o =p i aa ia À nea Da: ra” A. as: RR na Ra CRI A È e i 4 su xd oa d%,. Ang a na 3 al ” v$ RA a e Ta È |» $; SA MES lt 24 è! a Se <è x RE : è» } < n Sii stib, aiar RT ORD RT " , i ERO è, oe Sd È "sa ia REZZA TEZZE HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OP THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. DINA vi RAI da a PT EE UE fe» È 18) ti PALAKONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA DEL IRENE INESIEMTON GINE IE Museo GreoLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PISA ———=e——= Vorume IX. — 1903. (G n DI PISA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI 1903 Canavari M. . De ANGELIS D’ Ossat G. Secuenza L. Fu G. . De SrerAano G. Tommasi A. Fucini A. . Dar Praz G. . INDICE DEL VOLUME IX. La fauna degli stratî con Aspidoceras acanthicum di Monte Serra presso Camerino. Parte quinta (Cephalopoda: Aspidoceras [Continuaz.]) (Tav. LIX [XXVI-XXXIV] e Fig. 41-50 int.) Zoantari del terziario della Patagonia (Tav. X [I]) . Rissoidi neogenici della provincia di Messina (Tav. XI [I]) Ptychogaster miocenici della Francia. conservati nel Museo di Storia naturale di Parigi (Tav. RAnESXA] [L-IV]) Revisione della fauna a Molluschi della Dolomia principale di Lombardia (Tav. XVI-XVII [I-III]) Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. Parte terza (Tav. XIX-XXVII [(XXX-XXXVIII] e Fig. 76-103 intere.) Sugli avanzi di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria di Belluno. Parte prima (Tav. XXVII-XXXI [I-IV] e Fig. 1-16 interc.) 61 95 187 M. CANAVARI LA FAUNA DEGLI STRATI CON ASPIDOCERAS ACANTHICUM DI MONTE SERRA PRESSO CAMERINO PARTE QUINTA (Cephalopoda: Aspidoceras [cont.]) (Tav. IX [XXVI-XXXIV] e Fig. 41-50 intercalate) VIII. Gen. Aspidoceras ZIrtEL. (Continuazione). 4. Aspidoceras acanthomphalotum Zirr. — Tav. I [XXVI], fig. 2,3; Tav. VII [XXXII], fig. 1-3. 1869. Aspidoceras acanthomphalus 4) ZirreL in Ben. G. p. Beitrige, II, pag. 149. 1870. — — ZirreL. Palacont. Mitth., pag. 197, tav. 29, fig. 4. — ? 1873. — Haynaldi (HrrB.) Netmayr. Sch. mit Asp. acanthicum, pag. 194 [54], tav. XLII, fig. 3. ? 1878. — — Hrrsica. Sxéklerland, pag. 169 [151], tav. XIV e XV, fig. 1. ? 1878. — microplum (Orr.) Hereic®. Ibid., pag. 172 [154], tav. XIV e XV, fig. 4 (non OpP.). 1878. Ammonites (Asp.) microplus (OrP.) Lorior. Baden, pag. 118, tav. XIX, fig. 3 (non OpP.). Lo ZirtEL propose il nome di Aspidoceras acanthomphalotum per alcuni esemplari di aspidocerati creduti unispinosi, dei quali l’originale figurato fu raccolto dal Piccinini a Rave Cupa nel Catria e si trova oggi nel Museo geologico di Pisa. Alla nuova specie l’eminente paleontologo dava un valore del tutto provvisorio, non potendola con sufficiente certezza separare dalle due specie giurassiche, non ben definite, Ammonites Radisensis D’ORB. 3) ed A. microplus OPP. 3) Avendo trovato nella fauna di Monte Serra un esemplare di Aspidoceras che corrisponde benissimo all’originale sul quale ZirtEL istituì la nuova specie dubbiosa e possedendone altri della stessa specie rinvenuti nel Giura superiore del Monte della Rossa (Appennino centrale), ho voluto riprendere in esame la questione per vedere se si tratta di buona specie, o di una delle due su ricordate. Per l’estrema cortesia del prof. BouLe io ebbi, nel febbraio 1896, il modello in gesso del creduto originale dell’A. Radisensis conservato a Parigi nel Museo di Storia naturale (Coll. D’ ORBIGNY, n.° 3983). i) In greco acanthomphalus, come mi avvertiva il collega ZAMBALDI, è sostantivo maschile e non può concordare col sostantivo neutro Aspidoceras. Per essere in pari con la grammatica egli propone l’aggettivo acanthomphalotum, che io uso, cambiando così ortografia al nome originale, ortografia che sarebbe esatta se si potesse adoprare per il genere la parola Ammonîtes. 2 D’ORBIGNY. Paléont. francaise. Terr. jurass. Céph., pag. 203, fig. 2,3. Paris, 1842-49. 3) OppEL. Palaeoni. Mitth., pag. 218, tav. 58, fig. 4. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 1 2 i M. CANAVARI [90] Esso corrisponde così poco alla figura orbignyana che senza l’ originale non sarebbe possibile rico- noscere la specie ®. Infatti, se il modello che ho avuto in esame è proprio quello dell’originale, esso rappresenta un esemplare del diametro di mm. 130; la figura del p' OrBIGNY invece misura mm. 85. Inoltre nel testo è data la cifra di mm. 62 ed è detto che la figura rappresenta l'esemplare in grandezza naturale. Ma anche se si fa astrazione di queste evidenti inesattezze e si suppone che la figura sia più piccola dell'originale, tenendo poi conto dell’alterazione che i caratteri delle Ammoniti subiscono quando se ne riduce la grandezza mercè il disegno, essa differirebbe sempre dall'originale nell’accrescimento più lento e nel numero maggiore dei giri. Il modello avuto ha certo spiccata analogia con l’Asp. acanthomphalotum Zirt.; ma se ne allontana per la sezione dei giri quasi regolarmente ellittica e non tendente all’ovale, per l'accrescimento un poco più rapido e per la maggiore compressione della conchiglia. Forse differisce anche per il minore sviluppo dei tubercoli circumombellicali non così nettamente rivolti verso la parte centrale. Questi tubercoli hanno l'apparenza di quelli che si vedono nella specie zittelliana dove manca la conchiglia; l'originale però del: l’Asp. Radisense di cui ebbi il modello è “ un moulage avec le test. Celui-ci est très net notamment sur le dernier tour , ?. Io credo quindi che la specie di ZirreL sia del tutto indipendente da quella di D’ORBIGNY ?). Consideriamo ora la seconda parte della questione, quella che riguarda le maggiori o minori affinità esistenti tra l Asp. acanthomphalotum Zirt. e l’ Asp. microplum OPP. Dal confronto delle rispettive figure, le due specie sono certo diverse. Quella di OppeL ha accrescimento un poco più rapido, giri più com- pressi e quindi con sezione molto più allungata; entrambi si dissero provviste di una sola serie di tu- bercoli, quella cireumombellicale. Desiderando però di fare io stesso confronti diretti, richiesi al mio venerato maestro prof. ZIrTEL l'originale oppeliano raccolto a Thalmassing nella Franconia centrale (Baviera) e conservato nelle celebri collezioni del Museo paleontologico di Monaco. Egli, con l’abituale cortesia, esaudì subito il mio desiderio. Come fu già avvertito, quell’originale è privo di guscio; esso poi è deformato nella prima metà del- l’ultimo giro per subìta compressione, e non ha che tracce indistintissime della linea lobale. Un carat- tere però molto importante, sfuggito all’OpPeL, è quello della presenza di due serie di tubercoli evidenti in alcune parti del penultimo giro e presso l'estremità dell’ultimo. La serie interna è situata presso la parete circumombellicale; quella esterna presso la linea di ricoprimento. Di questa, nel penultimo giro, sono bene evidenti 6 0 7 tubercoli, un poco allungati radialmente ed apparentemente riuniti con i cor- rispondenti della serie interna, mercè leggerissima costolina; alcuni di essi sembrano anche meno piccoli degli interni. L’ ultimo giro è quasi tutto liscio al di fuori dei tubercoli cireumombellicali; presso l’ estremità però appare di nuovo la serie esterna con altri 4 o 5 tubercoli. È singolare notare che OpPEL, nella descri- zione della sua specie, emise la probabilità “ dass sich auf den &Aussern Umgingen groòsserer Individuen eine zweite Reihe feiner Knoten einstellte ,. Le nuove osservazioni dimostrano quindi che l’ Asp. microplum OPP. appartiene alla sezione dei Cycloti e che, per i caratteri dei giri interni, ha affinità di discendenza col gruppo dei “ Perarmati ,,, e per la i) ZirTEL, sin dal 1870 (Palaeont. Mitth., pag. 198) scrisse di aver saputo da HéBPRT che « entspricht ibrigens die Abbildung so wenig dem Original, dass eine Festellung dieser Art ohne dieses nicht mòglich ist». 2 Da una lettera del prof. BouLE, in data 29 febbraio 1896. 3) Le differenze che ZirtEL credè notare tra la linea lobale della sua nuova specie e quella dell’Asp. Radisense D’ORB. in verità non esistono. I lobi di questa specie non si conoscono ancora; quelli della fig. 1 nella tav. 203 del D'ORrBIGNY, creduti dallo ZirTtEL spettanti all’Asp. Radisensis, sono invece dell'A. cymodoce. [91] M. CANAVARI 3 ricomparsa poi della serie esterna nell’ultimo giro si collega con il gruppo dell’ Asp. longispinum Sow. e forse con la mutazione dell’ Asp. acanthricum OPP. Per porre meglio in evidenza i caratteri propri dell’ Asp. microplum OPP., io do una nuova figura dell’ originale che ho fatto eseguire anche con l’aiuto di una fotografia dell’ originale stesso (Tav. VII [XXXII], fig. 4). La ricomparsa dei nodi della serie esterna nell’ultima parte conservata dell'esemplare oppeliano, la forma del dorso, non molto rotondo nè molto spesso, la sezione dei giri ovale allungata e l’accrescimento della spira un poco più rapido, lo distinguono, secondo il mio parere, dall’ Asp. acanthomphalotum Zirr. Giova avvertire che QuensteDT riferì all’ A. microplus un esemplare del Giura bianco medio, che certamente è vicinissimo a quella specie, e nel quale egli osservò la presenza della seconda serie di tubercoli ?). Ma se la specie appenninica può ritenersi differente dall’ Asp. Radisense D’ ORB. e dall’ Asp. micro- plum OrP., mi nasce il dubbio che non possa separarsi dall’ Asp. Haynaldi HeRB., raccolto a Gyilkoskéò nella Transilvania. Si noti anzitutto che l’ Asp. acanthomphalotum Zirt. non è un vero e proprio unispinoso; se tale fu creduto, ciò dipese per la deficiente conservazione dei giri interni nei pochi esemplari esaminati. Oggi io posseggo della specie zitteliana parecchi esemplari raccolti nel Giura superiore del Monte della Rossa (Appennino centrale) di varia grandezza, e taluni anche con il guscio parzialmente conservato (Tav. I [XXVI], fig. 3). Tutti si corrispondono per numero ed andamento dei tubercoli della serie circum- ombellicale, per accrescimento, sezione dei giri e linea lobale; in uno poi, tutto concamerato e del dia- metro di mm. 33 (Tav. VII [XXXII], fig. 3), sono evidenti abbastanza bene i giri interni e nel penultimo appaiono i tubercoli della serie esterna situati presso la linea di ricoprimento, ed assai più spiccati di quelli circumombellicali, i quali sembrano quasi obliterati. Risulta perciò che 1’ Asp. acanthomphalotum appartiene pure ai Cycloti, come l’ Asp. microplum OPP. e 1’ Asp. Haynaldi HeRB. Dal primo però diversifica sempre per gli anzidetti caratteri, cioè per la minore involuzione e minor compressione della conchiglia e per la mancanza, nei giri esterni, della seconda serie dei tubercoli. Dall’ Asp. Haynaldìi invece non sembra differente altro che per il fatto che la serie esterna scompare ad un diametro un poco minore, al diametro cioè di circa mm. 16 e non a quello di circa mm. 28. Può questo solo carattere autorizzare a disgiungere le due specie? A me pare di no. Si noti però che non sono conosciuti i lobi dell'esemplare transilvanico. To credo poi che cada in sinonimia dell’Asp. acanthomphalotum anche quell’esemplare di Baden rife- rito da LoRrioL (Op. cit. în sin.) all’Asp. microplum OPP. Esso, per l'accrescimento della conchiglia e per la forma del dorso, è molto più vicino alla specie appenninica e a quella transilvanica che non al vero e proprio microplum. Appartiene del pari alla sezione dei Cycloti, per quanto si rileva dalla figura, dove il disegnatore indicò, nel penultimo giro, alcuni nodi della serie esterna, non avvertiti nella descrizione del Lorrior. La sua linea lobale corrisponde a quella dell’ Asp. acarnthomphalotum Zirr., da cui sembra solo alquanto diversa per una maggiore bipartizione della sella esterna. Infine non è neppure improbabile che debba riunirsi alla specie appenninica anche l’esemplare della Transilvania che HeRBICH descrisse e figurò come Asp. microplum OPP. Differisce sempre da questo per il minore accrescimento, per la sezione dei giri e per la mancanza, a sviluppo inoltrato, della serie esterna dei tubercoli. Sembra mancare anche nei giri interni; se ciò fosse a più forte ragione dovrebbe separarsi dal microplum. Per gli altri ornamenti, per la forma e sezione dei giri e per i lobi somiglia grandemente all’Asp. acanthomphalotum Zrrr. È molto probabile che la seconda serie dei tubercoli nei giri interni effet- 1) WaageN. Jurass. Fauna of Kutch, vol. I, 3, pag. 89. Mem. of the Geol. Survey of India. Calcutta, 1875. 2) QuenstEDT. Schwéib. Jura, pag. 1022, tav. 116, fig. 21. Stuttgart, 1898. 4 M. CANAVARI [92] tivamente non mancasse e che se non si vede ciò dipenda solo dalla non buona conservazione dell’esem- plare, come accade in quasi tutti quelli raccolti nell'Appennino centrale. Nella memoria di FavrE sulla zona con A. acanthicus nelle Alpi della Svizzera e della Savoia a pag. 65 è detto che Picrer determinò come acanthomphalotum Zirt. un esemplare di Talloires, ch'egli riunisce con altri nella nuova specie da lui proposta: Asp. contemporaneum *. Questa specie, quantunque vicina a quella di ZirtEL, ne differisce per lo spessore maggiore e per il maggiore accrescimento. Discussa così la questione sinonimica della specie, dirò che l'esemplare di Monte Serra (Tav. I [XXVI], fig. 2) in rapporto al diametro, che misura mm. 80, presenta queste dimensioni: Altezza dell’ ultimo giro : ò 5 o 5 o . o . $ 0, 34 Spessore » d 6 . . Ò 3 o o 5 0 5 0, 29 Larghezza dell’ ombellico , o 0 6 : ; È o 7 6 0,41 La sezione dei giri è ovale allargata, con il dorso piuttosto spesso e con il massimo spessore presso la parete circumombellicale. Il guscio è parzialmente conservato e convertito in calcite spatica; i tuber- coli della serie interna sono tutti rotti; i primi giri non si vedono e quindi non è evidente il carattere proprio dei Cycloti. Sul fianco meglio conservato (quello della figura) e verso l’estremità dell’ultimo giro appaiono due ingrossamenti indicati nella stessa figura. Non può asserirsi che sieno veri e propri tubercoli; in ogni modo anche se lo fossero sarebbero sempre situati molto più verso la regione sifonale di quelli notati nell'originale dell’Asp. microplum OrP., e quindi anche per tale carattere rimarrebbe sempre distinto da questo. I lobi appaiono quasi sin presso l’estremità dell’ ultimo giro presente, con caratteri identici a quelli dell’esemplare originale, di cui do qui intercalata la figura (Fig. 41). Si caratterizzano questi lobi per la sella esterna larga e tozza e non profondamente bipartita e per la sella laterale, del pari alla precedente, relativamente ampia, più di quello indicato nella figura di ZittEL ?). La selletta To sifonale non si trova poi sulla linea mediana del dorso, ma è un poco spostata mo Ei Ls lateralmente e quindi la linea lobale risulta alquanto asimmetrica, come è indicato La SI nella stessa figura. Te Adina. Nella stessa Tav. I [XXVI], figuro anche un esemplare del Monte della Rossa Ls Lobo sifonale. di mm. 80 circa; da una parte (fig. 3 a) esso ha la conchiglia in parte ben conser- L, Primo lobo laterale. Ò î ; È 6 Ls Secondo lobo laterale. Vata con i tubercoli della serie interna, diretti verso il centro e benissimo evi- I i denti; appaiono anche le sottili costicine ornamentali che dall’apice dei.tubercoli stessi irradiano verso la regione sifonale un poco inclinati posteriormente. Dalla parte opposta (fig. 30) il guscio non è ben conservato, i tubercoli sono tutti rotti e l’esemplare appare iden- tico a quello di Monte Serra. Esso presenta tracce evidenti di lobi sino ai due terzi interni dell’ultimo giro. Nella Tav. VII [XXXII), fig. 1 è rappresentato poi un altro esemplare del diametro di mm. 88, come il precedente trovato nel Monte della Rossa. Un poco più dell’ultimo terzo del giro esterno sembra ap- partenere alla camera di abitazione, e qui, dalla parte figurata (fig. 1a), dove manca il guscio, si hanno alcune pieghe radiali, poco elevate e separate da spazi maggiori di esse. Consimili pieghe sono indicate anche nelle figure dell’Asp. microplum e dell’ Asp. Haynaldi date dall’ HerBIc®. Infine figuro altri due piccoli esemplari dello stesso giacimento giurassico del Monte della Rossa. Il maggiore di questi ha il diametro Fic. dl. 1) Mém. Soc. paléont. suisse, vol. IV, 1877. ZITTEL. Op. cit. în sin., tav. 29, fig. 4b. [93] M. CANAVARI 5 di circa mm. 45, la parte figurata è di mm. 37 di diametro (Tav. VII [XXXII, fig. 2). Ho staccato poi altra parte dell’ultimo giro ed ho così preparato il lobo antisifonale (Fig. 42) che termina con una sola punta ed è limitato da due sellette molto allungate, terminate con due foglioline; Fic. 42, seguono dalle parti lobi stretti, un poco meno profondi del lobo antisifonale e poi sellette trifoliate piuttosto ampie, sulla parte esterna delle quali cade la sutura. I primi giri sono obliterati da roccia o corrosi. L’esemplare minore, del diametro di mm. 33 (Tav. VII [XXXII], fig. 3) è il più interessante di tutti, essendo quello che presenta nel penultimo giro i nodi della serie esterna, più evidenti di quelli della serie cireumombellicale e che dimostra, come è stato detto, le relazioni di discendenza dell’ Asp. acanthom- phalotum Zirr. dall’ Asp. perarmatum D’ORB. e la sua certa pertinenza alla sezione dei Cycloti. Esemplari esaminati: 9, dei quali però uno solo di Monte Serra, e questo raccolto insieme con gli altri Aspidoceras propri del ricco giacimento. Tutti si trovano, conservati nel Museo geologico di Pisa. La vu La Lobo antisifonale. 5. Aspidoceras Montisprimi Can. Ms. Tav. Il [XXVII], fig. 1; Tav. V [XXX], fig. 1; Tav. VII [XXXII], fig. 5. 1879. Aspidoceras Montisprimi (Can.) MeneGnINI. Nuovi Cefal. titonici, pag. 135, tav. X, fig. 1. L'unico esemplare sul quale fondai la nuova specie presentava le seguenti dimensioni: Diametro . 0 6 6 0 . 0 . 0 0 0 ò . mm. 101 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . i 6 . . 0,45 Spessore massimo » » 5 È 3 : : 0,50 Larghezza dell’ ombellico » » . . 6 È ; 0,28 Il MenEGHINI ne diede la descrizione che trascrivo integralmente: “ Conchiglia discoidale compressa involuta, a mediocre e profondo ombellico, rotondata sulla faccia sifo- nale, ornata di una sola serie circumombellicale di numerosi tubercoli conici diretti al centro della spira. I giri sorgono quasi verticalmente a costituire 1’ alta parete dell’ombellico, curvandosi poi rapidamente sui fianchi con uniforme convessità e con decrescente larghezza, per rotondarsi sulla faccia sifonale; hanno rapido accrescimento e si ricoprono per circa metà dell'altezza, risultandone la sezione ovale tozza per eccedenza della spessore in corrispondenza al contorno ombellicale, ma ad apertura molto più bassa per l’intaccatura che vi produce il ritorno della spira. È sul contorno rotondato dell’ombellico, ove la parete se ne unisce al fianco, che l'uno all’altro si susseguono i tubercoli, rapidamente crescenti in grandezza e lentamente l’un dall’ altro sempre più discosti. Se ne contano quindici sul giro esteriore, pressochè tutti troncati, rimanendone a designarli le sole fratture, ma i primi e quelli che si poterono denudare nella porzione visibile del giro precedente sono di forma conica e diretti nel piano della spira. La porzione di spira conservata è tutta concamerata: solo ad una estremità della irregolare frattura è visibile il prin- cipio dell’ultima camera. E conservato in massima parte è il guscio: la superficie n° è ornata di pieghe radiali, pochisssimo manifeste sulla faccia ventrale, che attraversano con leggera convessità all’innanzi, perdendosi gradatamente sui fianchi, lasciando incerto se convergano in più o meno gran numero a cia- scuno dei tubercoli. È solo con opportuna incidenza di luce che si possono discernere, e la corrosione impedisce di prenderne esatte misure: cinque su circa 15 mm., compresi i leggeri solchi interposti. Ma con l’aiuto della lente, vedesi inoltre la superficie tutta finissimamente ornata di sottili strie raggiate, ciascuna delle quali, ove furono meglio preservate dalla corrosione, sembra formata dall’allineamento di 6 M. CANAVARI [94] minutissime papille risultandone l’aspetto di fina sagrinatura. Ove gli strati superficiali sono rotti, vedesi lo strato più profondo, esso pare striato, a strie della stessa sottigliezza ma semplici e perciò distinte ,. “ La preparazione dei lobi è troppo incompletamente riuscita per poterne dare esatto disegno: più largo del primo laterale e lungo al pari di esso il sifonale, ampia la sella esteriore, corrispondente al contorno ombellicale la prima sella accessoria, lungo e frastagliato il primo lobo accessorio. Nell'insieme la linea dei lobi somiglia a quelle dell’Asp. avellanum Zirt. (Fauna der aelteren Tithonb., tav. 31, fig. 30) e dell’Asp. insulanum Gemwm. (Zona con Peltoceras transversarium, pag. 123, tav. XIV, fig. 4), ma colle fra- stagliature più svelte, senza per altro che raggiungano la complicazione che mostrano nell’ Asp. circum- spinosum QuEnsT. (Cephal., tav. 16, fig. 14) o più ancora nell’ Asp. altenense »’ ORB. (NeumAYR, Die Fauna der Schichten mit Asp. acanthicum, tav. XLII, fig. 2) ,. È “ Benchè, trattandosi di unico ed incompleto esemplare, possa rimaner dubbio su qualche carattere, e benchè manchi la cognizione in questo gruppo di specie (serie dell’Asp. liparum OPP.) più che in altri importantissima per i confronti, dei giri interni, non che dell’ultima porzione della spira, questa forma eminentemente distinta dalla consorella (Asp. avellanum Zirt.) per l’ampiezza dell’ombellico, per il gran numero e per la direzione dei tubercoli spinosi, devesi, per ora almeno, riguardar come distinta anche dall’Asp. insulanum Gemwm., col quale ha comune la collocazione e il numero dei tubercoli, nonchè somi- glianti le proporzioni, differendone per il contorno ombellicale rotondato anzichè angoloso ed acuto, oltre agli ornamenti esteriori del guscio, ch’ è tutt'ora ignoto nella specie siciliana. , Le ulteriori ricerche eseguite a Monte Serra hanno dato parecchi altri esemplari, alcuni dei quali in ottimo stato di conservazione. Uno di questi (Tav. II [XXVII], fig. 1), con il guscio convertito in cal- cite, presenta le seguenti dimensioni: Diametro © 0 0 A 6 é Ò ; 4 ) a à mm. 90 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o o . c 0,42 Spessore » » , » 3 i : ò . 0, 45 Larghezza dell’ ombellico » » 6 c o 6 o 0,28 Nell’ultimo giro si contano circa 15 tubercoli circumombellicali, e in tutta la superficie vedonsi sot- tilissime strie radiali alquanto inclimate in avanti. I nodi sembrano continuarsi in una specie di rilievo che diventa sempre più apparente verso la parte esterna dei fianchi, ove è un poco ingrossato a guisa di nodolosità e quindi si continua sulla regione sifonale, ricordando così, in proporzioni minori, gli ornamenti osservati in quell’esemplare che io riferii, come var. serrana, all’ Asp. insulanum Gemm. Nell’ Asp. Montisprimi però questi rilievi non si vedono più oltre il diametro di mm. 53, persistendo sempre le sottili costicine. Le po stonato, Torno a figurare l’esemplare originale avendo messo allo scoperto i 1 rimo lobo laterale. . . polo . » dè RETTORI NA fianchi dei giri interni (Tav. VII [XXXII], fig. 5) e qui intercalo la figura da na IR ROCONTOTE della linea lobale che ho preparato corrodendo il guscio (Fig. 43). Essa, come i sì vede, è vicinissima a quella dell’ Asp. insulanum Gemm. Esiste solo una qualche differenza nella posizione della seconda sella laterale tutta al di fuori della parete ombelicale e forse anche nella maggiore frastagliatura. Questo si rileva molto meglio dalla linea lobale preparata su di un esemplare conservato nel Museo di Bologna, la cui figura (Fig. 44), intercalata nella pagina se- guente, è presa nel penultimo giro, all’altezza di circa mm. 20. [95] M. CANAVARI 7 In ogni modo le analogie tra le due specie sono grandissime, ed apparentemente maggiori di quelle avvertite tra la stessa specie siciliana e la forma che io vi riferii come var. ser- rana >. Se non che l’Asp. Montisprimi ad un diametro uguale all’esemplare di Asp. insulanum figurato da GEMMELLARO, manifesta spiccate differenze perchè, di- CS usa S minuendo l’involuzione ed il ricoprimento dei giri, l’ombellico proporzionalmente AR a ESE 27 i diventa più grande. Così, mentre la specie siciliana nel diametro di mm. 140 ha VR una larghezza ombellicale di mm. 36 (0,26 del diam.), quella appenninica, nello Ta PA ca stesso diametro, misura circa mm. 45, cioè 0,32. Per tale ragione mantengo la Ls Secondo lobo laterale separazione tra le due specie, separazione specifica che potrebbe proporsi anche $' SERE foeeno tra lo stesso Asp. insulanum e la mia varietà serrana precedentemente descritta. Il carattere della minore involuzione con l accrescimento è ben manifesto nel grande esemplare della Tav. V [XXX], fig. 1, il quale ha le seguenti dimensioni: Fic. 44. 2 Diametro ; ò - o ; . 0 0 è i È 6 mm. 180 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . : Ò 6 o 0,37 Spessore » » » é ; ; 5 : 0,42 Larghezza dell’ ombellico » » . G 5 È : 0,37 Secondo questo esemplare sembrerebbe che la specie in parola, con lo sviluppo, fosse saltuariamente provvista ‘della serie esterna dei tubercoli. Essa, infatti, comincia a manifestarsi con un grosso rilievo tubercolare sulla fine del penultimo giro presso la linea di ricoprimento, indi il fianco ha solo la serie circumombellicale. Verso la metà dell’ultimo giro appare di nuovo un altro rilievo della serie esterna, situato un poco all’infuori della metà dei fianchi e finalmente, forse, ancora un altro non lungi dell’a- pertura, ma questo è molto problematico trovandosi in una parte dove il guscio manca e la conservazione dell’esemplare è alquanto deficiente, come appare dalla stessa figura (Tav. V [XXX], fig. 1a). Non si vedono tracce di lobi e certo tutto l’ultimo giro appartiene alla camera di abitazione. Quando la conchiglia è in buono stato si vedono le sottili strie radiali un poco inclinate in avanti, come negli esemplari più piccoli. La singolare ricomparsa dei tubercoli della serie esterna avvicina 1° Asp. Montisprimi Can. all’ Asp. acanthicum OPP. e richiama alla memoria il grande Aspidoceras del Giura è di Stetten che QUENSTEDT fisurò con il nome di Ammonites bispinosus > e nel quale solo l’ultima parte del giro esterno è bispinosa e mentre in tutti i giri interni si ha solo la serie interna dei nodi “ zum zeichen, come osserva QUENSTEDT, wie nahe alle diese Dinge mit einander verschwistert sind SE La specie appenninica diversifica dall’ Asp. acanthicum Orp. per la maggiore convessità dei fianchi, quindi per lo spessore più notevole e per la sezione dei giri non ovale allungata, ma ovale allargata e depressa. Essa, come è stato detto, trova sempre le maggiori analogie con l’ Asp. insulanum Gemm. ed appartiene certo alla sezione dei Cycloti. Dall’ Asp. contemporaneum FavrE * si distingue per lo spessore maggiore e per il minor numero dei tubercoli. Esemplari esaminati: 9, raccolti insieme con le altre specie descritte. Tre di essi appartengono all’Istituto geologico e paleontologico di Bologna, i restanti al Museo geologico di Pisa. i) Si veda la parte quarta di questo lavoro nel vol. VI della Pal. Ital., pag. 5 [77], tav. IV [XXIII], fig. 1. ® QuensreDTt. Schwéib. Jura, pag. 1033, tav. 118, fig. 6. Stuttgart, 1888. 3) .... per mostrare quanto tutte queste cose si accomunano tra loro » QuENSTEDT. L. c., pag. 1033. 4) Favrn. Suisse et Savoie, pag. 65, tav. VIII, fig. 3. 8 M. CANAVARI [96] 6. Aspidoceras acanthicum OPP. Tav. II [XXVII], fig. 2; Tav. IV [XXIX], fig. 1; Tav. VII [XXXII], fig. 6; Tav. VIII [XXXIII], fig. 1. 1863. Ammonites acanthicus OppeL. Palaeont. Mitth., pag. 219. 1872. Aspidoceras acanthicum (OrP.) GemmeLLARO. Faune giur. e lias., N. 2, pag. 41, tav. VII, fig. 8,9. 1873. —_ — — Nruwarr. Sch. mit Asp. acanthicum, pag. 195 [55], tav. 41. 1877. — — — Gemuenzaro. Faune giur. e lias., N. 7, pag. 224 (cum syn.). 1878. —_ — — Hergica. Sxéklerland, pag. 171 [153], tav. XVI e XVII, fig. 2. 1896. — — — Canavari. La zona con Asp. acanthicum nell’ App. centr. Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat. Proc. Verb., vol. V, pag. 118. Questa interessante specie, molto discussa da QuenstEDT 1), termine intermedio tra gli Aspidoceras unispinosi e quelli bispinosi ed istituita da OPpPeL nel 1863 sopra esemplari della Baviera e del Wiirt- temberg, non fu figurata per la prima volta che assai più tardi, e cioè nel 1873, da NEUMAYR. Gli esemplari di Monte Serra corrispondono assai bene con la figura dell’originale, ma si allontanano un poco dalle figure date da altri autori per la stessa specie a cagione sopratutto dello spessore alquanto maggiore. Per istituire opportuni confronti ebbi dalla cortesia del prof. ZrtTEL, sin dal 1896, un esem- plare della tipica località della Franconia e precisamente di Wiilzburg presso Weissenburg. Esso, in rap- porto al diametro di circa mm. 150, misura: Altezza dell’ ultimo giro III 5 , 6 7 . 6 , 0 0,36 Spessore » È 6 È o 0 ò ò ò 0 . 0,29 Larghezza dell’ombellico 6 o 5 ò 0 ò è , 5 ; 0,38 L'ultima metà del giro esterno, nel quale appare qualche tubercolo della serie esterna, sembra ap- partenere alla camera di abitazione. Esso è molto più compresso dell’originale, ha i fianchi meno arro- tondati, ed è perciò anche più compresso dei due esemplari che io figuro e che presentano le seguenti dimensioni: I II Diametro . c ò ò : 3 N È 5 . mm. 130 mm. 172 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . + 0,39 0,37 Spessore » » » ; " 0,40 0,35 Larghezza dell’ ombelico » » SIRALI 0,34 0,35 L’esemplare minore (Tav. II [XXVII], fig. 2) è composto di 3-4 giri con il massimo spessore presso la profonda parete circumombellicale. L'ultimo giro deve in buona parte Fic. 45. Ù appartenere alla camera di abitazione; i tubercoli della serie esterna arri- rit vano, in tutto il penultimo giro, al diametro cioè di poco più di mm. 90. IN LA 3 o . due 9 G È ti SEL È Ho preparato una linea lobale in sul principio dell’ultimo giro, che inse ANI AS) AS appare quale è qui figurata in grandezza naturale (Fig. 45). Essa è affine au L2 a quella degli altri binodosi descritti ed è pure molto vicina a quella data Li Primo lobo laterale. dal GeMMELLARO, e che, secondo PavLow, deve ritenersi come tipica della Ls, Secondo lobo laterale. Ù i 5 R 4 È 5 a, 2 Lobi accessori. specie. Diversifica però forse un poco per la minore ampiezza del lobo si- S Sutura. fonale e per la minore altezza della seconda sella laterale, sulla metà circa della quale cadono i nodi circumombellicali. i) QuenstEDT. Schwéib. Jura, pag: 1030. Stuttgart, 1887-88. [97] M. CANAVARI 9 L’ esemplare maggiore è troppo mal conservato per vederne i lobi; anche in esso la seconda serie dei tubercoli sembra limitata ai giri interni, ne riappare però qualche traccia verso l'estremità dell’ul- timo, non indicata nella figura (Tav. IV [XXIX], fig. 1a). Un terzo esemplare, un poco più grande del precedente, e che non è stato figurato, si avvicina più dei precedenti a quello mandatomi da ZirreL per la minore convessità dei fianchi e per la derivante se- zione dei giri. Riferisco poi alla stessa specie Asp. acanthicum OrP. altri tre esemplari in diverso grado di sviluppo, due dei quali sono figurati ed hanno le seguenti dimensioni: I II Diametro . ) : x } > E o ; : . . mm. 0,88 mm. 155 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro : o 0, 44 0,38 Spessore » » » (compreso il guscio) 0, 46 0,41 Larghezza dell’ ombellico » » ; i; ò 6 0,28 0,35 Essi presentano i fianchi più arrotondati dei precedenti. Il minore, che è tutto concamerato (Tav. VII [XXXIII], fig. 6), perde la serie esterna dei tubercoli al diametro di circa mm. 65. Il guscio, nei punti dove è benissimo conservato, appare ornato da sotti- lissime strie radiali appena visibili ad occhio nudo e passanti anche sull’ampia regione esterna. Sulla metà circa dell’ultimo giro, mercè la corrosione con acido cloridrico diluito, ho preparata una linea lobale, la quale è qui disegnata in grandezza naturale (Fig. 46). Essa è caratterizzata al solito da lobo sifonale non molto ampio e da selle irregolarmente bipartite da lobicino mediano. Diversifica un poco da quella precedente figurata per maggiori frastagliature della seconda Fic. 46. sella laterale che appare tripartita; e per presentarsi asimmetrica in causa la di piccolo spostamento del lobo sifonale; forse perciò la seconda sella è io Is 5a E RE R USS RA più frastagliata e più larga. 9 OIL Pueis 1E Ri o Ò Ò } Za = > Nell’esemplare maggiore (Tav. VIII [XXXIII], fig. 1) i lobi arrivano | Ges ia 530 dà th sino al principio dell’ultimo giro, il quale in buona parte rappresenta la a; Io n camera di abitazione. Il guscio vi è molto bene conservato; raggiunge Lm Linea mediana. . ò î ù SIVE Ls Lobo sifonale. esso il massimo di spessore (circa mm. 3) presso la parete circumom- i Primo io an bellicale e si assottiglia un poco verso l'esterno. La doppia serie di Too Secondo Tal) Loigale, sor i TA A ERIEORA o Ù N 2, 2 Lobi accessori. tubercoli è evidentissima in tutti i giri interni; manca sull’ ultimo giro S Sutura. la serie esterna, la quale scomparisce al diametro di poco più di mm. 80. Presso l’apertura, dove manca il guscio, si vedono leggerissime costoline distanti tra loro mm. 6-7, e del pari leggiere ondulosità appaiono sul guscio, irradianti dai tubercoli, ed attraversanti il dorso con una leg- giera. convessità in avanti. Sulla parete circumombellicale, che si eleva quasi perpendicolare, vedonsi poi numerose e sottili pieghine fortemente rivolte verso la bocca, simili a quelle che osservansi in moltissime altre specie di Aspidoceras. Seguendo il parere di PavLow ® ho escluso dalla sinonimia gli esemplari che LorioL ® riferì alla specie in esame perchè essi hanno linea lobale un poco diversa ed inoltre giri molto meno convessi con sezione ellittico-allungata. Il piccolo esemplare figurato da Lortot * stesso ha più somiglianza con l’ Asp. acanthomphalotum Zirt., che non con l’Asp. acanthicum OPP. i) PavLOW. Op. cit. în sin. ? LorioL. Baden, pag. 110, tav. XVIII, fig. 2,3. 3) Ip. L. cit., tav. XVIII, fig. 3. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 2 10 M. CANAVARI [98] Non mi sembra poi che debba avvicinarsi alla specie oppeliana, come opinava lo stesso PaAvLOW, l'esemplare di Aspidoceras raccolto al Monte Catria nell'Appennino centrale e da ZirtEL descritto e figu- rato sotto il nome di Asp. iphicerum 3). È pur vero che i lobi di esso sono estremamente vicini a quelli dell’Asp. acanthicum OpP. figurati da GemmELLARO ed a quelli che io ho osservati sugli esemplari di Monte Serra superiormente descritti; ma la serie esterna dei tubercoli vi persiste sino ad un diametro molto maggiore ed inoltre l’ombellico vi è più piccolo e lo spessore più grande. In ogni modo l'analogia av- vertita da PavLow mi conforta nel riferimento da me proposto alla specie oppeliana di esemplari che hanno uno spessore alquanto maggiore dell’originale figurato e di quello di cui OppPeL diede la misura, e nel quale esso spessore arriva appena ai 0,31 del diametro. Esemplari esaminati: 7, dei quali due conservati nell’Istituto geologico e paleontologico di Bo- logna e gli altri nel Museo geologico di Pisa; tutti raccolti insieme con il Ph. isotypum BEN. 7. Aspidoceras meridionale Grum. — Tav. I |XXVI], fig. 1; Tav. IMI (XXVIII), fig. 2. 1872. Aspidoceras meridionale GemmeLLARo. Faune giur. e lias., N. 2, pag. 43, tav. VII, fig. 7, 10, pag. 224. 1877. - - GenmeLLaro. Ibid., N. 7, pag. 224. 1886. _ — (Gemm.) Pavcow. Zone à Asp. acanthicum de la Russie, pag. 72, tav. I, fig. 1. Nel giacimento fossilifero di Monte Serra si trovano parecchi esemplari di Aspidoceras più o meno spiccatamente vicini alle molteplici forme degli Inflati binodosi descritti e figurati da QuENSTEDT ?) e da altri paleontologi. In alcuni le due serie di nodi persistono in tutta la parte conservata della con- chiglia, in altri scompare, con l'accrescimento, la serie esterna. ‘Altre differenze si avvertono poi tra loro nello spessore e nella sezione dei giri, nel grado d’involuzione e nell’ampiezza dell’ombellico. La separa- zione specifica di tutti questi esemplari non è facile e in alcuni neanche possibile per 1’ insufficiente con- servazione degli esemplari stessi. In ogni modo propongo alcuni riferimenti, che mi sembrano possibili, con specie già descritte, avvertendo che sarebbe sommamente utile riprendere in esame tutte le forme del gruppo per farne uno studio completo e comparativo, fissandone con precisione le specie effettiva- mente indipendenti e la loro sinonimia. Gli esemplari che oggi riunisco con l’Asp. meridionale Gemm. non sono molto grandi; il maggiore di essi, quello della fig. 1, Tav. I [XXVI], ha le seguenti dimensioni: Diametro . c : È È ; 3 ) é c , ; mm. 120 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 5 6 o . 0, 36 Spessore » » » : 5 ; : 0, 40 Larghezza dell’ ombellico » » c . 6 ; 0,34 Si caratterizzano tutti per l’accrescimento piuttosto lento, per i fianchi arrotondati, privi della carena circumombellicale e con sezione ovale-depressa e più larga che alta. La doppia serie di tubercoli è be- nissimo evidente nei giri interni, ma dove mancano i lobi e comincia la camera di abitazione la serie esterna sembra scomparire. I tubercoli sono piuttosto robusti, diretti verso il centro nella serie interna, ed un poco inclinati all’infuori nell’altra. Nel penultimo giro dell’ esemplare maggiore i tubercoli della serie i) ZirtEL. Palaeont. Mitth., pag. 193, tav. 30, fig. 1. 2 QuensTEDT. Schwib. Jura, pag. 1025 e seg. Stuttgart, 1888. [99] M. CANAVARI sil esterna sono adagiati sulla parete cireumombellicale, come si osserva, ad esempio, nell’esemplare di Asp. longispinum Sow. del Wiirttemberg figurato da OPPEL con il nome di A. iphicerus D. La linea lobale preparata nella prima metà del giro esterno di un esemplare di circa mm. 110 di diametro, si presenta quale è qui figurata in grandezza naturale (Fig. 47). Lobo sifonale. non molto ampio ed un poco meno profondo del primo laterale. Questo ed il successivo, il quale tocca la linea radiale, appaiono tripartiti. Seguono due piccoli ausiliari (@,, @,) pressochè perpendicolari alla detta linea radiale ed entrambi situati nella parete cireumombellicale. Sella esterna molto ampia, suddivisa da lobicino in due parti ineguali, delle quali la maggiore è l’ esterna; prima laterale o 0 à . Fic. 47. meno ampia e bipartita; seconda laterale, se come tale deve inten- . o de no LISI dersi quella compresa tra L, ed a,, assai caratteristica per essere G VAI sr sr; 2 Ls Sa put È ; : pie SEU CE molto larga e tozza e bipartita da lobicino mediano situato in cor- Li MARISA 5S i rispondenza dei nodi e dove i fianchi cominciano a declinare verso Ha É Ò Za, A È x on l’ombellico. Sulla parete ombellicale è situata poi una selletta allun- o n È 9 Lomo 0 A 0 Ls Lobo sifonale. gata a cui ne fa seguito altra visibile solo in parte perchè tagliata Ti Emo ROL dalla sutura e ricoperta dal giro precedente. a FOanaio Lobo Tnsoaie i È Ù Ù 2; do Lobi accessori. Questa linea lobale per la sua frastagliatura, per i corpi delle S Sutura. selle robusti e divisi in alto da piccolo lobicino in due parti delle quali l'esterna è sempre la più grande, corrisponde completamente con quella della specie siciliana figurata e descritta da GemMELLARO. Essa, quindi, diversifica assai dalla linea lobale dell’Asp. /ongispinum Sow., con il quale, a primo esame, l’esemplare appenninico potrebbe confondersi. Ricorda anche la linea dell’ Asp. iphiceroides WaAG. del Giura superiore delle Indie ?. Nell’esemplare da cui è stata rilevata la linea lobale descritta per l’ultima metà del giro esterno sembra appartenere alla camera di abitazione. Ivi i tubercoli della serie esterna sono pochissimo manifesti. Con qualche dubbio ascrivo poi allo stesso Asp. meridionale Gemm. l'esemplare della fig. 2, Tav. III [XXXVIII], il quale presenta le seguenti dimensioni: Diametro - 6 ° o c 0 6 o o ò 6 6 mm. 126 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 6 È o Ò 0,36 Spessore » » » 3 5 o ò 0,40 Larghezza dell’ ombellico » » ; 3 i o 0,35 Questo diversifica dal precedente per la presenza di pieghe poco rilevate nell’ultima parte della spira dove si ha il modello interno di una parte della camera di abitazione. Nel fianco opposto a quello figurato la conchiglia, molto spessa e convertita in calcite, si vede parzialmente fin quasi presso l'apertura e do- vunque sono evidenti i tubercoli della seconda serie situata alquanto all’esterno della metà dei fianchi. I lobi osservati e dei quali sono state figurate le due linee intercalate nella pagina seguente (Fig. 48) corrispondono nell'insieme a quelli dell’esemplare precedente. Anche qui la sella esterna è ampia e irrego- larmente bipartita; la seconda sella laterale vi appare un pochino meno ampia e un poco spostata verso l’e- sterno, il primo lobo ausiliare (a,) meno profondo e la prima selletta seguente divisa da piccolo lobicino : quasi tutta la seconda sella laterale è poi al di fuori della parete circumombellicale. Il confronto diretto delle due 1‘ OppeL. Palacont. Mitth., pag. 218, tav. 60, fig. 2. 2) WaaGEN. Jurass. Fauna of Kutch, vol. I, 3, tav. XXIII, fig. le. Calcutta, 1875. 12 M. CANAVARI [100] figure superiormente intercalate con quelle che furono date da ZirteL ?, NEUMAYR °) e LoRioL 5 e proprie dell’ Asp. longispinum Sow. dimostra l'indipendenza delle due specie. Gli esemplari appenninici differiscono un poco da quelli degli strati con Asp. acanthicum OPP. di Sicilia, per la sezione dei giri un poco meno depressa e per l’ombellico alquanto meno largo; non mi sembra però, per tali caratteri, di tenerli distinti. Certo essi ricordano nella forma la specie sowerbyana, ma, come si è detto, si separano subito per lo sviluppo e composizione dei lobi. L’Asp. meridionale Gemm. è stato rinvenuto anche nella zona Ls Lobo sifonale. ) i ì L, Primo lobo laterale. con Asp. acanthicum OPP. dell’ Est della Russia e precisamente Ls Secondo lobo laterale. Li ; fi 2, 2, Lobi accessori. a Gorodistché sul Volga i S Sutura. Esemplari esaminati: 8, dei quali tre sono conservati nell'Istituto geologico e paleontologico di Bologna e gli altri cinque nel Museo geologico di Pisa. 8. Aspidoceras subbinodiferum n. sp. —— Tav. III [XXVII], fig. 1; Tav. VI [XXXI], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . 6 : ; ò ‘ ò ” o . mm. 113 mm. ‘200 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ò 0,40 0,38 Spessore massimo | » » 5 $ 0, 40 0, 36 Larghezza dell’ ombelico » » li 3 0,32 0,31 Ricoprimento del penult. giro » » 3 b 0,06 0, 06 , Conchiglia discoidale, ad accrescimento abbastanza rapido, ad ombellico relativamente ampio e pro- fondo, composta di 4-5 giri ricoperti per circa un terzo della loro altezza. Fianchi alquanto convessi e scendenti rapidamente all’ombellico senza determinare una vera e propria carena; regione esterna molto convessa. Sezione dei giri pressochè alta quanto larga, con il maggiore spessore non lungi dalla parete circumombellicale, e gradatamente ristretta verso l’esterno, assumendo una forma quasi ovale, allargata in basso dove è intaccata dal ritorno della spira. Nella fig. 10, Tav. IMI [XXVIII], non è troppo esat- tamente disegnata; le parti laterali dovevano essere un pochino depresse verso la regione esterna. Sui fianchi si hanno due serie di tubercoli, non tutti però corrispondenti tra loro. Quando sono ap- paiati, un rilievo radiale a guisa di coste riunisce le coppie. La serie interna trovasi quasi sul margine della parete circumombellicale ed è costituita da tubercoli, che, per quanto sempre rotti, palesano una spiccata direzione verso il centro; quella esterna è un poco spostata dalla linea mediana verso la regione sifonale e corrisponde alla linea di ricoprimento. Di tali tubercoli se ne hanno circa 11 (serie interna) nell'ultimo giro dell’ esemplare minore; in quello dell’esemplare maggiore, che ha il guscio meglio con- 1) ZirrteL. Palaeont. Mitth., pag. 193, tav. 30, fig. lc. 2) NEUMAYR. Sch. mit Asp. acanthicum, pag. 196 [56], tav. XLII, fig. lc. 3) LoRrIoL. Baden, pag. 108, tav. XVII, fig. 1d. 4 PAVLOW. Op. cit. in sin. [101] M. CANAVARI ; 13 servato, la serie interna ne conta circa 13, quella esterna forse doveva averne qualcuno di più, ma non può determinarsi con esattezza perchè in sul principio dell’ultimo giro essa è poco manifesta per cattiva conservazione. In questo esemplare maggiore si vedono tracce di lobi sin circa la metà dell’ultimo giro. Con il so- lito sistema della lenta corrosione del guscio mercè acido cloridrico diluito, sono riuscito a prepararne alcuni frammenti sulla terz’ ultima parte del penultimo giro, che ho riuniti nella figura qui intercalata x (Fig. 49). Nel complesso questa linea lobale è grandemente vi- FIG. 49. cina a quella dei più comuni Cycloti descritti. Il primo lobo sn laterale è abbastanza ampio e certo più profondo di quello si- IS Ò Py, c fonale; il secondo laterale poco sviluppato; non sono conservati = 7 VE Napo PIANTA TA CL NN LIA ATEO ; @ Lio i i lobi accessori, i quali forse erano almeno due come nell’ Asp. Sia 25 2 se ; CARI LR DMS Pao) S : meridionale Gemm. e nell’Asp. Montisprimi CAN. La sella esterna È E 3. N Ti è molto sviluppata e divisa da lobicino in due parti, la maggiore QU a " VATI i È a Ls Lobo sifonale. delle quali è quella situata verso la regione sifonale; la prima TR laterale relativamente è piccola ed alquanto slanciata. La seconda Lo Secondo lobo laterale. A g o S. Sutura. è conservata solo in piccola parte. I due esemplari sopra i quali ho creduto istituire la nuova specie presentano certamente affinità con le più comuni forme di Aspidoceras binodosi; a nessuna però, secondo il mio parere, possono essere ra- gionevolmente riuniti. Aspidoceras iphicerum OvP.!, che, contro l’opinione di NeumAyR ® e di altri, PavLow ? ritiene spe- cificamente diverso dell’Asp. Zongispinum Sow., si distingue dalla nuova specie per l'accrescimento della spira più lento, l’ombellico più largo ed il minor ricoprimento dei giri, non che per i tubercoli più nu- merosi e radialmente corrispondenti a due a due, e per l’apertura più larga che alta 4). Gli esemplari titoniani che ZritteL 5) riferì alla specie oppeliana, se maggiormente ricordano l’Asp. subbinodiferum n. sp. per i nodi meno numerosi e non sempre corrispondenti nelle due serie e per l’ ac- crescimento più rapido, si distinguono pur non ostante per l’ombellico un poco più piccolo, per lo spessore maggiore dei giri e per la forma dell'apertura più arrotondata. L’esemplare degli strati con Asp. acanthicum di Gorodistché sul Volga descritto da PavLow come Asp. iphicerum OPP. , ha sezione dei giri quasi identica alla specie appenninica, ma sembrami diverso per accrescimento un poco più lento e maggior numero di tubercoli. Aspidoceras longispinum Sow. in NEUMAYR °, riguardato da questo autore come sinonimo dell’ Asp. iphicerum OPP., è diverso dall’ Asp. subbinodiferum n. sp. per nodi più grossolani nei primi giri, per re- gione sifonale molto più arrotondata e per spessore maggiore. Per quest’ultimo carattere si distinguono i) OppEL. Mitth., pag. 218, tav. 60, fig. 2. 2) NEUMAYR. Sch. mit Asp. acanthicum, pag. 196 [56]. 3) PavLow. Zone à Asp. acanthicum, pag. 73. 4 Nella fig. 2b in OppEL (Op. cit.) la bocca fu disegnata un po’ più stretta dell’originale, come dice l’ autore stesso nella descrizione della specie. $ 5) ZirtEL. Palacon. Mitth., pag. 194, tav. 30, fig. 1. 5) PavLow. Zone à Asp. acanthicum, pag. 73, tav. I, fig. 4. ?) NwumayR. Sch. mit Asp. acanthicum, pag. 196 [56], tav. 42, fig. 1. 14 M. CANAVARI [102] pure gli altri esemplari riferiti alla stessa specie Asp. longispinum da Favre ®, LorioL 2), HERBICE 3), PavLow *, non che l’originale sowerbyano stesso ). Aspidoceras caletanum OrP.9 ha fianchi meno arrotondati e maggior numero di tubercoli e del pari ha maggior numero di tubercoli ed accrescimento più lento 1’ Asp. catalaunicum Lor. ?, il quale è specie ‘ vicinissima all’4sp. iphicerum OPP. Aspidoceras bispinosum Zier. 3) si distingue per accrescimento più lento e maggior compressione della conchiglia. Parecchie forme di binodosi descritti e figurati da QuenstEDT sono anche molto affini alla nuova specie appenninica, quali per esempio: A. inflatus binodus ed A. bispinosus ® ; il primo però ha le due serie di tubercoli assai più avvicinate ed il secondo accrescimento più lento e maggior numero di nodi. | Tra le specie indiane del Giura superiore si possono citare a titolo di confronto 1° Asp. iphiceroîdes Waaa. 19 e l’Asp. binodiferum WaAG., ambedue però sempre ben caratteristiche e diverse per lo spessore maggiore. Infine avverto che la nuova specie ha pure grandi analogie con 1’ Asp. acanthricum OpP., dal quale però si separa per la persistenza della seconda serie di tubercoli anche nell’esemplare adulto, per il minor numero dei tubercoli stessi e forse anche per la seconda sella laterale, la quale, quantunque non ben evidente, sembra più ampia e simile a quella dell’ Asp. meridionale Gemm. 1). Esemplari esaminati: 2, raccolti nello stesso banco dei precedenti ed oggi conservati nel Museo geologico di Pisa. 9. Aspidoceras Helymense? Gem. — Tav. IX [XXXIV], fig. 1. 1875. Aspidoceras Helymense GenmeLLARO. Maune giur. e lias., N. 4, pag. 121, tav. XIII, fig. 4. 1877. = — GenmeLLAro. Ibid., N. 7, pag. 226. 1880. — — (Gemm.) Parona. Di alcuni fossili dei dintorni di Caprino e di Longarone nel Veneto. Atti R. Ist. ven., vol. VI, ser. V, pag. 34 dell’ estr. 1882. —_ — (Gemm.) Niconis. Sistema liasico-giur. d. prov. di Verona, vol. LVIII, ser. III, pag. 77 dell’ estr. DIMENSIONI Diametro . . o : c ò ò 0 0 SSR È . mm. 328 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . . 6 6 o 0,34 Spessore » > » ; ; 5 ) È 0,40 Larghezza dell’ ombellico » » È . 0 © ò 0,41 1) FavRE. Voirons, tav. VI, fig. 5; — Ip. Suisse et Savoie, pag. 60, tav. VII, fig. 7,8. 2) LorioL. Baden, pag. 108. 3 HerBIcH. SzéKlerland, pag. 172 [154], tav. XVI e XVII, fig. 1. 4) PavLow. Zone à Asp. acanthicum, pag. 72, tav. I, fig. 2, 3. 5) SoweRBY. Mineral Conchology, vol. V, pag. 164, tav. 501, fig. 2. London, 1825. 6) OppeL. Palaeont. Mitth., pag. 220; — p’ORBIGNY. Paléont. francaise. Terr. jurass. Ceph., pag. 544, tav. 209 (sub-nom. A. Zongispinus Sow.). © LorIioL. Monogr. paléont. et géol. des étag. sup. de la format. jurass. du départ. de la Haute-Marne. Mém. Soc. Linnéenne de Normandie, vol. XVI, années 1869-72, pag. 44, tav. IV, fig. 1. Caen-Paris, 1872. 8) ZiprtEN. Die Verstein. Wiirttemberges, pag. 22, tav. XVI, fig. 4. 9 QuenstEDT. Schwdb. Jura, tav. 117, fig. 8,9; tav. 118, fig. 1-6. 10) WaageN. Jurass. Fauna of Kutch, vol. I, 3, pag. 102, tav. XXIII, fig. 1,2; pag. 105, tav. XXIV, fig. 2. 15) GEMMELLARO. Faune giur. e lias., N. 2,7, pag. 43, 224, tav. VII, fig. 10. [103] M. CANAVARI 15 Riferisco con qualche dubbio a questa specie il grande Aspidoceras tutto concamerato trovato a Monte Serra e nel quale i primi giri mancano ed il penultimo è corroso e mal conservato. Tuttavia qua e là, dalla parte opposta a quella figurata, si scorgono nell'interno le deboli coste che ingrossano a guisa di tubercolo verso la sutura. Nell'ultimo giro presente si hanno 17 coste molto robuste e tubercolate alle due estremità, cioè presso la parete circumombellicale e in sul principio della regione esterna: di qui esse si deprimono notevolmente ed attraversano, pochissimo rilevate, l’ampia regione sifonale. Un semplice indizio di accoppiamento di coste osservasi tra le due che precedono la quart’ ultima. Negli esemplari siciliani, secondo il GeMmMELLARO, il rigonfiamento nodiforme delle coste nel contorno ombellicale andrebbe sempre più sviluppandosi con lo svolgimento della conchiglia, mentre i tubercoli esterni tenderebbero a cancellarsi. Egli avvertì inoltre che “ negli esemplari del diametro da mm. 270 a mm. 354 le coste si allontanano, contandosene da 16 a 18, e i tubercolì della serie interna prendono un grande sviluppo. , Quest'ultimo carattere non è evidente nell’ esemplare di Monte Serra, nel quale, anzi, sembrano assumere maggior sviluppo i rilievi nodulosi della serie esterna. Si noti però che nel nostro esemplare quasi tutti i fianchi, specialmente verso l’ombellico, sono mancanti del guscio e quindi i tubercoli della serie interna sono sempre mal conservati. Il ricoprimento dei giri è quasi nullo e la sezione subquadrilatera, un poco più larga che alta; i fianchi poi scendono gradatamente verso 1’ ombel- lico senza alcun indizio di carena. L’esemplare, come è stato detto, è tutto concamerato, quindi doveva raggiungere un diametro supe- riore forse ai mm. 400. La linea lobale (Fig. 50) molto corrosa, comprende, sulla parte visibile dei giri, oltre il profondo e rami- Fig. 50. i È Jo: Ls Lobo sifonale. Ls Secondo lobo laterale. L, Primo lobo laterale. S Sutura. ficato lobo sifonale, due ampie selle, alle quali, presso la sutura, segue una piccola sella stretta ed allungata. La sella esterna è divisa in due parti ineguali, di cui la maggiore è quella situata verso la regione sifo- nale; essa, dall’ampio dorso, si estende fin circa sulla metà dei fianchi; del pari bipartita è la sella se- 16 M. CANAVARI [104] guente che in parte trovasi nella parete circumombellicale. I lobi sono molto ramificati; la linea radiale taglia il primo laterale e lascia al di sopra il secondo ed il piccolo lobicino dove cade la sutura. Il no- tevole sviluppo delle selle che si manifesta anche in tutto il penultimo giro, allontanano questa linea lobale da quella degli altri Aspèdoceras. Essa ricorda la linea lobale dell’ Asp. perarmatum Sow.! ed è certo molto simile alla linea lobale dell’ Asp. EQuwardsianum ?, come già fece notare GEMMELLARO; diversifica però da questa, nell’ipotesi che la figura orbignyana sia esatta, per la forma della seconda sella più slanciata e per la presenza della lunga selletta che precede la sutura. Più ancora degli esemplari di Sicilia, questo di Monte Serra, si avvicina all’ Asp. Rupellense D’ ORB. 3) per l’apparente maggior sviluppo della serie esterna dei tubercoli; se ne allontana però per lo spessore più grande (0,40 del diam. invece di 0,28) e quindi per la forma dell’apertura, e poi anche per le coste più grosse, meno allontanate e non radiali ma sempre alquanto proverse e gradatamente ingrossate verso il margine esterno. La specie, oltre che negli strati con Asp. acanthicum della Montagna Grande e della Rocca chi parra di Calatafimi in Sicilia, è stata trovata anche nel Veneto e precisamente a Podenzoi (PARONA) e presso Vajo di Broje (Niconis). Nel Museo di Pisa si trova un frammento di un grande Aspidoceras dei calcari rossi ammonitiferi di S. Anna presso Breonio (Veneto) che molto somiglia, negli ornamenti; alla specie descritta, dalla quale però sembra allontanarsi per lo spessore minore. Aspidoceras Helymense Gemm. appartiene senza dubbio alla sezione dei Perarmati. Esemplari esaminati: 1, raccolto insieme con le specie precedentemente descritte e conservato oggi nel Museo geologico di Pisa. 4) Cfr. QuensTEDT. Schwéib. Jura, tav. 122, fig. 1. 2 p’OrBIGNY. Paléont. francaise. Terr. jurass. Céph., tav. 188, fig. 2. 3) Ip. L. c., pag. 538, tav. 205. [105] M. CANAVARI INDICE DELLE SPECIE DESCRITTE IN QUESTA PARTE QUINTA Cephalopoda VIII. Gen. Aspidoceras ZrrreL (continuazione) 4. Aspidoceras acanthomphalotum Zirr. — Tav I [XXVI], fig. 2,3; Tav. VII [XXXII], fig. 1-3 o c 6 5 " . . 5. » Montisprimi Can. — Tav. II [XXVII], fig. 1; Tav. V [XXX], fig. 1; Tav. VII [XXXII], fig. 5 È i È : o o È 6. » acanthicum Opp. — Tav. II [XXVII], fig. 2; Tav. IV [XXIX], fig. 1; Tav. VII [XXXII], fig. 6; Tav. VIII [XXXIII], fig. 1 o T. » meridionale Gemm. — Tav. I [XXVI], fig.1; Tav. III [XXVIII], fig. 2 8. » subbinodiferum n. sp. — Tav. III [XXVIII], fig. 1; Tav. VI [XXXI], fig. 1 9. » Helymense? Gemm. — Tav. IX [XXXIV], fig. 1 : ; c 0 o INDICE DELLE FIGURE INTERCALATE Fi. 41. — Linea lobale dell’Asp. acanthomphalotum Zior. . n 6 È 0 ò o » 42. — Lobo antisifonale della stessa specie » 43. — Linea lobale dell’Asp. Montisprimi Can. » 44. — Linea lobale di un altro esemplare della stessa specie, appartenente al Museo geologico di Bologna . » 45. — Linea lobale dell’Asp. acanthicum OPP. 0 . È Ò ò D D o » 46.-- Linea lobale asimmetrica di un altro esemplare della stessa specie » 47. — Linea lobale dell’Asp. meridionale Gemm. » 48. — Due linee lobali di un altro esemplare della stessa specie . » 49. — Linea lobale delll’Asp. subbinodiferum n. sp. » 50. — Linea lobale dell’ Asp. Helymense? Gemm. N.B.— Tutte le linee lobali sono figurate in grandezza naturale. Finito di stampare il 25 luglio 1903. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. , pag. pas. 17 uri Pod MA ca i» mi i WS LT LUABMNI I: RIONI G. DE ANGELIS D’OSSAT ZOANTARI DET, TERZIARIO DELLA PATAGONIA (Tav 1): Il direttore del Museo nazionale di S. Paolo, nel Brasile, prof. H. von IRERING, inviava molti fossili della Patagonia al pe LoRior, perchè questi, con la conosciuta sua competenza, si compiacesse determi- narli. Il pe LoRIoL, trattenuti per il suo studio gli Echinodermi, rimise il resto al noto specialista Canu, il quale, alla sua volta, riserbandosi i Briozoi, volle gentilmente affidare a me i Corallarî di quella lontana e geologicamente poco conosciuta regione per quanto la si mostri ferace in fossili. Dai cartellini che accompagnano gli esemplari si rileva che essi furono raccolti da C. AmeGHINO, du- rante gli anni 1900-1901, nelle formazioni terziarie e specialmente nei terreni dei diversi livelli che co- stituiscono il piano Patagonico, già stabilito dal p’ORBIeny nel 1842 1. Per intendere tutto il valore dei fossili in istudio è necessario accennare brevemente alle formazioni in cui furono raccolti, riportandone la successione stratigrafica con l'apprezzamento cronologico proposto dai diversi geologi che se ne occuparono. Ciò è ora indispensabile dacchè va accentuandosi sempre più il disaccordo nel riferimento di quelle faune, le quali anche presentemente formano oggetto di erudite disquisizioni geo-paleontologiche. * 5 * Secondo l’InERING 2) ecco la successione delle formazioni terziarie della Patagonia ed il loro crono- logico riferimento: — Formazione di Entrerios a Pecten paranensis; formazione di Tehuelche. — Sant-Cruxiano = Oligocene. — Patagonico. — Zona a Pyrotherium, con Ostrea pyrotheriorum Iner. = Eocene inferiore. Poco o punto diverso è il riferimento cronologico che propone il medesimo autore nell’ultimo suo poderoso lavoro intorno ai Molluschi dei terreni terziari della Patagonia?. L’AwecnINo F. 4) già aveva apportato le seguenti suddivisioni nel piano Patagonico, e cioè: — Soprapatagonico. Ps ( Leonense. MESSICO oe liense! i) D’ORBIGNY A. Voyage dans V’Amérique méridionale, vol. III, Géologie. Paris, 1842. 2 InprING H. Die Conchylien der patagonischen Formation. Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. Palaeont. 1899, pag. 48. 3) In. Os Molluscos dos terrenos terciarios da Patagonia. Rev. Museu Paulista, vol. II, pag. 346. S. Paulo, 1897, 4, AmpeHINO F. Sinopsis Geolégico-Palaeontolégica. Segundo Censo Nacional de la Republica Argentina, vol. I, 1898. Suplemento, 1899. 20 G. DE ANGELIS D’OSSAT [2] Gli studi stratigrafici dell’ HatcHER e specialmente quelli paleontologici dell’OrtmANN !); hanno con- dotto quest’ultimo ad una nuova divisione delle formazioni terziarie della Patagonia, come si apprende dalla grandiosa pubblicazione in corso di stampa. — Formazione di Cape Fairweather (e depositi contemporanei). = Pliocene. — Patagonico = Miocene inferiore. — Magellaniano = Ofligocene. L’ORTMANN dimostra, con argomenti paleontologici, che non solo sono equivalenti i due piani: Leo- nense e Juliense; ma pure il Patagonico ed il Soprapatagonico; ed il tutto è riferito al Miocene inferiore. Le conclusioni dell’ORTMANN sono vivamente contraddette da F. AmecHINo in un ultimo sintetico la- voro >), nel quale propone un quadro sinottico delle formazioni geologiche dell'Argentina, compilato sopra i risultati delle ultime ricerche. Ne trascrivo, riassumendo, la parte che riguarda le Formazioni terziarie dell’ Argentina FORMAZIONI Subaeree ; e d’acqua dolce ionine | Lujanéen . . . . . | Di S.Julian all’ W. di Cabo Curioso. Pampéene . . . . | Bonaérén . . . . | Belgranéen. Pliocene SI HEnsénadéen . . . . | Ensénadéen. Puelchéen. . . . . | Fairweathéreén. \ \ Araucanienne. . | Hermoséen . . . . | Laziaréen. Miocene 206 | Araucanéen . . . . | Rosaen. \ \ Mésopotamien . . . | Rionégréen. Oligocene . .)| Entrerienne | VR ATANECIE RI OE Paranéen. \ | Arénaen. | Santacruzéen . . . | uperpatagonien. Santacruzienne. Notohippidéen . . .| Magellanéen. Eocene Léonéen superiore. Patagonienne. . | Astrapothericuléen. . | Léonéen tipico. | \ Colpodonéen . . . . | Julien. I 1) ORTMANN A. E. Reports of the Princeton University Expeditions to Patagonia 1896-1899, vol. IV. Palaeon- tology. Part. II. Tertiary Invertebrates. Princeton, 1902. L’ORTMANN si era già occupato dello studio geo-paleonto- logico della Patagonia come lo dimostrano altri precedenti lavori. 2) AmeGHINO F. L’dge des form. sédim. de Patagonie. An. Soc. Cient. Argent., vol. L e LIV. Buenos Aires, 1903. [3] G. DE ANGELIS D’OSSAT 21 L’IRERING, secondo quanto apprendo dalla sua cortese corrispondenza epistolare, ritiene che la di- stribuzione cronologica dei terreni terziari dell’Argentina redatta dall’ AmeGHINO F. sia presentemente la migliore fra tutte le altre finora proposte. Finalmente segnalo il recentissimo lavoro dello Scrivenor J. B. ®, nel quale sono riportate le suc- cessioni stratigrafiche stabilite dal MeRcERAT e dall’ HATcHER. Anche altri geologi si occuparono dei terreni della Patagonia, ricordo specialmente: DARWIN (1846), DesoR (1846), DoERNIG (1882), PHILIPPI (1887), RocHEBRUNE e MABILLE (1889), MERCERAT (1889), NORDEN- SKJOELD (1898), Cossman (1899), MorENo (1899) ecc. La bibliografia si può facilmente ricavare dalle memorie citate dell’OrtMANN e dell’AmecHINO F. * * * Seguendo l’ordine sistematico proposto dal Duncan (1885), riporto la faunula studiata, cui poi farò seguire l'apprezzamento cronologico attribuito alle forme: dal raccoglitore in confronto con quello già san- cito da altri per le stesse specie, tenendo precipuamente presenti le località americane. 1. Balanophyllia caulifera ConRAD Sp. var. multigranosa VAUGHAN. 2. Oculina mississippiensis CONRAD Sp. 3. n Stngleyò VAUGHAN. 4. Caryophylia D'Achiardii n. sp. 5. Plabellum cuneiforme var. Wailesi ConRAD. 6. 5; extensum MIcH. Te s Sp. Secondo i cartellini così devonsi cronologicamente distribuire le forme: Patagonico superiore: Oculina Singleyi. medio: Flabellum extensum, Fl. cuneiforme var. Wailesi, FI. sp. inferiore: 7. cuneiforme var. Wailesi, O. mississippiensis, Balanophyllia caulifera, var. multigranosa. Tenendo invece conto degli studi del VauGHAN ?), di cui, in questa circostanza, mi sono largamente servito, posso raccogliere dalle località, in cui furono trovate negli Stati Uniti le stesse forme, l’apprez- zamento cronologico che egli attribuisce alle specie e che egli stesso mette a confronto col parallelismo proposto dal Dart * per le formazioni europee, cioè: »” » VAUGHAN DALL Oligocene inferiore Vicksburg an RINO Liguriano Balanophyllia caulifera var. multigranosa, Ocu- | lina mississippiensis, Flabellum cuneiforme var. Wailesi. Eocene JACkSonian oe Ar Bartoniano | FI. cuneiforme var. Wailesi. CIporntano fi Parisiano Oculina Singleyi. i) ScrivenorR J. B. Notes on the Geology of Patagonia. Quarterly Journ. Geol. Soc., vol. LIX, Part. 2 (234), pag. 160, May 1903. London, 2) VAUGHAN T. W. The Eocene and lower Oligocene Coral faunas of the United States. Washington, 1900. 3) DaLL W. H. Ann. Report. U. S. Geolog. Survey. Pt. II. 1895. bo DO G. DE ANGELIS D’OSSAT [4] Rimane a determinare l'epoca geologica per le forme: 1. Caryophyllia D’Achiardii sp. n. 2. Flabellum extensum MicH. 3. s Sp. 1. La nuova Caryophyllia presenta legami intimi con specie che sono viventi e che si trovano fos- ‘sili anche nel Miocene. 2. Il 77. extensum mentre trovasi fossile sin dal Miocene è pur vivente nei mari attuali. È bene però ricordare che questa forma è variabilissima e che, per alcuni autori, comprende parecchie forme da altri tenute distinte. 3. Finalmente il 77. sp. offre analogie con forme che dal Liguriano scendono anche al Cernaysiamo. Sia dalle singole forme, sia dal complesso della faunula studiata, come facilmente si rileva, non si può trarre argomento alcuno per inferirne un qualsiasi ben determinato valore cronologico: anzi pare che le conclusioni parziali non convengano con i riferimenti cronologici proposti. Però, se questa piccola fauna corallina non favorisce o contraria direttamente le opinioni altrui, mi mette tuttavia sull’avviso e mi fa sorgere il sospetto che la geologia non abbia ancora bene assicurata la stratigrafia del terziario della Patagonia. In questa ultima ipotesi, i fossili finora studiati potrebbero provenire da strati che effet- tivamente appartengono a piani diversi da quelli cui si attribuiscono. Laonde faccio voti che studî più precisi e particolareggiati sopra quella interessante, estesissima e poco conosciuta regione vengano finalmente a dimostrare che non esiste realmente, ma solo apparen- temente, quel disaccordo che ora divide i geologi ed i paleontologi, che, con intelletto ed amore, diedero l’opera loro allo studio geologico della Patagonia. * * * Il valore batimetrico della faunula si può ricavare dai seguenti dati: GENERARNE O III RO O AS Le specie però sono più frequenti a... 86— 109 GENOMA AIN SO NI AEREI VIARIO N PV IE CIC 1—- 91 SI CARYOPRYMOE O IM AREE MORE OLO NOI SUI 1—- 2743 Le forme viventi più somiglianti alla nuova. 0/0... 9 164 CONAI O A AIA RI OVARO N AIGATO 1—- 2743 MZ eziens ninna lE e 55 6_M1(537 Osservando che il materiale sedimentario, da cui si estrassero i fossili, è generalmente costituito da sabbie srossolane, si può dedurne che le formazioni si depositarono in un mare poco profondo e di spiag- gia. Ad analoghe conclusioni pervennero l’IHERING e l’ORTMANN e gli altri studiando la fauna malacologica dei sedimenti in discorso. * È x* Passo ora alla descrizione delle forme, riportando per ciascuna l'habitat ed il valore cronologico. A co- loro poi che avranno la ventura di studiare faune più numerose e più concludenti lascio la soddisfazione di inferire conclusioni più determinate. Tutti gli esemplari che costituiscono la faunula studiata sono conservati nel Museu Paulista di S. Paulo nel Brasile. [5] G. DE ANGELIS D'OSSAT 23 DESCRIZIONE DELLE FORME Ord. Zoantharia Sectio. Madreporaria perforata. Fam. KEupsammidae. Gen. Balanophyllia Woop. 1. Balanophyllia caulifera CowraD sp. var. multigranosa Vaucnan. — Tav. X [I), fig. 1a-c. 1847. Turbinolia caulifera Conrap. Proc. Acad. Nat. Cc. Phil., vol. III, pag. 296. 1848. — _ Conrap. Journal Acad. Nat. Sc. Phil., sec. ser., vol. I, pag. 127, tav. XIII, fig. 33, 34. 1855. Osteodes — Conrap. Proc. Acad. Nat. Sc. Phil., vol. VII, pag. 263. 1866. Turbinolia «—‘’— —’—Conrap. Check. List., pag. 26. . 1895. Eupsammia — —’—Vavezan. Ann. Geol., vol. XV, pag. 223. 1896. Balanophyllia — —Vavczan. Bull. U. S. Geol. Survey, n.° 142, pag. 52. 1900. — — VaucÒan. Eoc. low. Olig. Cor. faunas, pag. 176, tav. XX, fig. 15-18. Un piccolo esemplare deve essere riferito a questa specie, con qualche esitazione per la cattiva con- servazione del calice. Anzi per togliermi i dubbi intorno alla sistemazione generica sono stato obbligato a tagliare trasversalmente il piccolo esemplarino. Il polipierite è conico, compresso, alquanto curvo, a sezione ellittica, attaccato per un relativamente largo pedicillo. L’esemplare però è giovine. Le coste sono ben distinte, grossolanamente granulose, ben separate da solchi, talvolta interrotti dai granelli delle coste. Esse si prolungano per tutto l'individuo; solo verso l’apice si vedono biforcarsi. In prossimità del calice sono 46. Dove rimasero conservate si presentano acute. L’epiteca è rudimentale. Calice ellittico, ripieno di roccia. I setti, per numero e disposizione corrispondono perfettamente alla specie per quanto si può osservare. La columella è vescicolosa e ben sviluppata. DIMENSIONI Altezza del polipierite . o è Ò ò È * E o . mm. 11,5 Diametro maggiore del calice. 0 0 . o o 0 0 » 9 » minore » o o ò 1 0 5 ò 3 » TI Profondità del calice, incognita. Per avere le coste granulose, per il pedicillo largo e non a forma di capezzolo come si trova negli esemplari tipici della specie, per la leggera curvatura che presenta il polipierite, per le coste acute e per gli altri caratteri, credo che si possa riferire il nostro esemplare alla var. multigranosa VAUGHAN (Loc. cit., pag. 177, tav. XX, fig. 19-20). 24 G. DE ANGELIS D’OSSAT [6] Invero l'esemplare corrisponde per la forma del polipierite alla fig. 20; presenta poi le coste come nella fig. 19%, e l’andamento dei setti come nella fig. 19 a. Questa varietà è ritenuta dal VAUGHAN come l’immediato predecessore della specie. Essa fu trovata al Red Bluff ed a Carson Creeck, Mississippi: appartiene cioè alla parte inferiore del Vicksburgiano (= Liguriano). La specie tipica invece persiste anche nell’orizzonte immediatamente superiore. Località: — Golfo S. Gorge, S. E. di Casa Major, Patagonico inferiore, Juliense. Sectio Madreporaria aporosa. Fam. @ceuliîinidae. Gen. Oculina Lx. Un fossile in istudio si riferisce, quasi senza esitazione, ad una delle due famiglie: Oculinidae, Astran- gidae. È però cosa oltremodo difficile decidersi per la scelta fra le due famiglie, perchè i caratteri, am- messo che siano distintivi, non sono mai facilmente riconoscibili specialmente negli esemplari fossili. La specificazione diviene addirittura ardua quando si tratta di forme che possono appartenere ai tre se- guenti generi, spettanti alle due menzionate famiglie, e cioè: Oculina, Astrohelia, Cladangia. Esaminando le particolarità anatomiche del nostro polipajo in confronto con le classificazioni proposte dai diversi specialisti, come: Mine EpwArps, Harme, DE FROMENTEL, DUNCAN, ecc. non si riesce mai a tranquillizzarsi sulla posizione generica. Da ciò facilmente si può arguire che la istituzione dei seneri, se pure posa sopra un fondamento anatomico positivo, esso carattere distintivo non è sempre riconosci- bile negli esemplari fossili, anzi non si rintraccia che dubbiamente anche nel caso della migliore conser- vazione. Tuttavia, traendo partito da tutto ciò che può servirci, procuro di addivenire alla specificazione dell’ esemplare, assicurandone la posizione tassonomica. Le camere libere, i setti ben sviluppati, ecc. ecc. mi assicurano la pertinenza alle Madreporaria; mentre la presenza di sottili e non complete traverse attestano il riferimento alle Aporosa. Ora incontro un bivio: se la cavità si è obliterata dal basso verso l’alto mi trovo fra le Oculinidae, altrimenti posso ar- rivare alle Astrangidae. Decidersi, con i fossili, è arduo e quindi ne scaturisce l’incertezza. Anche altri paleontologi si trovarono seriamente imbarazzati nella determinazione generica, come si rileva dalla bibliografia; invero si vedono palleggiate le forme da una famiglia all’altra. Non potendo servirmi di caratteri anatomici sicuri per la distinzione delle famiglie citate, perchè essi sono poco o punto riconoscibili nei polipaj fossili; procurerò, se è possibile, trovare delle reali differenze fra i generi, di cui sommariamente riporterò i caratteri: Oculina Astrohelia Cladangia Polipaio subdendroide P. subdendroide . P. subdendroide o spianato Cenenchima Cenenchima Falso cenenchima Coste vicino al calice Coste vicino al calice Coste poco sviluppate Columella sviluppata C. rudimentale C. papillosa Setti interi S. dentellati S. lobati Pali sviluppati Senza pali p. d. Pali? Camere si riempiono Camere si riempiono Camere non si riempiono [2] G. DE ANGELIS D’OSSAT 25 Come si rileva il gen. Oculina e specialmente il gen. Astrohelia costituiscono un passaggio insensibile fra le due famiglie: Oculinidae ed Astrangidae, ciò del resto fu da altri osservato precedentemente. Come si scorge dalla tabella riportata i caratteri sono pochi e difficilmente riconoscibili e di più tutti sono solamente relativi. L’ unico distintivo positivo riposerebbe sulla sostanza cenenchimatosa che nei due primi generi sarebbe un vero e proprio cenenchima, e nel terzo invece falso. Riconoscere allo stato fos- sile un vero da un falso cenenchima se non impossibile è almeno quistione molto difficile. Anche il modo di gemmazione non si presta a fornirci sicure distinzioni. Fatte queste riserve e trovata la specie cui deve essere riportato l’ esemplare, non rimane che de- scriverlo e riferirlo al genere cui riportano la forma gli autori più recenti. 1. Oculina mississippiensis Conrap sp. — Tav. X [I], fig. 2a, d. 1847. Madrepora mississippiensis Conrap. Proc. Acad. Nat. Sc. Phil., vol. III, pag. 296. 1848. _ = Conrap. Ibid., 2.* ser., vol. I, pag. 127, tav. XIII, fig. 22. ? (Sine nomine) Lesurur. Planches inédites, n.° 5, fig. 15. e possono essere ancora le fig. 12, 13 (ide E. H.). 1850. Oculina americana E. H. Ann. Sc. nat., 3.8 ser., vol. XIII, pag. 70. 1857. — —_ » Hist. nat. Cor., vol. II, pag. 108. 1861. —_ — De FrowenteL. Etud. Polyp. foss., pag. 176. 1866. Dendrophyllia mississippiensis Conran. Ohek. List., pag. 26. 