HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OP THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. È Vous o Ù mec Der VT ue Li EI n di, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA DEL EFRO RAVE SRIONCNE VETRI Museo GroLoGICO DELLA R. UnIveRrsITÀ DI Pisa —__——mo. Vorume VIII. — 1902 TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI 1902 (D to) MERO) N fi E VADOLIO Mechi INDICE DEL VOLUME VIII UgoLmi R. — I Monachus albiventer Bopp. del pliocene di Orciano (Tav. LI [I-III]e Fig. 1 i (PICO PRA A ONE I ic EIN e n o n PA Amagn C. — Nuovi cefalopodi del calcare di Esino (Tav. mV, y [RI] dii ia) o ZI MarrteLLI A. — JI fossili dei terreni eocenici di Spalato in Dalmazia (Tav. VI, VII [ESSI] ars eZ: Osasco E. . — Contribuzione allo studio dei coralli cenozioici del Veneto (Tav. VII, IX DE I) SE Pampanoni L. — I resti organici nel disodile di Melilli in Sicilia (Tav. x, x [RI] o es ie Za] Fucini A. . — Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. Parte seconda (Tav. XI-XXVI |XV-XXIX] CRENSRA EINE) REMO EE ICAO RE ae e So RrecàLia E. — Sette uccelli pliocenici del Pisano e del Valdarno superiore (Tav. XXVII [I]). . . >» 219 R. UGOLINI diga IL MONACHUS ALBIVENTER Bonp. DEL PLIOCENE DI ORCIANO (Tav. I-II [I-III| e Fig. 1 intere.) Forma oggetto del presente lavoro la descrizione particolareggiata di uno scheletro fossile di foca, rinvenuto nei dintorni di Orciano, del quale già ebbi occasione di parlare in una Nota preventiva inse- rita nei Processi Verbali della Società toscana di Scienze naturali !. Debbo .però subito avvertire che gli studi ulteriori e gli opportuni confronti istituiti con gli scheletri di alcune specie di foche tuttora viventi, conservati nel Museo di Storia naturale di questa Università, mi hanno indotto a ritenere che i resti di Orciano non sono da attribuirsi al genere Palaeophoca, come io avevo in sul principio supposto, bensì al genere Monachus. Corrispondono poi completamente, come vedremo nella descrizione speciale, al Monachus albiventer Bopp., che abita sempre nel Mediterraneo. La persistenza di una specie da un mare d’impronta subtropicale, come era quello pliocenico, attra- verso tutto il quaternario sino all’attualità, costituisce certamente un fatto abbastanza singolare; ma non si deve dimenticare che anche la specie in parola e la Phoca tropicalis Grav ?, che probabilmente ap- partiene allo stesso genere Monachus, si spingono oggi sino nei mari tropicali. Per la compilazione del mio lavoro io ricorsi spesso al prof. RIcHIARDI, direttore del Museo di Zoo- logia e di Anatomia comparata in questa Università, per potere esaminare il materiale di confronto e consultare la sua ricchissima biblioteca privata; materiali, libri e consigli io ebbi con grande liberalità anche dai prof. CAPELLINI, DE STEFANI, CANAVARI, IsseL, MARIANI e BaAssanI, verso i quali tutti esprimo qui viva riconoscenza. E delle mende in cui per avventura io fossi incorso chiedo la benevola indulgenza di chi conosce la difficoltà di simili studi. Cenni sul rinvenimento della foca di Orciano. In sul principio del 1900 il cercatore di fossili Antonio Di Paco portava al Museo di Pisa un fossile assai importante, da lui trovato nelle argille plioceniche dei dintorni di Orciano. Esso consisteva della mascella superiore con i denti ancora impiantati nei rispettivi alveoli, e di varie altre parti della testa ). UgoLINI. R. Di uno scheletro fossile di Foca trovato ad Orciano. (Nota preventiva). Atti Soc. tosc. Sc. nat., Proc. Verb., vol. XII, pag. 147. Pisa, 1900. 2) ALLEN J. A. History of North American Pinnipeds. A Monograph of the Walruses, Sea-Lions, Sea-Bears and Seals of North America, pag. 465 e 708. Washington, 1880. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 1 2 R. UGOLINI [2] di un mammifero, appartenente per certo all’ordine dei Pinnipedi. Incaricai allora il Di Paco a fare nuove indagini sul luogo del rinvenimento ed in tal guisa ebbi la fortuna di poter venire in possesso di altre numerose parti scheletriche dello stesso individuo. Completate così le raccolte mi accinsi allo studio det- tagliato del materiale. Notizie sui resti di Pinnipedi fossili italiani. La bibliografia relativa ai Pinnipedi fossili italiani è poco copiosa e molto incerta. Primo il TAR- Gioni ! fu ad emettere il dubbio che alcune ossa conservate nel Museo di Pisa e forse provenienti dal vicino Monte, potessero appartenere a qualche specie di foca. Il CuvieR ? però fece avvertire qual poco fondamento avesse quel dubbio per la natura stessa del giacimento fossilifero. Viene poi il Costa # che riferi al genere Phoca alcuni denti trovati nella pietra leccese. Più tardi però il GeRrvAIS 4 riconobbe che dovevano invece attribuirsi a cetacei, affini al genere Physeter, istituendo per essi il nuovo genere Physodon ?). i Notizie precise ed importanti datano dal 1870, da quando cioè il Guiscarpi pubblicò la Memoria Sopra un teschio fossile di foca °. Tale fossile era stato rinvenuto nel calcare bituminoso neogenico di Roccamorice, nel Chietino, ed è conservato oggi nel Museo geologico nell’ Università di Napoli. Le parti della testa meglio conservate sono: la mascella quasi completa, con quasi tutti i relativi denti in posto, ed una parte della mandibola, pur essa con alcuni denti. Il numero degl’incisivi nella mascella è di sei, corrispondente a quello del gruppo dei Phocirae, ciò che fu bene osservato dal Gur- SCARDI stesso, il quale chiamò la specie con il nome di Phoca Gaudini. | Successivamente comparvero altri tre lavori, dei quali i primi due del LawLey ”, ed il terzo del Mayor ®, in cui sono pur ricordati vari resti di foche, senza però alcuna speciale descrizione, raccolti nelle colline plioceniche circostanti ai paesi di Orciano, Saline e Volterra. Tali resti, che certamente sono di Pinnipedi, furono riferiti alla Pristiphoca occitana GeRv. Nel Museo geologico di Firenze, tra i fossili dell’isola di Pianosa donati dal PIsAnI, esisteva già un dente canino, determinato in schedis come Phoca Gaudini. Con questo nome fu ricordato dal SIMoNELLI ). Per quante ricerche io abbia fatte in quel Museo non mi è stato possibile di rintracciare 1’ esemplare suddetto. 1) TARGIONI-TozzentI G. Relazioni di alcuni Viaggi fatti in diverse parti della Toscana, tomo X, pag. 394, tomo XII, pag. 200. Firenze, 1768-79. 2) Cuvier G. Recherches sur les ossemens fossiles, tome V, prem.. part., pag. 233. Paris, 1823. 3) Costa O. G. Paleontologia del Regno di Napoli. Parte I, pag. 12. Napoli, 1850. 4. GERVAIS P. Coup d'ocil sur les Mammifeères fossiles de l’ Italie. Bull. Soc. géol. de France, sér. II, tome XXIX. Paris, 1872. 5 CapELLINI G. Della Pietra Leccese e di alcuni suoi fossili. Mem. R. Ace. Se. d. Ist. di Bologna, ser. III, tomo IX, pag. 246. Bologna, 1878. 5 GuiscarDI G. Sopra un teschio fossile di Foca. Atti R. Acc. Sc. fisiche e matematiche, vol. V. Napoli, 1871. % LawLey R. Dei resti di pesci fossili del Pliocene toscano. Atti Soc. tosc. Se. nat., vol. I, pag. 66. Pisa, 1874; — Inn. Nuovi studi sopra i pesci ed altri vertebrati fossili della Toscana, pag. 103. Firenze, 1876. 8) ForsytH Mayor C. J. Considerazioni sulla fauna dei Mammiferi pliocenici e postpliocenici della Toscana. Atti Soc. tosc. Sc. nat., vol. I, pag. 226 e 239. Pisa, 1875. © SimoneLLi V. Terreni e fossili dell’ Isola di Pianosa nel Mar Tirreno. Boll. R. Com. geol. ital., vol. XX, pag. 209 (in nota). Roma, 1889. [3] R. UGOLINI 3 Altri denti, sotto l’indicazione di Phoca sp. ind., provenienti dal calcare miocenico di Lecce e con- servati nel Museo dell’ Istituto tecnico di quella città, furono citati, or non è molto, dal FLorEs !); ed ul- timamente il De ArkssanDRI, nel suo lavoro sopra la Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale >), descrisse, sotto il nome di Pristiphoca occitanica GeRv., un dente canino proveniente dal calcare mioce- nico di Vignale, conservato nella collezione VascHErtI del Museo geologico dell’Università di Torino. DESCRIZIONE DELLO SCHELETRO I numerosi generi appartenenti alla famiglia dei Phocidae vengono oggi, secondo la recente classifi- cazione del TrouessaRT *), ripartiti nei seguenti tre gruppi, basati rispettivamente. sopra alcuni caratteri della dentatura. I. Phocinae. Foche con sei denti incisivi nella mascella superiore, e con denti molari provvisti di due radici, eccettuato il primo. IMI. Cystophorinae. Foche con soli quattro denti incisivi nella mascella superiore e con denti mo- lari muniti tutti di una sola radice. II. Monachinae. Foche con quattro denti incisivi nella mascella superiore e con denti molari, o almeno i quattro posteriori, provvisti di due radici. La foca di Orciano, oggetto del presente lavoro, per il numero degli incisivi della mascella superiore e per la forma dei molari, appartiene a quest’ultimo gruppo. La descrizione poi delle singole parti schele- triche conservate porrà in evidenza che, se essa molto si avvicina alla specie fossile Palaeophoca Nysti Van Ben. 4 del Bacino di Anversa, le maggiori somiglianze però le presenta con la specie tuttora vi- vente Monachus albiventer Bonn. al quale credo di riferirla e al quale pure io ritengo debba unirsi quale sinonima la Pristiphoca occitanica GERV. ?) o A questo proposito giova di avvertire che il sen. Pristiphoca fu istituito dal GeRrvaIS sull’esemplare pliocenico del bacino di Montpellier. Questo esemplare, secondo l’autore, era caratterizzato dalla mandi- bola allungata e sottile e dai rispettivi denti molari in numero di cinque e provvisti di due radici ec- cetto il primo. E doveva altresì ritenersi intermediario fra i Pelagi e gli Stenorinchi, da lui creduti am- bedue forniti di denti molari tutti a doppia radice. Oggi però è noto che questi due gruppi sono diversi l’uno dall’altro, pure appartenendo alla medesima sottofamiglia (Monachinae), e che il gruppo degli Ste- norinchi ha i denti molari tutti a radice doppia, mentre quello dei Pelagi ha il primo molare munito di 1) FLorRES E. Catalogo dei mammiferi fossili dell’ Italia meridionale. Atti Accad. Pontan., vol. XXV, pag. 40. (Estratto). Napoli, 1895. 2) Da ALASSANDRI G. La Pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Museo civ. St. nat. e Soc. it. Sc, nat., tomo VI, pag. 17, tav. I, fig. 1. (Estratto). Milano, 1897. 3) Trovnssart G. Cathalogus mammalium tam viventium quam fossilium, tomo I, pag. 369. Berolini, 1899. 4) VAN BENEDEN P. J. Description des ossements. fossiles des environs d’Anvers. Ann. du Mus. Roy. d’ Hist. nat. de Belgique, tome I, prem. part. Pinnipédes ou Anphithériens, pag. 60, tav. X. Bruxelles, 1877. 5) GaRrvaIs P. Zoologie et Paléontologie frangaises, deux. éd., pag. 272, tav. LXXXII, fig. 4, 4a. Paris, 1859. 4 R. UGOLINI [4] una radice soltanto, contrariamente a quanto aveva creduto il GeRrvais. Risulta quindi che 1’ esemplare di Montpellier non può ritenersi intermediario fra quei due, ma deve più giustamente esser riunito a quest’ultimo. Ciò che in certo qual modo aveva ammesso pure lo stesso GERVAIS, osservando, sempre a proposito di quel fossile, che “ les deux molaires conservées ont plus d’analogie avec celles des Pélages, dont la seule espèce connue vit dans la Méditerranée ,. Monachus albiventer Bopp. (Dal CuvieR). — Nella figura superiore veduto dal fianco sinistro, nella inferiore dal fianco destro. Nel disegno schematico dato e che potrebbe rappresentarci l'esemplare di Orciano, ridotto circa ad !/,s della grandezza naturale, come si rileva dalle misure prese di alcune parti conservate, sono in- dicati con tinta uniforme scura le parti conservate che si poterono assegnare con certezza al posto da loro originariamente occupato, e con tratteggi le falangi di non sicura o di difficile pertinenza. Tale rico- struzione c’induce anche a ritenere che la foca orcianese di poco oltrepassi la massima lunghezza di circa metri 1,90. Perciò l’individuo non doveva essere stato certamente molto adulto, la qual cosa, come ve- dremo appresso, è resa manifesta dallo sviluppo e dallo stato di conservazione dei denti, pochissimo consumati. i i 1. Testa. Tav. I [I], fig. 1-4. Quando l'esemplare fu portato al Museo, questa parte importantissima dello scheletro era ancora par- zialmente racchiusa nella argilla turchina. Si vedeva solo il dente canino superiore destro ed una porzione [5] R. UGOLINI 5 della superficie interna del parietale di sinistra. Tentai di ripulire con molta pazienza il pezzo, e per quanto le ossa tutte fossero assai fragili, riuscii pur nonostante ad isolare l’apofisi paroccipitale sinistra, tutto il parietale ricordato, parte dei frontali, il temporale sinistro con le sue apofisi mastoide, postglenoide e zigomatica ed inoltre i nasali, lo jugale sinistro, i mascellari superiori e gl’intermascellari con i respettivi denti. Tutti i caratteri delle ossa craniensi e faciali conservate, quantunque un po’ deformate per una forte compressione trasversale, corrispondono con quelli del Monachus albiventer. La forma infatti di esse, l’aspetto delle cavità orbitali, lo sviluppo della cresta sagittale, ed il numero e la conformazione dei denti sono completamente uguali alla specie tuttora vivente. A. — Cranio. a) Parietali. Prescindendo dai caratteri dell’occipitale di cui, tranne l’apofisi paroccipitale già ricordata e qualche minutissimo frammento di dubbia interpretazione, non fu rinvenuto nulla, dirò solo qualche cosa del parietale di sinistra, essendo il destro quasi per intiero mancante. Le suture appaiono a primo esame in gran parte obliterate, ma esaminando il pezzo con diligenza si riconoscono le traccie della sutura coronoide e di quella che lo unisce con la porzione squamosa del temporale. La distanza minima compresa fra quest’ultima e la sutura sagittale determinata appros- simativamente, non sembra superare i 6 centimetri. Ad onta delle deficienze avvertite è facile però di riconoscere nel parietale in questione i caratteri propri dei parietali del Monachus albiventer. b) Frontali. — Tav. I [I], fig. 15. Per l’incompleto stato di conservazione in cui si trovano, i limiti di queste ossa sono difficilmente riconoscibili. Si può tuttavia con sufficiente approssimazione ritenere che il loro diametro antero-poste- riore non debba avere superato i 7 centimetri. Essi aderiscono l’uno all’altro sulla linea longitudinale mediana della testa per una lunghezza di 5 centimetri, oltre la quale divergono gradatamente, formando due suture ben distinte le quali separano la porzione anteriore dei frontali dalla porzione posteriore dei nasali e dei mascellari. Per conseguenza tali suture, a cominciare dal punto in cui si separano, seguono due linee simmetriche, che si mantengono dolcemente sinuose’ da principio, per modo che la loro .conca- vità è diretta all’in dietro ed al di fuori, e che arrivate ad un certo punto, si ripiegano poscia ambedue bruscamente all’in dietro. Donde la forma decisamente angolare del margine anteriore di ciascuna delle suddette ossa. c) Temporali. Dei temporali si possiede solamente quello di sinistra ed incompleto; essendo di esso conservate la porzione squamosa quasi per intiero, il foro uditivo e parti delle apofisi postglenoide, mastoide e zigomatica. Vi manca adunque tutta la porzione timpanica. A causa dell’andamento ‘incerto delle suture, non è ben definita la conformazione dello squamoso; pur tuttavia è evidente la spiccata somiglianza che le parti presenti del temporale hanno con quelle corrispondenti della solita specie citata. 6. R. UGOLINI ARI] B.— Faccia. a) Cavità orbitali. È solo presente la cavità orbitale sinistra; ma al solito per le non buone condizioni delle ossa che la delimitano non si può riconoscerne la forma e determinarne le dimensioni. Sembra però che essa cavità dovette essere stata non tanto ristretta, un po’ obliqua al di fuori, più ampia in a dietro, e più angusta in avanti, per modo da assumere approssimativamente la forma di un triangolo con il vertice rivolto anteriormente. b) Jugali. — Tav. I |I], fig. 2. Sono rappresentati da un frammento unico, isolato, appartenente al lato sinistro. Tale frammento è, relativamente, abbastanza considerevole, misurando una lunghezza di 4 centimetri, ed un’ altezza minima di 9 millimetri circa. L’aspetto generale di esso non presenta caratteri speciali capaci di renderlo sen- sibilmente distinto dalle ossa jugali della più volte ricordata specie vivente. Ma una differenza tuttavia vi si nota, ed è quella di avere, in proporzione, la minima altezza un poco minore. c) Nasali. — Tav. I [I], fig. 15. Di questi si ha solo la porzione posteriore. La sutura che li riunisce è in gran parte obliterata; si possono però ben determinare le relazioni che passano fra essi e le contigue ossa frontali mediante le interposte suture che sono invece assai bene delineate e distinte. Nulla si può dire, per deficienza di conservazione, dei loro caratteri generali: l’unica particolarità che si può rilevare sta solamente in ciò che sin dall’ origine si presentano relativamente molto sottili, pressa poco come quelli del Monachus albiventer. d) Intermascellari. Gl’intermascellari hanno un grande interesse, perchè in essi sono conservati ed al loro posto tutti i quattro denti incisivi. La forma e le dimensioni però sono pur troppo indeterminabili, a causa dell’av- vertita deformazione subìta dall’intera testa. Debbo perciò limitarmi a parlare dei soli denti incisivi i cui caratteri hanno qui, come sempre, tanta importanza. Denti incisivi (Tav. I [I], fig. 1c, 1d, 1e). — Presentano essi le seguenti DIMENSIONI lato destro lato sinistro I I: ra Te Lunghezza massima . c mm. 19,5 mm. 23 mm. 18,5 mm. 23,3 Larghezza » È 3 » 7 » 10 » 4 » 9,5 Lunghezza della coron : SH ANTA » 10 » (0 LO Come si vede dunque, quelli del mezzo sono un poco più corti e più esili dei due laterali. Hanno. però tutti la stessa forma, e presentano una radice che occupa all’incirca i due terzi della lunghezza totale del dente. La loro corona si distingue poi nettamente dalla radice per una strozzatura che trovasi ta 3 rive Ù x in corrispondenza del colletto. Tale corona è rivestita da un sottile strato di smalto lucido, nerastro, lesgermente rugoso ed alquanto degradato dall’uso; è acuminata superiormente e con l’apice rivolto verso l’interno; è infine da ambo i lati provveduta di due leggerissimi rudimenti di cuspidi, delle quali la più interna, cioè quella più vicina alla linea mediana della faccia, è sempre un po’ più prominente e situata più in alto di quella esterna. Ambedue queste cuspidi appariscono nettamente separate sulla faccia ante- riore del dente; ma vedute sulla faccia opposta si manifestano fuse insieme in guisa da formare una specie di cingolo cerciniforme rilevato e simile pressochè a quello che in seguito vedremo trovarsi, sebbene in maggiori proporzioni, sulla faccia interna della corona dei molari. Tali caratteri si ripetono nei denti incisivi superiori del vivente Monachus albiventer coni quali ho potuto direttamente confrontare quelli dell’ esemplare in esame. Giova forse di avvertire qui che il dente incisivo della Palaeophoca Nysti, descritto e figurato dal Van BeNEDEN *, quantunque per la forma si avvicini a quelli della nostra foca, pure si distingue da essi per la minore lunghezza della corona, in rapporto di quella totale del dente, e per le cuspidi laterali che, sulla faccia posteriore della corona, si mantengono quasi completamente separate. e) Mascellari. Anche questi, al solito imperfettamente conservati, presentano in complesso nove denti in posto: ne mancano quindi solamente tre e cioè il M ? del lato destro, ed i M! e M ® del lato sinistro. Il margine interno del mascellare destro, per la solita compressione, è in gran parte incastrato al di sotto del margine corrispondente di quello sinistro, producendo perciò una diminuzione della larghezza della mascella e la completa deformazione del mascellare e dell’intermascellare di ambo i lati. Denti canini (Tav.I [I], fig. 1c, 1d, le). — Hanno ambedue le seguenti DIMENSIONI Lunghezza massima 5 o ò . ò 0 . ò ‘ 5 mm. 45 Larghezza » ° 7 è : 5 c . . 0 . » 15 Lunghezza della corona . c 0 È o 6 6 ; 5 5 DI Sono acuminati, robusti, con l’apice rivolto in basso ed un poco al di fuori e conservati al loro posto di origine. Il sinistro essendo poi particolarmente liberato, per effetto della subìta degradazione, dalla sua parete alveolare esterna, presenta all’osservazione i caratteri della radice. Tale particolarità ha po- tuto permettere di determinare la lunghezza del dente intiero. Ambedue questi denti canini hanno la corona rivestita da un leggero strato di smalto, ornata di rughe longitudinali sottilissime e provvista di due rilievi poco prominenti e diretti verso l’apice. che a guisa di costicine o di carene ne percorrono le due facce posteriore ed interna. L’apice della corona è infine leggermente smussato ed il lato interno di essa munito di una superficie di corrosione piuttosto accentuata. Tali canini somigliano molto al dente canino superiore della Palacophoca Nysti descritto e figurato dal Van BENEDEN ?). Questo però si distingue per la presenza di una speciale scanalatura longitudinale 1) Van BENEDEN P. J. Note sur une dente de Phoque fossile du Crag d’Anvers. Bull. Acad. Roy. de Belgique, sér. I, tome XX, deux. part., pag. 12, tav. XXXII, fig. 1,2. Bruxelles, 1853. 2 Van BeNEDEN P. J. Op. cît., tav. X, fig. 6. Bruxelles, 1877. 8 R. UGOLINI [8] sulla faccia esterna della radice, per la forma meno arrotondata e più acuta dell’estremità inferiore della radice stessa, per la maggiore profondità della strozzatura del colletto, per la maggiore lunghezza, ed infine per la sua più accentuata sottigliezza e meno pronunciata curvatura. Denti molari (Tav. I [I], fig. 1 c, 1 d). — Le dimensioni relative a ciascuno di essi sono le seguenti: lato destro lato sinistro Pmi TEOR e UO x; Pai VO E Lunghezza massima della corona mm. 7 mm. 9. mm. 9_mm. 9 mm. 7,5 mm. 8,9 mm. 7,5 Larghezza » » » DENIS PM940) fi 2 TO » 18,2 » 13 » 13 Spessore massimo » » »_ 7 dILCO OO DIST » 8,5 » 9 Lunghezza totale del dente DIRE ITA » 5 » 22 » A DINO: » ? » 2 Di questi denti, due soli furono rinvenuti isolati e cioè Pn? ed M'* del lato destro, i quali furono alla meglio riadattati al posto da loro presumibilmente occupato in Sole. Tutti gli altri trovansi ancora impiantati nei rispettivi alveoli. I Pm* sono provvisti ambedue di una radice unica e di una corona tricuspidata, in cui le cuspidi anteriore e posteriore sono molto piccole, e quella mediana raggiunge una prominenza piuttosto notevole rispetto alle altre due. Quest’ultima è inoltre di forma triangolare, acuta, con il lato anteriore legger- mente carenato ed alquanto convesso e con quello posteriore carenato esso pure ma un poco concavo. Tutta la superficie della corona è infine sottilmente ornata di rughe, più o meno sensibili, e, presso al colletto, fornita di un rilievo cerciniforme che è assai più pronunziato sulla faccia interna di quel che non sia su quella esterna. Tutti i caratteri testè accennati per il Pw! si ripetono esattamente anche nei Pm? e Pm? come pure nel M* di destra; se non che in tutti questi la radice è. doppia e più robusta e le dimensioni assai più sviluppate. Va osservato che la corona di tutti i suaccennati denti è quasi completamente priva di ogni traccia di consunzione. Giova poi di avvertire altresì che tali denti diversificano alquanto da, quelli corri- spondenti della mandibola figurata dal GeRvaAIS per l'esemplare di Montpellier, perchè questi ultimi hanno il cercine molto meno grosso e le cuspidi laterali assai più sviluppate: ritengo però che tali differenze non debbano dar ragione a tenere specificamente separate le due forme. ‘#) Mandibole. Le ossa mandibolari non sono punto conservate. Si hanno solo due denti isolati appartenenti ad esse e cioè un canino ed un premolare. Dente canino (Tav. I [I], fig. 3). — Questo possiede le seguenti DIMENSIONI Lunghezza massima ò - 3 G È ; è 7 2 : mm. 44 Larghezza » o : o ; . È c , 6 £ » 13 Lunghezza della corona . È ò ; ; 0 : b o , » 16 Per la forma generale e per la posizione della superficie di corrosione sembra avere appartenuto al ramo mandibolare destro. Come risulta dalle misure su riportate, è esso inoltre alquanto più piccolo dei ne [9] R. UGOLINI 9 canini superiori, e da questi si distingue anche per i seguenti caratteri della corona e della radice. La corona è percorsa da numerose rughe longitudinali più o meno appariscenti, ed è provvista di due carene, pure longitudinali, la più rilevata delle quali è quella che, a guisa di margine, trovasi lungo la faccia poste- riore, e la più leggera quella che è situata sulla faccia laterale interna della corona stessa. La radice, che, rispetto alle dimensioni della corona, è assai più sviluppata, ha la forma generale meno ricurva e più compressa lateralmente ed il margine anteriore più angoloso del posteriore. Dente premolare (Tav. I [I], fig. 4) — Le dimensioni dell’unico dente premolare conservato, sono le seguenti : A Lunghezza massima della corona . : ò c 0 5 c c mm. Larghezza » » » h 3 È è o n 4 s » 9 Spessore massimo » » } 5 ° 3 7 È È . 9 Lunghezza totale del dente . . : c È 3 7 Ò i) DANNDIIO, Questo dente che è isolato ed ha tutto l’aspetto dei Pm! della mascella superiore, ritengo doversi considerare come il Pm! del ramo mandibolare destro, ed è conservato in tutta la sua integrità. Ciò ha permesso di studiare tutti i particolari della radice, e quindi la descrizione di questa potrà servir certo ad indagare quale fosse la forma intera della radice dei premolari superiori, nascosta in parte, come vedemmo nella cavità alveolare. Si osserva subito che la radice del premolare in esame è semplice, fortemente ricurva in dietro e lunga due volte circa la lunghezza totale della corona. È inoltre nettamente separata da quest’ultima mediante il colletto che dà luogo ad un’ insenatura abbastanza profonda, è compressa, pianeggiante sulla faccia esterna, leggermente convessa sull’interna, e va rapidamente acuminandosi verso la sua estremità in una specie di punta bruscamente piegata all’indentro. I caratteri della corona sono poi evidentemente identici a quelli della corona dei premolari superiori. 2. Colonna vertebrale ed altre ossa del tronco. — Tav. 1 [1], fig. 5-19. A. — Vertebre. Tra i numerosi avanzi scheletrici della foca di Orciano trovansi anche molte ossa del tronco. Queste consistono di una buona parte della colonna vertebrale e di pochi frammenti di coste. Delle 43 vertebre che in origine componevano la colonna vertebrale se ne poterono ricuperare solamente 15 così distribuite: 3 per la regione dorsale, 5 per la lombare, 1 per la sacrale e 6 per la caudale. Esse sono inoltre quasi tutte imperfettamente conservate ed incomplete, mancano generalmente del processo spinoso, dell’ arco neurale e delle apofisi trasverse e, nonostante l’età relativamente giovane dell’individuo, hanno il loro corpo più o meno completamente saldato con le rispettive epifisi. Dai caratteri morfologici e dai rapporti stabiliti tra le diverse dimensioni di ciascuna vertebra mi fu facile di determinare la posizione loro nelle singole regioni della colonna; solo con molta probabi- lità viene assegnato il posto preciso che spetta ad ognuna nella serie vertebrale. La descrizione di questa parte dello scheletro dimostrerà meglio ancora le somiglianze che la foca di Orciano presenta con il Monachus albiventer. Nella Palacophoca Nysti nessuna parte della colonna ver- tebrale è conservata, quindi nessun confronto su tali parti scheletriche potè istituirsi tra essa e la foca da me descritta. (5) Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 10 R. UGOLINI [10] a) Vertebre dorsali. — Tav. I [I], fig. 5-7. La regione dorsale della colonna vertebrale della foca di Orciano è rappresentata da tre vertebre soltanto: queste si riconoscono facilmente per la conformazione particolare del corpo e per la presenza delle faccette di articolazione con le coste. Essendo queste vertebre tutte più o meno completamente prive delle apofisi; delle quali possediamo solamente qualche piccolo frammento di niuna importanza, è superfluo di avvertire che tutto quanto intorno a queste ossa sarà detto, si riferirà esclusivamente ai ca- ratteri dei corpi vertebrali. Tenendo conto del progressivo allungamento del corpo e del graduale sviluppo della carena, carat- teri che vanno sempre più accetuandosi verso la regione lombare, risulta facile di stabilire l’ordine di successione di queste vertebre, ed anche di assegnare il posto che molto probabilmente loro spetta nella serie. Le dimensioni di ciascuna vertebra sono le seguenti: Lunghezza Larghezza della epifisi Altezza della epifisi antero-posteriore anteriore posteriore 13.2 Vertebra dorsale . mm. 55 mm. 42 mm. 33 14.2 » » 3 » 56,5 » 44 » 35 15.8 » » d » 58 » 45 » 36,5 Sapendo che tali vertebre aumentano in larghezza ed altezza successivamente dall’innanzi all’indietro, si deduce approssimativamente, come dicemmo, il posto che ho loro assegnato. b) Vertebre lombari. — Tav. I [I], fig. 8-12. . Queste sono in numero di cinque, quindi la serie è completa. Per la forma generale del corpo diver- sificano di poco dalle ultime dorsali; ma se ne distinguono per la mancanza delle faccette di articola- zione con le coste, per lo sviluppo sempre crescente della carena e per il progressivo accorciamento del diametro antero-posteriore, poco sensibile nelle prime, più accentuato assai nelle ultime. Le loro dimen- sioni sono le seguenti: Lunghezza Larghezza della epifisi Altezza della epifisi antero-posteriore anteriore posteriore 1.8 Vertebra lombare . mm. 63,5 mm. 42 mm. 42,5 9,2 » » È » 62 » 41 » 40 ì da » » 4 » 61,5 » 40 » 43 42 » » 5 » 60 » 42 » 42 5.2 » » G E RD0onO : » 44 » 41,5 Dalle misure si rileva che l’altezza della epifisi posteriore, senza manifestare alcun aumento o dimi- nuzione regolare, oscilla indifferentemente fra un massimo di mm. 43 ed un minimo di mm. 40; mentre che la larghezza della epifisi anteriore va progressivamente decrescendo dalla prima sino alla terza, per tornare a crescere di nuovo sino all’ultima e con un crescendo assai più accentuato. [11] R. UGOLINI li c) Vertebre sacrali. — Tav. I [I], fig. 13. Delle vertebre sacrali è conservata soltanto l’ultima; essa si riconosce facilmente per la particolare conformazione del corpo e per la minore grossezza del foro neurale. Quantunque molto danneggiata e quasi affatto priva della metà inferiore del corpo, è ancora conser- vata per intero l’epifisi posteriore, e dalla parte opposta distinguonsi ancora nettamente i segni per cui il corpo univasi a quello della vertebra precedente. Dei processi trasversi non si hanno più tracce, e le dimensioni ad essa inerenti, calcolate approssimativamente, sono espresse dalle cifre qui sotto indicate. Lunghezza antero-posteriore del corpo 6 ° 7 È o o . mm. 36 Larghezza del corpo (escluse le apofisi trasverse) . È È : i » 30 (?) Altezza » (inclusa l’apofisi spinosa) . o . ò . ; » 38 (2) Dal confronto di queste dimensioni con quelle della quarta vertebra sacrale e di tutto l’intero ba- cino del IM. albiventer, si potè inoltre calcolare a 20 centimetri circa la lunghezza totale approssimativa del bacino della foca in esame; ed a soli 13 centimetri quella delle quattro vertebre sacrali riunite insieme. d) Vertebre caudali. — Tav. I [I], fig. 14-19. Della regione caudale si posseggono solamente sei vertebre, delle quali due sono molto danneggiate e quattro quasi intere. Niuna presenta caratteri speciali degni di essere presi particolarmente in esame; ma tutte in genere si avvicinano molto, sì per la forma che per le dimensioni, alle corrispondenti del Monachus albiventer. Le dimensioni sono le seguenti: Lunghezza Larghezza della epifisi anteriore Altezza della epifisi anteriore antero-posteriore compresa l’apofisi trasversa compresa l’apofisi spinosa 1.a Vertebra caudale mm. 33 mm. ? mm. 35 2.2 » » » 82,5 » 28 » ? da » » » 32,9 » 21,9 » i 28) 4a » » » =32 » 21,5 » 21 5,a » » » 32 » 2 » ? 6.8 » » o Sil pi Dil DIBNRIS Tenendo conto dello sviluppo successivamente decrescente, sì dei corpi vertebrali che delle loro rispet- tive apofisi, le dette vertebre vennero distribuite secondo l’ordine che probabilmente dovevano avere. B. — Coste. Le coste della foca in esame sono rappresentate da un certo numero di piccoli frammenti, i quali, per quanto riconoscibili, non presentano caratteri tali da permettere un qualche rapporto con le coste della specie vivente più volte citata. 12 R. UGOLINI [12] 3. Cintura toracica ed estremità anteriori. Tav. I [I], fig. 20-23; Tav. Il [II], fig. 1-13. A.—Cintura toracica. Omoplata. — Tav. I [I], fig. 20. Tra le ossa componenti lo scheletro dei mammiferi alcune ve ne sono le quali per l'estrema delica- tezza dovuta alla speciale loro conformazione (ossa piatte) difficilmente si rinvengono allo stato fossile. L’omoplata è tra quelle; e- quando per avventura esso si trova, è sempre incompleto, e il più delle volte ridotto a quella sola porzione che contiene la cavità glenoide ed il principio della spina, come quella che avendo il massimo spessore, ha maggiore solidità e resistenza. To posseggo un frammento abbastanza piccolo dell’ omoplata sinistro, dove si scorgono distintamente una parte della cavità glenoide ed il principio della spina. Vi mancano quindi tutta la rimanente parte della spina con il suo acromio, le due espansioni antespinosa e postspinosa, e quella porzione della cavità glenoide che corrisponde all’apofisi coracoide. i Quantunque incompleto ho voluto darne la figura che varrà certo assai più di qualunque particola- reggiata descrizione. PO B. — Estremità anteriori. a) Omero. — Tav. I [I], fig. 210, 215; Tav. II [II], fig. 1. Sono conservati ambedue gli .omeri della foca di Orciano, e sono essi, dopo il cranio, che ci danno i caratteri migliori per la determinazione della specie. L’omero sinistro è intero del tutto, quello destro è incompleto, mancandovi la regione interna, una parte considerevole della testa e della cresta deltoidiana, tutta la grande e,la piccola tuberosità, la tuberosità inferiore interna ed infine la troclea e la epitroclea omerale. 1 - Qui sotto sono messe a confronto le dimensioni principali dell’omero sinistro della foca in esame con quelle dell’omero corrispondente del Monachus albiventer descritto e figurato dal CuvieR! e dell’omero destro della Palacophoca Nysti. Foca di Orciano M. albiventer BopD. P. Nysti V. BEN. Omero sinistro Omero sinistro Omero destro Lunghezza massima tra le opposte estremità . È . mm. 124 mm. 150 mm. 138 Spessore minimo del corpo omerale » . È i, » 23 DIINNSSO PIANI Distanza massima tra le tuberosità inferiori . ° b HONAT » 60 » 59,5 » . tra la testa e la tuberosità interna . » 63 o. 18 » ? » » tra la testa ed il margine della cresta deltoidiana Ù 5 : ; » 1 » 18 » ? » » tra la tuberosità ed il margine della cresta deltoidiana . ò 5 » 58 » 69 » 2 )) Cuvisr G. Op. cit., pag. 224, tav. XVII, fig. 6-8. Paris, 1823. [13] R. UGOLINI 13 L’aspetto generale dell’omero in esame, per tutti i suoi particolari, corrisponde a quello del Mona- chus albiventer, ‘e sì avvicina non poco anche all’omero della Palaeophoca Nysti V. Ben. Da questo però si distingue per avere la porzione inferiore del corpo meno sviluppata trasversalmente della superiore, analogamente a quanto si osserva anche nell’omero del Monachus albiventer. L’omero invece della Pa- laeophoca Nysti, giova ripeterlo, si comporta in modo tutt’affatto opposto, vale a dire ha la sua parte inferiore più sviluppata in senso trasverso della superiore. Si comprende dunque facilmente come in seguito a questo fatto i due omeri assumano un aspetto alquanto diverso l’uno dall’altro; tanto più poi che per effetto di tale differenza lo spessore minimo del corpo omerale che nella Palaeophoca Nysti è situato presso alla metà circa dell'intera lunghezza dell’osso, nella foca in esame viene invece a trovarsi ad un livello necessariamente più basso, proprio come si verifica anche nella specie vivente. Inoltre nella foca fossile di Orciano e nel: Monachus albiventer, la cresta deltoidiana è ugualmente sviluppata ed in proporzioni assai maggiori di quel che non si riscontri nel- l’omero della Palaeophoca Nysti, dove poi la concavità determinata dal dorso della faccia posteriore è anche molto più accentuata, e la scanalatura situata tra il condilo e la troclea omerale un po’ meno profonda. Per completare la descrizione dell’omero in esame, dirò infine che la testa di articolazione con la scapola è molto sviluppata, rotonda, quasi perfettamente fusa con la sua epifisi, e situata ad un me- desimo livello con la grande e la piccola tuberosità, che le due cavità coronoide ed olecraniana sono, relativamente, poco profonde, e che il condilo interno non è attraversato dal foro sopracondiloidiano, destinato, nell’omero di altre foche viventi e fossili, al passaggio dell’arteria cubitale. Quest’ ultime parti- colarità sono però comuni anche alla Palaeophoca Nysti. b) Radio. — Tav. I [I], fig. 22, 23. Le ossa dell’avambraccio sono rappresentate dal radio di ambedue gli arti e dal cubito dell’arto sinistro. Del radio si hanno quattro frammenti, due del lato sinistro, e due di quello di destra, e tanto gli uni che gli altri rappresentano rispettivamente la porzione prossimale e quella distale; i frammenti però del radio destro trovansi in condizioni di conservazione molto migliori di quelli del sinistro, per modo che avvicinando le due parti si può calcolare la lunghezza dell’osso intero. Le dimensioni misurate sono le seguenti: E Lunghezza del radio destro intiero o o c mm. 135 » massima del frammento Deo cdimalle del ihaio detizo 6 c » 80 » » » distale del radio destro . È ò » 65 » » » prossimale del radio sinistro . è » 83 » » » distale del radio sinistro : o » 25 Massimo diametro della testa di ambedue i radii . : È A È » 28 Minimo » » » 5 à ì 5 6 » 22 Massimo spessore del collo di ambedue i radii ; ò ; i : » 19 Minimo » » » E 7 : Ù » 15 Spessore massimo dell’estremità distale del radio o È o b » 21 Diametro longitudinale della tuberosità bicipite di ambedue i radii . DIMINERTIS » trasverso di ambedue i radii . 0 6 " o o c » 11 La testa nettamente distinta dal collo, è assai sviluppata e di forma sensibilmente ellittica; è inoltre tagliata obliquamente al di fuori, in guisa che il margine interno appare un po’ più elevato di quello 14 R. UGOLINI i [14] esterno, ed ha la cavità di articolazione con il condilo omerale semplice e di forma quasi ovoidale. Essa è poi separata da tutto il resto del corpo mediante il collo, sotto il quale e sulla faccia interna del corpo radiale, trovasi una tuberosità bicipite, assai prominente e di forma ellittica. . Oltre il collo, la conformazione di tutto il resto del radio non presenta nessuna particolarità speciale, ma segue su per giù lo stesso andamento che si avverte nel radio di quasi tutte le foche in genere e del Monachus albiventer in particolare, espandendosi, cioè, gradatamente verso l’estremità inferiore, e as- sumendo nel tempo stesso una forma sensibilmente appiattita, paragonabile, un po’ grossolanamente se vogliamo, a quella di una spatola. Il frammento distale del radio sinistro, per quanto più piccolo di quello del destro, pyesenta com- pletamente conservata la faccetta di articolazione con lo scafoide del carpo corrispondente, ciò che ma- nifesta la forma distintamente trapezoidale, l’accentuata profondità e permise di rilevarne le dimensioni già indicate. e) Cubito. — Tav. Il [II], fig. 2. Il cubito sinistro soltanto è conservato. Giova di avvertire però che anch’esso va annoverato tra quelle parti scheletriche che per la loro delicatezza sono quasi sempre perdute; ed anzi fra le specie fossili non si conosce altro che la Phoca Vindobonensis Touri ®, che l’abbia completamente conservato. Non conoscendosi nessun avanzo del cubito spettante alla Palaeophoca Nysti, non è possibile di isti- tuire dei confronti con questa specie. Quelli fatti con le ossa corrispondenti del Monachus albiventer hanno dimostrato ancor più la corrispondenza che la foca di Orciano ha con la specie vivente. DIMENSIONI Lunghezza massima del cubito . È 3 3 . - 6 . mm. 161 Larghezza » » ; 5 : : 0 o È È » 70? » a metà della lunghezza a i; È È d . ; » 26 Lunghezza massima della faccetta sigmoide . o c . o , » 25 Larghezza » » » , : È ; ; ; 3019 Lunghezza » » radiale . 5 ò ò o , » 16 Larghezza » » » d ù ò 5 " Ù » 16 Come ben si rileva da queste dimensioni il cubito sinistro in esame supera di poco la lunghezza da noi più sopra determinata per il radio destro. Esso è inoltre notevolmente espanso e depresso nella sua regione prossimale e ristretto in quella distale, provvisto di una faccetta sigmoide cuoriforme, alquanto estesa, di una faccetta radiale assai più piccola e di forma arrotondata, e nella estremità inferiore for- ‘nito di un’apofisi odontoide che porta una seconda faccetta radiale più piccola della prima e di forma presso a poco ellittica. Le epifisi sono anche qui, come nel radio e nella maggior parte delle varie altre ossa precedentemente considerate, quasi perfettamente fuse con i respettivi corpi. d) Carpo. — Tav. II [II], fig. 3-8. — Delle varie ossa che compongono il carpo di ciascuna estremità, ho solamente le seguenti: lo sca- foide, il grand’osso e l’unciforme di ambedue i lati; il trapezio, il trapezoide ed il pira- midale del lato destro. 1) TouLa F. Phoca Vindobonensis n. sp. von Nussdorf in Wien. Beitr. z. Pal. u. Geol. Osterreich-Ungarns u. d. Orients, vol. XI, pag. 47, tav. IX-XI. Wien u. Leipzig, 1898. [15] R. UGOLINI 15 Qui appresso ho riportato soltanto le dimensioni dello scafoide, trascurando, per la loro esiguità, quelle degli altri pezzi. Diametro antero-posteriore . o . 0 . . a ò 0 mm. 20 » trasverso . ; c 2 6 , 5 ) . 0 0 » 94 Altezza massima . o È 6 ; ; 0 ; . 6 G » 20 Queste ossa presentano una spiccata somiglianza con quelle del Monachus albiventer. Tale somiglianza maggiormente si apprezza quando si osserva che il trapezio, in luogo di stare a lato del trapezoide e di far così parte essenziale del secondo ordine delle ossa carpiane, come è il caso di non pochi altri pinni- pedi, si dispone totalmente al di sotto di esso, in guisa da simulare quasi la presenza di un terzo ordine di ossa carpiane, la quale disposizione appunto si trova nella specie vivente. _ e) Metacarpo. — Tav. II [II], fig. 9-13. Sono conservati tutti i cinque metacarpiani della mano destra, e quattro solamente della mano si- nistra, mancandovi il primo. Nessuna differenza passa fra queste ossa e le corrispondenti del Monachus albiventer. Infatti, come in quest’ultima specie, lo sviluppo in lunghezza della branca metacarpica è rela- tivamente breve; inoltre essa è tagliata obliquamente, e conformata in guisa che a partire dal primo me- tacarpiano e procedendo verso gli altri sino all’ultimo la lunghezza di ciascuno va progressivamente dimi- nuendo finchè l’ultimo supera di poco la metà della lunghezza del primo. Ciò risulta anche dalle dimensioni qui sotto indicate. Larghezza massima Larghezza massima Larghezza massima Larghezza minima Superiore inferiore 1.° Metacarpiano . . . mm. 81 mm. 24 mm. 19 mm. 15 2.0 » ASTA ST: 608 » 19 » 17 » 10 SO » rn TODO. » 15 » 14 » 10 4.0 » ein A » 15 » 13,5 » 10 5.0 » e AG42 0 » 16 DIS » 13 Oltre che dalle differenti dimensioni, questi metacarpiani si riconoscono rispettivamente: il primo per la particolare sua robustezza e maggiore curvatura; il secondo, il terzo ed il quarto, per la uguale e speciale conformazione della parte di articolazione con le ossa corrispondenti del carpo, la quale è diversa da quella dei due metacarpiani rimanenti; ed il quinto infine per la caratteristica brevità, per la gros- sezza maggiore rispetto a quella dei tre metacarpiani che lo precedono e per la forma della regione articolare superiore, differente da quella corrispondente di tutti gli altri. f) Falangi. DS La regione falangea degli arti anteriori della foca di Orciano è rappresentata da numerose ossa, delle quali poche sono quelle conservate per intiero, e molte quelle ridotte in frammenti più o meno rico- noscibili. Ho preferito perciò non darne particolareggiata descrizione che, per la mancanza di caratteri molto notevoli, riuscirebbe certamente, in questo più che in altro caso, poco utile ed opportuna. 16 R. UGOLINI [16] 4. Cintura pelvica ed estremità posteriori. Tav. II [II], fig. 14-17; Tav. IM [III], fig. 1-14. a) Femore. — Tav. II [II], fig. 14, 15. Pochi dei numerosi e piccoli frammenti di incerta sede possono con qualche sicurezza riferirsi alla regione pelvica. Niuno di essi però stante la piccolezza è meritevole di una particolare considerazione. Passo quindi a descrivere le ossa conservate appartenenti alle estremità posteriori, cominciando dal femore. DIMENSIONI Foca di Orciano M. albiventer BoDD. P. Nysti V. BEN. Femore sinistro Lunghezza massima tra le opposte estremità . . . mm. 105 . mm. 124 mm. 134 Distanza massima tra la testa ed il grande trocantere » 56 » 60 SE ITAÌ » » tra le due tuberosità inferiori . . » 66 » 70 » ? Le dimensioni superiormente riportate si riferiscono, come si vede, soltanto al femore sinistro della foca di Orciano, comparato con l’organo corrispondente del Monachus albiventer figurato dal CuviER e con quello, pure conservato in parte, della Palaeophoca Nystì. Avvertasi però che sussiste anche una porzione non indifferente del femore destro; ma esso è molto più danneggiato ed incompleto del sinistro. Quest'ultimo è rappresentato da tre frammenti, il più grande dei quali comprende quasi tutta la metà inferiore del corpo femorale coni due condili, la scanalatura intercondiliana, le due tuberosità col- laterali e la faccetta rotuliana; gli altri due rappresentano rispettivamente, l’uno la testa e l’altro il grande trocantere. Il femore destro si compone di due pezzi solamente, che hanno a un dipresso la stessa grandezza: uno di essi appartiene alla regione prossimale, l’altro a quella distale. La lunghezza massima citata nelle dimensioni per il femore sinistro fu calcolata approssimativamente in mm. 105; ma per - certo poco deve allontanarsi da questa cifra la suddetta dimensione. Anche qui dunque il femore, come in tutte le foche in genere, e particolarmente nel Monachus albiventer, è corto e compresso. Nella Pa- laephoca Nysti il femore è più largo trasversalmente, più espanso nella porzione inferiore e presso a poco eguale per lunghezza all’omero; nella foca di Orciano invece è alquanto più corto come si verifica nel Monachus albiventer. Nella suddetta Palacophoca Nysti la curvatura della regione condiliana del femore è inoltre un po’ meno accentuata. b) Rotula. — Tav. II [II], fig. 16,17. Tra gli avanzi scheletrici appartenenti agli arti posteriori si hanno ben conservate anche ambedue le rotule. Sono di forma pressochè trapezoidale, e presentano una tuberosità esterna assai prominente ed una superficie articolare di forma quasi perfettamente ellittica ed uguale quindi alla sua corrispet- tiva del femore. DIMENSIONI Lunghezza della rotula. d c o ò 0 . o o o mm. 24 Larghezza >» ADE : 6 c ; o ò o 7 o » 27 Spessore massimo della rotula ; o ò 0 . c . 6 » 13 Massimo diametro della faccetta articolare . ò a o 0 . » 25 Minimo ” » » i c o ò È 1 » 17,5 [17] R. UGOLINI 17 Tutti i caratteri di queste piccole ossa corrispondono con quelli del Monachus albiventer. Si osservi poi che di tutte le foche fossili conosciute solamente questa e la Phoca Vindobonensis TouLA presentano, per quanto io mi sappia, ben conservati i resti di questa parte dello scheletro. c) Tibia. — Tav. III [II], fig. 1,2. DIMENSIONI Lunghezza massima del frammento destro . È c . ò : ° . , . mm. 205 » » » sinistro . o : 5 : ; . Ò : Ò » 147 » totale approssimativa della tibia. : 3 o : È È : 0 . » 234(?) Spessore massimo della estremità inferiore di essa a i 3 È È » 38 » » delle due estremità inferiori della tibia e al perone riuniti insieme . » 56 Massimo diametro della cavità articolare inferiore c c o 5 ò 5 È , » 24 Minimo » gi> » » 0 } x 6 A 5 0 6 » 20 Le dimensioni approssimative superiormente date furono desunte dal confronto con le tibie corrispon- denti del Monachus albiventer. La tibia destra è quella meglio conservata e consiste di un frammento considerevole contenente tutta la metà inferiore dell’osso più una parte della superiore, priva però della testa di articolazione con il femore. Essa è piuttosto solida e robusta, segue per un certo tratto lo stesso andamento diretto del perone, ed oltrepassato il terzo inferiore della sua lunghezza se ne discosta e s'incurva all’indentro in modo da lasciare tra le due ossa uno spazio abbastanza ampio. È inferiormente di forma tetragonale e la sua estremità distale porta una cavità, a contorno irregolarmente arrotondato, la quale unita a quella omologa del perone costituisce quella cavità unica che è destinata a ricevere il condilo dell’astragalo corrispondente. L’apofisi malleolare è poco prominente, la superficie dorsale interna sensibilmente arrotondata e convessa e l’esterna scavata nel senso longitudinale a guisa di canale. Come risulta dalle dimensioni pre- dette notisi infine che la lunghezza calcolata approssimativamente doveva avere raggiunto appena due volte e mezza quella totale del femore. Questi caratteri, come si vede, concordano pienamente con quelli propri della tibia del Monachus albiventer. Della Palaeophoca Nysti si conosce solamente un piccolo e mal conservato frammento di tibia, con il quale però non è permesso d’istituire alcun confronto. è d) Perone. — Tav. III [III], fig. 3, 4. DIMENSIONI Lunghezza massima del frammento destro . o . 0 - ò mm. 205 » » » sinistro ò 5 5 6 o » 132 » totale approssimativa del perone . : a x ò » 2230) Spessore massimo dell’estremità inferiore di esso 6 6 . ; » 29 Massimo diametro della cavità articolare inferiore . ò : . » 23 Minimo » » » » È S o ò » 20 I frammenti principali che si hanno del perone, di cui sono state date anche le dimensioni appros- simative, appartengono alla parte distale, non essendo conservata quella prossimale più sottile e perciò meno resistente. 18 R. UGOLINI [18) Per l’aspetto generale, per la forma un po’ ricurva verso l’esterno, per lo spessore della regione in- feriore più grande e più spiccatamente triangolare di quello della superiore, per la profonda scanalatura lungo la faccia posta rimpetto alla tibia, ed infine per lo sviluppo longitudinale, simile a quello della tibia ed uguale a due volte e mezzo circa la lunghezza del femore, il perone della foca di Orciano cor- risponde totalmente con quello della specie vivente, già più volte ricordata. e) Tarso. Di questa parte scheletrica abbiamo benissimo conservate le seguenti ossa: l’astragalo, il cal- caneo, lo scafoide ed il cuboide di ciascun arto. Tutte sono identiche alle corrispondenti del Mo- nachus albiventer e concordano quindi col riferimento proposto. c) Astragalo. — Tav. IMI [III], fig. 5. DIMENSIONI Lunghezza massima . 5 : È a 6 c o 7 ò ; i mm. 59 Larghezza Gue ) i i b 5 A 5 4 a ò A E » 35 Spessore massimo . È ò i è 3 » 40 . Diametro longitudinale del coseno di igiinzno con di gamba é o 6 » 28 ? » trasverso del medesimo ; È i ” » 31 » longitudinale della faccetta superiore di tiva ad Calata 9 SIMULA » trasverso della stessa . à i 5 » 11 » longitudinale della faccetta iLiormodia di i icoleziono col AMIR 3 » 21 » trasverso della stessa . 5 Ù 1 ì » 8 » longitudinale della faccetta CORO di SITO, co) calcaneo i » 19 » trasverso della stessa . 5 x b k 5 » 10 Massimo diametro della faccetta di prtiealegionee con io SL È 5 6 ò » 26 Diametro ad esso ortogonale. RAPE c . . ; 0 5 Ò ò » 16 Sono da rilevarsi nell’astragalo: lo sviluppo notevole del condilo di articolazione con il perone e la tibia, la caratteristica convessità formata dall’incontro, lungo uno spigolo ottuso e quasi rotondo, delle due faccette che costituiscono quel condilo, e finalmente una molto accentuata prominenza provvista di. tuberosità, che a guisa di apofisi costituisce la regione posteriore dell’ osso medesimo. Nessun confronto può istituirsi con le ossa tarsiane della Palaeophoca Nysti, perchè nulla di esse è stato trovato. 8) Calcaneo. — Tav. IMI [III]. fig. 6. DIMENSIONI Lunghezza massima . 0 Da PM È . 6 . ; 6 d È mm. 62 Larghezza » o 6 ; 5 5 È b 0 ; . . ò » 31 Spessore massimo . 6 o o » 30 Diametro longitudinale della fa superiore di Sinesaziono coll'astragalo 6 DINO, » trasverso della stessa . 6 » 10 » longitudinale della faccetta i isrmiodia di spticolazione con Pat : » 16 » trasverso della stessa . 7 6 » 12 » longitudinale della faccetta na di dricnisciote con l’ astenia o » , 16 » trasverso della stessa . 0 o . Dodi » longitudinale della superficie ‘di articolazione col Cimone : . ; » 18 » trasverso della stessa . a 8 S 3 9 ; È È à » 18 [19] R. UGOLINI »19 Quest’osso è relativamente assai corto, tanto che la sua tuberosità posteriore supera di poco quella dell’astragalo. Per la notevole brevità del suo tallone corrisponde molto bene l’esemplare in esame con la specie vivente già citata, mentre si distingue facilmente dalle altre foche fossili conosciute. 7) Scafoide e Cuboide. — Tav. III [III], fig. 7-9. DIMENSIONI Scafoide Cuboide Diametro antero-posteriore esterno . b ò 3 mm. 29 mm. 19 » » interno . ì 3 x DIGINZITI » 25 » trasverso . 6 È A 3 7 5 » 32 DS) Altezza massima A 5 5 È ; + È » 24 PIMS? » minima E È i : 5 A 3 DRANGELITI j » — Lo scafoide ed il cuboide senza avere alcun che di veramente notevole, si presentano ambedue ri- spettivamente con gli stessi caratteri delle ossa corrispondenti del Monachus albiventer, ciò che può chia- ramente riscontrarsi osservando le figure riportate. f) Metatarso. — Tav. III [IMI], fig. 10-14. DIMENSIONI Larghezza Larghezza Larghezza Larghezza massima massima superiore massima inferiore minima 1.° Metatarsiano 5 mm. 103 mm. 83 mm. 23 mm. 16 2.0 » : » ? » 23 » 2 » 2 3.0 » . » 50 » 24 » 17 » 10 4,9 » È » 60 » 25 » 18 pri) 5.0 » È » 87 » 32 » 24 » 13 Le misure date qui sopra si riferiscono ai quattro primi metatarsiani del piede destro ed al quinto del sinistro, che trovasi in condizioni di conservazione migliori di quelle del suo corrispondente di destra. Come si vede, del secondo di essi non fu possibile di determinare, all'infuori della larghezza massima superiore, tutte le altre dimensioni indicate per gli altri, e ciò perchè conservato nella porzione prossi- male solamente. Del piede sinistro non si ha che il quinto metatarsiano già succitato, ma in buono stato di conservazione. I suddetti metatarsiani corrispondono per la forma e per le dimensioni ai metatarsiani del Monachus albiventer. Come in questo, il primo di essi è anche il più grosso ed il più lungo; nulla di preciso pos- siamo dire del secondo; il terzo è il più corto ed il più esile di tutti; il quarto ed il quinto vanno gra- datamente aumentando di dimensioni. 9) Falangi. Abbiamo per ciascun ordine un numero discreto di falangi, ma come dicemmo di già per quelle degli arti anteriori, non fu possibile di stabilire con esattezza il loro posto. Possiamo soltanto osservare che dalla forma delle poche falangi unghiali conservate è dato dedurre che gli artigli posteriori della foca in esame dovevano indubbiamente essere piuttosto piccoli, analogamente a quanto si avverte nei piedi del Monachus albiventer. 20 ' R. UGOLINI [20] CONCLUSIONE Da quanto è stato esposto risulta che l’esemplare descritto, tra le foche fossili, è quello più com- pleto; ed inoltre che esso appartiene certamente alla famiglia dei Phocidae, e più precisamente al gruppo dei Monachinae. Nonostante poi l’affinità notevole che esiste fra la specie di Orciano e la Palaeophoca Nysti V. Ben., esso trova le più spiccate somiglianze, per tutte le particolarità scheletriche, col Monachus albiventer BoDD. Ne consegue perciò che se la mia determinazione è esatta, come credo, questa specie, che abita oggi il Mediterraneo e che si spinge sino lungo le coste occidentali dell’Africa, e forse anche lungo quelle orientali, cominciò a manifestarsi da noi sino dai tempi pliocenici. Pisa, Museo geologico, giugno 1902. _ Finito di stampare il 15 luglio 1902. DOTT. CARLO AIRAGHI NUOVI CEFALOPODI DEL CALCARE DI ESINO (Tav. IV, V [I], II] e Fig. 1-8 intere.). È troppo nota la località di Esino perchè venga a dire della sua topografia, della sua costituzione litologica e della ricchezza della sua fauna fossile. Di essa se ne occuparono già 1’ HaueR ®, lo STOPPANI ?, il BenecKE 3), il CurioniI 4), il Gumsrt ?), il Mossisovics 9, il TarameLLI °, il BrrTNnER 3), il KimtL ®) e molti altri, e però credo più conveniente limitarmi ai cefalopodi che formano l'oggetto del presente studio. Lo StoPPANI, nel lavoro Les pétrifications d’ Esino, fece conoscere un numero non indifferente di ga- steropodi, di acefali, di brachiopodi, ma veramente pochi sono invece i cefalopodi che gli fu dato d’il- lustrare, e per di più, disponendo d’esemplari quasi sempre in cattivo stato di conservazione, le deter- minazioni date nella maggior parte dei casi furono errate, e più tardi vennero corrette dal Mossisovies 19), che disponendo di migliore e più abbondante materiale, non solo potè dare più precise determinazioni, ma nello stesso tempo riuscì a far conoscere come l’importante calcare d’ Esino fosse ricco anche di cefalopodi in modo non minore degli altri molluschi. Dopo il Moysisovics nessuno più si occupò dei cefalopodi d’ Esino se non il DieNER che in un suo lavoro !! ricorda due specie di questa località, e il prof. MarIANI ! che in una recente nota ne descrive una nuova per la scienza. Ma l’abbondante materiale che continuamente si va raccogliendo in modo speciale dal chiarissimo prof. MARIANI e dell’egregio sig. F. Stampa !5), resero necessaria una revisione, revisione che non poteva non portare una maggior conoscenza sui cefalopodi di questo calcare, aumentando del doppio il numero delle specie note, come appare dal quadro’ seguente. 1) F. Hauer. Eîn geol. Durchshnitt der Alpen ecc. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., 1857. 2) A. Stoppani. Studi geol. pal. sulla Lombardia. Milano, 1857; — Ip. Les pétrif. d’ Esino. Pal. lomb. Milano, 1858-60. 3) E. BeNECcKE. Veber einige Muschelk. Geol. und Pal. Beitràge, Bd. I. Miinchen, 1866; — In. Ueber die Umgeb. von Esino in der Lombardei. Geol. und Pal. Beitrige, Bd. II, H. I. Miinchen, 1876. 45) G. CurIonI. App. alla mem. « Sulla succ. norm. dei diversi membri del terr. triasico nella Lombardia». Mem. R. Ist. lomb., vol. VII. Milano, 1858. 5) C. GùmBnL. Geol. Mitth. aus den Alpen. Sitz. d. bayer. Akad. Wissensch. Miinchen, 1880. 5) E. Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1882. © T. TarameLni. IZ Canton Ticino merid. ecc. Mat. per la carta geol. della Svizzera. Berna, 1880. 8) A. BrrtNER. Brach. d. alp. Trias. Abhandl. d. k. k. geo). Reichsanst. Wien, 1890; — In. Lamell. d. alp. Trias. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1895; — Ip. Bemerk. zur neust. Nomen d. alp. Trias. Wien, 1896. 9 E. Kiro. Die Gast. d. Esinokalke. Ann. des k. k. Naturhist. Hofmus., Bd. XIV. Wien, 1899. 10) Moysisovios. Op. cit. 1) C. DrennR. Esinokalk ecc. Neues Jahrb. Min. Geol. u. Pal. Wien, 1901. 1°) E. MARIANI. Note geol. sul gruppo delle Grigne. Atti R. Ist. lomb. Milano, 1902. 13) Il materiale raccolto dal chiarissimo prof. MARIANI si conserva nel Museo Civico di Milano; quello ricchissimo raccolto dall’egregio sig. SramPA venne donato al R. Museo geologico dell’ Università di Torino. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 4 C. AIRAGHI [2] © |f di ef SÉ ("| É S|$|2s8| #8) al 3[®|S5 sl -iaflag) = GRIS SA < |auS/0S| © Az ©. a |3 (8) E3|E8|= CE|aE[e S| s10a]ez 5 > PSI dr NOME DELLE SPECIE 2 È dA È FESla D4o 5° RISE LOCALITÀ DIVERSE S | [Sg f OLONA [AS og 2 | fot A [Magjle| E [32 I=i ri) Rm ef a|aA\E°|2| | aa) | aPglee| F ZE cia Da di Fò Orthoceras campanile Mo3s. +/=-|+|+|-|+|+ —|+4|+|?|- » politum KLIPST. . . > +|-|- = Co | de. » multilabiatum HAUDR . —[|+]|+|=]|=|[=|-[=|+|+|={|=|- Pleuronautilus Cornaliae (StoPP.) Moys. +|—-|=|=|=|=|=|=|=-|=|=-|+]|= » esinensis MOJS. Lola » Paronaî n. sp. i... | +|=|=|=|=|=|=|=|=|=|=|= » Mari DE CESsSEBfEsRReZgR Nautilus longobardicus Moss... .. .|+|= = = —|+|-|+]|- » Tommasti n. sp. 0/0... a+] |=|=|=|=|= 10 » Zinae n. sp. + 11 | Proarcestes subtridentinus Moss. 12 » Boeckhi Mogs. 13 » esinensis Moss. 14 » pannonicus Mogs. + 15 D Reyeri Moss. + Pozoritta (zona a Trachy- ceras don). 16 » marchenanus Moys. Calcare di Marcheno in i Val Trompia. 17 » Stampai n. sp. Dl 18 | Ceratites Paronai n. sp. — | L 19 Arpadites Arpadis M03s. 3 20 > Szaboi (Boncka) Mogs. + 21 » cinensis Mogs. + + 92 » Manzonii (BenEcK®) Moss. SL 3P 23 » Pilari Moss. + 24 » Telleri M0Js. + + 25 » Vacelì Moss. dL 26 » Paronai MARIANI + 27 » celtitoides n. sp = 23 [3] €. ATRAGHI SSA > 58)f È el. 23 ET eden e Pulalaalfa|Es|as NOME DELLE SPECIE | fa 8 53337 PEFS353555\=] Locana piverse 28 | Protrachyceras laricum M0Js. . sa] —|—-|=|=|-| Scisti di Corvara. 29 » arpatitoides Moys. . || |=|==|=|=|=|=|=|=|= 30 » Steinmanni Moss. . +|+|—|=|=]=|=|=|-|=|=|=|= 31 » pseudo-Archelaus (Borcg8) Moss. |+|—|-|-|=|=|=|t|=|#|#|4#|= 32 » ladinum Moy8. +[—|=|=|=|=|+|+|=|=|=|+]|= 33 » longobardicum Moss. “ss css sccsscsae 34 » Archelaus (LAUBH) Mo LE L|4+|4|-| Gorno in Val Seriana. 39 | Trachyceras Aon (MunstoR) LAURE ={gkji=|= _ + 36 | Tirolites ultimus Mogs. —|4+|/-|=|=|=|+|=|=|[=|+#+|=|+ 37 | Pinacoceras Phylopater (LauBE) M0ys. + _ - —lau|c|unic|e 38 » Stoppanti n. sp. Sele e ne 39 | IMegaphyMlites obolus M0gs. . +=] 40 | Monophyllites wengensis (KLIpsT.) Mogs. | — —|+|+|=|-|+|+|=|- 41 | Lecanites glaucus (Mister) Moss. —|+|—|—|=|=|+|=|=-|=|+|=|= Son itiolibici neri di 42 | Nannites spurius (MùunstnR) Moss. Pe = Sie s i 43 | Meekoceras Canavarii n. sp. —|aL|=- sa Di LR | EB ta 44 | Hungarites Elsae Moss. ace =|=|=|=|=|=|=|= 45 | Ptychites Taramellii n. sp. cs ESE EEE 46 » Mariani n. sp. —|+|-|- pia 214 Ca 47 | Sturia Sansovinii Moss. —|+|#+]j+|-|-|=|=|=|4+]|=|=|= 48 | Aulacoceras inducens (BrAUN) Moss. +|—-|=|=-|=]|= _ L = 49 | Atractites obeliscus M03s. +|-|—|+]|=|=|=|=|=|+|=|=|- 50 » secundus Moys. acli |=|a|a|=/=| 51 » Marianîi n. sp. Lt — ella 52 » Tommastiì n. sp. — |4+|—=|=|=|=|=|=|=|=|=|=]|= 53 » Preveri n. sp. . ,. >|L|={|=|=|=|= =S di d4 » compressus n. Sp. Pb al==]l==d=l= 24 C. ATRAGHI [4] Delle 28 specie descritte dagli autori sopra accennati, 22 sono quelle trovate anche in altre località, e delle 26 da me determinate già se ne conoscevano 10; quindi su di un complesso di 54 specie, quelle note in altre località e spettanti ad orizzonti di già fissati sommano a 32 cioè poco più della metà, tuttavia questo numero mi sembra sufficiente a rendere sempre più attendibile un confronto della fauna a cefa- lopodi di Esino con quelle d’altre località per dedurne l’età o il piano a cui il calcare che la racchiude dev’ essere assegnato. Questa fauna ha specie che si trovano nel Muschelkalk alpino e di Bosnia, nella fauna della Schreyer Alp presso Hallstatt, dei calcari di Recoaro, degli strati di Wengen, dei calcari della Marmolata, del Monte Clapsavon, della Presolana, di Schilpario, dei dintorni di Lagonegro, dei tufi di S. Cassiano, dei calcari delle Grigne, e in fine ha delle specie comuni anche con il calcare di Hallstatt e con la fauna raibliana ”.. Infatti ha in comune le seguenti specie: Col Muschelkalk alpino e di Bosnia, specie n.° 4: x Orthoceras campanile Moss. Proarcestes marchenanus Moss. » multilabiatum HauER Sturia Sansovinii Moss. Con la fauna della Schreyer Alp, specie n.° 4: Orthoceras campanile Moss. Atractites secundus Moss. Atractites obeliscus Moss. Sturia Sansovinii Moss. Con la fauna dei calcari di Recoaro, specie n.° 4: Proarcestes pannonicus Moss. Arpadites cinensis Moss. Arpadites Arpadis Moss. » Telleri Moss. Con la fauna del calcare della Marmolata, specie n.° 5: Orthoceras campanile Moss. Megaphyllites obolus Moss. Proarcestes Boeckhi Moys. Monophyllites wengensis (Kriesr.) Moss. Protrachyceras Archelaus (LausE) Moss. Con la fauna degli strati di Wengen, specie n.° 6: Orthoceras campanile Moss. Tirolites ultimus Moss. Protrachyceras ladinum Moss. Megaphyllites obolus Moss. » Archelaus (LauBe) MoJs. Monophyllites wengensis (KumPsr.) Moss. 1) Vedi in proposito i seguenti lavori: E. Mosgsisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz. L. c.; — In. Die Cephal. d. Hallstiitterkalke. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., Bd. VI. Wien, 1893; — F. HaupR. Beitr. d. Trias Bosnien. Denkschr. d. k. Akad. d. Wissensch. Wien, 1896; — A. Tommasi. La fauna del cale. conch. (Muschelkalk) di Lombardia. Pavia, 1874; — In. Contrib. alla paleont. della val del Dezzo. Mem. R. Ist. lomb. Milano, 1901; — In. La fauna dei cale. rossi e grigi del Monte Clapsavon. Palaeont. ital. Pisa, 1900; — A. TornquiIst. Neue Beitr. zur Geol. Paltioni. der Umg. von Recoaro und Schio. Zeitschr. d. D. geol. Ges. Wien, 1898; — W. SaLomon. Geol. und pal. Studien uber die Marmolata. Palaeontographica. Stuttgart, 1895; — E. MARIANI. App. geol. pal. sui dint. di Schilpario e sul gruppo della Presolana. R. Ist. lomb. Milano 1899; — Ip. Nuov. oss. geol. pal. sul gruppo della Presolana ece. L. c. Milano, 1900; — In. Note geol. sul gruppo delle Grigne. L. e. Milano, 1902; — G. pa Lorenzo. Foss. del Trias medio di Lagonegro. Palaeont. ital. Pisa, 1897; — C. F. Pa- RONA. Studio monogr. sulla fauna raibl. di Lombardia. Pavia, 1889. ? [5] Con Con Con Con Con Con ©. AIRAGHI 25 la fauna dei calcari della Val del Dezzo, Schilpario, Presolana, specie n.° 11: ; Orthoceras campanile Moss. Arpadites Telleri Moss. » politum Kuresr. Protrachyceras pseudo-Archelaus (Borcta) Moss. Proarcestes subtridentinus Moss. i » ladinum Moss. » esimensis Moss. » longobardicum Moss. Arpadites cinensis Moss. Lecanites glaucus (Minster) Moss. » Manzonii (Baneckz) Moss. la fauna del gruppo delle Grigne, specie n.° 2: Arpadites Sxaboi (Borckn) Moss. Arpadites Paronai MARIANI. la fauna dei calcari del Monte Clapsavon, specie n.° 16: Orthoceras campanile Moss. Proarcestes Reyeri Moss. » politum Kuresr. Arpadites Arpadis Moss. » multilabiatum HAUER Protrachyceras pseudo-Archelaus (Borct8) Moss. Nautilus longobardicus Moss. » Archelaus (LAauBE) Moss. Proarcestes subtridentinus Moss. Megaphyllites obolus Moss. » Boeckhi Moss. Monophyllites wengensis (Kurest.) Moss. » esinensis Moss. Sturia Sansovinit Moss. » pannonicus Moss. Atractites obeliscus Moss. la fauna dei tufi di S. Cassiano, specie n.° 11: Orthoceras campanile Moss. Pinacoceras Phylopater (Laure) Moss. » politum Moss. Monophyllites wengensis (Kumesr.) Moss. Protrachyceras ladinum Moss. Lecanites glaucus (Minster) Moss. » Archelaus (LauE) Moss. Nannites spurius (Minsrer) Moss. Trachyceras Aon (Mister) LausE Aulacoceras inducens (Braun) Moss. Tirolites ultimus Moss. la fauna del trias medio di Lagonegro, specie n.° 7: Pleuronautilus Cornaliae (StopP.) Moss. Protrachyceras Archelaus (Laure) Moss. Nautilus longobardicus Moss. » ladinum Moss. Proarcestes subiridentinus Moss. » pseudo-Archelaus (Borczn) Moss. Arpadites cinensis Moss. la fauna del calcare di Hallstatt, specie n.° 1: Tirolites ultimus Moss. x Adunque, come già da altri autori è stato affermato, il calcare di Esino va riferito al piano ladinico, inquantochè la sua fauna a cefalopodi oltre che comprendere quasi tutte le specie trovate nel calcare della Presolana, della Val del Dezzo, del gruppo delle Grigne, di Lagonegro, ha grandi affinità colle faune della Marmolata, dei calcari grigi e rossi del Monte Clapsavon e dei tufi di S. Cassiano, calcari e tufi che tutti quanti appartengono al ladinico. Se poi si considera la detta fauna nelle sue singole parti non può a meno d’apparire interessante e istruttiva; essa risulta formata non solo da specie di grandi dimensioni, quali il Proarcestes marchenanus 26 C. AIRAGHI [6] Moss., il Proarcestes Stampai n. sp., la Sturia Sansovinii Moss., il Ptychites Taramellt n. sp. ecc., ma anche, e in numero veramente considerevole, da piccolissime specie, quali il Tirolites ultimus Moss., il Trachyceras Aon (Munster) LauBE, il Nammnites spurius (Munster) Moss., il Lecanites glaucus (MùnstER) Moss. ecc., specie che, fino a pochi anni or sono, si ritenevano esclusive di S. Cassiano. Per questo fatto io credo che la fauna a cefalopodi del calcare di Esino, tra le molte del ladinico, sia una delle più complesse, e rappresenti in un sol insieme, almeno in linea generale, le diverse facies del piano a cui appartiene. Rimane così solo a decidere del posto che il ladinico deve occupare nella serie triasica. Il dott. BirtwER ! nella sua Nomenclatura lo pone nella parte superiore del trias medio, ma il prof. ZirtEL? e il prof. PARONA8) lo pongono invece alla base del trias superiore. Se la questione si dovesse risolvere solo basandosi sui cefalopodi è indubbio che i legami di parentela sono più stretti col trias medio che colla parte inferiore del neotriasico. Col Muschelkalk infatti ha in comune: Proarcestes marchenanus Moss., Sturia Sansovinti Moss., Orthoceras politum Mo3s., Orthoceras multilabiatum HAuER, Arpadites Telleri Moys., Arpadites venti- settembris TorNQ. e con tutte le probabilità il Ptychites Stoliczhai Moss. ®, mentre invece col trias superiore ha in comune un numero minore di specie quali il Zirolites wltimus Moss. e forse il Protrachyceras Archelaus (Lause) Moss. Ma lo ZrrreL nella sua divisione dei terreni triasici non solo si basò sui cefalopodi, ma specialmente sui gasteropodi e lamellibranchi di diverse località. Però faccio notare che i gasteropodi d’Esino ricordati dal KirtL e i lamellibranchi ricordati dal SALomon presentano maggiori legami col Muschelkalk propriamente detto che col Keuper. Ed ora compio il dovere a me gradito d’esprimere i più vivi ringraziamenti ai chiarissimi prof. PA- RONA e MARIANI, che, oltre all’avermi concesso in istudio il materiale delle loro collezioni, mi furono larghi di consigli e d'aiuto. i DESCRIZIONE DELLE SPECIE I. Gen. Orthoceras Brern. 1. Orthoceras multilabiatum Hauer. — Tav. IV [I], fig. 1. 1888. Orthoceras multilabiatum Hauer. Die Cephal. bosnisch. Muschelk. von Han Bulog beî Serajevo. Denkschr. d. k. Ak. d. Wissensch. in Wien, Bd. LIV, pag. 11, tav. II, fig. 3-5. 1900. —_ — Tommasi. La fauna dei cale. rossi e grigi del Monte Clapsavon. L. c., pag. 15, tav. I, fig. 12,13 (cum syn.). Di questa specie ho in esame un solo frammento, corrispondente ad una camera d’abitazione; è provvisto del caratteristico strozzamento circolare verso la metà della sua altezza. L’angolo di divergenza non è possibile misurare con esattezza essendo l’esemplare leggermente schiacciato, così pure non è pos- sibile figurare la sezione trasversale; il sifone è centrale. 1) A. BirTtNER. Bemerk. zur neust. Nomen d. alp. Trias. L. e. 2 K. Zirten. Ueber Wengener, St. Cassianer und Raibler. Sitzungsb. d. bayer. Akad. IIRGHOn 1899. 3 C. F. PARONA. Trattato di geologia. Milano, 1902. 4 E. MARIANI. App. geol. pal. sui dint. di Schilpari io e sul gruppo della Presolana. L. c., pag. 56. 5) E. F. Parona. Studio monogr. sulla fauna raibl. dì Lombardia. L. c., pag. 59. [2] C. AIRAGHI 27 Questa specie fatta conoscere dall’ Hauer per il Muschelkalk di Han Bulog venne più tardi riscon- trata dal Tommasi nei calcari rossi di S. Osvaldo e Ciana al Monte Clapsavon. Località: — Valle Ontragno o Valle del Monte (1.* Museo geol. Torino). II. Gen. Pleuronautilus Moss. 1. Pleuronautilus Marianii n. sp.— Tav. IV [I], fig. 2. Conchiglia a giri poco involuti, l’ultimo abbraccia il precedente per metà circa della sua altezza. Il dorso è alquanto largo, regolarmente e dolcemente incurvato e scende verso i fianchi dai quali è ben distinto. I fianchi sono quasi pianeggianti, ma al margine ombelicale s’intlettono in una spiccata carena ottusa, dalla quale cala verso l’ombelico una parete obliqua. Il guscio è discretamente conservato e al- quanto grosso, e su di esso, almeno sulla metà inferiore dell'ultimo giro, si osservano delle pieghe ra- diali lesgermente flessuose e robuste che traggono origine immediatamente dalla carena ombelicale e si dirigono irradiando verso il dorso. Le pieghe sono tondeggianti, quasi larghe quanto gli intervalli che le separano. Le strie che adornano tutto il guscio sono fitte, sottili, trasversali e molto flessuose, discen- dendo assai sulla regione dorsale. Il sifone è alquanto angusto ed è posto molto in basso. Ombelico grande e poco profondo. DIMENSIONI Diametro . . 5 : . o s o E o È È s mm. 63 Altezza dell’ ultimo giro . i o SIDE : : ) } . » 20 Larghezza » DILLO o . 0 è 5 o ò 0 0 » 18 Ampiezza dell’ombelico . x c 0 . ò : 7 È 5 » 26 Questa specie presenta delle affinità col Pleuronautilus auriculatus HauER trovato nel Muschelkalk di Han Bulog e nel calcare rosso del Monte Clapsavon per i giri poco involuti, per il dorso largo, per la carena ottusa al margine ombelicale, ma si distingue poi per la minore estensione delle pieghe che non arrivano mai sino alla camera d’abitazione e per la mancanza assoluta di nodi lungo le pieghe stesse. Non minore affinità presenta col Pleuronautilus Cornaliae StoPP. sp., proprio del calcare d’ Esino, ma questa specie è ornata da pieghe più numerose, più salienti, più flessuose e sempre più ravvicinate tra loro spe- cialmente vicino alla carena ombelicale da cui traggon origine. Dal Pleuronautilus esinensis Moss., altra specie del calcare d’ Esino, si distingue oltre che per la carena ombelicale molto più spiccata anche per il minor numero di pieghe, limitate alla sola parte inferiore dell’ ultimo giro. Località: — Alpe di Lierna (1. Museo civ. Milano); Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). 2. Pleuronautilus Paronai n. sp. — Tav. IV [I], fig. 3. Conchiglia a giri mediocremente involuti. Il dorso è alquanto largo e leggermente concavo in modo spe- ciale nell’ultima parte dell'ultimo giro. I fianchi sono piatti e al margine ombelicale s’inflettono in una carena alquanto ottusa, da cui cala una parete verso l’ombelico molto obliqua. La sezione dell’ ultimo giro è alquanto più alta che larga, trapezoidale. Il guscio è molto grosso e su di esso si osservano delle pieghe radiali molto flessuose specialmente nell’ultimo giro, larghe, robuste e traggono origine dalla carena om- belicale e si dirigono, raggiungendolo appena appena, verso il dorso. Le pieghe sono tondeggianti, alte #) Il numero messo corrisponde al numero degli esemplari. 8 P 28 C. ATRAGHI [8] e larghe quanto lo spazio che le separa, e sono molto bene spiccate su tutta la conchiglia. Benchè il guscio sia molto ben conservato, non si vedono affatto striature. Il sifone è alquanto grande e posto molto in basso. Ombelico relativamente ampio. DIMENSIONI Diametro . c î - c ò È o 0 " . ° o mm. 78 Altezza dell’ultimo giro . 5 c 6 0 0 a È 0 o DU Larghezza » DINI 4 6 c 5 : 5 o 4 È » 23 Ampiezza dell’ombelico . c - : o È Ò o : 5 » 32 Per i giri non tanto involuti, i fianchi molto piatti, e le pieghe molto sviluppate e flessuose, questa specie si avvicina al Pleuronautilus striatus HAUER, ma non può con esso essere riunito perchè, oltre che presentare il dorso leggermente concavo e non convesso, non ha mai il guscio adornato di strie, la pre- senza delle quali e il loro andamento costituiscono un carattere di prima importanza per la specie de- scritta dall’ HaurR. L'andamento delle pieghe e la conformazione dei fianchi avvicinano questa specie anche al Pleuronautilus ampezzanus LoRETZ sp. trovato nella zona a Trachyceras aonoides a Cortina d'Ampezzo, ma da questo credo si potrà sempre distinguere per la minor larghezza del dorso e per la maggior al- tezza dei giri. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino); Cino (1. Museo civ. Milano). IN. Gen. Nautilus Brern. 1. Nautilus Zinae n. sp. — Tav. IV [I], fig. 4,5. i Conchiglia a giri poco involuti; l’ultimo giro abbraccia il precedente per metà circa della sua altezza. Il dorso, regolarmente e dolcemente incurvato sulla metà inferiore dell’ ultimo giro, si fa sempre più largo e in pari tempo piatto mano a mano che si avvicina alla camera d’abitazione. I fianchi tondeggianti alla base dell’ultimo giro si fanno gradatamente piani, ma al margine ombelicale s’inflettono in una spiccata carena ottusa, dalla quale scende una parete obliqua verso l’ombelico. La larghezza dell’ultimo giro è molto minore dell’altezza e la sezione è pressochè trapezoidale. Il guscio è grosso e robusto, ornato solamente da leggerissime strie che sui fianchi decorrono incurvate, mentre sulla regione dorsale s’inflettono for- temente all’indietro in modo da formare un arco alquanto profondo. DIMENSIONI Diametro . ” o : . o ; . c : 6 o . mm. 35 Altezza dell’ultimo giro . 3 . 0 3 È È ò $ a » 18 Larghezza » Dio . ò 5 é c 5 o 0 0 » 16 Ampiezza dell’ombelico . o i c i 6 o ò d 3 DO) Questa specie, che sembra tanto comune nel calcare di Esino, almeno giudicando dai molti esemplari che ho in esame, ha strette relazioni col Nautilus granulosustriatus KLIpsT. sp. di S. Cassiano, il quale si distingue per il dorso e i fianchi meno piatti, più tondeggianti, e quindi anche per la sezione dell’ ultimo girò più circolare, meno angolosa e trapezoidale. Non minori sono le relazioni che presenta col Nautilus lilianus Moss. della zona a Trachyceras trinodosus, ma anche da questo si distingue in modo facile pre- sentando la sezione dell’ultimo giro più alta che larga e non più larga che alta, come avviene sempre nel detto Nautilus lilianus Moss. Località: — Valle Ontragno (12. Museo geol. Torino). [9] C. ATRAGHI 29 2. Nautilus Tommasii n. sp. — Tav. IV [I], fig. 6. Conchiglia a giri poco involuti, a grande accrescimento. Il dorso, sulla metà inferiore dell’ ultimo giro, è largo, piatto, e ben distinto dai fianchi da due leggere carene, le quali verso l’altra metà dell’ultimo giro 2 poco a poco vanno scomparendo, lasciando che il dorso stesso ivi diventi più largo e regolarmente e dolce- mente scenda verso i fianchi; questi, alla lor volta, sono alquanto tondeggianti, inflettendosi solo al margine ombelicale in una carena alquanto ottusa. La sezione dell’ultimo giro è semicircolare, molto più larga che alta. Il sifone, relativamente grande, è posto al disotto della metà altezza della bocca. Ombelico piccolo e profondo; guscio ornato da semplici linee d’ accrescimento, che si inflettono fortemente all’indietro sulla regione esterna. DIMENSIONI Diametro . ; o . c : c . 6 o c È è mm. 55 Altezza dell’ultimo giro . . 3 . È 5 - ; È : » 31 Larghezza » DALAI: ; . È ; È 0 ; ; ò » 41 Ampiezza dell’ombelico . ; d : 5 . ; Î È : Da 6 Credo questa specie molto vicina al Nautilus brembanus Moss. dei calcari marnosi raibliani di Gorno e Dossena, ma da questo si distingue per il dorso meno piatto, più tondeggiante e uniformemente con- vesso, specialmente dopo la prima metà inferiore dell’ultimo giro, e per la sezione dell’ultimo giro più ‘circolare e meno angolosa. Località: — Val di Cino (1. Museo civ. Milano); Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). IV. Gen. Proarcestes Moss. 1. Proarcestes Reyeri Moss. 1882. Arcestes Reyeriî Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving. L. c., pag. 160, tav. XLV, fig. 9, 10. 1892. Proarcestes — Mossisovics. Die Cephal. d. Hallstitterkalke. L. c., pag. 785. Oltre ai moltissimi esemplari di Proarcestes esinensis Moys., specie comune nel calcare di Esino, ne trovo due che, per la forma complessiva, per la curvatura ad arco verso all’avanti del solco anteriore, per la presenza di soli due solchi per ogni giro, per la conformazione della linea suturale, non credo si possa separarli dal Proarcestes Reyeri descritto dal Moysisovics. I due esemplari però di Esino, specialmente uno, sono alquanto più piccoli di quelli del marmo rosso del distretto di Pozoritta nella Bucovina (zona a Zrachyceras Aon) e di quello figurato dal Tommasi pro- veniente dal calcare rosso del Monte Clapsavon. DIMENSIONI Esemplare grande Diametro È È È b 6 6 ; 6 : 6 È o mm. 31 Altezza dell’ultimo giro 6 ò . : c 7 È 5 ; » 12 Larghezza » » , 9 } o 6 ò 5 ò 5 PNsO 9 Ampiezza dell’ombelico i o ” o c 6 o i È » 4,5 Località: — Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 5 30 C. ATRAGHI [10] 2. Proarcestes pannonicus Moss. 1882. Arcestes pannonicus Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz. L. c., pag. 159, tav. XLV, fig. 6,7. 1892. Proarcestes. . — Mossisovios. Die Cephal. d. Hallstitterkalke. L. c., pag. 785. Tra i moltissimi esemplari di Proarcestes, oltre alla specie citata, ne trovo alcuni, e in modo speciale due del Museo civico di Milano, che, per la forma complessiva, per la conformazione dei lobi, piuttosto che ad altra specie vanno riferiti al Proarcestes pannonicus Moss. DIMENSIONI Diametro . . : . : 6 6 - d : 5 o ; mm. 35 Altezza dell’ultimo giro . o ò : 5 a ò È : ò DINANCIT Larghezza » DANNI i : : È ; È } 3 È PISO, Ampiezza dell’ombelico . E È ò 5 : . : ò . » 5 A questa specie dal prof. Tommasi vennero riferiti anche alcuni esemplari raccolti da lui nei calcari del Monte Clapsavon, e quelli, pure del Monte Clapsavon, studiati dal prof. MARIANI che li aveva riferiti al Proarcestes Bramantei Moss. Località: — Val di Cino (2. Museo civ. Milano); Valle Ontragno (3. Museo geol. Torino). 3. Proarcestes marchenanus Moss. — Tav. V [II], fig. 5. 1882. Arcestes marchenanus Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx. L. c., pag. 158, tav. XLI, fig. 1. 1892. Proarcestes — Moysisovics. Die Cephal. d. Hallstitterkalke. L. c., pag. 785. Di questa bella specie, finora nota solo pel calcare di Marcheno in Val Trompia, ho in esame due esemplari di grandi dimensioni, a giri relativamente bassi, a parte esterna mediocremente larga e ton- deggiante, a fianchi molto rigonfi, coll’ombelico relativamente largo e profondo. Il guscio presenta delle coste molto spiccate, larghe, che traggono origine nelle vicinanze dell’ombelico e arrivano al dorso e lo attraversano, talora accompagnate da pieghe secondarie limitate però nella regione dorsale. La linea dei lobi sgraziatamente non è evidente. DIMENSIONI Diametro : ò o . ; o o o o È è : mm. 112 Altezza dell’ultimo giro . $ ò ò . Ù É . : ò DIMARO Larghezza » a . o . o ò È . : 0 » 2 Ampiezza dell’ombelico . o . ò o ; . o 7 o dle Dalle misure date si vede come il miglior esemplare di cui dispongo, che è poi quello figurato, abbia l’ultimo giro un po’ più basso relativamente al tipo della specie, e sia provvisto di pieghe secondarie sul dorso, diversità queste che ritengo d’importanza affatto trascurabile qualora si consideri che nessun altro carattere lo distingue da questa specie. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino, 1. Museo civ. Milano). 4. Proarcestes Stampai n. sp. — Tav. IV [I], fig. 8. Conchiglia di grandi dimensioni, subglobosa, a giri relativamente alti. I fianchi sono tondeggianti, rigonfi e lisci. Il dorso è largo e sentitamente convesso, ornato nella metà inferiore dell’ultimo giro da [11] C. ATRAGHI 31 cinque coste o pieghe molto larghe ma molto basse, tanto che appena appena si possono vedere; sono maggiormente pronunciate nella parte mediana del dorso e vanno gradatamente scomparendo arrivando ai fianchi. L'ombelico è relativamente grande e poco profondo, circondato da pareti FIG. 1. quasi verticali che formano tutto attorno, congiungendosi ai fianchi, una carena ben spiccata. La linea lobale (Fig. 1) benchè non si possa osservare in tutti i suoi minori det- tagli perchè alquanto abrasa, presenta tutti i caratteri del genere Proarcestes; sì Linea lobale del Proure. scorgono, oltre il lobo sifonale, l’esterno e i due laterali, altri quattro lobi ausiliari. Stampai n. sp., in gran- Le selle sono ampie; quella esterna è più alta della prima laterale, questa alla See Ao sua volta della susseguente e così di seguito. Il lobo esterno e il sifonale sono più profondi degli altri. DIMENSIONI Diametro . È c . . . o . o - : 7 È mm. 86 Altezza dell’ultimo giro . . o Ò : i 6 ; ; i; di SU Larghezza » DI DE o È a $ 6 è - 5 ò » 55 Ampiezza dell’ombelico . È a 5 i , î 5 1 : n 09) Le poche e larghe coste di cui questa specie ha ornato il dorso, e le sue srandi dimensioni l’avvi- cinano al Proarcestes marchenanus Moss., dal quale però si distingue per le coste meno pronunciate, più larghe, più basse, limitate al solo dorso; e per il dorso più largo, meno acuto e, in modo speciale, per i fianchi più rotondeggianti, meno rapidamente inclinati verso il dorso. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). V. Gen. Ceratites pr Haan. 1. Ceratites Paronai n. sp. — Tav. IV [I], fig. 9. Conchiglia compressa, discoidale, coi giri alquanto involuti; fianchi quasi piani, ornati da coste ra- diali molto robuste. Queste partono dall’ombelico e continuano diritte verso la parte esterna attraversandola e congiungendosi quindi con quelle dell’altro fianco. Tali coste sono provviste di due grossi nodi, uno posto poco sopra al margine ombelicale, l’altro sullo spigolo che divide il fianco dal dorso. Lo spazio tra costa e costa è leggermente concavo e largo quasi quanto le coste stesse; talvolta però lo spazio intercostale è doppio della costa, e allora viene attraversato da un’ altra costa molto sottile, la quale, pur attraversando il dorso come le coste maggiori, gradatamente va scomparendo prima d’arrivare all’ombelico. Queste coste secondarie hanno un nodo solo posto sulla linea spirale dei nodi esterni delle coste principali. Il dorso, come ho detto, è attraversato da coste larghe e robuste date dal congiungimento delle coste che ornano i fianchi, più o meno sviluppate a seconda che derivano dal congiungimento di coste principali x o secondarie. L'ombelico è poco profondo e largo, col margine tondeggiante. DIMENSIONI Diametro . 5 È È 5 . ; 5 2 : ; E 1 mm. 30 Alza cal’uliimo pilole i ae e a » 9 Larghezza >» DIA E 5 0 ò . . 0 5 . DANNO: Ampiezza dell’ombelico . ì i) ; " 6 : i è . >» 15 È questa una specie che, se dalle sue congeneri (Ceratites binodosus, Ceratites trinodosus) si distingue facilmente pei giri più involuti, per la poca altezza dell’ultimo giro, per la regolare ornamentazione delle 32 C. AIRAGHI [12] sue coste, maggiori affinità presenta forse con alcune specie del senere Arpadites, quali 1’ Arpadites Pa- ronaù MARIANI !) e l’Arpadites Mojsisoviesi ve Lorenzo ?), specie dalle quali sarebbe difficile il distinguerla se non si osserva il dorso che invece d’essere solcato è provvisto di coste trasversali. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). VI. Gen. Arpadites Moss. 1. Arpadites celtitoides n. sp. — Tav. IV [I], fig. 10. Conchiglia compressa, discoidale, coi giri alquanto involuti; fianchi quasi pianeggianti, ornati da coste radiali molto robuste, diritte e quasi tutte eguali tra di loro; lo spazio tra l’una e l’altra è leggermente TRANI concavo e quasi largo quanto una costa stessa. La parte esterna è provveduta del carat- teristico solco che è limitato da due carene liscie, le quali lateralmente sono fiancheggiate lA da una leggerissima depressione. L'ombelico è poco profondo e molto largo, col margine Tapee [bale 19° tondeggiante, n.sp., ingrandita La linea lobale (Fig. 2) è alquanto semplice, coi lobi laterali dentellati e le selle eee a contorno quasi unito. DIMENSIONI Diametro . 0 ò à c 0 a c o 0 0 o o mm. 16 Altezza dell’ ultimo giro . 6 a 2 "AMICI o 6 5 , » 4 Larghezza >» DATO E , a ò 6 ; È ò : » 5 Ampiezza dell’ombelico . È È ò . . ; ò o 5 d UO N Questa, specie è vicina all’Arpadites Arpadis Moss. da cui si distingue per le coste che adornano i fianchi sempre diritte, non mai flessuose, più rade, e in special modo per l’altezza dell’ultimo: giro, di gran lunga inferiore. Nell’ Arpadites Arpadis Moss. infatti l’altezza di tale siro è sempre presso a poco eguale al terzo del diametro, mentre in questa nuova specie è uguale al quarto del diametro. Non mi- Fic. 3. nore affinità presenta coll’Arpadites Szaboù BoEckH sp. da cui però si distingue per le coste sempre più diritte, più rare e per la minor altezza dell’ ultimo giro. Infine si distingue dall’ Arpadites Paronai MARIANI, che qui accanto figuro, pure provvisto di coste diritte e robuste, per la mancanza di nodi. Le coste che adornano la nuova specie essendo diritte, robuste e relativa- mente alquanto lontane tra loro, ricordano i Celtites, dai quali però si distingue i per la presenza del caratteristico solco sulla parte esterna della conchiglia. Arp. Paronai MAR. Località: — Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). 1) E. MARIANI. Note geol. sul gruppo delle Grigne. L. c., pag. 13. 2) G. DE Lorenzo. oss. del Trias medio di Lagonegro. L. c., pag. 147, tav. 20, fig. 7-14. [13] C. ATRAGHI VII. Gen. Protrachyceras Moss. 1. Protrachyceras Archelaus (LavuBE) Moss. 33 1868. Ammonites Archelaus Lausr. Cephal.v. St. Cassian. Sitzungsb. d. k. k. Akad. d. Wiss., Wien, pag. 539. 1893. Protrachyceras 1900. Mossisovics. Die Cephal. d. Hallstiitterkalke. L. c., pag. 648. Tommasi. La fauna dei cale. rossi e grigi del Monte Clapsavon. L. c., pag. 25, navy IL ia 50, ta IG vile, IL Tra i molti esemplari rappresentanti i diversi Protrachyceras già noti per il calcare d° Esino, quali il Protrachyceras pseudo-Archelaus, il Protr. longobardicum, il Protr. ladinum, ece., ne noto alcuni che non lasciano alcun dubbio sulla presenza di questa elegante e interessante specie in questa località. Essi sono di grandi dimensioni, presentano i fianchi discretamente rigonfi, e linee spirali di nodi molto sviluppati, con coste relativamente arcuate all’innanzi, e quasi sempre provviste di nodi ombelicali quelle che raggiungono l'ombelico. Tra i nodi, i marginali e gli esterni sono sempre i più grossi ed allungati nel senso della spirale, benchè talora siano molto ben spiccati anche i nodi om- belicali. Il solco che percorre il dorso è profondo, e i nodi che lo fiancheggiano non sono opposti ma alterni. Il margine boccale è mal conservato e i lobi non visibili. DIMENSIONI Diametro ° mm. 79 altezza dell’ultimo giro c ò 3 » 38 Larghezza » » 6 o o » 35 Ampiezza dell’ombelico ? - : » 20 x Questa specie è stata trovata negli scisti neri ad Ha/obia @Maonella) di Wengen, Corvara, S. Cassiano; nelle arenarie tu- facee di Wengen, S. Cassiano, Seisser Alp, Agordo; nei calcari neri ad Halobia (Daonella) Lommeli di Prezzo nelle Giudicarie e di Val Paludina presso Schilpario; negli stessi calcari di Tratta (Carinzia); nelle marne gialle di Vogelberg presso Idria; nel cal- care corallino della Marmolata vicino Fedaia; nel calcare bianco di Forràs-hegy nella Selva Bokonia; nel calcare rosso di Pozo- ritta in Bucovina; nel calcare grigio del Monte Clapsavon; nel FIG. d. Frammento di giro del Protr. Archelaus LAUBE sp. calcare a ao della valle del Chiotto e, infine, forse anche nel calcare marnoso di Gorno i in Val Seriana”. Località: — Valle Ontragno (3. Museo geol. Torino); Val di Cino (3. Museo civ. Milano). VI. Gen. Trachyceras Lauss. 2. Trachyceras Aon (Minsrer) Lause. — Tav. IV [I), fig. 11. 1834. Ceratites Aon Minster. Neues Jahrb. von LrowarDp und Bronx, pag. 13, tav. I, fig. 4, 5. 1869. Trachyceras — Laure. Cephal. v. St. Cassian. L. c., pag. 65, tav. XXXVII, XXXIX. 1882. — Moysisovios. Die Cephal. d. medit. TL. e., pag. 129, tav. XXI, fig. 1-35, 37, 38 (cum syn.). Trias-Provins. 4) C. F. ParoNA. Studio monogr. sulla fauna raibl. di Lombardia. L. c., pag. < 59, tav. I, fio. 1 34 C. AIRAGHI [14] Mentre questa specie è comunissima a S. Cassiano, nel calcare di Esino fin'ora si può considerare come una specie molto rara, inquantochè se ne conosce un sol esemplare: Esso è di piccole dimensioni e tra i molti figurati dal Munster, dal KuipsteIN, dal Lause e dal Moysisovics, maggiormente si avvicina a quello figurato dal LauBE nel lavoro citato nella tavola XXXIX, fig. 2 sotto il nome di 7rachyceras Minsteri, specie che dal Moysisovics venne fusa col Trachyceras Aon. I giri sono poco involuti, i fianchi, discretamente rigonfi, presentano tre linee spirali di nodi di cui una sullo spigolo che separa i fianchi dalla parte esterna, una lateralmente al solco della: parte esterna e una sui fianchi. Le coste sono leggermente arcuate all’avanti e raramente presentano delle biforcazioni. I nodi laterali sono sempre i più grossi e i meno regolari; i nodi esterni e marginali sono invece più piccoli ma molto più regolarmente disposti. Il dorso è alquanto largo e il solco mediano molto ben spiccato; i nodi esterni che lo fiancheggiano sui lati sono opposti gli uni agli altri. I lobi non sono visibili. DIMENSIONI Diametro . o : . 6 ò , 5 ò ò a 0 . mm. 8 Altezza dell’ultimo giro . . P È a ò s . o ò » 4 Larghezza.» DIM - ; ; 5 ; ; 5 GPC RAI Ampiezza dell’ombelico . ò , ò : 0 QINEENBO . . DE Oltre che a S. Cassiano questa specie, dal Moysisovics considerata come una specie guida della zona a Trachyceras Aon, venne già trovata nel calcare rosso di Pozoritta in Bucovina. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). IX. Gen. Tirolites Moss. 1. Tirolites ultimus Moss. 1882. Tirolites ultimus Moysisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz. L. c., pag. 75, tav. XXVIII, fig. 18. 1893. — — Mossisovics. Die Cephal. d. Hallstitterkalke. L. c., pag. 585. Benchè questa specie non sia tanto rara nel calcare di Esino, almeno stando ai frammenti rinvenuti, pure non ho potuto, causa la durezza del calcare, isolarne stentatamente che un esemplare che classi- ficai non solo colle fisure e descrizioni date dal Moysisovics, ma anche col confronto di un esemplare discretamente conservato di S. Cassiano che si trova nelle ricche raccolte del Museo geologico di Torino. È una specie di piccole dimensioni, a giri poco involuti, dall’ombelico alquanto profondo, coi fianchi pianeggianti, col dorso regolarmente convesso, con leggerissime striature che adornano i fianchi. DIMENSIONI Diametro . ” ; 5 ? : ò : o : Ò o mm, 10 Altezza dell’ultimo giro . a 0 ò ARI ipa 0 c , DU aa Larghezza » » c ò È : : o c a E DIRO, Ampiezza dell’ombelico. h 6 i z À : ita , » 3,5 Come si vede il mio esemplare corrisponde anche nelle dimensioni a quelle date da MoisIsovics tranne che nell’ampiezza dell’ombelico, che è un po’ maggiore nell’esemplare d’Esino. Tuttavia non credo d’aver errato nella determinazione, inquantochè una tale maggiore ampiezza dell’ombelico si riscontra anche nel- l'esemplare di S. Cassiano che possiede il Museo geologico di Torino. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). [15] C. ATRAGHI 35 X. Gen. Pinacoceras Moss. 1. Pinacoceras Philopater (Lausr) Moss. — Tav. IV [I], fig. 12. 1869. Ammonites Philopater Lausr. Cephal. v. St. Cassian. L. c., pag. 84, tav. XXXXI, fig. 10. 1887. Pinacoceras _ Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz. L. c., pag. 197, tav. LII, fig. 12. Di questa piccola specie fin’ ora pure ritenuta propria dei tufi di S. Cassiano ho in esame un pic- colo esemplare alquanto ben conservato. DIMENSIONI Diametro . 6 o 5 c . ò o 0 o ? 3 5 mm. 8 Altezza dell'ultimo giro . . ò 3 . 7 o 6 5 , » 4 Larghezza » » è È BNS, ò 5 ; È 6 o » 1 Ampiezza dell’ombelico . ò n E E È ; Ò i ; sal x Come si vede è una specie alquanto piccola, sottile, discoidale, a ombelico stretto, coll’ ultimo giro relativamente alto, con sezione a losanga, col dorso molto acuto, coi fianchi quasi piatti, leggermente gonfi nella parte mediana e uniformemente inclinati verso il dorso e verso l’ombelico. Il guscio è ornato da leg- gere striature che traggono origine dalle vicinanze dell’ombelico e flessuosamente si dirigono verso il dorso. Dei lobi nessuna traccia, ma la corrispondenza perfetta coll’ esemplare figurato da Moysisovics non mi fa dubitare punto della determinazione data. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). 2. Pinacoceras Stoppanii n. sp. — Tav. V [II], fig. 1. Del genere Pinacoceras oltre la specie sopracitata ne ho rinvenuta un’ altra che ritengo nuova per la scienza e che dedico al grande geologo lombardo, all’Ab. ANTONIO STOPPANI. È wa specie rappresentata da un solo esemplare che si può osservare da una sola parte essendo l’altra coperta dalla roccia, lasciando però il dorso scoperto in alcuni punti. È piatto, Fre. 5. discoidale, coll’ultimo giro relativamente molto alto, coll’ ombelico stretto, colla superficie liscia, con linea lobale arcuata, con lobi, come sempre avviene nel genere Pinacoceras, VIA molto ramificati (Fig. 5). La prima sella ausiliaria e la seconda sono le più alte; il primo A e secondo lobo ausiliare sono pure i più profondi, di essi poi il secondo è quello che n.sp., ingrandita raggiunge una profondità maggiore. duervolta, DIMENSIONI Diametro . o : ò 0 0 ° N È î 5 o ò mm. 22 Altezza dell'ultimo giro . o 0 6 : . $ s ; o » 10 Larghezza » DIRSI: . . d : è 5 : : 3 ” n Ampiezza dell’ombelico . 5 i È h 6 5 3 ; . » 4 Questa specie si avvicina molto al Pinacoceras daonicum Moss. della zona a Trachyceras Archelaus trovato nei calcari neri ad Hal. (Daonella) Lommeli di Prezzo nelle Giudicarie, ma da esso si distingue oltre che per le minori dimensioni anche per il diverso andamento della linea lobale meno ramificata e 36 C. ATRAGHI [16] più arcuata. Stando invece all’andamento della linea lobale, pur presentando un numero assai minore di lobi ausiliari, si avvicina molto di più al Pinacoceras Damesi Moss. trovato nella zona a Ceratites tri- nodosus della Schreyer Alp, ma da questo si distingue pei giri meno involuti, l’ ombelico meno ampio e l’ultimo giro molto più alto. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). XI. Gen. Lecanites Moss. 1. Lecanites glaucus (Minsrer) Moss. — Tav. V [II], fig. 2. 1834. A. (Ceratites) glaucus Mister. Neues Jahrb. von Lmon4rp und Bronx, pag. 11, tav. I, fig. 1. 1882. Lecanites — Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving. L. c., pag. 200, tav. XXX, fig. 1,6; tav. LIMI, fig. 14. È una specie non tanto rara nel calcare di Esino, almeno giudicando non solo dai due esemplari che in parte ho potuto isolare, ma anche dai molti frammenti trovati. È di dimensioni piuttosto piccole, i giri sono alquanto involuti, i fianchi appena appena rigonfi, e lesgerissime sono le striature che li adornano, il dorso è molto stretto, spiccatamente convesso e quasi direi acuto. I lobi non si vedono. DIMENSIONI Diametro . c o 7 È " ò . 6 ; È c mm. 8 Altezza dell’ultimo giro ; i 3 ; È ; 5 . i DI Po) Larghezza » » 3 o ; 5 È ò ; è 6 DIMMI, Ampiezza dell’ombelico ; , È : i; : ° ; o DIAUIA Questa specie venne già trovata a S. Cassiano, a Corvara, a Prezzo nelle Giudicarie, negli scisti ittiolitici neri di Raibl e ultimamente a Canal di Pezol in Val di Dezzo. Località: — Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). XII. Gen. Nannites Moss. 1. Nannites spurius (Minsrer) Moss. — Tav. V [II], fig. 3. 1843. Goniutites spurius Minsrer. Bettrage Petref. d. sudl. Tirols, pag. 127, tav. XIV, fig. . 