DE StEF.*) e specialmente con quelli esemplari che si riferiscono alla forma illustrata dal DE STEFANI con le fig. 1,2 e che il MeNEGHINI, insieme ad esemplari più vicini all’Ox. Soemanni Dum., aveva distinto nelle collezioni pisane con il nome di A. nautiloides. L'Ox. pulchellum è però diverso per l’ombelico più largo, più distintamente carenato, per le coste meno assottigliate e non sinuose presso il contorno ombelicale, più distintamente suddivise sul dorso e meno numerose. La linea lobale e gli ornamenti pressochè indistinti differenziano da questa specie 1° Ox. sinister Can. 4) del Lias inferiore di Spezia. L’Oxynoticeras di Hierlatz che il GeveR ?) lasciò indeterminato sembrerebbe riferibile alla mia specie; gli ornamenti, la forma del dorso, dell’ombelico e della sezione dei giri sono simili, solo la conchiglia sarebbe più compressa. Degli esemplari esaminati, uno appartiene al Museo di Monaco, uno a quello di Firenze ed uno alle collezioni del Comitato geologico; tutti gli altri si trovano nel Museo pisano; parte sono conservati nel calcare rosso inferiore e parte in quello grigio. i) HaUER. Cephal. a. d. Lias, pag. 47, tav. XIII, fig. 1-3. 2 DUMORTIER. Dépòts jurass. Lias. inf., pag. 153, tav. XXXII. 3) DE STEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 59, tav. II, fig. 1,8. 4 CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 88, tav. II, fig. 17; tav. IX, fig. 6. 5) GreyeR. Cephal. d. Hierlatz, pag. 237, tav. II, fig. 21. 14 A. FUCINI [14] II. Gen Kondiloceras n. gen. A malincuore mi sono deciso ad istituire un genere nuovo sopra un solo esemplare di Ammonite, di conservazione non del tutto eccellente. Vi sono stato spinto dalla bellezza e dalla spiccata caratteristica della forma, insieme con l’incertezza in cui io mi trovava per il riferimento generico. Il carattere sopra cui si basa la mia distinzione si trova principalmente nella forma del dorso che, mentre differisce note- volmente da quella delle altre Ammoniti liasiche, non lascia dubbio sulla pertinenza del genere in discorso alla famiglia delle Amaltheidae Fiscarr. La linea lobale infatti ricorda quella degli Amaltei, specialmente delle forme antiche. Disgraziatamente il mio esemplare non ha conservata l’ultima camera che molte volte presenta caratteri importantissimi e differenti da quelli della parte concamerata della spira. Tra la stessa famiglia delle Amaltheidae, il nuovo genere proposto ha poi spiccate affinità con i veri Amaltheus, specialmente del gruppo dell’Am. spinatus Brue., con i quali ha linea lobale molto simile, e con gli Oxynoticeras. Si avverta inoltre. che anche i ZWhacoceras, i quali hanno la linea lobale vicina a quella dei PlyMoceras, si avvicinano per la forma del dorso al-mio genere, particolarmente con le forme del Rhac. ibex QueNsT.; queste però avrebbero i nodi del dorso allungati trasversalmente anzichè longi- tudinalmente. 1. Kondiloceras Manciatii n. sp. — Tav. II [II], fig. 5. DIMENSIONI Diametro . 7 o È : ; ; 5 5 3 ; ; . mm. 42 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ; ; : È , 0,40 Spessore pi » » È 5 5 à È 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » ; È 7 È 5 0,31 Ricoprimento della spira » » ; : : È : 0,06? L'unico esemplare sul quale io ho fondato il nuovo genere e la nuova specie è in modello interno ed ha la spira tutta concamerata. La conchiglia è discoidale, compressa, discretamente ombelicata e medio- cremente involuta, inquantochè l’ultimo giro ricopre il precedente per un terzo circa della sua altezza. I fianchi sono leggermente convessi ed hanno il loro maggiore rilievo un poco sotto alla metà dell’altezza, d’onde si deprimono gradatamente tanto verso l’esterno quanto verso l'interno, aumentando però la loro discesa presso l’ombelico e presso il dorso. La sezione dei giri è tuttavia subquadrangolare per causa degli ornamenti. L'ombelico resulta non tanto profondo e con margini arrotondati. Gli ornamenti si scorgono solamente sull’ultimo giro, forse per la conservazione poco buona della parte interna della spira. Essi consistono in circa ventidue coste che nascono sulla parete ombelicale, ove sono molto inclinate, e che sui fianchi acquistano un andamento alquanto retroverso, non perfettamente rettilineo, ma un poco arcuato e con la sinuosità rivolta in dietro. Procedendo verso l’esterno le coste aumentano leggermente di rilievo e finiscono poi sul margine dorsale con uno spiccato tubercolo la cui parete posteriore cade sul fianco assai più nettamente di quella anteriore, più gradatamente declive. Tali coste non sono molto regolari, special- mente in riguardo agli intervalli interposti, più o meno larghi, e perchè talvolta, se l'intervallo è grande, ivi sì presenta un’altra costa più minuta e molto più leggera, la quale non termina all’esterno con il tubercolo consueto. Il dorso, nella prima porzione della spira, avanti della metà dell’ultimo giro, è acuto, tagliente, senza avere però carena sifonale distinta, e presenta dei leggeri ondeggiamenti in corrispondenza delle coste e dei tubercoli che ornano i fianchi. Ingrossandosi con lo sviluppo, tali ondeggiamenti vanno prendendo la forma di nodi molto ristretti ed allungati nel senso della spira, succedentisi l’uno all’altro senza interruzione RO n IRETTO,. POP a [15] A. FUCINI 15 e dei quali se ne ha uno per ogni costa del fianco. Anche questi nodi, come quelli che si trovano al finire delle coste, hanno il lato anteriore più dolcemente declive di quello posteriore, il quale è più spiccato. La linea lobale (fig. 8) poco frastagliata, si distingue per la larghezza delle selle in confronto alla strettezza dei lobi. Il lobo sifonale, non tanto profondo, contiene una selletta sifonale piuttosto alta ed è sorpassato dal primo laterale ristretto e terminato in tre punte asimmetriche. Il secondo lobo laterale è profondo quasi come quello sifonale e largo quanto il precedente. I due FIG. 8. lobi accessori sono grandemente ridotti e poco profondi. La sella esterna, più ampia, SI! ma più bassa della prima laterale, sorpassa appena in altezza la seconda sella laterale, PALI la quale è alquanto più alta di quella accessoria. Per la forma delle foglioline la linea lobale esaminata ricorda grandemente quella degli Amaltheus e di alcuni Oxynoticeras. ea Dal del fora: Manciatiin.sp., pre- Io non conosco alcuna Ammonite che possa avvicinarsi alla specie in discussione, sa al diametro di . 6 o . DS 9 6 2 mm. 36, in grandez- che io sono incerto se riferire alla parte più profonda del Lias medio oppure a quella AA più alta del Lias inferiore. Propenderei però per quest’ultima ipotesi. La roccia rossa che fossilizza la conchiglia, sebbene si trovi quasi identica anche nel Lias medio, corrisponde a quella in cui sono pietrificati molti esemplari delle specie di Oxynoticeras già descritti. L’individuo esaminato proviene dai dintorni di S. Casciano de’ Bagni ove fu raccolto dal farmacista . Maxcramt, al quale ho dedicato la specie, ed appartiene al Museo di Pisa. II. Gen Rhacoceras Acassiz (fide Hranm). Il nome generico di Rhacoceras adoprato dall’ HyarT® tanto per VA. Loscombi Sow. e VA. ibex QuENsT. (= A. Boblayi ’ORB.), quanto ?) per alcuni PhyWoceras tipici, quali PR. calypso D’ OrB. e Ph. heterophy Mum Sow., è stato ritenuto sinonimo di PhyMoceras ed a questo genere sono state riferite in questi ultimi tempi le Ammoniti del tipo dell’A. Loscombi e dell'A. ibex, non sempre però senza qualche incertezza. Sarà forse difficile separare dai veri PhylMloceras VA. Loscombi originale, ma io riterrei diverse genericamente alcune forme che ad esso furono riferite dal FurTERER e dal PomPECKI, insieme con quelle più vicine all’A. ibex. I caratteri della linea lobale di tali Ammoniti non corrispondono davvero del tutto a quelli molto distinti dei tipici PhyMoceras, specialmente per il numero, la forma e la frastagliatura delle selle, inoltre anche le ornamentazioni della conchiglia sono assai diverse. I Rhacoceras potrebbero essere tenuti separati dai PhyMoceras allo stesso titolo dei ARacophyllites con alcuni dei quali hanno vicina l’apparenza esterna. Nè è poi priva di valore una lontana somiglianza che essi presentano con certi Oxynoticeras. 1. Rhacoceras numismale Quenst. — Tav. II [II], fig. 4. 1849. Ammonites heterophyllus numismalis Quenstent. Cephalopoden, p. 100, tav. 6, fig. 4, 5 (pars), non fig. 3. 1885. — = — QuensteDt. Amm. d. Schw. Jura, pag. 291, tav. 37, fig. 8 (2), 9 (2), 10, 11. 1891. Phylloceras Loscombi (non Sow.) Furmmrer. Amm. d. mittl. Lias v. Oestringen, pag. 295, tav. VIII, fig. 5-8. 1893. _ numismale Pompeckt. Rev. di Amm., pag. 14, tav. III, fig. 4-7. 1) Hyatt. The Fossil Cephal., pag. 86. 2) In. L.c., pag. 9, 16 A. FUCINI [16] DIMENSIONI Diametro . c c ò i . . o c 6 ò ; . mm. 58 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro 0 6 o 6 7 0,53 Spessore » » » o : , ; 7 0,21? Larghezza dell’ ombelico » » o o : . c 0,14 Ricoprimento della spira » » è . 6 : È 0,20 L'unico esemplare che io ho in esame di questa specie corrisponde molto bene a quelli del Wiir- temberg e di Oestringen dei quali alcuni si trovano nel Museo di Pisa. Separo questa forma dall'A. Loscombi Sow. tipico, contrariamente all’opinione di FurTERER, ma in accordo con il QuensreDT ed il PoMPEGRI, poichè mi è sembrato che ne sia sufficientemente distinta specialmente per gli ornamenti. Questi, nella parte interna dei fianchi, risultano da leggere costicine alquanto flessuose che ingrossano assai nella parte esterna e che attraversano quindi il dorso con il loro maggiore rilievo. Nella forma originale del SowERBy, della quale ho esaminato nel Museo di Pisa un esemplare del Lyme Regis, si ha invece che le costicine molto sottili dei fianchi si estinguono-talvolta sul dorso, che rimane quasi liscio, e quando ciò non avviene, come nell’ esemplare put tipico di A. Loscombi figurato dal WricHT!, nel dorso stesso prendono un altro aspetto. Si avverta però che paragonando il mio esemplare alle figure del QuenstEDT ed alle dimensioni date dal PomPECKI, esso presenta una lieve differenza nella minore larghezza dell’ombelico e nello spessore dei giri. i Il hac. Elteni Powp. °) differisce dal Rhac. numismale sopra tutto per il maggiore spessore dei giri; il hac. paucicostatum Pomp.® per gli ornamenti poco numerosi; il Rhac. Wechsleri Orp. 4 per gli or- namenti più numerosi e più sinuosi; il Mac. ibex-heterophyIlus Quenst. °) per le coste più rilevate e più regolari. i Una parte poi dell'A. Loscombi figurato dal WrIcnT® è diversa dal tipo del SoweRBY per i medesimi caratteri per i quali ne differisce anche il A%ac. numismale, al quale essa è quindi somigliantissima, sebbene abbia il dorso un poco più arrotondato e l’ombelico più largo. L’esemplare studiato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. IV. Gen. Phylloceras Suess. Questo genere è ampiamente rappresentato nel Monte di Cetona, ove, se mancano talvolta esemplari piccoli che permettano di seguire sempre l’evoluzione delle forme, non fanno difetto, per alcune specie, individui completi fino a manifestare assai distinti i caratteri del peristoma. È stato quindi possibile sta- bilire, oltre che la forma della bocca nel Ph. Emeryi Bert. (Tav. VI [VI], fig. 82, c) e nel Ph. cylindricum Sow. var. Bielzii (Tav. III [III], fig. lc, 2d), anche le differenze cui essa va soggetta in quest’ultima specie a diverso sviluppo. i 1) WrIGHT. Lias Amm., pag. 419, tav. XL, fig. 4, 5. ? PomPECKI. Revis. d. Amm., pag. 18, tav. III, fig. 3. 3 Ip. Z.c., pag. 20, tav. II, fig. 2. 4) OppeL. Pal. Mittheil., pag. 135, tav. 43, fig. 1. © QuensreDT. Amm. d. Schw. Jura, pag. 294, tav. 37, fig. 14. 9 WrigaT. Lias. Amm., pag. 419, tav. XXXIX, fig. 1-3. n] A. FUCINI 17 Tra le relazioni di affinità specifiche vanno notate quelle che passano tra il P). Lipoldi HAUER, specie più antica, ed i Ph. Walneri Gemm., Ph. Meneghini Gemm., Ph. Herbertinum Revw. e Ph. frondosum REvx., per i quali può giustamente stabilirsi questa successione : Ph. frondosum Ph. Hebertinum | Ph. Wiahneri Ph. Meneghini Ph. Lipoldi Fra le specie di PhyMoceras descritte vanno attribuite al Lias inferiore o meglio ai calcari ammoni- tiferi inferiori: sono del Lias medio : Phylloceras cylindrieum Sow. » Phylloceras tenwistriatum Max. » »d » Phylloceras dubium n. sp. converum De STEP. » Partschi St. persanense HerB. » tenvistriatum Mor. Lipoldi HAUER » oenotrium n. Sp.; Wihneri Gem. Phylloceras frondosum Rey. Zetes D’ORB. » Bicicolae Box. Bonarellii Bert. » Emeryi Bert. ; Meneghinii Gem. ed appartengono al Lias superiore: 1833. 1851. 1854. 1856. 1878. non 1878. 1879. ? 1884. 1886. 1888. 1894. 1900. Phylloceras selinoides Mex. Phylloceras Spadae Max. 1. Phylloceras cylindricum Sow.— Tav. II [II], fig. 6-8. Ammonites cylindricum Sowerev in De LA Bhcne. Geol. Man., pag. 333, fig. 62. Phylloceras MenecnInI. Considerazioni, pag. 354. Hauer. HeterophyUen, pag. 18, tav. 3, fig. 5-7. Haurr. Cephal. a. d. Lias, pag. 56. 1 GramnLLaro. Muune giur. e lias., pag. 234, tav. 22, fig. 2. Horsicn. Sxéklerland, pag. 113, tav. XX E, fig. 2. Re:xnîs. Monogr. d. Amm., tav. 31, fig. 4-6,9. Parona. Lias inf. di Carenno, pag. 4. Gever. Ceph. d. Hierlata, pag. 3, tav. 1, fig. 3-5. Canavari. Lias inf. di Spezia, pag. 99, tav. 2, fig. 8-10, (pars) non fig. 11. Fucmi. Fauna d. calce. bianchi cer., pag. 209, tav. 13, fig. 7, (pars). DeL Campana. Foss. d. Medolo, pag. 564, tav. 7, fig. 5-7. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 3 18 A. FUCINI [18] DIMENSIONI I II III Diametro . o o î 6 È o È . mm. 49 mm. 29 mm. 26 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,59 0,58 0,57 Spessore » » » i , 0,41 0,41 0, 42 Larghezza dell’ombelico » » : 5 0,06 0,06 0, 06 Ricoprimento della spira » » È a 0,20 0,21 0,21 La forma tipica, sebbene non manchi in esemplari assai grandi, presenta quasi sempre dimensioni piuttosto piccole. Si ricordi però che alla Spezia non si conosce della specie in parola la forma completa, poichè tutti gli esemplari colà raccolti sono costituiti solo dalla parte concamerata della spira. I miei esemplari corrispondono perfettamente a quelli speziani per la forma caratteristica dei fianchi e della sezione dei giri; solo da un esame comparativo delle proporzioni centesimali si rilevano fra loro lievi differenze. La prima di queste apparisce nello spessore dei giri che, relativamente alla loro al- tezza, è un poco maggiore negli individui di Spezia. Ancora più accentuata si ha tale differenza con gli esemplari di Hierlatz che hanno uno spessore di giro anche maggiore di quelli di Spezia. Altra lieve diversità si avverte nell’ ampiezza dell’ombelico, molto limitata negli esemplari di Cetona, nei quali non oltrepassa 0,06 del diametro, un poco superiore in quelli di Spezia dove arriva fino a 0,10, e ancor mag- giore negli individui di Hierlatz nei quali raggiunge anche 0,16. Degli esemplari figurati dal Reynìs nessuno rappresenta la forma veramente tipica; tutti sono più compressi e quindi forse appartenenti alla var. compressa; quello rappresentato poi con le figure 7 ed 8 è anche molto vicino al P%. Lavizzariù HAUER!). Il Ph. cylindricum citato dall’ HerBICH ha un ombelico esageratamente ampio, per ciò, principalmente, esso fu escluso dal CanavaRI dalla sinonimia di questa specie. Fra tanti esemplari che io ho veduto nes- suno presenta poi i giri più larghi presso l’ombelico che verso l’esterno come nell’ individuo dell’ HERBICH; si osserva invece in molti una tendenza piuttosto contraria. La linea lobale del P%. cylindricum di Spezia figurata dal CanavaRrI, ha la sella esterna un poco più bassa della prima laterale; non però in tutti gli esemplari di quella località si ripete la stessa cosa ed io ne ho visti nel Museo di Pisa alcuni che hanno quelle due selle alte ugualmente od anche la esterna più alta della prima laterale. La stessa variabilità si ritrova negli individui del Monte di Cetona. In ogni modo è notevole il fatto di aversi nel Ph. cylindricum tipico la sella esterna talvolta più bassa della prima laterale in confronto con la linea lobale della var. Bielzà che sembra avere sempre la sella esterna più alta di ogni altra. Nel P%. subeylindricum Neum. ©, che si può riguardare come il progenitore diretto della specie del SoweRBy, la sella esterna è ancora più bassa della prima laterale; ma in esso ha speciale importanza la piccola pro- fondità del lobo esterno, mentre nel PR. cylindricum e nelle var. Bielziù e compressa quel Tobo ha circa la stessa profondità degli altri. Ritengo che gli esemplari di PM. cylindricum ricordati dal DeL CAMPANA come provenienti di Val Trompia non sieno di questa località. Certamente egli ha veduto e figurato dei veri cylindricum, prove- nienti però probabilmente dai dintorni di Spezia; la facies identica dei due depositi può aver verosimilmente prodotta la confusione. i) HAUER. HeterophyUen, pag.17, tav.2,. fig. 5-7. 2 NeumayR. Untersten Lias, pag. 22, tav. 1, fig. 15. [19] 3 A. FUCINI É « 19 E da escludersi dalla sinonimia del PM. cylindricum il Ph. converum De StEF.®, che dubbiosamente v'incluse il CanAvARI, e molti altri dopo di lui, tutti riferendosi alle figure date dal DE STEFANI, che non rappresentano molto fedelmente l’originale. Gli esemplari esaminati sono conservati tanto nel calcare grigio inferiore che in quello rosso; alcuni appartengono al Museo di Firenze, i più sono del Museo di Pisa. Var. Bielzii Hers. — Tav. IMI [II], fig. 1-4. 1878. Phylloceras Bielzii Herbica. \Sxéklerland, pag. 95, tav. XX F, fig. 2. DIMENSIONI I II III Diametro 6 7 5 - 5 . o . . mm. 90 mm. 54 mm. 34 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 6 0,56 0,57 0,56 Spessore » » » o o 0,35 0,34 : 0, 38 Larghezza dell’ombelico » » ; È 0,06 0,06 0,07 Ricoprimento della spira » » 6 e 0,20 0,20 0,20 Il Ph. Bielzii è citato dal De StEFANI 2) nel Lias medio del Monte di Cetona, ove egli dice che so- stituisce il Ph. converum De Ster. dei calcari rossi inferiori di Restì e di Massicciano e che descriverò più sotto. Io non ho trovato mai nel Monte di Cetona il P%. Bielzià, nè forme simili, insieme con specie del Lias medio; gli esemplari raccolti da me in posto erano accompagnati da specie del Lias inferiore ed anzi sul più grande esemplare misurato e figurato stava attaccato un frammento di Arietifes che fu tolto nella preparazione. Il Ph. Bielziùù fu ritenuto dall’ HeRBICH diverso dal PW. cylindricum Sow. per maggiori dimensioni e per ombelico più stretto. Le maggiori dimensioni non costituiscono un carattere di grande importanza, pensando che del Ph. cylindricum tipico di Spezia non si trova che la parte concamerata della spira e mai esemplari completi 3. La differenza della minore larghezza dell’ombelico sarebbe certo apprezzabile, ma perde assai di valore quando si rifletta che 1’ HERBICH la dedusse presumibilmente, almeno in parte, in confronto con il Pl. cylindricum da lui illustrato e che non è certo il Ph. cylindrieum del SoweRBY per avere appunto l'ombelico troppo largo. Che ciò sia giusto si rileva dalle misure centesimali date dall’ HERBICH stesse, nelle quali la larghezza dell’ombelico del P%. Bielziè è rappresentata da 0,05, mentre il CANAVARI per il Ph. cylindricum tipico, poco differentemente, dà 0,07 e 0,08. A questo proposito è notevole il rilevare i passaggi graduali che si hanno nella larghezza dell’ombelico tra questa forma dell’ HERBICH ed il Ph. subcylindricum Neuw. dati dal PR. cylindricum Sow. Questo nella serie degli esemplari di Hierlatz presenta ombelico stretto a grande diametro, assai ampio invece a piccolo diametro, accostandosi allora al Ph. subcylindricum. i) De STEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 49, tav. II, fig. 16. 2) Ip. L.c., pag. 50. 3) Se agli esemplari tutti concamerati di 35 e 40 mm. di diametro che si trovano a Spezia si aggiungesse l’ ul tima camera, che occupa circa i 3/, dell'ultimo giro, si verrebbero a formare individui di dimensioni poco diverse da quelle del più grande esemplare che io ho in esame, il quale manifesta concamerazioni fino al diametro di 49 mm. 20 » A. FUCINI [20] Sebbene non ritenga che il PR. Bielzà possa specificamente tenersi distinto dalla specie del SowERBY, io credo, tuttavia che esso ne costituisca una spiccata varietà, caratterizzata dall’avere i giri più ristretti presso l'ombelico, il quale resulta quindi meno profondo. È notevole il fatto di aversi in tutta questa specie e sopratutto nella var. Bielzii degli esemplari, non solo con l’ultima camera conservata, ma ancora con il peristoma presente; ciò non accade che raramente nelle altre specie studiate. La bocca ha il margine laterale leggermente concavo, seguito Io, 6) parallelamente da un solco più o meno largo e spiccato dalla parte dei fianchi; il margine dorsale si protende in avanti a guisa di lingua e sembra un poco ai deprimersi, certo si comprime, ma a solo sviluppo completo, come dimostrano i relativamente le fig. 1c e 24 della Tav. IMI [III]. IRON ONTO Cel 9 gio La linea lobale (fig. 9) della varietà presente, osservata da me in parecch dricum Sow. var. Bielzii Hers., presa al diametro individui, mostra costantemente la sella esterna più alta della prima laterale ed RES, îm grandezz2 ;1 lobo sifonale più profondo di ogni altro. Del resto essa è del tutto corrispon- dente a quella del PR. cylindricum tipico. Gli esemplari esaminati sono numerosissimi, conservati tanto nel calcare rosso inferiore quanto in quello grigio; molti appartengono ai Musei di Firenze e di Pisa, pochi sono dei Musei di Milano e di Monaco. Var. compressa n. var. — Tav. IMI [III], fig. 5-8. 21879. Phylloceras cylindrieum Revnès. Monogr. d. Amm., tav. 31, fig. 4-9. 1888. — — Canavari. Lias inf. di Spexia, pag. 99, tav. II, fig. 11, (pars) non fig. 8-10. DIMENSIONI I II IlI IV Diametro 6 È 5 È à 6 : . mm. 67 mm. 56 mm. 45 mm. 30 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 56 0,54 0,55 0, 56 Spessore a > » » . 0,35 0,26? 0,31 0,30 Larghezza dell’ombelico » » 5 0,07 0,07 0,08 0,08 Ricoprimento della spira "ld » . 0,19 0,19 0,20 0,20 Il CanaAvaRI studiando il Ph. cylindricum Sow. di Spezia distinse, tra i numerosi esemplari di quella località, una forma avente notevole appiattimento dei fianchi ed anche ombelico un poco più largo del tipo sowerbyano. Secondo il CANAVARI quella forma, per una leggera convessità dei fianchi, sarebbe inter- media tra il Ph. cylindricum tipico ed il Ph. converum De StEFANI. Una tal forma si trova anche nel Monte di Cetona ed io credo di riferire ad essa parecchi esemplari. Quello che io rappresento con la fig. 5 della Tav. IM [III], uno dei più grandi, non è molto bene caratterizzato, avendo i fianchi discretamente larghi; però non è nemmeno riferibile al tipico Ph. cylindricum per il dorso meno appiattito e più ar- rotondato. La forma in esame ha una lontana rassomiglianza con il Ph. Lavizzarii HAUER !, ma la linea lobale e la assai differente ampiezza dell’ombelico la distinguono sufficientemente. i) HAUER., HeterophyUen, pag. 17, tav. MI, fig. 5-7. [21] A. FUCINI 21 Degli esemplari esaminati, piuttosto numerosi, per la maggior parte conservati nel calcare rosso inferiore, tolti tre che appartengono al Museo di Pisa ed uno del Museo di Milano, tutti gli altri sono di proprietà del Museo di Firenze. 2. Phylloceras convexum Dre Ster. — Tav. II [II], fig. 9. 1886. PhyMoceras converum De Srrrani. Lius inf. ad Arieti, pag. 49, tav. I, fig. 14; tav. II, fig. 16. DIMENSIONI Diametro . ò 0 d . c o . . mm. 40 s Altezza dell’ùltimo giro in rapporto al diametro . . o . . 0,57 Spessore » » » 0 0 0 . 0 0,47 Larghezza dell’ombelico » » 0,08 Ricoprimento della spira » » : ; : 0,14 Di questa specie io ho un solo esemplare perfettamente identico a quello figurato, ma non troppo esattamente, dal De SreFrAanI e che ho veduto nelle collezioni del Museo di Firenze. Il Ph. converum fu istituito sopra un esemplare di Restì e sopra un frammento di dubbia provenienza, forse di Massicciano, e fu dall’autore ritenuto diverso dal PR. cylindricum Sow. per le maggiori dimensioni e per i fianchi più con- vessi e più larghi presso l'ombelico. Il CanavarI ®, avendo posteriormente trovato a Spezia esemplari di Ph. cylindricum con i fianchi un poco convessi, osservando che anche ad Hierlatz se ne trovano della stessa forma e pensando alla identità che sarebbe stata constatata dal De STEFANI nella linea lobale, am- mise dubbiosamente che la specie del De StEFANI potesse essere riunita a quella del SowerBy. La stessa cosa fu da me ? ritenuta dopo lo studio di non molti esemplari di P%. cylindricum del Lias inferiore del Monte Pisano. Con l'osservazione dell’esemplare in esame e di quello originale mi sono persuaso però della perfetta separabilità delle due specie, dovuta in parte alle differenze rilevate dal DE STEFANI e più specialmente alla diversità della linea lobale, quantunque questa non si veda tanto chiaramente nell’in- dividuo di Restì. In confronto con il Ph. cylindricum i fianchi di questa specie sono più convessi, ma quello che più contribuisce a darle un aspetto differente è la curvatura meno netta e più larga dei margini circombelicale ed esterno; il dorso ed i giri sono poi più larghi, ma meno appiattiti. La linea lobale (fig. 10) ha il lobo sifonale relativamente ristretto e più Fia. 10. ' | + profondo di ogni altro; il primo lobo laterale, assai obliquo verso l'esterno, si YI INI iga i manifesta tre rami irregolari, dei li l’esterno, più profondo Sarga in basso, ove manifest am ego ari, dei qua Ì l’esterno, più IN e sviluppato, si protende verso il lobo sifonale; anche il secondo lobo laterale De Sner., presa al diametro a o 5 E È - Ò i .34, in grandezza na- si presenta un poco obliquo e terminato irregolarmente; dei lobi accessori, che ROD sono circa cinque o sei, non si vedono distintamente che i primi due e questi sono pure poco regolari e poco profondi. La sella esterna, molto alta e sviluppata, è caratteristicamente terminata in quattro foglie; la prima laterale più bassa e molto più minuta della precedente, termina difillicamente come la seconda laterale e come le due selle accessorie visibili, sempre più basse e ridotte. 1) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 100, 101. 2 Fucini. Fauna d. calce. bianchi cer., pag. 209 22 A. FUCINI [22] Anche un esame superficiale lascia scorgere le differenze notevoli di questa linea Jobale con quella del Ph. cylindricum Sow. Se non fosse per la linea lobale mal si distinguerebbe il PR. converum dal Ph. Calais Mer. ! e dal Ph. persanense HeRB.®, dei' quali ha solamente l'ombelico più stretto. Somiglianza moltissimo accen- tuata, se non identità perfetta, deve passare poi tra la specie del DE StEFANI ed il PW. leptophyWum HaugR ?, del quale si ha solo una deficiente figura ed una descrizione poco estesa dell’Hersic® *. La forma dei fianchi è pressochè la stessa, la linea lobale, per quel poco che si rileva dal disegno datone dal l’ HeRrBICH, parrebbe anche simile; l'ombelico solo sembrerebbe essere più grande nella specie dell’ HAUER. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 3. Phylloceras persanense Hersicn. — Tav. IV [IV], fig. 1,2. 1878. Phylloceras persanense HerBic®. Sxéklerland, pag. 111. tav. XX E, fig. 3; tav. XX H, fig. 1. 1900. — — UgLic. Fauna a. d. Bukowina, pag. 15, tav. 1, fig. 1. DIMENSIONI I II III tVa Diametro È . ‘ 0 6 $ o . mm. 90 mm. 70 mm. 66 mm. 47 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,53 0,54? 0,56 NIM0755 Spessore » » » . 0,38? 0,40 0,43 0, 42 Larghezza dell’ombelico » » : 0,13 0,13 0,13 0,14 Ricoprimento della spira » » i 0,12 0,13 ? 0,14 Questa bella specie di P7yMoceras, non ancora stata citata in Italia, è rappresentata nella mia collezione da sei esemplari, conservati tutti, ad eccezione di uno, nel calcare grigio. L’esemplare più grande (Tav. IV [IV], fig. 2) è concamerato fino quasi a tutta la spira, che comprende però anche una piccolissima parte . della camera di abitazione. Da ciò si arguisce che la specie prende notevoli dimensioni come è dimostrato 4 anche dagli studi dell’ UrLIe. Quell’esemplare è ben conservato solo nel fianco destro, quindi resta alquanto dubbio lo spessore dei giri, che in ogni modo sembra essere un poco minore di quello di tutti gli altri individui e di quelli tipici dell’ HERBICH, ai quali del resto corrisponde per ogni carattere, compreso quello secondario delle pieghe radiali lungo la parte circombelicale dei giri, in corrispondenza ( delle linee lobali. Nella figura la bocca di tale esemplare è stata completata sul fianco sinistro. I solchi peristomatici osservati dal- l’UHLIG in questa specie si vedono solo nei due esemplari più piccoli TREO SE e e sono due o tre, molto leggeri ed indistinti. turale. La linea lobale (fig. 11), oltre che dalla piccola profondità del lobo esterno, è caratterizzata dalla grande ampiezza degli altri lobi, specialmente del primo laterale, e dal piccolo numero di elementi accessori. Il primo lobo laterale è poi i) MENEGHINI. Poss. du Medolo, pag. 24, tav. III, fig. 1,2. © HeRrBICH. SzéKlerland, pag. 111, tav. XX E, fig. 3; tav. XX 7, fig. 1. 3 Haver. Verbandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 192, 1866. i HeRrBIcH. Széklerland, pag. 112, tav. XX H, fig. 1. [23] A. FUCINI 923 quasi il doppio più profondo del lobo sifonale; gli altri sono via via sempre meno profondi. La sella esterna, bifogliata, resta alquanto più bassa della prima laterale quasi trifogliata, ma un poco più alta della seconda laterale che termina difillicamente, come le due accessorie che ancora si vedono e che sono sempre più corte. Non si scorgono poi bene i caratteri dell’altra sella accessoria che si trova sulla parete circombelicale. Allo stesso gruppo cui appartiene il PR. persanense HERBICH si riferiscono specie di Lias medio, quali Ph. Calais Men. !, Ph. microgonium Gremm.?, Ph. alontinum Gemm.8 L° UgLI6 ad esso paragona anche il Ph. leptophyllum Hauer, il Ph. Bielzii HerB. 9) e il Ph. converum De Ster. 5 Facendo anch'io il con- fronto con queste varie specie dirò subito che a me sembra che il Pl. Calais sia quello che più si avvicini alla specie in esame, per quanto recentemente il Bertoni abbia sostenuto che le sia più prossimo il Ph. alontinim Gemx. In ciò mi baso sull’esame delle linee lobali, essendo simili l'ampiezza ombe- licale, la forma dei giri e l'andamento della spira. La linea lobale del P). Calais, sebbene differente da quella del PR. persanense per maggior profondità del lobo sifonale e maggiore altezza della sella esterna, vi corrisponde grandemente per il numero esiguo di elementi accessori, per la straordinaria ampiezza del primo lobo laterale e per la disposizione delle selle. La linea lobale del Pl. alontinum, come si vede anche dalla rappresentazione fattane sull’esemplare figurato dal GrmmELLARO nella tav. 1 del suo lavoro sui fossili degli strati a Zer. Aspasia dei dintorni di Galati, apparisce più ricca in elementi accessori e la disposizione sua è certo differente da quella che si osserva nel P7. persanense e nel Ph. Calais. La seconda sella laterale infatti si trova in corrispondenza circa della metà dell’ altezza dei giri anzichè del terzo interno come nelle specie dell’ HerBIcH e del MenEGRINI. Principalmente per tali differenze nelle linee lobali non mi sembra giustificata la riunione proposta dal BerroNI dell’ esemplare più grande di P). Calais figurato dal MENEGHINI con la specie del GEMMELLARO. Il Ph. microgonium Gemwm., sebbene certo dello stesso gruppo, è differente dalla specie dell’ HeRBICA non foss’altro per l’ ampiezza maggiore dell’ ombelico e per la linea lobale che ha il lobo sifonale molto più profondo. Il Ph. leptophyWlum Hauer ?, anche con la illustrazione datane dall’ HerBIcH 5), rimane una specie an- cora non ben definita. I caratteri che di essa si conoscono, le dimensioni comparative e la linea lobale accennata dall’ HrrBICH stesso sull’esemplare da lui figurato, sono certamente sufficienti a dimostrarci l’affinità grande che passa tra la specie dell’HaurR, il Ph. persanense ed il Ph. Calais, però ci mancano di essa molti caratteri importanti per stabilire un esatto confronto. L’UnLIG dice che il Ph. leptophyIlum Hauer diversifica dal P7. persanense HERBICH per il più rapido accrescimento in grossezza. Io trovo molto simili, se non identici, come ho già avvertito, il P). leptophyllum Hauer ed il Ph. converum De StEF. Dal Ph. alontinum Gemm. la specie dell’ HeRBICH è poco differente nella parte esteriore della’ con- chiglia, ma è molto diversa per la conformazione della linea lobale che, come ho avvertito più sopra, re- sulta meno ricca di elementi componenti. 1) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 24, tav. III, fig. 1,2. 2) GemmeLLARO. Strati a Ter. Aspasia, pag. 10, tav. 1, fig. 4, 5. 3) Ip. Z.c., pag. 9, tav. 1, fig. 7; tav. II, fig. 18-20. 4. HaveRr. Verhandl. d. k. k. gegl. Reichsanst., pag. 192, 1866. 5) HerBICH. Széklerland, pag. 113, tav. XX F, fig. 2. 5) Dn STRFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 49, tav. I, fig. 14; tav. II, fig. 16. 7) Hauer. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 192, 1866. 8) HerBicH. Széklerland, pag. 112, tav. XX H, fig. 1. 24 A. FUCINI [24] Il Gever ® ha figurato tra i Cefalopodi del Schafberg, avvicinandolo al Ph. persanense HeRB., un Phyloceras che io ?) già da tempo ho ritenuto affine al PR. Calais Mer. Con lo studio della specie pre- sente ritengo sempre più giustificato il mio giudizio. Infatti, tralasciando i caratteri esterni della conchi- glia, simili nelle due specie, la linea lobale descritta dal GevER è quella propria del Ph. Calais. Il Ph. Bielziù HerB. ed il Ph. converum De STEF., al quale 1’ UnLIG paragonò il Ph. persanense, sono certo differenti, il primo più del secondo, per la maggiore strettezza dell’ ombelico; il P%. Bielzà viene da me riguardato come una varietà del Ph. cylindricum Sow., il Ph. convexum è distinto definitivamente. È per me poco probabile che il PW. cylindricum HerB. 3) (non Sow.), come accenna 1’ UnLIG, sia un giovine esemplare del Ph. persanense; esso infatti ha lo spessore della conchiglia relativamente molto pic- colo; nei giovani esemplari che ho in esame dello stesso Ph. persanense, lo spessore dei giri è sempre mag- giore; anche la linea lobale è diversa. Degli esemplari esaminati, quello conservato nel calcare rosso appartiene al Museo di Pisa, gli altri del calcare grigio sono del Museo di Firenze. 4. Phylloceras Lipoldi Hauer. — Tav. VI [IV], fig. 9. 1854. Ammonites Lipoldi Hauer. Heterophyllen, pag. 26, tav. III, fig. 8-10. non 1868. —_ — MexeerIni in Rata. Die Berge v. Campiglia, pag. 323. 1886. Phylloceras ancylonotos De Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 50, tav. 11, fig. 15. 1886. —_ Lipoldi Gever. Cephal. d. Hierlate, pag. 220, tav. I, fig. 13, 14 (cum syn.). DIMENSIONI I II III Diametro. 0 o 0 . 2 ; È . . mm. 41 mm. 39 mm. 30 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . : 6 0,55 0, 54 0,56 Spessore » » » : ; ; 0,43 0,43 0, 44 Larghezza dell’ombelico » » o . 0 0,13 0,16 0,13 Ricoprimento della spira » » 5 £ o 0,14 0,14 0,14 A questa specie, fino ad ora conosciuta solo ad Hierlatz e nelle Alpi di Gratz, io credo che debba riferirsi il PhyMoceras di Resti e di Sassorosso che il De STEFANI distinse col nome di Pl. ancylonotos. L'altezza del giro (mm. 18) in rapporto al diametro (mm. 33) osservata dal De STEFANI dà un rapporto centesimale di 0,54, molto vicino a quello assegnato dall’ HAUER (0, 55) per l'esemplare tipico e dal GeEYER per gli individui di Hierlatz da lui studiati, nei quali oscilla tra 0,50 e 0,55 del diametro. Negli esem- plari del Monte di Cetona se ne hanno alcuni che, sebbene di pochissimo, sorpassano leggermente l’al- tezza dei giri di quelli già conosciuti. Lo spessore dei giri nei miei individui si mantiene assai costante; più variabile è in quelli di Hierlatz dove oscilla tra 0,42 e 0,53. In quanto alla larghezza ombelicale, che nella forma tipica dell’HaueR è data da 0,13 del diametro, si possono distinguere negli esemplari di Hierlatz esaminati dal Grver due forme delle quali una, corrispondente a quella figurata dall’HAuER, che l’ha rappresentata da 0,12 a 0,15 ed una nella quale è data da 0,20 a 0,25. Anche nei carattteri 1) GeYvor. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 39, tav. V, fig. 2. 2) Fucini. Lias medio d. Monte Calvi, pag. 222. 3) HeRrBIcH. Széklerland, pag. 113, tav. XX E, fig. 2. [25] A. PUCINI 25 dei giri questa specie sembra avere discreta variabilità. La forma originale ha i giri con il maggiore spessore sulla metà dell’altezza e sezione ellittica; il GeveR figura un esemplare, che, presentando il maggiore spessore nella parte interna dei giri, ha quindi una sezione ovale. Gli individui che ho in istudio corrispondono perfettamente alla forma figurata dall’ HaueR; a quella illustrata dal GeyER si ripor- terebbero meglio, secondo la loro descrizione, quelli che ebbero dal De STEFANI il nome di PV. ancylonotos. La linea lobale (fig. 12) del PR. Lipoldì, come dimostrano anche le figure datene dall’ HaueR e dal GeyeRr, non è molto ricca di elementi; vi si contano solo quattro lobi accessori e forse altrettante selle. I lobi sono tutti assai larghi, eccettuato il sifonale che è anche non molto profondo. Il primo lobo laterale, più profondo di ogni altro, ha tre distinte ramificazioni, delle ufo IE quali l'esterna si spinge in fuori fino a raggiungere quasi il lobo sifonale. La rami- 1 ficazione interna è la prima a separarsi dal tronco principale del lobo, la mediana e 64 E i NATI TINI AZ < l’esterna si staccano un poco più in basso e quindi sono anche più profonde del- l’altra. Il secondo lobo laterale, che sorpassa di poco la linea radiale, porta pure ,,;nea lobale del Py. zi tre ramificazioni, però l’esterna è quì la più corta e la prima a separarsi dal tronco 100 o a al . R 5 o DUO diametro di mm,32, in del lobo, la mediana e l’interna sono le più lunghe e si sviluppano assai in basso. grandezza naturale. Il primo lobo accessorio ripete presso a poco la forma del lobo ora descritto, ma resta un poco meno profondo del sifonale. Gli altri lobi accessori, sempre più semplici, hanno presso a poco la stessa profondità del primo, non arrivando nessuno alla linea radiale. La sella esterna, con quattro foglie distinte, delle quali due terminali, ha uguale o poco maggiore altezza della prima laterale pure con quattro foglie ugualmente disposte. La seconda sella laterale e la prima accessoria, questa più bassa di quella, terminano difillicamente. Nessuno dei miei esemplari ha conservata l’ultima camera; molti sono rotti al principio di essa. Se quindi si ammette che per essere completi vi dovessero essere aggiunti ancora due terzi di giro si ca- pisce come tali individui dovessero acquistare dimensioni notevoli. Il Ph. Lipoldi, cosa già osservata da GEYER, trova estese somiglianze con specie del Lias medio. Fra queste, quella che più si avvicina ad esso, è per me il Pl. Hebertinum Revwès ! che non ne diffe- risce affatto per la conformazione della conchiglia. Questo ha giri ugualmente rigonfi, con il maggiore spessore sulla metà della loro altezza e con sezione ellittica; la linea lobale solamente sembra essere diversa per conformazione delle selle e per maggiore numero di elementi accessori. i Anche il Ph. Meneghiniù Gewwm. ?), che alcuni vorrebbero assolutamente identico al Ph. Hebertinum Rey., ha somiglianza notevole con la specie dell’HauER; esso però ha sezione dei giri, a discreto stadio di sviluppo, sempre ovale, ombelico un poco meno largo e linea lobale differente anche per l'altezza minore della sella esterna in confronto della prima laterale. Il Ph. Wéahneri Gem. 3 è pure vicinissimo alla specie in esame, ma esso è forse un poco più com- presso e sembra differente, almeno nella forma originale, per la linea lobale alquanto più frastagliata ed anche per l'ombelico leggermente meno largo. Le tre specie che io ho confrontato con quella in discussione, essendo un poco più recenti, si pos- sono ritenere da essa direttamente derivate. Gli esemplari di PhyMoceras dei calcari spatici del Monte Calvi presso Campiglia Marittima, riferiti i) ReyvNbs. Essai de géol. et paléont., pag. 94, tav. 1, fig. 3. 2 GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia, pag» 8. tav. II, fig. 13-17. 3 Ip. Z.c., pag. 1, tav. I, fig. 4-3. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 4 26 A. FUCINI [26] già dal MenEGHINI all’Ammonites Lipoldi, furono da me ! recentemente considerati in parte come Ph. Me- neghiniù Gemm. e in parte come Ph. Wahnerì Gewm. Del PR. Lipoldi io ho esaminato, oltre a parecchi esemplari non buonissimi, individui assai belli; alcuni appartengono al Museo di Pisa, altri a quello di Firenze ed uno alle collezioni del Comitato geologico. Questa specie si rinviene tanto nei calcari grigi quanto in quelli rossi della parte inferiore dei calcari am- monitiferi del Monte di Cetona. 5. Phylloceras Wahneri Gr. — Tav. IV [IV], fig. 3-5. 1884. Phylloceras Wihmeri Gemmentaro. St. @ Ter. Aspasia, pag. 11, tav. I, fig. 1-3. 1896. - -- Fuomi. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 224, tav. 24, fig. 20 (cum syn.). DIMENSIONI I II III Diametro . . MERANO . c . - . . mm. 66 mm. 62 mm. 40 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ) ò 0,59 0,58 0,58 Spessore » » » È à o 0,38 0,39 0,39 Larghezza dell’ombelico » » È : o 0,09 - 0,10 0,10 Ricoprimento della spira » » 3 ò 9 0,13 0, 12 0,12 Il Ph. Weailneri Gemm. è così vicino al Ph. Lipoldi HauER che riesce molto difficile riferire all’uno o all’altro le forme intermedie, tali essendo appunto quelle degli esemplari del Monte di Cetona, che mi hanno tenuto perciò molto indeciso prima di separarle dalla specie precedente. Ho però creduto di dovere assegnare al Ph. Lipoldi, secondo le figure dell’ HauER e del ReynÈS e le dimensioni centesimali date dal GeyeRr, una larghezza ombelicale relativamente discreta ed una notevole gonfiezza dei fianchi. Allora non ho potuto separare i miei esemplari dalla specie del GEMMELLARO poichè essi, a comune col tipico Ph. Wihneri, a confronto con il Ph. Lipoldi, presentano ombelico un poco meno ampio e minor spessore dei giri. Però la linea lobale dei miei esemplari non è in tutti perfettamente simile nè a quella del PW. Wiéihneri, nè a quella del PR. Lipoldi. L'individuo più grande (Tav. IV [IV], fig. 3), che per la forma della conchiglia tanto si avvicina al tipo del GEMMELLARO, presenta, relativamente alla forma siciliana, la sella esterna (fig. 13) un poco più alta, sfornita delle spiccate appendici sulla parte interna delle foglie terminali che ten- dono a dare alla sella l'aspetto tetrafillico. La prima sella laterale manca pure di tali appendici e per di più, per la disposizione terminale delle foglie, appare trifilla. Tale linea lobale si accosterebbe a quella del P%. Lipoldi disegnata dall’ HAUER. Un altro esemplare, pure assai grande (Tav. IV [IV], fig. 5), presenta una linea lobale più vicina a quella del Ph. Walneri originale per avere la sella esterna più Lincalobale del Pa. War P2888 e la prima laterale più distintamente difilla. 7 Cano por ql Come ha fatto rilevare il GeEMMELLARO, sono notevoli le affinità che passano ocz meio, tra il Ph. Wihneri ed il Ph. frondosum Revn. Sembra che la specie del GeMMELLARO, derivata direttamente dal Ph. Lipoldi, sia una forma ancestrale del PW. frondosum. Ho vsservato pure questa specie in pochi esemplari di Ammoniti raccolte dal prof. PANTANELLI nei calcari rossi inferiori presso Montalceto e da lui gentilmente comunicatimi. Fic. 13. 1 FuciNnI. Lias m. del Monte Calvi, pag. 223 e 224. DO I [27] A. FUCINI Gli esemplari esaminati provengono per la massima parte dai calcari grigi inferiori, ma se ne tro- vano anche nei rossi. I Musei di Pisa e di Firenze ne posseggono parecchi individui, pochi e di non per- fetta conservazione si trovano anche nel Museo di Monaco. 6. Phylloceras dubium Fuc. — Tav. V [V], fig. 5, 6. 1888. Phylloceras Calais (non Mer.) Canavari. Lias inf. di Spezia, pag. 97, tav. II, fig. 16. 21895. _ — _ Fucini. Mauna d. calcari cer., pag. 332, tav. XIII, fig. 8. DIMENSIONI II JI III Diametro . 5 o . 7 ò 5 : o . mm. 38 mm. 30 mm. 25 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : i 0,50 0,50 0,50 Spessore » » » - ; . 0,37 0, 38 0,37 Larghezza dell’ombelico » » . ò . 0,20 0,18 0,19 Ricoprimento della spira » » : i o 0,13 0,13 0,15 La conchiglia di questa specie è mediocremente compressa, di accrescimento non molto rapido, piut- tosto largamente ombelicata e di non piccola involuzione poichè l’ultimo giro ricopre il precedente almeno per i due terzi della sua altezza. I fianchi dei giri sono appianati e scendono all'ombelico assai nettamente, producendo un margine circombelicale distinto, per quanto strettamente arrotondato. La su- perficie circombelicale è alta ed un poco obliqua verso l’interno. L'ombelico resulta quindi profondo ed un poco svasato. Il dorso è largo ed ampiamente arrotondato. Sui giri si trovano fino a nove solchi peristo- matici più o meno distinti, i quali corrono diritti, ma alquanto inclinati in avanti, dall’ombelico fino al terzo esterno dell'altezza dei fianchi. Quì si piegano ancora maggiormente in avanti e, proseguendo, si riuniscono sul dorso con una stretta curva. La superficie nei modelli è generalmente liscia; in un esem- plare però ed in corrispodenza della camera di abitazione essa resulta ornata da pieghe indecise e lievi, che seguono l’andamento dei solchi. Ciò si osserva anche in due esemplari del Lias inferiore di Spezia, riferiti dal Canavari al Ph. Calais Mexr., e nei quali si vedono anche delle confuse strie radiali. La linea lobale (fig. 14) è povera di elementi accessori. Il lobo sifonale, molto profondo, viene sorpassato solo dalla ramificazione mediana del primo lobo laterale. Questo, a causa della ramificazione interna che si stacca dal corpo principale del lobo assai più in alto delle altre, prende una forma molto irregolare. Il secondo lobo laterale arriva quasi alla IE IL linea radiale, lasciando leggermente indietro i due primi accessori. Sembra che 19 do 3: si = & . O 59 TA) 43 S DIN GE Didi Lab ' gli altri tre o quattro lobi accessori si approfondiscano sempre più procedendo SA Suo: verso la sutura, fino a sorpassare il lobo sifonale. La sella esterna, assai larga, fi _--------I.--__-_FLa\3S__- i è più corta della prima laterale. Questa, che segna ‘il punto più elevato della linea lobale, si può dire terminata con tre foglie delle quali l’interna rimane ,;nea lobale del Pr. dubin però un poco più bassa delle altre due. Dalla parte esterna della medesima sella n.sp., presa al diametro di È o DIRO . Gea 3 . mm. 28, in grandezza dop- si trova poi una foglia inferiore assai più sviluppata della corrispondente dalla Dia della naturale. parte interna. La seconda sella laterale e la prima accessoria terminano con due foglie. Le tre o quattro selle accessorie che precedono la sutura sono molto ridotte, monofille e via via sempre più basse. Da un esame superficiale avevo creduto che gli esemplari descritti dovessero appartenere al Ph. persanense HeRB. come forme giovanili, ma mi sono dovuto persuadere della differenza specifica 28 A. FUCINI [28] loro, per il minore spessore dei giri e specialmente per la notevolissima maggior profondità del lobo sifonale. Credo di dovere escludere anche il dubbio, che erami pur venuto, che la specie in esame dovesse appartenere al Ph. ZeptophyIlum HaAuER ®, per ora non bene determinato nè caratterizzato. La specie del- l'HauER, se è stata fedelmente riprodotta dall’ HeRBICH, sembrerebbe diversa per la mancanza di solchi peristomatici e per la linea lobale, la quale, per quanto assai corrosa nella figura dell’ HeRBICA, lascia vedere una diversa terminazione della prima sella laterale e fors’ anche una maggiore altezza della sella esterna. Una notevole somiglianza, avendo ricordate le forme descritte dall’ HeRBICA, devo anche rilevare tra la specie in esame e quella che fu dall’ HERBICH ° stesso erroneamente attribuita al 2%. cylindricum. In questa però i solchi che ornano la conchiglia, in ogni modo più deboli, sembrano piuttosto derivare dall’ allineamento delle suture anzichè da peristomi e la linea lobale appare più ricca di elementi accessori. Assolutamente nessuna differenza passa tra gli esemplari del Monte di Cetona e quelli di Spezia dal Canavari e dal MenecHINI riferiti al Ph. Calais, tanto per la forma esterna della conchiglia quanto per la linea lobale. Le differenze che sembrerebbero apparire esaminando le figure date dal CanavARI di- pendono esclusivamente da imperfezione di queste. I solchi peristomatici, che pur si osservano assai bene nell’esemplare figurato dal CANAVARI, specialmente al principio dell’ultimo giro, non si vedono nella figura e non è nemmeno ben riprodotta la spartizione finale della prima sella laterale. Meno palese è l’identità di questa specie con il PlyWoceras dei calcari ceroidi del Monte Pisano da me riferito al Calais, il quale non presenta solchi peristomatici distinti. È indiscutibile la grande affinità del PhyMoceras in esame con il Ph. microgonium Gemx. 3 al quale sono stato in dubbio se dovessi riferirlo come varietà ad ombelico più stretto. Ulteriori rinvenimenti di esemplari tipici della specie del GrmmELLARO potranno stabilire meglio l’importanza delle differenze fra le due specie. Fra tali differenze, oltre a quella notata nella maggiore strettezza dell’ombelico, va rile- vato il maggior numero di solchi peristomatici, non che il minore spessore dei giri che si avverte meglio dalle misure comparative che non dalle figure date dal GemmeLLARO. Nella linea lobale del Ph. dubium si può solamente osservare una lievissima differenza nella minor profondità del ramo esterno del primo lobo laterale e nella semplicità della foglia interna, inferiore alla terminale, della prima sella laterale, la qual foglia, nella specie del GemmELLARO, è unita per la base all’ altra foglia secondaria più bassa. Quest’ultima differenza nella linea lobale si osserva anche con il PR. Calais, al quale pure grande- mente somiglia il Ph. dubium; si aggiunga poi la diversa altezza della sella esterna, che, nella mia specie, non è più alta della prima ?aterale, il minore spessore dei giri ed in generale il numero più grande di solchi peristomatici. A proposito del tipico PX. Calais Mer. del Medolo, di cui ho presenti gli originali, debbo qui osservare come a primo esame parrebbe che vi si potessero distinguere due forme, una con ombelico più largo dell’ altra. La prima sarebbe rappresentata da parecchi individui del diametro non superiore ai mm. 25, la seconda da due grandi esemplari, ambedue di mm. 61 circa. Sembra però realmente che tutti questi esemplari appartengano ad un’ unica forma la quale, conservando con lo sviluppo quasi la medesima lar- ghezza ombelicale od aumentandola di poco e non proporzionatamente all’accrescimento, appare diversa 1) HeRBICH. SzéKlerland, pag. 112, tav. XX H, fig. 1. 2) In. L.c., pag. 113, tav. XX E fig. 2. 3) GemmeLLARO. Fauna d. str. a. Ter. Aspasia, pag. 10, tav, I, fig. 4-6. [29] A. FUCINI 29 a differente diametro per ineguale ampiezza dell’ombelico. Il Berroni ” non ha ammesso che le due forme appartengano ad un’unica specie e, separandole, ha riferito quella ad ombelico stretto, rappresentata dai due esemplari grandi, al P7. alontinum Gemwm. ? Parlando del P%. persanense HeRB. ho già detto per- chè non mi pare giusta tale riunione. La specie del GrmmeLLARO ha sempre ombelico più stretto, sebbene anche in essa sembri, dall’osservazione delle figure date dall’autore, che non si accresca proporzionata- mente al diametro, ed ha linea lobale assai differente per il numero degli elementi e per la disposizione delle foglie terminali della prima sella laterale. Per la linea lobale il P. Calais sembrerebbe piuttosto vicino al Ph. microgonium Gem. Degli otto esemplari esaminati, provenienti dai calcari ammonitiferi inferiori, sei sono conservati nel calcare grigio, due in quello rosso; cinque appartengono al Museo di Pisa e tre a quelli di Firenze. 7. Phylloceras Partschi Srur. — Tav. V [V], fig. 1. 1851. Ammonites Parischi Stor. Die Lias Kallsteingebirge, pag. 26. 1853. — shriatocostatus MeneGnINI. Nuovi fossili toscani, pag. 28. 1854. —_ Partschi Hauer. Heterophyllen, pag. 23, tav. IV, fig. 1-8. 1861. — — Srasme. Foss. d. envir. de Lugano, pag. 21. 1861. — — Hauer. Amm. a. d. sog. Medolo, pag. 405. 1863. = — Oosrer. Ceph. d. Alpes suisses, pag. 38, tav. 18, fig. 1(?), 2-4, 5(?), 62). 21868. _ Sturi Revnès. Géol. et paltont. Aveyr., pag. 95, tav. III, fig. 1 (sub nom. Partschi). 1877. — Parischi De Suerani. Geol. d. Monte Pisano, pag. 37. 1879. _ — RevnÈs. Monogr. d. Amm., tav. 44, fig. 12-15. 1879. Phylloceras — Parona. Fauna lias. lomb., pag. 9. 1867-81. — — Mexscnni. Monogr. du cale. rouge, pag. 83. 1867-81. — — Menecumi. Fossiles du Medolo, pag. 26, tav. 3, fig. 3-5. 1881. —_ — Bwnrr. Geol. Ausnh. Judicarien, pag. 337. 1882. — « — Gemuencaro. Poune giur. e lias., pag. 236. 1884. — —- Grewectaro. Fauna d. str. a Ter. Aspasia, pag. 7, tav. II, fig. 9, 10. 1885. _ — Guwmettaro. Foss. d. Lias sup. d. prov. di Palermo, pag. 1. 1886. — — Banpaccor. Descrix. geol. d. Sicilia, pag. 60. 1886. — — Dr Srerani. Lias inf. ad Arteti, pag. 12, tav. I, fig. 10, 11. 1886. —_ — Gxvrr. Cephal. d. Hierlata, pag. 216, tav. I, fig. 6-9. 1888. — — Camavari. Lias inf. di Spezia, pag. 95. 1893. — — Gever. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 42, tav. V, fig. 7-11, 120). 1895. — — Borse. Muttell. Fleckenmergel, pag. 740. 1900. — — Unnic. Fauna a. d. Bukowina, pag. 15. 1900. —_ — Brmroni. Foss. domer. di Brescia, pag. 45, tav. III, fig. 10. 1900. — — Der Campana. Cefal. d. Medolo, pag. 572, tav. VII, fig. 18-23. DIMENSIONI Diametro . . 6 . . 0 . . mm. 54 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. . . 6 o o 0,59 Spessore » » » 0,22 Larghezza dell’ombelico » » 0,07 Ricoprimento della spira » » 0,18 n 4) BerTONI. Fossili domeriani, pag. 49, tav. IV, fig. 1. 2?) GEMMELLARO. Fauna d. str. a Ter. Aspasia, pag. 9, tav. I, fig. 7; tav. II, fig. 18-20. 30 A. FUCINI [30] Di questa specie, oramai ben conosciuta, ho parecchi frammenti e l'esemplare del quale do la figura e che è tutto concamerato. In questo gli ornamenti caratteristici si vedono bene solo alla fine della spira, forse per la non buona conservazione della parte precedente. La linea lobale non è visibile con molta chiarezza; però vi si distinguono assai bene alcune diffe- renze con quella del Ph. tenvistriatum e che consistono principalmente in una lieve maggior frastagliatura delle selle, nella minor profondità dei due lobi laterali, e nella minore diversità di profondità e di am- piezza tra il secondo lobo laterale ed il primo accessorio. Come ha fatto rilevare il De SterANI !, e prima di lui l' HAauER ?), per gli esemplari di Campiglia, così è da osservarsi per questi del Monte di Cetona la notevole strettezza dell’ombelico in confronto con gli originali illustrati dall’HaveR. Ciò appare evidente anche dalle misure date dal Geyer ® per gli esemplari di Hierlatz e nei quali l'ampiezza dell’ombelico è rappresentata da 0,13 e da 0,20 del diametro. Una stessa cosa è da notarsi rispetto alla forma del Schafberg pure studiata dal Geyer. Non ho citato nella sinonimia di questa specie la forma del Lias medio di Campiglia che dal Mze- nEGHINI ebbe il nome di A. grosseplicatus ® perchè, tornando ad esaminarla, mi sono convinto della im- portanza delle sue differenze dovute alle pieghe principali, su cui si trovano poi le costicine filiformi, che ad intervalli di due o di tre si presentano più alte e più sviluppate delle altre. È ancora incerto se il PR. Sturi Reynès debba tenersi separato dalla specie presente, dalla quale sembrerebbe differire, oltre che per i caratteri notati dal Reynès, del maggiore appiattimento cioè della conchiglia e dei lobi più claviformi, anche per gli ornamenti costituiti da pieghe più nette, meno larghe, più fitte e più numerose. Se dovesse realmente sussistere tale distinzione io crederei che al PM. Sturî potessero riferirsi, insieme con alcuni individui del Monte di Cetona, anche altri stati distinti col nome di Ph. Partschi; così forse per esempio il così detto Ph. Partschi dei dintorni di Galati, citato dal GemmeLLaRo, l'esemplare più grande di PR. Partsechi del Medolo figurato dal MENEGHINI ed anche il Ph. tenuistriatum (non Mer.) del Schafberg ricordato dal GevER, il quale ultimo non è certo da rapportarsi alla specie meneghiniana per le coste retroarcuate sulla parte esterna dei fianchi e per la linea lobale. Questa specie, tanto estesamente rappresentata, è stata avvertita dalle zone più antiche del Lias (CANAVARI) a quelle più alte (GemmeLLARO). Nel Monte di Cetona crederei che si trovasse nei calcari rossi e grigi inferiori, ma non potrei escludere che alcuni esemplari provenissero anche dal Lias medio. Gli esemplari esaminati sono di proprietà del Museo di Firenze e di quello di Pisa. Var. Savii Dr Ster. — Tav. IV [IV], fig. 10,11; Tav. V [V], fig. 7. 1886. Phylloceras Savii De SteranI. Lias inf. ad Arieti, pag. 54, tav. III, fig. 10. 21893. = Partschi Gever. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 42, tav. V, fig. 12 (non fig. 7-11). DIMENSIONI È = DE Diametro 0 è 0 0 . 6 o o è . mm. 50 mm. 47 mm. 35 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . - ; 0, 60 0, 60 0,58 Spessore » » » . . 5 0,24 0, 26 0,24 Larghezza dell’ombelico » » È ; ; 0,08 0,07 0,08? Ricoprimento della spira » » : : : 0,15 0,15 0,16 i) De SrEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 53. ? HauEeR. Cephal. a. d. Lias, pag. DI. 3) GeyER. Ceph. d. Hierlatz, pag. 4. 4) Ip. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 42, tav. V, fig. 7-12. 5) Fucini. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 23. [31] A. FUCINI 31 “ Come il Ph. fenvistriatum risponde al Ph. Partschi colle coste senza strie, così questa specie ri- sponde al Partschì fornito di strie, ma senza coste ,. In tal maniera il De StEFANI definì questa forma della quale egli potè esaminare un solo esemplare. La diagnosi, per quanto riguarda l’ornamentazione del Ph. Savi, secondo l’ esemplare del DE STEFANI, è giustissima; troverei piuttosto che la corrispondenza del Ph. tenuistriatum con il Ph. Partschi Stur avente coste e non strie, fosse meglio applicata con il Ph. Sturi REYN., quando fosse distinto dal Partschi. Avendo di questa forma parecchi esemplari, insieme con quello tipico gentilmente comunicatomi dal DE STEFANI, mi sono persuaso che essa non possa essere specificamente separata dal Ph. Partschi STtUR cui la legano importanti caratteri. La fine striatura radiale della conchiglia, che per la sua minutezza non può venire riprodotta nelle figure e che si vede solamente in punti di superficie conservatissima, è in verità un poco più sottile di quella che si osserva nel Ph. Partschi; tutti gli individui mancano nella parte concamerata della spira delle larghe pieghe che ornano i fianchi del Pl. Partschi tipico; ma due degli esemplari figurati, a giustificare la mia riunione specifica, presentano quelle pieghe alla fine della spira, dove ha principio l’ultima camera, talvolta molto deboli, talora assai bene distinte. Negli individui tutti conca- merati non si vede tale particolarità. Essa sarebbe chiaramente evidente anche nell’individuo del Schafberg che io ho posto nella sinonimia dubitativamente, poichè ha l’ombelico un poco più ampio e solchi peristomatici che non si osservano nella varietà in esame. La linea lobale (fig. 15) è identica a quella del PR. Partschi; l’ombelico resulta NAS però un poco più stretto; la conchiglia forse è tutta un poco più compressa. uc SS I Ph. occiduale Can.!) è una forma vicina a quella in esame; ma dal con- Linea lobale del Pl. Par- Fic. 15. fronto che ho potuto fare con l’originale resulta chiara la sua differenza dovuta ; D ; fi n i P Ù tschi STUR var. Savii oltre che all’accrescimento un poco più lento ed all'ombelico più largo, più pro- De SrEr., presa al dia- de Suna . . RARI . metro di mm. 38, in fondo, meglio distinto dai fianchi mercè una carena, anche all’ ornamentazione franidezza naturale: diversa. Questa è costituita da costicine regolari, arrotondate, separate da intervalli profondi e strettissimi, mentre nel Ph. Savi è data da costicine filiformi, i cui intervalli sono alquanto più larghi di esse. Questa forma per ora è conosciuta solamente di Campiglia, del Monte di Cetona e forse del Schafberg. I molti esemplari esaminati sono in parte conservati nel calcare rosso ed in parte in quello grigio inferiore; parecchi appartengono al Museo di Pisa ed altri a quello di Firenze. 8. Phylloceras tenuistriatum Men. — Tav. V [V], fig. 2-4. 1868. Ammonites tenwistriatum MenecHINI in Rava. Die Berge v. Campiglia, pag. 321. 1881. Phylloceras Partschi (non Srur) MenecHINI. Fossiles du Medolo, pag. 26, tav. 3, fig. 5, (pars) non fig. 3, 4. 1886. — fenuistriatum De Srrrani. Lias inf. ad Arieti, pag. 51, tav. 3, fig. 7-9 (cum syn.). 1886. — costatorodiatum Stur in Gnver. Cephal. d. Hierlatx, pag. 218, tav. 1, fig. 16. non 1893. — tenuistriatum Grver. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 43, tav. 6, fig. 1,2. 1895. — — BonareLLI. Moss. dom. d. Brianza, pag. 332. 1896. — Sh, Fucmmi. Lias medio d. Monte Calvi, pag. 226, tav. 24, fig. 21 (cum syn.). 1896. — — Levi. Moss. d. strati a Ter. Aspasia, pag. 267. 1) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 54, tav. 2, fig. 13. 32 A. FUCINI [32] 1896. Phyloceras costatoradiatum Levi. Ibidem, pag. 268. 1899. = tenvistriatum Fuori. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 147, tav. 19, fig. 5. 1900. — — Bertoni. Hoss. dom. di Brescia, pag. 47, tav. 3, fig. 11. 1900. — Partschi Sur var.? Bertoni. Ibidem, pag. 46. 21900. — tenwistriatum Der Campana. Cefalopodi del Medolo, pag. 575, tav. 7, fig. 24, 25. DIMENSIONI DL II III Vi Diametro o 0 6 ; ò . 5 . mm. 70 mm. 49 mm. 46 mm. 37 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . 0,58 0,59 i 0,58 0, 56 Spessore » » » 3 0,27 0,24 0, 26 0,27 Larghezza dell’ombelico » Patto, 6 0,08 0,08 0,08 0,08 Ricoprimento della spira » » 5 0,15 0,14 0,15 0,16 Questa specie fu instituita dal MENEGRINI sopra esemplari dei calcari rossi ammonitiferi inferiori di Campiglia, corrispondenti cronologicamente e spesso litologicamente a quelli che hanno dato gli esemplari in esame. Questi possono quindi considerarsi come tipici insieme con quelli figurati dal De STEFANI e dal ReynÈs!, il quale ultimo ebbe dal MenEGHINI i modelli degli originali. Avendo grandi e buoni individui sono in grado di fare ulteriori osservazioni sopra questa specie importante, la quale è stata citata in questi ultimi tempi in varie località italiane e straniere. To non ho a disposizione alcun esemplare che abbia la camera di abitazione completa; solo in pochi se ne vede una piccola porzione; in molti si vede poi chiaramente la linea lobale che fino ad ora non era ben conosciuta. In generale gli ornamenti non si scorgono in tutti gli individui, si osservano spe- cialmente in quelli più piccoli ed al principio dell'ultimo giro nei grandi. Non ho potuto mai vedere negli individui di Cetona la fine e leggera striatura longitudinale o spirale avvertita nell’ esemplare di Campiglia da me altra volta descritto e che ha il guscio in parte benissimo conservato; neanche essa si osserva negli originali del MENEGHINI i quali, sebbene in parte col guscio, sono però sempre un poco deficienti. Ma si noti che in questi ultimi ho potuto vedere in plaghe limitatissime del guscio una fine striatura radiale simile a quella del Pl. Partschè Sur, che non avevo mai osservata. Questa fine ornamentazione non si vede, perchè mancanti del guscio, negli individui del Monte di Cetona, nè in quelli dell’Italia centrale studiati ultimamente da me. Im generale non si vedono del tutto nemmeno le coste radiali, che si mostrano di preferenza, come ho detto, negli individui piccoli od al principio dell’ ultimo giro in quelli più grandi. Ciò dipende però dallo stato di imperfetta conserva- zione degli esemplari. Nell’individuo rappresentato con la fig. 2 (Tav. V [V]) infatti le costicine radiali si manifestano al principio dell’ultimo giro e tornano a vedersi poi, ma assai debolmente, dove comincia l’ultima camera e dove la superficie del fossile è meno disturbata dalle impronte suturali. Un esemplare del diametro di mm. 68, appartenente al Museo di Monaco di Baviera e che fa parte della collezione gentilmente comunicatami dal prof. v. ZITTEL, mostra distintamente tali ornamenti fino all’ ultima porzione della spira, che comprende anche una parte della camera di abitazione. Essi sono del tutto corrispondenti a quelli del frammento del Monte Domaro figurato dal Bertoni. Tutti gli esemplari hanno la sezione dei giri ovale-ellittica e l'ombelico relativamente stretto. La linea lobale, intercalata nella pagina seguente (fig. 16), è molto caratteristica. Essa ha il lobo sifonale pochissimo profondo, tanto quanto i lobi accessori. Il primo ed il secondo lobo laterale sono invece i) RevNbs. Monogr. d. Amm., tav. 44, fig. 16. [83] A. FUCINI 33 molto profondi. I lobi accessori raggiungono almeno il numero di sette ed anche il primo di essi è, para- gonato con i due laterali, molto ridotto, costituendo un notevole carattere. La sella esterna, un poco più bassa della prima laterale, è divisa in tre grandi foglie delle quali Je due terminali sono unite per la loro base: La prima sella laterale, alta e snella, termina distintamente con due foglie ed ha le foglie laterali spesso opposte. La seconda sella laterale e le due prime accessorie terminano pure difillicamente; le cinque accessorie rimanenti sono monofille. La linea lobale, è insieme con gli ornamenti, un carattere sicuro per distinguere questa specie dal Ph. Partschi StuR, il quale ha un minor numero di elementi accessori, il lobo sifonale un poco più profondo e Re a Ren, selle più frastagliate. dezza naturale. Per la identità della linea lobale di questa specie con quella del Ph. costatoradiatum STtUR, figurato dal GeveR!, mi sono sempre più convinto che le due forme vanno riunite, come già da qualche tempo ho proposto °) e come di recente, seguendo il mio esempio, ha fatto il Bertoni 9. La differenza rilevata dal GeyER non è tanto grande quanto egli potè credere dall’esame della figura del P%. fenvistriatum Mer. data dal Reynks, che, come ho detto, ebbe dal MENEGHINI i modelli degli originali, poichè nessun esemplare di Campiglia presenta l'ampiezza ombelicale così notevole quale fu rappresentata dallo stesso Reynks. Unica e leggera differenza, per me trascurabile, resterebbe nella sezione dei giri che nella specie dello StuR è più lanceolata. Il Phylloceras del Schafberg che il GeYER riferisce a questa specie ne è certamente diverso, oltre che per la linea lobale, avente il lobo sifonale assai profondo, anche per le coste che invece di essere piegate in avanti, specialmente nella parte esterna dei giri dell’ ultima porzione della spira, sono spicca- tamente retroverse. Quel PlyMoceras corrisponde forse meglio al Ph. Sturi Revnks 4, da considerarsi forse come una varietà del Ph. Partschi StUR. Sebbene a piccolo diametro non sia tanto avvertibile la differenza nella piegatura delle coste sulla parte esterna dei giri, non per tanto ritengo dubbio il riferimento al PW. fenwistriatum fatto dal Der CAMPANA di alcuni esemplari del Medolo, che non mostrano chiaro tale carattere; quello rappresentato da lui con la fig. 24 avrebbe anche coste troppo poco numerose, rade, e linea lobale più frastagliata. Credo invece riferibile a questa specie, avendone esaminato l’originale, l'individuo riferito al P%. Partschi e rappresentato dal MeNnEGHINI con la fig. 5 della tav. 3 nella sua classica monografia del Medolo. La maggior parte degli esemplari esaminati proviene dai calcari grigi e rossi inferiori; alcuni però sono certamente del Lias medio, come quello rappresentato dalla fig. 4 (Tav. V [V]) al quale era attaccato un frammento di Harpoceras che si ruppe durante la preparazione; molti appartengono al Museo di Pisa, pochi a quello di Firenze e di Monaco, uno solo si trova nel Museo civico di Milano. 4) GeveER. Cephal. d. Hierlatz, pag. 6, tav. I, fig. 10. ® Fucini. Lias m. di Spezia, pag. 20. 3) BerTONI. Moss. domeriani di Brescia, pag. 41. 4) Royvnbs. Géol. et paléont. Aveyr., pag. 91, tav. 3, fig. 1 (sub nom. Partschi). Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 5 34 A. FUCINI 5 [34] 9. Phylloceras oenotrium n. sp. — Tav. V [V], fig. 8, 9; Tav. VI [VI], fig. 1. 21856. Ammonites Zetes (non D’ Ore.) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 56, tav. XVIII. 21886. Phylloceras — —_ Gever. Cephal. d. Hierlatx, pag. 222, tav. I, fig. 15, (pars). 1888. _ —_ — Canavari. Lias inf. di Spezia, pag. 105, tav. II, fig. 7, non fig. 6. 21897. = = -_ Parona. Amm. lias. di Lombardia, pag. 22. 21898. = — — Fuomi. Amm. d. cale. rossi, pag. 241. DIMENSIONI i sh DE Diametro o É ò o . . ” È . mm. 106 mm. 66 mm. 97 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . x 0, 56 0,55 0,55 Spessore » » » 5 ò 0,31 0,26 0,24 Larghezza dell’ ombelico » » " ; 0,11 0,13 0,153 Ricoprimento della spira » » c . 0,15 0,15 0,14 Questa specie ha una conchiglia molto compressa ed appiattita, con accrescimento rapido ed invo- luzione non molto spiccata, poichè l’ultimo giro ricopre il precedente per tre quarti circa della sua altezza. I fianchi sono assai appianati nella prima parte della spira, un poco meno nell’ultima; nell’ esemplare più grande (Tav. V [V], fig. 8), che ha conservato una piccola porzione della camera di abitazione, in corrispondenza di questa, essi si presentano però discretamente rigonfi. In relazione con tali caratteri i giri, nella parte concamerata della spira, hanno il maggiore spessore presso il contorno ombelicale e presentano una sezione subsagittoide; nella camera di abitazione dell’esemplare più grande, il maggiore spessore si sposta di alquanto verso la metà dei fianchi e la sezione diviene quindi pressochè ellittica. Non ho materiale sufficiente per giudicare sul valore delle differenze nella forma e nella sezione dei giri, rilevate da me tra la parte della spira concamerata e quella appartenente all’ultima camera. Non posso quindi stabilire se esse sieno inerenti alla specie tutta, oppure all’individuo più grande, nè ammettere la separabilità di queste due forme, chè ogni altro carattere conosciuto farebbe ritenere per ora specifi- camente identiche. La linea lobale (fig. 17) è molto complicata e frastagliata. Essa, alquanto corrosa nell’esemplare dove ne è stato possibile il disegno, presenta il lobo sifonale profondo circa quanto i cinque lobi accessori, non molto largo, terminato con due punte distinte. Il primo lobo laterale largo ed do assai più profondo del precedente si divide nei suoi tre rami principali in modo & So we se che il ramo cono È l'interno sono fra Loro quasi ‘opposti; neue è quello : NEO li ; ( due Sena Umicosi Per il primo. Questi tre rami mandano poi tre ramifica- + VANE n° zioni secondarie per ciascuno. Il secondo lobo laterale ha pure tre ramificazioni E con le quali sorpassa il Sifonale Senza però raggiungere a profondità del primo n.sp., presa al diametro di laterale. Anche i lobi accessori, dei quali se ne hanno cinque, finiscono con tre Mn 33, in grandezza natt- punte. La sella esterna, dopo avere emesso all’interno un lungo braccio quasi orizzontale e terminato da una grossa foglia, si divide in due braccia che emettono ciascuna tre rami secondari. Il primo ramo a separarsi dal braccio esterno è l’ esterno, dal braccio interno è l'interno. I due rami in cui terminano poi ciascuna delle due braccia, quantunque presentino tendenza ad una più spinta suddivisione, finiscono con una foglia in modo che la sella resulta distinta- mente tetrafilla. Uguale terminazione ha la prima sella laterale che è alquanto più alta di quella esterna. La seconda sella laterale e le due prime accessorie, via via sempre più basse, finiscono con due foglie, le tre selle accessorie rimanenti sono monofille. [B5] A. FUCINI 35 La costanza nelle differenze offerte dai miei esemplari, provenienti dal Lias inferiore, in confronto con il Ph. Zetes tipico (= A. ReterophyWlus amalthei Quenst. ©) proprio del Lias medio, mi ha convinto della necessità di distinguere le due forme, tanto più che di recente la specie del ’ OrBIGNY ha avuto anche una indiretta limitazione dal BerToNI il quale, studiando la fauna del Medolo di Val Trompia, non vi ha riunito una forma da lui chiamata Pl. Bonarellii, che dal MENEGHINI vi era invece stata compresa. To ho preso in esame diretto gli esemplari del Lias inferiore di Spezia, dal CamAvARI riferiti al Ph. Zetes D'ORB., e, lasciando da parte il più piccolo di mm. 9,5 di diametro, ho potuto constatare nel più grande la identità con i miei, di dimensioni assai maggiori. La corrispondenza nei caratteri esterni della conchiglia è perfetta ed anche la linea lobale corrisponde esattamente, sebbene ciò non sembri dalla rappresentazione datane dal CanAvaRI, nella quale non è stato ben riprodotto il ramo terminale interno della prima sella laterale. Tale ramo è dicotomo, emettendo all’ esterno una foglietta assai distinta, identica a quella messa all’interno dall’altro ramo terminale della sella. Questa è dunque spiccatamente tetrafilla. Gli esemplari posti in sinonimia sono riferiti a questa specie dubitativamente per la maggior parte, perchè vi si possono rilevare sempre alcune lievi differenze. Il Ph. Zetes di Enzesfeld figurato dall’ HAuER, al quale per ogni carattere si riporta la forma di i am- piglia riferitavi da me ed anche quella di Saltrio descritta dal PARONA, presenta, in confronto con gli individui di Cetona e di Spezia, la ramificazione esterna del primo lobo laterale staccata dal tronco principale più in alto della ramificazione interna e della mediana, accordandosi in ciò alla linea lobale caratteristica del Ph. Zetes. La prima sella laterale termina poi diversamente, alla stessa maniera che nel disegno non esatto sarebbe stata fatta finire dal CanAvaRI la sella corrispondente dell’esemplare di Spezia. Tuttavia la forma dell’ HaueR presenta a comune con gli esemplari in esame notevoli differenze con il P. Zetes tipico. L’ombelico è assai più ampio, più profondo ed ha il contorno assai più alto, più netto e più strettamente arrotondato, poichè i fianchi, che hanno il maggiore spessore in maggior vicinanza dell’ombelico, cadono in questo assai più rapidamente. Altra differenza notevole si trova nell’accrescimento più rapido e che si rende palese nella più spiccata differenza proporzionale tra l'altezza dell’ultimo e del penultimo giro e nella diversa involuzione della spira. Nell’esemplare figurato dall’ HaueR in rapporto a mm. 152 di diametro si ha un’altezza dell’ultimo giro di 0,55, per un’ altezza del penultimo giro di 0,20; nell’e- semplare tipico di Ph. Zetes D'ORB. (= A. heterophyWlus amalthei QueNsT.) di mm. 132 si ha invece un’al- tezza dell’ultimo giro rappresentata da 0,55 del.diametro ed un'altezza del penultimo data da 0,25. Per la terminazione trifillica della prima e della seconda sella laterale l'esemplare di Enzesfeld non armonizza nè col tipico P”. Zetes, nè con il mio PR. oenotrium. Il Ph. Zetes di Hierlatz figurato dal GrveR sembra molto vicino alla specie in esame, essendo però esso assai piccolo resta difficile farsene un giusto criterio. To avrei riunito forse alla mia specie anche il PhyMoceras n. sp. ind. dei dintorni di Galati figurato dal GemmELLARO ? se il Bertoni non l’avesse già riferito al suo Pl: Bonarellii di cui parlerò successi- vamente. Non avendo la certezza della sua perfetta corrispondenza alla mia specie non mi pronunzio per ora, anche per non pregiudicare la questione. È straordinaria la somiglianza tra questa specie ed il Ph. nummulitoides Gemm.® Io non sono af- 1) QuensTEDT. Cephalopoden, pag. 100, tav. 6, fig. 1. 2) GeMMELLARO. Fauna d. str. a Ter. Aspasia, pag. 12, tav. II, fig. 11, 12. 3) Ip. Faune giuresì e liasiche, pag. 237, tav. 22, fig. 5, 6. 36 A. FUCINI [36] fatto bene persuaso della loro separabilità; ma la specie del GEMMELLARO è per ora così poco caratte- rizzata che d’altra parte non mi sento nemmeno autorizzato ad una perfetta riunione. Io ho della Montagna del Casale un esemplare di Plhy/oceras, che ritengo riferibile al P7. nummulitoides Gemm. e che per la forma dei giri e dell’ombelico in niente differisce dalla mia specie; però non sono arrivato a scoprirvi la linea lobale che stando alla descrizione del GemmeLLARO presenta le differenze più spiccate. Il Ph. nuwmmuli- toides parrebbe che avesse tutta la linea lobale un poco meno frastagliata; la sella esterna terminata con tre foglie, anzichè con quattro; la prima laterale con due anzichè con quattro e la seconda laterale (prima accessoria secondo la nomenclatura del GrmmeLLARO) sarebbe alta quanto la prima. Il GEMMELLARO assegnerebbe poi ai giri della sua specie, in rapporto al diametro, più grande altezza e mag- giore spessore, astrazion fatta dalla depressione dei fianchi al terzo interno della loro altezza e che po- trebbe essere derivata da schiacciamento subìto per una speciale fossilizzazione. Il Ph. glaberrimum Nruw. ® e il Ph. psilomorphum Neum. 2. sono ambedue specie molto vicine a quella studiata per la compressione e per l'accrescimento della conchiglia, ma ne diversificano per la linea lobale. Per questa il P7. psomorphum Neum. parrebbe molto vicino al PR. nummaulitoides Gemm. Credo che la specie in esame sia assai ben distinta dal P”. Zetes D’ ORB., oltre che per i caratteri notati nella conformazione esterna della conchiglia tra il P). Zetes dell’Haurr e la forma tipica molto bene figurata dal QuenstEDT, anche per la linea. lobale che presenta un numero minore di elementi ac- cessori ed il primo lobo laterale diverso specialmente per la sua ramificazione esterna che si parte dal tronco principale piuttosto sotto anzichè sopra alla ramificazione interna. Il Ph. oenotrium è pure molto vicino al PR. Bonarellii BerT., però se ne distingue, come dal Ph. Zetes tipico, per i fianchi più appianati nella prima porzione della spira e specialmente per l’ombelico più largo, più profondo e con margine più alto, più netto e più strettamente arrotondato. Dei sei esemplari esaminati, provenienti dai calcari ammonitiferi inferiori, quattro sono conservati nel calcare grigio e due in quello rosso; quattro appartengono al Museo di Firenze e due a quello di Pisa. 10. Phylloceras Zetes n’ Ore. — Tav. VI [VI], fig. 2. 1849. Ammonites heterophyllus amalthei Quenstent. Cephalopoden, pag. 100, tav. VI, fig. 1. 1850. _ Zetes D° OrBIGNY. Prodr., t. I, pag. 247. 21861. —_ — Hauer. Amm. a. d. Medolo, pag. 405. 21881. Phylloceras Zetes MeneGHNI. Mossiles du Medolo, pag. 29, (pars). 21881. — Partschi (non Srur) MeneGHINI. Ibidem, pag. 26, tav. III, fig. 4, (pars) non fig. 3-5. non 1888. _ Zetes Canavari. Lias inf. di Spexia, pag. 103, tav. II, fig. 7. 21888. — — Canavari. Ibidem, tav. II, fig. 6 (esempl. del Medolo). non 1896. —- — Fuonr. Lias m. di Spezia, pag. 39, tav. II, fig. 6. non 1899. _ — Fuomi. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 148, tav. XIX, fig. 4. 21900. —_ — Brrron. Fossili domeriani, pag. 39, tav. III, fig. 7, 8, (pars) non tav. IX, fig. 2. 1) NEUMAYR. Untersten Lias, pag. 20, tav. II, fig. 2,3. 2) Ip. L.c., pag. 21, tav. II, fig. 4. [87] A. FUCINI 37 DIMENSIONI Diametro . è : o È 3 3 È - o 5 ò . mm. 69 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ; ; o o : 0,59 Spessore » » » O . . . . . 0, 23 Larghezza dell’ombelico » » , o : ; , È 0,06 Ricoprimento della spira » » 6 . ò È é ò 0,21 Limitando questa specie al tipo del p’'OrBIGNY, molto probabilmente essa è assai meno frequente «di quello che si è creduto fino ad ora. Io credo di potervi riferire con sicurezza due esemplari tutti con- camerati. Quello figurato, il più grande che io abbia, corrisponde molto bene infatti all'individuo rappre- sentato dal QuensreDT col nome di A. ReterophyMlus amalthei, che dal D’OrBIGNnY fu preso a tipo della sua specie, mentre differisce alquanto dagli esemplari riferiti al PM. Zetes dall'Havrr, dal MenEGHINI, dal CanavarI, da me e forse anche dal BertoNI. Esso è molto compresso, mediocremente involuto ed ha accrescimento non eccessivamente rapido ed ombelico assai stretto. I fianchi, per quanto appianati, sono lievemente ed uniformemente convessi ed hanno il maggiore rilievo un poco sotto alla metà della loro altezza. Di qui essi scendono gradatamente. verso il dorso, che resulta strettamente arrotondato, come pure verso l’ombelico che non diviene tanto profondo. Credo che sia carattere importante della forma tipica di questa specie la conformazione della parte dei fianchi che contorna l’ombelico, leggermente cur- vata ed inclinata all’interno, ove procede a poco a poco, senza produrre un margine circombelicale spiccato, come dal più al meno si osserverebbe invece nelle forme figurate dall’ Hauer %, dal WrIcHT?, dal GevER 3 e da me. La sezione del giro è ovale-ellittica molto allungata. La linea lobale (fig. 18), della quale ho potuto rilevare con precisione la sola sella esterna e parte del primo lobo laterale, è ricca di numerosi elementi accessori, circa sette od otto, più di quelli che si trovano in alcuni esemplari riferiti dagli autori a questa specie, ma tanti quanti si osservano nell’individuo tipico del QuenstEDT. Come in questo, i primi sono meno DINE LIE profondi del lobo sifonale, gli ultimi invece lo sono di più. La sella esterna è identica Cna ‘a quella del tipo per qualunque carattere, anche più minuto, compreso quello della NES suddivisione netta in quattro foglie del ramo interno che non si ripete negli individui wi HER m figurati dagli autori sopra citati, riferibili forse in parte al Ph. ocnotrium, al Ph. Bonarellii Ber. od a varietà della specie del ’OrBIenr. Anche la seconda sella laterale FiNca lobale del Pa. Zetes D’ ORB:, presa sembra tetrafilla. Un carattere molto importante della linea lobale di questa specie al diametro di mm. . ooo È 6 QUAG ò 50, in grandezza na- consiste anche nella suddivisione irregolare del primo lobo laterale, la cui diramazione Tn esterna si parte dal tronco prima della mediana e della interna. Per questo la selletta secondaria, interposta tra la diramazione esterna e la mediana, resulta alquanto più alta della selletta che si trova tra la diramazione mediana e l’interna. Tale disposizione, opposta a quella che più o meno distintamente si osserva nella ramificazione del lobo laterale del Ph. oenotrium, del Ph. Bonarellii, e della massima parte dei PhyMoceras, si osserva anche negli esemplari figurati dall’Hauer e dal WRIGHT. Fsaminando più particolarmente le forme riferite dagli autori a questa specie si trova che 1’ esem- plare figurato dall’ HauER, al quale corrisponde perfettamente quello di Campiglia citato da me, oltre che 4) HauER. Cephal. a. d. Lias, pag. 56, tav. XVIII, fig. 1. 2 WrIcHT. Lias Ammoniten, pag. 422, tav. 78, fig. 1. 3) GevER. Cephal. d. Hierlatz, pag. 222, tav. 1, fig. 15. i Fucini. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 148, tav. 19, fig. 4; — Lias m. di Spezia, pag. 39, tav. II, fig. 6. 38 ' A. mo [38]: per le già notate differenze nella regione circombelicale e nella sezione dei giri, differisce dal tipo per l'ombelico più ampio e per la terminazione non tetrafilla della prima e della seconda sella laterale. Gli elementi accessori della linea lobale appaiono meno numerosi. Sebbene non vi corrisponda esattamente dubito che tale forma appartenga al mio Pl. oenotrium. Ml Wricrt figura un esemplare con l’ombelico e con la regione che contorna l’ombelico simile a quella dell’individuo dell’HAuER, ma in esso però la prima e la seconda sella laterale terminano tipica- mente con quattro foglie. Solo gli ultimi lobi accessori sembrano diversi per essere in minor numero e per non scendere al di sotto della linea radiale. La forma del Medolo, dalla quale si deve escludere quell’esemplare del diametro di mm. 77 che ad essa riferì il MENEGHINI e che, secondo il mio parere, appartiene al Ph. Bonarellii Bert., è dubbioso che effettivamente appartenga alla specie del p’ OrBIGNY, ciò che avvertì anche l’ HAUER, poichè in essa si hanno fianchi più piani, ornati di strie e pieghe radiali sinuose più o meno distinte ed ombelico con margine netto. A tale forma viene giustamente riunito dal Bertoni un esemplare che dal MENEGHINI era riferito al Ph. Partschi Stur. Ho esaminato l'esemplare in parola ed ho riconosciuto che esso non differisce per nulla dai piccoli individui che nella fauna del Medolo vengono riportati, giustamente o no, alla specie orbignyana. Sono da escludersi del tutto da questa specie: il P%. Zetes, citato dal CanavARI nel Lias inferiore: di Spezia, che ho già riferito al P%. ocnotrium; l esemplare del Lias medio di Spezia, che per la frastaglia- tura veramente eccezionale della linea lobale potrebbe chiamarsi iperphyMlum, ed il Ph. Zetes del Lias medio dell'Appennino centrale figurato da me e che, dopo la distinzione della nuova specie Pl. Bonarellii Benm., credo meglio a questo corrispondente. Uno degli esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio medio, appartiene al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 11. Phylloceras Bonarellii Bro. — Tav. VI [VI], fig. 3. 1881. Phylloceras Zetes (non n° OrB.) MenEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 29, (pars). 1899. — - Fucmni. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 148, tav. XIX, fig. 4. 1900. — Bonarellii Bertoni. Mossili domeriani, pag. 41, tav. IMI, fig. 9. 1900. — Zetes Bertoni. Ibidem, pag. 39, tav. IX, fig. 2, (pars) non tav. III, fig. 7,8. DIMENSIONI È o Diametro . 0 a i c 3 . . 6 . mm. 76 mm. 54 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 0 È 0, 61 0; 60 Spessore » » » E i È 0,28 2 Larghezza dell’ ombelico » » 4 È 3 0,09 0,09 Ricoprimento della spira » » ò } 7 0,16 0,15 Il BetTroNI istituendo questa specie la distinse dal P%. Zetes per la sezione dei giri fortemente: lanceolata, per l'ombelico più ampio e più profondo, per la maggior frastagliatura della linea lobale, che ha sette lobi, e specialmente per il diverso modo con cui partono dal tronco i rami del’ primo lobo laterale. Io riconosco giuste in gran parte queste differenze. La diversa sezione dei giri e la mag- gior profondità dell’ombelico è infatti dovuta alla differente conformazione della parte interna dei fianchi, Ja quale, in confronto con il tipico P%. Zetes, ha la maggior gonfiezza più avvicinata all’ombelico, al [39] A. FUCINI 39 quale poi scende più rapidamente. Ne consegue una maggior profondità ombelicale, resa spiccata dal margine alto, per quanto largamente arrotondato, ed una sezione dei giri non sub-ellittica, ma lanceolata. La linea lobale ha minor numero di elementi accessori; la selletta secondaria interposta tra il ramo mediano e l’esterno del primo lobo laterale è più bassa della selletta che sta tra il medesimo ramo mediano e quello interno. La diramazione interna si parte quindi da sola dal tronco principale del lobo, la mediana e l'esterna si staccano più in basso restando unite per la base. A queste differenze avvertite dal BerronI io credo che sieno da aggiungersi, e non meno importanti, quelle derivate dal di- verso modo di accrescimento e di involuzione. Dall’ esame della figura del QuensteDt si rileva che nel tipico Ph. Zetes la proiezione del margine esterno del penultimo giro cade sul fianco interno della se- conda sella laterale, nel Pl. Bonarellii cade invece sulla prima sella accessoria e piuttosto dal lato interno di essa. Ciò è in diretta relazione con l'accrescimento più rapido della specie in discussione e che si risolve nella diversa altezza proporzionale al diametro del penultimo giro, che nel P). Bonarellii è di 0,18 mentre nell’esemplare tipico di P). Zetes è di 0,25. A questa specie, per i detti caratteri diversa dal Pl. Zetes D’ORB., io riferisco due esemplari che ho paragonato, riconoscendone la perfetta identità, con uno assai bello del Medolo, appunto con quello di mm. 77 dal MENEGHINI rapportato alla specie orbignyana. Non mi è stato possibile rilevare del tutto la linea lobale, che ho visto però corrispondere al detto esemplare del Medolo. La sella esterna e la massima parte del primo lobo laterale disegnate (fig. 19) sono però sufficienti a caratterizzarla bastantemente. Fre. 19. Seguendo i criteri che hanno guidato il BertoNI ed ora me nella distinzione della Wes specie presente, deve a questa rapportarsi l'esemplare del Lias medio dell'Appennino e ‘centrale che io figurai, ritenendolo riferibile alla specie del p’ORBIGNY, non senza però sà CA far notare la differenza del diverso accrescimento in confronto con l’esemplare figurato dal Quesstenr. Ro Per le medesime ragioni piuttosto che allo Zetes tipico mi sembrerebbe riferirsi I a alla nuova specie l'individuo di Botticino figurato dal BerToNI come Ph. Zetes. dezza naturale. Questa specie ha una grande affinità con il PR. oenotrimm precedentemente de- scritto; ma se ne distingue per l’ombelico più stretto e meno nettamente separato dai fianchi mercè una regione circombelicale più largamente arrotondata, scendente alla sutura in modo assai meno rapido. La sezione dei giri ad uguale sviluppo è meno sagittoide avvicinandosi alla forma ellittica. I fianchi, per quanto ugualmente declivi all’esterno, sono tuttavia più convessi al principio della spira. Questa si svolge più rapidamente. La linea lobale, oltre alla maggiore irregolarità nella partizione del primo lobo laterale nelle sue tre grandi diramazioni terminali, presenta anche gli ultimi lobi accessori scendenti al di sotto della linea radiale, mentre nel 7. oerotrium stanno alquanto al di sopra. Molto difficile riescirebbe distinguere questa specie dal Pl. Partschi STUR, particolarmente dalla var. Saviù De StEF., quando non si avesse conservata o la camera di abitazione o meglio la linea Ilobale. La forma esterna della conchiglia è identica, così l’involuzione e l’accrescimento della spira. Allo stato presente delle nostre osservazioni l’unica differenza notevole tra le due specie si trova solamente nella linea lobale, la quale nel P?. Saviî è alquanto meno frastagliata. Il P%. Savii avrebbe poi la parte con- camerata della spira ornata di sottili costicine radiali, che potrebbero anche trovarsi nella specie in esame, per quanto non si sieno vedute nei modelli, ed inoltre la camera di abitazione fornita, specialmente sul dorso, di pieghe assai forti come nel Ph. Partsehè tipico. Anche il Ph. fenuistriatum Mon. ha la stessa forma del P%. Bonarellii, ma esso ha linea lobale an- cora più semplice. 40 A. FUCINI {40} Degli esemplari esaminati, provenienti dai calcari grigi del Lias medio, uno appartiene al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 12. Phylloceras Meneghinii Grmm.? — Tav. VI [VI], fig. 4, 5. 1874. Phylloceras Meneghini Gemmarraro. Faune giuresi e liasiche, pag. 102, tav. XII, fig. 23. 1899. — — Fucmi. Ammoniti d. Lias m. d. App., pag. 150, tav. XIX, fig. 7 (cum syn.)- 1900. — Hebertinum (non Revw.) Bertoni. Mossili domeriani, pag. 43. 1900. — Meneghini DeL Campana. Cefalopodi del Medolo, pag. 565, tav. VII, fig. 8-12. DIMENSIONI Diametro . : 0 0 o . ò 0 5 0 c o . mm. 36 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. h ; ; ; ? 0,58 È Spessore » » » SS SUDTTA TO, ARIAL VELIA 0, 44 Larghezza dell’ ombelico » » 6 0 o o ò . 0,08 Ricoprimento della spira » » è i 7 ; è 5 0,12 Oltre all’ esemplare misurato, appartenente al Museo ‘di Monaco, riferisco molto dubbiosamente a questa specie anche pochi e mal conservati individui che ad essa sembrano corrispondere sopra tutto per la sezione dei giri e per la strettezza e profondità dell’ ombelico. Per quanto riguarda il dubbio se il Ph. Meneghini sia o no da riunirsi al Ph. Hebertinum Revx., da me sollevato da parecchio tempo, niente posso aggiungere per ora. Il BetroNnI, che ha studiato con molto interesse la questione, crede di averla risolta affermativamente per avere osservato la variazione nella conformazione dei giri dagli interni agli esterni. Nella figura che egli dà della sezione dei giri, a me sembrerebbe però che il giro più grande avesse identica sezione del Ph. Meneghinù ad un identico diametro; il BerToNI invece dice quella sezione, sublanceolato-ovata, propria del Pl. Hebertinum REYN. La questione sarà per me risoluta solo quando si conoscerà il comportamento dei giri e quindi la loro sezione negli esemplari tipici e sviluppati di P). Hebertinum. Il modello che io ho dell'esemplare ori- ginale del Reynks non ha affatto sezione sublanceolato-ovale, ma ellittica ed alquanto più larga di quella data dalla figura del Rernks. Se al Pl. Hebertinum Rev. veramente si riferisse l’ esemplare citato dal Pompecki ! io crederei certo diverse le due specie perchè in quell’esemplare sarebbe mantenuta fino a notevole sviluppo la sezione dei giri propria della specie del Revnbs. Il DeL Campana ultimamente ha pure ritenuto, seguendo i miei criteri, che gli esemplari del Medolo non riguardassero la specie del Reynìs. Anche il GeumeLLARO ?, da parecchio tempo, parlando del Ph. Wéalneri, ed il De StErANI 3) nella descrizione del suo P7. ancylonotus, dicono ambedue incidentalmente che la forma del Medolo non corrisponde del tutto al Ph. Hebertimun Revn. al quale fu riferita dal MENEGHINI. Dei pochi esemplari di questa specie, conservati nel calcare grigio, tolto quello di Monaco, uno appar- tiene al Museo di Pisa e gli altri si trovano nel Museo di Firenze. 1) PomPbcKI. Palacont. w. strat. Not. a. Anat., pag. 738, tav. XXIX, fig. 10. ? GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 12. 3) Dn SreFANI. Lias inf. ad Anrieti, pag. 50. [41] A. FUCINI 41 13. Phylloceras frondosum Reynès. — Tav. IV [IV], fig. 6-8. 1850. Ammonites heterophyllus (non Sow.) MexeGHNI. Considerazioni ecc., pag. 392, (pars). 1868. — frondosum Revnès. Geol. et paltont. Aveyr., pag. 98, tav. 5, fig. 1. 1899. Phylloceras frondosum Fuomi. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 149, tav. XIX, fig. 6 (cum syn.). 1900. — —_ Brrroni. Wossili domeriani, pag. 42, 43. 1900. — —_ Der Campana. Cefalopodi del Medolo, pag. 567, tav. VII, fig. 13. 1900. — subfrondusum DeL Campana. Ibidem, pag. 569, tav. VII, fig. 14, 15. DIMENSIONI i I IX III IV IVI Diametro o c : - c , : . mm. 51 mm. 46 mm. 39 mm. 35 mm. 28 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0, 56 0,58 0,59 0,59 0,57 Spessore » » » 5 0,35 0,35 0, 33 0,34 0,33 Larghezza dell’ ombelico » » i 0,09 0,10 0,09 0,08 0,10 Ricoprimento della spira » » 5 0,14 0,15 0,14 0,17 0,14 Credo utile riassumere ciò che è stato detto sopra questa specie, una delle più importanti e ca- ratteristiche della parte superiore del Lias medio. Dopo che essa fu istituita dal Reynks, venne per la prima volta citata dal MeneGHINI ® nel Lias superiore dell'Appennino centrale e precisamente del Monte Faito. L’esemplare studiato dal MENEGRINI fu in seguito dal PomPEcK€I ? escluso dalla sinonimia del Pl. frondosum, per i fianchi un poco più rigonfi e per la sezione meno ellittica e più ovale. Il BonARELLI) ritenne però esatta la determinazione me- neghiniana e mise solo in dubbio che l’esemplare appartenesse al Lias superiore. Il parere del BowARELLI venne poi seguito dal Bertoni e dal Der Campana. Io ho preso in esame diretto l’ esemplare originale del MENEGHINI, insieme ad un buon modello in solfo del tipico PW. frondosum ReYNn. ed ho constatato la loro quasi perfetta corrispondenza; le apparenti differenze dipendono o da valutazioni poco precise delle dimensioni comparative o da leggere imperfezioni nelle figure. Infatti mentre il MENEGHINI, che forse trasse le misure dalla figura, assegnò al suo individuo queste dimensioni: diametro mm. 36; altezza del- l’ultimo giro 0,58; spessore 0,38; larghezza dell’ombelico 0,11; ricoprimento della spira 0,19; io invece ho ottenuto: altezza dell’ultimo giro 0,56 del diametro: spessore, 0,36; larghezza dell’ombelico 0,11; ricoprimento della spira 0,16. Per queste nuove dimensioni viene sempre più a ritenersi per buona la determinazione meneghiniana dell’esemplare del Monte Faito il quale molto probabilmente è da riferirsi al Lias medio. La roccia grigio-chiara macchiata di rosso che costituisce l’Ammonite in discorso è infatti assai diversa da quella in cui si trovano gli altri fossili del rosso ammonitico del Lias superiore dell’Ap- ‘| pennino centrale ed è identica invece a quella che fossilizza un discreto numero di Ammoniti dei Monti della Rossa conservati nel Museo di Pisa e che, come accennai di recente ‘#, sono forse da attribuirsi al Lias medio, In ogni modo credo che l’ esemplare del MENEGHINI possa essere tutt’ al più una variazione del Ph. frondosum anzichè una specie diversa. 1) MENEGHINI. Monographie, pag. 89, tav. XVIII, fig. 1. 2) PomPECKI. Palaeont. u. strat. Not. a. Anat., pag. 129. 3) BONARELLI. Amm. d. rosso ammonit., pag. 213. 4 FucINI. Notizie s. Amm. d. App. centr. Proc. verb. d. Soc. tosc. di Sc. nat. Adunanza 4 marzo 1900. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 6 42 A. FUCINI [42] > Il Ph. frondosum Reynks fu successivamente citato dal MeNnEGHINI stesso tra i fossili del Medolo. Per un diametro, non molto grande dai 7 ai mm. 25 egli trovò: altezza dell’ultimo giro 0,56; spessore 0,36 - 0,39. In seguito poi la medesima specie fu citata da me nel Lias medio di Spezia, dove si trova in piccoli esemplari, nel Lias medio del Monte Calvi e nell'Appennino centrale. Per questi esemplari diedi le seguenti misure: diametro mm. 9 - mm. 40; altezza del giro 0,53 - 0,60; spessore 0,33 - 0, 37; larghezza dell’ ombelico 0,9 - 0,13. Per gli esemplari del Monte Calvi e per quello dell’Appennino io osservavo poi in confronto con l'esemplare figurato dal ReynÈs una maggiore eccentricità nell’ ombelico, dovuta princi- palmente alla lieve maggiore altezza dei giri. Nel frattempo la specie del Reynks veniva ricordata dal PomPEckIi insieme con altre Ammoniti di Lias medio superiore nei calcari grigio rossastri dell'Anatolia. Egli ebbe esemplari veramente tipici che paragonò con un modello dell’ esemplare originale del Reynks. Come ho detto più sopra sono in disaccordo con lui in quanto all’esclusione netta dell'esemplare dal Monte Faito illustrato dal MenEGHINI dalla sino- nimia della specie in esame. Forse egli avrebbe potuto avere altra opinione se avesse saputo che quel- l'esemplare invece che di Lias inferiore è probabilmente di Lias medio. Recentemente il P). frondosum è stato riconosciuto tra i fossili del Medolo dal Bertoni che vi ha distinto la forma tipica, della quale figura la sella esterna e la prima laterale molto frastagliata, ed una forma un poco diversa in armonia a quanto ha scritto già da qualche tempo il BowAreLLI®. Il BetTONI ha ritenuto che questa forma, alla quale egli ha riferito tutti gli esemplari del Medolo studiati dal ME- NEGHINI, insieme a quella che io ho citato nel Lias medio di Spezia, fosse un poco diversa dalla tipica del Reyxks per l’ombelico: un poco più stretto, per la sezione dei giri più compressa e per la linea lobale meno frastagliata. Quasi contemporaneamente. il DeL CAMPANA, studiando pur esso i medesimi fossili del Medolo di Valtrompia, accetta le differenze notate dal BonARELLI e dal BETTONI e quindi, ritenendo tipico l’esemplare del Monte Faito, studiato per il primo dal MENEGHINI, istituisce sopra gli esemplari del Medolo, dei quali solo due riferisce al PW. frondosum REYN., una nuova specie, PM. subfrondosum. A questa egli riunisce non solamente gli esemplari del Lias medio di Spezia, come aveva fatto il BetToNI, ma anche l’Ammonite dell'Anatolia riferito dal PomPECKI alla specie del Revnks e forse il mio Pl. frondosum del Monte Calvi e dell’Appennino centrale, che dal ricordato BerToNI erano ritenuti giustamente determinati. Io credo che le lievi differenze, non tutte giustificate, avvertite dal BonArELLI e dal Bertoni per gli esemplari del Medolo, non in confronto con la forma tipica, ma con quella tante volte ricordata del Monte Faito, non sieno sufficienti per la istituzione della nuova specie, P7. subfrondosum fatta dal DeL CampanA. Le dimensioni in rapporto al diametro (mm. 39) che si possono trarre dalla figura data dal Reynks del Ph. frondosum sono: altezza dell’ultimo giro 0,56; spessore 0,37; larghezza dell’ombelico 0,13; ricoprimento della spira 0,15; quelle che si rilevano dal modello del PW. frondosum tipico di Rivière che io ho in esame, il me- desimo cui il MENEGBINI paragonò gli esemplari del Medolo ed identico a quello al quale il PomPECKI confronta gli individui dell'Anatolia, ad un diametro di mm. 39 sono: altezza dell'ultimo giro 0,56; spessore 0,35; larghezza dell’ombelico 0,9; ricoprimento della spira 0,17. Non so se le differenze, notevole specialmente quella della larghezza ombelicale, sieno dovute ad imperfezione della figura del Revnès, come propenderei a credere, o dall'essere il modello tratto da un esemplare che non è quello figurato dall’autore 1) BONARELLI. Amm. d. rosso Ammonitico, pag. 213. pito ii cai — [43] A. FUCINI 43 della specie !. Mettendo dunque a confronto le dimensioni del P%. frondosum del Medolo (= Ph. subfron- dosum Der Came.) date dal MENEGHINI e riportate più sopra, con quelle dedotte dall’originale o se vuolsi dai campioni dell'Aveyron, si vede da esse come non sieno giustificate le differenze trovate dal BoNARELLI, Bertoni e DeL Campana della minore larghezza ombelicale e della maggiore compressione dei giri. Dal- l’esame del modello che io ho e dalle dimensioni dei vari esemplari si scorge che la specie ha il carattere di accrescersi più rapidamente nello spessore dei giri che nella altezza, secondo quanto avvertiva già il MENEGHINI °°. Non dovrebbe quindi meravigliare se si hanno gli esemplari piccoli proporzionatamente più appiattiti degli esemplari più adulti. La frastagliatura meno complicata della linea lobale, degli esemplari del Medolo, va in parte pure attribuita al piccolo sviluppo di essi. Per tutte queste ragioni non ritengo, ripeto, giustificata la nuova specie proposta dal DeL Campana, che se in ogni modo si volesse tener di- stinta dovrebbe per precedenza chiamarsi Pl. Mortiscalvi, nome dato dal MENEGHINI nelle etichette degli esemplari del Monte Calvi e da me ® già pubblicato. Se poi si dovesse distinguere nel P%. frondosum Reyx. una forma un poco diversa dalla tipica, non la sceglierei certo tra gli esemplari con fianchi ap- -pianati, carattere già posto dal Revxks fra i distintivi della specie, ma, avvi- cinandomi alle vedute del Pompecki, la formerei con gli individui a fianchi più convessi e a linea lobale più frastagliata. Ch Cal Vo Nel Monte di Cetona il PW. frondoswn è assai frequente ed è rappresentato i Ges o, da numerosi esemplari tutti concamerati e per la massima parte corrispondenti al modello dell’originale. o cf n È Linea lobale del Pr. frondosum La loro linea lobale (fig. 20), non esageratamente frastagliata, corrisponde Rex, presa al diametro di anche bene a quella figurata dal ReynÈs stesso e che si secrge pure discretamente an coin Gozo One nel modello, tante volte ricordato. Alcuni individui tendono ad allontanarsi da quelli più tipici per avere i fianchi un poco più curvati, accostandosi per tal modo alla forma del Monte Faito illustrata dal MENEGHINI e i della quale ho parlato più sopra. Tra essi, è notevole l’esemplare rappresentato con la fig. 7 (Tav. IV [IV]), riferito un tempo dal MenEGHINI al Ph. heterop | è» a sO) o) Sow. e che ha una linea lobale (fig. 21) frastagliata più dell’ordinario e qu... i S assai simile a quella disegnata dal Bertoni per un esemplare del Monte D+ <.0. adi o A Le selle, esterna e prima laterale, si uguagliano quasi in altezza e finiscono a tetrafille, sebbene non molto spiccatamente, a cagione dello sviluppo notevole 1;nea lobale del Pr. frondo- delle appendici sulle parti interne, rispetto alle selle, delle foglie terminali. sum REIN,, (var. 1) presa al diametro di mm.26, in La forma con la linea lobale più frastagliata e con fianchi più convessi,- grandezza naturale. secondo me, come ho sopra accennato, sarebbe separabile dalla tipica meglio di quella distinta dal BowArELLI, Bertoni e DeL Campana. Essa unisce il Ph. Walneri Gemw. ?) alla specie del ReyxÈs. FIG, 21. 1) Secondo il M=NEGHINI e secondo il PomPECKI parrebbe che si trattasse veramente del modello dell’ originale del Reyvns; il diametro è identico. Il PomPecKkI era nel caso di saperlo con sicurezza. A Pisa il modello in parola fu mandato dal v. ZirtEL al MENEGHINI. î) MENEGHINI. Monographie, pag. 89. 3) Fucini. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 224. 4 BerwronI. Fossili domeriani, pag. 42. 5) GemmeLLARO. Foss. d. strat. a Ter. Aspasia, pag. 11, tav. 1, fig. 1-3. 44 A. FUCINI [44] Gli esemplari esaminati, parte conservati nel calcare grigio del Lias medio e parte in quello rosso, si trovano nei Musei di Pisa e di Firenze. 14. Phylloceras Bicicolae Mx. 1867-81. Ammonites Bicicolae MenecriNnI. Monographie, pag. 98, tav. XIX, fig. 7. 1900. PhyUoceras — Barroni. Mossili domeriani, pag. 51, tav. IV, fig. 6 (cum syn.). DIMENSIONI A da Per Diametro o È ; 0 © o mm. 64 mm. 48 mm. 40 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro 0, 52 0,52 0,55 Spessore » » » 0,33 0,36 0,38 Larghezza dell’ ombelico » » 0,13 0,15 0,13 Ricoprimento della spira » » 0,18 0,16 0,17 Riferisco con sicurezza a questa specie tre esemplari non di buona conservazione, due dei quali appar- tenenti al Museo di Firenze ed uno a quello di Monaco di Baviera. Avendoli paragonati con quelli del Medolo e con uno di Trescorre, già determinati dal MenEGHINI, non ho trovato fra loro alcuna differenza. I solchi peristomatici, più spiccati e più fitti al principio della spira, non sono molto distinti e, sebbene gli esemplari sieno in modello, mostransi sul dorso di frequente provvisti posteriormente del cin- golo caratteristico. L'ombelico è piuttosto grande e la sezione dei giri ovale depressa. Nessuna distin- zione può farsi tra la parte concamerata della spira e la camera di abitazione, rappresentata in tutti gli individui dalla metà dell’ultimo giro. La linea lobale, non rilevabile con precisione, appare poco ricca di elementi accessori. L’esemplare del Medolo, di mm. 95, che il MENEGHINI riferì al Pl. Capitanei Cat. e che ha una perfetta somiglianza con quello dello Schafberg riportato dal GeverR® pure alla specie del CATULLO, viene con questo riunito dal Bertoni al Ph. Bicicolae. I tre esemplari esaminati sono tutti fossilizzati nel calcare grigio del Lias medio. 15. Phylloceras Emeryi Bro. — Tav. VI [VI], fig. 6-8. 1900. PhyWoceras Emeryi Bertoni. Fossili domeriani, pag. 49, tav. IV, fig. 2-4 (cum syn.). 1900. — — Dex Campana. Cefal. d. Medolo, pag. 575, tav. VII, fig. 26-29. 21900. —_ Bettoni DeL Campana. Ibidem, pag. 578, tav. VII, fig. 30-32. DIMENSIONI I II III IV {Vi Diametro ò c ò 0 o a o . mm. 61 mm. 59 mm. 42 mm. 30. mm. 21 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,57 0,51 0,50 0,52 0,50 Spessore » » » 0 0,36 0,33 0,37 0,38 0,38 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,14 0,13 0,14 0,14 0,17 Ricoprimento della spira D » . 0,23 0,21 0,22 0,22 0,20 i) GrveR. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 35, tav. IV, fig. 6, non fig. 1-5. [45] A. FUCINI 45 Questa specie è discretamente frequente nel Lias medio del Monte di Cetona e, come nel Medolo, presenta una discreta variabilità. Alla forma veramente tipica figurata dal Bertoni sono riferibili un esemplare di mm. 87 di diametro appartenente al Museo di Monaco di Baviera ed alcuni più piccoli, aventi un discreto numero di solchi peristomatici. Fra questi io ne figuro uno (Tav. VI [VI], fig. 6), che corrisponde molto bene ai piccoli figurati dal Berroni e che ha nella prima metà dell'ultimo giro due solchi peristomatici, mentre nell’altra metà se ne osservano quattro. Altri piccoli individui hanno i solchi più uniformemente distribuiti. Il fatto di aversi in alcuni esemplari tali solchi più radi a piccolo sviluppo, mi ha fatto ritenere doversi attribuire a questa specie gli esemplari sui quali il DEL CAMPANA ha istituito il Ph. Bettoni. Ho però posto questo in sinonimia dubitativamente, poichè essendo rappre- sentato da piccoli esemplari non può escludersi che essi si riportino a specie nuova o magari al Ph. Bi- cicolae, del quale appunto non si conoscono esemplari molto piccoli. Anche in individui di un certo sviluppo si osservano pochi solchi peristomatici; lo stesso accade negli esemplari del Medolo riferiti dal MENEGHINI al Ph. Nilsoni HfB. Avendosi termini numerosi di passaggio, anche in riguardo allo spessore dei giri, io credo che la distinzione proposta dal DeL Campana non abbia valore di specie, ma al più di semplice varietà. Con la figura 8 (Tav. VI [VI]) io rappresento un esemplare che potrebbe costituire un’altra varietà. Esso differisce dal tipo per i solchi peristomatici un poco più obliqui e scendenti all’ombelico con ansa più spiccata. In tale individuo, cosa osservata anche per il grande esemplare di P%. Bielzi, la spira si comprime notevolmente in corrispondenza dell’apertura, limitando così l'ampiezza della bocca. La sua linea lobale visibile a mala pena, è identica a quella che si rileva sulle figure date dal Bet- Toni e dal DeL CAMPANA, nonchè a quella rilevata da me (fig. 22) sopra l'esemplare di mm. 59 di diametro, ed è molto simile a quella del P%. Geyerì Box. La riunione proposta dal DeL CAMPANA a questa specie dell’esemplare più grande di , 29 I, Ph. Nilsoni figurato dal MeNEGHINI ! a me sembra ingiustificata, tenuto conto special- NE bm, mente della diversa sezione dei giri che nel Ph. Emeryè è ovale, mentre resulta ellittica JoL'AI D_ REPSIS O Linea lobale del PA. nell’individuo figurato dal MeneGHINI. Tale esemplare ha per di più una linea lobale Fmergi Ben, pres assai differente, non foss’altro per maggior numero di elementi accessori. Esso invece, a molto probabilmente, va riunito al Ph. Capitanei Car. naturale. Tutti gli esemplari esaminati provengono dai calcari grigi ammonitiferi del Lias medio; tre appartengono al Museo di Monaco, uno al Museo di Milano, gli altri sono in parte di proprietà dell'Istituto superiore di Firenze ed in parte del Museo pisano. 16. Phylloceras selinoides Man. — Tav. VI [VI], fig. 9, 10. 1867-81. Ammonites selinoides MeneGHINI. Monographie, pag. 90. tav. XIX, fig. 5, 6. 1879. Phylloceras — Canavari. Monte Gemmo, pag. LXXVI. 1880. —_ — Canavari. Mont. d. Suavicino, pag. 23-25. 1883. — —_ Parona. Mauna lias. d. App. centr., pag. 111. 1) MENEGHINI. Monographie, pag. 96, tav. XVIII, fig. 8. 46 A. FUCINI [46] DIMENSIONI I II III Diametro c . o . mm. 31 mm. 28 mm. 25 Altezza dell’ noi giro in rapporto al dimioio 0 o 0,55 0,58 0,58 Spessore » » » b 5 0,33 0,32 0,32 Larghezza dell’ ombelico » » ; 5 0, 07 0,08 0,08 Ricoprimento della spira » » , È 0,23 0,22 0,20 Riferisco a questa specie quattro esemplari, uno dei quali era determinato dal MENEGHINI come A. Zetes D’ ORB., il quale però non venne mai pubblicato. Essi corrispondono perfettamente con quelli tipici dell'Appennino centrale, dei quali ho potuto esaminare molti individui, e come questi mostrano una certa variabilità specialmente nei solchi peristomatici. Tali solchi sono sempre numerosi ed anche sempre pre- senti: però, mentre in un individuo, che trova esatto riscontro con quello rappresentato dal MEeNEGHINI con la fig. 6, appariscono assai distinti dall’ombelico fino al dorso, ove solo svaniscono quasi completamente, negli altri esemplari scompaiono a maggior lontananza dalla regione esterna e sono però anche più de- boli presso l'ombelico. I solchi peristomatici incontrandosi con quelli più leggeri che si trovano in cor- rispondenza delle linee di sutura, aventi una curvatura opposta, danno alla parte dei fianchi che con- torna l’ombelico una leggiadra apparenza stellata, come si può anche osservare Fre. 28. nella fig. 6 data dal MENEGHINI. Due dei miei esemplari hanno la sezione dei giri ovale, gli altri due la presentano invece perfettamente ellittica. LE La linea lobale (fig. 23) è simile a quella figurata dal MeneGHINI, però ha SA <** leggermente meno profondi i lobi laterali e quelli accessori. Questa specie ha qualche somiglianza con il Ph. ausonium Mer.® dal quale Linea lobale del P%. seli- o 9 . . A o noides (Mex prosa al differisce, nei caratteri esterni, per essere meno compressa e per avere ombelico A I più stretto e numero maggiore di solchi peristomatici, i quali inoltre sono anche naturale. più piegati in avanti. La linea lobale poi presenta la maggiore differenza per la spiccata terminazione trifillica, più o meno irregolare, della sella esterna e della prima laterale in confronto con la terminazione difillica di quelle medesime selle nel P7. ausonium. Il MenEGHINI avvicinò, per la medesima terminazione trifillica della prima sella laterale, questa specie al Ph. lunense Men.?) del Lias inferiore di Spezia; è da osservarsi però che mentre in quest’ultima specie la foglia terminale mediana è unita per la base con la foglia esterna, nella sella corrispondente del PW. selinoides è invece unita con la foglia interna. Dei quattro esemplari esaminati tre appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. uo roccia che li costituisce è grigia chiara, marnosa, macchiata talvolta di rosso e piuttosto simile a quella che nel Monte di Cetona contiene 1’ Hil/doceras difrons. Perciò io ritengo che la specie provenga dal Lias superiore. 17. Phylloceras Spadae Mex. — Tav. VI [VI], fig. 11. 1867-81. A. (PhyMoceras) Spadae MeneGHINI. Monographie, pag. 93, tav. XIX, fig. 1-4. 1883. Phylloceras — Parona. Fauna lias. d. App. centr., pag. 111. 1885. _ — Gemwentaro. Lias sup. d. prov. di Palermo, pag. 2. i) MENEGHINI. Monographie, pag. 92, tav. XVIII, fig. 2, 3. 2) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 103, tav. II, fig. 14. [47] A. FUCINI 47 DIMENSIONI Diametro . 5 0 5 ò o , . 5 0 ò . mm. 55 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro , 0 ; - c 0,55 Spessore » » » ; È ) 5 o 0,31 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0 5 5 : 0,09 Ricoprimento della spira » » B : ò 5 i 0,22 Paragonato il mio esemplare con gli originali della specie non ho potuto rilevare che differenze mi- nime e che si manifestano anche nei numerosi individui studiati dal MeNEGHINI. Esse consistono nel minor numero dei solchi peristomatici, nel minore spessore della conchiglia e nell’ombelico appena un poco più largo. I fianchi aventi il maggiore rilievo sopra alla metà della loro altezza, d’onde si abbassano più grada- tamente verso l’ombelico che verso l’ampio dorso, danno luogo alla caratteristica sezione obovale dei giri. I sette solchi peristomatici obliqui e leggermente arcuati in avanti sono molto più profondi presso l’om- belico che verso il dorso, ove si allargano e quasi svaniscono. La linea lobale (fig. 24), provvista di numerosi elementi accessori, è molto simile a quella del PR. Ca- pitanci Cat., che ho veduta negli esemplari dell'Appennino centrale già studiati dal MeneGHINI. Essa ha i lobi quasi della medesima profondità, di poco maggiore Reda a quella del lobo sifonale, che è sorpassata, più che da ogni altro, dal primo ; laterale. La sella esterna è molto bassa ed ha quattro foglie delle quali due 501 i: bi Hi terminali; la prima sella laterale, alquanto più alta della precedente, termina in } AS i modo irregolare con tre foglie, delle quali la mediana e l’interna sono unite per Linea lobale del Pr. rano un sol peduncolo; la seconda sella laterale è difilla, ma non tanto distintamente, RI all SO “Lx IRON n È . 45, in grandezza poichè una terza foglia interna tende a renderla trifilla; la prima e la seconda naturale. accessorie sono difille, le altre monofille. Oltre la prima sella laterale, che segna il punto più alto delle suture, le nove selle che seguono si abbassano molto regolarmente, procedendo verso l’ombelico, e sono tutte tagliate dalla linea radiale all’infuori delle ultime che le stanno al disotto. Questa specie ha una grandissima somiglianza con il Ph. Capitanei Cat. così per la forma della con- chiglia come per i caratteri della linea lobale, ma se ne distingue per l'ombelico un poco più largo e sopra tutto per i giri più rigonfi nella parte esterna dei fianchi in modo che essi presentano una sezione obovale. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare rosso macchiato di grigio del Lias superiore ed appar- tiene al Museo di Firenze. V. Gen. Rhacophyllites ZIrtEL. Questo genere, che ha avuto una lunga persistenza nei tempi geologici e che insieme ad altri gruppi di Ammoniti dà un’ impronta tanto speciale alle faune ammonitiche alpine, è rappresentato nel Monte di Cetona da un numero grandissimo di specie e di varietà, riferibili per la massima parte ai calcari rossi e grigi inferiori. È notevole l’avere osservato in diverse specie ed in parecchi esemplari la lunghezza dell’ultima camera, che, come nei PhyMloceras, non si scosta dai due terzi dell’ultimo giro, ed anche la, variabilità della spira nella parte terminale, ove essa, in alcune forme, resta disturbata per depressione dei giri e conseguente diminuzione di altezza dei medesimi. Nel E%. diopsis Gemm. e nel A. bucovinicus UHLIG, 1) CATULLO. Cale. ross. Amm., pag. 38, tav. IV, fig. 4. 