1900. Oculina — Vaucnan. Hoc. low. Olig. Cor. U. St., pag. 118, tav. XI, tutte le figure. Il VaveHAN ritiene che la presente forma deve ascriversi al gen. Oculina Lx. N Il polipajo non è intero e risulta di un frammento cilindraceo, ma di forma alquanto irregolare. Il cenenchima è molto sviluppato e compatto. Le strie costali si mostrano chiaramente, a causa della erosione, solo vicino ai calici, esse sono evidentemente flessuose. I calici sono generalmente subeguali; ma vi sono altri che possono raggiungere un minimo di mm. 2,5 (rarissimi) ed un massimo di mm. 4 di diametro di apertura. I calici sono disposti grossolanamente a, linee spirali, disposizione che si riscontra pure negli esemplari figurati dal VAUGHAN. Essi sono poco rile- vati sulla massa generale, ciò .che si osserva nella figura 11 riportata dall’autore ora nominato. Vi hanno mammelloni sopra cui si aprono uno o due calici. Per questi due ultimi caratteri si potrebbe erigere il no- stro esemplare a nuova varietà, ma non oso farlo avendo in istudio un solo esemplare. ‘La fossula è abbastanza profonda. Nel fondo del calice si trova un materiale di riempimento che sembra crescere dal basso verso l’alto. Parmi che tale formazione spesso permetta la digestione degli stessi setti, i quali quindi sono rappresentati da vuoti. La columella è mediocremente sviluppata. I pali solo raramente si possono affermare presenti. I setti sono sottili, col loro numero formano tre cicli, ma non mancano rappresentanti del quarto: pare siano lobati. Interessante è poi il modo di origine dei polipieriti e la loro disposizione nell’interno del tronco cilindrico. Una sezione alla sommità di esso mostra i polipieriti vicini, anzi stipati tanto da assumere la forma poligonale; tale disposizione ulteriormente dimostra il poco valore che gode la distinzione tas- sonomica basata sopra la forma dei calici. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 4 26 G. DE ANGELIS D'OSSAT [8] Non si può nascondere la strettissima somiglianza che corre fra questa specie e 1° O. Vicksburgensis ConraD sp. (Per la sinonimia e per l’illustrazione iconografica vedasi VAUGHAN. Eoc. low. Olig. Cor. U. St.j pag. 116, tav. X, fig. 4-10): anzi avrei a questa forma riportato il nostro esemplare in istudio se il di- verso numero dei setti non me lo avesse proibito. Infatti in quest’ultima specie i setti sono sempre circa 28, mentre molto maggiore è il numero nella 0. mississippiensis. Nell’aspetto e negli altri carat- teri vi ha quasi identità. Il Mirne Epwarps ed Harme, pe FRomeNTEL nominano la specie nel Miocene di Walnut-Hills, Mis- sissippi; il VAUGHAN invece la menziona nel Vicksburgiano medio del Mississippi e proprio nel Vicksburg- bed, il quale secondo il Conrap ed il DALL corrisponderebbe all’Oligocene inferiore ed al Liguriano dell’ Europa. Località e Cronologia: — Sud di Colhue Huapi, Patagonico inferiore di F. AmEGHINO. 2. Oculina Singleyi Vaucran. — Tav. X [I], fig. 3a, d. 1900. Vauezan. Hoc. low. Olig. Cor. U. St., pag. 120, tav. X, fig. 1,2; tav. XII, fig. 1-3. Un piccolo polipajo deve riportarsi a questa nuova forma, specialmente per la variabilità del diametro dei calici dei polipieriti e per tutti gli altri caratteri anatomici che possiamo osservare. Il polipajo incrosta un frammento di roccia schistosa e tende a dividersi in branche, in tutto ciò somiglia all’esemplare figurato dal VaucHAN colla fig. 3 della tav. XII. Il cenenchima è sviluppato e compatto, esso risulta, specialmente nella parte più bassa del poli- pajo da strati sovrapposti. Le strie costali, a causa dell’ ottima conservazione, sono ben distinte, flessuose e di diversa grandezza. I calici profondi, circolari, solo raramente ellittici, di diametro molto diversi: vi hanno quelli che presentano un diametro maggiore all’apertura di mm. 1,7 e quelli che raggiungono collo stesso diametro i 4 mm. Comunemente però le dimensioni oscillano fra i mm. 2,5-3. Tale diversità potrebbe nascere anche dalla giovinezza del polipajo; infatti noi sappiamo che nello sviluppo si regolarizzano, più che è possibile, le diverse parti dello scheletro. La fossula è profonda; non si scorge il riempimento perchè i polipieriti sono poco sviluppati; in- vero tenuissimo è lo spessore del polipajo. Columella discretamente sviluppata. I pali si possono, con poca sicurezza, riconoscere; gli avanzi però sembra che stiano avanti ai primi due cicli. I setti sono sottili, con le superficie fortemente granulate. Il materiale roccioso che impania i ca- lici non lascia riconoscere la forma del margine superiore dei setti. Essi costituiscono tre ciclîì completi e quindi il loro numero corrisponde a quello che si trova disegnato nei due calici della tav. XII, fig. 2a e 3a (Loc. cit.). I polipieriti sono distribuiti irregolarmente sulla superficie comune, si elevano più o meno sul ce- nenchima con margini chiaramente striati: le strie quasi sempre corrispondono ai setti. Questa specie si avvicina di molto alla precedente, pur se ne differenzia facilmente per la forma delle coste e per la minore prominenza dei polipieriti sulla massa generale; quest’ultimo carattere però non è facilmente apprezzabile. Notevole è altresì la irregolarità grande della posizione ‘degli individui e la grande differenza del loro diametro calicinale. Appena si osserva l'esemplare si crederebbe di dover fare con una specie del genere Coerocyathus [9] g G. DE ANGELIS D’OSSAT 20 FE. H. (1848); ma la presenza di sottili e piccole, per quanto non intere, traverse endotecali ci dimostrano che l'esemplare non appartiene all’ unico genere composto della famiglia delle Zurbinolidae. L’autore cita la sua forma in moltissime località, cioè: Smithville, Bastrop County, Texas; Moseleys Ferry, Braxos River, Burleson County, Texas; Wheelock, Robertson County, Texas; Alabama Bluff, Tri- nity River, Houston County, Texas. Tutte le località appartengono al basso Claiborniano, il quale secondo il parallelismo proposto dal Dart corrisponderebbe al Parisiano europeo. Località: — C. AmeeHINo raccolse l'esemplare in istudio nel 1900 alla Rada Pilly nel Golfo di S. Gorge nel Patagonico “el mas sup. ,. Fam. A'urbinolidae. Gen. Caryophyllia Lx. (emend. Duncan). I caratteri generici sono tanto ben chiari e determinati da non lasciare dubbio alcuno sulla posi- zione generica degli esemplari che vi si riferiscono. Invece è oltre ogni dire difficile la specificazione nel genere, perchè i caratteri specifici spesso cambiano di proporzione coll’età, con l’ambiente e con la con- servazione degli individui. È questo un genere che merita un profondo riordinamento nelle specie che vi si attribuiscono. Le lunghe ed intricate sinonimie dimostrano appunto quanto sto esponendo. I distintivi specifici di cui si tiene conto nella descrizione delle forme sono specialmente i seguenti: o.) il numero dei setti; B) la larghezza della base. x) Il primo varia, come è risaputo, secondo l’età e quindi bisognerebbe osservarlo solamente negli individui adulti. Inoltre non è neppure ben determinato sempre il numero dei setti per ciascuna specie. 8) Il secondo carattere poi è relativo ed in funzione dell’ambiente. Invero la larghezza del pedicillo è sempre subordinata alla natura litologica ed alla forma dell’ostacolo sopra cui si fissa il polipierite. Un altro carattere sopra il quale gli specialisti fissarono le differenze riguarda l’epitecio. Negli in- dividui fossili che hanno subìto la minima erosione o soluzione non si rintraccia l’epitecio che in parte e talvolta sembra del tutto mancante. Quindi anche qui troviamo una seria e talvolta insuperabile diffi- coltà nella determinazione. ; Ugualmente si può dire degli altri distintivi ricavati dalle dimensioni degli individui, dei setti, dei pali e della columella: così pure dalla forma generale e del calice: le quali tutte differenze nulla proprio hanno di assoluto. Per le ragioni esposte le specie del genere sono poco o punto precisate e, con grande facilità, se ne possono creare delle nuove; senza però conferire a queste ultime una maggiore stabilità. Tuttavia, per i motivi che esporrò, sono costretto a riferire un unico esemplare di questo genere ad una nuova forma che piacemi dedicare al D’AcHIARDI A. in segno di riverente ed affettuosa memoria. Non mancherò di fare risaltare i caratteri anatomici promiscui con le altre forme, servendo ciò, quando che sia, a facilitare il riordinamento desiderato nel genere. 1. Caryophyllia D’Achiardii n. sp. — Tav. X [I], fig. 4a-e. Polipierite elevato, poco incurvato, fisso per una larga base, la quale si strozza subito dopo l’ade- renza. Per questo carattere si allontana dalla C. Michelottii D’ AcH. e si avvicina alla €. clavus ScACCHI. 28 G. DE ANGRLIS D’OSSAT [10] x La forma generale è claviforme, ma molto irregolare. A causa delle compressioni subìte il fossile pre- senta un ben sensibile schiacciamento. L’epitecio sottile, quasi tenue strato di vernicetta, nasconde le coste fin a ?|, dell'altezza: poi queste cominciano a mostrarsi sempre più chiaramente quanto più si avvicinano al calice. Le coste inoltre sono spianate e granulose, ma diventano angolose in prossimità del calice: esse sempre corrispondono ai setti. Il calice, prima della compressione, doveva essere ellittico od ovale; esso è però profondo. I setti sono alquanto debordanti sul calice e specialmente quelli dei primi ordini. Ne ho contati 96, cioè cinque cicli completi. 24 sono più sviluppati degli altri e dividono in 24 camere simmetriche la in- tera cavità viscerale. Ogni camera poi porta nel mezzo un altro setto più sviluppato cui sono vicini altri due più piccoli, uno per parte. Le superficie laterali dei setti sono granulose. La columella è costituita da poche lamine, le quali tortuosamente s’intrecciano, cioè essa è di aspetto cicoriaceo. I pali, congetturando dai soli resti che rimasero, dovevano essere ben larghi. DIMENSIONI Calice, grande asse . 3 > d , ò è , È ò 0 mm. 13 ‘a piccolo » . 5 ò } . o 5 5 . 9 . » 10? Altezza . o 6 - o : . 0 . c apo o » 19 Larghezza minima dello strozzamento . 0 . 5 5 , ò » 6 » massima della superficie di fissazione . 6 ò , È » 11 Il numero dei setti, cioè cinque cicli completi, distingue subito questa specie da molte altre e spe- cialmente dalla C. clavus; C. cyathus; C. Smithi ecc. nelle quali il quinto ciclo non è tutto presente. Fra le specie europee che conosco solo alla C. Michelotti si può paragonare il nostro esemplare a causa del numero e della disposizione dei setti; ma da questa specie ne differisce di gran lunga per la forma ge- nerale. Invece per quest’ultimo carattere somiglierebbe molto alla C. clavus, cui però si distingue, come abbiamo or ora detto, per il numero dei setti. Per le medesime ragioni si allontana il nostro esemplare dalle due specie americane: €. Dalli VAUGHAN (Loc. cit., pag. 110, tav. IX, fig. 2c) e C. texana VaueHAN (Ibid., pag. 111, tav. IX, fig. 3,4). Con le riserve sopra addotte, si istituisce la nuova presente forma. Località: — Golfo S. Gorge, S. E. di Casa Major, Patagoniano inferiore, Juliense. Gen. Flabellum Lesson (emend. Duncan). I caratteri specifici in questo genere sono piuttosto relativi, come il numero dei setti, l’ornamenta- zione della teca, lo sviluppo delle coste, ecc. Invero alcuni di essi variano entro limiti abbastanza vasti col crescere degli individui. Faccio rile- vare alcune differenze nei caratteri generalmente ritenuti ottimi per la specificazione, desumendole dagli esemplari in istudio. ‘ o) Il margine calicinale cambia di foggia e di andamento col crescere dell’età degli individui, come lo dimostrano le linee di accrescimento dell'individuo figurato a Tav. X [I], fig. 110. 6) L'angolo che formano le coste laterali oscilla entro limiti notevoli colla diversa età dei polipieriti. Dalle figure schematiche fig. 106, 120, che corrispondono ai due individui fotografati fig. 10, 12 a, si ri- [11] G. DE ANGELIS D’OSSAT 29 cava che la variazione può raggiungere i 15° o 18°. V’hanno poi altre specie dove il valore angolare che presentano le coste laterali durante le diverse età può variare di una maggiore quantità. ) Finalmente studiando le coste laterali nel polipierite fig. 11, si riconoscono angolose appena sopra il pedicillo. L'angolo poi, col progredire dell’età, si attenua sempre sino a scomparire. Ho rappresentato la metà’ delle sezioni naturali che tagliano il polipierite a diverse distanze dall’apice, lungo la costa laterale nella fig. 11@. Dalla figura si rileva con uno sguardo la variabilità dell'andamento e della forma delle coste laterali. Le specie poi che vi appartengono sono tanto numerose da costituire forse il genere più ricco di quest'ordine di animali. Inoltre i paleontologi hanno dato valore anatomico e sistematico diverso ai carat- teri differenziali e ne è nata una non lieve confusione: invero alcuni ascrissero ad una sola forma indi- vidui, sopra i quali altri istituirono più specie o varietà. È cosa oltre ogni credere impossile apprezzare le diversità anatomiche necessarie per una ragionata differenziazione specifica e quelle effimere causate dall’ambiente. Nel presente caso non devo elevarmi a disquisizioni paleontologiche generali, è mia meta la descrizione delle forme in istudio. 1. Flabellum cuneiforme Lonspane. var. Wailesi Conrap. — Tav. X [I], fig. 5a, d, 6-9, 100, db. 1855. Flabellum Wailesi Conrap. Proc. Acad. Nat. Sc. Phil., vol. VII, pag. 263. 1866. _ — Conrap. Check. List., pag. 21. 1886. — — ? Aprica. Prelim. Rept. on Tert. foss. of Ala and Miss., pag. 49. 1890. — — pe GregGorIo. Monogr. de la Faune éocénique de Vl Ala, pag. 256. 1894. — — Harris. Zert. geol. south Ark., vol. II, pag. 172. 1895. — cuneiforme var. Wailesi. VauGHAN. Ann. Geol., vol. XV, pag. 223. 1896. = — — VauGHAN. Bull. U. S. Geol. Surv., n.° 142,. pag. 51. 1900. con _ — Vaucnan. Hoc. low. Olig. ecc., pag. 64, tav. III, fig. 22, 23a; tav. IV, fig. 1-3a. Nella Patagonia furono raccolti parecchi esemplari che debbonsi riportare alla presente forma e va- rietà. Descrivo specialmente quello fra gli altri che è meglio conservato; dopo però avere avvertito che fra tutte le specie che ho potuto conoscere, a cinque cicli completi, e che appartengono alla divisione dei Flabella subpedicellata, il F. cuneiforme è l’unico che meglio vi risponda. Questa specie veramente mul- tiforme, come è intesa presentemente, dai paleontologi, è rappresentata da molte varietà, fra le quali la var. Wailesi è quella che più di ogni altra corrisponde agli esemplari in istudio. Il polipierite, per la forma generale, per le particolarità che si possono rilevare a primo sguardo, mi ricorda l’individuo figurato dal VaueHAN nella tav. IV, fig. 1. Esso è molto compresso specialmente nella parte inferiore ove finisce con un pedicillo, tenue, il quale appena fa riconoscere l’antica aderenza. L'angolo delle coste laterali vale quanto quello dell’individuo figurato. Le coste laterali sono guarnite di creste appena accennate, le quali cominciano ben sopra al- l'estremità superiore per terminare molto prima del calice. Esse creste sono riunite da espansioni più tenui. Il Mirne Epwarps e l’Harme dicono che gli individui della specie hanno le coste “ garnies de petites crétes dans leur tiers inférieur, mais simples dans le reste , ed il De FROMENTEL descrive l'individuo “ munòè de crète seulement à la base des còtés ,. 30 G. DE ANGELIS D’OSSAT [12] Se si osserva invece l'esemplare tipico di Lonsdale, figurato dal VAUGHAN (tav. III, fig. 10) non sono certo possibili questi apprezzamenti. Nelle figure poi degli altri autori ed in alcune dello stesso VAUGHAN io trovo una corrispondenza perfetta con il nostro esemplare. Le altre coste corrispondenti al primo, secondo e terzo ciclo sono alquanto salienti; ma interrotte da sinuosità profonde che seguono di lontano l'andamento dell’ orlo calicinale. Fra due sinuosità vicine spesso le coste assumono l’aspetto di tubercoli. Verso l'apice e verso il calice si attenuano, come del resto av- viene a quelle laterali, le quali non sono che due delle ventiquattro. I setti, per quanto ho potuto osservare negli altri individui e congetturare nel meglio conservato, ma questo col calice impaniato in parte dalla roccia, sono 96; cioè cinque cicli completi, divisi in 24 sistemi, apparentemente ternari, di tre setti ciascuno; tale disposizione ternaria è specialmente visibile negli esemplari dai quali l’erosione ha tolto l’epiteca. Le superficie dei setti sono ornate a festoni d’accre- scimento (Tav. X [I], fig. 9). I setti nell’interno si riuniscono con un tessuto moltissimo lasso, costituendo una specie di columella formata dai trabicoli spiniformi dei setti opposti (Tav. X [I], fig. 7, 8). L’epiteca è formata da una tenue vernicetta, che forma degli ispessimenti a cordoni grossolana mente paralleli all’orlo calicinale a modo di strie di accrescimento (Tav. X [I], fig. 100). Il calice è piuttosto grande, con il maggiore asse posto poco al disotto del piccolo asse; ma, pro- porzionalmente, con maggior distanza che nella forma tipica. Anche il rapporto degli assi è alquanto diverso. Le dimensioni dell'esemplare meglio conservato: Altezza del polipierite . : À 6 i E ò ; , 7 mm. 36 Grande asse del calice. È v li i 7 " È i i » 35 Piccolo » » ATA 6 5 5 5 ù A ò ò 5 » 14 Gli altri esemplari presentano dimensioni che si aggirano intorno a quelle riportate. Secondo il VAUGHAN ecco la distribuzione cronologica di questa forma: = Secondo DALL | Liguriano | Red Bluff var. Wailesi var. magnocostatum Bartoniano | Jacksoniano var. Wailesi (e forma tipica?) | Sup. Claiborniano cuneiforme (forma tipica?) Parisiano È / var. fragile Inf. Claiborniano \ i var. acutiforme I peg N vat. pachyphyUum Questa varietà come si può rilevare da quanto è detto si trova nel Jacksoniano e Vicksburgiano di molte località dell’America del nord e nell’ Eocene di Ala. Località: — Secondo i cartellini: [13] G. DE ANGELIS D’OSSAT 31 Due esemplari (uno alquanto mutilato ed eroso; l’altro discretamente conservato nella sola regione apicale, somiglia di molto alla figura 21 della tav. III, in VAUGHAN, solo le coste, a causa di incipiente erosione, sono nel nostro esemplare alquanto obliterate): Golfo S. Gorge, Cabo tres Puntas, Patagonico medio (C. AmecHINO, leg. 1901). — Un esemplare ben conservato: Golfo S. Gorge, S. E. di Casa Major, Patagonico inf., Juliense. — Sei frammenti: Camerones, formazione intermedia fra il Patagonico inferiore e gli strati a Pyrotherium (C. AmecHINO, leg. 1900). 2. Flabellum extensum Mica. — Tav. X [I], fig. 1la-c, 12 a, d. E conosciuta la sinonimia di questa specie, perchè vanta una distribuzione geografica vastissima e perchè dai mari odierni risale a quelli dei tempi miocenici. Fu appunto la grande variabilità e somiglianza che presentano il F. extensum ed il F. distinctum che spinse il DuncAN a riunire le due forme, ciò che poi venne accettato anche dagli altri paleontologi. Solo vi fu qualche esitazione sul nome da adottarsi, ma finalmente si convenne di ritenere il nome introdotto nella scienza dal MicHELIN per ragione di priorità. Comunque sia, alla presente forma riferisco due esem- plari, dei quali uno solo è in discreta conservazione e che passo a descrivere. Il polipierite per la sua forma generale somiglia molto all’individuo figurato dal SimoneLLI (Gli Antozoi pliocenici del Ponticello di Savena presso Bologna, pag. 5, tav. I, fig. 6). È cuneiforme, molto de- presso verso l’apice, concavo sulle superficie larghe. L'apertura delle coste laterali è poco minore di 120°; mentre che le facce sono fra loro inclinate racchiudendo un angolo di circa 35°. S’intende che i due valori angolari sono approssimativi perchè cambiano coll’età del polipierite. Il pedicillo è aguzzo, ma non ottimamente conservato. Le altre figure della specie per la forma generale calzano più o meno col nostro esemplare. Le coste laterali che verso l’apice sono angolose divengono poi vicino al calice arrotondate. Si osser- vano delle coste che sono tanto più sporgenti ed aguzze quanto più ci avviciniamo verso il pedicillo. Per questo carattere il nostro campione somiglia ad un altro dell’Elveziano delle Colline di Torino già riferito a questa forma (MicazLortI, MicHELIN, EpwaARDS, HaAiME, D’ACHIARDI, DE ANGELIS). Le altre coste sono più o meno sporgenti ed intaccate profondamente dalle linee d’accrescimento che, ineguali per la distanza e per lo sviluppo, vanno concentricamente e quasi parallele al margine supe- riore. Ve ne hanno però undici che meglio si scorgono specialmente verso l'apice dove talvolta si foggiano a tubercoli allungati ed a creste, mentre verso il calice diminuiscono in rilievo. Tra queste coste anche altre, spesso due, si rialzano, lasciando intercedere fra di loro un solco abbastanza largo. I setti per quanto mi è dato poter dire, essendo il calice quasi completamente riempito di roccia, e per i solchi della superficie esterna, cui corrispondono, sono numerosi: 24 sono i più sviluppati ed uguali fra di loro e portano verso l’interno un forte ispessimento. Tra questi altrettanti ve ne hanno quasi della stessa lunghezza, ma più sottili e senza troppo grande ispessimento interno. Gli altri cicli si fanno sempre ancora più delicati sino a quelli del sesto ciclo che non mi sembra completo. Le superficie dei grandi setti sono ornate specialmente da punteggiature. L’epiteca, dove non è stata erosa, si presenta quale una tenue vernicetta che forma pieghe, fu- nicoli, linee d’ accrescimento. Il calice è in forma di ellissi allungata ed alquanto irregolare. L’asse minore molto elevato rispetto al maggiore; il rapporto del primo al secondo è quasi di 1:2, tenendo conto delle rotture che alterano x le dimensioni. In rapporto dell’asse maggiore l’orlo del calice è alquanto angoloso. dh) DO G. DE ANGELIS D’OSSAT [14] DIMENSIONI Altezza del polipierite . Ò : È i . . : 0 . mm. 36 Grande asse del calice . 7 È n di b i 3 ; È >» 44 Piccolo » » 5 6 o 5 6 ; Ò à o 0 » 20 Anche un altro esemplare della stessa località, ma frammentario e mal conservato (Tav. X [I], fis. 12 a, 6), deve riportarsi, con qualche esitazione, alla stessa specie. Il E. extensum vive tuttora nel mare del Giappone, nel Mar Rosso e nelle coste oceaniche della Spagna dai 556-1834 m. Fossile fu trovato nel Pliocene di Sicilia (SeGuENZA), del Piacentino (var. placentina SimoneLLi) del Bolognese (SimoneLzI), d’Ampurdan di Catalogna (pe AnceLIS), di Francia (E. H.). Nel Miocene dell’Australia meridionale, di Malaga (Duncan), di Sardegna (pe ANGELIS), del Piemonte (MicHELIN); nel Miocene superiore di Giava (MARTIN). Località: — Golfo S. Gorge, Cabo tres Puntas, Patagonico medio (C. AmeGHINO, leg. 1901). 3. Flabellum sp. — Tav. X [I], fig. 13. Un piccolissimo polipierite e con il calice pieno della roccia devesi ascrivere quasi certamente a questo genere; è però impossibile, per la sua giovinezza e per la cattiva conservazione, qualsiasi determinazione specifica. Le maggiori analogie sono, in riguardo alla forma generale, col F7. cuneiforme var. Wailesì o meglio col F7. conideum VAUGHAN (Op. cit., pag. 56, tav. III, fig. 1-4); ma nulla si può asserire di positivo. DIMENSIONI Altezza del polipierite . È . . : 6 : c c c mm. ll Grande asse del calice . È n È ; i a £ È È » 9 Piccolo » » - . È È ò 5 : 35 n 3 » ti Località: — L’esemplare fu raccolto nella stessa località della specie precedente. [15] G. DE ANGELIS D’OSSAT INDICE DELLE SPECIE DESCRITTE Ord. Zoantharia Sectio. Madreporaria perforata Fam. EBupsammidae Gen. Balanophyllia Woop 1. BalanophyMia caulifera var. multigranosa VauGHAN. — Tav. X [I], fig. 1a-c Sectio. Madreporaria aporosa Fam. Oculinidae Gen. Oculina Lx. 1. Oculina mississippiensis ConraD sp. — Tav. X [I], fig. 2a, d 2. » Singleyi VAuGHAN. — Tav. X [I], fig. 3a, d Fam. Turbinolidae Gen. Caryophyllia Lk. (emend. DUNCAN) 1. Caryophyllia D'Achiardii n. sp. — Tav. X [I], fig. 4a-e Gen. Flabellum Lesson (emend. DUNCAN) 1. Flabellum cuneiforme var. Wailesi CozrRAD. — Tav. X [I], fig. 5a, db, 6-9, 100, d 2. » extensum Mica. — Tav. X [I], fig. 11a-c, 12a, d 3. » sp. — Tav. X [I], fig. 13 Finita di stampare il 4 agosto 1903. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. pag. » (I 33 LUIGI SEGUENZA FU G. RISSOIDI NEOGENICI DELLA PROVINCIA DI MESSINA (Tav. XI [I]). Nella serie terziaria della provincia di Messina l'abbondanza e la varietà delle spoglie di molluschi hanno pel geologo e pel paleontologo un sommo interesse essendochè sovente rappresentano gli unici resti degli esseri vissuti nella serie predetta. Se nell’eogene tali tracce sono rare, diventano frequenti nei vari strati del neogene; infatti ricchi a molluschi sono i diversi piani del miocene (Elveziano e Tor- toniano), del pliocene (Piacenziano, Astiano, Siciliano) e del quaternario. Il prof. G. SEGUENZA aveva cominciato lo studio di tale ricchissimo materiale con le monografie dal titolo: Paleontologia malacologica dei terreni terziari del distretto di Messina, ed in seguito contribuì per la parte stratigrafica con lo studio sulle formazioni plioceniche dell’ Italia meridionale nel quale redasse gl’indici completi ed accurati di tutte le specie del pliocene dell’Italia centrale e meridionale. Però sia per il tema puramente stratigrafico, sia per i molteplici lavori che il predetto autore aveva contempo- raneamente in preparazione, non gli fu possibile di descrivere tutte le specie nuove che istituisce nei predetti indici. Raccogliendo e studiando da molti anni il materiale conchiologico predetto mi venne in mente di illustrare alcune fra le più importanti famiglie di molluschi da me possedute e per primo Foa la mia attenzione ai Rissoidi che imprendo ad illustrare in questa monografia. Oltre a descrivere e figurare le specie da me ritenute nuove, ho creduto bene di dare la figura e la descrizione dei caratteri differenziali delle specie. nuove citate da G. SecuENZA nel suo lavoro predetto, e da A. Arapas nella memoria sulle conchiglie fossili di Gravitelli, le quali specie pur essendo state accet- tate in massima parte dai conchiologi, sono poco note per la mancanza di illustrazione. Prima di cominciare il mio studio debbo qui porgere i più sentiti ringraziamenti al sig. marchese DI MoxteRosaTo il quale, con la sua ben nota competenza in materia di conchiologia, e con la sua squisita cortesia, mi fu sovente di prezioso aiuto. Museo di Mineralogia e Geologia della R. Università. — Messina, 1903. BIBLIOGRAFIA Arapas A. — Descrizione delle conchiglie fossili di Gravitelli, presso Messina. Atti dell’ Accademia Gioenia, vol. IV, ser. II. Catania, 1847. Arapas A. e Benorr L. — Conchiologia vivente marina di Sicilia e delle isole che la circondano. Atti dell’ Acca- demia Gioenia, vol. VI, ser. III. Catania, 1870. 36 L. SEGUENZA FU G. [2] Monterosato (Marchese di). — Nomenclatura generica e specifica di alcune conchiglie mediterranee. «Il Naturalista siciliano ». Palermo, 1884. Pramippi R. A. — Enumeratio molluscorum Siciliae cum viventium tum in tellure tertiaria fossilium quae in iti- nere suo observavit, vol. I. Berolini, 1836; vol. II, addenda et emendanda etc. Halix saxorum, 1844. Power Jannette. — Itinerario della Sicilia riguardante tutti i rami della storia naturale e parecchi di antichità che essa contiene. Messina, 1839. SecueNza G. — Notizie succinte intorno alla geologia dei terreni terziari del distretto di Messina. Dissertazione ecc. Messina, 1862. Secuenza G. — Studi stratigrafici sulla formazione pliocenica dell’ Italia meridionale. Boll. del R. Comitato geolo- gico d’Italia, anni 1873-77. Roma. Secuenza G. — Le formazioni terziarie delia provincia di Reggio (Calabria) Memorie della R. Accademia dei Lincei, ser. III, classe di scienze fis., mat. e nat., vol. VI. Roma, 1880. È DISTRIBUZIONE STRATIGRAFICA E TOPOGRAFICA DEI RISSOIDI FOSSILI DI MESSINA La distribuzione stratigrafica e topografica dei Rissoidi fossili della provincia di Messina è assai facile a tracciarsi. Il Tortoniano è rappresentato a Rometta da argille a Cardita jouanneti, in esse si raccolgono nume- rosi esemplari di poche specie di Rissoidi, fra cui ho riconosciuto varie forme nuove. A Salice, a Rometta, a contrada Trapani al di sopra delle marne bianche a foraminiferi poggiano sabbie ricchissime di spoglie di molluschi che furono riferite da G. SecuENZA allo Zancleano e dagli autori al Piacenziano. In esse si trovano frequenti Rissoidi. I calcari marnosi a brachiopodi e molluschi di Scoppo e le sincrone argille di Zaffaria riferiti al- l’Astiano racchiudono anch’essi frequenti £issoe. ‘ I giacimenti più ricchi a Rissoidi sono le sabbie quarzose con abbondanti molluschi di specie viventi fra cui varie forme dei mari del Nord. Tali giacimenti sono riferiti al piano Siciliano. Nei due ben noti affioramenti di Milazzo citato da madama Power e da PHILIPPI, e di Gravitelli citato da ARADAS si fa ricca mèsse di issoe specialmente del sottogenere Rissoa (s. str.). Di quest’ultima località possiedo parecchie migliaia di esemplari. Lo studio dettagliato dei fossili di questo piano mi ha fatto riconoscere varie forme viventi esclusi- vamente nei mari del Nord e sconosciute come specie fossili di Messina; l'accertamento di esse rafferma meglio la caratteristica della faces del piano Siciliano. Abbondanti esemplari di Rissoidi si raccolgono nelle sabbie del quaternario superiore submarino i cui strati emersi formano la penisoletta di S. Raineri che chiude a levante il porto di Messina. Il mate- riale di questa località fu raccolto durante lo scavo del bacino di carenaggio. BI L. SEGUENZA FU G. 37 DESCRIZIONE DELLE SPECIE Rissoidae. Gen. Rissoa FREMINVILLE. Sottogen. Rissoa (sensu stricto). Rissoa variabilis vown MiinureLD sp. 1) 1836. ‘issoa costata Priviepi. Enumer. moll. Siciliane, I, pag. 149. 1844. 1847. 1870. 1873-77. 1873-77. 1880. 1884. — Pramumppi. L. c., II, pag. 123 e 130. — Arapas. Conch. di Gravitelli, pag. 16. — Arapas e BenoIr. Conch. vivente, pag. 192. —_ SecueNnza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 264. decorata Secuenza G. L. c., pag. 110. variabilis Secuenza G. Form. terx. di Reggio Calabria, pag. 268, 320, 356. _ MonteRrosato. Nomenclat. gen. e spec., pag. 57. Questa specie alquanto rara nelle sabbie del pliocene inferiore di contrada Trapani (Messina) e di Rometta, è comune nelle sabbie del piano Siciliano di Gravitelli e Milazzo; nel calcare marnoso (Astiano) di Scoppo si raccoglie la varietà rodosa di MonreRrosato. La . decorata di G. SEGUENZA corrisponde alla varietà minor MonTER. e si raccoglie a Milazzo alquanto raramente. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria, Taranto. Vivente: — Frequente su tutte le coste d’Italia. 7 Rissoa ventricosa DESMAREST. 1836. Rissoa ventricosa Parripri. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 149. 1844. 1862. 1870. 1873-77. 1873-77. 1873-77. 1880. 1884. Non rara quenti le var. — Pampr. DL. c., II, pag. 124, 131. — Secuenza. G. MNotixie succinte, pag. 27. ventrosa (ventricosa nell’ indice) Arapas e Benor. Conch. vente, pag. 213. ventricosa Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. — (var.) Secuenza G. L. c., pag. 110. variabilis var. splendida Secuenza G. (non Eicaw.). L. c., pag. 110. ventricosa Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 268, 356. — Monterosato. Nomenelat. gen. e spec., pag. 58. nelle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo. La forma tipica è rarissima; sono invece più fre- majuscula MontER. e bidentata MoNtER., la quale ultima corrisponde alla var. splendida G. SEG. (non EicHW.). . 4) Nella sinonimia indicherò i vari nomi con cui fu citata dagli autori ogni specie siciliana, sia vivente che fossile, della quale conosco il tipo, tralasciando quei sinonimi dubbi e dei quali il tipo mi è sconosciuto. 38 L. SEGUENZA FU G. È [4] Nel calcare marnoso di Scoppo (Astiano) non rara la var. nodosa MoNTEROSATO. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria, Taranto. Vivente: — a Messina e Palermo (non nel mare del Nord). Rissoa acerosa Monrrrosato ms. — Tav. XI [I], fig. 19. 1873-77. Rissoa elata Secuenza G. (non Prinippi). Studi stratigrafici, pag. 110, 246. Conchiglia a spira acuta, primi anfratti convessi e levigati, gli altri pianeggianti e lievemente spor- genti sopra le suture con costole rare che nel terzultimo e penultimo anfratto sono assottigliate in alto e globose in basso, l’ultimo è perfettamente liscio; sottili, eleganti e numerose strie longitudinali; bocca semplice, peristoma dilatato e sottile che forma una fessura ombelicale. Differisce dalle congeneri sopra- tutto per la speciale forma delle costole e degli anfratti. È specie inedita del MonreRosaro che me ne comunicò alcuni esemplari viventi per il confronto. Ho riscontrato qualche non raro esemplare di questa specie del MontERosATo confuso ad altre specie di questo sottogenere provenienti dalle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Con sicurezza va a questa specie riferita la R. elata G. Se. (non Ercaw.). Nelle sabbie di S. Raineri (quaternario superiore) si racco- glie raramente la var. minor MontTER., di questa specie. Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo. Rissoa oblonga DrswarEsT. 1836. Rissoa oblonga Puruipri. Enumer. moll. Siciliane, I, pag. 150, 155. 1844. —_ — Pamppr. L. c., II, pag. 124, 131. 1862. — — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27.. 1870. —_ — Aranas e Benorr. Conch. vivente, pag. 189. 1873-07. — — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1880. — — Secuenza G. Horm. terx. di Reggio, pag. 268, 355. Come le specie affini 1’ ho trovata, nelle collezioni, confusa con altre forme congeneri. Qualche raro esemplare proveniente dalle sabbie del pliocene inferiore di contrada Trapani (Messina); più frequente la s'incontra nelle sabbie gialle (Siciliano) di Gravitelli e Milazzo. In quest’ultima Iocalità la specie in parola era stata riconosciuta dal PHILIPPI. Fossile: — Messina, Palermo, Catania, Reggio Calabria. Vivente: — nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Rissoa auriculata MonreRosATO ms. Questa specie fu confusa con la variabilis e la ventricosa, dalle quali si differisce sopratutto per l’ac- centuato sviluppo del peristoma, e con detti nomi la trovo nelle collezioni. La si raccoglie comune nelle sabbie superiori del quaternario submarino di S. Raineri; manca nei terreni più antichi. Fossile: — S. Raineri (Messina). Vivente: — nello stretto di Messina. [5] L. SEGUENZA FU G. 39 Sottog. Apicularia MontEROSATO. Apicularia similis ScaccHi sp. 1844. Rissoa similis Punippi. Enumer. moll. Sicilie, II, pag. 124. 1847. —_ — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 17. 1862. —_ — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. —_ — Arapas e Brno. Conch. vivente, pag. 193. 1873-77. — — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. i 1880. e — Srcuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 268, 320, 355. L’ArapAS, che la raccolse per primo a Gravitelli, ricorda di questa specie una varietà senza coste. To non conosco la forma citata dall’Arapas, ma dubito che tale nome si riferisca ad un tipo che io ho riunito alla specie seguente. L'A. sìmilis è specie frequente di Gravitelli ove insieme alla forma tipica si raccoglie la var. in- termedia MontEROS. A S. Raineri è comune nelle sabbie del quaternario superiore. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — in Sicilia, nel golfo di Napoli ecc. Apicularia costulata ArpER sp. 1873-77. Rissoa similis var. ecosta Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. Nelle sabbie di Gravitelli e Scirpi (Siciliano) è frequente questa forma senza coste, assai dubbia. che è probabilmente la stessa che l’Arapas riferisce alla specie precedente come varietà. Essa richiamu alla mente la subcostulata Scaw. del Mediterraneo o la Guerini Rec. dell’Atlantico, la quale ultima è ora da molti assunta come sinonimo di A. costulata. Fossile: -— Messina. Vivente: — Atlantico. Sottog. Rissostomia M. Sars. Rissostomia gravitellensis Arapas sp. — Tav. XI [I], fig. 24. 1847. Rissoa gravitellensis Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 19. Specie comune nelle sabbie quarzose gialle (Siciliano) di contrada Gravitelli, e la cui frequenza sug- gerì all’Arapas il nome specifico. Qualche esemplare si raccoglie nelle sabbie coetanee di Milazzo. Fossile: — Messina. Sottog. Zippora LEACcH. Zippora auriscalpium Linneo sp. 1836. Rissoa acuta Puiippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 151. 1844. — avriscalpium Purepi. L. c., Il, pag. 125. 1862. —_ — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. _ = Aranpas e Benorr. Conch. vivente, pag. 188. 1873-77. — = Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 244. 1880. - = Secuenza G. Horm. tera. di Reggio, pag. 268, 319. 1884. Zippora —_ Monrerosaro. Nomenclat. gen. e spec., pag. 53. 40 L. SEGUENZA FU G. [6] Specie poco frequente; a Gravitelli nelle sabbie gialle (Siciliano) si rinviene la forma tipica mentre. a S. Raineri, nelle sabbie del quaternario superiore, si raccoglie la var. minor laevis. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — nel Mediterraneo. 1836. 1844. 1870. 1873-77. 1880. 1884. Sottog. Persephora LeAcH. Persephora violacea DesmarEsT sp. Rissoa violacea Parippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 150. Parri. L. c., II, pag. 124. Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 195. Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. Secuenza G. Morm. terz. di Reggio, pag. 268, 356. MonreRrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 58. Specie alquanto rara delle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo e di Gravitelli. Oltre al tipo, ho rac- colto la var. minor MonTEROS. Fossile: — Messina. Vivente: — comune su tutte le coste di Sicilia. Persephora poriphera Leac4®. Ho raccolto questa specie nordica nuova per Messina insieme a numerosi esemplari congeneri; è rara a Gravitelli nelle sabbie gialle (Siciliano). Fossile: — Messina (Gravitelli), Palermo (Ficarazzi). Vivente: — sulle coste della Norvegia. 1836. 1844. 1862. 1870. 1873-77. 1880. 1884. Sottog. Massotia B. D. e D. Massotia lactea MicnauD sp. Rissoa lactea Parnippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 152. Pamippi. L. c., II, pag. 129. Secuenza Gr. Notizie succinte, pag. 27. Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 203. Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. SecuENzA G. Form. tera. di Reggio, pag. 268, 320, 356. MonteRrosato. Nomenelat. gen. e spec., pag. 65. Specie' rara delle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo. Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — nel Mediterraneo e nel Mare del Nord. [7] L. SEGUENZA FU G. 41 Sottog. Sabanea Lraca. (= Turbella LEACH et auctorum). Sabanea simplex PrÒinipri sp. 1844. Rissoa simplex Privippi. Enumer. moll. Siciliae, pag. 129, 133, tav. XXIII, fig. 17. 1862. — -- Seuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 192. 1884. — -—- Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 55. Specie poco frequente delle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo ed alquanto più comune nelle sabbie di S. Raineri (quaternario superiore). i Fossile: — Messina, Taranto. Vivente: — nel Mediterraneo, in Sicilia. Sabanea plicatula (Risso) ScHwaRTZ sp. 1884. Rissoa plicatula Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 55. Specie frequente nel quaternario superiore submarino di S. Raineri. Una forma prossima, e che, a mio credere non si può separare dal tipo plicatula, si raccoglie nelle argille marnose (Tortoniano) di Rometta. Fossile: — Messina. Vivente: — a Messina e sulle coste del Mediterraneo. ‘Sabanea Targionii ArpeLtUs sp. ms. 1862. Rissoa pulchella Secuenza G. (non Paiippi). Notizie succinte, pag. 27. 1873-77. — _ SeGuenza G. (non Paitippi). Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1873-77. — incospicua Secuenza G. (non ALpeRr). L. e., pag. 110, 246. 1873-77. — albella Secuenza G. (non Loven). L. c., pag. 110. 1873-77. —. Benzi Secuenza G. (non ARrapas). L. c., pag. 110. 1884. Sabanea Targionii MonteRrosaTo. Nomenel. gen. e spec., pag. 55. 2 (o) Il prof. G. SeGuENZA indica variamente le forme di questa specie riferendole ai varî nomi a seconda della maggiore o minore appariscenza delle costole, al maggiore o minore numero di esse e quindi al maggiore o minore avvicinamento delle stesse. To credo dovere riunire a questa specie le forme così variamente denominate, perchè oltre di trovare in esse un’ unica caratteristica di assieme, che corrisponde al tipo e varietà della S. Targioni, mi sembra che in esse manchino i caratteri delle specie a cui furono sin ora riferite. È frequente a Gravitelli e Milazzo nelle sabbie gialle (Siciliano). A S. Raineri, nelle sabbie del qua- N ternario superiore submarino, è comune con tutte le sue varietà. Fossile: — Messina, Palermo, ecc. Vivente: — a Messina (comune). Sabanea pulchella Paitipri sp. 1836. Aissoa pulchella Parri. Enumer. moll. Siciliane. I, pag. 155, tav. X, fig. 12. 1844. — — Pippi. L. c., II, pag. 127. 1870. — — Arapas e Brnorr. Conch. vivente, pag. 192. 1834. Sabanea — Moxterosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 55. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 6 42 L. SEGUENZA FU G. : [8] Una forma che si avvicina di molto alla pulchella e che io credo non possa separarsi da questa, si raccoglie raramente nelle sabbie (Siciliano) di Gravitelli; è sconosciuta altrove nella provincia. Fossile: — Messina, Militello, Palermo (S. Flavia). Sabanea seminuda n. sp. — Tav. XI [I], fig. 1. Conchiglia alta mm. 3,7, larga mm. 2,1, ovato-allungata, acuta, ornata di costole in numero di 19 per ogni giro di spira, così sottili da eguagliare in larghezza appena la terza parte degli interstizi; anfratti 7, dei quali i primi tre e più della metà dell'ultimo mancano di costole e sono perfettamente lisci; l’aper- tura è rotondato-ovata, un poco più lunga del terzo dell’altezza della conchiglia; il labbro è semplice. Questa specie è molto vicina alla obscura PHIL., ma se ne distingue per un maggior numero di costole ben spiccate di forma alquanto diversa e per il labbro nettamente columellare. Per la caratteristica mancanza di qualsiasi ornamento sull’ ultimo e sui primi anfratti, ho creduto bene di chiamare seminuda questa rarissima specie delle argille marnose (Astiano) di Zaffaria presso Messina. Fossile: — Messina. É Sabanea subradiata n. sp. — Tav. XI (I), fig. 2,3. Conchiglia alta mm. 2,5, larga mm. 1; allungata, conica, quasi acuta, con anfratti quasi piani, l’ultimo dei quali è ottusamente angolato, il secondo e terzo anfratto sono costulati, con costole poco elevate e fra loro molto vicine in modo che gli spazi eguagliano appena la metà di spessore di esse; l'apertura è semplice, ovata, acuta alla parte superiore, grande circa due terzi dell’ altezza totale della conchiglia; il labbro esterno è semplice ed acuto; il labbro columellare, bene appariscente, forma una fessura ombelicale. Questa specie differisce dalle congeneri dello stesso gruppo per essere meno acuta, più piccola e con costole più numerose; si differenzia dalla specie precedente, oltre che peri predetti caratteri, anche per la forma delle costole. È specie rara delle marne argillose (Tortoniano) di Rometta. Fossile: — Messina. Sabanea Mylensis n. sp. — Tav. XI [I], fig. 4. Conchiglia angolosa di cinque anfratti costulati; di rilevante carattere sono le costole simili a pieghe che nell'ultimo anfratto si arrestano in basso lasciando la base perfettamente liscia; la bocca è ovale e lievemente acuta in alto, alta quasi un terzo della conchiglia, con labbro semplice e labbro columellare ben distinto e sporgente il quale forma una rilevante fessura ombelicale. Fu confusa con la S. parva. Questa forma all’aspetto generale ricorda la S. cerasina Brus.; si avvicina, per qualche dettaglio, alla S. parva DA Costa, però è ben distinta da entrambe, specialmente da quest’ultima, per l’interru- zione delle costole alla base. Per ricordare la sua giacitura nelle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo, ho chiamato S. Mylensis questa specie alquanto rara. [9] : L. SEGUENZA FU G. 43 Sottog. Pusillina MontEROSATO. Pusillina pusilla PriLIeri Sp. 1836. isso pusilla Pricippi. Enumer. moll. Siciliane, I, pag. 154, tav. X, fig. 13. 1844. — nana Paruppi. L. c., II, pag. 127, 131. 1862. —. — Seguenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Arapas e Benor. Conch. vivente, pag. 193. 1873-77. — dolium Seeuenza G. (non Nysr). Studi stratigrafici, pag. 110. 1880. — pusilla —Secuenza G. Horm. terx. di Reggio, pag. 355. 1884. Pusillina pusilla MontERrosAto. Nomenel. gen. e spec., pag. 56. Specie non rara delle sabbie gialle (Siciliano) di Milazzo. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria, Taranto. Vivente: — in tutto il Mediterraneo. Pusillina Lavallei n. sp. — Tav. XI [I], fig. 17. Conchiglia alta mm. 3,3, larga m. 2 (raramente alta mm. 4,8, larga mm. 3,2), ovata, conica, acuta, costituita da sei anfratti convessi, separati da suture profonde; i tre anfratti inferiori sono costati; le costole, in numero di 19 per ciascun giro di spira, sono levigate e dimezzate nell’ultimo; gl’interstizi, più larghi delle costole stesse, sono trasversalmente striati con eleganza in senso longitudinale alla spira; tali strie si prolungano alla base dando la parvenza di striatura concentrica; la base è quasi ombelicata; l'apertura è rotondato-ovata, circa un terzo dell'altezza totale della conchiglia, col labbro esternamente incrassato. Questa specie ha qualche somiglianza, nell’assieme, alla P. lineolata MicH. ma se ne differisce per la forma generale, per il maggior numero di costole e per la scultura assai nitida. Ho creduto mio dovere di dedicare questa specie tipica del Tortoniano di Rometta, al prof. G. La Varre direttore di questo Istituto, per le agevolazioni di cui mi è stato sempre prodigo durante lo svol- gimento dei miei lavori. Fossile: — Messina (Rometta). Gen. Alvania (Lrack) Risso. Sottog. Alvania (sensu stricto ). Alvania Montagui PasrAuDPAU Sp. 1836. Rissoa Montagui Prrrippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 153, 155. 1839. _ — Power. Itinerario ecc., pag. 147. 1844. —_ _ Priuppi. L. c., II, pag. 126, 131. 1847. = — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 17. 1862. — —_ Secuenza G. Notizie succinte, pag. 22, 27. 1870. — - Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 199. 1873-77. Alvama — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1880. — _ Secuenza G. Morm. terx. di Reggio, pag. 116, 267, 320, 356. 1884. _ - MoxrrRrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 58. dd L. SEGUENZA FU G. — [10] Di questa specie comune, tanto vivente che fossile, qualche raro esemplare fu trovato nel pliocene inferiore (sabbie) di Rometta; più frequentemente nelle sabbie (Astiano) di Scoppo; diventa comune nelle sabbie quarzose (Siciliano) di Gravitelli e di Milazzo e nel quaternario superiore submarino di S. Raineri. Fossile: — Messina, Palermo, Catania, Reggio Calabria, Taranto. Vivente: — in tutto il Mediterraneo. Alvania rugosula Arapas sp. — Tav. XI [I], fig. 20. 1847. Rissoa rugosula Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 20. 1862. — _ Seguenza G. Notizie succinte, pag. 22, 27. Di questa specie, descritta dall’Arapas per Gravitelli, non si trova accenno nelle opere più recenti di G. SEGUENZA, perchè egli credette di doverla riunire ad A. Montagui PAaYvR. come ho visto nelle col- lezioni di lui, ove è determinata con questo nome insieme alla forma tipica. Il MontERosATO, nella sua memoria (Nomencl. gen. e spec., pag. 59) fa rientrare questa specie in sinonimia di A. lineolata Ris. sp. To credo però che le caratteristiche fatte rilevare dall’ArapAS sieno sufficienti per mantenere autonoma la specie in parola pur essendo affine alla Montagui ed alla lineolata. Questa forma trovasi raramente nelle sabbie del pliocene inferiore di Rometta, più frequente nelle sabbie (Siciliano) di Gravitelli e di Milazzo; qualche raro esemplare proviene dalle marne di Scoppo (Astiano). Ho creduto bene, per chiarire il dubbio su tale forma, di darne la figura sinora mai pubblicata. Fossile: — Messina. Alvania peloritana Arapas et BeNoIT sp. 1870. Rissoa peloritana Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 205, tav. IV, fig. 16. 1884. Alvania . — MonteRrosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 59. Specie che si raccoglie solamente nel quaternario superiore submarino di S. Raineri frequentemente. Manca nei terreni più antichi. Fossile: — Messina (S. Raineri). Vivente: — a Messina, Palermo, Bona. Sottog. Alvaniella (Sacco). Alvaniella Lanciae CaLcara sp. 1841. Rissoa Lanciae Carcara. Cenno sui moll. sicil., pag. 29, tav. IV, fig. 12. 1862. — Lancae Secuenza G. Notizie succinte, pag. 28. 1870. — Lanciae Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 200. 1873-77. — Lancae Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. 1884. Alvania Lanciae MonteRrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 59 Nelle sabbie cementate quarzose (Siciliano) di Gravitelli e di Milazzo si raccolgono non raramente esemplari di questa specie; qualcuno si rinviene nel quaternario superiore submarino di S. Raineri. Fossile: — Messina, Palermo. Vivente: -— a Palermo e Pantelleria. [11] L. SEGUENZA FU G. 45 Sottog. Acinus MOoNTEROSATO. Acinus cimex Linneo sp. 1836. Rissoa granulata Privipri. Enumer. moll. Siciliane, I, pag. 153. 1839. — cimex Power. Itinerario ecc., pag. 147. 1839. — granulata Power. L. c., pag. 147. 1844. — calathiscus Pupi. L. c., II, pag. 125, 131. 1862. = — SecueNza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — cimex Arapas e Brnorr. Conch. vivente, pag. 198. 1873-77. Alvama — SeGuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 158. 1880. —_ — Secuanza G. Worm. terx. di Reggio, pag. 116, 268, 320, 356. 1884. -Acinus cimex Monrerosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 62. Questa specie è comune in tutti gli affioramenti da me. esplorati e citati in principio di questo lavoro. Pochi esemplari provengono dalle argille di Rometta (Tortoniano) e dalle sabbie di contrada Trapani (Messina) e Rometta (pliocene inferiore); più frequente si raccoglie nelle argille di Zaffaria e nei calcari marnosi di Scoppo (Astiano). Diventa comune nelle sabbie di Milazzo e di Gravitelli (Siciliano), nonchè in quelle di S. Raineri (quaternario superiore); quivi è frequente la var. minor. Fossile: — Messina, Palermo, Catania, Girgenti, Reggio Calabria, Taranto, ecc. Vivente: — nel Mediterraneo e nel Mare del Nord. Acinus calathus Forsrs et HanLEY sp. Ho potuto riconoscere qualche raro esemplare di quest'altra specie nordica nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). i Fossile: — Messina (Milazzo). Vivente: — nei mari d’ Inghilterra. Acinus reticulatus Monragu (non Pamippi) sp. 1844. Riîssoa clathrata Painippi. Enumer. moll. Siciliae, II, pag. 223. 1846. — — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 16. , 1862. — — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — _ Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 198. 1873-77. Alvama — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 247. 1880. — _- Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 268, 320. 1884. Acinusclathratus Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 63. Nelle argille marnose di Zaffaria (Astiano) e nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) si raccolgono pochi esemplari di questa specie; qualcuno risponde alla var. Beanì HanLeY da alcuni assunta come specie autonoma. Fossile: — Messina, Palermo, Calabrie. Vivente: — nel Mediterraneo e nel Mare del Nord. 46 L. SEGUENZA FU G. [12] Acinus hispidulus MonrrRosATO. 1844. Rissoa clathrata Pamnippi. Enumer. moll. Siciliane, II, pag. 223. 1846. — — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 16. 1862. — _ Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 198. 1873-77. Aluania — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 247. 1880. _ _ SeGuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 268, 320. 1884. Acinus luspidulus MonterosAto. Nomencl. gen. e spec., pag. 63. Il MontEeRosaro chiamò hispidula la Rissoa clathrata auct. perchè quest’ultimo nome era stato già usato per indicare altra specie, ora però risulta che il tipo Rispidwus MontER. differisce dal clatfratus auct. e d’altro canto, come si è visto precedentemente, il tipo clathratus auct., è eguale al reticulatus MoNTAGU. Questa specie fu rinvenuta dall’Arapas nelle sabbie di Gravitelli (Siciliano) e più tardi G. SEGUENZA la riconobbe nelle sabbie del pliocene inferiore di Barcellona (Sicilia) e nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) ma tutti la riferirono a clathrata. È specie alquanto rara. Io la riconobbi nelle sabbie del pliocene inferiore di Rometta. Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — a Napoli. Acinus bicingulatus G. Secuenza sp. — Tav. XI [I], fig. 9. 1873-77. Alvania bicingulata Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. 1880. = = SEGUENZA G. Morm. tera. di Reggio, pag. 268, 320, 356. Conchiglia acuta, formata di cinque anfratti percorsi da costole longitudinali e trasversali equidistanti, intersecantesi, che lasciano un vano quasi quadrato ed al punto d’intersecazione formano un granulo rile- vato, il che dà alla conchiglia un aspetto ispido ed elegante. Il primo anfratto è liscio ed arrotondato, gli altri quattro presentano due costole longitudinali più spiccate, per il quale carattere G. SEGUENZA diede nome di dicingulatus a questa specie. La bocca è ovale. È forma rara delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Ho creduto bene di accennare ai caratteri principali e figurare questa specie non illustrata nè descritta sin ora e quindi poco conosciuta. Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — nello stretto di Messina. Acinus pseudocimex n. sp. — Tav. XI [I], fig. 5. Questa forma, che io ho creduto dovere separare dalla cimex (tipo e varietà) perchè presenta i gra- nuli della scultura alquanto più distanti fra loro che non nella cimex e perchè ha la bocca con labbro esterno meno dilatato, oltre a qualche lieve differenza nella forma generale della conchiglia. Si raccoglie alquanto raramente nelle argille marnose di S. Cono presso Rometta (Tortoniano). Fossile: — Messina. (13] L. SEGUENZA FU G. 47 Acinus tenuicostatus G. Seeuenza sp. — Tav. XI [I], fig. 6. 1873-77. Alvania tenuicostata Seuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. Conchiglia alta mm. 3,1, larga mm. 1,5, acuto-oblonga, con l’apice acuminato, formata di giri di spira tre e levigati; gli altri quattro anfratti sono alquanto piani ed ornati da sottili costole o meglio pieghe in numero di 19; gl’interstizi lasciati da esse sono tre volte più larghi, trasversalmente ed elegante- mente striati; l’apertura ovale occupa due quinti della totale altezza della conchiglia; il labbro è un poco incrassato esternamente, levigato internamente; la columella ha un segno di troncatura alla base in modo che l’apertura in quel punto presenta un angolo appena visibile. Questa specie poco conosciuta del messinese e della quale G. SeeuENZzA dette il solo nome nella memoria citata, mancava di qualsiasi descrizione e figura; è perciò che io ho creduto bene d’illustrarla. È specie frequente delle argille di S. Cono presso Rometta (Tortoniano) e delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) ove è alquanto rara. Fossile: — Messina. Vivente: — nello stretto di Messina. Acinus gerionius Brusina sp. Alvania cimes (varietas) Secuenza G. (in schedis). 1884. Acinus gerionius Monrmrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 63. Questa specie tanto distinta per la forma, più gracile della cèmer, meno globosa, con costole crasse e tondeggianti, mentre nella cimex sono più spiccate, pel messinese era stata sin ora riunita a quest’ul- tima come sua varietà. È specie rarissima delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo ed Adriatico. Acinus subcrenulatus ScawarTtz sp. ms. 1873-77. Alvania subcrenulata Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1880. _ — Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 268, 320, 356. 1884. Acinus — MonteRrosaro. Nomenel. gen. e spec., pag. 62. Specie alquanto rara ovunque; nel calcare marnoso di Scoppo (Astiano), nelle sabbie gialle di Milazzo e di Gravitelli (Siciliano), e nelle sabbie di S. Raineri (quaternario superiore). Probabilmente la A. Oceani di G. SeGuenzA (non D’ORB.) corrisponde ad una varietà di questa specie. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria, Taranto. Vivente: — nello stretto di Messina. Acinus venus D’ORBIGNY Sp. Di questa specie largamente controversa, possiedo qualche esemplare che corrisponde al tipo e pro- viene dalle argille marnose di S. Cono presso Rometta (Tortoniano). Fossile: — Messina (Rometta). 48 L. SEGUENZA FU G. [14] Acinus solidulus SeGuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 7. 1873-77. Alvania solidula Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 158, 246. 1873-M0. — — var. cincta Secuenza G. L. c., pag. 246. Conchiglia alta mm. 2,4, larga mm. 1,8, ovata, acuta all’estremità superiore, con lieve indizio di om- belico alla base; è costituita di cinque anfratti separati da suture profonde; ornata di linee longitudinali molto ravvicinate ed eguali in larghezza agli interstizi, e di linee trasversali più elevate, più rare e che eguagliano la metà degli interstizi; dette linee formano con le precedenti un reticolato molto elegante; le linee longitudinali vanno scomparendo procedendo dalla base all’ apice, cosicchè sono 8-10 nell’ ultimo anfratto, 4 nel penultimo. Le linee trasversali sono 38 per giro di spira. La bocca è ovata, leggermente acuta alla parte superiore, quasi eguale al rimanente della spira; il labbro è marginato ed incrassato esternamente. È una specie rarissima delle sabbie (pliocene inferiore) di Rometta e delle argille marnose (Astiano) di Zaffaria; si avvicina alla tenvicostata ma ne resta separata per il maggiore numero e la sottigliezza delle costole, per l’apice ottuso, più piccolo, e di forma differente. Do la descrizione e la figura di questa specie poco nota, avendone l'Autore dato il nome nel lavoro più volte citato. Fossile: — Messina. Vivente: — nello stretto di Messina. Sottog. Acinulus (MoxreRosato ms. 1902) nov. (Tipo Acinulus cimicoides [auct.]). La presenza, nella mia collezione, di varie forme differenti fra loro che possiedono 1’ aspetto gene- rale di A. cimicoides, decise il marchese di MonTEROSATO a separare questo gruppo dal sottogenere Acinus e a dargli il nome di Acînulus come mi comunicava in lettera del 14 maggio ultimo scorso. Io mi reputo fortunato di potere dare in questa memoria, per primo, pubblicità alle dotte osservazioni dell’illustre conchiologo siciliano. L’Acinulus si distingue dall’Acinus per avere all’apertura una piccola bordura esterna; la bocca in- ternamente è sfornita di denti mentre che nell’Acinus è distintamente dentata (vedi MonteRosATo, No- menclat. gen. e spec., pag. 62). Di questo sottogenere le specie e le varietà conosciute sarebbero le seguenti: I. A. cimicoides ForBES (Rissoa) 1843. Tipo del Mediterraneo ove vive nei fondi fangosi e coralli- geni. Fossile di Monte Pellegrino (Palermo) e di varie località di Messina. var. A. — seulpta (ScaccHI) PriLIippI. La figura data dal PrILIPPI come PR. sculpta è poco esatta; differisce dal tipo del Mediterraneo per essere alquanto più piccola e più serrata. — Non vivente. Fos- sile di Messina. var. B. — frigida MoxreRosato. Tipo fossile di Ficarazzi; vivente nel Mare del Nord (Norvegia, Inghilterra); non conosciuta negli affioramenti del piano Siciliano di Messina. var. C. — intermedia ArADAS. Tipo fossile di Gravitelli (Messina). Scultura quasi uniforme e gra- nellosa. — Vivente in Inghilterra e confusa con la cimicoides tipo. var. D. — minima JerFrREYS. Tipo vivente in Inghilterra. Pare che sia costantemente più piccola e quindi con la spira accorciata. Il MonteRosaTo dubita che si tratti di altra specie. [15] L. SEGUENZA FU G. 49 II. A. dubius (SeguENZA G.). Tipo fossile di Messina; sconosciuto vivente. III. A. Coccoì (SecuenzA G.). Tipo fossile di Messina; sconosciuto vivente. IV. A. clathroides (MonteRosato). Tipo fossile di Ficarazzi (Palermo) più grande della varietà frigida della specie cimicoîdes ed a scultura distintamente granellosa quasi clatrata; sconosciuta vivente. Acinulus cimicoides ForBrs sp. 1844. Rissoa sculpta Puiippi. Enumer. moll. Siciliae, pag. 131, tav. XXIII, fig. 21. 1847. — intermedia Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 19. 1862. — sculpta —Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1862. — ‘intermedia Secuenza G. L. c., pag. 27. 1870. = = Arapas e Brno. Conch. vivente, pag. 198. 1873-77. — cimicoides Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 158, 247. 1880. Alvania — Secuenza G. Morm. terx. di Reggio, pag. 267, 320, 356. Questa specie è alquanto frequente, ed appare nelle sabbie di Rometta e di contrada Trapani presso Messina (pliocene inferiore); è più comune nel calcare marnoso di Scoppo (Astiano) e nelle sabbie gialle di Gravitelli e di Milazzo (Siciliano). La Rissoa sculpta PHILIPPI è una varietà di questa specie, alquanto più gracile e con minor numero di costole. La R. intermedia ARADAS è anche essa una varietà di dimensioni maggiori. Entrambe le va- rietà si raccolgono alquanto più raramente della forma tipica. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — sulle coste di Sicilia, Napoli; Corsica, Sardegna; nel mare del Nord. Acinulus Coccoi Secuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 8. 1873-79. Alvania Coccoì Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 247. Questa specie ha numerose affinità con la precedente ed io fui in dubbio se dovevo assumerla come specie autonoma o riunirla alla cimvicordes come varietà di questa. La specie in parola ha come carattere rilevantissimo l’essere più numerosamente e finamente costu- lata, sia longitudinalmente che trasversalmente, delle specie affini. z Il prof. G. SEGUENZA instituì, senza descriverla, questa specie nel lavoro citato, dedicandola al dott. L. Cocco suo assistente. Di essa si raccoglie qualche raro esemplare nella sabbie di Rometta (pliocene inferiore). Fossile: — Messina. di Acinulus dubius Srecuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 14. 1873-77. Avania dubia Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 246. Anche questa specie delle sabbie inferiori di Rometta (pliocene inferiore) fu instituita da G. SEGUENZA nella monografia più volte citata ed appartiene al gruppo della cimicoîdes; però se ne distingue per avere le costole trasversali che non si estendono sulla base della conchiglia e per avere tre costole longitudi- nali sul penultimo avvolgimento e due sugli altri. Ho creduto bene di dare la figura di questa specie non mai illustrata e rarissima. Fossile: — Messina (Rometta). Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 50 L. SEGUENZA FU G. [16] Sottog. Acinopsis MonTEROSATO. Acinopsis cancellata DA Cosra sp. 1839. Rissoa cancellata Power. Itinerario, pag. 136. 1844. — crenulata Puicipri (non Miczaun). Enumer. moll. Siciliae, II, pag. 126, 131. 1847. — — Arapas (non Micnaup). Conch. foss. di Gravitelli, pag. 16. 1862. — —_ Secuenza G. (non Micraun). Notizie succinte, pag. 27. 1870. _ Arapas e BenoIt. Conch. vivente, pag. 197. 1873-77. Alvania cancellata SeGuennA G. (partim). Studi stratigrafici, pag. 110, 158, 246. 1880. — — Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 116, 268, 320, 356. 1884. Acinopsis cancellata Monterosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 63. Madama Power trovò e determinò esattamente questa specie da lei raccolta nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano); in seguito il PaILIPPI la riferì a f. crenulata e sulla sua determinazione si basarono Arapas, Benorr e G. SEGUENZA; quest’ultimo però corresse in seguito la determinazione di questa forma nel suo giusto senso. To l’ho riconosciuta alla contrada Trapani ed a Rometta nelle sabbie del pliocene inferiore, nelle argille marnose di Zaffaria (Astiano), e più comune nelle sabbie gialle di Gravitelli e di Milazzo; in quest’ultima località non è rara la var. majuscula MontEROSATO ms. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — in Sicilia, alle isole Canarie, nei mari d’ Inghilterra. Acinopsis hirta MontERosaTO. 1873-77. Alvania cancellata Secuenza G. (partim). Studi stratigrafici, pag. 158. 1884. Acinopsis hirta Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 64. Fra gli esemplari di A. cancellata provenienti dalle argille marnose di Zaffaria (Astiano) ho ricono- sciuto cinque esemplari riferibili alla specie di MonteRosATo dal quale ne ebbi la conferma. Nelle col- lezioni di G. SeGuENZA la trovai confusa con i campioni della specie predetta. Qualche raro esemplare si raccoglie anche a Milazzo nelle sabbie gialle (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — in Sicilia, Corsica, Napoli, sulle coste di Provenza. Sottog. Alvinia MoNntEROSATO. Alvinia Weinkauffi Scuwartz sp. — Tav. XI [I], fig. 10. 1870. Rissoa Weinkauffi Arapas e Benomr. Conch. vivente, pag. 205. 1873-77. Alvania - Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. 1884. Alvinia _ Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 60. Questa specie nella nostra regione fu sovente confusa con A. dictyophora sia vivente che fossile; ne differisce però per le dimensioni e per la spiccata scultura. [17] L. SEGUENZA FU G. 51 Si raccoglie raramente nelle sabbie gialle di Milazzo. Credo utile figurare questa specie che trovo variamente interpetrata nelle collezioni. Fossile: — Messina. Vivente: — sulle coste di Sicilia e della Algeria. Alvinia dictyophora PrupPi sp. 1844. Rissoa dictyophora Pairipri. Enumer. moll. Siciliae, II, pag. 128, 131, tav. XXIII, fig. 11. 1847. — — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 16. 1862. — _ Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Arapas e Bewomm. Conch. vivente, pag. 203. 1873-77. Alvania = Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. 1873-77. — tenera SeGuenza G. (non Priuippi). L. c., pag. 112. 1884. Alvinia dictyophora MonteRrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 60. Questa specie molto rara vivente e fossile fu riconosciuta dall’Arapas a Gravitelli nelle sabbie (Si- ciliano); il G. Secuenza la raccolse a Milazzo nelle sabbie dello stesso orizzonte, però aggiudicò alla A. tenera PHIL. alcuni esemplari che certamente vanno riferiti a questa specie. Fossile: — Messina, Reggio Calabria. - Vivente: — in Sicilia a Magnisi. Alvinia diadema DopERLEIN sp. 1873-77. Alvania diadema Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 246. 1880. — — SeGuenza G. Horm. terx. di Reggio, pag. 116, 268. Rarissimi esemplari di questa specie si raccolgono nelle sabbie di contrada Trapani (pliocene infe- riore) e nelle argille marnose di Zaffaria (Astiano). Fossile: — Messina, Palermo (Altavilla), Reggio Calabria, Italia continentale. Alvinia scabra PampPi sp. 1844, Rissoa scabra Priuippi. Enumer. moll. Siciliae, II, pag. 126, tav. XXIII, fig. 8. 1862. — — SecueNnza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Arapas e Breno. Conch. vivente, pag. 200. 1873-77. Alvania — SecuENZzA G. Studi stratigrafici, pag. 110. 1873-77. — mutabilis Secuenza G. L. e., pag. 110. 1880. — scabra Secuenza G. Form. terz. di Reggio, pag. 267 1884. _ — Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 59. Nelle sabbie gialle di Milazzo e di Gravitelli (Siciliano) si raccoglie poco frequentemente; in con- trada Gravitelli si trova la forma tipica. Nel quaternario superiore submarino di S. Raineri se ne rinviene qualche raro esemplare. La R. Philippiana G. SecueNZA (non JEFFREYS) è a mio credere sinonimo di questa specie. Fossile: — Messina. Vivente: — in tutto il Mediterraneo. 52 L. SEGUENZA FU G. [18] Alvinia clathrella Monrrrosaro ms. — Tav. XI [I], fig. 12. Anche questa è una forma inedita del MonrERosaTo di cui mi permetto menzionare i caratteri principali. Conchiglia angolosa, con quattro cingoli longitudinali e numerose strie trasversali intersecantesi con i primi ad angolo retto e formanti un reticolato ispido di eleganti quadrati. Differisce dalle congeneri per la bocca più piccola, per la forma più slanciata, per le costole meno numerose ma molto più acute e clatrate. È specie rara delle sabbie gialle del capo di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — a Palermo. Alvinia circumcincta Secuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 11. 1873-77. Alvania cireumeincta Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110. Conchiglia diafana, acuta, con anfratti sei, convessi, percorsi longitudinalmente da cingoli sottili e poche strie trasversali, suture profonde, bocca semplice, base liscia. Di questa rarissima specie si rinviene qualche esemplare nelle sabbie di Gravitelli e di Milazzo (Siciliano). Il SrGuENZA G. instituì questa specie nel suo lavoro più volte citato, però di essa non fu mai data la figura nè la descrizione. È per questo che ho creduto bene d’ illustrarla. Fossile: — Messina. Alvinia gemmulata Secuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 13. 1873-77. Alvania gemmulata Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 246. Forma elegantissima con anfratti molto convessi, tubulari, percorsi nei due sensi da costole egual- mente distanti che al punto d’intersecazione formano granuli acuminati (da cui il nome di gemmulata); base con largo solco liscio, bocca piccola, labbro esterno leggermente dilatato. Anche questa rara specie è sconosciuta perchè appena indicata da G. SecuENZA nel lavoro citato. Si raccoglie nelle sabbie del pliocene di contrada Trapani presso Messina (pliocene inferiore). Fossile: — Messina. Sottog. Alcidia MoxreRosaTo. Alcidia spinosa MonreERosATO sp. 1873-77. Alvania angulata SeGuenza G. (non ErcawaALD). Studi stratigrafici, pag. 110. Questa specie ben distinta e frequente delle sabbie gialle di Milazzo e di Gravitelli, fu riconosciuta come cosa nuova da G. SEGUENZA, il quale non ricordando forse che l’ ErcHwaLD nel 1830 aveva instituito una specie di Kissoa argulata, conferì questo nome alla nuova forma di Milazzo e di Gravitelli. Il Mon- TEROSATO corresse col nome nuovo la: confusione che si era prodotta per l’applicazione dello stesso nome a due forme distinte, e quindi alla di lui specie bisogna riferire la forma fossile del Messinese. Fossile: — Messina. Vivente: — a Palermo. [19] L. SEGUENZA FU G. 53 Gen. Manzonia BRUSINA. Sottogen. Manzonia (sensu stricto). Manzonia scalaris Dusoss sp. Nelle sabbie sciolte del pliocene inferiore di Rometta ho raccolto due o tre esemplari che si pos- sono riferire con certezza a questa specie. Fossile: — Messina. Manzonia costata Apams sp. 1836. Rissoa carinata Pruippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 150, tav. X, fig. 10. 1844. — exigua Pani. L. c., pag. 125, 131. 1847. — costata Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 16. 1862. — — Secuenza G. Notirie succinte, pag. 16. 1862. — erigua Secuenza G. L. c., pag. 22, 27. 1870. — costata Arapas e Brno. Conch. vivente, pag. 203. 1873-77. Alvania — SeGuENzA G. Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1880. - — Secuenza G. Form. term. di Reggio, pag. 267. 1884. Manzonia—. —Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 64. Specie non rara in tutti i piani del pliocene di Messina e del quaternario della medesima regione; nelle sabbie di contrada Trapani e Rometta (pliocene inferiore), nel calcare marnoso di Scoppo (Astiano), più frequente nelle sabbie di Gravitelli e meno in quelle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina, Palermo, Taranto. Sottog. Taramellia nov. = Flemingia Jerrreys (Rissoa) 1885, non Flemingia De Koninck (Trochus) 1881. Il JEFFREYS nel 1884 credette di dovere separare dal sottogenere Manzonia (s. str.) la specie Zetlandica la quale pur partecipando dei caratteri di quel sottogenere, ha in più la base cingolata e una scultura craticolata ed ispida, ed instituì per essa il nuovo sottogenere Alemingia accettato ed usato in questo senso da vari conchiologi. Consultando a caso il 7rattato dî Paleontologia dello ZirTEL trovo a pag. 194 del vol. IL che il nome Flemingia fu usato dal pe KonInck nel 1881 per una forma di Zrochus del paleozoico antico, e quindi questo senso del nome /emingia ha la precedenza su quello datogli dal JErrREYs. In seguito mi accorsi che anche il FiscarrR (Manuel de conchiliologie, ediz. I, pag. 720) dà notizia di questa comu- nanza di nomi. Essendo però di avviso che la X. Zetlandica debba tenersi separata dal sottogenere Manzonia, e che il nome di Flemingia è incompatibile perchè usato in precedenza con altro senso, pro- pongo il nome di Taramellia al gruppo della . Zetlandica, in omaggio al nome del professore T. Tara- MELLI, illustre geologo italiano il quale mi onora della sua cortese benevolenza. 54 L. SEGUENZA FU G. [20] Taramellia Zetlandica Moxraev sp. — Tav. XI [I], fig. 22. 1847. Rissoa carinata Arapas (non Puiippi). Conch. fossili di Gravitelli, pag. 18. 1862. — Zetlandica Secuenza G. Notizie succinte, pag. 16, 27. 1870. _ — Arapas e Benor. Conch. vivente, pag. 203. 1873-77. Alvania — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 138, 246. 1880. — = Secuenza G. Horm. ter. di Reggio, pag. 116, 356. 1884. Mlemingia — MonteRrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 64. Avendo l’Arapas insieme al MAGGIORE riconosciuto e dimostrato che la . carinata PrRILIPPI era si- nonimo di R. exigua PritIipPI (che a sua volta è uguale a /?. costata ApAms), credette potere liberamente applicare il nome di A. carinata ad una forma da lui creduta nuova» e raccolta nelle sabbie del piano (Siciliano) di contrada Gravitelli presso Messina; che nulla ha da vedere con la carinata di PHILIPPI, creando così non indifferente confusione. In seguito G. SEGUENZA (1862) riconobbe l’eguaglianza tra £. carinata Arapas (non PHILIPPI) con R. Zetlandica MontaGu, e la riunì a quest’ultima. Secondo me però il tipo di Gravitelli si allontana un poco dal tipo Zetlandica per la forma più breve, più larga alla base e quindi con la bocca posta più lateralmente; credo perciò che essa potrebbe assu- mersi come varietas carinata ARADAS. Nelle sabbie del pliocene inferiore di Rometta si raccoglie il tipo che occorre più raramente nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano); nello stesso orizzonte, a Gravitelli si rinviene la varietà sempre poco frequente, della quale do la figura. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — in quasi tutti i mari d’ Europa. Sottog. Actonia MoNTEROSATO. Actonia Testae Arapas sp. 1836. Rissoa reticulata Pamuieri (non MontAGT). Enumer. moll. Siciliae, pag. 156, tav. X, fig. 14. 1844. _ — Pxuinrppi (non Monracu). L. c., II, pag. 131. 1870. — Testae Arapas e Benorr. Uonch. vivente, pag. 199. 1873-77. Alvamia — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 246. 1880. — — Secuenza G. Terziurio di Reggio, pag. 116, 267, 320. 1884. Actonia — MonteRosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 61. È specie rarissima allo stato fossile; nel messinese si raccoglie nelle sabbie del pliocene inferiore di contrada Trapani, e più raramente nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina, Palermo (Ficarazzi). Vivente: — nei fondi coralligeni dei mari d’ Europa. Actonia elegantissima Secuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 16. 1870. Rissoa elegantissima Arapas e Beworr. Conch. vivente, pag. 314. 1873-27. Alvania — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 247. 1880. — —- Secuenza G. Form. tera. di Reggio, paz. 267. 1884. Actonia subsoluta —MonrEROsATO (partim). Nomenel. gen. e spec., pag. 61. RE [21] L. SEGUENZA FU G. 55 Conchiglia alta mm. 2, larga mm. 0,8, turrita, ottusa, costituita di 5 anfratti appianati, rotondati alla parte inferiore, angolati, carenati superiormente e divisi da suture profonde; ornata elegantemente da 20 costicine alquanto flessuose per ogni giro di spira, le quali appena eguagliano in larghezza la metà degli interstizi e si terminano con un granulo all'estremità superiore cioè sulla carena di ciascun anfratto, la quale è quindi formata di tanti granuli per quante sono le costole concorrentivi. Sottili linee trasver- sali adornano tutta la lunghezza della spira. L'apertura è ovale alquanto acuta in alto, eguale ad un terzo circa dell’altezza totale della conchiglia, con labbro semplice ed acuto. Questa specie poco nota è ben distinguibile dalle congeneri per la carena granulata al margine su- periore degli anfratti e la bocca allungata. Ho creduto bene dare la figura e la descrizione di questa elegante forma poco nota. Il MontEROsaTo (Nomenel. gen. e spec., pag. 61) crede di poterla riunire alla subsoluta ARADAS; io credo invece che debba tenersene separata e per le caratteristiche predette, e ner la forma generale come può rilevarsi dalla figura che io do delle due specie (Tav. XI [I], fig. 16, 18). Questa specie è frequente nelle sabbie del pliocene inferiore di Rometta e nelle sabbie gialle di Gravitelli e di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — a Palermo. Actonia subsoluta Arapas sp. — Tav. XI [I], fig. 18. 1847. Rissoa subsoluta Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 21. 1862. — —_ SecueNnza G. Notizie succinte, pag. 22, 28. 1870. — — Arapas e Brno. Conch. vivente, pag. 213. se 1873-77. Alvama —— Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 158, 246. 1880. — — SeGuENZA G. Morm. terx. di Reggio, pag. 356. 1884. Actonia — MontrRosaTo (partim). Nomenel. gen. e spec., pag. 61. L'Arapas nello studio sulle conchiglie fossili di Gravitelli dà un’ estesa descrizione di questa nuova specie che secondo lui ha una certa affinità con la soluta Pun. Avendola trovata sovente confusa con altra o per altra specie, ho creduto bene di darne qui la fi- gura non mai pubblicata. Il MontEROSATO riunisce questa specie con la elegantissima G. Sea. ma per le ragioni dette altrove credo debbano restare entrambe le specie separate. Questa rarissima forma oltrechè nel piano Siciliano di Gravitelli, ove la raccolse in un unico esem- plare l’ArADAS, ed io stesso potei trovarla in seguito, s'incontra nelle argille marnose di Zaffaria (Astiano) e nelle sabbie di Salice (pliocene inferiore). Fossile: — Messina. Vivente: — sulle coste della Sicilia e della Tripolitania. Actonia granulosculpta n. sp. — Tav. XI [I], fig. 15. Conchiglia alta mm. 2, larga mm. 0,9, turriculato-lanceolata, con anfratti convessi: i due primi levi- gati, gli altri quattro costulati e transversalmente striati; le strie sono tra loro molto vicine ed inter- secandosi con le costole, che sono in numero di 15 per ogni giro, le rendono granulose in modo che 56 L. SEGUENZA FU G. [22] ciascuna sembra costituita di piccoli granuli; siffatte linee sono 8 nell'ultimo, e progressivamente decre- scono procedendo verso i primi avvolgimenti. L'apertura è rotondata ovale, alta circa un terzo dell’ al- tezza della conchiglia; il labbro è incrassato, marginato, e trasversalmente lineato all’esterno, lievissi- mamente granulato all’interno. Un carattere che rende dubbiosa la determinazione generica è il labbro leggermente prominente come nelle Rissoina. Chiamo A. granulosculpta questa specie per ricordare la caratteristica scultura granosa che presenta questa rarissima forma di contrada S. Cono presso Rometta ove si raccoglie nelle argille marnose del ‘ Tortoniano. Fossile: — Messina (Rometta). Gen. Cingula FLemIne. Sottog. Cingula (sensu stricto). Cingula semistriata MonraGu sp. 1844. Rissoa subsulcata Priippi. Enumer. moll. Siciliae, pag. 129, tav. XXIII, fig. 16. 1870. —. senvistriata Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 209. 1873-77. Cingula — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1850. — _ Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 356. 1884. — = MonteRosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 66. Specie non rara delle sabbie gialle di Gravitelli e di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — in tutti i mari d’ Europa. Cingula beniamina MonrrRrosato. 1884. Cingula beniamina Monterosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 66. Nelle sabbie del Siciliano ho raccolto questa specie che fu confermata dal MontEROSATO. È alquanto rara. Fossile: — Messina. Vivente: — nel golfo di Palermo. Sottog. Setia H. et A. Apaws. Setia fusca PiipPI sp. 1884. Setia fusca Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 72. Vari autori danno questa specie come fossile di Messina nel pliocene, però mi sono accorto che gli esemplari ad essa riferiti, vanno attribuiti ad altra specie. Invece la fusca tipo si rinviene nel qua- ternario superiore submarino di S. Raineri, località a levante del porto di Messina, ove si raccoglie fre- quentemente; manca del tutto negli affioramenti pliocenici. Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo e nell’Adriatico. [23] L. SOGUENZA FU G. 57 Setia conoidea MowreRrosaro ms. — Tav. XI [I], fig. 21. 1873-77. Cingula Galvagnii (var.) Secuenza G. (non Aranas e Maggiore). Stud? stratigrafici, pag. 112, 158. Questa forma inedita del MonreRosato consta di sei anfratti lisci che alla lente presentano sottilis- sime strie trasversali di accrescimento; gli anfratti sono fortemente convessi e le suture profonde; la spira è molta svolta e dà alla conchiglia una forma accentuatamente conica, da ciò il nome datole dal Moxrerosato che la rinvenne vivente a Palermo; la bocca è ovale con lieve angolo superiore; il labbro è semplice. Riferisco a questa specie alcuni esemplari che trovo determinati in collezione da G. SEGUENZA col nome di Cingula Galvagni (var.). L'ho anche raccolta alquanto rara nelle sabbie gialle di Milazzo e di Gravitelli (Siciliano) da dove provengono pure gli esemplari di G. SeGuenza. Il medesimo autore dà la medesima determinazione per alcuni esemplari del pliocene, ma io non posso dare. nessuna notizia intorno ad essi non avendoli trovati nè megli affioramenti nè nelle collezioni. Fossile: -— Messina. Vivente: — a Palermo. Setia obtusispira Secuenza G. sp. — Tav. XI [I], fig. 23 a, bd. 1873-77. Setia obtusispira Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 248. 1880. Cingula _ Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 267. 1884. Pseudosetia turgida (partim) MonreRosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 75. Anche questa è una delle specie annunziate da G. SeGuENZA ma non descritte; io credo di fare cosa utile dandone un cenno di descrizione e la figura. Conchiglia breve, ottusa, globosa, con anfratti convessi, l’ultimo assai grande in rapporto agli altri; superficie liscia con lievi strie di accrescimento; bocca grande quasi un terzo dell’intera altezza della conchiglia, oblonga, acuta in alto; labbro esterno semplice ed acuto, labbro columellare distinto con fes- sura ombelicale. Il MontEROSATO riunisce questa specie a E. turgida JEFFREYS, però io sono di avviso che esse specie si differiscono nella forma e d’altro canto G. SEGUENZA non poteva ingannarsi allorchè istituì tale specie essendochè conosceva tutti i tipi del JEFFREYs col quale era in continua relazione e si, sarebbe facilmente accorto che la sua specie esisteva fra i tipi del JEFFREYS. È specie frequente delle sabbie del pliocene inferiore di contrada Trapani presso Messina. Fossile: — Messina, Catania. Setia soluta PaILIPPI sp. 1844. Melania? soluta Parieri. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 121, tav. XXIV, fig. 1. 1862. isso — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. — — Aranas e Breno. Conch. vivente, pag. 209. 1873-77. Cingula — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1884. Setta — Monrrrosato Nomenel. gen. e spec., pag. 72. Poco frequente nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 58 L. SEGUENZA FU G. [24] Setia pulcherrima Jerrroys sp. 1870. Rissoa pulcherrima Arapas e Benom. Conch. vivente, pag. 209. 1873-77. Cingula _ Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1880. Seria —_ Secuenza G. HMorm. tera. di Reggio, pag. 26%. È specie comune delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) ed è esclusivamente nordica allo stato vi- vente poichè la creduta pulcherrima del Mediterraneo è sicuramente la amabilis MonTEROSATO. Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — nel mare del Nord. Setia pygmaea Micnaup sp. Questa specie è rara nel quaternario superiore submarino di S. Raineri sul porto di Messina. Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Setia Sciutiana Arapas et BenoIT sp. 1870. issoa Sciutiana Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 211. 1884. Setia — Monterosaro. Nomenel. gen. e spec., pag. 72. Specie variamente ed erroneamente definita; si raccoglie nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) alquanto rara. Fossile: -— Messina. Vivente: — nello stretto di Messina. Sottog. Microsetia MontEROSATO. Microsetia fulgida Apams sp. LI 1862. issoa —pygmaeca Secuenza G. Notizie succinte, pag. 27. 1870. _ fulgida Arapas e Brno. Conch. vivente, pag. 207. 1873-77. Cingula — SeGuENzA G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1880. Setia — Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 267. 1884. Microsetia — MontERrosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 74. Specie frequente delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) e del quaternario superiore submarino di S. Raineri. Fossile: — Messina, Palermo, Reggio Calabria. Vivente: — sulle coste della Sicilia. Microsetia micrometrica Secuenza G. sp. 1870. Rissoa micrometrica Secuenza G. in Arapas e Benorm. Conch. vivente, pag. 314, tav. V, fig. 3. 1884. Microsetia — Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 74. [25] L. SEGUENZA FU G. 59 Questa specie, vivente nel porto di Messina, si raccoglie anche non rara nel quaternario superiore submarino di S. Raineri. Fossile: — Messina. Vivente: — nel porto di Messina. ‘ Sottog. Cingulina MONTEROSATO . Cingulina obtusa CaAnTRAINE Sp. 1873-77. Cingula Alderi Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1880. — obtusa Secuenza G. MPorm. ter. di Reggio, pag. 267, 320, 356. 1884. Cingulina /— Monterosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 67. Qualche raro esemplare proviene dalle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina, Reggio Calabria. Vivente: — in tutti i mari d’ Europa. Sottog. Pisinna MontEROSATO. Pisinna punctulum Pieri sp. 1536. issoa punctulum Paripri. Enumer. moll. Siciliae, pag. 154, tav. X, fig. 11. 1873-77. — glabrata ‘© Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 112. 1880. Pisimna — — SecuENnza G. Form. terz. di Reggio, pag. 267, 320, 356. 1884. — punctulum Monterosato. Nomencl. gen. e spec., pag. 68. Specie frequente del quaternario superiore submarino di S. Raineri; nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano) si raccoglie sovente la varietas majer MontEROSATO. Fossile: — Messina. Vivente: — nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Sottog. Peringiella MontEROSATO. Peringiella nitida Brusina sp. 1873-77. Cingula vitrea Secuenza G. (non Monract). Studi stratigrafici, pag. 110. Qualche raro esemplare delle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — nei mari di Sicilia. Gen. Barleeja CLARK. Barleeja rubra MoxraGu sp. 1836. ARissoa fulva Pamippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 152. 1844. _ — Pamir. L. c., II, pag. 119. 1847. _ — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 17. 1862. _ — Secuenza G. Notizie succinte, pag. 22, 27. 60 L. SEGUENZA FU G. [26] 1870. Rissoa rubra Arapas e Brmor. Conch. viv., pag. 112. 1873-77. Barleia — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 108, 214 (non varietas). 1880. — — Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 108, 267, 319. 1884. _ — Monmrrosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 68. Questa specie è alquanto rara nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano), e più frequente nelle sabbie coetanee di Gravitelli. Nello scavo del bacino di carenaggio nel braccio di S. Raineri fu raccolta nelle sabbie del quaternario superiore submarino la varietas recens MontERosATO che ora non vive più nello stretto di Messina. Fossile: — Messina. Vivente: — in tutti i mari di Europa. Barleeja decipiens MoxnrrRosaTo ms. 1873-77. Barleia rubra (varietas) Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 108. Questa forma ben distinta dalla rubra fu nel messinese sin oggi confusa con essa, sebbene G. SE- cUENZA assumendola come varietà dimostrò di averla riconosciuta differente dal tipo. È frequente nelle sabbie gialle di Milazzo (Siciliano). Fossile: — Messina. Vivente: — sulle coste della Sicilia. Gen. Rissoina D'ORBIGNY. 2 Sottog. Rissoina (sensu stricto). Rissoina Bruguieri PAYRAUDEAU Sp. 1836. issoia Bruguieri Paruippi. Enumer. moll. Siciliae, I, pag. 153, 155. 1839. _ _ Power. Itinerario, pag. 136, 147. 1844. — — Panuippi. L. c., pag. 130. 1847. _ — Arapas. Conch. fossili di Gravitelli, pag. 17. 1862. — —_ Secuenza G. Notizie succinte, pag. 22, 28. 1870. i _ Arapas e Benorr. Conch. vivente, pag. 197. 1873-77. Rissoina — Secuenza G. Studi stratigrafici, pag. 110, 244. 1880. — — Secuenza G. Form. terx. di Reggio, pag. 319, 359. 1884. — = Monrerosato. Nomenel. gen. e spec., pag. 53. Questa specie tipica è sempre e dovunque esattamente determinata; ne possiedo di tutti i giacimenti pliocenici e quaternari: contrada Trapani e Rometta (pliocene inferiore), Zaffaria e Scoppo (Astiano), Gra- vitelli e Milazzo (Siciliano), S. Raineri (quaternario superiore). Fossile: — Messina, Palermo, Catania, Reggio, Taranto, Italia centrale. Vivente: — nel mare Mediterraneo. Di qualche specie citata da G. SEGUENZA, mi è stato impossibile trovare gli esemplari sia nelle col- lezioni che nei giacimenti; di queste ho creduto bene non tener conto, non potendo basarmi su cam- pioni a me sconosciuti. Finito di stampare il 10 agosto 1903. DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO PTYCHOGASTER MIOCENICI DELLA FRANCIA CONSERVATI NEL MUSEO DI STORIA NATURALE DI PARIGI avi RO I VI]! Nel 1846 il calcare di acqua dolce del miocene inferiore (Aquitaniano) di Saint-Gérand-le-Puy (Allier in Francia) mise in luce un ricco materiale di vertebrati fossili comprendente un gran numero di ossami di rettili diversi, ed in particolare di Chelonidi. Intorno a questi ultimi il paleontologo PomrL fece allora uno studio preliminare, creando, per alcuni fra essi, il senere Ptychogaster *), caratterizzato da una sutura fra l’iopiastrone e l’ipopiastrone, la quale rende mobile la linguetta piastronale posteriore. Il carattere testè accennato, per il quale si ha la mobi- lità della terza e quarta pari che costituiscono la metà posteriore del piastrone è tale che non si riscontra in altri chelonidi fossili o viventi, eccezion fatta per due attuali Zestudo perimediterranee; ond’è che il nuovo genere occupò subito un posto definito nel sistema ?. In seguito a ciò, alcuni autori, come ad esempio A. PortIs ed A. v. REINACH, inscrissero fra i Ptychogaster forme che da altri erano state antecedentemente attribuite a diversi generi della famiglia Emydidae ?.. Comunque sia, dopo del 1846, nel gen. Ptychogaster PomeEL, s’incluse un rilevante numero di forme del terziario europeo; ed il PortIs, or non è molto, credette opportuno di considerare l’anzi- detto gruppo generico come un sottogenere dei Xinixys BELL., 1 quali ora vivono nell’Africa centrale e meridionale 4). Il PomeL ritenne nel 1846 che il nuovo genere comprendesse almeno due specie 5, delle quali egli non dette nessuna diagnosi; ma in un posteriore lavoro sui vertebrati fossili scoperti nella vallata del- l’Allier egli ne descrisse tre, ma senza figurarle 9: Ptychogaster Vandenheckii PomeL®, Ptych. emydoides Pomer 5, Ptych. abbreviatus (e non abbreviata come scrisse l’autore) PomeL ?). 1) Bull. de la Société géologique de France, 2.° sér., t. IV, pag. 383, tav. IV, fig. d. Paris, 1846-47. ® MAACK G. A. Die bis jetzt bekannten fossilen SchildIroten die im oberen Jura bei Kelheim (Bayern) und Han- nover neu aufgefundnen ciltesten Arten derselben. Palaeontographica. Beitr. zur Naturgeschichte der Vorwelt, pag. 225. Cassel, 1868-69. 3) PortIs A. Les Oheloniens de la mollasse vaudoise conservés dans le Musée géologique de Lausanne. Mém. de la Soc. paléont. suisse, pag. 37-46, tav. XIV-XVII, vol. IX. 1882. — REINACH A. v. SchildKrotenreste im Mainzer Terticirbecken und in benachbarten, ungeféihr gleichalterigen Ablagerungen. Abhandl. d. Senckenb. naturf. Gesellsch. Frankfurt a. M., 1900. ‘4 PortIs A. Mem. cit., pag. 45. 5) Bull. d. la Soc. géol. de France, 2.° sér., t. IV, pag. 384. Paris, 1846-47. 6) PomeL A. Catalogue méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin hidrographique supérieur de la Loire el surtout dans la vallée de son affluent principal, l’Allier. Paris, 1854. 7) PompL. Loc. cit., pag. 121. 8) Ip. Loc. cit., pag. 121. 9) Ip. Loc, cit., pag. 122. 62 G. DE STEFANO [2] In seguito, F. J. Pioret, facendo la diagnosi del gen. Prychogaster !), e seguendo la prima opinione del PomeL, segnalò l’esistenza di due specie nei terreni miocenici inferiori del dipartimento dell’ Allier. Ma di tali specie non dette i caratteri differenziali. Ma il GervaIs P. ®, citando i chelonidi del miocene francese, fra quelli di Saint-Gérand-le-Puy e del genere Ptychogaster, egli non accenna che alla sola specie Ptych. emydoides, della quale figura una co- razza intera, che si conserva nella scuola normale superiore di Parigi, ed appartenente alla così detta collezione FEIGNOUX. Da quanto precede, si comprende di leggieri: 1.° che lo studio dai primi Autori fatto sui Piychogaster di Saint-Gérand-le-Puy fosse molto incompleto e sommario; 2.° che del ricco materiale, in parte riunito dal Bravarp e dal Pomrt, ora conservato nel British Museum di Londra, ed in parte da Arronso MILNE- Epwarps, e ceduto al Museo di Storia naturale di Parigi, non si avevano precise notizie. Più tardi, Leone VAILLANT, l’attuale prof. di Erpetologia al Museo di Storia naturale, in una breve nota 5 esaminò la ricca raccolta dei Ptychogaster fatta dal MiLne-EpwARDS, e, non ammettendo i diversi tipi specifici del PomeL, venne alla conclusione che le variazioni le quali si riscontrano nella prima piastra vertebrale e nella curvatura della corazza in rapporto ai diametri longitudinale e transverso, devono essere considerate come individuali e non come caratteri indicanti specie diverse; ond’è che non bisogna ammettere che una sola specie, il Ptychogaster emydoides PomEt. R. A. LyDEKKER, invece, osservando il materiale delle collezioni BrAvARD e PomEL, conservato nel Museo britannico, aumenta il numero delle specie dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy *, con le se- guenti: Ptychogaster emydoides Power, Ptych. Pomeli LypEKKER, Ptych.(?) caylurensis LypEKKER. Quindi, secondo le idee espresse da questo ultimo autore e dal PoweL, il genere Pfychogaster del miocene francese sarebbe rappresentato da cinque specie in tutto. Esse sono: Ptychogaster emydoides Power Ptychogaster Pomeli LyDEKKER — Vandenheckt Poxsn = (2) caylurensis LYDEKKER. _ abbreviatus Power Delle cinque forme indicate, il LyDEKKER ritiene come specie tipica (tipe species) il Ptych. emydoides 3), pur considerando le altre definite e non come delle semplici variazioni; mentre il PoRtIs 5), e più recen- temente ancora il ReinAcH ?, non mettendo in dubbio la pluralità delle specie nel materiale di Saint-, Gérand-le-Puy, si contentano di affermare che la sola forma emydoides è la meglio conosciuta. In fondo noi abbiamo adunque fino al giorno d’ oggi degli studi incompleti sui Ptychogaster della Francia, e dai lavori scritti intorno ad essi e brevemente da me riassunti risulta evidente la necessità di uno studio analitico e particolareggiato, il quale, in definitiva, non solo indichi con precisione l’osteo- logia e le specie comprese nel genere creato dal PomeL, ma ci definisca ancora quale posto esso occupa: 1) Picrer F. J. Traité de Paléontologie ou Histoire naturelle des animaux fossiles. Tome premier, pag. 446. Pa- ris, 1853. 2 GervaIs P. Zoologie et Paléontologie francaise. Deux. édit., pag. 435, tav. 53, fig. 4-6. Paris, 1865. 3) VarLLanT L. Sur Ze genre Ptychogaster PomeL, Chélonien fossile de Suint-Gérand-le-Puy. C. R. Acc. sc., tom. XCOVII, pag. 1152. Paris, 1883. 4) LypEkKER R. A. Catalogue of the fossi Reptilia and Amphibia in the British Museum (Natural History). P. IMI. Order Chelonia, pag. 95; pag. 97, fig. 19; pag. 98, fig. 20. London, 1889. 5) LyDEKKER R. A. Loc. cit., pag. 95. 6) PortIs A. Loc. cit., pag. 42. 7) REINACH A. Vv. Loc. cit., pag. 87. [3] G. DE STEFANO 63 nel sistema. Io non insisto sulla importanza di una così fatta monografia, chiara a tutti i cultori di er- petologia fossile e vivente; ma mi contento solo di accennare come essa sia stata anche compresa recen- temente dal ReinACcH, là dove egli dice testualmente così: “ Hoffentlich erlaubt ein genaues vergleichendes Studium der franzòsischen Ptychogastriden die spitere Vervollstindigung der vorstehenden Reichen , ?. Il lavoro che io ‘ora pubblico ha precisamente lo scopo dianzi esposto: esso, come era mia idea, avrebbe dovuto comprendere l’esame complessivo del materiale conservato nel British Museum di Londra e nel Museo di Storia naturale di Parigi; ma poichè le pratiche fatte per osservare direttamente quello del British Museum non riuscirono, ed i miei mezzi non avendo permesso durante la mia dimora all’estero di trasferirmi per qualche tempo a Londra, mi limito a render noto il risultato degli studi fatti semplice- mente su quello esistente a Parigi. Spero che altri possa estendere le ricerche sulle collezioni BravARD e PoweL dell’anzidetto British Museum, e che quindi si possa ben presto avere la serie completa dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy. Per lo studio del materiale avuto in esame ho dapprima trattata la parte osteologica, seguita dalle descrizioni specifiche; e da ultimo, nella parte sistematica, vien definito il genere fondato dal Pomet. Rivolso infine i miei più vivi ringraziamenti all’eminente prof. ALBERTO GAUDRY, il quale gentilmente mi ospitò per un anno nel laboratorio da lui diretto, e mi fu sempre largo di consigli e di aiuto. Reggio-Calabria, gennaio del 1903. L PARTE OSTEOLOGICA. Il numero degli esemplari appartenenti ai Piychogaster di Saint-Gérand-le-Puy che si conservano nella galleria di Paleontologia del Museo di Storia naturale è di quindici. Soli otto hanno lo scudo dorsale ed il piastrone conservato per intero; tre mancano di piastrone; un altro difetta della parte postero-destra clipeale e del margine laterale piastronale; due, infine, pos- seggono la parte anteriore del clipeo che comprende la regione delle piastre marginali con la porzione della prima vertebrale e prima ed ottava costale, e la metà anteriore del piastrone per tutto il campo delle scaglie solari, umerali e pettorali; uno solo, il meglio conservato, possiede lo scheletro restaurato quasi per intero, ad eccezione delle ossa estreme dell’ artroscheletro, cioè di quelle costituenti le mani ed i piedi. Oltre il predetto materiale, il Museo possiede numerosi avanzi isolati di piastroni e di clipei, di ver- tebre, specialmente della regione cervicale, un cranio quasi intero e provvisto della mascella inferiore, e ossami dell’artroscheletro, appartenenti per lo meno ad una ventina di individui del genere. Per il momento io non mi occupo in particolare dell’esoscheletro, in quanto che avrò occasione di parlarne nella descrizione delle singole specie. Allora farò notare la costituzione dello scudo dorsale e del piastrone di tutto il gruppo generico, e le variazioni che ambedue assumono nelle diverse forme. Dico 4) ReIiNACH. SchildKrotenreste im Mainzer Terticirbecken ecc., pag. 38. 1900, 64 G. DE ‘STEFANO [4] intanto che il clipeo si compone di pezzi vertebrali e costali più o meno alternanti in grandezza, i quali, in generale, hanno fra loro il rapporto che si verifica nel tipo normale delle tartarughe terrestri, cioè i pezzi costali dilatati al margine superiore attaccano, salvo eccezioni, con tre pezzi vertebrali; e quelli dilatati distalmente urtano con due od anche con un solo pezzo vertebrale. Invece, la serie dei pezzi marginali, in generale, è disposta come nelle Emys a tipo ordinario. Il carattere primo e. assai notevole che si osserva nel piastrone dei diversi esemplari del genere fondato dal PomeL è la disposizione della sua parte posteriore, per la qual cosa esso non può essere mai confuso in verun modo con nessun altro di quelli formanti la tribù delle Chersiti. La disposizione delle ossa piastronali, dunque, nel nostro caso è tale che, la parte posteriore, lungo la linea di congiunzione dei pezzi iopiastronali ed ipopiastronali, è mobile. Il margine aderente all’ apofisi montante della parte posteriore piastronale presenta delle irregolari dentellature, le quali a prima vista farebbero pensare che il piastrone sia immobile, tale disposizione identificando quella di un’ articolazione a ingranamento reci- proco. Ma un attento esame sui pezzi dei diversi esemplari convince l’osservatore che si tratta invece di ben altro, esistendo sempre sui piastroni un intervallo più o meno esteso fra la superficie rugosa dei pezzi ossei e quella corrispondente delle parti marginali delle scaglie cornee, intervallo che, secondo il VarLLant !), negli animali viventi doveva essere colmato da cartilagini interarticolari, permettenti un mo- vimento più o meno facile. Il fatto che, negli esaminati esemplari del genere Ptychogaster, la sutura articolare ossea non corri- sponde esattamente alla congiunzione delle piastre cornee, si verifica anche in qualche ben nota specie di tartaruga vivente, come nella tartaruga mauritanica (Zestudo pusilla ScawEIGG.); anzi, si può affermare che, nelle forme dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy, nel piastrone, presso a poco si osserva fra i pezzi iopiastronali ed ipopiastronali una disposizione analoga a quella delle medesime ossa nella estudo mau- ritanica. L’anzi detta mobilità del lobo piastronale posteriore, nelle forme fossili, doveva essere debole e identica a quella che si riscontra nella su nominata Testudo mauritanica, in quanto che anche in que- st’ultima la congiunzione delle piastre dermiche non corrisponde esattamente a quella dei pezzi ossei, e l’articolazione fra i pezzi ipopiastronali e quelli xifipiastronali è identica a quella che si riscontra nel genere fossile; ciò che al contrario non ha luogo nel piastrone delle Cistudo e delle Sfernotere, dove il movimento è esteso. Il piastrone dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy, come nelle Zestudo attuali a tipo mediterraneo, si compone di nove pezzi normali, l’entopiastrone restandò sempre collocato fra i pezzi epipiastronali ‘e quelli iopiastronali: i quattro pezzi pari posteriori, vale a dire quelli ipopiastronali e quelli xifipiastronali, formano il lobo posteriore. Anche le scaglie cornee, -che rivestono i predetti pezzi ossei, sono in numero strettamente normale come nelle viventi Zestudo perimediterranee. Le golari e le umerali investono il campo dei primi due pezzi pari e dell’entopiastrone: le pettorali e le addominali variano in grandezza nelle diverse forme: le femorali e le anali occupano il campo della parte posteriore piastronale. Teschioscheletro. L’esemplare restaurato che si conserva nel Museo di Parigi ha l’apparecchio scheletrico incompleto, come ho già accennato; di esso mancano alcune parti, tutte le vertebre dorsali oltre a parte delle ossa del bacino; ma in compenso si ha la porzione più interessante del neuroscheletro e le vertebre della regione cervicale, escluso l’atlante. Dell’artroscheletro mancano le ossa delle dita. i i) VarLant L. Sur le genre Ptychogaster ecc., pag. 1152. [5] G. DE STEFANO 65 Ma lo studio delle summentovate parti scheletriche, meglio che sull’esemplare restaurato, poco ma- neggiabile per la sua fragilità, si fa sui numerosi pezzi isolati. La testa è poco elevata e lunga mm. 52: un po’ più indietro della metà della sua lunghezza ha origine il parieto-occipitale, e la emergenza che esso forma indietro si prolunga notevolmente al di là del condile occipitale. Le ossa frontali principali sono quasi tanto larghe che lunghe; il frontale poste- riore è più largo. La cassa del timpano, nell’attuale stato di conservazione del fossile, non è ben definibile. I palatini appaiono senza fossa palatina. Il foro occipitale, esteriormente, è più alto che largo: ma la sua determinazione, meglio che sul cranio dell’esemplare restaurato, è possibile sopra un pezzo di un individuo sviluppato. In esso si osserva un foro occipitale di forma quasi circolare e le protuberanze mastoidee non che il' condile articolare della testa, il quale si presenta in forma di tubercolo prominente, hanno analoga conformazione alle corrispondenti parti della £mys (Cistudo) europaea L.®) Il mascellare inferiore o mandibola, discretamente conservato, non presenta notevoli differenze com- parato con quello dei chelonidi della famiglia E£mydidae. Le ossa intermascellari non hanno apofisi mon- tanti e si dirigono indietro, nel palato, fra questo ed i mascellari, fino al vomere. La forma complessiva della mandibola è ottusa, quasi parabolica, e si allarga e si approfondisce un po’ verso la sinfisi. Atlante. Le vertebre cervicali dell'esemplare restaurato sono in numero di sette, ma fra esse manca l’atlante. Ciò non di meno fra le diverse vertebre cervicali isolate, appartenenti a diversi individui del gruppo, vi è un esemplare che spetta certamente ad una prima vertebra cervicale. Ecco quanto si può dire intorno ad esso: dei quattro elementi che generalmente costituiscono l’atlante dei Chelonidi, mancano i tre che formano l’atlante p. d.; del quarto, l’apofisi odontoide, si osserva un frammento e null’altro. Vertebre post-odontoidi. Le sette vertebre dell’esemplare restaurato, dall’asse fino all’ultima od ottava di tutta la serie cer- vicale, la quale da qualche autore è considerata come la prima dorsale, sono tutte allungate. Dirò prima di ogni altro che la sola ottava non è libera, essendo collocata un po’ obliquamente fra la settima cervicale libera e la prima dorsale fissa. Le rimanenti, come ho già accennato, sono allungate: il loro corpo è almeno metà più lungo che largo: la forma varia alquanto, a seconda che si considerano le vertebre, anteriori o posteriori: l'allungamento cresce dall’epistrofeo alla quinta; la sesta, la settima e l’ottava, diminuiscon gradualmente in lunghezza. L’apofisi spinosa dell'ottava si allunga indietro. Le loro rispettive lunghezze in millimetri, sono: asse 3.8 4a Da 6.0 7.8 8.8 15 16 18 20 19 16 14. Noto che la sutura la quale separa il centro dall’arco neurale è più distinta nelle vertebre anteriori, mentre le apofisi spinose superiori ed inferiori sono poco prominenti. L’asse è munito di un sensibile pro- lungamento spinoso. Le apofisi transverse, come in tutti i Chelonidi Cryptodira, sono quasi nulle. 1) L’Emys europaea da parecchi autori viene indicata come Cistudo lutaria MARSILI (= Testudo europaca SCHWEIGGER). Palaeontographia italica, vol. IX,1903. 9 66 G. DE STEFANO [6] In altri termini, tanto le vertebre cervicali dell’esemplere restaurato, quanto quelle isolate apparte- nenti a vari individui dei Pfychogaster di Saint-Gérand-le-Puy, posseggono complessivamente i caratteri generali del sottordine Cryptodira, vale a dire che, fatta eccezione dell’asse, nel quale le faccette articolari anteriori non sono poggiate (come quelle delle altre vertebre) sopra un peduncolo e rivolgonsi indietro, tutte le altre vertebre post-odontoidi hanno delle zigoapofisi formanti dei prolungamenti definiti, le cui faccette anteriori rivolgonsi sempre in alto, e quelle posteriori in basso. Constatate le dette analogie, ed accennato che, dalla seconda alla quarta vertebra della serie post- odontoide, si hanno dei corpi in forma di prisma triangolari, rigonfiati alle loro estremità, mentre dalla quinta in poi il corpo ha forma di prisma quadrangolare, dirò qualcosa sul centro, sull’arco neurale e sulle pleurapofisi. Centro. — Alla parte mediana della faccia inferiore delle sette vertebre post-odontoidi si osserva una cresta longitudinale: essa occupa tutta la lunghezza del centro dalla seconda fino alla quarta; dimi- nuisce gradualmente nelle due seguenti e si cambia in una specie di tubercolo compresso ed elevato sulla ottava. Il margine libero di tale cresta fino alla quinta vertebra ha una direzione quasi rettilinea. Le faccette articolari anteriori, nella seconda, terza e quarta vertebra, sono convesse ed a testa emisferica: sulle tre vertebre seguenti sono semplicemente convesse. L'ottava ha la superficie articolare anteriore se- parata in due parti simmetriche da una depressione mediana. Quest'ultima vertebra è da ritenere che doveva articolarsi con la prima dorsale per mezzo di una testa emisferica, leggermente appiattita dal- l’alto in basso. Arco neurale. — Le lamelle neuroapofisarie si elevano, più o meno, secondo le vertebre della serie, quasi piane dalla terza alla quinta, sempre più elevantisi dalla sesta all’ottava. Le zigoapofisi anteriori formano sulla seconda vertebra due prolungamenti appiattiti, diretti dall’ in- dietro in avanti: in tale vertebra la faccetta articolare occupa la parte esteriore, con inclinazione di circa 45°. Tutte le altre vertebre hanno le loro apofisi decisamente separate dalla lamella neurale e formano una prominenza, all’estremità interna e superiore della quale si trova la faccetta articolare. Dette apofisi si dirigono dal basso in alto e dallo indietro in avanti: si presentano oblique dalla terza alla quinta ver- tebra, sono quasi verticali nella seconda e settima. Le zigoapofisi posteriori, o faccette articolari zigoapofisarie posteriori, sono disposte uniformemente in tutte le sette vertebre della serie cervicale. Sono dei prolungamenti in forma di piramide subtriango- lare, i quali .si dirigono orizzontalmente indietro, sorpassando di una lunghezza più o meno accentuata l'estremità del corpo di vertebra, se esso ha facce articolari concave, raggiungendolo appena, nel caso contrario. Le zigoapofisi della settima ed ottava vertebra sono molto robuste. Pleurapofisi. — Queste parti sono molto poco sviluppate nella serie in esame. Sono rappresentate da tubercoli, nelle prime vertebre appiattiti dall’alto in basso. Le loro dimensioni vanno gradualmente diminuendo dalla seconda all’ottava: su quest’ultima, a dire il vero, non si osserva che una specie di rugosità. L'articolazione delle vertebre post-odontoidi dei Ptychogaster pare che non presenti particolarità no- tevoli rispetto a quella dei chelonidi Cryptodira finora meglio studiati. Riguardo alle zigoapofisi, pare che alcune articolazioni dei corpi vertebrali sarebbero fra loro destrogire. Di modo che, concludendo, la serie delle vertebre post-odontoidi dei Pfychogaster di Saint-Gérand- le-Puy, sarebbe rappresentata da tre differenti tipi, disposti nel modo che segue: [7] G. DE STEFANO 67 Epistrofeo. . . . ..... . .. . . + Vertebra opistocoeliana RR RIME PAINT o I) TER vi opistocoeliana AR ROSI RR MRI AIR EV EROI, LUPO TA È amficirtiana SES MISURE A DEIRA PRI MIRI BN IO LINE 3 procoeliana (OE 0 LSRIIONIL MIT AOC DIO La procoeliana TASSA I ARE O e I O 5 amficoeliana ER I SE VIT ARSA N Sia BA, MERE) ci amficirtiana. Ossa della cintura scapolare ed artroscheletro. Fatta eccezione delle ossa delle parti estreme degli arti anteriori e di quelli posteriori dell’esemplare restaurato e degli altri ossami isolati, il Museo possiede un ricco materiale di avanzi appartenenti alla cintura scapolare ed all’artroscheletro. Clavicola. — Nell’esemplare restaurato si presenta lesgermente incurvata come nella Cistudo (mys) europaca L. L’estremità prossimale, un po’ ingrossata, è coperta di mastice. Una serie di cinque clavi- cole isolate sono completamente identiche a quelle della Cistudo (mys)europaea L., e solo ne differiscono per le dimensioni. i; Scapola. — Nello stesso esemplare restaurato questa parte è coperta quasi completamente di mastice. Una numerosa serie di scapole isolate presentano i seguenti caratteri. Margine inferiore molto sottile; margine anteriore leggermente sinuoso; margine posteriore alquanto convesso; cresta che corre sulla su- perficie posteriore libera (spina della scapola) ed appena appariscente. In conclusione, nei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy, il coracoide è normalmente diretto indietro; le ossa omoplate, piuttosto gracili, sono dirette in alto ed indietro, e formano coi coracoidi la fossa articolare dell’omero, normalmente incavata. Un fatto degno di nota è che, in tutti i numerosi avanzi esaminati, l’omoplata e l’acromion riunen- dosi formano un angolo quasi retto, e che il coracoide si presenta relativamente stretto ed in forma di triangolo allungato. Fra le ossa della cintura scapolare appartenenti a diversi individui del gruppo in studio, ho scelto sei pezzi formati ciascuno da un omoplata e da un acromion, dei quali ecco le misure angolari ottenute: 1.0 2.0 3.0 4,0 D.0 6.0 89° 58; 89° 43/: 89° 58; 89° 57; 89° 52; 89° 59! Omero. Su diciassette omeri destri e sinistri, comparati con l’analoga parte di una Cistudo (Emys) europaea L., io non riscontro nessuna differenza formale, sia in rapporto alle proporzioni della lunghezza con la grossezza della diafisi avuto riguardo alla curvatura dell’osso, sia alle sue epifisi, quella prossi- male molto più ingrossata della distale. Nell’ esemplare restaurato, il pezzo superiore terminale che forma il capo articolare, è coperto da mastice: in sette ossa, fra quelle isolate, esso manca, perchè rotto. Negli altri pezzi esso è ben visibile. La diafisi è presso a poco cilindrica verso la metà, ma nel terzo inferiore è leggermente arcuata all’interno. La tuberosità sopra il condile interno ha faccetta articolare molto convessa. Dieci omeri, fra quelli meglio conservati, presentano le seguenti lunghezze date in millimetri: 19 29 30 do 5.0 6.9 70 80 9 10.9 46 60 67 50 48 53 46 43 56 50 68 ì G. DE STEFANO [8] Da queste misure e dal complessivo sviluppo e conformazione che presentano risulta che, dei dieci omeri, sei appartengono sicuramente a differenti individui; il primo ed il settimo probabilmente allo stesso e così anche dicasi del quarto e del decimo. Radio. — È sensibile in questo la robustezza che va acquistando gradualmente man mano che si avvicina all’articolazione delle ossa della mano. Il capitolo poggia sopra un collo non molto ristretto: la sua superficie articolare è leggermente incavata e piatta. Il capo estremo inferiore ha superficie arti- colare anch’essa piatta, ma di forma subtriangolare. Cubito. — Anche le ulne da me esaminate, e delle quali in Museo si ha una numerosa raccolta, nella loro conformazione generale risultano analoghe alle corrispondenti della vivente Cistudo (Emys) europaca L. La diafisi dell'osso in questione, prossimalmente è subcilindrica; ed il margine radiale è leggermente concavo. Ciò che colpisce chi esamini le ossa cubitali dei Ptychogaster francesi è la loro massività da un lato, e, dall’altro, la poca inclinazione che esse mostrano con la faccetta articolare per l’articolazione con l’omero. Tali caratteri io ho potuti riscontrare sopra una serie di ventisette cubiti destri e sinistri, ap- partenenti ad individui giovani ed adulti. Comparate le predette ossa con le omonime di una Cistudo (Emys) europaea L., si mostrano più massiccie di queste ultime e con la faccetta articolare, come ho già accen- nato, per l’articolazione con l’omero, meno inclinata e più vicina della direzione normale al corpo del cubito stesso, più di quanto si osserva nella nota specie vivente. Ossa ischiatiche e del pube. — Gli avanzi scheletrici appartenenti a tali parti sono anch’essi nu- merosi, ma tutti in cattivo stato di conservazione; comparati con le corrispondenti ossa della già più volte citata C. (Emys) europaea, risultano identici a queste ultime. Femore. — In questo, la cui diafisi è normalmente conformata come nella Cistudo (Emys) europaea L., sì osserva solo una leggerissima variazione ai condili esterno ed interno. Ne ho esaminata una serie di dieci pezzi completi, ottimamente conservati, dalle cui dimensioni in lunghezza, qui sotto riportate in milli- metri, si può dedurre a quale grado di sviluppo potessero giungere gli individui di Pfychogaster: 19 +20 30 40 5.0 6.0 7° 80 90 109 58 68 58 56 50 53 53 56 DI et < Tali dimensioni, e la conformazione dei pezzi esaminati, indicano che il primo ed il terzo femore ap- partengono ad uno stesso individuo 0, per lo meno, a due individui egualmente sviluppati; che lo stesso è per i pezzi sesto e settimo; che il secondo appartiene all'individuo piò adulto della serie; che il de- cimo è di un individuo giovanissimo. Tibia e Fibula. — Anche il numero di tali ossa è rilevante: esse non differiscono per nulla nella loro conformazione dalle corrispondenti parti della “vivente Cistudo (mys) europaca L. A guisa di appendice alla parte osteologica trattata, do qui, per finire su tale argomento, un elenco sommario degli ossami studiati oltre quelli già mentovati ed appartenenti allo stesso materiale di Saint- Gérand-le-Puy. Detti avanzi sono analoghi a quelli descritti, e per essi vale quindi ciò che si è scritto a proposito. Nove frammenti di omoplati destri e sinistri. Cinque parti di acromion. Due acromion completi. Otto parti articolari (distali) di omoplati privati di tutto l’acromion. Sette estremità prossimali di omeri destri, appartenenti ad animali di vario sviluppo. Una metà distale di omero destro. [9] G. DE STEFANO 69 Cinque estremità prossimali di radio destro. Quindici estremità prossimali di ossa ischiatiche. Dodici estremità distali di tibia. Nove estremità distali di fibule. Riepilogando, si può concludere come segue: le parti scheletriche dei Ptychogaster di Saint-Gérand- le-Puy presentano identica conformazione con quelle della vivente Cistudo (Emys) europaea L. (= Testudo europaea SCHWEIGGER). La serie cervicale, o per meglio dire, le vertebre post-odontoidi, che sono certamente la porzione più importante dell’impalcatura scheletrica negli animali in questione, ci assicura che i Ptychogaster mio- cenici della Francia hanno i caratteri generali del sottordine Cryptodira, nel quale si sogliono includere quei chelonidi della tribù ZEuchelorina, il cui carattere anatomico principale consiste nella presenza di due vertebre cervicali amficirtiane, delle quali una occupa sempre l’ottavo posto, l’ altra, d’ordinario, il terzo od il quarto. In tale sottordine il collo e la testa possono in generale ritirarsi completamente nella corazza, e le piastre del piastrone sono sempre in diretto contatto con quelle marginali dello scudo dorsale, eccezion fatta per il gruppo Platysternum. In fine, la conformazione delle ossa dell’artroscheletro, e . principalmente la massività dei cubiti in rapporto alle loro lunghezze, e la conformazione della loro faccetta articolare per l'articolazione con l’omero, indicherebbero che gli animali ai quali dette ossa appartennero dovevano avere abitudini ter- restri, come le attuali tartarughe chersiti perimediterranee. II DESCRIZIONE DELLE SPECIE Ptychogaster emydoides Power 4. — Tav. XII [I], fig. 1, 2; Tav. XIII [II], fig. 1,2. A questa specie appartengono cinque esemplari, quasi tutti delle stesse dimensioni, compreso quello dello scheletro restaurato. Le dimensioni di tre esemplari completi sono identiche, e cioè: Lunghezza del clipeo . ò o . . o . ? mm. 218 Sviluppo dell’arco live cHbeoio : ; ° o c È » 246 Larghezza del clipeo . o o 5 o . o . o ò . » 153 Sua altezza . d : b } È 3 3 È x È 5 DATO Lunghezza del STI 6 5 0 o 6 E 0 o 5 0 » 186 Sua larghezza ; ò : £ ò . o 0 . 5 ò : » 115 1) Bull. Soc. géol. de France, 2.8 sér., tome IV, pag. 383, tav. IV, fig. 9. Paris 1846-47. — PomeL A. Catalogue . méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin hydrographique sup. de la Loire et surtout dans la vallée de son affluent principal, V Allier, pag. 121. Paris, 1854. — Picrar F. J. Traité de Paléontologie, tome I, pag. 446. Paris, 1853. — GaRrvaIs P. Zool. et Paléont. frangaises. Deux. édit., pag. 435, tav. 53, fig. 4-6. Paris, 1865. Lyppkxer R. A. Catalogue of the fossil Reptilia and Amphibia în the British Museum. Order Chelonia, pag. 95. London, 1889. 70 G. DE STEFANO [10] Piastre ossee dermatiche. I. Clipeo. Vertebrali. Sono in numero di otto, e se si eccettua la prima, la quale ha forma allungata, ret- tangolare, ed è più piccola della seconda, le altre della serie hanno forma di quadrilatero con i quattro vertici troncati; alternano in grandezza e decrescono gradualmente dal secondo all’ ultimo pezzo. La prima piastra ha il margine anteriore suturato con l’interno della nucale, e quelli laterali ingranano con i su- periori della prima pari costale. Il margine anteriore è più corto del posteriore. La seconda vertebrale, che è la più grande della serie, e le rimanenti, hanno i margini convessi tutti verso l’interno, e, come già si è accennato, i vertici dei quattro angoli opposti troncati. L’ottava ha la forma di pentagono irre- golare, e la nucale di trapezio irregolare. Costali. — Fatta eccezione del primo paio, le piastre costali sono più larghe che lunghe: quelle del terzo e quinto paio sono leggermente dilatate al margine vertebrale e ristrette distalmente: quelle del secondo, ‘quarto e sesto paio, al contrario, sono ristrette prossimalmente e dilatate distalmente: le coste delle ultime due paia sono un po’ più strette al margine vertebrale che a quello inferiore. Di modo che, adottando il metodo di nomenclatura abbreviata, da me esposto in altro lavoro ,il rapporto fra le piastre costali e quelle vertebrali, è rappresentato come segue: N 2) IVA Vi Vi ° 2 > ViNO,; Va>0g; DI Vi>G; ; Vi 0 VW>G; ; e: Vi>G, ; DE . Va / Va Vi Vs Marginali. Si contano ventiquattro pezzi marginali, i quali, eccezion fatta per quelli delle due paia anteriori, ingranano ciascuno con due pezzi costali. Il pezzo nucale è più largo che lungo ed ha forma di trapezio. I pezzi marginali anteriori sono più grandi di quelli laterali e posteriori, e sono collo- cati obliquamente all’asse longitudinale dello scudo dorsale; hanno inoltre il margine esterno libero molto più sviluppato dell’interno costale. I pezzi collocati ai fianchi sono tanto larghi quanto lunghi e di forma quadrangolare: il pezzo pigale, infine, è diviso in due. II. Piastrone. Epipiastrone. — I pezzi epipiastronali occupano quasi la metà anteriore del lobo piastronale ante- riore. Essi comprendono la superficie delle golari e quasi tutta quella delle umerali. La linea suturale che, partendo dall’ entopiastrone, divide l’ epipiastrone dall’iopiastrone, si sviluppa due volte sinuosa ed inclina leggermente dall’indietro in avanti. Entopiastrone. — Il pezzo impari piastronale del Ptychogaster emydoides PomeL ha il margine po- steriore curvato ad arco di cerchio, ed il vertice degli anteriori coincide con quello posteriore formato dai margini laterali delle scaglie golari. Iopiastrone. — I pezzi iopiastronali sono più lunghi che larghi ed hanno il loro margine inferiore i) De Srerano G. Un nuovo chelonide della famiglia Trionychidae appartenente all'eocene francese. Boll. Soc. geol. Ital., fasc. III, pag. 391, tav. XVI. Roma, 1902. 2 I simboli N e P indicano rispettivamente la piastra nucale e quella pigale. [11] G. DE STEFANO 71 perpendicolare alla sutura mediana longitudinale; il loro margine esterno inclina verso l’alto è nei quattro quinti posteriori della lunghezza è congiunto al ponte piastronale. Ipopiastrone. — I pezzi ipopiastronali hanno forma quadrilaterale, coi margini latero-esterni e po- steriori leggermente curvati ad arco di cerchio; i primi sono curvati dall’avanti all’indietro e dall’ esterno all’interno; i secondi dall'interno all’esterno e dall’avanti all'indietro. Xifipiastrone. — I pezzi xifipiastronali hanno una superficie esterna triangolare, i cui lati formano tre angoli presso a poco eguali e poco meno ampi del retto. I loro margini laterali, esterni ed interni, sono regolarmente arcuati. I margini esterni sono troncati all’estremo posteriore. Scaglie del clipeo. Vertebrali. — La prima e la quinta hanno forma di quadrilatero irregolare; la seconda, la terza e la quarta sono esagonali. La prima vertebrale attacca con i margini interni della nucale e delle due collaterali marginali, con quelli vertebrali delle scaglie del primo paio costali, e con l'anteriore della seconda vertebrale. I macgini dell’ anzidetta prima scaglia racchiudono una superficie quadrilaterale, relativamente molto estesa anterior- mente, la quale si restringe al margine posteriore. Questa superficiale disposizione fa sì che gli angoli formati dal margine anteriore e da quelli latero-costali siano ottusi; mentre i due posteriori, costituiti dai margini latero-costali e posteriore, sono acuti. La seconda, la terza e la quarta scaglia vertebrale hanno la forma di esagoni irregolari, i cui lati più lunghi sono i margini anteriori e posteriori. I margini latero-costali formano fra essi degli angoli molto ottusi; mentre i latero-costali costituiscono con gli anteriori e posteriori degli angoli acuti. Notevole è la breve espansione superficiale verso il margine anteriore delle scaglie, principalmente della seconda e terza, per la quale i corrispondenti margini spingonsi verso il mezzo in avanti. La quinta vertebrale ha forma di quadrilatero, il cui margine inferiore attacca con quelli interni della scaglia sopra-codale, divisa in due, e delle rispettive collaterali marginali. I margini latero-costali incli- nano dall’indietro in avanti formando col margine inferiore due angoli ottusi: detti margini latero-costali, in prossimità del margine della quarta vertebrale, si rivolgono bruscamente in fuori formando con la quarta e quinta costale due piccole insenature. Costali. — Le costali vanno diminuendo proporzionalmente in grandezza dall’avanti all'indietro, vale a dire, dalle scaglie del primo paio a quelle del quarto; le scaglie del primo paio sono le più grandi; le meno grandi sono quelle del quarto; le più convesse sono quelle del secondo paio. Le scaglie del primo paio hanno forma di quadrilatero. Il loro margine vertebrale posteriore è il più piccolo. Esse attaccano nel modo che segue: il loro margine inferiore è a contatto con quelli interni del primo, secondo, terzo e quarto paio marginali, più la porzione anteriore delle scaglie marginali del quinto. i Il margine posteriore e l’ anteriore delle scaglie del secondo paio costale formano col lembo mar- ginale un angolo acuto. I margini superiori attaccano con i latero-anteriori della seconda scaglia verte- brale e formano con i posteriori delle stesse costali un angolo acuto; i margini latero-anteriori attaccano con quelli laterali della prima scaglia vertebrale e formano con gli antecedenti superiori un angolo molto acuto. Le scaglie del secondo paio costale hanno forma di pentagono irregolare: i loro margini antero-su- periori attaccano con i latero-posteriori della seconda vertebrale, e quelli supero-posteriori con.i latero- 72 G. DE STEFANO [12] anteriori della terza vertebrale; i margini inferiori attaccano con quelli interni delle scaglie del quinto, sesto e della porzione anteriore del settimo paio marginali. L'angolo formato dai due lati supero-verte- brali è moltissimo acuto; quelli costituiti dai predetti margini e quelli latero-anteriore e posteriore sono acuti. Gli angoli formati da questi ultimi con il margine inferiore sono anche acuti. Le scaglie del terzo paio costali hanno il margine latero-posteriore poco curvato. Il margine inferiore attacca con la porzione interna posteriore delle scaglie del settimo paio marginali e con l’intero del- l’ottavo paio di quest’ultima serie. I margini supero-anteriori ingranano con i latero-anteriori della quarta scaglia vertebrale. Gli angoli formati dai cinque margini delle scaglie del terzo paio costali sono identici a quelli del precedente paio nella serie, salvo che l’angolo formato dal margine latero-posteriore e quello supero-neurale è molto più ampio del retto. Le scaglie del quarto paio costali hanno forma di quadrilatero irregolare. Il loro margine superiore attacca col posteriore della quarta vertebrale; quello posteriore con il laterale della quinta vertebrale. L’angolo formato fra il margine superiore e quello latero-anteriore è retto: i margini inferiori attaccano con quelli interni delle scaglie del nono e decimo paio marginali. Marginali. — La nucale è stretta tanto al margine esterno libero quanto a quello vertebrale, il quale attacca con la porzione centrale del margine anteriore della prima mediana. Le vere marginali anteriori hanno tutte forma di quadrilateri, il cui diametro radiale è più breve di quello transverso. Quelle laterali sono pentagonali ed inclinate dall’indietro in avanti. Il punto di attacco dei loro margini interni corrisponde sempre al limite suturale delle diverse scaglie costali, le quali alla lor volta hanno il limite suturale superiore coincidente col vertice esterno deli aueno formato dai margini antero e postero-laterali delle scaglie vertebrali. Le due scaglie codali sono più piccole di tutte le altre vere marginali; hanno forma rettangolare, e sono più larghe che alte. Scaglie del piastrone. Golari. — Dette scaglie sono strette e relativamente allungate, col margine esterno libero curvato più o meno regolarmente ad arco di cerchio: in un solo esemplare fra quelli esaminati del Ptychogaster emy- doides PomEL, esse hanno i margini esterni non curvati e situati sul prolungamento di una stessa linea retta, la quale interrompe bruscamente la curvatura del lobo piastronale anteriore. L'angolo formato dalla sutura mediana con i margini latero-interni è ottuso: in un solo esemplare esso è molto minore della metà di un retto. i Umerali. — Le scaglie umerali hanno forma trapezoidale e sono quasi in tutti gli esemplari due volte e mezzo più grandi delle golari. Il loro margine posteriore, o in altri termini, il solco umero-pet- torale, traversa l’entopiastrone, dividendolo in due regioni, anteriore e posteriore, presso che eguali. Detto margine si stacca dalla sutura mediana in forma di doppia ondulazione, inclinando leggermente dall’in- dietro in avanti. In un solo esemplare il solco umero-pettorale si distacca dalla sutura mediana con dire- zione rettilinea. I margini esterni liberi sono più o meno regolarmente arcuati. Pettorali. — Sono grandi più del doppio delle umerali; più larghe che lunghe, od in qualche esemplare quasi tanto larghe che lunghe; esse hanno generalmente forma rettangolare. Il loro margine posteriore ha direzione rettilinea ed è normale alla sutura mediana, distando pochi centimetri dall’articolazione fra i pezzi iopiastronali ed ipopiastronali. Il loro margine esterno nei due terzi anteriori è saldato, insieme ai sottostanti pezzi ossei, allo scudo dorsale. Le insenature ascellari sono strette e profonde. [13] G. DE STEFANO 73 Addominali. — Queste scaglie sono un po’ meno grandi delle pettorali ed hanno presso a poco forma quadrata. Esse occupano il campo posteriore dei pezzi ipopiastronali e quello anteriore dello xifipiastrone. Il loro margine posteriore non ha direzione costante. In tre diversi esemplari della stessa specie esso si dirige in linea retta dall’interno all’esterno; è normale alla sutura mediana in uno; in un secondo s’in- curva notevolmente in avanti agli estremi esterni; e nell’ultimo, infine, si sviluppa in forma di doppia ondulazione. Femorali. — Hanno anche esse, come le umerali, forma trapezoidale, ma nel complesso molto va- riabile nei diversi individui. Esse stanno tutte nel campo dei pezzi xifipiastronali, occupandone la parte mediana; ed in superficie sono un po’ meno estese delle addominali. Il loro margine posteriore s’incurva regolarmenté“ad arco di cerchio dall’ avanti all’indietro in tutti gli individui indistintamente. Anali. — Queste scaglie, che occupano l'estremo posteriore dello xifipiastrone, sono ordinariamente grandi il doppio delle golari, ed il loro margine postero-esterno forma una insenatura profonda ma poco larga. ’ Variazioni. Se si fa un esame particolare dei diversi esemplari da me inclusi nella specie descritta, Ptychogaster emydoides PomEL, si nota che il piano secondo il quale sono collocati i diversi pezzi ossei dello scudo dorsale e del piastrone, non che il loro rapporto di attacco, sono invariabili; ma, al contrario, si riscon- trano delle notevoli variazioni nelle scaglie dei diversi individui. Di fatti, in un clipeo di Ptychogaster emydoides PomeL, nel quale il rapporto dei pezzi ossei è quello già indicato a pag. 70 [10], la prima scaglia vertebrale è molto allungata (Tav. XIII [II], fig. 1), ed ha il margine posteriore tanto largo quanto l'anteriore; di guisa che essa ha forma perfettamente rettangolare. La seconda scaglia vertebrale è un quadrilatero irregolare; mentre le altre tre rimanenti della stessa serie non presentano nulla di caratteristico; la terza e la quarta sono degli esagoni; la quinta è un qua- drilatero trapezoidale. Inoltre, mentre negli esemplari considerati come tipici della specie emydoides, il diametro antero-posteriore delle scaglie vertebrali è sempre più corto di quello transverso, nell’esemplare in esame, il primo, o è più sviluppato del secondo, o, al massimo, è uguale a quest’ultimo. Avuto riguardo alle scaglie costali, negli esemplari tipici della specie, quelle del primo paio hanno forma quadrilaterale ed eccezionalmente pentagonale; mentre nell’esemplare sopra citato esse sono trian- golari, verificandosi inoltre che gli angoli formati dai loro margini vertebrali e posteriori sono retti. Infine, sempre nell’ esemplare che presenta le accennate variazioni, lo scudo è di forma allungata, è poco con- vesso per quasi tutta l'estensione del dorso, mentre s’incurva bruscamente e rapidamente nella regione posteriore. Un'altra notevole variazione si osserva nelle scaglie piastronali di due esemplari il cui clipeo è con- forme.a quello descritto per la specie emydoides. Negli accennati piastroni (Tav. XIII [II], fig. 2) le scaglie golari, benchè di forma triangolare, sono molto irregolari, col margine esterno libero non troncato, e quelli interni sinuosi: l’entopiastrone, che ha forma di losanga, è diviso dal solco umero-pettorale in quattro parti a due a due oppostamente eguali: la sutura delle scaglie pettorali e addominali dista qualche mil- limetro dall’articolazione ossea fra i pezzi iopiastronali ed ipopiastronali. Ora, tali variazioni, sono così notevoli da potere ‘essere considerate come caratteri sufficienti per dividere gli anzi detti esemplari dalla specie descritta, e considerarli come delle forme diverse? A mio avviso, sembra di no. Che prova una maggiore o minore elevazione dello scudo dorsale se non una variazione, per quanto sensibile, in- Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 10 74: G. DE STEFANO [14] dividuale? Si sa che i clipei di uno stesso tipo specifico sono molto variabili in grandezza nei chelonidi in generale; non è il caso quindi di fare delle eccezioni per i Ptychogaster, specialmente quando parecchi esemplari presentano lo stesso rapporto nelle relazioni di attacco dei pezzi ossei, nella disposizione e numero di questi ultimi. Basta osservare in proposito le due brevi diagnosi date dal Power! e dal Ly- DEKKER °) per la stessa specie (Ptéychogaster emydoides), per le quali sembrerebbe di essere davanti a due specie diverse; il che d’altro canto ci persuade della variabilità che assume il tipo specifico in esame. E concludo: lo sviluppo più o meno accentuato della curvatura dei clipei, il rapporto dei diametri transversi e longitudinali delle corazze in rapporto alle loro lunghezze e larghezze, il più o. meno notevole allungamento delle scaglie golari, o umerali, o pettorali, possono considerarsi bene come delle semplici variazioni individuali, 0, al massimo, come delle varietà. Egli è perciò che indico il clipeo avanti esaminato (Tav. XIII [II], fig. 1) come una var. del Ptychogaster emydoides, ed i piastroni poco avanti discussi, come un’altra varietà della stessa specie. Alla prima varietà io darei il nome di 2, alla seconda di f. Considerando poi che la var. 2 presenta i caratteri del Ptychogaster Vandenheckii Pomet ?, ritengo che tale specie debba identificarsi con detta varietà: e che ancora il Ptychogaster Pomeli LypEKKER4 possa identificarsi con la varietà 8 non che col Ptych. abbreviatus (non abbreviata), citato dallo stesso PomeL?). Ptychogaster heteroclitus De Srrrano. — Tav! XIV [III], fig. 1 a, d. La corazza di questa specie è lunga quasi un quarto più della larghezza ed ha il clipeo poco rigonfio. Lo sviluppo che assumono la piastra sopra nucale e la prima vertebrale indicano che trattasi di .un invo- lucro appartenente ad un individuo adulto. Ben conservata è la porzione anteriore del clipeo; ma non è così per la posteriore, la quale difetta di tutte le placche marginali, non escluse quelle sopracodali e la parte inferiore dell’ultima vertebrale. Sono ben conservati i pezzi ossei delle otto paia costali. DIMENSIONI Lunghezza approssimativa del clipeo ò o 5 7 i ; , mm. 92 Larghezza dello stesso . 6 c 6 0 o 6 ò 6 ; » 74 Altezza dello stesso . Ò i ; 3 5 , à : ò Ò » 38 Lunghezza del piastrone . . Ò . ò ° : i o , » 86 Lunghezza del lobo ant. dello stesso È 5 i ò ; } ; » 26 Lunghezza del lobo post. dello stesso . ò ‘ 6 ; o ì »i 132 Larghezza del ponte piastronale È i; i . o E 3 6 » 45 Sua lunghezza . . ; È : . È d 3 ò G $ » 37 1) Catalogue meéthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts ecc., pag. 121, 1854. 2) Catalogue of the fossi Rept. and Amph. ecc. Order Chelonia, pag. 95. London, 1889. 3) Catalogue méthodique et descriptif ecc., pag. 121. Do per esteso la diagnosi del PompL: « Espèce la plus grande connue du genre, de forme allongée, ayant la première grande écaille du dos oblongue aussi large en ar- rièére qu@en avant; la supérieure du profil de la carapace monte obliguement en avant, reste à peine convexe sur une grande longueur du dos, puis redescend brusquement et rapidement au bord postérieur. La longueur est 0, 28, la largeur 0,18, la hauteur au-dessus de l’articulation du plastron 0,115 (très-vieux) ». 4 Catalogue of the foss. Rept. and Amph. ecc., Order Chelonia, pàg. 97, fig. 19. « Considerably smaller than the pre- ceding (Ptych. emydoides), with the epiplastrals less thickened anteriorly; upper surface of thickened portion of epipla- strals elongated antero-posteriorly, and without median prominence, gular shields long and narrow. The anchylosis of the component bones in the typical specimen indicates that this form cannot be the young of the type species ». >) Catalogue méthodique et descriptif ecc., pag. 121, 1854. [15] G. DE STEFANO 15 Piastre ossee dermatiche. I. — Clipeo. Vertebrali. — Lungo la linea mediana dello scudo dorsale esistono dieci pezzi, dei quali due, l'anteriore 0 nucale ed il posteriore o pigale, sono più estesi dei rimanenti. Questi ultimi costituiscono la serie ver- tebrale, la quale perciò, avuto riguardo al numero dei pezzi che la compongono, non differisce da quella che si osserva nel tipo ordinario delle Z'estudo. Il pezzo nucale, che è il più grande fra tutti quelli della serie mediana, ha forma di esagono irre- golare, col margine vertebrale breve e quello esterno molto largo. Esso occupa tutta la porzione centrale della parte anteriore del clipeo ed ha i margini latero-anteriori e latero-posteriori quasi rettilinei, mentre l'esterno ed il vertebrale s’incurvano in dentro, il primo formando una larga ma poco profonda insenatura al contorno anteriore del clipeo ed il secondo attaccando con tutto il margine anteriore della prima piastra vertebrale, curvata in avanti. La prima piastra vertebrale ha forma rettangolare ed è più piccola della seconda della stessa serie; quindi fra il pezzo nucale ed i primi due vertebrali esiste una notevole alternanza. Tale alternanza scom- parisce nelle rimanenti piastre vertebrali, le quali hanno forma quadrilaterale, coi vertici troncati, e vanno diminuendo proporzionalmente dalla seconda all'ottava. La prima piastra vertebrale, che ha forma di ret- tangolo allungato nel senso dell’asse antero-posteriore, possiede i quattro margini leggermente convessi verso l'esterno; le rimanenti della stessa serie hanno i margini anteriori concavi e quelli posteriori con- vessi leggermente verso l'esterno. I margini latero-costali sono leggermente concavi o convessi verso l'interno. Costali. — Come nelle viventi Zestudo, i pezzi costali del chelonide in esame sono in numero di otto paia, alternativamente ristretti e dilatati; ma tale carattere è meno accentuato di quanto si osserva nelle Testudo ‘a tipo ordinario. L'articolazione dei pezzi costali con quelli vertebrali è molto irregolare: essa viene espressa come segue: N VOCE: E g dai vi): I a; pei 2 Questa notazione, quando si confronti con quella della specie precedentemente descritta, Ptychogaster emydoides PomeL, manifesta subito nelle due specie la differenza di attacco fra le piastre costali con quelle vertebrali. Nell’esemplare in esame noi abbiamo una specie di Ptychogaster, il cui modo di attacco delle piastre vertebrali con quelle costali non si ritrova, nè nella Zestudo, nè nelle Emys; poichè nelle prime ognuno dei pezzi costali dilatati superiormente articola con tre pezzi vertebrali, e quelli ristretti in alto, con due soli pezzi; e nelle seconde, ogni costale attacca generalmente con due vertebrali. Nella nuova specie proposta, se non m’inganno, il piano regolatore fra i pezzi vertebrali e quelli costali ha un po’ delle Emys e un po’ delle Testudo. Infatti, la prima piastra costale attacca con la nu- cale e con le prime due vertebrali; la seconda, che ha il margine superiore ristretto e quello inferiore dilatato, attacca con una sola vertebrale, la seconda; la terza piastra costale, che ha il margine superiore dilatato e quello inferiore ristretto, attacca con due vertebrali, vale a dire, per una piccola lunghezza con la seconda piastra vertebrale e con i tre quarti anteriori della terza della stessa serie; la quarta scaglia 76 G. DE STEFANO [16] costale ha lo stesso rapporto della terza, attaccando colla parte posteriore della terza vertebrale e con la quarta della stessa serie; anche la quinta piastra costale ha il rapporto delle due precedenti, ingra- nando con la quarta e la quinta vertebrali. Le tre piastre costali esaminate, terza, quarta e quinta, hanno dunque con le vertebrali corrispondenti il rapporto che si osserva nelle Emidi, cioè, ognuna di esse at- tacca con due piastre vertebrali, con quella che la precede immediatamente di numero nella serie e con la correlativa per una considerevole lunghezza. Ma la sesta piastra costale, benchè presenti il margine superiore ristretto e quello inferiore dilatato, attacca con tre vertebrali, la quinta, la sesta e la settima; e ciò per la ragione che il sesto pezzo ver- tebrale ha il diametro transverso che’ eccede un po’ su quello antero-posteriore. Il settimo pezzo costale attacca col settimo vertebrale; ed infine l’ottavo costale, col settimo ed ottavo della serie mediana. Marginali. — Le prime quattro piastre vere marginali anteriori sono le più estese ed hanno la forma di quadrilatero irregolare, il cui margine esterno è più sviluppato di quello costale. Esse sono al- quanto inclinate sullo scudo dorsale. Le marginali laterali, presenti solamente quelle antero-laterali del lato destro, sono un po’ più lunghe che larghe, sono in altri termini di forma rettangolare, e manifestano tutte le stesse dimensioni. II. — Piastrone. Il piastrone di questa specie è molto più lungo posteriormente anzi che al lobo anteriore, come si osserva nelle forme del genere Ocadia Gray ®, 0. crassa Owen sp.? ed 0. Quweniì LyDEKKER 5) dell’eocene inglese, Ocadia sansaniensis LartET sp.) dell’elveziano francese, ecc. A questo notevole carattere bisogna aggiungere l’altro che, tanto il contorno marginale del lobo piastronale anteriore quanto quello del lobo posteriore, sono conformati in modo molto diverso da quello degli altri Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy. Epipiastrone. — Le ossa epipiastronali hanno forma trapezoidale e sono rigettate tutte in avanti della scatola ossea: ognuna di esse è estesa presso a poco quanto l’entosternum. Il loro campo, nella porzione anteriore, è occupato dalle scaglie golari, le quali intaccano ancora l’angolo antero-interno del- l’entopiastrone: il loro campo, nella regione posteriore, è invaso dalle scaglie umerali. Il solco umero- pettorale è molto distante dalle suture epi-iopiastronali, le quali staccandosi dai vertici esterni degli an- goli laterali dell’osso entopiastronale si dirigono leggermente inclinate dall’indietro in avanti verso il margine libero esterno. Entopiastrone. — L’osso impari ha forma di losanga, allungata nel senso del diametro antero-posteriore. I suoi margini posteriori s’incurvano in vicinanza della sutura mediana, mentre quelli anteriori convergono con questi ultimi in due angoli ottusi al limite dei vertici esterni formati dagli angoli suturali epi ed ento-iopiastronali. A differenza di quanto si osserva nell’entopiastrone del Ptychogaster emydoides PomeL, quello in esame è più allungato nel senso del diametro antero-posteriore, e, relativamente, più breve nel senso di quello trasverso. Iopiastrone. — I due pezzi iopiastronali sono i più grandi fra quelli componenti lo scudo ventrale: essi sono quasi tanto lunghi che larghi, ed il loro margine posteriore, normale alla sutura mediana, coincide 1) Suppl. Cat. Shield. Reptiles ecc., pag. 35, 1870. 2) Owen. Reptilia of London Clay ecc. Mon. Pal. Soc., pag. 76, 1849, fig. 24. — LyDnKKER. Cat. of the foss. Rept. and Amph. ecc., pag. 115. London, 1889. ; 3) LyDEKKER. Cat. of the foss. Rept. and Amph. ecc., pag. 115. London, 1889. 