bi ‘ là: fa w de ), e & ‘i , 5 x $ > i Po 4 A be] Di % E È a HARVARD UNIVERSITY. OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. NALE - è n AL DI E x ST ni n a 5 : Re +. ‘ VA ne i PALAEONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA ; DEL PROF. MARIO CANAVARI Museo GroLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PISA ——_ ra VoLume XII. — 1906. =doc== TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI Lebi 48, 12, i Pio i va PARA DI te da Gortani M. . nic Riroia G. MartEeLLI A. UGonini R. De ALrssampri G. INDICE DEL VOLUME XII. Contribuzioni allo studio del Paleozoico Carnico. I. La fauna permocarbonifera del Col Mexxodì presso Forni Avoltri (Tav. I-II [I-III| e Fig. 1-7 interc.) Gli Echinidi viventi e fossili della Sicilia. Parte prima: Gli Echinidi viventi sulle coste della Sicilia (Tav. IV []) Vontributo al Muschelkalli superiore del Montenegro (Tav. V-IX [I-V] e Fig. 1-11 interc.) Monografia dei Pettinidi neogenici della Sardegna. Parte prima. Generi: Chlanvys, Hinnites, Inacquipecten (Tav. X-XII [I-III]) Studi monografici sui Cirvipedi fossili d’ Italia (Tav. XIII-XVILI [I-V]] e Fig. 1-9 intere.) Pag. » » MICHELE GORTANI CONTRIBUZIONI ALLO STUDIO DEL PALEOZOICO CARNICO IL LA FAUNA PERMOCARBONIFERA DEL COL MEZZODÌ PRESSO FORNI AVOLTRI (Tav. I-II [I-II] e Fig. 1-7 intere.) I dintorni di Forni Avoltri presentano uno speciale interesse per la geologia della Carnia. Come l’alto Incaroio, che fa capo a Paularo, così l’alto bacino del torrente Degano, che costituisce i dintorni di Forni Avoltri, mostra raccolta in un breve territorio una successione ininterrotta di terreni, dai paleo- zoici antichi a quelli più recenti del Trias, e se accuratamente studiato può dar la chiave per la spie- gazione di vari problemi interessanti l’intera regione. Quando si aggiunga che il territorio accennato possiede i soli giacimenti metalliferi carnici di qualche importanza, con alterna vicenda sfruttati, abban- donati e coltivati di nuovo, si comprende come esso sia stato la meta di visite e il campo di ricerche di numerosi geologi. Percorsi fra il 1850 e il 1883 dal von HauER, dallo StUR, dal FoETTERLE, dall’ HoER- NES, dal TarameLLI, dallo StAcHE e dall’HarapA, oltre che dagli ingegneri minerari; e perlustrati minuta- mente da Freca e GeyER nell’ ultimo decennio, i dintorni di Forni Avoltri sono stati infatti oggetto di molteplici studi. Importanti questioni sono già state risolte, per merito specialmente del TARAMELLI e del Greve; il FRECH si adoperò con fortuna nello sbrogliare in gran parte i terreni devoniani del gruppo del Coglians; ma la geologia della regione è ancora ben lungi dall’ essere a sufficienza chiarita. Due anni or sono, in una delle molte escursioni fatte a scopo di studio nei terreni paleozoici della Carnia occidentale, ebbi la ventura di imbattermi in una serie potente di calcari con Fusulina, sul ver- sante nordorientale del Col Mezzodì, immediatamente a SE di Forni Avoltri. Di questo rinvenimento e dei primi fossili allora raccolti ebbi già a parlare in altra occasione !; ora esporrò i risultati delle ricerche da me compiute sul luogo la scorsa estate, e di cui diedi notizia sommaria il settembre scorso nell’adunanza estiva della Società geologica italiana a Siena 2. 4) M. GorTANI. Sul rinvenimento del calcare a Fusuline presso Forni Avoltri, nell’ Alta Carnia occidentale. Rend. ‘R. Accad. Lincei, CI. di Sc. fis. mat. e nat., ser. 5%, vol. XI, 2° sem., fase. 11°, pag. 316-318; — Ip. Fossili rinvenuti în un primo saggio del calcare a Fusuline di Forni Avoltri. Riv. It. di Paleontologia, anno IX, 1903, fasc. I, II, pag. 35:50, tav. III-IV. 2) M. GortanI. Sugli strati a Fusulina di Forni Avoltri. Boll. d. Soc. geol. it., vol. XXII, 1903, fase. II, pag. CXXVII-CXXVIII. , « Pnulacontographia italica, vol. XII, 1906 1 2 M. GORTANI [2] Il Col:Mezzodì è inn contrafforte del monte Tuglia, strettamente connesso con la massa di questa montagna je ;dosì poso:staccato da essa, che lo si può considerare semplicemente come una parte delle sue falde settentrionali ‘e orientali. A_N e a E i suoi fianchi, rivestiti di abeti e di faggi, sì ergono bruscamente con una pendenza di 45° sul fondo della valle, dominando la confluenza del rio Acqualena con il torrente Degano; più ripidi e scoscesi strapiombano a S sul rio Valp, che li separa dal Col Mag- giore; a W e in alto si continuano direttamente con i fianchi della Creta di Tuglia. La massa di questa montagna ci presenta una serie istruttiva di strati, che vanno dal Carbonifero al Trias superiore e si mostrano costantemente inclinati di qualche decina di gradi (40°-60°) verso SW o SSW. Può riuscire interessante il vedere come sia stata interpretata successivamente questa potente pila di stratificazioni, che da 850 m. (letto del Degano) giunge a 1350 m. con il Col Mezzodì e a quasi 1950 con l’aspra vetta del Tuglia. Lasciando a parte la carta d’assieme del v. HAUER !, troppo poco dettagliata e d’altronde senza alcun valore per i terreni del versante italiano, la prima rappresentazione geologica della nostra serie si trova in un profilo costruito nel 1869 dal prof. TarameLtI °). Nella fig. 1 ho riprodotto la parte che ci riguarda di questo spaccato, cambiando soltanto i segni convenzionali per uniformità di rappresentazione. L’illustre geologo, che era allora alle sue prime armi, fu tratto in inganno dagli errati riferimenti dei geologi austriaci, e in ispecie dello StuR ?; e confondendo le arenarie werfeniane con quelle di Val Gar- dena spostò necessariamente la cronologia di tutta la serie. Ma anche trascurando questo errore, che un anno dopo egli stesso corresse 5, lo spaccato è anche ‘litologicamente inesatto, perchè segna costituito da arenarie micacee quasi tutto il versante NE del Col Mezzodì, dove vedremo prender sviluppo i cal- cari con Fusulina. Questo errore vien ripetuto nel 1874 dallo StACcHE, che nella carta, veramente in iscala assai piccola, unita al suo bel lavoro sopra le formazioni paleozoiche delle Alpi Orientali ?), segnala in quel punto grovacche antiche precarbonifere; e lo stesso TaArameLLI, nella carta del 1881, chiama bensì arenarie di Val Gardena quelle dette nel 1869 a Naticella costata, ma d’altra parte indica il Col Mezzodì come formato quasi interamente da argilloscisti siluriani cui si sovrappongono le arenarie del Permico (v. fig. 2). Due anni dopo il geologo giapponese Toyokirsi HAraDA pubblicava il suo studio sopra il Comelico e la Carnia occidentale”, che, per quanto appaia forse un po’ frettoloso, segna un progresso non trascurabile nella conoscenza della regione. Il quinto dei profili annessi a questo lavoro passa 4) von HAuUER. Geologische Uebersichtskarte der Oesterreichisch-Ungarischen Monarchie. Blatt VI, Wien 1855-68. 2) T. TARAMBLLI. Osservazioni stratigrafiche sulle valli del Degano e della Vinadia in Carnia. Annali scientif. d. R. Istit. tecn. di Udine, anno III, 1869, pag. 35-73, con 1 tav. di profili. 3) Dronys STUR. Die geologischen Verhdltnisse der Thiiler der Drau, Isel, Moll und Gail in der Umgebung von Lienz, ferner der Carnia im Venetianischen Gebiete. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. VII, 1856, n.° 3, pag. 405, con 3 tav. di profili. 4) T. TARAMELLI. Osservazioni stratigrafiche sulle valli del But e del Chiarsò in Carnia. Ann. scientif. d. R. Istit. tecn. di Udine, anno IV, 1870, pag. 31. i 5). G. SrAcH». Die palaeozoischen Gebiete der Ostalpen. Versuch einer kritischen Darlegung des Standes unserer Kenntnisse von den Ausbildungsformen der vortriadischen Schichtencomplexe in den oesterreichischen Alpenlindern. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXIV, 1874, n. 2, pag. 135. 5 T. TARAMBLLI. Carta geologica del Friuli rilevata negli anni 1867-74 e pubblicata nell’ anno 1881. Pavia, 1881. ?) T. Harapa. Zin Beitrag zur Geologie des Comelico und der westlichen Carnia. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXXIII, 1883, n. 1, pag. 151. GORTANI 3 BI M. SMS (=) 6 (o) & n © (| 8 f B El "ki E Ca N A E) Gi So 3 5 "ED sei a E < 3 È © E E 3 SEME 6 Fani ee + SR A e s i EE 3 (©) s 21 Sì L=] BE N ------>. Col Mezzodì Fic. 1. Fic. 4. 5 he; s _ 35 E) E È o E ©, a e E . ° ° ._ 0 = i © BR | Ù o LES) N O ti od ; i 5 E — a ? Fic. 2. 7 ! 9 E; È: S, 3 CRE Ù S Di) DSi fe N ° f& 3 "ED ES S [A S 1894. — — Kryrs. Paleont. of Missouri, part. II, pag. 50, tav. XXXVI, fig. £a-c. 1896. — — JuLien. Le terrain carbonifere marin de la France centrale, pag. 65, tav. I, fig. 1-4 e 13; tav. VII, fig. 4-6; tav. XI, fig. 6; tav. XII, fig. 8. 1897. _ = Drener. The Permocarboniferous Fauna of Chitichun. Palaeont. Ind., ser. DOG IG par 3 0a 8, day 106 9a 1,3, toy I00)) ila 1,23, 1899. — — Dirner. Anthracolithice Fossils of Kashmir and Spiti. Ibid., part. 2, pag. 25, tav. I, fig. d4: et tav. JI fig do; 1900. — = ScieLLwIen. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 45, tav. VII, fig.8 e 92. i 1903. = — Parkinson. Zeitschr. Deut. geol. Ges., vol. LV, pag. 350. Altri sin. v. in Diener. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 18. Non ho rinvenuto questa specie che negli strati più bassi e in quelli più alti della serie, ma essa deve trovarsi certamente anche negli intermedî. Gli esemplari più antichi sono deformati dallo schiac- ciamento, ma presentano tuttavia abbastanza spiccata la scultura caratteristica, reticolata nella regione apicale e ridotta alle semplici pieghe longitudinali verso il margine anteriore. Il solco è di ampiezza me- diocre; l’aspetto si avvicina a quello della var. antiquata pe Kon., ma la parte viscerale è più allungata, come nella var. Martini dello stesso autore. Assai meglio conservato è l'esemplare, finora unico, dei calcari superiori. È un individuo completo, con entrambe le valve; la superficie ha una scultura elegante e ben chiara, non molto forte, ma estesa fino a tutta la regione mediana della conchiglia; il seno è bene spiccato, la parte viscerale delle valve |21] M. GORTANI 21 trasversa. Gli è molto simile l’esemplare della fig. 11, tav. XXVI, del WaureRr ®; ha pure grande ana- logia con la var. concinna DE Kon., propria dei più recenti strati carboniferi 2). Arenarie scistose ocraceo-argentine e calcari rossi: Rio Rosso e Rio Col Mezzodì. Productus cfr. gratiosus Waacen. — Tav. I [I], fig. 20,21. Sin. v. in ScaeLuwIeNn. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, 1900, pag. 48; tav. VIII, fig. 9. Le piccole dimensioni e la scultura ben netta, elegante e finissima mi fanno accostare a questa forma subpermiana due esemplari del calcare rosso. Le valve sono mediocremente convesse, poco prolungate lateralmente, trasverse. Il margine cardi- nale è uguale o poco maggiore della massima larghezza; l’apice ottuso, non grande, ricurvo; non v° è traccia di seno. La superficie è ornata di numerosissime costicine radiali, prominenti, separate da solchi altrettanto larghi, .ben distinte anche sull’apice, semplici o biforcate a breve distanza da esso. A mm. 10 dall’apice se ne contano 9 o 10 in uno spazio di mm. 5; il loro numero totale è di 50-60; si fanno mi- nute e indistinte verso il margine cardinale. Le intersecano fitte pieghe concentriche ugualmente rilevate, uniformi, alquanto più rade verso la fronte, spiccate particolarmente sul margine posteriore dove ap- paiono come vere pieghe, mentre nel mezzo sono ridotte a serie di tubercoli sulle coste radiali. Da mm. 5 a 10 di distanza dall’apice se ne contano 6-7; sul margine cardinale se ne contano 12-14 da ogni parte dell’ apice. I II Lunghezza della valva ventrale . . o È È mm. 13 mm. 15 Larghezza » » » 6 6 5 . : » 16 2; 1120. Lunghezza del margine cardinale . È : 0 . PAS da 18 Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Sect. III. Producti spinosi De Kon. Productus cancriniformis Tscaernyscnew. — Tav. I [I]. fig. 22. 1889. Producius cancriniformis Tscrernyscnew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. III, n.0 4, pag. 283 e 373, tav. WII, fig. 32-33. 1891. — latirostratus var. Griespaca. Mem. Geol. Surv. India, XXIII, pag. 121. 1892. = cancriniformis ScaeLLWIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 22, tav. VIII, fig. 20. 1894. = tibeticus (partim) Frecw. Denkschr. k. Akad. Wiss. Wien, math.-nat. C1., vol. LXI, pag. 454. 1897. —_ cancriniformis Dinner. The permian fossils of the Productus Shales of Kumaon and Gurhwal. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 4, pag. 31, tav. I, fig. 7-10. 1897. = = -— Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 25, tav. IV, fig. 6, 7. 1900. — = ScHeLLWwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 43, tav. IX, fig. 1-3. 1901. _ — Freca. Lethaea palaezoica, vol. II, Die Dyas, tav. 574, fig. 3. 1902. — — TscaEernyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., pag. 292 e 269, tav. LII, fig. 5-6. 1) Zeitschr. d. Deut. geol. Ges., vol. XLII, 1890. 2 Cfr. pa KoNINcCK. Mon. des genres Productus et Chonetes, pag. 87. 22 M. GORTANI [22] Una valva dorsale, di piccole dimensioni, con la superficie percorsa da larghe pieghe o meglio cer- cini concentrici, ornati di sottili e numerose strie radiali e di aculei brevi e radi. Non v'è traccia di seno. Concorda specialmente con gli esemplari del Kuen-Lun illustrati nel 1897 dal DIENER. Lunghezza della valva . È n . é . o . È . mm. ll Larghezza » » 6 c ò 6 6 Ò 0 c o . » 10,5 Lunghezza del margine cardinale . ò 6 ò d 6 . 7 » 10 Arenarie scistose ocraceo-argentine: Rio Rosso. Sect. IV. Producti fimbriati pe Kon. Productus punctatus Martin sp. — Tav. I [I), fig. 23. 1809. Anomites punctatus MartIN. Petrificata Derbiensia, pag. 8, tav. XXXVII, fig. 6. 1838. Productus semipuncitatus SaepHARD. Amer. Journ. Sc., vol. XXXIV, pag. 153, fig. 9. 1854. 1855 1872 1889. 1889. 1894. 1899. 1902. 1903. punctatus MorrIs. Catalogue of British fossils, pag. 145. . Producta punctata M° Cory. Description of the British palacorxoie fossils. London and Cambridge, pag. 469. . Productus symmetricus? Meer. Palaeontology of Eastern Nebraska. Final Rep. U. S. Geol. Surv. Ne- braska, pag. 167, tav. VIII, fig. 13. punctatus Lesunv. Dict. foss. Pennsylo., pag. 762 e fig. symmetricus — Ibid., pag. 765 e fig. punctatus Kraves. Palaeont. of Missouri, part. II, pag. 51, tav. XXXVII, fig. 1a-c. —_ Diener. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 2, pag. 35, tav. II, fig. 11 (cum syn.). — TscarrnyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 296 e 631, tav. LVI, fig. 12. — Parkinson. Zeitschr. Deut. geol. Ges., vol. XV, pag. 349. Questa caratteristica forma è rappresentata nella nostra fauna da una valva ventrale di notevoli di- mensioni, fortemente convessa, munita di un seno largo, poco profondo, iniziantesi nella regione apicale. Il margine cardinale non si può seguire in tutta la sua lunghezza, non essendo riuscito a liberarlo com- pletamente dalla roccia durissima; è rettilineo e sembra non oltrepassi la maggiore larghezza della valva. Su di esso sporge alquanto il largo apice, decrescente a poco a poco ai due lati nelle orecchiette che sono poco distinte dal resto della conchiglia. Questa è leggermente trasversa, ornata di 14-15 pieghe con- centriche subeguali fra loro, ben distinte anche sulle orecchiette dove si fanno più strette e stipate. Dei tubi spiniformi aciculari non rimangono che deboli tracce. L’esemplare descritto ha la massima somiglianza con la fig. 2a, tav. XII, della preziosa monografia sui Productus del pe KownINcK. Lunghezza della valva in linea retta . c c . . o c mm. 39 » » lungo la curva 0 . o . o È » 59 Larghezza della valva . È È . ò o 0 ò o o » 48 Arenarie argentine: Rio Rosso. 128] M. GORTANI 23 Sect. V. Producti caperati pe Kon. Productus curvirostris ScarLLwien. — Tav. II [II], fig. 1-3. 1902. Productus curvirostris ScaeLLwIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 26, tav. IMI, fig. 12-14. 1900. —_ _ — Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 51, tav. VIII, nia IL 2i 1902. —_ — TscaernyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 269 e 616, tav. XXIX, fig. 3; tav. LXIII, fig. 9. I sette esemplari che ho riferito a questa specie sono rappresentati pur troppo da sole valve ven- trali, come quelli dell’Auernig, di Neumarktl e degli Urali, e non posso quindi mio malgrado colmare la lacuna che resta nella conoscenza di tale forma. Le valve accennate sono molto convesse, ad apice arcuato, con margine cardinale breve, sempre in- feriore alla massima larghezza della conchiglia. La superficie, come negli individui carinziani, è provvista di cercini concentrici non molto numerosi, variabili da 10 a 14, spesso molto leggeri, irregolari e poco distinti, senza o in rari casi con debolissime pieghe radiali, sempre con un numero maggiore o minore di tubercoli e tracce di piccoli aculei. Negli esemplari figurati le dimensioni sono le seguenti: I II Lunghezza della valva in linea retta . c 0 0 mm. $ mm. 9 » » » lungo la curva . ; c . 5 il » U Larghezza della valva . c . o o : o » 6,9 Gul Lunghezza del margine cardinale . : . . . » 5 » 6,5 Angolo apicale . . 5 . o ; > 6 65° 62° Arenarie argentine: R. dei Lòvs. Subg. Marginifera WAAGEN. Productus (Marginifera) typicus Waacen. — Tav. II [II], fig. 4-13. 1862. Productus longispinus Davison. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. XVII, pag. 31, tav. I, fig. 19. 1863. —_ _ Davipson in Konincr. Mémoire sur les fossiles paltoxoiques de l Inde, pag. 37, tav. X, fig. 19. 1884. Marginifera typica Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 717 e fig. 23, tav. LXVIII, fig. 1, e tav. LXXVI, fig. 4-7. 1889. _ — Tscarrnyscnew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. III, n.° 4, pag. 285 e 378, tav. VII, fig. 22-24 e 28. 1897. _ — Drenrr. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 32, tav. IV, fig. 11-13; tav Vena el2! I minerali esemplari, che ho rinvenuti negli strati più bassi del Col Mezzodì, pur concordando nei principali caratteri con quelli della Russia e dell’Asia, presentano uno spiccato polimorfismo. La forma generale, mentre nella maggior parte dei casi è analoga a quella descritta e illustrata dal WaAAGEN, si accosta non di rado a quella degli esemplari figurati dal DIENER e specialmente dallo 24 M. GORTANI [24] TSscHERNYSCHEW; e spesso offre tali passaggi agli individui carinziani descritti da ScHELLWIEN come Pro- ductus (Marg.) carniolicus, da rendermi incerto se debba trattarsi dell’ una o dell’altra specie. Nella figura qui unita ho rappresentato schematicamente il profilo di tre esemplari, Pie il primo dei quali appartiene alla genuina Marg. typica del WaAGEN, A E C l’ultimo alla M. carniolica dello ScHELLWIEN, mentre il secondo, pur ) dovendo essere ascritto alla specie indiana, comincia ad accostarsi a quella delle Alpi Carniche orientali e delle Caravanche. Altre forme intermedie si troveranno nelle figure 9-13 della tav. IV; benchè non giunga mai ad avere nei miei esemplari la curvatura semicircolare o A. Productus (Marginifera) typicus del A a NNri y rnioli Salt-Range (strati medî), veduto di paraboloide SARO cela LE Si also, SN fianco per mostrare l’incurvamento L’ornamentazione è costituita, sulla grande valva, da molteplici della valva ventrale; — B. P. typicus coLa DIRO . . . ; . OMFOLI ESTA TO di Rutican-Tau (Urali); — C. P. carni. SOttilissime costicine longitudinali, che talora diventano quasi invisibili , licus del Teufelschlucht presso Neu- sul culmine, per ritornare manifeste e più spiccate verso la fronte; marktl (Caravanche). — Grandezza AI D ZINIO 5 x DUE 5 È naturale. per lo più tali costicine corrono lungo alcuni cordoni radiali poco rilevati e distinti specialmente nella regione anteriore (v. fig. 7a della tav. Il). Le pieghe concentriche sono in generale limitate alla parte estesa dall’apice al culmine; ma talora sono segnate come lievi ondulazioni od anche come cordoncini notevolmente rilevati su tutto il culmine e perfino sulla porzione viscerale, come nella M. ornata Waac. (forma ad ornatam vergens, tav. II [II], fig. 8). Un fatto notevole è la mancanza assoluta di seno nella massima parte dei miei esemplari. Ma la loro somiglianza in ogni altro particolare con gli individui indiani, e segnatamente coni pochi esemplari sinuati ad essi frammisti, mi obbligano a comprenderli nella medesima specie e provano una volta di più quanto siano fallaci le distinzioni generiche e specifiche basate su tale carattere. Mi sembra tuttavia opportuno di distinguere nel Productus (MMarg.) typicus le due forme: a) genuinus, con seno mediano più o meno profondo. E) inflatus n. var., senza traccia di seno. La valva dorsale presenta la medesima scultura descritta dal WaAAGEN: numerose pieghe concentriche estese su tutta la superficie, non interrotte da coste radiali, che sono deboli o nulle. Le tracce delle spine, che, per quanto in numero molto variabile, esistono sempre sulla grande valva, qui sono molto più rare e talora mancano affatto. Negli individui asiatici la piccola valva ne è sempre sprovvista. I caratteri interni, che son riuscito a mettere in evidenza in un esemplare, corrispondono in tutto alla descrizione del Waagen. Meglio di altre parole servirà ad illustrarli la fig. 136 della tav. II [II]. Eseguendo accurate misure sui campioni meglio conservati, ottenni come valori medî i seguenti: Lunghezza totale della grande valva, in linea retta 0 0 0 . mm. 10,5 » » » » » lungo la curva . o 0 . » 19 » del margine cardinale . . 5 : . : 7 . » 9 Larghezza della grande valva al culmine È 5 5 i b 0 » 9,5 Lunghezza della piccola valva 3 c ° c c c o 5 » 10,5 Larghezza » » » o o . 0 o a . ' 5 dI Forma genuina: Arenarie argentine, Rio dei Lòvs (es. 6). » fata: Arenarie argentine, Rio dei Lòvs (es. 42). » inflata ad ornatam vergens: Arenarie argentine, Rio dei Lòvs (es. 13). [25] M. GORTANI 25 Nel calcare nero del Rio Rosso rinvenni un esemplare con orecchiette intere, che mi sembra riferibile a questa stessa specie e che ho disegnato nella fig. 9 della tav. II [II]. Un individuo forse appartenente alla nuova varietà mi fu dato rinvenire anche nei calcari rossi fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. , Fam. Spîiriferidae Kino. Spirifer SowERBY. I. Gruppo dello Spirifer striatus Mart. Spirifer striato-paradoxus Tours. — Tav. II (II), fig. 14. 1873. Spirifer striato-paradoxus Toura. Sitzb. k. Ak. Wiss. Wien, math.-nat. C1., vol. LXVIII, pag. 271, tav. I, fig. 2a-c. ® È una forma di passaggio fra lo S. striatus Mart. e lo S. paradoxus ScHLOTH., ben distinta per la leggera sinuosità delle sue costole radiali e le ondulazioni concentriche della valva. L’esemplare che ri- porto a questa forma nordica, benchè rappresentato dalla sola metà destra di una valva ventrale, con- corda così bene con la fig. 2a, 1. c., del TounA (pure riproducente un frammento), da potersi quasi scam- biare per la porzione mancante di essa. Ha tuttavia notevoli rapporti con lo Spirifer aff. fascigero figurato dal DieNnER tra i fossili permiani di Kumaon e Gurhwal !; ma ho forti dubbi sull’esattezza del riavvici- namento compiuto dal noto professore viennese. Calcari rossi, tra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. I. Gruppo dello Spirifer faseiger KEYS. Spirifer fasciger v. KaysERLING. 1900. Spirifer fasciger ScarLLwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsansé., vol. XVI, pag. 70, tav. X, fig. 1-4. 1902. —_ — Tscamrnyscanw. Mém. Com. géol. St. Pétersb. vol. XVI, n.° 2, pag. 141 e 532, tav. XXXVIII, fig. 3,4; tav. XLIX, fig. 1 (cum syn.). A mio parere le molteplici forme descritte in questo gruppo (S. fasciger Kevs., cameratus MoRT., Moosakheylensis Dav., tegulatus TRAUTSCH., poststriatus NIKT., ecc.) debbono riunirsi in un’unica specie, o tutt’ al più in due, che per diritto di priorità saranno rispettivamente S. fasciger (Keys., 1847) e S. ca- meratus (Morton, 1836): questo prevalente in America, quello limitato al vecchio continente. La sola distinzione facile e di qualche valore che si può opporre fra questi due tipi consiste nella fittezza e nel rilievo delle costicine concentriche adagiantisi sulle pieghe radiali; costicine molto più avvicinate e deboli nello S. cameratus, e più rade e robuste nell'altro, dove formano tante serie di tubercoli sulle pieghe longitudinali. La S. fasciger è rappresentato nella collezione della Carnia da un modello stupendamente lavorato dagli agenti esterni. La scultura è quella tipica ben nota, e si mostra in particolar modo evidente; la 1 Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 4, 1897, tav. V, fig. 2. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 4 26 M. GORTANI [26] forma e le dimensioni sembrano poco diverse dall’esemplare disegnato nella tav. X, fig. 1, del citato lavoro di ScHELLWIEN. Arenarie argentine: Rio Rosso. II. Gruppo dello Spirifer mosquensis FISCH. Spirifer supramosquensis Nixmn, var. Fritschi ScueLuwIen. — Tav. II [II], fig. 15-18. 1892. Spirifer Pritschi ScarLuwIEN. Paleontographica, vol. XXXIX, pag. 43, tav. V, fig. 4-8. 1898. — supramosquensîis ScaeLuwIen. Die Auffindung einer permocarbonischen Fauna in den Ostalpen. Verh. k. k. geol. Reichsanst., n.° 16, pag. 360. 1899. — — FrecH. Lethaea palaeozoica, vol. II, 2, Die Steinkohlenformation, pag. 260, tav. 47b, fig. 1a, b. 1900. — rischi ScueLLwIeNn. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 71, tav. X, fig. 7-10. 1902. — cfr. WYritschi TscarrnyscHnow. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag.156 e 543. tav. XIII, fig. 1. Esemplari ben conservati, a conchiglia grande, trasversa, sempre più larga che alta, col margine car- dinale ben più corto della sua maggiore larghezza e inferiore o subeguale alla sua altezza massima. La valva ventrale è fortemente convessa, munita di un seno mediano che dall’apice, ove è ristretto e ben definito, si estende allargandosi e deprimendosi fino alla fronte. Tale seno è abbastanza profondo, tranne che sull’apice mal limitato ai lati, specialmente verso il margine anteriore dove si continua gradualmente sul resto della conchiglia. Apice non molto largo, prominente, ad angolo quasi retto. Valva dorsale quasi altrettanto convessa della precedente, e come essa poco o nulla prolungata in avanti; rilevata sulla linea mediana in corrispondenza del seno ventrale, munita di apice largo, ottuso, poco sporgente. À Entrambe le valve sono percorse da 35-50 pieghe radiali alquanto convesse, larghe mm. 1-2, sepa- rate da stretti solchi, presto biforcate; esse si continuano con gli stessi caratteri sul lobo e nel seno, indebolendosi verso il margine cardinale e talora anche verso i lati e la fronte. Le dimensioni sono straordinariamente variabili e giungono spesso a valori assai alti, come in alcuni degli esemplari fotografati. Frequente nei calcari grigi e rossi fra i rivi Valp, Creta rossa e Col Mezzodì; nell’ arenaria argen- tina del R. dei Lòvs un esemplare a coste lievemente ondulate, ricordante lo Sp. striato-paradoxus TouLa. Nel 1892 lo ScHELLWIEN fondava il suo Spirifer Fritschi ritenendolo distinto dallo ,S. supramo- squensis perchè più depresso e suscettibile di acquistare dimensioni maggiori. Successivamente, nel 1894 1), espresse il dubbio che le due specie fossero in realtà una sola cosa: idea che troviamo accolta nella magistrale “ Lethaea palaeozoica , det FrEcH. Ma più recentemente, studiando la fauna permocarbonifera del Trogkofel e delle Caravanche, e avendo a sua disposizione alcuni esemplari della Russia, lo SCHELLWIEN ritornò al primitivo concetto osservando bensì che i caratteri differenziali suesposti erano di scarso va- lore, ma aggiungendo che nella forma moscovita il seno è più profondo e ristretto, talora ridotto ad un solco. I numerosissimi esemplari da me raccolti (oltre 100, conservati in gran parte nel Museo di Pisa) i) Zeitschr. d. Deut. geol. Ges., vol. XLVI, pag. 75 nota. [27] M. GORTANI 27 mi hanno permesso di constatare come nella forma carnica il margine cardinale sia quasi sempre più lungo, la conchiglia abbia una larghezza maggiore, il seno abbia una sezione a linea intera, mai spezzata, a forma di U o di V molto aperto. Pare che il seno si presenti con tali caratteri anche nello S. Nikitini TscHERNYSCHEW (1. c., pag. 154 e 542, tav. X, fig. 1,2; tav. XIII, fig. 2), il quale è pure molto vicino allo S. supramosquensis, e se ne può distinguere a mala pena per la regione apicale più allungata e acuminata e l’area con limiti meno ben definiti. Fedele al mio principio di raggruppare le forme più affini !, io ritengo che tanto lo S. Eritschi quanto lo S. Nikitini rientrino nel ciclo dello ,S. supramosquensis, e ne rappresentino l’uno la forma più allargata, l’altro quella più alta; restando il carattere del seno ancora dubbio e da verificarsi e studiarsi, per lo S. supramosquensis, su buon numero di esemplari. III. Gruppo dello Spirifer trigonalis MART. Sp. Spirifer trigonalis Marr. sp. 1809. Anomites trigonalis MartIN. Petrif. Derbiens., pag. 9, tav. XXXVI, fig. 1. 1855. Spirifer trigonalis M° Cov. Brit. palaeox. foss., pag. 423. 1858. — ancrebrescens Han. Geological Survey of the state of Jowa, vol. I, part. 2, pag. 706, tav. XXVII, fig. 6 a-d. 1884. — dirigonalis Warcomr. Palacontology of Eureka District. Monogr. U. S. Geol. Survey, VIII, pag. 215, tav. XVIUI, fig. 11. 1887. — _ pe Koxincx. Faune du calcaire carbonifère de Belgique. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg.,vol. XIV, pag. 121, tav. XXVI, fig. 5-8; tav. XXVIII, fig. 7,8, DA-4A, 48. 5 1890. — convolutus? WantneRr. Zeitschr. Deut. geol. Ges., vol. XLII, pag. 436, tav. XXV, fig. 10. 1894. . — ‘fr. trigonalis ScarLuwIen. Ibid., vol. XLVI, pag. 73. 1903, — — Parkmson. Ibid., vol. LV, pag. 361. è Altri sin. v. in pe Koninck, L. c., pag. 121. Non rari degli strati inferiori del Col Mezzodì, gli individui carnici di questa specie si mostrano variabili di forma e di aspetto. Il contorno è ora triangolare, così da avvicinarsi allo S. triangularis MART., ora invece alto e relativamente ristretto, in modo da prender quasi la forma ovato trasversa dell’ esem- plare disegnato dal Warcort. La specie è caratteristica del carbonifero superiore. Calcari neri bituminosi: Rio Rosso. Spirifer Zitteli ScarLuwren. — Tav. II [II], fig. 19. 1892. Spirifer Zitteli ScurLiwien. Palacontographica, vol. XXXIX, pag. 48, tav. IV, fig. 6-9. 1900... — — — Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 77, fig. 12. 1 A mio parere, oggi è utile al paleontologo porre un freno alla tendenza per così dire morbosa di creare nuove specie per ogni più piccola variazione o anomalia di struttura, pur ritenendo queste degne di studio. Sarebbe ormai necessario di procedere a lavori sintetici e critici, diretti a coordinare e riannodare a tipi fondamentali l'esagerato numero di forme descritte. i 28 M. GORTANI [28] Alle forme più tozze, subquadrangolari, dello S. trigonalis, e più ancora all’affine S. pectinoîdes DE Kon. 5, si avvicina questa bella specie, ristretta finora al Permocarbonifero carnico. In tutti tre gli esemplari del Col Mezzodì sono ben visibili le coste longitudinali nel seno della grande valva, ultimamente descritte dallo ScHELLWIEN. L'individuo che ho disegnato è perfettamente identico a quello figurato dall’autore tedesco nel suo più recente lavoro; altre due valve presentano invece il margine cardinale più corto e l’apice più sollevato e protratto, avvicinandosi al prossimo SS. tè- betanus DIENER dell’Imalaia ?). 1 II Lunghezza della valva ventrale 5 ò ; 5 mm. 22 mm. 13 Larghezza » » » - . 5 a » 21, 5 » 13 Lunghezza del marg. cardinale . c o . . » 24 » 11 Angolo apicale . î o È . o 0 . 800 TITO ° Arenarie argentine ocracee (1 es.), e calcari neri bituminosi (2 es.): Rio Rosso. Spirifer carnicus Scaruuwren. — Tav. II, [II], fig. 20 a, d. 1892. Sporifer carnicus ScanLuwIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 45, tav. IV, fig. 1-5. 1898. — _ — Berichit ber die Ergebnisse einer Reise in den Karnischen Alpen und den Karawanken. Sitzb. Ak. Wiss. Berlin, vol. XLIV, pag. 696, e Verhandl. k. k. geol. Reichsanst., n.° 16, pag. 360. 1900. — _ — Abhandl. K. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 80, tav. XI, fig. 9. A questa specie, che negli strati carboniferi più recenti si va man mano facendo più rara, ascrivo un esemplare abbastanza ben conservato degli scisti ocracei. Non posso dire se tale esemplare si avvicini più o meno allo Spirifer Strangwaysi VERN., che von Léczy ritiene sinonimo del carnicus, ma di cui non ho potuto vedere figure; certo esso concorda con gli individui della Krone e delle Caravanche ed è al pari di essi molto vicino allo S. convolutus PHILL. Altezza della valva ventrale . , 0 o o 6 lipiotà $ mm. 17 Larghezza » » » 6 . 0 c ò o 3 t . » 85 Lunghezza della valva dorsale o 6 o È 3 ° s ; » 14 Arenarie scistose ocraceo-argentine: Rio Rosso. Spirifer sp. ind. Al gruppo dello Spirifer trigonalis mi sembra appartenga una valva pessimamente conservata, lunga mm. 25 e larga 35, con traccia di coste larghe e depresse quali si notano nello S. neglectus HALL del Carbonifero inferiore. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. 4) V. Ann. Mus. Roy. Hist. Nat. Belg., vol. XIV, 1887, pag. 121, tav. XXVI, fig. 12-14. 2) V. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, 1897, pag. 45, tav. VI, fig. 1-7. [29] M. GORTANI 29 Subg. Martinia M°Coy. Spirifer (Martinia) semiplanus Waacen. — Tav. II [II], fig. 21, 22. 1883. Martinia senviplana Wascen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 536. tav. XLIII, fig. 4. 1889. Martinia (?) semiplana TscarrnyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. III, n. 4, pag. 274 e 368, tav. V, fig. 1-3. 1892. Martinia semiplana ScarLLwIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 39, tav. IV, fig. 12-15. 1897. = = Diener. Palacont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 52. tav. VIII, fig. 7. 1902. _ - TscarrnyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 182 e 565, tav. LX, fig. 15-17. Esemplare perfettamente conservato, subtrapezoidale, di piccole dimensioni. La valva ventrale è rigonfia, trasversa, con lungo margine superiore rettilineo, apice mediocre, ricurvo, prolungato in alto dove sporge notevolmente sul bordo cardinale. La fessura deltidiale è triangolare, grande; l’area rela- . tivamente estesa, infossata, ben definita. La piccola valva è assai debolmente convessa, quasi una volta e mezzo più larga che alta, con margine superiore quasi rettilineo, appena rilevato in corrispondenza dell’apice. Superficie liscia, con poche strie di accrescimento nella parte anteriore. La commessura delle. valve è diritta; alla fronte sembra molto lievemente sinuata, accennando così a un seno che per nessun’altra guisa apparisce. Lunghezza della valva ventrale . o ” È ; 0 È . mm. 8 » » » dorsale o ° c 0 . 0 ò - » 6,5 Larghezza della conchiglia c 6 é i È é ò c PANNO, Spessore » » 5 7 , 5 n ; S i » 5 Lunghezza dell’area o o . 5 o 5 ò o ò o PIRMOND) Angolo. apicale (della grande valva) 7 o : 0 o 6 0 88° L’esemplare descritto corrisponde alla descrizione del WaaceN: però il seno meno spiccato e il mar- gine cardinale più lungo e diritto lo rendono più simile agli individui del Chitichun e segnatamente delle Alpi Carniche occidentali. Notevole corrispondenza esiste pure fra il nostro esemplare e quello illustrato dallo TscHERNyscHEw nel 1889; non so veramente quanto sia giustificata per esso l’istituzione di una specie nuova (Martiensis), cui egli accenna nel poderoso lavoro del 1902 !. Qualche somiglianza presenta pure la conchiglia descritta, con lo Spèrifer Telleri ScaELLW. (Abhandl. k.k. geol. Reichsanst., 1900, pag. 90, tav. XIV, fig. 1-3) e lo S. planoconverus SHum. (cf. GrinITz, Carbon- formation und Dyas în Nebraska. N. Acta Ac. Caes. Leop. Carol., Dresden, vol. XXXIII, pag. 42, tav. III, fig. 10-18); ma da questo si distingue per le maggiori dimensioni, l’apice meno protratto, l’area più breve, il deltidio più basso e ristretto; dal primo si allontana perchè maggiormente convesso, più grande, con area meglio limitata e superficie non radiato-striata. Calcari rossi, fra i rivi Creta rossa e Col Mezzodì. 1) Mém. Com. géol. St. Pétersbourg, vol. XVI, n.° 2, pag. 182 e 565. 30 M. GORTANI [30] Spirifer (Martinia) acuminatus Gemnm. — Tav. II [II], fig. 23-24. 1898. Martinia acuminata GrenmeLLARO. La fauna dei calcari con Fusulina della valle del fiume Sosio, nella provincia di Palermo, fasc. IV, pag, 308, tav. XXXII, fig. 29-32. 1897. Reticularia lineata (partim) Drener. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 56, tav. IX, fig. 8 a-e (ceteris excl.). Mi sembra che a questa specie più che ad ogni altra si rannodino le forme svariate presentate da oltre un centinaio di individui raccolti nei calcari del Col Mezzodì. Tutti gli esemplari sono contraddi- stinti dai seguenti caratteri: Conchiglia piriforme, con la maggiore larghezza verso il terzo anteriore; regione apicale ristretta, lobi laterali debolmente incurvati. Valva ventrale con apice prolungato, acuto ed elegantemente incurvato, rigonfia, marcata da un seno più o meno sviluppato, sempre più profondo verso il margine frontale. Area poco estesa, triangolare. Valva dorsale rigonfia, con apice poco prolungato ed ottuso, con un leggero lobo anteriore mediano corrispondente al seno della grande valva e come questo ora più ora meno distinto. Commessure laterali diritte o quasi; commessura frontale sinuosa. Ornamentazione costituita da numerose costicine radiali, di cui alcune particolarmente rilevate; strie concentriche di accrescimento più o meno spiccate, talora grossolane e separate da cercini interi e crenulati. Le pieghe radiali sono partico- larmente evidenti quando si tolga lo strato superficiale del guscio, come avviene spesso isolando i fossili con la semicalcinazione. Secondo la descrizione del GEMMELLARO, questa specie è particolarmente distinta per l’acuto suo pro- lungamento apicale. Esso però varia assai nei miei esemplari, portandosi da un angolo di appena 60° a uno di oltre 90°, e avvicinandosi per questo carattere alla prossima Martinia affinis Gem. Se non che i passaggi sono lenti e graduali, e d’altronde la scultura e le altre particolarità morfologiche rimangono sempre le stesse, 0 meglio oscillano intorno al medesimo tipo, cosicchè mi sono convinto di aver sempre a che fare con una medesima specie assai polimorfa. Proporrei intanto di distinguervi due forme principali: o) S. acuminatus genuinus, con angolo apicale di 60°-75°; B) S. acuminatus var. latus, con angolo apicale di 769-900. x Nella prima forma la valva ventrale è più lunga che larga, mentre è così larga che alta nella se- conda. In entrambe possono variare moltissimo la profondità del seno, lo spessore e quindi la convessità delle valve ecc., come si vede ad es. in queste misure: Forma genuina Forma lata I II TII IV Vv I II III IV Vv Lunghezza della valva ventrale mm. 12 9,9 9,5 8,5 3,5 12 li 9 10 8,5 ” » » dorsale » 10 7,5 8 7,5 3 10 9 8 8,5 T Larghezza ò 3 . 0 » 9 6,5 (5) d 2,6 11,5 10 8,5 10,5 8 Spessore . Ò 5 4 . » 7 6 5,5 4,5 ig 7,5 8 4,5 6,5 6,9 Angolo apicale della grande valva 62° . 61° 73° 740 63° 800 79° 91° 930 81° » » » piccola valva HO TP 90° 930 — 90° 970 104° 108° 100° Calcari neri, grigi, grigio-rossastri e rossi: R. Rosso, R. Valp, Martòr fra il R. Creta Rossa e il R. dei Lòvs. La forma genuina è meno frequente dell’altra, e si va facendo più rara negli strati superiori. [81] M. GORTANI 31 Subg. Reticularia M° Cor. Spirifer (Reticularia) lineatus Martin sp. — Tav. II [II], fig. 25 a-e. 15809. Anomites lineatus Martin. Petrif. Derbiens., tav. XXXVI, fig. 3. 1898-99. Zeticularia lineata GemmeLLARO. Fauna d. cale. con Pus. d. valle d. Sosio, fasc. IV, pag. 328, tav. XXXIV, fig. 9, 10; tav. XLVI, fig. 1-9. 1898. = — ScHeLLWIEN. Sitzb. k. Ak. Wiss. Berlin, vol. XLIV. pag. 696, e Verhandl. k. k. geol. Reichsanst., pag. 360. 1900. Spirefer (Reticularia) lineatus ScurLLwren. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 83, tav. XII, fig. 8. . 1897. Reticularia lincata Drener. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 56, tav. IX, fig. 6 e 7 (6 et 8 eacl.). 1902. = — TscarrnyscHow. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 193 e 574, tav. XX, fig. 9-13. 1903. —_ — Gorranr. Riv. It. di Paleont., vol. IX, pag. 45, tav. IV, fig. 7. Altri sin. v. in GenmeLtaARo. Op. e., pag. 328. Questa specie a contorni molto variabili, e la cui ornamentazione si presenta in tanti aspetti diversi secondo il grado di conservazione e il modo di fossilizzazione degli esemplari, non è rara negli strati supe- riori del Col Mezzodì, ove ne ho raccolti tre tipi differenti! Il primo, figurato da me nel 1903, è a con- chiglia ovato trasversa, a contorni alquanto angolosi, a superficie munita di strie fimnissime di accresci- mento e di qualche traccia della delicata struttura del guscio. Due piccoli esemplari, isolati dall’arenaria rossa superiore, sono invece più allungati, con superficie squamulosa, a strie e cercini di accrescimento ben manifesti e crenulati, e con una fina e delicata scultura longitudinale come è rappresentata nella fig. 8, tav. XLII, del WaaceN !. Il meglio conservato di essi è riprodotto nella mia tav. II [II], fig. 25. Infine alcuni individui maggiori, ovali allargati, col guscio quasi intatto, mostrano una serie di numerosi cercini concentrici, rotti qua e là nelle abrasioni dalla delicatissima scultura caratteristica, con i “ double barreled guns ,, descritta da WaaGEN e rappresentata dallo ScHELLWIEN nella fig. 13 (pag. 82) dell’ul- timo suo lavoro citato. La lunghezza dei miei esemplari varia in media da mm. 6 a 10, la larghezza da 5 a 11, l’angolo apicale (nella grande valva) da 95° a 110°. In quello disegnato le dimensioni sono le seguenti: Lunghezza della valva ventrale . È ò ò 6 ò Ò ò mm. 6 » » » dorsale Ò . . . . . . ’ » 5, 5 Larghezza . o ; IRE : o 6 o o È 5 do Spessore ; a ; ur 5 ò ò ; g 5 5 > $ Angolo apicale della grande valva 5 i 2 ” 6 . 5 96° » » » piccola valva o o . , 6 o È 120° Calcari grigio rossastri, arenarie e calcari rossi: fra i rivi Creta Rossa e Col:Mezzodì. 4) Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, 1883. 32 M. GORTANI [32] Spiriferina D’ ORBIGNY. Spiriferina cristata ScuLormem, var. fastigiata ScueLuwren. — Tav. I [II], fig. 26a-e. 1897. Spiriferina cristata var. octoplicata (Sow.) Dinner. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 39, tav. VII, fig. 5-7 (cum syn.). 1900. _ — var. fastigiata ScarLuwIen. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 66, tav. XI, fig. 1-3. Quattro esemplari, di cui uno completo e in ottimo stato di conservazione. Essi appartengono senza dubbio alla Spiriferina cristata ScHLOTE., in cui SCHELLWIEN distingue quattro sottospecie. Le coste rela- tivamente deboli e la forma del margine cardinale dei miei individui escludono che si possa trattare della forma tipica, e d’altra parte essi non presentano l’area così protratta lateralmente e la scultura carat- teristica della S. Coronae ScHELLW. Sono stato incerto invece se ascriverli alla S. octoplicata Sow. o alla S. fastigiata ScHELLW., che, ben distinte nelle forme tipiche, presentano fra loro numerosi termini di pas- saggio. Tre dei miei esemplari hanno il seno intermedio fra quello delle due varietà, e conformato come nella S. octoplicata riprodotta dal Write! ; mentre il quarto ha seno largo e profondo come nelle citate figure di ScHELLWIEN e DienER. Però l’area molto alta e ampia, il lungo margine cardinale, la forma generale e l’ornamentazione mi hanno convinto che si tratti qui di campioni appartenenti alla varietà di Neumarktl. Lunghezza della valva ventrale . : : ; 7 : 6 o mm. 12 » » » dorsale 0 . o Ò c o : 0 » 8 Larghezza . ò — ò 5 È î i o Ò , o » 16 Spessore 0 5 i ‘1 5 * . 5 ; : . A » 8 Altezza dell’area . z ò È 3 d È o . c ; » 7 Angolo apicale della grande valva o c c . ò c c 108° Calcari grigio rossastri (3 es.) e calcari rossi (1 es.): fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Spirigera D’ORBIGNY. Spirigera (Janiceps) confinalis SrAcxs. 1877. Spirigera confinalis Sracze. Beitriige «ur Fauna der Bellerophonkalke Stidtirols. Jahrb. K. k. geol. Reichsanst. Wien, vol. XXVIII, pag. 154, tav. II, fig. 4 e 7. L’esemplare che riferisco a questa specie ha conchiglia piccola, a contorno triangolare, col massimo rigonfiamento nel terzo superiore, a superficie ondulata, liscia. La grande valva è in forma di largo trian- golo, avente per base il margine frontale e per vertice l'apice; i margini laterali sono sinuosi e gli an- goli laterali alquanto prolungati esternamente. La valva dorsale è meno acuta, con il margine frontale concavo verso l’esterno e la regione apicale rigonfia. Entrambe le valve presentano un seno mediano superficiale. i) U. S. Geol. Surv. W.100 Merid., vol. IV, tav. X, fig. 8. [33] . M. GORTANI 33 Si tratta di un individuo giovane, in cui la parte anteriore è un po’ deformata, ma non così da impe- dire la determinazione. È certa la sua pertinenza al gruppo della Spirigera Janiceps StAcHE; ha la mas- sima somiglianza con la S. confinalis juv. del calcare permiano del monte Croce, rappresentata nella fig. 7 dal geologo austriaco. Lunghezza della conchiglia . Ò 6 5 È 5 o o 6 mm. 5 Larghezza » 6 ; 3 Ò 6 ” ò : ; D 16 Spessore 5 4 : 6 ; ; 6 : P : 3 ° » 2,5 Angolo apicale . . î 3 o : c . . 5 ; 80° circa. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Spirigera (Athyris) capillata WaaGrN. 1883. Athyris capillata Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 479, tav. XXXIX, fig. 6-9; tav. XL, fig. 1-5; tav. XLII, fig. 1-5. 1892. Spirigera Royssù var. capillata RorarLerz. Die Perm-, Trias- und Jura-Formation auf Timor und Rotti. j Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 81, tav. X, fig. 2. 1897. Athyris capillata Drener. Palaeont. Ind., ser. XV. vol. I, part. 3, pag. 62, tav. X, fig. 5. A questa specie asiatica mi sembrano riferibili due individui giovani, uno dei quali incompleto. La forma generale è ovale orbicolare, con l’apice sporgente; le valve sono ugualmente e poco rigonfie, la ventrale alquanto più allungata, con un seno appena distinto. Entrambe sono ornate da numerose pieghe concentriche poco rilevate, separate da solchi esilissimi, in numero di 4-6 per millimetro. Arenarie argentine: Rio dei Lòvs. Un esemplare alquanto maggiore, ma poco ben conservato, delle arenarie rosse, ha pure analogia con questa forma. Fam. Porambonitidae Divpsow. Enteletes FISCHER. Enteletes cfr. carnicus ScHELLWIEN. 1892. Enteletes carnicus ScaeLLwIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 36, tav. VII, fig. 3-4. 1900. — — = Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 12, tav. I, fig. 14. Frammento di valva che per la forma e il numero delle coste ampie e ben rilevate si accosta no- tevolmente alla specie suddetta. Arenarie argentine: Rio Rosso. Fam. Pentameridae M' Cor. Camarophoria Kinc. Camarophoria alpina ScurLuwien. — Tav. II [II], fig. 28. 1892. Camarophoria alpina ScurLuwIen. Palaeontographica, vol. XXXIX, pag. 51, tav. VIII, fig. 4-8. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 5 34 M. GORTANI - [34] Il seno è largo, un poco depresso, percorso da sei pieghe longitudinali ottuse; il resto della valva ventrale è ora quasi liscio, ora percorso da coste depresse più o meno numerose. Non ho potuto esa- minare valve dorsali; molto spesso gli individui sono ridotti al solo modello interno, come nella fig. 8 dello SCHELLWIEN. L’esemplare meglio sviluppato ha una lunghezza di mm. 19 e una larghezza di 25. Arenarie scistose ocraceo-argentine: Rio Rosso. Camarophoria humbletonensis Howse sp. — Tav. II [II], fig. 27. 1848. Terebratula Humbletonensis Howse. Cat. foss. Perm. Syst., vol. I, part. IMI, pag. 252. 1846. Oamarophoria multiplicata Kixe. Ann. Mag. Nat. Hist., ser. I, vol. XVIII, pag. 28 (nomen). 1850. — -_ — Monograph of the Permian fossils of England. Palaeont. Soc., vol. III, pag. 121, tav. VII, fig. 26-32; tav. VIII, fig. 1-7. 3 1857. Terebratula Humbletonensis Howse. Ann. Nat. Hist., ser. II, vol. XIX, pag. 50, tav. IV, fig. 3, 4. 1858. Camarophoria Humbletonensis Davipson. Monograph of the British fossil Brachiopoda, vol. II, part. V. Palaeont. Soc., vol. XII, pag. 27, tav. II, fig. 9-15. 1883. — humbletonensis WaacgeN. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 440 e fig. 3, tav. XXXII, fig. 8,9. # Una valva ventrale flabelliforme, con seno largo e poco profondo, ornata elegantemente da quindici coste radiali acute e spiccate, ma non molto forti, di cui cinque percorrono il seno e cinque occupano ognuno dei lati. La forma della conchiglia, la lunghezza e la conformazione delle pieghe corrispondono esattamente alle splendide figure del WaAGEN. Lunghezza della valva . 5 : ; E o ” 3 ò mm. 9 Larghezza massima ; ; 0 c ò 0 . o ; B » 10 Angolo apicale ò 3 E . a 5 ; x 0 0 0 80° circa Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Camarophoria Purdoni DAvipson. — Tav. II [II], fig. 29-31. 1862. Camarophoria Purdoni Davipson. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. XVIII, pag. 30, tav. IL, fig. 4. 1863. = —_ pe Konnc€x. Foss. paléox. de l Inde, pag. 36, tav. XII, fig. 4. 1878. — — TraurscnoLDn. Die Kalkbricke von Miatschkowo, vol. II, pag. 84. 1883. —_ — Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 437, tav. XXXII, fig. 1-7. 1889. —_ plicata TscarrnyscHew. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. III, n.° 4, pag. 276. 1890. —_ Purdoni Nigimin. Depdis carboniferes et puits artésiens dans la region de Moscow. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. V, n.° 5, pag. 71 e 168, tav. III, fig. 6, 7. 1897. — — Dienrr. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 71, tav. XII, fig. 6-9. Conchiglia flabelliforme od ottusamente subromboidale, troncata alla fronte, piuttosto grande, spesso asimmetrica, munita di coste numerose e ben rilevate. Valva ventrale con seno largo, più o meno pro- fondo, percorso longitudinalmente da 3-7 pieghe uguali fra loro e fiancheggiato da due pieghe più spor- genti, cui ne seguono su ogni lato altre 4-6 via via più minute. Valva dorsale più rigonfia, con lobo distinto soltanto nella parte anteriore e percorsa da 4-8 pieghe radiali. Commessure laterali dentate anteriormente, la frontale crenato-dentata e profondamente sinuosa. [35] M. GORTANI 35 Questa: forma appartiene allo stesso gruppo della C. Humbletonensis HowsE, cui è molto affine e di cui deve forse riguardarsi una varietà polimorfa. Nel Permocarbonifero carnico è rappresentata da molti individui, che però sono quasi sempre ridotti alla valva ventrale.. Il seno di questa varia di profondità, ma è generalmente piuttosto superficiale. Il numero delle pieghe oscilla fra 10 e 15, come negli esem- plari giovani della Russia !); di tali pieghe ne giacciono nel seno 3-5, ordinariamente 4. Molto diversi erano certo i primi campioni descritti dal DAvipson col nome di C. Purdoni; ma dopo il magistrale lavoro di WiLHeLM WaAAGEN sulla fauna del Salt-Range, la conoscenza di questa specie è assai progredita, e si è dimostrato che quei primi esemplari rappresentano una forma estrema della specie stessa. Ecco le dimensioni di alcuni individui carnici : Lunghezza della valva ventrale 5 0 mm. 13 mm. il mm. 7,5 » » dorsale c . » — Si 9 = » 6,5 Larghezza o o 5 c 6 o » 15 5 ll 2 Spessore . 2 i o ; i a D = 3 LIMIT » 4 Angolo apicale della grande valva . « 88° 91° 89° » » piccola valva. . ' . — — 97° Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. thyncechonellidae Gray. Rhynchonella FiscHER. Rhynchonella cfr. acadiensis Davson. 1863. Rhynchonella acadiensis Davimson. On the lower carboniferous Brachiopoda of Nova Scotia. Quart. Journ. (ieol. Soc. London, vol. XIX, pag. 172, tav. IX, fig. 16. 1889. — — LesLev. Dict. foss. Pennsylo., pag. 382. Alcune valve scompagnate, poco convesse, con seno o lobo poco spiccato, arrotondato-subromboidali, ornate da 10-14 pieghe radiali a spigolo smussato e sezione semicircolare, hanno molti punti di contatto con questa forma americana. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Rhynchonella Wynnei Waacen. — Tav. II [II], fig. 32a-c. 1883. EAynchonella Wynnei Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 432, tav. XXXIV, fig. 4. 1898. — aff. Wynnei ScarLuwIeN. Sitzb. k. Ak. Wiss. Berlin, XLIV, pag. 696, e Verh. k. k. geol. Reichsanst., n. 16, pag. 360. 1900. -- —_ = Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 94, tav. XIV, fig. 11-13. Specie distinta per la forma globulosa, dovuta alla grande convessità della rigonfia valva dorsale; compressa ai lati in vicinanza dell’apice; con valve percorse da 9-11 pieghe radiali a sezione triango- 1 Cfr. NIKITIN. L. c., pag. 168, che dice gli esemplari moscoviani adulti provvisti di 17-19 coste longitudinali sulla grande valva, e gli esemplari giovani di sole 11-13. 36 M. GORTANI [36] lare, più o meno rilevate secondo gli individui. Tali pieghe si iniziano poco sotto l’apice; di esse 4-5, più forti, percorrono il seno, le laterali vanno man mano indebolendosi. Commessura alquanto sinuosa sui margini laterali e con un profondo seno alla fronte. Carattere essenziale di questa forma, ripetutamente accennato dallo stesso WaAaAGEN, è il fortissimo spessore, che uguaglia quasi il valore della lunghezza. Tale carattere è messo in evidenza nelle figure dell’autore predetto, ed è ben manifesto nei miei esemplari; mentre è meno spiccato negli individui disegnati dallo ScHELLWIEN. Esso permette di distinguere nettamente la R%. Wynnei dalla Leh. Wichmanni RorEPL. di Timor, dove secondo la descrizione del RoraPLETZ lo spessore non giunge a “|, della lunghezza. Lunghezza della valva ventrale . 9 6 à 0 . . o mm. 10 » » dorsale g ò : : a 5 i 3 » 9 Larghezza o ? ° 0 : o o . o : . c po Mi Spessore ; E o ; 0 ? o o : . 9,5 Angolo apicale della grande valva o o 0 o . . . 90° » » piccola valva . . c ò 5 . È o 930 Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Rhynchonella sosiensis GemuELLARO. 1898-99. Ahynchonella Sosiensis GemmeLLARO. Fauna d. cale. con Pus. d. valle d. Sosio, fasc. IV, pag. 253, tav. XXVI, fig. 26-31. 1898. — n. sp. ScneLuwIen. Sitzb. k. Ak. Wiss. Berlin, XLIV, pag. 696, e Verh. k. k. geol. Reichsanst., n. 16, pag. 360. 1900. — aff. sostensis ScanLLWIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 95, tav. XIV, fig. 14-15. 1903. —_ Sosiensis Gortani. Riv. It. di Palaeont., vol. IX, pag. 45, tav. IV, fig. 8a, d. All’esemplare trovato nel 1902 ho' potuto ora aggiungere un buon numero di individui interi, in ottimo stato di conservazione, e molti frammenti. L’ aspetto generale è sempre più o meno flabelliforme, come lo descrive il GeMmMELLARO, ma l'apertura del flabello, ossia l’angolo apicale, varia notevolmente di ampiezza. Pure variabile, ma indipendentemente dall’angolo apicale, è lo spessore della conchiglia, e con esso anche la profondità del seno ventrale. Tuttavia i passaggi sono così graduali che obbligano ad ascrivere alla medesima specie tutti gli individui più o meno allargati, sinuati e rigonfi. Il numero delle coste è in generale di 3 nel seno, 4 sul lobo opposto, e 4 (o meno spesso 3-5) su ogni lato. Le coste sono liscie, a sezione triangolare piuttosto acuta, deboli o prominenti secondo l’età degli individui e secondo la loro natura. I TI III Lunghezza della valva ventrale . 0 mm. 10 mm. 9 mm, 8 » » dorsale . a » 8,5 » 8 SAMIRATI Larghezza . n . o 0 c Sb » 10 » 8 Spessore . 0 . o o . » 7,9 » 5 20010. Angolo apicale della grande valva . 92° 100° 77° » » piccola valva o 101° 110° 90° Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. [87] M. GORTANI 37 La Eh. sosiensis è simile alla R. metallica Ware (U.S. Geol. Expl. W. 100 Merid., pag. 129, tav. X, fig. 10), da cui si distingue per l'apertura sempre minore dell’angolo apicale e per il numero pure minore di pieghe. Le è anche affine la RX. Wichmanni RoraPLETZ del Permiano di Timor (Palaeontographica, XXXIX, pag. 85, tav. X, fig. 9), che possiede però 5 coste nel seno ed ha tutta l’ornamentazione meno spiccata. Rhynchonella fornensis n. sp. — Tav. II [II], fig. 33 a-d. Un individuo, che non mi è stato possibile di riferire ad alcuna delle forme già note, presenta i seguenti caratteri differenziali: Conchiglia obliquamente ovale, asimmetrica, piuttosto rigonfia, percorsa da numerose pieghe radiali tubercolate. Valva ventrale con apice ottuso, alquanto protratto in alto e compresso ai lati, con falsa area mediocre, escavata; valva dorsale assai più convessa; seno e lobo ben poco spiccati. Commessure diritte ai lati, acutamente «lentate a zig-zag e gradualmente curvate in debole seno alla fronte. Orna- mentazione costituita da 18-20 pieghe radiali, di cui 4 sembrano percorrere il lobo e 3 il seno; tali pieghe cominciano poco sotto la regione apicale, hanno sezione triangolare e rilievo mediocre. Le strie di accrescimento sono per la maggior parte invisibili; ma di tratto in tratto si ingrossano in cercini concentrici che sembrano indicare arresti nello sviluppo e formano sulle pieghe tante prominenze irregolari. Lunghezza della valva ventrale . ; 0 o 6 6 o ò mm. 10 È » » dorsale d 5 È ; È i 3 1 » 9 Larghezza È ; ° , : . ; 5 È : 5 ; » 9,5 Spessore . o . È 6 - s o 5 E » Y Angolo apicale dolo TSI sala - a : 5 " ; 88° » » piccola valva . : . 5 < ; . 6 105° x Questa forma per l’aspetto generale e pel numero delle pieghe è abbastanza bene individuata; essa pure ricorda la R%k. Wichmanni RotEPL. sopra citata, che però ha una quantità e un andamento di coste totalmente diverso, e la cui descrizione e figura lascia del resto qualche cosa a desiderare. Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Rhynchonella confinensis ScasLuwIEN. 1962. AEhynchonella angrulata (non L.) v. MorLLER. Geologische und palacontologische Untersuchungen am Ural. Bergjournal, St. Pétersb., vol. IV, tav. VII; fig. 2 a, d. 1892. — confinensis ScaeLLWIEN. Palaeontographica, vol. XXXIX, Ta 54, tav. VIII, fig. 11, 12. 1900. — — — Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 93, tav. XIV, fig. 8-10. Abbastanza frequente nei depositi neocarboniferi e permocarboniferi delle Carniche orientali e delle Caravanche, la AA. confinensis è invece rarissima al Col Mezzodì. Ne potei avere soltanto una valva dorsale, che però non lascia alcun dubbio sulla determinazione. Il contorno non è così allungato come in alcuni esemplari dello ScHELLWIEN; il lobo dorsale è bene spiccato, prominente; le pieghe sono 4 per lato, con rilievo debole, in guisa da allontanarsi sempre più dalla R%. angulata L. La valva mantiene la forma a schiena d’asino caratteristica. Ha dimensioni mediocri, non superiori a mm. 20 di altezza e 16 di spessore. Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Valp e Creta Rossa. 38 M. GORTANI [38] Subg. Terebratuloidea WAAGEN. Rhynchonella (Terebratuloidea) Davidsoni Waacen. 1862. Rrkynchonella pleurodon (non Prini.) Davison. Quart. Journ. Geol. Soc., vol. XVIII, pag. 29. 1863. _ —_ pE KonincK. Moss. paléor. de l Inde, pag. 36. 1883. Terebratuloidea Davidsoni Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 416, tav. XXXIII, fig. 1-5. Tre esemplari completi, provenienti dagli strati medî del Col Mezzodì, corrispondono bene alla mi- nuta descrizione che fa di questa specie il Waacen. Il seno è assai largo, profondo, ornato di 4 coste molto spiccate, limitato da due pieghe più forti delle altre. Il lobo opposto al seno è pure largo, rile- vato, percorso da 5 costole ben salienti; sulle parti laterali decorrono 4-5 costole via via più minute. La conchiglia è molto rigonfia, troncata in avanti, ma non presenta quivi le strie quasi imbricate degli esemplari indiani. Le commessure laterali sono dapprima rettilinee, poi dentate in corrispondenza delle pieghe alterne sull’una e sull’altra valva; la commessura anteriore forma un seno largo e profondo, e presenta all’incontro delle pieghe denti molto alti ed acuti. I II Lunghezza della valva ventrale . 5 . Ò ò mm. ll mm. 9 » » dorsale . 5 . a o » 9,5 » 8 Larghezza . ò . . a c o . . » 11,5 » 10 Spessore 3 6 i : ; 0 o . » 8 » 6,5 Angolo apicale della grande valva . 5 Ò . 98° 95° 5) » piccola valva . 0 . ; 111° 107° Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Rhynchonella (Terebratuloidea) carnica n. f. — Tav. II [II], fig. 34-38. Conchiglia di medie dimensioni, rigonfia, subglobosa, compressa nella regione apicale, con il massimo spessore verso la metà, a contorno largamente ovale, munita di forti pieghe. Valva ventrale convessa, con apice ottuso, seno piuttosto largo e profondo; valva dorsale assai rigonfiata, con il lobo largo e rile- vato. Superficie ornata da 10-15 coste radiali molto prominenti, acute, iniziantisi poco sotto l'apice; di esse 3-4 corrono nel seno o sul lobo, mantenendosi poco divergenti, quasi rettilinee; le altre si mostrano fortemente arcuate e occupano le parti laterali della conchiglia, facendosi man mano più deboli e ottuse. Le commessure laterali sono dapprima alquanto sinuose, poi dentate in corrispondenza delle coste; la commessura frontale è profondamente sinuata e dentata a zig-zag. Lunghezza della valva ventrale È 0 o n 0 mm. 12 » » » dorsale a o o o 5 3 : o Dal Larghezza . o o ° 0 o 0 >» 15 Spessore . o ò o » 10 Angolo apicale. 0 o o 0 o . 110° circa Questa forma appartiene al gruppo della RA. pleurodon Print., dalla quale si distingue però per molti caratteri. Presenta la sua massima affinità con la R%. (Terebratuloidea) Davidsoni WaAAG., che ha comuni con essa la forma globulosa, il numero e la disposizione delle pieghe. Ne diversifica per la minor con- vessità della valva ventrale, la curvatura più regolarmente emielissoidale della piccola valva, e sopra tutto (96) e) [39] M. GORTANI per il decorso delle pieghe laterali, che nella R7. carnica sono così incurvate all'indietro da apparire notevolmente arcuate anche in proiezione orizzontale. Non rara nei calcari grigi, meno frequente nei grigio-rossastri, ma quasi sempre in frammenti. Martòr fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. Terebratulidae Kino. Terebratula KLreIN. Terebratula sp. ind. Parecchi esemplari, di forma e dimensioni analoghe a quelle dell’individuo che figurai con lo stesso nome lo scorso anno !), si rinvengono in tutti i calcari del Col Mezzodì. La conchiglia è minuta, poco rigonfia, ovale piriforme, liscia; la valva ventrale attenuata in apice più o meno ottuso, protratto; la dorsale tozza e suborbicolare, con angolo apicale ottuso; la commessura diritta ai lati e alla fronte. Di- mensioni dei maggiori esemplari: Lunghezza della valva ventrale . : n ; + : : 5 mm. 4 » » » dorsale ò x 0 6 ò 0 ò o » 3 Larghezza 6 Ò > È 2 7 7 5 - 5 6 5 » 3 Spessore ò - È 5 È hi . : ° . o 5 » 1,5 Angolo apicale della grande valva . : : È È ; È c 72° circa aipastoo fa » piccola valva . o a d 5 6 , b 110° » Calcari neri, grigi e specialmente rossastri: dal Rio Valp al Rio Rosso. ?Subg. Cryptonella Hat. Terebratula (?Cryptonella) aff. Lincklaeni Harr. — Tav. IMI [II], fig. 1 a-d. 1867. Cryptonella Lincklaeni Han. Palacontology of New York, vol. IV, pag. 390, tav. LX, fig. 61-63. 1889. Terebratula —_ Lesuev. Diet. Foss. Pennsylv., pag. 1182 e fig. 1894. Eunella — Haux et Crarke. Palaeont. New York, vol. VIII, tav. LXXX, fig. 28-32. Ha grande somiglianza con questa forma un esemplare giovane, perfettamente conservato, a con- torno ovale triangolare. Ma esprimo in modo assai incerto tale riferimento, non sapendomi decidere a stabilir la persistenza di una specie devoniana negli strati sovrastanti al Carbonifero. I margini laterali corrono in linea retta fino a due terzi della lunghezza della valva, quindi si con- tinuano con quello frontale formando con esso una linea a semicerchio. L’apice è ottuso, la falsa area stretta e incavata. La grande valva è alquanto convessa nella metà superiore, la dorsale un po’ meno; entrambe son quasi piane nella parte anteriore, dove terminano con margine tagliente. Commessura quasi diritta ai lati, molto lievemente sinuata alla fronte. Superficie liscia. i) Riv. It. di Paleont., vol. IX, pag. 12, tav. IV, fig. 9. 40 M. GORTANI |40] Lunghezza della valva ventrale c . 6 Ò ò o c c mm. 6 » » » dorsale 0 c o c o o . : » 5,5 Larghezza 6 . . . o o c c o o 0 x » 4,5 Spessore . . 3 i ò 5 » 2 Angolo apicale della grande valva . 6 6 o 0 : o 5 (glo » » » piccola valva . o Ò 0 . o 0 o 80° Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Subg. Dielasma Kinc. Terebratula (Dielasma) cfr. hastata SowrrEy. 1887. Dielasma hastatum Sow. pe Konincx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. XIV, pag. 9, tav. III, fig. 1-26; tav. IV, fig. 19-22; tav. IV, fig. 23-25 var. 1890. _ — Waxreer. Zeitschr. Deut. geol. Ges., vol. XLII, pag. 432, tav. XXXIV, fig. 7,8, 10. 1894. — — ScreLLWIEN. Ibid., vol. XLVI, pag. 73. 1899. _ - Diener. Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 2, pag. 80, tav. VII, fig. 5. Altri sin. v. in pe Koninc€x. L. c., pag. 9. Alcuni esemplari, più o meno ben conservati, per la larghezza del seno, la convessità delle valve, il contorno e l’aspetto generale si avvicinano assai alle figure citate, massime a quelle di WALTHER e DIENER. Per quanto sia autorevole l’opinione del pe KonInck, mi pare che dopo questi lavori oggi non si possa più sostenere la pertinenza esclusiva del Dielasma hastatum al Carbonifero inferiore, anche ac- cettando le sottili e troppo leggiere distinzioni fra specie e specie stabilite dall’illustre paleontologo belga. Gli esemplari su accennati presentano anche varî caratteri comuni con il Dielasma sp. figurato nel 1900 da ScHELLWIEN (Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., tav. XV, fig. 18, 19), specialmente nell’andamento della commessura frontale; ma io ritengo che anche gli individui del Trogkofel e di Neumarktl possano essere avvicinati alla specie in questione. Calcari grigio-rossastri, fra il R. Creta Rossa e il R. Rosso. Terebratula (Dielasma) cfr. acutangula Waacen. — Tav. III [IMI[, fig. 2 a-c. 1882. Dielasma acutangulum WaaGen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 353, tav. XXVI, fig. 1, 2; tav. XXV, fig. %. Un piccolo numero di individui, caratterizzati dal contorno strettamente ovale-piriforme allungato, attenuato e protratto in alto. Le valve son poco rigonfie, debolmente incurvate; la linea frontale è bisi- nuata, le pieghe corrispondenti appena e lievemente accennate. Lo spessore, i contorni, la forma della valva dorsale e le particolarità della falsa area e della regione apicale si adattano bene alle descrizioni e figure del WAAGEN, con alcuni passaggi ai caratteri dell’ Hemiptychina sublaevis dello stesso autore. Egli però non disegna i suoi esemplari di D. acutangulum dal lato ventrale, e ho quindi ritenuto opportuno di figurare la grande valva meglio conservata. Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. [41] M. GORTANI 41 Subg. Hemiptychina WAaAAGEN. Terebratula (Hemiptychina) sublaevis Waacen. — Tav. IM [III], fig. 3,4. 1882. Hemiptychina sublaevis Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 364, tav. XXVII, fig. 1-3. 1902. —_ i Tscaernyscanw. Mém. Com. géol. St. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 40 e 460, tav. XL, fig. 1. Questa forma è rappresentata nella collezione del Col Mezzodì da sei esemplari, due dei quali com- pleti e perfettamente conservati. i | La conchiglia è ovale, più o meno allungata, ristretta nell’apice, con la massima larghezza verso il terzo inferiore. Le valve son poco rigonfie, segnatamente la dorsale; l’apice è grande, ricurvo, con foro largo e rotondo ma prolungato a doccia in basso; l’area piuttosto larga, mal delimitata. La superficie è liscia; l’esemplare maggiore presenta nella regione frontale gli accenni di due larghe pieghe ventrali e tre dor- sali, che sono però brevi e poco distinte, limitate al margine anteriore. La commessura è sinuosa ai lati in vicinanza dell’apice, poi leggermente arcuata con la concavità verso la piccola valva; alla fronte è si- nuosa, intera o crenulata. L’esemplare indiano più affine ai nostri è quello rappresentato nelle figure 1a-d dell’autore citato. I II Lunghezza della valva ventrale . ; > : 6 mm. 13,5 mm. 9 » » » dorsale . o o - È » 2 » 8 Larghezza . ; : 3 È c 6 ) ° SINO, » 6,5 Spessore . . è ; : . 0 5 È » 7 » 4,5 Angolo apicale della grande valva . 6 o ò 60° 68° » "» » piccola valva . 3 È ; 104° 107° Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Terebratula (Hemiptychina) sparsiplicata Waacen. 1882. Hemiptychina sparsiplicata Waacen. Palaeont. Ind., ser. XII, vol. I, pag. 366, XXVII, fig. 4-6. 1892. — himalayensis var. sparsiplicata RorarLetz. Palacontographica, vol. XXXIX, pag. 85, ; tav. X, fig. 10. 1897. — sparsiplicata Drener. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, part. 3, pag. 76, tav. XII, fig.1,2. Ascrivo a questa specie una valva ventrale poco rigonfia, ovale piriforme, rotta nella parte inferiore. L’apice è ottuso, compresso, alquanto prolungato in alto; l’ornamentazione è costituita da 6 pieghe a spigolo arrotondato, poco rilevate, le quattro mediane subeguali fra loro e meglio spiccate delle laterali. L'angolo apicale è di 81°, la larghezza di mm. 7,5, la lunghezza presumibile di 10. — Si avvicina spe- cialmente alla fig. 4 del WaaGEN, di cui è leggermente più allargata. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Terebratula (Hemiptychina) pygmaea GemmeLLaro. 1898-99. Hemiptychina pygmaca GeumeLraro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. IV, p. 238, tav. XXVI, fig. 10-12 e 14-19. 1902. — aff. pygmacae TscnernyscHew. Mém. Com. géol. S. Pétersb., vol. XVI, n.° 2, pag. 42 e 461, tav. XLIV, fig. 13. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 42 M. GORTANI [42] Questa forma siciliana non è rara negli strati medî del Col Mezzodì, donde ne ho potuto isolare sei individui completi. Le dimensioni sono sempre piccole; il contorno varia dalla forma triangolare a quella largamente ovale, con i margini laterali diritti o debolmente arcuati; lo spessore è moderato e acquista il valore più forte poco sotto la regione apicale. Le commessure sono diritte ai lati e alla fronte, ovvero leggermente ondulate, crenate nei punti d’incontro delle pieghe; sulla fronte è talora accennato un superficialissimo seno. L’ornamentazione consiste in 5-8 costicine brevi, sempre presenti, ma molto variabili nel loro ri- lievo, per lo più giungenti fino a ‘/, o !/, della lunghezza della valva, e in un esemplare accennate sol- tanto dalla crenulatura del margine frontale. Le strie di accrescimento sono leggiere e poco distinte. La variabilità della forma si palesa nelle dimensioni dei varî individui: I II III IV Lunghezza della valva ventrale . 5 mm. 7 mm. 6 mm. 4,5 mm. 4,5 » » » dorsale o . » 6 » 5,9 DECOR » 4 Larghezza . î 7 ° È È » 6,5 ” 5 » 5 » 3,5 Spessore . : i 2 4 : i » 3 » Da) » 2,5 » 2 Angolo apicale della grande valva . 3 81° 80° 86° 172° » » » piccola valva . : 96° 91° 97° 85° Calcari grigi, fra irivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Terebratula (Hemiptychina) cfr. lamellosa GemueLtaro. — Tav. IMI [III], fig. 6 a, d. 1898-99. Hemiptychina lamellosa GemmeLLARO. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. IV, pag. 239, tav. XXVI, fig. 13; tav. XXXVI, fig. 26-31. Tre individui completi, a conchiglia piccola, mediocremente rigonfia, a contorno ovale-triangolare. Le valve sono meno convesse che negli esemplari di Palazzo Adriano; la conformazione della regione api- cale corrisponde invece perfettamente alla descrizione del prof. GemmeLLARO. Le pieghe sono alquanto più numerose, variando da 6 a 9, e percorrono le valve dal bordo anteriore a metà circa della lunghezza. Le strie di accrescimento sono esili ma ben manifeste in due esemplari, quasi indistinte nel terzo. " TI III Lunghezza della valva ventrale . o mm. 7 mm. 6 mm. 6 » » ” dorsale . ò » 6 » 5,5 » IO NONNA Larghezza . o c 0 o 0 ” 6 - » 5,5 » 6 Spessore « ; È » i ; » 3,9 » 3 » 3 Angolo apicale della grande valva c 83° 18° 82° » » » piccola valva ò 95° 900 ° 93° Sono stato indeciso dapprima ad ascrivere i miei individui a questa specie piuttosto che alla No- tothyris minuta WaAAGEN, la quale presenta uguale scultura. Ma la conformazione della regione apicale evidentemente diversa mi ha indotto a classificarli nel sottogenere Hemiptychina e a riunirli alla forma siciliana, di cui riproducono il portamento. Se ne potrebbe fare una varietà, se il numero delle pieghe non fosse molto variabile nelle specie di questo tipo, come ho avuto occasione di far notare più sopra. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. [43] M. GORTANI 43 Terebratula (Hemiptychina) carniolica ScneLLwIEN. — Tav. IMI [III], fig. 5 a, d. 1900. Terebratula (Hemiptychina) carniolica ScreLLWwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 106, tav. XV, fig. 20. Benchè possegga soltanto una valva ventrale, essa corrisponde così esattamente alla descrizione e alle figure dello ScHELLWIEN, che non mi resta dubbio alcuno sulla sua determinazione. Il contorno è ovale piriforme, e raggiunge la massima larghezza verso il terzo anteriore; da questo punto i margini concorrono quasi in linea retta verso l’apice, che è prominente, acuto, elegantemente incurvato. La su- perficie della valva"è liscia; nella metà anteriore è provvista di due carene, che verso il margine fron- tale si fanno molto forti e rilevate, mutandosi in due acute pieghe e lasciando fra loro un seno profondo. Lunghezza della valva . n « 3 ; È È È È 5 mm. 14 Larghezza » » o c o ò c . Ò a . o 1209 Spessore » » 3 5 ; 5 6 - : ò a 6 » 5 Angolo apicale o 0 Ò o 3 ; , o 6 5 6 70° Calcari neri: R. Valp. Terebratula (Hemiptychina) Schellwieni n. f. — Tav. II [III], fig. 7 a-d. 1900. Terebratula (Hemiptychina) Dieneri (non Gem.) ScaeLLwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 105, tav. XV, fig. 21-23. Conchiglia subpentagonale, mediocremente rigonfia, ristretta nella parte anteriore e all'apice. Valva ventrale alquanto allungata in alto, con la massima larghezza verso la metà, molto convessa superior- mente e quasi spianata verso la fronte. Apice mediocre, stretto, ricurvo, con forame ovale. Valva dorsale assai più rigonfia, subspianata lungo la linea mediana e sui lati, in modo che la sezione trasversale prende la forma di un mezzo esagono. La commessura frontale è breve, misurando una lunghezza uguale a metà o un terzo della maggiore larghezza della conchiglia; essa presenta tre denti subeguali verso la parte dorsale e quindi due verso la parte ventrale. Ai primi fanno capo 3 pieghe uguali, piccole e brevi, che ornano la regione anteriore della piccola valva e si estinguono prima di giungere a un terzo della sua altezza. La valva ventrale invece porta 4 piccole pieghe, che si iniziano verso la sua metà, e delle quali le mediane fanno capo al margine frontale, mentre le due laterali, più piccole e talora poco distinte, giungono all’angolo formato dalla linea frontale stessa con il rispettivo margine laterale. Le commessure seguono ai lati un grande arco aperto, convesso verso la grande valva, e sono sinuose nella regione apicale. Negli individui carniolici l’apparato brachiale, stando alla descrizione dello ScHELLWIEN, sarebbe inter- medio fra quelli dell’ Hemiptychina Dieneri Gemm. e dell’H. himalayensis WaAG. Dimensioni del maggiore esemplare: Lunghezza della valva ventrale . ò o 5 0 . c o mm. 13 » » dorsale a . o c c 6 6 " De 8 RO) Larghezza 5 : i ò o Ò 0 È c ; È ; » 10 Spessore . i i , , ; ; : ; . : È : » Ti Lunghezza del margine frontale . . o 6 , : 6 . » 5 Angolo apicale della grande valva . : o : o o x È 67° » 2 » piccola valva . 0 c ò 5 ” s È 96° 4A . M. GORTANI [44] Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Questa specie è molto vicina alla Notothyris triplicata DieneR (Palaeont. Ind., ser. XV, vol. I, part. 3, pag. 78, tav. XIII, fig. 1,2), che, in mancanza di caratteri interni, io riterrei più facilmente una Hemi- piychina. Da essa si distingue principalmente per la minor convessità delle valve e il numero inferiore di pieghe. Ricorda in qualche punto la Hemipt. sparsiplicata WaAG., da cui diversifica però in molti par- ticolari, quali la forma e il modo tipico di ornamentazione. Lo ScHELLWIEN classifica come Hemipt. Dieneri Gemm. gli esemplari da lui trovati a Neumarktl; ma . questi, mentre corrispondono esattamente ai miei, differiscono dalla specie siciliana, almeno a giudicare dalle figure, per molti caratteri essenziali. Così i margini laterali negli individui carniolici e carnici sono convergenti in avanti, e paralleli invece nella H. Dieneriì; la valva dorsale è in questa specie appena ottusa sulla linea mediana, mentre nella nostra è quivi spianata; le tre pieghe della piccola valva sono subeguali anche negli esemplari di Neumarktl, mentre negli individui di Palazzo Adriano la mediana è assal più sviluppata, e così via. Terebratula (Hemiptychina) Schellwieni var. infilata n. f. — Tav. III [III], fig. 8 a-d. Distinguo con tal nome due esemplari ben conservati, di medie dimensioni. La conchiglia è ovale piriforme, e differisce dalla Hemipt. Schellwieni tipica per essere molto più rigonfia, per avere ridotte al minimo le due pieghe laterali della grande valva, e per mantenersi convessa anzichè subspianata sulla regione mediana longitudinale della valva dorsale. Tale carattere l’avvicinerebbe alquanto alla Hemipt. Dieneri Gemm., se d’altra parte il margine frontale non si mostrasse in proporzione ancor più ristretto e sempre uniformemente tridentato. I TI Lunghezza della valva ventrale o 6 c o mm. 14 mm. 12 » » dorsale : RIRESTE o » 12 » 10 Larghezza 5 . ò 5 . o è 5 » 11,5 » 9 Spessore . , c 0 : o 6 ” 8,5 » T Lunghezza del margine frontale . o c o » 5 ” 4 Angolo apicale della grande valva . 5 Dingo 68° 65° » » piccola valva . o o 1 103° 920 Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Terebratula (Hemiptychina) tridentata n. f. — Tav. IMI [II], fig. 9, 10. Conchiglia grande, ovoidale, molto rigonfia, subtroncata alla fronte. Valva ventrale fortemente convessa nel senso antero-posteriore, con apice grande e ricurvo. Forame ovale, mediocre; deltidio relativamente piccolo; area concava, mal limitata. La valva è quasi due volte più lunga che larga, con la massima lar- ghezza verso la metà o i due quinti dell’altezza a partire dall’ apice. La sua superficie è liscia, con strie d’accrescimento appena accennate, ornata da due grandi pieghe a spigolo ottuso, un po’divergenti, che si iniziano verso la metà e si fanno molto spiccate e prominenti nella regione frontale. Quivi, sul lato esterno di ciascuna di esse, si scorge una debole e breve costicina, cui corrisponde un dente prominente nella commessura frontale. Fra le due coste mediane si avvalla un largo solco, che in avanti si fa molto profondo e spiccato e si prolunga in dente triangolare. [45] M. GORTANI 45 La valva dorsale è più rigonfia, maggiormente convessa nel senso trasversale, appena una volta e mezzo più lunga che larga, subpentagonale, con apice largo e ottuso. È fornita di tre pieghe larghe e arrotondate, poco sporgenti, brevissime, la mediana alquanto più rilevata e prolungata triangolarmente in avanti in corrispondenza del solco della valva opposta. La commessura è sinuosa sotto l’apice, quindi forma un largo arco con la convessità rivolta verso la grande valva; alla fronte è acutamente tridentata, con denti triangolari grandi, il mediano doppio dei laterali. È Dimensioni del maggiore esemplare: Lunghezza della valva ventrale . É ; É ILA ; - mm. 19 » » dorsale: 7 " 2 . - + : : > 5,5 Larghezza Simo 0 ò o o " . c o o 5) 12 Spessore CR ZAR 5 5 7 o 5 B È 5 5 » 11 Angolo apicale della grande valva 0 . o c o 5 0 13° » » piccola valva . È . . . c , 0 1040 Tre esemplari, due dei quali in perfetto stato di conservazione: calcari rossi fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Questa specie sta fra l’ Hemiptychina Nikitini GemmELLARO (La fauna dei cale., ecc., fasc. IV, 1898-99, pag. 235, tav. XXV, fig. 10-17) e la Hemipt. carniolica ScHELLWIEN, di cui già ci siamo occupati. Dalla prima si distingue per la diversa forma delle valve, le commessure laterali molto meno arcuate, l’apice più grande e ricurvo, la piega mediana ventrale assai più sviluppata verso la fronte che non le laterali. La tengono separata dalla H. carniolica il seno laterale più forte, la forma più allungata, la grande con- vessità delle valve, le pieghe molto ineguali, l’apice diversamente conformato. A questa specie tuttavia si avvicina il secondo degli esemplari figurati, che forma quasi un passaggio tra le due forme (Hem. tridentata ad Hem. carniolicam vergens). Esso è in proporzione meno allungato della genuina Hem. tri- dentata, ha piuttosto la forma della Hem. carniolica, e le sue pieghe sono un po’ meno disuguali, con il soleo ventrale meno profondo e meno prolungato in avanti. Terebratula (Hemiptychina) cfr. Tschernyschewi ScarLLwIEN. 1900. Terebratula (Hemipiychina) Tschernyschewi ScaeLL'wIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 106, tav. XV, fig. 24-26. Una piccola valva dorsale, lunga mm. 6 e larga mm. 4,5, ovale piriforme, fornita di poche e minute costicine nella regione frontale, ha molta somiglianza con gli individui della Carniola sui quali lo ScHELL- WIEN ha istituito questa specie. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Terebratula (Hemiptychina) pseudo-elongata ScueLuwrn. — Tav. IN [III], fig. 11, 12. 1900.. Terebratula (Hemiptychina) pseudoelongata ScarLuwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 107, tav. XV, fig. 27-29. I quattro esemplari che riferisco a questa specie hanno la forma generale della fig. 28 dell’ autore tedesco, con la parte anteriore della conchiglia ristretta. Il maggiore di essi è alquanto più rigonfio degli 46 M. GORTANI [46] individui carniolici e si avvicina alla fig. 19, tav. XV, del GeinITz (Die Dyas), rappresentante il Dielasma elongatum ScaLotE. E veramente, per quanto i miei individui siano ben conservati, non potendo vedere in essi l'apparato brachiale nemmeno con le sezioni (essendo le pareti e lamelle calcaree cristallizzate), la distinzione fra le due specie diventa molto ardua. Mi sono deciso tuttavia per la H. pseudo-elongata, tenendo conto specialmente del contorno della porzione anteriore della conchiglia. I II Lunghezza della valva ventrale . o . o mm. ll mm. 9,5 » » dorsale . . 7 c ò » 95 » 8 Larghezza . , 3 3 o . : 58 PANENONO. Spessore . c 0 . 0 c c o ò » 6 » 4,5 Angolo apicale della grande valva . 0 o 5 TUO 60° » » piccola valva . o i, c 93° 9/10 Calcari neri (?), grigi, grigio-rossastri e rossi; dal R. Valp al R. Rosso. Notothyris WAAGEN. Notothyris exilis Grumernaro sp. — Tav. IM [III], fig. 13-16. 1898-99. Rostranteris exile GeuueLLaro. Fauna d. cale. con Pus. d. valle d. Sosio, fasc. IV, pag. 243, tav. XXV, fig. 63-70; tav. XXVII, fig. 70; tav. XXX, fig. 42. 1900. Notothyris exilis ScueLLWwIEN. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XVI, pag. 103, tav. XV, fig. 13-17. Ritenendo esatta, fino a prova contraria, la sinonimia stabilita dallo ScHBLLWIEN, riunisco le Rostran- terides del GemmeLLARO alle Notothyrides del WaAAGEN. Forse il primo potrebbe considerarsi come un sotto- genere del secondo; ma siccome questo pure a sua volta non è completamente indipendente dalle Tere- bratulae vere, lascio aperta la questione, che i miei esemplari non si posson del resto prestare a risolvere. La Notothyris exilis è largamente rappresentata negli strati superiori con Fusuline della Carnia, come nei depositi di Neumarktl. Nei 17 esemplari esaminati il rilievo delle pieghe e la convessità delle valve variano sensibilmente, come si può apprezzare nelle unite figure; così pure l’apertura dell’angolo apicale e il rapporto fra larghezza e lunghezza, che oscilla fra %%,co € 5loo- IM qualche caso la conchiglia è perfettamente liscia, e solo indizio delle pieghe è rimasto un piccolo seno della commessura fron- tale. Lo spessore non di rado è in proporzione maggiore che negli esemplari siciliani, ma uguale a quelli di Neumarktl; in generale si acecesce nella regione posteriore. La sezione trasversa varia in corrispon- denza dalla forma ovale ellittica alla subcircolare. JI II III IV Vv Lunghezza della valva ventrale + mm. 8,5 7,9 Ld 6 10 » » dorsale 0 » 7 6 MEN 5 8,5 Larghezza c . o c è » 6,5 5,5 6 4,5 6 Spessore . , : i : È » 4 3,5 4 3,5 5,5 Angolo apicale della grande valva . 61° (22) 65° 58° 48° » » piccola valva . o 96° 104° 93° 90° 91° Frequente nei calcari grigio rossastri; tre esemplari provengono anche dai calcari rossi: fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. |£7] M. GORTANI 47 Notothyris mediterranea Genmennaro sp. — Tav. IMI [II], fig. 17, 18. 1898-99. Rostranteris mediterraneum GemmeLLaro. Fauna d. cale. con Pus. d. valle d. Sosto, fasc. IV, pag. 244, tav. XXVI, fig. 1-6; tav. XXVII, fig. 59. I numerosi individui carnici di questa specie presentano evidenti i caratteri degli esemplari siciliani, e corrispondono specialmente alle figure 3-6, tav. XXVI, dell’ autore citato. La conchiglia è moderatamente rigonfia, con grande apice ricurvo; ha contorno ovale piriforme, ri- stretto in alto e subtroncato alla fronte. La commessura delle valve è diritta ai lati e munita in avanti di tre denti relativamente grossi, subeguali fra loro. Nella regione frontale si notano varie strie di ac- crescimento più o meno forti, quasi imbricate e con lo stesso andamento della commessura anteriore. Le pieghe sono 2 sulla grande valva, 3 sulla piccola: le prime, ben rilevate, con un profondo e netto solco mediano, a spigolo arrotondato, si arrestano poco oltre la metà della lunghezza della valva; le tre dorsali larghe, subeguali o con la mediana più spiccata, si estinguono a pochi millimetri dalla fronte. Lateralmente alle pieghe della valva ventrale si ha spesso un accenno a una costa piccola e breve, talora sensibilmente rilevata come nella figura 17 della tavola. Dimensioni degli esemplari disegnati: Dl II Lunghezza della valva ventrale : $ o ò mm. 10 mm. 9,5 » - > dorsale o i " 3 » 8 » 8 Larghezza ; 5 5 o . È 2 5 » 8,5 » 7,5 Spessore . ° ; 0 3 ; o . c » 6,5 » 5,5 Angolo apicale della grande valva . ò o o ‘67° 78° » » piccola valva . 3 6 E 102° 103° Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Notothyris multiplicata Waacrn. 1882. Notoihyris multiplicata WaaAcen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 388, tav. XXVIII, fig. 12, 13. Si lasciano ricondurre a questa forma buon numero di esemplari, ridotti però quasi sempre a una sola valva. La conchiglia è poco rigonfia, talora asimmetrica, a contorno oscuramente subpentagonale, più o meno allargata, prolungata nella regione posteriore. Seno e lobo larghi, ma superficiali. Valva ventrale con apice acuto, munito di largo forame; deltidio assai piccolo; falsa area liscia, stretta, leggermente incavata. Commessura sinuosa ai lati e leggermente curvata in ampio seno alla fronte. Le valve sono percorse da 11-15 coste radiali più o meno acute, deboli o rilevate a- seconda degli individui, separate da solchi piuttosto larghi; 3 di esse stanno ordinariamente nel seno, 4 sul lobo. La lunghezza del guscio oscilla fra mm. 6 e 8, la larghezza fra mm. 6,5 e 9; l’angolo apicale è di 70°-95°. Le variazioni di forma sono quindi molto notevoli; e mentre il maggior numero dei miei esem- plari corrisponde alla fig. 2 del WaacEN, i più allargati ricordano la E%ynchonella Salinasi Gemw. della Pietra di Salomone ®. Un individuo completo, ma leggermente schiacciato nella valva ventrale, presenta queste dimensioni: 1) GAMMELLARO. La fauna dei calcari ecc., fasc. IV, 1898-99, pag. 256, tav. XXVII, fig. 43-47. 48 M. GORTANI [48] Lunghezza della valva ventrale o . - : 0 . 5 o mm. 7 » » dorsale o o à o o 6 o o » 6 Larghezza } o c 0 ù . È 6 : » 6,5 Angolo apicale della ana dia - 9 s 9 È NE: 5 70° » » piccola valva . . 7 o o o 0 0 88° Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Notothyris (?) gibba n. f. — Tav. HI [III], fig. 19 0-d. Con molta incertezza riferisco a questo genere un Brachiopode, completo e ben conservato, che non posso avvicinare ad alcuna delle specie carbonifere o permiane a me note. La valva ventrale è assai più lunga che larga, molto fortemente prolungata in alto, e forma un arco assai pronunciato al di sopra della valva dorsale, così da ricordare l’aspetto di alcuni Penfamerì devo- niani. L’apice è grande, acuto, prominente, ricurvo, e nasconde il deltidio; il foro è ampio, ovale, ri- stretto a doccia in basso. La valva dorsale ha una forma emisferica, alquanto allargata in avanti, con un angolo apicale ottusissimo. Tre brevi e leggiere pieghe percorrono la regione frontale della piccola valva e due simili occupano la metà anteriore della valva opposta. La superficie è liscia. Le commessure laterali sono leggermente ondulate, la frontale sinuosa. Altezza del guscio . - . ; 6 . c ì mm. 7 Lunghezza della valva casato, n la curva . 0 o 0 o è dl » » dorsale : c b 3 0 ° 5 c » 4,5 Larghezza . n o c ò . ; I, . : o ò » 5 Spessore 5 ò 0 3 : ò 6 . 5 » 5 Angolo apicale della Siadtae Si . ; o . ò ; . 60° circa » » piccola valva 0 o . o È 6 © 110°» Calcari grigio rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Typ. Mollusca. Class. Lamellibranchiata. Fam. Aviceulidae Lanier. Pseudomonotis BEYRICH. Pseudomonotis inversa Waacen. — Tav. IMI [III], fig. 23. 1881. Pseudomonotis inversa Waacen. Palaeont. Ind., ser. XII, vol. I, pag. 284, tav. XXII, fig. 4. Rarissima forma, di cui è noto un solo esemplare, proveniente dagli strati superiori con Productus del Salt-Range. Nei depositi fossiliferi più bassi del Col Mezzodì son riuscito a isolare una valva sinistra che riproduce in iscala ridotta ognuno dei caratteri assegnati a questa specie dal suo fondatore. Oltre che per la mancanza dell’orecchietta anteriore, la valva figurata si distingue nettamente da quelle affini per la forma dell’altra orecchietta, che è ottusa e si continua in arco regolare col margine [49] M. GORTANI 49 posteriore; per l'angolo che il margine laterale anteriore forma con l’arrotondato bordo ventrale, e fi- nalmente per la fina e fitta scultura caratteristica. Altezza della valva c o ò 5 6 o ò È d 7 mm. 4 Lunghezza della valva . : 0 o . . 0 ò c È >» 3,5 Lunghezza del margine cardinale c , 5 È . : ; » 2 Angolo apicale 5 0 . 0 7 c È ò o o o T1° Calcari neri bituminosi: R. Valp. Pseudomonotis gigantea Waacen. 1881. Pseudomonotis gigantea Waacen. Palaeont. Ind., ser. XII, vol. I, pag. 283, tav. XXI, fig. 1; tav. XXXII, fig. 1. Valva destra deteriorata e incompleta, che presenta la caratteristica scultura a coste più o meno uniformi, fitte e mediocremente sviluppate degli esemplari indiani. Ricorda pure il Pecten concavus M° Cor (Carb. foss. Ireland, pag. 90, tav. XV, fig. 10), dal quale però si distingue per le costole meno stipate e per la forma diversa dell’orecchietta posteriore. Arenarie scistose ocraceo-argentine: R. Rosso. Aviculopecten M'° Cory. Aviculopecten hiemalis SaLter. — Tav. II [III], fig. 20, 21. 1865. Aviculopecten hiemalis SaLtER. Palaeontology of Niti in the Northern Himalayas, pag. 55, tav. V, fig. 14. 1881. — _ WaaGEN. Palaeont. Ind., serie XIII, vol. I, pag. 301. 1897. — —_ Drener. Ibid., ser. XV, vol. I, part. 4, pag. 9, tav. V, fig. 10, 11. Dopo il diligente esame e la lunga e minuta discussione che il DrenER ha compiuto a proposito di questa specie, ritengo superfluo insistere su tale argomento. I tre esemplari del Col Mezzodì che ascrivo all’A. hiemalis corrispondono in ogni particolare a quelli dell’ India; osserverò soltanto che i seni formati dalle orecchiette con i margini laterali sembrano nei miei individui alquanto più pronunciati. L’ angolo apicale varia da 80° a 84°. L’alternanza di coste radiali più e meno rilevate è meno regolare di quello che non appaia dalla descrizione del DreneR, ma lo stesso fatto si nota però anche negli esemplari di- segnati nella sua tavola. Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. ‘Aviculopecten subexoticus Waacen. 1881. Aviculopecten subexroticus Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 309, tav. XXIII, fig. 6. Rara ed elegantissima specie, che è rappresentata da una sola valva destra tanto nei più alti strati con Productus dell'India, quanto nei calcari con Fusulina della Carnia. La forma è analoga in entrambi gli esemplari; le dimensioni sono un po” minori nel nostro campione, il quale ha invece un numero alquanto più forte di coste. Il primo ciclo consta intatti di 14 costicine, e fra ognuna di esse se ne in- Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. di 50 M. GORTANI [50] terpone una del secondo ciclo, più debole ma quasi della stessa lunghezza. Per questo fatto il nostro esemplare si avvicina all’ affinissimo A. parvulus WuirrieLD et HarL del Permocarbonifero o del Carbo- ‘nifero superiore d’ America ®; tale specie si distingue dall’ A. subexoticus soltanto per il numero maggiore di coste e la loro minore regolarità. Caratteristica infatti della forma indiana è l’ estrema regolarità della scultura: si può dire che non c' è un intervallo più largo degli altri, nè una costicina più rilevata delle rimanenti del suo ciclo. Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Aviculopecten carnicus n. f. — Tav. III [IMI], fig. 22 a-e. Valva sinistra mediocre, largamente ovato-subcircolare, troncata in alto, sensibilmente convessa. Apice poco spostato dalla linea mediana, leggermente prominente sul margine cardinale. Orecchiette grandi, spianate; l’ anteriore è nettamente limitata dal resto della valva, che si innalza bruscamente sul limite inferiore di essa, e il suo margine anteriore forma un angolo rientrante ottuso con quello della conchiglia. L’orecchietta posteriore è assai meno bene delimitata internamente, larga, espansa, alquanto ondulata, col margine laterale appena sinuoso e non distinto da quello della valva. Lunghezza del bordo cardinale sconosciuta, per la rottura dell’ orecchietta anteriore, ma verosimilmente subeguale alla lunghezza della conchiglia. Superficie munita di 15 principali pieghe radiali, distribuite in due cicli. Il primo ne conta 8, non molto prominenti, larghette, a sezione triangolare, che percorrono l’intera valva; il secondo ne ha 7, di poco minori, che arrivano fin sull’apice. Fra queste pieghe principali si scorgono con la lente alcune sottili costicine appartenenti ad un terzo ciclo, debolissime e regolarmente alternanti con le precedenti. Strie di accrescimento indistinte. Altezza della valva o : ar ò 0 0 CEE ; mm. 12,5 Lunghezza della valva . ò o è i "N 5 3 È : » 13 Angolo apicale Ò . : o ò . È ò : A 6 850 Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì (es. 2). Questa specie si avvicina in modo singolare all’ Avic. fenuìîs HaLL delle assise devoniane superiori di Chemung 3), e ne differisce soltanto per il numero di coste un po’minore e per le dimensioni notevoli delle orecchiette, massime dell’anteriore. Ha rapporti anche con 1’ Avic. (Pterinopecten) Spio WaLcort del Carbonifero inferiore Nevadense ), che però si mostra più allungato e ha 1’ orecchietta anteriore molto ridotta; e ricorda pure 1° Avic. Eurekensis Walcott 5, da cui è nettamente separato per caratteri di forma e ornamentazione. I contorni invece richiamano il Pecten Hardingi. M° Cor °), che ha inoltre lo x stesso tipo di scultura, ma è diverso nel numero delle coste (22 per ciclo) e nei tubercoli che le adornano. Aviculopecten hoernesianus pr Konincx. — Tav. III [IMI], fig. 24. 1873. Aviculopecten Hornesianus pe Konincx. Mon. foss. Bleiberg, pag. 89, tav. III, fig. 27. 1) Vedi HaLx a. WHIrrieLD. U. S. Geol. Expl. 40 Parall., Palaeontology, part. II, pag. 274, tav. VI, fig. 6. ? Han. Palaeont. of New York, vol. V, part. I, 1885, tav. VII, fig. 27,28. 3) WaLcorT. Palaeont. of Eureka Distr., pag. 233, tav. VIII, fig. 1. 4) Ip.L. c., pag. 227, tav. XIX, fig. 2,3. 5) M'Cov. Carb. foss. Ireland, pag. 94, tav. XV, fig. 18. [51] M. GORTANI 51 Valva sinistra, piccola, ovato triangolare, arrotondata in basso, con angolo apicale acuto, non troppo convessa. Orecchiette piccole ma ben sviluppate, segnatamente la posteriore, il cui margine forma un seno profondo con quello laterale della conchiglia. Entrambe le orecchiette sono piane, nettamente stac- cate dal resto della valva, che si innalza bruscamente sul loro limite interno a costituire la regione apicale. Superficie ornata di 13-14 pieghe radiali, poco prominenti, alternate con un secondo ciclo di costicine più minute e più brevi che non arrivano alla regione dell’ apice. Altezza della valva : 5 a 6 o ; 5 : 6 - mm. 7,5 Lunghezza della valva . 7 o o Ò 6 , . c EIAIREAT( » del margine cardinale . , È i . o 7 È » 4,5 Angolo apicale - 6 È 1 - E ; : ; 3 ; 680 L’unica differenza sensibile che ho notato fra l'esemplare descritto e quelli carinziani sta nel fatto che le orecchiette, liscie nel nostro campione, appariscono attraversate da qualche piega nella figura del DE KoxnIncK. Egli però non vi accenna menomamente nella sua descrizione. Calcari rossi, fra il R. Creta Rossa e il R. Col Mezzodì. Aviculopecten Sedgwicki M° Cov sp. 1844. Pecten Sedgwicki M° Cor. Carb. foss. Ireland, pag. 99, tav. XIV, fig. 4. 1854. Aviculopecten Sedgwickii Morris. Cat. Brit. foss., II ed., pag. 165. 1866. ? — interlineatus Mex a. WortHEN. Invertebrates from the Carboniferous System. Geol. Surv. Illinois, vol. II, pag. 329, tav. XXVI, fig. 7. 1892. Avicula acanthica GemmeLLARO. Bull. d. Soc. Sc. nat. econ. Palermo, n. 1, pag. 9. 1895. Aviculopecten acanthicus GemmeLLaro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fase. III, pag. 215, tav. XXIII, fig. 22-25. 1898. ? _ interlineatus WeLLER. Bibliographic Index of North American Carboniferous Invertebrates. B. U. S. Geol. Surv., n. 153, pag. 111 (cum syn.). 1903. — cfr. Sedgwickù Gortani. Riv. It. di Paleont., vol. IX, pag. 47, tav. IV, fig. 11. 1903. —_ Sedgwicki Hixp. A Monograph of the British Carboniferous Lamellibranchiata, vol. II, part. II. Palaeont. Soc., vol. LIV, pag. 101, tav. XVI, fig. 28-33. Lo scorso anno avvicinai a questa specie, di cui non avevo potuto vedere la descrizione originale, una valva sinistra della quale davo la descrizione e il disegno. In pari tempo notavo la sua somiglianza con l’ Aviculopecten acanthicus Gemm. sp., accennando come la separazione di questa forma dalla prima non mi riuscisse ben chiara. x L’esemplare in questione è sempre l’unico che io sia riuscito a trovare; ma ora posso confermarne in modo sicuro il riferimento alla specie irlandese, essendomi stato possibile di avere fra mano non sol- tanto il lavoro autentico del M° Cory, ma anche l’illustrazione completa dell’ Aviculop. Sedgwicki comparsa ultimamente nel magistrale studio dell’ Hinp sui Lamellibranchi carbonici inglesi. Come già avevo sospet- tato, l’esame di queste opere mi ha costretto a riguardare lA. acanthicus come sinonimo dell'A. Sedg- wicki. Poichè, mentre la forma della conchiglia è sempre la medesima, la sua ornamentazione varia sen- sibilmente, presentandosi costituita ora da sole strie e cercini concentrici, ora da strie e cercini uniti a sottili costicine radiali più o meno evidenti. E se il GemmeLLARO, descrivendo la sua specie come provvista di queste e di quelli, cita però anche individui con l’ ornamentazione più semplice, l’Hinp a sua volta illustra esemplari debolmente costati in mezzo ad altri più numerosi con sole striature concentriche. (Oni DO M. GORTANI [52] Cade perciò l’unica distinzione fra i due Aviculopecten stabilita dal paleontologo siciliano; e mi pare giocoforza concludere che ci troviamo in presenza di una stessa specie con ornamenti variabili. La forma tipica, più antica e più anticamente descritta, non rara in Inghilterra e rinvenuta pure in Irlanda e in Sicilia, è 1° Aviculopecten Sedgwicki, privo di coste radiali. Insensibilmente esso passa agli individui più o meno manifestamente ornati anche radialmente, rari nel Nord e più frequenti presso Palermo. Volendo conservare il nome a questa forma, si potrà fare dell’ A. acanthricus una varietà del Sedgwicki. Nel Col Mezzodì è rappresentato finora solo il tipo, rinvenuto nei calcari rossi. Aviculopecten auriculatus M° Cox sp. — Tav. III [III], fig. 25 a, d. 1844. Inoceramus auriculatus M° Cor. Syn. Carb. foss. Ireland, pp. 7, tav. XIX, fig. 5 1844. Pecten cingendus M° Cor. Ibid., pag. 90, tav. XVII, fig. 11. 1844.? Lima laevigata M° Cor. Ibid., pag. 88, tav. XIV, fig. 3. 1877. Aviculopecien cingendus pe KonIncK. Fossiles Palaia de la Nouv.- Galles du Sud, part. 3, pag. 292, tav. XXII, fig. 6. 1903. Pseudamusium auriculatum Hinp. Mon. Brit. Carb. Lamellibr., vol. IL, part. II, pag. 107, tav. XVI, fig. 23-27. Una valva sinistra rotta posteriormente, con guscio sottile, di forma troncato-orbicolare, poco convesso, ornato di numerose strie di accrescimento che a frequenti intervalli sono fortemente rilevate a cercine. Sulla parte interna e convessa dei cercini vengono spesso a riposare brevi, esili e fitte costicine radiali Visibili solo colla lente. La forma generale è identica a quella tracciata dal M°Cor per il suo Pecten cingendus, che ora 1° Hinp sulla scorta di abbondante materiale riunisce all’ Inoceramus auriculatus del medesimo autore. Debbo osservare però che nè il M°Coy nè l’ Hinp accennano alla presenza delle interrotte e sottili costicine radiali che ho figurato e descritto. Ma, ricordando quanto dissi riguardo all’ Aviculopecten Sedg- wicki, e quanto siano variabili sotto questo aspetto altre specie di cotesto gruppo (ad es. 1° Aviculop. Bertrandi Gemm.), non mi sono arrischiato a descrivere il mio esemplare come una forma nuova. Arenarie argentine: R. dei Lòvs. Aviculopecten sp. ind. Conchiglia ovale, quasi simmetrica, troncata superiormente. Orecchiette piccole, mal delimitate dal lato interno e formanti un seno più o meno largo con i margini laterali della valva. Superficie liscia, priva di coste radiali, ornata soltanto da poche strie concentriche ben rilevate sulle orecchiette e verso i margini. Altezza della conchiglia . 0 . 0 o 0 Se gEro o 0 mm. 9 Lunghezza 6 o o . o . . o 0 È . ° » 10 » del margine cardinale . 0 o 6 o 6 6 6 » 6,5 Il cattivo stato di conservazione dei due esemplari che possiedo mi lasciano esitante sul valore dei suesposti caratteri e forse anche sulla pertinenza loro al genere Aviculopecten. Tuttavia non mi è parso inutile darne una descrizione sommaria. Calcari rossi, fra i rivi Creta Iossa e Col Mezzodì. (ni (VO) [53] M. GORTANI Fam. Pectlinidae Livarcx. Pecten KLEIN. Pecten Trinkeri Sracas. — Tav. III [III], fig. 26, d. 1878. Pecten (Aviculopecten) Trinkeri Sracne. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVIII, pag. 105, tav. IV, ; fig. 6 e 8. 1896. — - — Tomrasi. Sul recente rinvenimento di fossili nel calcare a Bellerophon nella Carnia. Rend. Acc, Lincei, CI. d. sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. V, 1° sem., pag. 220. Una valva suborbiculare, splendidamente conservata, presenta l’ornamentazione e la forma caratte- ristiche del Pecten Trinkeri. La sua maggiore somiglianza è con l'esemplare rappresentato nella figura 6 dello StAcHE; l’unica differenza apprezzabile consiste in un’ estensione alquanto più grande dell’ orecchietta anteriore, che mantiene però inalterato il suo contorno rientrante. Le costicine radiali sono numerosissime; quelle del secondo ciclo inegualmente sviluppate; le strie di accrescimento sono straordinariamente fine e numerose, per la maggior parte visibili solo con la lente. La forma dalle orecchiette distingue facilmente questa specie dal Pecten Knockonniensis M° Cor, mu- nito di una scultura ugualmente fitta e minuta, ma con le coste subeguali fra loro e le orecchiette costate esse pure. Altezza della conchiglia s . ; o È 3 : : ò mm. © Lunghezza della conchiglia . 6 5 o o o 6 5 0 » td » del margine cardinale È : è o ; . i » 6 Angolo apicale c o o 5 0 c ò c . 0 . 90° circa Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Pecten cfr. pardulus Sracns. — Tav. III [III], fig. 27 a, d. 1878. Pecten pardulus Sracne. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVIII, pag. 104, tav. I, fig. 7. 1800 e Tommasi. Rend. Acc. Lincei, Cl. d. sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. V, 1° sem., pag. 220. Valva piccola, subequilatera, ovale orbicolare, mediocremente rigonfia; orecchiette piccole, quasi uguali fra loro, ottuse, continuantisi coi margini laterali della conchiglia senza seno profondo, mal limitate dal resto della valva. Umbone piuttosto rigonfio, curvato, poco prominente oltre il margine cardinale, che è breve e diritto. Superficie ornata da 13-14 coste radiali, larghe e basse, fra cui sono intercalate in generale due costicine secondarie. Queste sono alquanto più irregolari che nell’esemplare descritto dallo StACHE; variano di lunghezza, rilievo, diametro, senza ordine fisso; talora si riducono a una sola o si portano a tre, rendendo difficile la determinazione esatta dei cicli successivi. Altezza della valva . i 5 . ; 6 : ò . S 6 mm. 5,5 Lunghezza >» o o o dati SÒ » 4,5 » del margine cardinale . . o o : ) d 5 303 L'angolo apicale, difficile a misurarsi per l’incerta delimitazione delle orecchiette, sembra di 80°. Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. 54 M. GORTANI |54] Fam. Myalinidae Freca. Liebea WAAGEN. Liebea Hausmanni Goupruss sp. 1861. Aucella Hausmanni (GoLpr. sp.) GrmmITz. Dyas, pag. 72, tav. XIV, fig. 8-16 (cum syn.). 1866. — = Gemirz. N. Acta Acad. Caes. Leopold. Carol., vol. XXXIII, pag. 25, tav. II, fig. 8. 1878. —. cfr. Hausmanni Sracer. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVIII, pag. 115, tav. I, fig. 18. 1881. Liebea Hausmanni Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 293. 1896. Aucella cfr. Hausmanni ? Tommasi. Rend. Acc. Lincei, ser. 52, vol. V, 1° sem., pag. 219. I quattro esemplari del Col Mezzodì presentano ben manifesti i caratteri minutamente esposti dal GrINITZ per questa forma controversa, successivamente ascritta a quattro diversi generi e collocata in altrettante famiglie. Mi sembra tuttavia che dopo i lavori del WaaGEN la questione sia risoluta, per quanto almeno lo comportano i fatti sino a oggi discussi. Già il Grinmtz (1. c., pag. 73) faceva notare la variabilità di forma che ha questa specie, di cui la Liebea indica Wang. può considerarsi una semplice razza alquanto depressa e allargata. I miei esemplari costituiscono una piccola serie in cui la conchiglia si va man mano restringendo; cosicchè il rapporto fra altezza e larghezza, di quasi */3 nell’individuo più espanso, non giunge a !/, nel più ristretto, dove x la larghezza massima si è portata dalla sommità alla parte inferiore della valva. I II Altezza della conchiglia . : ; 0 o o c mm. 10 mm. 9,5 Larghezza 0 . c o o o . o 6 » 6 » 4,5 Calcari grigio-rossastri e rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. Nuculidae Gray. Nucula LAMARCK. Nucula sp. ind. Valva destra, piccola, oscuramente ovato-triangolare, rigonfia, con la regione apicale bruscamente sollevata sui lembi marginali anteriore e posteriore. Superficie apparentemente liscia. Lo stato non buono di conservazione in cui si trova l'esemplare mi impedisce una descrizione più minuta e una determinazione specifica esatta. La forma è molto simile a quella N. Beyrichi v. ScnAUR. del Permiano inferiore , cui forse la si potrebbe ascrivere se l’ornamentazione fosse meglio conservata. Caratteri poco diversi ha anche l'esemplare di Schizodus rossicus DE VERN. figurato dallo stesso GEINITZ tra i fossili di Nebraska City, che senza l’aiuto di particolari interni o della scultura superficiale non è facilmente distinguibile dalla forma precedente. 1) Cfr. v. ScnauroTH. Zeitschr. Deut. geol. Ges., vol. VI, 1854, pag. 551, tav. XXI, fig. 4; — Gemitz. Dyas, pag. 67, tav. XIII, fig. 22-24. |55] M. GORTANI 55 Altezza della valva . c . - a ò . o c 6 D mm. 5 Lunghezza della valva . . : 7 o . ; 6 i 6 » 6 Spessore » » c . . 0 a 0 . . . » 2 Angolo apicale : o o . o . o È 7 3 ò 1152 Calcari neri: R. Valp. Fam, Frigoniîidae Livarcx. Schizodus Kixe. Schizodus pinguis WaAGEN. 1881. Schixodus pinguis Wancen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 236, tav. XIX, fig. 7-10. Valva sinistra, ovato-trasversa, fortemente asimmetrica, con l'apice spinto verso la regione anteriore. Margine cardinale lungo, quasi rettilineo o leggermente incavato nel tratto mediano; margine ventrale arcuato, subtroncato posteriormente. Superficie liscia. L’esemplare è guasto nella regione posteriore. La valva è un po’ meno rigonfia che non la descriva e figuri per i suoi esemplari il WAAGEN, avvicinandosi per questo carattere allo S. ScA/otheimi Grin. del Permiano superiore ‘). Altezza della valva . ” 6 ò o . , 3 i o 0 mm. 13 Lunghezza della valva . . 0 . o a o o 0 6 » 16 Spessore » » 5 o ò : à - Ò - 5 5 » dI Angolo apicale ; 3 3 E î 5 ; ; : 5 5 110° Calcari grigi, fra il R. Creta Rossa e il R. Col Mezzodì. Fam. Grammysiidae Fiscrrr. Edmondia DE KonINcK. Edmondia cfr. isocosmica GrmMELLARO. 1892. Edmondia isocosmica Genmettaro. Bull. Soc. Sc. nat. econ. Palermo, n.° 1. pag. 5. 1895. = —_ — Fauna d. cale. con FPus. d. valle d. Sosio, fasc. III, pag. 186, tav. XXI, fig.. 5,6. Riferisco con dubbio a questa forma interessante un individuo mal conservato, che si accosta note- volmente all’ esemplare figurato dal paleontologo siciliano. La conchiglia (della quale sono presenti ambe le valve) è rigonfia, a sezione trasversa ovale allar- gata, molto inequilaterale, a contorno allungato obliquamente nella regione posteriore, dove l'esemplare è spezzato. Le valve sono convesse, con umboni mediocri e sporgenti sul margine cardinale. L’ornamen- tazione è costituita da varie pieghe rilevate concentriche, che sembrano intersecate da sottili strie ra- diali; ma il cattivo stato in cui trovasi l’esemplare non permette di distinguerle chiaramente. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. 4) Cfr. GrinITZ. Dyas, pag. 64, tav. XIII, fig. 7-12. 56 M. GORTANI |56] Class. Gastropoda. Fam. Bellerophontidae M'° Cor. Bellerophon De MonTFORT. Bellerophon cfr. Jacobi Sracks. 1877. Bellerophon Jacobi (cfr. hiulcus Sow.) Sracre. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVII, pag. 300, tav. VII, fig. 3 a, db. La cristallizzazione delle pareti e la durezza della roccia incassante non mi hanno permesso di de- terminare con sicurezza nessuno dei numerosi esemplari di Bellerophon che compariscono nei calcari rosso grigiastri e rossi del Col Mezzodì. Parecchie specie vi sono certamente rapp:esentate, ma per due sol- tanto il riavvicinamento non è troppo azzardato. I due esemplari che riferisco al B. Jacobì sono sferoidali; non mostrano traccia visibile di carena nè zona rilevata mediana; hanno la bocca di forma semilunare o lungamente reniforme, molto rientrante dal lato interno. Il maggiore degli individui ha un diametro di mm. 34, il minore di 16. Il diametro in entrambi sta alla larghezza e all’altezza della bocca come 1:1: 0,4. Forma non molto diversa ha anche il 5. Ziulcus Sow., dal quale però i miei esemplari si stac- cano per l’altezza minore e per la mancanza di rilievo mediano sui giri. Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Bellerophon cfr. jonesianus pe Konrncx. 1863. Bellerophon Jonesianus De Konincx. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. XIX, fig. 9, tav. III, fig. 2. 1863. — — — Foss. Paléox. de V Inde, pag. 14, tav. III, fig. 2. 1880. —_ _ Waagen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 135, tav. XIII, fig. 1,2. Con questa forma indiana presenta notevole affinità un grande esemplare, di forma globosa, quasi spianato sulla regione mediana dei giri, con apertura oblungo-reniforme, larga poco più di due volte la sua massima altezza. Il guscio è molto grosso, con la superficie in parte conservata e percorsa da gros- isolane strie e pieghe trasversali. Diametro del guscio. ò 6 ò 0 . 0 ° c o ò mm. 54 Larghezza massima 5 c 6 o 0 È . o 5 o » 46 » della bocca . o : e ò - o o c 5 » 42 Altezza » » 5 o o . o o c . c c DI IO Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. Pleurotomariidae D' Orione. Pleurotomaria DEFRANCE. Pleurotomaria Josephinia GrumeLLARO. 1889. Pleurotomaria (Plocostoma) Josephinia GewmeLLaro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. II, pag. 169, tav. XV, fig. 30,31; tav. XIX, fig. 25. 57 È M. GORTANI 57 l Alla descrizione e ai disegni dell’illustre e compianto professore siciliano corrisponde quasi perfet- tamente un esemplare grande, che non ho potuto isolare completamente dall’arenaria durissima, ma in cui. son riuscito a mettere in evidenza la scultura dei due ultimi giri. La traccia della fenditura è fian- cheggiata da tre cingoli tubercolati di sopra e da tre simili inferiormente; nel penultimo giro le granu- lazioni di ogni cingolo si confondono e confluiscono in una carena; nell’ultimo è accennata vicino alla sutura una quarta serie superiore di minuti tubercoli. Altezza del guscio . o - o . . . c 6 0 c mm. 18 Larghezza alla base o . ò 0 o x 5 . c 6 » 20 Angolo apicale 3 5 i 1 SIGLA, 5 ; : 6 ; 95° circa Arenarie argentine compatte: R. dei Lòvs. Pleurotomaria ctr. sequens Waacen. 1880. Pleurotomaria sequens Waacrn. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 118, tav. IX, fig. 4,5; tav. XI, fig. 7. Un frammento di conchiglia appartenente agli ultimi giri ha una forma e un’ ornamentazione molto vicine a quelle della figura 4 (tav. IX) dell’autore citato. La specie è assai comune negli strati superiori con Productus dell’ India. L’ultimo giro del frammento ricordato ha mm. 11 di diametro e 10 di altezza. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Pleurotomaria fragilis pe Kowmncx. 1843. Pleurotomaria fragilis ve Kowincx. Descr. an. foss. du terr. carb. Belg., pag. 372, tav. XXXV, fig. 8 a-e. 1883. Rhineoderma fragile ne Konmcx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VIII, pag. 106, tav. XXXII, fig. 31-35. Un esemplare mediocre, depresso, a guscio fragile e non conservato che sull’ ultimo giro, presenta tutti i caratteri del fossile di Visé. Il pe KonInck nella sua prima descrizione si accontenta di dire: “ surface. couverte d’un assez grand nombre de còtes longitudinales ,, senza indicare le particolarità nè il numero preciso di queste; nel 1883 aggiunge soltanto che esse, regolari sulla superficie superiore, si fanno irregolari nell’inferiore. In ogni modo la specie rimane sempre ben distinta per la depressione grandissima della conchiglia e la grande apertura dell’angolo spirale che ne consegue. L’esemplare del Col Mezzodì è ornato di 7 costicine equidistanti, separate da larghi intervalli piani, nella parte superiore dell’ ultimo giro. Le strie di accrescimento, numerose ma quasi indistinte, intersecano obliquamente costicine e intervalli. Altezza del guscio . 5 ; . . ; 3 - ; o 7 mm. 9 Larghezza massima ò ; 5 a c 0 o o o o po Angolo apicale È o 5 c i - . 0 o . È 1300 Nella figura 8c dell’autore belga (1843) sulla parte alta dell’ ultimo giro si contano 8 coste longi- tudinali. L'angolo apicale corrisponde, nella prossima figura 8@, a quello dell'esemplare carnico, per quanto la descrizione koninckiana ne elevi l’apertura a 156°. Calcari neri bituminosi: R. Rosso. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 8 58 M. GORTANI |58] Pleurotomaria sp. ind. Frammento di conchiglia grande, con giri molto debolmente convessi, separati da una linea suturale poco profonda, ornati da almeno 16-18 costicine longitudinali leggiere e tubercolatéè, tutte uguali fra loro, a tubercoli minuti e fittissimi. L’esemplare, in cui è conservata solo una metà di due giri contigui, proviene dai calcari grigio- rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Murchisonia p’ArcrIsc et VERNEUIL. Murchisonia tramontana SracHGs. 1877. Murchisonia tramontana Sracar. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVII, pag. 312, tav. VI, fig. 10 «a, db. Al pari dello StAacHE, possiedo soltanto il modello interno di una conchiglia destorsa, turrita, conica allungata, con giri convessi separati da profonde linee suturali e angoloso-carenati sulla linea longitudi- nale mediana. I giri rimasti sono 5 e mezzo; la conchiglia ha un accrescimento alquanto più rapido di quella del monte Croce e probabilmente era costituita da un numero di anfratti minore. L’angolosità dei giri è abbastanza pronunciata, staccandosi decisamente dalla forma della M. striatula De Kon., cui lo SracHE avvicina la sua specie. Affinità più spiccata ha invece con la M. carinata ETtHERIDGE *), che se ne distingue per avere i giri in proporzione molto più alti ed obliqui. i Altezza del frammento . a ò a 0 o b o È o mm. 14 » probabile della conchiglia . . È o o 0 0 ò » 20 Diametro dell’ ultimo giro ; a o - ò - : . c » T Altezza » » o 0 . . o i 0 0 0 » 3 Angolo apicale . . 5 5 $ ù c . 7 È 6 20° Calcare nero bituminoso: Rio Rosso. Murchisonia cfr. conula pe KomincK. 1883. Murchisonia conula pe Koninck. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VIII, pag. 17, tav. XXXIV, fig. 9,10 (cum syn.). Modello interno di conchiglia destrorsa, turrita, conica, allungata, costituita da 12-13 anfratti a lento sviluppo, molto convessi, separati da suture profonde, l’ ultimo tricarenato longitudinalmente, spianato fra le carene. i Altezza della conchiglia . d o c 6 c c : 4 0 mm. 16 Diametro dell’ultimo giro : 0 " ò . 0 0 o ù » 6 Altezza » » E ò È 3 6 i 6 7 ò » 2,5 Angolo apicale o i o o c . ° 0 o o . 220 i) R. ErHeRIDGE. Description of the palaeozoice and mesozoic fossils of Queensland. Quart. Journ. Geol. Soc., vol. XXVIII, pag. 337, tav. XVIII, fig. 5. London, 1872. |59] M. GORTANI 59 L’andamento della spira, l’angolo apicale e la forma sono molto simili alla I. conula figurata nel 1843 dal pe Koninck ! sotto il nome di M. abbreviata Sow., che è leggermente più larga. A questa specie l’avvicina anche la presenza delle 3 carene sul modello dell’ultimo giro, le quali all’esterno della con- chiglia si continuavano certo anche sui giri precedenti. L’esemplare descritto ricorda in qualche parte anche la MM. (Cyrtostropha) bicincta M° Cor del Paleozoico antico ?). Calcari neri bituminosi: Rio Rosso. Fam. Ruomphalidae pr Koxixcx. Straparollus pe MontFoRT. Straparollus Dionysii ne Monrrorm. 1881. Straparollus Dionysti (e Monte.) pe Koninck. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 120, tav. XI, fig. 7; tav. XIII, fig. 8-10; tav. XIV, fig. 16-18 (cum syn.). Questa forma, che il pe KonINcK dice una delle più abbondanti e caratteristiche del Carbonifero supe- riore, è rappresentata anche nelle assise più alte del Col Mezzodì. Le riferisco un esemplare completo, ma con il guscio per la massima parte asportato: i frammenti aderenti ancora al modello interno lo di- mostrano spesso, con superficie liscia e strie di accrescimento indistinte. La spira è relativamente alta, quale si osserva negli esemplari ad angolo più acuto, e si avvicina per questo carattere allo Strap. tran- siens DE KonIncK (I. c., pag. 123, tav. XIV, fig. 33-35), che io però considero una semplice varietà del | Dionysù a spira più alta e giri oscuramente angolosi. L’ombilico è largo, l’apertura subrotonda. Altezza della conchiglia . o 0 0 c o 0 0 o o mm. 23 Larghezza massima . . o . . o : 5 . o : » 25 Altezza della bocca . 5 o Ò . o 5 . 0 . c do Jul Larghezza » 0 È È ° o È 0 , 3 ; D_ 109 Angolo apicale o 5 o 3 6 0 0 c 0 0 6 85° Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Straparollus cfr. placidus pr KonInoK. 1881. Straparollus placidus pe Konincx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 125, tav. XIV, fig. 19-21 e 25-27. Due esemplari di grandezza mediocre, con la spira a sviluppo un po’ rapido, molto depressa, e guscio abbastanza grosso a superficie quasi interamente liscia, presentano la maggiore somiglianza con la fi- gura 26 dell’autore belga. Una leggera differenza si può trovare tutt’ al più nella depressione della spira, che è alquanto più sensibile negli individui carnici. 1) Descr. anim. foss. du terr. carb. d. Belgique, pag. 415, tav. XXXVIII, fig. 3 e 6. 2) Cfr. DonaLD. On some proterozoie Gasteropoda which have been referred to Murchisonia and Pleurotomaria. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. LVIII, 1902, pag. 313. 60 i M. GORTANI [60] Altezza del guscio . ì 3 i 5 o 0 È 3 6 5 mm. 8 Larghezza È È ò o 5 È 5 ; , i 6 : Dane C° Angolo apicale o GERENTE, 0 ò : 7 o 6 c È 140° circa Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Straparollus minutus pe Konrncxg. — Tav. III |IMI, fig. 28 a, d. 1881. straparollus minutus pe Konmmcex. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 127, tav. XXI, fig. 23-26. Questa specie è certamente rappresentata negli strati superiori del Permocarbonifero carnico. Tre individui che son riuscito a isolare presentano la conchiglia piccola, depressa, con angolo spirale ottusis- simo, formata da 4-5 giri a lento sviluppo e a sezione rotonda, che caratterizza gli esemplari belgi e francesi di cotesta forma. L’ombilico è molto grande, aperto e profondo. Altezza della conchiglia . . ò o È È 6 ; 5 5 mm. 4,5 Diametro massimo . . 0 5 5 5 È È s 5 0 » 9,5 Angolo apicale " ò ; o . o Ò . 0 ; . 1400 Calcari rossi e arenarie rosso-vinate, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Alcuni esemplari piccolissimi dei calcari neri (R. Valp) presentano notevole somiglianza con questa forma, come pure con lo Strap. permianus Kine; ma il loro stato di conservazione non è tale da per- mettere una determinazione precisa. Straparollus laevigatus LevernLé sp. — Tav. III [III], fig. 290, d. 1835. Porcellia levigata Levenni. Mém. Soc. géol. France, vol. II, pag. 39, tav. II, fig. 12,13. 1840. Bellerophon laevigatus »° OrBIGNY. Hist. nat. Cephalop. acétabulif., pag. 213, tav. VI, fig. 24, 25. 1843. Euomphalus aequalis (non SowrrBy) pe Konmmor. Deser. an. foss. du terr. carb. d. Belg., pag. 424, tav. XXVIII, fig. 3 (fig. 2, tav. XXV excl.). 1881. SWwraparollus laevigatus pe Konincx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 127, tav. XXI, fig. 19-22. Si distingue dal precedente, oltre che per la sezione ovale trasversa dei suoi giri e la bocca più larga che alta, per la superficie liscia o con striatura appena distinta e per la maggior depressione della spira, che è tutta abbracciata dall’ultimo anfratto. Riferisco a questa forma due esemplari, uno dei quali completo e in ottimo stato. Altezza della conchiglia . È . c . 0 . o . 5 mm. 2,5 Diametro . o ò " c o 6 0 È o ° 6 : » 1 Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Straparollus (?) exornatus n. f. — Tav. III [III], fig. 31 a-c. Conchiglia mediocre, depressa, subdiscoidale, costituita da 5 giri convessi, ricoprentisi per circa 5/, della loro altezza, a sviluppo relativamente rapido, l’ultimo assai allargato verso l’interno. I giri sono [61] M. GORTANI 61 alquanto depressi, a sezione ovale trasversa; l’ apertura è pure ovale, molto più larga che alta in causa dello sviluppo dell'ultimo giro. L’ombilico è largamente aperto e profondo, infundiboliforme, eccentrico. Guscio sottile, con la superficie percorsa da fitte strie d’accrescimento irregolari e oblique. Sulla regione più esterna dei giri si notano parecchi tubercoli allungati obliquamente nel medesimo senso delle strie, in numero di 4-5 per ogni spazio di 5 millimetri sull’ultimo anfratto. Non vi è alcuna traccia di carena. Altezza della conchiglia . mm. 9 Diametro massimo DINO Altezza della bocca . » 6 Larghezza >» » 9 1340 Angolo apicale Calcari grigio-rossastri e rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì (2 es.). L. G. pe KonINnck nel 1881 descrisse una conchiglia del calcare dinantiano di Celles, ascrivendola con dubbio al suo nuovo genere Phymatifer sotto il nome di Ph. cellensis ®. Questa forma, nella quale, stando almeno alla figura, appaiono meglio i caratteri degli Straparolli, che non dei Phymatiferi, è la sola a me nota in tutto il gruppo degli Evomfali che si possa avvicinare alla nostra. In nessun’ altra specie mi è stato fatto di scorgere la presenza delle brevi pieghe oblique esterne caratteristiche dell’ esemplare carnico, insieme con la mancanza di qualsiasi traccia di carenatura. La forma belga si distingue bene però dallo S. orrnatus per la leggera obliquità dei tubercoli laterali allungati (o pieghe che dir si vogliano), nonchè per le dimensioni minori e per lo svolgimento meno rapido della sua spira. Euomphalus SowerBy. Euomphalus cfr. parvus Waacen. 1880. Zuomphalus parvus Waacen. Palaeont. Ind., ser. XIII, vol. I, pag. 89, tav. IX, fig. 2. Esemplare guasto, di forma discoidale, caratterizzato dalla piccolezza della conchiglia e dalla sezione trasversa pentagonale dei suoi giri, che sono muniti di una carena mediana e due laterali (superiore e inferiore). Lo stato di conservazione non permette di determinarlo che in modo assai incerto. mm. 1,5 Altezza della conchiglia. » 4 Diametro Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. ''rochidae Anas. Flemingia pe KoNINcK. Flemingia obesa pe Koxincx. — Fig. 7. 1881. Flemingia obesa pe Konincx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 98, tav. VII, fig. 42, 43. i) Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 150, tav. XIV, fig. 10-12. M. GORTANI [62] Conchiglia piuttosto grande, conica, con base obliquamente appiattita, giri quasi piani, sutura poco FI. 7. Mn i Flemingia 054 del Col Mezzodì, vista di profilo. Grand. naturale. profonda, bocca ovale ellittica, obliqua; superficie liscia. L’ unico esemplare che posseggo, benchè in istato non buono, permette una deter- minazione sicura e corrisponde bene alla figura del pe Kowincx. L’angolo apicale è leg- germente più aperto, allontanando ancor più la conchiglia dall’affine 77. conoîdea dello stesso autore. La mancanza di qualsiasi ornamentazione, la depressione e obliquità della base, insieme con il carattere precedente, la distinguono bene dalle altre congeneri. Altezza della conchiglia . 6 . ò o 5 : mm. 28 circa. Larghezza » c o . . . e o » 19 Angolo apicale . o o 6 6 ò o o . 500 Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Turbina DE KoNINCK. Turbina minima pe Konincx. 1881. Turbina minima pe Konincx. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., pag. 70, tav. X, fig. 24-26. Due esemplari un po’ più grandi di quelli belgi, costituiti da una spira di circa 4 giri convessi, a su- perficie liscia, corrispondono in ogni parte alla descrizione e alle figure dell’autore citato. I II Altezza della conchiglia . 0 ò o c . 0 mm. 5 mm. 4,5 Larghezza » o o . . 0 0 . » 4 » 4 Altezza della bocca. 0 . . o o . 0 » 2 » 2 Larghezza >» o 0 0 c 6 ò . » 2 » 2 Angolo apicale o . o 0 ò c ò o 13° 15° Calcari grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fam. Umboniidae Apaiwxs. Chrysostoma GRar. Chrysostoma tornatum GexxELLARO. 889. Carysostoma tornatum GemmeLLaro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. II, pag. 144, 1903. tav. XIV, fig. 42-44. = —_ Gorrani. Riv. Ital. di Paleont., vol. IX, pag. 46, tav. IV, fig. 10 a, d. Questa specie, così frequente nel calcare grossolano della valle del Sosio, non è finora rappresentata che dall’esemplare figurato e descritto lo scorso anno. Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. [63] M. GORTANI 63 Fam. Neritopsidae Fiscar. Naticopsis M Cory. Naticopsis minuta Gremmerraro. — Tav. IM [IMI}, fig. 30 a-c. 1889. Naticopsis minuta GeneLLaro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sostîo, fasc. II, pag. 136, tav. XV, fig. 5,6. È molto simile alla Natica cadorica Stacge (Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVII, 1877, pag. 317, tav. V, fig. 6-8) e alla Nazica minima Brown (Trans. geol. Soc. Manchester, I, 1841, pag. 64, tav. VI, fig. 22-24, nonchè GeInITz, Dyas, pag. 50, tav. XI, fig. 20-22), che vanno probabilmente trasportate esse pure sotto il genere Nazicopsis . La forma siciliana si distingue dalla cadorica per avere l’ultimo giro meno rigonfiato e relativamente meno alto, così da costituire soltanto i 4/; o al più i ° dell’ altezza totale della conchiglia. Questa è in proporzione meno larga, con i primi giri più convessi e la bocca più esattamente circolare per la maggiore rientranza del suo margine superiore interno. La N. minima d’altra parte non può dirsi abbastanza ben conosciuta; essa sembra tuttavia a spira ancor più elevata e bocca punto obliqua, al pari della forma e del margine columellare. Tanto più se con questa specie dobbiamo identificare gli individui dell’ Yorkshire figurati dal KIRKBY (On the permian rocks of South Yorlshire. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. XVII, 1861, pag. 302, tav. VII, fig. 7,8). Altezza media dei miei esemplari . 5 o ” , o 6 : mm. 2,5 Larghezza . a . È : c 5 © 5 0 535 Altezza e larghezza della bocca . c . ; o c ò ; DI ILa Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Naticopsis cadorica Sraczs. — Tav. II [III], fig. 32 a-c. 1877. Naticopsis cadorica (cfr. neritina Minsr.) Stacre. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XXVII, pag. 317, } tav. V, fig. 6 e 8. Quattro esemplari ben conservati presentano con sufficiente esattezza i caratteri di tale forma per- miana. La conchiglia è piccola, sferoidale od obliquamente ovale, un po’ più larga che alta, costituita da 2-3 giri a rapidissimo sviluppo, separati da una sutura lineare non molto profonda. L'ultimo giro, molto rigonfio, occupa da solo i °,, dell’altezza della conchiglia, circondando quasi completamente quello o quelli, assài meno convessi, che lo precedono. La bocca è grande, subovalare, e in generale apparisce un po’ più allargata verso l’esterno e in basso che nell’unico esemplare figurato e descritto dallo STACHE. Il margine columellare è arcuato, debolmente calloso. Il guscio è sottile, e la superficie è percorsa da fine striature oblique, che sull’ultimo giro dell’ esemplare meglio conservato si contano in numero di circa 3 per millimetro. 1) Di questo parere sembra essere stato anche il compianto K. A. v. ZirrEL, che pure nell’ultima edizione dei suoi Grundziige der Palciontologie (Miinchen, 1903) fa cominciare il genere Natica soltanto nel Trias. E infatti quando manchi l’opercolo la distinzione fra i due generi è quasi impossibile, a meno che non si tratti delle forme estreme. 64 M. GORTANI [64] I II (I Altezza del guscio . c 5 0 mm. 4,5 mm. 3,5 mm. 3 Larghezza » Ò o a 7 » 5,9 » 4,5 » 3,5 Altezza della bocca : o 5 È » 2,5 02 dI Larghezza » o . o o » 3 DZ 2 Calcari grigi e grigio-rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Naticopsis sp. pl. ind. Ascrivo a questo genere un primo esemplare di grandezza mediocre, a bocca ovale, con le pareti com- pletamente cristallizzate, che non permette determinazione più precisa. Per la forma generale sembra avvicinarsi alla N. mediterranea Gemm. (Fauna d. calce. con Fus. ecc., pag. 132, tav. XVIII, fig. 10-11) o alla N. mammillaris pe Kon. (Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 14, tav. II, fig. 19-25). Larghezza mm. 18, altezza 20 circa. Calcari grigi, fra il Rio Creta Rossa e il Rio Col Mezzodì. Simile alla N. mammillaris è anche un individuo proveniente dai calcari rossi, con superficie munita di finissime strie oblique e sinuose, alto 11 e largo 12 millimetri. Infine qualche analogia con l’ esemplare disegnato nella tav. II, fig. 19, del pe KonInck, presenta una conchiglia con l’ultimo giro grande e rigonfio, obliquo, e i precedenti convoluti in modo irregolare, così da avvicinarsi alla N. fortum MEeEK del Carbonifero americano *. Fam. Neritidae LaimArcx. Nerita Linneo. ? Nerita palaeomorpha GrumeLLARO. 1889. Nerita palacomorpha GenmeLLaro. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. II, pag. 137, tav. XIX, fig. 19, 20. Non senza esitazione mi sono indotto a identificare con questa specie tre esemplari con la bocca incompleta. L’apparizione di vere Neritae sia pure alla base del Permiano non è peranco accertata, e lo ZirteL nell’ ultima edizione ‘dei suoi “ Grundziige ,, licenziata alle stampe nell’agosto scorso, segna dubi- tativamente la comparsa di questo genere nel Trias. Tuttavia la fauna permocarbonifera ci ha abituati a molte sorprese, e non sarebbe impossibile che le prime Nerite fossero state contemporanee delle ultime Trilobiti. Gli esemplari descritti dal GrMMELLARO - pare abbiano realmente i caratteri del genere in questione, e comunque i miei individui, benchè pos- siedano forse una spira un po’troppo elevata, nella forma generale e nella conformazione del margine boccale interno corrispondono pienamente a quelli della Sicilia. Altezza della conchiglia o ò , . ò 0 6 mm. 7,5 6 Larghezza . 5 7 o 5 : . o 0 o » 8 6,5 Calcari neri: Rio Rosso. 1) Cfr. Knyes. Paleontol. of Missouri, 1894, part. II, tav. LIV, fig. 6. [65] M. GORTANI 6 tali Fam. Pyramidellidae Gray. Macrocheilus PHILLIPS. Macrocheilus Leighi Browx sp. 1841. Rissoa Leighi Brown. Trans. Manchest. Geol. Soc., vol. I, pag. 64, tav. 6, fig. 9-11. 1861. — — Krrksy. Quart. Journ. Geol. Soc. London, vol. XIX, pag. 300, tav. VII, fig. 1-6. Conchiglia ovato-conica, piccolissima, formata da 5 giri sensibilmente convessi, a sviluppo non molto rapido, separati da sutura lineare abbastanza profonda, l’ ultimo alto al pari o poco più dei precedenti riuniti e con un diametro un po’ maggiore della lunghezza totale della conchiglia. Base arrotondata, non ombilicata; bocca subcircolare, coi margini arrotondati; callosità columellare poco spiccata. La superficie è liscia. Lunghezza della conchiglia D 5 à o o . o c . mm. 3,5 Larghezza » ” ; ò , 7 c ò 0 Ò 0 » 2,2 Altezza della bocca . \ Ù 5 , , . 3 ò ; ò pil Larghezza » ° ; ò 5 c 6 3 ò 6 : c CHER | Altezza dell'ultimo giro . o , 0 o o b . c o DILLO Angolo apicale . . 5 ? o o 6 } 7 6 6 , » 45° Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Questa specie è affine alla Rissoa Gibsoni Brown, che il KrrkBY forse giustamente ritiene una sem- plice sua varietà più allargata. Ricorda pure il Zrochus pusiWlus GeEINITZ (= Rissoa obtusa Brown), che se ne distingue per la forma pure più allargata, con angolo apicale meno acuto, per l’ùltimo giro meno rigonfio, per la bocca relativamente assai più ristretta. La forma generale riproduce in miniatura il Ma- crocheilus Hebe HarL (Palaeont. New York, vol. V, tav. XII) del Devoniano superiore d’ America, che ha però la spira a sviluppo più rapido e l’angolo apicale minore. Il Brown, seguito dal KrrkBy, ascrisse questa specie al genere issoa, al quale però, oggi che le distinzioni e i caratteri generici sono ben definiti, non può più appartenere !. Nemmeno al genere Turbonilla si può dare ormai il valore comprensivo assegnatogli dal GrInITz (Dyas, pag. 45), che gli assegnava come sottogeneri tipi che oggi si smembrano in famiglie diverse. La forma generale, l'andamento della spira, la mancanza di ombelico, la bocca subcircolare e la presenza di callosità columellare, benchè assai debole, mi fanno piuttosto ritenere che la specie descritta si possa riferire al genere IMacrocheilus. Macrocheilus meridianus n. f. 3. — Tav. II [II], fig. 33 a, bd. Conchiglia ovale allungata, di piccole dimensioni, formata da 6-7 giri debolmente convessi, a sviluppo piuttosto rapido, separati da una sutura lineare poco profonda. L'ultimo giro è alquanto ventricoso e supera leggermente in altezza il resto della spira; il suo diametro sta all’altezza totale della conchiglia come 2 a 5. La bocca è ovale, lunga circa come il diametro dell’ ultimo anfratto e larga un po’ più della sua metà; il margine interno è calloso. La superficie appare a occhio nudo perfettamente liscia; con una forte lente si scorgono sottili e finissime strie trasversali, nonchè le tracce di una fina e leggera stria- tura longitudinale. i) Basta citare a questo proposito la diagnosi del genere Rissoa data dallo ZrrTtEL ( Grundziige, 1903, pag. 365): « Kreiselformig bis turmfòrmig, quer gerippt oder gegittert. Miindung ohne Ausguss. Jura bis jetzt». 2 Da meridies, mezzodì, per il nome della località. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 9 66 M. GORTANI [66] Altezza della conchiglia : : E : : c : mm. 6 Larghezza » o o c . ? P : , ò E » 2,5 Altezza della bocca . . 0 ò . 2 ? - b 3 3 258 » dell’ ultimo giro . 3 3 0 0 o ò ò : ò » 3,5 Angolo apicale ‘ 39° Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Questa forma presenta analogie con Macrocheilus fusiformis HALL dell’ JowA!, M. Hallianus GrINITZ del Wyoming ?, M. Sosiensis GemmeLLARO e M. Adrianensis Gemm.9) di Sicilia. Oltre le piccolissime dimensioni, che nessuna di queste specie possiede, distinguono la nostra dalle due prime la forma meno ventricosa e la callosità columellare meno pronunciata; gli esemplari descritti da GeMMELLARO hanno invece una callosità più debole, e la loro spira è a sviluppo più rapido. Per nessuna delle specie accennate è infine descritta una qualsiasi traccia di ornamentazione, salvo alcune linee spirali nella forma nebrascense. Loxonema PHILLIPS. Loxonema buccinoideum pe KonIncx. 1881. Loxonema ? buccinoideum pe Konincr. Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, pag. 61, tav. IV, fig. 112, 8: tav. WI fp. dd, 15. Esemplare abbastanza ben conservato, fusiforme, con una spira di 5 giri a sviluppo molto rapido, separati da sutura lineare poco infossata; ultimo giro ventricoso e alto circa metà dell’intera conchiglia; bocca ovale; superficie ornata di minute e fitte costicine trasversali quasi diritte. Altezza del guscio 0 c . . o o . . 7 mm. 6 Larghezza » . . à é 6 0 o o o c o >» 2,5 Altezza della bocca 5 ò , 6 6 di » 2 » dell'ultimo giro . . . o 6 o c 6 5 o » 3 Angolo apicale . a 6 È 5 ò o a . ò . ò 320 Calcari grigio rossastri, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Il ve KownIncK nella sua descrizione, che del resto concorda perfettamente con i caratteri dell’esem- plare carnico, dice di 42° l’angolo spirale di questa specie. Ma viceversa nella figura 15 della sua tavola VI, che corrisponde quasi in ogni particolare all'individuo sopra descritto, l’angolo spirale non apparisce maggiore di 34°. Mi è quindi sembrato di poter identificare con esso il mio esemplare, che rappresenta la forma più acuta di questa specie. Loxonema cfr. heteromorphum GenmeLnaro. 1889. Loxonema heteromorphum GexnmeLLARO. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. II, pag. 121, tav. XVII, fig. 11, 12; tav. XIX, fig. 3. Modello splendidamente lavorato dagli agenti atmosferici nell’ arenaria compatta. Conchiglia turrita, composta di 7 giri molto convessi, separati da una profonda linea suturale e ornati di numerose costi- 1) Palaeont. of Jowa, vol. I, part. II, 1858, pag. 718, tav. XXIX, fig. 7. 2) N. Acta Acad. Caes. Leop. Carol., 1866, vol. XXXIII, pag. 5, tav. I, fig. 7. 3) Fauna d. cale. con Fus. ecc. fasc. II, 1889, pag. 124, tav. XIV, fig. 19,20, e pag. 125, tav. XIV, fig. 21, 22. |67] M. GORTANI 67 cine longitudinali, di cui la centrale è un po’ più rilevata. Specialmente nel quarto giro si vedono distin- tamente anche sottili costicine trasversali intersecanti le prime e alquanto più avvicinate di quelle fra loro; onde ne risultano tante serie di infossature rettangolari separate da una rete di fine maglie rilevate della medesima forma. Altezza della conchiglia . 6 - 2 c . È È o . mm. 15 Larghezza » ; ? o È o 6 6 È , ; >, Angolo apicale . ò o 6 ò b È c c 5 c 210-220 Arenarie argentine compatte: Rio Rosso. Loxonema pexatiforme n. f. — Tav. III [III], fig. 34 a, d. Conchiglia allungata, conica, ottusa, con 6-7 giri a sviluppo graduale ma piuttosto rapido, poco con- vessi, separati da una sutura appena distinta. L'ultimo giro ha un diametro minore della sua altezza, e compresa la bocca forma quasi metà dell’altezza totale del guscio. La bocca è alta, ovale; la columella lunga, liscia, leggermente arcuata. La superficie dei giri è ornata di costicine trasversali rilevate, a sezione largamente triangolare, con decorso un po’sinuoso. Diritte o quasi nella parte inferiore del giro, si inflettono in alto, presso la su- tura, in una leggera curva sigmoidale, formando così un cingolo suturale depresso, largo !; a */, del giro stesso. Le costicine di ogni anfratto, in numero di 30 circa, collimano con quelle del precedente. Nell’ ultimo giro si indeboliscono, e la base della conchiglia rimane liscia. Con una forte lente si scorgono anche in più punti le tracce di una leggerissima striatura longitudinale. Altezza della conchiglia . È i n ; È Ò î . è mm. 9 Larghezza » . è c o . È c c c c » 3 Altezza della bocca . 7 . , ; B : i i È î » 2 Larghezza » 7 c o c . c o - " . o DIE Angolo apicale . o o - 0 . 3 5 ; 3 ; = 32° L’esemplare descritto, conservato molto bene in ogni sua parte, si distingue dal Lox. pupoideum Gemm. della valle del Sosio ! per la sinuosità delle sue pieghe, l’aspetto non pupoideo, il margine c>- lumellare più allungato, la spira più rapida. Esso riproduce fedelmente in piccolo la forma e 1’ ornamen- tazione del Lox. pexatum HALL ®, del Devoniano medio, cui è strettamente affine e da cui differisce sol- tanto per le costicine un po’più scarse e più spiccate, la minor convessità dei giri, e la maggior altezza dell'ultimo anfratto. Questi caratteri stessi lo separano anche dai Lox. scalarioideum PaiLLIPS e L. strigillatum De Ko- NINCK 3, del Carbonifero superiore; la sinuosità delle pieghe lo allontana maggiormente da essi, e insieme con lo sviluppo rapido della spira lo stacca decisamente dalla Zurbonilla Montis-Crucis Sracue 4, che ha comune con esso la depressione dei giri. Calcari rossi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. 1) GEMMELLARO. La fauna dei cale. con Fus. ecc., fase. II, 1889, pag. 120, tav. XIII, fig.3-4. 2) Palaeont. New York, vol. V,1879, tav. XIII, fig. 11, 12? 16 e 18, pag. 42. 3) Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. VI, 1881, pag. 57,tav. VI, fig. 3,4, e pag.53, tav. VI, fig. 22. 