48 A. FUCINI [48] specie da me non trovate, si hanno pure, ma in altro modo, delle variazioni consimili. Più interessante è l’aver notato in molti individui ed in specie differenti la forma del peristoma che ormai può dirsi prov- visto, in corrispondenza della metà inferiore dei fianchi, di un'espansione auricolare più o meno svilup- pata. Tale carattere, già osservato dal De SteFANI nel R%. lunensis, è molto distintivo in confronto con i PhyUoceras, con i quali sono da notarsi anche differenze nella linea lobale, la quale nei Rachophyllites: pre- senta il lobo sifonale generalmente terminato in due punte, elementi accessori meno numerosi e più obliqui ed una frastagliatura delle selle sempre più semplice. Principalmente per la costituzione dei lobi e per . l'ombelico generalmente ampio e per la forma dei giri i fehacophyMites, più che ai PhyMloceras, si avvicinano ai Monophylites dai quali, come ammise lo ZIrTEL, si possono ritenere originati. Nei giri interni di molte specie, quali per esempio £%. Nardi MeH., Rh. transylvanicus HAUER, RA. lunensis De StEFr., Eh. gigas n. sp., Rh. separabilis n. sp., e RR. admirandus n.Sp., ove non si hanno nè solchi peristomatici, nè ornamenti tanto spiccati ed ove la conchiglia assume sempre una grande unifor- mità di caratteri, si ritrova la forma dei più antichi Rhacophyllites: Rh. neojurensis Quenst., Rh. debilis HAUER, Eh. occultus Moss. Le coste ed i solchi peristomatici sembrerebbero quindi caratteri evolutivi più avanzati. Nel ”%. stella Sow. però, che è specie assai antica, mentre mancano del tutto le coste, sono sviluppati i solchi anche nei giri interni, come avviene nelle specie più recenti, R%. libertus Gem. e RM. mimatensis D'ORB. Forme che si scostano notevolmente dalle ordinarie si hanno nel gruppo del R%. exèmius HAUER e del E. lariensis Mer., non frequenti nel Monte di Cetona, che si potrebbero anche giustamente sepa- rare a cagione della presenza della carena sifonale più o, meno spiccata. Delle specie da me osservate, sono da riferirsi ai calcari grigi e rossi inferiori: Rhacophyllites Nardi Mex. Ehacophyllites lunensis De StEr. » t'ansylvanicus HAUER » ‘Quadri Mex. » gigas n. Sp. » stella Sow. » admirandus n. sp. D » libertus Gem. » separabilis n. Sp. ed appartengono al Lias medio: Rhacophyllites libertus Gemm. BRhacophyllites lariensis Mex. » exrimius HAUER 1. Rhacophyllites Nardii Mon. — Tav. VII [VII], fig. 1-7. 1853. Ammonites Nardi MeneGHINI. Nuovi foss. tosc., pag. 27. 1856. — mimatensis (non n° Or.) Hauer. Ceph. a. d. Lias, pag. 56, tav. XVII, fig. 1-3. 1868. — — var. Nardit MeneGHINI in Rava. Die Berge v. Campiglia, pag. 320, (pars?). , 1879. _ Nardi Revnès. Monogr. d. Amm. pag. 6, 21, tav. 39, fig. 12-16. 1880. Phyloceras mimatense (non p’OrB.) TARAMELLI. Lias d. prov. Venete, pag. 73, tav. III, fig. 2. 1886. Ph. (Rhacophyllites) Nardii Dr Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 54, (pars). 21886. Ihacophyliites cfr. diopsis (non Gem.) Gever. Cephal. d. Hierlatx, pag. 225, tav. I, fig. 20. non 1896. —_ Nardi Greco. Lias sup. di Rossano, pag. 103, tav. I, fig. 5. 1896. —_ — Fuonr. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 228. 1900. — — Uan. Fauna a. d. Bukowina, pag. 19. [49] A. FUCINI 49 DIMENSIONI I II III IV Diametro . : È o i E s . mm. 70 mm. 65 mm. 50 mm. 64 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0,37 0,38? 0, 38 0,42 Spessore » » » 0, 26 0,24 0,27 0,26? Larghezza dell’ ombelico » » 0,34 0,33? 0,32 0,28 Ricoprimento della spira » » 0,07 0,07? 0,09 0,10 Il MENEGHINI istituì lA. Nardi sopra esemplari dei calcari rossi ammonitiferi inferiori di Campiglia, esistenti nel Museo di Pisa, specialmente sopra il più grande che io figuro (Tav. VII [VII], fig. 1) il cui modello, come si legge sull’etichetta, fu mandato al Revnks. Con la figura 3 (Tav. VII [VII]) è rappre- sentato un secondo esemplare di Campiglia, riferito pure all’ A. Nardiè dal MENEGRINI, che ne ha scritto di sua mano l’etichetta, nella quale il nuovo nome è seguito da questa annotazione: ombelico stretto 7/00 - Tale osservazione presumibilmente fu fatta in confronto con l’altro individuo. Gli esemplari in parola rappresentano, secondo me, le forme tra le quali si deve comprendere la specie meneghiniana. Sarà utile intanto riportare la descrizione originale : «A testa compressa; anfranctibus compressis, lateribus planulatis, transversim undato-costatis; costis subae- qualibus, bifurcatis, in dorsum converum egregie continwis et anterius prominentibus; apertura compressa; umbi- LCORIOtO=NSENtISt Re. Diametro 90”; larghezza dell’ultimo giro 4°,50; Suo spessore ?°/,50; larghezza dell’ombelico 3/00: ricoprimento della spira “oo. Coste circa 65, spesso mancanti nella porzione interna della spira e spe- cialmente in prossimità all'ombelico, per cui ne resta oscura la biforcazione. Differisce dall’ A. mimatensis per la mancanza dei solchi e per l'ampiezza maggiore dell’ombelico, caratteri per i quali maggiormente si allontana dall’A. Baucaultianus D’ORB. col quale ha pure qualche rapporto di affinità , . Avendo il MeneGHINI! veduto poi che l'HaueR riferiva all’A. mimatensis D’ORB. degli esemplari di Adneth, vicinissimi alla sua specie, ritenne questa come una varietà di quella del n’ OrBIGNY. Successiva- mente?, ricordando la forma di Campiglia, disse che differiva dall'A. nvîmatensis D’ORB. solo per le coste prolungate fino all’ombelico, sovente aggruppate due a due, o in maggior numero, e per la superficie della conchiglia finamente striata. Quando il MENEGHINI avvertì queste differenze era già in possesso di tutti gli esemplari di Campiglia che si conservano ora' nel Museo di Pisa e che io ho preso anche in esame. Fra essi, limitando i carat- teri del RA. Nardi a quelli dedotti dagli individui di Campiglia da me figurati e specialmente dal più grande, sul quale posa la diagnosi originale, si notano anche diverse altre forme. Fra queste si trova infatti il AA. libertus Gemm., che nella forma tipica siciliana è estremamente vicino al R7. Nardi, somigliando in special modo all'individuo più piccolo di Campiglia (Tav. VII [VII], fig. 3); vi sono il R%. diopsis Gemm. ed il fà. transylvanicus HAvER, molto simili fra loro, ed io vi ho distinto il R%. separadilis, dal cui esemplare il MENEGHINI 5) trasse probabilmente il carattere della fine striatura della conchiglia che disse propria del- lA. Nardiì. 4) MENEGHINI in RaTH. Die Berge v. Campiglia, pag. 320. 2) MENEGHINI. Monographie, pag. 83. SD) 1003 05 Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 7 50 A. FUCINI [50] Il Reynès! intanto, ritenendo la specie del MenEGHINI identica a quella di Adneth riferita dall’ HAUER al R7. mimatensis, ne dava delle figure che non si sa bene se tolte da esemplari di Adneth, come sem- brerebbe, oppure da quelli di Campiglia, di tre dei quali? ebbe il modello dal MENEGHINI stesso. Le figure del ReynÈs, tenendo presente che riguardano modelli interni poichè mostrano i solchi peristomatici, devono riferirsi a forme corrispondenti assai bene anche all’originale del 4. Nardà. Esse hanno solamente ombelico più stretto, non tanto però quanto apparirebbe, poichè deve avvertirsi che l'originale, avendo l’ultima por- zione della spira alquanto spostata in fuori, forse per compressione laterale, manifesta apparentemente maggiore l'apertura dell’ombelico. Il Revnès®, a proposito dei cambiamenti nelle ornamentazioni delle con- chiglie di Ammoniti, cita lA. Nardi e dice: “ cette espèce est pourvue de grosses còtes simples, rayon- nantes, passant sur le dos et n’ occupant que la portion buccale du dernier tour; la portion en rapport avec l’animal est toujours privée de còtes, de telle sorte qu’ en amputant la moitié du dernier tour, on a une Ammonite lisse ,. “ Qui n’est pas , sta scritto di mano del MEeNEGHINI di fianco a quel periodo. Infatti al principio dell’ ultimo giro dell’esemplare originale tante volte ricordato del RX. Nardè Mer. si vedono, per quanto molto indistintamente, delle coste, ma ciò potrebbe essere un carattere limitato al guscio, essendo presumibile che il modello manchi di coste nella parte concamerata della spira. In quanto alla qualità delle coste di essere semplici, secondo il ReynÈs, o aggruppate, secondo il MENEGHINI, non è facile decidere, essendo esse sempre molto indistinte presso l'ombelico. Per la maggior parte sembrano semplici, altre appa- iono veramente riunite. Il De StEFANI ‘ in seguito diede alla specie in discussione un significato assai esteso, quale era infatti nell’idea del MenEGHINI. Egli riunì ad essa il RX. diopsis GeMm., ma ne tenne separato il A. libertus Gemm.; escluse però gli esemplari figurati dal Revnks. Più tardi il Greco” accettò la sinonimia proposta dal De STEFANI; ma riferì al RR. Nardi anche la forma figurata dal Reynks. Si deve qui avvertire però che l'esemplare di Bocchigliero sopra il quale egli fondò tale riferimento non appartiene assolutamente a questa specie, ma piuttosto al R%. ezimius HAUER. Quasi nello stesso tempo, approvando le sinonimie del De STEFANI e del GRECO, io riferi al RA. Nardi degli individui frammentari del Lias medio del Monte Calvi, per i quali parmi certa anche oggi la mia determinazione. Da ultimo ricorderò che l’UnLIG®, suidato dalla sinonimia proposta dal DE STEFANI, riferisce al RA. Nardii degli esemplari della Bukowina che egli trova identici al P7. diopsis GeMmm., avvertendone solo una qualche differenza nella linea lobale data dal GrmmELLARO, che egli però ritiene forse non ben riprodotta. Dopo di avere così accennate le vicende attraversate dalla specie in esame, io ritengo che essa debba essere intesa ora in modo ristretto, secondo il concetto originario del MENEGHINI e limitatamente alla forma tipica di Campiglia da me rappresentata con la fig. 1 della Tav. VII [VII], ed inoltre che la fig. 3 che io i) RevNÈs. Monogr. d. Amm., pag. 6, tav. 39, fig. 12-16. 2 Come resulta dalle iscrizioni messe nelle etichette degli esemplari di Campiglia, il Revnés ebbe dal Mane- GHINI i modelli dell'esemplare originale di &h. Nardi da me figurato (Tav. VII [VII], fig. 1), dell'individuo da me riferito al RA. separabilis e pure figurato (Tav. X [X], fig. 4) e il modello di un terzo esemplare piccolo e a largo ombelico e del tutto riferibile al Ah. Zibertus Grmm. Le figure del Ravnbs se dovessero riferirsi a questi tre modelli sarebbero del tutto arbitrarie ed è quindi probabile che riguardino esemplari di Adneth. 3) RavnÈs. Monogr. d. Amm., pag. 21. 4) Dn STEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 54. °) Greco. Lias sup. di Rossano, pag. 103. 5) UnLig. Fauna a. d. Bukowina, pag. 19. [51] A. FUCINI 51 do nella medesima tavola riguarda una forma pure di Campiglia assai vicina al R7. libertus Gemm. Questa ultima specie è grandemente vicina a quella del MENEGHINI, dalla quale solo sembra differire per le coste evanescenti più rapidamente verso l’ombelico e per i solchi che sono più distinti nella parte concamerata della spira. Credo infine che al R%. Nardii non vada riunito il R%. diopsis, perchè questo ha ombelico più stretto, con margini più acuti, coste più arcuate, retroverse, irregolari ed embriciate. Al Eh. Nardi Max. così inteso io riferisco alcuni esemplari del Monte di Cetona che presentano fra loro forme un poco diverse, sia per la larghezza ombelicale, sia per i caratteri dei solchi peristomatici. Le differenze più appariscenti, con gli esemplari di Campiglia figurati, sono secondo me dovute al fatto di essere essi conservati in modello interno. A tale stato di conservazione è dovuta infatti la presenza dei solchi peristomatici che non appariscono così bene negli originali, ma che però si scorgono in altro esemplare di Campiglia, in parte conservato in modello e simile a quello rappresentato con la fig. 1 (Tav. VII [VII]). Ugualmente io credo che vada spiegata, come ho sopra accennato, anche la mancanza delle coste nella parte concamerata della spira, molto indistinte del resto anche nell’individuo originale più grande. Una prima forma è rappresentata da un individuo assai bello (Tav. VII [VII], fig. 2), con i due terzi dell'ultimo giro occupati dalla camera di abitazione, conservato nel calcare grigio inferiore ed appar- tenente al Museo di Pisa. I solchi peristomatici, che sembrano mancare nei giri interni, si trovano in esso anche nella parte concamerata dell’ultimo giro, ma meno evidenti dei quattro che sono nella camera di abitazione. Questi ultimi nascono quasi indistinti dall’ombelico e vanno sempre approfondandosi verso il dorso, che raggiungono dopo aver compiuto una linea leggermente sinuosa. L'ultimo, col quale termina la spira, è un poco più proverso degli altri. Il margine della bocca non si vede. L'ombelico, assai profondo e con contorno assai strettamente arrotondato, resulta alquanto più largo di quello degli esemplari ori- ginali, però della stessa identica forma irregolare, dovuta ad un più rapido svolgimento della spira nel- l’ ultima metà del giro. Per quanto questo carattere sia presente anche negli individui tipici di Campiglia, non credo che esso sia inerente alla specie, ma dovuto piuttosto al modo di fossilizzazione. Un altro individuo di Campiglia non lo mostra affatto, mentre è difficile trovare nella intiera fauna del Campigliese un esemplare di Ammonite che non abbia subìto delle compressioni o contorsioni. Le coste cominciano a mostrarsi assai distinte subito dopo l’ultima sutura ed è presumibile quindi che esse si trovassero, sul guscio, anche un poco più posteriormente, in corrispondenza della parte concamerata della spira, forse molto più deboli, come succede nell’originale più grande. Esse hanno il medesimo andamento dei solchi e quindi appariscono leggermente sinuose e proverse. Sul dorso, ove hanno il maggior rilievo, le corrispondenti dei due fianchi si riuniscono con una curva non molto ristretta e presentano il lato anteriore più dolcemente declive del posteriore, netto e quasi verticale. Sul contorno dell’ombelico, ove esse cominciano a vedersi, sono molto deboli; alcune sono semplici, altre apparirebbero indubbiamente riunite. . Come negli esemplari originali così in quello.di Cetona i fianchi sono più convessi Pie: al principio dell’ultimo giro che non alla fine, ove l'apertura presenta un contorno ellittico un poco depresso superiormente ed inferiormente. -- La linea lobale (fig. 25), non benissimo distinta, non corrisponde tanto nè a quella rilevata dall’ Hauer, nè a quella, forse non troppo esattamente, disegnata ' ' ORI (a ' ' SG Ò Linea lobale del 72h. Nar- dii MGH.(prima forma), dal Reynès. Il lobo sifonale è molto meno profondo dei lobi laterali, ma quasi tanto presa al diametro di à dg È . È Ò 5 DSS n È mm. 43, in grandezza quanto i primi lobi accessori. Il sesto, od ultimo lobo accessorio, raggiunge circa SN la profondità del primo laterale. La sella esterna ha tre grandi foglie, delle quali una interna e due terminali. Di queste, l’interna è più alta dell’esterna. La prima sella laterale termina con due foglie, delle quali l’interna è più alta dell’esterna e porta alla base una terza foglietta che tende un poco 52 A. FUCINI [52] a dare alla sella l’aspetto trifillico. La seconda sella laterale termina come la precedente, però la foglia terminale interna vi è più bassa dell’esterna. La prima sella accessoria è difilla, le altre quattro monofille. La linea radiale tocca la foglia terminale della terza sella accessoria. Questa conchiglia ha grandi somiglianze con quelle che io più specialmente riferisco al #%. tidertus, ma le coste più proiungate verso i ombelico ed i primi giri senza o con debolissimi solchi peristomatici me l’hanno fatta riguardare come appartenente al R%. Nardà Meg. Vicina a quella ora descritta si presenta un’altra forma (Tav. VII [VII], fig. 4-6) con ombelico appena più stretto, con solchi peristomatici nulli od indistinti nella parte concamerata della spira, spiccati ed in numero di quattro o cinque nell'ultima camera. Questa occupa i due terzi dell’ultimo giro negli individui più grandi, circa la metà in un esemplare più piccolo (Tav. VII [VII], fig. 5). Questa forma è identica a quella di Adneth figurata dal l’ HauER col nome di A. mimatensis D’ORB. La linea lobale, che si vede assai bene sull’esemplare rappresentato con la figura 4 (Tav. VI [VIK]), corri- sponde benissimo per la forma e distribuzione delle selle a quella descritta per l'esemplare precedentemente esaminato; ne differisce però per i lobi tutti alquanto più profondi del sifonale. Per questo essa è simile alla linea lobale riportata dall’ Hauer per la stessa forma di Adneth. Il Bertoni! ha figurato un esemplare di ARacopAlyllites indeterminato, che dice diverso dal X%. lè bertus GeMM. per la mancanza assoluta di strozzature, e che è molto vicino alla forma in esame. Io eredo infatti che l'assoluta mancanza di strozzatura notata dal BerroNI si riferisca alla parte concamerata della spira, inquantochè dalla figura che egli dà mi sembrerebbe che ne avesse una assai distinta sulla metà della porzione dell’ ultima camera conservata ed altre, ma meno spiccate, alla fine ed al principio. Appartengono a questa forma alcuni individui, non molto grandi, tutti conservati nel calcare rosso infe- riore; pochi in frammenti potevano raggiungere anche i mm. 150 di diametro. Quasi tutti appartengono al Museo di Pisa; uno è delle collezioni dell’ Ufficio geologico, uno del Museo di Firenze ed uno di quello di Monaco. Una terza forma infine (Tav. VII [VII], fig. 7) corrisponde meglio di ogni altra alle figure del RevnÈs, ma non ha come quelle l'ombelico tanto stretto. La parte concamerata della spira sembra poi fino dai giri interni provvista di solchi peristomatici, sempre però molto più deboli di quelli che si trovano nell’ultima camera. La sezione dei giri non è tanto compressa, il dorso non tanto ristretto, e la curva mostrata sui fianchi dagli ornamenti avviene molto all’esterno. La linea lobale non si rileva con chiarezza. Gli esemplari di questa forma si trovano nel calcare rosso inferiore; essi sono pochi, ed appartengono al Museo di Pisa. Uno dubbio, del calcare grigio, appartiene al Museo di Firenze. 2. Rhacophyllites transylvanicus Hauer. — Tav. VII [VII], fig. 1-7. 1866. Ammonites transylvanicus Hauer. Verhandl. d. k. k° geol. Reichsanst., pag. 192. 1878. Phylloceras transylvanicum.Hergic®. Sxéklerland, pag. 114, tav. XX J, fig. 1, (pars) non tav. XX H, fig»2. Secondo i recenti studi dell’ UnLIG®, a proposito del R7. Nardi, si sa come i due esemplari di R%. tran- sylvanicus HAUER figurati dall’ HERBICH appartengano a due specie distinte. Uno, figurato a tav. XX J, è quello al quale si può conservare la denominazione dell’ HauER, mentre l’altro della tav. XX HA va riguardato come meglio riferibile al 4. diopsis Gemm., che 1° UzLIG, seguendo la sinonimia proposta dal De STs- i) BaTTONI. Foss. domeriani, pag. 39, tav. III, fig. 5. 2?) UnLIG. Fauna a. d. Bukowina, pag. 19. [53] A. FUCINI 53 FANI ” ed accettata già dal Greco? e da me®, ritiene identico al R7. Nardi Mex. In riguardo però alla sinonimia proposta dal De STEFANI rimando a quello che ho scritto nella descrizione del RX. Nardò; ri- corderò solo che il R%. diopsis meglio che al R7. Nardi Mon. somiglia al R%. transylvanicus. Le affinità non sono però tanto apprezzabili, nè le differenze tanto determinate, perchè mentre il 7. diopsis Gem. è figurato con la conchiglia, il RX. ransylvanicus dell’HerBIcH sembra essere in modello. L’UaLIG farebbe differire il 7. transylvanicus dal Rh. diopsis per le coste più fitte, meno fortemente arcuate, meno robuste e che cominciano presso la parte ombelicale ed anche per i giri più alti e meno ristretti sul dorso. Il GeMMELLARO, in confronto con il R7. transylvanicus, avrebbe notato nel R%. diopsis che le coste incominciano più sottili e si estendono meno verso l’ ombelico. Tra le Ammoniti dei calcari rossi inferiori di Campiglia, che il MeneGHINI riunì al 7. Nardò, si trovano pochi esemplari che io non saprei davvero separare dal 7. diopsis, sebbene abbiano, in opposizione alle idee dell’ UrLIG, coste assai sottili e numerose; e vi ho osservato anche un individuo molto grande, che crederei riferibile al R%. transylvanicus, per le coste poco arcuate, evidentemente spiccate fino all’ombelico, ma che ha giri poco alti e coste molto grossolane. Nella poco determinata chiarezza dei caratteri del 7. diopsis e del E%. transylvanicus, certo se non identici, fra loro molto vicini, e nella mancanza per ambedue dei caratteri del peristoma e del dorso nel- l’ultima porzione della spira, per me molto importanti, non credo di potere riferire del tutto all’ uno o all’altro i miei numerosi esemplari, che hanno spesso particolarità proprie o comuni ad essi. Parendomi però inopportuna la distinzione di una nuova specie, io riporto i miei individui al E. transylvanicus HAUER come più antico e li divido in due varietà basate sulla presenza o no dell’ appiattimento e dello slarga- mento del dorso in vicinanza della bocca e sulla minore o maggiore compressione della conchiglia, per quanto quest’ultimo carattere non sia sempre appariscente. Var. dorsocurvata n. var. — Tav. VII [VIII], fig. 7. DIMENSIONI I II III IV Diametro , 1 : 5 3 . , 3 . mm. 60 mm. 58 mm. 72 mm. 62 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . È 0, 46 0,46 0,41 0,42 Spessore » » » î . 0,25 0,25 0,22 0,20 Larghezza dell’ ombelico » » î 5 0,22 0,21 0,27 0,26 Ricoprimento della spira » » o o 0,10 0,11 0,10 0,10 In questa varietà si comprendono due forme delle quali una è leggermente diversa dall’altra per mag- gior compressione della conchiglia e per l'ombelico più ampio, maggiormente evoluto alla fine della spira e forse un poco meno profondo. I fianchi in ambedue sono leggermente convessi ed hanno il maggiore rilievo al terzo interno della loro altezza. La sezione dei giri, anche in prossimità della bocca, è ovale, più o meno troncata inferiormente. Il dorso si mantiene piuttosto strettamente arrotondato fino al termine della spira, ove il giro si restringe leggermente in altezza. Nella parte concamerata si vedono talvolta, come nell’esemplare figurato, dei solchi peristomatici molto deboli e quasi indistinti. La camera di abita- i) De STEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 54. 2 Greco. Lias inf. di Rossano, pag. 115; — Lias sup. di Rossano, pag. 103. 3) FucINI. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 228. 54 A. FUCINI [54] zione, assai lunga, comprende anche più dei due terzi dell’ultimo giro ed è ornata da coste non tanto arcuate, fitte e regolari. Queste talvolta cominciano, col cominciar della camera di abitazione, molto sottili e forse riunite verso l'ombelico; tal’altra prendono subito notevole rilievo e discreta grossezza. In generale esse svaniscono prima di arrivare all’ombelico negli individui piccoli, si prolungano maggiormente in quelli grandi. Sul lato esterno dei giri le coste si piegano in avanti e si riuniscono sul dorso con le corrispon- denti opposte, facendo una curva assai ristretta rivolta in avanti. Il peristoma è preceduto da un solco non molto profondo, ma più inclinato delle coste che vi si riuniscono ad angolo. Il margine della bocca non si scorge bene in nessun individuo; in alcuni s’ intravede solo confusamente. Esso ripeterebbe la forma di quello già osservato in altre specie e che si vede meglio nella varietà dorsoplanata. Anche la linea lobale è identica a quella descritta e figurata di tale varietà. È notevole un esemplare del Museo di Monaco, assai sciupato e forse non riferibile neppure a questa varietà, il quale ha le coste quasi indistinte sui fianchi, e la prima sella laterale avente la foglietta interna, sotto alla terminale, unita spiccatamente al tronco anzi che alla base della foglia terminale stessa. Per lo spessore minore queste conchiglie differiscono tanto dal XY. diopsis Gemm. quanto dal R%. transylvanicus HAUER. A questo corrisponde meglio per l’altezza dei giri e per la strettezza dell’ ombelico la forma meno compressa, la sola da me figurata. I solchi peristomatici, per quanto deboli, della parte concamerata del giro di alcuni individui, non si trovano nella specie del GEMmMELLARO e si ignorano nel Eh. transylvanicus poichè l’individuo tipico di questo, figurato dall’ HERBICH, sarebbe, dice 1° UHLIG, com- pletato col gesso nella parte concamerata della spira. Le coste numerose, regolari, non molto piegate in avanti, somigliano sui fianchi a quelle del A%. transylvanicus, sebbene spesso non del tutto prolungate fino all’ombelico; sul dorso, per la curva più ristretta che vi fanno, corrispondono meglio a quelle del Eh. diopsis. Lo svolgimento più chiuso della spira presso l’apertura ed in corrispondenza del dorso che sì nota nei miei esemplari e per il quale il giro ultimo diminuisce un poco di altezza presso la bocca, non si conosce nell’individuo della specie dell’ HauER, forse perchè incompleto ed è in opposizione al carattere offerto dall’esemplare più grande del 7. diopsis figurato dal GemmeLLARO, che sembra avere invece spira più aperta in vicinanza dell'apertura stessa. Questo carattere del %. diopsis sarebbe dal- l’ UnLIG ritenuto particolare della specie, avendolo osservato anche negli individui della Bukowina. Esso si osserva pure in due esemplari del calcare rosso di Campiglia, esistenti nel Museo di Pisa, e manca in un terzo; è da osservarsi però, come ho detto altre volte, che i fossili del campigliese sono più o meno tutti contorti. Var. dorsoplanata n. var. — Tav. VII [VIII], fig. 1-6. DIMENSIONI I TI III IV Vv VI Diametro . o c o 0 c . mm. 74 mm. 73. mm. 60 mm. 93 mm. 74 mm. 70 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,45 0, 42 0,45 0, 43 0, 42 0,41 Spessore » » » 0,28 2 0, 28° 0, 28 0,29 0,29 Larghezza dell’ombelico » » 0,22 0,24 0,22 0,23 0,27 0,27 Ricoprimento della spira » » 0,14 0,13 0,12 0,09 ? 0, 08 Anche in questa varietà, della quale ho buoni esemplari, si comprendono, come nella precedente, due forme, una differente dall’altra per l'ombelico più ampio e maggiormente evoluto alla fine della spira, La anaggiore differenza che io noto in queste conchiglie, in confronto con quelle della varietà dorsocurvata, è PSI VE LEE. VEE [55] A. FUCINI 55 di avere il dorso nell’ ultima porzione della spira, oltre che depresso, anche allargato ed appiattito. La sezione del giro che ne resulta è subquadrangolare, anzichè ovale, come nella parte posteriore del giro e come in ogni punto della spira della varietà dorsocurvata. Le coste sono forse un poco più grossolane; pie- gate meno in avanti sui fianchi, un poco più invece all’esterno del giro. In generale esse non si prolun- gano molto verso l'ombelico e sul dorso formano una curva più stretta nei giovani che non negli individui adulti. Nella prima parte della camera di abitazione di un esemplare piccolo ed assai ben conservato (Tav. VII [VIII], fig. 6) esse si riuniscono a due ed a tre verso l’ombelico; divengono semplici con l’accre- scimento; semplici si osservano anche al principio della camera di abitazione degli individui più grandi, però non mai molto distintamente. La camera di abitazione comprende dai due terzi alla metà dell’ultimo giro, quindi è in generale un poco più corta di quella della var. dorsocurvata. Il solco che precede il peristoma, parecchio distinto, è molto piegato in avanti all’esterno, ed obliquo sui fianchi assai più delle coste, delle quali le cinque o sei che lo precedono vi convergono ad angolo acuto. Sulla parete ombelicale esso, voltandosi un poco in avanti, forma un’ ansa più o meno accentuata. Il becco a tettuccio formato dal prolungamento del dorso non si vede in alcun esemplare; in uno si scorge assai bene (Tav. VIII [VIII], fig. 5), in altri meno di- stintamente, l'espansione auricolare con la quale, al di là del solco, termina la parte interna dei fianchi. Essa abbraccia quasi la metà dell’altezza del fianco, ha il margine anteriore arrotondato e l’inferiore disere- tamente obliquo. Nella forma ad ombelico più largo (Tav. VII [VIII], fig. 4) ed un poco più evoluta alla fine della spira, si osservano talvolta dei solchi peristomatici molto deboli ed indistinti, dello stesso anda- mento delle coste. La linea lobale (fig. 26) ha il lobo sifonale poco profondo, sorpassato da tutti i lobi, meno di ogni altro però dal primo accessorio. I lobi accessori sono cinque o sei, dei quali solo gli ultimi presentano una grande obliquità. Anche la parte interna della linea lobale ha sei lobi com- preso l’antisifonale, il quale è profondo circa quanto il secondo laterale. La sella esterna, tozza e corta, porta tre grandi foglie delle quali due terminali ' 2 ed una interna. La foglia terminale esterna ha generalmente unita alla ide DE É & da i base un’altra foglietta. La prima sella laterale, più alta della precedente, i 7 finisce in modo poco deciso con due foglie, delle quali l’interna però porta Frs. 26. Linea lobale del RA. transyWwanieus più o meno distintamente unita alla base un’altra foglia. Fra tutti gli Hauer, var. dorsoplanata, presu ° ono DINO : . al diametro di mm. 55, in gran- esemplari studiati dell’intiera specie solo uno di Monaco non ha tale dezza naturale. ultima particolarità che tende un poco a rendere trifogliata la sella. La seconda laterale e la prima accessoria terminano con due foglie, le altre quattro accessorie, sempre più basse e via via più ridotte ed oblique, finiscono monofillicamente. Le sei selle che costituiscono la linea lobale interna sono sempre più alte, meno oblique e più incise procedendo verso il lobo antisifonale. Anche questa varietà non si adatta molto bene nè al R%. diopsis, nè al RA. transylvanicus, dei quali non si conosce bene il modo di terminazione della spira dalla parte del dorso. Per la loro regolarità le coste sembrerebbero meglio riferirsi a quelle del transylvanicus, specialmente nei fianchi; sul dorso hanno anche l’andamento di quelle del diopsis. La linea lobale non corrisponderebbe perfettamente a quella dise- gnata dal GemmeLLARO perchè in questa il primo lobo laterale presenta un andamento piegato, che come osserva l’UnLIG, non si trova mai nei RAacophyMites e che egli suppone dovuto ad imperfezione di figura. La forma con i deboli solchi peristomatici nella camera di abitazione e con ombelico discretamente ampio «somiglia assai al R7. Nardi e specialmente alla terza forma, le coste però sono meno prolungate verso l’ombelico, i solchi sempre molto più indistinti, i fianchi dei giri più piani, il dorso depresso e slargato in vicinanza dell’apertura e la sezione non ovale-ellittica. 56 , A. FUCINI ; [56] Della varietà descritta si hanno esemplari numerosi tanto ne? calcari rossi quanto in quelli grigi infe- riori; per la maggior parte sono di proprietà del Museo di Pisa, parecchi appartengono anche al Museo di Firenze, pochi sono del Museo di Milano, di Monaco e dell'Ufficio geologico. 3. Rhacophyllites gigas n. sp. -- Tav. IX [IX], fig. 2-5. DIMENSIONI I II III IV Vv Diametro o : , - 6 o . mm. 124 mm. 78 mm. 68 mm. 61 mm. 50 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0, 44 0,45 0, 46 0,47 0, 47 Spessore » » » 0,24 0,23 0,25 0,26 0,28 Larghezza dell’ ombelico ” » 0,25 0,23 0,25 0,25 0,23 Ricoprimento della spira » » 0,11 0,10 0,12 0,12 0,12 Di questa specie io ho parecchi esemplari, dei quali solamente due hanno conservata più o meno completa la camera di abitazione. In uno di essi questa comprende la metà, nell'altro i due terzi del- l’ultimo giro. La conchiglia è molto compressa, discretamente ombelicata, di accrescimento non tanto ra- pido e di involuzione mediocre, poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per i tre quinti circa della sua altezza. I giri, quasi il doppio più alti che larghi, hanno il maggiore spessore in vicinanza dell’ombelico, sul quale cadono assai rapidamente, producendo una parete circombelicale alta, leggermente obliqua, se- parata dai fianchi da un margine netto, che sembra arrotondarsi nella camera di abitazione. I fianchi, dal punto di massimo spessore dei giri, si deprimono gradatamente verso l’esterno, facendo una curva pochissimo convessa che aumenta sul dorso, il quale è piuttosto ristretto ed arrotondato. A differenza di ciò che accade in molte specie di AhacopRyllites, in questa il dorso non si deprime nella parte ter- minale della spira; quindi la sezione dei giri, ovale, ristretta in alto e troncata in basso, ‘è pressochè identica in qualunque parte della spira. La porzione concamerata della conchiglia appare liscia; l’ultima camera invece è ornata da grosse pieghe, piuttosto irregolari, più strette degli intervalli, le quali dal dorso, ove assumono il massimo rilievo, vanno svanendo verso l’interno con andamento alquanto obliquo ed arcuato. A causa della conservazione non buonissima degli esemplari, che sono provvisti dell’ ultima camera, non si può precisare a quale altezza dei fianchi tali coste scompaiano; nell’individuo più piccolo però sembrerebbe che ciò, almeno per alcune, accadesse presso l’ombelico. Nemmeno si può assolutamente asserire la mancanza, nella stessa ultima camera, di solchi peristomatici, che in ogni modo sarebbero poco distinti; essi poi mancano certamente nella parte concamerata della spira. Se l’esemplare più grande è, come ritengo, veramente completo, mancherebbe in esso anche il solco che precede il margine peristomatico e che si trova in quasi tutti i numerosi esemplari completi di RhacophyUites che io ho osservato nella fauna in esame. La linea lobale (fig. 27), non si scosta da quella delle altre specie di questo genere. Il lobo sifonale poco profondo, finisce da ciascun lato in due punte assai grossolane. Il primo laterale, più profondo del precedente, quer TRI e termina, senza tanta regolarità, in tre rami, dei quali l’interno è sempre naturale. più piccolo e meno profondo dell'esterno; questo. poi insieme col me- diano, con il quale è unito intimamente, sembrano costituire un solo ramo suddiviso di nuovo in altri tre secondari, terminati ciascuno in tre punte. Il secondo lobo laterale, di poco più profondo del sifonale, ripete la forma del precedente, però in senso inverso, poichè il ramo Fic. 27. Sii nr dit SPEZIA v $ [57] A. FUCINI 57 più corto e più piccolo è l’esterno, mentre sono uniti per la base l’interno e il mediano, formando quasi una sola diramazione suddivisa in tre rami. Il primo lobo accessorio arriva alla linea radiale e si può dire terminato in due rami. Altri quattro lobi accessori, molto obliqui. precedono la sutura ombelicale, a grado a grado più ridotti e sempre più profondi fino a raggiungere quasi la profondità del primo laterale. Nella parte interna la linea lobale ha cinque lobi assai obliqui in senso opposto a quelli accessori, simili per forma fra loro e salienti rapidamente procedendo verso il lobo antisifonale. Questo è profondo circa quanto il sifonale e terminato in due punte. La sella esterna assai bassa ha tre foglie, delle quali la esterna, più piccola delle altre; delle due foglie terminali poi l’interna resulta anche più alta dell’esterna. La prima sella laterale, alta e svelta segna, con le sue due grandi foglie terminali, il punto più elevato della linea lobale. La seconda laterale, più bassa della sella esterna, e la prima accessoria sono difille; le tre accessorie successive sono monofille e sempre più oblique, basse e ridotte. All’ interno, oltre la piccola sella depressa, su cui cade la sutura dell’ombelico, si hanno cinque selle delle quali le prime due e l’ultima sono monofille, semplicî e simili fra loro; la terza e la quarta assai irreregolarmente difille. Tutte queste selle seguono una linea ascendente procedendo verso il lobo sifonale. Il AR”. gigas ha le maggiori affinità con il RX. Nardi (= Eh. mimatensis [non p' OrB.] HAUER), quale io lho delimitato nella relativa descrizione; secondo però il mio parere ne è assai differente per accre- scimento più rapido, che determina una maggiore altezza di giro, per l’involuzione maggiore, per cui i giri si ricoprono più della loro metà anzichè meno, e per l'ombelico più stretto, per le coste meno nu- merose e forse evanescenti a maggior distanza dell’ombelico, nonchè, forse, per la mancanza dei solchi peristomatici e per il dorso più ristretto nell'ultima porzione della spira. Anche il A%. fransylvanicus HAUER ed il Eh. lunensis De STEr., entrambi presenti a Cetona, hanno somiglianze notevoli con il A%. gigas. Specialmente allo stato giovanile è difficile distinguere queste varie specie. Il Rn. transylvanicus ha però conchiglia più compressa, ombelico un poco più stretto e nell'ultima camera coste più numerose e dorso spesso depresso alla fine della spira. Il %. Zunensis, diverso nella camera di abitazione per forma e numero di coste, nei giri interni differisce solo per la presenza di solchi peristomatici tavolta più o meno distinti. Un esemplare di Adneth, mandato a Pisa dall’HauER come A. mimatensis D’ORB., non corrisponde troppo bene alla forma figurata dallo stesso Hauer (= R%. Nardìî Mer.), ma, avvicinandosi al RW: tran- sylvanicus HAUER, si accosta moltissimo alla nuova specie descritta, dalla quale diversifica solo per un maggior numero di coste; vi corrisponde poi assai bene nella forma dei giri, nel grado d’involuzione e di accrescimento e nella larghezza ombelicale; io lo considero quale termine intermedio tra il £. fran- sylvanicus ed il Rh. gigas. Nella fauna del Széklerland descritta dall’ HerBIcH, che ha tanta analogia con quella dei calcari in- feriori rossi e grigi ammonitiferi del Monte di Cetona, vi è anche il R%. Rakosensis HeRB. ! che può es- sere paragonato al R%. gigasì esso è però diverso per i giri scendenti dolcemente all'ombelico ed aventi sezione ellittica assai differente, nonchè per le coste più rade, meno numerose, forse più sottili e, a quanto sembra dalla figura dell’ HERBICH stesso, più ‘spiccate nella parte interna dei fianchi anzichè sull’esterna. L’originale tutto concamerato del Ph. Urmosense HERB. ?), specie ritenuta da alcuni un A7acophyt- lites, ed invece un PhyUoceras dal WAHNER 3, ha una notevole somiglianza con la mia nuova specie. La i) HeBrIcH. Seéklerland, pag. 114, XX G, fig. 3. (2. L.c., pag. 113, tav. XX K, fig. 1. 3) WAHNER. Beitr. 2. Kenntn. d. tief. Zon., pag. 286, tav. 65, fig. 3-5; tav. 66, fig. 1-8. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 8 58 A. FUCINI [58 linea lobale però oltre ad avere una sella ed un lobo di più sui fianchi ed uno di meno sul contorno ombelicale, ha anche la prima sella laterale terminata spiccatamente con tre foglie. Queste differenze appariscono più distinte dalla descrizione del PR. Urmosense HerB. fatta dal Winner, dalla quale resultano anche delle diversità nella camera di abitazione. Degli undici esemplari esaminati uno solo frammentario è conservato nel calcare rosso, tutti gli altri sono fossilizzati nel calcare grigio inferiore; cinque appartengono al Museo di Firenze, cinque a quello di Pisa ed uno a quello di Monaco. 4. Rhacophyllites admirandus n. sp. — Tav. X [X], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . ò , 6 . 6 c o o , ° , .. mm. 116 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . c RE ò 0,42 Spessore » » » o È . ° È 0,27 Larghezza dell’ ombelico » » È : o . 0 20,27 Ricoprimento della spira » Lo c 0 . 0 . 0,10? Di questa bellissima e caratteristica specie io non ho che un esemplare ed anche non molto ben conservato, in special modo al principio dell’ ultimo giro, la metà del quale appartiene alla camera di abi- tazione. La conchiglia è discoidale, compressa, di accrescimento non molto rapido e di involuzione me- diocre, in modo che l’ultimo giro ricopre il precedente per la metà della sua altezza. I fianchi sembrano più appianati alla fine della spira che al principio, in armonia alla forma del dorso il quale, alla fine del- l’ultimo giro, è alquanto depresso, più ampio e più largamente arrotondato che al principio od alla metà. In corrispondenza a questi caratteri si ha ancora che il maggiore spessore dei giri, al principio della spira, si trova sotto alla metà della loro altezza, ed alla fine di essa corrisponde al terzo esterno. Nel primo caso la sezione del giro è ovale, nel secondo invece subquadrangolare ed alquanto slargata superiormente. L’ombelico è relativamente piuttosto ampio, non moltissimo profondo ed ha la superficie circombelicale scendente obliqua alla sutura ed unita ai fianchi per un margine strettamente arrotondato. La camera di abitazione, che come ho detto comincia un poco prima della metà dell’ultimo giro e che sembra com- pleta, è ornata da sei solchi peristomatici, compreso quello con cui termina la spira, molto distinti sul dorso, alquanto arcuati, obliqui un poco all'indietro e rapidamente evanescenti prima della metà dei fianchi. L’ultimo, un poco più spiccato degli altri, scendente anche maggiormente verso l’interno, è probabile che precedesse il margine peristomatico, del quale non rimane però alcuna traccia. Oltre che da tali solchi l’ultima camera è ornata anche da pieghe molto robuste, ottuse, arrotondate, separate da intervalli uguali ad esse in larghezza, molto spiccate sul dorso ed evanescenti verso i fianchi, anche prima dei solchi peristomatici dei quali seguono l’andamento. Al principio : della camera d’abitazione esse sono molto poco distinte, divengono sempre più i robuste con lo sviluppo della spira; se ne contano da quattro a cinque tra solco e solco, se ne hanno però sette nell'ultimo intervallo, alquanto più largo degli : altri. Sembra che la parte concamerata della spira non abbia solchi peristomatici Linea lobale del 7%. ad- È È à mirandus n.8p., presa al nè, tanto meno, pieghe trasversali. na = . La linea lobale (fig. 28) non si vede per intiero in nessun posto; solo qua e là se ne presenta qualche traccia. Il lobo sifonale non è conservato mai. Della sella esterna si vedono solo le due foglie interne assai grandi, delle quali una terminale. Anche il primo i 1 ( : q | [59] A. FUCINI 59 x lobo laterale è poco distinto; si scorge però come esso si suddivida in tre rami non tanto irregolari. Il secondo lobo laterale, terminato asimmetricamente in tre diramazioni, è assai meno profondo del precedente, ma più del successivo primo accessorio, alquanto obliquo. Seguono altri sei lobi accessori via via sempre più piccoli, ridotti, profondi ed obliqui. La prima sella laterale, evidentemente assai più alta della esterna, termina quasi con tre foglie per lo sviluppo notevole di una terza foglia dalla parte interna. La seconda laterale e la prima accessoria sono distintamente difille; le cinque accessorie seguenti mostransi sempre più basse e monofille. Io non saprei quale E7acophyllites conosciuto possa paragonarsi alla specie ora descritta. Il R%. Nardi è quella che più le si avvicina, ma resta completamente differenziato dalle coste più minute, distinte quasi fino al margine ombelicale; dai solchi peristomatici meno numerosi, più piccoli, visibili fin presso all'ombelico, nonchè dalla forma dei giri e della respettiva sezione. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio, che sembra quello inferiore, ed appartiene al Museo di Pisa. Var. inermis n. var. — Tav. X [X], fig. 2. DIMENSIONI Diametro . o 0 o 0 . . 0 È 0 . . mm. 55 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro : : 3 # È 0, 40, Spessore » » » } À ; È ? 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » 5 i ; 6 , 0,30 Ricoprimento della spira » » 5 ; 5 . , 0,10 Attribuisco al RR. admirandus come var. inermis un esemplare che ha pure la camera di abitazione in gran parte conservata, essendo rappresentata dalla metà dell'ultimo giro. Esso sembra differire prin- cipalmente dal tipo per la mancanza delle coste. L'ombelico è poi alquanto più largo; i giri meno alti e meno spessi, sono più convessi anche alla fine della spira, ove non si deprimono sul dorso. Questo vi è strettamente arrotondato, come nella parte concamerata della conchiglia. La sezione dei giri resulta quindi ovunque la stessa ed è ovale, presentando i fianchi il loro maggiore rilievo sul terzo interno della loro altezza. I solchi peristomatici, dei quali si ha indizio anche nella parte concamerata, hanno tutti lo stesso andamento e sono distinti dalla superficie della conchiglia mercè un margine assai più netto ed acuto anteriormente che posteriormente. Di essi se ne vedono, sull'ultima camera ed in modo distinto, solo tre; sembra però che anche qui sieno sei, poichè altri tre appariscono più o meno confusamente sul dorso in gran parte sciupato nei punti ove dovrebbero trovarsi. Non si potrebbe a tutto rigore, per tale stato di conservazione del dorso, esser certi della mancanza delle coste in corrispondenza della camera di abitazione; ma esse mancano completamente in una porzione del dorso stesso benissimo conservato, che precede l’ultimo solco, in una regione cioè dove sono invece grandemente sviluppate nella forma tipica. Non se ne vede traccia neanche oltre il solco che succede alle suture, ove il lato esterno del giro è per un certo tratto discretamente conservato. In luogo delle grosse pieghe sembra piuttosto che Fic. 29. \ Sg ef 445 Aver Linea lobale del RA. «d- si abbiano delle leggere strie pressochè indistinte. iano i gna La linea lobale, sebbene alquanto corrosa, presenta pure qualche differenza inermis, presa al dia- metro di mm. 33, in con il R%. admirandus tipico, nella larghezza relativamente assai maggiore dei lobi, grandezza naturale. nel minor numero di elementi accessori. Questa varietà, anche più del tipo diversa da qualunque forma di AMacophylites conosciuta, è come 60 A. FUCINI [60] esso fossilizzata in un calcare grigio, che mi pare essere quello inferiore. L’esemplare appartiene al Museo di Firenze. 5. Rhacophyllites separabilis n. sp. — Tav. X [X], fig. 3, 4. 1853. Ammonites Nardiù MeneGHINI. Nuovi fossili toscani, pag. 83, (pars). DIMENSIONI : 3: Diametro . . i " o . 6 o . o . mm. 53 mm. 45 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. . o 0, 42 0,45 Spessore » » » ò o 5 0,24 0,25? Larghezza dell’ ombelico » » 6 . : 0,26 0,24 Ricoprimento della spira » » 5 o o 0,11 0,11 Di questa specie ho solamente due esemplari, uno dei quali figurato, ambedue di non perfetta conservazione. Sopra di essi io non avrei forse istituito una specie nuova se non avessi avuto in esame anche un altro individuo, molto bello, proveniente dai calcari rossi ammonitiferi inferiori di Campiglia. Gli esemplari di S. Casciano de’ Bagni, in modello interno, uno dei quali concamerato per due terzi ed uno per la metà dell’ultimo giro, sono compressi, discoidali, non molto largamente ombelicati, di acere- scimento non tanto rapido e di involuzione assai sentita in modo che i giri ricoprono i precedenti per la metà della loro altezza. I fianchi, appena convessi e quasi piani, hanno il massimo rilievo sul loro terzo interno e si abbassano sull’ombelico assai rapidamente, producendo una parete circombelicale assai ripida, ma poco alta, ed un margine netto, non però angoloso, strettamente arrotondato. Il dorso è poco ampio, con curva poco larga; la sezione dei giri ovale, compressa, allungata e sub-angolosa in corri- spondenza del margine circombelicale. Nella camera di abitazione dell’esemplare figurato si trovano quattro solchi peristomatici assai de- boli, arcuati, obliqui, specialmente sulla parte esterna dei giri, ove sono anche maggiormente distinti, evanescenti verso l’ombelico e riuniti sul dorso per una curva molto stretta. Nell’altro esemplare i solchi peristomatici sono più spiccati nella parte concamerata della spira, che comprende almeno i due terzi dell’ ultimo giro, ove se ne trovano cinque. Oltre che i solchi peristomatici le conchiglie presentano nell’ultima camera, anche coste numerose, deboli, serrate, sottili, le quali, seguendo l’andamento dei solchi, sono molto arcuate ed oblique. Queste coste svaniscono all’interno circa sulla metà dei fianchi; sul dorso si indeboliscono pure assai e si riuniscono con quelle del fianco opposto in una curva rivolta anterior- mente, stretta e quasi angolosa. Per numero, forma ed andamento tali coste rammentano moltissimo quelle del K%. eximius HAUER, al quale la specie corrisponderebbe £e non fosse priva di carena sifonale. Non si deve credere da ciò che la nuova specie possa riferirsi a quella forma di RX. eximius delSchafberg che il GeyeR! dice precisamente priva di carena sifonale nel modello interno; tale dubbio troverebbe giustificazione dal fatto che gli esemplari in esame sono appunto conservati in modello interno; ma esso sembra essere escluso per la corrispondenza perfetta degli esemplari in parola con l’individuo di Cam- piglia che, come si disse, ha il guscio conservato. La linea lobale non si vede quasi affatto nell’esemplare figurato; nell’altro, quantunque non ben di- stinta, ripete la forma generale nei AhacophyWites. Essa infatti è molto simile a quella del 7. mama- tensis D’ORBIGNY, dalla quale però sembra solo diversificare per minor numero dei lobi accessori. 1) GeveRr. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 50. [61] A. FUCINI 61 L'individuo di Campiglia, che credo bene figurare (Tav. X [X], fig. 4) per meglio caratterizzare la specie, corrisponde, come ho detto, in modo perfetto a quelli del Monte di Cetona e più particolarmente a quello da me figurato; esso ha coste più distinte e non presenta i solchi peristomatici perchè ha conservato il guscio. Le sue dimensioni sono queste: diametro mm. 73, altezza di giro 0,43, spessore 0,23, larghezza ombelicale 0,25, ricoprimento spirale 0,11 del diametro. Il guscio è ornato da fini strie irregolari che seguono l’andamento delle coste e che si rendono più spiccate lungo il contorno ombelicale. Il E”. separabilis è certamente del tipo del RX. Nardi Mea., ma ha la conchiglia più involuta, più compressa e sopratutto provvista di coste più sottili, molto più arcuate e piegate in avanti sul lato esterno dei giri, assai prima evanescenti, più deboli e più angolose sul dorso; questo è di parecchio più ristretto. La specie somiglia indiscutibilmente anche al %. mimatensis D' OrB. del Lias superiore e medio, di cui si può ritenere certo una forma ancestrale, ma da esso differisce per minor numero di lobi accessori e per le coste più indistinte e più piegate in avanti e più presto evanescenti sui fianchi. Nella sinonimia della nuova specie ho posto una parte dell’A. Nardi MeH., poichè io credo che il MeveGHINI ! si riferisse all’esemplare di Campiglia su ricordato, quando, nella descrizione di quella specie, disse che essa era finamente striata. Quell’ esemplare infatti è l’unico che presenti tale carattere e nelle collezioni pisane è accompagnato da un'etichetta di mano del MENEGHINI stesso con l'indicazione: « A. Nardii, testa striata, modello mandato al RevNÈs ,. Uno degli esemplari studiati fossilizzato nel calcare grigio, appartiene al Museo di Firenze; l’altro meno caratteristico, raccolto nel calcare rosso, è del Museo di Pisa. 6. Rhacophyllites lunensis De Srer. — Tav. XI [XI], fig. 1-4. 1886. Ph. (Rhacophyllites) lunense Dr Storani. Lias mf. ad Arieti, pag. 57, tav. III, fig. 1,2. DIMENSIONI I II III IV Diametro . c 5 6 0 . ò . mm. 68 mm. 64 mm. 63 mm. 56 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 43 0,46 0, 44 0, 44 Spessore » » » Ù 0, 25 0, 25? 0, 28 0, 28 Larghezza dell’ ombelico » » È 0,26 0,22 0,26 0,26 Ricoprimento della spira » » ° 0,10 0,11 0,10 0,10 Questa specie, assai frequente nel Monte di Cetona, fu dal DE STEFANI istituita sopra quattro esem- plari della Lunigiana, dei quali, per gentile comunicazione dell’ autore, ho in esame l'originale figurato. L’accrescimento della spira, in tale specie, è relativamente non molto rapido e l’involuzione mediocre in modo che i giri si ricoprono generalmente per la metà della loro altezza o per poco più, come si av- verte anche nell'originale. La conchiglia, nella sua ultima parte, in alcuni individui specialmente, si rende alquanto evoluta. I giri, più alti che larghi, hanno il maggiore spessore in prossimità dell’ ombelico, a circa il quarto interno dell’altezza dei fianchi. Questi, leggermente curvati, declivi verso l'esterno, ove produ- cono un dorso poco largo e strettamente arrotondato, cadono alla sutura dell’ombelico in modo rapido e brusco. La parete circombelicale è alta, quasi verticale, separata dai fianchi mercè un margine arroton- dato strettamente, netto e distinto, non quanto però si #iscontra nell’originale del De SteFANI che l° ha meno spiccato di quel che apparirebbe dalla figura. 4) MENEGHINI. Monographie, pag. 83. 62 A. FUCINI [62] » La sezione dei giri è ovale, troncata in basso, identica presso a poco a quella che ho osservato nel Rh. gigas. L'ombelico, assai profondo, è sempre un poco più largo di quello dell’individuo originale, nel quale misura 0,21 del diametro; generalmente esso misura 0,26, in un solo esemplare, il secondo misu- rato, si ha 0,22, cifra molto vicina a quella osservata nel tipo. La superficie è ornata molto debolmente, in special modo nella parte concamerata della spira, da solchi peristomatici irregolari, caratterizzati spe- cialmente dalla loro grande larghezza e dalla piccola profondità che li rende quasi invisibili. Essi nascono appena distinti sulla parete dell’ ombelico, ove presentano un andamento radiale o leggermente retroverso: al principio dei fianchi con una larga curva si rendono proversi; quindi, allargandosi alquanto e molto leggermente approfondendosi, con andamento rettilineo o poco arcuato, vanno fino al dorso, ove si riuni- scono con i corrispondenti del fianco opposto mercè una stretta curva rivolta in avanti. Nell'ultima ca- mera dell’originale di Restì, al pari dei miei conservato in modello interno, sì hanno cinque solchi pe- ristomatici, oltre a quello che precede il margine della bocca ed un altro si scorge nella parte concamerata dell’ ultimo giro, che però non è di buona conservazione. Nei miei esemplari tali solchi, spesso più deboli ed indistinti, sono anche generalmente meno numerosi. La conchiglia è anche ornata, nell’ultima camera, da coste molto deboli, più distinte sul dorso che altrove, evanescenti verso l'ombelico, poco curvate anche nella parte esterna dei giri e più spiccate nel-' l’ultima parte della spira. Come avviene per i solchi peristomatici, esse pure sono generalmente più leggere nei miei individui che in quello tipico; in alcuni (Tav. XI [XI], fig. 2) sono limitate ad una parte molto ristretta dell’ ultima porzione della spira, in altri sembrano mancare del tutto (Tav. XI [XI], fis. 4). Numerosi sono gli esemplari che possono dirsi completi e nei quali la camera di abitazione comprende i due terzi dell’ ultimo giro, come nell’individuo originale. Questo ha meglio dei miei conservato il margine peristomatico, che è quale risulta dalla figura e dalla descrizione del De SreranI ! e che lascia solo della incertezza sulla curva che si trova tra l’ espansione auricolare dei fianchi e quella tettiforme del dorso. Un mio esemplare sembra avere anche esso tale espansione in corrispondenza della parte interna dei fianchi, ma un poco meno estesa e più arrotondata di quella dell’originale di Restì. Tutti gli individui poi, con i due terzi dell’ ultimo giro rappresentanti la camera di abitazione, terminano con un solco peristomatico, spesso molto più distinto degli altri ed anche di forma più o meno differente. Esso infatti è più sinuoso; in corrispondenza della metà inferiore dei fianchi si slarga grandemente e fa una curva in avanti quasi per seguire quella dell’orecchietta; sulla parte esterna, diminuendo notevolmente in larghezza, si piega molto più in avanti e si unisce poi sul dorso con quello dell’altro fianco in modo più ristretto ed angoloso. La specie può giungere a dimensioni notevoli; parecchi individui di con- Fre. 30. servazione però deficiente, oltrepassano i mm. 90 di diametro. È stato appunto sopra uno di questi grandi esemplari che fu rilevata Fe È SI per intiero la linea lobale (fig. 30). Essa spicca sopra tutto per la poca vi Gi FI _ i profondità del lobo sifonale, non eguale però in tutti gli individui. Il primo lobo laterale, assai ampio, il doppio profondo del precedente, termina asim- Linea lobale del 227. unensis DE STEF., 2 : x A : : q_ 0 : ’ È c DS Reno fi ei o metricamente in tre rami, dei quali il mediano e l’esterno, ugualmente grandezza naturale. profondi ed uniti per la base, sono più grandi dell'interno. Il secondo laterale, alquanto ristretto, terminato in due rami, è più profondo del sifonale, ma meno del primo laterale. Gli altri sette lobi accessori sono a grado a grado .più profondi, obliqui e ridotti. Nella parte interna del giro i sette lobi che vi si trovano, prima del lobo antisifonale, i) De StEPrANI. Péristome d’un Rhacophyllites, pag. 231. [63] A. FUCINI 63 diminuiscono sempre in profondità fino a raggiungere quella del lobo sifonale e sono assai obliqui. Il lobo antisifonale è assai profondo, forse più del sifonale. La sella esterna ha tre grosse foglie, due delle quali terminali; di queste, l'esterna è più piccola ed ha alla base una foglietta appendicolare. La prima sella laterale, più alta e più svelta della precedente, termina difillicamente appunto come nell’originale del De StEFANI, la cui linea lobale non fu troppo fedelmente riprodotta. La seconda laterale e le prime due accessorie terminano pure difille. Altre quattro selle accessorie, oblique e ridotte, precedono quella, rela- tivamente larga ed ottusa, su cui cade la sutura dei giri. All’interno si hanno sette selle assai dentel- late ed oblique, all’infuori di quella più alta che precede il lobo antisifonale e che è diritta. Questa specie rammenta il LR}. mimatensis D'OrRB. ), ma maggiormente si avvicina ad altre di Ce- tona, con le quali ha pure dei termini di passaggio. Quando essa non ha conservata la camera di abita- zione riesce difficile distinguerla dal £#%. gigas, con la quale ha allora identica conformazione dei giri ed eguale larghezza ombelicale. La linea dei lobi dà però sempre buoni caratteri differenziali, perchè presenta elementi accessori più numerosi, più profondi, selle più svelte e lobi, specialmente il primo laterale, più profondi e più larghi. Il Ph. stella, descritto dal Geykr ? tra i fossili del Schafberg, ha probabilmente grandissima somi- glianza con gli esemplari del Cetonese riferiti al 7. Zunensis De StEr., con i quali ha identità special- mente nei caratteri dei giri e dell’ombelico. Si distingue forse per la mancanza assoluta dei solchi peri- stomatici e per la linea suturale, con lobo sifonale molto profondo e con pochi elementi accessori. Dei molti esemplari esaminati, conservati tanto nel calcare grigio quanto nel rosso inferiore, alcuni appartengono al Museo di Firenze, parecchi altri a quello di Pisa, uno è del Museo di Milano ed uno di quello di Monaco. Var. longispirata n. var. — Tav. XI [XI], fig. 5. DIMENSIONI Diametro . o 0 7 - . 0 o 0 0 . 0 . mm. 47 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. $ 6 5 ” 0 0,40 Spessore » » » 5 « } 5 o È 0,30 Larghezza dell’ ombelico » » 6 . 5 : ò , 0,31 Ricoprimento della spira » » È a o Ò 6 È 0,09 Se non mi è sembrato possibile separare dalla forma tipica alcuni esemplari quasi del tutto sprovvisti di coste e con l'ombelico più ampio, non credo di potervi assolutamente riunire quello che ora prendo in esame. Dirò anzi che, se avessi avuto un materiale copioso che mi avesse dimostrata la costanza dei caratteri osservati nell'unico esemplare, avrei forse potuto con fondamento istituire una specie nuova alla quale sarebbe stato possibile riunire, come termine di passaggio, quegli esemplari senza coste distinte, stati da me riferiti alla specie del DE STEFANI. L'individuo che indico come var. Zongispirata differisce dall’ originale della specie per minore altezza e minore spessore dei giri e sopra tutto per accrescimento più lento della spira. Questa è un poco meno involuta, presenta l’ombelico più largo ed ha più accentuato il carattere dello svolgimento più rapido in corrispondenza della camera di abitazione, la quale occupa i due terzi dell'ultimo giro. I solchi peristo- 1‘) D’ORrBIGNY. Paléon. franc., terr. jurass., t.I, pag. 344, tav. 110, fig. 4-6. 2) GrvER. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 46, tav. VII, fig. 1. 64 A. FUCINI [64] matici sono più distinti nella parte concamerata della conchiglia che nell’ultima camera, ove anzi sono tanto indecisi che si confondono con alcune irregolari, confuse e leggerissime coste. Il solco che precede l'apertura è però molto spiccato ed identico a quello che si osserva in parecchi esemplari meglio rispon- denti all’originale della specie. Il margine peristomatico, che è discretamente conservato, presenta infe- riormente un'espansione auricolare non ben definita. Essa nel fianco destro sembra Fre. 31. aprirsi lateralmente, rendendo svasata la bocca; sul fianco sinistro segue invece la p' superficie spirale. alii La linea lobale (fig. 31) sembra pure differire un poco da quella che io ho os- servata nella forma riferita indistintamente al tipo e da quella dell’originale, non MERLO Sa I ben riprodotta, come già avvertii, dal De SrEFANI, per avere la prima sella laterale a quasi trifilla per lo sviluppo che vi prende una foglia inferiore attaccata più distin- Goria manie, tamente alla base della foglia terminale interna. Una linea lobale consimile si osserva nella var. inermis del RX. admirandus, che ha una certa analogia, anche nella forma esterna, con l'esemplare in istudio. I solchi peristomatici tanto diversi rendono però differenti le due forme. I’esemplare descritto è conservato nel calcare grigio inferiore ed appartiene al Museo di Pisa. Var. plicata n. var. — Tav. X [X], fig. 5, 6. DIMENSIONI I II III Diametro È > 6 d , ) 5 5 . mm. 59 mm. 59 mm. 55 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . - 0,47 0, 47 0,47 Spessore » » » : o 0,27 0,27 0,27 Larghezza dell’ ombelico » » 3 5 0,23 0,24 0,24 Ricoprimento della spira » » 6 0 0,11 2 0,11 Le conchiglie che io riunisco in questa varietà potrebbero anche esser tenute separate specificamente dal LX. lumense, del quale non hanno di perfetta corrispondenza altro che il modo di accrescimento e la forma dell’ombelico. I giri, pur avendo la medesima altezza e lo stesso spessore, presentano il maggiore spessore sulla metà e non presso l'ombelico, per modo che il dorso risulta un poco più largamente ar- rotondato, e la sezione ellittica troncata inferiormente e non ovale. I solchi peristomatici, più distinti nella parte concamerata della spira, sono un poco più arcuati nell’ultima camera. Le coste appaiono assai diverse perchè più numerose, più piegate in avanti e più rilevate sul dorso, ove si rovesciano un poco in dietro col loro margine posteriore, facendo anche una curva più arrotondata. Sui fianchi esse svaniscono poi assai prima e sembra anche che vi si riuniscono irregolarmente, presso a poco come quelle del &%. Quadri var. solidula, alle quali del resto somigliano assai. Sebbene tutti i cinque esemplari che ho in esame abbiano la camera di abitazione lunga più della metà dell’ ultimo giro, nessuno presenta chiaramente nè il peristoma nè il solco che di solito lo precede. Uno di essi (Tav. X [X], fig. 5) è notevole poichè ha sul dorso alcune coste sviluppate più dell’ordinario. La linea lobale è quasi identica a quella degli esemplari tipicamente riferiti al R%. lunensis, ma in tutti si vede la tendenza che ha la prima sella laterale a divenire trifogliata per la solita cagione di una terza foglietta assai distinta, unita al peduncolo della foglia terminale interna. Un carattere simile si trova nella prima sella laterale della var. Zongispirata. [65] A, FUCINI 65 La var. plicata avvicina il R%. lunensis al Eh. Quadri ed al RA. transylvanicus. La forma delle coste si può dire intermedia a quella presentata da tali specie. La linea lobale è molto simile, però ha un numero maggiore di elementi accessori. I solchi peristomatici, sebbene meno spiccati, sono anche assai vicini a quelli del R%. Quadrii, Dei cinque esemplari esaminati uno solo è nel calcare rosso, gli altri provengono tutti dai calcari grigi inferiori. Due di quest'ultimi appartengono al Museo di Firenze, gli altri tre sono del Museo di Pisa. Var. incerta n, var. — Tav. XI [X]], fig. 6. DIMENSIONI Diametro . 0 . . 6 0 0 ò 6 5 6 c . mm. 63 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. ò o . ; . 0,42 Spessore » » » . 5 . à 6 7 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » . c . ? " Ò 0,28 Ricoprimento della spira » » 7 7 x ; ; 5 0,09? Sono stato incerto se dovessi attribuire questa forma al R%. libertus Gemwm., essendo grandissima la somiglianza che essa presenta con quella specie. La particolare conformazione del dorso, strettamente ar- rotondato, edi caratteri delle coste, molto deboli e depresse, distinte solo nell'ultima parte della camera di abitazione, poco piegate sul dorso e sui fianchi, mi hanno indotto a riunirla alla specie del DE STE- FANI. Di questa ha ancora perfettamente identica la sezione dei giri, ovale, assai ristretta in alto e tron- cata in basso. L’ombelico è più largo, ma ugualmente profondo e distinto dai fianchi. I solchi peristo- matici solamente costituiscono una differenza notevole per essere molto più spiccati, più arcuati, più profondi presso l'ombelico, e simili assai a quelli del 7. libertus. La linea lobale non bene visibile nelle sue particolarità, sembra meglio corrispondere a quella del A. lamensis. L’esemplare appartiene al Museo di Pisa e proviene dai calcari rossi inferiori. 7. Rhacophyllites Quadrii Mea. m. ser. — Tav. IX [IX], fig. 6. DIMENSIONI Diametro . . o . : 0 o : c 0 ò o . mm. 48 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. c . . . 0 0,39 Spessore » » » 5 . 6 2 0 : 0,29 Larghezza dell’ ombelico » » . . c : : . 0,27 Ricoprimento della spira » » . D , 6 " 7 0,10 Nel Museo di Pisa è conservato un bello esemplare di una nuova specie di fehacophyMites che, come si deduce dall’ etichetta che l’accompagna, fu dal MenEGHINI chiamata A. Quadri, in omaggio al valente raccoglitore di fossili della montagna di Cetona, che io ho già ricordato nella prefazione di questo lavoro. La conchiglia è discoidale, compressa, con ombelico non tanto largo, ma assai profondo, con accre- scimento non molto rapido e con involuzione discreta, e in modo che l’ultimo giro ricopre il precedente per più della metà della sua altezza. I giri, più alti che larghi, hanno i fianchi leggermente convessi nella parte concamerata della spira, appianati in corrispondenza dell’ ultima camera, che comprende i due terzi del giro. La parete circombelicale resulta alta, quasi verticale ai fianchi, dai quali è separata da una carena molto spiccata. Il dorso arrotondato strettamente al principio dell’ultimo giro, si allarga nel- l’ultima camera e si deprime rendendosi quasi piano in vicinanza dell’apertura. Questa, al principio del- Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 9 66 A. FUCINI [66] l’ultimo giro, è ovale, troncata in basso, alla fine è invece subquadrangolare ellittica, corrispondendo il maggiore spessore dei giri alla metà della loro altezza. L'ultimo giro ha otto solchi peristomatici, di- stribuiti assai regolarmente, un poco più larghi e più distinti nella parte esterna dei giri che nell’ in- terna, ove cominciano a manifestarsi fin dalla sutura dell’ombelico. Dapprima essi fanno una piccola curva concava, rivolta in avanti; sulla parte interna dei fianchi hanno un andamento decisamente radiale; sulla parte esterna con una larga curva si piegano molto in avanti; poi si riuniscono sul dorso, con un angolo arrotondato sempre più largamente, procedendo dai giri interni verso l’apertura. L'ultimo solco è più pro- fondo, più largo, e sulla parte interna del giro più piegato in avanti e si riunisce sul dorso, col corri- spondente opposto, assai più acutamente di quel che facciano gli altri, i quali seguono le coste che ornano l’ultima camera. Queste coste sono molto irregolari, alcune larghe, altre strette, tutte evanescenti verso l’ombelico, arcuate meno all’interno che all’esterno, con il lato anteriore dolcemente declive ed il poste- riore netto ed acuto. Esse sono poi assai più distinte sul dorso, ove appaiono anche più numerose per suddivisione o per interposizione di nuove ed ove si riuniscono, con quelle corrispondenti del fianco opposto, mercè una curva assai prolungata in avanti, ma non tanto ristretta. Il peristoma sembra ben conservato sulla parte esterna del giro, ove è costituito da un prolungamento tettiforme del dorso, il quale è reso spiccato dalla curva rientrante che lo separa da queila specie di orecchietta, con la quale in generale terminano inferiormente i peristomi dei ZhacophyMites e che presentemente appare rotta. La linea lobale (fig. 32) ha il lobo sifonale piuttosto profondo, sorpassato solo dal primo laterale e dagli ultimi accessori. Di questi, i primi due si trovano sui fianchi; gli altri tre si hanno prima della ; sutura sulla parete circombelicale, più profondi degli altri e più obliqui. La sella esterna ha tre grosse foglie, due delle quali terminali; la prima laterale, un poco O) SZ QI: più alta, termina con due foglie, J'interna delle quali para ila base un’ ili sN ped foglietta; la seconda laterale termina pure con due foglie; la prima accessoria; è UST monofilla. Sembra che la quarta sella accessoria sia più piccola della terza e della Linea lobale del 24. Qua- Quinta, dopo la quale si ha la sutura dell’ ombelico. CRAS CES DIATO Questa specie, per la forma dei giri e dell’ombelico, ha grande analogia con originale), presa al dia- metro di mm. 24, in il ZE. stella Sow., dal quale riescirebbe difficile distinguerla senza la camera di grandezza doppia della . n È 2 x SITA] abitazione, che, nella specie del SowerBy, manca di coste e non è depressa sul dorso in vicinanza dell’apertura. Sola differenza, la maggior parte delle volte però incerta, si avrebbe nel numero dei lobi accessori che è maggiore nel R%. stella Sow. La netta carena circombelicale, le coste più numerose sul dorso che sui fianchi distinguono il R%. Quadrii dal RX. libertus Gem. e dal ER. Nardi Mer.; i solchi peristomatici lo separano dal R%. diopsis GEMM. ; Gli esemplari studiati provengono dai calcari grigi del Lias inferiore ed appartengono in parte al Museo di Pisa ed in parte a quello di Firenze. Var. planulata n. var. — Tav. XI [X]], fig. 7,8. DIMENSIONI Li I II III IV Diametro 0 . . 7 . . : . mm. 55 mm. 46 mm. 37 mm. 36 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,43 0,43 0, 43 0,42 Spessore » » » i 0,23 0,249 0,24 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,27 0,27 0, 26 0,29 Ricoprimento della spira » » . 0,10 0,10 0,10 0,10 [67] A. FUCINI 67 La maggior parte degli esemplari della specie in esame appartengono a questa varietà, che io ritengo separata dal tipo per alcuni caratteri importanti, il primo dei quali consiste nella forma dei giri assai più stretti, più alti e non depressi sul dorso in vicinanza dell’apertura. Essendo perciò il dorso più ri- stretto ne consegue che le coste si riuniscono sopra di esso in modo meno largo. I solchi peristomatici generalmente sono da sei a sette, talvolta poco distinti. Sebbene parecchi individui abbiano la camera di abitazione completa, nessuno presenta nella parte inferiore dei giri il peristoma SNA o î x î Fic. 33. distintamente conservato; alcuni lo hanno nel medesimo modo di quello descritto per l'esemplare tipico. - Si S L GAY La linea lobale (fig. 33), assai bene evidente sull’ esemplare più grande figurato, ht sorri È ritta più sopra. corrisponde a quella descritta più sopra LA ade In un altro esemplare ho potuto vederne anche la parte interna la quale risulta Quadrii Men., var. rei 1 Di RIO Die a Il Steno] lel I KS DÈ p planulata, presa al di cinque selle e di sei lobi, compreso quello antisifonale, del quale però non si rileva ifomagino dd mn la profondità. Secondo il solito le selle aumentano di altezza, mentre i lobi diminui- in grandezza natu- rale. scono gradatamente di profondità, andando verso il lobo antisifonale. I numerosi esemplari che riferisco alla varietà descritta sono fossilizzati tanto nel calcare rosso quanto in quello grigio inferiore. Moltissimi di essi appartengono al Museo di Pisa, altri parecchi a quello di Firenze; due sono delle collezioni del R. Ufficio geologico di Roma, uno, assai piccolo, si trova nel Museo di Monaco ed uno nel Museo Civico di Milano. Var. solidula. — Tav. XI [XI], fig. 9, 10. DIMENSIONI I II Diametro . ò , . o - D : DA . mm. 43 mm. 39 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. , 0 ‘0,38 0,37 Spessore » » » ; È ; 0,34 0,34 Larghezza dell’ ombelico » » , 0 . 0,30 0,28 Ricoprimento della spira » » ; È ò 0,08 0,08 Questa varietà si allontana dalla forma tipica in senso opposto dell’antecedente ed ha quindi giri meno alti, più spessi e più depressi sul dorsc nell’ultima parte della spira, la quale è un poco meno involuta. I giri, avendo poi la maggiore larghezza spostata verso l'esterno, presentano una sezione obovale- quadrangolare. Le coste si raccolgono sui fianchi in grosse pieghe, fra le quali si interpongono non di rado spazi simili ai solchi peristomatici. Questi, essendo poco distinti nell’ultima camera, si possono talvolta confondere con gli spazi intercostali. Nella parte inferiore del giro dell'esemplare più grande esaminato (Tav. XI [XI], fig. 10) si vede, meglio che in ogni altro l’orecchietta peristomatica, della quale però non è ben definito il contorno anteriore. La linea lobale è identica a quella figurata per le forme superiormente descritte. Dei quattro esemplari esaminati, fossilizzati nel calcare grigio inferiore, due appartengono al Museo di Firenze, uno è di proprietà del Museo di Pisa ed uno, non tanto bene caratterizzato, di quello di Monaco. 68 A. FUCINI [68] Var. dolosa n. var. — Tav. IX [IX], fig. 7,8. DIMENSIONI I II III Diametro 1 : 7 ù î : i o . mm. 49 mm. 46 mm. 30 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . ; 0,36 0,36 0,36 Spessore » » » ò x 0,23 0,22 0,24? Larghezza dell’ ombelico » » È c 0,32 0,35 0, 35 Ricoprimento della spira » » a ; 0,09 0,08 ? Riunisco in questa terza varietà alcuni esemplari, in generale non ben conservati. Essi, differendo dal tipo per i giri più stretti e non depressi sul dorso presso l’apertura, si avvicinano assai alla var. pla- nulata. A questa però non ho creduto di riunirli del tutto perchè più evoluti, con ombelico più largo, con giri meno alti, con solchi peristomatici più numerosi, in generale nove, più inclinati in avanti, e con coste più sottili, limitate maggiormente alla parte esterna ; dei giri. — SES, La linea lobale (fig. 34) è identica a quella descritta per la forma tipica. Un individuo, certo di questa specie, ma forse di altra varietà, ha i solchi Linea lobale del RX. Qua- —peristomatici che dal margine ombelicale scendono alla sutura suddivisi in due rami, drii McH., var. dolosa, s Dn È g LO presa al diametro di uno rivolto distintamente in avanti ed uno indietro. mm. 32, in grandezza SARDE = 3 ò o È EEA Questa varietà si può considerare come una forma di passaggio al &%. libertus Gemm. al quale somiglia assai per lo svolgimento generale della spira. La distin- guono però le coste più sottili e suddivise sul margine esterno dei giri. Il contorno dell’ombelico è spesso poligonale come nella specie del GrmmELLARO. La maggior parte degli esemplari esaminati sono fossilizzati nel calcare grigio inferiore, pochi nel rosso. I più appartengono al Museo di Pisa, gli altri a quello di Firenze. Fic. 34. 8. Rhacophyllites stella Sow. — Tav. VII [VII], fig. 8,9; Tav. VII [VIII], fig. 8; Tav. IX [IX], fig. 1; Tav. XII [XII], fig. 4. 1833. Ammonites stella SowerBy in De LA Bàone. Man. géol., pag. 406, fig. 56. 1879. —_ — Rams. Monogr. d. Amm., tav. 31, fig. 10-41, (pars?). 1886. Rhacophyllites stella Gever. Cephal. d. Hierlatx, pag. 224, tav. 1, fig. 17-19. 1888. — — Camavari. Lias inf. di Speria, pag. 91, tav. 1, fig. 1, (pars) non fig. 2-5. 1892. _ — Fucmi. Lias inf. Alpi Apuane, pag. 4. non 1883. Phylloceras stella Gever. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 46, tav. VII, fig. 1. î 1894. Ehacopyllites stella Fucini. Fauna d. cale. bianchi ceroidi, pag. 212, tav. XII, fig. 9, (pars?). DIMENSIONI I II TII IV Vv Diametro . . : 3 Ò ò . mm. 50 mm. 40 mm. 37 mm. 30 mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,46 0,47 0, 44 0,45 0, 44 Spessore » » » 0, 26 0,26? 0,27 0,26? 0,27 Larghezza dell’ombelico » » 0,23 0,24 0,28 0, 26 0,27 Ricoprimento della spira » » 0,11 0,11 0,10 0,11 0,10 [69] A. FUCINI 69 L'A. stella, che venne assai imperfettamente figurato e descritto dal De LA BkcHe, fu istituito dal SOWERBY sopra esemplari della Spezia. Il MenEGHINI ne dette in seguito una descrizione alquanto più estesa, e l’ HAUER, che aveva avuto in esame dal MenEGHINI e dal Siswonpa esemplari tipici di Spezia, riferì ad esso alcune Ammoniti di Hierlatz, figurandone una. Il CanAvARI poi, descrivendo la fauna del Lias inferiore della Spezia, distinse nell’A. stella Sow. due forme, una con carena ombelicale e l’altra senza. A ciascuna di esse egli riferì esemplari provvisti o no di solchi peristomatici e diede quindi la seguente divisione: È a con solchi I. Forma con carena VR Lencoo | ( o con solchi senza solchi To II. Forma senza , " na Sa i cl Credo opportuno di riprendere in esame tali esemplari anche perchè di recente parecchi di essi sono stati dal WiHNER °) riportati al Ph. Uermosense HERB 3). Ricordo intanto che il WiHNER, il quale ebbe in esame gli originali speziani esistenti nel Museo di Pisa, in armonia con quanto aveva in precedenza supposto, osservò che alcuni di essi hanno la prima sella laterale difilla ed altri trifilla. I primi sono da lui lasciati nel £%. stella, gli altri con molta verosimiglianza vengono attribuiti al P?. Uermosense HeRB. che però è specie sempre di dimensioni oltremodo notevoli. Seguendo il WiHNnER ho potuto constatare che si ripor- tano alla specie dell’ HeRBICH tutti gli esemplari senza solchi di ambedue le forme avvertite dal CANAVARI, figurati o no, ed anche l’individuo figurato con solchi della seconda forma. La prima forma con solchi rimane quindi completamente nel 7. stella ed anzi direi esclusivamente perchè 1’ esemplare, che più spicca per mancanza di carena ombelicale tra quelli che resterebbero attribuiti allo stella, nella forma senza carena ombelicale e con solchi, non è forse rapportabile alla specie del SowerBy. Ciò perchè quel- l'esemplare, oltre alla mancanza della carena ombelicale, ha in confronto al R%. stella, ombelico più am- pio, nonchè solchi peristomatici più obliqui e più distinti lungo il contorno ombelicale. Prendendo dunque a tipo della specie del SoweRrByY i soli esemplari di Spezia con carena ombelicale e con solchi peristomatici, in armonia alla piccola diagnosi data in De LA BkcHE, io riferisco ad esso circa quindici esemplari aventi in parte la camera di abitazione conservata e, come tutti gli individui stu- diati in questo lavoro, in modello interno. I fianchi sono leggermente convessi e con il maggior rilievo presso il contorno ombelicale. La sezione dei giri è ovale troncata inferiormente. Il margine circombeli- cale appare tanto più acuto quanto è migliore lo stato di conservazione. I solchi peristomatici, da cinque a sei per ogni ultimo giro, radiali sui fianchi, si curvano in avanti sul dorso, ove si riuniscono con quelli del fianco opposto facendo un angolo arrotondato; presso l'ombelico sono deboli, acquistano maggior pro- fondità verso l’esterno. La superficie, in alcuni individui di migliore conservazione, come pure in quelli tipici di Spezia, resulta non affatto liscia, ma ornata di irregolari, leggere e quasi indistinte pieghe ra- diali. Un individuo che mi sembra riferibile a questa specie e che è completo per quanto riguarda la camera di abitazione, presenta nell’ultima porzione della spira, posteriormente al solco che precede il i) Savi e MENEGHINI. Considerazioni, pag. 354. 2 WAHNER. Unt. Zonen d. unt. Lias, pag. 286. 3) HeRBICH. SzéKlerland, pag. 113, tav. XX K, fig. 1. 70 A. FUCINI [70] peristoma, due coste simili a quelle di tante altre specie di RRacophyMites. Tali coste sono più spiccate sul dorso, svaniscono a metà dei fianchi e seguono l'andamento dei solchi peristomatici posterieri e non di quello anteriore, il quale, sulla parte esterna, è più arcuato degli altri e più piegato in avanti. Alcuni esemplari hanno la camera di abitazione lunga i due terzi dell’ ultimo giro, ma nessuno ha conservato il peristoma, che sarebbe stato tanto importante conoscere per togliere il dubbio emesso da alcuni, che io non condivido, sulla pertinenza di questa specie ai Zhacophyllites. La linea lobale corrisponde quasi completamente a quella descritta e figurata dal GevER per la forma di Hierlatz; ne differisce solo per la profondità alquanto maggiore del lobo sifonale. La linea lobale degli esemplari di Spezia, circoscritti secondo quel che ho detto sopra al R%. stella Sow. tipico, non differisce per nulla da quella degli esemplari di Hierlatz con la quale corrisponde quindi anche nel numero dei lobi accessori. Il CANAVARI però avvertì che gli esemplari speziani presentavano un lobo accessorio di meno; questo infatti sembra accadere nell’esemplare con solchi della forma f, che, come ho accennato sarei propenso a ritenere specificamente diverso dal R%. stella Sow. Due degli esemplari da me figurati (Tav. VIII [VIII], fig. 8 e Tav. XII [XII], fig. 4), che potrei indicare, come una var. semiaevis della specie, si scostano alquanto da quelli fino ad ora esaminati e da quelli tipici di Spezia per i solchi peristomatici leggerissimi e pressochè indistinti nella parte concamerata della spira, per maggiore altezza dei giri, per l'ombelico un poco più stretto e per la parete circombelicale più obliqua, imbutiforme e quindi meno verticale ai fianchi. Il più piccolo dei due, che ha la camera di abitazione lunga quasi i due terzi dell’ultimo giro e provvista di due soli solchi peristomatici, differisce un poco dall’altro per gli ultimi lobi accessori più spiccatamente disposti a lobo sospensivo. Quell’ esemplare presenta al principio dell’ultima camera le deboli pieghe radiali osservate anche negli TNico 25) individui tipici. L’altro dovè certo arrivare a dimensioni assai notevoli, relativamente i Sb 3 alla specie, poichè la parte conservata è tutta provvista di lobi. Somiglia moltissimo + ptt Aa per la forma esterna a quello più grande di Hierlatz figurato dal HAUER. Linea lobale del RX. Da esso è tolta la linea lobale (fig. 35) qui accanto intercalata. Sela RON arr Il Revnìs figura esemplari con ombelico molto largo e con giri invece molto bassi; milaevis), presa al b) diametro di mm.28, essi però, almeno in parte, potrebbero escludersi da questa specie. Non parmi certo SETELINNIA Rat riferibile ad essa la forma del Schafberg figurata dal Geysr, la quale non presenta la netta carena circombelicale; ha la conchiglia perfettamente liscia e quel che più conta mostra la linea lobale differente per gli ultimi lobi accessori non disposti affatto a lobo sospensivo. Considerata la perfetta corrispondenza dell’orizzonte cronologico di Spezia con quello del Monte Pisano, poteva nascere il dubbio che anche fra gli esemplari di questa località che io riferii al E%. stella Sow., ve ne potessero essere alcuni rappresentanti il Ph. Uermosense HERB. Io perciò son tornato ad esaminarli tutti, senza poter sciogliere il dubbio, perchè, all’infuori dell’esemplare figurato, nessuno altro presenta chiara- mente la linea lobale, il solo elemento cioè possibile per il riconoscimento delle due specie. Il Wxxner} ritiene che il Ph. togatum Moss. descritto in NeumAyR?) corrisponda alla specie in esame; a me però questo non sembra tanto evidente perchè quella specie ha ombelico più stretto ed un numero maggiore di solchi peristomatici. ; Una metà circa degli esemplari studiati proviene dai calcari rossi, l’altra metà da quelli grigi; i più appartengono al Museo di Firenze, gli altri a quello di Pisa. i) WAHNER. Unt. Zonen d. unt. Lias, pag. 288. 2) NmumayR. Untersten Lias, pag. 21, tav. 1, fig. 16-17. [71] A. FUCINI 71 9. Rhacophyllites libertus Gem. — Tav. XII [XII], fig. 5-8. 1850. Ammonites mimatensis (non D’Or.) MenecnINI. Considerazioni, pag. 392. 1867-81. Amm. (Phylloceras) mimatensis (non v’OrE.) MeneGHINI. Monogr. d. foss., pag. 81, tav. 17, fig. 4. 1867-81. Phylloceras mimatense (non ’OrE.) MeneGnINI. Fossies du Medolo, pag. 26, tav. IV, fig. 2, (pars?) 2 1874. — — (non p’OrB.) Gamenraro. Maune giur. e liasiche, pag. 103, tav. XII, fig. 24. 1884. Phylloceras libertum GenmeLLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 4, tav. II, fig. 1-5. 1886. Ph. (Ahacophyllites) libertum De Sterani. Lias inf. ad Arieti, pag. 56. 1893. Zhacophyllites libertus Gever. Cephal. d. Hinter-Shafberges, pag. 48, tav. VI, fig. 8-9 (?), 10, 11. 1894. _ — Grrco. Lias inf. di Rossano, pag. 166, tav. VII, fig. 7. 1896. — — Fuoni. Lias m. VM. Calvi, pag. 227, tav. XXIV, fig. 22. 1896. _ — Lev. oss. d. str. a Ter. ‘Aspasia, pag. 269. 1899. _ — Fucini. Amm. d. Lias m. d. App., pag. 152, tav. XX, fig. 1. 1900. _ — Bxrmoni. Foss. domer., pag. 38, tav. III, fig. 2(2), 3, 4etav. 9, fig. 1, (pars). 1900. — — Dr Campana. Cefal. d. Medolo, pag. 562, tav. VII, fig. 1-4, (pars?). DIMENSIONI I II III IVA Va Diametro È : a . È : : . mm. 85 mm. 46 mm. 45 mm. 42 mm. 41 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 36 0, 40 0,35 0,35 0,37 Spessore » » » 3 0,23 0,25 0, 26 0,23 0,25 Larghezza dell’ombelico » » : 0,35 0,34 0,35 0,34 0,34 Ricoprimento della spira » » 2 0,08 0,09 0,08 0,08 Il Rn. libertus, quale resulta dagli originali del GemmeLLARO, è grandemente vicino al R%. Nardà Men., specialmente a quella forma di Campiglia da me rappresentata con la fig. 3 della tav. VII [VII]. Gli esem- plari però che io riferisco a questa specie, seguendo come feci per il passato anche il parere di altri osserva- tori, costituiscono una serie di forme assai variabili simili al 7%. Vibertus Gremm. e nello stesso tempo non molto differenti dal R7. mimatensis D’ORB.) Per grandezza viene primo un individuo di mm. 85 di diametro, di conservazione non perfetta, nel quale la camera di abitazione occupa più della metà dell’ultimo giro. Esso corrisponde nei suoi caratteri, generali, alla forma dell’esemplare più grande del Schafberg figurato dal GeyER e più particolarmente per l’accrescimento, per la larghezza ombelicale e per i caratteri delle coste. Ne diversifica però per il numero maggiore di solchi peristomatici, dei quali se ne hanno sei nella sola ultima camera, e per i fianchi meno convessi inferiormente in modo che la sezione dei giri resulta più decisamente ellittica. Tale esemplare, appartenente al Museo di Firenze, è fossilizzato nel calcare grigio del Lias medio. Un altro individuo da ricordarsi, forse pure del Lias medio, è quello rappresentato dalla fig. 5 (Tav. XII [XII]) e che, secondo l’etichetta che l’accompagna, è l’originale della citazione a Cetona dell’Amm. mima- tensis D’ORB. fatta dal MeneGRINI. I caratteri corrispondono benissimo alla descrizione datane dal MenE- GRINI stesso, non tanto però esattamente le dimensioni. Tale esemplare è notevole per la grossezza delle coste, irregolari, molto piegate in avanti, non tanto numerose e grandemente rilevate sul dorso, non che per il peristoma che è piuttosto ben conservato, presentando la consueta forma di un S. Nella parte inferiore questo peristoma si protende in avanti a guisa di orecchietta, il contorno della quale non ben. definito, i D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 344, tav. 110, fig. 4-6. 72 A. FUCINI [72] sembra essere rotondeggiante, quindi, rientrando in dietro, produce una sinuosità regolare e pronunziata in corrispondenza della metà dell’altezza del giro, superiormente poi rivolgendosi in avanti dà al dorso l’apparenza di un becco che non si scorge bene quanto sia prolungato. I solchi peristomatici, assai nume- rosi, si vedono bene nei giri interni sul lato sinistro della conchiglia, nell’ultimo giro se ne hanno otto, dei quali cinque sulla camera di abitazione. L’ultimo di questi, che precede immediatamente la bocca è alquanto differente dagli altri per presentare in corrispondenza del margine sporgente del peristoma, nella parte esterna del giro, una maggiore curvatura e piegatura in avanti, ed un restringimento graduale in larghezza. La linea lobale corrisponde assai bene a quella disegnata dal GemmELLARO, solamente la prima sella laterale è meno distintamente difilla, per il notevole sviluppo della foglia laterale interna che dà alla sella quasi l’apparenza trifilla, a somiglianza di ciò che accade in tante altre specie di questo genere. A ciò contribuisce anche la foglia terminale interna per essere più alta della esterna. Tale linea lobale si distingue poi per il piccolo numero di elementi accessori. Alla prima sella accessoria, che si trova quasi sul margine ombelicale, ne succedono due altre sole; i lobi accessori sono quattro, dei quali gli ultimi non raggiungono la profondità del primo laterale, come avviene invece in altre specie di Rlacophyllites. Giova. pure ricordare un frammento (Tav. XII [XII], fig. 8) per il peristoma conservato e del tutto simile a quello sopra descritto. L’orecchietta, in corrispondenza della metà inferiore dei fianchi, è meglio conservata e sembra anche più espansa in avanti, ove termina con una curva non tanto larga. Essa è inoltre piegata in dentro, verso l'interno della bocca, quasi per chiuderne o limitarne l’apertura; ciò del resto accade in modo meno evidente anche nell’altro individuo con orecchietta conservata. Il frammento appartiene al Museo di Firenze; è fossilizzato nel calcare grigio giallastro del Lias medio ed aveva attaccato un pezzetto di Coeloceras che si ruppe nella preparazione. Un individuo completo, di mm. 42 di diametro con la camera di abitazione comprendente i due terzi dell’ultimo giro, ma senza peristoma conservato, ha, nella porzione finale della spira, il dorso rialzato e fiancheggiato da leggere depressioni, come si osserva nel 7. bucovinicus UnLIG®. In esso sembra però che tal carattere sia dovuto ad una speciale compressione subìta dalla conchiglia; del resto non sarebbe pos- sibile il suo riferimento alla specie dell’UnLIG perchè esso presenta i solchi peristomatici con andamento del tutto differente. L'individuo in parola appartiene al Museo di Pisa ed è conservato nel calcare rosso, forse del Lias medio. Due esemplari (Tav. XII [XII], fig. 6 e 7), che appartengono al Museo di Firenze e che sembrano fossilizzati nel calcare grigio inferiore, si distinguono per il numero considerevole di coste, che sono quindi più sottili. Quello di migliore conservazione, rappresentato con la fig. 7 e che ha i giri un poco più spessi dell’altro, si accosta molto all’esemplare di &%. Nardi Mer. figurato a Tav. VII [VII], fig. 2. Le coste però, relativamente più distinte sul dorso, ove fanno una curva leggermente diversa, svaniscono prima sui fianchi, ed i solchi peristomatici, che si presentano evidentissimi anche nei primi giri, sono più distinti, in special modo lungo il contorno ombelicale. La linea dei lobi è simile a quella descritta superiormente, ma meno ricca di elementi accessori dei quali gli ultimi sono anche più corti. Le differenze rilevate tra questo esemplare e quello riferito alla prima forma del R7. Nardi Mcr., sono quelle stesse che secondo il mio parere distinguono più particolarmente le due specie; altre assai più importanti, perchè in relazione ai caratteri del peristoma, vengono date dalle coste, le quali, nella regione dorsale del X%. libertus, in numero di una, di due e talvolta di tre, sono più spiccate delle altre tanto posteriormente quanto anteriormente ai solchi peristomatici. 1) UnLIG. Pauna a. d. Bukowina, pag. 18, tav. I, fig. 2. [73] A. FUCINI 73 Nella fauna del Medolo, secondo le descrizioni del MENEGHINI, del BerToNI e del DeL CAMPANA si tro- vano esemplari che presentano caratteri molto differenti, specialmente per le dimensioni comparative. Dac- cordo col BerToNI io son propenso a credere che in quelli esemplari si trovino rappresentati più specie oltre il R%. libertus. A questo, per esempio, io non crederei che duvesse riferirsi l’individuo rappresen- tato dal BerToNI stesso con la fig. 2 della tav. 3 che ha ombelico molto stretto, giri alti e grande invo- luzione e che parrebbe meglio riferibile al PR. mimatensis D’ORB. Il GevER, con la fig. 9 della tav. VI del suo lavoro sopra i Cefalopodi del Schafberg, rappresenta un esemplare che riferisce alla specie in discussione, nel quale la linea lobale non solo non corrisponde a quella del R%. Vibertus, ma appare differente anche dalla tipica dei R/acophyMites, in quanto che manca degli elementi accessori profondi ed obliqui. Non so se attribuire ciò ad una anormalità dell’ esemplare; certo .esso non sembra riferirsi al %. libertus, anche per la diversa curva che vi appare mostrata dai solchi peristomatici. ; Ritengo che l’esemplare della Montagnola di S. Elia presso Palermo, riferito al R%. mimatensis dal GEMMELLARO, possa far parte del gruppo di forme da me riunite nella specie in discussione; esso in ogni modo sembra differente dalla specie del p’ORBIGNY per assai maggiore spessore della conchiglia. Come è noto il RW. libertus GeMM. somiglia grandemente al A. mimatensis D’ORB., dal quale il Gem- MELLARO l’ha distinto, originariamente, sopra tutto per l’ombelico più grande. A questa differenza, forse ‘da sola non sufficiente a caratterizzarlo, se ne aggiungono, nel mio concetto, delle altre, nelle ornamen- tazioni più grossolane, più rilevate sul dorso, più presto evanescenti sui fianchi, nel maggiore spessore della conchiglia e nella linea lobale la quale è nell’insieme diversa ed ha minor numero di lobi accessori. Con gli esemplari francesi di R%. mimatensis, esistenti nel Museo di Pisa, ho potuto constatare che in tale specie il terzo lobo accessorio cade sul margine ombelicale mentre nel E. libertus vi cade la prima sella accessoria. La specie descritta predomina nel calcare grigio, è rara invece in quello rosso; la maggior parte degli esemplari sono del Lias medio, alcuni sembrano però di Lias inferiore, molti di essi appartengono ai musei di Pisa e di Firenze, pochi ai musei di Milano di Monaco ed alle collezioni del Regio Ufficio geologico in Roma. 10. Rhacophyllites eximius Hauer. — Tav. XII [XII], fig. 1, 2. 1854. Ammonites eximius Hauer. HeterophyUen, pag. 5, tav. II, fig. 1-4. 1896. Rhacophyllites Nardi (non Mer.) Greco. Lias sup. di Rossano, pag. 103, tav. 1, fig. 5. 1899. _ eximius Fuomi. Amm. d. Lias m. d. ‘App., pag. 155, tav. XX, fig. 4 (cum syn.). 1900. — — Berton. Foss. domer., pag. 39, tav. II, fig. 6. DIMENSIONI 3 DI Diametro . 3 o . 0 o i ; È . mm. 49 mm. 48 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0 0, 40 0, 48 Spessore » » » 6 o 0,25 0,27 Larghezza dell’ombelico » » 6 o 0,29 0,29 Ricoprimento della spira » » i D 0,09 0,10 Questà specie, poco abbondante in tutti i giacimenti nei quali è stata fino ad ora ricordata, nella fauna del Monte di Cetona è rappresentata da soli sei esemplari, conservati tutti in modello interno. La carena sifonale, a causa appunto dello stato di conservazione, si vede soltanto sulla ultima camera di quattro di essi, dei quali tre la presentano poi spostata verso il fianco sinistro ed il quarto in senso opposto, Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 10 74: A. FUCINI [74] verso cioè il fianco destro. Tale anormalità è maggiormente evidente nell’esemplare della fig. 1 (Tav. XII [XI]]) che non in quello della fig. 2 (Tav. XII [XII]); non può però asserirsi che sia costante in tutti gli esemplari di Cetona, perchè la carena, in due di essi, non è punto conservata. Non sì può essere quindi del tutto autorizzati ad instituire una nuova varietà, var. abnormis del R). erimius HAUER tipico, basata appunto sullo spostamento della carena, tanto più che all'infuori di questa anormalità gli esemplari studiati corrisponderebbero al tipo in tutti gli altri loro caratteri. La linea lobale, quantunque un poco corrosa, è nonostante assai bene evidente e presenta elementi assai numerosi. Essa ha il lobo sifonale non molto profondo, sorpassato di assai dal primo laterale, il quale ha il ramo interno meno esteso del mediano e dell’esterno. Il secondo lobo laterale, sempre un poco più profondo del sifonale, termina pure con tre rami assimmetrici, dei quali il mediano e l’interno sono i più estesi. Il primo lobo laterale sorpassa di poco la linea radiale; è però molto obliquo, allo stesso modo degli altri cinque accessori che precedono la sutura ombelicale e che sono sempre più profondi procedendo all’interno. Gli ultimi lobi accessori hanno la stessa profondità del primo laterale. La sella esterna, con quattro foglie, due delle quali terminali, è più bassa della prima laterale, la quale poi si presenta quasi trifogliata per lo sviluppo notevole che vi prende lateralmente una terza foglia, unita per la base a quella terminale interna. La seconda laterale e la prima accessoria sono bifogliate e sempre più basse. La seconda accessoria tocca con l’estremità la linea radiale, sotto alla quale scendono sempre più le altre quattro selle accessorie, piccole e ridotte. Si riferisce a questa specie l'esemplare che io raccolsi a Bocchigliero in Calabria e che dal GrEco fu riunito invece al Rh. Nardiè Mer., a cagione forse della conservazione non buona e in tal maniera che nel dorso la carena sifonale non è ben chiaramente distinta. Stando alle figure «ed alla descrizione del GerER! questa specie avrebbe alcuni esemplari sprovvisti nel modello della carena sifonale. Forse ciò potrebbe costituire ancora una varietà, perchè nella forma , tipica, secondo l’HaurR la carena si presenta sempre anche nel modello. Dei sei esemplari esaminati cinque sono conservati nel calcare grigio ed uno in quello rosso; cinque, fra i quali quest’ ultimo, appartengono al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 11. Rhacophyllites lariensis Mca. — Tav. XII [XII], fig. 3. 1867-81. A. (Phylloceras) lariensis MeneGHINI. Monographie, pag. 80, tav. XVII, fig. 2, (pars) non fig. 1, 3. 1869. Ammonites eximius (non Hauer) ZirteL. Centr. Appenn., pag. 134. 1885. Iehacophyllites lariensis GremmerLaro. Lias sup. d. prov. di Palermo e Messina, pag. 2. 1889. — — Kruran. Miss. d’ Andalousie, pag. 606, tav. XXIV, fig. 8. 1896. —_ —_ Greco. Lias sup. di Rossano, pag. 103. 1897. — — Fucmi. Lias m. d. M. Calvi, pag. 124. 1900. —_ - Fucmi. Amm. d. App. centr., pag. 153, tav. XX, fig. 2. DIMENSIONI Diametro . c o c . : . o c . 6 0 . mm. 41 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò . d È i 0,41 Spessore » » » c c o 6 . . 0,31 Larghezza dell’ ombelico » » ò 0 0 à c o 0,34 7 Ricoprimento della spira » » . , o o : c 0, 08 i) GuynR. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 50, tav. VII, fig. 3-7. (Ul [75] AL FUCINI 75 Un solo esemplare e neanche ben conservato si può riferire con sicurezza a questa specie così impor- tante e tanto caratteristica. Esso corrisponde perfettamente alla descrizione ed alla figura 2 del MENEGHINI alla quale, secondo il BowarELLI, deve limitarsi il tipo della specie. La spira sembra completa perchè nel- l’ultima parte di essa appare qualche indistinto carattere della bocca. La lunghezza della camera di abita- zione, come in molti individui delle specie congeneri, occupa la metà dell’ultimo giro. La bocca non presenta affatto il contorno marginale, però vi si vede certamente, se non chiaramente, un solco peristomatico identico presso a poco a quello osservato in tutti gli esemplari di RracophyMites aventi la camera di abitazione completa. Nell’ individuo in esame sono visibilissimi, sull’ultima metà della camera di abitazione e fin presso all'apertura, i tubercoli del dorso allungati nel senso della spira e che costituiscono il carattere che prin- cipalmente indusse il MeNEGHINI a distinguere la sua specie dal R%. eximius Hauer. La separazione da questo però poteva farsi ugualmente in riguardo alla forma ed all’accrescimento della spira. Il MENEGHINI, così poco proclive ad istituire specie nuove, esitò nel proporre quella distinzione, perehè aveva avvertito anche un esemplare che sembrava intermedio tra il R7. lariensis ed il RR. erimius HAvER. Quell’esemplare, che il MENEGHINI stesso considerò in seguito specificamente differente da ogni altro, fu distinto col nome di Rh. Bicicolae dal BonARELLI!; questo autore poi propose anche la var. dorsinodosa ? per un altro indi- viduo che il MENEGHINI aveva più tipicamente riunito alla sua specie; una nuova varietà, var. costici/lata, è stata infine proposta da me? per una forma intermedia tra il R%. lariensis McH. e PR”. erimius HAUER. In tal maniera il gruppo di forme che si rannodano più o meno intimamente alla specie del MENEGHINI ed a quella dell’ HaueR si è in quest’ ultimi tempi notevolmente accresciuto e non sarebbe del tutto fuori di luogo distinguerlo con nome sottogenerico nuovo, dando una convenevole importanza alla carena sifonale che si trova in tali Ammoniti e che manca nei più tipici ARhacophyllites. La specie in esame non è stata mai trovata nel Lias inferiore, però nel Monte Calvi, presso Cam- piglia Marittima, essa occupa una parte molto profonda del Lias medio. Nel Lias superiore è citata dal GemMmELLARO e da altri nella Sicilia, e dal Greco nel circondario di Rossano. L’esemplare è fossilizzato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. VI. Gen. Lytoceras Surss. Le specie di questo genere, osservate nei terreni liassici del Monte di Cetona ammontano a sette solamente ed in generale sono rappresentate da esemplari non tanto belli nè tanto numerosi. Per le relazioni faunistiche del deposito hanno importanza il Lyt. serorugatum Stur e Lyt. (ctr.) cel- ticum GEYER, che erano fino ad ora conosciuti soltanto di Hierlatz; per la forma assai singolare della conchiglia merita poi speciale menzione il Lyt. etruscum Fuc. Questo, insieme con il Lyt. serorugatum STUR, che a torto, secondo il mio parere, fu dal GeyER® riferito al gruppo dell’ Ect. italicum Mex. e dell’ Ect. Meneghinii Stsw., rappresenta forse un nuovo sottogenere di Litoceratidi, per il quale potrebbe proporsi il nome di Geyeria. Ulteriori studi decideranno sulla accettabilità della mia proposta. Delle specie che descriverò, sono da riferirsi ai calcari grigi e rossi inferiori: Lytoceras serorugatum Stur Lytoceras secernendum De StEF.? » etruscum Fuc. » sp. ind. » cfr. Cxjxeki HAvER » cfr. celticum GEYER; 1) BONARELLI. Amm. d. rosso ammon., pag. 212. 2 Ip. L.c., pag. 212. 3) Fucini. Amm. d. App. centr., parte I, pag. 10, tav. XX, fig. 2. 4 GeyER. Cephal. d. Hierlatz, pag. 83. 76 A. FUCINI [76] appartengono al Lias medio: Lytoceras nothum Mex. Lytoceras triumplinum HAUER; » cfr. forojuliense Mex. e forse anche, se non si riporta più propriamente al Lias superiore: Lytoceras spirorbis Mex. 1. Lytoceras serorugatum Srur. — Tav. XII [XII], fig. 9, 10. 1886. Lytoceras n. sp. ind. (Lyt. serorugatum Stur m. s.) Gever. Cephal. d. Hierlatx, pag. 229, tav. 2, fig. 7,8. DIMENSIONI si II Diametro . ò ò 0 ? o 6 . o . mm. 32 mm. 31 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . : 0,36 0,32 Spessore » » » ò Ò 0,29 0,30 Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,39 0, 40 Ricoprimento della spira » » o 5 0,03 0,03 DI » A questa specie, ora per la prima volta citata in Italia, riferisco con sicurezza quattro esemplari non tutti di buona conservazione. All’esatta descrizione data dal Geyer nulla ho da aggiungere per la conoscenza: della specie. In riguardo ai miei individui dirò solo, nr pf che nessuno è così bene conservato da presentare le fini strie ornamentali, e che Sci nessuno ha il dorso così scavato come nell’esemplare più grande figurato dal GeYER. . La linea lobale (fig. 36) è, come dice il GevER stesso, del tipo di quella del Linea lobale del Lit. sero- . I È IS 5 Oo oltre o io x sx o rugatum Sto, presa al —Lyf celticum GeveR®; avverto però che nei miei individui essa è più semplice, diametro di mm. 22, in con la sella esterna non più alta della prima laterale e con il lobo antisifonale grandezza doppia della y È Sele K naturale. avente rami trasversali meno obliqui e meno estesi. Un esemplare solo è conservato nel calcare rosso inferiore, gli altri tre pro- vengono dai calcari grigi; due appartengono al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. Fic: 36. 2. Lytoceras etruscum Fuc. — Tav. XII [XII], fig. 11,12. 1900. Lytoceras serorugatum Stur var. etrusca Fucini. Due nuove specie di Amm., pag. 4, tav. I, fig. 5-7. DIMENSIONI I II Diametro . . c o : c 0 - ò . mm. 52 mm. 40 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 6 0,30 0,32 Spessore » » » 6 0 0,34 0, 41 Larghezza dell’ombelico »I » . 0 0,44 0,43 Ricoprimento della spira » » : d 0,00. 0,00 La nuova specie che ora propongo corrisponde a quella forma che non è molto considerai come una varietà del Lyt. serorugatum StUR, precedentemente descritto. Il migliore e più numeroso materiale di Cetona i) GeveR. Cephal. d. Hierlatz, pag. 227, tav. II, fig. 4,5. [77] A. FUCINI 77 e la presenza nella fauna di questa località di un Lytoceras meglio corrispondente alla specie dello STuR e certo differente da quello in esame, mi hanno indotto alla nuova distinzione. Poco ho da osservare sopra queste conchiglie in aggiunta a quanto dissi nella mia nota citata in sinonimia. Devo però rilevare che le costicine filiformi, che dissi limitate alla parte della spira precedente all'ultima metà del giro, si scorgono in uno degli esemplari di Cetona fino all’apertura ove seguono l’anda- mento delle grosse pieghe. Nella parte più interna della spira tra ogni cinque o sei di tali costicine se ne ha una di maggiore rilievo, apparentemente non dentellata. Dapprima esse sono tutte pressochè radiali; successivamente però hanno andamento curvato in avanti sui fianchi ed arcuato invece verso la parte poste- riore sul dorso; all’ombelico scendono, per ultimo, dirigendosi in avanti, come fanno le pieghe, le quali in questo svaniscono. In quanto ai caratteri generali della conchiglia e dei giri ho ora due forme, come si rileva anche dalle misure date, una (Tav. XII [XII], fig. 12) del tutto corrispondente a quella che de- scrissi dei Monti di oltre Serchio, ed una (Tav. XII [XII], fig. 11) differente da quella per minor compressione e per i giri più larghi che alti anche nella parte interna della spira. La linea lobale (fig. 37), rilevata per intiero dall’esemplare della fig. 12 (Tav. XII [XII]) poco si dif- ferenzia da quella del tipico Lyt. fimbriatum Sow. Il lobo sifonale è ristretto e poco profondo. Il primo laterale invece, amplissimo ed obliquo, è circa la metà più profondo del precedente, sotto al quale si protende con il ramo esterno che segna, insieme con il ramo medio, la maggiore profondità della linea lobale. Il secondo lobo laterale sorpassa appena la linea radiale e, senza essefe obliquo, termina poco regolarmente in tre rami. Il lobo antisifonale, assai ristretto, è alquanto più profondo del sifonale ed ha il ramo laterale Fic. 37. Linea lobale del Lit. principale obliquo e non esageratamente esteso. Le selle, tutte con ramificazioni assai ni Rodi e sottili, sono bipartite e degradano dal dorso alla parte interna del giro; le due prime sa al diametro di È DA 2 5 3 mm. 34, in grandez- hanno la porzione esterna più alta della interna e la sella che precede il lobo anti- Nena sifonale ha invece la parte interna un poco più alta della esterna. Questa specie credo che si debba tener separata dal Lyf. serorugatum Stur. In questo infatti i giri sono un poco più ricoperti per il ritorno della spira, più alti che larghi anche in prossimità dell’ apertura, appianati sui fianchi, con sezione subquadrangolare ellittica, ed ornati da solchi peristomatici distinti e molto caratteristici. La linea lobale poi di esso presenta il lobo sifonale più profondo, di poco sorpassato dal primo laterale il quale è relativamente più ampio, ma della stessa forma di quello della nuova specie. Il secondo lobo laterale non sorpassa la linea radiale ed è più obliquo; la sella esterna non è mai tanto più alta della prima laterale e quella che precede il lobo antisifonale, relativamente più ampia, è scoperta dalla parte dei fianchi in porzione maggiore, sebbene la conchiglia abbia involuzione più grande. Gli esemplari esaminati sono sei, tre dei quali fossilizzati nel calcare rosso inferiore ed i rimanenti in quello grigio; due appartengono al Museo di Firenze e quattro a quello di Pisa. 3. Lytoceras cfr. Czjzeki Hauer. — Tav. XIIN [XIII], fig. 3. 1856. Ammonites Cxjxeki Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 67, tav. 21, fig. 4-6. DIMENSIONI Diametro . ò 6 7 . ; . o : . o 6 . mm. 44 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro È . . - o 0,34 Spessore » » » 0, 29 Larghezza dell’ombelico » » o . ò = 2 0,42 Ricoprimento della spira » » È . . o o î 78 A. FUCINI [78] Parecchi esemplari di Zyfoceras, non ben conservati o frammentari, sembrano riferirsi al Lyt. Czjzekè Hauer, al quale, meglio di ogni altro, corrisponde l’individuo figurato. Questo ha identico accrescimento, la stessa involuzione e la medesima conformazione dei giri, leggermente appianati sui fianchi. Anche gli ornamenti corrisponderebbero assai bene per il loro andamento caratteristico, presentando una curva molto accentuata, rivolta in avanti sui fianchi, piegata invece in dietro sul dorso; negli intervalli però delle coste più grosse, dentellate come quelle dei tipici fimbriati, al posto di due o tre coste più piccole e liscie se ne trova invece una e forse due ma molto raramente. Dei solchi peristomatici se ne vedono due soli in modo distinto; uno è situato presso l’apertura, l’altro, il più spiccato, si trova prima dell’ultimo quarto del giro e ripete l'andamento tipico, seguendo il decorso delle coste e facendosi più profondo ed evidente sul dorso. Altri solchi, certo meno spiccati, potrebbero anche trovarsi nella parte posteriore od interna della spira. La linea lobale corrisponderebbe pure discretamente a quella disegnata dall’ HaurR, specialmente per la forma della sella esterna e del primo lobo laterale che si spinge, col suo ramo esterno, molto obliqua- mente e profondamente sotto il lobo sifonale; ma la prima sella laterale è più simmetrica, avendo il ramo esterno presso a poco della stessa grossezza ed altezza di quello interno, ed il secondo lobo laterale terminato più regolarmente in tre rami. Altri esemplari, che per me non possono separarsi da quello figurato, presentano i fianchi rotondeg- gianti e la superficie non sempre ornata da solchi peristomatici, ma piuttosto da irregolari ondeggiamenti. Il BertonI!, seguendo l’opinione del BonARELLI®, pone sinonimo di questa specie il Lyt. Fuggerì Gever® del Lias medio del Schafberg. Tale riunione a me non sembra giustificata poichè la specie del GEYER, oltre ad avere linea lobale differente e ornamenti diversi, costituiti da costicine tutte simili e non intramez- , zate ad intervalli da altre dentellate come quelle dei tipi fimbriati, ha ancora i solchi peristomatici più spiccati e profondi, specialmente verso l’ombelico, dove essi invece quasi svaniscono nel Lyf. Otyzekî, più strettamente arcuati e piegati sul dorso verso la parte posteriore. I giri del Lyt. Fuggerì sono inoltre più spessi ed hanno fianchi un poco meno appianati e sezione meno compressa. Per le medesime ragioni mi sembra anche ingiustificata la riunione alla specie dell’ Hauer del Lyt. Gardonense Mer.®, pure proposta dal BertoNI 9. Sarebbe, secondo me, piuttosto da esaminarsi attentamente la questione accennata dal BertoNI stesso della identità del Lyt. Fuggeri con il Lyt. Gardonense. È forse sinonimo del Lyt. Cejzeli il Lyt. Polidorii Bon.9. La forma siciliana riferita dal GemmeLLARO® al Lyt. Céjzekè HAuER mi sembra corrispondere forse meglio al Lyt. Fuggeri GEYER, od al Lyt. Gardonense McA., che alla specie dell’HAUER. Molti degli individui esaminati di questa specie, dei quali alcuni sono fossilizzati nel calcare grigio ed altri in quello rosso inferiore, appartengono al Museo di Pisa, pochi a quello di Firenze e di Monaco. 4 BeTTONI Foss. domeriani, pag. 27. BOoNARELLI. Foss. domeriani, pag. 12. GryER. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 59, tav. VIII, fig. 7-9. MENEGHINI. Fossies du Medolo, pag. 39, tav. 5, fig. 7. BeTTONI. Fossili domeriani, pag. 27. BoNnARELLI. Amm. d. ross. ammon., pag. 217. GEMMELLARO. oss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 104, tav. 12, fig. 31. 2 3 4 5, 6 " [79] A. FUCINI 79 4. Lytoceras secernendum Dre Sver.? — Tav. XII [XIII], fig. 9. 1886. Lytoceras secernendum De Sterani. Lias. inf. ad Arieti, pag. 61, tav. III, fig. 3-6. Per quanto a me sembri di avere certamente un esemplare di questa specie, tuttavia ne do come dubbia la determinazione a causa della cattiva conservazione in cui esso si trova, specialmente nell’ ultimo giro e in modo che non è possibile di dare misure esatte. I giri, più alti che larghi, hanno una sezione ellittica all’interno, apparentemente obovale nell'ultima porzione della spira. Essi sono ornati da numerose costicine, arcuate in avanti sui fianchi e indietro sul dorso, sufficientemente regolari e delle quali alcune, a lunghissimi intervalli, si ingrossano assai per formare dei leggieri cingoli trasversali. L’accrescimento è mediocremente rapido e l’involuzione nulla poichè i giri si toccano appena per il ritorno della spira. La linea lobale, che si vede solo a piccolo diametro, è del tipo di quella del Lyt. fimbriatum Sow. In confronto con l'originale del De STEFANI sembrerebbe che il mio esemplare avesse l’acerescimento un poco più lento e le costicine dei giri tutte o quasi tutte continue ed estese fino all’ombelico. Anche nella Bukowina è stato avvertito dall’UnLIG! il Lyt. secernendum DE STEP. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 5. Lytoceras sp. ind, — Tav. XII [XIII], fig. 8. DIMENSIONI Diametro . c 5 0 c ; È È . . . 2 . mm. 46 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò : : 7 c 0,39 Spessore » » » 5 : È P : E 0,43 Larghezza dell’ ombelico » » 3 o È ò . 0 0,36 Ricoprimento della spira » » 2 5 5 . 5 3 0,00 Ho in esame un esemplare tutto concamerato e alcuni frammenti, uno dei quali in parte con la camera di abitazione conservata. La specie sembra assai caratteristica per la forma dei giri più larghi che alti, di accrescimento piuttosto rapido, poco involuti e con sezione arro- tondato depressa fino ad un certo sviluppo, obovale-depressa a sviluppo IRMES Si più avanzato. Tale si osserva appunto nel frammento che ha conservata una parte di camera di abitazione e dal quale è stata rilevata la linea lobale. I fianchi, più curvati del dorso, cadono alla sutura dell’ombelico rapidamente. La superficie sembra del tutto liscia, però è da notarsi che si ha a che fare con modelli interni. La linea lobale (fig. 38) ripete i caratteri di quella del Lyt. fimbriatum Linea lobale del Lyt. sp. ind., presa Sow. fisurata dal ’OrBIGNY® e dal WrIcHT® solamente non ha i rami a ea esterni del primo e del secondo lobo laterale tanto obliqui ed estesi : verso l’esterno. Essa si riporta esattamente a quella disegnata dall’ HaueR per un esemplare di Adneth da lui riferito allo stesso Lyt. fimbriatum Sow., e dal MeneGHINI”) invece al Lyf. cornucopiae Y. et B. 4-23 ) UnLIG. Fauna a. d. Bukowina, pag. 20. 2 D’OrBIGnY. Paléont. frane., terr. jurass., t. 1, tav. 98. 3) WrIGET. Lias. Amm., tav. 12, fig. 4. 4 Hauer. Cephal.a.d. Lias, pag. 62, tav. 22, fig. 3, 4 (non fig. 1, 2). 5) MENEGHINI. Monographie, pag. 103. 800 A. FUCINI [80] e che io trovo identico alla forma in esame. È solo da vedersi se l’esemplare di Adneth manca di or- namenti. Il Lyt. nothum Mon. il Lyt. secernendum De StEr.? ed il Lyt. larvatum PAR.3) sono pure specie che si avvicinano a quella di Cetona che io lascio indeterminata, hanno però tutte ornamenti spiccati e giri ge- neralmente più alti che larghi. L’esemplare ed i frammenti esaminati provengono dai ini grigi del Lias inferiore ed appartengono al Museo di Pisa. 6. Lytoceras cfr. celticum Gever. — Tav. XIII [XIII], fig. 4, 5. 1886. Lytoceras celticum Gever. Cephal. d. Hierlatz, pag. 227, tav. 2, fig. 4, 5. DIMENSIONI I II Diametro . o o 0 0 . mm. 40 mm. 39 Altezza dell’ultimo giro in a al GUMIENO 3 ° 0,35 0,33 Spessore » À » » o ò 0,35 0,31 Larghezza AP rato » » b 5 0, 40 0,41 Ricoprimento della spira » » 2 à 0,02 0,02 Conchiglia di accrescimento lento, pochissimo involuta, di largo ombelico e con giri più alti che larghi o tanto alti quanto larghi, rotondeggianti. In due esemplari parrebbero mancare le coste, in un terzo si vedono, però in modo assai indeciso. Esse, come nel Lyt. celticum tipico, da quanto può arguirsi, appari- rebbero arcuate indietro sul dorso, curvate in avanti sui fianchi ed a piccoli intervalli intramezzate da una più spiccata. Bisogna ricordare però che abbiamo sempre a che fare con modelli interni. In ogni indi- viduo si vedono poi quattro o cinque solchi peristomatici per giro, assai distinti fino dall’ombelico e che ripeterebbero l’avvertito andamento delle coste. La linea lobale poco si scosta da quello del Lyt. fimbriatum Sow. e del Lyt. celticum tipico. Il lobo sifo- nale poco profondo è di assai sorpassato dal primo laterale che gli va quasi a contatto con il ramo esterno, esteso ed obliquo. Il secondo lobo laterale, relativamente stretto e poco profondo, termina regolarmente in tre rami. Il lobo antisifonale profondo, circa quanto il primo laterale, ha il ramo traverso grande, esteso e quasi orizzontale. Le selle, discretamente ramificate, decrescono di altezza dall'esterno all’interno e si presentano tutte assai profondamente bipartite. Per la forma generale della conchiglia mi sembrò a primo esame di avere a che fare con il Lyf. Gran- donense Mar.