1882. MNannites — Mossrsovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving. L. c., pag. 211, tav. XXVIII, fig. 15-17. Specie alquanto comune nel calcare d’Esino; si presenta sempre sotto forma di piccoli esemplari, poco involuti, col dorso largo e dolcemente e uniformemente incurvato sui fianchi, i quali si manifestano alquanto tondeggianti e si inflettono al margine ombelicale in una carena poco ottusa, da cui si abbassa una parete quasi verticale verso l’ ombelico. I lobi non si possono vedere. DIMENSIONI Diametro . 7 5 È 5 5 4 , 3 ; 3 5 3 mm. 6 Altezza dell’ultimo giro . 5 : ; ‘ . a . o 0 DIG) Larghezza » DER ò ò 6 , : ; . o 6 » 3 Ampiezza dell’ombelico . 5 ; ? o . f 3 x z » 2 liana [17] C. AIRAGHI 37 Questa specie che fin’ ora era nota solamente per la fauna fossile di S. Cassiano, si distingue dalle sue congeneri per la diversa conformazione dell’ ombelico, più largo e più profondo. A questa specie forse si dovrà riferire anche quell’esemplare figurato dallo Stoppani * sotto il nome di Ammonites Gaitani? inquantochè presenta una eguale conformazione del dorso, dei fianchi e dell’ombelico. Questa mia sup- posizione è poi confortata dal fatto che già lo stesso SToPPANI l'aveva trovato molto affine al Nannites spurius MUNSTER Sp. Località: — Valle Ontragno (10. Museo geol. Torino). XII. Gen, Meekoceras Hvar. 1. Meekoceras Canavarii n. sp. — Tav. V [II], fig. 4. Conchiglia compressa, discoidale, a fianchi quasi pianeggianti, ornati da coste radiali, flessuose che partendo dall’ombelico si dirigono verso alla parte esterna allargandosi sempre più. Sono FIG. 6, coste larghe e poco elevate, lo spazio compreso tra l’una e l’altra è maggiore di quello occupato da una costa. La parte esterna è stretta e priva di solchi. L'ombelico è piccolo pasa À Linea lobale del SEDOLO profondo. ; 3 ; I j ) ì Meek. Canavarii La linea lobale (Fig. 6) è alquanto semplice, formata da lobi larghi, tra i quali quello n.sp., ingrandita o . È 5 . ò o due volte. sifonale, quello esterno e i due laterali sono dentellati, le selle sono a contorno quasi unito. Il più profondo lobo è quello esterno, e la sella più alta è la prima laterale; si contano tre lobi ausiliari. DIMENSIONI Diametro . . o 5 o o 0 o c o o c o mm. 21 Altezza dell’ultimo giro . ; i 5 ; ; c 5 5 ò DIGI Larghezza » dr o 0 ò 3 6 0 o 6 0 nari di Ampiezza dell’ombelieo . 5 5 5 5 6 ò i , . » 3 Questa specie è molto affine al Meekoceras Ragazzonii Moss. della zona a Ceratites trinodosus tro- vato al M. Stablel nelle Giudicarie, da cui si distingue per il minor spessore, per le coste più rade e più larghe; dal !Meekoceras Beneckei Moss., pure della zona a Ceratites trinodosus, si distingue per le coste più flessuose, per l’ombelico più stretto, per la linea lobale maggiormente dentellata; infine si di- stingue dal Meekoceras corvarense (LauBe) Moss., degli scisti neri ad Halobia di Corvara e di Mundevilla nella Valle dell’Abbadia, per la mancanza di nodi marginali allungati obliquamente. Località: — Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). XIV. Gen. Ptychites Moss. 1. Ptychites Taramellii n. sp. — Tav. IV [I], fig. 7. Conchiglia a grandi dimensioni, subglobosa, a giri relativamente bassi, coi fianchi tondeggianti, ri- gonfi, lisci, col dorso largo e uniformemente convesso e liscio, coll’ombelico relativamente grande, poco profondo, circondato da pareti poco inclinate di modo che dove si congiungono coi fianchi formano una ben spiccata carena, ma molto ottusa. 1) A. StoPPANI. Les pétrif. d’ Esino. L. e., pag. 119, tav. XXVI, fig. 14,15. 38 C. ATRAGHI [18] La linea lobale (Fig. 8.) è poco conservata, pur tuttavia si osservano oltre il lobo sifonale, l’esterno e i due laterali, altri due ausiliari quasi tutti ugualmente profondi, tranne quello sifonale; la sella più x alta è quella esterna. DIMENSIONI Diametro . c - : ò o G i : o o a mm. 109 Altezza dell’ultimo giro . 6 : : 5 . ò 0 c 0 » 53 Larghezza » D ho . ò : È . . 6 o o » 82 Ampiezza dell’ombelico . , : : ; È 6 : 0 ò » . 88 Fic. 7. Fic: 8. Linea lobale del Ptych. Taramel- lii n. Sp., in grandezza naturale. Sezione del Ptiyeh. Taramellii n. sp, La forma globosa che assume questa specie richiama alla mente quelle illustrate dall’ HAauER pel Muschelkalk della Bosnia, ma da esse si distingue per il suo maggior spessore, carattere questo che la separa da tutte quante le sue congeneri finora note. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). 2. Ptychites Marianii n. sp. — Tav. V [II], figo 6. Conchiglia di grandi dimensioni, discoidale, compressa, a fianchi quasi pianeggianti e ornati da esili striature, leggermente flessuose. La parte esterna è stretta e quasi piana, formando, al congiungersi coi {19] C. ATRAGHI 39 fianchi, degli angoli quasi retti. L'ombelico è piccolo e poco profondo. La linea lobale sull’esemplare tipo non è visibile, ma su di un frammento che ‘eredo appartenere alla stessa specie, si osserva il lobo sifonale, l’esterno e i due laterali, dei quali, come sempre avviene nel genere Ptychites, veramente piccolo è quello sifonale in rapporto agli altri. Delle selle la più piccola e stretta è pure la sifonale, la più alta e rami- ficata la prima laterale. DIMENSIONI Diametro . . | c : . . ; 3 . 3 7 mm. 100 Altezza dell'ultimo giro . . o . 6 . 0 : 1 i » 60 Larghezza » DELLE È A . ” , 3 5 D 2 » 20 Ampiezza dell’ombelico . . > ò ò o 7 " - 5 » ti Questa specie si distingue dalle congeneri, e quindi anche dalla Ptychites Stoliezhai Moss. che le è la più affine perchè maggiormente compressa, per il dorso più piatto e meno rotondeggiante. Oltre a questa specie si dovrebbero annoverare pel calcare d’ Esino alcune altre Ptychites, come questa discoidale e di grandi dimensioni, ma esse sono rappresentate tutte quante da frammenti troppo mal conservati per darne una determinazione specifica. Località: — Val di Cino (2. Museo civ. Milano). XV. Gen. Sturia Moss. 1. Sturia Sansovinii Moss. — Tav. V [II], fig. 7. 1869. Amaltheus Sansovinii Moysisovies. Bestrige ur K. d. Cephal. d. alp. Muschellk. Jahrb. d. k. k. geol. Reinchsanstalt, pag. 580, tav. XVIII, fig. 1,2. 1882. Sturia — Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina. L. c., pag. 241, tav. XLIX, i BERO AVO 1900. — —_ Tommasi. La fauna dei cale. rossi e grigi del Monte Clapsavon. L. c., pag. 29 (cum syn.). Un frammento di un grande esemplare, coi fianchi pianeggianti e la regione esterna stretta e ar- rotondata. Stante il cattivo stato di conservazione non si vedono le strie longitudinali sul dorso, mentre invece si vedono abbastanza bene quelle concentriche e regolari su tutti quanti i fianchi. Forse causa il cattivo stato di conservazione non si possono osservare, anche colla lente, quelle rughe dell’epidermide irraggianti dall’ombelico ed anastomizzantesi che il Moysisovics e il Tommasi citano pei giri interni della Sturia Sansovinii e che il SaLomon osservò anche nella Sturia forojulensis della Mar- molata; così pure non si possono osservare le basse e larghe pieghe che partendo dal margine ombeli- cale andrebbero perdendosi verso la metà dei fianchi, pieghe ricordate "dall’HaueR e dal Tommasi per la Sturia Sansoviniù e dal SALomon per la Sturia forojulensis. Il SaLomon vorrebbe riferire questa specie alla Sturia forojulensis, ma credo, come del resto sostenne anche il Tommasi, che ciò non si potrà fare fintanto che della Sfuria forojulensis non si conoscerà con esattezza la linea lobale. La Sturia Sansovini è nota per la zona a Ceratites trinodosus della Schreyer Alp e del Muschelkalk di Han Bulog, per gli strati di Buchenstein di Recoaro presso S. Ulderico, e per la zona a Protrachy- ceras Archelaus del Monte Clapsavon. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). 40 C. ATRAGHI [20] XVI. Gen. Atractites Gum. (emend. Moss.). 1. Atractites Tommasii n. sp. — Tav. V [II], fig. 8. Sezione trasversale di figura subrotonda, inquantochè il diametro minore è di mm. 16 e il maggiore di mm. 17. La distanza intersettale è di poco minore ‘della metà del diametro inferiore della camera precedente. Sull’esemplare che tocca una lunghezza massima di mm. 40 si contano sei setti. I due an- goli di divergenza differiscono poco tra loro, l’uno è di 11°, l’altro è di 12°. Il sifone è affatto marginale, rigonfio alquanto in corrispondenza alla metà dell’altezza della camera. I setti della camera descrivono delle selle poco concave sulle parti dorsali e ventrali, mentre sui fianchi formano dei lobi insensibilmente convessi. Questa specie ha molta affinità coll’ Afractites Bacchilidis Towm., ma ne differisce per la maggior di- stanza intersettale, poichè, mentre sull’esemplare descritto dal Tommasi su di una lunghezza di mm. 40 si contano cinque setti, sul mio:se ne contano sei. i Questa specie presenta inoltre delle affinità coll’ Afractites ladimnus Sarom., dal quale però diversifica per i minori angoli di divergenza e una maggior distanza intersettale. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). 2. Atractites Marianii n. sp. — Tav. V [II], fig. 9. Sezione trasversale ellittica, poichè il diametro minore è di mm. 37 e il maggiore di mm. 44. La, di- stanza intersettale è minore di un terzo del diametro mediano della camera precedente. Sull’esemplare che raggiunge la lunghezza di mm. 55 si contano otto setti e parte del nono. I due angoli di divergenza dif- feriscono alquanto tra loro, essendo l’ uno di 16° e l’altro di 18°. Il sifone è marginale. Nessuna traccia del guscio. I setti delle camere descrivono delle selle un poco concave sulle parti dorsali e ventrali, mentre sui fianchi formano dei lobi maggiormente convessi. Questa specie ha molta somiglianza coll’ Afractites Boeckhi STtURZENBAUM sp. delle zone a Zrachyceras Reitzi e a Ceratites trinodosus, ma ne differisce per la maggior distanza intersettale e per la maggior ‘ampiezza degli angoli di divergenza. Località: — Val di Cino (2. Museo civ. Milano). 3. Atractites Preveri n. sp. — Tav. V [II], fig. 10. Sezione trasversale di figura subrotonda; il diametro minore è di mm. 11 e il maggiore di mm. 12. I due angoli di divergenza sono quasi uguali, l'uno è di 18°, l’altro di 17°. La distanza intersettale è al- quanto minore della metà del diametro inferiore della camera precedente. Su di un esemplare che tocca una lunghezza massima di mm. 20 si contano sei setti. Il sifone non è visibile, il guscio non è conservato. I setti delle camere descrivono delle selle leggermente concave sulle parti dorsale e ventrale, e sui fianchi i lobi sono pure leggermente convessi. Questa specie presenta qualche affinità coll’Atractites subrotundus SALom., ma ne differisce per la maggior ampiezza degli angoli di divergenza e per la minor distanza intersettale, caratteri questi che servono a distinguerla anche dall’ Atractites Bacchilidis Tomm. e dall’Atractites Tommasti n. sp. Località: — Valle Ontragno (2. Museo geol. Torino). [21] C. ATRAGHI 41 4. Atractites compressus n. sp. — Tav. V [II], fig. 11. Sezione trasversale di figura ellittica; il diametro minore è di mm. 9, quello maggiore di mm. 11. La distanza intersettale è minore di un terzo del diametro medio della camera precedente. Su di un tratto dell’ esemplare della lunghezza di mm. 15 si contano undici setti. I due angoli di divergenza differiscono alquanto tra di loro, essendo l’uno di 13° e l’altro di 17°. Il sifone non è visibile. Nessuna traccia di guscio. I setti della camera descrivono delle selle alquanto concave sulle parti dorsale e ventrale, mentre sui fianchi formano dei lobi alquanto convessi. Questa specie credo che si possa facilmente distinguere dalle congeneri per la sezione trasversale alquanto ellittica, per l’altezza dei setti alquanto bassa e per gli angoli di divergenza alquanto grandi. Località: — Valle Ontragno (1. Museo geol. Torino). Finito di stampare il 15 agosto 1902 Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. è DOTT. ALESSANDRO MARTELLI I FOSSILI DEI TERRENI EOCENICI DI SPALATO IN DALMAZIA (Tav VI VINI, II) Le formazioni nummulitiche della Dalmazia rimangono ancora per massima parte in attesa di uno stu- dioso che le illustri, e così, malgrado che i terreni eocenici di Spalato si trovino contrassegnati nella carta che correda l’opera “ Die Liburnische Stufe , dello StAcHE (Vienna 1889) e nella Carte géologique internationale de © Europe (Sc. 1 :500000, Livr. I, Berlin 1898), nemmeno nei pregiati lavori dello StacHE !) e dell’OPPENHEIM ’) si fanno accenni speciali alla ricca fauna nummulitica dei dintorni di Spalato. Rite- nendone perciò interessante lo studio, incominciai col prendere in esame ‘un’ abbondante collezione di num- muliti raccolte dal .prof. CARLO DE STEFANI nel 1890, e finalmente, nella primavera del 1901, nelle mie escursioni sui dintorni di quella storica città della Dalmazia, potei accrescere la collezione già esistente nel Museo geologico di Firenze con altre nuove ed importanti forme di nummuliti, le quali venivano a completare la serie delle coppie ritrovate in quei terreni eocenici *). Oltre che all’ill.m° prof. CARLO DE STEFANI, che tanto mi ha incoraggiato in questo studio, esprimo pure la mia viva gratitudine all’egregio prof. RiccARDo GASPERINI di Spalato per la gentilezza con la quale ha messo a mia disposizione la raccolta dei fossili che, di questa località, si conserva nel Museo di Storia naturale annesso alle Scuole Reali. In tutta la Dalmazia, la parte riferibile alle formazioni eoceniche è poco estesa in confronto al grande sviluppo assunto dalle assise cretacee, ma non manca d’importanza se si pensa alle abbondanti faune in esse conservate e all'influenza che le sue facies esercitano sul cambiamento della fisiografia e del ca- rattere del littorale dalmato. Nello stesso modo in cui il complesso delle Audistae predomina nelle for- mazioni cretacee, che dalle Prealpi orientali continuano a svilupparsi oltre l'Adriatico e lo Jonio trovando spesso riscontro nell'Appennino, così anche a Spalato, come altrove, le nummulitidi formano la caratte- ristica dei depositi dell’eocene marino. Il lembo eocenico che ha formato specialmente l’oggetto delle nostre osservazioni, consta di quel tratto di terreno che a guisa di piccola penisola si spinge da Salona verso ovest, fra il canale dei Ca- stelli e il canale che separa la costa spalatina dall’isola di Solta e Brazza. 1) Sracne G. Die liburnische Stufe und deren Grenz-Horizonte. Wien, 1889. ?) OpPENHEIM P. Ueber einige alttertiire Faunen der bsterreichisch-ungarischen Monarchie. Beitrige zur Paliion- tologie und Geologie Oesterr.-Ungarns und des Orients. Band XIII. Wien und Leipzig, 1901. 3) Sui Terreni nummulitici di Spalato in Dalmazia ho pubblicato una nota d’indole generale, nei Rendiconti della R. Ace. dei Lincei, vol. XI, 1° sem., ser. 5, fase. 8, sed. 20 aprile. Roma, 1902. . 44 A. MARTELLI [2] Notiamo anzitutto che le località fossilifere nelle quali abbiamo raccolto maggior messe di nummu- liti, sono, dal mare verso i monti, le seguenti: a) S. Stefano. b) Camposanto. c) Monte Marian (parte di SE.). d) Monte Marian (parte di NO.). e) Spalato, presso il canale dei Castelli. f) Botticelle (casa Katalinié). g) Botticelle (località detta Cavalla). R) Salona (zona occidentale prima di giungere alle rovine della città romana). Le località suddette sono state in seguito ridotte a cinque perchè tanto in quelle a) e 6), come nelle altre c) e d), ed f) e 9) abbiamo osservata non solo una notevole uguaglianza nel relativo numero delle specie, ma anche una perfetta identità negli individui della stessa specie. I fossili raccolti sono per lo più isolati ed in massima parte in buono stato di conservazione. Alle falde delle alture cretacee di Clissa ad oriente di Salona, s’inizia la formazione eocenica, la quale continua verso ovest fino al mare. A Salona è facile osservare come il calcare nummulitico poggi direttamente su di un calcare gial- lastro, ad elementi minutissimi, grossolanamente cementati e costituito da un aggregato di foraminifere microscopiche dei generi Globigerina, Textularia, Eotalia, Anomalina, ecc. Per la mancanza assoluta di forme peculiari dell’eocene, quali alveoline e piccole nummulitidi, propendiamo ad assegnare questo cal- care alla parte più alta del cretaceo, poggiando, nei pressi di Clissa, direttamente e in concordanza sul calcare ippuritico, di non dubbio riferimento alla Creta. A proposito delle considerazioni sull’antico terziario della regione istro-dalmata fatte da SracHE ! osserviamo che la divisione data da quell’autore in orizzonte inferiore (calcare ad alveoline) — medio (cal- care a N. perforata e complanata) — superiore (comprendente le altre formazioni dell’ eocene e quelle dell’oligocene) è troppo ampia e poco può giovare a noi, che per giungere ad una buona determinazione dell’orizzonte geologico, possiamo fare assegnamento su di una numerosa serie di fossili. Per il riconoscimento dell’orizzonte nemmeno il lavoro dell’OPPeNHEIM (Op. ci.) può giovarci molto, perchè l’Autore, nell’occuparsi dei concetti espressi dallo StAcHE relativamente alle formazioni eoceniche istro-dalmate, si indugia solo a fare notazioni, senza dubbio importanti, sull’estensione delle specie ve- nendo così ad assegnare a quelle comprese nel calcare ad alveoline un habitat più esteso, ma non si intrat- tiene in ragguagli stratigrafici atti a facilitare una suddivisione dell’orizzonte a N. perforata e complanata. Che anche i terreni di Salona, caratterizzati da un’ abbondanza notevolissima di nummuliti, siano da riferirsi in complesso all’ eocene medio e nemmeno alla parte inferiore di questo, è fuori di dubbio, non fosse altro per l'abbondante comparsa di nummuliti granulate. A Salona si ha poi mancanza quasi assoluta dei rappresentanti principali del: gruppo della N. distans, non che della varietà più grossa della N. Lucusana e perforata. Da Salona a Spalato si notano, in strati quasi orizzontali, alternanze di marne ricche di vermicola- zioni indeterminabili, con arenarie; e poco lontano dal mare abbonda pure una brecciola, la quale, al- lorchè i materiali che la costituiscono divengono più minuti, si differenzia in un vero e proprio calcare screziato. = i) SracH® G. Op. cît., pag. 57. [3] A. MARTELLI 45 Nei terreni sui quali sorge l’antico palazzo di Diocleziano e tutto il sobborgo di Spalato, si nota il graduale passaggio dalla parte media a quella superiore dello stesso eocene medio. La brecciola che in prevalenza li costituisce, è sovrastante al calcare nummulitico di Salona e anche l’aggregato delle specie di nummuliti che in essi si ritrova, marca una netta transizione all’eocene medio, parte superiore, del Monte Marian. Un calcare compatto, molto marnoso e con scarsi fossili, alternante con marne che alla lontana ricordano quelle dell’ eocene appenninico, s'incontra senza interruzione movendosi da Spalato verso il Monte Marian. La formazione eocenica di Spalato mostra tutta la sua potenza e raggiunge anzi il suo massimo svi- luppo nel calcare nummulitico di Monte Marian costituito da un vero impasto di nummuliti, briozoi, coralli, echini, piccoli lamellibranchi e frammenti d’altri fossili, i quali spesso si rivelano sulle superficie corrose della roccia. Anche alle Botticelle si hanno esemplari copiosissimi di nummuliti, di orbitoidi, di frammenti di echini, coralli, lamellibranchi, crostacei e nulliporidee, ma, come ottimamente si distingue alla Cavalla, tutta la roccia risulta di un rimaneggiamento di fossili e di detriti, avvenuto a spese del calcare nummulitico e si direbbe anche di quello cretaceo, perchè in questa località il prof. De StEFANI raccolse perfino un esemplare ruzzolato di Mippurites sp. Al Camposanto (S. Stefano) sopra al calcare compatto grigio-chiaro è una brecciola con fossili, spe- cialmente nummuliti, che sporgono alla superficie quando la roccia è ‘corrosa dal mare. I fossili di mag- gior dimensione per lo più sono frantumati e presentano traccie di essere stati ruzzolati prima d’entrare a far parte dello strato. Come resultato della denudazione atmosferica e marittima, la brecciola è ridotta quasi ad un impasto incoerente di fossili diversissimi ed anche di ghiaiette di calcari più antichi. Alla base, col calcare marnoso di Spalato, si alternano pure piccolissime lenti di argille turchiniccie, senza fossili, e queste non di rado cedono il posto a sottili letti di arenaria. Il Monte Marian segna poi come un promontorio l’estremità nord-occidentale della zona da noi stu- diata ed è, come vedremo fra poco, una formazione eocenica meno antica delle altre circostanti. Esso è originato da una piega convessa parallela al littorale dalmato, ed è per metà eroso dal mare; presenta quindi una successione di strati, i quali, specialmente nel fianco occidentale e meridionale, si arrestano con le loro testate a picco sul mare ed hanno costante inclinazione a NE. di 35°-45°. Per le nostre osservazioni, avvalorate pure dall’opinione del prof. DE STEFANI, crediamo che tra Monte Marian e Salona si abbia un sinclinale con la parte media e occidentale ricoperta da formazioni del- l’eocene medio successivamente meno antiche. Crediamo infine per parte nostra di non scostarci dal vero, riconoscendo nei terreni eocenici dei din- torni di Spalato tre principali livelli ben distinti paleontologicamente, e questi sarebbero rappresentati dal basso all’alto, dal: Gruppo nummulitico di Salona (Luteziano medio). 5 3 di Spalato (piano di transizione). i o di Monte Marian (Luteziano superiore). Il primo con costanza di facies continua fino ad essere sottostante al calcare marnoso compatto di Spalato, il quale alla sua volta serve di base alla formazione nummulitica del Monte Marian e a quelle con fossili rimaneggiati delle Botticelle e di Santo Stefano. 46 A. MARTELLI [4] 9 d Ciel fiog ES ale pala |a 2|8|S|s/|s a Le] pl La n SPECIE DETERMINATE ca = a È 3 LOCALITÀ CARATTERISTICHE £ |elEs|d|2 EMISE Dì = Nummulites Tchihatcheffi D’ARCH. et H. . o ò CCA chi ici zi i Gassino - Monte Palato - Gargano - Appennino merid. - Istria - Dal- » complanata LME. . ò È . : col AGM NICO fr NNCCN i) mazia (confr. STACHE). ispi : ? . o © |e|lejizg|j= PISUE È © Cercano) BN O IE e ) Biarritz - Gargano - Appennino me- 7 ) ridionale - Istria. » distans DESsH. . ; . o ò ò c ci | Lele a » subdiscorbina DE LA HARPE 0 CAM ONCAN Cra e NN $ 4 ( ; Biarritz- Gargano - Appennino me- » discorbina ScHLOTH. Ch a rr ali o | ridionale. » » var. La Harpei MART. 0 c r\-|=|=-}|=- |/ » sub-Beaumonti DE LA HARPE O |@|@ e ) î i î i Appennino merid. - Egitto. » Beaumonti D’ArcH. et H. . . o ò Qui Girelle |w ) uettardi D’ARCH. et H. erre a. e SLA : » Guettardi D’ARc Biarritz - Nizzardo - Gargano - Ap- SEI ennino merid. - Egitto. » biarritzensis D’ARCH. . otel. ea D 5 » striata D’ORB. . . . UNA = IR Î Biarritz - Nizzardo - Piemonte - Ap- » contorta DEeSsH. . c c . ù c 0 RR ap = pennino merid. - Egitto. » » var. Viquesnelì D’ARCH. et H. . 5 Di0 PZA ito alia » variolaria SOW. —. ” È ò 0 ie np e. e Ì Menton - Garavan - Piemonte - Ap- i ; pennino merid.- Gargano - Egitto. » —Heberti D’ArcH. et H. : cele | ( si È 4 ORIO DID DA Leona POM erat rente gra Nizzardo - Gassino - Maiella - Ap- , È pennino merid, n » Montis-Fracti KAUFM. . 9 6 === |= » curvispira McH. . 7 È ; pie RIA » Gizehensis EnR. var. Ehrenbergi pe LA HARPER Trinin|=-)|= Piemonte - Toscana - Egitto. \ » » var. Lyelli D’ARCH. et H. rl-|rx || » Heerì DE LA HARPE ; o —|rx|-{|=-|x Nizzardo - Veronese. » Lucasana (tipo) DEFR. . d @ || Le | | È 2 var. obsoleta DE LA HARPER o CR LCA CCA CR MICH IC Biarritz - Nizzardo - Menton - Mor- ; ; tola - Piemonte - S. Giovanni » » var. depressa D’ARCH. et H. cca cca ich ca Ilarione - Istria - Dalmazia - Ap- pennino merid. - Gargano - E- » » var. granulata Da LA HARPE INTO] cin Nicco CIN Michi fc gitto. > » var. Meneghinii D’Arca. et H. . . |ele|lre|r er} N. B. — La significazione delle lettere entro le finche è la seguente: c, comune; ce, comunissima; », rara; 77, rarissima. [5] A. MARTELLI 47 » » » » » » » SPECIE DETERMINATE c|Ele | Fi e O d = va nomaziitei perforata D’ORB. var. aturensis D’ArcH. et H. | ce| cel c|r|rr s var. obesa Lavm. CI INCA NEGA PNCHN IC » var. Renevieri DD LA HARPE CCR CCI NACH MEC MIC » var. granulata TELL. e || eee | @ | » var. Stefanii MART. «.r|e|—-|rr|- Lamarcki D’ARcH. et H. ie | | suboenotria MART. —|r|-|-|- oenotria TELL. ESSE RS en MET subitalica Tell. Ei ee italica TELL. . 5 . 5 eee Assilina mamillata D’ArcH. et H. var. plicata pa La HarpPE | r|rx|-|r | r exponens Sow. var. plicata DE LA HARPE r|r|-|r|- » var. granulosa D’ARCH. et H. . r\ri=-|nmx|- Orbitoides (Lepidocyclina) dispansa (A) MART. Pl @ PP » dispansa (B) Sow. Pa PE ” dalmatina (A) MART. e|erir.|jr|as » dalmatina (B) Mart. . o|ele|e.j= (Discocyclina) aspera (A) MART. | e. » aspera (B) GiùmB. © | eco | le » papyracea (A) BouB. r\|rerlrerl-| » papyracea (-B) BouB. e CR cal zo 7: » » var. Fortisi D’ARCH. CROCI RICE zan, NU: "» Apolanaa GimB. CIG © e | » ephippium ScHLOTH. © Lee] stella GùmB. ee | | stellata D’ARCH. et H. . cale r° PSR Operculina sub-Thowini TELL. Pea a [ge Thouini D’ORB. e|rl-|r|r ammonea Levm. hi SSR SAI pei | I LOCALITÀ CARATTERISTICHE Biarritz - Nizzardo - Menton - Mor- tola - Piemonte - S. Giovanni Ilarione - Istria - Dalmazia - Ap- pennino merid. - Gargano - E- gitto ecc. Appennino merid. - Egitto. Gargano - Maiella - Tremiti - Ap- pennino merid. Nizzardo - Maiella - Gargano - Ap- pennino merid. - Egitto. Biarritz - Gassino - Priabona - Gar- gano - Appennino merid. Gargano - Appennino merid. 48 A. MARTELLI {{ E infatti notiamo, come, dalle nostre determinazioni riportate nel precedente quadro, in rapporto alla scala delle nummuliti del pe LA HarPE!), si riscontrino nel nummulitico di Spalato: Mancanti ovunque i rappresentanti della ././././... 18 zona (N. elegans-planulata) Mancanti ovunque (eccetto che a Salona) i rappresentanti della 2.8 » (N. Lamarcki-lacvigata) Abbondantissimi ovunque i rappresentanti della . . . . .3. »s (N. Lucasana-perforata) Scarsi N ; n dI E » (Assiline) Scarsi specialmente a Salona e a Spalato i E NICsenI AAT della 5a »s (N. striata-contorta) Mancanti a Salona i rappresentanti della . . . . . . . 6.8 » (N. Tchihatcheffi-complanata) Scarsi a Spalato 5 5 SA TI UNA I AMINA OL si È. È Comuni alle Botticelle i rappresentanti dec RO AMIR 5 STO 5 n n Abbondanti al Monte Marian e S. Stefano i rappresentanti della 6.8 L È 5 Mancanti i rappresentanti della . . . . Ia eioaizona: Da ciò si rileva come sia naturale la distizcione locale in tre livelli da noi riconosciuta nei dintorni di Spalato e basata principalmente sui rapporti di associazione fra le nummuliti in posto della 3.2 zona — la più largamente rappresentata — Pe quelle della 62. Facciamo però osservare che anche a Spalato come in altre località meridionali dell’eocene del bacino me- diterraneo, le nummuliti non presentano in modo molto evidente la successione normale che il DE LA HARPE, in base agli studi sull’eocene della Svizzera e della Francia, ci ha fatto conoscere con la scala delle nummultti. Per riconoscere con più precisione il valore stratigrafico delle nostre nummuliti, saremmo stati ben lieti di ritrovare altri e numerosi fossili per mettere in rapporto con questi l’ habitat di ciascuna coppia di nummuliti. Quantunque nemmeno lo SracHE dia soverchia importanza alla presenza di echini, lamel- libranchi ecc. nell’ orizzonte principale delle nummuliti granulate, pure le specie più interessanti della parte più alta dei terreni eocenici di Spalato, avvalorano l'opinione che questi siano da riferirsi alla parte superiore dell’ eocene medio, come risulta anche dalla seguente tabella. A 2a Sa SPECIE DETERMINATE E NOTE È S DE E E Cale 2236 LOCALITÀ DI SPALATO a) DA -|R = Columnastrea Caillaudi MicH. o — + — —_ — — + | Monte Marian. Cyphosoma cribrum AGAS. o — + + + + + -+ | Botticelle, Santo Stefano. Echinolampas Suessi LAUBE . ò —_ _ + + —_ + + | Monte Marian, Santo Stefano, Botti Echinolampas confr. inflatus LAUBE o = + = - - = Bofticello. Conoclypeus conoideus LMK. . È — —_ Sh — — + — | Monte Marian, Santo Stefano, Botti Pecten Bonarellii VIN. . o ; — _ + _ — — — ioni nba, Botticelle. Serpula (Rotularia) spirulaea Lmx. —_ + + + + + + | Comune in tutte. Ranina marestiana K6N. b i + —_ + —_ —_ = — | Botticelle. Lithothamnium torulosum GUMB. . - + + + + —_ — | Salona, Spalato, Botticelle, Santo » nummuliticum GiUmMB. + + + + + = = SE N RIDI » effusum GiUMB. + + — —_ i = — | Botticelle, S. Stefano. i DE LA Harpe. ‘Étude des Nummulites de la Suisse ecc. Mémoires de la Société paléontologique suisse, vol. VII, pag. 76, anno 1880. i ae "A. MARTELLI 49 Osserviamo intanto che una coppia di nummuliti può ritrovarsi in uno stesso deposito come associata ad altre all’inizio o alla fine della sua comparsa, ma non può assumere un’importanza considerabile per la determinazione dell’ orizzonte, altro che nel massimo suo stato di sviluppo. In tal modo si spiega come la coppia N. Tehihatcheffi-complanata possa comparire fin dai piani meno alti dell’ eocene medio, acquistare uno sviluppo sempre crescente, finchè non giunge a caratterizzare un livello ancora più elevato, allorchè la coppia N. Lucasana-perforata è quasi o del tutto estinta. Anche dal nostro studio sul nummulitico di Spalato si può trarre la deduzione che Ze nummuliti acquistano importanza e valore nella determinazione dell’età e dei piani, non tanto per la presenza di forme ritenute caratteristiche, quanto per il loro modo di aggruppamento e per i rapporti che hanno con l'inizio e il termine di sviluppo di quelle coppie, che rappresentano le diverse zone della scala delle nummuliti. D'altra parte, siccome non si trova mai una località che presenti una sola coppia di nummulitidi, è sempre pos- sibile per la determinazione del livello geologico di tener conto del loro modo di associazione. Questo concetto viene pure ad eliminare la facilità di cadere in errori stratigrafici e cronologici, perchè talora il riconoscimento di talune specie ingiustamente ritenute come caratteristiche, ha generato dei preconcetti dannosi nello studio di intiere faune e quindi nella determinazione degli orizzonti. Siccome a Salona mancano quasi del tutto le due prime zone delle nummuliti più proprie dell’Ipre- siano (parte superiore dell’eocene inferiore) e del Luteziano inferiore (parte inferiore dell’ eocene medio), si vede come l’asgruppamento della fauna nummulitica della stessa Salona sia riferibile al piano imme- diatamente sovrastante a quello del Luteziano inferiore. A proposito dei terreni eocenici più recenti dei dintorni di Spalato, notiamo che la coppia N. Tchi- hatcheffi-complanata e più ancora la coppia N. Lucasana-perforata sono talmente diffuse in tutta l’esten- sione del bacino mediterraneo da formare quasi la caratteristica dei depositi nummulitici più abbondanti di questa regione. Il livello a N. Lucasana e perforata corrisponde tanto nei bacini della Francia meri- dionale, del Veneto e dell’ Ungheria, quanto in quelli più lontani dell'Egitto e dell’India, per citare solo i più noti, alla massima abbondanza delle nummuliti, ed è considerato come rappresentante specialmente la parte media dell’eocene medio. La N. Tehihatcheffi e la N. complanata si trovano invece ad un livello su- periore, ma in Dalmazia (confr. Sracze, Op. cit.) e da quanto ora risulta dal nostro studio sui dintorni di Spalato, si associano in gran numero ‘con la N. Lucasana e la N. perforata. Le assiline, che appaiono in generale nel livello della N. Lucasara, pur essendo scarsissime non man- cano di prender parte alla fauna nummulitica in parola, insieme con numerose orbitoidi sparse in tutti i terreni di Spalato e specialmente in quelli più alti come d’ordinario si verifica. Anche alla Maiella e al Gargano, per citare solo le località più conosciute, le nummuliti si trovano associate in modo quasi identico a quello che si verifica nei terreni eocenici di Spalato e Monte Marian. Siamo dunque costretti ad ammettere che le N. Lucasanae e perforatae, se possono considerarsi come ca- ratteristiche della parte media del Parisiano o Luteziano (eocene medio) allorchè non si trovano accom- pagnate dalle forme principali del gruppo della N. distars, perdono la loro proprietà caratteristica quando si trovano insieme a numerose N. TeRihatcheffi e complanatae, giacchè vengono ad estendere il loro habitat fino a prender parte, come nel Monte Marian, ad una fauna, che, dall’enumerazione delle specie ripor- tate e descritte nella parte paleontologica di questa memoria, risulta sincrona a quella di S. Giovanni Ilarione e quindi verosimilmente riferibile all’eocene medio parte superiore. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. “ 50 A. MARTELLI * ANS] Col presente lavoro sui terreni eocenici di Spalato ci siamo trovati nella necessità di dare una grande importanza alla determinazione e studio delle nummuliti, che abbondanti si trovano in questa località della Dalmazia. Ricordiamo che sul dimorfismo delle foraminifere e del genere Nummulites in particolare sono state fatte importanti investigazioni dal von HantKEN®, MunIiER-CHALMAS e SCHLUMBERGER ”), DE LA HARPE5) ecc., e queste hanno condotto a riconoscere coppie della stessa specie ma di diversa forma; l’una a larga camera centrale (megasfera), riferita poi alla forma A e di complessive dimensioni minori dell’altra più sviluppata ma con piccolissima o invisibile camera iniziale (microsfera) distinta quindi come forma 2. Il dott. SiLvestri *) ha proposto addirittura la distinzione delle forme A e B per tutte le foraminifere, ma è certo però che è tutt’altro che facile lo stabilire esattamente le due forme della stessa specie, perchè nell’alternanza di generazione con la quale, in seguito agli studi del Lister (1895), si tende a spiegare il dimorfismo, si originano individui che se non si trovassero sempre insieme nella stessa formazione non si riterrebbero della stessa specie, a meno che non si tenesse stretto conto delle analogie della superficie. Con l’intento di giungere ad una chiara esposizione dei depositi nummulitici di Spalato, abbiamo pre- ferito di descrivere la forma 2 subito dopo quella A, accennando alle lacune dove sia per insufficienza delle nostre osservazioni, sia per altre cause indipendenti da noi non siamo riusciti a scoprire la forma compagna. Diamo intanto la nota delle coppie di nummulitidi : Forma A e corrispondente Forma b Nummulites Tchihatcheffi D’'Arca. et H. Nummulites complanata Lmx. » latispira Savi et Max. > distans Dresa. » subdiscorbina DE LA HARPE » discorbina ScHLOTE. » » var. La Harpei Mart. » sub-Beawmonti pe LA HARPE » Beaumonti p’Arcz. et H. » Guettardi p’Arc8. et H. » biarritaensis D'ARCH. » striata D’ ORB. » contorta Des. » » var. Viquesneli D’Arcr. et H. » vartolaria Sow. » Heberti n’ ArcH. et H. » anomala De LA HARPE » Montis-Practi Kavrx. » curvispira Mex. » Gizehensis BnR. i > » var. Ehrenbergi pe LA HARPE » » » Lyelli v’Arca. et H. » Heeri pe LA HARPE > Lucasana Darr. (tipo) » perforata var. aturensis D’Arca. et H. » » var. obsoleta De LA HARPE » » » obesa Lev. » >» > depressa D’Arcr. et H. » » » Renevieri ve LA HARPE D » >» granulata pe La HARPE » » » granulata Telu. » » >» Meneghini D’Arca. et H. > » » Stefani Marn. 1 von HANTKEN, M. Die Mittheilungen der Herren E. Hébert und Munier-Chalmas dber die ungar. altterticiren Bildungen. Litterarische Berichte aus Ungarn, 1879, vol. III, cap. 4°. 2 Confr. Société géologique de France, proc. verb., séance 15 mars. Paris, 1880. ® pe La Harpr Pu. Etudes des Numm. de la Suisse. M6m. Soc. paléont. suisse, vol. VII, pag. 63. 1880. 4, Silvestri A. Un'importante quistione di nomenclatura zoologica. Estr. Atti dell’Acc. Pontif. dei Nuovi Lincei, anno 1900, pag. 1-10. [9] A. MARTELLI ì 51 ì Forma A e corrispondente Forma B Nummulites Lamarcki n’Arc8. et H. » suboenotria MART. Nummulites oenotria Teun. » subitalica Tann. » italica Tann. Assilina mamillata D’Arca. et H. Assilina exponens Sow. » » var. plicata Da LA HARPE » » var. plicato pe LA HARPE » » » granulosa D’ARcE. Orbitoides (Lepidocyclina) dispansa Mart. Orbitoides (Lepidocyclina) dispansa Sow. » » dalmatina MART. » » dalmatina Marr. » (Discocyelina) aspera Mart. » (Discocyclina) aspera Gin. » » papyracea Bou. » » . papyracea Bou. » » = » var. Fortisi D’ARcH. » » applanata Gi. » » ephippium ScHror. » stella GimB. » stellata D’ARcH. et H. Operculina sub-Thowini Teun. Operculina Thouini D’ ORB. » ammonea Ley. Tanto nell’accoppiare le specie nuove quanto nel fissare l’altra forma di specie, di cui anteriormente non si conosceva o era stata mal determinata la compagna, abbiamo basato le nostre induzioni esclusiva- mente sulla comunanza dei principali caratteri specifici, esclusi quelli provenienti dallo sviluppo o dalla camera iniziale, quali sarebbero ad esempio la forma dei setti e i caratteri della superficie. Dall’ammet- tere dimorfe quelle specie di cui il D’ARcHIAC e il TELLINI, per tacere di tanti altri studiosi che si sono occupati di nummuliti, dicono che sì accompagnano luna coll’altra, deriva di conseguenza che nel parlare dei nostri esemplari siamo costretti ad usare più volte impropriamente l’appellativo di specie descrivendo le singole forme di ciascuna specie, e ciò per non scostarci troppo dalla nomenclatura usata in tutti i precedenti lavori sulle nummuliti. Se per designare le specie dimorfe si dovesse seguire il parere di Muxnier-CHALMAS, bisognerebbe aggiungere il prefisso prae agli individui a megasfera e quindi nella prima fase evolutiva della nummu- lite, mentre il DE LA HarPE e il TELLINI, quando hanno creduto di riconoscere coppie di specie nuove che avevano a comune i caratteri fondamentali, hanno preferito il prefisso sub al nome specifico degli individui nel primo stadio. Il StuvestRrI avrebbe addirittura proposto di cambiare radicalmente la nomen- clatura delle foraminifere lasciando alla coppia il nome specifico della forma B e distinguendo gli individui megasferici e microsferici rispettivamente con A e con B seguito dall’antica denominazione fra parentesi. Per parte nostra, riteniamo che il sostituire improvvisamente l’abituale nomenclatura delle nummu- litidi con una innovazione utile soltanto per gli studi di pura paleontologia, ingeneri una confusione non piccola negli studi stratigrafici sull’eocene ed oligocene, nei quali terreni le nummulitidi hanno spe- ciale importanza; perciò, senza alterare l’antica nomenclatura, ci siamo limitati a raggruppare le nostre nummulitidi per coppie, e a descriverne separatamente le specie o forme di specie omologhe. Avuto riguardo al non trascurabile numero di orbitoidi che prendono parte alla fauna da noi stu- diata, aggiungeremo che a distinguere il loro dimorfismo vale pure la massima che le forme A sono in rapporto alle loro dimensioni più globose, causa lo sviluppo della megasfera, di quelle che presentano dimensioni diametrali maggiori, margine dispanso e spesso sottile intorno al piccolo mammellone centrale. Nell’abbondantissimo materiale nummulitico raccolto dal prof. De StEFANI e da noi, abbiamo fatto una prima scelta di quegli individui che conservavano i caratteri della superficie e, in assenza di questi, 52 A. MARTELLI [10] particolarità non dubbie di riferimento, finchè compiuto l’esame delle singole specie e varietà, li abbiamo riuniti secondo i gruppi proposti dal.pe La HARPE!. Descrivendo le specie abbiamo spesso seguito per brevità e chiarezza le notazioni adottate dal DE LA Harpe. Le dimensioni delle nummulitidi sono infatti indicate con due numeri sovrapposti a guisa di frazione, il cui numero superiore indica in millimetri la lunghezza del grande asse; ossia del diametro, e quello sotto la linea lo spessore massimo pure in millimetri. La stessa notazione relativa ai giri della spira, rappresentati dal numero sopra la linea orizzontale, ci fa conoscere quanti sono gli avvolgimenti lungo i millimetri di raggio, pari al numero che si pone al posto del denominatore. Questa convenzione è in realtà molto opportuna perchè infatti i giri si considerano sempre in rapporto al raggio. In sinonimia sono citati soltanto i principali lavori che, dall’opera classica del D’ ArcHIAC e HAmE (1853) in poi, danno anche una sommaria descrizione della specie, mentre, quando l’occasione si presenta, sono ricordati a proposito dell’orizzonte, gli autori che menzionano quelle specie di cui si hanno esem- plari anche nei dintorni di Spalato. - DESCRIZIONE DELLE SPECIE Gen. Nummulites Lamarox. Sezione 1.* — Nummuliti non granulose a filetti settali semplici. Gruppo della N. distans Coppia: N. Tehihatcheffi (forma A) e N. complanata (forma B). Nummulites Tchihatcheffi p’Arcurac et Hamer 1853. — Tav. VI [I], fig. 1. 1853. Nummulites Tehihatcheffi Arca. et H. Monogr. des Numm., tav. I, fig. 9, pag. 98. 1890. — — D’Arca. et H. Teuumi. Nummuliti della Maiella del Gargano e delle Isole Tremiti. Boll. Soc. geol. ital., vol. IX, pag. 361, tav. XI, fig. 8-12 e tav. XIV, fig. 25, 26. 1893. — _ — TraBucco. Sulla vera posizione dei terreni terziari del bacino piemontese, Pisa, pag. 21. 1893. — — —_ Rovasenna. I fossili di Gassino. Boll. Soc. geol. ital., vol. XI, fasc. 3, pag. 13 dell’estr. 1894. —_ — _ OrpenzeMm. Ueber die Nummuliten des venetianischen Ter- ticirs, Wien, pag. 13. 1901. _ _ —_ MarteLLI. I fossili di Paxos e Antiparos nel Mar Jonio. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 421. Gli esemplari di questa specie appaiono nei terreni eocenici di Spalato meno numerosi di quelli rife- ribili alla N. Lucasana DEFR., ma si presentano al nostro esame in una quantità tale di cui bisogna pure tener calcolo nella determinazione del piano geologico, anche se questa notevole abbondanza non si voglia considerare come una caratteristica del nummulitico da noi studiato. 1) DE LA HARPE PH. Op. cît., pag. 61, 62. [11] A. MARTELLI 53 Attendendo allo studio delle nummuliti si ha occasione di verificare continuamente che, negli stessi depositi nummulitici, le forme A sono circa il 75 °/o delle corrispondenti forme B non può quindi sor- prendere la sproporzione esistente fra il numero degli individui a megasfera di questa specie e quello delle corrispondenti forme a microsfera rappresentate dalla N. complanata Lamx. La N. Tchihatcheffi è già di per sè stessa molto variabile, per cui non crediamo di tener conto delle trascurabili ma sensibili differenze che risaltano nell'esame comparativo de’ vari esemplari e che spesso ci condurrebbero a stabilire varietà nuove. Queste nummuliti assai incostanti nelle dimensioni mostrano invece inalterato il carattere esterno della superficie liscia e della forma lenticolare e globosa. È SALI SAI ONES. i È SIR ; ADE 9 7 5 Dimensioni principali negli esemplari maggiori, medi e minori: ( =) ; ( 7) ; (dl se i. 8 6° 5 Giri della lamina: (È) 5 (33) ; (3) Pel molteplice numero dei nostri campioni non possiamo descrivere le singole particolarità che appa- riscono nelle sezioni orizzontali. In generale possiamo dire che mentre la lamina si svolge con spessore presso che costante, il passo della spira si mostra irregolare come spesso si osserva verso l’esterno dove i giri tendono ad addossarsi. La grande camera centrale diminuisce di proporzione con l’aumentare del diametro della nummulite e così negli esemplari grandi misura !/; e nei piccoli !/; del diametro complessivo. I setti alla loro congiunzione presso alla volta sono fortemente inclinati all’indietro inserendovisi così con un angolo molto acuto; sono sottili, spesso ondulati e disposti con irregolarità perchè non sempre ad uguale distanza l’uno dall’altro. Essi sono in numero di 4 nel quarto del terzo giro e di 6 nel quarto del quinto. In complesso gli esemplari in esame corrispondono per la struttura interna e in modo particolare per la disposizione dei setti ai caratteri che per i primi hanno messo in evidenza D’ARcHIAc e HAIME mentre per l'insieme dell’aspetto esterno e più ancora per la loro forma globosa, si avvicinano ancora di più a quelli della regione abruzzo-garganica studiati dal TELLINI. Siccome la N. complanata è la compagna della N. Tchihatcheffi, parlando di quella comprenderemo im- plicitamente anche questa specie in ciò che si riferisce all’orizzonte e all’ estensione. Nummulites complanata Lamarcx, 1804. — Tav. VI [I], fig. 2. 1853. Nummulites complanata Lawx. D’Arcr. et H. Monogr. des Numm., tav. I, fig. 1-3, pag. 87. 1871. —_ —_ — Sismonpa. Materinux pour la Paléontologie du tertiaire du Piémont, II part. Mem. Acc. di Torino, ser. II, tom. 25, pag. 270. 1888. — — — Treuumi. Numm. tera. dell’ Alta Italia occ. Boll. Soc. geol. ital., pag. 1/8, volo VELI, 1890. —_ _ — Treuumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 361. 1893. — — — Tragucco. Sulla vera posizione dei terreni terziari del bacino piem., Pisa, pag. 21. 1893. = È — Rovasenpa. / fossili di Gassino. L. c., pag. 13 dell’estr. 1894. —_ — — Orpennem. Veber die Numm. des venet. Tert., Wien, pag. 11. 1901. = = — Marmeni. Fossil di Paxos ecc. L. c., pag. 420. 54 A. MARTELLI [12] Eccetto che a Salona, questa specie trovasi assai abbondante nei terreni nummulitici di Spalato. Principalmente nel Monte Marian e più ancora presso il Camposanto se ne possono raccogliere esemplari assai grandi. Nel ricco materiale di studio che offre la nostra collezione di nummuliti, si ha una numerosa serie 21\ di complanatae intiere, con dimensioni comprese fra ( na) e (3, , nonchè grossi frammenti d’individui di circa (2) li È quindi interessante d’osservare come anche a Spalato si trovino i più grandi campioni riferibili a questa specie che si è fino ad ora presentata con massime dimensioni (75-80 mm.) nelle formazioni num- mulitiche delle Asturie, Svizzera e Vicentino ® e di poco minori (70 mm.) in quelle della Maiella e delle Isole Tremiti °, essendo probabile che, secondo l’asserto dello stesso D’ArcHIAC, la forma gigantesca di Candia (107 mm.) menzionata nella Monographie non sia riferibile alla N. complanata. Queste nostre nummuliti hanno una superficie completamente liscia che partecipa della forma ondu- lata, quasi generale negli individui di questa specie; sempre sottili al margine vanno lentamente aumen- tando di spessore verso il centro dove gli esemplari si mostrano, non di rado, un po’ rigonfi. Taluni in- dividui sono però molto appiattiti e questi dovrebbero ritenersi come i più adulti ammettendosi in generale per tali foraminifere che le forme più globose sono le più giovani. Ci sembra superfluo di dilungarci sulla descrizione di questa specie già tanto nota e di facile e si- curo riferimento. Diremo solo che talune sezioni orizzontali ben riuscite ci permettono di constatare come nello spazio di 5 mm. si contino generalmente 7 giri nella parte periferica, 8-10 in quella mediana e 11-13 nella centrale, cosicchè, in media, si riscontra anche negli esemplari di Spalato lo stesso rapporto 56 che si verifica nella N. complanata tipica della Monographie. Gli avvolgimenti subequidistanti della spira, sempre uniforme nella sottigliezza del suo spessore, danno origine ad una serie di loggie la cui altezza aumenta così lentamente da apparire uguale a quella della lamina nel secondo quarto dal centro e di poco maggiore, fino a divenir doppia, nelle successive porzioni periferiche. I setti sono sottili e molto curvati alla congiunzione col giro successivo; negli esemplari di media dimensione se ne contano 31 alla metà del raggio, mentre p’ARrcHIAc, che descrive forme di grandezza massima, ne’ suoi campioni ne nota 56. Questo particolare corrisponde del resto a quanto . asserisce il DE LA HARPE, che ritiene caratteristici della N. complanata i 31 setti nel quarto della loggia a mm. 7,5 dal centro. Tralasciando di accennare a tutte le località nelle quali si è ritrovata questa specie, ricordiamo sol- tanto che il p’ArcHIAc la riteneva propria a talune parti dell’Europa occidentale; però studi ulteriori ne hanno con certezza constatato la presenza, oltre che in terreni eocenici dell’Italia settentrionale e della regione abruzzo-garganica per opera del TeLLInI, anche a Lussin nella Dalmazia settentrionale per parte dello STACHE e nostra nei dintorni di Metkovich a confine con l’Erzegovina e nelle due isole Jonie nominate nella sinonimia. Riguardo alla citazione dello SrAacHE # è da osservarsi che quest’autore menziona la N. i) p’ArcHIac et Harme. Monogr. des Numm., pag. 88. 2) TELLINI. Numm. della Maiella ece. Boll. Soc. geol. ital., pag. 361. Roma, 1890 3) SracHE. Die Eocen-Gebiete in Inner-Krain und Istrien. VII. Die Eocen-Striche der Quarnerischen Inseln. Jahrbuch d. k. k. geol. Reichanst., Band 17, pag. (41) 283. Wien, 1867. [13] A. MARTELLI 55 Dufrenoy D’ARcH. et H. come ritrovata nello stesso calcare con la N. Zehihatcheffi, ma siccome è ormai da ritenersi che la N. Dufrenoy non sia una specie a sè ma piuttosto una varietà depressa della N. com- planata ), non abbiamo esitato a ricordare a proposito di questa, la località designata da STACHE. È importante osservare come la coppia Tchihatcheffi-complanata si ritrova soltanto in terreni riferi- bili ai piani più alti dell’eocene medio o a quelli più bassi dell’ eocene superiore. Coppia: N. latispira (forma A) e N. distans (forma B). Nummulites latispira Savi et MenecnI, 1851. — Tav. VI [I), fig. 3. 1951. Nummulina latispira Savi e MeneGHINI. Consid. sulla geol. della Toscana, pag. 149. 1853. Nummulites. — — D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 93, tav. I, fig. 6. 1890. — _ — TeLumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 373, tav. XI, fig. 13-15. 1901. — — — MarnreLni. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 419. 1901. — —_ -_ Prever. Numm. dei dintorni di Potenza. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 490. Nello stesso modo in cui MENEGHINI veniva a comprendere in questa denominazione individui distinti poi come N. Tchihatcheffi, così non è del tutto ingiustificato il parere del TeLLINI il quale inclina a rite- nere la N. latispîira come una varietà della N. Tehihatchefi, nonostante che la descriva come specie a sè. Noi crediamo che la forma della spira e dei setti all’interno ed una depressione centrale appena avver- tibile sulla superficie, siano ragioni sufficienti per conservarla specie autonoma. Sono in buon numero le nummuliti di Spalato riferibili a questa specie. Dimensioni: ( ca )L \2,2-2,6 La sezione orizzontale oltre una megasfera uguale a !; del diametro complessivo, mostra sette giri a passo crescente nei primi tre e restringentesi in modo irregolare nei più esterni. La lamina con spessore costante pari a metà altezza della penultima loggia — quindi più notevole che non negli esemplari del Gargano — si svolge stretta e regolare. I setti sono più fitti che non nella N. ZeRihatcheffi e ciò costituisce pure un buon carattere distin- tivo. Essi appaiono sottili ed equidistanti eccetto presso alla periferia dove sono più irregolari nel loro andamento; nei primi giri sono ben arcuati mentre in quelli esterni si flettono ancora di più fino ad inserirsi con ‘un angolo postero-superiore assai acuto (6°-10°) e ad: attraversare la loggia quasi diagonal- mente. Nel quarto di loggia alla metà del raggio se ne contano 8. In complesso i nostri esemplari hanno più analogia con quelli descritti dal TELLINI che non con quelli del D’ARCHIAC. Nummulites distans DrsHayes, 1838. 1853. Nummulites distans Desu. D’Arcn. et H. Monogr. des Numm., pag. 91, tav. II, fig. 1-5. 1890. _ — — Teruni. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 361. 1901. = — — MarreLti. Hossili di Paxos ecc. L. c., pag. 424. i) DE LA HAaRPa. Numm. de la Suisse. Mém. Soc. paléont. suisse, vol. VII, pag. 61. Genève, 1880; — TELLINI. Numm. dell'Alta Italia occ. Boll. Soc. geol. ital., pag. 180. Roma, 1888. 56 È A. MARTELLI [14] Nella descrizione che il p’ArcHtAc fa della forma precedente tenendo poco conto della diversità della loggia iniziale, avverte che la N. Zatispîra si potrebbe scambiare come un individuo giovane della N. distans, appunto perchè i caratteri della superficie e dei setti si somigliano assai. Noi riteniamo che la N. distans rappresenti appunto la forma B della N. latispira. Abbiamo già notate le differenze fra la N. /atispira e la N. Zchihatcheff, passiamo ora ad un rapido confronto fra le loro forme microsferiche. I caratteri esterni sono identici, ma in generale le dimensioni delle più grandi N. distans sono minori di quelle della N. complanata. Ciò che principalmente caratterizza la N. complanata è l’aver d° ordinario un numero di giri doppio dei millimetri di raggio, mentre l’altra ha un numero di giri uguali a una volta e mezzo i millimetri di raggio. Crediamo quindi che per distinguere queste due specie possano anche bastare semplici frammenti, dato che questi siano tali da farci arguire la dimensione della nummulite dall’ampiezza dell’arco della lamina, giacchè i giri periferici e mediani, che più interessano per la deter- minazione, si possono considerare come aventi ciascuno un passo costante di spira. Abbiamo riconosciuto la presenza di questa specie, indubbiamente dimorfa della precedente, esami- nando sezioni di frammenti tolti da individui intieri, perchè, malgrado pazienti e ripetuti tentativi, non siamo riusciti ad ottenere una sezione completa di queste nummuliti appiattite e grandi. I setti fitti, inclinati e più irregolari fra di loro che non nella N. complanata avvalorano la nostra asserzione sull’ effettiva presenza di questa nummulite nei dintorni di Spalato. Abbiamo già detto che nel nummulitico di Spalato si hanno molte N. complanatae con dimensioni comprese fra i) e (P). ma non è improbabile che taluni fra gli esemplari più piccoli che vi abbiamo ascritto possano invece riferirsi alla N. distans DESEH. Tale specie rara nel Gargano e dubbia nell’Alta Italia occidentale «è, al pari della sua compagna a megasfera, poco conosciuta in Italia forse anche perchè tutte e due si distinguono non sempre facilmente dalle congeneri. Località: — Questa coppia non è rara al Camposanto (S. Stefano), alle Botticelle e al Monte Marian. Gruppo della N. discorbina. Coppia: N. subdiscorbina (forma A) e N. discorbina (forma B). Nummulites subdiscorbina pe La Harpr, 1883. 1883. Nummulites subdiscorbina pe La Harpe. Monographie der in Aegypten und der libyschen Wiiste vor- kommenden Nummuliten. Palaeontographica, Band 30, pag. 183, tav. XXXII, fig. 8-15. 1890. _ _ —_ TeLumi. Numm. della Maiella ece., L. c., pag. 375, tav. XIV, fig. 6-8. 1901. _ _ — , Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 491. Gl’individui che riferiamo a questa specie corrispondono agli esemplari tipici del pe LA HARPE e si distinguono dagli altri più piccoli della forma B, oltre che per le dimensioni e per una piccola camera centrale, anche per un numero minore di giri e di setti e per la loro conchiglia biconica. i) TELLINI A. Numm. dell’Alta Italia occ. Boll. Soc. geol. ital., pag. 192. Roma, 1888. [15] A. MARTELLI 57 Trai caratteri specifici notiamo una superficie liscia, radiata da sottili filetti settali, ed una spira che aumenta sensibilmente di spessore e di passo. BRITAIN) Dimensioni: (a) 39 ns 5 Giri: (3). I setti numerosi, regolari e diritti sono in numero di 7- 8 nel quarto della III loggia 9-10, ”» » IV ” 11-12 , » » Ne TRS Questa nummulite rappresenta la forma a megasfera della N. discorbina ScELOTE. con la quale ha na- turalmente a comune l'habitat e la località. Nummulites discorbina ScuLorzen:, 1820 (tipo). — Tav. VI [I], fig. 4. 1853. Nummulites discorbina Sca. D’ArcH. et H. Monogr. des Numm., pag. 140, tav. IX, fig. 2,3. 1883. — = — DELA Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 183, tav. XXXII, fig. 1-7. 1890. _ _ -- TeLumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 336, tav. XIV. fig. 20 e 28. 1901. — - — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 491. Esemplari abbastanza comuni, ben conservati e regolarissimi. L’evidenza dei caratteri assolutamente peculiari fanno a prima vista riconoscere questa specie. Non ci dilunghiamo nella descrizione di essi, riferendoci alle diagnosi del p’ArcHIAc e del DE LA HARPE, alle quali corrispondono per intero. Nei campioni di Spalato si nota solo una leggera tendenza della conchiglia ad una forma subglobosa e a margini arrotondati. Dimensioni: (en) 3,8-4 Le strie fitte sulla superficie sono poco appariscenti in conseguenza della loro sottigliezza. Giri regolari: si 44,5, La spira, con spessore pressochè costante, si svolge con passo quasi insensibilmente crescente. I setti, molto ravvicinati, filiformi e diritti, sono normali al giro inferiore e appena accennano ad una leggera flessione inserendosi nella volta; se ne contano 16-18 nei due giri a metà del raggio. Con l’aumento proporzionale, dal centro alla periferia, del numero dei setti e del passo della spira, anche l’ampiezza delle camere subisce un graduale aumento, giacchè questa specie anche a Spalato con- serva la sua caratteristica regolarità nello svolgimento della spira e nella disposizione de’ suoi numero- sissimi setti. Questa specie si è trovata quasi sempre insieme con la coppia N. curvispira-Gizehensis, e, più ab- bondante che altrove, si nota in Italia nel Monte Saraceno (promontorio Garganico). Nummulites discorbina Scanora. var. La Harpei nov. — Tav. VI [I], fig. 5. Distinguiamo in questa varietà quei pochi esemplari notevolmente più piccoli che mostrando i carat- teri esterni e specifici accennati nel parlare della forma tipica, si presentano con uno spessore più grande Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 8 58 A. MARTELLI [16] in rapporto al diametro e con un numero maggiore di setti. Nulla abbiamo da aggiungere alle partico- larità della superficie, della spira e delle logge già messe in evidenza dal DE LA HARPE nella descrizione del tipo. RR AO, Dimensioni: ( DI \2 . Giri: D) I setti, molto diritti, sono in numero di 14 nel quarto dei giri a metà del raggio e vanno propor- zionalmente aumentando o diminuendo da 2 a 3 a seconda che la spira si va allontanando dal centro o vi si avvicina. Noi riteniamo che questa varietà corrisponda a quei campioni che il pe LA HARPE ha descritto come forme più piccole della N. discorbina ScHLOTE. e perciò abbiamo designata questa varietà col nome del- l’insigne nummulitologo. Località: — Le forme precedenti si sono trovate alle Botticelle ed al Camposanto, e questa nuova varietà solo presso al Camposanto (S. Stefano). Gruppo della N. biarritzensis. Coppia: N. sub-Beaumonti (forma A) e N. Beaumonti (forma B). Nummulites sub-Beaumonti pr La Harpe, 1883. — Tav. VI [I], fig. 6. 1883. Nummulites sub-Beaumonti pe La Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 182, tav. XXXI, fig. 48-56. Non sono rari gli individui riferibili a questa specie, tanto a Spalato che alle Botticelle e a Monte Marian, e nemmeno è difficile di riconoscerne la presenza nel calcare nummulitico di Salona. I nostri esemplari ripetono i caratteri dati, per la forma tipo, dal DE LA HARPE. Si tratta di piccole nummuliti lenticolari, dalle medie dimensioni ( ) e con la superficie ricoperta 3-4 1,6-2 di fini strie radiali. La spira dopo i due primi giri va ancora aumentando, ma in modo poco sensibile, durante gli altri tre giri più esterni. I setti sono sottili e solo arcuati presso la volta, tanto che rendono questa coppia quasi un termine di transizione fra la specie N. discorbina, dove si hanno setti numerosi e diritti, e la specie N. biarritzensis in cui i setti appaiono in numero minore e alquanto più ricurvi che non nella discordina e nella Beaumonti. Nel quarto della III* loggia si contano 6 setti n n IVa » ” 8 » » » Ve » » 10 ” La camera centrale è piuttosto piccola; malgrado ripetute sezioni, non abbiamo avuto la sorte di trovare un esemplare che, mostrando bene tutti i suoi caratteri interni, si prestasse ad una buona ri- produzione fotografica. [17] A. MARTELLI 59 Nummulites Beaumonti »’Arcaac et Han, 1853. — Tav. VI [I], fig. 7. 1853. Nummulites Beaumonti v’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 133, tav. VIII, fig. 1-3. 1883. — — —_ DE LA Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 180, tav. XXXI, fig. 37-47. 1901. na SS — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L.c., pag. 490. Anche le nummuliti che, per il loro ottimo stato di conservazione, riferiamo a questa specie con tutta sicurezza, corrispondono alla descrizione del D’ARcHIAC e del DE LA HARPE, giacchè in generale la N. Beau- monti non presenta molte varianti. Per illustrare i campioni di Spalato bastano i seguenti accenni: Individui regolarmente lenticolari, poco globosi e con la superficie ricoperta di sottili e numerosi filetti settali che dal centro sembrano divergere fino al bordo. Dimensioni: ( So). \ 4 | La lamina con passo e spessore appena crescente verso la periferia compie dieci giri regolari nel raggio di mm. 4,3. I setti, pure numerosi, sono equidistanti e quasi diritti. Infatti si curvano solamente all’inserzione con i giri più esterni, formando, con la biforcazione dei setti contigui, la volta delle camere. Per il loro andamento, i setti della N. Beaumonti B ed A costituiscono un buon carattere specifico per questa coppia, che, ripetiamo, può considerarsi come intermediaria fra la coppia precedentemente descritta e la seguente. Dato il leggero aumento nel passo della spira e nel proporzionale numero dei setti, solo le loggie più esterne vengono ad esser doppie di quelle del primo giro. Nel quarto della V® loggia si contano 10 setti » d)) Vie » bb) 12 » Quindi la N. Beaumonti di Spalato non differisce dalla forma tipo nemmeno per un numero minore di setti, giacchè per gli esemplari descritti dal p’ArcHIAc e dal DE LA HARPE si può in proposito riferire 12-13\ Questa specie, insieme con quelle del gruppo precedente e del proprio, si trova ordinariamente nelle assise più basse dei terreni nummulitici -del bacino mediterraneo, e anche la presenza della N. Beaumonti nelle formazioni eoceniche dei dintorni di Spalato ci è servita di valido aiuto per la determinazione del- l'orizzonte, che in seguito all’abbondanza e mescolanza delle forme più grandi e liscie con quelle granu- late, era ben poco facilitata dai criteri offerti dalla scala delle nummuliti del pe LA HARPE. la media notazione ( Coppia: N. Guettardi (forma A) e N. biarritzensis (forma 5). Nummulites Guettardi p’Arcusc et Ham, 1853. — Tav. VI [I], fig. 8. 1853. Nummulites Guettardi Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 130, tav. VII, fig. 18. 1877. — — _ DE LA Harpe. Numm. de Nice. Boll. Soc. géol. de France, sér. II, tom. V, pag. 285. 1883. — — —- : peLA Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 171, tav. XXX, fig. 29-42. 1888. — —_ _ TeLuni. Numm. dell’ Alta Italia oce. L. c., pag. 199. 60 A. MARTELLI [18] 1890. Nummulites Guettardi v’Arcr. et H. Terni. Numm. della Maiella ecc., tav. IX, fig. 22, pag. 375. 1890. = = — Cnapman. Tertiary Foramimifera in Limestones Sinaî. The geolo- gical Magazine, n. 434, pag. 368. August, 1900. 1894. = —_ = Oppennem. Venet. Nummuliten, pag. 11. 1896. —_ — — Oppenzem. Die Focaenfauna des Monte Postale bei Bolca. Palaeon- tograph., pag. 129. 1901. —_ — — MarrELLI. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 426. Queste piccole nummuliti dalla forma rigonfia sono molto abbondanti, e più che altrove le abbiamo trovate presso al Camposanto e alle Botticelle; esse presentano assai bene le caratteristiche della super- ficie; vi si notano infatti strie sottili e diritte che dal centro, donde irradiano senza però riunirvisi, si prolungano verso la periferia dove risaltano fino ad originare piccole pieghe. Dimensioni: ai 92-24 Nelle sezioni orizzontali si possono constatare i seguenti dettagli che non lasciano dubbi sulla de- terminazione. : si nea ERI (RRON La lamina compie i suoi giri \15) con passo crescente e spessore che leggermente va aumentando 3 presso l’esterno. La camera centrale è sferica e la prima della serie non è sempre costante nella dimensione e nella forma, ma per lo più è semilunare e minore della loggia iniziale. Le altre camere sono in generale più alte che larghe e i setti, un po’ ingrossati alla base, sono assai ricurvi verso l'esterno e subequidistanti fra loro. Il loro numero è: 5 in un quarto del II° giro U ”» » UL » 8 » n» RVO » Queste nummuliti le quali facilmente si potrebbero confondere con la N. striafta D’ORB. se ne sco- stano invece pel diverso comportamento della lamina e dei setti e per un numero di strie superficiali, minori ma più rilevate. Considerata da prima come una varietà minor della N. Ramondi, questa specie si è infine riconosciuta autonoma come forma a megasfera della N. biarritzensis D’ARCH. con la quale trovasi sempre insieme. Questa specie è citata dal RovasenpA fra i fossili di Caviggione, dal TeLtINI nella Maiella e Gargano, da OPPENHEIM nel nummulitico veneziano e dalla GENTILE nell’ eocene del Trasimeno; ma lo STACHE, ne? suoi lavori sulla Dalmazia, non accenna mai alla N. Guettardì. Nummulites biarritzensis p’Arcnac, 1837. — Tav. VI [I], fig. 9. 1837. Nummulites biarritzana D’Arcarac. Mem. Soc. géol. de France, vol. II, pag. 191. 1853. — biarritzensis D’ArcH. D'ArcH. et H. Monogr. des Numm., pag.131, tav. VIII, fig. 4, 5. 1877. — —_ — DE LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 824. i 1883. _ = — DE LA Harpe. Monogr. Aegyp. Numm. L. c., pag. 168, tav. XXX, fig. 20-22. 1888. _ — — Teuuni. Numm. dell'Alta Italia occ. L. c., pag. 181. 1894. _ _ — OrpenHem. Numm. der venet. Tertiirbild., pag. 10. 1896. _ — — Opprenzem. Die Eocaenfauna des M. Postale bei Bolca. L. c., pag. 129. In corrispondenza alla N. Guettardi, trovansi esemplari di questa specie forma 5. I nostri individui [19] A. MARTELLI 61 si avvicinano maggiormente ai tipi descritti dal pe LA HARPE che non a quelli del p’° ArcHIAC, perchè quest’ultimi presentano un maggior numero di giri e setti meno fitti. Diamo senz’altro la descrizione sommaria dei campioni di Spalato. i SRTORE LOI Dimensioni: i Le strie della superficie si scorgono poco bene anche mettendo allo scoperto i caratteri esterni con lavature in acido cloridrico molto diluito, mentre l’insieme della nummulite corrisponde alla descrizione che ne hanno fatto i due surricordati Autori, non esclusa la presenza di un piccolo umbone. Lo svolgimento della spira avviene in modo regolare e progressivo, ma la lamina, appressandosi al margine, va aumentando sensibilmente di spessore. i A910 Giri: (I). I setti sono sottili ma con l’aiuto di una lente si può notare il loro leggero ispessimento alla base; subequidistanti nella loro disposizione, si curvano notevolmente presso la volta delle loggie. L'angolo po- stero-superiore è quindi molto acuto a differenza di quello antero-inferiore che è quasi retto. In un quarto di loggia a mm. 2 dal centro i setti sono 8-9 DD » » 2; des D) ” » 11 e nel quarto dell’ultima loggia . . L È PEA TS) In relazione alla forma lenticolare e depressa di questa specie, anche nelle sezioni trasversali si os- serva che la lamina è sensibilmente più ispessita lungo il grande asse che non nel senso dell’ asse minore. La N. biarritzensis, comune nel livello delle nummuliti granulate, è qui rappresentata da un’ unica Varietà che si approssima appunto al tipo del pe La Harpe. Il rinvenimento di questa specie avvalora le conclusioni alle quali ci ha condotto lo studio della fauna nummulitica di Spalato, sebbene — malgrado accurate ricerche — non ci sia stato possibile di riscontrare la presenza delle sue varietà depressa D’ARCH. e ®ularis DE LA HARPE, che nelle località proprie alla N. diarritzensis accompagnano sempre la forma tipo. Molti autori italiani — MENEGHINI 1), Sismonpa 3), IsseL 3), Rovasenpa 5, TraBucco 9, Niconis 9, Ma- RIANI °, TELLINI °), — citano pure questa specie nell’ eocene medio della Sardegna, della Liguria, del Pie- monte, del Veneto e della regione abruzzo-garganica. i Coppia: N. striata (forma A) e N. contorta (forma B). Nummulites striata n’ Orsieny, 1850 (tipo). — Tav. VI [I], fig. 10. 1853. Nummulites striata D’OrB. D’ArcH. et H. Monogr. des Numm., pag. 135, tav. VIII, fig. 9,10. 1875. —_ — — Hanrken. Foraminiferenfauna der Clavulina Szaboî Schichten. Mitthei- lungen aus dem Jahrbuche der Kòn. Ungar. geologischen Anstalt, Band IV, 1 H., pag. 85. 1888. = = — Teuumi. Numm. dell’Alta Italia occ. L. c., pag. 195. 1) MeNEGHINI G. Paléontologie de V ile de Sardaigne. Torino, 1857. 2) Siswonpa E. Materiaux pour servir à la paléont. du terr. tert. du Piémont. Mem. Ace. di Torino, 1871. 3) IsseL A. Liguria geologica e preistorica. Genova, 1892. 4 RovasenDa L. I fossili di Gassino. Boll. Soc. geol. ital. Roma, 1891. 5) TraBucco G. Sulla vera posiz. dei terr. terz. del bac. piemontese. Soc. tosc. di Sc. nat. Mem., vol. XIII. Pisa, 1893. 6) NicoLIs E. Note iMustrative della Carta geol. della prov. di Verona. Verona, 1882. 7 MARIANI E. Appunti sull’ Eocene e sulla Creta del Friuli orient. Ann. Ist. tecn., ser. II, anno X. Udine, 1892. s) Tani A. Numm. della Maiella, Gargano e Isole Tremiti. Boll. Soc. geol. ital. Roma, 1890. 62 A. MARTELLI [20] 2 strie numerose che dal centro scendono verso la. periferia. In sezione orizzontale si contano 7 giri; la loggia centrale è chiaramente visibile insieme con la prima camera della serie che è pure sferica. La spira si svolge in modo regolare con passo che va leggermente aumentando e la Leave si man- tiene uguale alla metà circa dell'altezza delle loggie. I setti sottili, regolari, subequidistanti e solo ricurvi presso il soffitto, sono 6-7 in un quarto del terz? ul- timo giro. Corrisponde alla descrizione del p’ArcHIAC e solo differisce per un numero minore di giri, giacchè nell’ esemplare tipico se ne conterebbero 9. Questa specie è frequentissima nell’eocene medio del bacino piemontese (TELLINI, RovAsENDA, TRA- Bucco !); D’ArcHiAac ed Harme ?) la citano pure nel nummulitico della Maiella e delle Alte Alpi. Rari campioni della misura (9): lenticolari-biconici, sottili ai margini con superficie raggiata di Nummulites contorta Drsmaves, 1834. 1853. Nummulites contorta Desa. D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 136, tav. VIII, fig. 8a, db. 1883. — —_ — DELA Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 172, tav. XXXI, fig. 1-4. 1888. _ _ — TeLumi. Numm. dell’ Alta Italia occ. L. c., pag. 183. Anche questa nummulite, come la sua forma A, è poco abbondante nei dintorni di Spalato. 12-13) 3-4 I nostri individui sono depressi, con superficie irregolare e ricoperta di strie notevolmente ricurve verso il margine affilato e verso il centro dove si riuniscono. In questa specie anche i soli caratteri della superficie, messi abbastanza in evidenza dalla figura del p’ArcHIAc ed Harme, guidano ad una determinazione sicura. (12 La lamina nel compiere i suoi giri i) va lentamente aumentando di spessore e questo, man- b) Dimensione: ( ianciai quasi sempre uguale alla metà dell’altezza delle loggie, ci dice chiaramente che anche il passo della spira va pure soggetto in una stessa proporzione ad un leggero aumento. Gli autori della Monographie parlano di una camera centrale assai grande, mentre è solo l’esiguo spessore della lamina che nei punti iniziali simula una megasfera, fattaci conoscere inesistente dal mi- croscopio, giacchè l’origine della spira consta effettivamente di un punto obliterato quasi invisibile (microsfera). A prova di ciò diremo pure che i menzionati Autori assegnano 10 giri e non 12 a questa specie, appunto perchè i due primi sfuggono facilmente all’ osservazione. I caratteri di questa specie sono meglio descritti e figurati nella Monographie del DE LA HARPE. I setti sottili ed equidistanti si addensano maggiormente nei primi giri mentre în quelli periferici tendono ad incurvarsi verso l’inserzione superiore. 4) Opere citate. \ 2) D’ARCHIAC et HarmE. Monogr. des Nummulites. Paris, 1853. [21] A. MARTELLI 63 In un quarto della III" loggia se ne contano 8-10 delle successive tre t; 9-13 rispettivamente 3 delle più esterne Di 14-17 E Località: — Insieme con la precedente a S. Stefano e nel Monte Marian. ”» Nummulites contorta Deszavrs var. Viquesneli p’ArcHmac et Hame, 1853. — Tav. VI [I], fig. 11. 1853. Nummulites Viquesneli v’Arcn. et H. Monogr. des Numm., pag. 141, tav. IX, fig. 4. Le striature della superficie sono, nei rarissimi campioni che abbiamo così determinato, identiche a quelle della N. contorta alla quale pure somiglia per la forma pianeggiante, a margine ondulato e sottile. Riteniamo che la N. Viquesneli altro non debba considerarsi che una varietà della N. contorta dalla quale si scosta solo per un maggior numero di giri e per un piccolo rilievo ombelicale sempre distinguibile. Fra le nummuliti raccolte nei dintorni di Spalato, due sole ci sono apparse tali da essere avvicinate per tutti i loro caratteri alla N. Viquesneli alla quale pure corrisponde pel numero de’ giri (11) quan- 109.139 © a perciò siano più grandi di quelli descritti tunque i nostri esemplari abbiano le dimensioni nella Monographie. Non ci siamo mostrati incerti nel riferimento alla Viquesnelì solo come varietà, non essendo convinti del valore di quelle differenze specifiche che hanno indotto il D’ArcHIAC a stabilire come specie auto- noma una nummulite che ha tanta analogia con la N. contorta. Riguardo alla coppia N. striata e contorta dobbiamo ricordare che viene ad essa assegnato un oriz- zonte più alto di quello che per solito si riconosce per la più parte delle altre coppie che si trovano nei dintorni di Spalato, sebbene il TeLrini l’ascriva, insieme con la prima descritta, al Bartoniano. Località: — Santo Stefano e Monte Marian. Coppia: N. variolaria (forma A) e N. Heberti (forma 5). Nummulites variolaria Sowersy, 1829. — Tav. VI [I], fig. 13. 1853. Nummulites variolaria Sow. D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 146, tav. IX, fig. 13. 1883. —_ —_ — DE LA Harpe. Numm. Aeyypt., pag. 25, tav. XXXI, fig. 28-36. 1888. = — — Terni. Numm. dell’ Alta Italia occ. L. c., pag. 200. 1890. —_ — — TeLumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 378. 1901. — —_ — Martenni. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 426. 1901. — _ — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 492. 1901. —_ —_ — Gente. Su alcune numm. dell’ Italia merid. Acc. Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. XI, ser. 22, n.° 5, pag. 12 (estr.), fig. 13. Come tutte le piccole nummuliti è di difficile determinazione, ma un attento esame rende questa specie di sicuro riferimento. Si riconosce all’esterno per essere un po’ globosa, umbonata e munita di rade e piccole strie. Gli esemplari di Spalato hanno le seguenti dimensioni: TRO). In sezione orizzontale veggonsi 4-5 giri regolari che dal centro si svolgono verso la periferia con passo rapidamente crescente e con lamina uguale al terzo dell’altezza delle loggie, meno che nel penul- timo giro dove detta lamina è più spessa. 64 A. MARTELLI [22] Con l’aiuto di una buona lente è possibile distinguere la piccola megasfera insieme con la prima camera della serie. I setti sono numerosi e più ravvicinati nei giri interni; s'inseriscono perpendicolari alla base e solo s’incurvano presso alla volta. Se ne contano 5 nel quarto del III° giro e 6 in quello del successivo. 1 nostri esemplari di Spalato concordano abbastanza bene con quelli della Maiella e di Paxos e si avvicinano principalmente ai campioni illustrati e descritti dal DE LA HARPE. A proposito di questa specie abbiamo citato anche il lavoro di G. GENTILE, mentre non conveniamo con l’A. riguardo all’illustrazione e descrizione della N. Tehihatcheffi e N. Guettardi. Oltre al TELLINI citano questa specie, BeLLarDI ”, p’ArcHIAC ed Harme, Sismonpa e IssEL, nelle for- mazioni nummulitiche della Liguria occidentale. Località: — Salona, Botticelle e Camposanto. Nummulites Heberti p’Arcniac et Hamer, 1858. — Tav. VI [I], fig. 14. 1853. Nummulites Heberti D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 147, tav. IX, fig. 14. 1883. — — — DE LA Harpe. Monogr. Aegypi. Numm. L. c., pag. 178, tav. XXXI, fig. 27. 1901. _ —_ — MartELLI. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 425. È noto che questa specie rappresenta una delle più piccole forme di nummuliti a microsfera e che, anche nei depositi nummulitici ne’ quali s'incontra la compagna megasferica, è sempre assai difficile di poterla ritrovare perchè, come il DE LA HARPE asserisce, sembra niente meno che in media, ogni Heberti sia 1’ 1°/o delle variolariae. Questa proporzione è indubbiamente esagerata; noi che abbiamo avuto la sorte di riconoscere nel nummulitico di Spalato tre o quattro individui di questa specie, non ci siamo accorti che vi corrispondesse un’ esagerata abbondanza di variolariae. La conchiglia, sebbene un po’ depressa, può ritenersi biconica; la superficie, anche nel caso di ottima con- servazione, risulta raggiata con filetti settali sempre poco visibili; il margine è sottile e non di rado flessuoso. Dimensioni: di T\IEZILIO eo (E Giri: i Siccome il passo della spira va aumentando nella proporzione di 1:14, e nel II°, III° e IV° giro lo spessore è quasi uguale all’altezza delle loggie mentre negli altri è uguale a circa la metà, ne deriva che nei giri intermedi la lamina ha in proporzione uno spessore più grande. I setti alquanto ispessiti alla base e inseriti pressochè normalmente verso il centro, si flettono in modo notevole riunendosi alla volta del giro successivo dove formano un angolo postero-superiore assai acuto; se ne contano, come nella forma tipica della quale ripete i caratteri, 6 in un quarto della III° loggia TI » » » ING n» 8 » » » VE » La difficoltà con cui questa specie si rinviene nei depositi nummulitici ci spiega in parte perchè essa non è stata mai citata nell’eocene medio italiano dove invece è molto conosciuta la sua forma A. In ogni 1) BeLLARDI L. Foss. numm. della Conteu di Nizza. Acc. Sc. Torino, 1854. [23] A. MARTELLI 65 modo, a parte che sia ‘annoverata fra le nummuliti del deserto libico, questa specie non può certo dirsi rara nel perimetro mediterraneo, perchè noi l’abbiamo ritrovata anche a Paxos (Isole Jonie). Località: — Camposanto di Spalato (S. Stefano). Coppia: N. anomala (forma A) e N. Montis-Fracti (forma B). Nummulites anomala pr La Harpe, 1877. — Tav. VI [I], fig. 15. 1877. Nummulites anomala pe La Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 827, tav. XVII, fig. 17. 1890. = — — TeLuini. Numm. della Maiella ecc. L.c., pag. 376, tav. XI, fig. 25, 26. La piccola specie che stiamo per descrivere è forse, fra le nostre, una delle più interessanti, ma data la sua rarità non c'è stato facile di trovar dei campioni che mostrino ugualmente bene tutti i loro caratteri. f A , 2,2 Dimensioni medie: i La superficie si distingue da quella di tutte le altre nummuliti perchè i sottili filetti radiali che tra- spaiano nella parte liscia, si differenziano presso la bocca in piccole pieghe rilevate. Principalmente per il suo aspetto esteriore, DE LA HARPE stesso si domandava se non poteva invece trattarsi di una Amphistegina; a questo proposito ci associamo pienamente a quanto il TELLINI osserva nella descrizione di questa specie (ved. sinom.): “ Il dubbio che potesse trattarsi di una AmpRistegina (se pure in ultima analisi vi sono buone ragioni in tutti i casi per tener distinti questi due generi) è in gran parte svanito e si può ben ammettere che sia una forma normale poichè anch’essa presenta la com- pagna analoga a microsfera (N. Montis-Fracti Kaurm.) la quale non ha niente di diverso dalle conge- neri le meglio conosciute ,. E infatti anche nella nostra collezione di Spalato abbiamo avuto la fortuna di ritrovare la coppia. La conchiglia ha un margine affilato ed un piccolo rilievo ombellicale. Giri: DI). N bi ‘La camera centrale è un poco più grande che non nei campioni abruzzo-garganici descritti dal TeL- LINI, forse perchè avremo avuto sott'occhio gli esemplari più giovani. La spira è regolare e si svolge con passo fortemente crescente come 1:92. Il già notevole spessore della lamina aumenta di poco dal centro alla periferia. I setti sono subequidistanti, sottili e, ampiamente incurvati, s'inseriscono con un angolo postero-supe- riore di circa 15° mentre alla base l’angolo antero-inferiore non si allontana molto dal retto. La distanza fra le inserzioni aumenta in proporzione con la spira. I setti sono assai radi; infatti se ne contano solo 4 tanto nel giro intermedio che in quello più esterno. Da ciò deriva che le camere falciformi mantengono pressochè invariato il rapporto fra la media misura delle altezze e quella della larghezza. Questa specie è in Italia poco conosciuta forse anche perchè la sua piccolezza la fa spesso confon- dere con altre foraminifere; MarInELLI !) Ja cita nel calcare nummulitico di Villamagna, e noi crediamo che possa trovarsi in quasi tutti i terreni nummulitici perchè gli studi più recenti sui fossili eocenici del 4 1) MARINELLI 0. Cale. numm. di Villamagna. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIII, pag. 206. Roma, 1894. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 9 66 A. MARTELLI [24] Piemonte e della Liguria assegnano a questa specie un habitat che si estende dal Parisiano fino a tutto il Bartoniano, quantunque il DE LA HARPE la riferisca solo al primo dei citati orizzonti (Menton e Garavan). Con tutta probabilità sono da riferirsi a questa specie e non alla N. dudensis von HANTKEN, le num- muliti che OrPenHEIM ! illustra ai numeri 10, 11 e 12 della tavola delle Nummuliti terziarie veneziane. Nummulites Montis-Fracti KAurmann, 1867. 1867. Nummulites Montis-Fracti Kaurmann. Geol. Beschr. der Pilatus. Beitrige zur geol. Karte der Schweiz, pag. 148, tav. VIII, fig. 13-17. 1877. — anomala De LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., tav. XII, fig. 12, 14, 15. 1890. — Montis-Practi Kaurw. TeLumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 368, tav. XI, fig. 5-7. Lunghe ricerche fra l’abbondante numero di nummuliti piccole e medie della nostra collezione ci hanno infine condotto al riconoscimento di questa specie; disgraziatamente le sezioni orizzontali non sono riuscite com’era da desiderarsi perchè i giri più interni ed il loro inizio non si distinguono bene. Anzi, gli scarsissimi esemplari sono così mal conservati che non ci hanno permesso nemmeno una presentabile riproduzione fotografica. Anche i caratteri esterni ci hanno aiutato nella determinazione di questa specie che ha una conchiglia poco rigonfia ed una superficie parzialmente e debolmente striata. I due esemplari che con maggior probabilità appartengono a questa specie, hanno le dimensioni me- die (3) delle più piccole fra i campioni tipici. sa 88 Giri: (77) L’inizio dei giri non l’abbiamo distinto. La spira è assai regolare con passo che cresce nella pro- porzione di 1:1,6. Particolarità notevole è che l'aumento progressivo nell’altezza delle loggie si arresta in prossimità della bocca della nummulite. Negli ultimi due giri la lamina si mantiene di spessore costante, ossia uguale a !/, della penul- tima loggia. Notiamo che tanto in questa snecie quanto nella compagna N. anomala, lo spessore della lamina si presenta, forse in causa di un principio di spatizzazione, alquanto maggiore di quello riscontrato negli esemplari della Maiella. I setti sono sottili, subequidistanti e inseriti a distanze che crescono in modo proporzionale verso l’esterno; sono ampiamente incurvati all’indietro, dando così origine a camere falciformi larghe alla base e strettissime presso la volta. Setti: 6-7 in un quarto del penultimo giro. MESI, 9 dell’ ultimo ) Sappiamo che il pe LA HARPE ha confuso questa specie con la sua forma A descrivendo le nummu- liti di Menton. Spetta al TeLLINI il merito di aver distinto queste due specie riconoscendone il dimor- fismo in base alle descrizioni del KAUFMANN e DE LA HARPE. Località: — La coppia citata fu da noi solo rinvenuta alla Cavalla (Botticelle). 1) OPPENHEIM P. Ueber die Numm. des venet. Tert. Berlin, 1894. [25] A. MARTELLI Gruppo della N. Gizehensis. Coppia: N. curvispira (forma A) e N. Gizehensis (forma B). Nummulites curvispira MenscHni, 1851. — Tav. VI [I], fig. 16. 1851. Nummulites curvispira Savi e Men. Consid. sulla Geol. della Toscana, pag. 137. 1853. — — Mex. D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 127, tav. VI, fig. 15. 1883. _ — — DELAHARPE. Monogr. Aegyp. Numm.L.c., pag. 200, tav. XXXIV, fig. 42-67. 1894. — _ — Marmnenn. Calcare numm. di Villamagna. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIII, pag. 204. 1900. — = — Crapman. Tertiary Foraminifera in Limestones Sinai. L. c., pag. 371, tav. XI, fig. 5. 1901. — = — Marrenti. Fossili di Paros ecc. L. c., pag. 423. Le figure che hanno dato il D’ArcHIAG e il DE LA HARPE di questa specie, per verità non corrispon- dono molto alla descrizione del testo e se si tiene conto delle sue notevoli concomitanze morfologiche con la N. latispira e con la N. Lucasana, si comprende come il riconoscimento di essa non sia molto facile. Fra le nummuliti di Spalato non abbiamo che pochi campioni di questa specie e sono assai rari quelli che per lo stato di conservazione permettono una determinazione sicura. Nummulite lenticolare, appiattita e a margine affilato. È ssa 5- È CORBO a La ; Dimensioni: (2) ma non mancano esemplari anche più piccoli che però non possono distinguersi a) nemmeno come varietà wror, avendo, all'infuori del numero dei giri, ogni altro carattere a comune con le forme tipiche. Superficie leggermente striata, filetti settali fini ed ondulati e con piccole granulazioni. La camera centrale è per lo più regolare come pure regolare è lo svolgimento della spira. Tra 6 Giri: (=) . La lamina conserva costante il suo spessore, e il passo della spira, raggiunto il suo massimo nel se- condo e terzo giro, diminuisce verso il margine dove appunto la lamina si riavvicina mantenendosi addos- sata fino all’esterno. I setti sono tanto più arcuati quanto più ci si approssima alla periferia; se ne hanno 6 in 1/, della II° loggia e il loro numero aumenta progressivamente di uno pur aumentando l’intervallo fra le inserzioni. Questa specie è ritenuta come forma A della N. Gizehensis; i caratteri della superficie si riconoscono equivalenti a quelli della forma 8, solo con una minuziosa osservazione. Siccome queste due nummuliti oltre all’essersi trovate insieme anche a Spalato corrispondono alla descrizione del De LA HARPE, non abbiamo ragioni per non ritenerle come rappresentanti della nominata coppia, stabilite con certezza dall’autorità del citato Autore. È certo però che le varietà note della N. curvispira non sono pari a quelle della N. Gizehensis, a meno che non si voglia tener soverchio calcolo degli aggruppamenti d’individui icon leggere differenze nelle dimensioni; ma, del resto, se si pensa che nelle forme microsferiche e quindi più grandi le diffe- renze si notano con più facilità che non in quelle a megasfera, ci possiamo in parte spiegare la causa di questa mancata correlazione nel numero delle varietà delle due forme. 68 A. MARTELLI [26] Facciamo notare che ammesso, come insieme col MARINELLI non crediamo, che appartenga a questa specie la nummulite illustrata dall’ OprenHEIM !, la nostra N. curvispîira di Spalato differirebbe non poco da quelle del Veneto. Il D’ARcHIAC però accenna pure ad un esemplare di sicuro riferimento alla N. cur- vispira, proveniente dal calcare grossolano del Veronese. Nei vari studi sui terreni italiani si fa spesso menzione di questa specie più volte ritrovata — senza però la compagna B — nell’eocene medio del Pie- monte e della Toscana. Nummulites Gizehensis EtRenBERG, 1838. Studiando il complesso e variabile gruppo della N. Gizehensis, DE LA HARPE sostiene giustamente che mentre per gli aspetti esteriori di questa specie si potrebbero stabilire quattro gruppi distinti, i carat- teri della superficie sono invece così uniformi da impedirne la separazione specifica; da ciò deriva di con- seguenza che i rappresentanti delle forme tipiche del gruppo vengono solo distinte come varietà della N. Gizehensis, quantunque l’autore descriva come varietà, solo le ulteriori distinzioni di quest’ ultime. Im comune è pure la caratteristica delle volute dei filetti settali, che, nei campioni di Spalato, sono soltanto discernibili con la lente dopo una leggera e parziale levigazione della superficie. Questo carat- tere è in realtà uno de’ più interessanti per distinguere questa specie da quella delle altre grandi num- muliti con le quali potrebbe a prima vista confondersi. Inoltre la N. Gizehensis EER. ha setti molto av- vicinati e la superficie, presso la regione marginale, con piccole granulazioni assai difficilmente visibili 2); ragione per cui il DE LA HArPE non ha compreso questo gruppo nella sezione delle nummuliti con gra- nulazioni appariscenti. DE LA HARPE considera poi questa specie come suddivisa in sotto gruppi o razze #) rappresentate dalle seguenti nummuliti: N. Elrenbergi — Lyelli — Champollioni — Pachoù — Zitteli — Mariettei — Caillaudi. i Osserviamo che, secondo il concetto dell’ A., per razza si dovrebbe intendere il complesso di più va- rietà raggruppate secondo una caratteristica comune a più di esse, ma noi con l'intento di semplicizzare e di non varcare i confini dell’abituale nomenclatura, preferiamo nel caso della N. Gizehensis, di notare semplicemente come varietà i rappresentanti del sotto-gruppo. Nummulites Gizehensis EnrensERG var. Ehrenbergi pr LA Harpe, 1881. 1853. Nummulites Gixehensis Enr. D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 94, tav. II, fig. 6-8. 1881. —_ — Ehrenbergi ve ra Harpr. Étud. des Numm. de la Suisse, pag. 115, tav. I, fig., 1-3,..5-7.. 1883. - — — _ Monogr. Aegypt. Numm. L. c., tav. XXXII, i i RIS 1900. — — var. Ehrenbergi Cnarwman., Tertiary Foramvinifera in Limestones Sinaî. L. c., pag. 370, tav. XIV, fig. 15. 1) OppenHEIM P. Ueber die Numm. des venet. Tert., fig. 21. Berlin, 1894. 2) Riferiamo qui incidentalmente che in generale le granulazioni si possono scoprire mediante; il riscaldamento della superficie; anche esponendo al calore la nummulite per tentarne la sezione, subito si rivelano sotto forma di punteggiature bianche le piccole granulazioni che a fatica si possono notare sull’individuo in ordinario stato di conservazione. 3) DE LA HARPER. Monogr. Aegypt. Numm., pag. 198-200. 27 A. MARTELLI 69 [27] Gli scarsi individui che abbiamo così classificato sono di taglio medio È e questa misura cor- i i È A MARONE È AMI (690 11 «DR risponde pure alla maggioranza dei campioni di questa specie — con i limiti ( 5) e ( 5) — studiati \ 2 dal DE LA HARPE. La conchiglia è discoidale con margine subarrotondato e con superficie ondulata. Anche i nostri, come quasi tutti gli individui di questa dimensione media, mostrano da una sola parte e verso il centro della superficie un poco. visibile rigonfiamento ombellicale di circa mm. 4 di diametro alla base, a cui corri- sponde dalla parte opposta una leggera convessità della superficie. Per la difficoltà di ottenere buone e complete sezioni orizzontali, dobbiamo necessariamente limitarci a determinare la proporzione media fra i millimetri di raggio e i giri, e questa, da ripetute osservazioni su frammenti sezionati, dà: 1 : 2,2, che corrisponde appunto alla media delle Elrenbergi (Gizehensis) tipiche. Lo spessore della lamina è circa la metà del passo della spira e corrisponde alla figura data dal DE LA Harpe !; infatti anche nei nostri campioni abbiamo potuto constatare che la lamina è più ravvi- cinata nei giri al centro e al margine che non in quelli intermedi. i I setti sono sottili, numerosi e poco arcuati, ma siccome si flettono assai poco all’inserzione col giro esterno, ne deriva che la forma delle camere viene ad essere subrettangolare, quantunque la loro area sia. soggetta a variare per l’incostanza dei setti e del passo dei giri che le comprendono. Nel quarto di giro a mm. 10 dal centro se ne contano 40. Lo stato della fossilizzazione non ci consente complete osservazioni sulle sezioni trasversali, dalle quali solo apparisce un maggior ispessimento della lamina lungo il grande asse. Località: — Botticelle, S. Stefano, Monte Marian. Nummulites Gizehensis Enrensere var. Lyelli p’Arcarac et Hamer, 1853. 1853. Nummulites Lyelli Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 25, tav. II, fig. 1. 1881. — Gixehensis Lyelli ve La Harpe. Étud. Numm. de la Suisse; pag. 115, tav. IL, fig. 5-7. 1883. , —_ —- — _ Monogr., Aegypt. Numm. L.c., pag. 192, tav. XXXII, fig. 3, 4. 1890. — — var. — Teuumi. Numm. della Maiella, ecc. L. c., pag. 365. 1900. — — — — Caarwan. Zertiary Foraminifera in Limestones Sinai. L. c., pag. 370. Nel nummulitico di Spalato sono molto rari i campioni riferibili alla var. Lyellî, ma anche per l’esiguo, caratteristico loro spessore i ) è probabile che gli esemplari si siano frantumati e che perciò non appaiano molto numerosi. Il nostro campione meglio conservato e completo ha la dimensione ( 9 DI. La sua superficie è ondulata ed il margine tagliente. Lo svolgimento della spira si scosta dal tipo della Gizehensis, della quale ripete però i caratteri della superficie, giacchè tanto nella parte intermedia quanto in quella più esterna, i giri restano fra di loro alla medesima distanza. 1) pa LA Harpr. Étud. Numm. de la Suisse, tav. I, fig. 10. 70 A. MARTELLI [28) In vari frammenti riferibili pure alla var. Lyellî, abbiamo notato di frequente il caso che la lamina produca una notevole irregolarità nella sezione orizzontale, suddividendosi in branchie secondarie. La proporzione fra i millimetri di raggio e i giri è: 1:1,9 alla metà e 1:2 presso al margine. I setti sono sottili ma formando un angolo postero-superiore acutissimo, perchè si flettono assai presso la volta dove s'inseriscono, danno — in sezione orizzontale — origine a camere falciformi. Nel quarto di giro a mm. 12 dal centro si contano 42 setti. Dal complesso di questi caratteri si può dunque conchiudere che la N. Gizehensis var. Lyelli di Spalato, ha molti punti di contatto con quella del Cairo descritta dal DE LA HARPE. Località: — Monte Marian. Gruppo della N. Murchisoni Coppia: N. Heeri (forma A) e N. Murchisoni (forma B). Nummulites Heeri pe La Harpe, 1880. — Tav. VI [I], fig. 17, 1880. Nummulites Heeri ve La Harpe. Étud. des Numm. de la Suisse, pag. 152, tav. IV, fig. 9-15. 1894. —_ _ —_ Orpenzrmi. Veber die Numm. des venet. Tert., pag. 11, fig. 15. 1896. — — = Oppenzem. Die Eocaenfauna des M. Postale bei Bolca. L. c., pag. 132. Un confronto fra i caratteri della spira quali vengono dati dal DE LA HARrPE per la N. Heeri e quelli presentati da alcune piccole nummuliti di Spalato fa ritenere come sicura l’attribuzione loro a quella spe- cie. Notiamo però come i nostri individui non raggiungano le dimensioni della specie tipica. N Infatti il pe LA HARPE dà come dimensioni della N. Heerè per gl’individui grandi (Fo )iperipio coli ( 2); ora l'esemplare massimo di Spalato presenta la dimensione ( ,. Nè si può dubitare che \ 0,9 si tratti nel nostro caso d’individui giovani poichè mostrano lo stesso numero di giri che il pe LA HARPE assegna a questa forma. Neppure è esclusivo di questa specie il fatto di presentare dimensioni minori che non nelle località tipiche, perchè ciò si riscontra pure, come abbiamo veduto, anche in altre nummuliti dei dintorni di Spalato. Non troviamo quindi sufficienti ragioni per considerare questi nostri campioni come specie nuove, mentre i loro caratteri concordano con quelli riportati dal DE LA HARPE. Riteniamo però utile ripetere la descrizione della specie riferendola all’esemplare di Spalato. 1,8-2 0,7-0,9 mità dell'ultimo giro rilevata sul margine. Superficie incertamente striata e filetti settali radi e sinuosi. Nummulite di piccola dimensione ( ) di forma lenticolare depressa, a orlo acuto, e con l’estre- MEN 132955 i È : E 3 i TO Giri: (ERI) con accrescimento assai rapido essendo ciascun giro circa due volte più alto del 3 precedente. La lamina spirale è sottile come i setti dell’ultimo giro. I setti fini, ravvicinati, largamente e regolarmente arcuati fin dalla base. Tanto la direzione che la distribuzione loro presenta in qualche esemplare una notevole irregolarità. Le camere sono falciformi, molto alte. [29] A. MARTELLI 71 Angolo postero-superiore 12°-16°, angolo antero-inferiore appena ottuso e talora quasi retto. Camera centrale regolare e piccola. Numero delle camere negli esemplari di Spalato e in quello proveniente da Bos d’ Arros figurato dal De LA HARPE (Op. cit., fig. 110): I° giro 1 — forma tipica 1 TORTI 5 8 O ia S 16 IVo , 20 È 22 Il rapporto non è dunque molto diverso da quello che si riscontra pure nei nostri esemplari. Osser- viamo però che non raggiungendo la N. Heerì di Spalato nemmeno le dimensioni degli individui più piccoli delle altre località, anche il numero dei setti deve essere alquanto minore; e notiamo inoltre che in taluni individui che abbiamo sott'occhio si constata una graduale diminuzione nella fittezza dei setti e nell’aumento del passo della spira tantochè per alcuni potrebbe sorgere il dubbio se si tratti di N. Heerì o di una varietà della forma A della N. èrregularis. Località: — Salona e Botticelle. La forma B, Nummulites Murchisoni BRUNNER 1848, manca nella nostra collezione. SEZIONE 2.4 — Nummuliti granulose a filetti settali semplici. Gruppo della N. perforata. Coppia: N. Lucasana (forma A) e N. perforata (forma B). Nummulites Lucasana Derrance, 1850 (f. tipo). — Tav. VI [I], fig. 18. 1853. Nummulites Lucasana Drrr. D’ARCE. et H. Monogr., des Numm., pag. 124, tav. VII, fig. 5, 6,9." 1887. _ — — DELA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 823. 1883. — — — DE La Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 208. 1888. — = — Teuumi. Numm. dell'Alta Italia occ. L. c., pag. 214. 1890. — —_ — Tecuni. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 381, tav. XII, fig. 6. 1893. — —_ — Tragucco. Terr. ferx. bac. piemont. L. c., pag. 23. 1893. — — -- Rovasenpa. / fossili di Gassino. L. c., pag. 15. 1894. _ = — ©Orpennem. Weber Numm. des venet. Tert., pag. 12. 1894. — — — Trasucco. Sulla posiz. del cale. di Mosciano e terr. eoc. del bacino di Firenze, pag. 2,3. 1896. _ —_ — Orrennem. Die Hocaenfauna des M. Postale bei Bolca. L. c., pag. 130. 1898. —_ —_ — Trasucco. Stratigr. dei terr, della prov, di Firenze, pag. 18. 1901. —_ — — Marrenni. Fossili dî Paxos ece. L. c., pag. 422. 