4 De Srerano. Cheloniani fossili cenozoici. Bull. Soc. geol. Ital., vol. XXI (1902), fasc. II, pag. 296, tav. IX, fig. 2. [17] G. DE STEFANO 71 quasi con l'articolazione delle scaglie pettorali ed addominali. Una così fatta disposizione simulerebbe quanto si osserva nei piastroni delle Cistudo, nei quali l'articolazione fra i pezzi ossei iopiastronali ed ipo- piastronali coincide con la sutura delle sovrapposte corrispondenti scaglie pettorali e addominali. In effetti però nel chelonide in esame, quest’ultima dista qualche millimetro dalla prima. Ipopiastrone. — È di forma quadrilaterale (considerando ciascun pezzo separatamente), ed un po? meno esteso dei precedenti pezzi iopiastronali. Il suo margine esterno, che nella metà posteriore forma il contorno posteriore del lobo piastronale, è regolarmente arcuato; il margine posteriore si dirige con leggiera inclinazione dall’avanti indietro. Xifipiastrone. — I pezzi xifipiastronali sono allungati e col margine esterno arcuato in modo tale che il lobo posteriore dello scudo si restringe notevolmente dall’avanti all’indietro. I loro margini posteriori determinano nei loro punti di convergenza una insenatura ad angolo ottuso, limitata sui lati da una genza dell’angolo postero-esterno di ciascuno delle due ossa in esame. Scaglie del clipeo. Vertebrali. — Le prime quattro scaglie vertebrali hanno forma esagonale; l’ultima di pentagono irregolare: i loro lati più lunghi sono quelli anteriori e posteriori, fatta eccezione dell’anteriore della prima e di quello della quinta, i quali sono relativamente corti. Le tre scaglie mediane hanno un dia- metro tranverso che eccede quello antero-posteriore; mentre la prima e la quinta sono quasi tanto lunghe che larghe. Il margine anteriore della prima vertebrale attacca con il posteriore della nucale; i margini latero- anteriori con quelli interni della prima coppia marginale; quelli latero-postériori con i margini interni del primo paio costale. Il margine posteriore combacia esattamente con l’anteriore della seconda scaglia. La seconda, la terza e la quarta scaglia vertebrali hanno i margini latero-anteriori sempre più corti dei latero-posteriori, coi quali formano angoli interni molto aperti, dal cui vertice esterno si distaccano le suture unenti le diverse scaglie costali. La quinta scaglia vertebrale ha un contorno pentagonale; il margine più sviluppato è quello poste- riore, ed il più breve l’anteriore. I margini latero-costali hanno le stesse dimensioni: essi formano col margine vertebrale due angoli molto aperti. Passando al rapporto esistente fra la disposizione dei pezzi ossei vertebrali e delle scaglie esaminate, è da notare che la metà posteriore del pezzo nucale ed il primo pezzo vertebrale occupano il campo della prima scaglia appartenente a tale serie; il secondo pezzo osseo e la metà anteriore del terzo sono si- tuati nel campo della seconda scaglia; la metà posteriore del terzo e tutto il quarto occupano il campo della quarta scaglia, nel quale è anche situato il terzo anteriore del quinto pezzo osseo vertebrale; i due terzi posteriori di quest’ultimo, il sesto ed i due terzi anteriori del settimo stanno nell’area occupata dalla quarta scaglia vertebrale. Costali. — Le scaglie del primo paio costali hanno forma quadrilaterale: il loro margine superiore attacca con il latero-anteriore della seconda scaglia vertebrale; quello inferiore, curvato regolarmente ad arco di cerchio, attacca coni margini interni delle scaglie marginali vere costituenti le prime tre paia non che la metà anteriore di quelli del quarto paio. Le scaglie costali del secondo e terzo paio hanno forma di pentagono irregolare con i margini latero-posteriori sempre più corti di quelli latero-anteriori, quelli costali lunghi e quasi paralleli fra essi, e gli inferiori curvati ad arco di cerchio. Le scaglie costali del secondo paio sono le più estese di tutta la serie. Il margine supero-anteriore della seconda costale attacca 78 G. DE STEFANO [18] col latero-posteriore della seconda vertebrale; quello. supero-posteriore con l’anteriore laterale della terza vertebrale; il margine supero-anteriore della terza costale attacca con quello latero-posteriore della cor- relativa vertebrale; quello supero-posteriore con il latero-anteriore della quarta vertebrale. Le scaglie del quarto paio costali hanno forma di quadrilatero irregolare: i loro margini infero- marginali e antero-costali sono curvilinei, ed unendosi al limite del margine interno formano con quelli anteriori angoli acuti. Il margine posteriore delle scaglie in questione attacca con il laterale della quinta vertebrale e forma anche un angolo acuto col superiore. Marginali. — La nucale è quadrilaterale, con il margine anteriore breve e leggermente concavo in dentro; il suo margine interno è più sviluppato dell’esterno: quelli latero-marginali sono di egual lun- ghezza, ed incurvandosi, si dirigono obliquamente dall’indietro in avanti. Una così fatta disposizione dei quattro margini esaminati rende la scaglia nucale della specie in istudio ben differente da quella degli altri Ptychogaster, poichè essa ha un diametro transverso più svi- luppato di quello antero-posteriore e la superficie allargata notevolmente indietro. Le prime due vere marginali, collaterali alla nucale, sono di forma pentagonale: le rimanenti pre- senti della stessa serie sono della forma di quadrilateri irregolari, con i diametri radiali quasi di eguale lun- ghezza di quelli transversi. Tanto le scaglie vertebrali e costali quanto quelle marginali sono ornate da pieghe concentriche. Scaglie del piastrone. Golari. — Sono le scaglie più piccole della serie piastronale ed hanno forma triangolare: i loro margini interni convergono sulla porzione anteriore dell’entopiastrone, quelli laterali dirigonsi dall’indietro in avanti, curvati ad arco di cerchio. Umerali. — Queste scaglie hanno forma trapezioidale, e sono più estese delle precedenti non che delle anali. Il soleo umero-pettorale intacca la regione posteriore dell’entopiastrone ed è normale alla sutura mediana longitudinale nei due terzi prossimali a quest’ultima; distalmente esso s’inflette dall’indietro in avanti. Pettorali. — Le pettorali sono estese più del triplo delle scaglie umerali e sono ancora più larghe che lunghe. Il solco pettore-addominale, come il precedente, normale in prossimità della sutura mediana all'asse antero-posteriore dello scudo, s’incurva in avanti verso le estremità esterne. Addominali. — Queste scaglie sono più strette delle pettorali per il fatto che la porzione del pia- strone che resta posteriormente alla sutura io-ipòpiastronale si restringe a mano a mano che ci si ap- prossima allo xifipiastrone. La linea marginale fra le scaglie addominali e quelle femorali si distacca dalla sutura mediana due volte arcuata; prossimalmente forma due larghe insenature. indietro; distalmente volge una leggera convessità in avanti. Femorali. — Queste scaglie, per la conformazione del lobo piastronale posteriore, sono relativamente corte nella regione della sutura mediana ed allungate invece nella regione marginale esterna, di guisa che il loro diametro antero-posteriore, o l’intervallo che segnano sulla sutura mediana, ha uno sviluppo che è quasi la metà del margine laterale libero. La porzione anteriore delle scaglie femorali riposa sulla regione dell’ ipopiastrone e quella posteriore sull’anteriore dello xifipiastrone, in modo che la loro superficie resta divisa in due parti eguali su ciascuna delle due ossa dalla sutura ipo-xifipiastronale. Anali. — Queste scaglie sono piccole ed hanno forma di losanga: la sutura femore-anale è leggermente arcuata e sinuosa; nella parte mediana essa si dirige dall’ avanti all’indietro. I margini posteriori sono regolarmente arcuati e concorrono a formare, insieme alle sottostanti ossa, i due lobi posteriori piastronali. [19] G. DE STEFANO 79 Ptychogaster testudinoides Dr Srerano. — Tav. XIV [III], fig. 2; Tav. XV [IV], fig. 1, 2. In questa nuova specie lo scudo dorsale è più lungo che largo e molto rigonfio rispetto agli assi antero-posteriore e transverso. Tale rigonfiamento è più accentuato nella regione posteriore, dove i pezzi ossei marginali urtano contro quelli costali quasi perpendicolarmente a questi ultimi. Gli esemplari esaminati hanno quasi tutti incompleto il clipeo, mancando la serie marginale, ed in alcuni anche porzione della costale. Lo scudo dorsale meglio conservato spetta ad un individuo adulto, che è stato restaurato per meglio studiarlo: in esso manca il piastrone. Gli altri avanzi hanno il pia- strone più o meno ben conservato, ma appartengono a giovani individui. A) Esemplare adulto (manca il piastrone). iz, DINI DOO]: ai 23 davo SOY NI) ci dl DIMENSIONI Lunghezza del clipeo . È . 0 0 0 0 , ò ; 5 mm. 257 Sviluppo dell'arco di curvatura longitudinale dello stesso : ; ; » 318 Larghezza massima dello stesso . . o 0 : . o 6 o » 178 Elevazione verticale . 6 ò ‘ 5 È ; ; - È ò » 110 Piastre ossee dermatiche del clipeo. Vertebrali. — Lungo la serie mediana dello scudo si eontano dieci pezzi ossei, dei quali otto, escluso il primo e l’ultimo, formano il sistema vertebrale. Il primo pezzo costituisce la piastra nucale, molto estesa, a forma di esagono irregolare e nel cui campo sono collocate, la scaglia nucale, le regioni latero- anteriori delle due scaglie collaterali marginali, la metà anteriore della prima scaglia vertebrale e gli angoli supero-anteriori di quelle del primo paio costali. È notevole la irregolarità dei margini della sopra detta scaglia nucale, che non si riscontra nelle altre delle specie già descritte. Il margine interno, che è il più corto fra i sei, e quello esterno, sono concavi in dentro: i margini latero-posteriori, curvati ad arco di cerchio ed in avanti, si riuniscono a quelli antero-laterali, anch'essi curvati due volte, formando un angolo ampio quasi la metà di un retto. La prima piastra vertebrale ha forma di quadrilatero irregolare, il cui diametro antero-posteriore eccede di qualche millimetro quello trasverso: la sua regione anteriore è un po’ più stretta della posteriore ed i quattro margini che la limitano sono più o meno regolarmente convessi verso l’esterno. La seconda piastra della stessa serie è più larga che lunga, e più estesa della seconda; essa ha forma di ottagono irregolare, i cui lati anteriore, posteriore e laterali sono curvati in dentro, ed i più lunghi: La terza piastra è come la prima, della forma di un quadrilatero irregolare, la cui lunghezza eguaglia quasi la larghezza: essa è più pic- cola della precedente della serie ed i suoi margini sono convessi verso l’ esterno. La quarta vertebrale può considerarsi come un quadrilatero cogli angoli smussati, e si potrebbe perciò considerare come un ottagono coi lati, anteriore, posteriore e laterali, molto sviluppati a detrimento dei rimanenti quattro: essa, come la precedente (terza), ha gli anzidetti margini laterali e vertebrali convessi verso l’esterno; ma è un po’ più estesa. Dalla quinta vertebrale in poi, dato lo stato di conservazione del fossile, non è possibile dare un esatto giudizio: ma da quanto si osserva nella regione posteriore dello scudo di altri esemplari da includere nella specie in esame, e da quanto si constata nello stesso clipeo restaurato, la quinta piastra è quadrilaterale e presso che tanto lunga che larga; e la sesta, settima e ottava hanno anch’ esse la stessa conformazione. È da notare però che la superficie va gradualmente diminuendo dalla quinta in poi, 80 G. DE STEFANO [20] x in modo che nella regione posteriore non esiste alternanza in grandezza, la quale, come si è visto, è notevole a partire dal pezzo nucale fino al quarto della serie mediana. Costali. — Il numero dei pezzi ossei costali è anch’ esso normale, vale a dire, esistono otto paia di coste che urtano contro i fianchi della serie vertebrale. Detti pezzi ossei alternano come nelle Testudo a tipo ordinario: a quelli dilatati prossimalmente e ristretti distalmente succedono quelli ristretti pros- simalmente e dilatati distalmente; di guisa che il loro attacco con i pezzi ossei vertebrali è identico a quello delle tipiche Zestudo: le piastre dilatate al margine superiore attaccano con tre piastre della serie me- diana; quelle ristrette al margine superiore con una sola piastra vertebrale. Ciò si verifica nel modo che segue: N V V NE: Wa Va Vi Vi Vs Egli è evidente che i pezzi dell’ultimo paio costali, oltre che con la correlativa piastra vertebrale debbono anche attaccare con la pigale, e su ciò sarebbe inutile insistere oltre. Ma quello che è notevole, riguardo alle specie dei Ptychogaster già descritte, è il rapporto costante che si manifesta fra le costali e le vertebrali, rapporto pel quale ogni pezzo costale impari si articola con tre pezzi vertebrali, ed ogni pezzo pari con uno solo vertebrale. Marginali. — I pezzi ossei marginali sono in numero di ventiquattro compreso quello nucale in avanti e la piastra pigale indietro: quindi, le vere marginali, comprendono undici paia di ossa, il cui diametro radiale generalmente è quasi il doppio di quello parallelo alla corona da essi costituita. Se si esamina l'insieme formato dagli anzidetti pezzi con il nucale ed il pigale, si osserva che essi concor- rono ad aumentare in particolar modo la notata elevazione verticale dello scudo, in quanto che mentre la piastra nucale e quella pigale, non che le adiacenti a queste ultime, hanno poca inclinazione rispetto all’asse verticale dello scudo stesso, le rimanenti, situate ai fianchi, sono quasi decisamente verticali a questo ultimo e colla faccia esterna inclinata allo avanti. Ma la regolarità nel numero e nella disposi- zione della serie marginale va congiunta alle relazioni esistenti fra i pezzi di detta serie e quelli costali, che non sono conformi al piano generale regolante la costituzione dello scudo dorsale nella generalità delle Testudo: in queste, le piastre marginali urtano alternativamente ora con una sola ed ora con tre piastre costali, mentre nel Ptychogaster in studio, ogni pezzo della serie marginale, fatta eccezione di quelli for- manti le prime tre paia anteriori, attaccano successivamente sempre con due piastre costali, ed in modo tale che mentre i pezzi delle prime tre paia marginali e la porzione anteriore di quelli del quarto sono situati nel campo compreso dal margine inferiore delle piastre costali del primo paio, i rimanenti, a par- tire dal quarto medesimo, suturano col pezzo costale correlativo, per quasi la metà lunghezza del loro margine interno, e col pezzo costale di una unità di meno. Scaglie del clipeo. Vertebrali. — La prima è tanto lunga che larga, ha forma quadrilaterale ed occupa il campo rac- chiuso dalla parte mediana e posteriore del pezzo nucale non che i due terzi anteriori del primo verte- brale. I suoi margini laterali e anteriore sono sinuosi; quelli latero-costali attaccano col margine interno della nucale e le porzioni superiori delle due collaterali marginali. Il margine anteriore, in fine, svilup- pandosi in linea curva, forma in avanti tre lobi. La seconda, la terza e la quarta scaglia vertebrali, sono tutte più estese della prima, hanno forma [21] G. DE STEFANO 81 di esagono irregolare e variano ben poco nelle loro dimensioni. Il loro diametro trasverso è sempre più lungo di quello antero-posteriore; i loro margini più sviluppati sono gli anteriori ed i posteriori, se si eccettui la quarta, il cui margine posteriore eguaglia in lunghezza i latero-costali. I margini latero-costali anteriori sono sempre più sviluppati dei latero-costali posteriori; ma tutti s’incurvano in dentro, fatta eccezione per i latero-anteriori della seconda e quelli latero-posteriori della quarta, che sono irregolari. La quinta scaglia vertebrale ha forma di quadrilatero irregolare: il suo margine interno è il più corto fra i quattro che la delimitano: quello inferiore è il più sviluppato, in modo tale che esso forma con i latero-costali e questi alla lor volta con il superiore, quattro angoli, due superiori aperti, e due inferiori acuti. Il predetto margine inferiore attacca con la scaglia pigale, divisa, e con le porzioni interne delle due collaterali marginali. i Dal vertice esterno degli angoli formati dai margini latero-anteriori e posteriori della seconda, terza e quarta scaglia si staccano le suture delimitanti le scaglie del primo, secondo, terzo e quarto paio costali. In fine, la superficie esterna di tutte le scaglie vertebrali è ornata da pieghe concentriche, poco ri- levate e parallele ai margini esterni; pieghe che si attenuano in leggere sfumature man mano che si allontanano dalla periferia. Avuto riguardo alle relazioni esistenti fra le predette scaglie ed i sottostanti pezzi ossei, si può osservare che, la prima occupa, come già si è accennato, il campo della regione po- steriore del pezzo nucale ed i due terzi anteriori del primo pezzo vertebrale: la seconda scaglia investe il campo del terzo posteriore del primo pezzo, tutto quello del secondo e la metà anteriore del terzo vertebrale; la terza scaglia occupa la superficie compresa dalla metà posteriore di quest’ultimo, dal quarto pezzo ed il terzo anteriore del quinto: la quarta scaglia comprende i due terzi posteriori, del quinto pezzo, più il sesto e quasi tutto il settimo: il campo dell’ottavo e della regione anteriore della piastra pigale è occupato dalla quinta scaglia vertebrale. Costali. — Ad eccezione delle scaglie del primo paio costale, le rimanenti della serie presentano tutte la stessa conformazione, cioè, sono rettangolari nel senso transverso, e più larghe che lunghe: la loro lar- ghezza in rapporto alla lunghezza va diminuendo gradualmente dalle scaglie del secondo paio a quelle del quarto. Le scaglie del primo paio hanno forma di quadrilatero irregolare, che si allunga molto in avanti dello scudo: il loro margine superiore attacca con quello antero-laterale della seconda scaglia vertebrale, mentre l'anteriore limita in tutta la sua lunghezza quelli laterali della prima scaglia vertebrale e forma col primo un angolo molto aperto. Il margine inferiore attacca con le scaglie del primo, secondo, terzo, quarto e la porzione anteriore del quinto paio marginali. Le scaglie del secondo paio costali, un po’ meno estese delle precedenti, per effetto della disposizione dei margini antero e postero-laterali della seconda e terza scaglia vertebrale, hanno il margine superiore curvato e spezzato nella parte mediana, in guisa che esse potrebbero essere considerate ancora come di forma pentagonale irregolare. Le scaglie costali del terzo paio hanno i loro margini vertebrali ancora più arcuati: e quelle invece del quarto paio costali, attaccando coi soli margini posteriori della quarta scaglia vertebrale, hanno i loro margini superiori rettilinei. È da notare ancora che le suture menti le scaglie del secondo e terzo paio nonchè quelle di quest’ultimo con il quarto, prossimalmente incurvano dall’avanti all'indietro e dal di fuori al di dentro: tale carattere è più accentuato nell’ attacco delle scaglie del terzo e quarto paio. Invece, la sutura unente le scaglie del quarto paio costali con la quinta vertebrale, per la conformazione dello scudo dorsale nella regione lombare, s’incurva prossimalmente dall’indietro all’ avanti. La superficie esterna di tutte le scaglie costali esaminate è ornata da pieghe concentriche poco prominenti e parallele al margine superiore e a quelli laterali: dette pieghe svaniscono man mano che si allontanano dalla periferia. Distalmente le scaglie sono ornate da sottilissime e numerose strie Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. abs 82 G. DE STEFANO [22]! parallele fra loro ed al margine inferiore, strie che svaniscono gradualmente dal basso all’alto fino a scom- parire del tutto nella regione mediana della superficie. Marginali. — La nucale ha forma di quadrilatero, del quale due lati opposti, i margini laterali, sono eguali: al contrario, il margine posteriore è quasi il triplo dell’anteriore; il quale unitamente a quelli esterni liberi, molto incurvati, delle due vere marginali del primo paio, forma una insenatura larga e poco profonda all’estremità della testa dello scudo dorsale. I margini laterali sono curvati verso l'esterno ed inclinano dall’indietro in avanti e dal di fuori al di dentro. Un notevole carattere della nucale stessa si ha in ciò: mentre i suoi margini laterali sono sovrapposti ai due margini anteriori delle due marginali collaterali, quello interno trovasi in opposizione al margine anteriore della prima scaglia vertebrale. Questa particolarità non può essere dovuta alla fos- silizzazione, ed ammette al massimo un’anomalia. Le vere marginali sono più larghe che lunghe, in particolar modo quelle che occupano la regione anteriore o stanno addossate ai fianchi. Quelle della regione lombare sono quasi tanto lunghe che larghe: quelle latero-posteriori sono poi concave sulla loro faccia esterna. In generale, tutte le scaglie della serie marginale hanno il margine interno più lungo di quello esterno libero: tale sviluppo: è particolarmente notevole nelle quattro della regione anteriore, le quali, inclinando leggermente, si allungano molto avanti dello scudo dorsale. Non si distinguono bene le ultime scaglie della regione posteriore a causa del mastice che in tal punto copre il fossile restaurato: ma ad ogni modo si osserva che la pigale è divisa in due e che:le scaglie dell’ ultimo paio hanno il diametro radiale così ridotto da essere uguale a quello transverso, ed i due pezzi perciò hanno forma quadrata. Anche le marginali, in particolare quelle laterali e posteriori, hanno sulla loro superficie gli orna- menti notati sulle scaglie costali. B) Esemplari giovani. — Tav. XV [IV], fig. 2. Sono due esemplari, quasi delle stesse dimensioni, dei quali uno ha perduto quasi tutto lo scudo dor- sale, e l’altro non ne conserva che la sola regione posteriore; essi hanno discretamente ben conservati i pezzi piastronali, che, come si è visto, mancano nell’individuo adulto. DIMENSIONI DEI DUB PIASTRONI I TI Lunghezza del piastrone . È 6 3 5 c È mm. 210 mm. ? Sua larghezza . : o : : : o . : » 140 » 145 Lunghezza del ponte piastronal o , 5 . ò DU Sy » 92 Lunghezza del lobo anteriore piastronale È o 2 » 54 » ? Lunghezza del lobo posteriore dello stesso . d 6 » 70 » 71 Pezzi ossei del piastrone. I due detti esemplari hanno il piastrone, relativamente alla lunghezza del loro clipeo, del quale si osservano i pezzi della serie marginale, corto. Difatti, la sua estremità anteriore resta più indietro del margine esterno della nucale di quasi un centimetro: l'estremità posteriore resta ancora più indietro dal margine esterno della pigale, distando da quest’ultimo di ben mm. 15. [23] G. DE STEFANO 83 Un altro caratteré notevole, subito appariscente, è quello del lobo posteriore piastronale più largo di quello anteriore, ed in modo che le insenature inguinali sono più strette e meno profonde di quelle ascellari. Nè bisogna trascurare infine che il contorno del lobo piastronale posteriore è così regolarmente arcuato, da formare presso a poco una semicirconferenza, troncata all’estremità posteriore dell’asse an- tero-posteriore dello scudo, dove i margini interni dei pezzi ossei xifipiastronali formano una poco pro- fonda e stretta insenatura. Epipiastrone. — È più largo che lungo, rigettato in avanti della scatola ossea in modo che ne occupa la parte marginale anteriore e laterale del lobo piastronale anteriore. Le suture che uniscono i margini posteriori con quelli anteriori dell’iopiastrone, distalmente si piegano ad arco fino al limite dell’ insenatura: esse si dirigono obliquamente dall'interno all’esterno e dall’indietro all’avanti: il loro punto di distacco dal vertice esterno dell’angolo formato dai margini anteriori e posteriori dell’entopiastrone coincide col solco umero-pettorale che attraversa quest’ultimo osso. Per effetto dei margini esterni dell’epipiastrone, poco curvati in avanti, il contorno piastronale, alla regione delle scaglie solari, è troncato. Entopiastrone. — L’entosternum ha forma romboidale, ed è tanto lungo che largo. Si nota che la sutura mediana, nel suo campo, non si sviluppa in linea retta, ma, spezzata due volte, forma con il solco umero-pettorale, che attraversa l’osso nei punti di attacco delle suture epi- io- ed entopiastronali, quattro regioni, due a superficie triangolare e due a superficie trapezoidale, le quali sono opposte ed eguali. I margini anteriori e posteriori dell’ entopiastrone formano quattro angoli interni, dei quali, l’anteriore ed il posteriore sono meno ampi del retto. Iopiastrone. — I pezzi ossei iopiastronali sono molto sviluppati in superficie in confronto a quelli già descritti entopiastronali ed epipiastronali. Il loro margine anteriore ha un andamento regolare e nor- male alla sutura mediana, solo che distalmente esso s’inarca dall’avanti in dietro andando a cadere a pochi millimetri di distanza dal fondo dell’insenatura ascellare. I margini esterni, liberi nel terzo ante- riore, nei due terzi posteriori restano saldati allo scudo dorsale e s’incurvano in fuori. La sutura io-ipopia- stronale, che distalmente coincide quasi con quella unente le scaglie pettorali alle addominali, nella regione mediana si allontana un po’ indietro. Tpopiastrone. — Sono i pezzi piastronali più estesi, che costituiscono la sesta e settima pari dello scudo; la loro massima larghezza corrisponde presso a poco alla loro massima lunghezza; la regione po- steriore è attraversata dal solco femore-addominale, che, distaccandosi dalla sutura mediana longitudinale, va a terminare al fondo della insenatura inguinale. La sutura ipo-xifipiastronale è curvata ad arco di cerchio e si distacca da quella mediana longitudinale, inclinando dall’avanti all’indietro. Xifipiastrone. — I pezzi dello xifipiastrone sono di forma triangolare e molto più estesi dell’ento- piastrone e dell’epipiastrone: essi occupano i due terzi della superficie del lobo piastronale posteriore. I loro margini esterni liberi sono poco sinuosi, e determinano, per la loro congiunzione all’estremo posteriore della sutura mediana, una stretta insenatura, limitata sui lati dalla sporgenza dell'angolo posteriore esterno di ciascuna delle due ossa. Scaglie del piastrone. Golari. — Queste scaglie sono piccole, di forma irregolarmente triangolare e situate alla estremità del piastrone in modo tale che il vertice posteriore formato dai loro margini interni non sorpassa il vertice dell'angolo costituito dai margini anteriori dell’entopiastrone. I loro margini laterali, che confinano con le scaglie umerali, sono i più lunghi e inclinano notevolmente dal di dentro all’infuori. 84 G. DE STEFANO [24] Umerali. — Le scaglie umerali sono le più estese della serie, dopo quelle padana e pettorali. Il loro margine posteriore forma con la sutura epi-iopiastronale un angolo poco aperto, e risulta normale a quella mediana. Esse occupano in superficie la porzione latero-posteriore dell’ epipiastrone, tutto l’ento- piastrone, e la ragione anteriore dell’iopiastrone ed hanno forma trapezoidale. Pettorali. — Le scaglie pettorali sono quasi tanto larghe che lunghe e rimangono comprese nel campo dei pezzi iopiastronali. Date le ali di attacco della porzione anteriore del ponte sternale, le quali sono anch’esse coperte dalle suddette scaglie, la massima larghezza di queste ultime si misura nella regione mediana, mentre la massima lunghezza è data dall’intervallo che misura il margine interno sulla sutura mediana longitudinale. Tenendo perciò conto dello sviluppo che assumono i margini esterni, le scaglie pettorali hanno forma quatrilaterale e molto irregolare al limite della insenatura ascellare. Addominali. — Queste scaglie hanno forma rettangolare nel senso dell’asse transverso, e col margine anteriore quasi eguale a quello posteriore, il quale nella sua estremità distale limita col fondo della in- senatura inguinale. I due anzidetti margini si distaccano dalla sutura mediana con direzione normale all’asse antero-posteriore: quello posteriore però distalmente ha una leggera inclinazione dall’indietro al- l’avanti. Le scaglie addominali occupano i due terzi anteriori dei pezzi ipopiastronali. Femorali. — Queste scaglie occupano il terzo posteriore dell’ipopiastrone e la metà anteriore dei’ pezzi xifipiastronali. Hanno forma di quadrilatero irregolare, e, a causa del contorno del lobo poste- riore dello scudo, i loro margini esterni liberi assumono uno sviluppo doppio dell’intervallo che segnano quelli interni sulla sutura mediana. La sutura femore-anale si distacca da quella mediana in forma di doppia ondulazione, è curvata in avanti, ed inclina dall’avanti allo indietro. La sutura ipo-xifipiastronale divide la superficie delle scaglie in questione in due opposte regioni presso che eguali. Anali. — Esse hanno forma triangolare e sono le meno estese nella serie delle scaglie componenti lo scudo inferiore, eccezion fatta per le golari. Situate sulla regione posteriore dei pezzi xifipiastronali, delimitano coi loro margini esterni, all’estremo dell’asse antero-posteriore, una stretta e poco profonda insenatura, limitata sui lati dalla sporgenza dell’angolo postero-esterno che formano ciascuna delle due scaglie. COMPARAZIONE E RIASSUNTO Le specie da me riconosciute con l’esame fatto sul materiale della collezione MiLnE-EDpwARDS, con- servata nel Museo di Storia Naturale di Parigi, sono tre: 1. Ptychogaster emydoides Power 3. Ptychogaster testudinoides De SrerANO. 2. » heteroclitus Dr STEFANO Quanto alla prima specie, il Ptychogaster emydoides, presenta notevoli variazioni individuali, delle quali io già ne ho notate due: la varietà a coni caratteri del Ptych. Vandenheckii PomeL, e la varietà f con affinità al Ptychogaster Pomeli Lvypetker e al Ptych. abbreviatus PomEL. La seconda specie, il Ptychogaster heteroclitus De STEFANO, differisce dalla prima per la conformazione generale di tutto lo scudo, ed in particolare, per il rapporto esistente fra le piastre vertebrali e costali [25] G. DE STEFANO 85 dello scudo, e per la conformazione e disposizione dei diversi pezzi ossei piastronali. Essa poi presenta pochissime analogie con le specie meglio note del terziario europeo. Il Ptychogaster Laharpei Ports sp.) è lungo mm. 220, ha uno scudo molto allungato, e la serie vertebrale, per non citare altri caratteri, è composta in modo che i pezzi ossei posteriori hanno forma esagonale. Il Ptychogaster (Cistudo) Kunzi GoLuizz et Lueron sp.?, della molassa miocenica svizzera, ne differisce per le dimensioni della corazza e per il piano regolante le diverse piastre e scaglie dello scudo non che del piastrone. Il Ptychogaster Lepsiiù ReINACE 3), dell’oligocene medio tedesco, ha una corazza arrotondata, carattere che si osserva ancora più spiccato nel Ptych. rutundiformis GoLuirz et Lueron sp.‘ della molassa langhiana di Losanna. Gli altri Ptychogaster dell’oligocene o miocene tedesco e svizzero, quali, ad esempio, Ptych. Boettgeri Reinaca, Ptych. Laurae Becter et Forster”, Ptych. Heeri PortIs sp. 9), ecc., hanno delle amalogie con la nota specie emydoîdes o col Ptych. Laharpei. Perciò, conoscendo il tipo Reteroclitus, descritto in questo lavoro, e gli altri due sopra citati, che da quest’ultimo si allontanano, sarebbe superflua una più detta- gliata comparazione. In fine, la terza specie descritta, il Pfychogaster testudinoides DE STEFANO, senza ripetere le già ac- cennate comparazioni, si allontana dal tipo emydoides, per la conformazione della sua corazza, rigonfia, per la conformazione dello scudo inferiore, e per le relazioni esistenti fra le piastre vertebrali e costali del suo scudo, le quali richiamano alla mente quelle delle analoghe ossa esistenti nelle Zestudo a tipo normale. Detta specie perciò si allontana di più del Ptychogaster heteroclitus dal Ptych. emydoides; e per conseguenza si allontana di più dal Ptych. Heeri PortIs sp., dal Ptych. Lepsii ReInACcH, dal Ptych. Boettgeri ReInACH e dal Ptych. Roemeri REINACH, anzi che dal Ptych. Laharpei Ports sp. e Piych. Kinkelini REINACH. Lasciando da parte il Ptychogaster emydoides, abbastanza noto per essere messo in dubbio il suo valore specifico, gli altri due, Reteroclitus e testudinoides, sono due specie ben definite. Il VarLcant? ritenne giustamente che la curvatura ed il rapporto dei diametri del clipeo degli esemplari componenti il mate- riale di Saint-Gérand-le-Puy devono essere considerati come delle variazioni individuali, anzi che, come pensò il PomeL ed altri, caratteri bastevoli per creare diversi tipi specifici. E di tali idee sono anch’io. Perciò ho fatto sul materiale miocenico di Saint-Gérand-le-Puy uno studio basato principalmente sulle relazioni esistenti fra i pezzi ossei costali e vertebrali e di quelli del piastrone. Poichè se una più o meno eleva- x ‘ zione dello scudo dorsale non è carattere sufficiente per definire un tipo specifico, sapendo che nei che- - 4 Picret et HumBERT. Monogr. des Chéloniens de la mollasse suisse. Mat. pour la paléont. suisse, pag. 25 e seg., tav. IV, V. — PortIs. Les Chéloniens fossiles de la mollasse vaudoise ecc., pag. 10-19; tav. I-III. — ReINACH. Schildkrò- tenreste im Mainzer Tertitirbecken ecc., pag. 26; tav. VII-XII. 2 GoLLirz H. A. et Luzon M. Note sur quelques Chéloniens nouveaux de la mollasse langhienne de Lausanne. Mém. Soc. paléont. suisse, vol. XVI, pag. 13, tav. VI-IX, 1889. — REINACH.. .Schildkrotenreste im Mainzer Ter- ticirbecken ecc., 1900. 3) RainacH. Schildkrotenreste im Mainzer Terticirbecken ecc., pag. 33, tav. XIII-XVI. 4 GoLLIirz et LuGron. Note sur quelques Chéloniens nouv. de la moll. de Laus. ecc., pag: 18, tav. X-XIII. 5) ReInACH. Loc. cit., pag. 60, tav. XXII-XXVIII. 6) PortIS. Les Ohéloniens de la mollasse vaudoise ecc., pag. 47, tav. XVIII-XX, — ReInACH. Schildkrotenreste im Mainzer Terticirbecken ecc., pag. 40, tav. XVII-XIX. © VarLLant. Sur le genre Ptychogaster Pomnr, Chélonien fossile de Suint-Gérand-le-Puy. €. R. Acad. Sc., tom. XCVII, pag. 1152. Paris, 1883. 86 G. DE STEFANO [26] loni in generale (e nel nostro caso, nei Ptychogaster) le variazioni di una stessa forma sono abbastanza notevoli, a seconda dell'età, del sesso, od altro, l’attacco ed il rapporto fra le diverse ossa dello scudo non possono subire alterazione nelle loro relazioni in qualunque età dell'animale ed in qualunque sesso. Di guisa che, ricordando quanto si è detto nelle pagine precedenti, e tenute per un momento nelle debite considerazioni le specie fondate dal PomeL e dal LypEkkER sull’osservazione del materiale ora conservato nel British Museum di Londra, il gen. Ptychogaster, nel calcare aquitaniano di Saint-Gérand-le- Puy, sarebbe rappresentato dalle seguenti specie: 1. Ptychogaster emydoides Pow. 5. Piychogaster (?) caylurensis Lvp. 2 » Vandenheckii Pow. 6. » heteroclitus De STEF. D » abbreviatus Pom. Ue » testudinoîdes De StEF. 4 » Pomeli Lyp. To ritengo che le specie Vandenheckiù PomeL, abbreviatus PomreL, Pomelì LYDEKKER, siano delle varietà della specie emydoîdes; nel qual caso il numero delle forme citate si ridurrebbe a quattro e cioè: 1. Ptychogaster emydoides PomeL. 3. Ptychogaster heteroclitus De Srer. 2. > (?) cayluxensis Lvp. 4. » testudinoides De Ster. Di queste quattro specie, a mio avviso, il Ptych. (?) caylurensis Lwp., non è ben conosciuto. Io mi astengo adunque di dire altro sulla sua conformazione. Delle altre tre specie, due, il Ptychogaster emydoides ed il Ptych. testudinoides hanno costituito il loro scudo in modo che le relazioni esistenti fra le piastre vertebrali e quelle costali richiamano in mente le analoghe relazioni delle tartarughe terrestri. La terza specie, invece, il Ptychogaster heteroclitus, nel rapporto fra i pezzi ossei vertebrali e costali, richiama in mente le relazioni esistenti nelle analoghe piastre delle Emydi. Se noi allora adottiamo il criterio tenuto recentemente dal ReIinACcH nel suo più volte citato lavoro, di dividere il gen. Ptychogaster in due gruppi (?) ®, egli è evidente che i Ptych. emydoides e testudinoides formerebbero un gruppo diverso di quello costituito dal Ptych. heferoclitus. A tali gruppi io darei il significato di sottogeneri o sezioni, ma senza attribuire loro valore di carattere estraneo a quello sistematico. Tornando a discutere i criteri tenuti dal RéIinAcH in proposito, i suoi due gruppi sono così carat- terizzati : Ì Gruppo I. — Gewòlbter Bau; der Axillarfortsatz geht nach aufwàrts, die Briicke zeist keine scharfe Kielung, der hintere Rand des Riùckenpanzers steht mehr oder weniger steil und hat auf seiner Innenseite einen Wulst zur Auflage des Plastron. Gruppo II. — Bau weniger gewòlbt, namentlich nach vorn flach; die Axillarfortsitze verlàngern sich mehr nach vorn, die Briicke ist mehr oder weniger scharf gekielt, der hintere Rand ist aufgebogen, ohne einen Wulst auf seiner Innenseite aufzuweisen ?). 1) RpIinacH. Schildkròtenreste im Mainzer Terticirbecken ecc., pag. 88. 2) RernacH. Loc. cit., pag. 88. Nel primo gruppo sono incluse le seguenti specie: Ptychogaster emydoides (che il REINACH, al pari del LyDEKKER, considera come specie tipica), Ptych. Lepsti n. sp., Ptych. (Cistudo) Heeri PoRTIS sp., Ptych. (Cistudo) Kunzi GoLL. et Lu. sp., Ptych. rutundiformis GoLL. et LuG., Ptych. Boettgeri ReinAcH. Nel secondo gruppo il RrINACH colloca tutte le altre forme citate nel suo lavoro mettendone a capo il Ptych. Laharpei PoRTIS sp. [27] G. DE STEFANO 87 Senza mettere in dubbio che i Ptychogaster dall’egregio autore studiati possano comprendersi nei due gruppi segnati, egli è certo però che quelli francesi, per lo meno quelli da me osservati, male si adat- terebbero a tale divisione. E d’altro canto non mi sembra giusto osservare, come fa il ReinAcH, che le specie dell’un gruppo siano adatte alla vita terrestre e quelle dell’altro alla vita acquatica”, in quanto che, nel caso dei Ptychogaster francesi, la specie heteroclitus sarebbe più della emydoides adatta alla vita acquatica; e d’altro canto i caratteri anatomici ed osteologici, nel nostro caso, sono più importanti della elevazione verticale dello scudo e degli altri caratteri posti avanti dal REINACH. II. PARTE SISTEMATICA L'esame osteologico dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy dimostra all'evidenza che il loro artro- scheletro, pur variando nei diversi individui per ciò che riguarda le dimensioni, è analogo a quello che si riscontra nella Cistudo lutaria MarsILI. L'identità fra lo scheletro di quest’ultima specie e quello dei Piychogaster francesi è più evidente con la comparazione delle vertebre cervicali. Di fatti nella Cistudo sopra detta e nelle Zestudo in generale si hanno i seguenti tipi di vertebre: l’atlantoide è amficoele; la seconda e la terza sono opistocoeliane; la quarta è amficirtiana; la quinta e la sesta sono procoeliane; la settima, come l’atlantoide, è amficoele; e l'ottava, infine, è amficirtiana. Ora, come si è visto nella prima parte di questo lavoro, nei Ptychogaster le vertebre post-odontoidi hanno identica conformazione e dispo- sizione delle accennate nelle Zestudo. Inoltre, la forma del cranio, la gracilità delle ossa delle membra, l’angolo, quasi retto, che, l’omoplata e l’acromion riunendosi formano costantemente fra essi, e la pre- senza della scaglia codale divisa, sono caratteri che da un lato si riscontrano fra le Chersitì recenti, ma che d’altra parte non mancano in quelle più antiche del terziario europeo ed americano (gen. Hadrianus Cope ?), nelle quali la scaglia codale è anche divisa, come nelle attuali tartarughe paludine. Gli omeri, i cubiti, i radi, i femori, ecc. dei Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy, non differiscono in nulla da quelli che formano l’impalcatura scheletrica della Emys europaea: anzi, un accurato esame sopra una serie di ventisette cubiti destri e sinistri ci assicura che essi si mostrano più massicci di quelli della E. europaea, e con la faccetta articolare per l’articolazione con l’omero meno inclinata e più vicina alla direzione normale del corpo del cubito stesso. L’insieme degli anzi detti caratteri mi convince che i Ptychogaster di Saint-Gérand-le-Puy avessero delle abitudini piuttosto terrestri anzichè acquatiche. Tale proprietà, contrariamente alle idee espresse dal ReInAcH® io ritengo che si adatti ai Pfychogaster miocenici in generale, i quali, verosimilmente 1) ReINACH. Loc. cîit., pag. 88. L’aut. dice che il suo primo gruppo è adatto alla vita terrestre, mentre il se- condo alla vita acquatica: « Die erste Gruppe war vohl mehr dem Leben auf dem Lande, die zweite mehr dem in Wasser angepasst ». 2) Proceedings of the American Philosophical Society, pag. 468, 1872. — Core E. D. The Vertebrata of the ter- tiary formations of the West. Book I. Report of the United States geol. ece., vol. III, pag. 142. Washington, i 3) ReinAcH. Schildkrotenreste im Mainzer Terticirbecken ecc., pag. 90. 88 G. DE STEFANO [28] avevano delle abitudini di vivere non diverse da quelle delle attuali tartarughe terrestri perimediterranee. Del resto anche il prof. A. Portis! ha ritenuto che il Ptychogaster (Kinixys) Gaudini Pieter et HuMBERT sp. della molassa miocenica di Losanna, avesse delle abitudini terrestri; e noi troviamo fra le attuali tar- tarughe terrestri perimediterranee due, la Testudo pusilla e la Testudo mauritanica, che hanno lo scudo inferiore conformato allo stesso modo di quello dei Ptychogaster europei, vale a dire, che la sutura arti- colare ossea fra i pezzi iopiastronali e quelli ipopiastronali non corrisponde esattamente alla congiunzione delle scaglie cornee, e la linguetta piastronale posteriore è debolmente mobile. Ma lo scudo dorsale dei Ptychogaster francesi è conformato diversamente di quanto si osserva nel- l'analogo scudo dei chelonidi Cryptodira inclusi nelle due famiglie Emydidae e Testudinidae. Il piano regolante la costituzione dello scudo stesso per la generalità delle Emys è che una qualunque delle piastre vertebrali successiva alla prima trovasi adiacente a due paia di piastre costali; al paio, cioè, dello stesso numero d’ordine per la maggior parte del loro margine interno, ed al paio di una unità di meno per l’angolo postero-interno delle singole piastre costali. Nelle Testudo il caso normale del rapporto fra le piastre vertebrali e quelle costali è il seguente. Fatta eccezione delle due prime piastre vertebrali, le rimanenti della serie sono alternativamente in relazione con una sola o con tre piastre costali; vale a dire, le piastre costali di numero impari, allargate prossimalmente e ristrette distalmente, attaccano con tre pezzi vertebrali, mentre le piastre costali di numero pari, ristrette al margine superiore ed allargate a quello inferiore, attaccano con un sol pezzo vertebrale. Infine, nelle stesse Zestudo, le piastre marginali urtano ora con una sola ed ora con tre piastre costali. Nei Ptychogaster francesi da me studiati, e così sembra anche negli altri osservati dal Power? ed in quelli conservati nel British Museum di Londra 3, non che in quelli illustrati dal RernAca e della mo- lassa miocenica svizzera, nel rapporto dei pezzi costali e vertebrali, costali e marginali, non si osserva il piano regolante gli stessi rapporti nelle Emys e nelle estudo. Tale rapporto è variabile nelle diverse forme dei Ptychogaster, ed a me sembra che sia in diretta | relazione coi diametri dello scudo non che con il piano secondo. il quale sono disposte le scaglie. In proposito, senza fare una particolare diagnosi sulle specie conservate nel British Museum di Londra, che io non la fortuna di osservare direttamente, e su quelle tedesche e svizzere, che io conosco anche per le figure e per le descrizioni dateci dagli autori che le hanno descritte, mi attengo alle forme da me esaminate, che sì conservano nel Museo di Storia Naturale di Parigi. Dette forme, come si è già visto, si riducono a tre tipi specifici, Ptychogaster emydoides Power, Ptych. heteroclitus De Srerano, Ptych. testu- dinoides De STEFANO, i quali presentano nel modo di attacco delle loro piastre vertebrali e costali, il seguente rapporto: i) PortIS. Les Chéloniens fossiles de la mollasse suisse. Materiaux pour la Paléontologie suisse, vol. X, pag. 43. Genève, 1882. — PicrtET et HumBERT. Monographie des Chéloniens de la Mollasse suisse. Materiaux pour la Paléont. suisse. Genève, 1856. 2) Catalogue méthodique et descriptif des Vertébrés foss. découv. ecc., pag. 121, 1853. 3) LypeEKKER. Catalogue of the foss. Reptilia and Amph. ecc. Order Chelonia, 1889, pag. 95, pag. 97 e 98. 5 RemmacH. Schildkrbtenreste im Mainzer Tertirbecken ecc., pag. 33, tav. XIII-XVI; pag. 40, tav. XVII-XIX; pag.13, tav. VIIX; pag. 18, X-XIII; pag. 60, tav. XXII-XXVII. [29] G, DE STEFANO 89 Ptychogaster emydoides PomeL — Ptych. heteroclitus De SterANo — Ptych. testudinoides De STEFANO N N N od e po NE “ 2 % Vi # Va>O, Vi>G, VG V. V z N 2\ ISO SG, vo, 4 4 Vv V,>0, v De V.>q, VS V N V, VD. vi 00 Vi 76 6 6 v.>0 d So v=0 6 5 vî 6 6 6 Vi k | Vi Voci we IO 8 N Vv V VG we 0A VEN pi Quanto al rapporto fra le piastre costali e quelle marginali esiste sempre in tutti e tre i tipi spe- cifici (fatta eccezione per le prime vere marginali) la relazione che ogni pezzo marginale attacca succes- sivamente con due piastre costali. Ora, comparando le relazioni esistenti fra le piastre vertebrali e costali nelle Emys e nelle Testudo, diverse. da quelle sopra segnate dei Ptychogaster francesi, si trovano così notevoli differenze per le quali nel solo Ptychogaster heteroclitus due piastre vertebrali attaccano con una costale dalla seconda vertebrale all’ottava costale; mentre nel Ptychogaster emydoides e nel Ptychogaster testudinoides esiste l'alternanza in grandezza fra le costali, e quelle impari di quest’ultima serie hanno un diverso rapporto con le ver- tebrali nelle due specie. Ma è ancora da notare che benchè nel Ptychogaster heteroclitus il piano regolante la costituzione generale dello scudo è tale che due piastre vertebrali, dalla seconda fino alla sesta della serie, attaccano con una costale, come nelle £mys, pure tale attacco avviene fra la costale di un dato paio e la vertebrale dello stesso ordine, più la vertebrale dell'ordine o numero precedente nella serie; mentre la settima vertebrale attacca con una sola costale, la settima. Dopo quanto si è esposto in queste ultime pagine, i Ptychogaster studiati debbono essere inclusi fra i chelonidi Zestudinidae od in quelli Emydidae, oppure, bisogna creare per essi una nuova famiglia? Il paleontologo Pomer collocò il nuovo genere da lui stabilito fra le tartarughe terrestri o Cherstti. Ma in seguito, L. VatLLANT credette invece che i Ptychogaster, per la conformazione del loro scudo e del piastrone, occupassero un posto intermedio fra le Cistudo e le Emys?. Tale opinione seguii anche io poco 1) Bull. d. la Soc. géol. de France, 2. sér., tom. IV, pag. 383. Paris, 18483. 2 VarrLant L. Sur le genre Ptychogaster PomeL, Chélonien fossile de ‘Saint-Gérand-le-Puy. C.R. Acad. Sc., t. XCVII, pag. 1152. Paris, 1883. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 12 90 G. DE STEFANO * [30] tempo fa scrivendo una nota sul materiale francese in studio ”, non ritenendo giuste le osservazioni già fatte dal PortIs e dal LyDEKKER, i quali vengono a collocare implicitamente il genere in parola fra le Chersitì. A. Portris, descrivendo nel 1882 il Ptychogaster (Kinixys) Gaudini Pictet et HumBERT sp., venne nella conclusione che: “Le senre Xinixys, aujourd’ hui relégué en Afrique, aurait done, selon mon idée, été représenté, dans l’ Europe occidentale, et pendant le miocène, par le sous-genre Ptychogaster, dont les espèces plus connues seraient: en France, le Kinixys (Ptychogaster) emydoides PomEL, et, en Suisse, dans les environs de Lausanne, le Kinixys (Ptychogaster) Gaudini (Prct. et HumB.),, 2. Io ho già dimostrato l’errore commesso dal dotto professore *) nel ritenere i Ptychogaster fossili come un sottogenere o sezione delle viventi Xrixys dell’Africa centrale ed australe; ed in proposito non credo necessario insistere. Tale errore era stato già intuito fin da alcuni anni fa dai signori GoLLiez e LuGEon*; ed io mi permetto solo di ricordare ancora qui che, le Xirixys sono dei chelonidi viventi con il piastrone immobile e con lo scudo dorsale conformato in tal modo da potere sollevare un po’ la parte posteriore in grazia di una sutura collocata al di dietro del quinto pezzo neurale osseo, mentre i Ptychogaster sono caratteristici per la mobilità della parte posteriore del piastrone. R. LYDEKKER, 5 nel suo noto lavoro sui chelonidi -fossili conservati nel British Museum di Londra, segue la classificazione adottata dal BouLENGER per le forme viventi 5, quindi unisce le Emydidae alle Testudo formando una sola famiglia, quella delle Zestudiridae. In tal modo i Ptychogaster occupano un posto intermedio fra le Testudo e le vere Emys, essendo stati collocati dall’autore °) fra il genere Style- mys Ley ed il gen. Nicoria Grar?). ZirteL, il quale nel suo trattato di Paleontologia segue l'ordinamento del Gray, RUTIMEYER, ecc., di- stingue le Emydidae Grav dalle Chersidae!°, nelle quali ultime pone le 7estudo, in tal genere facendo anche rientrare il sruppo Hadrianus Cope 1! e Stylemys Lemy 2. Nelle Emydidae poi colloca decisamente i Ptychogaster, fra i generi, Cistudo Dum. et Bigr., e Dithyrosternon Picrer et HumB. !) Il genere in studio starebbe perciò ad occupare un posto intermedio fra le Cistudo e le Emys, giusto secondo le idee già espresse dal Vamnant. Si potrebbe concludere quindi che fino al giorno d’oggi la maggior parte degli ) De SteFANO G. Qualche osservazione di erpetologia fossile. Riv. Ital. d. Sc. nat., anno XX, 1902, n.° 5 a 8, estratto, pag. 11. ° Picrer et HumBERT. Monographie des Chéloniens de la mollasse suisse. Mat. pour la paléont. suisse, 1856. 3) PortIs A. Les Chéloniens dela Mollasse vaudoise ecc. Mém. Soc. paléont. suisse, vol. IX, pag. 45. Genéve, 1882. ) I sopracitati autori nel loro lavoro « Mote sur quelques Chéloniens nouveaux de la mollasse langhienne de Lau- sanne. Mém. Soc. paléont. suisse, vol. XVI, 1888, pag. 22» seguono l’idea del loro maestro F.J. PicTET, che i Ptychogaster non sono da confondersi con le attuali Kinixys; ma senza alcuna dimostrazione. ) LypekkeR R. A. Catalogue of the fossil Reptilia and Amphibia in the British Museum (Natural History), Part III, Order Chelonia. London, 1889. 5 BouLENGER R. Catalogue of Chelonians, Rhynchocephalyans and Crocodiles in the British Museum (Natural CRUI: London, 1889. ) LyDEKKER. Cat. ofthe foss. Rept. ecc., pag. 95. 8) Proc. Ac. Nat. Sc. Philad. for 1851, pag. 173. 9) In of Shield. Rept. in the coll. of the British Museum ecc. Part I. Testudinata, pag. 17. Lanna, 1855, ) ZirreL K. A. Traité de Paléontologie. Traduit par CHARLES BARROIS. Tome III, Vertebrata, pag. 526 e 529. Doo 1893. 11) Proceedings of the American Philosophical Society, 1872, pag. 468. 12) Contributions to the extint Vertebrate fauna of the Western territories. Report of the United States geological Survey of the Territories. Washington, 1873. 13) Materiaux pour la paléontologie suisse. Série II. Animaux vértebr. dans le terr. sidérolithique, 1855-57. [31] G. DE STEFANO 91 autori! inclusero i Ptychogaster fra le Chersidae, e solo qualcuno li collocò nelle Emydidae; mentre se- condo le idee espresse dagli erpetologi inglesi BouLENGER e LyDEKKER le Emydidae e le Chersidae costi- tuiscono una sola estesa famglia, nel qual caso il gen. Pfychogaster occuperebbe un posto intermedio fra il gen. Stylemys Ley e Nicoria GRAY; cioè rappresenterebbe un gruppo naturale di Zestudo, e ciò se- condo i criteri dati dal PomeL, GERvAIS, Picret, che per i primi lo studiarono. A tali criteri in parte s'informa anche il ReIiNACA ? nello studio dei Ptychogaster tedeschi e svizzeri. Egli segue in ciò le idee del BouLeNGER che i Ptychogaster appartengano alla grande famiglia delle Zestudini; e, secondo il pre- detto autore, l’ opinione del VarLcant *, che i Ptychogaster debbano essere collocati nel sistema molto lontano dalle Chersiti (Dum. et Bigr.), deve essere modificata. Benchè non vi sia un limite netto di delimitazione fra le Emys e le Testudo e non si possa indicare dove finiscan le une e dove comincian le altre ed i rapporti di relazione fra le piastre dello scudo dorsale e del piastrone di alcune emidi siano analoghi a quelli di alcune testudine, pure io seguo la sistematica dello ZirteL e le idee generali della moderna scuola francese, rappresentata dall’erpetologo VarLant*, nel rite- nere la famiglia delle Chersidae distinta da quella delle Emydidae. Ciò è in opposizione a quanto opina la scuola inglese capitanata dal BouLENGER e seguita dal LyDEKKER; ma noto d’altro canto come anche lo StrAUCH ) e l’americano Cope ®, pur riconoscendo l’anzi detto inconveniente che fra le Emydidae e le Testudinidae non esistono limiti definiti di delimitazione, accettano le due famiglie ?. i) Picror F.J. Traité de Paléontologie, vol. I, pag. 446. Paris, 1853. — Ma4AcK G. A. Die bis jetzt belannten fossilen Schilkroten die im oberen Jura bei Kelheim (Bayern) und Hannover neu aufgefundenen diltesten Arten dersel- ben. Palaeontographica. Beitr. zur Naturgeschichte der Vorwelt, pag. 225, 1868-1869. — GeRrvaIs P. Zoologie et Pa- Iéontologie francaises. 2.° édit., pag. 435. Paris, 1855. °) ReINACH. Schildkrotenreste im Mainzer Terticirbecken ece., pag. 81. 3) VAILLANT. Swr le genre Ptychogaster PomeL, Chelonien fossile de Saint-Gérand-le-Puy. C. R. Acad.,Sc. tav. XCVII, pag. 1152; 19 novembre 1883. 4) Io ho l’obbligo di ringraziare qui pubblicamente il prof. L. VArLLANT che mi usò la cortesia di rendermi ostensibile il manoscritto del corso di erpetologia che egli attualmente professa al Museo di Storia naturale. Avuto riguardo alla sistematica dei Chelonidi, si consultino i seguenti lavori dello stesso autore: VarLLanT L. Remarque sur la classification et les affinités réciproques des Chéloniens. Bull. Soc. philom., 7. série, tom. I, pag. 54 (un tableau hors texte). Paris, 1877. — VarLLanT L. Hssai sur la classification générale des Chéloniens. Ann. Sc. Nat., 7.° série, tom. XVI, pag. 331. Paris, 1891. 5) SrraucH A. Chelonologische Studien, mit besonderer Beziehung auf die Schildkròtensammlung der kaiserlichen Akademie der Wissenschaften zu St. Petersbourg. Mém. Acad. Sc. S.t Pétersbourg, 1862, pag. 20. 6) Cope E. D. Check-list of the North American Batrachia and Reptilia. Bull. U. S. National Museum, 1875, n.° 1, pag. 16. — Copa E. D. Contributions to the History of the Vertebrata of the lower Eocene of Wyoming and New Mexico, made during 1881. Proc. Amer. Philos. Soc., 1881, pag. 143. 7 Lo STRAUCH colloca i seguenti gruppi fra i chelonidi forniti di placche cornee (Testudinata): 1.° Testudo, 2.° Chersina, 3.° Pyxis, 4.° Kinixys, 5.° Manouria, 6.° Terrapene, 1. Emys, 8.° Clemmys, 9.° Dermatemys, 10.0 Platysternon. Ed il Cope divide il gruppo delle Cryptodira in Dactylosterna, Clidosterna e Lysosterna. Nel primo gruppo, i Dactylosterna, che comprende quei chelonidi Cryptodira aventi un piastrone non articolato alla corazza, il natu- ralista americano colloca le famiglie: 1.° Chelonzidae, 2.° Propleuridae, 3.° Trionychidae e 4.0 Chelydridae. Nel se- condo gruppo, i Clidosterna, caratterizzati da un piastrone unito alle piastre costali della corazza per l’ intermediario di una sutura dentellata, il Cope include sei famiglie: 1.° Plewrosternidae, 2.° Baénidae, 3.° Adocidae, 4.° Emydidae, 5.° Cinosternidae e 6.° Testudinidae. Nel terzo gruppo infine, quelle dei Lysosterna, il Cope pone una sola famiglia, quella dei chelonidi Cistudinidae, nei quali il piastrone si unisce alle placche marginali della corazza per un sem- plice contatto rettilineo. 92 G. DE STEFANO [32] Ciò posto, la questione si riduce a vedere se i Ptychogaster debbano essere inclusi fra le Emydidae o fra le Chersidae, o costituiscono una famiglia a parte. Quali siano le differenze che passano fra i Piy- chogaster e le Emydi io l’ho già dette, come ho anche notato quelle che corrono fra i primi e le Cher- sidae; in modo da far sorgere il dubbio che, tanto le opinioni del PomeL, del Picret, del GeRvAIS, del Portis, del ReINACH, i quali pongono le specie studiate in questo lavoro fra le Chersidae, siano modificate, quanto quelle del Varrrant e dello ZitteL, che le collocano nelle Emydidae, fra le Cistudo e le Emys, non siano esatte. Io non insisto sui caratteri già descritti dello scudo dorsale e del piastrone dei Piychogaster francesi; e solo ricordo che se l’osteologia di questi ultimi è identica a quella dei chelonidi Cryptodira in genere (una sottotribù di chelonidi il cui carattere anatomico principale consiste nella presenza di due vertebre amficirtiane, delle quali una occupa sempre l’ottavo posto e l’altra il terzo od il quarto), la conformazione dello scudo e i caratteri che in esso si riscontrano, sono sufficienti per determinare un gruppo naturale definito e diverso dagli altri a tale sottotribù appartenenti. È così, a mio avviso, che i Ptychogaster non possono essere inclusi, a rigor di termine, nè fra le Emydidae, nè fra le Chersidae. I Ptychogaster non possono essere inclusi fra le Emydidae, e quindi considerare il loro posto come intermedio fra le Cistudo e le Emys, per la conformazione generale e principalmente per quella dello scudo dorsale, analoga nell’alternanza dei pezzi vertebrali e nel rapporto di questi ultimi con quelli co- stali, a quanto si osserva nelle Zestudo. Del pari, i Ptychogaster non possono essere inclusi fra le vere Zestudo attuali, dove la conformazione dello scudo ventrale è ben differente, e differente si osserva l’attacco fra i pezzi ossei marginali e costali dello scudo dorsale, non che fra questi ultimi ed i vertebrali. Lo scudo delle specie studiate indica uno stato transitorio fra quello delle vere £mys e delle vere Testudo. Relativamente alla conformazione del piastrone i Pfychogaster indicherebbero delle forme inter- medie fra le tartarughe paludine e quelle terrestri; e comparati con le Zestudo attuali a tipo ordinario, sotto tal punto di vista, le differenze diventano ancora maggiori. Egli è perciò da ammettere che dopo l'apparizione delle prime vere Zestudo scomparvero i Ptychogaster, vissuti per un certo periodo di tempo come in uno stato transitorio, dal quale derivarono altre forme. Se noi di fatti facciamo una compara- zione del genere con le tartarughe viventi, partendo dai più antichi Ptychogaster che fino al giorno d'oggi si conoscono, partendo, per esempio, dal Ptych. Laharpei Ports sp. ! troveremo sia per la conformazione e la posizione delle piastre golari, sia per il rapporto della metà anteriore delle piastre vertebrali e co- stali, analogie con le attuali tartarughe perimediterranee. Al contrario, lo scudo, che nel sopra citato Péy- chogaster, ha nella regione anteriore la struttura delle 7estudo, nelle vertebrali e costali posteriori si mo- difica notevolmente. Per analogia e con tali caratteri i Ptychogaster si approssimano anche ai generi Chai- bassia e Nîcoria, che hanno le piastre vertebrali di forma esagonale. Al contrario, i Ptychogaster si allonta- nano dalle viventi Cistudo, benchè anch’esse abbiano la mobilità piastronale, per la differente struttura del loro scudo e l’unione fra l’iopiastrone e lo scudo dorsale stesso per mezzo di un semplice ligamento. Sicchè, in conclusione, io ritengo che il posto occupato nel sistema dai Ptychogaster sia ben definito, e che essi ci rappresentino una definita famiglia di chelonidi fossili, da collocarsi nei Cryptodira, ma non fra i Lysosterna, comprendenti le Cistudo. La famiglia Ptychogasteridae si collocherebbe così fra i Clido- sterna, e nel modo che segue: i RemmacH. Schildkrotenreste im Mainzer Tertitirbecken ecc., pag. 26, tav. VII-XII. [33] G. DE STEFANO 93 | con ossa | Pleurorternidae intersternali | Baònidae Cryptodira Clidosterna Adocidae senza ossa | Emydidae intersternali ‘ Cinosternidae Ptychogasteridae \ Testudinidae Ho adottata pei chelonidi Cryptodira la classificazione dataci dal CoPE perchè ritengo che fino al giorno d’oggi sia la più adattata, fra quelle conosciute ®, per le forme fossili e viventi. f Così noi avremmo che nei Clidosterna senza ossa intersternali, i Ptychogaster con le Emydi, i Cino- sternum e le Testudo, formano un esteso gruppo di chelonidi senza placche intergolari, nel quale, le Emy- didae hanno un osso mesosternale e tre serie di falangi; le Cimosternidae non posseggono osso meso- sternale ed hanno anche tre serie di falangi; le Pfychogasteridae posseggono un osso mesosternale e due serie di falangi; e le Testudinidae posseggono anch’esse un osso mesosternale e due serie di falangi. Le abitudini di vita dei Ptychogaster, che io ho detto essere piuttosto terrestri, avvicinano dunque tali animali più alle Zestudo anzi che alle Emidi e ce li fanno considerare come provvisti di due falangi. Egli è allora evidente che i Ptychogaster, discendenti delle antiche vere tartarughe paludine e marine, vissero in Europa un certo periodo di tempo nel quale non esistevano ancora i tipi ordinari delle tartarughe terrestri attuali, delle quali ci potrebbero rappresentare i progenitori. La loro scaglia codale divisa in due, come si osserva nelle più antiche tartarughe terrestri dell’eocene americano, gen. Hadrianus Cope ?, appalesa meglio le affinità con le Emidi, e la mobilità posteriore del loro piastrone richiama in mente quella di alcune attuali Zestudo perimediterranee. ) Fra le attuali Zestudo perimediterranee sono due specie, la Zestudo pusilla e la T. mauritanica, le quali, provviste di una scaglia nucale come quella dei Ptychogaster, hanno conformato il piastrone in modo che la sutura fra i pezzi iopiastronali ed ipopiastronali non corrisponde a quella che congiunge le scaglie cornee pettorali ed addominali. Tale conformazione stabilisce nelle due attuali Zestudo nominate, al pari di quanto si è visto nei Ptychogaster, la mobilità debole, e non da confondere con l’esteso movimento che i) La classificazione dello SrtrAUCH (Chelonologische Studien, mit besonderer ecc., 1862, pag. 20), difetta, come di- mostrarono RùTIMEYER e ZirmmL, per l’inconveniente che non è adattabile a tutte le tartarughe fossili. Anche quella del VarLrant L. (Essai sur la classification générale des Chéloniens. Ann. Sc. Nat. 7.° série, tom. XVI, 1894, pag. 331), basata sui caratteri anatomici, si adatta ai chelonidi viventi, ma non è applicabile ai fossili. Di fatti, il sopra eitato autore, delle tartarughe Cryptoderinea fa una sottotribù nella quale riesce ad includere soltanto le tre note famiglie: Testudinidae, Emydidae e Platysternidae. Si è visto che la sistematica dell’inglese BouLENGER (e del LYDEPEKKER, che segue quella del BouLENGER) le Testudo e le Emys le considera come appartenenti ad una sola famiglia, quella delle 7estudinidae. L. DoLLo, infine (Première note sur les chéloniens oligocènes ct néogènes de la Belgique. Bull. d. Musée Roy. d’Hist. Nat. de Belgique, tom. V, 1884, pag. 59), per non citare altri autori, segue in massima ed alquanto modificata la classificazione del Corp, dividendo i Cryptodira in tre gruppi, al primo dei quali, i Dacty- loplastra, apparterrebbero quattro famiglie: Cheloniidae, Trionychidae, Eurysternidae, Chelydridae. 2 Copa E. D. Proceedings of the American Philosophical Society, 1872, pag. 468. — Cope E. D. The Vertebrata of the Tertiary formations of the West, vol. III, 1884, pag. 142. 94 G. DE STEFANO [34] si riscontra nelle Cistudo e nelle Sternotere, presso le quali la congiunzione delle scaglie cornee corrisponde esattamente alla sutura fra i pezzi ossei iopiastronali ed ipopiastronali. In base agli anzi detti fatti, io crederei, come altra volta ho detto !, che, non le X?rixys, secondo volle il PortIs, ma le attuali Zestudo pusilla e T. mauritanica siano le discendenti dei Ptychogaster miocenici dell'Europa. I quali ci rappre- sentano nel Continente antico il tipo di quelle tartarughe nelle quali la necessità di una modificazione nella costituzione del loro scudo dorsale e del loro piastrone si è manifestata con la emigrazione tempo- ranea o definitiva sulla terra ferma. i) De STEFANO G. Qualche osservazione di erpetologia fossile. Rivista Ital. d. Sc. nat., anno X.XII, 1902, n.° 5, 6, 7 e 8; estratto, pag. 11. Finito di stampare il 15 settembre 1903. ANNIBALE TOMMASI REVISIONE DELLA FAUNA A MOLLUSCHI DELLA DOLOMIA PRINCIPALE DI LOMBARDIA (Tav. XVI-XVII [I-III]). INTRODUZIONE Nel Museo di geologia e paleontologia della R. Università di Pavia giacevano da tempo alcuni fossili della Dolomia principale di Lombardia, raccolti, or son già più che trent'anni, dal defunto prof. BaLsamo CRIVELLI ed in questi ultimi lustri dall’ attuale suo direttore prof. Torquato TARAMELLI. Ad essi ne furono di recente aggiunti degli altri dal dott. EwiLio RePossi, dal dott. Emicio Tacconi e da me stesso, che nell’ottobre del 1901 fui a visitare, a quest’intento, le note località fossilifere di Songavazzo e di Albino in Val Seriana. Inoltre, pel cortese consenso dei rispettivi direttori, potei avere a mia disposizione anche buona parte dei fossili di quel piano, che si conservano nei Musei di Storia naturale del Museo civico di Milano, del Museo civico di Bergamo annesso a quel R. Istituto tecnico, e dell'Ateneo di Brescia. Messo assieme per tal modo un discreto se non completo materiale di studio, pensai che valesse la pena di accingersi ad una revisione di quella faunula, che per la prima volta era stata illustrata, circa quarant’anni or sono, dal benemerito iniziatore della Paleontologia lombarda, il compianto prof. AnToNIO StoPPANI. Mi stimolarono ad assumere questo compito principalmente la convenienza di rivedere i rife- rimenti generici, massime dei gasteropodi, che si faceva sempre più sentita dopo la pubblicazione della monografia del dott. Ernst KimtL di Vienna sulle faune a gasteropodi del Calcare di Esino, della Mar- molata e degli strati di San Cassiano, e la presenza di alcune forme nuove, che non poterono essere considerate dalla monografia illustrativa dello SToPPANI. La prima ragione del lavoro veniva contemporaneamente a costituire una meta, che non era certo la più facile a raggiungersi, atteso lo stato poco meno che frammentizio degli esemplari esaminati, che, se di gasteropodi, non conservavano mai intatta la bocca, e tenuto calcolo della difficoltà estrema, per non dir della quasi impossibilità, di preparare il cardine dei lamellibranchi. Dei quali ostacoli confido vorrà tenermi conto ognuno che si sia occupato dello studio di fossili malamente conservati. Frattanto, prima d’intraprendere la descrizione delle specie, rendo le più vive grazie alle egregie persone, che, col consentirmi l’esame del materiale affidato alle loro cure, mi resero possibile il compi- mento di questo studio. S’ abbiano così i miei più sentiti ringraziamenti l’ amato mio maestro prof. Tor- quarto TARAMELLI e gli egregi colleghi prof. Ernesto MARIANI del Museo civico di Storia naturale di Mi- lano, prof. Ecipio VeNANZIO del R. Istituto tecnico di Bergamo, e prof. AnpreA BETTONI, che mi procurò alcuni interessanti esemplari della collezione geologica dell'Ateneo di Brescia. Dal Museo di geologia e paleontologia della R. Università di Pavia, 30 giugno 1903. 96 A. TOMMASI [2] DESCRIZIONE DELLE SPECIE Animalia. Lamellibranchiata,. I. Gen. Pecten KurIN. 1. Pecten Imaniae Var. ms. — Tav. XVI [I], fig. 1. Nella collezione geologica del Museo civico di Bergamo esistono alcuni esemplari di Pecten, che il prof. VARISco aveva già riconosciuto spettare ad una nuova specie e che aveva distinto provvisoriamente nella raccolta col nome di P. Imaniae dalla Val d’Imagna, località di loro provenienza. Siccome di questa specie il prof. VarISco non pubblicò, ch'io sappia, nè descrizione, nè figure, così mi torna gradito di colmare questa lacuna colla descrizione e la figura, che ne presento. Dei pochi esemplari ch’ebbi in esame nessuno presentava entrambe le valve unite, e le singole valve disgiunte erano tutte molto rigonfie. L’esemplare meglio conservato presenta un contorno ovoidale-triangolare, inequilaterale e molto re- golarmente rigonfio. Il margine cardinale è diritto, l umbone adunco ed un po’ sporgente sopra di quello; l’orecchietta anteriore è lunga, subtriangolare, ben distinta dal dorso; l’orecchietta posteriore troppo imperfettamente conservata per essere descritta. Il margine anteriore ed il palleale sono regolarmente arcuati, il posteriore è stroncato. La superficie del guscio è ornata da 11-12 coste regolari, decorrenti dall’ umbone al margine palleale. Esse sono rubuste, a sezione triangolare arrotondata, percorse trasver- salmente da grossolane pieghette d’accrescimento, che le rendono embriciate. Gli intervalli, che separano costa da costa, sono eguali in larghezza alla grossezza delle coste ed anch'essi ornati da linee d’acere- scimento ma più sottili di quelle, che rendono embriciate le coste. Angolo apiciale: 80° — Altezza: mm. 28 — Larghezza: mm. 25. Località: — Valle Imagna al Dosso Grenello sopra Fulghera. Museo civico, Bergamo. 2. Pecten Ferrerii Var. ms. — Tav. XVI [I], fig. 2. Una sola valva priva della regione apiciale, a contorno orbicolare, un po’ inequilaterale. Il guscio, sottile, è ornato da lamelle d’accrescimento più numerose in prossimità dei margini che nel resto della valva. Alle lamelle d’acerescimento si aggiungono delle fitte costelle radiali, flessuose, di due o tre or- dini, così disposte che di solito tra due di primo ordine ne sta in mezzo una di secondo e tra questa e quella di primo ordine una, di rado due, di terzo ordine. Delle orecchiette nemmeno la traccia. Località: — Songavazzo. Questa specie figura pure con tal nome nella collezione del Museo di Bergamo. 3. Pecten Egidii Venantii n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 3 a, d. Valva a contorno sub-orbicolare, equilaterale, poco rigonfia, colla linea cardinale diritta, l’apice poco saliente e non oltrepassante il margine cardinale. Le due orecchiette, imperfettamente conservate, sono [3] A. TOMMASI 97 triangolari, forse della stessa grandezza e nettamente separate dalla regione dell’apice, che piomba su di esse a gradino. Il guscio, molto sottile presso i margini, è discretamente robusto nella parte mediana. La sua superficie è molto irregolarmente ornata. Sottili linee d’accrescimento e pieghette trasversali, concentriche, ottuse, poco distinte cominciano a manifestarsi presso l’apice e si continuano fino al margine palleale, cui sono parallele. L’ornamentazione radiale è data da coste diritte, inequidistanti e di due ordini: quelle di primo ordine nascono direttamente dall’apice e decorrono fino al margine palleale; quelle di secondo ordine originano a varia distanza dall’apice, non però più in basso del primo terzo dell’altezza deila valva, e raggiungono anch’esse il margine palleale. Tra due coste di primo ordine ne stanno di norma inter- calate due di secondo, massime nella regione del dorso. Tutte le coste appariscono leggermente granulose. Crederei che dovesse riferirsi a questa specie la forma che lo Stoppani cita a pag. 259!) da Son- gavazzo e che figura a tav. 60, fig. 15. Osservo però che le coste sono assai più numerose e sottili di quanto appaia dalla male eseguita figura dello STOPPANI. N.3 esemplari. Località: — Songavazzo. Museo civico, Bergamo. II. Gen. Gervilleia DEFR. 1. Gervilleia exilis Sropp. sp. — Tav. XVI [I], fig. 4-9. 1857. Avicula exilis Stoppani A. Studi geolog. e paleont. sulla Lombardia, pag. 393. 1858-60. — _ — Les Pétrif. d’ Esino. Paléont. lomb., pag. 92, tav. 19, fig. 1-4. 1860-65... — —_ — Les Couches a Avic. contorta en Lombardie. Paléont. lomb. Append. Sur les grandes bivalves cardiformes au limites sup. et inf. de la xone à Avic. contorta; 2.° partie, III. Hossiles du Trias sup. ow de la Do- lomie à M. Giimbeli, pag. 259, tav. 60, fig. 9-14. 1876. — — — Benecxe E. W. Ueber die Umgebungen von Esino in der Lombardei, pag. 5D. tav. XXIV, fig. 12,13. Geogn.-palaeont. Beitrige, II Bd., III Heft. Miinchen. 1878. - _ —_ Lepsius R. Das westliche Sid-Tirol geologisch dargestellt, pag. 95. 1893. — _ _ De Lorenzo G. Sul Trias dei dintorni di Lagonegro in Basilicata, pag. 21, fig. 8. Atti R. Accad. Scienze fis. mat. nat. di Napoli, vol. V, ser. oo a o 1893. Avicula (Gervillia) exilis Stopp. Bassani F. Fossili nella Dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Se- verino in provincia di Salerno, pag. 7, tav. I, fig. 4-7 e pag. 14, n. 32. Atti R. Accad. Scienze fis. mat. nat. di Napoli, vol. V, serie DEMENENO) 1894. Gervilleia exilis Storr. sp. De Lorenzo. G. Le Montagne mesozoiche di Lagonegro, pag. 50, 51. Atti R. Accad. Scienze fis. mat. nat. di Napoli, vol. VI, ser. 2%, n. 15. 1895. Avieula = — — Sanomon W. Geol. und palacont. Studien veber die Marmolata, pag. 152. Palaeontographica, XLII Bd. Stuttgart. 1) Stoppani A. Fossiles du Trias sup. ou de la Dolomie à Megalodon Giimbeli. Palgontologie lombarde, III série, Append. III. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. i 13 98 A. TOMMASI : [4] Conchiglia ovale-subromboidale, più alta che lunga, inequivalve, più rigonfia nella regione apicale che nella palleale. Il guscio è sottile, ornato da pieghette d’accrescimento concentriche, quasi equidistanti, e da strie sottilissime che tra quelle s’intercalano. Le linee d’accrescimento si avvicinano presso il mar- gine posteriore e descrivono una concavità parallelamente alla insenatura subauricolare. In qualche esem- plare si vedono anche accenni ad una ornamentazione radiale, data da sottili lineette che muovono dai pressi dell’umbone e vanno a raggiungere il margine palleale, più o meno distintamente interrotte dalle pieghette d’accrescimento. L’orecchietta anteriore è assai piccola, triangolare, piuttosto acuta, l’ala posteriore discretamente larga ed ottusa: quella è distinta dal resto della valva assai meglio di questa. Gli umboni sono contigui, ap- puntiti, leggermente adunchi. Il margine cardinale è rettilineo, il posteriore, che di rado si conserva in- tegro, presenta una leggera insenatura subauricolare ed è regolarmente arcuato fino a sfumarsi nel margine palleale presso che semicircolare. Il margine anteriore è convesso nella sua metà inferiore e debolmente concavo nella metà superiore, massime al di sotto della orecchietta. In questo breve tratto le due valve s’introflettono leggermente e lasciano una piccola apertura per l’uscita del bisso. Tra i parecchi esemplari avuti in esame, uno, di proprietà del Museo di Bergamo, è ridotto al sem- plice modello interno della valva sinistra e presenta abbastanza spiccata la linea palleale, ma nessuna traccia sicura delle impressioni muscolari. È però importantissimo perchè conserva lo stampo dell’area legamentare (Tav. XVI [I], fig. 5). Questa è discretamente alta e mostra dietro all’umbone tre rilievi trasversalmente striati, indizi di altrettante fossette legamentari, separati da tre depressioni corrispondenti agli spazi interfoveali. La prima fossetta sarebbesi trovata subito sotto e dietro l’apice, la seconda nel mezzo dell’area legamentare e la terza presso l'estremità posteriore di questa. To stesso tentai con discreto risultato la preparazione del cardine su due valve di quasi doppie di- mensioni ed in entrambe potei mettere a nudo quattro fossette legamentari trasversalmente striate e di tanto maggiore larghezza quanto erano più distanti dall’ apice. La fig. 70, Tav. XVI [I] riproduce la pre- parazione meglio riuscita e presenta l’ultima fossetta legamentare quasi alla metà del cardine anzichè presso alla sua estremità posteriore. Nessuna sicura traccia di denti. Località: — Lo SropPAnI ha citato questa specie da molte località lombarde, tra cui: Portiola in Tremezzina; Crosgalli presso Bellagio; Val del Monte presso Esino nella Dolomia; Songavazzo in Val Seriana; Inzino, Val Lumezzane e Monte S. Emiliano in Val Trompia; Caino presso Brescia; Val Canale e Lavenone in Val Sabbia; Storo nel Trentino. Nel materiale da me studiato ne figuravano esemplari anche di S. Martino sopra Griante (lago dî Como) e di Monte Croce (Esino), di Albino in Val Seriana e di Treviso in Val Sabbia. Il prof. Bassani la cita da parecchie località del Salernitano, della Basilicata (dintorni di Lagonegro) e della Calabria citeriore. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo; Museo civico di Storia naturale, Milano ; Collezioni R. Ufficio geologico, Roma. 2. Gervilleia salvata Brunw. sp. — Tav. XVI [I], fig. 10-14. 1852. Avicula salvata Brunner. Neue Denkschr. d. allgem. schweiz. Gesellsch. fiir die ges. Naturwiss., XII, pag. 5. 1854. — -— Srasine. Dei fossili del terreno triasico nei dintorni del lago di Lugano, pag. 8. 1855. Gervillia salvata Brunn. Hauer. Ueber cinige Fossilien aus d. Dolomite des Monte S. Salvatore bei Lu- gano. Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wissensch. in Wien, Bd. XV. [5] AL TOMMASI 99 1866. Gervillia salvata Brunn. sp. Benecke. Ueber Trias und Tura in d. Sùd-Alpen. Einige Arten aus d. alpinen Trias, pag. 160, tav. II, fig. 8a-d. 1878. — _ — Lepsrus R. Das westl. Stid-Tirol, pag. 95. 1893. — = — Bassani. Memoria citata, pag. 14, n. 30. x Conchiglia inequivalve, sub-romboidale, molto più alta che lunga. La valva sinistra è assai rigonfia, la destra lo è molto meno. Il margine cardinale è diritto, arcuato il margine anteriore, tondeggiante e breve il palleale, concavo il posteriore. Gli apici sono molto ineguali e quasi affatto anteriori: quello della valva sinistra è molto robusto, assai adunco, spiccatamente rivolto all’innanzi, l’altro è distinto ma basso e quasi diritto. La linea di massimo rigonfiamento è curvata ad S e segue pressochè la linea mediana in entrambe le valve. Il dorso è ben distinto, massime nella valva sinistra, dalla regione anteriore e po- steriore, verso le quali cala con una scarpa erta, e presenta una superficie approssimativamente triango- lare. L’orecchietta anteriore è brevissima e triangolare, la posteriore grande e delimitante col margine cardinale un angolo ottuso: ambedue sono separate nell’una e nell’altra valva dall’apice e dal dorso. L’ornamentazione è fatta da lamelle e pieghe d’accrescimento concentriche, più spiccate sulla valva sinistra che sulla destra, e da coste radiali d’ineguale grossezza, talora un po’ flessuose, che, appena ac- cennate in vicinanza dell’apice, si fanno sempre più grosse quanto più s’accostano al margine palleale. Delle coste radiali se ne contano 2-4 sulla valva destra, 4-8 fino a 9 sulla sinistra: di queste però di solito quattro sono più robuste ed occupano la regione del dorso. Le pieghe concentriche intersecando le coste radiali, rendono queste più o meno nodulose specialmente nella metà inferiore. Non tacerò che esistono esemplari molto asimmetrici, nei quali le coste radiali sono a mala pena visibili e si scostano parecchio dalla forma tipica, così che potrebbero considerarsi come forme da questa aberranti. Sono tali alcuni di Lumezzane in Val Trompia di proprietà del Museo geologico dell’Ateneo bresciano. L’orec- chietta posteriore è quasi esclusivamente ornata dalle lamelle d’accrescimento. Dei caratteri del cardine nessuna traccia. Dimensioni: L'esemplare maggiore tra quelli esaminati misura mm. 33 in altezza e mm. 18 di lun- ghezza massima. i Località: — Il materiale, copioso, da me studiato proveniva dalla dolomia di Sarezzo e di Lumez- zane in Val Trompia. Lo STABILE trovò questa specie nella dolomia del Monte S. Salvatore sul lago di Lugano; BaLsano CRrIveLLI l'avrebbe rinvenuta, secondo ne informa BRUNNER, nella dolomia di Nobiallo sul lago di Como, direttamente riposante sul Buntersandstein; BenEckE la riscontrò nell’ Hauptdolomit di Inzino ed opina che appartenga alla stessa specie la Gervillia citata da CuRIONI nella dolomia dei din- torni di Zone; il Lepsrus la cita nella lumachella a G. exilîs di Val Vandé presso Marcheno ed il prof. Bassani nella dolomia principale di Ajeta nella Calabria citeriore. Io la riscontrai anche in un pezzo di dolomia di Selvino in Val Seriana, appartenente al Museo civico di Bergamo, ed in un blocco raccolto nel letto della Glera presso Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia; Ateneo di Brescia; Museo civico, Bergamo. 3. Gervilleia Gemmellaroi n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 15. a, b, 16.0, d. L’aspetto complessivo di questa forma è così spiccatamente diverso da quello della G. exilîs che non esito a considerarla come una specie da questa distinta. Il contorno è subquadrato obliquo, la conchiglia assai inequivalve, la superficie del guscio percorsa da pieghe irregolari, concentriche, ondulate, lamellose, arcuate sul dorso colla concavità parallela al margine 100 A. TOMMASI [6] palleale, mentre sull’ala posteriore si inflettono nel verso opposto, volgendo la convessità all’apice. Gli apici sono stretti, appuntiti, contorti, molto piegati all’innanzi. La linea cardinale è diritta. In entrambe le valve la regione anteriore è bruscameute piegata quasi ad angolo retto colla superficie del dorso ed, al di sotto dell’orecchietta anteriore, profondamente introflessa per formare un’apertura per l’uscita del bisso. Nella sua parte anteriore la conchiglia somiglia molto alla specie liasica G. Luchii. La valva sinistra è assai più rigonfia della destra e presenta il suo massimo rigonfiamento nel tratto che va dall’ apice a metà, circa, dell’altezza della valva e nell’immediata vicinanza del margine anteriore. La linea di maggior turgore ha forma di S ed è elicoidale. Da essa il dorso cala con erto pendio sul- l’ala posteriore, che è limitata da un margine debolmente arcuato e forse provvisto d’una leggera inse- natura al di sotto dell’estremità posteriore del cardine. La valva destra è assai meno rigonfia della si- nistra, anzi pianeggiante pel sentito appiattimento del dorso. L'ala posteriore riesce quindi meno ampia ma meglio distinta dal dorso che nell’altra valva. Ripetuti tentativi fatti per mettere a nudo l’area legamentare non ottennero che un risultato incom- pleto a causa dell’estrema friabilità della roccia: potei però convincermi che si tratta realmente d’una Gervillia, come lo dimostrano due fossette legamentari ben distinte poste immediatamente dietro all’apice e la traccia di alcune altre che fanno seguito. Sotto la seconda fossetta trovasi un dente trasversale, che col margine inferiore dell’area legamentare circonscrive una depressione pressochè ovoidale. I principali caratteri che differenziano questa specie dalla G. exilis, sono a mio avviso: il contorno subquadrato, la forte differenza di rigonfiamento delle due valve, essendo la valva destra pianeggiante, la profonda introflessione della regione anteriore al di sotto dell’orecchietta omonima, la costante man- canza d’ogni ornamentazione radiale e, infine, la forte torsione degli apici. N. 8 esemplari di valva sinistra e 6 di valva destra. Località: — Vicino alla chiesa di Castione ed a Clusone in Val Seriana. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano. 4. Gervilleia Marianii n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 17, 18. Conchiglia piuttosto piccola e rigonfia, inequivalve, più alta che larga, a contorno trapezoidale. Il guscio è quasi liscio o percorso da lamelle d’accrescimento per lo più fini, talora grossolane, che qualche volta assumono l’importanza di pieghe o cingoli. La linea cardinale è diritta, gli apici sono salienti, sub- terminali, non ben distinti, diretti all’ avanti. L’orecchietta anteriore è poco sviluppata e si sfuma gra- datamente nella regione dell’apice e nel margine anteriore. L’orecchietta posteriore è di mediocre am- piezza e ben distinta dal dorso. La parte anteriore è stroncata e leggermente concava, il margine ante- riore quasi rettilineo, il palleale ed il posteriore arcuati regolarmente e quest’ ultimo con una insenatura subauricolare poco sentita. La valva sinistra è più rigonfia della destra ed in quella il dorso è meglio distinto che in questa e verso la parte anteriore e verso 1’ orecchietta posteriore. Tentai di preparare col metodo della levigatura l’area legamentare e vi rilevai qualche traccia delle fossette legamentari. ; Il contorno trapezoidale, il guscio poco ornato, quasi liscio, gli apici non ben distinti fanno differire questa specie dalla precedente e dalla G. exilis. Un esemplare completo ma ridotto quasi al solo nucleo e parecchi esemplari di valva sinistra. Località: — Vicino alla chiesa di Castione. Museo civico di Storia naturale, Milano; Museo geologico, Università di Pavia. [7] A. TOMMASI 101 L III. Gen. Modiola Liu. 1. Modiola (?) humilis n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 19, 20. Valva sinistra, sub-romboidale, moderatamente rigonfia, stroncata all’innanzi, espansa all’indietro e dolcemente declive verso il margine. L’apice è quasi terminale e molto adunco. Il margine anteriore pre- senta una leggera insenatura nella sua parte mediana, il margine cardinale è lungo metà dell’ altezza della valva. Dall’apice all’angolo antero-inferiore decorre una carena ben pronunciata, che segna la linea di massimo rigonfiamento della valva. La superficie è liscia dall’ apice fino a due terzi dell’altezza della conchiglia; nel terzo inferiore presenta qualche leggerissimo cingolo a mala pena visibile ad occhio nudo. Nessuna traccia dei caratteri interni. Dimensioni: Altezza: mm. 11,5 — Larghezza massima: mm. 7,5. N.1 esemplare. Località: — Songavazzo nel letto del torrente Glera. Museo geologico, Università di Pavia. Questa specie per le dimensioni, la forma e la scarsissima ornamentazione presenta discreta somi- glianza colla Mod. Parona Brrmn. degli strati raibliani di Ceratello in Lombardia, quale è riprodotta a tav. V, fig. 20 dell’opera del BirrwER, Lamellibranchiaten der Alpinen Trias. 1. Theil. La specie del BrrtnER però ha il margine cardinale più breve che la nostra. IV. Gen. Myoconcha Sowrrby. Tra i fossili della Dolomia media descritti dallo StoPPANI nella citata Appendice III non figura al- cuna Myoconcha. Vi sono invece descritte due specie di Mytilus, il M. radians ed il M. Cornalbae. Ma già a prima vista quelle due specie presentano tutt’altro aspetto che quello di IMytilus, e, specialmente il M. Cornalbae, si diribbero piuttosto spettanti al genere Modiola. Gli esemplari, che diedero modo allo SToPPANI di creare quelle due specie, sono a dir vero molto mal conservati e per la maggior parte incompleti. Sfortunatamente non ve n’ hanno di migliori nè nel materiale di questo Museo universitario nè in quello, ch’ebbi a prestito dal Museo civico di Bergamo. Però potei esaminare alcuni modelli interni, corrispondenti per la forma ai due Mytilus dello StoPPANI, che davanti e lateralmente all’apice presentano assai chiaro un rilievo ovalare, che riproduce l’impres- sione muscolare anteriore della valva d’una Myoconcha. Io sono quindi d’avviso che debbano essere rife- rite a questo genere le due specie di Mytilus distinte già dallo STOPPANI. ‘ Ecco intanto la descrizione, che ne diede l’autore: 1. Myoconcha Cornalbae Sropr. sp. — Tav. XVI [I], fig. 21-23. 1860-65. Mytilus Cornalbae Storpani. Appendice citata, III, pag. 259, tav. 60, fig. 7,8. 1893. — — — Bassani F. Memoria citata, pag. 9, fig. 14 della tavola, e pag. 14, n. 26. “ Conchiglia ovale, angolosa, ornata da coste radiali ben marcate e da linee d’accrescimento lamel- lari ben definite, che s’incrociano colle coste senza interromperle. Parte boccale stretta, umboni sorpas- sati dalla regione palleale. Parte palleale sinuosa: parte anale obliqua ,. Di questi caratteri trovo da modificare quello della figura del contorno che è ovale-romboidale, anzichè semplicemente ovale. 102 A. TOMMASI [8] Località: — Lo StoPPANI cita queste specie nella dolomia di Cornalba in Val Serina. Io ne esaminai due esemplari, ridotti al semplice modello interno (di cui ano riprodotto nella Tav. XVI [I], fig. 22), che provenivano dalla Val Imagna, racchiusi dentro ad un calcare poco dolomitico, nerastro. Un’ impronta, da cui trassi colla cera il modello (Tav. XVI [I], fig. 21), la osservai anche nella dolomia di Songavazzo; ed è probabilmente da riferire alla stessa specie un esemplare, molto eroso nel contorno, che aderisce ad un pezzo di dolomia del Monte di Nese. Il Bassani riferisce a questa specie un modello di valva destra rinvenuto nella dela dei dintorni di Mercato San Severino in provincia di Salerno. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano; Museo civico, Bergamo. to) 2. Myoconcha radians Sroppr. sp. — Tav. XVI [I], fig. 24, 25. 1860-65. Mytilus radians Stoppani. Appendice citata, ILL, pag. 258, 259, tav. 60, fig. 6. 1893. — —_ _- Bassani. Memoria citata, pag. 9, fig. 13 della tavola, e pag. 14, N. 27. L’autore della specie la descrisse brevemente così: i “ Conchiglia ovale, allungata, molto spessa, ornata da 4 o 5 coste radiali, che la natura cristallina della roccia non lascia ben risaltare ,. Nè io posso aggiungere altro, non avendo a mia disposizione, oltre all’esemplare studiato dallo StoPPANI, che qualche nucleo. Faccio però osservare che il fossile riprodotto dall’ autore della specie era assai mal conservato nel contorno, nè le coste radiali vi sono così distinte come appare dalla figura. Località: — L’esemplare descritto dallo Stoppani proviene da Songavazzo, e dello stesso luogo sono tre modelli interni da me esaminati. Un altro, il meglio conservato (Tav. XVI [I], fig. 24), fu raccolto dal- l’ ing. Porro sul sentiero per la colma di S. Pietro in Val Taleggio. È da riferirsi probabilmente a questa specie anche un modello interno trovato dal MARIANI nella dolomia della vetta del Monte Useria. Nella dolomia di Mercato S. Severino il BassAnI trovò una valva, che credette di dover riferire alla stessa specie. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano; Museo civico, Bergamo. 3. Myoconcha Taramellii n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 260, d. Valva destra d’una conchiglia quadrangolare, allungata trasversalmente, più larga all’indietro che all’avanti, molto rigonfia; apice ottuso diretto all’innanzi e quasi terminale. Da esso all’angolo postero- inferiore decorre una carena ottusa, che segna la linea di massima convessità della valva. Sotto ed in- nanzi all’apice sta una piccola lunula, mentre dietro ad esso fino a circa due terzi della lunghezza totale della conchiglia si distende una fossetta legamentare piuttosto profonda e lunga. Il margine anteriore è breve, il margine cardinale quasi rettilineo, il ventrale non è tutto conservato. Il guscio è grosso e la sua superficie ornata da linee d’accrescimento grossolane e concentriche, senza nessuna traccia di strie o di coste radiali. Dei caratteri interni non fu possibile scorgere le impressioni muscolari. Il cardine presenta invece un dente posteriore listiforme parallelo al margine cardinale, che si interrompe sotto l’apice per riappa- rire come un piccolo denticino dietro la lunula. Questa specie, prescindendo dalle dimensioni, che ne sono quasi doppie, si lascia confrontare meglio che con qualunque altra colla Myoc. parvula v. WònRMANN, del raibliano dello Schlern-Plateau ! i) von WOHRMANN S. u. Koken E. Die Fauna der Raibler Schichten vom Schlern-Plateau. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch. Jahrg. 1892, pag. 177, tav. VIII, fig. 11, lla. [9] A. TOMMASI 103 Bocalità: — Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia. V. Gen. Cucullaea Lim. 1. Cucullaea Porroi n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 27a-c; Tav. XVII [II], fig. 1. Colla determinazione di Megalodon Giimbeli passavano nella collezione del Museo civico di Bergamo due modelli interni di valva sinistra di una forma, che al solo aspetto si lascia riconoscere per un’Arcide e con la maggiore probabilità per una Cucullaca. I detti modelli sono inequilaterali e molto rigonfi; hanno l’apice antimediano, robusto e sviluppato; alta, ampia e triangolare l’area compresa tra l’apice ed il cardine. Conservano entrambe le impressioni muscolari e di esse la posteriore è più profondamente situata che non l’anteriore, il che fa pensare che nella valva questa impressione fosse portata da una lamina parecchio saliente. L'impressione palleale è semplice, parallela al margine ventrale e congiunge le due impressioni muscolari. Del cardine nessuna traccia. Località: — Songavazzo. Museo civico, Bergamo. Sottog. Macrodon Lyoett. 1. Macrodon rudis Stop. sp. — Tav. XVII [II], fig. 2. 1860-65. Arca rudis Stoppani. Appendice citata, III, pag. 258, tav. 60, fig. 1. 1893. — - = Bassani, Memoria citata, pag. 14, n. 23. “ Conchiglia allungata, subquadrata, percorsa da rughe d’accrescimento grossolane. Regione boccale corta, arrotondata: regione anale angolosa, molto ottusa: regione palleale un po’ sinuosa. Questa specie è del resto una forma troppo indifferente ,. Così lo SropPANI diagnosticava questa sua specie: nè a tal diagnosi v'ha molto da aggiungere, non essendomi riuscito di mettere allo scoperto il cardine. Solo voglio notare che nell’area compresa dietro all’apice tra la carena ed il margine cardinale sotto certe incidenze di luce si possono rilevare le traccie di coste radiali grossolane, che la ornavano. Nè tacerò della forte somiglianza che per la grandezza e l’abito generale questa specie presenta colla Cucullaca (Macrodon 2) formosissima D° OrB. del San Cassiano quale è riprodotta nella fig. 4, tav. XV della monografia del BirtnER, Lamellibranchiaten der alpinen Trias. Th. 1, Revision der Lamellibranchiaten v. S. Cassian. Wien, 1895. Località: — Songavazzo; Cornalba (un piccolo modello interno). Il prof. F. Bassani la cita anche dalla dolomia principale di Corpo di Cava nel Salernitano e di Mormanno nella Calabria citeriore. Museo civico di Storia naturale, Milano. 2. Macrodon Songavatii Sropr. sp. — Tav. XVII [II], fig. 3 a, d. 1860-65, Arca Songavatii Stoppani. Appendice citata, III, pag. 258, tav. 60, fig. 2. Piccola conchiglia bislunga, coll’apice posto molto all’ innanzi ma non terminale. Regione boccale breve, a margine obliquo, formante colla linea del cardine un angolo leggermente acuto: regione anale molto al- 104 A. TOMMASI [10] lungata trasversalmente, a margine posteriore rettilineo e formante col margine cardinale un angolo ot- tuso: margine palleale assai leggermente curvo, quasi diritto. Dall’apice alla metà circa del margine pal- leale scende una larga ma leggerissima insenatura. Tutta la superficie del guscio è ornata da pieghette o piuttosto da lamelle d’accrescimento concentriche, fitte, abbastanza regolari, meno spiccate nell’ area compresa tra la robusta carena ed il margine cardinale. Completano l’ ornamentazione delle sottilissime e fittissime coste, che dall’apice decorrono fino ai margini, interrompendosi talora lungo la linea di sepa- razione di una lamella d’accrescimento dall’altra. Queste coste radiali sono più grossolane nello spazio compreso tra la carena ed il margine cardinale. N.° 6 esemplari. Di questi 3 sono di valva sinistra e 3 di valva destra: in nessuno può vedersi allo scoperto il cardine. Il maggiore, incompleto nella regione anale, presenta una lunghezza di mm. 15 ed un’altezza di mm. 7. La figura che di questa specie diede lo SroPPANI non è esatta, perchè l’apice appare in essa terminale mentre non lo è affatto. Località: — Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano. VI. Gen. Myophoria Bronn. 1. Myophoria Balsami Sropp. — Tav. XVII [II], fig. 4a-c. 1860-65. Myophoria Balsami Stoppani. Appendice citata, III, pag. 258, tav. 60, fig. 3-5. Conchiglia a contorno quadrangolare più lunga che larga, ad apici robusti, contigui, posti molto al- l’avanti. Il margine anteriore è arrotondato e breve, il margine palleale regolarmente curvilineo, il mar- gine posteriore obliquamente stroncato e forma un angolo ottuso coll’attiguo margine cardinale ed un altro angolo poco meno che retto col margine palleale. La linea cardinale s’inflette ad angolo ottuso. Dall’ apice all’ angolo postero-inferiore acuto decorre su ogni valva una forte carena: un’altra carena più corta ma non meno robusta scende dall’apice fino all’angolo posteriore ottuso e con quella della valva opnosta racchiude una piccola depressione centrale in forma di lunula lanceolata: nello spazio compreso tra le due carene esistono due coste molto deboli ed assai ravvicinate, una delle quali appena visibile. La superficie del guscio è ornata da linee d’accrescimento assai sottili ma d’ineguale grandezza. Mi sono sconosciuti i caratteri del cardine. Località: — Lo StoPPANI citava questa specie dalla dolomia di Caino e da quella di Griante in Tremezzina. I parecchi esemplari da me esaminati provengono dalla dolomia del Monte S. Elia presso Viggiù, di Sarezzo in Val Trompia, di Songavazzo in Val Seriana, dei monti di Sussia sopra S. Pelle- grino in Val Brembana e dalla valle Imagna (alla Corte). Inoltre osservai tre modelli interni, da riferire con ogni probabilità a questa specie, nella dolomia a Megalodon di Carpané. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano; Museo civico, Bergamo. 2. Myophoria cfr. picta Lrpsrus. — Tav. XVII [II], fig. 5, 6. 1878. Myophoria picta Lersius. Opera citata, pag. 357, tav. I, fig. 10.4, d. Nell’opera già citata il dott. LEPSTUS descrive e rappresenta una elegante Myophoria, provvista di 11-12 coste, da lui trovata nella parte inferiore dell’ Hauptdolomit di Val d’ Ampola e della Val di Non [11] A. TOMMASI 105 (Nonsberg) e già prima riscontrata dal BENECKE sulle pendici dolomitiche sopra a Storo e da questi designata per una Cardîta. Anche nel materiale da me studiato osservai delle impronte d’una Myophoria, da cui trassi il modello in cera (Tav. XVII [II], fig. 5,6). Questo presenta 7-8 coste radiali, leggermente con- cave verso la parte anteriore ed incrociate da numerose strie d’acerescimento. Esito ad identificarla colla specie di LePsrus, perchè, sebbene per la forma complessiva le assomigli, ne differisce pel minor numero delle coste radiali, e perla loro diversa curvatura. Località: — Nella dolomia della Val Imagna e della valletta d’Albino in Val Seriana. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo. 3. Myophoria prolixa n. sp. — Tav. XVII [II], fig. 7. Conchiglia allungata per traverso, ovale-romboidale, mediocremente rigonfia. L’apice è situato nel terzo anteriore, abbastanza robusto ed adunco: la linea cardinale è quasi diritta. Il margine anteriore è attondato, debolmente curvilineo il palleale, breve e leggermente tondeggiante il posteriore. Dall’ apice all’angolo posteriore, dove il margine palleale si distingue dal posteriore, decorre una carena marcata ma ottusa: tra questa ed il margine cardinale è compresa un’area anale discretamente larga e saliente. Il guscio è sottile, liscio, ornato di poche pieghe d’accrescimento larghe e basse. L’esemplare descritto si riduce alla sola valva sinistra, nella quale mi rimasero sconosciuti i caratteri del cardine. Località: — Albino, sulla salita per Selvino, Val Seriana. Museo geologico, Università di Pavia. 4. Myophoria Caroli Rivai n. sp. — Tav. XVII [II], fig. 8-13. Conchiglia triangolare colla parte anteriore arrotondata, la posteriore protratta ed obbliquamente troncata e gli umboni posti molto all’innanzi. Dei margini l’anteriore ed il ventrale sono regolarmente arcuati, il margine cardinale si piega sotto all'apice quasi ad angolo retto. La superficie è percorsa da coste radiali e da rughe d’accrescimento. Quelle sono piuttosto robuste, tondeggianti, regolarmente decrescenti in grossezza dalla parte posteriore all’anteriore delle valve e leggermente incurvate ad S. Esse sono più ravvicinate verso la parte anteriore, più distanti tra loro verso la parte posteriore, così che qui sono più strette e là più larghe degli intervalli che le separano. La costa che limita l’area anale si rileva in una distinta carena ed è separata dalla seconda costa mercè una larga insenatura. Il numero complessivo delle coste, compresa la carena, è d’ordinario di 8. La superficie racchiusa tra la carena ed il margine cardinale è percorsa nella sua metà da un solco stretto ma ben distinto, che dall’apice scende fino al margine. Le rughe d’accrescimento, un po’ ondulate, incrociano le coste radiali, sono più pronunciate su queste che negli intervalli interposti e si continuano distintissime sull’area anale e sulla porzione più prossima al margine anteriore, dove mancano le coste radiali. In generale sono più marcate sulla zona mediana del dorso che nelle parti apicale e palleale e danno alla superficie della conchiglia un aspetto leggermente embriciato. Il modello interno di questa specie riproduce esattamente la forma della conchiglia ma non l’orna- mentazione, poichè delle coste non risalta distinta che la sola carena ed a mala pena se ne scorgono altre due o tre che la precedono. Vi è ben distinta la linea palleale, l’impressione muscolare anteriore piccola ed ovoidale, ed è mal conservata la traccia della impressione muscolare posteriore, che trovavasi lungo la linea mediana dell’area anale ed era probabilmente piriforme. Del guscio nè del cardine nessuna reliquia. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 14 106 A. TOMMASI [12] Non possedendo nessun esemplare che conservi anche il più piccolo lembo del guscio, ho rilevati i caratteri esterni della conchiglia da numerose impronte ben conservate, mentre ho potuto desumere di- rettamente da alcuni nuclei i caratteri interni che ho annoverati. Quella, a cui tra le già note più rassomiglia la nuova specie, è la Myoph. chenopus Lauge. Il LAUBE la figura nella tav. XVIII, fig. 4 @, è della nota sua monografia “ Die Fauna der Schichten v. S. Cassian , ed il dott. BirtnER a tav. XI, fig. 15-17 dell’opera “ Revision der Lamellibranchiaten von S. Cassian ,. Di queste figure la fig. 17 data dal BirmnER è quella, cui più s’avvicina la forma di Velzo. Questa però si distingue dalla IMZyoph. chenopus LauBE, non foss’ altro pel minor numero di coste radiali (7-8 invece di 9-10) e per possedere un solo solco sull’area anale. Nè credo che questa specie si possa identificare colla IMZyoph. picta LePsIus, poichè, se la figura che ne da l’autore riproduce esattamente l’originale, v ha differenza nel numero e nella curvatura delle coste, che nella specie di LePsIus salgono ad 11-12 e sono semplicemente incurvate colla concavità rivolta all’innanzi. Inoltre fra la prima (carena) e la seconda costa non esiste quella larga insenatura, che si osserva nella specie di Velzo. N.° 6 impronte e 4 nuclei. Località: — Tra Velzo e Gottro fra Menaggio e Porlezza. Museo geologico, Università di Pavia. VII. Gen. Megalodon Sow. 1. Megalodon Giimbeli Sropp, — Tav. XVII [II], fig. 14, 16-18. 1862. Megalodon triqueter GuemBEL (partim). Die Dachstein Bivalve und ihre alpine Verwandien. Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wissensch., Bd. XLV, pag. 362, tav. I, II, III fig. 1-3. 1860-65. _ Giimbeli StopPANI (partim, escl. Meg. complanatus Guens.). Append. cit. II. Les grandes Bivalves du Trias sup. ecc., pag. 252, tav. 57, fig. 1-3, 5. 1880. Megalodus — — Hoòrnes R. Materialen zu ciner Monographie der Gattung Megalodus. Denkschr. d. Wiener Akad., Bd. XLII, pag. 105. 1893. Megalodon _ = Bassani FR. Memoria citata, pag. 11, fig. 19a-c della tavola, e pag. 14, : 09 IL6), Siccome nel materiale da me studiato non si trovano di questa specie che dei semplici modelli in- terni, così pei caratteri della conchiglia debbo riferirmi e rimandare il lettore alle descrizioni datene dagli autori citati. Noto che mi associo pienamente alle idee del dott. R. HoRNES quanto alla opportunità di separare dal Megalodon Giimbeli StopP., il Meg. complanatus GùmB., che va considerato come specie a sè, e così pure convengo con lui nell’escludere dalla sinonimia del Meg. Gumbeli StorP., il Meg. triqueter GùnB. proveniente dai banchi raibliani di Bleiberg in Carinzia. Di quei nuclei il maggiore misura mm. 103 d’altezza, mm. 69 di lunghezza e mm. 63 di spessore: il più piccolo mm. 41 d’altezza, mm. 35 di lunghezza e mm. 25 di spessore. Vi è poco sentita la ineguaglianza tra i modelli delle due valve ed, a meno che l’una non siasi spo- stata rispetto all’altra, anche gli apici giacciono quasi allo stesso livello: il sinistro però generalmente so- pravanza un poco il destro, come il modello della valva sinistra è, nella maggior parte, un po’ più grosso che quello della valva destra. Gli apici sono mediocremente rilevati sulla linea cardinale, piegati all’in- nanzi ed un po’ rivolti l’un contro l’altro, poco acuti, se l’erosione non li ha smussati. Sono ben chiare nella maggior parte le traccie della impressione muscolare anteriore sotto forma di [13] A. TOMMASI 107 una papilla compressa all’innanzi ed all’indietro, e quella della impressione palleale, che dall’impressione muscolare anteriore segue il margine fino all’angolo postero-inferiore. L'impressione muscolare posteriore è poco distinta nei più degli esemplari. Al posto della lunula esiste una depressione cardinale percorsa lungo la sua linea mediana da una lamina conservata in alcuni esemplari, erosa nella maggior parte. Forse questa lamina è dovuta ad un riempimento interpostosi tra le due cerniere quando le due valve della conchiglia erano solo accostate e non strettamente unite. L’area è poco profonda, triangolare-ovale, piuttosto alta, larsa come la metà dell’altezza negli esem- plari minori e nei mezzani, come quasi ?/, dell’altezza negli esemplari maggiori. Essa è limitata da ambo i lati da una carena ora più ed ora meno ottusa, lateralmente ed innanzi alla quale scorre una depres- sione stretta e poco profonda, che dalla impressione palleale si dirige verso l’apice, obliterandosi prima di raggiungerlo. Tra i nuclei esaminati uno (Tav. XVII [II], fig. 18 @, è), proveniente da Tese in Val Sarezzo, si scosta dagli altri perchè presentasi strozzato da una insenatura larga e poco profonda, che appare a poca distanza dall’apice, percorre il mezzo di ciascuna valva, ed allargandosi quanto più si avvicina al margine ante- riore, taglia questo a metà della sua altezza. Un’altra differenza sta nella fossa cardinale, che in questo esemplare è più larga e più profonda che negli altri e separata dalla parte laterale mercè una carena ottusa ma ben distinta. Da questa maggior larghezza della fossa cardinale consegue che questo nucleo, visto dalla parte dell’area, presenta un contorno più triangolare che ovoidale all’opposto di quel che si ossserva negli altri nuclei. Due altri nuclei (Tav. XVII [II], fig. 16,0) sono particolarmente notevoli per le traccie dell'apparato cardinale, che conservano sulla lamina già nominata, da cui viene bisecata la depressione cardinale. Sul‘ lato di questa che era in contatto col cardine della valva destra (Tav. XVII [II], fig. 16@) si osserva dall’avanti all’indietro: 1.° un tubercolo corrispondente all’impressione muscolare anteriore; 2.° un rilievo sub-rettangolare, leggermente concavo all’ innanzi, convesso all'indietro, ben limitato anteriormente e posteriormente da una depressione, di cui l’anteriore è piana e larga, la posteriore stretta e profonda. Questo rilievo, che in alto si sfuma insensibilmente nel margine della valva, è incavato nella sua parte mediana da una leggera insenatura, e là dove raggiunge l’ impressione muscolare anteriore s'incontra in 3.° un leggero bitorzolo dentiforme forse corrispondente alla impressione del muscolo del piede. Sul lato della lamina, che era in contatto col cardine della valva sinistra (Tav. XVII [TI], fig. 16 8), si notano pure dall’avanti all’indietro: 1.° la traccia dell’impressione muscolare anteriore; 2.° il bitorzolo corrispondente all’impressione del muscolo del piede; 3.° tre solchi in forma di virgola, di cui l’anteriore finisce alla traccia dell’impressione del muscolo del piede, ed il posteriore scende dall’apice e trovasi immediatamente sotto di esso. Questi tre solchi separano tra di loro tre rilievi, di cui il primo largo e pianeggiante e gli altri due stretti, lunghi ed in forma di virgola. Da queste impronte trassi colla cera il modello del cardine delle due valve (Tav. XVII [II], fig. 17 @, 5). Quello della valva destra (Tav. XVII [II], fig. 17 a) presenta: un dente posteriore semilunare ed un altro dente anteriore più piccolo, pure ricurvo colla concavità rivolta all’innanzi: tra questi denti è compresa una larga fossa, dal fondo della quale si eleva un terzo dente mediano, poco pronunciato, che alla lontana 108 A. TOMMASI [14] ricorda grossolanamente la forma del padiglione dell’orecchio. Avanti al dente mediano e sotto il dente anteriore trovasi la piccola impressione del muscolo del piede: innanzi ad essa ed al dente anteriore sta l'impressione muscolare anteriore piuttosto larga, orbicolare e profonda. Il modello del cardine della valva sinistra (Tav. XVII [II], fig. 17 0) presenta: una fossetta posteriore semilunare, per accogliere il dente posteriore della valva destra; un dente cardinale scavato pel lungo da una seconda fossetta, alla quale corrisponde il dente mediano della valva opposta: una terza fossa destinata al dente anteriore dell’altra valva. Innanzi a questa fossa trovasi l'impressione muscolare anteriore e tra essa e l’estremità inferiore del dente cardinale l'impressione piccola e rotonda del muscolo del piede. Questi modelli corrispondono esattamente al cardine del Meg. Gimbeli StoPp.? Per il necessario confronto, non avendo altro a mia disposizione, ho dovuto riferirmi alle figure 4 e 5 che ne dà il GimseL a tav. I, del suo citato lavoro. Il modello del cardine della valva sinistra corrisponde assai bene al cardine riprodotto nella fig. 5 di GùmBEL: devo però osservare che mentre nel mio modello l’impressione del muscolo del piede trovasi sull’orlo della lamina cardinale tra il dente biforcato e l'impressione muscolare anteriore, nella figura citata non si capisce bene se trovisi nella stessa posizione o più in alto. Quanto al modello del cardine della valva destra, noto che l’impressione del muscolo del piede vi è situata pure all’orlo della lamina cardinale anzichè vicino al margine della lunula come nella fig. 4 di Gimser. Ma un’altra differenza risiede nella forma dei tre rilievi dentiformi sottostanti ‘all’apice, di cui il mediano è assai più pronunciato che nel mio modello ed, unendosi all’anteriore, forma un arco chiuso, mentre nel mio modello quei due denti restano separati presso l’orlo della lamina cardinale. è Ciò non ostante, giustapponendo i modelli dei due cardini, essi combaciano perfettamente e la cerniera viene esattamente chiusa; mentre mi sembra che se si dovesse sovrapporre il cardine rappresentato nella fig.5 di GumBeL a quello della fig. 4, la chiusura della conchiglia non riescirebbe altrettanto perfetta. Ad ogni modo trovandomi io in presenza di modelli tratti da impronte e non avendo sott’occhio che le figure del cardine descritto e figurato da GiùmBEL, mi guardo bene dall’esprimere un giudizio reciso sulla spettanza o meno alla medesima specie dell’esemplare studiato da GimBEL e dei due modelli interni di Lumezzane, che dettero luogo a queste osservazioni. Gli esemplari da me studiati provengono da Lumezzane e Sarezzo in Val Trompia, e da Cornalba, Selvino, Songavazzo in Val Seriana. GUMBEL cita questa stessa specie da Contevia, Bellagio, Lenno e Tre- mezzo sul Lago di Como; da Barni in Val Assina; tra Abbadia e Mandello sul lago di Lecco; presso S. Pellegrino in Val Brembana, tra Tolline e Vello sul lago d’Iseo; presso Clusone in Val Seriana. Lo StoPPANI la ricorda inoltre da Caino, Prà Lingér, San Martino in Val Ritorta e dice che fu trovata anche sulla Grigna e, da lui, a Storo. Fu pure trovata nella dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Severino in provincia di Salerno. 2. Megalodon complanatus Guems. — Tav. XVII [III], fig. 1-5. 1862. Megalodon complanatus GuenseL. Die Dachstein Bivalve ecc. L. c., pag. 373, tav. V, fig. 1-6. 1880. — — Hoòrnes R. Materialen xu einer Monographie ecc. L. c., pag. 101, tav. I, fig. 8. Riguardo a questa forma mi associo pienamente all’opinione di HòRNES nel considerarla una specie distinta e non una semplice varietà molto compressa del Meg. Gimbeli,. come la riteneva lo StoPPANI !). StoPPANI A. Appendice citata, pag. 253, tav. 57, fig. 6. [15] A. TOMMASI 109 M’indusse in questa persuasione l’esame del materiale, che potei mettere assieme, quantunque scarso e non bene conservato. i Delle valve il pezzo migliore è quello riprodotto nella Tav. XVII [III], fig. 4, dalla quale si può rilevare il contorno presso che circolare, il forte appiattimento della conchiglia e l’angustia dell’area anale. Molto meglio conservati sono i nuclei, di cui tre si trovano nel Museo dell’ Università di Pavia pro- venienti uno da Sarezzo in Val Trompia e due dal Monte Amariana presso Tolmezzo in Carnia. Tutti e tre hanno un contorno circolare cuoriforme, altezza appena maggiore della lunghezza, e uno spessore che supera di poco la metà dell’altezza. Gli apici son bassi, ottusi, rivolti leggermente all’ innanzi; l’area anale alta quanto la parte posteriore del modello, ma più larga che sulla conchiglia. Da ciascun apice una depressione larga e poco profonda decorre fino a raggiungere il margine inferiore, rasentando il margine posteriore. Di fronte agli apici e dove incomincia il margine anteriore stanno due rialzi, che corrispondono alle impressioni muscolari anteriori. Essi sono obliquamente stroncati all’avanti e quasi piatti all’indietro: su entrambi in basso e sulla faccia posteriore stanno due tubercoletti corrispondenti alla fossetta del mu- scolo del piede. L'impressione palleale scorre lunghesso l’intiero margine anteriore: dell’impressione mu- scolare posteriore nessuna traccia. Dei due nuclei del Monte Amariana uno, mancante della metà inferiore, porta sulla linea mediana della depressione corrispondente alla lunula una lamina, che reca l’impronta del cardine della valva sinistra. Colla cera e col gesso ne ricavai il modello (Tav. XVII [III], fig. 3), che lascia scorgere una lamina cardi- nale bassa, su cui stanno: un dente cardinale robusto, corto e biforcato da un solco longitudinale; dietro ad esso una fossetta triangolare profonda, e tra questa ed il margine posteriore, sul prolungamento della lamina cardinale, uno stretto dente posteriore listiforme. Sulla faccia anteriore del dente cardinale ed in basso sta la piccola fossetta pel muscolo del piede: di fronte a questa ed all’innanzi della lamina cardinale giace presso al margine anteriore l’impressione muscolare anteriore di forma ovalare, ben limitata da un cer- cine all’indietro e da un margine un po’ rialzato all’avanti. Dimensioni dei due nuclei intieri: I (Sarezzo) 7 II (M. Amariana) Altezza . i i B ; ò ; i E 5 mm. 64 mm. 30 Lunghezza 6 3 c 0 o c o 0 o » 61 » 28 Spessore . o 5 ; 0 o . è 5 ; » 84 » 19 Località: — Sarezzo, Songavazzo, Clusone in Lombardia; Monte Amariana in Carnia. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo. 3. Megalodon nov. form. indet. — Tav. XVIII [IMI], fig. 6, 7. Credo che sia da distinguere dal Meg. Giimbeli e dal Meg. complanatus un’altra forma, che differisce da quelli per gli apici bassi, molto più acuti, ritorti e rivolti in fuori e pel guscio molto sottile percorso da pieghette e da cingoli concentrici irregolarmente alternati ed inequidistanti. Nel materiale che ho in esame non figurano che cinque valve sinistre non completamente conservate, di cui nessuna lascia scorgere il cardine: su uno degli esemplari, a cui manca il guscio presso il margine anteriore, è visibile il rilievo che corrisponde alla impressione muscolare anteriore. Il contorno era probabilmente subcircolare. Località: — Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo. x 110 A. TOMMATI [16] 4. Megalodon sp. — Tav. XVII [II], fig. 15 a-c. Nucleo globoso, equivalve, poco più alto che lungo e colla lunghezza che quasi eguaglia lo spessore. Gli apici non si toccano, sono involuti e ritorti all’indentro ed un po’ all’avanti. L’area è ampia, non pro- fonda e di forma ovoidale. Al posto della lunula corrisponde una depressione larga e poco profonda. Da ogni apice si dipartono due carene, di cui l’una, più spiccata, si dirige all’indietro ed, arrivando fin quasi all’angolo inferiore delimita l’area: l’altra, più ottusa, si dirige all’innanzi, fiancheggia la depressione corrispondente alla lunula e termina da ciascun lato al rilievo papillare, che rappresenta l'impressione muscolare anteriore. Da questa all’angolo inferiore corre l'impressione palleale poco marcata e molto vi- cina al margine ventrale. Del guscio non resta la più piccola traccia: del cardine nessun indizio. Per quanto sia poco confrontabile un nucleo nudo eon un altro coperto dalla conchiglia, mi sia per- messo di far notare che tra le specie di già conosciute quella a cui più s’accosta la nostra forma è il Meg. cassianus HoòRN. di San Cassiano, quale è figurato a tav. I, fig. 7a-c della dianzi citata Monografia di R. HORNES. DIMENSIONI Altezza . ò È 3 È g . ò : . È x ; È mm. 47 Lunghezza 0 ò . . 6 . . - : c ò e 5 » 41 Spessore 3 » 39 N.1 Esempl. Località: — Cornalba in Val Serina. Museo civico, Bergamo. VIII. Gen. Dicerocardium Stopp. Questo genere, stabilito dallo StoPPANI, conta fino ad oggi nella dolomia principale di Lombardia, tre sole specie ampiamente descritte e figurate dal loro autore nella già citata appendice su “ Ze grandi bivalvi cardiformi del Trias superiore o della dolomia a Meg. Giimbeli ,. Il materiale studiato dallo StoP- PANI trovasi al Museo civico di Storia naturale di Milano: non ve n’è affatto nel Museo civico di Ber- gamo, scarseggia nella collezione dell'Ateneo di Brescia, e nel Museo dell’Università di Pavia non si trova che un modello interno del D. Curionti. Non avendo perciò modo di tentare nuove preparazioni su mate- riale a tal uopo disponibile, ho rinunciato ad una revisione di queste specie, per le quali mi rimetto all'opera originale dello SropPanI, limitandomi qui soltanto a citarle. 1. Dicerocardium Jani SrorP. 1860-65. Dicerocardium Jani Srorpani A. Appendice citata, pag. 249-50, tav. 41-50. A Caino in Val Sabbia un banco di qualche metro di spessore consta d’un vero impasto d’individui di questa specie, e trovasi secondo lo SropPANI negli strati superiori della dolomia a Meg. Gmbeli. Anche il BENECKE cita questa specie, oltre che da Caino, da Storo in Val Ampola e da Inzino e dal Monte S. Emiliano in Val Trompia !. l Bonpox®n E. W. Ueber Trias und Jira in den Sid-Alpen. Einige Arten aus der oberen alpinen Trias. Geogn.- palaeont. Beitràge, pag. 85 e 158. Miinchen, 1868. [17] A. TOMMASI Iutil 2. Dicerocardium Curionii Sropp. 1860-65. Dicerocardium Curioni Stoppani. Appendice citata, pag. 251, tav. 51 e 52. Colla specie precedente fu trovato dallo Stoppani a Caino, e dal Curioni nella dolomia del Monte Antelao sul Bellunese. Il PARONA ! cita e figura un modello interno di questa specie proveniente dalla dolomia di Carpené sopra Solagna in Val del Brenta. Il nucleo posseduto dal Museo geologico dell’ Università di Pavia e proveniente da Caino corrisponde alle fig. 4 e 5 della tav. 51 dello STOPPANI. 3. Dicerocardium Ragazzonii SropP. 1860-65. Dicerocardium Ragarzonii StorPanI. Appendice citata, pag. 251, tav. 53-55. Lo SToPPANI ricorda questa specie nella dolomia di Storo in Val Ampola ed in quella del Corno dei Trenta Passi sul lago d’Iseo, dove fu trovata dal CurIONI. Gastropoda i I. Gen. Worthenia KonIncx. 1. Worthenia Songavatii Sropp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 8,9. 1860-65. Turbo Songavatii Srorpani. Appendice citata, III, pag. 255, tav. 59, fig. 7. 1866. — solitarius Benecxe. Ueber Trias und Jura in den Std-Alpen, pag. 155, tav. II, fig. 4, 5. 1880. Guidonia Songavatti Storp. sp. De Sterani C. I fossili triasici nelle Alpi Apuane. Rend. del R. Ist. x Lomb. di Scienze e Lett., serie II, vol. XIII, fasc. XV, luglio 1880. 1889. — — _ Dr Srerani C. Le pieghe delle Alpi Apuane. Ist. stud. sup. prat. e di perfoz. in Firenze. Sez. Sc. fis. e nat., pag. 19, 20, con figura nel testo. 1893. — — = Bassani Fr. Memoria citata, pag. 4, fig. 1a, b della tavola, e pag. JUL mo Ia, Nel 1880 Carro De SreFANI, dando notizia di fossili trovati nelle Alpi Apuane, a proposito del Turbo Songavatiù StoPPANI notava che questa forma con altre infraliasiche e liasiche troppo si scostava dal genere Turbo per potervi restare ancora assegnata e proponeva per essa e le sue congeneri dell’Infralias e del Lias (Turbo depauperatus LycetT, Neritopsis (2) Oldae StoPP. ecc.) il nuovo genere Guidonia, che si sarebbe distinto dai Turbo e dai Trochus “ per la forma scalare dei giri, per l’apertura ovale-oblunga e per la base leggermente convessa ,. Nove anni più tardi nella memoria su “Ze pieghe delle Alpì Apuane , mo- dificava in tal modo la breve diagnosi precedente: “ Conchiglia quasi rettangolare, non ombelicata, a base molto convessa, a giri rettangolari, scalariformi, rapidamente crescenti, con apertura rotonda, senza oper- colo solido ,. Alla diagnosi aggiungeva anche una figura, la quale però, anzichè alla forma pubblicata nel i) PARONA C. F. Contributo allo studio dei Megalodonti. Atti Soc. ital. di Sc. nat., vol. XXX, pag. 356 [4], tav. VII, fig. 7. 112 A. TOMMASI [18] 1865 dallo Stoppani come Turbo solitarius, corrisponde meglio a quella che nella stessa epoca lo STOPPANI rese nota col nome di Delphinula Escheri. Se si confrontano tra loro la forma descritta come Zurdo Songavatii e quella determinata come Del- phinula Escherì, si possono agevolmente notare le seguenti differenze: Turbo Songavatii SroPP. Delphinula Escheri StopP. Conchiglia conica, imperforata, non ombelicata, Conchiglia elicoidale, perforata, ombelicata, più quasi alta come larga, piuttosto elata. Spira discreta- larga che alta, depressa. Spira bassa, quasi piana: giri mente alta: giri a rapido accrescimento, angolosi, sca- a lento accrescimento, angolosi, scalariformi, con due lariformi, con due carene laterali, di cui la superiore è carene laterali, di cui la superiore è provvista di tuber- liscia. Base convessa. coletti. Base molto convessa. Per cui mi sono persuaso che le due forme sopra citate, oltre che per i più minuti caratteri spe- cifici differiscono tra loro anche genericamente. E quella che passava per 7ubo Songavatii, se non può più trovar posto in questo genere, stimo che trovisi abbastanza a suo agio nel gen. Worthenia di KonincK (1883), emendato poi da KirTL ® alla cui diagnosi corrisponde abbastanza bene per quei caratteri che si possono rilevare e per l'abito generale ?. E col Turbo Songavatiù parmi possano essere assegnati al me- desimo genere Worthenia anche altre specie della dolomia principale, che dallo SToPPANI erano state ascritte o allo stesso genere Zurbo od al genere Delphinula, come vedrassi più innanzi. E frattanto passo a descrivere la Worthenia Songavatti. Conchiglia conica, imperforata, alta quasi quanto è larga, a spira piuttosto elevata. I giri, a rapido accrescimento, sono angolosi, gradiniformi, in numero di 5, carenati e provvisti di suture profonde. La loro parte apicale scende a piovente dalla sutura soprastante verso la carena e la parte laterale piomba a perpendicolo sul giro che precede. Essa sull’ ultimo giro è limitata da due carene. A lato di quella supe- riore dell’ultimo giro e della carena unica degli altri corre un solco leggero ma abbastanza distinto anche sul modello interno. l La base è discretamente rigonfia e dell’ombelico non vi è chiara traccia. Quasi tutti gli esemplari di questa specie si raccolgono privi del guscio o lo lasciano nella roccia madre quando si cerchi di estrarneli. Dove esso è conservato, almeno in parte, si scorge una delicata ornamentazione. Questa consiste in linee longitudinali incrociate da fini pieghette e strie d’accrescimento oblique, che adornano la base dell’ ultimo giro e la parte laterale ed apicale di questo e degli altri. Le linee longitudinali sono un po’ più robuste sulla base dell’ ultimo giro che altrove. Dimensioni: L’ esemplare descritto e figurato dallo StoPPANI è forse il più piccolo, misurando mm. 5,5 in larghezza e mm. 5 in altezza. Un altro, quasi completo, di Sarezzo in Val Trompia è largo mm. 7,5 ed alto mm. 6,5. La maggior parte di quelli da me esaminati hanno le dimensioni degli esemplari figu- rati dal BenecKE. Il più completo mi diede: Altezza mm. 23, larghezza mm. 27. Località: — Monte Orsa, a Nord di Viggiù, e Monte S. Elia (Viggiù), Monte S. Martino di Griante, Cima del Resegone, Val Brembilla, Songavazzo, Torrente del Pizzo Formico, Presolana, Vello sul lago d’Iseo, Sarezzo in Val Trompia, Storo in Val d’Ampola, Sella presso Borgo nel Trentino. Il Lepsius la cita in Val di Dalcone, affluente del Sarca, nel gruppo del Cima Tosa, sul Monte Rovere ed Osol in 4) KirtL E. Die Gastropoden der Schichten von S. Cassian, pag. 181 [16]. Wien, 1891. 2 Anche nella Monografia del TorNQUIST « Das Vicentinische Triasgebirge, Stuttgart 1901 » trovo riferita a pag. 137 al gen. Worthenia la specie in discorso. [19] A. TOMMASI 113 Val di Non, sulla cima della Mendola. È frequente anche nell’ Hauptdolomit del Veneto e delle Alpi car- niche. Il BassanI per osservazioni proprie e sulla fede di altri autori la ricorda in più località del Sa- lernitano e della Calabria citeriore. Tra le specie con cui questa può essere comparata parmi che le più vicine siano la W. subgranulata, LauBE sp. e la W. Johannis Austriae Kurest. sp.? del S. Cassiano. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo; Museo civico di Storia naturale, Milano. 2. Worthenia pusilla Sropp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 10.a-c. 1860-65. Turbo pusillus Stoppani. Appendice citata, III, pag. 255, 56, tav. 59, fig. 8. Piccola conchiglietta, trocoide, altrettanto larga quanto è alta, costituita da cinque giri, di cui quattro appartengono alla spira. I giri sono leggermente rigonfi, gradati, provvisti d’una carena ottusa, poste- riormente e parallelamente alla quale scorre una depressione lineare ben marcata massime sull’ultimo giro. Dalla carena la parte apicale d’ogni giro sale verso la sutura con una rampa erta ed un po? convessa. Il guscio, fatto conto delle piccole dimensioni della conchiglia, è discretamente robusto, affatto liscio all’occhio nudo, ma con qualche leggerissima pieghetta d’accrescimento obliqua sulla rampa dell’ ultimo giro, visi- bile solo coll’aiuto della lente. L'ombelico è chiuso, la bocca non conservata. Dimensioni: mm. 7 in altezza e larghezza. Località: — Songavazzo. Museo civico di Storia naturale, Milano. Questa specie somiglia abbastanza ai giovanissimi esemplari di W. Sorgavatii, ma se ne distingue per essere quasi affatto liscia, per l’angolo della spira meno aperto e per essere tanto larga quanto è alta. 3. Worthenia Stoppanii n. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 11. Gli esemplari che mi servirono a stabilire questa specie mostrano a prima vista sufficiente rassomi- glianza colla W.(Turritella) lombardica BeN., per far pensare che si debba identificarli con questa. Ma ad un più attento esame si rilevano non poche differenze. La conchiglia, turriforme, è ad accrescimento piuttosto lento. Mancano i primi giri, ne rimangono quattro e forse il loro numero complessivo saliva a sei. Ogni giro a circa ?/, della sua altezza presenta una marcata carena, che lo divide in due porzioni, una superiore apicale ed una inferiore laterale. Questa cade quasi a perpendicolo, quella sale con dolce pendio, un po’ incavato, a raggiungere la sutura: sulla sutura di ogni giro si osserva una seconda carena piatta in forma di fascia. Nell'ultimo giro una terza carena ben distinta delimita la base della conchiglia. Il guscio è piuttosto sottile e finamente ornato. L’ornamentazione consiste in sottilissime strie lon- gitudinali appena visibili colla lente, che adornano tutta la superficie ad eccezione della base, ed in linee d’accrescimento oblique, ancora più esili, che s’incrociano con quelle. Mentre i giri del guscio sono ango- losi, quelli del modello interno appaiono tondeggianti. La conchiglia non è ombelicata. i) RirTL E. Op. cit., tav. II, fig. 12-15. 2) In. Op. cit., tav. II, fig. 17-19. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 114 A. TOMMASI [20] La larghezza è di mm. 6, l'altezza di mm. 8 (?): l’altezza dell’ultimo giro sta a quella approssimativa di tutta la conchiglia come 38:100. L'angolo apicale è di circa 55°(?). Questa specie differisce da quella di BeneckE ! per la forma complessiva più tozza, per la maggiore apertura dell’angolo apicale, e per la presenza di una ornamentazione, della quale il BeneckE non fa alcun cenno per la sua specie. . N. 2 esemplari. Località: — Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia. 4. Worthenia Inzini Sropp. sp. — Tav. XVII [II], fig. 12, 13. 1860-65. Delphinula Inzini Stoppani. Appendice citata, III, pag. 257, tav. 59, fig. 20. Conchiglia trocoide, poco più larga che alta, costituita di quattro giri, di cui tre formano la spira. I giri sono angolosi, gradiformi, colla parte apicale saliente a rampa verso la sutura. La porzione apicale d’ogni giro è separata dalla porzione laterale mediante una carena ben pronunciata, e parallelamente a questa corre una depressione abbastanza sentita. L’ultimo giro presenta una seconda carena meno pronunciata, che delimita la base. Tra le due carene decorrono due cordoncini, di cui quello inferiore è più marcato del superiore. Il guscio è relativamente sottile ed ornato da numerose e sottili linee d’accrescimento: queste sulla base incrociano dei sottili cordoni molto ravvicinati, in numero da 8 a 9. L'ombelico era probabilmente chiuso. Località: — Inzino e Marcheno in Val Trompia, Val Canale in Val Sabbia, n.° 4 esemplari. Museo civico di Storia naturale, Milano; Ateneo di Brescia. 5. Worthenia pygmaea Stropp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 14 a-e. 1860-65. Delphinula pygmaea Srorpani. Appendice citata, III, pag. 256,57, tav. 59, fig. 16,17. 1860-65. — Regaxzonii Stoppani. Ibid., pag. 257, tav. 59, fig. 18. Conchiglia assai piccola, depressa, poco più larga che alta, non ombelicata. Spira bassa, formata di 3,4 giri angolosi, scalariformi raggiungenti con una rampa la sutura. L’ultimo ed il penultimo giro hanno la loro porzione verticale limitata da due coste spirali robuste a guisa di carene e tra di esse se ne inter- calano due altre, di cui l’inferiore è molto più grossa della superiore. Sull’ ultimo giro da 4 a 6 coste forti ornano la parte ventrale ed altrettante, ma assai più sottili, scorrono sulla parte apicale. La bocca non è abbastanza conservata per rilevarne con sicurezza la forma. Località: — Caino. Museo civico di Storia naturale, Milano. Lo SroPpPaAnI volle distinguere da questa specie col nome di Delphinula Regazzoni un’altra forma, pure di Caino, che ne differirebbe per essere “liscio l’intervallo tra le due carene e la carena posteriore trasformata in una fila di tubercoli arrotondati e prolungantisi verso la sutura ,. Non credo di convenire collo StoPPANI nella distinzione di questa nuova forma sopratutto perchè i) BENECKE E. W. Ueber Trias und Jura in den Stid-Alpen, pag. 156, tav. II, fig. 7. [21] A. TOMMASI 115 l'esemplare, unico, su cui l’ha fondata, è assai mal conservato e molto eroso. Ciò non ostante tra le due carene riesce di scorgere una delle due coste, che nella specie precedente vi sono intercalate, e se sta il fatto che la carena posteriore (o superiore) porti in questa forma una fila di tubercoli allungati, anche sulla carena superiore della W. pygmaea si può osservare una debole granulosità, che preludia alla com- parsa di veri tubercoli. Percui io opinerei che la W. Regazzoni Storp. vada fusa colla W. pygmaea Stop. tutt'al più distinguendola da questa come una semplice varietà. Tra le Wortheria del San Cassiano questa specie può trovarne più d’ una, cui somiglia per le dimen- sioni e per l'abito. 6. Worthenia Meriani Sropp. sp. — Tav. XVII [III], fig. 15 a, d. 1860-65. Delphinula Meriani Stoppani. Appendice citata, III, pag. 257, tav. 59, fig. 19. Gli esemplari che servirono allo StoPPANI per fondare questa specie erano incompleti, piuttosto erosi, ben differenti da quello rappresentato dalla figura dello stesso autore. Credo tuttavia che si tratti realmente d’una specie diversa dalle altre descritte. Della conchiglia, nell’esemplare in cui resta ancor qualche cosa della spira, non rimangono che l’ultimo ed il penultimo giro ed il principio d’un antipenultimo : forse in complesso potevano sommar a quattro, come afferma lo Stoppani. I giri sono fortemente angolosi, foggiati a gradino, con suture ben marcate. L'ultimo giro presenta due carene e la superficie della parte apicale saliente a rampa verso la sutura. La carena inferiore è meno forte della superiore: questa è assai robusta e fornita di tubercoli, o meglio regolarmente dentellata: i tubercoli erano forse in numero da 12 a 15. Lo spazio compreso tra le due carene è un po’ concavo e vi si scorgono a mala pena due deboli cordoncini. La parte apicale, anch'essa leggermente concava, presso la sutura si rialza a guisa di cingolo ed è ornata da 3 o 4 lineette appena visibili incrociate da deboli pieghette d’acerescimento. La parte ventrale è convessa, e, a differenza di quanto si vede nella figura dello StoPPANI, senza alcuna ornamentazione. La regione dell’ombelico è ab- bastanza profonda. N. 2 esemplari. Località: — Songavazzo. Questa specie mostra non poca somiglianza colla W. coronata Mnsr. sp. del San Cassiano, descritta e figurata a pag. 19, tav. II, fig. 3-11 dal KirtL!. Museo civico di Storia naturale, Milano. 7. Worthenia sp. — Tav. XVIII [III], fig. 29. Un semplice nucleo affatto privo di guscio, a rapido accrescimento, con quattro giri, di cui tre appar- tengono alla spira. I primi tre giri appaiono tondeggianti ed un po’ depressi nella parte apicale; l’ultimo porta a metà della sua altezza una-robusta carena forse provvista di noduletti e, sotto a questa, a breve distanza, una seconda poco marcata. La porzione dell'ultimo giro, che è compresa tra la prima carena e la sutura, sale verso questa a rampa ed è leggerissimamente concava; lo spazio tra le due carene lieve- mente incavato ed obliquo all’indentro rispetto all’asse del nucleo; la base tondeggiante, con una depres- x sione discretamente larga al posto dell’ombelico. La sezione dell’ultimo giro è subpentagonale. i) KirtL E. Die Gastropoden der Schichten von S. Cassian. Wien, 1891. 116 A. TOMMASI [22] Località: — Songavazzo nel letto del torrente Glera. Museo geologico, Università di Pavia. I. Gen. Schizogonium Koxen. 1. Schizogonium (?) Escheri Stopr. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 16-21. 1860-65. Delphinula Escheri Stoppani. Appendice citata, III, pag. 256, tav. 59, fig. 12-14. 1889. ? Guidonia Songavatii Stop. De Sterani 0. Memoria citata, pag. 19, 20. Conchiglia molto depressa, assai più larga che alta, a spira bassa, quasi piana, composta di tre giri poco emergenti sull’ ultimo, tutti gradiniformi, separati da profonde suture e colla parte apicale saliente a rampa verso la sutura. L’ultimo giro è fortemente convesso nella parte ventrale, concavo-convesso nella apicale ed affatto piano lateralmente. Questo spazio piano è compreso tra due ‘distinte carene, di cui l’inferiore è meno robusta della superiore. Questa è limitata da due linee sottili, tra le quali stanno dei tubercoletti molto ravvicinati ed in forma di mezzaluna colla concavità rivolta verso la bocca. La carena inferiore si mostra come un cordone ben spiccato e saliente ma senza traccia di nodulosità. La parte apicale è divisa in due porzioni o eguali o diseguali da un cingolo di grossezza variabile: l’area compresa tra la sutura e questo cingolo è di solito convessa, mentre è leggermente concava quella che sta fra il cingolo e la carena su- periore. Le due carene si continuano anche sul penultimo giro, ove s'inserisce in mezzo a loro anche un cordoncino. L’ornamentazione della conchiglia consiste in linee elicoidali fitte, alcune più ed altre meno sottili, tra loro variamente alternanti. Là dove il guscio è meglio conservato si vede che tra due linee più grosse se ne intercalano due o tre più esili sulla parte apicale dell’ultimo giro: invece sulla sua parte ventrale tra due più forti se ne intercalano una o due più sottili, e sono di grossezza pressochè uniforme nello spazio compreso tra le due carene. Pieghe d’accrescimento, tanto più sottili e fitte quanto più s’allon- tanano dalla regione della bocca, incrociano le linee elicoidali, ma non seguono un percorso rettilineo; perchè sulla parte apicale dei giri si piegano ad arco colla concavità volta all'indietro, sormontano la carena superiore, dove assumono la forma di mezzaluna colla concavità diretta in senso opposto, e tra le due carene e sulla base si comportano come sulla parte apicale. i La superficie del nucleo riproduce quasi esattamente la ornamentazione della conchiglia. Dimensioni: L’esemplare meglio conservato presenta: Altezza . 0 o . mm. 16 Larghezza 0 ò o . mm. 20. Il più piccolo: Altezza . ; . È DIAMO Larghezza È i : 0 Didi Località: — Vetta del Monte Useria, S. Martino di Griante, Crosgalli presso Bellagio, Resegone, Val Imagna, Portiola in Val Taleggio, tra Cornalba ed Aviatico in Val Serina, Pizzo Formico sul versante verso Clusone, Songavazzo in Val Seriana, Monte di Nese, Vello sul lago d’Iseo, Inzino, Marcheno e Monte Corna Blaca in Val Trompia, Val Canale nella Val Sabbia, Storo in Val d’Ampola, Monte Sumano nel Vicentino. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico, Bergamo; Ateneo di Brescia. Ho riferito con dubbio questa specie al genere Schizogonium KoKEN, perchè, sorpassando ai caratteri della bocca, che mancano, per gli altri vi corrisponde bene, fatta eccezione della carena inferiore, che [23] A. TOMMASI 117 nella nostra specie è liscia mentre, secondo la diagnosi del genere riportata dal KmrrL !, dovrebbe mostrare degli aculei aperti in avanti. E siccome ritengo che la figura data dal DE STEFANI rappresenti appunto non la Worth. Songavatii StopP. ma la forma, che dal suo primo illustratore venne battezzata per Delphinula Escherìi, così io non avrei nessuna difficoltà ad accettare per questa specie e la seguente il nuovo genere Guidonia proposto già da oltre un ventennio dal DE STEFANI. 2. Schizogonium (?) diadema Sropr. sp. — Tav. XVII [II], fig. 22 a, d. 1860-65. Delphinula diadema Stoppani. Appendice citata, III, pag. 256, tav. 59, fig. 15. Lo Stoppani ha stabilito questa nuova specie sopra un modello interno incompleto, ridotto a circa |, dell’ultimo giro. È forte la somiglianza che corre tra questa e la specie precedente, ma è un fatto che nessuno dei numerosi esemplari di SchRizogorium (?) Escheri da me esaminati è così depresso come la forma di cui è parola, e nessuno presenta come questa la serie di tubercoli, che adorna l'orlo del giro attiguo alla sutura. î Però fino a che non si trovino altri esemplari, meno incompleti, che mostrino caratteri differenziali più decisivi, io propenderei piuttosto a considerare questa forma come una varietà della precedente che non come una specie a sè. Località: — Songavazzo. Museo civico di Storia naturale, Milano. III. Gen. Straparollus Monte. 1. Straparollus (?) Inzini Stopr. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 23 a-c. 1860-65. Pleurotomaria Inzini Stoppani. Appendice citata, III, pag. 256, tav. 59, fig. 9-11. Conchiglia d’aspetto eliciforme, con ombelico ampio e suture profonde, costituita da quattro giri convessi. Il primo giro manca: l’ultimo è pianeggiante nella parte ventrale e nell’apicale, convesso late- ralmente. La porzione convessa è separata da quella pianeggiante per mezzo di uno spigolo ottuso sulla parte ventrale e sulla apicale. Di fianco allo spigolo corre una depressione, che è più larga e marcata sulla parte apicale, meno spiccata sulla parte ventrale. Dalla depressione della parte apicale la superficie della conchiglia si alza verso la sutura a guisa di rampa. Il guscio, relativamente alla grandezza della conchiglia è abbastanza robusto ed è ornato sulla parte ventrale dell’ultimo giro tra lo spigolo e l’ombelico da sottilissime linee elicoidali, incrociate da qualche pieghetta poco pronunciata. Dimensioni dell'esemplare figurato: Altezza . 5 i x ò E mm. 14 circa Larghezza ; . i x È DIDO Località: — Inzino in Val Trompia. Museo civico di Storia naturale, Milano. 1) KirrtL E. Die Gastropoden der Schichten von S. Cassian der Stidalpinen Trias, pag. 41. 118 A. TOMMASI [24] IV. Gen. Neritopsis GRaATIP. 1. Neritopsis (?) Marinonii Stopr. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 24 a, d. 1860-65. Turbo Marinoniù Stoppani. Appendice citata, III, pag, 254, tav. 59, fig. 3. Conchiglia appena più alta che lunga, a giri convessi, panciuti, un po’ angolosi, percorsi da cordoni longitudinali, che non arrivano alla grossezza di vere carene, e che vengono incrociati da pieghe d’ac- crescimento irregolari. La parte apicale dei giri è pianeggiante e sale verso la ben marcata sutura con una rampa debolmente inclinata. I cordoni longitudinali, di grossezza assai ineguale, che ornano l’ultimo giro, sommano tra tutti a 12; quattro di essi però sono più robusti e distintamente nodulosi: uno segna la linea d’inflessione del giro verso la sua parte apicale, il secondo trovasi quasi a metà dell’altezza dell’anfratto: il terzo ed il quarto seguono più in basso. In corrispondenza dei primi tre la superficie della conchiglia si piega ad. angolo molto ottuso. Tra i cordoni longitudinali più robusti se ne intercalano 1-3 più sottili, taluni appena vi- sibili, ed assai debolmente nodulosi. Sulla parte apicale tra l’angolo del giro ed il margine suturale, lievemente rialzato, decorrono due cordoncini. Le pieghe d’accrescimento sono ben distinte in vicinanza del labbro esterno, poi vanno di mano in mano svanendo. Sono esse che, incrociando i cordoni longitu- dinali, originano su questi i nodi, che più che altrove spiccano sul primo cordone longitudinale. Nulla posso dire sulla ornamentazione del secondo giro assai eroso e su quella del primo che manca quasi totalmente. Così pure, essendo la conchiglia incompleta nella regione boccale, mancano tutti i ca- ratteri, che da essa possono essere forniti. Località: — L'unico esemplare proviene da Inzino in Val Trompia. Museo civico di Storia naturale, Milano. V. Gen. Purpuroidea Lycem. 1. Purpuroidea (?) Taramellii SrorP. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 25, 26. 1860-65. Turbo Taramellii Stoppani. Appendice citata, III, pag. 255, tav. 59, fig. 4, 5. DUO — Seguenzae Stoppani. Ibid., tav. 59, fig. 6. Conchiglia di poco più alta che lunga, trochiforme a giri scalariformi, angolosi, in numero da 5 a 6, debolmente salienti verso suture ben spiccate. L'ultimo ed in parte il penultimo giro portano sullo spigolo, ove entrambi s’inflettono a gradino, una fila di forti tubercoli. Circa sulla metà dell’ultimo giro decorrono, tra loro molto vicini, due cordoni spirali leggermente nodulosi, che ne serrano tra mezzo uno assai più tenue, talora appena distinto. Tra la fila dei tubercoli ed il primo di questi cordoni si intercalano da due a quattro sottilissimi cordoncini. Altre linee spirali assai fini corrono sulla metà inferiore dell’ ul- timo giro. Tutti gli altri giri non presentano che una carena di solito molto vicina alla sutura. L’ornamenta- zione è completata da pieghette e linee d’accrescimento, che, inerociandosi coi cordoni spirali, danno luogo ai noduli ed ai tubercoli di questi. Sugli altri giri dal penultimo al primo le pieghe d’accresci- mento sono quasi affatto obliterate. La bocca non è conservata in nessuno degli esemplari esaminati: in più d’uno però sì lascia scorgere una stretta fessura ombelicale. [25] A. TOMMASI 119 Ho riunito in una sola le due specie dello Stoppani, Zurbo Zaramelliù e T. Seguenzae, perchè a mio vedere non esistono caratteri sufficienti a distinguere nettamente l’una dall’altra. Non sussiste la diffe- renza della mancanza dell’ ombelico nel 7. Taramelliî e della sua presenza nel 7. Seguenzae, perchè e nell’uno e nell’altro, ove è conservata la parte del labbro interno, non si osserva che una angusta fes- sura ombelicale. I caratteri dell’ornamentazione ancor meno possono essere invocati a sostegno di quella distinzione. Quanto al riferimento generico, parvemi che questa forma offrisse caratteristiche tali da essere ascritta alla Famiglia Purpwrinidae, secondo nel suo “ Grundziige der Palacontologie (Palaeozodlogie) 1895 , la diagnostica lo ZirreL a pag. 332. Incerto tra il gen. Purpurina D’ORB. ed il gen. Purpuroidea LycEtT, la assegnai dubitativamente a quest’ultimo anche per una non lieve somiglianza d’abito, che la specie di Songavazzo presenta con alcune Purpuroidee del San Cassiano (P. crassenodosa Kutest. e P. applanata KirrtL) descritte e figurate dal KrrrL nel suo pregevole lavoro “ Die Gastropoden der Schichten v. S. Cas- stan. pag. 253, tav. XIX, fig. 27-29, 30-31. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano. VI. Gen. Amauropsis MorcH. 1. Amauropsis longiuscula Sropr. sp. — Tav. XVII [III], fig. 27 a, d. 1860-65. Nautica longiuscula SrorPani. Appendice citata, III, pag. 234, tav. 59. fig. 1. Conchiglia ovoidale, allungata, non ombelicata, costituita da 5 (?) giri ad accrescimento piuttosto rapido, leggermente convessi, obbliqui e formanti una specie di gradino presso le suture. Tutti i giri sono lisci tranne l’ ultimo, che presenta delle pieghe d’accrescimento in forma di S tanto più marcate quanto più s’accostano alla bocca. Questa è ovale, anteriormente arrotondata e ristretta posteriormente. Località: — Songavazzo. Museo geologico, Università di Pavia; Museo civico di Storia naturale, Milano. VII. Gen. Eustylus? Kt. 1. Eustylus (2) sp. — Tav. XVIII [III], fig. 28. Della forma, che ho riferito con dubbio al genere Eustylus, ho tratto colla cera il modello da una impronta recata da un pezzo di dolomia biancastra da me raccolto in Val Trompia a Sarezzo. Questa forma, però incompleta, è turricolata, costituita da 13 giri, di cui manca per lo meno l’ul- timo. I giri sono a lento accrescimento, piuttosto bassi, regolarmente ma non molto rigonfi, colla linea di massimo rigonfiamento sulla metà dei giri. Sulla loro superficie non si scorge nessuna traccia d’orna- mentazione. 3 Lo Stoppani nella sua “ Appendice , più volte citata non descrive nessuna forma, che si avvicini a questa od a qualche altra ad essa affine. Però H. Lorerz nella sua nota “ Einige Petrefacten der al- pinen Trias aus den Stidalpen , (Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., XXVII Bd., pag. 834) ricorda nell’ Haupt- dolomit di Malcoira tra Cortina e Venas e nell’ Hauptdolomit del Set-Sass alcune forme così di grandi come di piccole dimensioni, che si presentano in quella roccia o come impronte o come nuclei, con abito di Turritella. 120 A. TOMMASI [26] VIII. Gen. Turritella? Lam. Oltre a queste specie fino a qui elencate, due altre ancora ne devono essere citate a rendere meno incompleta la fauna. Sono due specie, che il BewEcKE raccolse nell’ Hauptdolomit del Monte S. Emiliano © presso Gardone in Val Trompia e riferì con dubbio al genere Zurritella. Pel loro aspetto si sarebbe tentati di riferire esse pure al genere Wortheria; ma, non conoscendole che per le figure che ne dà l’autore, mi limito solo a riportarne la succinta descrizione. 1. Turritella (?) trompiana Ben. Piccola conchiglia turriforme a spira alta, con 6-7 giri provvisti d’una forte carena a metà circa della loro altezza e di un sottile cordoncino sulla carena. Altezza: mm. 10 (circa) — Larghezza: mm. 7 — Angolo apicale: 48° 1). 2. Turritella (?) lombardica Ben. Conchiglia della metà più piccola della precedente, anch’essa turricolata, costituita da 7 giri. Questi, portano un cingolo sulla sutura ed un altro ai due terzi della loro altezza. La superficie dei giri cade a piombo tra i due cingoli, e dal secondo cingolo alla sutura sale formando una dolce rampa. Altezza: mm. 5 — Larghezza: mm. 3,5 — Angolo apicale: 45° 2). Plantae3. Algae. I. Gen. Gyroporella GuùnBeL. 1. Gyroporella vesiculifera Gun. 1872. Gyroporella vesiculifera GurugeL O. W. Die sogen. Nulliporen und ‘ihre Betheilung an der Zusam- mensetzung der Kalkgesteine, Theil II, pag. 50, tav. D III, fig. 15; D IV, fig. 3a-3e. Abhandl. d. k. bayr. Akad. d. Wissensch. 1876. — — Benecxe E. W. Ueder die Umgebungen von Esino in der Lombardei, pag. 308, tav. XXIII, fig. 6, 7, 9-12. Geogn.-palaeont. Beitràge, TI Bd., III Heft. Minchen. 1878. — — — Lepsrus R. Das westliche Sùd-Tirol geolog. dargestellt, pag. 95. 1893. — — — Dr Lorenzo. Memoria citata, pag. 14, n. 44. Riconobbi questa forma caratteristica in un pezzo di dolomia proveniente da San Martino di Griante sulla riva occidentale del lago di Como. Sebbene quel pezzo ne fosse un vero impasto, tuttavia non 1) BenEcKE E. W. Ueber Trias und Jura in den Siid-Alpen, pag. 156, tav. 2, fig. 6. 2) In. Op. cît., pag. 156-57, tav. II, fig. 7. 3) Come appendice alla descrizione dei MoMuschi aggiungo queste due forme vegetali, che sono abbastanza bene rappresentate nelle collezioni dei Musei di Pavia, Bergamo e Milano. [27] A, TOMMASI 121 riuscii a prepararne un solo esemplare, che si prestasse a venir riprodotto con una figura. La stessa specie, oltre che in quel posto, trovasi anche presso la Costa in Val Imagna, ove la raccolse il VarIsco, ed il PHinippi !) la cita dal Resegone sul versante orientale del Passo la Passata. Il BeNEcKE la ricorda a S. Michele presso Tremosine sul lago di Garda, a Storo in Val Sabbia, ad Inzino presso Gardone in Val Trompia. Il Lepsius la menziona anche nel Monte S. Emiliano (Val Trompia). Nella dolomia di Songa- vazzo trovasi pure una Diplopora, che molto probabilmente appartiene alla specie su notata. Infine questa stessa forma trovasi, come ne fa fede il Bassani nella dolomia principale del Telegrafo di Salerno ed in parecchie località della Calabria cit., come Mormanno, Morano, Ajeta, Maratea, Verbicaro. Museo geologico, Università di Pavia. 2. Gyroporella (Diplopora) porosa Scnara. — Tav. XVIII [III], fig. 30. 1858-60. Gastrochena obtusa A. Stoppani. Les Petrifications d’ Esino. Palaéont. lomb., pag. 80, tav. 16, fig. 1-10 (partim). 