*, specie del Lias medio, ma la considerazione della maggiore antichità degli esemplari di Cetona, che sembrano provenire dai calcari inferiori, e la differenza della linea lobale, mi È dustbro a tenerli separati. Nel Museo di Pisa ho osservato un esemplare di Zytoceras di Adneth, determinato per il Lyt. fim. briatum Sow. e che, sebbene di dimensioni molto più grandi, corrisponde assai bene ai miei individui; si può solo osservare in esso che le coste non fanno sul dorso una curva rivolta indietro. Tale esemplare, i) MenEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 35, tav. 5, fig. 1. 2) DE STEFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 53, tav. III, fig. 3-6. 3) PARONA. Amm. d. Saltrio, pag. 24, tav. 3, fig. 1. 4) MenEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 35, tav. 5, fig. 1 iii ati ua [81] A. FUCINI 81 se non avesse assai evidenti i solchi peristomatici e se nella parte finale della spira conservata mo- strasse le pieghe del dorso in precedenza del peristoma, potrebbe del tutto riferisi al Lyt. larvatum PARD. Esso certo fa parte di quella serie di forme rapportate dall’ HaUER?) al Lyt. fimbriatum Sow. Una somiglianza notevole passa anche tra la specie in esame e quella del Schafberg che dal GevER fu chiamata Lyt. Fuggeri e che potrebbe essere la forma adulta del Lyt. Grandonense Mex. To non ho completamente riferito i miei esemplari al Lyt. celticum GEYER, perchè non manifestano tanto sicuramente i medesimi caratteri ornamentali e perchè vi ho trovato una leggera differenza nel mag- giore spessore dei giri, che sono quasi larghi quanto alti e con sezione arrotondata. Due esemplari, appartenenti al Museo di Pisa, provengono dai calcari rossi inferiori, uno, del Museo di Milano, è conservato nel calcare grigio. 9) 7. Lytoceras nothum Mex. — Tav. XII [XIII], fig. 7. 1867-81. A. (Lytoceras) nothus MenecHINI. FPossiles du Medolo, pag. 35, fig. 1. 1896. Lytoceras nothum Fuori. Faun. d. Lias m. d. Monte Calvi, pag. 29, tav. 1, fig. 23 (cumsyn.). 1900. —_ — Brerroni. Foss. domer., pag. 29, tav. 1, fig. 7,8. 1900. — — Der Campana. Cefal. del Medolo, pag. 580, tav. 7, fig. 34, 35. DIMENSIONI Diametro . 5 5 c 6 , ; 6 1 5 D È . (imm! 25 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. ; È 5 6 0 0,45 Spessore » » » o ” ; ) ; . 0,45? Larghezza dell’ ombelico » » . ; : 6 o o 0,32 Ricoprimento della spira » » Ò 6 b 5 ; 6 È } Questa specie, istituita dal MenEGHINI sopra esemplari del Medolo e di questa località di nuovo re- centemente esaminata dal Bertoni e dal Der Campana, fu da me trovata anche nel Lias medio della Spezia ed in quello del Monte Calvi, presso Campiglia Marittima. Ad essa riferisco ora un solo esem- plare di Cetona, non molto ben conservato, ma assai caratteristico. La conchiglia di esso si accresce molto rapidamente, forse anche un poco più di tutti gli esemplari tipici del Medolo conservati nel Museo di Pisa. La sezione del giro appare rotonda, ma ciò non può asserirsi essendo l'individuo molto corroso sopra un fianco. Gli ornamenti caratteristici si vedono assai bene per quanto si abbia a che fare con un modello interno. Invece non si scorgono affatto i solchi peristomatici che furono avvertiti dall’ HavrR negli esemplari del Medolo, da lui non giustamente riferiti al Lyt. fimbriatum, e la cui presenza non è ammessa dal MenEGnINI nel Lyt. nothun. La linea lobale assai frastagliata corrisponde a quella dell’ esemplare del Medolo figurata dal MENE- GHINI ed a quella dell’individuo di Spezia che io altra volta descrissi. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. i) Parona. Amm.d. Saltrio, pag. 24, tav. 3, fig. 1. 2 HauER. Cephal. a. d. Lias, pag. 62. 3) GevER. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 59, tav. VIII, fig. 7-9. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 11 89 A. FUCINI [82] 8. Lytoceras cfr. triumplinum Hauer! — Tav. XII [XIII], fig. 2. 1861. Ammonites trompianus Hauer. Amm. a. d. Medolo, pag. 407, tav. 1, fig. 3-5. 1900. Lytoceras hriumplinum Bertoni. Foss. dom., pag. 30 (cum syn.). 1900. - trompianum Den Campana. Cefal. d. Medolo, pag. 581, tav. 7, fig. 36, 37. DIMENSIONI d di Diametro 3 o : ò 3 i ; i ; . mm. 50 mm,24 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . È o 0, 42 0,42 Spessore » » » ò . È 0,42? 0,47 Larghezza dell’ ombelico » » 3 5 | 0,33 0,33 Ricoprimento della spira » » ; SETTI 0,03 0,03 L’esemplare che io confronto con il Lyt. triumplinum HAUER corrisponde perfettamente alla forma del Medolo che il MeNEGHINI riferì alla specie dell’Haurr. Il mio individuo insieme con quelli del ME- NEGHINI sembra diverso dall’originale dell’ HauER per non avere ornamenti tanto grossolani sui fianchi, nè tanto regolari e nemmeno così regolarmente suddivisi sul dorso in guisa da rammentare quelli degli Stephanoceratidi. L’esemplare di Cetona è discretamente grande, ma ha l’ultimo giro assai deficiente di conservazione; quindi per studiarlo nel miglior modo possibile ho creduto opportuno di isolarne la parte interna della spira, nella quale si manifestano caratteri molto importanti. Per tal modo mi è stato possibile rilevare i caratteri degli ornamenti (Tav. XIII [XIII], fig. 20, c) consistenti in coste piuttosto diritte sui fianchi, non molto regolari, evanescenti verso l’ ombelico, apparentemente suddivise sul dorso, ove non fanno alcuna curva distinta. Negli originali figurati dal MEeNEGHINI gli ornamenti sono identici a quelli del mio esem- plare, però non furono ben riprodotti nei respettivi disegni. Nella figura data dal MEeNEGHINI che rap- presenta l’individuo più grande, gli ornamenti appaiono troppo retroversi e limitati al principio della spira; nell’ originale si vedono invece, sebbene più deboli, fin presso l’apertura. Altrettanto si può dire per l’individuo più piccolo nel quale è da osservarsi che le coste non attraversano il dorso, ma si arre- stano sul margine esterno e non sono così larghe a scapito degli intervalli. La sezione dei giri non è poi ovale, ma regolarmente arrotondata e più larga che alta. Tali ornamenti vengono assai bene mostrati dalle figure date dal DeL CAMPANA. Nel mio esemplare alla fine dell’ultimo giro, che per un terzo rappresenta la camera di abitazione e specialmente sul dorso, essendo i fianchi erosi, si vedono delle coste grossolane, irregolari, più strette degli intervalli, alcune delle quali sembrano dentellate come quelle dei tipici fimbriati. La forma dei fianchi, molto convessi, e della sezione dei giri, più larga che alta, nonchè l’accrescimento e l’involuzione, sono identici a quelli degli esemplari del Medolo presi a confronto. Anche la linea lobale è identica nella parte corrispondente ai fianchi e al dorso, a quella disegnata dal MENEGHINI, e sembra, come essa, alquanto differente dalla linea dei lobi della forma originale data dall Hauer. Non ha il lobo sifonale tanto profondo ed il primo laterale è assai diverso, sembrando ter- minato con due rami, a- cagione delle sue diramazioni mediana ed esterna fuse e riunite quasi in una sola. Anche il disegno delle selle, specialmente di quella esterna, è differente. Nel mio individuo, neanche i) Il BerTONI (Foss. dom., pag. 30) ha cambiato l’ortografia del nome originario «trompianus» in quella più corretta di «triumplinum », ma ciò non costituisce, come parmi che egli creda, alcuno emendamento sul valore della specie. | RAT TRONO LT SETE E, TTT PITTORI CRT [83] A. FUCINI 83 dal diametro di mm. 10 in poi, si osserva la particolarità, avvertita dall’HaUuER e resa palese nel piccolo esemplare del Medolo figurato dal MeNEGHINI, della diminuzione, con l’ accrescimento, nella profondità del lobo sifonale. Io riporto qui sotto (fig. 39) la linea lobale dell’esemplare di Cetona, perchè, sebbene alquanto corrosa in corrispondenza del fianco e del dorso, presenta assai chiaramente la parte interna, nella quale si manifestano importanti caratteri, diversi da quelli che si osservano in altri Zytoceras tipici. Oltre la prima sella laterale, procedendo verso l’in- terno, se ne ha una seconda assai bene individualizzata e più semplice, poi un’altra non molto differente di forma, ma più stretta, su cui cade la sutura dell’ombelico, e quindi la sella interna più alta, svelta e con fogliette assai distinte. Il lobo accessorio è meno profondo del secondo laterale ed anche del lobo che precede l’antisifonale. Questo invece è Linea lobale del Lyt. cfr. triumplinum Dà 2 î È x ECT ì HAUR, presa al diametro di mm. 29, più profondo del sifonale ed ha i rami laterali, poco distinti, corti ed in srandezza doppia della naturale. obliqui. In generale nei Lytoceras tra la prima sella laterale ed il lobo antisifonale non si trovano selle e lobi così numerosi e individualizzati. Una linea lobale simile si avverte nel Lyt. praesublineatum Fuc.!, che somiglia moltissimo alla forma in esame anche per i caratteri degli ornamenti nei giri interni e dell’involuzione. Il Lyt. praesublineatum si può però ritenere differente per i giri un poco appiattiti sui fianchi, più alti che larghi anche a mediocre sviluppo e solo larghi quanto alti a piccolissimo diametro e quando invece nella forma descritta essi sono un terzo circa più larghi che alti. Gli ornamenti sembrano anche differenziarsi con l’accrescimento. Non potrebbe esser difficile però che con materiale più abbondante si venisse a riconoscere la uguaglianza delle due specie od anche la pertinenza della forma in esame al Lyt. praesublineatum anzichè al Lyt. triumplinum HAUER tipico. L’esemplare studiato è conservato nel calcare grigio ed appartiene al Museo di Pisa. Fic. 39. colmato 9. Lytoceras cfr. forojuliense Mar. in Tar. — Tav. XIII [XIII], fig. 1. 1880. Lytoceras forojuliense Mea. in Taramenni. Monogr. d. Lias d. prov. venete, pag. 74, tav. 5, fig. 1, 2. 21893. —_ ovimontanum Geyer. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 55, tav. 8, fig. 1. DIMENSIONI Diametro . ò 6 0 . È 5 : o . . 0 . mm. 80 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro È o . E 0 0,43 Spessore » » » È o * . è 0, 28? Larghezza dell’ ombelico » » L | ò 0 . 0,31 Ricoprimento della spira » » ; È 0 ; È 0,04 Per consentimento cortese del prof. TARAMELLI, avendo avuto in comunicazione dal prof. TeLLINI gli originali del Lyf. forojuliense Mex., esistenti nelle collezioni dell’Istituto tecnico di Udine, ho potuto con- statare che ad esso si avvicina moltissimo un esemplare di Lytoceras di Cetona ed anche quella specie che il GeYeR chiamò Lyt. ovimontanum. Data però la non perfetta conservazione degli originali sopra i quali il MENEGBINI istituì la specie, non posso con sicurezza riferire ad essa il mio individuo, nè asserire la perfetta sua corrispondenza con il Lyt. ovimontanum GEYER. i) Fucini. Amm. d. App. centr., pag. 15, tav. 11, fig. T. 84 A. FUCINI [84] L’esemplare di Cetona è tutto concamerato e non è in condizioni tali di fossilizzazione da presen- tare chiaramente gli ornamenti, i quali sembrano parzialmente conservati solo in qualche punto della conchiglia. Da quello che si può arguire essi risultano, come nel Lyt. forojuliense e nel Lyt. ovimontanum da coste rade, depresse, irregolari, piuttosto proverse sui fianchi e forse arcuate in avanti sul dorso. I giri sono assai più alti che larghi, non molto involuti, col maggiore spessore al terzo interno della loro altezza, ed hanno fianchi, pochissimo convessi, che si deprimono rapidamente verso la sutura. Ne consegue una parete ombelicale alta e distinta dai fianchi per un margine strettamente arrotondato. Il dorso non è molto largo, ma sufficientemente curvato. La sezione dei giri è ovale. La linea lobale ha i medesimi caratteri di quella del Lyt. ovimontanum GeveR e pare anche simile a quella del Lyt. forojuliense nel quale si vede indistintamente. Il primo lobo laterale, discretamente ampio è quasi il doppio più profondo del lobo sifonale e si avvicina alla linea radiale con il suo ramo esterno alquanto esteso ed obliquo. Il secondo lobo laterale, anche esso più profondo del sifonale, non ha come il precedente il ramo mediano unito all’esterno; questo rimane isolato, perchè si parte dal tronco prima del me- diano e dell’interno che restano quindi fra loro uniti. La sella esterna e la prima laterale, presso a poco ugualmente alte, sono bipartite; ma mentre nella prima la parte esterna resulta più alta dell’altra; nella seconda è la porzione interna che raggiunge la maggiore altezza. La seconda sella laterale, assai più bassa e ridotta, ha tre ramificazioni principali. Il Lyt. mompianense Bert. ® si differenzia dalla specie in esame per maggior compressione della con- chiglia e per l'ombelico meno profondo, avente pareti meno alte e più largamente arrotondate. Il Lyt. jurense Zier. ? con alcune forme compresse si avvicina moltissimo alla specie esaminata, però, particolarmente nel modello, mostrasi del tutto liscio. L’esemplare proviene forse dai calcari grigi del Lias medio ed appartiene al Museo di Firenze. 10. Lytoceras spirorbis Mea. — Tav. XIII [XIII], fig. 6. 1874. Lytoceras spirorbis MenEeGHINI. Nuove sp. d. Ph. e di Lyt. ecc., pag. 108. 1867-81. A. (Lytoceras) spirorbis MenecnINI. Monographie, pag. 111 e 192, tav. 21, fig. 4. 1867-81. A. (Lytoceras) dorcadis ManeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 37, tav. V, fig. 5. DIMENSIONI Diametro . o 7 È o . ? a ; È . 5 . mm. 28 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ‘ . : : : : 0,27 Spessore » » » 3 i 6 ò 0 0, 28 Larghezza dell’ ombelico » » ; È b 0 5 0,50 Ricoprimento della spira » » Ò Ù ò c È 0, 02 Riferisco con certezza a questa specie un solo esemplare che ho direttamente confrontato con gli originali del MENEGHINI. Esso rappresenta una conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento lentissimo e di piccolissima involuzione in modo che l’ultimo giro ricopre il precedente per-un decimo circa della sua altezza. L’om- belico è molto ampio e la sutura ombelicale profonda e distinta. I giri sono pressochè tanto alti quanto i BeTTONI. Foss. domer., pag. 34, tav. 2, fig. 5. 2 ZieTEN. Wirttemberg, pag. 90, tav. 68, fig. 1. : PETE SR E II E ME [85] A. FUOINI | 85 larghi e poichè la loro maggiore larghezza si trova un poco sopra alla metà dell’altezza, la loro sezione, quasi perfettamente rotonda, è un poco slargata all’esterno. Tali caratteri del giro, benissimo distinti nell'originale di questa specie, non resulterebbero dalle figure del MenEGHINI. I tre quinti dell’ultimo giro appartengono all'ultima camera, la quale evidentemente non è però completa. Nella parte conservata di essa si vedono tre solchi peristomatici dei quali, come nell’esemplare figurato dal MENEGHINI, gli ultimi due sono più distinti di quello che si trova in corrispondenza della linea lobale e che delimita la camera di abitazione. Un quarto solco si trova al principio dell’ultimo giro ed esso è assai meno spiccato degli altri. Nella parte interna della spira non si vedono altri solchi, forse per la conservazione non buona dei giri interni; del resto anche nell’esemplare del MENEGHINI, nella parte concamerata della spira, i solchi in parola sono assai meno distinti di ciò che apparirebbe dalla figura ch’egli diede. Nell’ andamento e nella forma tali solchi peristo- matici presentano caratteri notevoli e non comuni. Sopra i fianchi essi, mentre sono nell’andamento gene- rale piuttosto retroversi, presentano una curva assai evidente in avanti; sul dorso invece la manifestano voltata in dietro. Riguardo poi alla loro forma nell’ultima camera, dove ripeto sono più distinti, deve avvertirsi che essi appariscono molto larghi e meno bene limitati posteriormente che anteriormente, perchè il loro margine posteriore, essendo largamente smussato, non resulta tanto bene distinto quanto quello anteriore, più alto e più acuto. La superficie della camera di abitazione è ornata da coste indecise, in- distinte, irregolari, più o meno grosse e più minute nella parte posteriore. Per l’andamento esse ripe- tono quello dei solchi peristomatici. : La linea lobale corrisponde molto'bene a quella descritta e figurata dal MenEGHINI. Essa è caratte- rizzata dalla grande profondità del lobo sifonale, la quale è appena raggiunta dal primo lobo laterale e dal lobo antisifonale. Il secondo lobo laterale è un terzo più corto. Tanto il primo quanto il secondo lobo laterale terminano con tre rami, dei quali l'esterno è più lungo e più obliquo dell'interno. Il lobo anti- sifonale ha il ramo trasversale assai corto, più di quello che si osserva nell’esemplare del MenEGHINI. La sella esterna e la prima laterale, presso a poco della medesima altezza, sono divise alla stessa maniera in parti pari. La seconda sella laterale è circa un terzo più bassa delle precedenti, ma molto larga ed asimmetricamente partita da un lobo secondario non molto profondo. Delle due parti nelle quali resulta divisa tale sella, l'esterna è più alta e più sottile dell’interna. Questa rimane nella porzione del giro ricoperta per l’involuzione. Nessuna specie io eonosco che possa avere affinità con quella ora studiata. Quella più di ogni altra vicina ad essa mi sembra che sia il Lyt. apertum GeyER ®, il quale però ha i giri alquanto più alti che larghi, lisci, ed i peristomi più stretti e piegati assai in avanti anzichè in dietro, come nella specie del MevnEGHINI. Il GrvER, avvertendo le differenze fra la sua specie e il Lyf. spìrorbìs MeH., riconosce tuttavia la grande somiglianza delle linee lobali. Anche il Lyt. rubescens Dum. ® presenta qualche analogia con il Lyt. spirorbis Mer., specialmente nella scultura, esso però si accresce più rapidamente ed ha i giri con sezione diversa per il fatto che la loro maggiore larghezza è situata al disotto della metà dell’ altezza. Il frammento di Lyfoceras del Medolo che il MENEGHINI riunì al suo Lyt. dorcadis e che dal BetTONI 8) sarebbe dubitativamente posto nella sinonimia del Lyt. Càjzeki HAUER, appartiene invece, secondo me, alla specie meneghiniana in discussione, della quale presenta tutti i caratteri. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio ed appartiene al Museo di Firenze. 1) GoyER. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 57, tav. 8, fig. 3-6. 2 DumortIer. Étud. pal. s. I. dep. jur. ece., par. 4%, pag. 114, tav. 29, fig. 4,5. 3 BarTONI. Foss. domeriani, pag. 27. 86 A. FUCINI [86] VII. Gen. Ectocentrites WiHNER. Dopo la pubblicazione del BonARELLI sopra i Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale, nella quale egli descrive parecchie specie di questo genere, si può dire che gli Ectocentrites si svilupparono forse maggiormente nella parte superiore del Lias inferiore, anzichè nella inferiore, come prima poteva credersi. L° Ect. Petersì HAUER è la specie più antica ed il WirHnER, che l’ha diffusamente studiato, vi riunisce alcune altre forme della parte inferiore del Lias inferiore che erano state dagli autori distinte con nomi diversi. Anche 1’ Ecf. altus HAUER sembra essere assai antico, almeno rispetto alle specie stu- diate da BonARELLI e da me. L’Ect. altiformis Bon. che io trovo a Cetona, senza qui ricordare l’altra forma pur di Cetona e da me lasciata indeterminata perchè molto incerta e forse anche riferibile alla stessa specie del BonARELLI, presenta qualche punto di contatto con 1° Ect. Petersì HauER ad uno stadio di sviluppo (Tav. XIV [XIV], fig. 9), nè molto nè poco avanzato. Se quindi si manifesta la parentela fra le due specie, essa non ap- pare troppo intima e non può essere stabilita con tutta certezza. L’ Ect. altiformis negli individui giovanili non ha alcun carattere che ricordi l’ Ect. Petersìi, in confronto col quale è molto più involuto e non ha ornamenti spiccati, nè linea lobale corrispondente. Al contrario assai intimi si presentano i legami di parentela fra la specie del BowaRELLI e l’ Ecf. altus HauER. A piccolo diametro infatti 1° Ect. altiformis Bon. (Tav. XIV [XIV], fig. 8), come 1’ Ect. altus sviluppato, non ha ornamenti distinti e la conchiglia è molto simile per compressione, per accrescimento e per involuzione della spira. Anche la linea lobale non è tanto differente in confronto con l’Ect. altiformis Box., quanto lo sembra in paragone con l’ Ect. Petersì HAUER. 1. Ectocentrites altiformis Bon. — Tav. XIV [XIV], fig. 1-9. 1899. Hetocentrites (?) altiformis BonareLLI. Cefal. sinem. d. App., pag. 73, tav. 9, fig. 4-6. DIMENSIONI I II III IV Vv Diametro ò c . c c . . mm. 98 mm. 67 mm. 60 mm. 39 mm. 38 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,39 0,40 0,41 0,45 0,45 Spessore ” » » 0,22? 0,20? 0,23 0,22 0,25 Larghezza dell’ombelico » » 0,32 0,29 0,27 0,22 0,25 Ricoprimento della spira » » 0,06 0, 07 0,07 0,09 0, 08 Di questa bellissima specie ho in esame un buon numero di esemplari di Cetona e ne posseggo poi per confronto anche uno della località tipica delle Foci di Cantiano. La conchiglia è discoidale, com- pressa, di accrescimento non molto rapido e di mediocre involuzione. Questa è maggiore nei piccoli esem- plari, ove i giri sì ricoprono per più della metà della loro altezza, che nei grandi, nei quali l’ultimo giro ricopre il penultimo anche per meno di un terzo della sua altezza. In armonia a questo carattere si ha ancora che l’ombelico, sempre poco profondo, va divenendo più ampio con l'accrescimento, mentre l’altezza proporzionale dei giri diminuisce. I giri, ora più ora meno spessi, sono circa il doppio alti che larghi ed hanno il dorso arrotondato. I fianchi resultano appianati tanto maggiormente quanto più n'è N avanzato lo sviluppo. La parete dell’ombelico è ripida e separata dai fianchi mercè una curva stretta- mente arrotondata e non angolosa. La sezione dei giri è ellittico-compressa, un poco troncata inferior- mente, talvolta subovale. Gli ornamenti, oltremodo eleganti, variano con il diverso sviluppo e sono in | ! 1 Re II O TERENTO [87] A. FUCINI i 87 generale costituiti da coste e da sottili strie. Queste strie, negli individui giovani, sono numerosissime, capillari, di andamento irregolarmente sinuoso, arcuato in avanti tanto sul dorso, ove s’indeboliscono, quanto sulla metà dei fianchi, e molto inclinate verso l’ombelico, ove sembrano raggrupparsi per dare maggiore risalto alle coste; negli individui adulti invece appaiono più grossolane, meno numerose e forse più regolari. Negli individui giovani, le coste pure assai irregolari, sono quasi limitate alla parte inferiore dei fianchi e specialmente al contorno ombelicale, che rendono increspato, e dove hanno un andamento molto obliquo e proverso, seguendo quello delle strie sottili. Sulla metà dei fianchi, esse sono talvolta già svanite e confuse con delle leggere ondulosità della superficie, tal’altra si allargano, per obliterarsi poi gradatamente sul terzo esterno; sul dorso talvolta ricompariscono poi molto confusamente, producendo in esso una lesgera curva rivolta in avanti. Negli individui adulti le medesime coste, pur conservando 1’ anda- mento generale avvertito per le strie sottili, sono assai regolari, più strette degli intervalli e, mentre sono meno spiccate presso l’ ombelico, vanno invece gradatamente ingrossando fino al sesto esterno dell’altezza del giro, producendo da ultimo un piccolo tubercolo, dopo di che scompariscono rapidamente. In qualche esemplare però dopo il detto tubercolo le coste si continuano, ma molto leggere e depresse, attraver- sando il dorso arcuate in avanti. Tutti questi ornamenti sono delicatissimi e non si vedono che negli esemplari di buona conservazione !. La camera di abitazione in nessun esemplare oltrepassa la metà dell’ ultimo giro, non posso però affermare che essa abbia.tale lunghezza, non presentandosi mai il peristoma conservato. La linea lobale è sempre asimmetrica. Più frequentemente il lobo sifonale rimane spostato verso il fianco sinistro, come si osserva, cosa non avvertita dal BoxaARrELLI per la forma tipica, anche nell’ individuo che ho delle Foci di Cantiano. Io indico col nome di mut. contraria gli esemplari che presentano il lobo sifonale sul fianco destro. Nell’un caso e nell’altro però la linea lobale si corrisponde, sebbene in senso opposto, assai perfettamente; perciò figuro (fig. 40) solo quella che si riferisce alla forma tipica. Il lobo sifonale è poco profondo, ma discretamente ampio; il primo laterale profondo circa il doppio del precedente, resta sud- tane, CI diviso in diramazioni numerose, delle quali le tre principali : sono piuttosto regolari, per quanto l’esterna sia un poco più SE SE Ra £ e Sd p golari, per q ci ee a IRACESA estesa dell’interna; il secondo lobo laterale, più profondo az SOI 109 SORCOIONERI del sifonale, ma assai meno del primo laterale, ripete presso È sd A È X Linea lobale dell’ Zet. altiformis Bon., presa al diametro a poco la forma di questo, però la diramazione esterna è di mm. 55, in grandezza naturale. in esso meno profonda ed estesa della interna. Un primo lobo accessorio, di forma non ben definita, appena un poco più profondo del sifonale, precede il secondo accessorio su cui cade la sutura ombelicale. Nella parte interna del giro, oltre la sutura, si ha solo un piccolo lobo prima di quello antisifonale; questo è profondo circa quanto il sifonale, ristretto, poco pro- fondamente inciso ai lati e terminato con due punte. Nella sella esterna si trova l’unica differenza da notarsi tra la linea lobale di un fianco e quella del fianco opposto. Essa, nel fianco verso il quale si sposta il lobo sifonale, resta naturalmente di base più stretta; è più obliqua e si suddivide in tre rami principali. Nel fianco opposto tale sella mantiene la stessa altezza, si divide però in due soli rami disuguali, anche per diversa frastagliatura, dei quali 1) Ad esemplari senza ornamenti conservati si riferisce certo il BonAaRELLI quando dice di aver visto presso di me degli Ectocentrites del rosso ad Arieti della Toscana riferibili all’A. altus HAUER. 88 A. FUCINI [88] l'esterno è più stretto e più basso dell’interno. Questo però con le sue diramazioni interne ripete la forma della parte interna della sella corrispondente dell'altro fianco; perciò il primo lobo laterale non resta in alcun caso disturbato. La prima sella laterale, sottilmente ramificata, è appena un poco più alta dell’esterna; in un solo esemplare appare leggermente più bassa; essa è sempre assai profondamente divisa in due parti disuguali per frastagliatura, e delle quali l’interna resulta più alta dell’ esterna. La ‘ seconda sella laterale, un poco più bassa della precedente, ha caratteristicamente unita alla base una sel- letta svelta ed obliqua che potrebbe considerarsi anche come elemento a parte. Viene dopo una sella accessoria molto ridotta ed incisa tanto profondamente in due parti, che ciascuna di queste potrebbe ri- guardarsi anche come sella distinta. Oltre la sutura si trova subito una sella piccola e ridotta e quindi quella interna, molto alta, appena dentellata dal lato interno e con lunghe ed oblique ramificazioni mo- nofilliche dalla parte esterna. Per queste ramificazioni, distribuite sopra una linea ascendente e che po- trebbero considerarsi quali selle distinte e separate da altrettanti lobi, la linea lobale interna ricorda lon- tanamente quella corrispondente dei A7acophyites. Il frammento rappresentato dalla fig. 1 (Tav. XIV [XIV]) è riunito da me a questa specie un poco dubbiosamente perchè esso ha le coste molto grossolane e rade, quali si osservano nell’Ect. Geronzi Bon.!) È da osservarsi però che nell’individuo più bello di Eef. altiformis da me posseduto (Tav. XIV [XIV], fig. 2) le coste sul finire della spira s’ingrossano rapidamente e diminuiscono di numero, per modo che è ragionevole supporre che al diametro dell’esemplare in frammento sarebbero per divenire, come in esso, ugualmente grosse e rade. Nel frammento in parola è parzialmente conservato il margine peristomatico in corrispondenza del dorso. Esso si presenta come un’ espansione strettamente arrontondata ed a guisa di lingua, i cui mar- gini dalla parte dei fianchi sembrano seguire l’ andamento delle coste. L’Amm. altus HAUER ?, al quale dal BonarELLI fu giustamente paragonata questa specie, sembra certo differente per non avere ornamenti così distinti, per il dorso più acuto, quindi per la sezione dei giri più sagittoide, e principalmente per la linea lobale non asimmetrica, diversa per il secondo lobo laterale senza tre diramazioni distinte e per la seconda sella laterale senza la svelta selletta alla base dalla parte interna. Differisce certamente dall’ Ect. altiformis Bon. anche il Lyt. forojuliense MH. citato in paragone dal BoxareLLI. L’esemplare di Lyt. forojuliense figurato dal TAaRAMELLI 3) è un vero Lytoceras e differisce dall’ Ect. altiformis non foss’altro per la linea lobale e per gli ornamenti più sottili e che attraversano il dorso. Piuttosto sembrerebbe riferirsi alla specie del BonaRELLI il secondo esemplare citato dal TARAMELLI e che ha fianchi più compressi; ma esso è molto mal conservato. Pef quanto abbia cercato non mi è riuscito di scoprirvi la linea lobale, specialmente al riguardo del lobo sifonale, che avrebbe facilmente risolto il mio dubbio. Io credo che Il Ect. altiformis sia anche paragonabile all’A. tamariscinus ScHL.* che tuttavia diffe- risce per i giri più convessi, per le coste diversamente sinuose e non terminate in tubercolo dalla parte del dorso e per la linea lobale assai differente. Non ‘vi è dubbio, secondo me, che la specie ora esaminata appartenga in complesso al tipo dell’ Ectocen- i) BonARELLI. Cefal. sinem. d. App., pag. 76, tav. X, fig. 6. 2 Haunr. Cephal. a. d. Lias, pag. 66, tav. 20, fig. 7-9. 3) TarameLLi. Monogr. d. Lias, pag. 74, tav. 5, fig. 1,2. 4 ScHLOENBACH. Jurass. Amm., pag. 13, tav. 27, fio. 1. [89] A. FUCINI 89 trites Petersìi HaueR ®, al quale, se non fosse la differente curvatura delle coste, si potrebbero forse anche riferire alcuni individui (Tav. XIV [XIV], fig. 9), quando non mostrassero la linea lobale molto diffe- rente. Però è notevole, in rapporto a tale affinità, avvertire la diversità nelle forme giovanili delle due specie le quali quindi possono presumersi collegate non tanto intimamente od almeno non direttamente. Assai diretti sembrano invece i legami che uniscono l’ Ect. altiformis Bon. all’ Ect. altus HAuER che a sviluppo notevole ha la conchiglia liscia o quasi, come nelle forme giovanili della specie del BONARELLI, e linea lobale non tanto differente. La maggior parte dei numerosi esemplari studiati provengono dai calcari grigi inferiori, pochi da quelli rossi; i più appartengono al Museo di Firenze, gli altri al Museo di Pisa. 2. Ectocentrites sp. ind. — Tav. XII [XIII], fig. 10. Dalla specie precedentemente esaminata mi sembra che debba distinguersi un’ altra che è costituita nel mio materiale di studio da un frammento di ultimo giro, avente probabilmente il peristoma parzial- mente conservato. Tale specie sarebbe diversa dall’ Ect. altiformis Box. per i giri che, avendo la maggior gonfiezza sul terzo esterno circa della loro altezza, presenterebbero una sezione obovale e per gli ornamenti che sarebbero dati da coste, relativamente al diametro dell'esemplare che poteva essere di mm. 130, forse un poco più grossolane, certo meno sinuose, più proverse e attraversanti il dorso con rilievo note- vole, quasi uguale a quello da esse presentato sui fianchi. La serie dei tubercoli all’esterno del giro non è tanto spiccata. Il peristoma sarebbe segnato sui fianchi da un solco più largo, più profondo ed un poco più incli- nato di quelli che separano ordinariamente le coste. L’esemplare è conservato nel calcare grigio inferiore ed appartiene alle collezioni dell’ Ufficio geologico. i) HauER. Cephal. a. d. Lias, pag. 65, tav. 21, fig. 1-3. Pisa, Gabinetto geologico della R. Università, 20 maggio 1901. Finita di stampare il 12 luglio 1901. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 12 n; ti G. ARCANGELI CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI VEGETALI PERMO-CARBONIFERI DELLA SARDEGNA (Tav. XV [I]) Fra gli alti meriti del Generale A. La Marmora si deve certamente enumerare non ultimo quello di avere attivamente contribuito allo studio della Geologia e Paleontologia dell'Isola di Sardegna, mediante il suo celebre viaggio in quell’isola, cui fece seguito una pubblicazione interessantissima *, alla quale contribuì per la parte paleontologica il Chiar.®° prof. G. MENEGHINI, pubblicazione ben degna di fare epoca nella storia del movimento scientifico in Italia. Nella ricca raccolta di fossili effettuata dal La Marmora in quella circostanza, erano rappresentati in numero abbastanza ragguardevole i vegetali. Di questi una piccola parte fu inviata dal MENEGHINI allo illustre Ap. BRonGNIART, che espresse sopra di essi il suo autorevole giudizio: ma fu per opera del Mene- ghini stesso che essi furono accuratamente descritti e figurati nella pubblicazione sopra ricordata. I resultati di questi primi studj furono inoltre pienamente concordi, poichè tanto il Browentart che il MENEGHINI attribuirono il terreno in cui quei fossili furono raccolti al Carbonifero. In seguito a questi primi stud], altro distinto scienziato il Granp’' EuRY prese pure in esame i fossili vegetali della Sardegna ?), e tenuto conto delle specie studiate dal Meneghini e di quelle esistenti nel Museo di Parigi, credè di potere stabilire più esattamente la cronologia di quel terreno, riferendolo agli strati più profondi del Carbonifero superiore. Dall’ epoca degli studi del Grawp' EurY al giorno d’oggi varii lavori comparvero sulla Paleontologia della Sardegna, principalmente per opera del prof. MexnEGHINI, nonchè del BornEMANN e del CANAVARI, ma ben pochi furono quelli riguardanti i vegetali paleozoici. Questi infatti consistono in una pubblicazione del BornEmANN 9 relativa ai terreni cambriani, ed altri tre scritti uno del sig. V. GamseRa ®, altro del 1) De La MARMORA A. Voyage en Sardaigne. Description géologique et paléontologique de Vl’ île de Sardaigne, avec Atlas in folio. Turin, 1857. 2) Gran’ Eury F. C. Mém. sur la flore carbonifère du dép. de la Loire, pag. 433, 1372. 3) BornEMANN JoH. G. Die Versteinerungen des cambrisches Schichtensystems der Insel Sardinien etc. Erste Abth. Halle, 1886. 1 GamBERA V. Relazione della scoperta di fossili nell’ Iglesiente, fasc. I, II e III. Iglesias, 1897; — Tettonica dei terreni dell’ Iglesiente. Cagliari, 1897. 92 G. ARCANGELI [2] dott. L. PamPaLoni ®, ed uno recentissimo del prof. De SreFANI ? che si riferiscono al Carbonifero. Siccome pertanto i notevoli progressi fatti nel campo della Paleontologia richiedevano che fossero nuovamente presi in esame i fossili già studiati dal MENEGHBINI, ben volentieri mi assunsi il compito di passare in rivista quella collezione, tanto più che le nuove raccolte effettuate in quei terreni mi promet- tevano di recare a tale studio un nuovo contributo; ed in questo lavoro sono stato favorito dal prof. M. CanAVvARI direttore del Museo di Geologia e Paleontologia della nostra Università, che gentilmente ha posto a mia disposizione la collezione già studiata dal MENEGHINI, nonchè dal prof. C. De STEFANI del R. Istituto. di Studi superiori di Firenze e dal prof. D. Lovisato della R. Università di Cagliari, che mi hanno pure comunicato le collezioni dei fossili raccolti posteriormente in quelli stessi terreni, appartenenti agli Istituti sottoposti alla loro direzione, ai quali tutti intendo qui porgere i più sentiti ringraziamenti. Non avendo potuto io stesso visitare le località ove questi fossili sono stati raccolti, dopo aver accen- nato la qualità della roccia in cui si trovano, ch'è uno schisto argilloso antracitifero di colore nerastro, in cui talora si osservano sottili straterelli di antracite più o meno lucenti, e che talora si riduce di colore cenerognolo o giallastro per la scomparsa della materia carboniosa, dovrò limitarmi alla loro descrizione ed identificazione, esponendo per ultimo le conclusioni che se ne possono trarre rispetto alla cronologia stratigrafica. Riguardo ai fossili dell’ Iglesiente, inviatimi dal prof. Lovisato e scoperti dal sig. GAMBERA *), che secondo il De STEFANI sarebbero stati interpretati non a dovere 4, io non posso fare altro ch’esporre quanto in' essi ho potuto osservare, sulla responsabilità di chi li ha raccolti e me li ha comunicati. Essendo essi del resto in piccolo numero, non hanno per questo studio che un’importanza affatto secondaria. CLASSIS I. — Fungi. Sphaerites craterigenus n. sp. — Tav. XV [I], fig. 4, 5. Perithecia punctifornia, sparsa, plus minus conferta, immersa, ut videtur subrotunda, scrobiculis subrotundis vel rotundo-ellipticis |, - 1 mm. latis subjecta, papilla ostioligera parva subconica !|, mm. lata e scorbiculi fundo emergente donata. Habitat. Ad rachides filicum (ut videtur) aliasque partes in schistis anthracitiferis formationis Permo-carbo- miferae Sardiniae. Questa specie si osserva nel saggio n.° 41 della collezione del Museo fiorentino, come pure nei saggi n.' 5, 25, 42. Nella Tav. XV [I], fig. 4 è rappresentata una piccola parte del saggio n.° 41 (parte superiore). In essa sì veggono tante piccole depressioni di figura quasi circolare ed un po’ allungate, dal cui fondo sorge una piccola sporgenza a forma di capezzolo, che porta l’ostiolo od apertura del peritecio che stava al di sotto. La fig. 5 rappresenta alcune di queste depressioni col loro capezzolo notevolmente ingrandite. Nel saggio n.° 39 della stessa collezione una delle facce si mostra rivestita da un sottile strato di i) PamPALONI L. I terreni carboniferi di Sewi ed oolitici della Pardaliana in Sardegna. Atti della R. Accademia dei Lincei, anno CCXCVII, ser. 52, vol. IX, fasc. 11°, pag. 345. Roma, 1900. ? Da SrEFANI 0. Flore carbonifere e permiane della Toscana. Pubblicazioni del R. Istituto di Studi Sup. ete. di Firenze, Tip. Carnesecchi, 1901, pag. 168. 9) GamBERA V. Relazione della scoperta di fossili nell’ Iglesiente. 5 Dn STEFANI C. Flore carbonifere e permiane della Toscana, pag. 169. BI G. ARCANGELI 93 antracite lucida, in cui si notano sparse numerose piccole depressioni puntiformi dovute probabilmente a qualche fungo. Queste depressioni non lasciano rilevare i caratteri della Joro struttura, ond’è impossibile dare un giudizio sicuro sulla loro natura. Hysterites cordaitis Gran’ Evry. 1877. Hysterites cordaitis Granp’ Eurr. Mem. sur la flore carbonifere du dép. de la Loire, pag. 10, tav. I, fig. 7. Paris, Impr. nat. 1893. — — Porontt H, Die Flora des Rothliegenden von Thiiringen, pag. 25, tav. I, fig. 5. Berlin. Nell’esemplare n.° 57, uno di quelli più ricchi di impronte, già figurato del MenEGHINI (PI. D, fig. V), si può osservare un frammento di foglia di Cordaites, ove si mostrano dei rilievi bislunghi simili a quelli descritti dal Granp' EuRy, circondati da un piccolo solco all’ intorno, e forniti di un’ apertura bislunga nell'interno. CLASSIS II. — Pteridophytae. Codors I. — F'ilicales. Alethopteris Grandinii (Broxex.) GopP. 1901. Alethopteris Grandinii (Bronexn.) GòPp. De SrerAnI C. Flore carbonifere e permiane della Toscana Ai ass 40 ene VIE dhlo A questa specie riterrei doversi riportare un’ impronta che si osserva nel n.° 60 della collezione del Museo fiorentino, consistente in una porzione di pinna con circa 11 pinnule. La rachide si presenta larga poco meno di mm. 1,5, pianeggiante e striata longitudinalmente; le pinnule sono patentissime bislunghe, lunghe mm. 13-15, larghe circa 6 mm., fra loro connesse per breve tratto alla base, rotondate nell’apice, con nervatura mediana larghetta sottilmente striata pel lungo, che scompare presso l’apice, e nervature Secondarie patenti sottili curvate in fuori 1-2 volte dicotome. I seni interposti fra le pinnule sono poco visibili, ma per quanto si può rilevare ottusi. Laonde i caratteri corrispondono a quelli dell’A. Grandinti e non della Sert. Questa specie si estende dalla parte più alta del Carbonifero medio fino al Permiano inferiore. Alethopteris Serlii (Bronew.) Ger. — Tav. XV [I], fig. 1-3. 1888. Alethopteris Serlii (Bronen.) GòrP. Zemrer R. Bassin houiller de Valenciennes, pag. 234, tav. XXXVI, fig. 1, 2; tav. XXXVII, fig. 1, 2. Paris. Di questa specie si hanno impronte in numerosi esemplari del Museo pisano, cioè nei n.ì 9, 17, 18, 22, 38-40, 43-45, 47-62, 68. Fra questi gli esemplari migliori sono quelli dei n.ì 55, 57-59, alcuni dei quali furono figurati dal MenEGHINI (PI. D, fig. II, V). I n.' 53, 55 provengono dalle località di S. Sebastiano: il n.° 56 dal Nord di Domusnovas ed il n.° 58 da Seui. 9d G. ARCANGELI [4] Questa specie fu dal MeNEGHINI descritta come Alethopteris sp. ind., ed infatti in essa si riscontrano caratteri che potrebbero farla ritenere come una specie nuova. Nello esemplare n.° 57 figurato dal MENE- GHINI (fig. V), si ha una porzione di pinna lunga circa 8 cm. con pinnule opposte ovato-lineari lunghe 13-18 mm. e larghe 5-7, più o meno patenti o quasi orizzontali, per breve tratto connate alla base, con nerva- tura mediana ben pronunziata e sporgente nella pagina inferiore. La rachide nella parte inferiore ha circa mm. 1,5 di spessore, e la nervatura primaria delle pinnule circa mm. 0,5 0 poco più, e gradatamente si attenua fino a breve distanza dall’apice. Ciascuna pinnula si mostra più o meno convessa nella pagina superiore e concava nella inferiore. Le nervature secondarie assai sottili sono inserite sulla nervatura mediana ad angolo acuto, quindi rapidamente s’incurvano, parte mantenendosi semplici e parte biforcan- dosi. Presso il margine se ne possono contare 45 per millimetro. In altro saggio n.° 55, proveniente da S. Sebastiano, rappresentato nella Tav. XV [I] con la fig. 1, si ha un’altra pinna lunga circa 6 cm. con pinnule mancanti in gran parte da un lato, ed in parte, almeno le supe- riori, alternanti. Queste variano per la lunghezza da: 18-21 mm., e nella larghezza da 6-8, sono lineari lingui- formi libere od appena connesse alla base, con nervazione simile a quella delle altre sopra descritte. Esse hanno pure di particolare che per la conformazione della base si avvicinano molto a quelle di una Neuropteris. Altre due pinne simili a queste, conformate come in Neuropteris, si osservano nel saggio n.° 59 presso il margine, distaccate dalla rachide e cuoprentisi in parte l’una l’altra, lunghe poco più di 3 cm. e larghe da 10-13 mm. Questa pinna probabilmente apparteneva alla parte inferiore della foglia. In altro esemplare figurato dal MenEGHINI (fig. II, ), e riprodotto pure nella Tav. XV [I], fig. 2, si ha una porzione di pinna lunga circa 45 mm. e larga circa 27, mancante come la precedente della parte termi- nale, che però si vede ricostruita. In questo figurano 7 paia di pinnule non esattamente opposte, un po’ più larghe di quelle del saggio precedente, ma ad esse corrispondenti per la nervazione, però con con- nazione più manifesta alla base. Questa pinna probabilmente apparteneva alla parte superiore della foglia. In tutte le pinne sopra citate e pure nelle altre di questo giacimento manca la terminazione: solo in due esemplari, cioè in quello del n.° 9 (Tav. XV [I], fig. 3) e del n.° 53, si presenta una pinna con la parte superiore terminata da una corta appendice, differente da quella che d’ordinario termina le pinne di A. Serliì. A me pare però che queste pinne abbiano tutto l’aspetto di appendici sviluppate anormalmente e quasi rachitiche, come quelle che talora si sviluppano nelle foglie delle felci viventi, e che gli esemplari sopra descritti dei n.57 e 59 debbano aver avuto una terminazione apicale simile a quella dell'A. Sert, quale è appunto ricostituita nelle fig. 1 e 2 della Tav. XV [I]. Oltre a ciò è anche da avvertire che nell’ A. Serli, come si riscontra talora nelle specie tuttora viventi, può essersi verificato che le pinne delle parti superiori delle foglie, abbiano avuto un apice più allungato di quello appartenente alle pinne delle parti inferiori o basali. Nè si può affatto ritenere che tutte quante le pinne dovessero necessaria- mente terminare in pinnula lungamente acuminata, essendo potuto ben darsi che alcune di queste pinnule terminassero in apice meno acuto o quasi ottuso. E quand’anche si potesse dimostrare che tutte quelle pinne nei saggi nostri fossero terminate in apice ottuso, anzichè acuto, questo non costituirebbe che un unico carattere, sul quale non si potrebbe basare che, tutt’al più, una semplice varietà. A questa stessa specie riterrei doversi pure ricondurre i due saggi contrassegnati col n.° 27, consistenti in una impronta e controimpronta ottenute dalla frattura di un unico pezzo di roccia, che furono già riferite dal MENEGHINI alla Pecopteris gigantea Bronen., ossia alla Callipteris conferta (StERN.) Bronen. Esse impronte rappresentano due pinne, una situata nella parte mediana della superficie di frattura con circa 12 pinnule assai ben conservate, l’altra al margine poco distinta, di cui si veggono poche pinnule. In realtà queste due impronte, principalmente la mediana, somigliano alla figura del BRoNGNIART (Hist. des veg. [5] G. ARCANGELI 95 foss. ete., PI. 92, fig. 1, 2), e facilmente si può essere indotti a credere che si tratti di tale specie. Esaminando però attentamente queste due impronte, si può rilevare che le nervature secondarie, per quanto non ben manifeste, si mostrano più fitte e più patenti, che in Callipteris conferta e meglio corrispondenti a quelle di una Alethopteris. Tenendo conto quindi della disposizione delle nervature delle pinnule, e specialmente dell’essere esse più patenti più numerose e più fitte, riterrei che quelle impronte si debbano riportare all’A. Serli, specie ch è tanto frequente in questo giacimento. Queste impronte presentano pure molta somiglianza coi Callipteridium per la disposizione delle loro nervature: ma siccome queste assai meglio corrispondono a quelle dell’A. Serli, sono nella necessità di escludere ch’esse appartengono ad una specie di questo genere. (Questa specie è stata ritenuta propria del Carbonifero medio (ZEILLER), ma è stata pure incontrata nel Carbonifero superiore e nel Permiano inferiore (STERZEL). Asterotheca abbreviata (Bronew.) Prest. 1888. Asterotheca abbreviata (Bronen.) PrEsL. Zemner R. Bassin howiller de Valenciennes, pag. 186, tav. XXIV, fig. 1-4. Paris. Alcune pinnule riferibili a queste specie si riscontrano nel n.° 38 del Museo di Cagliari. La distribu- zione delle Joro nervature è assai ben manifesta. Anche altro saggio delle collezioni del Museo fiorentino, portante il n.° 18 presenta due frammenti di pinne di ultimo ordine con varie pinnule, che sembrano doversi riferire a questa specie. È forma finora conosciuta solo del Carbonifero medio. Asterotheca arborescens (Scan.) Prrsu. 1901. Cyathocarpus arborescens (Scun.) WrIss. De SteranI C. Flore carbonifere e permiane della Toscana, ete., pag. 14, tav. V, fig. 4. Questa specie figura in buon numero di esemplari nella collezione del Museo di Pisa, circa una ventina, cioè nei n. 2, 15, 18, 19, 22-24, 28, 29, 38, 39, 42-44, 52, 57, 59, 62, 65. Anche l’impronte del n.° 26 sembra doversi riportare a questa specie, che si mostra spesso rappresentata da pinne staccate spesso frammentarie e frammiste ad altre impronte. Nel n.° 19 si riscontra la parte terminale di una pinna. Anche nei n.i 1, 2, 5, 7-9, 11, 12, 15, 16, 18, 21, 22, 24, 34, 36, appartenenti alla collezione del Museo di Cagliari figurano pinne riferibili a questa specie. Altri saggi incompleti e frammentari si osservano anche nella collezione del Museo fiorentino, ‘cioè nei n.' 9, 13, 15, 16, 30, 49, 51, 53. Questa specie fu citata anche dal Granp’Eury fra i fossili del Carbonifero della Sardegna! e dal x . dott. PampALoNI?. Essa è propria del Carbonifero superiore e del Permiano. prop 1) GranD’ Eury. Mém. sur la flore carbonifère du département de la Loire. Mém. Accad. des Sc., tav. XXIV, pag. 434. Paris, 1877. 2) PAMPALONI L. Op. cîit., pag. 346. 96 G. ARCANGELI [6] Asterotheca cyathea (Scan.) PrEsL. 1888. Asterotheca cyathea (Scun.) Prosu. Zemuer R. Etudes sur le terrain howiller de Commentry, pag. 19, tav. XIII, fig. 1-4. St. Etienne. A questa specie riterrei doversi riportare le impronte dei n.i 16, 22, 23, 27, 30, 31, 362, 42, 45, 59, 62, 63 del Museo pisano. Nel grosso esemplare n.° 1 del Museo di Cagliari e nel n.° 7 si hanno pure pinne con pinnule spettanti a questa specie. Altro saggio poi assai ben conservato, consistente in una por- zione di pinna con varie pinnule a nervatura ben manifesta, si presenta nel saggio n.° 23 della stessa collezione del Museo di Cagliari. Ho conservato questa specie, per quanto il Poronié (Op. cit., pag. 57) la riuni- sca alla precedente, perchè in realtà essa presenta caratteri sufficienti per tenerla distinta. È vero che il BroneNIART asserisce che la A. arborescens se ne distingue per differenze leggiere, ma egli stesso tiene distinte le due specie, facendo avvertire che in sostanza queste differenze non sono tanto leggiere quanto si potrebbe credere. L'A. arborescens infatti si distingue dalla cyattea per le pinnule di uguale lunghezza, più corte e più ottuse, e per le nervature secondarie semplici, mentre in cyathea ve ne sono delle sem- plici e delle biforcate. Quanto alle due specie distinte recentemente dal DE STEFANI, cioè Cyathocarpus pectinatus, C. Pillae, a me parrebbe doversi ritenere piuttosto come varietà della A. cyathea. Debbo fare osservare altresì che, a causa dello stato frammentario delle nostre impronte, riesce ben difficile, se non im- possibile, il decidere a quale di esse forme possano ricondursi. Asterotheca Candolleana (Broncw.) PresL. 1890. Asterotheca Candolleana (Bronen.) Pest. ZerLer R. Bassin howiller et permien d’Autun et d’ Hpinac, pag. 47, tav. VIII, fig. 5, 6. Paris. Negli esemplari dei n.i 14 e 16 del Museo pisano si osservano impronte e controimpronte di un fram- mento di pinna, che riterrei doversi riportare a questa specie. Una porzione di una pinna di questa stessa specie, assai mal conservata, si osserva pure nel n.° 38 della collezione del Museo di Cagliari, ed altra nel n.° 42. Questa pure è specie propria del Carbonifero superiore e del Permiano. Anche il Granp’Eurr la cita come propria della Sardegna”. Asterotheca euneura (Broncn.) PresL. 1888. Asterotheca cuneura (Bronen.) Presr. ZernLer R. Etudes sur le terrain houiller de Commentry, pag. 131, tav. XI, fig. 4. St. Étienne. Un piccolo frammento di pinna con varie pinnule molto mal conservate si osserva nel n.° 60 del Museo pisano. Questa pure è propria del Carbonifero superiore e del Permiano. Asterotheca cfr. crenulata (Broncn.) PrEsL. 1888. Asterotheca crenulata (Bronen.) PresL. Zemuer R. Bassin houiller de Valenciennes, pag. 192, tav. XXV, fig. 1-4. Paris. Sembra che a questa specie debba ricondursi un piccolo frammento di una pinna che si riscontra in un pezzo del n.° 28, ed altro del n.° 43 (IV rosso) appartenenti al Museo pisano. Esso figura pure, sebbene i) Gran’ Eury F. C. Op. cît., pag. 434. [7] ) G. ARCANGELI 97 scarsamente, nelle collezione del Museo fiorentino rappresentata da due pinne di ultimo ordine nel saggio n.° 21, una sterile ed una sporificata, nelle quali si rilevano abbastanza i caratteri della specie. Anche i frammenti di pinne del n.° 25 sembra che debbano appartenere a questa specie. Asterotheca hemithelioides (Browan.) Presn. 1890. Asterotheca hemithelioides (Bronen.) PresL. Zemner R. Bassin houiller et permien d’ Autun et d’ Epinac, pag. 50, tav. IX A, fig. 2. Paris. Questa specie figura nei saggi dei n. 31, 33, 35 e pure con sporangi nei ni 17, 22, 33, 41. Anche alcune pinnule del n.° 59 (V rosso) riterrei doversi ricondurre a questa specie. Gli sporangi sono mal con- servati, ma pure riconoscibili in numero di 5 in ciascun sinangio. Questa pure è conosciuta solo del Car- bonifero superiore e del Permiano. Asterotheca paleacea Zen. 1888. Asterotheva paleacea Zenuer R. Etudes sur le terruin howiller de Commentry, pag. 116. St. Etienne. Nel saggio n.° 5 del Museo di Cagliari si riscontrano alcune pinne con pinnule che riterrei apparte- nere a questa specie. Insieme ad esse si presenta un pezzo di rachide che sembra spettare alla stessa pianta. Frammenti di pinnule sono pure nei n. 8 e 15. E specie trovata fin ora nel Carbonifero superiore. Asterotheca Daubreei Zen. 1888. Asterotheca Daubreci Zeriver R. Études sur le terrain howiller de Commentry, pag. 147, tav. XV, fig. 1-5. St. Étienne. A questa specie sembrami doversi riportare le impronte dei n.i 34, 39, 40, 58. Disgraziatamente si tratta di frammenti di pinne a nervazione poco manifesta: la forma però delle pinnule corrisponde con quella della specie, e sulla faccia loro superiore si riconosce assai bene la peluria di cui era rivestita. Anche nel n.° 62 la porzione di pinna segnata III rosso sembra doversi riportare a questa specie. Anche i saggi dei n.' 54 e 58 del Museo di Firenze presentano pinne e pinnule riferibili a questa specie, che nel n.° 58 si mostra pure sporificata. Questa specie sarebbe secondo alcuni propria del Permiano inferiore (StERZEL), e secondo altri anche del Carbonifero superiore (ZEILLER, DE STEFANI). Callipteridium pteridium (Scan.) Zen. 1888. Callipteridium pteridium (Scar.) Zeminer R. Etudes sur le terrain howiller de Commentry, pag. 195, tav. XIX, fig. 1-3. St. Etienne. A questa specie riterrei doversi riportare un’impronta del saggio n.° 61 contrassegnato con la cifra II rosso, consistente in frazioni di tre pinne con nervatura mediana assai larga, e pinnule brevi assai turgide ottuse alla base connate per breve tratto. In ciascuna di queste è ben visibile una nervatura mediana e pure delle nervature laterali, però non così ben distinte da poter decidere se si ramifichino o no. La disposizione però è corrispondente a quella che si riscontra in questa specie, pure per quelle che dalla rachide si dirigono verso i seni delle pinnule, che si mostrano manifestamente convergenti. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 13 98 G. ARCANGELI [8] A questa stessa specie si deve riportare l’Alethopteris ovata var. major citata dal Granp’ Eury fra i fossili del Carbonifero di Sardegna”. E specie conosciuta del Carbonifero superiore e del Permiano. Callipteridium subelegans Porow. 1893. Callipteridium subelegans Poronit H. Die Flora des Rothliegenden von Thiringen, pag. 107, tav. XI, 3 fig. 5; tav. XIII, fig. 4. Berlin.» ; Nel saggio n.° 65 del Museo pisano si osservano alcuni frammenti di pinne con poche pinnule, nelle quali la nervazione è ben conservata e si presenta coi caratteri proprii a questa specie. Di questi fram- menti si ha l'impronta e la controimpronta. Il saggio proviene da Seulo. Altro bello esemplare del Museo di Cagliari presenta varie pinne riferibili a questa bella specie. In quelle contrassegnate col n.° 1 la nerva- zione è poco manifesta, in due però di queste è ben visibile l'apice della pinna. In quelle del n.° 2 la nervazione è assai meglio conservata. Altro saggio meno ben conservato si presenta nel n.° 20 dello stesso Museo, consistente in porzioni di pinne con pinnule, e frammenti di alcune pinnule si mostrano pure nel saggio n.° 46 della stessa collezione. Sembra pure doversi riferire a questa specie un frammento di pinna con poche pinnule che si presenta nel n.° 22 del Museo fiorentino. » Callipteridium crassinervium Poron. — Tav. XV [I], fig. 15, 16. 1893. Callipteridium crassinervium Poronit H. Die Flora des Rothliegenden von Thiiringen, pag. 103, tav. XI, fig. 3; tav. XIII, fig. 1. Berlin. Nel saggio n.° 49 appartenente al Museo di Cagliari, già indicato per la Asferotheca arborescens che si mostra in una delle sue facce, si riscontrano due piccole pinne una di cm. 2,5 di lunghezza ed altra più piccola, ché presentano i caratteri di questa specie. Queste due pinne sono rappresentate nella Tav. XV [I], fig. 15, ove pure sono disegnate due pinnule ingrandite di circa tre volte (fig. 16), per poter mostrare la disposizione delle nervature che vi sono abbastanza visibili. La larga e robusta nervatura mediana e le nervature secondarie dicotome, a poca distanza dalla loro inserzione come nella figura del Poronié (Op. cit., Tav. XI, fig. 35), vi sono ben manifeste. Come ben si vede si tratta di pinne con pinnule di dimensioni ridotte, come talora si veggono sviluppare nelle specie viventi. Questa specie e la precedente per ora si conoscono solo del Rothliegende. u Callipteridium sp. Alcune pinne di ultimo ordine con pinnule a nervazione assai manifesta ma frammentaria, che si pre- sentano nel saggio n.° 11 della collezione del Museo fiorentino, permettono di riconoscere il genere ma non la specie. Callipteris cfr. conferta (SteRN.) BronGN. 1901. Callipteris cfr. conferta (Stern.) Bronan. De Srerani C. Flore carbonifere e permiane della Toscana ete., pag. 41, tav. VIII, fig. 3-7. A questa specie riterrei doversi riportare l’impronta del n.° 20, che il MenEcHINI riferì al gen. Odon- topteris. Disgraziatamente si tratta di una impronta mal- conservata, consistente in una sola pinna lunga i) Gran’ Eury F. C. Op. cît., pag. 484. [9] G. ARCANGELI 99 4 cm. e larga circa 13 mm. con 15 pinnule a sinistra e circa altrettante a destra, alternanti, patenti e curvate in fuori, costituite da una materia di color rossiccio quasi cuprico, che poco risalta sul fondo scuro della roccia. In esse si osservano delle rughe trasversali che non hanno che fare con le nervature che mancano affatto. L’aspetto di questa impronta è tale che non mi lascia alcun dubbio riguardo.al genere cui riferirla. Essa proba- bilmente spetta alla C. conferta di cui richiama le forme minori, ma somiglia pure assai alla C. subauriculata. Nell’esemplare n.° 38 alla cifra VII rosso si osserva un frammento di pinna costituito da una parte di rachide con 3 pinnule molto mal conservate ed incomplete. In queste pinnule con non poca difficoltà si riesce a riconoscere il contorno di figura ellittica, come pure la nervatura mediana, che sembra essere stata assai larga ma non nettamente distinta. Lè nervature secondarie vi sono poco visibili, ma per quanto pare alquanto discoste patenti e dicotome presso il loro distacco dalla nervatura mediana. Per quanto si può rile- vare, sembra che queste pinnule abbiano avuto la base larga e scorrente sulla rachide ch’è pure larga. Sebbene questa impronta così mal conservata mi abbia lasciato parecchio tempo in dubbio, sono giunto finalmente a concludere ch’essa pure probabilmente appartenga alla C. conferta. * Questa specie è caratteristica del Permiano e sino ad ora non si conosce con certezza del Carboni- fero superiore. Crossotheca pinnatifida Gurs. 1901. Crossotheca pinnatifida Gurz. De Srerani O. lore carbonifere e permiane della Toscana etc., pag. 36, tav. IVI fig. 3, 4; tav. VII, fig. 1-5. A questa specie riterrei doversi riportare i saggi del n.° 31 che sono impronta e controimpronta ottenuti da uno stesso pezzo di roccia. Si tratta di un frammento della parte terminale di una pinna con alcune pinnule in parte incomplete: purtuttavia in esse si riscontra assai bene la forma allungata delle pinnule e la ramificazione delle nervature che corrispondono a questa specie. Anche nel n.° 18 presso una crocetta rossa è un frammento basale di pinnula da riportarsi a questa specie. Nella collezione del Museo fiorentino . . . . . . . * si ha un frammento terminale di pinna con varie pinnule nel saggio n.° 43. Dactylotheca dentata (Browen.) Zen. et var. laxa n. var. — Tav. XV [I], fig. 6, 23, 24. 1888. Dactylotheca dentata (Bronen.) Zemrer R. Bassin howiller de Valenciennes, pag. 196, tav. XXIV, " fio. 1, 2; tav. XXVII, fig. 1-4; tav. XXVII, fig. 4, 5. Paris. Questa specie è facilmente riconoscibile nei saggi dei dei n.ì 13, 22, 24, 32, 33, 35, 57, 62, 65 del Museo pisano. I saggi dei n.i 22 e 32 presentano porzioni di pinne ramificate in pinne di penultimo ordine con pinnule assai ben conservate. Nella collezione del Museo di Cagliari si osserva pure una pinna di questa specie nel grosso saggio n.° 1, ed altri frammenti con pinnule nei saggi dei n.i 4, 15, 32, 40. È specie del Carbonifero medio e superiore che trovasi però anche nel Rothliegende inferiore. Alle forme descritte di questa specie aggiungerò la seguente varietà, che fino ad ora per quanto pare non fu descritta: vur. laxa: differt a typo altisque varietatibus pinnis latioribus laxioribusque obtusis, pinnulis linearibus obtusis retrorsum curvatis, venis omnibus dichotomis, rachidibus levibus. Questa varietà si presenta nel saggio n.° 29 del Museo di Cagliari rappresentata da sole 4 pinne incomplete che obliquamente si sovrappongono (vedi Tav. XV [I], fig. 23) e da qualche frammento di rachide. 100 G. ARCANGELI [10] Tanto le pinne che le pinnule si mostrano con caratteri abbastanza differenti da quelli delle altre forme già conosciute, quali la #ypica, "la plumosa e la delicatula, per la loro distanza maggiore, per la loro confor- mazione e per la loro nervazione, onde ho creduto opportuno distinguerla da quelle. Nella figura 24 sono rappresentate alcune pinnule ingrandite di circa tre volte per mostrarne le nervature. A questa specie si deve pure ricondurre l’ Aphlebia rappresentata nella Tav. XV [I], fig. 6. Nei saggi del Museo fiorentino si riscontra una pinnula assai mal conservata nel n.° 22, e la parte terminale di una pinna di penultimo ordine con varie pinne di ultimo ordine, pure non ben conservate, nel n.° 28. Due saggi assai ben conservati si presentano nei n.i 56 e 61 della stessa collezione, ove si ha pure ben conservata la nervazione e ben manifesti i caratteri della forma tipica. Dicksonites Pluckenetii (Bronen.) STERZ. 1893. Pecopteris Pluckeneti (Scun..) Bronen. Poronié H. Die Flora des Rothliegenden von Thiiringen, pag. 81, tav. XII e tav. V, fig. 10. Berlin. ; Questo esemplare segnato n. 37, già descritto e figurato dal MeneeHINI nella Tav. D, fig. I e I, si deve realmente riferire a questa specie. Esso consiste in una porzione di pinna di second’ ultimo ordine con 7 pinne di ultimo ordine da un lato e 4 dall’altro, tre delle prime incomplete e le altre rappre- sentate da una parte delle basi. Tanto la rachide che le pinnule vi sono assai ben conservate, ma in condi- zione ben diversa che nella maggior parte degli altri saggi della collezione, perchè l'impronta trovasi in uno schisto compatto cenerognolo che poco o nulla può contenere di materia carboniosa, probabilmente per la scarsità dei materiali organici che in esso rimasero sepolti. Alcune pinne della, stessa specie si veggono nella faccia inferiore del saggio, assai contorte e ripiegate, di fianco al cartellino che ricorda Ja località di Perdas de, Fogu dove fu raccolto 1’ esemplare. Anche nel n.° 30 della collezione del Museo fiorentino si osservano alcune pinnule di ultimo ordine, con pinnule appartenenti a questa specie, in stato di conserva- zione ben sodisfacente tanto per la forma delle varie parti come per la nervazione. Questa specie è finora conosciuta del Carbonifero superiore e del Permiano. Goniopteris foeminaeformis (Scan.) Scamp. 1901. Goniopteris foeminaeformis (Scan.) Scamp. Dr Sterani C. More carbonifere e permiane della To- scana etc., pag. 30. Impronte da riportarsi a questa specie si hanno nel n.° 23 come pure nel n.° 59, contrassegnate da un punto rosso, ambedue appartenenti alla collezione del Museo pisano. Nel saggio n.° 24 figurano due piccoli pezzi che portano l’impronta e la controimpronta di un fram- mento di pinna con alcune pinnule. La forma lanceolata delle pinnule coi loro denti vi è ben manifesta, come pure la disposizione delle nervature, in modo da non lasciare alcun dubbio sulla determinazione della specie. Sembra inoltre che si tratti della var. arguta di StERNBERG, giacchè le pinnule si mostrano sepa- rate da seni profondi. Nel n.° 59 figura altresì una sola pinnula pure abbastanza riconoscibile, ed altra simile nel n.° 38 contrassegnata da un punto rosso. Questa specie è conosciuta finora del Carbonifero supe- riore e del Permiano. [11] G. ARCANGELI 101 Neuropteris Meneghiniana n. sp. — Tav. XV [I], fig. 10-14. È Frons bipinnata vel tripinnata? Pinnualae lanceolatae vel lingulatae, basi plus minus cordato-auriculatae, sur- sum sensim attenuatae, apice rotundato-obtusae, 3-6 em. et ultra longae, 5-16 mm. et ultra latae, margine subden- ticulatae. Nervus primarius validus, longitudine striatus, usque ad apicem productus, secundarii arcuato-patentes tenues, semel vel bis furcati, secus marginem in cm. circiter viginti (18-20). A. N. biformi Lesa. (Cool. FI. of Pensylvania, VI, 2, pag. 121, AIl., tav. XIII, fig. 7), cui proxima, differt pinnulis basi distinete cordatis, nervo primario latiori striato. A questa specie si debbono riportare i saggi dei n.i 18, 24, 28, 44, 47, 57, 58, 62, 65, 66, 68. Il prof. MENEGHINI riferì queste impronte ad una AZethopteris, e ne dette la figura. Egli le riportò nel testo all’A. longifolia StERN., però dubitativamente. In realtà si tratta di una forma ben differente dal- lA. longifolia, che, come resulta dai caratteri sopra esposti, non può affatto ricondursi al gen. Alethopteris e neppure al gen. Zaeniopteris, come Egli aveva sospettato da prima. Lo studio di queste impronte è reso sommamente difficile dal fatto, ch’esse sono costituite da sem- plici frammenti di pinnule, per lo più mancanti di base e di terminazione e più o meno lacerate. Un solo di questi saggi, il n.° 65, a quanto pare mostra la parte inferiore slargata con breve sporgenza media ristretta quasi a piccioletto interposta a due leggeri incavi (Tav. XV [I], fig. 12), come sovente si riscontra alla base delle pinnule delle Neuropteris. Dalla parte inferiore verso la superiore la lamina si ristringe gradatamente per terminare in una estremità ottusa rotondata. La nervatura mediana è ben pronunziata, larghetta e striata longitudinalmente fino verso l’apice. L’estremità di una pinnula si osserva solo in una delle impronte del saggio n.° 57 (MENEGHINI, Op. cit., Tav. D, fig. VI,), però un po’ smarginata da un lato (Tav. XV [I], fig. 13). In questo la nervatura primaria si vede giungere fino all’ apice ch’ è rotondato ottuso. Ho creduto conveniente dedicare questa specie al prof. MENEGHINI, perchè egli fu il primo a scoprirla nei fossili di Sardegna da lui studiati. Neuropteris De-Stefaniana n. sp. — Tav. XV [I], fig. 25. Frons bipinnata (an tripinnata 2). Pinnulae oblongo-lingulatae, 1-2 em. longae, 5-8 mm. latae, basi modice cor- datae, apice rotundato obtuso. Nervus primarius validus, conspicue dilatatus, prope apicem cito evanescens, secun- darti tenues arcuato-patentes, prope basim vel ultra semel vel bis dichotomi, secus marginem in cm. circiter triginta. Questa specie figura nel saggio n.° 6 della collezione DE STEFANI nelle peggiori condizioni, giacchè consiste in semplici foglioline frammentarie e ben difficilmente riconoscibili. Con molte difficoltà sono riuscito a rile- vare la forma di due di queste foglioline (Tav. XV [I], fig. 25), tanto da poter dare alcuni caratteri di questa specie che certamente differisce da tutte le altre. Ho creduto ben fatto dedicarla all’amico prof. C. DE SteFANI del R. Istituto di Studi superiori di Firenze. Neuropteris cfr. flexuosa StrRN. 1888. Newropteris fleruosa Stern. ZerLLer R. Bassin houiller de Valenciennes, pag. 277, tav. XLVI, fig. 2. Paris. Trattasi di poche pinnule da ricondursi a questa specie. Una di queste si presenta nel n.° 1 di pro- prietà del prof. Lovisato, nel pezzo contrassegnato con la lettera A. Questa pinnula è lunga circa 14 mm. x e larga circa 6 presso la base, ch'è un po’ incavata a cuore. La nervatura primaria è piuttosto stretta 102 k G. ARCANGBLI [12] ma assai ben manifesta fin verso l’apice, le secondarie sono 2-3 volte dicotome, curvate verso il margine, ove si riducono patentissime, e circa 40 nella lunghezza di un cm. La roccia è un’àrenaria cenerognola includente frammenti di schisto micaceo talora assai grossi. I caratteri di questa pinnula corrispondono con quelli della specie anche pel numero delle nervature secondarie: siccome però si tratta di una sola pin- nula, non si può assicurare ch’essa realmente appartenga a questa specie. Questo saggio proviene dal vallone di Cabiza (Iglesias). Altra pinnula simile si trova pure nel n.° 60 del nostro Museo, e questa pure sembra appartenere a questa specie. Lo stesso è pure a dirsi di una pinnula terminale incompleta che si presenta nel n.° 57 del Museo fiorentino contrassegnato con I rosso. Odontopteris Reichiana Gurs. 1893. Odontopteris Reichiana GurB. Poronit H. Die Flora des Rothliegenden von Thiiringen, pag. 118, tav. XIV, fig. 7. Berlin. A questa specie ritenni doversi riportare l’impronta del n.° 21, ed altra pure del n.° 59 contrasse- gnata con 2 punti rossi, appartenenti al Museo pisano. La prima consiste in un frammento di pinna con circa una diecina di pinnule fornite di nervatura mediana poco manifesta e di nervature secondarie sot- tili. Il prof. MeNEGHRINI !) riferì questa impronta all’ 0. Brardi, ma in realtà essa va riferita alla specie sopra indicata per l’apice ottuso delle sue pinnule; e per essere queste meno curvate che nell’ 0. Brardì, e corrisponde perfettamente alle figure del WrIss e dello ZemLeR ?). Il saggio n.° 59 è un piccolo fram- mento con alcune pinnule, in cui pure si riconoscono i caratteri delle specie. Altri saggi di questa specie si osservano nei n.i 30 e 39 del Museo di Cagliari: il primo consistente in un'unica pinnula mancante della parte superiore, e l’altro in pinne con pinnule a nervazione assai manifesta, da non lasciare alcun dubbio sull’identificazione della specie. à Anche nei saggi del Museo fiorentino favoritimi dal Dr STEFANI, cioè nei n. 2-5, 14, 25, si riscon- trano frammenti di pinne con pinnule più o meno ben conservate, e talora con nervazione ben manifesta, da non lasciare alcun dubbio sulla identificazione della specie. Nel saggio n.° 4 si nota pure una Cyclopteris probabilmente appartenente a questa specie. Questa specie è stata fino ad ora trovata nel Carbonifero superiore e nel Permiano. Ela Oligocarpia Gutbieri GorP. 1869. Otigocarpia Gutbieri Gòrr. Scamprr W. Pa. Traité de Paléontologie vegetale ete., +. I, pag. 585, Atl. tav. XLI, fig. 8, 9. Paris. A questa specie riterrei doversi riportare il frammento di pinna contrassegnato con croce rossa nel saggio n.° 12 del Museo pisano, già studiato e figurato dal MENEGHINI (Op. còt., tav. D, fig. IV). Trattandosi di un frammento che presenta solo otto pinnule, in parte anche incomplete, si potrebbe con ragione du- bitare della determinazione. Debbo però fare osservare che quelle pinnule nella loro forma, nella loro connazione alla base e nella loro nervazione palesano caratteri, che corrispondono assai bene a quelli della i) MENEGHINI. Op. cit., pag. 152. 2 Wriss E. Foss. Flora der jung. Steink. und des Rohtliegend, pag. 32, tav. I, fig. 3-9. Bonn, 1869. — ZaiLLeR R. Veg. foss. du terrain houiller de la France, pag. 61, tav. CLXVI, fig. 1,2. Paris, Impr. nat., 1880. [13] G. ARCANGELI 103 specie e che non permetterebbero di ravvicinarla ad altra, per quanto la sporificazione manchi essendo esse sterili. Si potrebbe forse ravvicinare quell’impronta alla Pecopteris Bredowii GeRM.; questa però ne differisce per le pinnule libere alla base, per quanto pare, a margine intero e non ondulato dentato: ma potrebbe anche darsi che questa altro non fosse che solo una forma od una varietà dell’ Oligocarpia Gutbieri. Infatti le descrizioni e le figure, che si danno di queste due specie, non differiscono molto fra loro; e mentre il “GeRMAR descrive la sua specie come fornita di pinnule che mon sembrano connate alla base !, il Werss la rappresenta in modo da far ritenere che le pinnule siano debolmente connate fra loro ?). Anche rispetto alla dentatura la differenza svanisce, una volta che il GeRMAR dice delle pinnule : margo obsolete crenatus apparet. Pecopteris pennaeformis Browen. 1893. Pecopteris pennaeformis Broncn. Poronit H. Die Flora des Rothliegenden von Thuiringen, pag. 62, tav. IX, fig.:1, 2. Berlin. Crederei di poter ricondurre a questa bella specie due frammenti di pinna di penultimo ordine che figurano nei saggi dei n.i 2 e 7. Tanto nell’uno che nell’altro si hanno poche pinnule con nervature poco manifeste. Nell’esemplare n.° 7 le pinnule sono separate fra loro come nell’esemplare disegnato dal Poroxie 3). Anche il n.° 4 del Museo di Cagliari presenta alcune pinne che sembrano appartenere a questa Specie, però assai mal conservate. Pecopteris oreopteridia (Scu.) Brown. ex p. 1893. Pecopteris oreopteridia (Scan.) Bronen. ex p. Poronit H. Die Plora des Rothliegenden von Thiringen, pag. 68, tav. V, fig. 5; tav. VII, fig. 1-5, Berlin. P. densifolia (GòPP.) Scam. Nel saggio n.° 12 del Museo di Pisa figura una impronta contrassegnata o rosso, costituita da un frammento di pinna con poche pinnule, che tanto per la forma che per la disposizione e nervazione sono da riportarsi a questa specie. Altro frammento di pinna con numerose pinnule assai deformate si ha nel n.° 64. Anche in questo si può osservare la biforcazione delle nervature a breve distanza del nervo mediano. Pecopteris cfr. subaspera Poron. Nel saggio n.° 10 della collezione del Museo fiorentino sono alcune pinnule assai mal conservate, che sembrano appartenere a questa specie. Pei loro caratteri e specialmente per la nervazione, che somiglia a quelle di un Odontopteris, potrebbero pure. appartenere alla parte apiciale delle foglie di qualche altra specie, come il Callipteridium subelegans o qualche Alethopteris. Bisogna quindi, tutte le volte che si tratta i) 1894. GERMAR Fr. D. Die Versteinerungen des Steinkohlengebirges von Wettin und Loòbejiin im Saalkreise ete., pag. 37, tav. XIV. Halle. 2) 1869. Wwiss E. Fossile Flora der jiing. Steinkohlenformation und des Rothliegenden im Saar - Rhein - Gebiete, pag. 68, tav. IX-X, fig. 5, 6. Bonn. 3) Poronià H. Die Flora von Rothliegenden von Thiringen, tav. IX. 104 G. ARCANGELI [14] % di frammenti di foglie o di pinne con poche pinnule, esser ben cauti, per non trovarsi a descrivere come nuove specie frammenti di foglie già ben conosciute. Questa specie è stata scoperta dal Poronif nel Rothliegende della Turingia. Ptichocarpus unitus (Bronen.) WrISs. 1901. Ptichocarpus unitus (Bronan.) Wriss. De Srerani O. Wlore carbonifere e permiane della Toscana etc., pag. 32, tav. III, fig. 1-6; tav. VI, fig. 10. A questa specie si debbono riportare le impronte dei n.i 1, 13, 14, 21, 22, 25, 30, 38, 43, 59, 63. Sebbene si tratti per lo più di. frammenti di pinne, in essi è ben riconoscibile la specie per la conna- zione più o meno pronunziata delle sue pinnule e per le nervature secondarie loro arcuate e semplici. I più belli sono quelli del n.° 59. Altro saggio consistente in una porzione di pinna con varie pinnule si. osserva nel n.° 27 del Museo di Cagliari. Im queste pinnule le nervature sono così ben riconoscibili da non lasciare alcun dubbio sulla identificazione. Altri saggi si osservano nei n.i 18", 34 della stessa collezione, ma assai mal conservati e di ben poca importanza. Un bell’esemplare, rappresentante la parte superiore di una pinna di 2.° ordine con diverse pinne di 3.° ordine e pinnule ben conservate e sporifere, figura nel n.° 1 del Museo fiorentino. Gli sporangi vi sono rappresentati da piccole incavature bislunghe corrispondenti alle nervature. Frammenti di pinnule si ri- scontrano anche nei saggi dei n.ì 13, 15 e 59. Questa specie figura pure fra le specie osservate dal Granp’ Eury nel Carbonifero di Sardegna ! ed è citata anche dal dott. Pamparoni ?). Scolecopteris polymorpha (Bronan.) Zenx. 1901. Scolecopteris polimorpha (Bronen.) Zeng. De Srerani C. Flore carbonifere e permiane della Toscana ete., pag. 22, sub Acitheca, tav. V, fig. 2, 3. x Il solo saggio di questa specie che ho potuto riscontrare è quello del n.° 45 del Museo pisano pro- veniente da Seui. Esso consiste in varie pinne con pinnule sporangifere assai mal conservate, ma però in tal condizione da potersi ricondurre a questa specie. Essa è ritenuta propria del Carbonifero supe- riore e del Permiano inferiore. Cfr. Schizopteris sp. Frammenti d’impronte riferibili a questo genere si osservano nei saggi dei n.' 52, 52,, 52, del Mu- seo di Cagliari: però lo stato loro di conservazione è tale da non permettere di decidere con sicurezza se realmente si tratti di fossili spettanti a questo genere. 1‘) Granp’ Eury T. C. E.c., pag. 484. * 2) PAMPALONI L. Op. cit., pag. 346. [15] G., ARCANGELI 105 Schizopteris subdichotoma n. sp. Frons membranacea, paululum lucida, margine inregulariter rotundato-lobata, subinde, ut videtur profunde dissecta, lacintis lincaribus superne sensim dilatatis, nervis linearibus latiusculis striatis dicotomis sursum dilatatis percursa. Questa forma si osserva nei saggi n.° 54 e 58 del Museo fiorentino. Somiglia molto allo Sch. dicho- toma GimB., dalla quale differisce principalmente per la fronda a quanto pare semplicemente lobata di rado laciniata. Forse potrebbe anche darsi che questa forma non fosse che una semplice varietà di quella stessa specie, tanto più che, mentre in qualche parte dei saggi suddetti la fronda si mostra semplicemente lobata, in altra apparisce come divisa in lacinie strette e come ridotta alle sole nervature nastriformi sottilmente striate. I nostri esemplari somigliano molto alla figura che ne dà lo ZerLuer ”. Sphenopteris minutisecta Fonr. et Wire. — Tav. XV [JI], fig. 7-9. 1880. Sphenopteris minutisecta Fonramme W.M. et Wuire J. 0. The Permian or upper carboniferous flora of W. Virginia and Pensywania, pag. 43 a 114, tav. V, fig. 1-4. Harrisburg. Frons probabiliter 4 pinnata. Pinnae primariae. . . . Pinnae secundariae triangulares vel ovato-triangulares sensim et longe acuminatae, rachidibus gracilibus danatae, erecto-putentes. Pinnulae ovatae, ovato-oblongae vel ovato- rhomboideae, 1, 5-6 mm. longae, 1-3 mm. latae, profunde pinnatifidae, laciniis spatulato-cuneatis vel oblique bi- lobis, incisuris angustis cuneatis ucutis sejunetis, basi cuncatae, inferne secus rachidem anguste decurrentes, infima postica in angulo rachidum ‘inserta. Nervi primari pinnularum basi dilatati, sursum cito attenuati, secundarii, in speciminibus sardois michi communicatis haud conspicui. Questa specie figura nei saggi n 31, 32, 33 della collezione del Museo fiorentino, dei quali è stata fisurata l'impronta del 1.° ed una pinna del 3.° nella Tav. XV [I], fig. 7, 8, insieme ad alcune pinnule in- grandite (fig. 9). Questa specie, propria del Continente Americano, è la prima volta che s'incontra in Europa. Forse si potrebbe dubitare che gli esemplari nostri differiscono da quelli americani, ma in realtà io non saprei riconoscere in essi differenze di qualche importanza, stando alla descrizione ed alla tavola che ne sono date nell’opera dei sigg. FontAINe e WHITE. Questa specie potrebbe confondersi con alcune altre alle quali alquanto somiglia, e specialmente con la Sph. Matheti e con la Sph. lenis ZerLLER, essa però differisce notevolmente tanto dall’una che dall’altra. Essa differisce dalla prima per le sue pinnule ovate od ovato-romboidali, anzichè ovato-lineari, per le lacinie in cui sono divise che sono cuneate e non li- neari, spesso ottuse nell’apice e talora intaccate od incise: differisce poi dalla seconda per gli stessi caratteri, e per avere la superficie priva di strie lineari, che possono accennare a peluria applicata sul lembo. Gli Autori di questa specie fanno osservare ch’essa differisce molto nella delicatezza delle sue foglie e nella loro ramificazione dalle specie congeneri del Carbonifero, e mostra invece affinità con le forme mesozoiche e specialmente col genere 7yrsopterîs dell’Hrer. Queste impronte sono state indicate dal Pampanoni col nome Sphenopteris cfr. Matheti Zeri. 1) ZeiLLeR R. Bassin houiller et permien de Brive, in Etudes des gîtes mineraux de la France, fase. II, pag. 13, tav. I, fig. 7. Paris, 1892. ® PamPaLONI L. Op. cit., pag. 346. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 14 106 G. ARCANGELI [16] Cozors II. — Equisetales. Annularia stellata (ScaL.) Woop. 1901. Annularia stellata (Scan.) Woop. De Srerani 0. lore carbomifere e permiane della Toscana ete., pag. 77, tav. XI, fig. 0, 6. A questa specie appartengono le impronte dei saggi n.i 15, 42, 67, 68, 69. Fra questi saggi molto imperfetti il migliore è quello del n.° 68. In esso figura un verticillo incompleto con circa 7 foglie man- canti della parte superiore fornite di due rughe poco manifeste ma riconoscibili. La parte inferiore, ove le foglie sono connate, è intera ed assai ben conservata, specialmente nel centro ove presenta una sporgenza ellittica che segna il fusto sul quale il verticillo s’inseriva. Alcuni frammenti di questa specie si osservano anche nel n.° A di proprietà del prof. LovIsATO, pro- veniente dal Vallone di Cabiza (Iglesias), e pure nei saggi n.i 4 e 5 della stessa località. Questa specie è pure citata dal dott. PAMPALONI ”. Annularia sphenophylloides (Zenx.) GurB. 1888. Annularia sphenophyUoides (Zenxg.) Gur. Zeuer R. Bassin howiller de Valenciennes, pag. 388, tav. LX, fig. 5, 6. Paris. Nel n.° 39 del Museo calaritano si osserva l’impronta di un verticillo sostenuto da un asse spor- gente del diametro di circa 1 mm. Le foglioline sono cuneato-allungate, ottuse, lunghe circa 4 mm. e larghe in alto mm. 1,5, fornite cioè di caratteri che ben corrispondono a quelli della specie. Asterophyllites equisetiformis (Scun.) Bronon. 1393. Asterophyllites equisetiformis (ScaL.) Bronan. Poronig H. Die Flora des Rothliegenden von Thiringen, pag. 175, tav. XXIV, fig. 8. Berlin. Nel saggio n.° 7 della collezione del Museo fiorentino si osserva un frammento di un ramo con alcuni verticilli di foglie lanceolato-lesiniformi da riportarsi a questa specie. Asterophyllites hippuroides (SterN.) Bronew. 1877. Asterophyllites hippuroides Bronen. Granp’ EvrY F. C. Memoire sur la Flore carbonifore du dép. de la Loire, pag. 39. Paris. Questa specie è citata dal Granp’ Eury come propria del Carbonifero della Sardegna ?. Non mi av- venne d’incontrarla in alcun saggio delle collezioni da me esaminate. 1) PamPALONI L. Op. cit., pag. 346. 2 Granp’Eury C. Op. cit., pag. 433. [17] G. ARCANGELI 107 Asterophyllites longifolius (Stern.) Bronen. 1893. Asterophyllites longifolius (SterN.) Bronan. Poronig H. Die Flora des Rothliegenden von Thiiringen, pag. 178, tav. XXXIII, fig. 4. Berlin. Di questa specie non ho potuto riscontrare che un esemplare incompleto nel saggio n.° 13 del Museo di Cagliari, consistente in alcune appendici lineari lesiniformi concorrenti in un medesimo punto a costi- tuire una parte di un verticillo foliare. Bruckmannia tuberculata Stern. 1991. Brukmannia tuberculata Stern. DE SreranI O. Wlore carbonifere e permiane della Toscana etc., pag. 78, tav. IX, fig. 10 (= Stachannularia WS). Le sporificazioni che furono indicate con questo nome si possono osservare in varii esemplari del Museo pisano, cioè nei n.i 16, 22, 35, 38, 39, 57, 69. Queste impronte furono dal MENEGHINI riferite ad una specie di SprerophyMlum e alcune pure figurate (Op. còt., PI. D, fig. V;, Ve). Il loro stato di conserva- zione, a dir vero, lascia molto a desiderare; ma pur tuttavia i caratteri che se ne possono rilevare sono tali da non lasciare alcun dubbio sulla loro natura. Il MENEGHINI ne dette pure una descrizione accurata, ed ammise che gli sporangi globosi da lui disegnati dovessero inserirsi nell’ascella delle foglie di questa specie, ciò che in realtà non corrisponde al vero. Già da qualche tempo queste sporificazioni si sogliono riportare all’ Anmdaria stellata ScHEL., ma però mi pare che in tali ravvicinamenti si sia corso un po’ troppo. Il Wrtss nel suo celebre lavoro sulle Calamariee *, ammette che in questa specie gli sporangiofori possono essere di due forme, cioè o spini- formi, spiniformia acuta triangularia, od a forma di stretta colonnetta, aut columellam angustam formantia, inseriti a metà dell’internodo. Lo ZeiLLeR nella sua Flora carbonifera di Valenciennes , alludendo per quanto pare alla descrizione del WrIss, dice che alcuni autori sono stati indotti in errore a ritenere che lo sporangioforo si presenti talora a forma di spina adunca ed inserito in alto, mentre ciò non è che il risultato della pressione subìta dallo sporangioforo contro il verticillo delle foglie soprastanti, ed il Po- TONIE è pure di tale opinione. Negli esemplari che ho avuto a mia disposizione, tanto in quelli della Sardegna come in quelli di S. Lorenzo nel M. Pisano, non ho potuto rilevare se lo sporangioforo adunco realmente sussista o debba ritenersi un’ illusione. Quello che ho potuto rilevare si è che l'inserzione degli sporangiofori, come è già stato osservato e come è ammesso dallo stesso WrIss 5, nelle sporificazioni delle specie di questo ge- nere, talora si effettua, anzichè nella metà dell’internodo, in un piano alquanto superiore, cioè più vicino al verticillo di brattee del nodo superiore, anzichè ad uguale distanza dai due verticilli; onde di necessità ne consegue che gli sporangi superiori di ciascun sporangioforo, avendo a disposizione uno spazio minore degli inferiori, si sviluppavano assai meno in larghezza, e quindi, talora confondendosi con lo sporangioforo, i) Wwiss CH. E. Steinkohlen-Calamarien, ete.,in'Abhandlungen zur geologischen Spezialkarte von Preussen etc., Bd. II, H. 1, pag. 78. Berlin, 1876. ? ZeiLLer R. Bassin houiller de Valenciennes, pag. 402. Paris, 1888. 3) Wriss CH. E. Op. cit., pag. 20 e 21. 108 G. ARCANGELI [18] hanno l’apparenza di un’appendice adunca, che sembra sostenere lo sporangio inferiore. Una condizione assai simile a questa mi vien presentata dal saggio n.° 10 del Museo fiorentino, che, per quanto costituito da una parte di spiga mancante di una buona porzione della base e della sua terminazione, riterrei doversi riportare a questo genere, ma ad una specie differente da quelle fin qui descritte. Distinguerò questa specie con la seguente diagnosi : Brukmannia subcalathifera n. sp. Spica elongata eylindracea breviter articulata, Br. tuberculatae et colathiferae sinvilis, internodiis crassiusculis la- titudine subduplo longioribus, bracteis lanceolatis arcuato-patentibus internodiis longioribus, sporangiophoris tenwibus supra medium ‘internodii perpenticulariter insertis. Questa specie somiglia più che alle altre alla Br. calathifera (WrIss): essa però ne differisce per le brattee che non sono così larghe, più lunghe e patenti, non fornite di carena cotanto pronunziata, e per gli sporangi che, per quanto si può rilevare non sono inseriti nello apice dell’internodo, ma assai al di sotto, sempre però al di sopra della sua linea mediana. Macrostachya infundibuliformis Scan. 1890. Macrostachya infundibuliformis Scamprr. Zemuer R. Etudes sur le terrain howiller de Commentry et St. Etienne, pag. 423. Huttonia carinata GrrmaR. È indicata dal Dott. Pamparoni fra i fossili da lui raccolti ”. Per quanto abbia accuratamente cer- cato, non ho potuto riscontrare questa specie. Solo nel n.° 57 della collezione del Museo fiorentino ho potuto osservare un'impronta, che presenta due appendici a contorno mal definito, a quanto pare bislungo- cuneate, con un solco longitudinale nel dorso, e che forse potrebbe appartenere a questo genere. Calamites gigas Bronew. — Tav. XV, fig. 21. 1892. Calamites gigas Bronen. Zemner R. Bassin howiller et permien de Brive, pag. 62. Paris. A questa specie sono da riferirsi i saggi n.° 70 e 72 del Museo pisano differenti fra loro anche per la qualità della roccia, che nell’ uno è più ricca di materia carboniosa e nell’altro meno. Il primo di questi saggi fu riportato dal MENEGHINI al Calamites cannaeformis ®. In esso saggio, figurato nella Tav. XV [I], fig. 21, si osserva un frammento di modello interno di un fusto della larghezza di circa cm. 6,5 e dell’altezza di circa 7 cm. in cui figurano due articolazioni del fusto che separano tre internodi. L’internodo medio che s’interpone alle due articolazioni è dell’altezza di 32 mm.; l’infe- riore si mostra più lungo, ma non si può stabilirne la lunghezza, perchè manca 1’ articolazione inferiore; del superiore non si ha che una piccola porzione di pochi millimetri di altezza. La superficie si mostra assai profondamente solcata nel senso longitudinale, e quindi divisa in coste convesse ma poco sporgenti. Le coste mediane hanno da 5-6 mm. di larghezza, le laterali però vanno man mano diminuendo verso i 1) PAMPALONI L. Op. cit., pag. 346. 2) MENEGHINI. Op. cit., pag. 173, n. 26. [19] G. ARCANGELI 109 margini, ma con poca regolarità riducendosi a poco più di 3 mm. La superficie delle coste si mostra striata, con strie però assai ineguali, talora intersecata da linee trasversali che la rendono quasi reticolata. È notevole altresì che le coste ora alternano, ora corrispondono a quelle degl’internodi prossimi. I carat- teri di questo saggio corrispondono con quelli di questa specie quale è descritta dagli autori, e quindi ritengo che ad essa si debba riportare. L’altro saggio n.° 72 proveniente da Seulo, descritto pure dal prof. MENEGHINI (Op. còt., pag. 176, n.° 29) fu da lui riportato al gen. Calamites senza identificazione. Esso sembra rappresentarne un frammento di fusto compresso di circa 1 dm. di larghezza, 8 cm. di altezza e 4 di spessore. Sopra una delle sue facce si vede una sola articolazione, con delle coste longitudinali poco sporgenti, distanti circa 4 mm., interrotte da un grosso rilievo longitudinale; sull’altra faccia si osservano pure altre coste longitudinali acute, separate da solchi ottusi. Certamente l’interpetrazione di questo fossile è assai difficile, ma a me parrebbe trattarsi sempre del modello della midolla del C. gigas, potendosi render conto del differente aspetto delle sue facce con le condizioni differenti della fossilizzazione, o forse perchè spettanti a due fusti differenti, tanto più che l’articolazione di una faccia non si ripete nell’altra. Calamites lejoderma Gurs. 1892. Calamites lejoderma Guts. Zeuer R. Bassin hoviller et permien de Brive, pag. 60, tav. X, fig. 1-3. Paris. Nel n.° 76 della collezione del Museo pisano è un’ impronta che probabilmente appartiene a questa specie. Essa è in incavo, lunga 6 cm. e larga 3. Le coste vi appariscono pianeggianti larghe circa 1 mm. in incavo, ed i solchi assai stretti in rilievo: vi manca però ogni indizio di articolazione. Altro saggio che si presenta più distintamente fornito dei caratteri di questa specie è il n.° 35 della collezione del Museo fiorentino, consistente in una porzione di fusto lunga circa em. 10,5 e larga altret- tanto, munita pure di un’articolazione. Le coste vi sono ben manifeste in incavo, pianeggianti, fimamente striate in senso longitudinale, e terminate in punta assai acuta. I solchi vi sono rappresentati in rilievo ben poco visibili, e solo in alcune parti del saggio. L’articolazione vi si mostra manifestamente sporgente, come suol essere in questa specie, ed i nodi vi sono abbastanza visibili, ma non sempre, con contorno ben distinto. Essi sono di figura ellittica, della lunghezza di 1 mm. ad 1 mm. ed ‘/, e della larghezza di 1 mm. o poco più. Questa specie è citata pur dal dott. PAmPALONI ”. Calamites Succkowii Bronx. 1901. Calamites Succkowii Bronen. De SteranI C. Mlore carbonifere e permiane della Toscana ete., pag. 63, tav. X, fig. 3, 4. A questa specie riterrei doversi riportare i saggi n.i 71 e 74, l’uno proveniente da Seulo e l’altro da S. Sebastiano. Il primo saggio presenta solo un frammento di fusto di circa 3 cm. di larghezza e 4 di lunghezza assai curvato obliquamente. In esso si osserva solo una parte di un’articolazione che separa 2 internodi, uno superiore ed uno inferiore, aventi un’altezza superiore ai 2 cm. Le coste ed i solchi vi sono netta- ) PampaLonI L. Op. cît., pag. 346. 110 G. ARCANGELI [20] mente distinti, ora alternandosi nei due internodi, ora. corrispondendosi, le prime larghe mm. 1,5 assai spianate o piatte, i secondi larghi un poco meno di mm. 0,5. Nell’articolazione i capezzoli o nodi sono ben manifesti a contorni rotondi del diametro di mm. 1,5. Il secondo saggio è di forma quasi cilindrica, del diametro di circa 8 cm. e dell'altezza di 4. Esso è fornito verso la metà di una articolazione, senza alcuno indizio di altre. Nitidissime vi si osservano le coste, come pure i solchi, con sgli stessi caratteri che nel saggio precedente. Altro saggio, descritto pel primo dal prof. MENEGHINI a pag. 174 del suo lavoro, non figura più nella N collezione e non mi è stato possibile ritrovarlo. Calamites Cisti Broncw. 1890. Calamites Cisti Bronen. Zeruuer R. Htudes sur le terrain howiller de Commentry, pag. 389, tav. XLIII, fig. 4; tav. XLIV, fig. 1; tav. XVII, fig. 4. A questa specie riporterò col MenEcHINI il saggio n.° 73 proveniente da Perdas de Fogu. Questo saggio ha la lunghezza di circa 6 cm., la larghezza di cm. 7,5 e lo spessore di circa 2. Esso è notevol- mente compresso e deformato, e sembra costituito da una porzione di fusto sul quale fu compresso! altro fusto minore, forse un ramo della stessa specie che se n’è distaccato, il quale ha forma di piastrella, e mentre porta nella faccia inferiore l’impronta delle coste del fusto maggiore, esternamente ne mostra altre un poco obblique alla direzione delle prime. Le coste hanno la larghezza da mm. 1 a mm. 1,3. Le articolazioni vi mancano affatto. A questa stessa specie riterrei di dover ricondurre i saggi dei n.! 26, 27 e 50 del Museo fiorentino. Il primo di questi saggi è largo quasi 7 cm., lungo 6, ed alto circa 2; il secondo è largo circa 6 cm., lungo 4 ed alto circa 1. Ambedue questi saggi hanno l’aspetto di due porzioni di fusto compresse, e presentano sulla loro superficie coste longitudinali assai sporgenti, poco regolari, alternati con solchi e coperte da un sottile strato di antracite. Solo in alcuni punti di questi saggi si veggono le coste edi solchi assai ben distinti, le prime moderatamente convesse larghe circa mm. 1,3 finissimamente striate in senso longitudi- nale, i secondi leggermente convessi limitati da due linee sottilissime larghi 4, di mm. Qui pure manca ogni traccia di articolazione. Quanto al saggio n.° 50, costituito da una roccia compatta cenerognola e pe- sante, anzichè carboniosa e nerastra come nei precedenti, consiste in una porzione di fusto un po’ com- pressa lunga circa 11 cm., larga circa 7 e dello spessore di circa 3. Esso ha un’ estremità troncata trasversalmente e l’altra obliquamente, con un solco assai profondo in una delle faccie, ed è fornito di un’articolazione ben manifesta a circa 25 mm. dall’estremità troncata trasversalmente. Le coste ed i solchi non sòno così ben distinti, ma pure si rileva che le prime sono assai sporgenti avendo la larghezza di circa 1mm., ed i secondi sono larghi circa !|, di mm. Nell’articolazione, che si mostra a forma. di leggero solco trasversale, i nodi o capezzoli sono qua e là abbastanza distinti e misurano la larghezza di circa 1 mm. e la lunghezza di mm. 1,5. Al limite esterno della sezione obliqua pare che si mostri l’indizio di una seconda articolazione, che sarebbe alla distanza di: cm. 8,4 dalla prima. Anche questa specie è citata dal Granp’Eury fra i fossili del Carbonifero di Sardegna?. 1) GranD’ EurY. Op. cit., pag. 484. [21] G. ARCANGELI 111 Calamites sp. Alcune impronte, assai mal conservate ed imperfette, riferibili a questo genere, si riscontrano nel saggio n.° 1 A e B di proprietà del prof. Lovisaro, proveniente dal vallone di Caliza (Iglesias), ed un frammento pure nel n.° 4 pure dello stesso prof. Lovisaro. Equisetites sp. Nel saggio n.° 22 della collezione del Museo fiorentino si riscontra l’impronta di una guaina divisa in segmenti lanceolati, striati longitudinalmente, da riportarsi ad una forma di questo genere: l’esemplare però è troppo incompleto e mal conservato per poterne rilevare i caratteri. Equisetites rugosus Scump. 1. c.? A questa specie forse si deve riportare l’ E. infundibuliformis citata dal Granp’Eury! dell’isola di Sardegna, però, in mancanza dello esemplare, non si può decidere se realmente si tratti di essa o piut- tosto della Muacrostachia infundibuliformis ScHIMPER. Sphenophyllum oblongifolium Ger. et Kaurr. — Tav. XV [I], fig. 18, 19. 1901. Sphenophylum oblongifolium Gern. et Kaurr. De SreFANI OC. Flore carbonifere et pernviane della To- scana ete., pag. 86, tav. I, fig. 10, 11, 15,16; tav. XII, fig. 4-8. Frammenti riferibili a questa specie si riscontrano nei saggi dei n.' 17, 24, 45 della collezione del Museo pisano, e di questi il 45 porta un cartellino con la località di Seui. In questo ultimo sono due im- pronte contrassegnate coi n. II e IlI rosso, in cui si osservano alcuni verticilli di foglie cuneato-bilobe a margine inegualmente dentaticolato in alto. Impronte consimili ho pure riscontrato nei n.i 1, 3, 8, 27, 32 del Museo di Cagliari, la maggior parte però in piccoli frammenti. Fra tutti questi il migliore per la grandezza e per la conservazione è quello del n.° 3, che vedesi rappresentato nella fig. 18, della Tav. XV [I]. Esso consiste in un asse fornito di circa 6 verticilli di foglioline assai ben conservate, nelle quali si può pure riconoscere facilmente la nervazione. Anche nei saggi dei n.i 15, 16, 20, 21, 22, 25, 52 e 59 della collezione del Museo fiorentino si riscontrano frammenti riferibili a questa specie. Riferirò altresì come fra tutti questi saggi passati in rivista non ne potei notare alcuno in cui si presentassero i caratteri del genere Zrizygia. Questa specie è pure stata riconosciuta dal Gran Eury fra i fossili del Carbonifero della Sardegna?. Essa incontrasi nel Carbonifero superiore e nel Permiano inferiore. Sporangites sp. Sono impronte di sporangi che si riscontrano nei n.' 9, 17, 18, 22, 24, 28, 38, 44, 47, 52, 57, 62 del Museo di Pisa. Questi sporangi, come giustamente ossserva il MENEGHINI, sono sparsi quasi dappertutto. La fossilizzazione li ha conservati solo allo stato d’impronta, in conseguenza della forte pressione e dell’al- 1) Granp’ Eury. Op. cit., pag. 484. 2) Id. Op. cit., pag. 434. 112 G. ARCANGELI [22] terazione cui furono sottoposti: però facilmente si riconosce ch’essi erano sferici o ‘quasi sferici. La su- perficie lord, come si rileva dalle impronte, era tutta reticolata a maglie angolose bislunghe dirette da un polo all’altro della sfera, talora con l’apparenza di una leggiera torsione a spirale. Veramente a me non riuscì di riscontrare il pedicello citato dal MenEGHINI e figurato nella figura IV,, ). Essi variano in diametro da mm. 2,5 a 4 mm. Fra gli organi consimili già descritti e figurati si avvicinano molto agli sporangi della SphenophyMWlum cuneifolium e della Sph. marginatum figurati dallo ZEILLER?, ma sono un po’ più regolari ed un po’ più grossi. Essi somigliano pure a quelli figurati dal Poronié ). Non è impro- babile che essi appartegano alla Bruckmannia tuberculata od a qualche forma prossima. Ben si comprende che, se ciò realmente corrispondesse al vero, starebbe in accordo con la mancanza del pedicello da me osservata, essendo ben noto che gli sporangi delle Bruckmannie s'inserivano sullo sporangioforo senza interposizione di alcun pedicello. Cozors III. — Lycopodiales. Lepidodendron? Nell’esemplare n.° 55, appartenente alla collezione del Museo pisano, si osserva da un lato presso uno degli angoli, una porzione di superficie di figura subtrapezoidale, alta circa 2 cm., larga poco più, assai lucida, striata in direzione diagonale, con leggeri incavi e rilievi, che per la disposizione loro rammentano la disposizione di cuscinetti foliari di Lepidodendron. In queste impronte si è creduto di riconoscere una SigiMaria: esaminando però accuratamente tale superficie, a me sembra che le parti leggermente incavate, ch’esse presentano, accennino a cuscinetti foliari di Lepidodendron, anzichè di Sigillaria, lasciando peraltro molto in dubbio riguardo a tale ravvicinamento. Il BronaNIART (Prodr., pag. 87) pel primo istituì il genere LepidophyIlum, in cui riunì brattee o spo- rofilli probabilmente di Lepiîdodendron e foglie lanceolate o lineari. Siccome i più oggigiorno includono in esso genere i soli sporofilli, ho preferito, per non creare nuovi nomi, di riportare le impronte di foglie lineari allungate al genere SigiMariophyIlum del Gran’ EurY (Op. cit., pag. 158), per quanto resti incerto S’esse appartenevano o no a Sigillarie. Sigillariophyllum Meneghinii n. sp. Folia anguste linearia, sursum attenuata acuta, inferne 2 mm. 2,5 mm. lata, 6 cm. ed ultra longa, sat rigida supra longitudinaliter medio sulcata, subtus medio longitudinaliter argute carinata ac minutissime striata, strtis duobus majoribus ‘secus marginem utrinque decurrentibus. Queste foglie si osservano sulle facce dei due pezzi a forma di piastrella contrassegnati col n.° 76, ed ottenuti per sfaldatura da un unico saggio. Si presentano esse in forma d’impronte lineari attenuate in alto, della lunghezza di 6 cm. ed anche più. Nella faccia inferiore presentano una linea mediana rile- vata, sottile, acuta a guisa di nervatura o costola, cui corrisponde un solco nella pagina superiore. L’e- stremità loro è terminata in punta acuta. Nella pagina inferiore si veggono pure delle strie longitudinali, delle quali spesso 2 più pronunziate ai lati della nervatura mediana presso il margine, cui sembrano pure corrispondere due leggeri solchi nella superiore, ciò che rende la foglia come trinervia. )) MeNnEGHINI G. Op. cit., pag. 179-180. î) ZerrLer R. Bassin hoviller de Valenciennes, tav. LXIII, fig. 4A, e tav. LXIII, fig. BA. ® Poronié H. Flora von Rothliegende in Thiiringen, pag. 185, tav. XXVIII, fig. 9.10. [23] G. ARCANGELI 113 Queste impronte, che il MenEGHINI ha descritte alla pag. 145, al n.° 2, furono da lui ritenute come spettanti probabilmente ad una SigiZlaria, però esse potrebbero anche appartenere ad un Lepidodendron o ad altro genere. Ho creduto ben fatto di dedicare a lui questa specie, perchè pel primo descrisse tali impronte. Sigillariophyllum seuense n. sp. . m Folia linearia elongata 7 mm. circiter lata, longitudine, ut videtur, em. 10 abunde superantia, nervo medio sat lato inferne parce prominulo, sulcis longitudinalibus duobus erarato, pagina inferiore longitudinaliter striis mi- nutissimis ornata. Questa impronta si osserva nel saggio n.° 45 sulla faccia opposta a quella occupata dalla Scolecopteris pglymorpha. A questo saggio sembra doversi riportare quanto il prof. MENEGHINI scrive, a pag. 145 nel n.° 1. Anche questa impronta può avere appartenuto ad una Sigiaria, ma potrebbe anche spettare ad altro genere. Infatti, s'essa somiglia alquanto alle foglie di SigilZaria lepidodendrifolia, essa si mostra pure assai prossima alle foglie di Lepidodendron obovatum, come pure a quello del Lomatophlojos macrole- pidotum. Ho nominato questa specie dalla località di Seui in Sardegna ov’essa è stata raccolta. Sigillariophyllum Canavarii n. sp. — Tav. XV [I], fig. 17. Foglia linearia valde elongata et coriacea, 14 mm. circiter lata, longitudine, ut videtur, 20cm. abunde excedentia, ensiformia, nervo medio parce prominulo 1, 5 mm. lato, demissionibus duobus 3 mm. latis utrinque marginato, su- » perficie tenwissime reticulato-striata, exodermate longitudinaliter striato. Consiste in un frammento d’impronta che si osserva nello stesso esemplare n.° 45 a fianco delle S. polymorpha. Manifestamente si tratta di una foglia assai larga, e che doveva pure essere assai lunga, forse da cm. 20-40 e foggiata a forma di spada. È probabile ch’essa abbia appartenuto a qualche SigMlaria, e questa potrebbe ben essere la S. Brardì che appunto s’incontra nel Carbonifero superiore e nel Rothlie- gende. Ho dedicato questa specie al prof. M. CanavARI direttore del Museo di Geologia e Paleontologia dell’ Università di Pisa. Sigillaria cfr. camptotaenia Woop. 1893. .Sigillaria camptotaenia Woon. Wriss E. Die Sigillarien der preuss. Steinkohlen und Rothliegenden Gebiete, pag. 65, tav. IV, fig. 20-25; tav. V, fig. 28-30. Nel saggio n.° 2 della collezione del Museo pisano si nota un’impronta contrassegnata con un punto rosso lunga circa cm. 3,5 e largo 9 mm. sottilmente striata, nella quale si mostrano alcune cicatrici bi- slunghe simili a cuscinetti foliari disposti in due serie paralelle in alternanza, che somigliano a quelle di questa specie, ma non permettono un’identificazione sicura. Nello stesso saggio e nella. stessa faccia si osserva pure altra impronta maggiore, con striatura simile a quella delle Cordaiti, e con rilievi longitu- dinali che accennano ad una Sigillaria. Anche nel saggio n.° 14 della collezione del Museo fiorentino si presenta un’impronta lineare allungata costituita da due cicatrici foliari allungate, forse spettanti ad una Sigillaria. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 15 114 G. ARCANGELI [24] Stigmaria ficoides Bronex. 1990. Stigmaria ficoides Bronen. Zare R. Htudes sur le terrain howiller de Commentry, pag. 522, tav. LXI, fio. 7; tav. LVII, fig. 1-4. St. Etienne. Una impronta riferibile a questa forma, sulla quale è stato tanto discusso, si riscontra nel n.° 523 del Museo di Cagliari da un lato, come pure nel saggio 52: che n’è la controimpronta. Si tratta di una piccola impronta, in cui si hanno le ben note cicatrici delle radicelle, circolari o leggermente ellittiche in piccolo numero, del diametro di circa 2-3 mm. Le Stigmarie infatti oggidì si ritengono a ragione come radici o rizomi di Sigillaria o di Lepidodendron, nelle quali le cicatrici rappresentano i luoghi di inser- ‘sione delle ramificazioni o radicelle. Esse si estendono dal Devoniano al Permiano. i Stigmaria Eveni Lrso. ® 1888. Stgmaria Eveni Lesq. ZeruLer R. Bassin howiller de Valenciennes, pag. 618, tav. XCI, fig. 7: Paris. Nel saggio n.° 40 della collezione del Museo fiorentino, ben riconoscibile per gli straterelli lucenti di an- tracite che presenta in una delle facce laterali, si mostrano delle piccole cicatrici ellittiche del diametro di mm. 2-2,5, che pei loro caratteri corrispondono a quelli di questa specie. Queste cicatrici sono, come nella specie, disposte assai irregolarmente alla distanza di mm. 2-12 ed in qualche raro caso pure a contatto. CLASSIS II. —Gymnospermeae. Cogors I. — Coniferales. Cordaites acutus Gr. Eury. 1877. Cordaites acutus Gran’ Eury. Memotre sur la Flore carbonifere du dép. de la Loîre ete., pag. 219, tav. XXI, Paris. Nel saggio n.° 30 della collezione del Museo fiorentino si presenta l’impronta di una foglia riferibile a questa specie. Questa foglia troncata nell’apice ed alla base, lunga circa 3 cm. e larga poco più di 1 cm., a quanto pare doveva essere di figura lanceolata e raggiungere la lunghezza di circa 6 cm.. Essa si mostra longitudinalmente percorsa da strie minutissime parallele, delle quali circa 12 occupano lo spazio di 1 mm., ed alcune un pochetto più grosse distano fra loro da ! a #3 dimm. Cordaites borassifolius Stern. 1901. Cordaites borassifolius STERN. De SreFANI C. Flore carbonifere e permiane della Toscana ete., pag. 160, tav. XIV, fig. 7; tav. IV, fig. 9. Numerosi sono i saggi del Museo pisano che presentano impronte, per quanto pare, riferibili a questa specie. Essi sono i n.i 2-6, 9-16, 18, 19, 22-24, 28,.29, 38, 52, 57, 60, 62, 68, 70. In.i3, 5. e 16 sono rac- colti a Seui ed il n.° 10 a Seulo. [25] G. ARCANGELI 115 Numerosi esemplari di questa specie figurano pure nella collezione del Museo di Cagliari. Questa specie è pure citata dal dott. Pamparoni !. Cordaites cfr. intermedius Gr. Fury. 1877. Cardaites intermedius Gran’ Eury. Mom. sur la Flore carbonifere du dep. de la Loire ete., pag. 220, tav. XXXII. Paris. Nel saggio n.° 7 del Museo pisano si osservano tre frammenti di foglie lineari parallele quasi em- briciate fra loro. Di questi il superiore ha la larghezza di 1cm. e la lunghezza di circa 4: gli altri due hanno, a quanto pare, larghezza uguale, ma il medio è un poco più lungo. In essi si osservano delle strie sottilissime visibili solo con la lente, dirette in senso longitudinale, che figurano in n.° da 8-10 nello spazio di 1mm. La consistenza di queste foglie sembra fosse coriacea, e nell’inferiore si notano delle piccole depressioni puntiformi probabilmente dovute a qualche fungo. Impronte corrispondenti a questa specie si mostrano anche nei n. 13, 14 e 22. Anche nei saggi n.° 20, 25 e 54 della Collezione del Museo fiorentino si presentano frammenti di foglie che pei loro caratteri corrispondono a questa specie. Cordaites principalis Grmtz. 1888. Cordaites principalis Gemmtz. ZerLuer R. Bassin howiller de- Valenciennes, pag. 629, tav. XOIII, fig. 3; ' tav! XCIV, fig. 1. Paris. Numerosi sono i saggi del Museo pisano che portano impronte riferibili a questa specie. Essi sono i n.i 2-16, 18, 19, 22-24, 28, 29, 38, 52, 57, 60, 62, 68, 70. I n.' 3, 5, 16 sono raccolti a Seui ed i n.i 1 e 10 a Seulo. Numerosi esemplari figurano pure nella Collezione del Museo di Cagliari e principalmente nei saggi è n.° 1, 4-8, 10-14, 23, 25-2£, 30, 37, 39, 41. Nel n.° 1 specialmente si osserva un pezzo di foglia assai ben conservato lungo 10 em. e largo 2. Il n.° 14 presenta pure varii frammenti di foglie insieme a frammenti di Asterotheca. Anche il n.° 13 presenta frammenti di tali foglie insieme a frammenti di foglie di Peco- pteris mal conservati ed indeterminabili. Saggi di questa specie si presentano anche nella Collezione del Museo fiorentino, cioè nei saggi n.° 4, 7, 11, 17, 20, 22, 24, 36, 43-46. Uno dei più belli e quello del n.° 7, ove si osserva quasi nel mezzo di una delle facce un pezzo di una foglia lungo circa 18 cm. e della larghezza in alto di circa 3, levigato alla superficie e quasi lucente, con le strie caratteristiche della specie. Dorycordaites palmaeformis (GòrP.). 1888. Dorycordaites palmaeformis (GòPP). Zerurer R. Bassin houiller de Valenciennes, pag. 632, tav. XCIII, fig. 1, 2. Paris. Un frammento di foglia riferibile a queste specie si osserva nel saggio n.° 57 contrassegnato in rosso e nel n.° 47. Altro frammento di foglia si osserva pure nel saggio n.° I C di proprietà del prof. Lovisaro di Cagliari. 1) PAMPALONI. Op. cît., pag. 346. 116 G. ARCANGELI [26] Dorycordaites lingulatus Granp’ Evry. 1877. Cordaites lingulatus Granp’ Eury F. C. Mem. sur la flore carbonifère du dep. de la Loire, pag. 218 St. Etienne. Questa specie è citata dal dott. Pamparoni nel suo elenco !. Fino ad ora nei saggi da me osservati non mi è avvenuto di incontrarla. Cardiocarpus sp. È questa un'impronta incompleta ridotta alla sola metà di un frutto, di forma a quanto sembra ovoidea, rotto trasversalmente e della larghezza di circa 12 mm. La superficie di esso frutto si mostra costituita da materia carboniosa a laminette irregolari frammentarie. Questa impronta si presenta nel n.° 1 del Museo di Cagliari. Altra impronta consimile si presenta nel n.° 68 del Museo pisano, che a quanto pare rappresenta in incavo la metà di un frutto appartenente forse al Cardiocarpus Gutbierì Grin. rotto tra- sversalmente. Cardiocarpus Sardous n. sp. — Tav. XV [I], fig. 20. Pructus circulari-subreniformis lunatus, utrinque converus, 2 cm. circiter longus et latus, basi profunde umbilicatus, umbilico in appendicem subelavatam producto, partis perifericae lunatae cornubus valde approximatis. Questa bella specie si osserva nel saggio n.° 24 della collezione del Museo fiorentino, ove si mostra nascosta sotto foglie di Cordaites, ma però ben riconoscibile pei suoi caratteri manifestamente differenti da quelli del O. Gutbieri GEIN. ecc. cui certamente somiglia, ma dal quale si distingue principalmente per la forma e per l’appendice ombilicale molto sviluppata conformata a guisa di clava. Rhabdocarpus ovoideus GipP. et Bere. Si osserva nell’esemplare n.° 3 del Museo di Cagliari diviso in due pezzi costituenti l’impronta e la controimpronta, ed accompagnato da frammenti di Arnullaria stellata. Il saggio proviene dal Vallone di Cabiza-presso Iglesias. ; Trigonocarpus sp. In uno dei saggi n.° 1 di proprietà del prof. Lovisaro proveniente pure dal Vallone di Cabiza presso Iglesias. Walchia piniformis Srrm. 1901. Walchia piniformis Stern. De SturAnI C. Flore carbonifere e permiane della Toscana ete., pag. 111, tav. XIV, fig. 2. A questa specie riterrei doversi riferire i saggi del n.° 57*provenienti da Seui, che furono già descritti dal prof. MENEGHINI nel suo lavoro a pag. 149 n.° 5 sotto il nome di Zycopodites. Certamente queste im- 1) PAMPALONI L. Op. cit., pag. 346. [27] G. ARCANGELI 117 pronte sonò assai mal conservate e consistenti in soli frammenti di rami: esse però non mostrano traccia alcuna di ramificazione dicotomica, come si riscontra nei Lycopodites. Oltre a ciò esse somigliano molto più alle figure date della Walchia che‘a quelle dei Zycopodites, e somigliano molto ai saggi di Walchia che si trovano negli schisti di S. Lorenzo a Vaccoli nel M. Pisano. V’'è pure da osservare che i ramuscoli, che sì riscontrano in queste impronte, per la disposizione loro accennano ad inserirsi ai lati di un ramo mag- giore, che per quanto non figuri nell’impronta probabilmente esisteva. A questa specie crederei pure doversi riportare un saggio distinto con la cifra E 41 e col n.° 230, il quale presenta l'impronta di un ramuscolo lungo poco più di 3 cm., fornito di numerose foglioline lunghe 4mm. scorrenti in basso lesiniformi ed alquanto curvate in alto. Questa specie è citata pure dal Granp’Eury fra i fossili del Carbonifero di Sardegna !, ed anche dal dott. PampALONI ?). Essa si ritiene esclusiva del Permiano, alcuni però come lo ZEILLER ritengono che si trovi pure nel Carbonifero superiore. Ulmannia Bronnii Gòrr. — Tav. XV [I], fig. 22. 1893. Ulmannia Bronnii Gier. Poronig H. Die Flora des Rothliegenden von Thiringen, pag. 230, tav. XXVII, fig. 9-11; tav. XXX, fig. 9-13. Berlin. Fra tutti quanti gli esemplari che mi sono passati fra mano uno solo mi ha presentato un piccolo resto riferibile a questa specie. Questo saggio è il n. 57, uno di quelli già figurati dal MenEGHINI. In esso da un lato, di fianco ad una parte sporgente, per mezzo della lente si può ben riconoscere un piccolo ciuffetto di foglioline, come appunto riproduce la fig. 22 della Tav. XV [I], ingrandite circa 3 volte, che si mostrano coi caratteri proprii a questa specie qual'è stata descritta e figurata dal GOPPERT e da altri. Si potrebbe forse osservare che queste foglioline possano appartenere a qualche altra pianta; ma in tal caso io non saprei in realtà a quale altra specie ricondurle. È interessante altresì l’avvertire che in questo stesso saggio si presenta pure l’ AZethopteris Serlii, ciò che dimostra che queste due specie hanno vis- suto contemporaneamente. CHors II. — Cycadales? Noeggerathia cfr. platynervia GoòrP. 1864-65. Noeggerathia platyner ‘Gòerert H. R. Die fossile Flora des permischen Formation, pag. 157, tav. XXII, fig. 3-5. Cassel. Nel saggio n.° 13 del Museo pisano si osserva un’impronta contrassegnata con la cifra IV rosso, che per le sue condizioni lascia molta incertezza se debba riferirsi a questa ‘o ad altra specie. Questa impronta è lunga circa 4cm., e larga in alto circa 12 mm., ristringendosi gradatamente a cuneo in basso ov'è rotta da un lato. Fssa è fornita di coste longitudinali ottuse, larghette, distanti quasi 1 mm., e la superficie vi è minutamente ed irregolarmente striata. Questa nostra impronta si avvicina assai alla Noeggeratia pla- 4) Granp’ Eury. Op. cit., pag. 434. i 2?) PAMPALONI. Op. cit., pag. 346. 118 G. ARCANGELI [28] tinervia GOPP., ma mostra pure una certa somiglianza con la Cordaites crassinervis descritta dall’ HER !) nonchè con l’altro fossile descritto dai signori FonTAINE e WHITE come nuova specie sotto lo stesso nome ?), come pure con la Bajera multifida FontAINE ® e con alcune Saportea. Nell’impossibilità di decidere a qual forma si debba riferire, stante il suo stato frammentario e molto imperfetto, ho creduto miglior partito riportarla al tipo che fu descritto pel primo, a cui mi è sembrato che più si avvicini. Riguardo alla ©. crassinervis Font. et W., descritta posteriormente alle specie omonima dell’HrER come specie nuova, nelle condizioni attuali non si può decidere se sia o no differente da quella dell’HrER, e se realmente lo fosse, dovrebbe, come descritta posteriormente, prender altro nome, ad esempio quello di O. Fontainiana. Del resto tutte queste forme sono molto incerte per la loro natura, non essendo possibile il decidere, per le scarse cognizioni che sovra esse si posseggono, s’esse appartengano alle Ci- cadali, alle Coniferali od a qualche altro gruppo. Species incertae sedis. } Aspidiopsis coniferoides Por. 1893. Aspidiopsis coniferoides Poronit H. Die Flora des Rothliegenden von Thiri ingen, pag. 242, tav. I, fig. 8, e tav. XXVI. Berlin. A questa forma si debbono riportare le impronte dei n.i 63 e 64 della Collezione del Museo pisano, già dal MENEGHINI riferite alla Pecopteris lepidorachis. Nel n.