1901. —_ — — Prever. Numm. dei dint. di Potenza, L, c., pag. 494. Gli esemplari di questa specie sono abbondantissimi nel nummulitico di Spalato, ma — eccezione fatta per la var. granulata DE La HARPE — riescono difficilmente riconoscibili all’esterno perchè la loro superficie è in generale ricoperta di granulazioni poco o punto spiccate. Questa però non è una partico- larità esclusiva della N. Zucasana dei dintorni di Spalato perchè anche il De LA HARPE osserva che in 72 A. MARTELLI [30] questa specie, e più che mai nella, sua varietà obsoleta e nella sua forma B (N. perforata), le granulazioni fanno spessissimo, anzi quasi sempre difetto sia per la corrosione della superficie sia per altre cause, tanto che nemmeno si possono facilmente scoprire decorticando la nummulite. Infatti la prima impressione che si riceve nell’esame dell’abbondante materiale preso a studiare; «è di una considerevole prevalenza di nummuliti di dimensioni medie e con superfici liscie. Specialmente alla Cavalla (Botticelle) dove le nummuliti ci sono sembrate rimaneggiate più che altrove, le superfici spesso levigate di N. Lucasana si confondono con grande facilità con quelle della N. TeRihatcheffi. Soltanto in seguito a molteplici sezioni di esemplari ci si può convincere che la specie più larga- mente rappresentata nei terreni nummulitici di Spalato è appunto questa di cui ci stiamo occupando. Facendo astrazione pel carattere meno spiccato della superficie, la N. Lucasana di Spalato corri- sponde all’esemplare tipo descritto nella classica Monographie des Nummulites, se non che pel complesso dei giri della spira la figura a cui più si assomiglia è quella data dal TeLtINI (confr. sinonim.). Notiamo che questa specie si presenta nei dintorni di Spalato con cinque varietà, compreso il tipo, le quali hanno solo in comune'la particolarità della spira che fin dal contorno della camera iniziale, acquista subito i suoi caratteri definitivi che mantiene inalterati fino al margine. x La N. Lucasana (tipo) è una forma, ripetiamo, assai diffusa nei ‘terreni di Spalato e presenta in prevalenza le dimensioni (a) 3,3-3,5 La conchiglia ugualmente rigonfia sulle due superfici, ha esemplari con granulazioni per lo più poco visibili, perchè esse, insieme con i filetti sepimentali, sono poco appariscenti e di qui ne deriva una facile confusione con la N. Zehihatcheffi, se per l’esame della superficie non si ricorre all’ ausilio di una lente. Non ci indugiamo a descrivere questa forma perchè assai nota e anche riprodotta nell’annessa tavola . in modo chiaro e dimostrativo. a 6-7 Giri: (i) ò In Italia si è generalmente limitato l’orizzonte di questa specie e quindi della sua, forma B, al Pari- siano, mentre gli studi di StAacHE ne avrebbero esteso l’Rabitat. Infatti occupandosi dei terreni eocenici della Carinzia, Istria e Dalmazia, egli ha distinto in due piani quel calcare nummulitico compreso fra il calcare ad Alveoline, Assilina exponens e granulosa dell’ eocene inferiore e il Flysch nummulitico del- l’eocene superiore. In:ciascun piano di questa formazione intermedia, che non può tutta riferirsi all'eocene medio soltanto, egli comprende la N. Lucasana DEFR. Nummulites Lucasana Derr. var. obsoleta ne La Harpe, 1877. 1877. Nummulites Lucasana var. obsoleta pe LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 824. 1883. _ — _ — Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 208, tav. XXXV, fig. 11-14. 1888. — — — Tenuini. Numm. dell’Alta Italia occ, L. c., pag. 214. 1901. — ci _ Prever. Numm. dei dint. di Potenza L. c., pag. 495. 3 UE 3-5 Dimensioni : (3) . Nell’interno si contano 3-5 giri poco regolari negli individui più giovani, e con passo costante: e spes- sore uguale all’altezza delle loggie in quelli di dimensioni maggiori. Camera centrale grande e piuttosto irregolare. [31] A. MARTELLI 73 I setti molto arcuati e flessuosi sono più ravvicinati al centro che non alla periferia, cosicchè le log- gie verso la parte periferica della sezione orizzontale sono più lunghe che alte e, negli individui più giovani, anche notevolmente falciformi. Località: — Abbondante a Salona e alle Botticelle. Nummulites Lucasana Derr. var. depressa p’Archniac et Ham, 1853. Tav. VI [I], fig. 19. 1853. Nummulites Lucasana var. depressa D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 125, tav. VII. fig. 9. Gli esemplari maggiori ( e) appartenenti ‘alla specie in esame sono i rappresentanti di una forma più depressa e a margine acuto. Per la sottile lamina che compie i giri regolari, vale la notazione 35): NAS9, Un carattere notevole dei campioni più grandi è di mostrare una distanza fra le inserzioni de’ setti sempre crescente verso l'esterno; si contano infatti 4 setti in un quarto della II° loggia 642, 5 5 SIE INEGNE T » e) » Me o Dato l’aspetto generale di questi esemplari, li abbiamo riferiti appunto alla var. depressa quantunque D’ArcH. et H. non ci facciano conoscere in quale proporzione si presentino i setti internamente. Località: — Gli individui di questa varietà sono comuni nei dintorni di Spalato. Nummulites Lucasana Derr. var. granulata pe La Harper, 1877. — Tav. VI [I], fig. 20. 1877. Nummulites Lucasana var. granulata pe La Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 824. | 1890. = — — — Terumr. Numm. della Maiella ecc. L.c., pag. 382, tav. 12, fig. 8,9. 1901. —_ — —_ — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 495. Riferiamo a questa varietà non poche N. Lucasanae che presentano sulle superficie rigonfie, granu- lazioni numerose e grosse, le quali spargendosi per tutta la conchiglia in serie presso che concentriche giungono fino al margine. È ERE 5-7 Dimensioni : al Sovente porzione della seconda loggia è più stretta, ed allora vi corrisponde un maggior numero di x setti. Pel resto la spira può dirsi regolare ( 9 s) e con un numero di giri pari a quello che presentano gli esemplari della Maiella. I setti sottili e poco arcuati sono: 6 in un quarto della II° e III" loggia A 1-8 5) » IE 5) E interessante far osservare come la megasfera sia più regolare che non nelle altre varietà. ‘ Località: — Camposanto, Botticelle, Salona. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 10 74 A. MARTELLI i [82] Nummulites Lucasana Drerr. var. Meneghinii p’Arca. et H., 1853. — Tav. VI [I], fig. 21,22. 1853. Nummulites Meneghini D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 120, tav. V, fig. 7 arc. 1890. —_ Lucasana var. Meneghini Terni. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 382, tav. XII, fig. 7. 1901. — = — _ Genmine. Su alcune numm. dell’ Ital. merid. L. c., pag. 8, fig. 6. 1901. —_ —_ — —_ Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 495. Riferiamo a questa varietà alcuni esemplari i quali, nonostante una minore dimensione, corrispondono alla descrizione della N. Meneghini data dal D’ARrcH. et H. come specie autonoma; e se conveniamo anche noi di riunire questi individui alla specie Lucasana, è perchè il complesso dei caratteri esterni e di quelli relativi all'andamento della spira sono tali da autorizzare simile determinazione. Conchiglia lenticolare con granulazioni sulla superficie disposte per lo più in linee raggiali, le quali pur essendo poco appariscenti si prolungano fino al margine. Dimensioni: ci 3 / La sezione orizzontale ci mostra nove giri di spira assai regolari ed una lamina con uno spessore che va in modo quasi inavvertibile aumentando dal centro alla periferia, tanto da divenire negli ultimi giri uguale a metà altezza delle loggie e da superare all’orlo tale spessore. ‘I setti sono molto sottili e ben arcuati ed anzi, in conseguenza della loro flessione, si inseriscono con un acutissimo angolo postero-superiore; se ne contano: 6 in un quarto della IV? loggia 8 » » Ve e Ne t)) La megasfera è regolare e con un diametro uguale a !/12 di quello dell’intiera nummulite. Avendosi verso il centro la lamina più sottile ed i setti più fitti e verificandosi l’inverso appressan- dosi all’orlo, ne deriva che le camere sono nelle prime loggie quasi quadrate mentre nelle successive sì presentano più larghe che alte. I caratteri sempre visibili della superficie ed un maggiore svolgimento della spira ci permettono di distinguere con facilità questi esemplari da quelli riferibili alla tipica Lucasana o alla var. granulata, mu- nita di grosse e diffuse granulazioni. Il TELLINI riconosce questa varietà come compagna della N. perforata var. Kenevieri, mentre le strette concomitanze con una nuova forma di N. perforata con la quale l’abbiamo trovata insieme e a cui ab- biamo posto il nome di N. perforata var. Stefanii non possono lasciar dubbi sulla vera costituzione della coppia, mentre riteniamo che la N. perforata var. Renevieri sia invece la forma B della N. Lucasana var. depressa. Località: — Botticelle. Nummulites perforata n’OrsiGny, 1826. 1853. Nummulites perforata D’ OrB. D’Afcr. et H. Monogr. des Numm., pag. 115, tav. 6, fig. 19. 1877. — _ —. DE LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 822. 1881. — — — DE La Harpr. Htud. Numm. de la Suisse, pag. 130. 1883. — _ — DE LA Harpe. Monogr. Aegypt. Numm. L. c., pag. 203. 1888. — — — Teuumi. Numm. dell'Alta Italia oce. L. c., pag. 210. 1890. —_ — — Tenumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 378, tav. XIV, fig. 51. 1893. —_ — — Rovasenpa. I fossili di Gassino. L. c., pag. 15. 1893. — — — Trazucco. Terr. terx. del bac. piemont. L. c., pag. 24. 1901. — _ — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 492. _ [33] A. MARTELLI 15 ù Anche questa specie ha molti rappresentanti nei terreni nummulitici di Spalato, ma l’incostanza di taluni caratteri secondari suscita frequenti imbarazzi nel confronto con le numerose varietà distinte dai nummulitologi. Pur non trascurando di tener conto di talune incostanze di caratteri che tratto tratto sì possono osservare fra questi esemplari sempre abbondanti, abbiamo in questa specie compreso tutte le nummuliti che oltre all’aspetto della superficie tipica della N. perforata, presentano, eccetto che nelle varietà più oltre menzionate, la caratteristica di una spira stretta nei primi giri, più ampia verso la parte media e serrata nel contorno. È un fatto che non pochi campioni da noi determinati come N. perforata D’ ORB. sarebbero invece riferibili ad altre come per es. alle N. Renevieri, descritte dal De La HARPE; ma chi potrebbe ancora fare una distinzione fra queste pretese specie quando lo stesso DE LA HARPE giunto al termine del suo studio sul gruppo delle nummuliti granulose a filetti radiali 0 meandriformi conclude con l’ascriverle tutte alla stessa specie? ! Egli ritiene infatti che l’accrescimento e lo studio ulteriore dei materiali apporterà una conferma all’intima sua convinzione che, malgrado la sensibile diversità delle forme distinte come: N. per- forata D’OrB., N. Renevieri pe LA HARPER, N. Sismondai D’ARCH., N. Verneuille D’ARCH., e N. Lorioli DE LA HARPE, queste formano una sola e stessa specie variabile all'infinito. Inoltre, osservando che tutte appartengeno allo stesso piano geologico, anche la N. Deshayesi e N. Bellardii D’ArcH. debbono essere riunite a questa stessa specie con numerose varietà, dovute in gran parte a influenze locali che hanno modificato taluni caratteri in modo particolare. Il nome specifico da conser- varsi deve essere quello di N. perforata D’ORB. perchè si applica alla’ forma più estesa, mentre gli altri possono venire a designare le diverse varietà, L’uniformità dei depositi di Spalato e la. non corrispondenza fra il numero delle forme a megasfera e quelle a microsfera appartenenti al gruppo considerato dal pe LA HARrPE — dato che della N. perforata si volessero fare molte specie — sono pure fatti che favoriscono, almeno in parte, il raggruppamento delle nummuliti in parola, che non posseggono realmente caratteri specifici tali da permettere di essere ritenute come autonome. In generale sono stati ascritti alla forma tipo gli individui che con maggiore esattezza si sarebbero dovuti considerare come var. aturensis. Possiamo ripetere sull’habitat di questa specie quanto abbiamo in generale accennato sulla N. Lu- casana. Essendo una delle nummuliti più diffuse e caratteristiche dell’ eocene medio, nella regione italica è stata trovata, come abbiamo notato in sinonimia, nel Piemonte (TRABUCCo-RovasenDA) nella Maiella, Gargano, Isole Tremiti (TELLINI) e ricordata nei lavori che accennano ai fossili del Veronese, Vicentino, Friuli, Liguria occ. (p’ArcHIAC et HAaime, MuniER CHALMAS, TARAMELLI, OPPENHEIM, MARIANI, IssEL) e final- mente nei terreni nummulitici della Dalmazia da SracHs. Però riguardo al valore cronologico di questa Specie ci riferiamo ancora a quanto abbiamo scritto al principio di questo studio. Le forme più grandi di questa N. perforata sono frequenti al Monte Marian, Santo Stefano, Botti- celle e Spalato, ma mancano quasi completamente a Salona dove si hanno invece i rappresentanti della var. Renevieri e granulata. Fra i molteplici esemplari di questa specie con dimensioni limiti ( 5) e (3) abbiamo creduto ri- conoscere le seguenti forme: !) pn La Harpn. Htud. des numm. de la Suisse, pag. 139. 76 A. MARTELLI [34] Nummulites perforata n’ Ors. var. Aturensis p’Arcmac et Ham, 1853. 1853. Nummulites perforata var. a. Aturensis D’Arcr. et H. Monogr. des Numm., pag. 117, tav, VI, fig. 5, 6. 1890. _ — — TeLuini. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 378, tav. XIV, fig. 49, 50. Riteniamo queste nummuliti come forme microsferiche degli esemplari da noi riferiti alla forma tipo della N. Lucasana con 6-7 giri di spira. Sono da ascriversi a questa varietà taluni degli esemplari più grandi della specie perforata della re- gione spalatina; si tratta di grossi individui discoidali per lo più rigonfi, a margine ottuso e della dimen- sione: (a " \8,5-9/° È Sr SIRIO IDE i ; ì La lamina abbastanza regolare compie i suoi giri ) restringendosi, ma solo con un piccolo nu- mero di giri, alla periferia. I setti disposti con poca regolarità sono meno numerosi che nella varietà tipica. Località: — Trovasi in tutti i terreni nummulitici di Spalato, eccetto che in quelli presso Salona. Nummulites perforata D’' Ore. var. obesa Levmerm, 1848. 1853. Nummulites obesa Lexm. D’ARrcH. et H. Monogr. des Numm., pag. 134, tav. VIII, fig. 7. 1883. — perforata Monte. var. obesa De La Harpe. Monogr. Aegypi. Numm. L. c., pag. 206, tav. XXXV, fig. 1-10. Come corrispondenti microsferici della N. Lucasana var. obsoleta, abbiamo taluni esemplari di N. per- forata che non esitiamo ad ascrivere alla var. obesa date le loro dimensioni e il loro aspetto rigonfio. Tanto i caratteri della superficie quanto quelli che appariscono dalle sezioni orizzontali non lasciano dubbi sulla determinazione perchè infine anche per i campioni di Spalato si potrebbe ripetere la descrizione data dal DE LA HARPE (Op. cit., pag. 206). i Osserveremo solo che le nostre var. obesae hanno in prevalenza le dimensioni medie date dal DE LA . (10-13) HARPE: (RE): Località: — Salona e Botticelle. Nummulites perforata n’ OrB. var. Renevieri pe La Harpe, 1881. — Tav. VI [I], fig. 23. 1881. Nummulites Renevieri ne La Harpe. Htude des Numm. de la Suisse, pag. 132-134. 1890. -- perforata var. Renevieri pe LA Harpe. TeLuini. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 378, tav. 200, sa, IL 1901. — — _ —_ —_ GentILe. Su alcune Numm. dell’ Italia merid. L. c., pag. 10, fig. 9. 1901. —_ —_ — — — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 493. Ah BERO, Cso 5 He . (12-15 Ascriviamo a questa varietà gli esemplari di N. perforata che hanno giri poco numerosi si e che non si condensano verso l’esterno dove non di rado la lamina si va invece assottigliando. [85] A. MARTELLI 71 Le forme giovani sono le più spesse, mentre il contrario si verifica per quelle più adulte. 12-14 7) I setti molto flessuosi e poco regolari sono in numero di 9 in un quarto di loggia alla metà del raggio. Ad accompagnare la N. Lucasana var. depressa abbiamo sempre trovato questi campioni che pure sono molto abbondanti in tutte le località fossilifere dei dintorni di Spalato. Dimensioni : ( Nummulites perforata p’ Or. var. granulata Terni, 1890. — Tav. VI [I], fig. 24, 25. 1890. Nummulites perforata var. granulata Terni. Numm. d. Maiella ecc. L. c., pag. 379, tav. XIV, fig. 42, 43. Ie — _ — Gann. Sv alcune Numm. dell’ Italia merid. L. c., pag. 10, fig. 8. Insieme alla N. Lucasana var. granulata, abbiamo trovato talune N. perforatae che vanno ascritte a questa varietà così facilmente distinguibile per l’omologia che presenta con i caratteri della citata sua forma a mesasfera. Le granulazioni molto appariscenti sono sparse per la superficie e dal centro si esten- dono senza ordine fino al margine. ; dp IO Dimensioni: DE). Ren dI) Giri: i } Setti 9 in un quarto della VIII* loggia 11 5) ”» xs » In generale la nummulite è piuttosto rigonfia anzichè depressa. Gli esemplari di Spalato riferibili a questa varietà corrispondono alle descrizioni del TELLINI e della GENTILE, ragione per cui crediamo inutile di dilungarci ad illustrare questa forma. Località: — Comune a tutti i terreni nummulitici di Spalato. Nummulites perforata D’ Ore. var. Stefanii nov. — Tav. VII [II], fig. 1,2. Alcuni pochi esemplari che presentano in sezione orizzontale molta analogia con la varietà prece- dente, si scostano invece da tutte le nummuliti finora descritte, allorchè con una attenta osservazione si avverte la perfetta corrispondenza fra questa forma microsferica e quella megasferica distinta come N. Lucasana var. Meneghinii. Dimensioni: ( del UT SAI) i Giri: SÌ Setti: 9-10 in un quarto di loggia a metà del raggio e 10 in tutti gli altri giri più esterni. Angolo antero-inferiore 85°-90°, postero-superiore incostante ma sempre molto acuto. Questa nummulite è di forma piuttosto rigonfia e a margine un poco assottigliato. Superficie con piccole punteggiature non sempre visibili causa una frequente ed irregolare corrosione. Appena decorticando la nummulite si distinguono benissimo i filetti settali numerosi e fitti, alternati da linee di punteggiature in serie raggiata, che insieme con i setti vanno dal centro alla periferia. Per questo carattere corrisponde perfettamente alla sua forma A (N. Lucasana var. Meneghinii). 78 A. MARTELLI [36] Ricordiamo che per lo più nelle altre varietà della N. perforata, i filetti settali si dispongono dal centro al margine in serie ondulate mostrando con la nostra varietà una differenza non trascurabile. La spira è poco regolare perchè aumenta di passo in modo variabile come 1 :1,2-1,5 fino alla metà del raggio e quindi rimane quasi costante fino al margine. La lamina stretta al suo inizio, ha uno spessore pari all’altezza delle loggie nei primi giri e dei ?/, in quelli intermedi (VI, VII, VIII) dove sembra raggiungere il suo massimo spessore perchè i successivi più esterni, causa pure l’aumentato passo della spira, sono uguali a circa un terzo dell’altezza della loggia. I setti sono sottili e nei primi tre giri quasi diritti. In seguito, man mano che si vanno avvicinando alla periferia, si flettono a distanza sempre minore dalla base, dimodochè nel V, VI, VII giro giunti vicino alla volta si piegano improvvisamente decorrendola per un breve tratto da presso prima d’inserirvisi, mentre negli altri il punto di flessione del setto si abbassa sempre fino a non rendersi più visibile negli ultimi. Con l’allontanarsi dal centro s'inseriscono a distanze sempre maggiori tantochè nelle loggie più esterne e quindi più ampie, il loro numero non aumenta. Un altro carattere importante della nuova varietà è dato dall’irregolare disposizione de?’ setti, i quali, oltre all’ essere spesso anche contorti, ora sono più ora meno avvicinati fra loro e mai subparalleli, cosicchè le camere da essi limitate nonostante che siano sempre più larghe che alte sono pure assai irregolari e non hanno mai un rapporto costante fra le due principali loro dimensioni. Riepilogando diremo che questa varietà si distingue dalla var. Renevieri per essere più globosa e con filetti settali raggiati e per una maggiore e sempre evidente irregolarità nello spessore della lamina e nella disposizione dei setti. Località: — Botticelle e S. Stefano. Coppia: N. suboenotria (forma A) e N. oenotria (forma B). Nummulites suboenotria sp. nov. — Tav. VII [II], fig. 3. Le nummuliti di media dimensione a megasfera, hanno sempre fra loro delle considerevoli analogie tanto che non è sempre facile di distinguere gl’individui che dànno origine alle forme grandi, più facil- mente comparabili fra di loro. Nel nummulitico della Maiella non viene descritta, di questa coppia, altro che la forma B. Noi per la correlazione dei principali caratteri specifici dati dalla superficie, dalla disposizione dei setti e dallo svolgimento della spira, crediamo di poter presentare la forma A della N. oenotria in nummuliti poco rigonfie e con la superficie ricoperta di minute granulazioni e di filetti radiali attorno al margine. Questa nuova forma che stiamo per descrivere si distingue anzitutto dalla N. Lucasana tipica per un numero di giri e dimensioni minori, e dalla N. Lucasana var. granulata, a cui molto si approssima per i caratteri interni, per la differente granulazione della superficie. Ed ecco senz’altro la descrizione di questa nummulite ritrovata insieme con la compagna N. oenotria. ì PR AARO Dimensioni: \ I, DI È 6 Giri, compreso il contorno della camera centrale, ( i Nb) Setti: 3 in un quarto della I loggia » 5 ” b)) He » » 1-8 ” » II° » È) 8-9 ” n IVa ” | [87] A. MARTELLI 79 Angolo antero-inferiore ottuso; postero-superiore sempre più acuto verso l’ esterno. Forma lenticolare leggermente umbonata. Filetti settali in raggi alternati con le punteggiature. La spira si svolge regolarmente con passo quasi costante e la lamina, che nei giri più esterni è molto sottile, ha il suo massimo spessore nel II° e III° giro, dove è uguale a 1/, dell’altezza delle loggie. La camera iniziale è uguale a !; del diametro dell’intera nummulite ed ha la forma più di un ellis- soide a fuochi molto ravvicinati, che non di una sfera. I setti sono sottili, incurvati verso la volta e più nella prima e nelle ultime loggie che non in quelle intermedie, dove il punto di flessione del setto è meno prossimo alla base. Le loro inserzioni non av- vengono a distanze sempre uguali e perciò talune porzioni di loggie comprendono un numero maggiore . di setti, più ravvicinati e meno paralleli fra loro. È osservabile pure che l’altezza delle loggie non va soggetta a restringimenti repentini come si ha luogo di notare nella N. Lucasana var. granulata. Passiamo ora all’omologa a microsfera ritrovata insieme alle Botticelle. Nummulites oenotria TeLumi, 1890. — Tav. VII [II], fig. 4. 1890. Nummulites oenotria TeLuini. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 380, tav. XII, fig. 4. Fra le nummuliti granulose a filetti raggiali e a microsfera, il TELLINI pone la nuova specie N. oe- notria, ma non ne dà che un breve accenno perchè si tratta di individui poco uniformi. Noi crediamo PRO RES SI ; ; 10 tuttavia di potervi riferire un esemplare assai ben conservato e della misura ( 3 o. La superficie, oltre che da strie presso al margine, è ricoperta di molte granulazioni, però non molto grosse, e da una parte ha un piccolo umbone centrale. Giri: (3) 10-11) Il carattere 3 ci ha servito principalmente di guida nella determinazione è quello della spira, la quale infatti è qualche cosa di mezzo fra quella della N. levigata var. scabra e della N. italica. Il passo aumenta come 1:1,3 insieme con lo spessore. La fittezza dei setti, poco regolari, specialmente negli ultimi giri, viene considerata come principale distintiva di questa specie. Anche nella figura che di essa ci dà il TELLINI, l’inequidistanza dei setti, salvo frequenti casi in cui se ne trovano due o tre più ravvicinati, è principalmente verificabile nei giri più esterni. Le camere, eccetto che alla periferia, anche nel nostro esemplare sono più alte che larghe. Località: — Botticelle. Sezione 3. — Nummuliti reticolate e granulose. Gruppo della N. Brongniarti. Coppia: N. Lamarcki (forma A) e N. laevigata (forma 5). Nummulites Lamarcki p’Arcuac et Hamer. 1858. — Tav. VI [I], fig. 12. 1853. Nummulites Lamarcki ’Arca. et H. Monogr. des Numm. pag. 109, tav. IV, fig. 14. 1901. = - — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 497. 1901. — — — GenmiLE. Su alcune Numm. dell’Italia merid. L, c., pag. 7, fig. 5. 80 A. MARTELLI [38] 3 SEI RABIA BOE OR i Digi DT Esemplari poco numerosi e di dimensioni (3 )i di forma biconica alquanto appiattita e con super- ficie raggiata di strie. Nella sezione orizzontale si contano cinque giri compreso il contorno della camera iniziale che non è molto grande ma chiaramente visibile insieme con la prima camera semilunare della serie, con la quale assume un aspetto caratteristico di 8 schiacciato. La spira ha un passo che va aumentando nella proporzione di 1:1,5 mentre la lamina si mantiene di spessore uguale alla metà circa dell'altezza della seconda loggia. I setti sono sottili, regolari, equidistanti e solo ricurvi presso la volta; se ne contano 5 in un quarto della II° loggia 7 È O NINEa 8 » b}) INTE » Angolo postero-superiore 15°-20°, antero-inferiore quasi retto. Queste nummuliti si distinguono anche all’esterno dalla N. Guettardì per lo spessore minore e per la sottigliezza delle sue numerose strie che sono pure spesso dicotome; in sezione poi si distingue per la costanza della lamina, giacchè questa si presenta nella N. Guettardi più sottile verso il centro e più spessa verso la periferia, senza contare che i setti della N. Guettardi hanno la caratteristica di essere alla base alquanto ingrossati. Pel complesso di questi caratteri, riteniamo appunto tali nostri campioni come rappresentanti d’in- dividui riferibili alla specie Lamarcki. Località: — Solo a Salona abbiamo ritrovata questa specie, la quale per altro vi è scarsamente rappresentata, tanto che malgrado le più accurate ricerche è mancata al nostro esame la forma micro- sferica (N. laevigata) tanto comune nei terreni di Metkovic (Dalmazia meridionale). Coppia: N. subitalica (forma A) e N. italica (forma B). Nummulites subitalica TeLumi, 1890. — Tav. VII [IJ], fig. 5. 1890. Nummulites subitalica Terri. Numm. d. Muiella ecc. L. c., pag. 394, tav. XIII, fig. 4; tav. XIV, fig. 13-15. Siamo lieti che l’ottimo stato di conservazione ci permetta di determinare con sicurezza questa coppia, la quale ritrovandosi pure nei terreni di Spalato viene ad avvalorare la bontà della specie instituita dal TELLINI. i Gli esemplari della forma A si riconoscono con facilità in mezzo agli altri per essere globosi, rico- perti da grosse e rade granulazioni e per avere, in una parola, la superficie che corrisponde a pieno alla fotografia che ne dà il TeLLINI. Solo le reticolature dei filetti non si appalesano bene all’esterno, sia perchè sono estremamente sottili e sia perchè, come negli esemplari della Maiella e del Gargano, essi riprodu- cono la forma dei setti solamente sulla superficie della porzione periferica della conchiglia. Dimensioni : (55 ) 3 ara 5-6 Giri: (Gre: La lamina, all’opposto della N. suboenotria, è più sottile nel 2°-3° giro, e la spira dal contorno della » [39] A. MARTELLI i 81 megasfera assume subito nelle sue volute un passo che, salvo una diminuzione sensibile nella seconda loggia, si può ritenere quasi costante, perchè appena in modo inavvertibile aumenta fino al penultimo giro. Setti: 7-8 nell’arco del quadrante a metà del raggio, dove la loggia è più stretta; 4 nel precedente e 6-7 nel successivo. Essi sono fini, poco ricurvi e, tra loro inequidistanti, limitano delle camere che in massima sono nei primi giri di poco più alte che larghe, e l’opposto nei più esterni. Unica variante, se pure può chiamarsi così, negli esemplari di Spalato si trova in individui che hanno una lamina meno spessa; ma avendo a comune ogni altro carattere coni campioni descritti, non abbiamo creduto di tener conto di simile diversità per fissare una varietà nuova, giacchè questa differenza può derivare da un minor grado di spatizzazione. Nummulites italica TeLumi, 1890. — Tav. VII, [II], fig. 6. 1890. Nummulites italica TeLLini. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 388, tav. XII, fig. 12-14; tav. XIV, fig. 41. i 1901. — — Ter. Gentine. Su alcune Numm. dell’ Italia merid. L. c., pag. 5, fig. 3. È una delle specie comuni di Spalato, o almeno la consideriamo come tale, per la frequenza con cui si nota in mezzo alle altre, date le sue dimensioni e la sua forma non molto discosta da quella della N. perforata, ma, di questa, più appiattita, non di rado ondulata e con la superficie munita di piccole e poco visibili granulazioni. } b]l9 Nel nummulitico di Spalato abbiamo solo trovato gli individui dalle dimension più piccole: - n) Anche i caratteri interni corrispondono alla descrizione del TELLINI. dh 14 Giri: i Spira alquanto irregolare; ha un passo crescente fino ai *| dal centro e costante nel seguito fino ai due ultimi dove è decrescente. Lo spessore della lamina aumenta pure saltuariamente dal centro al margine e a metà del raggio è uguale a mezza altezza delle loggie. I setti sono molto arcuati nei primi giri; da quelli intermedi in poi divengono più irregolari nella disposizione, nella distanza e nell’ inclinazione. Nel quarto delle prime loggie se ne contano 7-8, a metà del raggio 11-12, e all’estremità 15. Le camere sono al centro una volta e mezzo più alte che larghe, subquadrate a metà raggio e una volta e mezzo più larghe che alte alla periferia. TeLLIini non ha basato l'istituzione di questa specie soltanto sugli individui del Gargano ma su molti altri che in abbondanza si trovano nei centri fossiliferi più noti dei terreni eocenici del Friuli. Nulla dunque di nuovo se al termine orientale della zona nord del bacino adriatico si rinvengono specie di nummuliti già note nei terreni eocenici del Veneto. Questa specie è stata probabilmente confusa con qualche varietà della N. laevigata o della N. De- franceì e allora si spiega perchè una nummulite così diffusa solo di recente si sia riconosciuta specie autonoma. Località: — Noi abbiamo ritrovata questa coppia al Monte Marian e alla Cavalla (Botticelle). Quest’ ultima per i caratteri della roccia e della fauna corrisponderebbe alla località del Gargano dove è più comune questa specie, perchè il TELLINI ci dice appunto che vi si trova una ricca messe di num- muliti isolate e rimaneggiate nella roccia insieme con scarsi frammenti di lamellibranchi, echinidi e serpule. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. il 82 A. MARTELLI [40] Gen. Assilina D’ORBIGNY. Coppia: A. mamillata (forma A) e A. exponens (forma B). Assilina mamillata D’ArcHIac, 1847 1853. Nummulites mamillata D’ArcH. D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 154. 1867. Assilina petite espèce — De LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 829. 1894. — subexponens OrpennEmM. Numm. des venet. Tert., pag. 13, fig. 16. 1896. —_ — OprprenzEmM. Die Eocaenfauna des M. Postale bei Bolca. L. c., pag. 133. 1901. — mamillata v’Arca. Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 497. DE LA HarPE facendo astrazione dall’ A. spira e subspira e notando le indecisioni che gli Autori della Monographie des Nummulites dimostrano nel determinare le assiline, viene a conchiudere che, dallo studio delle sole assiline di Menton e Mortola, le specie grandi (mm. 18-20) a microsfera corrispondono alla N. (Assilina) exponens Sow. con le sue tre varietà secondo la superficie liscia, plicata e granulata, e quelle piccole (mm. 4-12) alla N. (Assilina) mamillata D’ARCH. con le stesse citate varietà a seconda dei carat- teri della superficie ®. Malgrado le più pazienti ricerche non abbiamo avuto la fortuna di ritrovare nei terreni di Spalato altro che una sola varietà di questa assilina, mentre il Tertini nel nummulitico del Gargano cita, della forma megasferica dell’A. exponens, le var. plicata e granulata. Assilina mamillata p’Arcx. var. plicata pe La HarPE, 1877. 1890. Assilina mamillata var. plicata Ternini. Numm della Maiella ece., L. c., pag. 396, tav. XIII fig. 13. Il nostro piccolo esemplare (È) è da riferirsi appunto a questa varietà della pefife espèce del DE LA Harpe. All'esterno si distingue il decorso della spira e la disposizione dei setti corrispondenti alla se- zione mediana figurata dal TELLINI, ma con un numero minore di giri ( 5) escluso il contorno della ca- mera centrale. Località: — Cavalla (Botticelle). Assilina exponens SowerBr, 1840. 1853. Nummulites granulosa D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 151. 1877. Assilina grande espèce pe La Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 829. 1894. — exponens Sow. Orrenzem. Numm. des venet. Tert., pag. 11. i 1896. — — — OrpennEni. Die Eocaenfauna des M. Postale bei Bolca. L. c., pag. 132. 1901. — — — Prever. Numm. dei dint. di Potenza. L. c., pag. 497. Riteniamo con DE LA HARPE che la N. granulosa D’ArcH. et H. sia sinonima di questa e quindi della grande espèce del DE LA HARPE. Pochissimi sono gli esemplari che noi abbiamo trovato nelle nostre ricerche nei dintorni di Spalato i) pe LA Harpe. Numm. de Nice. L. c., pag. 831, nota. “>. DEI [41] A. MARTELLI 83 giacchè è noto che nei giacimenti nummulitiferi le Assiline sono per solito scarsamente rappresentate. Fra esse abbiamo riconosciute le seguenti varietà: Assilina exponens Sow. var. plicata pe La HarPr, 1877. 1853. Nummulites granulosa D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 151, tav. X, fig. 12, 15-17. La N. granulosa D’ArcH. comprende indubbiamente la var. plicata e la granulosa della grande espèce del DE LA HARPE. A questa varietà noi riferiamo due esemplari delle dimensioni ( 16alo 92,4-2,5/” La loro superficie è coperta da pieghe raggianti con direzione interrotta corrispondente ai setti e intramezzati da giri in apparenza concentrici, ma in realtà prodotti dal decorso della sottile spira che compie 12 giri. I setti sono pure diritti e nel quarto della terzultima loggia se ne contano 14-16. Località: — Cavalla (Botticelle). Assilina exponens Sow. var. granulosa p’ArcHiac, 1850. 1853. Nummulites granulosa D’Arca. et H. Monogr. des Numm., pag. 151, tav. X, fig. 11. 13-13,5\. ì BEE . ; mani essi sono a margine tagliente con punteggiature in serie spirale sulla superficie, le quali sembrano corrispondere alla cavità delle camere interne. i 12 Giri: (Fa) Lamina sottile in principio e di poco crescente in spessore verso l’ esterno; il passo della spira aumenta verso la periferia ma non tanto quanto nei campioni descritti dal DE LA HARPE. \ I setti sono sottili, fitti e quasi perpendicolari alle loggie. Le camere sono circa un quarto più alte che larghe. Località: — Cavalla (Botticelle). Due esemplari le cui dimensioni sono: ( Gen. Orbitoides D'ORBIGNY. Coppia: 0. (Lepidocyclina) dispansa (forma A e B). Orbitoides (Lepidocyclina) dispansa SoweRBy, 1829. 1853. Orbitoides dispansa Sow. D’Arc®. et H. Descr. de foss. de ? Inde, pag. 349. 1868. _ — Ginger. Foraminiferenfauna der nordalpinen Eoccdingebilde, pag. 701, tav. III, fig. 40-47. 1875. —_ _ — von Hantxen. Die Fauna der Clavulina Sxzaboi Schichten. 1 Theil. Jahrbuch der Kon. Ungarn. Geolog. Anstalt, pag. 82, tav. XI, fig. 3. 1901. —_ —_ — Marrenti. Fossil di Paxos ecc. L. c., pag. 418. In base sia ai caratteri esterni che interni ascriviamo con sicurezza a questa specie taluni esemplari di orbitoidi. 84 A. MARTELLI [42] Forma A (nov.). — Tav. VII [II[, fig. 7. Riteniamo che questa forma sia rappresentata dagli individui più piccoli compresi per l’addietro nelle varie descrizioni relative alle forme più grandi a cui la riportata sinonimia pure si riferisce. .L’ottimo stato di conservazione pone specialmente in risalto i rilievi della superficie che corrispon- dono con esattezza a quelli della compagna microsferica nota appunto come 0. dispansa Sow. Alle Botticelle non sono rare le orbitoidi megasferiche che così possono determinarsi. La loro di- mensione è e 1,5-2 prive di espansioni periferiche. ) e differiscono specialmente dalla compagna forma B per essere globose e quindi Forma 5.— Tav. VII [II], fig. 8. > : È È RERZAOE È E rappresentata da pochi esemplari con dimensioni \ i e con un mammellone centrale contor- nato da un margine abbastanza esteso e poco regolare. Località: — Botticelle, S. Stefano, Salona. Coppia: 0. (Lepidocyclina) dalmatina (forma A e B). Orbitoides (Lepidocyclina) dalmatina (4) nov. — Tav. VII [II], fig. 11. A prender parte alla formazione dei calcari nummulitici tanto compatti che disgregabili dei dintorni di Spalato, si hanno numerose e piccole orbitoidi che non trovano riscontro in nessuna delle specie finora descritte. La forma A è piuttosto globosa, regolare e con dimensioni (5) Le papille cuneiformi si presentano all’esterno in calotte di sezione circolare, circondate da regolari pentagoni che contribuiscono a rendere la superficie delle orbitoidi in esame, come ricoperta da tanti disegni margaritiformi. I caratteri interni, sempre difficili ad osservarsi, hanno molta analogia con quelli dell’ O. aspera (4) messi in evidenza dal GùmBeL, nella descrizione degli esemplari più piccoli. Questa nuova specie potrebbe a prima vista confondersi con la 0. disparnsa, mentre le punteggiature di questa sono più grosse al centro che non agli orli e sono contornate da un numero maggiore di pen- tagoni (ordinariamente otto) a differenza della 0. dalmatina che ha punteggiature uguali al centro e al margine attorniate da solo sette pentagoni. Orbitoides (Lepidocyclina) dalmatina (B) nov. — Tav. VII [II], fig. 12. La corrispondenza dei nostri campioni così determinati con i rilievi esterni della precedente, ci per- mette di fissare appunto la coppia e di riconoscere come forme microsferiche della 0. dalmatina, indi- vidui dalle dimensioni ( ) e dall’aspetto globoso con piccolo margine sottile e ondulato. 7 2,8 Ogni altro carattere è a comune con la sua forma A. Località: — In tutti i terreni eocenici di Spalato. ein [43] A. MARTELLI 85 Coppia: 0. (Discocyclina) aspera (forma A e. B). Orbitoides (Discocyclina) aspera (4) nov. — Tav. VII [II], fig. 9. ana NO È È RO, ; I campioni che noi riferiamo a questa forma hanno medie dimensioni \3 , presentano chiaramente le caratteristiche della specie nei rilievi della superficie ed un margine sottile intorno ad un rilievo ombelicale. Non possiamo estenderci sui caratteri interni chè sono poco o punto visibili all’infuori di una pic- cola camera iniziale. Il ritrovare insieme queste nummulitidi con altre riferibili con certezza all’ 0. aspera GimB. con la quale hanno a comune i caratteri della superficie, non ci lascia in dubbio nel riconoscimento della coppia. Orbitoides (Discocyclina) aspera (B) Giuse 1868. — Tav. VII [II], fig. 10. 1868. Orbitoides aspera Giimerr. Foram. Faun. nordalp. Eoctingeb., pag. 698, tav. III, fig. 13, 14, 32-34. 1875. — —_ -— Hanrron. Die Fauna Clav. Sxab. Schicht. L.c., pag. 82, tav. XI, fig. 4. La difficoltà di ottenere buone sezioni di orbitoidi ci costringe a servirci quasi unicamente dei ca- ratteri esterni per giungere alla determinazione specifica. Preziose per noi sono le punteggiature della superficie prodotte dalle papille cuneiformi ed il reticolato che le contorna, il quale, derivando dall’in- crocio alla periferia delle lamine con i setti, ci aiuta a formare un’ idea abbastanza chiara della dispo- sizione camerale. I campioni lenticolari che così determiniamo, corrispondono tanto per le dimensioni quanto per gli altri caratteri al tipo descritto dal GùmBEL. Dimensione media: (3) 2,3 Von HANTKEN assegna a questa specie l’orizzonte degli scisti a N. ZeWihatcheffi, ma per solito è in- vece una orbitoide che non manca quasi mai in ogni ricca fauna nummulitica. Sembra che manchi nelle formazioni eoceniche di Priabona. Località: — Botticelle e Camposanto. Coppia: 0. (Discocyclina) papyracea (forma A e B). Orbitoides (Discocyclina) papyracea Bousé, 1832. 1868. Orbitordes papyracea Bous. Giur. Foram. Faun. nordalp. Eocingeb., pag. 690, tav. III, fig. 19-29. 1875. — — — Hanrrrn. Die Fauna Clav. Sx. Schicht. L. c., pag. 81, tav. XI, fig. 1. 1883. — _ — Scawacer. Horam. Eocîn. lib. Wist. und Aegypt. Palaeontographica, vol. XXX, pag. 139. 1901. = i — MarmeLLI. Mossili di Paxos ece. L. c., pag. 417. Forma A. Siccome il GumBEL comprende in questa specie varie forme, noi riteniamo che le più piccole e glo- bose, presenti pure nei terreni nummulitici di Spalato, rappresentino appunto gli individui megasferici. 86 A. MARTELLI [44] Forma B. A questa forma B ascriviamo un buon numero di orbitoidi corrispondenti per i loro complessivi carat- teri e principalmente per quelli della superficie, all’ O. papyracea descritta dal GùMmBEL e von HANTKEN. ; ACI 7-9 Dimensioni: (o) Località: — Botticelle e Camposanto. Orbitoides (Discocyclina) papyracea Bous. var. Fortisi p’Arcnrac, 1850. 1853. Orbitoides Fortisi »’ ArcaiAc. Description des animaux fossiles du groupe nummulitique de ? Inde, pag. 350. 1868. _ papyracea var. Fortisi Gir. Foram. Faun. nordalp. Eocingeb., pag. 690, tav. IMI, fig. 8. Individui, non molto scarsi, con piccolo mammellone centrale e col resto della superficie appiattita e con ornamenti margaritiformi come la precedente. ò DEI, i ° È È ; 10-13 Le dimensioni sono incostanti pel massimo diametro e variano secondo la formula ano Lo spessore, qui come altrove, s'intende sempre riferito al piccolo asse perchè lungo i margini per lo più ondulati esso diminuisce assai e fino a mm. 0,5. Trovasi insieme con la specie tipo, giacchè anche la sua forma A è pure da ricercarsi fra i più pic- . coli individui della O. papyracea. Coppia (?): 0. (Discocyclina) applanata (forma A), 0. (Discocyclina) ephippium (forma B). Orbitoides (Discocyclina) applanata Gimsen, 1868. 1868. Orbitoides applanata GinseL. Foram. Faun. nordalp. Eoctingeb., pag. 700, tav. III, fig. 17 e 35. 1875. — — Gig. von Hantxen. Die Fauna Clav. Szab. Schicht. L. c., pag. 82, tav. XI, fig. 2. I campioni di Spalato mentre si avvicinano molto a quelli del HANTKEN e ripetono i caratteri spe- cifici menzionati dal GùmBEL, sono alquanto più spessi delle ordinarie 0. applanatae. Dimensioni: ( Dod ) 1,5-2,1 Hanno forma tondeggiante e il centro della superficie rilevato da un regolare mammellone. Dalla corrispondenza dei caratteri esterni e delle camere quasi rettangolari, e dalla costante pre- senza della 0. applanata nel calcare dove si trova la O. epRippium, crediamo probabile che queste due foraminifere siano dimorfe, tantochè sia quella la forma megasferica e questa la microsferica. Orbitoides (Discocyclina) ephippium ScaLoraem, 1820. 1868. Orbitoides ephippium Scaror. Gimsret. Foram. Faun. nordalp. Eocingeb., pag. 696, tav. III, fig. 15, 16, 38, 39. Se ne hanno rari esemplari. Le caratteristiche della specie sono in essi meno marcate di quanto appare nelle illustrazioni del GUmBEL. [45] A. MARTELLI È LoAEi È i 7-9 Le dimensioni medie sono le consuete del tipo (3) Località: — Questa coppia limitata all’eocene medio si ha in tutti i terreni nummulitici dei din- torni di Spalato, meno che al Monte Marian. Coppia: 0. stella (forma A) e O. stellata (forma Bb). Orbitoides stella GiimseL, 1868. — Tav. VII [II], fig. 13. 1868. Orbitoides stella GiseL. Foram. Faun. nordalp. Bocingeb., pag. 716, tav. II, fig. 117 e tav. IV, fig. 8, 9, 10, 19. 1875. _ — Gius. von Hanrxen. Die Fauna Clav. Sxab. Schicht. L. c., pag. 84, tav. XI, fig. 10. È una specie che nei dintorni di Spalato è poco comune e molto irregolare. tti RADI SRI 199; Le dimensioni sono variabili, ma prevalgono quelle minori dei tipi del HANTKEN i TO) 3) essendo più rari i campioni di mm. 2,8-3,5. Nei più piccoli si distingue assai bene la particolarità del rilievo centrale, in proporzione molto più grande che non nelle altre specie, e messo in evidenza dal GuùmBEL. Si notano pure forme di passaggio fra questa e la specie seguente, man mano che gli individui si presentano col mammellone meno spiccato. Orbitoides stellata D’ArcHmac, 1846. — Tav. VII [II], fig. 14. 1868. Orbitoides stellata D’Arca. GieL. Foram. Faun. nordalp. Eocingeb., pag. 713, tav. II, fig. 15; tav. IV, fig. 4-7. 1875. — — —. Hanrken. Die Fauna Clav. Sxab. Schicht., L. c., tav. XI, fig. 9. Le forme pentaradiate prevalgono su quelle tetraradiate. Presentano in generale dimensioni piccole (mm. 1-3) e solo eccezionalmente si hanno individui di mm. 3-3,5. I caratteri della superficie e l’aspetto peculiare non lascia dubbi sul riferimento di questa specie. Questa coppia trovasi ordinariamente, anche in altre regioni d’Italia, nei calcari nummulitici insieme con la N. Tehihatchefi e complanata. Località: — Sempre insieme con la precedente, a S. Stefano e Botticelle. Gen. Operculina D’ORBIGNI. Coppia: 0. subthouini (forma A) e 0. Thouini (forma B). Operculina subthouini TeLumi, 1890. 1890. Operculina subthowini TeLuini. Le Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 399, tav. XIII, fig. 20-22. Le forme megasferiche delle operculine presentansi subcircolari tantochè fra le piccole nummuliti non sempre si distinguono a prima vista. Riferendoci a quanto abbiamo già accennato in un precedente lavoro sui fossili di talune formazioni eoceniche di un’ isola dello Jonio ® aggiungeremo che il dimorfismo i) MARTELLI À. Le formaz. geol. e î fossili di Paxos e Antip. Boll. Soc. geol. it., vol. XX, pag. 411. 88 A. MARTELLI [46] in questo genere è assai più facile a riconoscersi, giacchè oltre alla sostanziale diversità della camera centrale, anche la forma dell’individuo offre una differenza rimarchevole. Infatti mentre le operculine a megasfera sono quasi lenticolari ed hanno il passo della spira di poco crescente, quelle a microsfera sono di forma ovale e presentano il passo della spira doppio, triplo e talvolta anche quadruplo di quello pre- cedente. Le scarse operculine che abbiamo così determinate, mostrano una leggera incostanza in taluni carat- teri secondari, ma data la loro buona conservazione non vi ha dubbio che tutte siano ugualmente da rife- rirsi a questa specie istituita dal TELLINI. Dimensioni: i ) ; 0,5-0,8 La spira compie 3-4 giri con passo crescente come 1:1,3-1,4, ed i setti sottili e abbastanza regolari s’incurvano solo presso all’inserzione nella volta. Gli esemplari di Spalato non differiscono quindi da quelli del Gargano, ai quali pure corrispondono per il numero dei setti (6) nella loggia di mezzo. Operculina Thouini p’ OrBIGNY, 1825. 1890. Operculina Thowini D’ Or. TeLLINI. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 398, tav. XIII, fig. 18. In quantità minore della omologa precedente abbiamo pure ritrovato questa forma che a differenza delle altre operculine microsferiche ha esteriormente l’ aspetto di una nummulite. Contribuisce a ciò il fatto che il passo della sua spira è appena, in ciascuna loggia, doppio del precedente. La maggior am- piezza della spira è forse l’unica differenza che distingue la O. Thowini di Spalato da quella del Gar- gano, con la quale ha del resto a comune ogni altro carattere specifico. ; Sul È ; È 3,5-5 Le dimensioni sono anche in questa forma poco costanti e sono comprese nella misura : DEONRi,E 74) La lamina compie cinque giri e delimita delle loggie che, suddivise dai setti regolari, subequidistanti e simili a quelli dell’omologa a megasfera comprendono alla loro volta delle camere con altezza doppia della larghezza. Questa coppia che prende parte non solo alla costituzione del calcare nummulitico del Gargano, ma anche a quello dei dintorni di Potenza, viene dal TELLINI ascritta al Bartoniano, mentre è evidente, anche per una recente pubblicazione del PREVER, che il suo habitat deve essere esteso a tutto l’eocene medio. Località: — S. Stefano, Botticelle e Salona, ma ovunque poco comune. Coppia: 0. ammonea (A e B). Operculina ammonea Lay. 1890. Operculina ammonea Levm. Teuumi. Numm. della Maiella ecc. L. c., pag. 400, tav. XIII, fig. 24. LÌ Abbiamo osservato un solo esemplare di operculina senza camera centrale nettamente visibile, così che crediamo debba trattarsi di una forma 5. Per l'andamento della spira si avvicina specialmente alla figura che il TeLLINI dà di questa specie al n.° 24 della tavola XIII; i caratteri esterni invece ci servono troppo poco per la determinazione in base alle figure date da molti altri autori. > ra 47] ; A. MARTELLI 89 Il nostro esemplare ha piccole dimensioni (diametro mm. 2,5) e giri più numerosi ma meno rapida- mente crescenti di quelli del Gargano. Non abbiamo ritrovata nessun’operculina che potesse riferirsi alla forma A, giacchè all'infuori della coppia precedente non possediamo di questo genere, altro che scarsi frammenti e non sempre ben conservati. Ci è sembrato però conveniente fare un accenno anche a questa specie ritrovata nel calcare nummu- litico di Salona, quantunque di fronte all’abbondanza di nummuliti caratteristiche, queste operculine non possano avere altro che un’ importanza affatto secondaria. Briozoi. Non mancano svariate forme di briozoari nel calcare nummulitico di Spalato e dintorni, ma causa il loro stato poco buono di conservazione, non ci siamo soffermati molto su tali fossili. Diamo però come certi i due noti generi: Retepora e Cellepora. Corallari. Gen. Columnastraea BonrscHEFF. Columnastraea Caillaudi MicaeLin, 1846. 1901. Columnastraca Caillaudi Mica. OrpeNHENI. Ueber einige alttert. FPaun. der dsterr.-ung. Monarchie. Mitth. d. Paliont. Inst. Univ. Wien, Bd. XIII, pag. 221, tav. XVII (VII), fig. 8,9. Riferiamo con tutta probabilità a questa specie un grosso frammento di polipierite. Si tratta di una forma comune nell’eocene della Contea di Nizza, del Friuli, e dell’Erzegovina (confr. Op. cif.). Il nostro campione è stato raccolto fra i calcari nummulitici di Monte Marian. Gen. Caryophyllia Sroxes. Caryophyllia sp. Fra le molte traccie di corallari, abbondanti specialmente alle Botticelle, ben poche ne abbiamo tro- vate che ci permettessero almeno una determinazione generica. Da alcune impronte di calice siamo d’opi- nione di non escludere, fra i fossili rimaneggiati del calcare della Cavalla e di Santo Stefano, la presenza di questo genere. Echini. Gen. Cyphosoma Acassiz. Cyphosoma cribrum Acassrz, 1840. 1868. Cyphosoma cribrum Acass. Laure. Hin Beitrag zur Kenntniss der Echinodermen des vicentinischen Tertidirgebietes, pag. 12, tav. I, fig. 4. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 90 A. MARTELLI [48] 1869. Cyphosoma cribrum. Acass. Taraxenni. Echinidi del Friuli. Atti del R. Ist. veneto, ser. V, vol. XIV, pag. 2166. 1874. — _ — Taramenni. Eehinidi eocenici dell’ Istria. L. c., ser. IV, vol. TI, pag. 13 dell’ estr. 1875. _ _ — De Lorion. Description des Echinides terliaires de la Suisse. Mém. Soc. paléont. Suisse, pag. 23, tav. II, fig. 1. 1901. —_ — — Orpenzrm. Ueber einige alteri. Faun. der Osterr.-ung. Monarchie. L. c., pag. 228. Sono questi esemplari di dimensioni piccole rispetto a quelle della forma descritta da DE LoRIon, con la quale ha però a comune il rapporto approssimativo fra il diametro (mm. 24) e l’altezza (mm. 11,9). Regolare nella sua forma discoide, presenta aree ambulacrali con due ordini di tubercoli, intramez- zati da altri più piccoli secondari, assai appariscenti e imperforati; carattere quest’ultimo che offre un esiziale differenza col gen. Pseudodiadema. Separate da serie porifere ondulate e con elementi appaiati, si hanno le aeree interambulacrali con tubercoli in due file e più voluminosi dei precedenti. Tanto la zona miliare che quella porifera sono limitate da granulazioni bene spesso mammellonate. Lo stato di conservazione del migliore esemplare conservato nel Museo di Storia naturale delle scuole reali di Spalato non ci permette nè un esame accurato nè una misura del peristoma, ma dal complesso de’ suoi caratteri non ci mostriamo dubbiosi sul riferimento a questa specie, così bene conosciuta nelle formazioni vicentine e friulane dell’ eocene medio. Località: — Botticelle, Santo Stefano. Gen. Cidaris KLEIN. Cidaris sp. Numerosi radioli specificamente indeterminabili, si trovano in tutti i calcari nummulitici dei dintorni di Spalato, eccettuati quelli di Salona. Gen. Echinolampas Gray. Echinolampas Suessi Lause, 1868. — Tav. VII [II], fig. 15. 1868. Echinolampas Suessi Lauper. Ein Beitr. 2ur Kenntniss der Echin. des vicent. Tertitirgeb., pag. 24, tav. IV, fig. 2. 1874. — — Lavs. Taramenti. Echin. eoc. dell'Istria. L. c., pag. 16 dell’estr. 1901. — — OppenHEm. Ueber cinige alttert. Faun. der oster.-ung. Monarchie. L. c., pag. 148. Un solo campione di questa specie ma assai ben conservato. È una forma di grandi dimensioni, ovoidale, rigonfia e un po’ oblunga, arrotondata al margine, convessa attorno al peristoma e pianeggiante al disotto. La parte anteriore è alquanto più stretta della posteriore. La corrispondenza con gli esemplari che il LauBE descrive ed illustra rendono facile il riferimento alla specie Suessì, già nota nei non lontani terreni eocenici dell'Istria e in quelli sincroni del Vicentino. Dimensioni: Diametro antero-posteriore mm. 81 ti trasversale . . , 70,5 ATTEZZA Ni II ROM ZO [49] A. MARTELLI 91 a La sommità ambulacrale è eccentrica come pure accade in altre specie di echini prossime a questa; le aeree ambulacrali, tutte aperte alla loro estremità, sono piuttosto strette ed ineguali fra loro; le po- steriori pari sono più lunghe e mantengono con leggere varianti, inalterata la loro larghezza più presso al margine dove vanno a terminare. La zona porifera è diritta e lunga e quella interporifera è comune a quella di tutto l’individuo. Il grosso periprocto è ovale, col diametro maggiore lungo la direzione trasversale e apresi presso al margine antero-inferiore. Trovasi nelle formazioni eoceniche di S. Giovanni Ilarione e del Monte Postale nonchè ad Albona (Istria). L’esemplare da noi studiato e appartenente al Museo di Storia naturale delle Scuole reali di Spalato, fu raccolto a Santo Stefano, e campioni meno belli si trovano pure alle Botticelle e al Monte Marian. Echinolampas sp. In tutti i calcari nummulitici dei dintorni di Spalato, si hanno numerosi frammenti di Eckinolampas sp. Più abbondanti che altrove si distinguono però nel calcare rimaneggiato della Cavalla (Botticelle) ove un’ attiva denudazione ha reso facile l’isolamento di una ricca fauna nummulitica mescolata con tritumi di altri echini, di lamellibranchi, corallari, lithothamninum ece. Echinolampas confr. inflatus Lausr, 1868. — Tav. VII [II], fig. 16, 17. 1868. Eehinolampas inflatus Lausr. Ein Beitr. zur Kenntniss der Echin. des vicent. Tertitirgeb., pag. 26 tav. IV, fig. 4. 1874. — — Lau. Taramenni. Echin. eoc. dell’ Istria. L. c., pag. 17 dell’estr. 7 Un esemplare raccolto alla Cavalla (Botticelle) e che ha assunto, in seguito a ruzzolamento, l’aspetto di un piccolo ciottolo globoso, non permette altro che un riferimento dubbio. La specie del LauBe alla quale con maggior probabilità potrebbe riferirsi l’echino in esame, presenta, come ben osserva il TArAMELLI (Op. còt.), alcune variazioni a causa di un più o meno pronunciato rigon- fiamento. Il campione studiato dal LauBE si distingue per avere alquanto rigonfia l’area interambulacrale impari, dimodochè la massima altezza ne deriverebbe lievemente spostata all’indietro. Nel nostro, questa particolarità è meno rimarcabile presso la sommità apicale, ma è assai evidente presso al margine. Con- siderando pure che gli autori non annettono ad essa un valore specifico, insistiamo nella determinazione data, perchè gli ambulacri posteriori pari si prolungano fino al margine e perchè la sommità apicale ravvicinantesi al margine anteriore, la posizione del peristoma e del periprocto, le zone porifere e le pro- porzioni stomatiche corrispondono, almeno per quanto è possibile constatare nel nostro malconservato esem- plare, alla descrizione dell’autore della specie. Dimensioni: Altezza . . . . ... mm. 28,5 Diametro antero-posteriore —, 45,3 Ù Urasversale Atto N 189 I petali pari posteriori sono notevolmente più lunghi degli altri. L'Echinolampas dorsalis AGass. et Des. descritto dal D’ArcHIAc! se non fosse assai depresso, cor- i) D’ArcHIAC. Description des Fossiles du groupe nummulitigue de Bayonne et Dax. Mém. Soc. géol. de France, sér. II, tom. 3, pag. 423, tav. XI, fig. 2. 92 A. MARTELLI [50] risponderebbe al nostro campione per il contorno ellittico e per altri caratteri di minore importanza, ma non per gli ambulacri, alquanto ineguali e più larghi che non nel nostro. Siccome lo stato di conservazione di questo echino non ci consente una determinazione sicura, ab- biamo riprodotto nell’annessa tavola l’individuo da noi riferito con riserva all’ E. înflatus LauB. noto pure nei terreni nummulitici di S. Giovanni Ilarione e di Albona nell’Istria. Gen, Echinanthus BreyNIUS. Echinanthus Gasperinii sp. nov. — Tav. VII [II], fig. 18,19. La faccia superiore della forma che così determiniamo è arrotondata presso ai margini, e più globosa all’avanti che non nella parte posteriore. Come negli esemplari tipici del gen. Echinanthus, tanto comune nei depositi nummulitici, il nostro individuo presenta una sommità apicale spostata in avanti, aree ambulacrali regolarmente petaloidee e una faccia inferiore concava con un peristoma pentagonale e pur esso eccentrico in avanti. Dimensioni: Altezza... . .... mm. 28,5 Diametro antero-posteriore —,, 62 Di trasversale Mese ne 60 Gli ambulacri, a differenza delle altre specie con le quali questo echino potrebbe confrontarsi, sono bene sviluppati e si presentano assai definiti. La zona porifera consta di serie di pori appaiati, i più esterni dei quali sono allungati a guisa di sottili fessure lineari, dirette obliquamente verso i margini. La zona interporifera è poco o punto gibbosa. Nel nostro esemplare le aree ambulacrali posteriori, sono parzialmente conservate, e non sembrano diverse da quelle anteriori pari, meno diritte e strette dell’ambulacro impari. Sono abbastanza visibili i quattro pori genitali dell’apparecchio apicale, ma solo con difficoltà si può riconoscere la traccia ovale del periprocto. Tutta la zona interambulacrale è ricoperta da piccoli tubercoli discoidali e lisci, circondati da inci- sioni anulari. La faccia inferiore rotondeggiante ai margini, è convessa in seguito alla forte depressione intorno al peristoma, delimitato da cinque rilievi ben distinti. Questa forma da noi riconosciuta come nuova, somiglia all’ Eckinanthus bufo LAUBE (Op. cit., pag. 22, tav. IV, fig. 1) che però si differenzia notevolmente dal nostro, per il periprocto longitudinale, inframar- ginale, per i petali più piccoli, e per avere l’interambulacro impari gibboso anzichè regolare, tanto che la maggiore altezza è spostata all’indietro, mentre nel nostro corrisponde alla sommità apicale. Nemmeno è possibile confondere 1’ #7. Gasperiniù con 1’ E. Cuvieri Desor (confr. De LorioL, Éehinides tertiaires de la Suisse. Mém. Soc. paléont. suisse, vol. II, pag. 56, tav. VII, fig. 2) giacchè questo oltre all’ avere un contorno marginale rotondeggiante, si allarga nella parte posteriore, e presenta petali più piccoli e forti incavi longitudinali nella faccia inferiore. Con vivo compiacimento dedico questa nuova specie all’egregio prof. GASPERINI, che tanta premura ha dimostrato nel favorire le mie ricerche sui terreni di Spalato. Località: — Botticelle. [DL] A. MARTELLI 93 Gen. Conoclypeus Acassiz, 1840. Conoclypeus conoideus Laxarcx€ sp., 1801. 1826. Clypeaster conoideus Lawx. Goupruss. Petrefucta Germaniae, pag. 132, tav. XLI, fig. 8. 1868. Conoclypeus -— -—- Lausr. Ein Beitr. xur Kenniniss der Echin. des vicent. Tertitirgeb., pag. 26. 1869. — — — Taramenni. Hchinidi del Priuli. L. c., pag. 2166. 1874. —_ _ — Tarawmecti. Eehini cocenici dell’ Istria. L. c., pag. 20. 1875. - — Acass. pe Lorion. Deser. des Échinides tertiaires de la Swisse, pag. 81, tav. XIII, fig. 2 e 3. Questa specie, tanto comune nelle formazioni nummulitiche dell’eocene medio veneto ed istriano, si presenta a Spalato con esemplari di dimensioni piccole rispetto al tipo riprodotto nell’opera del GoLpruss ma rispondenti a quelli del LorioL. Non abbiamo avuto la fortuna di raccogliere campioni belli ed intieri; il migliore presenta le seguenti dimensioni: Diametro antero-posteriore mm. 71 i bIASVErsale ii e eo Altezza approssimativa. . ;, 45 Pur scostandosi un poco dal tipo nell’assumere un aspetto subemisferico, l'esemplare da noi descritto non lascia dubbi sulla determinazione giacchè troppo caratteristici sono gli ambulacri e le zone porifere costituite ciascuna da due serie longitudinali di pori appaiati. Ogni particolarità del nostro campione cor- risponde nello stesso modo alla forma tipica. L’esame di esemplari parzialmente decorticati avvalorano pure la presente determinazione. A proposito di questa specie interessante per la sua estensione nei terreni eocenici del Mediterraneo, LAUBE cita le località venete di S. Giovanni Ilarione, Gichilina e Ciuppo, e TARAMELLI molte dell’ Istria, dove questo echino trovasi nei calcari nummulitici dal TaRAMELLI stesso ascritti alla base dell’eocene medio. Non crediamo tuttavia che il C. conoideus possa avere individualmente molto valore stratigrafico, perchè l'habitat di questa specie, in seguito a studi posteriori a quelli citati in sinonimia, dovrebbe esten- dersi fino al miocene.. Mazzetti * infatti descrive e figura un C. conoîdeus uguale al nostro, in una ricca fauna di echinidi miocenici; in tale fauna esso mostrasi però scarsissimamente rappresentato, mentre è un fatto che trovasi più abbondante che altrove nelle formazioni riferibili all’eocene medio. Località: — Monte Marian, Santo Stefano, Botticelle. Conoclypeus sp. Nei calcari del Monte Marian si hanno numerose traccie di echini, molte delle quali permettono il riconoscimento di questo genere, che sembra altrettanto abbondante anche alle Botticelle. Inoltre, da ta- luni grossi frammenti, siamo indotti a ritenere che non difetti nemmeno il C. anachoreta AcassIz, di cui non possiamo presentare una descrizione che avvalori il nostro asserto, per mancanza di campioni che mostrino a sufficienza gli elementi di una sicura determinazione. i) MazzetTI G. Echinodermi fossili di Montese, pag. 17, tav. II, fig. 1. Estr. Ann. Soc. naturalisti di Modena, fasc. 1°, anno XV (1881). 94 A. MARTELLI [52] Gen. Schizaster Acassiz. Schizaster sp. — Tav. VII [II], fig. 22. Possediamo di questo un solo modello interno. Se, per il complesso della sua forma, per la sommità apicale nettamente disposta verso la parte posteriore dell’esemplare donde si dipartono gli ambulacri, di cui i pari anteriori sono lunghi quasi il doppio dei posteriori, ci è permesso di riconoscere nel calcare delle Botticelle anche la presenza del gen. Schizaster, manca poi il concorso degli altri caratteri per poter giungere ad una determinazione specifica. Non rimanendo traccia di peristoma, di periprocto e di guscio, ed essendo confuso l’apparato api- cale, gli ambulacri, quantunque bene improntati e un vago indizio della fasciola peripetale, non possono offrirci sufficienti termini di confronto con forme a cui con probabilità potrebbe confrontarsi il modello in parola. Località: — Botticelle. Gen. Pericosmus Agdasstz. Pericosmus spalatinus sp. nov. — Tav. VII [II], fig. 20, 21. Un solo campione, mancante di una piccola porzione marginale e della corrispondente inferiore, ci consente una sommaria descrizione di questa nuova specie. Forma rotondeggiante, subpoligonale con faccia superiore rilevata e gibbosa, con quella inferiore pianeggiante, e con margine rotondeggiante e convesso. La sommità apicale può ritenersi centrale. Il solco anteriore restringentesi all’inizio, si mantiene di larghezza costante (circa mm. 3) oltre il margine e fino al peristoma, semilunare e posto vicino al margine stesso. Le aree ambulacrali pari sono aperte, regolari, diritte e non molto profonde; le posteriori sono, in lunghezza, uguali a poco più de’ due terzi delle anteriori. Ù Zone porifere ristrette agli apici, constano di pori riuniti a paia da serie di solchi (24-28) che de- limitano stretti interambulacri. Una notevole caratteristica per questa nuova specie è una regolare gibbosità che a guisa di spina separa gli ambulacri posteriori; al termine di questa s'apre, sul margine posteriore appiattito, il periprocto, di cui nel nostro esemplare non rimane che una parte, la quale però accenna abbastanza bene ad una forma subrotonda. L’apparecchio apicale presenta quattro pori genitali. La superficie è ricoperta di piccoli tubercoli appiattiti e circolari, che nella parte inferiore del guscio assumono una disposizione più ordinata ed uno sviluppo maggiore. Diametro antero-posteriore mm. 31 Po trasversale . . 5 DE Altezza: tt, SARI CHE IOENICONIT Questa specie che avrebbe molta somiglianza col P. tergestinus OPPENHEMM!), sî distingue invece da esso per gli ambulacri più stretti e specialmente per avere, quelli pari, un numero maggiore di serie di 1) OPPENHRIM P. Ueber eònige altterticire Paunen der dsterrreichisch-ungarischen Monarchie. L. c., pag. 229, tav. XIV (IV), fig. 1. Wien, 1901. CI o ECO er n SIR TL OTE A [53] A. MARTELLI 95 pori. Altra differenza è data dall’angolo ancor più grande formato dagli ambulacri anteriori e dalla spe- cialità del rilievo fra quelli posteriori. È pure da notarsi che al contrario del P. tergestinus OPP. i tu- bercoli che rendono asperosa la superficie sono più grossi nella parte mediana del piastrone che non in quella periferica. Località: — Botticelle. Lamellibranchi. Gen. Pecten LAmarcK. Pecten Bonarellii Vinassa pe Reeny, 1895. — Tav. VII [II], fig. 22. 1895. Pecten Bonarellii Vinassa pe ReGnr. Synopsis deî Molluschi terziari delle Alpi venete. Palacontographia italica, vol. I, pag. 240, tav. XVI [I], fig. 23. Fra gli scarsissimi lamellibranchi da noi raccolti, taluni Pecten debbono riferirsi a questa specie. Quantunque nel testo del citato lavoro si parli di 16 coste uguali, equidistanti e tendenti a pianeggiarsi verso i margini laterali, la figura che riproduce l'esemplare descritto ci convince che le forme in parola corrispondono con sicurezza al P. Bonarellii Vin. che prende parte aula fauna di S. Giovanni Ilarione. Località: — Botticelle, Monte Marian, S. Stefano. Pecten Diocletiani sp. nov. — Tav. VII [II], fig. 24. Mentre non c’è stato possibile trar partito dai non pochi tritumi e frammenti di lamellibranchi, siamo costretti a descrivere come appartenente ad una nuova specie, la valva destra di un Pecten, ben conservato perchè malgrado le più accurate ricerche non abbiamo trovata una forma alla quale potesse riferirsi. ; Conchiglia poco sgonfia: equilaterale e sub-ellittica, con forte prevalenza del diametro antero-poste- riore. Il margine anteriore è rotondeggiante, il posteriore un po’tronco e lineare quello cardinale. Da 24 a 26 coste semplici, raggianti, crescenti di spessore e larghezza fino alla fronte e leggermente schiacciate, ricoprono la valva. 3 Nel primo quarto, i solchi, stretti dal fascio delle coste, sono poco incisi e semplici, ma appressan- dosi al margine e pur rimanendo sempre di poco più stretti delle coste, si mostrano ornati di fitte strie raggianti, le quali, intersecandosi col complesso delle sottili linee concentriche che interessano i solchi e passano pure sulle costole, fanno assumere agli spazi intercostali un aspetto apparentemente granuloso e scaglioso. La conchiglia si restringe fortemente vicino all’umbone depresso e poco ricurvo, e raggiunta la mas- sima larghezza a metà della linea antero-posteriore, va lentamente diminuendo di larghezza, mentre le più esterne delle coste mediane tendono a divergere, in modo appena avvertibile, verso i margini frontali. Le orecchiette sono parzialmente conservate; appaiono liscie, poco sviluppate sotto l’umbone e ten- denti a discendere lungo il margine postero-laterale. Dimensioni: Diametro margino-laterale mm. 29 si antero-posteriore , 37,5 SPESSO IC TOS TRO (1) 96 A. MARTELLI [54] Una forma alla quale potrebbe avvicinarsi la nostra sarebbe il Pecten Favrei descritto e figurato dal D’ArcHiac ed Harme ”, ma anche questo, sebbene considerato come una specie molto allungata in con- fronto alla larghezza, non raggiunge le proporzioni del P. Diocletiani da cui pure si distingue, oltre che per la globosità e per un maggior numero di coste, anche per gli ornamenti delle coste e dei solchi. — Località: — Botticelle. Pecten sp. Altre piccole forme, non determinabili specificamente e molti frammenti di questo genere, trovansi nel calcare delle Botticelle, fra nummuliti e tritumi di altri fossili separati, per degradazione atmosferica, dalla roccia. x Gen. Murex LAMARCK. Murex sp. In frammenti nel calcare rimaneggiato delle Botticelle e Santo Stefano. Vermi. Gen. Serpula Lamarck. Serpula (Rotularia) spirulaea Lamarck, 1801. Questa forma abbondante nei terreni terziari più antichi delle Alpi, come non difetta nel Vicentino, nel Friuli e nell’Istria, così trovasi pure frequentissima in Dalmazia in tutte le formazioni eoceniche dei dintorni di Spalato. Brachiuri. Gen. Ranina LAmaROK. Ranina Marestiana Konrc. 1875. Ranina Marestiana Kòw. Birtwer A. Die Brachyuren des vicentinischen Terticirgebirges. K. Akad. der Wissenschaften, Wien, Band XXXIV, pag. 64 (4), tav. I, fig. 1. Un frammento di cefalotorace permette di riferire alla specie descritta e riprodotta pure nel citato lavoro di Brrtner, un resto di brachiuro trovato alla Cavalla (Botticelle). Le creste trasversali che ne costituiscono la superficie accennano ad una leggera convessità presso la regione mediana, e presentano alla loro sommità una linea di tubercoletti tondeggianti. Il BrrTNER cita questa specie a proposito delle formazioni eoceniche di S. Giovanni Ilarione ma fa- cendola sinonima della Ranina Aldovrandi DesmAREST viene ad ammetterla comune dei terreni oligocenici 2. 1) p’ARcHIAC et Harmn. Description des animaua fossiles du groupe nummulitique de l Inde, pag. 270, tav. XXIV, fig. 5. 2 Confr. RisrorI G. Crostacei piemontesi del Miocene inferiore. Boll. Soc. geol. ital., vol. VII, fasc. 3, pag. 408. Roma, 1888. [55] 3 A. MARTELLI 97 Alghe. Gen. Lithothamnium PHILIPPI. Lithothamnium nummuliticum Giuse, 1871. 1871. Lithothamnium nummuliticum GimsrL. Die sogenannten Nulliporen. Erst. Theil, Band I, pag. 27, tav. I, fig. 2. 1891. Sa = _ RormpLerz. Posse Kalkalgen aus den Familien der Codiaceen und der Corallineen. Zeitschrift D. Geolog. Gesellschaft, XLIII Band, 2 Heft, pag. 316, tav. XVII, fig. 5. 1901. fer = — MarreLLI. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 434, tav. VII, fig. 13. Forma relativamente comune. I concettacoli, il tessuto sterile e l'aspetto esterno avvalorano com- pletamente la nostra determinazione. Località: — Salona, Botticelle, Monte Marian, Santo Stefano. Lithothamnium torulosum Gimsrt, 1871. 1871. Lithothamnium torulosum Giusen. Die sogenannten Nulliporen, pag. 30, tav. II, fig. 6. 1891. = —_ — RoraeLarz. Mossile Kalkalgen ecc. L. c., pag. 318, tav. XVII, fig. 2 e 6. 1901. i = - MartELLI. Fossili di Paxos ecc. L. c., pag. 433, tav. VII, fig. 14. Talune sezioni ben riuscite ci hanno presentato il tessuto con i concettacoli corrispondenti a pieno alle figure ed alle descrizioni già date di questa specie nei citati lavori. Il RorHPLETZ ritiene oligocenico questo Lifhothamniwm, mentre anche nell’eocene medio di Paxos trovasi abbondante al pari che a Spalato. i Località: — Belli esemplari abbiamo specialmente raccolto alle Botticelle ed al Camposanto. Lithothamnium effusum Gius. 1871. Lithothamnium effusum Gimsrnn. Die sogenannten Nulliporen, pag. 28, tav. I, fig. 3. Molti e diversi esemplari, di cui a parer nostro uno assai bello potrebbe anche costituire una nuova specie, accrescerebbero l’enumerazione delle specie fossili da noi raccolte a Spalato, se le loro sezioni ci avessero con minore difficoltà permesso l’esame dei concettacoli, senza del quale non crediamo che si possa giungere ad una determinazione sicura. Intanto, in base alla descrizione del GimBEL, citiamo come presente nei terreni di Spalato, anche questa forma di Lithothamnium eocenico. Località: — Santo Stefano e Botticelle. Finito di stampare il 28 settembre 1902. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 13 IVLATTV A Mi ELODIA OSASCO CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DET CORALLI CENOZOICI DEL VENETO (Tav. VII, IX [I, II]). I Corallari terziari del Veneto furono già studiati specialmente dal D’AcHIARDI e dal Reuss, ed ulti- mamente dal De AncELIS e dall’OppenHEIM. Malgrado ciò molto è ancora da fare, molti i dubbi e le incertezze da chiarire. Infatti gli autori sono spesso dubbiosi delle proprie e delle altrui determinazioni e l’uno distingue ciò che l’altro unisce. Questo fatto non devesi attribuire a poco rigorosa osservazione, ciò non si può assolutamente supporre, nè io il voglio; ma sibbene se ne deve ricercare la causa nelle gravi difficoltà che s'incontrano nel classificare materiale per lo più eroso e privo dei caratteri più impor- tanti di specificazione, e talmente metamorfosato in tutta la massa da non permettere, se non raramente, un rigoroso e proficuo studio delle sezioni. To ebbi in esame un ricco materiale formato dalla collezione del Museo di Paleontologia della R. Uni- versità di Torino arricchito da generosi doni del dott. Dar Laeo. Il prof. TArRAMELLI inoltre mi incaricò di classificare la collezione del Museo della R. Università di Pavia. Esaminai così 117 specie e varietà, appartenenti a 53 generi, rappresentate per lo più da numerosi esemplari. Nel quadro che segue notai tutte le specie ch’ebbi in istudio colle rispettive località, mettendo in evidenza con un segno speciale quelle località che sono nuove per la specie, e non sono poche. Infatti risulta che delle 117 specie e varietà solo 28 erano già state notate dagli autori in tutte le località segnate, mentre per tutte le altre si tratta di qualche nuova località. Tra le numerose specie esaminate dodici appartengono all’eocene medio di San Giovanni Ilarione, 7 esclusive di questo piano, 5 comuni all’eocene ed all’oligocene a cui appartengono tutte le altre specie. Undici di queste, notate dagli autori come eoceniche di San Giovanni Ilarione o del Friuli, o di Roncà, sono ora rinvenute anche nell’ oligocene, come pure nell’ oligocene è notata qualche specie miocenica. Di queste specie, di cui mi risultò non ancora segnato il passaggio al nuovo strato geologico, faccio speciale men- zione nella mia memoria, in cui pure do la descrizione di 19 specie nuove per la scienza e di alcune nuove varietà di specie note. Aggiungo a ciò le osservazioni più importanti ch’ebbi campo di fare nel lungo studio e che credo non inutile render pubbliche perchè rischiarano dubbi ed incertezze sinora insolute. Vero è che spesso il cattivo stato degli esemplari e le incomplete descrizioni rendono impossibile la soluzione di importanti questioni, per cui sarebbe necessario un esame comparativo dei materiali stu- diati dai varii autori. Io cercai di appoggiare il mio studio su numerose sezioni, le quali però, come già dissi, non sempre danno utile risultato, perchè tratte da materiale troppo metamorfosato. 100 E. OSASCO [2] e Castelgomberto M. Viale M. delle Grott S. Lorenzo Gnata di Salcedo Montecchio Maggiore Sangonini di Lugo Crosara Priabona S. Giovanni Ilarione Flabellum appendiculatum BRONGN. Sp. . c = _ _ = —L pei SL 2, e Trochocyathus cornutus J.H. È 0 o È = = = = È Lu * psi 4 » aequicostatus SCHAUR. È o a = = = + = SL sl SE ca Stylophora distans Levm. c o o : + —_ —_ = » tyrsifornvis MICHT. ; 6 d È _ — # » annulata Rss. o : ò o - È —_ + * 22 SUA itato: ell VR. » conferta Rss. ; , È ) + * = = » parva n. Sp. . : h d 5 È — _ _ = ME pe pEr iz se) Montlivaultia Grumi CAT. sp. + » Castellini D'AcH. 0 o + » fungiformis n. sp. : 5 . <= = = -_ seni * = pe 2% 9 SAU SI SL Leptophyllia dilatata Rss. » Catulliana D'AcH. Leptomussa variabilis D’Acx. Circophyllia elliptica D’Acu. ” cylindroides Rss. ò 5 5 — | pt = = Se — | + || — SA Pattalophyllia subinflata CAT. Sp. . c 6 * ee — | * * * = Ual as * » cyclolitoides BELL. Sp. . . = _ — — - SE n SS È L PhyUangia alveolaris CAT. Sp. 0 . . + — s + = sl = AL = Sa Septastraea detecta Micat. ò ò 0 o —_ — — — = E_ = et Pea pe » intermedia D’AcH. 1 Ù 6 È — —_ — nei, = zi — | = Heliastraea oligophylla Rss. . 0 o o Ù —_ _ —_ = —_ —_ SLA uu » columnaris Rss. . 0 8 5 Di > —_ * = sai SI RS dra pi » » var. fenuis n. var. 0 —_ = = * DE. 2a sO ii eee ei » Dal Lagoi n. sp. i » inaequalis Rss. S d ò Ù + + = + eee L34 LE ALA Mai a » alpina D'AcH. 6 È o 0 = = —_ — — + —_ pata ai DE » cylindrica n. sp... o o : — * — _ = = Di. eo DIS pe, Agathiphyllia explanata Rss. . c 0 . —_ = 2 = = LIU Lu * DEA dio Isastraca elegans Rss... à Ò 7 : = É = = LEGA La8 pid IE Au) Latimaeandra D’Achiardii Rss. ò N 3 È Cri _ _ ca ER. LA, Hu Lai DE » morchelloides Rss... o o _ — — d - == _ e = Sl Cyathomorpha conglobata Rss. ei Ò 5 — — — — — » irradians MICEN. . È 6 + + _ — SI Solenastraca gemmans Dune. . Ò 0 S Prionastraea Micheloitina Cam. sp. . o » Di — —_ —_ _ * RISE Ca - » Taramellii n. sp. » E . a = = = — _ _ = —_ Favia subdenticulata D’AcH. . È s CAT IAT — _ _ =. Z= =. e = i Goniastraea Cocchii D’AcH. . A È P — — — * = A = = = = Il segno * indica località nuove per la specie, mentre la crocetta contraddistingue le località già notate dagli autori. [3] E). OSASCO 101 Ss ® “ 33 e eee Coe Cel Sea o MS Ei : (do ds DD d Ò = Calamophyllia pseudoflabellum CAT. sp. . + — — — * + = * L i » ? fenuis Rss. ES = te 2 pal sE De sn 2 Ca » stipata D’AcH. LL = = o SA BI Ae DR A dl » granulosa D’AcH. sp. _ 5 — * = * PS 2a sa SE Thecosmilia n. sp. ? — * - = ES = do =S = 2a » nana D'ACcKH. * _ = = 2° Pe = 23 I SE Diploria flexuosissima D'Acu. TS = = EL pe Vis DI CA ur oL Ulophyllia distincta n. sp. —_ = -_ = = * DA Sa sò ta. » flexuosa D'AcH. + —_ —_ * - * DIS Da de pe Tridacnophyllia subangulata MicHT. SI — — —_ _ 2 == = 2Si de Hydnophora contorta n. sp. _ _ = = e * Sa 21 DE DS » longicollis Rss. + = * - = = Sa i — |, - Placosmilia bilobata Rss. Bs als ZA o ed d33 a 193 (24 SL Trochosmilia Cocchiî? D’AcH. * — — * = = 22) = = RS » alpina Micun. sp. — = _ se * e, Dia a ds SL ? incurva CAT. Sp. * * = = AL E) 29 DE st de » parvula Rss. È — _ _ =: = 2a; = = Esa » minuta Rss. + C = - 2a ne, ib: i ex DA » arguta Rss. + — — —_ = == + = 23 Ad » bilobata D’ACH. . = — — —_ * = SS = = pur » panteniana CAT. Sp. + _ — —_ = = DE IL = Pe » stipîtata Rss. . ‘ = — — —_ — == SE LL DI RA » incerta MicHT. L — — _ — = = = nu E Phyllosmilia caliculata D’AcH. È TL a * la De ST DS == ra Epismilia glabrata ? Rss. —_ + = = PS 2 ata 14 = pari Stephanosmylia annulata Rss. Ù — —_ + = 25 pe * DO, Lea Cyathophora Meneghiniana D’Acx. ca —_ _ È = Ù 2 * = = » minor n. Sp. È —_ — — _ ù ce; = = ce Astrocoenia multigranosa Rss. + - = = a Li = 25 Leg PE » irregularis n. Sp. . -_ È Da = = SE se za LS 2 » micropora Micut. sp. _ + = = = CES DA = 22 br Stephanocoenia sigillaroides Max. * — - * ESS SE iS SE, A ail » ramea D'AcH. * —_ = = de SS DE ses pen Dar Phyllocoenia lucasana DEFR. Sp. + È 2 * — + dl _ Ze 23 » Monsvialensis CAT. 55 + — $ = Sn ES DO = pa » annulata Cat. = —_ —_ = = L LE DS Pa Re » brevissima D'Acr. LL Lea E E * * sir: ret tha RA Confusastraea costulata n. sp. —_ — È = = = ce - = Cei Stylocoenia taurinensis MicHN. Sp. . - + —_ + = = se = ee E 102 E. Castelgomberto OSASCO M. Viale M. delle Grotte Stylocoenia lobata rotundata Mican. sp. » monticularia ScHWBIGG. c » minuscola n. Sp. . . o Plocophyllia contorta CAT. sp. . var. flabellata Rss. caespitosa Rss. » » » » » crassa n. Var. . Pachygyra Savii D’Acx. 5 . 0 Trochoseris? laevicostata n. sp. » » » Cyathoseris applanata Rss. » apennina MicEN. sp. . : » formosissima D’AcH. . » multisinuosa Rss. » formosa D’AcH. Oroseris alpina MicaT. . o 0 » regularis n. Sp. . à . Mycethoseris hypocrateriformis MICcAT. sp. » patula MicHT. sp. . 0 » » var. ornata n. Var. » incerta n. Sp. o - Ò Cyclolites patera MGH. . 0 0 : » Zignoi D’AcH. . 0 È 0 Thamnastraca hemispherica D’AcH. Dimorphastraea monticularia n. sp. Comoseris distineta n. sp. » conferta Rss. Heterogyra lobata Rss. Astraeopora cylindrica CAT. sp. o c Dendracis Gervillii E. H. » seriata Rss. » distincta n. sp. Turbinaria undulata D’Acg. Porites ramosa CAT. sp. » polystyla Rss. . 5 o . » incrustans De FRANC. c » rotundata CAT. sp. È c È Dictyaraea elegans Rss. . o ò . » superficialis n. Sp. . . . Madrepora exarata Micat. . + Apa [4] S. Lorenzo Gnata di Salcedo Montecchio Maggiore Sangonini di Lugo Crosara Priabona S. Giovanni Ilarione * [5] E. OSASCO 103 DESCRIZIONE DELLE SPECIE Flabellum appendiculatum Bronen. sp. 1823. A. BroneniarT. Sur le terr, du Vicent., pag. 83, tav. VI, fig. 12 (Turbinoha). Sangonini di Lugo (abbondante). — Salcedo (abbondante). Osservazioni. — La variabilità è grandissima, come già fu notato dagli autori, variabilità nell’altezza e nel rapporto degli assi del calice. I giovani esemplari presentano somiglianza grandissima col Flabellum avicula MicHt. Più tardi lo sviluppo parallelo delle coste laterali ne li distingue a primo aspetto. Trochocyathus cornutus J. H. 1874. Reuss. Palacont. Stud., III. Akad. der Wissensch. Wien, pag. 6, tav. 38, fig. 12, 13. Castelgomberto (non raro). — Montecchio Maggiore (non raro). — Crosara (raro). Osservazioni. — Gli esemplari non lasciano scorgere i caratteri interni, ma corrispondono abbastanza bene alla figura che ne dà l’autore. Gli esemplari di Castelgomberto sono notevolmente diversi da quelli di Montecchio Maggiore; fra questi ve n’ha uno compresso e ricurvo nel senso del piccolo asse del calice, un altro non affatto ricurvo. Il Reuss, il D’AcHTARDI e l’OppENHEIM rinvennero la specie a S. Giovanni Ilarione, ossia nell’eocene medio, e Harme nel terreno nummulitico della contea di Nizza. Colle località qui sopra indicate la specie passa nell’ oligocene. Stylophora parva n. sp. — Tav. VIII [I], fig. 1. Polyparium arborescens, paucis granis, raris et parvis calicibus, paullum elatis, septis perspiquis; magna columella styliforme. Aris calicis *|, mm. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Montlivaultia Grumi Car. sp. 1868. D’AcnrarpI. Coral. foss. Alpî venete. Mem. Soc. ital. Sc. nat., pag. 5, tav. VI, fig. 1-5 (VM. Brongniartiana). Monte Grumi di Castelgomberto (rara.) — Monteviale (non rara). — Montecchio Maggiore (non rara). — S. Lorenzo (abbondante). — Crosara (non rara). Osservazioni. — Noto la grande variabilità di altezza, di compressione, di forma. In pochi casi i setti primarii sono più sviluppati e si distinguono quindi dagli altri setti. Montlivaultia fungiformis n. sp. — Tav. VIII [I], fig. 2a-e. Polyparium compacium, fungiforme, magno pedicello, muro costis elatis, dentatis, saepe parvis costìs alternis, calice iwregulare, fossula lineare, excentrica, multis septis inacqualibus, fleruosis, circiter 200, rarîis signis dentium; multis et validis traversis endothecalibus, nulla columella. Altitudo polypariù 7 cm. Axis calicis: minor 9 cm., major 11 cm. 104 E. OSASCO [6] S. Trinità di Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — L’esemplare si direbbe del genere Zrochoseris, affine alla 7. berica, ed io a tale genere l’avevo riferito, ma la sezione lascia scorgere distintamente la presenza delle traverse endotecali, onde non v'è dubbio trattarsi invece d’una Montlivaultia. È affine alla IM. Castellini D’Acx., ne differisce per grandezza maggiore, e per fossula centrale lineare. L’epiteca è quasi completamente abrasa. Leptophyllia Catulliana D’Acx. 1875-76. D’Acmarpi. Corall. eoc. del Friuli. Atti Soc. tosc. Sc. nat., pag. 122, tav. VII, fig. 3-5. S. Giovanni Ilarione (rara). Osservazioni. — Sono due piccoli esemplari col calice ovale ed il peduncolo ripiegato obliquamente agli assi del calice; questi caratteri non si notano nelle forme tipiche, ciò nonostante credo poterli riferire alla specie, tanto più che già il D’AcrtARDI dice che forse sono da riferirsi alla specie alcuni esemplari mal conservati di S. Giovanni Ilarione: perciò anche il terreno corrisponderebbe. In quanto all’osservazione del D’AcHIARDI, che potrebbe anche trattarsi di Zrochosmilia, io, come già l’autore, notai la granulazione sul margine dei setti, carattere che conferma il riferimento al genere Leptophyllia. Leptomussa variabilis D’Acx. 1868. D’Acmarpi. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 7, tav. VII, fig. 1-9. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — S. Lorenzo (rara). — Crosara (abbondante). Osservazioni. — Nei miei esemplari osservo la stessa grande variabilità già notata dal D’ACHIARDI. Circophyllia elliptica D’Acx. 1875. D’AcmiarDi. Corall. eoc. del Friuli. L. c., pag. 117, tav. VI, fig. 5. S. Giovanni Ilarione (rara). Osservazioni. — Ho un solo esemplare, il quale però presentasi tipicamente sviluppato, onde non lascia dubbio sulla determinazione. La specie fu dal D’AcHIARDI rinvenuta nell’eocene medio del Friuli, quindi S. Giovanni Ilarione è località nuova per la specie, ma corrispondente per età geologica col piano di rinvenimento del tipo. Pattalophyllia subinfiata Car. sp. 1868. D’AcmarpIi. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 1, tav. I, fig. 6. Monte Grumi di Castelgomberto (non rara). — Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (rara). — Gnata di Salcedo (rara). — S. Giovanni Ilarione (non rara). Osservazioni. — Gli esemplari hanno per lo più il calice obliterato, ma in alcuni è evidente la corona multipla di pali per cui non vi ha dubbio sulla determinazione, sebbene per l’aspetto esterno, talora la specie possa confondersi con forme simili di altri generi. [7] E. OSASCO ; 105 Fu rinvenuta dal D’AcHTARDI in Vall’Organa, CATULLO ne cita un esemplare di Monte Grumi, ma D’Acgiarpi muove dubbio che la località di questo esemplare sia ancora Vall’Organa. Perciò dal miocene la specie passa all’oligocene ed all’eocene. Pattalophyllia cyclolitoides Bru. sp. — Tav. VIII [I], fig. 3a, d. BenLarDI. Note manoscritte (Turbinolia cyclolitoides). 1847. Micuenin. Icon. sooph., pag. 268, pl. 61, fig. 9 (Zurbinolia). 1857. M. Epwarps et J. Hanm. Hist. des corall., tom. II, pag. 36 (Trochocyathus). 1866. D’Acnrarpi. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 17, tav. I, fig. 1 (Trochocyathus). 1874. Reuss. Palacon. Stud., III. L. c., pag. 5, tav. 37, fig. 3-5 (Trochocyathus). 1881. D’AcHmarpI. Proc. verb. Soc. tosc. Sc. nat., pag. 249 (Montlivaultia Pasint). 1901. OppenzEmi. Maunen der Oesterr. Ungars Monarch. Palacont. Inst. der Univers. Wien, Band XLVII, pag. 60, tav. II, fig. 1-7 (Pattalophyllia). S. Giovanni Ilarione (non rara). Osservazioni. — Il calice obliterato non lascia riconoscere l’esistenza dell’ endoteca onde io, come già gli autori, avevo riferito gli esemplari al genere Zrochocyathus, ebbi poi a consultare il lavoro del- l’OpPENEEIM, e la corrispondenza dei miei esemplari colle figure di P. cyclolitoides, mi indussero a rife- rirli invece al genere Pattalophyllia. Phyllangia alveolaris Car. sp. 1856. Carunro. Terr. di sed. della Venezia, pag. 54, pl. XI, fig. 1 (Astraea). 1874. Reuss. Palaeont. Stud., ILL. L. c., pag. 32, tav. LII, fig. 1. Castelgomberto (rara). — S. Trinità di Montecchio Maggiore (non rara). — S. Lorenzo (rara). — Monte delle Grotte (rara). — Crosara (abbondante). Osservazioni. — I polipieridi sono in sommo grado variabili; ora compressi, quasi fogliacei, ora cilindrici od anche rigonfi; talora minuti, addossati, od invece di considerevole grandezza. Il D’AcniaRDI nel Catalogo (1867, pag. 8) riferisce la specie al genere Astrangia, non così nello Studio comparativo (1868, pag. 20). Heliastraea oligophylla Rss. 1872. Reuss. Korall. Miociins. Akad. der Wissensch. Wien, pag. 241, tav. 13, fig. 1. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Ho un solo frammento, ma così bere risponde alla figura della specie, che, seb- bene il tipo sia di terreno più recente, non vi può essere dubbio sul riferimento. Heliastraea columnaris Rss. 1868. Reuss. Palaeont. Stud., I. L. c., pag. 177, tav. XII, fig. 3. Castelgomberto (rara). — Monteviale (rara). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — Due esemplari di Castelgomberto ed uno di S. Lorenzo sono esattamente riferi- bili alla specie, mentre invece in un esemplare di Monteviale la forma esterna del polipaio appare quasi Palaeontographia italica, vol. VIII,1902. 14 106 E. OSASCO [8] cilindrica, in uno di S. Lorenzo la forma è incrostante, ma credo ciò esser dovuto a cause esterne che impedirono il libero sviluppo dei polipieridi sopra una delle facce del polipaio. Heliastraea columnaris Rss. var. tenuis n. var. — Tav. VIII [I], fig. 4. Distinguunt hanc varietatem a specie typica sequentes notae: - Polyparium subcylindricum, struciura laevi, calicibus profundis, septis elatis, multis traversis endothecalibus ei exothecalibus exiguis vescicularibus. S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — La forma subcilindrica invero già notai in un esemplare riferito alla specie, che però ordinariamente è compressa. La specie e la varietà poi si corrispondono per avvicinamento dei calici, per sviluppo di columella, che appare quasi laminare, e per numero di setti, sebbene ancora nella varietà i setti, in alcuni sistemi, siano due, invece che tre, minori fra due maggiori. Heliastraea Dal Lagoi n. sp. — Tav. VIII, fig. 5 a, d. Polyparium pulchrum, planulatum, polypieridibus productis, cilindraceis, costis et exothecio coniunctis; costis alterne aequalibus; traversis exrothecalibus multis, endothecalibus paucis, confluentibus aut non; calice rotundo, «-septis granulatis, cireîter 12-24, septis primi cicli ad columellam, septis secundi cicli inaequalibus, columella ma- . gna, prominente. Altitudo 9 cm. Axis calicis 4-6 mm. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — A primo aspetto le coste appaiono eguali perchè le minori sono mascherate dal- l'abbondante exotecio che si dirama fra maggiori. La specie è affine all’ H. Defranceì. Heliastraea inaequalis Rss. 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 173, tav. XII, fig. 2. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — Monteviale (rara). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — Il D’AcHiarpI unisce la specie all’Heliastracea Defranceì E. H.. Io non posso am- mettere tale confusione poichè trovo in questi esemplari non pochi caratteri che dalla H. Defranceì li distinguono. Tali la grandezza maggiore dei calici e lo sviluppo fungiforme del polipaio con robusti cin- goli epitecali sulla parete esterna. Heliastraea cylindrica n. sp: — Tav. VIII [I], fig. 6. Polyparium cylindricum, calicibus circularibus vel irregulariter elicticis, depressis in cenenchima vel laeviter sublatis; costibus evidentibus, aequalibus, granulatis, inter calices; circiter 35 septis, sex maioribus dentatis ad columellam; columella tuberculare. Amis calicis 5 mm. Monteviale (rara). 1) D’AcHIaRDI. 1868, Appendice, pag. 67. [9] E. OSASCO 107 Osservazioni. — Sono caratteristiche le coste che si protendono tra calice e calice e si uniscono formando angoli o linee leggermente serpeggianti; la riproduzione appare gemmipara. Isastraea elegans Rss. 1874. Rruss. Palaeont. Stud., IM. L. c., pag. 36, tav. XLV, fig. 2, 3; tav. LIII, fig. 3. Monteviale (rara). — Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — Gli esemplari corrispondono esattamente alla figura della tav. 53, come quella pre- sentano i calici distinti superiormente, il che non sarebbe carattere del genere. Latimaeandra D’Achiardii Rss. 1869. Reuss. Palacont. Stud., III. L. c., pag. 240, tav. 20, fig. 2. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Sono due esemplari poco ben conservati, ma l’aspetto generale è quello della specie, onde io credo poterneli senz’ altro riferire. Cyathomorpha irradians Mica. sp. — Tav. VIII [I], fig. 7 a, d. 1842. Mictenin. Icon: xooph., pag. 58, pl. 12, fig. 4 (Astraca radiata). 1848. Mione Epwarps et JuLes Hammer. Rec. sur la struct. des Pol., pag. 101. 1866. D’AcnrarpIi. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 49. ; 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 156, tav. 10, fig. 5-7; tav. 11, fig. 1-3. Castelgomberto {abbondantissima). — Monteviale (rara). — Montecchio Maggiore (rara). — Laverda (rara). — Crosara (rara). Osservazioni. — In alcuni polipieridi mi avvenne di osservare denti o rudimenti di essi sul mar- gine superiore dei setti e paluli attorno alla columella, da ciò conchiusi che la specie sinora riferita al genere Phyllocoenia è invece una Cyathomorpha. Parrebbe pure una Heliastraca, ma la presenza di paluli ne la distingue. In questa specie varia grandemente la forma del polipaio e dei polipieridi che lo costituiscono. Il calice ha diametro variabile da 5 a 15 mm. e più, ora è circolare, ora decisamente schiacciato. Le coste talora appaiono subeguali perchè le piccole costicine, che solo spuntano presso il calice, facilmente del tutto scompaiono per una leggera erosione. Talora si sviluppano solo i setti dei due primi cicli, ma per lo più si riscontrano quattro cicli, il quarto è sempre incompleto con setti rudimentali, i setti degli altri tre cicli talora sono eguali; altre volte sei soli setti o dodici raggiungono la columella. Questa è pure più o meno sviluppata. Tali profonde differenze potrebbero far pensare a specie distinte se non si trovassero sullo stesso polipaio. Onde io non credo potersi distinguere la Ph. laevicostata D’AcHIARDI, distinta solo per coste fine ed eguali. Solenastraea gemmans Durc. 1875. D’Acmarpi. Corall. coc. del Friuli. L. c., pag. 175, tav. XII. fig. 5. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). 108 E. OSASCO [10] Osservazioni. — La specie rinvenuta dal D’AcanIARDI nell’eocene medio del Friuli passerebbe qui nell’oligocene. Prionastraea Taramellii n. sp. — Tav. VIII |I), fig. 8 a, d. Polyparium calicibus magnis, circularibus, vel laeviter oblongis; septis dentatis circiter 40, multis ad columellam; columella rudimentale; muro commune, epitheca anulare; traversis endothecalibus evidentibus. Aris calicis 17-30 mm. S. Giovanni Ilarione (rara). Osservazioni. — In un calice è notevole un principio di scissione. I setti sono molto irregolarmente sviluppati. Favia subdenticulata D’Acx. 1868. D’AcantarDI. Coral. foss. Alpi venete. L. c., pag. 29, tav. XIII, fig. 3. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Il D’AcHtARDI la rinvenne a Croce Grande di S. Giovanni Ilarione, dunque dal- l’eocene passerebbe qui nell’oligocene. Calamophyllia pseudofiabellum Car. sp. 1868. D’AcararDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 10, tav. VIII, fig. 3-7. Castelgomberto (rara). — Montecchio Maggiore (rara). — Laverda (rara). — Crosara (non rara). Osservazioni. — Nel maggior numero dei calici, specialmente in quelli circolari e meglio conser- vati si osserva la columella spugnosa sufficientemente sviluppata, gli autori dicono la columella rudimen- tale. Lo sviluppo della columella varia nei diversi individui d’un medesimo polipaio. Onde si nota un evidente passaggio tra i generi Calamophyllia e Rabdophyllia sia per lo sviluppo della columella, come per lo sviluppo degli anelli epitecali. Ed infatti lo ZirtEL riunisce i due generi; ma dice mancare asso- lutamente la columella. Calamophyllia? tenuis Rss. sp. 1568. Reuss. Palueont. Stud., I. L. c., pag. 144, tav. II, fig. 4, 5 (Rhabdophylla). 1868. D’AcaiarDI. Stud. comp. Appendice, pag. 62, nota 5. Monte Grumi di Castelgomberto (non rara). — Corneto [Monte Grumi] (rara). Osservazioni. — Reuss riferì la specie al genere Rhabdophyllia; D'AcHIARDI dubita dell’esattezza del riferimento. Io certo non posso sciogliere i dubbi perchè il materiale che ho in esame è scarso e poco conservato, ma riferisco la specie al genere Calamophyllia appoggiandomi all’ autorità dello ZirtEL che riunisce i due generi ed alle mie proprie osservazioni che non mi permettono di tenerli distinti. Calamophyllia granulosa D’Acx. sp. 1875. D’Acmarpi. Corall. eoc. del Friuli. L. c., pag. 148, tav. VII, fig. 1-3 (Rhabdophyllia). Monteviale (non rara). — S. Trinità di Montecchio Maggiore (non rara). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — La specie, che si rinviene nell’eocene del Friuli, è qui oligocenica. [11] E. OSASCO 109 Thecosmilia n. sp.? — Tav. VIII [I], fig. 9. 1874. Reuss. Palaeont. Stud., ILL. L. c., pag. 8, tav. 38, fig. 11 (Th. crassiramosa Reuss). 1875. D’AckHiarpI. Corall. eoc. del Priuli, pag. 153 (Th. crassiramosa? Reuss). Monteviale (rara). Osservazioni. — Il mio esemplare è certamente specie affine alla 7%. crassiramosa REUSS e, più che alla fisura data dal Reuss, corrisponderebbe all’ esemplare a cui accenna il D’AcHIARDI, ed appunto io sarei propensa a distinguerlo specificamente se potessi scorgere qualche carattere differenziale interno che appoggiasse la differenza esterna di maggiore esilità. Ma sfortunatamente i caratteri interni non sono riconoscibili onde per ora mi limito a darne la figura aspettando che altri esemplari vengano a confer- mare la necessità d’una distinzione specifica. Noto che la 7%. crassiramosa è eocenica, mentre il mio esem- plare è oligocenico, da ciò non voglio conchiudere che debba trattarsi di specie diversa, perchè, come abbiamo visto, molte specie sono comuni ai due piani, ma piuttosto non sarebbe illogico il pensare ad una variazione della specie. Thecosmilia nana D’Acg. 1875. D’Acriarpi. Coral. coc. del Friuli. L. c., pag. 154, tav. XI, fig. 1. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Anche qui avremmo il passaggio della specie eocenica nell’ oligocene. Diploria flexuosissima D’Acg. — Tav. VII [I], fig. 10, 1868. D’Acniarpi. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 26, tav. XI, fig. 4. 1874. Reuss. Palacont. Stud., ILI. L.c., pag. 11, tav, 39, fig. 1. S. Giovanni Ilarione? (rara). Osservazioni. — Le vallecole appaiono più vicine che non negli esemplari tipici, e si direbbe da i vari polipieridi si riuniscono per fusione dei muri e non per le coste, ma una bellissima sezione mi tolse ogni dubbio, perchè in essa appare evidentissima la riunione mediante le coste e l’alternarsi dei setti. È dubbia la località in cui il bellissimo esemplare fu rinvenuto, però noto che nella stessa località già la rinvennero gli autori. Ulophyllia distincta n. sp. — Tav. VIII [I], fig. 11. Polyparium vallibus strictis, profundissimis, collibus ripidis, acutis; septis alterne aequalibus, margine on- dulato; nullo signo columellae. Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — Affine alla Ul. magnicostata Sisu. (Mat. pal., pag. 326, tav. V, fig. 5) se ne distingue per colline più acute, setti più sottili e più numerosi. Si distingue dalla Ul. profunda E. H. (1869. Reuss. Palaeont. Stud., ITI. L. c., pag. 238, tav. 18, fig. 8) per la ristrettezza delle valli. Il margine libero dei setti appare leggermente ondulato, e non dentato, ma ciò è forse dovuto ad erosione. 110 E. OSASCO [12] Ulophyllia fiexuosa D’Acx. 1868. D’AcatarDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 25, tav. XI, fig. 2. 