4 Jahrb. k. k.geol. Reichsanst., vol. XXVII, 1877, pag. 313, tav. IV, fig. 5 a-c. 68 M. GORTANI [68] Fam. Acectaeonidae D'OrBIGNY. Cylindritopsis GEMMELLARO. Cylindritopsis minima GrumeLLaRo em. 1889. Cylindrilopsis minimus GreuurLLARO. Fauna d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, fasc. II, pag. 115, tav. XVIII, fig. 19, 20; tav. XIX, fig. 12. Tre individui, raccolti in tre strati diversi, e corrispondenti uno al maggiore, gli altri due al minore degli esemplari studiati a Palermo. La conchiglia è liscia, sottile, fragile tanto che i primi due o tre giri sono in tutti andati perduti. L’ultimo giro è ventricoso, rigonfio, con la massima larghezza verso la sua metà; la bocca strettamente ovale, con il margine esterno sottile e semplice e il lato columellare forte- mente calloso e angoloso, solcato nel bordo anteriore della columella. 1 II Altezza del guscio a ò . c . o a . mm. 8 4 Larghezza » . 0 3 - c 0 , 5 » 3,5 2 Altezza della bocca » 2,5 1,6 Larghezza » o 7 6 o c 6 c 5 Di i LO 0,8 Altezza dell’ ultimo gir >» 4,5 00255) » 35° 36° Angolo apicale Calcari neri: R. Valp. Calcari grigio rossastri e rossi: fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Lo ZirteL nei “ Grundziige , non cita neppure questo genere, fondato nel 1889 dal prof. GEMMEL- LARO. A meno che esso sia sfuggito all’illustre paleontologo nella mole enorme del materiale consul- tato, io non mi so spiegare tale omissione. Poichè mi sembra che i caratteri delle Cylindritopsides siano così evidenti e decisi, da escludere affatto il dubbio che si possa trattare di una semplice sino- nimia e da giustificare la fondazione di un genere a parte. La sua pertinenza alle Actaconidue mi sembra pure fuori questione per l'andamento caratteristico della spira, la forma dell'ultimo giro, dell’apertura, e del lato columellare. Le Columbellidae e le. Buccinidae, le sole famiglie cui si potrebbe forse avvicinare, sono geologicamente assai più giovani; la prima a ogni modo ne è ben distinta, se non altro, per lo spessore e la pieghettatura del labbro boccale esterno, la seconda per la forma più allun- gata e il largo canale in cui si cambia il solco columellare. Class. Cephalopoda. Nautiloidea. Fam. @rthoceratidae M'Cor. Orthoceras BREIN. Orthoceras cfr. martinianum pe KonIncx. 1844. Orthoceras Marlinianum pr Koninox. Descr. an. foss. du terr. carb. d. Belg., pag. 505, tav. XLIV, fig. 4. 1876. — _ — Poss. Paltox. Nouv.-Galles du Sud, part. II, pag. 130, tav. IV, fig. 15. 1880. _ _ _ Ann. Mus. Roy. Hist. nat. Belg., vol. V, pag. 53, tav. XLIV, fig. 4 (cum syn.). © 169] M. GORTANI 69 Frammento di forma insensibilmente conica, subcilindrica, lungo mm. 30 e largo mm. 5 alla sommità e 7 alla base; sezione circolare; superficie liscia; setti ravvicinati, quasi indistinti. Corrisponde perfettamente alle figure koninckiane, massime alla fig. 4, tav. XLIV, del 1844; ma il non aver potuto vedere traccia evidente del sifone nè dei setti, per la cristallizzazione completa del- l'interno, mi trattiene dal riferire decisamente a questa forma l'esemplare in questione. Calcari grigi, fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Ammonoidea. Alcuni individui che appaiono in sezione sulle superficie erose, specialmente dei calcari grigio-rossastri, spettano senza dubbio a questo sottordine. Se non che la silicizzazione o la cristallizzazione del guscio mì ha impedito in tutti i casi qualsiasi determinazione, anche approssimativa. Esaminando nuovamente l'esemplare che lo scorso anno avvicinai con molta incertezza ! al Cyclolobus Stachei Gemm., mi sorsero dubbî ancor maggiori sopra la sua posizione sistematica, e quindi la necessità di non confermare neppure quel troppo incerto riferimento. Non so se con questo o con il precedente gruppo di Cefalopodi possa aver relazione un frammento assai ben conservato e di forma singolare che ho rinvenuto nelle arenarie scistose ocraceo-argentine del Rio Rosso. Sembra si tratti di un frammento di giro, attenuato a un’estremità, arcuato, percorso nella metà interna da pieghe oblique rilevate e disgiunte da infossature larghe mm. 2-3. (v. tav. IMI [II]], fig. 35). MR) Typ. Arthropoda. Class. Crustacea. Trilobitae. Fam. Proetidae Birranpe. Phillipsia PoRTLOCK. Phillipsia pulchella Grumettaro var. alpina n. f. -— Tav. III [III], fig. 36 a, d. Pigidio subtriangolare, pressochè equilatero, a lati leggermente arcuati e ad angolo posteriore arro- tondato. Asse largo circa come i lobi laterali, carenato sulla linea mediana, molto rilevato, esteso in addietro fino a metà circa del lembo marginale, costituito da 16-17 anelli molto convessi, separati da solchi larghi poco meno degli anelli medesimi. Lobi laterali o pleure a 13-14 coste pure convesse e separate da profondi solchi giungenti quasi al principio di quelli del lobo mediano. Lembo spianato, largo circa */, di millimetro, ornato esternamente di sottili striature ondulate. Le coste dei tre lobi sono provviste di minute granulazioni piccole e numerose; il lembo invece non è ornato che dalle strie sinuose accennate. Calcari neri: Rio Valp (3 es.). ) Riv. It. di Paleont., vol. IX, pag. 47, tav. IV, fig. 12 a, d. 70 M. GORTANI [70} I TI Altezza del pigidio È . è o ò ò 0 ò mm. 8 6,5 Larghezza » i . c o o o o . » 8 ri Lunghezza dell'asse . ò . 3 o o . c DITO 6 Larghezza dell’ asse alla base 1 . È o . c » 2,6 2,7 » ” presso l’ apice c c o i } >» 1,5 1,5 Questa forma è vicinissima alla Plillipsia pulchella scoperta dal GrmmeLLARO nel calcare compatto della Pietra di Salomone . Ne differisce soltanto per i tubercoli ancor più minuti, l’asse esteso in ad- dietro fino alla metà del lembo anzichè al suo contorno esterno, la mancanza di tubercoli sul margine esterno del lembo stesso, che sono invece sostituiti-dalle striature sinuose. D'altra parte la carena me- diana e la forte convessità del lobo mediano la distinguono insieme con la specie siciliana da tutte le Phillipsiae sinora conosciute, a eccezione della Ph. carinata SALtER ?. Per le differenze con questa, ri- mando a quanto dice il prof. GEMMELLARO. Subg. Pseudo-Phillipsia GEMMELLARO. Phillipsia (Pseudo-Phillipsia) elegans GemweLtaro. — Tav. II [III], fig. 37 a-c. 1890. Pseudophillipsia elegans Gramernaro. Crostacei d. cale. con Fus. d. valle d. Sosio, pag. 14, tav. II, fig. 1-4. Di questa interessantissima forma non possiedo che un pigidio ben conservato, oltre ad alcuni fram- menti di nessun valore. Il pigidio è ogivale, lungo mm. 9 e largo alla base mm. 11, coi lati dolcemente arcuati e l’apice molto arrotondato. L’asse è più stretto di ciascun lobo laterale, molto rilevato, esteso in addietro fino a toccare il lembo marginale. Gli anelli che lo costituiscono, di cui sono visibili per intero soltanto quelli basali, mostrano la forma tipica del sottogenere, con la parte superiore spianata. Come negli esemplari diligentemente figurati dal GemmeLLARO, anche qui gli anelli del lobo mediano cominciano con l’innalzarsi debolmente; quindi bruscamente si elevano quasi a perpendicolo, e infine non meno bruscamente si pie- gano in modo da costituire la superficie superiore spianata. Quest’ ultimo passaggio è reso più forte dalla presenza di un tubercolo che limita la parte piana verso l'esterno. I lobi laterali sono notevolmente convessi, a 14 costole minutamente tubercolate e divise da solchi alquanto più stretti di esse. Il lembo marginale è largo in media mm. 1, piano, liscio, ristretto in avanti. Lunghezza del pigidio . 0 6 o 0 - È ò o E mm. 9 Larghezza » . o S o c c 6 o 6 o » 11 Lunghezza dell’ asse 6 . 0 È . 6 0 5 . , » 10 Larghezza » alla base , 0 6 6 0 5 o o » 4 ? » presso l'apice . 0 6 o o 6 E 0 do ILO Calcari neri: Rio Valp. L’esemplare descritto è quasi identico a quelli illustrati dal GemmeLLARO. È evidente in esso anche la forma sinuosa dei solchi trasversali, che formano pure il gomito caratteristico, a concavità anteriore, sui lati del lobo mediano. 4) GammeLLARO. I Crostacei dei calcari con Fusulina della valle del fiume Sosio. Mem. Soc. it. d. Sc. dei XL, ser. 3, vol. VIII, n. 1, pag. 11, tav. II, fig. 5. Napoli, 1890. 2) Cfr. WoopwarD. A Monograph of the British carboniferous Trilobites. Part. II. Palaeont. Soc., vol. XXXIII, pag. 44, tav. IX, fig. 7. London, 1884. 71] M. GORTANI 71 Come gli esemplari della Pietra di Salomone, anche questo ha grandissima analogia con la PWill. Sumatrensis ROMER! che appartiene senza dubbio allo stesso sottogenere. La descrizione dell’ autore te- desco è troppo succinta perchè si possa individuare bene la sua specie; essa a ogni modo differisce dalla nostra, almeno a quanto si rileva dalla figura, per i solchi dei lobi laterali assai meno diretti in avanti e il lembo marginale non ristretto anteriormente. La forma dei solchi è uguale invece nella PWM. trun- catula Painuies ?), da cui però la PWill. elegans si distingue per molti altri caratteri (numero dei segmenti, forma degli anelli dell'asse, ecc.). CARATTERI PALEONTOLOGICI E RELAZIONI STRATIGRAFICHE Una questione non ancora risolta, e intesa nei modi più diversi anche da valenti scienziati, riguarda i livelli esatti cui si debbono riferire le varie faune ascritte al complesso di strati che va dal Carbonifero superiore a tutto il Permiano medio. Gli stessi concetti fondamentali dai quali partono i differenti autori sono spesso fra loro discordanti, e in guisa tale da condurre a riferire una medesima formazione non pure a età, ma persino a epoche diverse. Così vediamo ad esempio, nell’ultima edizione del Traité de Géologie del prof. pe LAPPARENT, portato al Permiano medio il calcare del Sosio, che recentemente il ParonA 5) pone fra il Carbonifero e il Dias; e il NérLING d’altra parte fa giungere a un livello superiore al Rotliegendes gli strati a fusulina di Katta (India), che il DreNER riporta alla base del Permiano inferiore. Le difficoltà del problema sono date specialmente dalla differenza dei caratteri litologici e faunistici con cui si presentano nei varî punti del globo le formazioni in discorso, e anche dalla relativa scarsezza di tali depositi, che rende prezioso ogni nuovo rinvenimento. A questo s’aggiungano le idee discordanti che guidano i geologi nel fissare il limite fra i sistemi carbonico e permico e nel fondare nuovi piani e sottopiani spesso basati su particolarità troppo poco spiccate di facies locali. To penso che la questione possa risolversi soltanto nelle regioni dove i membri della serie non si presentino isolati e dove il loro studio sia stato sufficientemente minuto; e che perciò nelle assise europee si debba cominciar col fissare i termini fondamentali, in attesa che i meravigliosi depositi americani ed asiatici si possano con quelli sincronizzare. Per tal ragione ritengo il Permiano come iniziantesi con il Rotliegendes (o arenarie di Val Gardena) da un lato e i depositi di Kostroma dall’altro; mentre gli strati sottoposti di Artinsk e i loro equivalenti costituiscono quel gruppo di transizione fra il Permiano e il Carbonifero, che non si può comprendere meglio nell’uno che nell'altro sistema e va distinto col nome di Permocarbonifero. _I caratteri paleontologici di questo piano sono veramente singolari. Come nel Carbonico superiore, compaiono in grandi masse i Foraminiferi perforati appartenenti alla famiglia delle Fusulinidae, che si estinguono completamente al chiudersi del periodo stesso. I Brachiopodi sono in quantità enorme, con 1) F. RombR. Ueber eine Kohlenkalkfauna von der Westkiiste von Sumatra. Palaeontographica, vol. XXVII, 1880, pag. 10, tav. III, fig. 7. 7 2?) Cfr. H. Scupin. Die Trilobiten des niederschlesischen Untercarbon. Zeitsehr. Deut. geol. Ges., vol. LII, 1900, pag. 7, tav. I. 3) Trattato di Geologia, con speciale riguardo alla Geologia d’ Italia. Milano, 1902-1904, pag. 423. 72 M. GORTANI , [72] gli stessi tipi dell’ Uraliano, cui si aggiungono le forme irregolari e strane delle Scacchinellae, Richtho- feniae, Geyerellae, Teguliferae, che si accompagnano a uno sviluppo considerevole delle Zerebratulae con apparecchio brachiale ridotto, e segnatamente delle Hemiptychinae, ora appena sorte. Dei Molluschi con- tinuano a svolgersi i tipi paleozoici più antichi, mentre compaiono per la prima volta generi che, rari o non peranco rinvenuti nelle assise permiane, si svolgeranno più ampiamente nell’ éra secondaria. Infine rarissimi individui di Trilobiti segnano qui l’ultima traccia di questi interessanti Crostacei. Concludendo, siamo in presenza di una fauna di transizione, che mentre segna lentamente il passaggio da quelle car- bonifere a quelle permiane !, è caratterizzata da alcuni generi proprî e dalla comparsa di tipi sviluppati nel Mesozoico. I depositi a facies pelagica che mi sembrano riferibili al Permocarbonifero sono i seguenti: a) arenarie di Artinsk, e calcari e marne immediatamente a esse superiori; b) strati del Trogkofel e di Neumarkt]; c) strati del Col Mezzodì; | d) calcari della valle del Sosio; e) depositi di St. Girons nei Pirenei; f) arenarie superiori di Speckled?; calcari inferiori con Productus del Salt-Range; calcari del Chitichun; g) calcari e marne del Wyoming e di Nebraska City; depositi del Kansas? Giustificherò in seguito il riferimento a questo piano dei calcari e arenarie del Col Mezzodì; per gli strati del Kansas son costretto a seguire il DreneR (Palaeont. Ind., ser. XV, I, 3, 1897, pag. 105), non avendo potuto consultare i lavori (massime di StumaRD e SwaALow) che vi si riferiscono. L'età del gia- cimento di St. Girons è stabilita in base alle ultime note preventive del suo scopritore, J. CARALP ?), che speriamo di veder presto seguite dall’illustrazione completa dell’interessante formazione. Quanto ai depositi del Wyoming e di Nebraska City, ho avuto la fortuna somma di poter consultare gli appunti di viaggio ed esaminare la magnifica collezione che vi fece nel 1863 il professore CAPELLINI. Lo splendido materiale, ancora inedito, che trovasi nel Museo di Bologna, arricchisce notevolmente la fauna illustrata dal GeINITZ, e mi sembra permetta il riferimento al Permocarbonifero. Ma su tale argomento avrò forse occasione di ritornare altra volta, poichè il mio venerato maestro mi ha fatto il lusinghiero invito di colla- borare con lui nell’illustrazione di quei fossili, che egli ha per il primo scoperti. Ora aggiungo soltanto che, se il nome di Permocarbonifero fu creato da MEEK nel 1872, l’idea di cotesta fauna di transizione fu, per quanto io. mi sappia, espressa per la prima volta 9 anni più addietro nelle note prese dal Ca- PELLINI stesso sulle rive del Missouri, e da lui vagamente accennata nel 1867 nei “ Ricordi , del suo viaggio scientifico ). i) Il Krorow (Mém. Com. géol. de St. Pétersbourg, vol. VI, 1888, pag. 553) distingue nel Permocarbonifero, in- teso nel nostro senso, degli Urali occidentali, questi tre piani successivi: 1) l’inferiore, od orizzonte dell’ arenaria di Artinsk; 2) il medio, od orizzonte calcareo-dolomitico con depositi di gesso; 3) Il superiore, rappresentato da calcare marnoso, marne e arenarie. Il primo ha circa il 60°/, di specie carbonifere e il 21°/, di permiane; il secondo ne ha rispettivamente il 40 e il 37°/,, il terzo 30 e 70°/,. — Se queste condizioni si verificheranno generalmente, bisognerà collocare l’Artinskiano alla base del Permocarbonifero anzichè ritenerlo sinonimo di questo termine. 2) J. CARALP. Sur Ze système permien dans les Pyrenées frangaises et espagnoles. C. R. Acad. Sc. Paris, vol. CXXXVII, n.023, 7 dic. 1903, pag. 1008; — Ip. Le permien de VAriège. Ses divers faciès. Sa faune marine. Bull. Soc. géol. France, ser. IV, vol. III, 1903, pag. 635. 3) G. CAPELLINI. Ricordì di un viaggio scientifico nell'America Settentrionale nel MDCCCLXIII. Bologna, 1867, pag. 208-214, [73] M. GORTANI 73 Partendo dai sincronismi accennati e procedendo con gli stessi criteri, sono stato di necessità indotto a modificare le correlazioni esistenti tra le faune immediatamente superiori o inferiori al piano in discorso. Meglio di altre parole servirà a chiarire il mio concetto la seguente tabella, che è in notevole contrasto con le idee riassunte dal prof. pe LAPPARENT nell’ultima edizione del suo Trattato di Geologia (Zraité de Géologie. II, Geéologie proprement dite. Paris 1900, pag. 993). Debbo a ogni modo premettere che sono lungi dal ritenerla definitiva, e mi limito a esporla come uno schema che ricerche ulteriori dovranno comple- tare e modificare. Wabella approssimativa delle assise permo-carbonifere e permiane di tipo pelagico | Regione a È Regione a È Russia Imalaia Salt-Range | È È America Mediterranea | Pacifico-Artica Sa Ei Calcari Strati | Sa as O 5 i = = © ‘o | a Bellerophon con Produetus | CIG: das | AMENCNSIE GILE di Painkhanda 2 ES È Strati e °C | di Djulfa CAPO ui S © d S & Marne e calcari Strati Calcare super Depositi Depositi Sia È k . 9 5 S 20 CAS di con Productus | con Productus di del O cn È È $ ESSO Kostroma di Kumaon Timor e Rotti Î Texas = (o) è Ra Ga e Gurhwal | She Calcare medio MOR Î con Productus 3: a € midi Sia Strati Calcari È Co : id di A i s E GiDE 9 nia Boca Calcare infer. | _ fui È (SIE RS E SG a Sig iggià di del con Productus | & * on (CS SE > Srl : N Da n dDsEl. È 2 £ Digi agis Artinsk Chitichun 3 3 E = |a SE ci Sigzio Arenaria > 53 dela go. Digi 00 di Speckled? Seo : CI Geo = E Ri i ni o 3 £ s Auernig Calcari Depositi RUE O E zl SoS x Gi ola ©. 2 0 Pi È © FE e Krone con del Kashmir 2 n = È < 5 = a gs 7a PRBD) 5 Spe (©) E É E M. Pizzal Fus. Verneuili e Spiti ? =“, È Partendo dalla suesposta tabella, vediamo ora brevemente quali relazioni intercedano tra la fauna del Col Mezzodì e le più note carbonifere, permo-carbonifere e permiane. Tali rapporti sono riassunti nel quadro che riporto più sotto, dove ho anche segnato la distribuzione delle specie nei principali membri della nostra serie, accennati a pag. 6 [6]. Contrassegno con a le arenarie argentine e con c, d, e, f rispetti- vamente i calcari neri, grigi, grigio-rossastri e rossi. Il termine 5 della serie (conglomerato quarzoso) è privo di fossili. Palaeontographia italica, vol. XI1, 1906. : a 10 [74] M. GORTANI 4 ca pi ai i i e iu ei alii e a a AI ciabatta] sea —|e|=|=|#|=|=|= — pb—-|=-|=|-= | ‘pvvm s7420106 snusogoho ‘LI alociai|=j|lel={={|4d|={|[eb|= + — PRIZE ETA RCA RSA e: ‘TH sdoourid ‘MYIS' *9T a: + cea PR nt + + pes n a, . . . . . . ‘MTITHOS soprounsnf vumabomyos ‘GI SE a e, Ea isa RT db ETERO SERI ZIA MO ST Ci CROMO ‘JU ‘827 I TR SE = Ss — —|+| © * *9VAHOS S28U907203 "SNA “ET Le si Ba Da e ttt pi VILUIDI "SNA "GI _|ae|ae|=-[|a|j=e|=e|={|=e|&|=|[|= | + * * ATIUHOS suw02604 ‘SNA “TI e A = - O) — * * ‘AVTIGHOS 22097dwoo *sng "OL Tieni. * *ATITHOS LE Fi a i IR i SS E + pie PARROT OR co *AVTICHOS STUNWLULOO “IA Dudqo DUYNSNH ‘8 _ e = JD i . . . . . * *ds DU YZOPUT ‘), a | SA E + i | + } — | /d| — | “wo mmag tumumog vifingopug *9 b|>|l=>|=|=|e|=|=[=|=|ae|=|=|= === || || "TT opnopni "xo ds DwWSOPON è *G = HD tt.» ‘ds vuusuobig = | & —|-|jJ=|l=-|+|— | Amo H0S vuIeDw ste0wmM9T "8 —_ ee CERVI N di ar po — |< |=-|[|+[|+[|+|[|+|=|c n ® rds 272200040089 è I [0J0X50TT, IPOZzeK, 109 MIONdIS UTTHO OONHTH TqeIIS ERMES JSUILIV OISOS VISSNW CILIQUIY VISSNY zu Ul9gsuoeZz 05 TRAI) ‘To wIM “TOUT, «dns 19eIIS osuey-qges IPQUL 1YEIIS OSUEY-ITBS UNO) VOLIOULY ‘909 “eIZIIIe)) ‘e3]og-0]9uy ‘og sepuoSe.oy TpopeumoN o IQrdg o ITUIUSVM VIBYBS O BIQRIV QuoIM o STuIONY ‘Jul a oIpawi ouEIwIAd 0J9JIUOQUEI-0 UA guo|iadns 0JOgIUORIEI 0JoNuOgIE9 75 M. 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GORTANI = |=a[|ae[|e|=]ae]ae]|= [= |ae|=|= |]=|= |] |=|4= | = ||] | 0000 cova DUDZUOWDIZ DWUOSTYIINTT "001 — |-|=|=|=|+|-[|2|=| 0% *purds ‘umag ‘66 e per a = = — | —- I || ‘*nox ta s170v4/ ‘nad ‘86 Seal = —|=|=|=|4|=|=| «ww suonbas ‘umag ‘6 —|=|=|=|=[|=|=|+|=|=|-|[=[|=[|=|=|=|=|=|=|=|=|+| mao Dundosof DMwYOUINIT "96 =[(=fa=|l=|l=|=|=|=|=|= === |=|=|= | pur ds 7729 (66 —|e=[{&|b/ji=][|=[=][j=|=e|[|=|[|=|[|=j=[|=|=]|=|/@|W||=|=]|=| 07 ora are Ma, #6 |ArR"e="s "o WAR RIT2G50vIS|ktg002 odono — |=|=|l=|=|l=|=|+|=|-|={|l=|l=|=|=|=|=|=|=|+|=|= | ‘nnag 207450088 vpuoupg 6 4 -|+|-{|=]|=|=|=|={|=-|=-{|=|=-|=|=|=|=- —|+|- * | ‘DVVM smbuwd snpozyos "TE passi Decade ‘INVHOS ee sa p=[|={[|=|=|= _ seppe ‘ds. ‘IaTOL), 2UUDUWSNOH VIGIVT ‘68 -|-|=-|=-|=-|=-|=-|=-|=|=|z=|=|=|-=-| ® *cHowvis sunpud 904 ‘88 SL = Ad 3 * * GUHOVLS W0yUWI,T VIT ‘18 >|]el=[|e[|l=e{[|=|=|=e|le|e|{=[|=|[|=|=|[|=|=|={|st|=|=e|=|= |? so 90-07 9 = | * *ds X00.JN S7207N0LUND "NAP *G8 209 JI 20402mbpos. ‘ap ‘58 | | | | | | | 5 | | | | | | n | +++ + | | | | + — | |_-|t " ‘NOM UA S7UDISIULIOY ‘NAP ‘68 SS Peo) FASSA 2 — [= ||=|[Se|e=|[|=|=|.® 9° ui sazo mor 78 3 ab E 3 re] 8 oto ® D PIS) NR ER NR 3 7 2) S DIS C) 2 5) D NS | 93|#2/F3|/82/ S| 2 PE le|els |a = / 1 e | ELE sa (Eeie|lea|S|[Ela | 3 | # [GG TL aaa ese | ea Re E Lo © © a | Ska I & | 4228 BS (8 ARG E a [e | a /06 (A a) B (Sì) L: 9) (9) Ù gp |a | REEF o © |\w| È z| | |ew IPozzeKi 109 UIOUdS UTTHA 0ONHTH n 8 S i pa Si È 8 Slo i & SE 5) © ® OUEIUIAd 0J9JILOIEI-OUIAA | auosadns osojiuogsgeg | 3 9 oipew oJaJiUogueg Jo M. GORTANI "ALDA L + ++ + +++ + VO) i) (0 (cd 912/279) 799 (VISTUNT-OPNIST) ‘MUTI "80 ‘giu vudm» TIGA “INNO, 2779/97nd DISdWMIIA * ‘NO Wa UNUDIUUDUL SDLIVOYZMO * ‘nm vurunu sisdopupunfig * ‘Ju wofynxrId ‘c0g è "INNO, WNT U0WO.L93IY “LOT © * ‘NOM Ha GGI Tor 0GI GIT 9IL UNIPLOULIINQ VWWUOXLOT "LTT "FU SNUDIPLIIU “LODI “9TT ‘ds ‘NMOUg 2/0107 SNPIYIONIDIAT “GIT ‘NN, 2Y/diowodnnd DIN è ‘FIL ‘put ‘ds ‘20N ‘SII * © WHOVILS V0240PDI “ION “INTO, DINUruL stsdo9gvN ‘GLI. "TIT “Nn, w722pUIO) vDwOSOShsyo "OTT ‘NOM HA DULULU DUIQUNT, ‘NOM Wa 08990 DHT ‘DVVM Snaund. snqnydUONH ‘60T ‘801 "LOT ‘juu s77vuorI (è) ‘dvuS "901 * ‘ds ‘Aug s72206%000) *dvug * © ‘NOM Ta S7INnuw *douzg ‘GOT ‘FOI > * ‘NOM 3a s72p9290)d ‘dnus "cor ‘“TLNO]JUaA 228/40 SOLO AWUS *ZOT î ‘NOM UA 2272U09 “YIANNI “TOT 80 M. GORTANI [30] Per formarci un’idea esatta dei caratteri proprî a questo complesso di forme, cominciamo a eliminare quelle affatto incerte o determinate solo genericamente: 1 2 3 4. 5 6 ri . ® Gyroporella Sp. . ? Chondrites sp. . Bigenerina sp. ? Nodosaria sp., cfr. radicula L. . Endothyra sp. . Poteriocrinus Sp. . Orthis sp. . Spirifer sp. Terebratula sp. . Aviculopecten sp. . Bellerophon sp. . Pleurotomaria sp. . Naticopsis sp. Altre nove forme, benchè a larga diffusione geografica, non hanno in questo punto interesse per noi, essendo comuni in tutto il Carbonifero e nel Permiano inferiore e non prestandosi quindi a riferimenti precisi: 14. 15. 16. Io 13. Orthis cfr. Streptorhynchus cfr. Pecosiù Marc. Producitus Cora D’ ORB. » semireticulatus Mart. » cfr. gratiosus Waas. crenistria Pun. IL) 20. 21. 22. Productus punciatus Mart. Spirifer fasciger Knys. » trigonalis Mart. >» (Reticularia) lineatus Mart. Lasciando per il momento in disparte le quindici specie e varietà nuove, possiamo dividere le ottan- tasei rimanenti in tre categorie: l’altro periodo. Fino ad ora esclusive alle assise carbonifere sarebbero venti selle nostre specie, nove delle quali però determinate soltanto in modo approssimativo : 23. 24. » auriculatus M° Coy. Endothyra cfr. Bowmani Par. 33 HFusulina af. alpina fragilis ScaRLLW. 34 . Derbyia cfr. Waageni ScHELLW. 35 . Camarophoria alpina ScueLLw. 36. . Rhynchonella cfr. acadiensis Dav. 37. Terebratula (2 Cryptonella) af. Lincklaeni ; 38. Hann. 4) 39 » (Dielasma) hastata Sow. 40 . Aviculopecten hoernesianus De Kox. 41 » Sedgwicki M° Cow. 42 forme carbonifere, forme permiane, e forme di passaggio fra l’uno e . Pleurotomaria fragilis pe Korn. . Murchisonia cfr. conula DE Kon. . Straparollus Dionysti ve Monte. » cfr. placidus ne Kon. » minutus pe Kon. » laevigatus DE Kon. . Flemingia obesa pe Kow. . Turbina minima ve Kon. . Loxonema cfr. buccinoideum ve Kon. . Orthoceras cfr. martinianum De Kon. È notevole in questo gruppo ristretto la predominanza di tipi rinvenuti per l’addietro negli strati più bassi del sistema, e segnatamente nel Dinantiano del Belgio. Ventitre forme sono invece caratteristiche del Permiano (Rotliegendes e ZGchaicin). e per quattor- dici di esse mi sembra di poter ritenere esatta la determinazione: 1) Specie in realtà devoniana, e di esistenza incerta nel carbonifero inferiore. [81] M. . Cyathocrinus cfr. goliathus WAAG. . Chonetes strophomenoides Waaa. 45. » cfr. compressa \VaAG. . Spirigera (Janiceps) confinalis SrAcHE. . Camarophoria humbletonensis How. . Rhynchonella (Terebratuloidea) Davidsoni WaAG. . Terebratula (Dielasma) acutangula Waac. O. Notothyris multiplicata Waaa. ; . Pseudomonotis inversa Waac. » gigantea Waae. . Aviculopecten subexoticus WaaG. GORTANI 81 . Pecten Trinkeri Sracue. . Pecten cfr. pardulus StAcHE. . Liebea Hausmanni Goupr. . Nucula cfr. Beyrichi ScHAUR. . Schixodus pinguis Waac. . Bellerophon cfr. Jacobi Sracue. 60. » cfr. jonesianus De Kox. . Pleurotomaria cfr. sequens WaAAG. 2. Murchisonia tramontana Stacrne. . Euomphalus cir. parvus WAAG . Naticopsis cadorica StAcEE. . Macrocheilus Leighi Browx. Ci rimangono così quarantatre forme che sono proprie delle faune permocarbonifere o a queste stret- tamente affini. Ventisei ne furono a tutt'oggi rinvenute soltanto negli strati permocarbonici; sette (contras- segnate più sotto con un asterisco) sono comuni con i più recenti depositi uraliani; sei (distinte con una crocetta) passano anche ai depositi contemporanei al Rofliegendes, e quattro infine (indicate con asterisco e crocetta) dal carbonifero superiore giungono poco oltre la base del Permico. 66. Tetrataris maxima ScHeLLW. 67. Pusulina alpina communis ScHELLW. 68. » cfr. complicata ScHELLW. 69. » regularis ScHELLW. 70. » kattuensis ScawaAG. 71. Schwagerina fusulinoides ScaeLLW. 2.* » princeps EnrEmB. 73. + Derbyia cfr. grandis WaAG. VA. Meckella irregularis ScaELLW. 75.* Productus curvirostris SCHELLW. 16.4 » cancriniformis NIx. - +. >» (Marginifera) typicus WaAAG. Spirifer striato-paradorus Touna, Ro ta supramosquensis Fritschi ScaeLLW. 80.* >» Zitteli SCHELLW. sento carnicus SCHELLW. 82.*4 » (Martinia) semiplanus Waas. 83. » » acunvinatus Gem. 84. Spiriferina cristata fastigiata ScanLLw. 85. + Athyris capillata Waac. 86. * Enteletes cfr. carnicus ScCHELLW. 87.*4+ Camarophoria Purdoni Dav. 88.4 Ehynchonella Wynnei Waac. 89. » sosiensis Gem. 905 » confinensis ScHELLW. 91.4 Terebratula (Hemiptychina) sublaevis Waac. 92.4 » » sparsiplicata Waac. 93. » » pygmaca Gem. 94. » » cfr. lamellosa Gem. 95. » » carniolica SCHELLW. 96. » » cfr. Tschernyschewi Scaw. 97. » » psevdo-elongata Scaw. 98. Notothyris exilis Gem. 995 » mediterranea Gem. 100.*-+ Aviculopecten hiemalis SALTER. 101. Edmondia cfr. isocosmica Gran. 102. Pleurotomaria Josephinia Gem. 103. Crysostoma tornatum Gar. 104. Naticopsis minuta Gr. 105. Nerita cfr. palaecomorpha Gram. 106. Lorxonema cfr. heteromorphum Gem. 107. Cylindritopsis minima Gem. 108. Phillipsia (Pseudo-Phillipsia) elegans Ge. Da tutto ciò mi pare che risulti indiscussa la pertinenza degli strati del Col Mezzodì al Permocar- bonifero, inteso nel senso che ho specificato a suo luogo. Infatti se una notevole percentuale (23,2%) delle forme più o meno esattamente determinabili appartiene al Carbonifero, d’altra parte il 26,8 ° sono esclusive del Permiano, e la metà del numero totale (50 0/,) si rinvengono soltanto negli strati di transizione 82 M. GORTANI [82] fra l’uno e l’altro periodo !. E se ci limitiamo alle specie classificate in modo sicuro, tali cifre si modificano in guisa da confermare meglio ancora il prevalente carattere di transizione della nostra fauna, diventando rispettivamente 18; 24; 58 %,. Lo stesso risultato si ottiene esaminando le forme più vicine a quelle descritte come nuove nel secondo capitolo. Fatta eccezione per le due specie che ricordano singolarmente tipi molto più antichi, le nuove forme che si prestano a tal genere di confronti sono tutte affini ad altre permocarbo- nifere o permiane, come si vede in questo specchietto: D) È D ° SPECIE AFFINI 5 ze È Sc 109. Fusulina carnica n. f. . ” ; 0 ; ò — = — = 110. » n. f. » P SRI : 3 = = = SA | 111. Productus (Marginifera)typicus v. n. inflatus —.| Productus typicus WaAG. . . = | sb + 112. Spirifer (Martinia) acuminatus v. n. latus . . | Spirifer acuminatus Gemm. . . = 35 = 113. RAynchonella fornensis n. f. o 0 . 0 — — SS e, 114. » (Terebratuloidea) carnica n. f. o — — — — 115. Zerebratula (Hemiptychina) Schellwieni n. f. . . | Notothyris triplicata DieneR . = + — 116. » » » v.n.inflata . = — - ES Tito » » tridentata n.f. . . | Terebratula carniolica ScHeLLW. _ sb = 118. Notothyris (?) gibba n. f. c c o o - = —_ _ = 119. Aviculopecten carnicus n. f. . ò ò , . | Aviculopecten tenuvis HALL. . EL — —_ 120. Straparollus (?) exornatus n. f. . o o . = — — — 121. Macrocheilus meridianus n. f. 0 0 5 ì — = = dda 122. Loxonema pexatiforme n. f. . ò o 0 . | Loxonema peratum Haru. . + —_ — 123. Phillipsia pulchella v. n. alpina . 6 ò . | Phillipsia pulchella Gamm. . . — + = Nè fra i diversi membri della nostra serie possiamo trovare differenze paleontologiche tali da in- globarne alcuno con gli strati carboniferi o da riportarne i superiori al.Permiano. I caratteri faunistici dei cinque successivi livelli fossiliferi che vi ho distinto si mantengono sempre diversi da quelli dei due 1) Queste cifre andrebbero probabilmente modificate se i depositi permocarboniferi studiati avessero offerto mag- gior copia di Molluschi, poichè vediamo questi predominaré di gran lunga sui Brachiopodi nelle prime due percentuali. [83] M. GORTANI 83 grandi sistemi, pur andando man mano allontanandosi dagli uraliani e acquistando una tendenza sempre maggiore per quelli diasici. Tali condizioni si mostrano chiaramente facendo caso per caso i rapporti centesimali, che ho riunito nel quadro seguente: Rapporti centesimali delle specie nelle divisioni a c d e Ti Specie carbonifere . ; è o 7 . È . 3 12 2100 18 18 22 » permiane . , ) o o È 5 RETE 6 29 32 14 39 | » permocarbonifere . . a o . . o . 35 43 29 45 EYd >» comuni all’ Uraliano e al Permocarbonifero . ° 5.) 230 q T 5 4 » » al Permocarbonifero e al Pengiabiano È . 13 0 T 9 O. | » estese dall’ Uraliano al Pengiabiano . 5 : 5 6 (0) TI 9 4 | È singolare il fatto che le forme nuove di tipo paleozoico antico appartengono agli strati più recenti del sruppo. Fra esse va ricordato il singolare Loronema pexatiforme, che riproduce esattamente in piccolo una specie devoniana, ed è qui associato a Chrysostona e Cylindritopsis, generi del Secondario che per la seconda volta sono ora trovati nel Paleozoico. Notevole è anche la presenza di Trilobiti, poichè gli ultimi rappresentanti di questo gruppo furono rinvenuti soltanto nei terreni permocarboniferi del Chitichun, dell'America settentrionale e della Sicilia. Con i calcari della valle del Sosio la nostra fauna ha molti altri caratteri comuni, e benchè i Productidi e i Foraminiferi di Palazzo Adriano non siano ancora illustrati, quivi abbiamo sedici forme identiche e cinque affini alle carniche . Pur troppo negli strati del Col Mezzodì mancano quasi affatto i Cefalopodi, almeno sotto forme determinabili; ma, come dei depositi siciliani, vi sono frequenti le Martiniae, He- miptychinae e Notothyrides, ed è quasi completa l’ assenza delle Atfyrides, che si riscontra anche negli altri depositi permocarboniferi europei. Questo è uno fra i tanti indici dell’ eterotopismo di facies che pare esista fra i nostri sedimenti e-quelli d’America, ed è al tempo stesso una delle poche differenze spic- cate fra i terreni europei e indoaustraliani di questo periodo. Le più sensibili analogie sono a ogni modo presentate dalle nostre assise con quelle del Trogkofel, di Neumarktl e in parte forse dell’Auernig, con le quali hanno in comune la maggior parte dei Fusulinidi e son pure maggiori le affinità litolugiche. Poichè nè le rocce della Sicilia o della Russia, nè quelle dei depositi estraeuropei, hanno con le nostre i caratteri comuni presentati dalla serie carinziana e carniolica. Ma la diversità di facies e la rarità dei giacimenti permocarboniferi marini rendono i confronti malagevoli anche quando lo studio dei fossili abbia risolto la questione stratigrafica come nessun litologo potrà mai fare. 1) Il che depone in favore dell’età da me attribuita ai depositi siciliani, massime quando si tenga conto delle altre 18 forme identiche e 9 affini degli strati indubbiamente permocarboniferi della Carinzia e della Carniola. 84 M. GORTANI [84] Per terminare, lo studio della ricca fauna del Col Mezzodì conferma pienamente le conclusioni cui l’anno scorso ero giunto esaminando una parte dei soli Foraminiferi, e che ebbi la soddisfazione di ve- dere accettate dallo stesso ScHELLWIEN ! e dal nostro C. F. Parona ?. Questo risultato non soltanto di- mostra una volta di più l’importanza dei Fusulinidi nella cronologia geologica, ma si presta anche a con- siderazioni di indole più generale. Nel Col Mezzodì gli strati certamente permocarboniferi sono diretta- mente soverchiati dai conglomerati e quindi dalle arenarie di Val Gardena, corrispondenti al Rotliegendes dei terreni estraalpini. Tale circostanza porta un nuovo argomento a sostegno della tesi enunciata più sopra, che cioè il Rofliegendes rappresenti tutto e soltanto il Permiano inferiore o Paleodias nel senso ivi specificato (Pengiabiano), e non già anche il Permocarbonifero (o Artinskiano) come parecchi autori sostengono 5). Comunque si voglia pensare intorno a tale questione, resta a ogni modo fissato un orizzonte ben distinto nella complicata e accidentata serie dei terreni che costituiscono i dintorni di Forni Avoltri. Un primo risultato sarebbe la conferma della permicità delle diabasi e porfiriti diabasiche di Calgaretto, Valpicetto ecc., tanto sostenuta dal TARAMELLI e ora provata dall’esistenza di una diabase alterata della stessa natura 4 nel bacino del R. Campiut superiormente agli strati permocarboniferi. Il più importante problema sarebbe però quello riguardante l’età controversa degli argilloscisti così estesi nell’ alta Carnia e che formano certamente la base del Col Mezzodì. Ma difficilmente la nostra serie permocarbonifera potrà servire a sbrogliare l’intricata questione, poichè a me pare certa la sua posizione trasgressiva sugli scisti argillosi che la sostengono. Bologna, R. Istituto geologico, giugno 1904. 1) Lettera del 21 dicembre 1903. Valga il brano seguente: «Ich danke Ihnen verbindlichst fir die freundliche Zusendung der beiden Separata iiber die Fusulimenfunde der Carnia, die mich lebhaft interessirt haben. Es kann danach keinem Zweifel unterliegen, dass es sich um permocarbonische Schichten handelt, jenes Niveau, welches ich als « Trogkofelschichten » bezeichnet habe ». 2) Cfr. PARONA. Trattato di Geologia ecc., 1902-1904, pag. 421 e 423. 3) Noto da ultimo come la presenza nel Col Mezzodì di tre specie già ritrovate nel calcare a Bellerophon della Carnia (Pecten Pardulus, P.Trinkeri, Liebea Hausmanni) confermi l’ opinione di StACHE, TARAMELLI e GEYER circa la dibattuta età di questo orizzonte. Vedi in proposito la nota del Tommasi più volte citata. 4 Questa roccia, di cui mi son potuto procurare solo un meschino campione, esaminata al microscopio si di- mostra molto simile alla diabase raccolta dal prof. TARAMELLI a sud di Rigolato e illustrata dall’ArtINI nei suoi Studîi petrografici su alcune rocce del Veneto (Giorn. di Miner., Crist. e Petr., vol. I, fase. 2, Pavia, 1890, pag. 144). Il solo plagioclasio è conservato e i cristalli di augite sono completamente cloritizzati. Finito di stampare il 30 agosto 1906. GIUSEPPE CHECCHIA-RISPOLI GLI ECHINIDI VIVENTI E FOSSILI DELLA SICILIA PARTE PRIMA GLI ECHINIDI VIVENTI SULLE COSTE DELLA SICILIA (Tav. IV [1]). INTRODUZIONE È ormai passato più di mezzo secolo da che ANDREA ARADAS, preclaro e laboriosissimo socio dell’Acca- demia Gioenia di Catania, pubblicava la sua Monografia degli Echinidi viventi e fossili di Sicilia. Questa opera scrupolosamente e diligentemente condotta è mirabile per chiarezza e per ricchezza di notizie, poichè non si limita solamente alla descrizione di un certo numero di specie dei varii terreni dell'Isola, ma in essa l’ArAaDAS molto opportunamente va riassumendo quanto s'era venuto scrivendo sugli Echinidi del- l’antichità sino ai suoi tempi, rendendo familiari nella sua terra tutti quegli studii che venivano com- piendosi in Italia e specialmente all’ estero intorno a sì importante argomento. L’opera dell’ArapAS, pur troppo però dopo tanti anni resta ancora l’unico lavoro in materia di Echi- nologia in Sicilia, per cui al di fuori di questo, non possiamo segnalare nessun altro studio di una certa importanza, se si eccettuano quei dati che possiamo trarre dall’opera del messinese ScIcLa, ove per la prima volta vengono accuratamente disegnate varie specie di Echinidi, senza che per altro le conoscenze dei tempi avessero permesso a quest'uomo di sì acuto ingegno di descrivere minutamente le spoglie di tali animali. Poche altre notizie si possono desumere dai cataloghi dell’Acassiz e del DesorR: e qualche indi- cazione o elenco o descrizione di specie si trova qua e là sporadicamente in memorie di autori, che si sono occupati di geologia siciliana. Dai tempi dell’ArApAS sino ad oggi, molti progressi ha fatto la scienza, le ricerche si sono conti- nuate, per cui, senza perdere del suo pregio, l’opera dell’Arapas non risponde più all’ esigenze dei tempi: d’altra parte la sua monografia, cosa del resto molto ovvia a vedersi, è tutt’ altro che una completa de- scrizione degli Echinidi viventi e fossili di Sicilia, in quanto chè in essa non è contenuta che la diagnosi di appena una quarantina di specie di Echinidi di tutti i terreni dell’Isola, compresi anche i viventi. Di queste talune vanno sottratte perchè passarono in sinonimia con altre e di qualche altra istituita dal- l’autore per quanto minutamente descritta riesce quasi sempre difficile darne un giudizio, perchè l’opera dell’Arapas è totalmente priva di tavole e di figure. Ciò non pertanto dobbiamo ripetere, che il lavoro dell’Arapas resta sempre un lavoro fondamentale per chi voglia intraprendere lo studio di questi esseri che vivono o che vissero un giorno non solo in Sicilia, ma anche nelle regioni meridionali della Penisola. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 1 86 G. CHECCHIA-RISPOLI [2] Incoraggiato dall’importanza dell’argomento, nonchè dalle belle raccolte d’ Echinidi, che, mercè l’opera sapiente di tanti anni del compianto professore GAETANO GIORGIO GEMMELLARO, vennero raccogliendosi nel Museo geologico dell’ Università di Palermo, io mi sono accinto a trattare di quest’importante argomento, pur riconoscendone le grandi difficoltà, impegnandomi che il mio studio possa riuscire sino ad un certo punto il più completo che fosse possibile. Lo studio verrà diviso in tante parti, quanti sono i terreni che racchiudono spoglie di tali organismi e lo iniziamo con una rapida revisione degli Echinidi che attualmente vivono sulle coste della Sicilia. Museo di Geologia dell’ Università di Palermo. — Dicembre, 1905. Sguardo alla fauna degli Echinidi viventi sulle coste della Sicilia Prima di intraprendere lo studio degli Echinidi fossili dei varii terreni della Sicilia, ho creduto ne- cessario ed opportuno farlo precedere da una rapida revisione delle specie che attualmente vivono sulle coste dell'Isola; servendomi a tal uopo oltre che di tutte le notizie bibliografiche, delle collezioni echi- nologiche che esistono nel Museo di Zoologia della Università di Palermo, nel Museo di Geologia di questa Università, e della raccolta privata del Marchese di Monterosato. Dalle accurate ricerche che io ho potuto fare, risulta che attualmente la fauna degli Echinidi viventi della Sicilia, è rappresentata da sedici specie, tutte della zona litorale: di queste nove appartengono alla grande divisione degli Echinidi Regolari e sette a quella degli Irregolari. Non crediamo che questa revisione sia riuscita non senza di un certo interesse, inquantochè ora per la prima volta viene annunziata l’esistenza in Italia di una piccolissima ed elegante specie, nota finora unicamente nel Golfo di Oran in Algeria, cioè dell’ Arbacina Pallaryì GAUTEIER, che è oggi l’unico rap- presentante di un genere che visse abbondante di specie attraverso i terreni terziarii e quaternarii: se non che a causa del materiale più copioso e meglio conservato, di cui abbiamo potuto disporre, ci è stato possibile di studiarla più profondamente e di stabilire inoltre più completamente i caratteri del genere, per evitare ogni ulteriore confusione con generi affini, come è avvenuto per lo innanzi. Così pure per la prima volta viene annunziata in Sicilia l’ esistenza dell’ Echinocardium cordatum GRAZ: i numerosi e ben conservati esemplari di questa specie esistenti nel Museo zoologico della nostra Uni- versità provengono tutti dal Golfo di Palermo. Descriviamo e figuriamo inoltre due specie, cioè 1° Ecki- nocardium mediterraneum GRAY e il Centrostephanus longispinus PHiILIPPI, delle quali, a mia conoscenza almeno, la prima è stata giammai figurata e l’altra troppo brevemente descritta. Crediamo infine interessante il figurare alcune variazioni individuali dello Strongylocentrotus lividus BranpT e alcuni esemplari dello Psamnechinus microtuberculatus BLAINVILLE: questi ultimi si contraddi- stinguono dagli esemplari della medesima specie, provenienti da varie località e con cui li abbiamo para- gonati, per essere sempre molto più alti. Uno studio più minuto di confronto riguardo a tutti gli altri caratteri potrebbe" stabilire se si tratta di una varietà della specie, oppure di semplici variazioni indi- viduali: facciamo però osservare che il rapporto tra le due dimensioni è costante in tutti gli esemplari da noi esaminati, una cinquantina circa, e questi esemplari provengono tutti dal Golfo di Palermo. BI G. CHECCHIA-RISPOLI 87 Eegulares DESOR. Nel recente trattato di Zoologie concrète dei sigg. DeLAGE ed HfRrovARD !, è stata introdotta una nuova classificazione riguardo agli Echinidi regolari, proposta dal MoRTENSEN, basata su criterii del tutto nuovi, cioè sui radioli e sui pedicellarî. Questi organi notevoli per la varietà delle loro forme e per la perfezione della loro sttuttura, assumerebbero, secondo il MoRTENSEN, un carattere di importanza tale da bastare da soli a poter distinguere non solo un genere dall’altro, ma anche una specie dall’ altra. Questi organi però in Paleontologia hanno poco significato, perchè a causa della loro estrema delicatezza non sono sempre suscettibili di conservazione, e se talora si ha la fortuna di incontrare dei radioli e dei pedicellari, quasi sempre questi organi si trovano isolati. La classificazione del MoRTENSEN riesce perciò poco applicabile agli Echinidi fossili, e, data l’indole della presente Monografia, noi dobbiamo scartarla e seguire invece quelle proposte dai migliori e più recenti trattati di Paleontologia, che hanno il pregio di applicarsi tanto alle forme fossili che alle viventi. Fam. Cidarfdae Wricar. Gen. Dorocidaris An. Ac. 1. Dorocidaris papillata Leskr. 1872. A. Agassiz. Revision of Echini. Illustrated Catalogue of the Museum of Comparative Zoology, at Harvard College, N.° VII, pag. 254, tav. I; tav. Id; tav. IIa, fig. 1-13; tav. ILd, fig. 1-5; tav. Ilc, fig. 13-15. Specie comunissima: i più grandi individui spogliati dei radioli misurano mm. 60 di diametro per mm. 50 di altezza. In Sicilia è comune sul litorale di Aci-Trezza, Catania, Augusta, Palermo. Fam. Giyphostomata Pour. Sottofam. EBiadematidae (Wkricat) emend. Corrrav. Gen. Centrostephanus Per. 2. Centrostephanus longispinus Pamippr. — Tav. IV [I], fig. 1-5. 1845. Diadema longispina Pairippi. Beschreibung zuweier Missgebildeter See Igel. Wieg. Archiv, pag. 354. 1846. — europeum! Acassiz et Desor. Catalogue raisonné. Ann. Sc. nat., VI, pag. 346. 1853. — —_ Arapas. Monografia degli Echinidi viventi e fossili di Sicilia, Parte IV, Cida- riti. Acc. Gioen. Sc. nat., vol. VIII, pag. 168. 1854. Centrostephanus longispinus! Prrers. Sceigel Mossambique (Diadem). Monatsb. Ak. Berlin, pag. 109. 1862. Diadema europeum! Hurt. Echinodermes. Voyage dans l’Amérique du Sud, pag. 505. 1865. -—- longispina Borsone. Zusammenstellung der Diademiden. Wieg. Archiv, pag. 327. 1872. Centrostephanus longispinus Acassiz A. Loc. cit., pag. 411. 1880. —_ — Carus. Prodromus faunae mediterraneae. 1) DeLAGH et HhrovARD. Traité de Zoologie conerète, tom. III, Les Échinodermes. Parigi, 1903. 88 G. CHECCHIA-RISPOLI [4] Siamo riusciti ad esaminare un buon numero di esemplari di questa specie e ci è parso utile di figurarne qualcuno e d’aggiungere qualche dettaglio alla descrizione già data dagli autori. Specie di medie dimensioni, dal guscio sottile e fragile; poco elevata e depressa tanto superiormente che inferiormente: perimetro regolarmente circolare. Apparecchio apicale alquanto affondato e molto esteso. Placche genitali larghe, di forma regolarmente pentagonale: la madreporica è quasi il doppio delle altre: aperture genitali piccole, circolari e situate nel centro delle placche. A titolo di curiosità citiamo il caso di un individuo, il quale presenta sulla placca madreporica due fori genitali, invece di uno. Le placche terminali sono più piccole, esagonali: verso il lato dorsale e proprio presso il margine esse portano un foro tentacolare schiacciato trasversalmente. Le placche terminali sono allontanate dal- l'anello anale. Tra le genitali s’intercalano sempre due o tre placche di forma regolare. Sistema anale largo, circolare, coperto da un grandissimo numero di placchette distinte: apertura anale subcentrale. Le aree ambulacrali sono alquanto più larghe della metà di quelle interambulacrali: in ambedue le regioni sorgono due serie di tubercoli primarii, crenulati e perforati, i quali sono alquanto più piccoli nelle aree ambulacrali. Nelle aree ambulacrali oltre alle serie dei tubercoli primarii, si osservano lungo la sutura mediana delle placche altre due serie irregolari di tubercoli più piccoli di ineguale grossezza pure crenulati e per- forati. Nelle aree interambulacrali se ne osservano invece quattro, due per parte, verso la parte esterna delle placche. Il rimanente delle placche è poi in parte occupato da rari miliari disordinatamente sparsi. Verso la parte abactinale, allorchè questa è spogliata dai radioli, si osserva che tanto le zune am- bulacrali che le interambulacrali sono quasi interamente prive di tubercoli, ad eccezione di uno piccolo situato nel centro delle placche interambulacrali e di qualche altro piccolissimo su non tutte le placche ambulacrali. Infine si trovano tubercoli piccolissimi in numero di 2 a 4 sul margine ventrale di ogni placca genitale; uno per ogni placca tentacolare ed uno per ogni placca anale. Le zone porifere sono appena flessuose, verso le estremità superiori sono appuntite, petaloidee, verso il sistema actinale si allargano. Le prime sette od otto placche sono semplici ed ognuna di esse porta un paio di pori ambulacrali: a queste seguono le placche composte, formate da tre placche primarie unite per mezzo della loro sutura, e che portano tre paia di pori geminati disposti ad archi molto aperti. Sulla faccia actinale e proprio vicino al peristoma le zone porifere s’allargano un poco, i pori si adden- sano, aumentano di numero, s’impiccoliscono, di modo che sulle ultime cinque placche vi sono 25 paia di pori disposti in serie oblique di 3 paia l’una e regolarmente sovrapposte. Peristoma grande, rotondo; intacchi actinali poco profondi e larghi: verso l’apice dell’intacco si os- serva un processo spiniforme lungo ed aderente al guscio. Membrana actinale sottile e ricoperta da numerose piastre strette, allungate, formanti delle serie in seguito alle zone ambulacrali: altre piastre isolate e della stessa grandezza s'incontrano lungo il pro- lungamento delle aree interambulacrali: infine nello spazio interno della membrana si notano le dieci placche buccali. Orecchiette sottili, elevate, congiunte superiormente: foro auricolare triangolare. Cintura perignatica bassissima ed estremamente ridotta. Spine sottili; lunghissime, gracilissime, vuote, cilindriche, verticillate: la verticillazione è chiusa: orlo del collaretto frangiato. Oltre a questi aculei inseriti sui tubercoli primarii, ve ne sono molti altri più corti e più sottili, di differente lunghezza: altri infine più piccoli sono inseriti sulle piastre genitali, ten- tacolari, ocellari, anali e peristomiche. [5] G. CHECCHIA-RISPOLI 89 I pedicellari oficefali sono rappresentati da due forme: una tipica con un collo molto allungato senza glande sull’asse ed un altra con glande sull’asse senza collo e le valve più o meno trasformate in globiferi. Colore del guscio giallo pallido: le spine lunghe sono colorate alternativamente di bande di giallo e di viola: quelle corte sono uniformemente gialle. DIMENSIONI Diametro Altezza Sist. apicale Sist. anale Sist. actinale Zone porifere Tubercoli Spine 63 30 23 13 22 1,8 15 100 50 27 17 11 18 1,5 12 90 Rapporti e differenze. — Non mi è stato possibile di trovar figurata questa specie: m’è parso perciò interessante di farla conoscere in un modo più completo tanto più che ha dei rapporti di somiglianza con il C. Rodgers As. dell'Australia. Noi senza entrare in un troppo lungo esame com parativo fra le due specie, facciamo notare che esse si distinguono su tutto per la forma dei radioli, essendo nel C. Rodgersti molto più corti e molto più grossi e, per i verticilli che in questa specie sono bassi, stretti, e disposti in modo che le spine appaiono striate trasversalmente, mentre nel C. Zlongispinus i verticilli sono molto più alti e le spine appaiono striate nel senso della lunghezza. Inoltre le dimensioni dei tubercoli primarii nelle zone interambulacrali rispetto a quelle delle zone ambulacrali sono maggiori nella specie australiana ed i tubercoli primarii nelle due zone sono molto più grandi, per cui appaiono molto più avvicinati. Nelle zone interambu- lacrali inoltre nel C. Rodgersiù abbiamo altre due serie di tubercoli secondari che mancano nel C. longispinus. In tutti gli altri caratteri le due specie si rassomigliano per quanto mi è riuscito di constatare dal confronto delle due specie In Italia questa specie finora è stata constatata solamente nel Golfo di Palermo con sicurezza: il LupwIe con dubbi la cita anche nel Golfo di Napoli. Gen. Arbacia Gray. 3. Arbacia pustulosa Gray. 1872. A. Agassiz. Revision of Echini, pag. 402, tav. I, fig. 5; tav. II, fig. 15-33; tav. V, fig. 19-21; tav. XXVII, fig.6; tav. XXXVIII, fig. 10a-c. Comune nei litorali di Aci-Trezza, Catania, Palermo, Messina. Sottofam. Echinidae Waxricrt. Oligopori. Gen. Echinus Drsor. 4. Echinus melo Lax4rcx. 1872. A. AGassiz. Revision of Echini, pag. 124 e 493. Comune sul litorale di Catania, Palermo, isola di Pantelleria e Lipari. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. Th he 90 G. CHECCHIA-RISPOLI [6] 5. Echinus acutus LAmARCcK. 1872. A. Acassiz. Revision of Echini, pag. 124 e 489, tav. VI, fig. 4; tav. VII. fig. 1, 2; tav. VIII, fig. 19-21. Comune sul litorale di Aci-Trezza, Catania, Palermo. Gen. Psamnechinus Ac. 6. Psamnechinus microtuberculatus Brammv. — Tav. IV [I], fig. 6,7. 1872. A. Agassiz. Revision of Echini, pag. 124 e 494, tav. VI, fig. 4; tav. VII, fig. 1, 2; tav. VIII, fig. 19-21. Gli esemplari da noi studiati, provenienti tutti dal golfo di Palermo, presentano dimensioni maggiori di quelli esaminati dall’Acassiz e dal CarUS: i più grandi infatti misurano sino a mm. 35 di diametro. Ma ciò che contradistingue i nostri esemplari da quelli descritti dall’Acassiz e da quelli del golfo di Na- poli e di Venezia con cui li abbiamo paragonati, è che mentre in questi ultimi l’altezza è sempre metà della larghezza, in quelli del golfo di Palermo invece 1’ altezza è sempre maggiore dei due terzi della larghezza; ne risultano quindi individui di forma molto alta ed emisferica, mentre tutti gli altri sono de- pressi (flattened come dice l’AcassIz); le due dimensioni si presentano quasi sempre nello stesso rapporto negli individui più piccoli. In tutti gli altri caratteri gli esemplari del golfo di Palermo non si allontanano dal tipo comune dello Psammnechinus tuberculatus: pure la costanza del rapporto tra le due dimensioni osservate in tutti gli individui (una cinquantina circa) potrebbe costituire un buon carattere per la isti- tuzione di una varietà alta, senza però che si possa separare specificamente dallo P. microtuberculatus. Comunissima nelle coste di Catania, Augusta, Messina, Palermo. Gen. Arbacina Pomet. 7. Arbacina Pallaryi Gauramr. — Tav. IV [I], fig. 8-13. 1897. Arbacina Pallaryî GauriER. Contribution è 1° étude des Echinides fossiles. Observations sur le genre Ar- bacina Poner. Bull. Soc. géol. de France, série III, vol. 25, pag. 840, tav. XXIV, fig. 9-13. 1905. —_ — Criccura-Rispori. Il genere Arbacina trovato vivente la prima volta in Italia. Boll. del Naturalista siciliano, anno XVII, n.° 11. Specie di piccolissime dimensioni, di forma subemisferica, talora alquanto schiacciata, appiattita infe- riormente e dal contorno circolare. Sistema abactinale sporgente, molto esteso: placche genitali grandi, subpentagonali, ornate verso l'apertura anale di 2 a 4 tubercoli e con grandi aperture genitali di forma ovale; la placca madreporica è alquanto più grande delle altre e i pori dei canali idrofori sono poco numerosi, grandi e limitati su di una piccola sporgenza della placca stessa. Placche ocellari subtriangolari con fori piccoli e subrotondi. Sistema anale grande subrotondo; la placca centro-dorsale riempie quasi interamente lo spazio cir- coscritto dalle basali e l’ano si apre in mezzo a due piccolissime placche vicine alle basali degli in- terradii 1 e 5. Regioni ambulacrali poco più larghe della metà di quelle interambulacrali: zone porifere strette, approfondite; ogni placca porta tre paia di pori, di cui il mediano è il più esterno, risultandone così [7] G. CHECCHIA-RISPOLI 91 una disposizione leggerissimamente ad arco: i pori sono piccoli, rotondi, situati in una cavità; ogni paio è separato dall’altro da una costola sporgente. Aree ambulacrali ornate di 2 serie verticali regolari di tubercoli primarii, rotondi, sporgenti, nè cre- nulati, nè perforati, non posti nel centro della placca, ma spostati verso il margine inferiore di essa e a contatto dei solchi poriferi. Ogni tubercolo primario alterna con uno secondario molto più piccolo: su ogni placca si notano altri due tubercoli molto più piccoli, che insieme con quello marginale sembrano costituire un arco di cerchio intorno al tubercolo primario; tutta la superficie della placca è occupata da miliari irregolarmente disposti. Regioni interambulacrali larghe, ornate di due serie di tubercoli primarii presso a poco della stessa grandezza di quelli ambulacrali e come questi spostati verso il margine inferiore delle placche. A con- tatto dei solchi poriferi si notano due serie subregolari, verticali di tubercoli alternanti fra di loro: quelli della zona esterna sono più piccoli. Sul margine superiore delle placche si notano tre tubercoli, di uni- forme grandezza disposti in una linea orizzontale; un altro tubercolo secondario più grande degli altri si nota a lato di ogni tubercolo primario. Nell’ insieme tutti questi tubercoli costituiscono delle serie orizzontali e verticali e nello stesso tempo sono disposti in modo da circondare i tubercoli primarii. In- fine lo spazio mediano delle regioni interambulacrali è occupato da piccoli miliari irregolarmente distri- buiti, in mezzo ai quali si notano dei piccoli tubercoli secondarii. Peristoma grande, rotondo, con piccolissimi intacchi appena visibili ad occhio nudo; esso ha negli esemplari adulti un diametro presso a poco uguale alla metà di quello dell’intero guscio; nei piccoli il peristoma è sempre molto grande. Membrana buccale nuda, delicatissima e sopporta solamente dei piccolissimi pedicellari oficefali; presso l’apertura buccale si osservano le cinque paia dei piedi buccali. La cintura perignatica è alta; le auricole grandi e larghe sono appena congiunte in alto: foro auri- colare semiovale e grande. Spine brevi, lunghe mm. 2 circa, regolarmente assottigliate verso l’estremità con 6 a 7 scannellature longitudinali larghe, le quali alla lor volta portano delle strette e regolari striature trasversali, parallele fra di loro. La testa dell’aculeo è corta, grossa e cilindrica. Il colore del guscio è generalmente verde con macchie di verde più scuro e con macchie bianche sulla faccia superiore. Inferiormente è di un verde più sbiadito tendente al biancastro. Le spine pure sono verdi coll’ estremità bianca. DIMENSIONI Diamisuro Altezza dt o Slo ZA aeneon o Rito Ru 8 5 11 2,50 0,90 4 0,70 2,20 7 4,50 11 2 0,80 3,30 0, 70 2,20 6,80 4 10 2 0,80 3,50 0, 60 2,20 6,20 3,60 10 1,80 0,75 3,20 0,60 2 6 3,90 9 1,70 0, 70 2,70 0,50 2 5 3 9 1,60 0, 60 2,50 0,50 1,70 4,80 2,80 ri io ? 2,80 1,60 4 2,30 6 1,20 0,50 2 ? 1,60 3,20 2 6 1,20 0,45 1,80 ? 1,50 2,,80 1,80 5 1,10 o 1,80 2 1,20 2 1 5 1,20 ? 1,50 ? 1,20 92 G. CHECCHIA-RISPOLI [8] Finora questa piccolissima ed elegante specie era indicata solamente nel golfo di Oran in Algeria e fu descritta dal GAuTHIER col nome di Arbacina Pallaryiî; il suddetto autore però non ci fa conoscere nulla dei caratteri del sistema buccale, nè di quelli del sistema anale: disponendo di un abbondante e ben conservato materiale, ho creduto opportuno perciò di darne maggiori dettagli e di figurare con ac- curatezza il migliore esemplare, tanto più che trattasi di una specie ancora poco nota. I nuovi caratteri da noi aggiunti, come l’ho fatto rilevare in una mia precedente Nota, varranno a tener ben distinto in seguito il gen. Arbacina e ad evitare ogni ulteriore confusione con generi affini, come .è avvenuto per lo innanzi !. i Questa specie vive nel Golfo di Palermo. Il marchese pi MontEROSATO ne possiede anche alcuni esem- plari provenienti dai dintorni dell’isola di Capri presso Napoli. Polipori. Gen. Sphaerechinus Drsor. 8. Sphaerechinus granularis Acassiz. 1872. A. Acassiz. Revision of Echini, pag. 159 e 452, tav. Va, fig. 7; tav. VI, fig. 16-17. Specie comunissima: l’ArApAS nella sua Monografia ha dato un eccellente ragguaglio delle molte va- riazioni di questa specie: infatti da esemplari emisferici-globosi si passa a quelli subconoidi, subdepressi e depressi; così il perimetro dalla forma circolare passa a quella pentagonale e la faccia inferiore da appiattita diventa talora molto scavata. Si osservano variazioni anche nel numero delle serie dei tubercoli, da 10 a 14 e dei pori ambulacrali da 4 a 6 paia per ogni placchetta. Queste variazioni però sono stret- tissimamente legate tra di loro da numerosissimi gradi di passaggio, e noi non possiamo considerare queste forme nemmeno come tipi di varietà. Comune nel mare di Messina, Catania, Palermo. Gen. Strongylocentrotus Branpr. 9. Strongylocentrotus lividus Branpr. — Tav. IV [I], fig. 14, 15. 1872. A. Agassiz. Revision of Echini, pag. 144, e 464, tav. Vb, fig. 3; tav. XXIV, fig. 25. È la specie la più comune e la più abbondante sulle coste della Sicilia e quella più comunemente edule. Variabilissima di forma: crediamo particolarmente interessante di figurare, come variazioni individuali, alcuni individui molto depressi, schiacciati tanto superiormente che inferiormente, dal contorno perfetta- mente circolare e con tubercoli interambulacrali più grandi che non in individui della stessa specie. Gli esemplari in discorso misurano mm.25 di diametro per mm. 10 di altezza, mentre individui dello stesso diametro sono sempre molto più globosi ed hanno una forma più o meno subpentagonale. ‘ x Questa specie è comune su tutte le coste dell’ Isola. i) G. CHeccHIA-RisPoLI. IZ genere Arbacina trovato vivente la prima volta in Italia. Boll. del Naturalista Sici- liano, anno XVII, n.° 11, 1905. [9] G. CHECCHIA-RISPOLI 93 Irregulares DESOR. 1.° Sott.-Ord. Gnathostomata. Fam. Clypeastridae Ac. Sottofam. Euelypeastridae Ar. Ae. Gen. Echinocyamus van PHELSUM. 10. Echinocyamus pusillus Gray. 1872. A. AGassiz. Revision of Echini, pag. 111, 304 e 305, tav. XIc, fig. 3; tav. XIII d, fig. 1-8. Comunissimo sul litorale siculo. 2° Sott.-Ord. Atelostomata Fam. Spatangidae As. emend. Lorrot. Sottofam. Spatanginae Lorio. Gen. Brissus KLEIN. 11. Brissus unicolor Krrin. 1872. A. AGassiz. Revision of Echini, pag. 97, 357, 598, tav. XXII, fig. 1-2. Questa specie vive sul litorale di Messina, Catania, Palermo. Gen. Brissopsis Ac. 12. Brissopsis lyrifera Ac. e Des. Tanto la collezione del Museo di Zoologia dell’ Università di Palermo, che quello dell’ Università di Catania non possiede questa specie. Sotto il nome di Schizaster incertus sp. n., l’ARADAS la cita sul litorale di Aci-Trezza. Secondo il PHILIPPI questa specie vivrebbe anche nel Golfo di Palermo, dove viene egualmente citata dal Lupwie e dal CaARrUSs. Gen. Echinocardium Gray. 13. Echinocardium cordatum Gray. 1872. A. AGassiz. Revision of Echini, pag. 109, 349 e 580, tav. XIX, fig. 10-17; tav. XX, fig. 5-7; tav. XXV, fig. 27-28. Questa specie viene ora citata la prima volta vivente nel mare di Sicilia. Comune nel mare di Palermo. 94 G. CHECCHIA-RISPOLI [10] 14. Echinocardium mediterraneum Gray. — Tav. IV [I], fig. 16-25. 1844. Amphidetus mediterraneus!? Forges. Aegean Sea. Journ. Lin. Soc. London. _ — _ I? —. Ann. Mag. Nat. Hist., tom. XVI, pag. 413. 1847. —_ — 1? Acassiz. C. R. Ann. Sc. Nat. VIII, pag. 12. — — gibbosus — Ann. Soc. Nat., VIII, pag. 12. 1850. _ Sp. 1? Arapas. Monografia. Atti Acc. Gioenia, tom. VI, pag. 80. 1855. Echinocardium mediterraneum Grav. Cat. Rec. Ech., pag. 44. — —_ gibbosum — Cat. Rec. Ech., pag. 44. 1857. Amphidetus mediterraneum Sars. Middlh. Litt. Fauna, pag. 117. 1562. Echinocardium gibbosum Dus. Hurt. Echin., pag. 602. 1872. — mediterraneum Acassiz. Revision of Echini, pag. 110 e 580. Come risulta dalla sinonimia della suddetta specie e per quante ricerche ancora abbiamo fatte, l’Echinccardium mediterraneum finora non è stato giammai figurato: disponendo di un ricco materiale ottimamente conservato crediamo non del tutto inutile di descriverlo dettagliatamente e di figurare pa- recchi esemplari. Specie di medie dimensioni, dal guscio estremamente sottile, più larga che lunga, dal perimetro appena cuoriforme con due gibbosità all’estremità dell’asse trasversale. Guscio molto tumido, gibboso, appianato verso il vertice, dai fianchi ripidi, troncato tanto posteriormente, che anteriormente, ove è leggermente intaccato: piano inferiormente meno verso il mezzo del plastron actinale. Apparecchio apicale subeccentrico anteriormente, poco esteso: esso risulta di quattro placche genitali piccolissime, di cui la madreporica è la più sviluppata, attraversa tutto l’apparecchio apicale e si pro- lunga posteriormente. I pori idrofori non sono limitati alla sola placca madreporica ma invadono anche le vicine genitali; pori rotondi, gli anteriori più vicini dei posteriori: placche ocellari triangolari e fori ocellari piccoli. Solco ambulacrale nullo sulla faccia superiore e comincia ad accennarsi proprio verso l’estremità della faccia anteriore in corrispondenza della fasciola: esso si approfondisce, si allarga sempre più man mano che s’avvicina alla faccia inferiore, che intacca discretamente e scomparisce del tutto prima di giungere al peristoma. Ambulacro impari non petaloideo: esso al suo principio è costituito da semplici pori, i quali, man mano che le placche s’ingrandiscono, vengono ad allontanarsi fra di loro: ogni coppia di pori è posta sul centro della placca in una piccola depressione. Gli ambulacri pari anteriori sono molto divergenti e scendono verticalmente in giù: i posteriori sono più brevi ed avvicinati fra di loro. I pori ambulacrali sono appaiati e coniugati da un leggero solco: ogni paio è separato dall’altro da una costola. Gli ambulacri sono aperti verso l'estremità. Zone porifere larghe: spazio interporifero triangolare. Gli ambulacri pari sono attraversati da una fasciola larga, che circoscrive un ampio spazio di forma subpentagonale: posteriormente la fasciola è appuntita e si prolunga molto al di là dell’apparecchio api- cale: ora al di là della fasciola negli ambulacri anteriori si contano 7 paia di pori nelle zone anteriori e 12 nelle posteriori: negli ambulacri posteriori 11 nelle zone anteriori ed 8 in quelle posteriori. I pori ambulacrali compresi nello spazio interno della fasciola sono invisibili ad occhio nudo. ) Le aree interambulacrali posteriori sono sporgenti: quella pòsteriore impari sorge come una rotonda carena superiormente al livello generale del guscio. La faccia posteriore è tagliata a sghembo. [11] | G. CHECCHIA-RISPOLI 95 Il plastron si estende in un becco appuntito oltre il contorno generale del guscio. Il sistema anale è situato posteriormente in una depressione profonda, esso è verticalmente allun- gato: negli individui adulti le placche anali sono disposte in serie concentriche, che decrescono come S’avvicinano all’apertura anale, che è eccentrica e spostata verso l’alto; il sistema anale è circondato da un’ampia fasciola, la quale inferiormente è congiunta con la fasciola subanale più piccola e più stretta. Peristoma subeccentrico anteriormente e posto nel terzo anteriore 'dell’asse longitudinale, largo, tra- sverso col labbro sporgente: la membrana buccale è ricoperta da numerose placchette poligonali, disposte in serie più o meno parallele fra di loro: Ie placchette diventano più piccole man mano che s’avvicinano all'apertura della bocca, che è larga. I fianchi del guscio sono fittamente ricoperti di miliari, ordinatamente disposti in lunghissime serie parallele che rendono la superficie zigrinata: superiormente lo spazio racchiuso dalla fasciola è invece ri- coperto di piccoli tubercoli disposti in serie quasi parallele tra di loro: verso il margine inferiore e in quasi tutta la faccia inferiore i tubercoli s’ingrandiscono e diventano più distanti fra di loro: sul pla- stron i tubercoli sono seriati e verso la linea mediana di esso diventano più piccoli. I tubercoli non sono nè scrobiculati, nè crenelati, nè perforati. Il guscio è coperto di aculei: fitti, sottili, brevi ed appuntiti sulla faccia superiore, diventano più lunghi, più grossi, più distanti fra di loro man mano che s’avvicinano sui margini inferiori: sulla faccia inferiore sono ancora più lunghi, piegati a falce e terminati a forma di spatola. Essi sono tutti vuoti. Il colore del guscio è bianco: le spine anche sono bianche e le estremità bianco-sporco. DIMENSIONI Lunghezza Larghezza Altezza Lungh. d. spine 50 54 32 15 48 48 Sl 12 32 s1 22 8 23 23 15 4 5 Questa specie è comune sulle coste di Catania e di Palermo. Gen. Schizaster Ac. 15. Schizaster canaliferus Ac. et Des. 1872. A. Acassiz. Revision of -Echini, pag. 157, 609, tav. XXIIIa, fig. 1-3. Comune tanto sulle coste di Catania che su quelle di Palermo, Gen. Spatangus KLEIN. 16. Spatangus purpureus LeskE. 1872. A. Acassiz. Revision of Echini, pag. 158 e 505, tav. XIf, fig. 15-22; tav. XIVa, fig. 1; tav. XIXc, È fig. 5-6. Questa specie è comune sulle coste di Catania, Messina e Palermo. Finito di stampare il 26 novembre 1906 PASTA Mt o) i) 10 97 ALESSANDRO MARTELLI CONTRIBUTO AL MUSCHELKALK SUPERIORE DEL MONTENEGRO (Tav. V-IX [I-V] e Fig. 1-11 intere.) La geologia del Montenegro trattata da prima incidentalmente dal Bové (1840) nel suo Esquisse géologique de la Turquie d’ Europe, fu, com’ è noto, particolare oggetto di studio pel Trerze (1884), BaLpacci (1886) e HasseRT (1895). Dall’ opera dei predetti autori i terreni triasici montenegrini rimasero abbastanza delimitati nella serie mesozoica della regione ma solo nel loro complesso, poichè eccezione fatta pei depositi arenaceo- Scistosi inferiori ai calcari e alle dolomie e sincronizzati con gli scisti di Werfen, nessuna suddivisione, per difetto di dati paleontologici, venne tentata nelle potenti assise ascritte al Trias. È vero che il Trerze per primo e poi HassERT in base ai rinvenimenti di Spiriferina cfr. fragilis nelle arenarie calcarifere di Tugjemile a sud del Sutorman, dove si osservarono pure calcari a crinoidi triasici, arguirono la presenza di formazioni . corrispondenti al MuschelXalk, ma l’esistenza del Muschelkalk nel Montenegro meridionale venne con sicu- rezza affermata soltanto dal Vinassa DE REGNY (1902) che visitando e studiando geologicamente gran parte del principato, scoprì nei calcari rossi e grigi del Sutorman un’ interessante fauna di crinoidi, echinidi, brachiopodi, gasteropodi e lamellibranchi appartenenti al Muschelkalk superiore !. Dopo Vimassa DE ReGNY ebbi io stesso occasione di compiere a più riprese ricerche geologiche in quella regione e, fra i materiali raccolti, ho già citato in una nota preventiva 2) due non molto ricche ma assai im- portanti faune del Muschelkalk superiore provenienti da due distinte località del Montenegro; e cioè, 1’ una da Radec Velje di Kostitza (serbo Xostica) nel territorio sud-orientale del Montenegro, e l’altra da Skala Vucetina presso Sozina nell’alta-valle della Zermnitza (serbo Crmrica) nel Montenegro meridionale com- preso fra il Lago di Scutari e l'Adriatico. Tali faune mi accingo ad illustrare con questo lavoro. Riguardo a parte delle formazioni triasiche della Zermnitza ho già dato alcuni cenni rendendo conto di una ricca fauna di cefalopodi del IMMuschelkalk inferiore da me trovata a Boljevici presso Vir e in una memoria relativa ai terreni del Montenegro meridionale sincronizzabili con quelli di Wengen ?). 1) Vinassa DE REGNY P. E. Osservazioni geologiche sul Montenegro orientale e meridionale. Boll. della Soc. geol. it., vol. XXI, 1902, pag. 517; — Ip. Fossili del Montenegro. I. Fauna dei calcari rossi e grigi del Sutorman. Memorie della R. Acc. delle Scienze di Bologna, ser. V, tom. X, 1903. © MARTELLI A. Nuovi studì sul Mesozoico montenegrino. 1. Il Muschelhalh della Kostitza e dei dintorni setten- trionali di Sozina. Rend. della R. Accad. dei Lincei, Classe sc. fis. e nat., vol. XV, 1° sem., ser. 5°, fasc. 3°, anno 1906. 5) MARTELLI A. IL Muschelhalk di Boljevici nel Montenegro meridionale. Rendiconti della R. Accad. dei Lincei, vol. XII, ser. 5.8, fase. 3.° anno 1903; — Ip. Cefulopodi triasici di Boljevici presso Vir nel Montenegro. Palaeontographia italica, vol. X, 1904; — Ip. IZ Zivello di Wengen nel Montenegro meridionale. Boll. Soc. geol. it., vol. XXIII, 1904, fase. III. Palaeontographia italica, vol. XII, 1908. 