° 63 proveniente da Seui si veggono due impronte in incavo, l’una sulla faccia superiore e l’altra nella inferiore. La prima corrisponde alla var. minor del Poronié, la seconda ne differisce per avere i ri- lievi fusiformi più brevi larghi quasi 1 mm. e lunghi da 5-7, di rado di più. Il n.° 64 è a modello con- vesso assai depresso lungo circa cm. 7,5 e largo 4,5 con emergenze fusiformi in rilievo visibili SO nei margini, essendo in buona parte guasto nella superficie. Il n.° 8 del Museo di Cagliari presenta pure una impronta lunga circa 9 cm. e larga 2,5 da ricon- dursi a questa specie. Anche questo saggio proviene da Seui. Questa forma figura anche essa fra quelle citate dal dott. PamPALONI 4). Vediamo adesso quali conclusioni si possono trarre dallo studio dei fossili superiormente descritti. Se si riuniscono i generi e le specie sopra descritte nei periodi geologici in cui si presentano, ab- biamo la seguente distribuzione : i) HeeR O. Flora fossilis Helvetine ete. pag. 56, tav. XVII, fig. 18, Zurich, 1877. ) FonvAaINE and WuHire. The permian or upper carb. Flora of West Virginia and Pensylvania, pag. 9. Har- 003 1880. 3) FontAINE W. M. Contribution to the i of the alter Mesozoic Flora of Vagiao, pag. 87, tav. XLV, fig. 3, tav. XLVI, fig. 1,2,3 e tav. XLVII, fig. 4) PAMPALONI L. Op. ciît., pag. 346. x [29] i G. ARCANGELI 119 Permiano. e Riporto . . . saggi N. 141 Scolecopteris palymorpha (BronGNn.) ZenK. » 1 Asterotheca Daubreei Zemn. . . . . Saggi N. 7| Annularia sphenophylloides Zen. . . . » 1 Callipteris conferta (SteRrN.) Ea SH » 2 » stellata (Scan.) Woop. . . . . » 7 Callipteridium crassinervium Por. . . . » 1| Asterophyllites equisetiformis STERN. . . » 1 » subelegans Por. 5 » hippuroides BRONGN. . . . . » 1 Calamites gigas BRONGN. . . . 5 » 2| Bruckmannia tuberculata Stern. . . » 7 Sphenopteris minutisecta Fonn. et w. o » 3] » subcalathifera Di \Spo » 1 Ulmannia Bronnii Gòrr. 00! LEUR PIRO » 1| Calamites Cisti BrRONGN. . . °°... » 13 Walchia piniformis STERN. . ... . » 2 » lejoderma GurB. RTS LORA 5 9 Succkowii BronGNn. . . "e: » 2 Totale. . . saggi N. 23 | Macrostachya infundibuliformis Cano, 6 » 1 | Sphenophyllum oblongifolium Germ. et K. » 13 Permiano e Carbonifero superiore. | Lepidodendron? . .. . SEA o ao I Stigmaria ficoides Mavei SAUNE ITA » 1 Alethopteris Grandini Broxen. . . . . saggi N. 1 » EVENTS O RAI » 1 Asterotheca arborescens (Scan.) PRESL. . » 44 | Cordaites acutus Gr. Burwx . . . . . » 1 » crenulata (BRONGN.) PRESL. . . » 4 | » borassifolius STERN. —. . . . » 50 » Condolleana (Bronen.) PRESL. » 4 | » intermedius Gr. Hurw. 0... » Ti » cyathea (Scun.) PRESL. . . . » 130) » ‘pinncipalis Germi » 51 » euneura (Bronen.) PRESL. . . » 1| Dorycordaîtes lingulatus Gr. Bury. . . » 0 » henvitheliodes (BronGN.)PRESL. . » $s » palmaeformis Gr. Eury . » 2 » paleacea Zen, . . . o 6 » 3 Callipteridium pteridium (Scan.) Tin. - » 2 Totale. . . saggi N. 297 Crossotheca pinnatifida GutB. . . . . » 3 Dactylotheca dentata (Bronen.) Zen. . > 18 ® Carboniferolsinoriote Dicksonites Pluckenetii (ScaL.) StERZ. . » 2 ; Goniopteris feminaeformis ScHL. . . . » 3 | Oligocarpia Gutbieri Gòer. . . . . .saggiN. 1 Odontopteris Reichiana Gore. . . . . » 10 Pecopteris oreopteridia SCHIFSESA a » 2 Gi Lonifaro medio: » pennaeformis Bronon. —. . . » 3 » cfr. Subaspera (Bor. i 0. » 1| Alethopteris Serlii Bronen. . . . . . saggi N. 29 Piychocarpus unitus (Bronen.) WeISS. . » 19 | Asterotheca abbreviata (Bronan.) PRESL. . » 2 = | Neuropteris-cfr. flezuosa Stern. —. . . » 2 Segue . . . saggi N. 141 | Sigillaria cfr. camptotaenia Woop. . . » 1 Dall'elenco qui sopra riportato si rileva pertanto che: 1.° Fra i fossili esaminati figurano come proprie del Permiano sole 8 specie rappresentate da scarso numero di esemplari, in tutto 23. 2.° La maggioranza delle specie è costituita da quelle comuni al Permiano ed al Carbonifero supe- riore, fra le quali figurano in numerosi esemplari Asterotheca arborescens, A. cyathea, A. hemithelioides, Odontopteris Reichiana, Ptychocarpus unitus, Annularia stellata, Sphenophyllum oblongifolium, Cordaites bo- rassifolius, Cordaites principalis, in tutto 38 specie con 297 esemplari. 3.° Del Carbonifero superiore vi figura la sola Oligocarpia Gutbieri. 4.° Del Carbonifero medio si hanno solo poche specie, fra le quali A. Serlîì è, da alcuni almeno, rite- nuta propria anche del Permiano, Sigillaria camptotaenia e Neur opteris flecuosa sono dubbie, onde resta come accertata la sola Asferotheca abbreviata. 120 G. ARCANGELT [30] 5.0 Mancano tutte le Sphenopteris caratteristiche del Carbonifero. 6.° Mancano tutte le Sigillarie caratteristiche del Carbonifero, i pochi resti incontrati essendo som- mamente scarsi ed affatto dubbii, quali appunto SigiMaria camptotaenia e gli altri. riferiti a SigoWNarie che potrebbero pure appartenere ad altri generi. 3 Se adesso si deve trarre una conclusione da tutto quanto è stato superiormente esposto, seguendo quei criteri che oggigiorno si tengono a calcolo per stabilire l’età relativa delle varie formazioni geolo- giche, non si può a meno di riconoscere nell’insieme delle piante sopra riportate i caratteri di una flora prevalentemente permo-carbonifera, nella quale a lato di un numero limitato di specie caratteristiche del Permiano figurano solo alcune di quelle proprie al Carbonifero medio, cioè insieme a 39 specie permo- carbonifere, 8 permiane e 2-3 del Carbonifero medio: per la qual cosa si è nella necessità di ammettere che la formazione di cui quelle piante formano parte si trovi presso al limite fra il Permiano ed il Car- bonifero, cioè o nel Permiano inferiore, come sembra più probabile, o tutto al più nella parte più elevata del Carbonifero superiore, e ciò fino a che ricerche più accurate e nuovi e più estesi studi non inducano a modificare o cambiare un tale giudizio. Finita di stampare il 9 settembre 1901. ARNALDO RICCI L’ELEPHAS PRIMIGENIUS BLum. NEL POST-PLIOCENE DELLA TOSCANA (Tav. XVI-XVII [I-III]) Fra i mammiferi fossili trovati in Toscana furono i Proboscidiani, quelli che dettero il più notevole contributo alla fauna tanto del pliocene, quanto del post-pliocene. Resti numerosi di questi animali si trovano tra Firenze ed Arezzo e specialmente nelle due regioni, nominate una del Valdarno superiore, a cui meglio spetterebbe il nome di Valdarno medio, lasciando quello di superiore per il Casentino, l’altra dei dintorni di Arezzo e della Val di Chiana toscana. In seguito agli ultimi due lavori. del De-AnceLIS D’OssaAT (1897) ® e del prof. PorTISs (1898) 2, coi quali si pone la quistione se tutti i resti elefantini italiani creduti fin qui appartenenti all’ Elephas primigenius BLumx. (meno il dente del museo di Torino trovato alla Loggia) non debbano piuttosto riferirsi all’ E. tro- gontheriù POHLIG, mi sono accinto a studiare quei pochi resti dentari fossili riferiti all’ E. primigenius BLuw., trovati nella regione post-pliocenica aretina e della Val di Chiana toscana ed esistenti nei musei di Fi- renze ed Arezzo. Alcuni di questi resti dentari fossili sono pure stati dal FaLconeR, PoHLIG, WEITHOFER studiati e ri- tenuti tipici di E. primigenius BLum.; ma nei loro lavori non hanno di essi data una completa e detta- gliata descrizione, quindi tenterò completarla per quanto mi è possibile. - Sento intanto il dovere di vivamente ringraziare i miei egregi ed amati maestri prof. C. DE STEFANI e prof. G. Ristori, del R. Istituto di Studi superiori e di perfezionamento in Firenze, per il valido so- stegno loro nelle difficoltà incontrate in questo studio; il sig. comm. FRANCESCO GAMURRINI, direttore del museo aretino, ed il sig. AneroLo De-Grupici ALBERGOTTI per la larghissima autorizzazione avuta di stu- diare quei resti dentari fossili esistenti in detto museo; il dott. Luicr PamPALONI, assistente presso il gabinetto di Paleontologia e Geologia nel sopra ricordato Istituto di Firenze ed il sig. ENRIco BERCIGLI per l’aiuto continuo prestatomi nell’esecuzione delle fotografie dei vari denti fossili da me studiati. CENNI STORICI N. SrENONE, P. Boccone, A. CesarpIno, A. CorreLtIini, P. Giovi, D. M. Manni, B. Mesny nel secolo XVI e XVII ritennero che le grandi ossa trovate nel Valdarno dovessero appartenere agli elefanti por- 1) G. De-AnceLIS D’'Ossat. Sulla mancanza probabile in Italia dell'E. primigenius BLum. Boll. Soc. Geol. ital., vol. XVI. Roma 1897. 2) A. Ports. Di alcuni avanzi elefantini fossili scoperti presso Torino. Boll. Soc. Geol. ital., vol. XVII, pag. 113-114. Roma, 1898. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. È 16 122 A. RICCI [2] tati in Italia da Annibale. Il primo a combattere tale opinione e dimostrare come questi resti elefantini era impossibile che fossero stati quivi depositati in così grande quantità dopo i tempi di Annibale, fu Giovanni TarcIoni Tozzetti (1775) ®, che, in seguito a confronti fatti con quelli viventi, riescì a spiegare come detti avanzi non potevano attribuirsi agli elefanti africani posseduti dai Cartaginesi, mentre somi- gliavano piuttosto a quelli indiani. Il nome di Elephas primigentus fu per la prima volta da BLUuMENBACH (1803) ? attribuito ad uno sche- letro di elefante, rinvenuto nel 1695 presso Burgtonna nel paese di Gotha, e questo va ritenuto come l’unico e vero tipo della specie. Il Nesti, non ancora perfetto conoscitore dei Proboscidiani valdarnesi, nella sua monografia publi- cata nel 1808 © ammise trovarsi nel Valdarno tre specie di elefanti, cioè 1’ E. primigenius Brum., a cui dovevano appartenere secondo lui la maggior parte dei fossili, e due altre specie senza nome proprie del Valdarno, delle quali una basò su di una mandibola attribuita poi dal Cuvier al Mastodon angustidens, mentre all’altra ascrisse un piccolo individuo, grande quanto un bove, a denti con romboidi molto acuti, che lo stesso CuvieR più tardi attribuì al vero £. primigerius. Il Cuvier nel 1821‘, dopo avere descritto la struttura ed il modo di accrescimento dei denti ele- fantini, ammise esistere solamente una specie di elefante fossile, cioè 1’ E. primigenius Bruw., ed a questa riferì tutti i resti elefantini fossili trovati tanto in Asia che in America ed Europa, comprendendovi pure le specie di varie parti d’Italia, che poi ebbero altri nomi. Nel 1825 il NestI °) tornò di nuovo a parlare dell'elefante del Valdarno, correggendo quanto aveva detto per l’innanzi, cercò dimostrare come questo differisse dall’ E. primigenius e propose alla sua nuova specie il nome di E. meridionalis. Brown (1838) ‘ riunì da capo sotto il sinonimo di E. primigenius tutte le forme fossili europee, siberiane ed americane, comprese quelle italiane, facendo qualche riserva per 1’ E. priscus Gonpr. Così pure fecero anche BLAINVILLE (1841)? ed Owen (1845) 5). GERVAIS nel 1848 ® aderì alle idee di Cuvier, BLaIrNvILLE ed Owen sull’unità specifica dell’ E. prè- migenius e ritenne, come poi pure il Picrer (1853) 1%, che a questa specie appartenessero tutti o quasi tutti gli elefanti fossili che trovansi nel post-pliocene. Al FaLconER (1857) ‘! devesi la definitiva distinzione degli elefanti fossili d’ Europa nelle seguenti specie: cioè E. meridionalis, E. antiquus, E. primigenius, E. africanus ed E. melitensis. Riguardo al- VE. primigenius da prima ritenne che dovesse avere un’ area molto limitata e che mai si fosse esteso a. 1) G. TaRGIONI Tozzerti. Relazione di alcuni viaggi in diverse parti della Toscana ecc. Ediz. 22, tomo VIII, pag. 391 e seguenti. Firenze, 1775. 2 J. FR. BLUMENBACH. Manuel d’ histoire naturelle, tome II, pag. 407. Paris, 1803; — Voigt. Magaz., vol. V, parte I, pag. 16. London, 1803. 3 NESTI. Di alcune ossa fossili di Mammiferi che s’ incontrano nel Valdarno, pag. 8-13. Firenze, 1808. 4. Cuviar. Recherches sur les ossements fossiles, tome I, pag. 198. Paris, 1821. 5) NestI. Lettera. Sopra alcune ossa fossili del Valdarno non per anco descritte. Pisa, 1825. 5 BRoNN. Lethaea geognostica. Ediz. 22, pag. 814. Stuttgart, 1853-56. 7 BLAINVILLE. Osteographie — Genus Elephas, pag. 220. Paris, 1841, 5) Owen. British foss. Mamm. and Birds, pag. 238. London, 1846. 9) GeRvaIS. Paléontologie frangaise, pag. 35. Paris, 1848-52. 1°) Picrar. Traité de Paléontologie, tome I, pag. 280-286. Paris, 1853. 1) FaLconER. On the species of Mastodon and Elephant ovccurring in the fossil state in Eh) Britain. Part I. Mastodon: Part II. Elephant. Quart. Journ. Geol. Soc. , 1857; — ristampata con aggiunte in Pal. Memoires and Notes, vol. I e II. London, 1868. [3] A. RICCI 123 mezzodì delle Alpi. Ciò lo dedusse dal non avere mai incontrato, egli diceva, nelle ricche collezioni pa- leontologiche di Firenze, Torino, Milano, Pavia denti di . primigenius, che non presentassero traccia d’origine forestiera. Ad onta di tale opinione del FarconeR, il Larter! nel 1858 ritenne quale vero E. primigenius un molare dei dintorni di Roma. Un anno dopo, tale esemplare, che il prof. Ponzi aveva scoperto nei depositi ghiaiosi di Monte Sacro e comunicato al LARTET e che è ritenuto ora dal PoHLIG, De-AneeLIS D'Ossat e PortIs appartenente all’ E. trogontherti, fu veduto dal FaLconeR nella sua visita a Roma ed esso dopo d’allora ritenne che lE. primigerius avesse pure abitato l’Italia centrale. Onde meglio di ciò accertarsi visitò pure il museo di Arezzo e quivi rinvenne una mandibola, un cranio mutilato, mo- lari separati ed altre ossa ritenute caratteristiche del Mammouth e trovate associate a corna di Bos pri- migenius Bos e Bison priscus Owen. In seguito a ciò concluse che 1’ E. primigenius avesse vissuto in ogni regione d’ Europa e d'Asia, e che 1 E. meridionalis e lE. antiquus non sono per niente gli stipiti da cui derivarono 1 E. primigenius e 1 E. africanus. Egli poi emise pure il dubbio che anche lE. armeriacus abbia potuto essere esistito in Italia. Il Savi nel 1863 2) cita come caratteristici del post-pliocene della Val di Chiana IE. primigenius, lE. africanus e VE. armeniacus, basandosi per questi ultimi due su due frammenti di molari esistenti nel museo di Pisa, che supponeva provenienti dai dintorni di Arezzo. Anche il CoccHI (1867) 3) si è oc- cupato delle condizioni paleontologiche del Valdarno, distinguendo in questo tre faune; una pliocenica inferiore a cui spetterebbe 1’ E. meridionalis; una seconda pliocenica superiore coll’ E. antiquus; ed infine una terza post-pliocenica della pianura aretina con lE. primigenius e ritenne che le tre specie di ele- fanti si siano successe nel tempo, come si succedono nello spazio. Lera Apams nel 18774 ha dimostrato come la struttura dei molari varii nelle singole specie entro ampi limiti e come la descrizione dell’intiera dentizione dell’ E. primigenius fatta dal FALcONER sia im- perfetta, perchè solo può ben distinguersi un dente di questo da quello dell’. antiquus e dell’ E. merì- dionalis, se è perfetto. Anams per il primo basò la distinzione delle tre specie E. meridionalis, E. an- tiquus ed E. primigenius non sui semplici caratteri dentali, ma anche su quelli osteologici e sui paragoni colle specie viventi. Nell’ E. primigenius i molari, esso dice, sono bene distinguibili da quelli delle altre specie per la grande larghezza della corona in paragone della loro lunghezza, per la strettezza e maggior numero delle lamine, per la sottigliezza dello smalto e per l’assenza delle crespe. Dell’ E. antiguus ne fa tre varietà tra loro contemporanee per età; nella prima pone tutti quelli che hanno denti con corona larga e massiccia del tipo dell’E. namadicus, che da una parte avvicinasi all’ E. pròmigenius e dall’altra all’E. meridionalis; nella seconda pone tutti quelli che hanno molari a corona stretta ed arcuata, somi- glianti a quelli dell’ E. indicus ed E. armeniacus; nella terza infine tutti quelli con denti a lamine spesse con elementi dentali in eccesso e con la centrale espansione mediana dei dischi assai sviluppata, attri- buiti da Gorpruss all’ E. priscus. Il Ponzi nel 1877 5 ha affermato esistere nelle breccie alluvionali del Tevere presso Roma e suoi 1) LarToT. Observations à propos des débris fossiles de divers Elephants, dont la découverte a été signalée par M. Ponzi aux environs de Rome. Bull. Soc. Géol. de France, tome XV, série 2°, pag. 564-567. Paris, 1858; — Sur Za dentition des proboscidiens fossiles et sur la distribution géographique et stratigraphique de leurs débris en Europe. Bull. Soc. Géol. de France, tome XVI, série 2°, pag. 501, 502. Paris, 1859. 2) Savi. Dei movimenti avvenuti dopo la deposizione del terreno pliocenico sul suolo della Toscana. Estratto dal nuovo Cimento, fase. di aprile e maggio, pag. 11, nota. Pisa, 1863. 3) I. CoccHI. L' Uomo fossile nell’ Italia centrale. Mem. Soc. ital. Sc. nat., tomo II, n. 7. Milano, 1867. 4) Letra ADAMS. Monograph on the British fossit Elephants, pag. 1-76. London, 1877-1881. 5) G. Ponzi. Le ossa fossili sub-appennine dei dintorni di Roma. Atti R. Accad. Lincei, anno 275, serie 3%, vol. II, pag. 727-735. Roma, 1877-78. . 124 |; A. RICCI [4] affluenti cinque specie di elefanti fossili, dei quali due appartenenti al tipo loxodontico, cioè 1° E. meri- dionalis NestI e lE. africanus Bruwm. e tre a quello degli Euelefanti, cioè lE. antiquus Farc., LE. pri- migenius BLum. e 1’ E. melitensis Fano. L’IsseL nel 1879” ha descritto in una sua nota due secondi veri molari inferiori non completi, come appartenenti con grande probabilità all’ E. primigenius, raccolti nel territorio di Camporosso (Liguria oc- cidentale) presso Ventimiglia, lungo il torrente Nervia in un terreno riferibile al periodo quaternario post-glaciale. In detta nota ricorda ancora, come appartenenti all’ E. primigerius, due frammenti prove- nienti da Montecatini in Val di Nievole in Toscana (ostensibili nel R. museo geologico di Firenze), i quali io ritengo doversi invece colla massima probabilità riferire all’. trogontherii PonnIG. C. ForsyrH MAJOR (1879) 2) ritiene essere 1’ E. primigenius del tutto mancante in Sicilia e che solo si sia esteso fino ad Otranto nella penisola. Nicconucci (1882) °, FLorks (1895) descrivono nelle loro memorie alcuni resti di E. pròmigenius BLum., trovati nella allo del Liri (Provincia Terra di Lavoro), parte nel territorio di Castelliri, parte presso la borgata detta Isoletta. Gunn (1883) 9 considera lE. antiguus unito all’E. primigenius. Ponnie (1888-89) 9 in seguito ad accurate osservazioni fatte nei vari musei germanici, francesi, russi, inglesi ed italiani credè constatare, che tra le forme chiamate £. antiquus vada distinta una razza dilu- viale (forma tipica e molto abbondante in Inghilterra) da una pliocenica, distinguibile per la non uni- forme larghezza della corona, per il meno spiccato loxodontismo, per il minore spessore dello smalto e per il meno complicato festonamento — forma tipica del Valdarno — e chiama quest’ultima £. (antiquus) Nestiù PonLig. Il PoxnLIG ritiene che le due varietà dell’ E. antiquus «fatte da Apams, cioè la prima e la terza, fondate sui molari ultimi permanenti siano una conseguenza della confusione che esso fa dell’ E. antiquus con l’altra forma dal PoHLIG stesso chiamata £. trogontherii; che lE. primigenius Brum., più piccolo dell’ E. meridionalis e dell’ E. antiquus, somiglia all’ E. indicus ed incontrasi nel pleistocene supe- riore parte inferiore, rappresentato dalle argille glaciali più recenti e ghiaie fluviali; che i suoi resti sono abbondantissimi in Asia, Germania, Russia, Inghilterra ed in Italia, ove si estende fino al golfo di Taranto e che a Montioni presso Arezzo sul torrente Maspino e nella valle del Po trovisi associato al- lE. antiquus; che i musei italiani, cioè di Roma, Torino, Pavia, Milano, Arezzo, Firenze, Pisa, Napoli e Palermo, sono ricchi tanto di incisivi e molari, come pure di altre ossa di £. antiquus e di E. meri- dionalis, mentre sono mancanti degli incisivi e molari di latte dell’ E. primigenius; e che dei molari suoi permanenti solo pochi se ne trovano nei musei di Pisa, Roma, Torino, Firenze ed Arezzo, ove pure esiste un frammento di cranio mutilato di vecchio individuo, ricordato anche dal FaLconeR nelle sue memorie; che esaminando il materiale tedesco ha trovato una serie di denti, che non può identificarsi con 1’ E. prt- migenius, nè coll’ E. antiquus, nè con lE. meridionalis e perciò ne ha fatta la nuova specie da lui stesso nominata E. trogontherii. Sotto questo nome esso ha raccolto una serie di molari, che per la formula delle 1) A. IsseL. App. pal. IV.— Descrizione di due denti d’ Elefante raccolti nella Liguria occidentale. Ann. Mus. Civ. St. nat. di Genova, vol. XIV, pag. 167 [15]. Genova, 1879. 2 C. Forsvra Mayor. Sul Myolagus Sardus HenseL. Proc. verb. Soc. Tosc. Sc. nat., pag. 72. Pisa, 1879. 3 G. NiccoLucci. Sugli Elefanti fossili della valle del Liri. Mem. Soc. Ital. Sc. dei XL, tomo IV, serie 3%, Me- moria n. 5. Napoli, 1882. 4 E. FLorEs. Catalogo dei Mammiferi fossili dell’ Italia meridionale continentale. Atti dell’ fosriania Pontaniana di Napoli, vol. XXV, Mem. 18, pag. 29, 32. Napoli, 1895. 9 Gunn. Does the Mammouth occur in Forest-bed. Geol. Mag., Dec. II, vol. X, pag. 456. London, 1883. 9 H. Ponnis. Dentition und Kranologie des E. antiquus Fac. Nova Acta. Akad. Caes. Leop. Carol. Natur. Cur.; Bd. 53, n. 1, 1888-89 e Bd. 57, n. 5. 1888-91. - abi: cn ea + carita dee [5] A. RICCI 125 lamine si avvicina all’ E. anziguus, mentre per la forma della corona e per le figure d’abrasione s’accosta all’. meridionalis ed all’ E. primigenius ed esso la ritiene quale una forma precorritrice del Mammouth. Tale specie ha figure d’abrasione non tortuose, ma sinuose, formate da una figura anulare centrale e due laterali lamellari, come si riscontra essere nell’ 7. meridionalis, ha un indice dentale tra i 15 ed i 20 mm. come è nell’ E. antiguus, i suoi denti hanno una larghezza di corona dai 10 agli 11 cm., misura che mai si è verificata nell’£. antiquus e nell’E. promigenius, i dischi suoi sono privi di quel processo mediano acuto proprio dell’E. antigquus, lo smalto è sottile e festonato. Secondo il PonLi& 1’ E. trogontherii appartiene agli strati del giovane pliocene ed ai più antichi del pleistocene e lega 1’ E. primigenius all’ E. meridio- nalis. Secondo lui di questa nuova specie si hanno esemplari oltre che in Germania ed in Inghilterra anche in Italia, tra cui in Valdichiana presso Arezzo; un esemplare si ha a Torino, due a Bologna pro- venienti da Quarata ed uno a Roma. Pet il PornLIG l’ E. hysudricus, appartenente al pleistocene più an- tico, è una varietà dell’. meridionalis e perciò può essere chiamato E. meridionalis trogontheriù in op- posizione al precedente £. primigenius trogontherti, essendo una forma di passaggio dalle specie terziarie alle diluviali, ma meno lontana dall’ E. meridionalis di quello che non sia lE. primigenius dall’E. tro- gontherii, accostandosi questo più all’ E. èrdicus che al Mammouth. Il Caccramari nel 1890! ha descritto in una sua memoria alcuni resti di E. primigentus, ritrovati nei dintorni di Casalvieri in Val di Comino. Il Borri nel 1890?) ha descritto pure alcuni altri molari elefantini, ritrovati nella Grotta di Cardamone presso Novoli (Lecce), che disse essere identici all’ esem- plare esistente nel museo dell’Accademia delle scienze in Torino ‘e proveniente da Carignano (cioè dalla Loggia), alluvioni del Po; mentre erano assai differenti da quelli aretini e tipici di Siberia, per cui attribuì ad essi il nome di E. prìmigerius BLum, var. Aydruntinus. Il WEeITHOFER (1892)? ritenne che l’ E. primigerius non sia un diretto successore dell’ E. antiquus, ma sia derivato dalla linea proveniente dal meridionalis-hysudricus, e che quest’elefante oltre avere abi- tato in Germania, Russia, Inghilterra, abbia dimorato pure nelle regioni calde del Mediterraneo e che nell'Italia si sia esteso fino ad Otranto. Egli poi ammise con il LyDEKKER (1886) che lE. trogontherii sia sinonimo dell’ E. antiquus. Lo ZirteL9 mentre considerava lE. trogontherii più antico dell’ E. primigenius ritenne, come il PoHLIG, che quest’ultimo, oltre a ritrovarsi in Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera, Austria, Turchia e Russia ecc. abbia anche abitato nell’Italia settentrionale e centrale estendendosi fin presso Roma. Il MeLi (1897) in una sua memoria sopra alcuni denti fossili di Ungulati rinvenuti nelle ghiaie alluvio- nali di Roma accenna ad un dente di elefante, trovato nelle ghiaie alluvionali della valle dell'Aniene, man- cante della caratteristica centrale espansione romboidale ed avente invece figure d’abrasioni rettangolari, per cui fu da esso ritenuto appartenere ad una forma di passaggio dall’ E. antiquus all’ E. primigenius. G. Dr-AnGELIS D’Ossat (1897)? dopo avere osservato esemplari, determinati, secondo lui inesattamente, 1) G. B. CAccIAMALI. Gli elefanti fossili di Val di Comino. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. IX, pag. 46-47. Roma, 1890. 2 U. BorTI. La Grotta ossifera di Cardamone in Terra d'Otranto. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. IX, pag. 689-717. Roma, 1890. 3) A. WEITHOFER. I proboscidiani fossili del Valdarno in Toscana. Memorie del R. Comitato Geol. del Regno, vol. IV, parte 22. Firenze, 1893. 4 R. LvybEKKER. Catalogue of fossit Mammalia in the British Museum, Parte IV. London, 1886. 5) C. A. ZirteL. Traité de Paléontologie, t. IV, pag. 473. Paris, 1894. 6) R. MeLI. Nota sopra alcuni denti fossili d' Ungulati rinvenuti nelle ghiaie alluvionali dei dintorni di Roma. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XVI, pag. 187. Roma, 1897. 7 G. DE-ANGELIS D’Ossat. Sulla mancanza probabile in Italia dell’ E. primigenius BLum. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XVI, pag. 324. Roma, 1897. 126 A. RICCI [6] quali di E. pròmigenius in specie nel museo di Roma, ritorna senz'altro alla più antica idea del FALcONER, poi cambiata dal FALCONER stesso, cioè a ritenere che il Mammouth non abbia giammai valicato le Alpi. Egli osserva inoltre che tutti gli esemplari così determinati e da lui visti debbano invece appartenere alla forma nominata dal PonLic E. trogontherii. A tale proposito così si esprime nella sua memoria: x (Pag. 325) “Tutti i denti di elefante che sono determinati come E. primigenius BLum. nei diversi musei da me visitati, compresi quelli di Roma, non corrispondono esattamente a quelli tipici della specie. Infatti non si riscontra negli esemplari italiani la forte flessuosità delle lamine, il carattere di latico- ronato e densilamellato, l’estrema piccolezza dell’indice dentale e la sottigliezza distintiva dello smalto. Con la mia determinazione intendo di riavvicinare i fossili della valle padana e quelli che in Italia si battezzano per E. primigenius Brum. Molti denti elefantini fossili italiani non possono certamente essere riferiti nè all’ E. antiquus Farc. e molto meno all’ E. meridionalis Nesti, presentando tutti i caratteri anatomici molto differenti dai denti delle nominate specie; laonde, per esclusione, si era condotti al riferimento dell’ E. primigenius, quantunque mancassero quasi tutte le caratteristiche. “ Ora avendo potuto esaminare moltissimi denti tipici dell’ E. pròmigenius. tanto nei musei di Mosca e Pietroburgo, come in quelli di Vienna, sono riuscito ad accertarmi della sostanziale differenza tra quelli tipici ed i nostri creduti denti di E. primigerius. Per modo che, senza dubbio alcuno, ritengo che se non tutti, almeno la maggior parte dei denti italiani riferiti al Mammouth debbono invece essere ascritti ad altra specie. Non oso, per ora affermare che in Italia non sia stato mai rinvenuto fossile VE. primi- genius non avendo visitato tuttii musei italiani, tuttavia non posso nascondere la mia poco autorevole opinione intorno l’assoluta mancanza. “ Mentre era intento a tale lavoro di distruzione, naturalmente mi correva il pensiero a quella forma, cui dovessero riportarsi quei denti italiani, che non potevano entrare a far parte nè dell’ E. antiquus, nè dell’ E. meridionalis. Nel museo geologico ed in quello zoologico dell’ Università di Mosca, sono con- servati moltissimi denti fossili, che somigliano in tutti i più minuti particolari ai nostri e portano gene- ralmente la scritta E. primigenius trogontherti PonLIG. Con tale nome infatti ha pure determinato la signora Maria PavLow i bellissimi avanzi scoperti nell'estate 1896 presso Jaroslawl. Ciò naturalmente mi ha condotto allo studio dell’ E. trogontherii Ponnie, alla quale specie penso debbano essere riportati i nostri denti finora attribuiti gll’ E. primigenius ,. (Pag. 329) “ Non sono certamente il primo, che ascrivo tra gli elefanti fossili italiani 1’ E. trogontherti, giacchè lo stesso Poni lo cita in Italia. A_ questa specie infatti attribuisce alcuni molari trovati nelle ghiaie di. Ponte Molle e Monte Sacro (Roma); similmente ricorda la forma a Dusino (Museo di Torino), a Quarata (Museo di Bologna), al Ponte di Tresa. Gli altri autori che menzionarono 1° E. trogonthert lo fecero generalmente per indicare un sinonimo dell’ E. antiquus. “ Non v'ha dubbio alcuno che 1’ E. trogontherii abbia vissuto insieme coll’E. antiquus e con VE. promi- genius in Russia ed altrove sempre però al di là delle Alpi. Quest’ ultimo visse certamente coll’ uomo, come è già noto. Non fu coetaneo dell’uomo 1° E. trogontherti, il quale viene sempre rinvenuto nel Dilu- vium antico o Post-pliocene inferiore. (Pag. 330) “ Ciò che però noi possiamo sicuramente ritenere si è che PE. antiquus nella campagna romana, specialmente nelle ghiaie sopra i tufi, predomina sull’ E. zrogontherù, il quale vi si trova subordinata- mente; e che lE. primigenius non si spinse mai sino alle vicinanze di Roma, come sull’autorità altrui, asserisce anche lo ZirtEL, non avendo il Mammouth quasi sicuramente mai valicato le Alpi ,. [7] A. RICCI 127 Però il PoRtIs (1898)! dopo che potè determinare come appartenente al tipico E. primigenius un primo molare inferiore permanente rinvenuto alla Loggia, in riva al Po (provincia di Torino), ebbe a ri- confermare che lE. pròmigenius aveva vissuto in Italia sia pure come un individuo vagabondo. Infatti esso dice: (pag. 113) “ Dal momento che mi trovo davanti un pezzo che non posso altrimenti ritenere “che di £. primigenius e che di questo pezzo è incontestabile la provenienza dal Gastaldiano diluvio, mi “ posso presentare la domanda sulle conseguenze che possa avere, nella classificazione del terreno che lo “ ha fornito, la constatazione specifica del pezzo. La conseguenza che ne verrà, sarà di avermi convinto che come nel Forest-bed è assai raro un qualche primo precursore non ancora completamente tipico dell’ E. primigenius, così pure nel così detto diluvio della valle padana sono rarissimi i rappresentanti (finora limitati ad un solo, rigorosamente determinato) dell’ E. primigerius ,. (Pag. 118) “ Non ci rimane più che ad appagare la legittima curiosità se l’unico individuo fin qui constatato in Piemonte di £. pri- migenius, debba considerarsi come un vagabondo assoluto od un vagabondo relativo, se i suoi consorti specifici siano soltanto domiciliati fuori dell’attuale cerchia delle Alpi o se un qualche pioniere suo pari non lo si debba ancora trovare nella maggiore espansione padana, essendosi andato ad accantonare in Lombardia ed avendovi lasciato dei resti finora o non scoperti o non fatti conoscere o comunque non depositati in collezioni accessibili ,. Il Borri nell’adunanza generale tenuta dalla Società Geologica Italiana il 18 febbraio 1898”, dopo il riassunto fatto in essa dal Portis della memoria sopra citata, osserva che tanto il molare delle allu- vioni del Po, quanto i molari trovati nella grotta di Cardamone e quelli pure esistenti nel Museo ma- giaro di Budapest presentano tutti i caratteri dell’ E. pròmigenius così ben determinati e precisi, anzi in modo così esagerato da non poterli confondere con quelli di altre specie fossili. Im quanto poi agli altri molari elefantini, che trovansi nei vari musei italiani sotto il nome di £. primigerius BLuwm., osserva che nulla ha da opporre, perchè vengano attribuiti, come ha proposto il De-AnertIs D’Ossat, all’ E. trogor- theriù POHLIG. Dal seguente mio lavoro si vedrà che, mentre il PortIs ed il BortI hanno ritenuto quali veri esem- plari di E. pròùmigenius, il primo, il molare rinvenuto nel comune “ La Loggia , in riva al Po, il secondo, quelli della Grotta di Cardamone dei quali però, perchè più piccoli, il BortI fa la varietà Aydruntinus; molti dei molari provenienti dalla regione post-pliocenica aretina ed esistenti nel museo paleontologico del R. Istituto di Studi superiori di Firenze ed in quello di Arezzo, sebbene siano alquanto diversi da quelli descritti dal PortIs e BortI, presentano meglio tutti i caratteri attribuiti all’ E. primigerius BLuw., il più tipico, ritenendo per tale la forma per la prima volta denominata e figurata dal BLuMmENBACH, ed in generale la forma di Germania ridescritta e rifigurata dal PoHLIG. Va quindi ritenuto, come fecero il FALcoNER, PoHLIG, WEITHOFER ed altri, che lE. primigenius Brum., abitò veramente e con estensione l’Italia. Prima però d’incominciare lo studio dei singoli resti dentari fossili determinati come appartenenti all’E. primigenius e che trovansi nei due musei sì di Firenze che di Arezzo, dò nella tavola seguente i principali caratteri dentali, che meglio servono per la distinzione delle quattro specie d’elefanti, cioè dell’ E. meridionalis Nesti, dell’ E. antiquus Fanc., dell’ E. trogontheriù PozLIG e dell’E. primigenius BLuwm. (Tav. A). « « “« 1) A. PorTIS. Di alcuni avanzi fossili elefantini scoperti presso Torino. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XVII, pag. 113- 118. Roma, 1898. 2) U. BoTTI. Resoconto della adunanza generale del dì 18 febbraio 1898. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XVIII, XXV e XXVI. Roma, 1898. 3) A. PoRtIS. Op. cit., pag. 113-118. 128 A. RICCI [8] Tavola comparativa della costituzione generale e della | E. meridionalis NESsTI E. antiquus Farc. Molari latte Molari permanenti Molari latte Molari permanenti I II INI IV V VI I II III IV V VI c3x+e(5—6) +2 (7—8)x__x(8—9)x+x(8—11)x+x(10-14) x c3xc+x (5-1) x+x(8-10)x__x (9-12)x+-x(12—13)x+x(1419)x cIx4ae(5—6)x+x(7—-8)x (8-9) x+x(9—11)x-+x(11—14)x Indice dentale da 0,02 a 0,025. x38x+x(6—8)x-+x(8=10)x (10—12)x+x(12—13)x+x(15—20)x Indice dentale da 0,015 a 0,020. Per lo più tapinodischi. — Estremamente laticoronati. — Brevi. — Parsilamellati. — Archidiscodonti. — Pachiganali. — Spesso irregolarmente smarginati. — Mammelloni grossi e regolari. Figure d’abrasione a lungo incomplete costituite per lo più dalla fusione di una parte centrale anulare con due la- terali lamellari. — Dischi espansi senza angolarità. — Dischi cuneiformi e geminali non rari. — Larghi coni (intervalli) di cemento. — Figure d’abrasione tortuose. — Assenza o lieve accenno di crespature dello smalto. — Frequente conversione delle lamelle. — Spesso irregolarità grottesche. Per lo più ipselodischi. — Angusticoronati. — Lunghi. — Dimensioni assolute o variabili. — Per lo più loxodonti. — Talora pachiganali. Figure d'abrasione molte complete, spesso sinuose, costi- tuite di una parte mediana lamellare e due laterali anulari. — Crispazione e festonatura dello smalto variabile. — Dilatazione centrale angolare dei dischi. — Fusione frequente mediana dei dischi. — Ondulazione pronunziata dei dischi. — Dischi geminali e cuneiformi non rari. — Dischi talora non aggre- gati (anormalità). — Altezza straordinaria delle lamine. — Riflessione dei corni laterali delle lamine. d Digitazioni intercalari, talora mediane superficiali (Pseudo- loxodonti). — Isole circolari ed ovali. Digitazioni intercalari rare. — Digitazioni laterali esterne e posteriori frequenti. Piano d’abrasione ovale, largo. Scarse o minime le differenze di dimensioni tra i molari superiori ed inferiori. Piano d’abrasione oblungo. Differenze di dimensioni notevoli tra i molari superiori ed inferiori. 0 [9] A. RICCI 129 formula dei molari delle quattro principali specie d’ Elefanti (A). E. trogontherii PoHLIe | E. primigenius Bruwm. Molari latte Molari permanenti Formula lamelle eguale a quella dell’. antiguus Farc. I II III IV V VI Indice dentale da 0,015 a 0,020. c4epa (6-8) x+x(9-12)a __x(9_13)x+x (1416) «+x(18—27)x xr4x+x(6—8) c+x(9—12)x x(9—15)c+x(14—16)x+x(18—27)x Indice dentale da 0,007 a 0,014 (in media 0,010). Per lo più ipselodischi. — Laticoronati. — Pachiganali. — | Talora tapinodischi.— (Varietà A di ApAwms). Di regola ipselodischi. — Laticoronati (anormalità bra- chicorona frequente). — Polidiscodonti. — Lunghi. — Den- silamellati. — Endioganali. — Meno alti dell’ E. antiquus. Figure d’abrasione a lungo incomplete, costituite di una | parte mediana anulare e due laterali lamellari. — Forma corona e figure d’abrasione simili a quelle dell’ E. primigerius ed E. meridionalis. — Figure di abrasione lievemente festonate e non tortuose, spesso a ventaglio. — Dischi cuneiformi e ge- minali non rari. — Mancanza della centrale espansione ango- lare dei dischi. — Dischi però più aperti di quelli dell’. primigenius e senza la riflessione dei corni laterali. — Fusione dicotoma centrale e fusioni convergenti. Figure d’abrasione molte complete, formate di una parte mediana anulare e due laterali lamellari. — Figure d’abrasione tortuose, talora diritte, lievemente ondulate. — Stretti inter- valli di cemento. — Mammelloni fitti, piccoli e frequenti. — Dischi diritti senza la riflessione dei corni laterali e senza la centrale dilatazione angolare (rettangolari). — Dischi gemi- nali non rari. — Assenza o lieve tenuità delle crespe. — Fu- sioni estesissime. — Fusioni convergenti frequenti, talora divergenti e frequenti anche la mediana a metà lunghezza del piano d’abrasione. Digitazioni intercalari e laterali frequenti, talora alla estre- mità basale sì all’interno che all’esterno. Digitazioni esterne, interne, laterali fitte ed insignifi- canti. — Estremità posteriore talora formata da masse di di- gitazioni indistinte. Piano d’abrasione ovale e largo, Larghezza della corona che può arrivare sino ad 11 cm. Piano d’.abrasione largo, ovale inferiormente, talora sca- | vato trasversalmente, talora piriforme. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 17 130 A. RICCI [10] DESCRIZIONE DEGLI ESEMPLARI Molari permanenti isolati. Molari primi. — Nel museo paleontologico del R. Istituto di Studi superiori di Firenze ‘si ha un fram- mento di molare primo superiore destro (tav. XVI [I], fig. 1) — come è desumibile dalla sua larghezza e conformazione, — proveniente dal Maspino posto a nord di Arezzo, già ricordato da WEITHOFER ”, che contiene x11 ed ha le seguenti dimensioni: Lunghezza massima del frammento . 6 o o : i è 5 mm. 118 Larghezza della corona alla 2.% lamina . . : 5 ò o 3 » 66 » » 7.8 » 2 È 3 ò ì i = » 60 » » 10.2 » ; o a g ù d i » 54 Altezza massima della corona alla 9.% lamina . È . 3 E È » 145 Questo frammento ha tutte le lamine, compreso il tallone anteriore, affette dall’abrasione; è mancante del tallone prossimale e probabilmente anche dell'ultima lamina, ha il suo piano d’abrasione lungo mm. 117, largo anteriormente mm. 66 e posteriormente alla 10.* lamina mm. 54, quindi è quasi piriforme. Il tallone anteriore o distale, in seguito all’usura, presenta figura completa e parallela a quella della prima lamina, colla sola differenza che è molto più ristretta a causa del maggiore ravvicinamento tra loro delle due pareti anteriore e posteriore dello smalto. Sulla faccia anteriore poi della parete anteriore di detto tallone notasi un’accentuata marca di pressione prodotta dal dente precedente. Delle undici lamine, che quasi tutte incontrano il piano d’abrasione sotto un angolo che si avvicina sensibilmente al retto, le prime due presentano ciascuna una figura d’abrasione completa, ma un poco tortuosa. La 3.8, contando le lamine sul piano d’abrasione dalla parte esterna del dente, risulta essere rappresentata solamente dalla metà esterna della lamina, nelle quale ancora esiste traccia dell’ incom- pleta unione delle due figure. anulari, di cui primitivamente risultava formata; mentre se contiamo dalla parte interna vediamo succedere alla 2.8 lamina un elemento cuneiforme o mezza lamina e quindi altro simile e poi la lamina completa ritenuta da me la 4.*, incominciando a contare dalla parte esterna. Il primo elemento cuneiforme è completo ed è separato dalla faccia posteriore della 2.*° lamina da un in- tervallo di cemento minore di quello che osservasi dalla metà esterna del dente. Malsrado però tale av- vicinamento pure si potrebbe considerare questo primo elemento cuneiforme quale un rappresentante della metà interna della 3.2 lamina, ma a questo elemento cuneiforme ne segue poi un secondo completo ed identico a giusta distanza dal primo; quindi se il primo si può considerare quale complemento della 3.8 lamina, il 2.° non può essere messo in rapporto con nessuna porzione rappresentata sul margine esterno e va considerato come intercalare, o come metà interna di una 4. lamina solo rappresentata per la sua metà interna, nel qual caso la lamina completa da me ritenuta essere la 4. diverrebbe la 52. La 4.2, 5.4 e 6. lamina presentano poi una figura d’abrasione non completamente aperta risultando ciascuna formata di tre elementi laminari di eguale grandezza. Le rimanenti infine constano di numerose digitazioni in incipiente uso formanti altrettante piccolissime isole orbicolari. Le lamine sono tutte alte, sottili, poco o punto emergenti dal cemento sul piano d’abrasione, stret- i) A. WEITHOFER. I proboscidiani fossili di Val d’ Arno in Toscana. Memorie R. Comitato Geol. del Regno, vol. IV, parte 2.2, pag. 113. Firenze, 1893. cli n [11] A. RICCI 131 tamente aggruppate tra loro, parallele, con corni laterali diritti e senza che accennino a quel processo mediano acuto caratteristico dell’ #7. antiquus e dell’ Z. africanus e ciascuna ha uno spessore massimo di mm. 7. Lo smalto sulla superficie triturante è di colore bianco madreperlaceo, sottile ed ondulato; però nella 2.* e 3. lamina è anche lievemente crespato. Il cemento è quasi del tutto mancante su tutte quante le superfici del dente e soltanto completi sono gli undici interspazii, dei quali ciascuno ha uno spessore massimo di mm. 3, quindi l’indice dentale di ogni elemento laminare completo (cioè di due spessori di smalto, uno di dentina ed uno di cemento) è di mm. 10. La superficie esterna del dente è lievemente convessa, più rigonfia in alto ed indietro e lievemente incavata in basso, per cui sembra un poco ritorta, mentre l’interna è più convessa dell’antecedente. Le lamine dentali in ambedue le superfici appariscono essere diritte, e nella superficie interna posteriormente presso la base negli ultimi cinque interspazii vedonsi cinque corte ed intatte digitazioni, che solo arrivano alla metà in altezza di detta superficie. La faccia anteriore del dente assai larga mostra la già ricordata marca di pressione, mentre alla faccia posteriore del molare scorgonsi i residui di una lamina di cemento, il che ci sta ad indicare che qui manca (per rottura) almeno il tallone prossimale e con la massima proba- bilità forse anche un’altra lamina. Nella faccia superiore o radicale infine vedonsi allo scoperto le estremità superiori delle lamine prive di cemento, più larghe che sul piano di abrasione, come una serie di creste parallele separate tra loro, visibili per essere spezzate le estremità radicali e sono di colore bianco-grigiastro. La radice anteriore, sebbene sia rotta alla sua estremità, pure bene apparisce come essa porti le due prime lamine insieme al tallone distale. Questo dente adunque è un molare ipselodisco, piuttosto laticoronato, densilamellato, polidiscodonte, con piano d’abrasione piriforme, con smalto lievemente ondulato, con stretti intervalli di cemento, con digitazioni piccole e numerose, con andamento tortuoso delle figure d’abrasione, delle quali poche com- plete e le altre formate ciascuna di tre figure lamellari di eguale grandezza, a dischi cuneiformi presenti, a lamine diritte quasi rettangolari senza espansione mediana romboidale, con un indice dentale non superiore di mm. 10. A quale delle quattro principali specie sopra indicate nella tav. A potrà questo molare appartenere? Per la formula, ossia per il numero delle lamine, per la conformazione di queste, per le dimensioni e per l’indice dentale ritengo debba riferirsi senza alcun dubbio alla quarta specie, ossia all’. primigenius BLum., sebbene non sia evidente il carattere a cui il PonLIG assegna la massima importanza, cioè di essere le lamine a figura d’abrasione non ancora completa formate di figure anulari tra figure lamellari. Nel caso nostro forse ciò dipende dalla quasi completa unione avvenuta delle due fisure anulari mediane contemporaneamente di quelle laterali in seguito all’ usura. Se confrontiamo questo frammento con i molari di &. antiquus Farc., vediamo che esso si discosta da questi tanto per le di- mensioni, per l’indice dentale, per il carattere densilamellato, che per le figure d’abrasione. Si discosta da quelli dell’ E. trogontherii Ponte, per la forma delle lamine e per l'indice dentale. Differisce da quelli dell E. meridionalis Nesti per la formula, per la mole più piccola, per lo smalto che è sottilissimo, per le lamine che sono assai più avvicinate tra loro e per l’indice dentale. Se lo confrontiamo infine coi tre molari della Grotta di Balver, descritti dal PonLi6! come appartenenti all’ E. primigerius e parimente con quello di Gristhorpe Bay, Yorkshire, esistente nel museo Woodwardiano e descritto da Apams?, tro- viamo tra loro strettissima somiglianza per la forma, per la formula #12, per la conformazione delle lamine, ed infine anche per le dimensioni che sono le seguenti: i) H. PoHLIG. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 133. ? LerrH Apawms. Op. cit., pag. 99. 132 A. RICCI [12] Lunghezza della corona del molare superiore isolato di Balver i . mm. 120 » » paio superiore di Balver È È . 6 » 128 » » del molare del Yorkshire . c ; È » 127 Larghezza » del molare isolato di Balver . 0 o » 70 » » dei due di Balver e di quello del Warkelire ? » 63 Altro molare primo inferiore destro (Tav. XVI [I], fig. 2), gia ricordato pure dal WertHoFERY, esistente nel museo paleontologico di Firenze, proveniente da Montioni, ad ovest di Arezzo, trovato nel torrente San-Leo, simigliantissimo a quello di Burgtonna figurato dal BLUMENBACH ), contiene x 15 ed ha le seguenti misure: Lunghezza massima della corona . ù g . dato . mm. 180 Larghezza massima di essa alla 5.2 iii Ù d o 0 0 È » DI Altezza massima all’ 11.2 lamina i) 5 A 3 4 È 3 L » 122 Questo molare assai arcuato non ha tutte le sue lamine affette dall’abrasione, essendo intatte le ultime due posteriori ricche di numerose digitazioni (sino a 9), ed il tallone prossimale che è piccolissimo e costi- tuito da quattro corte ed intatte mammille. Il tallone distale in seguito ad inoltrata usura presenta pari- mente, come il precedente frammento, una figura d’abrasione completa, essendo ridotto ad una semplice lamella larga quanto la prima lamina ed è a questa parallela e sulla sua faccia anteriore notasi un’evi- dente marca di pressione. Delle tredici lamine in uso, che stanno entro una superficie d’abrasione piana, un poco più larga anteriormente e più stretta posteriormente e lunga mm. 158, la prima è rotta alla sua parte superiore “interna ed all’esterno presenta un'isola ellittica, distinta e separata. La 2.?, 3.2, e 4.* hanno ciascuna una D. figura d’abrasione completa, ma un poco tortuosa. La 5.2, come la prima, consta di due elementi laminari uno grande, nato dalla confluenza di parecchie digitazioni tra loro, occupante il terzo interno e terzo medio della lamina, e di un altro più piccolo che sta sul terzo residuale esterno, in cui vedesi rotta una pic- cola porzione della lamella posteriore dello smalto. La 6.2 e la 7. risultano ciascuna di una figura d’a- brasione non completamente aperta essendo formata di tre elementi laminari, distinti, separati e tortuosi, che nella 6.* lamina sono di eguale grandezza, sebbene quello mediano accenni ancora alla primitiva sua separazione in due isole anulari, mentre nella 7.° l’elemento mediano è alquanto più grande di quelli laterali. Le rimanenti infine sono formate di numerose digitazioni (sino a 9) in incipiente uso @ guisa di piccolissime isole orbicolari. Le lamine tutte sono alte, lievemente convesse in avanti, sottili, parallele, con corni laterali diritti, senza accennare a quella mediana romboidale espansione od angolazione propria dell’ E. antiquus Fanc., sporgono al di sopra del cemento per circa mm.5 e ciascuna ha uno spessore massimo di circa mm. 7. Lo smalto sulla superficie triturante è bianco-madreperlaceo, sottile, ondulato e tagliente. La dentina nelle prime sette lamine anteriori è piuttosto scarsa, dando luogo in alcuni punti di essa a piccoli incavi. Del cemento solo esistono i sedici interspazii, di colore giallo-rossiccio, aventi ciascuno uno spessore massimo di mm. 4; quindi l’indice dentale di ogni elemento laminare completo è 0,01058. La superficie interna del dente è convessa ed arcuata e lascia vedere le lamine anteriori curve colla con- vessità volta in avanti e la concavità indietro, le posteriori ultime cinque diritte. La superficie esterna, sebbene 1) A. WEITHOFER, Op. cit., pag. 113. 2 J. FR. BLUMENBACH.. Manuel d’ histoire naturelle, tomo II, pag. 408, tav. 28, fig. B., 1803. [13] A. RICCI 133 concava, presentasi un poco ritorta con le lamine dentali anteriori lievemente convesse in avanti e le poste- riori diritte ed alla sua base posteriormente vedonsi alcune accessorie piccole ed insignificanti digitazioni, che appena raggiungono in altezza la metà di detta superficie. Alla superficie posteriore manca qualsiasi lieve marca di pressione e vedesi il tallone, per l’assenza del cemento, formato, come si è già detto, di quattro piccole mammille. Alla superficie anteriore, oltre la ricordata marca di pressione, mancano completamente in basso verso la base circa due centimetri tanto del tallone che della prima lamina, per cui è impossibile vedere l’impianto loro sulla radice anteriore, che è duplice, rotta alle sue due estremità inferiori e por- tante oltre al tallone anteriore anche le prime tre lamine. Nella superficie inferiore o radicale, che va restringendosi dall’indietro in avanti, posteriormente vedonsi allo scoperto le estremità inferiori delle lamine, come tante creste decrescenti in larghezza ed altezza parallele e bilobe. Tale divisione in due lobi più o meno distinti è bene visibile nella lamina nona, decima, undicesima e dodicesima e non nelle altre e ciò perchè le estremità radicali posteriori sono spezzate. Anche questo dente adunque si può ascrivere all’ E. primigerius Brum. presentando esso quasi tutti gli stessi caratteri del precedente, da cui solo differisce per avere la formula delle lamine un poco più alta e così pure l’indice dentale che è 0,01058. E Se confrontiamo il nostro molare con quello inferiore primo sinistro, trovato nel comune “ La Loggia , nelle ghiaie impietrite (del quale esiste nel museo paleontologico dell’Istituto superiore di Firenze un modello in gesso) descritto e figurato dal Portis” e da lui ritenuto quale tipico dell’ E. primigenius, si vede che non v'è identità perfetta, ma rassomiglianza sì da poterli ambedue ritenere della stessa specie, concordando nella forma delle figure d’abrasione, nella sottigliezza dello smalto, negli stretti intervalli del cemento e nella conformazione delle radici, specie dell’ anteriore, che è bifida e portante in entrambi il tallone anteriore con i primi tre elementi laminari; solo differendo nella formula delle lamine che nel nostro esemplare è assai più alta e nell’indice dentale che in quello di Torino è solamente mm. 10 (d.f- ferenze queste forse dipendenti dallo sviluppo o dal sesso). Molari secondi. — Nel museo paleontologico di Arezzo si trova un molare secondo superiore sinistro (Tav. XVII [II], fig. 1) assai guasto e proveniente dai dintorni di detta città, che contiene % 16 # ed ha le seguenti dimensioni: Lunghezza della corona in linea retta . c o 6 È oi ie sem, 202) » » secondo la sua curva . 5 ; ù È i » 230 Larghezza » alla 3.8 lamina. . o c x 0 b ò » 66 » » 9a » Ò Ò 0 o 5 ò 0 » 89 Altezza minima alla 3.8 lamina . . ò c c 3 b , » 30 Altezza massima alla 11. » A ; . i È & 5 fs » 106 Questo molare arcuato non è del tutto uso, avendo intatte le ultime due lamine posteriori ed il tallone prossimale, che è piccolo e costituito da tre non intiere mammille in parte ricoperte dal cemento. Il piano di abrasione più stretto anteriormente e più largo posteriormente, con un margine interno più basso del- l’esterno in seguito all'usura, è lungo mm. 175 e su di esso osservasi un’accentuata curvatura mediana occupante tutta la lunghezza della superficie d’abrasione stessa, che partendosi dal tallone anteriore va a terminare a quello posteriore. 4) A. PortIs. Di alcuni avanzi elefantini fossili scoperti presso Torino. Boll. Soc: Geol. Ital., vol. XVII, pag. 107-111. Roma, 1898. 134 A. RICCI [14] Per la cattiva conservazione dell'esemplare le lamine tutte, che trovansi affette dall’abrasione, sono tanto alla superficie esterna che interna del dente in parte smussate ed in parte rotte per un tratto più o meno grande, in modo che resta impossibile fare un esame completo e preciso di tutte le loro figure d’abra- sione. La porzione anteriore della corona è usa fino quasi alla comune base ed infatti delle lamelle dello smalto del tallone anteriore e della lamella anteriore della prima lamina solo esistono pochi residui alla parte interna del dente, mentre assai di più se ne hanno da ambo le parti tanto nella lamella posteriore della prima lamina, che in ambedue le lamelle della seconda. Dalla 3. alla 13. ciascuna ha una figura d’abrasione completa; le prime sei hanno un andamento diritto, mentre è alquanto tortuoso nelle ultime quattro posteriori. Tutte queste dieci figure però sono prive di quella dilatazione mediana a tipo loxodontico e per quanto è possibile arguire dalla condizioni in cui trovasi il molare tutte hanno i corni laterali diritti. La 13.8 consta di un elemento laminare interno, nato dalla confluenza di molte digitazioni, occupante due terzi della larghezza della lamina e di un altro elemento anulare esterno isolato e distinto che sta sul terzo residuale. L'ultima, ossia la 14.8, infine risulta pure formata di um identico elemento laminare occupante il terzo interno e terzo medio e di un’intatta digitazione sul terzo esterno. Le lamine tutte sono sottili, parallele, aggruppate tra loro, poco o punto emergenti dal cemento sul piano d’ abrasione e ciascuna di esse ha uno spessore massimo di mm. 8. Lo smalto è di colore grigio nerastro, sottile, un poco ondulato e sulla parte mediana delle lamelle ancora lievemente crespato. Del cemento, che è di colore giallo rossiccio, esistono soltanto i diciassette interspazii completi, aventi cia- scuno uno spessore al massimo di mm. 3 ‘/,. Così su di una faccia coronale, che misurata è mm. 202, noi vediamo spettare a ciascun elemento laminare completo un indice dentale di mm.11/'/, (0,01125). La superficie esterna del dente è convessa molto -più di quella interna che è alquanto arcuata. Le lamine anteriori in ambedue le superfici sono diritte, mentre le posteriori nell’ esterna sono lievemente ricurve a ‘concavità volta in avanti, nell’interna invece è l’opposto. Alla superficie anteriore osservasi la porzione inferiore o basale della larga e piana radice anteriore fortemente compressa insieme a quei pochi scabri e deformati residui della lamella anteriore dello smalto del tallone anteriore, anormalità questa da ritenersi quale una vera marca di pressione contro il dente precedente. Alla superficie posteriore, seb- bene assai danneggiata, notasi invece non solo una lieve marca di pressione, ma anche la perdita per due centimetri delle estremità inferiori delle tre piccole mammille costituenti il tallone prossimale. Nella superficie superiore vedesi la radice posteriore del tutto intatta e l’anteriore rotta alla sua porzione su- periore od apicale. Questo dente è un molare polidiscodonte, laticoronato, non ipselodisco ma piuttosto tapinodisco, densilamellato, endioganale, a stretti intervalli di cemento, con figure d’abrasione molto complete, parte diritte, parte tortuose e lievemente ondulate, a lamine rettangolari (come si osserva nel molare di Dogger- Bank, esistente nella collezione di Mr. OwLEs, descritto e figurato da Apams È, che ha 215 in 8X2,6 pollici e parimente nei due denti, provenienti da Cannstadt, descritti dal PonxLie ?, con 216 in, 0,200X0,075XX0,180), con una formula delle lamine assai più alta di quella che osservasi tanto nel- VE. antiquus che nell’ E. trogontheriù e con un indice dentale di 0,01125; quindi si può legittimamente ritenere essere un penultimo vero molare superiore sinistro di . primigernius BLum. Altro notevole molare (Tav. XVI [I], fig. 3), veduto dal FaLconER *) nel 1859 e da lui stesso deter- 1) Lera Apams. Op. cit., pag.105, tav. IX, fig. 1, 1a. 2) H, PoHLIG. Op. cit., pag. 180. 3) FaLconER. Pal. Mem., II, pag. 173. [15] A. RICCI 135 minato per un secondo vero molare inferiore sinistro di £. primigenius BLum., esiste nel museo paleon- tologico di Arezzo. Questo dente è proveniente dai depositi post-pliocenici dei dintorni di questa città e contiene — 12x ed ha ie seguenti dimensioni: Lunghezza della corona . . 5 Ò c È . c o . mm. 162 Larghezza » » alla 4 lamina ì 0 5 ò o Di » » » alla 11.2 » . i; È 0 gfttep c » 60 Altezza alla 3.% lamina . o : 5 . ; : } è c » 48 » alla 10.2 » 5 5 0 0 3 , ; N . o » 112 Le lamine tutte sono fortemente affette dall’abrasione, eccetto il tallone prossimale formato da nu- merose intatte digitazioni (sino a 9), prive di qualsiasi più lieve rivestimento di cemento. Il piano di abrasione è ovale, più largo anteriormente che posteriormente, e lungo mm. 162. Su di questo scorgesi distintamente una doppia incavatura per causa della masticazione; cosicchè questa superficie ci appare essere più depressa circa la metà della sua lunghezza antero-posteriore e più sollevata alle estremità, specie a quella posteriore, e nello stesso tempo più fortemente inclinata all'infuori dal margine interno del dente per tutto il terzo anteriore in opposto al margine esterno che lo è più debolmente all’indentro per tutto il terzo posteriore. Delle dodici lamine in uso le prime undici hanno ciascuna una figura d’abrasione completa, parallela ed alquanto tortuosa. La 12.% invece consta di un elemento anulare mediano e due laterali lamellari an- cora accennanti alla primitiva loro distinzione ciascuno in due piccole isole. Le lamine sono tutte sottili, diritte, non strettamente addossate tra loro, prive di quella dilatazione mediana a tipo loxodontico e ciascuna ha al massimo uno spessore di circa mm. 7. Lo smalto pure è sottile, lievemente ondulato nella parte mediana di ogni lamina, sporgente per circa mm. 3 al di sopra del cemento, di colore bianco madreperlaceo sulla superficie triturante, però in mòlti punti è ricoperto da sottilissimi granuli sabbiosi. Il cemento è scarso tanto alla faccia esterna che interna del dente, di colore bianco gialliccio, i suoi interspazii sono completi e ciascuno ha uno spessore massimo di mm. 5 1/,; quindi l'indice dentale di ogni elemento laminare completo è 0,01246. La superficie esterna offre in complesso una convessità poco risentita e sembra anche ritorta, per essere un poco incavata in basso ed in avanti, in opposto all’interna che è assai più convessa e più re- golare. In ambedue queste superfici le lamine dentali appariscono come tante coste, delle quali le an- teriori sono alquanto arcuate con la convessità volta in avanti, le posteriori ultime tre diritte; il tallone prossimale presentasi invece ricurvo a concavità in avanti. La superficie posteriore mostrasi quasi pianeg- giante, più larga in basso che in alto e ciò a causa della pressione prodotta da altro dente, che doveva esistere in six al di dietro di questo. Alla superficie anteriore in alto vedesi un’ incompleta lamina di cemento, mentre in basso osservasi la radice anteriore, sporgente in avanti alla sopra indicata lamina, larga e falciforme con la concavità volta all’indietro e rotta al suo apice. La sporgenza di questa radice e la presenza di quella lamina di cemento ci stanno ad indicare che dovevano esistere almeno due altre lamine insieme al tallone anteriore, andate forse perdute in seguito a rottura durante l’escavazione, e che perciò la formula dentaria doveva essere 214 (x2-+12). Nella superficie inferiore, che pure va restringendosi dall’indietro in avanti, si hanno allo scoperto le estremità inferiori delle lamine parallele N e bilobe e ciò è visibile nelle ultime otto per essere le estremità radicali posteriori parimente rotte. 136 A. RICCI ; [16] Se confrontiamo questo nostro molare (affatto simile a quello figurato da BramviLLe ” in Tav. X, fig. 4d) con quello di Crayford, Valle del Tamigi, descritto e figurato da Apams ?, che ha 215 su di una lunghezza di corona di mm. 216 ed una larghezza di mm. 89, e parimente con quello inferiore destro, proveniente dalla sponda sinistra del Liri poco lungi da Isoletta, descritto e figurato prima dal | NiccoLucci ® e ricordato poi dal FLores *, che ha —14x su di una lunghezza di corona di mm. 174 ed una larghezza di mm. 72, ben si vede esservi tra loro stretta somiglianza, concordando nella sottigliezza dello smalto, nella spessezza delle lamine, nella forma delle figure d’abrasione e negli stretti intervalli del cemento, differendo solamente nella formula delle lamine e nell’indice dentale che nel 1.° è 0,0127 e nel 2.° 0,0116. Possiamo dunque ascrivere anche questo penultimo vero molare inferiore sinistro all’ E. primigenius BLum., come già era stato fatto dal FALcONER, e tanto più possiamo farlo presentando questo molare ben distinti ed accentuati tutti i caratteri principali, da me attribuiti nella tavola 4 quali carat- teristici dell’ E. primigenius e specie quello ritenuto dal PonLIe della maggiore importanza, cioè 1’ essere le figure d’abrasione molto complete e formate di un elemento anulare mediano e due laterali lamellari. Molari terzi — Un molare terzo superiore destro (Tav. XVII, [II], fig. 2) già ricordato e figurato dal Ponnie 5 e da lui stesso ritenuto tipico dell’ E. primigenius BLum., proveniente dai depositi post-plioce- nici dei dintorni d’Arezzo, esiste nel museo paleontologico della stessa città ed ha una formola dentaria x23x con le seguenti misure: Lunghezza della corona in linea retta : o , 4 7 È . mm. 292 » » » lungo la sua convessità n ; . : sia. EE Larghezza » » alla 3.% lamina . a È b . È ; » 106 » » » alla 12.8.» 5 3 ) , 5 È i » 70 Altezza alla 1.% lamina . ò - . c ; . o c 5 » 75 » alla 4.2» È ; 7 , È , 7 H ; : » 106 » alla 15.2.» È . 7 o } i : Ò 6 , » 1230 » alla 22.8 » e SL) Questo molare ipselodisco, laticoronato, alquanto arcuato non è del tutto uso, avendo intatte le ultime nove lamine ed il tallone prossimale constituito da tre piccole mammille, ricoperte tutte da denso ‘ strato di cemento. Il tallone distale, fortemente abraso, è ridotto ad una semplice e sottile lamella larga quanto la prima lamina e sulla sua faccia anteriore scabra osservasi un’ accentuata marca di pressione, sotto forma di piccolo incavo, del diametro di circa tre centimetri, occupante in parte ancora la superficie basale della duplice radice anteriore. Delle quattordici lamine, che trovansi completamente in uso e che stanno entro un piano d’abrasione ovale, più largo anteriormente e più stretto posteriormente, un poco obliquo dall’interno verso l’esterno e lungo mm. 168, le prime nove hanno ciascuna una figura d’abrasione completa, ma però alquanto i) BLAINVILLE. Ostéographie. Des Elephants, pag. 357, Atlas, planche X, fig. 4d, 1841. ?) Letra ADAMS. Op. cit., pag. 106, tav. XII, seo, IL, 3) NiccoLucci. Mem. 52. Op. cit., pag. 6, tav. IR sile dle î E. FLorEs. Catalogo dei Mammiferi fossili. Atti Accad. Pont. Napoli, vol. 25, Mem. 18, pag. 32. Napoli, 1895. 5 H. PoHLIG. Op.'cit., Bd. 53, n. 1, pag. 237. ita [17] A. RICCI 137 tortuosa. Nella 1.* di queste lamine si osserva una bene accentuata fusione centrale della lamella ante- riore dello smalto con quella posteriore del tallone distale, mentre nella 2.* si ha fusione laterale da ambo i lati tra la lamella anteriore della seconda lamina e quella posteriore della prima. La 10.* risulta for- mata di un elemento laminare esterno, nato dalla confluenza di molte digitazioni, occupante due terzi della larghezza del dente e di un altro elemento anulare interno isolato e distinto, che sta sul terzo re- siduale. L’11.* invece consta di un elemento anulare interno e di due elementi laminari «occupanti il terzo esterno e terzo medio, in cui ancora sempre persiste traccia della primitiva separazione in due isole. Le rimanenti lamine infine sono formate da numerose digitazioni in incipiente uso, a guisa di tante pic- colissime isole orbicolari, delle quali le mediane incominciano a saldarsi tra loro. Le lamine sono tutte alte, sottili, strettamente addossate tra loro, a corni laterali diritti, prive di quella mediana romboidale o ed angolazione caratteristica dell’ E. antiguus e ciascuna ha al mas- simo uno spessore di mm. . Lo smalto pure è sottile, ondulato, poco sporgente e di colore bianco madreperlaceo sulla SR: triturante. Il cemento è abbondante su tutte le superfici del dente, è di colore giallo rossiccio ed i suoi interspazii completi hanno ciascuno uno spessore di mm. 4; quindi a ciascun elemento laminare completo spetta un indice dentale di 0,01168. La superficie interna del dente alquanto arcuata, lievemente convessa in alto e posteriormente, quasi pianeggiante in basso ed in avanti, un poco incavata tra il terzo medio ed il terzo posteriore mostra le lamine aventi doppia curva ad S. La superficie esterna regolare e più fortemente convessa lascia scor- gere le lamine anteriori diritte e le posteriori accennanti alla doppia curvatura, come si era veduto nella superficie interna. Nella faccia superiore, in seguito alla mancanza per rottura delle radici posteriori, vedonsi indietro le estremità superiori delle lamine prive di cemento, mentre in avanti s’osserta la radice anteriore bi- fida, rotta alle sue due estremità superiori e portante le prime lamine insieme al tallone anteriore. Nella superficie anteriore scabra e larga osservasi l’accentuata marca di pressione sopra ricordata, mentre questa manca completamente nella superficie posteriore. Altro esemplare, FsLsIOE nello stesso Museo di Arezzo e pur proveniente dai depositi post-plioce- nici di quei dintorni, è un frammento di molare terzo vero superiore sinistro, che contiene —12x ed ha le seguenti dimensioni : Lunghezza della corona in linea retta dal tallone posteriore a metà della prima lamina anteriore mm. 152 » » » dall’apice della prima lamina anteriore al tallone prossimale . . » 182 Larghezza della 1.% lamina presso il piano d’abrasione . : 6 5 c . . 5 » 65 » della medesima alla base presso la radice à 5 5 c , 0 È È » 105 Altezza massima alla 1.8 lamina E È RANE A 2 i 5 "i È 3 7 » 230 Spessore massimo di ogni lamina 5 5 7 5 6 . . o . ò . » (Ea » » d’ogni interspazio di o o c ò : 7 o c 7 o » 4 Indice dentale di ogni elemento laminare completo . 5 : , È È : i BONO. 1169 Le lamine tutte di questo frammento sono alte e formate di numerose intatte digitazioni ricoperte da denso strato di cemento. Il tallone prossimale, sebbene sia ricoperto anche esso dal cemento, appa- risce essere costituito da quattro piccole mammille. La superficie esterna del dente fortemente convessa lascia scorgere le lamine anteriori essere diritte e le posteriori ricurve a concavità in avanti. La super- ficie interna un poco meno convessa sembra alquanto ritorta, perchè presenta tre rigonfiamenti e due Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 18 138 A. RICCI [18] avvallamenti obliqui diretti dall’indietro in avanti e dall'alto al basso ed in questa le lamine dentali anteriori appariscono ricurve con la convessità volta in avanti e le posteriori più diritte. Nella superficie anteriore in basso si vedono i residui di una lamina di cemento, mentre mancano del tutto nella parte superiore. Un altro frammento ancora di molare terzo superiore sinistro (Tav. XVII [II], fig. 3), proveniente egualmente da quei depositi post-pliocenici, esiste nel museo sopra detto. Esso risulta costituito di 8 !/, lamine tutte alte, sottili, aventi ciascuna uno spessore al massimo di mm. 8, strettamente addossate tra loro, non superando gli interspazii del cemento nello spessore i mm. 4. Di queste lamine le prime cinque hanno ciascuna una figura d’abrasione completa, tortuosa nelle prime due anteriori e diritta nelle altre, priva ciascuna di quella più volte ricordata dilatazione mediana loxodon- toide. La 6.8 risulta di un elemento laminare mediano, originato dall’unione tra loro di tre piccole isole e di due elementi anulari laterali. La 7.8 invece consta di due isole ellittiche distinte occupanti il terzo esterno, di un elemento laminare mediano e di un’isola ellittica del tutto separata sul terzo esterno. L’8.à infine è formata da sei isole ellittiche, di cui le due mediane già appariscono essere saldate tra. loro. Anteriormente alla prima lamina osservasi la lamella posteriore dello smalto insieme a quella della dentina di un’altra lamina, mentre alla faccia posteriore dell’ultima, che è la sola presente, vedonsi scarsi residui di cemento. La superficie esterna di questo frammento è lievemente convessa e presenta le lamine diritte. La superficie interna è quasi pianeggiante e lascia scorgere le lamine anteriori diritte e le posteriori ricurve con la convessità volta in avanti. e] Lunghezza della corona . 0 6 6 0 o 5 ò o . mm. 104 Larghezza » » ; È k È ; È n 5 v n » 96 Altezza massima 3 . È , c 0 - 5 : i ò » 225 Indice dentale di ogni elemento laminare . . : 5 3 2 0,01223 Se confrontiamo questi tre esemplari di molari terzi superiori, probabilmente appartenenti ad uno stesso individuo, con il paio di molari terzi superiori esistente nel museo di Karlsruhe (223 in 0,300X:0,097), con quello superiore sinistro di Rheinhausen a Bonn (x22x in 0,290X0,078X0,200), descritti e figurati dal PozLIG ”, con quello di Leighton Buzzard che trovasi ad Oxford (220 in 0,254X0,089), con quello di Crayford nel museo Woodwardiano (720% in 0,2667X0,082), descritti da Apawms 2, ed infine con quello dell'Ohio esistente nel museo del collegio reale dei Chirurghi (x 24% in 0,311XX0,101XK0,131), descritto dal FaLconER 3 e poi da L. ApAms*, troviamo esistere tra essi una strettissima somiglianza, concordando nella sottigliezza dello smalto, nella forma delle figure d’abrasione, negli stretti intervalli del cemento e nell’indice dentale. Se li confrontiamo invece con quello di Weimar esistente nella collezione ScawaBE (—!/, 13 in 0,225XX0,100), con quello di Taubach a Monaco (—15 in 0,240XX0,110XX0,155) e con il paio superiore, proveniente da Quarata, che esiste nel museo di Bo- i) H. PoHLIG. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 229 e 234, fig. 101, 101a. 2) LeiTA ApAms. Op. cît., pag. 111. 3) FaLconEr. Pal. Mem., II, pag. 169. 4) LertH ADAMS. Op. cît., pag. 114. [19] A. RICCI 139 logna, descritti e ritenuti tipici di E. frogontherii dal PorLie ®; vediamo che ne differiscono del tutto per la forma delle figure d’abrasione, per la formula delle lamine, per i dischi meno aperti, per l’indice dentale e per le dimensioni. Possiamo dunque senza dubbio alcuno riferire questi tre molari superiori all E. promigenius BLum., come già aveva fatto il PonLIe per quello completo e da me descritto per il primo, presentando tutti ben distinti ed accentuati i caratteri assegnati a questa specie. Un molare terzo inferiore destro permanente, già ricordato e figurato dal PonLiG? e WEITHOFER 3), tipico di 4. primigenins BLum. (Tav. XVI [I], fig. 4), proveniente da Montioni presso Arezzo, trovato nel torrente Castro, si conserva nel museo paleontologico di Firenze e contiene !/, 18 ed ha le seguenti misure: Lunghezza della corona . : . . 3 Z o $ 6 . mm. 268 Larghezza di questa alla 3.% lamina ” b o o c c 0 » 84 » » alla 10.2 » 7 b 7 . ò 0 ; » 50 Lunghezza totale del dente 6 o È . 0 . . o ò » 300 Altezza del dente alla 3.% lamina . È 0 i ; 5 . , » 96 » » alla 11.2 » È A ò 5 5 DEIRA o » 140 » » alla 16.2 » ò i : A 5 6 . 5 DIGI) Questo molare alquanto arcuato non ha tutte le lamine affette dall’ abrasione, essendo intatte le ultime otto posteriori, scisse ciascuna in numerose digitazioni. Il tallone prossimale è formato da 4 a 5 piccole mammille. Alla parte posteriore ed esterna osservasi una specie di raddoppiamento derivante da una tortuosa curvatura, che arriva fino al terzo anteriore del molare. Delle dieci lamine e mezzo in uso, che stanno entro un piano d’abrasione ovale, lievemente incavato lungo la linea mediana longitudinale, largo anteriormente, più stretto posteriormente, un poco obliquo dall’e- sterno verso l'interno e lungo mm. 142, le prime sette hanno ciascuna una figura d’abrasione completamente aperta, tortuosa nelle prime tre anteriori, diritta nelle altre. L°8.* consta di una parte mediana lamellare e due laterali anulari. La 9.* è invece formata di quattro elementi, dei quali i due mediani sono i più grandi derivando ciascuno dalla fusione di due piccole isole anulari. La 10. infine risulta di numerose digita- zioni in incipiente uso. Anteriormente alla prima lamina si osserva la lamella posteriore dello smalto in- sieme a quella della dentina di un’altra lamina, il che c’indica mancare nel dente oltre al tallone an- teriore anche qualche altra lamina, andate perdute forse durante l’escavazione. Le lamine tutte sono alte, un poco distanti le une dalle altre, con i corni laterali diritti, prive del processo mediano acuto e ciascuna ha uno spessore di mm. 8 '/,. Lo smalto è sottile e lievemente cre- spato nella parte mediana di ciascuna lamella. Il cemento di colore giallo rossiccio è mancante quasi del tutto sì nella faccia interna che esterna del dente ed i suoi interspazii completi hanno ciascuno uno spessore di circa mm. 5, quindi ad ogni elemento laminare completo spetta un indice dentale di 0,01368. La superficie esterna del dente è rigonfia in basso ed indietro e lievemente incavata in alto per cui sembra ritorta. Le lamine dentali anteriori in essa appariscono arcuate colla convessità volta in avanti, le posteriori invece diritte. Alla parte sua posteriore e basale scorgonsi infine delle digitazioni ‘accessorie laterali insignificanti. La superficie interna convessa è più regolare e mostra le lamine anteriori lieve- mente arcuate e le posteriori diritte. Nella faccia inferiore o radicale in seguito alla perdita completa i) H. PognLIG. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 193, 199, 206, fig. 79, 87, 92. 2 Ip. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 236, fig. 105. 3) A. WEITHOFER. Op. cit., pag. 113. 140 A. RICCI [20] delle radici vedonsi le estremità inferiori delle lamine prive di cemento, che sono assai più larghe del piano di abrasione e separate tra loro.. Nella faccia posteriore infine, sebbene priva del rivestimento di cemento, non s’osserva alcuna marca di pressione. Altro molare terzo inferiore destro permanente con x 22 x, contenuto in un frammento di mandibola (Tav. XVI [I], fig. 5), parimente ricordato e figurato dal PoxLi&® e ritenuto dal WEITHOFER come tipico di Y. primigenius e trovato presso il Maspino a nord di Arezzo, esiste nel museo paleontologico di Firenze. Del frammento di mandibola si ha solo porzione del ramo orizzontale con il principio della parte an- teriore, inferiore o basale del ramo ascendente, cioè di quella parte che corrisponde all’apofisi coronoide. Il diastema è alto, ripido e rotto in fronte alla superficie esterna, sulla quale si vedono al di sotto della radice anteriore del molare due fori mentali, mentre uno solo ne appare alla faccia interna presso il diastema distante dal suo margine mm.28 e dal margine alveolare mm. 74. Il margine inferiore della branea orizzontale della mandibola è rotto all'indietro per circa cm.14, per cui bene vedesi la parte posteriore della faccia inferiore o radicale del molare con le sue radici. Il molare non ha tutte le sue lamine affette dall’abrasione, essendo intatte e ricoperte dal cemento le ultime due, formate di numerose digitazioni insieme al tallone posteriore. La notevole estensione del dente proviene dal’ fatto che le ultime tre lamine posteriori insieme al tallone prossimale sono straordi- nariamente inclinate, quindi misurando tutta la completa lunghezza del molare viene anche misurata la sua altezza. Delle venti lamine, che trovansi completamente in uso e che stanno entro un piano d’abra- sione piriforme, terminante quasi in punta posteriormente e lungo mm. 252, le prime due insieme al tal- lone distale sono use fino alla comune base, costituendo in seguito alla perdita delle lamelle dello smalto un disco di dentina piano, largo mm. 65 e lungo mm. 31, il quale alla faccia anteriore mostra un’ accen- tuata e scabra depressione interessante in parte anche la faccia anteriore della radice. La 3.2 fino all’11.8. ‘risultano formate di una figura d’abrasione completa, tortuosa, con corni laterali diritti e priva della nota dilatazione mediana loxodontica. La 11.°, 12.° e 13.* hanno invece figure non completamente aperte, es- sendo ancora ben distinto e separato il terzo esterno. La 15.* consta di due elementi anulari laterali e di uno mediano lamellare, nato dalla confluenza tra loro di quattro piccole isole vicine. Le rimanenti in- fine risultano formate di numerose, piccole e separate isole orbicolari. Le lamine sono tutte sottili, piuttosto avvicinate tra loro ed hanno uno spessore massimo di mm. 8. Lo smalto non è tanto sottile, come era nel precedente molare, ma però è finamente ondulato e rego- lare. Del cemento, che è di colore giallo rossiccio, esistono soltanto gli interspazii completi aventi uno spessore al massimo di circa mm. 4. Lunghezza del margine esterno alveolare della mandibola 0 . +. mm. 252 » » interno » » 3 6 3 » 270 Altezza della mandibola presso il diastema . : 6 . 0 » 205 » di essa presso il margine anteriore della CORSNAIRE 6 ” 0 » 160 Larghezza massima del ramo orizzontale 5 : : 0 o Ò » 165 Lunghezza totale del molare . 5 , 0 » 390 » della corona dal margine O del dono fino alla nio È del tallone prossimale ; ; : i ; Ò 5 . - » 290 Larghezza della corona alla 4.8 lamina . o ; . . ò o » 15 » » 10.8 » 3 i ; , - 5 » 97 Indice dentale di ogni elemento laminare completo . d 0 . 0 0, 01208 i) H. PonLIG. Op. cît., Bd. 53, n. 1, pag. 236, fig. 105. ) A. WxrirHOFER. Op. cit., pag. 114. dir [21] A. RICCI 141 Concordando pienamente col PornLie e WrIrHOFER ho riferito pure questi ultimi due veri molari infe- riori, esistenti nel museo paleontologico di Firenze e provenienti dai depositi post-pliocenici dei dintorni di Arezzo, all’E. primigenius Bruw., in quanto che presentano ambedue ben distinti ed accentuati tutti i carat- teri della specie, eccetto quello di avere le lamine non completamente aperte costituite di figure lamellari tra figure anulari. Per devenire a tale determinazione confrontai il 1.° molare terzo inferiore destro, proveniente da Montioni, con quello trovato nei travertini di Turingia a Taubach, esistente nel museo di Miinster (descritto e figurato dal Portie®), il quale ha —18 in 0,260 (max. X 0,280) X 0,078 X 0,120; e con quello che esiste nel museo del collegio reale dei Chirurghi, il quale proviene da Bridport (descritto da Apams?) e che ha—19xin0,2794X0,0762. Il 2.° molare terzo inferiore destro, proveniente dal Maspino, invece lo confrontai con quello che trovasi nella collezione di Dogger Bank (descritto da Apams?) che ha #23 in 0,2984 XX 0,0762; e con quello inferiore sinistro di Westfalia a Miinster (descritto dal PorL1ie4), che ha x 23% in 0,310 X 0,096 XX 0,140. Da tali confronti potei dedurre essere essi del tutto identici tra loro tanto per la forma della corona, per la conformazione delle lamine, per la mole, come anche in parte per l’indice dentale. Paragonati invece con quelli di E. trogontherti, descritti e figurati dal PornLI69), trovai che questi completamente ne differivano tanto per la formula dentaria, per le dimensioni, per l'indice dentale, che per le figure d’abrasione. Molari permanenti conservati in situ in un frammento di vecchio cranio ed in due mandibole nel museo di Arezzo. Nel museo di Arezzo”si conserva un frammento di un vecchio cranio (Tav. XVIII [III]; fig. 1) con un secondo e terzo molare permanente da ambo le parti, il quale proviene dai depositi post-pliocenici dei dintorni di questa città. Tale frammento venne per la prima volta nel 1859 veduto dal Farconer®, il quale dopo avervi ravvisato tutti i caratteri propri della specie, lo ritenne veramente tipico del Mammouth. Nel 1882 il Ponnie”, riscontrata esatta tale determinazione, lo descrisse e ne diede le precise misure; conseguentemente mi limiterò a parlare dei molari, riportando solo in ultimo le misure craniali date dal PoHLIG stesso. In ambedde i molari secondi permanenti, piuttosto laticoronati, mancano il tallone distale e le prime 4 o 5 lamine, le quali, per essere use fino alla comune base, sono ridotte ad un semplice disco di dentina, scabro, rotondeggiante, che nel molare destro è largo mm. 60 e lungo mm. 20, nel sinistro (in cui notasi lungo la linea mediana della faccia anteriore un profondo incavo a guisa di doccia) invece è lungo mm. 26 e largo mm. 66. Il tallone posteriore, in seguito alla pressione esercitata dal molare terzo posteriore, è in ambedue ridotto ad una sottile lamina parallela alla lamella posteriore dello smalto dell’ ultima lamina, però nel molare destro appare formato di varie isole circolari, non essendosi queste ancora completamente fuse tra loro. Il molare destro ha la formula 10 x, mentre il sinistro per essere assai più consumato ha solo 9 x. ‘ H. Poxuia. Op. cit., Bd. 57, n. 5, pag. 315, tav. 3°%, fig. 9,9a. 2) LeirE ADAMS. Op. cit., pag. 119. 3) In. Op. cit., pag. 117. 4 H. PonLIc. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 230. 5) Ip. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 195 a 208. 6) FALCONER. Pal. Mem., II, pag. 242. ? H. PoHnLIG. Op. cîit., Bd. 57, n. 5, pag. 382, fig. 119, 1195. 142 A. RICCI [22] Delle dieci lamine del molare destro, che trovansi completamente in uso e che stanno entro un piano d’abrasione ovale, lungo mm. 130, le prime due a causa dell’ usura hanno le lamelle dello smalto, eccetto quella posteriore della seconda lamina, divise lungo la linea mediana della superficie triturante, quindi ciascuna risulta formata di due parti eguali. Completa fusione poi osservasi tra la lamella posteriore dello smalto della prima lamina con quella anteriore della seconda. La 3. fino alla 10.* hanno tutte una figura d’abrasione completamente aperta, più o meno tortuosa, con corni laterali diritti e priva della più volte ricordata centrale dilatazione angolare. La 10.° infine risulta formata di due elementi laminari, pure alquanto tortuosi, ben distinti e separati tra loro. Delle nove lamine completamente abrase del molare sinistro, che stanno entro un piano d’abrasione ovale, lungo mm. 120, la 1.* è rappresentata da pochi residui della lamella posteriore dello smalto. La 2.3, 3.* fino alla 9.8 hanno tutte una figura d’abrasione identica a quella osservata nelle lamine del molare, destro. La 9.2 risulta infine di un elemento laminare occupante il terzo interno e terzo medio e di due isole anulari distinte e separate tra loro sul terzo esterno. Presso il margine interno di questa nona la- mina si osserva una piccola digitazione in incipiente uso. Le lamine tutte in ambedue i molari sond* lievemente tortuose, strettamente addossate tra loro e cia- scuna ha uno spessore al massimo di mm. 8 !,. Lo smalto è sottile, lievemente ondulato, però alquanto crespato sulla parte mediana di ciascuna lamella completa. Il cemento è di colore giallo rossiccio e cia- scuno interspazio ha uno spessore massimo di mm. 3 #/,; quindi l’indice dentale di ogni elemento lami- nare completo è 0,01182 a 0,012. In entrambi i molari la superficie esterna è assai più convessa dell’interna, che appare quasi pia- neggiante. Nel molare destro, in seguito a mancanza per rottura della parte anteriore del mascellare superiore, vedonsi le due diramazioni della radice anteriore divergenti, larghe ed un poco ricurve colla convessità rivolta in avanti. Nel sinistro invece per essere minore la perdita del mascellare superiore osservasi soltanto la diramazione interna quasi pianeggiante e che ha una larghezza di mm. 40. Ambedue i molari terzi superiori permanenti sono quasi del tutto intatti e nascosti sempre entro l’alveolo ed hanno, per quanto è possibile vedere, una formula di 222. Il molare destro ha soltanto lievemente attaccato dall’abrasione il tallone distale insieme alle prime due lamine, che sono costituite di numerose digitazioni, le quali sul piano di abrasione Livio originato tante piccolissime isole anulari. Il molare sinistro un poco arcuato ha invece il tallone anteriore e le prime tre lamine affette assai più dall’abrasione, per cui sulla sua superficie triturante ogni lamina appare costituita da sei isole distinte e separate tra loro. Le lamine tutte in entrambi questi terzi molari sono alte, sottili, strettamente addossate tra loro, con le lamelle dello smalto sottilissime e ciascuna ha uno spessore al massimo di mm. 7 a 7 '. Gli in- terspazii del cemento sono completi e non oltrepassano lo spessore di mm. 4; quindi dl’indice dentale di ogni elemento laminare completo varia tra mm.11 a 11 //,. La superficie esterna in ambedue è più convessa dell’interna e lascia scorgere le lamine dentali aventi una leggiera direzione obliqua dal di dietro in avanti e dall’alto al basso. . Le principali dimensioni sono le seguenti (quelle riferentisi al cranio sono desunte dal PogLI&!): i) H. PoHLIG. Op. cît., Bd. 57, n. 5, pag. 383. [23] A. RICOI 143 Distanza dal margine superiore dei condili eccipitali al margine distale del piano d’abrasione dei molari o : 5 0 0 ; : . mm. 600 Larghezza del gran foro . ò 5 è ; . . 5 . . » 82 Altezza di questo . x o " 3 ò 5 ò È 7 0 » 65 n Distanza che passa tra i due margini esterni dei condili occipitali . c » 190 Altezza di ciascuno di loro : o 0 È ; 5 o 0 . » 80 Lunghezza della corona del molare secondo destro . o ò 0 ; » 150 » » » sinistro © 0 È 0 a » 150 Larghezza » del 2.° molare destro alla 9.% lamina . o 0 DITO » » » ». alla 5.2 » 7 i 6 > 80 » » » » alla 1.2 » Ò A Ò » 72 » » » sinistro alla 2.8.» 0 . 6 EI ©) F » » » » alla 5.2 » 6 . 0 » 80 » » » » alla 9.2 » A 0 Ò » 63 Altezza massima della corona del 2.° molare destro alla 6.° lamina . o » 55 » » » » sinistro alla 5.8 » _ c » 55 Indice dentale dei molari secondi permanenti 6 6 . 0, 01182 a ‘0, 012 Lunghezza della corona del molare terzo destro ‘ . . . 6 . mm. 260 » » » sinistro . 0 ; a ò » 270 Larghezza massima della corona del molare terzo destro . 2 . 0 » 60 » So » » sinistro 6 0 6 » 65 Altezza massima del molare terzo sinistro alla 5.% lamina 5 . 5 » 205 Indice dentale del molare terzo destro . ò i 5 c ò 0 0, 01083 » » » sinistro . . d 6 o ò ® 0, 01125 Dalla descrizione fatta di questi molari, che ritroviamo essere quasi completamente identici a quelli sopra descritti ed attribuiti all’£. primigerius, che esistono nel museo paleontologico di Firenze e di Arezzo, possiamo benissimo attribuire, come già aveva fatto il FaLconeR ed il PoHie, detto frammento craniale, che ha molta rassomiglianza pure col cranio di Mammouth esistente nel museo di Mannheim e descritto dal PoHxLIG!, ad un individuo della specie E. primigenius Bru. Nello stesso museo di Arezzo trovasi pure un’intiera mandibola (Tav. XVIII [III], fig. 2), alquanto royinata, con un secondo e terzo molare permanente da ambo i lati (forse appartenente allo stesso indi- viduo del frammento di cranio sopra descritto), che possiamo pure riferire all’ E. primigenius (così rite- nuta pure dal PonLIG nel 18822), possedendo tutti i caratteri che sono stati assegnati a detta specie e perchè dopo averla confrontata con quella rappresentata nella Fauna antiqua sivalensis a Tav. XIII, fig. 3, con quella di Wellen a Bonn, con quella di Weimar esistente nella collezione ScHwABE (ambedue descritte dal PoHLIc* ) ed infine con quella di Ilford (descritta da Letra Apams 5), ho trovato esistere tra loro non una perfetta identità ma una strettissima rassomiglianza. Questa mandibola proviene, come il vecchio frammento craniale, dai depositi post-pliocenici dei din- torni aretini, ci è ignota però la precisa località in cui venne ritrovata. Essa mostra un mento assai largo, un diastema appena lievemente inclinato, non tanto alto e rotto superiormente presso i molari da ambo i lati, ed una sinfisi pure alta con la respettiva gronda molto larga. Il ramo orizzontale da ambo i H. PonLIG. Op. cit., Bd. 57, n. 5, pag. 366, fig. 113, 113. 2) Ip. Op. cit., Bd. 57, n. 5, pag. 488, fig. 139, 1889-91; Bd. 53, n. 1, pag. 176 e- 237c. 3) Ip. Op.cit., BA. 57, n. 5, pag. 435, fig. 137 d-e; Bd. 53, n.1, pag. 228, tav. X, fig.44a. 4 LwitE ApaAms. Op. cit., pag. 142-145. 144 A. RICCI [24] i lati è tozzo, basso ed ha il margine inferiore arrotondato, quasi parallelo a quello superiore o alveo- lare. Il ramo ascendente è piuttosto alto, manca dei condili ed ha il margine posteriore pure rotondo. L’apofisi coronoide è rivolta un poco in fuori e posta in avanti del condilo, da cui è separata per mezzo di una lieve incisura sigmoidea. La faccia esterna delle due branche mandibolari è liscia e convessa nei suoi due terzi inferiori, rugosa nel terzo superiore. Nella branca destra al di sotto del secondo molare permanente ossetvasi una perdita della sostanza ossea della lunghezza di mm. 105 e della larghezza di mm. 70, prodotta forse dalla poca accuratezza durante l’escavazione. La faccia interna a sinistra è liscia, convessa e manca posteriormente di una porzione ossea lunga in direzione obliqua circa mm.170 e larga mm. 95, attraverso la quale scorgonsi le estremità inferiori delle ultime lamine dentali insieme alla serie posteriore delle estremità radicali dell’ ultimo molare permanente ; a destra invece questa faccia manca completamente fin presso la sinfisi. Nella branca sinistra alla faccia interna del ramo ascendente subito al di sotto del collo del condilo notasi l’orificio superiore del condotto dentario inferiore, che ha una forma ovale con il maggiore diametro in senso antero-posteriore, a destra questo non si osserva a causa della mancanza della parete interna mandibolare. Il margine alveolare sinistro è completo e soltanto manca una piccola porzione della sua parte anteriore; del destro invece solo esiste il margine esterno. Dei fori mentonieri esterni nella branca sinistra se ne scorgono tre, nella destra solamente uno a causa della perdita della parte superiore diastemale. I fori interni mancano del tutto per la solita causa, ossia per l'assenza della parete interna anteriore diastemale. Il rostro è poco sviluppato. ; Dei molari secondi permanenti, del tutto simili a quelli esistenti nella mandibola di Weimar”, tanto a destra che a sinistra mica il tallone anteriore insieme alle prime 7 o 8 lamine, le quali in seguito alla completa usura sono ridotte ad un semplice disco di dentina scabro, irregolare, terminante anteriormente in punta, largo in entrambi i molari mm. 50 e lungo mm. 35 e su cui scorgonsi alla parte posteriore i re- sidui di due piccolissime isole di smalto. Il molare destro ha la formula 6, mentre il sinistro, per essere meno consumato, ha 7%. Delle sei lamine presenti del molare destro le prime due risultano essere ciascuna formata di due elementi laminari separati e distinti tra loro lungo la linea mediana del piano d’abrasione. La 3.* consta di una figura d’abrasione completamente aperta, rettangolare, con corni laterali diritti. Le rimanenti in- fine insieme al tallone prossimale risultano essere tutte formate di un solo elemento laminare, interno, per cui la superficie esterna del dente è più corta dell’interna, essendo infatti la prima lunga mm. 83 e la seconda mm. 90. Delle sette lamine del molare sinistro le prime quattro hanno tutte figure completamente aperte e le tre rimanenti insieme al tallone prossimale sono identiche a quelle posteriori del molare destro. In ambedue questi molari ogni lamina ha le lamelle dello smalto sottili e lievemente crespate sulla parte mediana e ciascuna possiede uno spessore al massimo di mm. 7. Gli interspazi del cemento sono completi e sottili e ciascuno ha uno spessore massimo di circa mm. 2. Delle radici in entrambi i molari vedonsi le posteriori formanti un unico gruppo e l’anteriore, che nel molare destro è divisa in due rami larghi, sottili e ricurvi a forma di uncino colla convessità volta in avanti; così è pure sul sinistro ove però manca il ramo esterno. Ambedue i molari terzi inferiori permanenti, affatto simili a quelli esistenti nella mandibola di Weimar sopra ricordata, sono quasi del tutto intatti ed in parte ancora sempre nascosti entro l’alveolo. Il molare destro, lievemente arcuato, presenta solo x 17 lamine, delle quali sono intatte le ultime i H. Po&Li. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 228, tav. X, fig. 4,4a. (25] A. RICCI 145 otto posteriori, che risultano formate di numerose digitazioni (sino ‘a 9). Il tallone anteriore a causa del- l'usura è ridotto in questo dente ad una piccola e sottile lamella, che sul piano d’abrasione è larga mm. 20. Delle 9 lamine, che trovansi in uso e che stanno entro una superficie d’abrasione molto più alta ante- riormente che posteriormente e lunga mm. 95, la 1.° consta di un elemento laminare occupante il terzo interno e terzo medio e di un altro elemento anulare sul terzo esterno separato dal precedente per circa mm. 3. La 2.8, 3.* fino alla 6.* lamina ha ciascuna una figura d’abrasione completamente aperta, rettan- golare ed alquanto.tortuosa. La 6.* trovasi nell’identica condizione della 1.°, i due elementi però sono meno discosti tra loro. La 7.* è formata di tre elementi laminari di eguale grandezza. L’8.* e 9.* infine constano di numerose digitazioni in incipiente uso formanti altrettante piccolissime isole orbicolari. Il molare sinistro completo con #23 x, lievemente arcuato come il destro, ha le ultime cinque la- mine insieme al tallone prossimale ancora nascoste entro il canale dentario e straordinariamente inclinate, come si è visto essere nel sopra descritto molare terzo inferiore destro trovato nel Maspino ed esistente nel museo paleontologico di Firenze. Questo molare sinistro, non del tutto affetto dall’abrasione, ha intatte le ultime quattordici lamine insieme al tallone posteriore, le quali appariscono formate di numerose digitazioni, sebbene siano rico- perte da denso strato di cemento. Il tallone anteriore, il quale consta di quattro digitazioni in incipiente uso formanti altrettante piccolissime isole orbicolari, è respinto verso il lato esterno del molare a causa della pressione esercitata da questo sul secondo permanente. Delle nove lamine in uso, che stanno entro una superficie d’abrasione più larga anteriormente e Tinga mm. 95, la 1.2 consta, come è nel molare destro, di un elemento laminare occupante due terzi SH lar- ghezza della lamina e di altro anulare esterno distinto e separato dal precedente per circa mm. 5. La 2.2, la 3.8. e la 4.* hanno una figura d’abrasione completamente aperta, rettangolare ed alquanto DR] tuosa La 5.* e la 6.* risultano di tre elementi laminari di eguale grandezza. La 7.8 è identica alla 5. e 6.%, colla differenza però che nell’ elemento mediano persiste sempre la primitiva distinzione in tre isole. L’ 8.2 è for- mata da 6 isole distinte e separate, delle quali le due laterali sono le più grandi. La 9.* infine consta di numerose digitazioni in incipiente uso. Le lamine tutte in ambedue questi terzi molari permanenti sono sottili, strettamente addossate tra loro e ciascuna ha uno spessore al massimo di mm. 6. Le lamelle dello smalto sono sottilissime, lieve- mente ondulate e di colore bianco madreperlaceo sulla superficie triturante. Gli interspazii del cemento sono completi e ciascuno ha uno spessore di mm. 3 !/,. La superficie interna del molare destro presentasi convessa e lascia scorgere le lamine anteriori ricurve colla convessità rivolta in avanti, le medie quasi diritte e le posteriori parimente ricurve, ma però a convessità rivolta all'indietro. Le principali dimensioni sono le seguenti (quelle riferentisi alla mandibola sono desunte dal PoHL16) ; Lunghezza massima di ogni branca mandibolare dal rostro al collo del condilo . mm. 620 » del margine alveolare fino al margine anteriore della coronoide . È » 220 Larghezza del ramo orizzontale presso il margine anteriore della coronoide . . » 144 Massimo spessore del ramo orizzontale al davanti del 2.° molare permanente . : » 90 Altezza del ramo orizzontale presso il margine anteriore della coronoide o » 145 » » » inclusi i molari anteriormente ed esternamente c do Circonferenza post-molare 0 % 0 0 5 Bo " c CItCAM 000 Altezza del ramo ascendente . è . 0 o . î e 340 % i) H, PoHLIiG. Op. cit., Bd. 57, n. 5, pag. 439. 146 A. RICCI Larghezza massima del ramo ascendente a sinistra 0 ; È « ; . mm. 200 » » » » a destra . ò ì » 165 Larghezza del ramo ascendente presso l’origine inferiore dell’ polsi Sconolde 0 » 185 Altezza del processo coronoideo ) $ o ò " ; 5 » 215 Divergenza massima dei rami ascendenti al colllo dei condi ; sia ; » 506 Lunghezza dell'apertura del canale dentario superiore . 7 È 5 ; ; » 50 Larghezza della medesima . . o o o Ò e : , 6 : » 62 Lunghezza della sinfisi . 0 5 . o c ò o c ; : VSS LO, Altezza della medesima . . ; È . ò 6 ; 5 ; ; 3 » 70 Circonferenza mediana di essa 5 6 5 i o 5 : ; E 3 n 1292 » minima di essa o 3 0 È ò ; ; ». 280 Distanza a sinistra del foro mentoniero superiore sal mediano 5 5 ; B » 35 » » » » » dall’ inferiore . ° . . » 65 » » » » » dall’ estremo rostrale . 0 Ù » 160 » » » » mediano dall’inferiore . 5 ; 0 » 126 » » » » » dall’estremo rostrale . 0 5 » 118 » » » » inferiore » » 3 È ; » 89 » a destra » » superiore » » e 0 0 » 165 Lunghezza della corona del molare secondo permanente destro . : 1 ; » 96 » » » » » » sinistro . 3 3 5 » 108 Larghezza >» » del 2.° molare permanente destro 0 ; , ; 5 » 68 » » » » » sinistro. 5 0 i » 70 Indice dentale di ciascun elemento laminare del 2.° molare di dose : o . 0,00871 » » » » » » di sinistra . 6 ò 0, 00912 Lunghezza della corona del molare terzo permanente destro . 0 ì; o . mm. 171 » totale del molare terzo permanente sinistro per approssimazione . o » 230 » della corona visibile del molare terzo permanente sinistro . ; ; » 2 Larghezza della corona del molare terzo destro alla 3.% lamina . : È 5 » 66 » » » » » alla 9.8 » o 0 a 0 » 40 » » » » » alla 15.2 » > 6 ù È » 38 » » » » sinistro alla 3.8 » . . . è » 68 » » » O » » alla 9.8 » ; ‘ : È » 492 Altezza » » » destro alla 3.8 » . ; ò 5 » 58 » d » » » alla 8.8 » . . o 6 » 145 » » » » » alla 14.2 » » 132 Indice dentale di ciascun elemento laminare completo del ae are terzo per miarionie doo 0, 0095 » » » » » » » » >, sinistro 0, 0092 [26] Devesi finalmente mentovare un ultimo esemplare, già ricordato pure dal PomLie , il quale presenta, come vedremo, distintamente tutti i caratteri attribuiti all’ E. proòmigerius, per cui va pure esso ritenuto come appartenente a tale specie. Questo esemplare è una branca mandibolare sinistra (Tav. XVII [II], fig. 4) incompleta di giovane individuo con il residuo di un ultimo molare di latte insieme ad un primo vero permanente in parte ancora nascosto entro l’alveolo, che proviene dal Ponte alla Nave presso Arezzo e che esiste nel museo paleontologico di detta città. A questa branca mandibolare sinistra, quasi del tutto simile a quelle giovani, esistenti a Bonn e Darmstadt, descritte dal PonLIG ?, manca tutta quanta la parete interna insieme alla metà superiore del- i) H. PoHLIG. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 132. ) Ip. Op. cit., Bd. DT, n. 5, pag. 441, fig. 141-143. [27] A. RICCI 147 l’apofisi coronoide ed il condilo. Il ramo orizzontale basso è assai slanciato ed ha il margine inferiore arrotondato e quasi parallelo a quello superiore o alveolare. Il ramo ascendente è pure sottile, slanciato, privo del condilo ed ha il margine posteriore rotondo. La metà inferiore del processo coronoideo è piegata un po’ lievemente all'infuori e forma col margine alveolare un angolo ottuso. Il diastema piuttosto alto è lievemente inclinato all’indietro ed i suoi margini scorrono in basso fino alla punta in fronte del mento, che è largo, rotondo e possiede un notevole prolungamento rostrale, per cui la sinfisi appare piegata in avanti ed in basso. Dei fori mentonieri ne esistono due alla superficie esterna ed uno all’ interna presso il margine libero del diastema. Dei molari l’ultimo di latte, cioè l’anteriore, è ridotto in seguito all’usura ad un semplice disco di dentina piano, arcuato alla faccia posteriore con la convessità rivolta in avanti, terminante in punta anteriormente, della lunghezza di mm. 40 e della larghezza di mm. 46 sul piano d’abrasione, ove tut- tora esistono posteriormente alcune tracce delle lamelle dello smalto delle ultime lamine. Il molare posteriore (Tav. XVII [II], fig. 5), cioè il primo vero permanente, con #13 (simile a quello di Unkelsteiner a Bonn, contenuto entro la mandibola e descritto dal PonLIG !, con 412 in 0,113X(0,054 ed a quello d’Ilford nel museo inglese, pure contenuto entro la mandibola e descritto da Apams 2, con x12x in 0,132XX0,054) non ha tutte le lamine affette dall’abrasione, essendo intatte le ultime quattro posteriori insieme al tallone prossimale, che appariscono formate di numerose digitazioni, sebbene ancora siano ricoperte dal cemento. Delle nove lamine, che trovansi in uso e che stanno entro una superficie d’abrasione ovale, piana e lunga mm. 84, la prima lamina insieme al tallone distale è usa fino alla comune base e ridotta ad un semplice disco di. dentina lungo mm. 12 e largo mm. 34, su cui però sempre osservansi i residui dello smalto della mammilla mediana del tallone e della lamella posteriore della prima lamina. La 2.* lamina consta di due elementi laminari di eguale grandezza separati tra loro sulla linea mediana del piano d’abra- sione. La 3.2, la 4.2 e la 5.8 hanno ciascuna una figura d’abrasione completamente aperta, alquanto tor- tuosa, con corni laterali diritti e priva della nota dilatazione mediana loxodontica. La 6.* e la 7.* sono formate ognuna di tre elementi laminari di eguale grandezza, però in quello mediano della 7.* dalla parte esterna ancora osservasi la traccia di una piccola isola anulare, che non si è per anche completamente fusa con le altre. L’ 8.* è identica alla 6.2 e 7.8 con la differenza che nell’elemento esterno tuttora per- siste la primitiva distinzione in due isole. La 9.* infine risulta essere formata di numerose digitazioni in incipiente uso (sino a 9). Le lamine sono tutte sottili, strettamente addossate tra loro e ciascuna ha uno spessore al massimo di mm. 5. Le lamelle dello smalto pure sono sottilissime, lievemente ondulate e nelle tre lamine com- plete un poco crespate sulla parte mediana. Gli interspazii del cemento sono completi, di colore giallastro e ciascuno ha uno spessore massimo di circa mm.3 a 3 !/,. La superficie interna del dente, visibile in seguito alla mancanza della parete interna mandibolare, presentasi convessa e lascia scorgere le lamine anteriori ricurve con la convessità rivolta in avanti, le medie quasi diritte e le posteriori parimente ricurve, ma a convessità rivolta all’ indietro. La superficie posteriore pure è convessa e su di essa non si osserva alcuna marca di pressione. La radice anteriore è arcuata, grossa, con la convessità rivolta in avanti e porta le prime quattro lamine. Le estremità radicali posteriori sono rotte, per cui alla faccia inferiore vedonsi allo scoperto le estremità inferiori delle lamine spoglie di cemento e parallele tra loro. i) H. PoHLIG. Op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 132. 2 LerrH ApAms. Op. cit., pag. 102, tav. VIII, fig. 2. 148 A. RICCI [28] Le principali dimensioni sono le seguenti: 7 Lunghezza massima della branca mandibolare sinistra . : , . mm. 520 » » del ramo orizzontale . 5 » 270 » del margine alveolare del diastema al margine dior della coronoide . , ; ; ; 5 ; » 174 Spessore del ramo crise ico presso da dicsizao o OMMI Altezza del ramo orizzontale presso il margine anteriore cao COrOnOido » 117, » del ramo ascendente . o 0 ò ò 6 : ì 6 » 287 Larghezza massima del medesimo . : È o o 0 5 ; » 160 Altezza del diastema incluso il rostro o G c o ; È B » 170 » della sinfisi . 6 5 : o PA i » 60 Distanza del foro mentoniero superiore ii dall’ inferiore . È ; » 97 » » » » » dal margine alveolare. . » 27 » » » » » dal margine diastemale . » 128 » » » » » dall’estremo rostrale 0 » 122 » » » inferiore esterno dal margine alveolare . » 80 SI » » » » dal margine diastemale . » 18 » » » » » dall’estremo rostrale ì ». 6 » » » interno dal margine alveolare . : 3 » 66 » » » » » diastemale . à 6 » 17 Lunghezza della corona dell’ultimo molare di latte . o 0 : . » 40 » » del primo molare permanente . 0 ” 0 » 122 Larghezza della corona dell’ultimo molare di latte . ; h » 46 » » del primo molare permanente alla 2.% lamina ° » 40 » » » » » alla 5.8 » A » 55 » » » » » alla 8. » î L » 44 Altezza » » » » alla 4.2 » Lo » 62 » » » » » alla 8.2 » 5 » 108 Indice dentale di ciascun elemento laminare del primo molare permanente 0,00813 Dalla dettagliata descrizione degli esemplari esistenti nei musei paleontologici di Firenze e di Arezzo, sotto la denominazione di E. primigenvus BLum., chiaramente risulta che tale determinazione è esatta, come già avevano ritenuto per alcuni di questi esemplari il PorLis ed il WEITHOFER e che tutti gli esem- plari ben differiscono da quelli delle altre tre specie europee, E. meridionalis Nesti, E. antiquus Farc., E. trogontherti PonLIG. Non è infine senza interesse constatare che tutti questi resti fossili di E. primigerius si sono trovati in terreni post-pliocenici aretini lungo la Chiana presso il Ponte alla Nave, a Montioni, nel Maspino ecc. insieme a quelli di Castor fiber L. var., Cervus euryceros Atpov., Cervus elaphus L., Bos primigenius Bos, Bison priscus Ow., Rhinoceros hemitoechus Farc., Equus caballus L., Ursus spelnons BLum., Hyaena cro- cuta ERXL., var. spelaca GoLpr., Cervus nine L. ecc. ecc. Ritengo perciò che più non si possa porre in dubbio che 1’ E. primigerius abbia certamente valicato le Alpi, e che abbia abitato in Toscana, contrariamente all’opinione del De-AnGeLIS D’Ossat ed ai dubbi del prof. PoRtIS. Finita di stampare il 16 settembre 1901. CARLO AIRAGHI ECHINIDI TERZIARI DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA (evi OVIT I) Lo studio degli echinidi del Piemonte venne iniziato da FE. Sismonpa con due memorie presentate all'Accademia delle Scienze di Torino nel 1842. I suoi lavori pregievoli ed accurati non sono però privi di inesattezze, e perchè il materiale di cui disponeva era alquanto esiguo e mal conservato e perchè in quei tempi, almeno per quanto riguarda i radioli, nello studio sistematico degli echinidi non si teneva in giusto apprezzamento il confronto colle forme viventi. Alcuni anni dopo G. Mic®ELoTTI (1847, 1861) e E. Drsor, l’uno nei suoi studi sul miocene del- l’Italia settentrionale ®, l’altro nella sua Symopsis des échinides fossiles descrissero diverse forme del Piemonte e qualcuna della confinante Liguria. Recentemente però lo studio degli Echinidi prese maggior sviluppo, e dal dott. L. Borro Micca ? venne pubblicata una monografia degli echinidi del Piemonte estesa alla sola famiglia degli Spatangidi, e molte forme vennero illustrate dal dott. G. pe ALEssANDRI pell’Pl- veziano di Rosignano e di Vignale ®, e molte altre da me pei depositi del bacino della Bormida *. Per quanto riguarda alla Liguria si fece molto meno, e, tranne quelle del MicHeLoTTI e DesorR non si trovano illustrazioni d’echinidi liguri che nei pregiati lavori del prof. A. Issen ®). La bibliografia assai limitata, in parte relativamente antica e in parte riferentisi a echinidi trovati in un dato deposito, o quelli di depositi diversi, ma di una sola famiglia, l'abbondante materiale che in questi ultimi anni si andò accumulando, mi convinsero non essere opera inutile l’accingermi allo studio dell’echinofauna terziaria del Piemonte e della Liguria. Ma se ho potuto compiere questo studio lo debbo alla gentilezza dei chiariss.' prof. TarameLtI, IsseL, PortIs, PARONA, MARIANI che hanno messo a mia disposizione tutti gli echinidi terziari delle sopra dette regioni che si conservono nei R. Musei geologici delle Università di Pavia, Genova, Roma, Torino, e nel Museo civico di Milano, nonchè al sig. LureI dei conti di RovasENDA e al sig. Forma del Museo geologico di Torino, che pure mi spedirono gli echinidi delle loro ricche collezioni private; a loro pertanto la mia più sentita riconoscenza. 1 G. MicueLoTtTI. Descript. des foss. mioc. de l’ Ital. sept. Mém. Soc. Holl. des Se. Haarlem, 1847; — In. Étud. sur le mioc. inf. de V Ital. sept. Mém. Soc. Holl. des Sc. Haarlem, 1861. 2 L. Borto Micca. Contri. allo studio degli echin. ter. del Piemonte. Boll. Soc. geol. ital., vol. XV. Roma, 1896. 3) G. pE ALESsANDRI. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Soc. ital. se. nat., vol. VI. Milano, 1897. 4 C. ArraGHI. Echin. del bacino della Bormida. Boll. Soc. geol. ital., vol. XVIII. Roma, 1899. 5) A. IsseL. Catal. dei foss. della Pietra di Finale. Boll. R. Com. geol. d’Italia. Roma, 1886; — In. Liguria geologica e preistorica. Genova, 1892. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 19 150 C. AIRAGHI i [2] Gli echinidi studiati provengono dalle note località fossilifere di Baldissero, Pino Torinese, Gassino, Sciolze sui Colli di Torino, di Rosignano e di Vignale nel Monferrato, di Castelnuovo nell’astigiano, di Cassinelle, Carcare, Dego, Sassello, Giusvalla nel bacino della Bormida, di Finale Marina, Serravalle Scrivia, Savona in Liguria. Gli echinidi più antichi del terziario del Piemonte e della Liguria sono quelli del calcare di Gassino, chiamato dagli abitanti del sito Bertot e di quello del Caviggione di Bussolino, località queste vicine, e che nel loro insieme costituiscono la formazione di Gassino. Finora della sua echinofauna si conoscevano solamente tre forme: Runa Desori Micanti.), Psammechinus biarritzensis Cort., Stirechinus minimus Mazz.?, delle quali ho creduto bene di tener conto solamente delle due prime, essendo la terza rappresentata da un esemplare a parer mio e di P. pk LoRrIoL, che cortesemente lo esaminò, troppo deteriorato per poterlo determinare con sicurezza, tanto più che si tratta. di portare un contributo alla conoscenza di una fauna fossile raccolta in una località tanto studiata, e a proposito della quale diversi sono i pareri dei geologi. Della formazione gassinese scrissero CoLLeGno 3, PareTo *, Sismonpa 9, MurcHISON 9, GastALDI ‘, MicaeLomtI 9, Costa ®, Secuenza 19, Fucgs !!, Mayer !9), TeLuinI 15), Porris ‘9, Sacco 19), TraBueco 19), DI Rovasenpa 1), ScHAFFER 19), PaRroNA 1°, BassanI 29), Prova ?. Naturalmente di ciò che scrissero tutti questi geologi non rifarò la storia, e rammenterò soltanto che riferita dapprima al sopracretaceo o num- 1) G. MicamLorTI. Descript. nouv. foss. mioc. coll. Turin. Revue et Magazin de Zoologie. Paris, 1861. ? L. DI RovasENDA. I fossili di Gassino. Boll. Soc. geol. ital., vol. XI. Roma, 1889. e © G. CoLLegno. Sur Zes terrains tert. du N. O. de l’ Italie. Compt. rendu, Ace. Sc. de Paris, vol. IV. Paris, 1838. 4 L. PARETO. Relazione d’ escursione fatta a Gassino. Atti d. 22 riun. d. Se. ital. a Torino. Torino, 1840. 5) E. Sismonpa. Descrizione dei pesci e dei crostacei foss. del Piemonte. Mem. R. Accad. delle Scienze. Torino, 1849. 6 R. I. MurcHISON. Mem. sulla strutt. geol. delle Alpi ecc. 1848-49. Traduz. ital., 1850, pag. 125. 7) B. GASTALDI. Lett. pour répon. aux doutes soulev. à propos de la découv. des Pentacrinites ecc. Bull. Soc. géol. de France, série II. Paris, 1845. - 3 G. MicaELoTTI. Vedi oc. cit. i 9 O. G. Costa. Una visita a Gassino. Boll. Ass. naz. mutuo soce. degli scienziati ecc., vol. II, disp. VII. Napoli, 1864; — Ip. Descrizione di alcuni fossili delle colline di Torino. Ann. dell’Acc. degli aspiranti naturalisti, serie III, vol. III. Napoli, 1864; — Ip. Sopra alcuni fossili di Gassino in Piemonte. Boll. Ass. naz. mutuo soce. degli scienziati ecc., vol. II, disp. VII. Napoli, 1864. 10) G. SEGUENZA. Intorno ai brachiopodi mioc. delle provincie piemontesi. Ann. dell’Acc. degli aspiranti naturalisti, serie III, vol. XI. Napoli, 1866. 14) Tg. FucHs. Sitzungsb. d. Ak.d. Wiss.zu Wien, vol. 77, parte I. Wien, 1878. 12) E. MavER. Classif. des terr. tertiaires ecc. Zurich, 1884. 19) A. TELLINI. Le nummuliti terz. dell'Alta Italia ecc. Boll. Soc. geol. ital., vol. VII. Roma, 1888. 19. A. PortISs. Sulla vera posizione del calcare di Gassino ecc. Boll. Soc. geol. ital., vol. V, serie 2. Roma, 1886. 15) F. Sacco. I? bacino terziario del Piemonte. Milano, 1889; — In. Relaz. della escurs. geol. eseguita il 21 settembre 1893 attraverso î colli terz. di Torino. Boll. Soc. geol. ital., vol. XII. Roma, 1893. 19) G. TraBUCcO. Sulla vera posiz. dei terr. terz. del bacino piemontese. Mem. Soc. tosc. sc. nat., vol. XIII, Pisa, 1893;— Ip. Sulla vera età del calcare di Gassino. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIII. Roma, 1895. 17) Vedi oc. cit. 1) Fr. ScHAFFER. Bettrige zur Parall. der Mioccinbild. des piemont. Terticirs mit denen des Wiener Beckens. Jahrb. d.k.k. geol. Reichsanst., vol. XLVIII, fasc. III, pag. 390. Wien, 1899. 19) C. F. PARONA. Nota sui Cefalopodiì terz. del Piemonte. Palaeont. italica, vol. IV. Pisa, 1898. 20) F. Bassani. La ittiof. del calce. eoc. di Gassino. Atti R. Ace. Se. fis. ece., vol. IX, s. 22. Napoli, 1822. 2 P. ProLA. Flora dell’'eocene piemontese. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX. Roma, 1900. dvn [3] C. AIRAGHI 151 mulitico venne collocata più tardi nel miocene inferiore e da taluno nel miocene medio, finchè il PoRTIS, il TELLINI, il SAcco, il DI RovaseNDA, la riferirono al bartoniano, e il TrABUCcO invece parte, ossia gli strati marnosi calcarei del Caviggione di Bussolino, all’eocene (parisiano), e parte, gli strati marno- calcarei di Gassino, o Bertot, all’oligocene (tongriano). Ma più tardi che gli strati marno-calcarei di Gas- sino siano pure eocenici lo hanno dimostrato il PARONA e in special modo il Bassani, il quale conclude che il membro “ calcarifero superiore dell’affioramento gassinese, ossia il calcare -Bertot, cioè il calcare “ di Gassino propriamente detto con le marne che lo inglobano e che gli sono interposte non può essere “ riferito all’oligocene, ma appartiene, al pari degli strati marno-calcarei del Caviggione e di Villa de’ Fi- “ lippi, all’eocene ,; conclusione che non posso fare a meno d’accettare pienamente anch’io in base allo studio dell’ echinofauna ivi raccolta dal cav. L. DI RovASENDA. Le forme riscontrate nella formazione gassinese sono 14, delle quali tre sono e del calcare di Gas- sino o Bertot e di Bussolino o Caviggione (Cidaris subularis D° ArcHIAc, Rabdocidaris Rovasendai n. f., Sismondia Taramellii n. f.), e ciò potrebbe indicare un probabile sincronismo. Una sola venne trovata solamente a Bussolino, il Prenaster alpinus Desor, forma eocenica; delle 13 trovate nel calcare di Gas- sino, quattro sono esclusive di questa località (Rabdocidaris Rovasendai n. f., Sismondia Taramellii n. f., Runa Desorì MicantI., Rovasendia Canavarii n. £.), e le altre sono ‘già note o per l’eocene medio o per l’eocene superiore, e una anche pel tongriano della valle della Bormida come appare dall’ unito quadro. 1 Località diverse SPECIE Fire a Se a ’ DELL’ OLIGOCENE DELL’ EOCENE Echinidi di Gassino 0 Bertot. 1. Cidaris subularis D'ARCHIAC . ; Salita 7 ; ; .| La Gourèpe, Urcuit presso Biarritz, Louer all’o- vest di Montfort, Angoumé, Benesse, Chiampo, Brendola, Schoneck in Baviera, Bude in Un- gheria. . Rabdocidaris Rovasendai n. f. . Psammechinus biarritzensis COTT. . su ; È . .| La Gourèpe, Cote des Basques presso Biarritz, Lonigo, Monteviale, Montecchio. . Runa Desori MICHTTI. 2 3 4. Sismondia Taramellii n. f. 5 6 0 0 6. Echinanthus Desmoulinsi (DELBOS) Desor Blaye, Plassac (Gironda) carrière de la Douane, de la Cittadelle. Te » bufo LBE. . i; È AVA £ À È . | Monte Magro nel Vicentino, Albona nell’ Istria, Priabona. 8. » subrotundus (CoTt.) DESOR Martres, S. Marcel, Aurignac, Montbrun, Marsou- las (Alta Garonna), Sabarat, les Mas d’Azil, Campagne, Montardit, Camarade, S. Jean des Verges. 9Ì » placenta DAMES . ò os 0 " . .| Monte Felice presso Verona, Priabona. 10. Echinolampas Beaumonti AGass. . . | Giusvalla (Bormida) | Palarea presso Nizza, Priabona. 11. Echinolampas blainviensis CorT. . "0 3 É 6 . | Blaye (Gironda). 12. Craterolampas Raulini CoTT. 0 ooiba 5 3 0 . | Hastingues (Landes). 13. Rovasendia Canavarii n. f. " Echinidi di Bussolino o Caviggione 1. Cidaris subularis D’ARCHIAC . . aes ° ; È .| Vedi sopra. 2. Rabdocidaris Rovasendai n. f. B . 