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 151, tav. 7, fig. 1-3 (L. morchelloides). Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — La grande affinità notata tra gli esemplari in esame e la Latimeandra morchel- loides Reuss, mi tenne a lungo incerta, lessi poi che il D’ACcHIARDI (1868. St. comp. App., pag. 71, nota 5) già ebbe il dubbio non essere la L. morchelloides Reuss che la sua specie. La profondità delle valli è alquanto varia nei diversi esemplari, ma credo ciò doversi a diverso grado di sviluppo del polipaio ed alla erosione più o meno profonda. Tridacnophyllia subangulata Muicnm. 1871. Sismonpa. Mat. pal. Mem. R. Acc. delle Scienze Torino, serie II, tomo XXV, pag. 326. Monte Grumi di Castelgomberto (non rara). Osservazioni. — La descrizione del Siswonpa è scarsa, e manca la figura, perciò è impossibile una sicura determinazione malgrado trattisi di tre belli esemplari. Il tipo fu ritrovato a Sassello, ma ciò non ha, a mio avviso, grande importanza perchè molte sono le specie di corallarii comuni ai due piani, ed inoltre i miei esemplari di Castelgomberto corrispondono assai bene agli esemplari di Sassello già da me riferiti alla specie. Hydnophora contorta n. sp. — Tav. VUI [I], fig. 12. Polyparium discoidale, converum in medio, muro commune costis aequalibus, subtilibus, multis monticulis ripidis, contortis, frequenter parvis; septis elatis, subtilibus, alterne acqualibus. Monte Castello di Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — Non si può negare l’analogia esistente fra l'esemplare in esame e 1’ H. meandri- . noîdes Mican. (MICHELIN. Iconog. zooph., pag. 57, tav. XI, fig. 9.; Monticularia meandrinoides E. H.; — . Sismonpa. Mat. pal., pag. 322, pl. V, fig. 4; H. pulchra; — De ANGELIS. Anth. Italia, 1894, pag. 63: H. mean- drinoîdes var. pulchra); ma neppure è possibile l’identificazione. La mia specie ha monticoli più numerosi ed addossati, setti più sporgenti e sottili, curvati per modo che il monticolo appare contorto, alternati- vamente eguali. Il polipaio ha forma caratteristica circolare, schiacciata, il muro inferiore molto eroso lascia intravedere in pochi punti le coste, ma queste appaiono molto più esili che nella H. meandrinoides. Si nota sul polipaio un solo rialzo colliniforme, ed appare dovuto a causa esterna deformante. Hydnophora longicollis Rss. 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 168, tav. V, fig. 1. Castelgomberto (non rara). — Monte delle Grotte (non rara). Osservazioni. — Un esemplare di Castelgomberto ha setti esilissimi e contorti e si direbbe specie distinta, ma credo ciò doversi alla forte erosione, infatti nei rari punti meglio conservati la somiglianza colla specie appare indubbia. [13] E. OSASCO 111 Gli esemplari di Monte delle Grotte presentano monticoli assai scarsi. L° Hydnophyllia prior dell’ OrpenHEIM (1901. Faunen Ung. Monarch., pag. 173, tav. XII, fig. 6) non si distingue dall’ Hydrophora longicollis che per forma più esile, mi pare perciò illegittima la distinzione. Trochosmilia Cocchii? D’Acx. 1866. D’AcHiarDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 34, tav. III, fig. 1. 1874, Reuss. Palaeont. Stud., III. L. c., pag. 6, tav. XXVII, fig. 6. 1901. Oppenzem. Faunen der Oesterr. Ungars Monarch. L. c., pag. 211, tav. XVI, fig. 6. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — I due esemplari sono molto deteriorati, sicchè non se ne possono studiare i caratteri interni, perciò, sebbene la forma esterna corrisponda assai bene .al tipo, il riferimento non può essere senza dubbio, tanto più che la specie finora non fu rinvenuta nell’oligocene, ma solo nell’eocene; è vero però che non è questo il solo caso di specie comune ai' due piani. Trochosmilia alpina Mica. sp. 1868. D’AcHmaRpI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 20, tav. I, fig. 7. 1901. Orprenzem. HMaunen der Oesterr. Ungars Monarch. L. c., pag. 160. Salcedo (rara). — S. Giovanni Ilarione (rara). Osservazioni — Il dott. OrpenHEIM riunisce lo Smilotrochus incurvus D’AcHIARDI ed il Trockhocyatus Vandenheckeù M. Epw. alla Turbinolia alpina Mican. che riferisce al genere Trochosmilia. Io non ho mate- riale sufficiente per controllare tale riferimento. Già dagli autori fu rinvenuta a S. Giovanni Ilarione, mentre Salcedo è località nuova. La specie passa quindi dall’eocene all’oligocene. Trochosmilia parvula Rss. 1874. Rruss. Palaeoni. Stud., III. L. c., pag. 23, tav. 54, fig. 3, 4. Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Il tipo fu rinvenuto a Roncà, quindi dall’eocene passa nell’oligocene. Phyllosmilia caliculata D’Acx. 1875. D’AcniarpI. Coral. eoc. del Friuli. L. c., pag. 82, tav. II, fig. 3. Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — S. Lorenzo (rara). Osservazioni. — La specie rinvenuta nell’eocene del Friuli, sarebbe qui oligocenica. Epismilia glabrata ? Rss. 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 170, tav. I, fig. 11. 1868. D’AcHmaRrDI. Coral. foss. Alpi venete. L. c., tav. VI, fig. 4 ( Montlwuultia). 1868. D’AcHnIARDI. Stud. comp. Appendice, pag. 61, nota 6. 112 E. OSASCO [14] Monteviale (rara). Osservazioni. — Malgrado studio accurato mi rimangono gravi dubbi specialmente per un esem- plare molto compresso, che sarebbe da avvicinarsi alla Mon#ivaultia grumi CAT. sp., ma l’epiteca è molto più forte, e grandissima la compressione, i caratteri interni non sono visibili. La località in cui si rinven- nero gli esemplari in esame è la stessa dell’esemplare tipico. Stephanosmylia annulata Rss. 1874. Reuss. Palaconi. Stud., ILI. L. c., pag. 28, tav. XLVI, fig. 5,6; tav. XLVII, fig. 3-5. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — S. Lorenzo (abbondante). — Crosara (rara). Osservazioni. — Uno degli esemplari ha larghissima base e per forma esterna s’avvicina alla tanto discussa Montlivaultia detrita MicEN., ma pare abbia una corona di paluli. Cyathophora Meneghiniana D’Ack. 1866. D’AcataRDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 49, tav. V, fig. 1. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — S. Trinità di Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (rara). — Rivamala di Cambugiano (rara). — Crosara (rara). Osservazioni. — L’Autore non conosceva la località precisa di rinvenimento della specie, perchè gli esemplari non portavano che la indicazione di Alpi venete, la specie sarebbe quindi oligocenica. Cyathophora minor n. sp. — Tav. VI [I], fig. 13 a, d. Polyparium compacitum, arborescens, forte epitheca rugosa, calicibus wregulariter dispositis, septis radiatis. Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — S. Trinità di Montecchio Maggiore (abbondante). — Rivamala di Cambugiana (rara). Osservazioni. — Al primo sguardo questi polipai si confondono colle Stylocoenia, ma una più acen- curata osservazione ne li distingue indubbiamente, infatti una forte epiteca ricopre il polipaio dandogli aspetto rugoso e nascondendo i calici in molti punti. I calici obliterati non lasciano per lo più scorgere i caratteri interni, sebbene in alcuni si possa indovinare una disposizione raggiata dei setti. Astrocoenia multigranosa Rss. 1874. Reuss. Palacont. Stud., ILL L. c., pag. 31, tav. 51, fig. 4. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Il D’AcHIARDI unì la specie alla Sfephanocoenia sigillaroides Men. Ma il Reuss difese la sua specie affermando non presentare essa dei paluli ed infatti sui setti si notano granulazioni evidenti, ma non paluli. Astrocoenia irregularis n. sp. — Tav. IX [II], fig. 1. Polyparium arborescens, laeviter compressum, calicibus theca coniunctis, quadratis vel irregulariter penta- gonis, 12 septis, magna columella. Axis calice 14|-2 mm. Monteviale (rara). [15] E. OSASCO 113 Osservazioni. — Si distingue dalle specie note per la forma caratteristica dei calici. Stephanocoenia ramea D’Acx. 1866. D’AcatarDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 48, tav. IV, fig. 8. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Osservazioni. — È un bellissimo esemplare in cui si distinguono evidentissimi i setti alternati 8 maggiori ed 8 minori, in rari calici si notano sei soli setti maggiori, sono dentellati o meglio granu- lati, con granuli esterni maggiori. Si notano i paluli attorno alla columella. È pure evidente la gemma- zione extracalicinale. Phyllocoenia lucasana Derr. sp. 1856. Caruno. Terr. di sed. della Venezia, pag. 64, tav. XIV, fig. 6 (Astraca compressa). 1866. D’AcÒtaRDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 50, pl. 5, fig. 2. 1868. Reuss. Palaeont. Stud., I. L. c., pag. 157, tav. XI, fig. 5,6 (Heliastraca). Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — Monteviale (rara). — Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (rara). — Sangonini di Lugo (rara). Osservazioni. — In alcuni casi riesce difficile, anzi impossibile, il ben distinguere questa specie dalla H. Monsvialensis CAT. I setti in alcuni calici appaiono dentati, ma non saprei dire se ciò sia dovuto all’erosione o se in- vece l’erosione abrase i denti dei setti negli altri calici. Alcuni esemplari per le proporzioni minori potrebbero ritenersi P%. brevissima DE ANGELIS, ma le proporzioni variano nello stesso polipaio e perciò non credo la distinzione sufficiente. Phyllocoenia brevissima D’Acx. 1866. D’AcnrarDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 52. 1868. Reuss. Palaeont. Stud., I. L. c., pag. 154, tav. IX, fig. 9 (Stylina Stissi). S. Trinità Montecchio Maggiore (rara). — Castelgomberto? (rara). — Laverda (rara). Osservazioni. — L’esemplare di Castelgomberto è da me riferito con dubbio alla specie, anzi al genere perchè non lascia scorgere i caratteri dei calici, un regolarissimo esotecio riunisce fra loro i poli- pieridi, sarebbe per questo carattere simile ad esemplari che D’AcHiaRDI dice forse riferibili a specie del genere a questa affine. Confusastraea costulata n. sp. — Tav. IX [II], fig. 2 a, db. Polyparium magnum, converum in superiore parte et concavum in inferiore, polypieridibus fere parallelis, tubularibus, vel compressis, costis magnis, elatis alterne aequalibus; multis traversis endothecalibus et exothecalibus, multis septis, 3 eyclis, aligquandum 4; alterne aequalibus, magnis ad basem exiguis ad centrum; nulla columella. Altitudo polyparii 9 cm., Axis polyparii: minor 8. cm., major 20. Axis calicis 12 mm., vel minor 9, major 14. Monte delle Grotte (rara). Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 15 114 3 E. OSASCO [16] Osservazioni. — Fui alquanto incerta nel decidere a qual genere l'esemplare doveva riferirsi, e pensai dapprima al genere Calamophyllia, ma la mancanza di ogni traccia di epiteca, le numerose tra- verse esotecali, e l'unione dei polipieridi per le coste mi distolsero dal riferimento. È un bell’esemplare, i polipieridi si accrescono quasi paralleli per modo che, solo nella forma generale del polipaio, convessa superiormente, e leggermente concava inferiormente, si nota il leggero ripiegarsi dei polipieridi divaricati verso l’esterno. Per lo più le coste minori non appaiono, sicchè in alcuni punti le coste appaiono eguali. Stylocoenia taurinensis Mican. sp. 1841-47. Micarnin. Icon. zooph., pag. 62, tav. 13, fig. 3 (Astraea). S. Lorenzo (non rara). — Monteviale (rara). Osservazioni. — Dopo minuto esame potei scorgere resti di colonnette, sempre però un po’ incerte, sicchè potrebbero essere dovute ad erosione. La granulazione del margine dei setti è evidente; il D’ACcHIARDI dice anche i setti granulosi o fimamente dentati, ed il Reuss pure nota: setti sranulosi. Questo carattere avvicina il genere Stylocoenia all’ Astrocoenia. I polipai molto metamorfosati non lasciano ben studiare la loro struttura nelle sezioni. Stylocoenia monticularia ScawriGa. 1866. D’AcxGiaRrDI. Corall. foss. Alpi venete, pag. 42. S. Trinità di Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — La specie fu rinvenuta nell’eocene a S. Giovanni Ilarione, ora passa all’ oligocene. Stylocoenia minuscola n. sp. — Tav. IX [II], fig. 3a, d. Polyparium massivum, calicibus parvis, sex septis maioribus ad columellam, sex minoribus alternis; colu- mella styliforme elata; columellis inter calices evidentibus. Axis calicis 1 mm. Monteviale (rara). — Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — La piccolezza dei calici distingue questa specie dalle affini. Plocophyllia contorta Car. sp. 1868. Russ. Palaeont. Stud., I. L. c., pag. 144, tav. 2, fig. 9 (Dasyphyllia deformis); pag. 145, tav. III, fig. 1-5; pag. 146, tav. III, fig. 6 (Plocophyllia constricia). 1868. D’AcatarDI. Corall. foss. Alpi venete. L. c., pag. 13, tav. IX (Thecosmilia contorta). 1868. D’AcararpI. Stud. comp., pag. 63. 1874. Reuss. Palaeont. Stud., III. L. c., pag. 29, tav. 48, fig. 2; tav. 49, fig. 1-4 (Plocophyllia caliculata). Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — Monteviale (non rara). Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (abbondante). Osservazioni. — Come già gli autori trovai dubbi ed incertezze nel determinare gli esemplari del genere, notai, come il D’AcHIARDI, passaggi ed analogie fra le specie descritte dal Reuss come distinte, [17] T. OSASCO 115 mentre poi non credo possano senz'altro tutte riunirsi in un’unica specie, come fa il D’AcgIARDI. Onde penso essere miglior consiglio il distinguere come varietà della P%. contorta le specie del Reuss. Ph. fla- bellata, e Ph. caespitosa. Plocophyllia contorta Car. sp. var. flabellata Rss. 1868. Reuss. Palaeoni. Stud., I. L. c., pag. 18, tav. 18, fig. 2. 1874. Rruss. Palacont. Stud., III. L.c., pag. 30, tav. 49, fig. 5-7; tav. 50, fig. 1. Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante).— Montecchio Maggiore (non rara). — S. Lorenzo (non rara). Osservazioni. — Io ritengo come caratteri distintivi della varietà quegli stessi che il Reuss nota come distintivi delle specie, vale a dire il grande accrescimento che per lo più il polipaio raggiunge, ed il fatto che le serie di calici a forma di ventaglio si staccano dalla cella madre. Un esemplare di Castelgomberto mi tenne lungo tempo dubbiosa per la sua forma curiosa, ma poi credetti miglior consiglio il riferirlo senz’altro a questa varietà della specie. Plocophyllia contorta Car. sp. var. caespitosa Rss. 1874. Reuss. Palaeoni. Stud., ILI. L. c., pag. 31, tav. 51, fig. 1. S. Lorenzo (non rara). Osservazioni. — La varietà è distinta dalla specie per calici meno contorti, più compressi, a mar- gini più taglienti; questi caratteri danno al polipaio un aspetto affatto diverso. Plocophyllia contorta Car. sp. var. crassa n. var. — Tav. IX [II], fig. 4. Distinguunt hanc varietatem a specie typica sequentes notae: Polyparium magnum calicibus minus contortis, magnis et multis septis, facie speciale. S. Lorenzo (rara). i Osservazioni. — Questa forma corrisponde alla fig. 1, tav. 48 del Reuss (1874. Palaeont. Stud. ILI ed assolutamente non posso confonderla cogli esemplari della specie, come del resto si può arguire con- frontando le figure. i Pachygyra Savii D’Acx. 1866. D’AcrmarpI. Corali. foss. Alpî venete. L.c., pag. 40, tav. IMI, fig. 12 (P. Savî?), fig. 13 (P. arbuscula). 1874. Russ. Palaeont. Stud., III. L. c., pag. 9, tav. 40, fig. 4-8. S. Giovanni Ilarione (rara). i Osservazioni. — Gli esemplari in esame sono tre, ma uno solo, molto ben conservato, si può con sicurezza determinare, mentre gli altri due non lasciano scorgere le vallecole e perciò non si possono riferire al genere seuza gravi dubbi. Trochoseris? laevicostata n. sp. — Tav. IX [II], fig. 5a, db. Polyparium fungiforme, muro costis subaequalibus, granulatis; multis septis granulatis, fossula excentrica Altitudo polyparùi 2|, cm. Aris basis polyparii 18 mm. Aris calicis: minor 4], cm., major 6 cm. 116 E. OSASCO ‘[18] Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Osservazioni. — La sezione del polipaio non mi permise sicuro riferimento generico per la pro- fonda metamorfosi del nucleo centrale, trasformato in un ammasso di cristalli, però credo poterne dedurre la mancanza di columella ed anche di traverse endotecali le quali avrebbero reso la massa generale più resistente ed il lavorio delle acque più difficile. Perciò credo non errare riferendo la specie al genere Trochoserìs. i Cyathoseris formosissima D’Acx. 1856. Carunto. Terr. di sed. della Venezia, tav. XV, fig. 1 (Meandrina costata);tav. IX, fig. 5 (M. collinaria); tav. X, fig. 1 (Lobophylha). 1867. D’AcmarpI. Catalogo foss. Alpi venete, pag. 8. 1868. Reuss. Palacont. Stud., I. L. c., pag. 148, tav. IV, fig. 4 (Dimorphophyllia oxylopha). Monte Grumi di Castelgomberto (abbondante). — Crosara (abbondante). Osservazioni. — Il D’AcHiarpI riunì la M. collinaria Cat., alla C. formosissima, il DE ANGELIS (Corall. terz. Italia sett., pag. 63) la riportò come tipo dell’ Hydnophora collinaria CAT. Sp. Veramente gli esemplari della specie sono assai variabili, e tale variabilità, mentre ci deve render cauti nello specificare scusa dubbi ed incertezze. Così alcuni esemplari di Castelgomberto mi fanno pen- sare non doversi ragionevolmente distinguere la Cyathoseris falcifera (1866. CATULLO. L. c., pag. 74, tav. 15, fig. 5, Agartria; 1868. Reuss. L. c., tav. XV, fig. 10, Dimorphastraea). Infatti io avevo riferito a questa specie un esemplare che poi riconobbi identico a parti di esemplari tipici di C. formosissima, non solo, ma ebbi in esame un polipaio che se fosse spezzato si riferirebbe in parte alla C. formosissima ed in parte alla C. falcifera. Curiosissimo poi nella forma generale un polipaio di Castelgomberto, ch'io con dubbio riferisco alla specie non essendo osservabili i caratteri interni. Cyathoseris formosa D’Acx. 1875. D’Acnrarpi. Coral. eoc. del Priuli. L. c., pag. 196, tav. 17, fig. 3. Castelgomberto (rara). — Laverda (rara). — Sangonini di Lugo? (rara). Osservazioni. — Noto che dal terreno eocenico la specie passa nell’oligocene. Oroseris alpina (Max. in litteris) Micar. 1861. MricamLortI. Moss. mioc. Italia sett., pag. 158, pl. XV, fig. 19. Monte delle Grotte (rara). — Crosara (rara). Osservazioni. — Noto solo alcune traccie di epitecio sul piano comune che è costato, con coste granulate. Gli esemplari corrispondono assai bene alla figura dell’ esemplare tipico, ma d’altra parte in modo sorprendente rassomigliano a parti di esemplari di Mycethoseris, uno di essi si direbbe forma in- termedia tra la M. patula e lO. alpina. Il D’AcHiaRDI la nota del Veronese e del Vicelinol senza determinare le località. x [19] E. OSASCO 117 Oroseris regularis n. sp. — Tav. IX [II], fig. 6. Polyparium foliaceum, parvis calicibus seriebus regularissimis, concentricis, regularibus collibus divisis; septis subaequalibus; muro commune costis granulatis; sinatticulis evidentibus. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). — Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — Caratteristici due esemplari di Montecchio Maggiore che presentano serie rego- larissime di piccoli calici disposte concentricamente, mentre gli esemplari di Monte Grumi di Castelgomberto presentano minor regolarità, ma tali differenze sono forse dovute a che uno di essi è molto contorto, pare per causa esterna, e l’altro presenta solo la cella centrale e pochi calici concentrici, i più esterni però pare si ordinino in serie regolare. I setti appaiono subequali, ma non tutti raggiungono la columella, molti si ripiegano verso i setti vicini ai quali si saldano. Mycethoseris hypocrateriformis Mrcnm. sp. 1861. MicarLomtI. Foss. mioc. Italia sett., pag. 158, tav. 15, fig. 7,8 (Mycedium). Monte delle Grotte (non rara). — Crosara (rara). i Osservazioni. — Malgrado la diversa età dello strato geologico gli esemplari di Crosara sono riferibili senza dubbio alla specie, mentre meno sicuro è il riferimento degli esemplari di Monte delle Grotte. Mycethoseris patula Micnm. sp. 1861. MicarLorm. Foss. muoc. Italia sett., pag. 45, tav. IV, fig. 3,4 (Thamnastraca). 1874. Reuss. Palaeont Stud., III. L. c., pag. 26, tav. XLVI, fig. 4A,B (Podobacia). 1894. De Ancens. Corall. terz. Italia sett., pag. 38. Monteviale (abbondante). — Monte delle Grotte (abbondante). — Montecchio Maggiore (non rara). — Crosara (abbondante). Osservazioni. — Numorosi polipai della specie provenienti da Crosara erano tenuti aderenti dalla marna, sono in strati sottili fogliacei e presentano una notevole variabilità per grandezza e disposizione di calici, spesso perfettamente distinti, altra volta riuniti in colline, talora una collina a spigolo tagliente fra le diverse parti pianeggianti del polipaio. Altre volte le colline più basse ed ottuse sono sormontate dai raggi setto-costali ornati di costicine trasversali granulose. I setti ora lasciano al centro profonda fos- sula ed ora si riuniscono variamente dando in qualche caso una falsa apparenza di columella papillosa. Mycethoseris patula Micar. var. ornata n. var. — Tav. IX [II], fig. 7. Distinguunt hane varietatem a specie typica sequentes notae: Polyparium muro commune costis maioribus et rarioribus, fortiter granulatis, fere dentatis; calicibus septis- costalibus elatioribus, acutis, fortiter ornatis. Monte delle Grotte. 118 E. OSASCO [20] Osservazioni. — Le costicine ornamentali dei raggi setto-costali sono molto più spiccate, talora quasi spinose. Mycethoseris incerta n. sp. — Tav. IX [II], fig. 8. Polyparium foliaceum, planum, calicibus distinctis, raro confluentibus, forma variabile; 30 septis alterne aequa- libus, granulatis; collibus rudimentalis, sinatticulis evidentibus. Montecchio Maggiore (rara). Osservazioni. — Ho un solo esemplare, che molto studio richiese per la determinazione generica, infatti è molto simile ad alcuni Oroserìs, però non presenta decise colline, ma solo accenni ad esse. Onde credei più esatto il riferirlo al genere Mycethoseris. Cyclolites patera Max. 1867. D’AcHmaRDI. Catalogo foss. Alpi venete, pag. 8. 1874. Russ. Palaeont. Stud. III. L. c., pag. 16, tav. 41, fi. 2,3 (Cyclolitopsis). Priabona (rara). Osservazioni. — Varii autori riferirono la specie al genere Cyelolitopsis, così il Reuss ed il De An- GELIS; lo ZirtEL però non ammette il nuovo genere, ed invero non vedo caratteri distintivi abbastanza sicuri per la sua formazione. Il Reuss distingue il genere perchè gli esemplari presentano alla base traccie di aderenza. Ora io non dò a questo carattere neppure valore specifico ricordando che in alcune specie varia secondo l’età dell’esemplare. Nell’esemplare ch’io ebbi ad esaminare, sebbene non intero, non noto traccia di aderenza. i L’OpPENHEIM riporta il genere Cyelolitopsis, e propriamente la Cyclolitopsis patera Mex. al genere Cycloseris; egli così riunisce nel genere Cycloseris i generi Cyclolites e Cyclolitopsis. To però son d’avviso che, se i generi Cycloseris e Cyelolites possono riunirsi in un solo, questo dovrà ritenere la denominazione di genere Cyelolites perchè prima stabilito. L'OPPENHEIM, a cui dissi ciò ap- punto, soggiunse che nulla ha in contrario a chiamare Cyclolites il genere. La specie fu già rinvenuta in Vall’Organa nelle marne dell’Asolano, a San Giovanni Ilarione e nel- l’Elveziano. Sarebbe quindi rinvenuta nell’oligocene per la prima volta. Cyclolites Zignoi D’Acx. 1867. D’AcatarDI. Catalogo foss. Alpi venete, pag. 8. Priabona (non rara). Osservazioni. — Si tratta certamente di Cyclolites perchè, sebbene in parte scomparsa, l’epiteca è visibile in alcuni punti. Gli esemplari corrispondono alla scarsa descrizione del D’AcHIARDI, ma la man- canza di figura non mi permette un sicuro riferimento. La specie già rinvenuta nel miocene di Vall’Organa è ora trovata nell’oligocene. Thamnastraea hemispherica D’Acn. 1875. D’AcnmarpI. Corali. coc. del Friuli, L.c., pag. 191, tav. XV, fig. 4. Crosara (rara). [21] E. OSASCO 119 Osservazioni. Son due esemplari poco ben conservati, ma la forma caratteristica del polipaio, ed il piano inferiore a cerchi irregolarmente concentrici, non lasciano dubbio. Dimorphastraea monticularia n. sp. — Tav. IX [II], fig. 9. è Polyparium foliaceum, pedicello centrali, brevi et magno, muro commune irregulare, fortiter costato, costis elatis, subtilibus, granulatis, aequalibus, sulco lato et profundo, calicibus @ septis distinctis; septis perforatis, margine et faciebus granulatis, 12 aut 24 alterne aequalibus, confluentibus; paucis et ripidis monticulis, raro bre- vissimis collibus. Aris calicis 14 mm. Altitudo poliparii 15 mm. Monte delle Grotte (rara). Osservazioni. — Affinissima alla Cyathoseris apennina se ne distingue per scarsi, ma decisi mon- ticoli pei quali quasi si direbbe un’ Hydrophora. Dal genere Hydnophora differisce pei calici distinti dalla direzione dei setti. I setti perforati inoltre distinguono questa specie da quelle dei generi sopra detti e del genere MycethophyIlia. Comoseris distincta n. sp. — Tav. IX [II], fig. 10. Polyparium elatum, forte epitheca, costis apparentibus ad marginem calicis; calicibus axis variabilibus, fere 24 septis, granulatis, perforatis, alterne acqualibus, faciebus luteralibus fere cristatis, multis parvis granulis. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Osservazioni. — La mancanza di colline, rappresentate solo da rari e generalmente poco elevati monticoli, la distingue dalla C. conferta. Comoseris conferta Rss. 1868. Reuss. Palaeoni. Stud. I. L. c., pag. 177, tav. 14, fig. 2 (Comoseris alternans); pag. 174, tav. 14, fig. 3. Castelgomberto (abbondante). Osservazioni. — Io non ritengo sufficientemente distinte le due specie del Reuss, poichè rinvenni in parti diverse d’uno stesso polipaio i caratteri ch'egli nota come differenziali fra le due specie. In ge- nerale i miei esemplari più s’avvicinano alla figura della C. conferta, sebbene in alcuni punti le valli si restringano coi calici in una sola serie; in tutti poi noto l’alternanza dei setti e, solo in qualche caso,,. fra due maggiori tre minori, di cui però il mediano più lungo e quindi anche in questo caso a primo aspetto sono alternanti. In uno degli esemplari è evidentissimo il muro sione ondulato ed interrotto da piani d’ accresci- mento, l’epitecio è evidente, e sotto ad esso si indovinano appena le coste verso l’alto; ma dove è in- tervenuta l’erosione le coste spiccano fine, alternate, separate da solchi profondi. In molti punti, sul vertice delle colline, appare un solco. In sezioni esaminai la struttura interna e rinvenni la perforazione dei setti evidente. Heterogyra lobata Rss. 1868. Reuss. Palaeont. Stud. I. L. c., pag. 149, tav. 5, fig. 2,3. Castelgomberto (abbondante). 120 E. OSASCO [22] Osservazioni. — Un esemplare mi lasciava grandi dubbi perchè forma sociale massiccia in ogni parte, solo lasciava scorgere un leggero solco fra i calici in un punto del polipaio. Ma alcuni bellissimi esemplari donatimi dappoi dal dott. DAL Lago mi tolsero ogni dubbio, poichè nelle diverse parti d’uno stesso polipaio appaiono gradazioni tra la forma quasi cespitosa e la completamente massiccia. Del resto già il Reuss notava il passaggio dalla forma a polipieriti disgiunti, a quella con colline solcate ed alla completamente massiccia. Dendracis Gervillii E. H. 1840-47. Micanum. Ieonog. sooph., pag. 165, tav. 45, fig. S (Madrepora Gervillii DerR.). Monte Grumi di Castelgomberto (non rara).— Corneto Monte Grumi (rara).— Monteviale (abbondante). — Montecchio Maggiore (rara). — S. Lorenzo (abbondante). Osservazioni. — Riferisco a questa specie seguendo il D’AcHIARDI (1868, Sf. Comp., pag. 73) esem- plari che presentano la superficie esterna o profondamente costata o granulata o perforata, con calici più o meno grandi e di variabile elevazione, attribuendo le differenze sia a diverse parti di uno stesso polipaio, sia a diverso grado di erosione. Certo è che, se anche le differenze sono iniziali, tutt’ al più po- trebbero dar fondamento a varietà distinte e non alle specie del Reuss (1868. Stud., I L. c., tav. XV, fig. 2, 3,5). Però il generale logoramento e la frammentazione consueta di questi polipai impedisce di rilevare con sicurezza differenze e somiglianze. Dendracis distincta n. sp. — Tav. IX [II], fig. 11. Polyparium arborescens, superficie laeviter spongiosa, laevigata, vel parvis granis, calicibus in spiris ripidis- simis dispositis, seriebus verticalibus, vel contortis; calicibus parvis, cireularibus, elatis, paucîis et parvis septis. Monte Grumi di Castelgomberto (rara). Osservazioni. — Si distingue dalle specie note per la piccolezza dei calici, che hanno diametro minore di un millimetro e pel loro rilievo. I granuli che in alcuni punti ricoprono il polipaio sono mi- nutissimi, tanto che non si riconoscono senza forte ingrandimento, la superficie appare quindi levigata. Dyctyaraea superficialis n. sp. — Tav. IX [II), fig. 12. Polyparium arborescens, multis calicibus circularibus, muris non apparentibus, 12 septis crassis, elatis; palis perspiquis. Axis polyparii 4 mm. Aris calicis 2 mm. Monteviale (rara). Osservazioni. — L’unico esemplare è un piccolo ramo poco ben conservato, ma in un calice suffi- «cientemente conservato si possono scorgere traccie di pali. I calici circolari, i setti spessi, sporgenti, caratterizzano la specie. Finito di stampare il 27 ottobre 1902 Dott. LL. PAMPALONI I RESTI ORGANICI NEL DISODILE DI MELILLI IN SICILIA (SII). PARTE PRIMA. Microflora. Avendo in questi ultimi tempi istituite delle ricerche sopra il disodile di Melilli in Sicilia, non stimo fuori di luogo il segnalarne qui iresultati. Questo disodile giace a circa un’ora e mezzo di distanza da Melilli (Prov. di Siracusa) a NE di questa terra, precisamente lungo il torrente Fiuminello, fra contrada Sabbuci e contrada Cibiazza. Si trova dentro un bacino che, estendendosi per un diametro di oltre 500 metri, è chiuso tutto intorno dalla roccia vulcanica sovrastante. Per la sua conformazione è evidente che in tempi remotissimi doveva qui trovarsi un grande stagno, dove man mano si andavano accumulando i detriti organici; l’acqua di questo stagno poi, per effetto sia di erosione, sia di fenomeni vulcanici, si è aperta uno sbocco del quale è tuttora attestata la presenza dal torrento Fiuminello. Il disodile di Melilli presenta molti punti di contatto con quello del Ries in Baviera, della valle della Mona in Alvergna, e coi depositi! di Westerwald presso Rolt, di Gliembach presso Giessen e di Siegberg al Nord delle Sette Montagne; appartiene all’epoca terziaria e con tutta probabilità può essere riferito al miocenè medio, perchè formatosi nell’ epoca stessa in cui si formarono i circostanti terreni. Si presenta costituito da tante sottili lamine giallastre o giallo verdastre, l’una sovrapposta all’ altra, papiracee ed assai elastiche, che alla fiamma bruciano facilmente, mandando un odore assai simile a quello del caoutehoùc bruciato, donde forse proviene il nome di “ Merda del diavolo ,, sotto cui è conosciuto dagli abitanti di Melilli. Già fino dall’anno 1674 Paoro Boccone nelle sue “ Recherches et observations naturelles ,°) aveva dato notizia di un tal prodotto chiamato Bitumen fissile, ed a proposito del quale così si esprime: “ Sa couleur est jaunàtre, semblable aux Feuilles de Malabatre, et se divise aisement par des crou- “ stes delicates en leur entier, estant rangées par couches plates, et ils mont fait rapport que quelques Col- “ lines qui sont à l’entour de la dite Terre de Mililli sont composées de cette matière Bitumineuse; que le “ lieu précisément de sa production est appellé la Costa di Garita proche de Mililli, que lors qu’ on “ le tire fraischement de la terre, ou de la mine, elle est molle, et se plie è peu près comme du parchemin, “ que l’on en peut détacher en son entier des Feuilles larges de deux paumes de quarré, et qu’à la saisson “ d’Esté dans laquelle les paisans ont accoustumé de brusler les restoubles, ou chameaux dans tous les “ lieux voisins, alors ce Bitumen estant sous le feu il se fait sentir d’une puanteur semblable è celle “des Cornes bruslées, et du souffre; et moy l’ayant approché à la chandele à cause de 1’ huile, et “ par le bitume dont il est remply, il s’enflamoit, et j' ay senti la mesme puanteur dont je vous ay cy “ dessus parlé ,. 1) DANA. System of mineralogy, 1877, pag. 746. 2 Amsterdam, 1874, pag. 217. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 122 L. PAMPALONI [2] E non è improbabile che l'Autore stesso in un’altra sua pubblicazione *) lo comprendesse sotto il nome generico di Gagates. “ La Gagates (così si esprime) è di varie specie, alcune sono disposte di “ strato sopra strato, altre a forma di sasso o di marmo fragile, altre a foggia di carbone, e ciò proviene “ dalla figura dei corpi eterogenei ove sono racchiuse le particelle oleose, sulfuree e bituminose. Vicino la “ terra di Melilli, e presso tutti i Vulcani, e ai Termi minerali nel Regno di Napoli, nella Provenza, nel “ Contado di Avignone, nel Genovesato, ed in altri luoghi d’ Europa, si osservano differenti specie di “ Gagates ,. L’ebollizione nella potassa e la permanenza negli acidi nitrico e cloridrico sono sufficienti per sepa- rare fra di loro le varie lamine del disodile, che, oltre sostanze eterogenee, tengono inclusi dei fram- menti di piccoli fusti o radici; però non ho mai riscontrato residui di foglie. Fino dal 1839 1’ EHRENBERG ?) aveva compiuti degli studi sul disodile del Ries, trovandovi più di 200 specie di piante, diatomee, oltre a vari insetti e crostacei. Più tardi 1’ Harz® compiendo le ricerche sul medesimo disodile vi trovò una cloroficea che denominò Palmella oligocaenica, non solo, ma coi solventi della clorofilla riuscì ad estrarne anche il pigmento clorofilliano che si era così conservato attraverso i vari periodi geologici. In una sua recente nota il prof. BaccarINI* dà un resoconto delle sue ricerche sopra il disodile di Melilli. Vi ha riscon- trato infatti dei corpicciuoli molto simili alla Palmella dell’ Harz, che coi preparati iodici si colorano in giallo più intenso di quello che si colorano i rimanenti tessuti, ma non è riuscito ad estrarre in alcun modo il pigmento clorofilliano. Frammenti sottilissimi di questa sostanza, e sezioni fatte al microtomo non danno, esaminate al mi- croscopio, nessun carattere per potere ricostruire in certo qual modo l’origine di questo disodile. Certamente debbono avere influito in grandissima parte alla sua formazione le numerose spoglie di vegetali e di animali che, cadendo successivamente al fondo di questo stagno, si sono andate parzialmente macerando e comprimendo, e di esse oggi non troviamo intatte che le parti che hanno resistito alla ma- cerazione. Però mentre con abbastanza frequente facilità ci troviamo dinanzi a vestigia di animali e di vegetali inferiori così bene conservati da far credere a prima vista che non si tratti nemmeno di orga- nismi vissuti in epoche a noi così lontane, è strano come non vi si sia ancora rinvenuta alcuna traccia di foglie nemmeno nella loro parte più resistente, la cuticola; e mentre alcuni fra i lembi più sottili di queste lamine potrebbero ritenersi per cuticole, pure non lasciano nemmeno lontanamente intravedere la | presenza di stomi o di altre formazioni caratteristiche. Un tal fatto è completamente confermato dal prof. BaccarINI °) stesso. Per contro egli vi ha trovato qualche diatomea, un’ enorme quantità di granelli di polline, senza traccia però di budello pollinico od inizio di germinazione, e numerosissime spore di funghi riferibili a Sordariacee, Rosellinie, Macrosporium, nonchè, nel materiale trattato con potassa, in- terposti fra i vari strati, dei frammenti di miceli di funghi ed una speciale sostanza fioccosa, biancastra, che sotto il microscopio appare costituita dal micelio e: dalle fruttificazioni di una Saprolegniacea riferita da lui al genere Pythium. Nelle mie ricerche, oltre che sulle varie lamine di disodile disgregate, come ho detto, coll’ ebollizione i) Museo di Fisica e di Esperienze. Venetia, MDCXCVII, pag. 173. î) PocGENDORE’S Annalen, Bd. 48, 1839, pag. 573. 3) Bot. Centr., 1889, pag. 39. 4 Sopra alcuni microrganismi del disodile di Melilli (Nota preliminare). Boll. Acc. Gioenia Se. nat. Catania, fasc. LXIV. 1900. 5) Op. cit. [3] L. PAMPALONI 123 nella potassa, ho voluto portare l’esame anche sui frammenti di fusti e di radici intercalati nella massa del disodile, e sopra quei residui interposti fra strato e strato, che, per la disgregazione delle varie la- mine, precipitano al fondo del recipiente nel quale si è operato il trattamento colla potassa. Con un tal metodo di ricerche mi è dato oggi di poter descrivere vari esemplari di organismi ve- getali, nella massima parte appartenenti a funghi, e altrettante specie animali, fra le quali tengono il primo posto gli aracnidi. L’esame di alcuni frammenti di fusti, ben conservati nella loro interna struttura, mi ha dato come risultato la presenza nell’interno dei tessuti di alcuni corpiccioli rotondeggianti, giallastri, ora smerlati, ora lisci, provvisti di una membrana involucrante, di una grossezza variabile dai 20 ai 40 p.. Sono oospore di Peronospora, e la loro abbondanza nei tessuti dimostra come anche nell’epoca terziaria questo fungo fosse abbastanza diffuso. Il fatto che queste oospore si trovano sotto due forme differenti fa ritenere che debba trattarsi di due specie distinte. L’aver trovato queste due forme anche sopra un medesimo tessuto potrebbe far sup- porre che si trattasse di due differenti fasi di sviluppo di una medesima specie. Le loro differenze però sono troppo manifeste, e ciò mi induce a credere che si tratti di due specie distinte di Peronospora, viventi insieme sopra una medesima pianta, come appunto, per le forme attuali, è il caso dell’Albugo (Cy- stopus) candida e della Peronospora parasitica sopra alcune Crucifere. Seguendo il FiscHER ! riferisco quelle oospore il cui episporio è provvisto d’ingrossamenti poriformi e smerlato ad una Peronospora appartenente al gruppo delle Calothecae (De BaRY), ed al sotto gruppo delle Verrucosae per essere l’episporio orlato regolarmente; quelle invece il cui episporio è liscio ed irre- golarmente angoloso al gruppo delle Leiothecae (ScHROTER) e, per essere la sua parete spessa e multistra- tificata, al sotto gruppo delle Parasiticae. Però non essendovi al di fuori della presenza delle oospore altri caratteri diagnostici per poterle riportare ad un genere ben determinato, ho creduto riferirle ambedue al genere Peronosporites stabilito per la prima volta da WarrEINeron Smita > per il Peronosporites antiquarius degli assi vascolari del Lepi- dodendron, nel carbonifero inglese. i Peronosporites miocenicus Pawparoni. — Tav. X [1], fig. 1,2. Oogonium membranosum, laeve, hyalinum, laxe circumdans oosporas, 25-30, dilute flavescentes episporium eristis tenwibus praeditum, quae superficiem in decem areolas in binas series dispositas partiuntur. Questa specie, se si volesse paragonare con quelle viventi, potrebbe essere avvicinata alla Peronospora effusa var. minor Casp. del Chenopodium, dell’ Atriplex ecc..Però, mentre in questa le oospore misurano 35 p, nella nostra non sorpassano i 25-30y. Inoltre esistono differenze anche nella reticolazione dell’episporio; la parte centrale dell’oospora è completamente liscia, mentre all’esterno si hanno due linee di smerlature sovrapposte ed alternanti l’una coll’altra, in ciascuna delle quali si contano costantemente 10 orli. 1) RABENHORST ’S. Kryptogamen-Flora, Erster Band. Pilze, pag. 445. Leipzig, 1892. 2 MEScHINELLI. FPungorum fossilium omnium hucusdue cogniturum iconographie, pag. 10. MDCCCXCVIII. 3) BeRLESE. Icones fungorum-Phycomycetes, fasc. I, Peronosporaceae, tav. XLVII. Padova, MDCCCXCVIII. 124 L. PAMPALONI [4] Peronosporites siculus Pamparoni. — Tav. X [I], fig. 3,4. Oogonium membranosum, laeve, hyalinum, laxe circumdans cosporas globosas, 20-25 y, dilute flavescentes; epi- sporium tenue, laeve, stratosum. Questa seconda si rassomiglierebbe alquanto alla Plasmopara pygmaea UneER” vivente sopra le Ranun- culacee. Però nella nostra le oospore misurano 20-25, mentre nella pygmaea misurano 40-45 p.; inoltre l’episporio è pluristratificato, ma le stratificazioni nella nostra sono così ravvicinate l’una all'altra che si scorgono soltanto con un ingrandimento assai forte, mentre invece sono visibilissime nella pygmaea. Pythites disodilis Baccarini. — Tav. X [I], fig. 5,6. Mycelium filamentosum tune parce tune crebre ramosum, hyphae incolores tune uniformi crassitudine, tune Wregulariter varicosae; oogonia monospora, sphaeroîdea, luevia, ternvinalia, 70-100v?). A proposito di questa specie, il prof. BaccARINI 8) così si esprime: “ Il micelio di questo fungo forma “ dei fiocchi distesi alla superficie delle lamine organiche sopra indicate, e, quando si ricorra all’ ebolli- “ zione nelle soluzioni di potassa o di soda caustica, se ne possono isolare dei frammenti molto istruttivi. “La forma di questi filamenti di micelio, il loro decorso serpeggiante e tortuoso, le dentellature e “ gl’incastri che per lunghi tratti presentano con una certa regolarità, e le varici frequenti e non altri- “ menti giustificabili, dimostrano a mio avviso che si tratta di un micelio endofita il quale nel suo per- “ corso si adatta ai meati intercellulari della pianta oste. La mancanza di setti trasversali ‘nel micelio, “ e la forma e la disposizione delle fruttificazioni dimostrano inoltre chiaramente che si tratta di una “ forma molto affine all’ attuale genere Pythium, genere che sta per così dire a cavallo tanto dal lato “ biologico che morfologico, tra i Peronosporei ed i Saprolegnei ,. La figura 5 della Tav. X [I] mostra un insieme di fruttificazioni di Pythium disodilis. Dietro l’assenso del prof. BaccARINI, per maggiormente uniformarsi alla nomenclatura usata in Paleo- botanica, ho sostituito alla denominazione Pythium quella di Pythites. Nella fig. 6 della Tav. X [I] si ha un fatto abbastanza interessante. Si tratta di un oogonio di PytWium in via di esser fecondato dall’anteridio. Si osserva infatti l’anteridio che ha già emesso il processo filiforme che forando la parete dell’oogonio va a penetrare nella cavità di questo. I Peronosporites edi Pythites sono gli unici generi di Ficomiceti che siano stati finora riscontrati nel disodile di Melilli. Assai più abbondanti sono invece gli Ascomiceti, e fra questi in particolar modo la famiglia delle Perisporiacee. Per maggior chiarezza, nell’esposizione delle varie specie che andrò descrivendo, mi atterrò alla clas- i) BeRLESR. Icones fungorum-Phycomycetes, fasc. I, Peronosporaceae, tav. X. Padova, MDCOCCXCVIII. MOD 3) In questi ultimi tempi il prof. BACCARINI esaminando alcune forme di Endogone nate nelle terre del Giardino Botanico di Firenze, è stato colpito dalla perfetta rassomiglianza che presentano gli cogoni e le ife di questo fungo, con quelle del Pythium testè descritto. Per quante ricerche egli abbia fatte, non è riuscito per anco a trovare organi di fecondazione speciali. Ad ogni modo il fatto è interessante e perciò ho creduto opportuno accennarlo a questo proposito. led [5] L. PAMPALONI 125 sificazione del prof. SAccarDo !), riferendomi, quando ve ne sia bisogno, anche alle altre classificazioni dei diversi autori quali l’EneLeR e PranTL ?, il RABENHORST 5) ecc. I campioni da me esaminati appartengono più particolarmente alla famiglia degli Erisifei; infatti si distinguono per un micelio effuso aracnoideo, per il peritecio tutto chiuso, con appendici varie, subglo- boso, formato da una tenue membrana, e generalmente fortemente colorato in nero. Il fatto della loro abbondanza rispetto alle altre forme rinvenute non è privo d’interesse. Come si sa gli Erisifei sono fra le crittogame parassite quelle più di ogni altra diffuse, ed è naturale ammettere che tessuti vegetali infetti da questo parassita siano caduti al fondo di questo antico stagno, dove hanno subìta una profonda mace- razione (di cui oggi non è dato trovarne i residui), mentre il fungo, più resistente, si è perfettamente con- servato. Ma la sua presenza implica sempre, come ho detto, la presenza di vegetali superiori, i quali perciò debbono avere in gran parte contribuito alla formazione di questo deposito. Dei vari campioni esaminati uno solo appartiene al genere Uncinula, e gli altri tutti al genere Erisiphe. Uncinulites Baccarinii Pawpavoni. — Tav. X [I], fig. 7. Perithecia subglobosa tenvi-membranacea, nigra, astoma 30-35 y, 18-25 appendicibus simplicibus apice unci- natis, perithecium fere aequantibus, imdivis, ad basim atris, ad apicem fuscis. Questa specie è stata da me trovata perfettamente aderente ad un frammento di tessuto assai difficilmente riconoscibile. Si tratta (come lo dimostra la figura 7 della Tav. X [I]) di vari periteci, alcuni dei quali ‘ isolati, altri collegati fra di loro, neri e provvisti di appendici semplici che alla loro estremità libera ter- minano a mo? di uncino, non molto fortemente colorati, ma un po’ brunastri. Non vi sono residui di spore, e quindi non si ha modo di determinare il loro numero nell’interno degli aschi, come pure non si conosce la forma dei conidi, così che è impossibile riferirli ad una specie vivente; però per la forma del micelio aracnoideo, i periteci abbastanza minuti, globosi, neri, le appendici che quasi uguagliano in lunghezza il diametro del peritecio, giallastre e più oscure verso la base, potrebbero assomigliarsi alquanto alla specie Uncinula ampelopsidis Peck 4, ma ne differiscono specialmente per il numero delle appendici che nell’ U. ampelopsidis sono da 10 a 20, mentre nella nostra variano dalle 18 alle 25, e per essere mancanti i setti, mentre esistono nell’ U. ampelopsidis. Erisiphites Melilli Pawparoni. — Tav. X [I], fig. 8. Pertthecia sparsa, superficialia, sphaeroidea vel ovoidea, undique clausa, atra, ceraceo membranacea, 170 y., mycelio arachnoideo, persistente, appendicibus ramosis, flexuosis, sordide luteis, numerosis. I campioni appartenenti a questa specie hanno periteci sempre superficiali, membranacei, sferici od ellittici, chiusi, colorati in nero, provvisti tutto all’intorno di una sottile peluria data dal micelio, e con appendici superficiali sempre semplici, ma dicotome ed uncinate. Di essi alcuni completamente sferici, neri 1) SaccarDo. Syl20. fung. 2) Die natùrlichen Pflanzenfamilien. Theil I, Abth. I. Leipzig, 1897. 3) Kryptogamen-Flora. 4 SaccarDo. Op. cîit., vol. I, pag. 7. 126 L. PAMPALONI [6] ed abbastanza grossi somigliano assai all’Erisiphe communis (WaLLa) !, altri, per la forma del peritecio che è ovoidea anzichè sferica, all’E. epigea ?. Però anche qui non si conoscono le spore per istituire più esatti confronti. Oltre la famiglia delle Erisiphee, sempre fra le Perisporiacee, ho trovato rappresentata anche quella delle Perisporiee, che comprende piante a vita anche saprofitaria, a periteci ora globosi, ora piriformi o lenticolari, astomi. I due esemplari che posseggo non sono privi di un certo interesse, in quanto che stanno per così dire a cavallo fra i due generi Cephalotheca ?) e Meliola*. Naturalmente se si fossero conservati gli sporidi si potevano classificare o fra le Phaeosporae a sporidi globosi, continui, a cui appartiene appunto il senere Cephalotheca, oppure fra le Phragmosporae a sporidi oblunghi pluriseriati a cui appartiene il genere Meliola. Nei campioni in esame esiste, come nei due generi testè citati, un peritecio isolato di colore verde scuro quasi nero, costituito da una grande quantità di cellule sottili (carattere questo che lo fa ravvicinare al genere Cephalotheca), abbastanza fragile, astomo, ora globoso (Tav. X [I], fig. 10), ora reniforme (Tav. X [I], fig. 9); però mentre nel genere Cephalotheca questo peritecio è peloso, cioè coperto da un vello abba- stanza sottile, così non è per i campioni in questione, che sono provvisti di appendici abbastanza ingros- sate, terminanti a punta, in numero di 18 nel primo, di 26 nel secondo, che uguagliano in lunghezza, il diametro del peritecio, tanto da farlo ravvicinare sotto questo rapporto al genere Meliola. Per questa comu- nanza di caratteri coi due generi Cephalotheca e Meliola ho creduto bene di stabilire per questo fungo un genere a sè, chiamandolo appunto Perisporites. Ho fatto dei due esemplari due specie differenti, in quanto che esistono delle differenze tali da non poterli raggruppare ambedue sotto una medesima specie. Perisporites hirsutus Paxparoni. — X [I], fig. 9. Perithecia reniformia, simplicia, libera, virido-carbonacea, cellulis fere 8 latis contexta, astoma, fere ad tertium sulco circolari predita, 25-26 setulis atris rigidis, perithecium fere aequantibus. Perisporites setosus Pampaconi. —- Tav. X [I], fig. 10. Perithecia rotunda, simplicia, libera, virido-carbonacea, cellulis minutis fere 4 y lutis contexta, globosa, astoma, 18 selulis atris rigidis, perithecium fere acquatibus. Questo Perisporites è globoso, costituito da tante piccole cellule che appena raggiungono 4, e le sue appendici sono in numero di 18; il primo invece, che ho chiamato Perisporites hirsutus, è reniforme e provvisto di un solco circolare parallelo alla base, situato a circa due terzi di altezza del peritecio. Le cellule che costituiscono il suo peritecio sono più grandi, variando dai 6 agli 8, e le appendici sono in numero di 26. 3 Altri rappresentanti delle Perisporiee finora non ho trovati. i) Saccarpo. Sy2. fung., vol. I, pag. 8. 2) In. Op. cit. 3) Ip. Op. cît., vol. I, pag. 36. 4 Ip. Op. cît., vol. I, pag. 60. en. [7] L. PAMPALONI 127 Chaethomites intricatus Pawparoni. — Tav. X [I], fig. 11. Perithecia superficialia, 1 mm. dm., gregaria, carbonaceo-membranacea, aterrima, superne glabrata, inferne pilis densis longissimis, tortuosis, simplicibus, fuscis vestita. Tale Sferiacea appartenente alla sezione delle Phaeospore, che ho rinvenuto aderente a delle piccole porzioni di fusti, ha molti punti di confronto coll’attuale genere Chaethomium. Vi è infatti un peritecio superficiale, carbonaceo membranaceo, con peli irraggianti specialmente dalla base, molto lunghi, nerastri, così che sotto questo rapporto somiglia assai al Chaetomium atrum (Link). Anche qui mancano gli sporidi. Questa è l’unica Sferiacea che per i suoi caratteri e per il suo stato di conservazione si può quasi ricondurre ad un tipo conosciuto. Però esaminando sia le diverse lamine del disodile, sia i vari fram- menti di fusti, ho riscontrato, come del resto aveva già fatto notare il prof. BaccarINI , delle splendide spore, alcune delle quali, limoniformi, che ricordano estremamente quelle di Sordaria, e che paragonate con esse non presentano, si può dire, differenze apprezzabili; altre poi torulate, molto probabilmente ri- feribili al senere Sphaeria, altre sferiche; ed in moltissime di esse si ha l'illusione completa di essere davanti a spore tuttora viventi, in quanto che si intravedono perfino quelle speciali granulazioni di cui sono provviste. Melanosporites Stefanii Pamraroni. — Tav. X [I] fig. 12. Perithecia superficialia, simplicia, mollia, membranacea, sphaeroidea, flavescentia, villo fusco stipato tecta, 6 sporis migris, sphaeroideo-ellipsordeis, 60-80 v. Passando alla famiglia delle Hypocreaceae, a periteci carnosi, generalmente rossastri, verdi o gialli, mai neri, con 4-8 spore, nella sezione delle Phaeosporae ho trovato, fra il materiale precipitato a fondo per la disgregazione delle varie lamine del disodile, un fungo che ho riferito ad una Melanospora per il suo peritecio rossastro, semplice, molle, trasparente, a sporidi elissoidei, nerastri. Certo non si hanno i caratteri dell’ ostiolo, ma la rassomiglianza del nostro fungo col genere Melanospora è manifesta. Per di più, essendosi conservati anche gli sporidi ed essendo questi continui, posso anche riferirlo al sottoge- nere Eu-Melamospora. Rassomiglia assai alla Melanospora chionea (Fx.)") per il peritecio sparso, superficiale, sferoideo, pubescente, e le spore elissoidali semplici, nerastre; però ne differisce per essere il peritecio giallastro anzi che bianco, e per esser le spore in numero di 6 anzi che di 7-9 come nella M. Chionea. Microthyrites disodilis Paxpanoni. — Tav. XI [II], fig. 1. Perithecia superficialia, sparsa, simplicia, membranacea, dimidiata, scutiformia, cellulis eriguis, poligonalibus, . concentricis, 15-20 y latis, fuscis, margine crenulatis. x Questo fungo è oltremodo diffuso, comparendo generalmente sotto forma di piccoli dischetti neri di circa 1mm. di diametro, assai strettamente aderenti alle lamine del disodile. Esaminato al microscopio si presenta costituito da un peritecio superficiale, sparso, semplice, membranaceo, a forma di scudo, costituito da tante sottili cellule poligonali, concentriche, a pareti brunastre. Per tali caratteri posso riferirlo ad un Microthyrium. Per la forma del peritecio somiglia assai al M. minutissimum (Tum.) 4). 4) SaccarDo. SY. fung., vol. I, pag. 221. 2) In. Op. cit. 3) Ip. Op. cit., vol. II, pag. 461. 4) Ip. Op. cit., vol. II, pag. 663. 128 L. PAMPALONI [8] Monilites albida Paxpaconi. — Tav. XI [II]. fig. 2. Hyphae septatae, hyalinae, vage ramosae, effusae. Conidia globosa, elliptica, 18-21y, utrinque obiusa, in ca- tenas breves, interdum ramosas, disposita, hyalina, laevia. Ho trovato questo Ifomicete esaminando i residui di un piccolo fusto. Si presenta formato da un micelio che partendo dalla periferia del fusto al quale è aderente, si dirama in tante ife ialine, settate, le quali portano dei conidi ellittici, pure essi ialini costituiti da una sottile membrana, e disposti in brevi catene qualche volta ramificate. Si tratta di un Ifomicete della famiglia delle Mucedineae, per l’aspetto bissino di tutto l’insieme del fungo e per le ife abbastanza lasse; della sezione delle Amerosporae per i conidi ellittici, continui, ialini; della sotto-sezione delle Micronemeae per le ife brevissime e poco diverse dai conidi, e finalmente, per essere queste ife alquanto ramose ed i conidi assai grandi, limoniformi, è fuori di dubbio che si tratta di un esemplare riferibile al genere Monilia. Dato il discreto numero di specie di Morilia viventi, non è facile il ravvicinare questa forma ad una specie piuttosto che ad un’ altra; però per la descrizione che ne fa il SAccarpo mi sembra che somigli assai alla Monilia candida *). Ad ogni modo mancando dei più precisi caratteri di paragone, ho creduto bene di farne una specie nuova. PARTE SECONDA. Microfauna. La microfauna di questo disodile è costituita quasi essenzialmente da Aracnidi, dei quali sono bene rappresentati alcuni dei vari generi in cui è stato suddiviso l’antico genere Acarus; vi sono state pure riscontrate una larva di un insetto che nella sua forma ha perfetta somiglianza con quelle dei viventi Libel- lulidi, una cocciniglia del genere Diaspîs, un apparecchio masticatorio di un Carabice, e degli esemplari di Anguillulidi molto probabilmente appartenenti al genere Heterodera, tutti, ripeto, in perfetto stato di conservazione. 0 Quello che è certo però è il predominio degli Acarì, e specialmente di alcuni generi speciali sopra i rimanenti animali che vi si possono trovare. Come per le piante anche per questi residui animali è assai facile il loro rinvenimento, poichè rimangono generalmente alla superficie del liquido maceratore, e quindi senza nessuna difficoltà si possono raccogliere. Passerò ora alla descrizione dei singoli esemplari. Fra gli Acaridi potrò citare quattro specie distinte riferibili ai quattro generi viventi: Oppîa, Belba, Carabodes, Tyroglyphus. i Ù Oppites Melilli Pawparoni. — Tav. XI [II], fig. 3. 8dmm. longus, 1], dmm. latus. Abdomen obovatum. Margines corporis setas cospicuas ferentes. Anticum trian- gulare, setis stigmaticis brevissime clavatis, pyriformibus. Color corporis badio-ochraceus. Ambulacra uncis tribus constuiuta. Pedes omnes marginales. Di questo genere ho riscontrati tre esemplari in perfetto stato di conservazione. Mancano, ben s'intende, i caratteri anatomici i quali del resto sono di pochissimo valore nella de- ) SaccarDo. Op. cit., vol. IV, pag. 32. [9] L. PAMPALONI 129 terminazione di questi generi. Il cefalotorace è strettamente congiunto coll’addome; questo è convesso nel dorso, e non vi è alcuna formazione riferibile ad ali; l’antico è formato di lamelle molto manifeste; le lamelle malari sono quasi nulle; i piedi sono mediocri, ma generalmente più corti del corpo. È fuori di dubbio che si tratta di un acaride appartenente alla famiglia dei Leiosomidi. Inoltre per il colore giallo ocràceo; gli’ ambulacri costituiti da tre uncini, i piedi sempre marginali, l’antico triangolare, i margini del corpo prov- visti di un discreto numero di setole, le setole stigmatiche clavate, si tratta senza dubbio di un rappre- sentante del senere Oppia , che ho denominato: Oppites Melilli. La descrizione fatta per questo esemplare vale ancora per gli altri due che sono identici a questo, e come questo in perfetto stato di conservazione. Carabodites Pavesii Pamparoni. — Tav. XI ]II], fig. 5, 6. Imm. longus, 3 dmm. latus. Color badio ochraceus. Abdomen ovale, convexum, setis multis albicantibus, longis ‘ et retrorsum directis. Anticum subcampaniforme. Stigmata parum prominentia. Setae stigmaticae clavatae. Pedes mediocres, corpore semper breviores. Ambulacra unco unico constituta. Non ho trovato che questo solo esemplare. Presenta pure esso un cefalotorace fermamente congiunto coll’addome; ha il derma scabro, il notogastro convesso nel mezzo, circondato da un margine largo e piano. L’antico è formato da mediocri lamelle fra loro congiunte. Le lamelle malari sono quasi nulle ed un poto pelose all’apice. Non si trovano sull’addome formazioni riferibili ad ali. I piedi sono mediocri, però sempre più corti del corpo, Gli ambulacri sono costituiti da un unico uncino. Per la presenza di tutti questi ca- ratteri si tratta di un Zegeocranide, e per il colore badio ocraceo, l’addome ovale, convesso, provvisto di molte setole biancastre, lunghe e dirette all’indietro, l’antito subcampaniforme, gli stigmi poco prominenti, le setole stismatiche clavate, l'antico bene distinto dal notogastro, e tutti i femori clavati, oltre ai piedi umniungui, si tratta di un Carabodes, che secondo il prof. PAveSI, al quale mandai il preparato, e che ebbé la gentilezza di determinarlo, è assai affine al Carabodes elongatus *), specie che vive sui muschi in alta montagna. Dedicandolo perciò a chi gentilmente lo determinò l’ho chiamato Carabodites. Pavestì. Belbites disodilis ‘Pawpatoni. — Tav. XI: [II], fig. 4. Imm. longus, *|, mm. latus Abdomen obovatum, postice subacutum, supra converum. Setae ad capitis toracis basim nullae. Femor inflatum. Color badio-ochraceus, uniformis. Pedes corpore multo longiores, nodosi, uniun- gues, setis robustis aucti. Setae stigmaticae perlongae. In questo il cefalotorace è fermamente congiunto coll’ addome, il derma un po’ punteggiato, il notogastro convesso, l’antico sprovvisto di lamelle, le lamelle malari nulle. I piedi, mediocri, sono un po’ più lunghi del corpo, e gli ambulacri sono costituiti da un solo uncino. L’ho attribuito perciò alla famiglia dei Da- mocidei, e precisamente al genere Belba 3) per il corpo globoso, l’addome sempre sprovvisto di ali e rivestito da granuli di terra facilmente caduchi, l’antico grande, conico, i piedi molto più lunghi del corpo, nodosi, provvisti di setole rigide, e sempre terminati da un solo grande uncino. 1) BeRLese. Acari italiani. ® In. Op. cit. 3) In. Op. cit. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 1T 130 1. PAMPALONI [10] Tyroglyphites miocenicus Pauparoni. — Tav. XI [II], fig. 7. Imm. longus, 2dmm. latus. Torax albidus, crassus, pedibus tuberculigeris. Corpus ovatum, suleulo dovsuali ad secundum par pedum in duas partes distinctum. Anticum conicum latum. Abdomen ovatum, pedes carnei. Mandibulae crassae, robustae. Il torace è biancastro, i piedi corti e carnosi, tubercolosi. Il corpo ovale è distinto, verso le seconde paia di piedi, in due parti da un piccolo solco dorsale; i piedi sono muniti di un solo uncino e le mandibole ro- buste, di modo che ha una somiglianza relativa col Zyroglyphus Megninii Haun.!) Phytophtirites disodilis Pamparoni. — Tav. XI [II], fig. 9. È una larva non facilmente determinabile genericamente, ma che forse appartiene al genere Plyto- phtirites; per essere la prima trovata nel disodile ho creduto opportuno designarla col nuovo nome su indicato. Diaspites crenulata Pamparoni. — Tav. XI [II], fig. 10. Ho anche un rappresentante della famiglia dei Coccidi. Si tratta senza dubbio di una femmina, in quanto che è attero e l’addome è scutiforme. Con ogni probabilità ‘appartiene alla tribù dei Diaspiti, benchè manchino i caratteri per attribuirlo al genere Diaspis piuttosto che al genere Aspidiotus. Per il pigidio finamente crenulato e seghettato l’ho chiamata Diaspites crenulata. E per terminare accennerò ad una bellissima larva di un pseudoneurottero, molto facilmente una Libellula (Tav. XI [II], fig. 8), all’apparecchio masticatorio di un Carabdice, perfettamente conservato nelle sue parti più resistenti, rappresentato dalla fig. 11 della Tav. XI [II], e ad un anguillulide del genere Heterodera (Tav. XI [II], fig. 12). Altri residui organici, sia animali sia vegetali, finora non ho riscontrati. Non mancherò però di isti- tuire altre ricerche sopra altri campioni di disodile da me ultimamente raccolti, e tosto che mi sarà pos- sibile ne esporrò i resultati. i Colgo intanto l'occasione per esprimere i miei ringraziamenti al prof. BAccarINI che mi fu largo di ‘consigli e mi facilitò le ricerche ed al prof. PavesI che gentilmente determinò un incerto esemplare di Acaride. 1) BERLESE. Op. cit. Dal Laboratorio botanico del R. Istituto di Studi superiori di Firenze, 9 giugno 1902. 4 Finita di stampare il 4 dicembre 1902. ALBERTO FUCINI CEFALOPODI LIASSICI DEL MONTE DI CETONA PARTE SECONDA (Tav. XII-XXVI [XV-XXIX] e Fig. 41-75 interc.) VIII. Gen. Vermiceras Hyant. Nel sen. Vermiceras, proposto dall’ HyamT in sostituzione di Discoceras, riunisco parecchie specie che in parte gli autori riferiscono ai gen. Caloceras ed Echioceras. I Caloceras, come giustamente ritiene anche il BuckmAn !), appartengono ad un gruppo di Arietites molto antichi e sono caratterizzati anche dalla linea lobale che oltre ad essere discretamente frastagliata presenta alcuni lobi accessori, obliquamente scendenti verso 1° ombelico a guisa di lobo sospensivo. A. liasicus D'ORB., A. Johnstoni Sow., A. tortilis D’ORB. sono tipici Caloceras. Nessun Vermiceras ha la linea lobale simile a quella di tali Ammoniti. Gli Echioceras invece ed i Vermiceras sono, a parer mio, la medesima cosa. Non escludo che il concetto del sen. Vermiceras venga così ad essere troppo ampio e che nelle specie che io vi riferisco non possano ragionevolmente farsi ulteriori aggruppamenti; ma mi sembra che i due generi abbiano a tipo due specie, A. sporatissimus Quenst. e A. rartcostatus Ziet., troppo prossime fra loro perchè si possano esattamente limitare assegnando a ciascuno una giusta estensione. 1. Vermiceras spiratissimum Quensr. — Tav. XII [XV], fig. 1-3. 1852. Ammonites spiratissimus QuensteDt. Handb. d. Petrefakt., pag. 355, tav. 27, fig. 9. non 1856. —_ —_ Haunr. Cephal. a. d. Lias, pag. 18, tav. 3, fig. 1-3., 1858. —_ — Quenstent. Jura, pag. 69. ? 1858. — —_ Oosrer. Cat. d. Ceph. foss., pag. 17, tav. 15, fig. 5-8. non 1867. _ — DumortIER. Dép. jurass., p. II, pag. 26 e pag. 135, tav. 26, fig. 4. ? 1877. — — Dr Srerani. Geol. d. Monte Pisano, pag. 38. 1879. —_ — Revnds. Ammonites, tav. 15, fig. 22,23 (24, 259). 1882. _ —_ Quenstent. Amm. schw. Jura, pag. 91 tav. 12, fig. 10, 11, (pars) non fig. (,8; tav. 13, fig. 52, 62. ? 1886. Arsetites — Dr Sterani. Lias inf. ad Arieti, pag. 65, tav. 4, fig. 17,18. 1589. Vermiceras spiratissimum Hxanr. Genesis of the Arietidae, pag. 156, tav. 1, fig. 17, 182. 1891. Arcetites spiratissimus VAuner. Kennin. tief. Zon. uni. Lias, pag. 151, tav. 18, fig. 7. 21899. — — Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 12, tav. 10, fig. 13. 1) S. S. BucKman. Divisions of so called Jurassic Time. Quarterly journal, 1900. 132 A. FUCINI [92] DIMENSIONI I II Diametro . ; o o c : . : o o mm. 58 mm. 42 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 5 0,19 0,18 Spessore » » » 5 P 0,20 ? Larghezza dell’ ombelico » » : i 0, 62 0,59 Ricoprimento della spira » » o 5 0,01 0,01 Credo di potere riferire a questa specie interessantissima alcuni esemplari, non tutti ben conservati, sebbene qualche lieve differenza si avverta tra essi e l’originale Verm. spiratissimum Quensr. I migliori individui, rappresentati dalle figure 1, 2 della Tav. XII [XV], sono quelli che più degli altri sembrano corrispondere alla forma tipica. Essi hanno conchiglia molto discoidale e compressa, lentamente crescente, e di piccolissima involuzione in modo che i giri appena si toccano per il ritorno della spira. Il dorso è largo, depresso, quasi appiattito ed ha una carena distinta, ma ottusa e poco elevata, ai cui lati stanno solchi larghi e poco profondi. I giri sono alquanto più larghi che alti e, avendo il massimo spes- sore ed il massimo rigonfiamento sopra la metà della loro altezza, la sezione loro è obovale depressa. Le coste, forti, rilevate, arrotondate e più strette degli intervalli, sono assai numerose e non variano molto di numero col variar del diametro. Così mentre nell’ultimo giro dell’esemplare più piccolo e nel pe- nultimo di quello più grande esse sono 39, non oltrepassano 41 nell’ultimo giro dell’esemplare più grande. La loro direzione resulta nell’insieme un poco proversa e l'andamento alquanto ricurvo presenta la mag- gior curvatura in corrispondenza del margine ombelicale e di quello esterno. Sui fianchi manifestano un rilievo assai forte e s’indeboliscono quindi tanto verso l'ombelico quanto verso il dorso, ove poi svaniscono sulle ottusissime carene che limitano i solchi dorsali. L’esemplare più piccolo è tutto concamerato, quello più grande ha l’ultima sutura in corrispondenza circa del primo quarto dell’ultimo giro. Le suture si seguono ad intervalli lunghi anche mm. 10. La linea lobale (fig. 41) dell'esemplare più grande, cui del resto corrisponde assai bene Linéa lobale del anche quella dell’esemplare più piccolo, ha il lobo sifonale molto profondo, assai ampio e Vem. spiratis con lati leggermente divergenti. Il primo lobo laterale, di un terzo meno profondo del simum QUENST., presa al diame- precedente, è ristretto, di forma triangolare e termina con poche punte irregolari. Il se- tro di mm, 37, in ; È ò O grandezza natu- condo lobo, assai semplice e ridotto, resulta alquanto meno profondo del primo laterale “gi alo: alla stessa guisa del primo accessorio, ancora più semplice e ridotto. La sella esterna è larga e termina con foglie grossolane irregolari. La prima sella laterale è più stretta della precedente, ma ugualmente alta. La seconda sella laterale e la prima accessoria, piccole e semplici, sono assai più basse delle altre. Gli esemplari descritti hanno una straordinaria somiglianza, per lo svolgimento della spira e per la conformazione dei giri, con quello tipico figurato dal QuensreDT nel Handbuch der Petrefaktenkunde % ; però presentano qualche diversità nei caratteri delle coste. Queste sono cioè più numerose nell’interno della spira ed hanno una direzione piuttosto proversa anzichè retroversa. Se tali differenze, che si osser- vano anche con esemplari di Verm. spiratissimum provenienti dalle località tipiche ed esistenti nel Museo di Pisa, non permettessero la riunione degli esemplari in esame alla specie del QuensTEDT, io crederei che essi dovessero aggregarsi come una varietà brevispirata alla specie susseguente, con la quale hanno notevoli punti di contatto. i) Io ho potuto esaminare solo la seconda e la terza edizione di tale opera. ie n [93] A. FUOINI 133 Un esemplare frammentario (Tav. XII [XV], fig. 3) che ha i fianchi appianati ed il dorso formato a tetto e senza visibili solchi ai lati della ottusa carena sifonale, somiglia moltissimo all’individuo rappresentato dal QuenstEDT tra le Ammoniti del Giura svevo con la fig. 6 della tav. 13. Esso ha coste solamente più arcuate. Io lo ritengo intermedio tra gli esemplari sopra esaminati e quelli che descrivo più sotto col nome di Verm. ultraspiratum. Fra altri esemplari, dubbiosamente riferibili a questa specie, è notevole uno incompleto che per la rotondità del dorso e per le coste molto proverse ed arcuate si riporta alla forma, per me dubbiosa, figu- rata dal QuensTEDT, nell’opera ora citata, con la fig. 5 della tav. 13. Il WianER ® ha fatto molta luce sopra questa specie importante, ma non del tutto ancor ben definita, poichè mancano buone figure della forma originale ed estese descrizioni. Il QuensreDT ha ultimaniente compreso nell’A. spiratissimus più specie che già in parte si rivelano nelle forme con solchi e senza solchi dorsali da esso istituite. Le forme con solchi dorsali distinti non appartengono, a parer mio, al Verm. spiratis- simum tipico e forse nemmeno le forme che ne sono del tutto prive, come sarebbe quella rappresentata da QueNSTEDT stesso nella opera sopra citata, con la fig. 6 della tav. 13 ed alla quale ho detto riferirsi forse il mio alquanto dubbioso esemplare della fig. 3 della Tav. XII [XV]. Se non identico, è però estremamente vicino al Verm. spiratissimum tipico lA. conybearoides RernÈSs ?). L’esemplare di Enzesfeld, riferito dall’HaueR all’A. spirafissimus e più tardi dal WianeR all’ Ar. ophioides D’ORB., appartiene forse alla specie seguente. i L’OosteR ha figurati sotto lo stesso nome di A. spiratissimus due esemplari che. ritengo molto dub- biosamente determinati, per quanto l’ Hue ammetta per quello delle fig. 7 ed 8 il buon riferimento, ri- producendone anche la figura. Del pari l'esemplare figurato dal DumorTIER non appartiene al Verm. spiratissimum. Esso sembra piuttosto riferirsi al seguente Verm. ultraspiratum. Il Reynìs riporta la figura dell’originale del QuENSTEDT e ne aggiunge una di un esemplare che anche al WaAHNER ?) non sembra riferibile al tipo. Anche dubbioso è il riferimento fatto dal Dr STEFANI. L’esemplare che questo autore figura sembra appartenere alla forma da me rappresentata con la fig. 3 della Tav. XII [XV], ma somiglia anche al Verm. Boehmi Hus. i Dei due individui figurati dall’ HyarT, il più piccolo sembra meglio corrispondere al tipico Verm. spi- ratissimum; il più grande ha coste meno numerose ed accrescimento più rapido. Gli esemplari esaminati sono tutti conservati nel calcare rosso inferiore ed appartengono al Museo di Pisa. 2. Vermiceras ultraspiratum n. sp. — Tav. XII [XV], fig. 4,5. ? 1856. Ammonites spîiratissimus (non Quensr.) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 18, tav. 3, fig. 1-3. ? 1888. Ardetites ophioides (non D’ OrB.) WiEner. Kennin. tief. Zon. unt. Lias, pag. 305, tav. 45, fig. 1, (pars) non tav. 44, fig. 4-6. ” 21867. — spòratissimus (non Quensr.) DumortIER. Dép. jurass., p. II, pag. 26, pag. 135, tav. 26, fig. 4. 21896. — (Discoceras) ophioides (non D’OrB.)? Parona. Amm. di Saltrio, pag. 33. i) WaAHNER. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 151-162. 2) RoyNbs. Ammonites, tav. 15, fig. 26-31. 3) WiAanDR. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 151. 134 A. FUCINI [94] DIMENSIONI I II Diametro . ò 0 0 o o ; $ o . mm. 57 mm. 47 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 6 0,17 0,17 Spessore » » » : o 0,17 0,17 Larghezza dell’ombelico » » ; ; 0,67 0, 68 Ricoprimento della spira . » » o . 0,01 0,01 Moltissimo vicina alla specie precedente è questa, rappresentata dai due esemplari figurati e da altri pochi in frammenti. La conchiglia molto discoidale e compressa, si accresce in modo straordinariamente lento ed essendo pochissimo involuta ha i giri che si ricoprono appena per il ritorno della spira. Il dorso relativamente assai ampio e depresso presenta una carena sifonale bassa ed ottusa ai cui lati si trovano dei solchi poco distinti e superficiali, ma che sembrano più spiccati all’interno che all’ esterno della spira. I giri sono alti quanto larghi ed un poco appiattiti sui fianchi; la loro sezione risulta sub-quadrata. Le coste molto simili di forma e di andamento a quelle degli esemplari riferiti al Verm. spòratissimum, hanno anche identico sviluppo, non aumentando molto di numero con l’accrescimento. Al diametro di mm. 47 esse sono circa 44; non oltrepassano le 47 al diametro di mm. 57. La loro direzione è leggermente pro- versa ed il loro andamento, piuttosto diritto sui fianchi, è concavo verso l'esterno dei giri. Qui le coste s’indeboliscono e vanno in seguito a svanire sul dorso in contiguità dei lievi solchi dorsali. La camera di abitazione nell’individuo più grande figurato occupa circa un giro e mezzo, nell’individuo più piccolo, poco più di un giro. Le suture si seguono ad intervalli assai lunghi anche di mm. 10. La linea lobale (fig. 42), che ho potuto rilevare alla meglio solo che ad un diametro assai piccolo nell’esemplare della fig. 4, Tav. XII [XV], è assai semplice. Il lobo sifonale è profondissimo e con lati Fig. 42. non divergenti ma paralleli. Il primo lobo laterale ed anche il secondo, fra di loro molto simili, sono profondi solo circa la metà del precedente. Un indistinto lobo accessorio cade nella sutura ombelicale. La sella esterna, piuttosto ampia, termina con grosse foglie ed Linea lobale del La la stessa altezza della prima sella laterale. La seconda sella laterale è più bassa di O presa al diame- ‘Come ho detto in principio, questa specie è molto vicina al Verm. spiratissimum, dif- tro di mm. 26, in . < . GIQINO sp ” grandezza natu- ferisce però, tanto dal tipo quanto dalla forma che io vi ho riferito, per maggiore com- > Ne pressione della conchiglia, per il più lento accrescimento e per il numero maggiore di coste. Altra specie certamente molto vicina al Verm. wltraspiratum è VA. carusensis D° OrB. Questo non ha però il dorso fornito di carena con solchi, e presenta coste che attraversano il dorso stesso per riunirsi con quelle del fianco opposto. Tali differenze non si avvertono nell’esemplare che Hyatt! riportò alla suddetta specie orbignyana, e che quindi sembrerebbe corrispondere assai bene alla mia specie. Anche il Verm. cfr. Landrioti D’ORB., che descriverò successivamente, presenta somiglianze con la specie in esame; ne differisce però per il dorso più arrotondato e con carena più sottile, meno ottusa, e sfor- nita di solchi a sviluppo completo, nonchè per le coste in generale più rade, più depresse e che sem- brano scomparire con l’accrescimento. L’esemplare di Enzesfeld che, come abbiamo detto discutendo la specie precedente, fu dall’ HAUER riferito all’A. spiratissimus Quenst., rilevandone tuttavia qualche differenza, e poi dal WiHNER di nuovo figurato con il nome di Ar. ophioides D’ORB., mi sembra con ogni verosimiglianza che s possa riunire al i) HyamT. Genesis of the Arietidae, tav. 1, fig. 16. {95] A. FUCINI 135 Verm. ultraspiratum. La forma del dorso e dei giri, lo svolgimento di questi ed i caratteri delle coste nonchè un poco quelli della linea lobale sono molto spiccatamente simili. Unica, e se vuolsi non grande dif- ferenza, è quella del numero delle coste leggermente maggiore. Tale esemplare è evidentemente una forma intermedia tra la nuova specie e quella degli altri esemplari che dal Winner vengono riferiti all’Ar. ophioides D’ORB. e che a parer mio, come dimostrerò nella descrizione del Verm. ophioides, sembrano costituire una specie diversa. Ho riferito con dubbio alla mia specie anche lA. i (non QuenstEDT) del bacino del Ro- dano poichè il DumoRrtIER nella sua determinazione si riferisce specialmente alla forma illustrata dall’ HAUER. Il frammento che egli figura, per quanto è possibile osservare, presenta tutti i caratteri della mia specie; esso però è di un esemplare di eccezionale grandezza. Non è per ultimo improbabile che si riferisca al Verm. ultraspèratum il frammento di Saltrio che il PARONA, seguendo i concetti del WirHnnER, ha dubbiosamente determinato per Ar. ophioides D’ ORB., ripor- tandolo però a quella forma figurata dall’ HAuER come A. spiratissimus. I quattro esemplari esaminati, due dei quali abbastanza completi e due in frammento, provengono dai calcari grigi inferiori. Tre di essi appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 3. Vermiceras Wahneri Unric. — Tav. XII [XV], fig. 8. 1900. Arzetites Wihneri Unnia. Fauna a. d. Bukowina, pag. 27, tav. I, fig. 4. Al Verm. Wihneri, istituito recentemente dall’ UnLIG sopra un esemplare non completo della Buko- wina, riferisco un individuo frammentario che, sebbene non permetta misure esatte, offre però i più spiccati caratteri della specie. L'ultimo giro, che appartiene alla camera di abitazione, è differente dagli interni sia nelle dimensioni, sia nella forma del dorso e degli ornamenti. Per le dimensioni va osservato che mentre esso ha l’altezza maggiore della larghezza, nel rapporto di 14 ad 11, il penultimo giro ha simili l’altezza e la larghezza ed il terz’ultimo forse più grande la larghezza dell’altezza. Nell’ ultimo giro il dorso è relativamente più stretto e meno appiattito di quello che si osserva nei giri precedenti, i quali hanno la carena sifonale meno elevata e meno ben delimitata dai solchi dorsali, che sono però poco pro- fondi, nonchè carene laterali meno nette e spiccate. Nello stesso ultimo giro le coste sono radiali e poco ingrossate verso l’esterno, ove svaniscono leggermente ripiegate in avanti; invece nei giri interni sono un poco retroverse ed all’esterno s’ingrossano assai, senza però produrre una punta, e senza piegarsi distintamente in avanti. Come nell’esemplare originale dell’ UzLIG così nel mio le Hinee lobali si seguono a minori intervalli con l'accrescimento. La linea lobale, che sono riuscito a vedere anche in corrispondenza del dorso distaccando 1’ ultimo giro, ha il lobo sifonale, con lati un poco obliqui, alquanto più profondo del primo laterale. Questo è poco ampio e termina con due o tre punte assai più grossolane di quelle che stanno sui lati. Il secondo lobo laterale, assai corroso, è profondo la metà circa di quello sifonale. La sella esterna, irregolarmente tripartita, è molto più ampia ma forse un poco più bassa della prima laterale, la quale termina pure con tre foglie. La seconda sella laterale bassa, depressa, bipartita, incontra sul lato interno la sutura ombelicale. UnLIe ha benissimo indicati i confronti possibili tra la sua specie e quelle conosciute; quindi niente aggiungo a questo riguardo. L’ esemplare del Monte di Cetona proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 41) WAHNER. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 305, tav. 44, fig. 4-6. 136 A. FUCINI [96] 4. Vermiceras laeve Stur (in Gever). — Tav. XII [XV], fig. 7. 1886. Arsetites laevis (Sur) Gever. Cephal. d. Hierlata, pag. 40, tav. 3, fig. 10. 1889. Tmaegoceras levis Hyanr. Genesis of the Arietidae, pag. 125. DIMENSIONI Diametro . : ò 0 0 6 : ò c o mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . } È - È 0,18 Spessore » » » o E È 5 È 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » È c . - à 0, 66 Ricoprimento della spira » » , 5 5 È . 0,01 A questa specie, talmente caratteristica, nota finora solamente per il giacimento di Hierlatz, non esito riferire un esemplare non ben conservato, specialmente in corrispondenza dell’ ultimo giro. La con- chiglia è molto compressa, di accrescimento straordinariamente lento e di involuzione quasi nulla, in modo che i giri si toccano appena. Il dorso, largo ed appiattito, ha una carena ottusa, non tanto elevata, ma assai evidente, fiancheggiata da solchi laterali, ad essa uguali in larghezza, piuttosto distinti, non però tanto profondi. I giri sono più larghi che alti ed hanno il massimo spessore un poco sopra la metà del- l'altezza, essendo caratteristicamente rigonfiati sul margine esterno. La sezione risulta quindi sub-obovale depressa. I fianchi, poco convessi, si presentano pressochè lisci; a rari intervalli si vedono ornati di in- decise ondulosità e di pieghe irregolari, molto depresse, visibili solo nella parte concamerata della spira, che è di conservazione discreta e che si estende anche per una piccola porzione dell’ultimo giro. La linea lobale, non dettagliatamente distinta, è presso a poco eguale a quella figurata dal GEYER, della quale ha solo il primo lobo laterale un poco più largo e la prima sella laterale meno alta. Il lobo sifonale è molto profondo e assai largo e la sua selletta comprende la larghezza di tutta la carena. Il primo lobo laterale, un terzo meno profondo del precedente, è mediocremente ampio. Gli altri lobi che si trovano sul fianco ed un lobicino interno, hanno fra loro la stessa profondità, eguale presso a poco a quella del primo lobo laterale. Il lobo antisifonale, molto ristretto, a lati paralleli, è invece un terzo più profondo di quello sifonale. La sella esterna, larga quasi quanto alta, terminata da fogliette un poco . più grossolane di quelle dei suoi lati, è alta quanto la prima laterale. Questa è minuta. La seconda late- rale, relativamente molto ampia, resulta depressa; semplice e di forma rotondeggiante. Viene poi un’altra selletta, sopra la quale cade la sutura ombelicale, che ripete presso a poco la forma della precedénte. La sella interna, alta quanto l’esterna e non molto ristretta, presenta la consueta forma ellittica allungata. D'accordo con PompEckI ! non mi'sembra giusto che questa specie vada riferita al gen. Ymaegoceras come ha ritenuto HyarT. Anche BonArELLI ? lo aveva in avanti posto in dubbio. Non saprei perchè ad esempio separare genericamente l'A. laevis Stur dal' mio Verm. ultraspiratum quando i caratteri distin-- tivi fra tali specie vengono solo dati dagli ornamenti, più o meno appariscenti e spiccati, mentre sono simili i caratteri più importanti della forma del dorso e della linea lobale. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 1) PomPECKI. Ueber Tmaegoceras Hyatt, pag. 161. 2 BoNnARELLI. Cefal. sinem., pag. 13. [97] i A. FUCINI 137 5. Vermiceras perspicuum n. sp. — Tav. XII [XV], fig. 6. DIMENSIONI Diametro . : : 5 > o c 6 mm. 53 Altezza dell’ultimo giro in De al icto E É È E a 0,19 Spessore » » » . ì 5 . . 0,17 Larghezza dell’ ombelico » » 5 5 : ; 7 0, 63 Ricoprimento della spira » » 7 : ? È c 0,02 Conchiglia assai caratteristica e distinta da ogni altra, sebbene ciò non apparisca al primo e sem- plice esame. Il suo accrescimento è molto lento e l’involuzione .piccola, essendo il penultimo giro rico- perto dall’ ultimo per un sesto circa dell’ altezza. Il dorso, poco ampio, ha una carena spiccata, elevata, piuttosto sottile, non acuta. Ai lati di essa si trovano solchi non molto larghi nè tanto profondi, ma bene distinti e separati dai fianchi mercè carene marginali assai nette. I giri sono più alti che larghi e presentano una sezione ovale ellittica poichè dal primo terzo interno della loro altezza, ove sono più ri- gonfi, si abbassano più rapidamente verso l’ombelico e si deprimono più dolcemente verso l'esterno. Essi sono ornati da coste molto numerose, specialmente a medio sviluppo, e delle quali se ne hanno 39 nel- l’ultimo giro, 42 nel penultimo, 46 nel terz’ ultimo e 42 di nuovo nel quart’ ultimo. Queste coste sono assai spiccate, grossolane, leggermente concave, piegate in avanti ed irregolari. All’interno sono separate da intervalli relativamente più stretti di quelli che si osservano all’esterno. Alcune sono ravvicinate, altre allontanate: parecchie, oblique in avanti più del consueto, sembrano volersi riunire presso l’ombelico con quelle posteriori. Il loro rilievo massimo si trova sulla metà inferiore dei fianchi donde da una parte scendono all'ombelico sempre molto rilevate, svanendo repentinamente un poco prima della sutura, dal- l’altra vanno gradatamente abbassandosi per scomparire sulle carene laterali un poco ripiegate in avanti. La camera di abitazione comprende perfettamente l’ultimo giro e sembra completa poichè la conchiglia termina sul fianco destro con un solco, che ritengo peristomatico, più stretto e più profondo dei consueti solchi intercostali. Un altro indizio per ritenere completa la spira si ha anche nella leggera depressione finale del giro, cui tien dietro un assottigliamento evidente della carena sifonale. La linea lobale (fig. 43) ha il lobo sifonale poco profondo per quanto non sorpassato dal primo late- rale, che è poco largo e terminato con tre punte più grossolane di quelle laterali. Il secondo lobo laterale ed il primo accessorio molto ridotti hanno presso a poco la stessa profondità del primo laterale e sono un poco inclinati verso l’esterno. La sella esterna, larga e depressa, ro- > tondeggiante, ha superiormente parecchie incisioni irregolari. La prima laterale un poco RE 4! meno alta, è anche molto più stretta della precedente. La seconda sella laterale e la, prima! i accessoria, molto minute, sono via via sempre meno elevate. Minds: lgoala dal A primo esame sembrerebbe che la conchiglia ora descritta dovesse riferirsi al Verm. Vere ni cuum n.Sp., pre- ultraspiratum, ma la forma del dorso ed il numero E L'OVELIO di coste. specialmente nei s@ al diametro di mm. 35, in giri interni, non ammettono tale possibilità. grandezza na- Il Verm. ophioides D’ORB., sebbene molto vicino, è differente per accrescimento niù | !!r®l* lento, per numero maggiore di coste e per il dorso, che, a sviluppo notevole, perde quasi i soichi laterali alla carena sifonale. i Ho osservato nel marmo giallo di Siena, generalmente ritenuto triassico, una specie di Ammonite she davvero non saprei come separare da quella qui esaminata. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Monaco di Baviera. . Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. Fic. 43. 18 138 A. FUCINI [98] 6. Vermiceras ophioides p’ Ore. — Tav. XII [XV], fig. 10, 11. 1842-49. Ammontites ophioides D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., tI pag. 241, tav. 64, fig. 3-5. ? 1850. — — MexecaINI. Considerazioni, pag. 397. 1879. = — Ravnds. Ammonttes, tav. 16, fig. 8-10. non 1888. Arsetites _ Winner. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 162, tav. 44, fig. 4-6; no: 45, fig. 1. non 1889. Vermiceras ophioides Hvar. Genesis of the Arietidae, pag. 160, tav. 1, fig. 21-23. non 1896. Arietites (Discoceras) ophioides? Parona. Amm. di Saltrio, pag. 33. DIMENSIONI i I II Diametro . o E . o mm. 59 mm. 32 Altezza dell’ultimo giro in i aperta al diIGLO o È 0, 18 0,18 Spessore » » » c - 0,17 0,18 Larghezza dell’ombelico » », s - 0, 67 0, 65 Ricoprimento della spira » » È . 0,02 0, 02 Le caratteristiche di questa specie son talmente spiccate che io non esito riferire ad essa due esem- plari, dei quali il più piccolo specialmente è in cattivo stato di conservazione. La conchiglia è molto com- pressa, di accrescimento lentissimo e di involuzione piccola in modo che l’ultimo giro ricopre il prece- dente per un sesto circa dell’altezza. Il dorso, provvisto di una carena sifonale piuttosto larga, depressa ed arrotondata, si presenta relativamente più ampio ed appiattito a piccolo diametro anzichè a grande. A piccolo diametro poi esso ha assai distinti i solchi dorsali, i quali sono addossati alla carena sifonale e separati dai fianchi per mezzo di margini esterni caratteristicamente ricurvi e rigonfiati. Per tali ca- ratteri, resi assai evidenti dalla fig. 4 del p° OrBIGNY, la carena sifonale rimane come quasi affondata nel dorso. A grande sviluppo i solchi ai lati della carena sifonale divengono pressochè indistinti ed i margini esterni non presentano più il rigonfiamento speciale, ma si mostrano invece regolarmente arrotondati. Se a tutte queste considerazioni si aggiunge poi che i giri nell’interno della spira hanno una larghezza uguale all’altezza e poi giungono ad avere un'altezza leggermente maggiore della larghezza, si vedrà fa- cilmente che la sezione dei giri stessi da essere arrotondata sub-quadrata, diviene con l’ accrescimento sub-ellittica. Le coste grandemente proverse, piuttosto ottuse, ma spiccate, forniscono un carattere molto ‘ speciale per il numero straordinario e per il portamento. Nell’ultimo giro dell'esemplare più piccolo se ne hanno circa 53, nel penultimo 58; nell'ultimo giro dell’esemplare più grande se ne contano circa 58, nel penultimo invece 54. A piccolissimo diametro esse sono più sottili verso 1’ ombelico che sulla metà dei fianchi e forse un poco più larghe degli intervalli; a grande sviluppo si presentano assai spiccate sul margine ombelicale e più strette degli intervalli e molto concave. A piccolo diametro offrono la maggior curvatura presso al margine esterno, a grande mostransi più curvate al disotto della metà dell’altezza dei fianchi. In ogni parte della spira svaniscono all’esterno assai per tempo, lasciando sul dorso una por- zione liscia, prima dei solchi dorsali o degli spazii che si possono riguardare da questi occupati nell’ul- timo giro del grande esemplare. La camera di abitazione non è bene distinta nella sua lunghezza, poichè le suture si vedono molto confusamente. Una di queste appare nell'ultima porzione del penultimo giro dell'esemplare più grande; però, essendo molto corrosa, io credo bene di non figurarla. I suoi caratteri corrispondono in generale alla linea dei lobi figurata dal D’ORrBIGNY, dalla quale essa appare appena un poco differente per maggiore ampiezza della sella esterna e del primo lobo laterale. Senza volere disconoscere l’importanza delle osservazioni fatte dal WAHNER, credo che la specie che [99] A. FUCINI 139 egli riferisce all’Ar. ophioides D’ ORB., non corrisponda troppo bene al tipo orbignyano. Essa, che io chia- merei con il nome di Verm. Francisci, ha in generale un numero più limitato di coste, le quali sono meno arcuate, non tanto proverse, più spiccate all’esterno, ove svaniscono a minor distanza dalla carena sifo- nale. Questa vi è più minuta ed ha solchi o poco distinti o troppo ampi. I giri vi sono spesso troppo larghi, maggiormente convessi sui fianchi e non presentano il caratteristico rigonfiamento del margine esterno, visibile nel mio piccolo esemplare ed in quello del D’ OrBIGNY. La linea lobale sembra poi dif- ferente per maggiore frastagliatura. Ammetto però un legame molto intimo fra le due specie. Il DumortIER ! ha riferito all’ A. fardecrescens HAauER una specie del bacino del Rodano la quale, mentre non appartiene alla specie dell’ HauER, si avvicina assai a quella ora esaminata. A questa non può però essere del tutto riunita per le coste più sottili, più numerose e che sebbene arcuate non sono in- clinate tanto in avanti. Occorrerebbe conoscere poi specialmente i caratteri del dorso a piccolo diametro. L’esemplare figurato dall’Hyanmr col nome di ophioides, non mi sembra assolutamente ben riferito. Il suo sviluppo in spessore e in altezza dei giri, nonchè il numero ristretto di coste e la ‘forma di queste con- fortano la mia opinione. Esso probabilmente devesi riferire all’A. caprotinus D’ORB. figurato dal D’ORBIGNY nella stessa tavola ove trovasi rappresentato l’A. ophioides. Ho escluso dalla sinonimia della specie in esame l Ammonite di Saltrio che il Parona ha riferito dubbiosamente all’Ar. (Discoceras) ophioides D' ORB., poichè egli ha inteso di riportarsi alla forma descritta dal WAENER e più propriamente a quella figurata dall’ Hauer col nome di A. spiratissimus, che io pro- pendo a credere riferibile al Verm. wltraspiratum m. i L'A. ophioides D° OrB, è stato citato in Italia solamente, forse con precisione, dal MENEGHINI nei terreni liassici della Garfagnana. Ambedue gli esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori ed appartengono al Museo di Pisa. 7. Vermiceras Rothpletzi Borse. — Tav. XII [XV], fig. 12. 1895. Arvetites Rothpletxi Borse. Lias. u. mitteljur. Fleckenm., pag. 730, tav. 56, fig. 5, (62). DIMENSIONI Diametro . . o 6 o : o 5 c o o 5 5 mm. 48 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . è 5 o o 0,21 Spessore » » » SIERO RARI E) 0,16 Larghezza dell’ombelico _——» » o x 5 : c 0, 60 ‘Ricoprimento della spira D » È 5 7 . È 0,02 Sono sicuro della buona determinazione del mio unico esemplare completo perchè ho potuto diret- tamente confrontarlo con î modelli in solfo degli originali del Borse, per grande cortesia favoritimi dal prof. ZitreL. Debbo subito avvertire però che io, trovando una certa differenza, come spiegherò meglio più sotto, tra i due esemplari originali del Borse, prendo a tipo della specie quello rappresentato dal Borse stesso con la fig. 5. A questo corrisponde molto bene il mio che ha solo un numero appena un poco meno grande di coste. La conchiglia è moltissimo compressa, poco involuta e di lento accrescimento. I giri. assai più alti che larghi, pochissimo convessi sui fianchi, curvati ugualmente sul contorno ombelicale e sul margine 1) DuMmoRTIER. Dép. jurass., p. II, pag. 170, tav. 31, fig. 3-5. 140 2 A. FUCINI [100] esterno, hanno una sezione ellittico-compressa. L'ombelico è poco profondo. Il dorso ha una carena sifo- nale piuttosto grossolana ed elevata, limitata lateralmente da solchi larghi, ma non molto profondi, spic- cati anche a piccolo sviluppo, avendoli potuti osservare a mm. 15 di diametro. Tali solchi sono bene sepa- rati dai fianchi mercè carene marginali nette e spiccate. Le coste, non tanto regolari, sono numerosissime; nei giri di mm. 17, 30, 48 di diametro se ne hanno respettivamente 39, 48, 51. Esse presentano una direzione notevolmente proversa ed un andamento, nell'insieme, un poco concavo, specialmente più cur- vato sul contorno dell’ombelico e verso il margine esterno anzichè sui fianchi ove è pressochè diritto. Le coste, sul margine esterno dei giri, si allargano, si deprimono e quindi svaniscono arrivando appena distinte alle carene marginali. La camera di abitazione comprende i tre quarti dell’ ultimo giro; essa però evidentemente non è completa. La linea lobale (fig. 44) ha il lobo sifonale profondo e piuttosto ristretto. Il primo lobo laterale, pure poco largo, terminato con punte asimmetriche, di un terzo meno profondo del precedente, è pro- fondo appena un poco più del secondo laterale. Il primo accessorio, meno profondo di ogni altro, è ap- pena indicato. Il lobo interno è simile, sebbene alquanto più profondo, al secondo laterale. Il lobo anti- sifohale, mediocremente ampio e discretamente inciso, resulta assai più profondo del si- NE i fonale. La sella esterna è amplissima e terminata da cinque foglie poste in linea obliqua MAT e discendente verso l’interno. La prima sella laterale è assai meno larga della esterna ed un poco anche meno alta. La seconda sella laterale, assai ridotta, è più bassa della pre- a cedente, ma più alta della successiva, la quale cade nella sutura ombelicale e precede la A ARR LE sella interna. Questa è quasi alta quanto la seconda laterale e mediocremente ampia. mm. 30, in gran- Un piccolo frammento che io riterrei riferibile al Verm. Kothpletzi, ha la linea lobale dezza naturale. alquanto differente da quella descritta e rilevata dall’esemplare figurato; essa infatti pre- senta il secondo lobo laterale assai meno profondo del primo laterale e la prima sella laterale più alta dell’ esterna, la quale poi è raggiunta in altezza dalla seconda sella laterale. Il Borse, nella descrizione della specie, fa rilevare che i giovani individui lasciano appena scorgere i solchi dorsali che sono invece molto sviluppati nei grandi. Sebbene i modelli degli originali del BoEsE non facciano apprezzare con precisione la conformazione del dorso, tuttavia si vede, d’accordo in ciò con la descrizione, che nel più piccolo non si hanno solchi dorsali o vi sono molto poco distinti. Tale diffe- renza, anzichè da condizioni di sviluppo, potrebbe però dipendere da diversità specifica degli esemplari. Il mio individuo infatti che ha lo stesso diametro del piccolo individuo figurato dal BoEsE e che per nes- sun carattere importante si può distinguere dal grande, ha i solchi dorsali assai spiccati anche a piccolis- simo diametro. Oltre alla mancanza di tali solchi io osserverei che il piccolo esemplare del BoEsE presenta, in confronto con il mio e con il più grande del Borse stesso, differenze anche nelle coste e nei giri. Questi sembrano essere più convessi sui fianchi ed avere coste meno numerose, meno oblique e più arcuate. Per molti di tali caratteri l'esemplare piccolo del Borse si avvicina grandemente al Verm. demissum m. Il Borse ha paragonato la sua specie con l’Ar.‘tardecrescens HAUER e con l’esemplare che a questo fu riferito dal DumortIER. Essendo però il tipieo Ar. tardecrescens HauER riferibile agli Arnioceras, il paragone deve restringersi alla sola forma del DumortIER. Questa è poi in verità molto vicina, se non identica, ad una che si trova anche ad Adneth, che dall’ HauER stesso fu riunita al suo A. tardecrescens, e che, secondo il mio parere, corrisponde all’Ar. Boehmi Hue qui sotto preso in esame. L’ esemplare descritto proviene dai calcari srigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa; il fram- mento che ho detto avere una linea lobale differente, del pari raccolto nel calcare grigio, appartiene al Museo di Firenze. Fic. dd, SI [101] A. FUCINI 141 8. Vermiceras Boehmi Hus. — Tav. XII [XV], fig. 13. 1856. Ammonites tardecrescens Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 20, (pars) non tav. 3, fig. 10-12. 1856. —_ — Ooster. Cat. Ceph., IV, pag. 49, tav. 15, fig. 9,10. 21867. _ — DuxortIEr. Dép. jurass., p. II, pag. 170, tav. 31, fig. 3-5. 1898. — _ Fucini. Nuove Amm. dei cale. rossi, pag. 6, (pars). 1899. Ardetites Boehmi Hue. Lias wu. Dogger Amm., pag. 16, tav. 12, fig. 8. DIMENSIONI Diametro . o ; 6 6 5 . 0 mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0 0 . Ò 0,22 Spessore » » » 6 7 3 : , 0,16? Larghezza dell’ombelico » » ò . 