12 98 A. MARTELLI [2] Per non incorrere in soverchie ed inutili ripetizioni con quanto ho scritto in un lavoro, già da tempo pronto per la stampa, sulle formazioni geologiche del Montenegro da me visitato, credo bastanti i seguenti brevi cenni geologici sulle località di provenienza del materiale illustrato in questa memoria. La formazione di base alle assise triasiche della Kostitza con fossili della Dolomia principale, consta di calcari rossi e biancastri, messi allo scoperto da una forte erosione lungo la gola che disgiunge la massa triasica del Kugni Kostic da quella che si estende fra il Hum Orahovsky e lo Ziovo. Presso alla sorgente di Radec Velje, il calcare rosso con rare macchie bianco-grigiastre contiene, intimamente compenetrati nella roccia, resti abbastanza numerosi di cefalopodi. Con difficoltà giunsi ad isolare esemplari più o meno ben conservati delle seguenti forme che più avanti descrivo: Dinarites Misanti Moss. Proarcestes Reyeri Moss. Arpadites Arpadis Mois. var. @llyricus nov. Proarcestes Spallanzani Ton. Protrachyceras Richthofeni Moss. Proarcestes Sp. Protrachyceras sp. Piychites reductus Moss. Acrochordiceras enode Hau. Piychites cfr. princeps MART. Acrochordiceras sp. ind. Ptychites sp. Procladiscites sp. Orthoceras politum Kuresr. Monophyllites wengensis Kupst. sp. Orthoceras campanile Moss. Monophyllites sp. (del gruppo del M. Suessî) Orthocerds sp. Proarcestes subtridentinus Mo3s. Insisteremo più avanti sull’età di questo calcare, alla cui base l’unica sorgente della regione accusa la presenza di scisti associati a quei diaspri dei quali vedonsi traccie anche presso la fontana. Lo strato fossilifero è poco potente e la sua soprapposizione agli scisti viene pure confermata dal ripetersi di condizioni analoghe nei depositi triasici di Skala Vucetina. Subito sopra ai calcari rossi si hanno a Radec Velje calcari grigi e bianchi e dolomie con fossili del Trias superiore. Già scrissi altrove che le formazioni triasiche medie della Valle della Zermnitza soprapposte agli scisti di Werfen, risultano costituite da calcari rossi con cefalopodi propri del Muschelkalk inferiore o alpino, e quindi da una successione di strati equivalenti geologicamente a quelli di Wengen e delimitati in alto da calcari rossi, grigi e bianchi, fossiliferi al Sutorman e a Skala Vucetina. L’età dei calcari del Sutorman fu esattamente riferita dal Vinassa DE ReenY al Muschelkalk superiore; e date le strette cor- rispondenze stratigrafiche fra i calcari del Sutorman e gli analoghi di Skala Vucetina, parimenti soprap- posti con perfetta concordanza agli strati di Wengen, è facile indurne quel sincronismo che l’esame dei fossili pienamente conferma. La località di Skala Vucetina trovasi ad un livello di 800 m. circa nell’alta valle della Zermnitza presso il confine dalmata-montenegrino, lungo l’erta mulattiera che conduce a Sozina, e ad una distanza in direzione NW di quasi 9 km. in linea retta dal passo del Sutorman. Ai calcari di detta località sottostanno immediatamente marne variegate e strati argillosi con Spiriferina (Mentzelia) Mentzelii Dunk. sp. e con Balatonites prezzanus Moss., il quale ultimo fossile è proprio del calcare di Prezzo che, com°è noto, nelle Alpi lombarde corrisponde al livello di Wengen della Carinzia e del Tirolo meridionale. Il calcare fossilifero è di tinta prevalentemente rossa in chiazze irregolari e con sfumature più chiare su fondo bianco; è molto compatto e ricco di numerosi individui delle seguenti forme: [3] A. MARTELLI 99 Brachiopodi. Spiriferina (Mentxelia) Mentxelii Dux. sp. var. di- Ehynchonella dinarica Brera. narica Bian. Rhynchonella bogumilorum Birrx. Sp. (Mentxelia) koveskalliensis Surss IN BorcK. IRhynchonella decurtata Gir. Sp. Sp. (Mentzelia) microglossa Brrrn. Ehynchonella plurigibba sp. nov. Sp. sp. aff. pia BrrtN. Rhynchonella (Norella) refractifrons Born. Sp. pia Birtn. var. dinarica Birra. Eh. (Norella) refractifrons Brrrn. var. intu- Sptrigera (Tetractinella) trigonella ScHLOTE. mescens Birtn. Spirigera marmorea Birrn. Rh. (Norella) refractifrons Brrrx. var. bosnia- Spirigera hexagonalis BirtN. ca Birrn. Rhynchonella illyrica Brrmn. Eh. (Norella) manganophylla Birra. Cefalopodi. Ceratites Riccardi Moys. Proarcestes ventricosus Hau. Ceratites Bassanii sp. nov. Proarcestes Sp. Pinacoceras De Lorenzoi sp. nov. Ptychites patens Hau. Pinacoceras simplex sp. nov. Ptychites subdiscoidalis sp. nov. Protrachyceras Richthofeni Moss. Ptychites Canavarii sp. nov. Protrachyceras sp. ind. Ptychites reductus Moys. Acrochovdiceras Portisi sp. nov. Piychites princeps sp. nov. Acrochordiceras enode Hau. Ptychites Di Stefanoi sp. nov. Procladiscites sp. Piychites sp. ind. Monophyllites wengensis Kuesr. sp. Orthoceras politum K1rrsr. Monophyllites Taramellii sp. nov. Orthoceras Mojsisoviesi SaLom. Monophyllites sp. (del gruppo del M. Suessi). Orthoceras campanile Moss. Proarcestes subtridentinus Moss. Orthoceras sp. Proarcestes Reyeri Moss. Rari e di piccole dimensioni sono i gasteropodi e i lamellibranchi che mal conservati e indetermi- nabili prendono una parte insignificante nella predetta fauna, poco ricca di specie ma molto d’individui particolarmente brachiopodi. Conviene frattanto di notare che 15 forme di cefalopodi sulle 19 citate per Radec Velje sono a co- mune con quelle di Skala Vucetina e che le altre, meno un Acrochordiceras sp. ind. sono specie anche esse proprie del IMuschelkalk superiore: E così rimane pure giustificata per parte mia la descrizione riunita di queste due faune in un solo lavoro. i Non sono molte le comunanze fra i brachiopodi di Skala Vucetina e quelli del Sutorman, come può osservarsi nelle annesse tabelle dove sono poste in evidenza le specie montenegrine a comune con quelle di altre località triasiche ben conosciute; ma ciò non può sorprendere se si pensa alla differente asso- ciazione faunistica per la quale i calcari a brachiopodi e cefalopodi di Skala Vucetina, si distinguono dai calcari a brachiopodi, lamellibranchi e gasteropodi del Sutorman. Per addivenire al riconoscimento dell’orizzonte rappresentato dalle succitate faune triasiche, riporto qui il quadro delle specie includendovi anche le forme già note nella parte superiore del MMuschelkalX del Montenegro meridionale e citate da Vinassa pe ReGnY nei calcari del Sutorman, e da me negli strati equivalenti a quelli di Wengen. 100 A. MARTELLI [4] era i Specie già note nel Muschelkalk superiore | Specie descritte del Montenegro merid. I 5) d ce| a o E ELENCO DELLE SPECIE sel&f|Soì &55 | asa, S| |F#8g2(25g Ò pistillo Se Il Encrinus granulosus MUNST. _ + 1 = = 2 Encrinus cassianus LAUBE = + 2IÈ Sa ne 3 Encrinus cfr. lilliformis SCHLOTH. — + —_ _ = 4 Encrinus sp. ind. Sa 5 Pentacrinus sp. se se pei, e 2A 6 Cidaris Helenae Vix. Ll SL 2 = 25 Ti Cidaris sp. . = Je JU fe: A 8 Spiriferina (Mentzelia) Mentzelii DunK. sp. — a ES _ -_ 9 Spiriferina (Mentzelia) Mentzelii DUNE. sp. var. Dia BITTN. —_ — = + — 10 Spiriferina (Mentzelia) koveskalliensis Suess in BoECK - — db LL + = 11 Spiriferina (Mentzelia) microglossa BITTN. => = CA no per 12 | Spiriferina (Mentzelia) pannonica BITTN. a 32S + = La 13 Spiriferina (Mentzelia) cfr. spitiensis STOL. . Le si ps per | I 14 Spiriferina fragilis ScHLOTA. SE nes He SaR e 15 | Spiriferina solitaria Brerx. var. paucirostrata MART. - Sst IL SI = 16 Spiriferina sp. aff. pia BrrTN. = (2a Ro ri) RE 17 Spiriferina pia BrrTN. var. dinarica BITTN. pa + pos DS - 18 Spiriferina sp. ind. . "ito = 19 Retzia Mojsisovicsi BOECK ca Al L CL — 20 Retzia cfr. ladina BIrTN. — | + = ca — 21 Retzia Schwageri Brrx. var. acuticosta VIN. i + edi pa E 22 Spirigera (Tetractinella) trigonella SCHLOTAH. cs + = + — 23 Spirigera (Pexidella) Miinsteri BrrTN. pete + Pea SI 3 24 Spirigera (Buractinella) contraplecta MUNST. = + Da = — 25 Spirigera cfr. multicostata KLIPST. Si IL = = = 26 Spirigera Gospodari VIx. + + S = sS 27 Spirigera montenegrina MART.. + — + — = 101 MARTELLI A. [5] Trias \ superiore QQUISTIVII IP (SA 4t0) Lt9) Zona a Trach. Aon Trias medio parte superiore (Norico Moys. — Ladinico BITTN.) Zona a Protrachyceras Archelaus Trias medio parte inferiore Recoariano BITTN.) Zone a Ceratites binodosus et trinodosus (Muschelkalk alpino Moys. OURISSUA) UBg OI9OUOSUT] Ip VIOI]I0OS V 9189 OUISH Ip cIBoea VIR]OTIIVH (toARsdRIO QUO ) *prooo ee) nos MM (o00nA) oquogg ) 0JOUOA (uruyg ossord OpIig 019q0q) ‘1999908 VIZRUI]e A (OPP IA 0IISV] © eupug 1 TUTO Ip *puowr Izeu]eq cHOTSTA TOP 009% "ld 8 BUO7 (oraoueffAog © DIAQGOIT, IP TILTOZUIP) VIUSOH (PNTMeH © Jdomg Ue) BIUSOT (ItA ossord ToIAO{TOT ) 0150TOZUON odpy 10£401q9g 030u9A Tp 9 BIPIVQUIONT Ip omtd]a AICATOUOSTHI 102 A. MARTELLI Specie già note nel Muschelkalk superiore | Specie descritte | del Montenegro merid. | &_.|8 e ®&.|_o ELENCO DELLE SPECIE se|#sS|®o5|g55| ass So a DE © 2 N ob a SSIS È A g sl © A A 2 a 2 2 è g|adp2|/298| E g|f& Ss8|e5s EG E S|sa|GR45lsh? sessi Sci lie a 28 Spirigera montenegrina var. microglossa MART. + = + = = 29 Spirigera marmorea BirTN. = — _ + ol 30 Spirigera hexagonalis BrrTN. _ _ 2 SL, Lia È 931 Spirigera sp. ind. — + ia cha 2A 32 Rhynchonella Mentzelii Bucn sp. = dp neo _ — 33 Ehynchonella decurtata Gir. sp. _ + 2a Su PA 34 Rhynchonella sp. aff. Cornalianae Brvrx. = $ — = = 35 Rhynchonella delicatula BiTTN. — DE SS = = 36 Rhynchonella trinodosi BrrtN. var. adriatica VIx. DÈ sin PA > = 37 Rhynchonella crnogorska Vix. "in + _ — —_ 38 Rhynchonella illyrica BrrTN. —_ _ AL - pe. 39 Rhynchonella zermnitiensis MART. + - IL = _ 40 Rhynchonella dinarica BITTN. - = = + — 41 REhynchonella bogumilorum BirtN. aa = — 5 i 42 Rhynchonella plurigibba MART. na = — + = 43 Ehynchonella (Norella) refractifrons BirrN. _ — Da IL = 4d Rhynchonella (Norella) refractifrons BrrtN. var. intumescens BITTN. . = = — in = 45 Rhynchonella (Norella) refractifrons Biryn. var. bosniaca Brrox. — —_ = DS _ 46 Ehynchonella (Norella) manganophylla BITTN. = = = sl 7” 47 (2) Zerebratula sulcifera ScCHAUR. = 3P = = =i 48 Waldheimia angusta ScCHLOTH. sp. = "ln + = = 49 Waldheimia angustaeformis BoEcK —_ + — — _ 90 Hornesia Joannis-Austriae KuIpsT. _ SF + _ —_ ol Hornesia sp. ind. —_ + — — —_ 52 Macrodon esinensis STOPP. . - ala = 3 = 93 Pecten stenodictyus SAL. = 36 _ — = D4 Pecten Bercigliù MART. RE = =L DSS VO 103 MARTELLI A. [7] Trias QQUISTIUII tp (CAUEN) LUO) Tor. | Zona a Trach. Aon SUDETIOne Trias medio parte superiore (Norico Moss. — Ladinico BITTN.) Zona a Protrachyceras Archelaus Recoariano BITTN.) Zone a Ceratites binodosus et trinodosus Trias medio parte inferiore (Muschelkalk alpino Mo3s. OURBISSE() US OT950TOSU] Ip VIVUTIOOS ® ‘Oto OUISH IP oIBI]eA VYE]OTIV]H (uoARsdveTo QZUO] ) *p1o90 eIIRA Tosuo MM (00009 24uoN ) 0J9U9A (ug osso1d Opig 019q0() ‘1709398 CIZeTI]e (q (OmporAoTgseg © enpug 1u1OYUIp *puow VIZBUITe VUOTI TIP 12009 “lg è UO . 72 Al (oraome (Ao) ® OIAQGOI], ID IUITOZUIP) BIUSOT (tOnTueH © Somg ue) CIUSOT (1rA ossord Toraolrog) 01590 ZUOH odjy 104010 030u0A TOP 9 BIPIVQUOrT Tp omd]a SION IOUOSIUNI 104 A. MARTELLI [8] Specie già note 0 nel Muschelkalk superiore | Specie descritte È, del Montenegro merid. bi & 8 8 | E | ELENCO DELLE SPECIE 20 | Es | ne Se 27 | 3 | 0 E || 035/85 SA iz 9 ses la È A | Lo do ss|is|ass|f33|559 &_ A "a so Aaa|S EI 3 [ss |s#5|04 cha s° |5 3 |858|°=d 55 Pecten sp. pl. — + J = = 56 Aviculopecten Milenae Vin. + IL aL O de. 51 Plicatula Xeniae Vin. + HE E sr 25 98 Nucula Ristoriù MART. l = Ji DE sa 59 Pachycardia cfr. Zitteliù KuIipst. _ — + — — 60 | onotis cfr. Alberti GoLDr. - sE 20 sa Da 61 Mysiodeptera cfr. Wohrmanni SAL. —_ + — — — 62 Myophoria harpa MunsT. sp. ae e (DL Pa ni 63 Myophoriopis cfr. carinata BIrTN. = = RE pe ae 64 Dentalium multiclathratum MART. + = Ju pe. DE 60 Microschiza littoranea MART. Sb = I Ls ne, 66 Turbo Eurymedon LAUBE - = gl as DI 67 Loxonema triadica MART. db — + CA zi 68 Toxonema cfr. scalatum SCHLOTH. = sa He i 2a 69 Loxotomella Pollux Béam = = IL = E 10 Coelocentrus infracarinatus KiTTL - LIS Pe Sa 71 Ciclonema Danili Vin. sE sE pai sd pro. 72 Marmolatella Mirkoî Vin. de de ES LE ero 13 Marmolatella pianoconvera K1iTTL — _ + = Be. 14 (2) Pachyomphalus sp. ind. —_ + = = e (0) Ceratites Riccardi M0Js. - — = SL por 16 Ceratites Bassanii sp. nov. + —_ = = I q Dinarites Misanii M0ys. pe — = = + 18 Arpadites Arpadis Moys var. illyricus nov. + —_ = sa IL TE) Pinacoceras De Lorenzoi sp. nov. + _ 2a + = tex0) Pinacoceras simplex sp. nov. + = eu Sb Pe {op Balatonites prezzanus M03s. i = = 105 MARTELLI A. [9] Trias superiore WUISTTUH IP | CRU) LUO) | Zona a Trach. Aon Trias medio parte superiore (Norico Moys.— Ladinico BITTN.) Zona a Protrachyceras Archelaus Trias medio parte inferiore Recoariano BITTN.) Zone a Ceratites binodosus et trinodosus (Muschelkalk alpino Mogs. OUBISSUA) US OI9QUOSUT] IP VII[HOOS BOO OUIST] IP dIBO[eO VIU[O ULIVI (uoARsdRTI QQUON) *prooo eIuIe) uosuo MM (000nA) OQUOTI ) 09QUA (us ossotd Opig 07940) *‘IQu0gos BIZeA]e (] (OIfoo IA 0I9SVA © (cnpagi 1p TITOgUTP) *pruour BIZBUI]e(] LOYSUN TOP IENA "UT 8 VUO7 (prAoue(TA9) ® OTAOGOT], IP TUTOJUIP) RIUSOH (PameH © Zomg ueH) RIUSOT (ITA ossoId TraolTog ) OI59UOZUON odjy 10£o1qog 0J9UOA [po GIPIGQUIOTT IP ourdqe 3[Ex]OUOSNH 13 Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 106 A. MARTELLI [10] Specie già note | nel Muschelkalk superiore | Specie descritte del Montenegro merid. | =; = mu ELENCO DELLE SPECIE sE è - 3ai Gil 1551 sE|s8 | s85|s8i 35/8 Se Fiesse 82 Protrachyceras orientale MART. 0 5 . Ò o 0 0 o a BE — + = =/M 83 Protrachyceras Richthofeni Moys. ; 3 5 5 ; A ò _ = = SL SL ì 84 Protrachyceras sp. . o . o 0 o : o 0 o oli _ — + + ! 85 Acrochordiceras Portisi sp. nov. . . o ò 0 DIR Toge. o ò + — - + _ 86 Acrochordiceras enode HAU. o o . G E - # 6 o == — - + + 87 Acrochordiceras sp. ind. , 5 i; 5 È c c : o ò = — = - + 88 Procladiscites sp. È 5 . 0 o o 0 0 o o 0 — a = L + 89 Monophyllites wengensis KLIPST. Sp. . ù Ò Ò o 6 7 È —_ = == AL + 90 Monophyllites Taramellii sp. nov. ò 6 c 0 o ò 0 . —- - - + = 91 Monophyltites sp. o c : : c c o o . : c — = = + + 92 Proarcestes subtridentinus Moys. . , a Ò o b 6 " — = — DE + 93 Proarcestes Reyeri Moss. . e . o 0 . 0 . ò 0 _ — = + + 94 Proarcestes ventricosus HAU. 0 È o : . ò 5 o o — = = + — 95 Proarcestes Spallanzanii ToMM. . o 5 x 0 0 a o 0 _ = go = + 96 Proarcestes sp. . c o o : o o . o o 0 0 — — = + + 97 Ptychites patens HAuU. o . È o È : . 0 0 0 —_ = = SL 98 Ptychites subdiscoidalis sp. nov. . . 0 c . . . c . 3P —_ — + = 99 Ptychites Canavarii sp. nov. sli sr S+ 3L aa 100 Ptychites reductus M0Js. E: = Sai sla ala 101 Ptychites princeps sp. nov. + - = + SL 102 Ptychites Di Stefanoiî sp. nov. Ar = _ Gia = 103 Ptychites sp. ind. 5 ; , o 3 ò 6 . à 0 È — —_ —_ + Sh 104 Orthoceras politum KrpsT. È ò y : 6 ò ; 6 ò — —_ —_ + + 105 Orthoceras Mojsisoviesi SALOM. . o ò È . o o 0 ò a - = 3 Gi 106 Orthoceras campanile Moss. , o c ; 0 7 : o c _ —_ =" + 107 Orthoceras sp. . 5 È : o ” 0 c c . 0 c —_ = = 9 3F 107 MARTELLI A. [11] Trias superiore: W°SIH IP AUt19) Luo) Zona a Trach. Aon Trias medio parte superiore (Norico Moss. — Ladinico BITTN.) Zona a Protrachyceras Archelaus Trias medio parte inferiore Recoariano BITTN.) Zone a Ceratites binodosus et trinodosus (Muschelkalk alpino Mo3s. OUBISSUA) UUS 0150u0SgT] Ip VI]I0O0S 8 ‘0189 OUISTH Ip oIgO[eO UqeOwITBH (toARsdeT) QFUON ) *piooo emuieg uosuoM (coon) equo) 030U9A (umuyg ossord opig 019d9q) ‘1709909 BIZ TI] (| (OIootA013Seq O enpug 1 TUIOZUIP *puow eIzeue (I CHOTTUN IP NY “IT 8 UO7 (otrAoueffAog, © OTAOQOIT, Ip TUIOZUIP) BIUSOT (PaTmeH © Somg Ugg) BIUSOg (ITA ossord toraof1og ) 0150U0ZUON od1y 10£01g9g 030u9A [Op o BIPIUqUIOT Ip ourde 3TEN IO TOSTI 108 A. MARTELLI 3 [12] Dall’elenco completo risultano chiare le strette analogie che le forme del Sutorman, del livello di Wengen nella valle della Zermnitza, di Skala Vucetina e di Radec Velje mostrano colle faune ladiniche o del Muschelkalk superiore che dir si voglia, di altre località sia alpine che meridionali. Sarebbe del resto fuori di luogo insistere qui sull’età dei calcari del Sutorman e degli strati di Wengen della Zerm- nitza, perchè dai lavori di Vinassa e miei fu già dimostrata l'appartenenza di questi al Ladinico inferiore e di quelli al Ladinico superiore, intendendo per piano ladinico di BrrrnER l’equivalente del piano norico del Mosysisovics, che val quanto dire la parte superiore del Trias medio. Devesi per altro tener presente in questa classificazione che fu origine di tante controversie fra gli Autori, che il piano ladinico del BrtTtNER comprende le zone cefalopodiche a Protrachyceras Reitzi, Protrachyceras Archelaus e Trachyceras Aon, delle quali le due prime rappresentano il piano norico e l’altra la base del piano: carnico del Mogsisovios, poichè è noto che il BrrTNER, nel dividere il Trias medio in Recoariano (Dinariano) inferiormente e La- dinico superiormente, comprese in detto Trias medio (Muschelkalk dei Tedeschi o Franconiano) tutta la serie delle formazioni fra gli scisti di Werfen e il Raibl. Se dalle 48 forme di fossili citate complessivamente per i calcari di Skala Vucetina e di Radec Velje togliamo le 11 nuove e le 7 specificamente indeterminate, ne rimangono 30 sulle quali potremo in modo sicuro basare le nostre conclusioni cronologiche. Sono soltanto 5-6 le specie a comune col Muschel- kalk inferiore della Schreyer Alpe, della Lombardia, del Veneto (Recoaro) e del Montenegro (Boljevici) mentre una maggiore comunanza si riscontra con le forme di Han Bulog e Haliluci — 4 brachiopodi e 5 cefalopodi —. Più costanti numericamente e più evidenti sono le corrispondenze con le faune del Ladinico e più particolarmente ancora con quelle della zona a Protrachyceras Archelaus del Monte Clapsavon — 1 bra- chiopodo e 10 cefalopodi — e della Marmolata — 2 brachiopodi e 4 cefalopodi. Anche le analogie col Muschelkalk dell’ Ungheria non sono trascurabili ma se valgono a rafforzare il riferimento delle faune summenzionate al Muschelkalk superiore, non sono sufficenti a designarci con maggior precisione il livello di esse, poichè nel Trias medio dell’ Ungheria si comprendono formazioni della zona a Protr. Reitzì (Koveskalla e Bakony pars), a Protr. Archelaus (Bakony pars) e perfino a Track. Aon (Pozoritta in Bukovina), senza che rimanga però esclusa per i calcari più profondi della Selva Ba- kony anche la zona a Cer. trinodosus. In un ottimo lavoro del BrrtNER sui Brachiopodi e Lamellibranchiati del Trias della Bosnia, Dalmazia e Veneto ! ho trovato moltissimo aiuto per la determinazione dei brachiopodi di Skala Vucetina, giacchè la maggior parte di essi sono a comune con quelli di varie località triasiche medie di dette regioni. Ed anzi le analogie con la fauna brachiopodica della Dalmazia meridionale e dei dintorni di Sarajevo in Bosnia sono così strette che varrebbero da sole a condurci al riconoscimento dell’orizzonte geologico, se questo fosse stato dal BrrrnER maggiormente preso di mira in modo particolare pei calcari bosnesi di Trebevié e Cevljanovi(, riguardo ai quali l’egregio autore si è rimesso, circa l’età, al parere dei geologi rilevatori. i I calcari a crinoidi e brachiopodi dei dintorni di Pastrovicchio nella Dalmazia meridionale sono eviden- temente ladinici, poichè, a parte le numerose specie note in essi contenute e proprie di questo piano, il Bu- KowsKy 2) li ha ritenuti corrispondenti al più alto livello del calcare a diplopore, tanto che il BITTNER scrive giustamente “ Herr G. v. Bukowsxy fiihrt an, das dasselbe (Brachiopodengesteine) aus dem obersten Niveau i) BrrTtNER A. Brachiopoden und Lamellibranchiaten aus der Trias von Bosnien, Dalmatien und Venetien. Jahrbuch der k.k.geologischen Reichsanstalt, Bd. LII, 1902. 2 BurowsKy v. G. Cfr. Verhandl. der k.k. geol. Reichsanst., 1899, pag. 74, 75. ]13] A. MARTELLI 109 des Diploporenkalkes und Dolomites stamme, der die unmittelbare normale Basis der Tuffe seiner Dzur- manischichten bildet. Da diese Dzurmanischichten vollkommen den nordalpinen Partnachschichten zu entsprechen scheinen, wiirden wir hier ein verhaltnismassig junges, vielleicht schon ladinisches Niveau des Muschelkalkcomplexes vor uns haben ,. ; Ai calcari dei dintorni di Pastrovicchio corrispondono pure quelli grigi marnosi di Becié presso Budua. Ho confrontato la fauna di Skala Vucentina con quelle di talune località di Bosnia (Trebevié e Cevljanovié) riferite dal Karzer ® al Muschelkalk inferiore, e comprendenti pure qualche specie a comune con quelle degli strati di Wengen e dei calcari a brachiopodi della Dalmazia meridionale. Le potenti ed estese masse calcaree che nei dintorni più o meno immediati di Sarajevo poggiano sopra agli strati scistosi del Trias inferiore, hanno, com’ è noto, presentato ricche faune di cefalopodi e di brachiopodi del MuschelkalX alpino, ma anche fra i brachiopodi di Han Bulog si sono trovate, come nota il BirtNER (L. cif., pag. 535), forme a co- mune con quelle dei marmi rossi della Schreyeralm e di Hallstatt, ciò che paleontologicamente almeno starebbe a comprovare i limiti estremi entro cui si dovrebbe verosimilmente comprendere l’ habitat dei brachiopodi del Muschellall: bosniaco. Finalmente conviene pure osservare che BirtNER descrive come provenienti da Han Bulog, specie di brachiopodi isolati da un calcare rosso e bianco con crinoidi ed echinidi simili in tutto a quelli, riconosciuti ladinici, della Dalmazia e del Montenegro. Il calcare a brachiopogi dei pressi di Cevljanovié — Grk, Clade, Sabanke — venne dal KaTzER e dal BiTTNER riferito al piano di Recoaro, e come immediatamente superiore viene per gli stessi dintorni di Cevljanovié — Gajine — citato un calcare a lamellibranchiati e a brachiopodi del Trias superiore; quindi non mi sembrerebbe contrastabile che i calcari di Grk, Clade e Sabanke rappresentino pure la continuazione in alto dei calcari del Muschelkalk inferiore senza però integralmente appartenervi, poichè prevalenti sono le specie a comune con quelle dei dintorni di Pastrovicchio e Budua e caratteristiche soprattutto la Sp. fragilis e la Sp. pia, proprie del Muschelkalk superiore. Concludendo, ritengo che le specie di brachiopodi a comune con quelle dei calcari pure a brachiopodi dei dintorni di Sarajevo non possano contrastare l'appartenenza al piano ladinico della fauna di Skala Vucetina. Fra tutti i cefalopodi di Skala Vucetina e di Radec Velje, quattro specie soltanto erano esclusivamente conosciute nelle zone alpine e meridionali a Ceratites binodosus et trinodosus e cioè: Acrochordiceras enode, Proarcestes ventricosus, Ptychites patens, Ptychites reductus, ma se la presenza di queste non viene a sufficenza compensata dalle poche forme a comune con la zona a Zrachyceras Aon, non può modificare ie conclusioni alle quali ci hanno condotto i brachiopodi di Skala Vucetina e nemmeno rendere meno evidenti le spiccate analogie specifiche con la zona a Protrachyceras Archelaus del Monte Clapsavon e della Marmolata. Le sette specie indeterminate appartengono tutte a generi assai diffusi nelle predette zone, e quindi se basterebbero a farci riconoscere con sufficente sicurezza l'età triasica media della formazione di cui fanno parte, non potrebbero guidarci di certo ad un riferimento ladinico piuttosto che dinariano. Particolare è per questa fauna a cefalopodi il carattere dipendente da una notevole abbondanza di Ptychites, ma questo genere oltre che nel Muschelkalk alpino e in tutto il Muschelkalk della Himalaya, è rappresentato anche nel calcare di Esino. Potrà forse dare nell’occhio il fatto che su 48 forme citate complessivamente per queste due, da prima sconosciute, località fossilifere montenegrine, ben 11 sono nuove; ma non bisogna dimenticare che particolarmente per Skala Vucetina si tratta di una fauna ladinica che presenta nello stesso calcare un’associazione di forme tutt’altro che frequente nel Muschellall superiore delle regioni dinariche, tanto che anche i cefalopodi già noti che vi prendono parte, invece di trovare riscontro in faune locali, come 1) RaTzER F. Geologischer Fiihrer durch Bosnien und die Hercegovina. Sarajevo, 1903. 110 A. MARTELLI [14] si è potuto agevolmente verificare per i brachiopodi, corrispondono a forme di provenienze così disparate che in unione con le specie nuove, imprimono allo stesso calcare di Skala Vucetina, quasi giungerei a dire, una particolare facîes di Muschelkalk superiore fino ad oggi ben poco nota nel Trias meridionale. EBrachiopoda. Gen. Spiriferina D’ORB. Spiriferina (Mentzelia) microglossa Birrn. 1902. — Tav. V [I], fig. 1-3. 1902. Spiriferina (Mentzelia) microglossa Birrner. Brachiopoden und Lamellibranchiaten aus der Trias von Bosnien, Dalmatienund Venetien. Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt, Bd. LII, pag. 579, tav. XXV [VIII], fig. 11-21. Il calcare rosso e roseo a brachiopodi di Skala Vucetina presso Sozina è ricco di esemplari riferibili a questa forma che BrrtNER constatò abbondantissima nei calcari ladinici dei dintorni di Sarajevo e che ritenne di dover descrivere come nuova per la costanza dei suoi caratteri. In vero, la corrispondenza mor- fologica perfetta degli esemplari così determinati e da me raccolti nei calcari montenegrini omologhi a quelli bosniesi di Blizanac e Studenkovié, coni campioni tipici di Sp. microglossa descritti e figurati dal BiTtNER, conferma efficacemente la bontà di questa specie, della quale detto autore espose pure le dif- ferenze specifiche che la distinguono dall’affine Sp. (Mentzelia) Menteelài. La conchiglia è poca rigonfia, arrotondata ai margini laterali e frontali con tendenza ad accrescere di spessore nella parte posteriore dove s’inizia lo sviluppo degli umboni. Poca o punta è la differenza fra il diametro marginale e quello antero posteriore che prende solo un leggero predominio nelle forme a umbone molto sviluppato, giacchè, com’ è noto, questa specie varia molto rispetto ai caratteri dell’um- bone e conseguentemente dell’area cardinale. La valva ventrale si affusola acutamente nella parte posteriore e termina con un prominente e ri- curvo umbone lievemente uncinato; presenta una breve lingua al margine frontale in corrispondenza del debole seno mediano anteriore, al quale fa riscontro nella valva opposta un piccolo lobo, che interrompe con una stretta ondulazione la regolarità della commessura anteriore. Essa mostra inoltre molto evidente il setto mediano che dalla sommità dell’umbone si prolunga fino a metà della valva. La valva minore o dorsale è molto meno gibbosa dell’opposta e più regolare, e, in conseguenza del- l'estrema riduzione del suo umbone debordante appena la linea cardinale, assume un contorno piuttosto ellittico per quanto irregolare, pel fatto che il diametro trasversale supera in essa di un sesto il valore di quello longitudinale. Anche questa valva possiede un abbastanza lungo e marcato setto mediano. L°area è alta ma stretta, misurando la linea cardinale la metà circa del diametro laterale. Questa breve descrizione vale per gli esemplari più regolari; ma sono comunissime, anche nei predetti calcari rossi come in quelli faunisticamente corrispondenti della Bosnia, le forme asimmetriche con la solcatura del seno alquanto spostata dalla linea mediana e curvata verso la stessa parte a cui volge per solito con leggera torsione anche l’umbone. Nella parte apicale dell’umbone di qualche esemplare meglio conservato si possono osservare, con una conveniente levigatura, le due lamelle dentali ripiegate ad angolo nel punto in cui, a contatto del setto mediano, di nuovo divergono da tale setto con quell’andamento già notato dal BirtNnER come caratteri- stico per questa specie, e le rade e sottilissime striature radiali della conchiglia, per la quale rimane tutt'ora dimostrabile una scultura minutamente punteggiata o papillare quale l’autore della specie non ha creduto di escludere decisamente. [15] A. MARTELLI olot: Le principali dimensioni relative a più esemplari, mentre mostrano entro quali limiti si verificano le variazioni individuali a seconda del maggiore o minore sviluppo dell’umbone, comprovano sempre più le strettissime relazioni morfologiche esistenti fra questi esemplari montenegrini e quelli bosriesi descritti e misurati dal BITTNER. I II III IV Vi Ve Diametro longitudinale della valva ventrale. mm. 10 mm. 13,59 mm. 14,5 mm. 16 mm. 18 mm. 18,5 » »\ » » dorsale . » 8 DEC » 12,5 » 13 » 15 >» 15 » laterale delle valve. . ._. . VEMIO NO » 14 » 14,5 » 16 » 18 » 18 Lunghezza della linea cardinale . . . . DINO » 6,5 data » 8 37 Kh9 » 10,5 FATTezza N aelLare a oe eo en. D 18) DO » 4 DL » 4 Deo Diametro dorso-ventrale (spessore totale) . . DES I 5.10 » li 5 19 >, dil3 » 14 Queste misure si riferiscono principalmente a quegli esemplari che più degli altri mi hanno presen- tato un notevole valore numerico pel diametro margino-laterale, appunto per porre in evidenza il fatto che anche negli individui nei quali è molto palese la differenza fra la larghezza e la lunghezza della pic- cola valva si ha per tali misure un rapporto 1,15-1,20, equiparabile a quello delle forme tipiche della Bosnia che da un minimo di 0,95 arriva nei più grandi individui fino a 1,56. Nel rapporto fra i diametri longitudinale e laterale della grande valva (ventrale) si trova pure un buon carattere differenziale esteriore con la Sp. Mentzeltù che, a malgrado dei suoi ampi limiti di variabi- lità, non si presenta mai con forme così strette come quelle proprie della presente specie, nemmeno nella var. brevirostris, tozzamente umbonata, delle Giudicarie, o nella var. angusta di Kiihwieskopf presso Praga, i cui individui più di ogni altro sembrano avvicinarsi alla Sp. microglossa. D'altra parte non si conosce alcuna Mentzelia con un pari estremo sviluppo dell’umbone e neppure nei ricchi depositi del Trias medio delle Alpi e della regione balcanica si sono trovate vere e proprie forme di passaggio fra la Sp. Menteelii e la Sp. microglossa a stretto seno, della quale certi esemplari, col piano areale inclinato di circa 45° sul piano della commessura, ricordano un poco perfino la conchiglia degli Stringocephali. Pel carattere del seno poco ampio e dell’umbone molto sviluppato, questa specie si differenzia bene anche dalla Sp. ptychitiphila al cui gruppo non credo nemmeno che la Sp. microglossa si debba ascrivere, perchè, come ha dimostrato lo stesso BItTNER, alquanto diversi sono i caratteri relativi ai setti mediani delle valve e ai rapporti del setto ventrale con le lamelle dentali. Due esemplari di questa specie io rinvenni pure nel calcare rosso e grigio dei pressi del Sutorman (Montenegro meridionale) dove Vinassa cita (confr. Osservazioni geologiche sul Montenegro orientale e me- ridionale, Boll. Soc. geol. ital., vol. XXI, pag. 517) numerose altre specie del Muschelkalk superiore. Spiriferina (Mentzelia) koveskalliensis Surss in Borcka 1873. 1873. Spiriferina —dbveskalliensis Surss. Borckn. Die geologischen Verhandlungen des sidliches Theiles des Bakony. Th. II, pag. 175, tav. XI, fig. 22, 23. 1890. — (Mentzelia) — — Birrwner. Brachiopoden der alpinen Trias. Abhandl. der k. k. geol. Reichsanst., Bd. XIV, pag. 26, tav. XXXIV, fig. 29-34. 1892. — — — — Brmrxer. Brachiop. der alp. Trias (Nachtrag). Abhandl. der k. k. geolog. Reichsanst., Bd. XVII, H. 2, pag. 1,5, 6. 1894. — — — — Tommasi. Mauna del Muschelkalk di Lombardia, pag. 67. 1902. — —_ _ — Birrxer. Bruchiop. und. Lamell. aus der Trias von Bosnien ece. L. cit., pag. 534, 583, 590, tav. XXV [VIII], fig. 23-25. 1903. — — —_ — Vimassa. Fauna dei calcari rossi e grigi del Sutorman nel Mon- tenegro. Mem. della R. Accad. delle Scienze di Bologna, ser. V, tom. X, pag. 448, tav. 1, fig. 2. 112 A. MARTELLI [16] È questa una specie abbastanza comune nel MuschelkallX superiore del Montenegro, ed io ebbi pure occasione di citarla con riserva nelle formazioni argillose arenacee e marnose immediatamente sottostanti ai calcari fossiliferi della zona a Protrachyceras Archelaus, alla quale appartengono appunto anche i cal- cari con cefalopodi e brachiopodi di Skala Vucetina (confr. 12 livello di Wengen nel Montenegro meridionale. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 336). Non è certo inopportuno ripetere qua che questa specie rimane nettamente distinta dalla Sp. IMenteelii per la mancanza di seno frontale, per la presenza di coste radiali appiattite, numerose e fitte e per l’uniforme convessità delle valve là dove nella Sp. Menteeliò appariscono più rigonfie e talvolta anche gibbose. Devesi inoltre notare che sotto questo nome specifico il BirttnER ha raggruppato individui i quali — pur distinti ulteriormente nelle varietà microrhyncha (1890), leptorhyncha (1892) e validirostris (1902) a seconda principalmente del maggiore o minore sviluppo umbonale — variano non poco fra di loro senza però mai presentare forme sinuate e presumibilmente di passaggio alla Sp. Mentzelti. Per queste ragioni non credo quindi giustificato il dubbio espresso da qualche autore .sull’autonomia delle due specie testè confrontate. i La conchiglia consta di una valva dorsale regolarmente convessa e di una valva ventrale molto più grande dell’altra in conseguenza del-forte sviluppo in altezza dell’area triangolare; i suoi margini sono alla fronte e lateralmente bene affilati e a contorno circolare. La triangolare fenditura deltidiale ha un’ al- tezza doppia della base. La linea cardinale è bene spiccata e misura in lunghezza circa due terzi del diametro margino-laterale e il doppio dell’altezza dell’area, il cui piano trovasi a poco meno di 90° col piano di commessura. Le coste radiali della superficie sono poco spiccate ma molto fitte e in numero da 56 a 64. DIMENSIONI Diametro longitudinale della valva ventrale . o 0 c î o mm. li » » » » dorsale . . o o 0 0 » 11 » laterale delle valve . 0 o c o o c . o » 13 Lunghezza della linea cardinale . è ò 6 c 0 6 , » 8,5 Altezza dell’area . c c o 0 0 0 0 0 o . » 3,5 Diametro dorso-ventrale della conchiglia (spessore) ò . 6 0 » 9 Anche dalle riportate misure risulta che gli scarsi esemplari provenienti da Skala Vucetina e qui de- scritti corrispondono perfettamente alle forme tipiche di Kòveskàlla e di S. Cassiano riprodotte dal BrrrNER (-Brachiop. der alp. Trias) alla Tav. XXXIV, fig. 29, 30, 31, 35 e osservate pure dal Tommasi nel Muschel- kall: lombardo e dal Vinassa in quello montenegrino; ed infatti non mi è incorso di trovare altre forme che potessero giustificare da parte mia un riferimento a qualcuna delle note varietà di questa specie. La S. koveskalliensis è molto diffusa nelle formazioni del Trias medio e mentre nella Lombardia comincia ad apparire negli orizzonti inferiori del Muschelkall, nelle regioni delle Alpi orientali e ancor più in quelle orientali adriatiche raggiunge la massima diffusione nei piani superiori o ladinici. - Spiriferina (Mentzelia) Mentzelii Dunx. sp. 1851, var. dinarica Birrn. 1902. — Tav. V [I], fig. 4, 5. 1902. Sp. (Mentzelia) Mentxeli, var. dinarica Birtner. Brachiop. und Lamell. aus der Trias von Bosmien ecc. L. cit., pag. 602, tav. XXV [VIII], fig. 7-9. Ascrivo a questa specie taluni esemplari corrispondenti in ogni principale carattere alle descrizioni che da più autori vennero date per la Sp. Mentzelii e se m*induco pure ad identificarli con la varietà istituita dal BrrTNER sui campioni provenienti da Klade in Bosnia, è proprio perchè anche nell’apparato cardinale [17] A. MARTELLI 113 e nei caratteri secondari della conchiglia non si ha luogo di notare alcuna differenza con le forme rappre- sentanti della var. dinarica. Veramente, i caratteri che distinguono la presente varietà dal tipo si riferiscono più all’interna struttura che non all’esterno della conchiglia; ed anzi se all’esterno non desse nell’occhio la singolare lunghezza del setto mediano, a cui internamente corrisponde un maggiore sviluppo degli elementi cardinali e un’insolita differenza nei loro reciproci rapporti di posizione, rimarrebbe mal giustificata una distinzione qualsiasi dal tipo della specie, della quale sono inoltre ben note le ampie oscillazioni morfologiche, perchè tutt'al più gli esemplari di questa forma potrebbero raggrupparsi con quelli maggiormente umbo- nati della Sp. Menteelùi. La conchiglia è modicamente rigonfia lungo la parte mediana posteriore, e presenta margini laterali arrotondati, commessure regolari, salvo quelle frontali alquanto ondulate, e un lieve predominio del dia- metro margino-laterale su quello antero-posteriore. L’umbone ventrale è all’apice leggermente arcuato e solo per eccezione è diritto, ma in nessuno de’ miei esemplari la curvatura dell’umbone è tale da ridurre visibilmente la superficie libera dell’area. Il seno ventrale e il corrispondente lobo dorsale, per solito sono alla fronte poco sviluppati. L'area non è molto larga e la sua altezza è presso a poco raddoppiata dalla linea cardinale, che alla sua volta cor- risponde a circa la metà del diametro laterale delle valve. La fenditura deltidiale non diversifica da quella consueta delle Mentzeliae nella sua forma a triangolo isoscele, alto come l’area e con la base pari ai due quinti della linea cardinale. La superficie della conchiglia non presenta punteggiature di sorta ma solo rade strie radiali e deboli zone concentriche di accrescimento. DIMENSIONI I II III Diametro longitudinale della valva ventrale. mm. 8,5 mm. 12,5 mm. 15 » » » » dorsale . » (9 DLE » 14 » laterale delle valve o o ò » 10 » 14,5 » 18 Lunghezza della linea cardinale . i . » 5 » ri » 9 Altezza dell’area . o c . > 5 » 2,6 » 3 » 4,5 Diametro dorso-ventrale della conchiglia . » 6,5 » 9,5 SD Io Come chiaramente risulta dalla descrizione del BitTtNER e da due preparazioni da me fatte levigando opportunamente e a-più riprese due umboni ventrali appartenenti a individui di questa forma, le la- melle dentali dirette dal basso all’alto verso il setto mediano rimangono con questo unite, nello spigolo da esse formato, tanto più strettamente quanto più vicine all’apice umbonale. Occorre approfondire il sezionamento dell’ umbone fino in corrispondenza e un poco al disotto del piano areale, per osservare prima la libera sporgenza del setto mediano lungo la bisettrice dell’angolo formato dalle due lamelle incastranti, e poi la separazione delle lamelle stesse, finchè più all’interno ancora non si giunge a distinguere chia- ramente la separazione e indipendenza completa delle corte lamelle dentali, inclinate verso l’esterno e poste lateralmente e al disotto del setto mediano. Ciò costituisce pure un efficace carattere differenziale fra questa forma e la Sp. ptychitiphila e Sp. microglossa nelle quali la riunione delle tre lamelle apparisce meno persistente e più superficiale, poichè molto prima che non nella Sp. Mentzeliù e nella sua var. di- narica avviene l'isolamento del setto dalle due lamelle laterali. Gli individui di questa forma non raggiungono rispetto a quelli delle altre specie da me trovate nel calcare di Skala Vucetina, il predominio numerico che mostrano invece nel calcare a brachiopodi di Klade presso Trebevié in Bosnia. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 14 114 A. MARTELLI [18] Spiriferina sp. aff. pia Brorx. Ho isolato dal calcare a brachiopodi di Skala Vucetina una valva ventrale abbastanza ben conservata ma insufficiente da sola a guidare alla sicura determinazione specifica dell’individuo a cui appartenne. Non credo di dover trascurare un accenno a tale valva perchè non mi risulta che si identifichi con altre di specie conosciute. Osservo al riguardo che essa ha contorno flabelliforme, un diametro trasversale doppio dell’altezza e che oltre a spiccate e regolari coste radiali presenta un profondo e stretto seno accrescen- tesi di sviluppo dall’apice alla fronte. L’area è triangolare, grande, con base doppia dell’altezza e con apertura deltidiale a triangolo isoscele di altezza doppia della base e pari a quella dell’area. L’umbone è diritto e il piano dell’area triangolare sarebbe a circa 90° con la valva dorsale. Tale ultimo carattere varrebbe a far distinguere questa Spiriferina dalle specie affini, ma per quanto possano essere ampi i con- fini specifici della Sp. Canavarica Towm. tanto che il BirtNER riunisce ad essa anche la Sp. Rirsuta ArB. del Trias alpino, pure non credo che qui possano aversi maggiori concomitanze morfologiche con la Sp. Ca- navarica che non con la Sp. pia. Il numero delle coste è 9-11 su ciascun fianco e 2-3, più deboli, nel seno. Le coste più esterne non irradiano precisamente dall’apice conchigliare ma si muovono alquanto ai lati dell’umbone. Le dimensioni principali sono le seguenti: Diametro longitudinale della valva 5 o ò o o o 0 mm. 7,5 » trasversale . 6 9 ò . . 5 : ò dl » 15 Lunghezza della linea cardinale . 5 5 5 o o o o » 11 Altezza dell’area . " , , 3 5 ; 6 , 5 5 » 5,5 Avendo il seno percorso da coste, questa forma appartiene di certo al gruppo della Sp. Canavarica, e per tale carattere si avvicina pure alla Sp. pectinata Birtn. di Wengen, della quale presenta però un numero minore di coste, giacchè pel numero di queste può dirsi intermedia fra la Sp. Canavarica e la Sp. pectinata. Si può così pervenire ad un confronto con la Sp. pîa della quale raggiunge pure il pro- porzionale sviluppo trasversale, ma senza che sia possibile lo stabilire con essa una stretta affinità, perchè la Sp. pia manca di un seno ben marcato e possiede un umbone meno curvo. Ad ogni modo rimane accertata per questa Sp?riferina una maggiore affinità con le specie di Wengen che non con quelle, geologicamente più antiche, di Recoaro. Spiriferina pia Birmn. 1890, var. dinarica Birrn. 1890. 1890. Spiriferina pia, var. dinarica BrrrnER. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 35, tav. XXXV, fig. 23. 1895. —_ — — — Saromon. Geologiîsche und palaeontologische Studien ber die Mar- molata. Palaeontographica, Bd. XLII, pag. 89, tav. II, fig. 20-22. 1903. _ — — — Vimassa. Mauna dei calcari del Sutorman. L. cit., pag. 449, tav. 1, fig. 1. Di questa interessante forma posseggo soltanto una valva dorsale corrispondente per sviluppo, numero di coste radiali e lobo mediano all’esemplare figurato dal SaLomon. La forte prevalenza del diametro laterale (mm. 15) su quello longitudinale (circa mm. 11); il numero delle coste (14-16) regolarmente irradianti dall’apice fino alla fronte; la linea cardinale lunga quanto il diametro margino-laterale e il |19] A. MARTELLI 115 lungo lobo interessato dalle tre coste mediane più deboli di quelle laterali, sono caratteri che bastano a distinguere la forma in parola non solo dalle congeneri ma anche dal tipo che ha coste alquanto più rade. Una valva ventrale di questa varietà venne raccolta da Vinassa nei calcari rossi e grigi del Su- torman sincroni di quelli di Skala Vucetina, e anch’essa ha mostrato una strettissima analogia più con gli esemplari della Marmolata, che non col campione dalmata di Debelo Brdo menzionato e figurato dal BITTNER. Gen. Spirigera D’ORB. Spirigera marmorea Birrn. 1890. — Tav. V [I], fig. 6. 1890. Spirigera marmorea Birrner. Brachiop. der alp. Trias. L. cit.. pag. 42, tav. XXXIII, fig. 1-13. 1892. — —_ — Brachiop. der alp. Trias (Nachtrag). L. cit., pag. 4, 6, tav. II, fig. 3, 4. 1895. _ = — SaLomon. (Geologische und palacontologische Studien iiber die Marmolata. Palaeontographica, Bd. XLII, pag. 96. IDE) — —_ _ Tommasi. Fauna dei calcari rossi e grigi del Monte Clapsavon nella Car- nia occidentale. Palaeontographia italica, vol. V, pag. 10, tav. 1, fig. D. Dal calcare di Skala Vucetina ho isolato taluni esemplari di questa specie, che, sebbene in quantità più scarsa, ebbi già occasione di osservare nel Muschelkall inferiore di Boljevici. Anche questa è una forma di facile e sicuro riferimento. Conchiglia piuttosto spessa, a contorno ovulare posteriormente ristretto, a commessura ondulata ai fianchi e sinuata alla fronte. Sulla valva maggiore, un solco mediano si prolunga dal ricurvo umbone fino al margine frontale nel mezzo del seno interessante la metà anteriore della valva ventrale. La larga ma breve linguetta frontale solleva in piccolo lobo il margine della valva minore, sulla quale permane una debole traccia di seno mediano presso all’apice. Oltre alla struttura fibrosa della conchiglia è pure visibile qualche debole zona concentrica di acere- Scimento nella parte anteriore delle valve. A complemento di questi principali e più evidenti caratteri riporto le dimensioni degli esemplari me- glio conservati, corrispondenti pure, salvo lievi differenze, a quelle della maggioranza degli altri individui di questa specie. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . 0 - : o " 5 ; mm. 9-10 » margino-laterale ; 3 5 6 b 5 ” , » 8,5-9,5 » dorso-ventrale o o c o ò 7 o ò » 6-7 La Sp. marmorea non esce dai confini del Trias medio ma da sola sarebbe insufficente a caratteriz- zare un livello di esso, poichè mentre per l’addietro sembrava limitata al Muschelkalk della zona a Cer. trinodosus (Schreyeralm e Han Bulog) per gli studi del SaLomon e del Tommasi venne scoperta anche nella zona a Protr. Archelaus del Trias alpino. Analogamente, anche nel Trias meridionale questa specie propria del Muschelkallk non si presenta a un livello costante, e lo prova il fatto che nella Valle della Zermnitza nel Montenegro, detta specie è stata da me riconosciuta nella zona del Cer. trinodosus (Boljevici) e nella corrispondente a quella del Protr. Archelaus rappresentata dai calcari ladinici superiori del Sutorman e di Skala Vucetina presso. Sozina. 116 A, MARTELLI [20] Spirigera hexagonalis Brrrn. 1890. — Tav. V [I], fig. 7. 1890. Spérigera hexagonalis BirtneR. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 156, tav. XXXVII, fig. 27. 1902. —_ — — Brachiop. und Lamellibr. aus der Trias von Bosnien ece. L. cit., pag. D10, 532, 571, tav. XXIV [VII], fig. 7-19. Di questa elegante forma non ho potuto isolare dai calcari di Skala Vucetina altro che pochi esem- plari. Sono troppo peculiari i caratteri di questa specie e così spiccate sono pure le differenze con la sua affine Sp. quadriplecta MùNST. sp. che nessuna incertezza può lasciare la presente determinazione. La conchiglia ha contorno subesagonale con margine affilato lateralmente e alla fronte. Essa risulta di due valve quasi parimente sviluppate e convesse, e percorse entrambe da un largo e fortemente mar- cato solco mediano delimitato da un paio di coste radiali ben sviluppate. Lateralmente a queste coste mediane se ne osserva ancora un’ altra per parte, ma tali coste esterne sono molto più distinte e regolari sulla valva ventrale che non nella dorsale, della quale, disgiunte da un largo solco, segnano il margine laterale posteriore, giacchè mentre il paio centrale delle due coste si corrisponde nelle due valve, quello esterno si prolunga nella grande valva dove la piccola presenta invece un largo solco fra le coste me- diane e quelle laterali. La valva ventrale risulta quindi al di fuori delle coste esterne fortemente incavata e termina con un sottile cercine marginale, come del resto si verifica ordinariamente nelle forme del gruppo Anisactinella alle quali appartiene pure 1’ affine Sp. quadriplecta MùnsTt. sp. L'umbone è debole, corto, poco o punto arcuato e terminalmente perforato. La valva dorsale termina in un apice, in proporzione abbastanza prominente tanto che l’ umbone lo supera appena, e che ricurvo a contatto dell’area segna pure l’inizio delle coste centrali. Il suo sot- tile margine frontale è fra le due coste appena arcuato e convesso a guisa di piccolo lobo. L’area è molto angusta. Essendo il guscio imperfettamente conservato, solo «con difficoltà si discerne la finissima striatura filiforme e concentrica nella parte marginale della conchiglia, e si può stabilire un’ulteriore differenza con la Sp. quadriplecta che rimane distinta non solo per la mancanza di un contorno approssimativamente esagonale e di un solco mediano parimente forte sulle due valve, ma anche per la presenza di sottili striature radiali. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . ? ò c dl o . 0 0 mm. 9 ” margino-laterale . . . 0 o o ò o REA CEpO » dorso-ventrale . È ò . o c . ò . » 4,5 Queste misure valgono più per far conoscere qual’ è lo sviluppo in prevalenza raggiunto dai pochi esemplari da me raccolti che per avvalorare il riferimento alle forme descritte dal BrrTtNER, giacchè non solo dalle descrizioni ma anche dalle figure date dall’autore si rileva la variabilità della Sp. Zexagonalis la cui estensione specifica viene compresa entro ampi confini. Nel Muschelkalk ungherese questa specie si trova, come nel Montenegro, al livello del Proarcestes subtridentinus Moss. — forma propria della zona a Protr. Archelaus— e dal BirtNER stesso vien inoltre citata nel calcare ladinico a crinoidi dei dintorni meridionali di Pastrovicchio e nei geologicamente corrispon- denti calcari di Monte Cucco veneto e di Trebevié in Bosnia. j21] A. MARTELLI 117 Spirigera (Tetractinella) trigonella ScuLora. sp. 1820. 1890. Spirigera trigonella ScaLota. sp. Brrrner. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 17, tav. XXXVI, fig. 8-31 (cum syn.). 1894. — = = Tommasi. Fauna del Muschelk. di Lombardia, pag. 72, tav. I, fig. 5. 1902. — (Tetractinella) trigonella ScaLora. sp. BirtnER. Brachiop. und Lamellibr. der Trias von Bo- smien ecc. L. cit.,. pag. 567, tav. XXIII[VI], fig. 23-26. 1903. — — — —_ Viwassa. Fauna dei cale. del Sutorman. L. cit., pag. 451, tav. I, fig. 4. Questa specie tanto diffusa nel Trias medio alpino e meridionale presenta a Skala Vucetina esem- plari in scarso numero. Le loro caratteristiche sono però in compenso così spiccate che guidano facilmente alla determinazione specifica, tantopiù che queste forme montenegrine dei pressi di Sozina, al pari del- l’esemplare del Sutorman descritto da Vinassa, corrispondono mirabilmente alle forme tipiche e, pur es- sendo di dimensioni differenti, mantengono costanti le proporzioni fra i loro principali diametri. La conchiglia tanto nei più sviluppati quanto nei piccoli individui, è poco rigonfia, pentagonale e con altezza superiore di circa un quinto alla larghezza massima delle valve. Spiccate e diritte sono le quattro coste che dall’apice si prolungano corrispondendosi sulle due valve fino al margine anteriore. La com- messura frontale è rettilinea e solo eccezionalmente alquanto sinuata o curva come le commessure laterali. L’umbone è poco sviluppato e non sporge molto sull’apice dorsale ricurvato fino ad obliterare la pic- cola area. Gli autori enumerano molte località nelle quali comparisce questa specie che può dirsi propria del Trias medio ma non ristretta ad alcuno dei livelli di esso, tanto è vero che mentre abbonda nel calcare di Recoaro e cioè nei piani inferiori del Muschelkalk, raggiunge una diffusione ragguardevole nelle dif- ferenti formazioni lombarde comprese fra gli scisti di Werfen e il Raibl, mostrando solamente nella re- gione dinarica (Dalmazia, Bosnia, Montenegro) la tendenza a raggrupparsi nei calcari del piano ladinico. Gen. Rhynchonella FIscA. Rhynchonella illyrica Brrrn. 1902. — Tav. V [I], fig. 8. 1902. Ekynchonella illyrica BrornER. Brachiop. und Lamellibr. aus der Trias von Bosnien ecc. L. cit., pag. 505, À . 581, tav. XXIII, fig. 12. 1904. — _ — MarreLLI. Il livello di Wengen nel Montenegro merid. L. cit., pag. 342. Tra i piccoli e numerosi individui di AQyrchonella da me raccolti a Skala Vucetina, non riesce sempre facile una distinzione specifica sia per lo stato di conservazione non sempre buono, sia anche per le lievi differenze che le piccole specie appartenenti a questo genere, minutamente descritto dal BIrtNER nei suoi pregiati lavori sui brachiopodi del Trias alpino e meridionale, dimostrano fra di loro. Di sicuro riferimento devonsi per altro considerare anche i pochi e non del tutto ben conservati individui qui riu- niti sotto questa denominazione specifica. La Eh. lyrica è caratterizzata da una conchiglia subglobosa, a contorno subtriangolare e con scul- ture superficiali comparabili a quelle della var. angustior BIttN. della RA. semicostata Munst. la quale non- dimeno rimane distinta per la forma a contorno più circolare e assai più depressa, sebbene anche una © maggior riduzione dell’umbone e un più forte risalto delle coste nella regione frontale valgano a ben differenziare questa specie così abbondante nel Trias medio meridionale, dalla predetta varietà della £?%. 118 A. MARTELLI [22] semicostata. Più strette sembrerebbero essere le analogie con la RA. trinodosi BiTtTN. munita di coste che pur sporgendo su di un lobo più spiccato, sono in numero minore e molto più brevi che non in questa forma, così che anche la sutura frontale a zig-zag vi risulta meno dentellata e più breve. Nè per altro è da credersi che queste due specie nei giacimenti sincroni ma eterotipi del Trias alpino e del Trias meridionale si sostituiscano l’una l’altra, poichè nei calcari triasici medi a brachiopodi della Bosnia esse vennero trovate insieme e differenziate dal BirtnER senza difficoltà. La conchiglia dei tre esemplari che così determino è subtriangolare e subglobosa, con valva ventrale alquanto più rigonfia della dorsale. Le coste che adornano la superficie in numero di 6-8, s’ iniziano nella valva maggiore molto più posteriormente che non in quella minore assumendo sulle due valve il massimo rilievo solo nella metà anteriore, e originando con la loro ripetuta alternanza quella particolare e lunga commessura frontale acutamente seghettata come si osserva appunto nelle figure 5 e 6 della tav. XXII, riproducenti, fra le non poche varietà individuali di questa specie, quegli esemplari della Bosnia e della Dalmazia meridionale ai quali corrispondono a pieno, anche nelle dimensioni, questi in esame. È facile che questa specie sia a Skala Vucetina più abbondante di quanto non mi sia apparso e non credo improbabile che fra le piccole R%yrchonellae mal conservate qualcuna appartenga alla R%. Myrica così comune nei calcari ladinici della Bosnia e della Dalmazia e conosciuta pure nel complesso scistoso che nel Montenegro meridionale serve immediatamente di base ai calcari del Muschelkalk superiore. Rhynchonella dinarica Birrw. 1902. — Tav. V |I], fig. 9. 1902. Erynchonella dinarica BirrneR. Brachiop. und Lamell. aus der Trias von Bosmien ecc. L. cit., pag. 504, tav. XXIII [VI], fig. 18-22. Questa specie non differisce molto dalla precedente per quanto concerne la forma generale determi- nata dai piccoli apici, dalla presenza di un solco mediano più o meno marcato sulla valva dorsale e dalla breve estensione delle coste negli individui meno sviluppati, che d’altra parte si distinguono da essa per un contorno subtriangolare, quasi guttiforme. Il BITTNER, nel suo sminuzzamento specifico fra i brachiopodi del Trias meridionale, si è servito forse di criteri troppo assoluti distinguendo come specie a sè forme che si sarebbero potute senza danno soverchio della sistematica considerare più propriamente come sem- plici varietà di una stessa specie, nella quale si sono per di più riconosciute delle incostanze morfologiche. Per esempio, nella R%. «Iyrica vennero riuniti — e, io ritengo, con ragione — individui con differente numero di coste e quindi con sutura frontale molto diversa come si vedono alle fig. 7 e 12 della tav. XXIII [VI] (L. cit.), fra i quali non intercede minor diversità di quanto può osservarsi fra i più piccoli esemplari della RA. dinarica e la Eh. pastroviechiana che lo stesso BITTNER propenderebbe a considerare una varietà nana e globosa della R%. dinarica se, invece che subtriangolare, il suo contorno non fosse subellittico, quasichè tale carattere non dipendesse da quella maggiore sfericità della piccola conchiglia per la quale senza obbiezione la forma nana (Zwergform) della %. dinarica si sarebbe potuta ritenere come una varietà di questa. Fra i piccoli esemplari di R/ynchonella che ho sott'occhio e che così determino, due possono identificarsi con quelli di Potmin (Dalmazia meridionale), figurati alla tav. XXIII, fig. 20 e 21, per la perfetta corrispondenza nella forma della conchiglia, nel numero delle coste, nel margine e sutura frontale (a); ma qualche altro più piccolo e più rigonfio invece rappresenterebbe, col suo contorno più arrotondato posteriormente e alla fronte, quasi un termine di passaggio alla forma descritta dal BrmrNER come £%. pastrovicchiana (6). Il numero delle coste rimane invariato in questi miei piccoli esemplari, il [23] A. MARTELLI 119 cui poco profondo seno si presenta tricostato nella valva ventrale e bicostato in quella dorsale. Sul resto dei margini anteriori vanno a terminare le brevi coste laterali ed alternate. delle due valve. Le dimensioni sono più vicine a quelle della forma nana che non a quelle del tipo. DIMENSIONI (17 b Diametro antero-posteriore . o c o o mm. 6,4 mm. 6 » margino-laterale . 7 . 5 : » 6 » 5,4 » dorso-ventrale . . . . ò » 4,9 » 4,6 Anche questa specie fa parte della fauna ladinica della Dalmazia meridionale. Rhynchonella bogumilorum Birrw. 1902. — Tav. V [I], fig. 10. 1902. RRynchonella bogumilorum Birtnrr. Brachiop. und Lamell. aus der Trias von Bosnien ecc. L. cit., pag. 587, tav. XXII [V], fig. 32. A confermare sempre più la corrispondenza del calcare rosso e roseo a brachiopodi del Montenegro meridionale con quelli ladinici della Bosnia e Dalmazia, è pure importante segnalare nella collezione in esame la presenza di questa specie. La conchiglia ha un contorno abbastanza regolarmente arrotondato ed è caratterizzata da un mar- catissimo solco mediano nella piccola valva, che dall’apice si prolunga fino al lobulo frontale. La valva ventrale è assai rigonfia e la sommità del leggermente ricurvo umbone è molto assottigliata. L'area è quasi impercettibile. I fianchi sono molto convessi, quasi tagliati a piombo e nella metà anteriore della conchiglia presentano una commessura dentellata prodotta dall’incontro alternato delle brevi e piccole pieghe marginali della conchiglia. In opposizione allo spessore dei fianchi sta l’assottiglia- mento in senso verticale della parte posteriore e quello in senso orizzontale della larga sottile, sinuata fronte, anch’essa a margine seghettato a cagione della presenza delle piccole coste che adorrano le valve. Secondo il BirTtNER è caratteristica per questa specie la presenza di tre coste sul margine frontale della piccola valva alternantisi nella sutura con le due che delimitano il seno della grande valva. Due paia di coste sempre più brevi si trovano in posizione radiale da una parte e dall'altra di quelle mediane sul margine laterale della metà anteriore della conchiglia, nella quale metà s’iniziano le brevi coste della valva ventrale, di poco più estese di quelle della valva opposta. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . È o o o ò o o 5 mm. 6,5 » margino-laterale . 0 0 È 1 0 5 o 0 » 6 » dorso-ventrale à È , 0 . . 0 o 6 » 4,5 La Ah. trinodosi BrrtN. ha rispetto a questa specie uno spessore di molto minore, fianchi più stretti e un margine frontale più sottile e molto più intensamente sinuato. Nemmeno è possibile una confusione con l’affine Rh. trebevicensis BITTN. pure della Bosnia, perchè, come avverte l’autore, in confronto con la Eh. bogumilorum possiede un assai più angusto apice della piccola valva, un molto meno marcato solco mediano e in proporzione mostra pure un molto più sviluppato margine frontale, tanto che al presente le due forme non potrebbero specificamente riunirsi. Questa specie venne citata solo nel Muschelkalk dei dintorni di Cevljanovié insieme con altre già note nel piano ladinico delle Alpi. 120 A. MARTELLI © 124] Rbynchonella decurtata Gir. sp. 1843. — Tav. V [I], fig. 11. 1890. Rhynchonella decurtata Gir. Brroner. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 9, tav. XXXII, fig. 1-7. (cum syn.). 1894. —_ —_ — Tomasi. La fauna del Muschelkall di Lombardia, pag. 77. 1902. — = — Brrrmer. Brachiop. und Lamell. aus der Trias von Bosnien ecc. L. cit., pag. 524 e 554, tav. XXI [VI], fig. 16. 1903. — —_ — Vimassa. Hauna dei cale. del Sutorman nel Montenegro. L. cit., pag. 456, tav. I, fig. 15. Ho riferito a questa specie taluni incompleti esemplari e un giovane individuo di piccolissime dimensioni. La conchiglia è alquanto flabelliforme, molto ristretta posteriormente e subtroncata anteriormente da un seno poco marcato. Le coste, le quali in numero di 7-9 adornano la conchiglia, irraggiano dall’apice e sono regolari e semplici. L’apice dorsale si ricurva obliterando l’angusta area e rimane chiaramente sormontato dalla sommità dell’ umbone. Gli esemplari più sviluppati e depressi mostrerebbero non poca analogia con la var. devota di Wengen, ma data la loro imperfetta conservazione non potrebbe nemmeno escludersi una corrispondenza quasi esatta con l’esemplare dalmato figurato dal BrrtnER nel 1902 e raccolto nei livelli più alti del Muschelkalk fra Stanisié e la valle di Grkova-voda. L'individuo giovane ha una forma quasi sferica ma per ogni altro carattere corrisponde molto bene alle descrizioni che i vari autori hanno dato di questa specie, pur non avendo mai fatta menzione di esemplari giovani come quello da me raccolto a Skala Vucentina e con le seguenti ridottissime dimensioni: Diametro longitudinale della valva ventrale 0 6 Ò Ò c mm. 3,9 » » » » dorsale ò h Ù 5 i » 3,2 » margino-laterale della conchiglia î c . c o » 3,6 » dorso-ventrale 0 . ò c 3 c . È D 9 Negli individui più depressi i diametri antero-posteriore e margino-laterale massimo presso a poco si equivalgono. La Eh. decurtata è molto frequente nel Trias alpino e meridionale, e particolarmente nella parte più alta del Muschelkalk della Lombardia, Ungheria, Dalmazia e Montenegro. Rhynchonella plurigibba sp. nov. — Tav. V [I], fig. 12. È questa una specie che potrebbe ritenersi morfologicamente intermedia fra la R%. sublevata Brrtx. e la E. Schonni Brrmn. entrambe del calcare di Hallstatt. A quest’ultima principalmente si avvicina per la gibbosità complessiva della conchiglia e per il suo contorno trapezoidale a lato breve posteriormente e doppio anteriormente; e con quella invece mostra una stretta affinità per i caratteri generali delle valve derivanti da una consimile inflessione del seno. La valva ventrale è per lo spessore doppia della dorsale e rimane caratterizzata da una regolare gibbosità che dal piccolo umbone raggiunge la metà della valva, donde si bipartisce a guisa di due chiglie radiali che nel prolungarsi fino alla fronte delimitano un ampio seno triangolare e originano, insieme col rilievo mediano posteriore, fianchi ripidissimi. Il seno. termina alla fronte con una lingua breve e sem- plicemente arcuata. L’umbone è imperfettamente conservato ma se ne induce agevolmente la piccolezza. [25] A. MARTELLI 121 La valva dorsale, a differenza dell’opposta, è alquanto rigonfia ai lati e nel mezzo della parte ante- riore, e presenta un piccolo solco che dall’apice si prolunga fino al centro della valva per quindi bifor- carsi fino alla fronte, in modo da porre in risalto il poco rigonfio Iobo in corrispondenza del seno della valva opposta; sicchè mentre la grande valva è rilevata nel mezzo della parte posteriore e divergentemente verso i lati della parte anteriore, la piccola è invece incisa lungo le stesse direzioni. I fianchi sono molto convessi e le commessure laterali lievemente arcuate con la concavità nella valva dorsale. La conchiglia è minutamente fibrosa; con l’ausilio di una lente, si constata pure che i sottilissimi filamenti radiali si intersecano presso la fronte con striature concentriche quasi impercettibili. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . . : 0 7 . , 7 c mm. 8,2 » margino-laterale . 5 5 i , 3 c È 3 SSD » dorso-ventrale c Ò î i 0 0 0 0 % D OSLO) La semplice inflessione circolare del seno sul margine frontale è più ampia ma meno rilevata di quella della E%. sublevata. La Rh. Schonni ha al contrario un’ulteriore piccola incisione nel mezzo del seno e così anche le altre forme consimili che abbondano nel MuschelkalX dalmata e bosniaco rimangono distinte da questa nuova specie, di per sè stessa già abbastanza individualizzata dalla peculiare scultura delle valve, per essere ordinariamente munite di una sutura frontale più complessa, derivante dalle differenti e ripe- tute ripiegature della conchiglia ai suoi margini anteriori. Una maggiore rotondità di contorno e regolarità di superficie, e un più angusto e sollevato seno distinguono anche la 7%. sublata BirtN. di S. Cassiano da questa specie di Skala Vucetina, per la quale rimane provata la più forte analogia con le specie ladiniche superiori della Dalmazia e Bosnia e con quelle del calcare di Hallstatt, in confronto alle congeneri alpine dei più bassi livelli del Trias medio. Rhynchonella (Norella) refractifrons Birrw. 1890. — Tav. V [I], fig. 13-15. 1890. Alynchonella refractifrons Brorner. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 17, 39, tav. XXXI, fig. 5-13, tav. XXXVII, fig. 21. 1892. — — — Brachiop. der alp. Trias (Nachtrag). L. cit., pag. 3, 5, 6. x Questa specie è rappresentata nella collezione montenegrina da numerosi esemplari che mostrano evidentissime le corrispondenze dei loro caratteri con quelli delle forme tipiche della Schreyeralm. La conchiglia è d’ordinario assai appiattita e poca o punta differenza passa non solo fra lo sviluppo delle sue due valve, ma anche fra l'arrotondamento di essa nella metà posteriore presso agli apici. Nella metà anteriore la conchiglia ha contorno regolarmente arrotondato e posteriormente invece, i margini affilati e quasi diritti vanno a riunirsi presso al piccolo e bene arcuato apice umbonale. Le forme più comuni (@) identiche a quelle figurate dal BrrTNER (L. cit.) ai numeri 5-7 sono senza seno o tutt’al più presen- tano una debole traccia di esso lungo il margine frontale, ma non mancano nemmeno individui alquanto più rigonfi (5) — con margine lievemente sinuato da una larga prominenza linguale sulla fronte della valva dorsale e con corrispondente e poco saliente lobo al margine anteriore della valva ventrale — identici a quelli ripro- dotti dal predetto autore a tav. XXXI, fig. 11, e a tav. XXXVII, fig, 21. Ossequente alla competenza del BrrTtNER seguito anch’io a tener riunite queste due forme le quali, se non sono le rappresentanti di due varietà della stessa K%. refractifrons, debbonsi certamente considerare come i limiti estremi entro i quali vengono a comprendersi le variazioni individuali del tipo. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 15 122 A. MARTELLI [26] In difetto della conchiglia si scorgono chiaramente anche sui nuclei le deboli zone concentriche di accrescimento e la struttura esilissimamente filettata del guscio, che, a seconda pure delle osservazioni dell'autore della specie, andrebbe poco alla volta diminuendo di spessore nell’approssimarsi alla fronte. DIMENSIONI (a) (0) IL II III IV Vv VI Diametro antero-posteriore mm. 7,4 mm. 9,8 mm. 10,7 mm. 11,4 mm. 12,3 mm. 15 » margino-laterale » 7,6 » 99 » 11,3 » 12,7 » 12,5 » 15,8 » dorso-ventrale DI) » 4,4 » 4,6 » 5,5 » li » 8 La presente specie viene citata pure nel Muschelkalk di Han Bulog e dell'Ungheria ad un livello alquanto inferiore di quello indubbiamente rappresentato a Skala Vucetina, sicchè il rinvenimento attuale viene a toglierla dal ruolo delle forme proprie del MuschelkalkK inferiore e ad estenderne l’ habitat a tutto il Trias medio. Rbynchonella (Norella) refractifrons Birrn. var. intumescens Birrn. 1890. — Tav. V |I], fig. 16. 1890. RRynchonella refractifrons Brrrner. Brachiop. der alp. Trias. L. cit., pag. 40, tav. XXXI, fig. 14. 1592. _ —_ = Brachiop. der alp. Trias (Nachtrag). L. cit., pag. 3, tav. IV, fig. 35. È pure di molto interesse nella illustrazione dei brachiopodi triasici di Skala Vucetina, il menzionare questa forma che coincide mirabilmente col campione della Schreyeralm figurato nell’opera succitata. Peri caratteri di questo bell’ esemplare, non posso che riferirmi a quanto ho scritto più sopra a proposito della forma tipo e più precisamente di quella che segna il massimo limite dello spessore e dell’ampia ma poco marcata insenatura frontale della valva dorsale. Soltanto sono da segnalare le tre principali differenze che hanno autorizzato l’istituzione della var. intumescens, e che consistono in un più forte spessore, in una più evidente espansione laterale della conchiglia nella sua parte inferiore, e in ultimo nel carattere presentato dalla valva dorsale di un marcatissimo, profondo e ampio seno frontale in continuazione di un debole solco mediano muoventesi dall’apice della valva. In rapporto all’intumescenza maggiore delle valve, sempre in confronto agli individui tipici, sta la più rilevante globosità dei fianchi nella parte posteriore, dove il margine è meno affilato e più lineare. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . c 0 0 Ò o 0 c .. mm. 13 » margino-laterale c 0 0 o D o . © î » 15 » dorso-ventrale . o o . . . . o o » 7 Di questa varietà ho potuto isolare dal calcare roseo dei dintorni di Sozina un solo esemplare ab- bastanza ben conservato e alcuni frammenti, tutti associati colla forma tipo come nella Schreyeralm. Rhynchonella (Norella) refractifrons Birmn. var. bosniaca Birmn. 1892. — Tav. V [I], fig. 17. 1892. Rhynchonella refractifrons Brrtner. Brachiop. der alp. Trias (Nachtrag). L. cit., pag. 3, tav. IV, fig. 36-38. [27] A. MARTELLI 123 Insieme con le due precedenti forme, si hanno pure numerosi individui di questa varietà caratterizzata da una conchiglia piuttosto globosa, subtroncata anteriormente e restringentesi posteriormente. Lo sviluppo del seno e del corrispondente lobo è intermedio fra quello presentato dal tipo e dalla var. intumescens. Relativamente allo spessore, la var. bosniaca si accosta assai alle forme tipiche meno depresse,pur rimanendone sempre separata per la sua maggiore subsfericità. A parte i caratteri distin- tivi del genere, pel suo contorno e spessore potrebbe scambiarsi con la Sp. marmorea, senonchè mentre questa presenta il seno sulla valva ventrale e il lobo sul margine frontale della valva dorsale, precisa- mente l’opposto si verifica nella 7. refractifrons e quindi anche nella sua var. bosniaca. Le dimensioni principali dei migliori esemplari sono le seguenti: Diametro antero-posteriore . . o o 6 0 c 0 mm. 10 » margino-laterale Ò 0° " c ò 7 . c » 9 » dorso-ventrale . 0 6 . 0 0 o 0 0 » 6,5-7 Questa varietà venne citata per i dintorni di Han Bulog presso Sarajevo dove, a detta del BITTNER, scarseggerebbero le forme tipiche. È per altro da tener presente che molte specie di brachiopodi citate dal BrrtnerR ad Han Bulog e ad Haliluci non si trovano proprio nel calcare con Cer. trinodosus e altri cefalopodi, ma sibbene nelle località prossime alle predette e nelle quali sono pure rappresentati i sedi- menti ladinici e non soltanto quelli del Muschelkall alpino fossiliferi ad Han Bulog e ad Haliluci. Rhynchonella (Norella) manganophylla Birrn. 1902. — Tav. V [I], fig. 18. 1902. Ehynchonella manganophylla Brrener. Brachiop. und Lamell. aus der Trias von Bosnien ece. L. cit., pag. 588, tav. XXII [V], fig. 35. x Questa specie è piuttosto rara nel calcare di Skala Vucetina e nella mia collezione è rappresentata da alcuni frammenti e da un solo esemplare ben conservato. Il contorno della conchiglia è subellittico dagli apici fino all’inizio del largo margine frontale, che è lineare anteriormente e solo alquanto arrotondato ai limiti con i fianchi. La breve ma esauriente de- scrizione che il BirrnER dà di questa bella specie corrisponde a pieno anche all’esemplare in esame, i cui principali caratteri possono infatti sommariamente menzionarsi come segue. La valva maggiore o ven- trale è fortemente arcuata lungo la linea mediana, tanto da apparire quasi percorsa da una chiglia ottusa lungo i due terzi posteriori della sua lunghezza; ha fianchi e fronte assai inclinati verso gli affilati margini e un umbone piccolo e acuto in punta. La valva dorsale è percorsa dall’apice fino al seno frontale da un solco mediano a guisa di piccola doccia, e il suo margine anteriore è ampiamente ma non profondamente sinuato, così che la conchiglia apparisce in complesso come troncata alla fronte. Il guscio è a struttura sottilmente fibrosa con filamenti radiali fittissimi e intersecati nella metà ante- riore delle valve da esili striature concentriche visibili solo qua e là. DIMENSIONI Diametro antero-posteriore . 