3. Sismondia Taramellii n. f. 6 . o 4. Prenaster alpinus DESOR ; 0 0 Gitzischroetli, Blangg, Riegel, Stoeckweid, Ara- gon, Ciuppo, S. Giov. Ilar., Castione (Vicent.). 152 C. ATRAGHI [4] Da questo elenco risulta che strette sono le relazioni echinologiche esistenti tra il calcare di Gassino e le formazioni di Priabona, poichè ben 4 sono le forme comuni ai due depositi, e cioè il Cid. subwlaris D'ArcHIac, I Echinanthus bufo LBr., 1° Echinanthus placenta Dawes, 1’ Echinolampas Beaumonti Agass., forme queste che insieme al Psamm. biarritzensis Corr. vennero già trovate anche in altre località dell’ eocene superiore. Infatti il Cid. subularis D’ARCHIAC, oltre che a Priabona, venne rinvenuto a Urcuit presso Biarritz, a Louer all’ ovest di Montfort, ad Angoumé, a Benesse in Francia, a Schoneck in Baviera, a Bude in Un- gheria ecc.; il Psamm. biarritzensis Corr. a Lonigo, Monteviale, Montecchio, Biarritz ecc.; 1° Echinanthus placenta Dames a Monte Felice presso Verona, l’ Echinolampas Beaumonti Acass. a Palarea presso Nizza, l’Echinanthus bufo Lsr. al Monte Magro nel Vicentino, ad Albona nell’Istria. Ma accanto a queste forme dell’eocene superiore ne stanno altre dell’eocene medio come il Craterolampas Raulini Cort. trovato per la prima volta ad Hastingues (Landes), 1’ Echinolampas blaiviensis Cort., 1° Echinanthus Desmoulinsi (DELB08) rinvenuti a Blaye (Gironda), 1’ Eckinanthus subrotundus (Cort.) a Martre, S. Marcel Aurignac, Montbrun, Sabarat ecc. ecc. Così con tutta la probabilità si può asserire “ che il calcare di Gassino, come appunto “ ha dimostrato il BassanI, è da riferire al Bartoniano basso, e precisamente tra il Bartoniano basso “ e il Parisiano alto ,. di L’echinofauna di Gassino poi nel suo complesso presenta tutti i caratteri di quelle eoceniche vissute in mari litorali. Nell’eocene, come già si è verificato altrove, cessano di vivere le forme caratteristiche dei mari profondi entro cui si depositarono le formazioni cretacee, gli echinidi regolari vanno man mano scomparendo e dei piani più antichi non sopravvivono che pochi generi, come il genere Cidaris, Psam- mechinus, Rabdocidaris, e prendono maggiore sviluppo invece gli echinidi irregolari! i Conoclypeidi, i Clypeastroidei, i Cassidulidei e gli Spatangidi. A Gassino si verifica appunto lo stesso fenomeno; accanto al genere Cidaris, Psammechinus, Rabdocidaris, riscontrati anche in piani più antichi, si rinvennero i ge- neri caratteristici dell’eocene, i generi Sismondia, Runa, Echinanthus, Echindlampas, Craterolampas, Ro- vasendia, genere quest’ultimo nuovo per la scienza, e che va ad aumentare la famiglia degli Spatangidi. Molto più ricca è l’echinofauna del tongriano tanto sviluppato nel bacino della Bormida. Quivi il tongriano nel suo complesso, come è ben noto, risulta costituito da banchi conglomeratici, a grossi ele- menti ciottolosi di natura serpentinosa o diabasica e da marne arenarie in vario modo colorate, grigio- brune, giallastre e ricchissime di fossili. La sua echinofauna venne già per la maggior parte fatta cono- scere da me due anni fa, pur tuttavia, avendo ora potuto avere in esame il ricco materiale del R. Museo geologico di Genova, favoritomi dal chiariss.»° prof. IsseL, ho trovato necessario rivedere l’echinofauna di questo piano così interessante. Essa, escluse quelle poche che non ho creduto di tenere in considera- zione perchè rappresentate da esemplari troppo deteriorati, come il Zoxobrissus Michelotti DesoR, e quelle poche di cui non ho potuto avere gli esemplari già studiati da altri autori, come il Clypeaster Miche- lottào AGass., risulta formata da 43 forme. Di queste, meno una, tutte le altre si riferiscono all'ordine degli echinidi irregolari, ai generi Scutella, Echinocyamus, Clypeaster, Amphiope, Echinanthus, Echino- lampas, Schizaster, Spatangus, ecc., tutti generi proprii di un mare litorale, come del resto indica anche la natura della roccia entro cui si trovarono. Nel tongriano prendono maggior sviluppo i generi già ap- 1) Il dott. P. ProLA (v. Zoc. cit.) studiando recentemente la flora fossile di Gassino venne pure ad una mede- sima conclusione, benchè, secondo le sue determinazioni, la maggior parte delle forme ivi trovate siano del miocene e dell’ oligocene anzichè dell’ eocene. [5] C. ATRAGHI 153 . parsi durante l’eocene, sono gli echinidi irregolari che vengono ad occupare il posto degli echinidi rego- lari che durante il terziario antico, come già dissi, incominciano a diminuire. Se dall’echinofauna ton- griana si escludono le forme che finora non vennero trovate ancora in altri depositi (Clyp. Paronai ArR., Clyp. Taramelliù Atr., Clyp. Isselì n. f., Scutella Isselìi n. f., Scutella Paronai n. f., Scutella Marianti n. £., Scutella Lamberti n. f., Amphiope pedemontana Arr., Echinolampas cassinellensis pe Lor., Linthia Lorioli ArR., Pericosmus aequalis Micamti., Pericosmus Paronai Air.), 31 sono quelle che permettono dei criteri cronologici, e dal quadro che unisco risulta evidente ch’essa è costituita non solo da forme esclusive del tongriano, ma da forme che vennero trovate in piani più antichi, come in quelli del nummulitico di Biarritz e della Svizzera, e in quelli che aprono la serie stratigrafica dell’oligocene nel veronese e vicentino, e da forme comuni a terreni più recenti, come quelli miocenici della Corsica, Sardegna, Malta, comprendendo così forme dell’eocene insieme a forme del miocene. 154 SPECIE Echinidi del tongriano 1. Cidaris striatogranosa D’ArcHAC 2. Echinocyamus pyriformis AGAss. 3. Clypeaster Michelini L5x. 4. » placenta MIcHTTI. 5. » Paronai Arr. 6. » Taramellii ATR. T. » pentagonalis MICHTTI. . 8. » Beaumonti SIsm. . Do » Taganoides AGASS. 10. » Isseli n. f. 11. Scutella subrotunda Lam. 12. » Isseli n. f. 13. » Paronai n.f. 14. » Marianti-:n.f. . 15. » Lamberti n. f. 16. Amphiope pedemontana ATR. 17. Echinanthus Oosteri DE Lor. 13. Echinolampas Beaumonti Agass. 19. » cassinellensis DE Lor. 20. » eurysomus AGASS. 21. » Studeri AGASS. 29 » Escheriì AGASS. È 23. » affinis (GoLDr.) AGASS. . 24. » globulus LBA. 25. » similis AGAss. 26. Brissus corsicus CortT. 27. Linthia Capellinii pe Lor. 28. » Lortoli Arr. 29. Schizaster ambulacrum (DESOR) ni 30. » Studeri AGASS. 31. » vicinalis AGASS. . 9 32. » rimosus DesoR 33. » Desori WRIGHT . 5 ; 34. ò corsicus AGASS. 35. » lucidus LBr. 36. Per icosmus aequalis MICHTTI. 31. » spatangoides (Dnsor) DE Ta 38. » Paronai A1r. 39. » Peroni CoTT. 40. » latus AGASS. c 0 41. Macropneustes Desori (MERIAN) oa . Euspatangus ornatus (Desm.) AGass. » minutus LBE. . [6] C. ATRAGHI LOCALITÀ DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA Jassinelle, Sassello, Mornese, Pareto, Buchera di Tagliolo Sassello . Lerma presso Ciao Dego Carcare Cairo Montenotte Bricco delle Chiappe, Pareto, halo Mioglia, Sassello, Squaneto, Dego, Tagliolo, Cassinelle, Montenotte ) Carcare . Carcare . Sassello . Mornese, Dego Dego Mornese Sassello . . i . ; 5 3 A ; f i Dego ò Dego, Mioglia, Pale S. Giustina, Guraà, Sinne coia Ml cuce Carcare, Molare Giusvalla Dego, Cassinelle, CGRR Soon Mioglia, Paci Rebonro, Boccheia Cairo, Squaneto, Giusvalla, Millesimo o È è i Carcare . Carcare . £ Cassinelle, Molare . o Cassinelle, Carcare, Cairo, Sao, Millesimo, S. Ghcilto, Molare Carcare . Millesimo Dego Carcare . Carcare . Carcare 6 Cassinelle, Carcare, Desa Giosnardo, Parete Carcare, Sassello, Squaneto, Giusvalla, Mioglia, Cairo . Carcare . 5 ò Carcare, Cassinelle, Does 0 E A 0 . . Carcare, Cassinelle Dego Dego Carcare . Cassinelle, Cuchera 0 È Carcare . Sassello, Mioglia, Cariola CERO Monicoono Carcare . Carcare, Giusvalla Cassinelle, Molare, Carcare, Sassello, Dego, Giusvalla, Mioglia, Pareto, Reboaro ae 7 1 GS] c. AIRAGHI 155 ALTRE LOCALITÀ o È 098 a ® 3 E Co) È 2 ® Sa Q_ AS o O) 2 Gi SS |E88|s8885|-SA| se | d& È FE |'B2S | 2535 | off] 88 3 w AQ | BSP | 52 BSg| ca DA © ds | Ass |#589| Sa #4 | #3 | 8 ZE ast Q ix E be] S SA SI BIS EE sai tia deo A SL e Sta, VE on DA ZA ei il Da ae SL gun sn > e La pot SL e, = sla = sla sla 3 i sr PES se SÙ po pat da de + IL EL 2A dE Se ola nor SP = = sa = + ma + ma = = = ala si za = i nu 7 ala TR sia sla = +" = de st SL pt al Rat 2A dini AL SL = pai de d5, er: 6 DE RI dl dl E Ss — + DS = > sj da, E di DE Vi fi Ret si LL an ge da pat pe 36 su 2 fi nur SI DE CCEZeonA=. so ri “i SP nta sia 3 o = pae 2A ee Ju Dan da ue Ae pei do St © "Pr 5F _ = = = — de: BS CRA peo Ls I DA e =? = Ts > AP " + _ > OA = —- = dr) qu = ee ea, E e ale elet Bordeaux, Bruxelles ecc. Monte Brione presso Riva. Monte Tauro. Leognan, Saucats, Dambery près Gornac (Gironda), Por- tinho (Portogallo) ecc. Palarea presso Nizza. > Cassel, S. Gilles-les-Bruxelles, Forest, Laeken, Dieghem, ecc. Plassac près Blaye, les Cones Augereau près Plassac, ecc. Vignaccia presso Pievebovigliana (Camerino). Pinguente, Punta Grossa, Muggia (Istria). Nizza, Vaugelade près Vence (Var). Baden. Préchacq (Landes), Montserrat (Barcellona), Vich (Cata- logna ) ecc. 156 C. AIRAGHI [8] Da questo quadro infatti risulta che 13 forme di questa fauna tongriana vennero trovate negli strati che aprono la serie stratigrafica dell’oligocene nel Vicentino e Veronese (Clyp. Michelini Lsr., Clyp. pla- centa Micarti., Echinolampas Beaumonti Acass., Echin. globulus LBr., Scutella subrotunda Lam., Schizaster ambulacrum [Drsor] AGass., Schiz. rùmosus DesoRr, Schiz. lucidus LBe., Schiz. vicinalis Acass., Schiz. Studeri Acgass., Pericosmus spatangoides [Desor] pe Lor., Euspatangus ornatus Acass., Euspatangus minutus LBE.), 6 nel terreno nummulitico di Biarritz (Cidariîs striatogranosa D’ARCHIAC, Clypeaster pentagonalis MIcETTI., Schizaster ambulacrum [Desor] Agass., Schiz. ròmosus Desor, Schiz. vicinalis AGass., Euspatangus ornatus Acass.), 8 nel terreno nummulitico della Svizzera (Ecrinanthus Oosterì pe Lor., Echinolampas eurysomus Acass., Echin. affinis [Gorpr.] Acass., Echin. Studeri Agass., Echin. Escherì Acass., Pericosmus spatan- goides [Desor] DE Lor., Schizaster rimosus Dxsor, Macropneustes Desori |MàRIAN] DesoR), 12 nella molassa serpentinosa di Montese e di Salto (Eckinolampas affinis [GoLpr.] Agass., Echin. similis Agass., Echm. globulus LBE., Echin. eurysomus Agass., Echin. Escheri Agass., Echin. Studeri AGass., Linthia Capellinò DE Lor., Schicaster vicinalis AGass., Schiz. ambulacrum [Desor] AGass., Schiz. rimosus Desor, Schiz. Studeri Acass.), 3 nelle arenarie verdi ad Echinolampas conicus di Belluno (Scutella subrotunda Lam., Echinolampas affinis [GoLpr.] Agass., Schicaster Desorì WRIGHT), 7 nel terreno miocenico della Corsica (Olypeaster Beau- monti Sism., Clyp. laganoides Acass., Scutella subrotunda Lam., Brissus corsicus Cort., Schizaster Desori WRIGHT, Schiz. corsicus Aaass., Pericosmus Peroni Cort.), 4 nel terreno miocenico della Sardegna (Brissus corsicus Cort., Pericosmus latus AGass., Schizaster Desori WrIGHT, Scutella subrotunda LAw.), 2 nel terreno miocenico di Malta (Schizaster Desori Wricat, Pericosmus latus AGASss.). Minori confronti permette la fauna echinologica aquitaniana perchè, come già dissi due anni fa, se i molti esemplari di Eckinolampas plagiosomus (AGAss.) Cor. e di Pericosmus a grandi dimensioni, sono sufficienti per dimostrare che le arenarie entro cui si trovano, si depositarono in un mare abbastanza profondo, credo che basandosi solamente sullo studio delle poche forme di cui risulta finora formata, non si abbiano dati sufficienti per stabilire con. certezza la posizione stratigrafica dei grandi banchi d’arenaria del R. Ravanasco e di Visone. Detta echinofauna risulta formata da 5 sole forme, delle quali due, Copto- soma Alexandri Arr., Pericosmus Marianti Amr., non vennero finora trovate in altre località, e una, il Pericosmus spatangoides (Desor) DE Lor., è comune al tongriano e all’eocene, le altre, EcXinolampas pla- giosomus (Agass.) Cort., Spatangus corsicus Desor, al miocene. ; Maggiori conclusioni non permettono pure i grandi esemplari di Toropatagus italicus (MANZ.) PoMEL, di Linthia cevense B. Micca e di Spatangus Pareti Desor, trovati nelle marne langhiane di Val Bogliona e di Ceva, poichè solamente il Toropatagus italicus venne trovato e nello Schlier delle colline di Bologna, Ancona e nella molassa serpentinosa dei dintorni di Guiglia, mentre le altre due sono esclusive di queste marne. Più interessante, per la varietà e ricchezza delle forme, è invece l’echinofauna elveziana. La forma- zione elveziana, come è noto, assume uno sviluppo notevolissimo nelle colline torinesi, nella Val Scrivia, nel Monferrato, e in Liguria a Finale Marina; si presenta con varie facies litologiche, di conglomerati, di marne diversamente colorate e sempre con molti fossili. Per quanto riguarda gli echinidi, diverse sono le modificazioni che ho potuto fare, avendo riunito in sinonimia parecchie forme considerate come forme autonome, così riferii al Cidaris avenionensis Desmout., il Cidaris variola Sisw., il Cidaris Misteri Sism., il Cidaris spiralis DesoR, il Cidaris anceps MicantI., il Cidaris caryophylla Sim.; al Cidaris rosaria BRONN, O [9] C. ATRAGHI 157 il Cidaris serraria BRoNnN, il Cidaris saheliensis Power; al Cidaris Peroni Corr., il Cidaris Miinsteri Mex.; al Diadema Desorì Reuss, il Diadema saheliensis Power; al Psammechinus parvus MicamtI., il Psammechinus Michelottii Desor; all’ Echinocyamus Studeri Stsm., 1’ Echinocyamus pyriformis De ALess.; al Clypeaster pentagonalis MicantI., il Clyp. biarritzensis Cort.; al Clyp. intermedius Agass., il Clyp. Miche- lotti IsseL; all’ Echinolampas hemisphaericus Law., V Echin. Studerì Sism., V Echin. affinis De Avess., 1 Echin. pilus pe Aness. e infine al Pericosmus pedemontanus DE Atess., lo Schizaster ozzanensis DE ALess. Aggiungo inoltre che diverse forme vennero erroneamente citate da alcuni autori per l’elveziano del Piemonte e della Liguria, così ad esempio il Clyp. Beaumonti Sisw., il Clyp. laganoides Acass., V Echinolampas si- milis Acass., 1 Echinolampas affinis (GoLpr.) Acass., studiati dal Sisxonpa e da lui ritenuti come prove- nienti dalla collina di Torino, provengono invece, secondo il parere dei chiariss.® prof. PARONA e Sacco da Carcare nel tongriano del bacino della Bormida. In un errore simile è incorso anche il dott. Borto Micca, che cita come proprie della collina di Torino 1° Euspatangus elongatus Acass. e l Euspatangus mi- nimus Sism., mentre invece gli esemplari di queste forme che si trovano al R. Museo di Torino, già illustrati dal Siswonpa e dal CortEAU, provengono, come è noto, dall’ eocene del nizzardo. Nella Syropsiîs del DesoR si trovano ricordate due forme, Diadema Sismondae Desor, Euspatangus lateralis DesoR come provenienti dalla collina di Superga; non avendo avuto in esame queste forme che imperfettamente ven- nero descritte e non figurate dal Desor e non essendo state trovate in altre località, non credo conve- niente di farle figurare nell'elenco degli echinidi elveziani, tra i quali non credo pure di ricordare il Cidaris incurvata del Siswonpa, perchè rappresentato da un misero radiolo molto abraso, indeterminabile, non avente altra particolarità che quella d’essere un po’ curvo. Delle 39 forme elencate, la maggior parte si riferiscono ai generi Clypeaster, Echinocyamus, Schizaster, Brissopsis, Spatangus, Euspatangus, tutti generi che durante l’ elveziano raggiungono il loro massimo svi- luppo, mentre invece, gli echinidi regolari, che durante l’eocene, come dissi, andavano scomparendo, con- tinuano sempre più a diminuire. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 20 irc 158 C. ATRAGHI [10] SPECIE LOCALITÀ DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA Echinidi dell’ elveziano 1. Cidaris melitensis FoRBBS. ‘Colli di Torino (Baldissero) 2. » fragilis n.f. Colli di Torino (Baldissero, Val Cani Dm dei Bosdi io Batteri, S. Antonio Val Soufrà) d. » avenionensis DESMOUL. Colli di Torino (S. Antonio, Bosuo Camilo Gaga, Riso donà, Monterosso, Val Geppi, Tetti Garrone, Cima Resi Bocchetta di Sciolze, M. Giovet, Villa Forzano, Pino Torinese, M Mesia, Baldissero, Sciolze), Rosignano, Serravalle Scrivia ò 4. » oxyrine McH. Colli di Torino (S. Antonio, Bosco Grande, Monterosso, Baldissero, Seula, Tetti Garrone), Serravalle Scrivia . c - DI » zeamais SISM. Colli di Torino (Grangia, Termo fourà, SAnCoÌ Rio Pata Rocco Rufino, Pino Torinese, M. Cappuccini), Rosignano, S. Giorgio 6. » rosaria BRONN ù Colli di Torino (Sciolze, S. Antonio, Pino Torinese, Pala earo), Rosi- gnano, Serravalle Scrivia SITO » belgica Cont. Colli di Torino (Termo fourà), Rose S. Elarasio Motti Ozzano. 8. » florescens n. f. Colli di Torino (S. Antonio, Cima Resca, Tetti Sena Sciolze) . 9. » Peroni Com. Serravalle Scrivia . i 10. Diadema Desori REUSS Colli di Torino (Grangia, S. Agia), Masa 11. Arbacina parva (MICATTI.) Colli di Torino (Grangia, S. Antonio, Sciolze, Baldissero, Piani dei EpEchil M. Cappuccini, Villa Nicolas, Villa Bellino, Termo fourd), peiEnano, Serravalle Scrivia o 12. Hipponoe Parkinsoni (AGAss.) CoTT. Colli di Torino (Grangia, S. Avion Rio also, Villa Vergnano, | Villa Faucigny), Monte Vallassa 13. Echinocyamus Studeri (Sisw.) DESOR Colli di Torino (S. Antonio, Grangia, meio fourà, Dio sr Boschi, Sciolze), Rosignano . 0 o o $ ; 14. Clypeaster laganoides Acass. Finale Marina 15. » altus LAM. . Colli di Torino (Rio ario) 16. » crassicostatus AGASS. Colli di Torino (Villa Forzano, Rio Batteria) Rosignano, Caiollo d’ U- viglie, S. Giorgio Monferrato . - . ò 17. » intermedius DESMOUL. Colli di Torino, Finale Marina 18. » gibbosus (Risso) M. pe SERRES Rosignano, Vignale 19. » latirostris AcAss. Colli di Torino 20. Echinolampas plagiosomus (AGASs.) Cons Rosignano, Vignale DI » angulatus MERIAN. Rosignano 22. » hemisphaericus Lam. Rosignano, viale Finale Moana 23. Brissopsis întermedius (Sism.) DESOR Colli di Torino (Baldissero) 24. » Borsonîî (Sism.) DESOR Colli di Torino Ce Val Ceppi) 25. » Genei (Sism.) DESOR Pecetto o o Ò . 0 . ò . o 26. Schizaster Bellardii Acass. Colli di Tosi . 5 27. » Scillae (DasmouL.) Agass. Colli di Torino (Baldissero, Foa dei Badia), Tisianono, Viole 28. Pericosmus latus Agass. c Colli di Torino, Vignale 29. » Edwardsii AGASS. . , Colli di Torino (Rio Batteria) 0 . 0 30. » pedemontanus De ALESS. Colli di Torino (Pino Torinese), Cellamonte, Ozzano 31. » Orbignyi CoTT. Colli di Torino (Val Geppi) 32. Heterobrissus Formai n. f. Colli di Torino (Pino Torinese) 39. Mariania Marmorae (Desor) Colli di Torino . 34. » chitonosa (SIsm.) Colli di Torino, Rosignano o 0 . 0 o È o e 35. Zuspatangus Melii n.f. Colli di Torino i 0 c 0 à a . o a È o 36. Spatangus corsicus DESOR . 0 0 Rosignano 37. ” austriacus LBE. Varzi, Monte Talas 38. » Botto Miccai VINASSA . Colli di Torino (Baldissero, Pino itoiaoso, Tetti Ciro) 159 [11] C. ATRAGHI è E (CI * eu so 3 E Gi e SI ESE f Elea ea ALTRE LOCALITA Ss | SL | 50) dol da du Ria i ELE ES MESE eee 3 106, ESA etico [loda | Ses E Ss SA |a Rai S 22 | e | e ee Na 5 È Sa LEE tei F 3 3 Miocene Pliocene =) S n=) be] ie — è -_ + - + 6 -- |Isoladi Pianosa, Monte della Verna, Avignone, S. Paul-Trois- Chàteaux, S. Croix (Vaud), Camp Morand (Algeria), ecc. cai «Da e e = noi ; 5 o 6 5 5 1 È . +. | Bacedasco, Tabiano. pe 3 sa = = — | Camerino, Algeria 0 Bacedasco, Tabiano, Zi- — + - _ — — EGRITDE (Anversa), Basele Momo), € ecc. nola. —_ = - + 3 — | Isola di Pianosa, Bas des Angles, Nòtre Dame du Chateau. i) per Si 2 sa — | Algeria, Bacino di Vienna Crescentino, Bordighera ecer = sl = IL 5 — | Molassa di Foz. Re ES PS i = -— | Cipro + = - = 2 — | Monte Tauro — = - + + + | Bordeaux, Dax, Asia Minore, Orano (Algeria), ecc. . Isola di Pianosa. —_ — — + | 2.3. — | Brunn presso Vienna, Hoestein presso Eisensdalt. = _ — — | 12. — | El Biar (Algeria), M. Tauro, ecc. ecc. . — - —_ + 4 — | Montpellier, Nizza, Cordova, M. Tauro, ecc. Isola di Pianosa. = _ _ —_ 3 — | Antonimina (Reggio C.), Morea, Gaudendorf, ecc. - + + + |2.3.6. Monte Cedrone, Capo Gauronne presso Hastingues. — + Camerino, Monte Cedrone, Isola di Pianosa, ece. = + + | + 6 + | Reggio Calabria, S. Paul-Trois-Chàteaux, Cipro, ecc. Riorso di Castellarg.° ece. — _ - — = — |. Bra. ne SS SE SE, 5 25 A Astigiano. Ac Sr 2A pes Se a Bra, Grignasco. = + i + |3.4.5.| -+ | Perpignano, Baden Renna), Tizi Ouzou (estone Grillos (Lisbona) Astigiano, Anversa ecc. Ss + + + [3.4 + | Val dell’ Amiene, Madeira ecc. ece. = + Sri PESA pra ESS Ù | -|-|+|.+|- 3 SI = n _ -- |3.4.5.| — | Val dell’ Amiene, Monte della Verna, Ciano d’ Enza. = + _ = — — | Bayersdorf (Meissau). *Mi riferisco alle zone stabilite da LocARD A.; vedi in proposito: Descript. de la faune tert. de la Corse. Ann. Soc. d’Agrie. Hist. nat. de Lyon. Lyon,1876. 160 C. ATRAGHI [12] Da questo elenco si vede che le forme comuni al tongriano sono il Clyp. laganoides Acass. e il Pe- ricosmus latus AGAss., quelle comuni ai terreni pliocenici il Cidaris rosaria Bronx, il Diadema Desori Reuss, 1’ Echinolampas hemisphaericus LAm., il Brissopsis Borsonti Stsw., il Brissopsis Genei Stsw., lo Schizaster Scillae (DesmouL.) Acass. Maggiori appaiono le relazioni che passano tra 1’ &lveziano del Piemonte e della Liguria colla molassa marnosa di Montese, poichè 10 sono le forme in comune (Cid. melitensis FoRBES, Cid. avenionensis Desmout., Cid. belgica Cort., Hipponoe Parkinsoni (AGass.) Cort., Spatangus corsicus AGASS., Spatangus austriacus LBr., Pericosmus latus Acass., Pericosmus Edwardsti AGass., Schizaster Scillae (DesMoUL.) Acass., Echinolampas hemisphaericus Lam.), alcune delle quali vennero trovate anche nello Schlier delle colline di Bologna e precisamente lo Spatangus austriacus LBE., il Pericosmus latus AGass., e 1’ Echino- lampas hemisphaericus LAM. Col miocene della Sardegna strette pure sono le relazioni; ivi vennero trovati il Cid. avenionensis Desmout., il Cid. Peroni Cort., 1 Hipponoe Parkinsoni (Acass.) Cort., il Clypeaster gibbosus (Risso) M. DE SERRES, il Clyp. crassicostatus Agass., il Clyp. altus Law., il Clyp. intermedius DesMOUL., l Echindlampas hemisphaericus Law., il Pericosmus latus AGass., il Pericosmus Orbigryi Cort., lo Schizaster Scillae (Desmout.) AGAss. e lo Spatangus corsicus AGAss., che figurano anche nell’ echinofauna elveziana del Piemonte e della Liguria. Se si paragona poi questa echinofauna con quella del miocene della Corsica si vede che due sono le forme che figurano nella zona a Clypeaster 1 (Clyp. crassicostatus Acass., Olyp. inter- medius Desmoun.), 7 nella zona a Pecten bonifacensis (Cid. Peroni Cort., Clypeaster crassicostatus AGASS., Clyp. latirostris Agass., Schizaster Scillae (DesmouL.) AGass., Pericosmus latus AGaAss., Mariania Marmorae DEsoR sp., Spatangus corsicus AGass.), 4 nella zona a Pecten cristutus (Clyp. gibbosus (Risso) M. DE SERRES, Schi- zaster Scillae (Desmoun.) Acass., Pericosmus latus AGAss., Spatangus corsicus AcASS.), 3 nella zona a Cerites et Pleurotomes (Hipponoe Parkinsoni (Acass.) Cort., Schizaster Scillae (Desmovr.) AGass., Spatangus cor- sicus AGass.), 2 nella zona a dents de poissons (Cid. avenionensis Desmoun., Echinolampas hemisphaericus Lawm.). Infine se la paragoniamo alla echinofauna miocenica di Malta si vede che in tutte e due vi sono le seguenti forme: Cid. melitensis ForBES, Cid. avenionensis Desmour., Echinocyamus Studeri (Sisw.), Clypeaster altus Lam., Echinolampas hemisphaericus Lam., Pericosmus latus AG4Ass., Schizaster Scillue (DES- MOUL.) AGAss. Dell’ echinofauna del tortoniano nulla si può dire, poichè risulta finora formata da tre sole forme: Micropeltis Isseli n. f., Arbacina Isseli n. f., Anapesus hungaricus (LBE.) Lamg., delle quali due sono nuove per la scienza, e l’altra è comune al pliocene di S. Colombano lodigiano , al pliocene di Castellarquato, di Parlascio, di S. Frediano nelle colline di Pisa 3) e del Leithakalk di Bid nel Comitato di Pest 4. Gli echinidi del pliocene (piacenziano, astiano) sono 19, di questi alcuni sono comuni al miocene come il Cid. rosaria Bronn, il Diadema Desori Reuss, Echinolampas hemisphaericus Lam., Brissopsis intermedius 1) Mi riferisco alle zone stabilite da LocarD A. vedi in proposito: Descript. de la faune tert. de la Corse. L, c. 2) C. ArraGHI. Echin. del plioc. lombardo. Atti Soc. ital. scien. nat., vol. XXXVII. Milano, 1898. 3) P. E. Vinassa DE ReGNY. Echin. neog. del Museo parmense. Atti Soc. tosc. di scien. nat., vol. XV, Pisa, 1897; — A. Manzoni. Echin. foss. plioc. Atti Soc. tosc. di scien. nat., vol. IV. Pisa, 1880. 4 G. Lausr. Echin. der Oest-Ung. Tert. Heraus der k.k. geol. Reichsanst. Wien, 1871. fia [13] C. ATRAGHI 161 (Sism.) DEsor, Brissops. Genei (Sisw.), Brissops. Borsonti (Stsm.), Schizaster Scillac (DesmouL.) AGass., altri sono tuttora viventi nei nostri mari come il Dorocidaris papillata (Leske) Agass., 1 Echinus melo Law., l Echinus esculentus L., 1 Echinocyamus pusillus Minn., lo Spatangus purpureus Murn., e ciò potrebbe di- mostrare come le condizioni del mare pliocenico d’Italia non dovevano essere notevolmente diverse da quelle attuali del Mediterraneo. 162 C. ATRAGHI [14] LOCALITÀ DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA SPECIE | ma) 7. | Piacenziano Astiano | | Echinidi pliocenici 1. Cidaris Desmoulinsi Sism. . Zinola, Ponte S. Quirico, Ponte di | Astigiano Crescentino. 2. » rosaria BRONN | Zinola | Castelnuovo d’ Asti 3. Dorocidarîs papillata (Lesxe) Acass. | Genova, Zinola, Albenga, Avenzano | 4. Diadema Desori Reuss î | Crescentino, Bordighera, R. Torsero | 5. Echinus melo Lam. | Montecastello 6. » esculentus L. Astigiano 7. Psammechinus astensis Stsm. Astigiano. (0 0) Ho) 10. Hemiaster ovatus (SISM.) 11. Brissopsis intermedius (Sism.) DESOR . 12. » Borsonti (Sism.) DESOR' 13. » Genei (Sism.) DeSsoR 14. » lyrifera AGass. 15. Schizaster braidensis B. Micca 16. » Scillae (Desmoun.) AGass. 17. » maior DESOR 18. Spatangus purpureus Munn. 19) » Rovasendai n. f. . Echinocyamus pusillus (MULL.) Ar. AGass. . Echinolampas hemisphaericus Lam. Zinola | Zinola, Bra Bra Mondovì, Bra, Grignasco Bra Zinola, Bra Albenga, Bra, Grignasco Bra Castelnuovo d’ Asti Castelnuovo d’Asti, Montecastello. Castiglione . Montecastello Montecastello Castelnuovo d’ Asti Astigiano Astigiano Pecetto. C. ATRAGHI 163 ALTRE LOCALITÀ Miocene Pliocene Mari attuali Camerino, Rosignano, Sciolze Collina di Bologna, Bacino di Vienna Rosignano, Colli di Torino. Sardegna, Corsica, Malta, Cipro Colli di Torino. Colli di Torino. Pecetto (Colli di Torino). Sardegna, Corsica, Malta, Asia Mi- nore 6 ò ; i; Col de Sidi-Moussa, Laperlier presso Algeri. Bacedasco, Tabiano ecc. Bacedasco, Tabiano, Riorzo, Castell’ Arquato, S. Colombano lodigiano o c : Porto d’Anzio, S. Colombano lodigiano o È Ò : Castell’ Arquato, Porto d’Anzio, Parlascio, S. Frediano. Riorzo di Castellarquato. Riorzo di Castellarquato, Castrocaro . n S. Colombano lodigiano, Palermo, Anversa. S. Colombano lodigiano. Usigliano di Lari, Monteleone Calabro È a A n Mediterraneo. Mediterraneo. Mediterraneo. Mediterraneo. Mari del Nord. Mediterraneo. 164 C. ATRAGHI [16] DESCRIZIONE DELLE SPECIE I. Gen. Cidaris Kxrin, 1734. 1. Cidaris subularis p’Arcarac. — Tav. XIX [I], fig. 9-13. 1846. Cidaris subularis v’Arcurac in Agassiz et Drsor. Catal. raîs. des échin. Ann. Sc. Nat. Zool., part. I, pag. 336. 1846. — semiaspera D’Arcuiac in Agassiz et Desor. Ibid., pag. 336. 1891. — subularis G. Comrav. Pal. Frang., Terr. tert., Hoc. Echin., t. II, pag. 422, pl. 304, fig. 1, 1b, (cum syn.). Radioli allungati, cilindrici, un po’ rigonfi alla base, guarniti da granuli sporgenti, acuti, subcompressi, riuniti da una piccola costicina, disposti spesso in serie regolari. Colletto corto, striato, capo ben sviluppato, anello sporgente, faccia articolare liscia. I radioli che riferisco a questa forma sono alquanto varii, sono più o meno lunghi, più o meno rigonfi in vicinanza alla base, e talora perfettamente cilindrici. I granuli talora, invece di essere acuti, sono ottusi e rotondeggianti, e non disposti regolarmente in serie lineare, ma irregolarmente, e accompagnati qua e là d’altri piccoli granuli. Malgrado la grande differenza che passa fra i radioli di questa forma, pure essi si riconoscono alquanto facilmente per la loro lunghezza, pel loro colletto molto corto, capo sviluppato, anello striato, faccia articolare liscia. Bartoniano. — Gassino (Rovasenpa), Caviggione (Rovasenpa), Bussolino Gassinese (ForMA). 2. Cidaris striatogranosa p’Arcarac. — Tav. XIX [I], fig. 44-46. 1850. Cidaris striatogranosa D° Arcurac. Descript. des foss. du group numm. Mém. Soc. géol. de France, pag. 420, pl. X, fig. 7. 1858. — Gastaldi G. MicteLontI in Desor. Synopsis des échin., pag. 453. io == — G. Mrcartomi. Etud. sur le mioc. inf. de l Ital. sept. L. c., pag. 26, tav. II, fig. 3-4. 1891. — striatogranosa G. Corrrav. Pal. Frang., Terr. tert., Éoc. Échin., t. II, pl. 305, fig. 16, 21; pl. 306, fig. 1, 4, pag. 432 (cum syn.). 1899. — Gastaldi C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 9. 1899. — acicularis C. Arracni. Ibid., pag. 9. 4 Radioli allungati, subcilindrici, guarniti da granuli serrati, piatti, omogenei, disposti in serie longitu- dinali, regolari, vicine le une alle altre. Talora i granuli si avvicinano tra loro in senso longitudinale tanto da formare, specialmente all’estremità superiore del radiolo, delle apparenti costicine. Colletto ordi- nariamente poco sviluppato, capo corto, anello appena striato, faccia articolare liscia. Nel mio lavoro citato conservavo come autonoma la forma Cid. Gastaldv del MicHELOTTI, ma dopo un più accurato esame fatto, non sopra un solo frammento, ma su molti radioli ben conservati, avuti dal Museo geologico di Genova, mi son convinto che questa forma non differisce punto dal Cid. striatogranosa del D’ArcHIAc. Anche i due frammenti da me riferiti al Cid. acicularis D’ArcHIAC non sono altro che le estremità superiori di due radioli del Cid. striatogranosa, porzioni che per avere i granuli formanti delle costicine longitudinali, presentano appunto grande affinità colla forma a cui prima li avevo riferiti. [17] C. ATRAGHI 165 Tongriano. — Cassinelle (Museo geol. Torino), Sassello (Museo geol. Torino e Genova), Mornese (Museo geol. Genova), Pareto (Museo geol. Genova), Cascina Buchera Sup. presso Tagliolo (Museo civ. Milano). 3. Cidaris melitensis Forses. — Tav. XIX [I}, fig. 67. 1855. (idaris melitensis Fores in WrIGHT. Description of the Foss. Maltese Echinodermes. The Annales and Magaz. of nat. History, pag. 107, pl. IV, fig. La, e. 80, = — J. GregorY. On the maltese fossil echinoidea. Trans. of the royal soc. of Edinburgh, pag. 586 (cum syn.) Forma alquanto rara, di mediocri dimensioni, colle zone porifere formate da piccoli pori rotondi, leggermente allungati. Aree ambulacrali alquanto sinuose, larghe e guarnite da sei serie di granuli, delle quali solamente le due esterne sono regolari e alquanto più sviluppate. Tubercoli interambulacrali molto sviluppati, sormontati da un piccolo mammellone perforato, solamente quelli vicini al peristoma mostrano qualche crenellatura, mentre quelli della faccia superiore ne sono affatto privi. Aree serobicolari rotonde, alquanto depresse e contornate da un cerchio di granuli alquanto più grossi degli altri. Zona miliaria larga e coperta da granuli molto piccoli, serrati e talora disposti in serie orizzontale. Questa forma trovata per la prima volta a Malta, venne descritta e figurata nel lavoro citato, dal WrIGHT; più tardi venne trovata alle Antille e quindi descritta da CortrAU, e infine dal MazzertI venne rinvenuta a Montese. Come si vede è una forma alquanto rara; essa si distingue tra le congeneri per la conformazione delle sue aree ambulacrali leggermente sinuose, pei tubercoli alcuni dei quali crenellati, altri no. Elveziano. — Baldissero (Museo geol. Torino). 4. Cidaris fragilis n. f. — Tav. XIX [I], fig. 63, 64. Forma di piccole dimensioni, rappresentata da esemplari fin ora incompleti, tutti mancanti dell’ap- parecchio apicale. Zone porifere diritte, pori rotondi, piccoli, disposti a paia sovrapposti gli uni agli altri in linea retta e congiunti tra loro da un piccolo solco. Zone interporifere fornite da quattro serie di granuli, di cui due, le esterne, formate da granuli più grossi e più uniformi. Aree interambulacrali for- nite da due serie di grossi tubercoli mammellonati, perforati, lisci, contornati da un’area scrobicolare, ornata tutta all’intorno da grossi granuli. Zona miliaria larga e coperta da granuli alquanto sviluppati e disposti senza ordine alcuno. Questa forma, che presento come nuova, credo che si avvicini di molto al Cid. saheliensis PomeL!) da cui si distingue per le aree scrobiculari più rotonde, meno ellittiche e per le zone miliarie coperte da granuli più grossi e non divisi da solchi in serie trasversali. Molta affinità presenta anche col Cid. pungens PomeL, da cui si distingue pei granuli della zona miliaria più grossi, meno numerosi e meno serrati tra loro. Elveziano. — Baldissero, Val Geppi, Pian dei Boschi, Rio Batteria, Grangia, Val Saufrà, S. Antonio (ROVESENDA). ) Corrrau. Échinod. foss. de l’Algérie, pag. 239. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 21 166 C. AIRAGHI È [18] 5. Cidaris avenionensis Deswour. — Tav. XIX [I], fig. 1-8. 1838. Cidaris avenionensis C. Desmovrins. Tabl. des échin. Act. Soc. Linn. Bordeaux, pag. 336. 1842. — pustulifera E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. Mem. R. Accad. di Se. di Torino, pag. 30, tav. III, fig. 9. 1842. — marginata E. Siswonpa. Ibid., pag. 49, tav. III, fig. 8. 1842. — wvariola E. Sismonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. Mem. R. Ace. di Sc. di Torino, pag. 392. 1842. — Miinsteri E. Sismonpa. Ibid., pag. 392. 1847. — variola G. Micartomi. Descript. des foss. mioc. de V Ital. sept. L. c., pag. 67. 1847. — Misteri G. MicarLort. Ibid., pag. 68. 1858. — variola E. Desor. Symopsis des échin., pag. 38, tav. VII, fig. 3. 1858. — Miunsteri E. Desor. Ibid., pag. 38, tav. VII, fig. 4. 1858. — spiralis E. Desor. Ibid., pag. 453. 1858. — anceps G. MicreLomti in Drsor. Ibid., pag. 453. ) 1883. — caryophylla V. Smowenni. Il Monte della Verna e i suoi fossili. Boll. Soc. geol. ital., pag. 274, tav. VI, fig. 18-20. 1896. — avenionensis P. pe Lorior. Descript. des {échin. tert. du Portugal. Direction des trav. géol. du Portugal, pag. 1, pl. I, fig. 1, 4 (cum syn.). Sono radioli di diverse dimensioni, cilindrici o subcilindrici, spesso schiacciati alla loro estremità supe- riore, rare volte corti e claviformi. Sono ornati da un numero variabile di granuli, rotondi, conici, com- pressi, di diverse dimensioni, posti in serie longitudinali più o meno regolari. Nella maggior parte dei casi le due faccie di un radiolo sono diversamente ornate, l’una quasi sempre ornata più dell’altra, sull’una i granuli sono posti con irregolarità, radi e di grandi dimensioni, sull’altra si hanno invece dei rilievi lineari sui quali si innalzano delle papille spiniformi. L’estremità del radiolo poi oltre che essere schiac- ciata, compressa o terminante in punta, non è raro il caso in cui si allarghi a guisa di cupola, liscia all’interno, coperta da crespature all’esterno e coi margini seghettati. Il colletto è poco elevato, finamente striato, l'anello poco sporgente e pure leggermente striato, faccia articolare liscia. | A questa forma che presenta sì grande varietà di radioli ho riferito il Cid. variola, e il Cid. Minsterì del Sismonpa, il Cid. spiralis del Desor e il Cid. caryophylla del SimoneLLi e nel far ciò credo di non aver punto errato, tanto più che mi sono basato non solo sulle descrizioni date da questi autori,’ ma sugli esemplari tipici che fortunatamente ho potuto avere in esame. L’esemplare tipico del Cid. variola, molto male figurato dal Siswonpa, non ha nulla di particolare; è un radiolo grosso, robusto, coperto da tubercoli senza disposizione alcuna come quasi sempre avviene. nel Cid. avenionensis Desmovn.; nulla pure d’interessante presenta l’esemplare tipico del Cid. spiralis al-. quanto brevemente descritto dal Desor, senonchè, forse lontanamente, si potrebbe supporre che i granuli, che lo adornano, siano disposti con un certo ordine a foggia di spirale, come infatti si verifica’ qualche volta su qualche tratto di radiolo di Cid. avenionensis Desmou. Anche l’esemplare tipico del Cid. Minsterì, mal figurato prima dal SiswonpA e poi dal DesoRr, non è altro che un frammento della parte superiore di un radiolo di Cid. averionensis DesmoUL., avente una faccia ornata da rilievi longitudinali, l’altra da pic- coli granuli posti in serie lineari che poi si riuniscono tra loro tanto da formare delle vere linee rialzate. Il Cid. caryophylla del SimoneLni infine, forma da lui ritenuta distinta dal Cid. avenionensis DesmouL. per le [19] C. AIRAGHI 167 sue maggiori dimensioni, non credo che si possa per questo solo carattere considerare come forma auto- noma, tanto più che tra i numerosissimi esemplari del Museo di Torino ve ne sono di quelli egualmente grandi. Elveziano. — Colli di Torino: Sciolze, S. Antonio, Termo fourà (Museo geol. Torino, ROvASENDA), Bosco Grande, Grangia, Monterosso, Tetti Garrone, Bocchetta di Sciolze, M. Giovet, M. Rufino, Villa Forzano, Pian dei Boschi (RovasenpA), Val Geppi, Pino Torinese, Monte Cappuccini, Baldissero (Museo geol. Torino), Cima Resca (Rovasenpa, Forma). — S. Giorgio di Rosignano Serravalle Scrivia (Museo geol. Torino, Pavia, Genova). 6. Cidaris oxyrine MeneGHINI sp. — Tav. XIX [I], fig. 26-33. 1862. Rabdocidaris oryrine G. MenecuImI. Hchinod. neog. della Toscana. TI territorio di Siena, pag. 13, tav. II, fig. 3. 1887. Cidaris saheliensis Power. Echinod. foss, de V Algérie, pag. 324, tav. I, fig. 1, 20. SITR -- G. CorrrAT. Echinod. foss. de l Algérie, pag. 239. Radioli grandi, molto compressi e dilatati, ornati da fitti granuli che talora si dispongono in serie lineare; testa grossa, colletto alto, anello sporgente, faccia articolare liscia. Anche questi radioli presentano grande varietà tra loro; se generalmente sono dilatati e compressi a mano a mano che si allungano, qualche volta, pur dilatandosi alla loro estremità superiore, invece di assottigliarsi, si ingrossano leggermente così da formare una specie di coppa contornata tutto attorno da ripiegature alquanto regolari e sporgenti; tal’altra volta al punto in cui il radiolo cessa di essere cilin- drico e incomincia a dilatarsi, si ramifica in tre sensi, cosicchè visto trasversalmente assume la forma di una stella a tre punte. Fino a pochi anni fa di questa forma non si conoscevano che i soli radioli, ma PomeL e CorTRAU studiando gli echinidi dell’ Algeria, trovarono i radioli ancora accanto al guscio dell’ animale, se non che essi non conoscendo forse il lavoro del MENEGHINI, dove magistralmente sono descritti e fisurati diversi radioli di questa forma, che egli però erroneamente riferiva al genere Rabdocidaris, ne fecero una specie nuova, Cid. saheliensisj ma ora io constato l’identicità dei radioli del Cid. saReliensis con quelli del Cid. oxyrine, epperò credo conveniente, pel diritto di priorità, conservare il nome dato dal MENEGHINI. Elveziano. — Colli di Torino: S. Antonio, Bosco Grande, Monterosso (RovaseENDA), Sciolze, Baldissero (Forma), Tetti Garrone (Rovasenpa). — Serravalle Scrivia (Museo geol. Genova). 7. Cidaris zeamais Sisu. — Tav. XIX [I], fig. 49-57. 1842. Cidaris xeamais E. Siswonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 391. 1847. — — G.Micastorti. Descript. des foss. mioc. de l Ital. sept. L. c., pag. 67. 1858. — — E.Drsor. Synopstîs des échin., pag. 38. Radioli piccoli, cilindrici o subcilindrici, a faccia articolata non crenellata, ornati da numerosi granuli confluenti, relativamente grossi e quasi schiacciati, capo leggermente contratto, colletto abbastanza alto. Tali sono nella maggior parte dei casi questi radioli, qualche volta però, circa alla metà della loro lunghezza si osservano dei granuli molto più grossi degli altri, e direi quasi mammelliformi che cir- condano tutto quanto il radiolo tanto da formare come una specie d’un elegante anello, più raramente poi, anzichè uno, se ne osservano due, uno disposto sopra l’altro, e allora il radiolo si allontana alquanto dal- 168 C. ATRAGHI [20] l’assomigliare ad una panocchia di grano turco, dalla somiglianza della quale il Stswonpa prese il nome specifico. In vero fui molto in dubbio se dovevo riferire questi radioli al Cid. Desmoulinsi Sism. tanto è l’af- finità che tra loro esiste, ma considerando che i granuli che adornano i radioli del Cid. Desmoulinsi sono sempre più fitti, più acuti, disposti meno regolarmente, e tutti di eguali dimensioni, ho creduto sia bene, almeno fino ad ulteriori ricerche, tenere distinte le due forme. Elveziano. — Sui colli di Torino a Grangia, Termo fourà, Sciolze, Rio Batteria, Bosco Rufino (Ro- VASENDA), Pino Torinese (Museo geol. Torino), Monte Cappuccini (Forma). — Rosignano, S. Giorgio Mon- ferrato (Museo geol. Torino). 8. Cidaris Desmoulinsi Sisw. — Tav. XIX [I], fig. 41-43. 1842. Cidaris Desmoulinsi E. Sisuonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 391, tav. II, fig. 11 1858. — — E. Desor. Sinopsis des échin., pag. 38, tav. VII, fig. 1. 1891. — —_ G. Conrrav. Hehinod. foss. de V Algérie, pag. 242. Radioli corti, fusiformi, varii nelle dimensioni, da 1 a 2 cm., a faccia articolare non crenellata, co- perti da granuli piccoli, più o meno evidentemente striati, superiormente confluenti in rilevate costicine longitudinali; faccia articolare liscia, capo e colletto in forma di due tronchi opposti di cono uniformi. Forse si debbono riferire a questa forma del Siswonpa il Cid. fessurata del MenEeGHINI. Molti infatti dei miei esemplari corrispondono esattamente alla descrizione del MENEGHINI, il quale forse credette i radioli di Parlascio e S. Fedriano distinti da quelli del Piemonte solo perchè il Srismonpa li credette a faccia articolare crenellata, crenellature ch’io non solo, anche con lente, non ho potuto osservare nel- l'esemplare tipico, ma in nessuno dei molti altri che tengo in esame e alquanto ben conservati; del resto anche il CorteAU non trovò crenellature sulla faccia articolare dei radioli trovati in Algeria. Piacenziano. — Zinola presso Savona, Ponte S. Quirico, Ponte di Crescentino (Museo geol. Torino, Genova). Astiano. — Astigiano (Museo geol. Torino). 9. Cidaris rosaria Bronn sp. — Tav. XIX [I], fig. 14-19. 1831. Cidarites rosaria Bronn. Italiens Terticir-Gebilde, pag. 131. 1831. = serraria Bronn. Ibid., pag. 132. 1842. — mobilis E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 48, tav. III, fig. 6-7. 1842. — segnata E. Siswonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 390. 1842. — irta E. Siswonpa. Ibid., pag. 388. 1847. Cidaris °‘’— Agassiz et Drsor. Catal. rais. des échin. L. c., pag. 32. 1847. — signata Acassiz et Drsor. Ibid., pag. 52. 1847. — rosaria G. MicarLomi. Descript. des foss. mioc. de VItal. sept. L. c., pag. 66. 1858. _ huta E. Drsor. Synopsis des échin., pag. 37, tav. VII, fig. 5, 6. 1856. — sognata E. Drsor. Ibid., pag. 37, tav. VII, fig. 5, 6. 1858. Porocidaris serraria E. Drsor. Ibid., pag, 48. 1887. Cidaris prionopleura Power. Hchinod. foss. de 1° Algérie, pag. 321, pl. II, fig. 13, 18. 1891. — — G. Corrrav. Hehinod. foss. de 1’ Algérie, pag. 244. 1897. Porocidaris serraria G. pe ALessanpRI. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Soc. Ital. di Sc. Nat., pag. 83. 1897. Cidaris rosaria G. pe AressanprI. Ibid. L.c., pag. 83. 2 TO Pa SIE ii [21] C. ATRAGHI 169 Radioli cilindrici e lunghi, o piatti e corti, colla faccia articolare crenellata, colletto lungo e striato. Quelli cilindrici si riconoscono facilmente per i loro granuli o aculei distribuiti in quattro serie longitu- dinali più o meno regolari. Quelli piatti e larghi sono forniti invece lungo il loro margine da granuli aventi la forma di denti grossi, triangolari, ricurvi all’estremità e rivolti verso l’apice del radiolo. Alcuni di questi radioli furono creduti dal MricHELorTI specie di Antipati e da lui chiamati Antipates serialis, hirta ecc. Il Gumorti e il MeNEGHINI però hanno di poi riconosciuta l'identità delle forme del MricHsLorTI col Cid. nobilis del SismonpA e più tardi lo stesso MrcHeLotTI, nell’esaminare la collezione BRONN, potè constatare l’identicità del Cid. rosaria BRoxw col Cid. hirta e signata del Siswonpa. Dal conto mio poi resta di constatare l’identicità del Cid. rosaria e Poroc. serraria BRONN col Cid. prionopleura PomEt. Già il Manzoni! era inclinato a ritenere il Cid. serraria una varietà del Cid. rosaria, e nel supporre ciò era nel vero, inquanto che il PomeL trovò i radioli ritenuti di due forme diverse sopra delle placche di uno stesso echino, se non che il PomeL, forse non conoscendo le forme del Brown, li descrisse sotto il nome di Cid. prionopleura, che ora metto nella sinonimia del Cid. rosaria BRONN. Elveziano. — Colli di Torino: Sciolze (RovasenDa, FoRMA), S. Antonio (Rov., Museo geol. Torino), Pino Torinese (Forma), Baldissero (Rov., Forma). — Rosignano (Museo geol. Torino, Rov.), Serravalle Scrivia (M. G. Torino, Genova). Piacenziano. — Zinola (Museo geol. Torino). Astiano. — Castelnuovo d’Asti (Museo geol. Torino). LI 10. Cidaris belgica Corr. — Tav. XIX [I], fig. 20-22. 1880. Cidaris belgica Correav. Deseript. des échin. tert. de la Belgique. Mém. de l’Ac. roy. de la Belgique, pag. 10, pl.J, fig. 1, 14. 1897. — sp. G. pe ALessanprI. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 84, tav. II, fig. 10. Radioli lunghi, conici, leggermente appiattiti all’apice, coperti da coste longitudinali, regolari, con delle punte equidistanti, rivolte verso l’apice; colletto corto e striato, anello poco sporgente, faccia arti- colare non crenellata. Questi radioli si distinguono da quelli del Cid. Peroni Cort. perchè hanno la parte superiore piatta, le costole meno ornate e la faccia articolare senza crenellature, da quelli del Dorocid. papillata (LESKE) perchè sono coperti da granuli meno fitti e meno omogenei. Elveziano. — Rosignano (RovasenDa, Forma), S. Giorgio Monferrato, Ozzano, (Museo geol. Torino). — Sui colli di Torino a Termo fourà (Rov.). 11. Cidaris florescens n. f. — Tav. XIX [I], fig. 58-62. Radioli che offrono grande varietà nella forma; alcuni, fra i più completi, presentano la faccia arti- colare non crenellata, col capo assai breve e l’anello poco sporgente. Il corpo del radiolo è cilindrico, coperto da granuli rotondeggianti, uguali e vicini tra loro, e si allarga alquanto alla sua estremità superiore a guisa d’imbuto, entro cui si sviluppano e si innalzano diverse ripiegature in varii sensi, cosicchè il radiolo può richiamare alla mente un vaso pieno di fiori. Alcune volte però si verifica un’ornamentazione meno elegante, 1) MANZONI A. Echin. foss. plioc. L. c., pag. 3. 170 C. ATRAGHI [22] e allora il radiolo è cilindrico, privo affatto di dilatazioni alla sua estremità superiore, o semplicemente ingrossato tanto da assumere la forma d’una clava. Questi radioli hanno molta affinità con quelli del Cid. tersiger Stm.), dai quali però ho creduto di tenerli distinti perchè su di loro non ho mai ossenvata quell’espansione a guisa di cercine non continuo che lascia libera una faccia del radiolo e che ripiega in alto i suoi due lati estremi. Affinità presentano con quelli del Cid. verticillum MaAzz.®, ma mentre questi portano ogni tanto, lungo la loro lunghezza, dei grossi nodi a modo di verticilli, e si potrebbero identificare con quelli della specie vivente Cid. verticillata Lam., i miei esemplari portano un rigonfiamento solo all’estremità superiore. Elveziano. — Sui colli di Forino a S. Antonio (RovasenDA, Forma), Cima Resca di Sciolze, Tetti Garrone di Sciolze, Sciolze (Rov.). 12. Cidaris Peroni Corr. — Tav. XIX [I], fig. 23-25. 1877. Ciduris Peroni G. Conrrau. Deseript. de la faune tert. de la Corse. Ann. de la Soc. d’ Agr. et Hist. nat. de Lyon, pag. 431, pl. I, fig. 8, 14. 1895. — Munsteri G. Correau. Descript. des échin. mioc. de la Sardaigne. Mém. de la Soc. géol. de France, pag. 8. 1897. — _ P. pe Lorron. Deseript. de quelg. échin. Boll. Soc. géol. de France, pag. 119, pl. IV, fig. 36. Radioli cilindrici, ornati da coste longitudinali fornite da piccole punte più o meno acute che le danno la forma di una sega. Gli intervalli tra costa e costa sono leggermente sagrinati. Colletto poco elevato, coperto' da strie leggerissime, anello poco sporgente, finamente crenellato e così pure la faccia articolare. Ho già detto come il Cid. Minsteri Sisw. sia da identificare col Cid. avenionensis DESMOUL., mentre invece il SimoneLLI e il CortEAU?) l’avevano riunito al C. Peronî Comt.; ora mi rimane a dire che anche il Cid. Miinsteri MENEGHINI, che venne riferito pure, dal SiwoneLti e dal CortrAU, al Cid. Peroni Corr. non ha niente a che fare con questa forma. Considerata come non buona la forma Cid. Mtinsteri Sism., mi rivolsi alla gentilezza del chiarissimo prof. CanAvARI per avere gli esemplari studiati dal MenEGHINI e da lui riferiti al Cid. Minsterì Sism., e ho constatato la grande differenza esistente tra gli esemplari studiati dai due grandi paleontologi. Mentre il Cid. Minsteri Sism. va riferito al Cid. avenionensis Des- MmouL., il Cid. Minsteri McA., a mio modo di vedere, va riferito al Dorocidaris papiWllata (Leske) Acass., e il Cid. Peroni Cort., va considerata come forma distinta. Che poi i miei radioli siano da riferire al Cid. Peroni Corr. non vha dubbio alcuno, avendoli fatti esaminare anche dal grande echinologo svizzero, il pe LorioL, che li trovò identici a quelli di Bas des Angles e di Nòtre Dame du Chàteau già da lui studiati, e a quelli figurati dal CortrAU, provenienti dalla Corsica e dalla Sardegna. Ora rimarrebbe a vedere a quale delle tre forme sopra dette (Cid. avenionensis Desmoun., Cid. Peroni Cott., Dorocidaris papillata (LESKE) Ax. AgaAss.) siano da riferire il Cid. Minsteri Secuenza®, il Cid. Miinsteri Simoneni®) e il Cid. Minsteri 1) V. SimoneLLI. Fossili dell’ Isola di Pianosa. Boll. geol. ital., vol. VI, pag. 235, tav. VII, fig. 4. Roma, 1887. % G. MazzertI. Cenno monogr. intorno alla fauna fossile di Montese. Atti della Soc..dei Naturalisti di Mo- dena, 1885, pag. 60. 3) V. SIMONELLI. Fossili dell’ isola di Pianosa. L. c., pag. 483. 4 G. SEGUENZA. Le formazioni terziarie di Reggio Calabria. Atti Lincei, ser. III, vol. IV, pag. 133. Roma, 1880. 5) V. SIMONELLI. Fossili dell’ Isola di Pianosa. L. c., pag. 233. dl 4 - : Ò Dil MIO. © Poe» [23] C. ATRAGHI 171 Mazzerti®, ma ciò non lo posso fare perchè non ho potuto avere in esame gli esemplari studiati da questi paleontologi, e da essi non solo non vennero figurati, ma anche troppo imperfettamente descritti. Elveziano. — Serravalle Scrivia (Museo geol. Genova). II. Gen. Dorocidaris Ar. Agass., 1872. 1. Dorocidaris papillata (Leste) Ar. Agass. — Tav. XIX [I], fig. 47, 48. 1778. Cidaris papillata Leske. 1862. — Minsteri G. MeneGuNI. Echinod. neog. della Toscana. L. c., pag. 21, tav. II, fig. 3, 10. 1871 — Schwabenaui G. Lausr. Echin. der Oest.-Ung. Tert. L. c., pag. 58, tav. 16, fig. 1. 1875. Dorocidaris papillata Ar. AGassiz. Revision of the echin., pag. 105, 254, tav. I, Il (cum syn.). Radioli variabilissimi tanto nella forma quanto nell’ornamentazione; i più piccoli sono rigonfi nel loro terzo inferiore e vanno quindi gradatamente terminando in una punta non molto acuta. I granuli sono numerosi e fitti, posti in serie longitudinali e adornano tutta la superficie; talora però scompaiono quasi del tutto e si hanno invece delle coste lineari acute, numerose e leggermente granulose. È questa una delle forme le più comuni nei giacimenti miocenici e pliocenici, e forse la sua grande variabilità, specialmente nell’ ornamentazione, è stata la causa per cui alcune forme credute autonome siano state riferite ad essa. Il dott. Viwassa ® a proposito di ciò dice che probabilmente il Cid. signata figu- rato dal MexEGHINI rientra nel Dorocidaris papillata (LEsKE) AGASS., come rientra in essa anche il Cid. Miinsterì figurato pure dal MENEGHINI. Piacenziano. — Albenga, Zinola (Genova, Avenzano (Museo geol. Genova). III. Gen. Rabdocidaris Drsor, 1855. 1. Rabdocidaris Rovasendai n. f. — Tav. XIX [I], fig. 34-40. Radioli di grandi dimensioni, molto compressi e dilatati; testa grossa, colletto breve, anello spor- gente, faccia articolare non crenellata; ornati da fitti granuli, talora senza disposizione alcuna, talora disposti invece in serie lineari che si bipartiscono mano mano che il radiolo, allungandosi, si allarga. Se la maggior parte delle volte questi radioli sono dilatati e compressi, talora sono cilindrici e so- lamente all'estremità superiore accennano ad uno schiacciamento, tal’altra sono bensì larghi e compressi, ma anche molto lunghi tanto da assumere la forma d’una penna d’uccello, tal’altra volta infine sono corti, ma molto larghi fin dalla base, a foggia di ventaglio. Questi radioli molto si avvicinano a quelli del Doroc. Blakei Ar. Acass. 3) ma da essi si devono ri- tener distinti e per le dimensioni maggiori e per la maggior robustezza e spessore e per l’ornamenta- zione formata da granuli più fitti e minuti. 1) G. MAzzETTI. Cenno monogr. intorno alla fauna fossile di Montese. L. c., pag. 61. 2) P. Vinassa DE ReGNyY. Echin. neog. del Museo parmense. L. c., pag. 8. 3) Ares. Acassiz. Report on the Ech. in Report on the Results of Dredging in the Gulf of Mexico, by the U. S. Coast Survey St. Blake, Mem. of the Mus. of Comp. Zool. and Harvard College, pag. 10, tav. II. Cambridge, 1883. 172 C. ATRAGBI [24] Una certa somiglianza presentano pure questi radioli con quelli del Fabdocidaris remus Desor, che però si presentano con granuli più grossi e meno omogenei e di proporzioni maggiori. : Bartoniano. — Gassino (RovasenpAa, Forma), Valle da Gassino alla Trinità (Rovas.), C. Mela di Gassino, Villa Laurenti presso Gassino, Villa Giannone presso Gassino, Bussolino Gassinese, Caviggione, Villa Donandi presso Castiglione (Forma). IV. Gen. Diadema Gray, 1825. 1. Diadema Desori Reuss. 1860. Diadema Desoriî Reuss. Die marin. Tert. Bohm. Sitzb. Ak. Wiss. Vienn, vol. XXXIX, pag. 222. 1887. — saheliensis Power. Échinod. foss. de Vl Algorie, pl. XII, fig. 15,16. 1891. — = G. Cormrav. Hehinod. foss. de V Algérie, pag. 262. 1896. — = Fornasini. Mossile problematico. Riv. ital. di Paleont., vol. II, fase. V,, pag. 258. 1898. Diadema Desori F. Sacco. Fossili problematici. Riv. ital. di Paleont., vol. IV, fasc. III, pag. 72. Piccoli radioli allungati, foggiati ad anelli, imbutiformi, costituiti da numerose verghette parallele; anello largo, sporgente, seghettato, faccia articolare crenellata, capo molto sviluppato. Questi radioli si avvicinano molto a quelli del Diudema setosum GRAY, forma tuttora vivente, e si distinguono solo per avere capo e anello maggiormente sviluppato e meno conico. In Italia i radioli di questa forma vennero studiati per la prima volta dal FoRNASINI, il quale però non sapeva se si trattasse propriamente del Diadema Desorì Reuss, o di alcune alghe dactilo-poridee, o del foraminifero Reophax spiculifera BrAD.; ma di poi il SAcco, avendo avuto esemplari molto ben con- servati, con certezza stabilì la presenza in Italia di questa forma. Elveziano. — Colli di Torino: Grangia (Museo geol. Torino, RovaseNDA), S. Antonio (Rov.), — Rosi- gnano (Museo geol. Torino). Piacenziano. — Crescentino, Bordighera, Rio Torsero (FoRMA). V. Gen. Coptosoma Dxsor, 1858. 1. Coptosoma Alexandri Arr. 1899. Coptosoma Alexandri G. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 9, tav. VI, fig. 1. Rimando per questa forma a quanto dissi nel lavoro sopra citato. Aquitaniano. — Arenarie di Acqui (Museo civ. Milano). VI. Gen. Micropeltis PowmrL, 1883. 1. Micropeltis Isseli n. f. — Tav. XIX [I], fig. 69. Forma di mediocri dimensioni. Zone porose strette e subondulate su tutta la faccia superiore, più larghe e composte da un numero maggiore di pori sulla faccia inferiore, specialmente attorno al peristoma, che non sulla faccia superiore; sulla faccia superiore 7 o 8 paia di pori corrispondono ad una placca ambu- lacrale. Le aree ambulacrali, strette presso all'apice, si allargano mano mano che discendono verso il peri- [25] C. ATRAGHI 173 stoma, e sono guarnite di due serie di tubercoli, lisci, imperforati, molto mammellonati e alquanto sviluppati, in numero di 13 0 14, dei quali, e quelli verso l’apice e quelli verso il peristoma, sono più piccoli degli altri. Aree interambulacrali larghe e guarnite da due serie di tubercoli principali della medesima natura e grossezza di quelli delle aree ambulacrali, ma alquanto più grossi sulla faccia superiore specialmente vicino alla sommità. Tubercoli secondarii, alquanto sviluppati nella parte mediana delle aree interambu- lacrali, molto piccoli attorno alla sommità e al peristoma, disposti in due serie vicino alle zone perifere, presso alle quali si trovano altri piccoli tubercoli senza ordine alcuno. Questa forma si avvicina molto al Micropeltis Vidali Corr. dell’eocene superiore, da cui si distingue e per le sue minori dimensioni, e pei suoi tubercoli meno numerosi e più fitti, e quelli delle aree am- bulacrali maggiormente più piccoli di quelle delle aree interambulacrali, in modo. speciale attorno alle sommità. Tortoniano. — Stazzano (Museo geol. Genova). VII. Gen. Echinus (L.) Desor, 1856. 1. Echinus melo Lax. — Tav. XIX [I], fig. 71. 1816. Echinus melo LamaRreK. Arnim. sans vert., pag. 45. 1875. —_ — An. AGassiz. Revision of the echin., pag. 124 (cum syn.). Forma di grandi dimensioni, subemisferica. Zone porose larghe, formate da tre paia di pori disposti ad arco. Aree ambulacrali provviste di due serie di tubercoli principali e di quattro serie di tubercoli secondari che, mentre sono ben distinti attorno al peristoma, mano mano che si avvicinano all’apice, a poco a poco vanno scomparendo. Aree interambulacrali molto larghe, fornite da due serie di tubercoli principali di forma eguale a quelli delle aree ambulacrali, ma molto più sviluppati e mammellonati, non perforati e nemmeno crenellati, disposti uno per ogni placca sulla faccia inferiore, e uno ogni due placche sulla faccia superiore. Sulle aree interambulacrali attorno al peristoma si osservono pure altre serie di tubercoli di dimensioni uguali a quelli delle serie principali, ma giunti alla faccia superiore si fanno molto più rari, diminuiscono molto di volume, quasi da sembrar dei piccoli granuli. Peristoma subcirco- lare e non tanto profondo. Di questa forma ancora vivente nel nostro Mediterraneo e comune allo stato fossile nei depositi pliocenici e postpliocenici, credo superfluo dilungarmi tanto sui caratteri che la distinguono dalle sue con- generi. Tubercoli alquanto sviluppati disposti in molte serie sulla faccia inferiore, in due sole su quella superiore tanto nelle aree ambulacrali quanto in quelle interambulacrali, pori trigemini disposti ad arco, sono ì suoi caratteri distintivi. Astiano. — Monte Castello (Museo geol. Torino). 2. Echinus esculentus L. — Tav. XIX [I], fig. 70. 1758. Hchinus esculentus Linnro. Syst. Nat., pag. 663. 1875. — — An. Agassiz. Revision of the echin., pag. 122, 492, tav. VII, fig. 6 (cum syn.). Forma di grandi dimensioni, subemisferica. Zone porose larghe, formate da tre paia di pori disposti ad arco per ogni placca. Aree ambulacrali provviste da due serie di tubercoli principali e da due serie 4) G. CortEAU. Pal. Frang., Terr. tert., Hoc. Échin., t. II, fio. 251, pl. 223. Paris, 1891. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 29 174 Ci "ATRAGHI [26] di tubercoli secondarii disposti nel mezzo delle serie principali. Aree interambulacrali ornate da otto serie di tubercoli tra le quali due sembrano un po’ più sviluppate delle altre specialmente attorno al- l’apice superiore; tutti quanti i tubercoli sono mammellonati e non perforati. Peristoma subcircolare. Questa forma tuttora vivente nei mari europei credo sia la prima volta che viene riscontrata allo stato fossile; essa si distingue dall’ Zehin. melo Lam. per le zone porose più larghe specialmente vicino all’apice, per le aree interambulacrali provviste da serie di tubercoli molto più sviluppate nella porzione superiore. Astiano. — Astigiano (Museo geol. Torino). VII. Gen. Anapesus HoLmEs, 1860. 1. Anapesus hungaricus (Ler.) Lam. — Tav. XIX [I], fig. 68. 1871. Echinus hungaricus G. Lause. Hchin. der Oest.-Ung. Tert..L. c., pag. 60, tav. XVI, fig. 3. 1871. — dux G. Lausr. Ibid., pag. 60, tav. XVI, fig. 2. 1897. Anapesus hungaricus J. Lamgert. Rev. crit. de Paléozoologie par M. Cossmann, pag. 120. Forma di mediocri dimensioni, subconica, peristoma pentagonale. Zone porose strette, fornite di tre paia di pori per ogni placca ambulacrale. Aree ambulacrali aventi quattro serie di tubercoli uniformi e serrati. Aree interambulacrali aventi dieci serie di tubercoli eguali a quelli delle aree ambulacrali, e come quelli disposti non solo in serie longitudinale, ma anche in serie orizzontale. Anch'io come il Manzoni ®, e il Vinassa ’ sono inclinato a credere che 1’ Echin. dux Lee. e 1° Echin. hungaricus LBE., siano sempre la stessa forma, poichè non trovo nessun carattere che li possa distinguere. A proposito poi del riferimento generico di questa forma credo che abbia ragione il LamBERT nel considerarla un Anapesus Hormes, genere che si distingue dall’ Eckinus pei tubercoli eguali e sulle aree ambulacrali e interambulacrali, fitti e disposti non solo in serie longitudinali, ma anche orizzontali. Tortoniano. — Varzi (Museo geol. Genova). IX. Gen. Psammechinus Acass., 1846. 1. Psammechinus biarritzensis Corr. — Tav. XIX [I], fig. 78. 1863. Psammechinus biarritxensis G. Correa. Échin. foss. des Pyrénées. Bull. Soc. géol. de France, pag. 62, pl. I, fig. 5-7. 1891. — — G. Comrav. Pal. Frang., Terr. tert., Éoc. Échin., t. II, pag. 625, pl. 553, fig. 10 (cum syn.). 1893. _ — L. pi RovasenpA. I fossili di Gassino. L.c., pag. 33. Echino di piccole dimensioni, subcircolare. Zone porifere composte da piccoli pori vicini gli uni agli altri e quasi sovrapposti in linea retta, trigemini. Aree ambulacrali relativamente larghe, guarnite da due serie di tubercoli non crenellati nè perforati, accompagnati da granuli che direi quasi posti in serie re- golari secondarie. Aree interambulacrali pure guarnite da due serie di tubercoli principali della medesima 1) A. ManzoNI. Echin, foss. plioc. L. c., pag. 4. ° P. Vinassa DE REGNY. Echin. neogs del Museo parmense. L. c., pag. 11. LIT N TA [27] CHNNATTRA GETTONI 175 natura di quelli ambulacrali, ma più grossi, e da quattro serie di tubercoli secondari molto ben distinte specialmente vicino al peristoma. Granuli intermedii ineguali e posti attorno ai tubercoli. Questa forma si distingue dalle congeneri per la disposizione trigemina dei pori specialmente vicino al peristoma e per i suoi tubercoli interambulacrali accompagnati da quattro serie di tubercoli secondarii. ; Riguardo al suo riferimento generico credo ch’essa non si possa affatto riferire al genere Arbacina PomEL, in quanto che in questo genere i pori sono sovrapposti gli uni agli altri sulla stessa retta, mentre in essa sono trigemini, disposti ad arco, specialmente presso il peristoma, come appunto è nel genere Psammechinus. i Bartoniano. — Gassino (RovAsENDA). 2. Psammechinus astensis (Sisw.). — Tav. XIX [I], fig. 65, 66. 1842. Echinus astensis E. Siswonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 393. . Forma circolare, leggermente pentagonale; faccia superiore uniformemente convessa, apparecchio api- cale mal conservato. Zone porifere diritte, pori disposti a piccoli archi formati da tre paia, obliqui e ben definiti; ciascun paio di pori è separato dal suo vicino da una piccola costa trasversale. Aree ambulacrali strette, fornite da tubercoli disposti in due serie, sviluppati, mammellonati, imperforati e non crenellati; la zona mediana è occupata da granuli alquanto grossi, più o meno contigui, ineguali, taluni mammellonati, aventi la forma di piccoli tubercoli. Aree interambulacrali con due serie di tubercoli principali, più svi- luppati di quelli ambulacrali, ai lati dei quali si trova una serie di piccoli tubercoli secondarii ; il resto delle aree è occupato da piccoli granuli ineguali, più o meno serrati tra loro. Peristoma subcircolare. Gli esemplari che ho in esame sono quelli studiati dal Siswonpa su cui fondò la specie Echinus astensis, specie che più tardi venne dal Desor fusa col Psamm. mirabilis NicoLet, specie che alla sua volta venne fusa col Psamm. dubius AGASS., ma io ho creduto di conservare ancora la specie del Siswowpa. Essa si distingue dal Psummechinus dubius AGass. per i suoi tubercoli meno serrati e meno sviluppati tanto nelle aree ambulacrali quanto in quelle interambulacrali; dal Psamm. Duce WriGHT e dal Psamm. homocyphus Acass. per un minor numero di serie secondarie di tubercoli e meno regolari sulle aree ambulacrali e interambulacrali, dal Psamm. Serresiù DesmouL. pei tubercoli molto meno numerosi, omogenei e meno serrati. Astiano. — Astigiano (Museo geol. Torino). X. Gen Arbacina PomEL, 1887. 1. Arbacina parva (Mrcamti.). — Tav. XIX [I], fig. 72-75. 1847. Echinus parvus G. MicteLomi. Descript. des foss. mioc. de VItal. sept. L. c., pag. 68, tav. II, fig. 19, 20. 1858. Psammechinus Michelotti E. Desor. Synopsis des échin., pag. 454. 1858. — parvus E. Desor. Ibid., pag. 454. 1897. - — G.pe Anrssanpri. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 81. Forma di piccole dimensioni, uniformemente convessa; apparecchio apicale sempre mal conservato. Zone porifere relativamente larghe, diritte, un poco depresse; pori disposti in numero di tre paia per ogni placca, sovrapposti gli uni agli altri quasi in linea retta. Aree ambulacrali strette, con due serie di 176 C. AIRAGHI [28] tubercoli mammellonati, lisci, imperforati, con uno o due granuli attorno a ciascun tubercolo. Aree in- terambulacrali larghe, con due serie di tubercoli un po’ più grossi di quelli ambulacrali, colla zona in- termedia ricca di granuli, alcuni dei quali si presentano sotto forma di piccoli tubercoli in serie lineare specialmente nella faccia inferiore. Peristoma relativamente grande. È una forma molto vicina all’Ardacina mutellaensis DE Lor. da cui si distingue per la conformazione dei granuli delle zone ambulacrali e interambulacrali alquanto meno oblunghi. A questa forma poi, credo si debba riferire lo Psam. Michelotti Desor, in quanto che esso non pre- senta nulla affatto di diverso e riguardo alla forma e disposizione dei pori e riguardo alla forma e di- sposizione dei tubercoli. Ho creduto bene infine di riferire questa forma al genere Arbacina PomeL, anzichè al genere: Psam- mechinus DESOR, perchè presenta il carattere principale di detto genere: granuli abbondanti e zone po- rifere poste in un piccolo solco e pori disposti non ad arco, ma appena obliqui. Elveziano. — Sui colli di Torino a Grangia (RovEsENDA), S. Antonio (Rov., Forma), Sciolze, Bal- dissero (Rov.), Pian dei Boschi (Museo geol. Torino), Monte Cappuccini, Villa Nicolas presso Torino, Villa Bellino presso Torino, Termo fourà (Forma). — Rosignano nel Monferrato (Museo geol. Torino), Serravalle Scrivia (Museo geol. Genova, Pavia). 2. Arbacina Isseli n. f. — Tav. XIX [I], fig. 77. Forma di piccole dimensioni, subemisferica, uniformemente convessa superiormente, piana inferior- mente; apparecchio apicale mal conservato. Zone porifere strette, diritte, depresse, collocate in un solco, costituite da pori disposti in serie verticali. Aree ambulacrali relativamente strette, fornite da due serie di tubercoli mammellonati, lisci, imperforati, colla zona mediana stretta, coperta tutta quanta da granuli di varie dimensioni e variamente disposti. Aree interambulacrali larghe con due serie di tubercoli eguali a quelli delle aree ambulacrali, colla zona mediana pure molto ricca di granuli irregolarmente disposti. Peristoma relativamente grande. È questa una forma molto vicina all’Arbacina monilis (DesmaR.) Powet, da cui si distingue per le mi- nori dimensioni e per la faccia superiore meno alta, meno gibbosa. Pure molto affine è la forma descritta dal Vinassa ° e erroneamente da lui riferita all’Arbacina monilis (DesmAR.) PowEL, facendone una varietà, v. depressa, forma che chiamo Arbacina Vinassai, e la distinguo dall’ Arbacina monilis (DesmAR.) PoMEL e dall’ Arbacina Isseli perchè meno rigonfia, e avente il peristoma più piccolo, e le aree ambulacrali e interambulacrali meno ornate da granuli. Tortoniano. — Stazzano (Museo geol. Genova). XI. Gen. Hipponoe Gray, 1840. 1. Hipponoe Parkinsoni (Acass.) Corr. — Tav. XIX (Il, fig. 76. 1847. Tripneustes Parkinsoni Agassiz et Desor. Catal. raîs. des échin. L.'c., par. I, pag. 60. 1877. Hipponoe — i G. Corrrav. Descript. de la faune tert. de la Corse. L. c., pag. 239, pl. VIII, fig. 13, 16 (cum syn.). i) P. De LorroL. Descript. des échin. tert. du Portugal. L.c., pag. 13. 2? P. Vinassa DE ReEGNY. Echin. neog. del Museo parmense. L. c., pag. 12. ii blica 0 an i ario iS pet it de PER e CREO E° i 3 j a 3 È 1 a f Ò o i [29] C. ATRAGHI 177 Di questo echino che deve essere di grandi dimensioni ho in esame solamente dei frammenti. Zone porifere larghe, formate da tre serie di pori disposti su tre linee verticali. Tra la serie interna e le due altre esterne si ha una serie regolare di tubercoli che si impiccioliscono e verso l’apice e verso il peri- stoma, dove anche le zone porifere si restringono. Aree ambulacrali larghe, guarnite da due serie principali e due secondarie di tubercoli, non crennellati, nè perforati, ma mammellonati. Aree interambulacrali ornate attorno al peristoma da sei serie di tuberboli identici a quelli delle aree ambulacrali, di cui solamente due arrivano fino all’apice. Forse a questa forma si dovrà riferire anche 1’ Hipponoe sp. ind. di S. Juvat figurata dall’abate Baziw®, inquanto che egli ha ritenuto i suoi frammenti diversi da quelli dell’Hipponoe Parkinsoni (AGass.) Cont. perchè credeva che questa avesse solamente due serie di tubercoli sulle aree interambulacrali, mentre in realtà esse sono di un numero maggiore tranne che all’estremità superiore come appunto nell’ Hipponoe di S. Juvat. Questa forma si distingue facilmente da quelle viventi (Hipp. depressa, Hipp. variegata?) pei suoi tubercoli relativamente più serrati e più numerosi. Elveziano. — Sui colli di Torino a S. Antonio, Rio Batteria, Villa Vergnano, Villa Faucigny presso Torino, Grangia (RovaseNDA). — Monte Vallassa in V. Staffora (Museo geol. Pavia). XII. Gen. Echinocyamus V. PaeLsum, 1774. 1. Echinocyamus pyriformis Acass. 1899. Echinocyamus pyriformis C. Arragni. Hehin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 10. Tongriano. — Sassello (RovASENDA). 2. Echinocyamus Studeri (Sisw.) Desor. — Tav. XXII [IV], fig. 10. 1842. Anaster Studeri E. Sismonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 44, tav. II, fig. 8,9. 1842. Fibularia — E. Siswonpa. Appendice alla Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 388, 1847. — — G. Micarconti. Descript. des foss. mioc. de Ital. sept. L. c., pag. 64, tav. II, fig. 17. 1858. Eckinocyamus Studeri E. Drsor. Symopsis des échin., pag. 219. 1897. — pyriformis G. pe ALessanprI. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 79, tav. II, fig. 3. Forma di piccolissime dimensioni, compressa, ovale, protratta sul davanti, più ampia posteriormente, colla faccia superiore leggermente elevata, quella inferiore concava. Sommità apicale centrale; aree ambulacrali larghe, brevi, alquanto sporgenti. Zone porifere larghe composte di pori non uniti tra loro a paia da nessun solco. Peristoma subrotondo, collocato nella parte più profonda della faccia inferiore. Periprocto piccolo, tra il margine e il peristoma. Apparecchio apicale elevato, fornito da quattro pori genitali. È, questa forma, come ha già fatto notare il Sismonpa, molto affine all’ Eckinocyamus pyriformis Agass., tanto più che tanto l'una quanto l’altra talora si presentono con un contorno quasi eguale, cioè tutte e 1) Ar. AGassiz. Revision of the echin., pag. 291. 2) A. Bazin. Échin. mioc. de la Bretagne. Boll. Soc. géol. de France, pag. 37, tav. 1, fig. 22-25. 178 C. ATRAGHI [30] due o piriformi, subpentagonali, o pure dilatate all’avanti anzichè posteriormente, cosicchè l’unico carattere che li possa distinguere credo sia la maggiore o minore gibbosità della faccia superiore, maggiore e più spiccata nell’Echin. Studerì Sism., minore, quasi nulla, nell’Echin. pyriformis Acass. Elveziano. — Sui colli di Torino a S. Antonio, Grangia, Termo fourà, Pian dei Boschi, Sciolze (RovasENDA). — Rosignano (Museo geol. Torino). 3. Echinocyamus pusillus (Miun.) AL. AGass. — Tav. XXI [IV], fig. 9. 1776. Spatangus pusillus MiLLer. Zool. Dan., pl. XCI, fig. 5, 6. 1875. Echinocyamus pusillus AI. Acassiz. Revision of the Echin., L. c., tav. XI, XIII, pag. 111, 304} 505 (cum syn.). Forma di piccole dimensioni, subpentagonale, più lunga che larga, protratta anteriormente, più ampia posteriormente, colla faccia superiore alquanto elevata, quella inferiore leggermente concava. Sommità apicale subcentrale; aree ambulacrali larghe, lunghe, leggermente convesse. Zone porifere composte da piccoli pori rotondi-e non coniugati. Peristoma subpentagonale, collocato in una piccola de- pressione e alquanto grande. Periprocto più vicino al margine che al peristoma, subrotondo e più piccolo di quest’ultimo. Apparecchio apicale sporgente a forma di bottone, provvisto di quattro pori genitali. Anche questa forma è alquanto polimorfa, e spesso come la sopra descritta, talora è più larga ante- riormente anzichè nella parte posteriore. Si distingne dall’ Echin. Studeri Sisw. e dall’ Echin. pyriformis Acass. per le sue maggiori dimensioni e per il maggior spessore del corpo e pei margini sempre più grossi e rotondeggianti. Piacenziano. — Zinola (Museo geol. Genova, Torino). XIII. Gen. Sismondia Dresor, 1857. 1. Sismondia Taramellii n. f. — Tav. XXII [IV], fig. 7. Forma di piccole dimensioni, subpentagonale avente la maggiore larghezza in corrispondenza alla estremità degli ambulacri pari anteriori, colla faccia superiore leggermente convessa nelle regione ambu- lacrale, coi margini rigonfi, colla faccia inferiore alquanto profonda. Sommità ambulacrale centrale; aree ambulacrali peteloidee, ‘piccole, pressochè eguali e aperte alla loro estremità libera. Zone porifere strette, formate da pori molto piccoli, dei quali gli esterni un po’ più grandi e allungati, uniti con quelli della serie interna a paia da un piccolo solco; zone interporifere leg- germente convesse, larghe quanto le due zone porifere. Peristoma subpentagonale, posto nel mezzo della faccia inferiore. Periprocto rotondo, piccolo, disposto a egual distanza dal margine e dal peristoma. Appa- recchio apicale molto grande, subpentagonale, con quattro pori genitali; gli anteriori dei quali più vicini tra loro che non i posteriori. DIMENSIONI Altezza Ò 5 ò : ; 6 , 6 : o . . . mm. 4 Diametro antero posteriore . ò ò 0 6 c ò 0 o 6 » » trasversale . ; ò 6 È 0 e : 6 ; h SIONE 0 siria Aide ai MISI. VE IO a [31] C. ATRAGHI 179 Questa è una forma molto affine alla Sismondia Desori Coquanp, alla quale corrisponde perfettamente e per la fisonomia generale, e per la conformazione degli ambulacri, ma da essa si distingue per la faccia inferiore maggiormente concava e il periprocto molto più lontano del margine. Bartoniano. — Gassino (Museo geol. Pavia), Caviggione (RovAsENDA). XIV. Gen. Clypeaster Law., 1801. 1. Clypeaster Michelinii Ler. 1899. Clypeaster Micheliniù C. ArragnI. Hehin. del bacino della Bormida, L. c., pag. 12. Si veda il mio lavoro sopra citato. Tongriano. — Lerma presso Cassinelle (Museo geol. Torino). 2. Clypeaster placenta Micami. 1899. Clypeaster placenta C. Atracni. Hchin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 92. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Dego (R. Istituto Tecnico di Udine). 3. Clypeaster Paronai Arr. 1899. Clypeaster Parongi C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 14, tav. VI, fig. 2. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). Pl 4. Clypeaster Taramellii Air. 1899. Clypeaster Taramellii C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 15, tav. VI, fig. 3. Anche per questa forma si veda lo stesso mio lavoro citato. Tongriano. — Cairo Montenotte (Museo civ. Milano). 5. Clypeaster pentagonalis Micami. — Tav. XX [II], fig. 1,2. 1861. Olypeaster pentagonalis G. MicneLonmi. Étud. sur le mioc. inf. de VItal. sept. L. c., pag. 25, tav. II , io Ch 0. 1891. — biarritxensis G. Comeav. Pal. Frang., Terr. tert., Éoc. Échin., t. Il, pag. 228, pl. 260. 1899. — pentagonalis C. Atrani. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 13, tav. VII, fig. 9, 10. Forma di mediocri dimensioni, oblunga, subpentagonale, cogli angoli arrotondati, colla faccia superiore molto depressa, leggermente rigonfia nella regione ambulacrale, quella inferiore piana, subconcava attorno al peristoma. Sommità ambulacrale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee, lunghe più della metà dello spazio 180 C. AIRAGHI [32] compreso tra la sommità apicale e il margine, quasi diritte e molto aperte alla loro estremità libera, quella anteriore è un po’ più lunga delle altre. Zone porifere larghe, depresse, composte da pori ineguali, gli interni rotondi, gli esterni oblunghi, disposti a paia, separati da piccoli rigonfiamenti con 7 o 8 piccoli tubercoli; zone interporifere larghe il doppio di ciascuna zona porifera e leggermente convesse. Tubercoli crenellati, scrobicolati e perforati. I cinque ambulacri della faccia inferiore sono profondi e diretti al peristoma. Peristoma centrale, subpentagonale, profondo. Periprocto piccolo a poca distanza del margine. Apperecchio apicale leggermente rialzato con 5 pori genitali. DIMENSIONI Altezza . z A i o 5 ; : 7 È ; o nino © 8 Diametro antero posteriore . A 6 6 0 È i 5 » 67 61 » trasversale . È Ù . È ; ; È 5 È PID 59 Dissi già nel lavoro citato che questa forma è vicina al Clyp. Beaumonti Sisw. da cui si distingue per gli angoli più tondeggianti, gli ambulacri più sviluppati e aperti, e per il maggior spessore, ma. allora avevo in esame solamente degli esemplari alquanto mal conservati e mi sembrava temerario riferire alla forma del Mic®eLoTTI il Clyp. diarritzensis Cort., cosa che invece credo di poter fare ora studiando i molti esemplari del Museo geologico di Genova, tra i quali ve ne sono alcuni perfettamente identici a quello figurato dal CorTEAU. Tongriano.— Bricco delle Chiappe sopra S. Giustina; Pareto, Giusvalla, Mioglia, Sassello, Squa- neto (Museo geol. Genova), Dego (Museo geol. Genova, Roma), Tagliolo (Museo geol. Genova, Museo civ. Milano), Cassinelle (RovasenpA), Montenotte (Museo geol. Genova). : ® 6. Clypeaster Beaumonti Sisu. — Tav. XX [II], fig. 3. Is 1542. Clypeaster Beaumonti E. Sisuonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 42, tav. II. 1847. -—- — G. MicaeLontI. Deseript. des foss. mioc. de l’Ital. sept. L. c., pag. 66. 1858. — _ E. Dosor. Synopsis des échin., pag. 243. 1861. —_ o G. Micueont. Htud. sur le mioc. inf. de l’Ital. sept. L. c., pag. 141, tav. XXXV, fig. 24. 1863. - — M. Micarin. Monogr. des Clyp. L.c., pag. 141, tav. XXXV, fig. 3. 1899. _ — C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 11. Forma di mediocri dimensioni, pentagonale, tanto lunga quanto larga, colla maggior larghezza in corrispondenza all’estremità libera degli ambulacri pari anteriori, dal corpo molto sottile. Sommità apicale centrale; aree ambulacrali corte, petaloidee, molto aperte alla loro estremità. Zone porifere depresse, ornate da pori molto vicini e disuguali; spazio interporifero leggermente convesso e largo di più d’una zona porifera. Aree interambulacrali leggermente rigonfie. Peristoma pentagonale, tra- sversale. Periprocto ellittico nel senso trasversale vicino al margine. DIMENSIONI Altezza 6 , 7 5 n o 6 c , o o 0 . mm. 13 Diametro antero posteriore . ò ” 5 ì QUO, 5 ; » 63 » trasversale . 0 i ; 0 ò 0 o o o . » 63 3h el [33] €. ATRAGHI 181 Anche questa forma venne ritenuta dal Stswonpa come dell’elveziano della collina di Torino, ma, con tutte le probabilità, com’ebbe a scrivermi il prof. PARONA, essa è del tongriano di Carcare. Si distingue molto facilmente da tutte le sue congeneri per l’estremo grado di sottigliezza del corpo, paragonabile a quella delle Scufella, pur tuttavia venne talora confusa col Clyp. laganoides AsaAss., che si mostra però sempre meno pentagonale, meno largo e meno sottile, tal’altra col Clyp. pertaganalis MicamTI., che si distingue pel maggior spessore del corpo, per gli ambulacri più aperti e diritti. Affinità grande presenta anche il Clyp. scutellacformis Poxet, il quale si distinguerà però sempre per i suoi,ambulacri più ampi, più diritti, più aperti e per il peristoma e periprocto longitudinali anzichè trasversali. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 7. Clypeaster laganoides Acass. — Tav. XX [II], fig. 4. 1842. Clypeaster ambigenus E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 42. 1847. — laganoides AGassiz et Desor. Gutal. rais. des échin. L. c., pag. 8. 1847. — ambigenus G. MicunLorti. Descript. des foss. mioc. de l° Ital. sept. L. c., pag. 64. 1861. = laganoides G. MicreLormti. Htud, sur le mioc. inf. de VItal. sept. L.c., pag. 23. 1886. — — A. Isser. Catal. dei foss. della Pietra di Finale. L. c., pag. 41. 1899. — = C. Arracni. Eehin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 16. 1899. — Michelotti C. Atracni. Ibid., pag. 12. Forma di grandi dimensioni, subpentagonale, oblunga, colla maggior larghezza in corrispondenza al- l’estremità degli ambulacri pari anteriori, colla faccia superiore molto depressa, quella inferiore quasi piana, concava attorno al peristoma. Sommità apicale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee e leggermente rigonfie. Zone porifere leg- germente depresse specialmente alla estremità libera. Aree interambulacrali molto strette alla loro estre- mità superiore e leggermente rialzate come le ambulacrali. Peristoma subpentagonale. Periprocto subellittico, vicino al margine. Apparecchio apicale stelliforme, placca madreporica sporgente a forma di bottone. DIMENSIONI Altezza o i 3 7 5 5 o è 5 a È : o sian I Diametro antero posteriore . D o c c ò 6 5 c ; » 69 » trasversale . i 5 ; z 8 È Ù 2 i È » 60 Alcuni esemplari che ho in esame sono quelli stessi che dal Siswonpa vennero erroneamente riferiti al Clyp. ambigenus e creduti provenienti dall’Elveziano della Collina di Torino, mentre invece, come già dissi, con tutte le probabilità sono del Tongriano di Carcare. | Il Clyp. laganoides Acass. si distingue dal Clyp. latirostris Agass. per la sua forma più allungata, la faccia superiore meno elevata, e le zone interporifere un po’ più larghe. Gli esemplari poi tanto frequenti della Pietra di Finale si avvicinano in modo speciale al C7yp. marginatus Agass. benchè presentino gli ambulacri alquanto più lunghi. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). Elveziano. — Finale Marina (Museo geol. Torino, Genova, Pavia, Museo civ. Milano). 8. Clypeaster Isseli n. f, — Tav. XX [II], fig. 6. Forma di mediocri dimensioni, oblunga, subpentagonale, cogli angoli arrotondati, colla faccia superiore molto alta nella regione ambulacrale, quella inferiore piana. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 23 182 C. AIRAGHI [34] Sommità ambulacrale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee lunghe tanto d’arrivare sin quasi vicino al margine e molto aperte alla loro estremità libera, quella anteriore più lunga, più diritta, più aperta delle altre. Zone porifere larghe e leggermente depresse, composte da pori ineguali, colla maggior lar- ghezza in prossimità all’estremità libera, con due o tre pori liberi; zone interporifere rigonfie, special- mente l’impari anteriore, e larghe più del doppio d’una zona porifera. Aree interambulacrali leggermente convesse e alte quanto quelle ambulacrali. Tubercoli fitti, crenellati, scrobicolati, perforati. Peristoma centrale, subpentagonale. Periprocto piccolo, ellittico trasversalmente, poco discosto dal margine. Apparecchio apicale subpentagonale con cinque pori genitali. DIMENSIONI Altezza 5 , 3 ] È i : 3 . : i Ò . mm. 28 Diametro antero posteriore . . o . 0 0 , È 5 a » TT » trasversale . . 0 0 0 6 A o 5 } 7 » 67 ' Questa forma si distingue dal Clypeaster Scillae DesmouL. al quale corrisponderebbe per la con- formazione della faccia superiore, per gli ambulacri meno petaloidi, meno larghi, e meno chiusi alla loro estremità, e per i margini meno sinuosi e gli angoli più arrotondati. Tongriano. — Sassello (Museo geol. Genova). 9. Clypeaster altus Law. — Tav. XXI [III], fig. 1. 1816. Clypeaster altus LamaRcK. Anim. sans vert., t. III, pag. 14. 1842. — — E. Sismonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 38, 39. 1847. — — G. MicreLormi. Descript. des foss. mioc. de VItal. sept., L. c., pag. 65. 1861. — — G. Micueromi. HÉtud. sur le mioc. inf. de VItal. sept., L. c., pag. 24. 1892. _ — J. Gregory. On the maltese fossil echinoidea. L. c., pag. 593 (cum syn.). Forma di grandi dimensioni, oblunga subpentagonale, cogli angoli arrotondati, colla faccia superiore molto elevata, rigonfia, piatta alla sommità, quella inferiore piana. Sommità ambulacrale un po’ eccentrica in avanti; aree ambulacrali lunghe, ovali, un po? lanceolate, ineguali; l’anteriore impari più lunga e larga delle altre. Zone porifere molto larghe, leggermente de- presse; zone interporifere in forma di coste arrotondate, fusiformi un po’ contratte all’estremità e larghe più del doppio d’una zona porifera. Aree interambulacrali quasi piane e molto strette alla loro sommità. Peristoma profondo, subpentagonale. Periprocto rotondo, poco lontano dal margine. Apparecchio apicale posto in una depressione poco sensibile. DIMENSIONI Altezza È È ; 5 7 5 , 6 ò È È . mm. 48 37 Diametro antero posteriore . » 117 ? » trasversale . 5 3 d 0 G 7 8 0 i » 90 87 Di questa bella forma possiedo due esemplari uno dei quali venne già studiato dal Sismonpa, che lo trovò molto affine al Clypeaster turritus AGAss. e distinto da questo solo per il vertice meno elevato e gli ambulacri più lunghi e acuti, caratteri che più tardi dal CorreAu, DE LorIoL, GREGORY vennero con- siderati come sufficienti a costituire delle varietà di una stessa forma e non delle forme diverse e però il VINI T NET MST SCBISOT, e STI | dda VE gn IRE RIT RO II IRE [85] C. ATRAGHI 183 Clypeaster turritus Acass. col Clyp. portentosus, pyramidalis e Agassizì vennero considerate come varietà del Clypeaster altus Lam. Elveziano.— Colli di Torino (Museo geol. Torino RovAsENDA). 10. Clypeaster crassicostatus Acass. — Tav. XX [II], fig. 5; Tav. XXII [IV], fig. 6. 1840. Olypeaster crassicostatus L. AGassiz. Catal. syst. foss. Mus. neoc., pag. 61. 1842. —_ = E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 39, tav. IIL fig. 12. 1847. — = G. MicueLortI. Descript. des foss. mioe. de Ital. sept. L. c., pag. 64. 1861. — — G. MicarLomi. Htud. sur le mioc. inf. de VItal. sept. L. c., pag. 23. 1897. = — G. pe Aurssanpri. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 80. Forma di grandi dimensioni, oblunga, subpentagonale, angolosa all’avanti, ristretta posteriormente, coi margini mediocremente sinuosi, colla faccia superiore alta, quella inferiore piana, leggermente depressa attorno al peristoma. Sommità apicale subcentrale, un po’ depressa; aree ambulacrali lunghe, strette, elevate, digitiformi, molto aperte alla loro estremità libera, e quasi eguali tra loro. Zone porifere larghe, leggermente de- presse, zone interporifere alte, strette, larghe più d’uma zona porifera. Aree interambulacrali piane, e molto strette. Peristoma subpentagonale e profondo. Periprocto rotondo, vicino al margine, apparecchio apicale stelliforme, col corpo madreporico sporgente nel mezzo. DIMENSIONI Altezza c . c ; o o ; 0 . ò . . mm. 50 27 Diametro antero posteriore . : ò 0 . o 5 0 6 » 124 59 » trasversale . Ò 5 c o o ò È ; ò » 100 15 Dalle dimensioni si vede chiaramente come vi sieno due varietà di questa forma, l’una colla faccia superiore molto più alta dell’altra, varietà già fatte notare per altro dal Siswonpa. Questa forma tanto comune nell’ Elveziano piemontese si distingue dal Clypeaster altus per il dorso meno elevato, meno co- nico, e più pronunciati e più rigonfi e rotondati gli ambulacri; dal Clypeaster Scillue AgaAss. si distingue per gli angoli meno acuti e il margine meno sinuoso, per gli ambulacri più rigonfi, più lunghi, più ci- lindrici. Una forma molto affine è pure il Clypeaster pentadactylus Peron che il CorteAU volle distinta per i petali più sporgenti, per le aree interambulacrali molto più depresse, per l’ambulacro impari ante- riore più lungo, pei tubercoli delle zone porifere più grossi e meno numerosi, e per la maggior convessità della faccia inferiore. Elveziano. — Colli di Torino: Villa Forzano, Rio Batteria (Museo. geol. Torino, RovasenpA). — Rosi- gnano, Castello di Uviglie, S. Giorgio (Museo geol. Torino). 11. Clypeaster intermedius Deswour. — Tav. XXVIII [V], fig. 1. 1837. Clypeaster intermedius C. Deswovrms. Htud. sur les échin., pag. 217. .1842. — rosaceus (pars) E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 37. 1858. — Scillae E. Desor. Synopsis des échin., pag. 241. 1861. — rosaceus (pars) G. MicneLormti. Etud. sur le mioc. inf. de Ital. sept. L. c., pag. 64. 1886. — Michelotti A. IsseL. Catal. dei foss. della Pietra di Finale. L.c., pag. 41. 1895. — intermedius G. Correav. Éehin. mioc. de la Sarduigne. L. c., pag. 24. 184 C. AIRAGHI [36] Forma di grandi dimensioni, subpentagonale, cogli angoli arrotondati, coi margini sinuosi, colla mag- gior larghezza in corrispondenza dell’estremità degli ambulacri pari anteriori, colla faccia superiore ele- vata, obliquamente inclinata sui margini; quella inferiore piana, con cinque solchi che corrispondono agli ambulacri. ; Sommità apicale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee, lunghe, strette, rigonfie, delle quali l’impari anteriore si distingue per la sua maggior lunghezza. Zone porifere larghe, depresse di più che non le zone interporifere. Aree interambulacrali più elevate che le zone porifere, e meno gonfie dell’aree ambu- lacrali. Peristoma mediocremente sviluppato, subpentagonale, collocato in una depressione profonda. Peri- procto inframarginale. Apparecchio apicale più basso della sommità degli ambulacri, corpo madreporico pentagonale, placche genitali molto sviluppate. DIMENSIONI Altezza ; . 0 . 5 6 5 ; o , o 5 . mm. 40 Diametro antero posteriore. . 6 . ò . , o o c » 146 » trasversale . > È 5 È B 5 i 2 E 5 » 132 Questa forma si distingue dal Clyp. crassicostatus per la sua maggior larghezza, i suoi bordi più obli- quamente declivi, per gli ambulacri meno lunghi e meno stretti, dal Clyp. altus per la minor altezza e maggior larghezza. A questa forma ho creduto bene riferire, pei caratteri sopra descritti, il Clyp. rosaceus Sism. trovato sulla Collina di Torino, e l’esemplare riferito dall’IsseL al Clyp. Michelottii Acass. trovato nella Pietra di Finale. Questo è mediocremente conservato, ma le sue aree ambulacrali petaloidee, lunghe, rigonfie, con quella impari anteriore alquanto più lunga delle altre, le zone porifere depresse di più che non le zone interporifere, le aree interambulacrali elevate e la faccia superiore obliquamente declive sui margini, credo che permettino di riferirlo a questa forma e non al Clyp. Michelottiù AcASs. che si presenta cogli ambulacri più eguali tra loro, più aperti, e non mai colle aree interambulacrali elevate. L’esemplare in parola venne esaminato anche dal prof. Dames e lo trovò molto affine al Clyp. crassicostatus AGaAss., la forma la più affine al Olyp. intermedius DEswoTI. Elveziano. — Collina di Torino (Museo geol. Torino), Finale Marina presso la Chiesa di Perti (Museo geol. Genova). 12. Clypeaster gibbosus (Risso) M. pe Serres. — Tav. XXV [VII], fig. 1. 1826. Scutella gibbosa Risso. Hist. nat. de V Europe merid., vol. V, pag. 284. 1829. Clypeaster gibbosus M. ne Serres. Géog. des terr. tert. de la France mérid., pag. 157. 1877. _ — G. Corrrau. Deseript. de la faune tert. de la Corse. L. c., pag. 253. 1897. — intermedius G. pe Anessanpri. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. GL ab 106 sa 0 Î . Forma di grandi dimensioni; subpentagonale cogli angoli arrotondati, coi margini sinuosi, colla mag- gior larghezza in corrispondenza all’estremità degli ambulacri pari anteriori, colla faccia superiore elevata, a forma di calotta; quella inferiore piana, solcata da cinque ambulacri che si congiungono nel peristoma alquanto profondo. Sommità apicale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee, grandi, aperte alla loro estremità, spor- genti. Zone porifere larghe, depresse, formate da pori uniti a paia da un solco obliquo. Aree interambu- [37] 0. ATRAGHI } 185 lacrali molto strette alla loro parte superiore, rigonfie e rialzate quanto le aree ambulacrali, cosicchè la faccia superiore di questa forma è contradistinta da 10 coste separate dalle zone porifere. Peristoma pen- tagonale, posto in una depressione molto marcata. Periprocto rotondo, vicino al bordo. Apparecchio apicale stelliforme, alquanto depresso, placche genitali piccole. DIMENSIONI Altezza —. ò o i i ; 5 , , : ” È 6 rio 86 Diametro antero posteriore. 0 0 0 . 0 a 0 0 . » 124 » trasversale . . c e o 0 o . . . . » 107 È una forma questa che presenta alcune varietà che dal Desor vennero considerate come specie di- stinte e da lui chiamate, Clyp. umbrella e dilatatus a seconda dei margini più o meno dilatati. Gli esem- plari del Monferrato, si presentano coi margini alquanto sviluppati, epperò, se ancora fosse stata con- siderata come specie la varietà dilatatus, ad essa avrei dovuto riferirli. Questi esemplari adunque, che dapprima dal dott. pe ArESSANDRI vennero riferiti al Clyp. intermedius DesmouL., si distinguono per la conformazione della loro faccia superiore a forma di calotta, per le aree interambulacrali molto elevate, tanto quanto le ambulacrali. Elveziano. — Rosignano, Vignale (Museo geol. Torino). 13. Clypeaster latirostris Acass. — Tav. XXIV [VI], fig. 1. 1840. Clypeaster latirostris L. AGassis. Catal. syst., pag. 6. 1759. — — Sciura. De corporibus marinis lapidescentibus, pag. 53, pl. X, fig. 2. 1877. _ — G. Corrrau. Descript. de la faune tert. de la Corse. L. c., pag. 265. Forma di grandi dimensioni, subpentagonale, cogli angoli molto arrotondati, coi margini appena si- nuosi, colla faccia superiore alquanto depressa, rigonfia solamente nella regione ambulacrale, quella infe- riore piana, leggermente depressa attorno al peristoma. Sommità apicale mal conservata; aree ambulacrali petaloidee, un poco rigonfie, lunghe un po’ più della metà dello spazio che va dall’apice ambulacrale al margine. L’area ambulacrale impari anteriore un po’ più lunga e meno aperta delle altre. Zone perifere larghe, leggermente depresse, aventi i pori uniti a paia da piccoli solchi, tra i quali vi sono da sette ad otto piccoli tubercoli. Aree interambulacrali molto strette superiormente e rialzate e rigonfie quanto le ambulacrali. Peristoma subpentagonale. Periprocto cuoriforme, coll’apice rivolto verso il peristoma. DIMENSIONI Altezza 0 È a a è e î Ò P 3 è 5 mi Diametro antero posteriore 0 0 , 0 . . Ò . : » 133 » trasversale . 6 6 2 5 ò 5 Ò 6 È ; » 130 Questa forma viene ora riscontrata pér la prima volta nel Piemonte, e presenta qualche analogia col Clyp. marginatus dal quale però si distingue per la faccia superiore più elevata, gli ambulacri più corti e più larghi. Figurata questa bella forma prima di tutti dallo SciLta nel 1840, fu dall’Agassiz e dal DesoR confusa col Clyp. Scillae Agass.; e dipoi dal DesoR nella sua Symopsîs col Clyp. laganoîdes Agass. e fu infine solo nel 1861 che MicHELIN ne diede una giusta sinonimia che poi venne accettata anche dal CortEAT. Elveziano. — Colli di Torino (Museo geol. Torino). 186 ì C. ATRAGHI [88] XV. Gen. Scutella Law., 1816. 1. Scutella subrotunda Law. 1899. Scutella subrotunda E. Arracn. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 16. Si veda per questa forma il mio lavoro citato. Tongriano. — Mornese (Museo geol. Torino), Dego (Museo civ. Milano, R. Istituto Tecnico di Udine, ROvASENDA). 2. Scutella Isseli n. f. — Tav. XXII [IV], fig. 3. 1892. Scutella tenera D. PantaneLLI in Issen. Liguria geologica e preistorica. L. c., pag. 243, vol. I. Forma di mediocri dimensioni, oblunga secondo il diametro antero posteriore, rotonda anteriormente, rostrata, subondulosa nella parte posteriore, colla faccia superiore leggermente convessa nella regione am- bulacrale, quella inferiore coperta dalla roccia. Sommità ambulacrale pressochè centrale; aree ambulacrali petaloidee e piccole, diverse tra loro, quella anteriore e le due pari posteriori alquanto più strette delle altre, e colla massima larghezza alle loro estremità libere, le due pari anteriori sono alquanto più larghe e maggiormente petaloidee e più divari- cate che non le due pari posteriori. Zone porifere strette, formate da pori disuguali, allungati quelli della serie esterna, rotondi e più piccoli, quelli della serie interna, collegati tra di loro a paia da piccoli solchi; zone interporifere larghe quanto una zona porifera. Periprocto inframarginale. Apparecchio apicale sub- pentagonale, di grandi dimensioni, provvisto di quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza a : 5 ; È ò o c o o : ; . mm. 6 Diametro antero posteriore . , ; 3 , 5 0 6 Ù 6 » 60 » trasversale . 0 ; ò 0 o : ò : ge » 55 È questa una forma molto vicina alla Scutella tenera Lee. ! dalla quale però si distinguerà sempre perchè è maggiormente rostrata nella sua parte posteriore, e perchè i suoi ambulacri sono differenti tra loro, i due pari anteriori molto più petaloidei degli altri. Tongriano. — Dego (Museo geol. Genova). 3. Scutella Paronai n. f. — Tav. XXII [IV], fig. 2. Forma di grandi dimensioni, più lunga che larga, rotonda anteriormente, rostrata nella sua parte posteriore, colla faccia superiore quasi piana, leggermente convessa nella regione ambulacrale, quella in- feriore completamente piana. ; Sommità ambulacrale pressochè centrale; aree ambulacrali petaloidee, corte e larghe, pressochè uguali tra loro, le due pari anteriori però molte più divaricate delle “due pari posteriori che formano tra loro un angolo più acuto. Zone porifere larghe, formate da pori disuguali, allungati quelli esterni, rotondi e piccoli quelli interni, collegati tra di loro a paia da piccoli solchi; zone interporifere larghe quanto una zona porifera. Periprocto inframarginale. Apparecchio apicale abraso. . i) G. LAUBE. Echinod. des Vicent. Tertiîirgeb. Denkschriften Akad. der Wissenschaften, pag. 18. i —_ 20 [89] C. AIRAGHI 187 DIMENSIONI Altezza . È 7 . " 6 È c - c . : ARIOM 6 Diametro antero posteriore . 7 5 . : ; o . , , » 80 » trasversale . - È . o 0 È c © 6 , » 76 È questa una forma molto affine alla Scutella cavipetala Lee. !, dalla quale si distingue per essere meno circolare, maggiormente rostrata posteriormente, per gli ambulacrali maggiormente rotondeggianti alla loro estremità libera; molto pure si avvicina, per la lunghezza del diametro antero posteriore in rap- porto a quello trasversale, alla Scutella Isselî sopra descritta, ma da essa diversifica per la conformazione diversa degli ambulacri, molto più larghi e uguali tra loro. Tongriano. —- Mornese (Museo geol. Torino). 4. Scutella Marianii n. f. — Tav. XXI [II], fig. 2. Forma di grandi dimensioni, subrotonda, mal conservata posteriormente, colla faccia superiore de- pressa, leggermente più alta nella regione ambulacrale, faccia inferiore coperta dalla roccia. Sommità ambulacrale centrale; aree ambulacrali petaloidee, corte e molto aperte alla loro estremità libera. Zone porifere larghe, formate da pori disuguali, allungati quelli della serie esterna, rotondi e più piccoli quelli della serie interna, congiunti a paia tra di loro da un piccolo solco; zone interporifere larghe tanto quanto una zona porifera. Periprocto non conservato. Apparecchio apicale subpentagonale, provvisto di quattro pori genitali. I DIMENSIONI Altezza . î . . c 5 È c . . : o ò . mm. 5 Diametro antero posteriore . , ù " ò . ò o 3 È o » trasversale . È . È o . 7 o 0 Ò 0 DU? Questa forma è alquanto vicina alla Scutella Fauyasiù DEFRANCE, ma ho creduto bene di considerarla come una forma nuova perchè presenta gli ambulacri molto più aperti alla loro estremità libera e molto più corti, e la faccia superiore molto più depressa. Dalla Scufella subrotunda Lam. si distingue per gli ambulacri molto più corti, e per lo spazio interporifero relativamente più stretto. Tongriano. — Sassello (Museo geol. Genova). 5. Scutella Lamberti n. f. — Tav. XXII [IV], fig. 1. 1861. Scutella subrotunda G. MicaeLomi. Etud. sur le mioc. inf. de VItal. sept. L. c., pag. 23. 1899. — striatula ©. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 16, tav. VI, fig. 5. 1899. —. sp. ind. J. Lamgerr. Rev. de Paléozoologie par M. Cosswanw, vol. IV, num. 2, pag. 91. Forma di grandi dimensioni, rotonda anteriormente, molto larga nella parte posteriore, colla faccia superiore leggermente convessa, quella inferiore piana. Sommità ambulacrale presso che centrale, spostata un po’ verso la parte posteriore. Aree ambulacrali petaloidee e lunghe meno della metà della distanza che passa tra il margine e l’apice apicale, e appena aperte alla loro estremità libera. Zone porifere mediocri, formate da pori disuguali, allungati quelli della 1) G. Làuse. Echinod. des Vicent. Tertiùirgeb. L. c., pag. 19. 188 C. AIRAGHI [40] serie esterna, rotondi e più piccoli quelli della serie interna, congiunti per paia da un piccolo solco; zone interporifere appena più larghe di una zona porifera. Periprocto inframarginale. Apparecchio apicale sub- pentagonale, di grandi dimensioni, provvisto di quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza . : ò . o c 0 ; 6 } 5 È . mm. 6 Diametro antero posteriore . ò È d 5 è 6 ù i. o » 78 » trasversale . > . 0 o . . 0 ; 0 5 » 80 Questa forma venne dapprima dal MricrELotTI riferita alla Scufella subrotunda Law., più tardi da me alla Scutella striatula M. pe SERR., ma anche da questa, come scrive il signor LAmBERT, nel lavoro citato, differisce alquanto. Non credo sia qui necessario dire se i diversi esemplari di Scutela riferiti alla Scutella striatula M. pe SERR. dai vari autori, appartengano realmente a questa forma, tanto più che, anche volendolo non lo potrei fare, non conoscendo la vera Scutella striatula che da quelle poche parole che MarceL DE SERRES ebbe a scrivere: “ par la grande largeur de ses ambulacres, qui sont striés à leur bord externe d’une manière assez prononcée ,, caratteri questi che non si verificano nei miei esemplari. La Scutella Lamberti presenta delle affinità colla Scutella sublaevis Powet, dalla quale si distingue per la forma maggiormente subtriangolare, per i petali proporzionalmente più corti e per la faccia superiore più depressa, meno convessa. Tongriano, — Dego (Museo geol. Roma). XVI. Gen. Amphiope Acass., 1840. 1. Amphiope pedemontana Arr. — Tav. XXII [IV], fig. 4. 1892. Encope perspicillata D. PantaneLLI in Isso. Liguria geologica e preistorica. L. c., pag. 245. 1899. Amphiope pedemontana. C. Atrani. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 17, tav. VI, fig.4a,b. Forma di mediocri dimensioni, più larga che lunga, arrotondata anteriormente e tronca nella parte posteriore, colla faccia superiore leggermente elevata e quella inferiore quasi piana. Sommità ambulacrale subcentrale; aree ambulacrali petaloidee, molto brevi e larghe, aperte alla loro estremità libera, l’anteriore alquanto più lunga delle altre, più diritta e maggiormente aperta. Zone po- rifere larghe di più d’una zona interporifera, e composte di pori disuguali, quelli della serie esterna più lunghi e grandi di quelli della serie interna. Periprocto inframarginale. Apparecchio apicale subpentagonale, grande, fornito di quattro pori genitali, dei quali i due anteriori sono più vicini tra ‘loro che non i po- steriori. Lunule oblunghe, disposte secondo la direzione degli ambulacri pori posteriori. DIMENSIONI Altezza . ; i . È i o A 7 i A o Da (e) Diametro antero posteriore : 5 5 5 ; . ; . » 54 a 52 » trasversale È i : ; i; ; È i io Come ho già detto nel lavoro citato sopra, questa è la prima forma del genere Amphiope che venne trovata allo stato fossile colle lunule disposte secondo la direzione degli ambulacri posteriori e non trasver- salmente ad essi. Essa è una forma assai comune nel tongriano del bacino della Bormida, ma stante il guscio molto sottile è raro il caso di poter trovar esemplari coi margini non corrosi; ed è appunto per questo che, avendo avuto dalla gentilezza del prof. IsseL alcuni esemplari alquanto bene conservati, ho: creduto [41] C. ATRAGHI 189 bene di estendere maggiormente la descrizione sua e figurare un altro esemplare. L’ affinità di questa forma coll’ Amphiope truncata AGass., è grande, e si distingue solo per gli ambulacri meno larghi, più lunghi e più aperti alla loro estremità libera. Tongriano. — Dego (Museo civ. Milano, Museo geol. Genova), Mioglia, Pareto, S. Giustina, Giusvalla, Squaneto, Cairo Montenotte (Museo geol. Genova). XVII. Gen Runa Acass., 1841. 1. Runa Desori Micanti. — Tav. XXII [IV], fig. 8. 1861. Runa Desori G. MiczeLonmI. Descript. nov. foss. mioc. coll. Turin. L. c., pag. 354, tav. 10, fig. 2. Forma di piccole dimensioni, subrotonda, leggermente oblunga, col margine avente dieci intaccature, due in corrispondenza d’ogni ambulacro, colla faccia superiore leggermente e uniformemente convessa, quella inferiore piana. Sommità ambulacrale centrale; aree ambulacrali larghe, lunghe fin quasi al margine, petaliformi. Zone porifere strette, formate da pori subrotondi e non uniti da alcun solco tra di loro; zone inter- porifere molto larghe, più del doppio d’una zona porifera. Aree interambulacrali aventi al loro mar- gine due intagliature alquanto profonde. Periprocto più vicino. al margine che al peristoma che è sub- centrale. Apparecchio apicale molto sviluppato e leggermente rialzato, fornito da quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza : 5 : 3 5 5 5 5 5 ; ; i . imm. 4 Diametro antero posteriore . - . 3 c 3 o B ° ò Se 2 » trasversale . , . > : : ò . . . o STO Come ha già fatto notare il MicHELOTTI questa forma si distingue alquanto facilmente dalla Runa Comptoni AGass. per la conformazione diversa degli ambulacri; diritti, molto aperti, per nulla arcuati alla loro estremità in questa, petaloidei nella Runa Desorì MicaTTI. Bartoniano. — Gassino (RovASENDA). XVUHI. Gen Echinanthus Brewx, 1732. 1. Echinantus subrotundus (Corr.) Desor. — Tav. XXI [III], fig. 4. 1856. Pygorhynchus subrotundus LeyxerIE et Correa. Catal. des échin. foss. des Pyrénées. Boll. Soc. géol. É de France, pag. 334. 1858. Echinanthus _ E. Drsor. Synopsis des échin., pag. 293. 1890. _ — G. Corrrav. Pal. Frane., Terr. tert., Éoc. Échin., t. I, pag. 585, tav. 173, 174, 175 (cum syn.). Forma di dimensioni mediocri, subcircolare, arrotondata e nella parte anteriore e nella parte poste- riore, leggermente però un po’ più larga posteriormente, colla faccia superiore un po’ elevata e unifor- memente convessa, con quella inferiore quasi piana, leggermente concava nel mezzo, quella posteriore molto corta, quasi nulla. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 24 190 C. ATRAGHI [42] Sommità ambulacrale eccentrica in avanti; aree ambulacrali petaloidee, lunghe, molto aperte alla loro estremità, disuguali, l’area anteriore più diritta, le pari posteriori più lunghe delle anteriori. Zone porifere mediocremente sviluppate, formate da pori disuguali, disposti per paia obliqui; zone interpori- fere molto larghe. Peristoma eccentrico in avanti, pentagonale, stelliforme, allungato trasversalmente. Periprocto longitudinale e molto vicino al margine. Apparecchio apicale mal conservato. DIMENSIONI Altezza : ò 3 i 6 E à ò a c 3 0 . mm. 22 Diametro antero posteriore . , 3 o a È 6 o DATA ” trasversale . 3 5 v 4 : CA o c AAT Questa forma, come ha fatto notare il CortEAU, presenta molte varietà, ma io ho solamente un esem- plare in esame e esso corrisponderebbe maggiormente alla varietà depressa. Credo poi che questa forma la si possa facilmente riconoscere tra le sue congeneri per essere quasi subcircolare, tanto lunga quanto larga, colla faccia superiore mediocremente e uniformemente convessa, coll’apice ambulacrale e il peristoma eccentrici in avanti, col periprocto longitudinale, grande, vicino al margine. => Bartoniano. — Gassino (Museo geol. Torino). 2. Echinanthus Desmoulinsi (DeLBos) Desor. — Tav. XXI [III], fig. 5. 1846. Pygorhynchus Desmoulinsi DrLeos in Agassiz et Desor. Catal. rais. des échin. L. c., pag. 103. 1890. Echinanthus — G. Corrrav. Pal. Franc., Terr. tert., Eoc. Échin., t. 1, pag. 566, pl. 162, 164 (cum syn.). : Forma di grandi dimensioni, arrotondata, più stretta all’avanti che posteriormente, colla faccia supe- riore molto alta, rigonfia, emisferica, quella inferiore pressochè piana, arrotondata sui margini. Sommità ambulacrale eccentrica all’avanti; aree ambulacrali petaloidee, leggermente rigonfie, abba- stanza sviluppate, strette all’estremità libera, ineguali, l’area ambulacrale impari più stretta, più diritta delle altre, le anteriori pari appena più brevi delle posteriori. Zone porifere depresse, molto larghe; zone interporifere molto larghe e rigonfie. Peristoma relativamente stretto, pentagonale, eccentrico al- l’avanti. Periprocto allungato, ovale, vicino al margine. DIMENSIONI Altezza 5 5 7 6 i ‘ È c . 7 i : . mm. 26 Diametro, antero posteriore . È 0 0 ò o : 6 $ RMS » trasversale . 5 7 ò È ; 5 5 ì 5 BIO Questa forma si riconosce facilmente per le sue grandi dimensioni, per la faccia superiore alta, emisferica, per gli ambulacri alquanto sviluppati. Bartoniano. — Gassino (RovASENDA). 3. Echinanthus bufo Lr. — Tav. XXIM [V], fig. 2. 1868. Echinanthus bufo G. Lause. Echinod. des Vicent. Tertiîirgeb. L. c., pag. 22, tav. IV, fig. 1. 1900. _ — P. Orprennem. Die Priabonaschichten und ihre Fauna. Palaeontographica, vol. XXXXVII, pag. 96 (cum syn.). [43] C. ATRAGHI 191 Forma di grandi dimensioni, arrotondata all’avanti, ristretta posteriormente, colla faccia superiore me- diocremente rigonfia, coll’area interambulacrale impari tanto gibbosa, che la massima altezza si trova spostata molto all'indietro e la faccia resta quasi regolarmente inclinata all’avanti; quella inferiore presenta i margini rotondeggianti, una depressione attorno al peristoma, e l’area interambulacrale impari rigonfia. Sommità apicale spostata all’avanti; aree ambulacrali petaloidee, relativamente sviluppate, legger- mente tondesgianti, quella impari anteriore meno petaloidea e più diritta e stretta delle altre. Zone po- rifere un po’ depresse; zone interporifere larghe e tondeggianti. Peristoma pentagonale spostato all’avanti. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. Periprocto longitudinale, inframarginale. DIMENSIONI Altezza 6 6 . 7 6 . 0 . ò mm, 27 Diametro antero posteriore . » 66 » trasversale . 6 5 : . o : o 0 7 od 65 Questa bella forma si distingue facilmente dalle congeneri pel periprocto longitudinale, inframargi- nale, e per l’area interambulacrale impari, e sulla faccia superiore e quella inferiore, gibbosa. Bartoniano. — Gassino (ROvASENDA). 4. Echinanthus placenta Dawes. — Tav. XXI [III], fig. 3. 1877. Echinanthus placenta Dames. Die Echiniden der Vicent. L. c., pag. 31, tav. VI, fig. 1. 1901. —_ — P. Oprenmem. Die Priabonaschichten und ihre Fauna. L. c., pag. 95 (cum syn.). Forma di medie dimensioni, arrotondata all’ avanti, larga posteriormente, colla faccia superiore me- diocremente rigonfia e uniformemente convessa, quella inferiore alquanto depressa attorno al peristoma, e coi margini rotondeggianti. Sommità apicale quasi centrale; aree ambulacrali petaloidee, leggermente tondeggianti, quella impari anteriore più diritta delle altre. Zone porifere leggermente. depresse, zone interporifere larghe e tondeg- gianti. Peristoma pentagonale, spostato all’avanti. Periprocto longitudinale, sopramarginale, posto alla som- mità di un piccolo solco che si allunga fino al margine. DIMENSIONI 4 Altezza o 5 . o 6 7 c 6 " : " . mm. 24 22 Diametro antero posteriore ò ò 5 : ò 5 5 o 52 » trasversale . . o 0 3 ; : i ; na 0 di Forma molto vicina all’ Echinanthus scutella Desmour. da cui si distingue per le sue dimensioni sempre minori, per la faccia superiore sempre meno alta e più uniformemente convessa. Bartoniano. — Gassino (ROVvASENDA). 5. Echinanthus Oosteri ne Lor. 1899. Hchinanthus Oosteri C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 18. Si veda il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino), Molare (RovasENDA). 192 C. ATRAGHI [44] XIX. Gen. Craterolampas Corr. 1890. 1. Craterolampas Raulini Corr. — Tav. XXII [IV], fig. 5. 1863. Eckinolampas Raulini G. Conrrav. Eehin. foss. des Pyrénées. Boll. Soc. géol. frang., pag. 107. 1891. Craterolampas °° /— GG. Comrrav. Pal. Frane., Terr. tert., Roc. Échin., t. II, pag. 188, tav. 247, 248. Forma di mediocri dimensioni, allungata, arrotondata, colla faccia superiore alta, rigonfia e unifor- memente convessa, quella inferiore coi margini molto rigonfi. Sommità ambulacrale eccentrica all’avanti; aree ambulacrali larghe, superficiali, lunghe, e senza re- stringersi discendono fino sulla faccia inferiore. Zone perifere larghe e uguali in tutti gli ambulacri. Pe- ristoma coperto dalla roccia. Periprocto vicinissimo al margine, quasi inframarginale. Apparecchio apicale provvisto di quattro pori genitali con placca madreporica molto sviluppata. DIMENSIONI Altezza a E " . c c , 5 0 Ò . È . mm. 26 Diametro antero posteriore . . o . . ò 3 0 , spa LORA » trasversale . 1 c 0 : a . ) o . A 1 Di questa singolare, quanto elegante forma, tengo un esemplare solo, ben conservato nella sua parte posteriore, e coperto dalla roccia nella metà anteriore; con tutto questo però, quella parte della faccia superiore ben conservata e gli ambulacri pari posteriori, non lasciano alcun dubbio sul suo riferimento generico e specifico. Certo sarebbe stato interessante se si avessero trovati esemplari colla faccia infe- riore ben conservata tanto da poter maggiormente, di quanto abbia fatto CortEAU, studiare il peristoma, e conoscere così i rapporti con precisione che questa forma presenta e col genere Eckinolampas e col genere Conoclypeus, ma, come dico, uno solo è l’esemplare trovato a Gassino, e anch’esso colla faccia inferiore mal conservata. Bartoniano. — Gassino (ROVASENDA). . XX. Gen. Echinolampas Gray, 1825. 1. Echinolampas Beaumonti Acass. — Tav. XXIII [V], fig. 4. 1839. Echinolampas Beaumonti L. Agassiz. Oatal. syst. foss. Mus. neoc., pag. 5. 1900. — —_ P. Orpenzem. Priabonaschichten und ihre Fauna. L. c., pag. 97, tav. X, fig. 5 (cum syn.). Forma di grandi dimensioni, ovoidale, oblunga, rigonfia e regolarmente convessa, arrotondata sui bordi, quasi piana al disotto, e leggermente convessa attorno al peristoma. Sommità ambulacrale eccentrica in avanti; aree ambulacrali larghe, lunghe, costate e aperte alla loro estremità, ineguali tra loro, le posteriori pari più lunghe e meno divergenti delle altre. Zone porifere strette, depresse; zone interporifere rigonfie e larghe. Peristoma eccentrico in avanti e subpentagonale. Periprocto trasversale molto vicino al margine. < 00 e" [45] C. ATRAGHI 193 DIMENSIONI Altezza. o c CpI URN " a c . . . . mm. 40° 43 Diametro antero posteriore ò 0 ò 6 > a : "168 1 » trasversale . c 7 c . : c ò o nie MIRO ZIO Recentemente questa forma venne descritta dal dott. OpPENHEIM in tutti quanti i suoi dettagli. Di essa ho in esame due esemplari, uno del tongriano e l’altro del bartoniano. Il primo è meglio conservato e si distingue facilmente dall’ Eckinolampas pulitus (Lam.) Corr. per la faccia inferiore meno profonda e, in particolar modo, per le zone porifere depresse, e per essere meno rostrato posteriormente. L'altro è di maggiori dimensioni e quindi maggiormente corrisponde alle figure del CorteAU e dell’ OPPENHEIM, ben- chè abbia subìto uno schiacciamento laterale. Bartoniano. — Gassino (RovASENDA). Tongriano. — Giusvalla (Museo geol. Genova). 2. Echinolampas blaviensis Corr. — Tav. XXV [VII], fig. 2. 1890. Echinolampas blaviensis G. Correa. Pal. Frang., Terr. tert., Roc. Échin., t. II, pag. 63, tav. 220, 221. Forma di mediocri dimensioni, subcircolare, un po’ allungata, colla faccia superiore molto alta, ri- gonfia, emisferica, quella inferiore piana, coi margini rotondeggianti. Sommità ambulacrale eccentrica all’ avanti; aree ambulacrali lunghe, petaloidee, leggermente costate, molto aperte alla loro estremità, ineguali, quella impari anteriore diritta e più corta delle altre; quelle pari anteriori più divergenti e corte delle posteriori. Zone porifere leggermente depresse e strette; zone interporifere larghe, alte. Peristoma pressochè centrale, spostato un po’ all’ avanti, subpentagonale. Peri- procto subellittico, trasversale e quasi inframarginale. Apparecchio apicale subpentagonale con quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza ò 7 i Ù 5 6 o 5 0 Ò 0 ò . mm. 35 Diametro antero posteriore . E 3 o . 0 c 3 0 DIPAZRE) MLN) » trasversale . 