3 ò 0 0, 60 Ricoprimento della spira » » : . È ; b 0,02 L’HauER istituendo l'A. tardecrescens vi comprese due forme fra loro molto differenti, figurandone però una sola. Sebbene dalla descrizione di quell’autore ciò non apparisca, pure credo certa la mia opi- nione dal fatto che nel Museo di Pisa si trovano appunto le due forme, provenienti da Adneth, rappre- sentate ciascuna da un esemplare, ambedue riferite all’A. tardecrescens, con etichetta scritta dallo stesso Haurr. Questi mandò tali esemplari a Pisa, mentre stava stampando la monografia sopra i Cefalopodi delle Alpi nord-orientali, come risulta da una lettera scritta da lui al MenzcHINI. Da quella errata riunione dell’ HaurR deriwvarono presumibilmente anche gli errati riferimenti all’A. fardecrescens di esemplari che, mentre si allontanano dalla forma tipica figurata, si avvicinano o si riferiscono invece a quella non figu- rata. Questa, oltre che in quello di Pisa, si troverà certo anche in altri Musei col medesimo nome di A. tardecrescens; e non sarà improbabile che, data la sua provenienza, sia stata ritenuta tipica. Io non saprei altrimenti spiegare il modo, quasi generale ed errato alla stessa maniera, di intendere 1’ A. tar- decrescens Hauer. Per me non vi è dubbio che la forma tipica, figurata dall’ HaUER, appartenga agli Ar- nioceras, come ritenne già anche 1’ HyArr, per quanto questi figurasse come Arm. fardecrescens un esem- plare che non sembra appartenere alla specie dell’ Hauer. La forma non figurata costituisce una specie molto bene distinta dall’altra ed io credo che essa vada identificata con quella che 1’ Hue ha chiamato Ar. Boehmi. L’esemplare del Monte di Cetona che io riferisco a quest’ultima specie, sebbene assai piccolo, corrisponde perfettamente a quello che si trova nel Museo di Pisa e che ho detto essere stato determinato dall’HauER per A. fardecrescens, senza però, ripeto, corrispondere al tipo figurato di questa specie. La conchiglia ha lentissimo accrescimento, piccola involuzione ed è molto compressa. I giri sono assai più alti che larghi, poco convessi sui fianchi, e presentano una sezione sub-ellittica. Il dorso, non molto largo, ha la carena sifonale piuttosto sviluppata ma non acuta, nè tanto elevata, limitata lateralmente da solchi discretamente larghi, ma poco profondi. Questi solchi sono separati D dai fianchi mercè carene marginali ottuse e non benissimo distinte. Le coste, più strette n) degli intervalli ed assai spiccate, sono numerose, avendosene circa 45 sull’ ultimo giro. i Esse sono alquanto proverse ed hanno un andamento concavo molto pronunziato, spe- FiNea lobale del Verm. Boehmi cialmente verso l’esterno dei giri. L’esemplare è tutto concamerato. Fd ESE x La linea lobale (fig. 45) è piuttosto caratteristica. Il lobo sifonale è profondissimo, 31, in grandezza però non si scorge quanto sia largo per conservazione poco buona del dorso. Il primo lobo "**""*l* laterale, profondo poco più della metà del precedente, è assai ampio ed ha quattro punte grossolane, delle quali le due mediane e più profonde sono più grandi delle altre. Il secondo lobo laterale, meno profondo Fic. dò. 142 A. FUCINI : [102] x di ogni altro è ristretto quasi quanto il primo accessorio col quale ha a comune una leggera obliquità verso l’esterno. La sella esterna, mediocremente ampia, ma molto alta, termina con foglie grossolane ed irregolari, disposte obliquamente verso l'interno, in modo però non molto deciso. La prima sella laterale è minuta, molto ristretta, meno alta dell’esterna ed ha una forma sub-ellittica. La seconda sella laterale, alquanto obliqua, somiglia alla precedente, della quale è però un poco più bassa. La prima sella accessoria, sulla quale cade la sutura ombelicale, è più bassa di ogni altra. Credo esatta la riunione proposta dall’ Hue.a questa specie dell'esemplare figurato dall’ OostER col nome di A. fardecrescens HAUER, ma ho dei dubbi sopra quella riguardante l'individuo di Nolay figurato con quello stesso nome dal DumoRrIER. Tale individuo, per lo straordinario numero di coste, sembra ac- costarsi al Verm. ophioides D’ORB. e appare differente dalla specie in esame anche per il dorso quasi del tutto sfornito di solchi. Il Verm. Boehmi Hue ha strettissima affinità con il Verm. Fothpletzi Borse precedentemente esa- minato. I giri sono però un poco più convessi sui fianchi e le coste, oltre ad essere meno numerose, si presentano più arcuate e nello stesso tempo hanno una direzione d’insieme meno proversa. Non è del tutto improbabile che sia riferibile a questa specie l'esemplare figurato dal DE STEFANI come Ar. spiratissimus QuensT. e che non sembra corrispondere perfettamente alla specie del QuensTEDT per le coste molto numerose e molto arcuate. L’esemplare descritto proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 1) 9. Vermiceras Nodoti (p’ Or.) in Revnds. — Tav. XII [XV], fig. 9. 1942. Ammonites Nodotianus D’ OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 198, tav. 47. 1879. — Nodoti (0° OrB.) Revnès. Monogr. d. Amm., tav. 50, fig. 1-6. DIMENSIONI Diametro . 6 ò , : ò 6 È ; Ò : ò o mm. 44 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . : à , o 0,25 Spessore » » » . ù ò b c 0,17 Larghezza dell’ ombelico » » 6 " : : d 0. 57 Ricoprimento della spira » » ; È 6 c c ? _ Sebbene l’unico esemplare in esame non sia molto ben conservato, pur non ostante credo di poterlo riferire sicuramente alla specie figurata dal Rernks come A. Nodoti D'ORB. che non è però del tutto certo che corrisponda al tipo orbignyano. Infatti tra la figura data dal D’ ORBIGNY e quella del Revnks passano differenze importanti riguardo specialmente ai caratteri del dorso che nella forma figurata dal ReyNÈS ha solchi abbastanza distinti ai lati della carena sifonale. Nella supposizione che il RerNÈS avesse però rappresentato qualche esemplare tipico o magari l’originale del D’ORBIGNY, scrissi dei miei dubbi al dott. BouLe, il quale, come è noto, ha l’incarico di riordinare le collezioni orbignyane del Museo di Parigi. ‘ Il dott. Boure, alle questioni da me fattegli, mi rispondeva molto cortesemente queste testuali parole: “ Nous n’avons pas l’ échantillon type d’A. Nodoti qui ne faisait pas partie de la collection D° ORBIGNY. Tout ce que je puis vous dire, c'est que en plusieurs d’autres échantillons étiquetés Nodoti par D’ORBIGNY, il y a nettement une ébauche de sillons de chaque còté de la carène, mais ce sillon est plutòt un méplat ,.. Da ciò si arguisce come il Reynks possa avere veramente figurato esemplari riferibili alla specie del D’ORBIGNY. i) DE STEFANI. Lius inf. ad Arieti, pag. 65, tav. 4, fig. 17,18. [103] A. FUCINI 143 Tra i caratteri più distintivi di questa specie oltre al lento accrescimento, alla piccola involuzione ed alla ristrettezza dei giri e del dorso, vanno notati quelli delle coste, le quali sono numerose, molto proverse ed accentuatamente sinuose, in modo che piegano in dietro nello scendere all'ombelico, all’op- posto di ciò che generalmente succede negli Arietites. Se la forma esaminata corrisponde perfettamente all’originale orbignyano dell'A. nodotianus bisogne- rebbe riconoscere che da esso deve essere separata la forma dei calcari ammonitiferi rossi inferiori di Campiglia, che io !) vi riportai. Non è improbabile che tale forma si debba invece riferire all’A. Char- pentieri ScHAFH.? o fors’anche all’Ar. Meigeni Hue?) = A. nodotianus (non D’ORB.) HAUER È, specie assai vicine fra loro. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 10. Vermiceras Oosteri Dux. — Tav. XIII [XVI], fig. 3. 1861. Ammonites sinemuriensis (non D’ OrB.) Ooster. Catal. d. Cephal., pag. 13, tav. 15, fig. 3-5. 1867. — Oosterî DuxortiEr. Dép. jurass., p. IL, pag. 164, tav. 30, fig. 3,4. 1879. = — Re:nîs. Ammonites, tav. 45, fig. 12-14. 1898. Arzetites — Fuomi. Nuove Ammoniti, pag. 5. 1899. — Bonnardi v’OrB. var. Oosteriì Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 13, tav. 12, fig. 22, 7. DIMENSIONI Diametro . - È : 5 : o a . c 5 6 E mm. 58 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . ò 0 7 21 Spessore » » » 6 3 5 ; ò 19 Ampiezza dell’ombelico » » : : . o . 62 Ricoprimento della spira » » o o c . - 2. Questa specie, per la prima volta oggi notata in Italia, ha caratteri così peculiari che ben si rico- nosce anche da esemplari non del tutto conservati. Quello di Cetona ha la spira con accrescimento molto lento e con piccola involuzione. I giri sono un poco meno larghi che alti ed hanno i fianchi leggermente ricurvi e regolarmente scendenti tanto verso l'ombelico quanto verso il dorso. Questo, piuttosto largo ed. un poco arrotondato, è provvisto di una carena molto distinta, non però tanto rilevata nè tanto acuta, accompagnata da solchi laterali assai spiccati. La sezione dei giri è ellittico-rettangolare. Ul carattere più saliente della specie sta nelle coste, circa 40 sul contorno ombelicale dell’ultimo giro, che talora sono semplici, talora riunite a due a due presso il margine esterno,-ove allora producono una protube- ranza. Le coste che si mantengono semplici sono alquanto concave ed inclinate in avanti; quando si ac- coppiano, la posteriore conserva l'andamento di quelle semplici, mentre l’anteriore per raggiungere l’altra al margine esterno s’inclina all'indietro. L’accoppiamento delle coste non è uniforme da ambedue i fianchi della conchiglia, dimostrando con ciò che esso non è un carattere fisso e quindi di limitata importanza. Nell'ultimo quarto del giro finale, sul fianco sinistro, si hanno tutte coste semplici; ma ciò non si deve credere che sia un carattere della camera di abitazione, poichè questa comprende tutto l’ultimo giro. 1) Fucini. Nuove Amm. d. cale. rossi, pag. 5, tav, 1, fig. 5. 2) ScHAFHAUTL. Geogn. Unters. d. sudbayer. Alpeng., pag. 142, tav. 16. 3) Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 18, tav. 11, fig. 2,3. 4 HAUER. Cephal. a. d. Lias, pag. 24, tav. 6, fig. 1-3. 144 A. FUCINI [104] Nel resto del giro ad ogni due coste riunite se ne interpongono due semplici, oppure una. L’accoppiamento è più raro all’interno della spira che all’esterno. Della linea lobale non si hanno che tracce incerte. Il mio esemplare per il modo di riunirsi delle coste si riferisce perfettamente a quelli figurati dal ReynÈs ed anche al più piccolo figurato da Oosrer e da Hua; differisce però un poco dal più grande rappresentato da questi ultimi autori e da quello del Dumorrier. In tali ultimi esemplari l’accoppiamento. delle coste è più irregolare ed avviene meno esternamente. Riconoscendo non del tutto prive di importanza le ragioni per le quali Hue fa di questa specie una varietà dell’ Ar. Bornardi v’ORB. ! io non ho creduto di dover seguire tale idea poichè mi sembra che, anche astrazion fatta dall’ accoppiamento delle coste, questa forma sia sempre alquanto differente dalla specie orbignyana. Le coste di essa sono infatti meno numerose, più ottuse, più grossolane, assai meno arcuate e non presentano sul margine esterno del giro quell’ingrossamento caratteristico delle coste del- l’Ar. Bonnardi. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 11. Vermiceras solarioides Costa. — Tav. XIII [XVI], fig. 1,2. 1854-56. Ammonites solarioides Costa. Paleontologia del regno di Napoli, pag. 101,.tav. 10, fig. 1. 1879. —_ Rougemonti RevxnÈs. Ammonites, tav. 13, fig. 17-23. 1884. — solarioides. Baupacci e Canavari. Regione centr. d. Gran Sasso, pag. 351. DIMENSIONI Diametro . : E o 6 È , 6 È ; o È 3 mm. 38 \ Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 6 c c 6 0,23 Spessore » » » ; 1 ; : : 0,19 Larghezza dell’ombelico » » i ; ò ) 3 0, 60 Ricoprimento della spira » » } È ; : : 0,01? L’esame di due buoni modelli in solfo dell'esemplare originale dell'A. solarioîdes Costa, esistenti nel Museo di Pisa, mi ha dimostrato che alla specie del Costa corrisponde perfettamente 1’ A. Rougemonti ReynÈès, e che ad essa vanno riferiti due individui del Monte di Cetona, che altrimenti sarebbero stati difficilmente determinabili per il loro cattivo stato di conservazione. Tutto ciò poi è stato da me ancor meglio constatato con l’esame diretto dell'esemplare originale del Costa, che gentilmente mi è stato co- municato dal prof. BASSANI. I L’accrescimento della conchiglia è lento, l’involuzione piccola o nulla; i giri, separati da suture assai profonde, più alti che larghi, poco convessi sui fianchi ed appianati sul dorso, hanno sezione ellittico rettangolare. Il dorso ha una carena spiccata, larga ed arrotondata, fiancheggiata da solchi sufficiente- mente distinti, ma non tanto profondi. Le coste, più numerose nei giri esterni che negli interni, sono piuttosto grossolane, separate da intervalli appena un poco più larghi, leggermente proverse e diritte sui fianchi. Nell'insieme però sono un poco concave a causa della piegatura in avanti che esse sviluppano scendendo all’ombelico e verso il dorso, ove svaniscono sopra le ottuse carene che limitano i solchi dor- sali dai fianchi. La linea lobale è simile a quella disegnata dal Reywks per l'A. Rougemonti. Il lobo sifonale è cioè più profondo del primo laterale, che è assai ristretto. Il secondo lobo laterale, meno profondo del primo : i) p’ORrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 196, tav. 46. [105] A. FUCINI 145 laterale, uguaglia presso a poco il primo accessorio, di forma non ben definita. La sella esterna, circa il doppio più larga della prima laterale e di questa anche più alta, si presenta grossolanamente e irre- golarmente suddivisa nella parte superiore. La specie trova somiglianze nel gruppo del Verm. spiratissimum Quenst., al quale appunto il WizNER ” riunirebbe VA. Rougemonti Reynìs, ed anche del Verm. latisulcatum Quenst. Quest’ ultimo ha però giri più larghi e dorso pure più largo ed appianato; quello numero minore di coste. Degli esemplari esaminati, uno, del Museo di Pisa, proviene dai calcari grigi inferiori e l’altro, del Museo di Firenze, dai rossi. 12. Vermiceras hierlatzicum Hauer. — Tav. XIV [XVII], fig. 10,11. 1856. Ammonites hierlatzicus Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 28, tav. 7, fig. 4-6. 1877. — — De SrerAnI. Geol. d. Monte Pisano, pag. 37. 1879. — = Revnbs. Ammonites, tav. 35, fig. 1-3; tav. 44, fig. 23-26. 1886. Arietites _ Gever. Cephal. v. Hierlatx, pag. 34, tav. 3, fig. 1,2. 1894. — = Greco. Lias inf. di Rossano, pag. 168, tav. 7, fig. 8. 1898. - —_ Fuomi. Nuove Amm. d. cale. rossi, pag. 6. DIMENSIONI Li II Diametro . b 7 . c 6 5 è : ; mm. 40 mm. 31 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . ò 0,25 0, 26 Spessore » » » o 2 0,20 0,21? Larghezza dell’ ombelico » » Ò 3 0,55 0, 56 Ricoprimento della spira » » x $ 0,02? ? Riferisco a questa specie due esemplari, uno dei quali, il più grande, mancante di una porzione -della spira. L’accrescimento delle conchiglie è piuttosto lento e piccola l’involuzione. I giri sono più alti che larghi, alquanto convessi sui fianchi e con sezione ellittica. Il dorso è arrotondato ed ha una carena sifo- nale assai robusta, non molto elevata, arrotondata, fiancheggiata da solchi ristretti, poco profondi, ad essa addossati. Le coste, un poco più numerose nell’esemplare più piccolo, proverse, concave, o leggermente flessuose, svaniscono presso i solchi dorsali molto ripiegate in avanti. L’esemplare più grande, senza mo- strare nettamente i margini della bocca, lascia vedere ben chiaro un solco peristomatico che ripete l’an- damento delle coste e che è più stretto, ma più profondo, all’interno dei fianchi anzichè all’esterno, ove si espande e svanisce molto ripiegato in avanti. Nello stesso esemplare la camera di abitazione è certo più corta dell'ultimo giro, poichè questo è rotto presso il suo principio in corrispondenza di una parete suturale. Nell’esemplare più piccolo la camera di abitazione comincia presso la metà dell’ultimo giro, ma questo evidentemente non è completo. La linea lobale presenta una forma intermedia tra quelle figurate dall’HaurR e dal Gever. Alla prima somiglia per la maggior profondità del lobo sifonale in rapporto al primo laterale e per la larghezza e forma subrettangolare di questo; alla seconda ancor meglio per la sella esterna non bipartita, per la prima sella laterale assai robusta e per l’altezza della seconda sella laterale che uguaglia quella della sella esterna. 1) WAnNER. Kennin. tief. Zon. unt. Lias, pag. 141. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 19 146 A. FUCINI [106] I due esemplari esaminati hanno un accrescimento alquanto più lento dell’originale dell’ HaurR, dal quale differiscono un poco anche per le coste più proverse; perciò corrispondono molto agli individui fi- gurati dal GreyveR. Nel più grande di questi è però da osservarsi lo straordinario diradamento delle coste nell'ultimo giro che non trova corrispondenza nell’individuo pure più grande di Cetona. Ho paragonato direttamente i miei esemplari con l’originale del Lias inferiore del circondario di Rossano illustrato dal GrREco e con quelli dei calcari rossi di altre località della "Toscana ed ho ricono- sciuto per tutti la perfetta corrispondenza di forma. Ambedue gli individui esaminati provengono dai calcari rossi inferiori ed appartengono al Museo di Pisa. 13. Vermiceras demissum n. sp. — Tav. XII [XVI], fig. 11,12. 1886. Arietites doricus (non Savi e Mon.) Gever. Cephal. v. Hierlatx, pag. 35, tav. 3, fig. 3. DIMENSIONI II TI Diametro . : c . 0 5 6 ò 7 ò mm. 37 mm. 26 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . - 0,27 0,27 Spessore » » » . o 0,20? 0,20 Larghezza dell’ ombelico » » 6 Ò 0,54 0, 54 Ricoprimento della spira » » . o 0,04 0,03 Questa specie ha una conchiglia compressa, di accrescimento mediocremente lento e d’involuzione relativamente non molto piccola, poichè l’ultimo giro ricopre il precedente per un quarto dell’ altezza. Il dorso, non molto ampiamente arrotondato, presenta una carena sifonale spiccata, rilevata, non acuta, la quale non ha solchi laterali. I giri, più alti che larghi, assai curvati sui fianchi, hanno sezione sub- ellittica. Essi sono ornati da coste il cui numero cresce col diametro della conchiglia; se ne hanno 43 in un individuo di mm. 26 e 52 in altro di mm. 37. Tali coste si presentano appena un poco più strette degli intervalli; sono piuttosto irregolari, in particolar modo presso l’apertura, ove si riuniscono verso l'ombelico e si biforcano all’esterno; hanno direzione proversa; risultano concave, specialmente a causa della forte piegatura in avanti che fanno verso l’esterno; svaniscono poi più o meno completamente alla base della carena sifonale. Questa, talvolta, sopratutto in vicinanza dell’apertura (Tav. XII [XVI], fig. 12) apparisce ondulata e subnodosa per l’incontro con le coste. Il peristoma si vede assai chiaramente nello stesso esemplare della figura ora citata nel quale infatti la spira termina con un largo solco poco profondo, di andamento arcuato e proverso identico a quello delle coste. Il margine della bocca Segue pure presso a poco tale andamento, però è piegato molto spiccatamente in avanti Rec presso l’ombelico. Esso quindi si presenta assai concavo in corrispondenza della metà infe- RR RARE, riore dei fianchi e leggermente convesso nella superiore ove si protende molto in avanti. Verm. demissum La riunione! sul dorso, dei margini laterali sembra accadere con una curva molto ristretta. ia La linea lobale (fig. 46) è erosa; tuttavia ho creduto conveniente disegnarla. Essa PIETRO presenta il lobo sifonale più profondo del primo laterale e il secondo laterale assai meno profondo del primo. La sella esterna è bassa, ampia e terminata con foglie grossolane scendenti un poco obliquamente verso l’interno. La prima sella laterale sorpassa in altezza la precedente, e può essere sorpassata dalla seconda laterale che non si scorge molto bene. Questa specie ha un’analogia strettissima con la precedente e con la successiva, ma da ambedue può ritenersi diversa. Si distingue infatti dalla prima per le coste più arcuate e più inclinate in avanti, [107] A. FUCINI 147 per il dorso più strettamente arrotondato e senza solchi ai lati della carena sifonale, nonchè per la linea lobale con sella esterna assai più ampia e seconda sella laterale più alta; dalla successiva per accrescimento alquanto più rapido, maggiore involuzione e coste più arcuate e più inclinate in avanti. Il Verm. Schlumbergeri Revnks, del quale parlerò in seguito, è pure molto vicino alla specie in esame, però ne differisce per le coste alquanto più rade, più grossolane, meno arcuate e per la linea lobale di- scendente verso l’ombelico e con elementi più numerosi. Più che ad ogni altra la nuova specie si avvicina all’Ar. Favrei Hue ®, tanto che non era alieno dal riferirvela; mi ha trattenuto però sopra tutto il fatto che le coste nella specie dell’ Hue si diradano molto con l'accrescimento. Altra notevole somiglianza si avverte con il Verm. Rothpletzi Borse, già descritto, dal quale però diffe- risce per i giri più convessi, più rapidamente crescenti e non spiccatamente provvisti di solchi dorsali e per le coste meno proverse e più arcuate specialmente sulla metà dei fianchi. L’ esemplare più piccolo di Ar. Rothpletzi figurato dal Borse e del quale io ho il modello, paragonato con l’ esemplare più grande fisurato dal Borse stesso e da ritenersi tipo della specie, presenta le medesime differenze notate tra il medesimo tipo e la nuova specie Verm. demissum, alla quale quindi è molto simile. Esso tuttavia sembra essere intermedio tra la mia specie e l’Ar. Fuvrei sopra ricordato. Il Verm. demissum mostra anche qualche somiglianza con quell’Ammonite figurato dal DuMmoRTIER ?), non giustamente riferito all’A. tardecrescens HAUER e che potrebbe corrispondere al Verm. Boehmi Hue 0 forse al Verm. ophioides D’ORB.; le coste però hanno una diversa curvatura ed un altro andamento generale. Io ho direttamente paragonato i miei esemplari, che ritengo simili a quelli di Hierlatz, riferiti dal GeYER all’Ar. doricus SAvi e Mer., con quelli tipici di quest’ultima specie provenienti da Spezia, ed ho potuto constatare la loro decisa differenza. L’ Ar. dorîcus ha coste più grossolane, meno numerose, al- quanto ingrossate verso l’esterno, meno curvate e meno ripiegate in avanti e giri larghi quanto alti, non- chè linea lobale differente. La nuova specie è rappresentata da quattro individui, tutti conservati nel calcare rosso inferiore. Di essi, due sono del Museo di Pisa, uno del Museo di Firenze ed uno delle collezioni del R. Ufficio geolo- gico di Roma. 14. Vermiceras tenue n. sp. — Tav. XII [XVI], fig. 10. 1879. Ammonites tardecrescens (noî HavER) Revnès. Ammonites, tav. 41, fig. 19, 18, (pars) non tav. 13, fig. 6-10. DIMENSIONI Diametro . o 0 Ò c . 5 o o 6 : 5 3 mm. 31 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 6 . H 0,21 Spessore » » » È : ò È 6 0,18? Larghezza dell’ ombelico » » 0 è 7 o o 0, 61 Ricoprimento della spira » » i o . . 0 0,02? Questa specie è rappresentata da un solo esemplare, il quale è molto compresso, discoidale ed ha un accrescimento lentissimo e piccola involuzione. I giri, completamente erosi sul fianco destro, sono più x alti che larghi, alquanto arrotondati sui fianchi e con sezione ovale-lanceolata. Il dorso è ristretto ed ha 1 Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 17, tav. 12, fig. 5,6. 2) DumoRTIER. Dép. jurass., p. II, pag. 170, tav. 31, fig. 3-5. 148 A. FUCINI [108] carena sifonale sporgente, non acuta, nè fiancheggiata da solchi laterali. Le coste che ornano la conchiglia, un poco più strette degli intervalli, non sono tanto regolari, poichè alcune tendono ad accoppiarsi presso l'ombelico. Esse si presentano più inclinate in avanti nei giri interni che non nell’ ultimo, ove sono quasi radiali sui fianchi. All’interno si ripiegano verso l’apertura per svanire prima di raggiungere la carena sifonale. Il loro numero è assai notevole poichè se ne hanno 56 nell’ultimo giro e 44 nel penultimo. La camera di abitazione comprende i tre quarti dell’ ultimo giro, il quale però non è certo completo. La linea lobale (fig. 47), che non è possibile ritrarre con grande precisione perchè. molto erosa, pre- senta una spiccatissima caratteristica nell’andamento notevolmente ascendente delle selle procedendo dal- l'esterno all’interno dei fianchi, in modo che la seconda sella laterale, che è presso l’ om- belico, risulta assai più alta della prima laterale e questa più alta dell’ esterna. ee Il Verm. tenue ha il dorso della stessa forma del Verm. demissum; però l'accrescimento STO n'è più lento, le coste sono più numerose, meno arcuate e meno inclinate in avanti e la Linea lobale del 1inea lobale, sebbene dello stesso tipo, ha la seconda sella latvrale ancora più alta. Verm. tenue n. Ae Ras Pl cer Anche il Verm. Whierliatzicum HaAuER presenta notevoli somiglianze con la specie in i grandes ne esame, alla quale si avvicinano specialmente gli individui di Cetona, e quelli figurati dal Rernìs nella tav. 44 del suo conosciutissimo atlante delle Ammoniti. La nuova specie differisce da quella di HAuER ora ricordata per il dorso più ristretto, per la man- canza di solchi ai lati della carena sifonale, per l’accrescimento più lento, per il numero delle coste mag- giore e infine per la linea lobale. Le dimensioni molto più grandi del Verm. nodotianum D’OrB. ® non mi avrebbero impedito di riferire a tale specie il mio esemplare che le somiglia moltissimo per la forma del dorso, per il lento accresci- mento e per il numero delle coste, sebbene queste sieno però meno arcuate e meno proverse. I caratteri della linea lobale però non mi hanno confortato in tale riunione. Non mi sembra dubbiosa la corrispondenza dell’ esemplare del Monte di Cetona ora descritto con quello posto in sinonimia e che dal ReynÈs venne riportato all’A.tardecrescens HAUER. Questa ultima specie deve considerarsi indubbiamente appartenente agli Armioceras, ai quali non può certo aggregarsi quel- l'esemplare del RevnÈs. L'individuo esaminato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Firenze. Fic. 47. 15. Vermiceras Schlumbergeri Revnès. — Tav. XIII [XVI], fig. 4-6. 1879. Ammonites Schlumbergeri Rexnès. Ammonaites, tav. 41, fig. 20, 21. DIMENSIONI Diametro . o o o Giitià 6 : c 5 ò . ò mm. 39 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . o ò 0 È 0,25 ‘Spessore » » » 7 o o . c 0,20 Larghezza dell’ombelico » » } . ; ò i 0,59 Ricoprimento della spira » » ; ; 7 . È 0,03 A questa specie, citata ora per la prima volta in Italia, riferisco un esemplare che non è di buonis- sima conservazione, ma che presenta tutti i caratteri che si possono dedurre, in mancanza di descrizioni, dalle figure del Revnks. La conchiglia, di accrescimento piuttosto lento e di involuzione non tanto pic- 1) p’ OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 198, tav. 47. [109] A. FUCINI 149 cola, ha il dorso ristretto, arrotondato, con carena sifonale spiccata, grossolana, non acuta e senza distinti ‘solchi laterali. I giri sono più alti che larghi, debolmente convessi sui fianchi, e con sezione ovale. Le coste nascono deboli dall’ombelico e si deprimono poi verso il dorso, dopo avere attraversato i fianchi con percorso proverso, poco arcuate, senza forte rilievo e separate da intervalli il doppio più larghi. In vicinanza dell’apertura esse attraversano il dorso, rendendo un poco nodosa la carena sifonale, ma rese però molto sottili. Il numero, forse di circa 45 nell’ultimo giro, non si può precisare a causa della loro variabilità, avendosene alcune riunite presso l'ombelico, altre divise da intervalli più larghi dei consueti e molte infine addensate in vicinanza dell’apertura. La camera di abitazione comprende quasi tutto l’ul- timo giro. La linea lobale (fig. 48), assai caratteristica, ha il lobo sifonale non molto largo, profondo un poco più del primo laterale che è ristretto e terminato da due punte asimmetriche. Il secondo lobo laterale ed il primo accessorio sono i meno profondi e molto ridotti. La sella esterna è larghissima e termina con grosse foglie disposte in linea obliqua scendente verso l’interno. La prima sella laterale è più bassa e molto meno ampia della precedente. La seconda sella laterale poi resulta ancora po più bassa e più depressa. AOL Questa specie è molto vicina al Verm. demissum precedentemente descritto, però ha o | ORIENTE i N I: I 9 Linea lobale del coste assai più rade, meno proverse e meno arcuate, nonchè linea lobale differente. piego a L’Ar. Favrei Hue! è legato intimamente al Verm. Schlumbergeri, del quale però dergeri O presa a. ame- sembra avere coste più rade, più regolari e più arcuato-proverse, nonchè accrescimento tro di mm.25,in un poco più rapido. CISU Il Borse ’) ha trovato nella zona con A. raricostatus di Pechopf in Baviera una specie che ha paragonato all’Ar. ScWlumbergeri ReynÈs, ma che avrebbe però coste più rade e più ingrossate all’esterno. Queste differenze mi fanno credere che la specie del Borse debba essere molto vicina a quella della Sicilia che il GrmmeLtARO ?) confrontò con 1 Ar. tardecrescens HAurR. Esse sono appunto le differenze che distinguono dalla specie in esame quella della Sicilia. L’esemplare in esame proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 16. Vermiceras sp. ind. — Tav. XII [XVI], fig. 7. DIMENSIONI Diametro . o ò 5 : . . i - . ; - : mm. 34 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . . o : Ù 0,23 Spessore » » » a ; o . ò 0,20? Larghezza dell’ombelico » » 7 o 0 o c 0,58 Ricoprimento della spira » » o Ò d : c 0, 01 Lascio indeterminato un esemplare di Vermiceras il quale, sebbene non corrisponda perfettamente ad alcuna altra specie, non dà caratteri sicuri per essere distinto specificamente. La sua più spiccata par- ticolarità consiste nell’avere la linea lobale asimmetrica, ma ciò è da considerarsi forse come un carat- tere individuale, non avendo, come ho detto, che un solo esemplare. La conchiglia è compressa, ad accre- 4) Hu. Lias u. Dogger Amm., pag. 17, tav. 12, fig. 5,6. 2) Borsa. Lias. u. mitteljur. Fleckemm., pag. 132. 3) GEMMBLLARO. oss. d. zona con T. Aspasia, pag. 108, tav. 12, fig. 26. 150 A. FUCINI [110] scimento lento e a piccolissima involuzione. I giri sono più alti che larghi, mediocremente convessi sui fianchi, un poco depressi sul dorso, e con sezione ellittica poco allungata. Il dorso, che è asimmetrico: per deformazione, ha carena sifonale spiccata, ma piuttosto sottile e minuta, con solchi laterali poco pro- fondi. Le coste assai regolari, divise da intervalli un poco più larghi di esse, sono piuttosto numerose; se ne hanno 37 nel penultimo giro e 43 nell’ultimo, che è tutto concamerato. Esse sono diritte e radiali nella metà inferiore dei fianchi, concave e piegate in avanti nella superiore, e svaniscono sulle deboli ca- rene che limitano i solchi dorsali dai fianchi. La linea lobale (fig. 49), ripeto, è asimmetrica. Sul fianco sinistro si trova una grande sella esterna che abbraccia una buona porzione del dorso, arrivando fino al solco dorsale del lato destro, e che ter- mina con cinque foglie appuntate, obliquamente decrescenti in altezza e grossezza verso il primo lobo laterale. Questo è poco profondo, poco largo e terminato .da tre punte irregolari. Viene dopo una prima sella laterale alta circa quanto l’esterna e terminata da tre fogliette arrotondate, i obliquamente salienti verso l’interno. Seguitando verso l'ombelico si hanno ancora e tre piccoli lobi molto ridotti ed aventi la stessa piccola profondità, i quali inter- ! ! pongono due sellette. La prima di queste (seconda laterale) è molto sottile ed alta RE an: quanto la sella esterna e quanto la prima laterale. Sul fianco destro la linea lobale RS è più confusa e corrosa. Oltre al lobo sifonale assai profondo, si ha un primo lobo laterale, simile per forma e dimensioni a quello dell’altro fianco, e quindi un se- condo lobo laterale e forse un primo accessorio, sul quale sembra cadere la sutura dell’ ombelico. Le selle hanno fra loro anche in questo fianco presso a poco la stessa altezza, ma la sella esterna, specialmente, e la prima laterale sono meno larghe, più basse e più arrotondate di quelle dell’altro fianco. La seconda sella laterale risulta però meno sottile e più bassa. La conchiglia esaminata, astrazion fatta dalla linea lobale da ogni altra diversa, somiglia assai al Verm. solarioides Costa = Verm. Rougemonti Revnès, ma ne differisce per la carena sifonale più sottile e per le coste forse un poco più numerose all’interno della spira. Essa è anche vicina al Verm. hier- latzicum HAUER il quale ha però coste più numerose e carena sifonale più grossolana. Ù L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene all'Ufficio geologico di Roma. Fic. 49. 17. Vermiceras Scylla Rern. — Tav. XIII [XVI], fig. 8. 1850. Ammonites liasicus (non D’ OrB.) MenEGHINI. Considerazioni, pag. 115. 1879. — ScyllIa RexnÈs. Ammonaites, pag. 2, tav. 14, fig. 13-16, (17, 18)?, 19-25. ? 1888. Arzetites - Warner. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 309, tav. 25, fig. 7,8. DIMENSIONI Diametro . : 0 c o c c o o È o o ” mm. 95 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . c o : 0,19 Spessore » » » 0 . 6 6 ; 0, 17 Larghezza dell’ombelico » » 0 " ò . ò 0, 64 Ricoprimento della spira » » . : o 7 3 0,02 Sebbene di conservazione non del tutto eccellente, io credo di potere riferire con sicurezza a questa specie l’individuo che già da molto tempo il MenEGHINI riportò all’A. (Cal.) liasicus D’OrB. Esso ha la conchiglia molto discoidale e compressa, di lento accrescimento e di piccola involuzione, in modo che l’ul- timo giro ricopre il penultimo solo per un quinto dell’altezza. L'ombelico è ampio e non tanto profondo. {111] A. FUCINI 151 I giri esterni sono più alti che larghi; gli interni tanto alti quanto larghi. I fianchi dei giri esterni, al- quanto appiattiti, si deprimono ugualmente tanto verso il dorso quanto verso l'ombelico, dando luogo ad una sezione ellittica. Questa, nei giri interni, è invece rotonda. Lungo il dorso si osserva una carena sifonale più larga che alta, ottusa, ma assai visibile, con debolissime traccie di solchi laterali. Questi solchi, insieme con la carena, sifonale, mancano nella parte più interna della spira, come si vede anche dalla sezione dei giri di un esemplare piccolo e rotto. Le coste che ornano i fianchi sono leggermente concave, inclinate in avanti, ed assai numerose, avendosene circa 65 nell’ultimo giro. Esse sono larghe poco meno degli intervalli o quanto questi, come accade nell'ultima porzione della spira, ove si raffittiscono e si indeboliscono. Nascono molto deboli dall’ombelico e svaniscono poi gradatamente verso il margine esterno, lasciando una larga superficie liscia prima della carena sifonale. Il peristoma, che appare alla meglio visibile, è concavo in corrispondenza dei fianchi e proteso a guisa di becco all’esterno. In prece- denza di esso il giro si slarga ed un poco più indietro invece si restringe, formando una depressione poco ben definita ed obliqua come le coste. L’ultima camera occupa quasi un giro e mezzo. La ilnea lobale, che si vede a mala pena, sembra simile a quella disegnata dal Reyxès con la fig. 24, e non a quella della fig. 25. Questa sembra rilevata dall’individuo rappresentato dal RernÈs stesso con le fig. 17 e 18 e che potrebbe dubitarsi essere forse altra specie. Non mi sembra che sia il caso di esaminare a lungo il riferimento al Cal. liasicum D’ORB. fatto dal MENEGHINI per l'esemplare esaminato; la forma del dorso, dei giri e specialmente della linea lobale, non veduta però dal MENEGHINI, sono caratteri sufficienti per escludere qualunque dubbio sulla diversità delle due Ammoniti. Il WakENER ha riferito all’Ar. ScyWa due esemplari, uno di Enzesfeld nelle Alpi nord-occidentali ed uno di Vaihingen nel Wirttemberg, i quali a me sembrano essere alquanto differenti dalla specie del ReynÈs per avere i fianchi più arrotondati e per le coste assai meno numerose, più spiccate specialmente presso l'ombelico ed evanescenti all’esterno dei giri in modo diverso e più vicino alla carena sifonale. La forma descritta dal WiHNER, che si può ritenere essere l’ ancestrale di quella in esame, è dall’ HyarT! posta, a torto secondo me, in sinonimia con il Cal. (?) Zaqueum Quenst., al quale egli riporta anche una parte dell’A. Scylla Ren. L'altra parte di questa ultima specie, non precisamente designata, viene dall’ HyArT Stesso riferita, insieme con altre tutte differenti fra loro, all’ A. carusensis D’ ORB. 2, che sebbene vicino, è distinto per i giri più depressi e notevolmente larghi, per il dorso che non ha traccia di carena sifonale e per le coste più spiccate e che fanno sul dorso una leggera coda caratteristica. Fra specie vicine a quella in esame deve ricordarsi il Verm. Landrioti alla cui descrizione qui sotto rimando per il relativo confronto. Anche l’Ar. Favrei Hue ?) somiglia al Verm. ScyUa Revn., ma esso ne sembra differente per accre- scimento più rapido, e per le coste più rade e maggiormente arcuato-proverse. Tanto l’esemplare esaminato e figurato quanto l’altro più piccolo, trascurato per la sua cattiva con- servazione e che ho rotto per vederne la sezione dei giri interni, provengono dai calcari grigi inferiori ed appartengono al Museo di Pisa. 1) Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 141. 2 p’ OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 284, tav. 84, fig. 3-6. 3) Hue. Lias wu. Dogger Amm., pag. 17, tav. 12, fig. 5,6. 152 A, FUCINI [112] 18. Vermiceras cfr. Landrioti Ore. in Dux. — Tav. XIV [XVII], fig. 1,2. 1850. Ammonites Landrioti »° Orzieny. Prodrome. Siném., n. 33. 1867. —_ — DumorrERr. Dep. jurass., t. IL, pag. 128, tav. 23, fig. 1,2. 1879. — — Reynès. Ammonites, tav. 29, fig. 1-5, (pars) non tav. 43, fig. 1-3. 1884. Caloceras carusense (non p’OrB.) Hyarr. Genesis of the Arietidae, pag. 142, tav. 2, fig. 1-3, (pars) non tav. 1, fig. 15, 16. DIMENSIONI I II Diametro . ; ‘ o c : 0 c a 5 mm. 92 mm. 67 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : 0,17 0,17 Spessore » » » ; o 0,14 0,15 Larghezza dell’ombelico » » o n. 0,70 0, 67 Ricoprimento della spira » » : 3 0,01? 0,01 Il Verm. Landrioti D’ORB. è una specie, a parer mio, definita assai bene, meglio di quello che si potrebbe supporre per la breve diagnosi datane dal D’ORBIGNY, poichè io so che l’originale è stato figurato dal ReynÈs nel suo atlante delle Ammoniti con le figure 3 e 4 della tav. 29. Io debbo tale notizia alla cortesia del dott. Boure il quale mi ha fatto pure notare che l'esemplare figurato dal DumoRTIER, per quanto abbia le coste più oblique e più fitte del tipo orbignyano, va certamente ascritto a tale specie. Consi- derando però il Verm. Landrioti p' ORB., compreso dagli esemplari sopra citati, figurati dal ReYNkS e dal DumoRTIER, i0 credo che da esso vada escluso, come ho avvertito nella sinonimia, l'esemplare molto grande e bello riferitovi pure dal ReynÈs e da questi rappresentato con le fig. 1-3 della tavola 43. Al Verm. Landrioti così definito io confronto tre esemplari del Monte di Cetona, uno dei quali (Tav. XIV [XVII], fig. 1) ha coste un poco più numerose degli altri due, accrescimento più rapido ed è quindi assai vicino al Verm. ultraspiratum. La conchiglia è di lentissimo accrescimento e di involuzione pressochè nulla. I giri sono più alti che larghi e, per avere i fianchi regolarmente ed assai convessi, presentano una sezione ellittica poco allun- gata. Il dorso, non molto ampio, ha una carena sifonale distinta ma ottusa, non molto rilevata che nei giri interni è fiancheggiata da leggeri solchi i quali spariscono completamente con lo sviluppo. Le coste che ornano la conchiglia, delle quali se ne può avere circa 50 nell’ultimo giro dell’esemplare più grande: figurato, sono depresse, larghe quasi quanto gli intervalli, leggermente concave, molto inclinate in avanti ed evanescenti verso l’ombelico e più evidentemente verso il dorso. La camera di abitazione è certo più lunga dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 50) è stata rilevata dall’esemplare non figurato perchè in esso, sebbene corrosa, si vede meglio che negli altri, essendo poi in tutti assai bene corrispondente. Essa ha il lobo sifonale Fra. 50. ristretto ed un poco più profondo del primo laterale, pure poco ampio. Il secondo . I lobo laterale è profondocirca quanto il primo laterale e poco meno del primo acces- RE sorio. Nella parte interna del giro si ha un lobo interno profondo quanto il lobo Linea lobale del Verm. Sifonale e meno del lobo antisifonale assai più profondo di ogni altro. La sella esterna, SR piuttosto ampia e tripartita non tanto profondamente nè regolarmente, è un poco più mm. 48, in grandezza alta della prima laterale. Questa e la seconda laterale, la quale però è molto più bassa, MARTE sebbene assai corrose, presentano forma triangolare. La sutura ombelicale cade sopra una prima sella accessoria, depressa e larga, oltre la quale si ha la sella interna di forma ellittica al- lungata ed un poco meno alta della sella esterna. La selletta sifonale è altissima. «ie [113] A. FUCINI 153 Tale linea lobale è assai differente da quella disegnata dal Reynès per la forma originale del D’OR- BIGNY; ha minor frastagliatura, la sella esterna più ampia e la prima sella laterale meno alta. Le conchiglie ora esaminate hanno .una notevole somiglianza con quella precedentemente descritta e riferita al Verm. ScyWla Rern. Esse però hanno un accrescimento ancora più lento, che si manifesta nella minore altezza dei giri e nella maggiore ampiezza ombelicale; i giri sono più arrotondati sui fianchi; il dorso presenta solchi dorsali, sebbene deboli, più distinti all’interno della spira che all’esterno, e le coste sono più rade, più larghe, più arcuate e più inclinate in avanti.: Il dorso più largo ed appiattito, i giri pressochè larghi quanto alti e con sezione subquadrangolare arrotondata, nonchè le coste più spiccate separano da questa specie il Verm. wltraspiratum. Credo che vada riferita a questa specie quella forma figurata da Hyamr col nome di Cal. carusense D'ORB.! e che perciò ho posta in sinonimia. Nessun carattere importante la farebbe distinguere. Invece essa non è riferibile, a mio modo di vedere, al tipico A. carusensis D’ORB. non foss’altro per le coste arcuate e piegate in avanti e per i caratteri del dorso. Il Parona ® ha figurato, tra i fossili del calcare nero di Moltrasio, una forma di Ar. Conybeari che ha una grandissima somiglianza con la specie in esame. Due degli esemplari esaminati sono conservati nel calcare grigio inferiore ed uno nel rosso. Due appartengono al Museo di Pisa ed uno al Museo di Firenze. 19. Vermiceras cfr. Edmundi Dux. — Tav. XII [XVI], fig. 9. 1867. Ammonites Edmundi Duxortier. Dép. jurass., p. II, pag. 163, tav. 39, fig. 3,4. DIMENSIONI Diametro . 6 5 È È 0 ; 1 c . : , . mm. 4l Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . ; È 5 ò 0,22 Spessore » » » o i ; i - 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 . . 5 0, 61 Ricoprimento della spira » » o È È 7 È 0, 02 La conchiglia del mio unico e non ben conservato esemplare è di lento accrescimento e pochissimo involuta. I giri all’interno della spira sono alti quanto larghi, ma all’esterno divengono più alti che larghi. Essi presentano i fianchi leggermente convessi ed hanno una sezione subrettangolare-ellittica. Il dorso è depresso e con una carena sifonale-ottusa, poco elevata, la quale si rende più manifesta con l’accresci- mento, senza mostrare però solchi bene spiccati. Le coste che ornano i fianchi, in numero di circa 42 nell’ultimo giro, e di 33 nel penultimo, sono piuttosto grosso- lane, più strette degli intervalli, un poco inclinate in avanti, diritte nella parte infe- Filler Fic. bl. riore, concave nella superiore ove svaniscono prima di arrivare alla carena sifonale. La camera di abitazione, che comprende i due terzi dell’ultimo giro, evidentemente Linea lobale del Verm. a 6; cfr. Edmundi Dum., pre- non e completa. sa al diametro di mm. La linea lobale (fis. 51), è assai caratteristica per la sua grossolana foglietta- Cw grandezza natu- n Ò . . è rale, tura. Si compone, sulla parte scoperta del giro, di quattro lobi e di tre selle, non compresa la selletta sifonale assai alta. Il lobo sifonale, ristretto, è circa il doppio più profondo del primo laterale pure ristretto. Il secondo lobo laterale è meno profondo del primo laterale ed anche del primo 1) p’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 284, tav. 84, fig. 5,6. °) PaRroNA. Amm. d. Moltrasio, pag. 11, tav. 14, fig. 2. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 20 154 A. FUCINI [114] accessorio, sul quale cade la sutura dell’ombelico. Nella parte del giro ricoperta per l’involuzione si ha, presso la sutura, un lobo interno piccolo e mal definito e quindi l’antisifonale, ristretto e profondo quanto il sifonale. La sella esterna grossolanamente fogliettata non è molto ampia e si presenta indistintamente bipartita. La prima laterale, alquanto più alta della precedente, termina con tre foglie, delle quali la mediana è più alta delle altre. La seconda sella laterale è molto ridotta e così quella che segue la sutura ombe- licale. La sella interna assai ristretta sembra più alta della esterna, ma più bassa della prima laterale. To non ho riferito assolutamente il mio esemplare alla specie del DumoRTIER poichè esso ha all’in- terno della spira un numero minore di coste le quali sono poi più numerose nell’ultimo giro. Il dorso del mio esemplare ha inoltre, ai lati della carena sifonale, dei leggerissimi solchi che mancano del tutto nel Verm. Edmundi originale. L’esemplare ora esaminato presenta, tra le specie del Monte di Cetona, affinità con il Verm. ultra- spiratum, ma ne differisce per accrescimento un poco più rapido e per coste più rade all’interno della spira e più fitte all’esterno, nonchè per la linea lobale. Per gli stessi caratteri esso differisce anche dal Verm. Landrioti D’ORB. Tale esemplare trova poi spiccate affinità con lA. repos GevER del quale si può ritenere una forma ancestrale. La specie del GeyeR sembra differire per le coste più numerose all’interno della spira, per la carena sifonale più sottile e per la linea lobale. Il Wixner ® ha paragonato il Verm. Edmundi al suo Ar. ophioides (non D’ORB.) il quale ha, spe- cialmente all’interno della spira, solchi dorsali assai distinti. L’HyArT ?) invece, non tenendo tanto conto del numero minore di coste e della loro diversa conformazione, riunisce l'A. Edmundi Dum. all’ A. n0- . dotianus D’ORB. 3) i L’esemplare descritto proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 20. Vermiceras pluricosta Ma. — Tav. XII [XVI], fig. 15. 1898. Artetites pluricosta (Mexn.) Fucini. Amm. d. cale. rossi, pag. 6, tav. 1, fig. 6. DIMENSIONI Diametro . 6 o 6 c » 3 c o G È ò c mm. 40 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0 6 . . 0.25 Spessore » » » " x . o o 0,24 Larghezza dell’ombelico » » ; È x " . 0,56 Ricoprimento della spira » » c ; 5 0 o d Malgrado la conservazione assai deficiente dell’unico esemplare in esame, lo credo di sicuro rife- rimento, avendolo confrontato direttamente con l’originale del MENEGHINI, da me figurato pochi anni or sono. La conchiglia è nell’insieme compressa, di involuzione piccola, ma non ben determinabile, e di accre- scimento piuttosto lento. I giri sono alti quanto larghi, un poco declivi verso l’interno, discretamente convessi e con il massimo spessore sopra la metà della loro altezza, acquistando per ciò una sezione obovata-quadrangolare. Il dorso è molto ampio, largamente arrotondato e provvisto di carena sifonale spiccata. Questa è fiancheggiata da solchi larghi ed appena indicati, sui margini dei quali svaniscono, i) WAENER. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 161. 2) Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 105. 3) p’ ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 198, tav. 47. [115] A. FUCINI 155 ripiegate in avanti, le coste che ornano i giri. Queste coste sono piuttosto rade, ed in numero minore di quelle che si osservano nell’individuo originale. Nell'ultimo giro possono computarsi a circa 37. Esse sono assai manifeste, radiali per direzione, sinuose per andamento, e sviluppate anche nell'interno della Spira ove possono vedersi fino ad un diametro inferiore ai 5 mm. Ad un diametro di circa 12 mm. le coste, nate deboli dall’ombelico, acquistano il loro massimo rilievo sulla metà dei giri ove subito dopo rapida- mente svaniscono, dando: alla conchiglia un aspetto simile a quello del Cor. Xridion Hrar. A sviluppo completo le coste prendono il massimo rilievo sul terzo esterno dei giri ed anzichè svanire repentina- mente si piegano in avanti e decrescono gradatamente. Tutto questo corrisponde a quello che si osserva anche nell’originale della specie, nel quale si potrebbe solo osservare, in riguardo alle coste, il loro raf- fittirsi nell'ultima porzione della spira. La mancanza di tale carattere nell’esemplare in esame va però forse attribuito all’incompleta conservazione della ultima camera, la quale vi è estesa per poco più della metà dell’ultimo giro, mentre comprende più dell’ultimo giro stesso nell’ esemplare originale. La linea lobale non è rilevabile con esattezza. Essa si vede solo provvista di un lobo sifonale assai più profondo del primo laterale; di una sella esterna ampia, con fogliettature grossolane ed alta quanto la prima laterale. La, linea lobale dell’ esemplare originale, che ho potuto scoprire asportando una parte dell'ultimo giro, ha gli stessi caratteri; in essa si vede la sella esterna spiccatamente trifogliata. Questa specie ha una certa somiglianza nella forma delle coste e del dorso con l’Arnioc. fallax de- scritto in seguito; ha però i giri interni provvisti di coste, linea lobale diversa e differente anche la se- zione dei giri. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio inferiore ed appartiene al Museo di Pisa. 21. Vermiceras secernitum n. sp. — Tav. XIV [XVII], fig. 3,4. 1867. Ammonites viticola Durnortier. Dép. jurass., Lias inf., pag. 171, tav. 31, fig. 9-11, (pars) non fig. 12. DIMENSIONI I II Diametro . . o 0 : : c o . ò mm. 49 mm. 27 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,20 0,22 Spessore » » » a . 0,18? 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » 6 ò 0, 63 0, 63 Ricoprimento della spira » » o 0 0,01. 0,02 Il DumortIER stabili lA. viticola sopra due forme che egli stesso riconobbe alquanto differenti fra loro, per le coste in una diritte e nell’altra più rade ed oblique. Il nome del DumoRrTIER spetta alla prima, più comunemente trovata da quell’autore, perchè sopra essa in special modo si riferisce la descrizione originale e perchè è quella che con quel nome è stata già rappresentata dal Reywès ®; all'altra, alla quale si riferiscono due esemplari del Monte di Cetona, do il nome di Verm. secernitum. La conchiglia è compressa, di accrescimento lento e di piccolissima involuzione. I giri sono alti quanto larghi nell’individuo piccolo ed all’interno della spira nell’individuo grande. In questo essi appaiono ben poco più alti che larghi nell'ultima parte della spira; sembra però che questa sia stata alquanto defor- mata per compressione. I fianchi sono un poco più curvati verso il margine esterno e verso 1’ ombelico che sulla metà della loro altezza e quindi danno luogo ad una sezione dei giri arrotondata subquadrata. 1) Rnynbs. Ammonites, tav. 24) fio. 1-9. 156 A. FUCINI [116] Il dorso è piuttosto ampio ed ha una carena sifonale larga e depressa, con superfici laterali leggermente concave, spioventi verso i fianchi. Le coste che ornano la conchiglia sono molto robuste, il doppio circa più strette degli intervalli, decisamente concave e proverse, assai spiccate sul contorno ombelicale ed evanescenti sul margine esterno. Esse sono 32 nell’ultimo giro dell’esemplare più piccolo, potranno arri- vare forse a 40 nell’individuo più grande, mancante di una porzione della spira. La linea lobale, che ritengo superfluo rilevare poichè non presenta tanto evidenti i te dettagli, corrisponde molto bene a quella disegnata dal DumortieR. Il lobo sifonale risulta più profondo del primo laterale il quale è molto ristretto. La sella esterna, larga e tripartita all’estremità, è più bassa della prima laterale. i Il DumortIER nella descrizione dell'A. viticola parla di individui con accrescimento spirale eccentrico. Ciò non si osserva affatto nei miei due esemplari. Bisogna però osservare che quel carattere sembrerebbe proprio della forma alla quale ho limitato il nome del DUMORTIER, secondo anche il concetto che di essa ebbe il ReynÈs. Questa specie ha qualche somiglianza con quella che ho confrontato con il Verm. Landrioti D’ORB., presenta però le coste assai più curvate ed accrescimento più rapido. Essa somiglia anche all’ A. longi- cellum QUENST., ma ne differisce per numero minore di coste e per diversa conformazione dei giri. Il Verm. secernitum si differenzia infine dal Verm. vellicatus Dum. per accrescimento più lento, per maggior nu- mero di coste e per la mancanza di coste ‘intermediarie nella parte esterna dei giri. I due esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori. Uno appartiene al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 22. Vermiceras affine n. sp. — Tav. XIV [XVII]. fig. 6. ? 1857. Ammonites liasicus (non v’ OrB.) Ooster. Cephal. foss., pag. 16, tav. 15, fig. 3, 4, (pars) non fig. 1,2. ? 1899. Arzetites cfr. liasieus (non D’ Or.) Hue. Lias u. Dogger Amm., pag. 21, tav. 11, fig. 1. DIMENSIONI Diametro . . . o 0 . 0 o mm. 50 Altezza dell’ uliziol giro in labiporio al ciano ò o o . 0 0,20 Spessore » » » ; . : ; 5 0,18 Larghezza dell’ombelico » » £ È , 3 ; 0, 66 Ricoprimento della spira » » . 3 ò È c 0,01 x Indico questa specie con nome nuovo poichè, sebbene affine a diverse altre, non è possibile identi- ficarla con alcuna. L'unico esemplare che posseggo ha la conchiglia compressa, di accrescimento molto lento, di piccola involuzione, e mutevole di caratteri con lo sviluppo. I giri interni infatti hanno lo spes- sore uguale o maggiore all’altezza, mentre l’ultimo lo ha leggermente minore. Gli stessi giri presentano il dorso relativamente molto largo, appiattito, distintamente separato dai fianchi da margini dorsali ar- rotondati e provvisto di una carena sifonale debolissima e quasi indistinta. L'ultimo giro invece ha il dorso arrotondato, mal distinto dai fianchi, i quali scendono ad esso con curva abbastanza regolare, ed ha una carena sifonale assai evidente per quanto non limitata da solchi laterali spiccati. I giri hanno la massima larghezza al disopra della metà dell’altezza e quindi presentano una sezione obovale-subqua- drangolare all’interno, più decisamente obovale all’esterno deila spira. Le coste che ornano la conchiglia, )) DumortIER. Dép. jurass., Lias inf., pag. 175, tav. 40, fig. 5-8. [117] A. FOCINI 157 in numero di 45 nell’ultimo giro e di 39 nel penultimo, sono più strette degli intervalli, assai spiccate, concave e molto proverse. Esse, in corrispondenza della camera di abitazione, che comprende circa la metà dell'ultimo giro, svaniscono all’ esterno più gradatamente di quel che facciano sulla parte concamerata della spira, nella quale arrivate, al margine esterno, si abbassano rapidamente e formano una coda degra- dante in avanti. Le linee lobali (fig. 52), che si seguono ad intervalli abbastanza lunghi e che sono alquanto corrose hanno il lobo sifonale molto profondo, quasi il doppio del primo laterale. Questo è ristretto e terminato con tre punte grossolane, non tanto simmetriche. Il secondo lobo laterale ed il primo accessorio sono piccoli e ridotti. La sella esterna, piuttosto ampia, un poco più alta della prima laterale, ha superior- mente un piccolo lobicino secondario che la divide in due parti differenti e delle quali l’interna risulta un poco più alta. La prima sella laterale, poco incisa, è ristretta in basso e slargata in ’ alto. La seconda laterale, più bassa della precedente, è molto ridotta. Così si presenta anche, è sebbene molto indistinta, la prima sella accessoria sulla quale cade la sutura ombelicale. i Sono stato in dubbio se dovessi riferire questo mio esemplare al Verm. longicellum i Quenst. ® al quale somiglia per la forma ed andamento delle coste. Mi sono deciso però PE per la sua separazione perchè esso presenta il dorso senza solchi ai lati della carena si- SR fonale ed un numero maggiore di coste, 45 invece delle 37, computabili nella specie del ERA gi QuenstEDT al diametro di mm. 50 corrispondente del mio individuo, e perchè sopra tutto non ha i giri più larghi che alti, cosa che avviene in modo molto sensibile nel tipico Verm. longicellum. La linea lobale non sarebbe molto differente da quella disegnata dal QuenstEDT, ma essa è stata poco bene riprodotta, come dimostra il RorapPLETZ ?, il quale ne dà una nuova figura. Da questa allora apparisce diversa per minore altezza della prima sella laterale e per minore larghezza della sella esterna. Una notevole somiglianza con la specie in esame è data anche dal Verm. Landrioti D’ORB. e più specialmente da quell’esemplare con coste numerose che io ho figurato (Tav. XIV [XVII], fig. 1). Questo però presenta ai lati della carena sifonale, assai grossolana, dei lievi solchi dorsali più distinti all’interno della spira, ove nella specie presente si dilegua invece o quasi la carena sifonale. Anche la forma dei giri è assai differente fra le due specie come si vede dalla sezione di essi. . Una strettissima parentela con il Verm. affine è anche manifestata dal Verm. secernitum (= Ar. vi- ticola Duw. [pars]), il quale ha coste meno numerose, più spazieggiate e, sebbene molto arcuate, non tanto inclinate in avanti, nonchè linea lobale con la sella esterna più ampia e meno elevata, restando non più alta ma più bassa della prima laterale. Sembrerebbe che corrispondesse bene alla specie ora esaminata l’Ammonite delle Alpi bernesi posto in sinonimia, che dall’OosteR venne riferito all’A. liasicus D’ ORB. e che dall’Hue fu solamente confron- tato con la stessa specie orbignyana, ma non si può fare un giudizio esatto, non conoscendo di quel- l’Ammonite la linea lobale che sola può chiarire il dubbio. La zona da cui essa proviene fa però sup- porre che non si tratti del Cal. liasicum D’ORB. Potrebbe per ultimo appartenere anche alla specie qui descritta l’individuo che il Revnìs ® figurò tra quelli dell’A. ScyMZa con le fig. 17,18 e che per molti caratteri sembra diverso dagli altri. L’esemplare del Monte di Cetona proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. Fic. 52. i) QuensreDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 89, tav. 12, fig. 5. 2) RorapLetz. Format. a. Timor u. Rotti, pag. 99. 3) RevNbs. Ammonites, tav. 14, fig. 13-25. 158 A. FUCINI ; [118] 23. Vermiceras formosum n. sp. — Tav. XIII [XVI], fig. 13, 14. DIMENSIONI I II Diametro . . c 5 : ” È . . à mm. 52 mm. 35 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 5 0,23 0,21 Spessore » » » ; È 0,22 0,19? -Larghezza dell’ ombelico » » 3 ò 0,60 0, 63 Ricoprimento della spira » » . 5 0,02 0,01 Di questa bellissima e caratteristica specie io non ho che due esemplari, pur troppo anche non ben con- servati. La conchiglia, pochissimo involuta, ha l’accrescimento piuttosto lento, che con lo sviluppo diventa peftò più rapido. Il dorso ha una carena larga, depressa e con un leggero indizio di solchi laterali, che si dilegua totalmente in vicinanza dell’apertura nell’esemplare più grande, ove il dorso stesso diviene più arrotondato. I giri, assai convessi sui fianchi ed appena un poco più alti che larghi, hanno sezione ellittica poco allungata. Gli ornamenti, che non si vedono però con molta chiarezza, consistono in coste molto spiccate, quasi indistinte, numerose, irregolari, molto concave, ed in radi ingrossamenti lasciati forse da antichi peristomi. Di questi ingrossamenti se ne hanno circa sette per giro, la loro distribuzione però non è molto regolare e sono di forma non ben definibile per il deficiente stato di conservazione delle conchiglie. Si può solamente accennare che si presentano a guisa di rilievo mammillare, situato un poco al disotto della metà dei fianchi, e dal quale divergono anteriormente due piegoline evanescenti obliqua- mente alla linea spirale. Alcuni di tali rilievi pare che abbiano anche delle pieghette divergenti posteriori, ma queste probabilmente si debbono considerare come coste il cui andamento è stato modificato. La loro origine peristomatica mi sembra dimostrata anche dai caratteri del margine boccale il quale si vede suf- ficientemente distinto sul fianco sinistro dell’esemplare più grande. Un poco al disotto della metà del- l'altezza del giro si ha un’ insenatura assai prolungata e ristretta la quale nella parte più profonda pre- senta un rilievo del margine, evanescente ai lati. Il rilievo corrisponderebbe all’ingrossamento mammillare e le sue parti evanescenti lateralmente alle pieghe oblique. Oltre tale insenatura non si vede con chiarezza altra parte del contorno della bocca, la quale però pare che abbia un’ espansione inferiore ed una superiore più estesa. La camera di abitazione nell’individuo più piccolo sorpassa appena i tre quarti dell’ultimo giro; sembra un poco più lunga nell’individuo più grande, il quale però non lascia vedere bene le ultime suture. Queste si seguono con intervalli piuttosto lunghi. La linea lobale (fig. 53) è identica nei due esemplari. Quella disegnata è tolta dall’individuo più piccolo nel quale si scorge meglio, per quanto sia sempre abbastanza corrosa. Il lobo sifonale è profon- dissimo e relativamente assai ampio. Il primo laterale, poco largo, risulta profondo anche meno della metà del precedente. Il secondo lobo laterale è più profondo del primo late- At rale, ma è quasi sorpassato dal primo accessorio molto ridotto. Nella parte interna del AE RA sai giro, dimarassato la sutura ombelicale, si ha un piccolo lobo, profondo circa quanto il primo 7erm.formosum @CCessorio, esso pure molto ridotto, dopo un lobo interno moltissimo profondo e quindi DIRE Ba il lobo antisifonale non tanto largo e profondo forse più del sifonale. La sella esterna, FIERO piuttosto ampia, discretamente incisa, è appena più bassa della prima laterale, la quale è però assai più ristretta. La seconda sella laterale resulta molto più bassa e più piccola della prima laterale. La sutura ombelicale cade sulla prima sella accessoria, assai minuta e depressa. 0l- trepassata la sutura dell’ombelico si trova ancora una piccola selletta e quindi la sella interna relati vamente ampia ed alta circa quanto la prima sella laterale. [119] | A. FUCINI 159 Io non potrei paragonare questa specie altro che a quella forma di Cal. (2) Ziasicum figurata dal WignER con la fig. 2 della tav. 20 nel suo lavoro sui Cefalopodi delle Alpi Nord-orientali, dalla quale sì potrebbe anche fare derivare. I rilievi peristomatici che si hanno lungo la spira di quella forma, pa- ragonabili agli ingrossamenti che si osservano nella mia specie, furono dal WAHNER considerati come un’ ac- cidentalità individuale. Non posso seguire tale concetto per i miei esemplari, poichè quegli ornamenti sembrano costituire una caratteristica specifica, trovandosi per l’appunto presenti ed identici nei due soli individui da me posseduti. Le coste della forma descritta dal WAHNER sono oltremodo più spiccate di quelle incerte che ornano le mie conchiglie; quindi una confusione tra le due specie non sarebbe mai possibile. Ciò del resto deve completamente escludersi anche se si considera il Cal. liasicum D’ORB. tipico, sebbene abbia coste meno distinte della forma del W.AHNER, e linea lobale alquanto differente. Di due esemplari esaminati, uno proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa, l’altro dei calcari grigi è di proprietà del Museo di Monaco di Baviera. IX. Gen. Coroniceras HyAm. Il gen. Cororiceras, per. il quale alcuni vorrebbero mantenuto il nome di Artetites s. str., che altri assegnerebbero al gruppo dell’ Ar. (Ast.) Zourneri Sow., è poco frequente nel Monte di Cetona. Le specie che ad esso riferisco sono rappresentate inoltre da pochi e non buoni ‘esemplari. Tuttavia la sua presenza è interessante, essendo un genere proprio di zone un poco inferiori a quelle delle formazioni ammoniti- fere da cui proviene la fauna descritta in questo lavoro. 1. Coroniceras Grecoi Bon. — Tav. XIV [XVII], fig. 8,9. 1899. Arvetites Grecoi BonarELLI. Cefalop. sinem., pag. 59, tav.- 8, fig. 3. DIMENSIONI Diametro . 5 . È 7 ; o ato cin, 50 ss 43 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : 0,23 0,23 Spessore » » » o ; 0,25 0,23 Larghezza dell’ombelico » » o o 0.56 0,55 Ricoprimento della spira » » È È 0,01 ? Non essendo sul principio sicuro del riferimento all’Ar. Greco Bon. dei miei due esemplari, anche . per il loro cattivo stato di conservazione, chiesi, e gentilmente ottenni dal sig. MoRENA, la comunicazione dell'originale della specie. Con l'esame diretto del tipo mi sono convinto dell’impossibilità di separare gli esemplari di Cetona da quello dell'Appennino, dal quale essi sembrano appena differire, uno per avere le coste un poco meno numerose, l’altro invece per averle in numero leggermente maggiore. La conchiglia è discoidale, compressa, ad accrescimento molto lento e ad involuzione nulla, poichè i giri si toccano appena per il ritorno della spira. I giri sono larghi quanto alti o più larghi che alti e presentano una sezione spiccatamente subquadrangolare. Le coste che ornano i fianchi di queste conchiglie sono molto robuste e grossolane dal loro principio, presso la sutura dell’ombelico, fino al margine esterno, ove s’ingrossano in una protuberanza nodiforme, spesso resa male evidente dallo stato di conservazione. Oltre tale protuberanza le coste, facendo una coda in avanti, svaniscono sulle carene abbastanza decise che limitano i solchi dorsali. Im quanto alla loro direzione le coste stesse sono più proverse, corrispon- 160 A. FUCINI [120] dendo meglio al tipo, nell’individuo che le ha più numerose. Il dorso è piatto, poichè la carena sifonale e le due laterali, che limitano i solchi dorsali larghi e profondi, presentano la medesima elevatezza. Esso resulta bisulcato e tricarinato. Ambedue gli esemplari hanno almeno più della metà dell’ultimo giro occu- pata dalla camera di abitazione. L'originale del BonARELLI è invece tutto concamerato. La linea lobale si vede a mala pena al principio dell’ultimo giro nell’esemplare con minor numero di coste. Io l’ho disegnata alla meglio (fig. 54) per metterla a confronto con quella dell'esemplare originale che io pure rappresento (fis. 55). I caratteri generali di esse sono certo gli stessi. Nella linea lobale dell’esemplare del Monte di Ce- Fic. 54. Fia. 55. IMAGO pie i ' î ' I Ù Linea lobale del ' ---b-_---- Cor. Giant, Linea lobale dell'esemplare bona la selletta sifonale non appare dentellata, certo per com- CORE IRE originale del Cor. Greeoî pleta abrasione della carena sifonale. Il lobo sifonale è assai © Qi ca lin Bon., presa al diametro ap- & î i i SEO grandezza natu- prossimativo di mm. 65,in più profondo dei lobi laterali, molto simili fra loro. La sella rale. grandezza naturale. < 6 esterna è appena un poco più ampia della prima laterale, ma di uguale altezza. La seconda sella laterale rimane assai più piccola delle altre. La sutura ombeli- cale cade sul principio di una prima selletta accessoria. Io ho accettato senza restrizioni it nome proposto per questa specie dal BonARELLI, perchè non può cader dubbio, a mio credere, sulla corrispondenza specifica dei miei esemplari con quello dell'Appennino centrale. Mentre però non trovo tanto giustificate le aftinità rilevate dal BonarELLI tra la sua specie, l’ Harpoceras nitescens Wrient ! ed il Cyceloceras subarietiforme Fur. ), e quindi anche le sue deduzioni filogenetiche; mi sembra invece che l’Ar. Greco Bon. abbia delle affinità notevoli, se non identità per- fetta, con alcune forme dell’ Arietites Bucklandi Sow.3, specialmente con quelle di zone di Lias inferiore relativamente non molto profondo. Noterò pertanto la somiglianza che la specie del BonARELLI presenta con l'esemplare di Arietites Bucklandi, di assai maggiori dimensioni, figurato dal Parona * fra le Am- moniti di Moltrasio. La conformazione, l'andamento e la robustezza delle coste appariscono simili a primo aspetto; così lo svolgimento della spira. Tate e BLAKE ® danno una figura di Ar. Bucklandi del Yorkshire che, astrazion fatta dalle proporzioni alterate perchè rappresenta l'esemplare impiccolito, sembrerebbe rilevata sull’originale di Ar. Grecoì fotografato dal BonarELLI. L’Ar. Bucllandi del Revwks 5 per numero e per andamento delle coste trova notevole affinità con il mio esemplare di Ar. Greco che ho detto avere un numero non tanto grande di coste. L'altro esemplare avrebbe invece più appropriato confronto con l’Ar. Bucklandi costosus e Bucklandi macer figurati dal QuenstEDT nella tavola 10 del suo lavoro sui Cefalopodi del Giura svevo. Un paragone non del tutto fuori di luogo potrebbe farsi pure tra 1’ Ar. Greco Bon. e Ar. coronaries Quenst. ” quando questo si considerasse specialmente ad uno stadio di sviluppo non troppo grande. Anche l’Ar. rotiformis figurato dal TARAMELLI ) trova grandissima somiglianza nella specie in discus- sione; esso però mostra una maggiore compressione dei giri. i) WrIGHT. Lias Amm., pag. 482, tav. 49, fig. 3,6, 7. ® FurTERER. Amm. v. Oestringen, pag. 328, tav. 11, fig. 5. 3) SowerBy. Mineral Conch., pag. 69, tav. 130. ‘) PARONA. Amm. di Moltrasio, pag. 13, tav. 13, fig. 4. 5) Tarn a. BLAKE. Yorkshire Lias, pag. 283, tav. 5, fig. 2. 6) RevnÈs. Ammonites, tav. 21, fig. 4. 7 QuenstEDT. Der Jura, pag. 68, tav. 7, fig. 5. 5) TARAMELLI. Monogr. d. Lias, pag. 18, tav. 7, fig. 3,4. [121] A. FUCINI 161 Ambedue gli esemplari esaminati provengono dal calcare grigio del Lias inferiore ed appartengono al Museo di Pisa. 2. Coroniceras cfr. Bucklandi Sow. — Tav. XIV [XVII], fig. 7. 1816. Ammonites Bucklandi Sowerev. Mineral Conchology, vol. II, pag. 69, tav. 130. DIMENSIONI Diametro . o o BANG : c o o c 0 È : mm. 81 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0 È . 5 0,29 Spessore ” » » DR 5 è ò 0,32 Larghezza dell’ ombelico » » c ò o 0 c 0, 42 Ricoprimento della spira » » 2 Confronto con l’Ar. Buceklandi Sow. tre esemplari non benissimo conservati. Il migliore, quello figu- rato, alquanto contorto, se non corrisponde perfettamente alla specie del SoweRBY vi si avvicina però moltissimo. I giri sono in esso più larghi che alti, con sezione quadrangolare-depressa e con dorso largo ed appiattito. Le coste, grossolane, ottuse, poco più strette degli intervalli, si ingrossano sul margine esterno e quindi svaniscono, ripiegate in avanti, nei solchi dorsali. Questi sono molto spiccati. La carena sifonale non tanto elevata, è piuttosto ottusa. La linea lobale non è visibile. È molto probabile che corrisponda a questa forma il piccolo Arietifes di Hierlatz lasciato indeter- minato dal GevER !. Il Cor. Grecoi Bon. precedentemente descritto e che ho detto essere tanto vicino all’ Ar. Bucklandi, si distingue dalla forma in esame per accrescimento più lento, per i giri meno spessi e per le coste mene numerose e meno piegate in avanti sul dorso. Dei tre esemplari esaminati, tutti provenienti dai calcari grigi inferiori, due appartengono al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 3. Coroniceras n. sp. cfr. sinemuriense D’ Org. — Tav. XIV [XVII], fig. 5. 1844. Ammonites sinemuriensis D’ OrBIGNY. Palcont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 303, tav. 95, fig. 1-3. DIMENSIONI 5 Diametro . 6 : o . 5 È ò ò . 7 È ; mm. 44 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . È È : o 0,30 Spessore » » » - È 2 ; 3 0,29 Larghezza dell’ombelico » » ° ) . ò c 0,47 Ricoprimento della spira » » : c ò ò c 0,02 Confronto con l’A. sinemuriensis D’ORB. un esemplare non molto ben conservato specialmente sul dorso ed in corrispondenza dell’ultimo giro. Esso ha i principali caratteri della specie orbignyana, dalla quale però differisce sopra tutto per gli ornamenti dei giri interni e per la linea lobale. Questa, al con- trario di quella figurata dal p’OrBIGnY, ha la sella esterna più ampia e meno alta della prima laterale; il primo lobo laterale è poi più ristretto. In quanto agli ornamenti dei giri interni essi non sono così chiaramente distinti in coste spiccate, ma sono costituiti oltre che da ampi ondeggiamenti dei fianchi, da coste irregolari, minute, leggermente convesse. L’esemplare proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. i) Gryer. Ceph. d. Hierlatz, pag. 44, tav. 3, fig. 15. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 21 162 A. FUCINI [122] X. Gen. Arnioceras Hvam. Il genere Arzioceras ha, nella fauna di Cetona, una straordinaria ricchezza di specie e di forme, dalle quali esso fissa una buona quantità di caratteri. Di questi i più essenziali sono la mancanza di ornamenti nella parte più interna della spira, ove il dorso è acuto e non ha una carena sifonale ben definita; la linea lobale poco incisa, specialmente nella porzione estrema delle selle e con lobo sifonale quasi sempre meno profondo del primo laterale e con sella esterna generalmente ampia, bipartita e meno alta della prima laterale; la variabilità del dorso il quale, da mediocre sviluppo degli esemplari fino a sviluppo completo, può avere solchi distinti ai lati della carena sifonale come esserne totalmente privo ed anche perderli od acquistarli a maggiore o minore lontananza dall’apertura, verso la quale più spesso sono però affievo- liti; la mutabilità di andamento nelle coste che dall’essere diritte o talvolta sinuose all’interno della spira divengono, sviluppandosi, generalmente curvate con la convessità rivolta in dietro e che dall’inter- rompersi all’esterno in maniera brusca e repentina ed in modo da dare origine ad una punta nodosa, passano a svanire dopo essersi ripiegate in avanti. La lunghezza della camera di abitazione si può dire esser compresa tra un giro ed i due terzi di esso, ma in alcune specie sembra essere anche più lunga. Data tale variabilità di caratteri, che si alternano, si scambiano e si confondono con grande facilità, è stato per me molto laborioso l’aggruppamento delle specie e delle diverse forme del numeroso mio materiale. Io non credo di avere abbondato di troppo nelle separazioni fatte, avvertendo che se avessi voluto attenermi a criterii più comprensivi, dovevano riferirsi assolutamente ad una sola specie, o quasi, tutte le forme di Arrioceras che si trovano nel Monte di Cetona. Mancando totalmente esemplari piccolissimi ed essendo i giri interni presso che sempre mal conser- vati o di difficilissima preparazione, data la qualità della roccia, non mi è stato possibile intraprendere uno studio accurato sullo sviluppo embriogenetico di tali Ammoniti. A questo riguardo è sempre consi- derevolmente importante il lavoro dell’ HyvamT sulla genesi degli Arieti, per quanto io creda che egli abbia dato, nel caso degli Arrioceras, un’ esagerata importanza filogenetica all’Arn. miserabile QuEnsT. D'altra parte non si hanno tanto estese conoscenze sopra faune ammonitiche delle zone più inferiori del Lias medio, specialmente del bacino mediterraneo, da permetterci senza divagare di troppo, di dare giudizi sopra le specie che possono avere avuto origine dagli Arnioceras studiati. Gli Arieticeras e gli Hildoceras, tra le Ammoniti del Lias medio, sono per ora i generi che più intimamente si collegano al gruppo in esame. 1. Arnioceras miserabile Quensr. — Tav. XVI [XIX], fig. 10. 1858. Ammonites miserabilis QuensteDT. Jura, pag. 71, tav. 8, fig. 7. 1884. — — Quensrent. Amm. d. schw. Jura, pag. 106, tav. 13, fig. 27-30, (pars) non tav. 22, fig. 22-25. non 1889. Arrioceras miserabile Hyarr. Genesis of the Arietidae, pag. 164, tav. 2, fig. 4-7. DIMENSIONI I II Diametro . o c . È d . , 6 c mm. 23 mm. 18 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,21 0,27 Spessore » » » 0 , 0,17 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » ; ò 0,56 0, 52 Ricoprimento della spira » » c o 0,03 n [123] A. FUCINI 163 Questa specie, per la prima volta ora osservata in Italia, è rappresentata da tre individui che presentano due forme leggermente differenti. Una di queste, data dall’esemplare più grande ed in migliore stato di conservazione, quindi da me figurato, si riporta meglio a quella tipica. Essa ha la conchiglia con accresci- mento molto lento e con piccola involuzione. I giri più alti che larghi, quasi appianati sui fianchi, scendono all'ombelico con curva assai ristretta e decisa, mentre verso l’esterno si abbassano più dolcemente; la sezione loro è decisamente ovale. Il dorso, che non si può dire provvisto di carena sifonale ben definita, sì presenta più acuto al principio dell’ultimo giro che non alla fine, ove tende evidentemente ad arro- tondarsi. La superficie della conchiglia, che nella parte concamerata appare molto liscia sembra poi ornata da indecise pieghe in corrispondenza dell’ultima camera. Questa occupa i due terzi dell’ ultimo giro e si può dire completa in quanto che si hanno, specialmente sul fianco destro, indizi sicuri di peristoma. Il margine della bocca apparirebbe sinuoso in maniera più semplice di quello presentato dall’ esemplare di Gmund figurato dal QUENSTEDT. La linea lobale (fig. 56) ha il lobo sifonale più profondo degli altri, il primo laterale arrotondato e con leggiere incisioni ed il secondo laterale pochissimo profondo e di forma non ben definita. La sella esterna è molto ampia ed irregolarmente partita nella parte superiore: la prima laterale Fre. 56. è più stretta, ma più alta della precedente; la seconda sella laterale, più bassa della prima laterale, è più alta dell’esterna. DALDI Questa linea lobale è alquanto diversa da quelle figurate dal QuenstEDT, le quali, fra t;inea lobale del- altre differenze, presentano sempre la sella esterna più o meno simmetricamente bipartita. Sa Gli altri due esemplari, in assai cattivo stato di conservazione, mostrano una forma al diametro di leggermente differente da quella ora esaminata ed anche da quelle figurate dal QUENSTEDT, Tone cn specialmente a cagione degli ornamenti. Questi non sono tanto regolari nè numerosi come 12 naturale. in alcuni esemplari del QuEnstEDT stesso, ma piuttosto somigliano a quelli dell'A. jejunus Dum. ! il quale è però più compresso, con sezione dei giri decisamente ellittica e con carena sifonale meglio evidente e definita. Con ragione il Gryer ? paragonando il suo Arr. ambiguum all’Arn. miserabile, ha fatto notare che sotto questo nome il QuensteDT ha compreso cose del tutto diverse. Infatti quella parte di A. miserabilis che riguarda il Lias inferiore è propriamente tipica ed appartiene agli Arrioceras; l’altra parte invece più recente va riferita agli Agassiziceras. To ho creduto di escludere dalla sinonimia di questa specie gli esemplari figurati dall’ HvAamr poichè nessuno di essi vi corrisponde completamente per l’insieme dei caratteri. Lasciando da parte quello for- temente costato, del quale 1’ Hyart fa la var. acutidorsale, molto differente dal tipico Arm. miserabile QuENST., io trovo che gli altri due, rappresentati respettivamente da Hyamr stesso con la fig. 4 e 5 della tav. 2, non possono riferirsi alla specie in esame per il più rapido accrescimento, per l’assai minor compressione della conchiglia e quindi per maggiore robustezza dei giri. Questi poi hanno una diversa sezione e perciò una conformazione differente dei fianchi e del dorso. Per tali caratteri i due esemplari in discorso par- rebbero più propriamente riferibili all’Arn. ambiguum GrYER ? sopra citato. Degli esemplari riferiti a questa specie, due provengono dai calcari rossi inferiori ed appartengono al Museo di Pisa, uno viene dai calcari grigi ed è del Museo di Firenze. 2) 1) DumorTIER. Dép. jurass., Lias inf., pag. 156, tav. 31, fig. 6-8. 2 GeveRr. Ceph. d. Hierlatz, pag. 41. 3) Ip. L. cit., pag. 40, tav. 3, fig. 11,12. 164 A. FUCINI i [124] 2. Arnioceras ceratitoides Quensr. A questa specie appartengono numerosi esemplari i quali, come spesso accade sono assai differenti nei termini estremi. Credo però utile di separarli in due varietà, distinte specialmente per il diverso nu- mero di coste non dando poi troppa importanza alla direzione di queste oltremodo variabile. Prima però di passare all’esame di tali varietà darò una descrizione generale della specie nella sua più ampia com- prensione. La conchiglia è discoidale ed ordinariamente sempre molto compressa e di involuzione assai piccola. L’acerescimento, piuttosto rapido, può essere talvolta più rapido all’interno della spira che non all’esterno. I giri, sempre più alti che larghi, hanno i fianchi piani o leggermente convessi e sezione rettangolare ellittica o subovale più o meno compressa. Il dorso generalmente è ristretto, ma può arrivare ad essere anche discretamente ampio. Nel primo caso i solchi dorsali, sempre poco spiccati, sono meno larghi e meno profondi che nel secondo; in ogni modo essi vanno in quasi tutti gli esemplari affievolendosi a svi- luppo notevole, mentre mancano poi sempre a piccolissimo diametro. Quanto più i solchi dorsali sono distinti tanto più spiccate appariscono anche le leggere carene marginali. La carena sifonale, molto forte ed elevata, è molto acuta, specialmente nell’ultima parte della spira. I primi giri sono lisci, ma non però fino ad un diametro tanto grande. Le coste, assai variabili di numero, aumentano, talvolta notevolmente tal’ altra pochissimo, dai giri interni agli esterni. Esse nascono assai spiccate dall’ombelico e si estendono fino al margine esterno accrescendosi alquanto in altezza e poco in larghezza. La maggiore altezza delle coste verso l’esterno dei giri è, come in quasi tutti gli Arntoceras, dovuta al più forte abbassamento che - subiscono i fianchi in corrispondenza dei solchi, in rapporto a quello minore che ‘avviene in corrispon- denza delle coste. Queste si presentano con un aspetto molto uniforme; sono più strette assai degli in- tervalli, non esageratamente acute al di sopra e molto elevate; interrompendosi poi assai repentinamente producono, all’esterno della parte concamerata della spira, una punta piuttosto spiccata in contiguità diretta del dorso. A questa punta, con l’accrescimento, succede una leggera coda evanescente in avanti. Le stesse coste hanno poi un andamento perfettamente diritto, ma in vicinanza dell’ apertura possono divenire anche leggermente arcuate, come accade più o meno evidentemente nella maggior parte degli Arnioceras. Tale particolarità può essere resa più palese dalla piegatura in avanti, non mai tanto forte, che qualche volta le coste accentuano nello scendere verso l'ombelico. In quanto alla direzione loro, avvertirò che essa può essere radiale, come pure notevolmente retroversa. La camera di abitazione, che non si può però assi- curare completa per nessun esemplare, non sorpassa i due terzi dell’ultimo giro. La linea lobale ha il lobo sifonale con estremità più o meno divaricate, ma sempre meno profondo del primo laterale. Questo può essere più o meno ampio, terminato con punte più o meno numerose, ed ha spesso una forma subrettangolare. Il secondo lobo laterale è di un terzo circa meno profondo del sifo- nale. Si ha poi un primo lobo accessorio sul quale cade la sutura ombelicale. La sella esterna, alquanto larga, è generalmente bipartita in maniera che la parte esterna risulta più piccola e più bassa della esterna, ma può essere bipartita anche quasi simmetricamente. La prima sella laterale, poco dentellata come la precedente, è di questa sempre più alta ed ha forma generalmente linguiforme e più o meno ristretta all’estremità. La seconda sella laterale è più bassa e più ristretta delia precedente. Questa specie, istituita dal QuenstEDT fino dal 1849 sopra un esemplare di Adneth, ha avuto le più svariate interpetrazioni da molti autori e dallo stesso QuensteDT. Nel 1852 essa venne citata dal GiEBEL che le cambiò il nome, con criterio oggi non accettabile, denominandola A. ceras. Con questo nome fu dall’HauER, figurato nel 1856, un esemplare della località tipica di Adneth, il quale corrisponde molto [125] A. FUCINI 165 bene all’originale sebbene abbia coste forse un poco più numerose. Con lo stesso nome proposto dal GieBEL ed accettato dall’ HauER la specie venne in seguito più volte notata in Toscana dal MENEGHINI prima e poi dal De SteranI. HvamT nel 1868 le aveva intanto restituito il nome originario, ponendola nel suo genere Arnioceras. Nel 1879 il Reynès figurava, insieme ad altre, alcune forme di questa specie col nome di A. geometricus Patt. (var. ceras GieBEL). Non è il caso di fare la questione sinonimica tra A. geometricus Prini. ed A. ceratitoides QueNnsTEDT; le due specie sono troppo differenti. Essa può essere sollevata però in rapporto con l'A. geometricus OPP. che oltre ad avere il nome uguale potrebbe corri- spondere alla specie del PriLips. Tra gli esemplari figurati dal Reynks, oltre a quello rappresentato dalle fis. 1,2, vanno esclusi dalla specie in esame anche quelli delle fig. 3,4,7,8 che più propriamente sembrano riferibili all’Arn. geometricum OPP., forse anche l'individuo delle fig. 6,7 e quello dal quale è stata tolta la linea lobale della fig. 12, assolutamente diversa, per la sella esterna, da ogni linea lobale dell’Armn. ceratitoides. Dopo un assai lungo lasso di tempo il QuenstEDT nel 1884 nuovamente si occupò della sua specie dandole però un significato troppo esteso e che è stato origine di una certa confusione. Esso, avendo una numerosa serie di Arrioceras, sempre variabili di forma e di caratteri, credè bene di asse- gnare al suo A. ceratitoides, senza altre considerazioni, gli esemplari che avevano coste diritte ed all’A. (Arnioc.) falcaries quelli con coste più arcuate. Così egli confuse con l’Arn. ceratitoîdes, 1 Arn. geometricum OPP. che sebbene vicino ha caratteri molto importanti e distintivi. Il De STEFANI nel 1886, figurava attribuendoli giustamente, ma in. senso lato, alla specie del QuENSTEDT, due esemplari di Cetona differenti fra loro, uno per minore e l’altro per maggior numero di coste. Questo ultimo, che per me è tipico, fu però più precisamente riferito all’A. falcaries densicosta che il De STEFANI ritenne, secondo me ingiustamente, una varietà dell’Arm. ceratitoides. Tanto l’uno, quanto l’altro di tali esemplari del De STEFANI, che io non ho potuto rintracciare nel mio materiale, vengono da me consi- derati come varietà diverse della specie in esame. Intanto questa veniva da alcuni ancora citata col nome di ceras ed il RonteLETZ nel 1889 riferiva ad essa un esemplare :con un numero molto limitato di coste e che ha tutti i caratteri del mio Arm. speciosum var. spectabilis. L'HyarT nel 1889, mentre col nome di ceras figurava una specie certo di- versa, stata dal Parona chiamata Arm. dimorphum, lo rappresentava poi molto bene caratterizzato nella specie alla quale egli assegnava il nome di Arz. Humboldti. Il PARONA nel 1898 figurò, riferendolo al- l’Arn. ceratitoides, due esemplari del Lias inferiore lombardo che io non credo veramente appartenenti alla specie in discussione. Quello di Palanzone sembra molto bene riferibile al mio Arm. speciosum, anche per le coste che divengono più numerose con l’accrescimento; l’altro esemplare di Moltrasio è poi simile all'individuo rappresentato da me con la fig. 6 della Tav. XXVI [XXIX] e riferito all’Arn. elegans m. Il BowarELLI da ultimo ha figurato col nome di QuensrEDT due esemplari di Ponte Alto i quali, special mente per l’acerescimento lento e per la forma delle coste, sono piuttosto riferibili al mio Arr. italicum. Invece è da ascriversi all’ Arm. ceratitoides quell’ esemplare pure di Ponte Alto che il BonARELLI stesso figurò come Arn. semilacve HAuER e che io ritengo più particolarmente riferibile alla var. paucicosta. Tipus. — Tav. XIV [XVII], fig. 13; tav. XV [XVIII], fig. 1-8, 11,15. 1849. Ammonites ceratitoides Quenstent. Cephalopoden, pag. 239, tav. 19, fig. 13. 1852. _ ceras GieBEL. Vorwelt, pag. 757. 1856. — — Havrr. Cephal. a. d. Lias, pag. 25, tav. 6, fig. 4-6, (pars). 1865. _ — Menecamni. Deserix. d. carta geol. di Grosseto, pag. 14. 166 A. FUCINI [126] 1868. Arnioceras ceratitoides Hyart. Poss. cephal., pag. 74. 1875. Ammonites ceras De Srerani. Dell’epoca geol. d. marmi, pag. 4. 1875. — — De Sterani. Consider. s. rocc. d. Alpi Ap. pag. 73. 1879. — — De Srerani. Di nuovo sui lav. d. Comit. geol., pag. 191. 1884. _ ceratitoides QuenstEDT. Amm. schw. Jura pag. 105, tav. 13, fig. 23, (pars) non fig. 8-11. 1886. Arietites ceratitoides var. densicosta (non QuensreDt) Dr SteranI. Lias nf. ad arieti, pag. 66, tav. 4, fig; 18509) 1886. — ceras Sacco. Studio geol. paleont., pag. 16. ' non 1889. Arnzoceras ceras Hyanr. Genesis of the Arietidae, pag. 169, tav. 2, fig. 20. 1889. — Humboldti Hyatn. Genesis of the Arietidae, pag. 173, fig. 31-33. 1896. Arvetites ceras Francni e Dr Sorano. Sull’età di ale. cale., pag. 176. non 1898. — (4rnioceras) ceratitoides Parona. Amm. di Moltrasio, pag. 9, tav. 13, fig. 1; tav. 14, fig. 4. non 1899. Arnioceras ceratitoide BonareLLI. Cefal. sinem., pag. 61, tav. 1, fig. 4,5, DIMENSIONI I II III IV VÉ Diametro . i . 0 È i : 3 mm. 80 mm. 62 mm. 57 mm. 52 mm. 36 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,27 0,28 0,28 0,28 0,32 Spessore » » » Ò 0, 18 0, 19 0, 19 0, 19 0, 22 Larghezza dell’ ombelico » ” ; 0,51 0,50 0,50 0,51 0,46 «Ricoprimento della spira » » ; 0, 01 0,02 0, 01 0,01 0,03 L’Arnioceras ceratitoides tipico è stato fisurato oltre che dal QuenstEDT, anche dall’ HAauER col nome di ceras GieBeL, dal De STEFANI col nome di var. densicosta Quenst., e dall’ HyArT col nome di Arn. Humbolati. Esso non è moltissimo compresso, dovendosi ritenere schiacciato e deformato l’ originale per la prima volta figurato. L’accrescimento è piuttosto rapido, e l’involuzione molto piccola, limitata spesso al rico-, primento della sola carena sifonale. Il dorso è piuttosto stretto, con carena sifonale acutissima e spor- gente e con leggeri solchi. Le coste sono sottili, diritte, non tanto acute, elevate ed assai numerose. Nell’esemplare originale del QuENSTEDT, stando alla figura, si hanno, per un diametro di mm. 55, 44 coste nell’ultimo giro. Io ho, per uno stesso diametro, individui aventi 42 fino a 48 coste. Queste aumentano con l'accrescimento. La linea lobale è quella caratteristica figurata dall’HaueR e dal QuensreDT. Essa ha di speciale la notevolissima altezza della prima sella laterale e l’asimmetria nella bipartizione della sella esterna, la cui porzione interna è alquanto più alta ed in generale anche più larga della porzione ] esterna. La figura della linea lobale (fig. 57) qui intercalata è quella dell’ esemplare vio della Tav. XV [XVIII], fig. 4 e non è molto caratteristica; essa si distingue per la (RODE piccola ampiezza del primo lobo laterale e per la incisione grossolana delle selle. Linea lobale dell’Arn. ce- Gli esemplari con un numero molto grande di coste (Tav. XV [XVIII], fig. 3, 8, ratitoides QUENST., pre- E È O 5 ga ces Vng sa al diametro di mm. 19) SÌ avvicinano alquanto al mio Arm. pluriplicatum, che però è diverso oltre che SRE grandezza natu- per un numero ancora maggiore di coste, anche per l’andamento differente di esse, per la linea lobale e per la carena sifonale arrotondata; quelli con coste più rade (Tav. XV [XVIII], fig. 1,2, 11) fanno passaggio alla var. paucicosta. Attribuisco dubbiosamente a questa forma l’esemplare rappresentato dalla fig. 13 della Tav. XIV [XVII] appartenente al Museo di Monaco, il quale mentre ha coste assai diritte, e quindi molto simili a quelle dell’Arn. ceratitoides al quale somiglia anche per la forma del dorso, presenta poi una linea lobale più vicina a quella dell’Arn. rejectum che tra poco sarà descritto. [127] A. FUCINI 167 Alcuni esemplari dell’ Arm. anomaliferum m., che sarà pure descritto in seguito, sono molto vicini alla forma in esame; però hanno accrescimento meno rapido, coste un poco meno sottili ed un poco ar- cuate, nonchè dorso differente e linea lobale diversa. La parte maggiore degli esemplari esaminati proviene dai calcari grigi inferiori, la parte minore da quelli rossi. I più appartengono al Museo di Firenze, i meno a quello di Pisa, alcuni sono del Museo di Monaco ed uno dell’ Ufficio geologico. Var. paucicosta n. var. — Tav. XV [XVIII], fig. 9, 10, 12-14. 1856. Ammonites ceras Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 25, (pars) non exempl. figurato. 1879. _ geometricus (non Painn.) var. ceras RexnÈs. Ammonites, tav. 14, fig. 9-11, (pars) non fig. 1-8, 12. 1886. Arietites ceratitoides Da StrrAnI. Lias inf. ad Arieti, pag. 66, tav. 4, fig. 6, 7, (pars) non fig. 8, 9. 1899. Arnioceras semilaeve (non Hauer) BowarELLI. Cefal. sinem., pag. 10, tav. 1, fig. 7. DIMENSIONI I TI III IV Vi Diametro . È : o " 6 ‘ s mm. 70 mm. 53 mm. 50 mm. 45 mm. 43 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,29 0,31 0,33 0.33 0,30 Spessore » » » o 0,18? 2 0.20 0,22 0,20? Larghezza dell’ ombelico » » 5 0, 51 0, 47 0, 47 0. 47 0, 48 Ricoprimento della spira » » È 0,02 0.03? 0,04? a 0,02 Sebbene non manchino degli esemplari con accrescimento piuttosto lento (Tav. XV [XVIII], fig. 12, 13), tuttavia si può dire che questa forma è caratterizzata dal rapido accrescimento della spira non sorpas- sato in nessun’altra specie. Le coste sono poco numerose; infatti in confronto delle 42 o 48 che si tro- vano nella forma tipica ad un diametro di mm. 55, se ne hanno in questa da 34 a 37 e non aumentano molto di numero con l’accrescimento. Esse sono poi anche un poco più spiccate di quelle del tipo. Anche il dorso è generalmente un poco più largo; ha solchi però ugualmente o poco più profondi, e che sva- niscono a notevole sviluppo. La linea lobale, in paragone con quella della forma tipica, presenta minore differenza di altezza tra la sella esterna e la prima laterale, maggiore altezza della seconda sella laterale e la bipartizione simme- trica o quasi della sella esterna. Io ho posto nella sinonimia una parte dell'A. ceras (GIeBEL) dell’HaueR, poichè nel Museo di Pisa si trova un individuo di Adneth, mandato dall’HaAuER stesso con quella determinazione, e che appartiene per ogni carattere a questa varietà. Anche l'esemplare di Cetona, figurato dal De STEFANI come tipico, ma che io, come ho detto più sopra, non ho potuto rintracciare nel materiale del Museo di Firenze, sembra appartenere alla forma in esame, sebbene abbia un accrescimento molto lento. La stessa cosa si può dire dei due esemplari più grandi figurati dal Revnès. Per gentile concessione del prof. PARONA, avendo avuto in esame l’individuo figurato dal BoNARELLI come Arn. semilaeve HAauER, ho potuto constatare che esso è in tutto riferibile alla forma ora in esame. .L’Arn. semilacve HAUER è certo vicino a questa varietà, però esso ha un accrescimento in generale assai più rapido nello spessore dei giri, i quali anche a diametro non molto grande possono essere tanto alti quanto larghi. Le coste dell’ Arm. semilaeve aumentano di grossezza e di rilievo molto rapidamente 168 A. FUCINI [128] \ con l’accrescimento in modo che si può dire che all’interno della spira sono più sottili di quelle dell’ Ary. ceratitoides, all’esterno invece più grossolane. Più che all’Arn. semilaeve HAUER, la forma in esame si avvicina all’Arn. geometricum OPP., dal quale differisce per l'accrescimento più rapido, per il dorso con solchi alquanto più distinti e per le coste più sottili ed anche in generale più numerose specialmente all’interno della spira. Mi sono trattenuto dal riferire la forma ora descritta all’ Arm. Dowvillei Bavue ® perchè questo ha giri di spessore considerevole e dorso molto spiccatamente bisulcato e tricarinato. Gli esemplari che si possono attribuire alla varietà in esame sono in numero minore di quelli tipici. In maggior parte sono conservati nel calcare grigio inferiore, pochi nel calcare rosso. Molti appartengono. al Museo di Firenze, alcuni al Museo di Pisa e pochi a quello di Monaco di Baviera. 3. Arnioceras italicum n. sp. — Tav. XVI [XIX], fig. 7,8. 1899. Armioceras ceratitoide (non Quensr.) BownarELLI. Oefal. sinem., pag. 61, tav. 8, fig. 4,5. DIMENSIONI Diametro . c . . 7 ? . o ù 6 . - 0 mm. 66 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 3 È 5 o 0,22 Spessore » » » o : o ; 7 0,18 Larghezza dell’ ombelico » » . . Ò . : 0,56 Ricoprimento della spira » » o é ò o 6 0,01 Di questa specie oltre a quelli figurati io non ho che pochi esemplari molto incerti. La conchiglia è discoidale, compressa ad accrescimento assai lento, ma uniforme dai giri interni agli esterni, con invo- luzione nulla e quindi con ombelico ampio, che aumenta regolarmente con l’accrescimento. I giri assai più alti che larghi hanno i fianchi leggermente curvati e presentano una sezione subellittica. Il dorso non è tanto ampio ed ha la carena sifonale sottile, elevata ed acuta, fiancheggiata da depressioni piuttosto larghe e poco profonde. Le coste sono assai numerose; nell'ultimo giro se ne hanno 45; nei giri interni un numero molto minore. Esse sono uniformemente distribuite e loro principale caratteristica è quella di essere a base larga, assai acute, molto rilevate, radiali o poco retroverse. Esse inoltre sono sempre assai diritte dal mar- gine esterno fino all’ombelico, ove scendono senza produrre quella piegatura in avanti molto sviluppata in altre specie congeneri. Sul margine esterno, al principio dell’ ultimo giro, le coste si interrompono bru- scamente prima di arrivare alla leggera carena che delimita i larghi solchi dorsali, producendo la carat- teristica protuberanza delle coste degli Armioceras. Con lo sviluppo tale protuberanza i appare ottusa, forse anche per maggiore erosione subìta dalle coste che in tal caso 1 I P4 ; fanno una leggera piegatura in avanti. La camera di abitazione comprende, nell’esem- i plare più grande, i tre quarti dell'ultimo giro, che non sembra però affatto completo. tipe o N a La linea lobale (fig. 58) ha la solita forma poco variabile degli Armioceras. Il CELIO in lobo sifonale è stretto e profundo poco meno del primo laterale che termina in 7 punte non molto grossolane nè tanto regolari. Il secondo lobo laterale, di un terzo meno profondo dei precedenti, è ristretto. La selletta sifonale è molto alta. La sella esterna, mediocre- mente ampia e bipartita quasi simmetricamente, è alta quanto la prima laterale che è linguiforme. Nel lato interno della seconda sella laterale, più bassa di ogni altra, cade la sutura dell’ombellico. Fre. 58. 