1860-65. — _ — Les Couches à Avicula contorta en Lombardie. L. c. Appendice sur les grandes bivalves cardiformes aux limites superieurs et infé- rieurs de la sone à Av. contorta, 2° partie, III. Fossiles du Trias supérieur ou de la Dolomie à Megalodon Giambeli, pag. 257, tav. 59, fig. 22. 1895. Diplopora porosa Scnarz. SALomon. Geolog. und palaeontol. Studien weber die Marmolata, pag. 121, tav. 1, fig. 1-5. La forma, che io ho qui riprodotta, è la stessa che venne figurata dallo StoPPANI a tav. 59, fig. 22 della sua Appendice II; e con essa forse vanno riunite quelle rappresentate dalle figure 1,2,3,7 della tav. 16 della Monografia “ Les Petrifications d’ Esino ,. Corrisponde anche benissimo alla fig. 1 della tav. I della citata opera del SaLomon. Come questa ha l’aspetto di un tubo cilindrico, trasversalmente ornato da anelli poco rilevati e tra loro separati da leggerissimi solchi che, secondo il SALomon, corri- sponderebbero a linee di minor coesione fatte risaltare dalla erosione. Ogni anello ha approssimativa- mente l’altezza di mm. 0,5 e porta 1-2 serie di pori piccolissimi a mala pena distinguibili colla lente. L’apice del tubo termina a fondo cieco, è arrotondato e di minor diametro del rimanente. La massima larghezza nella parte mediana è di mm. 5. Località: — Songavazzo. Museo civico di Storia naturale, Milano. Osservazioni sulla Fauna Così i fossili della dolomia principale di Lombardia sommano a 43 specie, delle quali due stanno a rappresentare la flora e 41 specie, tutte di molluschi, una povera ma interessante faunula. i) ParLipPI D. E. Geologie der Umgegend von Lecco und des Resegone-Massivs in der Lombardei, pag. 351. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 16 122 A. TOMMASI [28] In questa da me studiata non figura quindi che un solo tipo animale. Devo però soggiungere che nel materiale posseduto dal Museo di Milano sonvi alcuni pezzi di stelo d’ un crinoide, che non descrissi, perchè mancavami la certezza che il pezzo di dolomia, su cui stanno impiantati, spettasse senza dubbio alla dolomia principale come quel frammento d’ Ercrinus, che lo SroppanI ” nella sua illustrazione più volte ricordata cita, senza figurarlo, come rinvenuto nella dolomia di Songavazzo. Nè taccio che tra i fossili da me raccolti in questa località trovasi pure un piccolo esemplare, probabilmente di Aynchonella, mal conservato e sepolto nella roccia con una delle sue valve. Non si può quindi escludere in via assoluta dai componenti della fauna della dolomia principale nemmeno il tipo dei Vermi colla classe dei bra- chiopodi. Ed è noto pei lavori di DrecKe ? e di Dr Zieno 8) che in essa pigliano posto anche i Verte- brati coi pesci di Lumezzane in Val Trompia 4. Le 41 specie di molluschi da me annoverate si ripartiscono sopra 16 generi, che spettano alle due classi dei lamellibranchi e dei gasteropodi. Quelli contano otto generi con 25 specie, questi otto generi con 16 specie. Le specie ricche di maggior numero d’individui sono: Gervilleia exilis StoPP. sp., G. sal- vata Brunn., G. Gemmellaroi n. sp., Myophoria Balsami StoPP., Megalodon Giimbeli Storr., M. complanatus GumB., Worthenia Songavatii StopP. sp., Schizogonium (?) Escheri Storp. sp., Purpuroidea (?) Taramellii StoPP. sp. E quelle che presentano: maggior diffusione in senso orizzontale sono: Gerv. exilis, Myoph. Balsami, Megal. Giimbeli, Worth. Songavatti. Delle 41 specie di questa fauna erano già note 26, quindi le forme nuove sommano a 15 e le specificamente determinate a 12, cioè a quasi un terzo dell’intiera fauna. Se si eccettuano i Dicerocar- dium ed i Megalodon, che ben a ragione lo SropPani chiamò “grandi bivalvi cardiiformi della dolomia media , e che costituiscono i giganti della fauna, le altre forme, tranne la CucuMaea, sono bensì elegan- temente ornate ma improntate di quell’abito di nanismo, che è così caratteristico della fauna, più antica, degli strati di San Cassiano, e che tanto fortemente contrasta colla grossezza raggiunta da molte specie della fauna dei calcari dolomitici di Esino. Ed è precisamente colle specie di San Cassiano che quelle della dolomia principale di Lombardia presentano, nell’aspetto, la maggiore somiglianza, che è più forte ancora nei gasteropodi che non nei lamellibranchi. | Delle specie annoverate nella dolomia principale lombarda nessuna si trova in altri piani ad essa o sottostanti o soprastanti: come, per converso, nella sua fauna non figura specie alcuna di piani inferiori. alla dolomia principale; al contrario di quanto accade nella dolomia principale del Salernitano, che, come i) SroPPANI A. Appendice sur les grandes Bivalves cardiformes ecc., pag. 259, n. 27. 2 Daecke W. Ueber Fische aus verschiedenen Horizonten der Trias. Stuttgart, 1889. 3 De ZiGno A. Pesci fossili di Lumezzane in Val Trompia. Mem. d. classe di Sc. fis. mat. e nat. della R. Accad. dei Lincei, serie 4, vol. VII. Roma, 1891. 4. Le specie determinate sono le seguenti: Lepidotus Ragazzonii Ziano Pholidophorus Knerii ZiGno » triumplinorum Ziano » Taramelliù Zino Semionatus spinifer BELLOTTI » Deeckei Zeno Orthurus sp. DERCKE » pusillus AG. » cephalus KNER. Di queste il Pholidophorus pusillus e Ph. cephalus si trovano anche nella dolomia principale dell’Italia me- ridionale. [29] A. TOMMASI 123 ne fanno fede il Di Sterano! ed il Bassani 2), include qualche specie dei sottoposti stratì @ Cardita (Car- dita cfr. crenata Gpr., Mytilus cfr. Miinsteri Kumpst., Fimbria cfr. Mellingi HAUER). Se fosse perfettamente conosciuta la fauna della dolomia principale del Trentino e del Veneto, po- trebbe istituirsi un confronto tra essa e quella di Lombardia. Ciò non essendo fino ad ora, mi limito a far notare come, per quanto se ne sa, possano citarsi quali specie ad esse comuni la Myoph. picta Leps., Megal. Giimbeli StorP., Megal. complanatus GùmB., Dicerocardium Jani Storp., D. Ragazzonii SropP., D. Ou- rionti, StoPP., Worth. Songavatii, e, forse, lo Schizogonium Escheri Storr. sp. Nella dolomia principale del Veneto compaiono altre specie di Megalodon, fatteci conoscere dall’HòrnES e dal PARONA, che finora non furono trovate nella stessa dolomia di Lombardia, come in questa mancano tuttavia la Pinna reticu- larîs BEN. e la Natica incerta? BEN., che figurano nella Dolomia principale di Storo in Val d’Ampola sul Trentino °). L’interessante lavoro del Bassani, dianzi più volte citato, sui fossili dei dintorni di Mercato S. Se- verino ci permette invece un confronto tra la fauna della dolomia principale lombarda e quella dello stesso piano dell’Italia meridionale. Qui la fauna conta 43 specie compresevi 11 di pesci, due specie di Terebratula ed un polipo; per cui i molluschi si riducono a 29 specie con grande prevalenza dei lamel- libranchi (24) sui gasteropodi (5). Le specie di molluschi comuni alla dolomia principale di Lombardia e dell’Italia meridionale sono: Gerv. exilis StoPP. sp., Gero. salvata BRUNN., Myoch. (Mytilus) radians StoPP. sp., Myoch. (Mytilus) Cor- nalbac StoPP. sp., Macr. (Arca) rudis Stopr. sp., Meg. Giimbeli StorP., Worth. (Turbo) Songavatii STOPP. sp. È degna di rimarco l’assenza assoluta dalla dolomia principale di Lombardia e dell’Italia meridio- nale di qualunque traccia di cefalopodi; mentre questa medesima classe di molluschi fu più o meno largamente rappresentata in tutti i periodi triasici dal Trias inferiore al Raibliano. Nè merita meno di venir rilevata la totale mancanza nella dolomia principale lombarda anche di ogni rappresentante della classe dei polipi, mentre relativamente abbondano le Gyroporella, di cui risultano talvolta per intiero costituiti e ciottoli e blocchi di discrete dimensioni. Forse le condizioni di vita nei mari di quell’epoca non erano favorevoli all’esistenza dei gruppi d’animali, di cui si è notata l’assenza, e forse i vuoti fau- nistici messi in rilievo saranno in tutto od in parte colmati dalla scoperta di nuove località fossilifere della dolomia principale e da ricerche ulteriori in quelle già note e non ancora completamente sfruttate. 4) Dr StaFANO G. Sulla estensione del Trias superiore nella Provincia di Salerno. Boll. Soc. geol. Ital., vol. XI, pag. 231 e seg. Roma, 1893. 2) Bassani Fr. Fossili nella dolomia triasica dei dintorni di Mercato S. Severino in Provincia di Salerno. Estr. dagli Atti della R. Acad. d. Sc. fis. mat. nat. di Napoli, vol. V, serie 2%, pag. 14. Napoli, 1893. 3) BeNECKE E. W. Ueber Trias und Jura in den Std-Alpen. Einige Arten aus der oberen alpinen Trias, pag. 156 e 159, tav. II, fig. 3a, d, 9, 10. Finito di stampare il 22 settembre 1903. 124 pOH 1 Ik 12. 113. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 2°. 28. 29. 30. 31. 32. 33. d4. 35. 36. 3. 38. 39. 40. 41. 42. 43. ASIA A. TOMMASI INDICE DELLE SPECIE DESCRITTE . Pecten Imaniae Var. ms. — Tav. XVI [I], fig. 1 — Ferreri Var. ms. — Tav. XV [I], fig. 2 — Egidiù Venanti n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 3 a, d . Gervilleia exilis Srorp. sp. — Tav. XVI [I], fig. 4-9 — salvata Brunn. sp. — Tav. XVI [I], fig. 10-14 - Gemmellaroi n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 15, 16 . — Marianii n. sp. — Tav. XVI [1], fig. 17, 18 . Modiola (?) humilis n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 19, 20. . Myoconcha Cornalbae Stopr. sp. — Tav. XVI [I], fig. 21-23 _ radians Stopr. sp. -—- Tav. XVI [I], fig. 24, 25 . = Taramellii n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 260, db. Cucullaca Porroi n. sp. — Tav. XVI [I], fig. 27 a-c; Tav. XVII [II], de i Macrodon rudis Srorr. sp. — Tav. XVII [II], fig. 2 _ Songavatii Stop. sp. — Tav. XVII [II], fig. 3a, d Myophoria Balsami Stop. — Tav. XVII [II], fig. 4 a-c —_ cfr. picta Lers. — Tav. XVII [II}, fig. 5, 6 — prolixa n. sp. — Tav. XVII [II], fi —_ Caroli Rivai n. sp. — Tav. XVII [II], fig. 8-13. Megalodon Gimbeli Store. — Tav. XVII [II], fig. 14, 16-18 — complanatus Guens. — Tav. XVIII [III], fig. 1-5 _ nov. form. indet. — Tav. XVII |III], fig. 6,7. — sp. — Tav. XVII [II], fig. 15 a-c Dicerocardium Jani Sropp. —_ Curionii StorP. — Ragazxzonii Stop. ; Worthenia Songavatiù Storr. sp. — Tav. XVII [tt], to COMI — pusilla Srorr. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 10 a-c — Stoppanti n. sp. — Tav. XVIII [II], fig. 11 — Inzini Stop. sp. — Tav. XVIII [II], fig. 12, 13 — pygmaea Sropp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 14 a-e _ Meriani Srorp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 15 a, d - sp. — Tav. XVIII [III], fig. 29. Schixogonium (2) Escheri Sropr. sp. — Tav. XVIII un, fsi 16- 21 — — diadema Stopp. sp. — Tav. XVII [III], fig. 22 a, d Straparollus (2) Inzini Srorr. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 23 a-e . Neritopsis (?) Marinonii Store. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 24 a, d Purpuroidea (?) Taramellii Storp. sp. — Tav. XVIII [III], fig. 25, 26 . Amauropsis longiuscula Stopr. sp. — Tav. XVIII [III], fig, 27 a, d Eustylus (?) sp. — Tav. XVIII [III], fig. 28 Turritella (?) trompiana BEN. — — lombardica Ben. Gyroporella vesiculifera GueMB. . —_ (Diplopora) porosa ScHArE. — Tav. XVII [tt fig. 30 [30] 96 [2] (©) I SW no n SJ L__/ _- HW Sì Si Pao === JD STESA II _ (=) (Ve) era co) 108 [14] 109 [15] 110 [16] 110 [16] 111 [17] LLANO] 111 [17] 113 [19] 113 [19] 114 [20] 114 [20] 115 [21] ALBERTO FUCINI CEFALOPODI LIASSICI DEL MONTE DI CETONA PARTE TERZA (Tav. XIX-XXVII [XXX-XXXVIII] e Fig. 76-103 intere.) XI. Gen. Asteroceras Hvar. Il genere Asteroceras' non molto tempo addietro era solo rappresentato da specie originarie del Lias estralpino, due delle quali, cioè A. stellaris Sow. e A. obtusus Sow., citate anche in Italia, con de- terminazioni forse non del tutto sicure. Col progredire degli studi e delle ricerche esso, mantenendosi in un posto assai limitato nella fauna ammonitica estralpina, ha sempre più acquistato importanza nel Lias alpino ove ora predomina ed ove costituisce un gruppo di Ammoniti interessante e specialmente caratteristico per i depositi superiori del Lias inferiore. Dopo che il Revnès diede la figura del suo A. retusus 1) ed il GumBEL ?) ebbe istituito lA. stellaeformis, ambedue di depositi alpini, fu il De STEFANI che per il primo in Italia descrisse nel 1866 una nuova specie di Asteroceras, A. pseudoharpoceras . L'HvatT ® nel 1889 faceva nota intanto quest'altra specie: Ast. acceleratum. Successivamente il PARONA °) dette un notevole contributo alla conoscenza del genere in esame pubblicando le due nuove specie, Ast. margarita ed Ast. saltriense. Io stesso aggiunsi poi le due, Ast. Montii Men. ed Ast. peregrinum Fuc.” Il PomPECKI, nel frattempo, arricchiva il genere di altre specie notevoli trovate nel Lias inferiore del Portogallo. Nel Lias inferiore del Monte di Cetona gli Asferoceras sono assai numerosi ed io vi ho trovato, oltre agli Ast. Turnerì Sow., Ast. Brooki Sow., Ast. retusum Revnks, Ast. margarita Par., Ast. saltriense PAR., Ast. cfr. stellare Sow., Ast. Montii McH., specie tutte conosciute, anche i nuovi, Asf. Reynesi, Ast. volubile, Ast. permutatum, Ast. venustum, Ast. varians, Ast. exiguum, Ast.? ceratiticum, Ast.? sp. ind. Tra queste specie ve ne sono alcune interessantissime le quali presentano tali singolari caratteri da far supporre persino che sieno da distribuirsi in generi differenti. Così, per esempio, il gruppo: Ast. Montà Mean., Ast. esiguum m., Ast.? ceratiticum m., Ast.? sp. ind., se da una parte manifesta affinità con gli Aetomo- ceras, genere creato or non è molto da HyarT per il gruppo dell’ A. scipionianus D’ORB., d'altro canto presenta caratteri sufficienti per dimostrare la stretta parentela che lega gli Asteroceras e gli Arrioceras. Ciò, del resto, appare anche dall’esame dell'A. oncocephalus Pomp., il quale, mentre per molti dati sembrerebbe doversi i) Revnbs. Ammonites, tav. 37, fig. 8-14. GimBnL. Geognost. Beschreibung des bayer. Alpengeb., pag. 474. 3) De STHFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 69, tav. 4, fig. 14-16. 4 HyarT. Genesis of the Arietidae, pag. 207, tav. 9, fig. 4, tav. 10, fig. 3, Washington, 1889. 5) PARONA. Ammoniti di Saltrio. Mém. de la Soc. paléont. suisse, vol. XXIII; — Ip. Amm. di Moltrasio. L. c., vol. XXV. 5) Fucini. Nuove Ammoniti, pag. 7, tav. 2, fig. 1. 7 Fucini. Altre nuove Ammoniti, pag. 6, tav. 1, fig. 1-4. 126 i è A. FUCINI [180] riferire agli Asteroceras, fu dall'autore dubbiosamente ritenuto un Arnioceras. Anche la linea lobale del gruppo sopra citato è intermedia tra quella dei tipici Asteroceras e l’altra degli Arnioceras. Ai primi si avvicinano specialmente l’ Ast. Montiè Men. e l’Ast. eriguum m., ai secondi sono più prossimi gli Ast.? ceratiticum m. e l’Ast.? sp. ind. Tali specie, che secondo il mio parere non si possono comprendere nel genere Aetomoceras, potrebbero essere prese a tipo di un sottogenere intermedio tra gli Asferoceras e gli Arnioceras. Molto interessante è anche l’Asf. venustum m. per l’ornamentazione sottile ed irregolare nonchè per i solchi dorsali molto larghi. L° Ast. volubile m., che io ho creduto meglio riferire a questo genere anzichè ai Uoroniceras, è importante per i cambiamenti che presenta specialmente nelle ornamentazioni dall'interno della spira all’esterno; la var. exornata mi ha sopra tutto interessato poichè manifesta, a parer mio, dei caratteri ancestrali assai spiccati per i Zropidoceras da un lato e per il gruppo dell’A. scipionianus D’ORB. dall’altro. Infatti, se l’esemplare di Ast. volubile var. exornata, della fig. 2, Tav. XXII [XXXIII], non avesse il dorso nettamente bisulcato, ben poca differenza passerebbe fra esso e quello riprodotto nella fig. 2 della tav. 28 in Reynks col nome di A. Scipionis. Giova per ultimo osservare l’affinità che certi Asteroceras, assai bene caratterizzati, come per esempio l’Ast. varians m., presentano con il gruppo dell'A. Bowrgueti Revnès che io, nella prima parte di questo lavoro, ho creduto dovere riferire agli Oxynoticeras. L’A. Bourgueti giovanile ha il dorso simile all’Ast. varians adulto ed i fianchi con ornamenti pressochè simili a quelli della var. interposita del medesimo Ast. varians; niente quindi di più probabile che esso sia un derivato diretto della mia specie; la linea lobale non si oppone certo a questa ipotesi. 1. Asteroceras Turneri Sow. — Tav. XIX [XXX], fig. 3, 4. 1824. Ammonites Turneri SowerBr. Mineral Conchology, pag. 75, tav. 452. non 1849. = — Quensrepr. Cephalopoden, pag. 77, tav. 3, fig. 19. 1853. - — GieBen. Fauna d. Vorwelt, pag. 732. 1856. — — Orpen. Juraformation, pag. 82. non 1863. — — Wrienr. Amm. of the Lias format., pag. 176, tav. 2, fig. 4, 4a, 453). 1879. _ — Rrevns. Ammonites, tav. 40, fig. 18, 19; tav. 43, fig. 4, 5. 1881. Arsetites — Wriewr. Lias Amm., pag. 292, tav. 12, fig. 4, (pars) non fig. 1-3, 5, 6. non 1884. Ammonites. — QurnsteDnt. Amm. d. schw. Jura, pag. 143, tav. 19, fig. 5-8, 10, 11. 1884. Arietites — Smpson. Yorkshire Lias, pag. 135. non 1889. Asteroceras — Hyam. Genesis of the Arietidae, pag. 208, tav. 9, fig. 8,9. DIMENSIONI I II III Diametro . . : 5 î î o - mm. 67? mm. 55 mm. 47 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. 0,31 0,32 0,30 Spessore » » » ; 0,21. ? 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0, 44 0,42 0,47 Ricoprimento della spira » » , 0,05 î ? i) Questa figura è stata riprodotta dal ReyNÈs nel suo atlante delle Ammoniti con le fig. 6,7 della tav. 43, col nome più giusto di A. Brooki Sow. ? Questa figura sembra essere una copia della linea lobale che si vede sull’A. Turneri (non Sow.) figurato dal QUENSTEDT nel 1849 e che è riferibile all’Ast. obtusum. [181] A. FUCINI 127 Credo indubbiamente di potere riferire a questa specie, non ancora citata tra le Ammoniti italiane, tre esemplari di conservazione discreta, uno dei quali (Tav. XIX [XXX], fig. 4) mancante di una por- zione della spira. Il minore (Tav. XIX [XXX], fig. 3), concamerato fino al primo terzo dell’ultimo giro, è il più tipico e corrisponde molto bene agli originali sowerbyani, uno dei quali fu figurato anche dal WricaT, ed agli individui figurati dal Reynks. Esso ha accrescimento piuttosto lento, piccola involuzione e dorso con carena alta, spiccata, non tanto ottusa, fiancheggiata da solchi larghi e distinti. Le coste sono poco numerose, grossolane, più strette assai degli intervalli, radiali e diritte nella parte dei fianchi che volge all’ombelico, curvate e molto ripiegate in avanti nella parte esterna, ove svaniscono sulle ca- rene marginali del dorso. Gli altri due esemplari si allontanano leggermente dal minore descritto per l’accrescimento un poco più rapido che determina poi un ombelico più stretto. Tale differenza non è però così accentuata come quella che si avverte tra il tipo e gli individui riferiti all’A. Zunerì dal WRIGHT e dall’ Hyatt. Di questi, quelli del WrIGHT almeno vanno riferiti all’Ast. Brooki qui sotto descritto, seguendo anche al riguardo i concetti che si possono dedurre dai riferimenti fatti dal Reynès. La linea lobale della forma tipica non si conosce, quindi non si possono istituire confronti. Essa, nei miei individui, non è benissimo conservata, però si scorge evidente la somiglianza con quella del- l’Ast. Brooki. Il lobo sifonale, assai ampio, è molto profondo. Il primo lobo laterale è profondo circa la metà del precedente e poco largo. Il secondo lobo laterale e i due accessori, assai poco distinti, hanno presso a poco la medesima profondità del primo laterale. L'A. Purneri figurato dal QuenstEDT nel 1849, che io escludo dalla sinonimia, non è che un Ast. obtusum Sow. più o meno tipico. Escludo anche dalla sinonimia l'esemplare che il WRIGHT figurò nel 1863 con lo stesso nome di A. Zurnerì poichè esso è più esattamente riferibile all’ Ast. Brookî. Ciò ha pure creduto il Reynks il quale ne ha riprodotta la figura, però rovesciata, col nome appunto di A. Brooki. Tale esemplare, al quale WrIGET assegnò nella descrizione un diametro di quattro pollici e mezzo, io credo sia lo stesso che è stato riprodotto dal WrIcHT nel 1881 come A. Zurnerì insieme con la figura di un esemplare originale del SowerBy. All’infuori di questo originale, nessun altro esemplare figurato dal WrIeaT col nome di A. Turneri va riferito dunque a tale specie, per me con esattezza figurata e interpetrata dal Revynks. Gli esemplari del Giura svevo, figurati dal QuENSTEDT come A. Zurneri, appartengono o si avvicinano tutti all’Asf. obtuswn Sow.; quelli figurati con il medesimo nome dall’HyamT riguardano forme vicine all’Ast. obtusum ed all’Ast. Brooki, forse l’Ast. acceleratum dello stesso Hyatt !). Degli esemplari esaminati due sono del calcare rosso inferiore ed appartengono al Museo di Pisa, l’altro proviene dal calcare grigio ed è di proprietà del Museo di Monaco di Baviera. 2. Asteroceras Brooki Sow. — Tav. XIX [XXX], fig. 1,2. 1818. Ammonites Brooki SowerBr. Min. Conchology, pag. 203, tav. 190. non 1830. — — Zirnen. Versi. Wirtt., pag. 36, tav. 27, fig. 2. non 1830. — — Gumoni. Foss. di Speria, pag. 36. non 1833. = — Dr ra Bhcur. Eno. de Spera, pag. 29. 1849. — — Qurnsrent, Cephalopoden, pag. 77. 1856. — — Orpen. Juraformation, pag. 83. 1863. — — Wricamr. Amm. of the Lias format., pag. 174, tav. 2, fig. 5. 1) Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 207, tav.9, fig. 4. 128 A. FUCINI [182] 1863. Ammonites Turneri (non Sow.) Wricat. Amm. of the Lias format., pag. 176, tav. 2, fig. 4, 4a, (pars) non fig. 4b!). 1879. — Brooki Reynès. Ammonites, tav. 37, fig. 1-7, tav. 43, fig. 6,7 2). 1881. Arzetites — Wrraur. Lias Ammonites, pag. 280, tav. 6, fig. 4,59). 1881. — Turneri (non Sow.) Wricnt. Lias Ammonites, pag. 292, tav. 12, fig. 1-3, 6, (pars) non fig. 54. 1884. Ammonites Brooki QuensteDt. Amm. d. schw. Jura, pag. 116, pag. 152, (tav. 15, fig. 2, 3)?; tav. 20, fig. 11,12; (tav. 21, fig. 1-3)? 1884. — — Smrson. Yorkshire Lias, pag. 138. 1889. Asteroceras — Hyanr. Genesis of the Arietidae, pag. 210, tav. 9, fig. 5-7. 1897. Ardietites (Asteroceras) Brooki Parona. Amm. di Saltrio, pag. 42, tav. 3, fig. 3. DIMENSIONI I II Diametro . 5 ; : È : ; 5 È : mm. 70 mm. 37 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . , 0,33 0,36 Spessore » » » 6 . 0,29 0,29 Larghezza dell’ ombelico » » , È 0,40 0,40 Ricoprimento della spira » » ; : Bb 0,06 Oltre a due piccoli individui riferisco a questa specie un esemplare non completo, ma che pur mi sembra molto bene caratterizzato. Esso è costituito dalla metà di un giro che in parte rappresenta l’ul- tima camera. La sua somiglianza con l'esemplare di Saltrio figurato dal PARONA Fic. 76. è notevolissima, si riporta però assai bene anche alle forme tipiche del SoweRBY i sn i e del WricHT, delle quali ha forse l'accrescimento un poco più lento. QU Hi La linea lobale (fig. 76) di tale esemplare incompleto si vede assai bene. Dia sostano dal Il lobo sifonale è largo e molto più profondo del primo laterale che è piuttosto Linea lobale dell’ Ast. Brooki Tistretto. Il secondo lobo laterale ed il primo accessorio, che però non si Sow., presa al diametro ap- vede tanto bene, hanno fra loro quasi la stessa profondità, di poco maggiore prossimativo di mm. 60, in grandezza naturale. di quella del primo laterale. La sella \esterna, poco alta e poco ampia, termina con delle foglie più grossolane di quelle che si trovano all'estremità della prima sella laterale. Questa è più larga e più alta della sella esterna. La seconda sella laterale resulta bassa e depressa. Sono note le affinità che legano questa specie con 1’ Ast. Turnerì Sow., però anche le differenze sono così spiccate e costanti che non si capisce come mai il WRIGHT potesse confondere così facilmente le due specie. Anche l’Hyarr sembra che abbia fatto una simile confusione poichè, mentre non si può ammet- ' Come ho avvertito già in altra nota antecedente, questa figura è stata copiata dalla linea lobale che si vede sul disegno dell’A. Turreri (non Sow.) dato dal QuensrEDT nel suo lavoro: Cephalopoden. ° Le fig. 3,4,7 della tav. 37 sono copiate da quelle date dal WrIGHT nel 1863 per l’A. Brooki, le altre della tav. 43 sono copia delle figure date nello stesso tempo dal WrIeHT per l'A. Turneri. 3) Sebbene ingrandite queste figure sembrano essere le stesse di quelle precedentemente date dal WricHT nel 1863 per la medesima specie. 4. L’avvertenza che ho dato nella nota precedente riguarda anche questa figura essendo essa, insieme forse con le fig. 1,2, 6, copia ingrandita dei disegni dati dal WRIGHT col medesimo nome nel 1863. [183] A. FUCINI 129 tere che le Ammoniti da lui figurate col nome di Ast. Turnerì appartengano a tale specie, è lecito cre- dere che esse si riferiscano piuttosto all’Asf. Brook?, se però non sono da riunirsi con I’ Ast. acceleratum da lui proposto e molto vicino alla specie in discussione. L’Ast. Brook ha una conchiglia assai meno com- pressa, di accrescimento più rapido, maggiormente involuta e quindi con l'ombelico più stretto di quella dell’Ast. Turneri. Il dorso n’ è più ampio e la carena sifonale più ottusa. Le coste, sebbene molto cur- vate sull’esterno dei giri, si presentano concave anche nella parte dei fianchi che volge verso 1’ ombelico e sono più proverse e forse un poco più numerose. Ho escluso dalla sinonimia dell’Ast. Brooki Sow. l’esemplare figurato con quel nome dal ZIETEN poichè esso sembra assolutamente differente per la conformazione del dorso. Tale esemplare viene dall’ Hyarr ® riferito al suo Ast. trigonatum. Metto in dubbio anche il riferimento alla specie in esame fatto dal Quen- steDT di alcuni esemplari del Giura svevo che sembrano avere un’impronta diversa e caratteri distinti. La citazione dell’Ast. Brook Sow. fatta la prima volta in Italia dal Guiponi e riportata poi dal DE LA BkcHE non so a quale specie possa riferirsi. Io escludo quella citazione dalla sinonimia poichè 1’ Ast. Brooki non è ammissibile che si trovi nel Lias inferiore assai profondo di Spezia, ove non sarebbe stato notato dal CanavARI che ne ha accuratamente studiata la fauna. Due degli esemplari esaminati provengono dal calcare rosso inferiore ed uno, il più grande ed in- completo, dal grigio; appartengono due al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 3. Asteroceras retusum Rrynbs. — Tav. XIX [XXX], fig. 6, 7. 1879. Ammonites retusus RevnÈs. Ammonites, tav. 37, fig. 8-14. DIMENSIONI i Diametro . . ò . . : : . ò 5 coni 80 sovin, 28 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : 0,39 0,35 Spessore » » » È ò 0,39 0,38 Larghezza dell’ombelico » » 6 6 0,35 0, 42 Ricoprimento della spira » » . o 0,05 0,03 Questa specie, non ancora citata in Italia, nè che io sappia descritta da alcuno, è rappresentata nella fauna del Monte di Cetona da tre esemplari, i quali, sebbene di conservazione non perfetta, sono ciò non ostante certamente riconoscibili. La -conchiglia, non molto compressa, di accrescimento piuttosto ra- pido, ha involuzione mediocre e che, dal confronto dei due esemplari da me figurati, appare che aumenti con lo sviluppo. Ciò non concorda però completamente con gli individui rappresentati dal ReynÈs nei quali l’involuzione si mantiene costante. Altra lieve differenza tra la mia forma e quella del RevnÈs si osserva nello spessore dei giri dei piccoli esemplari. Infatti il mio piccolo esemplare ha giri più larghi che alti, quelli pur piccoli del Reynks li hanno invece più alti che larghi. Gli esemplari più grandi hanno giri tanto larghi quanto alti. Il dorso è larghissimo ed ha una carena sifonale spiccata, che, sebbene non benissimo conservata, appare un poco meno grossolana e più depressa di quella dell’esemplare più grande figurato dal ReynÈs. I solchi dorsali sono pure molto distinti, ma, in confronto -con quelli del sopracitato esemplare del RevNÈs stesso, non si presentano tanto ampi, nè tanto poco profondi. Tali solchi dorsali sono separati, dalla 1) HyarT. Genesis of the Arietidae, pag. 182, tav. 6, fig. 3; tav. 7, fig. 1. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 17 130 A. FUCINI [184] parte del dorso che volge verso i fianchi, da ottuse, ma spiccate carene, sopra le quali finiscono le coste molto ripiegate in avanti. I fianchi non manifestano una notevole convessità, scendono però all’ ombelico assai rapidamente e verso il dorso fanno una curva speciale per la quale il margine esterno, restando caratteristicamente rigonfiato, fa apparire quasi concava la regione dorsale. Le coste ricordano moltis- simo quelle dell’Ast. obtusum Sow., sono però più grossolane, più retroverse sui fianchi, più ripiegate in avanti sul dorso e maggiormente ingrossate sul margine esterno, ove presentano anche una curvatura più decisa. La camera di abitazione comprende la metà dell’ultimo giro in ambedue gli esemplari figu- rati, che, sebbene possano quindi considerarsi completi o quasi, non lasciano vedere traccia di peristoma. La linea lobale, che non si può rilevare dettagliatamente, in special modo in corrispondenza del dorso, resulta sul fianco destro alquanto differente da quella disegnata dal Revnès, per avere la sella esterna assai più larga e più bassa della prima laterale. La prima sella laterale appartenente all’ultima linea lobale e che si vede sul fianco sinistro dell’esemplare più grande figurato, è più larga e più depressa della sella corrispondente nelle linee lobali che si vedono sul fianco opposto al principio dell’ ultimo giro. Anche il secondo lobo laterale, sul fianco sinistro, si presenta più largo di quello corrispondente del fianco destro e non è, come questo e come quello figurato dal Reynks, terminato grossolanamente con due sole punte. Per le coste molto arcuate e piegate in avanti sulla parte esterna dei giri l’Ast. retusum ha qualche somiglianza con l’Asf. Brookì Sow., del quale ha anche presso che simile la conformazione del dorso; il numero delle coste è però molto minore e la loro grossezza molto più notevole. Più che ad ogni altra la specie in esame somiglia all’Ast. obtusum Sow., dal quale, come ho accen- ‘nato in principio, differisce per le coste più retroverse sui fianchi e maggiormente ingrossate ed arcuate verso l’esterno, per il dorso più appiattito e con solchi meglio distinti, nonchè per la linea lobale. I tre esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori; i due più piccoli appartengono al Museo di Firenze, quello più grande al Museo di Pisa. 4. Asteroceras cfr. stellare Sow. — Tav. XIX [XXX], fig. 5. 1812. Ammonites stellaris SowerBy. Mineral Conchology, pag. 221, tav. 93. Due esemplari frammentari di Asferoceras, dei quali io figuro il più piccolo, corrispondono assai bene al tipo della specie alla quale io li confronto, molto bene riprodotto dal WricHnT ?. Paragonando infatti l’esemplare figurato da me con quello tipico si scorge facilmente che essi hanno una simile confor- mazione dei giri, alquanto appianati sui fianchi, e con sezione sub-triangolare troncata. Il dorso, pure appianato, assai spiccatamente solcato ai lati della carena sifonale, presenta questa alla stessa maniera non esageratamente robusta ed appena un poco più distinta delle carene laterali che limitano il dorso stesso dai fianchi. Questi sono ornati da coste, che, sebbene un poco più grossolane e meno numerose, pur non ostante presentano il medesimo andamento, leggermente flessuoso, slargandosi ed evanescendo quindi sul margine dorsale. Anche la linea lobale è molto simile. Le differenze più notevoli che io ho osservato nei miei esemplari consistono nell’ accrescimento al- quanto più lento ed in una maggiore compressione della conchiglia. i) SowerBy. Mineral Conchology, pag. 151, tav. 167. ® WRIGHT. Lias Ammonites, pag. 295, tav. 22, fig. 3-6. [185] l A. FUCINI 131 Gli esemplari esaminati sono conservati mel calcare grigio inferiore ed appartengono al Museo di Firenze. 5. Asteroceras Reynesi n. sp. — Tav. XIX [XXX], fig. 8,9. 1879. Ammonites stellaris (non Sow.) Rernès. Ammonites, tav. 36, fig. 1, 2,5, (pars) non fig. 3, 4,6. DIMENSIONI Diametro . È . o ? a ; ò 0 c a 52 coin 27 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . c 0, 38 0,40 Spessore » » » A 5 0,31 0,35 Larghezza dell’ombelico » » È 6 0,35 0,29 Ricoprimento della spira » » o BOI 0,09 0,07? Il Revnès figurò, riferendoli all’ A. stellaris Sow. !, due esemplari che, a parer mio, rappresentano due specie distinte. Una di queste è certamente quella del SoweRBY ed è rappresentata dall’ esemplare più grande, veramente tipico; l’altra è nuova e distinta per l’involuzione assai maggiore, per il numero mi- nore di coste, che sono anche più grossolane, di forma differente ed evanescenti più presto verso l’esterno, nonchè per il dorso avente carena sifonale più elavata e carene marginali più acute. A questa seconda specie, che io intitolo ,dal nome del ReynÈs, appartengono tre esemplari del Monte di Cetona. La conchiglia discoidale, non molto compressa, è piuttosto involuta poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per la metà dell’altezza. Il suo accrescimento è mediocre, ma diminuisce leggermente con lo sviluppo. I giri, che al diametro di mm. 12 sono più larghi che alti, divengono in seguito più alti che larghi, ed allora, per avere i fianchi assai curvati, presentano una sezione ellittica non molto depressa. Le coste, il cui numero di circa 23 non aumenta con l’ accrescimento, appaiono più serrate all’interno anzichè all’esterno della spira, ove sono separate da intervalli assai larghi. Esse nascono lungo la super- ficie ombelicale e già sul margine di questa presentano un discreto rilievo che aumenta fino alla metà dell’altezza dei fianchi e che quindi diminuisce verso l’esterno. Qui le coste si slargano, si appiattiscono in modo speciale e svaniscono a tanta maggior distanza dalle carene che limitano il dorso quanto è più grande il diametro in cui vengono osservate. La loro direzione nell’insieme è radiale, ma l’andamento, specialmente a sviluppo non molto grande, si presenta leggermente flessuoso per una piccola curva con- vessa che fanno sulla metà dei fianchi e per la piegatura in avanti, sebbene non molto distinta, fatta dalle coste stesse verso il margine ombelicale e verso l’esterno. Al principio dell’ultimo giro del piccolo esemplare figurato, le coste presentano una certa irregolarità, avendosene alcune più spiccate ed una evidentemente sdoppiata dalla metà del fianco all’esterno del giro. Il dorso ha una carena sifonale assai grossolana e sporgente, che in special modo a sviluppo non molto grande si presenta ornata da leggere solcature trasversali che la rendono leggermente nodulosa. I solchi, ai lati di tale carena, sono pure spic- cati ed anche abbastanza larghi. Essi sono resi molto distinti dalle nette carene che li dividono dai fianchi, molto strettamente arrotondate, quasi acute e situate ad un livello alquanto più basso di quello raggiunto dalla carena sifonale. La camera di abitazione, nell’esemplare più piccolo figurato, occupa meno della metà dell’ultimo giro, in quello più grande alquanto più di tale metà; in nessuno però può dirsi completa. 1) SowerBy. Mineral Conchology, pag. 221, tav. 93. 132 A. FUCINI o [186] La linea lobale qui intercalata (fig. 77), è la penultima dell’ esemplare più grande da me figu- rato, ed è evidentemente del medesimo tipo di quella dell’Asf. stellare Sow. Essa spicca per la grande profondità del lobo sifonale, quasi doppia di quella del primo lobo laterale relativamente non molto ri- stretto e terminato con tre punte piuttosto simmetriche ed alquanto dentellate. Il Fic. 77. i È RAC 7 A secondo lobo laterale, che finisce con poca simmetria, è più profondo del primo ed è " Ù L 9 x fb a sua volta sorpassato dal primo accessorio e forse anche dal secondo che non è bene & dato scoperto e sul quale cade la sutura ombelicale. La sella esterna, più larga di ogni altra, Linea lobale dell’Ast. ha la medesima altezza della prima laterale, la quale è assai snella; la seconda laterale Ser Ea si presenta ben poco elevata, essendo solamente superiore alla prima accessoria. i A ner Questa specie, oltre che all’Ast. stellare, col quale ho da principio fatte notare le principali differenze, somiglia anche al mio Ast. perigrinum ®, ma questo ha coste un poco più numerose, assai più grossolane e di altra forma, nonchè il dorso sprovvisto di solchi spiccati ai lati della carena sifonale, la quale è poi più larga e ornata in modo caratteristico. Le coste poco arcuate e presto evanescenti dalla parte esterna dei giri, nonchè la linea lobale e la forma del dorso, rendono l’Ast. Reynesi diverso dall’Ast. obtusum Sow. ?) Gli esemplari esaminati provengono tutti dai calcari grigi inferiori; due appartengono al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 6. Asteroceras saltriense Par. — Tav. XXII [XXXIII], fig. 4-6. 1856. Ammonites stellaris (non Sow.) Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 22, tav. 5, fig. 1-3, (pars). 1896. Arietites saltriensis Parona. Amm. d. Lias inf. di Saltrio, pag. 38, tav. 8, fig. 2,3. DIMENSIONI I II III Diametro c ò a ò 6 : : 5 mm. 72 mm. 66 mm. 64 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 36 0,36 0,36 Spessore » » » 4 0,27 0,28? 0,27? Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,38 0,37 0,37 Ricoprimento della spira » » è 0,05 0,05 0,06 Questa specie è rappresentata dal alcuni individui leggermente differenti l’uno dall’ altro. Quello rap- presentato con la fig. 4, Tav. XXII [XXXIII] corrisponde meglio di ogni altro a all’originale del PARONA, sebbene di dimensioni più piccole. Esso è quasi tutto dx i concamerato. La sua linea lobale (fig. 78) differisce da quella disegnata dal : (5 n PARONA per una fogliettatura più regolare, però nell’insieme vi corrisponde ve varia : << perfettamente. ; Linea lobale dell’Ast. saltriense L'individuo rappresentato dalla fig. 5, Tav. XXII [XXXIII] per la carat- PAR., presa al diametro di CO AVA Ù È E mm.53,in grandezza naturale. teristica forma del dorso e per i più importanti caratteri corrisponde ancora assai bene a questa specie; però, avendo un numero di coste un poco maggiore dell’esemplare già ricordato, si accosta più di questo all’Asf. stellare Sow. il cui tipo è stato benissimo i) Fucini. Altre due nuove specie di Amm., pag. 6, tav. 1, fig. 1-5. 2) SowerBr. Mineral Conchology, pag. 151, 167. [187] A. FUCINI 133 figurato dal WrieHT®. La differenza assai considerevole fra le due conchiglie consiste nel dorso il quale nel tipo sowerbyano ha solchi assai spiccati ai lati della carena sifonale. La linea lobale sarebbe tuttavia molto simile. Con la fig. 6, Tav. XXII [XXXIII] io rappresento un esemplare, quasi tutto concamerato, che si di- stingue dai due esaminati più sopra per il minor numero di coste e per esser queste meno arcuate e più grossolane. Mercè esso la specie del PARONA viene ad essere molto avvicinata all’ Ast. suevicum Quenst.® il quale sembra avere una conchiglia un poco più compressa. Ho riunito alla specie in esame, come già suppose anche il Parona, l’esemplare di Adneth riferito dall’HaueR all’Ar. stellaris poichè mi sembra che esso non possa essere precisamente ascritto alla specie sowerbyana, per il dorso quasi affatto privo di solchi ai lati della carena sifonale e che quindi si presenta identico a quello dell’Ast. saltriense. Anche la sezione del giro di tale esemplare è molto simile a quella dei miei ed anche a quella disegnata dal Parona, sebbene questa sia un poco più arrotondata di tutte. Avvalora queste considerazioni il fatto di aversi nel Museo di Pisa un esemplare di Ammonite proveniente da Adneth e determinato come A. stellaris Sow., che io, dopo accurati confronti, non trovo differente dalla specie in discussione. Ho limitato la sinonimia alla sola forma figurata dall’ HaUER, poichè ad Adneth oltre ad essa se ne trova anche un’altra perfettamente identica a quella di Saltrio riferita dal Parona ?) all’Ar. obtusus Sow. To ritengo che l’HaurR confondesse anche tale altra specie con il suo Ar. stellaris inquantochè un esem- plare di essa, conser vato nel Museo di Pisa e appunto proveniente da Adneth, è riferito alla specie del SowERBY, con etichetta scritta dall’ HAUER stesso. Gli esemplari che io riferisco all’ Asf. saltriense sono quattro, tre dei quali, conservati nel calcare rosso inferiore, appartengono al Museo di Pisa ed uno, del calcare grigio, al Museo di Firenze. 7. Asteroceras margarita Par. — Tav. XXI [XXXII], fig. 4, 5. 1896. Arietites margarita Parona. Amm. d. Lias inf. di Saltrio, pag. 41, tav. 5, fig. 8. DIMENSIONI Diametro . i o 0 0 c 0 , 0 o 0 0 . mm. 49 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . È 0 c 0 0,41 Spessore » » » 0 c c 0 o 0,24 Larghezza dell’ ombelico » » o o 0 c : 0,32 Ricoprimento della spira » » 5 5 ; 6 . 0,10 Sebbene tra i miei esemplari e quello originale figurato dal PARONA si avvertano alcune differenze, io credo tuttavia che non si possano separare tra loro. L'individuo mancante di una parte della spira (Tav. XXI [XXXII], fig. 4) non presenta altre diffe- renze con quello tipico di Saltrio se non la maggiore compressione dei giri e quindi di tutta la conchiglia. Del resto esso ha lo stesso accrescimento, assai rapido, la medesima involuzione, assai sentita, e la stessa forma dei giri e delle coste. I giri, alquanto appianati sui fianchi, presentano la maggiore larghezza sul primo terzo interno dell’altezza e si deprimono piuttosto rapidamente tanto verso l’ ombelico, produ- cendo un margine circombelicale assai netto, quanto verso il dorso. Questo è un poco appianato ed ha 1) WRIGHT. Lias Ammonites, pag. 295, tav. 22, fig. 3-6. 2 QuensTEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 146, tav. 20, fig. 1. 3) PARONA. Amm. lias. di Lombardia, pag. 37, tav. 5, fig. 2. 134 A. FUCINI [188] carena sifonale robusta, limitata lateralmente da depressioni larghe e non molto profonde, rese però assai evidenti dai distinti margini laterali che le separano dai fianchi. Le coste, numerose, leggermente con- cave, piuttosto proverse, nascono sul margine circombelicale ed acquistano subito notevole rilievo, per quanto sieno al principio assai ristrette, e fanno anche subito una piccola curva concava che rende più spiccata quella d’insieme osservata nello stesso senso. Con l’avanzarsi verso l’ esterno le coste si allar- gano sempre, e fino alla metà dell’altezza dei fianchi si accrescono anche in rilievo; dopo si deprimono e svaniscono, molto espanse e poco spiccate, sui margini dorsali. Poco o nulla si vede della linea lobale, che però appare della stessa forma di quella disegnata dal Parona per l’originale della specie. L’esemplare rappresentato dalla fig. 5, Tav. XXI [XXXII], al quale corrisponde perfettamente un altro in peggiore stato di conservazione, si allontana anche esso dalla forma originale specialmente per mag- gior compressione della conchiglia. Questa differenza, che è nell’ esemplare in questione più accentuata che nell’altro sopra citato e di dimensioni alquanto più grandi, potrebbe dipendere dallo stadio di sviluppo dei miei individui, assai mediocre in confronto all’esemplare tipico di Saltrio. Come conseguenza della diversità ora notatata si ha anche quella della minor larghezza del dorso che nel mio secondo individuo resulta poco appiattito, avendo la carena sifonale assai robusta e parecchio più rilevata delle carene mar- ginali le quali non sono tanto spiccate. Anche i solchi dorsali non sono molto distinti. La somiglianza perfetta dell’esemiplare in esame con quello tipico si palesa molto bene sui fianchi ugualmente poco cur- vati e provvisti di un numero uguale di coste, 31'nell’ultimo giro, aventi identica forma. Anche la linea lobale, che si vede con sufficiente chiarezza disegnata sopra l'esemplare rappresentato dalla fig. 5 Tav. XXI [XXXII], sebbene non sia distinta, ne’ suoi minuti dettagli corrisponde a quella disegnata dal PARONA. Il lobo sifonale non molto profondo, ma assai largo, non è raggiunto in profondità dal primo laterale assai ristretto, il quale è però sorpassato dal secondo laterale e questo dal primo accessorio. Prima della sutura ombelicale si trova un secondo lobo accessorio molto ridotto. La sella esterna, assai ampia e con due piccoli lobi secondari che la tripartiscono superiormente in modo irregolare, resulta un poco più bassa della prima sella‘laterale parecchio allungata. La seconda sella laterale è molto più bassa della prima laterale ed è seguita da una prima accessoria assai larga e depressa. La sutura ombelicale cade sul principio di una seconda sella accessoria poco bene distinta. L’Ast. margarita ha spiccata affinità con I’ Ast. stellare Sow. L’Ast. stellare tipico ha però coste non proverse ed assai più arcuate nonchè, a parer mio, dorso più profondamente solcato e quindi più netta- mente tricarinato. Io credo tuttavia che l’Ast. margarita, più che con’ Ast. stellare, presenti affinità maggiori con il mio Ast. varians, alla cui var. propingqua si accosta specialmente il più piccolo esemplare figurato (Tav. XXI [XXXII], fig. 5). Nei calcari rossi della Garfagnana, sincroni con quelli che hanno data la fauna in esame, io ho osservato un piccolo esemplare che sembra intermedio tra le due forme. L’ Ast. margarita parmi però sufficientemente distinto per le coste più regolari e non così presto evanescenti verso il dorso come nella varietà propinqua dell’Ast. varians. Maggiori differenze si osservano con la forma che io ho assunto come tipo della specie. Le coste più grossolane e di andamento diverso, nonchè i caratteri del dorso, distinguono dall’ Ast. margarita il mio Ast. peregrinum *).. Potrebbe appartenere all’Ast. margarita l’esemplare di Hierlatz figurato dal GevER ? come Ar. stel- 1) Fucini. Nuove Ammoniti, pag. 6, tav. 1, fig. 1-4. 2 GrveRr. Cephal. d. Hierlatz, pag. 249 tav. 3, fig. 6. [189] A. FUCINI 135 laris e che non sembra riferibile alla specie sowerbyana per accrescimento più rapido, per maggiore in- voluzione e per numero maggiore di coste. Degli esemplari esaminati uno è conservato nel calcare rosso inferiore e due nel grigio; due appar- tengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 8. Asteroceras volubile n. sp. — Tav. XIX [XXX], fig. 10; Tav. XXI [XXXII], fig. 8,9. DIMENSIONI I II III Diametro . 0 ò o 5 0 c 0 mm. 1 mm. 56 mm. 39 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,31 0, 28 0,27 Spessore » » » 0,23 0,24 25 Larghezza dell’ombelico » » 0,47 0,48 0, 52 Ricoprimento della spira » » 0,04 D 0,03 Questa specie, molto caratteristica ed oltremodo interessante, ha la conchiglia assai compressa, di accrescimento piuttosto lento, e di involuziome non molto sentita inquantochè l’ultimo giro ricopre il pe- nultimo per un quarto circa della sua altezza. I giri, appianati sui fianchi e scendenti rapidamente tanto verso l’ombelico quanto verso il dorso, sono sempre più alti che larghi, però nel piccolo esemplare flgu- rato, sono quasi larghi quanto alti. E per questo che la sezione dei giri di questo piccolo individuo re- sulta subquadrata, mentre è subrettangolare negli esemplari più grandi. Il dorso è largo ed appianato in quanto che la carena sifonale, assai spiccata e distinta, non oltrepassa l’altezza dei margini, piuttosto arrotondati, che separano il dorso stesso dai fianchi. I solchi dorsali, discretamente larghi e profondi, sono separati dalle parti laterali da carene assai nette, sulle quali svaniscono ripiegate in avanti le coste che or- nano i fianchi. Queste, delle quali se ne hanno 37-39 nell’ultimo giro degli esemplari più grandi, variano assai nei loro caratteri da piccolo a sviluppo più completo. Esse sono molto irregolari all’interno della spira dell'individuo più grande figurato. Alcune coste sono più rialzate e più grossolane, altre sono separate da intervalli più larghi e più profondi dei consueti, alcune anzichè originarsi presso l’ombelico cominciano a svilupparsi un poco più all’esterno, due sono certamente riunite nella parte inferiore del fianco ed al prin- cipio del penultimo giro, ove alcune invece parrebbero accoppiate sull’ esterno dei giri a somiglianza di quelle del Cor. sinemuriense D’ORB. 1) Anche nell’interno della spira dell’esemplare rappresentato dalla fig. 9, Tav. XXI [XXXII], sembra che le coste, sebbene sieno più minute, presentino simili irregolarità. Nell’indi- viduo invece riprodotto dalla fig. 10, Tav. XIX [XXX], tutto concamerato, esse sono più regolari specialmente in riguardo alla loro distribuzione ed ai loro intervalli, solo al principio dell’ultimo giro una si mostra notevolmente contorta; è da notarsi però che la parte più interna della spira di tale individuo non è ben conservata. A piccolo diametro i caratteri delle coste sono identici in tutti gli esemplari in quanto alla direzione, all'andamento ed allo sviluppo in grossezza. Per direzione le coste sono poi sempre piuttosto retroverse, alquanto flessuose, presentando, sulla metà inferiore dei fianchi, un’appariscente convessità ed una concavità invece verso il margine esterno. In quanto allo sviluppo in grossezza esse cominciano piut- tosto deboli presso l’ombelico e s’ingrossano e si allargano gradatamente più o meno fortemente fino al margine esterno, ove presentano il loro maggiore rilievo ed ove appaiono più o meno nodose per il fatto del loro repentino abbassamento sul margine esterno, sul quale rapidamente svaniscono ripiegate in avanti. Con lo sviluppo ulteriore esse acquistano maggiore regolarità, però devo avvertire che nel fianco destro 1) p'’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 303, tav. 95, fig. 1-3. 9 136 A. FUCINI [190] del più grande esemplare figurato e sul primo terzo dell’ ultimo giro si hanno ancora due coste riunite sulla metà del fianco stesso. Rimane tuttavia uguale la direzione; l’andamento è un poco meno sinuoso e lo sviluppo in grossezza presso l’ombelico è più rapido, mentre resulta un poco più lento l’abbassa- mento presso il margine esterno, ove si fa più lunga la coda ripiegata in avanti ed evanescente alle carene che limitano i solchi dorsali. Nell’ esemplare rappresentato dalla fig. 9, Tav. XIX [XXX], la camera di abitazione è lunga i tre quarti dell’ultimo giro, nel più grande invece occupa la metà del giro stesso, nessun individuo però può dirsi completo non avendosi sicuri indizi del peristoma. La linea lobale dell’esemplare più grande (fig. 79), alla quale corrispondono anche quelle degli altri individui, ha il lobo sifonale assai largo, profondo e con incisioni laterali non tanto Fio. 79 I grossolane. Il primo lobo laterale, profondo quasi la metà del precedente e assai ri- SI stretto, termina con quattro punte piuttosto grossolane. Il secondo laterale è appena ea un poco più profondo del primo laterale e termina con due punte dentellate. Viene Linea lobale dell’Ast. dopo un primo lobo accessorio, non dettagliatamente distinto, assai ristretto, meno pro- volubile n. Sp., presa È 2 SINO di. È o al diametro di mm. fondo di ogni altro e quindi un secondo accessorio molto indeciso, sul quale cade la a na sutura dell’ombelico. La sella esterna è più ampia, ma più bassa della prima laterale. La seconda sella laterale, molto più bassa delle due precedenti ed assai ridotta, sorpassa la prima accessoria che ha caratteri non bene visibili. Questa specie, che a piccolo sviluppo sembra avere notevoli affinità generiche con i Cororiceras, viene da me posta tra gli Asferoceras poichè mi è parso che di questi abbia i principali ed i più importanti ca- ratteri. Anche una certa somiglianza che essa presenta con l’Ast. Turnerì Sow.! è un argomento favo- revole al mio concetto. A primo esame parrebbe che la specie in discussione avesse pure somiglianza con l’Ar. obesulus Brake? che WrieHT® figura col nome di Ar. nodulosus Y. et B. e descrive còn quello di subrodosus; però i caratteri della parte interna della spira nonchè il diverso andamento delle coste la rendono certa- mente differente. Dei tre esemplari esaminati, due sono conservati nel calcare grigio inferiore ed uno nel rosso; uno appartiene al Museo di Firenze e due appartengono a quello di Pisa. Var. exornata n. v. — Tav. XXII [XXXIII], fig. 1-3. DIMENSIONI I II III Diametro . 6 0 ; . . ; 6 È mm. 61 mm. 60 mm. 33 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. 5 0,33 0,28 0,27 Spessore » » » : ; 0, 26 0,22 0,25 Larghezza dell’ombelico » » 7 È 0, 47 0,52 0,50 Ricoprimento della spira » » : 6 0,04 ? 0,03 Questa forma è così caratteristica che avrei forse potuto considerarla anche come specie distinta; non avendo però osservato in essa che un’ esagerazione, direi quasi, di alcuni caratteri presentati da quella presa come tipo, non ho creduto bene di separarla specificamente. Fra le due forme non vi è differenza )) SowerBy. Mineral Conchology, pag. 75, tav. 452. 2) Tann a. BLAKE. Yorksh. Lias, pag. 284, tav. 6, fig. 2. 3) WrIGHT. Lias Ammonites, pag. 288, tav. 6, fig. 2,3. [191] A. FUCINI 137 per le dimensioni, l’accrescimento e l’involuzione delle conchiglie. I giri, ugualmente appianati sui fianchi, hanno la stessa sezione subquadrata a piccolo diametro, ma la cambjano leggermente a maggiore sviluppo ove è sub-ellittica, poichè il dorso diviene con l'accrescimento più arrotondato e con carena sifonale al- quanto più elevata delle carene laterali. La carena sifonale sembra in generale, specialmente a piccolo diametro, più sottile. Le differenze però più appariscenti si trovano nelle coste le quali conservano dal- l’interno della spira all’esterno una irregolarità assai notevole. Nel piccolo esemplare rappresentato dalla fig. 3, Tav. XXII [XXXIII], e che ha caratteri spiccatamente molto simili a quelli che si scorgono, però in peggiore stato di conservazione, nella parte interna della spira degli individui più grandi, le coste sono irregolari sopra tutto per il fatto che alcune sono più grossolane delle altre, essendo allora separate dalla costa precedente da un intervallo più largo, e perchè qualche altra, anzichè originarsi dall’ombelico, si sviluppa a maggior o minor distanza da esso, sembrando quasi data per sdoppiamento della precedente. All'esterno dei giri le coste presentano lo stesso ingrossamento osservato per quelle della forma tipica a piccolo sviluppo. L’irregolarità nella ornamentazione non cessa con l’accrescimento, come invece succede per la forma tipica. Essa si manifesta specialmente nell’esemplare riprodotto dalla fig. 2, Tav. XXII [XXXIII], ove alcune coste sono nettamente accoppiate sulla metà del fianco o più all’esterno od anche in prossi mità dell’ombelico, ove poi una almeno si vede svanire senza riunirsi con nessuna delle vicine ed ove alcune sono più dirette ed altre più sinuose. Nell’ esemplare rappresentato dalla fig. 1, Tav. XXII [XXXIII], che ha coste alquanto meno grossolane dell’altro, l'accoppiamento di queste è meno frequente, tuttavia esso è palese per alcune di quelle che si trovano sulla metà dell’ultimo giro. Le coste di questo individuo sono generalmente più diritte, però sul finire della spira ve ne sono alcune che presentano molto accentuata la curva convessa sul terzo interno del fianco, la quale è forse in relazione con la forma del peristoma, che potrebbbe essere parzialmente rappresentato da un’espansione arrotondata, estesa per la metà inferiore del giro, con la quale termina la spira. Un altro carattere delle coste di tale esemplare consiste nella tendenza che esse manifestano di avvicinarsi a due a due e quindi di interporre ogni due un intervallo più largo. Speciale caratteristica delle coste della var. exornata, la quale è per essa così a prima vista diffe- rente dalla forma tipica dell’ Ast. volubile, è quella di avere sul margine esterno dei giti un piccolo tubercolo netto e deciso, oltre il quale la costa si assottiglia molto spiccatamente e svanisce, ripiegata in avanti ed appena distinta, sulle carene che limitano i solchi dorsali. Tali tubercoli, che si rendono ben evidenti solo ad uno sviluppo considerevole, si potrebbero riguardare come corrispondenti agli ingrossa- menti che le coste della forma tipica presentano pure sul margine esterno dei giri. La camera di abitazione nell’esemplare rappresentato dalla fig. 1, Tav. XXII [XXXIII] ed in quello più piccolo, comprende i due terzi dell’ultimo giro; è più corta nell’altro della fig. 2, Tav. XXII [XXXIII], dal quale è tolta la linea lobale qui intercalata ed alla quale del resto corrisponde molto bene anche quella dell’altro grande individuo, meno conservata nei suoi dettagli. La linea lobale (fig. 80) ha il lobo sifonale molto profondo, assai sottilmente Palo inciso ai lati e con selletta sifonale piuttosto elevata. Il primo lobo laterale, discre- PASO tamente ampio, è profondo quasi la metà del precedente e termina con quattro punte Linea lobale dell’Ast. È n 4A volubile n. sp., var. grossolane, dentellate, delle quali le due mediane sono più profonde. Il secondo lobo CRCR TORACE laterale, piuttosto ristretto, raggiunge quasi la profondità del lobo sifonale e termina PRI si assai irregolarmente con tre punte. Il primo lobo accessorio è profondo quanto il secondo laterale, ma è assai ridotto. Il secondo lobo accessorio, di forma non ben definita, riceve la sutura del- l’ombelico. La sella esterna, mediocremente ampia e poco elevata, termina con foglie grossolane obliqua- Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 18 138 A. FUCINI [192] mente scendenti verso l’interno. La prima sella laterale, di forma svelta e slanciata, è assai più alta del- l'esterna ed ancor più della seconda.laterale, la quale, alla sua volta, resulta un poco più alta della prima accessoria. Tale linea lobale differisce un poco da quella della forma tipica per avere il secondo lobo laterale un poco più profondo e terminato più asimmetricamente. Per i caratteri presentati dalle coste sul margine esterno dell'ultima parte della spira e per quelli generali della conchiglia la varietà in esame ha una assai spiccata somiglianza con l’ Harp. nitescens I. et B. figurato dal WrIcaT! e più con il Cyel. sudarietiforme Furt. ? Tali due specie hanno però tutt'altra linea lobale ed assai differenti caratteri nella parte interna della spira. Gli esemplari esaminati sono tutti conservati nel calcare grigio, due appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 9. Asteroceras permutatum n. sp. — Tav. XXII [XXXIII], fig. 7,8. ? 1899. Arsetites f. BonarELLI. Cefalop. sinem., pag. 59, tav. 8, fig. 3. £ DIMENSIONI Diametro . ; 0 o o ; : 6 . ò 5 6 5 mm. 75 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . o È 0,30 Spessore » » » ) à 3 È : 0,23 Larghezza dell’ombelico » » ? . 6 6 o 0, 46 Ricoprimento della spira » » 5 3 ; ; È 0,04 Questa specie ha conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento non molto rapido e di involu- zione non grande, poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quarto circa dell’altezza. I giri sono più alti che larghi, poco convessi sui fianchi e con il maggiore rilievo situato nella parte interna dei fianchi stessi, per modo che la sezione resulta sub-ovale. Il dorso, mediocremente ampio, è arrotondato e separato dai fianchi mercè carene laterali piuttosto decise a piccolo diametro, ma che con lo sviluppo divengono invece poco spiccate. Anche i solchi dorsali si fanno meno distinti con l’ accrescimento. La carena sifonale è sempre alquanto grossolana ed ottusa. Le coste assai più strette degli intervalli, non molto numerose, 32 nell’ultimo giro dell'esemplare più grande figurato e 27, così nel penultimo giro dello stesso esemplare come pure nell’ultimo ‘giro dell’individuo più piccolo, nel loro sviluppo ed andamento somigliano a quelle dell’Ast. volubile tipico, ma sono invece più spiccatamente proverse. Cominciano sul con- torno ombelicale, ove, dopo aver fatto una stretta curva concava, presentano un rilievo assai spiccato; sulla metà dei fianchi sono largamente convesse, e sul mar? N) li gine esterno, ove si slargano e si ingrossano a formare come una protuberanza, PA divengono nuovamente concave, per finire quindi ripiegate in avanti ed appena i distinte sulle carene che limitano i solchi dorsali. Il rilievo costale sul margine Linea lobale dell’Ast. permu- DOVETE . 9 . Ra x tatum n. sp., presa al dia ©Sterno dei giri s’indebolisce con l’accrescimento. L’esemplare più piccolo è tutto Metro di nm. 95 in gran concamerato, il più grande ha la metà dell’ultimo giro occupata dalla camera di abitazione. La linea lobale (fig. 81) qui intercalata è l’ultima dell’esemplare più grande. Essa ha il lobo sifonale i) WRIGHT. Lias Ammonites, pag. 432, tav. 49, fig. 6, 7. 2 FurTERER. Amm. v. Oestringen, pag. 328, tav. 11, fig. 5. [193] A. FUCINI 139 mediocremente ampio, ma molto profondo. Il primo lobo laterale, profondo circa la metà del precedente, termina con quattro punte grossolane, incise, allungate e non tanto irregolari. Il secondo lobo laterale, appena un poco più profondo del primo laterale, finisce con tre punte pure grossolane e incise, ma assai irregolari. Il primo lobo accessorio, un poco obliquo verso l’esterno, termina con tre punte delle quali la mediana raggiunge la profondità del secondo lobo laterale. Il primo lobo accessorio, sul quale cade la sutura dell’ombelico, non è bene distinto. La sella esterna è un poco più ristretta ed assai più bassa della prima laterale la quale è svelta ed ha una forma nettamente ellittica. La seconda sella laterale resulta appena un poco più bassa della sella esterna della quale ha quasi la stessa forma. La prima sella accessoria è bassa, depressa ed arrotondata. L’Ast. permutatum ha indubbiamente una notevole somiglianza con la forma tipica dell’Ast. volubile, al quale specialmente si accosta per l’identico svolgimento della spira e per il simile sviluppo delle coste. È da notarsi però che nella specie presente queste sono tutte regolari, meno flessuose, meno grossolane, più rade e quindi separate da intervalli più larghi. Il dorso è meno largo e più arrotondato, avendo la ca- rena sifonale più ottusa e più elevata delle carene laterali, che alla loro volta sono più depresse e meno distinte. Anche i solchi dorsali sono più ristretti ed assai meno profondi, essendo quasi superficiali. Piccole differenze si trovano anche nella linea lobale, che spicca per la piccola larghezza della sella esterna. Considerando che l’ Asf. permutatum somiglia anche a piccolo spiluppo all’Ast. volubile, limitatamente però ai caratteri adulti di questo, non è fuori di luogo ammettere che la prima di queste specie derivi direttamente dalla seconda. Per quanto non ne abbia assoluta certezza io ritengo che l’ Arietites di Ponte Alto (Foci di Cantiano) lasciato indeterminato dal BonarELLI ! sia da riferirsi alla specie in esame. I caratteri di esso che si desumono dalla figura e dalla descrizione mi sembrano giustificare il mio apprezzamento. Certo 1° Ast. permutatum si trova a Ponte Alto ed io l’ho avuto con la determinazione di Ast. stellare Sow. dal sig. ToBia MoRrENA insieme con altri Cefalopodi sinemuriani di quella località. Degli esemplari esaminati il più grande è conservato nel calcare rosso inferiore ed appartiene al Museo di Pisa, l’altro, nel calcare grigio, è del Museo di Firenze. 10. Asteroceras venustum n. sp. — Tav. XXI [XXXII], fig. 6, 7. DIMENSIONI Diametro . : . ; o o È 3 È x coni 61 cin Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . * 0,40 0,43 Spessore » » » ° n 0,29? 0,30 Larghezza dell’ ombelico » » i , 0,32 0,30 Ricoprimento della spira » » c 3 0,08 ? Sebbene questa specie sia rappresentata da due esemplari non benissimo conservati, tuttavia non ho creduto di doverla trascurare, nella considerazione che i suoi speciali caratteri la distinguono molto evi- dentemente dalle congeneri. La conchiglia, non molto compressa,è di accrescimento mediocremente rapido e non tanto poco involuta in quanto che i suoi giri si ricoprono per circa la metà della loro altezza. I giri, alquanto più alti che larghi, sono poco convessi sui fianchi, ma si abbassano assai rapidamente tanto verso l’ombelico quanto Ù ) BoNARELLI. Cefalop. sinem., pag. 59, tav. 8, fig. 3. 140 A. FUCINI [194] verso il dorso, rendendo i margini circombelicale e dorsale piuttosto distinti ed acquistando una sezione sub-ellittica. Il dorso, assai ampio, più appiattito nell’esemplare grande che in quello piccolo, ha la ca- rena sifonale non molto grossolana nè tanto ottusa, ma piuttosto rilevata e ben distinta. I solchi dorsali sono molto larghi, assai profondi e limitati benissimo dai fianchi mercè carene marginali nette e bene spiccate. Le coste sono molto irregolari, piuttosto sottili e non molto rilevate, larghe quanto gli intervalli e talora anche di più. Esse si presentano assai bene pronunziate lungo il margine circombelicale, donde si vedono scendere e svanire verso l’ ombelico ripiegate parecchio in avanti, e donde vanno verso il dorso con rilievo poco sentito e poco uniforme, ma che si attenua in prossimità del dorso stesso. In ri- guardo alla direzione le coste possono dirsi un poco proverse; in quanto all’ andamento esse sono assai irregolari e disunite; alcune sono alquanto flessuose, altre più diritte; tutte fanno però verso l’esterno una ben pronunziata curva concava, arrivando alla carena marginale molto inclinate in avanti. Nell’esemplare più grande figurato esse non si vedono attraverso il dorso, forse perchè questo non è bene conservato, ma nell’individuo più piccolo si scorge assai chiaramente come le coste, oltrepassando con piccolo rilievo le carene marginali e proseguendo per i solchi dorsali, sempre molto inclinate in avanti e sempre più affie- volite, si congiungano con quelle dell’altro fianco, facendo angolo assai ristretto sulla carena sifonale, la quale resulta leggermente nodulosa. Alcune coste si accoppiano evidentemente a maggiore o minore vicinanza dell’ombelico. Nella parte interna della spira, non però ben conservata in alcun esemplare, sembra che le coste sieno nell’individuo più grande relativamente più grossolane di quelle della parte esterna. La camera di abitazione, che non si vede quanto sia estesa nel piccolo esemplare, il quale non mani- festa alcuna sutura, comprende nel grande quasi tre quarti dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 82) ripete i caratteri più generali e si avvicina moltissimo a quella dell’Asà. stel- x lare Sow. Il lobo sifonale è alquanto più profondo del primo laterale che si mostra pica piuttosto ristretto e sorpassato anche dal secondo laterale. La sella esterna è più bassa I ! della prima laterale, però un poco più larga. La seconda sella laterale resulta molto SIRRRERARTE più bassa della sella esterna. Non si scorgono bene gli elementi accessori. Linea lobale dell’Ast. Fra i due esemplari esaminati passa qualche differenza in quanto che nel più pic- venustum n. Sp., pre- sa al diametro di olo si ha accrescimento più rapido e solchi dorsali più ampi. RE Io non conosco alcun Asteroceras al quale possa venire paragonato quello in esame diverso da ogni altra specie per numero grande di coste e per caratteri molto peculiari. Dei due esemplari esaminati il piccolo è conservato nel calcare rosso inferiore, l’altro nel grigio; il primo appartiene al Museo di Pisa, il secondo è del R. Comitato geologico di Roma. 11. Asteroceras varians n. sp. — Tav. XX [XXXI], fig. 1-8; Tav. XXI [XXXII], fig. 1-3. Questa specie ha conchiglia più o meno compressa, di accrescimento piuttosto rapido e di involuzione assai accentuata, ma variabile, poichè il penultimo giro può essere ricoperto dall’ultimo per più della metà dell’altezza, come per parecchio meno. I giri, circa il doppio più alti che larghi, ma talvolta assai spessi (Tav. XX [XXXI], fig. 1), sono poco convessi sui fianchi; specialmente a piccolo diametro resul- tano appianati e declivi verso l’esterno. Essi scendono assai rapidamente verso la sutura ombelicale, ori- ginando una superficie intorno all'ombelico piuttosto alta, pressochè verticale, distinta dai fianchi mercè una carena strettamente arrotondata. Dalla parte esterna i giri si deprimono pure rapidamente verso la carena sifonale, dando luogo a carene marginali assai distinte, però più nette a piccolo diametro che a grande sviluppo. Da tutto ciò che si è detto intorno ai caratteri dei giri si rileva come la sezione di [195] A. FUCINI 141 questi possa da sub-sagittata (Tav. XX [XXXI], fig. 7 6) e da sub-ovale divenire con l’accrescimento sub- ellittica come nell’esemplare della fig. 3, Tav. XXI [XXXII]. Il dorso generalmente poco ampio, raggiunge la massima larghezza nell’individuo della Tav. XX [XXXI], fig. 1. Esso va arrotondandosi con l’accre- scimento poichè la carena sifonale va diventando più larga, più ottusa e più depressa, mentre le depres- sioni laterali si rendono meno spiccate e più superficiali, e le carene marginali meno nette. Una singolare caratteristica della specie si ha negli ornamenti, che sono di una grande variabilità. Consistono essi in coste, spesso molto irregolari, che ornano assai distintamente i fianchi ed in sottili costicine che attra- versano il dorso. Le prime, ora grossolane, ora più o meno minute, ora pressochè diritte ed ora molto distintamente sigmoidali, sono generalmente ingrossate sul mezzo dei fianchi, ma in alcuni esemplari presentansi più distinte presso l’ombelico ed in altri verso l’ esterno; alcuni rari individui le hanno sem- plici, altri in parte semplici ed in parte sdoppiate ora presso l’ombelico ora verso 1’ esterno. Presso l'esterno dei fianchi ed a minore o maggiore distanza dai margini dorsali le coste stesse si deprimono, si allargano e si piegano più o meno in avanti; quindi, senza svanire completamente, attraversano il dorso rendendo la carena sifonale confusamente e irregolarmente ondulata. Le costicine che attraversano il dorso, non sempre bene evidenti, ora più ora meno larghe, sono sottili, però sorpassano generalmente la larghezza di un millimetro, ed a piccolo sviluppo sono più regolari che a grande diametro. Esse si mo- strano più distinte sopra la carena sifonale e sopra le carene marginali che non in corrispondenza delle depressioni che si interpongono tra tali carene; dalla parte dei fianchi svaniscono poi, seguendo la curva fatta dalle pieghe, sul terzo esterno circa dell’altezza del giro. Le coste dei fianchi, specialmente nella forma che ho preso per tipo, e forse anche le costicine del dorso, sembrano sparire con lo sviluppo, certo dal più al meno s’indeboliscono. La camera di abitazione comprende la metà dell’ultimo giro o poco più. La linea lobale è poco variabile. I lobi differiscono poco in larghezza fra loro. Il lobo sifonale, piuttosto ampio e con selletta ora più ora meno depressa, resulta il più profondo di ogni altro ed è seguito, senz grande distacco fra loro ed uniformemente, dal primo e dal secondo laterale e quindi dal primo e dal secondo accessorio. Sopra questo ultimo, che è quindi il meno profondo, cade la sutura ombelicale. Le selle sono assai incise e generalmente più larghe dei lobi contigui. La sella esterna più bassa e più ri- stretta della prima laterale che può essere pure molto sottile. Segue la seconda sella laterale e quindi la prima accessoria molto bassa e molto depressa. i Nella grande variabilità questa specie si può considerare affine all’Ast. Monti McH., che descrivo più sotto, all’Ast. impendens Y. et B. in WricHT », all’Ast. pseudoharpoceras De Ser. ed al mio As. peregrinum 3, ad ognuna delle quali si avvicinano più o meno alcuni esemplari. Anche l’Ast. margarita PAR.* si avvicina alla specie descritta; tuttavia io non ho creduto possibile una riunione in quanto che la forma che io ritengo varians tipica si allontana dalla specie del ParoNnA per la irregolarità e aspetto grossolano delle coste, le quali anzichè svanire presso l’esterno dei giri, vi si in- grossano assai, e la var. propinqua è differente pure per le sue coste molto per tempo evanescenti e molto diritte. i) WrIGHT. Lias Ammonites, pag. 302, tav. 22 a, fig. 1-5. 2 Dn STRFANI. Lias inf. ad Arieti, pag. 69, tav. 4, fig. 14-16. 3) FuciNI. Altre due nuove sp. di Amm., pag. 6, tav. 1, fig. 1-4. 4 Parona. Amm. di Saltrio, pag. 41, tav. 5, fig. 8. 142 A. FUCINI [196] Typus. — Tav. XX [XXXI], fig. 1-7; Tav. XXI [XXXII], fig. 3. DIMENSIONI I II III IV Vv Diametro . i E o . ‘ , mm. 88 mm. 74 mm. 70 mm. 65 mm. 56 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,41 0,40 0,40 0,43 0,37 Spessore » » » ° 0,25 0,22 0,21 0, 26 0,21? Larghezza dell’ ombelico » » i 0,30 0, 30 0,31 0,32 0,35 Ricoprimento della spira » » 5 0,08 0,08 0,09 0,08 0,05 To considero quale forma tipica quella che allontanandosi dal mio Ast. peregrinum ha caratteri che la ravvicinano assai alle altre specie sopra citate. Le coste sono parecchio grossolane, molto irregolari, più o meno flessuose, spesso riunite nella parte interna dei fianchi, alcune volte più distinte presso l’ombelico (Tav. XX [XXXI], fig. 4, 5), ma più di frequente ingrossate e slargate verso l'esterno. La conchiglia nell’in- sieme non è tanto compressa. La linea lobale ripete i caratteri più generali. Quella qui sotto intercalata (fig. 83) è stata rilevata dall’esemplare della fig. 2, Tav. XX [XXXI] e si distingue per essere incisa assai profondamente e grossola- namente; quella disegnata sopra l'individuo della fig. 7, Tav. XX [XXX], ha la prima sella laterale molto sottile. Questa forma si avvicina all’ Ast. pseudoharpoceras DE STEFANI sopra tutto per la flessuosità della coste. La somiglianza è specialmente notevole tra la I ricordata specie, della quale ho in esame l'originale, e l'esemplare della fig. 3, Hinse RE Tav. XXI [XXXII], che manifesta coste molto sottili e flessuose e che po- RR 55, in grandezza trebbe riguardarsi anche come una varietà intermedia. La riunione delle due specie a me sembra impossibile poichè quella in esame ha generalmente coste più grossolane e più frequentemente accoppiate, dorso più ristretto con costicine trasversali e con carena sifonale più acuta e meglio distinta da depressioni laterali. Le carene marginali che separano il dorso dai fianchi sono più nette. La linea lobale poi è assai differente perchè il lobo sifonale resulta assai meno profondo e gli altri lobi sono disposti in una linea ascendente verso l’ ombelico anzichè discendente come nella specie del De StEFANI nella quale i lobi accessori sono profondi quanto il sifonale. Nell’ Ast. pseudo- harpoceras si ha inoltre la sella esterna assai più ampia della prima laterale, già di per se stessa assai larga. L’esemplare della fig. 6, Tav. XX [XXXI] ha una singolare somiglianza, veduto di fianco, con l’Ast. Montiù MeH.; a ciò contribuiscono grandemente le sue coste deboli, incerte, delle quali talune più spic- cate delle altre. L’accrescimento però è più rapido; il dorso, meno nettamente separato dai fianchi perchè le carene marginali sono più ottuse, è attraversato dalle coste dei fianchi e munito di costicine trasversali ed ha la carena sifonale meno acuta e meno elevata. La linea lobale diversifica grandemente per maggior numero di elementi, per la strettezza del primo lobo laterale e della sella esterna. L’individuo della fig. 7, Tav. XX [XXXI], trova una notevole affinità con l'esemplare di Ast. impendens J. et B. figurato dal WRIGHT. La sezione dei giri è molto simile, i fianchi sono ugualmente appianati, alcune rade coste ingrossate presso l’ ombelico rendono più appariscente la somiglianza; ma il dorso, per quanto non tanto dissimile al principio dell’ultimo giro, non è tanto distintamente separato dai fianchi dall’acute carene marginali; esso è ornato da costicine trasversali, ed ha la carena sifonale meno acuta, che diviene assai ottusa con l'accrescimento e meno distinta dalle depressioni laterali. Le coste dei fianchi sono più irregolari, talvolta accoppiate, altre volte interposte a quelle più grossolane. Anche Fic. 83. [197] A. FUCINI 143 questa forma, alla quale appartiene pure l’esemplare della fig. 6, Tav. XX [XXXI], potrebbe ritenersi suf- ficientemente distinto dal tipo per costituire una varietà planulata. La maggior parte degli esemplari esaminati proviene dai calcari grigi inferiori, due però sono dei calcari rossi. Molti di essi appartengono al Museo di Pisa, due sono del Museo di Firenze, uno appartiene all’ Ufficio geologico italiano ed uno al Museo di Monaco di Baviera. Var. interposita n. v. — Tav. XX [XXXI], fig. 8; Tav. XXI [XXXII] fig. 1,2. 