5 È È ; 5 ; : - ; scaling Questa forma venne per alcun tempo confusa coll’ Echin. Blainvillei, ma dopo quanto scrissero TouR- NoUER e CortEAU ciò non è più possibile. Essa si distingue dalle congeneri per la faccia superiore alta, emisferica, per gli ambulacri larghi e lunghi, e per la faccia inferiore quasi piana. Questa forma venne trovata per la prima volta nei calcari superiori di Blaye coll’ Echinanthus Desmoulinsi, col quale pure venne trovata nel calcare di Gassino. Bartoniano. — Gassino (RovASENDA). 3. Echinolampas cassinellensis pe Lor. — Tav. XXI [III], fig. 6. 1843. Echinolampas Laurillardi Acassiz et Desor. Catal. raîs. des échin. L. c., part. II, pag. 165. 1858. —_ _ E. Dresor. Synopsis des échin., pag. 307. 1892. — pulitus D. PanraneLLI in IsseL. Liguria geologica e preistorica. L. c., pag. 243. 1899. — Laurillardi C. Atracni. Echin. del bacino della Bormida. L.c., pag. 23, tav. VI, Tia Vo E Do 1899. — cassinellensis P. pe LorioL. Notes pour servir à l’ étud. des échin. VII. Mém. Soc. phys. et hist. nat. Genève, pag. 5, pl. I, fig. 1,2. 1899. — —_ C. Arracni. Dell’ Echinolampas Laurillardi. Rivista ital. di paleontologia. 194 C. ATRAGHI [46] Forma di medie dimensioni, talora ovale, talora allungata, subpentagonale, arrotondata anteriormente e rostrata nella parte posteriore, colla maggior larghezza in corrispondenza all’ estremità libera degli ambulacri pari posteriori, colla faccia superiore talora depressa e uniformemente convessa, talora gibbosa sull’area interambulacrale impari posteriore vicino all’apice ambulacrale, talora molto elevata e rigonfia, talora quasi perfettamente conica, quella inferiore molto profonda, coi margini tondeggianti. Apparecchio apicale subcentrale, molto spostato all’avanti; aree ambulacrali pari petaloidee, costate, aperte alla loro estremità libera, quelle posteriori più lunghe e larghe e meno divergenti di quelle pari anteriori; l’area anteriore più diritta e più breve di tutte le altre. Zone porifere depresse, formate da pori interi rotondi e da pori esterni oblunghi, uniti tra loro a paia da un solco; zone interporifere larghe, rigonfie e uniformemente convesse. Tubercoli estremamente piccoli e molto ravvicinati tra loro. Peristoma pentagonale, eccentrico in avanti, collocato nel fondo di una pronunciata depressione. Periprocto trasversale, subtriangolare inframarginale. DIMENSIONI PATEOZIZAR sa I O N TV O NS DATO SINO 5 5 Diametro antero posteriore . 0 0 6 6 Api 69 57 60 60 > trasversale . ; i i 5 x : » 59 51 51 56 Dapprima questa forma venne dall’Agassiz e Desor confusa coll’ Eckinolampas LauriMardi Acass., di poi dal PANTANELLI coll’ Echin. pulitus (Lam.), quindi da me nuovamente coll’ Eckin. Lauwrillardi, e fu solo recentemente che il pe LorioL dimostrò che, 1° Eckinolampas tanto frequente nel tongriano del bacino della Bormida, è una forma distinta dalle altre. Dall’ Eckin. Laurilardi Acass. si distingue per. le dimensioni minori, per la faccia superiore più alta, quella inferiore più depressa, e per gli ambulacri più brevi, più stretti; dall’Echin. pulitus (Lam.), si distingue per le dimensioni minori e per gli ambulacri costati, per le zone porifere depresse e non superficiali. | i Tongriano. — Dego, Cassinelle (Museo civ. Milano, Museo geol. Roma, Torino, RovasEnDA), Carcare (Rov., Museo geol. Torino, Genova), Sassello, Squaneto, Giusvalla, Pareto, Millesimo, Cairo Montenotte, Mioglia, Reboaro, Monte Burgo presso Rocchetta Cairo (Museo geol. Genova). 4. Echinolampas eurysomus Agass. 1899. Echinolampas eurysomus C. Atrani. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 19. Si veda per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 5. Echinolampas Studeri Acass. 1899. Echinolampas Studeri C. Amracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 19. Vedasi il lavoro sopra citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 6. Echinolampas Escheri Acass. 1899. Echinolampas Escheri C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 20. Vedasi il lavoro sopra citato, Tongriano. — Cassinelle, Molare (Museo geol. Torino). [47] C. ATRAGHI 195 7. Echinolampas affinis (Gorpr.) Agass. 1899. Echinolampas affinis C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 20. Si veda il lavoro sopra citato. Tongriano. — Cassinelle, Molare, Carcare (Museo geol. Torino), Cairo, Sassello, Millesimo, S. Giu- stina (Museo geol. Genova). 8. Echinolampas globulus Lee. di 1899. Echinolampas globulus C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 21. Si veda il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 9. Echinolampas similis Agass. 1899. Echinolampas similis C. Atragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 22. Si veda il lavoro citato. Tongriano. — Millesimo (Museo geol. Torino), Sassello (Museo geol. Genova). 10. Echinolampas plagiosomus (Acass). Corr. 1899. Echinolampas plagiosomus C. Amtragui. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 25. Anche per questa forma si veda il mio lavoro citato sopra. Aquitaniano. — Calcare di Acqui (Museo geol. Torino), Calcare di Visone, Arenaria del R. Ravanasco (Museo civ. Milano), Arenaria tra Grognardo e Supito (RovasENDA). Elveziano. — Rosignano, Vignale (Museo geol. Torino, Rov.). 11. Echinolampas angulatus Merian. — Tav. XXIII [V], fig. 3. 1847. Echinolampas angulatus Mférian in Acassiz et Desor. Catal. raîs. des échin. L. c., pag. 108. 1884. — —_ P. pe Lorior. Dercript. des échin. de Camerino. L. c., pag. 13, tav. II e III, fig. 1, 2 (cum syn.). 1897. _. — G. pe ALessanprI. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 77 (non figura). Forma di piccole dimensioni, ovolare, leggermente allungata e rostrata posteriormente, colla faccia superiore poco elevata e convessa, quella inferiore alquanto infossata. Sommità ambulacrale quasi centrale, di poco spostata all’avanti, coll’apparecchio genitale a forma di bottone, provvisto di quattro pori genitali. Aree ambulacrali strette, appena petaloidee, disuguali, quella, anteriore più corta delle altre, le posteriori pari più lunghe e meno divergenti delle pari anteriori. Zone porifere pure ineguali, leggermente depresse; zone interporifere strette, leggermente rostrate. Peristoma subcentrale, pentagonale. Periprocto ovale, trasversale, vicino al margine. Tubercoli piccoli, serrati. 196 C. ATRAGHI [48] ll DIMENSIONI Altezza o - 7 . ò 0 0 6 0 0 6 , . mm. 19 Diametro antero posteriore , c ò } È 5 : : ) È » 45 » trasversale . ” : c o 0 È 3 Ò 5 ; naR39, Di questa forma il pe LoRIoL, studiando gli Echinidi di Camerino, descrisse diverse varietà, tra le quali il mio unico esemplare corrisponderebbe a quella avente la faccia superiore meno elevata. Il dott. De ALESSANDRI, studiando la fauna della Pietra da Cantoni di Rosignano, riferiva a questa forma, oltre a quello descritto da me, altri due o tre l’esemplari; ma io credo che essi non si possano riferire a questa forma e perchè lasciano alquanto a desiderare pel loro stato di conservazione, e perchè presentano caratteri troppo diversi da quelli descritti dal pe LorioL. Di uno poi, quello figurato, non v'ha dubbio alcuno che sia l’Echin. hemisphaericus come dirò più avanti. Forse a questa forma invece si potrebbe riferire l’ Echinol. calarensis DE ALESSANDRI, ma esso è troppo mal conservato e non permette una determinazione sicura. Si distingue l’Eckin. angulatus MERIAN dall’Eckhin. depressa Manz. (= Echin. Manzoni) per le zone porifere dell’ambulacro impari anteriore eguali, per gli ambulacri più stretti e per la faccia inferiore meno uniformemente infossata. Elveziano. — Rosignano (Museo geol. Torino). ‘ 12. Echinolampas hemisphaericus Law. 1816. Echinolampas hemisphaericus Lamaror. Anim. sans vert., vol. III, pag. 16. 1842. — Studeri E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. C., pag. 35. 1886. — hemisphaericus A. Isser. Catal. dei foss. della Pietra di Finale. L. c., pag. 42. 1897. _ — G. De AressanprIi. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 74. } 1897. _ angulatus G. pe ArnssanprI. Ibid., tav. II, fig. 7. 1897. — affinis G. pe ALESSANDRI. Ibid., pag. 78. 1897. _ pilus G. pe ALEssanpRI. Ibid., pag. 75. Forma quasi sempre di grandi dimensioni, quasi circolare, leggermente pentagonale, colla faccia su- periore uniformemente convessa, più o meno elevata, rare volte conica, quella inferiore leggermente con- cava specialmente presso il peristoma. Apice ambulacrale leggermente spostato all’avanti, aree ambulacrali petaloidee, lunghe, larghe e .disu- guali tra loro, quella anteriore un poco più breve e stretta delle altre. Zone porifere leggermente depresse, zone interporifere convesse. Peristoma eccentrico all’avanti con floscelli molto ben sviluppati. Periprocto grande, inframarginale, ellittico, trasversale. i DIMENSIONI Altezza 5 È ; E 4 b 6 5 5 ; 5 5 . mm, 40 Diametro antero posteriore . o : È 6 à 3 6 : ò » 94 » trasversale . È Ù : ; ò , x , ; : » I A questa forma ho riferito 1’ Eckin. angulatus pe ALESSANDRI, I’ Echin. affinis De ALESSANDRI, 1° Echin. pilus DE ALESSANDRI e credo di non avere errato perchè hanno tutti i caratteri dell’ Echin. hemisphaericus Law.; ossia forma ovolare, leggermente pentagonale, ambulacri lunghi e larghi, petaloidei, zone porifere [49] C. ATRAGHI 197 leggermente depresse e zona interporifera un po’ rigonfia. Ho riferito pure a questa forma anche 1° Echin. Studeri Sisw. perchè, l'esemplare studiato dal Sismonpa, oltre all’avere ambulacri grandi e larghi, come quelli dell’ Eckin. Rhemisphaericus, venne trovato nel pliocene, piano in cui frequente è infatti questa forma, mentre l’ Echin. Studeri Acass. è proprio dell’eocene e dell’oligocene. Elveziano. — Rosignano, Vignale (Museo geol. Torino), Finale (Museo geol. Genova, Museo civ. Milano). Astiano. — Astigiano, Castelnuovo (Museo geol. Torino). XXI. Gen. Hemiaster Desor, 1858. 1. Hemiaster ovatus Sisw. sp. — Tav. XXIII [V], fig. 5. 1842. Schizaster ovatus E. Sisuonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 28, tav. 2, fig. 2. 1858. Brissopsis ovata E. Desor. Synopsis des échin., pag. 380. 1896. _ — L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. tera. del Piemonte. L. c., pag. 10, tav. 10, fig. 10. ; Forma di piccole dimensioni, subovata, colla faccia superiore alquanto alta, leggermente inclinata all’avanti, quella inferiore molto gibbosa sul piastrone. Apparecchio apicale spostato all’indietro, con quattro pori genitali. Solco ‘anteriore stretto, diritto, poco profondo e non arriva sino al margine, provvisto da due serie di pori piccoli, ma evidenti. Aree ambu- lacrali pari corte, larghe, poco profonde e quelle anteriori molto arcuate all’avanti. Zone porifere in tutti gli ambulacri pari molto larghi, più del doppio dello spazio interporifero. Aree interambulacrali pari anteriori strette e sporgenti, posteriori più larghe e meno sporgenti, impari posteriore leggermente carenata. Peristoma semilunare, labiato. Periprocto piccolo, ovolare, all’estremità della faccia posteriore. Il fasciolo circoserive gli ambulacri. DIMENSIONI Altezza 0 6 ò : 6 . 0 0 ò È 0 3 +. mm. 22 Diametro antero posteriore . c . 5 0 . c 0 o 0 » 37 » trasversale . 6 . 0 c o c 5 . 7 6 » 34 Questa forma dal Sismonpa venne riferita al genere Schizaster, dal DesoR, più tardi, notando come il solco anteriore non intaccasse il margine; venne riferita al genere Brissopsis, ma per la diversa metamor- fizzazione dei pori, per la mancanza di un fasciolo subanale io la riferisco al genere Hemiaster e la di- stinguo dall’ Hemiaster Canavarii pe Lor. per gli ambulacri anteriori più lunghi, più arcuati all’ avanti. Piacenziano. — Zinola (Museo geol. Genova, Pavia), Bra (Museo geol. Torino). Astiano. — Castelnuovo, Monte Castello presso Alessandria (Museo geol. Torino). XXII. Gen. Brissus KLEIN, 1734. 1. Brissus corsicus Corr. 1899. Brissus corsicus C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 26. Si veda per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Dego (Museo geol. Roma). Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. i È 25 198 i C. . ATRAGHI [50] XXIII. Gen. Brissopsis Acass., 1847. 1. Brissopsis Craverii B. Micca. — Tav. XXV [VII], fig. 6. 1896. Brissopsis Craverti L. Borra Micca. Contrib. allo studio degli eclhin. tera. del Piemonte. L. c., pag. 11, tav. NG, fig. D. 1896. _ — var. major L. Borro Micca. Ibid., pag. 12. Forma di mediocri dimensioni, larga quanto lunga, cordata all’avanti, acuminata all’indietro, colla faccia superiore convessa. Sommità apicale subcentrale, spostata all'indietro. Solco anteriore stretto, profondo, che va impicco- lendosi vicino al margine; area ambulacrale impari diritta, stretta, lunga. Aree ambulacrali pari profonde, larghe, quasi eguali in lunghezza, le anteriori più divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe, spazio interporifero più stretto d’una zona porifera. Gli esemplari che ho in esame sono mal conservati, e si distinguono tra i congeneri pei petali molto larghi, profondi, corti e poco divergenti. Langhiano. — Ceva (Museo geol. Torino). 2. Brissopsis intermedius (Sisw.) Dasor. — Tav. XXIII [V], fig. 7. 1842. Schixaster intermedius E. Sismonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 28, tav. 2, fig. 4. 1858. Brissopsiîs _ E. Desor. Synopsis des échin., pag. 380. 1896. —_ — L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 9. Forma di piccole dimensioni, oblunga, subcordiforme all’avanti, un po’ acuminata posteriormente, colla faccia superiore mediocremente rigonfia, colla maggior altezza tra l’apice e il margine posteriore, faccia inferiore piana, leggermente rigonfia sul piastrone. Sommità ambulacrale subcentrale, leggermente spostata all’indietro. Solco anteriore largo, relativamente profondo sino al margine. Area ambulacrale impari diritta, formata da pori piccolissimi. Aree ambulacrali pari petaloidee, leggermente scavate e ineguali, le anteriori più lunghe e più divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe, formate da pori oblunghi. Peristoma semicircolare, grande e lontano dal margine. Periprocto rotondeggiante, posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale piccolo con quattro pori genitali, dei quali i due anteriori sono piccolissimi. Fascioli non distinti. DIMENSIONI Altezza î i : ; 7 SCE . 5 . ; o . mm. 15 Diametro antero posteriore . È ò ò : 5 ò ò . È >» 24 » trasversale . . È È È ; 3 3 B i 4 Do 2a A questa piccola forma riferisco oltre il mal conservato esemplare studiato dal Sismonpa diversi altri esemplari del Museo geologico di Torino e della collezione del conte Rovasenpa, molto ben conservati. Il Brissopsis intermedius si distingue per la sua larghezza in rapporto alla lunghezza e pei suoi ambulacri molto sviluppati in rapporto alle sue dimensioni. Elveziano. — Baldissero (Museo geol. Torino, RovasENDA, FORMA). Piacenziano. — M. Capriolo di Bra (Museo geol. Torino). » i, j [51] C. ATRAGHI 199 3. Brissopsis Borsonii (Sisx.) Drsor. — Tav. XXIV [VI], fig. 6. 1842. Schixaster Borsonii E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 23. tav. 1, fig. 8,12. 1847. Brissopsis —‘’— Agassz et Desor. Cutal. raîis. des échin. L. c., part. I, pag. 15. 1858. —_ — E. Dxsor. Synopsîs des échin., pag. 379. 1896. — — L. Borro Micca. Oontrid. allo studio degli eclhvin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 11. Forma di mediocri dimensioni, oblunga, cordiforme all’avanti, ristretta posteriormente, colla faccia su- periore mediocremente rigonfia, inclinata all’avanti, quella inferiore quasi piana, rialzata sul piastrone. Sommità apicale spostata all’ indietro. Solco anteriore relativamente molto sviluppato e profondo specialmente presso il margine, e provvisto di pori piccolissimi posti su due serie. Aree ambulacrali pari pataloidee flessuose, profonde, disuguali, le posteriori più. brevi e molto meno divaricate dalle anteriori. Zone porifere larghe più dello spazio interporifero. Aree interambulacrali strette alla sommità e sporgenti. Peristoma semilunare, labiato, vicino al margine. Periprocto subcircolare, posto all’estremità superiore della faccia posteriore. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. Fascioli non distinti. DIMENSIONI Altezza . . È 5 6 7 . 7 , ò 5 0 6 Diametro antero posteriore . - . 0 . o È . , ò » 30 » trasversale . c o o o o 0 0 . o o » 27 Questa forma si distingue dal Brissopsis intermedius (Sisw.) Desor per le maggiori dimensioni, per gli ambulacri più profondi; dal Brissopsis crescenticus WricaT per gli ambulacri pari più divergenti e profondi e pel solco anteriore più largo, e più profondo specialmente vicino al margine. Elveziano. — Baldissero, Val Geppi (RovESENDA). Astiano. — Castiglione (Museo geol. Torino). 4. Brissopsis Genei (Sism.) Desor. — Tav. XXIII [V], fig. 6. 1842. Schixaster Genei E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 22, tav. 1, fig. 4, 5. 1846. Brissopsis — Agassizet Desor. Catal. rais. des échin. L. c., parte I, pag. 15. 1858. Toxobrissus — E. Desor. Synopsis des échin., pag. 400. 1896. Brissopsis /— L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 7, tav PXGRA CO) 1896. —_ sp. ind, L. Borro Micca. Ibid. L. c., pag. 13. Forma di mediocri dimensioni, rotondeggiante, cordiforme all’avanti, ristretta posteriormente, colla faccia superiore un poco rigonfia, inclinata all’avanti, quella inferiore quasi piana, rialzata leggermente sul piastrone. Sommità apicale spostata un po’ all'indietro. Solco anteriore diritto, stretto, fornito di pori piccoli, ma distinti. Aree ambulacrali pari, brevi, rotondeggianti alla loro estremità libera, leggermente depresse, le anteriori più larghe e divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe più dello spazio interporifero, formate da pori rotondeggianti. Aree interambulacrali pari anteriori strette e un poco sporgenti, quella impari posteriore un poco gibbosa. Peristoma vicino al margine, a mezzaluna, labiato. Periprocto posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. Fascioli non distinti. I numerosi esemplari che ho in esame sono tutti allo stato di modello interno e tutti quanti hanno 200 C. ATRAGHI [52] subìto chi in un verso, chi in un altro, degli schiacciamenti, cosicchè è impossibile darne le giuste di- mensioni. Questa forma si distingue dal Brissopsis intermedius (Sisw.), per le maggiori dimensioni, per gli ambulacri, specialmente i posteriori, meno divaricati, e tutti quanti meno profondi; dal Brissopsîs Borsoni (Sisw.), per gli ambulacri molto meno scavati e il solco anteriore pure meno profondo e meno largo; dal Brissopsis ottnangensis HORNES per gli ambulacri meno eguali tra loro, meno rotondeggianti, più piccoli e stretti; dal Brissopsis Pecchioli Desor per gli ambulacri posteriori più corti e ravvicinati tra loro. Maggiore è l’affinità che presenta col Brissopsîs pulvinatus PHIL., vivente nel Mediterraneo, quale ce lo figura il pe LorioL. Le dimensioni loro infatti sono eguali e eguale è la conformazione dei loro ambulacri, epperò non sarei lontano dal credere che quest’ultima forma studiata dal Prinmppi nel 1845 debba entrare nella sinonimia del Brissopsis Geneì (Sism.) 1842. Elveziano. — Pecetto (Museo geol. Torino), Piacenziano. — Mondovì (prima Cappella), Bra, Grignasco (Museo geol. Torino). Astiano. — Monte Castello d’Alessandria (Museo geol. Torino). 5. Brissopsis lyrifera AGass. 1847. Brissopsis lyrifera AGASSIZ et Desor. Catal. rais. des échin. L. c., pag. 15. 1872. —_ — A. AGassiz. Revision of the echin., pag. 95, 594 (cum syn.). Forma di mediocri dimensioni, colla faccia superiore poco elevata e uniformemente convessa, quella inferiore quasi piana. Sommità apicale subcentrale, spostata all’indietro. Solco anteriore alquanto largo e lungo, fornito da piccoli pori disposti su due serie. Aree ambulacrali pari petaloidee, flessuose, quelle anteriori più lunghe e divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe e formate da pori grandi, che si metamorfizzano presso l'apice ambulacrale. Peristoma eccentrico all’avanti. Periprocto posto alla sommità della faccia posteriore. Questa forma si distingue dal Brissopsis Genei (Stsm.) Desor, per gli ambulacri molto più lunghi e divergenti, dal Brissopsis Borsoni (Sism.) Desor, per. gli ambulacri non solo più lunghi, ma anche meno depressi. Al Brissopsis lyrifera Acass. forse si dovrà riferire anche il Brissopsis latissimus B. Micca, che si presenta cogli ambulacri pari egualmente lunghi, ma l’unico esemplare di questa forma illustrata dal Borto Micca, trovato al Monte Capriolo di Bra, disgraziatamente andò perduto, epperò ciò non lo posso as- serire con certezza. ; Piacenziano. — Bra (Museo geol. Torino). XXIV. Gen. Linthia Mfrian, 1853. 1. Linthia Capellinii pe Lor. 1899. Linthia Capellinii C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 27. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 2. Linthia Lorioli Ar. 1899. Linthia Lorioli ©. AtracnI. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 28, tav. VII, fig. 3. Si veda anche per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). di eee PT Le [53] a C. ATRAGHI i 201 Se 3. Linthia cevense B. Micca. — Tav. XXIV [VI], fig. 3. 1896. Linthia cevense L. Botto Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 15, tav. X, fig. 8. Forma di grandi dimensioni, subcircolare, colla faccia superiore uniformemente convessa, quella infe- riore alquanto rigonfia sul piastrone. : Sommità ambulacrale quasi centrale. Solco anteriore largo e mediocremente profondo con pori piccoli e separati tra loro da piccoli tramezzi rilevati. Aree ambulacrali pari petaloidee, ampie, profonde e leg- germente flessuose, rotondeggianti alla loro estremità libera; le anteriori più lunghe e divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe, formate da pori grandi; spazio interporifero largo quanto una zona porifera. Peristoma labiato, semilunare, molto vicino al margine. Periprocto trasversale. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. Fasciolo peripetalo non visibile, fasciolo subanale molto largo. Questa forma, fin’ora rappresentata da modelli interni molto schiacciati, si distingue dalle congeneri per gli ambulacri lunghi e rotondeggianti alla loro estremità libera. Forse ad essa si dovrà riferire anche il cattivo esemplare studiato dal Borto Micca e riferito al genere Brissopsis (Brissopsis sp. ind.!), spe- cialmente se si considerano le sue grandi dimensioni e i suoi ambulacri grandi e rotondi alla estremità libera. Langhiano. — Ceva (Museo geol. Torino). XXV. Gen. Schizaster Acass., 1836. 1. Schizaster ambulacrum (Drsor) Acass. 1899. Schiraster ambulacrum C. Atragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 28 (cum syn.). Si veda per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 2. Schizaster Studeri AGass. 1899. Schixaster Studeri C. Atragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 29. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Cassinelle (Museo geol. Milano, Torino), Carcare (Museo geol. Torino), Dego (Museo geol. Roma), Grogniardo (RoveseNDA), Pareto (Museo geol. Genova). 3. Schizaster vicinalis Acass. 1899. Sehixaster vicinalis C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 31. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino), Sassello, Squaneto, Giusvalla, Mioglia, Cairo (Museo geol. Genova). i) L. Borto Micca. Contrib. allo studio degli echin. terz. del Piemonte. L.c., pag. 16. 202 C. ATRAGHI © [54] 4. Schizaster Desori WriGnm. 1899. Schixaster Desori GC. AtracnI. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 32. Si veda il mio lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino), Cassinelle (Museo geol. Milano), Dego (Museo geol. Roma). 5. Schizaster corsicus Agass. 1899. Schiwaster corsicus C. AtracguI. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 34. Anche per questa forma rimando al lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino), Cassinelle (Museo civ. Milano). 6. Schizaster rimosus Drsor. 1899. Schixaster rimosus C. Arracuni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 32. Per questa forma si veda il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 7. Schizaster lucidus Lee. — Tav. XXVI [VIII], fig. 1. 1868. Schixaster lucidus G. Lausr. Echinod. des Vicent. Tertidirgeb. L. c., pag. 2, pl. VI, fig. 1. 1890. — — G. Conrrav. Pal. Frang., Terr. tert., Boc. Échin., t. I, pag. 364. 1900. —_ — P. Oprennem. Die Priabonaschichten und ihre Fauna. L. c., pag. 110 (cum syn.). Forma di mediocri dimensioni, subcircolare, arrotondata all’avanti, alquanto acuminata posteriormente, colla faccia superiore alta e rigonfia, quella inferiore leggermente convessa. Apice ambulacrale spostato un po’ all’indietro. Solco anteriore lungo, diritto, profondo sulla faccia superiore, più piccolo e meno profondo vicino al margine che resta appena intaccato. Aree ambulacrali pari profonde, disuguali, le anteriori più divergenti e flessuose delle posteriori. Fasciolo peripetalo angoloso. Periprocto circolare. DIMENSIONI TN Altezza 6 ; - , 5 i; : , È 5 ; : . mm. 27 Diametro antero posteriore . è 6 o È 6 ò . È » » 42 » trasversale . 0 È 6 o ; ò ; 6 6 2 » 42 Questa forma si distingue dal Schizaster ambulacrum (Desor) AGASss. col quale venne confuso dal LauBE, per l’ambulatro impari anteriore più stretto, per "gli ambulacri pari, specialmente gli anteriori, più larghi e meno flessuosi e meno lunghi, infine per il periprocto molto più piccolo. Tongriano. — Dego (Museo geol. Genova). [55] È C. AIRAGHI 203 (11 8. Schizaster Bellardii Acass. — Tav. XXIV [VI], fig. 1847. Schixaster Bellardii Acassiz et Desor. Cutal. rais. des échin. L. c., pag. 127. 1858. — — E. Dxsor. Synopsiîs des échin., pag. 391. 1861. _ — G. MicarLon. Descript. des foss. mioe. de V Ital. sept. L. c., pag. 24. 1896. — — L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 19. Forma di mediocri dimensioni, cordiforme all’avanti, acuminata all'indietro, colla faccia superiore alta, rigonfia e leggermente inclinata all’avanti, quella inferiore alquanto convessa in modo speciale sul piastrone, quella posteriore tronca. Sommità ambulacrale molto spostata all’indietro. Solco anteriore largo, profondo, carenato sui fianchi. Area ambulacrale impari larga, diritta, munita di due serie di pori; aree ambulacrali pari profondamente scavate, ineguali; le anteriori molto più larghe delle altre, più flessuose e maggiormente ripiegate verso il solco anteriore; le posteriori più brevi, più ravvicinate tra loro e appuntite alla loro estremità libera. Zone porifere composte da pori allungati e riuniti a paia da piccoli solchi; zone interporifere più strette d’una zona porifera. Aree interambulacrali strette e sporgenti alla sommità, quella impari posteriore più sporgente e carenata delle altre. Tubercoli fitti e piccoli. Periprocto ovale, collocato alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale mal conservato. Fasciolo peripetalo flessuoso, latero subanale largo e poco angoloso. DIMENSIONI Altezza | . i } ; , } ; È ; ; ; i o irricno SYL Diametro antero posteriore . 0 0 o : o 0 ; . 5 » 42 » trasversale . 6 d 5 ò ; 7 Ò È B 6 » 40 Di questa bella forma due sono gli esemplari della ricca collezione dell’ Università di Torino, ma uno, il più grande, è alquanto mal conservato e non permette di darne le giuste dimensioni. Alquanto mal conservati o coperti dalla roccia sono quelli dell’ Università di Roma che l’anno scorso riferii allo Schizaster Scillae (DesmouL.) AGAss., mentre invece forse sono da riferire a questa forma, cosa che ora non posso fare con certezza non avendo più in esame i detti esemplari. Lo Schiz. Bellardiù Acass. si distingue dallo Schiz. vicinalis Acass. per la faccia superiore più gonfia, meno inclinata all’avanti, quella posteriore più alta, e per la parte posteriore meno acuminata, caratteri questi che lo distinguono, facilmente anche dallo Schiz. Scillae (DesMmouL.) AGass. Elveziano. — Colli di Torino (Museo geol. Torino). 9. Schizaster braidensis B. Micca. — Tav. XXIV [VI], fig. 4. 1896. Schixaster braidensis L. Boro Micca. Contrib. allo studio degli echin. tera. del Piemonte. L. c., pag. 24, tav. X, fig. 3,9. Forma di piccole dimensioni, ovata, cordiforme all’avanti, acuminata posteriormente, con la faccia superiore alta, poco convessa e uniformemente inclinata all’avanti, quella inferiore quasi piana, legger- mente convessa sul piastrone, quella posteriore alta e diritta. Sommità ambulacrale eccentrica posteriormente. Solco anteriore stretto, diritto, lungo fino al peristoma, con pori che arrivano fin quasi al margine, piccoli, disposti a paia su due serie. Aree ambulacrali pari poco profonde, ineguali, le anteriori larghe, lunghe, flessuose, rotondeggianti alle loro estemità, quelle 204 C. ATRAGHI [56] posteriori corte e larghe e molto vicine tra loro. Zone porifere formate da pori allungati e larghe più che non lo spazio interporifero. Aree interambulacrali strette, sporgenti alla sommità apicale, l’impari posteriore carenata. Periprocto subcircolare, alla sommità della faccia posteriore. Peristoma eccentrico all’avanti. Fascioli non visibili. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza . ; 6 6 0 5 E ; È È : i . mm. 20 15 Diametro antero posteriore ò - b o P ; ; ì 30029 34 » trasversale 0 È ò ò È 6 5 b i ; » 98 32 Questa forma tanto comune nelle argille di Bra e di Zinola si distingue facilmente da tutte le altre forme plioceniche per gli ambulacri pari relativamente corti e larghi, per le zone porifere molto larghe, per l’ambulacro impari che va sempre diminuendo in profondità mano mano che si avvicina al margine tanto da poter esser preso per un Hemiaster, e credo che sia per la sua affinità con questo genere che il MicHELOTTI, come risulta dal cartellino di due esemplari del Museo dell’ Università di Pavia, 1° ha chiamata Schicaster dubius; ma poichè il MicHELOTTI non la descrisse, credo inopportuno mutare il nome dato dal Botto Micca. Piacenziano. — Zinola (Museo geol. Genova, Pavia, Torino), Bra, Monte Castello (Museo geol. Torino). 10. Schizaster Scillae (Desmour.) Agass. — Tav. XXV [VII], fig. 3. 1837. Spatangus Scillae C. Dasmourins. Tabl. des. échin. L. c., pag. 288. 1842. Schizaster canaliferus (pars) E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 19. 1842. _ eurynotus E. Sismonpa. Ibid., pag. 20. 1847. — Scillae Acass. et Desor. Catal. rais. des échin. L. c., parte III, pag. 21. 1858. — — E. Desor. Synopsis des échin., pag. 340. 1886. — major C.F. Parona. Valsesia e lago d’ Orta. Atti Soc. Ital. Sc. Nat., pag. 257. 1886. _ Scillae C. F. Parona. Ibid., pag. 257. 1896. —_ —. L. Borto Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 16. 1897. — — G.pr Aressanpri. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 71. 1897. —_ major G. pe ALessanpri. Ibid., pag. 71. Forma di grandi dimensioni, cordiforme all’ avanti, ristretta, acuminata all’ indietro, colla faccia superiore regolarmente inclinata all’avanti, avente il maggiore spessore tra l’apice ambulacrale e l’estre- mità posteriore, quella inferiore quasi piana. Apparecchio apicale fornito da due pori genitali, eccentrico posteriormente. Solco anteriore largo, profondo, fornito di due paia di pori piccoli. Aree ambulacrali poco profonde, larghe, ineguali, le anteriori più lunghe, larghe, e più flessuose delle posteriori. Zone porifere larghe il doppio dello spazio interporifero. Aree interambulacrali pari anteriori fortemente carenate, la sommità di quelle pari posteriori rotondeg- gianti e leggermente gibbose, l’area interambulacrale posteriore fortemente carenata e rostrata. Peristoma vicino al margine, semilunare. Periprocto allungato, ellittico. Fasciolo peripetalo largo. DIMENSIONI Altezza ; È 0 . È 0 0 . 0 : 6 0 . mm. 43 Diametro antero posteriore . . à " ò 5 6 ; , , DITA) » trasversale . 6 5 ò o È È 0 ; 0 ò » 65 [57] C. ATRAGHI 205 Molti sono gli esemplari che ho riferito a questa forma, ma quasi tutti mal conservati, e si distin- guono per la carena posteriore, per la faccia superiore uniformemente inclinata all’avanti. Credo poi che questa forma sia stata dal Sismonpa confusa collo Sehiz. canaliferus e collo Schiz. eurynotus Acass., dal PARONA e dal Borro Micca collo Schèz. major Desor. Il Siswonpa infatti riuniva sotto il nome di Sehiz. canali- ferus, esemplari piccoli, carenati posteriormente ((Schiz. Scilae), ed esemplari molto grandi e meno care- nati ((Schie. major). Il Parona e il Borro Mrcca citarono questa forma pel pliocene di Grugnasco (Val Sesia), mentre invece gli esemplari di tale deposito si debbono riferire allo Schiz. Scillae e per la ca- rena posteriore e per l'inclinazione all’avanti della faccia superiore. Tra i diversi esemplari di Bra ve ne sono alcuni che credo siano quelli che dal DEsoR vennero chiamati Schiz. verticalis! e dal Borro Micca Schiz. aff. Scillae. Essi si presentono colla faccia superiore più rialzata e meno regolarmente inclinata all’avanti e più rotondeggianti che non il vero Schiz. Scilae; ma sono modelli interni, e troppo mal conservati per potere con maggiore sicurezza determinarli. Elveziano. — Baldissero, Pian dei boschi (RovaseNpA), Rosignano, Vignale (Museo geol. Torino). Piacenziano. — Albenga (Museo geol. Genova), Grugnasco, Bra (Museo geol. Torino, Pavia). Astiano. — Castelnuovo (Museo geol. Torino). 11. Schizaster major Desor. — Tav. XXIV [VI], fig. 2. è 1842. Schixaster canaliferus (pars) E. Sisuonpa. Monogr. degli eclin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 19. 1847. Hemiaster major Agassiz et Drsor. Catal. rais. des échin. L. c., parte III, pag. 19. 1858. Schixaster — E. Desor. Synopsis des échin., pag. 390. 1896. _ -— L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 18. Forma di grandi dimensioni, cuoriforme, colla faccia superiore alquanto rigonfia, inclinata all’avanti, quella inferiore quasi piana. Sommità ambulacrale eccentrica, spostata all’indietro. Solco anteriore largo, profondo con due serie ‘di paia di pori divisi tra loro da piccoli solchi. Aree ambulacrali pari grandi, profonde, flessuose, quelle pari anteriori però più lunghe, più larghe e flessuose delle altre. Zone porifere formate da pori grossi e larghe più dello spazio interporifero. Aree interambulacrali pari anteriori strette, sporgenti, quelle pari posteriori meno elevate e più larghe, l’impari posteriore carenata. Peristoma vicino al margine, semi- lunare, labiato. Periprocto ovolare, sotto il rostro dell’area interambulacrale posteriore. DIMENSIONI Altezza È ò o 5 È . 0 ò ; o ò o . mm. 44 Diametro antero posteriore . o ò o 5 3 È ò ò . » 95 » trasversale . 0 0 . . o 0 0 o c 0 » 93 Questa forma è molto vicina allo Schiz. Scillae, pur tuttavia credo di non errare ritenendola come una forma distinta per le sue più grandi dimensioni, per la minore inclinazione della faccia superiore all’avanti, e pei suoi ambulacri relativamente molto più grandi. Astiano. — Astigiano (Museo geol. Torino). 1) Dresor. Congresso dei naturalisti svizzeri. Atti della Soc. ital. di Sc. Nat. Milano, 1860. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. . 26 06 C. AIRAGHI XXVI. Gen. Pericosmus Acass., 1847. 1. Pericosmus aequalis Micami. 1899. Pericosmus aequalis C. Arraeni. Echin. del bacino della Bormida, L. c., pag. 35. Si veda per questa forma il mio lavoro citato. Tongriano. — Dego (Museo geol. Roma). 2. Pericosmus Paronai Arr. 1899. Pericosmus Paronaî C. Atracui. Hchin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 36. Si veda per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Cassinelle (Museo geol. Torino), Cuchera (Museo civ. Milano). 3. Pericosmus Peroni Cont. 1899. Pericosmus Peroni C. AtragnI. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 36. Si veda per questa forma il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). 4. Pericosmus Marianii Arr. 1899. Pericosmus Mariani C. Atracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c. pag. 36. Si veda per questa forma il lavoro citato. Aquitaniano. — R. Ravanasco (Museo civ. Milano). 5. Pericosmus spatangoides (Acass.) pe Lor. 1899. Pericosmus spatangoîdes C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 36. Anche per questa forma si veda il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). Aquitaniano. — R. Ravanasco (Museo civ. Milano). 1840 1842 1847 1858. 1896. 1897. 6. Pericosmus latus (Acass.). — Tav. XXV [VII], fig. 5. . Micraster latus L. Agassiz. Catal. syst. foss. Mus. neoc., pag. 2. . Schixaster Grateloupi E. Stsuonna. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 17, 27, tav. II, mis dl 2 . Pericosmus latus AGassiz et Desor. Catal. raîis. des échin. L. c., vol. VIII, pag. 9. — E. Drsor. Synopsis des échin., pag. 396. — L. Borno Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 26. — G.pe AnessanprI. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 70. [58] [59] C. ATRAGHI 207 Forma di grandi dimensioni, tondeggiante, smussata posteriormente, colla faccia superiore poco alta, ma uniformemente inclinata sui margini, quella inferiore quasi piana. Sommità apicale eccentrica, spostata leggermente allo avanti. Solco anteriore largo, colle aree am- bulacrali pari larghe e alquanto incavate, quelle anteriori lunghe e divergenti, le posteriori più brevi e ravvicinate tra loro. Zone porifere larghe costituite da pori grandi, riuniti a paia da un piccolo solco. Peristoma labiato, eccentrico all’avanti. Periprocto largo, trasversale, alla sommità ‘della faccia posteriore. Apparecchio apicale depresso, granuloso con quattro pori genitali. Fasciolo peripetalo alquanto distinto, angolare. Questa bella forma che si distinguerà sempre facilmente dalle congeneri per le sue dimensioni grandi, per essere tondeggiante, per la faccia superiore uniformemente convessa, nel Piemonte venne da prima trovata nell’Elveziano della collina di Torino, di poi di Vignale e quindi nel Tongriano del bacino della Bormida. Gli esemplari miocenici, studiati dal Srisxmonpa ((Schizaster Grateloupi), come venne già dimostrato da Desor e CorteaU in nulla differiscono da quelli tipici di Malta e della Corsica pure mio- cenici, quelli invece del Tongriano sono sempre di dimensioni alquanto minori. Tongriano. — Sassello, Mioglia, Cairo Montenotte (Museo geol. Genova), Cassinelle (Museo geol. Torino). Elveziano. — Colli di Torino, Vignale (Museo geol. Torino). 7. Pericosmus Edwardsii Acass. — Tav. XXVI [VII], fig. 4. 1840. Micraster Edwardsii L. AGassiz. Catal. syst. foss. Mus. neoc., pag. 2. 1842. Schixaster Agassizii E. Sisxonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L.c., pag. 21. 1847. Pericosmus Edwardsii Acassiz et Desor. Cutal. rais. des échin. L. c., pag. 126. 1858. — — .E. Drsor. Synopsis des echin., pag. 396. 1896. _ — L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 27. Forma di medie dimensioni, rotondeggiante, cuoriforme, colla faccia superiore rigonfia, alta, leggermente gibbosa posteriormente, quella inferiore piana, con due tubercoli posti sotto al periprocto. Sommità apicale quasi centrale. Solco anteriore largo, svasato, e intacca molto il margine. Aree am- butacrali pari diritte, profonde, le anteriori più lunghe delle posteriori. Zone porifere larghe, composte da pori riuniti da un solco a paia, di cui gli esterni sono più allungati degli interni. Aree interambu- lacrali pari strette all’apice e sporgenti, quella posteriore impari gibbosa. Peristoma molto vicino al mar- gine, semilunare, labiato. Periprocto subrotondo, posto sotto la gibbosità dell’area interambulacrale poste- riore. Apparecchio apicale fornito da quattro pori genitali, depresso. Fascioli sempre visibili, quello subanale sempre più stretto di quello peripetalo. p ; DIMENSIONI AIECZZR A E E n am I 190 Diametro antero posteriore . o ò È È o 2 n ° » 55 35 » trasversale - 5 7 - s È o o . È » DI 38 Questa forma, caratteristica dell’elveziano della collina di Torino, si distingue facilmente tra gli altri Pericosmus per la faccia superiore alta, per gli ambulacri corti, profondi e molto divergenti. Il dott. Borto Micca riferì ad essa un esemplare del tongriano di Cassinelle, facendone una varietà, che io invece ho considerato come forma distinta e chiamata Peric. Paronai, forma che si distingue dal Peric. Edwardsti AGass. perchè più lunga, e cogli ambulacri più piccoli e più stretti. Elveziano. — Sui colli di Torino a Rio Batteria (Museo geol. Torino, RovASENDA). 208 C. ATRAGHI [60] 8. Pericosmus pedemontanus De Aness. — Tav. XXVI [VIII], fig. 3. 1897. Pericosmus pedemontanus &. pe Aressanpri. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. L. c., pag. 70, tav. I, fig. 23 1897. Schixaster oxsanensis G. pe AnessanprI. Ibid., pag. 74, tav. II, fig, 6. Forma di medie e grandi dimensioni, tanto larga quanto lunga, cuoriforme, colla faccia superiore alta, conica, quella inferiore quasi piana con due tubercoli all’ estremità inferiore. Apice ambulacrale leggermente spostato all’indietro. Solco anteriore largo, svasato, poco profondo, e intacca fortemente il margine, ed è provvisto da piccolissimi pori. Aree ambulacrali pari profonde, larghe, disuguali, le anteriori più lunghe e più divergenti delle posteriori. Zone porifere larghe quanto lo spazio interporifero, e formate da due serie di paia di pori. Aree interambulacrali strette alla loro estre- mità superiore e leggermente sporgenti attorno all’apice ambulacrale, inclinate però verso il margine, tranne quella impari posteriore, alquanto gibbosa. Peristoma labiato, semilunare, vicino al margine. Peri- procto posto sotto la gibbosità dell’area interambulacrale impari posteriore e sopra i due tubercoli della faccia inferiore, grande, ellittico, trasversale. Fascioli ben distinti e stretti. Tubercoli piccoli e fitti vicino alle aree ambulacrali, più radi e più grossi sulla faccia inferiore e sulle aree interambulacrali pari anteriori, specialmente vicino al margine. DIMENSIONI Altezza o 0 È È 6 o 5 ò ò 6 ; . . mm. 30 Diametro antero posteriore . S o 5 ò o ° . n ; » 60 » trasversale . 5 ò 5 È - 5 î ò È 3 » 60 Questa forma è molto vicina al Pericosmus Edwardsiù AGass., e da essa si distingue per la faccia superiore più depressa, maggiormente conica, per il margine più sottile, meno rotondeggiante, per gli ambulacri più lunghi, per il periprocto non circolare, ma ellittico trasversalmente. Ricorda pure anche il Pericosmus Marianii Atr. e da esso si distingue per la faccia superiore meno rotondeggiante, per il periprocto meno sviluppato, e per le protuberanze della faccia inferiore meno marcate. Il dott. pe ALESSANDRI, forse ingannato dalla cattiva conservazione, aveva distinto da questa forma un esemplare di Rosignano e l’aveva riferito al genere Schizaster facendone una forma nuova, Schiz. ozza- nensis; ma io credo.che detto esemplare non lo si debba separare dal Pericosmus pedemontanus De Aurss. e per la conformazione di tutti quanti gli ambulacri, delle aree interambulacrali, del periprocto e del peristoma. Elveziano. — Pino Torinese (Museo geol. Torino), Cellamonte (Forma), Ozzano (Museo geol. Torino). ’ 9. Pericosmus Orbignyi Corr. — Tav. XXVI [VIII], fig. 2. 1877. Pericosmus Orbignyi G. Correa. Descript. des échin. tert. de la Corse. L.c., pag. 318, tav. XIV, fig. 1,2. Forma di più che mediocri dimensioni, subcircolare, più larga che lunga, e fortemente cordata all’avanti, tronca all'indietro, colla faccia superiore rigonfia, regolarmente convessa, quella inferiore piana e appena arrotondata ai margini. Sommità apicale subcentrale. Solco anteriore largo e profondo presso il margine, fornito da piccoli [61] C. AIRAGHI 209 pori microscopici, che formano l’area ambulacrale impari. Aree ambulacrali pari, molto sviluppate, pro- fonde, molto divergenti, disuguali, le anteriori più lunghe e divergenti delle posteriori; zone porifere for- mate da pori grandi, uniti a paia da un piccolo solco trasversale; zone interporifere grandi come una zona porifera. Aree interambulacrali molto rigonfie alla loro sommità, senza essere sporgenti e compresse. Pe- ristoma semilunare, stretto e labiato, vicino al margine. Periprocto largo, trasversale, alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale depresso, mal conservato. Fascioli ben distinti. DIMENSIONI Altezza o 3 î o 6 o ò . 0 . o o . mm. 35 Diametro antero posteriore . . : ; o o ò 9 c o » 60 » trasversale . 5 0 o , " 6 6 o . ì » 65 L'unico esemplare che ho in esame diversifica un po’ dall’esemplare tipico per essere meno allungato posteriormente, e per essere meno tondeggiante nella faccia superiore in corrispondenza delle aree inte- rambulacrali pari anteriori, pur tuttavia non ho creduto, per tutti gli altri caratteri, di separarlo e con- siderarlo come una forma nuova. Questa forma si distingue facilmente dal Pericosmus latus AGAss. per le sue minori dimensioni, per i suoi ambulacri più profondi e svasati, per la sua faccia inferiore affatto piana; dal Pericosmus pedemon- tanus DE ALess. e dal Pericosmus Edwardsiù Acass. per la faccia superiore più alta, rigonfia e emisferica. Elveziano. — Val Geppi (RovasENDA). XXVII. Gen. Prenaster Desor, 1853. 1. Prenaster alpinus Drsor. — Tav. XXV [VII], fig. 4. 1853. Prenaster alpinus E. Desor. Notice sur les échin. du terrain numm. des Alpes. Arch. des sc. de la Bibl. univ. de Genève, t. XXIX, pag. 143. 1890. —_ — G. Conrrav. Pal. Frang., Ter. tert., Éoc. Échin., t. I, pag. 383, tav. 109, fig. 1,9 (cum syn.) Forma di piccole dimensioni, ovoidale, allungata, arrotondata all’avanti, ristretta posteriormente, colla faccia superiore elevata, rigonfia in special modo nell’area interambulacrale impari posteriore che è alquanto carenata, quella inferiore quasi piana un po’ rialzata sul piastrone. Sommità ambulacrale spostata molto all’avanti. Area ambulacrale impari affatto superficiale e fornita di pori molto piccoli. Aree ambulacrali pari strette, mediocremente depresse, le anteriori molto divergenti, le posteriori invece formano tra loro un angolo molto acuto; zone interporifere molto strette. Peristoma semilunare, labiato e relativamente lontano dal margine. Periprocto mal conservato. Apparecchio apicale piccolo con quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza 6 . ò o 0 0 o S 0 ò È ; . mm. 15 Diametro antero posteriore . i x i ; 6 i : : ò O » trasversale . 0 . o 3 , 6 , 0 o ò » 19 Questa forma si distingue tra le congeneri per la sua forma ovoidale, per la sommità ambulacrale molto eccentrica all’ avanti, per il peristoma labiato e alquanto lontano dal margine. Il Prenaster Ju- 210 C. ATRAGHI [62] tierì (SCHLUMBERGER) DEesoR, si distingue dal Preraster alpinus per la sua forma meno ovoidale, tanto larga quanto lunga, per la sua faccia superiore più uniformemente convessa e meno carenata nell’area interambulacrale impari posteriore. Bartoniano. — Bussolino (ROvASENDA). XXVII. Gen. Heterobrissus ManzonI, 1878. 1. Heterobrissus Formai n. f. — Tav. XXVI [VIII], fig. 6. Forma di grandi dimensioni, ovolare, colla faccia superiore conica, quella inferiore depressa attorno al peristoma, e percorsa nella sua parte centrale da cinque solchi entro cui stanno gli ambulacri. Sommità apicale quasi centrale. Ambulacro anteriore nullo. Aree ambulacrali pari larghe e lunghe, le anteriori più divergenti delle posteriori. Zone porifere aperte alla loro estremità libera, tutto affatto superficiali, e i pori sono riuniti a paia da un piccolo solco. Periprocto ovolare, quasi inframarginale. Pe- ristoma semilunare, labiato, eccentrico, spostato all’ avanti. Tubercoli serobicolati, rarissimi sulla faccia superiore, fitti in quella inferiore, specialmente attorno al peristoma. DIMENSIONI Altezza ò } ì È 6 3 7 5 5 d ; È . mm. 39 Diametro antero posteriore . b : 3 ; 5 ” o ; ; 192 » trasversale . ; . ; È . i i 4 o i » 65 È L’esemplare, come si vede dalla fotografia, in parte è molto mal conservato, pur tuttavia la conser- vazione perfetta di due ambulacri e della faccia inferiore non mi lascia alcun dubbio sulla sua determi- nazione. L’Meterobrissus Formai n. f. si distingue dall’ Heterobrissus Montesi ) per il minor numero di tu- bercoli sulla faccia inferiore e per la mancanza quasi totale di tubercoli sulla faccia superiore. Elveziano. — Pino Torinese (Forma). i XXIX. Gen. Macropneustes Acass., 1847. 1. Macropneustes Desori (Merian) Dasor. — XXVII [IX], fig. 4. 1857. Huspatangus Desori Mérian in Desor. Actes de la Soc. Hel. des sc. nat., 38° session, Porrenteny, pag. 272. 1858. Macropneustes. — E. Desor. Synopsis des échin., pag. 412. 1896. — — L. Borro Mtcca. Contri. allo studio degli echin. tera. del Piemonte. L. c., pag. 26. Forma di grandi dimensioni colla sommità ambulacrale spostata all’avanti, col solco anteriore nullo alla faccia superiore. Aree ambulacrali pari lunghe, larghe, poco scavate. Peristoma grande, lontano dal margine. Periprocto alla sommità della faccia posteriore. Rari tubercoli sulla parte superiore delle aree interambulacrali. 1) A. Manzoni e G. Mazzanti. Echinod. nuovi della Mol. miocenica di Montese. Atti Soc. Tosc. di Scien. Nat., vol. II, pag. 347; — A. Manzoni. Echinod. foss. della Mol. serpen. ecc. Denkschriften Akad. d. Wissensch., pag. 189, Wien, 1880. [63] C. ATRAGHI 211 L’esemplare imperfettamente descritto è molto mal conservato e ha subìto un grande schiacciamento, pur tuttavia il suo riferimento specifico credo che non lasci alcun dubbio, perchè gli ambulacri sono lunghi, nastriformi, tagliati alla loro estremità libera, e quelli pari anteriori, molto divergenti quasi sulla medesima retta. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino). XXX. Gen. Mariania nov. gen. Genere di medie e piccole dimensioni, alto, rigonfio, subcordiforme all’avanti, subacuminato posterior- mente. Sommità ambulacrale spostata all’avanti. Aree ambulacrali pari petaloidee, pressochè eguali, lun- ghe, aperte alla loro estremità libera, leggermente depresse. Tubercoli molto ineguali, alcuni piccoli dis- seminati su tutto il guscio del fossile, altri più grossi, molto più apparenti, limitati alla faccia superiore, disposti in due o più serie convergenti fra loro a modo di V in ogni assula. Peristoma eccentrico al- l’avanti. Periprocto trasversale, alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale munito di quattro pori genitali. Fascioli non visibili. Questo genere si distingue dal genere Spatangus per gli ambulacri pari aperti alla loro estremità, dal genere Hypsospatangus per gli ambulacri maggiormente depressi, e i tubercoli della faccia superiore più numerosi e disposti con una costante regolarità, in serie convergenti a modo di V in ogni assula. A questo genere riferisco due forme, il Macropneustes Marmorae Desor e lo Spatangus chitonosus Stsm. che passo a descrivere. 1. Mariania Marmorae Dxsor sp. — Tav. XXVII [IX], fig. 5. 1847. Macropneustes Marmorae Agassiz et Desor. Catal. raîis. des échin. foss. L.c., pag. 115. 1877. — -- G. Conrrav. Descript. des échin. tert. de la Corse. L. c., pag. 326, tav. XV, fig. 12. 1896. Hypsospatangus Marmorae L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 28. Forma di mediocri dimensioni, subcordiforme, un po’ più larga che lunga, larga all’avanti, acuminata posteriormente, colla faccia superiore alta, rigonfia, subemisferica, e inclinata bruscamente sui margini, faccia inferiore piana. _ Sommità apicale spostata all’avanti. Solco anteriore largo, poco profondo, svasato. Area ambulacrale impari diritta, composta da pori microscopici. Aree ambulacrali pari leggermente depresse, lunghe, larghe, divergenti, aperte alla loro estremità libera, le anteriori più sviluppate delle posteriori. Zone porifere relativamente strette, formate da pori ovali, uniti tra loro da un solco; zone interporifere larghe. Aree interambulacrali gibbose. Tubercoli molto ineguali, alcuni piccoli, altri grossi e apparentemente crenellati, perforati, sparsi su tutta la faccia superiore, disposti in serie convergenti fra loro a modo di V per ogni assula. Peristoma eccentrico all’avanti. Periprocto trasversale e molto grande, posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale stretto, con quattro pori genitali. I fascioli mancano. DIMENSIONI Altezza 5 ù : 5 0 3 ; ò 5 i ; È . mm. 20 Diametro antero posteriore . 0 5 0 Ò , ci È È b » 45 » trasversale . 5 1 È : 6 s o " ò È >» 45 x 212 C. ATRAGHI [64] Questa forma si distingue facilmente per la gibbosità della faccia superiore e pei numerosi tuber- coli, per il solco anteriore quasi nullo alla parte superiore, per Je aree ambulacrali lunghe, larghe, diver- genti, aperte. CortrAU, studiando gli echinidi della Corsica, a proposito di questa specie, dice d’essere in dubbio nel riferirla al genere Macropneustes AGaAss. o al genere Sputangus KLEIN, Borro Micca la riferì al genere Hypsospatangus PomEL; io invece credo che rappresenti un genere nuovo. Non può fare parte del genere Hypsospatangus PomeL pei tubercoli molto numerosi su tutta la faccia superiore disposti in serie convergenti fra loro a modo di V per ogni assula, e per gli ambulacri meno superficiali; non può far parte del genere Spatangus per gli ambulacri pari alla loro estremità libera aperti; non può far parte del genere Macropneustes AGASs. per l’ordine suesposto dei tubercoli e per gli ambu- lacri meno depressi. Elveziano. — Colli ‘di Torino (Museo geol. Torino). 2. Mariania chitonosa Sisw. sp. — Tav. XXVII [IX], fig. 6. 1849. Spatangus chitonosus E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 31, tav. 1, fig. 6. 1858. Macropneustes — E. Desor. Synopsis des échin., pag. 412. 1896. Spatangus — L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 3. Forma di piccole dimensioni, subcordiforme, un po’ più larga che lunga, colla faccia superiore rigonfia, subemisferica, quella inferiore piana. Sommità apicale eccentrica in avanti. Solco anteriore grande, e svasato vicino al margine. Area am- bulacrale impari diritta, composta da pori microscopici. Aree ambulacrali pari leggermente depresse, larghe, divergenti, aperte alla loro estremità libera, eguali. Zona porifera relativamente stretta con pori ovali; zona interporifera molto larga. Aree interambulacrali gibbose. Tubercoli molto ineguali, alcuni piccoli, e disposti senz’ordine, altri più grossi e disposti in due serie convergenti fra loro a modo di V in ogni assula su tutta quanta la faccia superiore. Peristoma invisibile. Periprocto mal conservato, posto alla estre- mità della faccia superiore. Apparecchio apicale mal conservato. Fascioli invisibili. . DIMENSIONI Altezza 5 " ; 7 i ; : È S È È 5 . mm. 18 Diametro antero posteriore . . 0 o . o 6 o o c » 39 » trasversale . . è 5 S È i 3 È È } » 37 Questa forma è vicina al Mariania Marmorae DesoR sp., e si distingue per le sue minori dimensioni, per gli ambulacri proporzionatamente più larghi, più aperti e più diritti, per la faccia superiore meno alta e i tubercoli meno numerosi per ogni assula. Dal Siswonpa questa forma, che pel primo la illustrò, venne riferita al genere Spatangus, di poi il Drsor la riferì al genere Macropneustes, e ciò in base agli ambulacri pari aperti alla loro estremità libera, ma che non la si debba riferire a questi due generi basterebbe che ripetessi quanto ho detto a proposito del Mariania Marmorae, avendo essa pure una conformazione eguale e negli ambulacri e nei tubercoli. Il Manzoni ! e il MazzertI, ingannati forse dalla non esatta figura data dal Sismonpa, riferirono a questa forma un vero Spatangus, forse un esemplare di Spatangus austriacus LBE. Elveziano. — Colli di Torino (Museo geol. Torino), Rosignano (RovaAsENDA). 1) ManzoNI A. Echinodermi dello Schlier delle colline di Bologna. Denkschr. Akad. Wiss., pag. 159. Wien, 1879. neh [65] C. ATRAGHI 213 XXXI. Gen. Rovasendia nov. cen. Genere di piccole dimensioni, oblungo, rigonfio sulla faccia superiore, quasi piano sulla faccia inferiore. Sommità ambulacrale spostata molto all’avanti. Solco anteriore nullo. Aree ambulacrali pari petaloidee super- ficiali, le anteriori molto più brevi e molto più divergenti delle posteriori. Pori piccoli, leggermente oblunghi e riuniti tra loro da un piccolissimo solco. Peristoma mal conservato. Periprocto ovale, allungato, posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale piccolo, fornito da quattro pori genitali. Fascioli invisibili. Tubercoli piccoli e uniformi. Questo genere si distingue dal genere Spatangus per gli ambulacri affatto superficiali, per la man- canza di un solco anteriore; dal genere Hypsospatangus che è pure fornito di ambulacri superficiali e senza solco anteriore, per la sua forma molto più piccola, oblunga, stretta e alta, ovolare, e per i tubercoli uniformi. Le sue piccole dimensioni adunque, l’assenza del solco anteriore, gli ambulacri pari petaloidei e tutto affatto superficiali, sono le caratteristiche di questo nuovo genere che va ad aumentare la famiglia degli Spatangidi. 1. Rovasendia Canavarii n. f. — Tav. XXVII [IX], fig. 10. Forma di piccole dimensioni, oblunga, stretta, ovolare, colla faccia superiore alquanto alta, quella inferiore quasi piana. Sommità ambulacrale spostata all’avanti. Solco anteriore nullo. Aree ambulacrali pari petaloidee, tutto affatto superficiali, chiuse alla loro estremità libera, ineguali, le posteriori molto più lunghe e ravvicinate tra loro che non le anteriori, disposte quasi trasversalmente secondo l’asse longitudinale dell’echino. Zone porifere piccole, composte da pori piccoli, oblunghi, riuniti a paia da un piccolissimo solco; zone interpo- rifere strette quanto una zona porifera. Peristoma mal conservato. Periprocto ovale, allungato, posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale piccolo, fornito da quattro pori genitali. Fascioli in- visibili. Tubercoli piccoli .e uniformi. DIMENSIONI Altezza 5 à . 6 È 5 : x . ò ; SIINO Diametro antero posteriore . 6 6 0 ; ò 5 c . o » 12 ” trasversale . 0 c . c o 0 ) 6 5 6 » 8 Questa piccola forma, di cui conosco un solo esemplare, si distingue facilmente tra le altre per le sue piccole dimensioni, per la mancanza del solco anteriore, per gli ambulacri pari petaloidei e tutto affatto superficiali. Bartoniano.-- Gassino (ROVASENDA). Van XXXII. Gen. Toxopatagus PowmeL, 1883. 1. Toxopatagus italicus (Maxz.) Powrt. 1899. Hemipneustes italicus C. ArraGnI. Hchin. del bacino della Bornuda. L. c., pag. 25. Si veda per questa forma il mio lavoro citato. Langhiano. — Val Bogliona (Museo civ. Milano), Clavesana presso Mondovì (Museo geol. Torino). Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 27 214 C. ATRAGHI [66] XXXIII. Gen. Euspatangus Acass., 1847. 1. Euspatangus ornatus (Des.) Agass. 1899. Euspatangus ornatus C. Arracni. Hehin. del bacino della Bornvida. L. c., pag. 38. Anche per questa forma si veda il lavoro citato. Tongriano. — Carcare (Museo geol. Torino), Giusvalla (Museo civ. Milano). 2. Euspatangus minutus Ler. — Tav. XXVII [IX], fig. 1, 2. 1868. Euspatangus minutus &. Lausr. Echinod. des Vicent. Tertiar. L. c., pag. 35. 1896. Maretia grignonensis L. Bonro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terz. del Piemonte. L. c., pag. 30. 1896. Euspatangus navicella L. Borno Micca. Ibid., pag. 29. 1899. — cfr. de Koninkii C. Arracni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 38, tav. VI, fig. 11, 12. i 1900. — sp. ind. J. LaweRt. Rev. de Paléozoologie par M. Cosswann, vol. IV, num. 2, pag. 92. Forma di piccole dimensioni, ovale, oblunga, leggermente cuoriforme all’avanti, un po’ acuminata po- steriormente, colla faccia superiore depressa, convessa, coll’area impari posteriore talora carenata, quella inferiore quasi piana, tranne sul piastrone che è alquanto rialzata. Sommità ambulacrale eccentrica all’avanti. Solco anteriore quasi nullo alla sommità e un po’ più ac- centuato verso il margine. Area ambulacrale impari diritta, acuta alla sommità, e larga verso il margine con pori piccoli. Aree ambulacrali pari petaloidee, subflessuose, le anteriori divergenti, quasi orizzontali, le altre più ravvicinate e formano un angolo acuto. Zone porifere leggermente depresse, più strette dello spazio interporifero, composte da pori lunghi, ineguali e uniti a paia da un piccolo solco. Tubercoli di due specie: quelli grossi sono limitati alle aree interambulacrali pari sulla faccia superiore, sono circoscritti dal fasciolo peripetalo, sono crenellati, perforati, scrobicolati; quelli piccoli invece sono sparsi per tutto il guscio specialmente ai lati del solco anteriore. Peristoma vicino al margine, semicircolare, labiato. Peri- procto alquanto grande, subcircolare, posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale for- nito da quattro pori genitali. Fasciolo poripetalo molto ben distinto, poco flessuoso e circoserive i. grossi tubercoli e gli ambulacri; fasciolo subanale più largo del peripetalo. DIMENSIONI Altezza . 0 o . . o 6 ò o o c ò . mm. 17 21 i Diametro antero posteriore . 3 0 ò 5 : 0 6 , » 38 46 » trasversale 0 : ; è ; i 5 È È 3 » 34 40 Dapprima avevo avvicinato questa forma all’ Euspatangus de Koninkii WRIGHT, ma ora avuti in esame gli esemplari del R. Museo di Genova, meglio conservati, non solo ho potuto dare una descrizione meno monca, ma anche mi sono convinto trattarsi dell’ Wuspatangus minutus Lse., che dall’ Euspatangus de Koninki WRIGHT, si distingue per gli ambulacri anteriori più divergenti e flessuosi, e pei tubercoli più numerosi posti sulle aree interambulacrali. Tongriano. — Cassinelle, Molare (RovasenpA), Carcare (Museo geol. Torino), Sassello (Museo geol. Torino, Genova), Giusvalla (Museo geol. Genova, Museo civ. Milano), Dego (Museo geol. Roma, Genova), Mioglia, Pareto, Reboaro (Museo geol. Genova). [67] C. ATRAGHI 215 3. Euspatangus Melii n. f. — Tav. XXVII [IX], fig. 3 1896. Euspatangus lateralis L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 29. Forma di piccole dimensioni, ovolare, leggermente subpentagonale, colla faccia superiore depressa, uni- formemente convessa, leggermente carenata sull’ area interambulacrale posteriore, quella inferiore piana. Sommità ambulacrale leggermente spostata all’avanti. Solco anteriore quasi nullo. Area ambulacrale impari abrasa. Aree ambulacrali pari petaloidee, leggermente subflessuose, le anteriori molto divergenti, quasi orizzontali; le posteriori molto ravvicinate tra loro. Zone porifere leggermente depresse, e larghe più dello spazio interporifero. Tubercoli di due specie, gli uni piccolissimi e alquanto fitti su tutto il guscio, gli altri rari, in numero di tre o quattro sulle aree interambulacrali pari posteriori, e delimitati dal fasciolo peripetalo che mostrasi poco flessuoso. Peristoma eccentrico all’avanti. Periprocto posto alla sommità della faccia posteriore. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza . : 0 6 . o 5 ” 0 . 6 : o no ale) Diametro antero posteriore . 6 6 ; ; ? i: . , i; » 30 » trasversale . è , o È ò ò o o . 6 » 129 Il Borro Micca, nel lavoro citato, riferiva l'esemplare tipico di questa forma all’Euspatangus lateralis Desor, ma credo che tale determinazione sia errata. Gli esemplari dell’ Euspatangus lateralis disgraziata- mente andarono perduti, o per lo meno non esistono più nel Museo geologico di Torino, ma da quanto scrissero e il DesoR e l’Acassiz dovevano essere alquanto diversi dall’esemplare che tengo in esame. L’AGassIz e il Desor distinguono l’Euspatangus lateralis dall’ Euspatangus ornatus, perchè più lungo e meno depresso, e lo chiamano forma di grandi dimensioni, caratteri questi che lo distinguono assai facilmente dall’Euspatangus Melii, proporzionatamente più breve dell’Eusp. ornatus e forma di piccole dimensioni, che si distingue tra tutti i congeneri per il numero assai scarso dei tubercoli posti sulle aree interam- bulacrali pari posteriori. Elveziano. — Collina di Torino (Museo geol. Torino). XXXIV. Gen. Spatangus KrEIn, 1847. 1. Spatangus corsicus Desor. 1899. Spatangus corsicus C. Arragni. Echin. del bacino della Bormida. L. c., pag. 39. v Si veda per questa forma il mio lavoro citato. Aquitaniano. — R. Ravanasco (Museo civ. Milano). Elveziano. — Rosignano (RovASENDA). 2. Spatangus austriacus Lsr. — Tav. XXVII [IX], fig. 8. 1871. Spatangus austriucus G. Lausr. Echin. des Oest-Ung. Tert. L. c., pag. 73, tav. XIX, fig. 1,2. 1878. — — A. Manzoni. Echinodermi dello Schlier di Bologna. L. c., pag. 12, tav. II, fig. 10-15; tav. III, fig. 19-22; tav. IV, fig. 40, 41. 1883. _ Manzonii V. Simonenni. I Monte della Verna e i suoi fossili. L. c., pag. 276. 1885. — austriacus G. Mazzerti. Cenno monogr. intorno alla fauna fossile di Montese. L. c.. pag. 66. 1898. Maretia Pareti C. Atrani. Echin. del plioc. lombardo. L. c., pag. 21. 216 , C. ATRAGHI [68] Forma di grandi dimensioni, colla faccia superiore alquanto alta, un po’ gibbosa sull’area interambu- lacrale impari posteriore, quella inferiore scavata attorno al peristoma e rialzata sul piastrone. Sommità ambulacrale spostata all’avanti. Solco anteriore largo e profondo vicino al margine, fornito da piccolissimi pori. Aree ambulacrali pari petaloidee, grandi e flessuose quasi tutte della medesima lunghezza, le anteriori più divergenti e flessuose «delle posteriori. Zone porifere depresse leggermente, e formate da pori grandi, spazio interporifero molto largo. Tubercoli grossi, serobicolati e perforati, numerosi su tutte le quattro aree interambulacrali, specialmente sulle due pari anteriori. Peristoma alquanto vicino al margine, semilunare, labiato. Periprocto ovoidale, posto sotto la'gibbosità dell’area interambulacrale impari posteriore. DIMENSIONI Altezza . 5 0 È È 5 : 6 a h 5 5 . mm. 43 Diametro antero posteriore a 0 3 È ; 5 o . 7 » 113 » trasversale i 5 ; ; 5 i ; A ; ; » 104 Non credo che si possano distinguere i miei esemplari dello Spatangus austriacus quale viene descritto dal LauBE e dal Manzoni, e per-le loro dimensioni e per la conformazione eguale degli ambulacri e dei tubercoli. Il SimonELLI però avrebbe considerata, come forma distinta dallo Spat. austriacus LBE., gli esem- plari studiati dal Manzoni e per gli ambulacri anteriori più lunghi dei posteriori, e pei tubercoli dell’area interambulacrale impari, che arrivano molto vicino al margine posteriore. Ma che tali caratteri potrebbero essere propri anche degli esemplari studiati dal LauBE, già lo ha dimostrato il MAzzettI, che fece notare, molto opportunamente, come gli esemplari del LAuBE siano tutti quanti allo stato di modello interno, e che però non permettono l’asserzione assoluta della mancanza dei tubercoli. Elveziano. — Varzi (Museo geol. Genova), Vallassa (Museo geol. Pavia). 3. Spatangus Botto Miccai Vivassa. — Tav. XXVII [IX], fig. 7. 1896. Spatangus sp. ind. L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 35. tav. X, fig. 7. 1897. — Botto Miccai P. Vinassa pe Reeny. Rivista italiana di paleontologia, pag. 42. Forma di grandi dimensioni, ovatocordata, col margine intaccato profondamente all’avanti, e legger- mente acuminato posteriormente, colla faccia superiore alta, rigonfia e convessa, quella inferiore quasi piana, depressa solo presso il peristoma. Sommità ambulacrale eccentrica, spostata all’avanti. Solco anteriore nullo alla sommità, profondo e largo vicino al margine. Area abulacrale impari diritta, acuta alla sommità, formata da piccolissimi pori. Aree ambulacrali pari petaloidee grandi, subflessuose, le anteriori poco più divergenti delle posteriori, quasi tutte di una medesima lunghezza. Zone porifere alquanto depresse e relativamente molto strette, composte da pori oblunghi, uniti a paia da un solco alquanto pronunciato. Tubercoli posti sulle aree in- terambulacrali e circoscritti dai fascioli, grossi, numerosi, crenellati, scrobicolati e perforati; tubercoli secon- darii minutissimi sulla faccia superiore e fitti, più radi e grossi sulla faccia inferiore. Peristoma semi- lunare, grande, labiato, vicino al margine, posto in una depressione. Periprocto relativamente piccolo, sub- circolare, posto sotto il prolungamento dell’area interambulacrale impari. Apparecchio apicale con quattro pori genitali. i [69] C. ATRAGHI 217 DIMENSIONI ni Altezza . o 5 6 ò ” x 5 7 5 dro O) 35 33 Diametro antero posteriore . RICO ; x n A) 911 90 80 » trasversale c o c . . 6 . dt 90 84 75 Questa forma si distingue facilmente dallo Spaz. ocellatus DEFR. per la maggior altezza, pei tubercoli limitati dal fasciolo peripetalo, per gli ambulacri più lunghi. Il suo contorno e il suo grande spessore fanno ricordare lo Spatangus Szaboi Corr. ® dell’isola di Milo, ma da esso si distingue facilmente pei suoi tubercoli molto più numerosi. Elveziano. — Sui colli di Torino a Baldissero, Pino torinese, Tetti Garrone (Museo civ. Milano, Museo geol. Torino, ROvASENDA). 3 , 4. Spatangus Pareti Agass. — Tav. XXVII [IX], fig. 9. 1847. Spatangus Pareti Agassiz et Drsor. Catal. rais. des échin, L.c., pag. ©. 1858. —_ — E. Drsor. Synopsis des échin., pag. 422. Ù 1896. = — L. Borro Micca. Contri. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 32. 1896. _ aff. Pareti L. Borro Micca. Ibid., pag. 33. Forma di grandi dimensioni, molto fortemente intaccata all’avanti dal solco anteriore, depressa su- periormente e colla faccia inferiore piana. ì c Solco anteriore nullo vicino alla sommità, grande e profondo al margine, Area ambulacrale impari diritta, fornita da pori piccoli, ma molto apparenti. Aree ambulacrali pari petaloidee, lunghe, flessuose e relativamente strette, le anteriori molto più divergenti e flessuose delle posteriori. Zone porifere de- presse, relativamente larghe, formate da pori oblunghi uniti a paia da un leggiero solco; spazio interpu- rifero non mai più largo di una zona porifera. Tubercoli grossi, perforati e serobicolati, e numerosi tanto da coprire tutte le aree interambulacrali della faccia superiore. Peristoma semilunare, grande, labiato, posto vicino al margine. Periprocto inframarginale. Fascioli invisibili. Di questa forma, di cui tengo in esame diversi esemplari, non ne ho nemmeno uno fornito di guscio, tutti sono allo stato di modello. interno e alquanto schiacciati. Essi si distinguono dallo Spatangus ocel- latus DEFR., come ha fatto notare il DEsor e come asserisce il Borto Micca, che ebbe in esame il mo- dello dell'esemplare tipico, pel numero maggiore dei tubercoli sulla faccia superiore e per gli ambulacri più stretti e flessuosi. Il Manzoni riferì a questa forma alcuni esemplari dello Schlier di Bologna, ascri- ‘ vendola però al genere Maretia. Ma che detti esemplari non si possano riferire allo Spatangus Pareti DESOR, già lo ha dimostrato il Borro Micca che, confrontandoli col modello dell’ esemplare tipico del DesoR, li trovò cogli ambulacri molto più larghi e coi tubercoli molto più sviluppati: e numerosi, carattere que- st'ultimo per cui il PomeL li considera come rappresentanti di un genere nuovo, genere Manzonia. Langhiano. — Ceva, Clavesana (Museo geol. Torino). 5. Spatangus Rovasendai n. f. — Tav. XXVI [VIII], fig. 5. Forma di grandi dimensioni, cuoriforme, colla faccia superiore poco alta, ma uniformemente convessa, piana la faccia inferiore. 4) CoTTEAU. Rev. de Zool., vol. XXX, pag. 194. Paris, 1878. 218 À C. ATRAGHI [70] Solco anteriore nullo vicino alla sommità apicale, grande e profondo al margine. Area ambulacrale anteriore impari diritta, formata da pori abbastanza visibili. Aree ambulacrali pari petaloidee, lunghe, lesgermente flessuose e relativamente strette, le anteriori più divergenti e flessuose delle posteriori. Zone porifere leggermente depresse e strette, formate da pori oblunghi, uniti tra di loro a paia da un piccolo solco; spazio interporifero largo il doppio d’una zona porifera. Tubercoli grossi, perforati, scrobicolati e numerosi su tutte le aree interambulacrali. Peristoma semilunare, grande, labiato e vicino al margine. Periprocto inframarginale. È i Sommità ambulacrale depressa, spostata all’indietro, fornita da quattro pori genitali. DIMENSIONI Altezza o 0 ' . . 0 o , i 0 0 ; . mm. 35 Diametro antero posteriore . a ? 0 5 . . 5 . o DVD » trasversale . : ò È i " È È , ; RALE NIILÙ A tutta prima questa forma la si potrebbe confondere collo Spatangus Pareti DesoR, se non che da questa si distingue pei tubercoli meno grossi e meno numerosi, pel solco anteriore più largo specialmente vicino al margine, per le zone porifere più strette e lo spazio interporifero relativamente più largo. Astiano. — Sabbie gialle sopra Pecetto (RovasENDA). 6. Spatangus purpureus Min. 1776. Spatangus purpureus Mirrer. Zool. Dan., pl. VI. 1842. — — E. Siswonpa. Monogr. degli echin. foss. del Piemonte. L. c., pag. 29. 1896. —_ Manzonii L. Borro Micca. Contrib. allo studio degli echin. terx. del Piemonte. L. c., pag. 34, tav. X, fig. 6. Forma di grandi dimensioni, a contorno cuoriforme, colla faccia superiore alquanto alta e gibbosa posteriormente, quella inferiore quasi piana. Sommità apicale pressochè centrale. Solco anteriore quasi nullo alla sommità, largo e profondo al margine. In esso trovasi l’ambulacro anteriore formato da pori abbastanza grandi. Aree ambulacrali pari petaloidee, lunghe, larghe, flessuose, le anteriori più divergenti e flessuose delle posteriori. Zone porifere grandi e leggermente depresse, spazio interporifero più largo delle zone porifere. Apparecchio apicale fornito di quattro pori genitali. Peristoma semilunare, grande e vicino al margine. Periprocto pure grande e inframarginale. Tubercoli grossi e numerosi. Di questa forma tengo in esame diversi esemplari, ma tutti quanti in cattivo stato di conservazione, la maggior parte allo stato di modello interno, epperò non mi azzardo a fare dei confronti. Il Borro Micca studiando gli stessi esemplari, alcuni li riferì allo ,Spat. Rissoi Desor, altri allo Spat. Desmarestti Minsr., altri ancora allo Spat. asterias AGASS., ma, benchè convinto che oltre allo Spat. purpureus MuLn., si trovino nelle sabbie dell’astigiano altri Spatarngus, non ho creduto bene di dover distinguere altre forme stante il cattivo stato di conservazione degli esemplari finora trovati. Piacenziano. — Bra (Museo geol. Torino). Astiano. — Astigiano (Museo geol. Torino). ì Finita di stampare il 16 ottobre 1901. G. ROVERETO BRIOZOI, ANBLLIDI E SPUGNE PERFORANTI DEL NEOGENE LIGURE (Tav. XXVIII [I] e Fig. 1-5 .interc.) I. — Bryozoa. 1. Il v’OrzIeny ”, stabilendo nel 1839 il genere Terebripora, fu il primo a descrivere dei briozoi perforanti, e a segnalarne due specie, l’una vivente al Chilì, l’altra alle isole Maluine. Similmente fu primo a indicarne alcuni anni dopo l’esistenza allo stato fossile, nel batoniano ?; ma le sue osservazioni passarono inosservate, sino a che non vennero riprese dal FiscHeR *, che in una monografia, pubblicata nel 1866, descrisse sei specie viventi, alle Antille, al Perù, nel mare della Cina, nell’Oteano Indiano, nel- l'Atlantico e nel Mediterraneo, dodici specie fossili, e stabilì inoltre il nuovo genere SpatRipora, con due specie fossili ed una vivente. Bisogna però avvertire che Terquem e Prerte * stabilirono nel 1865 il genere Haimeina per la forma. H. Michelini che il TeRQUEM istesso aveva antecedentemente classificata fra le Vioa 9), e che è da con- siderarsi con ogni probabilità una Zerebripora, benchè Terquem e Pierte abbiano continuato a collocarla fra le spugne. Di simili confusioni abbiamo esempi in altti paleontologi per forme del cretaceo e del giurassico. Ciò che l’Hacenow 5) figurava nel 1840 sotto il nome di Zalpina (non Gray 1825, mammifero) è tuttora di col- locazione molto problematica, benchè alcuni abbiano collocato tale genere fra i briozoi, altri fra le spugne; è certo solo che è da escludersi dagli anellidi, benchè l’HaceNnow a questi lo riferisse, e inclini a rife- rirvelo anche lo ZirtEL ”. 1) D’ORBIGNY A. Voyage dans l’Amérique, vol. VI, pag. 23, tav. X, 1839. 2 D'ORrBIGNY A. Prodr. paléont., vol. I, pag. 318, 1849 e Cours élément. de paléontol., vol. II, fasc. II, pag. 501. Questa specie batoniana è la 7. antiqua p’ORB., riportata con dubbio dal FiscHeR alla Cellaria Smithi Puinn., la quale invece, dal MoRRIS sino al Fox-STRANGwAYS, venne ripetutamente segnalata come una Hippothoa, e recente- mente dal GreGoRY classata fra le Stomathopora (efr. Gregory, The jurassic Bryozoa, pag. 56, cum syn.). 3) FiscneR P. Étude sur les bryozoaires perforants de la famille des térébriporides. Nouv. Archiv. d. Museum d’ Hist. Natur., vol. II, pag. 293, 1866. ’ 4 TeRrQuEM et PieTTE. Mém. sur le lias inf. de Vest de la France. Mém. Soc. géol. de France, pag. 134, 1865. 5) TERQUEM. Format. lias. du Luxembourg. Mém. Soc. géol. de France, 22 ser., vol. V, parte 2%, pag. 334, tav. XXVI, fig. 6, 1865. 6) HaGeNoW in. N. Jahrb. fiir Mineral., Geol. und Petref., pag. 671, 1840. 7) Ann. a. Magaz. Nat. Hist., ser. V, vol. III, pag. 308, 1878. Sono per lui egualmente incerti, ma. piuttosto anellidi che spugne, i generi Dendrina QuensreDT (Petrefactenkunde Deutschl. Cephalop., tav. XXX, fig. 36, 37), Hagenowia e Cobalia ErALLON (Act. de la Soc. Giurass. de Porrentruy, 1860). [ito] DI (>) G. ROVERETO [2] Il QuenstEDT ® nel 1853 sotto il nome di Wurmlòcher figurava la Haimeina Michelini già ricordata. L’antico genere Entobia Bronn ? fu dal suo autore stabilito su escavazioni figurate dal PARKINSON. e riprodotte dal MantELL 3), che sono certamente dovute a spugne, ma che il Brown attribuì a degli anellidi; poichè le spugne perforanti si conobbero solo più tardi. Però è certo che nel suo significato ori- ginario questo genere è da considerarsi sinonimo di Cliona, nonostante le susseguenti confusioni, per le quali vi si riferirono anche degli anellidi e dei briozoi. Così il PortLocK * descrisse una Entobia cretacca (del cretaceo) e una Entobia antiqua (del siluriano), l’una è da riferirsi a Cliona, l’altra a Terebripora; il Prcrer 5) nel suo trattato considerò Enfodia, unitamente a alpina, anellidi perforanti (e Siamo già al 1857!), benchè poche pagine prima avesse classificato Zalpîna fra gli spongiari. Curioso è il modo con cui 1’ EtALLON ° credette di risolvere tutte queste difficoltà, stabilendo il nuovo ordine zoologico dei Tripozoari, che separò dalle spugne, cui riferì Cliona, Talpina, Dendrina e il nuovo genere Hagenowia; ma non occorrono ulteriori discussioni per distruggere questo ordine, poichè il carat- tere perforante, non solo non giustifica la creazione di un ordine, ma nei più dei casi, come è noto, nemmeno quello di un genere. Rientro nella vera storia dei briozoi perforanti, ricordando il genere Hypophorella stabilito dall’EzLERS ® nel 1876, vivente nei tubi della Zeredella conchylega, da collocarsi fra i Ctenostomata, famiglia delle Ve- siculariidae, con la seguente diagnosi: Bryozoarium stolonibus rectangularibus conjunetis “repens, in extre- mitate articulorum antica dilatata, praeter articulum lateralem terminalemque, singula animalia alternatim in stolonibus collocata, urceolata, juxta aperturam transversam ventralem utroque corniculo armata gignens. Non ho potuto consultare il lavoro originale dell’ErtERS, ed ho anche creduto potermene dispensare, perchè il Jovux LAFruIE ® nel 1888 ritrovò nella teca del Chaetopterus Valenciniù un briozoo perfo- rante, di cui diede una completa figura e che pose a tipo del nuovo genere Delagia (Delagia chaetopteri); ma; come riconobbe egli stesso susseguentemente (oc. còt., pag. XLIX e XLV), questo nuovo genere e questa nuova specie corrispondono interamente alla Hypophorella expansa EHL. Non ostante questa svista, il lavoro del Joreux LAFFUIE è interessante, perchè, in quanto alla posi- zione tassonomica del genere, ha conclusioni concordanti con quelle dell’ EnLERS, considerandovisi la De- lagia tipo di una nuova famiglia, da collocarsi fra le Vesicularàiìdae e le Buskidae. Altre specie di briozoi perforanti descritte dipoi e di cui ho avuto conoscenza sono: la Zerebripora capillaris DoLLrus del devoniano del Cotentin, riconosciuta posteriormente dall’ EzrerT® del devoniano della Mayenne, a colonia regolare e con i rami disposti geometricamente; la 7. Fischerî JunLieN 19) vi- vente al Capo Verde, a stoloni allungati, semplici, a cellule ellittiche; la 7. vetusta (RaLeRT (loc. cit.) pur essa del devoniano, a cellule poligonali, irregolari, situate sugli assi dei canaletti. 1) QuenstEDT. Der Jura, pag. 48, tav. IV, fig. 1,2, 1858. 2) BRONN. Lethaea geognostica, vol. II, pag. 691. 3) ManTELL. Pictorial Atlas, tav. XL, fig. 10. 4 PoRrLOCcK. Report on the geology of the county of Londonderry, pag. 360, 1843. 5) Prcret. Traité de paléont., vol. IV, pag. 534, 1857. , 9 ErALLON. Loc. cit. 7) EnLERS. Hypophorella expansa ecc. Abh. Ges. Gotting, pag. 1-56, tav. II, 1876; — ALLMANN in Journ. Lin. Soc., pag. 1, 1880. ) Joveux Larruie J. Descript. du Delagia chaetopteri ecc. Archiv. Zool. expérim., pag. 135-154, 1888. î EHnrert D. P. Descript. de quelques espèces dévoniennes du départ. de. la Mayenne. Bull. Soc. d’Étud. scien- tif, d’Angers, pag. 65, 1888. 19) JuLLIEN J. Descript. d’ une nouv. espèce de Bryozoaire perfc forant ecc. Bull. Soc. zool. de France, pag. 142, 1880. n e I O. oO PI ALE tlc a i [3] G. ROVERETO 221 2. — Non è bene accertata la posizione zoologica dei generi Zerebripora, Spathipora e si hanno in proposito opinioni alquanto disparate. Ricordando solo le più recenti, nel trattato di DeLace e Hfrovarp ® Terebripora è con dubbio con- siderato sinonimo di Hippothoa, mentre che lo Zrrrer ? lo riferisce definitivamente a questo genere; sa- rebbe quindi appartenente alla famiglia delle Hippothoidae, e di diversa collocazione di Hypophorella. Il GREGORY 3), per quanto si riferisce alle specie giurassiche, ha escluso Zerebripora dai briozoi, ed ha con dubbio riferito la Spathipora incerta Frscaer a Ceriopora ®. Escludendo alcune specie di Zerebripora descritte dal FrscHeR dai briozoi, credo che non sì potreb- bero riferire se non agli idroidi; ma questo nuovo riferimento sarebbe assai più problematico dell’ an- tico, e nel dubbio anche illogico; le affinità fra Terebripora e Hippothoa, fra Spathipora e Ceriopora e Stomathopora ° mi sembrano, non solo apparenti, ma molto spiccate e reali. Gen. Terebripora D'ORB., 1839. Terebripora Manzonii n. mut. 1875. Terebripora Archiaci (Fiscuer) Manzoni. Brioxoi pliocene di Castrocuro, pag. 7, tav. VI, fig. 68 (pliocene). 1880. SecuENzA. Formazioni terziarie provincia di Reggio, pag. 79, 127, 197 (elveziano, tortoniano, zancleano). 1893. — — — Nevrani. Briozoi pliocenici di Castrocaro. Boll. Soc. geol. italiana, pag. 114 (pliocene). 1900. _ —_ _ NevianI. Briozoi neogenici delle Calabrie, pag. 146 (pliocene, miocene). Il tipo di questa specie è eocenico, e le citazioni che se ne sono fatte in Italia di terreni più re- centi, eccettuata quella del TraBucco 5, sfuggita al NEVIANI, per la quale non ho alcun Fic. 1. dato, si riferiscono a mio giudizio ad un’altra specie. Infatti la figura del ManzoNI, che anche il Secuenza ha citato e discusso, presenta delle differenze da quella del FrscHER, le quali consistono principalmente nella lunghezza degli stoloni situati fra le cellule, e nella forma dell’apertura di queste. Nella 7. Archiacî tipica i canaletti degli stoloni cor- rispondono al terzo, al massimo alla metà della lunghezza delle cellule, mentre che nella T. Archiaci figurata dal Manzoni, e della quale il prof. De STEFANI mi comunicò gen- tilmente il tipo, intercede fra le cellule uno spazio che può essere anche più lungo delle cellule stesse. Ciò porta ad un insieme di ramificazioni più lunghe, e ad un reticolato molto meno denso che non nella tipica 7. Archiaci, anzi un vero e proprio reticolato non Y lo presenta affatto. La forma dell’apertura delle cellule degli zoeci è nella 7. Archiaci del FiscHER rotonda, con un piccolo intaglio, nella 7. Archiaci del Manzoni lanceolare, senza intaglio distinto (Fig. 1). SEGG Celletta lasciata dall lo zoecio della Ter. 1) DeLAGE Y., HhrovarD E. Traité, vol. V, 1897. Manzonii n. mut., 2) ZirteL K. Traité, vol. I, pag. 638. ingr. 9). 3) Gregory J. W. The jurassic Bryozoa. Brit. Mus. natur. H. Catalog, 1896. 4 Questo genere è stato recentemente riordinato dal GrEGORY stesso: Catalog of cretaceous Bryozoa, vol. I, Brit. Mus. natur. H. Catalog, 1899. 5) Il GREGORY (loc. cit., tav. I, fig. 11, 1896) figura lo zoario di una Sfomathopora gracilis Epw. imbedded in an echinid plate; è un nuovo caso di briozoo perforante, o solo di corrodente? 6) Trasucco G. Calcare d’ Acqui, pag. 24, 1891. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 28 DO LO [so] G. ROVERETO [4] Terebripora Orbignyana Fiscuer. 1875. Terebripora ORTA (Fiscner) Manzoni. Brioror pliocene ecc., pag. 7 (pliocene). 1880. — - — SeGuenza. Formazioni terziarie, pag. 128 (tortoniano). 1900. _ — — Naviani. Brioxoi neogenici, pag. 147. Osservazioni. — Il Secuenza ha anche figurato e descritto una specie nuova di Zerebripora, la T. te- nuis (loc. cit., pag. 128, tav. II, fig. 16, nel testo 15); ma per la descrizione incompleta e per la cattiva figura, non sono riuscito a conoscerne i veri caratteri distintivi. Per la lunghezza degli stoloni, per la forma strozzata delle cellule, potrebbe avere riscontri con la Z. Fischer JuLLIEN, se ne differenzia però per l’angolo più aperto che presentano all’incrocio le sue ramificazioni. Il NeviANI nella sua revisione dei briozoi delle Calabrie la considera una buona specie; ma nulla aggiunge alla sua descrizione e si limita a riprodurre la figura (Voc. ci., pag. 147, tav. XVIII, fig. 20) data dal SEGUENZA. i Non meno dubbia e incerta è la specie di .SpatRipora stabilita dal SeGuENZA nello stesso lavoro (pag. 128, tav. XII, fig. 17, nel testo 16) cui ha dato il nome di S. Zaza. Egli descrive degli esilis- simi canali, ramificati ad angolo acuto, con cellule circolari, non poste lungo i canali, ma in prossimità di essi, e comunicanti per mezzo di canaletti con i canali principali. Ho trovato nel pliocene di Savona, su parecchi esemplari di Protwla, due forme distinte di queste particolari escavazioni, le quali a mio giudizio non possono attribuirsi a Spathipora, anzi non è certo che appartengano ai briozoi. L’ una costituisce un reticolato ben visibile ad occhio nudo, il quale, per le sue ramosità, ricorda a primo tratto il reticolato della 7. Archiacìi Fisca. (Fig. 2a). Esaminato a Fic. 2. a, b, c — Solcoletti della supposta Spathripora lara SEG., ingrand. 5/1. d — Gli stessi ingranditi 2/,. però al microscopio si osserva che esso è costituito da canaletti circolari o solchi aperti (Fig. 2 d), i quali solo alle estremità si mutano in gallerie che si continuano sullo stesso piano nello strato più esterno della conchiolina e vengono, dopo un piccolo tratto, all’aperto per mezzo di un foro cilindrico, che il SEGUENZA 4 [5] G. ROVERETO 223 chiama impropriamente cellula. L’altra forma da me osservata solo si distingue dalla descritta per essere ‘ramosa, quasi come le Spakipora, è meno frequente, e trovasi sulle Profula e su conchiglie di molluschi (Fig. 2c,d). Se queste escavazioni sono da attribuirsi ad un briozoo, questo è certamente ben diverso da Spa- thipora e da Terebripora; sto per dire che somigliano piuttosto a dei generi del secondario, ad esempio a Talpina, il quale è pur esso costituito da gallerie diritte, cilindriche, ramose, conservanti sempre lo Stesso diametro, e che viene ballottato fra gli anellidi e le spugne. Non credo che il NEvIANI abbia avuto tra mani gli esemplari tipici del SEGUENZA, e ciò spiega come non abbia corretto un simile errore; la figura di Spathipora lara da lui data è una copia di quella del SecuenzA !. APPENDICE Le ricerche da me compiute sul genere perforante Hypophorella mi svelarono la vera natura di un fossile, che ritenni per parecchio tempo problematico; poichè non riuscivo a stabilire quale posto occu- passe nella scala zoologica. Solo confrontandolo con Hypophorella, lo riconobbi un briozoo di genere a questo affine, e qui lo descrivo, non perchè abbia proprietà perforanti, ma per le sue affinità e per essere profondamente corrodente. Gen. Protulophila mihi. Protulophila Gestroi n. sp. — Tav. XXVII [I], fig. 7a-e. Stoloni e zoecì — È costituito allo stato fossile da stoloni in maglie poligonali e da zoeci, e tro- vasi costantemente associato alla Protula firma See. Ciò che lo fa visibile I in modo particolare sono gli stoloni molto allungati, sottili, sempre di eguali dimensioni, formanti sulla superficie del tubo rotondo della Protula una maglia che riveste tutt’attorno il tubo, e che presenta quindi a sua volta una costruzione tubolare in qualche caso estesa a tutta la lunghezza del supporto. Questa maglia è formata da quattro o da cinque nodi di incrocio, determinanti d’ordinario un pentagono irregolare, e più raramente un qua- drilatero rombico, poichè i filamenti della maglia non sono diritti e si incrociano su estensioni diverse. Sui nodi degli stoloni, eccezionalmente lungo di essi, si hanno gli zoeci. Questi sono attaccati per piccolo tratto agli stoloni in modo da essere loro sovrapposti, e sono aderenti al supporto per tutta la loro lunghezza; hanno la forma del calice di un fiore, con l’estremità inferiore arrotondata, oppure allungata in punta, sino a mutarsi, almeno così apparisce, nel principio di ‘uno stolone. L’accrescimento dell’animale potrebbe quindi essere avvenuto lateralmente per allungamento degli stoloni, internamente per seminazione dagli zoeci di stoloni nuovi, e con il risultato di una maglia assai più fitta DLE R 3 3 DA È Protulophila Gestroi n. sp. e n. gen., nelle regioni mediane o centrali della colonia, e più rada nelle laterali. co o 1) NEVIANI A. Briozoi neogenici delle Calabrie, pag. 147, tav. XXVIII, fig. 21, in Palaeont. Italica, vol. VI, 1900. 2) Cfr. Rovereto G. Serpulidae del terziario ecc. Palaeontographia Italica, vol. IV, pag. 83, 1898. DO DO nas G. ROVERETO [6] Conservazione e associazione. — Ciò che è straordinario si è la conservazione dei tentacoli, che sporgono in vario numero, non però in molti, dallo zoecio quando il polipide è espanso, e non è visibile alcuna particolare vagina o colletto setigero. Considerando che i tentacoli non hanno l’epidermide fornita di cuticula, e sono quindi molto delicati, se si osservano tuttora in modo ben visibile, ciò è certamente dovuto ad una sostituzione della loro sostanza protoplasmatica, avvenuta subito dopo la morte dell’animale. La sostanza che costituisce odiernamente quanto ci è rimasto della spoglia dell’animale è di un colore nericcio, che spicca assai bene sul fondo bianco del tubo dell’anellide. Credendo da principio che si trattasse di chitina, ne tentai la dechitinizzazione col liquido di LABARRAQUE in soluzione acquosa, per poterla quindi studiare al microscopio; ma non ottenni alcun risultato. Stabilii però che si trattava di una sostanza in- teramente minerale; e avendola susseguentemente esposta al fuoco del cannello diventò magnetica, rivelan- dosi in tal modo, con un procedimento esatto, per quanto semplice, solfuro di ferro. Questa epigenesi avvenne probabilmente per riduzione del solfato di ferro disciolto nell’acqua marina a contatto della materia organica; oppure l’animale stesso conteneva acido solforico, che diede luogo direttamente alla produzione del solfuro. L'associazione costante che questo briozoo presenta con le Protula, e specialmente con la Pr. firma SeG., è dovuta probabilmente alla sua struttura d’insieme; poichè gli occorre un supporto, e questo fra i fossili del terreno in cui si ritrova, non gli può esser dato che dalle Protula, aventi tubi rotondi, lisci e diritti; inoltre, infossandosi per corrosione nel supporto, gli è assai più confacente la conchiolina degli anellidi, che è più tenera e meno resistente di quella dei molluschi. Posizione tassonomica. — Benchè questo fossile sia sufficientemente caratterizzato, è evidente che non è ben chiara la sua posizione tassonomica. Avendone il prof. IsseL, al quale debbo schiarimenti e consigli, interrogato parecchi specialisti d’Italia e dell’estero, alcuni esclusero che fosse un briozoo, per modo che lo ritenni per qualche tempo un idroide vicino a Reticularia; ma la maggior parte, pur conve- nendo nel collocarlo fra i briozoi, nulla seppero indicare di preciso. Solo un naturalista del Museo Bri- tannico lo comparava alle Flustrella; supponendo forse, poichè il distinto naturalista inglese ebbe fra mani la sola figura, che l’interno delle maglie fosse occupato da sostanza gelatinoide, ora scomparsa. Ma questa supposizione non ha fondamento, poichè, pur avendosi conservati i tentacoli, non si ha traccia di parti scomparse nell’interno delle maglie, gli stoloni sono realmente tali e non contorni, e gli zoeci non sono liberi, ma aderenti al supporto, e incavati dove avrebbe dovuto esistere fra essi eil supporto la sostanza gelatinoide. Sono inoltre caratteri diagnostici ben spiccati e differenziali dalle Flustrella gli zoeci aderenti e portati dagli stoloni, e lo sviluppo e la forma di questi, caratteri che ho trovato ripetersi con qualche approssimazione in alcuni generi delle Stolonifera, quali Hypophorella, Buskia, Vesicularia e particolarmente nel primo, che però, astraendo dalle sue proprietà terebranti e dal suo habitat al tutto singolare, costruisce una maglia molto irregolare, ed ha zoeci di forma diversa e forse diversamente infissi e distribuiti. BusXia ha stoloni somiglianti, ma zoeci differenti. Vesicularia è arborescente e con ramificazioni dicotome. Quindi per i pochi caratteri che ci sono noti, e per le sue affinità naturali, si può collocare fra le Vesicularitidae e le Buskidae, nella tribù degli Stolonifera, nell’ordine dei Ctenostomata. Diagnosi del genere. — Stoloni filiformi, formanti maglie poligonali; zoecè a forma di calice, fissati sui nodi delle maglie per la estremità inferiore e per intero aderenti al supporto. I caratteri diagnostici della specie sono per ora eguali a quelli del genere. Località: — Savona (pliocene); Albenga (pliocene); altre località fuori di Liguria, tutte plioceniche: Tabiano nel Parmigiano, Gravina nel Napoletano, Modenese e Astigiano in genere. [7] G. ROVERETO 225 ì II. — Anmellida. 1.-- Come è già stato detto, nella prima metà del 1800 frequentemente si attribuirono ad anellidi fori ed escavazioni che poi si riconobbero doversi riferire a spugne ed a briozoi. Questo è il caso dei generi Clionites e Cliona, Entobia, Talpina, appartenenti al cretaceo ed al giurassico; negli studi però sul pa- leozoico i generi che si ricordano, Scolithus, Planolites, Histioderma, Arenicolites, hanno realmente stretti rapporti con gli anellidi; ma non tutti sono perforanti, come gli autori hanno creduto di intravvedere. Il genere Scolithus Hanpeman !, non HALL come è indicato nei trattati di paleontologia, è già rappre- sentato da traccie nel cambriano inferiore; ma la specie più antica che se ne sia distinta è del cambriano superiore (/Seolithus linearis? ). Sono tubi verticali, cilindrici, giustasposti a ineguali distanze, che attribuirei, non ad un anellide perforante, ma ad un anellide scavatore del fondo marino, e vivente perpendicolarmente immerso nelle sabbie o nel limo, e cementante con il suo muco un tubo che, dopo la morte dell’animale, si riempiva di materie estranee. Fra i viventi forma un tubo come quello dello Scolihus il genere Polyodontes, il quale immerso come è perpendicolare nel fango e molto allungato, viene d’ordinario nelle operazioni di dragaggio tagliato in metà, e raramente si ottiene intero. Nemmeno Planolites NicHorson ®) è a parer mio dovuto a un anellide perforante; potrebbe invece attribuirsi ad un solco di eunicide, come se ne hanno molti nel siluriano e traccie nel cambriano (nel Potsdam Sandstone). Per Histioderma KinAHAN® vale quello detto per Scolithus; si tratta infatti di tubi simili a quelli dello Scolithus, ma ricurvi. Arenicolitos SALTER®) rappresenta invece di certo le escavazioni di un anellide perforante; ed è in- teressante riscontrare, tanto più che non è mai stato fatto, come una delle prime manifestazioni della vita che ci siano note, poichè il MuRRAY ® lo ha segnalato dell’uroniano, unitamente al fossile molto problematico denominato Aspidella Terranovica, il BARRANDE di un piano cambriano, immediatamente supe- riore all’arcaico, il MattHEWw?® di recente dell’etcheminiano (cambriano), come sia pressochè eguale ai fori lasciati dalle Polydora viventi. Nei due casi si osservano infatti delle gallerie con la forma di un U molto ristretto, e che appariscono all’esterno per due piccoli fori appaiati; si dovrebbe quindi logicamente deno- minare la forma cambriana Polydorites. Con le viventi Arenicola hanno invece somiglianza le escava- zioni tubulari a U segnalate nelle arenarie paleozoiche della Scozia dallo SwitE 9; poichè le viventi Arenicola, quali ad esempio la A. marina L., la A. branchialis AUD. et Epw., si scavano delle gallerie a U, situate perpendicolarmente nelle sabbie del fondo marino e non nelle roccie. Quelle della A. marina sono visibili sul fondo, a mezzo metro dalla superficie del mare, per due orifizi, l’uno aperto dove sta il capo, l’altro dove sta l’ano, quasi otturato da un ammasso arrotondato di deiezioni vermicolari, somi- glianti a quelle dei lombrichi. 1) HALDEMAN. Suppl. monograph of Limniades, 1840 (fide MILLER). 2 DANA. Manual of geology, pag. 477, 566. — Nel catalogo del MiLLeR (The American palaezoie fossils, pag. 36, 1877)il genere Scolithus HALDEMAN 1840, con le specie S. canadensis BruLines 1862, S. linearis HALL 1847, S. verticalis Harr 1852, è collocato fra le piante e come tale appunto è stato descritto dall'HALDEMAN. 3) Geolog. Magaz., vol. X, pag. 54. 4 KINAHAN in Palaeontology of New-York, vol. I e II, citato da ZrrTEL, Traité, vol. I, pag. 9575-76. 5) Quart. Journ. Geol. Soc. London, 1856. 6) DANA. Loc. cit., pag. 446.— GEIKIE nel suo trattato (pag. 647, fig. 320, 1) dà la figura dell’ Arericolites didimus SALT 7) Ann. New-York Ace.,vol. XII, pag. 41, 1899. 8) Trans. Geolog. Soc. Glasgow, vol. IX, pag. 289, 1891. G. ROVERETO [8] DI DI DI Non mi sono note osservazioni sugli anellidi fossili perforanti del terziario, e l’argomento è di certo lungi dall’essere esaurito, anche dopo questa mia modesta contribuzione, per la quale mi sono valso spe- cialmente degli studi zoologici, non mancanti su questo argomento, ma scarsi, e che qui non riporto per esteso, perchè avrò modo di citarli nella descrizione delle specie. Ricorderò solo che su Polydora, che è il genere perforante più noto, come quello che è commensale delle ostriche, abbiamo una monografia del CArAZZI!) in cui ne è data la storia e la bibliografia; che delle Sabellidae e di Dodekaceria le principali cognizioni sono dovute al De QuarrEraGes?, al MontIcELLI ® ed al De SArnt-JosePH 4). Bisogna però avvertire che fra le Sabellidae sono perforanti alcune specie appartenenti ai generi Sa- bella s. str., Potamilla, Branchiomma, fra loro molto affini, e non sempre tenuti distinti dagli stessi zoologi; per cui nel mio caso posso dare alla denominazione di Sabella un significato ampio, senza per questo far cosa molto contraria alla classificazione zoologica. i Fra le serpule, per quanto mi è noto, solo il genere Anisomelus, con l’unica specie A. luteus Tempn., è perforante e trovasi nei coralli dell’isola Maurizio, incluso però per la sola parte basale ®). 2.— Può avere qualche attinenza con gli studi geologici la ricerca del procedimento con cui gli anellidi scavano le loro gallerie; poichè tutti les ènsects marins destructeurs des pierres, come li chia- mava il DiquemarE sin dal 17815 possono considerarsi fattori geologici. Qualche osservazione abbiamo rispetto alle Polydora; non sono tutte perforanti, parecchie vivono in tubi agglutinati dal loro muco e ricoprono il fondo marino; altre sono perforanti, o non, a seconda dei casi. Il LAnkestER® ne attribuì il potere perforante ad un agente chimico; ma subito dopo il M’Inros® 8) asserì di averne osservato negli schisti argillosi, benchè ciò meriti conferma; il WhHIrELEGGE® ammise l’esistenza di una secrezione acida; il CarAzzI !9) non si decise nè per l’una, nè per l’altra ipotesi. Ho osservato con qualche frequenza una Polydora vivente nei ciottoli di calcare marnoso della costa presso Genova, e posso assicurare che essa è sempre acclusa nel calcare e mai nelle vene calcitiche, pre- cisamente il contrario di quanto ho constatato nella stessa località per le Cliona; anzi in alcuni casi le gallerie scavate nel calcare avendo incontrato qualche piccola vena calcitica, questa è evitata, oppure fa salienza sulle pareti della galleria. Essendo la calcite più resistente ad un'azione meccanica, e più fa- cilmente attaccabile da un’ azione chimica, il fatto osservato dimostrerebbe che le Polydora sono prive di secrezioni acide e munité di organi per lo sviluppo di uno sforzo meccanico considerevole. Polydora cfr. coeca Ersr. — Tav. XXVIII [I], fig. 2, 5 d. Nella tavola è figurata una scheggia di roccia calcare, preziosa per presentare molto distinte e ab- bondanti le caratteristiche perforazioni a U delle Polydora. Questa scheggia ha da un lato una superficie % 1) CARAZZI D. Revisione del genere Polydora Bosc, ecc. Mitth. Zool. Stat. Neapel, pag. 4, 1893. 2) QuartREFAGES A. Note sur des Annelides saricaves. Ann. Se. Natur., 8° sér. Zoologie, pag. 99, 1847. 3) MonsIceLLI F. S. Sulla fauna di Porto-Torres. Boll. Soc. Natur. di Napoli, vol. IX, 1895. 4) De Saint JosePH in Ann. Sc. Natur. Zoologie, ser. 8%, vol. XVIII, 1894. 5) TaMPLETON in Zool. Transact., vol. I, pag. 30, tav. V, fig. 9-14. 6) Journ. de Phys., pag. 222, 1781 e pag. 228, 1782. ? Lankester R. On Lithodomus Annelids. Ann. Magaz. Nat. Hist.,vol. I, 1868. 3) Ann. Magaz. Nat. Hist., pag. 276, 1868. ° Record. Austr. Mus. Sydney, vol. I, pag. 41, 1890. 10) Mitth. Zool. Stat. Neapel, loc. cit. DD DO SI [9] G. ROVERETO originaria e dall’altro una superficie artificiale di rottura; su quest’ ultima le perforazioni sono ben vi- sibili e si presentano come fori ellittici, allungati, alquanto ristretti nella parte mediana secondo il diametro minore, aventi in media 2 mm. di lunghezza secondo il diametro maggiore, risultanti dall’accoppiamento delle due estremità del tubo. La loro profondità è varia, da un minimo di 3 mm. Sr a un massimo di 6 mm., secondo l’età dell’ospite; l’una branca è più approfondita dell’altra, perchè l’animale fossile come i viventi preferiva una apertura determi- baci fila int nata per protendere i suoi tentacoli e lasciar sporgere dall’altra la coppa anale, di in: e allungava maggiormente il ramo del tubolo dove teneva il capo; il setto di- visionale fra i due tubi non è mai conservato intero, distruggendolo l’animale nello allungarsi (Fig. 4). Sulla superficie originaria della scheggia, oltre i fori delle Polydora, si hanno Perforazioni tubolari viste in irregolari e poco visibili, perchè corrosi, numerosi solchi, poco profondi, i quali I O e sono da attribuirsi ad un’altra specie di anellide, che aveva disposto i suoi tubi sulla superficie della pietra, anzichè nel suo interno. Non so se si tratti ancora di una Polydora, o di un genere differente; ne ho trovato traccie anche su conchiglie viventi nel Mediterraneo e nell’ Oceano Indiano (Coll. Museo civico di Genova). - Per la determinazione specifica, sia pure molto approssimativa, della Polydora che scavò i tubi de- scritti, è necessario il confronto fra le dimensioni delle specie viventi nel nostro mare e della fossile. Queste dimensioni, prese sull’animale, sono: Polydora hoplura (la più nota) lunghezza . . mm. 50, spessore mm. 2 si armata ;) ; 0 3 5 5 FOO si coeca (-P. flava) I ; ì n 20 S SO n Di queste dimensioni possiamo valerci nel seguente modo: se la specie fossile ora descritta ha un foro il cui diametro maggiore è di 2 mm., l’animale, che ha vissuto in esso ripiegato, avrà avuto uno spessore di almeno 1 mm.; se la profondità del foro è di 6 mm., la lunghezza dell’ospite sarà stata, di almeno cm. 1,2, e, considerando che una parte dell’ animale si protende all’ esterno in un tubo mucoso, è probabile che raggiungesse una lunghezza di anche 2 cm. Quindi la specie fossile presenta, rispetto alle dimensioni, evidenti confronti con la P. coeca, più che con qualsiasi altra. Località: — Serravalle (elveziano), Savona (pliocene). Polydora cfr. hoplura CLap. — Tav. XXVII [I], fig. 3, 5a. 2 1868. Polydora calcarea Lankester. On Lithodomus Annelids, tav. XI, fig. 1, 3, 5, 6. 1890. — ciliata WnrreLeGGE (non auet.) Record. Austr. Mus. Sydney, vol. I, tav. VI, fig. 9. Le perforazioni di questa specie, la gigantesca fra le Polydora perforanti viventi nei nostri mari, superata però agli Stati Uniti dalla P. concarum VerRrILL?, che è lunga da 10 a 14 cm., hanno confronti con alcune fossili osservate da me su di una Ostrea, con le seguenti dimensioni: diametro maggiore e totale 1) Questo tubo mucoso può presentarsi costituito da fango e da altri materiali agglutinati, come figura il WarE- LEGGE, od essere formato da un sottile velo calcareo, come ho osservato per una Po/ydora del Mar Rosso, perforante le Tridacne (Coll. IsseL al Museo Civico). 2 Proc. U. S. Nation. Mus., vol. II, pag. 174,, 1880. 228 j G. ROVERETO [10] del foro mm.5; profondità del tubolo mm. +4- 14; ossia, lunghezza supposta dell’animale mm.+- 28, suo spessore mm. 2 Località: — Boccadasino in Valle Scrivia (tortoniano), Savona (pliocene). Dodekaceria? sp. — Tav. XXVIII [I], fig. 1a, 4c. : In due delle lastre di calcare figurate e da me raccolte, oltre i grossi sana prodotti dai molluschi, specialmente dalla © ypricardia Guerini Pavr. (Tav. XXVII [I], fig. 1 8), e i solchi molto visibili di supposte Sabellide (Tav. XXVII [I], fig. 1 c), si hanno dei solcoletti poco profondi, a meandri irregolari; ma tendenti a formare delle anse raddoppiate, della lunghezza complessiva di oltre 80 mm. Escavazioni somigliantissime ho osservato in una Haliotis rufescens del Seylan, sotto il primo strato esterno della conchiglia. Paragonata la lunghezza al diametro dei fori, che è da mm. 0,5 a mm. 0,7, ne risulterebbe che l’ospite era esilissimo e molto allungato; e volendolo attribuire ad un genere di anellide vivente, poichè tutto indica che si tratta appunto di uno di questi, suggerisco di confrontarne le escavazioni con quelle della Dodekaceria concharum (rst. (Heterocirrus sazicola GruBE) la quale, lunga da 8 sino a 30 mm., scava gallerie RM NOn, | assai bene descritte dal MonriceLtt!, nell'interno delle roccie calcari. Tali gallerie si riconoscono all’esterno per un piccolo forellino rotondo, e nell'interno si mostrano come tuboli stretti, arrotondati, a seconda dei casi allungati o brevi, corrispondenti alle dimensioni dell’animale. Secondo la direzione della spaccatura questo tubolo può somigliare, ora ad una ristretta fessura, ora presentarsi come una escavazione di varia larghezza, a margini frastagliati; può essere diritto, oppure ripiegato ad angoli più o meno acuti; l’animale vi abita piegato su sè stesso a V, benchè la galleria non abbia tal forma, e si mostra all’esterno con il capo e con l’ano. Sotto il nome di Heferocirrus saricola GRUBE, questa specie è nota di molti punti del Mediterraneo, e sotto quello di Dodekaceria concharum rst. è stata segnalata delle coste danesi, inglesi, francesi e di Madera. Località: — San Fruttuoso, presso Genova (pliocene). Sabella? (sp. n.° 1). — Tav. XXVIII [I], fig. 2, 45. All’esterno due fori rotondi, ma distanziati; all’interno un tubo piegato in modo da rappresentare un U molto largo e ventroso, e quindi con la porzione di roccia infrapposta molto estesa; le dimensioni sono: diam. di ciascun foro mm. 3, lungh. del tubo, misurata direttamente, mm. 28. ‘onsiderando queste escavazioni, sia pur con dubbio, come dovute ad una Sabella, intendo confron- tarle con quelle che il vivente Branchiomma vesiculosum MoNT. opera nelle grosse conchiglie, in cui sia morto l’animale, e che possono raggiungere la lunghezza di 25 a 110 mm. e la larghezza di 3 a 5 mm. Località: San Fruttuoso presso Genova (pliocene). Sabella (sp. n.0 2). — Tav. XXVIII [I], fig. 2,4. Nelle lastre rappresentate dalle fig. 2 e 4 della tavola si hanno ancora delle escavazioni tubolari, contrassegnate con la lettera «, di una lunghezza, solo in parte visibile, di oltre 50 mm. e di un diametro di mm. 5,5. Ha caratteri spiccati quella che si interna nella roccia con un foro visibile nella fotografia 1) MontIcaLLI F. S. Sulla fauna di Porto Torres. Bull. Soc. Natur. di Napoli, vol. IX, pag. 87, 1895. RO SR ER e ROTTE AFC MESIA MOTI e [11] G. ROVERETO 229 (Tav. XXVIII [I], fig. 4a), formando un angolo retto con la parte situata e rotta per il lungo sulla faccia della lastra, angolo che si ripete dalla porta opposta, dove nuovamente viene all’aperto con lo sviluppo longitudinale già ricordato. Uno di questi tubi incontrò la Cypricardia (Tav. XXVIII [I] fig. 4 d) e la intaccò, producendovi un piccolo foro, rotondo, imbutiforme dall’esterno all’interno, somigliante a quello prodotto dai Murex sugli altri molluschi. Fra gli anellidi viventi, le sole Sabellidae scavano nelle roccie fori di eguali dimensioni, e fra queste la specie perforante più nota, la S. (Potamilla) sazicava Quarr.! ( 0 S. reniformis MULLER), presenta al- cune volte una serie di tubi diritti, perpendicolari e quasi paralleli, come le Sabella che vivono in colonie nelle sabbie (la più nota è la Sabella alvedlata), e che aggregano dei pani sabbiosi; ma in altri casi forma, specialmente nelle conchiglie delle ostriche morte, dei numerosi meandri, che possono raggiungere la lunghezza di cm. 8 e la larghezza di mm. 3. Su di una Zridacna, raccolta a Massaua dal prof. IsseL (Coll. Museo Civico), ho osservato delle per- forazioni simili, le quali per mantenersi aperta la comunicazione con l’esterno, poichè tutt’attorno si ha un alto strato di nullipore, che tende evidentemente ad otturarla, sono munite di un tubo chitinoso, eretto, infisso sull’apertura delle gallerie, perpendicolare al piano della conchiglia. L’ospite fu certamente un anellide, che si conservò essiccato, ma del quale, per il cattivo stato di conservazione, non ho potuto riconoscere il genere. Località: — San Fruttuoso presso Genova (pliocene). IIL — $Spongiae. 1.—I generi di spugne perforanti sono Cliona, Alectona, Thoosa, che costituiscono fra le Monaxo- nida la famiglia delle Clionidae, e i generi Samus, Stoeba, Rachella, forse fra loro sinonimi, che appar- tengono alle Tetraconida. Il FiscHER nella sua monografia sulle Cliona fossili ha dato la storia delle ricerche sulle spugne perforanti viventi e fossili sino al 1868 2, storia che venne continuata e comple- tata per le viventi dal TopseNt *) sino al 1891. Credo quindi inutile ritornare sulla storia delle ricerche eseguitesi sino ad ora su questo argomento; tanto più che dopo il FiscHER questo studio, per ciò che riguarda le fossili, è stato completamente trascurato, probabilmente per essersi riconosciuto che il me- todo di determinazione adoperato dal FrscHER e dagli altri paleontologi 4) portava a conclusioni non con- formi alle cognizioni odierne che si hanno sulle spugne, e sulle Clionidae in particolare 9. È solo quindi a titolo bibliografico che qui riporto l'elenco delle Cliona citate fossili d’Italia, i cui nomi deb- bono scomparire dai cataloghi paleontologici: i) QuaTREFAGES A. Annelés marins et d’eau douce, tav. XV, fig. 1. — Anche il LANKESTER (Voc. còt., tav. XI, fig. 4) dà una figura di S. sazicava, ma credo che si tratti, o di un pessimo disegno, o di altra specie. _ 2) Fiscner M. F. Eponges perforantes fossiles. Nouv. Arch. du Museum, pag. 116, 1868. 3) TopsonT E. Contribution à l étude des Clionides. Arch. d. zool. experim., vol. V dis, 1887-90; vol. IX, 1891. 4) Nel trattato dello ZrrTEL (vol. I, pag. 150) non è fatta parola degli studi del FiscHER, e solo incidentalmente si accenna alle spugne perforanti di già apparse probabilmente nel siluriano, e comuni nel giurassico, nel cretaceo e nel terziario. 5) Nei lavori dell’ EHRENBERG, dello ZirTEL, del CARTER, dell’ HixpE, del DuxIKowski sono figurate spicule di Monarxonida; ma raramente queste presentano caratteri tali da potersi riferire ai generi viventi. L’ EHRENBERG nella Mikrogeologie ha figurato spicule che egli ha creduto poter riferire a CZiona; ma un simile riferimento di spicule isolate non può avere fondamento sicuro. Le Monaxronida di età più remota, ossia del carbonifero, sono state de- scritte dal CartER (Ann. a. Magaz. Natur. Hist., ser. 52, vol. I, pag. 139, 1878). Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 29 230 G. ROVERETO [12] Vioa pectita Micart. — Elyeziano, tortoniano, tongriano piemontese (Sacco. Boll. Soc. geol. italiana, vol. VIIE, pag. 311, 1890). Vioa Duvernosi Mican. — Astiano piemontese (Sacco, loc. cit.). Esiste una V. Duvernoyi Narpo = Spongia terebrans Duvern., citata fossile dal Corpi del Modenese, ed una V. Duvernoysti Duca. e Micamt. vivente, ma non sufficientemente caratterizzata. i Vioa repanda Micart. — Tortoniano, elveziano piemontese (Sacco, loc. cit.). Vioa superficialis Micart. — Elveziano (Sacco, loc. cit.). Cliona falunica Fiscarr. — Pliocene piemontese (FiscHRR, loc. cit.). È a notarsi che il Frscnrr non conobbe le specie stabilite dal MicarLomI, e quindi anche per questo lato il suo lavoro è incompleto. Vioa Nardina Mican. — Pliocene di Civitavecchia (Meri in Boll. Soc. geol. ital., vol. XIII, pag. 322). Tl tipo è vivente, ma non riconoscibile, essendone stata data una descrizione affatto insufficiente. Nel FiscHrr è considerata in parte sinonimo di Cliona falunica; è citata anche dal Corpi per il Modenese in un suo catalogo. Cliona falunica Secuenza. — Aquitaniano, langhiano, elveziano e tortoniano della provincia di Reggio (SE- cuenza, Mem. Acc. Lincei, vol. VI, 1880). Cliona micropora SeeueNza. — Tortoniano (SEGUENZA, loc. cit., pag. 135, tav. XII, fig. 31). Cliona costoma Secuenza. — Tortoniano (loc. cit., pag. 135, tav. XII, fig. 32). È citata dal Coppr (Boll. R. Comitato, pag. 194, 1884) del Modenese e collocata fra i briozoi. Cliona tubulosa Secuenza. — Elveziano e tortoniano (loc. cit., pag. 89, 135, tav. XII, fig. 29). Cliona vermicularis Secuenza. — Tortoniano (loc. cit., pag. 135, tav. XII, fig. 30). Citata dal Coppi come sopra. La frase del NARDO, il più distinto fra i precursori in questo studio, che le Vio vivono.... melle pietre e nei gusci marini .... perforandoli în mille guise*, può servire di base alla critica di que- ste determinazioni di Cliona fossili. È evidente che la distribuzione e la forma degli osculi, la con- catenazione delle loggie, cui, a cominciare dal NARDO stesso, si è dato tanto peso, sono in rapporto all’età dell’animale ed a casualità non dipendenti dal suo stato fisiologico. Ciò che forse potrà essere una guida ‘ approssimativa nelle determinazioni fatte in modo, direi empirico, sarà la ricerca dei rapporti fra le di- mensioni dei fori osservati all’esterno e quelle delle papille, le quali, come è noto, hanno dimensioni fisse secondo le specie. Così fra le viventi del Mediterraneo ha le papille di maggiori dimensioni, col dia- metro da 2 a 3 mm., la Cliona celata GrANT, cui potrebbe corrispondere la €. falunica FiscHeR; mentre che la C. parisiensis FiscHER avrebbe confronti con le specie a papille che non raggiungono i */,o di mm. Questa osservazione sarebbe però possibile solo nel primo stadio di vita dell’animale; quando si ha la forma reticolata >, durante la quale la spugna è tutta nascosta nel suo nido lapideo; non più quando la spugna, uscendo dagli orifizi, viene a ricoprire l’esterno del suo supporto (forma rivestente), e tanto meno quando, dopo avere distrutto tutto il supporto, assume una forma massiccia. Per questo ultimo stadio venne proposto il genere Raplyrus, di cui il LENDENFELD descrisse una specie d’Australia, pesante vivente 200 chilogrammi, e secca 14 5). x 2.— Le Clionidae iniziano le loro escavazioni servendosi di tallofiti perforanti, che producono delle minuscole gallerie irregolari, somiglianti a quelle degli anellidi; sono però d’ordinario ramificate, come rappresenta la Fig. 4 e (Tav. XXVIII [I]). In seguito avviene la esportazione a piccole masserelle, ora ) Annali delle Scienze del Regno Lombardo-Veneto, vol. IX, pag. 221. Venezia, 1839. 2) DeLAGE et HhrovARD. Traité de zoologie conerète, vol. II, p. 12, pag. 231, 1899. 3) DELAG® et HbROUARD. Loc. cit., pag. 174. R i ; [13] G. ROVERETO 231 angolari ora arrotondate, secondo lo stato di cristallizzazione e di aggregazione, del calcare o della conchio- lina in cui sono annidate, e si producono le lunule, con non più di mezzo decimo di millimetro di diametro, convesse in modo piuttosto regolare sulla superficie distale, e tagliate a faccette concave sulla superficie prossimale. Ogni loggia ha le pareti foggiate a lunule e contribuisce a formare delle serie, disposte dap- prima in gallerie allungate, quindi in rosoni irregolari, con ramificazioni periferiche. Ho osservato parecchie volte come i fori delle Clionidae vengano in seguito occupati da molluschi, e in un caso persino da un cirripedo. L’esemplare che figuro contiene nelle sue perforazioni, evidentemente dovute alle spugne, un Lithodomus ed una Gastrochaena (Tav. XXVIII [I], fig. 6). Non è ancora bene stabilito come queste spugne scavino le loro gallerie, e la questione è stata di- scussa specialmente in vista dei danni che esse producono alle coltivazioni di ostriche. Tutti gli autori più recenti, come il ToPsENT (loc. cit.), il LETELLIER !, DELAGE e HEROUARD (loc. cò.) danno per cosa certa che l’animale non adopera le spicule, nè alcuna secrezione acida, per scavare le sue gallerie; perchè queste, essendo conformate come si è detto, rimane escluso che sieno prodotto di dissoluzione e di corrosione. Il LerEeLLIER ammette una azione puramente meccanica; ossia la spugna, egli spiega, si attacca per semplice aderenza protoplasmatica, ed esercita dei movimenti di trazione, e forse di torzione, per cui vengono a staccarsi le particelle calcari. Anche sperimentalmente egli ha cercato di dimostrare che ciò può avvenire, valendosi di filamenti di cauciù cui dava dei movimenti simili a quelli supposti. Tutto ciò mi pare esatto, perchè l’azione meccanica evidentemente contribuisce alle origine delle lu- nule; ma non comprendo come i tallofiti, che iniziano le escavazioni (Tav. XXVINI [I], fig. 4e), possano esercitare una azione meccanica. In effetto il risultato della loro opera è ben diverso da quello prodotto dal tessuto contrattile della massa, e non è strano il supporre che animali aventi secrezioni silicee, eser- citino una azione chimica nel primo periodo del loro sviluppo. Ho osservato lungo la Riviera Ligure che le Clionîdae preferiscono annidarsi nelle vene calcitiche, e non nei calcari argillosi che queste racchiudono. Tal fatto potrebbe venire indicato come una prova che esse si valgono di una azione chimica, sia pure parziale ed iniziale; poichè la calcite, mentre è più facile del calcare a sciogliersi, è più resistente ad una azione meccanica, e sulle rupi erose dal mare essa è spor- gente dalla sua ganga. 