1) BayLE. Explicat. de la carte géol. de la Prance, tav. 76, fig. 3. [129] A. FUCINI 169 È questa la specie che il BowaRELLI ha riferito all’Arn. ceratifoides Quensr. Un esemplare che io ho di Ponte Alto per nessun carattere si distingue dal più grande da me posseduto. L’individuo figurato dal BowArELLI ha coste assai numerose all’interno della spira. Credo sicuramente che la nuova specie istituita da me sia assai distinta dal tipico Arm. ceratitoîdes Quenst. ® e dalla forma ad esso perfettamente corrispondente figurata dall’ HaurR col nome di A. ce- ras Gre. La specie del QuensteDT ha sempre accrescimento più rapido e quindi al medesimo diametro un numero minore di giri; coste meno grossolane, generalmente più numerose, più depresse, meno ta- glienti, meno diritte e ripiegate un poco più in avanti nello scendere all’ ombelico, nonchè fianchi gene- ralmente più appiattiti. La camera di abitazione sembra essere più breve e la linea lobale, con la sella esterna un poco più bassa, è suddivisa in maniera tale che la parte esterna resta spiccatamente quasi sempre più minuta e più bassa della parte interna. Con tutto ciò riconosco che nel multiforme Arm. cera- titoides si trovano degli esemplari che accennano a formare termini di passaggio tra le due specie. Ritengo l’Arn. italicum bene distinto dall’ Arm. insolitum che descriverò in seguito, e più particolar- mente dalla var. longispirata, per l’accrescimento più rapido per le coste non arcuate, nè tanto spiccata- mente proverse e sopra tutto non ottuse nè arrotondate superiormente e per la linea lobale avente la sella esterna, non più bassa, ma della stessa altezza della prima sella laterale. L’Arn. mendax, che del pari sarà poi descritto, ha pure qualche affinità con l’ Arm. ifalicum; esso però si distingue per maggior robustezza delle coste, le quali hanno anche una diversa distribuzione ed un altro andamento, per maggiore spessore dei giri, ed inoltre per differente forma del dorso e della linea lobale. L’Arn. Arnouldi Duw. #), che il BowARELLI ritiene sinonimo dell’Arn. ceratitoides, è molto prossimo alla specie in discussione, ma in esso le coste non sono perfettamente diritte; si piegano in avanti sul- l'ombelico e più ancora sul margine esterno e sono assai più minute e più numerose. Il dorso ha solchi più profondi e più larghi e carena sifonale più acuta. I giri sono poi più spessi e si accrescono alquanto più lentamente. i 3 Degli esemplari esaminati, due provengono dai calcari grigi inferiori ed uno da quelli rossi; due ap- partengono al Museo di Pisa ed uno a quelle di Firenze. i 4. Arnioceras cfr. kridioides Hvarr. — Tav. XVI [XIX], fig. 11. 1889. Amnioceras kridioides Hrxanr. Genesis of the Arietidae, pag. 171, tav. 2, fig. 28. DIMENSIONI Diametro . : z È ò È È 5 o 5 Ò 6 È mm. 37 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . > ò c c 0,28 Spessore » » » ° . È c . 0,24 Larghezza dell’ombelico » » ; , « A È 0, 51 9 Ricoprimento della. spira » 5) Confronto con la specie citata un esemplare che ad essa corrisponde assai bene per la forma del dorso, affatto privo di solchi ai lati della carena e spiovente ai margini, con larghe porzioni liscie, leg- 1) QUENSTEDT. Cephal., pag. 239, tav. 19, fig. 13. ?) HauER. Cephal. a. d. Lias, pag. 25, tav. 6, fig. 4-6. 3) DumormIER. Dép. jurass:, Lias inf., pag. 27, tav. 5; fig. 1,2; tav. 6, fig. 1-6. no (C] \ Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 170 A. FUCINI [130]. germente concave. Esso ha mediocremente conservato soltanto l’ultimo giro, per metà occupato dalla ca- mera di abitazione. Vi si trovano circa 27 coste, un poco più numerose che nell’esemplare tipico, ma con gli stessi caratteri poiche si interrompono bruscamente sul margine dorsale e a notevole distanza dalla carena. Questa è ottusa e non molto ben definita. La linea lobale assai dentellata ha il lobo sifonale piuttosto largo, profondo quanto il primo laterale più o meno largo anch’esso e quasi raggiunto anche dal secondo laterale. La sella esterna, non tanto ampia, è divisa in due parti presso che uguali dal lobo secondario. La prima sella laterale è più alta e più ristretta dell’esterna; la seconda laterale è alta quasi quanto l’esterna. i I Fra i vari esemplari figurati e riferiti dal Parona ! a questa specie, quello che più si avvicina al mio è l’individuo rappresentato con la fig. 2 della tav. 13; esso però ha una carena sifonale molto più alta ed anche, a quanto sembra, meglio differenziata. L’Arn. kridioides HvAnT è certo molto vicino all’Arn. geometricum OPP. ed all’Arn. Hartmanni OPP. ma è molto difficile stabilire le affinità o le differenze dal solo esame delle descrizioni e delle figure. Perchè ciò fosse possibile, bisognerebbe avere sotto gli occhi i vari esemplari originali, poichè nelle specie del sen. Arnioceras le affinità e le differenze dipendono spesso da minuti caratteri che non appariscono dalle figure e che talvolta sfuggono nelle descrizioni. La somiglianza dalla parte dei fianchi tra l’esemplare esaminato e la var. propinqua dell’Arn. semico- statum è molto spiccata, però essa non comprende del tutto la regione dorsale. Nell’individuo ora in esame il dorso è più ampio, la carena sifonale è più ottusa, meno differenziata e la porzione liscia tra le coste e la carena sifonale stessa è più larga e meno scavata. Sebbene poi l’esemplare abbia la metà dell'ultimo giro occupata dalla camera di abitazione non si ha al finire della spira nemmeno l’indizio dello stipamento delle coste, le quali aumentano invece regolarmente i loro intervalli. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio inferiore ed appartiene al Museo di Pisa. 5. Arnioceras rejectum n. sp. — Tav. XIV [XVII], fig. 12, 14; Tav. XVI [XIX], fig. 1-6. 1856. Amm. ceras (non Ginsrr) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 25, (pars) non exempl. figurato. 21899. Armioceras semicostatum (non Y. et B.) BonArELLI. Cef. sinem., pag. 10, tav. 1, fig. 8. DIMENSIONI ; I II III Diametro 5 3 6 0 o 0 0 7 mm. 90 mm. 50 mm. 32 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,24 0,26 0,35 Spessore » » » ; 0,18 ? 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » È 0,56 0, 54 0,50 Ricoprimento della spira » » . 0,01 0,01 0,03 Tra le Ammoniti di Adneth, esistenti nel Museo di Pisa, già un tempo mandate dall’Haurr al Mz- NEGHINI, si trova con il nome di Amm. ceras GieBEL = Arm. ceratitoides Quenst. un esemplare di Arrio- ceras che non mi sembra davvero riferibile alla; specie del QuenstEDT. Esso è da me rappresentato a Tav. XVI [XIX] con la fig. 6 per far meglio apprezzare i caratteri della specie, non avendo del Monte . di Cetona esemplari altrettanto buoni, sebbene indubbiamente a quello corrispondenti. La conchiglia è molto compressa, quasi punto involuta e ad accrescimento assai lento per quanto i 1) PARONA. Amm. di Moltrasio, pag. 10, tav. 12, fig. 4; tav. 13, fig. 2,3; tav. 15, fig. 4. [131] A. FUCINI 171 giri sieno poco numerosi. I fianchi sono leggermente convessi; dal primo terzo interno, ove si trova il massimo rilievo, essi si deprimono più rapidamente verso l’ombelico che verso l’esterno. Deriva da ciò che i giri presentano una sezione subovale e che l’ombelico è reso assai profondo. Sembrerebbe che con l'accrescimento la sezione dei giri si modificasse alquanto e divenisse quasi ellittica, ma è da notarsi che i due esemplari più grandi (Tav. XVI [XIX], fig. 1, 6) hanno l’ultima porzione della spira alquanto cor- rosa e deformata. È appunto per la deformazione della seconda metà dell'ultimo giro, che l'individuo più grande di Cetona sembra prendere un andamento della spira diverso da quello di Adneth. Le coste vanno aumentando di numero con l’accrescimento, in maniera più o meno accentuata. Nell’individuo di Adneth, ove è molto spiccato tale carattere, mentre si hanno 36 coste nel penultimo giro, se ne contano poi 52 nell’ultimo. Senza essere taglienti esse hanno una larghezza limitata, ma uniforme dall’ ombe- lico fino al margine dorsale, ove, aumentando solo di poco in rilievo, a seconda dello sviluppo minore o maggiore delle conchiglie, si arrestano ad un tratto o producono una leggera piegatura evanescente in avanti. La loro direzione può essere radiale od alquanto retroversa, ma il loro andamento è sempre più o meno concavo sia nel mezzo dei fianchi, sia più evidentemente presso l’esterno, sia sopratutto verso l'ombelico ove scendono molto ripiegate in avanti. La curva fatta così dalle coste è più distinta all’esterno che all’interno della spira. Il dorso, poco largo, ha una carena sifonale molto alta, acuta e larga di base, accompagnata da depressioni laterali spioventi ai fianchi e che originano dei leggeri solchi dorsali. Questi sono separati dai fianchi da carene marginali poco distinte e che, insieme coni solchi, s’indeboliscono con l’accrescimento. L'ultima camera occupa quasi tutto l’ultimo giro in un esemplare assai grande, ma molto mal con- servato; negli altri oltrepassa di poco la metà del giro stesso. La linea lobale, che non si può rilevare con esattezza negli esemplari più grandi di Cetona, ha nel- l’individuo di Adneth (fig. 59) il primo lobo laterale profondo quanto il sifonale ed assai ristretto. Il se- condo lobo laterale è di circa la metà meno profondo del precedente. La sella esterna è ampia, subrettangolare e bipartita in maniera che la parte interna risulta un poco i più grande ed elevata della parte esterna. La prima sella laterale presenta la mag- LRTaa: giore caratteristica della linea lobale in esame per la sua ampiezza e per la sua n ARESE i forma arrotondata. Nel lato interno della seconda sella laterale, che è assai ridotta, ! i cade la sutura ombelicale. Linea lobale dell’ Arm. È rejectum n. sp. (esem- L'individuo della fig. 14 (Tav. XIV [XVII]), certamente riferibile a questa specie plare di Adneth), presa della quale ha tutti i caratteri riguardanti la forma del dorso, dei giri e delle coste, Piena presenta una linea lobale assai irregolarmente e profondamente denticolata, in spe- cial modo confrontata con quella dell'esemplare di Adneth, dalla quale differisce anche per maggior sot- tigliezza delle selle e quindi per maggior larghezza dei lobi. L’esemplare della fig. 12 (Tav. XIV [XVII]) e più dubbiosamente anche 1’ altro assai piccolo della fig. 5 (Tav. XVI [XIX]) sono forse da riguardarsi come una var. costata, per avere appunto un numero maggiore di coste della forma tipica, tenuto conto del grado del loro sviluppo. Tali esemplari, concame- rati fin presso alla fine della spira, non lasciando quindi vedere l’andamento delle coste nella camera di abitazione, mancano di un carattere molto importante. In ogni modo è molto notevole, per il più grande degli esemplari in discorso (Tav. XIV [XVII], fig. 12) l’aversi già nella parte concamerata della spira un notevole aumento di coste dal penultimo giro all’ultimo. Questa forma, più costata, alla quale appartengono altri individui in peggiore stato di quelli figurati, costituisce un passaggio all’Arn. anomaliferum il quale però ha accrescimento più lento e dorso di forma differente, non foss’altro per la carena arrotondata anzichè acuta. 172 A. FUCINI [132] Avendo dubitato che l'esemplare di Armioceras di Ponte Alto figurato dal BonARELLI come Arn. se- micostatum Y. et B. si riferisse invece alla mia specie, chiesi ed ebbi in esame l’originale per gentilezza del prof. Parona. Sebbene tale esemplare abbia le coste un poco più diritte e meno numerose dei miei individui e quindi sia anche vicino alla specie alla quale l’ha riferito il BoNARELLI, io credo che esso non possa separarsi dal mio Arm. rejectum del quale tutt'al più può costituire una variazione a minor numero di coste. Tale opinione mi sembra avvalorata dal fatto che l’individuo di Ponte Alto è tutto concamerato e quindi non presenta ancora bene sviluppati i caratteri distintivi delle coste. Dalle considerazioni fatte a proposito dell’individuo ora citato di Ponte Alto, è facile rilevare come io ritenga la specie in discussione distinta da quella di Youne e Brrp per avere sopra tutto le coste ar- cuate. Anche i caratteri del dorso, della sezione dei giri e della linea lobale si presentano del resto suf- ficientemente diversi. Gli stessi caratteri differenziali che distinguono l’ Arm. rejectum dall’Arn. semicostatum, separano anche la mia specie dall’ Arm. ceratitoides QuENST. i Per la forma delle coste 1° Arm. rejectum si può paragonare con l’Amm. latisulcatus Quenst. * dal quale però basterebbe a separarlo la sola linea Iobale. L’Arn. Arnouldi Dum. ® è certo una specie molto prossima a quella descritta; ma di essa mancano, nella forma tipica, numerosi caratteri importanti per stabilire un esatto confronto. Il dorso ha forse la carena più sottile ed i solchi laterali più larghi e più profondi; i giri sono pressochè tanto alti quanto larghi e le coste più numerose e più piegate in avanti sul margine esterno. Dei cinque esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio inferiore, uno appartiene al Museo di Pisa; gli altri sono del Museo di Firenze. 6. Arnioceras mendax n. sp. Indico col nome di Arm. mendax una specie alla quale appartengoro numerosi esemplari che, mentre presentano la maggior parte dei caratteri più importanti a comune, possono poi separarsi in determinate varietà, sufficientemente distinte, ma collegate però da termini intermedi. La conchiglia, nell'insieme, è compressa, di accrescimento più o meno lento e di involuzione molto piccola. I giri sono generalmente più compressi nell’interno della spira che all’esterno, poichè essi si acerescono relativamente più in spessore che in altezza. La sezione è subrettangolare ellittica più o meno depressa. Il massimo rilievo dei fianchi si trova nel mezzo o verso l’esterno dei giri nella parte interna o concamerata della spira, nel mezzo invece o al disotto in corrispondenza della camera di abitazione. I primi giri, lisci fino a 10 mm. di diametro, sono fino a 11-13 mm. di diametro sprovvisti di solchi ai lati della carena sifonale, relativamente ottusa. Tali solchi, assai distinti in seguito all’ulteriore sviluppo, sono se- parati dai fianchi da carene più o meno decise, ma vanno poi, insieme a queste, affievolendosi in vicf- nanza dell'apertura di taluni dei grandi esemplari, in rapporto anche col diverso portamento delle coste. Queste possono essere, riguardo al numero, regolarmente meno numerose nei giri interni che nell’ultimo ed anche l’opposto. Nell’interno della spira talvolta, ma molto raramente, si accoppiano presso l’ om- belico. Esse possono essere radiali o retroverse, diritte od un poco curvate. In quest’ultima maniera si presentano specialmente nei piccoli individui, ma lo divengono talora anche a notevole sviluppo. Allora 1) QueNsTEDT. Amm. schw. Jura, pag. 85 90, tav. 12, fig. 1-6. 2 DumorTIER. Dép. jurass., Lias inf., pag. 27, tav. 5 fig. 1,2; tav. 6, fig. 1-6. [133] A. FUCINI 173 contribuisce a dare loro tale forma la piegatura assai spiccata che esse fanno in avanti, nello scendere alla sutura dell’ombelico, e che è più pronunciata di quella che mostrano nello stesso punto all’interno della spira. Anche nel loro limite esterno le coste si comportano differentemente, procedendo verso 1’ aper- tura degli esemplari adulti o più o meno completi. Nella parte interna o concamerata della spira le coste, dopo avere assunto il massimo rilievo, terminano all’esterno repentinamente prima di arrivare alla ca- rena marginale e che delimita il solco dorsale. In tal caso si determina col finire della costa stessa una specie di rilievo che resta inferiore od alla pari della carena marginale dalla, quale è separato per una piccola superficie concava. Con l'ulteriore sviluppo ed in vicinanza dell’apertura le coste, dopo avere rag- giunto il massimo rilievo in una prominenza che resta al di sopra della carena marginale, vanno spesso confondendosi con questa, svanendo in una piegatura anteriore. La linea lobale è variabile in quanto all'altezza e larghezza dei lobi e delle selle; più costante si palesa nella bipartizione della sella esterna, la cui parte interna resta sempre più grande della parte esterna. Eccettuati gli esemplari di 24 a 26 mm. di diametro, tutti gli altri hanno ‘l’ultimo giro occu- pato per due terzi o per la metà dalla camera di abitazione. Accennati così i caratteri generali della specie passerò ad esaminarne gli aggruppamenti nei quali credo che essa vada distinta, tenuto riguardo principalmente al numero ed alla distribuzione delle coste dall’interno all’esterno della spira. Tipus. — Tav. XVII [XX], fig. 1, 3-6, 8-11; Tav. XIX [X.XII], fig. 16. 1850. Ammonites bisulcatus (non Brue.) MenecHINI. Considerazioni, pag. 391; (pars). 1850. — Conybeari (non Sow.) MeneGHINI. Considerazioni, pag. 115, (pars). 9 1853. — multicostatus (non Sow.) Czapuis et DewaLQue. Descript. d. foss. du Luxemb., pag. 45, tav. 6, fig. 2, 1867. — geometricus (non OrP.) DumortIER. Dép. jurass., Lias inf., pag. 31, tav: 7, fig. 6-8, (pars) non fig. 3-5, non(?) pag. 133, tav. 30, fig. 1, 2. ? 1886. Arzetites semilaevis (non HauER) Gever. Cephal. d. Hierlatx, pag. 249, tav. 3, Îe. 17, (pars) non nr 7-9. DIMENSIONI I II III IV Diametro . è ) È mm. 85 mm. 82 mm. 38 mm. 24 Altezza dell’ ultimo giro in sappetio a dioncna 0,24 0,23 0,27 0,27 Spessore » » » DER: 0,22 0,20 0,23 0,25 Larghezza dell’ombelico » HR: 0,57 0, 59 0,54 0, 52 Ricoprimento della spira » DIMPOE 0, 01 ti 0,02? 0,03 x Ritengo tipica dell’Arn. mendax una forma che mentre è intermedia alle altre è poi costituita dai più belli e dal maggior numero degli esemplari. Credo poi che ad essa vadano riferiti individui cono- sciuti sotto altro nome. È da notarsi in questa forma che le coste vanno in generale aumentando di nu- mero dai giri interni agli esterni, nei quali esse sono quindi relativamente assai fitte e serrate. Al diametro da 25 a 40 mm. le coste sono quasi sempre 36, ma possono essere un poco più numerose in esemplari di passaggio alla var. plicatella; oscillano fra 37 e 40 fino al diametro di mm. 50; arrivano a 44 al diametro superiore agli 80 mm. I giri diminuiscono generalmente di spessore e di altezza con l'accrescimento. L'ombelico aumenta con lo sviluppo. La carena sifonale, relativamente più ottusa nell'interno della spira, è ben presto accompagnata da solchi laterali, i quali cominciano a scorgersi fino ad 11 mm. di diametro. 174 A. FUCINI [134] Tali solchi sono poi assai larghi, profondi e distinti fino alla fine della spira anche degli esemplari adulti. Il dorso è spiccatamente tricarinato fino all'apertura. Nel piccolo individuo della fig. 10 (Tav. XVII [XX], si trovano alcune coste accoppiate presso 1’ ombelico. La linea lobale intercalata (fig. 60) è quella dell’esemplare della fig. 1, Tav. XVII [XX]; è l'ultima e situata al primo terzo dell’ ultimo giro. Essa ha il lobo sifonale mediocremente profondo, sorpassato però dal primo laterale. Questo è relativamente stretto, un poco slargato all’estremità, ove termina con quattro punte più grossolane di quelle che si trovano ai lati. Il secondo lobo late- . rale è di un terzo meno profondo del precedente e termina un poco obliquamente: Ii in tre grosse punte molto irregolari. Esso è quasi raggiunto in profondità da un ; N primo lobo accessorio. La sella esterna è ampia, bipartita assai profondamente da ERO Ci un lobo secondario, in modo che la porzione esterna resulta molto più ristretta diametro di mm. 60, in dell’interna. La seconda sella laterale linguiforme sorpassa di poco l’esterna e di EER IOzIA AUTO. assai la seconda sella laterale molto ridotta. La sutura ombelicale cade sopra una piccola e depressa sella accessoria. La linea lobale dell’ esemplare della fig. 3, Tav. XVII [XX], differisce da quella disegnata e sopra descritta per avere il primo lobo e la prima sella laterale un poco più ampi. Il maggiore spazio occupato in tal modo sulla superficie del giro fa sì che la sutura ombelicale anzichè sul lobo accessorio cada invece sulla seconda sella laterale. La linea lobale (fig. 61) rilevata dall’esemplare rappresentato dalla fig. 16 (Tav. XIX [XXII]), tutto concamerato, è assai caratteristica, avendo selle molto alte e relativamente parecchio (ASI incise. Il lobo sifonale, poco profondo, è di assai sopravanzato dal primo laterale ii Ae: il quale termina con due rami dentellati. Il secondo lobo laterale è di almeno un Fic. 60. i terzo meno profondo del sifonale. La sella esterna, alta e non tanto larga, ha un Altra linea lobale del lobo secondario che la bipartisce obliquamente e non molto spiccatamente in due ci o parti, per modo che la interna di queste resulta un poco più bassa ma molto più mm. 50, in grandezza ampia dell’ esterna. La prima sella laterale è ancora più alta dell’esterna, la se- Maturale: conda laterale invece un poco più bassa. In questa cade la sutura dell’ombelico. Le linee lobali di altri esemplari non si allontanano da quelle sopra descritte. L’esemplare rappresentato dalla fig. 8, Tav. XXVII [XX], può considerarsi intermedio tra la forma in esame e la var. rariplicata. Il BonARELLI !) ha giustamente osservato a proposito dell’Amm. multicostatus del Luxembourg, figu- rato e descritto dal CHAPUIS e DEWALQUE, come esso probabilmente abbia i primi giri lisci. Tale carat- tere, unito alla linea lobale, farebbe certamente ascrivere quell’Ammonite al gen. Arnioceras. Allora ap- parirebbero eccezionalmente simili la nostra forma e quella figurata dai due autori belgi. È solamente da osservare una lieve differenza nella linea lobale, la quale nell’esemplare del Luxembourg ha la sella esterna suddivisa in modo che la porzione interna è più piccola dell’ esterna, al contrario di ciò che si osserva nei miei esemplari. L’apparente mancanza nella figura di CHaPUIS e DewALQue dei solchi ai lati della carena dorsale e delle carene laterali che rendono il dorso tricarinato e che parebbe costituire un’altra notevole differenza, è in opposizione alla descrizione fatta da quegli autori. Con più certezza ritengo riferibile alla forma in discussione l'esemplare incompleto che il DumoRTIER figura riferendolo all’A. geometricus OPEL. Per quanto può rilevarsi ha tutti i caratteri della mia specie. 1) BoNnARELLI. Cefal. sinem., pag. 10. fee [135] A. FUCINI 175 A questa potrebbe anche appartenere l’altro esemplare figurato dal DumoRTIER con le fig. 1,2 della tav. 30, però esso non presenta affatto le coste piegate in avanti nello scendere all’ ombelico. Ritengo pure riferibile a questa specie il frammento che dal GryER viene rappresentato con la fig. 17 della tav. 3 del suo lavoro sui Cefalopodi di Hierlatz e che egli riferisce all’ Ar. semilaevis HAUER. Tale frammento non appartiene, a parer mio, alla specie dell’ HavER perchè ha un numero troppo rilevante di coste. Per queste esso corrisponde molto bene alla specie in discussione della quale, se è stato possi- bile riferirlo all’Arn. semilaeve HAavER, deve avere anche simile la regione dorsale. Il BownarELLI ! ha in- vece ritenuto che quel frammento di Hierlatz si riferisse alla specie che egli ha riguardato come Arm. cera- titoides Quenst. e della quale io ho fatto 1’ Arm. italicum. La forma presumibile del dorso di quel frammento mi ha fatto escludere l’ipotesi del BonARELLI. Appartiene forse a questa specie, od all’ 4rn. semilaeve che sarà poi descritto, 1’ Ammonite che ScHarHAUTLI ) fisurò col nome di A. Bucklandi Sow. Sono stato alquanto indeciso se dovessi riferire i miei esemplari all’Amm. Falsani Dum.® al quale sono tanto simili per il dorso allo stadio adulto. Non ho creduto però di poter fare tale riferimento sopratutto per le notevolissime differenze nella linea lobale e nella forma delle coste lungo il margine ombelicale. Riguardo infatti alla linea lobale è da osservarsi nella specie del DumorTIER la grandissima profondità e frastagliatura del lobo dorsale, certo molto più lungo del primo laterale, il quale insieme al secondo laterale ha poi una frastagliatura assai singolare. Anche più ragguardevoli differenze sono date dalle selle. Di queste, l'esterna è bassissima e non suddivisa in due parti inuguali da un lobo secondario e la prima laterale, con frastagliatura assai notevole, è poi veramente enorme, come dice il DumorTIER, ed occupa la metà del fianco, ove nella mia specie si trova invece il primo lobo laterale. Riguardo alle coste è da osservarsi che nell’4mm. Falsani esse non presentano lungo il margine ombelicale quella spiccata pie- gatura in avanti che si trova in tante specie di Arnioceras e che è tanto distinta nella specie m discus- sione. Esaminando anzi la figura di fianco data dal DumortIER sembrerebbe invece che le coste lungo l’ombelico dell’Amm. Falsani fossero piuttosto piegate in dietro. Mancando poii caratteri dei primi giri non si può nemmeno ritenere che l’ Amm. Falsani appartenga con tutta sicurezza al gen. Armioceras. La linea lobale parrebbe anzi escluderlo. Dei numerosi esemplari esaminati molti sono conservati nel calcare grigio inferiore, pochi nel rosso. Essi appartengono in parte al Museo di Firenze ed in parte a quello di Pisa; uno solo è del Museo di Monaco di Baviera. Var. plicatella n. var. — Tav. XVII [XX], fig. 2, 12; Tav. XVII [XX], fig. 1, 4, 5. DIMENSIONI I II II IV Diametro . . 5 ò 6 0 5 . mm. 65 mm. 62 mm. 37 mm. 26 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0, 26 0,27 0,27 0,27 Spessore » » » : 0,21 0,22 0,21 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » : 0,52 0,52 0,51 0,51 Ricoprimento della spira » » 5 0,02 | 0,02 0, 02 0,03 4) BONARELLI. Cefal. sinem., pag. 62. 2? ScHarHAuTL. Geogn. Untersuch. d. siidbay. Alpeng., pag. 132, tav. 15, fig. 20; tav. 21, fig. 28. 3) DUMORTIER. Dép. gurass., p. Il, pag. 25, tav. 4, fig. 1,2. 176 , A. FUCINI i [136] x Questa forma è assai distinta dalla tipica dell’ Ar». mendax per lo straordinario numero delle coste che ornano i giri dell’interno della spira o della parte concamerata di essa, in confronto a quelle che si trovano nell’ultimo giro o nella camera di abitazione; perciò si può dire che in questa forma le coste diminuiscono di numero con l’accrescimento. Infatti esse, nell'ultimo giro degli individui piccoli o nel pe- nultimo giro degli individui grandi, arrivano ad essere 44, numero non mai raggiunto da quelle dell’ul- timo giro degli esemplari adulti. In quanto alla direzione le coste possono essere radiali ed anche retro- verse. Riguardo all’andamento esse si presentano spesso più concave di quelle del tipo nella parte infe- riore dei fianchi, ove scendono, all’ ombelico ripiegate in avanti, somigliando in ciò più a quelle delle var. ncerta e rariplicata. Nella. parte superiore dei fianchi le coste conservano un andamento assai di- ritto, talora sono leggermente concave, talvolta ripiegate in dietro con l'estremità. Credo che vada attri- buita a delle discontinuità prodotte dall’incontro delle linee di sutura con le Ni l’apparente flessuosità di queste al principio dell’ ultimo giro dell’esemplare rappresentato dalla fig. 1 della Tav. SII [EXIT]: L'altezza dei giri, rimanendo presso a poco costante dall'esterno all’interno della spira, è, a completo sviluppo, più grande che nella forma tipica, identica invece allo stadio giovanile. La carena oo un poco meno elevata è più ottusa, è spesso fiancheggiata da solchi meno distinti e che, forse, si rendono visibili ad un diametro leggermente più grande. La linea lobale dell’esemplare della fig. 1, Tav. XVIII [XX], è simile a quella figurata ne la forma tipica, dalla quale appena differisce per le selle un poco più alte e più strette e per minore. asimmetria nella bipartizione della sella esterna. Nella linea lobale dell’esemplare della fig. 2, Tav. XVII [XX], è notevole la grande altezza della seconda sella laterale, alta quanto l’esterna e quasi quanto la prima laterale. Con la fig. 12 della Tav. XVII [XX] è rappresentato un esemplare che costituisce un termine di pas- saggio alla var. rariplicata ed alla varietà incerta. Alla prima si avvicina per il numero non tanto grande di coste nella parte non concamerata della spira, che arriva fino al primo quarto, dell’ultimo giro; alla seconda si accosta assai per un leggero accrescimento maggiore e per le coste più rade ed alquanto retroverse. Alcune coste presso l’apertura di tale esemplare, forse perchè meglio conservate che in altri, presentano chiaramente sul loro limite dorsale una lieve ripiegatura all’indietro, alla quale va unita, nel solco, una; depressione caratteristica, limitata, ma assai distinta, posta fra costa e costa ed immediatamente sotto alla carena marginale del dorso. Anche nella linea lobale di questo individuo la seconda sella laterale è almeno alta quanto la sella esterna. Tolto il più piccolo esemplare figurato, che è nel calcare rosso, tutti gli altri sono. conservati, nel. calcare grigio. La massima parte appartiene al Museo di Pisa, l’altra al Museo di Firenze. Var. rariplicata n. var. — Tav. XVII [XX], fig. 7; Tav. XVII [XX]], fig. 3, 6, 8,9. 1897. Ardetites (Arn.) semicostatus (non Y. et B.) Parona. Amm. di Saltrio, pag. 34, tav. 4, fg. 7,10, 11, (pars) non fig. 8,9. DIMENSIONI I II TII Diametro * ò mm. 74 mm. 68 mm. 40 Altezza Matino giro in O GI noi 0,23 0,24 0,26 Spessore » » » & 0,24 0,22 0,22, Larghezza dell’ ombelico » ICAO 0, 56 0,56 0,52 Ricoprimento della spira » » ; 0,01 0,01 0,02, [137] A. FUCINI 177 Questa forma si allontana dalla tipica in senso contrario alla var. plicatella. Le sue coste relativa- mente sono poche tanto a piccolo quanto a grande sviluppo, ed il loro numero inferiore a 36 per giro resta presso a poco costante nello stesso individuo. I giri, come nella forma tipica, diminuiscono di al- tezza con l’accrescimento, mentre l’ombelico conseguentemente si allarga. Essi però, nella maggior parte degli esemplari e nei meglio conservati, aumentano di spessore fino a diventare più larghi che alti. Le coste, leggermente retroverse, sono più diritte negli individui che ne hanno poche (Tav. XVIII [XXI], fig. 8), in confronto di quelle degli esemplari con coste un poco più numerose (Tav. XVIII [XX], fig. 3), nei quali si presentano leggermente arcuate. Ad uno sviluppo medio il dorso mostrasi convesso, molto spicca- tamente bisulcato e tricarinato, con carena sifonale più alta delle marginali e con queste più alte del- l’ estremità delle coste. A sviluppo molto inoltrato, ciò che non si osserva nella var. plicatella e nella var. incerta, bensì nella forma tipica, il dorso può divenire concavo per cagione delle coste che con il loro limite esterno sorpassano le carene marginali, restando appena sorpassate dalla carena sifonale. Allora esso acquista un aspetto speciale poichè le carene marginali sono rese indistinte e ricoperte dalla coda in avanti che fanno le coste sul margine esterno, in modo che sembra che una costa vada a connettersi con la successiva. La linea lobale si riporta molto bene a quella figurata per il tipico Arm. mendax, solo è da osser- varsi una minore asimmetria nella bipartizione della sella esterna. L’esemplare della fig. 3, Tav. XVIII [XXI], per il numero di coste può considerarsi come un termine di passaggio con la forma tipica. i To credo certamente che alla varietà in esame appartengano due degli esemplari di Saltrio figurati e riferiti dal ParoNA all’Arn. semicostatum. A questa specie, secondo me, va riferito solo l’ individuo rap- presentato da tale autore con le fig. 8,9 e che ha un numero molto limitato di coste anche nei giri interni. Anche questa varietà in esame, specialmente considerata a sviluppo non molto grande, ha notevole somiglianza con l’ Arm. semilaeve HauER, del quale ha un eguale numero di coste e l’identica conforma- zione del dorso. Essa è però certamente distinta per .il più lento accrescimento e per la conformazione che acquista il dorso con lo sviluppo. Un’ altra somiglianza notevole passa pure tra la var. rariplicata e 1° Arn. obliquecostatum Zier. al quale si avvicina sopra a tutti l'esemplare rappresentato dalla fig. 3 della Tav. XVIII [XX]. Tuttavia le coste non hanno l’obliquità di quelle della specie dello ZreteN e l’accrescimento della spira non è così lento. Gli otto esemplari esaminati, dei quali alcuni incompleti, sono conservati tutti nel calcare grigio in- feriore ed appartengono al Museo di Pisa. Var. incerta n. var. — Tav. XVII [XXI], fig. 2, 7. DIMENSIONI I II Diametro . a ò d ò 0 . 0 0 5 mm. 73 mm. 32 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,29 0,30 Spessore » » » 3 . 0,24 0,28 Larghezza dell’ ombelico » » È 6 0,50 0, 46 Ricoprimento della spira » » i ; 0,02 0,03 Sono stato incerto prima di costituire, con i due esemplari in esame, questa varietà; ma infine i notevoli caratteri della linea lobale ed altri relativi specialmente allo sviluppo delle coste, mi hanno con- Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 23 178 A. FUCINI [138] sigliato alla sua istituzione. In essa le coste si mantengono di numero costante o l’aumentano di poco con l’accrescimento; se ne contano 37 nell’ ultimo giro dell'esemplare più grande, 36 nel penultimo, 32 in- vece nell'ultimo giro dell’individuo più piccolo. Le coste sono poi decisamente retroverse. Oltre a ciò questa forma, in confronto con la var. plicatella e più con la var. rariplicata e con il tipico Arn. mendax, presenta un più rapido accrescimento, un ombelico più profondo, una maggiore altezza di giro ed una minore profondità dei solchi ai lati della carena sifonale. Questa è poi molto elevata. L’esemplare più grande ha meno della metà dell’ultimo giro occupata dalla camera di abitazione e quindi è da argomen- tarsi che i caratteri differenziali notati in esso sarebbero forse più accentuati, quando si fosse presentato con uno sviluppo simile agli individui più completi delle altre forme. La linea lobale qui intercalata (fig. 62), stata rilevata dall’esemplare più grande, è notevole per la poca profondità del primo lobo laterale e per la sua terminazione in numerose punte poste sopra una linea concava. In opposizione alla poca profondità del primo lobo laterale sta quella relativamente assai grande del secondo laterale, obliquo verso l’interno. Non meno importanti caratteri S vengono dati dalle selle. L’esterna è ampia oltre il normale; la prima laterale, pure LOGIA: discretamente ampia, arrotondata ed appena più alta della precedente non è raggiunta i dalla seconda laterale. Anche il piccolo esemplare ha una linea lobale consimile, solo il Linea lobale dell’Arn. primo lobo laterale non.termina in esso con punte tanto numerose nè tanto minute. mendax n. Sp., Var. in- " TR, TRSSE Dil dicano Questa forma, per l'accrescimento non tanto lento e per le coste non molto pena Sa gran numerose, ha grandissima ‘somiglianza con l’Arn. semilaeve HAUER, ma io la ritengo decisamente diversa per la linea lobale e per le coste alquanto più grossolane non ‘piegate ad angolo sul margine esterno e sopra tutto per il dorso avente carena assai più grossolana e sporgente, non fiancheggiata da solchi tanto spiccati, nè tanto distintamente limitati da carene marginali. Per tali caratteri del dorso e delle coste questa varietà presenta una forma intermedia tra il tipico Ar. mendax e l’Arn. carenatum. Ambedue gli esemplari esaminati sono conservati nel calcare grigio inferiore; il più grande appar- tiene al Museo di Pisa, il più piccolo al Museo di Firenze. Fic. 62. 7. Arnioceras insolitum n. sp. — Tav. XIX [XXXII], fig. 1-3. DIMENSIONI I TI III IV Diametro . o 3 ; : 5 6 . mm. 77 mm. 71 mm. 42 mm. 41 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,21 0,22 0,22 0,24 Spessore » » » i; 0,17 0,17 0,18 0,18 Larghezza dell’ombelico » » 0 0, 62 0, 60 0, 57 0,57 Ricoprimento della spira » » ò 0,01 0, 01 0,01 0,02 In questa specie si distinguono due forme, una con accrescimento più lento, che io descriverò col nome di var. longispirata ed una con accrescimento più rapido che prendo come tipo. Questa ha una conchiglia molto discoidale e compressa, di accrescimento lento ed uniforme. L’involuzione è insignificante a sviluppo completo, poichè per il ritorno della spira resta solo ricoperta la carena sifonale del giro pre- 3S cedente; essa è poco maggiore a piccolo diametro. I giri, più alti che larghi, non variano molto di forma [139] A. FUCINI 179 con l’accrescimento, presentandosi con il dorso depresso, con fianchi appianati e con sezione sub-ellittica fino da un diametro assai piccolo. I primi sono lisci, ma non essendo ben conservati non lasciano vedere quanta porzione di spira viene da essi compresa. La carena sifonale, generalmente rotta nei grandi esem- plari, è nel piccolo molto alta e si presenta poi in tutti arrotondata in modo deciso e fiancheggiata da solchi dorsali distinti, ma non tanto larghi. Questi sono separati dai fianchi da carene laterali assai svilup- pate. Le coste, forti, robuste, ottuse ed arrotondate superiormente, si presentano, in special modo all’interno della spira degli esemplari più grandi, larghe quasi quanto gli intervalli. Tali caratteri non appariscono molto dalle figure poichè si scorgono bene solo che sul fianco opposto a quello figurato dell’esemplare più grande (Tav. XIX [XXXII], fig. 2), ove ho potuto preparare assai bene una piccola porzione della conchiglia, che in generale è però alquanto corrosa. Le coste hanno poi, specialmente all’interno della spira, una direzione decisamente proversa e sui fianchi un andamento concavo molto distinto, ma che sembra attenuarsi con lo sviluppo. Per questi caratteri le conchiglie acquistano un aspetto alquanto insolito rispetto al genere al quale esse appartengono. Negli esemplari più piccoli le coste s’interrompono all’esterno assai bruscamente, prima di arrivare alle carene laterali; in quelli più grandi è solo presumibile che esse si comportino così nella parte interna della spira, in quanto che nell’ultimo giro svaniscono ripiegate in avanti sopra quelle stesse carene, delle quali anche sorpassano l’altezza sul finire della spira. Con lo sviluppo si rende sempre più manifesta la piegatura in avanti che viene fatta dalle coste nello scendere verso l'ombelico. La camera di abitazione negli esemplari più grandi ed in uno dei più piccoli figurati comprende quasi tutto l’ultimo giro. Tutti gli esemplari non possono dirsi però ancora completi, mancando ogni traccia di peristoma. La linea lobale, che si corrisponde molto bene nei diversi individui, appare assai semplice; però essendo dovunque assai corrosa non ho creduto opportuno disegnarla. Al di fuori della fauna in esame io non conosco che l’Arn. densicosta (A. falcaries densicosta) QuensT.® che possa paragonarsi alla specie descritta per numero delle coste e per lo svolgimento della spira; è da notarsi però che l’anzidetta specie del QuenstEDT ha i fianchi dei giri più rigonfi e con sezione quasi ellit- tica e non sub-rettangolare, linea lobale differente, maggior porzione di spira liscia all’interno, carena più acuta nonchè coste più sottili, non ingrossate nè rialzate sul margine dorsale, ove non sono nemmeno: tanto ripegate in avanti. L’Arn. italicum, fra le specie descritte in questo lavoro, somiglia pure molto all’ Arm. insolitum, ma esso ha carena sifonale molto acuta anzichè ottusa, coste non arcuate, nè proverse e differenti sopra tutto perchè assai acute superiormente. La linea lobale è diversa perchè la sella esterna è per lo meno alta quanto la prima laterale e non più bassa come nella specie in esame. Bisogna tuttavia riconoscere che l’esemplare della fig. 1 della Tav. XIX [XX.II] collega molto intimamente le due specie a cagione delle coste poco concave nella parte esterna della spira. Anche l’Arn. speciosum ha qualche analogia con la specie in esame, però esso, particolarmente al- l’interno della spira, è differente per le coste più o meno retroverse, più rade ed arcuate diversamente. La conchiglia ha poi diverso sviluppo e linea lobale differente. Degli esemplari esaminati cinque sono conservati nel calcare grigio inferiore-ed uno in quello rosso. Tre appartengono al Museo di Pisa, e tre al Museo di Firenze. i QuenstaDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 99, tav. 13, fig. 7. 180 A. FUCINI [140] Var. longispirata. — Tav, XIX [XXII], fig. 4, 5. DIMENSIONI I II Diametro 6 , S mm. 74? mm. 33 Altezza Mio giro in Lannerto al dianicico.. : 0,19 0,21 Spessore ” » » ; È 0,17 0,18 Larghezza dell’ombelico » » i } 0,64 0, 61 Ricoprimento della spira » » 0 0 0,01 0,02 Questa forma differisce da quella assunta come tipo per l’accrescimento un poco più lento, reso ma- nifesto dalla minore altezza dei giri insieme con la maggiore larghezza dell’ombelico, e per le coste che all’interno della spira sono più numerose e che in seguito divengono meno arcuate e meno proverse. Le coste dell’ultimo giro nell’esemplare più grande possono essere circa 47, quelle del penultimo giro sono 45, del terz’ultimo 43; nell’ultimo giro dell'esemplare più piccolo, che ha un diametro presso a poco uguale al terz’ultimo giro dell’ esemplare grande, esse sono 44. La linea lobale (fig. 63) non ha particolarità interessanti o molto distintive. Il lobo sifonale medio- cremente profondo, ha le punte alquanto divaricate e la selletta sifonale piuttosto alta e larga. Il primo lobo laterale, non molto ristretto, è profondo quanto il precedente e circa il doppio del secondo laterale e del primo accessorio. La sella esterna, non esageratamente ampia, bipartita quasi i simmetricamente, è meno elevata della prima laterale, che ha forma sub-ellittico ipa pe allungata. La seconda sella laterale è bassa e depressa. AR L'unica specie che si rassomiglia alla forma in esame è il seguente Arm. spi- Linea lobale dell’Armn. rale nel quale ho riunito l’ esemplare della fig. 11 della Tav. XIX [XXI] che presenta insolitum n. Sp., Var. Ò o o DINO longispirata, presa al Un accentuato termine di passaggio. La somiglianza resulta sopra tutto a causa del anna coi simile lentissimo accrescimento. I giri del l’Arn. spirale sono però più larghi, ugua- fondi; le coste sono molto meno numerose, in special modo all’interno della spira, non affatto concave, ma piuttosto convesse, decisamente retroverse ed in alcuni individui nettamente rovesciate in dietro; la linea lobale ha per ultimo il lobo sifonale più profondo e la seconda sella laterale più alta, Dei due esemplari esaminati, provenienti dai calcari grigi inferiori, il più grande appartiene al Museo di Pisa ed il più piccolo al Museo di Firenze. 8. Arnioceras spirale n. sp. — Tav. XIX [XXII], fig. 6-13. ? 1886. Ardetites conybearoides (non Revnès) De Sterani. Lias inf. ad Arieti, pag. 64, tav. 4, fig. 19, 20. DIMENSIONI I TI III IV Vv VI VII Diametro . ò à . mm. 51 mm. 51 mm. 42 mm. 38 mm. 86 mm. 33 mm. 29 Altezza dell’ultimo giro in siipporto al diametro . 0,19 0,29 0,21 0,22 0,23 0,21 0,25. Spessore » » » s 0, 18 0,19? 0,17 0,17 0,22 0,17 0,24? Larghezza dell’ombelico » » : 0,65 0, 62 0,65 0, 61 0, 60 0, 67 0,55 Ricoprimento della spira » » : 0,01 0,01 0,01 0, 01 0,01 0, 01 0,02 Questa specie è assai distinta dalla maggior parte delle congeneri per la conchiglia spiratissima e di accrescimento molto lento. I giri, poco più alti che larghi, talvolta tanto alti quanto larghi, sono appianati gliando l'altezza; il dorso è relativamente più ampio e con solchi dorsali più pro- . PI [141] A. FUCINI 181 sui fianchi e sul dorso, in modo tale da presentare una sezione sub-quadrata. La spira è liscia fino ad un diametro che non passa i9 mm.; poi diviene ornata da coste molto uniformemente distribuite, piuttosto grossolane, non acute superiormente, separate da spazi alquanto più larghi. Il numero di esse non varia molto con l'accrescimento, poichè, da 30 almeno che se ne hanno nei giri interni o negli individui piccoli, non oltrepassa le 44 negli individui più adulti e meglio provvisti di coste. Per la direzione esse sono più o meno retroverse, in special modo nella parte concamerata della spira, ma possono di- venire radiali in prossimità della bocca. Qui esse si interrompono sul margine esterno meno repenti- namente di quel che non facciano in precedenza, mostrando una leggera piegatura evanescente in avanti. Anche presso l'ombelico le coste accentuano, sull’ultima porzione della spira, la loro piegatura in avanti. Non per questo però si presentano concave, come spesso avviene in altre specie; esse si mantengono sui fianchi sempre diritte per tutta la spira. Quando le coste sono ben conservate si vede assai chiaramente che esse si presentano più o meno rovesciate in dietro, in maniera che il loro lato anteriore è più dolcemente declive del posteriore. Questo carattere è sviluppatissimo nell’ individuo della fig. 7, Tav. XIX [XXII]. Il dorso si presenta generalmente appianato, poichè le coste si spingono assai in fuori e quasi raggiungono l’altezza della carena sifonale. Questa è piuttosto robusta, non acuta, ed ha due solchi laterali, talvolta molto distinti, che si attenuano con l’accrescimento e che sono separati dai fianchi da altre carene, tanto più spiccate quanto più sono distinti i solchi che devono limitare. Il dorso è un poco differente nei due esemplari delle fig. 8, 9 della Tav. XIX [XXII] di cui sono state date supe- riormente le dimensioni Iv, vi e per i quali sarei propenso istituire la var. minuta, avendo essi anche una conchiglia relativamente più sottile. In tali esemplari non si hanno nè carene marginali distinte, nè solchi bene sviluppati ai lati della carena sifonale. Il dorso apparisce poi meno appianato per avere la carena più alta. I giri sono più compressi. Nessun esemplare ha la camera di abitazione lunga più che i due terzi dell’ultimo giro. La linea lobale varia assai nei diversi individui; è in essa però costante la maggiore profondità del lobo sifonale rispetto al primo laterale e l’altezza assai notevole della seconda sella laterale, poco infe- riore e talvolta uguale a quella della prima laterale. Il primo lobo laterale talvolta è meno largo di quello x presentato dalle figure 64 e 65 la prima delle quali è stata tolta Fic. 64. Fic. 65. dall’esemplare della fig. 12.della Tav. XIX [XXII] e la seconda del- i i o ' ' I, U l'individuo della fig. 7 della Tav. XIX [XXII]. La bipartizione della SME AE ESA TO sella esterna segue spesso il disegno della fig. 64, però essa è molto Di 1 i CHELA $ Er È ; Sa SE Linea lobale del Altra linea lobale variabile anche negli stessi individui. Infatti una bipartizione simile, l'Arn. spirale n. Alain RS 9 N n BR È : ’ È Sp., presa al dia- n. sp., presa al cioè con la Perzione Sono della sella più ampia assai dell’esterna, TA EL no sì ha anche nell’individuo rappresentato dalla fig. 7 della Tav. XIX in grandezza na- 35, in grandezza turale. naturale. [XXXI], nella linea lobale che precede quella disegnata e rappresen- tata con la fig. 65. È pure in questo individuo, che presenta un lobo sifonale eccezionalmente profondo, che si osserva, in talune suture, la seconda sella laterale alta quanto la prima. Nell’esemplare della fig. 11, Tav. XIX [XXII] si ha una linea lobale che in confronto a quelle qui intercalate ha il primo lobo laterale assai ristretto e la prima sella laterale molto alta. Descrivendo la var. ongispirata dell’ Arm. insolitum ho fatto notare la sua somiglianza con questa specie, la quale le si avvicina con l’esemplare della fig. 11, Tav. XIX [XXII] particolarmente, ed ho fatto rilevare le differenze che essa presenta e che consistono principalmente nel dorso meno largo e con solchi ai lati della carena sifonale più deboli e meno profondi, nelle coste più numerose, assai meno spazieggiate e proverse anzichè retroverse anche nei giri interni, concave invece che diritte, e nella linea lobale di tipo assai differente. molin A. FUCINI [142] L’Arn. anomaliferum, che sarà descritto in seguito, è intimamente collegato con questa specie, ma esso ha l’ accrescimento alquanto più rapido, i giri più alti e meno larghi, il dorso meno ampio e con più deboli solchi ai lati della carena sifonale, e le coste più numerose e di andamento diverso, poichè con lo sviluppo divengono spiccatamente concave. La forma con solchi dorsali distinti trova grandissima somiglianza con quell’ Ammonite del Gloce- stershire che il QuenstEDT * figurò confrontandolo con 1’ A. spiratissimus e che sembra essere un vero Arnioceras. Tale Ammonite non è stato da me posto in sinonimia poichè appare che abbia giri alquanto più larghi che alti. i L’A. latisulcatus robustus Quenst.? differisce dalla mia specie per maggiore larghezza dai giri e per la linea lobale. Gli esemplari delle fig. 8, 9, della Tav. XIX [XXI], i quali ho detto presentare una forma più minuta, per i caratteri del dorso, si avvicinano all’ Arm. Hartmanni Orr. = A. Kridion (non HenL) D'ORB.5) Però essi hanno coste più rade ed ai lati della carena sifonale, se non solchi distinti, si hanno però su- perfici leggermente concave. La stessa forma trova notevoli somiglianze anche con l’Arn. (?) Macdonelli PortL. giovanile. Le dif- ferenze notevolissime si sviluppano con l’accrescimento. L’esemplare della fig. 11, Tav. XII [XXXII] per avere coste assai numerose può essere paragonato anche all’Arn. tardecrescens HAUER # e specialmente a quell’individuo figurato dal ReynÈs con le fig. 6 e 7 della tav. 13. Questo sembra alquanto differente dal tipo dell’ HaurR per le coste più rade, più grossolane e più arcuate. Il De SreranI riferì al’ Ar. conybearoides Reynès una forma di Artetites che mentre sembra differire dalla specie del Reynìs per avere coste diritte, più rilevate e spiccate, si avvicina poi grandemente alla specie in esame. Io non l’ho messa decisamente in sinonimia non conoscendone i giri interni e non po- tendo esser certo della sua qualità generica. Dei dodici esemplari esaminati, all'infuori di quello della fig. 12, Tav. XIX [XXII], il quale è conser- - vato nel calcare rosso inferiore, tutti gli altri provengono dal calcare grigio. Nove appartengono al Mu- seo di Firenze e tre a quello di Pisa. 9. Arnioceras anomaliferum n. sp. Tav. XVI [XIX], fig. 9; Tav. XIX [XXI], fig. 15; Tav. XXI [XXIV], fig. 5-15. 1899. Arnioceras m. f. BonarELLI. Cefat. sinem., pag. 9, tav. 1, fig. 6. DIMENSIONI I TI III IV Diametro . ò . . à i c 6 mm. 58 mm. 50 mm. 43 mm. 33 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 0,23 0,24 0,24 0,26 Spessore » » SIAE 0,18 0,22 0,20 0,21? Larghezza dell’ ombelico » CRAL 0, 60 0, 60 0,59 0,54 Ricoprimento della spira » » ; 0, 01 0,01 0, 01 0,01 1) QuenstEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 93, tav. 12, fig. 9. 2 QuensTEDT. Ibidem, pag. 88, tav. 11, fig. 4. 3) p’OreiGNnY. Paléont. frane., terr. jurass., t. I, pag. 205, tav. 51, fig. 1-6. 4) HauER. Ceph. a. d. Lias, pag. 20, tav. 3, fig. 10-12. [143] A. FUCINI 183 Questa specie, che chiamo Arm. amnomaliferum perchè presenta alcuni esemplari con differenti anomalie, ‘è compressa, di accrescimento piuttosto lento e regolare, e di involuzione pressochè nulla toccandosi appena i giri per il ritorno della spira. Il dorso, generalmente ristretto e con solchi non tanto spiccati, è me- diocremente ampio nell’individuo della fig. 10, Tav. XXI [XXXIV], il quale, come dirò più sotto, ha meglio degli altri affinità con l’ Arm. spirale precedentemente descritto. La carena sifonale è arrotondata, alta e non tanto sottile. I giri, poco convessi sui fianchi, hanno una sezione sub-ellittica. Le coste, assai numerose, circa 45 nell'ultimo giro degli individui grandi e circa 37 in quello dei piccoli, cominciano per lo più a pre- sentarsi ad un diametro di circa mm. 7, ma nell’esemplare anomalo figurato nella Tav. XXI [XXIV], fig. 7 non compariscono bene distinte che oltre i mm. 10. Esse sono ben rilevate, piuttosto sottili, ma non acute; in alcuni esemplari sembrano anzi alquanto arrotondate. Hanno una direzione assai uniforme, notevolmente retroversa ed un andamento differente dall’interno della spira all’esterno. All’interno sono diritte od anche convesse e terminano al margine dorsale troncate bruscamente in modo da presentare una netta protu- beranza a guisa di tubercolo; con l’accrescimento «divengono concave e finiscono evanescendo sul margine dorsale più o meno ripiegate in avanti. Questi ultimi caratteri evolutivi, mentre non si scorgono ancora bene sull’esemplare della fig. 10, Tav. XXI [XXXIV], che non può considerarsi quindi arrivato a completo sviluppo, ciò che del resto è dimostrato anche dalla piccola porzione di spira occupata dalla camera di abitazione, si vedono poi chiaramente sopra quelli delle fig. 9 della Tav. XVI [XIX], fig. 15 della Tav. XIX [XXII] e fig. 13 della Tav. XXI [XXIV] che, sebbene anche essi non completi nella camera di abitazione, si debbono ritenere sviluppati, per quanto di piccola statura. La camera di abitazione in nessun esemplare oltrepassa i due terzi dell’ultimo giro, mai però può dirsi completa, mancando sempre il peristoma. La linea lobale ha il lobo sifonale poco profondo, piuttosto largo e con selletta sifonale non tanto elevata. Il primo lobo laterale è più profondo del precedente, mediocremente ampio e terminato in ge- nerale da quattro punte, talvolta asimmetriche. Il secondo lobo laterale è di poco meno profondo del sifonale. La sella esterna, bipartita quasi simmetricamente, è alta circa quanto la prima laterale. Questa è spesso depressa, larga ed arrotondata. La seconda sella laterale non è tanto bassa. L’esemplare della fig. 15 della Tav. XXI [XXIV], sebbene abbia accrescimento assai rapido e carena sifonale altissima, viene da me riunito con questa specie poichè ne ha tutti i caratteri più importanti. Tale esemplare che, se non avesse le coste tanto numerose, potrebbe anche venire riferito all’ Arm. fal- caries QuenstEDT !) si avvicina pure ad alcuni individui del mio Arm. rejectum, che è*specie certo diffe- rente per numero minore di coste, per diversa conformazione dei giri e del dorso, avente carena acuta. Come ho detto in principio appartengono a questa specie quattro esemplari che presentano due ano- malie distinte. Una di tali anomalie, la più interessante, si manifesta negli individui delle fig. 7, 11 della Tav. XXI [XXIV] e riguarda la conformazione del dorso, che per la sua asimmetria rammenta quello del- l'Ox. Janus HAvER 2. La carena sifonale in tali conchiglie può dirsi sostituita da una cresta mediana sulla quale svaniscono le coste del fianco sinistro, tanto più piegate in avanti quanto più è avanzato lo sviluppo della spira. Sul lato sinistro manca dunque il solco dorsale caratteristico degli Arieti ed i fianchi, più arrotondati che sul lato opposto, finiscono all’ apice del dorso che non rimane da essi per nulla di- stinto. Sul lato destro le cose procedono più regolarmente. Accanto alla cresta sifonale si ha una larga superficie concava, scendente verso il fianco, che può rappresentare il consueto solco del dorso e che è separata dal fianco stesso per un’ ottusa carena marginale. Le coste non arrivano mai a tale carena e 1) QuENSTEDT. Jura,: pag. 70, tav. , fig. 6, non fig. T. ? HaunR. Unsimm. Amm., pag. 408, tav. 1, fig. 7-10. 184 A. FUCINI [144] secondo il solito s’interrompono più bruscamente al principio che alla fine del giro ultimo, ove svani- scono ripiegate in avanti, formando una leggera coda. La linea lobale non presenta alcuna anormalità,;, infatti il lobo sifonale è regolarmente posto nel mezzo della cresta dorsale. Fra gli esemplari che presentano l’anomalia descritta vi è una leggera differenza nelle coste, le quali in quello più grande sono più retroverse e talvolta accoppiate nella parte più interna della spira ciò che non succede nell'altro. L’altra anomalia riguarda l’andamento delle coste e si osserva in due esemplari, uno dei quali però in frammento. L'individuo più completo rappresentato dalla fig. 8, Tav. XXI [XXIV], ha coste assai regolari dall’interno della spira, ove solo se ne osservano alcune accoppiate, fino ad un terzo della camera di abitazione, la quale occupa poco più della metà dell’ultimo giro. Oltre quel primo terzo della camera di abitazione sembra che le coste, procedendo verso l’apertura, s’indeboliscano alquanto, avendosi di esse solo delle traccie dall’esterno fino alla metà dell’ altezza dei giri, ove alcune appaiono accoppiate sul mezzo dei fianchi. È però da notarsi che la conchiglia in quel punto ha subìto una notevole corrosione. Nell'ultima parte della camera di abitazione le coste sono come spezzate sul terzo inferiore dell’altezza del giro. La loro porzione inferiore è retroversa in modo eccezionale, la superiore, per quanto assai pro- versa, non si allontana invece dalla direzione che avrebbe avuto normalmente. In corrispondenza dell’ an- golosità così formata dalle coste, queste si deprimono e si estendono un poco posteriormente come se volessero congiungersi a quelle che direttamente le precedono. Nell’altro individuo frammentario si ha nelle coste la medesima disposizione osservata per quelle dell’ultima parte della spira dell’esemplare ora esaminato ed anche per esso in corrispondenza di una porzione di spira non concamerata. È però da avvertirsi che nel punto di angolosità formato dalle coste queste presentano le due parti frà loro distaccate. i Per gentile concessione del prof. PARONA, avendo avuto in esame l’esemplare di Arnioceras di Ponte Alto che il BonaRrELLI lasciò indeterminato e che ritenne intermedio tra l’Arn. ceratitoides Quenst. e l’Arn. semilaeve HAuER, ho potuto constatare che appartiene alla nuova specie qui istituita. Esso sopra ad ogni altro somiglia agli esemplari da me rappresentati con le fig. 12, 14 della Tav. XXI [XXIV]. La specie esaminata presenta affinità notevoli con altre descritte in questo lavoro. Ho già accennato come l’esemplare della fig. 10, Tav. XXI [XXIV], si accosti all’Arn. spirale per lo spessore notevole dei giri e se vuolsi anche per la robustezza delle coste. Le due specie però non possono confondersi mai, essendo differenti per accrescimento, per forma del dorso, per andamento delle coste stesse e per linea lobale. L’Arn. simile è distinto dall’Arn. anomaliferum per essere meno compresso, di accrescimento più rapido e per avere le coste decisamente proverse. L’Arn. rejectum ha diverso sviluppo spirale, minor numero di coste all’interno in rapporto a quelle dell’esterno e differente conformazione del dorso, avente carena sifonale acuta e non arrondata. Dei parecchi esemplari esaminati, eccettuati due che sono conservati nel calcare rosso, tutti gli altri provengono dai calcari grigi inferiori. Parte appartengono al Museo di Pisa e parte a quello di Firenze. 10. Arnioceras speciosum n. sp. — Tav. XX [XXIII], fig. 1-8; Tav. XXI [XXIV], fig. 1; Tav. XXII [XXV], fig. 4. 1856. Ammonates ceras Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 25, (pars) non esempl. figurato. ? 1893. Arvetites cfr. Bodleyi (non Buckman) Borse. Lias von Hindelang, pag. 647, tav. 14, fig. 2. 1898. -— (4rmioceras) ceratitoides (non Quensr.) Parona. Amm. di Moltrasio, pag. 9, tav. 13, fig. 1. [145] A. FUCINI 185 DIMENSIONI I II III ER Ivi Diametro . 5 6 _ 3 5 c » mm. 125 mm. 105 mm. 90 mm. 71 mm. 57 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,22 0,22 0,22 0,24 0,24 Spessore » » » ; 0,18? 0,19 0,18 0,19 0,22 Larghezza dell’ombelico » » ì 0, 60 0,59 0,59 0,54 0,56 Ricoprimento della spira » » : 0,01 0,01 0,01 0,02 0,01 Questa bella specie è rappresentata da un numero piuttosto considerevole di esemplari. La conchiglia si accresce assai lentamente e si ricopre pochissimo per il ritorno della spira. I giri sono più alti che larghi e, per avere i fianchi leggermente convessi, hanno sezione sub-ellittica a grande diametro, quasi rettan- golare nei giri interni. Il dorso, a sviluppo completo, si presenta assai ampio, con carena sifonale ro- busta, spiccata, non acuta, e con solchi dorsali bene distinti, assai profondi e limitati lateralmente da carene marginali arrotondate, ma ben pronunziate. Nell’interno delle spira il dorso è più ristretto e man- cante, o quasi, dei solchi dorsali e delle carene marginali. Le coste che ornano i fianchi sono assai fitte e vanno aumentando di numero e divengono più arcuate dall’interno della spira all’esterno. Al diametro inferiore ai 50 mm. esse non sono mai più di 40 ed al diametro superiore a 100 mm. possono sorpassare anche le 60. La loro direzione può essere assai retroversa, come pure radiale; generalmente sono però più retroverse all’esterno della spira che all’interno. L’ andamento speciale di esse si rivela nella larga ‘e ben distinta curva che fanno nello scendere all'ombelico ripiegate in avanti e che a sviluppo completo degli esemplari può estendersi anche per tutta la metà inferiore dei fianchi. All'esterno dei giri le coste sì interrompono più repentinamente nella parte concamerata della spira, ove talvolta si ripiegano leg- germente in dietro con l’estremità, anzichè in corrispondenza dell’ultima camera. Qui la loro curvatura è resa più palese dal ripiegamento in avanti da esse presentato prima di svanire sulle carene marginali. La camera di abitazione comprende, negli esemplari più completi, quasi tutto l’ultimo giro. La linea lobale (fig. 66) è assai caratteristica per la profondità e relativa ristrettezza del lobo sifo- nale e per la grande altezza della selletta sifonale. Il primo lobo laterale, non molto largo e con la più frequente forma sub-rettangolare, termina con quattro o cinque punte ed è quasi raggiunto dal secondo laterale. La sella esterna è bipartita quasi simmetricamente. La prima laterale, alquanto più alta della precedente, ha spesso una forma pira- , midale. La seconda sella laterale è bassa e piccola; la sutura ombelicale cade sopra i un primo lobo accessorio. no Ne eo ona Dalla forma generale ora descritta si scosta specialmente un individuo che è — Linea lobale dell’Arn. da me rappresentato con la fig. 1, Tav. XXI [XXIV]. Esso ha una grande varia- specioswm n. sp., presa bilità ed un numero considerevole di coste. Queste assumono fino al termine del- © EE RT l’ultimo giro, in gran parte occupato dalla camera di abitazione, ogni andamento ed ogni curvatura; parecchie sono accoppiate al principio della spira in vicinanza dell’ombelico, altre sono ingrossate, due poi al principio dell’ultimo giro sono riunite all’esterno e quindi quasi sopramesse fino all’ ombelico. i È tale la somiglianza dell’ esemplare di Palanzone, figurato e riferito dal PARONA all’Arr. ceratitoides, con quelli di ugual diametro della mia specie e con i giri interni dei miei individui più grandi che io non ho esitato a porlo nella sinonimia. Che esso non appartenga all’ Arm. ceratitoides, mi parrebbe suffi- cientemente dimostrato dall’accrescimento spirale più lento e dal piccol numero delle coste. Anche ad Adneth è rappresentata questa specie ed io ho posto nella sinonimia una parte dell'A. Fic. 66. Palaeontographia italica, vol. VITI, 1902. 24 186 A. FUCINI [146] ceras (GIEB.) dell’ HAUER perchè a Pisa esiste-di tale località e con quella determinazione scritta dal- l’ HAauER stesso, un esemplare che mal si potrebbe separare dalla specie in esame. L’esemplare di Hindlang figurato dal Borse e confrontato con l’ Ar. Bodleyì Buckm. appartiene pure con molta verosimiglianza all’Arn. speciosum. L’Arntoceras della stessa località, dal Borse confrontato con l’ Ar. falcaries robustus QuENST. e sul quale il Borse stesso istituirebbe la var. alpina è differente per accrescimento più rapido e per le coste dei giri interni convesse e molto retroverse. Questa specie è intimamente collegata con l’Arn. anomaliferum; sarebbe sufficiente a dimostrarlo la variabilità ed i frequenti accoppiamenti delle coste che spesso si osservano nei giri interni di ambedue le specie. L’Arn. anomaliferum ha però un accrescimento più lento, proporzioni generalmente più piccole, un numero maggiore di coste ed un diverso andamento di queste, perchè spesso più retroverse all’in- terno della spira anzichè all’esterno. Il dorso poi piuttosto che acquistare solchi più decisi con l’accre- scimento li va perdendo quasi affatto. Per lo speciale portamento delle coste l’Arn. speciosum trova una grandissima somiglianza con l’Arw. Bodleyi Buckm. ?, però questo ha coste che, specialmente con l’accrescimento, sono meno numerose; il dorso è poi senza solchi ben distinti. In ogni modo sarebbe molto desiderabile una più perfetta cono- scenza della specie del BucKMAN per potere istituire un paragone più esatto. All’infuori dell'esemplare più grande conservato nel calcare rosso inferiore tutti gli altri provengono dai calcari grigi e per la maggior parte appartengono al Museo di Firenze. Var. spectabilis n. var. — Tav. XXI [XXIV], fig. 2-4. 1886-87. Arvetites ceras RornpLarz. Monogr. d. Vilser Alpen, pag. 166, tav. 14, fig. 14. i DIMENSIONI I II TII Diametro . o 5 o c o o c mm. 100 mm. 61 mm. 36 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,26 0,27 0,36 Spessore » » » 0,20? 0,22 0,25? Larghezza dell’ombelico » » 0,53 0,50 2,47 Ricoprimento della spira » . 8 0,01 0,01 0,02 Questa forma poteva anche distinguersi specificamente, considerati i suoi caratteri assai distintivi. Im confronto con quella precedentemente descritta essa presenta, specialmente all’interno della spira, un accrescimento assai più rapido ed un dorso più largo e con solchi più profondi e spiccati. I giri sono più appiattiti e quindi con sezione più rettangolare. Le coste sono ugualmente più retroverse nell’ultimo giro anzichè nel penultimo, ma sono però più rade in quanto che il loro numero non aumenta che ben di poco con l'accrescimento. All’interno esse appaiono più concave, all’esterno forse un poco meno, e la curva che fanno scendendo verso l’ombelico è molto spiccata. La linea lobale ha sempre il lobo sifonale molto ampio ed assai più corto, anzichè più lungo ‘del primo laterale. Nell’esemplare più grande figurato la prima sella laterale è meno alta, sorpassando di poco quella esterna, nell’esemplare della fig. 2, Tav. XXI [XXIV] essa ha invece le stesse dimensioni e la stessa forma di quella rappresentata dalla fig. 66. i) MurcHIsoNn. Geology of the Cheltenham, pag. 89, tav. 11, fig. 7. [147] A. FUCINI 187 Come si è osservato per l’altra anche per questa forma si ha un esemplare con coste molto irrego- lari, rappresentato dalla fig. 4, Tav. XXI [XXIV]. Esso ci dà un argomento per ritenere sempre più colle- gate intimamente le due forme; anzi è a deplorarsi che in tutta la specie non si abbiano esemplari con i giri interni conservati poichè sarebbe stato utile vedere quanto in tali giri sia generalizzato il carat- tere di irregolarità delle coste e quanto frequente il loro accoppiamento. Questa forma si avvicina più della precedente a quella: meno numerosamente provvista di coste del- l° Arn. ceratitoides QuensT., però è molto bene distinta per la notevole curvatura delle coste stesse, mai presente o appena indicata nella specie del QuENSTEDT, e per il dorso con solchi assai più spiccati. Essa, per il numero non tanto grande di coste, si avvicina anche più della forma precedente all’ Arn. Bodleyi BucKm., l’accrescimento assai più lento della spira all’interno, insieme con il dorso ben provvisto di solchi la rendono però certamente differente. Non mi sembra che possa essere dubbioso il riferimento a questa forma dell'esemplare riferito al- l’Ar. ceras e figurato dal RorHPLETZ nel lavoro citato in sinonimia. Tale esemplare, per le ragioni sopra dette nel confronto di questa specie con l’Arn. ceratitoîdes, non può appartenere a quella specie. L’esemplare più grande figurato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa; gli altri due sono conservati nel calcare grigio ed appartengono al Museo di Firenze. Oltre a questi non ho che esemplari frammentari e di dubbio riferimento. 11. Arnioceras cfr. Bodleyi Bucxm. — Tav. XIX [XXTII], fig. 14. 1845. Ammonites Bodleyi (Buczman) in MurcHIson. Geology of the Cheltenham, pag. 89, tav. 11, fig. 7. 1850. —_ bisulcatus (non Brue.) MeneGHINI. Considerazioni, pag. 115, (pars). A questa forma si riferiscono alcuni esemplari, dei quali però nessuno è in tale stato di conserva- zione da permettere sicure misure proporzionali. È evidente la somiglianza dell’individuo figurato con l’originale dell'A. Bodleyi del quale io ho po- tuto esaminare la figura in un lucido favoritomi molto cortesemente dal prof. v. ZittEL. L’accrescimento spirale è forse un poco più rapido, ma il numero delle coste è molto simile, così il loro andamento. La maggiore differenza si trova nella conformazione del dorso che mentre nell’ Arm. Bodleyi tipico, se- condo anche il concetto di diversi autori, non avrebbe solchi spiccati ai lati della carena sifonale, nella mia forma invece se ne presenta furnito assai visibilmente, tanto che il MENEGHRINI riferì l'esemplare in esame all’A. disulcatus BRUG. Î Molto vicini a quello esaminato si trovano altri esemplari che hanno un accrescimento ancora al- quanto più rapido in confronto con l’Arn. Bodleyì tipico e che spesso presentano sul finire della spira un appariscente stipamento di coste. La linea lobale in nessun esemplare si può ritrarre con esattezza. Essa ha il lobo sifonale presso a poco profondo quanto il primo laterale; la sella esterna bipartita simmetricamente; la prima laterale più alta dell’ esterna e la seconda sella laterale alta quanto quest’ultima. Questa specie è intimamente collegata con la precedente, anche mercè termini di passaggio, con l’Arn. obliquecostatum Ziet. e con l’Arn. dimorphum PAR.; sembra essere però distinta da tutte per l’ir- regolarità delle coste. Gli esemplari che ho esaminato provengono dal calcare grigio inferiore ed appartengono tutti al Museo di Pisa. 188 A. FUCINI [148] 12. Arnioceras semilaeve Hauer. — Tav. XXIV [XXVII], fig. 11-13. 1853. Ammonites semilaevis Hauer. Jarb. d. geol. Reichsanst., Bd. IV, pag. 752, 753. 1856. — multicostatus Hauer. Ceph. a. d. Lias, pag. 27, tav. 7, fig. 7-10. ? 1856. — difformis (non Em.) Hauer. Ibidem, pag. 29, tav. 7, fig. 11-14. 1886. Arvetites semilaevis Gever. Ceph. d. Hierlata, pag. 37, tav. 3, fig. 7-9, (pars) non fig. 17. non? 1899. Arnzoceras semilaeve BonarELLI. Cefal. sinem., pag. 10, tav. 1, fig. 7. DIMENSIONI IL II III Diametro . . c . - : 0 o : mm. 42 mm. 35 mm. 19 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 5 0,30 0,30 9,35 Spessore » » » . ù 0, 28 0,24 0,26 Larghezza dell’ombelico » » i È 0,50 0,49 0,45 Ricoprimento della spira » » ; . 0,03 0,03 2 A questa specie, estesamente studiata dal GEYER, riferisco parecchi esemplari generalmente in cattivo stato di conservazione. In essi non ho nulla da osservare in confronto con quelli tipici di Hierlatz ai quali corrispondono molto bene per l'accrescimento, per la forma dei giri e delle coste, nonchè per il numero e l'andamento di queste. Quasi tutti gli esemplari da me esaminati hanno i due terzi od almeno la metà dell'ultimo giro occupata dalla camera di abitazione. La linea lobale è simile a quella figurata dal GeveR, ma la sella esterna però manifesta la bipartizione propria alla linea lobale del genere Arrioceras. Il Gever ha pure stabilito per la specie in esame un assai giusta sinonimia riunendovi l’Amm. mul- ticostatus (non Sow.) HAUER. L’Hyam , che riunisce l’Amm. maulticostatus (non Sow.) HAUER al Cor. lyra esclude invece dalla spe- cie in esame l’esemplare incrostato rappresantato dall’ HaueR stesso colla fig. 9. Anche il BonARELLI ?) mette in dubbio che quell’esemplare appartenga all’ Arm. semilaeve HavER al quale, seguendo il GEYER, riporta l’ Amm. multicostatus (non Sow.) HAUER; egli esclude poi dall’Arn. semilacve, insieme ad altri, anche l'individuo incrostato figurato dal GeveR 3. A parer mio tali esemplari incrostati sono indubbiamente ap- partenenti a questa specie, dovendo appunto attribuirsi all’incrostazione l’aspetto diverso che assumono in rispetto all’accrescimento ed alla forma delle coste. Il BonArELLI toglie pure dalla sinonimia della specie in esame gli individui rappresentati dal GeyeR tra i fossili di Hierlatz con le fig. 9 e 17. Per l’esem- plare rappresentato da quest’ultima figura credo giusta la separazione, ma non l’approvo per l’altro molto piccolo della figura 9. Anche io nel materiale di Cetona riferisco all’ Arm. semilaeve un piccolo esemplare che trova esatto confronto con quello del GevER e che ha come quello le coste lesgermente sinuose ed i primi giri lisci fino al diametro di mm. 10. All’Arn. semilacve HAUER, che si distingue da tante altre specie di Arrioceras per il rilevante spes- sore de’ suoi giri e per l’accrescimento assai rapido, potrebbe riferirsi l’Amm. Falsani Dum. che sembra avere gli stessi caratteri. Mancandoci però della specie del DumoRTIER le particolarità relative ai giri interni, non si hanno elementi sufficienti per giudicare esattamente della qualità generica di quella specie. i) HyvamT. Genesis of the Arietidae, pag. 179. ? BoNARELLI. Cefal. sinem., pag. 10. 5) GreveRr. Cephal. d. Hierlatz, pag. 37, tav. 3, fig. 8. i DumortIER. Dép. jurass., Lias inf., pag. 25, tav. 4. [149] A. FUCINI 189 In ogni modo resterebbe sempre da esaminarsi la questione della linea lobale, che nell’ Amm. Falsani appare differente per la prima sella laterale, di eccezionale grandezza, ed occupante la metà dei fianchi. Ho posto dubitativamente nella sinonimia l’A. difformis (non Emw.) figurato dall’HAuER poichè, per quanto il GeveR ve lo riferisca assolutamente, non è da escludersi che esso possa appartenere ad una Specie diversa, come ha, ritenuto il GumBeL che ne ha fatto lA. Koessenensis, accettato dal ReynÈs. L’esemplare di Ponte Alto, figurato dal BonARELLI come Arr. semilaeve HAUER è da me escluso dalla sinonimia poichè esso anzichè alla specie dell’HaurR si riferisce a quella forma poco costata dell’ Arm. ceratitoides Quenst. da me chiamata paucicosta, alla quale corrisponde particolarmente per la poca robu- stezza delle coste le quali sono assai rade, procedendo verso la parte interna della spira. Avendo avuto per cortesia dal prof. Parona l’originale del BonARELLI in esame, ho potuto constatare che anche il dorso non è così spiccatamente bisulcato e tricarinato come nella specie dell’ HauER e che invece ha i carat- teri di quello della varietà alla quale l’ho riferito. Gli esemplari esaminati provengono tutti dai calcari grigi inferiori ed: appartengono ai Musei di Pisa e di Firenze. 13. Arnioceras obliquecostatum Zieten. — Tav. XXIII [XXVI], fig. 10, 11. 1830. Ammonites obliquecostatus Zenon. Verstein. Viirttemb., pag. 20, tav. 15, fig. 1, . DIMENSIONI I II Diametro . ò . 3 - ; : Ò 3 : mm. 78 mm. 58 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,22 0,23 Spessore » » » i 3 0,21 0,21 Larghezza dell’ombelico » » 5 o » 0,60 0,56 Ricoprimento della spira » » c c 0,01 ? Sebbene gli esemplari che riferisco a questa specie non abbiano una conservazione ottima, tuttavia ritengo perfettamente esatta la determinazione. Essi infatti corrispondono molto bene all’individuo figu- rato dallo ZieteN per il lento accrescimento, per la mancanza quasi assoluta dell’involuzione, per il nu- mero e regolarità, distribuzione ed andamento delle coste, la cui caratteristica è di essere molto oblique e retroverse. Il dorso, nella parte interna della spira, è appiattito o leggermente convesso perchè le coste, dopo essersi accresciute in grossezza e rilievo dall’ombelico fino al margine esterno, s’interrompono qui assai repentinamente senza dar luogo ad una piegatura spiccata in avanti e producendo solo una protu- beranza che rimane inferiore od alla pari delle carene marginali. Con l’ ulteriore sviluppo le coste, come succede così spesso nelle specie di Arrioceras, dopo avere raggiunto il massimo rilievo sul margine esterno, si piegano in avanti e svaniscono connettendosi alle successive, mentre sopravanzando le carene margi- nali danno origine ad un dorso quasi concavo. Questo carattere non è però chiaro, e appariscente poichè il dorso e l'andamento delle coste presso di esso sono disturbate più o meno in ambedue gli individui da una deformazione del giro, limitata alla parte estrema della spira e dovuta secondo me ad una contor- sione subìta nella fossilizzazione dagli esemplari in parola. L'individuo della fig. 10, Tav. XXIII [XXVI], corrisponde perfettamenfe al tipo delle specie per le coste un poco concave e molto retroverse; l'esemplare più grande vi corrisponde meglio per il lento accrescimento. I giri, essendo leggermente più alti che larghi ed appena convessi sui fianchi, danno luogo ad una sezione ellittico-rettangolare. Questa può avere la maggiore larghezza sotto la metà dell’altezza 190 A. FUCINI [150] come nell’esemplare della fig. 10, Tav. XXIII [XXVI], oppure, in maggiore armonia con la sezione presentata dallo ZietEN per l'esemplare originale, al disopra come appare nell’esemplare più grande che però, ripeto, si presenta molto deformato. A proposito della sezione dei giri è da osservarsi che quella data dallo ZiETEN è più larga che alta, ma ciò però non sarebbe in accordo con le altre figure dello stesso autore, dalle quali sembrerebbe invece che i giri non fossero più larghi che alti. Un carattere importantissimo da notarsi pure nelle figure dello ZietEN si è quello che da esse apparirebbe che 1° Amm. obliquecostatus avesse i giri interni costati. Sebbene io non possa decisamente negare che ciò sia anche nei miei esemplari, poichè ambedue hanno l’interno della spira sciupato o ricoperto di roccia, tuttavia è anche ammissibile che la figura del ZIETEN stesso non sia in ciò troppo esatta. La questione è molto importante poichè ad essa è collegata quella della qualità generica della specie che per la somma dei caratteri però si può rite- nere un Arnioceras. + La linea lobale (fig 67) ha il lobo sifonale assai ristretto e profondo quanto il primo laterale. Anche questo è piuttosto ristretto e termina con quattro punte delle quali le due mediane, più profonde, sono tanto grossolane da occupare talvolta tutta l’estremità del lobo. Il secondo lobo laterale termina presso a poco, ma con punte più minute, come il precedente, del quale è un terzo più corto. La sella esterna, poco frastagliata ai Linea lobale dell’Arn. lati, ha due lobi secondari che la dividono superiormente in tre parti disuguali e delle obliquecostatum ZIet., 2.05 x SRO SO SSA DN ‘ presa al diametro di Quali l'esterna è la più piccola e l’interna la più grande e più alta. La prima sella TO grandezza laterale è ampia, di forma ellittica, ed un poco meno elevata della precedente, ma più della successiva seconda laterale. Questa è ora più ed ora meno larga. La sutura ombelicale cade poi sempre sopra un primo lobo accessorio che talvolta può essere anche piuttosto largo. La linea lobale qui disegnata è stata rilevata dall’esemplare più grande e presso a poco in corri- spondenza della metà dell’ ultimo giro. Essa è una delle ultime poichè l’esemplare ha un poco meno della metà del giro ultimo occupato dalla camera di abitazione. L’Amm. obliquecostatus Zieten ha avuto disparate interpretazioni. QuenstEDT ®, non avendo mai tro- vato nel Lias inferiore una forma simile a quella figurata dal ZIerEN confuse con essa una specie di Arieticeras che poi ebbe dall’ OppeL ° il nome di retrorsicosta. Il D’ OrBIGNY 3) ed il GimBEL # riportano la specie dello Zieren all’Amm. bisulcatus Brue.; 1° Hvar 5) la riferisce invece al Verm. Conybeari Sow. I due esemplari esaminati sono conservati nel calcare grigio inferiore; il più grande appartiene al Museo di Pisa, l’altro al Museo di Firenze. Fia. 67. I I I 14. Arnioceras dimorphum Par. — Tav. XXIV [XXVII], fig. 1-7. 1850. Ammonites bisulcatus (non Brue.) MenEGHINI. Considerazioni, (pars) pag. 391. 1889. Arnioceras ceras (non Gres.) Hyvamr. Gen. of the Arietidae, (pars) pag. 169, tav. 2, fis. 20, 20a. 1897. Ardetites (Arnioceras) dimorphus Parona. Amm. di Lius inf. di Saltrio, pag. 35, tav. 4, fig. S. 1899. — _ -_ Parona. Amm. d. Moltrasio, pag. 10, tav. 12, fig. 3. 1) QueNnsTEDT. Der Jura, pag. 173. 2) OppaL. Palaeont. Mittheil., pag. 139. 3) p'ORrBIGNY. Paléont. frang., t. I, pag. 188. 4 GreBEL. Fauna der Vorwelt, pag. 724. 5 Hvarm. Genesis of the Arietidae, pag. 157. [151] A. FUCINI 191 DIMENSIONI I II III IV Diametro . 5 ò . ; . c È mm. 69 mm. 56 mm. 47 mm. 39 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,22 0,25 0,22 0,22 Spessore » » » ò 0,21 0,22 ? 0,21 Larghezza dell’ ombelico » ” o 0,58 0,55 0, 57 0, DT Ricoprimento della spira » » 5 0,02 0,02 0,02 0,02 Il PARONA istituì questa specie sopra l’esemplare di Semur figurato dall’ HyamT col nome di Arm. ce- ras GreBeL. Sebbene alcune forme di Arn. ceratitoides Quenst. = Arn. ceras GIEBEL si avvicinino a quella figurata dall’ HyArT, è certo che questa non va però ascritta alla specie del QuensTEDT, sopra tutto per l’andamento delle coste e per il notevole spessore dei giri, quasi pari all'altezza. Ritengo quindi esatta la distinzione proposta dal Parona. Questi riferì dapprima all’Arn. polîimorphum un individuo incompleto di Saltrio e poi uno di Carate, di un orizzonte appena un poco più profondo del primo. Con la fig. 1 della Tav. XXIV [XXVII] io rappresento l’esemplare che più di ogni altro corrisponde alla forma figurata dall’ HyAmr. Esso presenta evidentemente il medesimo accrescimento, lo stesso spes- sore dei giri ed un simil numero di coste. Queste sono poi della identica forma, cioè più strette degli intervalli, assai acute superiormente, leggermente concave, radiali ed un poco proverse. Il dorso ha la carena, piuttosto grossolana, fiancheggiata da solchi non molto spiccati. I due terzi dell’ultimo giro sono occupati dalla camera di abitazione. La linea lobale (fig. 68) sembra corrispondere assai bene a quella descritta dall’ Hvar. Il primo lobo laterale, ristretto e sempre un poco più profondo del sifonale, termina con alquante punte grossolane di- sposte a semicerchio. Talvolta si hanno linee lobali con il primo lobo laterale terminato più grossolana- mente. Il secondo lobo laterale è circa la metà profondo del precedente. La sella esterna è assai asimmo- Fic. 68. tricamente bipartita, in modo che la parte esterna resulta leggermente più minuta e più bassa dell’interna. La prima sella laterale è alquanto più alta della precedente EVIL, 2 e della seconda laterale. ! L’esemplare della fig. 5 della Tav. XXIV [XXVII], la cui metà dell’ultimo giro Linea lobale dell’Arn. di è occupata della camera di abitazione, più che alla forma disegnata dell’ Hyamt mi morphum PAR., pres 5 al diametro di mm. 36, sembra corrispondere meglio a quella di Saltrio figurata dal Parona. Paragonato con in grandezza naturale individuo esaminato di sopra presenta l’accrescimento più lento ed un numero più limitato di coste. La sua linea lobale non ha poi la sella esterna tanto asimmetricamente bipartita, nè il primo lobo laterale tanto profondo. Un carattere che spicca molto si ha nella forma grossolana delle coste che sono alquanto ottuse e non tanto acute superiormente come quelle dell’esemplare esaminato dapprima. Tale carattere che si ritrova più o meno evidente nella maggior parte degli individui riferiti da me a questa specie mi avrebbe quasi indotto a ritenere distinti quelli che lo presentano decisamente e ad indicarli col nome di var. crassicostata. Gli esemplari rappresentati con le fig. 3, 4, 6,7 della Tav. XXIV [XXVII] si allontanano dalla forma tipica sopra tutto per il lento accrescimento, per numero maggiore di coste e per avere queste più gros- solane, più ottuse, più arrotondate superiormente e talvolta quasi larghe (Tav. XXIV [XXVII], fig. 3) quanto i loro intervalli. Essi diversificano un poco anche dal secondo esemplare esaminato (Tav. XXIV [XXVII], fig. 5) per il maggior numero di coste; però queste sono perfettamente della stessa forma e del mede- simo andamento. La linea lobale si riporta anche a quella di quel secondo individuo per maggiore sim- metria nella bipartizione della sella esterna. j 192 A. FUCINI |152} Ho escluso dalla sinonimia di questa specie l’esemplare di Cantiano citato dal BonArELLI * perchè esso ha coste molto decisamente diritte e retroverse. È un carattere che a me sembra costante dell’Arm. dimorphum Par. l’avere invece le coste radiali od anche un poco proverse. L’esemplare del BonARELLI trova esatta corrispondenza, per quanto almeno riguarda i caratteri dei fianchi, in alcuni individui (Tav. XXXII [XXVI], fig. 2, 3) da me ascritti all’Arn. geometricum OPPEL. Questa specie è assai vicina all’Arm. speciosum m., ma se ne differenzia per il maggiore spessore dei giri, per i solchi dorsali meno avvicinati alia carena sifonale e per le coste di andamento differente. Un esemplare di questa specie era, con etichetta del MeNEGHINI, riferito all’ A. bisulcatus BRue. ed è per ciò che io ho posto tale determinazione in sinonimia. Altri esemplari riferiti dal MenEGHINI allo stesso : bisulcatus appartengono invece all’Arn. mendax e ad altre specie. Degli esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio inferiore, alcuni appartengono al Museo di Firenze, altri a quello di Pisa; uno, rappresentato dalla fig. 6, Tav. XXIV [XXVII], è del Museo paleontologico di Monaco di Baviera. 15. Arnioceras fallax n. sp. — Tav. XXIII [XXVI], fig. 7-9. DIMENSIONI I II TII Diametro . 0 o . o c o i . mm. 46 mm. 40 «mm. 27 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ) 0,26 0,26 0, 26 Spessore » » » è 0.22 0,22 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,54 0,53 0,55 Ricoprimento della spira » » : 0,03? lo ? Questa caratteristica specie ha una conchiglia compressa, di accrescimento lento specialmente nella parte interna della spira e di involuzione piccola, che non è tuttavia determinabile in modo esatto per poco buona conservazione degli esemplari. Tutti gli individui, or più or meno, hanno l’ultimo giro che si accresce fuori del piano spirale, o dalla parte destra o dalla sinistra. Ciò sembrami dovuto però a deformazione subìta dagli esemplari stessi. I giri, un poco più alti che larghi, hanno i fianchi maggiormente convessi nella parte concamerata della spira anzichè nell’ ultima camera, ove si presentano leggermente declivi verso l’esterno. La sezione dei giri è sub-trapezoidale. Il dorso, non molto largo ed arrotondato, ha una carena distinta, generalmente non acuta, la quale è limitata ai lati da solchi appena indicati od assolu- tamente mancanti, il che succede in particolar modo nella parte finale della spira. Nell’esemplare della fig. 8, Tav. XXIII [XXVI], che ha il dorso meglio conservato degli altri, la carena sifonale ha leggere e rade nodosità, il cui numero e posizione fa evidentemente apparire il legame di esse con le coste che or- nano i fianchi. Dopo accurate preparazioni posso assicurare che la spira si presenta liscia all’interno; in alcuni esemplari parrebbe anzi che gli ornamenti si sviluppassero assai tardi. Le coste, distinte, non ‘ tanto acute, proverse, numerose, delle quali se ne hanno circa 46 nell’ultimo giro, presentano nell’ an- damento un carattere assai spiccato per questo genere. Sui fianchi esse non sono perfettamente diritte, ma fanno una leggera curva convessa a guisa di quelle che si osservano a piccolo diametro nell’ Arx. anomaliferum, in alcuni individui dell’Arn. simile e nel Verm. pluricosta Mez. Dalla parte dell’ombelico le coste svaniscono con piccola curva ripiegate verso l’apertura, alla stessa maniera di ciò che più distinta- mente succede sul margine esterno ove esse, dopo avere acquistato maggiore rilievo, si perdono prima 1) BonARELLI. Cefalop. sinem., pag. 12, tav. I, fig. 1. } P to] U ? to] [153] A. FUCINI 193 di raggiungere la carena sifonale. All’interno della spira e nella parte concamerata le coste si interrom- pono all’esterno dei giri assai bruscamente, ma senza produrre alcuna spiccata piegatura in avanti. Negli esemplari più completi la camera di abitazione comprende circa i tre quarti dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 69) è di Arndoceras tipico. Il iobo sifonale è appena sorpassato in profondità dal primo laterale, terminato con quattro punte, due mediane più basse e due laterali più alte. Il secondo laterale è quasi un terzo meno profondo del precedente. Nel primo i Ùi accessorio cade la sutura ombelicale. La sella esterna, di forma quadrangolare, è bipartita i de sla simmetricamente; la prima laterale è linguiforme, poco incisa ed alta quanto l'esterna; LA Bia la seconda sella laterale è alquanto più bassa e depressa della precedente. PA». fallar n. L’Arn. fallax ha una grande somiglianza, a prima vista, con il Verm. pluricosta Mer. IRE La forma del dorso specialmente è molto simile. La sezione dei giri però è differente, SISI na così la linea lobale. La più notevole diversità consiste tuttavia nella parte interna della spira, la quale nella specie del MENEGRINI è provvista di coste, almeno fino ad un diametro molto pic- colo, inferiore ai 5 mm., ove sono arrivato a scoprirle. Questa specie trova analogie molto spiccate anche con l’Arr. simile che descriverò in seguito e spe- cialmente con un esemplare (Tav. XXV [XXVIII], fig. 9) quasi del tutto privo di solchi dorsali. Non è però ammissibile una riunione delle due specie n in quella si ha accrescimento assai più rapido nei primi giri, dorso provvisto di solchi in generale piuttosto distinti, giri alquanto meno convessi e coste diversamente curvate nell’ultima camera perchè presentano la convessità rivolta in dietro. Altra notevole somiglianza con l’ Arm. fallax viene data anche dall’ Ammonite che fu figurato dal Scrarmiuni !) come A. Quenstedti multicostatus e che il Borse ? propende a credere simile all’A. armen- talis Dum. ® Per quanto le figure del ScHarHiurL non si debbano ritenere molto esatte, credo tuttavia che la mia specie sia distinta per avere accrescimento un poco più- rapido, giri di forma differente e particolarmente per il dorso assai più largamente arrotondato ed avente la carena sifonale meglio defi- nita e meglio separata dai fianchi da depressioni laterali. L’Ammonite del ScHAFHiurL ha poi i giri in- terni costati almeno fino ad un diametro assai piccolo. L'individuo più piccolo figurato era nelle collezioni del Museo di Firenze determinato per PA. ser- pentinus SCHL. Uno solo, fra i cinque esemplari riuniti in questa specie, proviene dai calcari rossi inferiori; gli altri sono dei calcari grigi. Il più piccolo appartiene al Museo di Firenze; gli altri fanno parte della colle- zione del Museo di Pisa. 16. Arnioceras Arnouldi Duw. — Tav. XXV [XXVIII], fig. 1-3. 1867. mmonites Arnouldi Duxortier. Dép. jurass., t. II, pag. 27, tav. 5, fig. 1,2; tav. 6, fig. 1-6. DIMENSIONI I II Diametro . o a 5 $ c mm. 82 mm. 60 Altezza dell'ultimo giro in sappionto al digueno t È 0,22 0,24 Spessore » » » è uu 0,19 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » ; c 0,59 0,55 Ricoprimento della spira » » 0 ò 0, OL 0,01 ) ScHarniunn. Geogn. Untersuch. d. sudbay. Alpengeb., pag. 143, tav. 17, fig. 25. 2) Borse. Liasische u. mitteljur. Fleckenm., pag. 735. 3) DumortIEBR. Dép. jurass., p. II, pag. 162, tav. 29, fig. 1,2. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 25 194 A. FUCINI | 154] Oltre a pochi frammenti, sono da riferirsi a questa specie due esemplari, non molto ben conservati, aventi la camera di abitazione lunga quasi i tre quarti dell'ultimo giro. Il più grande è quello che pre- senta più distinti i caratteri della specie, appunto perchè essa venne originariamente fatta conoscere con individui grandi. Se si confrontano i due frammenti figurati dal DumoRTIER nella tavola 6 del lavoro ci- tato in sinonimia si rileva che la specie può presentare a piccolo diametro coste meno arcuate e più rade che a sviluppo maggiore. Ciò si osserva anche nel più grande dei miei esemplari. Questo ha nel- l’ultimo giro circa 60 coste, le quali, dal principio del giro, ove sono quasi diritte, conservano fra loro la medesima distanza fino al termine della spira, verso la quale vanno sempre arcuandosi maggiormente. Allora prendono un aspetto caratteristico, dato dalla piegatura in avanti assai spiccata, che esse fanno scendendo tanto verso l'ombelico quanto verso il dorso. Le coste sono sottili, ma non veramente taglienti e presentano una grossezza uniforme dall’ombelico al margine esterno ove sono un poco più rialzate. Il dorso non tanto largo non sembra avere la carena sifonale molto acuta, nè solchi laterali tanto pro- fondi e larghi come indicherebbero le figure del DumorTIER, ma è da osservarsi che esso non è affatto ben conservato. L’esemplare rappresentato dalla fig. 3, Tav. XXV [XXVIII], per la forma generale della conchiglia, corrisponde perfettamente a quello ora descritto, solo le coste di esso sono più numerose, relativamente al suo sviluppo, arrivando a 60 nell’ ultimo giro e sono meno arcuate in avanti anche alla fine della spira. Quest'ultima differenza è certo da attribuirsi allo sviluppo incompleto dell’ esemplare ed in accordo del resto con i caratteri degli Arnioceras, i quali generalmente hanno le coste diritte a pic- colo sviluppo e che poi vanno rendendosi arcuate con l’ accrescimento. L'andamento caratteristico delle coste viene presentato assai bene dall’esemplare frammentario ri- prodotto con la fig. 2, Tav. XXV [XXVIII]. La linea lobale, identica in ambedue gli esemplari più grandi figurati, ha il lobo sifonale appena sorpassato in profondità dal primo laterale, il quale è assai ristretto, di forma rettangolare e terminato in tre punte grossolane. Il secondo lobo laterale, un poco obliquo verso l’esterno, è di un terzo meno profondo del sifonale ed all’incirca eguale in profondità al primo accessorio, sul quale cade la sutura del- l'ombelico. La sella esterna è ampia, rettangolare, bipartita assai simmetricamente dal lobo secondario, e di poco più bassa della prima laterale; la seconda sella laterale è larga, arrotondata e depressa. Il BowarELLI ® ha ritenuto che l’Arn. Arnouldì Dum. dovesse riportarsi all’Arn. ceratitoides Quenst. Non credo che tale riunione possa giustificarsi. La specie del DumoRTIER è di un accrescimento più lento, anche tenuto riguardo agli esemplari che io riferisco ad essa e che, in confronto degli originali, hanno già un accrescimento più rapido. La linea lobale è poi differente. Più vicina alla specie in esame sarebbe quella forma riferita dal BonarELLI all’ Arm. ceratitoides e da me indicata col nuovo nome di Arm. ita- licum; essa però ha le coste più robuste, taglienti, diritte e più rade. Per il numero delle coste presenta grande somiglianza con questa specie il seguente Arm. pluripli- catum, il quale ha però accrescimento più rapido, giri più compressi, fianchi più pianeggianti, nonchè coste assai differenti per la piegatura all’indietro che esse fanno sul margine esterno. Se questa piega- tura non si vede tanto bene nella fig. 5, Tav. XXV [XXVIII], ciò dipende in gran parte dalla corrosione evidentemente subìta dalle coste di quell’esemplare in corrispondenza del margine esterno. Del resto tale esemplare non sarebbe mai riferibile all’Arn. Arnouldi, mancando quasi completamente dei solchi dorsali in special modo nell’ultima metà del giro. L’Arn. Arnouldi ha anche grande somiglianza con l’Arn. speciosum descritto a pag. 184 [144]; gli )) BonARELLI. Cefal. sinem., pag. 11. [155] A. FUCINI 195 individui della specie in esame di cui ho parlato si possono considerare anzi come intermedii tra 1’ Arw. pluriplicatum e lArn. speciosum. Questo, in confronto con 1’ Arn. Arnouldi, ha la carena sifonale assai più robusta, ottusa e meno elevata, nonchè ‘coste meno numerose, più retroverse, le quali poi mentre sono più piegate in avanti presso l'ombelico, sì mantengono invece assai diritte verso l’ esterno, ove anche a notevole sviluppo cessano quasi repentinamente senza tanto prolungarsi e ripiegarsi in avanti. Gli esemplari esaminati, parte conservati nel calcare grigio inferiore e parte in quello rosso, appar- tengono tutti al Museo di Pisa. 17. Arnioceras pluriplicatum n. sp. — Tav. XXV [XXVIII], fig. 4,5. ‘ DIMENSIONI I II Diametro . : 0 5 o : È È i 7 mm. 54 mm. 53 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . c 0,27 0,27 Spessore » » » . 5 0, 20 0, 18? Larghezza dell’ ombelico » » c o 0,53 0,53 Ricoprimento della spira » » . 5 0,03? 0,03? Sebbene questa specie abbia qualche attinenza con le forme più numerosamente costate dell’ Arw. ceratitoîdes, tuttavia mi sembra certa la sua indipendenza. La conchiglia è discoidale, di accrescimento piuttosto lento e relativamente di mediocre involuzione, essendo l’ultimo giro ricoperto dal penultimo per un quinto circa dell’altezza. I giri sono più alti che larghi, molto leggermente ed uniformemente curvati sui fianchi, ed hanno una sezione subrettangolare- ovale. Il dorso, non molto largo, ha una carena elevata, arrotondata, generalmente fiancheggiata da due solchi stretti ma assai profondi, limitati dalla parte dei fianchi da una carena assai distinta. L’esemplare della fig. 5, Tav. XXV [XXVIII] ha questi solchi dorsali meno spiccati dell’altro individuo, specialmente sul finire della spira. I giri fino al diametro di mm. 10 sono lisci, ma divengono poi ornati da un nu- mero assai grande di coste, che si mantiene abbastanza costante dai giri interni all’ultimo, e che oscilla tra 50 e 55. Le coste talora quasi proverse (Tav. XXV [XXVIII], fig. 4), talora decisamente retroverse (Tav. XXV [XXVIII], fig. 5), si originano nella sutura ombelicale, d’onde con una curva rivolta indietro, stretta, assai spiccata, caratteristica, passano sui fianchi ove fanno una leggera curva in avanti. Esse finiscono poi sul margine dorsale più o meno ripiegate in dietro, dopo essersi continuamente accresciute in rilievo e dopo aver presentato una protuberanza, data dal repentino loro troncamento. Queste particolarità nella cinamentazione vengono meglio che da ogni altro presentate dall’ individuo della fig. 4, Tav. XXV [XXVIII], e particolarmente in alcuni punti di perfetta conservazione come presso alla fine della spira. Nell’altro esemplare (Tav. XXV [XXVIII], fis. 5) non si avverte tanto bene il ripie- gamento indietro delle coste sul margine dorsale poichè esse in questo punto sono ge- neralmente erose, acquistando in apparenza anche un andamento generale più rettilineo. VADO i Gli individui esaminati hanno la metà o i due terzi dell’ultimo giro occupati Daf U dalla camera di abitazione. In corrispondenza di questa non si rilevano differenze Nos or nell’andamento e nella distribuzione delle coste. Linea lobale dell’Arn. TI pluriplicatum n. Sp., La linea lobale si riporta al tipo del gruppo di forme alla quale anche questa Brest al diametro di mia specie appartiene. Nell’esemplare (Tav. XXV [XXVIII], fig. 4) da cui è tolta quella IAT DA grandezza qui intercalata (fig. 70), essa ha il lobo sifonale meno profondo del primo laterale, il quale, pur non essendo molto ampio, è un poco slargato alla base e terminato con punte poste a semi- cerchio e più grossolane di quelle che si trovano sui lati del lobo stesso. Il secondo lobo laterale ed il primo 196 i A. FUCINI [156] accessorio sono profondi la metà di quello sifonale e molto semplici. La sella esterna è molto ampia, di forma subquadrangolare e suddivisa in due parti appena disuguali da un lobo secondario relativamente largo e profondo un terzo circa del lobo sifonale. La prima sella laterale è linguiforme, un poco più alta dell’esterna, ma è come questa poco dentellata. La seconda sella laterale è assai più bassa e molto sem- plice. La sutura ombelicale cade sul primo lobo accessorio. Nella linea lobale dell'esemplare della fig. 5, Tav. XXV [XXVIII], si può osservare, in confronto con quella ora descritta, che il lobo sifonale è più profondo, raggiungendo il primo laterale, che la sella esterna conseguentemente appare meno depressa e che questa sella resta divisa dal lobo secondario più profondamente ed in maniera meno simmetrica, in quanto che la porzione esterna resulta un poco più alta della interna ed anche il doppio circa più larga. Non credo che qui sia il caso di intrattenersi sulle differenze rilevabili tra VArn. Beep e l’Arn ceratitoides QuensT., il quale ha coste molto meno numerose specialmente nei primi giri. Nella forma figu- rata dall’Haurr! col nome di Amm. ceras GreBEL le coste, è vero, raggiungono il numero di quelle della mia specie, però ad un diametro molto maggiore. Nella fauna in esame ho riferito all’Arn. ceratitoides Quenst. alcuni esemplari che per il numero delle coste dei giri interni in rapporto a quello dei giri esterni si possono ritenere intermedi tra la specie del QuenstEDT e la mia. Non l’ ho a questa aggregati poichè in essi le coste, sebbene assai numerose, non presentano sulla metà dei fianchi la curvatura in dietro, anzi l’hanno piuttosto in senso inverso; il dorso è meno distintamente solcato, la carena sifonale più acuta e la linea lobale presenta la sella esterna con la suddivisione caratteristica della specie del QUENSTEDT. Il numero considerevolissimo delle coste avvicina questa specie all’Arn. Arnouldi Dum. ®, ma questo ha un accrescimento spirale eccezionalmente lento, coste di forma assai differente particolarmente sul mar- gine dorsale e fianchi più convessi. Gli esemplari esaminati sono tre, due dei quali nel calcare srigio inferiore ed uno in quello rosso; uno appartiene al Museo di Pisa, gli altri due al Museo di Firenze. 