1886. Arietites stellaris De StrrAnI. Lias inf. ad Arieti, pag. 67, tav. 4 fig. 1-5. DIMENSIONI Diametro . 5 0 c 0 0 o o o 6 cana, 67 ma, 53 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . " 0,40 0, 41 Spessore » » » o 6 0,24 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » ò 7 0,30 0, 28 Ricoprimento della spira » » S 6 0,09 0,08 Questa forma si interpone tra quella che ho preso per tipo ed il mio Asf. peregrinum. Essa diffe- risce dalla tipica, nella quale tuttavia si hanno esemplari che le si accostano notevolmente (Tav. XX [XXXI], fig. 3-5) per avere le coste piuttosto regolari, più ottuse, regolarmente distribuite, semplici e non flessuose nella metà dei fianchi che volge all’ ombelico, ove sono molto spiccate, piegate leggermente in avanti nella metà esterna, ove si deprimono assai e quasi scompaiono ed ora talvolta confusamente si bipartiscono. L’accrescimento della conchiglia è un poco più rapido e l’involuzione leggermente mag- giore. Non sembra inoltre che con lo sviluppo si abbia l’indebolimento, anche parziale, degli ornamenti. Come la forma in esame si riporta alla tipica per i caratteri del dorso e ne differisce per le coste, così essa si distingue invece dall’Ast. peregrinum per il dorso e gli si avvicina per le coste. Queste sono tutt'al più un poco meno distinte, più numerose e meno grossolane; certo tavolta si bipartiscono il che non accade nell’Ast. peregrinum. Il dorso non è tanto largo come in quest’ultima specie, in rap- porto anche con la maggiore compressione della conchiglia, e non è tanto distintamente separato dai fianchi dalle carene marginali, piuttosto ottuse. Esso ha la carena sifonale molto meno larga, meno spic- catamente delimitata dalle depressioni laterali non tanto distinte, e resa ondulata o subnodosa dall’in- contro delle coste che attraversano il dorso, ciò che non accade in modo manifesto nell’Ast. peregrinum. La linea lobale, più vicina a quella della forma tipica che a quella della specie ora ricordata, presenta, paragonata a quest’ultima, il lobo sifonale ed il primo laterale meno larghi e la sella esterna meno ampia. Ho riferito a questa varietà anche l'esemplare non completo della fig. 1, Tav. XXI [XXXII], poichè, per quanto abbia un accrescimento più lento e le coste maggiormente distinte verso l’esterno dei fianchi, ove nessuna appare bipartita, mi riuscirebbe difficile separarlo per la conformazione del dorso e per l’in- sieme degli altri caratteri. Mi sembra indubitata la pertinenza alla forma esaminata degli esemplari che il De SteranI riferì all’Ar. stellaris, e da me posti nella sinonimia. La forma del- dorso e quella delle coste, radiali, non curvate, ben presto evanescenti, escludono che si tratti della specie sowerbyana, come del resto dubitò lo stesso DE STEFANI. Prima di lasciare la descrizione di questa specie non posso esimermi dal notare come essa ricordi certi Oxynoticeras, essendo ciò importante per le affinità generiche. Debbo prima di tutto fare rilevare la somi- 144 A. FUCINI [198] gliariza con l Ox. actinotum Par. ! del Lias inferiore di Saltrio, dal quale si differenzia in modo evidente solo per la linea lobale avente il lobo sifonale più profondo degli altri, anzichè meno, e la sella esterna meno alta della prima laterale. Sono pure notevolissime le affinità delle conchiglie in esame con l’Ox. Bourgueti Revn.? il quale non ha però il dorso ornato distintamente di costicine traversali, nè fornito di solchi spiccati ai lati della ca- rena sifonale la quale è poi molto più incerta. E importante tuttavia rilevare anche la somiglianza delle linee lobali. Gli esemplari esaminati della var. ènterposita sono conservati nel calcare grigio inferiore; due appar- tengono al Museo di Pisa ed uno all’ Ufficio geologico italiano. 12. Asteroceras Montii Mar. — Tav. XXII [XXXIII], fig. 9; Tav. XXIIT [XXXIV], fig. 12-14. 1877. Ammonites Montii (Mer.) in De SteFAnI. Geologia del M. Pisano, pag. 82. 1886. — — Dx Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 19. 1898. Arietites — Fucmi. Nuove Amm. d. cale. rossi, pag. 7, tav. 2, fig. 1. DIMENSIONI I II III IV Diametro . o . . o 6 o ; mm. 66 mm. 63 mm. 48 mm. 30 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,34 0,34 0,36 0,38 Spessore » » » o 0,18 0,19 0,21 0,23 Larghezza dell’ ombelico » » o 0,37 0,38 0,35 0, 33 Ricoprimento della spira » » ; 0,05 0,06 0, 06 0, 08 Ir MENEGHINI, molti anni addietro, dava, in schaedis, il nome di A. Montii ad un esemplare di Arte- tites, che egli ebbe appunto dal MontI, dal quale era stato raccolto nel 1866 a Gerfalco nei calcari rossi inferiori ammonitiferi. Quel nome venne in seguito pubblicato dal De STEFANI in una nota dei fossili del Lias inferiore toscano, ma di poi la specie non fu dal DE STEFANI stesso presa in esame nello studio speciale che egli fece di tali fossili perchè, come accennò, essa mancava nel suo materiale. Più di recente io ho dato, insieme ad una breve descrizione, il disegno dell'esemplare originale, ed ora sono lieto che il mio buon materiale mi permetta di far meglio conoscere questa specie interessante. La conchiglia, molto discoidale e compressa, ha l’accrescimento piuttosto rapido, ma che diviene più lento con lo sviluppo. I giri, quasi il doppio più alti che larghi e con il massimo spessore alla metà circa dell’altezza od un poco al disotto, hanno i fianchi quasi piani e che si deprimono rapidamente tanto all’interno quanto all’esterno. All’interno si origina lungo l’ombelico una superficie verticale che fino dai primi giri è separata dai fianchi mediante una carena circombelicale netta ed assai spiccata; all’esterno si ha il dorso pure nettamente separato per mezzo di carene marginali. La carena sifonale molto elevata ed acuta è spiccatissima, senza però avere alcun solco laterale; i suoi lati scendono però, con superfici con- cave, alle carene marginali, costituendo tutto il dorso. Il ricoprimento dei giri è di un terzo della loro altezza nei grandi esemplari, raggiunse quasi la metà nei piccoli. L'ombelico diviene quindi più grande con lo sviluppo; lo spessore e l’altezza dei giri diminuiscono. Anche la sezione dei giri stessi è un poco diversa secondo l’età degli individui; negli adulti ha forma allungata e subrettangolare, nei giovani si presenta 1) Parona. Amm. di Saltrio, pag, 20, tav. 2, fig. 1, 2. 2) RovNnés. Ammonites, tav. 44, fig. 37, 38. [199] A. FUCINI 145 ovale lanceolata (Tav. XXIII [XXXIV], fig. 13, 14). Ciò è in relazione al carattere della conchiglia che sviluppa le carene marginali esterne solo che ad un diametro superiore ai mm. 30. Gli ornamenti pre- sentano il carattere, assai eccezionale per questo genere, di mancare nei giri interni e di svilupparsi oltre il diametro di mm. 30. Essi consistono in coste o pieghe molto confuse, indistinte ed irregolari, dirette leggermente in avanti, convesse nella parte inferiore dei fianchi, un poco piegate in avanti nella superiore, ora sottili ed ora larghe e depresse in forma di ondulosità, talvolta infine riunite o ravvicinate più o meno distintamente. La camera di abitazione oltrepassa appena la metà dell’ultimo giro negli esem- plari più grandi, i quali, sebbene possano considerarsi completi, non mostrano tracce distinte di peristoma. La linea lobale (fig. 84) è poco frastagliata e tutta finamente dentellata. Il lobo sifonale, poco profondo, ampio, ma più alto che largo, ha i due rami terminali assai divaricati in conseguenza della discreta am- piezza basale della selletta sifonale. Il primo lobo laterale molto largo, più profondo del sifonale, termina con una curva rotonda, sulla quale sono disposte numerose e ben distinte dentellature. Il secondo lobo laterale, più alto che largo, è molto meno profondo del lobo sifonale. Vengono dopo due piccoli lobi ac- cessori meno profondi di tutti gli altri. Il primo di essi cade sulla carena che separa la superficie cir- combelicale dai fianchi, ed il secondo sulla sutura dell’ombelico. Nella parte ventrale dei giri, prima di arrivare al lobo antisifonale, si trovano due lobi interni; il primo, in ordine di successione, è un poco più grande e più profondo dei due ora ricordati e È ‘ che precedono la sutura ombelicale, ma è più piccolo e meno profondo del penna È secondo. Questo è quasi ampio e profondo quanto il primo laterale. Il lobo vu DA antisifonale è, secondo il solito, molto ristretto, inciso debolmente ai lati e Ti lobale dell’ Ast. Monti sorpassa in profondità tutti gli altri della linea lobale. La sella esterna, molto MIEEh, DIesp al diomeino di mm. 43 per la porzione inter- FIG. 84. larga, resulta spesso divisa da un lobicino secondario in due parti disuguali, posta tra la carena sifonale 7 4 RETI TEA Ia 7 È e la sutura dell’ombelico, ed di cui la esterna è più piccola e più bassa della interna, talvolta essa invece AlGRangno GiameL@NEsdio porzione interna, in grandez- non è bipartita ma tripartita, in maniera che le singole parti scendono obli- scrao A A Tale. x quamente verso il lobo sifonale. La prima sella laterale, uguale o più spesso maggiormente alta della esterna, presenta una forma subellittica o triangolare ed è più stretta del primo lobo laterale. La seconda sella laterale è un poco più bassa della prima, con la quale ha a comune la dentellatura del contorno, più fine di quella della sella esterna. Le selle ausiliari sono ancora un pochino più basse e meno frastagliate. Ha forma assai caratteristica la sella che precede quella che limita il lobo antisifonale; essa è tagliata obliquamente a losanga e, senza o con lievissime incisioni ai lati, termina con tre spiccate fogliette. La sella che precede il lobo antisifonale è un poco più alta di quella ora esa- minata, ma ha forma subellittica e non presenta in tutto il suo contorno che ben lievi incisioni, però essa è molto corrosa. Per la forma dei fianchi e della regione esterna questa interessante specie somiglia moltissimo al- lA. impendens J. et B., come è rappresentato dal WrIeHT ?, ed a quelle Ammoniti figurate col nome di A. Collenotti D’ORB., dallo stesso WrIcHT °), che l’HyamT assai ragionevolmente riferisce tutte allo stesso A. impendens J. et B. Tali Ammoniti, siano o non siano tutte la specie medesima, differiscono sempre dall'A. Monti Mer. per i giri interni spiccatamente costati e per la linea lobale. A questo riguardo basterà accennare alla grande differenza che si trova nella sella esterna e nella prima laterale. Mentre questa nell’A. Montà Mez. è più stretta del primo lobo laterale e della sella esterna, la quale si mostra 41) WricHTt. Lias Ammonites, pag. 302, tav. 22 A, fig. 1-5. 2 Ip. L. cit., pag. 304, tav. 22 A, fig. 6-9; tav. 22 B, fig. 1-3. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 19 146 A. FUCINI è [200] spesso bipartita, nelle Ammoniti del WRIGHT essa è più larga e più alta della sella esterna che non è bipartita, e molto più larga poi del primo lobo laterale. Eguali differenze si trovano, tanto per la forma che per le ornamentazioni della conchiglia, tra l’A. Monti Men. e LA. Collenotii »’OrB.) Questo ha inoltre una regione esterna ed una superficie circombe- licale diverse, per la mancanza di carene che limitino i fianchi tanto dalla regione esterna quanto dal- l’ombelico. Giova ricordare anche la somiglianza che presentano i piccoli individui di questa specie con l’ Arnio- ceras (2) falcaries laevissimum Quenst. ?), il quale ha accrescimento più lento, ornamenti differenti e non presenta l’ombelico tanto profondo e limitato da nette carene circombelicali. È notevole, infine, l’affinità nella conformazione esterna della conchiglia tra 1’ Ast. Monti McxH. e IA. Romani OpP.5) L’A. Monti Mex. oltre che a Gerfalco, d’onde proviene l’originale del MeNnEGHINI ed a Cetona, si trova ancora nei calcari rossastri della parte superiore del Lias inferiore dei Monti di Oltre Serchio. Inumerosi esemplari esaminati provengono tutti dal calcare grigio inferiore ed appartengono in parte al Museo di Firenze e in parte a quello di Pisa. 13. Asteroceras exiguum n. sp. — Tav. XXIII [XXXIV], fig. 4-11. DIMENSIONI I II II IV Diametro : : : : ò o o 6 0 mm. 57 mm. 57 mm. 51 mm. 38 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . ; 0,32 0,30 0, 33 0,36 Spessore » » » . ò 0,15? 0,17 0,16 0,19 Larghezza dell’ ombelico » » 6 ? 0,43 0, 42 0,41 0,35 Ricoprimento della spira » » } < 0,06 0,04 0,05 0,07 x Questa interessante specie, la quale è assai largamente rappresentata nel Monte di Cetona, ha una conchiglia molto discoidale e compressa. L’accrescimento è piuttosto rapido nei giri interni o nei piccoli individui, ma diviene più lento con lo sviluppo, mentre l’involuzione diminuisce; perciò la spira accre- scendosi si rende un poco più evoluta. I giri sono circa-il doppio più alti che larghi ed hanno fianchi appianati o leggermente convessi i quali scendono all'ombelico in maniera più netta e decisa a piccolo che non a grande sviluppo. Dalla parte esterna i fianchi si deprimono più gradatamente. La sezione dei giri resulta quindi ovale od ellittico-lanceolata. Il dorso è ristretto ed ha una carena sifonale molto alta, poco larga, acuta, assolutamente senza solchi laterali, che può anche mancare, specialmente nella parte concamerata della spira, ove allora si può dire sostituita dall’acutezza del dorso. Gli ornamenti, simili assai a quelli dell’ Ast. Monti, sono più spiccati a piccolo che a grande diametro ove sembrano estinguersi più o meno distintamente. Essi sono costituiti da coste assai numerose, più distinte verso l'esterno dei fianchi, larghe circa quanto gli intervalli e sopra tutto irregolari, parecchie sono più grosse e rilevate delle altre e quindi si distinguono maggiormente fin verso l'ombelico; alcune sembrano anche accoppiate. Il loro andamento non è molto chiaro a grande diametro; nei piccoli esemplari esse sono convesse nella parte inferiore dei giri, concave invece nella superiore dove, dopo avere assunto il mas- i) D’OrBIGNY. Pal. frang., terr. jurass., t. I, pag. 305, tav. 95, fig. 6-9. 2 QUENSTEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 103, tav. 13, fig. 18. 3) OpPEL. Palacont. Mittheil., pag. 145, tav. 46, fig. 2. [201] A. FUCINI 147 simo rilievo, si estinguono ripiegate in avanti, prima di giungere alla carena sifonale. L’ esemplare della fig. 10, Tav. XXIII [XXXIV], ha gli ornamenti meno numerosi, più grossolani e più sviluppati di ogni altro; non credo però che sia il caso di distinguerlo nemmeno come varietà, tanto più che esso essendo tutto concamerato manca di una buona porzione di spira. La camera di abitazione non è molto lunga e non oltrepassa la metà dell’ultimo giro, Alcuni esemplari mostrano traccie del peristoma. Questo, meglio che in ogni altro, si vede nell’individuo della fig. 7, Tav. XXIII [XXXIV]; esso ha un'espansione dorsale a guisa di becco, in corrispondenza della quale il giro si deprime e la carena sifonale si assottiglia, si abbassa e finisce con la punta dell’espansione. Tra questa punta e la parte ventrale del giro si ha poi una larga insenatura i cui margini non sono però bene evidenti. La linea lobale (fig. 85) ha generalmente caratteri assai costanti. Il lobo sifonale poco profondo non è esageratamente largo, talvolta, come nell’esemplare molto costato rappresentato dalla fig. 10, Tav. XXV; [XXXIV], non abbraccia nemmeno tutta la carena sifonale. Il primo lobo laterale, pure non molto largo, ma alquanto più profondo del precedente, termina con numerose den- ; 1 tellature piuttosto lunghe e spiccate. Il secondo lobo laterale che resta un poco più — A fa corto del sifonale ha pure delle incisioni distinte. Proseguendo ancora verso l’interno i si trovano altri due lobi accessori assai ridotti e più corti degli altri. La sella esterna aa discretamente ampia e bipartita in modo più o meno evidente, è in generale più alta al diametro di mm. di ogni altra; però in un esemplare essa rimane un poco più bassa dalla seconda sella | (33 Srandezza na- laterale e della prima accessoria. La prima sella laterale è relativamente assai den- tellata ed ha forma subellittica. La seconda laterale e la prima accessoria, sebbene individualizzate, sono ridotte; talvolta sono più, tal’ altra meno alte della prima sella laterale. Avevo dapprima creduto che gli esemplari che ho riunito col nome di Ast. exìguum dovessero costi- tuire una varietà della specie precedente, la costanza però delle differenze ed il loro valore mi hanno persuaso ad una separazione maggiore. La superficie circombelicale alta, verticale, separata dai fianchi da carene nette e che è una caratteristica assai evidente dell’ Ast. Monti, manca o quasi nella specie in esame. In questa manca anche la carena marginale esterna e quindi i fianchi sono molto meno distin- tamente separati dal dorso. La spira dell’ Ast. exiguum si accresce più lentamente ed i giri sono più com- pressi e meno alti. To credo che anche l’ Ast. eriguum sia differente dall'A. falcaries laevissimus Quenst. ! per le mede- sime ragioni addotte in confronto con l’Ast. Monti. Questa specie, lA. Collenoti ’ORrB.®, la precedente e le due successive potrebbero aggrupparsi in un sotto genere di Asferoceras, avente tendenza ad accostarsi agli Arnioceras. Esse potrebbero anche essere riunite agli Agassiziceras quando questo genere fosse considerato in una maniera un poco diversa da quella che domina nel concetto degli autori e che porterebbe pure ad una più lata interpetrazione del gen. Cymbites. In ogni modo tali specie sono interessantissime poichè possono riguardarsi con fondamento quali generatrici di molti Harpoceras e se vuolsi del sen. Paroniceras Bon. Nel caso della specie in esame è appariscentissima la sua affinità con 1’ Harp. Fieldingii RerN.*) e con certe forme poco distintamente costate dell’ Harp. (Gram- moceras) normanianum D’ORB.É) Fic. 85. i) QuenstEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 103, tav. 13, fig. 18. 2) D’ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 305, tav. 95, fig. 6-9. 3 Revnés. Essai de géol. et paléont. aveyr., pag. 97, tav. 4, fig. 1. 4 D’OrBIGNY. Paléont. frane., terr. jurass., t. I, pag. 291, tav. 88. 148 A. PUCINI [202] Uno solo fra i tanti esemplari esaminati proviene dai calcari rossi inferiori, gli altri sono tutti dei calcari grigi; due appartengono al Museo di Pisa, uno a quello di Monaco di Baviera e gli altri al Museo di Firenze. 14. Asteroceras? ceratiticum n. sp. — Tav. XXIII [XXXIV], fig. 1,2. DIMENSIONI Diametro 6 i, È 0 : : : È è mm. 46 ma, ‘37 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . ì 0,33 0,37 Spessore » » » 4 ; 0,16 0,15 Larghezza dell’ombelico » » i ? 0,37 0,37 Ricoprimento della spira » » i } 0,03 0,10 Questa specie ha una conchiglia molto simile a quella dell’ Asf. eriguum, precedentemente descritto, dal quale mi sono deciso a ritenerla differente dopo lungo ed accurato esame. L’accrescimento della spira diviene più lento dall’interno all’esterno, mentre l’involuzione diminuisce. I giri, aventi sezione subel- littico-lanceolata, sono un poco più del doppio alti che larghi ed hanno fianchi molto poco convessi e quasi pianeggianti, scendenti gradatamente tanto verso l’ombelico quanto verso il dorso. L'ombelico resulta quindi poco profondo e senza evidente superficie circombelicale. Il dorso, molto ristretto, non è bene delimitato dai fianchi, però nel piccolo esemplare figurato presenta delle carene marginali assai manifeste per quanto arrotondate e che ricordano quelle dell’ Ast. Monti. La carena sifonale, che nell’individuo più grande è rotta in gran parte, resulta sottile, arrotondata superiormente ed oltremodo alta. Gli orna- menti che sembrano mancare nei piccoli esemplari o nella parte concamerata della spira, si scorgono in corrispondenza dell’ ultima camera nell’esemplare più grande. Essi sono simili a quelli che si vedono nel- l’ultima parte della spira nella specie precedente e consistono in costicine irregolari, molto indistinte e di andamento non bene evidente. Il piccolo esemplare figurato ha tutta la spira concamerata, il grande ha la camera di abitazione lunga un poco meno della metà dell’ ultimo giro, ma non può dirsi completa, mancando ogni traccia di peristoma. La linea lobale, oltremodo singolare e caratteristica, spicca per la sua forma ceratitica e per la sua depressione, dovuta alla poca profondità dei lobi ed alla piccola elevatezza delle selle. La fig. 86 qui inter- calata riproduce la linea lobale dell'esemplare più piccolo figurato. Essa ha il lobo sifonale larghissimo, A poco profondo e con selletta sifonale molto larga, depressa e arrotondata, che abbraccia 5 tutta la carena. Il primo lobo laterale spiccatamente ceratitico, un poco più profondo ONT del sifonale, termina con sei punte piuttosto minute poste in semicerchio. Il secondo Linealobale dell 4st2 lobo laterale, pure ceratitico, termina con quattro piccole punte ed è alquanto meno ca n: Sb»PT® profondo del sifonale. Una successiva intaccatura della linea lobale dà l’abbozzo di un Ia grandezza na primo lobo accessorio meno profondo degli altri. La sella esterna larga, depressa e senza dentellature si presenta tripartita in modo che la porzione esterna rimane la più piccola e l’interna la più grande. La prima laterale, pure senza dentellature, è arrotondata, la metà larga della precedente con la quale è però ugualmente alta. La seconda sella laterale e la prima accessoria, questa non distintamente nè profondamente divisa dal primo lobo accessorio, sono alte un poco più delle altre, larghe, oltremodo depresse e mancano pure di dentellature. La linea lobale dell'esemplare più grande, bene visibile sulla fig. 1a, Tav. XXIII [XXXIV], è eviden- temente dello stesso tipo di quella or ora descritta, però la sella esterna, che manifesta una consimile [203] A. FUCINI 149 tripartizione, ha la porzione interna con delle rade e ottuse fogliette e la seconda sella laterale, e più di questa la prima accessoria si elevano più delle altre con linea obliqua ascendente verso l’interno. La linea lobale ceratitica è il carattere che fa maggiormente distinguere la specie in esame dall’Ast. exiguum, però si hanno anche altre differenze. L’Ast.? ceratiticum ha i giri un poco più compressi, la ca- rena sifonale più alta e gli ornamenti più pronunziati nella camera di abitazione anzichè nella parte concamerata della spira. La linea lobale ed i caratteri degli ornamenti non mi fanno essere sicuro del riferimento generico di questa specie, la quale si avvicina molto anche agli Arrioceras, ai quali neppure, a parer mio, può essere aggregata con sicurezza. Oltre gli esemplari figurati io ho anche parecchi individui piccoli non però bene conservati, nè tanto caratterizzati. Tutti provengono dai calcari grigi inferiori ed eccettuato uno che è del Museo di Pisa, appartengono al Museo di Firenze. 15. Asteroceras? sp. ind. — Tav. XXIII [XXXIV], fig. 3. DIMENSIONI Diametro . 6 b o o È o È È 5 5 0 : mm. 38 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . : a - 5 0,26 Spessore » » » x È : , o 0,15 Larghezza dell’ ombelico » » è 5 ; " . 0. 52 Ricoprimento della spira » » ; I A i ; 0,05 Da quelle specie precedenti che appartengono ai più tipici Asferoceras, si giunge mercè tipi intermedi a quella in esame, la quale segna uno spiccatissimo termine di passaggio tra gli Asferoceras stessi e gli Arnioceras. È per questo che io pongo in molto dubbio la determinazione generica, tralasciando poi la spe- cifica a cagione dello stato poco buono di conservazione dell’unico esemplare che posseggo. La conchiglia di questa specie è molto compressa, di accrescimento piuttosto lento e di involuzione mediocre. I giri sono assai più alti che larghi e, per avere i fianchi appianati e che si abbassano un poco più rapidamente verso l'ombelico che non verso l’esterno, presentano una sezione ovale-lanceolata. Il dorso è ristretto e separato dai fianchi da carene marginali evidenti, ma non tanto acute. La carena sifonale assai spiccata, non ha solchi laterali ben distinti. Gli ornamenti non si vedono nell’ ultimo giro, ma bisogna avvertire che questo non presenta la superficie ben conservata. Essi si scorgono invece all’interno della spira sotto forma di rade pieghe radiali, molto depresse ed indistinte, che ricordano quelle dell'A. fal- caries lacvissimus QuensT.!, il quale forse non è da considerarsi come un vero e proprio Arrioceras. L’esem- plare è tutto concamerato. La linea lobale alquanto corrosa in corrispondenza dei fianchi, è stata messa per intiero allo scoperto avendo potuto distaccare una porzione dell'ultimo giro. Essa è piuttosto semplice; ha il lobo sifonale meno profondo del primo laterale, ma tanto quanto il secondo laterale. Il lobo interno si presenta ristretto ed è il meno profondo. L’antisifonale, pure molto ristretto e più profondo di ogni altro, termina evidentemente con due punte, ed ha leggerissime incisioni laterali. La sella esterna, larga, bipartita quasi simmetricamente, poco dentellata, resulta un poco più bassa della prima laterale, pure poco dentellata e di forma triangolare. Segue un’ampia sella, depressa ed arrotondata, la quale si estende per 4 QuensteDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 103, tav. 13, fig. 18. 150 A. FUCINI [204] una buona parte del lato ventrale del giro. La sella interna sempre poco incisa è mediocremente ristretta ed alta quanto la sella esterna. Tra gli Asteroceras questa specie ha delle affinità con l’Ast. Montiù Men: e con 1 Ast. exiguum pre- cedentemente descritti, ma da ambedue è differente per l'accrescimento più lento e per ornamenti un poco diversi. Essa sembrerebbe corrispondere assai bene all’A. falcaries lacvissimus QuENST. sopraricordato, però la forma del dorso, con distinte carene marginali, la differenzia sicuramente, insieme con l’accresci- mento più lento. Per le stesse ragioni io la ritengo diversa dall’ Ar. ambiguus GeYER®. Molto vicino al mio esemplare deve essere pure quello quasi liscio che il WrienT? ha figurato ripor- tandolo all’Ar. semicostatus J. et B. e che dagli autori è stato riferito a specie molto differenti. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. XII. Gen. Schlotheimia Bart. Questo genere è rappresentato nel Monte di Cetona da pochi esemplari distribuiti però in specie assai numerose, relativamente alla zona alta di Lias inferiore osservata. Dall’ insieme dei caratteri presentati dalle varie specie risulta evidente che il genere, nelle specie recenti, acquista ornamentazioni più irre- golari, più flessuose, più facilmente riunite e sopra tutto più sottili e numerose di quelle delle specie an- tiche. La linea lobale, in un gruppo di specie, sembra farsi più semplice, in altro, invece, più complicata. Le specie osservate nel Monte di Cetona e che appartengono tutte al Lias inferiore parte superiore, sono le seguenti. Schlotheimia boucaultiana D’ORB. Schlotheimia Geyeri Hyant » Coquandi De StEF. » sp. ind. » Dumortieri n. sp. 1. Schlotheimia boucaultiana D’OrB. — Tav. XXIV [XXXV], fig. 1-7. 1842. Ammonites Boucaultianus D’OrBieny. Paléoni. frang., terr. jurass., t. I, pag. 294, tav. 90, fig. 3-5, (pars) non tav. 97. ? 1851. = —_ Savi e MeneGHINI. Considerazioni, pag. 380. 2 1853. — — MeneGgHINI. Nuovi fossili toscani, pag. 69. non 1867. —_ — DuxortIeER. Dép. jurass. Lias inf., pag. 138, tav. 39, fig. 1,2. ? 1875. — — De Srerani. Consid. s. roccie antiche d. Alpi Apuane, pag. 69-73, (pars). 2 1877. — — Dr Srerani. Geol. d. M. Pisano, pag. 38, (pars). ? 1879. = Boucaulti RevnÈs. Ammomtes, tav. 42, fig. 1-4. 1881. Aegoceras Boucaultianum WriGnt. Lias Ammonites, pag. 138, tav. 18, fig. 2-4, (pars) non fig. 1. 1889. Schlotheimia Boucaultiana Hyatt. Genesis of the Arietidae, pag. 133. non 1893. = = Pompecki. Fevis. d. Amm., pag. 91. non 1897. = — Parona. Amm. di Saltrio, pag. 25, tav. 5, fig. 1. 2 1897. = — Morena. Sinemur. d. App. centr., pag. 7. Fra il numeroso materiale del Monte di Cetona ho alcuni esemplari di SeA/otheimia i quali appar- tengono a due forme fra loro un poco diverse, ambedue però dal più al meno molto simili alla ScAl. 4) GrveR. Ceph. d. Hierlatz, pag. 40, tav. 3, fig. 11, 12. 2) WricHT. Lias Ammonites, tav. I, fig. T. [205] A. FUCINI 151 boucaultiana figurata dal D’ OrBIGNY della quale non mi sono fatto, per le ragioni che dirò più sotto, un concetto chiaramente esatto. Io non sono certo che le mie due forme appartengano alla stessa Schl. boucaultiana D’ORB., poichè non è, a parer mio, escluso il caso che la figura del D’ORBIGNY, essendo fatta in dimensioni diverse da. quelle dell’originale, possa manifestare caratteri alterati o non del tutto corri- spondenti all’ originale stesso. In ogni modo esse possono sempre sussistere come due varietà della Sch. boucaultiana D’ORB. 0 come varietà l’una dell’altra. La Schl. boucaultiana fu istituita nel 1842 dal p’OrBIGNY sopra esemplari raccolti dal Bouc4AuLt a Champlong presso Semur in Francia e sopra un esemplare proveniente dai dintorni di Spezia. Quest’ul- timo però, riconosciuto appartenente a specie diversa dal Eeynks che lo distinse col nome di A. Graffà, deve riportarsi al Psi. (Whaeneroceras) Guidonii Sow. come fu dimostrato dal CanavarI?. La specie orbienyana deve dunque tipicamente restringersi all’esemplare rappresentato dal ’OrBIGNY nella tav. 90 della sua opera citata in sinonimia. La figura però, riprodotta in seguito dal WRIGHT, non corrisponde, a mio modo di vedere, così bene con la descrizione da essere sicuri della esatta interpretazione della specie, tanto più che altri argomenti si prestano a far supporre che questa abbia caratteri differenti da quelli mostrati dalla figura stessa. In questa, intanto, le coste non sono davvero, come vien detto nella descrizione, biforcate alla metà dell’altezza, bensì si dividono in diverso modo e sempre non molto lungi dall’ombelico. Questa differenza non può dipendere da che quella figura rappresenta l'esemplare ridotto ad un terzo, riduzione che però può avere modificato altri caratteri della conchiglia, come per esempio il numero delle coste relativamente al diametro. Tuttavia è bene notare che le dimensioni comparative date dal D’Or- BIGNY corrispondono perfettamente a quelle che possano trarsi dalla sua figura. Ad aumentare il dubbio che la Schl. boucaultiana tipica abbia caratteri differenti da quelli mostrati dalla figura originale concorrono notevolmente le figure date dal Reynks, del quale è conosciuta la scru- polosità nella esecuzione delle illustrazioni e la cura di rappresentare sempre esemplari tipici od originali. Osservando le figure 1 e 2 nella tav. 42 dell’Altante delle Ammoniti del ReynÈs si vede che esse riguar- dano un esemplare che ha perfettamente la grandezza di quello figurato dal D’OrRBIGNY, solo le dimensioni proporzionali al diametro non corrisponderebbero in quanto all’ altezza del giro, all’ampiezza ombelicale e all’involuzione, tutti caratteri relativi allo svolgimento spirale. Quelle figure però si confanno meglio delle originali del D’OrBYenY alla descrizione di questi ed infatti il carattere delle coste biforcate a metà della loro altezza vi è assai manifesto. Quando a tutto questo venga aggiunta la corrispondenza. delle respettive figure, fatte di lato e dalla parte della bocca, date dal D’ORBIGNY e dal ReynÈSs, si compren- derà come sia giustificato il dubbio che il Rernks abbia riprodotto nelle proporzioni naturali l’ori- ginale della specie, alla quale egli dà il nome di A. Boucaulti, secondo il suo concetto di nomenclatura. Il dubbio è anche avvalorato dal fatto che il Ps. Gwidorii Sow., che il D’OrBIGNY riferì alla sua specie mentre a prima vista ne è differente, è invece apparentemente molto vicino alla figura del Revwks. Altri argomenti si hanno pure allo stesso proposito. La differenza più appariscente, tra le figure in discussione, consiste nelle coste, le quali nella figura del Revnks sono più grossolane e meno numerose. Sembrerebbe però che anche il p’ORBIGNY avesse avuto l’idea che le coste della specie non fossero nè tanto nu- merose nè tanto minute oltre che dal fatto di avervi riferito il Psi. Guidoni, che ha poche coste e piuttosto grossolane, dal fatto anche che egli®, paragonando con l'A. boucaultianus l'A. Charmassei, che i) RevNHs. Ammonites, tav. 42, fig. 10, 11. 3) CanavaRI. Lias inf. di Spezia, pag. 154. 3) D’ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 298. 152 A. FUCINI [206] ha coste molto grossolane e poco numerose, e quindi simili a quelle date dal Revwès per la specie orbi- gnyana, mentre dice di altre diversità, non fa parola di quella delle coste che apparirebbe tanto pronun- ziata dall’ esame delle figure. È da notarsi inoltre che anche Hyamt !, il quale esaminò un esemplare tipico e forse anche l'originale della Sch. boucaultiana D’ORB., dappoichè questo conservasi ora negli Stati Uniti d'America, paragonò questa ad una specie, la Sch. Leigneletiù D’ORB.?), provvista di coste rade e grossolane. WrIcaT® per ultimo, descrivendo un grande esemplare di Sch. bdoucaultiana D’ ORB., di mm. 185 di diametro, mandatogli dal CoLLeNnoT di Semur, dice che esso ha 26 coste principali, mentre dalla figura del p’ OrBIGNY quelle dell'esemplare originale sembrerebbero essere assai più numerose e ciò ad un diametro più piccolo. WrIGHT riconosce però che le coste si biforcano sul terzo circa dell’altezza del giro, come quindi nella figura del p’ORBIGNY e non come nella figura del Revwks. Anche le dimensioni comparative che si possono rilevare per tale individuo esaminato dal WrIcET corrispondono a quelle date dal D’ORBIGNY. L’esemplare più grande figurato dal ReynÈs, identico al più piccolo negli ornamenti, corrisponderebbe ‘ meglio alla figura del p’ORBIGNY per l’ombelico ristretto e per la grande involuzione. Esso ha però una linea lobale con il lobo sifonale eccezionalmente ampio e con una selletta sifonale di sviluppo veramente straordinario, assai differente quindi da quella delineata dal n’ OrBIGNY stesso, della quale è tuttavia ritenuta più esatta dal Pomprc€I . Concludendo intorno alle incertezze che io ho rispetto alla Schl. doucaultiana D’ORB. ed in rapporto a quello detto fin qui si deve ritenere che se la figura del p’ORBIGNY è bene eseguita, a tale specie, al- meno come varietà, si riferiscono i miei esemplari, e le figure del Rernks non solo riguardano allora individui diversi dall’ originale orbignyano, ma anche, a mio parere, una specie differente. Se poi le figure 1 e 2 del RevynÈs, più sopra esaminate, rappresentano, come può dubitarsi, l’originale o esemplari tipici della Sch. boucaultiana D’ORB., a questa certo non appartengono le mie due varietà. Prendendo ora ad esaminare la sinonimia della Sch. boucaultiana D’ ORB. io non so come considerare le citazioni fatte di questa specie, per diverse località della Toscana dal Savi, MENEGHINI e DE STEFANI, poichè mentre alcuni esemplari si riferiscono alle forme che io ho in esame altri sono di specie diverse e perfino di altri generi. Ho escluso dalla sinonimia l'esemplare frammentario riferitovi dal DumortIER, secondo quello che hanno creduto anche PomPECKI e BoNARELLI, poichè esso, eccettuata una certa somiglianza negli ornamenti, non presenta davvero nessun carattere che lo possa fare riferire alla specie orbignyana. Direi anzi che esso non appartiene nemmeno al genere Schlotheimia, sembrando piuttosto riferibile agli Orynoticeras. Av- valora questo mio concetto anche il fatto che il DumoRTIER paragona il suo esemplare solamente con gli Ox. Victoris Dum. 3 e Ox. aballoensis Duwm.5) Ugualmente escludo che si riferisca alla specie in esame il frammento che ad essa viene riportato dal Parona e che oltre ad avere ornamenti più grossolani e meno biforcati, presenta anche un ombelico assal più ampio. i) Hvyamt. Genesis of the Arietidae, pag. 133. Ù 2) p’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 298, tav. 92, fig. 3, 4. 3) WRIGHT. Lias Ammonites, pag. 328. 4 POMPECKI. Revis. d. Amm. d. schw. Jura. Lief. I, pag. 91. 5 DuMoRTIER Dép. jurass. Lias inf., pag. 136, tav. 31, fig. 1,2; tav. 42, fig. 1,2. 9) Ip. L. cît., pag. 141, tav. 27, fig. 1,2; tav. 28, fig. 1; tav. 38, fig. 1-3; tav. 40, fig. 1. [207] A. FUCINI 153 Ho poi posto in dubbio la citazione della Sch. boucaultiana D’ORB. fatta dal MoRrENA poichè fra i fos- sili di Ponte Alto che questi mi ha molto gentilmente inviato in dono vi è determinato per la .Schl. bou- caultiana D’ORB. un esemplare di Oxynoticeras molto probabilmente riferibile all’Ox. Victorîs Dum. più sopra ricordato. Il PomPECKI, seguito dal BowArELLI, ha posto in sinonimia della Schl.. boucawltiana D’ORB. VA. beta- ‘ calcis QuensT.!), ma a me non sembra che la riunione sia bene giustificata. L'A. detacaleis oltre ad avere caratteri speciali del dorso e quindi una sezione assai particolare e differente da quella, della specie del D'ORBIGNY non si adatta completamente a questa nemmeno per le coste, le quali, oltre ad essere più sot- tili ed avere un andamento diverso, scendono all'ombelico con una piegatura ed una direzione opposta. La linea lobale della ScA2. detacalcis fisurata dal PomPECKI presenta poi, differenza notevole con quella della specie in esame, i lobi accessori molto profondi e distintamente disposti a lobo sospensivo. Per ultimo avverto che l’esemplare proveniente dal Lincolnshire, figurato dal WrIGHT, non è a parer mio riferibile alla .Sc27. bdoucaultiana D’ORB., bensì alla Schl. betacalcis Quenst. della quale ha ugualmente le coste piegate in addietro nello scendere all’ ombelico, il che per me è un carattere importante, po- tendo essere in relazione con la forma della bocca. Var. ausonia n. var. — Tav, XXIV [XXXV], fig. 4-7. 1899. Schlotheimia bovcaultiana BowarELLI. Cefal. sinem., pag. 68, tav. 8, fig. 10. DIMENSIONI I II III Diametro. 5 È : 3 È È : mm. 75 mm. 45 mm. 40 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0,57 0,57 0,57 Spessore » » » » 5 0,23? 0,18? 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,11 0,11 0,16 Ricoprimento della spira » » A 0,11 ? 0,08 Conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento oltremodo rapido e di involuzione più o meno grande ma, variabile, poichè in un individuo di mm. 40 di diametro il penultimo giro è ricoperto per la metà della sua altezza, mentre nell’esemplare più grande di mm.75 lo è per circa i tre quarti. I giri, più rigonfi a piccolo che non a grande diametro, sono alti più del doppio che larghi, hanno la maggiore gonfiezza in corrispondenza circa del terzo interno dell’altezza, per deprimersi poi più gradatamente verso il dorso che non verso l’ombelico, intorno al quale presentano un margine strettamente arrotondato; la loro sezione è ovale-lanceolata. Il dorso, che a non grande sviluppo è piuttosto largo, con margini laterali arroton- dati e con solco sifonale mediano assai spiccato e sviluppato, diviene con l’accrescimento più ristretto, con margini indistinti e senza solco mediano. Gli ornamenti consistono in coste numerose sottili irrego- lari, larghe ora più ora meno degli intervalli, molto proverse e di andamento flessuoso. Esse scendono all'ombelico piegate verso l’apertura, sulla metà dei fianchi fanno una leggera curva, convessa in avanti, e presso il dorso nuovamente si piegano verso l’apertura in modo assai spiccato. Tali coste sono spesso riunite a due a due presso l’ombelico, talvolta la riunione sembra essere di tre, frequentemente alla prima succedono altre riunioni di coste più lontane dall’ombelico, ma a quanto pare non oltre la metà dell’altezza del fianco. A piccolo diametro le coste s’interrompono sul dorso lungo il solco sifonale, però, 1) QUENSTEDT. Jura, pag. 95, tav. 12, fig. 7. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 20 154 A. FUCINI . [208] forse perchè non benissimo conservate, senza produrre alcun tubercolo; con l’ulteriore sviluppo esse non s'interrompono altrimenti e si riuniscono con quelle dell’opposto fianco facendo un angolo piuttosto ristretto. i La linea lobale (fig. 87), generalmente alquanto erosa, si corrisponde molto bene in tutti gli esemplari esaminati. Essa ha il lobo sifonale piuttosto ampio, ma grandemente profondo, e con rami lalerali estesi e complicati. Il primo lobo laterale, piuttosto simmetrico, un poco obliquo, appena più profondo del prece- dente, ma assai meno ampio, ha rami laterali poco estesi e poco sviluppati. Il secondo lobo laterale un terzo meno profondo del primo laterale ne ripete all’incirca la forma. Il primo lobo accessorio, alquanto più profondo del secondo laterale, non è bene distinto. La sella esterna assai caratte- ristica, che si vede assai nettamente e dettagliatamente nell’esemplare della fig. 4@, Tav. XXIV [XXXV] dal quale è tolta quella segnata di fianco, è molto alta e molto frastagliata. Essa resulta bipartita asimmetricamente da un lobo secondario i fino quasi a metà dell’altezza. La parte interna della sella così divisa presenta un Linea lobale della SeR. ramo eretto, terminato con una foglia ed avente ramificazioni laterali alterne non boucaultiana D’ ORB., È ù Ò var. qusonia, presa ad molto sviluppate; la parte esterna obliqua, meno alta e meno grande dell’interna, diametro dimm. 82.in na tre rami terminali riuniti per la base. È bene notare che tutti gli altri esemplari grandezza naturale. esaminati, in tale porzione della sella esterna, anzi che tre hanno solo due rami terminali. Sotto alla parte esterna della sella esterna si trova costantemente un ramo sviluppato, molto obliquo, attaccato al tronco principale della sella in esame. La prima sella laterale, assai meno larga e meno alta della sella esterna, ha base piuttosto ampia, ma è ristretta all'estremità. La seconda sella laterale, più bassa della prima laterale, manda dalla parte basale interna una diramazione obliqua assai sviluppata. Per la corrispondenza che questa specie presenta allo stato giovanile e al diametro di circa mm. 10 con la ,Schl. ventricosa Sow. !) si può verosimilmente ammettere che essa derivi direttamente dalla specie sowerbyana. A questo riguardo non credo inutile il ricordare che nel Lias inferiore di Spezia, ove generalmente si hanno esemplari conservati nella sola parte interna e concamerata della spira, il CanavaRI ? ha os- servato un frammento di esemplare appartenente all’ultima camera, da lui avvicinato alla Schl. speziana, specie oltremodo vicina alla Sell. ventricosa, e che per molti earatteri ornamentali è paragonabile alla specie in esame. Questa forma, alla quale si riporta in modo assoluto quella di Ponte Alto descritta dal BoNARELLI, corrisponde molto bene alla figura data dal D’OrBIGNY, tuttavia si possono rilevare in essa alcune dif- ferenze. La conchiglia sembra essere più compressa, poichè sebbene i miei esemplari più grandi sieno alquanto deformati, nessuno presenta uno spessore di giro corrispondente a 0,28 del diametro come l’e- semplare orbignyano; l’accrescimento è più rapido, l’involuzione minore, le coste più sottili, assai più numerose ed alquanto più arcuate e piegate in avanti nella parte esterna dei giri, la linea lobale molto simile per quanto riguarda il lobo sifonale e la sella esterna, che è tuttavia divisa meno profondamente, non sembra affatto corrispondente nel primo lobo laterale, che forse però nella figura del D’ORBIGNY deve ritenersi non esatto. Per la sottigliezza e per il numero straordinario di coste questa forma somiglia moltissimo alla Sc4l. Coquandi De STEF., descritta successivamente, tanto che con esemplari poco conservati e deformati riusci- 4) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 136, tav. 4, fig. 10,11. 2) Ip. L. cit., pag. 138,tav. 8, fig. 6. [209] A. FUCINI 155 x x rebbe difficile distinguerle. La specie del De STEFANI è però bene caratterizzata, oltre che dalla speciale conformazione a cuneo della parte esterna dei giri, anche dall’accrescimento meno rapido, dalla maggiore involuzione, dal solco sifonale che si conserva anche a notevole diametro e forse anche da una linea lobale più semplice. Lo stesso dicasi per la Sch. angustisulcata GEYER, molto probabilmente sinonima della Schl. Coquandi Der StEF. L’esemplare della fig. 7, Tav. XXIV [XXXV], sembra essere alquanto differente dagli altri per la con- chiglia meno compressa, per i giri più rigonfi, scendenti all'ombelico più dolcemente ed aventi una sezione ellittica, per le coste più srossolane a piccolo diametro ed in seguito più leggiere, quasi indi- stinte, meno proverse e meno piegate in avanti verso il dorso e per la linea lobale con la sella esterna meno profondamente incisa dal lobo secondario. Tale esemplare, che forse costituisce una varietà semi- laevis, presenta una discreta somiglianza con la Schl. orbignyana Hyatt ® (pars) = 4. Charmassei D’ORB. 2) della quale non si conosce la linea dei lobi e che ha un meno rapido accrescimento, una conchiglia più depressa e, a quanto sembra, provvista allo stesso piccolo diametro di coste più grossolane. Anche la Sch. densilobata Pomp. 3 considerata a sviluppo notevole somiglia all’esemplare ora in esame, essa però ha lineà lobale differente e ad uguale diametro anche ornamenti diversi. I sette esemplari esaminati, due dei quali frammentari, sono conservati nel calcare grigio inferiore all’infuori di quello un poco diverso rappresentato dalla fig. 7, tav. XXIV [XXV], che proviene dai calcari rossi, cinque appartengono al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. Var. etrusca n. var. — Tav. XXIV [XXXV], fig. 1-3. DIMENSIONI I II III Diametro . 5 " ò 6 o o 6 mm. 114 mm. 52 mm. 51 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . 0,56. 0,55 0,57 Spessore » » » o 0,20? 0,25 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » 5 0,12 0,18 0,15 Ricoprimento della spira » » ò 0,13? 0,08 0,13 Anche questa forma presenta i caratteri generali della Sch2. boucaultiana ed ha quindi una conchiglia molto compressa, che si accresce molto rapidamente, e un’involuzione generalmente assai notevole, per modo che il penultimo giro è ricoperto dall’ultimo per i tre quarti circa dell'altezza. Nell’individuo della fig. 3, Tav. XXIV [XXXV] si ha però un’involuzione alquanto minore.I giri alti più del doppio che larghi, hanno il maggiore spessore sul primo terzo interno circa della loro altezza, donde si abbassano gradatamente verso l’esterno e più rapidamente verso l’interno, ove poi cadono all'ombelico con parete quasi verticale. Nell’ individuo che ho detto avere un’involuzione minore degli altri, la parete dell’ombelico non è tanto verticale ed il margine che la separa dai fianchi è più largamente arrotondato che negli altri in- dividui. La sezione dei giri che deriva da tali caratteri è ovale-lanceolata. Il dorso è più largo ed arroton- dato a piccolo diametro, ove presenta una leggera depressione mediana a guisa di solco, che non ha sviluppo maggiore nel quale quella depressione va mancando. Gli ornamenti sono dati da coste numerose, non tanto proverse, irregolari, larghe quanto gli intervalli e di andamento flessuoso. Esse spesso sono ingrossate e 4 Hyatw. Genesis of the Arietidae, pag. 133. 2 p’OrBIGNY. Paléont frang., terr. jurass., t. I, pag. 296, tav. 92, fig. 1, 2, non tav. 91. 3) POMPHCKI. Revis. d. Amm. d. schw. Jura. Lief. I, pag. 92, tav. 6, fig. 1; tav. 7. 156 A. FUCINI [210] rialzate maggiormente in prossimità dell’ombelico; raramente si mantengono semplici dall’ombelico stesso fino al dorso, e di rado alcune si interpongono ad altre senza riunirsi con nessuna, svanendo nell’ in- terstizio, a variabile distanza dell’ombelico; le più sono riunite ad altezze differenti del fianco, talora anche in prossimità del lato esterno; molte volte ad una sola costa, però in punti diversi, se ne riu- niscono due o tre altre. A piccolo diametro le coste si interrompono in modo talmente brusco in con- tiguità della depressione del dorso, che sembrano qui alquanto nodose; con l’ulteriore accrescimento non s’interrompono più sul dorso e questo viene da esse attraversato con sensibile rilievo. La riunione che allora accade fra quelle dei due fianchi non è regolarissima, poichè talvolta ad una costa di un fianco ne fanno capo due di quello opposto. Nel solito esemplare della fig. 3, Tav. XXIV [XXXV] le coste sono più riunite, più flessuose, maggiormente arcuate e piegate in avanti sull’esterno dei fianchi e non sem- brano mai riunite oltre la metà dei fianchi stessi. La camera di abitazione nell’esemplare più grande figurato comprende i due terzi dell’ultimo, giro, però non può dirsi completa non avendosi traccia di peristoma. La linea lobale è frastagliata e corrisponde molto bene in tutti gli individui a quella qui sotto intercalata (fig. 88) e che è tolta dall’esemplare più grande. Essa ha il lobo sifonale parecchio ampio, assai rami- ficato, più profondo di ogni altro e con selletta sifonale piuttosto alta ma ristretta e ramificata. Il primo lobo laterale, leggermente obliquo verso l’esterno, è appena un poco meno profondo del sifonale, termina con una punta ed ha braccia tanto più lunghe e ramificate quanto più si allontanano dalla punta terminale. Il secondo lobo laterale è più corto del precedente del quale ripete, in modo però assai ridotto, l'andamento e la forma. Il primo lobo accessorio è un poco più profondo del secondo laterale, ! i ma molto semplice e minuto. Ancora più piccolo si presenta un secondo lobo PE II -ia_ accessorio che precede la sutura ombelicale e che non si distingue tanto SANO I AR o chiaramente. La sella SIAMO, molto ampia e molto alta, È costi princi- D’ORE., var. etrusca, presa al dia- . palmente da due parti separate fin dalla base, delle quali l’interna resulta metro dimnn-50,in grandezza na più alta e più ramificata dell’esterna, la quale alla sua volta è suddivisa ancora fino dalla sua base in due parti delle quali l’interna è pure più alta e meglio ramificata dell’interna. La prima sella laterale, un poco più bassa della precedente e discre- tamente ramificata, va restringendosi all'estremità e si mostra alquanto obliqua verso l'interno. La seconda sella laterale, assai più bassa della precedente, è divisa, da un piccolo lobo secondario molto obliquo verso l’ esterno, in due parti assai disuguali e delle quali l’interna resulta molto più piccola e più minuta dell’esterna. Viene dopo una piccola, bassa e ridotta sella accessoria che ne precede un’altra an- cora più piccola, ma di forma non ben definita, sulla quale cade la sutura. La parte interna della linea lobale (fig. 89) si vede con discreta precisione nell’esemplare della fig. 3, Tav. XXIV [XXXV]. Oltre la Altra linea lobale della Seh/. boucaultiana —sutura ombelicale si trova un piccolo lobicino profondo quanto il sifonale, D’ORB., var. etrusca, presa al diametro ma a È Ae : Fira. I Goitozza Oni, quindi un altro e dopo un terzo via via sempre più grandi e meno profondi. Tutti questi lobicini, che sono assai obliqui, interpongono sellette oblique. Il lobo antisifonale è relativamente assai ampio, meno profondo del sifonale e circa quanto il secondo laterale, ed ha ramificazioni laterali discretamente pronunziate. La sella interna, alta presso a poco quanto la seconda laterale, possiede dei piccoli rami laterali di sviluppo tanto più limitato quanto più in alto situati. Fic. 88. Fic. 89. SA [211] A. FUCINI 157 Questa forma corrisponde, meglio della precedente, alla figura orbignyana per le costicine più grosso- lane, in generale meno piegate in avanti sull’esterno dei giri, sebbene talvolta qui sieno riunite, per la maggiore involuzione e per l’accrescimento un poco meno rapido; ne differisce invece assai più per la linea lobale che ha la sella esterna di forma costantemente differente. Infatti nella sella esterna figurata dal D’ORBIGNY, come pure in quella della var. ausoria, le due grandi ramificazioni esterne oblique sono attaccate al tronco principale della sella stessa, che appare bipartita sino a metà di altezza, mentre nella var. etrusca quelle ramificazioni si partono spiccatamente distinte dalla base, fin dalla quale la sella in esame resulta dunque divisa. La costanza di tale differenza nella sella esterna mi avrebbe disposto a distinguere specificatamente questa forma dalla var. ausoria, se fossi stato più sicuro della interpretazione da darsi alla SchZ. bou- caultiana D’ORB. e se non avessi avuto in esame il noto esemplare rappresentato dalla fig. 3, Tav. XXIV [XXXV], il quale, astrazion fatta dalla differenza nella linea lobale, corrisponde molto spiccamente alla stessa var. ausonia sia per forma e svolgimento della conchiglia, sia per i caratteri degli ornamenti. Nel Museo di Pisa, riferiti dal MeneeHINI all’A. boucawltianus D’ORB., si trovano due esemplari pro- venienti dai calcari rossi del Lias inferiore dei Monti di Oltre Serchio, uno dei quali appartiene alla var. ausonia ed uno alla var. etrusca; questo specialmente, essendo ben caratterizzato, ha una certa importanza poichè dimostra che la varietà ha una discreta distribuzione e non è limitata al deposito del Monte di Cetona. La forma esaminata ha una discreta somiglianza, specialmente per la quasi simile conformazione della sella esterna, con la Schl. densilobata Powe.!, ma questa oltre ad essere quasi liscia a discreto sviluppo ed a presentare altre differenze nelle ornamentazioni nonchè una conchiglia meno compressa, ha la linea lobale diversa per il lobo sifonale più ampio, con selletta sifonale di base molto larga, per il primo lobo laterale pure più ampio, profondo e con rami laterali più sviluppati, per la prima sella laterale più alta e meno ristretta all’estremità e più ramificata, non che per la seconda sella laterale che non ha bene distinto e spiccato alla base il ramo interno obliquo. I quatto esemplari esaminati provengono dai calcari grigi inferiori; tre appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 2. Schlotheimia Coquandi Dr Srer. — Tav. XXIV [XXV], fig. 11. 1853. Ammmonites Boucaultianus (non p’OrB.) MeneGEINI. Nuovi fossili toscani, pag. 12. 1886. Phylloceras (Rhacophyllites?) Coquandi Dr Strrani. Lias inf. ad Arieti, pag. 57, tav. 2, fig. 13, 14. 21886. Schlotheimia angustisulcata Geyer. Cephal. d. Hierlata, pag. 208, tav. 3, fig. 24, 25. Riferisco con certezza a questa specie un esemplare frammentario che in seguito al diretto paragone con gli originali del De STEFANI, da questi gentilmente comunicatimi, mi è apparso perfettamente corri- spondente al tipo. Io tralascio però di figurarlo, essendo costituito solo che da una piccola porzione di giro. Credo sia miglior cosa rappresentare invece il più grande degli individui originali del DE STEFANI, poichè non ritengo inutile una più estesa conoscenza del tipo di questa specie molto interessante. La conchiglia è assai compressa, di mediocre accrescimento e molto involuta. I giri, circa tre volte più alti che larghi, hanno i fianchi con la maggiore grossezza un poco al di sotto della metà dell’ altezza 1) PoMmPECKI1. Revis. d. Amm. d. schw. Jura, pag. 92, tav. 6, fig. 1; tav. 7. 158 A. FUCINI [212] e che da qui si fanno declivi tanto verso l’interno quanto maggiormente verso l’ esterno, producendo da questo lato* una caratteristica conformazione cuneiforme della regione esterna dei giri stessi. Il dorso è grandemente ristretto e quasi totalmente occupato dal solco sifonale, manifesto anche a ragguardevole sviluppo. Altro carattere molto notevole di questa specie è la grande sottigliezza e il considerevole nu- mero delle coste, le quali hanno un andamento ftessuoso piuttosto eccezionale. Alla Schl. Coquandiì che, come ho detto, ha coste molto sottili e numerose, va riferita molto proba- bilmente la Schl. angustisulcata GeveR la quale, oltre a tanti altri caratteri identici, mostra di avere anche simile la conformazione cuneiforme e caratteristica della parte esterna dei giri la quale non è tuttavia da ritenersi come speciale distintivo della specie in esame dappoichè essa è stata anche da me osservata nella Schl. deleta Can.) Una differenza che dalle figure date dal GeveR parrebbe osservarsi nelle Schl. angustisulcata consisterebbe nella linea lobale meno frastagliata, con il primo lobo laterale in corrispon- denza perfetta della metà di altezza dei fianchi anzichè più all’esterno come si presenta nella specie del DE STEFANI. È da riferirsi alla medesima specie l’esemplare di Corfino che il MENEGHINI, molto tempo addietro, determinò come l’A. boucaultianus D’ORB. e che si conserva nel Museo di Pisa. Il frammento del Monte di Cetona riferito alla Schl. Coquandi De Ster. è del calcare grigio chiaro inferiore ed appartiene al Museo di Pisa. 3. Schlotheimia Dumortieri n. sp. — Tav. XXIV [XXXV], fig. 9. 1867. Ammonites lacunatus (non Bucxm.) DumortIER. Dép. jurass. Lias inf., pag. 120, tav. 21, fig. 18-20. 1882. Aegoceras lacunatum (non Buceman) WrIGET. Lias Ammonites, pag. 330, tav. 56, fig. 16-18. DIMENSIONI Diametro . . 0 o . 0 o : o - 6 - . mm. 46 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . - 5 3 o 0, 47 Spessore » » » 3 ò ò : i 0,21 Larghezza dell’ombelico » » . 6 o o o 0,22 Ricoprimento della spira » » ; i. ; È 5 0,10 Questa specie ha conchiglia discoidale, assai compressa, di accrescimento relativamente non molto rapido e di involuzione assai notevole in quanto che l’ultimo giro ricopre parecchio più della metà del pe- nultimo.I giri, più del doppio alti che larghi, molto appiattiti sui fianchi, presentano il massimo spessore sul terzo interno circa della loro altezza e si abbassano tanto verso l’ombelico quanto verso il dorso con una curva presso a poco uguale e debolmente arrotondata. La sezione dei giri stessi che resulta da questi caratteri, dato l’ombelico poco profondo ed il dorso assai ampio ed arrotondato, è ellittica, compressa e tanto più allungata quanto più grande è il diametro a cui viene osservata. Il solco dorsale è stretto, pro- fondo e distinto fino all’apertura. Le costicine divengono un poco più sottili e numerose con l’accresci- mento, come sembra accadere anche nell’esemplare figurato dal DumortIER. Esse sono più strette degli intervalli, proverse, piuttosto irregolari, flessuose spesso ingrossate presso l'ombelico, ove si presentano un poco ripiegate in avanti, per estendersi fino al dorso con rilievo costante ed uniforme. Sulla regione esterna esse sono pure assai ripiegate in avanti e si interrompono piuttosto bruscamente lungo i margini del solco dorsale. Le coste aumentano di numero dall’ombelico, ove se ne hanno circa 27, andando verso 1) CANAVARI. Beîtr. 2. Fauna d. unt. Lias, pag. 166, tav. 4, fig. 13; tav. 5, fig. 1. rit aan nnt = - [213] A. FUCINI 159 il dorso, ove se ne trovano 72, poichè esse si biforcano sui fianchi una, due ed anche tre volte, sempre però a differenti distanze dall’ombelico, non mai però sulla metà esterna dei fianchi. La camera di abitazione comprende un poco meno della metà dell’ultimo giro. La linea lobale (fig. 90) ha il lobo sifonale parecchio profondo, ristretto all’estremità, a lobi secondari alquanto divergenti e che racchiude una selletta sifonale molto ristretta ed elevata. Il primo lobo laterale, che raggiunge la profondità del precedente, è pure ristretto e poco inciso ai lati. Ad esso somiglia il secondo lobo laterale, però profondo la metà, molto ristretto e più semplice. Vengono dopo due piccoli lobi accessori molto ridotti, uguali in pro- ie fondità al secondo laterale, nel secondo dei quali corrisponde la sutura. La sella A esterna è larga, poco elevata, poco frastagliata, maggiormente ramificata dal lato pia a esterno e suddivisa da un piccolo lobo secondario obliquo verso l'interno, in due al diametro di mm. 28, parti differenti e delle quali l’interna è più alta e più larga dell’esterna. La prima 6 ERE SRL sella laterale è alquanto più alta dell’esterna, però un poco meno ampia; ha forma subrettangolare, appa- rendo come troncata all’estremità, ed è poco frastagliata. La seconda sella laterale resulta molto semplice e bassa. La prima accessoria è ancora più semplice e depressa. Credo sicuramente che alla specie in esame appartenga l'individuo di Nolay figurato dal DumoRTIER e riferito all’A. lacunatus Buckm.!, come pure l’altro individuo riportato alla stessa specie e rappresentato dal WrIGRT, se questo non è però lo stesso illustrato dal DumorTIER 2). Che l’individuo figurato dal Du- MORTIER non appartenesse alla specie del Buckman, della quale il Reynès 5 riproduce le figure, era già stato fatto notare dal UanavarI il quale gli dava una prima volta il nome di Aeg. deletum CAN. insieme con un esemplare frammentario del Lias inferiore della Spezia che egli credette corrispondergli esatta- mente. Più tardi il CanAvARI ® ammise che la sua specie potesse riportarsi alla Sc47. lacunata Buckm. in seguito alla pubblicazione della figura dell’ Aeg. lacunatum fatta da WRIGHT, che ho più sopra esaminato, ed alla pubblicazione del lavoro del GereR sopra i Cefalopodi di Hierlartz nel quale 1’ Aeg. deletum vien posto nella sinonimia della Sch/. lacunata, ciò che fu ritenuto anche da Hyatt. To sono di parere che alla ,Schl. lacunata Buckm., se sono giuste le figure originali date e le ripro- duzioni fatte dal ReynÈs, non possano assolutamente riferirsi gli esemplari che le sono stati riportati non solo dal DumortIER, ma anche dal GryER, e per di più credo che questi esemplari appartengano a specie fra loro diverse, e che differente sia anche la forma della Spezia, alla quale rimane quindi il nome di Schi. deleta Can. Un dubbio che importerebbe molto di risolvere nella intrigata questione sarebbe quello di sapere quale interpetrazione e quale valore debba darsi alla nota figura di WEIGHT. Il CanAvaRI ha molto estesamente fatto osservare le differenze che passano tra la Schl. lacunata e la forma che gli viene riferita dal DumorTIER e che a me sembra identica a quella di Cetona ora in esame. Questa è sopra tutto differente dalla specie del BuckmAN per diversa ornamentazione, per l’accre- scimento più rapido, per maggiore involuzione e quindi per l’ombelico più stretto. Fic. 90. 1) BuckMman in MurcHISsoN. Geology of Cheltenham, tav. 11, fig. 4, D. 2 La perfetta identità delle figure del DumortIaR e del WrIGHT fa nascere il dubbio che questi abbia ripro- dotto la figura del primo o che l’esemplare originale del DumorTIDR sia andato a far parte della collezione di Ammoniti del WRIGHT. 3) REYNHS. Ammoniîtes, tav. 45, fig. 3-6. 4) CANAVARI. Beitr. z. Fauna d. unt. Lias, pag. 166, tav. 4, fig. 13; tav. 5, fig. 1. 5) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 133. 160 A. FUCINI [214] L’esemplare frammentario della Spezia, che dal CanavarI ebbe, insieme a quello di A. lacunatus Dum. non Bucxman, il nome di Aeg. deletum, è a parer mio non solo distinto dalla ,SchZ. ZTacunata Buckm. tipica per le ragioni giustamente addotte dal CAnAVARI stesso, ma è differente anche dalla mia specie, alla quale credo invece sia riferibile l’individuo del DumortIER. Quell’esemplare, che io ho potuto diret- tamente confrontare con il mio, ha un accrescimento di questo alquanto più rapido, sebbene manifesti l'ombelico un poco più grande, dimostrando con ciò che l’involuzione è minore. Infatti il vuoto lasciato dal penultimo giro nella parte interna dell’ ultimo non raggiunge la profondità di mm. 2. Le coste sono un poco più grossolane ed un poco più ripiegate in avanti verso il dorso, poichè fanno un angolo più acuto con il solco dorsale. Questo è più largo. Il dorso invece è più ristretto e non ha, come nella mia specie, margini arrotondati che lo separano dai fianchi, in quanto che questi vanno degradando uniformemente fino alle carene che limitano il solchi dorsali, alla stessa guisa di ciò che si osserva nella ,Sc42. Coquandi De Ster. e che viene mostrato assai bene dalla figura del dorso dato dal GEYER per la sua ,Schl. angustisul- cata che io ritengo probabilmente sinonima della stessa .ScX/. Coquandi. La linea lobale è pure differente poichè il primo lobo laterale è più largo e più profondo, la sella esterna, la sola visibile, più alta, meno ampia, più snella, ed assai più e diversamente ramificata. La Schil. deleta Can. è distinta dalla specie che il GevyER riferì alla Sch. lacunata Bucxm. e che dal- l’Hyarr ! fu chiamata Sch. Geyeri, per ombelico più ampio e per le coste più proverse e più piegate in avanti sul dorso, il quale ha poi caretteri assai differenti. La Schl. Dumortieri è molto vicina alla Schl. Geyeri Hrart= Schl. lacunata GeyeR non Buckm., ma ne è certo diversa per accrescimento più lento, il quale unito all’involuzione più piccola dà anche un ombelico più ampio e per maggiore compressione della conchiglia. La Schl. Coquandi De StEF. è poi distinta dalla specie in esame per ombelico più ristretto, sebbene ciò non resulti tanto bene dalla figura originale, per maggiore ristrettezza del dorso che non ha margini arrotondati che lo dividono dai fianchi, per numero più grande di coste, che sono assai più sottili e per la linea lobale parecchio differente. La Schl. Junon Ren. stando alle fisure, alle quali solamente ci possiamo riferire, appare facil- mente differente dal mio esemplare e da quello del DumoRTIER per accrescimento più lento, che unito alla minore involuzione dà una maggiore ampiezza ombelicale, e per le coste più regolari, poco biforcate e meno ripiegate in avanti lungo la parte esterna dei fianchi. Alla Schl. Junon ReYN. io ho, con determinazione provvisoria, riferito un esemplare che per la sua defi- cienza ho creduto di non figurare, nè di descrivere dettagliatamente. Esso ha un accrescimento assai lento, che si palesa per la larghezza dell’ombelico pari all’altezza dell’ultimo giro, ed ha coste poco sinuose, ma proverse, regolari, regolarmente accoppiate presso l’ombelico e delle quali nessuna è semplice. Il dorso, che però è deformato, parrebbe meno appiattito di quello dell'originale del Reyns. L’esemplare di Sch. Dumortieri esaminato è conservato nel calcare rosso inferiore ed appartiene al Museo di Firenze. 4. Schlotheimia Geyeri Hyamr. — Tav. XXIV [XXX.V], fig. 10. 1896. Schlotheimia lacunata (non Bucxman) Gerer. Cephal. v. Hierlata, pag. 259, tav. 3, fig. 22, 23. 1889. —_ Geyeri Hvart. Genesis of the Arietidae, pag. 135. i) HvarT. Genesis of the Arietidae, pag. 135. 2 Revnbs. Ammonites, tav. 41, fig. 1-3. [215] A. FUCINI 161 DIMENSIONI Diametro . ò 0 . 5 . . 0 o ò . È . mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 6 0 . . 0,52 Spessore » » » 0 ; È . 6 0,35 Larghezza dell’ ombelico » » 6 : a È : 0,219 Ricoprimento della spira » » 3 ; : È 6 0,12? Bene a ragione l’HyamT ha distinto con nome nuovo questa specie che il GryER riferì alla Sch. lacunata Buckm. e che è certo differente non foss’altro per diverso accrescimento. L’esemplare che io vi riporto, non di eccellente conservazione, ha una conchiglia non molto discoidale, nè molto compressa, di accrescimento non tanto rapido e di mediocre involuzione. I giri, alquanto più alti che larghi, hanno il massimo spessore sul terzo interno circa dell’altezza dei fianchi, per poi deprimersi più gradatamente verso l’esterno che non verso l’ombelico. Questo resulta piuttosto profondo e con margine assai spiccato. La sezione del giro è ovale. Gli ornamenti consistono in coste assai sottili, più strette degli intervalli, generalmente riunite a due presso l’ombelico, ove allora si ha una piega assai spiccata, e spesso nuovamente suddivise ad altezza variabile del fianco. Gli intervalli fra le pieghe formate da coste che si riuniscono lungo l’ombelico sono dal più al meno un poco più larghi e distinti degli altri. Le coste hanno in generale una direzione proversa e presentano sui fianchi un andamento sinuoso e talvolta un poco flessuoso; sono assai curvate e piegate in avanti verso l’esterno dei giri e sul dorso rimangono interrotte dal solco carenale netto e spiccato. Nell’esemplare in esame circa un terzo dell'ultimo giro appartiene alla camera di abitazione. La linea lobale (fig. 91) non è complicata. Il lobo sifonale, mediocremente ampio, è poco profondo ed ha lateralmente due rami obliqui. Il primo lobo laterale, parecchio ristretto, piuttosto simmetrico, resulta assai più profondo del precedente. Il secondo lobo laterale è piccolo, meno profondo del sifonale e forse anche di un primo lobo accessorio di forma non bene distinta. La sella esterna, ampia, ma non molto alta e poco incisa, ha foglie grossolane ed è bipartita da un lobo secondario irregolare e Fic. 91. poco profondo. La prima sella laterale, un poco più alta della sella esterna, è ristretta î Il all'estremità ed ha foglie grossolane e poco distinte. La seconda sella laterale ripete Di DISRI ,° Qui E 1 x DIS . da E i 0 all'incirca la n cela sella precedente, ma è unolio più piccola e po urea, ona Questa specie differisce da tutte le congeneri, ad alcune delle quali si avvicine- Geyeri Hyarm, presa al ò o qua 9 diametro di mm. 28, i rebbe nella forma degli ornamenti, per la semplicità della linea lobale, la quale CamGkzza solaio, 25 si avvicina grandemente a quella della Sch. Dumortieri m. che però ha il lobo sifonale meno profondo e la prima sella laterale non ristretta all’estremità. La mia specie differisce in ogni modo moltissimo da quella ora in esame per minore involuzione, per maggiore compressione della conchiglia, avente un diverso accrescimento ed altezza e spessore dei giri molto più grandi. La linea lobale della Sch. Geyerì è simile anche a quella della SchZ. angustisulcata GeYER, specie che io dubito sinonima della Schl. Coquandi De STEP. e che differisce sostanzialmente per la minutezza delle ornamentazioni e per la forma cuneiforme della parte esterna dei giri. La Sch. boucaultiana D’ORB., nelle diverse forme discusse precedentemente, differisce dalla Schl. Geyeri HyArT, specialmente ed in modo molto evidente, per la linea lobale avente una frastagliatura complicata e caratteristica. L’esemplare esaminato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. i) BuckMan in MurcHIson. Geology of Cheltenham, pag. 105, tav. 11, fig. 4, 5. Palaeontographia italica, vol. IX,1903. 21 162 A. FUCINI [216] 5. Schlotheimia sp. ind. — Tav. XXIV [XXXV], fig. 8. DIMENSIONI APPROSSIMATIVE Diametro . 9 . c : . ù ; : o 0 e o mm. 24 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . ò 5 0, 44 Spessore » » » - a £ i 5 0,41 Larghezza dell’ombelico » » i ASD : c . 0,30 Ricoprimento della spira » » o $ . 6 È 0,05 Lascio indeterminato un piccolo esemplare di Sehlotheimia poichè, sebbene abbia quasi una metà dell'ultimo giro rappresentante la camera di abitazione, esso è, a parer mio, un individuo giovanile di una specie che a sviluppo completo assume altri caratteri. La conchiglia è poco compressa, di accrescimento poco rapido e di mediocre involuzione in quanto che l’ultimo giro ricopre il precedente per la metà della sua altezza. I giri, che alla fine della spira sono poco più alti che larghi, con fianchi non molto rigonfi e con sezione ovale depressa, si presentano all’in- terno assai più larghi che alti, molto curvati sui fianchi e con sezione subtrapezoidale depressa. L’ombelico è parecchio profondo. I primi giri non sono visibili. Il dorso, sempre assai largo, si restringe con l’ac- crescimento ed è provvisto di un solco sifonale parecchio spiccato. I fianchi, prima che cominci l’ultimo giro, sono ornati da coste poco numerose, grossolane, rilevate, piuttosto acute, divise da intervalli alquanto più larghi, generalmente semplici, ma talvolta accoppiate presso l’ombelico, un poco retroverse, leggermente arcuate in avanti sul mezzo dei fianchi ed ingrossate sul dorso, ove si interrompono bruscamente in contiguità del solco sifonale. Con lo sviluppo le coste divengono più fitte e più minute. Sul finire della spira, esse sono assai numerore, sottili, piuttosto proverse, alquanto flessuose, raramente semplici e spesso riunite anche più volte a diverse altezze del fianco. Imsomma a piccolo sviluppo la conchiglia sia per la forma dei giri, sia per gli ornamenti somiglia a specie antiche, quali Sch. trapezoidalis Sow., p) ; SE n e Schl. compta Sow.?), mentre con l’accrescimento tende evidentemente ad avvicinarsi LIRE. a specie più recenti, quali Sch. boucaultiana D’ORB., Schl. Dumortierì m., Schl. Geyeri A RA Sag I: HyArT descritte precedentemente. Spindi pressaldiame La linea lobale (fig. 92) è molto semplice e somiglia molto spiccatamente a tro di mm. 17, in gran- dezza naturale. quella della Sch. Geyeri Hyart. Il lobo sifonale; poco profondo e poco largo, ha due rami laterali assai piccoli. Il primo lobo laterale, più ampio e più profondo del precedente, è poco complicato, ma piuttosto simmetrico. Il secondo lobo laterale resulta molto semplice e molto poco profondo. Il primo accessorio è ancora più semplice e meno profondo. La sella esterna ha foglie grossolane ed è bassa e depressa. La prima sella laterale è più alta della precedente, più svelta, alquanto ristretta all’estremità. La seconda sella laterale è più bassa e più semplice di ogni altra. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. XIII. Gen. Uptonia Buckman. Questo genere, rappresentato nel Monte di Cetona soltanto da esemplari frammentari di una sola specie, fu creato dal BucKman per il gruppo dell’A. Jamesori, al quale crederei certamente che appartenesse 1) CANAVARI. Lias inf. di Spezia, pag. 134. tav. 4, fig. 8,9. 2 In. L. cit., pag. 132, tav. 4, fig. 3-5. [217] A. FUCINI 163 anche la specie che io cito qui sotto. Esso, come osserva l’Haue®, non è tanto sufficientemente distinto dal gen. Polymorphites SutNER ed io lo accetto solo provvisoriamente alla stessa guisa del successivo genere Gemmellaroceras. L° Uptonia cfr. venustula è, a parer mio, proveniente dai depositi più alti del Lias medio. 1. Uptonia cfr. venustula Dun. — Tav. XXVI [XXXVII], fig. 5. 1869. Ammonites venustulus DumortIER. Dép. jurass., p. III, pag. 74, tav. 17, fig. 4-6. I due esemplari frammentari che ho in esame sono confrontati con la Upt. venustula Dux. invece che con la Upt. Regnardì D’ORB.? poichè essi, per l’accrescimento più lento e per le coste molto numerose, sembrano corrispondere meglio alla specie del DumortIER. Però per le coste che manifestansi sempre anche sul dorso abbastanza bene spiccate, tali esemplari sono ancora assai vicini alla Upt. Regnardi che alcuni, forse ingiustamente ”, riporterebbero all’ Upt. Jamesoni Sow. ® Gli esemplari esaminati, ambedue conservati nel calcare grigio, appartengono al Museo di Firenze. XIV. Gen. Gemmellaroceras Hvar. Il gen. Gemmellaroceras è stato recentemente istituito per 1° Aeg. aenigmaticum Gemw. nella tradu- zione inglese di Grundziige der Palacontologie del ZirrEL fatta, per quanto riguarda i Cefalopodi, dall’ HyamT. Devono anche appartenere al medesimo genere gli Aegoceras Mazzetti, Corteseì, circumerispatum e al- loplocum descritti dal GemmELLARO ° insieme con l’aerigmaticum con il quale essi hanno un’incontestabile affinità. L’A. Suessì Hauer ha una spiccata uguaglianza nei caratteri esterni della conchiglia con i Gem- mellaroceras ora ricordati e quando in esso non si vedesse la linea lobale potrebbe con tutta facilità con- fondersi con il Gemm. Corteseì specialmente, ed anche con il Gemm. aenigmaticum. La differenza sta dunque nella linea lobale, la quale nell’A. Suessi ha caratteri così peculiari che non permette di riunire con sicurezza la specie dell’HaurR a nessun genere ben definito. L’Haue 5 aveva creduto che 1’ A. Suessi dovesse rife- rirsi agli Agassiceras insieme con lA. miserabile QuENST., prima però che tal genere, per i lavori più re- centi dell’HyamT, dovesse interpetrarsi diversamente. L'A. miserabile può, come ho fatto anche io, riportarsi agli Arnioceras, se non per i caratteri ben definiti del dorso, almeno per la linea lobale; ma 1’ A. Suessî è certo di genere differente. I Polymorphites potevano benissimo accogliere tale specie, ma per la istitu- zione del nuovo gen. Gemmellaroceras essi vengono ad avere una comprensione meno estesa e quindi più limitata al sruppo dell'A. polimorphus Quenst.? dal quale molto si allontana lA. Swessì HAUER. 1) Revue critique de Paléozoologie. Ann. III pag. 111. 2) D’ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 257, tav. 72. 3) È molto probabile che all’ Upt. Regnardi D’ORB. sia riferibile il frammento di Ammonite che il CANAVARI (Beitr. zur Fauna des unt. Lias von Spezia, pag. 89, tav. VIII, fig. 7), confrontò con tale specie credendolo da prima del Lias in- feriore di Spezia, mentre esso proviene quasi sicuramente da un giacimento di Lias medio come lo stesso CANAVARI (Pauna del Lias inf. di Spezia, pag. 196) ha in seguito fatto osservare. Ora, se tale riferimento è giusto sembra certo che le differenze tra 1° Upt. Regnardi e 1’ Upt. Jamesoni essendo costanti e notevoli anche a grande sviluppo, sono suf- ficienti per distinguere molto bene le due specie. 1 SowerBy. Mineral Conchology, pag. 105, tav. 555, fig. 1. 5) GaMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia. Palermo, 1884. 5 HauG. Polymorphidae, pag. 101. 7) QueNnsTEDT. Cephalopoden, pag. 86, tav. 4, fig. 9-13. 164 A. FUCINI [218] Il Gemmellaroceras? Suessi HAUER proviene dai depositi più alti del Lias inferiore. 1. Gemmellaroceras? Suessi Hauer. — Tav. XXVI [XXXVII], fig. 2. 1854. Ammonites Suessi Hauer. Unsymm. Amm., pag. 401, tav. I, fig. 3-6. 1886. Psiloceras Suessi Gever. Cephal. v. Hierlatx, pag. 243, tav. II, fig. 27, 28, cum syn. 1887. Agassiceras Suessî Haua. Polymorphidae, pag. 101, tav. IV, fig. 3. DIMENSIONI Diametro . . Ò 0 - È : 6 . È È 5 o mm, 24 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o 3 ; , 31 Spessore » » » o 6 0 î : 21? Larghezza dell’ ombelico » » , È 7 è ò 50 Ricoprimento della spira » » i ò 6 . c ? Sebbene l’unico esemplare in esame abbia una conservazione molto imperfetta tuttavia non ho cre- duto di doverlo trascurare sia perchè lo ritengo di determinazione esatta, sia perchè la citazione di questa specie ha una notevole importanza, essendo ora fatta per la prima volta in Italia. La conchiglia è molto compressa, di accrescimento assai lento e di involuzione poco sentita, per quanto non esattamente determinabile. I giri più alti che larghi, poco convessi sui fianchi ed arrotondati sul dorso, presentano una sezione ellittica. Essi, in accordo con le descrizioni date dall’HaurR e dal GeYER per gli esemplari tipici di Hierlatz, presentano un’ornamentazione alquanto irregolare, ma assai carat- teristica. Per questa il mio esemplare è intermedio ai due rappresentati dal GevER con le fig. 28 e 29 come tipi delle forme estreme. Sebbene non ben conservati si vede chiaramente che gli ornamenti consistono in coste proverse, più larghe degli intervalli, assai diritte per molta porzione del fianco e poi ripiegate spiccatamente in avanti verso l'esterno, e talora interponenti confusamente coste minori specialmente, a quanto sembra, ad un certo stadio di sviluppo ed ove le coste stesse appaiono anche più fitte. Secondo le descrizione del GEvER le coste svanirebbero verso il dorso, però nel mio esemplare si vede chiaramente che invece lo attraversano con rilievo piuttosto notevole e con una curva‘molto ristretta, rivolta in avanti. Questo carattere, che attesta ancora una volta della variabilità del Gemm.2 Suessì HAUER, è ammesso dal- l’HAUER stesso per alcuni degli esemplari originali. Nell'ultima porzione della spira, e precisamente in cor- rispondenza della camera di abitazione, la quale comincia sull’ultimo sesto circa del giro conservato, le coste cessano di presentarsi sui fianchi, che non potrei allora assicurare esser privi di strie sottili, e solo si palesano sul dorso ove fanno la stretta curva sopra notata. La linea lobale è asimmetrica e, come avverte il GeYER, di tipo ceratitico. Essa, sul fianco sinistro, ove è conservata meno peggio che sull’altro, somiglia a quella rappresentata dall’HaurR con la fig. 3 e si compone di tre selle e tre lobi. Di questi, il primo ed il secondo laterale, ugualmente profondi, più stretti delle selle, finiscono in tre punte piccole ed irregolari; il terzo lobo, primo accessorio, riceve la sutura ombelicale. La sella esterna ampia, piuttosto bassa, senza incisioni, si estende per tutta la porzione del dorso che normalmente dovrebbe essere occupata dal lobo sifonale. La prima sella laterale pure senza incisioni, è un poco più alta, però leggermente meno ampia. Anche la seconda sella laterale, bassa e de- pressa, non è incisa. Sul fianco sinistro la linea lobale del mio esemplare differisce da quella ora citata dell’HauER perchè si allontana meno dai caratteri del fianco destro. Infatti gli elementi, lobi e selle, sono della stessa forma e solo presentano uniformemente una minore larghezza, dovendo far posto al lobo sifonale largo quanto il primo laterale. [219] A. FUCINI 165 Questa specie, come ho più sopra accennato, trova delle notevoli somiglianze per la forma della con- chiglia e per le ornamentazioni specialmente coni Gemmellaroceras aenigmaticum, Mazzetti, Cortesei, cir- cumcrispatum e alloplocum trovati dal GemmeLLARO nel Lias medio più profondo della Sicilia. La linea lobale però, di tipo alquanto differente, mentre la fa essere da tutti certamente diversa, darebbe forse ragione anche di ritenerla appartenente ad altro genere. L’esemplare esaminato proviene dai calcari rossi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. XV. Gen. Deroceras Hvar. L’antico gen. Aegoceras WAAGEN è stato suddiviso in parecchi altri generi e sottogeneri, molti dei quali, a mio modo di vedere, di poca omogeneità. Il gen. Aegoceras s. str., al quale può essere anche assegnato, però non molto giustamente, il nome di Microceras HyArT, è bene distinto filogeneticamente per la linea dei lobi speciale, ed ha per tipo due specie, Aeg. capricornus ScEL.! ed Aeg. planicosta Sow. ?) molto caratteristiche. Invece io trovo poco bene distinti fra loro i sen. Deroceras, Microderoceras, Platypleuroceras, che hanno tutti forse la stessa origine, ‘che presentano molto simili linee lobali e che non differiscono spiccatamente che per gli ornamenti, i quali si confondono e si alternano da uno ad un altro con grande facilità. Perchè, per esempio, distin- guere genericamente lA. Birch Sow. dall’A. muticus D’ORB. o dall’A. armatus Sow. quando allo stadio giovanile mal si potrebbe distinguere, anche quasi specificamente, da tali specie? Seguendo io a questo riguardo criteri molto lati, riferisco tutti gli Aegoceras s. 1. del Monte di Cetona al gen. Deroceras, tro- vando in tutti una grande somiglianza nella linea lobale ed una straordinaria alternanza di caratteri or- namentali. Se avessi adottato un concetto più ristretto, avrei dovuto proporre nuovi aggruppamenti ge- nerici o sottogenerici per alcune delle specie esaminate. I Deroceras instabile, mutans, permotum, allo stadio adulto specialmente, non presentano certo caratteri di tipici Deroceras, ma non sono, a mio parere, nemmeno riferibili al gen. Aegoceras s. str. = Microceras Hyart, non foss’altro per la linea lobale, e per i caratteri dei giovani individui o dei giri interni. Altrettanto potrebbe dirsi del Der. Pecchiolii Mer., il quale, seb- bene assai simile al Der. Davoei Sow., costituisce, insieme con il Der. Fuciniù Bon. sp., un tipo assai ori- ginale e caratteristico. Delle specie di Deroceras trovate nel Monte di Cetona le seguenti appartengono ai calcari grigi e rossi inferiori: Deroceras instabile n. sp. Deroceras asper n. Sp. » mutans n. Sp. » connexcum D. Sp. » permotum n. Sp. » perisphinetoides n. Sp. » olenoptychum n. sp. » Pecchiolii Men. mentre proviene forse dalle zone inferiori del Lias medio il solo Deroceras? Gemmelltaroi Levi. i) ScaLorHEIM. Petrefaktenk., pag. 21. 2. SowerBy. Mineral Conchology, t. I, pag. 167, tav. 73. 166 A. FUCINI [220] 1. Deroceras instabile n. sp. —- Tav. XXVII [XXXVIII], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . . . È : 7 ò 6 o mm. 165 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . c . . i 0,23 Spessore » » » : 3 5 È 3 0,21 Larghezza dell’ombelico » » . c . . . 0, 61 Ricoprimento della spira » » È o 5 c 6 0,02 Conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento piuttosto lento e di involuzione piccola poichè l’ul- timo giro ricopre il penultimo per un decimo circa dell’altezza. I giri sono poco più alti che larghi, arro- tondati più strettamente sul dorso che sui fianchi, ove presentano la maggiore convessità sul primo terzo dell’altezza. La loro sezione è decisamente ovale. Essi sono ornati da coste robuste, grossolane, semplici, le quali nascono dall’ombelico, presentano il massimo rilievo sui fianchi ed attraversano il dorso sempre molto rilevate e spiccate. Nei primi giri, i quali non sono benissimo conservati, le coste appaiono non molto numerose; tuttavia nell’ultimo, ove se ne hanno 30, sono meno numerose che nel penultimo, nel quale arrivano almeno a 32. Esse sono generalmente divise da intervalli di loro un poco più larghi, ma ogni tanto, per tre volte circa, sia nell’ ultimo quanto nel penultimo giro, se ne hanno da due a quattro separate da intervalli un poco più larghi degli altri, senza però che ciò avvenga con un cambiamento repentino e distinto. In quanto alla direzione, esse coste sono assai regolarmente radiali; per ciò che riguarda l’andamento mostrano di essere più di- I ritte nei giri interni che non nell’ultimo, ove, in special'modo in vici- Linea lobale del Der. instabile n. sp., presa. nanza dell'apertura, si presentano concave specialmente nella metà al diametro di mm. 80, per la porzione inferiore dei fianchi; sul dorso mostrano una leggera curva convessa in interna o per quella che si riferisce alla ; i t È 1 È L sella esterna, al diametro di mm. 110, per avanti. Quasi tutto l’ultimo giro appartiene alla camera di abitazione. AIR dona Pt La linea lobale non si vede completa in alcun punto ed è special- mente corrosa in corrispondenza dei fianchi. Quella qui disegnata (fig. 93) è stata rilevata, per quanto riguarda la prima sella laterale, presso la fine del penultimo giro, ove si vede indicata sull’esemplare, e per quel che si riferisce alla sella esterna, al lobo sifonale ed al lobo antisifo- nale un mezzo giro più addietro. Il lobo sifonale, poco largo, racchiude una selletta sifonale alta e molto ristretta e per quanto sia assai profondo è sorpassato dal primo laterale. Questo è assai ampio ed ha tre rami principali dei quali il mediano e l’interno sono riuniti per la base, mentre l’esterno, assai più grande degli altri, rimane bene individualizzato e termina alla sua volta con tre rami minori spingendosi moderatamente verso il lobo sifonale. Il secondo lobo laterale, sufficientemente distinto, obliquo verso l’esterno, assai più piccolo del primo laterale, ha due rami principali dei quali l’interno, più profondo dell’altro, raggiunge la profondità del lobo sifonale. Il lobo sospensivo è più profondo di ogni altro e termina con parecchie ramificazioni irre- golari, profonde e ristrette. Il lobo antisifonale, piuttosto stretto, con rami laterali poco estesi, è profondo circa quanto il primo laterale e termina normalmente in due punte che interpongono una sellettina assai alta. La sella esterna, molto ramificata, nell’insieme obliqua un poco verso l'interno, ha un lobo secondario obliquo verso l’esterno, che la divide quasi fino alla metà della sua altezza in due parti disuguali. Di queste, Fre. 93. 1) La prima sella laterale, essendo stata rilevata ad un diametro maggiore dell’ altra parte della linea lobale, fu nel disegno alquanto rimpiccolita per proporzionarla all’ altra parte della linea lobale stessa. [221] A. FUCINI 167 l’esterna, più alta e più larga, ha, dalla parte del lobo sifonale, tre ramificazioni, mentre l’interna, più piccola, porta solo due rami principali. Sotto di questa però, dalla parte del primo lobo laterale, si ha un ramo assai sviluppato e spiccatamente orizzontale, unito al tronco principale della sella. La prima sella laterale, più ampia della precedente, ma un poco meno alta, è divisa in due parti disuguali e per più della metà della sua altezza da un lobo secondario. La parte interna della sella così divisa resulta più alta, più larga e più ramificata dalla parte esterna. La seconda sella laterale mediocremente obliqua verso l’interno, assai piccola, alta quasi la metà della precedente, è separata da questa in modo piuttosto di- stinto. La sella interna, un poco meno alta della prima laterale, ma molto snella e ristretta, ha dalla parte esterna delle ramificazioni più sviluppate che non nella parte interna. Questa specie per la ornamentazione somiglia i tipici capricorni, fra i quali specialmente l’ Aeg. planicosta Sow., ma ne differisce in particolar modo per la linea lobale, la quale, sopratutto, mi ha consigliato a riunirla al genere Deroceras. Il Der. instabile è molto vicino all’A. ovilis Mer.! che il BonARELLI ?) ritiene un Lytoceras, sinonimo del Lyt. altecinctum HAuUER. La specie ora in esame è però certamente diversa per le coste che non si riuniscono mai presso l’ombelico nè si frappongono alle altre, svanendo prima dell’ombelico stesso. Nell’A. ovilis le coste sono assai spiccatamente proverse e ad un certo sviluppo, come al principio dell’ ultimo giro, ove le ho discretamente bene ripulite dalla roccia avvolgente, s’interrompono con un ingrossamento lungo il margine dorsale a guisa di quelle del Der. muticum D’ORB.3) In riguardo al riferimento generico dell'A. ovilis McH. al Microceras fatto da me, agli Aegoceras corretto dall’Haue®, ai Lytoceras voluto dal BonarELLI, debbo osservare che mentre trovo assai giusto il concetto dell’Haue di volere per i Microceras dell’HyArr mantenuto il nome di Aegoceras s. str., nel caso attuale non saprei escludere assolutamente che 1° A. ovilis potesse riferirsi anche ai Deroceras; la sua linea lobale che io ho tentato inutilmente di scoprire potrà solo deciderlo. Molto meno probabile è che la specie mc- neghiniana si riferisca ai Lyfoceras ed è poi certo che essa è differente dal Lyt. altecinctum che il Bona- RELLI ha trovato nel Lias inferiore dell'Appennino. Io ho potuto confrontare infatti l'A. ovilis con un esemplare del Ly. altecinctum delle foci di Contiano, molto gentilmente regalato dal sig. Morena al Museo di Pisa, ed ho potuto osservare che quest’ultima specie è indubbiamente diversa per le coste più irrego- lari, molto più spesso accoppiate presso l'ombelico, più di frequente interposte alle altre senza arrivare all’ombelico stesso, che sono caratteristicamente ingrossate lungo il contorno ombelicale e che attraversano il dorso anche a piccolo diametro bene spiccate e rilevate. La conchiglia è inoltre tutta più compressa. L’esemplare di Der. instabile studiato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Firenze. x 2. Deroceras mutans n. sp., — Tav. XXV [XXXVI], fig. 1-3. DIMENSIONI I II III IV Diametro . 5 7 i, È ; . È mm. 132 mm. 62 mm. 49 mm. 37 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 22 0,25 0,30 0,30 Spessore » i » » : 0, 20 0,23 0,25 0,25? Larghezza dell’ombelico » » 0, 60 0,52 0, 47 0,462 Ricoprimento della spira » » 0, 03? 2 0,03 È 1) FucINI. Nuove Amm. d. calc. rossi, pag. 245, tav. 20, fig. 2. ? BonARELLI. Cefal. sinem., pag. 70. 3) D’ORBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 274, tav. 80. 4 Revue critique de Paléozoologie. Ann. IV, pag. 87. 168 A. FUCINI [222] Questa specie, molto singolare e caratteristica, ha una conchiglia compressa, poco involuta, la quale si accresce più rapidamente a piccolo sviluppo che non a grande, come si rileva anche dalle misure date per le quali si vede che l’altezza dei giri da essere quasi un terzo del diametro della conchiglia, passa ad esserne un quarto e poi poco più del quinto nell’esemplare più grande. Un esemplare molto mal con- servato, di circa mm. 45 di diametro, del quale io non do nè misure nè figura, presenta l’altezza dell’ultimo giro maggiore del terzo del diametro. Anche lo spessore dei giri, che si trova presso a poco sulla metà dell’altezza dei fianchi, diminuisce con lo sviluppo. Date queste condizioni mentre si ha che la sezione dei giri, la quale conserva la stessa forma ellittica dall’interno della spira all’esterno, non aumenta pro- porzionatamente al diametro; l'ampiezza dell’ombelico invece non segue l’acerescimento normale, ma diviene essai più grande. Anche le ornamentazioni cambiano con lo sviluppo ed il cambiamento sembra avvenire in corrispondenza della camera di abitazione definitiva e bene sviluppata. Infatti ciò non accade nei due esemplari più piccoli, i quali hanno una corta porzione della spira occupata dall’ultima camera e si vede solamente nel più grande nel quale, per non buona conservazione, non si può stabilire come nè dove precisamente cominci, nè si può precisare la lunghezza dell’ultima camera stessa. Certo le or- namentazioni che si vedono per più della metà dell’ultimo giro in tale esemplare più grande, così dif-- ferenti da quelle del penultimo, si trovano in una porzione di spira del tutto priva di concamerazioni. Un fatto che ha bisogno di essere stabilito, per ovviare ad ogni dubbio che potrebbe nascere sulla esatta corrispondenza specifica degli esemplari riferiti a questa specie, è quello della identità perfetta dei miei esemplari più piccoli con la parte interna della spira del più grande individuo, nel quale io ho posto allo scoperto una buona porzione del penultimo giro. Nei piccoli individui e nel penultimo giro dell'esemplare più grande gli ornamenti sono dati da coste semplici, radiali, larghe quanto gli intervalli od un poco di più, le quali fino ad un diamentro di oltre mm. 20 presentano una convessità assai pronunziata in avanti che va, non solo diminuendo coll’accresci- mento, ma diviene opposta, per quanto leggerissima, da mm.50 a mm. 80 di diametro. Le coste nascono dalla sutura ombelicale ed acquistano subito un discreto rilievo; poi aumentano leggermente e gradatamente tanto in larghezza che in altezza, procedendo verso il dorso ove si comportano diversamente a seconda dello sviluppo. A piccolo diametro (Tav. XXV [XXXVI], fig. 25) esse attraversano il dorso stesso, sebbene alquanto depresse, e si congiungono con quelle del fianco opposto senza dar luogo ad alcuna curva sen- sibile. A diametro maggiore (Tav. XXV [XXXVI], fis. 3c) le coste, giunte al dorso, si deprimono assai rapidamente, producendo una specie di protuberanza marginale, e, senza unirsi a quelle dell’opposto fianco, interpongono un listello liscio non molto largo lungo la regione sifonale. Nella parte conservata dell’ ultimo giro dell'esemplare più grande, invece di coste si hanno delle vere pieghe assai potenti e svi- luppate delle quali alcune sul fianco sinistro di buona consevazione. Tali pieghe molto distinte e ben rilevate sono separate da intervalli almeno il doppio più larghi e non tanto regolari. Infatti sulla metà dell’ultimo giro, dopo un intervallo più profondo degli altri, che potrebbe considerarsi anche come un’im- pronta peristomatica, se ne hanno due non molto spiccati che interpongono una piega assai depressa. Con l'ulteriore sviluppo gli intervalli divengono più regolari, ma se ne presentano sempre alcuni più stretti ed altri più larghi. Fra questi si possono citare ad esempio il penultimo ed il quart’ultimo. Le pieghe nascono deboli dalla sutura ombelicale e vanno continuamente accrescendosi fino ai lati del dorso ove presentano il massimo rilievo, in corrispondenza a quello che si è osservato per le coste nella parte in- terna della spira e negli individui più piccoli. Le pieghe però, sebbene più o meno un poco depresse, ttraversano decisamente il dorso, tanto più rilevate quanto più sono prossime all’apertura; solo quella poco sviluppata, che ho detto essere interposta fra due intervalli più deboli, non attraversa il dorso [223] 4. PUOI 169 stesso, comportandosi quindi come le coste degli individui meno sviluppati. Per direzione le pieghe sono leggermente più proverse delle coste e per andamento sono alquanto sinuose, presentando nella parte infe- riore dei fianchi una leggera convessità in avanti e nella parte esterna una stessa curva, ma rivolta in addietro. Per tali caratteri si arguisce come le pieghe si riuniscano sul dorso con una leggera curva convessa verso l’apertura. Altro carattere importante delle pieghe è quello di avere il lato anteriore assai più dol- cemente declive del posteriore, il quale scende al fianco molto rapidamente. La linea lobale (fig. 94) non ha frastagliatura molto complicata. Il lobo sifonale non è tanto pro- fondo, nè molto largo e racchiude una selletta sifonale ristretta, elevata e poco incisa. E da notarsi in esso l'estensione assai pronunziata del ramo laterale più grande che si trova sulla metà dell’altezza circa e che incide profondamente e quasi orizzontalmente la sella esterna. Il primo lobo laterale è molto largo e si può considerare costituito di due rami principali, ambedue suddivisi alla loro volta in tre rami se- condari. Il ramo principale esterno è suddiviso assai regolarmente, non ha molta profondità, ma sorpassa però il lobo sifonale tanto col ramo secondario mediano quanto con quello interno. Il ramo principale interno segna la massima profondità del primo lobo laterale con il suo ramo secondario esterno, il quale è ancora suddiviso in due piccole ramificazioni; tuttavia sorpassa il lobo sifonale anche col ramo secondario. Il secondo lobo laterale non è bene distinto e si può riguardare come un lobo secondario che divida assai profondamente la prima SES sella laterale. Il lobo sospensivo, poco sviluppato, è quasi orizzontale e profondo quanto i di il sifonale. La sella esterna, non molto larga, ma parecchio alta, ha tre ramificazioni 3 o principali che si diramano quasi dal medesimo punto e delle quali l’esterna, più alta al diametro di mm. e più sviluppata delle altre, ha tre ramificazioni secondarie, mentre la mediana e l’in- OA ve terna o inferiore hanno due sole ramificazioni secondarie, alquanto ridotte. La seconda sella laterale, intendendo con questo nome la sella interposta tra il primo lobo laterale ed il lobo so- spensivo, è un poco meno alta della sella esterna ed è obliquamente e assai profondamente divisa in due parti molto disuguali da un lobo che sta a rappresentare il secondo laterale. La parte esterna, molto sviluppata, ha presso a poco la stessa forma, al rovescio però, della sella esterna; la parte interna, che sta a rappresentare la seconda sella laterale di altre linee lobali, è poco ramificata, molto piccola e assai obliqua verso l’interno, arrivando quasi a toccare con l’estremità la sutura dell’ombelico. Questa specie allo stato adulto somiglia perfettamente ad un capricorno e sono stato in dubbio se dovessi riferirla più propriamente agli Aegoceras s. str.; ne sono stato però distolto non solo dalle conside- razioni sulla linea lobale, che mentre non si accorda con quelle dei tipici Aegoceras (Aeg. capricornum ScHL.) è poi del tutto identica a quella dei Deroceras, ma anche perchè a questi ultimi sembrano molto bene riferibili i giovani individui. Questi infatti presentano una spiccata affinità con i due esemplari più grandi di Der. Ziphus, rappresentati dal Reynks con le fig. 13-16 nella tav. XL dell’Atlante delle Ammoniti, e che a mio credere sono differenti però dalla specie dello ZIeteN alla quale li riferisce il Rerwks stesso. Tali esemplari si differenziano dai miei specialmente per minor compressione della conchiglia, per minor numero di coste, le quali sono quindi più grossolane, e per la linea lobale. Il Der. mutans è certo differente dal Der. instabile, descritto precedentemente, non foss’altro perchè questo ha, all’interno della spira, le coste che attraversano del tutto il dorso, sempre assai spiccate. La specie esaminata è rappresentata da cinque esemplari, tre dei quali conservati nel calcare rosso inferiore e due nel grigio; tre appartengono al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. Fr. 94. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. 22 170 A. FUCINI [224] 3. Deroceras permotum n. sp. — Tav. XXVI [XXXXVII[, fig. 1. DIMENSIONI Diametro . a 0 o 5 : : ; . o e . o mm. 130 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . x È , Ha 0, 21 Spessore » » » LOUIS ò c 6 È 0, 18 Larghezza dell’ombelico » » è 0 ò 6 : 0, 63 Ricoprimento della spira » » c c c 0 c 0, 02 x Anche questa è una specie assai caratteristica e molto interessante per le modificazioni che presenta con lo sviluppo, a meno che non sieno però da attribuirsi ad una anormalità dell’unico individuo che posseggo. ] La conchiglia, molto compressa e discoidale, ha accrescimento lento e piccola involuzione, inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un ottavo circa dell’altezza. I giri più alti che larghi, hanno se- zione subrettangolare e presentano un’ornamentazione alquanto differente dall'interno all’esterno della spira, come pure una diversa conformazione del dorso e, a quanto sembra, anche della superficie circom- bellicale. Questa, nei giri interni, appare assai arrotondata e non tanto distintamente separata dai fianchi, come invece si presenta in gran parte dell’ultimo giro ed in una porzione del penultimo ove essa, cade all'ombelico quasi verticalmente ed è poi distinta dai fianchi mercè un margine circombelicale assai spic- cato. In vicinanza dell’apertura si ha però una piccola porzione della spira che nuovamente manifesta un contorno ombelicale arrotondato assai evidentemente. Gli ornamenti, nella parte della spira che precede l’ultimo giro, consistono in coste, non molto regolari, separate da intervalli ora più ora meno larghi di esse, le quali, nella parte più interna della spira, ove il margine ombelicale appare arrotondato, nascono dall’ombelico, mentre, ove si ha il margine circombelicale netto, esse si originano da questo. Presso la fine del penultimo giro, ove appunto si ha la maggiore irregolarità nella larghezza degli intervalli, si trova uno di questi alquanto più profondo degli altri e che sembra dato da un leggero strozzamento peristomatico. Le coste presentano una direzione presso a poco radiale, ma non tanto uniforme, ed. hanno un andamento curvato, con la convessità rivolta in avanti, molto leggero e talvolta presso che indistinto. Esse s’ingrossano uniformemente e gradatamente dall’interno all’esterno dei fianchi, dove presentano il maggiore rilievo e la maggiore larghezza in corrispondenza del margine esterno dei giri; attraversano poi il dorso molto depresse e ridotte, facendo una curva all'indietro assai indecisa. Il dorso allora resulta largo, poco convesso, ma regolare e simmetrico, come ho potuto constatare preparando accuratamente il penul- timo giro. Appena comincia l’ultimo giro il dorso cambia forma, le coste prendono direzione ed andamento differenti e la conchiglia diviene asimmetrica. Le coste allora sono sempre separate da intervalli più larghi di esse, acquistano una direzione spiccatamente retroversa ed un andamento molto decisamente convesso, e si accrescono in rilievo, verso l’esterno dei giri, in modo differente da un fianco ad un altro. Sul fianco destro il maggiore rilievo costale rimane più basso che non nella parte interna della spira più sopra esaminata, nel fianco sinistro invece molto più alto. Da ciò deriva una notevole asimmetria del dorso, resa più spiccata dal fatto che le coste, deprimendosi sul dorso stesso e d’ambo i lati assai rapi- damente ed assai ripiegate in dietro, s'incontrano ad angolo in una linea che non corrisponde a quella mediana della conchiglia, ma è invece spostata verso il fianco destro. Lungo tale linea, specialmente presso la fine della spira, si ha un indeciso cordone sifonale. Da ciò che ho detto fin qui si rileva che tale asimmetria del dorso è dovuta sopra tutto al diverso sviluppo delle coste, ed infatti se si osserva la forma del giro negli intervalli intercostali non si scorge in essa che un’anormalità ben poco pronunziata [225] A. FUCINI 171 ed in qualche caso del tutto mancante, come avviene in corrispondenza dell’intervallo finale. Le modifi- cazioni che assume la conchiglia nell’ultimo giro non sono, come potrebbe credersi, in rapporto alla ca- mera di abitazione, perchè questa ha principio alquanto prima della fine del penultimo giro e precisa- mente ove si osserva un intervallo intercostale più profondo degli altri e che ho detto essere forse dato da uno strozzamento peristomatico. La linea lobale (fig. 95) non si può rilevare per intiero; il lobo sifonale, non molto profondo, e la sella esterna, alta e con due ramificazioni principali assai complicate, si vedono molto confusamente. Il primo lobo laterale, parecchio ampio, può considerarsi costituito da due rami principali, dei quali l’esterno suddiviso in due rami secondari non bene visibili e l’interno in tre assai complicati. Di questi l’ esterno è il più lungo, sorpassando di parecchio il lobo sifonale. 33 Il secondo lobo laterale, piuttosto ben definito e sviluppato, ma ristretto, raggiunge L sap circa la profondità del lobo sifonale e non è esageratamente tanto obliquo. Il lobo so- agi Î; spensivo è assai più obliquo e più profondo del precedente. La prima sella laterale, Linea lobale del Der. forse un poco più bassa dell’esterna, ha due ramificazioni principali, una esterna più eu giamettoftimm. piccola, più bassa e più semplice ed una interna più alta, più larga e divisa in tre parti RA AI nr delle quali le due superiori alla loro volta sono suddivise in altre due parti più pic- cole. La seconda sella laterale, che in altre linee lobali dello stesso genere appare come un’ appendice della prima sella laterale, è qui assai bene individualizzata, però è sempre molto piccola, poco alta, poco frastagliata e non tanto obliqua. Per i caratteri peculiari dell’ultimo giro, questa specie si distingue da tutte le congeneri ed io non saprei nemmeno a quale poterla paragonare. Nella parte interna e simmetrica della spira essa trova una qualche somiglianza con VA. armentalis Dum. del bacino del Rodano; questo però ha un accrescimento assai più lento e coste, per lo meno, di andamento differente. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Firenze. Fic. 95. 4. Deroceras olenoptychum n. sp. — Tav. XXV [XXXVI], fig. 5-7. DIMENSIONI Ù I II III Diametro i È * 0 0 6 : ) mm. 71 mm. 41 mm. 41 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,30 0,34 0,34 Spessore » » » . 0, 26 0,24 0,25 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0,47 0, 44 ‘0,4 Ricoprimento della spira ” » È 0,02 ID g Questa specie interessante ha una conchiglia assai compressa, di accrescimento relativamente non molto lento e di piccola involuzione. I giri sembra che sieno leggermente più depressi a grande che non a piccolo diametro, come apparisce anche dal confronto delle loro altezze proporzionali, date per i diversi esemplari. Essi hanno poi i fianchi piuttosto appianati e scendono all'ombelico con una super- ficie arrotondata un poco più strettamente di quella che determinano andando verso il dorso. Questo è piuttosto largo e leggermente arrotondato, e la sezione dei giri sub-rettangolare. Le ornamentazioni, che sono molto caratteristiche, variano alquanto con lo sviluppo ed all’interno della spira non presentano nemmeno gli stessi caratteri da un individuo ad un altro. Nella parte interna della spira degli individui 1) DumorTIER. Dép. jurass. Lias inf., pag. 162, tav. 29, fig. 1,2. 172 A. FUCINI [226] » rappresentati dalle fig: 5 e 6, Tav. XXV [XXXVI] si hanno due serie di tubercoli allungati trasversalmente, delle quali una è situata lungo il margine ombelicale e l’altra sul margine esterno ad immediato con- tatto col siro successivo. I tubercoli che stanno sul margine ombelicale sono obliqui in avanti e assai più piccoli di quelli che costituiscono la serie esterna, i quali invece inclinano dalla parte opposta. Per tale disposizione avviene che i tubercoli di una serie, senza congiungersi distintamente con quelli del- l’altra, formano insieme con questi un’ angolosità in avanti assai pronunziata, posta presso la metà del fianco e che adagio adagio sparisce con l’ accrescimento della conchiglia. Il numero dei tubercoli è identico in ambedue le serie e non oltrepassa 24 al diametro di mm. 22. Nella parte interna della spira dell’esemplare della fig. 7, Tav. XXV [XXXVI] si possono ancora considerare come esistenti i tubercoli nelle due serie, essi però sono molto più piccoli, meno obliqui, assai più ridotti, specialmente quelli che si trovano lungo il margine ombelicale, e per essere congiunti fra di loro prendono l’apparenza di coste. Queste sarebbero allora un poco curvate in avanti o leggermente angolose presso la metà dei fianchi, appena ingrossate sul margine dell’ombelico, alquanto nodose all’esterno ed assai irregolari, perchè poche sono più grosse, alcune più curvate, altre separate da intervalli maggiori, ed infine sarebbero parecchio più numerose, avendosene presso a poco 40 per lo stesso diametro di mm. 22. Oltre tale diametro gli ornamenti divengono uniformi per tutti gli esemplari. Infatti fino al diametro di mm. 35 si distinguono in tutti gli individui le due serie di tubercoli, ugualmente radi ed obliqui e con disposizione a formare un angolo sul mezzo dei fianchi. Al di là del diametro di mm. 35 i tubercoli esterni si uniscono grada- tamente con quelli interni, andando a costituire una costa che dapprima è un poco depressa ed angolosa in avanti presso la metà dell’altezza dei giri e dopo perde affatto tale angolosità, acquistando la forma più comune di una piega larga e depressa, ingrossata ed interrotta assai rapidamente all’ esterno. La conchiglia assume allora una spiccata somiglianza con la forma giovanile del Der. mutans, dal quale si distingue solo per ie coste più grossolane e meno numerose. A piccolo diametro le coste si interrompono verso il dorso più all’esterno che non a sviluppo maggiore, ove sembra che il dorso stesso sia attraver- sato da indecise costicine minori. È bene avvertire che i caratteri fino ad ora descritti riguardano il modello e che il guscio li deve presentare alquanto differenti. Infatti al principio (Tav. XXV [XXXVI], fig. 5c) ed alla fine dell’ultimo giro dell'esemplare più grande, in corrispondenza delle nodosità esterne di alcune pieghe, si hanno dei veri e propri tubercoli allungati trasversalmente i quali per non portare traccia delle linee lobali sottostanti devono considerarsi come appartenenti al guscio. Le pieghe che non hanno tali tubercoli presentano però le loro cicatrici. Queste sembrano esistere anche lungo il margine ombelicale, ove quindi è lecito supporre che nel guscio le pieghe sieno pure provviste di tubercoli o di aculei. La camera di abitazione è parzialmente conservata in tutti gli esemplari figurati; nel più grande di questi se ne ha una piccolissima porzione e in quelli della fig. 6, Tav. XXV [XXXVI], una parte molto maggiore che corrisponde quasi ad un terzo dell'ultimo giro. La linea lobale, pressochè uguale in tutti gli esemplari fino al diametro di mm. 32-45, diviene, in quello più grande, non solo un poco più frasta- gliata con lo sviluppo, ma si modifica anche alquanto in corrispondenza Linea lobale del Der. olenoptyehum ‘’1specialmente del secondo lobo laterale e della prima sella laterale. n. Sp., presa al diametro di mm. È Gili È 6 63, in grandezza naturale. La linea lobale (fig. 96) qui intercalata è stata rilevata sull’ultimo quarto dell’ ultimo giro dell'esemplare più grande figurato. Il lobo sifonale, non tanto ampio e piuttosto profondo, è sorpassato dal primo laterale assai largo e che gli va quasi a [227] A. FUCINI 173 contatto con il ramo esterno. Il secondo lobo laterale, presente è profondo quanto il sifonale, spiccatamente obliquo verso l’esterno e simmetricamente diviso in due parti, piuttosto divaricate. Il lobo sospensivo è pure poco profondo, pressochè orizzontale ed ha in corrispondenza della regione suturale delle dentel- lature assai semplici. Il lobo antisifonale non si vede completamente, però appare non molto ristretto, nè tanto complicato. La sella esterna è un poco più alta, ma larga quanto la prima Jaterale, alla cui forma- zione non prende parte il ramo che nel maggior numero di linee lobali di Deroceras le sta unito alla base dal lato interno e che nel caso presente può riguardarsi quale una seconda sella laterale assai distinta. Questa è piccola e non molto obliqua, tenuto conto dell’andamento che essa manifesta nella parte corri- spondente di altre linee lobali. La sella interna è alta quanto la seconda laterale e si presenta più semplice sul lato interno che non su quello esterno ove ha rami tanto più estesi quanto più inferior- mente emessi. La linea lobale della fig. 97 è stata tolta sul primo terzo dell’ultimo giro dello stesso esemplare più grande. In essa si vede che mentre il lobo sifonale ed il primo laterale nonchè la sella esterna non pre- sentano differenze notevoli con la linea lobale sopra descritta, alla prima sella la- terale invece deve considerarsi unita anche quella porzione o ramificazione interna che nella linea lobale più evoluta ho riguardato come seconda sella laterale distinta. i - ! Manca dunque anche un secondo lobo laterale spiccato il quale è sostituito dal lobo le AE i secondario molto profondo che s’interpone tra il corpo principale della prima sella na i 23 laterale e la ramificazione interna ora nominata e che non è diviso in braccia pari, Altra inca lobale del Der. come avviene quando esso con lo sviluppo si può considerare quale secondo lobo o%eroptyerum n.sp., presa * laterale distinto, bensì in braccia impari, terminando con una sola punta alla base s FRI della prima sella laterale. Il lobo sospensivo, che ha la stessa forma in tutte le linee lobali, in quella in esame si presenta, assai più che nella precedente, prolungato verso l’esterno, andando quasi a contatto con le braccia secondarie del primo lobo laterale. L’ ultima linea lobale disegnata sullo stesso esemplare più grande, presso la fine della spira (Tav. XXV [XXXVI], fig. 5a), mostra più accentuati i caratteri differenziali notati tra la linea lobale sopra descritta e quella rappresentata dalla fig. 96, della quale ha ancora il secondo lobo laterale più distintamente in- Fic. 97. dividualizzato. Questa specie a sviluppo notevole può avvicinarsi a certe forme del Der. armatum Sow. ®,ma essa è molto distinta da tutte per i caratteri dell’interno della spria. Per le stesse ragioni differirisce dal- l’ Aeg. praecursor GEYER ?). Oltre agli esemplari figurati io ne ho altri tre in frammenti; tutti provengono dai calcari grigi in- feriori; tolto uno che appartiene al Museo di Firenze tutti gli altri sono del Museo di Pisa. 5. Deroceras asper n. sp. — Tav. XXV [XXXVI], fig. 8. DIMENSIONI Diametro . ò 7 : . . c . È mm. 52 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o . a a 0,29 Spessore » » » 0 o , ò 0 0,33? Larghezza dell’ ombelico » » o ‘ o fi o 0,50 Ricoprimento della spira » » i Ò . a 0 0,02? i) SowerBy. Mineral Conchology, tav. 94. 2 GeveRr. Cephal. d. Hierlatz, pag. 52, tav. IV, fig. 27-29; tav. IV, fig. 1. 174 A. FUCINI [228] Conchiglia discoidale, non molto compressa, di accrescimento non tanto lento e di involuzione ben piccola, poichè i giri si toccano appena per il ritorno della spira. I giri sono più larghi che alti, hanno i fianchi rigonfi e scendono, arrotondati alla stessa guisa, tanto verso l’ ombelico quanto verso il dorso. Questo resulta piuttosto ampio e largamente arrotondato. L'ombelico è assai profondo. Gli ornamenti consistono in grosse pieghe, le quali si vedono anche a diametro assai piccolo, che nascono piuttosto deboli dall’ombelico e si ingrossano andando verso il dorso, sul margine del quale si deprimono e svani- scono; dapprima sono più strette degli intervalli e dopo un poco più larghe. Tali pieghe sono provviste di tubercoli assai sviluppati posti in due serie spirali, delle quali l’inferiore sta ai tre quinti circa del- l'altezza del giro e la superiore al quinto esterno. Frequentemente i tubercoli non sono conservati, essendo andati via col guscio, allora però si hanno le cicatrici di essi o corrispondentemente leggeri rilievi delle pieghe. Questi rilievi, trovandosi anche nelle pieghe della parte più interna della spira, a circa mm. 10 di diametro, fanno supporre giustamente che anche i primi giri avessero le due serie di tubercoli. Oltre alle pieghe i giri hanno anche costicine non molto regolari, le quali sono molto sviluppate sul dorso, ove fanno una leggerissima curva in avanti; si scorgono pure sui fianchi, specialmente tra piega e piega, ove se ne hanno due per ogni intervallo. Anche a diametro molto piccolo si ha il dorso ornato di tali coste. Nell’esemplare, certo non completo, metà dell’ultimo giro appartiene alla camera di abitazione. La linea lobale (fig. 98) non è molto complicata, ma assai caratteristica. Il lobo sifonale, poco profondo e poco largo, ha da ciascuna parte tre braccia laterali non molto estese. Il primo lobo laterale è piuttosto ampio ed ha due braccia principali, assai profonde, suddivise irregolarmente e diversamente. Il braccio esterno è diviso in due parti, delle quali la superiore, molto piccola, sta al disopra del lobo sifonale e l’inferiore, più grande, e con tre grosse punte, si spinge sotto allo stesso lobo, prima con la punta esterna e dopo, ancora più al di sotto, con la punta mediana, la quale segna la mag- Fic. 98 Ù 0A GIO Ò GENIO Ni coo o 9 È giore profondità della intiera, linea lobale. Il braccio interno è diviso in tre parti assai led mi grandi, delle quali la superiore interna sta al disopra del lobo secondario, che prende hè 0 il posto dei secondo laterale; l’esterna, suddivisa in tre parti, raggiunge circa la grande profondità dell’altro braccio, e la mediana sì spinge verso il lobo sospensivo. Questo è Linea lobale del Der. piccolo, semplice, molto obliquo e più profondo del lobo sifonale. La sella esterna, non asper n. Sp., presa al 3 È Ù diametro di mm. 30, molto larga, alta, un poco obliqua, non tanto frastagliata, ha sul lato esterno tre rami ME ndezza matt. principali, poco complicati, dei quali il più alto, che segna il punto culminante della intiera linea lobale, è bipartito asimmetricamente, e sul lato interno ha due rami prin- cipali, meno sottili ed incisi più grossolanamente. La prima sella laterale, alquanto più bassa e più sempli- cemente frastagliata della precedente, è composta di tre ramificazioni principali poco complicate. L’interna ed inferiore di queste, che prende il posto della seconda sella laterale, è molto obliqua ed arriva con l'estremità superiore presso la sutura dell’ombelico; le altre due unite per la base, potrebbero conside- rarsi quali costituenti da sole una prima sella laterale, assai profondamente bipartita da un lobo secondario. La specie in esame ha grandissima analogia con l'A. Birch Sow.!, specialmente con gli esemplari di accrescimento più rapido di quello degli individui inglesi figurati dagli autori e che pur si trovano nella località tipica di Lyme' Regis, dalla quale provengono alcuni esemplari che si conservono nel Museo pisano e che mi hanno servito per il paragone. Io trovo che il Der. Birch differisce dal Der. asper per i giri interni, che cominciano a presentare le pieghe ed i relativi tubercoli solo ad un diametro alquanto più grande, per le coste che ornano i giri, le quali sono più irregolari, più numerose, più sot- 1) Sowerby. Mineral Conchology, pag. 121, tav. 267. [229] A. FUCINI 175 tili e di forma diversa perchè date da incisioni leggere, e principalmente per la linea lobale. Per fare risaltare bene questa differenza io credo utile di dare qui (fig. 99) la linea lobale di un esemplare di Der. Birch Sow. di Lyme Regis, poichè quelle disegnate per tale specie dal WricHT ! e dal Parona ?) non sono complete e quella data dal D’ORBIGNY #), a quanto sembra riprodotta forse dal Reynès 4 in più piccole dimensioni, non riguarda esemplari veramente tipici. Dal con- fronto della linea lobale del Der. asper con quella del Der. Birchii si vede subito che le differenze non sono nè piccole, nè poche e nem- meno attribuibili a differenza di sviluppo degli esemplari. La seconda non ha il lobo sifonale così poco profondo come la prima; il primo lobo laterale vi è invece in generale meno profondo e non si spinge sotto il sifonale con due punte del braccio esterno, bensì con una sola ed in altro modo, mentre il braccio interno ha poi forma ben diversa inca lobale del Der. Birehii Sow., presa AE RITO 80 do DID ATE » 8. PINCO: » 104,0. » lla. » 12a,b. 27 JE Spiegazione della Tavola X [I]. Balanophyllia caulifera CONRAD sp. var. multigranosa VAUGHAN, — pag. 23 [5]. la. Polipierite dal lato del diametro maggiore calicinale; ingrandito 2 volte. 15. Forma dell’orlo calicinale; grandezza naturale. le. Polipierite dal lato del diametro minore; grandezza naturale. Oculina mississippiensis ConRAD sp., — pag. 25 [7]. 2a. Polipajo; grandezza naturale. 20. » ingrandito 2 volte. Oculina Singleyi VAUGHAN, — pag. 26 [8]. 3a. Polipajo; grandezza naturale. 30. » altro lato; ingrandito 2 volte. Caryophylita D’Achiardii n. sp., — pag. 27 [9]. 4a. Polipierite; grandezza naturale. 4b-d. » veduto dagli altri lati; grandezza naturale. de. » Calice; ingrandito una volta e mezzo. Flabellum cuneiforme Lonsp. var. Wailesi Conrap. — S. E. Casa Major, — pag. 29 [11], ba. Polipierite ; ‘grandezza naturale. DD. » veduto di fianco; ingrandito due volte. Flabeilum cuneiforme Loxsp. var. Wailesi Cowrap. — Cabo tres Puntas. Calice; grandezza naturale. Flabelium cuneiforme Loxsp. var. Wailesi Conrap. — Camerones. Parte di calice; grandezza naturale. Flabellum cuneiforme var. Wailesi Conrap. — Camerones. Porzione di calice; ingrandito due volte. Flabellum cuneiforme var. Wailesi Conrap. — Camerones. Superficie dei setti; grandezza naturale. Flabellum cumeiforme Loxsp. var. Wailesi Coxrap. — Cabo tres Puntas. 104. Polipierite; grandezza naturale. 100. — » Figura schematica con i valori angolari delle coste laterali ; grandezza naturale. Flabellum extensum Mica., — pag. 31 [13]. lla. Polipierite; grandezza naturale. 110. » per mostrare i festoni d’ accrescimento; grandezza naturale. ilelles » Figura schematica: sezioni a diverse altezze del polipierite ; grandezza naturale. Flabelium extensum Micun. 12a. Polipierite; grandezza naturale. 120 » Figura schematica con i valori angolari delle coste laterali; grandezza naturale. Flabellum sp., — pag. 32 [14]. Polipierite; ingrandito 2 volte. Palaeontographia italica, vol. LX. 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. X. DE ANGELIS D’OSSAT, Zoautari del terziario della Patagonia. Ca MA UN RI OUELPI 19.4] ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO RETTO tig RANIERI ORUBAE NT VA RorA RMSIS Mi; cichi CL: e I SIR LEI STI Spiegazione della Tavola XI [I]. Fio. 1. — Sabanea seminuda n. sp. — (Ingr.13/1) — Astiano di Zaffaria, — pag. 42 [8]. » 2,8. — Sabanea subradiata n. sp. — (Ingr. 14/1) — Tortoniano di Rometta, — pag. 42 [8]. » 4 — Sabanea Mylensis n. sp. — (Ingr. 18/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 42 [8]. » 5 — Acinus pseudocimex n. sp. — (Ingr. 20/1) — Tortoniano di Rometta, — pag. 46 [12]. » 6 — Acinus tenuicostatus G. SEGUENZA sp. — (Ingr. 13/1) — Tortoniano di Rometta, — pag. 47 [13]. DT — Acinus solidulus G. SEGUENZA sp. — (Ingr.17/1) — Pliocene inf. Rometta, — pag. 48 [14]. » 8 — Acinulus Coccoi G. SEGUENZA sp. — (Ingr. 13/1) — Pliocene inf. Rometta, — pag. 49 [15]. » 9 — Acinus bicingulatus G. SeGUENZA sp.— (Ingr. 10/1) — Siciliano di Milazzo, — pag 46 [12]. » 10. — Alvinia Weinkauffi ScawaRTZ sp.— (Ingr. 17/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 50 [16]. » 11. — Alvinia circumcineta G. SeGuENZA sp. — (Ingr. 17/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 52 [18]. » 12; — Alvinia clathrella MontERosAaro ms.— (Ingr.17/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 52 [18]. DIR) — Alvinia gemmulata G. SEGUENZA sp. — (Ingr. 17/1) — Pliocene inf. Contrada Trapani, — pag. 52 [18]. » 14. — Acinulus dubius G. SEGUENZA sp. — (Ingr.17/1) — Pliocene inf. Rometta, — pag. 49 [15]. » 15. — Actonia granulosculpta n. sp. — (Ingr. 17/1) — Tortoniano di Rometta, — pag. 55 [21]. » 16. — Actonia elegantissima G. SEGUENZA sp. — (Ingr. 20/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 54 [20]. » 17. — Pusillina Lavallei n. sp. — (Ingr.10/1) — Tortoniano di Rometta, — pag. 43 [9]. » 18. — Actonia subsoluta ARADAS sp. — (Ingr. 18/1) — Siciliano di Gravitelli, — pag. 55 [21]. » 19. — Rissoa acerosa MonrEROSATO ms.— (Ingr. 14/1) — Siciliano di Milazzo, — pag. 38 [4]. » 20. — Alvania rugosula ARADAS sp.— (Ingr. 12/1) — Siciliano di Gravitelli, — pag. 44 [10]. » 21. — Setia conoidea MonreRrosaTo ms.— (Ingr. 24/1) — Siciliano di Milazzo, -- pag. 57 [23]. » 22. — Taramellia Zetlandica MoNTAGU sp. var. carinata ArADAS. — (Ingr. 14/1) — Siciliano di Gravitelli, — pag. 54 [20]. » 234, b. — Setia obtusispira G. SEGUENZA sp. — (Ingr. 13/1) — Pliocene inf. Contrada Trapani, — pag. 57 [23]. » 24. — Rissostomia gravitellensis Arapas sp.— (Ingr. 9/1) — Siciliano di Gravitelli, — pag. 39 [5]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XI SEGUENZA, tssordi neogenici della provincia di Messina. [Tav. I): ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO Ni A n î Pa LI @ ì È I] LI U ASL \ ts) a ] ‘ 1 7 î ° ì È î À \ È PORVI i Pes è fl ‘i \ î \ \ Spiegazione della Tavola XII [I]. FiG. 1. — Ptychogaster emydoides PomeL. Scudo dorsale, alquanto ridotto, — pag. 69 [9]. » 2. — Ptychogaster emydoides PomeL. Piastrone di altro individuo, un po’ridotto, — pag. 69 [9]. Palaeontographia italica, vol. IX. 1993. WMKMADIGA, Veli DS Mew SIL PALAEONTOGRAPHIA [Zav. I] gaster miocenici della Francia. Ptycho, DE STEFANO, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO DI s PomeL var. » 2. — Ptychoga des Pomni. var. 4. Piastrone ( sa Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALA] EBONTOGRAPHIA DE STEFANO, Péychogaster miocenici della Francia. IATA VIE IDG, Tavo 2900 [ Tav. IM). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO Spiegazione della Tavola XIV [HI]. Fi&. 14,6. — Piychogaster heteroclitus n. sp., in grandezza naturale, — pag. 74 [14]. la. Scudo dorsale. 10. Piastrone. As DM — Ptychogasier testudinoides n. sp. Scudo dorsale ridotto di circa un terzo. Si veda anche Tav. XV [IV', fig. 1,2, — pag. 79 [19]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XIV. DE STEFANO, Péychogaster miocenici della Francia, [ Tav. III). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO di Spiegazione della Tavola XV [IVI]. Fig. 1. — Ptychogaster testudinoites n. sp. Scudo dorsale, visto di profilo. Lo stesso esemplare della figura 2 della Tav. XIV [III], ridotto di circa un terzo della grandezza naturale, — pag. 79 [19]. » 2. — Ptychogaster testudinoides n. sp. Piastrone di altro individuo ridotto di circa un terzo della sua grandezza naturale, — pag. 82 [22]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903.‘ PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XV. DE STEFANO, Ptychogaster miocenici della Francia. [Zav. IV). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO =@MILANO por -a È 5 A Si Spiegazione della Tavola XVI [I]. Fia. 1. — Pecten Imaniae VAR. ms., — pag. 96 [2]. Do 2 — Pecten Ferrerii VAR. ms., — pag. 96 [2]. » 3a,b. — Pecten Egidii Venantii n. sp., — pag. 96 [2]. » 4-9. — Gervilleia exilis SropPP. sp., — pag. 97 [3]. » 10-14. — Gervilleia salvata BRUNN., — pag. 98 [4]. » 15,16. — Gervilieia Gemmellaroi n. sp., — pag. 99 [5]. » 17,18. — Gervilleia Mariani n. sp., — pag. 100 [6]. » 19,20. — Modiola (?) humilis n. sp. ia fig. 20 ingrandita 2 volte, — pag. 101 [7]. » 21-23. — Myoconcha Corralbae StoPP. sp., — pag. 101 |7]. » 24-25. — Myoconcha radians StoPP. sp., — pag. 102 |8]. » 26a,b. — Myoconcha Taramellii n. sp., — pag. 102 [8]. » 27a-c. — Cucculaea Porroi n. sp. (Si veda anche Tav. XVII |II], fig. 1), — pag. 103 [9] Palaeontographia italica, vol. IX, 1903, PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XVI. TOMMASI, revisione della fauna a molluschi della dolonia principale di Lombardia. [Zav. I]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO si DEI Tie sg Spiegazione della Tavola XVII [II]. Fi. 1. — Cucculaca Porroi n. sp. (Si veda anche Tav. XVI [I], fig. 27), — pag. 103 [9]. D LU — Macrodon rudis StoPP. sp., — pag. 103 [9]. » 3a,b. — Macrodon Songavatii Sropp. sp. La fig. 4a ingrandita 2 volte, — pag. 103 [9]. » 4a-c. — Myophoria Balsami Sropp., — pag. 104 [10[. » 5,6. — Mycphoria cfr. picta Leps., — pag. 104 [10]. DIO — Myophoria prolixa n. sp., — pag. 105 [11]. » 8-11. — Myophoria Caroli Rivai n. sp., — pag. 105 [11]. » 12,13. — Myophoria Caroli Rivai (nuclei), — pag. 105 [11]. » l4a-c. — Megalodon Giimbeli StopP. (*/3 del vero), — pag. 106 [12]. » 15a-c. — Megalodon sp., — pag. 110 [16]. » 164,5. — Megalodon Giimbeli SroprP. (nuclei), — pag. 107 [13]. » 17a,b. — Megalodon Giimbeii Stopp. (modello del cardine), — pag. 107 [13]. » 18a,b. — Megalodon Giimbeli Sropp. (nuclei), — pag. 107 [13]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XVII. TOMMASI, Revisione della fauna a molluschi della dolomia principale di Lombardia. [Zav. I], ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO usar dî SETA i Fic. 1a,d. DUPEUR: DG pied, » Bba,b. Do DEMO N9% » 10a-c. ò Il » 12,13. » dae. » 150,0. » 16-21. » 22a,b. » 23a,c. » 24a,d. » 25,26. » 27a,b. » 28. »_ 20, » 30. Spiegazione della Tavola XVIII [III]. Megalodon complanatus Gùms. (nucleo), — pag. 108 (14). - Megalodon complanatus Gi». (resti del cardine della valva sinistra), — pag. 108 [14]. Megalodon complanatus GixmB. (modello del cardine della valva sinistra), — pag. 109 [15]. Megalodon complanatus Giùmr. (col guscio), — pag. 109 [15]. Megalodon complanatus GùmB. (nucleo), — pag. 108 [14] Megalodon nov. form. indet., — pag. 109 [15]. Worthenia Songavatii StoPP. sp., — pag. lil [17]. Worthenia pusilla Stopp. sp. Le fig. 104, db ingrandite 2 volte, — pag. 113 [19]. Worthenia Stoppanii n. sp. Ingrandita 2 volte, — pag. 113 [19]. Worthenia Inzini SvoPP. sp., -—- pag. 114 [20]. x Worthenia pyomaea StopP. sp. Le fig. i4c, d ingrandite 2 volte, — pag. 114 [20]. Worihenia Meriani SropP. sp., — pag. 115 [21]. Schizogonium (?) Escheri StoPP. sp., — pag. 116 [22]. Schizogorium (?) diadema StoPP. sp., — pag. 117 [23]. Straparollus (?) Inzini StoPP. sp., — pag. 117 [23]. Neritopsis (?) Marinonii SropP., — pag. 118 [24]. Purpuroidea (?)Taramellii STOPP. sp., — pag. 118 [24]. Amauropsis longiuscuia STOPP. sp., — pag. 119 [25]. Eustylus (?) spî, — pag. 119 [25]. Worthenia sp., — pag. 115 [21). Gyroporella (Diplopora) porosa ScHara., — pag. 121 [27]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1403. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XVIII. TOMMASI, Xevisione della fauna a molluschi della dolomia principale di Lombardia, [Zav. II |. ELIO. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO Ci RIETI RT) SUI si PEA Le) vb Spiegazione della Tavola XIX [XXX]. Fig. la-c. — Asteroceras Brooki Sow., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 127 [181]. » 2a-c. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, —- pag. 127 [181]. » 3a-c. — Asteroceras Turneri Sow., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 126 [180]. » 4a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 126 [180]. » Bac. — Asteroceras cfr. stellare Sow., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 130 [184]. » 6a-c. — Asteroceras retusum RevyNnÈSs, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 129 [183]. » 7a,b.— Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 129 [183]. » 8a-d.— Asteroceras Reynesi n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 131 [185]. » 9a-c. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 131 [185]. » 10a,b. — Asteroceras volubile n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze. (Si veda anche Tav. XXI|XXXII], fig. 8,9), — pag. 135 [189]. Palaeontographia italica, vol. LX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XIX. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Zav. XXX]. RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO = DI î Spiegazione della Tavola XX [XXXI]. Fi, 1a-d. — Asteroceras varians n. sp. (tipo), dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [196]. O MER — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [196]. D. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 142 [196]. pedi — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [196]. Di E — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [196]. » 6a-c. — Asteroceras varians n. sp. (var. planulata), dei calcari grigi inf. — Del R. Ufficio Geologico di Roma, — pag. 142 [196]. » Ta,b. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 142 [196]. » 8 a-c. — Asteroceras varians n. sp. var. interposita, dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XXI [XXXII], fig. 1,2).— Del R. Ufficio Geologico di Roma, — pag. 143 [197]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA FLALIGCA, Vol. TX, Tav. XX. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXXI). RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO Spiegazione della Tavola XXI [XXXII]. Fic. 1. — Asteroceras varians n. sp. var. interposita, dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XX [XXXI], fig. 8), — Del Museo di Firenze, — pag. 143 [197]. 2a,b. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 143 [197]. 3a-c. — Asteroceras varians n. sp. (var. intermedia), dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [196]. 4 a-c. — Asteroceras margarita PaR., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 133 [187]. 5 a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 133 [187]. 6 a-c. — Asteroceras venustum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 139 [193:. 7 a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei caleari grigi inf. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 139 [193]. 8a-d. — Asteroceras volubile n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 135 [189]. 9. — Altro esemplare della stessa specie dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 135 [189]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALA EONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXI. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. XXXII]. RUGANI E FUOINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO gaia pene Spiegazione della Tavola XXII [XXXIII]. Fic. 1a-c. — Asteroceras volubile n. sp. var. exornata, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 136 [190]. » 2 a,b. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 136 [190]. 3 a-c. — Giovane esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 136 [190]. 4 a-d. — Asteroceras saltriense PAR., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 132 [186]. 5. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 132 [186]. 6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 136 [186]. Ta-d. — Asteroceras permutatum n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [192]. 8. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 138 |192]. 9 a-c. — Asteroceras Montii Mex., dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XXIII [XXXIV], fig. 12-14), — Del Museo di Pisa, — pag. 144 [198]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXII. FUGCINI, Ce/a/opodi liassici del Monte di Cetona. [Zav. XXXIII]: CALZOLARI & FERRARIO - MILAN RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CAL LA E ARI (e) ga FIINIETOATE: (TREO Spiegazione della Tavola XXIII [XXXIV]. Fic. 1a-c. — Asteroceras? ceratiticum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo. di Firenze, — pag. 148 [202]. 2 a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 148 [202]. 3 a-c. — Aoigrocorate sp. ind., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 149 [203]. 4a-d. — Asteroceras exiguum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag.146 |200). 5a-d. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, - pag. 146 [200]. 6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 146 [200]. 1a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 146 [200]. 8. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 146 [200]. DÌ — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 146 [200]. 10 a,b. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 146 [200]. 11. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 146 [200]. 12 a-c. — Asteroceras Montii McA., dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XXII [XXXIII], fig. 10). — Del Museo di Firenze, — pag. 144 ]198]. 13 a-c. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 144 [198]. 14 a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 1d4 [198]. Palaeorftographia italica, vol. IX, 1903. PALABONTOGIRNBIEI MAGIOA, Vol-DE Tew SS FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXXIV] RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZULARI & FERRARIO - MILANO PC TA Spiegazione della Tavola XXIV [XXXVI]. Fic. 1. — Schlotheimia boucau!tiana D’ OkB. var. etrusca, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 155 [209]. 2a-c(1)— Altro esemplare della stessa varietà dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 155 [209]. 3. — Altro esemplare della stessa varietà dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 155 [209]. 4 a,b. — Schlotheimia boucaultiana D’ ORE. var. ausonia, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 153 [207]. 5. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 153 [207]. 6. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 153 [207]. Ta-c. — Schlotheimia boucaultiana D’ORB. (var. semilaevis) dei calcari rossi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 155 [209]. 8 a-c. — Schiotheimia sp. ind., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 162 [216]. 9a-d. — Schlotheimia Bumortieri n. sp., dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 158[212]. 10 a,b. — Schlotheimia Geyeri HvaT, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 160 [214]. 11 a,b. — Sehlotheimia Coquandi De StEr. — Esemplare originale di Campiglia, del Museo di Firenze, — pag. 157 [216]. 12 a,b. — Deroceras Pecchiolii Mc®., dei calcari rossi inf. (Si veda anche Tav. XXVII [XXXVIII], fig. 3-7). — Del Museo di Pisa, — pag. L79 [233]. 13 a,b. — Deroceras Pecchiolii Mcx. var. costulata, dei calcari rossi inf. (Si veda anche Tav. XXVI [XXXVII], fig. 3, 4). — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [236]. (1) La figura 25 è stata rilevata dalla prima porzione dell'ultimo giro. Palaeontographia italica, vol. IX, 1993. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXIV. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXXVI]. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO RUGANI E FUCINI FOT. Spiegazione della: Tavola DONATO Fia. 1a-c. — Deroceras mutans n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 167 [221]. » 2a-d. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 167 [221]. » 3a-c. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 167 [221]. » 4a-c. — Deroceras (?) Gemmellaroi Levi, dei calcari grigi inf — Del Museo di Pisa, — pag. 184 [238]. » 5 a-c. — Deroceras olenoptychum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 171 [225]. » 6a-c. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 171 [225]. SRINATO — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 171 [225]. » 8 a-c. — Deroceras asper n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 173 [227]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXV. FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav XXXVI]: RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO Ù ù Ù DI D DA 2 9 * 1 a 7 o x . ru anal Li Spiegazione della Tavola XXVI [XXXVII]. Fig. 1a-d. — Deroceras permotum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 170 |224]. » 2a-c. — Gemmellaroceras (?) Suessi HAUER, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 164 [218]. d 8 — Deroceras Pecchiolii MGx., var. costulata, dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XXIV [XXX], fig. 13), — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [236]. DI AS — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 182 [236]. » 5 a,b. — Uptonia cfr. venustula Dum., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 163 [217]. » 6a-g.— Deroceras perisphinctoides n. sp., dei calcari Gigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 177 [231]. » 7a-c. — Deroceras connexum n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 176 [230]. Di E — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 176 [230]. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXVI. FUGINI, Ce/alopodi liassici del Monte di Cetona. [Tav. XXXVII]. RUGANI E FUCINI FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO Spiegazione della Tavola XXVII [XXXVIII], Fia. 1a,6. — Deroceras instabile n. sp., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 166 [220]. » 2 a-c. — Deroceras Pecchiolii McH. var. simplex, dei calcari grigi del Lias inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 183 [237]. 3 a-b. — Giovane esemplare di Deroceras Pecchiolii Mex., dei calcari grigi inf. (Si veda anche Tav. XXIV [XXXV], fig. 12), — Del Museo di Firenze, — pag. 179 [233]. 4 a-c. — Deroceras Pecchiolii Mcx., dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 179 [233]. 5a-d. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 179 [233]. 6. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 179 [233]. Ta,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 179 [233] Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXVII. FUGINI, Cefa/lopodi liassici del Monte di Cetona. [Zav. XXXVII] RUGANI E FUCINI FOT, ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO = MILANO PIL MERYON ME TURE A MOD nOi MORAR TISFARTERAA NIDO SIENA 19 {a VR I ERRO ur pori. È h) RRILZI, d a at IIS RIGRISITCI [ste CCNI : Ì de Spiegazione della Tavola XXVIII [I]. É Cyrtodelphis sulcatus Gerv. sp., — pag. 190 [4]. Fic. 1a. — Cranio dell’individuo n.1, visto di fianco, (3/: della grand. nat.). » 10. — Lo stesso visto di sopra. » lc. — Lo stesso visto di sotto. Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. TOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXVIII. DAL PIAZ, Cyriodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno, of tot, î DENTI TI Fratta tO) Oro lati di ‘obat ind stat: sare O Leni | Pakiori niet % ili sb i Spiegazione della Tavola XXIX [II]. Cyrtodelphis sulcatus Grrv. sp., — pag. 190 [4!. Fic. 1a. — Cranio dell’individuo n. 2 visto di fianco, (*/; della grand. nat.). » 15. — Lo stesso visto di sotto. » 2. — Parte posteriore della regione dentaria dello stesso cranio, (grand. nat.). » 3a. — Cassa timpanica dello stesso cranio vista dal lato esterno, (grand. nat.). » 36. — La stessa vista dal lato posteriore, (grand. nat.). » 4. — Cranio dell’individuo n. 1 visto dal lato posteriore, (!/, della grand. nat.). Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. X DAL PIAZ, Cyriodelphis sulcatus dell' arenaria di Belluno. [ Tav. 11), TI n x È su n i - ’ : de pia i VARA SOA A ni I RACAI FIATI TRO 9) Petr Spiegazione della Tavola XXX [III]: Cyrtodelphis sulcatus Gurv. sp., — pag. 190 [4]. Fig. 1a. — Cranio dell’individuo n. 3 visto di sopra, (8/, della grand. nat.). » 15. — Lo stesso visto di fianco. » 2. — Tratto anteriore del rostro dell’ individuo n. 4, (grand. nat.). » 3. — Frammento di mandibola dell’individuo n. 4 vista dal lato inferiore, (grand. nat.). Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALATONTOGRAPLEWNI MALTA Vol 196 May ISS DAL PIAZ,; Cyriodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno. [ Tav. I). ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANO ERRO STRATI Spiegazione della Tavola XXXI [IV]. Cyrtodelphis sulcatus Gerv. sp., — pag. 190 [4]. Fig. 1. — Frammento di mandibola presso l’angolo sinfisario dell’individuo n. 4, (grand. nati): DI 2: — Frammento anteriore della mandibola dell’individuo n. 4, (grand. nat.). Delphinus delphis Lim., — pag. 202 [16]. Fic. 3. — Periotico sinistro visto dal lato esterno, (grand. nat.). (Termine di confronto). Cyrtodelphis suicatus GeRv. sp., — pag. 190 |[4!. Fia. 4a. — Periotico sinistro dell’individuo n. 7 visto dal lato interno, (grand. nat.). » 4b. — Lo stesso visto dal lato esterno, (grand. nat.). » ba. — Cassa timpanica dell’individuo n. 1 vista dal lato interno, (grand. nat.). » bd. — La stessa vista dal lato esterno, (grand. nat.). » 6a. — Dente della parte posteriore visto dal lato interno, (grand. nat.). » 60. — Lo stesso visto dal lato esterno, (grand. nati). » Ta-1l1a. — Denti della parte media visti dal lato interno, (grand. nat.). » 7b-11b. — Gli stessi visti dal lato esterno, (grand. nat.). » 12a-17a. — Denti della parte posteriore visti dal lato interno, (grand. nat.). » 120-170. — Gli stessi visti dal lato esterno, (grand. nat.). » 184,190. — Denti della parte media visti dal lato interno, (grand. nat.). » 185,195. — Gli stessi visti dal lato esterno, (grand. nat.). » 20a,21a. — Denti della parte anteriore visti dal lato interno, (grand. nat.). » 200,215. — Gli stessi visti dal lato esterno, (grand. nat.). » 22,23. — Denti della parte posteriore visti dal lato esterno, (doppio della grand. nat.). » 24a-26a. — Denti della parte posteriore visti dal lato interno, (doppio della grand. nat.). » 24b-26b. — Gli stessi visti dal lato esterno, (doppio della grand. nat.). » 27a. — Dente della parte media visto dal lato esterno, (doppio della grand. nat.). » 276. — Lo stesso visto dal lato interno, (doppio della grand. nat.). » 284. — Dente della parte anteriore visto dal lato interno, (doppio della grand. nat.). » 285. — Lo stesso visto dal lato esterno, (doppio della grand. nat.). Palaeontographia italica, vol. IX, 1903. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IX, Tav. XXXI DAL PIAZ, Cyriodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno. [ Tav. IVI. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO MILANO ERNST MAYR LIBRARY SINNI. Mn n 44 » Tore Or E da. vt - API vu LO