3. — Parecchi autori hanno accennato alla importanza della finalità della erosione distruttrice eser- citata dalle spugne perforanti; poichè le conchiglie, in cui la perforazione è molto avanzata, vengono fa- cilmente ridotte in frammenti, e il loro carbonato di calce restituito all’acqua marina. È ancora più im- portante l’azione che le spugne esercitano perforando le rupi calcaree lungo il battente del mare, e favorendo in tal modo la corrosione della roccia, più di quanto si crederebbe a prima impressione. La costa rocciosa a ponente di Genova porta traccie evidentissime di questa azione; le rupi e gli scogli sono profondamente corrosi in cavità più o meno grandi, a contorni aspri e taglienti, che rappresentano l’in- grandimento delle cavità lasciate dalle spugne; in alcuni casi queste cavità vengono occupate ed ingran- dite dagli echini, la cui influenza in tal modo si somma con quella delle Olionidae. Gen. Thoosa Hancock, 1849. x Questo genere, la cui denominazione è quasi ignota in paleontologia, è stato stabilito dall’HancocK® alla data riportata, nel suo primo scritto sulle spugne perforanti, che è invero molto geniale, se si consi- 4) C. R. Ace. Scienc., pag. 986-989, 1894. 2) Ann. a. Magaz. Nat. Hist., serie I, pag. 345, 1849. 232 G. ROVERETO [14] dera il tempo in cui venne pubblicato. Due sono le specie ivi descritte, la 7hoosa cactoides e la Th. bulbosa, provenienti dal Mare Indiano, viventi sulla Zridacna gigas, e che rimasero per lungo tempo le uniche ‘note. Ed infatti solo del 1880 il CartER! descrisse una terza specie (7%. socialis), proveniente da dra- gaggi nel golfo di Manaar. Seguì il Topsent? che nel 1887 fece una revisione del genere e delle specie ricordate, separò dalla T%. dulbosa la Th. radiata, e descrisse come nuove la 7h. Hancocki em. (Th. Han- cocci) e la Th. armata. Nella sua seconda contribuzione allo studio delle Clionidae, che porta la data del 1891, il TopsenT®) descrisse e illustrò altre tre nuove specie (7%. Letellieri, Th. Fischerì, Th. circumflexa) pur esse dell’Oceano Indiano. Quasi contemporaneamente l’Inpe e l’Hormrs 4 segnalavano del terziario della Nuova Zelanda l’unica specie di 77oosa che sia nota fossile, la 7%. Hancocki (non Tors.), la cui denominazione, perchè doppia, cambio in quella di 7%. zelandica n. mut. Sono quindi in complesso nove le specie viventi di questo genere, sconosciuto nei mari temperati, ed una fossile; per modo che assai interessante è ritrovarlo nel pliocene mediterraneo. Thoosa sabatia n. sp. Spugna perforante, visibile all’esterno per piccoli fori tendenti a disporsi, dove sono più radi, se- condo linee incontrantesi ad angolo retto, e irregolarmente distribuiti dove sono più fitti. Spiculazione. — I. Megasclere mancanti. -—- II. Microsclere: a. Amphiaster stellati, con poco rilievo, a punte piuttosto smussate, di forme svariate per la distribuzione irregolare delle punte; nessuna Thoosa vivente ne possiede di simili, quelli della 7%. armata, della Th. bulbosa e della Th. radiata (Tor- FIG. 5, SENT, 1888, loc. cit., tav. VII, fig. 9-11) sono spinosi e non hanno e una forma stellare così spiccata; 6. Oxyaster triradiati e pluriradiati b 6 ) come nella 77%. dulbosa (HANCOCK, 1849, tav. XII, fig. 10 6 non Il a); vw x 4 c. Pseudosterraster, come li ha denominati recentemente il LENDENFELD, }f nodulosi, a contorno irregolare, come nella 7%. Fischerì (ToPsENT, 1891, X px Î ! d tav. XXII, fig. 16 #2) o rotondo, non mai ellittico ed allungato come SO I nella 7%. armata (ToPsENT, 1891, tav. XXII, fig. 12); d. Corpuscoli a, Amphiaster; b, Oxyaster; e, Pseudo- arrotondati e nodulosi come quelli figurati dal’HANcocK (1849, tav. sterraster ; d, Corpuscoli. - Ingr. 500 diam. XII, fig. 3) per Li Ova Fia. Osservazioni. — La mancanza assoluta di megasclere, che in alcune specie, fra cui le citate TW. ar- mata e Th. Fischeri, sono sostituite da tylostyli e da oze, colloca questa nuova specie fra le Zhoosa del II gruppo del TopsenT munito di ozyaster e costituito dalla TZ. radiata, dalla Th. bulbosa e dalla Th. cicumfleca; ma evidentemente per i suoi amphiaster, e per la associazione di questi pseudosterraster è specie nuova. Il genere Cliona rimane escluso, non solo per la mancanza delle megasclere, ciò che non è un ca- rattere proprio a tutte le 7%oosa, ma eziandio per la sostituzione degli amphiaster agli spiraster. Il genere Alectonra CARTER, pur esso perforante, di cui Hinpe e HoLmrs5 hanno figurato fossile un ore molto caratteristico, è distinto appunto per gli oxe coperti da tubercoli in disposizione regolare. i) Ann. a. Magaz. Nat. Hist., serie 5.2, vol. VI, pag. 56, 1880. 2) Arch. d. Zool. expériment., serie 2.%, vol. V dis, pag. 88, 1887. 3) Loc. cit., serie 2.8, vol. X, pag. 577, 1891. 4 Journ. Lin. Soc., vol. XXIV, 1892, pag. 222, tav. XI, fig. 41, che rappresenta un caratteristico amphiaster. 9) Tran. Journ. Roy. Microsc. Soc., vol. II, n.05. London, 1879. 5 Hinpe and Horm®s. Loc. cit., tav. XI, fig. 44. RA I ALI, ARTT [15] 9 G. ROVERETO 233 Il genere Samus Gray! di cui il Topsent ha verificato le proprietà perforanti, da alcuni negate, appartiene all’ordine delle Zetractinellida. Non è noto fossile. Località e Habitat: — In uno Strombus Mercati di grandi dimensioni, proveniente dal pliocene infe- riore di Savona. Ne ho potuto estrarre, a seguito dell’immersione della conchiglia in una soluzione di acido cloridrico, intere porzioni corticali, per cui lo studio delle spicule è con ogni probabilità completo. Gen. Cliona Grant, 1826. La denominazione Cliona Grant 1826, da alcuni corretta in Clione, nel NARDO per errore tipografico Eliona, fa doppio uso con Clione PaLtAsS 1774, GmeLIN 1789 ecc. = Clio auct.; non vi si può sostituire, come ha fatto recentemente il LENDENFELD, Vioa NARDO 1839, perchè usata anteriormente dallo stesso NARDO nel 1833 con diverso significato (= Alcyonium). Fra gli altri sinonimi con progressione di data: Euriphille Duczassaine e MicHELOTTI 1864, è una suddivisione stabilita per le Cliona perforanti i coralli e della quale non si conosce il tipo; Raphyrus BowERBANK 1864 rimane escluso, perchè a sua volta già adoperato per un coleottero dal LracH e recensionato dallo StePHENSON, i cui ultimi lavori portano la data del 1853; seguono i numerosi generi del Gray stabiliti nel 1867, Pione (non KocH 1842 aracnide) Myle, Sapline, Idomon, Jaspis, Pronax i quali non hanno distintivi da Cliona, e da tutti gli autori sempre stati considerati suddivisioni inutili; i generi Osculina e Papillina Scamint 1868, ed altri ancora poste- riori o di significato incerto. Lascio ad altri il decidere se devesi scegliere la denominazione di uno dei generi del Gray, o se, trascurando lievemente le regole di nomenclatura, sia più conveniente non fare alcuna innovazione. Il TopsENT novera viventi circa 70 specie di Cliona, ma forse solo la metà di queste sono ben nots. A tale cifra sono da aggiungersi le specie descritte posteriormente alla memoria del TopsenT (1891) in numero di sette: Vioa Topsenti e V. ramosa LENDENFELD 1896-97 2). Vioa florida LENDENFELD 18973). Cliona argus, O. concharum, C. infrafoliata Tare 18984). Oliona levispira ToPsENT 18989). Cliona sp. Ho avuto da parecchie conchiglie perforate, e sottoposte a ricerca, ripetutamente delle megasclere, ossia fylostyli, con forme caratteristiche di Cliona, ciò che stabilisce la presenza fra i fossili del genere Cliona s. str. Queste megasclere si avvicinavano in alcuni casi a quelle della nota e quasi cosmopolita Cliona celata GRANT (TopseNT 1887, tav. VII, fig. 1a), in altri alla C. globulifera Hancock 1867, tav. VIII, fig. 3), 1) Proc. Zool. Soc. London, p. lI, pag. 492, 1867. 2 LenpeNFELD R. Die Clavulina der Adria. Acta Ac. Germaniae, pag. 78, 91, 1896-97. 3) Ip. Spongien von Sansibar. Abh. Senck., Ges., pag. 108, 1897. . 4 Tursn® J., Studien ber pacifische Spongien. Bibl. Zool., n.° 24, pag. 41-42, 1898. 5) Mém. Soc. Zool. France, pag. 235, 1898. 234 G. ROVERETO [16] segnalata del Mediterraneo dall’ HancocK !), e da me per la prima volta ritrovata vivente sulle coste liguri, a San Giuliano presso Genova. Ma nel primo caso la mancanza delle microsclere, nel secondo, non poten- dosi escludere che questa mancanza fosse dovuta ad un incompleto risultato delle mie ricerche, poichè la C. globulifera appartiene ad un gruppo privo di microsclere, mi indussero a non dare molto valore a que- ste determinazioni. È certo però che, qualora queste ricerche venissero continuate, si troverebbero quei campioni, come uno è stato da me trovato per la Zhoosa, offrenti parti intere dello scheletro animale, si verrebbe quindi a conoscenza più completa del genere Cliona s. str. Località: — Per la C. cfr. celata: Astigiano in un Conus (pliocene); per la C. cfr. globulifera : Borzo- lini in un Pectunculus (pliocene). Dal Museo geologico della Università di Genova, 1 febbraio 1901. 1) Il MAvyER la cita del quaternario d'Egitto (Palaeontographica, pag. 72, 1898) per avere trovato delle perfora- zioni in uno Spondylus gaederopus, nella quale specie l’HancocK segnalò il suo tipo. Evidentemente la determina- Zione del MAYER, basata solo su questo fatto, è empirica. == Finita di stampare il 28 ottobre 1901. GIOTTO DAINELLI IL MIOCENE INFERIORE DEL MONTE PROMINA IN DALMAZIA ” (Tav. XXIX-XXXIII [I-V]) Del Promina, di questo monte che sorge isolato nelle vicinanze di Dernis in Dalmazia, ho già avuto oecasione di parlare quando ne presentavo la descrizione, insieme all’esame critico dei principali autori che ne hanno trattato ?). Presento adesso lo studio della fauna malacologica raccolta al Promina, in parte dal prof. C. DE STEFANI e in parte da me stesso, nelle gite che successivamente abbiamo fatto nella penisola balcanica; i risultati che dallo studio di questa fauna possono trarsi, ho già reso, in modo assai sommario, di pub- blica ragione 3), ma reputo non privo di interesse pubblicare questo lavoro, che, per quanto modesto e imperfetto, è il primo che illustri una delle tante faune terziarie dalmatine. Sulla costituzione geologica della Dalmazia in generale, e del Monte Promina in particolare, abbiamo lavori pregevoli, ai quali vanno aggiunte le numerose memorie paleontologiche, che la scoperta di belle filliti e di resti di Anthracotherium sopra e in mezzo alle ligniti di Siverich, ha provocato; per quegli cui possa interessare, faccio seguire la bibliografia di ciò che è stato scritto, più o meno diffusamente e direttamente, intorno al Monte Promina: 1851. — De Buca. Lagerung der Braunkohlen in Europa. Ber. d. k. Akad. d. Wissensch., pag. 686. Berlin. 1852. — An. Braun. Ueber foss. Goniopteris Art. Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch. 1853. — Franzius. Moss. Ueberreste von Anthracotherium minimum und einer Antilopenait aus Dalmatien. Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch., Bd. 5, pag. 75-80, tav. 3. 1854. — C. ErtmesHausen. Die eocene Flora des Monte Promina. Denkschr. d. math. nat. Cl. d. k. Akad. d. Wissensch. Wien. 1854. — Meyer. Anthracotherium dalmatinum aus der Braunkohle des Monte Promina in Dalmatien. Neues Jahrb. f. Mineral., pag. 47; — Palaeontographica, Bd. 4, Lief. 2, tav. 11. 1855. — Friese. Bergwerks-Industrie von Dalmatien. Wien. 1855. — Hauer et ForrtERLE, Coup d’ oeil géologique sur les mines de la Monarchie Autrichienne, pag. 157. Vienne. 1) Devo innanzi tutto ringraziare il chiarissimo prof. C. De STEFANI, il quale pose a mia disposizione il ricco materiale da lui raccolto in Dalmazia, e mi fu largo di consigli e di raccomandazioni; — sentite grazie devo al sig. Giovanni RupoLr, direttore della miniera di Siverich, che mi fu prodigo di ogni. gentilezza, ed al suo impie- gato sig. Giovanni BAUER, che mi fu guida nelle escursioni al Monte Promina; — e grazie ancora all’amico dott. Luigi PampaLoNI, che portò il valido aiuto della sua pratica fotografica. ® Grortto DAINELLI. IZ! Monte Promina in Dalmazia. Bull. Soc. geogr. it., fasc. 8°, pag. 712. Roma, 1901. 3) G. DarnELLI. Op. cit.; — IL mioc. inf. del Monte Promina in Dalm. Rend. R. Ace. Lincei, vol. X, serie 5°, fasc. 2°, pag. 50. 236 1 G. DAINELLI [2] 1855. — Fr. Lanza. Essai sur les form. géogn. de la Dalmatie et sur quelques nouvelles espèces de Radiolites et d’ Hipp. Bull. Soc. géol. de Fr., tom. 13, sér. 2, pag. 127. 1855. — Perers Mittheil. Jahrb. d. geol. Reichsanst., Bd. 6, pag. 184. 1858. — De Visrani. Piante fossili della Dalmazia. Venezia. 1868. — Fr. Hauer. Geol. Uebersichiskarte der Osterreichischen Monarchie. Blatt 10, Dalmatien. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., Bd. 18, pag. 431. 1874. — Kowarevsxy. Monogr. der Gattung Anthracotherium. Palaeontographica, Bd. 22, Lief. 4, pag. 28%. 1875. — Hauer. Geologische Karte von Oesterreich-Ungarn. Wien. 1876. — Hornes. Zur Kennin. d. Anthracotherium dalmatinum Mayer. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 363. 1880. — E. Moysisovics, E. Trerze und A. Birtner. Geol. Uebersichiskarte von Bosnien-Hercegovina. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., Bd. 30. Wien. 1884. — TeLLer. Neue Anthracotherienreste aus Stidsteiermarck und Dalmatien. Beitr. 3. Palaeont. Oesterreich- Ungarns und des Orients, Bd. 4, pag. 45-134, tav. 11-14. Wien. 1884. — Hauer. Geol. Karte von Oesterreich-Ungarn, mit Bosnien-Hercegovina und Montenegro. Wien. 1889. — SracHe. Die liburnische Stufe und deren Grenz-Horizonte, pag. 64. Wien. 1894. — Carte géologique internationale de 1° Europe. Feuille 32. Berlin. 1895. — C. De Srerani. Viaggio nella Penisola Balcanica. Bull. Soc. geol. it., vol. 14, fasc. 2°. Roma. 1901. — KeRrNER. Geol. Specialkarte der Oest.-Ungar. Monarchie. Wien. A queste fonti doveva ricorrere chi avesse voluto studiare la costituzione geologica del nostro monte; e avrebbe allora veduto come De Buc4, nella sua ipotesi che tutti i giacimenti lignitiferi dell’ Europa debbano appartenere ad un’ unica età, ch'egli credeva il miocene, a questo piano fa in conseguenza ri- salire i banchi di Siverich e il monte che loro sovrasta. Dopo di lui, C. ErtinesHAUSEN, dallo studio della flora del Promina, ne deduceva l’ età come indubbiamente eocenica; ed in questa sua conclusione lo se- guivano tutti gli autori, citandolo senza discussioni, all’infuori di STAcHE, il quale mostra il dubbio che si abbia qui presente un giacimento oligocenico. Il De STEFANI nel suo viaggio scientifico nella penisola balcanica, riconosceva in quei giacimenti dalmatini un’ età più giovane, cioè miocenica, come esponeva in una adunanza della Società geologica italiana (Lucca, settembre 1895). La fruttifera escavazione delle ligniti di Siverich aveva fin da molti anni addietro fatto osservare i resti ben conservati di piante, nelle quali AL. BrAUN pel primo riconobbe una specie, Gomniopteris dal- matica; ErTINGsHAUSEN, a breve distanza di tempo, pubblicava la flora del Monte Promina, seguita dopo pochi anni da un’aggiunta pregevole del De Visrani. Im un altro campo della paleontologia, FRANZIUS, Meyer, KowaALevsky ed HoRrNnES rivolgevano i loro studii ai resti di Anthracotherium, che le ligniti di Si- verich contenevano numerosi, insieme anche con un resto di Anphitragulus; finchè ultimo TeLLeRr li ra- dunava e completava in una sua memoria. I vari autori, che si sono occupati della costituzione geologica del Monte Promina, hanno osservato che negli strati sovrastanti alle ligniti vi erano delle bivalvi fossili; solo ErtInesHAUSEN dice qualcosa di più concreto ®: “ In seguito alle ricerche intraprese dal mio onorevole amico, FRANZ von HAuER, la fauna fossile, che fino adesso si è potuta trovare negli strati sovrapposti al carbone, appartiene senza dubbio alla formazione eocena, ed ha decisamente il tipo del nummulitico alpino. Il maggior numero delle specie sono solamente allo stato di modelli interni, e per questo difficili a determinarsi; pure si è potuto riconoscere con abbastanza sicurezza le seguenti specie: 1) Op. cit., pag. 2. [3] G. DAINELLI 237 Neritina conoidea DesnAyes Melania costellata LAMARCK Melania Stygii BronGNIART Rostellaria fissurella LAMARCK Natica sigaretina Desnayes Pholadomya Puschi GoLpruss. Turritella asperula BRONGNIART Si son trovati poi esemplari dei generi Bulla, Voluta, Oliva, Cardium, ecc. ecc. ,. Prima di descrivere le specie che abbiamo del Monte Promina, non sarà inopportuno dire poche parole sul loro vario ritrovamento. In basso, alla base del monte, si trovano dei sottili strati di marna, che, visti in sezione sottile, non mostrano alcun resto organico microscopico, e contengono invece numerosi individui delle specie seguenti: Unio sp. Helix Hoveri MicHeLoTTI Melania Ettingshausei n. sp. » coquandiana Margéron Coptochilus laevigatus n. Sp. » Brusinae n. sp. Limnaeus elongatus De SERRES - » Boskovichi n. sp. Planorbis cornu BRONGNIART >» dalmatina n. sp. Glandina inflata Reuss » sivericensis n. Sp. Queste marne ad Helix non formano un piano continuo, ma si ritrovano più volte in piccoli sedi- menti intercalati a breccie ad elementi minuti; sono marne d’acqua dolce, come lo provano i fossili nu- merosi che contengono. Sopra a questi strati, sottili e ripetuti, di marne ad Helix, si trovano dei conglomerati ad elementi di varia grossezza, talvolta però assai minuti, rotondeggianti, assai più saldi del cemento che li lega; e accanto si trovano, ma poco diffusi, solo come deposito affatto locale, dei calcari compatti, di un colore che dal biancastro va per varie gradazioni al grigio: talora assumono anche un colore leggermente roseo, per ossidi di ferro che contengono; a questo livello infine abbiamo dei calcari grossolani con breccie costituite di numerosi e minuti frammenti di conchiglie, talora anche con residui carboniosi. Oltre a diversi esemplari di Celenterati, nei quali si riconoscono facilmente individui di Zrochosmi- liacee, la fauna malacologica, mal conservata, che abbiamo rinvenuta in queste breccie, è la seguente: Ostrea Queteleti Nyst Corbicula diplocarinata n. sp. . Spondylus prominensis n. sp. Venus ambigua RoveRETO Spondylus Lanzae n. sp. Venus sp. Pecten Fortisi n. sp. Turbo sp. Pecten 2 sp. Turbo Taramellit n. sp. Avicula sp. Turritella perfasciata SAcco Cardita sp. Natica sp. Lucina Sismondai DesHAyES Natica Sandrù n. sp. Cardium valdedentatum n. sp. Cerithium ampullosum BRONGNIART Cardium Tommasei n. Sp. Cerithium Donati n. sp. Cardium De Stefani n. sp. Cerithium Visianii n. sp. Uardium dalmatinum n. Sp. Cerithium dalmatinum n. sp. Cardium sivericense n. sp. Terebralia robusta n. sp. Cardium prominense n. sp. Potamides sp. Cardium sp. Diastoma costellatum LAmARCK Cardium sp. Lambidium cythara BroccHi Cardium sp. Cassidaria Haueri n. sp. Cyrena prominensis n. Sp. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 29 238 : G. DAINELLI [4] I conglomerati, costituiti di elementi fluitati da corsi d’acqua, e depositatisi al loro sbocco nel mare; le breccie contenenti numerosi frammenti conchigliari; i numerosi resti carboniosi immedesimati nella roccia; infine la ricca fauna malacologica, in parte salmastra e in parte di basso fondo, e in cui abbondano sopra tutti, in numero di specie, i Cardium ed i Cerithium: tutti questi fatti ci dicono chiaramente che si tratta qui di sedimentazioni di estuario, litorali e di basso fondo. Devo però qui osservare che alcune delle specie che ho descritto come nuove, ho avute dalla genti- lezza degli impiegati della miniera di Siverich; per cui, non essendo stati trovati in posto dal proî. DE STEFANI nè da me, possono provenire da qualche località vicina che non sia il Promina; successive ricerche varranno a meglio distinguerle. Ancora più in alto si trovano potenti strati di marne ad elementi finissimi ed a varia proporzione tra carbonato di calcio ed argilla; esse sono bianche, o grigio-chiare, ma per lo più gialliccie; più o meno compatte, o tenere, o sfaldabili; alle volte assumono una leggiera scistosità, e spesso, ad ogni colpo, si rompono secondo una superficie regolare, formata da leggieri solchi e rilievi curvilinei, che rappresentano tante figure chiuse, simili, e concentriche, sia circoli, sia ellissi, sia pentagoni, e in generale poligoni. Nelle sezioni microscopiche che ho fatto in vari esemplari di marna, ho trovato individui di Fora- minifere dei generi: ; Spiriloculina Globigerina Triloculina Textularia Orbulina Rotalia. Non ho studiate tali foraminifere perchè, a causa della loro cattiva conservazione, non si prestavano ad una determinazione nè troppo facile nè troppo esatta; d’altronde la fauna malacologica da noi raccolta al Promina era abbastanza numerosa ed importante per permetterci da sola conclusioni sicure. Nelle marne abbiamo trovato, assai meglio conservate di quelle inferiori, le specie seguenti: Arca gemina SEMPER Isocardia subtransversa D’ ORBIGNY Pectunculus Philippi DesHAves Pholadomya Puschi GoLpruss Crassatella De Gregorioi DarneLLI (=sulcata De GrEG. Pholadomya Meyeri n. sp. non BRAND). Corbula sp. Crassatella gigantea RoverETO Subemarginula De Stefani n. sp. Crassatella curvicarinata n. Sp. Pleurotomaria Sismondai GoLpruss Lucina Dujardini DesnAves ; Scalaria Anconai n. sp. Lucina deperdita MicHELOTTI Strombus problematicus MicarnontI Lucina Sismondai DesHAvES Picula sp. Lucina Sp. Nautilus decipiens MicneLoTTI Arinus sinuosus Donovan L’essere la roccia costituita esclusivamente di marne ad elementi sottili, ci dice subito che siamo di fronte ad una formazione non più litoranea; e d’altra parte la fauna conferma questa deduzione, mostran- doci anzi un graduale passaggio da profondità basse e mediocri, a profondità grandi, come sono quelle proprie delle Pleurotomariae e delle Pholadomyae. Più che altri ricco per quantità di esemplari e di specie è il genere Lucina; poi vengono le Crassatellae, e terze le Arcae, limitate però queste ultime all’unica specie di SemPER, ma frequentissime come numero di individui. Al di sopra di queste marne stanno i conglomerati, ultimi nella serie degli strati del Monte Promina; hanno elementi piuttosto grandi, quasi sferici od elissoidali, che formano un tutto omogeneo col cemento [5] G. DAINELLI 239 ‘che li unisce, tanto che nella loro compattezza danno a vedere la origine loro solo dalle sezioni, nelle quali appariscono ben visibili pel colore un po’ diverso da quello della massa generale. La qualità di conglomerati fa pensare, senza però che si abbia la testimonianza di alcun fossile, ad una seconda for- mazione litoranea, che preannunziò la definitiva emersione della regione intera. — Questa fauna, che siamo venuti enumerando secondo il suo vario ritrovamento, ci è giunta in uno stato di conservazione assai infelice. In pochi casi, ed in questi solo parzialmente, abbiamo individui, che mantengono ancora intatti gli strati conchigliari; più spesso sono o modelli interni, o modelli esterni, od anche impronte esterne, talvolta ridotti a miseri frammenti che hanno reso lungo e difficile lo studio e la determinazione. Delle 67 specie di Molluschi, 24 sono conosciute, 28 nuove e 15 indeterminabili. Scorrendo gli elenchi dei fossili che precedono, si vedrà subito come il numero delle specie indeterminabili sia di gran lunga maggiore nel piano litoraneo, che nel superiore (11:3); ciò che si spiega col fatto dell'essere il sedi- mento stesso litoraneo, in conseguenza della qualseosa le conchiglie venivano facilmente frantumate dal moto ondoso contro il fondo irregolare e cosparso di ciottoli; mentre nel secondo caso le conchiglie ca- devano al fondo, indisturbate, in un ambiente più propizio alla fossilizzazione. Un carattere generale che si può riscontrare nei fossili del Monte Promina sta nelle dimensioni, assai grandi, che assumono alcune specie note, e che hanno altre specie nuove; così il Diastoma costellatum LamarcK, malgrado la identità degli ornamenti, per essere tanto più sviluppato degli individui comune- mente descritti e figurati, consiglierebbe a farne una varietà. E per non citare i numerosi individui di mole piuttosto grande, ma normale, vogliamo notare i due Spondylus nuovi, la Cardita, che riproduce in proporzioni pressochè doppie gli ornamenti della Cardita rudista LamarcK; la Crassatella gigantea Ro- VERETO, di dimensioni quasi rare nel suo genere; qualche Cardiumi, e in special modo il Cardium valde- dentatum n. sp., più grande del gigas DEFRANCE, e infine la Terebralia robusta n. sp. Prendiamo adesso in esame le specie già note, che ho riconosciute tra i fossili del Monte Promina, e per saperne l’età, vediamo in quali piani precedentemente sieno state trovate. Leggendo il quadro esplicativo della pagina seguente si vede che le 24 specie già note che ho ricono- sciuto, appartengono tutte al Tongriano o piano inferiore dell’Oligocene, si consideri questo come sistema a sè, o come parte inferiore del sistema miocenico. Di esse, 12 sono state ritrovate precedentemente nel- l’Aquitaniano, od Oligocene superiore, alle quali, se si possono aggiungere altre due specie, che pur non essendosi peranco verificate nell’Aquitaniano, vi dovevano vivere, essendo in un piano ad esso superiore, cioè nell’ Elveziano, si raggiunge la cifra di 14; 6 specie infine sono proprie anche dell’ Eocene supe- riore. In conclusione abbiamo: 24 forme tongriane, delle quali 7 sono proprie di questo piano, 3 esso ha in comune coll’Eocene superiore, 3 coll’Eocene superiore e coll’Aquitaniano, e 11 col solo Aquitaniano. Da tutto ciò ne resulta che gli strati fossiliferi del Monte Promina appartengono indubbiamente al Tongriano od Oligocene inferiore, più antico, negli strati più profondi, e più recente negli strati più alti, come ci dice la stessa stratigrafia del monte, di tipo semplicissimo, che ho già mostrato altrove e come pure si può vedere dall’esame del quadro che, quale ultimo insegnamento, mostra che, delle specie che abbiamo trovate superiori, e dette di mare più o meno profondo, non poche son quelle appartenenti anche all’ Aquitaniano. 1) IX Monte Promina in Dalmazia. 240 G. DAINELLI [6] Tongriano Eocene Eocene 3) SPECIE DETERMINATE od Oligocene medio superiore À d inferiore Aquitaniano od Oligocene superiore Miocene medio Ostrea Queteleti NysT . 5 5 È 5 Ò —_ Dia Arca gemina SEMPER . A 5 1 . 0 —_ — Pectunculus Philippî DESHAYES . o o 0 — —_ Crassatella De ‘Gregorioi DAINELLI Sub ò _ = Crassatella gigantea RoveRETO . ) o n = - Lucina Dujardini DesHAves 5 . a ò = = ® Lucina deperdita MIicHELOTTI ; o 5 : = = Lucina Sismondai DesHAYvEs 0 5 0 c = Axrinus sinuosus DONOVAN . i peg 5 — + Isocardia subtransversa D’ ORBIGNY 6 0 : = —_ Venus ambigua ROVERETO . o , o 6 = —_ Pholadomya Puschi GoLDFUSS . 0 6 6 SP + Pleurotomaria Sismondai GoLDFUSS . 6 0 = _ Turritella perfasciata Sacco . o . o : ni —_ Cerithiuwm ampullosum BRONGNIART. . ; 3 = Diastoma costellatum LAMARCK . 5 ; } + +++ Strombus problematicus MICHELOTTI |. . 0 a Lambidium cythara BroccHi ò 0 0 . = Limnaeus elongatus DE SERRES . 7 î = —_ Planorbis cornu BRONGNIART ; 6 5 È " .— . Glandina inflata RauSS i . . c Ò — — Helix Haverì MicHELOTTI . . ° : Ò —_ _ Helix coquandiana MATHÉRON È o 0 : —_ = + PaE REA Nautilus decipiens MicHBLOTTI . 6 A 0 = = + + +++t++ + + + +? spa) [7] G. DAINELLI 241 Dei pochi Molluschi che ErrIinesHAUSEN ha trovati al Promina, e che egli cita come comprovanti la eocenità del monte, due, la Neritina conoîdea DesHAvES e la Rostellaria fissurella LAMARCK, non hanno riscontro nei fossili raccolti da noi e descritti nella presente memoria; tre hanno i loro analoghi nella nostra raccolta, e cioè: I, la Melania Stygii BronenIarRT molto probabilmente è data da esemplari. di Limnacus elongatus De SerRES; II, la Turritella asperula BroneNIART si può averla veduta, con un poco di buona volontà, in esemplari alterati della perfasciata SAcco, che abbiano cambiato, per cattiva conser- vazione, le coste spirali, in serie di tubercoletti, o meglio, di granulosità; III, noi possediamo degli esemplari assai mal conservati di Nazica, che si possono avvicinare alla Globularia gibberosa GRATELOUP, e un modello interno identico a uno che KissLIine cita e figura come appartenente indubbiamente alla specie Natica crassatina LAMARCK; il cattivo stato di conservazione non ci ha permesso una determina- zione sicura dei nostri esemplari, i quali però appartengono per fermo più facilmente alle due specie tongriane sopra citate, che alla Nazica sigaretina DesHAYES, notata da EtTtINGSHAUSEN, la quale, pur es- sendo, secondo Sacco, la forma eocenica affine alla Globularia gibberosa GRATELOUP, è assai meno alta e più espansa lateralmente. Finalmente due specie, la Melania (Diastoma) costellata LAmARCK e la Pholadomya Puschi GoLpruss abbiamo trovato pure noi, ma, se per ErtINasHAUSEN caratterizzano l’Eocene superiore, per me non sono bastevoli a ciò fare, perchè la prima si trova anche nel Tongriano, e la seconda giunge perfino nell’ El- veziano. : Ed ora vediamo il paragone della fauna del Monte Promina con altre già note e precedentemente studiate (Quadro a pag. seguente); e ci accorgeremo subito che le maggiori analogie si hanno, prima, col Tongriano del bacino ligure-piemontese e coi bacini dell’ Oligocene inferiore di Francia, poi coi bacini della Ger- mania settentrionale, con quello di Vienna, e con quello Veneto. Però, quando si consideri quanto sieno numerose le località comprese sotto l’unica rubrica di bacini francesi (escluso quello parigino), si vedrà che le 14 o 15 specie del Promina, in essi rappresentate, vengono ad essere assai divise ulteriormente; per cui, nell’ordine delle analogie, bisogna cominciare col bacino ligure-piemontese, che presenta 14 delle 24 specie del Monte Promina; poi vengono i giacimenti francesi con un numero grande abbastanza, ma indeterminato; la Germania settentrionale con 9 rappresentanti, il bacino viennese con 7, e quello ve- neto con 6 0 7. E dopo questi, non si può dire che altri bacini abbiano speciali analogie colla nostra fauna: accen- nerò solo a quello di Parigi, al Limbourg, ai giacimenti inglesi e svizzeri, che hanno da 4a 5 loro rap- presentanti al Monte Promina. : Fino ad oggi i tre elementi paleontologici che si avevano del Monte Promina: Flora, Anthracotherium, Anphitragulus, dei quali solo i due primi sono stati a sufficienza studiati, avevano condotto gli autori a ritenere eocena la serie di quegli strati dalmatini: altrove ho detto brevemente come invece quei tre elementi stessi testifichino un’età più recente; ed a quelli se ne unisce adesso un altro, la fauna mala- cologica cioè, che anch’essa prova come il Monte Promina debba attribuirsi al Tongriano, e non già al- l’Eocene superiore !). ) A queste mie osservazioni sulla fauna tongriana del Monte Promina, che avevo già scritte prima della pub- blicazione del lavoro del Rovereto sui Molluschi fossili di S. Giustina e Sassello, non ho voluto portare, dopo la visione di questo lavoro, nè modificazioni, nè aggiunte; rimando però volentieri gli studiosi alle note sui caratteri generali di quella fauna ligure, che ne precedono la descrizione, e si vedranno le grandi analogie che le mie povere osservazioni hanno con quelle assai più sapienti del RovERETO. 242 G. DAINELLI [8] DIR eo e a REM a 2 95 | 538 gi |#ES| 8 | SÈ SPECIE DETERMINATE ge (Hog SS (SEE a | SÉ ALTRE LOCALITÀ AE | AL] 94 |A38 > (Cop i (Enea S o RE © Ostrea Queteleti NysT . ln _ _ + — — |Belgio- Aral.... Arca gemina SEMPER . = IL val + os — | Piacenza - Svizzera - Assia - Westfalia . . Pectunculus Philippi DESHAYES . — = Pr - Po, 3 Crassatella De Gregorioi DAINELLI _ - ea 23 SS | Nicosia. Crassatella gigantea ROVERETO i Sia —_ = — —_ - Lucina Dujardini DESHAYES —_ DE = Da 25 — | Parma e Piacenza - Austria superiore . . . . Lucina deperdita MicHELOTTI + — —_ —_ —_ - Lucina Sismondai DesHAYnS + + Il = IL — | Livorno- Sicilia - Leccese - Pi- renei - Galizia . . .. Axinus sinuosus DONOVAN . - SSL, CS +4 = — | Sicilia- Belgio - Magdeburgo - Scandinavia -Scozia- Wight Spagna - Canarie . Isocardia subtransversa D’ ORBIGNY jb Sab, + SL = — | Baviera - Baden - Belgio.... Venus ambigua RovERETO . Ape L2| + ner 9 — | Egitto... 9? Pholadomya Puschi GoLDFUSS - DI _ JL IL — | Svizzera- Austria- Tatra - Ba- viera - Pirenei - Inghilterra - Russia - Turchia - Aral... Pleurotomaria Sismondai GoLDruss — _ —_ SL — | Magonza . ... Turritella perfasciata SAcco + — _ = — - Cerithium ampullosum BRONGNIART = + SP = + — | Siebenbiirgen - Podolien.... Diastoma costellatum LAMARCK SP + i — + + | Svizzera. ... Strombus problematicus MICHELOTTI + + — _ + — Lambidium cythara BroccHI sla + + - —- — |Subappennino . . Limnaeus elongatus DE SERRES . = + - = —_ — | Inghilterra - Wight . . .. Planorbis cornu BRONGNIART = 3F = + — -+- | Baviera - Boemia - Svizzera - Reno sup.- Svezia . . Glandina inflata Reuss = + _ + — -- | Baviera - Svezia - Svizzera - Boemia . . .. Helix Haverì MicHELOTTI + = = O psi Lab Helix coquandiana MATRERON — + = pe Ci posi Nautilus decipiens MICHELOTTI + + _ —_ — — ” {9] G. DAINELLI 243 Lamellibranchiata. Ostrea Queteleti Nysr. — Tav. XXIX [I], fig. 1, 2. 1843. Ostrea cochlear (non Port) (pars) Nyst. Coq. foss. Belg., pag. 330, tav. 32, fig. 2. 1843. — nflata (non Desw.)? (pars) In. L. còt., pag. 328, tav. 34, fig. 2. 1853. Ostrea Queteletiana Nysr. HowaLrus D’HanLov. Prée. de Géol., Liste foss. sabl. verd. Vliermael, ecc. 1859. — paradoza (non Nysr)? TraurscHoLn. Bull. Soc. Imp. des Nat. de Moscou, pag. 10, tav. 5, fig. 3. 1868. — Queteliana Nysr. Kònen. Bull. Soc. Imp. des Nat. de Moscou, pag. 21. 1886. — Queteleti Nysr. Vincent. Mém. Soc. Malac. Belge, pag. 12. 1893. — —_ — Kéoxen. Das Nord-Deutsche Unt.-Olig., Lief. 5, pag. 1005, tav. 63, fig. 4-8; tav. 64, fig. 1-3. IS = — — Rovererno. Pelecipodi, pag. 7,11. 1897. Pycnodonta Queteleti Nysn var. transiens? Sacco. Moll. terx., parte 23, pag. 26, tav. 7, fig. 8,9. 1897. — oligoradiata Sacco? Moll. terx., parte 23, pag. 26, tav. 7, fig. 10-14. 1900. Ostrea Queteleti Nxsr. Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 45, tav. 1, fig. 1e. Di questa specie abbiamo solo esemplari di valva sinistra; da essi si rileva che la conchiglia è ri- gonfia, a contorno più o meno regolarmente circolare, con tendenza ad essere allungata ed un poco obliqua. L’umbone è abbastanza prominente, in tre esemplari opistogiro, nel quarto prosogiro; tutta la superficie è ricoperta da numerose lamelle concentriche, irregolari nella disposizione, più fitte verso l’umbone, assai meno verso la periferia. ; DIMENSIONI Altezza . 5 , , 7 5 , ; i i , : . mm. 33 — 45 Larghezza 0 0 5 c . o , . . 0 0 6 » 35 — 50 Elevatezza di una valva G 6 i 3 S B , ò A » 17-20 Notiamo che i tre esemplari nostri più regolari si avvicinano alle figure date dal KònEN (Das Nord-Deut- sche Unter-Olig.) alla tavola 63, mentre il quarto, che appare, in confronto agli altri, assai deformato e scontorto, concorda col fossile figurato dal KoneN alla tavola seguente. Non crediamo forse che vada posta sinonima la Ostrea paradora Nyst, come sembra tenda a fare il KòNEN: può essere che i fossili studiati da TRAUTScHoLD sieno male determinati e che appartengano veramente alla Ostrea Queteleti, ma, per quanto gli esemplari dell’ Oligocene inferiore di Germania possano mostrare una piccola espansione della conchiglia davanti all’umbone, non crediamo che possano per questo identificarsi colla specie para- dora del Nyst, così caratteristica (vedi Nyst, Cog. foss. Bely., tav. 34, fig. 3, pag. 331). Piuttosto incli- niamo a porre sinonima (pars) o assai vicina l’Ostrea inflata DesHAYES, almeno in quanto all’esemplare figurato da Nyst (Op. cîf., tav. 34, fig. 2, pag. 328), perchè non presenta quella forte espansione laterale del margine inferiore, ma una semplice obliquità, come c’è nella Queteleti, colla quale concorda anche nella rigonfiezza e nel contorno generale. Località: — Latdorf, Loderburg, Atzendorf, Unseburg, Wolmirsleben ..... .- 3 Vliermael, Letben, Hosselt, Grimmertingen ..... ; Lago di Aral; Pareto. Spondylus prominensis n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 3-5. Conchiglia irregolare, inequilaterale, ben sviluppata e robusta; la forma generale è ovale, con ten- denza ad essere allungata, ciò che è manifestissimo in un esemplare. 244 G. DAINELLI ; [10] La valva inferiore, la più grande delle due, è la meglio, quasi l’unica conservata nei nostri fossili di Monte Promina; ha l’umbone assai prominente, grosso, potente, ricurvo. Caratteristici sono gli ornamenti delle valve, o meglio della inferiore, perchè della superiore non abbiamo che un assai imperfetto modello interno; costole ben nette e rilevate decorrono radialmente dal vertice dell’umbone alla periferia, in numero abbastanza grande (forse di 35 circa). Di queste coste se ne notano alcune, una diecina, distribuite senza regola determinata, le quali sono assai più sviluppate e portano spine piuttosto rade (da 5 a 6 per costa) e molto forti e robuste, e tanto più quanto più sono vicine alla periferia. Queste spine talora hanno il diametro basale maggiore della larghezza della costa su cui posano, sì che invadono lateralmente i solchi adiacenti; sono poi, o, meglio, dovevano essere, assai lunghe, poichè, ad esempio, una che non è neppure la più grande, e di cui è rimasto un piccolo tronco alto 5 mm., presenta nella sezione di frattura lo stesso diametro di 4mm. che ha alla base. Le coste mostrano quasi tutte, e quelle centrali in modo assai evidente, un incavo centrale che le rende bipartite; e talora, ma con minore costanza, le costole maggiori, spinose, hanno un leggiero principio di triparti- zione; così che, se questi solchi minori non vengono considerati quali sono, cioè quali ornamenti secon- dari, il numero delle coste, che abbiam detto di circa 35, viene ad essere di assai moltiplicato. Si vede qualche traccia concentrica di accrescimento; dell'apparato cardinale nulla è rimasto. DIMENSIONI (della valva inferiore): Altezza . ì i 4 , 5 5 5 A A : e . mm. 759 — 110 Larghezza i. } i È 7 È 5 à ; È . i » 55 — 65 Elevatezza . 4 È È i n 6 o È 7 . ; » 25D— 40 Lo Spondylus cesalpinus BRONGNIART, Se può a prima vista presentare qualche analogia, si scorgerà poi subito differire assolutamente dalla presente specie di Monte Promina. La quale invece appartiene al gruppo dello Sp. difrons MUNSTER, e si avvicina allo Sp. vaginatus Rovereto (Moll. foss. tongr., pag. 57, tav. 2, fig. 9), che però non presenta la tipica suddivisione delle coste, come dall’esemplare figurato si potrebbe forse supporre; notisi poi che l'esemplare figurato, a tenore della descrizione specifica, è una valva destra, e non sinistra, come dice la spiegazione della tavola. Spondylus Lanzae: n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 6. Di questa specie nuova abbiamo raccolto al Monte Promina un solo frammento di valva superiore, ben conservato però per quanto riguarda la ornamentazione. Conchiglia spessa, arrotondata, regolare, supponibilmente larga presso a poco quanto alta, assai rigonfia; la valva è coperta da numerose costole longitudinali, in numero circa di 48-50, regolari, a contorno rotondo, diritte, delle quali alcune, senza però una certa regola, sono più larghe e pronunziate delle altre: queste coste speciali danno subito nel- l’occhio anche perchè, a differenza dalle altre, portano sparse irregolarmente ed in numero vario su di ognuna (2,3, 4, per quanto è visibile) delle spine, la cui base è più larga della costa stessa, e tanto larga da invadere ed anche colmare i solchi adiacenti; queste spine sono quasi tutte troncate a livello delle coste, ma, data la larghezza della loro base (mm. 2,5-3), si può arguire che potessero essere abba- stanza sviluppate anche nell’altezza. Le coste sono separate da solchi anch’essi a contorno arrotondato, e non tutti larghi ugualmente; ma quelli più ampi accolgono un piccolo rilievo centrale in tutto simile alle coste principali, e che, partito dalla periferia, va via via assottigliandosi, e non arriva mai all’apice della conchiglia, ma sparisce a mm. 25-30 di distanza da esso. Tanto sulle costole che nei solchi si pos- sono vedere traccie di finissime strie trasversali concentriche. [11] G. DAINELLI 245 L’umbone è poco sviluppato; la cerniera non è descrivibile, non essendo conservata; ampia impres- sione muscolare. DIMENSIONI (in parte supposte): Altezza n 3 Ù 5 } 0 _ 5 ? 5 6 o . mm. 75 circa Larghezza . È o È 5 1 5 . ò E 3 5 . » 72 Elevatezza . 5 - 6 5 3 s î i A 6 5 6 PINN2D Tra gli Spondylus terziari qualche affinità mostra lo Spondylus rarispina DesHAYES ((Cog. foss., pag. 321, tav. 46, fig. 6-10) dei dintorni di Parigi, per la scultura delle valve; ma anch’esso a proporzioni minori (è largo 45 mm. e alto 53 mm.), carattere del resto poco importante, unisce particolari che lo fanno dif- ferire dal nostro fossile, come una leggiera obliquità, il numero delle costole spinose che sale a 8 e 10, la distanza delle coste stesse più piccola, e tale che dà alla conchiglia un aspetto troppo uniforme che il nostro individuo non ha; per questo ascriviamo a specie nuova lo Spondylus di Monte Promina. Pecten Fortisi n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 7. Conchiglia ovale-allungata, a contorno regolare; sottile e fragile: la unica valva, destra, che conser- viamo intatta, è affatto liscia, senza coste o striature, ed equilatera. i L’umbone è prominente e acuto; le alette sono sviluppate, subeguali, ad angolo retto. DIMENSIONI Altezza 0 0 . . ° c . : . o 5 . mm. 18 Larghezza . c 0 . : . 7 c o o o È E » 14 Apertura delle alette . : . ò . . : c È . 5 VIEN, Questa nostra specie si può avvicinare al Pecten corneus SowERBY, che però ha forma più orbicolare, alette meno sviluppate e non rettangolari. Per la forma generale il migliore parallelo si troverà nel Pecten oblongus PHiLIPPI, del Pliocene. Di questo Pecten Fortisi, in un conglomerato, abbiamo trovati molti esemplari, che però, data la loro fragilità, sono andati in frantumi, mentre si cercava di isolarli o di renderli meglio visibili. Pecten sp.? — Tav. XXIX [I], fig. 8. Conchiglia suborbicolare, regolare, piuttosto rigonfia; l’umbone è grosso, largo, triangolare, non molto prominente; la superficie dell’ unica valva trovata è coperta da abbastanza numerose coste radiali (28-30) regolari, diritte, semplici, a contorno rotondo, separate da solchi pure a contorno rotondo, più stretti di quel che esse non sieno larghe. DIMENSIONI Altezza x 6 5 ò 7 5 i 5 Ù Ò 5 : . mm. 54 Larghezza . c È 7 o » . . . s . 5 o » DT Elevatezza . 5 È È ; A È 0 5 ò 3 o 5 DIGNRTS Questo esemplare è alquanto deformato; di più, esso era in gran parte ricoperto da roccia, che non si è potuto portar via del tutto, e, ancora, la mancanza di alette visibili non ci fa nemmen sicuri della determinazione generica. Si confronti l’ Aequipecten oligopercostatus Sacco (Moll. dei terr. terz. del Piem. e Lig., parte 24, pag. 20, tav. 6, fig. 10). Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 30 246 G. DAINELLI [12] Pecten sp. Una metà inferiore di valva, va certamente attribuita alla famiglia dei Pettinidi; ma per il suo cat- tivo stato di conservazione non possiamo arrischiare una determinazione precisa. Le coste devono essere in numero di circa 22, liscie, semplici, a contorno rotondo, come pure i solchi che le dividono. DIMENSIONI (supposte): Altezza E ; ; ; i } 9 ; 3 , 5 . mm. 24 Larghezza . o . . . o . : è a . . o » 26 Si può avvicinare al Pecten miocenicus MicurLomti (Lt. sur le Mioc. inf. de V It. sept., pag. 77, tav. 8, fig. 23, 24), che ha però coste più rade. Avicula sp. Un esemplare incompleto, deformato e corroso, ci pare di potere attribuire con certezza, non ostante la sua conservazione imperfettissima, al genere Avicwla. Nel nostro fossile sono presenti le due valve; ma la sinistra, salvo poche traccie di coste e di solchi, resta assolutamente indecifrabile; la destra mo- stra parte del lato anteriore; la conchiglia è assai spessa, più di 10 mm. DIMENSIONI Altezza ° È A 2 3 : ò î È î È È . mm. 60 Larghezza . . : 0 0 5 6 a 0 : x 3 » DD Elevatezza di una valva A È 5 ò 0 o 5 5 È ò » 20 Si confronti la Avicula phalaenacea LAMARCK. Arca gemina Semper. — Tav. XXIX |I), fig. 9-13. 1826. Arca didyma (non Broccur) GoLpruss. Petr. Germ., pag. 144, tav. 122, fig. 4. 1843. — —- _ — Pumippi. Tertiirverst., pag. 12, 47. 1849. — _ _ — Karsren. Verx., pag. 37. 1861. — gemina — — Semper. Kat. der Samml. Petr. Sternberg, pag. 321. 1878. — — Semper. Wiecamann. Meckl. Arch., pag. 141. 1879. — — — — L. cit., pag. 41. 1884. — Speyeri Semper var. Spever. Die Biv. der Cass. Tert.-Bild., tav. 21, fig. 3-10. 1896. — Speyeri Semper? Kissuina. Mittel Olig. im Berner Jura, pag. 65, tav. 8, fig. 4. ‘Conchiglia equivalve, inequilaterale, solida e spessa (come si può dedurre dai profondi solchi della superficie esterna), rigonfia, di forma oblungo-quadrata, e in alcuni esemplari ovale-subquadrata. Gli umboni sono grandi, un poco prominenti, molto. ricurvi, piegati verso il lato anteriore; il margine posteriore è molto più espanso e ricurvo. dell’anteriore, che è alquanto troncato obliquamente; il margine inferiore mostra verso la metà una leggiera concavità. La superficie esterna delle valve è ornata da nu- merose coste (da 30 a 35), larghe all’incirca quanto i solchi che le separano, liscie, e più larghe sul lato posteriore che su quello anteriore, attraversate da strie trasversali concentriche, numerose e fini, ed al- cune, qua e là, assai accentuate, che segnano traccie di accrescimento; dal centro dell’umbone si parte una caratteristica depressione che giunge sino al contorno verso la metà del margine inferiore, corrispon- [13] G. DAINELLI 247 dendo alla concavità già da noi notata. La superficie interna della valva è liscia, con impressioni mu- scolari in alcuni esemplari appena visibili, col margine munito di denti che corrispondono alle estremità degli spazi intercostali esterni. Il margine cardinale è rettilineo; l’area stretta ed infossata, i denti piccoli, in specie i mediani, che sono perpendicolari al centro, mentre gli esterni sono leggermente inclinati, in modo da concorrere anche essi verso il centro; sono in numero di circa 30. DIMENSIONI Altezza . 3 n 5 H ? î : È 5 ; : . mm. 5 — 10 Larghezza ° 6 . . ò 5 . » 11-18 Elevatezza delle due valve d 5 z 5 È i 3 5 3 » 6-12 L'Arca didyma Gorpruss (non BroccHI) è descritta come avente le coste granulose, ma è identica alla specie di SemPER e le granulazioni che si vedono in alcuni esemplari sono date dalle striature d’ac- crescimento che anche nei nostri fossili si vedono. Alla gemina, che appartiene al tipo dell'Arca diluvi LAMARCK, è pure vicina la Speyeri SEMPER, la quale però ha il margine inferiore troppo regolarmente ricurvo, manca spesso della caratteristica depressione dorsale, ed ha le coste radiali suddivise da un leg- giero solco centrale. Questi diversi caratteri ci pare sieno bastanti a tenere distinte le due specie, e non sappiamo per quale ragione SpeveR abbia posto la gemina quale varietà della Speyeri; disgraziata- mente, della sua opera sul terziario di Kassel abbiamo le sole tavole e non il testo esplicativo. K1ss- LING poi determina i suoi esemplari svizzeri come Arca confr. Speyeri SEMPER, ma, come si vede, molto dubitativamente, mosso forse dall’osservazione che egli fa, cioè che le coste non sono suddivise; è facile che essi invece appartengano alla gemina. I nostri fossili del Promina hanno dimensioni maggiori degli esemplari descritti da SEMPER. Località:— Piacenza, Dax, Biinde, Westfalia, Assia, Giura Bernese; Bressancourt, Kassel; Ahnegraben, Hohenkirchen, Sternberg. Pectunculus Philippi Desnaves. — Tav. XXX [II], fig. 1-4. 1835. Pectunculus pulvinatus (non Lamarer) Minsrer-Lrons. in Bronn. Jahrbuch, pag. 448. 1826. _ — — — GoLpruss. Petr. Germ., II, pag. 160, tav. 126, fig. 5. 1843. — — — — Puiuipri. Tertidirverst., pag. 13, tav. 2, fig. 13. 1846. _ — — — Boll. Geogn., pag. 175. 1847. _ _ - — Puruepi. Palaeontogr., vol. I, pag. 52. 1849. _ — —- —_ Karsren. Verz., pag. 33. 1849. _ — —_ — Boll. Archiv., pag. 217. 1852. —_ —_ — — us eit:, pagg (2: 1853. _ _ _ —_ GieseL. Beitr. Palacont., pag. 44. 1853. — — = — Ginger. Geogn. Dewisch., pag. 304, tav. 18, fig. 9. 1855. —_ —_ — — Greer. Zeitschr. der Natur., XII, pag. 444. 1858. - Philippi DesHaves. Anim. sans vert., pag. 853. 1860. — pulvinatus (non Lamarck) Server. Zeitschr. geol. Ges., XII, 3, pag. 502. 1861. — — —_ — GreBeL. Zeitschr. der Natur., I, pag. 45. 1869. — Philippi Desnaves. Seuper. Kat. der Samml. Petr. Sternberg, pag. 318. 1846. — —_ _ Spever. Tert. Sollingen, pag. 63. 1867. — — — Konen. Mitt.-Olig. Nord-Deutsch., pag. 91. 1878. —_ = _ Wircauann. Meckl. Arch., pag. 142. 1884. — — = Spryrr. Die Biw. der Cass. Tert.-Bild., tav. 19, fig. 8, tav. 20, fig. 1-15. — 248 G. DAINELLI [14] Di questa specie abbiamo varii esemplari, dei quali uno giovane e gli altri adulti, in imperfetto stato di conservazione, e quali forme interne, salvo pochi resti di conchiglia: per questo, di difficile de- terminazione specifica. La forma generale è orbicolare, che nell’esemplare giovane, il meglio conservato a questo riguardo, appare perfetta; la conchiglia è equivalve ed equilatera, con umboni diritti, ottusi, poco prominenti; la superficie esterna, quasi liscia, lascia però distinguere delle leggerissime traccie lon- gitudinali, sottili ed abbastanza fitte, e strie o meglio lamelle trasversali concentriche. L’area cardinale, perduta o non visibile negli esemplari più grandi, è ridotta nell’esemplare più piccolo; i denti, diritti, in quest’ultimo sono, al centro del cardine, quasi ininterrotti, ed in numero di 9 anterior- mente, 10 posteriormente; nell’ individuo adulto quelli centrali vengono obliterati dalla crescente area cardinale. Le impronte muscolari sono assai visibili e grandi, seguite, dalla parte interna, da un rialzamento del modello, che si seguita fino all’umbone, e che corrisponde naturalmente ad una depressione nella conchiglia. DIMENSIONI Altezza , ; i ; ; 3 1 ° È i . mm. 15 — 53 — 65? Larghezza . SUINERSa ; 5 î . 6 ; 5 7 » 15 — 53 — 65? Elevatezza delle due valve . a ) p s 5 : 5 » 12 — 25 — 402 Questi nostri fossili, di così imperfetta conservazione, e, in conseguenza, di difficile determinazione, si avvicinano al Pectunculus obovatus LamAROK, intorno al quale sono stati scritti e ripetuti tanti errori di sinonimia (vedi DESHAYES, Amm. sans vert., pag. 849); ma si vede subito che non possono appartenere a que- sta specie, che ha un’area cardinale così sviluppata e ben riconoscibile, e denti meno numerosi e più irregolari. Come Pectunculus pilosus LINNEO, specie somigliante alla nostra e all’obovatus, e con essi da alcuni paleontologi confusa, non si possono descrivere i nostri esemplari, perchè il pilosus è più rigonfio, facilmente inequilatero e meno regolare nel contorno, e cioè il diametro suo antero-posteriore è più grande di quello umbone-ventrale, cosicchè appare come schiacciato dall’ alto .al basso. Molti paleontologi te- deschi, sotto la guida di GoLpruss, hanno descritto fossili della nostra specie sotto il nome di pulvinatus LAMARCK; ma DesHAYES pel primo, stabilendo la differenza tra il vero pulvinatus LAMARCK, che è proprio del calcare grossolano, e questa altra specie di Germania, la chiamò Pectunculus Philippi DesHAvEs. Per la sinonimia ci atteniamo al SEMPER. Località: — Bacino di Parigi, Kassel, Sollingen, Westeregeln, Wolmirsleben. Unio sp. 4 immediato contatto colla lignite abbiamo raccolto pochi frammenti conchigliari, che vanno attribuiti al genere Unito, senza poter tentare però nè una determinazione più precisa, e neppure un semplice paragone. Cardita sp. Di questa specie abbiamo un ben misero frammento sotto forma di impronta esterna del lato ante- riore della valva destra; è però così chiara la ornamentazione della superficie valvare, che ci possiamo arrischiare a darne una descrizione, aiutandoci un poco col paragone delle specie affini. Conchiglia equivalve, inequilaterale, obliqua, e rigonfia; il lato anteriore, un poco concavo sotto l’umbone, è alquanto tronco, mentre il posteriore deve essere assai più espanso; gli umboni sono grossi, prominenti, avvicinati, RI [15] G. DAINELLI 249 molto ricurvi verso il lato anteriore. La superficie esterna è ornata di grosse costole radiali, con per- corso, nel lato anteriore, molto curvilineo, concavo in avanti, a causa dell’obliquità dell’umbone; esse sono ben sviluppate, molto rigonfie al di sopra delle fossette che le separano, e a contorno rotondo. Sulle coste vi sono rilievi secondarii sotto forma di tante barrette trasversali, abbastanza grosse e nu- merose, mentre il fondo dei solchi ha traccie di una fittissima striatura pure trasversa. Gli ornamenti però non si mantengono fino alla periferia come li abbiamo adesso descritti; ma, a una certa distanza da essa, minima nella parte anteriore, e crescente notevolmente coll’andare dall’avanti all'indietro, invece di coste e solchi radiali si nota sulla superficie una fogliettazione caratteristica, data da 9 costole concentriche assai rilevate, disgiunte le une dalle altre da solchi stretti e profondi, e sulle quali vi è solo una lieve traccia del prolungamento delle coste radiali, per essere meno profondi, lungo le loro linee, i solchi con- centrici, e dei solchi radiali, per essere, nella loro continuazione, meno rilevate le coste concentriche. Del cardine nulla si può dire; quanto alle dimensioni, possiamo dare, come approssimativa, solo l’altezza, dai 55 ai 60 mm. Questa ornamentazione, quale si vede nel nostro frammento di Cardita, si ritrova nella Cardita rudista LAMARCK; questa specie però, più recente, ha per dimensioni costanti: altezza 34 mm. e larghezza 40 mm; per cui ci pare che, non ostante la identità, o quasi, della ornamentazione, per la gran differenza di mole non si possa confondere con essa la nostra Cardita di Monte Promina, per la quale però, dato il piccolo, per quanto ben conservato, frammento, di cui solo siamo in possesso, non osiamo proporre una specie nuova. Crassatella De Gregorioi n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 14, 15. 1881. Crassatella sulcata (non Branper) De GreGorIO. Miocene di Nicosia, pag. 39, tav. 2, fig. 11. Conchiglia robusta, inequilaterale, ovale-oblunga, corta, con due lati convergenti quasi ortogonalmente all’apice; poco rilevata, ma più verso l’apice, e divisa in due parti disuguali da un angolo ottuso, che costituisce la parte più eminente della conchiglia, partendo dall’apice e terminando alla periferia pel tra- gitto radiale più lungo possibile. Tutta la superficie indistintamente è incisa da 35-40 solchi concen- trici ben spiccati, larghi, abbastanza profondi, i quali hanno due diverse inclinazioni, maggiore quella più vicina alla periferia della conchiglia, per cui ne risultano costole pure a due pendenze, e che prendono, per chi bene le osservi, l’aspetto come di scaglioni o scalini; questi solchi e queste coste, giunti all’angolo ottuso attraversante la conchiglia, lo oltrepassano piegando in alto, e vanno a terminare al margine supe- riore; la parte posteriore della conchiglia è pur essa suddivisa in due parti all'incirca uguali da una piccola costa obliqua, poco rilevata, ma pure visibilissima. Lunula distinta, ovale; corsaletto allungato; il margine estremo della valva ornato di strie finissime, fitte e perpendicolari al margine stesso. Il nostro esemplare, consistente in una valva destra, deteriorata solo in parte del margine, non mostra però, a causa della roccia riempiente, la forma della cerniera. DIMENSIONI Altezza È : È 5 . ; È A i 3 È ì . imm. 38 U è Larghezza . ” , 7 . 5 o ? 5 6 7 c o » 48 circa Elevatezza . È ) ) 7 4 ; È 3 " ò a 5 » 12 circa Fra tutte le Crassatellae, la nostra si identifica con quella riportata dal De GREGORIO nella sua me- moria sul Miocene di Nicosia (tav. 2, fig. 4), salvo le dimensioni, un poco più grandi in questa. Però il De GrEcoRIO non descrive la sua Crassatella, e dicendola “ un bello esemplare di sicura determinazione ,, 250 G. DAINELLI [16]: la pone come Crassatella sulcata BranpER, del Miocene inferiore. Ora, la sulcata, dalla descrizione e. dalla figura che ne dà il SowerBy (Z%he mineral Conchology of Great Britain), apparisce essere tutt'altra specie che non la nostra: la conchiglia è meno ovata, più lunga e più irregolare; i due margini superiore e anteriore non concorrono ad angolo quasi retto, ma molto ottuso, all’apice; il margine non è regolar- mente rotondo, ma a curvature ogni momento di raggio differentissimo; la parte posteriore della conchiglia è solo in qualche caso ornata di solchi e coste concentriche, mai di una costa longitudinale che la divida in due parti. Questi sono, mi pare, elementi abbastanza differenziali, e bastano a fare scostare la nostra Crassatella dalla sulcata BRANDER, tanto più che le figure che di questa specie ci dà il DesHaves (004. foss., pag. 34, tav. 3, fig. 1, 2;— Anim. sans vert., pag. 747, tav. 20, fig. 12, 13) se ne mostrano ancor più lontane. Crassatella gigantea Rovereto. — Tav. XXX [II], fig. 5-8. 1898. Crassatetla gigantea Rovereto. Pelecipodi, pag. 27, 42. 1900. —_ — Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 86, tav. 6, fig. 2. È certamente la specie più grande di questa famiglia. Conchiglia equivalve, assai leggermente inequilaterale, robusta, di uno spessore talora di 10 mm., non molto rigonfia in confronto alle sue dimen- sioni. La sua forma interna nel contorno costituisce come un pentagono irregolare, che nel lato anteriore. è leggermente concavo tra l’umbone e l’ impressione muscolare. Gli umboni formano un angolo ottuso, sono. assai poco ricurvi sul davanti, ma non molto prominenti, mentre è molto sviluppata l’area cardinale; alla formazione del vertice concorre l’orlo posteriore per buon tratto rettilineo, e l’anteriore un poco concavo (come si è osservato per la forma interna), e provvisto di lunula piccola, profonda, allungata, stretta, lentico- lare. La superficie è adorna di striature fitte e sottili, poco profonde, e di solchi radi e più profondi ; le une e gli altri distribuiti e disposti in modo irregolare. Questi solchi poi più spiccati, sul lato anteriore sono più fitti e irregolari, verso il margine palleale assai più profondi, e sul lato posteriore pochissimo, ac- centuati; poco spiccata è la costa che divide la superficie delle Crassatellae in due parti distinte; si può tuttavia riconoscere un rilievo appena sensibile, che le corrisponde, e che dall’umbone va alla periferia, mantenendosi assai vicino al margine posteriore. Nel cardine (nella valva sinistra) abbiamo una fossetta triangolare profonda e grande, nella quale si inserisce il dente cardinale della valva opposta, ed ai suoi lati due denti conici, allungati longitudinal- mente ed assai forti, corrispondenti a due fossette sulla valva destra; presso l’ umbone, con sviluppo verso il lato posteriore, si hanno due fossette pure coniche, non molto spiccate. e separate da un. leggiero ri- lievo; la parte posteriore del cardine è pianeggiante e regolare. Impressioni muscolari sviluppate: l’anteriore ovale, molto profonda, la posteriore tondeggiante, più. grande, meno impressa nella superficie della conchiglia. Di questa specie abbiamo vari frammenti di valve e modelli interni di varie grandezze: da quello più grande si può risalire a queste dimensioni approssimate della conchiglia: DIMENSIONI Altezza . 5 E È i f È } 5 x i i . mm. 115 Larghezza ; 0 . 0 i 0 0 o 0 : 0 ò » 130-140 Elevatezza delle due valve 5 È } È d È ; i Ù » 65- 70 Così descrivevamo questi esemplari del Monte Promina fin dagli ultimi mesi del 1899, ritenendoli appar- tenenti ad una specie nuova, che anco noi avevamo chiamata, date le sue proporzione, gigantea; dobbiamo [17] G. DAINELLI 251 però identificarla colla specie, per ragioni facili a spiegarsi, omonima, del RoveRETO, figurata nel 1900; mentre però ci piace conservare la descrizione che anche noi ne avevamo fatta, e che dimostra la identità. dei nostri esemplari con quelli liguri. Nei caratteri specifici il Rovereto ha evidentemente invertito i valori numerici della lunghezza e dell’altezza. Località: — Santa Giustina. Crassatella curvicarinata n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 16. x Conchiglia inequilatera, obliqua, rigonfia; il contorno è irregolarmente pentagonale, essendo dati i cinque vertici del pentagono dall’umbone, da due angoli nella parte posteriore della conchiglia, uno nella anteriore, ed uno supposto nel punto centrale del convesso margine inferiore. L’umbone è rigonfio, poco prominente, diritto; il lato anteriore corto, il posteriore più espanso, ma non molto, tanto che questa è una tra le Crassatellac imeno allungate che conosciamo. Dalla cima dell’umbone si parte una forte carena che va a terminare alla periferia all'angolo posteriore della conchiglia, con decorso obliquo e curvilineo, che volge la sua convessità alla bocca dell’animale; è l’andamento di questa forte carena che fa sem- brare l’umbone opistogiro, mentre, come si è detto, è diritto. La superficie valvare è ricoperta di ‘ numerose strie trasversali, concentriche, che, giunte all’altezza della carena, piegano quasi ad angolo retto, per andare a terminare in alto al margine superiore rettilineo della conchiglia; queste strie, per quanto si può dire dal nostro esemplare imperfetto (di valva sinistra), sono poco spiccate, grossolanamente e irregolarmente disposte. DIMENSIONI Altezza n 6 3 i ° 7 5 i o 7 i 5 im met Larghezza . . 6 . o o 6 o . . . o . » 16 Elevatezza di una valv: 3 5 5 A 6 À 6 3 5 6 » 4 Nella forma generale e nel contorno si avvicina alla nostra specie la Crassatella semirugosa KONEN (Das Norddeutsch. Unt.-Olig., Lief. 5, pag. 1202, tav. 82, fig. 3, 4) la quale però ha la carena rivolgente alla bocca la concavità della sua curva, e in conseguenza di ciò l’umbone nettamente prosogiro. Del resto, se l'andamento che ha la carena nel nostro fossile non è il più frequente nelle Crassazellae, basti citare la rostrata DESHAYES ((Cog. foss., tav. 3, fig. 6, 7), la quale ha la carena disposta come la nostra, ma a curva assai più sentita, e in conseguenza l’umbone diritto (vedi la descrizione Op. cit., pag. 35), ma apparente- mente opistogiro, come è manifesto nelle figure, e in specie in quella di una valva destra, vista inter- namente. Lucina Dujardini Desnaves. — Tav. XXIX [I], fig. 17. 1829. Lucina lactea (non Lamarck) De SerrEs. Geéogn. des terr. tert. du Midi de la France, pag. 146. 1837. — — —_ — Dusarpw. Mem. sur les couch. du sol en Touraine. Mém. Sqc. géol. Fr., vol. II, pag. 259. 1838. _— — — _ GrateLoUP. An. bass. Gironde, pag. 65, n.° 735. 1850. — Dujardini (non Lawarck) Desnaves. Tradt. élom. Conch., pag. 783, n.° 3. 11870. — — DesHaves. Hornes. Foss. Moll. Tert.-Beck. Wien, pag. 235, tav. 33, fig. 7. 1881. — -— — Bagarta. Moll. di Parma e Piac., pag. 36. Conchiglia orbicolare, quasi rotonda, lentiforme, compressa; la superficie esterna delle valve è adorna da numerosissime strie concentriche, fini, fitte, e irregolari; gli umboni sono piccoli, punto pronunziati; 252 G. DAINELLI [18] poco ricurvi dal lato anteriore. Nella parte posteriore della conchiglia si nota più che un vero e proprio solco, un abbassamento che dall’umbone va alla periferia, determinando nel margine una curva concava, che rompe la regolarità del contorno. L’apparato cardinale non è visibile nel nostro unico esemplare (di valva destra). i DIMENSIONI Altezza. 6 0 Ò 5 3 6 0 a \ : î . mm. 15 Larghezza . 0 0 o » 15 Elevatezza di una valva . 0 ; È : c 0 3 È ; » 2,53 Località: — Perpignan, Saucats, Léognan, Mérignac, Manthelon, St. Maur, Pont-le-Voy (Touraine), Ottnang, Grund, Niederkreuzstàtten, Grossrussbach, Ebersdorf, Karnabrun, Grussbach, Porstendorf, Pobz- leinsdorf, Voslau (Vienna), Bacedesco (Parma e Piacenza). Lucina deperdita MrcarLorri. — Tav. XXX [II], fig. 9. 1861. Lucina deperdita MicarLomi. Ét. sur le Mioc. inf. It. sept., pag. 70, tav. 8, fig. 8,9. Conchiglia depressa, orbicolare, col margine inferiore descrivente una semicirconferenza quasi regolare; qualunque sezione delle due valve unite è lentiforme. Gli umboni sono piccoli, poco prominenti, e appena ricurvi verso il lato anteriore, che è di poco meno espanso del posteriore; questo mostra un angolo ottuso, poco visibile nel nostro esemplare imperfettamente conservato. Sotto al vertice dell’umbone c’è una lunula piccolissima, cordiforme; la superficie delle valve è ornata da un gran numero di striature a lamelle concentriche, disposte con irregolarità. DIMENSIONI ; Altezza È . È ; A ; È . 5 ; i È . mm. 28 Larghezza . . . . . o . 0 . o o . È » 25 Elevatezza delle due valve , 3 5 i; ? o È ; 3 » 8-9 Località: — Mioglia (Piemonte). Lucina Sismondai Desnaves. — Tav. XXX [II], fig. 10-14. 1847. Lucina globosa Bonn. Siswonpa. Syn. meth. anim. inv. Ped. foss., pag. 17. 1850. — Sismondae Desnaves. Traît. éléim. de Conch., pag. 786. 1852. —yglobosa Bonn. D’OrsIGny. Prodr. de Pal., ét. 27, n.° 345. 1870. — Sismondae Desa. Hirnrs. Foss. Moll. Tert.-Beck. Wien, II, pag. 224, tav. 32, fig. 6. 1871. — Stsmondai Desa. Appenius. Cat. Conch. foss. Livorno, pag. 103. 1876. — — ‘— Fonrannss. Terr. tert. Haut Comtat- Venaissin, pag. 72. 1882. . — — — Fonrannes. Moll. tert. Ehone et Roussillon, Il, pag. 110, tav. 7, fig. 22. 1895. — — — Dr FrancHIs. Moll. post-plioc. Galatina, pag. 123, tav. 2, fig. 4. Conchiglia piccola, subcircolare, inequilatera, rigonfia, arrotondata inferiormente, a contorno irrego- lare nella parte posteriore; è corta, leggermente convessa dal lato posteriore, molto scavata ed espansa assai dal lato anteriore, in modo da presentare una aletta assai sviluppata. Gli umboni sono piccoli, ricurvi, un poco obliqui verso il lato anteriore; la superficie esterna è ricoperta di strie concentriche numerose {circa 60) e fini, inframezzate da lamelle larghe, distribuite in numero e ordine vario; la superficie interna [19] G. DAINELLI 253 è munita di solchi radiali abbastanza fitti, ma appena accennati. La lunula è stretta, allungata, lenticolare. Questa conchiglia, che l’HòRNES dice senz'altro “ priva di denti ,, mostra nella figura del FoxranwEs il cardine fornito di un solco sottile, ma assai lungo, ciò che si ritrova in uno dei nostri esemplari; le im- pressioni muscolari sono poco distinte, in specie l’anteriore; la posteriore è a contorno circolare, o meglio ovoidale. DIMENSIONI Altezza Ù à 5 n È E È ; 3 ; ; ì mm. 17 — 23 Larghezza . o : 5 c : o ; 6 È . 3 » 18 — 22 Elevatezza di una valva È 5 ; ; ; . ; i ; » 5 —- 6-8 Questa specie, citata prima dal Siswonpa come Lucina globosa Bonn, e come tale pure dal D’ORBIGNY, ebbe dal DesHayes cambiato in Lucina Sismondai il nome primitivo, già appartenente ad una specie vivente; è un fossile assai recente, e non molto diffuso. Nella costanza dei caratteri generali, incliniamo a distin- guere i nostri esemplari più minutamente: alcuni sono più piccoli (dimensioni massime: altezza 17 mm., larghezza 18 mm., elevatezza 6 mm.), con superficie coperta di strie fini e visibilissime, e con conchiglia sottile, e fragile sì che ne sono rimasti pochi frammenti insignificanti; altri più grandi (altezza 22 mm., larghezza 23 mm., elevatezza 8 mm.), con strie meno visibili e lamelle predominanti, e con conchiglia più spessa e resistente, che ci è rimasta conservata in molti esemplari. Località: — Livorno, Astigiano, Sicilia, Dròme; St. Restitut, Visan e St. Ariès (Vaucluse), Millas (Pirenei), Siebenbirgen, Galizia; Holubika, Galatina. Lucina sp. Conchiglia depressa, a contorno regolarmente orbicolare; l’umbone, non rilevato, è rivolto verso il lato anteriore, che in alto è, sotto al vertice, un poco concavo in confronto del posteriore; però nel resto tutti e due sono del pari espansi e arrotondati, e col margine inferiore formano una circonferenza quasi completa e quasi perfetta. Dalla parte posteriore dell’umbone si diparte in direzione obliqua fino alla periferia un solco, o meglio una piega, al di là della quale la conchiglia appare come abbassata rispetto alla rileva- tezza generale. La superficie valvare è ricoperta tutta da numerose strie concentriche, fitte, irregolari nella disposizione e non nette, per quanto ci è dato vedere nel nostro unico esemplare (valva sinistra) mal conservato. Il cardine non è visibile. DIMENSIONI Altezza : i 3 Ù ; è ) ; } b 5 5 . mm. 28 Larghezza . ò : : c ò c . . ; 4 È . s 25 Elevatezza . 5 5 Ù ) a 5 : 5 6 i ; “ » T Alla presente specie di Monte Promina possiamo paragonare la Lucina Sehloembachi KòNEN, figurata da SpeveR (Die Biv. der Cass. Tert.-Bild., tav. 11, fig. 6, 7; tav. 12, fig. 5, 6), la quale però a dimensioni molto minori unisce alcune differenze nel dettaglio degli ornamenti e del contorno, che la fanno stare distinta dalla nostra: la piega posteriore è poco sentita, e talora può mancare, l’umbone è molto piegato in avanti, dove è assai pronunziata la concavità del margine, che poi forma un’aletta prima di declinare al margine inferiore; infine la striatura è regolare, mentre non lo è certamente nella nostra Lucina, della quale però non osiamo far una specie nuova, data la sua imperfetta conservazione. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 31 954 G. DAINELLI [20] Axinus sinuosus Donovan. — Tav. XXIX [I], fig. 18,19. 1835. Arinus unicarinatus Nwst. Rech. sur les coq. Anvers, pag. 6, tav. 1, fig. 22. 1836. Piychina biplicata Privipri. Enum. moll. Sic., I, pag. 15, tav. 2, fig. 4. 1837. Arinus Benedeni Dr Konick. Descr. cog. foss. de Varg. de Baséle, Boom ecc., pag. 35, tav. 11, fig. 2,3. 1837. — angulatus De Konick. L. cit.,; pag. 34. 1840. Cryptodon bisinuatum Woop. Cat. of Shells from the Crag. 1841. Lucina flecuosa Monragu. Gourp. Rep. of the Invert. of Massach., pag. 71, fig. 52. 1844. Axinus angulatus Nvsrt. Coq. terr. tert. Belg., pag. 141, tav. 6, fig. 13. 1844. Piychina biplicata Prurieri. Enum. moll. Sic., II, pag. 11. 1847. Axinus angulatus MricaeLorti. Poss. mioc. It. sept., pag. 118, tav. 4, fig. 23. 1847. — — Siswonpa. Syn. meth. an. inv. Ped. foss., pag. 16. 1848. Lucina flexruosa Bronn. Ind. Pal., pag. 672. 1848. —. . sinuata Lamarck. Bronn. L. cit., pag. 675. 1848. Cryptodon fleruosum Turron. Bronn. L. còt., pag. 353. 1848. Arinus angulatus Turron. Bronn. L. cit., pag. 143. 1849. — — Hresert. Moss. du Crag recueillis au Bose d’ Aubigny, pag. 560. 1852. Cryptodon sinuosum Woop. Monogr. of the Crag Moll., II, pag. 134, tav. 12, fig. 20. 1852. Lucina subangulata »’ Oreieny. Prodr. de Pal., III, pag. 21 n.° 286. 1854. Cryptodon sinuosum Woon. Morris. Cat. of Brit. Foss., pag. 196. 1854. Axinus sinuosus Bronn. Leth. geogn., III, pag. 391, tav. 36°, fig. 17. 1861. — wricarinatus Nysr. Semper. Kat. Petref. Sternberger Gest., pag. 305. 1868. Cryptodon unicarinatus Nysr. Kònen. Das mar. Mitt.-Olig. Norddeutsch., pag. 247, tav. 27, fig. 9. 1870. Lucina sinuosa Donovan. Hornes. HMoss. Moll. Tert.-Beck. Wien, pag. 244, tav. 34, fig. 1. 1879. Axinus fleruosus MontaGu. Secuenza. Le form. tera. di Reggio Calabria, pag. 281. Conchiglia inequilaterale, ovale, alquanto più alta che larga, rigonfia, irregolarmente esagonale; gli umboni sono triangolari, corti, ma acuminati e ben rivolti coll’apice verso il lato anteriore; questo è corto, tronco, mentre il posteriore ha un’ espansione triangolare, alla base della quale sta una fortissima piega radiale che dall’umbone va alla periferia; e un’altra ancora si riscontra dappresso ugualmente accentuata. Verso il centro la valva è percorsa in senso radiale da due carene ben spiccate, meno però verso l’umbone, assai più verso la periferia; le impronte muscolari sono ovali, colla curva più stretta rivolta in basso. Traccia di apparato cardinale più o meno complesso, non ce’ è. DIMENSIONI Altezza . 5 5 ò ò î } ) i 6 a D . mm, 13 — 15 Larghezza 6 . : o 0 o o 0 0 0 È 6 » 10-12 Elevatezza di una valva . Ò A ù 6 3 i £ 6 ; » 5BT_- 6 Prima che SowerBy denominasse Axinus (1821) il presente genere, già LEACH (1818, fide LAMARCK) l’aveva chiamato Thyasira; nome però che devesi abbandonare perchè già esistente nella sistematica a indicare un genere di Lepidotteri. Spesso viene usato il termine Cryptodon TurtoNn (1822), che, come posteriore, deve cadere di fronte a quello di Axinus; talora si trova Piychina PHILIPPI (1836), e anche più raramente Clausina JEFFREYS (1847). Alcuni paleontologi ascrivono ancora il genere di cui è adesso parola alla Lucina BRUGUIÈRE (1792), da cui, quantunque e l’uno e l’altra appartengano alla stessa fa- miglia, differisce notevolmente per le caratteristiche pieghe della conchiglia e per la forma delle impres- sioni muscolari. e n ei [21] G. DAINELLI 255 Disgraziatamente per questa specie esiste una numerosissima sinonimia, ed in tanta sovrabbondanza di nomi, è naturale che gli autori sieno incorsi talora in errore. Così 1 Axènus angulatus descritto da SoweRrBY è tutt'altra cosa da quella specie che sotto tal nome è stata tante volte citata e figurata, mentre doveva essere ascritta all’ Axànus simuosus Donovan; e così pure, di questo il Woop pone sinonima la Lucina Goodhalli SowerBy, che ne differisce chiaramente per la forma generale e per l’unica piega sul lato posteriore. Ma in quanto alla sinonimia ci siamo attenuti a quella di esemplari fossili, e non dei viventi. Notiamo che i nostri esemplari di Monte Promina hanno dimensioni piuttosto piccole; più spesso l’Arinus sinuosus Doxovan è alto mm. 19 per mm. 16 di larghezza; gli esemplari del bacino di Vienna, descritti e figurati dall’ HORNES, sono i più grandi conosciuti, essendo alti mm. 34 e larghi mm. 29. Località: — Torino, Palermo, Reggio Calabria, Bordeaux, Belgio; Basèle, Boom, Louvain, Limbourg, Anvers, Kesselberg, Magdeburgo; Bière...., Magonza; Hermsdorf, Stettin, Sollingen, Gòrzig, Freiem- valde, Sternberg, Vienna; Windpassing, Grund, Grussbach, Forchtenau .., Islinston, Sutton, Dalmuir ece. Vivente nel Mediterraneo profondo, sulle coste della Scandinavia sett., Inghilterra, Scozia, Spagna, Canarie, Nord-America ecc. Cardium valdedentatum n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 20. Questa specie, rappresentata da un frammento di valva sinistra, ha conchiglia di dimensioni assai grandi. Robustissima, di uno spessore non uniforme in tutte le sue parti, ma sempre rilevante, e che può essere fino di mm. 13 circa, e forse più, nelle parti centrali, e che presso al cardine raggiunge e passa i mm. 20; globosa, rigonfia, cordiforme, se veduta lateralmente e nell’insieme delle due valve, obliqua, e per questo possiamo dire inequilaterale, per quanto manchi del tutto nel nostro fossile la metà posteriore della valva. L’umbone è grande, forte, prominente, e assai inclinato verso il Jato anteriore, che risulta per ciò supponibilmente meno espanso del posteriore. Dal vertice dell’umbone si dipartono numerosissime (forse da 115 a 120) costole sottili, assai vicine tra loro, ma ben nette e distinte, che, decorrendo verso la periferia si fanno più distanti e spiccate: non sono però mai molto prominenti, anzi liscie e regolari, non a contorno curvo, ma a superfici pianeggianti; e delineano una curva, dal vertice alla periferia, colla concavità volta in avanti; i solchi che le dividono, crescono nelle prime parti del loro per- corso, poi si mantengono della stessa piccola larghezza, mentre le coste sensibilmente si allargano. Di sotto all’umbone si dipartono alcune striature concentriche, irregolari nella disposizione loro, che sono traccie di accrescimento. Il cardine è robustissimo, come abbiamo già accennato; presenta sotto l’um- bone, verso il lato posteriore, una fossa triangolare assai fonda, con un lato perpendicolare all’umbone stesso, e forse aperta posteriormente; verso il lato anteriore un dente rilevato, triangolare, fortissimo, separato dal margine superiore della conchiglia da una fossetta allungata; davanti, sul margine, presto mancante nel nostro esemplare, si nota una profonda fossetta allungata, a superficie alquanto irregolare. DIMENSIONI (in parte supposte): Altezza s : 5 ; È . È È x ; È È . mm. 140 Larghezza . 6 7 o c . è 0 " D o . 6 PINI25) Elevatezza di una valva . 6 o Ò G z 5 7 5 k » 55-60 DesHAYES ((0og. foss., pag. 164, tav. 27, fig. 3,4) descrive e figura un Cardium hippopaeum, che però riconosce identificarsi colla specie descritta cinque anni innanzi da DEFRANCE (Dict. d. sciences nat., V suppl., pag. 110, n.° 19) sotto il nome di Cardium gigas, che egli stesso riporta come sinonimo nel- PPI., pag ’ N) 256 G. DAINELLI [22] l’opera citata; non si capisce per questo che cosa lo spingesse ad usare una denominazione affatto inu- tile. E che fosse tale lo prova il fatto che in seguito (Anîm. sans vert.), descrivendo la stessa specie, ri- torna al primo e giusto nome. E questo Cardium gigas DEFRANCE si avvicina appunto al nostro di Monte Promina, e innanzi tutto per la mole gigantesca, nella quale però è sorpassato dal valdedentatum; le costole e i solchi non hanno limiti netti, ma i secondi sono semplicemente formati dai vacui lasciati dalle convessità delle prime; l’umbone è meno obliquo; le strie di accrescimento non si dipartono di sotto al vertice della conchiglia, ma in basso, dal margine; infine il cardine della valva sinistra ha un dente e una fossetta triangolari come il nostro, ma invertiti: caratteri questi abbastastanza forti per far distin- guere le due specie. Il Cardium discrepans BastEROT si avvicina pure al nostro negli esemplari figurati da HòRNES (Loss. Moll. Tert.- Beck. Wien, pag. 174, tav. 24, fig. 1-5) in specie per la forma delle coste e la costituzione del cardine; ma nei rilievi stessi, verso la periferia, sono i solchi che prevalgono in larghezza sulle coste, e poi l’umbone è affatto diritto, e appena l'estremo suo vertice mostra una piccolissima obliquità verso il lato anteriore. È Cardium Tommasei n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 21. Conchiglia bene sviluppata, forte e robusta; ne possediamo soltanto un esemplare assai incompleto, ma i cui frammenti hanno bastato a descriverla, per gli ornamenti caratteristici, come specie nuova. A dare un’idea della robustezza di questa conchiglia, che poi non ha dimensioni molto grandi, basti dire che in taluni punti ha perfino mm. 6-7 di spessore. Il contorno generale è ovato-rotondo; la valva è ine- quilatera, perchè l’umbone, grosso, forte e prominente, è decisamente volto, e non col solo vertice, verso il lato anteriore, che è come tronco, mentre il posteriore si espande di più, prima di declinare al margine inferiore. Gli ornamenti consistono in coste radiali, che, data la forma ricurva dell’ umbone, hanno anda- mento spiccatamente curvilineo; sono assai rilevate, nette, a contorno rotondo, distanti fra loro, al centro della conchiglia, circa mm. 3, e separate da solchi profondi e più larghi di esse coste; ad in- tervalli, che crescono dall’umbone verso la periferia, e in questo senso sempre più visibili e grandi, mostrano come delle barrette trasversali, che verso i lati si modificano in appendici irregolari sferiche, le quali, avendo diametro uguale a quello della base delle coste, poste come sono alla loro cima, le so- pravanzano dai due lati, sporgendo un poco verso i solchi adiacenti. Del cardine niente ci è dato vedere. DIMENSIONI (in parte approssimative): Altezza . ; 6 » ; | È A . o ; ; . mm. 70-75 Larghezza 6 : ” Salari a ò ; . ; 3 î » 60-63 Elevatezza di una valva i Hi ; i . i 5 5 , » 24 A questa nostra specie di Monte Promina non possiamo avvicinare che il Cardium scobinula MERIAN (vedi DesHAYES, Anim. sans vert., tav. 56, fig. 29-32), che presenta solo ornamenti simili: infatti sù tutta la conchiglia le appendici delle coste sono sferiche, come nel nostro si trovano solo sui lati; poi le di- mensioni infinitamente minori, che lo rendono il Cardium più piccolo dei dintorni di Parigi; 1’ umbone meno ricurvo verso il lato anteriore, e il contorno generale alquanto diverso, lo differiscono assoluta-' mente dal nostro Cardium Tommasei. Cardium De Stefanii n. sp. — Tav. XXIX [II], fig. 15-18. Conchiglia a contorno regolare, un poco più alta che larga, quasi insensibilmente inequilaterale, ri- gonfia, un poco tronca dal lato anteriore, e arrotondata ed espansa dal lato posteriore. Umbone diritto [23] G. DAINELLI 257 o quasi, prominente, terminato ad angolo piuttosto acuto, un poco ricurvo. La superficie, piuttosto che coperta di coste longitudinali (in numero di 40 a 42) si può dire incisa da solchi, essendo questi assai netti, sottili, e la metà circa in grandezza delle supposte coste, che sono semplici, uguali, appiattite, e senza alcun ornamento accessorio; i solchi invece hanno il fondo marcato da una serie di punti, o meglio di linee in senso trasversale, che vi determinano una solcatura secondaria. Del cardine nulla si può dire. DIMENSIONI Altezza . 7 5 5 Ò 6 A 6 i; Ò n 5 . mm. 24 — 28 Larghezza d È È 7 ; È 1 a % D » 23 — 25 Elevatezza delle due valse 3 È y h è ; L } È » 18— 19 Questo Cardium si avvicina per la forma generale (del contorno e delle coste) al Cardium Halaense, descritto e figurato dal D’ArcHIAC e Harme (Descr. des anim. foss. de l Inde, pag. 257, tav. 21, fig. 19); per il numero delle coste e pel carattere, importantissimo, dei solchi, al Cardium Austeni, degli stessi autori (Op. cit., pag. 257, tav. 21, fig. 18). Questi due Cardium appartengono al Nummulitico dell'India (catena d’Hala e Pendjab); ma gli autori citati, mentre li pongono quali nuove specie e quali specie differenti tra loro, non nascondono, anzi dicono chiaramente, che appaiono come due varietà della stessa specie; pel secondo si fanno questa domanda: “che non sia forse il Cardium di M. Grumi e di Castel Gomberto, descritto da ALessanpro BRONGNIART sotto il nome di asperulum LAMARCK, e distinto da ALc. D’ORBIGNY sotto quello di subasperulum?,, e al primo poi danno addirittura per sinonimo il Cardium subasperu- lum D’ OrBIGNY. Ora, l’ asperulum LAMARCK è tutt’ altra cosa dal nostro fossile; dell’ asperulum BRron- GNIART, che da questo primo il p’OrBIGNY vuol ben distinto, e ch’ei chiama appunto per ciò subasperu- tum, non abbiamo descrizione, e solo una figura (BronenIaRT, Mém. terr. séd. Vicentin, tav. 5, fig. 13), che si avvicina solo nel contorno generale al nostro esemplare di Monte Promina. Restano i due Cardium di D’ArRcHIAC e HaAIMmE; e quanto ad essi bisogna confessare che hanno molti punti di contatto e tra loro e col nostro, ma siccome i caratteri di quest’ultimo non si trovano tutti in- :sieme nell’uno e neppure nell’altro, così preferiamo proporre una specie nuova, che chiamiamo De Stefandi. Cardium dalmatinum n. sp. — Tav. XXXI [II], fig. 1,2. Un primo ed unico esemplare come forma interna, ci mostrava caratteri abbastanza chiari e distinti per descriverlo quale nuova specie; altri ancora ne abbiamo trovati in seguito. Conchiglia supponibilmente spessa; equivalve, leggermente inequilaterale, allungata, a contorno rego- lare, per quanto in un esemplare appaia espanso inferiormente assai più ‘ dal lato anteriore, forse per pressioni posteriori alla fossilizzazione; rigonfia, con umbone assai prominente e un poco ricurvo, for- nito, dal lato posteriore, di una leggiera carena, esagerata nell’esemplare e per la ragione sopra citata; la conchiglia declina regolarmente dalla sua massima rigonfiezza (che è nell’umbone) alla periferia. La parte centrale è fornita di solchi e costole (circa 40), che vanno attenuandosi sulle parti laterali, e sono assai più distanti tra loro sul lato posteriore (3-5 mm. circa di distanza), che sul lato anteriore (2 mm. circa). Niente si può dire del cardine. DIMENSIONI (massime): Altezza ; 6 . : 7 6 7 5 È ; 5 è . mm. 90 Larghezza . ; . : $ o 6 . o . . 5 » 62 Elevatezza delle due i eo a - È 5 d 2 ) , È È » 58 258 G. DAINELLI [24}} Il nostro fossile non può essere paragonato che col recente Cardium oblongum CHENN. (vivente, pliocenico ed ascritto da Mayer anche al Miocene di Svizzera), descritto tante volte dagli autori sotto questo o sotto altri nomi, il quale ci mostra quasi tutti i caratteri del nostro fossile, ma in misura così lieve, da separarnelo senza dubbio quale specie differente; le sue stesse misure sono minori: altezza 73 mm., larghezza 56 mm., elevatezza delle due valve 46 mm.; ma questo sarebbe un carattere differenziale non molto importante. Per quanto inequilaterale, è assai più regolare, e mostra un contorno ovale; l’umbone assai meno rigonfio è quasi punto prominente e ricurvo; le costole, in numero di 27, mostrano minore la differenza dei loro intervalli, e sono assai meno rilevate di quelle del nostro fossile, nel quale le im- pronte, sul modello, giungono talora fino all’umbone, mentre le impronte interne nel Cardium oblongum CHEMN. finiscono circa alla metà della conchiglia. Tali caratteri comuni, ma talmente differenti d’intensità, mentre avvicinano il Cardium dalmatinum all’ oblongum, ne fanno una specie ben distinta. g Cardium siverichense n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 22, 23. Conchiglia piuttosto piccola, supponibilmente sottile e in conseguenza fragile, assai rigonfia, in specie in rapporto alle piccole sue dimensioni, cordiforme, se vista lateralmente e nell’insieme delle due valve; umbone assai grande, largo, prominente e ricurvo, un poco volto verso il lato anteriore; da questa parte il contorno della conchiglia declina più rapidamente verso il margine inferiore, mentre dal lato posteriore si inalza un poco, per poi scendere obliquamente, dopo aver fatto un angolo quasi retto, ma arrotondato; nel suo insieme perciò il contorno valvare assume un aspetto quadrangolare irregolare. Lungo i margini si notano in numero assai grande delle striature in senso radiale, sottilissime ed oltremodo avvicinate le une alle altre, tanto che in un millimetro ne abbiamo potuto contare da 5 a 6. Nel cardine della valva sinistra, al centro, sotto l’umbone, dal lato anteriore c'è un dente forte, conico, rivolto all’innanzi, seguìto verso il lato posteriore da una fossetta piuttosto sentita, con un rilievo cen- trale nel fondo: non si può dire cosa debba corrispondere a questa dentatura sulla valva destra; questa invece mostra chiaramente due denti laterali posteriori, allungati, concorrenti verso l’umbone, e un dente laterale anteriore, anch’esso molto allungato ed assai distante dal margine della conchiglia. DIMENSIONI Altezza . 5 i 5 5 s 5 i 5 5 ; s . mm. 22 — 26 Larghezza È È ì ; . o RI IS o G ò 6 » 23 — 27 Elevatezza ò È 3 A 5 ) 6 Ò 5 5 o 5 » 17 —- 20 Alla presente specie di Monte Promina si avvicina più che altro il Cardium Plumsteadiense SowERBY il quale però ha l’umbone assai meno largo, potente e ricurvo, ma invece terminato ad angolo assai acuto, ciò che non è affatto nella nostra specie. Non farà poi meraviglia, il trovare in questa il dente laterale anteriore assai discosto dal margine, perchè qualche cosa di simile si riscontra, ad esempio, nel Cardium Rachitis DesHAves, e nel cymbulare LAMARCK. Cardium prominense n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 24. di Conchiglia inequilaterale, a contorno ovale-obliquo, molto e regolarmente rigonfia; l’umbone grosso, poco prominente, è appena rivolto verso il lato anteriore, che è leggermente espanso, mentre il poste- riore è tronco e presenta una linea, se non retta, a curva però dolcissima; tutta la superficie valvare è coperta da costole radiali numerose (forse fino a 50), le posteriori piuttosto fitte, le anteriori assai più ETA AGR ES RR NI sel MATA È EPA [25] G. DAINELLI 259 distanti tra loro (il doppio: circa 2 mm.), a decorso più o meno rettilineo, nette, separate da solchi poco profondi. Il cardine non si vede. DIMENSIONI Altezza È 5 3 h È i i 3 Ù 6 È , . mm. 36 Larghezza . o . 0 5 : c o ° 0 o o . » 28 Elevatezza di una valva 5 5 ; ) È 7 0 o 0 5 » 22 Il presente Cardium si può paragonare ad alcuni esemplari di congulatum Gorpruss figurati da SPEYER (Die Biv. der Cass. Tert.-Bild., tav. 7, 8), che mostrano certamente una qualche analogia; ma all’assenza di una rigonfiezza ‘così caratteristiea come nel nostro, uniscono una espansione laterale assai maggiore, e alcune altre differenze nel contorno generale della conchiglia. È analogo anche il Cardium norvegicum SPENGLER, del Pliocene. Cardium sp. — Tav. XXIX [I], fig. 25. Conchiglia a contorno ovale-irregolare, molto obliqua, e inequilaterale; l’umbone è grande, promi- nente, rivolto verso il lato anteriore, che subito dopo il cardine declina obliquamente indietro verso il margine inferiore; a questo, per un certo tratto, è parallelo il margine superiore, allungato, finchè, dopo un angolo ottuso, piega per congiungersi a quello con un margine semicircolare che rende il lato posteriore assal espanso; a questo arriva una leggiera carena radiale che si parte dall’umbone. Tutta la superficie valvare è coperta da costole radiali piuttosto rade tra loro, e in numero di circa 40, i cui particolari non si possono rilevare dal nostro fossile, che è allo stato di modello interno; del cardine non è visibile che parte dell'apparato della valva destra: essa ha sotto l’umbone, dall’indietro all’avanti, un dente piuttosto grande, e una fossetta abbastanza profonda, ma non tanto profonda quanto rilevato è il dente; sul lato anteriore c'è un dente allungato, forte, separato dal margine della conchiglia da una fossetta pure al- lungata, ma meno importante di esso, al di là della quale si vede un altro dente allungato, assai piccolo, posto obliquamente al margine cardinale. DIMENSIONI Altezza 0 ò 0 ò 5 5 0 5 5 D 5 ' . mm. 28 Larghezza . Ò 6 c o 0 0 o 0 : o 0 o » 40 Elevatezza delle due valve . a Ò H x ù È È " È » 20 circa Al nostro fossile si avvicina alquanto nella forma generale l'esemplare di Cardium difficile DesHAyES figurato dal FrauscHRR (Das Unt.-Eoc. der Nord-Alp., tav. 10, fig. 1), ma ne differisce tanto l’esemplare del bacino di Parigi, che ha servito come tipo alla specie, da toglier di mezzo ogni minima analogia. Una certa somiglianza presenta il Cardium venustum DesHAYES (Anim. sans vert., pag. 575, tav. 55, fig. 22-25), il quale però ha l’umbone poco prominente, e meno piegato verso il lato anteriore, che non è tronco come nel nostro fossile; analogia però non si può negare, nel contorno generale, nel numero e nella distanza delle coste, e nel lato posteriore. Cardium sp. — Tav. XXIX [I], fig. 26. Conchiglia eminentemente obliqua ed inequilaterale; essa è assai rigonfia, ma in questa sua elevatezza mostra una certa irregolarità, perchè non è uniforme, invece limitata alla parte centrale, dove determina una forte carena dall’umbone alla periferia, con direzione dall’avanti all’indietro, a causa della obliquità 260 G. DAINELLI [26] della conchiglia; in specie in un esemplare, questa carena elevata è molto sentita, certamente esagerata da pressioni posteriori alla fossilizzazione. L’umbone è grosso, prominente, assai ricurvo in avanti, dove il margine superiore prima di declinare al lato anteriore, si prolunga un poco a formare una specie di aletta caratteristica, terminata ad angolo retto un poco smussato. Sul davanti, presso l’umbone, a causa del- l’obliquità di questo, la conchiglia è tronca, anzi un po’ concava, mentre è più uniformemente rigonfia ed espansa nel lato posteriore, in specie nella sua parte più bassa. La superficie valvare è tutta coperta da costole numerose (circa 40), nette, abbastanza rilevate, fitte tra loro nella parte anteriore della conchi- glia, più rade nella parte posteriore e in quella centrale, separate da solchi piani e spaziosi. DIMENSIONI Altezza . 5 2 È 3 è i È : È ; È . mm. 28 — 36 Larghezza o c c 0 o c o : c o 6 ò » 20 — 28 Elevatezza di una valva . È È 5 g È i " 6 i » 12-14 Alla nostra specie si avvicina il Cardium reniforme KòxeN di Lattorf (Norddeutsche Unt.-Olig., Lief. 5, pag. 1154, tav. 77, fig. 9-11); però nell’insieme è più allungato, ha costole larghe e solchi stretti, il margine superiore non forma sul davanti dell’umbone l’aletta caratteristica, e le valve sono meno espanse e rigonfie nella parte bassa del lato posteriore. Vicino è pure il Cardium precedens MavER. Con tutto ciò nel nostro Cardium di Monte Promina non abbiamo elementi abbastanza caratteristici per formarne una specie nuova. Cardium sp. Un parziale modello interno di Lamellibranco ci lascia vedere, imperfettamente, il suo apparato car- dinale, ma in modo da poter affermare trattarsi di un Cardium. La valva destra ha sotto al vertice dell’umbone una fossa grande e profonda, con a lato due denti prominenti e rotondeggianti; nella parte posteriore vi è un dente molto allungato, nella anteriore uno che lo è meno. Nella valva sinistra non possiamo dire quale fosse l’apparato cardinale. L'impressione muscolare posteriore è grande, ovato-orbicolare. DIMENSIONI (supposte): Altezza ; d 5 ; d 7 î ; ; 7 3 . . mm. 70 Larghezza . 0 . 0 0 a Ò 0 . o c c o » 70 Elevatezza di una valva 3 i È o 5 ù AREA 5 9 » 25 Cyrena prominensis n. sp. — Tav. XXXI [III], fig. 3,4. Conchiglia equivalve, chiusa, subtrigonale, inferiormente arrotondata; rigonfia, presenta la sua mas- sima elevatezza verso il centro della conchiglia, ma in vicinanza del vertice dell’umbone (alla metà del diametro antero-posteriore e ad un terzo del diametro umbono-ventrale) e va deprimendosi alla periferia in modo che vi si osserva un punto di inflessione; inequilatera, ha gli umboni molto sviluppati, prominenti e ricurvi, e volti assai sensibilmente verso il lato anteriore. Il lato anteriore è tronco in confronto del posteriore, più regolarmente arrotondato fino alla periferia. Assai sviluppate e visibili le impressioni dei muscoli adduttori, dal lato anteriore, col contorno di una ellissi allungata. I nostri fossili, quasi completamente allo stato di forme interne, presentano distinti. due solchi ra- diali che vanno dal vertice dell’umbone all’impressione muscolare, e che corrispondono a quelle specie: "A dior [27] G. DAINELLI 261 di carene che si osservano sulla superficie interna delle Cyrernae, come di altri Lamellibranchi. Il cardine non è visibile. DIMENSIONI Altezza . o , 0 5 3 : 1 ? È 5 5 . mm. 42 — 60 Larghezza 0 5 o ; ; c o : 5 0 Ò 0 » 42— 60 Elevatezza delle due valve ò 4 5 5 A 0 È 6 . » 30 — 38-42 Il nostro fossile rammenta molto due Cyrenae già descritte ed alle quali bisogna avvicinarlo: la globosa MarHERON (Cat. méth. et déser. des corps org. du Dép. des Bouches du Bhone, pag. 220, n.° 114, tav. 14, fig. 12, 13), delle ligniti eoceniche di Martigues, Cadière, Beausset, e che il p’OrBIGNY chiama Cycelas globosa (Prodr. de Pal., III, pag. 19, n.° 283), e la Cyrena cardioides DesHAves (Anim. sans vert., pag. 498, tav. 36, fig. 1-3), delle ligniti eoceniche di Cramant e Bernon; però, tutte e due, di dimensioni inferiori agli. esem- plari nostri, mostrano alcuni caratteri che ci hanno indotto a fare del nostro fossile una specie nuova. La globosa MATHÉRON, per avere la conchiglia meno arrotondata dal lato ventrale, tende molto ad una forma triangolare, e si mostra assai, e molto regolarmente rigonfia fino alla periferia; la cardioîdes DESHAYES è più corta della nostra, e con contorno assai meno regolare. Anche la Cyrena Gravesi DesHAYES ((Cog. foss., pag. 120, tav. 19, fig. 3-4), che è la Cyelas Gravesi D’OrBYaNY (Prodr. de Pal., étage 24, n.° 467), non tanto. per la figura che ne dà il suo descrittore, quanto per alcuni esemplari che abbiamo dinanzi, si può av- vicinare alla nostra, ma ne differisce per essere assai meno rigonfia, meno larga, e per avere il contorno inferiormente molto meno arrotondato; e infine anche la semistriata D’ORBIGNY, vicina alla gIobosa MATHÉRON in quanto alla forma generale, per questo appunto si distingue dalla nostra, avendo il margine inferiore assai meno arrotondato, e in conseguenza il contorno spiccatamente triangolare. Corbicula diplocarinata n. sp. — Tav. XXX [II], fig. 19-21. Conchiglia sottile, fragile, oblunga, trasversa, tendente alla forma triangolare, inequilatera, espansa assai più posteriormente che anteriormente, con l’orlo inferiore leggermente convesso, e ai due lati a curve sentite; l’umbone è triangolare, piuttosto prominente, rivolto appena verso il lato anteriore; la superficie è ornata da numerose costole concentriche, più sporgenti sui lati, appena rilevate verso il centro della conchiglia. Una forte carena, che, dalla parte posteriore, va dal vertice dell’umbone al contorno, deter- mina una piegatura improvvisa, verso l’alto, delle costole e dei solchi. La parte superiore della conchiglia, determinata da tale carena, presenta una costola radiale ben visibile, che la suddivide in altre due parti presso che uguali. Il margine cardinale è debole e stretto: dal centro si dipartono tre denti cardinali di- vergenti, dei quali l’anteriore si manifesta bifido se esaminato colla lente, il mediano si riconosce pure bifido anche ad occhio nudo, ed è il più forte di tutti, il posteriore è il più esile, ma il più allungato; i primi due formano tra loro un angolo quasi retto. Lateralmente, dal lato posteriore (l’anteriore non è conservato) si osserva una lunga fossetta, abbastanza larga, sul cui margine interno si possono riscontrare delle finis- sime striature trasversali; tale è l’apparato cardinale della valva sinistra, l’unica ben conservata. . DIMENSIONI Altezza . 5 5 Li 3 È ) 6 o : 3 È . mm. 18-19 Larghezza . 5 5 : È o 3 5 c o . o » 25-28 Elevatezza di una valva . x 5 6 6 : ; È 5 È do IG Non abbiamo trovato una Corbicula che si avvicini molto alla nostra specie di Monte Promina: la Cyrena ovalina DesHAvEs (Anim. sans vert., pag. 505, tav. 36, fig. 16-18), che presenta una certa somiglianza Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 32 262 G. DAINELLI [28] nel contorno generale, è però assai più regolare, e tanto che sembra quasi equilaterale, ed è affatto priva delle due coste radiali, che sono caratteristiche del nostro fossile. Cyrenae carenate se ne conoscono (tali la incompta DesHAYESs, la Rigaulti DesHAvEs, la rugosa SowERBY, la solitaria ZITTEL...), ma nessuna in modo così particolare come la nostra. E astrazione fatta da questi rilievi caratteristici della superficie esterna, la nostra Corbicula diplocarinata si avvicina nel resto anche alla Cyrena amygdalina DESHAYES (Anim. sans vert., pag. 500, tav. 37, fig. 22, 23), nel cardine, nel contorno generale, nelle dimensioni, salvo il diametro umbono-ventrale, che quest’ultima ha alquanto più grande. . Isocardia subtransversa n’Oreiony — Tav. XXXI [III], fig. 5, 6. 1836. Isocardia transversa (non Minsrer) Nysr. 0ogq. foss. Hosselt, pag. 10, tav. 4, fig. 24. 1843. —_ —_ Nysr. Coq. foss. tert. Belg., pag. 201, tav. 15, fig. 3. 1848. _ — — Bronn. Ind. paleont., pag. 618. 1848. Cipricardia Werneri Hornes. Vera. in Oxjxel0s Erliut., pag. 27. 1851. Isocardia subtransversa D’OrBIiGnY. Prodr. de Pal., III, pag. 21. 1852. — transversa Nxst. Braun. Walchn. Geogn., pag. 1117. 1853. _ — —. SanpBerGER. Untersuch. iiber das Mainx. Tertiùrb., pag. 9. 1861. — subtransversa D’ORB. — — Maina. Tertidirb., pag. 316, tav. 25, fig. 3. 1861. Isocardia Deshayesi (non BeLLarDi) MicarLontI. Mioc. inf., pag. 74. 1869. — subtransversa D’Org. Konan. Mitt.-Olig. Palaeontographica, XVI, pag. 254, tav. 30, fig.1, tav. 29, fig. 8. 1870. — — — Hornrs. oss. Moll. Tert.-Beck. Wien, II, pag. 166, tav. 20, fig. 3. 1878. — cor (non Lamarck) Wrrcamaww. Meckl. Arch., pag. 25. 1884. — subtransversa D’OrB. Spever. Die Biw. der. Cass. Tert.-Bild., tav. 6, fig. 7-12, tav. 7, fig. 1-3. 1890. — Deshayesi (non BeLLaRDI) Sacco. Cat., p. 342. 1891. — subtransversa D’OrB. Cosswann. Journal de Conch., pag. 278, tav. 6, fig. 8,9, 1898. — —_ — Rovereto. Pelecipodi, pag. 47 1900. _ —_ —_ —_ Moll. foss. tongr., pag. 98. x Conchiglia ovato-trasversa, rigonfia, molto inequilatera; la parte anteriore è corta, troncata, arroton- data, la parte posteriore assai espansa; gli umboni sono poco rigonfi, poco prominenti, rivolti verso il lato anteriore. La superficie esterna presenta una rigonfiezza piuttosto sentita, che dall’umbone va al lato posteriore, mantenendosi vicina e quasi parallela al margine superiore; il margine inferiore è scappante dal lato ante- riore verso il posteriore. Dell’apparato cardinale nel nostro fossile non si vede che parte di quello ap- partenente alla valva sinistra, cioè una fossa profonda e allungata, nel lato posteriore, limitata superior- mente dal margine, e inferiormente da un forte dente; sul lato anteriore non si scorge che il principio di un dente e di una fossetta triangolare (v. SPEYER, Op. cit., tav. 6, fig. 11). DIMENSIONI Altezza . . : 1 . 7 : Di 0 : È : . mm. 54 Larghezza . c i ò 0 d 3 . . Ò c 7 0 » 70 Elevatezza delle due valve . 6 g 5 3 , o 5 q x » 40 circa Di questa specie abbiamo trovato a Monte Promina una unica forma interna. Questa specie il Nysr chiamò Isocardia transversa, proponendo per la cretacea transversa Munster la denominazione di Zsocardia Minsteri Nxst; ebbe poi il nome di subtransversa D’ORBIGNY, che noi dobbiamo accettare lasciando quello di transversa per debito di giustizia e priorità alla specie cretacea studiata da MunstER. [29] G. DAINELLI 263 Non farà meraviglia di trovare il contorno generale della conchiglia un po’ diverso da quello di alcuni esemplari figurati; ma anche questi differiscono tra loro, e alcuni molto, e l’HòRNES dice che esistono grandi varietà di forma in questa specie. Località: — Hosselt, Klein-Spauwen..., Kassel..., Weinheim, Loibersdorf (Vienna)...., Baden, Ba- viera, Magonza, Sassello, S. Giustina ecc. Venus ambigua Roverero — Tav. XXXI [III], fig. 7,8. 1858. Venus Aglaurae (non Broxen.) Mayer. Journ. de Conch., pag. 85, tav. 4, fig. 1. 1870. — —_ _ — Hornes. Foss. Moll. Tert.-Beck. Wien, pag. 122, tav. 14, fig. 1. 1898. — ambigua Rovereto. Pelecipodi, pag. 50. 1900. — _ _ Moll. foss. tongr., pag. 106. Conchiglia ovato-rotondata, robusta, spessa (nei nostri esemplari, più di 8 mm.), rigonfia, inequila- tera; gli umboni sono prominenti, ricurvi verso il lato anteriore, che appare un poco tronco e concavo, mentre il lato posteriore è più regolarmente arrotondato; la lunula è sviluppata, ovata-cordiforme, il cor- saletto allungato, con una leggerissima costa che lo divide in due parti; .il margine inferiore, dalla parte interna, mostra tanti piccoli solchi e coste ad esso perpendicolari, assai sottili e fitti tra loro (fin 13 in 10 mm.). I rilievi della valva sono caratteristici, costituiti da elevate lamelle concentriche, poste alla di- stanza di circa 3 mm. l’una dall’altra, le quali sono intersecate da costole radiali, di esse lamelle alquanto più fitte, e che determinano una ornamentazione a scacchiera e singolarissima, perchè le coste concen- triche vengono a prendere l’aspetto di serie di tubercoletti, e i solchi che intercedono tra esse, per le due diverse inclinazioni che hanno le coste radiali, l’aspetto di tante lamine soprammesse una sull’altra dall’avanti all'indietro. Del cardine non si vede nei nostri esemplari che un forte solco posteriore, allun- gato e profondo nella valva sinistra. ; DIMENSIONI (approssimative) Altezza 2 n ; 3 2 È 7 $ ; 6 È n . mm. 75 Larghezza . ò . 0 - 6 6 È o . ò ? . » 80 Elevatezza di una valva. ; ; 5 : ; SARDA 5 PESI) La differenza tra la tipica Venus Aglaurae BroneniarT e le Venus Aglaurae auct. fu già fatta notare da FucHSs (1870, Beitr. Kenntn. Conch.-Fauna vic. Terticirgeb., pag. 165), e poi diffusamente da FRAUSCHER (1886, Unt.-Eoc. Nordalp., pag. 161); di recente RoveRrETO (1898, Pelec., pag. 30, 50; — 1900, Moll. tongr., pag. 106) l’ha stabilita di nuovo, pur non ammettendo come Verus Aglaurae Bronen. gli esemplari di FucHs e di FRAUSCHER, che primi avevano fatta la distinzione. I nostri fossili si identificano con quelli illustrati dall’HòrnES, che RoverETO distingue col nome nuovo di Venus ambigua; non possiamo darne la sinonimia, perchè per ciò sarebbe necessario aver presenti tutti gli esemplari citati dagli autori come Venus Aglaurae BRONGN. Località: — Bacino di Vienna; Steinabrun, Nikolsburg, Eggeburg, Gauderndorf, Grussbach ....; Vicentino-Carcare, Pareto, S. Giustina, Cosseria ecc. Venus sp. — Tav. XXXI [III], fig. 9. Conchiglia sottile, ovale, obliqua; gli umboni sono prominenti, ricurvi, rivolti assai verso il lato an- teriore, che è tronco affatto, declinando subito verso il margine inferiore; mentre il lato posteriore è svi- luppato, espanso, ma ristretto alla sua estremità. Tutta la superficie è coperta di costole concentriche, 264 in numero di circa 35, sottili quelle sull’umbone, grosse, ben rilevate, scalariformi, arrotondate, le altre; una leggiera striatura si scorge colla lente su alcuni piccoli frammenti di conchiglia, rimasti sul nostro unico esemplare di Monte Promina. Altezza Larghezza . : Ò Elevatezza delle due valve . Questo nostro esemplare, che ha sofferto un forte schiacciamento, crediamo che sia una Venus, vicina, se non uguale, alla intermedia MicHeLOTTI (Mioc. inf. It. sept., pag. 60, tav. 6, fig. 10, 11), ma nell’incer- G. DAINELLI DIMENSIONI mm. 26 circa » 42 » 18 circa tezza, non possiamo mettere una determinazione così precisa. Pholadomya Puschi GoLpruss var. Delbosi MicneLorti — Tav. XXXI [III], fig. 10. 1837. Pholadomya subfidicula Hauer. Neus Jahrb. f. Min., pag. 422, n.° 182. 1840. — Puschi Goupruss. Petr. Germ., II, pag. 273, tav. 156, fig. 3. 1847. — - S D’ArcHIac et Hamer. Numm. Inde, pag. 32. 1848. — —_ — Bronn. Index paleont., II, pag. 963. 1850. — — — D’Orsieny. Prodr. de Pal., II, pag. 321, n.° 445. 1852. —_ — — BreLLarDI. Mém. Soc. géol. Fr., 2 sér., IV, pag. 230, n.° 127. 1852. — = — Hauer. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., III, pag. 193. 1855. — ni —_ Siswonpa. Mem. Acc. Torino, pag. 7. » 1855. si _ -- PresBwicz. Bull. Soc. géol. Fr., 2 sér., XII, pag. 388. 1859. —_ — — p’Arcuniac. L. cot., 2 sér., XVI, pag. 787. 1861. —_ quaesita — — MicarLorti. Mioc. inf. It. sept., pag. D4, tav. 5, fig. 12. 1861. — Delbosi. — — L. cit., pag. 55, tav. 5, fig. 3. 1861. —_ corbuloides — — L. cit., pag. 55, tav. 5, fig. 4-5. 1861. = virgula — — — L. cit., tav. 4, fig. 18-19. $ 1861. — trigonula — — L. cit., pag. 56, tav. 5, fig. 6-7. 1862. — Minsteri? — Zirren. Sitzungsber. d. k. k. Ak. d. Wiss., vol. 66, pag. 388. 1862. — Puschi GoLpruss. ZirteL. Die obere Numm. in Ungarn. 1863. —_ Esmarki Scaarzaruti. Leth. geogn., pag. 173, tav. 43, fig. 11 a. 1865. —_ Puschi Gorpruss. BeLLArDI. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 147. 1865. — —_ — Mayer Eyvmar. Moll. tert. Mus. Zurich, pag. 38, 64. 1867. —_ _ — Kavrmans. Beitr. geol. Karte Schweiz, 5 Lief., pag. 165. 1867. _ — — Kaurmann. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 221. 1869. — — — 2 Konen. Mitt.-Olig. Palaeontographica, XVI, pag. 269. 1870. — — — ScaLormeere. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 105. 1870. —_ _ —_ Fucas. Denkschr. d. k. Akad. d. Wiss., vol. 30, pag. 18. 1871. —_ —_ i Hantxen. Mitth. aus d. Jahrb. d. k. ung. geol. Anst., pag. 87. 1871. —_ - —_ Horrmann. L. cit., pag. 224, 229. 1871. —_ —_ _ Pavay. L. cît., pag. 345. 1872. —_ — — Tournover. Bull. Soc. géol. Fr., 2 sér., vol. 30, pag. 500. 1873. — — — BovrLLi. Paltont. de Biarritz, pag. 3, 7. 1874. _ _ _ Fvucas. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 130, 132, 134. 1875. — _ — Morscri. Monogr. d. Pholad., pag. 115, tav. 35, fig. 4; tav. 36, tig. 7; tav. 37, fig. 1-3, 7,9. [81] G. DAINELLI 265 1876. Pholadomya Puschi Goupruss. BovrLLé. Paléont. de Biarritx, pag. 36, 39, 43. 1878. —_ _ —_ Hanrken. Sohlenfl. in Ung., pag. 189, 236. 1878. — = _ Hoòrnes. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 32. 1878. — = —_ GiueL. Abriss d. geogn. Verhiltn. d. Tertidirsch. bei Miesbach, pag. 35, 44. 1880. — — — Freppen. Mem. of Geol. Surv. Ind., vol. 17, pag. 201. 1884. — — —_ Spever. Die Biv. d. Cass. Tert.-Bild., tav. 4, fig. 20. 1886. — —_ —_ Frauscner. Das Unt.-Eoc. der Nord-Alp., pag. 192, tav. 11, fig. 3-4. 1890. — Delbosi Mic®. Sacco. Cat., pag. 435. 1898. Pholadomya Puschi GoLpruss e var. di Micn. Rovereto. Pelecipodi, p. INI, pag. 67. 1898. —_ — — Cossmann. Estudio de algunos Mol. coc. del Pireneo Catalano, in Mapa geologico, III, ser. 2, pag. 2, tav. 6, fig. 3-5. 1900. — — —_ e var. di Mica. Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 126, 127. Conchiglia allungata, obliqua, poco rigonfia; la forma generale è subcilindrica, assai sviluppata dal lato posteriore che termina alquanto assottigliato e depresso, mentre l’anteriore è tronco e molto rigonfio; gli umboni sono relativamente piccoli, non molto prominenti, appena rivolti verso il lato anteriore, e contigui ai loro vertici. Tutta la superficie delle valve è coperta da coste concentriche larghe e nette, più sottili e avvicinate tra loro quelle poste sull’umbone, in tutte in numero di :45-50; esse sono attra- versate da solchi radiali, emananti dall’umbone verso la periferia, i Mal determinano nelle coste con- centriche l’aspetto di tante serie di tubercoli poco sviluppati. DIMENSIONI Altezza . È 4 : ; A 5 6 3 7 ò i . mm. 60 Larghezza 7 5 o B " i i Ù B ; } » 105 Elevatezza delle due a . I : 5 5 5 È % ò » 50 Nella immensa varietà di forme do presenta questa specie, e di cui può convincersi chi prenda ad esaminare le diverse figure che ne danno gli autori, il nostro esemplare di Monte Promina, più che a tutti, si avvicina al fossile di Dego, chiamato da MicH®ELOTTI, Pholadomya Delbosi. RoverETO lo vorrebbe distinto come varietà della forma tipica, al pari delle altre specie di MicHELOTTI; ma, considerate le grandi differenze di aspetto che possono prendere i varii individui della specie di (GoLpruss, abbiamo preferito considerare quali sinonime le specie di MIicHELOTTI, come d’altra parte hanno fatto molti autori. Per la sinonimia abbiamo seguito in massima parte FRAUSCHER. Località: — Marostica (Venezia), Crosara (Verona), Dego, Carcare, Sassello, Grognardo, Cassinelle, San Gallo, Lucerna, Eighenthal al Pilato, Dax, Bajonne, Haring, Siebenbiùrgen, Tatra, Osnabriick, Binde, Astrup, Tolz, Baviera, Oberkanfungen, Dusseldorf, Hamptshire, Wight, Pirenei, Turchia, Russia, Aral, India. Pholadomya Meyeri n. sp. — Tav. XXXI [III], fig. 11. Conchiglia ovale-oblunga, trasversa, nel nostro esemplare compressa lateralmente, molto inequilaterale, come tutte quelle del genere; la parte anteriore è corta, ma non affatto tronca, anzi ha il margine arroton- dato ed abbastanza espanso; la parte posteriore è più lunga, più stretta, con curva finale a raggio più piccolo, ciò che, per quanto non si possa vedere, ci fa supporre la inclinazione dei margini superiore ed inferiore. L’umbone non è molto sviluppato, è poco prominente, e leggermente rivolto verso il lato an- teriore; da esso si dipartono delle costole radiali divergenti, naturalmente tanto più sviluppate, quanto più si avvicinano al lato posteriore, e mancanti sul lato anteriore; esse sono ben visibili, piuttosto distanti le 266 G. DAINELLI [32] une dalle altre, ma non nette e rilevate dalle semplici depressioni (più che veri solchi) che intercedono tra esse. La superficie valvare è poi coperta da lamelle concentriche, più o meno obsolete e irregolari nella disposizione loro. DIMENSIONI (approssimative ) Altezza È 3 1 6 3 ù È È Li H 7 . mm. 20 — 30 Larghezza . ; È 7 5 5 Ò 0 È , . o » 25 — 35 Elevatezza di una valva 6 5 i ‘ È ; ; ù È » l— 10? Di questa specie abbiamo solo due frammenti assai incompleti, ma quantunque non sieno in condi- zione tale, da darne una buona e minuta descrizione crediamo che costituiscano una specie nuova; le avviciniamo la Pholadomya ludensis DESHAYES ( Anìm. sans vert., pag. 280, tav. 9, fig. 1-5), che però ha dimensioni, e, in relazione, specialmente rigonfiezza, maggiori, coste radiali assai più fitte e rilevate, e meno inclinate verso il lato posteriore, lamelle concentriche più spiccate, e ridotte a granulazioni dal- l’incrocio delle coste radiali. Un poco più nella ornamentazione, la nostra si avvicina alla Pholadomya Haydeni Morsca (Monogr. der Pholad., pag. 127, tav. 38, fig. 5), la quale però ne differisce assai nel contorno generale, perchè ha i due margini superiore ed inferiore per un certo tratto paralleli. Corbula sp. Numerosissimi esemplari di piccole bivalvi, che si trovano assai fitti dentro ad un sottile strato di calcare molto marnoso, sono riconoscibili come individui di Cordula. La forma è ovale-trigona, quasi equi- laterale, rigonfia; l’umbone è grosso, rilevato, prominente, leggermente opistogiro; la superficie è fornita di strie concentriche, e probabilmente di una leggera carena obliqua, diretta dall’umbone alla periferia. DIMENSIONI Altezza 5 È : ò È P 7 ò , 0 0 0 . mm. 3 Larghezza . . . . 6 : o . 0 o È o . >» 4 A questi esemplari si può avvicinare la Corbula minima DEsHAYES (Anim. sans vert., tav. 14, fig. 28-34), però, dato l’imperfetto stato di conservazione dei fossili del Monte Promina, non possiamo nè identificarli ad altri, nè farne una specie nuova. È forse questa la bivalve, piccola e assai frequente, trovata anche da Lanza, il quale, senza osservarla decisamente, credè appartenente al gen. Pisidium (Essaè sur les. form. géogn. de la Dalm., pag. 130). Gastropoda. Subemarginula De Stefanii n. sp. — Tav. XXXI [III], fig. 12, 13. Conchiglia patelliforme, conica, simmetrica, stretta, allungata, apparentemente poco elevata, anzi addi- rittura depressa, se ciò non dipende per intero da azioni meccaniche che il nostro fossile abbia. sofferto » posteriormente alla sua inumazione; sommità leggermente incurvata verso il lato posteriore, ma più vicina al lato anteriore, e precisamente ai °|, della lunghezza totale. Superficie adorna di 20 costole radiali massime, alternanti con altrettante un po’ meno pronunziate; gli spazi che intercedono tra queste principali sono occupati da rilievi pure radiali assai più sottili e fini, nei quali pure, mediante l’aiuto della lente, si può: riconoscere un’alternanza tra alcuni, più, ed altri, meno sentiti; tutte insieme poi queste costole appaiono: » Stone Ti RE [33] G. DAINELLI 267 molto finamente granulate per delle striature concentriche sottilissime, assai vicine tra loro e appena visibili. La fessura, propria delle Emarginule, è rimpiazzata da un solco profondo, che dalla sommità va fino al lato anteriore; il margine è come dentellato, corrispondendo le sporgenze alle coste maggiori. DIMENSIONI Lunghezza . o ST . 6 ò o . o o o . mm. 25 Larghezza . o . 6 7 6 : 6 , ò . : 7 » 14 Elevatezza . b ; 5 ; , , Ò È 6 : È A » 49 Poche sono le Subemarginulae descritte, ed in queste poche non una si avvicina a questa nostra così caratteristica. Pleurotomaria Sismondai GoLpruss. — Tav. XXXII [IV], fig. 1-3. 1826. Pleurotomaria Sismondai Gonruss. Petr. Germ., III, pag. 77, tav. 188, fig. 1. 1848. —_ — — Bronn. Ind. Pal., pag. 1018. 1865. Scissurella Beyrichi Semper. Journ. de Conch., XIII, pag. 285, tav. 12, fig. 1. 1866. Pleurotomaria Sismondai GoLpruss. KineNn. Zeitschr. d. deutsch. geol. Ges., pag. 289. 1869. Trochus amblyconus SanpBERGER. Mainx. Tertitirb., pag. 150, 396, tav. 11, fig. 9, tav. 35, fig. 28. 1892. Pleurotomaria Sismondai GoLpruss. Kinen. Norddeutsche Unter-Olig., IV, pag. 807, tav. 54, fig. 3-6. Di questa specie abbiamo un assai importante frammento, e resti mal conservati di due esemplari, come parziali forme interne, con piccole parti di conchiglia attaccate. La forma originaria, rilevata, conica e regolare, non si osserva che nel primo esemplare; negli altri due fossili è assai modificata per pres- sioni che hanno indotto uno schiacciamento, dall’alto al basso, ed obliquo. La base è ombilicata; gli anfratti, in numero di 8, sono ornati di sottili striature che seguono la spirale della conchiglia, e che, per essere attraversate in senso ortogonale da strie trasverse, appaiono, invece che continue, come serie di finissime granulazioni; un poco al di sopra della metà degli anfratti, si osserva che la forma interna ha una carena abbastanza acuta verso la bocca; e questa cresta, che segue gli anfratti nel modello interno, indebolen- dosi però dall’apertura al vertice, è la traccia della “ bande du sinus , del D’ORBIGNY, dovuta all’oblite- ramento della caratteristica fessura delle Pleurotomarie. Le strie trasversali, interrotte su questa linea, vi si incurvano, volgendo all’apertura, che nei nostri esemplari non è visibile, la loro convessità. Gli anfratti sono leggermente curvilinei, le suture nette, ma x poco incavate e profonde; la conchiglia è madreperlacea. DIMENSIONI Altezza. 