0 o c o ò . . o mm. 8,3 » margino-laterale . o 0 o 0 . o o : DIMNONICIO » dorso-ventrale 0 SLIP o . o c o È D BU L’autore della specie fa opportunamente osservare che questa forma, più che alle altre Norellae del Trias mediterraneo, sembra avvicinarsi a quelle della Himalaya e in particolare alla Norella tibetica de- 124 A. MARTELLI [28] scritta e figurata dallo stesso BrrtweR in Himalayan Trias Brachiopoda — Palaeontologia Indica pag. 32, tav. VI, fig. 2, 17, 18 — rimanendone però distinta pel fatto che la Norella manganophylla, malgrado la sua poco spessa conchiglia, presenta in confronto a detta forma asiatica, più fortemente marcato il solco me- diano che dalla sommità apicale della piccola valva si estende fino al seno. Questo stesso carattere vale pure per escludere che gli individui giovani di questa specie possano confondersi con quelli di altre. Nei terreni triasici del Monte Grk in Bosnia questa specie venne trovata insieme con la RM. bogu- milorum al livello della Spiriferina fragilis ScHLOTE. sp., la quale, tanto nel Trias alpino quanto in quello meridionale mostra un habitat limitato solo alla metà superiore del Muschelkalk. Cephalopoda. Gen. Ceratites Haan. Ceratites Riccardi Moss. sp. — Tav. V [I], fig. 20. 1878. Trachyceras Riccurdi Moysisovics. Dolomitriffe von Stidtirol und Venetien. Beitrige zur Bildungens- geschichte der Alpen, pag. 48. 1882. Ceratites — —_ Die Cephalopoden der mediterranen Triasprovinz. Abhandl. der k. k. geol. Reichsanst., Bd. X, pag. 28, tav. IX, fig. 9, tav. LXXX, fig. 7 e 8. Riferisco a questa specie un esemplare ben conservato, con 31 mm. di diametro e corrispondente per ogni suo carattere al campione proveniente dal calcare della Selva Bakony. La conchiglia è discoidale, a breve e piuttosto stretta involuzione, la quale, insieme con un relativamente ampio ombelico, lascia appena scoperta una piccola area semilunare nella regione ventrale del giro sotto- stante alla camera d’abitazione. I giri sono a rapido accrescimento, con fianchi poco convessi e misurano il massimo spessore al terzo interno. Il margine del profondo ombelico è ben arrotondato al pari di quello esterno che delimita un regolarmente arcuato dorso. I fianchi sono ornati da deboli coste radiali le quali sul margine esterno si flettono verso avanti e non si prolungano nella regione sifonale. Come nel tipo descritto dal Moysisovics, anche qui queste piccole coste radiali sono talora poco visibili e quasi scomparenti, e munite ad intervalli variabili di una piccola spina laterale. si Corrispondenze perfette si hanno pure nella linea lobale. Il lobo sifonale è più stretto e meno pro- fondo del primo laterale, che è, in sviluppo e profondità, rispettivamente il doppio e il triplo del secondo e terzo laterale. Salvo un piccolo e mal distinto lobo sull’orlo ombelicale può dirsi che manchino veri e propri lobi ausiliari e in questa mancanza trovasi appunto uno dei principali caratteri differenziali fra questa specie e l’affine C. Petersì Moss. In questa linea suturale assai semplice è molto evidente la ca- ratteristica lobatura dei Ceratifes con selle poco ampie e lisce e con lobi dentati solo terminalmente. DIMENSIONI Diametro 0 c 0 0 6 ci mm. 3 per D=1 Altezza dell’ ultimo giro . 0 0 » 14 0,45 Spessore » » ò : 7 » 10,5 0,34 Ampiezza dell’obelico 0 5 0 » 71,5 0,24 ID (11 A. MARTELLI 1 I rapporti centesimali relativi al diametro corrispondono pure a quelli che si possono calcolare dalle misure date dall’autore della specie per il tipico €. Riccardi del Muschelkalk ungherese. Il C. Petersi Moss. (confr. Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 27, tav. XI, fig. 10, tav. XL, fig. 14) che si distingue dalla presente specie per un più stretto avvolgimento, rispetto al diametro presenta i seguenti valori centesimali: Altezza dell’ ultimo giro 0,51; spessore 0,29; ampiezza dell’ombelico 0,17. Compa- rando questi rapporti con quelli dati per il nostro esemplare, risulta all’evidenza che in confronto al ©. Riccardì V’affine ©. Petersi si distingue non solo per i caratteri della linea lobale ma anche per una maggiore altezza del giro, e per avere minore la larghezza dei giri e dell’ombelico. Questa specie assegnata dal Mossisovics alla zona del C. trinodosus venne osservata nel calcare nerastro di Strada nelle Giudicarie, nel Muschelkall lombardo di Dosso in Val Trompia e di Fucina in Val Dignone e finalmente anche nel calcare giallo di Nagy-Vaszony nella Selva Bakony. Nondimeno questa specie non sembra caratteristica della zona predetta ed il fatto stesso di essersi ritrovata nel calcare conchigliare dell’ Ungheria e delle Giudicarie in cui sono pure rappresentate non poche specie della zona a Protr. Archelaus, consente di estenderne l'habitat fino ai più alti livelli del Trias medio, come del resto le nu- merose specie di brachiopodi colle quali si accompagna nel calcare di Skala Vucetina fanno logicamente ritenere. Ceratites Bassanii sp. nov. — Tav. V [I], fig. 19. L’unico esemplare che di questa nuova ed interessante specie posseggo, risulta di una conchiglia piuttosto strettamente involuta e con giri ad accrescimento molto rapido, poichè la loro altezza nel corso di mezzo giro aumenta precisamente di un terzo. I fianchi sono un poco convessi, quasi appiattiti, e con un margine esterno arrotondato si confondono con l’inizio dell’arcuata e non molto ampia regione si- fonale. L’orlo ventrale è quasi retto, e ripida ed alta è la parete ombelicale. Tl massimo spessore del giro nella parte concamerata della conchiglia coincide con la metà della sua altezza, ma sulla camera d’abitazione si nota una minore convessità nella parte ventrale che, dalla metà circa dell’altezza, si mantiene quasi pianeggiante fino alla parete ombelicale; in complesso però la sezione del giro può dirsi ellittica schiacciata. L'ampiezza del poco profondo ombelico è circa un quinto del diametro dell’intiera conchiglia e sebbene nel nostro esemplare sia appena conservato l’inizio della camera d’abitazione e quindi manchi verosi- milmente un mezzo giro, pure sul margine ombelicale non si hanno tracce di uno svolgimento, per quanto leggiero, della conchiglia da lasciar supporre una maggior ampiezza ombelicale; in altre parole mancano i segni per escludere che i giri, avvolgendosi, non si abbraccino per intiero anche nell’ ultima involuzione come accade per i giri interni. Rade, depresse e mal distinte coste irradiano dall’ombelico sui fianchi e scompariscono del tutto presso al margine esterno. Esse, in numero di 6-7 nell’ambito di mezzo giro, corrugano lievemente la su- perficie e appaiono sormontate ciascuna da una piccola spina sporgente in corrispondenza del secondo lobo laterale. Dall’insieme di questi caratteri risulta in modo evidente l’autonomia di questa specie, la quale — in con- trapposto ad altre ben note scelte come tipo di due differenti gruppi più propri dei livelli inferiori del Muschellkallk o del Muschelkall: alpino che dir si voglia — principalmente si distingue pel carattere della mononodosità dei suoi fianchi accoppiato ad un notevolissimo, e non comune, nelle forme affini, sviluppo in profondità e in dentellatura degli elementi della linea suturale. Ed infatti la linea lobale, alquanto 126 A. MARTELLI [80] curva, non accenna ad un più completo sviluppo in confronto con quelle analoghe delle specie più note per un maggior numero di elementi lobali, ma sibbene per una molto più ricca den- E tellatura terminale e anche laterale del lobo sifonale e dei singoli laterali, tutti però Ls disgiunti da selle lisce; cosicchè essa potrebbe considerarsi a ragione come morfo- «@ Q O di logicamente intermedia fra la caratteristica linea lobale dei Ceratites e quella dei SARI - i Trachyoeras. A Il lobo sifonale è quasi altrettanto profondo quanto il terzo laterale, alla sua Linea lobale del Ceratites ran volta meno dentellato e meno profondo del secondo laterale, anch'esso proporzio- natamente minore del primo. Alla serie dei tre lobi laterali, separati da alte e strette selle semplici, succedono, sul margine ventrale, tre piccoli lobi ausiliari l’ultimo dei quali — non ripro- dotto nel disegno perchè male scoperto nella preparazione — cade sull’orlo ombelicale. DIMENSIONI Diametro ò 6 o c È o è mm. 62 D=1 Altezza del giro esterno È i : o 0,47 Spessore » » c Ò Ò o DT 0,27 Ampiezza dell’ombelico 7 6 o . » 12 0,19 Le maggiori analogie con questa forma vengono offerte dalle due specie, descritte dal Moysrisovics (Die Cephalop. der medit. Triasprov. L. cit., pag. 21 e 27) C. Abichi e C. Petersi per quanto concerne le dimensioni, non la linea lobale; ma venendo a particolari ulteriori può dirsi che dal nostro ©. Bassanti il primo dei predetti si distingue per le sue coste bene spiccate, fitte e falciformi, e per un dorso meno ampio; e l’altro, che maggiormente sembrerebbe accostarsi alla nostra specie, ne rimane disgiunto perchè a pari sviluppo, manca di nodi laterali e presenta coste più numerose, rilevate e sismoidali, per non ri- petere ancora che una differenza specifica rimarcabilissima si ha nella minore dentellatura lobale e in un maggior numero di lobi ausiliari. Riconosciuta adunque l'affinità esistente fra questa specie e le due sunnominate e ascritte alla zona a C. trinodosus, si potrebbe forse considerare il C. Bassanii come uno dei più antichi elementi fau- nistici del calcare rosso e grigio di Skala Vucetina; ma siccome per determinare l’orizzonte geologico di una nuova specie non conviene sempre dar molto valore alle analogie morfologiche con le forme già, note e appartenenti a livelli bene definiti, 1’ habitat di questa forma non può per ora sconfinare dal piano ladinico, data la sua associazione con altri fossili propri del Muschelkalk superiore. Gen. Dinarites Moss. Dinarites Misanii Moss. 1882. 1882. Dinarites Misanii Moysisovios. Die Cephalop. der medit. Triasprov. L. cit., pag. 15, tav. XXX, fig. 11-13. 1893. — — —- MarranI. Note paleontologiche sul Trias superiore della Carnia occiden- i tale, pag. 15. n 1895. - — — SaLomon. Geolog. und paltioni. Stud. ib. die Marmolata. L. cit., 179. 1896. — —_ — Dr Lorenzo. Mossili del Trias medio di Lagonegro. Palaeontographia Italica, vol. II, pag. 146, tav. XX, fig. 2. 1899. — — —_ Tommasi. Mauna dei calcari rossi e grigi del M. Clapsavon nella Carnia occidentale. Palacontographia Italica, vol. V, pag. 21. [31] A. MARTELLI 127 L’esemplare che così determino è abbastanza ben conservato e consente quindi di constatare sufficiente- mente la corrispondenza dei suoi caratteri principali con quelli che il Moyssisovics ha menzionato per questa specie. Infatti, nella piccola e bella forma in esame si hanno giri i quali, lentamente crescenti e appena abbracciantisi nella loro involuzione, sono lisci sulla parte più interna e concamerata della conchiglia e mostrano pieghe fitte, debolissime e leggermente sigmoidali nella loro posizione quasi normale al giro. I giri sono più alti che larghi e nella parte dorsale sono regolarmente arrotondati. Il MoysIsovics avendo istituita questa specie su esemplari con ombelico conservato imperfettamente non ha potuto constatare il numero dei giri interni e il loro stretto avvolgimento. Il Dinarites che ho sott'occhio, su un raggio di 8 millimetri presenta 6-7 giri concamerati e per questo carattere potrebbe avvicinarsi al D. quadrangulus illustrato dal SALowon (L. cit., pag. 179, tav. VI, fig. 5) rimanendone però sempre distinto per la sezione ellittica del giro. Relativamente agli ornamenti superficiali sulla parte esterna e non concamerata del giro, per l’ottimo stato del guscio aggiungo che il Dinarites Misani del Muschelkall di Radec Velje è munito sui tre quarti dell’ultimo giro di deboli striature insieme addensate in fasci, in modo da simulare una superficie a coste deboli e falciformi come riscontrasi appunto nel D. avisanus Moss. Non ho potuto mettere allo scoperto la linea lobale, ma anche le dimensioni principali e i loro rap- porti confermano l’esattezza del riferimento. DIMENSIONI Diametro . , : È o 0 o o , 5 o 5 mm. 18 Altezza del giro esterno . . c o . 0 . c o » 5,5 Spessore » » ù « . . . . . * . » 4, 5 Ampiezza dell’ombelico 5 6 ò SIMMTO ò c 6 b » 8 Citata dal Moysisovics come caratteristica della zona a Protr. Archelaus, questa specie abbonda nel Muschelkalk superiore dell’ Ungheria, nella Marmolata, nel calcare del Monte Clapsavon e nel calcare a scogliera delle Murge del Principe presso Lagonegro. Gen. Arpadites Moss. Arpadites Arpadis Moss. 1870, var. illyricus nov. — Tav. V [I]. fig. 21. Il Mossisovics (Die Cephalop. der medit. Triasprov. pag. 54) ascrive a questa specie esemplari con giri a lento accrescimento e muniti sui fianchi di coste principali leggermente sigmoidali e spesso alter- nate da coste secondarie scomparenti presso alla regione ombelicale. Fra i caratteri esterni, oltre ad una netta carena lungo il dorso della conchiglia, detto autore menziona pure delle piccole e depresse nodo- sità con le quali le coste principali terminano sul margine esterno e su quello ombelicale. Sotto questo nome specifico lo stesso Moysisovics comprende delle forme alquanto variabili fra di loro per lo spessore e per l’incostante presenza dei nodi terminali, ed avverte infatti che l'esemplare da lui figurato a tav. XXV, fig. 29, rappresenta una varietà un poco più stretta della forma tipica descritta e disegnata nel 1870 (Beitr. zur Kenntn. der Cephalop. Faun. der oenischen Gruppe. Jahrb. del k. k. geolog. Reichsanst., pag. 109, tav. V, fig. 6) e che sulle coste della camera d’abitazione di taluni esemplari provenienti da Idra (Ca- rinzia) si hanno perfino delle deboli spine laterali. 128 A. MARTELLI [82] A confermare vieppiù la variabilità di questa specie, il Tommasi (Fauna dei calc. del M. Clapsavon. L. cit., pag. 21, tav. III. fig. 2, 2a) nota che gli esemplari di A. Arpadis da lui raccolti non corrispon- dono esattamente a quelli di Vorosberény illustrati dal BorckH (Die geol. Verhiiltn. des sidl. Theiles des Bakony. Mittheil. aus dem Jahrb. der k. ung. geol. Anstalt, Bd. II, pag. 167, tav. IX, fig. 12-14) e dal Moysisovics, ma che tuttavia le differenze non sono tali da giustificare la creazione di una nuova specie poichè nella sua var. carricus gli intervalli frapposti tra le coste principali sono alquanto maggiori e l’in- voluzione più sentita che non nelle forme di Bakony, con le quali vi è per altro corrispondenza nella linea lobale. Nel Muschelkalk di Radec Velje isolai pochi frammenti ed un esemplare di 3-4 giri imperfettamente conservato di A. Arpadis in cui si nota una corrispondenza quasi perfetta nella disposizione, nel numero e nella forma delle coste principali, munite di nodi marginali, e secondarie con la già citata varietà del Tommasi; e quindi una maggiore distanza fra le coste stesse di quanto non si verifica nella forma tipo, dalla quale pure si diversifica per l'accrescimento del giro sensibilmente più rapido di quello del campione di Monte Clapsavon. Anzi la differenza fra l’involuzione dell’ Arpadites in esame e quella minore dell’Ar- padites carnico è tale che mi costringe a tener distinta questa forma dalla varietà istituita dal Tommasi, poichè dal citato carattere derivano necessariamente non trascurabili differenze nei rapporti fra le princi- pali dimensioni, come può notarsi nella seguente tabella: DIMENSIONI Romina ne Dar var. illyricus var. carnicus var. illyricus Var. carnicus Diametro . à o , mm. 37 mm. 40 1 il Altezza del giro esterno . DIL » 10 0,32 0,25 Spessore» >» 5 » 7 » 8 0,19 0,20 Ampiezza dell’ombelico ; PNT >. SO 0,45 0, 47 I caratteri della linea lobale sono a comune con quelli delle altre forme di questa specie già citate dai precedenti autori. L’Arpadites Arpadis venne pure osservato nel Muschelkalk di S. Rocco (Tretto vicentino) dal Torx- quist (Neue Beitrige zur Geologie und Paltiontologie der Umgebung von Recoaro und Schio. Zeitschr. der deutsch. geolog. Gesellsch., Bd. L, IV Heft, pag. 650) ma abbonda principalmente in quello di Esino, della Carnia e dell’ Ungheria ed anzi prima che venisse citato nel calcare dei pressi di Recoaro si riteneva esclusivo e quasi caratteristico della zona a Protr. Archelaus. Gen. Pinacoceras Moss. Pinacoceras De Lorenzoi sp. nov. — Tav. V [I], fig. 22. Un incompleto esemplare di Pinacoceras proveniente da Skala Vucetina presenta tanto evidenti i carat- teri pei quali esso rimane distinto dai congeneri, che sebbene poco propenso ad istituire specie nuove su cefalopodi intieramente concamerati, sono obbligato a descriverlo come rappresentante di una forma per lo addietro sconosciuta. L’esile conchiglia è molto depressa e consta di 4-6 giri a rapido accrescimento e abbracciantisi per metà, cioè fin dove essi raggiungono il massimo spessore, nel loro regolare avvolgimento. I fianchi sono [33] A. MARTELLI 129 leggermente convessi e mentre degradano verso i margini, terminano sull’orlo ombelicale con una parete poco o punto spiccata e concorrono ad originare una regione sifonale strettissima e quasi tagliente. La loro sezione risulta per conseguenza ellittica allungata e quasi acuminata all’abside dorsale. A parte ogni altra differenza generica, si conosce un gimnitide descritto dal DrenER col nome di Vishnuites Pralamb©ha (confr. Himalayan Fossils. The Cephalopoda of the lower Trias. Palaeontologia Indica, ser. XV, vol. II, part. 1, pag. 88, tav. VII, fig. 4) il quale presenta la sezione del giro presso a poco identica a quella del pinacoceratide in discorso. L'ombelico ha un’ampiezza pari a circa un terzo del diametro. Non apparisce che alcuna striatura per quanto debole interrompa l’ uniformità della liscia superficie conchigliare. La linea lobale è frastagliatissima e rimane specializzata da un grosso e subpiramidato lobo sifo- nale, da due profondi lobi laterali tutti muniti di denti altrettanto sviluppati e lunghi quanto quelli che ra si frammettono nelle alte e strette selle. Lungo una linea obliqua dall’alto al basso sul Ta margine ventrale della conchiglia, si osserva una serie di tre piccoli lobi ausiliari con n, selle bipartite da un semplice lobulo. I due lobi laterali quasi si equivalgono nel detta- Di n 1 glio ma non nello sviluppo, e il primo sorpassa di poco in profondità il lobo sifonale. S Caratteristico è per il complessivo disegno suturale, l’addensamento delle linee Linea lobale del Pinaco- lobali, dimodochè le estremità dei lobi si approfondiscono fino a circa metà dei sotto- is ore. stanti e i loro lunghi denti laterali vengono spesso a contatto con le frastagliature delle selle appartenenti alla successiva linea. Questa linea lobale si accosta molto a quella del P. daonicum del calcare a Daonella di Prezzo nelle Giudicarie (confr. Moysisovics. Die Cephalop. der medit. Triasprov. L. cit., pag. 197, tav. LII, fig. 11) per quanto riguarda la forma del disegno e l’addensamento delle linee, differendone però per un minor nu- mero di lobi, e diversifica invece non poco da quella del P. Damesi (Die Cephalop. der medit. Triaspr., pag. 195, tav. LII, fig. 9) per un più rilevante numero di elementi suturali, i quali per altro vi si mostrano poco sviluppati e lievemente dentellati. Del resto, le due predette specie, per l’appiattimento peculiare della loro sottile conchiglia, ben si distinguono anche da questa nuova specie, che per un diametro di mm. 53 presenta le seguenti dimensioni: Diametro A 7 È i È A mm. 53 D=il Altezza dell’ ultimo giro . 0 0 i ò » 22 0,41 Spessore » DIA i 4 È È » 8 0,15 Ampiezza dell’ombelico . o c o 6 » 18 0,34 Fra le numerose forme di Pinacoceras del calcare di Hallstatt nessuna può venir confusa con la presente tanto per i caratteri esterni quanto per la linea lobale. È da lamentare che due specie ap- partenenti alla zona del Protr. Archelaus e ritenute nuove dal Moysisovies non fossero in uno stato tale di conservazione da favorire all’insigne studioso un completo esame dei principali caratteri per es- sere determinate e figurate. Dal breve accenno che ne vien dato a pag. 196 del più volte citato lavoro sui cefalopodi della provincia triasica mediterranea, si arguisce che, accostandosi esse al P. Damesì e al P. daonicum riguardo alle generalità esterne, non dovrebbero differire neppure molto dalla nostra, per la quale sarebbero quindi maggiori le analogie con i pinacoceratidi della zona a Protr. Archelaus che non con quelli del calcare di Hallstatt. Detto autore cita per altro le misure del diametro e dell’ombelico dalle quali si rileva che la specie nuova ma indeterminata del Monte Clapsavon per D=1 ha 0, 28 di Palaeontographia italica, vol. X1I, 1906. 16 130 A. MARTELLI [34] ampiezza ombelicale e che quella di Esino, dalle dimensioni incomparabilmente più grandi, misura mm. 77 di altezza di giro, 29 di spessore e 8 di larghezza ombelicale. Evidentemente non può esservi luogo a confusione nemmeno con questi individui contradistinti da un angusto ombelico; ma nondimeno rimane pure accertato che questa nuova specie con disegno suturale del tipo del P. daonicum, col quale potrebbe inoltre confrontarsi nella forma dei fianchi, trova principalmente non indifferenti analogie morfologiche e strutturali con i Pinacoceras della zona a Protr. Archelaus, e a tale zona rimane infatti per ora limitata facendo parte di quella fauna fossile di Skala Vucetina, di cui nell’introduzione già abbiamo dimostrata l’età ladinica superiore. Pinacoceras simplex sp. nov. — Tav. V [I], fig. 23. L’esemplare che scelgo come tipo di questa nuova specie è interamente concamerato e misura mm. 78 di diametro, ma, a giudicare dalla rimasta traccia del margine ventrale del successivo giro esterno com- prendente la camera di abitazione, sembra far parte di un grosso individuo con circa 120 mm. di diametro. La conchiglia è piuttosto appiattita, a contorno circolare e consta di 2-3 giri ad accrescimento ra- pido e con avvolgimento che tende a rallentare verso l’esterno, ed infatti la traccia del giro mancante lascia chiaramente notare tale circostanza scostandosi sempre più dal margine ombelicale del giro prece- dente fino a far coincidere l’inserzione del peristoma col terzo interno del giro sottostante. I giri presentano il massimo spessore al terzo interno donde i loro convessi fianchi declinano adagio verso i margini, terminando all’interno sull’orlo arrotondato della relativamente alta parete ombelicale e concorrendo all’esterno ad originare una strettissima e quasi affilata regione sifonale; la loro sezione risulta quindi ellittica molto allungata e terminalmente acuta. Nella parte concamerata l’ombelico è poco profondo e la sua larghezza corrisponde ad un sesto circa del diametro conchigliare, mentre a completo sviluppo nel giro munito di camera di dimora essa sarebbe ‘quattro volte minore a È | del diametro. | N Sui giri irradiano coste numerose (circa 20-24 per giro), regolari ma poco spiccate e particolarmente deboli e mal discernibili dove i fianchi Lineaobale del Pinacoteras simplex. segnano la maggior convessità. La linea lobale è più semplice, meno addensata e curva di quella della precedente specie e risulta di un lobo sifonale un poco meno sviluppato e profondo del primo laterale, che è rispettivathente doppio e quasi triplo del secondo e terzo laterale. Le interposte selle sono alte, strette e poco frastagliate. I tre lobi laterali sono fillitiformi, robustamente seghettati. In serie quasi radiale rispetto ai fianchi si hanno cinque piccoli e semplici lobi ausiliari l’ultimo dei quali si trova sulla parete ombelicale. Fic. 3. DIMENSIONI Diametro c : c o o c . mm. 76 D=1 Altezza del giro esterno c 0 È . DENSO, 0,51 Spessore » » o o È 0 » 16 0,21 Ampiezza dell’ombelico . 6 c È È > 12 0,16 Relativamente ai caratteri esterni questa specie potrebbe confrontarsi col P. aspidoîdes descritto dal DIENER (Cephalopodenfauna der Schiechling-H6he bei Hallstatt. Beitr. zur Paliont. und Geol. Oesterreich- Ungarns und des Orients, Bd. XIII, pag. 19, tav. I, fig. 5, 6), poichè ad esso più che a qualunque altro [85] A. MARTELLI 131 corrisponde per la sezione dei giri, senza però che vi si possa ragionevolmente riunire per la maggiore larghezza dell’ombelico e per la presenza di coste radiali. In generale posso pure aggiungere che questa nuova forma tanto per i caratteri della linea lobale quanto per quelli dei fianchi si avvicina più alle specie morfologicamente più semplici del Muschelkalk propriamente detto che non a quelle, dal più ricco frastaglio suturale e dal maggiore ornamento superficiale, provenienti dai calcari di Hallstatt ed illustrate dal Mossisovics (Die Cephalop. der Hallstiitter Kalle. Abhandl. der k. k. geolog. Reichsanst., Bd. VI, Wien 1893, und Bd. VI — Suplement — Wien 1902). Raccolsi l'esemplare descritto nel calcare di Skala Vucetina presso Sozina. Gen. Protrachyceras Moss. Protrachyceras Richthofeni Moss. 1878. 1878. Trachyceras Richthofeni Mossisovics. Dolomitriffe von Sidtirol und Venetien. L. cit., pag. 244. 1882. _ — — ‘Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 105, tav. XXIII, fig. 4, 5; tav. XXXVII, fig. 5. 1899. Protrachyceras — — Tommasi. Fauna dei cale. ros. e gr. del M. Clapsavon ece. L. cit., pag. 23, tav. III, fig. 3. A questa specie riferisco con riserva taluni pochi frammenti che, particolarmente per l’ornamentazione del guscio, si avvicinano più agli individui illustrati dal Tommasi che non a quelli tipici descritti e figu- rati dal Moysisovics. Per la determinazione sono costretto a valermi quasi esclusivamente dei caratteri del guscio che risulta ornato di fitte, spiccate e falciformi coste corrispondenti per numero, andamento, modo di biforcazione e presenza di nodi ombelicali, marginali e laterali (poco sviluppati) a quanto venne esposto dagli autori nella descrizione di questa specie, e a fondarmi pure sulle identità col Protr. Ltick- thofeni nella sezione, altezza e spessore del giro. Nulla posso dire sull’involuzione dei giri e sulla linea lobale e da ciò la mia riserva nella determinazione, sebbene molto grandi appaiano nei miei frammentari individui le analogie con gli esemplari della presente specie raccolti dal Tommasi nel Trias medio della Carnia occidentale. Per confermare maggiormente la presenza di questa specie nel Muschelkall superiore del Montenegro, aggiungo che in un frammento non concamerato si osserva — come fece già notare l’autore della specie a proposito dei caratteri dell’ultimo giro — che le coste divengono sulla camera d’abitazione piuttosto lisce, depresse nella regione ventrale del giro, prive di nodi laterali e terminanti sul margine ombelicale con nodi ottusi e poco sviluppati. i Il Mossisovics ascrive questa specie alla zona del Protr. Archelaus, citandola negli scisti nerastri a Daonella di Corvara e dei pressi di S. Cassiano; e il TommAsI ne conferma la presenza nel calcare rosso a scogliera del Monte Clapsavon e più precisamente di Forni alto e S. Osvaldo friulano. Gli incompleti individui che ho raggruppato sotto questo nome specifico furono raccolti nel calcare rosso di Radec Velje nella Kostitza e in quello di Skala Vucetina. Protrachyceras sp. ind. — Tav. VI [II], fig. 1. Altri incompleti esemplari di non dubbio riferimento generico, non mi consentono per la loro cattiva conservazione una determinazione specifica e nemmeno sempre un confronto con specie già note. Da segnalarsi principalmente è un grosso frammento non concamerato, a stretto e profondo ombelico, 132 A. MARTELLI [36] a fianchi pianeggianti e muniti di coste robuste, radialmente divaricanti a ventaglio e crescenti di svi- luppo dal margine ombelicale, dove sono leggermente ricurvi in avanti e deboli, al margine esterno. Fitte e spiccate striature si addensano fra le coste seguendone l’andamento alquanto arcuato ai margini e retto sulla metà dei fianchi. Il dorso carenato vale a distinguere questo grosso frammento da quelle forme di Acrochordiceras con le quali a tutta prima potrebbe confondersi per i caratteri generali dei fianchi. L’esemplare in discorso proviene dal calcare di Skala Vucetina e fa parte verosimilmente di un in- dividuo di 115-120 mm. di diametro. Le altre principali dimensioni, sempre approssimative sarebbero le seguenti: DIMENSIONI Altezza del giro 0° o 6 o < 0 . o o < mm. 56-60 Spessore . 6 0 : . i; i 5 ò E È 5 » 32-34 Ampiezza dell’ombelico . 3 3 . o o à ò ” » 28-30 Se questo campione avesse le coste munite di nodi ombelicali e laterali si potrebbe avvicinare e forse anche — se meno incompleto — riferire al Protr. ladinum Moss. ma per la costante mancanza di coste nodose, la sua autonomia dovrebbe essere indiscutibile, purchè il carattere dei nodi e delle spine sulle coste non venga considerato come transitorio e secondario in modo da dar valore solo al complesso di tutti gli altri caratteri esterni pei quali risulterebbero molto strette, come ripeto, le analogie con la predetta e bellissima specie, la quale, secondo il Moysisovics, dovrebbe considerarsi come tipica della parte più alta del Muschelkalk. Frammenti indeterminabili specificamente di Protrachyceras vennero pure isolati dal calcare rosso di Radec Velje. Gen. Acrochordiceras Hyam. Acrochordiceras Portisi sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 2. Istituisco questa nuova specie in base all’esame di un esemplare incompleto ma dimostrante a suf- ficenza quei caratteri principali, sui quali è possibile di stabilire una valevole distinzione specifica dalle forme congeneri. E La conchiglia è lateralmente piuttosto compressa e consta di giri i quali, rapidamente crescenti di al- tezza e strettamente avvolti, lasciano aperto un ombelico scalariforme e poco ampio. Nella metà esterna del siro occupata dalla camera di dimora la parete ombelicale aumenta di altezza in modo notevole, mentre l’avvolgimento si rallenta alquanto lasciando scoperta sempre più la parte ventrale del giro sot- tostante. La parte dorsale è arrotondata e stretta e senza rimanere delimitata da un margine esterno vero e proprio, si confonde con l’inizio marginale dei fianchi, i quali sono lievemente convessi e raggiun- gono il loro massimo spessore intorno all’orlo dell’ombelico, la cui parete è piuttosto rientrante facendo con la superficie ventrale dei fianchi un angolo di 70°-75°. La superficie è scolpita da coste trasversali, dirette verso avanti, leggermente appiattite e tendenti in modo sensibile ad accrescersi di sviluppo dalla regione circumbelicale, dove appaiono poco evidenti, fino a quella sifonale dove, in continuazione con le coste dei fianchi, danno luogo a quel caratteristico dorso a superficie cordonata con grossi rilievi rotondeggianti e proprio di questo genere. Stretti solchi disgiungono le coste, e queste nella metà interna dei fianchi si anastomizzano spesso e si appiattiscono presso |37] A. MARTELLI 133 all’ombelico, mentre nella metà esterna decorrono, ora dirette verso l’avanti e ora falciformi, bene spic- cate e distinte. In complesso dunque, la superficie della parte media ed esterna dei fianchi si presenta interamente cordellata da numerose e fitte coste, il cui numero è all’esterno circa un terzo maggiore che non intorno all’ombelico. Nell’esemplare che ho sott’occhio la camera d’abitazione è solo in parte conser- vata e da quanto ho potuto giudicare mi sembra che le sculture della superficie tendano ad appiattirsi e a diventare meno distinte con l’approssimarsi all’apertura boccale. Im un mezzo giro il numero delle coste sul dorso e presso al margine dei fianchi è 20-22. Siccome il massimo spessore è raggiunto dalla conchiglia intorno all’ombelico e il dorso misura in lar- ghezza circa la metà di detto spessore, ne deriva che i fianchi tendono a discendere verso il margine, imprimendo alla conchiglia l’aspetto complessivo di un disco leggermente rigonfio sulle sue basi. La linea suturale per il disegno e per il numero dei lobi ha maggiori assomiglianze con quella del- l'A. Damesi Hau. che non con quella dell'A. enode HAu., mentre per i caratteri esterni esiste una più MELA spiccata affinità con quest’ultimo che non coll’altro. Il lobo esterno, mal riuscito nella preparazione e non riprodotto nel disegno, è un poco meno sviluppato e profondo del e primo laterale che è circa il doppio del successivo. È È PF Questi lobi hanno a comune la particolarità di possedere semplici ma grossi e IG lunghi denti terminali diretti verso il basso o obliquamente in basso, e di mostrare Linea lobale dell’Acro- frequenti dentellature a guisa di intaccature lungo i loro fianchi. Le selle sono piut- chordiceras Portisi tosto strette e alte. Mal rimarcabile è un piccolo lobo ausiliario presso all'orlo ombe- licale. La linea lobale di questa specie messa a confronto con quella dell'A. enode si presenta con denti più semplici e spessi, con selle meno frastagliate e con un solo lobo ausiliario invece di tre. Anche nell’A. Damesì si ha un solo lobo ausiliario ma molto più regolare e sviluppato che non nella presente forma la cui linea suturale, riguardo al frastaglio del disegno, può ritenersi intermedia fra quelle delle due predette specie, con le quali ha però a comune la linea leggermente curva segnata dalle sommità delle selle e dei lobi. Se questo esemplare fosse completo dovrebbe misurare un diametro di circa mm. 58 e uno spessore di mm. 19; essendo ben conservato nella sua parte ventrale consente di riconoscere con esattezza l’am- piezza dell’ombelico che è di mm. 12. Per ricavare i rapporti delle principali dimensioni facendo D=1 ho dovuto valermi delle misure prese dove l'esemplare è meglio conservato e cioè dove il suo diametro è uguale a- mm. 46, desumendo da esse quanto segue: Altezza del giro . ? . o . c c . È 0 c 0,54 Spessore. z - ò Ò 3 . 6 a Ò i 5 0,39 Ampiezza ombelicale . , 5 ; : o , ò ò 5 0,19 Se i caratteri della superficie e una notevolmente minore globosità distinguono questa specie dal- lA. Damesì, i suddetti rapporti valgono pure a distinguerla dall’A. enode caratterizzato da uno spessore (0,31) e da un’ampiezza ombelicale (0,13) minori. Ho già fatto del resto anche notare le differenze ri- marcabili nella linea lobale, e quindi anche se non si volesse tener conto del fatto che le coste dell’A. enode sono presso al margine esterno alquanto. più ricurve verso avanti che non nell’A. Portisì, rimane pur sempre evidente l’autonomia di questa nuova forma. L’esemplare descritto venne trovato, insieme con altri rari frammenti di Acrochordiceras appartenenti forse in parte anche a questa specie, nel calcare di Skala Vucetina. 134 A, MARTELLI [38] Acrochordiceras enode Hau. 1892. Acrochordiceras enode HaveR. Bettr. ur Kennin. der Cephalop. aus der Trias von Bosnien. II. Neue. Funde aus dem Muschellk. von Han Bulog ece. L. cit., pag. 272, tav. VII, fig. 1 a-c. 1896. _ — — Artmager. Die Cephalopoden-Fauna der Reiflinger Kalk. TI Abth. Bei- trige zur Paliontologie und Geologie Oesterreich-Ungarns und’ des Orients, Bd. X, pag. 81. 1905. — — — Arracni. Ammoniti triasici (Muschelkalli) del Monte Rite in Cadore. Boll. Soc. geolog. Ital., vol. XXIV, pag. 252, tav. VIII, fig. 2. Solamente in base ad alcuni grossi frammenti credo di poter affermare la presenza di questa specie nel calcare di Skala Vucetina e di Radec Velje. I giri hanno uno spessore che è circa la metà dell’al- tezza e i loro fianchi sono percorsi da coste strette, fitte, bene spiccate, leggermente falciformi e ten- denti a curvarsi verso l’avanti in prossimità del margine esterno donde si continuano nella parte dorsale per prolungarsi ininterrottamente sull’altro fianco fino all’orlo dell’alta parete ombelicale. Sulla regione sifonale le pieghe appariscono un poco più sviluppate che non sui fianchi e danno luogo ad un largo dorso corrugato da pieghe regolarmente curve e con la convessità rivolta in avanti. Dette pieghe non sono sui fianchi ugualmente spiccate ma tendono ad appiattirsi e a diminuire nel ri- lievo intorno all’orlo ombelicale in cui non tutte arrivano, poichè, come si riscontra nella forma tipica de- scritta e figurata da HaAuUER, ogni tanto se ne notano talune che non raggiungono il terzo interno del giro. Tanto per gli ornamenti superficiali, quanto nelle proporzioni fra le principali misure ho constatato quella corrispondenza necessaria con i caratteri dell’A. enode di Han Bulog per ritenermi autorizzato alla determinazione presente, a malgrado che per la cattiva conservazione di questi esemplari non sia. stato possibile di poterne osservare, ad efficace conferma di questo riferimento, anche la linea lobale. Escludo infine che possa trattarsi anche di frammenti riferibili all’A. pustericum Moss. col quale HAuUER confronta questa specie, perchè esso, oltre ad un minor rilievo delle coste, presenta dei giri molto più alti e in proporzione con uno spessore che è circa la metà di quanto si può osservare negli incompleti esemplari di Skala Vucetina e di Radec Velje. Ta) Acrochordiceras sp. ind. In un frammento del quale mi è solo stata possibile la determinazione del genere, si osservano delle piccole spine laterali allineate lungo la metà delle coste e tracce pure di deboli spine marginali. Pos- sedendo un solo frammento di giro non concamerato e mancando inoltre anche la parte ventrale della conchiglia non si può addivenire ad alcuna descrizione. Credo però conveniente di segnalare in questo incompletissimo esemplare il carattere delle spine laterali e marginali sulle coste, perchè nessuna forma fino ad oggi ne ha mostrata la presenza con analoga forma, disposizione e sviluppo. Nel calcare di Radec Velje. Gen. Procladiscites Moss. Procladiscites sp. Sono frequenti nei calcari di Radec Velje e di Skala Vucetina i frammenti di forme che lasciano chiaramente riconoscere la loro appartenenza al genere Procladiscites per la loro conchiglia discoidale, a 139] A. MARTELLI 135 stretto ombelico e a fianchi appiattiti e ornati da una sottilissima e continua striatura a spirale; ma un riavvicinamento qualsiasi a specie già note potrebbe per esse riuscire azzardato e troppo malsicuro. Il carattere generale di queste forme mostra per altro una sensibile e maggiore affinità con quelle descritte dal Tommasi e provenienti dal monte Clapsavon, che non con quelle da me ritrovate a Bolje- vici o già citate dal Moysisovics per la Schreyer Alpe o dal HaueR per la Bosnia. Gen. Monophyllites Moss. Monophyllites wengensis Krpsr. sp. 1845. — Tav. VII [IV], fig. 1. 1845. Ammonites wengensis KurestEN. Bestrigo xur geologischen Kenniniss der bstlichen Alpen., Bd. I, pag. 120, tav. VI, fig. LI. 1882. Monophyllites — KLipsr. Moysisovios. Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 207, tav. LXXVIII, fig. 10-12. 1895. — confr. — — Saromon. Geologische und palaeontologische Studien “ber die Marmolata. i Palaeontographica, Bd. XLII, pag. 191, tav. VII, fig. 8,9. 1899. — — _ Tommasi. La fauna dei calcari rossi e grigi del Monte Clapsavon nella Carnia occidentale. Palaeontographia Italica, vol. V, pag. 33, tav. IV, fig. 5. 1904. — _ — Marrenni. Cefalopodi triasici di Boljevici presso Vir nel Montenegro. Palaeontographia Italica, vol. X, pag. 101, tav. VIII [IV], fig. 4. Tre esemplari interamente concamerati con mm. 40-60 di diametro e provenienti da Radec Velje e da Skala Vucetina mostrano corrispondenze perfette con questa specie di cui ho già esposto le fonda- mentali per quanto poco rilevanti differenze con l’affine IM. sphaerophyUlus, descrivendo i cefalopodi triasici di Boljevici. Anche relativamente ai loro caratteri nulla potrei aggiungere che non coincidesse sostan- zialmente con quanto ho già scritto per gli identici campioni di Boljevici. Noto per altro che nei calcari conchigliari oggetto di questa memoria, le forme congeneri apparte- nenti al gruppo del IM. sphaerophyllus, sono molto meno frequenti di quelle del gruppo del IM. Suessi, e che fra di esse nessuna sembra raggiungere quelle grandi dimensioni che, per esempio a Boljevici, vengono presentate appunto nel predetto gruppo del M. sphaerophyUus. Sebbene il M. wengensis abbia dei rappresentanti anche in depositi triasici montenegrini corrispon- denti alla zona a C. trinodosus dell’ Alpe Schreyer e della Bosnia, pure raggiunge il suo massimo svi- luppo nei più alti livelli del Muschelkalk, come risulta dalle numerose citazioni del Moysisovics. Sappiamo infatti che esso fa frequenti comparse nella zona a Prot. Reitzi nella parte superiore degli Strati di Buchenstein e nel livelto di Wengen di varie località delle Alpi orientali, e che abbonda in modo parti- colare nella Zona a Prot. Archelaus del Monte Clapsavon', della Marmolata, di Esino e del Muschelkalk ungherese di Voròsberény nella Selva Bakony e dei pressi di Pozoritta nella Bukovina. Monophyllites Taramellii sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 3, 4. La conchiglia consta di numerosi e bassi giri ad accrescimento lento ed abbracciantisi nella loro ampia involuzione solo lungo la regione sifonale, cosicchè molto largo ne risulta l’ombelico. I giri interni, 136 A. MARTELLI [40] e in generale tutti quelli concamerati, hanno i fianchi leggermente convessi ed un’arrotondata regione dor- sale mal definita dai fianchi per una più forte curvatura del margine esterno; la parte dell’ultimo giro occupata dalla camera d’abitazione si contradistingue invece per una maggiore convessità dei fianchi e pel fatto che il dorso si acuisce al termine delle concamerazioni, per dar luogo ad un’affilata chiglia. Da tali caratteri deriva per conseguenza che la sezione dei giri interni rappresenta un’ellissi alquanto schiacciata mentre quella della camera di dimora è più rigonfia ai lati e all’esterno lievemente lanceolata. Riguardo ai caratteri della superficie noto la presenza di deboli e rade striature leggermente sigmoi- dali con direzione obliqua dall’avanti all'indietro, le quali, particolarmente sui giri interni, sembrano de- limitare delle piccole e poco appariscenti coste. Di piccole coste con decorso analogo a quello delle strie superficiali rimane pure traccia sul nucleo della camera d’abitazione, senza però che compariscano anche sul guscio. Il contorno generale della depressa conchiglia tende più ad essere leggermente ellittico che non cir- colare, ma possedendo di questa specie un solo esemplare munito di camera d’ abitazione, non potrei asserire con sicurezza se tale carattere ha un valore specifico o se deve solamente considerarsi come una semplice variazione individuale. Nell’individuo ora descritto e preso come tipo è mal conservata la parte centrale della conchiglia, ma, per buona sorte, dallo stesso calcare ho pure isolato un giovane individuo di mm. 28 di diametro interamente concamerato e appartenente senza dubbio a questa stessa specie — corrispondendole perfettamente nei caratteri della linea lobale, dei giri e del guscio — e quindi mi è possibile di poter affermare che in un esemplare completamente sviluppato, il numero dei giri risulterebbe uguale a nove. La linea lobale presenta chiaro ed evidente il disegno proprio del sen. IMonophyIlites e consta di un lobo sifonale, di due laterali e di un piccolo ausiliario, tutti, meno quest’ultimo, più o meno termi- nalmente dentati e disgiunti da selle semplici, alte ed ovali con le loro sommità lungo una curva con- Vessa verso l’avanti. Il lobo sifonale è irregolarmente tridentato e profondo quanto il secondo laterale, de- bolmente pentadentato. Più sviluppato e profondo degli altri è il primo laterale anch’ esso a E munito di cinque denti, di cui i tre centrali sono più lunghi e grossi dei due estremi, dà appena accennati tanto qui che nel secondo laterale. L’ unico lobo ausiliario è sem- | 09,0 plice e rimane interrotto dall’ orlo dell’ ombelico. In complesso, la linea suturale di ds questa specie ha molta assomiglianza con quella del I. Suessî riprodotto dal Mossisovics TESA a alla tav. LXXIX del suo classico lavoro sui cefalopodi della provincia triasica medi- nophyllites Tara- terranea. dati Le dimensioni dei due esemplari sui quali ho fondato la descrizione di questa nuova e bella specie sono le seguenti: i Esemplare giovane Esemplare adulto Diametro . . È 3 : 2 : mm. 28 D=1 mm. 69 Altezza dell’ ultimo giro . 5 ; 0 » 6,5 0,23 » 16 * Spessore » Dt . . 6 » 5 0,17 » 12 Ampiezza dell’ ombelico . 6 o 6 » 16.5 0,59 » 40 I rapporti centesimali di queste misure rispetto al diametro sono di molta importanza per tener di- stinta questa specie dal I. Suessi al quale la ravvicina molto la linea lobale, poichè secondo le dimen- sioni date dal Mossisovics (confr. loc. cit., pag. 205) si avrebbe per l’altezza dell’ultimo giro 0,27, per [41] A. MARTELLI 137 lo spessore 0,21, per la larghezza dell’ombelico 0,51, il che val quanto dire che dal nostro il IM. Suessi si differenzia per avere i giri molto più alti, spessi, più rapidamente crescenti e un meno ampio om- belico. Oltre a ciò non risulta che la liscia conchiglia termini a guisa di chiglia sul dorso della camera d’abitazione. Nemmeno è possibile che gli individui giovani di questa specie possano confondersi con altri appartenenti al IM. Confucii e descritti dal DieneR (confr. Hymalaian fossils. The Cephalopoda of the Muschelliall. Palaeontologia Indica, ser. XV, vol. II, part. 2, pag. 107, tav. XXX, fig. 7; tav. XXXI, fig. 1,2) poichè questi ultimi hanno lobi meno dentati, giri meno lentamente crescenti, alquanto meno alti e più spessi e fianchi lisci e più pianeggianti. Riguardo alle dimensioni i giovani individui di M. Confucti pre- sentano infatti per l’altezza del giro 0,26; per lo spessore 0,22; per l'ampiezza ombelicale 0,61. Queste forme ad ampia involuzione e quindi riferibili al gruppo del M. Swessi, hanno a comune con le congeneri del gruppo del IM. sphaerophyllus il carattere generale della linea lobale ma diversificano così grandemente da quest'ultime per tutti gli altri caratteri della conchiglia che mal si giustifica per essi il mantenimento dello stesso nome generico. Non spetta a me l’inaugurare una nuova denominazione generica per le forme di questi due gruppi, le quali oltre ad essere esteriormente differentissime, presentano pure a seconda del gruppo un maggior dettaglio e un maggior numero di elementi suturali, specialmente dopo che il MoysI- sovics, il HauÒR e il DIeNER, nelle loro pregiate monografie sui cefalopodi del Muschelkalk di varie re- regioni, non hanno creduto di farlo per i primi; ma sono certo che una volta espressa la convenienza di un’ ulteriore distinzione generica per le forme dei due gruppi, chi potrà accingersi ad una completa re- Visione dei cefalopodi del Trias medio riconoscerà l’insufficenza dell’attuale nomenclatura e si troverà costretto a limitare il gen. Monophyllites ad un sol gruppo e ad istituirne uno nuovo per l’altro. Allo stato della questione mantengo per questa nuova forma il genere proposto dal Moysisovics e tutt’ ora adottato, facendo inoltre osservare che anche dalle specie di ,Sydiltes, che alla lontana e per gli esterni caratteri della conchiglia potrebbero assomigliarsi a quelle del gruppo del M. Suessì, il M. Taramellti, fondamentalmente si separa per i peculiari caratteri della linea lobale. Questa specie proviene da Skala Vucetina presso Sozina. Monophyllites sp. Nel calcare rosso di Radec Velje e più ancora in quello di Skala Vucetina, sono frequenti le tracce di cefalopodi e particolarmente le sezioni trasverse che mostrano molta analogia con le forme del gruppo del IM. Suessì senza però identificarsi con alcuna di quelle già note. Non è improbabile che in certe si possano avere dei giovani rappresentanti della precedente specie, ma ciò che frattanto mi sembra sicuro è che nessuno di tali mal conservati esemplari trova sufficienti corrispondenze nelle specie congeneri della Schreyer Alpe e della Himalaya. Nel Muschelkalk superiore di Esino, del Clapsavon e della Marmolata non vennero citate forme del predetto gruppo. Tenendo presente le strette analogie morfologiche che i Monophyllites del gruppo del M. Suessi e i Sybillites hanno fra di loro tanto che mal se ne possono contradistinguere le sezioni trasverse, è facile che qualcheduno dei mal conservati esemplari osservati anche in sezione da HauER nel Muschelkalk della Bosnia e da lui compresi nel Sybillifes planorbis, possano piuttosto appartenere al gruppo del IM. Suessì, tantopiù che detto autore nella descrizione di tale specie dice di ascrivervi numerosi esemplari con dif- ferenze poco chiare e molto. variabili, essendo taluni un poco più spessi, altri più sottili ed appiattiti lateralmente e non tutti in condizioni tali di conservazione da consentire una sicura visione della linea lobale. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 17 138 A. MARTELLI [42] Gen. Proarcestes Moss. Proarcestes subtridentinus Moss. sp. 1875. — Tav. VII [IV], fig. 2. 1859. Ammonites Johannis Austriae Storpani. Les pétrifications d’Esino. Palacont. lomb., pag 119, tav. 26, i fig. 1-3. 1875. Arcestes subtridentinus Mogsisovics. Das Gebirge um Hallstatt. I Bd., pag. 91, tav. LVII, fig. 20. 1876. Ammonites Johannis Austriae Stopp. Benecke. Ueber die Umgebungen von Esino in der Lombardei. Geogn. paliont. Beitr., Bd. II, pag. 312, tav. XXIV, fig. 1-4. 1882. Arcestes subtridentinus Mossisovics. Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 156, tav. XLIV, fig. 1-3. 1896. Proarcestes — Moys. De Lorenzo. Foss. del Trias med. di Lagonegro. L.cit., pag. 148, tav. XX [V1], fig. 15-17. 1899. —_ — — Tommasi. Fauna dei cale. ros. e gr. del M. Clapsavon ece. L. cit., pag. 33. Di questa specie, tanto comune nella zona a Protr. Archelaus del Trias mediterraneo, ho esaminato vari individui di differente sviluppo e provenienti dai calcari rossi di Radec Velje e di Skala Vucetina. Si tratta, è vero, di esemplari per la massima parte mal conservati, ma le loro corrispondenze morfo- logiche con quelli del calcare di Esino riprodotti dal Mossisovics alla tav. XLIV della citata sua opera sono così evidenti che non mi lasciano incerto sulla determinazione. In generale mi sembra che questa specie sia rappresentata nel Muschelkallk montenegrino da forme poco rigonfie, con dorso poco ampio e con fianchi mediocremente ma regolarmente arrotondati. Ciò faccio notare perchè tanto a Esino, quanto nel Monte Clapsavon e nei dintorni di Hallstatt, nelle quali località il Pr. subtridentinus è rap- presentato da numerosissimi individui, vennero constatati esemplari di grandi e piccole dimensioni con passaggi intermedi fra le forme più compresse e quindi con regione dorsale più stretta, e quelle più globose e a dorso più ampio senza che per parte degli Autori si constatassero altri caratteri per un’ ul- teriore suddivisione specifica fra i termini estremi, dei quali, come ho già accennato, non ho trovato rap- presentanti nei calcari conchigliari descritti in questa memoria. I nostri esemplari corrispondono, anche pel numero e andamento dei solchi nucleari moventisi dal- l’arrotondato orlo ombelicale, alle forme esinensi di medie e piccole dimensioni, mentre nella loro linea lobale riproducono le generalità e i dettagli propri di questa specie. Oltre che nelle predette località, il Py. subtridentinus è noto pure nel Muschelkall ungherese di Bakony e nel calcare a scogliera di Valle del Chiotto presso Lagonegro. Proarcestes Reyeri Moss. 1879. 1879. Arcestes Reyeri Mossisovics. Ueber cinige neue Punde von Fossilien in den Ostkarpaten. Verhandl. der k. k. geolog. Reichsanst., pag. 190. 1882. — —_ — Die Cephalop. der medit. Triasprov. L. cit., pag. 160, tav. XLV, fig. 9, 10. 1892. Proarcestes — _ Die Cephalop. der Hallstitterkalke. Abhandl. der k. K. geolog. Reichsanst, Bd. VI, pag. 785. 1899. — — Moss. Tommasi. Mauna dei cale. del M. Clapsavon ecc. Li. cit., pag. 35, tav. V, fig.4, 40,5. 1902. — — — Arracni. Nuovi Cefalopodi del calcare di Esino. Palaeontographia Italica, vol. VIII, pag. 29. Fra l'abbondante numero di Proarcestes raccolti nel Muschellkalk montenegrino, ho distinto un esem- plare, che, a malgrado della sua cattiva conservazione, presenta ben chiaro l'aspetto complessivo di questa [43] A. MARTELLI 139 specie caratterizzata da giri larghi e bassi e quasi cocleiformi all’esterno. Poco manifesta è la posizione dei due solchi nucleari per giro e sebbene mi manchi il confronto della linea lobale, pure il grosso fram- mento di individuo, con dimensioni pari a quelle dell’ esemplare proveniente dai calcari del distretto di Pozoritta in Bukovina, corrisponde così bene nelle linee del contorno e nei rapporti fra le principali mi- sure dei giri alle forme analoghe già descritte e figurate dal Mossisovics e dal Tommasi, che non credo di poter separare l'esemplare malamente isolato dal calcare rosso di Radec Velje, dal Pr. Reyerì già noto non solo nella parte più alta del Trias medio carnico ed ungherese, ma anche nel calcare di Esino. Proarcestes ventricosus Hau. 1892. — Tav. VII [IV], fig. 3. 1892. Arcestes ventricosus Hauer. Beitr. xur Kenntn. der Cephalop. aus der Trias von Bosnien. Il. Neue Funde aus dem Muschelk. von Han Bulog ecc. L. cit., pag. 277, tav. VII, fig. 4; tav. IX, fig. 1a-d. Posseggo un esemplare di mm. 70 di diametro e completamente concamerato; è evidente la sua ap- partenenza ad una delle più grandi forme di Proarcestes che notoriamente hanno allignato nei mari triasici, ed anzi per tutti quei caratteri che l’incompletezza del campione non impedisce di esaminare, mi sembra sicuro il riferimento di esso a questa specie. I giri hanno nella parte ventrale uno spessore che supera di poco l’altezza e sono così strettamente avvolti da lasciare aperto un piccolo ombelico, presso il cui orlo la conchiglia misura la massima lar- ghezza. I fianchi, lisci alla superficie, sono leggermente convessi e dall’arrotondato margine dell’alta pa- rete ombelicale discendono verso il margine esterno, dove con una curva più stretta si confondono con l’inizio della piuttosto angustamente arcuata regione dorsale, che è completamente regolare e priva di chiglia. I solchi del nucleo, quantunque nascosti dal guscio, apparirebbero per numero la metà di quelli constatati da HAUER come propri per questa specie. Data l’imperfetta conservazione del presente esem- plare, privo della camera d’abitazione e verosimilmente anche di una porzione di giro esterno, non credo di dare valore a questa differenza con la forma tipo, tantopiù che HaurR nota espressamente che il numero di quattro solchi rappresenta un carattere costante solo pel giro esterno munito di camera e non per quelli più interni concamerati. La linea lobale scoperta solo in parte, conferma a sufficenza la presente determinazione corroborata pure dalla corrispondenza nei rapporti delle principali misure relative al diametro = 1, fra l'esemplare montenegrino e quello bosnese descritto come tipo. Di quest’ultimo riporto pure le dimensioni aggiun- gendovi i rapporti per D= 1. DIMENSIONI Esempl. montenegrino Esempl. bosnese Diametro . 5 0 5 mm. 70 D=I mm. 98 DEA Altezza del giro esterno . » 37,5 0,53 » 52 0, 53 Spessore » » ò » 41(?) 0,58 Da 0,59 Ampiezza ombelicale 5 » 5,3 0,07 » T 0,07 L’autore della specie ha già esposte le fondamentali differenze fra questa forma e il Pr. carinatus, che oltre la caratteristica chiglia presenta uno spessore assai meno rilevante; qui dunque basterà aggiun- gere soltanto che anche un’ altra forma affine, il Pr. subtridentinus, si differenzia notevolmente dalla pre- 140 A. MARTELLI [44] sente non solo pel minore spessore e per la più ampia curvatura della regione dorsale e quindi del mag- giore rigonfiamento dei fianchi presso al margine esterno, ma sibbene pure per i suoi più numerosi solchi nucleari e per un più largo ombelico. Questa specie, conosciuta fino ad oggi solo nel Muschelkalk di Han Bulog, è rappresentata nella col- lezione in esame dal suddescritto esemplare isolato dal calcare di Skala Vucetina. Proarcestes Spallanzanii Tomm. 1899. 1899. Proarcestes Spallanzani Tommasi. Fauna dei cale. ros. e gr. del M. Clapsavon ece. L. cit., pag. 37, tav. V, fig. 8-10. Un solo e poco ben conservato esemplare presenta in modo non dubbio una corrispondenza rimar- cabilissima con la forma descritta come nuova dal Tommasi. La bontà specifica della specie e il riferi- mento a questa del Proarcestes in parola trovano valida conferma anche nel confronto con le forme più affini quali il Pr. Bramantei e il Pr. gibbus, poichè dal primo si distingue principalmente per una molto minore globosità della conchiglia, per una maggiore ampiezza ombelicale e per un minor numero di solchi nucleari; mentre dall’altro rimane pure differenziato per essere leggermente più rigonfio sui fianchi e per avere, in proporzione al diametro, assai minore l’altezza dell’ultimo giro. Anche nel mio imperfetto esemplare la parte esterna è mediocremente larga e tondeggiante, e gli stretti e bassi giri hanno fianchi bene arcuati. Nelle piccole e sparse porzioni di nucleo sulle quali il guscio è parzialmente conservato, si distinguono pure piccole e sottili rughe radiali, filiformi. La linea suturale differisce ben poco da quella comune a tutto il genere per quanto concerne il dettaglio dei suoi elementi e solo rimane distinta dalla linea suturale delle forme affini per un diverso numero di lobi. Nel campione in esame si osservano, come nella forma tipica del M. Clapsavon, un lobo esterno, due laterali e tre ausiliari tutti regolarmente arbo- rescenti ma poco ramificati e disgiunti da selle poco alte, strette, frastagliate e munite di lunghi e sem- plici lobuli. DIMENSIONI Diametro . 7 0 o 6 0 o ò 0 6 . b . mm. 37 (?) Altezza del giro esterno . o - o o 0 ò c d 6 DIO Spessore » » RAI a . . . : 0 c 0 . » 26 Ampiezza dell’ ombelico . . ò ° o 0 . . 0 a » 5 Tali misure, sebbene incomplete, avvalorano la presente determinazione e valgono a porre sempre più in evidenza le strette corrispondenze morfologiche fra questo cefalopode isolato dal calcare rosso di Radec Velje e quello raccolto dal Tommast a S. Osvaldo e in Ciana sul M. Clapsavon. Proarcestes sp. Dal Muschelkall di Radec Velje e di Skala Vucetina provengono pure numerosi frammenti di indi- vidui di questo genere, peri quali riescirebbe inesatto e talora perfino impossibile non solo una deter- minazione ma anche un riavvicinamento specifico. Credo però opportuno segnalare la frequenza di queste forme congeneri, perchè oltre alle specie già descritte più sopra ritengo in modo sicuro che altre due almeno prendano parte alla fauna in esame a giudicare principalmente dalle sezioni difformi di Proarcestes nei calcari rossi compatti delle predette località. [45] A. MARTELLI 141 Gen. Ptychites Moss. Ptychites patens Hau. 1892. 1892. Ptychites patens Hauer. Beitr. zur Kennin. der Cephalop. aus der Trias von Bosnien. II, Neue Punde aus dem Muschell. von Han Bulog. L. cit., pag. 286, tav. XIII, fig. 2a-c. Dal calcare di Skala Vucetina ho isolato un solo e incompleto esemplare riferibile a questa specie per la conchiglia a largo ombelico, a dorso ben arrotondato e stretto, e a fianchi poco rigonfi e muniti di coste radiali larghe ed appiattite. Ciascun giro interno viene inviluppato da quello successivo esterno fino all'ombelico delimitato da un’alta e ripida parete, sull’ orlo della quale i fianchi spioventi verso il margine esterno raggiungono il massimo spessore. A causa dell’imperfetta conservazione non ho potuto nè esaminare nè mettere parzialmente allo sco- perto la linea lobale, ma che si tratti indubbiamente di questa specie lo deduco dal fatto che le analogie di questo Ptychites col Pi. patens di Han Bulog sono perfette riguardo ai caratteri esterni, e che suffi- ciente corrispondenza esiste pure nelle proporzioni centesimali delle principali misure in rapporto al dia- metro. Ed infatti per l’individuo in discorso si hanno le seguenti DIMENSIONI Diametro o . 5 Ò 5 o . o mm. 80 D=1il Altezza dell’ ultimo giro ; o o ; o » 36-37 0, 45-0, 46 Spessore » » o : 0 o 0 Sil 0, 38 Ampiezza ombelicale . c c c c È 23 0, 28 Hauer avverte che questa forma si presenta abbastanza variabile particolarmente nella scultura della conchiglia, come ha potuto constatare esaminando i diversi esemplari di Han Bulog raggruppati sotto questo nome specifico, ma a maggior conferma dell’ esattezza della determinazione debbo aggiungere che qui le coste radiali sui fianchi corrispondono per numero, posizione e sviluppo a quanto si osserva nel campione tipico riprodotto dall’autore della specie. A parte le differenze nella linea tobale già enumerate da HauER, questa forma rimane bene distinta dal Pf. seroplicatus per il molto meno pronunciato spessore del giro e rigonfiamento generale della con- chiglia e per lo spiccato carattere delle ben rilevate pieghe radiali; inoltre, sebbene il Pf. patens abbia a comune l’ aspetto imbutiforme del largo ombelico e la pendenza dei fianchi dall’ orlo ombelicale fino alla strettamente arcuata parte esterna col Pf. Paul Moys., nondimeno si distingue facilmente anche da questo per la presenza delle coste radiali, per una maggiore altezza del giro e pel fatto che il margine ventrale della camera d’abitazione si discosta dall’orlo ombelicale accennando ad un più notevole svol- gimento nella metà esterna dell’ultimo giro. Fino ad oggi il Pf. patens era conosciuto soltanto nel Muschelkalk della Bosnia. Ptychites subdiscoidalis sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 5. Questa nuova specie ha una notevole analogia col Pf. patens Hau. di Han Bulog per quanto concerne i caratteri esterni, rimanendone però chiaramente distinta, oltre che per la linea lobale, per la sua forma più appiattita e quasi discoidale. In rapporto allo spessore e alla forma dei fianchi questa nuova specie 142 A. MARTELLI [46] sta al Pf. patens come questo sta al Pt. seroplicatus pure di Han Bulog e illustrato insieme col precedente alla stessa tav. XIII del Neue Funde aus dem Muschelkall von Han Bulog bei Sarajevo (Denkschr. der k. Akad. der Wissensch. Wien 1892). La conchiglia è subdiscoidale, piuttosto stretta e a ombelico più largo che non nelle altre forme congeneri se si eccettuano le succitate e il Pf. gimmnitiformis Hau. La parte esterna è strettamente ar- cuata e senza alcuna demarcazione si confonde nell’arrotondato margine esterno col termine dei fianchi, i quali, quasi appiattiti nella loro regione media e ventrale, vengono a misurare il massimo spessore presso l’orlo ombelicale. I giri interni sono inviluppati dall’esterno fino all’ombelico, delimitato da una ripida parete, e solamente nell’ultima metà dell’ultimo giro si fa rimarcare, come nel Pf. pafens, un notevole svolgimento della conchiglia che rende così visibile la parte ventrale del giro sottostante alla camera d’abitazione. L'ultimo giro che comprende nella metà esterna la camera di dimora, è ornato con pieghe radiali in generale poco rilevate ma crescenti in sviluppo dall’origine del giro fino all’ apertura boccale presso cui tendono ad allargarsi e ad appiattirsi di nuovo. Sull’ultimo giro del mio esemplare si contano in totale 16 coste, comprese le 9 sulla camera di abitazione incompletamente conservata. I giri sono più alti che spessi e la loro sezione è semiellittica allungata. Un buon carattere differenziale specifico viene offerto anche dalla linea lobale, sebbene questa, nelle sue generalità complessive, non diversifichi molto dalle surricordate forme affini, le quali per altro deb- bono da questa nuova distinguersi pure per talune non trascurabili differenze nel dettaglio lobale e nella posizione dei più lunghi lobuli intersecanti le selle. i Il lobo esterno ha numerosi ma corti rami laterali e terminali ben dentati e privi di ramificazioni secondarie; esso è quasi doppio e poco più profondo del primo laterale, che gli è simile nel dettaglio per quanto ridotto. Fra questi due lobi intercede una stretta e frastagliata sella assai più alta di quella sifonale, molto più angusta ma quasi altrettanto alta delle successive laterali e ausiliarie. Dopo il secondo lobo laterale, meno profondo e un terzo minore del primo, si osserva un’ampia sella munita nella sua metà di un lungo lobulo dentato anche lateralmente, ma meno svilup- pato dei successivi due lobi ausiliari, ai quali fa seguito un terzo sull’orlo Ls ombelicale. In questa linea suturale, qui incompletamente riprodotta, si hanno i | dunque in totale sette lobi e sei selle, una delle quali bipartita. Quest'ultima & IRA particolarità non è certo nuova nelle linee suturali dei Ptychites, e mentre in talune specie affini alla presente manca addirittura, come nel Pt. seroplicatus, Linea lobale di Ptychites subdiscoi- in altre, come per esempio nel Pt. patens, esiste ancora più sviluppata per Ae dimensione e per numero giacchè invece di aversi un lungo lobulo soltanto nel mezzo della prima sella ausiliaria, se ne presenta pure un altro nella precedente sella laterale. A comprovare sempre più l’autonomia di questa nuova specie, accanto alle dimensioni del mio unico esemplare pongo a confronto i rapporti centesimali relativi al diamentro del Pf. subdiscoidalis e quelli già dati da HauER per il Pt. patens, che è la forma più affine alla mia. Fic. 6. DIMENSIONI Rapporti per D=1 Pi. subdiscoidalis Pt. patens Diametro 0 o 0 o . mm. 95 1 1 Altezza dell’ ultimo giro. 0 ; » 40 0,42 0,47 Spessore » D 0 ò : » 30 0,31 0,38 Ampiezza dell’ombelico . 0 0 » 24 0,25 0,27 [47] A. MARTELLI 143 Considerando pure l’altezza poco rilevante dell'ultimo giro e l'ampiezza notevole dell’ombelico, si può conchiudere che questa specie appartiene a quella serie di forme delle quali il Pf. Pauli Moss., ri- guardo all’aspetto esteriore e complessivo, è il principale e più antico rappresentante, e alla quale HAUER ha pure morfologicamente aggregate le forme nuove a largo ombelico ritrovate ad Han Bulog. L’esemplare descritto proviene dal calcare grigio e rosso di Skala Vucetina presso Sozina. Ptychites Canavarii sp. nov. — Tav. VI [II], fig. 6; Tav. VII [IMI], fig. 1. Fra le forme di grandi cefalopodi che per la loro frequenza principalmente caratterizzano il Muschel- kall di Skala Vucetina presso Sozina, se ne debbono segnalare talune che non trovano riscontro in altre specie fino ad oggi conosciute. Gli esemplari da me raccolti e che raggruppo sotto questa denominazione specifica constano per lo più di nuclei e giri interni concamerati per intiero, ad eccezione di uno con circa 240 mm. di diametro, il quale, a malgrado della parziale corrosione su uno dei lati, può conside- rarsi in discreta conservazione avendo la metà dell’ ultimo giro occupata dalla camera di dimora e pre- sentando con sufficente chiarezza i caratteri della conchiglia, del guscio e della linea lobale. La conchiglia è piuttosto compressa; ha un accrescimento lento e un’involuzione molto forte, poichè ogni giro abbraccia il precedente per circa quattro quinti della sua altezza lasciandone scoperta la parte ventrale e dando origine ad un ombelico scalariforme. I giri sono convessi in modo irregolare sia per l’influenza di larghe e depresse coste radiali, sia anche perchè dal terzo interno, dove la conchiglia mi- sura il massimo spessore, discendono rapidamente verso l’arcuata parte esterna declinando invece assai poco nella parte ventrale, al-cui orlo fortemente si flettono e quasi ad angolo retto così che lo scalari- forme ombelico risulta delimitato da alte pareti e quindi in complesso assai profondo. Inoltre, i giri sono per un terzo circa più alti che larghi nella parte concamerata, ma accennano ad una proporzione minore in tale carattere per quanto concerne il giro occupato dalla camera d’abitazione, dove lo spessore, rispetto all’altezza, sembra sensibilmente accrescersi. I margini esterni sono arrotondati e non designano alcun distinto limite fra i fianchi ed il dorso, il quale è stretto nella conchiglia concamerata e tende lievemente ad allargarsi nella parte del giro appartenente alla camera di dimora. Le coste radiali che ornano i fianchi sono abbastanza costanti nei giri interni e in generale su tutti i giri concamerati sia per il loro sviluppo, sia per i loro intervalli; ordinariamente esse sono deboli, de- presse, poste ad intervalli che tendono a diminuire col diametro dell’individuo e si rivelano spesso, spe- cialmente sul nucleo, più come regolari ondulazioni superficiali che come pieghe ben distinte, pur mo- strando sempre tanto sut nucleo quanto sul guscio il carattere della tendenza a svanire presso alla re- gione ombelicale, e in prossimità del margine esterno. Ma dove dette coste si mostrano meno regolari è sul giro esterno e più precisamente su quella parte di esso appartenente alla camera d’abitazione, poichè ivi si presentano tanto più grossolanamente sviluppate e perfino alquanto rigonfie a metà altezza dei fianchi quanto più ci si approssima al peristoma; rimane però sempre costante la loro posizione radiale, la loro subequidistanza — sebbene più o meno marcati e profondi appaiano i solchi interposti fra le coste — e il carattere generale della loro scomparsa presso all’orlo ombelicale e a quello dorsale. Sull’ultimo giro del campione tipo si contano 13 coste gradatamente crescenti di sviluppo verso il termine della conchiglia. La superficie del guscio è ornata di sottili e fittissime strie, Ie quali, muovendosi dalla parete ombe- licale, irradiano sui fianchi senza però oltrepassarne la linea mediana. La linea suturale consta di lobi arborescenti, in modo graduale decrescenti in profondità e sviluppo 144 A. MARTELLI [48] dal primo laterale all’ultimo degli ausiliari, e di interposte selle piuttosto alte, frastagliatissime e, parti- colarmente nella serie ausiliaria, bipartite da un lungo e sporgente lobulo. Il lobo sifonale è subpiramidato; munito di tre denti terminali all’esterno, uno lungo mediano e S tre laterali verso l'interno, è disgiunto per mezzo obi di una relativamente ampia sella dal profondo e Ò ferenziale, giacchè nei giri concamerati è quasi unicamente la linea lobale quella che 3 DN serve a distinguere le cme SDeCS: i a, | _ i A -Radec Velje raccolsi pure due grossi frammenti di Ptychites nei quali si n ) I ravvisano maggiori analogie con questa specie, così abbondantemente rappresentata Ù n nel Muschelkalk superiore del Montenegro costiero, che col Pf. reductus; perciò, pur 1.0 Lobolaterale di Piyerites lamentando che l’incompletezza di quei campioni non mi consenta di esprimere al ero. riguardo un’opinione decisa, ritengo probabile che anche il Pt. princeps possa prender parte alla fauna del calcare rosso triasico medio della Kostitza montenegrina. Ptychites Di Stefanoi sp. nov. — Tav. IX [V], fig. 2. Non tutte le specie di Ptychifes da me raccolte a Skala Vucetina possono riferirsi alle preceden- temente descritte, poichè provenienti appunto da detta località sono pure taluni individui concamerati per ‘intiero e non corrispondenti per i caratteri morfologici e suturali ad alcun’altra forma congenere. È vero che per addivenire all’instituzione di una nuova specie sarebbe desiderabile una minore incompletezza in questi esemplari che rappresentano i giri più interni d’ individui suscettibili di raggiungere pure grandi dimensioni; ma nondimeno, a complemento del mio studio su questa fauna triasica montenegrina, non potrei non esporre qui brevemente per quali ragioni io li ritenga specificamente distinti, con la speranza che nuove ricerche possano condurre o prima o poi al ritrovamento di individui completi e identificabili con questi e rendano possibile il completamento diagnostico della nuova forma. La conchiglia è rigonfia e intorno all’arrotondato orlo ombelicale raggiunge il massimo spessore poichè i convessi fianchi spiovono rapidamente verso il dorso arcuato e abbastanza ampio. I fianchi sono percorsi da coste radiali non molto spiccate, depresse, bene spaziate fra di loro e in numero di circa 18 nell’ambito di un giro. Negli spazi intercostali il nucleo mostra talora delle mal distinguibili costoline secondarie anch’esse 150 A. MARTELLI [54] radiali ma per lo più prolungantisi ininterrottamente anche sul dorso. L'ombelico è imbutiforme, profondo e rimane delimitato da una parete molto ripida e poco meno che perpendicolare nei giri iniziali. Se non si tenesse il dovuto conto dello spessore molto rilevante di questa forma e in generale delle sue misure relative al diametro, assai difficile potrebbe sembrare una distinzione fra i nostri individui concamerati e quelli pure del tutto concamerati e di pari diametro appartenenti al Pf. princeps e al Pt. reductus. Di qui la necessità di ricorrere al disegno suturale e al numero degli elementi lobali. La linea lobale è poco arcuata e risulta di una serie di lobi che dal primo laterale all'ultimo degli ausiliari — non riprodotto nel qui annesso disegno — vanno lentamente diminuendo in profondità e svi- luppo. Detti lobi, meno quello sifonale oltremodo ridotto, sono arbo- rescenti e per essere alquanto allungati si distinguono da quelli molto meno profondi del Pt. reductus e Pt. princeps. Le selle sono I poco alte e sebbene frastagliate da lunghi lobuli sono molto più I regolari che non quelle, spesso bipartite, delle linee lobali apparte ’ S Sì O) 7, zi; SS Fio. 10. nenti alle grosse specie che abbondano nel Muschelkalk superiore del Montenegro. Per lo sviluppo, numero e ramificazione dei lobi, questa linea lobale assomiglierebbe a quella del Pt. Oppeltì (cfr. Die Cephalop. der medit. Triaspr., 1. cit., tav. LXXII, fig. 2), che però rimane sempre distinta pel fatto che i lobi, salvo il primo laterale, non sorpassano la profondità del lobo sifonale lungo una stessa linea radiale. Linea lobale del Ptychites Di Stefanoî. DIMENSIONI Diametro . o ; ò A 6 CRI. 5 mm. 92 D=1 Altezza del giro esterno . 