18. Arnioceras (?) crassiplicatum n. sp. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 13, 14. DIMENSIONI I II Diametro . : . c d mm. 78 mm. 41 Altezza dell’ altimo e giro in anice al diamicna s : 0,25 0,29 Spessore » » » PRI 0,21 0, 26 Larghezza dell’ ombelico » » 5 5 0,55 0,50 Ricoprimento della spira » » . 6 0,01 0,03? Questaspecie, oltremodo distinta e caratteristica, ha conchiglia compressa ma di accrescimento mediocre e che diviene però più lento con lo sviluppo. I giri un poco più alti che larghi hanno i fianchi leggermente convessi e sezione subquadrangolare tanto nell’ esemplare più piccolo quanto al principio dell’ultimo giro nell’esemplare più grande; alla fine però della spira di questo la stessa sezione appare subellittica. Ciò in parte però potrebbe dipendere dalla compressione che sembra abbia agito sulla metà dell’ultimo giro di tale esemplare e che è manifesta anche per una deformazione del dorso. Questo è largo ed appiat- ) HauER. Ceph. a. d. Lias, pag. 25, tav. 6, fig. 4-6. ©) DumorTIaR. Dép. jurass., Lias inf., pag. 27, tav. 5, fig. 1,2; tav. VI, fig. 1-6. [157] A. FUCINI 197 tito; ha una carena sifonale assai spiccata, ma non molto elevata e due solchi profondi e molto larghi. Le coste, eccezionalmente grossolane, tozze ed arrotondate superiormente, sono, assai più di quel che non sì osservi in altre specie, rovesciate in dietro in modo da presentare il lato anteriore più dolcemente declive del posteriore. Esse sono mediocremente numerose e distribuite con uniformità. Nel penultimo giro dell’esemplare più grande e nell’ultimo dell’individuo più piccolo se ne hanno circa 38; nell’ ultimo giro dell'esemplare più grande se ne contano 41. Tali coste sono radiali od un poco retroverse e sempre assai ripiegate in avanti nello scendere all'ombelico, accentuando poi tale curvatura con lo sviluppo. Nel penultimo giro dell'esemplare più grande esse si arrestano sul margine dorsale in modo repentino e senza produrre quella spiccata piegatura in avanti, evanescente sulle carene che limitano i solchi dor- sali, che si scorge’ tanto bene nell’ultimo giro di ambedue gli esemplari. Non potendo assicurare che i primi giri sieno lisci, non sono del tutto certo di avere a che fare con conchiglie del genere Arnioceras, sebbene me lo facciano presumere i caratteri delle coste e della linea lobale. In ogni modo questa specie si può considerare intermedia tra i generi Armioceras ed i Coroniceras del gruppo del Cor. Bucllandi Sow. La camera di abitazione, poco lunga nell’individuo piccolo, lo è più della metà dell’ultimo giro nel- l'individuo grande e che sembra completo, manifestando al terminar della spira un solco peristomatico più largo dei consueti intercostali, seguìto poi da una piega più grossa e più rilevata delle coste comuni. La linea lobale (fis. 71), che si vede abbastanza bene sull’esemplare più grande, ha il lobo sifonale eccezionalmente più lungo del primo laterale il quale è poco largo e termina con quattro punte grosso- lane; il secondo lobo laterale è profondo la metà del sifonale. La sella esterna, poco dentellata, è bipartita dal lobo secondario in modo che la parte interna risulta assai più ampia dell’esterna; la prima sella laterale è più alta della precedente ma an- ch’essa risulta poco dentellata; nella seconda, relativamente ampia, cade la sutura si da ombelicale. La linea lobale dell’individuo più piccolo corrisponde a quella qui figu- SIN lobale dell’'Arn. rata, solamente ha la sella esterna bipartita più simmetricamente. a Per la forma grossolana delle coste questa specie assomiglia all’Arm. insolitum —’—mm. 48, in grandezza proprio per ora di questa fauna, ma ne differisce per le coste stesse meno numerose, | "*ft"zle meno arcuate all’interno della spira, maggiormente ribaltate in dietro per tutto il loro percorso e non soltanto sul margine dorsale, nonchè per altri caratteri dei giri e della linea lobale. Il piccolo esemplare specialmente trova anche delle affinità con l’ Arm. semilueve HAUER, che pur si rinviene nel Monte di Cetona, ma lo rendono sempre differente le coste più grossolane, ribaltate in dietro e maggiormente piegate e prolungate in avanti sul dorso, nonchè la linea lobale che presenta il lobo sifonale assai più profondo. Il Cor. Bucklandi Sow. e il Cor. Grecoì Box. diversificano dalla specie in esame per le coste meno nu- merose, le quali poi in prossimità del margine dorsale si sviluppano maggiormente, producendo una specie di protuberanza, e si piegano in avanti con una curva assai più larga. Trova somiglianza con la specie in esame, nella forma grossolana delle coste, anche quell’ esemplare di Arnioceras che 1° Hyamt !) figurò col nome di Arn. Hartmanni e che il BonARELLI 2) riferì invece all’Arn. semicostatum Y. et B. come var. compressa. Tale esemplare però ha coste meno numerose, meno arcuate in avanti anche nello scendere all’ombelico, dorso meno ampio e con solchi molto più deboli, nonchè linea lobale differente. Fic. 71. 1) HvanT. Genesis of the Arietidae, pag. 167, tav. III, fig. 1. 2) BONARELLI. Cefalop. sinem., pag. 9. 198 A. FUCINI [158] Dei due esemplari esaminati, conservati nel calcare grigio inferiore, uno appartiene al Museo di Pisa ed uno, il più grande, all’ Ufficio geologico italiano. 19. Arnioceras Hartmanni Orrer. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 12. 1842. Ammonites Kridion (non HeÒn) D’Orsieny. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 205, tav. 51, fig. 1-6. 1856. — Hartmanni OrreL. Juraformation, pag. 79. Var. plicata n. var. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 12. DIMENSIONI Diametro . c : . o : c o ò . c c o mm. 48 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . c ; 0 . 0,23 Spessore » » » . c . ò c 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » ° o c c È 0,57 Ricoprimento della spira » » } 3 ; o : 0, 01 Intendendo, secondo il concetto dell’ OppEL, la comprensione dell’Arn. Hartmanni Opp., limitata alla forma fisurata dal p’OrBIGNY col nome di Amm. Kridion (non HEHL), io credo che ad essa vada, riferito l'esemplare in esame e che distinguo come var. plicata per fissare, nel maggior numero delle coste, l’unica differenza notevole che l’allontana dal tipo. La conchiglia ha un accrescimento appena un poco più ra- pido di quello dato dall’ esemplare figurato dal D’ ORBIGNY, ma i giri sono ugualmente curvati sui fianchi ed hanno una sezione ellittica identica. Il dorso, che al principio dell’ultimo giro è acuto e senza carena ben definita, mostrasene in seguito provvisto di una mediocremente individualizzata, minuta ed assai acuta, la quale con lo sviluppo acquista dei piccolissimi solchi laterali addossati alla sua base. Le coste che ornano l’ultimo giro sono 33 in confronto delle 27 che si trovano nella forma tipica ad un diametro maggiore. Esse si comportano nel modo comune, ingrossandosi verso l’esterno ed interrompendosi più bruscamente al principio dell’ultimo giro che non alla fine, ove presentano una leggera coda evanescente in avanti. Tra le coste e la carena, o tra esse ed il solco lievissimo che precede la carena stessa, si in- terpone uno spazio liscio, appena curvato secondo l’andamento dei fianchi. Questo spazio liscio che il D’ORBIGNY dice “non creusé ,, simile a quello che si osserva anche nell’ Arm. muritum m., è un carattere assai notevole della specie dell’OppeL. La camera di abitazione dell’esemplare in esame comprende i due terzi circa del giro ultimo. La linea lobale, visibile alla meglio nei tratti generali, è assai caratteristica ed abbastanza differente da quella data dal p’OrBIGnY per la forma tipica. In confronto di questa, infatti, ha il primo lobo late- rale, di eccezionale ampiezza, ed uguale in profondità al sifonale. La sella esterna, anzichè tripartita, è bipartita e molto più stretta. Anche la prima sella laterale è molto stretta, ma ha la medesima altezza di quella esterna. i Nelle collezioni del Museo di Pisa si trova, determinato per A. spiratissimus QuENST., un esemplare, proveniente da Vaihingen nel Wiirttemberg, che è quasi perfettamente identico a quello da me descritto. ‘ Esso ha in gran parte conservato il guscio, sul quale si vedono delle irregolari strie di accrescimento. Certo non appartiene al Verm. spiratissimum QuensT. per i giri più alti che larghi, per la forma del dorso e delle coste ed anche per avere i giri interni lisci fino ad un diametro di mm. 10. Il QuenstEDT ha proba- bilmente considerato questa forma come appartenente al suo Arr. falcarîes ed infatti essa ha una certa somi- {159] A. FUCINI 199 glianza con l'esemplare rappresentato dal QuenstEDT stesso tra le Ammoniti del Giura svevo con la fig. 12 della tav. 13 e che è molto vicino all’Arn. geometricum OPP. L’accrescimento però è più lento e le coste non sono retroverse. Minori analogie si osservano paragonandolo con il tipico Arm. falcaries, che deve ritenersi, a parer mio, strettamente rappresentato dal QuenstEDT nel “ Jura , con la fig. 6 della tav. 7 e tra le Ammo- niti del Giura svevo con le fig. 13-15 della tav. 13. È molto facile che il p’OrBIGNY, che citò VA. Kridion in tante località, vi riferisse, come ammette il DumortIER !, anche altre specie, sopratutto 1’ Arn. geometricum OPP. Infatti la maggior parte degli autori col nome di Hartmanni illustrano forme che corrispondono molto bene all’Arr. geometricum. L’esemplare di Moltrasio rappresentato dal Parona con la fig. 4 della tav. 12 e riferito all’ Arm. kridioides Hyarr ® somiglia moltissimo alla forma ora esaminata, dalla quale sembra avere solo un ac- crescimento un poco più rapido. Io non crederei che esso appartenesse alla specie dell’ Hyatt perchè ha il dorso molto meno largo e i giri grandemente più alti, più stretti e quindi con sezione assai differente. La curvatura di alcune delle sue coste, che apparirebbe dalla figura, è forse dovuta, come nel mio gsem- plare, alla corrosione subìta dalle coste stesse verso il margine esterno. L’esemplare esaminato è conservato in un calcare rosso di una tinta un poco differente da quella comune per gli altri fossili studiati e quindi, sebbene un calcare simile si trovi in qualche località del Monte di Cetona, non posso garantire della sua provenienza da questo luogo. Esso appartiene al Museo di Pisa. 20. Arnioceras munitum n. sp. — Tav. XXIV [XXVII], fig. 14, 15. DIMENSIONI I II Diametro . È ; 5 i 3 È ò o ; mm. 45 mm. 45 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,28 0,29 Spessore » » » ; o 0,19? 2 Larghezza dell’ ombelico » » à Ò 0,51 0, 50 Ricoprimento della spira » » 0 È 0,02 0,02 Questa specie è assai distinta e si allontana dalle comuni forme del gen. Armioceras, al quale essa però deve pure ascriversi per i caratteri della linea lobale, delle coste e dei primi giri che, sebbene non ben conservati, appaiono lisci. La conchiglia è discoidale, molto compressa, appena involuta, di ac- crescimento piuttosto lento. I giri assai più alti che larghi, leggermente convessi sui fianchi, presentano il maggiore spessore un poco al disotto della metà della loro altezza d’onde poi si abbassano più rapi- damente verso l’ombelico che verso l'esterno; ne deriva la sezione subovale. Il dorso è assai più largo e depresso all’interno della spira che nell’ultimo giro ove presentasi con una carena sottile ed elevata, fiancheggiata da solchi ristretti ed assai profondi. Questi sono resi anche molto spiccati dalle carene mar- ginali assai nette, per quanto minute, le quali si sviluppano insieme ai solchi ad un diametro assai pic- colo, superiore di poco ai 10 mm. Ad un diametro minore resta solo la carena sifonale, la quale non essendo ben delimitata, .si scopre solo che per l’acutezza del dorso, come accade nei primi giri di tutti gli Arnioceras. Tali primi giri, non però ben conservati, sembrano lisci. Gli ornamenti si cominciano @ vedere a circa mm. 10 di diametro in forma di rare protuberanze poste sul lato esterno dei fianchi. 1) DuMORTIER. Dép. gurass., p. II, pag. 117. 2 Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 171, tav. 2, fig. 28; tav. 12, fig. 8. 200 A. FUCINI [160] Ben presto si scorge che tali protuberanze sono date dalla terminazione di coste, le quali, originate de- boli alquanto lungi dall’ombelico e dopo essersi lievemente curvate in avanti sui fianchi, si piegano un poco in dietro, s’ingrossano molto e s’interrompono repentinamente sul margine esterno che resulta sub-ango- loso. Il dorso allora è ampio e tettiforme, poichè i suoi lati appianati scendono con leggera obliquità verso i margini. In questo stato (Tav. XXIV [XXVII], fig. 15 a-d) la conchiglia somiglia molto ad alcune di quelle, ugualmente costituite dai giri interni dell’Ar. rotiformis Sow., figurate dal WiENER ), e se non avesse i solchi dorsali anche al Cor. KXridion HeHL. Con l'accrescimento le coste si rendono più vigorose, più diritte e con grossezza più uniforme dall’ombelico fino agli ingrossamenti con i quali ter- minano. Questi relativamente sono allora meno spiccati di quelli dei giri più interni e, non sopravanzando, come in altre specie di Arrioceras, le carene marginali, ma arrestandosi alquanto più in basso, interpon- gono fra loro e le carene marginali stesse, un listello liscio assai largo. In armonia con quello che av- viene in quasi tutte le specie di Armioceras esaminate, le coste che si trovano sul finire della spira, oltre l’ingrossamento esterno, fanno una lieve piegatura evanescente in avanti che non arriva però a toccare la carena marginale. In quanto alla direzione, le coste possono essere radiali od un poco retroverse; rispetto al numero, esse aumentano notevolmente dall'interno della spira all’esterno. Mentre al diametro di mm. 45, un esemplare ne presenta 27 nell’ultimo giro ed un altro 25 forse, questo ne ha poi circa 18 nel penultimo giro. Ambedue gli esemplari esaminati hanno la camera di abitazione estesa per un poco più della metà dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 72), identica in ambedue gli individui, ha il lobo sifonale profondo quanto il primo laterale e quanto l’antisifonale, ma quasi il doppio del secondo laterale e dell’interno. La sella esterna è ampia e bipartita in guisa tale che la parte interna resta un poco più grande dell’esterna. me La prima sella laterale, poco dentellata e di forma linguiforme, è meno alta della prece- dente. Nella seconda laterale, bassa e depressa, cade la sutura dell’ombelico. La sella PAIS interna raggiunge quasi l’altezza della sella esterna. Le conchiglie descritte hanno una grande somiglianza con quell’Ammonite figurata Linea lobale del- o 6 s c Sono VArn. munitum Gal QuensTEDT ? come cfr. spinaries, che trovo differente soltanto per il dorso non distin- n. sp., presa al tamente tricarinato, nè provvisto di solchi. diametro dimm. 27,in grandezza Le stesse differenze si notano nel Cor. Kridion HEHL ®. naturale. I i Sai ' : Ma le maggiori affinità con 1’ Arn. munitum sono certo presentate dalle forme giovanili del Cor. multicostatum figurate dal Reywks,le quali hanno però più sviluppati i tubercoli con cui ter- minano le coste e linea lobale di tipo affatto differente. Le specie conosciute che presentano rapporti di affinità con il mio Arm. munifum appartengono tutte al gen. Coroniceras. Ciò potrebbe far supporre che anche la mia specie dovesse ascriversi a tal genere. Io credo però di poterlo escludere poichè, come ho già avvertito, tutti i caratteri della conchiglia fanno cre- dere trattarsi di un vero Arndoceras. I due esemplari esaminati, conservati nel calcare grigio inferiore, appartengono al Museo di Firenze. i) WaAnneR. Kenntn. tief. Zon. unt. Lias, pag. 202, tav. 50, fig. 2-5; tav. 51, fig. 2,3. ) QuensteDT. Amm. schw. Jura, pag. 82, tav. 11, fig. 12. 3) Zieren. Verstein. d. Wiirttemb., pag. 4, tav. 3, fig. 2. i) Revnbs. Ammonites, tav. 24, fig. 10-28. È (S) ' [161] A. FUCINI 201 21. Arnioceras semicostatum Y. et B. Riuscirebbe molto difficile farsi un criterio esatto della forma originale dell’Arn. semicostatum Y. et B. con la figura deficiente data dagli autori, riprodotta poi dal RernÈs, e con la prima descrizione, che anche tanto Tate e BLAKE quanto WrIGHT dicono giustamente incompleta. Io non ho potuto consultare il lavoro del Youne e BrrD e quindi mi riporto agli studii degli autori inglesi, e specialmente del WRIGHT, essendo in questo caso i più attendibili e tanto più poi che fra gli esemplari del Monte di Cetona se ne trovano alcuni molto simili a quelli figurati da tali autori. La specie in esame ebbe, dopo la sua istituzione una corta descrizione dal Simpson il quale, fra altri caratteri, le assegnava quelli di avere solchi dorsali distinti e sezione dei giri subquadrata. Nel 1863 il WrIGHT in uno studio, forse rimasto incompleto e che non so in quale periodico pubblicato, figurò col nome di A. semicostatus Y. et B. due esemplari alquanto differenti fra loro e non perfettamente in ac- cordo coi caratteri assegnati alla specie da Simpson, riguardo cioè ai solchi dorsali ed alla sezione dei giri. Il più grande di tali esemplari trova una somiglianza spiccatissima con quello da me rappresentato con la fig. 2, Tav. XXII [XXV]. Gli esemplari del Lias inglese figurati in seguito dal Tare e BLAKE e dal WrIGHT, eccettuato quello quasi del tutto liscio rappresentato dall’ultimo autore, trovano rispettive so- miglianze fra gli individui che sono stati da me confrontati con la forma tipica. L'’HyaAmT ha riguar- dato come una varietà dell’ Arm. semicostatum l'esemplare quasi liscio figurato dal WEIGHT ed ha posto nella sinonimia dell’Arn. Bodleyi Buckm. gli altri due con coste sviluppate rappresentati insieme con quello. Così l’Arn. Bodleyi Buckx., secondo come viene inteso dall’HyarT, ha una grandissima somiglianza con la Specie in discussione. L’Hyamr ha ritenuto poi come forma normale dell’ Arm. semicostatum una che, quan- tunque corrisponda bene alla descrizione del Simpson, sembra avere, secondo me, una sezione dei giri troppo depressa ed un dorso troppo spiccatamente tricarinato. Il PARONA, riferendosi alle forme studiate dall’HyarT, riporta ad esse esemplari alquanto differenti fra loro e dei quali io ammetterei che riguardasse la specie in esame solo quello rappresentato dalle fig. 8 e 9. Gli altri due delle fig. 7, 10, 11 mi sembrano meglio riferibili alla var. rariplicata dell’Arn. mendax ma. Il BowarELLI ha per ultimo riferito alla specie in esame un esemplare di Ponte Alto che a me, in seguito ad esame diretto, mi è parso meglio riferibile all’Arn. rejectum m. Alla grande variabilità di questa specie, nella quale si hanno esemplari che sembrano doversi ascrivere del tutto a tante altre, va attribuita la ragione della esagerata sinonimia proposta dal WRIGHT e che in gran parte non è accettabile. Un carattere che distingue, secondo il mio parere, molto bene 1° Arx. semicostatum e che si osserva più o meno evidente anche nelle figure di WrIGaT ed in quella di Tare e BLaxe è di avere le coste che si addensano presso l'apertura in modo assai appariscente. Tale carattere non si osserva nell’Arn. geometricum OrPP., specie molto vicina, che ha però anche le coste più grossolane e solchi dorsali, se presenti, meno addossati alla carena sifonale e non si osserva nemmeno nell’ Arv. falcaries QuensT., nell’Arn. semilaeve HAUER e nell’Arn. Hartmanni OPP., tutti distinti anche per altri carat: teri importanti. Io l’ ho constatato in modo evidente solo in una forma che ho confrontato all’Arn. Bodleyè Bucxm. Astrazion fatta da tale carattere sono paragonabili ‘a quella in esame le seguenti specie da me istituite: l’Arn. rejectum, che ha coste molto convesse anche nella parte concamerata della spira, poco ingrossate al margine esterno e molto piegate in avanti nello scendere all’ombelico, nonchè dorso di forma differente; 1’ Arm. speciosum che ha coste arcuate in un modo speciale, dorso bisulcato e tricarinato molto distintamente e linea lobale diversa; l’Arn. abjectum che è molto compresso, con coste di andamento parti- colare sinuoso e un dorso molto ristretto, spiccattamente bisulcato e tricarinato e con carena sifonale assai Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 26 202 A. FUCINI [162] arrotondata; l’Arn. italicum che ha coste di speciale acutezza, molto rigidamente diritte ed il dorso con solchi assai ampi e spiccati, ed infine 1’ Arm. dissimile che sebbene molto prossimo alla var. repens è stato da me tenuto distinto per la sua notevole compressione, per il lento accrescimento e per il numero con- siderevole di coste. ‘ Credo bene dare ora una descrizione generale della specie come si presenta nel Monte di Cetona e passare dopo all'esame degli esemplari aggruppati in diverse forme. Le conchiglie che io riferisco a questa specie sono compresse, di accrescimento alquanto variabile, ma piuttosto lento e con piccolissima involuzione. I giri, più alti che larghi, hanno fianchi più o meno convessi e presentano una sezione subrettangolare od ellittica, che si comprime sempre più. con l’accre- scimento. Tale sezione sembrerebbe essere in disaccordo con quella subquadrata assegnata dal Simeson per la specie di Youne e BirD e più ancora con quella quadrata fissata nella diagnosi della specie dal WRIGHT, ma è in piena regola con le dimensioni proporzionali e con la descrizione data poi da quest’ ultimo. Il dorso ha la carena sifonale abbastanza spiccata, alta, non molto larga e piuttosto acuta. Esso, come può avere solchi bastantemente distinti da mediocre sviluppo fino a diametro assai grande, così può es- serne privo o quasi per tutta la spira; privo ne è in generale in prossimità dell’apertura degli individui sviluppati. I solchi dorsali sono stretti, addossati alla carena sifonale e vengono separati dai fianchi da carene laterali, spiccate in ragione della profondità dei solchi stessi. La spira è liscia fino a circa mm. 10 di diametro, ma diviene poi ornata da coste il cui numero varia nei giri interni od al diametro di mm. 27 circa, da 25 a 37, e nei giri esterni, od al diametro di mm. 50 circa, da 33 a 43. A sviluppo medio le coste si presentano assai rade e spazieggiate, ma con l’ulteriore sviluppo ed a camera di abitazione più o meno avanzata, divengono repentinamente o gradatamente più fitte e serrate. È questo, a mio parere, come ho già detto, il carattere più spiccato di tutta la specie, sebbene si ritrovi anche in altre, e che si osserva più o meno evidentemente in tutte le figure di esemplari sviluppati date dagli autori inglesi. A piccolo sviluppo le coste si presentano un poco sinuose e svaniscono sul margine esterno gra- datamente ripiegate in avanti. È per questi caratteri che il WrIGHT dice che i piccoli esemplari somi- gliano all’ Harp. radians. A medio sviluppo esse sono più o meno diritte e si interrompono all’ esterno in modo brusco ed ingrossate. Nell’ultima parte della spira le coste possono divenire decisamente concave sui fianchi o rimanere abbastanza diritte; in ogni modo esse, dopo essersi ingrossate sul margine esterno, svaniscono ripiegate in avanti o sopra la debole carena marginale o, mancando questa, a piccola distanza dalla base della carena sifonale. La camera di abitazione si estende fino ai tre quarti dell’ultimo giro, però in nessun esemplare si può assicurare completa, mancando traccie certe di peristoma. La linea lobale non ha caratteri particolari e ripete molto uniformemente quelli più generali. Il lobo sifonale è meno profondo del primo laterale, il quale si presenta generalmente ristretto e terminato da incisioni grossolane e poco numerose. Il secondo lobo laterale non è molto meno profondo del sifonale. La sella esterna, non tanto larga, di forma subrettangolare è bipartita quasi simmetricamente dal lobo secondario ed in maniera che la parte esterna resulta più bassa dell’interna. La prima sella laterale, linguiforme, è un poco più alta della precedente e spicca per le sue deboli dentellature. La seconda sella laterale più bassa di ogni altra riceve sul lato interno la sutura dell’ombelico. Cfr. tipus. — Tav. XXII [XXV], fig. 1-3, 11, 13, 15. 1828. Ammonites semicosiatus Youne a. Brrp. Geol. Surv. Yorksh. Coast, pag. 257, tav. 12, fig. 10. 1843. —_ — Smpson. Amm. of the Yorksh. Lias, pag. 51. 1863. - — Wricur. Amm. the Lias format., tav. 2, fig. 2,32. [163] A. FUCINI 203 1876. Ardetites semicostatus Tare a. Brage. The Yorkshire Lias, pag. 288, tav. 6, fig. 4a, sup. 1878. — —_ Wricur. Lias Amm., pag. 284, tav. 1, fig. 4-6, 8, (pars) non fig. 7. 1879. Ammonites semicostatus RevnÈs. Ammonites, tav. 20, fig. 4. 1897. Arietites (Arn.) semicostatus Parona. Ammoniti di Saltrio, pag. 34, tav. 4, fig. 8, 9, (pars) non i CONI A DIMENSIONI I II III IV Diametro o 7 5 . c 0 0 6 0 mm. 52 mm. 48 mm. 45 mm. 25 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 5 0,27 0,27 0,27 0,29 Spessore » » » 0 0 0,23 0,22 9,23 0,27 Larghezza dell’ ombelico » » 5 Ò 0,53 0,55 0,54 0,50 Ricoprimento della spira » » ò D 0,02 0,02 0,02 0,04 Ritengo come meglio paragonabile alla tipica una forma che trova le maggiori corrispondenze in ta- luni esemplari figurati dagli autori inglesi, sebbene abbia poi un numero alquanto maggiore di coste di -quelle che si vedono nella figura dell’esemplare originale riprodotta dal REynÈs e di quelle che si osservano nell’esemplare più grande figurato dal WRIGHT nella sua classica monografia e che nel concetto del WRIGHT stesso corrisponde bene al tipo della specie. Tale forma ha i giri piuttosto appianati, con sezione subrettangolare, e provvisti di coste più o meno numerose che si rendono più fitte con lo sviluppo in maniera però non repentina o limitatamente all’ultima porzione della spira. Il dorso ha carena sifonale fiancheggiata da solchi laterali assai distinti e piuttosto persistenti. La linea lobale ripete i caratteri più generali descritti precedentemente. L’esemplare della fig. 2, Tav. XXI [XXV], che ho detto più sopra corrispondere in modo speciale a quello più grande figurato dal WrIcHT, in un primo lavoro sopra le Ammoniti del Lias inglese, è da conside- rarsi come un termine di passaggio alla var. repers. Di questa ha infatti il carattere di aumentare il numero delle coste verso l’apertura assai spiccato ed esteso per una buona porzione della spira; però i fianchi sono appianati e quel che più conta il dorso ha solchi piuttosto distinti fino alla bocca. L'individuo riprodotto dalla fig. 11, Tav. XXII [XXV] è quello che fra gli altri mostra il maggior numero di coste all’interno. Esso trova però una notevole somiglianza con quello figurato da TATE e BLAKE. Gli esemplari di questa forma sono assai numerosi e, tolti pochissimi provenienti dai calcari rossi inferiori, per la maggior parte sono nei calcari grigi. Il maggior numero di essi appartiene al Museo di Firenze, il rimanente al Museo di-Pisa. Var. propinqua n. var. — Tav. XXI [XXV], fig. 5-10, 122, 14. 1889. Armioceras Bodleyi (non Bucrw.) Hvar. Genesis of the Arietidae, pag. 169, tav. 2, fig. 23, 24? 5 DIMENSIONI I II III IVANO V Diametro 6 ò È ; 4 È i 5 mm. 59 mm. 40 mm. 30 mm. 37 mm. 34 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,28 0,37 0,29 0,27 0,34 Spessore » » » ; 0,20 0,22 0,23 0,25 0,27 Larghezza dell’ ombelico » » 5 0,52 0,50 0,50 0,52 0,45 Ricoprimento della spira » » } 0, 01 0,02 0,03 0,01 0,05 204 A. FUCINI [164] Per il numero limitato di coste questa forma si avvicina assai alla tipica, ma d’altra parte se ne scosta considerevolmente per il dorso più ristretto e mancante, o quasi, dei solchi ai lati' della carena sifonale. Le coste sono poi in generale leggermente più grossolane. Credo certamente che i due esemplari figurati dall’ HyarT nel lavoro citato in sinonimia e riferiti all’Arn. Bodleyi Buckm. non appartengano a tale specie, per il diverso sviluppo spirale e per le coste che divengono poco arcuate e poco rade con l'accrescimento. To credo di poterli riferire alla forma in esame. Il più grande di essi corrisponde infatti quasi perfettamente al più grande dei miei, rappresentato con la fig. 14, Tav. XXI [XXV]; il più piccolo, per quanto diverso dall’altro e sebbene si avvicini molto all’Arn. Douvillei Bavce ®), ha sicuramente un’ indiscutibile somiglianza con l’individuo giovanile che io rappresento con la fig. 12, Tav. XXII [XXV] e dal quale è stata tolta la quinta misurazione. Questo individuo, che potrebbe appartenere forse anche ad altra specie, differente dall’Arn. Dow villei BavLe per la forma del dorso, ha, in confronto agli altri esemplari esaminati, un accrescimento spirale assai più rapido, che con lo sviluppo potrebbe acquistare un valore differenziale notevole. Esso trova una discreta somiglianza con quello figurato da Tate e Brake e riferito all’ Ar. difformis Emm. Questa forma, all'opposto dell’altra riferita al tipo, è con grande preponderanza data dai calcari rossi inferiori. Pochi esemplari appartengono al Museo di Pisa, molti a quello di Firenze. Var. repens n. var. — Tav. XX [XXI], fig. 9-12. DIMENSIONI I II III Diametro a o x è - . 7 È mm. 52 mm. 45 mm. 45 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 26 0,26 0,27 Spessore » » » 6 0,28 0,22 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » i 0,56 0,55 0,55 Ricoprimento della spira » » : 0701 0,01 0, 01 Questa forma spicca per la proprietà di raffittire le coste in modo considerevole sul finir della spira, repentinamente e per una porzione assai lunga dell’ultima camera, non minore ai due terzi. In tale por- zione della spira le coste divengono assai decisamente concave, i fianchi si fanno più convessi ed il dorso diviene più arrotondato, perdendo quasi affatto ogni indizio dei solchi ai lati della carena sifonale, presso la quale svaniscono poi le coste molto piegate in avanti. È da riferirsi a questa varietà un esemplare (Tav. XX [XXIII], fig. 9) che si presenta asimmetrico per lo spostamento della carena sifonale verso il fianco sinistro. La var. repens, da non considerarsi come un’anomalia, ma piuttosto come una forma più avanzata in evoluzione di quella meglio corrispondente alla tipica, unisce questa in modo assai evidente con 1° Arm. dissimile qui sotto descritto. I cinque esemplari esaminati provengono tutti dai calcari grigi inferiori; tre di essi appartengono al Museo di Firenze e due a quello di Pisa. )) BayLK. Explicat. de la carte géol. de la France, tav. 76, fig. 3. 2) Tarn a. BLAKE. Yorkshire Lias, pag. 289, tav. 6, fig. 3. [165] A. FUCINI 205 22. Arnioceras dissimile n. sp. — Tav. XXV [XXVIII], fig. 12, 13. DIMENSIONI È I TI Diametro . ‘| . : 0 : ò o 0 o 6 mm. 49 mm. 43 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,25 0,24 Spessore » » » ; 9 0,18 0,17 Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,57 0,58 Ricoprimento della spira > » 0 5 0,01 0,02 Questa specie ha una conchiglia molto compressa, di accrescimento lento e di insignificante involu- zione, non rimanendo ricoperta per il ritorno della spira altro che la sola carena. I giri sono più alti che larghi ed alquanto convessi sui fianchi, in maniera che la loro sezione risulta ellittica. I primi di essi sono lisci fino ad un diametro non molto grande e che non oltrepassa gli 8 mm.; poi divengono ornati da coste assai numerose e delle quali se ne hanno nell’ultimo giro da 43 a 48. Il dorso è piut- tosto ristretto ed ha una carena sifonale spiccata, elevata e non esageratamente acuta. Questa carena, al principio dell’ultimo giro dei pochi esemplari in esame, si presenta fiancheggiata da solchi laterali assai distinti che perde poi totalmente o quasi con l'accrescimento ed in vicinanza dell’apertura. Insieme con i solchi si perdono con l’accrescimento anche le carene laterali che li delimitano sui margini esterni. In corri- spondenza di tali cambiamenti che sono molto frequenti nelle specie degli Arrioceras, si hanno anche dei caratteri differenti nelle coste. Queste sono assai diritte nella parte concamerata della spira e si in- terrompono all’ esterno assai repentinamente presso le carene marginali; con lo sviluppo divengono al- quanto concave ed all’esterno si abbassano molto gradatamente, evanescendo ripiegate in avanti presso la base della carena sifonale. In riguardo alla direzione le coste sono piuttosto retroverse per tutta la spira. La camera di abitazione negli esemplari più completi è poco più lunga della metà dell’ultimo giro. La linea lobale ha una forma poco caratteristica. Il lobo sifonale è profondo circa quanto il primo laterale ed il doppio quasi del secondo laterale. La sella esterna, notevolmente ampia e bipartita sim- metricamente, è di poco sorpassata in altezza dalla prima laterale e non raggiunta dalla seconda laterale. La sutura ombelicale cade sopra un piccolo lobo accessorio poco profondo. Questa specie, per mezzo dell’esemplare della fig. 13, Tav. XXV [XXVIII], si connette molto spiccata- mente alla var. repens da me istituita tra le forme dell’Arn. semicostatum Y. et B. Essa non ha però, solo che un poco nell’esemplare ora ricordato, il carattere tanto spiccato in quella varietà di aumentare il numero delle coste repentinamente e così visibilmente, a camera di abitazione iniziata. Per i caratteri generali si può dire che l’ Arm. dissimile costituisce una specie intermedia tra l’Arn. Hartmanni Orr. e l’Arn. tardecre- scens HAUER. Del primo ha simili l'accrescimento, la forma dei giri e del dorso nell’ultima porzione della spira; del secondo ha le coste pressochè ugualmente numerose e con gli stessi caratteri, ed anche dorso identico nella parte concamerata della spira. Dei quattro esemplari esaminati, due provengono dai calcari grigi inferiori e due dai rossi; due ap- partengono al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. 23. Arnioceras tardecrescens Hauer — Tav. XXV [XXVII], fig. 11. 1856. Ammonites tardecrescens HaurRr. Cephalop. a. d. Lias, (pars) pag. 20, tav. 3, fig. 10-12. non 1860. | — = Ooster. Céph. foss., IV., pag. 49, tav. 15, fig. 9, 10. non 1867. — —_ Duxormer. Dép. jurass., p. II, pag. 170, tav. 31, fig. 3-5. 206 A. FUCINI [166] 21876. Arielites tardecrescens Tare a. BLare. Yorkshire Lias, pag. 285, tav. 5, fig. 5. 1879. Ammonates — Revnès. Ammonites, tav. 13, fig. (6, 7)?, 8-10, (pars) non tav. 51, fig. 18, 19. non 1889. Arnzoceras — Hvar. Genesis of the Arietidae, pag. 168, tav. 2, fig. 19, 21, 22. 1899. Arzetites = Fucmi. Nuove Ammoniti dei cale. rossi, pag. 6, (pars). DIMENSIONI I TI Diametro . o ò o o 7 . è ò 5 mm. 55 mm. 40 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . . 0,22 0,21 Spessore » » » o o 0,17 0,15 Larghezza dell’ ombelico » » ò ; 0, 60 0,65 Ricoprimento della spira » » n 3 0,01 0, 01 Fra gli esemplari di Ammoniti di Adneth, esistenti nel Museo di Pisa, mandati già dall’ HauER al MENEGHINI, ne esistono due che furono dallo stesso Hauer determinati per 1’ A. tardecrescens, e che si devono considerare fra loro specificamente diversi. Uno di essi trova esatta corrispondenza con la forma che ho riferito al Verm. Bochmi Hue, alla quale specie viene dall’Hue stesso riunito 1’ A. tardecrescens (non HauER) OosteR e lA. fardecrescens (non Hauer) Duw., ed uno appartiene sicuramente alla specie in esame. Quest'ultimo, al quale corrisponde molto bene l’esemplare di Cetona che io figuro, sembre- rebbe differire da quello figurato dall’ Hauer per la linea lobale avente la sella esterna più simmetrica- mente tripartita e per l'accrescimento meno lento. A questo proposito è bene osservare che la figura dell’ HaurR non essendo fatta in grandezza naturale non rende al vero l'andamento della spira, ciò che poi risulta anche dalle dimensioni. Infatti, mentre dall’ HaueR si sa che l’altezza del giro è un quinto del diametro, essa poi apparisce essere dalla figura circa un sesto. L’esemplare del Monte di Cetona sul quale specialmente io baso il mio riferimento ha una conchiglia grandemente compressa e molto evoluta, in modo che i giri ricoprono appena la carena del giro prece- dente. I giri, più alti che larghi, hanno una sezione subovale ellittica e si presentano leggermente curvati sui fianchi. Il dorso è caratteristicamente molto ristretto. Esso ha una carena sifonale alta, piuttosto sottile ma non acuta, fiancheggiata da solchi pure molto stretti e profondi. Questi sono separati nettamente dai fianchi mercè carene marginali minute, ma ben distinte. La spira è liscia fino ad un diametro di circa mm. 10, poi diviene ornata da coste molto numerose e delle quali se ne hanno circa 48 nel penultimo giro e 53 nell’ultimo. Queste coste sono radiali od un poco retroverse e si comportano come quelle della maggior parte degli Arnioceras. All’interno della spira e per molta porzione dell’ ultimo giro esse sono assai diritte dall’ ombelico fino al margine esterno, ove s’interrompono bruscamente, appena un poco in- grossate, prima di raggiungere la carena marginale. Con lo sviluppo divengono leggermente concave e sul margine esterno finiscono sulla carena marginale ripiegate un poco in avanti. La piccola piegatura in avanti fatta dalle coste nello scendere all'ombelico si accentua pure con lo sviluppo. L’ultima camera comprende quasi tutto l’ultimo giro, ma l’esemplare però non si può dire completo. L’aversi in esso le coste diritte e bruscamente interrotte sul margine ‘esterno per buona parte dell'ultimo giro, fa supporre che sia mancante di una parte della spira od almeno che non sia del tutto sviluppato. La linea lobale, per erosione subìta, non è bene distinta nei suoi dettagli. Essa ha il lobo sifonale poco meno profondo del primo laterale, il quale è piuttosto ristretto e cuneiforme; il secondo lobo late- rale è di un terzo meno profondo dei precedenti. La sella esterna è ampia, sub-rettangolare e tripartita assai simmetricamente; la prima laterale, molto ristretta ed alta più della precedente, ha una forma al- [167] A. FUCINI 207 quanto cuneiforme; la seconda è bassa, depressa e arrotondata. In questa e sul lato interno cade la sutura ombelicale. Tale linea lobale differisce alquanto da quella disegnata dall’ HauER per minor profondità del lobo sifonale, per maggiore ristrettezza terminale della prima sella laterale e per maggior simmetria nella tripartizione della sella esterna. È da notarsi però che la mià linea lobale si presenta ad un diametro della conchiglia molto limitato, in confronto a quello in corrispondenza del quale è stata tolta la linea lobale dell’ HAuER, la quale non appartiene poi all’individuo originale figurato dall’ HauER stesso. La linea lobale dell’esemplare di Adneth, esistente nel Museo di Pisa e riferibile alla specie in esame, è intermedia tra quella offerta dal mio individuo e quella disegnata dall’ HausR. In essa il lobo sifonale è profondo quanto il primo laterale, la prima sella laterale non è bipartita affatto e termina assai strettamente, la sella esterna risulta inoltre sub-rettangolare, poichè le sue tre parti terminano con la medesima al- tezza, sebbene la interna sia poi più profondamente dell’esterna distaccata dal corpo principale della sella stessa. £ L'identità è poi perfetta tra il mio esemplare e quello di Adneth posseduto dal Museo di Pisa in quanto ai caratteri della conchiglia, sia nell’accrescimento, sia nel dorso, sia infine nell’andamento e conformazione delle coste. Un dubbio che per tale identità io escluderei potrebbe solo sussistere in quanto alla mancanza di coste nei primi giri i quali, nell’esemplare di Adneth, sono rotti. Anche l’ Hauer non potè dare i caratteri dell’interno della spira della sua specie per uguale ragione. A me pare indubitato che la specie in esame appartenga agli ‘Arnioceras; l’andamento ed il modo di comportarsi delle coste e i caratteri dell’interno della spira mi sembrano sufficienti a dimostrarlo. La linea lobale però, specialmente quella disegnata dall’ HaurR, non è delle più tipiche per tale genere, ma essa trova delle somiglianze in quella disegnata da me per l’Arn. obliguecostatum ed in quella figu- rata dal D’OrBIGNY per l’Arn. Hartmanni Orp. = A. Kridion (non HrHL) D'ORB. Oltre l’esemplare figurato ho riferito a questa specie anche altri due individui frammentari che hanno i più spiccati caratteri dell’Arn. tardecrescens. Il loro accrescimento è però un poco meno rapido dell’ esemplare figurato e le coste sono meno numerose ed un poco più spazieggiate. Essi sembrano inter- medi tra la specie dell’Haurr ed il mio Arm. spirale. Non credo che sia qui il caso di insistere sulle differenze che distinguono dalla specie in esame il Verm. Bochmi Hue = A. tardecrescens in OosteR; basta accennare che in questo si hanno coste molto arcuate e proverse, che svaniscono gradatamente sul dorso e che si presentano numerose fino dai giri più interni della spira. Nella fauna del Monte di Cetona si trovano vicini all’Arn. tardecrescens anche l’Arn. pluriplicatum e la forma che ho riferito all’Arr. Arnowdi Duw.; ambedue hanno però accrescimento più rapido. L’ul- timo di questi, considerato nella forma originale, deve ritenersi tuttavia molto vicino alla specie dell’ HAauER. Da che è stato istituito l'A. fardecrescens non fu inteso mai da alcuno esattaffente e nel senso ri- stretto della forma figurata dall’ HAuER, forse perchè questi, come ho detto più sopra, vi comprese due forme differenti. L’OosteR ha riferito alla specia dell’ HaurR un esemplare che ne viene con ragione distaccato dal- l’Huc il quale lo riunisce al suo Ar. Boehmi. Tare e BLAKE figurano un individuo che non appartiene certo all’ Arm. fardecrescens HAUER, non fos- s’altro per diversa conformazione del dorso. Esso dall’ Hyamr! viene riunito nel suo Cal. aplanatum. 1) Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 146. & 208 | A. FUCINI [168] Il Revwks ha figurato, oltre l’originale dell’ HauER, altri due esemplari tutti fra loro un poco differenti. Quello infatti rappresentato con le fig. 6,7 della tav. 13 differisce dall’originale per essere meno com- presso e per le coste meno numerose, più spazieggiate e di diverso andamento. Tale esemplare, oltre che alcuni individui del mio Arm. spirale, ricorda la var. longispirata dell’Arn. insolitum m. ed un poco anche 1° A. Rougemonti Rev.!) = A. solarioides Costa. L'altro esemplare rappresentato dal Reynks con le fig. 18, 19 della tav. 41 non è forse riferibile all’Arm. fardecrescens HAUER per la mancanza dei solchi dorsali. Esso va rapportato al mio Verm. tenue. L’Hyarr ha riferito a questa specie e figurato alcune linee lobali nonchè un piccolo esemplare, che per molti caratteri sembrano appartenere a specie decisamente differenti. Il GemmeLLARO 2) figura confrontandolo con la specie in esame un individuo che escluderei vi appar- tenesse per essere meno compresso e per avere coste più grossolane e meno numerose. Anche tra gli esemplari di Campiglia riferiti da me all’Ar. tardecrescens ve ne sono alcuni che deb- bono riunirsi al Verm. Bochmi Hue. La sinonimia dell’ Arm. tardecrescens sarebbe molto lunga ed io ho pensato di limitarla alle citazioni accompagnate da figure, non potendo per le altre avere un concetto esatto della forma alla quale si sono riferiti i diversi autori. Ho fatto solo eccezione, dopo averla nuovamente controllata, della citazione fatta da me nei calcari rossi inferiori della Toscana. I tre esemplari esaminati, dei quali due sono conservati nel calcare grigio inferiore ed uno in quello rosso, appartengono al Museo di Pisa. 24. Arnioceras geometricum Opp. — Tav. XXIII [XXVI], fig. 1-4. 1856. Ammonites geometricum Opper. Juraformation, pag. 79. 1865. = = ScHLOENBACH. Jurass. Amm., pag. 9, tav. 26, fig. 3. ? 1867. —_ —_ Duwormter. Dep. jurass., t. II, pag. 31, tav. 7, fig. 3-5, (pars) non fig. 6-8, i non pag. 133. non tav. 30, fig. 1,2. 1879. _ — (non Pin.) (var. ceras non GIeB.) e Ammonites, tav. 14, ia dl (7,82), (pars) non fig. 1, 2,5, 6, 9-12. 1884. — ceratitoides (non QuensteDT) QuenstEDT. Amm. d. schw. Jura, LES) pag. 100-101, tav. 13, fio. 8,11. ? 1889. Arnioceras Hartmanni (non OpprL) Hramm. Genesis of the Arietidae, pag. 167, tav. 2, fig. 17, 18, (pars) non tav. 3, fig. 1. ? 1892. Arietites geometricus RorapLetz. Format. a. Timor u. Rotti, pag. 97, tav. 14, fig. 2. 2 1899. Arnioceras dimorphum (non Parona) BownareLLI. Cefal. sinem., pag. 66, tav. 1, fig. 9. di D(MENSIONI I TI TII I IV Va Diametro 5 : mm. 100 mm. 61 mm. 44 mm. 43 mm. 38 Altezza delli almmol giro in Tapporto al diannenno 5 0,25 0,24 0,27 0,27 0,28 Spessore ‘ » » » . 0,18 0,18 0,21 0,20? 0,21? Larghezza dell’ombelico » » c 0, 56 0,56 0,54 0,53 0,52 Ricoprimento della spira » » à 0,01 0, 02 0, 01 0,01 0, 01 1) Revnbs. Ammonites, tav. 13, fig. 17-23. 2) GEMMELLARO. Foss. d. z. a T. Aspasia, pag. 108, tav. 12, fig. 26. [169] A. FUCINI 209 Per la molteplicità di specie di Arrioceras trovate nella fauna del Monte di Cetona era per me gran- demente necessario il conoscere con esattezza quale fosse, nel concetto dell’OPPEL, questa specie che ha avute tanto svariate interpetrazioni e della quale il suo autore non dette alcuna figura. Sebbene avessi un individuo di A. geometricus OPP., però non molto grande, proveniente da Ofter- dingen nel Wiirttemberg, tuttavia sono anche ricorso alla ben nota cortesia del prof. v. ZimreL il quale mi ha molto gentilmente inviato un buon modello in solfo dell'esemplare originale della specie prove- niente da Gmund. Con tale materiale in esame mi sono persuaso che un discreto numero di Ammoniti di Cetona va riferito alla specie oppelliana. Le conchiglie sono di accrescimento variabile, ma piuttosto lento e pochissimo involute. I giri, più alti che larghi, poco convessi sui fianchi, hanno sezione sub-rettangolare. Il dorso appianato ha una carena sifonale robusta, piuttosto acuta, ma non tanto sottile, la quale a mediocre sviluppo è fiancheggiata da deboli solchi laterali che si indeboliscono con l’accrescimento. Le coste molto robuste e spiccate, radiali o retroverse, sono diritte, ma possono divenire a grande diametro anche leggermente concave. Come nella maggior parte degli Arrioceras, esse, con l'accrescimento, si interrompono sul margine esterno non tanto bruscamente, piegando ed evanescendo in avanti: All’interno della spira dei miei esemplari le coste si presentano poi un poco più numerose che nella forma originale. La camera di abitazione in nessun esemplare oltrepassa la metà di un giro. La linea lobale (fig. 73) qui intercalata è stata tolta da un esemplare frammentario e corrisponde assai bene a quella figurata dal ScHLoENBACH. Il lobo sifonale è appena un poco meno profondo del primo laterale che finisce in tre punte e dell’antisifonale che finisce normalmente in due. Il secondo lobo laterale è assai ampio in confronto a quello figurato dal ScHLOEN- BACH e per quanto sia pochissimo profondo sorpassa il lobo successivo, sopra cui cade la sutura ombelicale. La sella esterna è ampia e bipartita simmetri- camente dal lobo secondario. La prima sella laterale, più alta della precedente, ha una forma alquanto ristretta ed un poco piramidale; la seconda è alta o pie san) Ca 2 circa quanto l’esterna, ma meno di quella che precede il lobo antisifonale e che approssimativo di mm. 65, in arriva all'altezza della prima laterale. PERMET L’esemplare che rappresento con la fig. 2, Tav. XXIII [XXVI], corrisponde molto bene all’individuo che io posseggo del Wiirttemberg e che ho rammentato in principio. Esso in confronto ha solamente i solchi dorsali un poco più distinti. Con la fig. 3, Tav. XXIIT[{KXVI], riproduco un esemplare che per le coste alquanto retroverse si riporta a quelli disegnati dal ScaLoeNBACE, dal QuensTEDT * col nome di A. ceratitoides, dall’ HyAmT col nome di Avn. Hartmanni e dal BowArELLI colla denominazione di Arm. dimorphus PaR., tutti molto simili fra loro. Si distingue solo un poco per le coste più numerose. L'individuo assai mal conservato che rappresento con la fig. 1, Tav. XXIII [XXVI], corrisponde molto esattamente al diametro di mm. 58, in cui io l’ho anche preparato, al modello dell’ esemplare originale favoritomi dal prof. v. ZirtEL, solo nei giri interni e precedentemente al diametro di mm. 30 presenta coste un poco più numerose. Esso è del tipo di quello che il Quenstent ha figurato, riferendolo all’A. ceratitoîdes, tra le Ammoniti del Giura svevo con la fig. 11 della tav. 13 e che a me sembra invece un tipico Arm. geome- tricum OPP. Dopo la rappresentazione data dal ScHLoENBACH della specie in esame, questa venne citata dal Du- MORTIER che però riferiva ad essa tre forme assai diverse e forse diverse anche fra loro medesime. Fic. 73. 1) QueNnsTEDT. Amm. d. schw. Jura, tav. 13, fig. 8. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 27 210 A. FUCINI i [170] Di queste, quella più vicina alla specie in esame è rappresentata dal DumortIER con le fig. 3, 4 della tav. 7 e se non fossero di ostacolo il suo accrescimento molto lento e la linea lobale differente potrebbe anche ritenersi esattamente determinata. Essa in ogni modo si dovrebbe riguardare come intermedia tra la specie oppeliana ed il mio Arm. anomaliferum. Tale forma è stata dal BowarELLI ® ritenuta simile a quella rappresentata, col nome di Arr. Hartmanni CrP., dalla fig. 1 della tav. 3 nel lavoro dell’ Hyamr sulla genesi degli Arieti e sulla quale il BowaRELLI istituì la var. compressa, che riferì poi dubbiosamente all’Arn. semicostatum Y. et B. Gli altri due individui figurati dal DumortIER col nome di A. geometricus potrebbero appartenere al mio Arn. mendax. Fra i vari esemplari di Ammoniti rappresentati dal Reyxnès col nome di A. geometricus PHILL. Var. ceras GIEBEL mi sembra che appartengano alla specie in discussione, per le poche coste e per il lento accrescimento, i due rappresentati dalle fig. 3, 4 e 7, 8, se però quest’ultimo non ha le coste già troppo arcuate. Resterebbe da esaminarsi ora la questione sinonimica e della corrispondenza specifica tra l'A. geo- metricus Puro. e VA. geometricus OPPEL che il Reynès sembrerebbe aver risolto in favore del PHILLIPS, ma per far ciò con esattezza bisognerebbe avere in esame l’originale del PHILLIPS stesso. I dieci esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori, solo alcuni ed incerti frammenti sono nel calcare rosso. La maggior parte appartengono al Museo di Firenze, tre soli al Museo di Pisa. 25. Arnioceras carenatum n. sp. — Tav. XXIII [XXVI], fig. 5, 6. DIMENSIONI I TI Diametro . d A 0 . ò 5 ò c c mm. 65 mm. 30 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . ; 0,27 0,27 Spessore® » » » ; 3 : 0,23 0,25 Larghezza dell’ombelico » » : ; 5 0,53 0,53 Ricoprimento della spira » so ® È Ù 5 0,02 0,03 Conchiglia discoidale, compressa, a spira leggermente involuta e ad accrescimento lento. I giri, più alti che larghi, hanno i fianchi pochissimo convessi e presentano una sezione sub-rettangolare. Il dorso, mediocremente ampio, ha una carena sifonale robustissima, non tanto elevata, nè acuta, poco o punto differenziata, ai cui lati si trovano superfici un poco scavate spioventi verso i fianchi. La spira è liscia fino ad un diametro di circa mm. 10, poi diviene ornata da coste, il cui numero rimane quasi costante con l’accrescimento, avendosene sopra a 30 anche a diametro molto piccolo e 35 nell’ ultimo giro del- l’ esemplare più grande figurato. Le coste, specialmente a sviluppo completo, si presentano molto gros- solane, elevate, arrotondate superiormente e di poco più strette degli intervalli. Esse sono radiali od un poco retroverse. Nascono presso l’ombelico ove fanno una stretta e distinta piegatura evanescente in avanti, la quale non si può vedere sulle figure perchè è limitata alla parete dell’ombelico e nascosta dal grande rilievo che rapidamente viene acquistato dalle coste stesse sul margine ombelicale. Tale piegatura è paragonabile a quella che le coste di molte specie di Arnioceras fanno sul margine esterno e che manca quasi completamente nella specie in esame. Le coste, che sono assai diritte a piccolo diametro, diven- gono con l'accrescimento un poco curvate sui fianchi, presentando un andamento leggermente convesso. 4) BoNARELLI. Cefal. sinem., pag. 9 (nota). [171] A. FUCIN' 211 Ciò è però in gran parte conseguenza dell’inflessione all’indietro che esse presentano sul margine dor- sale. Qui le coste raggiungono il massimo rilievo, si spimgono assai in fuori raggiungendo quasi l’ altezza della carena sifonale, dalla quale sono separate per uno spazio concavo. La camera di abitazione comprende nell’esemplare più grande figurato la metà del giro ultimo, in quello più piccolo solo un terzo. La linea lobale è simile tanto nell’uno quanto nell’altro individuo da me posseduto. Quella qui di- segnata, (fis. 74) è stata rilevata alla meglio dal più grande. Essa è notevole per la dentellatura e altezza straordinaria della selletta sifonale e per la dentellatura grossolana di tutte le altre selle. Questa specie è del tipo dell’Arn. geometricum OrP.? ma ne differisce certa- mente per la carena sifonale molto grossolana e per le coste non affatto acute e più numerose specialmente nei giri interni. i à l È Gi ki Linea lobale dell’ Arr. Anche nella serie dell’Arn. falcaries Quenst. si hanno forme molto vicine. Infatti carenatuma.sp., presa PArn. robustum Quensr. ® si può considerare diverso dalla mia specie solo che per?! ia. È le coste meno numerose ed arcuate in senso opposto, poichè sui fianchi si presen- tano concave in conseguenza della piegatura in avanti che esse fanno sul margine esterno. L’Arr. falcaries, rappresentato dal QuensTEDT insieme all’ Arm. robustum tra le Ammoniti del Giura svevo, con la fig. 12 della tav. 13, ha la curvatura delle coste identica a quella che si osserva nella mia specie, anzi più esagerata. Io avrei riunito all’Arr. carenatum tale forma del QueNnsTEDT, certo differente dal tipico Arm. falcaries QuENSTEDT *), se non mi avesse trattenuto la considerazione che essa ha le coste più retroverse, irregolarmente spazieggiate, carena più alta ed accrescimento un poco più lento. L’Arnioceras di Moltrasio, riferito dal PARONA all’Arn. kridioides Hyatt e da lui rappresentato dalla fig. 3 della tav. 13 e dalla fis. 4 della tav. 15, ha molta analogia con la mia specie. In esso però si hanno coste un poco meno numerose e accrescimento alquanto più rapido nei giri interni. Descrivendo la var. incerta dell’Arn. mendax ho già fatto notare l'affinità che passa tra essa e la specie presente. Vedute di fianco le due conchiglie potrebbero decisamente riunirsi. Le differenze stanno solo nel dorso che nella var. incerta ha carena più alta ed un poco meno grossolana, e solchi laterali più distinti e separati dai fianchi da carene marginali assai evidenti. Queste differenze che sarebbero più accentuate nel tipico Arm. mendax mi hanno fatto riguardare la var. incerta come una forma intermedia tra l’Arn. mendax e l' Arn. carenatum. I due esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori ed appartengono al Museo di Firenze. Fic. 74. 26. Arnioceras abjectum n. sp. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 1-3. DIMENSIONI } I II TII Diametro . i È , i G ; 5 . mm. 70 mm. 61 mm. 42 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,27 0,27 0,27 Spessore » » » : 0,17? 0,16 0,17 Larghezza dell’ ombelico » » È 0,53 0, 51 0,53 Ricoprimento della spira » » ; 0,01? 0,02? 0, 01 i) OpPEL. Juraformation, pag. 79. 2) QuensTEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 104, tav. 13, fig. 22. 3) QuenstEDD. Jura, pag. 70, tav. 3, fig. 6 (non fig. 7). 212 A. FUCINI [172] Questa specie, non tanto frequente, ha una conchiglia molto compressa, di accrescimento piuttosto lento, specialmente a sviluppo completo, e di piccola involuzione in modo che l’ultimo giro ricopre poco più della carena sifonale del penultimo. I giri, assai più alti che larghi, compressi e con i fianchi pia- neggianti, presentano una sezione sub-rettangolare allungata. Il dorso, assai ristretto, ha una carena sifo- nale molto spiccata, robusta, rilevata, decisamente arrotondata al di sopra, la quale aumenta molto in rilievo con l’accrescimento. Essa è fiancheggiata da solchi non tanto ampi, ma profondi, e molto di- stintamente limitata dai fianchi mercè carene marginali, nette e spiccate. I primi giri si vedono lisci nell’esemplare più piccolo figurato, fino ad un diametro di mm. 11 e sono poi ornati da coste che si pre- sentano assai sviluppate presso l'ombelico. Queste, nell’ ultimo giro del piccolo esemplare figurato, sono 43 e quindi relativamente più numerose che negli altri più grandi, nei quali giungono a 37 o 42. Tali coste, in quel piccolo esemplare, che è tutto concamerato, e nella parte concamerata degli altri, la quale com- prende fino al primo terzo dell’ ultimo giro, hanno un andamento più o meno caratteristicamente sinuoso e che ricorda quello delle coste dell’Arn. insigne. Si presentano adunque con una convessità assai mani- festamente rivolta in avanti in corrispondenza della metà inferiore dei fianchi e con altra simile, ma rivolta in dietro, nella metà esterna dei fianchi stessi. Se si aggiunge a tali curvature la piegatura in avanti che le coste stesse presentano evanescendo sul margine esterno e lungo l'ombelico si arguisce facilmente come il loro andamento debba essere alquanto flessuoso e paragonabile a quello che si osserva in certi Harpoceras del gruppo dell’ Harp. boscense Ren. Con l'ulteriore sviluppo ed in corrispondenza della camera di abitazione le coste perdono la loro sinuosità sui fianchi, diventano assai spiccatamente diritte e poi anche leggermente concave in accordo a ciò che succede nella maggior parte degli Arnio- ceras. Esse finiscono all’esterno dei giri ed in tutta la spira, prima di arrivare alle carene laterali del dorso, alle quali poi pervengono solo molto indebolite con la coda evanescente in avanti. In quanto alla direzione delle coste, essa si presenta più radiale all’interno della spira che all’esterno, ove anzi nell’esemplare più grande da me esaminato diviene decisamente retroversa. La linea lobale, non esattamente rilevabile da alcun esemplare, non presenta niente di notevole. Essa ha il lobo sifonale meno profondo del primo laterale, la sella esterna bipartita asimmetricamente in ma- niera che la parte esterna resulta più bassa della interna, la prima sella laterale più alta e più stretta della precedente, e la seconda molto bassa e depressa. Avevo creduto a primo esame che le conchiglie ora descritte dovessero essere riunite all’Arn. cera- titoides QUENST.; ma mi sono poi convinto che esse andavano assolutamente separate da tale specie del QuensreDT. In questa la conchiglia è meno compressa, l’accrescimento è sempre più rapido, le coste sono generalmente più numerose nei primi giri, non mai tanto flessuose e la carena sifonale non è poi cer- tamente arrotondata nè mai fiancheggiata da solchi netti e profondi. Questi non sono poi limitati da spiccate carene marginali. Per la conformazione del dorso distintamente e strettamente tricarinato e per le coste che si inter- rompono prima di arrivare alle carene marginali l’ Arm. abjectum ha particolare somiglianza con il mio Arm. elegans, il quale ha però accrescimento più lento e coste meno numerose e molto più robuste e rilevate. Notevoli affinità passano certo tra la specie in esame ed il mio Arm. insigne a cagione principale delle coste molto simili per andamento in ambedue le specie. È però da osservarsi che nell’Arn. insigne oltre ad aversi l'accrescimento più rapido, la conchiglia meno compressa, il dorso con carena sifonale più acuta e con solchi molto più deboli, anzi indistinti, si hanno coste più numerose e che finiscono nelle depressioni laterali alla carena sifonale e quasi alla base di questa, anzichè finire sulle carene marginali o prima di queste come nell’ Arn. abjectum. [173] A. FUCINI 213 La forma rappresentata dall’Hyarr, nella sua memoria sulla genesi degli Arieti con la fig. 1 della tav. 3 e che dal BowArELLI ! fu chiamata var. compressa e dubbiosamente riunita all’Arn. semicostatum Y. et B. è vicina alla mia specie, ma si presenta però alquanto meno compressa e, se la figura è ben fatta, con solchi dorsali più larghi e meno profondi, e coste più ottuse e grossolane. Dei cinque esemplari esaminati quattro provengono dai calcari grigi inferiori ed uno dai rossi; due appartengono al Museo di Pisa, due a quello di Firenze ed uno all’ Ufficio geologico di Roma. 27. Arnioceras simile n. sp. — Tav. XXV [XXVIII], fig. 6-10; Tav. XXVI [XXIX], fig. 15. DIMENSIONI I II III IV Vi Diametro . È ; c È c 6 6 mm. 57 mm. 40 mm. 40 mm. 34 mm. 29 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . 0,26 0, 28 0,28 0,29 0,31 . Spessore » » » : 0,21 0,22 0,22 0,22 0,22? Larghezza dell’ ombelico » » N 0,59 0,55 0, 54 0,50 0, 48 Ricoprimento della spira » 5) È 0,01 0,01 0,01 0,02? 0,02 Questa specie che non presenta particolarità spiccatamente distintive ed è quindi simile per alcuni caratteri a tanti altri Armioceras, ha una conchiglia compressa, pochissimo involuta e di accrescimento piuttosto lento. I giri, più alti che larghi, sono uniformemente, ma debolmente convessi, in modo da presentare una sezione ellittico-rettangolare. Il dorso è mediocremente ampio, con carena sifonale di- stinta, non molto prominente nè acuta e con solchi dorsali più o meno spiccati, ma non molto larghi. Le coste, radiali o proverse, da 40 a 45 nell’ultimo giro degli esemplari discretamente sviluppati, cominciano a mostrarsi a 10 mm. di diametro, ove nell’individuo rappresentato dalla fig. 10 della Tav. XXV [XXVIII] si vedono sotto forma di minute piegoline situate nella metà inferiore del giro. Con lo sviluppo le coste si presentano invece più spiccate nella parte esterna dei giri. Da prima esse sono alquanto flessuose in conseguenza di una leggera curvatura, con la convessità rivolta in avanti, che esse presentano nella parte interna dei fianchi, resa più palese dalla piegatura in avanti fatta tanto sul margine esterno quanto presso l'ombelico. In seguito le coste si fanno di andamento più diritto, ma poi, nell’ultima camera ed a qualunque diametro, sono sempre curvate con la convessità rivolta in dietro. La camera di abitazione in nessuno dei miei individui oltrepassa la metà dell'ultimo giro. La linea lobale non esce dalla forma più ordinaria degli Armioceras. Essa ha il lobo sifonale poco profondo ed a pareti parallele, poco incise. Il primo laterale, un poco più profondo del precedente, ter- mina con due o con quattro punte grossolane e non è tanto largo. Il secondo lobo laterale è profondo un terzo meno di quello sifonale ed un poco inclinato verso l’interno. La sella esterna, di forma sub- rettangolare, è bipartita in generale assai simmetricamente. La prima laterale, più alta della precedente e discretamente larga, ha la forma di una semiellissi. La seconda laterale, nella quale cade la sutura ombelicale, non è ben rilevabile; certo però non raggiunge l’altezza delle altre. Gli esemplari rappresentati con le fig. 9 e 10 della Tav. XXV [XXVIII] si allontanano un poco dalla forma più comune per la deficienza, specialmente nel primo, dei solchi dorsali. Per tali caratteri gli esemplari in discorso rappresentano un termine intermedio tra l’Arn. simile e lArn. fallax. Io non li ho riferiti a quest’ultima specie perchè hanno fianchi più piani, sezione dei giri più decisamente ellittica 1) BoNARELLI. Cefalop. sinem., pag. 9. 214 A. FUCINI [1741 e coste che, a sviluppo completo, non presentano sui fianchi la curvatura con la convessità rivolta in avanti, ma piuttosto opposta e che svaniscono sul dorso più rapidamente ed a maggior distanza dalla carena sifonale. Considerata nell’insieme la specie in esame ha analogie con A. Plotti Reynks 1, quando però è bene sviluppata e presenta le coste arcuate; a sviluppo meno completo e con coste più diritte (Tav. XXV [XXVIII], fig. 10) rammenta molto anche VA. Aglae Revnès?. Ambedue queste specie hanno però solchi dorsali più spiccati. La seconda se, come è ammissibile per la corta diagnosi data dal ReyNÈSs stesso, ap- partiene agli Armioceras, avrebbe la spira interna liscia per un tratto molto piccolo e coste molto numerose. L’Arn. densicosta Quenst. 3) differisce per maggior numero di giri lisci all’interno e per il dorso più ristretto, con carena più alta ed acuta e con solchi più distinti, nonchè per maggior compressione della conchiglia. L'Ar. Boeseì Un. 4 è assai più compresso; l’Arn. italicum del Monte di Cetona ha coste più gros- solane, retroverse e più diritte, l’ Arm. rejectum ha dorso più ristretto, accrescimento differente e minor numero di coste. £ Gli esemplari esaminati in maggior parte provengono dai calcari grigi inferiori; i restanti sono dei calcari rossi; sei appartengono al Museo di Pisa e sei a quello di Firenze. 28. Arnioceras elegans n. sp. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 4-8. 1898. Arietites (Armioceras) ceratitoides (non QuensrEDT) Parona. Ammoniti di Moltrasio, pag. 9, tav. 14, fig. 4, (pars) non tav. 13, fig. 1. DIMENSIONI DI II III Diametro. 6 o 6 ò ò ò Z mm. 60 mm. 46 mm. 42 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. - 0 X26, 0, 28 0,27 Spessore » » DIURNE, 0,20 0,20 0,21 Larghezza dell’ ombelico » » d 0,56 0,53 0,55 Ricoprimento della spira » » : 0, 01 0, 01 0,01? Questa interessante specie, che io istituisco sopra pochi esemplari, è molto caratteristica. Essa ha una conchiglia assai compressa, di accrescimento piuttosto lento e di involuzione quasi nulla, in modo che la sola carena viene ricoperta per il ritorno della spira. I giri sono alquanto più alti che larghi ed hanno fianchi appianati e sezione sub-rettangolare. Il dorso presenta una forma speciale per essere spiccata- mente e strettamente tricarinato. La carena sifonale, sebbene in massima parte mancante o spezzata, apparisce robustissima, elevata o piuttosto arrotondata. Essa ha la base più larga dei solchi, ristretti e profondi, che le stanno ai lati e che sono già manifesti al diametro di circa 15 mm. dell’ esemplare più piccolo figurato. Tali solchi, moltissimo spiccati nell’individuo della fig. 5, Tav. XXVI [XXIX], più leggeri nell’ultimo giro dell’individuo più grande (Tav. XXVI [XXXX], fig. 6) sembrano alleggerirsi con l’accre- scimento. Anche le carene marginali, strettamente arrotondate e ben definite, sono più distinte a mediocre i) Revnbs. Ammonites, tav. 36, fig. 9-16. 2 Ip. L. c., pag. 3, tav. 20, fig. 10, 11. 3) QuensTtEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 99, tav. 18, fig. 7. 4) UnLIG. Pauna a. d. Bukowina, pag. 29, tav. 1, fig. 6. [175] A, TUCINI 215 che a grande diametro. I primi giri, che non in tutti gli esemplari son ben conservati, si presentano lisci fimo al diametro di mm. 10, divengono poi ornati da coste poco numerose, ma che acquistano subito notevole rilievo e grossezza. Con lo sviluppo le coste non aumentano molto di numero, da circa 25 che se ne hanno al diametro di mm. 20, giungono ‘ad essere 33 nell'ultimo giro dell’ esemplare di mm. 46 (Tav. XXVI [XXIX], fig. 4) ma non oltrepassano le 31 nel più grande individuo figurato e sono 29 in quello della fig. 5, Tav. XXVI [XXIX], che ha il diametro di mm. 42. Tali coste nascono direttamente dal- l'ombelico assai spiccate e si accrescono lentamente, procedendo verso il margine dorsale, al quale giun- gono con direzione radiale o leggermente retroversa e con andamento diritto od un poco convesso, specie a piccolo diametro, od anche concavo come nell’esemplare della fig. 5, Tav. XXVI [XXIX]. L’anda- mento molto concavo delle coste di questo esemplare è reso più palese dalla piegatura in avanti assai accentuata fatta da tali coste nello scendere all’ombelico e che è molto più limitata negli altri esem- plari. Le coste sul margine esterno dei giri si accrescono in modo assai rapido, formando una specie di rilievo in corrispondenza del quale si ripiegano in dietro, e quindi si deprimono molto bruscamente prima di giungere alle carene marginali del dorso, dalle quali sono separate da una superficie concava assai larga. Questa sembra che vada restringendosi sul finire della spira dell’ esemplare più grande, ove le coste, evidentemente non ben conservate, pare che giungano anzi fino alle carene laterali, seguendo del resto lo sviluppo costale della maggior parte degli Arrioceras. La linea lobale non presenta caratteri molto distintivi. Essa ha il lobo sifonale non tanto profondo, ma piuttosto ampio, uniforme, e con selletta assai larga perchè comprende tutta la base della carena. Il primo lobo lateraie, un poco più profondo del precedente, ha forma rettangolare e termina con quattro punte, delle quali le due mediane e più basse sono assai minute. Il secondo laterale un poco meno profondo del sifonale è alquanto obliquo. La sella esterna, parecchio ampia, è bipartita non molto asim- metricamente; la prima laterale, linguiforme e poco incisa, resulta un poco più alta della precedente; lu seconda laterale, nella quale cade la sutura ombelicale, è depressa e di forma poco definita. To ho posto nella sinonimia di questa specie l’ esemplare di Arnioceras di Moltrasio, riferito dal PA- RoNA all’Arn. ceratitoides QuENST., poichè esso ha una straordinaria somiglianza con il più grande dei miei. È vero che il PARONA dice che esso ha il dorso non visibilmente provvisto di solchi ai lati della carena sifonale, ma ciò potrebbe dimostrare che quell’esemplare ha uno sviluppo più avanzato. Che l’individuo di Moltrasio ora in discorso non debba riferirsi all’ Arm. ceratitoides Quenst., per me è fuori di dubbio; l'accrescimento più lento ed il numero molto limitato di coste mi sembrano caratteri sufficienti per di- mostrarlo. Questa specie, sopra tutto a mediocre diametro, ha qualche somiglianza, per i caratteri del dorso spiccatamente tricarinato, con il mio Arn. mendax, ma questo ha però minor compressione, carena sifo- nale relativamente meno robusta e con solchi laterali molto più ampi ed anche coste più numerose, seb- bene in qualche varietà con lo stesso andamento. Per simile forma del dorso l’Arricceras elegans trova analogia anche con l’Arn. munitum m., già de- Scritto nel presente lavoro; questo però ha coste più diritte, più depresse, ottuse, interrotte all’ esterno a maggiore distanza delle carene marginali e molto differenti per numero e per forma, specialmente nella parte interna della spira. Nella serie dell’Arn. falcaries Quenst. 1 si trovano esemplari che, veduti di fianco, manifestano la più grande somiglianza con il mio della fig. 5, Tav. XXVI [XXIX], nessuno di essi però ha un dorso i) QuENSTEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 101, tav. 13, fig. 12-17, 20,21. 216 A. FUOINI [176] solcato e tricarinato distintamente. Tale carattere del resto non sarebbe ammissibile per un Arr. fal- caries tipico. Gli esemplari esaminati sono conservati tutti nel calcare grigio inferiore; tre appartengono al Museo di Pisa e due al Museo di Firenze. i Var. pusilla n. var. — Tav. XXVI [XXIX], fig. 9-11. DIMENSIONI I II III Diametro È ; i È - : c . mm. 50 mm. 37 mm. 32 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,27 0,27 0,27 Spessore » » » ò 0,18 0,18 0,20 Larghezza dell’ ombelico » » : 0, 54 0,56 0,53 Ricoprimento della spira » » c 0,01 ? 0,01 La costanza delle poche e se vuolsi ‘anche piccole differenze che passano tra la forma tipica e quella in esame mi ha spinto alla istituzione di questa varietà. Tali differenze non riguardano affatto la strut- tura del dorso che rimane perfettamente identica nelle due forme; esse si limitano piuttosto alle coste che in quella ora in esame, sono assai più numerose e di direzione alquanto più retroversa. La conchiglia è poi in generale più piccola e più compressa. Questa forma collega l’Arn. elegans con l’Arn. anomaliferum e con l'Arn. spirale già descritti, i quali hanno però diverso sviluppo e differenti caratteri del dorso, delle coste e della linea lobale. Degli esemplari esaminati tre provengono dai calcari grigi inferiori e due dai rossi. Uno di essi è del Museo di Pisa, tre di quello di Firenze ed uno appartiene al Museo di Monaco di Baviera. 29. Arnioceras insigne n. sp. 2 Aigo VOOR LIO DIMENSIONI I II TII Diametro a o ò ; . ò o mm. 71 mm. 50 mm. 47 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,31 0,32 0,30 Spessore » » » 4 0,202 0,22 0,21 Larghezza dell’ ombelico » » i 0, 46 0, 46 0,49 Ricoprimento della spira » » , 0,03 0,03 0,02? Questa specie, oltremodo interessante, ha una conchiglia che si accresce assai rapidamente e che si ricopre pochissimo per l’involuzione. I giri, più alti che larghi, hanno i fianchi più convessi a grande che a piccolo sviluppo e presentano una sezione sub-ellittica. Il dorso, non molto ampio, ha una carena sifo- nale spiccata, alta, poco larga e piuttosto acuta superiormente, la quale in nessun punto della spira è fiancheggiata da solchi distinti; solo ai suoi lati si hanno delle strette superfici liscie che nei due indi- vidui più piccoli sono leggermente concave. Le coste si manifestano numerose e, mentre in due individui aumentano assai di numero dall’interno della spira all’esterno, si mantengono poi piuttosto costanti nel- l'esemplare rappresentato dalla fig. 9, Tav. XXIV [XXVII]. Esse sono poco grossolane, uniformi, poco ingrossate al margine esterno anche a piccolo diametro, arrotondate superiormente, non molto più strette degli intervalli ed aventi il lato posteriore meno dolcemente declive dell’ anteriore. La loro direzione nel- l’insieme si scosta poco da quella radiale; l’andamento è però molto caratteristico. È assai evidente in {177) A. FUCINI III, taluni punti la convessità in avanti che esse assumono nella metà inferiore dei fianchi e più quella opposta che si osserva invece nella metà superiore dei fianchi stessi. È pure visibile, ma non molto pronunziata, la piegatura in avanti che le coste stesse fanno nello scendere all'ombelico ed è molto spiccata poi quella, pure in avanti, che esse determinano verso l’esterno dei fianchi con la coda evanescente presso la carena sifonale. Per tali curvature le coste dell’ Arm. insigne acquistano un andamento sinuoso molto distinto, simile a quello che si osserva nell’Arn. abjectum, nel quale però è meno sviluppato. Sul dorso le coste svani- scono assai prolungate in avanti presso la base della carena sifonale. La camera di abitazione sorpassa in ogni esemplare la metà dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 75), bene visibile solo che nell’individuo della fig. 9, Tav. XXIV [XXVII], ha una frastagliatura assai profonda. Il lobo sifonale è ristretto, poco profondo e sorpassato dal primo laterale, pure ristretto e terminato alquanto asimmetricamente con lunghe punte. Il secondo laterale è relativamente ampio e, cosa mai tanto spiccata in altra specie di Arnioceras, sorpassa di poco la pro- fondità del lobo esterno. La sella esterna in confronto a quella delle linee lobali di tante " specie congeneri, è piuttosto stretta e profondamente incisa dal lobo secondario che la IVANO bipartisce in due parti disuguali: di queste l'esterna è la più larga, ma è la meno alta. i i à È n ; Linea lobale del- La prima sella laterale è molto alta e piuttosto ristretta. La seconda sella laterale, meno Dina alta di tutte, riceve la sutura dell’ombelico. Fmi al E metro di mm. 3l, Questa specie per i caratteri della linea lobale, delle coste e del dorso è bene di- in grandezza na- stinta, ma può essere sempre paragonata ad altre. Essa per esempio è vicina per l’accre- VEor scimento e numero di coste all’Arn. ceratitoides QueNsT., ma se ne differenzia peri giri appena più con- vessi, per le coste sinuose e per la linea lobale molto incisa e con il secondo lobo laterale molto profondo. Dall’Arn. falcaries densicosta Quenst. !) la nuova specie presenta differenze notevoli nell’accrescimento più rapido, nella simuosità delle coste e nella linea lobale. Anche l’Arn. abjectum, precedentemente descritto, può venire paragonato alla specie in esame in par- ticolar modo per l'andamento assai simile delle coste; ma esso è certamente diverso per l'accrescimento più lento, per il dorso tricarinato e con solchi bene spiccati e profondi, per la carena sifonale più. ro- busta ed arrotondata, per il minor numero di coste e per la linea lobale. Degli esemplari esaminati, il più grande proviene dai calcari rossi inferiori e gli altri due da quelli grigi; due di essi appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. Fic. 75. 1) QuenstEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 99, tav. 13, fig. 7. Pisa, Gabinetto geologico della R. Università, 25 giugno 1902. Finita di stampare il 15 dicembre 1902. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. [o] (77) i RAS) o E. REGALIA SETTE UCCELLI PLIOCENICI DEL PISANO E DEL VALDARNO SUPERIORE (Tav. XXVII [I]). Il prof. CARLo DE STEFANI, direttore del Gabinetto di geologia in questo Istituto di Studi superiori, mi ha invitato a studiare dei resti ornitici fossili, e io rispondo al cortese invito come lo scarso tempo e il materiale della mia collezione osteologica mi permettono, con le osservazioni consegnate nelle pa- gine seguenti. Dei resti in parola due appartengono al Gabinetto su nominato, come indicherò, gli altri fanno parte . della collezione del noto paleontologo fu RoseRTo LAwLEY e si trovano depositati solo temporaneamente presso il Gabinetto che sopra. Quanto alla provenienza loro, uno appartiene al Pliocene lacustre del Valdarno superiore, essendo stato trovato nella località detta “il Tasso ,, presso Terranova, provincia di Arezzo: è quello da me dia- gnosticato Corvus pliocenus (PortIs) e dall’eminente paleontologo dell’ Università di Roma già studiato ‘insieme ad altre due specie ornitiche, provenienti dalla stessa formazione suddetta, benchè da altre due località, e che sono Fwligula aretina Portis e Fuligula sepulta Portis ®. L'importanza di questi avanzi fu già fatta rilevare dall’A. nella 1.8 nota del suo lavoro, dicendo: “ Il CuviER, e sulla sua autorità altri paleontologi, affermarono la presenza di ornitoliti nel Valdarno. Pare tuttavia che, se realmente nel se- colo passato o nel principio del secolo presente si trovarono di tali avanzi, essi andarono perduti in se- guito; oppure che realmente non esistettero mai e che l’asserzione del Cuvier, basata non sulla diretta osservazione ma su semplici informazioni, sia da ritenersi come inesatta. Presentemente gli unici ornito- liti conosciuti del Pliocene valdarnese son quelli che formano l'oggetto della presente nota ,. Gli altri resti fossili di Uccelli che mi sono stati consegnati, provengono, insieme ad avanzi di Mam- miferi terrestri, Rettili e Pesci, dalle argille marine del Pliocene superiore di Orciano Pisano, nella Valle di Fine, provincia di Pisa. Di essi fanno parte anche tre pezzi posseduti dal Gabinetto su nominato e che vennero illustrati dallo stesso prof. PortIS, nella su citata pubblicazione: sono Podicipes pisanus (PORTIS), Falco sp. (pisanus Portis) e Uria ausonia Portis. Sull’ utilità di prendere in considerazione simultaneamente i tipi ornitici di ambedue le località lo stesso illustre paleontologo si esprimeva con parole, che credo bene di riportare anch’esse: “ Benchè il presente lavoro fosse inizialmente destinato ad illustrare la fauna ornitica pliocenica del solo Valdarno superiore, non ho tuttavia potuto astenermi dal descrivere pochi avanzi trovati fuori della regione; tanto 4) PoRtIS dott. ALassanpro. Gli Ornitoliti del Valdarno superiore e di alcune altre località plioceniche di To- scana. Nota. Di pag. 20, in 8.° gr., con una tav. litogr. Firenze, Tip. dei Successori Le Monnier (senza data). 220 E. REGÀLIA [2] più che, venendosi con quelli ad allargare il numero dei tipi rappresentati nel Pliocene toscano, si può aver migliore e più completa idea della fauna strettamente locale e delle relazioni che essa poteva avere coll’esterno ,. 1. Corvus [pliocaenus (Porris)?]. Porzione distante di Ulna (Gabinetto di Paleontologia dell’ Istituto di Studi superiori in Firenze). Tav. XXVII [I]; fig. 1. Numenius sp. (pliocaenus Porms). Ports dott. A. Gl Ornitoliti ecc. L. c., pag. 13, fig. 26.a,b. Tra i resti ornitici del Pliocene lacustre del Valdarno superiore, posseduti dal Gabinetto su indicato ed egregiamente studiati dal PortIs, ve n° ha uno che proviene, come ho già detto, dal luogo chiamato “il Tasso ,, vicino a Terranova, e che si presta alla determinazione generica. È una porzione distante di ulna destra, conservante una lunghezza di mm. 31,5, in cui l’estremità carpale ha un massimo dia- metro (obliquo alla troclea) di 10,1, e la diafisi, presso la rottura, un diametro massimo di 6. Della su- perficie dell’osso rimane buona parte alla faccia superiore (nella posizione naturale dell’avambraccio), ma gran parte manca nel resto e soprattutto nell’ estremità articolare, dove tutti i rilievi sono smussati e il margine esterno della troclea carpale mostra perfino scoperto il tessuto areolare sottostante. Può calco- larsi perciò che il diametro obliquo su indicato fosse, nell’osso intatto, di circa 10,7. Il pezzo è tempe- stato di minute dendriti nerastre. La mia diagnosi generica è.fondata sui particolari morfologici seguenti: Considerando l’osso nella posizione naturale, a) la grande larghezza anteriore della superficie ar- ticolare, maggiore di quella che ha la diafisi dove comincia il parallelismo dei suoi contorni, esterno e interno; 3) il suo contorno anteriore quasi rettilineo all’indentro del margine esterno (qui corroso); c) la forma del processo interno, così depresso, staccantesi ad angolo stretto dal corpo e quindi complessiva- mente breve nel senso antero-posteriore, ma largo e arrotondato all’ estremità; d) il lungo solco, destinato ai tendini di alcuni muscoli che vanno alla mano (tra i quali il flexor metacarpì radialis), limitato al- l’esterno da uno spigolo, che si prolunga all’indietro e costituisce un margine supero-esterno della diafisi (solco e spigolo sono visibili nella fig. 1, Tav. XXVII [I]); e) la forma complessiva così rettilinea. Per quanto riguarda l’ Avifauna europea ed anche per quanto conosco di specie estranee all’ Europa, questi ca- ‘ratteri, ed altri che taccio, non si trovano riuniti fuorchè nei Passeres. Le dimensioni assolute poi ci dicono trattarsi di uno dei Passeres più grandi, cioè di Corvidi, anzi del gen. Corvus. Le dimensioni sono molto inferiori a quelle del Corvus Corax, ma sensibilmente superiori a quelle delle altre tre specie nostrali ((C. corone, C. cornix, C.frugilegus), come pure di un C. americanus AUD. gd, del Canadà; donde si ricava che l’animale pliocenico ha differito, per la mole, almeno dalle attuali specie europee, nonchè da una di quelle dell'America. Si noti che il fossile rappresenta una %. sp., dato il caso che non siano stati pubblicati dei Corvus pliocenici (e, per lo meno, da cui il nostro fossile sia indistinguibile) posteriormente al Catalogo del LyDEKKER !, il solo comprendente le specie fossili dell’intera classe delle Aves, che io abbia potuto con- sultare, e ciò per cortesia dell’egregio amico prof. Enrico H. Greiori. L'altro Catalogo, più recente ed esteso a tutte le Aves, viventi e fossili, dello SHARPE 2), non è compiuto, mi dice lo stesso GIGLIOLI, e )) LypEKKER RicHARD B. A. Catalogue of the fossil Birds in the British Museum (Natural History). London, 1891. © BowpLerR SHARP R. A Hand-list of the Genera and Species of Birds [Nomenelator Avium tum fossilium tum viventium), 3 vol. London, 1899-1901.‘ [3] TL. REGÀLIA 221 non comprende una parte dei Passeres, tra cui i Corvidi. In quello del LyDEKKER, pag. 3, sono menzio- nati soltanto Corvus Corax e ©. corone, ma di caverne, ossia quaternarii, senza contare la loro statura diversa da quella del nostro fossile. È poi mia opinione, come è almeno del maggior numero dei pa- leontologi, non potersi ammettere, quanto ai Vertebrati superiori, che da un’ epoca all’altra le specie siano rimaste immutate, e particolarmente ciò non essere ammissibile riguardo agli Uccelli, per i quali le distinzioni specifiche consistono spesso in caratteri esterni, non accompagnati da modificazioni apprez- zabili, eccetto che nella testa, e non sempre, del sistema osseo. 2. Falconida (Aquila Kurin?). Falange ungueale (Coll.®° del fu cav. R. Lawxev). — Tav. XXVII (I), fig. 2,3. La diagnosi è stabilita sopra una Yalange ungueale (di piede), ben conservata, salvo che mancano, per rottura recente, alcuni millimetri all’apice. Premetto, a scopo di chiarezza nel descrivere, alcune definizioni di nomi, che applicherò alle varie parti di questa falange, e quindi applicabili alle faiangi ungueali della Tribù degli Accipitres (Rapaci diurni) in generale, poichè nelle falangi dei Catartidi, come è facile affermare anche senza conoscerle, è impossibile che manchino le fattezze fondamentali, proprie delle altre famiglie. A ciò sono indotto dall’ignorare che un’ apposita nomenclatura sia stata usata, poichè non la trovo, ad esempio, nella grande opera del Mrrne Epwarps sugli Uccelli fossili , nemmeno là dove, a pag. 415, II, vengono descritti, in via generica, i caratteri delle falangi del piede appunto degli Accipitres. Vi ha luogo a distinguere (Tav. XXVII [I], fig. 2): 1 I. una porzione ungueale, cioè quella inguainata nell’astuccio corneo (unghia), ricurva, gradualmente assottigliantesi dalla base all’apice, e di sezione paragonabile alla metà di un’ ellisse molto allungata e divisa dall’asse minore, nella quale metà: questo asse corrisponderebbe alla superficie inferiore della fa- lange e le sue estremità corrisponderebbero ai due spigolî, che in molte specie decorrono dalla base al- l’apice, separando la detta superficie da quella superiore, molto convessa ?); II. una porzione basale, cioè il resto della falange. Quivi sono da distinguere: @) il tubercolo esten- sore (cui s'inserisce il tendine del muscolo estensore, qualunque sia), compresso in senso antero-poste- riore *), situato superiormente, fra la porzione ungueale e d) la parte articolare, costituita dalle due faccette profondamente concave, che si articolano alla penultima falange; c) il processo ipoartrodiale, 0 inferiore, situato sotto 6, all'ingrosso piramidale, avente a ciascun lato, o ad uno solo, della base un foro nutri- catore, e in cui è da distinguere (Tav. XXVII [I], fig. 3) la sua parte apicale, cioè d) il fubercolo flessore (cui è inserito il tendine del muscolo flessore, quale che i; avente, in veduta inferiore, una faccia al- l’innanzi e forma che varia tra l’emisferica e la triedra. Ecco le dimensioni principali in A falange e nelle due maggiori, cioè dell’alluce e del secondo dito, di tre specie di Aquila: 1) MiLne EpwaRrDS A. Recherches anatomiques et paltontologiques pour servir à V histoire des Oiseaua fossiles de la France. Paris, Masson, 1869-71. 2) Questa fattezza manca totalmente in quel tipo aberrante per molti altri caratteri, che è il Falco pescatore, Pandion Haliaétus, nel quale perciò gli ornitologi descrivono le unghie come «senza solco» e « attondate alla parte inferiore »: le falangi sono di sezione ovale, la cui estremità più stretta corrisponde alla faccia inferiore. 3) Nel Pandion quasi lungo quanto largo e perfino più lungo, 222 E. REGÀLIA [4] Falangi ungueali dei diti I e II del piede Misure in millimetri Faleng® Chryastive gi fucos0 0? ciau © I II I II I II Lunghezza massima in linea retta 3 . 6 39,5? 40 35 44 39,7 32 30 » » » della porzione basale . 18,7 19,1 18,3 19,6 18 14,3 13,3 » » » delle faccette articolari . 10,7 Ipicit 30; 10,4 9,7 7,874 Larghezza massima (alla parte articolare) 5 è : 10,3 10,6 9,6 10,4 9,6 T4 7,1 È quasi inutile dichiarare che le Striges sono escluse per caratteri evidenti. Quanto agli Accipitres, una delle famiglie, le Cathartidae, manca affatto nella mia collezione, e perciò non ne posso dire nulla. Serpentariidae. — Posseggo l’unico e singolare rappresentante della famiglia, Serpentarius secreta- rius (VosmaER). Molte forme e proporzioni delle sue falangi sono simili a quelle proprie degli Accipitres, ma tra esse non mancano delle varianti notevoli: così le due più grandi ungueali sono quelle dei diti I e III, gli spigolè longitudinali sono poco rilevati, i tubercoli, estensore e flessore, poco sviluppati, e il secondo ora detto è straordinariamente appiattito nel senso antero-posteriore. Anche le due ungueali maggiori sono molto più piccole del fossile !). Vulturidae. — Ho esaminate le maggiori ungueali (dei diti I, IT e III) di tutti i 4 Vulturidi italiani attuali, Gypaétus barbatus, Vultur Monachus, Gyps fulvus, Neophron Percnopterus ?. Tutte sono non poco ‘ minori, e quelle del Neophror moltissimo minori, del fossile; gli spigoli sono o deboli, come in Gypaétus e Vultur, o in ogni modo meno rilevati che nel fossile; le fossette situate dietro ai fori nutricatori, non sono mai nè profonde (trasversalmente), nè estese all’indietro e soprattutto verticalmente, quanto nel fossile e nelle Aquile: spesso può anzi dirsi che mancano, e nel Neophron manca lo stesso foro interno; mancano i margini rilevati, verticali, che nel fossile e nelle Aquile scendendo, a ciascun lato, dall’ orlo articolare, separano la porzione ungueale dal processo, quindi dai fori e dalle fossette: fanno eccezione solo i fori interno della F. u. del I ed esterno di quella del II in Gypaétus, che sono preceduti da un margine, ma meno esteso di quelli del fossile. Spesso la deviazione dell’asse maggiore della porzione basale dal piano mediale di quella ungueale è più forte che nel fossile e nelle Aquile. In Gypaétus è poi notevole la forma asimmetrica della porzione basale. Da questo esame, qui dato in riassunto, ricavo la conclusione, che la falange fossile non ha appartenuto ad un Vulturide. Faccio seguire in un prospetto, per renderlo più evidente, il risultato delle osservazioni fatte circa le dimensioni relative delle tre maggiori falangi ungueali nei quattro Vulturidi. Vi aggiungo le osser- vazioni sull’ “ Angolo del profilo basale ,, con la quale espressione intendo l’angolo che, in veduta late- rale (Tav. XXVII [I], fig. 2), è formato dalla retta tangente alle sommità dei margini anteriore e poste- riore delle faccette articolari col profilo superiore (Tav. XXVII [I], fig. 2,p.s.) del processo è@nferiore: la valutazione di questo angolo è, in parecchi casi, incerta, come è facile immaginare, ma insomma è meglio che nulla. Questo angolo è sempre minore di quello esistente nella falange fossile, e solo nella falange i) Non è affatto superfluo l’assicurarsi della esclusione di un Serpentario, giacchè uno esisteva in Francia du- rante il Miocene (MiLne EpwARDS. Op. cit.), e nelle argille di Orciano fu rinvenuto un Chelonio di tipo tropicale (PortIs A. Op. cît., pag. 18). 2) Delle due ultime specie osservo più di un esemplare. [5] E. REGÀLIA 223 ungueale del dito II del Vultur è di poco minore. I risultati consegnati nel seguente prospetto possono chiamarsi un %ors d’oeuvre, ma è certo che possono riuscire non del tutto inutili, poichè non se ne tro- verebbero dei simili altrove. Falangi ungueali -—_ — Lunghezza ti So Angolo ella totale della porzione basale ‘porzione ungueale del profilo basale | Gyps fulvus n. 1 II5>I8> IN II5>I (e II?) II >Ie I inI>HI, poco I,KII id. id., appena>II Gyps fulvus n. 11 . MESI Gdl ESTAZZII IID>I appena >IL id., II G barbat d È a I Il e III abtus barbatus . id. i OG e SE 7 Tin sa. RL RLe HE giacchè ho avuta la pazienza di farle, non lascierò perdere neppure le osservazioni dirette a rile- vare la relativa grandezza dei due massimi diametri (trasversale, alla base, e antero-posteriore) del #u- bercolo flessore. La proporzione tra questi due diametri porge all’ingrosso un’ immagine della forma del tubercolo, visto inferiormente, e neppure su di essa, è lecito credere, furono mai pubblicati dei dati. L’ho valutata il più delle volte a occhio (riducendo in seguito tutte le frazioni a decimi), ma in una parte dei casi mi sono servito del compasso portato poi sopra una misura a millimetri. S’intende che la terza dimensione del tubercolo, cioè quella verticale, è un fattore della forma di esso in veduta posteriore, forma che varia da un genere all’altro; ma già troppo mi dilungo per potere qui trattare di codesta forma. Forma del tubercolo fiessore nelle falangi ungueali del piede Diametro massimo trasverso: D. mass. ant.-post.=10:: Dito I Dito II Dito III Dito IV Serpentarius secretarius 24 24 30 22 Gyps fulvus n. 1 12,5 16,7 22 20 Ia: n.ll 12,5 16,7 20 16,7 Vultur Monachus 11 12 20 12 Neophron Percnopterus 10 11 16,7 ll Gypaétus barbatus Ò 0 o 11 16,7 22 18 Aquila Chrysattus TO... + 8 9 18 12 Id. Qu. 10 10 18 15 Aquila fucosa 12,5 12,5 20 18 Aquila clanga 10 10 24 13 Nisattus fasciatus 10 12 — 11 Falange fossile (II?) 10 224 E. REGÀLIA [6] Dallo specchietto risultano lo straordinario’ appiattimento antero-posteriore del tubercolo nel Serpen- tario, già da me più sopra notato, e la prossimità e identità della proporzione dei due diametri tra il fossile e le due Aquile reali. Risulta inoltre che in tutte le 8 specie, di cui poterono essere esaminate tutte quattro le falangi, quella del dito III ha il tubercolo più appiattito degli altri. Verifico esistere la stessa proporzione in Circus cineraceus, Circattus gallicus, Buteo ferow, “Pernis apivorus (in minor grado), Milvus migrans, Astur palumbarius T°, mentre in una 9. il tubercolo più ap- piattito è quello del dito IV. Falconidae. — Passando ora al paragone della falange fossile con quelle delle Aquile appunto, le specie con le quali posso fare il confronto, sono Aquila Chrysattus FT e 9, Aquila fucosa (Q?, Australia), Aquila clanga PaLn. JT e 9, Nisattus fasciatus (Vizinn.), N. pennatus (GmEeL. ex BrIss.). Le più rimarchevoli differenze che presenta il fossile, sono le seguenti: I° “ angolo del profilo ba- sale ,, quale di sopra viene definito, è notevolmente più ottuso (Tav. XXVII [I], fig. 2), anche in paragone delle falangi ungueali dei diti II, nelle quali l'angolo è lesgermente maggiore che in quelle degli alluci. Il profilo posteriore, o superiore, del processo inferiore, è rettilineo (Tav. XXVII [I], fig. 2), invece che convesso. Il processo è di una convessità, nel senso trasversale, non poco più larga (sempre però molto più stretta di quella propria dei Vulturidi). L'asse dell’intera porzione basale devia dal piano mediale della porzione ungueale (Tav. XXVII [I], fig. 3) più che nelle stesse falangi ungueali del diti II, nelle quali la deviazione è non poco maggiore che in quelle degli alluci e in senso opposto (deviando la porzione un- gueale verso l'interno). Le faccette articolari nel loro terzo inferiore sono separate da un rilievo più largo e lungo (Tav. XXVII [I], fig. 3 e), il quale fa supporre che fosse più larga la gola della troclea della falange precedente. Non ho dati per escludere le specie del gen. Haliaétus: soltanto ho una figura di una falange dal prof. Nicorò MorELLI attribuita al dito II della comune Aquila di mare (AH. Albicilla) *. Il nostro fos- sile è in tutto più piccolo, ma con processo inferiore relativamente più grande, più rettangolare e for- mante un “angolo del profilo, più ottuso. Esso pare di un dito II, anzi che di alluce, per i seguenti caratteri: 1. brevità relativa del pro- cesso inferiore; 2. grandezza dell’ “angolo del profilo basale ,; 3. spessore antero-posteriore e solcatura trasversale del fubercolo estensore (nei quali due caratteri il tubercolo del II supera quello del I in tutte le Aquile, che poi sono superate dal fossile); 4. deviazione dell’asse della porzione basale da quello della porzione ungueale maggiore di quella, del resto piccola, che si ha nelle falangi del I nelle Aquile. La proporzione tra i due diametri del #ubercolo flessore, come può vedersi dallo specchietto che sopra, esclude che la falange sia di un dito III, e le dimensioni assolute escludono che sia di un dito IV. Atteso poi il deviare della porzione ungueale a destra di quella basale, in veduta posteriore (Tav. XXVII [I], fig. 3), si può concludere, che il pezzo è la falange ungueale del 2° dito del piede sinistro di una specie appar- tenente al sruppo delle Aquile e che aveva una statura, in uno dei sessi, circa eguale a quella del g dell'Aquila comune (A. Chrysattus). Chi avesse dati osteologici e di letteratura sufficienti, quali io non ho, potrebbe forse, e non impro- babilmente, dimostrare che si tratta di una specie nuova. !) MoreLLI ‘Sac. Nicorò. Resti organici rinvenuti nella Caverna delle Arene candide presso Finalmarina (con 8 tav.). Genova, Ciminago, 1891, tav. I, fig. 4. [7 ; E. REGÀLIA 225 3. Phalacrotorax Bxriss. (De Stefanii n. sp.?). Vertebre, Furculum, Coracoidi, Omero, Ulna, Femore, Tibio-tarso, Tarso-metatarso, Falange (Coll:n° del fu cav. R. Lawney). — Tav. XXVII [Il, fig. 4-14. Abbiamo qui una specie rappresentata verosimilmente da undici elementi, quali dello- scheletro assile e quali delle due parti dello scheletro appendicolare. Le forme del genere sono tanto caratteristiche, salvo forse quelle della falange (di piede) da potersi ritenere indubbia l'assegnazione di questi avanzi al genere stesso. Non. posseggo alcun Phaéthon nè Fregata %, ma ho rappresentanti delle altre 4 fa- miglie della Tribù Steganopodes, cioè specie di Pelecanus, Phalacrocorax, Microcarbo, Sula, Plotus (P. amkinga, americano, e P. melanogaster del Madagascar). Questi generi si possono escludere, o con certezza o con probabilità, per ragione di dimensioni, troppo grandi o troppo piccole, salvo Phalacrocorax e Plotus. S'intende che dell’esclusione di quest’ ul- timo, alla sua volta, mi assicuro quanto ai singoli elementi. Non senza tenere sott’occhio dei Microcarbo pigmaeus (PaLn.) e dei Phalacrocorax Carbo (LinN.), paragono i pezzi fossili più specialmente con due Ph. graculus ? adulte e, per le dimensioni in particolare, con una di esse. Vertebre. — Sono tre, di cui 1 cervicale (Tav. XXVII [I], fig. 4) e_2 toraciche. La cervicale sembra essere la 13, nell'ipotesi di una grande affinità, quale risulta dal complesso dei pezzi, tra l’animale fossile e l’attuale Graculus. Per dire due soli dei caratteri di 13°, anzi che delle vertebre anteriori e posteriori a questa, 1.