5 n x 5 i 3 n 5 ò ò 6 3 . mm. 50 Diametro massimo 3 È Ò È Ò 7 5 E 5 n G » 80 Il DE STEFANI ha trovato questa specie pure a Sebenico. Località: — Magonza, bacini oligocenici della Germania settentrionale. Turbo Taramellii n. sp. — Tav. XXX [II], fig. 22. Conchiglia spessa, trochiforme, rugosa nel senso della spirale; gli anfratti sono abbastanza sviluppati e rigonfi, e, per quanto il nostro esemplare sia mal conservato, mostrano dei rilievi caratteristici. Verso la metà si nota una serie di tubercoletti poco rilevati, ma pure ben visibili, piuttosto distanti tra loro x (3 in 10mm.), e questa serie di tubercoli è seguita da vicino, dalla parte superiore, da una serie di n i i si È; Ps Fs 268 G. DAINELLI [34] SC o granulazioni, più fini e più vicine tra loro; presso alla sutura inferiore c'è come una carena. Tutta la superficie poi è fornita di striature longitudinali appena discernibili, e di leggiere traccie di accresci- mento trasversali. Il contorno degli anfratti mostra una concavità nella parte superiore, e una convessità assai sentita nella parte inferiore. Le suture sono ben spiccate. ASI 1 DIMENSIONI (in parte supposte) Altezza ò SARA a ò . : ; È o o 0 26-30 Diametro massimo basale . 0 c 6 0 è 7 0 È 252 A questa nostra specie si può paragonare il Zubo rugosus LIiNNEO varietà perrugosellus Sacco (Moll. terz. Piem. Lig., fasc. 21, pag. 11, tav. 1, fig. 22), la quale mostra, nel penultimo anfratto, due serie di granulazioni vicine alle suture, ciò che non si verifica nella nostra. Turbo sp. — Tav. XXXI [III], fig. 14. Conchiglia solida, coniforme, rugosa; anfratti alti, a contorno esterno arrotondato (onde suture in- fossate) a sezione ovata, apertura regolare, ovale; ombilico profondo. Di coste longitudinali nel nostro esemplare mal conservato non rimane che qualche traccia qua e là, più visibile presso alla sutura tra l’ultimo ed il penultimo anfratto, e tra questo e l’antecedente; visibili nell’ultimo anfratto, presso al- l'apertura, sono traccie di striature trasversali. DIMENSIONI Altezza, dal vertice all’ombelico . ò i 5 , ò ) 6 . mm. 30 circa Altezza, dal vertice al labbro inferiore Ì A : o . i ; » 43 Diametro massimo . 6 . 5 0 ; 6 > ; È ò » 40 Fra i Turbo figurati fin qui, il nostro esemplare si avvicina più che a tutti a quello riportato dal Sacco (Moll. tere. Piem. Lig., fasc. 21, pag. 5, tav. 1, fig. 8) sotto il nome di Ninella multicineta SAcco; però il contorno degli anfratti, assai più regolarmente rotondato nel nostro fossile, tiene questo distinto dalla specie di Sacco, e d’altra parte il suo cattivo stato di conservazione ci impedisce di farne una specie nuova. È Scalaria Anconai n. sp. — Tav. XXXI [II], fig. 15. . Conchiglia allungata, turrita, ad apice acuto, con diametro massimo assai piccolo in paragone alla lunghezza totale. Gli anfratti sono circa in numero di 10, convessi, con suture ben distinte e profonde, abbastanza alti e regolarmente crescenti nella altezza. Gli anfratti sono adorni di costole trasversali, un poco oblique, in numero circa di 16 per giro, ben sviluppate, a contorno rotondo, talvolta un poco irre- golari e rigonfie a guisa di piccole varici; sono attraversate alla lor volta da strie fini longitudinali, uni- formi e ben decise, da 9 a 10, che seguono tutta la spirale della conchiglia. cre rile DIMENSIONI 6 È à o È . mm. 388 circa n È ò È » 8» Altezza ‘ Larghezza massima . 5 Questa nostra specie si può avvicinare alla Scalaria pusilla PuiiPi (vedi Server, Die Conch. der Cass. Terticirbild. Paliontographica, vol. XVI, tav. 35, fig. 1,2), la quale però, oltre a dimensioni molto minori (è infatti più piccola della metà) unisce caratteri che la distinguono nettamente: ha cioè le coste trasversali più rade, più nette e più rilevate, mentre le strie longitudinali sono in maggior numero, ma assal meno spiccate. [85] G. DAINELLI 269 Turritella perfasciata Sacco. — Tav. XXX [II], fig. 23-25. 1895. Haustator asperulus Bronex. var. perfasciata (an sp. disting.) Sacco. Moll. terx., parte 19, pag. 17, tav. 1, fig. 63. 1900. Turritella perfasciata (Sacco) Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 143. Conchiglia turrita, assai allungata, con numerosi anfratti, il cui numero però non si può arguire dai frammenti che abbiamo trovato al Monte Promina; le suture sono profondissime, gli anfratti poco incli- nati sull’asse della conchiglia, non imbricati ed hanno ornamenti caratteristici: sono concavi, non precisa- mente nel centro, ma un poco più verso la metà inferiore; questa concavità è unita alla sutura superiore mediante una leggiera convessità, più sentita negli anfratti vicini alla bocca, assai meno, fino a sparire, negli altri; dall’altra parte la concavità è limitata da una specie di cingolo o cornicione sporgente, formato di due costole laterali, e di un solco centrale, largo e poco profondo, coi quali ornamenti si giunge alla sutura. Tutta la superficie poi dell’anfratto è munita di piccole costole longitudinali, in numero di cinque, che delimitano altrettanti solchi larghi e poco profondi, come quello che abbiamo veduto nel cingolo di cui sopra si è detto. Le coste sono talora leggermente come granulate, e la superficie dei solchi ornata di minutissime strie, pure longitudinali. La sezione degli anfratti è subquadrata. DIMENSIONI Altezza . A 6 3 È i i 5 . a x È io mae100 Diametro massimo . n ) È 3 Ò È x i : 3 » 22 circa Si avvicina alla presente specie la Turritella gradataeformis ScHAUROTE, figurata da De GrEGORIO (oss. env. Bassano, pag. 31, tav. 5, fig. 123, 124); ed a proposito di questa citazione, noteremo una svista in cui è caduto il Marchese De GREGORIO stesso. Alla Turritella gradataeformis ScHAUROTA egli pone come incerta sinonima la Norrisia anaulax Cossmanw (Cat. ill., vol. 5, pag. 42, tav. 3, fig. 21); e poi nota: “ è probabile che la Norrisia anaulax Cosswanwn debba essere considerata come sua varietà (della Zurritella gradatae- formis), oppure come suo rappresentante nel Bacino di Parigi ,. Queste parole saranno spiegate, forse non giustificate, dal fatto, che alla citata tavola c’ è una figura simile alla specie di ScHaUROTA, e vicino alla quale ci sono due numeri, il 21 e il 26; il De GrEGoRIO ha seguito il primo che nelle spiegazioni segna appunto la Norrisia anaulax cioè un Trochide, mentre seguendo il secondo avrebbe trovato la Turritella elongata SOWERBY. Località: — Carcare, Dego, S. Giustina, Giusvalla, Pareto. Natica Sandrii n. sp. — Tav. XXX [II], fig. 26, 27. Conchiglia a contorno orbicolare, piuttosto depressa, in paragone alla maggior parte delle specie del gen. Natica, con la spira regolarmente disposta intorno all’asse verticale passante tra l’apice e l’ombelico. È convessa dalle due parti, e dalla superiore un poco acuminata; gli anfratti, in numero di 5, sono stretti, convessi, rilevati, e con lento accrescimento: presentano una leggera carena volta in alto, presso alla sutura, che è sempre, lungo tutta la spira, assai profonda. L’ultimo giro è convesso, sviluppato; involge inferior- mente tutti i precedenti, e presso all’apertura misura i 5/4 dell’altezza totale della conchiglia. La bocca non è chiaramente visibile, ma è senza dubbio grande, semilunare, e forse un poco obliqua all’indietro dal- l’alto al basso; l'ombelico è coperto da un callo sviluppatissimo, sporgente, di forma quasi sferica, separato dall’ultimo anfratto per mezzo di un solco netto e profondo. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 33 270 G. DAINELLI [86] DIMENSIONI Altezza 5 a 3 ; 3 n È 7 È : È 3 Nm) Diametro massimo . x 3 5 S ; è x I È È » 47 I nostri esemplari sono sotto forma di modelli interni, e su questi ne abbiamo fatto la descrizione, che diverrebbe certamente più precisa, se si avesse dinanzi individui conservati per intero anche negli strati conchigliari. Ad essi si avvicinano nell’andamento generale degli anfratti (che però sono più numerosi) e nell’a- spetto della conchiglia vista superiormente, la Natica grata DesHavEs (Anim. sans vert., III, pag. 69, tav. 71, fig. 8-10) e la ambulacrum SowerBY (DesHAYES, Op. cit., III, pag. 36, tav. 71, fig. 3-5), le quali però, mentre sono più rilevate ed acute dal lato superiore, sono anche più sviluppate ed espanse inferiormente, e non hanno il callo caratteristico ricuoprente l'ombelico. La Natica Josephina Risso var. antiqua Sacco (Moll. terz. Piem. Lig., fasc. 8, pag. 85, tav. 2, fig. 55) presenta invece questo carattere assai evidente; ma a dimen- sioni assai più piccole, unisce: numero minore degli anfratti, forma più depressa, e maggiore espansione laterale dell’ultimo giro. Natica sp. — Tav. XXXII [IV], fig. 4. Conchiglia spessa, globulosa, trasversa, a pochi anfratti (5 forse) separati da suture semplici, ma ben spiccate, con superficie esterna liscia, marcata solo da numerose e fini strie di accrescimento. L’an- fratto ultimo è assai sviluppato in altezza e in espansione, e col suo sottile labbro esterno determina la forma della bocca, uguale al contorno di una semi-ellissi, mentre il labbro interno, assai ispessito da un callo grosso e rilevato, presenta una doppia curva con una convessità ed una concavità. Il callo ha poi, vicino all’ombilico, appena accennato, una espansione a contorno semilunare. DIMENSIONI Altezza 3 i ù 5 5 3 ; q x È 5 5 . mm. 44 Diametro massimo È 5 A 3 6 0 È a 5 5 È » 44 Uniamo qui un modello interno di Natica, assai sviluppato, con l’ultimo ‘anfratto alto e relativa- mente stretto. La conchiglia doveva essere molto spessa e robusta, perchè i vacui lasciati nella spira del modello interno sono larghi; mancano i primi giri, e la parte dell’ultimo prossima alla bocca. DIMENSIONI Altezza : x ù o B 7 5 3 è A à x . mm. 60 Diametro massimo ” ; ? È G È È 3 8 ò ò » 65 Abbiamo descritto questo modello, perchè uguale a quello figurato da Kissuine (IMitt.-Olig. des Bern. Jura. Abhandl. d. Schweiz. Pal. Ges., vol. 22, tav. 3, fig. 42) e che egli determina come di Nazica cras- satina LAMARCK; noi però non osiamo fare altrettanto del nostro. I nostri esemplari interi poi mostrano grande analogia colla Globularia gibberosa GRATELOUP. Melania Ettingshausei n. sp. — Tav. XXXI [III], fig. 16. Di questa specie abbiamo solo impronte esterne, ma una è così ben conservata, che il modello, che se ne è potuto trarre, mostra evidenti i caratteri differenziali della conchiglia. Questa è allungata, turrita, acuminata, ha supponibilmente da 10 a 12 anfratti, convessi e crescenti rapidamente, e trai quali l’ul- [37] G. DAINELLI 271 timo rappresenta circa !, della lunghezza totale della conchiglia; le suture, data la convessità degli an- fratti, sono ben nette. Le costole trasversali, non fitte, nel numero ipotetico di 14 circa nell’ ultimo anfratto, sono ben rilevate, regolari, a contorni decisi, non incurvate, ma leggermente inclinate rispetto all’asse della conchiglia, e non si corrispondono esattamente nè si alternano da anfratto ad anfratto, ma sembra che nell’avvolgersi della spira intorno all’àsse, ciascheduna di esse anticipi un poco su quella corrispondente dell’anfratto anteriore. Numerose strie longitudinali (in numero di 14 nel penultimo an- fratto), regolari, tutte uguali tra loro, seguono la spira nel suo svolgersi, ben nette e marcate tra costa e costa, e assai indebolite sul vertice delle medesime. x La bocca è mancante nel nostro esemplare. DIMENSIONI Altezza 5 3 7 z n ; 3 < x 5 È 5 mm. 50 circa Diametro massimo ù È 6 7 a , 3 5 . ò > I Tra le specie che più si avvicinano ‘alla nostra notiamo quella descritta dallo StAacHE come Melania chararum (Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., n. 12, pag. 199), che lo stesso poi pone sinonima della Goniobasis characearum di Cosina (Die liburnische Stufe ..., tav. 4, fig. 34-42; tav. 5, fig. 14-25); però a prima vista si notano le differenze: dimensioni assai minori, anfratti meno convessi, costole più fitte e disposte irregolarmente, strie in numero assai minore, angolo formato dalle suture coll’asse della con- chiglia minimo. Di più si avvicina alla nostra la Melania ductrix StAacHE, di Carpano ed Albona, che SANDBERGER descrive e figura (Die Land- una Stisswass.-Conch., pag. 131, tav. 19, fig. 9): in quanto alle dimensioni, sono quelle della nostra specie, ma ha anfratti più convessi, in specie l’ultimo, costole più rade, talora curve, irregolarmente disposte, con tendenza però a corrispondersi da un anfratto all’altro; le strie sono in numero minore, poco distinguibili, e cioè solo nell’ultimo e penultimo anfratto. Coptochilus laevigatus n. sp. — Tav. XXXI [II], fig. 17-21. Conchiglia conica, turricolata, ad apice acuto; eli anfratti sono in numero di 7, alti, ben sviluppati, crescenti regolarmente nel diametro, convessi, separati da suture ben nette e visibili, ma non molto pro- fonde; l’ultimo giro è il più sviluppato, e misura circa la metà dell’altezza totale della conchiglia. La superficie di tutta la spira è liscia, salvo qualche traccia trasversale appena sensibile, data da strie di accrescimento. La bocca è ovale, allungata, limitata torno torno da un cercine o ingrossamento della con- chiglia, che per altro si interrompe nel labbro interno, lungo la linea di contatto colla parte superiore x dell’ ultimo anfratto; presso la base della columella, il peristoma è un poco canalicolato. DIMENSIONI MASSIME Altezza totale . o ò 5 5 ò x È È È A I Mm 26 Diametro massimo . R 5 0 ò 5 Ò 6 d . È DINRUCILACI: Altezza dell’ ultimo anfratto É 5 È h 5 3 b 5 È » 14 Altezza della bocca . 6 5 ò È È ° B 7 5 ù » 9-10 A questa specie si può avvicinare il Megalomastoma imbricatum SANDBERGER (Land- und Stisswass.- Conch., pag. 240, tav. 12, fig. 3) che è certamente, a nostro avviso, un Coptochilus, come dice il suo stesso descrittore. Ma nel paragone delle relative figure, appariranno subito le differenze che passano tra le due specie: la seconda ha dimensioni maggiori, forma più tozza, più accentuato lo sviluppo del 272 G. DAINELLI [88] penultimo anfratto, fitte striature trasversali, e bocca un poco obliqua; caratteri che la distinguono dalla nostra specie di Monte Promina. Il De GrEGORIO (Déscr. foss. extramar. toc. Vic., pag. 18, tav. 2, fig. 10-16) descrive e figura come sinonimi del Megalomastoma imbricatum SANDBERGER, 0 Coptochilus imbricatus SAND- BERGER (vedi OprenHEIM, Land- u. Stisswasserschn. vic. Eocîinbild., pag. 20, tav. 2, fig. 6-8), delle conchiglie extramarine dell’eocene Vicentino, che egli chiama Bulîmus Montevialensis (Scuaurora) De GREGORIO. Senza entrare nel merito della questione della sinonimia, che vogliamo credere giusta, stimiamo opportuno fare qualche osservazione sulla determinazione generica, che non crediamo risolta bene, coll’affermare che gli esem- plari figurati da SANDBERGER nell’op. cit., tav. 12, fig. 36 e da DE GREGORIO nell’op. cit., tav. 2, fig. 12 sieno dei Bulamus. Abbiamo indicato in particolar modo questi due esemplari, perchè in essi sono evi- denti i loro caratteri, ma non dubitiamo che anche gli altri sieno identici, e per ciò possano andar sog- getti alle medesime nostre osservazioni. L'incertezza nel determinare genericamente queste conchiglie può essere tra i generi Bulimus Sco- POLI 1787, Megalomastoma SwaAinson 1840 e Coptochilus GouLD 1862. I Bulimus tipici hanno la superficie degli anfratti liscia, assai poco convessa, e perciò le suture non incavate, per quanto ben nette; e il peristoma si ripiega in fuori, in specie dalla parte interna della bocca, dove ricuopre il poco profondo ombilico; l’ultimo anfratto è assai sviluppato: e rigonfio. I Megalomastoma hanno forma generale per lo più pupiforme, apice troncato, e peristoma debole e ripiegato; spesso, come osserva il FiscHER (Man. de Conch. et de Pal. conch., TI, pag. 742) si sono poste nel genere Megalomastoma conchiglie di difficile determinazione, e che andavano invece riferite o a C%- clostomidae o a Coptochilus. E a Coptochilus crediamo noi di riferire e i nostri fossili di Monte Promina, e, se non ci traggono in errore illustrazioni poco esatte, i fossili del Vicentino che il SAnpBERGER determina per tali, e il DE GrEGoRIO per Bulîmus. D'altra parte con noi sta anche l’OpPENHEIM. Per altro, che tra Megalomastoma e Coptochilus corrano differenze non molto profonde, lo prova il fatto, che ZirteL li considera sinonimi. (Handb. der Palaeont., Il, pag. 243). Cerithium ampullosum BronenmeT. — Tav. XXXII [IV], fig. 5, 6. 1823. Cerittium ampullosum BroneniIart. Terr. cale. trapp. Vic., pag. 71, tav. 3, fig. 18. 1825. - — — Basreror. Bass. tert. S.-O. Fr., pag. 55. 1829. — — — ? Dr SerrEs. Geol. terr. tert., pag. 111. 1831. — _. —_ Bronn. /t. Tert.-Geb., pag. 50, n.° 259. 1848. _ — — Bronn. Ind. Pal., n.° 264. 1851. — —_ — D’OrsiGny. Prodr. de Pal., II, étage 24, n.° 418. 1868. — — — Fucus. Conchylienfauna vic. Tert., pag. 154, tav. 5, fig. 4,5. Conchiglia turrita, rugosa trasversalmente, e con circa 6 striature longitudinali; anfratti piani, base fortemente solcata. Questo Cerithium è spiccatamente conico e regolare, coi suoi contorni netti e diritti, e, le suture visibili, ma non molto accentuate; gli ornamenti degli anfratti consistono in costole trasverse ben rilevate e distinte l’una dall’altra (da 16 a 20 in un giro), attraversate nella direzione della spira da 3 sottili costole, che vi determinano dei piccoli tubercoli; e intermedie a queste, se ne notano altre più sottili ancora; la base dell’ultimo anfratto è adorna di 5 solchi larghi, ma appena accennati; la bocca è circolare e abbastanza sviluppata in rapporto alle dimensioni della conchiglia; il canale non è molto lungo. {39] G. DAINELLI 273 DIMENSIONI Altezza . N S i " 9 3 5 3 5 3 i . mm. 23 — 40 Diametro massimo . ò Ù 5 % 5 c A B x n » l_—- 22 Per la determinazione di questa specie ci siamo serviti più che altro della descrizione e della figura di FucHs. Probabilmente non è un Cerithium ampullosum BroneNIART quello citato da GraTELOUP (Conch. foss. bass. Adour, tav. 2, fig. 2) e quello del De SerRrES (Géol. terr. tert. midi Fr., pag. 111). Località: — Castelgomberto, Monte Viale, Monte Grumi, Mérignac, Dax, Montpellier, Siebenbiirgen, Podolien, Vienna. Cerithium Donatii n. sp. — Tav. XXXII [IV], fig. 7. Conchiglia turricolata, ad anfratti poco numerosi (forse al massimo 10), ma ben sviluppati; essi sono convessi, ma la loro convessità è più spiccata nella metà inferiore che non nella superiore; le suture sono profonde e ben marcate. Gli ornamenti consistono in quattro serie longitudinali di tubercoli ben sviluppati, tutti equidistanti tra di loro, e riuniti a mò di rete da tante specie di piccole costole poco rilevate, che determinano sugli anfratti un disegno a scacchiere; nell’ultimo anfratto, che per il suo sviluppo uguaglia più di !/, della lunghezza totale della conchiglia, i tubercoli vanno abbassandosi, finchè non si osservano che delle coste longitudinali, da prima granulose, poi intere e nette. Canale ben sviluppato, e bocca supponibilmente grande. DIMENSIONI (in parte supposte) Altezza 5 È 7 È Î 3 5 n Ù . È . mm. 50 circa Diametro massimo 5 È : ; i b 7 x i , DIGMELT A questa specie non ne abbiamo trovata alcuna altra notevolmente vicina; solo il Cerithium limala DesHAyes nell’esemplare figurato da SpevER (Die Conch. der Cass. Terticirbild. Palàontographica, vol. XVI, pag. 214, tav. 24, fig. 7) coincide quasi del tutto col nostro negli ornamenti; ma, data la descrizione del DesHAvESs ((Cog. foss., pag. 362, tav. 54, fig. 13-15), le figure differentissime di altri esemplari, e la minuscola mole, non vi è dubbio alcuno che si possa identificare col nostro Donatti. Cerithium Visianii n. sp. — Tav. XXXII [IV], fig. 8. Conchiglia turricolata, allungata, composta di anfratti forse in numero di 10 circa, assai sviluppati, a contorno molto convesso, sì che le suture vengono ad essere ben marcate e profonde. La ornamenta- zione è semplice: numerose strie trasversali, sottili e fitte, ricuoprono la superficie degli anfratti, avendo una curva regolare e sentita, che presenta la sua concavità alla bocca della conchiglia; parallelamente alla sutura inferiore (cioè dalla parte basale) di ogni anfratto, e alla distanza di poco più di un milli- metro da essa, decorre un leggiero, ma netto, solco, o piuttosto scalino, seguito da presso da un altro meno accentuato. DIMENSIONI (in parte supposte) Altezza . ù 0 d . i o i 5 , A ; . mm. 70-80 Diametro massimo . B b ; ò 6 A ò ò i S » 25-28 Quantunque il nostro esemplare si riduca a un modesto frammento, pure non esitiamo a fare con esso una nuova specie, giacchè non conosciamo in altro Cerithium quella ornamentazione semplice ma 274 G. DAINELLI [40] caratteristica, eccetto che nello spiîratum LAMARCK (vedi DesHAYES, Cog. foss., pag. 379, tav. 44, fig. 3, 4), che è il tipo del sottogenere Bezanconia BavLE (1884), e che presenta le stesse strie trasversali sottili, fitte e ricurve, e le stesse pieghe spirali presso le suture; ma la forma generale della conchiglia diffe- risce molto, chè nella nostra specie è regolare, turricolata, con anfratti assai convessi, mentre lo spiratum LAMARCK è rigonfio verso il centro, ed ha anfratti assai meno ricurvi; come differenza ancor più sottile, notiamo che le striature dello spîratum, nella figura del DrsHAvESs, sono a coppia, quantunque ciò non sia accennato nella descrizione. Che poi il nostro individuo appartenga al sottogenere Bezangonia BAYLE, non possiamo dire dai pochi resti che ne abbiamo, perchè da essi tanto si può immaginare una base ed una bocca di Cerithium tipico, quanto una base stretta e strozzata, dipendente dallo sdoppiamento e sviluppo ulteriore dei solchi spirali più sopra notati. Cerithium dalmatinum n. sp. — Tav. XXXII [IV], fig. 9. Conchiglia allungata, crescente rapidamente nel diametro degli anfratti da principio, più a rilento in seguito, di modo che non si può dire a rigore regolarmente conica. Gli anfratti, secondo quel che ci lascia supporre l’unico esemplare, mal conservato, che abbiamo, non possono essere più di 10, e sono piuttosto bassi; essi sono provvisti di tre costole che seguono la spirale della conchiglia, e che, per solchi trasversali non molto profondi, prendono l’aspetto di tre serie di tubercoli o grosse granulazioni. Nel solco longitudinale che sta tra l’una e l’altra di queste costole così trasformate, si possono osservare 3 striature sottili, nette, che alla lor volta delimitano nel solco stesso due costole poco elevate, ma ab- bastanza sentite e larghe da essere distintamente osservabili ad occhio nudo. Questi stessi ornamenti sono tra la serie granulosa superiore di un anfratto e la inferiore del successivo; da questo, e dal non essere gli anfratti affatto convessi, e le suture nè punto nè poco incavate, resta difficile il limitare a prima vista gli anfratti stessi. All’ultimo giro della spirale del nostro Cerithium, le granulazioni diven- gono via via meno spiccate, finchè presto si trasformano in costole unite, liscie, e ben spiccate, mentre si attenuano, per poi sparire, le altre ornamentazioni più fini. DIMENSIONI (in parte supposte) Altezza 6 6 ) 5 Ò . 0 } + , : 0 . mm. 45 circa Diametro massimo 3 6 5 Ù Ò 6 3 ò ò 0 0 » 15 Al nostro Cerithium dalmatinum si avvicina lo scruposum DESHAYES ((Coq. foss., pag. 374, tav. 54, fig. 17-19), che però ha 4 serie di tubercoli, gli anfratti in numero di 15 o 16, assai convessi, e in con- sseguenza le suture ben nette. La figura che del suo Ceritrium filigrana dà il KoònEN (Norddeutsche Unt.-Olig., parte 3, pag. 644, tav. 46, fig. 1) sembra assai vicina alla nostra specie, per quanto alcune diversità risaltino subito alla nostra osservazione; ma la descrizione minutissima che ce ne dà il paleon- tologo tedesco, fa vedere quanto l’una specie sia lontana dall’ altra. Terebralia robusta n. sp. — Tav. XXXII [IV], fig. 10, 11. Conchiglia di notevoli dimensioni, spessa e forte, quantunque nei nostri esemplari si sia solo in pic- cola parte conservata; allungata, turrita, dagli anfratti (forse 10 o 12) a superficie piana, poco inclinati sull’asse conchigliare, tutti abbastanza alti, e quasi in ugual misura, compreso l’ultimo, che non si al- larga a formare un labbro espanso, sì che troncando a qualunque punto un esemplare, l’anfratto che [41] G. DAINELLI 275 resta ultimo ci può dare un’idea della base reale della conchiglia completa. Dei rilievi della spira nulla o ben poco si può dire: la base è ornata da una diecina di costole circolari, delle quali le estreme sono le più sviluppate e distanti tra loro, e le centrali sono più sottili, e vicine, quasi obsolete, e vera- mente più che sulla base, sono avvolte intorno alla parte sporgente della columella. Quali siano gli or- namenti degli anfratti non si può dire che imperfettamente da quel po’ che si vede in alcuni frammenti, cioè che sieno lisci, poco convessi, con larghe e non molto elevate costole longitudinali, con una fascia subcentrale concava, con suture ben marcate, probabilmente senza varici, o altrimenti poco visibili, tra- sversali e solo sugli ultimi giri. Il forte sviluppo dei caratteri principali del sottogenere Terebralia, cioè i denti interni e le pieghe columellari, formano qui un carattere specifico. Sopra ‘una nostra forma interna si vedono benissimo le impronte determinate dai denti interni che corrispondono nelle Terebralie a varici esterne, che nella nostra specie, come si è detto, probabilmente mancano, per lo meno con forti dimensioni; sono in serie di 6, perpendicolari alla spira in quel dato punto, e perciò inclinate sull’asse della conchiglia; verso la bocca le impronte sono profonde, larghe, ma differenti per forma e intensità ciascuna delle 6 di una stessa Serie; queste serie verso la bocca sono vicine tra loro, poi vanno sempre più allontanandosi e attenuan- dosi, finchè nei primi anfratti si trovano impronte rade, appena accennate e ridotte a 2 o 3 per serie. Il contorno della bocca è dalla parte esterna regolarmente curvo, dalla parte interna mostra tre semi- cerchi spiccatissimi, dati dalla forma della columella; questa è assai spessa, attenuandosi poi esternamente alla bocca; ha due costole rilevatissime che determinano le tre curve della bocca, e che si accompagnano giro giro su tutta la columella, dando alla cavità degli anfratti una sezione caratteristica formata di 3 semicerchi uniti agli estremi. DIMENSIONI (in parte supposte) Altezza ò 3 : 5 dl È È È i 0 5 . mm. 100-110 circa Diametro massimo n ò È S Ù i È a 3 î » 50-60 circa Analogie spiccate con altre specie non ha questa Zerebralia; analogie date dai comuni caratteri sot- togenerici si potranno trovare nel Cerithium palustre BruGuIERE, nel ligritarum ErcHs, nel didentatum GRrATELOUP ecc. — Di questa specie abbiamo due soli esemplari, sotto forma di modelli interni, non com- pleti, e muniti di pochi frammenti di conchiglia; ma mentre molti caratteri non si possono nemmeno desumere, i pochi che ci sono visibili bastano a farne una specie nuova. Forma vicina è il vivente Ce- rithium palustre BRUG. Potamides sp. Il modello interno di un unico anfratto non ci lascia alcun dubbio sull'essere stato il fossile, cui appartenne, un Ceritide; e, data la presenza di due profondi solchi sulla parte interna dello spirale, cor- rispondenti naturalmente sulla conchiglia a due forti pieghe spirali della columella, si può quasi affermare trattarsi di un Potamides. Che sia la nostra Zerebralia robusta? In questo caso sarebbe un esemplare di assai grandi dimensioni, perchè il diametro di questo modello interno di anfratto è di 65-70 mm., e l'altezza della sezione di 33 mm. Diastoma costellatum Lamarcx. — Tav. XXXI [III], fig. 22, 23. 1804. Melania costellata Lamarcx. Ann. Mus., IV, pag. 430, n.° 1, VIII, tav. 60, fig. 2. 1804. — — = SowrrBr. Genera of Shells, fig. 4. 276 G. DAINELLI i [42] 1804. Melania costellata Lamarcr. Bown. Elem. of Conch., tav. 13, fig. 14. 1823. — —_ — Derrance. Dict. Sc. Nat., vol. 29, tav. 466. 1823. — wvariabilis Lamarer. Derrance. Idem. 1823. — costellata Lamarcx. Broneniart. Terr. calce. trapp. Vic., pag. 59, tav. 2, fig. 18. 1824. — — — Drsmavrs. 0og. foss., pag. 113, tav. 12, fig. 5, 6,9, 10. 1825. — — — Basrrror. Bass. tert. S-O Fr., pag. 13, 35. 1830. - — — DrsHavrs. Hist. nat. Vers, pag. 430. 1831. — _ — Bronn. I. Tert.-Geb., pag. 76, n.° 404. 1839. — — — Lamarcx. Anim. sans vert., III, pag. 428. 1840. — — — GrareLouP. Moss. bass. Adour, tav. 4, fig. 1. 1848. — —_ — Bronn. /nd. Pal., I, pag. 712. 1852. Chemmitia costellata v’OrgIanY. Prodr. de Pal., II, pag. 311, 342. 1861. —_ _ — MicarLoriI. Mioc. inf. It. sept., pag. S6. 1861. Diastoma costellata Lamarcx. Desnaves. Anim. sans vert., pag. 413. 1862. — — — Zinrer. Ob. numm., pag. 334. 1865. — — — Hseserr. Note terr. numm. It. sept. 1868. — _ — Fucas. Conchylienfauna vie. Tert., pag. 164, 170, 171, 178, 180, 197, 212, 208. 1877. — —_ — Heserr. Munier Charmas. Compt. rend. Inst. Fr. 1881. — costellatum Lamarcx. Vasseur. Rech. géol. terr. tert., tav. 10, fig. 29-34. 1889. —_ —_ — Cossmann. Cog. foss. env. Paris, pag. 34. 1890. _ — — Dr Gregorio. Foss. eoc. dint. Bassano, pag. 2. 1894. _ — — Orrenznm. Hoc. M. Pulli, pag. 381, tav. 26, fig. 19. 1895. — — — — Vimassa. Moll. tera. Alpi Ven. Palaeont. italica, I, pag. 230, 257. 1896. — — — — Idem, IL, pag. 153, 177. 1896. == — — Dr Gregorio. Mauna eoc. Roncà, pag. 63. 1897. _ —_ — Vinassa. Op. cit. Palaeont. italica, III, pag. 147, 157, 164, 174. Conchiglia allungata turricolata, con apice acuminato, anfratti convessi e numerosi (14-15) ma diffi- ‘cilmente conservati tutti quanti, suture ben spiccate; la spirale ha per rilievi 6 coste longitudinali nette e discretamente prominenti, alternanti con altre 6 più fini, le quali tutte insieme determinano una or- namentazione regolare su tutta quanta la conchiglia. Vi sono poi numerose costole trasversali (15 nel- l’ultimo anfratto) ben rilevate, un poco curve, un poco inclinate sull’asse conchigliare, e intersecate dagli ornamenti longitudinali; queste, lateralmente, dalla parte della bocca e dalla parte opposta, in specie negli ultimi giri, si allargano, oppure in più d’una si fondono, a formare rilevate varici. Le costole del- l’ultimo anfratto terminano nette dalla parte della base della conchiglia, dove gli ornamenti si riducono alle sole costole spirali di due grandezze, alternanti tra loro. La bocca è ovale, semilunare, con margine inclinato in due sensi, verso l’alto e verso l’esterno (vedi DestmAYES, Andm. sans vert., II, pag. 411), con callo espanso, e col margine inferiore per buon tratto rilevato dal penultimo anfratto lungo la sutura. DIMENSIONI Altezza È ; È 5 5 LI : x o 5 Di . mm. 65 circa Diametro massimo : 3 5 , È ; i È 9 : ; DIENDLS) I due esemplari che noi abbiamo trovati a Monte Promina, sono solo in parte ed imperfettamente: conservati; però mostrano chiari i caratteri specifici, con questo di particolare, che le proporzioni sono tutte un po’ più grandi: la altezza totale non può essere minore di circa 65 mm., e nella stessa rela- zione stanno il diametro e l’altezza degli anfratti e gli ornamenti. [43] G. DAINELLI 277 LAMaRcK negli Annales du Musée (1804) descrisse questa specie come Melania costellata, e come tale la citarono per un pezzo gli autori; però lo stesso LamARck (Anim. sans vert., III, pag. 428 nota) trovandola abbondante in sedimenti marini, e più per la sua morfologia, capiva che non era affatto una Mefania, ma non sapendo classificarla esattamente, la citava sotto tale nome, in attesa di nuovi studi e osserva- zioni. E questi infatti indussero poi giustamente DesHAyEs a proporre (fin dal 1848) un nuovo genere che chiamò Diastoma. I caratteri ben chiari di questa specie hanno permesso il suo riconoscimento in nume- rosi giacimenti dell’eocene superiore e del miocene inferiore; ed evitato in parte la sinonimia, la quale, arreca tanta coufusione. Gli autori sono quasi tutti concordi nel porre sinonima la Melania variabilis DEFRANCE (Dict. sc. nat., vol. 29, pag. 466); il solo Cossmanxn vuole distinguere, ma, data la immensa va- riabilità di forma col variare di località, di età, di stato di conservazione, ecc.... pare che possa inclu- dersi nel Diastoma costellatum Lamarcx la Melania variabilis DEFRANCE, che paragonata agli esemplari tipici del primo, presenta solo gli ornamenti longitudinali più sviluppati in confronto alle coste trasversali. Invece non sembra affatto sinonimo il Diastoma Grateloupi D’OrBIGNY (Prodr. de Pal., III, pag. 5), che ha 5 coste spirali principali anzichè 6, oltre ancora ad altre diversità. Infine, l'avere il D’ORBIGNY (Op. cit., II, pag. 311, 342) chiamata questa specie Chemnitia costellata allora che era sempre conosciuta.come Melania, si spiega e si scusa come un tentativo di migliore determinazione generica. Piccole variazioni di dimensioni, quando ogni altro carattere si mantiene costante, non implicano diversità di specie; nel caso presente, senza dubbio, i nostri esemplari del Monte Promina, di assai più grandi degli esemplari tipici (lunghezza 42 mm., diametro massimo 13 mm.), potrebbero lasciare in forse sulla giustezza di determinazione; per questo citiamo volentieri alcuni esemplari identici ai nostri, che abbiamo veduti al Museo di Parigi, già appartenenti alla collezione D’ORBIGNY, provenienti dall’Oligocene di Dia- blerets e di Aucelle, e determinati come Diastoma costellatum LAMARCK. Località: — Mioglia, M. Grumi, M. delle Carioli, M. Castellaro, M. Viale, M. Rivon, M. Carbotta, Sangonini, Roncà, S. Giovanni Ilarione, Zovencedo, M. Pulli, Caldiero, Bolca, Dax, Gaas, Lesbarritz, Gri- gnon, Courtagnon, Parnes, Chaumont, Fontenay, Chaussy, Mouchy, Liancourt, Diablerets, Aucelle ecc. Strombus problematicus MicarLomi. — Tav. XXXI [V], fig. 1. 1840. Strombus auricularius GrateLoTP. Conch. foss. bass. Adour, tav. 46, fig. 1. 1861. — problematicus MicaeLotmtI. Mioc, inf. It. sept., pag. 107, tav. 11, fig. 17, 18. 1867. — auriculatus Grat. Mayer. Foss. tert. Mus. Zurich, pag. 19. 1868. _ _ Fucus. Conchylienfauna vic. Tert., pag. 149, tav. 4, fig. 1, 2. 1868. — irregularis? Fucas. L. cit., pag. 13, tav. 2, fig. 1; tav. 3, fig. 1-3. 1870. — Tournoueri? Bavan. Bull. Soc. géol. Fr., tom. 2, pag. 480. 1870. —_ Tournoueri? Baran. Moll. terz., pag. 45, tav. 7, fig. 5, 6. 1890. = auriculatus Grat. Sacco. Cut. pal. Bac. terz. Piem.; n.° 2135. 1890. — problematicus Mica. Sacco. L. cit., n.° 2136. 1893. Oostrombus — Micra. Sacco. Moll. tera. Piem. Lig., fasc. 14, pag. 13, tav. 1, fig. 1-5. 1896. _ auriculatus Grat. OpprenzarIMm. Colli Berici. 1900. Strombus problematieus Mica. Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 154. Parecchi esemplari mal conservati si son raccolti al Monte Promina, che però non mettono in dubbio la loro determinazione. Conchiglia semplice e regolare, superiormente terminata a cono, dalle spire a corto raggio e a corto passo, ma alte; l’ultimo anfratto involge tutti gli altri; in nessun esemplare è Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. 34 278 G. DAINELLI [44] conservato il labbro esterno, piuttosto fragile, ma in qualcuno si può vedere la callosità ingrossante il labbro interno, e perciò ristrettente, in specie superiormente, l’apertura. Un esemplare col cono superiore assai più ottuso degli altri, e nell’insieme più regolare, si può av- vicinare alla varietà regularior SAcco; come pure un altro, superiormente più acuto, e invece nel corpo della conchiglia più rigonfio, e in conseguenza poi più improvvisamente depresso verso l’estremità infe- riore, rammenta la varietà cyathiformis SAcco. DIMENSIONI Altezza . , 5 | ; 3 i î ; i È ò . mm. 60 — 100 Diametro massimo . i , 5 a L 3 ò x , +.» 45 — (80 Abbiamo alcuni modelli interni, quasi completi, con forma conica allungata, e cogli ultimi anfratti assai alti e di stretta sezione; li uniamo allo Strombus problematicus MICHELOTTI. La sinonimia di questa specie è già stata ultimamente ed esaurientemente, discussa dal Sacco e dal Rovereto. In complesso abbiamo da una parte Sacco, che accetta come sinonimi del problematicus solo gli esemplari figurati da FucHs come auriculatus (non Grat.); dall’altra OPPENHEIM, che sostiene pure l’indi- pendenza dell’auriculatus GRATELOUP; però ambedue pongono o sinonimi o varietà, l’ uno del problematicus Mic4., l’altro dell’auriculatus GRAT., lo Str. Tournoueri BAYAN, e lo Str. irregularis Fucas; da cui, per un principio elementare di matematica e di logica, ne deriva che le specie di MicHELOTTI e di GRATELOUP si identificano. Località: — Cosseria, Carcare, Dego, Sassello, S. Giustina, Mioglia, Cassinelle, Cremolino, Roncà, M. Grumi, M. Castellaro, M. Viale, St. Trinità, Gaas, Lesbarritz, Dax. Lambidium cythara Broccn. — Tav. XXXI [II], fig. 24. 1800. Buccinum n.° 5 Borson. Ad. Oryct. Ped. auct., pag. 171. 1814. — cythara Broccu. Conch. foss. subap., pag. 330, tav. 5, fig. 5, 6. 1820. Harpa _ — Borson. Ortît. piem., pag. 46. 1825. Oniscia —_ — Bonsnui. Cat. Mus. Zool., n.° 2595-96. 1825. — — Sowersyr. SowerBy. Gen. rec. of Shells, n.° 24. 1825. Cassidaria — — Basteror. Descr. Bass. S-O. Fr., pag. 51. 1828. Cassîs — Bronn. It. Tert.-Geb., pag. 28. 1837. Oniscia — Sowerby. Pusc®. Pol. Pal., pag. 126. ; IS = — —_ Haurr. Moss. Thier. tert. Beck. Wien., pag. 417. 1840. — = —_ BeLLarDI e MicarLortI. Sagg. oritt., pag. 57. 1840. Cassidaria — Deszaves. GrareLoUP. Moss. terr. Adour, tav. 1, fig. 34. 1842. Oniscia — Sowerrsy. Sismonpa. Syn. meth., 1. ediz., pag. 40. 1847. — — — Sismonpa. L. cit., 2.8 ediz., pag. 30. 1847. — — Broccni. MicarLommi. Foss. mioc. inf. It. sept., pag. 219, tav. 12, fig. 3,4. 1848. — — Sowersy. Bronn. /nd. pal., pag. 843. 1848. Cassis — —_ Hornes. Verx. G. Erl. geogn. Kart. Wien, pag. 17. 1852. Oniscia — —_ p’ Orsieny. Prodr. de Pal., III, pag. 89. 1853. — _ — Hornes. Hoss. Moll. Tert.-Beck. Wien, pag. 171. 1866. — — —_ DA Costa. Gast. tere. Port., pag. 128. 1890. Oniscidia — Broccui. Sacco. Moll. terx. Piem. Lig., fasc. 7, pag. 76, tav. 2, fig. 35,36. 1900. Lambidium — _ Rovereto. Moll. foss. tongr., pag. 104. [45] G. DAINELLI 279 Conchiglia rigonfia, subovata, a spira assai corta, terminata superiormente a cono acuto; l’apertura è allungata, stretta; gli anfratti sono depressi alle suture, muniti di coste trasversali (5-6 nell’ultimo anfratto), appariscenti in specie sulla parte dorsale, le quali hanno la parte loro più sviluppata, supe- riormente, in vicinanza della sutura, e vanno poi a poco a poco evanescendo in basso. Nel nostro esem- plare, mal conservato, non si possono vedere le striature longitudinali, nè il labbro esterno spesso e in- ternamente dentato, nè infine la leggiera piegatura del canale. DIMENSIONI Altezza c 0 0 ò : . . . ò o c 0 . mm. 38 Diametro . . Ò . x 5 5 . o : . 0 O » 30 circa Località: — Tongriano piemontese, Bacino dell’ Adour, Bacini del Sud-Ovest di Francia, Bacino di Vienna. Cassidaria Haueri n. sp. — Tav. XXIX [I], fig. 27. Conchiglia ovale, rigonfia, a spira corta, con anfratti poco numerosi (5 o 6), e l’ultimo assai svilup- pato, che occupa quasi tutta l'altezza della conchiglia; l’apice è acuminato. L’imperfetto stato di con- servazione del nostro unico esemplare non ci permette una precisa descrizione della sua forma generale; ma i pochi frammenti, di conchiglia rimasti, e alcune impronte della forma interna, bastano a darci una idea chiara della sua ornamentazione esterna. Gli anfratti, lungo le suture, presentano delle eranulazioni, che in vicinanza della estremità della spira prendono le proporzioni e la forma di tubercoletti allungati un poco nel senso trasversale alla spira stessa. Caratteristici sono i rilievi dell’ ultimo giro, i quali si possono distinguere in alcuni maggiori, ed in altri più fini e delicati; i primi si trovano dalla parte op- posta alla bocca sotto forma di costole, verosimilmente poco numerose (3 o 4), ma svilupatissime, ben rilevate, grosse, trasversali all’anfratto, e che lo ornano dalla sutura fino al canale; alcune impronte lon- gitudinali si vedono su parte della forma interna, larghe, poco rilevate e poco numerose (4 o 5). I se- condi ornamenti sono finissimi, e costituiti da costole sottili, strette, poco rilevate, che decorrono nel senso spirale, fitte (da 12 a 13 per centimetro), in specie dalla parte del canale, e numerose (circa più di 30); gli incavi bassissimi, lasciati da queste piccole coste, sono occupati da lamelle trasverse ancora più sot- tili, e più fitte e numerose, fin 5 e 6 per millimetro. DIMENSIONI Altezza È 6 5 g A ; ; : 5 5 5 ò oi sorio Je) Diametro massimo : È 7 È È 6 È : G 3 A DIMNESICA! Alla nostra specie si avvicina assai la figura data dal GratELOUP (Conch. foss. Bass. Adour, tav. 34, fig. 5.6) della Cassidaria oniscus LAMARCK; ma le descrizioni minute che ce ne danno il BrueuIERE (Hist. nat., Vers, I, pag. 432) e MIcHELOTTI (Riv. Gast., pag. 23) ci dicono trattarsi del tutto di un’altra spe- cie, e solo di illustrazioni poco o punte esatte. Ficula sp. — Tav. XXVII [V], fig. 4. Abbiamo raccolto a Monte Promina un esemplare di Ficulide, di grandezza assai ragguardevole; però, mancando del tutto gli ornamenti della superficie esterna, non si può giungere ad una determina- zione specifica, tanto più che molte sono le specie di Ficule che raggiungono grandi proporzioni. Gli anfratti sono in numero di 5, e colla loro forma determinano come un cono rovesciato; l’ultimo è assai 280 . G. DAINELLI [46] sviluppato, e involge tutti i precedenti; le suture sono poco incavate; la bocca allungata, larga più nella metà inferiore, per la sentita curva concava del suo bordo interno. DIMENSIONI (approssimative) è Altezza ; : 6 È ò : A i . È i . mm. 140 — 150 Diametro massimo : A SE 6 ò 6 n 3 } 7 » 80 — 85 . Limnaeus elongatus De Serres. — Tav. XXXI [II], fig. 25, 26. 1830. Limnaeus ore longo? Bouste. Bull. soc. géol. Fr., I, pag. 213. i Cone : NouLet. Mém. coq. eau douce, pag. 77. 1864. —_ elongatus De Serres. Ann. sc. nat., pag. 179, tav. 12, fig. 7. 1848. — — — Bronw. Ind. pal., pag. 651. 1875. _ — — SanpBERGER. Land- und Sisswass.-Conch., pag. 287, tav. 16, fig. 6. Conchiglia ovato-conica, allungata; turrita, acuta all’apice; gli anfratti sono in numero di 7, legger- mente convessi, piuttosto alti, separati da suture ben nette, e un poco incavate, per la convessità dei giri stessi; l’ultimo è più convesso dei precedenti, assai sviluppato, misura circa i ?| dell’altezza totale della conchiglia; tutti sono coperti da sottili strie trasverse, un poco oblique in basso e all’indietro. La bocca è abbastanza sviluppata, misura circa la metà dell’altezza conchigliare, è ovale-allungata, appun- tita dalla parte superiore, arrotondata dalla inferiore; il suo labbro esterno è regolare; l'interno mostra verso la metà un angolo rientrante ottuso. DIMENSIONI i Altezza i È 5 Ù x è 5 ” 5 5 D ; . mm. 23 Diametro massimo di } 5 5 È A 2 3 È : 9 » 9 Altezza della bocca . " ù È È è 1 s È ; 4 » 13 _ Abbiamo solo due esemplari, però discretamente conservati; questa specie oligocenica del DE SERRES assai vicina al Limmnaeus longiscatus BronaNIART, dell’eocene superiore, ha fatto sorgere il dubbio, nel SANDBERGER, che ne possa essere una varietà, anzichè andarne distinta; ma per ciò decidere, bisogna avere a disposizione una gran quantità di esemplari delle due specie, onde venire ad una decisione certa. Località: — Mas Saint-Puelles, Villeneuve ...., Delsberg (Berna)..., Bembridge, Sconce, Wight ecc. Planorbis cornu Bronaniart. — Tav. XXXIII [V], fig. 2, 3. 1809. Planorbe carré Brarp. Ann. Mus., XIV, pag. 434. 1810. Planorbis cornu Bronenisart. Ann. Mus., XV, pag. 371, tav. 22, fig. 6. 1824. — _ — DesHaves. 0og. foss., II, pag. 63, tav. 9, fig. 5,6. 1840. _ _ —_ GrareLouP. Conch. tert. Adour, tav. 3, fig. 33. 1844. — planulatus De SerRES. Ann. sc. nat., pag. 177, tav. 12, fig. 3. 1845. — cornu BronenIART. Forpes. Quarti, pag. 163. 1848. — — — Bronn. Ind. pal., pag. 988. 1852. —_ — — p’ OrBIGnY. Prodr. de Pal., III, pag. 2. n.° 27. 1866. —_ — — Desnavrs. Anim. sans vert., II, pag. 741, tav. 46, fig. 17-19. — — — — NouLet. Mem. coq. eau douce, pag. 72, 159. 1875. — _ — GimgeL. Abriss d. geogn. Verhiltn. d. Tertitirsch. bei Miesbach, pag. 36. 1875. —- _ — SanpBERGER. Land- und Stsswass.-Conch., pag. 347, tav. 18, fig. 12; tam. 20, fig. 20. tl vg [47] G. DAINELLI 281 1890. Planorbis Trissinensis OrpentRM. Land- und Siisswasserschn. Vic., pag. 18, tav. 2, fig. 18. 1891. — cornu Broneniart. De GreGorIO. Nota foss. estramar. Ven. 1892. — "= De GreGorIo. Déser. foss. extram. toc. Vie., pag. 7, 22, tav. 2, fig. 44. 1897. — — _ WoLrr. Puuna sùdbayer. Oligocaenmol. Paliontographica, vol. 43, pag. 292, tav. 28, fig. 18. Conchiglia ‘orbicolare, un poco depressa; ha la spira avvolta in un solo piano, e fornita di sviluppo assai rapido, talehè gli anfratti involgono quelli precedenti, e superiormente si osserva una concavità, ancora più marcata nella parte inferiore. La bocca è a contorno circolare, ma un poco obliqua, volgendo in basso la sua apertura; da questa disposizione speciale deriva la irregolarità degli ornamenti della su- perficie degli anfratti, perchè presentano strie fittissime e nette, che nella metà superiore sono assai oblique, nella inferiore hanno direzione radiale. Si osservano poi anche delle tenuissime strie longitudi- nali nel senso della spira, poste in specie alla parte esterna inferiore degli anfratti. DIMENSIONI Altezza " ò ò , , Ù . - . 6 o . . mm. 9 Diametro massimo . 3 . . . ò 6 . Ò ò . DIRI Nella bibliografia ci siamo attenuti a quella sola del Planorbis cornu BRONGNIART tipico, più proprio dell’oligocene, e non già delle varietà solidus Tuomas e Mantelli DuNKER, che si succedono poi nel Mio- cene medio e superiore. Località: — Cierac, Cordes, Puelles, Villeneuve, Saucats, bacino di Parigi, Francia meridionale, Giura svizzero, Baviera, Hackenheim, Kreuznach, Magonza, Boemia, Svezia. Glandina infilata Reuss. — Tav. XXXII [IV], fig. 18. 1842. Bulimus Acquensis Maragron. Cat. meth., pag. 207, tav. 34, fig. 8-9. 1845. Limnaeus cretaceus Tromas. Nass. Jahrb., II, pag. 157. 1848. Bulimus Acquensis MatafRON. Bronn. Ind. Pal., pag. 190. 1848. Limnaeus cretaceus Tromas. Bronn. L. cit., pag. 631. 1852, Glandina antiqua Krem. Wiirt. Jahresh., VIII, pag. 162, tav. 3, fig. 9. 1852. Bulimus Acquensis MarnéRron. D’OrBIGNY. Prodr. de Pal., III, pag. 2. 1854. Achatina porrecta Gosanz. Sitz. d. k. k. Ak. d. Wiss., XIII, pag. 196, tav. 5. 1858. — * dnflata Reuss. Palaconi., II, pag. 33, tav. 3, fig. 14. ? — — — Quenstent. Petref., II, pag. 484, fig. 105. 1863. Glandina cancellata SanpgerGER. Conch. Muina. Terticirb., pag. 46, tav. 5, fig. 2. 1864. Achatina electa Desnayves. Anim. sans vert., IL, pag. 838, tav. 53, fig. 10-12. 1875. Glandina inflata Reuss. SanpeeRGER. Land- und Stiisswass.-Conch., pag. 408, tav. 21, fig. 18. Conchiglia ovale, allungata, regolarmente rigonfia, acuminata dalla parte superiore, arrotondata dalla inferiore; gli anfratti sono in numero di 5, avvolti con spira breve, separati da suture nette ma non in- cavate; l’ultimo è molto sviluppato, misurando circa i 3/4 dell’altezza totale della conchiglia, e su di esso più che sugli altri si notano fitte e sottili, ma chiare strie trasverse, non perpendicolari alla spira, ma un poco oblique dall’ alto al basso e dall’ avanti all’ indietro. L’ apertura è grande, subovale, acuminata dalla parte superiore, arrotondata dalla inferiore; ha il contorno esterno assai regolare, mentre 1’ interno presenta verso la metà, ma un poco più vicino all’estremità inferiore, una piega rientrata ad angolo molto ottuso. . 282 G. DAINELLI [48] DIMENSIONI Altezza è a i È À 5 5 ù 3 3 ù o . mm. 36 Diametro massimo È 0 Ò 3 ò i) È x Î à ; » 18 Altezza della bocca . x 5 3 5 ; ò Ù 5 : x » 20 Abbiamo solo due esemplari, dei quali uno ha sofferto una pressione dall’ avanti all’indietro, ed azioni corroditrici; l’altro mostra anche le striature dell’ultimo anfratto. Località: — Aix, La Brède, Fontainebleau, Svizzera, Tuchoric, Hochheim (Boemia), Magonza, Ba- viera, Svezia. Helix Haveri MicarLonti. — Tav. XXXII [IV], fig. 12-17. 1847. Helix Haveriì MicneLortI. Mioc. It. sept., pag. 149, tav. 5, fig. 15. 1847. — — = Sismonpa. Syn. meth., pag. 56. 1852. — — — — p’Orsienv. Prodr. de Pal., III, pag. 26. 1886. Campylea Haveri Sacco. Nuove sp. terx. moll. terr., pag. 43. 1887. — — Sacco. Foss. terx. lac., XII, pag. 180. 1890. _ —_ — Cat. bac. ter. Piem., n. 4501. 1897. — —_ — Moll. tera. Piem. Liguria, parte 22, pag. 64, tav. 5, fig. 18, 19. Conchiglia schiacciata, orbicolare, composta di 5 anfratti, le cui superfici superiormente sono tangenti ad uno stesso piano, donde la forma appiattita; dalla parte inferiore invece, per lo sviluppo degli an- fratti crescenti dall'interno verso l'esterno, la conchiglia è concava e ombilicata. L° ultimo anfratto è evidentemente il più grande, e dalla parte inferiore involge tutti i precedenti. Le suture sono incavate, con inclinazione quasi uguale dei due anfratti che concorrono a formarle, l’apertura boccale è semiovale, più sviluppata dalla parte inferiore, dove giunge al centro della conchiglia. DIMENSIONI Altezza ; ? Ò s È 5 . 3 È È A 5 . mm. 8 Diametro massimo ù 5 5 N i 3 a Ù È n 1 » 24 Località: — Colline torinesi, Baldissero torinese. Helix coquandiana Maraéron. — Tav. XXXIII [V], fig. 5-9. 1830. Helix lapicidites Boustr. Bull. Soc. géol. Fr., sér. 1, pag. 213. 1843. —. coquandiana Marngron. Cat. méth., pag. 197, tav. 33, fig. 5, 6. ? —_ — Bousir. NouLet. Mem. cogq. eau douce, pag. 43. 1844. Caracola — Dr SerRESs. Ann. sc. nat., II, pag. 182, tav. 12, fig. 20. 1848. Helix coquandiana MarzgRron. Bronn. Ind. pal., pag. 576. 1876. — — _ SanpBereER. Land- und Stisswass.-Conch., pag. 292, tav. 17, fig. 5. Conchiglia depressa, circolare, involuta su piani diversi, ma vicini tra loro; ha la parte superiore conica a base allargata e a piccola altezza; la inferiore conica e ombilicata. Gli anfratti, in numero di 5, presentano sulla loro superficie due angoli, uno, verso il centro della conchiglia, ottuso, uno verso la periferia, acuto, che si combaciano da un anfratto all’altro, in modo che le suture, pur rimanendo ben visibili, non sono incavate. All’ultimo giro poi, che inferiormente involge i precedenti dalla periferia al centro, resta esterno l’angolo acuto, che dà un aspetto caratteristico alla e [49] G. DAINELLI 283 conchiglia. La bocca è obliqua, leggermente rivolta in basso, circondata da un forte cercine che ne ristringe l'apertura; l’obliquità della bocca determina anche l’obliquità delle strie trasversali che ornano la superficie conchigliare. DIMENSIONI Altezza ; ; . 5 } 5 3 5 7 9 o Ò To MO, Diametro massimo . . 0 Ò : 7 5 ù b , Ò Di 022 Località: — Mas Saint Puelles, Villeneuve, Aix...... Helix Brusinae n. sp. — Tav. XXXIII [V], fig. 10-19. Conchiglia subovata, depressa, involuta su piani diversi, ma assai vicini tra loro, ha la parte supe- riore conica a base allargata e ad altezza assai piccola, tanto che alle volte è quasi pianeggiante; la parte inferiore, nella quale appare solo l’ultimo anfratto, involgente tutti i precedenti, e che è molto rigonfio in specie in vicinanza dell’apertura, è molto ombilicata. Gli anfratti (in numero di 4 o 5) presen- tano sulla loro superficie due angoli: uno, verso il centro della conchiglia, assai acuto, uno verso la pe- riferia, molto meno acuto e curvilineo, e per questo ancora meno accentuato; la presenza di questi due angoli rende la linea di sutura non incavata, piana, e la loro forma determina negli anfratti come una embricatura dall’esterno verso l'interno. La bocca non è sempre visibile nei nostri esemplari, ha un forte cercine che la circonda torno torno, ed è obliqua, onde ne deriva la obliquità delle fitte strie trasversali che ancora rimangono sulla parte superiore dell’ultimo giro. DIMENSIONI Altezza 4 5 h 5 ; ù ; E 7 , 5 3 . mm. 10 Diametro massimo . i } ì È : 5 ò , . 5 » 20 Questa specie è vicina alla Helix coquandiana MatRERON, più che alla vivente lapicida Linneo; per il relativo paragone differenziale, veggasi la descrizione che abbiamo data della coquandiana MATHÉRON e si confrontino le figure relative. t) Helix Boskovichi n. sp. — Tav. XXXIII [V], fig. 20, 21. Conchiglia orbicolare, piuttosto depressa, avvolta su piani vicinissimi tra loro; è leggermente bicon- vessa, più e con maggiore regolarità dalla parte superiore, dove però l’apice, che non è acuminato, non dà apparenza conica; dalla parte inferiore la convessità è minore, e irregolare, data la presenza dell’om- belico, però non profondo, e nascosto in parte da un’espansione callosa del labbro interno della bocca. Gli anfratti sono in numero di 5, stretti piuttosto, eccettuato l’ultimo, che involge dalla parte di sotto tutti i precedenti, dalla periferia al centro, e sul margine esterno mostra una leggiera carena, che è esa- gerata oltremodo nei nostri esemplari, da rottura della base conchigliare. DIMENSIONI Altezza È 1 £ a ; È i ; A : } i . mm. 28 Diametro massimo . È È : E 5 ; i È È i » 60 Di questa specie malauguratamente non abbiamo che due esemplari sotto forma di modelli interni, mal conservati, ciò che ci impedisce di darne una descrizione più particolareggiata; però la forma gene- rale basta a differenziarli in specie nuova. Si può avvicinare la Helix Theodori De STEFANI, del Pliocene 284 i G. DAINELLI [50] (Moll. cont. plioc. d’ It., pag. 120, tav. 4, fig. 1) per la forma, per l’andamento e lo sviluppo degli an- fratti, ma ne differisce, oltre che per l’età troppo recente, ciò che per altro in alcuni casi non sarebbe impedimento di uguaglianza di determinazione, per le dimensioni, perchè raggiunge il diametro massimo di soli 10 mm. La Helix Beaumonti MAtHERON (Cat. méth., pag. 272, tav. 33, fig. 18, 19), per quanto vicina, ha spira più larga, numero degli anfratti minore, dimensioni alquanto più piccole, parte superiore nettamente conica; particolari questi che la distinguono dalla nostra Boskovichi. Helix dalmatina n. sp. — Tav. XXXIII [III], fig. 22-25. Conchiglia depressa, ombilicata, ovale-oblunga; la spira è corta, gli anfratti in numero di 3, da prima hanno un piccolo sviluppo nel loro diametro, che nell’ultimo giro cresce rapidamente ed in modo eccezio- nale. Tutti i giri, che sono convessi assai poco, hanno, dalla parte superiore, le parti loro più elevate tangenti ad un medesimo piano; si sovrappongono in parte dall’esterno all’interno, acquistando così una sezione ovale, limitata verso il centro, da una curva di forma simile. Dalla parte. inferiore l’ultimo giro, che involge tutti i precedenti dalla periferia al centro, è abbastanza rilevato e convesso; le suture, di sopra, e l’ombilico, di sotto, sono profondi. Si notano tenuissime traccie di strie trasverse, un poco oblique dall’avanti all’indietro, forse a causa dell’obliquità della bocca; questa però non si vede. DIMENSIONI Altezza 5 È i È ; È È ; . i È ; . mm. 15 7 Diametro massimo 5 5 È 3 5 ; , È 3 ; : » 38 Diametro minimo 4 3 ; Ù È È 5 3 5 4 Ù DENIZIAI Larghezza della bocca È : h È 6 0 : " 7 6 » 21 circa Questa Helix, di cui non ci è pervenuto che un individuo, non crediamo di poter avvicinare giusta- mente ad alcuna specie simile, già descritta. Helix siverichensis n. sp. — Tav. XXXIII [V], fig. 26-28. Conchiglia depressa, ovale-allungata, leggermente convessa dalla parte superiore, ombilicata dalla in- feriore. Gli anfratti sono in numero di 5, dilatati lateralmente, convessi, involgentisi l’un l’altro, dal- l'esterno verso l’interno, ma, a differenza della precedente H. dalmatina, coi soli strati conchigliari, in- dipendentemente dalla sezione interna, che è assai più limitata della forma esterna. Le suture, per questo carattere, non sono molto spiccate, ma assai vicine tra loro. L'ultimo anfratto, che non è ricoperto da altri, appare per questo di molto più sviluppato dei precedenti, più di quel che non sia, a paragonarli, in realtà; è assai convesso inferiormente e termina in una bocca, non visibile nei nostri esemplari, ma, se- condo ogni supposizione, obliqua e fornita, ciò che per altro ben si vede, di un incrassamento calloso interno, di forma ovale, je appiattito, che ricuopre perfettamente l’ombilico. La superficie conchigliare è coperta di fitte e minute strie trasversali, che sono traccie di accrescimento. DIMENSIONI Altezza 6 6 5 a 9 0 0 . mm. 22 Diametro massimo ò d c 0 h 6 . d o . 6 » 50 Diametro minimo : : ò c 0 0 c . ò . ò » 81 Larghezza della bocca 5 o o î 5 o 0 o o o » 28 circa [51] G. DAINELLI 285 Anche questa, come la Helix dalmatina, non crediamo di poter paragonare con abbastanza evidenza ad alcuna specie già nota. Cephalopoda. Nautilus decipiens MicusLore. — Tav. XXXII [IV], fig. 19. 1855. Nantilus regalis? (non SowerBy) Sisuonpa. Numm. sup., pag. 4. — decipiens MicneLontI. Mioc. inf. It. sept., pag. 157, tav. 13, fig. 11. 1861. 1872. 1889. 1891. 1899. BeLLarDI. Terr. tere. Piem. Lig., I, pag. 21. Benoisr. Cog. foss. S. O. Fr. Soc. Linn. Bord., pag. 10, tav. 1, fig. 2. Foorp. Foss. Ceph., pag. 330. Parona. Cef. terx. Piem. Palacont. italica, vol. IV, pag. 160. Due esemplari assai imperfetti, addossati e compenetrati in parte tra loro, sono uno assai più distinto dell’altro, ma visibili soltanto per una metà. La conchiglia è discoide, piuttosto compressa, in modo che x la bocca risulta più alta che larga; il dorso è arrotondato; le suture dei setti, delle quali solo 5, del numero totale, sono visibili (sono forse dalla 5 alla 10%), e distanti, sul dorso, da 12 a 14mm., sono leggermente sinuose, e più precisamente, nel centro incurvate in modo da volgere alla bocca la convessità della loro curva, ed aventi in massima una direzione radiale, e non volta in avanti, sul dorso, come in molti Nautilus si osserva. Diametro minimo Diametro massimo Larghezza della bocca Altezza della bocca DIMENSIONI mm. 60 » 80 » 36 circa » 44 Località: — Dego, Belforte, Gaas. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Finita di stampare il 12 dicembre 1901. 35 GIORGIO DAL PIAZ DI ALCUNI RESTI DI CYRTODELPHIS SULCATUS DELL'ARENARIA MIOCENICA DI BELLUNO (Tav. XXXIV [1]) Pochi anni or sono, mi recai alle cave di arenaria di Bolzano bellunese per raccogliervi alcuni resti di Squalodon che descrissi poi in un’apposita memoria assieme ad altri avanzi dello stesso genere pro- venienti dalla medesima località ). Im quell’occasione (quantunque la scoperta di avanzi di vertebrati sia quasi esclusivamente legata alle operazioni di scavo), volli, col mezzo di una lampada, esaminare minutamente le pareti e il soffitto dei numerosi corridoi che attraversano, talvolta per un tratto considerevole, il giacimento d’arenaria. Fu appunto in questo primo esame che nel soffitto di un piccolo corridoio, aperto nella riva sinistra di una valletta poco lungi dal villaggio di Libàno, mi venne dato di scoprire i resti che formano 1’ argomento del presente scritto. Tenuto approssimativamente conto dell’area occupata dal fossile, feci staccare un grosso masso d’arenaria che inviai subito al Museo geologico dell’ Università di Padova, dove potei com- pletare le necessarie operazioni d’isolamento. Disgraziatamente, anche questa volta, siamo ben lungi dal possedere resti completi, poichè nella prima operazione di scavo del corridoio vennero alquanto guastati; tuttavia fu possibile salvare gran parte di un cranio e della rispettiva mandibola destra, che, per le particolarità morfologiche unite a quelle dei pochi denti ancora conservati, si riconoscono appartenenti ad un individuo della famiglia dei Platanistidi e precisamente al genere Cyrtodelphis (= Schizodelphis). Cyrtodelphis ABEL, 1899. Nel 1861 il GeRrvaIs fondava il genere Schizodelphis ? sopra alcuni avanzi provenienti dalla molassa di Vendargues e di Cournonsec nel dipartimento dell’Hérault, i quali avanzi però erano stati da vario tempo resi noti dallo stesso autore, sotto le denominazioni di Delphinus pseudodelphis , Delphinorhyn- chus sulcatus* ecc. Questo autore dava, per caratteri fondamentali del genere Schizodelphis, la forma stretta ed allungata del rostro percorso da tre solchi longitudinali, e specialmente la presenza di altri i) Dar Praz G. Sopra alcuni resti di Squalodon dell’ arenaria miocenica di Belluno. Palaeontographia italica, vol. VÎ, 1900. 2) GeRvaIs P. Mém. de l’Acad. de Montpellier, tom. V, pag. 126, pl. IV, fig. 1-3, 1861. 3) GeRVAIS P. Bull. d. l’Acad. des Sc. de Montpellier, pag. 11, 1840. 4) GeRvAIS P. Bull. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 311. Paris, 1853. 288 G. DAL PIAZ [2]. tre solchi nel mascellare inferiore, due laterali lungo le facce esterne delle mandibole, ed uno mediano nella regione sinfisaria. Recentemente però il dott. ABeL !, in un interessante lavoro sopra i Platanòistidi del bacino di Vienna, ha dimostrato come la presenza dei citati solchi nelle mandibole, non sia propria al solo genere .Schizo- delphis, ma come invece siano munite di solchi longitudinali esterni anche le mandibole di ZLepidosteus osseus, di Belodon Kapfri, di Ichthyosaurus ecc. ecc. Lo stesso autore rilevava inoltre come il criterio della presenza o della mancanza dei solchi sia insufficiente per distinguere fra di loro gli stessi generi Schizodelphis e Champsodelphis e citava, a questo proposito, un mascellare inferiore raccolto nel bacino di Vienna che appartiene certamente al Champsodelphis Letochae BRANDT, mentre, per la presenza dei solchi laterali, lo si dovrebbe riferire invece ad uno Schizodelphis. In base a tali considerazioni e a qualche altra ancora, l’ABEL proponeva di modificare la sistematica dei Platanistidi. Egli infatti, in una revisione generale, contenuta nel citato lavoro, riparte gli avanzi che ci sono noti in due grandi gruppi costituendo per l’uno il genere Cyrtodelphis, per l’altro il genere Acrodelphis. i Uno dei caratteri fondamentali e distintivi di questi due nuovi generi, vien fornito dalla forma del- l’angolo sinfisario, rotondo pel primo genere, acuto pel secondo. Il suddetto autore, ch’ebbe Ia fortuna di esaminare un ricchissimo materiale, ha potuto ripetutamente dimostrare l’importanza di questo carattere ed aggiunge che con tale divisione vanno riferiti al Cyrtodelphis quasi tutti gli avanzi che fino ad ora si ascrissero allo Schicodelphis, e all’Acrodelphis quasi tutti quelli che furono riferiti al Champsodelphis. I rapporti di somiglianza e i caratteri di distinzione che passano fra il Cyrtodelphis e I Acrodelphis, potrebbero prestarsi a discussioni le quali però (date: le poche conoscenze che si hanno finora in propo- sito), non so se ci condurrebbero a conclusioni utili e ben definite. Più che nei citati rapporti e nelle differenze fra i ricordati generi, le nostre cognizioni sono molto più progredite in ciò che riguarda particolarmente il genere Cyrtodelphis pel quale la citata riforma nella sistematica era necessaria, specie per eliminare dei criteri erronei. In seguito a tale revisione e allo studio dello splendido cranio di Eggenburg il dott. ABreL ha potuto, oltre a quanto si è ricordato, stabi- lire, per il genere Cyrtodelphis, un certo numero di caratteri ben netti e fondamentali che trascrivo in appresso. Ai caratteri stabiliti dal suddetto autore io ne aggiungerò, alla fine del presente lavoro, qualche altro, dedotto dall'esame di alcuni denti, i quali, stante Ia rarità loro, presentano senza dubbio partico- lare interesse. Cyrtodelphis 2. — Sinfisi che si estende per circa due terzi della lunghezza complessiva del mascel- lare inferiore, il quale, nelle facce esterne porta delle impressioni longitudinali spesso fuse in un unico solco ora profondo e stretto, e ora largo e poco incavato. Angolo della sinfisi arrotondato. Facce interne delle branche mandibolari libere, concave e curvate in modo da formare con l’angolo della sinfisi un’ovale molto allungata. Alveoli numerosi che si spingono anche sulle branche libere. Denti piccoli a forma di breve cono, nel tratto di mandibola fuori sinfisi, con rigonfiamento alla base e apice curvato all’indietro. Intermascellari fra loro molto vicini, col crescere dell’età fusi assieme; depressi nella regione nasale dove, nella parte più larga, sono percorsi da numerosi solchi convergenti in avanti. Ossa frontali ricoperte ai lati dai mascellari superiori. i) ApeL 0. Untersuchungen ‘iber d. fossilen Platanistiden des Wiener Beckens. Denkschr. d. k. Akad. d. Wis- senschaften, Bd. LXVIII. Wien, 1899. 2) Apri 0. Mem. cit. edi [3] G. DAL PIAZ 289 Cyrtodelphis sulcatus Gerv. sp. — Tav. XXXIV [I], fig. 1-5. 1840. Delphinus pseudodelphis P. Gervais. Bull. d. Acad. d. Sc. de Montpellier, pag. 11. 1853. — sulcatus P. Grrvais. Bull. de la Soc. géol. de France, tom. X, pag. 311. 1853. - canaliculatus H. v. Mrever. Neues Jarhrbuch f. Mineral. Febr. 6, pag. 163. 1853. Delphinorhynehus sulcatus P. Gervars. Mém. de 1’ Acad. d. Sc. de Montpellier, tom. II, pag. 310, pl. VII, fig. 1-7. 1856. —_ — H. v. Meyer. Palaeontographica, Bd. VI, pag. 44, tav. VII, fig. 1-7, 11-13. 1859. _ planus P. GreRrvaIs. Zoolog. et Paléont. frang., II édit., pag. 305, pl. XX, fig. 13. 1859. -_ Dationum P. GervaIs. L. cit., pag. 306, pl. LXXXII, fig. 1, 2. 1861. Schixodelphis sulcatus P. GervaIis. Mém. de l’Acad. de Montpellier, tom. V, pag. 126, pl. IV, fig. 1-3. 1872. Platydelphis canaliculatus Du Bus. Bull. d. 1’ Acad. Roy. d. Sc. de Belg., 41 année, II sér., tom. XXXIV, pag. 498. Bruxelles. 1873. Schixodelphis sulcatus J. F. Branpr. Mém. d. l’Acad. imp. d. Sc. de St. Petersbourg, VII sér., tom. XX, pag. 253. 1876. Platyrhynchus canaliculatus Van BeneDeN. Bull. d. l’Acad. Roy. d. Sc. de Belg., II sér., tom. XLI, Bruxelles. 1879. Schixodelphis sulcatus P. GrrvaIs et Van BenEDEN. Ostéographie des Ottacés vivants et fossiles, pl. LVII, fig. 3-8; pl. LX, fig. 20, pag. 504. Paris. 1879. — planus P. GervaIs et Van BexepeN. L. cit., pag. 507, pl. LX, fig. 21. 1879. Champsodelphis Dationum P. GrRvaIs et Van Benepen. L. còt., pag. 489, pl. LVII, fig. 11. 1886. Schixodelphis canaliculatus J. Prost. Jahreshefte fiir vaterlindische Naturkunde in Wiirttemberg, 42 Jahrg., pag. 118, tav. III, fig. 11-14. Stuttgart. 1894. — Depereti V. Paquier. Mém. de la Soc. géol. de France (Paléontologie), tom. IV, fasc. 4, pag: i, pl. XVII. i 1899. Cyriodelphis sulcatus O. Azen. Denkschriften Mat.-Naturwiss. Classe d. k. Akad. in Wien, Bd. LXVIII, pag. 850, Taf. I-IV. 1901. — — 0. Agr. Mém. du Musée royal d’Hist. Natur. de Belgique, tom. I, année 1901, Bruxelles. Gli avanzi che potei raccogliere, e che adesso prenderemo in esame, constano adunque di un cranio mancante di alcune parti e di una mandibola, pure incompleta, ma appartenente allo stesso individuo. Cranio (Tav. XXXIV [I], fig. 1, 2). — Come mostrano le figure dell’unita tavola, l'esemplare, ben- chè troncato così dal lato anteriore, come da quello posteriore, misura tuttavia una lunghezza complessiva di quasi mm. 520. Delle varie ossa che compongono il cranio, sono presenti quasi tutto il mascellare de- stro, portante cinque denti, parte del mascellare sinistro, le ossa èntermascellari, un frammento del fron- tale destro, le palatine e parte delle ossa pterigoidee. Le ossa mascellari hanno una faccia esterna tondeggiante nella parte anteriore del rostro, decorrono piatte e più larghe nella parte media per restringersi e curvarsi poi debolmente in alto verso la regione frontale. La parte inferiore delle ossa mascellari è stata in gran parte corrosa, specialmente dal lato si- nistro. Il lato destro conserva anche varie tracce degli alveoli dei denti. È difficile poter stabilire con certezza il loro numero, causa il cattivo stato di conservazione; si può constatare però, molto chiaramente, che la distanza fra alveolo ed alveolo va aumentando dall’indietro all’avanti. All’ unione delle ossa ma- scellari con le intermascellari, si manifestano due solchi longitudinali, assai meno pronunciati nella regione posteriore. 290 G. DAL PIAZ [4] Le ossa intermascellari sono ottimamente conservate. Il loro insieme, nella parte anteriore, forma un tutto di apparenza cilindrica, pur rimanendo separate da un solco mediano abbastanza evidente. Col pro- cedere verso la parte posteriore del cranio, le ossa intermascellari vanno divergendo, e mentre le regioni laterali delle medesime restano ancora prominenti, la parte di mezzo si fa quasi piatta, determi- nando un’ area triangolare molto acuta, depressa'ed espansa. Ai lati esterni di quest'area si aprono, assai distinti, i fori sotto orbitali, mentre il solco mediano va facendosi sempre più profondo. Delle ossa frontali, un frammento della parte destra è ancora attaccato all’intermascellare, un altro fram- mento, che comprende parte del frontale sinistro e una piccola porzione dell’ intermascellare, è invece staccato. Le ossa palatine, limitate anteriormente e posteriormente da due suture poco appariscenti a forma di W, sono discretamente bene conservate. In esse è evidente la sutura mediana che forma il culmine della volta palatina e che si continua poi anteriormente in un solco compreso fra le ossa mascellari. Le ossa pferigoidee sono molto corrose, incomplete e si distinguono a malapena; ad esse, dal lato destro, è attaccato un piccolo frammento del vomere. Denti. — Nel mascellare destro sono presenti cinque denti. Tre si succedono regolarmente senza inter- ruzione fra loro, occupano la parte posteriore del rostro e sono certamente da ascriversi fra gli ultimi. Il loro impianto, nel mascellare, è debolmente obliquo dall’indietro all’avanti e pochissimo” dall’ esterno all’interno. Il primo di questi tre denti ha la corona molto guasta, perchè scheggiata; quello di mezzo è pure rotto nella parte superiore, mentre l’ultimo è ottimamente conservato. Esso ha la corona (alta mm. 6, larga, alla base, mm. 4) di forma conica, alquanto compressa lateralmente; la punta, un pochino corrosa dall’uso, è ricurva verso l’interno e debolmente rivolta all'indietro. La faccia esterna della corona è liscia, poco depressa nella parte mediana, solcata da screpolature longitudinali, presenta due piccolissime spor- genze lineari appena percettibili. La faccia interna invece, rotondeggiante in basso e appiattita verso l’apice, è ornata, alla base, (li numerosissime crenellature in forma di piccoli rilievi longitudinali che determinano una specie di rigonfiamento. Tali crenellature sono del tutto simili a quelle rappresentate dalla fig. 4 dell’unita tavola, con la sola differenza che nel dente di cui si è parlato finora sono più nu- merose, ma alquanto più corte. Questo fatto sta in perfetta relazione con la minor lunghezza dei denti posteriori rispetto agli anteriori. Finalmente, lungo l’orlo anteriore della corona, si nota una debole salienza lineare tagliente, che scende dall’apice per divergere e sfumarsi poi, sulla faccia esterna della corona, poco sotto la metà della sua altezza. Anche dal lato posteriore sì riscontra una piccola sporgenza tagliente la quale segue però la direzione dell’orlo. La radice dei denti posteriori è lunga circa una volta e mezzo l’altezza della corona. È spessa, non molto schiacciata lateralmente, con leggera depressione mediana e rivolta alquanto all’indietro. Poco sotto la base della corona, la radice comincia con una specie di rigonfiamento a guisa di colletto più pronun- ciato nei due orli anteriore e posteriore che non sia sulle facce laterali. Quattro alveoli separano i denti, ora descritti, da due altri denti che occupano, all’incirca, la parte mediana del cranio. Di questi due denti il posteriore è in parte guasto, ma l’anteriore è bene conser- vato. Essi sono alquanto rivolti all’esterno e il loro impianto è perpendicolare alla direzione dei mascel- lari. La forma dei denti è conica, molto più allungata e più compressa che nei precedenti di modo che la sezione normale è rappresentata da un’ ovale abbastanza schiacciata. La corona, che ha un'altezza di mm. 9 e una larghezza di mm. 5, è solcata da screpolature longitudinali; la faccia esterna è liscia e debolmente piatta verso la base, la faccia interna è ornata, nella parte inferiore, di crenellature del tutto simili a quelle della fig. 4. La radice è spessa, col solito rigonfiamento in alto sotto la corona, rivolta all'indietro, alquanto appiattita lateralmente, provvista di solcatura mediana. PR sn PPSTRE ee A LIL {5] G. DAL PIAZ 291 Quantunque la distanza che separa i denti anteriori dai posteriori sia breve, pure, anche dalle poche cose dette fino ad ora, si rileva come esistano fra i primi e i secondi delle differenze. È interessante far notare infatti come tali differenze riguardino la forma generale della corona, più gonfia e più de- pressa posteriormente, più schiacciata» ai lati, più alta e a tipo lanceolato anteriormente; più ricca di crenellature nei denti posteriori, alquanto meno ricca e ad orli lisci negli anteriori. E tali differenze si riscontrano anche nell'esame della radice che dall’indietro all’avanti va facendosi sempre più piatta, più rivolta verso la parte posteriore e a solco laterale mediano alquanto più sentito. Mandibola (Tav. XXXIV [I], fig. 3, 4). — Come s’è detto trattasi di una parte della mandibola destra della quale è conservato buon tratto della regione libera e un sottile frammento della regione sinfisaria; complessivamente una lunghezza di mm. 370. La forma tipica dell’intera mandibola, la conca- Vità posteriore della faccia interna e la presenza del solco nella faccia esterna (per quanto comune ad altri gruppi d’animali) risaltano con tutta evidenza. Disgraziatamente la parte anteriore è molto guasta, manca ogni traccia della mandibola sinistra, di modo che ci è resa impossibile qualsiasi osservazione sul- l’angolo sinfisario. Manca pure la parte posteriore e dove la mandibola è troncata si ha un’altezza di mm. 39. Denti. — Interessanti osservazioni invece si possono fare sui cinque denti ancora presenti. Di essi, tre occupano la parte della branca libera e due si trovano all’estremo anteriore nella regione sinfisaria. I tre posteriori ghe non si succedono regolarmente, sono rivolti alquanto all’indietro e debolmente dal- l'esterno all’interno. Oltre a ciò il loro impianto ha subìto una specie di rotazione di modo che 1’ orlo anteriore e posteriore dei singoli denti non si trovano in coincidenza con la direzione della mandibola, ma il primo è spostato verso l'esterno e di conseguenza verso l’interno il secondo. Riguardo la forma, i tre denti sono presso a poco uguali e la fig. 3 li rende molto bene. La corona ha una forma conica, depressa, alquanto schiacciata lateralmente, alta in media mm. 5 e larga mm. 4. La faccia esterna, salvo qualche rara e minutissima granulazione, è liscia, percorsa da screpolature longitudinali e presenta la particolare caratteristica di una depressione longitudinale mediana, sfumata in alto e più pronunciata in basso. Come nei denti superiori, anche negli inferiori la faccia interna è munita di crenellature; in que- st'ultimi però esse sono più rare, ma più grosse, più pronunciate e più irregolari. L'orlo anteriore della corona, percorso da una debole salienza tagliente, appare liscio, quello posteriore invece è munito di minutissime dentellature, fra le quali, qualcuna un poco più grande, si eleva a guisa di tubercoletto. La radice è spessa, rigonfia in alto, un po’ appiattita lateralmente e ricurva all’indietro. Gli altri due denti (alquanto ingranditi nella fig. 4 della tavola), sono caratteristici e si distinguono bene dai posteriori per la forma lanceolata e compressa della corona, la quale ha un’ altezza di mm. 9 e una larghezza di mm. 5. La faccia esterna è liscia e screpolata longitudinalmente, quella interna è o1- nata di crenellature lineari allungate, come mostra la già citata figura. La radice è, anche in questo caso, rigonfia in alto, compressa lateralmente e molto ricurva all’indietro. Nell’operazione d’isolamento s’è rinvenuto, staccato dall’osso mandibolare, un dente che appartiene, con grande probabilità, all’individuo descritto. Tale dente (Tav. XXXIV [I], fig. 5) che per le già citate particolarità va riferito a quelli anteriori, mostra molto bene l’andamento della radice. I singoli caratteri che sono venuto via via esaminando, riguardanti la forma generale del cranio preso nel suo insieme e in particolare nelle ossa mascellari e intermascellari, la lunga sinfisi che in ciò che resta del sottomascellare si estende ner mm. 230, il solco mandibolare esterno, la concavità interna del ramo di mandibola libero, il numero e la forma generale dei denti, sono tali da farci riscontrare, in essi, una perfetta coincidenza con tutte quelle particolarità distintive, che furono citate a proposito del genere Cyrtodelphis. 292 G. DAL PIAZ [6] Passando poi dalla determinazione generica a quella specifica, io credo che l'esemplare di Belluno abbia tutti i caratteri che l’ABeL, nei suoi ottimi lavori già più volte citati, ha dato per il Cyrtodelphis sulcatus, e che non si debba per il momento tener conto di altre specie, quali il Cyrtodelphis Cristolii ecc. che non hanno, finchè non se ne rinvengano pezzi più completi e decisivi, altro che un valore provvisorio. In una mia recente visita fatta ai Musei di Vienna e di Eggenburg, grazie alla distinta cortesia del dott. ArrHABER, del sig. KRAHULETZ e in special modo del dott. ABEL, assistente all’Istituto geologico Austriaco, ai quali tutti sento il dovere di tributare i miei più vivi ringraziamenti, ebbi la fortuna di esaminare il ricco materiale di Cyrtodelphis sulcatus che servì al dott. AseL per la compilazione della dotta memoria sui Platanistidi del bacino di Vienna. Questo esame ha finito col togliermi qualsiasi dubbio sul riferimento al Cyrtodelphis sulcatus del mio esemplare, dubbio che, prima del mio viaggio, m° era sorto a motivo della poca fedeltà con la quale furono disegnate le radici dei denti e qualche altra parte del materiale di Eggenburg. i I confronti con lo splendido originale illustrato dall’Age, hanno dimostrato una completa identità nella forma e nell’andamento delle ossa intermascellari, sia nella parte anteriore che nella posteriore, dove si uniscono e dove si allargano formando un’ area piatta e depressa. Rapporti d’uguaglianza si ri- scontrano pure nei mascellari, nelle ossa palatine, nelle rispettive suture e nel solco mediano che si pro- lunga oltre le ossa palatine. Così si ha molta somiglianza anche fra le mandibole di «cui corrispondono, presso a poco, le dimensioni, la depressione interna della branca libera, il solco esterno della regione sinfisaria e tutti gli altri caratteri secondari. Nè maggiori rapporti d’identità si potrebbero avere fra i denti dell’ esemplare di Eggenburg e quelli della nostra mandibola, sia nell’impianto, nella forma, nelle dimensioni, nella radice, nella corona liscia. e con leggero solco mediano nella parte esterna, sia nelle crenellature interne della base e sia perfino nei piccolissimi rilievi limeari a spigolo acuto che accompagnano l’orlo anteriore dei denti. Stabilito così il riferimento specifico e quindi l’esistenza del Cyrtodelphis sulcatus anche nel giaci- mento bellunese, rammenterò in fine che il nostro materiale ci permette di aggiungere come in questa specie, i denti posteriori, riguardo la forma, siano alquanto più corti e meno compressi lateralmente degli anteriori, che hanno invece un tipo lanceolato. Tali caratteri trovano, come già dissi, un’ eco nella radice che è costantemente rivolta all'indietro. Abbiamo visto inoltre l’esistenza, in tutti i denti, di crenella- ture nella faccia interna, leggere ed allungate negli anteriori, più corte, ma più grosse nei posteriori, nei quali poi, specialmente nella mandibola, gli orli posteriori sono muniti di fimissime dentellature. Tutti questi particolari concorrono a completare i caratteri specifici del Cyrtodelphis sulcatus dati dall’ABEL. Anche i denti dello Schizodelphis ? squalodontoides Capellini illustrati dal prof. LonenI *, ricordano . alquanto, nella forma e nei caratteri particolari, quelli del Cyurtodelphis sulcatus. E se tanto la descrizione, quanto le illustrazioni date dal prof. Loneni non facessero in particolar modo rilevare la forte dentel- latura di cui sono muniti gli orli dei denti posteriori dell'originale da lui studiato, io sarei tentato a ritenere che anche lo Schizodelphis ? squalodontoides Capellinii si dovesse ascrivere al Cyrtodelphis sulcatus. i) LonGHI P. Della pietra da coti o da mola bellunese, e di alcuni suoi fossili. Atti d. Soc. Veneto-Trentina di Se. Natur., ser. II, Vol. III. Padova, 1896. Finita di stampare il 16 dicembre 1901. \ prrorsagoige Lai d) È diisoIso ib 1070 itnsmo08 esnsoitonyaD — Sesf Lor» te] — ini &er0inoIso 105),/G8, 07 muintoneo asisslioni nnt — gf insokieniab\xage «o jisusH esisditonix = n À LO " \ N SU RE AES È 4 Re, E "hp DU — Liu tgrtg lisolso ob dlnegrisardielaliob otslqaroz9 nia bh osesiVi IC] +— citi inttd iasolns ih, .GE SU mullertolug csnsgltongaa casa pag ib ii da 3 Mob iosa ta sIlob a 1Rigiegee î 1Ob LSio0te. han RA) Gllab sasa nio ol. “iso ; EIICONICO SUgarasi idiA Sw, 30 — Mao Ming MoliaIoogs: ne o1rigiasgastpittà: = pu lol ir iran ss15I . Spiegazione della Tavola I [I]. Fic. la-c. — Oxynoticeras Soemanni Dux., dei calcari rossi inf — Del Museo di Pisa,— pag. 3 [3]. » 2a-c. — Oxynoticeras oenotrium n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. © [1]. » Bac. — Oxynoliceras Haueri n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco di Baviera, — pag. 8 [8]. » 4 — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 8 [$]. » 5a,b.— Oxynoticeras pulchellum n. sp. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 12 [12]. » 6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa,— pag. 12 [12]. » 7. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 12 [12]. » Sac. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Musco di Pisa, — pag. 12 [12]. » 9. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 12 [12]. » 10a-e. — Oxynoticeras Lymense WrIGHT, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 4 [4]. » lac. — Oxynoticeras numismale Quanst., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 6 [6]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. I. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. ll» RUGANI & FUCINI FOT. ELIUT CALZOLAR! & FFRRARIÙ MILANO nl «IT slovsT csllob Sr10Îxk29 lei gerirvosi ifanituoì esisoitonyt0 hrdisoga Razsta e laica qruozo Rina: Pra PEA < Ì ARESE f ù a 35 TAR } MOnPOr cong est RR QD solco OR sivige paese rilsb'otfriqurozo nità i Ti ; È je DIS'I 4 polso iafo-tezano elstizimun es1990081)7 3 sDi) #1 cana È "5 : 160189 10D DI09qe Bazdia Reg i DI dae Spiegazione della Tavola 1I [II]. Fig. la-c. — Oxynoticeras Bourgueti Revnbs, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 10 [10]. » 2. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 10 [10]. » 3a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 10 10]. >» 4a-c. — Rhacoceras numismale QueNnsT., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 15 [15]. » B5a-d.— Kondiloceras Manciatii n. gen. n. sp., dei calcari rossi inf. (?). — Del Museo di Pisa, — pag. 14 [14]. » 6a,6.— Phylloceras cylindricum Sow.,dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, -— pag. 17 [17]. » 7. — Altro esemplare della stessa specie veduto dal dorso, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 17 |17]. >» 8a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. -- Del Museo di Pisa, — pag. 17 [17]. Palaeontographia ‘italica, vol. VII, 1901. FUGINI, Cefalopodi RUGANI & FUOINI FOT. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. II. liassici del Monte di Cetona. ELIOT CALZOLARI & FERRAKIÙ [Tav. II]. MILANO ‘(51 sllab ornoissgaige II SIEMPRI AT, ian Galioh Saqrricpii ADRIA * j Vivo gessi uhe ss egu0o 167 inv sassi allob Sisfqiszo oniA NlIRv pad Stsiguiozo oss A iriasoino 19D idatrev eaeota silob oiglodmazz: astlà 90 — diniviaias olio ib. ar 0 muxsvnoo s09309 ORA Spiegazione della Tavola III [III]. la-c. — Phylloceras cylindricum Sow. var. Bielzii AmRB., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 19 [19]. 2a-d.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 19 [19]. 3. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 19 [19]. 4a,b.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 19 [19]. ba-c. — Var. compressa della specie precedente, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 20 [20]. 6a,d.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del. Museo di Pisa, — pag. 20 [20]. Ta,b.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 20 [20]. 8. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo civico di Milano, — pag. 20 [20]. 9a-c. — Phylloceras convexum De StEr., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 21 [21]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. III FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. III]. RUGANI & FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIU. MILANC d'iodi le de * Lolcan DI Voga: v veT allob sn DI A “aigoo8t9 tepata IRRARENTILA ilamene aan i: DE ISTRIA, tano! ovTA Ios cità HS salvato ta ia iisdlso job siva ssrsie as horciqsuszo ot) ire gola ia LiatooLi 35 841 agtasolitnà -V&T ados i Jaeon Dura sti ei ii rosa 01 efs2 ATRIA I IARTETS TVLOTÀSI Spiesazione della Tavola IVUPEVI Fic. 1a,b. — Phylloceras persanense HerB., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 22 [22]. » 2a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 22 [22]. » 3a,b.— Phylloceras Wahneri Gamu., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 26 [26]. » 4. — Altro esemplare della . stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 26 [26]. » 5a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 26 [26]. » 6a,0.— Phylloceras frondosum Revw., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 41 [41]. » Ta,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.-— Del Museo di Pisa, — pag. 41 [41]. » 8a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 41 [41]. » 9a,b.— Phylloceras Lipoldi HaurR, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 24 [24]. » 10a,5.— Phylloceras Partschi Stur var. Savi Dr Srwr., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze. (Vedi anche Tav. V [V], fig. 7), — pag. 30 [30]. ; » Jdla,b.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 30 [30]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. A CA PALAEONTOGRAPHIA ITAL olona. È di Monl l ci de lias. , Cefalopodi FUCINI RUGANI & FUCINI FOT. MILANI ELIOT. CALZOLARI & FERRARIU V slovsT slleb snoissv9ig2 OCADiO LIBIIASERED Uta. inaei È n % » A 9 % È De i ; 4 “SRg = aston esa Rane n IM rautelitatmo) esi9Ioliyai 959 lea a operi Lo to enrrarila ionani Moaieesazoia n ESheskiginsea ortlA IMPROTA qe segote sole era 1) drslquroza conlA nei ib sesti 190 — ‘ini SOI) dee 11 muiduo es1900]v69 rR9A N ASIVOTA sR49to brefigamoeo os3tA hu) osmosi ib Ra. IDOorà Spiegazione della Tavola V [VI]. 1. — Phylloceras Partschi Srur, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 29 [29]. 2a,b.— Phylloceras tenuistriatum Mx. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 31 [31]. 3. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 31 [81]. 4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 31 [Bi]. ba-c. — Phylloceras dubium n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 27 [27]. 6a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 27 [27]. 7. — Phylloceras Partschi Stur var. Savi De Strr., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa. (Vedi anche Tav. IV [IV], fig. 10, 11), — pag. 30 [30]. 8a,b.— Phyiloceras oenotrium n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze. (Vedi anche Tav. VI [VI], fig. 1), — pag. 34 [34]. 9a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze. (Vedi anche Tav. VI [VI], fig. 1), —— pag. 34 [34]. » Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, T FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI & FUCINI FOT ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANO È PVI Elot&T sllob anoissgsige i a cd ì, «mblgo ib GEO 165 ab fmenlen tab .ant # Tab olsoda srasta slloh orsia Spiegazione della Tavola VI [VI]. Fic. 1a,b. — Fhylloceras ognotrium n.sp., dei calcari grigi inf. —- Del Museo di Pisa. (Vedi anche Tav. V [V], fig. 8,9), — pag. 34 [34]. » 2a,b.— Phylloceras Zetes D’OrB.,dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 36 [86]. » 3a,b.— Phylloceras Bonarsllii Berm., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 38 [38]. » 4a,b.— Phylloceras Meneghini Gamm. © dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 40 [40]. » 5. — Altroesemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.? — Del Museo di Firenze, —- pag. 40 [40]. » 6a,b.— Phylloceras Emeryi BerT., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 44 [44]. » Ta-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pacino [44]. » $8a-c. — Altri esemplari della stessa specie (var.?), dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 44 [44]. » 9a,b. — Phylloceras selinoides MGx., dei calcari grigi rosati del Lias sup. — Del Museo di Firenze, — pag. 45 [45]. » 10. — Altroesemplare della stessa specie, dei calcari grigi rosati del Lias sup.— Del Museo di Pisa,— pag. 45 [45]. >» Jla,b.— Phylloceras Spadae McuH., dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Firenze, — pag. 46 [46]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALA] El ONTOGRARBIATIDATICAVOME Tav. VI FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI & FUCINI FOT ELIUT. CALZOLARI & FEKRAKiU MILANC » n allob 3roisg09îg2 $ logs signi iN alfano iero io) Leaf ARI NARO” CARINO i ‘ 9 iuols tabeainot Talbot eh ornesas von IA LISt iI has foT — his pinino ID durtiiozo oniA i iaa01 Itsolso 1a5*homoì ILS bnua,sr29t8 ellob oslgnrorì 1% ( : : { I 51€ SORU Ls ol — cati tao irsolno 16h miolezeia sIob s1R14 azar ET i 0oenbi IC — ctni iaso1 isole) T0B sinot a 0 06, tate cali oi ZA fe2d)a' siiòof SIG quisro cute 4 Spiegazione della Tavola VII [VII]. la,b.— Rhacophyllites Nardii Mcn., esemplare originale di Campiglia. — Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. 2a,b.— Altro esemplare della stessa specie, I forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. 34,b.— Altro esemplare di Campiglia. — Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. i 4. — Altro esemplare della stessa specie, II forma, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. 5a, b.— Altro esemplare della stessa forma, dei calcari rossi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 48 [48]. 6. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. Ta,b.— Altro esemplare della stessa specie, III forma, dei calcari rossi inf. - Del Museo di Pisa, — pag. 48 [48]. 8. — Rhacophyliites stella Sow., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze. (Vedi anche Tav. VIII [VIII], fig. 8; Tav. IX [IX], fig. 1 e Tav. XII [XII], fig. 4), — pag. 68 [68]. 9a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 68 [68]. Palaeontographlia italica, vol. VII, 1901. RUGANI & FUOINI FOT lel Monte ONTOGRAD! Cetona. ELIOT CALZOLARI MILANE ta A fera ai riad onnti La rmalisv sons alioh Siala mora ost er Ill — Agi 36 pr MT 4 Mi fi geggrià JoT— Anitgino ine isobaa nh efpitsy sozote sllob pisigirozs oniA bu insole». to ibipoga sezoie sliob stevusogiob ci , CMPESC E] RE Spi» eg ingolno Î0D (eWaslimea inv) .vroQ Siitete estiliviGoa ssifi RITZ) IX ST Ot 90 [ZI] ZIL:P 10 AMT Fio. Spiegazione della Tavola VIII [VIII]. la,b.— Rhacophyl!ites transyivanicus HauUER var. dorsoplanata, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 52, 54 [52, 54). 2a,b.— Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 52, 94 [52, 54]. 3. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 52, 54 [52, 54). 4. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 52, 54 [52, 54]. 5. — Frammento della stessa varietà con peristoma conservato, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 52, 54 [52, 54]. 6a-c. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 52, 54 (52, 54]. Ta-c. — Var. dorsocurvata della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 52, 53 [52, 53]. 8a-c. —- Rhacophyllites stella Sow. (var. semilaevis), dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa. (Vedi anche Tav. VII [VII], fig. 8,9; Tav. IX [IX], fig. 1 e Tav. XII [XII, fig. 4), — pag. 68 [68]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. VIII. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI & FUCINI FOT ELIUT. CALZOLARI & FENRARI MILANO , va va tue. e N x s da n Ni " î \ A Di : È 5 x i hi s di ‘ ‘blovsT sllsb orioissggoî 5 00esl lst — af taivg'ipgle» lol aa s espip sofiiigoosilà imsolso sb oivage wazsio gii feriti E van ab Dc iusdico. ioh aissie iecole iilop STRO 9 ge DE: sllate sotiioigioani STI TIAIIAN CRT LA: bialyniozs otiSà 5 I1polga -iob ;sinsqe nedota pilob DIRIqMosstoniA O ditrors) troll imbsuD estilvigosenS ist — Sit iasoa-insolno Joer, TIVo7 soliti sî I ih oLasbosou) cisoge sto). s20l0h at Hera Sia sI{8b s'istgicosb anta DIRI uuitpgtgti = Spiegazione della Tavola IX [IX]. Fi. 1a,d. — Rhacophyliites stella Sow., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa. (Vedi anche Tav. VII [VII], fig. 8,9; Tav. VIII [VIII], fig. 8 e Tav. XII [XII], fig. 4), — pag. 68 [68]. » 2a,b.— Rhacophyliites gigas n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 56 [56]. » 3a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 56 [56]. » 4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 56 [56]. » 5a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 56 [56]. » 6a-c. — Rhacophyllites Quadrii Mcn. (esempl. origin.), dei caleari grigi inf. — Del Museo di Pisa, .-- pag. 65 [65]. . » . — Var. dolosa della specie precedente, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 68 [68]. » 8. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 68 [68]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. IX. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Zav. IX ]. RUGANI & FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIU. MILANO orsT allsb pi 1 tas] bubasimbs esliluinoarttà ais9 doh id dA ATTI i inca aMab cimasmi de Gato! ilidiemanez corilitancasta pre limpols: và E FRE aan fa 4 Spiegazione della Tavola X [XK]. . Fig. 1a-c. — Rhacophyliites admirano, pag. 80 [80]. » 6a-c. — Lytoceras spirorbis MGH., dei calcari grigi nel Lias m. (?) — Del Museo di Firenze, — pag. 84 [84]. » . — Lytoceras nothum Mcx., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 81 [$1]. » 8a,b.— Lytoceras sp. ind., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 79 [79]. » 9a,b.— Lytoceras secernendum De STEF., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 79 [19] » 10. — Ectocentrites sp. ind., dei calcari grigi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 89 [89]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEBONTOGRAPHIA FUCINI, Cefalopodi liassici del Monle di Cetona. RUGANI & FUCINI FOT. ITALICA, Vol. VII, Tav. XIII. [Tav. XIII]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Ici pvix slovsT silob 9goisagsìA? = sei iD 0925M dad. — dAaflizzoi fagpion INR Rod gimmotite esfirinsooto3 2 ingolko ne degoni alfob atsiguroze oulA ta est 18h ibn ente alloh SIsiqureza quia s4 Fisolao i9h alioge Regola: Giloh Sialytozo iii SETT ino imnolso i9d «at:tn00 c48Y) Binocge ssd sllob olii i Sal 4951 0A -.35q LA Silat si Ingyois sisiguroei SE penare sli Giriquozo omnia silab een, cui via aige 5 elisa aqnotgi sins i ì -[95) 08 ang = art ib 2 implns: ib .dingge sere ne 2 silob o1siqrisro qst ‘ib Giorni o DI Ela 3198] 05 asa EST IL 107 iLait elantrobzoosiai è Spiegazione della Tavola XIV [XIV]. Fig. 1. — Ectocentrites altiformis Bon., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 86 [86]. » 2a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 86 [86]. » 3. € — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 86 [86]. >» 4a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 86 [86]. » 5. — Esemplare giovanile della stessa specie (var. contraria), dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 86 [86]. » 6a,b.— Esemplare giovanile della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 86 [86]. » a,b.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 86 [86]. » 8. — Parte interna della spira di un esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 86 [86]. » 9a,b.— Frammento di un esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 86 [86]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. di Celona. ssici del Monte lopodi lia efa G FUCINI RUGANI & FUOINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANG I v% sk } da : DA na î î ni ì i | Rimini sete idodonp atiutigy pag! suor, ci ictus bd st tree da Arsobitata 11 aa dsl drorattA gin atriiinadora di 174 ui! =; nua % SE gno pi rante e tot affsmienmtza £3% (Gittya post do sai ea TATOO (Aa — ohi li pazgon ANN! parto Ap iN da iutasi so aoliregiig Biagio otibyfigeerz: piaabpi desta. altab niusg ntoodt1 dalig ost Hopitte Mu èn De) Tous ovuiongoz0 strifurator ih agroiero ti ta i GIRA ritto pitt) ubrdosi I 11 i À vigore ogatt neri iulananbiala i EIULOIOTI posi 1ob' ben ‘1 dI 15 preirtotz-all arrotgon lo . Spiegazione della Tavola XV [I]. — Alethopteris Serlii (Bronen.) Go6Pp. Porzione di una pinna, probabilmente appartenente alla parte inf. di una foglia, in grandezza nat. dal saggio n. 55 del Museo pisano, — pag. 93 [3]. Porzione di una pinna della stessa specie, probabilmente appartenente alla parte sup. di una foglia, in grand. nat. dal saggio n. 59 del Museo pisano, — pag. 93 [3]. Piccola pinna sviluppata anormalmente della stessa specie, in grand. nat. dal saggio n. 9 del Museo pisano, — pag. 94 [4]. Sphaerites craterigenus n. sp. Parte sup. del saggio n. 41 del Museo pisano, in grand. nat., — pag. 92 [2]. Piccola parte dello stesso esemplare ingrandito circa 8 volte, per mostrare i piccoli crateri nel cui fondo sporgono gli otricoli dei periteci, — pag. 92 [2]. Dactylotheca dentata (BRONGN.) ZerLL. Un’ Aphlebia, in grand. nat. dal saggio n. 38 (VI rosso) del Museo pisano, —- pag. 100 [10]. 7 Sphenopteris minutisecta Fonr.-et_ WH. Porzione di una foglia, in grand. nat. dal saggio n. 31 del Museo fiorentino, — pag. 105 [15]. Porzione di una pinna della stessa specie, ingrandita 3 volte dal saggio n. 33 del Museo fiorentino, — pag. 105 [15]. Due pinnule della stessa specie, ingrandite 3 volte dal saggio n. 31, — pag. 105 [15]. Neuropteris Meneghiniana n. sp. Frammento di una pinnula, in grand. nat. dal saggio n. 66 del Museo pisano, — pag. 101 [11]. - - Frammento della stessa specie in grand. nat. dal saggio n. 57 del Museo pisano, — pag. 101 [11]. Frammento della stessa specie in grand. nat. dal saggio n. 65 del Museo pisano, — pag. 101 [11]. Frammento della stessa-specie in grand. nat. dal saggio n. 57 del Museo pisano, — pag. 101 [11]. Frammento della stessa specie in grand. nat. dal saggio n. 68 del Museo pisano, — pag. 101 [11]. Callipteridium crassinervium Por. Due pinne in grand. nat. dal saggio n.9 del Museo di Cagliari, — pag. 98 [8]. Due pinnule della stessa specie sostenute da un frammento di rachide, ingrandite circa 3 volte dal medesimo saggio n. 9, — pag. 98 [S]. Sigillariophyllum Canavarii n. sp. Frammento di foglia in grand. nat. dal saggio n. 45 (II rosso) del Museo pisano, — pag. 113 [23]. Sphenophyllum oblongifolium GeRrm. et KAUFF. Rametto in grand. nat. dal saggio n. 8 del Museo di Cagliari, — pag. 111 [21]. i Alcune foglioline della stessa specie in grand. nat. dal saggio n. 24 del Museo pisano, — pag. 111 [21]. Cardiocarpus Sardous n. sp. In grand. nat. dal saggio n. 24 del Museo fiorentino, — pag. 116 [26]. Calamites gigas BronGN. Modello in grand. nat. dal saggio n. 70 del Museo pisano, — pag. 108 [18]. Ulmannia Bronnii GOPP. Gruppetto di foglie ingrandite circa 4 volte dal saggio n.57 del Museo pisano, — pag. 117 [27]. Dactylotheca dentata (BroneN.) Zeru. var. laxa n. var. Due coppie di pinne in grand. nat. dal saggio n. 29 del Museo di Cagliari, — pag. 99 [9]. Due pinnule della stessa specie dal saggio medesimo ingrandite circa 3 volte per mostrare le nervature, — pag. 99 [9]. . — Neuropteris De-Stefaniana n. sp. Due pinnule in grand. nat. dal saggio n. 26 del Museo fiorentino, — pag. 101 [11]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. VII, Tav. HONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. DI I PALA [Zav. I]. ARCANGELI, Vegetali permo-carboniferi della Sardegna. Da Si AUOT. DIS. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANO CRAITRCO er Spiegazione dela vola 06]: E. primigenius Bruw. Fig. 1. — Frammento molare primo superiore destro permanente, Maspino. — Museo di Firenze, — pag. 130 [10]. 2.— Molare primo inferiore destro permanente, Montioni. — Museo di Firenze, — pag. 132 [12]. 3.— Molare secondo inferiore sinistro permanente, dintorni aretini. — Museo di Arezzo, — pag. 134 [14]. 4.— Molare terzo inferiore destro permanente, Montioni. — Museo di Firenze, — pag. 139 [19]. 5.— Molare terzo inferiore destro permanente, Maspino. — Museo di Firenze, — pag. 140 [20]. (Le cinque figure sono ridotte a metà della grandezza naturale ) Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XVI. [Tav. I]. RICCI, L'E. primigenius Blum. nel Post-pliocene di Toscana. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILAN do TT Spiegazione della Tavola XVII [II]. E. primigenius BLuw. Fig. 1.— Molare secondo superiore sinistro permanente, dintorni di Arezzo. — Museo aretino, — pag. 133 [13]. 2.— Molare terzo superiore destro permanente, dintorni di Arezzo. — Museo aretino, — pag. 136 [16] 3.— Frammento molare terzo superiore sinistro permanente, dintorni di Arezzo. — Museo aretino, — pag. 138 [18]. 4. Branca mandibolare sinistra incompleta di giovane individuo veduta dalla sua faccia interna con MM, ed M,, dintorni di Arezzo. — Museo aretino, — pag. 146 [26]. (Le quattro figure sono ridotte a metà della grandezza naturale ) 5. Molare terzo di latte sinistro e primo molare permanente entro la branca mandibolare sinistra della Fig. 4, — pag. 147 [27]. (La figura è in grandezza naturale ) Palaeontographia italica, vol. VII, 1904. PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vi RICCI, L’E. primigenius Blum. nel Post-pliocene di Toscana. C l. VIRAL VAS VARIE ELIOT. CALZOLARI & FEKRARIO MILANO Pi N È » = Ù - , 3 = = x fi Spiegazione della Tavola XVIII [III]. E. primigenius Bruw. Fr. 1. — Frammento di vecchio cranio con un secondo e terzo molare permanente da ambo le parti, dintorni . aretini. — Museo di Arezzo, — pag. 141 [21]. » 2.— Mandibola completa con un secondo e terzo molare permanente da ambo i lati, dintorni aretini. — Museo di Arezzo, — pag. 143 [23]. (Le due figure sono ridotte ad un terzo della grandezza naturale ) Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XVIII. RICCI, L'E. primigenius Blum. nel Post-pliocene di Toscana. [Tav. III]. ELIOT, CALZOLAR! & FERRARIO, MILANO Amari DEI TICO » Li COLTE (9 a AAIVKO s PISTE SI Sorel isti: de (Bj elenbi ze Pibioa mms eli 13 a ses sanno "RlyTi.- RROGI AI Lv artitt pidanrgiorioonint Fia. 1-4. » Spiegazione della Tavola XIX Cidaris avenionensis DESMOUL., — pag. 166 [18] » D . . . » » (C. Miinsteri Sism.) » subularis D'ARCH., — pag. 164 [16] . » » - » » . . . . » rosaria BRONN, — pag. 168 [20] » » . . . . . » belgica Comt., — pag. 169 [21] » » 6 c RR o » Peroni CorT., — pag. 170 [22]. » oxyrine MGH., — pag. 167 [19]. » » . . . . . . Rabdocidaris Rovasendai n.f., — pag. 171 [23] Cidaris Desmoulinsi Siswm., — pag. 168 [20] » striatogranosa D’ARCH., — pag. 164 [16] Dorocidaris papillata (LESKE), — pag. 171 [23] Cidaris zeamais Sism., — pag. 167 [19]. » florescens n. f., — pag. 169 [21] » fragilis n. f., — pag. 165 [17] . Psammechinus astensis (Sism.), — pag. 175 [27] Cidaris melitensis FORBES, — pag. 165 [17] . Anapesus hungaricus (LBe.) LamB., — pag. 174 [26] Micropeltis Isseli n. f., — pag. 172 [24]. Echinus esculentus L., — pag. 173 [25]. » melo Lam., — pag. 173 [25] Arbacina parva (MicHTTI.), — pag. 175 [27]. Hipponoe Parkinsoni (AGASS.) CorT., — pag. 176 [28] Arbacina Isseli n. f., — pag. 176 [28] . ; Psammechinus biarritzensis Cort., — pag. 174 [26]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Piano Elveziano » » » Bartoniano » » Elveziano Bartoniano Piacenziano Tongriano Piacenziano Elveziano » » Astiano Elveziano Tortoniano » Astiano » Elveziano » Tortoniano Bartoniano [1]. Località S. Antonio Val Geppi Colli di Torino » Gassino Caviggione Bussolino Rosignano Baldissero Rosignano Termo fourà Serravalle Scrivia S. Antonio Serravalle Scrivia Tetti Garrone Sciolze Termo fourà S. Antonio Tetti Garrone Gassino Zinola Sassello Zinola Rio Batteria S. Antonio Grangia Astigiano Baldissero Varzi » Astigiano M. Castello S. Antonio » Stazzano Gassino Collezione ROoVvASENDA. » Torino. » ROVASENDA. » Torino. ROVASENDA. Torino. ROVASENDA. ri » Genova. ROVASENDA. Genova. ROVASENDA. Torino. ROVASENDA. » » » Genova. »d » RovASENDA. »d » Torino. » Genova. » Torino. » ROVASENDA. Torino. Genova. ROVASENDA. monte e della Liguria. tari del Pie A AIRAGHI, Echinidi ler Za ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO. MILANO IMAA Spiegazione della Tavola XX [II] Fic. 1. — Clypeaster pentagonalis MicaTTI., — pag. 179 [31]. » DI » ) » dB. » Beaumonti Sism., — pag. 180 [32] » 4. — » laganoides AGASS., — pag. 181 [33] » 5. — » crassicostatus AGASS., — pag. 183 [35]. Si veda anche Tav. XXII [IV], fig. 6.. «6. — » Isseli n. f., — pag. 181 [33]. Piano Tongriano Elveziano Tongriano Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Località Tagliolo Dego Carcare Colli di Torino Sassello Collezione Genova. Torino. Genova. PALAEONTOGRAPHIA ITALIC AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Lisuria. ’ 4 9 A LA; Vol. VII, ELIOT CALZOLARI 8 FERRARIO MILANO Spiegazione della Tavola XXI [III]. Fic. 1. — Clypeaster altus Acass., — pag. 182 [34] . 2. — Scutella Mariani n. f., — pag. 187 [39] 3. — Echinanthus placenta Dames, — pag. 191 [43] 4. — » subrotundus (CorT.) DESOR, — pag. 189 [41]. 5. — » Desmoulinsi (DELBOS) CorT., — pag. 190[42]. 6. — Echinolampas cassinellensis Di Lor., — pag. 193 [45]. Piano Elveziano Tongriano Bartoniano Tongriano Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Località Colli di Torino Sassello Gassino Sassello Collezione Torino. Genova. ROVASENDA. Torino. ROVvASENDA. Genova. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXI. AIRAGHI, Echinidi terziari del ‘Piemonte e della Liguria. [Dav. II). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della Tavola XXII [IV]. FIG. 1. — Scutella Lamberti n. f., — pag. 187 [39] a Paronai n. f., — pag. 186 [38]. DANARO N Isseli n. f., — pag. 186 [38] » 4. — Amphiope pedemontana Arr., — pag. 188 [40] » 5. — Craterolampas Raulini ComT., — pag. 192 [44] » 6. — Clypeaster crassicostatus AcASS., — pag. 183 [35]. Si veda anche Tav. XX [II], fig.5 » 7. — Sismondia Taramellii n. f., — pag. 178 [30] . » 8. — Runa Desori MicHTTI., — pag. 189 [41] » 9. — Echinocyamus pusillus (MULL.), — pag. 178 [30] » 10. — » Studeri (Sisu.), — pag. 177 [29]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Piano Tongriano Bartoniano Elveziano Bartoniano Piacenziano Elveziano Località Dego Mornese Dego S. Giustina Gassino Colli di Torino Gassino Zinola Rosignano Collezione Roma. Torino. Genova. ROVASENDA. Torino. RoVASENDA, Genova. Torino. PALARONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXII. AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria. [ Tav. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della Tavola XXIII [V]. Fic. 1. — Clypeaster intermedius DesmouL., — pag. 183 [35] 2. — Echinanthus bufo LBr., — pag. 190 [42] . 3. — Echinolampas angulatus Mer, — pag. 195 [47]. 4. — » Beaumonti AGASS., — pag. 192 [44] 5. — Hemiaster ovatus Sism. sp., — pag. 197 [49]. 6. — Brissopsis Genei (Sism.) Desor, — pag. 199 [51] TT. » intermedius (Sism.) DESOR, — pag. 198 [50]. Piano Elveziano Bartoniano Elveziano Bartoniano Piacenziano Elveziano Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Località Colli di Torino Gassino Rosignano Gassino Zinola Bra Baldissero Collezione Torino. ROVASENDA. Torino. RoVvASENDA. Genova. Torino. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXIII. AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Voi» Bg DI MELE i, Lal era: ia LI Spiegazione della Tavola XXIV Fig. 1. — Clypeaster latirostris AGAss., — pag. 185 [37] » 2. — Schizaster major Desor, — pag. 205 [57] » 3. — Linthia cevense B. Micca, — pag. 201 [53] » . 4. — Schizaster braidensis B. Micca, — pag. 203 [55] De » Bellardii AcAss., — pag. 203 [55]. » 6. — Brissopsis Borsonii (Sim.) Desor, — pag. 199 [51]. Palacontographia italica, vol. VII, 1901. Piano Elveziano Astiano Langhiano Piacenziano Elveziano Astiano [VOG]: Località Colli di Torino Astigiano Ceva Bra Colli di Torino Castiglione Collezione Torino. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria. XXIV. ELIOT [Tav. VI]. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Fig. o (ori Spiegazione della Tavola XXV . — Clypeaster gibbosus (Risso) M. pe SERR., — pag. 184 [36]. — Echinolampas blaviensis Corm., — pag. 193 [45] . — Schizaster Scillae (DesmouL.) AGASS., — pag. 204 [56]. . — Prenaster alpinus Desor, — pag. 209 [61]. — Pericosmus latus AGASS., — pag. 206 [98] . — Brissopsis Craverii B. Micca, — pag. 198 [50] Piano Elveziano Bartoniano Astiano Bartoniano Elveziano Langhiano Palaeontographia italiea, vol. VII, 190!. [VII]. Località Rosignano Gassino Castelnuovo Bussolino Colli di Torino Ceva Collezione Torino. ROVASENDA. Torino. ROVASENDA. Torino. Torino. PALARONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. AIRAGHI, Echinidi terziari del ‘Piemonte e della Liguria. XXV. [Tav. VII. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILANO pus ars PA a Spiegazione della Tavola Fig. 1. — Schizaster lucidus Lw., — pag, 202 [54] . » .2. — Pericosmus Orbignyi CorT., — pag. 208 [60] » 3. — » pedemontanus pe ALESS., — pag. 208 [60]. » 4. — » Edwardsii AGASS., — pag. 207 [59] . » 5. — Spatangus Rovasendai n.f., — pag. 217 [69] » 6. — Heterobrissus Formai n. f., — pag. 210 [62] Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. XXVI Piano Tongriano Elveziano Astiano Elveziano [VIE]. Località Dego Val Geppi Cellamonte Rio Batteria Pecetto Pino ‘lorinese Collezione Genova ROVASENDA. Torino. ROVASENDA. FORMA. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, | AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria. Ita DOVA 6 [ Tav. VIII. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANO as Fic. 1. 95 10. Spiegazione della Tavola XXVII [IX]. Euspatangus minutus LBe., — pag. 214 [66] » » » Melii n. f., — pag. 215 [67] Macropneustes Desori (MéR.) Desor, — pag. 210 [62] . Mariania Marmorae Desor sp., — pag. 211 [63]. » —chitonosa Sism. sp., — pag. 212 [64] . Spatangus Botto Miccai Vinassa, - pag. 216 [68] » austriacus LBE., — pag. 215 [67] » Pareti AGASS., — pag. 217 [69] Rovasendia Canavarii n. f., — pag. 213 [65] Piano Tongriano . » Elveziano Tongriano Elveziano Langhiano Bartoniano Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Località Sassello » Colli di Torino Carcare Colli di Torino » Tetti Garrone Varzi Ceva Gassino Collezione Genova. Torino. ROVASENDA. Genova. Torino. ROoVvASENDA. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. AIRAGHI, Echinidi terziari del Piemonte e della Liguria. XXVII. [Zav. IX|. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Lia ii RA i Ni Il î i Dl . a, i i ; | # s LIDI DI FU a a ia sa Sa dei FIG. 1. DO) Ne Spiegazione della Tavola XXVIII [I]. — Ciottolo spaccato di calcare, proveniente dal pliocene di San Fruttuoso,che lascia scorgere: «, gallerie dovute a Dodekaceria sp.?; b, fori di una Cypricardia; c, gallerie di Sabella sp., — pag. 228 [10]. Ciottolo come sopra con: a, gallerie di Sabella sp. n.° 1 e 2; b, gallerie di Polydora cfr. coeca (ERsT., — pag. 226, 228 [8,10]. Frammento di una Ostrea_proveniente dal tortoniano di Boccadasino con un foro (@) dovuto a Polydora cfr. hoplura CLAP., — pag. 227 [9]. Scheggia tolta da un ciottolo di calcare del pliocene di San Fruttuoso con: «, gallerie di Sabella sp. n.02; b, gallerie di Sabella sp. n.° 1; c, gallerie di Dodekaceria sp.; d, fori di Cypricardia Guerini PAyR.; e, tallofiti perforanti di Cliona, — pag. 228,231 [10,13]. Scheggia tolta da un ciottolo di calcare del pliocene di Savona con: d, fori di Polydora cfr. coeca (Erst. che occupano quasi tutta la lastra; «, fori di Polydora cfr. hoplura CLAP., — pag. 226,227 [8,9]. Ciottolo del pliocene di Borzoli, perforato da Clionidae e susseguentemente da molluschi che si adattarono nei fori delle Clionidae, — pag. 231 [13]. Ta-c.— Protula firma Seg. sp. rivestita dalla Protulophila Gestroi n. gen., n. sp., proveniente dal pliocene del Rio Torsero-Albenga, — pag. 223 [5]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. Vil, Tav XXVIII ROVERETO, ‘Briozoi, Anellidi e Spugne perforanti del Neogene ligure. Cra». 1). ELIOT: CALZOLARI & FERRARIO. MILANO RAIMONDI FOT. vent Samo T riiini PSA Spiegazione della Tavola XXIX [I]. Fic. 1,2. — » 3-5. — DIGI: _ DT —_ » 8. _ » 9-13. — » 14,15. — » 16. — DER » 13,19. —- » 20. — Del, e » 22,23. — » 24. — » 25. — » 26. — » 27. — Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Ostrea Queteleti Nyst, — pag. 243 [9]. Spondylus prominensis n. sp., — pag. 243 [9]. Spondylus Lanzae n. sp., — pag. 244 [10]. Pecten Fortisi n. sp., — pag. 245 [11]. Pecten sp.?, — pag. 245 [11]. Arca gemina SemPER, — pag. 246 [12]. rassatella De Gregorioi n. sp., — pag. 249 ]15]. Crassatella curvicarinata n. sp., — pag. 251 [17]. Lucina Dujardini DesHavns, — pag. 251 [17]. Axinus sinuosus DONOVAN, — pag. 254 [20]. Cardium valdedentatum n. sp., — pag. 255 [21]. Cardium Tommasei n. sp., — pag. 256 [22]. Cardium siverichense n. sp., — pag. 258 |24]. Cardium prominense n. sp., — pag. 258 [24]. Cardium sp., — pag. 259 [25]. Cardium sp., — pag. 259 [25]. Cassidaria Haueri n. sp., — pag. 279 [45]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXIX [Zav. 1. DAINELLI, La fauna miocenica del M. Promina in Dalmazia. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO Spiegazione della È Tavola _ XX: [11], Testa nta RoverEtO, | — pag. 250 (CI nera dperdita MicHELOPTI, I pag: 952 fis. Lucina Sismi ondai | Drsmatzs, — —_ pag: 252 [18]. Cardium De Stofanîi n. DE - pag 056 po Corbiouta dipocarinata n. sp. da pag. col I St wi È 19 : Turbo Taramelii n. sp., — pas. 267 I Turritella LENAONED Sacco, —_ pag: 269 Ba - Naticà Sandri n. sp., — pag. 269 15) Palacontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXX DAINELLI, La fauna miocenica del M. Promina in Dalmazia. [Zav. Il). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANI o3Ige® ve Spera» ove ini VT AUTPOR ae e ev E idee cry Rapala: % i PA spinale 5 PRACIE nie Angonà abietaa — - vi rtisgai ogni eviipivssi’ LE strletataomo)astà — Spiegazione della Tavola XXXI [III]. Fi. 1,2. — MIE DICO INS E DI — » 10. — » 11. — DIOCHRRE » ld. — » 15. — » 16. — » 17-21. — » 22,23. — »_ 24. — » 25,26. — Cardium dalmatinum n. sp., — pag. 257 [23]. Cyrena prominensis n. sp., — pag. 260 [26]. Isocardia subtransversa D’ ORBIGNY, — pag. 262 [28]. Venus ambigua RovERETO, — pag. 263 [29]. Venus sp., — pag. 263 [29]. Pholadomya Puschi GoLpruss var. Delbosi MicHELOTTI, — pag. 264 [30]. Pholadomya Meyeri n. sp., — pag. 265 [31]. Subemarginula De Stefanii n. sp., — pag. 266 [32]. Turbo sp., — pag. 268 [34]. Scalaria Anconai n. sp., — pag. 268 [34]. Melania Ettingshausei n. sp., — pag. 270 [36]. Coptochilus laevigatus n. sp., — pag. 271 [87]. Diastoma costellatum LAMARCK, — pag. 275 [41]. Lambydium cythara BroccHI, — pag. 278 [44]. Limnaeus elongatus DE SERRES, — pag. 280 [46]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. PALAEKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXXI DAINELLI, La fauna miocenica del M. Promina in Dalmazia. [ Tav. II). ELIOT. CALZULARI & FERRARIO, MILANC Sfloisso Talneniia. ale MATTIE usi q * & I 211 Mali ratto co poni Alanis NSD RA tt anlpiertuttoagiat n Spiegazione della Tavola XXXII [IV]. Fic. 1-3. —- Pleurotomaria Sismondai GoLDrUSss, — pag. 267 [33]. » 4 — Natica sp., — pag. 270 [36]. » 5,6. — Cerithium ampullosum BRONGNIART, — pag. 272 [38) DANA — Cerithium Donatii n. sp., — pag. 273 [39]. SE — Cerithium Visianii n. sp., — pag. 273 [39]. DO — Cerithium dalmatinum n. sp., — pag. 274 [40]. » 10,11. — Terebralia robusta n. sp., — pag. 274 [40]. » 12-17. — Helix Haveri MrcHELOTTI, — pag. 282 [48]. » 18. — Glandina inflata Reuss, — pag. 281 [47]. » 19. — Nautilus decipiens MicERLOTTI, — pag. 285 [51]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. HH A D PALAEONTOGRAPHIA ITALI DAINELLI, La fauna miocenica det M. Promina in Dalmazia. [Zav. IV). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO {V] HESMX sloveT sliob snoissssig@ ne i entoaziniM anoitamesidono audit. n — rsmozonti ada sitema = (de St penale ensibasbioo is pe it agreme TERE aey -—- te dii ifalvoriso@ OG] 98 cane —-..qe ni Bianarisimavie ; = SUN in; fore anilaze artigo Spiegazione della Tavola XXXIII [V]. Palaeontographia italica, vol. VII, 1901. Strombus problematicus MicHELOTTI, — pag. 277 [43]. Planorbis cornu BRONGNIART, — pag. 280 [46]. Ficula sp., — pag. 279 [45]. Helix coquandiana MATHÉRON, — pag. 282 [48]. Helix Brusinae n. sp., — pag. 283 [49]. = Helix Boskovichi n. sp., — pag. 283 [49]. Helix dalmatina n. sp., — pag. 284 [50]. Helix siverichensis n. sp., — pag. 284 [50]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VII, Tav. XXXIII DAINELLI, La fauna miocenica del M. Promina in Dalmazia. Tav. VI. ELIOT, CALZULARI & FERRARIO. MILANG 7 H VIXXX Waret ellob orivisaggige Lia STRA) antsolva sidalobottyò [E] 888 geq deter basta sllob 8) osal if tei? ciato — È 8] A85 Ra — uber basta silop of sugo lb ogare cars aule. à È