5 6 6 . È » 48 0,52 Spessore » » di ò 3 5 : . » D4 0,59 Ampiezza dell’ombelico . 0 ? . 0 6 » 22 0,24 Senza dimenticare nè la teoria della differenziazione della linea lobale nelle ammoniti nè il valore specitico che ad esse viene quasi concordemente attribuito, nel riunire più individui ad una stessa forma ho seguito dei criteri piuttosto lati e così pure anche questa specie nuova del gen. Ptychites, come del resto ogni altra da me ritrovata nei depositi triasici del Montenegro, si basa sulla coincidenza di due fattori, l’uno relativo alla diferenza di forma e l’altro alla differenza nelle caratteristiche fondamentali della linea suturale — date principalmente dalla disposizione, forma e numero degli elementi lobali — rispetto alle specie congeneri già conosciute. E ciò non solo per avvalorare la bontà specifica dei nuovi Ptychites da me illustrati, ma anché perchè avendo presa cognizione di un recentissimo lavoro di F. NortLING, Un- tersuchungen iiber den Bau der Lobenlinie von Pseudosageceras multilobatum NoetL. in Palaeontographica, Bd. LI, Stuttgart, 1905, credo che non siano da accettarsi incondizionatamente ma nemmeno da trascu- rarsi per chi ha occasione di studiare forme di ammoniti, le conclusioni d’indole generale alle quali l’e- gregio autore è pervenuto relativamente all’importanza della linea lobale come criterio di differenziazione specifica. Aggiungo a questo proposito che in seguito allo studio di molti esemplari della citata specie di ammonite del Trias indiano, NoETLING dà come fatto sicuro e incontestabile la grande variabilità delle loro suture non solo in rapporto al dettaglio ma anche al numero degli elementi lobali, tanto che fra i numerosissimi esemplari esteriormente corrispondenti non se ne trovano due che presentino una linea lobale esattamente uguale, cosicchè se a quelle, per quanto piccole differenze, si volesse attribuire un va- [55] Ai MARTELLI 151 lore specifico bisognerebbe conseguentemente distinguere ciascun esemplare con nome differente. L’autore afferma che studiando la linea lobale di altre specie si constata presso a poco lo stesso fatto, e crede infine di potere addivenire alla conclusione che la sistematica delle ammoniti dovrà modificarsi e che l’attuale frazionamento delle speciè perverrà al suo termine se al maggiore o minor numero e frastaglio degli elementi lobali si assegnerà il giusto valore che loro compete e che, secondo il NoETLING, sarebbe quello di un elemento molto subordinato (sehr untergeordnetes Element) per costituire una distinzione specifica (cfr. I. cit., pag. 259). Se, generalizzando le conclusioni alle quali è giunto l’autore, non si vo- lesse annettere soverchia importanza alla peculiarità della linea suturale, rimangono però sempre i ca- ratteri morfologici per tener distinta questa nuova specie nostra dalle altre. Ho già accennato alle differenze esistenti fra questa forma e quelle di pari diametro del Pt. princeps e Pt. reductus e sebbene possa sembrare che in relazione allo spessore esistano strette analogie con specie di un altro gruppo, come sarebbe ad esempio il Pt. opulentus caratterizzato da un largo dorso, pure ritengo che anche da questo il Pt. Dì Stefanoì si contraddistingua facilmente pel suo ombelico più largo, per la sua forma più rigonfia dovuta al fatto che la conchiglia presenta il massimo spessore nella regione circumbelicale e non in corrispondenza del terzo interno dei fianchi come si verifica nel predetto Pt. opulentus che infine, a differenza del nostro, ha i fianchi ornati di coste radiali molto più numerose e fitte. Un altro rappresentante del gruppo dei Pf. opulenti che molto si assomiglia al nuovo Pt. Di Stefanoi è descritto e figurato dal DienER col nome di Pf. Everesti (Himalayan Fossils, vol. II, The Cephalop. of the Muschelk. Palaeontologia Indica, ser. XV, pag. 76, tav. XIX, fig. 1; tav. XX, fig. 1, 4) ma non potrebbe razionalmente riunirsi col nostro che ha, rispetto al diametro, maggiore assai la larghezza dell’ombelico e l’altezza del giro. Nel Muschelkalk bosnese HAuER illustra un Ptychites seroplicatus (Neue Funde aus dem Muschelk. von Han Bulog ecc. 1. cit., pag. 37, tav. XII, fig. 2, tav. XIII, fig. 1) che per l'ampiezza dell’ombelico potrebbe ravvicinarsi al nostro, dal quale però sempre rimarrebbe distinto presentando spessore e altezza del giro notevolmente minori. Ptychites sp. ind. — Tav. IX [V], fig. 3. Nei calcari rossi di Radec Velje e in quelli rossi e bianchi di Skala Vucetina si hanno frammenti di esemplari specificamente indeterminabili. È certo per altro che nessuno di essi sembra avvicinarsi alle specie di Ptychites più So Ls comunia Boljevici. i, > ss DI Debbo fare particolare menzione di un individuo di Skala da Fic. 11. IPG Sa SS Vucetina che non mi consente di addivenire ad una determinazione | 34 S) 3 SÉ SS perchè troppo incompleto, e nemmeno di escludere la sua appar- Ù Di) cin) tenenza ad una forma nuova ma affine sempre al Pt. princeps da cui differisce per un minore sviluppo, per un avvolgimento più stretto e per una linea lobale alquanto diversa. A complemento della illustrazione di questa fauna, credo bene dare la figura e il disegno lobale di questo individuo di specie indeterminata. Linea lobale di Ptychites sp. ind. 152° A. MARTELLI [56] Gen. Orthoceras BREIN. Orthoceras politum Kurpsr. 1843. 1843. Orthoceras politum KxresteN. Bestriige zur geolog. Kennt. der bstl. Alpen, pag. 144, tav. IX, fig. 6. 1882. — — — Mossrsovics. Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 293, tav. XCII, fig. 13, 14; tav. XCIII, fig. 7, 8. 1899. —_ = — Tomasi. Pauna dei cale. ros. e gr. del Monte Clapsavon ecc. L. cit., pag. 16, tav. II, fig. 2. 1904. _ _ — MarteELLI. Cefalop. trias. di Boljevici ece. L. cit., pag. 136, tav. XIV [X], fig. 1,2. I rari frammenti di questa specie si distinguono da quelli dei congeneri per un angolo di divergenza di 5° e per una distanza intersettale piuttosto incostante ma non mai inferiore al diametro della camera sottostante all’ intersetto misurato. Le camere sono regolarmente circolari e ben visibile è la posizione centrale del sifone. Sui nostri incompleti esemplari, sono poco appariscenti le sottili striature della superficie. D’ordinario le dimensioni degli individui raccolti a Radec Velje e a Skala Vucetina uguagliano quelle dei campioni di Boljevici riprodotti alla Tav. XIV [X], fig. 1,2 (1. cit.) e dell’esemplare di ‘Pozoritta figu- rato dal Mossisovics (1. cit.) a tav. XCIII, fig. 7; ma nei calcari conchigliari in parola abbondano pure le più piccole varietà della presente specie, identiche a quelle descritte e riprodotte dal Mossisovics (1. cit.) a tav. XCII, fig. 13, 14, e provenienti dalle marne di Stuor presso S. Cassiano. È questa una specie di scarso valore cronologico tanto che venne ritrovata nei differenti livelli del Muschelkall: e fino alla base del Trias superiore, come concordemente venne sincronizzata la zona a Zrack. Aon caratterizzante il piano di S. Cassiano. Orthoceras Mojsisovicsi Sarow. 1895. 1895. Orthoceras Mojsisoviesi SALomon. Studien iiber die Marmolata. L. cit., pag. 175, tav. VI, fig. 1, 2. 1899. — — — Tomrasi. Fauna dei cale. del Monte Clapsavon ecc. L. cit., pag. 17, tav. II, fig. 3. Questa bella specie caratterizzata da un piccolo angolo di divergenza e da una superficie ornata da una fittissima, regolare e forte striatura, contribuisce a rendere sempre più evidente il sincronismo del calcare rosso e grigio di Skala Vucetina, donde tale esemplare proviene, con quello analogo del Monte Clapsavon nella Carnia occidentale. L’unico fragmocono da me raccolto ha sezione circolare, misura poco più di 30 mm. di lunghezza e fra 14 e 15 mm. di diametro presenta un’altezza camerale che supera di un sesto la larghezza. Le corri- spondenze di questo fragmocono con la descrizione e le figure date dal SaLomon sono del resto così perfette che la sua identificazione con gli individui tipici della Marmolata apparisce manifesta. Nelle località citate in sinonimia, questa specie prende parte alla costituzione di una fauna ascritta alla zona triasica mediterranea del Protr. Archelaus. [57] A. MARTELLI 153 Orthoceras campanile Moss. 1869. 1869. Orthoceras campanile Moysisovios. Bedtrige zur Kenni. der Cephal. Pauna des alp. Muschelk. L. cit., pag. 590. 1882. —_ — — Die Cephalop. der medit. Triaspr. L. cit., pag. 291, tav. XCIII, fig. 2-4. 1887. _ — — Hauer. Die Cephalop. des bosn. Muschell. von Han Bulog ece. L. cit., pag. 11. 1895. = - — Sanomon. Geolog. und paliiont. Stud. ib. die Marmolata. L. cit., pag. 175, 197. 1896. — = — ArrHaBer. Die Cephalop. Fauna der Reiflingerk. L. cit., pag. 24. 1896. — — — Hauer. Bestrige zur Kennt. der Cephalop. aus der Trias von Bosnien. II. Naut. und. Amm. ecc. L. cit., pag. 240. 1899. — — — Tommasi. Wauna dei cale. ross. e gr. del Monte Clapsavon ece. L. cit., pag. 16, tav. II, fig. 1. 1900. = _ — Diener. Die triad. Cephalop. Fauna der Schiechling-Hohe ecc. L. cit. pag. 36. 1904. —_ — — MarteLLI. Cefulop. trias. di Boljevici ecc. L. cit., pag. 135. I frammenti che di questa forma ho raccolto appartengono in maggioranza a individui di grandi di- mensioni, taluno dei quali raggiunge il diametro camerale di mm. 42. Ben chiara è in essi la posizione centrale del sifone e pure evidenti vi appariscono quei peculiari caratteri che mi sono serviti di guida nella determinazione specifica e che si possono riassumere nei seguenti: Superficie liscia, camere subcir- colari, valore 4°-5° per l’angolo di divergenza del fragmocono e distanza intersettale pari a circa due terzi del diametro della camera immediatamente inferiore all’intersetto misurato. Il Mossisovics, facendo notare la maggiore frequenza con la quale s'incontra questa specie nella zona a Protr. Archelaus anzichè in quella del Cer. trinodosus, pone in risalto lo sviluppo notevole assunto dall’O. campanile nei più alti livelli del Muschelkalk. Tale osservazione, per quanto concerne i depositi triasici medi della parte occidentale delle Alpi, venne pure avvalorata dagli studi paleontologici del SALomon sulla Marmolata e del Tommasi sui calcari del Monte Clapsavon, ma non trovò conferme nè contraddizioni nel Muschelkall: della Bosnia, poichè HAUER cita in esso e con riserva un solo esemplare di 0. campanile. Considerando infine la frequenza di questa specie in rapporto alla quantità degli altri cefalopodi ritrovati nelle formazioni triasiche medie del Montenegro, sembra che anche nel Trias del sistema dinarico si ripeta a questo proposito il fatto notato dal Mossisovios pel Trias alpino; mi risulterebbe infatti, sempre in proporzione al numero delle altre forme ed individui, che la specie in discorso sia più scarsamente rap- presentata nel Muschelkalk inferiore di Boljevici che non in quello superiore della Kostitza e dei pressi di Sozina. Orthoceras sp. ind. Debbo qui far pure menzione di due fragmoconi che non sembrano corrispondere ad alcuna delle specie note nemmeno in terreni di età diversa da quella alla quale si debbono riferire i calcari triasici rossi e grigi del Montenegro orientale e meridionale. Si tratta di forme con appena 3°-4° di valore an- solare di divergenza e con camere la cui altezza supera di un quinto la larghezza. La loro sezione è perfettamente circolare e centrale è la posizione del sifone. Essendo mal conservati, questi nostri esem- Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 19 154 A. MARTELLI [58] plari, mancanti come sono del guscio, non consentono nemmeno di giudicare se appartengano o no al gruppo degli orthoceratidi lisci o striati, e di qui l’impossibilità da parte mia di fondare su di essi una forma nuova. Tali fragmoconi potrebbero probabilmente corrispondere anche a qualcuno di quei numerosi e piccoli frammenti di cui notai tracce e sezioni abbondanti nei calcari rossi di Skala Vucetina e di Radec Velje donde provengono i due esemplari qui citati, e quindi non è azzardato l’asserire che alla fauna del Muschelkall delle suddette località prende, con i precedenti, parte non trascurabile anche una forma di Orthoceras che non si identifica con alcuna di quelle descritte fino ad oggi. Finito di stampare il 10 dicembre 1906. CL RICCARDO UGOLINI MONOGRAFIA DEI PETTINIDI NEOGENICI DELLA SARDEGNA PARTE PRIMA Generi: Chlamys, Himnites, Inaequipecten. (Tav. X-XII [I-III]). I fossili che formano l’argomento di questo lavoro appartengono al gruppo dei Peftinidi e provengono tutti dai depositi prevalentemente neogenici della Sardegna. Come è noto, questo gruppo di lamellibranchi, che raggiunse il massimo grado di diffusione durante il periodo neogenico, ha caratteri specifici di non lunga persistenza, sicchè essi costituiscono di per sè un elemento cronologico di molto valore. Bene a ragione dunque può dirsi, secondo me, che, per quanto concerne la determinazione stratigrafica delle formazioni neogeniche, debba attribuirsi ai Pettinidi quello stesso valore cronologico che, per la determinazione dei terreni secondari, fu già da tempo e giustamente riconosciuto alle Ammoniti. Della ricchissima collezione che il prof. Lovisato si compiacque mettere a mia disposizione per lo studio, molti esemplari erano stati raccolti da lui parecchi anni fa e portano în schedis le determina- zioni scritte dal Lovisato stesso e dal Parona ! che già l’ebbe in esame. Quest’ ultimo, anzi, ne pubblicò anche la descrizione in due ben note Memorie sul Miocene della Sardegna, l’una delle quali eseguita in collaborazione con il prof. MARIANI ?). La maggior copia di essi, però, fu raccolta solo nel giro di questi ultimi anni nelle molte escursioni fatte dal Lovisato con lo scopo principalissimo di potere, con questo mezzo, addivenire finalmente ad una definizione il più possibile esatta della età dei sedimenti neogenici della Sardegna. E quest’ultima raccolta è così ricca di esemplari e di specie, fra le quali ve ne sono anche alcune del tutto nuove, da costituire di per sè sola un materiale scientifico veramente importante e prezioso. Per rendere il presente lavoro il più completo possibile, mi è sembrato non fuori di luogo aggiun- gere ‘alla collezione più sopra menzionata anche gli esemplari del gruppo in questione, che fanno parte della raccolta già studiata dal MENEGHINI 3), e che si conservano in questo Museo di geologia. 1) PARONA. Appunti per la Palzontologia miocenica della Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 288. Roma, 1887. 2) MARIANI e PARONA. Fossili tortoniani di Capo San Marco in Sardegna. Atti Soc. ital. Se. Nat., vol. XXX, pag. 101. Milano, 1887. 3) MENEGHINI. Paléontologie de Vile de Sardaigne. Turin-Paris, 1857. 156 R. UGOLINI [2] A causa delle notevoli complicanze apportate alla nomenclatura pectinologica dal numero ormai con- siderevole di generi e sottogeneri, non sempre troppo opportunamente creati dai vari autori, soprattutto in questi ultimi anni, ho creduto utile di comprendere tutte le specie da me studiate in soli sette generi principali, che ritengo caratteristicamente definiti nel modo che segue: I. Gen. Chlamys BoLren, 1798. — A valve ugualmente convesse, percorse da coste radiali general- mente numerose, sottili, serrate, striate e squamulose, fornite di orecchiette disuguali. Sempre con inse- natura bissale profonda. Tipo: C%. varia Linn. II. Gen. Hinnites DeFRANCE, 1821. — A valve pressochè ugualmente convesse e provviste di coste nu- merose, sottili, talora squamulose, allo stato giovanile. A valve disuguali e di aspetto ostreiforme, allo stato adulto. Fornite sempre di orecchiette piccole, disuguali. Con insenatura bissale. Tipo: H. crispus BR. III. Gen. Imaequipecten n. gen. — A valve inegualmente convesse, percorse da coste radiali poco numerose e sviluppate. Fornite di orecchiette disuguali. Con insenatura bissale poco profonda. Tipo: I. Tournali SERR. IV. Gen. Amussium RuwPHIvs, 1711. — A valve ugualmente poco convesse, non combacianti, più alte che larghe, esternamente lisce, costulate internamente. Fornite di piccole orecchiette subeguali. Senza seno bissale. Tipo: A. cristatum BRONN. V. Gen. Amussiopecten Sacco, 1897. — A valve inegualmente convesse, non combacianti, più larghe che alte, lisce o leggermente costulate. Orecchiette quasi uguali. Con seno bissale appena accentuato. Tipo: A. burdigalensis Lux. VI. Gen. Flabellipecten SAcco, 1897.— A valve disuguali, fornite di coste numerose e poco prominenti. Orecchiette subeguali. Senza seno bissale. Tipo: £. flabelliforimis BR. VII. Gen. Pecten BeLon, 1553. — A valve molto ineguali, di cui la destra variamente convessa e la sinistra o pianeggiante, o piano-concava, o fortemente concava, fornite di coste, sol di rado lisce, più spesso variamente costulate. Orecchiette subeguali, piccole. Seno bissale mancante od appena accentuato. Tipo: P. jacoboeus Linn. A questo proposito è qui il caso di avvertire tuttavia che nella Monografia pubblicata recentemente dall’ArnoLp sui Pettini terziari e quaternari della California !, tutte le specie descritte sono ivi comprese in un genere solo: il gen. Pecten MuLL., e distribuite poi in numerosi sottogeneri che trovansi qui appresso indicati: Pecten s. s., Patinopecten DALL, Nodipecten DALL, Chlamys BoLtEN, Lyropecten ConRAD, Aequipecten FiscHER, Plagioctenium Dar, Pseudamussium ADams, Amussium BoLTEN, Propeamussium DE GREGORIO, e Hinnites DEFRANCE. Ai chiarissimi professori Domenico Lovisato e MARIO CANAVARI, che tanto cortesemente vollero a me affidato lo studio di un materiale di proprietà dei Musei di Cagliari e di Pisa da essi rispettivamente diretti, oltremodo interessante per una più completa conoscenza della paleontologia neogenica della Sar- degna, mando intanto l’espressione della mia più sentita gratitudine. 1) ARNoLD. The Tertiary and Quaternary Pectens of California. Departem. of the Inter. Un. Stat. Geolog. Surv. Professional Paper, n.° 47. Washington, 1906. [3] R. UGOLINI 157 I. Gen. Chlamys Boxten, 1798. Conchiglia a valve ugualmente convesse, non sempre equilaterali, di forma talvolta subtrigonale, più alta che larga, tal’altra invece tanto alta che bassa, quasi perfettamente circolare e con la superficie esterna percorsa da coste radiali che sono generalmente sottili, numerose, serrate, spesso solcate da striature lon- gitudinali e variamente squamulose o scagliose. Fornite di orecchiette di cui le anteriori assai più svi- luppate delle posteriori. Insenatura bissale sempre presente e sempre profonda. Tipo: — Chlamys varia Linn. Sono caratteri fondamentali di questo genere: l’uguale rigonfiamento delle due valve e la profonda insenatura del bisso. I caratteri stessi o mancano affatto o sono solo poco accentuati negli altri generi da me ammessi. Dei numerosi sottogeneri che dagli autori furono, non sempre ragionevolmente, assegnati a questo genere parmi conveniente accettare solamente i seguenti: 1. Chlamys str. sensu. Tipo: Ch. varia Linn. 4) 2. Aequipecten FiscHeR, 1886. Tipo: A. opercularis Linn. 3. Flexopecten Sacco, 1897. Tipo: F. flexuosus Port *). 4. Lyropecten Coxrap, 1867. Tipo: L. nodosus Lmx. 5 5. Gigantopecten Rovereto, 1899 (=Macrochlamys Sacco, 1897 ; non Benson, 1732). Tipo: G. latissimus Br. 6. Lissochlamys Sacco, 1897 (= Piris Maz., 1878) 4) I. Sottogen. Chlamys str. s. Conchiglia di CA/amys, a valve subeguali, convesse, di forma generalmente subtrigonale nella regione umbonale e semicircolare in quella palleale, quasi sempre più alta che larga. Ampiezza dell’angolo apiciale poco notevole. Coste radiali comunemente strette, numerose, scagliose. Orecchiette disuguali, di cui le anteriori molto prospicienti e la destra fornita di un’insenatura bissale profondissima. Tipo: — Chlamys varia Linn. 1) L’ArnoLD nella sua Monografia già citata in principio prende a tipo di questo sottogenere il P. islandicus MULL. tuttora vivente. 2) I sottogeneri Peplum B. D. D., 1889 e Manupecten MontRS., 1889, parmi possano senza difficoltà riunirsi al sottogenere del Sacco. 3) L’ARNOLD assume invece come tipo di questo sottogenere il P. 27 ellanus ConR. del Miocene americano. 4 Questo gruppo, il cui nome fu sostituito dal Sacco a quello di Pixiîs MGH. per evitare un doppio impiego, comprende come è noto una sola specie: il P. excisus BRN. (=P. piridatus Br.), la quale è caratterizzata non sol- tanto dall’avere due valve profondamente disuguali e cioè una perfettamente piana e l’altra convessa, ma dall'avere altresì l’orecchietta anteriore fornita di un’insenatura bissale profondissima. Ora non v’è chi non veda come, mentre per quest’ultimo carattere la specie trova la sua giusta assegnazione nel gruppo delle CR/4mys, non può tuttavia farne parte per la profonda disuguaglianza delle valve. D'altronde, se per quest'ultimo carattere la specie stessa potrebbe benissimo adattarsi al gen. Pecten Str. S., non potrebbe rimanere in quest’ultimo per la profonda insenatura bissale della sua orecchietta destra. Per tali ragioni (e non già per il fatto di avere il P. excisus la valva sinistra rigonfia invece della destra, ciò che può ritenersi come un caso di anomalia paragonabile alla sinistrorsità di alcuni gasteropodi), sarebbe forse più opportuno considerare il gruppo cui il P. excisus si riferisce come un genere distinto dagli altri, piuttostochè come un sottogenere del gen. Ch/amys (secondo quanto ha creduto di dover fare il Sacco) o del gen. Pecten str. s. 158 R. UGOLINI [4] 1. Chlamys varia Lun. 1758. Ostrea varia Linneo. Systema Naturae, ed. X, pag. 698. 1857. — — MexeeHni. Paléontologie de Pile de Sardaigne, pag. 598. 1887. Pecten varius MarIANI e Parona. Fossili tortoniani di Capo S. Marco in Sardegna. Atti Soc. ital. Sc. Nat., vol. XXX. 1897. Chlamys varia Sacco. 1 molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 3 (cum syn.). 1899. — — Ucorini. Monografia dei Pettinidi miocenici dell’ Italia centrale. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 181. Di questa specie, generalmente tanto diffusa nei giacimenti dell’era terziaria, posseggo vari esem- plari che sono tutti più o meno bene conservati. Trattandosi di specie molto facilmente riconoscibile per i caratteri suoi di non dubbia interpreta- zione, parmi inutile di parlarne maggiormente. Località: — Fu rinvenuta nella formazione calcarea biancastra (pietra forte) di Bonaria (Cagliari), nel calcare compatto tufaceo (pietra cantone) di S. Michele (Cagliari), nelle arenarie grossolane di S. Ca- terina di Pittinurri (Sassari) e nei terreni di Capo S. Marco (Oristano). Per quest’ultima località, la specie in esame, fu pure menzionata da MENEGHINI, da MARIANI e PARONA. Collezione: — Musei di Pisa e di Cagliari. Var. percostulata Sacco. 1897. Chlamys varia var. percostulata Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 4, tav. I, fig. 5. Parmi doversi riferire a questa varietà un esemplare completo di valva destra che le si assomiglia notevolmente per le coste più sottili e assai maggiori di numero. Esso corrisponde anche abbastanza esattamente alla figura che di questa varietà l’autore ci ha dato; e, sebbene il Sacco la citi solamente pei terreni pliocenici, non sembrerà strano tuttavia che, come la specie tipica, anche una varietà di essa siasi rinvenuta in terreni un poco più antichi del Pliocene, come sono appunto quelli del Capo S. Marco donde proviene. Località: — Capo S. Marco (rara). Collezione: — Museo di Cagliari. 2. Chlamys multistriata Pour. I/0Do Ostrea multistriata Poi. Testacca utriusque Siciliae, vol. II, pag. 164, tav. XXVIII, fig. 14. 1857. Pecten pusio MeneGHnINI. Paléont. de lîle de Sardaigne, pag. 598. 1873. — multistriatus Fiscuer et TournovER. Invertébrés fossiles du Mont Léberon, pag. 143. 1877. — pusto Locarp. Description de la faune des terrains tertiatres moyens de la Corse, pag. 148. 1879-82. — — Fonrannes. Les mollusques pliocènes de la vallée du Rhone et du Roussillon, IL, Acépha- les, pag. 193, part. XII, fig. 11 (non fig. 10). ]5] 3 R. UGOLINI 159 1887. Peclen substriatus Parona. Appunti per la Paleontologia miocenica della Sardegna. Bull. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 289. 1897. Chlamys multistriata Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 6, tav. I, fig. 12-14 (cum syn.). 1899. — pusio UcoLini. Monografia dei Pettinidi miocenici dell’ Italia centrale. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 167. 1901. Pecten multistriatus TrentAanove. Il Miocene medio di Popogna e Cafaggio nei monti livornesi. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 526. Riunisco a questa ben nota specie numerosi ed incompleti esemplari di ambedue le valve, apparte- nenti alle collezioni di Cagliari e di Pisa, una parte dei quali proviene dal calcare bianco (pietra forte) di Bonaria ed un’altra parte dal calcare argilloso del Capo S. Marco. Tra questi ultimi sono pure com- presi quelli che il Parona ebbe in esame e menzionò nel suo già citato lavoro paleontologico sul Mio- cene della Sardegna, e quelli già descritti dal MeNEGHINI come P. pusio PENN. FontannEs (Op. ci.) pone in sinonimia di questa specie il P. limatus GoLpr. che è invece, a parer mio, una buona varietà di essa, e indica pure sotto il medesimo nome di P. pusio la fig. 10, che, per il numero straordinario delle coste, corrisponde esattamente al tipo della var. costicàllatissima SAcco. Anche in Locarp trovasi citato il P. pusio come proveniente da varie località mioceniche dell’isola di Corsica. Questa specie, che fu generalmente menzionata per giacimenti posteriori all’Elveziano, sembra tuttavia dovere risalire anche a quest'epoca, se, come è da ritenersi, la pietra forte di Bonaria è effettivamente elveziana. Località: — Capo S. Marco (non rara), Bonaria (Cagliari) (non rara). Collezione: — Musei di Pisa e di Cagliari. Var. limata Gonne. 1834-40. Pecien limatus GoLpruss. Petrefacta Germaniae, vol. II, Bivalven, pag. 54, tav. XCIV, fig. 6a, 65. 1897. Chlamys multistriata var. limata Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 7, tav. I, fig. 18. Tra le forme di Pecten provenienti dal calcare argilloso del Capo S. Marco ho trovato una valva incompleta, probabilmente sinistra, che per le coste radiali più spinulose di quelle della specie tipica, mi è sembrato potersi ascrivere alla suddetta varietà. Questa, sebbene sia stata fino ad ora, per quanto mi sappia, ricordata dagli autori per soli giacimenti pliocenici, non è improbabile, come mi risulterebbe, che possa essere comparsa anche in epoca alquanto anteriore al Pliocene. Località: — Capo S. Marco (rara). Collezione: — Museo di Cagliari. 3. Chlamys tauroperstriata Sacco. 1897. Chlamys tauroperstriata Sacco. Moll. d. terr. ter. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 8, tav. I, fig. 20-24. 1901. — — Dr AressanprI. Appunti di geologia e paleontologia sui dintorni di Acqui, pag. 107. 1904. _ multistriata var. tauroperstriata Vinassa pe ReGnY. Mossili ed ‘impronte del Montenegro. Bull. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 309, tav. IX. fig. 6. 160 R. UGOLINI 9 [6] Corrisponde sicuramente a questo tipo una valva destra, priva dell’apice umbonale, la quale, pur presentando tutti i caratteri principali di una Ch. multistriata Pot, si distingue tuttavia da questa specie per la maggiore sua statura, per la maggiore sottigliezza della conchiglia ed infine per il numero ancora maggiore delle coste radiali. L’esemplare in esame proviene dai terreni calcarei arenacei grossolani giallastri di Orosei. Il Sacco la cita come frequente nei depositi aquitaniani ed elveziani dei colli torinesi; e ne fu pure rinvenuta un’unica valva dal De ALESSANDRI nelle arenarie sovrastanti al calcare di Acqui (Aquitaniano). Ciò nono- stante ritengo il giacimento in questione alquanto più recente; tanto più che lo ScHarreR la rinvenne altresì, e non rara, nel Miocene di Bocca d’Asino. Località: — Orosei (rara). Collezione: — Museo di Cagliari. Var. simplicula Sacco. 1897. Chlamys tauroperstriata var. simplicula Sacco. Moll. d. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 8, tav. I, fig. 25 e 26. DIMENSIONI Altezza della valva destra . o ò . c . c o mm. 46=1 Larghezza » » 6 o Ò o o . c 0 » .40—0,86 Lunghezza del margine cardinale , o : o 5 6 » 25=0,54 Angolo apiciale . : 5 : ò o È 6 ; 0 85° Si somigliano notevolmente a questa varietà alcuni esemplari di valve destre e sinistre riuniti in un frammento di roccia calcarea, ed un esemplare di valva destra isolato, benissimo conservato. Sono essi specialmente caratterizzati da coste radiali (45 circa) che sono per numero minori di quelle della specie tipica dello stesso autore. Hanno inoltre le costicine intercostali piccole, depresse e. irregolar- mente alternate con le coste. Questi esemplari furono indicati in schedis dal Lovisato come P. substriatus D’ORB., e proven- gono dai calcari argillosi alternanti coi compatti di S. Reparata, presso il Capo della Testa. Il Sacco citò la varietà in questione come frequente nell’Elveziano dei colli torinesi e di Baldissero; ed è probabile che anche il giacimento in cui furono raccolti gli esemplari in esame debba ascriversi a quest'epoca. Località: — S. Reparata di Capo della Testa (frequente). Collezione: — Museo di Cagliari. 4. Chlamys plubiensis n. sp. — Tav. X [I], tig. 1. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra . 5 o o o di . 0 mm. 24=1 Larghezza ” » 0 c 6 c o o 3 c » 21=0,87 Lunghezza del margine cardinale 6 ò a . . . » 14=0,58 Angolo apiciale . : 0 o o ” o o 0 5 90° Conchiglia di ‘valva sinistra, di dimensioni molto piccole, con guscio di sottile spessore, più alta che larga, di forma ovato-trigona, leggermente inequilaterale, piuttosto rigonfia. E [2] R. UGOLINI 161 Le coste, in numero di 19, sono sottili, subeguali, sporgenti, a sezione arrotondata, fittamente rav- vicinate fra di loro, e provviste sul dorso di lamelle sottilissime, trasversali, formate dalle strie di accrescimento. Gli spazi intercostali, più ristretti delle coste, sono profondi, a sezione arrotondata e trasversalmente percorsi dalle strie concentriche d’accrescimento, che sono, qui pure come nelle coste, distintamente lamellose. Le orecchiette che sono disuguali, essendo l’anteriore più sviluppata della posteriore, hanno la superficie esterna, ornata di strie fittissime d’accrescimento, sono provvedute di numerose costicine radiali, e dànno origine ad un margine cardinale quasi perfettamente diritto. Questa specie, che per la conformazione generale della conchiglia appartiene indiscutibilmente al sottogen. Chlamys, parmi non aver nulla di comune con quelle da me conosciute di questo gruppo. Una specie, cui la valva in esame si avvicina un poco per il complesso dei suoi caratteri, è il P. subreconditus D’OrB. del Tongriano del Belgio, descritto e figurato dal Prcret !. Se ne distingue tuttavia, oltrechè per il numero un po’ maggiore delle coste (21 invece di 19), anche per lo sviluppo diverso dei solchi intercostali, che, nella specie del Belgio, sono assai più ristretti delle coste che non nell’esemplare qui descritto. Questo fa parte della collezione MHANEGHINI esistente nel Museo di Pisa e fu indicato da lui nella Paleontologia della Sardegna come P. dubius Br. (= P. scabrellus LmE.). Località: — Ploaghe, donde il nome specifico. Collezione: -— Museo di Pisa. 5. Chlamys gloriamaris Du. pe Monrp. — Tav. X [I], fig. 2. 1831. Pecten gloriamaris Dusors DE MoxrrÉREUX. Conch. fossil. Wolhyn. Podol., pag. 72, tav. VIII, fig. 6. 1870. —. subsiriatus Hérwes. Die fossil. Moll. d. Tert.- Beck. v. Wien, BA. II, Bivalven, pag. 408, tav. LXIV, fig. 2a-c. 1887.. — — Parona. App. p. la Paleont. nuioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 310. 1897. Chlamys gloriamaris var. pervariecostata e var. longolaevis Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e i d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 5, tav. I, fig. 9 e 10. 1900. Pecten longolaevis NeuLi. Fossili miocenici dell’ Appennino aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, pag. 391. 1906. — (Chlamys) branneri Armor. The Tert. a. Quatern. Pectens of California, pag. 55, tav. III, fig. 9-11. Departem. of the Inter. Un. Stat. Geolog. Surv., Profess. Paper, n.° 47. DIMENSIONI I II Altezza di ambedue le valve E È Ò 3 mm. 60—=1 mm. 37=1 Larghezza » » : È 3 x » 50—=0,83 » 30=0,81 Spessore > » , 5 , : » l14=0,23 » PE Lunghezza del margine cardinale : o . D_R= > _P= Angolo apiciale . ; ; SE 5 E 900 85° 1) PicreT. Traité de Paléontologie, pl. 83, fig. 10. Paris 1853-57. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 20 162 R. UGOLINI [8] Conchiglia di media grandezza, con guscio di sottile spessore, di forma ovata-triangolare, leggermente inequilaterale. Ambedue le valve distintamente depresse e percorse da un numero considerevole di coste sottili, arrotondate, le quali, solo nella valva destra, divengono bifide verso il margine palleale. Quest’ ultime sono separate da interspazi ristretti che hanno il fondo percorso da una leggera costolina. Nella valva sinistra le coste sono invece intere sino quasi alla base; quivi esse, per l'apparire di due leggerissimi solchi costali, mostrano però un principio di tripartizione evidente. Anche gli spazi intercostali di questa valva sono assai ristretti ed ornati sul fondo mediano da una costicina filiforme visibile solo in prossimità del margine palleale. Delle orecchiette valvari, quelle posteriori sono piccole, uguali fra di loro ed ornate esternamente di sottili costicine radiali; quelle anteriori invece sono assai più sviluppate delle posteriori ed espanse; non però uguali fra di loro, essendo la destra fornita di una profonda insenatura bissale. Il margine cardinale è diritto in ambedue le valve, e breve. Riferisco a questa specie tre soli esemplari. Il più grande di essi consiste dei nuclei delle due valve ancora aderenti, in ognuno dei quali mostrasi qua e là qualche piccolo frammento dello strato esterno della conchiglia i cui caratteri rivelano trattarsi sicuramente della specie in questione. Degli altri due esemplari, che sono alquanto più piccoli del primo, uno, il maggiore, presenta la conchiglia delle due valve quasi completamente conservata; l’altro, il minore, è rappresentato invece dalla sola valva destra. Le dimensioni sopra indicate si riferiscono appunto a questi due individui, di cui solo il maggiore di essi è stato figurato. In sinonimia di questa specie trovasi il P. substriatus D’ORB., descritto e figurato da HéoknEs, che secondo me va invece più giustamente riferito alla specie in esame, di questa possedendo tutti i prin- cipali caratteri. i E vi si trovano pure le due varietà Zorgolaevis e pervariecostata del SAcco, le cui differenze dalla specie tipica, data la sua notevole variabilità nelle dimensioni, e nella conformazione e sviluppo delle coste, non mi sembrano sufficienti a mantenerle separate, neppure come semplici varietà, da essa. Il P. branneri ArN. del Miocene inferiore americano, da me posto in fondo alla sinonimia di questa specie, deve, secondo me, venire riunito ad essa alla quale è notevolmente simile. Forse la specie in di- scussione non fu conosciuta dall’ArnoLD. L’esemplare qui descritto per il primo, fu raccolto nei calcari del Monte Pestuxu presso Ploaghe. Degli altri due ricordati successivamente, quello riprodotto alla Tav. X [I], fig. 2, proviene dal calcare compatto di Monte Alvu presso Nieddu (Bosa); l’altro, più piccolo di tutti, proviene dalla formazione calcareo-arenacea di Perschida Appia in prossimità della spiaggia di Santa Caterina di Pittinurri. La medesima specie fu già dal PARONA citata, come P. substriatus D’ORB., sopra esemplari provenienti dagli strati di Perdas de Fogu, riferiti all’ Elveziano dal Lovisato. Quest'ultimo la ritiene presente anche nella pietra forte di S. Bartolommeo (Cagliari). Località: — Monte Pestuxu (Ploaghe), Monte Alvu (presso Nieddu, Bosa), Perschida Appia (S. Ca- terina di Pittinurri). Collezione: — Museo di Cagliari. II. Sottogen. Aequipecten FiscHER, 1886. Conchiglia di Chkl/amys, a valve subeguali, convesse, di forma quasi subcircolare, talora inequilaterale, a un dipresso tanto larga che alta. Ampiezza dell'angolo apiciale generalmente considerevole. 19] R. UGOLINI 163 Coste radiali sottili, numerose, liscie o squamulose. Orecchiette disuguali di cui la destra anteriore fornita d’insenatura bissale. Tipo: — Aequipecten opercularis Linn. 1. Aequipecten opercularis Linn. 1758. Ostrea opercularis Linneo. Syst. Nat., edit. X, pag. 698. 1857. Pecten —_ MeneGHInI. Paléont. de V'ile de Sardaigne, pag. 597. 1877. — — Locarp. Descr. d. terr. tert. moy. de la Corse, pag. 141. 1887. — — MARIANI e Parona. Moss. tort. d. Capo S. Marco. Atti Soc. ital. Sc. nat., vol. XXX, pag. 162. 1889. — (Chlamys) opercularis Kruran. Etude paléontologique sur les terrains secondaires et tertiaires de l Andalousie, pag. 707. 1897. Aequipecten _ Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectini- sl, dae, pag. 13. 1904. Pecten (Aequipecten) _ — Vinassa De ReGny. Hoss. ed impr. d. Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 309. Appartengono a questa specie esemplari numerosi, provenienti da varie località dell’isola, nei quali non si riscontrano particolarità speciali meritevoli di essere osservate. Trattandosi di una specie che trovasi generalmente diffusa in quasi tutti i terreni dal Miocene in poi, non ha neppure una vera importanza cronologica. Alcune valve furono rinvenute nel calcare bianco giallastro a litotamni (pietra forte) di Bonaria. Altre provengono dai grès-a Scutella del Capo S. Elia. Tutte queste sono di proprietà del Museo di Ca- gliari. Ma vari altri esemplari esistono nel Museo di Pisa; e questi, che furono già osservati dal MENEGHINI e per la maggior parte da lui determinati giustamente come P. opercularis Linn., furono raccolti, oltrechè nei luoghi testè citati, a Ploaghe, ed a Scala di Ciocca, nei dintorni di Sassari. Località: — Bonaria, Capo di S. Elia, Ploaghe, Scala di Ciocca. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 2. Aequipecten Malvinae Dus. pr MoxrP. 1831. Pecten Malvinae Dusors pe MontPEREUX. Conch. fossil. Wolhyn. Podol. 1883. — — Fucus. Ber. x. Kenntn. d. Mioe.-Fauna Aegyptens u. d. lyb. Wiiste. Palaeontogra- phica, I Th., pag. 59. 1887. — — Parona. App. p. la Paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI. 1897. Aequipecten Malvinae Sacco. Moll. d. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 16. 1900. — —_ Nei. Possili miocenici dell’ Appennino aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, fig. 403. 1901. —_ — TrentANOvE. Il Miocene medio di Popogna e Cafaggio neì Monti livornesi. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 526, tav. VIII, fig. 11. 1901. — — De ALessanDRI. App. di geol. e di paleont. s. dint. di Acqui. 1904. — — Sacco. Moll. d. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXX, Correzioni ed aggiunile, pag. 143. 1904. Peeten _ NeuLI. Il Miocene medio di Dulcigno e Pisctulj nel Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 153. i 1904. — (Aequipecten) Malvinae Vinassa DE ReGny. Moss. ed impr. d. Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 310. 164 R. UGOLINI |10] Questa specie, sebbene non citata dal MENEGHINI pei terreni terziari della Sardegna, e neppure dal MARIANI e Parona pel giacimento del Capo S. Marco, può dirsi tuttavia altrettanto diffusa nei terreni terziari superiori dell’isola, quanto lo è la sua congenere precedentemente ricordata. Ne fanno fede i numerosi, talora bellissimi, esemplari raccolti in diverse formazioni, e principalmente nei calcari argillosi del Capo S. Marco, nel calcare di Scala di Ciocca (Sassari), in quello argilloso di Rio Mannu presso Porto- torres e nel calcare compatto (pietra cantone) di Capo S. Marco. Solo per quest’ultimo giacimento, già ritenuto elveziano dal Lovisato e riferito a quest'epoca anche dal Bassani, venne la suddetta specie citata dal PARONA. Il P. Malvinae è pur anco frequente nell’Aquitaniano di Acqui (De ALESsANDRI); nell’Elveziano dei colli torinesi (SAcco); nello SchZier delle Marche e degli Abruzzi (De AncELIS e Luzi) e nel Tortoniano di Benestare in Calabria (SEGUENZA). Località: — Capo S. Marco, Silatari, S. Michele, Scala di Ciocca, Rio Mannu. Collezione: — Museo di Cagliari. 3. Aequipecten giavenensis n. sp. — Tav. X [I], fig. 3. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra o ò pietro 5 6 5 mm. 49=1 Larghezza » » 0 0 0 . o : 5 » 48=0,97 Lunghezza del margine cardinale 0 : 0 o 7 c » 22=0,45 Angolo apiciale . i , o o o . ò 0 c 106° Valva sinistra di una conchiglia con guscio di sottile spessore, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale, poco convessa. 7 Le coste radiali, in numero di 20 circa, sottili, acutamente angolose verso l'apice, e più allargate verso la periferia, sono. nettamente tripartite da due leggerissimi solchi longitudinali, i quali incominciano a rendersi manifesti soltanto verso la metà dell’altezza della valva. Ogni costa nella metà inferiore mostrasi per conseguenza suddivisa in tre secondarie, delle quali la mediana è un po’ più grossa e più elevata delle sue collaterali. a Gli spazi intercostali, alquanto più larghi delle coste, sono piani sul fondo e percorsi da 5 costicille radiali, più sottili di quelle sovrastanti alle coste, e di cui la mediana appare un poco più grossa delle altre quattro. Tutta la superficie della valva in esame è concentricamente ornata di numerose, fittissime strie, le quali, incontrandosi con le costicille delle coste primarie e degli spazi loro interposti rendono quelle più o meno scagliose. Le orecchiette sono piccole e disuguali per la maggiore grandezza della anteriore in confronto di quella posteriore. Anch’esse presentano esteriormente la stessa ornamentazione radiale e concentrica di tutta la superficie rimanente della valva e dànno origine ad un margine cardinale che è perfettamente diritto. La specie che mi è sembrato conveniente di indicare con un nuovo nome è del tipo del P. opercularis Linn. che è, fra le forme conosciute di Pecten, quella cui si avvicina maggiormente. È certo però che va tuttavia da quest’ultima ben distinta, non tanto per la forma un po’ diversa delle coste e dei solchi, quanto per la loro diversa ornamentazione. Nè, fra le numerose varietà della specie di Linneo conosciute specialmente per il lavoro del SAcco, ve ne ha alcuna che si somigli perfettamente all’esemplare qui descritto, almeno per quanto se ne può dedurre dalle figure che in detto lavoro sono riportate. di dl ae [11] R. UGOLINI 165 Ad ogni modo, se dei confronti si possono fare, questi sono tutt'al più possibili soltanto con la var. sexdecimcostata Sacco !, dove è evidente la tripartizione delle coste. Differisce però da questa varietà per il numero evidentemente maggiore delle coste principali, per la più grande larghezza dei solchi in confronto di quella delle coste loro interposte e finalmente per il maggior numero delle costicine interstiziali. Dal Conrap 2), il noto autore del sottogen. Zyropecten, venne già da tempo descritta con il nome di P. Edgecomensis Conr. una specie di Pecten che fu quindi molto tempo dopo considerata dal DaLx ? come una buona varietà del P. Jeffersonius SAY, e come tale descritta e figurata dal GLENN 4. A parte la questione se il P. Edgecomensis Conr. sia una specie buona, o solo una varietà del 2. Jeffersonius SAY, è certo che esso presenta non poche affinità con l'esemplare qui descritto, almeno nella figura che di esso ce ne ha dato il GLENN, per non pochi caratteri, quali l’aspetto generale, l’ampiezza dell’angolo apiciale, la tripartizione delle coste e la costulazione multipla degli interstizi, la cui costicilla mediana è più appariscente delle altre sue collaterali. Ma neppure ad essa può venire riferito l’esemplare in esame, non tanto per le sue minori dimensioni, essendo la specie di Maryland il doppio più grande di questo, quanto e soprattutto per il diverso sviluppo delle sue tre costicine sopra ogni costa che nella specie suddetta sono invece ugualmente sviluppate. Anche il P. macrotis Swita 5), da non confondersi con il P. macrotus GoLper. che è tutt’altra specie, ricorda un poco la specie in questione per la sua forma generale, per l’uguale numero di coste e per la loro costulazione e granulosità. Si distingue tuttavia da questa, oltrechè per lo sviluppo assai maggiore delle coste in confronto degl’interstizi che sono sottilissimi, anche e soprattutto per la presenza in questi ultimi di una sola costicina. . Ma più di tutte le specie testè considerate si avvicina alla valva in questione l’esemplare del GoLpruss, descritto e figurato come P. opercularis alla tav. XCV, fig. 6a, db (non e, d). Questo infatti, le somiglia, oltrechè per l’aspetto generale e per l’ampiezza dell’angolo apiciale, anche per la forma delle tre costule che sovrastano le coste principali, e di cui la mediana è più evidente e sviluppata delle altre due, e per la presenza di una costicilla interstiziale media più evidente delle altre. Tuttavia la nostra specie si distingue anche da essa, e notevolmente, per due caratteri di primaria importanza che sono: il maggior numero delle coste (20 invece di 18) e la maggior copia delle costicille interstiziali (5 invece di 3). L’esemplare su menzionato del Gorpruss, che fu dal VioLa È) confrontato con la sua C%. Clarae del calcare nummulitico dei dintorni di Subiaco (Roma), sebbene sia da essa ben differente, ha per me una forma assai distinta dal P. opercularis tipico; e da questo dovrebbe venire separato, almeno come una buona varietà di esso. 1 Sacco. Op. cit., pag. 16, tav. III, fig. 27. Torino, 1897. ® Conrap. Proc. Acad. Nat. Sc. Philad., vol. XIV, pag. 581. Philadelphia, 1863. 3) DavL. Trans. Wagn. Free Instit. Sc., vol. III, pt. IV, pag. 722. 1898. 4) GLENN. The Miocene deposits of Maryland. Sistematie Paleontology Maryl. Geolog. Surv., pag. 379, pl. C, fig. 4. Baltimore, 1904. 5) SwirtH. On the Age of the tertiary Beds of the Tagus with a Catalogue of the Fossils. Quart. Journ. of the Geolog. Soc., Proceed., vol. III, pag. 420, tav. XVII, fig. 15. London, 1847. 9 VioLa. Sopra alcuni Pettini del calcare a piccole nummuliti dei dintorni di Subiaco in provincia di Roma. Boll. Com. geol. ital., vol. XXXI, pag. 249, tav. V, fig. 1-3. Roma, 1900. 166 R. UGOLINI - [12] Località: — Giave, in prossimità della stazione ferroviaria e più precisamente negli strati arenaceo- calcarei poco coerenti sovrapposti alla zona con Perna Soldantìi. Collezione: — Museo di Cagliari. 4. Aequipecten sub-Malvinae Brancxn. — Tav. XI [II], fig. 1. 1883. Pecten Malvinae Fucas. Beitr. x. Kennin. d. Mioc.-Fauna Aegypt. u. d. lyb. Wiiste. Palaeontographica, Bd. XXX, I Th., pag. 59, tav. XXI, fig. 3, 3a. 1901. -—— sub-Malvinae BLancxENHORN. Neues zur Geologie und Paltioniologie Aegyptens, III, Das Maio- cin. Zeitschr. d. Deutsch. geolog. Gesellsch., vol. 53, pag. 120, tav. II, fig. 5. DIMENSIONI I II III IV VA Altezza delle valve 6 . . mm. 68=1 mm.58=1 mm. 52=1 mm.41=1 mm. 41=1 Larghezza » i , . » T1=1,04 » 60—=1,03 » 55=1,05 » 429-1,02 o_P=P Spessore » c È 3 o» P= o R= » 24—=0, 46 D_B= DPF Lunghezza del margine cardinale » 47=0,60 p PP op P=P » 24—=0,58 » 21—0,56 Angolo apiciale p 0 0 » 103° 105° î 105° 100° Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma subcircolare, leggermente ine- quilaterale, obliqua, equivalve, biconvessa. La valva destra è risonfia ed è percorsa da circa 20 coste radiali, sporgenti, di forma ondulata, lon- gitudinalmente striate e suddivise in costicille secondarie in numero di circa 6. Quest’ultime sono più o meno squamulose per effetto delle strie concentriche d’accrescimento che in direzione trasversale fit- tamente le attraversano. I solchi, più stretti delle coste, e pianeggianti, sono essi pure longitudinal- mente striati e suddivisi in 3 costicille secondarie distintamente squamulose. Anche la valva sinistra, rigonfia quanto la destra, è provveduta dello stesso numero di coste e di solchi e delle medesime ornamentazioni radiali e concentriche. In ambedue le valve si hanno due orecchiette piuttosto grandi, disugualmente conformate, ma radial- mente costulate e concentricamente squamulose; di queste l’anteriore destra porta un’insenatnra bissale assai pronunziata. Il margine cardinale è diritto ed oltrepassato appena dall’estremità dell’apice che è molto ricurvo. L'angolo apiciale è piuttosto ampio. Il P. sub-Malvinae è a parer mio una buona specie, la quale si distingue dal P. Malvinae Du. pe MonTP. non tanto per il numero minore delle coste quanto per la maggiore convessità delle valve e per la curvatura più pronunciata degli umboni. Il P. Malvinae di Fucas (Op. cit., pag. 59), è molto probabilmente da ascriversi a questa specie. Anzi, secondo questo autore, presso Grund ed anche nell’arenarie serpentinose delle colline di Torino, si troverebbero degli esemplari, simili a quello descritto e figurato da lui, i quali sarebbero più giusta- mente da considerarsi come specie distinte dal P. Malvinae tipico. Ora è appunto questo che ha fatto il BLANCKENHORN, istituendo la specie in esame. Il FucHs confronta opportunamente il suo P. Malvinae (= P. sub-Malvinae BLANCKN.) con il P. ma- crotis Swira ). Ma quest’ultimo, sebbene sia alquanto vicino alla specie in questione, se ne allontana i) SmitH. On the Age of the tertiary Beds of the Tagus with a Catalogue of the Fossils. Quart. Journ. of the Geolog. Soc., Proceed., vol. III, pag. 420, tav. XVII, fig. 15. London, 1847. [13] R. UGOLINI 167 evidentemente per il numero un po’ minore delle sue coste radiali, per la forma loro decisamente acuta fino al margine palleale, anzichè ondulata, e per la presenza nei solchi di una sola costicilla mediana. Data l’affinità notevole del P. sub-Malvinae col il P. Malvinae tipico, è molto probabile che alcuni degli esemplari che furono sin qui indicati dagli Autori col nome della specie di DuBoIs DE MoNTPEREUX, debbano. piuttosto venire riuniti invece al P. sub-Malvinae BLANCKN. L’autore di questa specie la cita per varie località egiziane, quali: Oasi di Siuah, a nord di Moghara, margine settentrionale del deserto arabico, Gebel Faijid, Gebel Geneffe, Fuchsberg, ecc. L’esemplare descritto dal FucHs, e riferibile, come già si disse, a questa specie, proviene da Gebel Geneffe. Secondo il BLANcKENHORN andrebbe inoltre molto probabilmente riunito alla sua specie anche il P. scabrellus citato da Fraas per il canale di Suez e Schaluff. Il P. sub-Malvinae pare, secondo l’autore, prevalentemente comune nell’Elveziano; ed in Sardegna, dove è esso indubbiamente assai diffuso, fu rinvenuto nei calcari compatti ad Echinolampas di Silatari, fra Coroneddu e Bosa (esempl. I); negli strati calcarei ed argillosi compatti di San Giorgio, presso la fer- rovia Sassari-Alghero (esempl. II); nei calcari compatti di Abcalzu, fra Sassari ed Osilo; nei calcari com- patti a Scufella subrotunda Lmx. di Bodde Crapoli presso Sassari (esempl. III); nei calcari giallastri di Cappuccini presso Cagliari (esempl. IV); e finalmente in quelli argillosi del Capo S. Marco ed a Fontana del Fico (esempl. V). Di tutti gli esemplari più sopra ricordati, quelli indicati coi numeri IV e V appartengono al Museo di Pisa; tutti gli altri a quello di Cagliari. Località: — Silatari, San Giorgio, Abcalzu, Bodde Crapoli, Cappuccini, Capo S. Marco. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 5. Aequipecten scabrellus Lux. 1819. Pecten scabrellus Lamarcr. Hist. nat. d. Anim. s. vert., deux. édit., pl. VII, pag. 16L. 1887. — — MarIANI e Parona. Foss. fort. d. Capo S. Marco in Sardegna. Atti Soc. ital. Sc. nat., vol. XXX, pag. 161. 1897. Aequipecten — Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 24, tav. VIII, fig. 1-6. 1900. Pecten —_ Nenni. Moss. mioc. d. Appenn. Aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, p. 392. La specie è frequentissima in Sardegna, avendone potuto osservare numerosi esemplari di svariate dimensioni e variamente conservati i quali provengono da diverse località dell’isola, ma più specialmente dal calcare compatto di Thiesi (Sassari), dalle sabbie calcaree di Torre Scala presso Santa Caterina di Pittinurri, dai calcari di Santa Natolia pure presso Sassari e dai grès a .Scutella del capo S. Elia. La maggior copia di essi fu però raccolta nel giacimento del Capo S. Marco. Località: — Thiesi, Torre Scala, S. Natolia, Capo S. Elia, Capo S. Marco. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 6. Aequipecten ventilabrum Gorpr. — Tav. XI [II], fig. 2. 1834-40. Pecten ventilabrum Gorpruss. Petrefacta Germaniae, BA. II, Bivalven, pag. 67, tav. XCVII, fig. 2a-d. 1845. — Sowerbyi Nxsr. Descript. d. coquill. et de polyp. foss. de la Belgique, pag. 293, pl. XXII, fig. 365, 0',d, e pl. XXII dis, fig. 3a, a'. 1877. — dubius (in parte) MeneGHINI. Paléont. de l’èle de Sardaigne, pag. 509. 1878. — ventilabrum Fonrannes. Etudes strat. et paléont. p. serv. à l’hist. de la période tert. dans le bass. du ERhòne, III, Bass. de Visan (Vaucluse), pag. 26 e 33. 168 R. UGOLINI [14] DIMENSIONI I Il Altezza della valva sinistra . o o o mm. 29=1 mm. 29 =1 Larghezza » » MERE SII » 31=1,07 » 30,5=1,05 Lunghezza del margine cardinale . ; n p_R= » 17 =0,58 Angolo apiciale 0 6 0 0 c E 100° 100° Conchiglia di sottile spessore, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale, biconvessa. Valva destra percorsa da 17-18 coste radiali, a dorso rotondo, poco sporgente, separate da spazi quasi pianeg- gianti ed uguali in larghezza ad una volta e mezzo la larghezza delle coste. Valva sinistra ornata essa pure di 17-18 coste, più elevate di quelle della valva destra, a dorso leggermente angoloso e separate da solchi pianeggianti e più larghi il doppio circa delle coste loro interposte. Tutta la superficie della conchiglia ornata in ambedue le valve da strie concentriche d’accrescimento regolarmente equidistanti fra loro, leggermente lamellose, le quali seguono un andamento che sul dorso delle coste e sul fondo dei solchi è trasversale, ma che sulle faccie laterali delle coste medesime è in parte incurvato in avanti ed in parte all'indietro. Le orecchiette piccole e disuguali sono radialmente costulate e formano un margine cardinale diritto. L’orecchietta anteriore destra è inoltre provveduta di un’ampia insenatura bissale. I caratteri anzidetti per la valva sinistra di questa specie, sono ripetuti quasi esattamente nelle due valve sinistre da me possedute. Senonchè, stando all’ingrandimento riprodotto dal GoLpruss! per la specie tipica, sembra che la valva sinistra di quest’ultima (fig. 2c) abbia il dorso delle coste un poco più angoloso di quel che effettivamente non apparisca nelle due valve qui descritte. Con il nome di P. dubius Br. il MENEGHINI ?) cita un esemplare della Sardegna che, secondo lui, corrisponderebbe molto bene, per l'andamento caratteristico delle lamelle che sono ripiegate sui fianchi delle coste, al P. ventilabrum GoLDpr. Questo esemplare, che io pure ho esaminato, è veramente affine al P. ventilabrum GoLpr. Esso è però molto mal ridotto consistendo di un frammento piccolo di valva destra. Proviene dal calcare di Bonaria presso Cagliari. Secondo il Locarp, che nel suo ben noto lavoro sui terreni terziari medi della Corsica 3 pone il P. ventilabrum GoLpr. in sinonimia del P. dubius Br., i due nomi sembrerebbero significare una mede- sima specie. Basta fare osservare, però, come le forme indicate dal Broccni sieno evidentemente provviste di numerose strie che percorrono longitudinalmente la superficie delle coste e dei solchi, (ciò che risulta non soltanto dalla figura che il BroccHI ne ha dato, ma anche dalla descrizione che l’accompagna), per dimo- strare che il P. dubius tipico non ha nulla a che vedere con il tipico P. ventilabrum GoLpr. E tanto meno poi vi hanno a che vedere gli esemplari impropriamente descritti da LocArp con il nome di P. dudbius BR. in quanto che, come lo stesso Locarp afferma nella descrizione riportata, gli esemplari medesimi hanno la conchiglia più alta che larga e le coste scagliose e soprattutto più larghe degli spazi intercostali, con- trariamente di quanto si osserva nel tipico P. ventilabrum. ) GoLDFUSS. Op. cit., tav. XCVII, fig. 2a, ec. Diisseldorf, 1834-40. 2) MENEGHINI. Op. cit., pag. 510. Turin-Paris, 1857. 3) Locarp. Op. cit., pag. 142. Paris-Genève, 1877. [15] R. UGOLINI 169 x Col nome di P. opercularis var. sexdecimeostata Sacco è pur descritta e figurata da questo autore 1 una forma di Pecfen che, secondo lui, si avvicina moltissimo al P. ventilabrum GoLpr., se pure non dovrà a questo venire decisamente riferita. A parer mio, però, non ha essa varietà niente a che vedere con la specie del GoLpruss, non fosse altro che per il minor numero delle sue coste e per l’assenza di quelle ornamentazioni lamellari che sono tanto caratteristiche del P. ventilabrum. In Rovereto ?) è poi descritta e figurata una var. oligocerica Rover. del P. ventilabrum GoLpr., l’ori- ginale del quale venne pure successivamente riprodotto dal SAcco 9. Non so però se l'esemplare suddetto debbasi proprio ascrivere ad una varietà del P. ventilabrum Gotpr., inquantochè la figura del SAcco non è troppo evidente e chiara. Come già fu osservato dal MENEGRINI (Op. cit., pag. 510), il P. Sowerbyi Nyst 4 è molto somigliante al P. ventilabrum GoLpr., e può sicuramente venirgli riferito, oltrechè per tutti gli altri caratteri delle valve, anche e soprattutto per l'andamento retroverso delle lamelle d’accrescimento sui fianchi delle coste. Il MENEGHINI cita pure come var. ventilabrum del P. dubius un esemplare proveniente delle marne bluastre di Capo S. Marco (Op. cit., pag. 596). Gli esemplari meglio conservati di questa specie sono due valve sinistre provenienti dai calcari argil- losi del Capo San Marco. L’uno di. essi (esempl. I), appartiene al Museo di Pisa e fa parte degli esemplari già studiati dal MeNEGHINI e determinati come P. dubius Br. (= P. scabrellus Lmx.). L’altro (esempl. II) appartiene alla collezione del Museo di Cagliari. Il P. ventilabrum GoLpF. è, come è noto, specie carat- teristica del piano elveziano. Ed in Italia, dove fu già rinvenuto nelle mollasse sabbiose delle colline torinesi, fra gli strati ciottolosi elveziani così detti di Superga e quelli marnosi del Tortoniano 5), e nelle mollasse pure sabbiose del Basso Monferrato e di Serravalle Scrivia 9, sembrano rappresentare la parte più alta dell’ Elveziano. Ora, il fatto di essere stata questa specie ritrovata nei terreni del Capo S. Marco, che sono general- mente ascritti al Tortoniano, può, secondo me, accrescer valore al convincimento già manifestato dal PARONA stesso ”, secondo il quale le specie rinvenute nei terreni del Capo S.Marco, pur ritrovandosi altrove anche nel Miocene superiore, hanno tuttavia innegabilmente, come egli dice, un significato di Miocene medio, data la loro maggior diffusione negli strati di questo periodo. Nel Bacino terziario di Visan (Vaucluse) in Francia il P. ventilabrum Gotpr. trovasi non di rado, ed insieme a poche altre specie di Pecter cronologicamente ben definite, nella mollassa elveziana a P. praesca- briusculus FoNT., ma più precisamente negli strati sabbiosi a Scutella Paulensis ed in quelli marnosi a 2. subbenedictus, immediatamente loro sovrapposti 3). 41) Sacco. Op. cit., pag. 14, tav. III, fig. 27-29. Torino, 1897. 2 RovaraTo. IMustrazione di Molluschi fossili tongriani della Liguria, pag. 66, tav. III, fig. 5. Genova, 1900. 3) Sacco. Op. cit., Parte XXX, Aggiunte e correzioni, pag. 143, tav. XXVIII, fig. 11. Torino, 1904. 4) NvsT. Description des coquilles et des polypiers fossiles des terrains tertinires de la Belgique, pag. 293, pl. XXII, fig. 3b, bd, d e XXbis, fig.3a,a'. 1845. 5) DE LAPPARENT. Traité de Géologie, 4.%° édit., pag. 1536. Paris, 1900. 6) MavnR. Sur la carte géologique de la Ligurie centrale. Bull. Soc. géol. de France, III sér., vol. V, pag. 290. Paris, 1877. 7) PARONA. Op. cit. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 301. Roma, 1889. 8) FoNTANNES. Op. cit., pag. 26 e 33. Paris-Lyon, 1878. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 21 170 R. UGOLINI [16] Ad ogni modo è molto probabile che, se la specie in esame fu poco citata dai diversi autori, ciò possa dipendere dalla facilità con cui essa viene scambiata con le altre specie affini. Località: — Capo S. Marco (non rara) e Bonaria (rara). Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 7. Aequipecten scabriusculus Marr. 1842. Pecten scabriusculus Marnnéron. Catalogue méthodique et descriptif des corps organisés fossiles du dé- partement des Bouches du Rhòne, pag. 187, pl. XXX, fig. 8e:9. 1873. — — FiscHer et TournovER. Invert. foss. du Mont Léberon, pag. 115, tav. XX, fig. 6-8. 1889. Chlamys (Aequipecten) scabriusculus Kiuian. Etud. paléont. s. l. terr. second. et tert. de D’ Andaloustie, Mém. Acc. Sc. nat. Inst. de France, vol. XXX, pag. 708. 1900. Pecten cfr. scabriusculus NeLLi. Moss. mioc. d. Appenn. aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, pag. 403. 1901. Aequipecten —_ De ALessanDRrI. App. di geolog. e paleont. s. dint. di Acqui, pag. 103. Conchiglia di sottile spessore, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale, biconvessa. Valve ugualmente rigonfie e ornate esternamente da circa 18 coste radiali, arrotondate, longitudi- nalmente solcate da strie sottili, le quali ultime sono tanto più numerose quanto più vicine al margine palleale della valva e fortemente granuloso-squamose per tutta la loro lunghezza. Gli spazi intercostali sono pressochè uguali per larghezza alle coste ed ornati essi pure delle medesime strie longitudinali granuloso-squamose esistenti sulle coste stesse. Le orecchiette sono leggermente disuguali: la destra anteriore con seno bissale, e fornite ambedue della medesima ornamentazione radiale squamulosa degli spazi intercostali. Il margine cardinale è diritto. Appartengono a questa specie due esemplari di valva sinistra. Il più piccolo di essi, che è anche il migliore, possiede il margine palleale un poco sbocconcellato e l’ orecchietta anteriore incompleta, donde l’ impossibilità di riportare qui le dimensioni dell’ altezza, e della larghezza della valva in esame e della lunghezza del margine cardinale. Ciò non pertanto la per- fetta conservazione degli ornamenti delle coste, il numero di queste, nonchè il valore dell’angolo apiciale mi hanno permesso sufficientemente di stabilire l’esatta corrispondenza di questa valva con quella analoga del P. scabriusculus tipico. A. tal fine mi ha molto aiutato l’esame, non tanto delle bellissime figure che trovansi riprodotte per questa specie nella pregevole monografia di FiscHER e TouRNOUER (Op. cià., fig. 6-8), quanto e specialmente di tre buoni esemplari di P. scabriusculus, provenienti dal giacimento tortoniano di Cucuron (Vaucluse) donde esso è originario, e donati a questo Museo dal chiarissimo prof. DÉPERET. L’altro esemplare, più grande del primo, è molto malamente conservato, ma non lascia però alcun dubbio sulla sua determinazione. Sono affinissime a questa specie il P. praescabriusculus Font. ed il P. camaretensis Font. Ma non per questo può con essi venire confusa la valva in esame. Difatti essa, come il P. scabriusculus tipo, si distingue sufficientemente dalla prima specie di FontAnNES per la striatura generalmente un poco maggiore, per le coste più numerose e più sporgenti, e per gli spazi intercostali uguali, anzichè maggiori, della larghezza delle coste. Diversifica poi dal P. camaretensis per la maggiore convessità delle valve, per il numero alquanto maggiore delle coste radiali, per la loro maggiore sporgenza, ma soprattutto per l’ornamentazione squamuloso-striata che le ricopre per intiero, e non soltanto nella metà inferiore della valva, come appunto si verifica nel P. camaretensis. [17] R. UGOLINI 171 Delle due valve sopra citate la prima fu raccolta nei calcari argillosi del Capo S. Marco, e la seconda nel calcare argilloso compatto che trovasi all’estremità del Poetto presso la Torre di S. Elia. Ora, se il fatto di aversi nel giacimento del Capo San Marco la presenza di una specie caratteristica del piano tortoniano, darebbe ragione a MARIANI e PARONA in quanto essi per i primi ascrissero i terreni del Capo S. Marco a quest'epoca; la presenza invece nel giacimento medesimo di altre specie di Pecten proprie di terreni meno recenti, quali ad es., il P. ventilabrum GoLpr., ne induce forse: o a far ritenere il giacimento stesso un poco anteriore all’età tortoniana, o ad ammettere almeno l’affioramento nella detta località di due orizzonti contigui: il Tortoniano e 1’ Elveziano. Il P. scabriusculus è specie non troppo comunemente citata, forse per la facilità con cui può venire scambiata con alcune specie affini e specialmente con il P. scabrellus Lmx. Sebbene non ricordata dal Locarp pei terreni terziari medi della Corsica, sembra tuttavia trovarsi in quest'isola, a Bonifacio, secondo quanto affermano in proposito FiscHER e TournovER !. La si trova altresì nel calcare di Visone (Acqui) rinvenutavi dal De ALESsANDRI, ed è pure abbondantemente dif- fusa, a quanto sembra, nel Miocene medio di Montegibbio, di Serralunga e di Varzi (SAcco, pag. 32). Sugli esemplari provenienti appunto da quest'ultime località il Sacco ha istituito alcune varietà, come la stricticostata e la gibbulosa, le quali però differiscono solo minimamente dalla specie tipica di MaTHÉRON. Il NetLI ha citato questa specie anche pei terreni miocenici dell’Appennino (Ofena) (Op. cit., pag. 503); e fu pure da me riconosciuta nel calcare di Rosignano (Pisa). Tengo però a dichiarare in pro- posito che un più accurato esame della valva già da me descritta col nome di P. scabriusculus e fatto .con la scorta degli esemplari di Cucuron inviatimi dal DéPERET, mi ha persuaso trattarsi di una specie diversa da quest’ultima e probabilmente nuova. Termino coll’osservare che la specie di MaTHÉRON è pur citata dal KiLran per i terreni terziari del- l’Andalusia. Località: — Capo S. Marco, Poetto S. Elia. Collezione: — Musei di Pisa e di Cagliari. 8. Aequipecten cfr. apenninicus Rover. — Tav. X [I], fig. 4. 1898. Chlamys (Aequipecten) apenninica Rovereto. Nota preventiva sui Pelecipodi del Tongriano ligure. Atti d. Soc. ligust. Sc. nat. e geogr., vol. IX, pag. 154. 1900. — _ —_ —_ Illustrazione dei molluschi fossili tongriani, pag. 60, tav. III, fig. 10. 1904. Aequipecten apenninicus Sacco. Moll. d. terr. terz. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXX, Aggiunte e correzioni, pag. 141, tav. XXVIII, fig. 4. DIMENSIONI I II Altezza di ambedue le valve . o o 2 mm. 859=1 mm. 722=1 Larghezza » » o . ; . Di eS107 » 6=1,05 Spessore » » o o o ; » 43 —=0,50 Dp_P= 8 Lunghezza del margine cardinale , o d= È »_ = ? Angolo apiciale . : : SCO 0 : 100° 105° i) FiscHmR et TouRNOUER. Op. cit., pag. 115. Paris, 1873. 2. UeoLInI. Op. cit. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 169. Modena, 1899. 