° le due creste che partono dalla spina neurica e vanno a finire in tubercoli; sopra le due postzigapofisi, sono più avvicinate al margine posteriore dell’arco che non nelle vertebre anteriori; 2.° essendo l’elemento fossile uno di quelli della serie, in cui vi ha il semicanale inferiore per il passaggio dell’arteria o delle arterie carotidee, ed essendo conservata in gran parte una delle lamelle limitanti il canale la relativa grande lunghezza di questa lamella discendente va d'accordo con la proporzione che siffatta parte ha nella 13? tanto del Graculus quanto del Carbo (in ambedue le lamelle crescono dall’ 11? vertebra alla 13%) Mancano ambe le parapofisi, ma è distintissima la rottura alla loro base. Im parecchi caratteri il fossile somiglia quando più al Gracwus e quando al Carbo: menzionerò sol: tanto la maggiore somiglianza col primo per la spina neurica più distinta (assente nelle 11% e 12? del Carbo) e col secondo per la forma complessiva meno tozza. Quanto a questa ho voluto verificare con mi- sure: la somma delle due larghezze, prese alle pre- e alle post-zigapofisi, divisa per la lunshezza dal margine anteriore delle prime al-posteriore delle seconde, mi ha dato — nel Graculus 1,98; nel fossile 1,76, nel Carbo 1,66. La non piccola differenza di proporzioni tra le vertebre delle due specie attuali persiste in parte almeno delle anteriori e posteriori alla 13% Anche per le proporzioni in veduta ante- riore il fossile si mantiene intermedio, e più prossimo, come per qualche particolare, al Cardo che al Graculus. : 1) Così scrivevo nel luglio. Adesso posseggo anche Phaéthon rubricauda e Fregata aquila, grazie alla squisita cortesia del dott. WiLciam T. BrIigHAM, Direttore del Museo Etnologico e di Storia Naturale di Honolulu, etnologo insigne, autore di magnifiche pubblicazioni di quel Museo. I detti due scheletri, come quelli di altre quattro specie favoritemi dal Told dott. BRIGHAM, sono tuttora da macerare, ma essendo scarniti, mi/permettono di dite ché, o per dimensioni 0 per forme, ambe le specie sono escluse quanto a tutti gli elementi fossili in questione, potendo restare un dubbio soltanto a riguardo della vertebra cervi- cale e della falange, per rispetto alla regata. È un mio grato dovere quello di rendere qui all’eminente dott. BricHAM i più vivi ringraziamenti. Palaeontographiu italica, vol. VIII, 1902. 29 226 E. REGÀLIA [S] Ambedue questi presentano, inoltre, la curiosa fattezza (che si trova anche in Microcarbo e, in minor grado, in Sula) di avere in una serie di alcune vertebre, tra cui la 132, l’orifizio posteriore del canale neurico a forma circa rettangolare e più stretto del canale, di modo che nell’interno di questo i margini superiore e laterali sono rilevati. Il fossile presenta esso pure questo carattere, donde altra ragione per la diagnosi del genere, ma lo presenta in grado minore del Graculus, approssimandosi con ciò di più al Carbo. Le altre due vertebre sono foracîche e contigue, e paiono precisamente 5% e 6% Si articolano bene soltanto nei corpi, avendo guasti nelle zigapofisi. i Furculum. — Rappresentato da circa i °|; superiori della metà destra (Tav. XXVII [I], fig. 5, 6): è mancante, per rottura alla base, quell’apofisi che si spinge indietro, al lato interno della testa del co- racoide. Per la larghezza della faccia supero-esterna, presso e in avanti dell’articolazione coracoidea, vi ha somiglianza più che altro con una 9 di Cardo. Coracoidi. — Sono uno destro (Tav. XXVII [I], fig. 7), rotto e raccomodato, ma privo di una piccola porzione infero-esterna; l’altro sinistro, ridotto ai ?|, superiori, e tanto simile al primo da essere, molto probabilmente, dello stesso individuo. Il destro è un poco minore di quello della minore, ma adulta, O Graculus (lunghezza, dal lato interno, in quest’ ultima 54,8, nel fossile 53). Ambedue, in causa di una maggiore larghezza relativa della porzione articolare per la scapola, nonchè di una maggiore acu- tezza del processo interno di detta porzione e acutezza di quest’ ultima in veduta laterale, somigliano di più al Carbo. A questo parimenti si avvicina moltissimo quello destro, in quanto alla forte concavità del pro- filo anteriore totale, nella quale si lascia addietro la minore 9 Graculus, senza però superare l’altra. Omero. — Vi sono quasi due metà, prossima e distante, sinistre (Tav. XXVII [I], fig. 8, 9), che non ‘sì commettono, per mancanza di un breve tratto intermedio, ma che vanno tanto d’accordo per le dimen- sioni, da potersi crederle di uno stesso elemento. La prima, in alcuni particolari, tra cui le curve più risentite del contorno della parte articolare e di quella concavo-convessa, che le è contigua dal lato ra- diale, in veduta dorsale, si accosta molto al Carbo; per altri due più al Graculus. Anche in tutte due le parti di questo omero, come negli elementi precedenti, le dimensioni sono un poco inferiori a quelle del Graculus 9. Ulna. — È sinistra ed era in tre pezzi, uno dei quali l’ho unito io agli altri due (Tav. XXVII [I], fig. 10): la superficie qua e là è corrosa, e le due estremità hanno corrose le parti salienti e sono co- perte da materie concrezionate. Così come è, ha una lunghezza totale di mm. 126, cioè di 2,3 minore di quella propria di una 9 Graculus, che non è grande certamente, ma non presenta nemmeno il minimo della specie del sesso. Con questa il fossile concorda per la curva generale, mentre è più esile che non dovrebbe essere per la sua di poco minore lunghezza. La ora detta differenza si rileva indipendentemente dalle due estremità, le quali tuttavia, malgrado le alterazioni, fanno l’impressione di essere state, come tutti i diametri, inferiori alla proporzione, donde la generale gracilità dell’elemento in paragone colla O Graculus. Graculus Carbo 9 CA S a. Lunghezza . : 0 o ò 0 0 128,3 169,3 163,0 b. Larghezza della parte articolare prossima o 10,0 12,6. 11,95 » dell’ estremità distante . - dl 9,2 11,8 11,45 : 6,67 6,93 6,96 be [9] E. REGÀLIA 227 Da queste misure si ha il risultato, che l’ulna del Ph. Carbo è proporzionalmente più esile di quella del Graculus (per lo meno dell’ esemplare misurato); e ciò va d’accordo col fatto generale, che nelle forme affini la sveltezza delle proporzioni degli elementi scheletrici cresce col crescere della statura, come av- viene pure negli individui di una stessa specie. Dunque il nostro fossile, benchè si debba giudicarlo colla semplice ispezione, per le sue proporzioni generali si accosta più al Carbo che non al Graculus. Femore..— È sinistro (Tav. XXVII [I], fig. 11) e spezzato a metà di quella breve cresta, che alla faccia inferiore dell’ osso sta qualche millimetro sopra al condilo interno: tale cresta è forse l’ estremità dell’inserzione dell’adductor longus. Il pezzo ha una totale lunghezza di quasi 39 mm., e presenta qualche altra, non rilevante, rottura. Tutte le linee e creste d’inserzioni muscolari sono imbiancate dal processo di fossilizzazione, come è avvenuto in altri pezzi di questa piccola raccolta, benchè qui forse in grado maggiore. Nei femori delle due Q Graculus da me possedute gl’incavi e i rilievi delle inserzioni muscolari sono notevolmente più accentuati che nei Carbo g° e 9. Il fossile sta, per questo riguardo, tra le due specie, ma più vicino ai Carbo. Altrettanto può dirsi in quanto alla convessità longitudinale del suo contorno anteriore o supe- riore, che sta fra quella minore, propria del Cardo, e quella dell’altra specie. Per dimensioni è notevolmente al disotto anche del Gracwlus minore, ma si direbbe che tale infe- riorità prevale nelle larghezze rispetto alle lunghezze, cioè che il fossile pare essere stato più svelto. Tibio-tarso. — È un frammento medio, comprendente quasi tutta la cresta per la fibula e un altro tratto della diafisi distalmente alla cresta (Tav. XXVII [I], fig. 12): ha una lunghezza di 46 mm. È senza dubbio, e per più ragioni, di un individuo affatto adulto, e presenta tutti i caratteri del genere; ma la sua esilità è singolare, perchè maggiore (sempre relativamente ad uno stesso esemplare Graculus) di quella dell’ulna e forse anche di quella del femore. In fatto di dimensioni di lunghezza si ha un solo dato: distanza fra l’estremità distante della cresta per la fibula e quell’inserzione muscolare, situata nella faccia postero-interna dell’osso (che è di sezione triangolare), circa all’ altezza del principio della cresta, e accanto alla quale, sul margine antero-interno, sta un’ altra inserzione. Di ambedue queste inserzioni, causa la frattura, l'estremità prossima è mancante. La prima di esse è forse quella del semimembranosus, e fra la sua estremità distante e quella della cresta per la fibula corrono mm. 24,5, circa, nel Graculus 34, nei due Carbo 29. Senza stare a riportare certe lunghe operazioni aritmetiche, dirò soltanto, che l’intervallo suddetto, messo in rapporto con una certa lunghezza presa sul femore, è inferiore alla proporzione esistente nel Graculus, ma con esattezza cor- rispondente a quella propria del Cardo. La gracilità di questo elemento può anche essere dovuta, poichè il caso è possibile, all’avere esso appartenuto ad un individuo diverso da quello, cui appartennero gli altri pezzi. Tarso-metatarso. — È destro (Tav. XXVII [I], fig. 13, 14), e di guasti principali ha la mancanza di tutta la parte articolare della troclea del dito II, e di una porzione interna della faccetta glenoidea interna. Ha una lunghezza, a partire dalla spina tra le due faccette, di 53,6. Questa dimensione è di 57,4 nel Graculus di confronto. In parecchi particolari si avvicina ora a questa specie, ed ora al Cardo; forse prevalentemente alla prima. Falange. — È lunga 20,5, un po’ guasta a un lato (esterno), presso la base. È quella basale del dito III sin., tale risultando per esclusione, ma è singolare per la piccolezza dei diametri, cioè per l’esi- lità. Quella del Gracwlus di confronto è lunga 22,3. A prima vista si potrebbe supporla la 2* del dito suddetto, ma, non fosse altro, la tanto diversa proporzione fra altezza e larghezza della testa articolare (che è più depressa, come il corpo, nella 2* falange) toglie il dubbio. 228 i E. REGÀLIA [10] In conclusione, abbiamo qui rappresentato da 11 diversi elementi scheletrici un Marangone plioce- nico, il quale era di statura inferiore a quella dell’attuale Phalacrocorar Graculus (Linn. ex Auprov.) e discordava da questo, nelle proporzioni più svelte, per le quali si accostava al tanto più grande PA. Carbo, (Linn. ex Gesw.). Può darsi che qualcuna fra le tante altre specie di Phalacrocorax viventi somigli, per tale carattere generale, a quella fossile di Orciano, ma io non ne so, nulla, perchè non posseggo se non le specie italiane. Nel Catalogo dello, SHARPE, su citato, il gen. Phalacrocorax BrIss. apparisce costituito da una qua rantina di specie viventi e da 10 fossili, delle quali ve n’ha sole 4 plioceniche, e sono: Phalacrocorax Sp. Lypexker (Siwalik Hills); Ph. idahoensis Marsa, Amer. J. Sc., 1870, pag. 217 (Idaho, U. S. A.); PA. pampeanus Moreno et Merc., An. Mus. La Plata, I, pag. 19, 1891 (Argentina); PR. macropus Cork, Bull. U. S. Geol. Survey, IV, n. 2, pag. 386, 1878 (Oregon, U. S. A.). Non essendomi stato possibile il trovare alcuna delle pubblicazioni ora citate, non mi è dato di escludere l'identità delle specie su indicate con quella qui descritta da me; onde non vi ha, per ora, a favore di tale esclusione che, una certa pro-. babilità, inerente al fatto della distanza nello spazio fra le specie in questione !. Senza dubbio qualcuno, sarà in condizione di decidere se veramente si tratti di specie nuova per l'Europa e se vada, tolta la riserva, cui mi trovo, costretto nel dare alla specie il nome dell’ illustre geologo, prof. CARLO DE STE- FANI, dell’Istituto di Studi superiori di Firenze. 4. Gen. et spec.? Parte di un’ estremità prossima di Omero sin. (Coll.?° del fu cav. R. LawLey). — Tav. XXVII [I], fig. 15, 16. Questa estremità prossima di omero sinistro ha conservato un tratto del margine radiale, restan- dovi, per circa i primi 17 mm., la cresta pettorale. Dal punto più basso, che rimane, di questa cresta la rottura si dirige obliquamente verso il lato prossimo (Tav. XXVII [I], fig. 15), passando appena fuori del foro pneumatico, di cui è conservato solo un tratto, lungo 7 mm. (a), del margine supero-anteriore (a osso orizzontale), mentre manca affatto il processo che sta davanti al foro (da d in là). Alla faccia esterna (nella posizione naturale dell’osso), o palmare (Tav. XXVII [I], fig. 16), la parte più lontana dalla cresta pettorale, che sia conservata, ma solo in parte, è quella fossetta (a) a cui s’in- serisce il forte ligamento coraco-umerale, quello che, almeno negli Accipitres, è nastriforme nella sua estremità superiore, attaccata alla parte antero-inferiore dell’orlo della faccetta glenoidea del coracoide. Alla faccia ora detta la porzione articolare e le parti adiacenti stanno sopra (a osso verticale) ad: un? infossatura trasversale, che si estende dalla su indicata fossetta fino alla cresta pettorale, e che è limitata inferiormente, nella parte corrispondente alla fossa pneumatica, da una larga eminenza, convessa in senso verticale, principalmente, e trasversale. Un* analoga infossatura la troviamo in più gruppi, ad es. Steganopodes, ma il fossile differisce nel non avere l’eminenza limitata, dal lato dell’asse e superiormente, per mezzo di uno spigolo rilevato, quale esiste in Phalucrocorax, Microcarbo, Plotus; e per averla tut- tavia trasversalmente più convessa di quello che è in Swla: la sua infossatura è più alta e meno profonda. Le fattezze più singolari del fossile si trovano però sull’altra faccia dell’osso, anconea o interna (nella posizione naturale, Tav. XXVII [I], fig. 15). Come è già detto, manca il processo superiore o anteriore 1) ForBes 0.H. Preliminary Notice of Additions to the exstinct Avifauna of New Zealand (in « Trans. and Proc. of the N. Z. Institute », vol. 24, 1892, pag. 188-9) ha segnalato un Ph. novae zealandiae var. major, del quale parrebbe che non fosse il caso di occuparsi, giacchè è detto contemporaneo, dei Moa. [11] E. REGÀLIA 229 al foro pneumatico, quindi una parte non poco importante riguardo a carattere, e sulla quale hanno inser- zione il pectoralis tertius e#più sopra il coraco-brachialis col teres minor. Quel tanto che rimane di orlo del foro pneumatico mostra che per un piccolo tratto solo era parallelo all’asse dell’osso e che forse deviava, anzi, verso il lato ulnare, come, ad es., nei Gallinacei. 1 Considerando il frammento in posizione verticale, come è nella fig. 15, Tav. XXVII [I], si può notare che accanto alla metà inferiore dell’ orlo. del foro, pneumatico. è conservata l'impronta dell'inserzione del supraspinatus. Dal margine della cresta pettorale parte un’altra cresta, relativamente cospicua (6), che divergendo, dalla prima e scemando, di rilievo fino a perdersi, è diretta all’insù, verso il tubercolo, da cui la cresta pettorale ha origine. Essa pare corrispondere all’inserzione del latissimus. dorsi. Le singolarità sono poi queste. La porzione articolare è poco convessa superiormente, nel senso tra- sversale, ed è limitata in basso da un margine a forma di V molto allargato e con branche inferiormente concave. Dal punto in cui le due curve s'incontrano, parte un rilievo man mano allargantesi e quasi ret- tilineo, che obliqua alquanto verso il margine radiale dell’osso. Un altro rilievo, ma di convessità tra- sversale molto più larga, scende dal tubercolo su cui s'inseriscono il pectoraliîs secundus e lo scapulo- humeralis, alla sommità della cresta pettorale, e convergendo con quello ora detto, si fonde con esso (in e). Ne risultano due leggere fossette, longitudinali, limitate in alto dalle due branche concave del V: ambe dovrebbero essere state occupate dall’inserzione umerale prossima del deltoide, non essendo; verosimile che questa inserzione sia stata ristretta alla fossetta dal lato radiale, nè che la testa interna del trici- pite salisse tanto in alto da occupare l’altra. Le due fossette, le. due curve, i due rilievi e il loro. fondersi inferiormente sono. forme e disposi- zioni, di cui non trovo le eguali in almeno 50 generi e 60 specie esaminati. La forma a V del margine inferiore esiste bensì nei Gallinacei, ma, come la convessità superiore della testa articolare, in grado molto maggiore, e poi con rapporti molto. diversi, perchè l’apice del V, incontrando l’ orlo, superiore del foro pneumatico, separa le due. fossette!). Soltanto in Sula Bassana si trova un complesso, che, fra. tante dissomiglianze, costituisce un’ analogia notevole: dove questa manca affatto, è nell’assenza di un rilievo che, alla, faccia anconea dell’osso, parta, divergendo, dal margine della cresta pettorale. (Tav. XXVII [I], fig. 15, c), e nell’assenza di una distinta impronta, ed egualmente collocata, per l’inserzione del supraspinatus. Il fossile è poi anche notevolmente minore della Sua: le somme di tre dimensioni omologhe stanno fra loro come 72,3. a 100. Non possedendo. io, altra. specie del genere fuorchè la bassana, mii è impossibile dire se in una specie minore fra le attuali, come S. piscator Linn., si trovino, insieme a dimensioni, anche forme, più prossime. a quelle del nostro fossile. 5. Alcida. i ‘ Coracoide, (Coll.ne del fu cav. R. Lawxev). — Tav. XXVII [I], fig. 17, 18. x L'elemento in questione è un coracoide destro, che presenta parecchi guasti. Dal più al meno sono corrosi i margini di quel tanto che resta dell’estremità sternale, massime quello posteriore, e mancano affatto l’angolo esterno della porzione articolare e l’unito processo iosternale (supero-esterno rispetto al- 1) Ora posso aggiungere che, o per forme o per dimensioni almeno (si tratta di scheletri uniti dai ligamenti e con un resto di muscoli), differiscono molto altri 6 generi, rappresentati da specie provenienti da, Honolulu e. pro- curatemi dal dott. W. T. BrigHam già nominato. 230 E. REGÀLIA [12] l’angolo ora indicato). All'estremità superiore mancano all'incirca !/; della faccetta articolare umerale e tutto ciò che sta al disopra. È conservato, ma non senza qualche corrosione, * processo scapolare, come, del resto, gran parte della superficie del pezzo è alterata. I caratteri che mi conducono alla diagnosi della fam. Alcidae, sono i seguenti: 1.° La superficie articolare sternale ha, nella sua parte interna (verso l’asse del corpo dell’ animale) e in veduta inferiore, una forte convessità antero-interna (Tav. XXVII [I], fig. 18, a), che è come dire la sezione di una discendente dal margine interno dell’osso e man mano allargantesi: ha quindi un’ insolita tendenza alla forma triangolare ed un insolito spessore della parte esterna rispetto all’interna. Una con- vessità abbastanza simile s'incontra nelle Laridae e Sternidae, ma che tuttavia differisce per varî parti- colari, inutili a riferirsi, stante la grande discordanza di quelli relativi alla parte superiore dell’osso. Nelle Fulicariae, nei Procellaridi, Oceanitidi, Colimbidi, Podicipidi non vi ha di gran lunga una, siffatta convessità e un simile spessore, e inoltre la superficie articolare, in direzione antero-posteriore, è molto diversa, perchè, a dirla con una parola, forma posteriormente uno scalino molto più risentito in altezza, a margine anteriore molto sottile, ecc.: questa forma è presente nella parte esterna della superficie arti- colare anche degli Sternidi e Laridi. Nella parte superiore, poi, si notano queste particolarità. 2.° In veduta superiore l’angolo formato dai profili delle faccette articolari per l’omero e la scapola e tanto ottuso quanto è solo negli Alcidi. Questo particolare dipende dal carattere d), di cui qui appresso. 3.° Nel processo scapolare, se lo si considera come terminante in basso col foro che lo attraversa presso il margine interno, sono da notare a) la sua brevità rispetto all'intero margine supero-posteriore dell'osso; 3) la sua piarità, in luogo di concavità anteriore; c) l'essere tutto in discesa (benchè meno forte) il suo margine scapolare in continuazione della discesa della parte soprastante del margine supero- posteriore; d) la grande singolarità dell'essere tanto diretto all’indietro da riuscire quasi normale alla faccia antero-esterna dell’osso (fatto visibile anche di sotto insù, nella fig. 18, Tav. XXVII []]). Questi particolari non si trovano, o in egual grado o affatto, in generi e specie aventi qualche ana- logia col fossile, quali Fulica, Sylochelidon caspia e altri Sternidi, Larus e altri Laridi, Puffinus, Ful- marus, Procellaria, Bulweria, Oceanites, Colymbus, Podicipes (nel quale genere il processo scapolare esiste solo allo stato di rudimento), mentre sono presenti, salvo qualche differenza di grado, in Uria Zroùle, U. Brimnichi, U. grylle, Utamania Torda, Fratercula arctica, Mergulus Alle. Ma nelle ora dette 6 Alcidae vi ha questa disposizione molto singolare, perchè esclusivamente, fra le Aves a me note, loro propria. Da un punto al disopra della metà del margine interno dell’osso (veduta anteriore) scende uno spigolo arrotondato, un poco divergente, verso l’esterno, da quello che termina alla grande convessità della porzione articolare sternale, di cui si è parlato di sopra. Tra i due spigoli scende, dal margine suddetto, un’impronta d’inserzione, avente la forma di un’ ellisse molto allungata: fanno ecce- zione Uria grylle e Fratercula arctica, nelle quali tale impronta è molto indistinta, e perciò lo spigolo esterno si conserva arrotondato e relativamente largo, invece di convertirsi in una cresta di pochissimo rilievo bensì, ma sottilissima e simile a quella che circoscrive il resto dell’ ellisse. La detta impronta parrebbe dover essere quella dell’inserzione coracoidea del pectoralis secundus, poichè il leggiero canale formato dai due spigoli gira sul lato interno dell’osso, andando perciò a sboccare nell’ anello costituito dalla scapola, dal coracoide e dalla clavicola, l'anello in cui passa il tendine del detto muscolo appunto !. Esternamente al lungo spigolo e all’impronta vi ha un’area molto più larga, che 1) Vedo infatti che è così in un’ Uria Troile, in cui i tre elementi della cintura sono ancora uniti dai ligamenti. Se l'impronta in parola sia realmente quella che suppongo, non ho modo nè tempo di verificare. Nell’ opera del- [13] E. REGÀLIA 231 x nella sua metà, circa, inferiore dev'essere occupata dal pectoralis tertius; e questa è, a sua volta, sepa- rata dal processo iosternale per mezzo di una crestolina (più rilevata nelle tre Urie), che parrebbe limi- tare, dal lato interno, una terza inserzione (del subelavius?) 1. Ebbene, di queste disposizioni quanto si trova nel nostro fossile, che, se è un Alcida, in maggiore o minor grado le dovrebbe presentare? I due spigoli ci sono, benchè poco distinti, e il più lungo ed esterno, ad onta dei guasti avvenuti nel margine interno, dall’ estremità inferiore del processo scapolare insù, può vedersi che formava il detto margine e diveniva concavo antero-internamente, salendo fino al- l’apofisi clavicolare (qui mancante). La situazione e direzione dei due spigoli sono rigorosamente omologhe a quelle proprie degli Alcidi; e fra i due spigoli vi ha perfino una differenza d’aspetto della superficie, come se vi fosse stata l’impronta d’inserzione su descritta (circa per il tratto a, Tav. XXVII [I], fig. 17). Alla domanda, perchè i due spigoli siano poco distinti, la risposta è, che quasi tutta, se non tutta, la superficie del fossile è alterata da sottrazioni, e principalmente poi, che l’osso era di un individuo giovane, quindi aveva solo accennate quelle forme, che nel compiuto sviluppo divengono decise e rilevate. Circa al quesito, se possa farsi qualche induzione riguardo alla mole della specie, debbo dire, che non posseggo materiale osteologico di Alcidi giovani; che la specie era.senza dubbio non poco maggiore di Mergulus Alle (che poi differisce dagli altri generi e dal fossile nel processo scapolare non forato, breve, arrotondato) e forse anche maggiore di Uria gryMe. 6. Colymbus Portisi n. sp. Vertebra cervicale (Coll.r° del fu cav. R. Lawxey). — Tav. XXVII [I], fig. 19, 20. Questo genere è rappresentato da una vertebra cervicale guasta: a destra (Tav. XXVII [I], fig. 19) mancano le due zigapofisi e un tratto posteriore e superiore dell’arco neurico, fino oltre la linea mediana, di modo che manca la spina; a sinistra è conservato solo in parte il processo trasverso; d’ambo i lati mancano così tutta la parte esterna del canale osseo, in cui passano l’arteria e la vena vertebrale e i nervi, come un tratto infero-esterno della faccia articolare del centrum; inferiormente manca per intero la ipoapofisi (la cui base è in a, fig. 20, Tav. XXVII [I]). . Dal lungo esame comparativo eseguito mi risulta che le sole analogie della vertebra fossile sono col gen. Colymbus Linn. Il materiale di paragone è stato un C. glacialis Linn., sesso?, un €. arcticus Linn., gd, un €. septentrionalis Linn., quasi certamente g', ed un C. Adamsiè GRAY, sesso?, molto mag- giore del fossile. i Il mio esemplare di arcticus differisce dalle altre due specie minori per avere, in un certo numero di vertebre cervicali, i caratteri loro individuali spostati in avanti di un’ unità: perciò in esso il semi- canale inferiore e mediano, formato anteriormente da processi discendenti, per il passaggio dell’arteria o delle arterie carotidee, cessa alla 9% vertebra, così che la prima ipoapofisi sta nella 10%, mentre nelle altre due specie i due fatti stanno nella 10% e 11 vertebre. l’ eminente anatomico americano, dott. R. W. SHuFBLDT, The Myology of the Raven (Corvus corax sinuatus), Lon- don, Macmillan, 1890, a pag. 73 è citato 1’ Owen, il quale dice, nei Pinguini, « Guillemots » (quindi Alcidi) e Gabbiani essere il pectoralis secundus quasi il più grande dei tre (pettorali), come si richiede dallo sforzo maggiore, per in- nalzare l’omero, che i tuffatori debbono fare nell’acqua, in confronto di quello che i volatori fanno nell’ aria. Dall’ora citata opera del dott. SAuUFELDT sono tratte le altre indicazioni, che do in questo lavoretto, relative alla miologia. 1) Questa terza area non esiste nei Corvidi, nè perciò nei Passeres, crederei, in generale, nè in vari altri Ordini. 232 E. REGÀLIA [14] Il resto evidente di un’ ipoapofisi, nonchè altri caratteri fanno escludere il nostro fossile dalla serie fornita del semi-canale infero-mediano; e d’altra parte la sottigliezza, nel senso trasverso, della base del= l’ipoapofisi lo fa escludere dalla serie fornita di ipoapofisi larghe: esso appartiene quindi a quella serie di 3 vertebre, che sono 10°-12* o 11%-13*. Per ragioni che non importa dire, esso non è di certo l’ul- timo termine di questa breve serie, îna o il primo o il secondo. Mi dispenso dal riportare una lista di tina dozzina di caratteri, per i quali il fossile concorda in modo preponderante, benchè non esclusivo, col primo termine: i più significanti sono la forma più allungata del centrum e meno allungata dell'arco con le sue ‘apofisi (poichè in tutte e tre le specie suddette le proporzioni del centrum e dell'arco delle due vertebre in questione sono inverse), nonchè la piccolezza del canale neurico. Perciò là vertebra fossile era, più probabilmente, quella ‘che portava la prima ipoapofisi. Tuttavia essa presenta altresì due caratteri della vertebra successiva, cioè un maggiore allargarsi, nella sua parte inferiore, della faccia articolare anteriore del centrum, e la strettezza della concavità fra il canale osseo laterale (di cui a destra vi ha un resto) e la base dell’ipoapofisi, nella quale strettezza il fossile supera le tre specie attuali. Quanto a dimensioni assolute, che importano per la relazione colla statura dell'animale, è da notare che la lunghezza del centrum è un poco minore che nella 10? dell’arcticus e nell’11* del septentrionalis, ed alquanto maggiore che nell’ 11° e 12? rispettivamente; e circa alle larghezze, che in confronto al- l’ 11° vertebra del septentrionalis (la minore delle tre specie) la larghezza ai margini esterni delle pre- zigapofisi e quella della faccia posteriore del centrum sono eguali, mentre era di certo maggiore quella della faccia anteriore del certrum. Sono poi relativamente maggiori che in tutte tre le specie attuali sud- dette le faccette articolari zigapofisarie, e massime quella anteriore, la quale supera la sua omologa nel-. l’arcticus e la eguaglia nel glacialis. Lunghezza (in millimetri) i cm TsRa ia alia Gli arao Colymbus septentrionalis, 112 V. 6,0 16,0 18,0 — arcticus, 108 Vi 6,6 16,3 19,8 = glacialis, 112 V. 7,0 18,3 22,0 Vertebra fossile . ò i . 7,0 15,5 19,0 Indurre da questo unico elemento, e anche guasto, le dimensioni dell’animale non è cosa scevra d’ in- certezza, tanto più che il fossile non riproduce fedelmente in tutto, come abbiamo visto, i caratteri della prima vertebra fornita di ipoapofisi. Però, attesa la grande prevalenza in esso dei caratteri proprii della vertebra ora detta, si può ritenere che la specie fossile sia stata di statura certamente inferiore a quella del €. glacialis, probabilmente alquanto inferiore a quella dell’areticus e circa eguale a quella del sep- tentrionalis 1). Si è veduto che il fossile presenta una relativa grandezza delle prezigapofisi e della faccia anteriore del centrum maggiore di quella propria alle tre specie attuali. Può quindi porsi il quesito, se la detta grandezza abbia un rapporto, e quale, colle proporzioni delle altre parti dello scheletro assile e con quelle dello scheletro appendicolare; quesito a cui è certamente possibile dare una soluzione mediante confronti di specie affini e d’individui di una stessa specie. Ma la possibilità non è facilità, e quindi una ricerca relativa alla questione che sopra non è forse mai stata eseguita per alcun Vertebrato, nonchè per gli i) Ciò riguarda i casi individuali dei miei esemplari di confronto, e va tenuto presente che la statura indivi- duale nei Colymbus varia in modo notevole non di rado. [15] E. REGÀLIA 233 Uccelli in particolare. Nella mia collezione si ha verosimilmente materiale sufficiente a dare un principio (e nulla più) di risposta alla questione; ma la risposta richiederebbe osservazioni così pazienti e lunghe, e perciò un tempo così lungo, da riuscire per me affatto impossibile. Per l’affermazione di “ n. sp. ,, mi valgo del fatto che nel recentissimo Catalogo dello SHARPE, già più volte citato, non è indicata del gen. Colymbus alcuna specie fossile 1). Il nome da me dato a questa è un omaggio ben dovuto al prof. ALEssANDRO PoRTIS, qui così spesso ricordato, il quale ha tra gli altri meriti quello di avere illustrata la parte di gran lunga maggiore dell’Avifauna fossile d’Italia. 7. Podicipes pisanus (Ports). Metà distante di Omero (Gabinetto di Paleontologia dell’ Istituto di Studi superiori in Firenze). Tav. XXVII [I], fig. 21, 22. Pulica sp. (pisana Pornis). Ports dott. A. Gl Ornitoliti ecc. L. c., pag. 13, fig. 24, 25. Metà distante di omero destro, spezzato alquanto sotto al foro nutritizio (lato cubitale), perchè del susseguente canale, che è diretto distantemente, nello spessore della parete non è traccia. Il pezzo ha una lunghezza di mm. 36,8 ed una larghezza massima dell’estremità distante, obliquamente alla veduta anteriore, di 7,9. Presenta poi tre piccoli guasti: uno, anteriore, nella troclea (ulnare), visibile nella fig. 21, Tav. XXVII [I], e due nell’ epitroclea (apparenti nella fig. 22, Tav. XXVII [I]), di cui quello infe- riore ha asportato l’apice. La strettezza della base di questo mostra ch’ esso dovette avere la caratteristica forma tagliente e la brevità, ad onta della quale, però, avrebbe dovuto sporgere un tantino in basso e infuori del punto 6, fig. 21, Tav. XXVII [I]. Così la larghezza dell’estremità come i diametri della diafisi sono sensibilmente superiori a quelli del- l’omero di un Podicipes cornutus (GueL. ex BRISS.)Q, e ancora più a quelli dell’omero di un P. nigricollis C. L. BreAM, 92. Se l’omero fossile avesse avute le proporzioni dei due ora detti, che sono lunghi rispet- tivamente 70 e 67, potrebbe avere avuta una lunghezza di 73. Potrebbe averla avuta anche maggiore, se la larghezza inferiore fosse stata alla lunghezza nel rapporto, che vediamo nello sveltissimo omero del P. cristatus (Linn.) (Svasso maggiore). Di certo la detta larghezza è minore rispetto alla diafisi di quello che è nel P.griseigena (Bopp.), e quindi le proporzioni dell’omero fossile devono essere state, per cor- relazione, più svelte di quelle dell’ora detta specie. (Ho verificato con misure: la lunghezza totale, divisa per la larghezza dell’estremità distante, dà nel P. crìstatus 11, nel cornutus 10,3, nel griseigena 9,45.) Di notevole, fra i caratteri secondarî, il nostro fossile presenta la molta larghezza e altezza e una relativa profondità dell’inserzione del brackialis anticus (Tav. XXVII [I], fig. 21, @), nel che somiglia di più alle nostre due specie maggiori (griseigena e cristatus), mentre differisce dalla forma stretta e decisa- mente allungata in senso obliquo, che tale inserzione presenta nei miei esemplari di Fica atra Linn. e FP. cristata GEL. Per non contare gli altri importanti caratteri delle parti articolari e dei vicini processi, si noti che la fig. 22, Tav. XXVII [I], dimostra nel fossile una convessità della faccia posteriore quale non è propria almeno delle due Fulica su indicate. 1) Così è, sebbene il prof. PortIs abbia trovate, in non so quali Cataloghi, e mi abbia segnalate queste due: Colymbus septentrionalis, caverne del Norfolk, e C. antareticus, caverne del Brasile. Ad ogni modo, crederei che la distanza di tempo, e di tempo e spazio, rispettivamente, potesse bastare a distinguere il Colymbus di Orciano dai due ora detti. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. 30 254 E. REGÀLIA [16] Noterò che in cotesta fattezza della incurvatura in avanti, come anche nella compressione all’altezza dell’inserzione su indicata, il fossile supera, benchè appena, i 5 Podicipes (ossia anche il luviatilis [Tunsr.] oltre i quattro già nominati), nonchè un PodW%ymbus podicipes (Linn.), coi quali lo paragono. La determinazione generica da me apposta parrebbe messa poco meno che al sicuro, se si considera l'ordinamento della classificazione ornitologica, ad esempio nel più recente e più completo dei Cataloghi, quello dello SHARPE, già ripetutamente citato. In esso troviamo: Ordine VII, Ralliformes,.... gen. Fulica; fam. II, Heliornithidae (somiglianti alle Folaghe, e, come queste, con piedi pinnati); Incertae sedis, 6. gen., costituiti da 12 specie fossili, cretacee, eoceniche, mioceniche; Ord. VIII, Podicipedidiformes; Ord. IX, Colymbiformes; Ord. X, Hesperornithiformes; Ord. XI, Sphenisciformes; Ord. XII, Procellartiformes;.... Il nostro omere è di epoca diversa da quella dei 6 generi “incertae sedis ,; differisce dagli omeri di 2 Fulica, e quindi è molto probabile che differisca non poco da quelli altresì delle Heliornithidae; e d’altra parte discorda da quelli dei Colymbus quanto e come gli omeri dei Podicipes LatE. e del Podi- Iymbus Less. (specie unica) a me noti. Discorda, non fosse altro, enormemente per le dimensioni, e ciò anche riguardo alla prima specie fossile, che si viene a conoscere, almeno in Europa, ossia il C. Portisi su descritto. Inoltre noterò che le 5 specie di Podicipes da me possedute si trovano bensì nel Catalogo dello SHARPE, in 4 generi diversi, ma che per altri Ornitologi, all’infuori di Podilymbus, non vi ha altro genere delle Podicipedidae che Podicipes, in cui rientrano Dytes, Proctopus, Centropelma, Lophoethyia ed Aichmophorus!). Avis indet. — Parte anteriore del corpo di una Vertebra cervicale (Coll.»° del fu cav. R. LawLEY). Avis indet. — Vertebra coccigea, guasta (Coll.r° del fu cav. R. LawLEy). Qui termina la serie dei resti di Uccelli, al cui studio sono stato invitato. Le specie da me rico- nosciute sono: dal Pliocene lacustre del Valdarno superiore: Corvus Linn. [pliocaenus (PoRrtIS)?]; dal Pliocene (superiore) marino di Orciano (Pisa): Falconida (Aquila KLEIN?) Alcida Phalacrocorax Briss. (De Stefani n. sp.?) Colymbus Portisiì n. sp. Gen. et spec.? Podicipes pisanus (PORTIS). Dal tempo in cui il Portis pubblicava il suo lavoro, l’Avifauna pliocenica delle due località viene dunque ad arricchirsi di 5 specie, passando da 6, quante ne aveva illustrate quel benemerito studioso della paleontologia ornitica, a 11. Se dalla presenza di queste specie si tratti di formare induzioni circa la geografia fisica delle due ) Dal prof. PoRrTIS mi è stato segnalato un Podicepes occidentalis, del Pliocene dell’ Oregon, che non ho potuto trovare e che nel Catalogo dello SHARPE non è dato, non essendovi indicata nessuna specie fossile. Quanto a specie fossili e subfossili italiane, il su lodato prof. PortIs le ha ricordate tutte nel suo grande lavoro, Contribuzioni alla storia fisica del bacino di Roma, parte sesta, libro primo e secondo. Roma, Tip, della Pace, 1900. Non vi trovo alcun Podicipes, ma indicati come abbondanti i resti del Phalacrocorax e alcuni di Corvus, dall’ Autore stesso rinvenuti nel Pliocene superiore, ma non però denominati specificamente. [17] E. REGÀLIA 235 regioni vicine, il Valdarno superiore e la marina di Pisa, le mie considerazioni sulla materia non sono che le poche seguenti. Il Corvo del Valdarno ha convissuto colà insieme a uligula aretina Ports e a Fuligula sepulta Portis, le altre due sole specie ornitiche finora conosciute di quel deposito. Nessuna delle tre però ci porge alcun lume sulle condizioni climatiche del luogo, giacchè, dovendo noi fondarci sui fatti biologici attuali, troviamo che oggidì tanto delle grosse specie di Corvidi quanto le Fuliguline vivono sotto i climi più disparati. Danno invece luogo ad osservazioni alcune delle specie del Pliocene marino di Orciano, ammontanti a 8, cioè le 6 qui sopra descritte e le 2 già studiate dal PortIs, nella pubblicazione tante volte citata, che sono: Falco sp. (pisanus Portis) e Uria ausonia Portis. Di queste 8 specie ve n’ha 7 sole, per ora, che siano sicuramente distinte, non potendosi, per ora e da me, escludere che il giovane Alcida sia stato identico specificamente all’ Urìa ausonia. Quanto ad un’altra poi, non potuta da me riconoscere generi- camente, cioè quella rappresentata da un frammento dell’estremità prossima dell’omero, per necessità rimane ignota ogni analogia di condizioni biologiche. Restano due Rapaci diurni, cioè specie di un gruppo, i cui rappresentanti vivono nelle più diverse condizioni sia di climi che di terreni, e 4 abitatori di stagni e anche delle coste marine. Di questi quattro ancora, però, ve n’ ha due, il Phalacrocoraa e il Podicipes, che appartengono a seneri, le cui specie s'incontrano attualmente sotto le più lontane latitudini. I soli resti che abbiano un significato non vago, sono perciò quelli delle due o tre specie, Alcida, Uria ausonia, Colymbus. i Il Ports! ben a ragione aveva osservato: “ Quantunque facilmente spiegabili entrambi, non cessa però di essere notevole la coincidenza, nei giacimenti pliocenici della Toscana, di due fatti in urto fra loro, pei quali noi costatiamo un’ Uria venirsi a trovare con un Rettile del genere Palaeochelys, un uc- cello glaciale, caratteristico di una regione geografica glaciale e di una famiglia affatto moderna, con un Chelonio di una regione tropicale, e di un tipo od estinto od in via di estinzione, trovarsi ancora una Volta vivi in mezzo ad un clima ed a condizioni di vita disadatte per l’uno e per l’altro. , Egli aveva perciò, molto giustamente supposto che, “ durante il depositarsi dei materiali pliocenici, si verificasse in Toscana ciò che si era verificato prima, in una delle fasi mioceniche, per l'America, ciò che si verificò in seguito ancora in America?) e ciò che seguita a verificarsi in Italia oggidì, che cioè: individui isolati e smarriti di uccelli artici, benchè non grandi volatori od inetti affatto a tale facoltà, abbiano, approfittando di una via acquea qualunque, visitata la Riviera tirrena, e che noi abbiamo dinanzi precisamente avanzi di uno di questi solitarii smarriti. , L'emigrazione, al sopraggiungere dell’inverno polare, verso latitudini più meridionali è per il maggior numero almeno degli Uccelli artici e subartici fatto normale, e sono anormali soltanto le maggiori diffe- renze nelle latitudini raggiunte da un certo numero d’individui, numero certamente molto esiguo rispetto alle masse delle relative specie. La presenza dell’ Uria ausonia, individuo adulto, sulla costa pisana, non . poteva, infatti, spiegarsi altrimenti che come un’anormale migrazione, giacchè l’arrivo di una specie di Uria in Italia non era forse noto, al tempo in cui il Ports scriveva, tranne per un’asserzione del Buo- NAPARTE (Introd. Faun. ital.) 3), relativa all’ Uria Troile (Linn.) e non dimostrata. Oggi si conoscono più 1) Op. cît., pag. 18. ®. L’A. allude a Uria antiqua (Catarractes) Marsa, del Miocene della Carolina del Nord (Amer. Journ. Sc., 1870), e a Uria affinis (Catarractes) MarsE, del Postpliocene del Maine (Amer. Journ. Sc., 1872). 3) Cito dal GrenioLI, Avifauna Italica ecc. Firenze, Succ. Le Monnier, 1886, pag. 444, nota. 236 E. REGÀLIA [18] di dieci, e forse venti, catture di questa specie in Italia, benchè quasi esclusivamente al confine occidentale (Nizza); ma, ciò nonostante, il supposto che l’arrivo di un’ Uria sulla marina di Pisa, durante l’ultima fase pliocenica, fosse altrettanto raro quanto è oggigiorno, e che tuttavia si sia messa la mano sopra un resto di un così eccezionale visitatore, non avrebbe certamente in suo favore la probabilità. Adesso le mie osservazioni hanno aggiunto all’Avifauna fossile di Orciano un fatto analogo, sebbene accompagnato da una improbabilità minore. Il Colymbus da me trovato appartiene ad un genere, di cui 2 specie (C. articus e C. septentrionalis) non sono molto rare anche nell’estremo Sud della Penisola, du- rante l’ ultima e la prima parte dell’anno (mentre è rarissima la specie maggiore, CO. glacialis Linn.), ma nidificano molto più a Nord d’ogni terra italiana, cioè in Italia non càpitano se non per causa di mi- grazione. La vertebra cervicale da me diagnosticata mostra una compattezza di tessuto quale è propria solo degli individui adulti, e quindi la presenza dell'individuo morto ad Orciano non si avrebbe, in man- canza di fatti d’altro significato, ragione di spiegarla altrimenti, come già la presenza dell’ Uria ausonia, che come effetto di migrazione invernale. La inverosimiglianza, però, connessa a questi due casi viene ora tolta, o scemata, da un terzo fatto abbastanza inaspettato e presentatosi al mio esame: il fatto è quello del coracoide di un’A/cèda, in uno stadio di sviluppo ancora tanto giovanile, come è rivelato dalla superficie e dai margini imperfetti del- l'osso, da non potersi ammettere che l’animale abbia avuta la potenza necessaria a migrare, fosse pure da un luogo vicino. L'animale era nidiaceo, o da poco uscito dal nido, e quindi nato sul luogo. Attualmente due Alcidi, Utamania Torda (Linn.) e Fratercula arctica (Linn. ex CLus.), si trattengono bensì sulle coste d’Italia, massime le mediterranee, anche in primavera e talora perfino in estate”, ma non è noto, se pure non è da breve tempo, verun caso di loro nidificazione sulle coste italiche, nè di terraferma nè delle isole. Oggigiorno la zona di nidificazione delle AlZcidae comprende, in Europa, le Isole Britanniche ed anche la Brettagna, dove si riproducono appunto le due specie suddette ?; anzi discende perfino (ma forse come anello staccato della catena) al di sotto del 40° di latit., giacchè 1 Uria Troie ni- difica nelle Isole Berlengas (Portogallo). Per dire qualcosa anche dei Colymbus, le sole 5 specie conosciute, cioè pacificus LawR., Adamsti GRAY, glacialis, arcticus e septentrionalis, son tutte nord-americane e le 4 ultime anche europee, sebbene 1’ Adamstà discenda forse soltanto, e non in copia, alla Norvegia. Le 3 ultime fanno escursioni molto più estese, giungendo al Portogallo, alla Spagna, al Mare piccolo di Taranto; e su di esse il GreLIoLi ci dà queste notizie: il glacialis nidifica nella porzione settentrionale del continente boreo-americano, dal Canadà alla Groenlandia ed all’Alaska: nidifica pure nell’Islanda, ma non sembra farlo nella porzione artica dell’Eu- ropa continentale, onde non sarebbe invero un uccello circumpolare; il ©. arcticus è una specie dell’Asia 1) Mi pare molto plausibile il supposto, che tali prolungati soggiorni siano conseguenza di un errore di detti animali. E questa opinione è pur quella di un illustre ornitologo,il SALVADORI, che dice: Molto probabilmente sono individui fuorviati, che, penetrati nel Mediterraneo per lo stretto di Gibilterra, e sorpresi dalla primavera, si avviano verso il Nord lungo le coste meridionali della Spagna, della Francia e della Liguria, ove si adunano, quasi chiusi in un cul di sacco. 2) AcLoQue A. Faune de France, Les Oiseaux, pag. 335-6. 3) D’OLIVEIRA PauLINO. Aves da Peninsula Iberica e specialmente de Portugal. Coimbra, Imprensa da Univer- sidade, 1896, pag. 176: « Uria troile L. Hab. — Commum nas nossas costas e nas de Hespanha e cria nas Berlengas. — Em grande parte das costas da Europa e apparece tambem na Asia e Africa. » Il GreLioLI, Op. cit., pag. 553, la dice sedentaria sulle coste britanniche, N-0. dell'Europa e orientali dell’ America boreale. - [19] E. REGÀLIA 237 artica, che è quasi divenuta circumpolare: alcune coppie nidificano nella Scozia settentrionale; il C. sep- tentrionalis è specie circumpolare e nidifica in tutta la regione artica e sub-artica!. Il fatto della nidificazione di un’ Alcida sopra una costa del Tirreno pliocenico è un fatto nuovo, per quanto è a mia notizia, riguardo non solo all’Italia, ma all'Europa. Esso ci conduce ad intendere come fosse meno improbabile la presenza di un avanzo di un individuo adulto, appartenente allo stesso gruppo e forse alla stessa specie, la presenza cioè dell’omero di Uria ausonia: la minore improbabilità è con- seguenza del rapporto, che il fatto in parola ha con quelli di tempo e di spazio congiuntamente. Invero la nidificazione delle AZcidae ha luogo, come quella di tanti altri Uccelli marini e terrestri, in colonie, e spesso grandi colonie, colla durata di un mese o un poco più. Ma in verun altro periodo nè del sus- seguente loro soggiorno estivo nella regione stessa, nè invernale in latitudini inferiori, non avviene che si trovino riunite in egual numero, per egual tempo, sopra un’area egualmente limitata. Dovette esistere in quei pressi una stazione di nidificazione, e perciò in essa verificarsi anche un certo numero di morti fra gli adulti, come fra i giovani; di modo che dalle stesse cause dovettero venire trasportati nelle ar- gille di Orciano i resti ossei e degli uni e degli altri. Se poi la costa era adatta a soggiorno estivo per le A/cìdae, è naturale che fosse anche frequentata e per una non breve parte dell’anno, dai Colymbus: anzi è molto possibile che questi ancora avessero le cove in qualche stagno poco lontano. Quindi per la presenza di un resto di Colymbus (la vertebra da me riconosciuta) vi furono probabilità in numero enormemente maggiore di quelle che vi sarebbero state, se le specie di quel genere avessero fatte su quel litorale così rare apparizioni come vi fanno al giorno d’oggi. A simile condizione di cose non disdice nemmeno la presenza del Tuffetto (Podicipes), del Marangone (Phalacrocorax) e dell'Aquila (?), giacchè dei quadri somiglianti.di vita ornitica s'incontrano attualmente, ad esempio nelle Isole della Regina Carlotta, sulle coste dell’Alaska e nelle isole al Sud-Ovest di questa. Non essendo io ornitologo, non ho nè libri nè cognizioni sull’argomento, fuorchè in grado, molto li- mitato; e soltanto perciò mi è dato incontrare le prove di associazione dei generi suddetti di uccelli sopra gli stessi luoghi, in due pubblicazioni ufficiali americane. Nelle Isole della Regina Carlotta sono conosciuti, o certamente o poco meno, come nidificanti 3 Colymbus (= Urinator e Gavia degli americani), 4 Alcidi, tra cui 1’ Uria troile californica (BRYANT), il Phalacrocorax pelagicus PaLL., diversi Falchi e un’A- quila di mare, Haliaétus leucocephalus alascanus. Circa la permanenza di specie di quei generi ad alte latitudini, anche ad autunno imminente, ri- corderò, benchè sia superfluo, che all’Is. di S. Michele (sopra al delta del Yukon e al 63° di lat.) e nel- l’Is. Whale, vicina, furono osservati, fra il 20 agosto e il 22 settembre: Colymbus (= Podicipes) Holboelli HPratercula corniculata Gavia arctica Uria lomvia arra (0 forse U. troile californica) Eunda cirrhata Phalacrocorax pelagicus robustus, 1) GierioLI H. EnrIco. Avifauna Italica ecc. 1886, su cit., pag. 447-50. 2 «U. S. Dep. of Agr., Division of Biological Survey. North American Fauna, No. 21. Natural History of the Queen Charlotte Islands, British Columbia; Nat. Hist. of the Cook Inlet Region; Alaska, by WiLrraD H. Os&ooDp (direction of Dr. C. HART MERRIAM). Washington, Government Printing Office, 1901 », pag. 19, 38, 39, 43. — « Come sopra, No. 19. Results of a biological reconoissance of the Yukon River Region. Mammals by W. H. Oscoop, Birds by Louis B. BisHoP. 1900». Del dono di questi due e di vari altri opuscoli sono debitore alla cortese intromissione del Sig. Harry C. OBERHOLSER, della Biological Survey, nonchè alla gentilezza dell’Assistente- capo Sig. T.S. PALMER, ad ambedue i quali esprimo la mia gratitudine. 238 E. REGÀLIA [20] e che le stesse specie, od altre affini, erano più o meno abbondanti presso l’Is. di S. Giorgio (una delle Pribilof) e presso Unalaska, nei primi 6 giorni di ottobre. Questi sono, del resto, riscontri puramente da non dimenticare, stante la possibilità di certe condi- zioni e di un lato, perciò, del problema: non mi è noto, infatti, che sia ancora dimostrata indubbiamente falsa l’opinione di quei geologi, che ammettono dei periodi di basse temperature, od anche glaciali, du- rante il Pliocene. Ma senza dubbio va tenuto in considerazione, nel caso nostro, il fatto trovato dal PortIs della presenza, nelle stesse argille di Orciano, di un Cheloniano (Palaeochelys) d’un tipo tropicale; e che, inoltre, per essere atte alla nidificazione di qualche Alcida e al soggiorno di qualche Colymbida, poteva essere sufficiente che le condizioni climatologiche della regione fossero analoghe a quelle attuali delle coste della Brettagna. Vi ha anzi di più, ed è una considerazione, dovuta ad un paleontologo, ora non ricordo quale, e non degna certo di venir messa da parte alla leggera: l’indurre dalle condizioni biologiche delle specie attuali a quelle delle specie affini nelle epoche passate, non è scevro d’incertezza, stante la possibilità che da tempi così remoti ad oggi certi gruppi di forme animali, per cause molto varie e a noi ignote, siano andati adattandosi a condizioni di vita abbastanza diverse da quelle, in cui originariamente vissero. Non debbo terminare senza porgere i dovuti e più sentiti ringraziamenti, per notizie e consigli fa- voritimi, al più competente nella materia fra i paleontologi italiani, cioè al tante volte ricordato prof. ArESsANDRO PoRTIS. Finita di stampare il 28 dicembre 1902. SES Ni RA - vinario- Ces = 3 AF gi ani aliab Solo Giga AREA h ; & dat Ins Dal è i RO Tira Via Iatanzont oriorelasty Sile sui Start Li io af” 3 BABI gna Lab IA d pnt 16 ra È oisin. dI subi Sirena dior E: Rn i n tease pilob snnivol sati = HE, ER ; di FL doo. Re; | n È “SR 6 5A Da 3 ; a: be NAS sirpoio ai Sie pro Tag add — | BD EE et ‘usa = 2 Rita stop i È POLINI FHOd ating secon sima arto rana paieloie Da9 ui GS SE ori SIIERZALI gra AZ sk E Ò "ME himtni fado toda DI 9 è nimitafiab aiÙn gin Di n i EST RSA NC LIITA » ld. — Una parte della porzione precedente veduta in altra posizione e mostrante il lato interno del C'e dei Pm di sinistra e l’estremità degli I, — pag. 6-8 [6-8]. do ie — Altra porzione dello stesso frammento veduto di fronte e mostrante la parte anteriore degli Z e dei C, — pag. 6,7 [6,7]. PID — Frammento dell’osso jugale sinistro, — pag. 6 [6]. DI k — C inferiore destro veduto dalla parte interna, — 8 [8]. » 4 — Pm! inferiore destro yeduto dalla parte interna, — pag. 9 [9]. » 5-7. — Le tre ultime (132, 142, 152) vertebre dorsali incomplete vedute dal lato destro, — pag. 10 [10]. » 8-12. — Le cinque vertebre lombari incomplete vedute dal lato destro, — pag. 10 [10]. » 13. — La 4. vertebra sacrale incompleta veduta dal lato posteriore e mostrante il foro neurale, — pag. 11 [11]. >» 14-19, — Le sei prime vertebre caudali incomplete vedute dal lato destro, eccetto la 2.% che è veduta dal di sopra, — pag. ll [11]. » 20. — Frammento dell’omo piata sinistro veduto dalla parte ‘esterna e mostrante una piccola porzione della cavità glenoide ed il principio della spina, — pag. 12 [12]. » 2la. — Omero sinistro veduto dalla faccia esterna e mostrante parte della testa, la grande tuberosità, il margine della cresta deltoidiana e la tuberosità inferiore esterna,— pag. 12 [12]. » 216. — Lo stesso veduto dalla faccia interna e mostrante parte della testa, la piccola tuberosità, il margine della cresta deltoidiana e la tuberosità inferiore interna,— pag. 12 [12]. » 22. — Frammento prossimale del radio sinistro veduto dalla faccia esterna e mostrante parte della testa con la cavità di articolazione con l’omero ed il collo, — pag. 13 [13]. » 23. — Frammento prossimale del radio destro veduto dalla faccia interna e mostrante parte della testa con la cavità di articolazione col cubito, il collo e la tuberosità bicipite, — pag. 13 [13]. (Tutte le figure in grandezza naturale). Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902, UGOLINI, Monaehus alb li nie "Bod. ei È n (0 ni POLO ATET Î NT i rv Fri Db onoivsgsig@ È 2 Sasa GIOSRE bllal oipboy omzimie è po, urtò _. VIVAI fotoni siizonodni 91h dI «bii20490 {3 È TESE i Gue È & SD croierì. un. È SARE - Biba 0° Lr por ‘otizob. orino Inb doi “ij a Ias MIEGILiE mi di atteb e oniesb. dii {bb toh sl Mi Lose Î5p sio” smette 449 IPLE = prg sus alga) Spiegazione della Tavola II [II]. Monachus albiventer BopDp. Fre. 1. — Omero sinistro veduto dalla faccia posteriore e mostrante parte della testa e della piccola tuberosità, le due tuberosità inferiori, la cavità olecraniana e la porzione poste- riore della faccetta cubitale, — pag. 12 [12]. DI ZL — Cubito sinistro incompleto veduto dalla faccia interna e mostrante parte della faccetta sigmoide e dell’apofisi odontoide, — pag. 14 [14]. » 3. — Scafoide del carpo destro veduto dalla faccia esterna e mostrante la faccetta di articolazione col radio, — pag. 14 [14]. » 4 — Trapezoide del carpo destro veduto dalla faccia inferiore e mostrante la faccetta di articolazione col trapezio, — pag. 14 [14]. ; » 5. — Trapezio del carpo destro veduto dalla faccia esterna e mostrante le due faccette di articolazione col trapezoide e lo scafoide, — pag. 14 [14]. 3INEG: — Grand’osso del carpo destro veduto dalla faccia superiore, — pag. 14 [14]. DIGINNTA — Unciforme del carpo sinistro veduto dalla faccia esterna, — pag. 14 [14]. DINNNS: — Piramidale del carpo destro veduto dalla faccia esterna, — pag. 14 [14]. » 9a. — 1.° Metacarpiano destro veduto dal lato anteriore e mostrante superiormente la faccetta di arti- colazione col trapezio, — pag. 15 [15]. >». 95. — Lo stesso veduto dal lato posteriore, — pag. 15 [15]. » 10-11. — 2.° e 3.° Metacarpiano sinistro veduti dalla faccia anteriore, — pag. 15 [15]. » 12. — 4° Metacarpiano destro veduto dalla faccia anteriore, — pag. 15 [15]. » 13. — 5.° Metacarpiano sinistro veduto dalla faccia anteriore, — pag. 15 [15]. » 14. — Femore sinistro incompleto veduto dal lato posteriore e mostrante parte della testa e del grande trocantere, la tuberosità collaterale esterna, i due condili di articolazione con la tibia i ed il perone e la scanalatura intercondiliana, — pag. 16 [16]. >» 15. — Femore destro incompleto veduto dal lato anteriore e mostrante parte della testa e del grande trocantere, le due tuberosità collaterali, e la faccetta rotuliana, — pag. 16 [161. » 16. — Rotula sinistra veduta dal lato interno e mostrante la faccetta articolare, — pag. 16 [16]. » 17. — Rotula destra veduta dal lato esterno e mostrante la sua tuberosità, — pag. 16 [16]. (Tutte le figure in grandezza naturale). Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. II. UGOLINI, Monachus albiventer Bodd. del Pliocene di Orciano. [Tav. II]. ELIOT. GALZ@LARI & FERRARIO. MILANO RUGANI, FOT. lovidia Pu908 piso) adi veg: iJI05.OMnoReRino . fi sila osmhor os Sa :_q0n 1 1 sliab ogmbovio LS iluti aMgaeno Le Spiegazione della Tavola III [III]. Monachus albiventer Bopp. ul — Tibia del lato destro incompleta veduta dalla faccia anteriore, — pag. 17 [17]. 2. — Tibia del lato sinistro incompleta veduta dalla faccia posteriore, — pag. 17 [17]. 3. — Perone del lato destro quasi completo veduto dalla faccia anteriore, — pag. 17 [17]. 4. — Perone del lato sinist1o incompleto veduto dalla faccia posteriore, — pag. 17 [17]. 5. — Astragalo destro veduto dalla faccia esterna e mostrante il condilo di articolazione con la tibia, — pag, 18 [18]. 6. — Calcaneo destro veduto dalla faccia esterna, — pag. 18 [18]. Ti — Scafoide del tarso sinistro veduto dalla faccia esterna e mostrante parte della faccetta di arti- colazione con l’astragalo, — pag. 19 [19]. 8. — Cuboide del tarso destro veduto dalla faccia esterna e mostrante parte della faccetta di articola- zione col calcaneo, — pag. 19 [19]. 9Ì — Cuboide del tarso sinistro veduto dalla faccia interna e mostrante superiormente parte della fac- cetta di articolazione col calcaneo, ed inferiormente parte di quella articolazione col 4.° e 5.° metatarsiano, — pag. 19 [19]. 100. — 1.° Metatarsiano destro veduto dalla faccia anteriore, — pag. 19 [19]. 105. — Lo stesso veduto dalla faccia posteriore, — pag. 19 [19]. 11. — Frammento prossimale del 2.° metatarsiano destro veduto dal lato anterore, — pag. 19 [19]. 12,13. — Il 3.° ed il 4.° metatarsiano del lato destro veduti dal lato anteriore, — pag. 19 [19]. 14. —M5. metatarsiano del lato sinistro veduto dal lato anteriore, — pag. 19 [19]. (Tutte le figure in grandezza naturale). Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PATSEOCNIOGRARETN ATI CARV AVI TI UGOLINI Monachus albiventer Bold. del Pliocene di Orciano. [Zav. III |. RUGANI, FOT. FLIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANI Îl 0 oi to î si ( Tu n ri Res ULI ALA MONO DO) di I NI Nu I Ti o n) SL tuo ‘ lesmenot= mola assisi AMET w Zan avsbttioni ti Spiegazione della Tavola IV [I]. Fia. 1. — Orthoceras multilabiatum HAUPR >» 2. — Pleuronautilus Marianii n. sp. Db = » Paronai n. sp. » 4,5. — Nautilus Zinae n. sp. be ee Tommasii n. sp. » T. — Ptychites Taramellii n. sp. 0 » 8. — Proarcestes Stampai n. sp. » 9. — Ceratites Paronai n. sp. . » 10. — Arpadites celtitoides n. sp. + " » 11. — Trachyceras Aon (MUnsTER) LAUBE » 12. — PACIS Philopater (LAUBE) Mo3gs. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. (Museo geol. Torino), — pag. 26 [6]. (Museo civ. Milano), — (Museo geol. Torino), » » 27 [1]. 27 (1 28 [8]. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. IV. AIRAGHI, Nuovi Cefalopodi del calcare di Esino. : [Zav. I]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILAN® un E, DI Iuln US TT TL LITI UR AT Î ROTTI] san Il tn Ùi Î Lit n FOLIOLI ii “Hanno D. lobo con; pitti vio opel) Dita oso oz) FTA ri» OSRLrR0) F1099 c6ag0 Spiegazione della Tavola V [II]. Fic. 1. — Pinacoceras Stoppanii n. sp. d (Museo geol. Torino), — pag. 85 [15]. >» 2. — Lecanites glaucus (MUnsTER) Moss. » » Pa 36 [16]. » 3. — Nannites spurius (MUnstER) Moss. » » » — » 836 [16]. » 4. — Meekoceras Canavarii n. sp. È » » » — » 83717]. » 5. — Proarcestes marchenanus n. sp. . » » » — » 3010). >» 6. — Ptychites Marianii n. sp. . . (Museo civ. Milano), — » 38|18). » . — Sturia Sansovinii Moys. 0 ; (Museo geol. Torino), - » 3919). » 8. — Atractites Tommasii n. sp. . ; » » » — » 40]20]. » 9. — » Mariani n. sp. . > (Museo civ. Milano), —— » 4020]. » 10. — G Preveri n. sp. . ; (Museo geol. Torino), —.- » 4020). DU = » Compressus n. sp. È RIN E OE 3234] Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. V. AIRAGHI, Nuovi Cefalopodi del calcare di Esino. (Tav. II]. ELIOT CAL ZOLARI & FERRARIO MU AND a mit TUO PI 17) Din NT mo O 1 a e AL î N04 QUER dll Ten o Ù LARITE MUSO DLE SITO EA i palio NATEIOOLI Îl IRA uo ni Î MITE METIS Ì uni i A ds MORILLO ì DONNA (ae uu N n | UN Te Lat il Mn tV TanUina fi te: i ì î n MITICI TT peu) dl ss pan NBA. PRESI A A € it ealOssIHGI Uz pica Fiissi È miigeità) sone — sottimen È DE n , { dial Add ade es Teva aterotrot coma ori HET rità siglati a pie TAL Spiegazione della Tavola VI [I]. N.B.— Quando non è altrimenti indicato l'ingrandimento delle figure è di 5. Fig. 1. — Nummulites Tchihatcheffi D’ Arca. et H., — pag. 52 [10]. » 2. — Nummulites complanata LAME. (Frammento, ingr. 3), — pag. 53 [11]. . — Nummulites latispira Sav. et MGuH., — pag. 55 [13]. . — Nummulites discorbina ScHLOTE., — pag. 57 [15]. . — Nummulites discorbina ScaLoTE. var. La Harpei nov., — pag. 57 [15]. 3 4 5 » 6. — Nummulites sub-Beaumonti pe LA HaRrPE (Ingr. 7), — pag. 58 [16]. 7. — Nummulites Beaumonti D’ArcH. et H., — pag. 59 [17]. 8. — Nummulites Guettardi D’ArcH. et H., — pag. 59 [17]. 9. — Nummulites biarritzensis D'ARCH., — pag. 60 [18]. » 10. — Nummulites striata D’OrB., — pag. 61 [19]. » 11. — Numnmulites contorta Desa. var. Viquesneli p’ ArcH. et H. [superficie] (Ingr. 2), — pag. 63 [21]. » 12. — Nummulites Lamarcki D’ArcH. et H. (Ingr. 7), — pag. 79 [37]. » 13. — Nummulites variolaria Sow., — pag. 63 [21]. » 14. — Nummulites Heberti p’ArcH. et H., — pag. 64 [22]. » 15. — Nummulites anomala DE LA HARPE (Ingr. 6), — pag. 65 [23]. » 16. — Nummulites curvispira MGH. (Ingr. 6), — pag. 67 [25]. » 17. — Nummulites Heeri DE La Harpe (Ingr. 12), — pag. 70 [28]. » 18. — Nummulites Lucasana DerR. (tipo) (Ingr. 6), — pag. 71 [29]. » 19. — » » » var. depressa D’ArcH. et H., — pag. 73 [31]. » 20. — » » 5) » granulata DE LA HARPE, — pag. 73 [81]. » 21. — ” » » » Meneghini D’ArcH. et H. [superficie] (Ingr. 1,5), — pag. 74 [32]. » 22. — » » » » Mensghinii D’ArcH. et H., — pag. 74 [32]. » 23. — Nummulites perforata D’ORB. var. Renevieri De La Harpe (Ingr. 5), — pag. 76 [34]. » 24. — » » » » granulata TeLL. [superficie] (Ingr. 2), — pag. 77 [85]. » 20. — » » » » granulata TeLL. (Ingr. 3,5), — pag. 77 [9]. Palaentographia italica, vol. VIII, 1902. PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. VI. MARTELLI, / fossili dei terreni eocenici di Spalato in Dalmazia. AUCT. PHOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILAN î (ann IO un) ART EA Ì alt î CT I 0g Î O AUT DI Ù n i ni ig mit O ; ul i ion iu mena erp OLII TELE, IO Mi ATZNTI MAT l) Î) ti mul un: ni! fut d/00, Mi I vi I SAL, al Ul È i Ù VID: pi UA | i 1 ì È TN 1 i 2000) MOVIE uo DAN Til n MET DI #3 7 [i PAG le Spiegazione della Tavola VII [II]. N.B.— Quando non è altrimenti indicato le figure sono in grandezza naturale. Fic. 1. — Nummulites perforata D’OrB. var. Stefanii nov. [superficie] (Ingr. 1,5), — pag. 77 [85]. DU — Nummulites perforata p’'OrB. var. Stefani nov. (Ingr. 3,5), — pag. 77 [85]. DIR) — Nummulites suboenotria sp. nov. (Ingr. 5), — pag. 78 [86]. >» 4 — Nummulites oenotria TELL. (Ingr. 5), — pag. 79 [37]. DID — Nummulites subitalica TaLL. (Ingr. 5), — pag. 80 [88]. De — Nummulites italica ToLL. | mancano è giri periferici] (Ingr. 5), — pag. 81 [39]. ST (e — Orbitoides (Lepidocyclina) dispansa (4) nov. (Ingr. 7), — pag. 84 [42]. DIO — Orbitoides (Lepidocyelina) dispansa (8) Sow. (Ingr. 7), — pag. 84 [42]. SE — Orbitoides (Discocyclina) aspera (4) nov. (Ingr. 3,5), — pag. 85 [43]. » 10. — Orbitoides (Discocyclina) aspera (B) Guùm8. (Ingr. 3,5), — pag. 85 [43]. » 11. — Orbiteides (Lepidocyclina) dalmatina (4) nov. (Ingr. 7), — pag. 84 [42]. DINO: — Orbitoides (Lepidocyclina) da!matina (3) nov. (Ingr. 7), — pag. 84 [42]. > 13. — Orbitoides stella Gum. (Ingr. 3,5), — pag. 87 [45]. » 14. — Orbitoides stellata D’ArcE. et H. (Ingr. 3,5), — pag. 87 [45]. > db. — Echinolampas Suessi LAUBE, — pag. 90 [48]. » 16,17. — Echinolampas confr. inflatus LauBe, — pag. 91 [49]. » 18,19. — Echinanthus Gasperinii sp. nov., — pag. 92 [50]. » 20,21. — Pericosmus spalatinus sp. nov., — pag. 94 [52]. » 22. — Schizaster sp., — pag. 94 [52]. » 23. — Pecten Bcnarelli Vin., — pag. 95 [53]. » 24. — Pecten Diocletiani sp. nov., — pag. 95 [53]. Palaentographia italica, vol. VIII, 1902. PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. VII MARTELLI, I fossili dei terreni eocenici di Spalato in Dalmazia. [Tav. II]. AUCT PHOT. ELIOT. GALZULARI & FERRARIO. MILANI ai ù DN i fotavo. sitivazatelta”i sa 37 l'ASDATON BALLI. zi SI SUR Au Spiegazione della Tavola VIII [I]. N.B.— Quando non è altrimenti indicato le figure sono in grandezza naturale. Fia. l. — » 2a. — » 2b.— » 2e.— » 3a. — » 35. » 4. — » ba. — » 5b.— pa Da » Tb. —- » Ba. — SIAE DA » 10. — » ll. — De PA » 13 a. — » 13 Bb. — Stylophora parva n. sp. (Ingr. 2), — pag. 103 [5]. Montlivaultia fungiformis n. sp. Calice. (Ridotto ad 1/), — pag. 103 [5]. Sezione longitudinale della stessa. Esemplare della stessa visto lateralmente (Rid. ad '/,). Pattalophyllia cyclolitoides BELL. sp., — pag. 105 [M]. Calice della stessa. Heliastraea columnaris Rss. var. tenuis n. var., — pag. 106 [8]. Heliastraea Dal Lagoi n. sp., — pag. 106 [8] Sezione longitudinale della stessa. Heliastraea cylindrica n. sp., — pag. 106 [8]. Cyathomorpha irradians MIicHN. sp., — pag. 107 (9). Sezione trasversale della stessa. Prionastraea Taramellii n. sp., — pag. 108 [10], È Sezione longitudinale della stessa. Thecosmilia n. sp.?, — pag. 109 [11]. Diploria flexuosissima p’OrB. Sezione trasversale, — pag. 109 [11]. Ulophyllia distineta n. sp., — pag. 109 [1i]. Hydnophora contorta n. sp., — pag. 110 [12]. Cyathophora minor n. sp., — pag. 112 [14]. Sezione trasversale della stessa. (Ingr. 2). Palaentographia italica, vol. VIII, 1902. PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. VIII. [Zav. I]. Teneto. oici del V AU OSASCO, Coralli ceno FORMA FOT. E. MILANC NIE) \ x ] i DA TIVIRUMINA NI LL î ui Ie met NO UTI nni DOT DN TI RR x N Il î Ni RI ar Mec : TI QUETNCUNIO ini PING NINNI Tu LUN - VI in Il UURSTTTÀAN DI LYCR Un nai Î il VACCARI ni n oi 266010 SMETTI I 1 abissi i dire prg ieri biinita 4. A DR 0 i dtituconfa afarhaitreno! atroi bs AREE iii aa RENE ù RR ARIL 2 L LIA O È CHIGI ci tao) Spiegazione della Tavola IX [IT]. N.B.— Quando non è altrimenti indicato le figure sono in grandezza natnrale. Fig. 1. — Astrocoenia irregularis n. sp. (Ingr. 2), — pag. 112 [14]. » 2 a. — Confusastraea costulata n. sp., — pag. 113 [15]. » 2 b. — Sezione longitudinale della stessa. » 3 a. — Stylocoenia minuscola n. sp. (Leggermente ingr.), — pag. 114 [16]. » 3 d. — Veduta di una porzione della stessa. (Legg. ingr.) » 4. — Plocophyllia contorta CAT. sp. var. crassa n. var., — pag. 115 [17]. » 5 a. — Trochoseris? laevicostata n. sp. Calice, — pag. 115 [17]. » 5 db. — Esemplare della stessa visto lateralmente. » 6. — Oroseris regularis n. sp., — pag. 117 [19]. » 7. — Mycethoseris patula Micat. sp. var. ornata n. var., — pag. 117 [19]. » 8. — Mycethoseris incerta n. sp. — pag. 118 [20]. » 9. — Dimorphastraea monticularia n. sp., — pag. 119 [21]. » 10. — Comoseris distincta n. sp., — pag. 119 [21]. >» 11. — Dendracis distincta n. sp. (Ing. 2), — pag. 120 [22]. » 12. — Dyctyaraea superficialis n. sp. (Ingr. 2), — pag. 120 [22]. Palaentographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, VIII, Tav. IX. osasco, Coralli cenozoici del Veneto. AT i N E, FORMA FOT. ELIBT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANE UROLE TE i dI NO Ni i I Ia si i î (VITTI ONITRE CARNI TETI n ti DEN ii % An) Ù si UP i UT N MITA n A 0 DE an n IRE PIÙ DO Du Ù è 3 Î ù Il n Ù I i, pon i ò i | i ALI / i ] il Î a Veni | Ù | î Ì Ì i Ti Li | SSA ni 1 ' il î fun Ù Ì Ì Il NATI ) î n. Mii DET ì I ni l TOT I ì il ] il ul di il Ì | un i î ; Ù Ùl NOT ' 1 IR ul MI I Ì î dd; (on : i É UTI l LATI i î ] i Ì TINTO nen I ll É ect [ti me 100 I RIOT i 5 Lala î ' È GATTINI î ORBITE fl I 1 x Î MS LATI NU i î see dni Ur I) LI ti Il È UT {tl} UU LUI i) pe | st La PO con Vi - f È Ro) A DAI GI me Gi si Ì I Ù Ù (ANTE ti n lt i N 7 NE \ I } ni i LI) î È 7 \ É VIA O gua @ LES NI ANI a ire DUdA PAINT Spiegazione della Tavola X Fig. 1. — Peronosporites miocenicus PaMP. . » 2. — Peronosporites miocenicus PAMP. . » 3. — Peronosporites siculus PAmP. o » 4. — Peronosporites siculus PAMP. » 5. — Pythites disodilis Bacc. DIMGL » 7. — Uncinulites Baccarinii PaMP. » » 8. — Erisiphites Melilli Pamp. » 9. — Perisporites hirsutus PAmpP. o » 10. — Perisporites setosus PAMP. î » 11. — Chaethomites intricatus PawP. » 12. — Melanosporites Stefanii PAMP. B Palaentographia italica, vol. VIII. 1902. (I). — Pythites disodilis BAcc. Oogonio in via di essere fecondato dall’anteridio Ingr. 150 dm. — Pag. 123 » 300 150 300 » 123 124 124 124 PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. X. PAMPALONI, Resti organici del disodile di Melilli in Sicilia. [Tav. I). L' PAMPALONI PHOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO. MILANC De MI Ne GRIN VAR MU î î î AT î Tali TUgiVÌ (} Uni, TU ii n LI nni MT nani Uan Ù NI Ii | A VUELTA Îl d ST) ST LINE o, feti TL RYRININn Tin tI Tua na i TS IN DA ul fil ZL MR Ta on h Di Di mu MU uno UT Li INIL CRnE Do ti ia, un SETE î gn * R: i 3, fe push \ î MA : ORTI ROOT | 5 meno EURO ci I LATI ni i ari I au ul ici il ì 7 Ù AO! arl, I i mi sedili di e NOTI TI0N RT N; MAMBA TALLORTC MERONI ATTI x i) MATTO Mr vi ARA o È VUE UTI in i, î Mme i HART I Ò Uta UT du N Ki TONI DIDO 7 vo Uh ùn Ji Ùl / Î È Di hi Ha 19 dor i Pra 1 + VI i î i to DRACO \ L cen, x IO SITO int Mont t Re : ta LTL UND | VT Sat 7 t; pa SSR] {1 A DO RR SSR ’ Ù (RETE SLIRAGSIY ituatani SE TEL) sti Spiegazione della Tavola XI [II]. Fic. 1. — Microthyrites disodilis PAMP. . ò Ingr. 50 dm. — Pag. 127 [Ml] » 2. — Monilites albidla Pamp. . ò - » 200 » — » 128 [8] » 3. — Oppites Melili Pap. . . o e 2508] >» 4 — Belbites disodilis Pawp. . c >» 100 » — » 129 [9] >» 5. — Carabodites Pavesii Pamp. . 5 > 100 » — =» 199 [9] » 6. — Carabodites Pavesii PaMP. . 3 » 300 » — » 129 [9] >» 7. — Tyroglyphites miocenicus PAMP. i » 100 » — » 130 [10] » 8. — Larva di Libellula c 5 o » 50 >» — » 130 [10] >» 9. — Phytophtirites disodilis PAMP. 5 » 50» — >» 130 [10] >» 10. — Diaspites crenulata Pamp. 5 0 >» 100 » — » 130 [10] > 11. — Apparato masticatorio di un Carabice > 50 » — » 130 [10] >» 12. — Heterodera . È È 5 0 > 100 » — » 130 [10] Palaentographiaitalica vol. VIII, 1902., PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XI. PAMPALONI, Resti organici del disodile di Mehlli in Sicilia. [Zov. IT]. L. PAMPALONI PHOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO, MILANC le E ì 4 per: SN) MOTI MLRIITCA) SAI PIIIALSII î 1 n ces MRI i VIAN ME t î Ut Va { x a Wa ] i sr. o, i ION MOMO SI (i i 6 ; i ; i TUGIUIRT n ai Î 1, î di Li TTLPTNTRT IT Ù DIA î ai | IElTore ) n Ù DIV hi Fi È Ì ; i ra i \ Dr Di DI Hal Il Di È N) ; i in i i 3 7 i A 4 n 5 x VA MIT Dn di j ì | Ai A TIR; BM Dai IT J n \ Toti o i Li Li i Î ù Sidi n i E Ro 7 1 Dr É di k Ù ; È oo no ne) » 1a) DA e VESICORLO NI n 1A) pb Cai ur î hi Mo, Ra L 00 dI Spiegazione della Tavola XII [XV]. Fia. 1,a-c. — Vermiceras spiratissimum Quansm., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 131 [91]. 2. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 131 [91]. DI — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 131 [91]. 4,a,b. — Vermiceras ultraspiratum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 133 [98]. 4c-d. — Penultimo giro dello stesso esemplare. 5,4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 133 [93]. 6,4-d. — Vermiceras perspicuum n. sp. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco, — pag. 137 [97]. ,a. — Vermiceras laeve Stur in GeveR, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 136 [96]. 8,4,6. — Vermiceras Wahneri UnLIG, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 135 [95]. 9,a,6. — Vermiceras Nodoti p’OrB. in ReyxdSs, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [102]. 10,4,b. — Vermiceras ophioides n’ Ors., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [98]. 11,a,6. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf.- — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [98]. 12,a-c. — Vermiceras Rothpletzi Borse, dei calcari grigi inf. — del Museo di Pisa, — pag. 139 [99]. 13,a. — Vermiceras Boehmi Huc, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 141 [101]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XII. FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XV]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANC RU@ANI E FUOINI FOT. iv MY n Jon Dan URI, n VAEGIÙ I i RIT MM SI Ca MIA e NT n Ù if Tali TIRI o mi SS UTATAO Mu» 7 DI RPM MAGNANO ue TaCtenI I MAIS vo DE: Î 7 Di dali i Ù pa IATA WAI NI I Ù i ì SCONTI Ino ni È iO Il pa : URTI Ù SU Il noti î MTA n Tn "Ò" di Ù i 3 1 i ali ì AO) RT L ( i) {NT Toi | ; 1 È i I n Ù NATIA VATTANIO SI AR : } Ù Il Y î VEL mula fi I ; Ò Ù 7 È LAT IOCANI GOTICA NONNO nU + n Ù Na LISCA! Deal ul vi Il î i I 0h Ì Î Ù pun i ; 1 i Ary, i " DT I i 5 i : tI à pali i MILE I ( IMAGO (VAT È, pera | ‘ î \ va I pi Ì MOLA TATLORTNAORCIINNA ion SER] i ch MARAN îl n ; i É Do AGLIO i ac E I È ‘ i ‘ A VIRAL | tot ali Y ROCHA) Lat Mani Tal UUUE n _ S ì î " ì TI MULnLI A Ù ITA T, li Ì i i Î I i ù Ì i TINI î i T Dot 3 - Y A i i o i t Li Il Up a Ni 1 NI i i RATA : ME UA IE î n SA IAT ui DAI ea N Wa Î 4 e; i ACIIRO ni î Y. "i TOTO I sr” ® E Fa Petto ec IRdOIX Ba ai = 3 aero = 2 2 GiSUe, 3501 de OT@tiaae Spiegazione della Tavola XIII [XVI]. © Fig. 1,a,b. — Vermiceras solarioides Costa, modello dell’ originale. » 2,a. — Vermiceras solarioides Costa, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 144 [104]. » 3,4. — Vermiceras Oosteri Dum., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 143 |103]. » 4a-c. — Vermiceras Schlumbergeri Revn., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze — pag. 148 [108]. » 5,a,b6. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 148 [108]. Dico, — Altro esemplare della stessa specie, proveniente da Campiglia. — Del Museo di Pisa, — pag. 148 [108]. > 7,a,b. — Vermiceras sp. ind., dei calcari grigi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 149 [109]. » 8,a,6. — Vermiceras Scylla Revn., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 150 [110]. » 9,a,b. — Vermiceras cfr. Edmundi Dum., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 153 [113]. » 10,c. — Vermiceras tenue n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 147 [107]. » 11,a. — Vermiceras demissum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 146 [106]. » 12,4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 146 [106]. » 13,a-c. — Vermiceras formosum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 158 [118]. » 14,a. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco, — pag. 158 [118]. » 15,4. — Vermiceras pluricosta MGxH., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 154 [114]. Palaeontographia italica, vol. VIII,1902. PALARONITOGRAPHRTA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XII, FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XVI]. RUG@ANI E FUOINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 7, SA SG RI (a uan Un i nu î Ùi n dI si î E n ii i Spiegazione della Tavola XIV [XVII]. 1,a,b. — Vermiceras Landrioti p’ OrB., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 152 [112]. 2,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 152 [112]. 3,a. — Vermiceras secernitum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 155 [115]. 4. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 155 [115]. 5. — Coroniceras cfr. sinemuriense D’ORrB., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 161 [121]. 6,4,6. — Vermiceras affine n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 156 [116]. 7,a. — Coroniceras cfr. Bucklandi Sow., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 161 [121]. 8,4,06. — Coroniceras Grecoi Bon., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 159 [119]. 9? — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, -- pag. 159 [119]. 10. — Vermiceras hierlatzicum HAuER, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 145 [105]. 11,a,5. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 145 [105]. 12. — Arnioceras rejectum n. sp. (var. costata), dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 [130]. 13. — Arnioceras ceratitoides QueNsT., dei calcari grigi inf., — Del Museo di Monaco, — pag. 165 [125]. 14. — Arnioceras rejectum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 170 [130]. Palacontographia italica, vol. VIII,1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XIV. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XVII]. RUG@ANI E FUOINI FOT, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANI A f o CN | | RIE SAINT fà Na v nti LE: MS i TE L Ì î i A T h Ue | - FTENN ETA Î si € vid P : ì : o. P NIC: | î fi N° fi î \ i TA ; | ' " | Tai Gi È VIN i : I) è De ì ì fi Il IN ’ È : : I. ì i TONO w P ; i Dio) Ù #k i | | Ax = Ni ; (1 ES ì #e AI i 5" DI) I ; ° i ; 14 i i bai r VE È ; Sat TUTTA 1230 PE in] ai NES. fg.4 ina bLEt, Eri Spiegazione della Tavola XV [XVIII]. Fig. 1,a,b. — Arnioceras ceratitoides Quensr., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. » 2,4. s— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. >: — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. » 4,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. » D. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 165 [1265]. » 6. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. » 7,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 165 [125]. DANNSI — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. d_& — Var. paucicosta della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 127 [167]. » 10. — Giovane esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 127 [167]. » 1l,a. — Arnioceras ceratitoides QuensT., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. >» 12,a. —.Var. paucicosta della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 167 [127]. > 13. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 167 [127]. » 14,0. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 167 [127]. > 15. — Arnioceras ceratitoides Quenst., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 165 [125]. Palaeontographia italica, vol. VIII,1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XV. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XVIII]. RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO. MILANO î Ul Sali Ù i ij Cin de î mi iti I cia EIN Spiegazione della Tavola XVI [XIX]. Fic. 1,a-c. — Arnioceras rejectum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 [130]. >» 2. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 [130]. » 3. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 170 [130]. >» 4 — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 [130]. DUB — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 [130]. » 6,0. — Altro esemplare della stessa specie, proveniente da Adneth — Del Museo di Pisa, — pag. 170 [130]. >» (7,a-c. — Arnioceras italicum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 168 [128]. » 8. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 168 [128]. > 9a. — Arnioceras anomaliferum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 182 [142]. > 10,a,6. — Arnioceras miserabile Quenst., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 162 [122]. > 11,a,6. — Arnioceras cfr. kridioides HyArT, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 169 [129]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XVI. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XIX]. RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARI®. MILANO VEL) ne: TURI i io ; i lA e. Ù Mai Ni UA tafi Hei ni Spiegazione della Tavola XVII [XX]. Fig. 1,a-c. —- Arnioceras mendax n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. »_ 12; — Var. plicatella della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 175 [135]. » 3,4. — Arnioceras mendax n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, —- pag. 173 [133]. » 4 — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 173 [133]. DINNOS — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. -— Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. DG — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. » ,a. — Var. rariplicata della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 176 [136]. » 8,a,b6. — Arnioceras mendax n. sp. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. DINO — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pàg. 173 [133]. » 10,4,b. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. DI SUL — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. » 12,a,6. — Var. plicatella della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 175 [135]. Palacontographia italica, vol. VIII, 1902- PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, VIJI, Tav. XVII. FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monle di Celona, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO RUGRANI E FUCINI FOT. ui © OROiss9dige” 7 brio Garaonl Rifetegne ny = ì ARTE o GA 7 Spiegazione della Tavola XVIII [XXI]. Fig. 1,a-c. — Arnioceras mendax n. sp. var. plicatella, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 175 [135]. » 2,a-c. — Var. incerta della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 177 [137]. » 3,0,6. — Var. rariplicata della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 176 [136]. » 4,a. — Giovane esemplare della var. plicatella della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 175 [135]. DIMINOÌ — Altro giovane esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 175 [135]. » 6,a,6. — Var. rariplicata della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 176 [136]. Ji o — Giovane esemplare della var. incerta della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 177 [137]. » 8,a,6. — Var. rariplicata della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 176 [136]. » 9,45. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 176 [136]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XVIII. FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Zav. XXI]. RUGANI B FUCINI FOT. ELIOT, GALZOLARI & FERRARIO. MILANO pei i DI 1) I \ Îi Vi ne da " I î Î Da tn Ual ga n soia Gila PIRAS Pri pngsati siria LE Spiegazione della Tavola XIX [XXII]. Fi. 1,a,6. — Arnioceras insolitum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 178 [138]. » 2,a,56. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 178 [138]. DINE — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 178 [138]. » 4,a. — Var. longispirata della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 180 [140]. PINTO — Esemplare adulto della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 180 [140]. » 6,@. — Arnioceras spirale n. sp. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 180 [140]. » 7,4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 180 [140]. » 8,4. — Altro esemplare della stessa specie, (var. minuta), dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 181 [141]. >» 9,a. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 181 [141]. » 10. — Arnioceras spirale n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 130 [140]. » l1,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 180 [140]. » 12. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 180 [140], » 13,4. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 180 [140]. » 14,a. — Arnioceras cfr. Bodleyi Bucxm., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 187 [147]. < 15. — Arnioceras anomaliferum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 182 [142]. 5 [6 — Arnioceras mendax n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 173 [133]. Palaeontographia italica, vol. VITI,1209. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, VAL, Ibava NADe FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXII]. RU@ANI E FUOINI FOT. ELIOT. CALZUOLARI & FERRARIO. MILANO noi So ui 10) ti TN ? i SARA doc aa 1 4alnorte Rigo I ) Amninda9 ot ii ee, Spiegazione della Tavola XX [XXIII]. . 1,@,0. — Arnioceras speciosum n. sp. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 2,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 184 [144]. 3,0,6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. -- Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 5,0. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 5,6. — Parte interna della spira dello stesso esemplare. 6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. UE — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 8. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. 97 — Arnioceras semicostatum Y. et B. var. repens, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 204 [164]. 10. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 204 [164]. 11. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 204 [164]. 12,a,b6. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 204 [164]. Palacontographia italica, vol. VIII, 1902. 7A PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. > Il]. XX [Zav. FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. Sat LAN ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MI RUGANI E FUOINI FOT. Spiegazione della Tavola XXI [X.XIV]. Fic. 1. — Arnioceras speciosum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 184 [144]. DEL — Var. spectabilis della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 186 [146]. » 3,4. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 186 [146]. >» 4 — Giovane esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 186 [146]. DINO) — Arnioceras anomaliferum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. DIAMG, — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 182 [1492]. » 7,a. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. Din — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. —- Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. deb — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. » 10,4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. » 11,a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. » 12. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. » 13,0. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [ua]. » 14,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. » 15,a. — Esemplare dubbio della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [142]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEONTOGRA] FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI E FUOINI FOT. PISUDA, MELULICIA, Well, V0N0E, Uteny, 260 ELIOT. CALZOLARI & FERRAR [Tav. XXIV]. + MILANI vr, TI ma: T î n ì Di ora (i di n i fa î i 9) fi i 7 I ù Il e, LU % Il ft: IA CILS i Spiegazione della Tavola XXII [XXV]. Fi. 1,4. — Arnioceras semicostatum Y. et B., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 202 [162]. » 2,a,6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 202 [162]. DATA — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del: Museo di Firenze, — pag. 202 [162]. » 4 — Arnioceras speciosum n. sp. dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 184 [144]. » 5,a,b. — Arnioceras semicostatum Y. et B., — var. propinqua, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. DIEMIGI — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. » T,a. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. -- Del Museo di Pisa, — pag. 203 [163]. » 8,4. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. 2.085 — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. » 10. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 203 [163]. » 11,a. — Arnioceras semicostatum Y. et B., dei calcari rossi ‘inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 202 [162]. » 12,a,6. — Var. propinqua (?) della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. » 13,a. — Arnioceras semicostatum Y. et B., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 202 [162]. » JlA4,a,ò. — Var. propinqua della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 203 [163]. » 15. — Arnioceras semicostatum Y. et B., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 202 [162]. Palaentographia italica vol. VIII, 1902. PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XXII. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. (Tav. XXV]: RUGANI E FUOINI FOT, 3 Altare IPIRITINA Ubi Ai ARE Ò omatgarà SUA ai ibioorgl 18058 Spiegazione della Tavola XXIII [XXVI]. Fig. 1,a. — Arnioceras geometricum OpPEL, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 208 [168]. » 2,0. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 208 [168]. » 3,4. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf.— Del Museo di Firenze, — pag. 208 [168]. » 4,a. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 208 [168]. » 5,a,6. — Arnioceras carenatum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 210 [170]. » 6,a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 210 [170]. DIGO — Arnioceras fallax n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 192 [152]. » 8,4-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 192 [152]. 3 18 — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 192 [152]. > 10. — Arnioceras obliquecostatum Zret., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 189 [149]. » 11,a,6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 189 [149]. Palaeontographia italica, vol. VIII,1902. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XXIII [Tav. XXVI]. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. ELIBT., CALZULARI & FERRAR RUGANI E FUOINI FOT. Co Î i (I #7 gNomih bansooirià Rab bivuga SERRA irsigaotai fb QUA î è Mao tia BNL) isti inigoozo oaif SE) dall DO 117 ida Lat TRO SSIS pislgmoza omià E Ani TRI KS oy LOR sa Vea è i sopieni esunsaimnA foi fit sllob © dj naunH sveslimae asisooimA — vo % pfealoh satgimoasi nik + © ly " Mese e # ‘ ni I Jbivoda Hob susiquiozi ont oHobit Galon ott . n ni clipart at en I Spiegazione della Tavola XXIV [XXVII]. Fig. 1,a-c. — Arnioceras dimorphum PAR. dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 190 [150]. DINOZE, — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo diFirenze, — pag. 190 [150]. » 3. — Altro esemplare della stessa specie (var. crassicostata), dei calcari grigi inf. — Del Museo di Fi- renze, — pag. 191 [151]. » 4 — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 191 [151]. » 5,0. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari 0 inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 191 [151]. Doo — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco, — pag. 191 [151]. SITO — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 191 [151]. » 8,a. — Arnioceras insigne n. sp., dei calcari grigi inf., — Del Museo di Pisa, -- pag. 216 [176]. » 9,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 216 [176]. » 10,a. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag, 216 [176]. » 11,a,b. — Arnioceras semilaeve HauER, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 188 [148]. » 12,a. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 188 [148]. » 13. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 188 [148]. » 14,a,b. — Arnioceras munitum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 199 [159]. » 15. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 199 [159]. .» 154,c,d4.— Parte interna della spira dello stesso esemplare. » 150. — Sezione del giro nella parte interna della spira, in grandezza doppia della naturale. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PATAEONTIOGRAPETÀ MPATRICA, Vol. VIE Tav. DOG FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXVII: RUGANI E FUOINI FOT, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO SUA (U Da I, LI ti Maigrari = É Le Î i i ‘ SORA N i pei IA TRECATE : A, hi na v s i dae MOT L ‘ ni n VAR Y : Ù Ni Ù E NI È Mu) ed Dosi 5 01 : È si ML ITA NETTE % i si Ò ai Di | ; Per 3 d fi îi LI CO. ; î ' HI i 7 k î ; Ùi Me 7 " 1 tea” DACI i % 7 344, (0 cai i Ti ' [0A] O | tax po; Magi deo ì er: Li î ho ODA ta i 936) [I w 9,a-c. 10,4,0. 11,a-c. 12,4,b. 13,4,0. Spiegazione della Tavola XXV [XXVIII]: — Arnioceras Arnouldi Dum., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 193 [153]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 193 [153]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 193 [153]. — Arnioceras pluriplicatum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 195 [155]. . — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 195 [155]. . — Arnioceras simile n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 213 [173]. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 213 [173]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 213 [173]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 213 [173]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 213 [173]. — Arnioceras tardecrescens HAuUER, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 205 [165]. — Arnioceras dissimile n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 205 [165]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 205 [165]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. XXV FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXVIII]. RUGANI E FUOINI FOT ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANI fi Ì î È î È n : n Îi î TT, Te i D îi AT FS pa . î 1 dal di Meri i MS I Ò ì Ti T ol Ti sn È T; MANANIT. î in = ; + ta ti î 1 7 a Î Ù 1 \ n RUE, 7 N sal n : NORRI va: aT Da i i ui Chi 305) î f tl ui n j th “al Spiegazione della Tavola XXVI [XXIX ]. Fig. 1,a-c. — Arnioceras abjectum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 211 [171]. » 2,a,6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 211 [171]. » 3,a. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 211 [171]. » 4,a. — Arnioceras elegans n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 214 [174]. » 5,a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 214 [174]. » 6,4. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 214 [174]. PIMENTE — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 214 [174]. DIMNOL — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 214 [174]. >» 9,4. — Var. pusilla della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 216 [176]. » 10. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 216 [176]. >» J1,a. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco, — pag. 216 [176]. » 19,4,6. — PORIIDA Hartmanni OPPEL, var. plicata, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 198 [158]. > 13. — Arnioceras? crassiplicatum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 196 f156]. > 14,a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 196 [156]. > 15. — Giovane esemplare di Arnioceras simile n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 213 [173]. Palaeontographia italica, vol. VIII, 1902. PALAEKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. VIII, Tav. DAVII. FUGCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXIX]. mesta 5 6. } éÉ RUGANI E FUOINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRAR 7 _ I î i) vi dg È su A î st Th b n° x VETRI TI li È si ii si : : È PEA % ù > lisbotataiti tisi {XY (aenio%) Piboggen ageslet (4 ia SR È Suottoseoti Atitby ai egiola o î 108 e cr dinstat@ 90) esaii Lerbomagles9: Tui dee 284 — pasottajge sipbov) (Gb Afpaiuite artazat a» Lalli dai [iab: iieub ture sllsb inninsgna de PE ras atobby ail n starti sd i diro Rida; Dt ASSE a snraiza pista [LT OSC SI - taatia Lan wa FIR por È = Dacivatai sinbov si one of en te. B6G > i aalioate BHrbov) fue v*01) Sibolao ida e i DI rat (pippe 6) al ngov la Sona ii RESI st fa 9 RTRT quos. mallant; — aut fia ah ci vat e itetalta agi ai î MIRINO Spiegazione della Tavola XXVII [I]. Fia. 1. — Corvus [pliocaenus (PortIs)? ]|. Metà distante dell’ ulna destra (veduta superiore), — pag. 220 [2]. PENN2I — Falcorida (Aquila KLwin?). Falange ungueale del dito II del piede sinistro (veduta interna), — pag. 221 [3]. DIN: — La stessa, in veduta posteriore. » 4-14. — Phalacrocorax Briss. (De Stefanii n. sp. ?): » 4. — Vertebra cervicale (132?) (veduta superiore), — pag. 225 [1]. » 5. — I ?/ superiori della metà destra del Furculum (veduta. posteriore), — pag. 226 [8]. » 6. — Lo stesso pezzo, in veduta esterna. » T. — Coracoide destro (veduta anteriore), — pag. 226 [8]. » 8. — Omero sinistro, quasi la metà prossima (veduta interna), — pag. 226 [8]. » 9. — Omero sinistro, quasi la metà distante (veduta esterna). » 10. — Ulna sinistra (veduta interna), — pag. 226 [8]. » 11. — Femore sinistro, circa i 8/, prossimi (veduta infero-esterna), — pag. 227 [9]. » 12. — Tibio-tarso, frammento medio (veduta posteriore), — pag. 227 [9]. » 13. — Tarso-metatarso destro (veduta anteriore), — pag. 227 [9]. » 14. — Lo stesso, in veduta interna. » 15. — Gen. et spec.? Omero sinistro, estremità prossima (veduta interna), — pag. 228 [10]. » 16. — Lo stesso, in veduta esterna. DANNI — Alcida. Coracoide destro (veduta interna), — pag. 229 [11]. » 18. — Lo stesso, in veduta inferiore. DITO — Colymbus Portisi n. sp. Vertebra cervicale (10% o 112?) (veduta superiore), — pag. 231 [13]. » 20. — La stessa, in veduta postero-sinistra. 23 — Podicipes pisanus (PoRTIS) n. sp. Omero destro, metà distante (veduta esterna), — pag. 233 [15]. » 22. — Lo stesso, in veduta laterale, lato cubitale. N. B. — Le fig. 16-20 possono ritenersi eguali al vero; le altre sono maggiori, ma le ditterenze degne di nota sono, all’ incirca, queste (nella dimensione massima) : Fig. 2: mm. 1,8; — fig. 5: mm. 3; — fig. 7: mm. 3,2; — fig. 10: mm. 3,5; — fig. 13: mm. 3,7; — fig. 14: mm. 1,4. Palaeontographia italica, vol. VIII,1209. PREVITI OINIFOGISVARIEIVA IMMANE VANI Ila SSVANE REGALIA, Uccelli pliocenici del Pisano e del Valdarno superiore. [Zav. 1] reato, se6, ae pa SOR 2 Li 2044 10 TIR SELENA ae = ud RI I RR dI TOM A TIT Om $ a . ? d'a G } i a ORA fx DO Lari