1172 R. UGOLINI [18] Conchiglia di media dimensione, con guscio di spessore non troppo notevole, di forma suborbicolare, inequilaterale, obliqua, convessa, piuttosto rigonfia all’apice. La valva destra è leggermente più curva della sinistra e percorsa da 18 a 20 coste a dorso arro- tondato, poco sporgenti ed ornate verso il margine palleale di 5-6 sottilissime strie longitudinali, che di- vengono sempre più rare e meno visibili verso l'umbone. Tali coste sono larghe circa il doppio dei solchi loro interposti. Questi appaiono quasi del tutto pianeggianti ed ornati, anch’essi come le coste, da strie longitudinali, ma in numero di 2-3 soltanto, le quali vanno facendosi più rare e meno appariscenti dal pallio all’umbone. Per dato e fatto di tali strie le coste ed i solchi risultano fittamente costicillati, e le costicille, che sono molto minute e sottili, appaiono anche sensibilmente sranulose per effetto delle fittissime strie concentriche che le attraversano. Le medesime ornamentazioni radiali e concentriche ricoprono la valva sinistra. In ambedue le valve le due orecchiette sono disuguali, essendo l’anteriore assai più sviluppata e molto più protesa allo innanzi della posteriore, ma presentano anch'esse la stessa costulatura radiale e la stessa striatura concentrica che si osserva in tutto il resto della superficie valvare. L’orecchietta anteriore destra mostra inoltre assai evidente l’insenatura bissale. L’angolo apiciale delle due valve è assai ampio, ed il margine cardinale quasi perfettamente diritto. A questa specie, che ha molte affinità col P. scabrellus, col P. scabriusculus, e col P. camaretensis, soprattutto per l’ornamentazione caratteristica della superficie esterna delle valve, e che è tuttavia ben diversa da tutte e tre per un complesso notevole di altri caratteri, ho creduto opportuno di ascrivere un bell’esemplare (esempl. I) provvisto di ambedue le valve e completamente conservato. La sua valva destra, infatti, è inequilaterale, obliqua e leggermente depressa alla stessa guisa di quella sulla quale il RoveRETO istituì la sua nuova specie. E, come in questa, anche in essa si notano da 18 a 20 coste radiali, più larghe assai dei solchi, arrotondate sul dorso, striate, squamulose e separate da interstizi profondamente striati come le coste. Siccome però l’esemplare del RoverETO consiste di una sola valva che probabilmente è la destra e che è per di più incompleta, non mi fu possibile di fare altri confronti con l'esemplare da me studiato all’infuori di quelli più sopra istituiti. Ad ogni modo io credo, però, che essi sieno sufficienti a dimostrare la corrispondenza di questo me- desimo esemplare con il P. apenninicus RovER.; e se, come io spero, non mi sarò ingannato, la specie del RoveERETO verrà ad essere da questa descrizione, non soltanto maggiormente autenticata, ma anche definita nei suoi minuti particolari assai meglio di quello che essa effettivamente non fosse prima di ora. Il RoveRETO, nella descrizione di questa specie, non ha nascosto il dubbio che essa possa anche essere una varietà del P. Hauerì Micat. Io però Ja ritengo assai diversa da quest’ultima, non solo per il numero maggiore delle coste radiali, ma anche per la loro maggiore finezza e per l'ampiezza alquanto minore dell’angolo apiciale. La specie tipica proviene dal Tongriano della Liguria e più precisamente dai terreni di Pareto e di Mioglia. L’esemplare qui descritto, però, sembrerebbe appartenere a strati alquanto più recenti, essendo stato raccolto nei calcari a Scutella subrotunda Lmx. di Bodde Crapoli presso Sassari. Un altro esemplare di valva destra (esempl. II) proviene dalle arenarie calcaree di Serra Losigu, in prossimità di Ploaghe. i Località: — Bodde Crapoli (Sassari), Serra Losigu (Ploaghe). Collezione: — Museo di Cagliari. [19] R. UGOLINI 173 9. Aequipecten camaretensis Fonm. 1878. Pecten camaretensis Fonrannes. Étud. strat. et paléont. p. serv. à V hist. de la pér. tert. dans le bass. du Rhòne, III, Bass. de Visan (Vaucluse), pag. 90, pl. III, fig. 2. 188%. — — MarIANI. Descrizione dei terreni miocenici fra la Scrivia e la Staffora. Boll. Soc. geol. ital., vol. V, pag. 303. 1897. Aequipecien scabriusculus var. cfr. camaretensis Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 32, tav. IX, fig. 2. 1899. Chlamys (Aequipecien) camaretensis UcoLinI. Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centrale. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 185. 1901. Pecten (Aequipecten) cfr. camaretensis BLancxenBorn. Neues zur Geologie und Paltiontologie Aegyptens, ILI, Das Mioctin. Zeitschr. d. Deutsch. geolog. Gesellsch., Bd. 53, pag. 123. DIMENSIONI I II III Altezza della valva sinistra . - 6 mm. 31 =1 ata, Sble=al mm. 34=1 Larghezza » » 0 o . » 33=1,06 » 34=1,03 » 37=1,06 Angolo apiciale c c . 0 c 110° 105° 105° Conchiglia con guscio di sottile spessore, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale, bi- convessa. La valva destra, secondo la diagnosi dell’autore, è alquanto più rigonfia della sinistra, porta da 16-17 coste radiali di forma arrotondata, le quali sono perfettamente lisce nella regione umbonale, e percorse da strie minute, fitte, granulose in quella periferica. Gli spazi intercostali sono alquanto più larghi delle coste ed ugualmente ornati. x La valva sinistra, meno convessa della destra, è provveduta di coste radiali che sono uguali per forma e per numero a quelle di quest’ ultima e separate da solchi un poco più ristretti di quelli della valva destra. Le orecchiette, piccole e disuguali, sono radialmente costicillate; di esse la destra anteriore è prov- vista di seno bissale. Margine cardinale diritto. Vanno con molta probabilità di esattezza ascritti a questa specie tre esemplari di valva sinistra, ap- partenenti a individui distinti, di grandezza pressochè uguale. Un solo di essi (es. I) può dirsi completo, mancando esso solamente della estremità dell’orecchietta anteriore; gli altri invece (es. I, III) sono un po’ peggio conservati. Queste valve hanno senza dubbio non pochi punti di contatto con quelle corrispondenti del P. prae- scabriusculus Font., e del P. scabriusculus MatE. Ma si distinguono facilmente dal primo per la loro minore convessità, per il numero un po’ maggiore delle coste e soprattutto per la notevole levigatezza di queste in vicinanza dell’umbone. Differiscono poi dal P. scabriusculus MATH., per la loro minore con- vessità, per il numero minore delle coste, per la minore prominenza di esse e per la minore larghezza loro in confronto di quella degl’interspazi. Questa specie, che il Sacco vuole considerare soltanto come una semplice varietà del P. scabriusculus MATH., è per me specie ben individualizzata e distinta. Ma nel caso in cui si volesse considerare come una semplice varietà, anzichè cume una specie distinta, io ritengo che si dovrebbe collegarla al P. prae- scabriusculus più che al P. scabriusculus, sia perchè è a quello più somigliante, sia perchè è ad esso strati- graficamente e cronologicamente più vicino. 174 R. UGOLINI [20] Nel bacino di Visan, infatti, donde il P. camaretensis è originario, gli strati con questa specie si succedono in serie ascendente a quelli con P. praescabriusculus; e ad essi fanno seguito poi immediatamente gli strati a P. Celestini MAYER, con i quali si chiude la serie elveziana ed incomincia quella successiva del Tortoniano a Cardita Jouanneti, a P. scabriusculus ed a P. vindascinus Font. Il P. camaretensis dunque serve a segnare il passaggio fra le forme più antiche indicate come P. praescabriusculus e quelle più recenti rappresentate dal P. scabriusculus. Le rare citazioni di questa specie nei nostri terreni terziari superiori ce la fanno ritenere come poco comune; a meno che non sia stata scambiata con altre forme affini, cosa del resto molto probabile e già verificatasi per qualche altra specie. Dei tre soli esemplari qui menzionati, due (esempl. I e II) appartengono al Museo di Cagliari, ed il terzo (esempl. III) al Museo di Pisa. Quest'ultimo fu determinato dal MENEGHINI come P. dubius Br. Tutti e tre provengono dai calcari argillosi di Capo S. Marco. La presenza in questo giacimento di un’altra specie caratteristica di terreni elveziani mi conferma poi vieppiù nell’idea, già precedentemente espressa, che cioè in questa località affiorino due formazioni contigue: l’Elveziano ed il Tortoniano. Il P. camaretensis fu pure rinvenuto nei colli tortonesi dei dintorni di Varzi in Val di Staffora, (Mariani) ed a Forca di Valle (UGOLINI). Località: — Capo S. Marco. Collezione: — Museo di Cagliari. 10. Aequipecten Northamptoni Micart. 1839. Pecten Northamptoni MicarLormI. Brevi cenni di alcuni resti delle classi di Brachiopodi, Lamellibran- chi ecc. del Piemonte. Ann. d. Sc.-d. R. Ist. Lomb. Veneto, pag. 8. 1857. — dubius MeneGHINI. Paléont. de lile de Sardaigne, pag. 594, tav. H, fig. 9. 1877. - Bonifaciensis Locarp. Descript. d. terr. tert. moy. de la Corse, pag. 144, tav. II, fig. 6-8. 1881. —. Northamptoni Fucas. Ueber die von G. Michelotti uus den Serpentinsanden von Turin beschrie- benen Pectenarten. Verhandl. d. k. k. geolog. Reichsanst., pag. 316. 1887. — Bonifaciensis Parona. App. p. la Paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 311. 1889. — — SIMONELLI. Terreni e fossili dell’ isola di Pianosa nel mar Tirreno. Boll. Com. geol. ital.. vol. XX, pag. 232. 1897. — — De ArressanprI. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Soc. ital. Sc. nat., f. VI (II d. N. S.), fasc. 1°, pag. 58. 1897. Aequipecten Northamptoni Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piem. e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 16, tav. IV, fig. 1-6. 1900. Pecten -- NeLLI. Moss. mioc. d. Appenn. aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, pag. 401. 1901. — (Chlamys) — BLanc«EeNHORN. Neues x. Geol. w. Paléioni. Aegypt., II, Mioccin. Zeitschr, d. Deutsch. geolog. Gesellsch., Bd. 53, pag. 108. 1901. Acquipecten — Dr ALessanpRI. App. di geol. e paleont. s. dint. di Acqui, pag. 104. Atti Soc. ital. Sc. nat., vol. XXXIX. 1903. Chlamys (Aequipecten) Northamptoni UGonini. Pettinidi nuovi 0 poco noti di terreni terziari italiani, Riv. ital. di Paleont., vol. IX, pag. 78. Ol 21] R. UGOLINI 17 I II TII IV Vv VAI VII Altezza di ambedue le valve mm. 74=1 65=1 64=1 47=1 56=1 48=1 39=1 Larghezza » » » T4=1 61(=1,03 65=1,01 45—=0,95 54=0,96 45—=0,93 38—=0,97 Spessore » » o SE=0,47 28=0d8 A= # 20—0,42 24—0,42 = ? = Lunghezza del margine cardinale » ?= ? Siri? — 050 Me a = 7 19=0, 48 Angolo apiciale . : . : 1150 110° 110° 100° 98° 97° 990 Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma biconvessa, subequivalve, ine- quilaterale ovato-oblunga. La valva destra che è sempre un po’ più rigonfia e più squamosa della sinistra, è percorsa da circa 14-18 coste radiali: rotonde e sporgenti nella metà superiore umbonale, ondulate, larghe e depresse verso il margine palleale, le quali sono longitudinalmente solcate da strie sottili, poco profonde e tanto più numerose quanto più vicine alla periferia. Per la presenza di queste strie ogni costa viene ad essere superficialmente suddivisa in numero variabile di costicille, generalmente 5-7. Gli spazi intercostali, che sono più stretti delle coste o tutt’al più uguali ad esse, sono anche pianeg- gianti sul fondo e percorsi distintamente da 1 a 3 costicille radiali simili a quelle sovrastanti alle coste principali. Tutta la superficie della valva mostrasi concentricamente attraversata da strie d’accrescimento lamel- lose, le quali, incontrandosi con le costicille dei solchi e delle coste, rendono tali costicille fortemente scagliose. Le due orecchiette sono disuguali, essendo la anteriore alquanto più pronunciata della posteriore e fornita di un’insenatura bissale assai evidente. Anch’esse presentano le stesse costicille radiali scagliose esistenti su tutto il resto della valva, e dànno origine ad un margine cardinale che è breve, leggeris- simamente angoloso, ed appena appena oltrepassato dall’estremità dell’apice. i La valva sinistra può dirsi identica per tutti i suoi caratteri a quella ora descritta, salvo che è un po’ meno rigonfia di questa ed ha il margine cardinale perfettamente diritto e non oltrepassato dal- l’apice umbonale. Nella monografia del Sacco sono descritti e figurati, come varietà della specie tipica, alcuni esemplari i quali si distinguono un poco dal tipo di MicarLotTI, o per la presenza di spine assai più numerose e più sviluppate, come ad esempio nella var. multispinosa SAcco, o per la forma un po’ più convessa delle valve, come nella var. perarcuata Sacco, o per il minore sviluppo delle spine nelle coste e nei solchi, come nella var. laevitransiens SAcco, o per la levigatezza e sulculatura delle coste medesime, come nella var. laevisulcata SAcco, od infine per qualche altra leggerissima particolarità, come nella var. oblita Sacco, e nella var. perelaticosta SAcco. Io pure ho potuto osservare, fra i numerosi esemplari avuti in esame, alcune valve che si avvicinavano notevolmente od all’una od all’altra delle numerose varietà del Sacco, come già altra volta ebbi occa- sione di avvertire !. Siccome però l’abbondanza e la buona conservazione del materiale da me posseduto mi hanno offerto l'occasione di rilevare l’incostanza dei caratteri sui quali il SAcco volle istituite le varietà suddette e di riconoscere sopra gli stessi esemplari miei non pochi passaggi graduali fra quelle e la specie tipica, così io credo che sarebbe più conveniente di considerare il P. Northamptoni MicHt. in senso un poco più lato di quel che non abbia fatto il Sacco e di accordare alla specie stessa quella variabilità alla quale sembra sia stata effettivamente soggetta. 4) UGoLINI. Op. cit. Riv. ital. di Paleont., vol. IX, pag. 78. Bologna. 176 R. UGOLINI [22] A questo proposito parmi opportuno di avvertire che in tutti gli esemplari da me esaminati si verifica sempre un assai minore sviluppo delle spine della valva sinistra in confronto di quelle della destra, e che solo in pochi di essi si nota una levigatezza assoluta delle valve. Nonostante la sua facile variabilità, questa specie è tuttavia caratteristicamente ben definita e difficile a confondersi con altre. E fu soltanto quando la specie era ancor poco conosciuta che si potè scambiarla con il P. spînulosus MunsT. il quale, pure avendo, come il P. Northamptoni, la superficie delle valve fortemente scagliosa, differisce profondamente dalla specie del MrcHELOTTI, non fosse altro che per l’aper- -tura notevolmente maggiore dell’apice e per l’assoluta ineguaglianza delle due valve, avendo la valva sinistra perfettamente piana. Anche il MeneGHINI che la riconobbe per il primo fra i fossili terziari della Sardegna, la determinò impropriamente come P. dubius BR., e come tale la descrisse dando altresì una buona figura (Op. cit., tav. H, fig. 9-9a) di uno degli esemplari da lui posseduti. Altra bellissima figura di questa specie è quella che ci vien data da Locarp ( Op. còt., tav. II, fig. 7-8) per un esemplare dei terreni di Bonifacio in Corsica. Questo esemplare fu da lui impropriamente descritto come P. bonifaciensis Loc. per il fatto di non avere egli avuto la possibilità di conoscere la preesistenza del P. Northamptoni, di cui, come a questo proposito osserva il FucHSs (Op. cit., pag. 316), mancava, allora una buona figura. Secondo il FucHs, nella collezione dei Pettini delle arenarie serpentinose delle colline di Torino de- scritte dal MicHELOTTI, si troverebbe pure indicata è schedis come P. spinulosus MunsT. (Op. cit., pag. 316), una conchiglia che egli ritiene doversi sicuramente ascrivere al P. Northamptoni. Altra conchiglia della medesima località, determinata in schedis come P. Brummeli Nxst 0 come P. Duvelsti Nyst, rappresenterebbe, sempre secondo il FucHSs, una specie nuova affine al P. Northamptoni. Però il SAcco che la ebbe in esame dice a questo proposito che essa è invece un P. Northamptoni vero e proprio. Non avendo il MicHELOTTI data, come già fu detto in principio, nessuna figura della sua specie, anche il ParoNA (Op. cit., pag. 311) ed il SimoneLLI (Op. cit., pag. 232) furono inevitabilmente condotti a riferire al P. borifaciensis Loc. esemplari di P. Northamptoni Micat. È dunque a quest’ultima che essi per la privrità del nome di MicaELOTTI vanno definitivamente riportati, ancorchè la specie sia stata figurata da LocarD per il primo. La specie, che è originaria del bacino elveziano del Piemonte, era stata già citata per la Sardegna da MENEGHINI come P. dubius BR. e da Parona come P. donifaciensis Loc. Trovasi però anche nei terreni terziari medi della Corsica ed in quelli dell’isola di Pianosa, come ne attestano LocARD e SIMONELLI. Pel continente la citarono inoltre: il De ALESSANDRI nell’Elveziano di Rosignano e di Vignale (Piemonte) e nell’Aquitaniano di Acqui, di Visone e di C. Ferri (Piemonte); il SAcco nell’Elveziano dei Colli torinesi, di Baldinero, di Albugnano, di Serralunga e di San Giorgio Monferrato (frequentissima); il MaAnzonI nel Miocene di San Marino; lo ScHAFFER ! nei conglomerati tongriani di Cerea (Casale), ed il NELLI nei cal- cari e nell’arenarie di Miocene medio dell’Appennino Aquilano. I numerosi esemplari da me riferiti a questa specie provengono prevalentemente dalla formazione arenacea a frammenti di basanite di Fontanazzo. Fanno eccezione: una valva destra incompleta raccolta nelle arenarie, aquitaniane secondo il Lovisato, di Perdas de Fogu, fra Sorso e Castelsardo; ed un esemplare, quasi completo (esempl. I) e con ambedue le valve, rinvenuto nei terreni di Cannani di Ales, i) ScHArFER. Bettrlige zur Parall. d. Mioc. des piemont. Tert. mit denen des Wiener Beck. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 407. Wien, 1898. |23| R. UGOLINI 177 i quali, così afferma il Lovisaro, sarebbero immediatamente soprastanti allo Stampiano. Secondo il Lovi- sato il P. Northamptoni sarebbe pure presente nella formazione calcarea di S. Bartolomeo presso Cagliari. To però di questa località non ne ho visto alcun esemplare. Degli individui da me esaminati pochi sol- tanto appartengono alla collezione del Museo di Pisa. È fra essi l’esemplare VI indicato nelle dimensioni e già da me descritto insieme agli altri in un mio lavoro precedentemente citato. Tutti gli altri apparten- gono alla collezione del Museo di Cagliari. Località: — Fontanazzo, Perdas de Fogu, Cannani di Ales. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 11. Aequipecten obliquatensis Sacco. 1897.. Aequipecten obliquatensis Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 18, tav. V, fig. 12, 13. 1901. —_ —_ (pars) De ALessanDRI. App. di geol. e di paleont. s. dint. di Acqui, pag. 104. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra . . 0 5 "pa o i mm. T7=1 Larghezza » » i E ò o ERTAROOa ò o o EO=1,08 Angolo apiciale . ò ; ò 9 È 5 0 0 6 1200 Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma biconvessa, subequivalve, sub- orbicolare, subequilaterale. La valva destra è percorsa da 14 coste radiali, arrotondate e sporgenti verso l’apice, depresse ed ondu- late verso la periferia, superficialmente costulate e squamulose e separate da interspazi che sono più stretti delle coste, pianeggianti sul fondo e forniti di costicille squamulose. La valva sinistra è percorsa dallo stesso numero di coste della precedente. Queste però sono quasi completamente lisce e solo verso la periferia ornate di fasciole concentriche evidentissime anche nei solchi loro interposti. Gli umboni delle due valve, piuttosto ricurvi sul margine cardinale, formano un angolo apiciale assai ampio e sono lateralmente limitati da orecchiette piccole subeguali. È specie molto simile a quella precedentemente descritta, ma soprattutto riconoscibile dalla maggiore apertura dell’angolo apiciale, dalla forma assai più depressa delle coste lungo il margine palleale, dove esse quasi si confondono con gl’interspazi a formare una superficie unica ondulata, ed inoltre dall’aspetto generale più arrotondato e più equilaterale delle valve. Per tali caratteri, come osserva l’autore della specie, è il P. obliquatensis molto vicino anche al P. burdigalensis Lmx., sicchè potrebbe, e con ragione, considerarsi come una forma intermedia fra quest’ultima ed il P. Northamptoni Micat. A proposito di questa specie il De ALEssanDRI !) è anzi di parere che essa debba identificarsi deci- samente con il P. obliquatensis Sacco; ed a ciò sarebbe stato indotto dall'esame di numerosi esemplari nei quali, dalla specie del Sacco si giunge, attraverso graduali passaggi di sviluppo e di ornamentazione, al P. Northamptoni var. oblita SAcco, e da questa gradatamente al P. Northamptoni tipico; il quale d’al- tronde, si differenzia, come dice il DE ALESsANDRI, solamente per le squame e la rugosità delle coste. Ad ogni modo, giova ripeterlo, la forma arrotondata e depressa della periferia delle sue valve e soprat- tutto l'ampia apertura dell’angolo apiciale, rendono sufficientemente diversa la specie in esame dal 2. Northamptoni Micat. i 1) DE ALASSANDRI. App. di geol. e paleont. s. dint. di Acqui, pag. 105. Milano, 1901. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 22 178 R. UGOLINI [24] La specie, poco citata dagli autori, è originaria della formazione calcareo-arenacea di Acqui, dove fu pure trovata dal De ALessanpRrI. In Sardegna non era stata per anco rinvenuta. Località: — Fontanazzo, nelle arenarie dove sembra abbastanza diffusa. Collezione: — Museo di Cagliari. 12. Aequipecten Martellii n. sp. — Tav. XI [II], fig. 3. DIMENSIONI I k II valva destra valva sinistra valva sinistra Altezza . i i x 3 mm. (9=1 4-1 mm. 88=1 Larghezza ° c È o » 80=1,06 88=1,10 » 99=1,10 Spessore . i 6 Ù : » 36=0,48 36 = 0,48 DI R= Angolo apiciale 6 3 - 125° 130° 130° Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, suborbicolare, subequilaterale, sube- quivalve, biconvessa. La valva destra, che è distintamente convessa, è percorsa da 18 coste radiali, arrotondate e spor- genti verso l’apice, depresse verso la periferia, le quali sono longitudinalmente plurisolcate e suddivise in costicille tanto più numerose quanto più le coste sono prossime al margine palleale; tuttavia non sono mai in numero maggiore di 5-6. î Le strie concentriche d’accrescimento che attraversano le costicille rendono queste distintamente granulose e, verso i lati della valva, decisamente spinose. Gli spazi intercostali, che sono assai più stretti delle coste, mostrano la medesima ornamentazione radiale e concentrica di quest’ ultime. L’apice fa un angolo molto aperto e porta ai suoi lati due orecchiette, le quali sono piccole, costicillate, squamulose come tutto il resto della valva e disuguali, essendo la destra fornita di una profonda insenatura bissale. Il margine cardinale è angoloso ed aperto in alto. La valva sinistra, che è pressochè rigonfia come la destra, presenta il medesimo numero di. coste, lo stesso sviluppo di esse e la medesima ornamentazione radiale e concentrica. Differisce tuttavia dalla valva destra per avere l’apertura umbonale alquanto più ampia, le orecchiette tutte e due uguali ed il margine cardinale perfettamente diritto. Ò Come risulta dalla descrizione di ambedue le valve degli esemplari da me posseduti, i caratteri di questi ultimi concordano pressochè esattamente con quelli della valva destra del tipico P. Hauerì Mrcam. Siccome però la valva sinistra di questa specie non fu descritta nè figurata dall’autore, non si potrebbe a rigore stabilire in modo assoluto se essi debbano veramente ascriversi a questa o piuttosto ad altra specie. Ciò nonostante il Sacco nella sua Memoria, già più volte menzionata in questo lavoro, ebbe occasione di descrivere, sotto il nome di P. Haueri Micar., alcuni esemplari provenienti dai terreni elveziani del Piemonte, nei quali la valva destra è convessa e perfettamente simile pei suoi caratteri a quella della specie tipica del MrcHeLOTTI, e la valva sinistra pianeggiante; sulla guida di cotesti esemplari completò anzi la diagnosi latina della specie, aggiungendovi queste parole: Valva sinistra subplanata (Op. cit., pag. 22). |25] R. UGOLINI 179 Se dunque, come il Sacco afferma, gli esemplari suindicati appartengono al P. Haueri, si*può esser certi che quelli qui descritti debbono riferirsi ad una specie che è, non solo diversa da quella di MrcgHE- LOTTI e dal P. spinulosus Mùnst., ma anche decisamente nuova. Località: — L’esemplare (I) completo e provvisto di ambedue le valve fu raccolto, insieme al P. gloriamaris Dus. pe MontP., nella formazione calcareo-arenacea di Peschida Appia, in vicinanza di Santa Caterina di Pittinurri e di Seneghe; l’altro esemplare (II), che è rappresentato dalla sola valva sinistra, proviene invece dalle arenarie grossolane di Barrali, presso Senorbì. Collezione: — Museo di Cagliari. III. Sottogen. Elexzopecten Sacco, 1897. Conchiglia di Ck/amys, a valve subeguali, convesse, di forma talora subtrigonale e più alta che larga come nel P. pes-felis Linn., tal’altra subcircolare e tanto alta che larga come nel P. flexuosus Poti. Ampiezza dell’angolo apiciale variabile. Coste radiali generalmente poco numerose, e spesso disuguali per forma e grandezza, sempre però depresse, espanse e di forma ondulata e flessuosa. Orecchiette disuguali di cui le anteriori più grandi delle posteriori e di cui la destra fornita di inse- natura bissale variamente sviluppata. La flessuosità delle coste ed il loro ineguale sviluppo, costituendo le caratteristiche più importanti non solo delle specie di questo gruppo ma anche di quelle poche che fanno capo ai sottogeneri Peplum B. D. D. 1889 e Manupecten MontRS. 1889, mi è sembrato opportuno, a scopo di semplicità, di riunirle tutte indistintamente sotto lo stesso nome sottogenerico del Sacco. Tipo: — Z/exopecten flexuosus PoLi. 1. Flexopecten pes-felis Linn. 1758. Ostrea pes-felis Linneo. Systema Naturae, édit. X, pag. 697. 1879-82. Pecten — Fonrannes. Mollusq. plioc. de la vall. du Rhòne et du Roussillon, t. II, Acé- ; phales, pag. 191, pl. XII, fig. 9 e 9bis (cum syn.). 1892. Chlamys — PanraneLnIi. Lamellibranchi pliocenici. Boll. Soc. Malac. ital., vol. XVII, pag. 89. 1897. Manupecten — Sacco. Moll. d. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 36, tav. XII, fig. 1. Deve ascriversi indubbiamente a questa specie un frammento unico di valva sinistra la cui super- ficie esterna mostra perfettamente conservata tutta l’ornamentazione caratteristica della specie suddetta. L’esemplare, per la notevole gracilità della conchiglia, per la forma depressa ed ondulata delle coste, per i solchi alquanto più larghi di esse ed infine per il maggiore sviluppo delle costicine secondarie, so- miglia particolarmente alla forma che il Sacco descrisse e figurò (Op. cît., tav. XII, fig. 7) sotto il nome di var. ligustica. Non credo però doversi, quest’ultima e tutte le altre indicate da Sacco sotto diversi nomi, tenere separate dalla specie tipica, neppure come varietà, essendo la specie stessa dotata di una notevole variabilità. 4 Nel calcare argilloso del Capo San Marco fu già rinvenuta (MARIANI e PARONA, Op. cif., pag. 164) una specie molto affine, il P. Reussì HoRN., il quale, come è noto, si distingue dal P. pes-felis specialmente per il numero maggiore delle coste. 180 È R. UGOLINI [26] Quest’ultima specie, invece, non era stata mai, a quanto pare, ritrovata nei terreni della Sardegna; e neppure la si cita da LocarD pei terreni terziari della Corsica. Località: — Monte Cheremuli nel calcare argilloso. Collezione: — Museo di Cagliari. 2. Flexopecten sardous. — Tav. X [I], fig. 5; Tav. XII [III], fig. 1. Valva destra di una conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, subequilaterale, convessa. Le coste che ne percorrono radialmente la superficie esterna sono in numero di 8-9, di cui 5-6 prin- cipali e le altre secondarie. Le coste principali, molto sporgenti ed a sezione distintamente quadrangolare, sono pressochè liscie in prossimità dell’umbone; ma alla base del terzo superiore della conchiglia incominciano ad apparire sul dorso di esse tre costicine secondarie, le quali hanno la particolarità di manifestarsi maggiormente negli arresti di accrescimento e sul margine palleale che non nelle zone loro interposte. Questa maggiore evidenza delle coste nei luoghi su indicati dipende dal fatto che ivi le strie d’ac- crescimento essendo più manifeste e più sporgenti, s'incontrano con le coste e rendono queste leggermente nodulose e per conseguenza anche più appariscenti. I solchi intercostali, sono profondi, pianeggianti ed alquanto più larghi delle coste, e come queste anch'essi mostransi radialmente percorsi da due o tre costicine secondarie, le quali anche quivi diventano più appariscenti negli arresti di accrescimento che non nelle parti intermedie. Le coste secondarie sono disposte da una parte e dall’altra di quelle principali; sono molto sottili, sporgenti e separate dalla costa principale loro rispettivamente contigua da un solco alquanto più largo di esse. Le orecchiette sono relativamente grandi e diverse 1’ una dall’altra, essendo l’anteriore più espansa della posteriore e provvista di un’ampia insenatura bissale. Sono inoltre superficialmente provvedute della medesima ornamentazione concentrica esistente su tutto il resto della superficie della conchiglia e portano alcune costicine radiali che però sono evidenti sulla orec- chietta anteriore un poco più che non su quella posteriore. Il margine cardinale, quasi diritto, è leggermente oltrepassato dall’estremità dell’umbone, dia è assai rigonfio ed incurvato. Per questi caratteri, che si ripetono pressochè esattamente nel frammento di valva descritto e figurato dal BLANCKENHORN (Op. cit., pag. 130, fig. 15), ho molta ragione di credere che gli esemplari da me pos- seduti costituiscano con quello una medesima specie, alla quale sarei stato ben lieto di dare il nome di cotesto autore, se già non preesistesse un P. Blanckenhorni DéP. et Row. istituito da questi ultimi sopra gli esemplari di P. Ziziniae BLAncK. Il BLANCKENHORN accennando ai rapporti che questa specie può avere con altre affini ricorda il P. elegans AnDRZ. descritto e figurato dall’HORNES (Op. còt., tav. 64, fig. 6). Avendo però quest’ultima specie le coste in maggiore copia, i solchi intercostali più ristretti di esse e le costicine secondarie alquanto più numerose, non può essa in alcun modo venir confusa con quella in esame. Altra specie che può in certo modo venire confrontata con quella qui descritta è il P. Davidi Font. 1) BLANCKENHORN. Op. cit. Zeitschr. d. Deut. geol. Gesellsch.,Bd. 53, pag. 123. Berlin, 1901. Ter] R. UGOLINI 181 Questa, infatti, presenta non poche affinità anche con essa. Se ne distingue tuttavia per le coste più depresse, per il numero di costicine secondarie assai maggiore così nelle coste come nei solchi, ed infine per l’angolo apiciale molto più ampio. Località: — Portotorres, dagli strati sottoposti alla formazione calcarea della galleria (Tav. X [I], fig. 5); Piano (Bosa), dai calcari compatti ed argillosi (Tav. XII [III], fig. 1); S. Gavino Scapezzato (Sas- sari), dai calcari ciottolosi interposti ai calcari marnosi. Quest'ultimo solamente appartiene al Museo di Pisa. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. IV. Sottogen. Lyropecten Conrap, 1867. Conchiglia di Chlamys, a valve poco: diverse l’una dall’altra per l’ aspetto generale, ma facilmente riconoscibili per la maggiore convessità delle valva destra e soprattutto per lo sviluppo considerevole delle nodosità che caratterizzano le coste della valva sinistra. Questo sottogenere è da considerarsi, a parer mio, come termine di passaggio fra le forme del sot- togenere Chlamys str. sensu e quelle del sottogen. Gigantopecten Rover. (= Macrochlamys Sacco). Tipo: — Lyropecten nodosus LmK. 1. Lyropecten Melii UcoL. — Tav. X [I], fig. 6. 1881. Pecten Ponzi Mrni. Sopra una nuova forma di Pecien dei depositi pliocenici di Civitavecchia, tav. I, fig. 1-3. 1892. Chlamys — PantaneLti. Lamellibranchi pliocenici. Bull. Soc. Malac. ital., vol. XVIII, pag. 89. 1899. Macrochlamys Ponzi var. Meri. Osservazioni sul Pecten (Macrochlamys) Ponzii Met e confronti con alcune forme di Pectinidi neogenici affini che vi si collegano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XVIII, pag. 324. 1905. Pecten Meli UgoriniI. Rectifications de Nomenclature. Rev. critiq. de Paléozoologie, ann. IX, n.° 2, pag. 117. DIMENSIONI Altezza della valva destra . : : 6 . 5 ò 6 6 mm. 123=1 » » » sinistra . o o o x ò b a ò 5 Iblf=0,95 Larghezza di ambedue le valve 0 : c c c o . o » 131=1,07 Spessore » » o o c 6 È ò È c » T1=0,57 Angolo apiciale della valva destra . c : o 0 : c c 105° » » » » sinistra c 3 6 ò o 0 : 110° Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, di forma subequilaterale, ovato-triango- lare, leggermente inequilaterale, biconvessa. La valva destra o-inferiore è molto ventricosa ed ha l’apice umbonale fortemente ricurvo in guisa da sorpassare di 4 mm. almeno la linea del margine cardinale. Le coste, in numero di 9, sono diversamente sviluppate. Di queste le maggiori o principali sono in numero di 5 e situate verso il centro della valva; le altre 4 più piccole o secondarie sono disposte due a due da un lato e dall’altro della valva medesima. 182 R. UGOLINI [28] Tanto quelle che queste sono a sezione arrotondata; più sottili e sporgenti in prossimità dell’ apice, più espanse e depresse verso il margine palleale. Sono inoltre a dorso quasi perfettamente liscio nella regione umbonale; ma a partire dal terzo su- periore della valva sino alla periferia vanno esse ricoprendosi di solculi che, sottili da principio, diven- gono poi sempre più numerosi e profondi, sicchè esse verso il pallio risultano suddivise in tante costicine secondarie il cui numero varia da 6 a 7 per costa. Gli spazi che separano rispettivamente le coste fra di loro sono un poco più ristretti di esse ed a sezione distintamente arrotondata. Come le coste, però, appaiono anch’essi più profondi verso l’apice che non verso la periferia, e nella loro metà inferiore mostransi suddivisi in alcuni piccoli solchi longitudinali da 3 o 4 costicine secondarie interstiziali le quali vanno gradatamente accentuandosi verso il pallio. Tutta la superficie esterna della valva in esame è concentricamente percorsa da fittissime strie d’ac- crescimento le quali incontrandosi con le costoline radiali più sopra menzionate rendono queste sensibil- mente squamulose. i Completano l’ornamentazione trasversale della valva stessa vari arresti di accrescimento che, sotto forma di depressioni concentriche, più profonde all’apice che alla periferia, tagliano trasversalmente le coste principali in modo tale che fra una depressione e l’altra ne appaiono quest’ ultime leggermente gibbose. Da una parte e dall’altra dell’apice umbonale sono due orecchiette alquanto disuguali, a superficie convessa e disposte in modo da formare un margine cardinale leggermente angoloso e con l’apertura in alto. Ambedue le orecchiette mostrano la medesima ornamentazione concentrica di tutto il resto della valva e dovuta alle fittissime strie d’accrescimento; e solo nell’orecchietta anteriore si notano, sotto speciali incidenze di luce, alcune traccie di costoline radiali che non appaiono invece affattò nell’orecchietta posteriore. La valva sinistra o superiore è anch’essa convessa e assai rigonfia, ma lo è un po’ meno di quella ‘testè descritta. Difatti, osservando l'esemplare in esame al di sopra della regione umbonale, si può vedere chiaramente come la valva in questione si elevi sul piano di commessura delle valve di 38 mm. appena, e cioè di 5 mm. in meno della valva destra. L’apice della valva sinistra è inoltre assai meno incurvato di quello della valva opposta e la sua estremità non oltrepassa affatto la linea del cardine. Le coste radiali di questa valva sono 8, ed inegualmente sviluppate, di cui le 4 più grandi situate nel mezzo della valva stessa e le altre 4 più piccole disposte due a due da un lato e dall’altro di essa. Le prime sono poco sporgenti, quasi depresse ed espanse verso la periferia, ma nella metà superiore della valva diventano più ristrette, più elevate e fortemente nodulose. I- nodi costali sono disposti in serie radiali di 5 per costa e distribuiti simmetricamente in semicerchi concentrici attorno all’apice umbonale. Questi nodi che sembrano originati dall’azione degli arresti dell’accrescimento sulle coste, sono pic- colissimi in prossimità dell’umbone, ma a misura che si allontanano da questo divengono successivamente più grandi, sino a diventare grandissimi nell’ultima serie. Astraendo dai nodi su ricordati, le coste di questa valva sono lisce nella regione umbonale, ma in quella inferiore, e cioè oltre la zona dei nodi, esse mostransi distintamente suddivise, mediante alcuni solchi longitudinali, in varie costicine accessorie, che però sono più sporgenti e meno numerose di quelle della valva destra. Gli spazi intercostali della valva sinistra sono. a sezione arrotondata, poco profondi e più larghi di |29| R. UGOLINI 183 un terzo circa della larghezza delle coste, ed anch’essi, come quelli della valva destra, sono pressochè lisci soltanto nella regione apiciale della valva, mentrechè in quella del pallio sono invece provveduti di costicine un po’ più elevate di quelle interstiziali della valva destra. In questa valva sono da notarsi infine: la solita ornamentazione concentrica di strie sinuate e squa- mulose, nonchè i soliti arresti di accrescimento già osservati nella valva precedentemente descritta. Le orecchiette grandi e disuguali dànno origine ad un margine cardinale perfettamente diritto. Esse a differenza di quelle della valva destra, sono a superficie distintamente concava, presentano la medesima ornamentazione concentrica dovuta alle strie d’accrescimento, ma non posseggono alcuna traccia di costo- line radiali *). ; Riferisco alla specie ora descritta un bellissimo esemplare a valve unite e tutte e due quasi perfetta- mente conservate. Questo esemplare, come risulta dalla sinonimia che precede la descrizione, corrisponde esattamente a quello già descritto dal Meli con la denominazione di P. Ponzi MeLI ed al quale, per il doppio im- piego del nome specifico, ho creduto opportuno di cambiare il nome ?). Secondo il MeLI l'esemplare da lui descritto somiglierebbe notevolmente ad altri da lui osservati nei Musei di Vienna e di Buda-Pesth ed ivi indicati con il nome di P. laticostatus DESH. (= P. latissimus BR.). Siccome però sembra che anche nel bacino di Vienna sieno state confuse sotto il nome di P. latissimus due forme di Pecten ben distinte fra di loro e cioè il P. Zatissimus BR. tipico ed il P. restitutensis FonT., che erano state osservate dal FontanNEs per il bacino francese del Rodano ?), così il MeLI crede doversi ritenere la sua specie, e quindi quella in esame, come una forma interposta ai due tipi suindicati e discendente dal P. restitutensis, del quale, come egli dice, potrebbe anche considerarsi quale una bella Varietà. i Pure accettando come giuste le considerazioni fatte successivamente dal MELI sulla suddetta specie ®, è un fatto però che nessuna delle figure date dall’ HorNEs nelle tavole LVI e LVII della sua ben nota opera, si accorda esattamente con la specie in questione. Non credo quindi di andare errato affermando che la specie istituita dal MELI è molto bene indi- vidualizzata e caratteristicamente ben definita. ; Circa l’esattezza o meno del riferimento dell’esemplare sardo, da me posseduto, al P. Meli, non credo poi possa nascere alcun dubbio, tanta è la somiglianza che passa fra l’esemplare anzidetto e la i) Per maggior chiarezza parmi qui utile di riportare esattamente la diagnosi latina con la quale il MpuI volle far precedere la descrizione della sua specie: i « P. testa crassa ovato-trigona, inaequivalvi, subaequilaterali, utrinque valve ventricoso-convexa; costis 7-8 « elevatis, inaequalibus; ipsis et interstitiis, longitudinaliter costulatis. In valva superiore radiis majoribus, ut in- « terstitiis, generaliter tricostulatis et juxta umbonem nodulis pisiformibus prominentibus ornatis; costis in margine «externa et in incrementi lineis nodo parvo terminatis. In valva inferiore radiis et interstitiis diversimode costulatis, « majoribus quadricostatis; margine externe, ob costulas, grosse crenulato. Superficie valvarum tota, transverse, « dense, ac minute squamuloso-striata ». « Margine cardinali recto, umbonibus prominentibus, valve involutis. Auriculis magnis, subaequalibus, « obsolete radioso-sulcatis et longitudinaliter striatis ». 2 UGOLINI. Rectifications de nomenclature. Rev. crit. de Paléoz., ann. IX, n.° 2, pag. 117. Paris, 1905. 3) FONTANNES. Sur une des causes de la variation dans les temps des faunes malacologiques, à propos de la filiation des Pecten restitutensis et lutissimus. Bull. Soc. géol. de France, sér. III, tom. XII, pag. 357, fase. XVI, fig. 1. Paris. 4. MeLI. Op. cit., pag. 324. Roma, 1899. 184 R. UGOLINI i [30] specie tipica e come anche si può riconoscere confrontandolo con le figure che accompagnano la descri- zione della specie medesima. Tuttavia se una osservazione è da farsi a questo proposito, essa riguarda la diagnosi riportata dal- l’autore della specie in esame e più precisamente quella parte di essa là dove è detto che le coste della valva sinistra sono maggiori degl’ interstizi, mentre invece risulta dalla figura 2 della valva stessa !, e dall’esemplare da me descritto, che esse sono distintamente minori. Tra le forme di Pecten più affini al P. Melti è degno di essere menzionato il P. nodosiformis Pusca ?). Questo di fatti si avvicina non poco alla specie in esame per il numero delle coste e per la forma dei nodi esistenti nella valva sinistra. Esso però non soltanto ha un aspetto generale assai diverso da quello del P. Melzi, ma possiede delle coste le quali hanno una sezione distintamente rettangolare che si con- serva tale sino al margine palleale. i E che una tale differenza della conformazione delle coste non dipenda certamente dall’età presumi- bilmente minore dell'esemplare del Pusca, è dimostrato dal fatto che quest’ultimo fu riprodotto ad un quarto del naturale, ciò che ci indica trattarsi di un individuo non solo adulto come quello della specie in esame, ma di una grandezza più di tre volte maggiore a quella della specie stessa. Altra specie cui potrebbe forse venire rassomigliato il P. Mel è il P. restitutensis Font., già istituito da questo autore per gli esemplari miocenici del P. latissimus Br. e ben distinto da quest’ultima specie per la maggior convessità delle due valve, per la più accentuata obliquità di esse ed infine per lo svi- luppo maggiore delle nodosità delle coste nella valva sinistra. Ma anche dalla suddetta specie di FontANNES diversifica il P. Meli per vari importantissimi caratteri, che non si ripetono nel P. restitutensis e che consistono: nella maggiore convessità della valva destra in confronto di quella sinistra, nella più accen- tuata sporgenza e ristrettezza delle coste della valva suddetta, nella maggiore involuzione del suo umbone e nella sua maggiore elevatezza al di sopra della linea del cardine, nella costulazione più sentita delle coste della valva sinistra, nello sviluppo maggiore delle nodosità costali di quest’ultima, ed infine per la forma concava anzichè convessa della superficie delle sue due orecchiette. Questo bellissimo esemplare fu raccolto, come ne indica il cartellino che l’accompagna, nei dintorni di Sassari. Sebbene non sia bene specificato il giacimento dond’esso proviene, è certo però trattarsi di località miocenica. Ed il Meri che da principio credette l’esemplare da lui studiato proveniente veramente dai calcari arenacei giallastri dei dintorni di Civitavecchia ascritti al Pliocene inferiore, manifestò poi il dubbio che l’esemplare stesso provenisse invece da altra località miocenica indeterminata, tanto più che il tipo di roccia nella quale il fossile mostrasi racchiuso sembra essere un calcare grossolano di colore biancastro. Località: — Sassari. Collezione: — Museo di Pisa. 2. Lyropecten nodosiformis Serr. 3) — Tav. X [I], fig. 7. 1837. Pecten nodosiformis Serres in Pusca. Polens Palacontologie, pag. 42, tav. V, fig. 9. i) MELI. Op. cit., tav. I, fig. 2. Roma, 1881, 2. PuscH. Polens Palaeontologie, pag. 42, tav. V, fig. 9a-c. Stuttgart. 3) La diagnosi riportata dall'autore è la seguente: « T. magna, rotundata, aequivalvis, utrinque ventricoso- convexa, transversim subtiliter squamuloso-striata, costis novem-latis, quadriradiatis, juxta rostrum nodulis pisifor- mibus occupatis, interstitiis longitudinaliter plicatis, rostro rectangulo, auriculis magnis, aequalibus, rectangulis, longitudinaliter striatis ». |31] R. UGOLINI 185 DIMENSIONI Altezza di ambedue le valve ; 7 : 6 5 o 5 mm. 77=1 Larghezza » » 3 : Ò Ò ù : 5 PILOT Spessore massimo a valve unite . ò : 5 : 5 o >» 40—=0,52 Angolo apiciale di ambedue le valve - : È 110° Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, suborbicolare, inequivalve, subequilaterale. La valva destra è convessa, rigonfia, con l’apice umbonale piuttosto ricurvo, leggermente oltrepassante il margine cardinale, e fornita di 4 coste principali e di 6 secondarie disposte tre a tre da un lato e dall’altro della valva. Le coste principali sono poco sviluppate verso l’umbone, ma procedendo verso il margine palleale esse crescono in larghezza e sporgenza, ma più in quella che in questa, per modo che verso la periferia esse mostransi larghe, depresse ed a sezione distintamente quadrangolare. La valva in questione essendo di esemplare molto giovane (i maggiori esemplari possono raggiun- gere persino i 13 ed i 14cm. di altezza), non presenta che appena accennate le tracce della costulazione delle coste principali. I solchi che le separano sono larghi quanto le coste e forse anche un poco più, sono piatti, a sezione quadrangolare ed essi pure verso il margine palleale provveduti di costicille seb- bene visibili malamente e sotto speciali incidenze di luce. Le coste secondarie ed i solchi che le separano sono evidentemente meno sviluppati dei principali, però le dimensioni loro vanno sempre descrescendo dall’interno all’esterno. Le orecchiette grandi e disuguali dànno origine ad un margine cardinale quasi diritto. L’anteriore poi, più sviluppata della posteriore, è provveduta oltre che di una insenatura bissale evidente, anche di 3 0 4 costicine radiali esilissime, filiformi, di cui non si ha traccia nella orecchietta posteriore. Tutte e due sono inoltre fittamente ornate di strie concentriche d’accrescimento, manifeste pure in tutto il resto della superficie esteriore della valva medesima. La valva sinistra, anch’essa convessa, è percorsa da 4 coste principali e da 5 secondarie. Le prime sono sottili e strette verso l’umbone, ma verso la periferia si accrescono in sporgenza e lar- ghezza, e presentano, solo vagamente accennata, qualche traccia di costulazione. Sono però separate da solchi larghi pressochè quanto le coste, pianeggianti e percorse da due o tre costicille radiali evidentissime. Queste coste sono nodulose ed i nodi disposti in serie semicircolari concentriche vanno successiva- mente accrescendosi sino al 4.° ordine, oltre al quale tornano ad impiccolirsi. Le coste secondarie sono in numero di 3 sul lato posteriore e di 2 su quello anteriore, più strette delle principali e separate da solchi pure ristretti; sono però anch’esse nodulose ed i nodi piccoli si suc- cedono di conserva e nello stesso ordine con quelli contigui delle coste principali. Le orecchiette sono grandi, poco dissimili, con appena accennata qualche traccia di costicina radiale in quella anteriore, ma tutte e due ornate delle solite strie d’accrescimento che adornano fittamente tutto il resto della valva. Il margine cardinale è perfettamente diritto. La valva destra è indubbiamente molto simile alla fig. 9c della tav. V della Memoria testè citata di PuscH, che l’autore considerò come una varietà della specie tipica, e ciò per il fatto che le sue coste man- cano di quei nodi che sono invece tanto sviluppati nella fig. 9@ della specie tipica stessa. Siccome però la fig. 9c è una valva destra e la fig. 9a una valva sinistra, è molto probabile, se non certo, che la fig. 9c, che l’autore ha considerato come una varietà, non sia altro che la valva destra della specie stessa di cui fa parte la fig. 9a. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 23 » 186 ; R. UGOLINI [32] Infatti nella fig. 9% in cui è rappresentato il profilo della specie tipica al completo, la valva destra è quasi affatto priva di nodi. Ascrivo a questa specie due esemplari di dimensioni piuttosto piccole, l’uno dei quali, quello conte- nente ambedue le valve, può dirsi perfettamente simile a quello figurato nella memoria già citata del Pusca, e che, sebbene dal Sacco ! sia stato riunito al P. Zatissimus Br., deve tuttavia, secondo me, te- nersi da quest’ultimo completamente separato. Tale esemplare proviene dai calcari bianchi (pietra forte) dei dintorni di Cagliari. L’altro esemplare, costituito della valva sinistra solamente, fu raccolto nel calcare argilloso di S. Mi- chele presso Cagliari, esso pure conosciuto sotto il nome di pietra cantone. È questa la valva che descrisse il PARONA (Op. cit.), come è detto nel cartellino che l’accompagna, e che determinò come P. restitfutensis. Ambedue gli esemplari appartengono al Museo di Cagliari. Anche le fig. 3 e 4 delle tav. LVI e quelle 3 e 4 della tav. LVII di HoRNES sono forse da riferirsi al P. nodosiformis PuscH; mentrechè tutti gli altri esemplari delle tavole medesime devono più giusta- mente ascriversi al P. restitutensis Font. e non già al P. latissimus BR. Località : — Cagliari, S. Michele. Collezione: — Museo di Cagliari. Var. miocostulata n. var. — Tav. X [I], fig. 8. Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, rappresentante la valva sinistra. È imperfettamente conservata ed incompleta, mancando di tutta la regione palleale e del margine laterale an- teriore. Completa è invece la regione umbonale e ben conservato in gran parte il margine posteriore. La valva è convessa, ed all’esterno è munita di 3 coste bene sviluppate, ognuna delle quali è prov- vista di 7 nodi che vanno rapidamente crescendo in grossezza dal primo sino al quarto e decrescendo poi gradatamente fino al settimo. Oltre quest’ultimo le coste acquistano forma decisamente depressa ed espansa ed appaiono munite di due costicine equidistanti, sottili, e sempre più sporgenti quanto più prossime al margine ventrale della valva. Gli spazi interposti alle coste suddette sono un po’ più ristretti di esse, ma noco profondi, pianeg- gianti e forniti nel mezzo di una costicina radiale, distintamente nodulosa anch’essa, la quale non si vede nella regione umbonale della valva ed incomincia ad apparire solamente all'altezza del quarto nodo principale. Da una parte e dall’altra delle coste ora ricordate stanno altre coste secondarie, più piccole assai delle prime, le quali però sono esse pure evidentemente provviste di piccole nodosità. Le orecchiette grandi e disuguali sono radialmente percorse da quattro costicille radiali, filiformi, distintissime. L’'anteriore di esse, ancorchè incompleta, rivela pur tuttavia dall'andamento sinuoso delle strie d’accrescimento, la esistenza di un’insenatura bissale assai accentuata. Tutta la superficie della valva è percorsa dalle solite strie concentriche d’accrescimento fittamente disposte e solo verso i lati e nella regione ventrale distintamente lamellose. 1) Sacco. Op. cît., pag. 33 e 34. Torino, 1897. [33] R. UGOLINI 187 La maggior parte dei caratteri più sopra enumerati, corrispondono pressochè esattamente a quelli del P. nodosiformis PuscE precedentemente descritto; ed a questa avrebbe dovuto sicuramente riunirsi la valva in esame, se il numero minore delle coste principali, tre invece di quattro, non desse alla valva medesima un aspetto sensibilmente diverso. Località: — Capo della Frasca, nelle sabbie già ritenute elveziane dal Lovisato e dal BASSANI, e sicuramente non più recenti dell’Elveziano dal PARONA (Op. cèòt., pag. 294). Collezione: — Museo di Cagliari. V. Sottogen. Gigantopecten RoveRrETO, 1899. 1897. Macrochlamys Sacco (non Benson, 1832). MoUl. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidue, pag. 32. 1899. Gigantopecten Rovereto. Rectifications de nomenclature. Rev. crit. de Paléozoologie, ann. III, pag. 90. Conchiglia di Ch/amys comprendente forme di grandezza generalmente considerevole, dal guscio di grosso spessore, dalle due valve subeguali, convesse, fornite di coste radiali poco numerose, ampie e depresse, di spazi intercostali ampi essi pure, di orecchiette grandi e subeguali, di cui la destra anteriore con insenatura bissale poco accentuata, ed infine di un angolo apiciale comunemente molto aperto. Tipo: — P. latissimus BR. Tutte le specie che ora fanno capo a questo gruppo, venivano fino a poco tempo indietro comprese nel sottogenere Chlamys str. s. Solo il Sacco ! riconobbe, e giustamente, l’opportunità di separarnele e di inserirle tutte in un nuovo sottogruppo che, dalla grandezza considerevole delle forme, volle indicato con il nome di Macrochlamys. Se non che essendo già stata impiegata questa denominazione dal BENSON sino dal 1832 per forme di Pettini alquanto diverse da quelle in esame, il RoveRETO ?) propose di sosti- tuirlo con quello di Gigantopecten. 1. Gigantopecten latissimus Br. 1814. Ostrea latissima Brocca. Conchiliologia fossile subappennina, vol. II, pag. 581. 1857. Pecten latissimus MeneGHINI. Paltont. de l’ ile de Sardaigne, pag. 593. Io — Locarp. Descript. d. terr. tert. moy> de l’île de Corse, pag. 133. 1887. — — Parona. App. per la paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 312. 1897. Macrochlamys latissima Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 32. 1904. Gigantopecten latissimus Sacco. Ibidem, parte XXX, Aggiunte e correzioni, pag. 143. Appartengono a questa specie vari grossi esemplari, tra i quali se ne ha uno bellissimo di valva si- nistra, ed un altro pure di valva sinistra, ma di più piccole dimensioni, i quali provengono dal giacimento calcareo biancastro di Bonaria. Di questo stesso giacimento il MENEGHINI citò una sola valva destra di P. /afissimus Br. Egli però la riconobbe anche in un frammento di valva sinistra proveniente dalle marne verdi di Genone. E sembra ) Sacco. Op. cîit., pag. 32. Torino, 1897. 2) Rovereto. Op. cit., pag. 90. Paris, 1899. 188 R. UGOLINI [B4] si trovi anche nel deposito arenaceo di Fontanazzo, come afferma il PARONA nel suo già più volte men- zionato lavoro sulla Sardegna. Località: — Bonaria. Collezione: — Museo di Cagliari. a. Var. unicosticillata n. var. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra . . . . 0 o o 0 mm. 130=1 Larghezza » Di lo c à o d NERE o » 140=1,07 Angolo apiciale . 7 : i c c o 6 ò c 1000 Dal calcare compatto del Capo della Frasca, proviene un esemplare quasi completo di valva sinistra che, per la maggior parte dei caratteri suoi, somiglia notevolmente al P. latissimus BR. Siccome però i solchi intercostali di esso hanno la particolarità di possedere una sola costicina lon- gitudinale mediana, a differenza di quanto avviene nel tipo, mentre poi le coste radiali sono, come in quest’ultimo, provviste di costicine secondarie numerose, così non sembrerà, io credo, del tutto, ingiusti- ficata la separazione che propongo di fare di questa valva dalla specie del BroccHI. Località: — Capo della Frasca. Collezione: — Museo di Cagliari. b. Var. planulata n. var. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra 6 è A - 7 n si mm. 17(0=1 Larghezza » » È c . o c o o » 190=1,11 Un altro esemplare di valva sinistra raccolto nel calcare granuloso compatto biancastro di Is Me- riones presso Cagliari ed appartenente al P. latissimus BR. per il maggior numero dei suoi caratteri, si distingue facilmente da questa specie per avere coste e solchi, non soltanto completamente lisci, ma anche minori di numero; le coste sono per giunta così depresse ed espanse verso la periferia da diventare quivi del tutto obliterate e visibili solamente sotto speciali incidenze di luce. Per tali particolarità, e per avere questa valva le due regioni laterali prive di quelle costicille radiali che si notano più o meno evidentemente nella specie tipica, credo potersi la valva stessa separare dal P. latissimus di BRoccHI, e considerare come una semplice varietà di quest’ultima. Località: — Is Meriones. Collezione: — Museo di Cagliari. 2. Gigantopecten cfr. restitutensis Fonr. 1870. Pecten latissimus Hé6rnrs. Die foss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, Bd. Il, Bivalven, pag. 395, tav. LVI, fig. 1-4 e tav. LVII, fig. 1-4. 1883-84. — restitutensis FontannES. Sur une des causes de la variation dans les temps des faunes ma- lacologiques, à propos de la filiation des Pecten restitutensis et latissimus. Bull. Soc. géol. de France, sér. III, tav. XII, pag. 357, pl. XVI, fig. 1. 1887. _ — Parona. App. per la paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol..ital., vol. VI, pag. 311. astattcetetaa [85] R. UGOLINI 189 DIMENSIONI Altezza della valva sinistra 6 5 : : A 5 È mm. 110=1 Larghezza » » . o c : 7 . 0 » 115=1,04 Valva sinistra di una conchiglia di media grandezza, con guscio di grosso spessore, inequilaterale. La valva è incompletamente conservata mancando di una parte della regione laterale posteriore e della corrispondente orecchietta. È di forma alquanto convessa, sensibilmente inequilaterale, ed obliqua per il maggiore sviluppo che presenta il lato posteriore di essa rispetto a quello anteriore. Le coste radiali che adornano questa valva sono in numero di 7 variamente sviluppate e più grosse al centro che alla periferia. Sono depresse verso il margine palleale, ma nei due terzi superiori di esse fortemente nodulose. Sono inoltre separate da spazi intercostali pianeggianti e verso la periferia percorsi da pochissime strie radiali. La orecchietta anteriore ben conservata, sebbene in parte nascosta dalla roccia da cui non fu pos- sibile di liberarla è grande e in corrispondenza della regione bissale sensibilmente sinuosa. Il margine cardinale è diritto. Alla superficie interna di questa valva è ancora aderente il modello interno della valva destra il quale rivela abbastanza chiaramente la forma distintamente obliqua di essa ed il notevale sviluppo delle orec- chiette. Non v'è dubbio che la valva in esame, tanto per la sua convessità ed obliquità, quanto per la con- formazione ed il numero delle coste radiali, quanto infine per lo sviluppo caratteristico delle due orec- chiette, corrisponde assai bene al P. restitutensis FonT., i caratteri del quale ben si rilevano in quel- l'esemplare dell’ HoRrnrs della tavola LVI, fig. 1 e descritto come ?P. Zatissimus Br. Solo da questa figura si distingue leggermente la valva da me posseduta, e cioè, per le dimensioni sue, un po’ minori e per la maggior sua obliquità. Dai confronti istituiti poi con la forma tipica del P. Zatissimus, risulta inoltre che la valva qui de- scritta, siccome quella del tipico P. restitutensis, differiscono dalla specie subappenninica del BroccHI per vari altri caratteri e principalmente per la forma più rigonfia e più obliqua, per il numero maggiore delle coste, per lo sviluppo più notevole dei nodi. L’esemplare in esame fu raccolto nel calcare compatto biancastro (pietra forte) di Bonaria, che indub- biamente va ascritto all’ Elveziano, nello stesso giacimento cioè dove furono raccolti gli esemplari più sopra descritti di P. latissimus Br. Non soltanto adunque il P. restitutensis è da ritenersi, a mio parere, specie ben distinta del P. latissimus BR., ma resulterebbe anzi, dal fatto di essere state rinvenute ambedue nello stesso giacimento, che le due specie abbiano potuto esistere nelle medesime condizioni di tempo e di luogo e che solo il P. Zatissimus sarebbe arrivato al Pliocene. Secondo il PARONA (Op. cit., pag. 311) la specie in esame sarebbe stata rinvenuta anche nel giacimento di Capo S. Marco; non mi è possibile per altro di confermare l’affermazione di quell’autore, non trovandosi nella collezione da me posseduta nessun altro esemplare della specie, all’infuori di quello ora descritto. Gli esemplari che il Sacco ha descritto e figurato come Macrochlamys latissima var. praecedens SAcco (=M. restitutensis var.) sono per me esemplari di M. latissima Br., e ben diversi dal P. restitutensis Font.; ed è naturale di credere che una buona parte degli esemplari miocenici, riferiti dagli Autori alla specie del Broccni, debbano forse più giustamente venire ascritti alla specie di FonTANNES. Località: — Bonaria. Collezione: — Museo di Cagliari. 190 R. UGOLINI [36] 3. Gigantopecton Holgeri Gum. 1847. Pecten Holgerî Geinimz. Grundriss der Versteinerung-Kunde. pag. 470. 15% = — Hornes. Die foss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, Bd. II, Bivalven, pag. 394, tav. LV, fig. le 2. 1897. — — Dr Aressamnpri. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Soc. ital. Sc. Nat., vol. VI, (II d. n. ser.), fasc. 1.°, pag. 5‘. 1897. Macrochlamys Holgeri Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 34. 3 Leti 1901. — _ Dr ALEssANDRI. App. geol. e paleont. s. dint. di Acqui, pag. 102. 1904. Gagantopecten _ — Sacco. Moll. d. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXX, Aggiunte e Correzioni, pag. 143. Ascrivo a questa specie un frammento di valva destra, ed altri più piccoli isolati appartenenti forse | allo stesso individuo. 3 Il frammento più grande lascia distintamente riconoscere la conformazione umbonale nonchè la forma 1 ed il numero delle coste e dei solchi della valva cui appartengono; e siccome per tali caratteri la valva medesima corrisponde esattamente alla valva destra dell'esemplare descritto e figurato dall’Hornss (tav. ING fig. 2), così non credo possa nascere alcun dubbio sull’esattezza della determinazione. L’esemplare proviene dalle arenarie a P. Northamptoni di Fontanazzo, dove sembra piuttosto rara. Non mi risulta che questa specie sia stata rinvenuta in qualche altra località della Sardegna; difatti non la citò il MeNEGHINI e neppure il PARONA. E specie elveziana, e la sua presenza nel giacimento di Fontanazzo, dove è frequentissimo il P. Nor- thamptoni, serve a vie meglio affermare che il giacimento suindicato deve forse più giustamente riferirsi a quell’epoca, come credono il Lovisato ed il Bassani, anzichè al Langhiano come propenderebbe a rite- nere il PARONA ”). dovunque rappresentato da scarsi esemplari; ed anche nel bacino di Vienna, in Francia ed in Svizzera dove pure si trova è più frequente nel Miocene medio ed un poco anche nel superiore, che non in quel- lo inferiore. vanesco dal De ALESSANDRI stesso (Op. còt.). Il P. Holgeri, come dice il DE ALESSANDRI, è sparso in tutto l’Elveziano del Piemonte, sebbene sia Fu tuttavia citato per l’Aquitaniano di Acqui e di Visone dal TRABUCco, e per quello di Valle Ra- Località: — Fontanazzo. Collezione: — Museo di Cagliari. 4. Gigantopecten variradiatus n. sp. — Tav. XI [II], fig. 4. DIMENSIONI Es. Museo Cagliari Altezza della valva destra i 3 i mm. 1599=1 mm. (0=1 Larghezza » » i 6 3 » d=G » 75=1,07 Angolo apiciale . 5 o . o 100° 100° 1) PARONA. Op. cît., pag. 291. Roma, 1887. Ba R. UGOLINI 191 Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, suborbicolare, subequilaterale. La valva destra, l’unica rappresentata in tutti gli esemplari da me posseduti, e dei quali uno solo è completo, è di forma convessa ed è percorsa da tre tipi di coste. Quelle del primo tipo o principali sono in numero di 4 solamente, grandi, sporgenti verso l’apice, ed a sezione distintamente arrotondata; sono invece larghe, depresse ed a sezione quadrangolare verso la periferia. Gli spazi intercostali sono bassi e ristretti verso l’umbone; ma a misura che da questo si allontanano vanno rapidamente allargandosi anch’essi come le coste interposte. La superficie di questi spazi è poi longitudinalmente percorsa da tre costole secondarie, delle quali la mediana è larga il doppio e forse più di quelle due laterali. Altre coste radiali di piccola mole si trovano poi da una parte e dall’altra delle coste principali; ed i solchi loro interposti sono percorsi da una sola costicina, più di rado da due. Tutta la superficie dalla valva è fittamente intersecata da strie squamulose sottilissime di accresci- mento, le quali sono pure assai distinte anche sulle orecchiette. Quesfe sono ampie, e disuguali; e di esse l’anteriore porta le traccie evidenti di un’ampia insena- tura bissale. Ambedue sono inoltre provviste di costicine radiali filiformi, ed insieme formano un margine cardinale lungo, e diritto, e leggermente oltrepassato dall’estremità molto ricurva dell’umbone. Questa specie, che presenta moltissime affinità con il P. latissimus Br. ed il P. restitutensis Fonr., va tuttavia decisamente distinta da ambedue soprattutto per la conformazione molteplice delle coste ra- diali, la qual cosa non si verifica nelle specie suindicate. Nè è da ritenersi che una tale particolarità possa essere accidentale dal momento che essa si ripete ugualmente nei vari esemplari da me posseduti. Uno di questi esemplari è una valva destra completa; appartiene al Museo di Firenze e proviene dal calcare compatto biancastro (pietra forte) di S. Bartolommeo, donde provengono pure due altri esemplari di valva destra, del Museo di Cagliari. Un altro esemplare, e questo di valva sinistra, fu raccolto nelle arenarie verdastre del Capo della Frasca. Un ultimo esemplare di valva destra, di piccola dimensione, molto bene conservato, fu rinvenuto nel calcare compatto biancastro di Is Meriones presso Cagliari. Data l’età quasi sicuramente elveziana dei giacimenti calcarei di S. Bartolommeo e di Is Meriones non soltanto, ma ben anche di quello del Capo della Frasca, è molto facile di ammettere che il P. vari- radiatus debba con tutta probabilità essere di quell'epoca. Località: — S. Bartolommeo, Is Meriones, Capo della Frasca. Collezione: — Musei di Firenze e di Cagliari. II. Gen. Hinnites DEFRANCE, 1821. x Conchiglia di forma variabile con l’età. Allo stato giovanile essa è costituita da valve convesse, quasi uguali, essendo la destra leggermente più rigonfia della sinistra, ed è molto simile alle forme del genere Chlamys al quale non di rado furono ascritti esemplari di questo genere. Coste numerose, sottili, fittamente disposte, talora squamulose. Orecchiette piccole, disuguali, di cui l’anteriore destra, fornita d’insenatura bissale. Con l’età e l’ulteriore sviluppo le specie del gen. Hinnites vanno notevolmente modificandosi, tanto nella conformazione delle valve, che assumono grado a grado un aspetto ostreiforme e divengono disuguali ed irregolari, quanto nel modo di vita, passando allo stato di fissità con la valva destra o inferiore. Di 192 R. UGOLINI I BSI qui la necessità di separare il gruppo di forme in esame dal gen. Chlamys, o in parte, come fecero il Sacco e qualche altro autore che lo considerarono come un sottogenere di quest’ultimo, ‘o piuttosto to- talmente, come io ho fatto e come già fece il FiscHEeR !, considerando cioè il gruppo degli Hinmites come un genere perfettamente distinto dagli altri. Tipo: -— Himnites crispus BR. 1. Hinnites cfr. Brussonii SeRR. 1829. Hinnites Brussonii Serrns. Géogenie d. terrains tertiaires du Midi de la France, pag. 134, pl.V, fig. 1 e2. 1897. — — Sacco. Moll. terr. tera. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 11. Si tratta di pochi frammenti di una valva, probabilmente la sinistra, di un Hinmites, gli ornamenti della quale ricordano in modo speciale quelli dell’ H. Brussonii SERR. Stante però il polimorfismo notevole cui vanno soggette quasi tutte le forme di questo genere, non posso con sicurezza affermare che l’esemplare in esame debba veramente ascriversi alla specie suindicata, tanto più che l’imperfetta conservazione dell’esemplare stesso ne rende ancor più difficile il riconosci- mento specifico. Località: — Nurallao presso Laconi, in strati calcarei. Collezione: — Museo di Cagliari. IMI. Gen. Inaequipecten n. gen. Conchiglia a valve inegualmente convesse, subequilaterali, di forma suborbicolare, generalmente più larghe che alte, provvedute ambedue sulla superficie esterna di coste grandi, poco numerose, a dorso liscio, e fornite di orecchiette disuguali, più sviluppate nella parte anteriore che non nella posteriore e con l’anteriore destra avente un’insenatura bissale poco accentuata. Tipo: — Inaequipecten Tournali SERR. Sono caratteri fondamentali di questo genere l’ineguale convessità delle valve, la grossezza ed il numero poco notevole delle coste e l’ineguaglianza delle orecchiette. Il gen. Inaequipecten costituisce un gruppo di Pettini il quale è decisamente ben definito dai caratteri ora menzionati ed è altrettanto distinto da ognuno degli altri generi precedentemente ammessi. Può anzi considerarsi come termine di passaggio tra le forme del gen. Chlamys e quelle del gen. Flabellipecten, che, come è noto, ha coste più numerose, meno prominenti ed una maggiore ampiezza dell’angolo apiciale. In quanto alla scelta del P. Zournalî come tipo del genere Inaeguipecten parmi che essa possa essere giustificata dal fatto che fra le specie, che per i caratteri loro meglio ad esso si convengono, è il P. Towr- nali una delle più conosciute per la notevole sua diffusione. D’altra parte essa appare tanto più indicata come tipo, inquantochè anche il Sacco 3, nello ascrivere alcuni esemplari di P. Zournali al gruppo delle Macrochlamys, mise in dubbio l’esattezza del riferimento generico, non ritenendo il gruppo suddetto troppo conforme ai caratteri della specie attribuitagli. 4) Fiscanr. Manuel de Conchyliologie, pag. 944. Paris, 1887. 2) Saoco. Op. cit., pag. 35. Torino, 1897. | | I | [39] R. UGOLINI 193 1. Inaequipecten Tournali Srrz. 1829. Pecten Tournali SerrEs. Géognie des terrains tertinires du Midi de la France, pag. 263, pl. VI, fig. 1. 1857. — solarium MenecnInI. Paléont. de V ile de Sardaigne, pag. 508, pl. G, fig. 22 a. 1870. — Tournali Hérnrs. Die foss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, BA. II, Bivalven, pag. 398, tav. LVII, fig. 1-6. Sio > — Locarp. Descript. d. terr. tert. moy. de la Corse, pag. 134. 1883. — solarium (non Horn.) Fucas. Beitr. x. Mioc.-Faun. Aegypt. u. d. libysch. Wiiste. Palaeontogra- phica, Bd. XXX, I Th., pag. 57. 1887. — Tournali Parona. App. p. la Pal. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. it. vol. VI, pag. 313. 1889. — — Kinran. Etud. paléont. s. l. terr. sec. et tert. de l’Andalousie, pag. 707. 1897. Macrochlamys Tournali Sacco. Moll. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 35. 1899. Chlamys — Ucorini. Monogr. d. Pett. mioc. d. Italia centr. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 270. DIMENSIONI I II III Altezza della valva destra o ; 5 : aa = P=P 45=1 Larghezza » » È È ; 2 D BO=P R=PBP 48=1,06 Altezza della valva sinistra . } ; Ò > = 5T=1 DIR, Larghezza » » 7 c 6 , » -18=1,04 61=1,07 =? Lunghezza del margine cardinale . 5 ò » 63=0,84 P=@ ve Angolo apiciale o 5 : 5 : 120° 110° 110° Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, di forma subellittica, subequilaterale, biconvessa, inequivalve. La valva destra, molto rigonfia e ricurva all’apice, è percorsa da 10 coste principali, grosse, sporgenti, a sezione sensibilmente trapezoidale, le quali sono divise da solchi pressochè uguali alla loro larghezza e col fondo pianeggiante. Da una parte e dall’altra delle coste principali si hanno inoltre altre coste secondarie sottilissime, serrate ed in numero di 3-4 per lato. Tutta la superficie delle due valve è fittamente percorsa dalle solite striettine concentriche d’accrescimento. Le orecchiette grandissime e disuguali, per essere l’anteriore leggermente sinuata, formano un mar- gine cardinale diritto, lungo quasi quanto la larghezza della valva, ed oltrepassato di poco dall’estremità dell’apice. Anch’esse presentano le strie concentriche d’accrescimento ed alcune costicine radiali, sottili ed appena visibili. La valva sinistra, che è meno rigonfia della destra, è pure essa percorsa da 10 coste principali, e da solchi simili in tutto a quelli della valva destra; però le costicine laterali secondarie vi sono meno ap- pariscenti e l’apice è schiacciato totalmente da un’ impressione per la quale la valva presenta un aspetto generale del tutto diverso da quello della valva opposta. Le orecchiette sono qui pure grandi e disuguali ed il margine cardinale del tutto simile a quello della valva destra. Riferendo a questa specie otto esemplari non tutti ugualmente ben conservati, e provenienti dalle diverse località più volte segnate, ho inteso di adottare l’interpretazione del P. Tournali nel senso già Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 24 194 R. UGOLINI [40] seguito da HORNES nella sua opera, ed accettata da quasi tutti i paleontologi. Giova però avvertire che il Fucas ! ritiene che il P. Tournali descritto e figurato dall’HòRNES, corrisponde invece esattamente alla forma tipica del P. solarium Lwmx. Se il FucHs avesse ragione ne conseguirebbe che dovrebbero chiamarsi P. solarium Lwmx., tutti quegli esemplari che fino ad ora furono determinati, sulla guida delle figure date da HoRNES, come P. Tournali. Degli otto esemplari da me posseduti, una valva sinistra mal conservata ed incompleta appartiene alla collezione già studiata dal MeNEGHINI. Questi la descrisse infatti e la riprodusse anche alla tav. G, fig. 22@ sotto il nome di P. solarium Lmx. Per le stesse ragioni più sopra esposte parmi però conveniente di riunire anche questo esemplare al P. Tournali di HoRNES, al quale evidentemente si somiglia per 1’ apertura considerevole dell’angolo apiciale, per la forma delle poche coste ancora visibili e per la depressione notevole dell’umbone, la traccia della quale, in mancanza della conchiglia, appare evidentissima sul mo- dello interno dell’apice della valva medesima. Gli altri sette esemplari appartengono alla collezione del Lovisato. Tra questi vanno annoverate due valve sinistre di dimensioni differenti e cinque valve destre esse pure di varia grandezza. Ad eccezione di una sola valva destra che è ben conservata e completa, tutte le altre sono più o meno deficienti. Come quella però, anche queste, nonostante il loro cattivo stato di conservazione, mostrano sempre qualcuno dei caratteri loro inerenti pei quali l'esattezza della determinazione non può lasciare alcun dubbio. 3 Giova avvertire che nel recente lavoro pubblicato dal BLANcKENHORN ?) sulla geologia e paleonto- logia dell'Egitto è descritta una specie nuova sotto il nome di P. Ziziniae ed in sinonimia di questa sono poste le due specie raccolte dal Fucas nella sua più volte citata memoria sul Miocene dell’ Egitto. L’esemplare della collezione del MENEGHINI conservata in questo Museo geologico di Pisa, proviene dal calcare biancastro (pietra forte) di Bonaria. Questa formazione così ricca di fossili, che per sfortuna sono però quasi sempre conservati in modello interno, diede al prof. Lovisaro che li raccolse con vero criterio stratigrafico ed al prof. PARONA che li determinò paleontologicamente, occasione di ritenerla elve- ziana. Ed a quest'epoca convenne pure di doverla riferire il BAssanI che successivamente ne studiò le numerose specie di pesci raccolte nella formazione medesima. Degli esemplari rimanenti, e di proprietà del Museo di Cagliari, due rappresentano la valva sinistra di due individui di dimensioni differenti che furono raccolti nella formazione calcarea affiorante lungo la strada che conduce da San Bartolommeo a Cala Mosca; gli altri cinque sono tutte valve destre di vario svi- luppo, e provengono in parte dai calcari arenacei situati lungo la spiaggia di Santa Caterina di Pittinurri presso Torre Scala, dal Lovisato ritenuti stratigraficamente elveziani, e in parte dalle arenarie grosso- lane a basanite di Fontanazzo, le quali sarebbero da ritenersi, secondo il PARONA 5), come anteriori al- l’ Elveziano, non però più antiche dell’Aquitaniano; secondo il Lovisato, in base ad osservazioni strati- grafiche fatte sul posto, le dette arenarie serebbero elveziane. Il BAssANI infine opina che non sieno più antiche dell’Elveziano perchè i pesci fossili dei calcari sottoposti sono da lui ritenuti elveziani. Località: — Bonaria, Torre Scala (S. Caterina di Pittinurri), e Fontanazzo. Collezione: — Musei di Pisa e di Cagliari. )) FucHSs. Op. cît. Cassel, 1883. 2 BLANCKERNBORN. Op. cîit., pag. 123. Berlin, 1901. 3) PARONA. Op. cit., pag. 291. [41] R. UGOLINI 195 Var. pseudo-Tournali n. var.? — Tav. XII [II], fig. 2. L’esemplare è di valva sinistra ed è incompleto nella regione periferica; ha tutti i caratteri della specie precedentemente descritta. Solo da questa si distingue a prima vista per le coste un po’ minori di nu- mero e sopratutto per la loro differente grossezza. Se ne hanno infatti di grandi, di sottili, e di sotti- lissime, tutte fra di loro alternate senza alcuna apparente regolarità. Anche i solchi sono, come le coste, distinti in tre ordini di grandezza, ed essi pure presentano la. medesima irregolare distribuzione di quelle. Poichè l'esemplare qui menzionato è il solo che si presenti con tali particolarità, non posso dire con sicurezza, se quest'ultime costituiscano un vero e proprio carattere differenziale capace di giustifi- care la separazione della valva in esame dalla specie tipica sia pure come una semplice varietà di essa, o se piuttosto la valva stessa non stia a rappresentarci un caso di vera anomalia. È per ciò che ho creduto opportuno di dare, almeno per ora, come dubbia l'istituzione di questa nuova varietà. Località: — Fontanazzo, dalla formazione arenaria a P. Northamptoni. Collezione: — Museo di Cagliari. 2. Inaequipecten gibbangulatus Sacco. — Tav. XII [III], fig. 3. 1897. Macrochlamys Tournali var. gibbangulata Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 36, tav. XII, fig. 15. 1906. Inaequipecten gibbangulatus Ucoini. Di alc. nuovi Pettin. dei terr. terx. ital. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXV. DIMENSIONI Altezza della valva destra 0 o c c o o . mm. 103 =1 » » sinistra x ; È È È 5 5 » 98 = 0,95 Larghezza di ambedue le valve 6 0 c 0 6 0 118 = 1,14 Spessore massimo a valve unite o . . 0 0 o 47 = 0,45 Angolo apiciale della valva destra . 0 . 0 . . 106° » » » sinistra . o . 0 . 0 120° Conchiglia di media grandezza, con guscio di grosso spessore, inequilaterale, inequivalve, biconvessa. La valva destra assai rigonfia, è ricurva all’apice in modo da oltrepassare non poco con la sua estremità il margine cardinale. La superficie esterna di questa valva porta 10 coste radiali principali ed 8 secondarie meno svilup- pate, distribuite a quattro a quattro da un lato e dall’altro di quelle. Le coste principali mostransi presso all’umbone assai sporgenti e divise mediante solchi profondi e più ristretti delle coste interposte. Procedendo verso la regione palleale però si osserva che le coste si sono sviluppate in estensione assai più dei solchi, per modo che questi ultimi risultano di poco superiori alla metà della larghezza delle coste. Queste poi sono presso la regione periferica piuttosto basse ed a sezione distintamente arroton- data, mentre i solchi sono poco profondi e quasi pianeggianti. Gli stessi caratteri presso a poco si osservano nelle costoline secondarie; i solchi loro interposti conservansi, però, per tutta la loro larghezza sottili e filiformi quasi come all’apice, mentrechè le costoline si allargano verso la periferia alla stessa guisa all'incirca delle coste principali. 196 R. UGOLINI [42] Le orecchiette grandi e disuguali per l’insenatura bissale dell’anteriore, dànno luogo ad un margine cardinale leggerissimamente angoloso. Tutta la superficie esterna di questa valva, comprese le orecchiette, è fittamente ornata delle solite sottili strie concentriche d’accrescimento. Nella orecchietta anteriore no- tansi poi per di più alcune costicelle radiali, che però sono molto sottili e visibili solo sotto speciali inci- denze di luce. La valva sinistra differisce notevolmente da quella ora descritta per essere un po’ meno convessa e per avere due depressioni situate da una parte e dall’altra della conchiglia, e di cui la posteriore è un po’ più grande dell’ anteriore. Anche in questa valva si distinguono due tipi di coste e cioè quelle principali, che sono più grosse e sporgenti, e quelle secondarie o laterali, in numero di 7-8, sottili ed appena accennate. Le principali, in corrispondenza delle due depressioni sopracitate, diventano un po’ più sottili e compresse. In generale le coste principali sono pressochè larghe quanto i solchi o poco più. Sono inoltre molto sporgenti nella regione apiciale, più basse ed espanse in quella palleale, ma sempre a sezione arroton- data. I solchi sono piuttosto profondi e di forma pressochè pianeggiante. Un carattere non trascurabile, anzi direi quasi essenziale nelle forme di questa specie, consiste nella forte depressione apiciale di questa valva, depressione che nella forma tipica del P. Zournali è invece solamente accennata. Le orecchiette sono grandi, ma la posteriore lo è anche un po’ più di quella anteriore. Esse sono a superficie concava, provviste di strie d’accrescimento simili a quelle di tutto il resto della valva e per- corse radialmente da poche costicine sottili, quasi filiformi. Il margine cardinale è lungo e quasi perfet- tamente diritto. L’ esemplare in esame è indubbiamente molto vicino al P. Zournalîi SERR., al quale si assomiglia per il maggior numero dei suoi caratteri. Ne differisce tuttavia per la maggior convessità della valva sinistra e per la più profonda depressione dell’ apice. Per questi ultimi l’esemplare stesso corrisponde anzi, direi quasi, esattamente con quella valva che il Sacco riprodusse alla tav. XI, fig. 15 della sua opera, e che descrisse come una var. gibbangulata' del P. Tournali. Siccome, però, i caratteri ora indicati possono, secondo me; giustificare una più decisa separazione degli esemplari che li presentano, dalla specie tipica del P. Zournali, e siccome in altri giacimenti ita- liani, come al Monte Cedrone (Umbria) per esempio, furono raccolte delle valve provviste dei medesimi caratteri su ricordati; così ho creduto opportuno di riferire gli esemplari suddetti ad una specie comple- tamente distinta del P. Tournali, sia pure a questa molto affine, piuttostochè di ritenerli, come già fece il SAcco, una semplice varietà di quella. i La specie in parola, che il Sacco ha indicato come rara nell’ Elveziano di Sciolze, esiste, come già dissi, anche nella formazione marnoso-arenacea del Monte Cedrone nell’ Umbria *). Non è improbabile, per altro, che alcuni degli esemplari di Pecten trovati in Sardegna, e indicati dagli autori sotto il nome di P. Zournali, possano venire più giustamente ascritti al P. gidbbangulatus ° Sacco. Località: — Capo della Frasca, nell’ Elveziano. Collezione: — Museo di Cagliari. 1) UcoLINI. Di alcuni nuovi Pettinidi dei terreni terziari italiani. Boll. Soc. geol, ital., vol. XXV. Roma, 1906. int [43] R. UGOLINI 197 3. Inaequipecten Lovisatoi n. sp. — Tav. X [I], fig. 9; Tav. XI [II], fig. 5. DIMENSIONI Altezza della valva destra È o 3 0 o 5 . mm. 105=1 » » » sinistra . o à Ò c È 0 » 100 = 0,95 Larghezza di ambedue le valve : c o È ò 0 » 105(?) = 1(?) Spessore massimo a valve unite 0 o . o 0 c » 41= 0,44 Angolo apiciale della valva destra . o o 6 7 ; 100° » » » » sinistra. . o 0 ò ò 110° Conchiglia di media grandezza, con guscio di spessore piuttosto considerevole, di forma distintamente inequilaterale, (in ispecial modo negl’individui giovani) ed inequivalve. La valva destra è alquanto convessa e con l'apice umbonale notevolmente ricurvo e sporgente in guisa da oltrepassare la linea cardinale di circa mm. 4. La superficie esterna di questa valva è inegualmente costata, e le coste radiali in numero di 17 sono così distribuite: 10 principali nella parte mediana della valva, 3 sottilissime nel lato anteriore e 4 in quello posteriore. Le coste principali sono sporgenti e a dorso arrotondato nella metà superiore della valva, più depresse ed a sezione trapezoidale in quella inferiore; tutte indistintamente sono poi separate fra di loro mediante interspazi più stretti e profondi nella regione apiciale, più larghi e più bassi in quella palleale, ma sempre per larghezza un po’ minori della larghezza delle coste. Le coste secondarie e gli spazi loro interposti presentano tutti, o quasi, i caratteri di quelli princi- pali già considerati più sopra; senonchè invece di conservare gli stessi rapporti di grandezza fra costa e solco, sono tutti più o meno variamente sviluppati e disposti senza alcuna apparente regolarità. Tutta la superficie esteriore di questa valva è ornata da una serie fittissima di strie concentriche d’accrescimento, le quali, nella regione apiciale, mostransi assai più appariscenti nei solchi che nelle coste, mentrechè lungo il margine palleale la loro sporgenza è pressochè simile tanto negli uni quanto nelle altre. Le orecchiette grandi e disuguali dànno origine ad un margine cardinale lungo, diritto e notevol- mente oltrepassato dall’estremità dell’apice umbonale. Ambedue sono a superficie sensibilmente convessa ed ornata da sottilissime strie concentriche di accrescimento; differiscono però l’una dall'altra per ciò che quella anteriore è fornita di una profonda insenatura bissale e di alcune costicine radiali che man- cano invece nella orecchietta posteriore. x La valva sinistra è convessa, ma presenta una forma tutta speciale e caratterizzata dall’essere quasi piana lungo la periferia e incavata invece nella metà superiore. Questa cavità è poi resa tanto più ap- pariscente inquantochè i margini laterali superiori della valva sporgono notevolmente e a guisa di cordoni al di sopra di tutto il resto di essa. Nella superficie esterna di questa valva si notano 10 coste principali, le quali sono leggermente obli- terate verso l’umbone, e più appariscenti in tutto il resto di essa. Alla periferia specialmente sono basse ed espanse ed un poco più strette dei solchi loro interposti, al contrario di quel che si è veduto succe- dere nella valva destra. Ma altre coste esistono nella valva in esame, disposte da una parte e dall'altra delle coste princi- pali, le quali si distinguono facilmente da quest'ultime per la loro notevole sottigliezza. L’ornamenta- zione concentrica dovuta alle strie d’accrescimento è qui pure, come nella valva destra, assai accentuata. 198 R. UGOLINI [44T Dette strie, però, si vedono più facilmente nella regione superiore della valva, che non in quella infe- riore, e si mostrano nei solchi distintamente squamulose, mentrechè sul dorso delle coste non appaiono tali. Le orecchiette di questa valva sono grandi e disuguali e differiscono notevolmente da quelle della. valva destra in quanto sono a superficie concava invece che convessa. Mostrano anch’esse la solita orna- _ mentazione concentrica e le solite costicine radiali, già ricordate più sopra, ed il margine cardinale cui. dànno origine è diritto e non oltrepassato dall’apice dell’umbone. Tra le numerose specie di Pecfen conosciute, non se ne trova, a mio parere, alcuna a cui possa rife- rirsi sicuramente la forma ora descritta. La sola che si presta a qualche confronto è rappresentata dal P. Hornensis DéP. et Rom. (= P. Rollei Horn.) del Bacino di Vienna, che, per l’andamento trasverso delle due valve e per alcuni caratteri particolari della valva destra, quali la sua convessità, la forma molto ricurva dell’umbone, la notevole sporgenza di questo al di sopra del margine cardinale ed infine la carat-. teristica sinuosità dei margini umbonali anteriore e posteriore, ricorda assai la specie in esame. Non è difficile ciò nondimeno di riconoscere le differenze considerevoli che, prescindendo dalle suddette: affinità, fanno distinguere la valva destra dell’una specie da quella dell’ altra, e consistenti principalmente: nella forma e nello sviluppo delle coste le quali, mentre nella nostra specie sono appena più larghe dei solchi e a dorso decisamente rotondo, nella specie del bacino di Vienna, invece, esse raggiungono una larghezza che è non meno di tre volte maggiore di quella dei solchi e sono di forma distintamente quadrangolare. Altra differenza non trascurabile consiste nella profondità del seno bissale della valva destra, che è ‘ nella specie in esame maggiore che non in quella presa a confronto. Le differenze testè ricordate perdono poi d’importanza al confronto di quelle notevolissime che di- stinguono la valva sinistra dell’una e dell’altra specie. Basti, infatti, di far rilevare che la valva supe- riore del P. Hornensis è concava, mentre quella della specie ora descritta è invece sensibilmente con- vessa, per dissipare qualunque dubbio. Località: —- Capo Frasca, negli strati sabbioso-argillosi ritenuti elveziani dal Lovisaro e dal Bas-- SANI; Peschida Appia, nelle arenarie calcaree (esemplare con ambedue le valve riunite, ma non ben con- servate nella periferia); S. Caterina di Pittinurri, lungo la spiaggia occidentale, nei calcari argillosi. Collezione: — Museo di Cagliari. 4. Inaequipecten arboreanensis n. sp. — Tav. XII [III], fig. 4. DIMENSIONI Esempl. Esempl. Esempl. di Capo Frasca di Nurri di Nurri Altezza della valva destra. 0 ò mm. 160 = 1 150 = 1 158 =1 » » » sinistra . ° . » 156 = 0,95 146 = 0,97 155 = 0,98 Larghezza di ambedue le valve . È 5 In = 3118) 164 = 1,09 175 = 1,10 Spessore massimo a valve unite . o » 56 = 0,35 p_= È 55 = 0,34 Angolo apiciale della valva destra o 110° 108° n » » » » sinistra i 118° 115° 115° Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore di forma biconvessa, inequivalve, su-- borbicolare, inequilaterale. {45| R. UGOLINI 199 La valva destra, molto rigonfia, è percorsa radialmente da 11 coste principali strette, sporgenti, col dorso arrotondato, e separate da intervalli aventi all’incirca la larghezza medesima delle coste, profondi, a superficie arrotondata. Da un lato e dall’altro della valva notansi inoltre 4 costoline più sottili. L’umbone rigonfio e ricurvo, è limitato lateralmente da due orecchiette molto grandi, estese, e di- suguali. L’anteriore presenta una profonda insenatura bissale, e sotto speciali incidenze di luce mostra alcune costoline radiali esilissime che si trovano pure nella orecchietta posteriore. Il margine cardinale non è già diritto, ma leggermente angoloso ed oltrepassato dall’umbone per non più di mm. 3. : Tutta la superficie della valva è percorsa da numerose e fittissime strie concentriche d’accrescimento le quali verso la regione palleale diventano anche alquanto squamulose. La valva sinistra è molto meno convessa della destra, e le coste che la percorrono sono in nu- mero di 10, sottili, poco sporgenti, ed a sezione quasi trapezoidale. Sono inoltre quasi totalmente liscie e separate da solchi un poco più larghi delle coste, poco profondi, pareggiati e provvisti di strie con- centriche d’accrescimento notevolmente squamulose. Da un lato e dall’altro della regione delle coste stanno due zone marginali, rilevate, ognuna delle quali è percorsa radialmente da cinque o sei costicine sottili ‘e separate da solculi ancora più ristretti delle costicine stesse. L’apice di questa valva presenta una leggera impressione concava, e le due orecchiette sono grandi, ‘espanse, a superficie alquanto incavata, e radialmente percorse da costicine numerose e ben visibili. Il margine cardinale è diritto. i Questa specie che io ho descritto come nuova, ricorda alquanto, pei caratteri della valva destra specialmente, il P. solarium Lmx. figurato dall’ HòRNES alla tav. LX, fig. 1. I caratteri della valva sini- stra però non combinano con quelli della valva corrispondente della specie succitata. È dunque forma ben distinta. Altra specie cui a prima vista potrebbe forse venire paragonata quella in esame, specialmente per alcuni caratteri della valva destra, è il P. Lovisatoi da me descritto precedentemente. Ma anche da questa si distingue non poco la nostra specie, oltrechè per vari caratteri della valva destra, quali ad esempio la minore sveltezza dell’ umbone, la sua minore incavatura sul margine cardi- nale, la forma sporgente e arrotondata delle coste lungo il margine palleale, anche, e sopratutto, per il maggior numero dei caratteri della valva sinistra, come sarebbero: la minore convessità di essa, la minor depressione delle coste lungo il margine palleale, il maggiore sviluppo delle aree laterali, la minore pro- fondità dell’impressione apiciale, e finalmente la minore concavità delle superficie auricolari e lo sviluppo maggiore delle costicine radiali che le adornano. Dei tre esemplari più sopra descritti quello meglio conservato proviene dai terreni calcarei sovra- stanti alle sabbie argillose del Capo della Frasca presso Oristano, donde il nome dato alla specie, gli altri due furono raccolti nelle sabbie di Nurri presso S. Ambrogio, che il Lovisaro ritiene doversi ascrivere al piano Bormidiano. Trattandosi di specie nuova non posso dire quanta probabilità di esattezza possa esservi nell’ asser- zione del Lovisaro circa l’età bormidiana della formazione arenacea di Nurri. Il fatto però di trovarsi questa medesima specie nei calcari sovrastanti alle sabbie argillose del Capo della Frasca, che si ha molta ragione di ritenere riferibile all’Elveziano, farebbe piuttosto credere doversi la formazione suddetta ascri- vere ad età un poco più recente del Bormidiano se non pure decisamente all’ Elveziano. Località: — Capo Frasca, Nurri. Collezione: — Museo di Cagliari. 200 R. UGOLINI [46] 5. Inaequipecten solarium Lux. 1819. Pectew solarium LAmARcK. Hist. nat. d. Anim. s. vert., vol. VI, 1, pag. 179. 1836-14. — — GoLpruss. Petref. Germaniae, Il, Bivalven, pag. 65, tav. XCVI, fig. 7a e 7b. 1870. —_ _ Hornrs. Die foss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, II, Bivalven, pag. 403, tav. LX, tav. LXI non V. i 1876. — — Locarp. Descript. d. faune d. terr. tert. moy. de la Corse, pag. 137. 1883. —_ — Fucas. Beitr. x. Kenntn. d. Mioc. Aegyptens u. d. lybisch. Wiiste. Palaconto- graphica, Bd. XXX, pag. 40. 1887. — — Parona. App. per la Paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 313. SSA — —_ MarrANI e Parona. Moss. fort. d. Capo S. Marco in Sardegna. Atti Soc. ital. Sc. ‘ nat., vol. XXX, pag. 163. 1897. _ — De ALressanprI. La pietra da Cantoni di Rosignano e di Vignale. Mem. Soc. ital. di Sc. nat., tom. V (II d. n. ser.), f. 1, pag. 58. Riferisco al P. solarium Lmx., una porzione piuttosto grande di valva destra, che, sebbene sia ester- namente molto corrosa ed in parte anche nascosta dalla roccia, dalla quale mi fu impossibile di liberarla completamente, presenta tuttavia non poche affinità con la specie suddetta. Trovo qui inutile di ripetere quanto a proposito ebbi già occasione di dire nella descrizione del P. Tournali, circa l’interpretazione da darsi al P. solarium Lmx. Osservo solo che, mentre il FucHs, ed altri pochi autori con lui, ritengono il P. solarium Lwx., de- scritto e figurato da HòRNES (Op. cit., tav. 61) come esattamente corrispondente al P. Tournali SERR., qualche altro autore ! invece, crede di vedere nelle stesse figure date da HoRNES come P. solarium Lmx., il vero P. gigas SCHLT. Da tale evidente disparità di apprezzamenti, parmi sia resa maggiormente dimostrata l’opportunità di considerare ormai le figure date dall’ HornEs come la vera espressione del P. solarium Lwx. Questa valva che è l’unica di questa specie da me posseduta, proviene dal calcare compatto bian- castro a Litothamni di S. Bartolommeo presso Cagliari. Sembra tuttavia che il P. solarèum si trovi altresì nelle arenarie di Fontanazzo, come fu già osservato dal PARONA (Op. cit., pag. 313), e nel giacimento del Capo S. Marco, come ne attesta la citazione fatta di questa specie da MARIANI e PaRroNA insieme (Op. cit., pag. 163). Come resulta dalla descrizione precedentemente riportata del P. Zournali, l'esemplare incompleto di valva sinistra che fu già descritto e figurato dal MEenEGHINI (Op. cit., pag. 508) quale P. solarium Lmx., non è altro che il P. Tournali SERR. Località: — S. Bartolommeo. Collezione: — Museo di Cagliari. 6. Inaequipecten kalaritanus Man. — Tav. XI [II], fig. 6. , 1857. Pecten kalaritanus MenreHINI. Paléontol. de l’île de Sardaigne, pag. 583, pl. H, fig. 12. 1887. — — Parona. App. p. la paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., VI, pag. 29. Roma. 180 = — UcoLinI. Sopra ale. Pettinidi d. aren. mioc. d. circond. di Rossano in Calabria. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Mem., vol. XVII, pag. 106. i) Sacco. Op. cit., pag. 55. Torino, 1817. adi [47] R. UGOLINI 201 DIMENSIONI I 1) II Altezza della valva destra 7 ò 0 0 ò mm. ? mm. 113=1 Larghezza » » o 6 5 ò . » ? » 122=1,07 Lunghezza del margine cardinale c 5 7 » » Angolo apiciale È . o . o 0 0 130° 130° Valva destra di una conchiglia con guscio di grosso spessore, di forma suborbicolare, subequilaterale, convessa. Le coste, in numero di 20, sono alquanto più larghe dei solchi, ma non però molto, come inesat- tamente è detto nella descrizione dell’autore, raggiungendo esse appena due volte la larghezza di questi. Sono liscie sul dorso, di forma arrotondata, sporgenti costantemente dall’umbone al pallio e vanno len- tamente allarsandosi a misura che dall’umbone si avvicinano al margine palleale. Le orecchiette grandi e leggermente ineguali per una piccola traccia d’insenatura bissale, evidentis- sima in quella anteriore, hanno la loro superficie esterna percorsa da due o tre costicine sottili, visibili appena sotto speciali incidenze di luce, e delimitano un apice umbonale sporgente, e sensibilmente ricurvo sul margine cardinale. Questo non è perfettamente diritto, ma forma un angolo molto ottuso, avente il vertice in corrispon- denza dell’estremità dell’umbone. Tutta la superficie della valva mostra evidentissima l’ornam'entazione concentrica dovuta alle strie d’accrescimento, le quali sono, però, sempre più appariscenti sul fondo degli spazi intercostali che non sulle coste stesse. Di questa specie, di cui fino ad ora almeno si conosce solamente la valva destra, perchè anche fra i numerosi esemplari da me posseduti nessuna valva sinistra è compresa, non dovrei per le dette ragioni indicare con sicurezza la sede generica. Ma, sebbene non si abbia nessun dato per stabilire se la valva sinistra o superiore fosse convessa essa pure, o piuttosto piana o concava, ciò nondimeno credo ancora io, con il MENEGHINI, più probabile la prima supposizione in vista della notevole affinità che la valva destra di questa specie presenta con le forme del gen. Inaequipecten in generale, e con quella del P. solariwm Lmx.; perciò la riferisco, per ora almeno, a questo genere. Il Locarp ?) descrivendo il P. planosulcatus MATH., pone nella sinonimia di questa specie anche il P. kalaritanus Mez., dicendolo molto vicino per più ragioni alla specie suddetta ed affermando che la forma sua è la stessa di quella del tipo di MaATHERON, che la sua superficie è ornata della medesima striatura, e che le coste sono per forma e disposizione, se non per numero, uguali a quelle di essa. Parmi tuttavia opportuno-di ripetere, quanto in proposito ebbi altra volta occasione di avvertire, in opposizione alle considerazioni del Locarp ed a difesa dell’autenticità della specie del MENEGHINI; che, cioè, la differenza che passa fra il numero delle coste della valva destra del P. planosu/catus (14-15 circa) e quello delle medesime della valva omologa del P. kalaritanus (19-20) sarebbe già di per sè sufficiente a giustificare l’individualità di quest’ultimo; e che, ove ciò non volesse riconoscersi, basta, a parer mio, a questo scopo di far rilevare che nel P. planosulcatus le coste non conservano quella uniformità di sporgenze e di larghezza dall’umbone al margine ventrale che si riscontra-nel P. kalaritanus; ma vi- ceversa dall’un punto all’altro crescono piuttosto rapidamente in larghezza mentre che, abbassandosi sino 1) Esemplare originale descritto e figurato dal MENEGHINI. 2) Op. cit., pag. 130. Paris-Genève, 1877. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 25 202 R. UGOLINI' È [48] quasi a confondersi con i solchi loro interposti, vanno a formare una superficie unica leggermente ondulata e solcata fittamente dalle strie concentriche di accrescimeuto. Quando poi a questi caratteri differenziali si saranno aggiunti il diverso rapporto che le due specie presentano fra l’altezza e la larghezza della conchiglia, che nel P. Xkalaritanus è di 0,92, mentre è solo di 0,85 nel P. planosulcatus, la di- versa conformazione delle coste, che nel P. X%alaritanus sono a sezione arrotondata anzichè appiattite, e quella dei solchi che sono pianeggianti invece che concavi !, ci potremo facilmente convincere che la specie istituita dal MeNEGHINI è bene individualizzata e distinta da tutte le altre sue affini. Tanto meno poi è la specie stessa da confondersi con il P. solarium Lxx. in HORN. o con il P. Besseri AnpRrz., ambedue hanno non poche affinità con quella inquantochè differenzia dal primo per l’angolo apiciale assai più aperto (130° invece di 112°) e per le coste più strette e più numerose; e si distingue dal secondo per l’angolo apiciale più acuto (130° invece di 140°) per il numero minore delle coste (20° in- vece di 23°) per la loro maggiore larghezza, ed infine per la sezione loro arrotondata, anzichè trapezoidale. Anche il P. Fucini Usor. è specie indiscutibilmente vicina al P. kalaritanus Mea. Ma da quella pure differisce quest’ultimo, oltrechè per le coste più sporgenti e tali sono alla periferia e per la forma loro più angolata, per i solchi più profondi e più larghi, per la presenza di costicine radiali sulle orec- chiette ed infine per l’aspetto dell’angolo apiciale minore. Come vedremo meglio più innanzi, gli esemplari di questo tipo descritti nel presente lavoro posseggono tuttavia tali differenze dal P. Kalaritanus da giustificare sicuramente la separazione della mia dalla spe- cie del MENEGHINI. L’esemplare originale del P. kalaritanus Mex. (1) del quale io ho creduto opportuno di riportare qui, a scopo di esattezza, la riproduzione fotografica, fu raccolto nella formazione calcarea grossolana bianca- stra dei dintorni di Cagliari. Da questo stesso giacimento proviene altresì l’altro bellissimo esemplare (II) le cui dimensioni sono indicate più sopra. La specie sembra tuttavia diffusissima nel calcare biancastro granuloso di Is Meriones donde pro- vengono vari numerosi esemplari di valva destra da me posseduti. Anche a Fontanazzo, nella formazione arenacea verdastra, fu trovato un frammento di valva destra riferibile probabilmente a questa specie, e già ricordato dal MenEGHINI. Questi anzi crede di averla ri- conosciuta anche in un frammento raccolto nel calcare grossolano di Genone, e da lui riprodotto alla pl. H, fig. 12. Quest'ultimo però, sebbene non facilmente interpretabile, per la forma depressa così delle coste come dei solchi, ha tutta l’aria d’avere appartenuto alla valva destra di un esemplare di P. plano- sulcatus MATH. Di questa specie, così poco menzionata dagli autori, ebbi già occasione di notare la frequenza nelle arenarie elveziane del circondario di Rossano in Calabria 2) dove essa è accompagnata da varie altre specie di Pecten, caratteristici dell’Elveziano, quali: P. sclarium, P. Besserì, P. Koheni, P. scabrellus, P. vindascinus e P. Fuciniì. Trattasi dunque sicuramente di specie elveziana; ed elveziani debbono sicuramente, a parer mio, ri- tenersi i due giacimenti di Fontanazzo e di Is Meriones, tanto più se le specie che l’accompagnano nel- l’uno e nell’altro sono esse pure caratteristiche di quell’epoca. Località: — Cagliari, Is Meriones, Fontanazzo, Genone (fide MENEGHINI). Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. i) MATHÉRON. Op. cit., pag. 188. Marseille, 1842. 2) UGoLINI. Op. cit. Pisa, 1900. er |49] i R. UGOLINI 203 7. Inaequipecten Fucinii Ugor. — Tav. XI [II], fig. 7 1900. Pecten Fucini UcoLinI. Sopra alc. Pettinidi d. aren. mioc. d. circond. di Rossano in Calabria. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Mem., vol. XVII, pag. 106. 1903. — — — Pettinidi nuovi o poco noti di terreni terziari italiani. Riv. ital. di Paleonto- logia, tav. IX, pag. 86. DIMENSIONI I II Altezza della valva destra . o 0 o £ mm. 143=1 mm. 170=1 Larghezza » » , c c o . » 162—1,13 PI 39 __NESfof! Lunghezza del margine cardinale È È DI 2 Angolo apiciale . o c . . ; . 135° 135° Conchiglia di grandi dimensioni, con guscio di grosso spessore, di forma subequilaterale, suborbicolare, convessa. La valva destra, la sola fin qui conosciuta, mostrasi alquanto rigonfia nella regione umbonale, de- clive verso il margine ventrale, ed è esternamente ornata di 17 coste radiali, larghe più del doppio dei solchi che mentre sono assai sporgenti e sottili in prossimità dell’apice, vanno successivamente a grado a grado abbassando e allargandosi verso il margine ventrale e verso i lati anteriore e posteriore, sino quasi a confondersi con i solchi loro interposti in una superficie ondulata. I solchi intercostali sono molto più stretti delle coste e talora uguali appena alla metà di esse. Le orecchiette grandi e alquanto differenti l’ una dall’altra, dànno origine ad un margine cardinale, anzichè diritto, piegato ad angolo, il quale viene ad essere leggermente oltrepassato dall’estremità del- 1’ umbone. L’orecchietta anteriore differisce poi dalla posteriore per la presenza di una insenatura bissale di- stinta, per quanto poco accentuata. La loro superficie esterna, infine, mostrasi affatto priva di costicine radiali e manca anche in esse, come in tutto il resto della valva, una ornamentazione concentrica netta- mente visibile. Le specie che più di tutte le altre si assomigliano al P. Fuciniî sono il P. kalaritanus MH. ed il P. Besseri ANDRZ. Esso però si distingue sempre e facilmente dal primo per quegli stessi caratteri già posti in rilievo nella descrizione precedentemente riportata del P. kalaritanus Mez. Differisce poi dal secondo per le coste meno numerose, e più grosse, per i solchi alquanto più stretti, per l’angolo apiciale meno ampio, ed infine per le orecchiette più espanse ed il margine cardinale più breve. Giova qui di avvertire che in un recente lavoro del NeLLi ! fu, con argomenti che giovano, quasi direi, anzichè nuocere alla esistenza della specie, discussa e messa in dubbio l’autenticità del P. Fucinti, il quale per l’autore stesso costituirebbe un bell’esemplare di ?P. gigas ScELT. Di fatti il NELLI, dopo di avere affermato che il P. gigas ScHLT. corrisponde esattamente al P. so- larium (non Lwmx.) figurato dall’HornES alla tavola 61 della sua memoria sul bacino di Vienna, dice precisamente quanto appresso: <« La fig. 2 dell’ UGoLINI, che sembra di una valva destra, per il numero delle coste e per la loro rotondità, come pure per l’angolo apiciale, corrisponde al P. gigas ScHLT., se pure gli spazi intercostali non sono più ristretti ». i) NELLI. Fossili miocenici dell’ Appennino aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, pag. 396. Roma, 1900. 204 R. UGOLINI [50] Ora non v'è chi non veda in quali notevoli inesattezze il NELLI è caduto da sè stesso se si consi- dera: prima di tutto che egli incomincia dal confrontare i caratteri esterni di una valva destra di P. Fucinii, con quelli di una valva sinistra di un Pecten inequivalve, quale è appunto quella riprodotta dal lato esterno della tavola suddetta dell’HORNES; in secondo luogo che, ammettendo per un momento che la figura testè ricordata, e dal NELLI riconosciuta come ?P. gigas ScHLT., possa anche essere una valva destra, quale indiscutibilmente egli fa credere di averla ritenuta, non soltanto non si possono riunire l’una coll’altra, ma neppure lontanamente venire assomigliate, giacchè il P. Fucini è provveduto di coste arrotondate sul dorso, anzichè pianeggianti, di spazi intercostali più stretti, e di un angolo apiciale mag- giore di quasi 20°. Rinvenuta per la prima volta nelle arenarie molto probabilmente elveziane dei dintorni di Rossano, in Calabria, fu da me successivamente riconosciuta in una valva destra quasi completa proveniente dalle arenarie mioceniche del Monte Salaiolo presso Montanaldo, di proprietà del Museo di Firenze, che il NEeLLI nel suo testè citato lavoro aveva precedentemente ascritto al P. planosulcatus. Sembra tuttavia assai diffusa in Sardegna, donde provengono i vari esemplari di valva destra da me posseduti. Gli esemplari migliori, e tutti di valva destra, sono però in numero di tre soltanto. L’uno di essi (I), che è completo ed è anche il più piccolo di tutti, ha l’umbone alquanto schiac- ciato e deformato, per modo che l’apertura apiciale viene ad esserne notevolmene alterata. Il secondo (II) è quasi completo esso pure, e di dimensioni un poco più grandi del precedente. Il terzo (III), infine, che è il più incompleto di tutti, risulta costituito solamente della regione umbo- nale e di una parte delle orecchiette. Località: — Nurri (Es. I), nel calcare granuloso compatto; Is Meriones (Es. II), nel calcare gra- nuloso compatto; Torre Iscala, lungo la spiaggia di S. Caterina di Pittinurri (Es. III), nei calcari elveziani. Collezione: — Museo di Cagliari. 8. Inaequipecten planosulcatus Mara. 1842. Pecten planosulcatus Martugron. Catalogue méthodique et descriptif des corps organisés fossiles du de- partemeni des Bouches-du-Rhòne, pag. 188, pl. 31, fig. 4 e 5. 1873. Janira planosulcata Fiscner et Tournovir. Invert. foss. du M. Lebéron, 115, pl. XIX, fig. 21-22. 1877. Pecten planosulcatus Locarn. Descript. de la faune d. terr. tert. moy. de la Corse, pag. 129. 1899. — — UcoLini. Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centr. Bull. Soc. malac. ital., XX, pag. 171. ( 1900. — — NrLLI. (pro parte) Foss. Mioc. d. Appenn. aquilano. Boll. Soc. geol. ital., XIX, pag. 395. DIMENSIONI Altezza della valva destra . o 5 . 0 o ò 5 mm. 175=1 Larghezza » » à : o o o . 6 6 » 203=1,16 Lunghezza del margine cardinale 6 o ò ; o À » 132=0,75 Angolo apiciale a . ò ‘o . 6 ò . È 110° Valva destra di una conchiglia con guscio di grosso spessore, di forma subequilaterale, suborbicolare più larga che alta, convessa. nr [51] R. UGOLINI . 205 È sensibilmente involuta all’apice, ma dolcemente declive alla periferia. Le coste radiali sono 14. Di esse le principali in numero di 10, sono sottili, sporgenti, a sezione arrotondata nella metà superiore della valva. Nella metà inferiore, invece, diventano a poco a poco larghe e depresse sicchè in vicinanza del mar- gine palleale si confondono coi solchi intercostali a formare una, superficie unica sensibilmente ondulata. I solchi intercostali sono alquanto più stretti delle coste, e mentre nella regione umbonale appaiono piuttosto profondi e di forma arrotondata, in quella palleale invece lo sono assai poco e acquistano forma pianeggiante. Le altre 4 coste, più sottili di quelle principali, stanno disposte due a due, da un lato e dall’altro di esse. Anche in quest’ultime, come nei solchi loro interposti, si ripetono, in proporzioni più ridotte s'intende, gli stessi caratteri che abbiamo menzionati più sopra. 5 Le orecchiette grandi delimitano un angolo apiciale piuttosto ampio e formano un margine cardinale diritto, oltrepassato un poco dall’estremità dell’umbone, e pressochè uguale in lunghezza ai tre quarti dell’altezza totale della valva. Di esse l’anteriore mostra le traccie di una insenatura bissale non molto accentuata; è provveduta di tre o quattro costicine radiali poco sporgenti, visibile solo sotto speciali incidenze di luce; ed è, infine, concentricamente percorsa da fittissime strie d’accrescimento che si notano altresì in tutto il resto della superficie della valva, ma che sono ivi, come in quest’ultima molto più visibili alla periferia che non in prossimità dell’ umbone. 3 Sebbene non conosca l'esemplare originale di Cucuron sul quale fu dal MATRÉRON istituita la specie, credo di potere affermare con sufficiente sicurezza che-le due valve destre da me possedute debbono ascri- versi al P. planosulcatus MATH. Questa specie che presenta qualche somiglianza con il P. solarium Lxmx., con il P. Fucinii Ucot. e con il P. kalaritanus McA., differisce tuttavia da ognuna di esse per un buon numero di caratteri che trovo qui inutile di rilevare e che possono facilmente dedursi dal confronto della presente descrizione con quelle già più sopra riportate per le specie suddette. Il P. planosulcatus, fino ad ora almeno, deve considerarsi come una delle specie di Pecften meno dif- fuse, non essendo stato segnalato che in poche località mioceniche. Ed infatti dopo la descrizione pubblicata dall’autore e dopo quella che ne fecero FiscHER e Tour- NOUER ! per un esemplare frammentario proveniente dal medesimo giacimento di quello dell’esemplare originale, fu, il P. planosulcatus, menzionato da Locarp ® pel miocene di Aleria in Corsica. Il LocaRD, anzi, a proposito di questa specie e della sua probabile presenza anche in Sardegna, dove si cita ora per la prima volta osservava essere “...intéressant de le voir descendre jusqu’en Corse et peut-étre “ méme jusqu’au sud de la Sardaigne ,. La stessa specie fu da me riconosciuta in un esemplare di valva destra, incompleto, raccolto nei dintorni di Berignone in Val di Cecina. Recentemente fu poi descritta anche dal NELLI sopra alcuni esemplari non troppo belli dei terreni miocenici dell'Appennino aquilano. A questo proposito parmi opportuno di avvertire che l’esemplare di Monte Salaiolo presso Montanaldo (Umbria) del quale il NeLtuI fa cenno in fondo alla sua descrizione e- che si conserva nel Museo di Firenze, non appartiene al P. planosulcatus MATH., come quest’ autore so- 1) FiscHER et TOURNOUÉR. Op. cit., pag. 115, pl. XIX, fig. 21-22. Paris, 1873. 2) LocAarD. Op. cit., pag. 129. Paris-Génève, 1877. 206 R. UGOLINI [52] stiene, sibbene al P. Fucinti UGoL., come risulta dalla descrizione che altra volta ne diedi 1, e come nella descrizione di questa specie più sopra riportata ho nuovamente osservato. Il P. planosulcatus, che trovasi diffusamente rappresentato nei calcari marnoso-sabbiosi a P. scabròu- sculus e Cardita Jouanneti del giacimento di Cucuron presso il M. Léberon, e che perciò va con sufficiente esattezza ascritto all’Elveziano, sembra invece in Sardegna, come del resto anche in Corsica ed in qualche altra località, specie piuttosto rara. Di fatti non posseggo di essa che due soli esemplari di valva destra, dei quali uno ben conservato, e l’altro completamente privo dell’umbone e di una parte del margine palleale. Forse va riferito a questa specie un frammento di valva destra proveniente dal calcare grossolano di Genone e che, come già ebbi occasione di avvertire (pag. 204 [50]), il MENEGHINI credette doversi ascri- vere al suo P. kalaritanus. Località: — Is Meriones, nel calcare granuloso biancastro; Bonaria. Collezione: — Museo di Cagliari. i) UGOLINI. Op. cit., pag. 106. Pisa, 1900. Finito di stampare il 14 dicembre 1906. 22. " G. 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Lo studio dei Cirripedi viventi ha però avuto in questi ultimi anni valorosi cultori, basta fra tanti citare i nomi illustri dell’Hork, del KocHLER, del Groow, dell’ AurIviLLIUs e del GruveL, l’opera dei quali ha portato un poderoso contributo alla conoscenza della posizione sistematica del gruppo, della costituzione anatomica e fisiologica delle principali specie, come pure dello sviluppo embriogenetico, della distribuzione geografica e batimetrica della maggior parte delle specie conosciute. Lo studio invece dei Cirripedi fossili non ha fatto purtroppo in questi ultimi tempi progressi impor- tanti ed ove si eccettui l’opera diligente e sagace di GIUsEPPE SEGUENZA, finora non se ne sono avute che scarse ed incomplete notizie, sparse quasi sempre in opere di indole generale. Il motivo va ricercato nelle grandi difficoltà che presenta lo studio di questi fossili, inquantochè la disparata costituzione delle singole parti del loro corpo, il grande numero e la variabilità delle forma- zioni cutanee di cui sono rivestiti, la specialità delle funzioni a cui sono adibite e conseguentemente la loro complicata nomenclatura e la diversa importanza sistematica, creano delle incessanti difficoltà ad uno studio monografico. i A differenza però di tanti altri sruppi di animali devesi notare che per i Cirripedi i caratteri di cui si vale il paleontologo nella determinazione delle specie fossili, sono in gran parte quelli stessi dei quali si ‘vale lo zoologo e che vengono forniti dalle parti calcaree esterne, dimodochè lo studio delle specie estinte dovrà procedere cogli stessi criteri sistematici di quello delle specie viventi. Tali caratteri sono quelli desunti unicamente dal numero, dalla forma, dalle dimensioni e dall’ornamentazione delle for- mazioni cuticulari che ricoprono il corpo dell’animale. Ma se per le forme viventi non è difficile il rin- tracciare esemplari completi in cui si conservino le parti più interessanti per la determinazione specifica, ciò difficilmente succede per gli esemplari fossili ove pur troppo gli avanzi sono quasi sempre incompleti. E chi voglia farsi un’idea delle grandi difficoltà che il paleontologo incontra in consimile studio deve pen- sare anzitutto che le piastre delle singole specie si rinvengono, nel maggiore numero di casi, disciolte e, quel che è peggio, commiste con quelle degli altri generi e delle altre specie, con le quali vivono soventi associate. Molte volte le piastre più importanti sono quelle di dimensioni meno sviluppate, di numero meno grande, di struttura meno solida e che assai sovente si rinvengono in condizioni frammentarie. I generi e le specie meno conosciuti e quindi più interessanti sono quelli che hanno le dimensioni più piccole e che facilmente sfuggono alle ricerche del raccoglitore. Raccolto ed adunato con cura un complesso di avanzi fossili di Cirripedi, per procedere alla deter- minazione specifica bisognerà anzitutto riunire assieme tutte le piastre analoghe dei differenti gruppi. Ottenuta così una prima separazione grossolana delle diverse parti, bisognerà cercare con diligenza di riunire e distinguere i generi e: poi, con un lavoro assiduo e paziente, giovandosi della correlazione fra le diverse parti, dell’ornamentazione delle varie piastre, passare al raggruppamento di quelle che ap- partengono alle stesse specie. E la ricostruzione di esse è assai più difficile quando si presentano specie nuove, appartenenti a gruppi poco comuni e quindi poco noti. Per dimostrare le grandi difficoltà di questo lavoro ricorderò come nell’esame di due tubetti con- tenenti spoglie di Cirripedi che il sig. E. Forma aveva raccolto sui Colli di Torino ed a Baldissero, io dopo un paio di mesi di osservazioni, di minuti confronti e di raggruppamenti, ho trovato otto generi 214 G. DE ALESSANDRI [8] differenti ed una quindicina di specie rappresentate da una cinquantina di piastre. Delle specie rinve- nute molte erano nuove per la regione e per la formazione miocenica, parecchie nuove per la sistema- tica dei Cirripedi. Lo studio quindi di questa sottoclasse è stato per lungo tempo imperfettamente eseguito dai natu- ralisti in genere e sopratutto dai paleontologi. Sovente la specie è stata malamente interpretata e defi- nita, sovente i caratteri ai quali si ricorse per le classificazioni non furono quelli che presentavano mag- giori probabilità di successo, data la loro incostanza e lo studio rimase incerto e disordinato fino a che non si assurse all’esame embriogenetico ed istologico dei Cirripedi viventi, per stabilire fra quali gruppi di invertebrati essi dovessero prendere posto, e come si dovessero interpretare i generi e le specie. Ascritti generalmente pel passato al tipo dei Molluschi furono solo nel principio del secolo XIX rife- riti alla classe dei Crostacei, alla quale per lo sviluppo larvale, per la morfologia, e per la fisiologia dei loro apparati spettano naturalmente. La stessa forma larvale che caratterizza appunto lo sviluppo em- briogenetico dei Crostacei, si riscontra anche nei Cirripedi. Questa forma larvale è quella che si conosce col nome di Nauplius (Protostraceo di CLAUS) ed è quasi identica a quella di alcuni Entomostraci. La larva dopo aver nuotato per un po’ di tempo libera nelle acque si fissa mediante secrezioni spe- ciali preparate da ghiandole cementarie, per l’estremità delle sue antenne, ossia colla parte anteriore del suo corpo. In seguito man mano la regione di attacco si trasporta verso la parte posteriore, mentre quella anteriore si allunga ed una membrana ricopre le due valve della corazza e le estremità. Im se- guito sotto alla corazza, che è chitinosa, cominciano a formarsi le piastre successive; poi la corazza cade rapidamente, ed il Cirripedo prende la forma di animale adulto. I Cirripedi allo stato adulto sono generalmente bisessuali e ciò costituisce l’unica differenza che li separa dagli altri Crostacei nei quali si presenta sempre l’unisessualismo. Sopra gli individui poi dei Cirripedi che sono unisessuali (gen. Scalpellum e gen. Ibla, ma non in tutte le specie ) o ermafroditi si trovano dei piccoli esseri la cui forma riproduce in dimensioni molto ridotte quella dell’ermafrodita. Questi esseri parassiti, che talora sono trasformati in piccoli sacchi allungati con gli organi in gran parte atrofizzati, sono posti al margine dell’orificio capitolare, al disopra od al disotto della cavità del muscolo adduttore dello scudo, in una fossetta mediana. Ad essi DARWIN diede il nome di maschi complementari, ma il GruveL, ben a ragione, cambiò tale nome in quello di maschè nani. Esistono quindi forme ermafrodite col maschio nano, e forme esclusivamente femmine che hanno il maschio nano, ed abbiamo una fecondazione degli ermafroditi fra di loro ed un’altra degli ermafroditi mediante il maschio nano. La posizione dei Cirripedi, quantunque oramai indiscussa nella classe dei Crostacei, è ancora oggidì causa di molteplici divergenze riguardo all’importanza da assegnarsi al loro gruppo. Dapprima furono considerati come una semplice tribù dell’ordine degli Aspidostraci, poi dell’ordine dei Pseudocephali (BURMEISTER). DARWIN propose di elevarli al grado di sotto-classe e la sua proposta fu accettata dal Dana, dal SecueNza e da altri, ma ZENKER li considerò come costituenti un ordine intermedio fra gli Ostracodi e gli Entomostraci e GeRsToEKER, WoopwaArp, ZIrtEL ed altri, hanno accettata l’idea di quest’ultimo autore. GRUVEL, con fondate argomentazioni tratte dalla filogenesi del gruppo, osserva che lo sviluppo larvale dei Cirripedi è identico a quello degli altri Entomostraci; l’animale però adulto si distacca da questo tipo perchè si fissa. Il fatto dell’ermafroditismo che i Cirripedi presentano, fa sì che pur ammettendo un’ori- gine comune con gli altri Entomostraci, essi si distaccano nettamente dai Copepodi e dagli Ostracodi. Sull’esempio di DARWIN e di Dana, il GRUvEL mantiene il gruppo dei Cirripedi al grado di sotto-classe. Tale gruppo sarebbe equivalente a quella dei Malacostraci e degli Entomostraci di LATREILLE. Lr Cai [9] G. DE ALESSANDRI 215 To sono pure d’avviso col DARWIN e col GruveL, che si debba ascrivere a sotto-classe il gruppo dei Cirripedi per le seguenti considerazioni. Primo, perchè in questo gruppo le suddivisioni secondarie (Peduncolati ed Opercolati) sono per costi- tuzione anatomica e fisiologica più profonde che negli altri gruppi ritenuti affini ai Cirripedi, quali gli Ostracodi ed i Trilobiti. Secondo, perchè queste suddivisioni sono già spiccate e con numerosi gruppi di generi e di specie nei terreni del Paleozoico, e quindi i Cirripedi rappresentano gruppi di Crostacei nei quali l'evoluzione ha portato nelle forme antiche una grande differenziazione di parti. Terzo, infine, perchè sulla sistematica dei Cirripedi si presentano gruppi grandemente evoluzionati e metamorfici gli uni rispetto agli altri, con caratteri di profonda diversità nella loro costituzione e nella loro biologia. Già dissi, che lo studio sistematico dei Cirripedi fossili si basa sugli avanzi delle parti solide, ossia calcaree che rivestivano il corpo degli animali, e che degli stessi caratteri si valgono gli zoologi per lo studio dei Cirripedi viventi. Solo per eccezione nello studio delle specie viventi si ricorre come a ca- ratteri di secondaria e di terziaria importanza, all’esame delle parti molli dell’animale. Vediamo intanto qual’è la costituzione conchigliare di questi Crostacei, poi esamineremo quali siano i caratteri che dalle parti solide si possono ricavare e qual’è l’importanza sistematica di tali caratteri ib rapporto alla costanza dei caratteri stessi. E qui è necessario stabilire anzitutto due grandi suddi- Visioni dei Cirripedi a seconda che essi hanno o non hanno un peduncolo; chiameremo i primi Pedun- colati i secondi Opercolati. Esamineremo separatamente queste due categorie, perchè il numero, la forma, la disposizione e l’importanza delle formazioni cuticulari sono assai differenti fra l’una e l’altra. I Cirripedi peduncolati constano di due parti distinte, del Capitolo (parte superiore) e del Peduncolo (parte inferiore). Le formazioni calcaree cuticulari che ricoprono il capitolo si chiamano piastre, quelle rivestenti il peduncolo prendono nome di scaglie. Le prime sono più differenziate le une dalle altre, hanno sempre dimensioni maggiori delle scaglie ed a seconda della loro importanza vennero dai sistematici suddivise in due categorie, principali e secondarie. Lo studio filogenetico dei Peduncolati viventi ci di- mostra come negli ordinamenti di questo gruppo, le forme siano tanto più elevate in quanto in esse diminuisce il numero delle piastre capitolari. Nelle forme maggiormente ricche di piastre capitolari noi distinguiamo in quelle capitolari principali le piastre parè o simzetriche e quelle impari o laterali; alle piastre pari appartengono lo scudo ed il tergo, alle impari la carena ed il rostro. Nelle piastre capitolari secondarie si distinguouo la sotto-carena ed il sotto-rostro, poste rispettiva- mente al disotto della carena e del rostro, e quelle lazeralî chiamate generalmente lati, dei quali i più importanti sono il Zato superiore, il lato carenale, il lato inframedio, ed il lato rostrale. Nella descrizione delle singole piastre i naturalisti hanno in genere adottata la nomenclatura pro- posta dal DARWIN e valendosi di essa, dovendo descrivere un margine si ricorre comunemente, ove sia possibile, al nome della piastra vicina. Così nello scudo, ad esempio, di uno Scalpellum noi distinguiamo coi nomi di margine tergale, oppure laterale quelli rispettivamente aderenti al tergo ed al lato superiore, si dà però il nome di margine basale a quello rivolto verso il peduncolo e di margine di chiusura a quello che apre o chiude l’uscita dei cirri, per la contrazione dei muscoli. Dovendo distinguere un angolo di una piastra lo si indica coi nomi dei due margini che lo costitui- scono. Così si chiamano angolo basi-fergale, ed angolo tergo-laterale, quelli rispettivamente costituiti dal margine basale e dal margine tergale, dal margine tergale e dal margine laterale. Nelle piastre si considera la superficie esterna e quella interna. Nella prima si osservano le linee 216 G. DE ALESSANDRI [10] radianti, quelle di accrescimento, i solchi ed i rilievi trasversali come pure la posizione dell’ umbone. Nella seconda gli attacchi dei muscoli, i quali determinano cavità e prominenze. I Cirripedi opercolati si dividono in due grandi categorie, degli Asòmetrici e dei Simetrici. I primi hanno le piastre calcaree ridotte al numero di sei, delle quali due mobili (uno scudo ed un tergo). L’altro scudo e l’altro tergo sono attaccati alla carena ed al rostro formando la muraglia. Le piastre hanno la stessa nomenclatura di quelle che noi vedremo appartenere agli Opercolati simetrici. Si dà il nome di creste articolarì e di solchi articolari rispettivamente alle prominenze ed alle de- pressioni che si osservano lateralmente al rostro ed alla carena, lungo la loro linea di unione dal lato dell’ opercolo mobile, come pure a quelle che si osservano sulle piastre opercolari. Le parti solide degli Opercolati simetrici si possono dividere in tre categorie a seconda che spet- tano alla muraglia, all’opercolo ed alla base. Molti autori comunemente danno il nome di conchiglia alla muraglia ed alla base, mentre in realtà la conchiglia si compone della muraglia, dell’opercolo e della base. To per uniformità di nomenclatura ho pure adottato la denominazione di conchiglia per il complesso delle piastre fisse degli Opercolati. Così distinguo generalmente nella conchiglia i compartimenti che variano in numero da otto a quattro (ove si eccettui il gen. Cataphragmus) e che incidentalmente sono uniti talora assieme a formare un’unica piastra, e la base che è membranosa o calcarea, appianata o cupuliforme. I compartimenti constano di una parte centrale detta parete, spessa e calcarea, che cresce dalla parte. inferiore, e di due espansioni laterali pure calcificate, che ner eccezione possono mancare, ai quali si dà il nome di lati. Questi ultimi hanno per iscopo di unire le differenti parti della muraglia. I lati, a seconda che ricoprono o che sono ricoperti, prendono il nome di alè o di radiî. General- mente le piastre laterali hanno un radio ed un’ala, ma quelle anteriori e posteriori hanno i lati identici, cioè ali per la piastra che prende il nome di carena e radii o ali solo, per quella che prende il nome di rostro. Le ali di parecchi compartimenti, insieme alle superficie interne ispessite delle pareti contro un lato delle quali si dirama il margine suturale, costituiscono la guaina. Le piastre compartimentali prendono il nome di carera, che è la piastra mediana, posteriore o dor- sale, careno-laterale quella che segue lateralmente la carena, laterale e rostro-laterale le due piastre che seguono il compartimento careno-laterale, ed infine di rostro la piastra mediana, anteriore o ventrale. Talora le piastre laterali si saldano assieme e la muraglia, che originariamente presenta otto piastre, si riduce a sei, a quattro, ed infine per una saldatura completa di tutte le piastre si riduce ad una sola. Le pareti della muraglia, della base e dei radii sono in moltissimi casi costituite da una lamina esterna e di una interna unite assieme da tramezzi longitudinali, che determinano una serie di tubè o di pori; i tramezzi talora sono ramificati e fra le due lamine risultano parecchie serie irregolari di pori. Gpercolo. — La conchiglia negli Opercolati ha quasi sempre la forma tronco-conica; inferiormente è chiusa dalla base e superiormente da quattro piastre calcaree mobili, simetriche due a due e che prendono il nome di scudî o di ferghi. Esse sono uniti alla guaina mediante la membrana opercolare. Nello scudo, che generalmente ha forma triangolare, si distinguono, analogamente alle piastre capitolari dei Peduncolati, i margini (basale, tergale e quello di chiusura) e gli angoli che prendono i nomi dei margini che li costituiscono. Lo scudo è ordinariamente articolato al tergo mediante un rialzo (rialzo articolare) e mediante un solco, sul quale s’ incastra il margine scutale del tergo (solco articolare). Sulla superficie interna della piastra si notano una cavità per il legamento del muscolo adduttore dello scudo (cavità adduttrice), un’altra per il legamento del muscolo laterale depressore (cavità del muscolo de- pressore), ed un rialzo quasi sempre circondante la cavità adduttrice (rialzo adduttore o cresta adduttrice). Il tergo è generalmente subtriangolare, coll’ apice talora ricurvo a becco; ha quindi esso pure tre margini : scutale, basale e carenale. 1 ii [11] G. DE ALESSANDRI 217 Sul margine basale vi ha un’ appendice sporgente, lo sperone, in mezzo alla quale scorre una scana- latura più o meno larga che sale fino all'apice e che prende il nome di solco longitudinale. Gli angoli, come per lo scudo, si denominano col nome dei margini che li determinano. Internamente il tergo presenta un rialzo artieolare e presso il margine scutale un solco articolare che riceve il rialzo articolare dello scudo. Nell’angolo basi-carenale della piastra vi sono sovente delle creste o rughe per gli attacchi del muscolo depressore del tergo. Base. — La base, come già dissi, talora è costituita da una semplice membrana; nel maggior numero dei casi però essa è calcarea, ed allora può essere costituita da una sola lamina o da due, una superiore e l’altra inferiore. In quest’ultimo caso le lamine sono separate da setti radianti i quali pos- sono essere verso la lamina superiore in varia guisa biforcati e ramificati. Caratteri sistematici. — I caratteri sistematici che dai naturalisti maggiormente vengono usufruiti per lo studio dei Cirripedi peduncolati, sono naturalmente quelli desunti dalle piastre primarie del capitolo. Nello scudo la forma generale, la disposizione e lo sviluppo dei margini, l'ampiezza degli angoli, la posizione dell’umbone forniscono importanti caratteri alla sistematica. Ai medesimi bisogna inoltre aggiun- gere quelli desunti dai caratteri della superficie interna della piastra, cioè la posizione della cavità del muscolo adduttore e della fossetta del maschio nano (quando esiste), come pure la forma e lo sviluppo loro. La forma dello scudo e lo sviluppo relativo dei suoi margini è nelle specie fossili carattere di srande variabilità. Basta osservare numerosi scudi di Scalpellum magnum o di S. Lovisatoi raccolti anche nelle stesse formazioni per convincersi quanto questo carattere sia incostante; se al contrario gli esemplari pro- vengono da località e da formazioni differenti, allora le variazioni della piastra sono spiccatissime e ta- lora modificano profondamente l’aspetto di essa. Il tergo è una piastra che nella forma e nell’ornamentazione fornisce ottimi caratteri alla siste- matica; fanno eccezione però alcune specie (,S. magnum, S. michelottianum, ecc.) ove si osserva una varia- bilità grandissima nell’ ornamentazione di alcune parti laterali accessorie, poste lungo il margine di chiusura. I caratteri della superficie interna di questa piastra non hanno grande importanza. La carena è la piastra che in alcuni gruppi di Peduncolati ha grande importanza per la distinzione dei generi e per la suddivisione di essi in sezioni. In questi gruppi la posizione dell’ umbone nella carena varia grandemente. Però dallo studio embriogenetico di alcune specie (ad esempio del gen. Scalpellum) i naturalisti sono oramai indotti a ritenere che le forme ancestrali e più antiche dei Peduncolati avessero tutte la carena coll’umbone all’apice, e che solo per evoluzione siano venute le carene coll’umbone sub- centrale. La curvatura, ossia l’angolo o gomito che le carene presentano in alcuni generi, è quindi carattere assal vario, dipendendo fra le altre cause anche dall’età dell’individuo, o dal grado di evoluzione della specie. Nella carena sono ottimi caratteri per la sistematica, le dimensioni, lo sviluppo del tetto, delle pareti e delle infrapareti. Sono caratteri alquanto variabili lo sviluppo relativo fra la base ed i margini late- rali, la forma e le dimensioni dei cordoni laterali, come pure la forma del margine basale. In alcuni ge- neri la carena termina nella parte inferiore a forma di coppa, di disco od anche di forca; in altri generi (che finora furono rinvenuti unicamente viventi) la carena si riduce ad un semplice nodulo chitinoso, che talora scompare. Essa quindi per la sua forma acquista talvolta importanza di piastra caratteristica di numerosi generi. Le altre piastre secondarie del capitolo forniscono caratteri accessori alla formazione dei gruppi, inquantochè tali piastre possono essere in numero più o meno abbondante o possono mancare completa- mente. Allorchè sono presenti si nota in esse una grande variabilità di forma e di sviluppo anche negli Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 27 218 G. DE ALESSANDRI [12] esemplari raccolti nelle stesse formazioni od in formazioni coeve, ma appartenenti alle stesse specie. La forma generale di queste piastre, lo sviluppo dei loro margini, l’ornamentazione della superficie esterna, e gli attacchi dei muscoli in quella interna forniscono i caratteri coi quali talora si distinguono le specie. Per dimostrare quanto sia grande la variabilità di queste piastre basterà che io accenni ad una raccolta di lati carenali che il prof. D. Lovisaro mi ha gentilmente comunicato e rinvenuti nel Lan- ghiano di Bingia Fargeri in Sardegna. Tali piastre spettano presumibilmente ad una stessa specie, che io ritengo essere lo Scalpellum Lovisatoi, ma tanto nella forma quanto nelle dimensioni e nell’ornamen- tazione differiscono talmente fra di loro che esse rappresentano gran parte dei lati carenali del Terziario appartenenti al gen. Scalpellum e che fino ad ora furono illustrati dagli autori. Alcuni corrispondono alla piastra omologa dello S. magnum altri a quelli dello S. dburdigalensis, altri a quelli dello ,S. vulgare; ogni esemplare è inoltre differente da tutti gli altri. Anche nel lato superiore abbiamo una spiccata incostanza nella forma e nella posizione dell’umbone. Negli esemplari ad esempio di ,S. magnum, raccolti sui Colli di Torino e nelle formazioni langhiane di Acqui, si osserva un complesso tale di differenze fra gli uni e gli altri, che a gran fatica si arriva a distinguere la specie loro. Anzi si può quasi asserire che l’unico concetto che serve ad ascriverli a questa od a quella specie è la forma delle altre piastre colle quali si trovano associati. Parlando appunto dello S. magnum DARWIN aveva già osservato come il lato rostrale ed il lato carenale sieno le piastre più variabili di questa specie. Vediamo ora quali siano i caratteri principali per lo studio sistematico degli Opercolati. I caratteri di grande valore sistematico coi quali si possono distinguere i generi e le specie sono quelli che si ricavano dall'esame delle piastre della muraglia, e dalla forma delle piastre dell’opercolo. Il numero delle piastre compartimentali della muraglia determina le grandi suddivisioni delle famiglie e quella dei generi; questo carattere è di costanza indiscussa per ogni gruppo, quantunque talora per eccezione l’età avanzata degli individui possa portare leggere modificazioni alla regola abituale. Le piastre dell’opercolo forniscono i caratteri proprii dei generi, ma più ancora delle specie. Nello scudo degli Opercolati simetrici la forma, l’ornamentazione della superficie esterna, lo svi- luppo dei margini, l'ampiezza degli angoli, le cavità, come pure le creste di attacco dei muscoli nella su- perficie interna, presentano caratteri di grande valore sistematico. Le linee longitudinali della superficie esterna sono talora variabili; in alcune specie del gen. Balanus, lo scudo diventa striato coll’età. In alcuni esemplari giovanili del vivente 2. laevis BruG. che si conser- vano al Museo Civico di Milano non si osserva nello scudo il caratteristico solco longitudinale, che si trova negli esemplari adulti. Anche nella superficie interna dello scudo alcuni caratteri, quali la forma della prominenza del muscolo adduttore, sono alquanto incostanti. DARWIN aveva già constatato ciò nel B. concavus, nel B. tintinna- bulum ed in minor proporzione nel 5. laevis. Io ho osservato questa variabilità nello sviluppo delle pro- minenze del muscolo adduttore in alcuni esemplari di B. spongicola raccolti nel Pliocene di Sciacca in Si- cilia. In questi scudi i rialzi adduttori avevano esagerate dimensioni in rapporto agli altri esemplari pure pliocenici della stessa specie, inoltre nella superficie interna presentavano costoline secondarie abbastanza sviluppate. Anche negli scudi che si raccolgono nel Miocene dei Colli di Torino spettanti a B. concavus si scorge come la prominenza del muscolo adduttore sia generalmente assai più lunga, più diritta e meno elevata degli esemplari che si raccolgono nel Pliocene dell’Astigiano. Tali esemplari miocenici presentano anche la super- ficie esterna della piastra più appiattita e la striatura caratteristica della specie, meno pronunziata in con- Cid [13] G. DE ALESSANDRI 219 fronto di quelli pliocenici. Anche la cavità del muscolo laterale depressore in parecchie specie varia nello sviluppo e nella posizione (2. tintinnabulum e B. spongicola). La prominenza articolare talora presenta variazioni notevoli nella forma e nello sviluppo, ma è tuttavia uno dei caratteri più costanti. Lo scudo mobile degli Opercolati asimetrici, pur presentando i migliori caratteri per la distinzione della specie, talora varia nelle dimensioni e nel numero delle creste articolari. Sovente alcune creste hanno forma e sviluppo in lunghezza assai incostante; qualche volta l’ornamentazione dello scudo presenta differenze spiccate a seconda degli oggetti sui quali la conchiglia è fissata. La causa di ciò va ricercata in fenomeni di mimetismo, ma di ciò ci occuperemo, in special modo, in altro posto. Il tergo, come lo scudo, è la piastra che fornisce alla sistematica dei Cirripedi opercolati simetrici i caratteri più importanti per la distinzione delle specie. In ogni specie la sua ornamentazione esterna corrisponde in generale a quella dello scudo. Sono da considerarsi nell'esame del tergo la forma, lo svi- luppo dei varii margini, la posizione dell’ apice, quella dello sperone, nonchè le dimensioni della base e lo sviluppo del solco longitudinale. DARWIN aveva già osservato come la lunghezza dello sperone varii grandemente nel B. concavus e nel B. amphitrite. Tale differenza è spiccatissima esaminando gli esem- plari di B. concavus fisurati dal SEGUENZA [ (64), tav. X, fig. 2, 2a, e 6, 6a], esemplari raccolti nella stessa formazione e nella stessa località (Testa del Prato, Calabria). Io ho osservato che alcuni esemplari di 5. spongicola dell’Astigiano avevano lo sperone largo, tozzo, anzi appena percettibile sul margine basale del tergo, mentre esso era assai lungo, e prominente negli esemplari del Pliocene di Sciacca in Sicilia. | Anche nel B. perforatus la lunghezza e quindi la forma dello sperone varia notevolmente. Basta osservare gli esemplari che il Secuenza ha disegnato [ (64), parte II, tav. IX, fig. 21], raccolti nel Pliocene di Militello e quello che io ho riprodotto in fotografia nella Tav. IV, fig. 204, 20 del Pliocene dell’Astigiano. Im alcune specie del gen. Pyrgoma quali ad esempio nel P. multicostatum si osserva pure una diffe- renza notevole nello sviluppo dello sperone fra gli esemplari pliocenici di Sicilia e quelli miocenici della Sardegna. I caratteri della superficie interna del tergo, quali lo sviluppo e la forma del rialzo articolare e delle creste del muscolo depressore, le dimensioni dei cordoni laterali lungo i margini carenali e scutali va- riano talora leggermente nel gen. Balanus, sopratutto fra gli esemplari miocenici e quelli pliocenici, ma quasi sempre presentano notevole fissità. I terghi mobili negli Opercolati simetrici hanno pure grande importanza nella sistematica di questo gruppo; anche in essi però si osservano variazioni notevoli nella forma e nel numero delle creste ar- ticolari. Nella comune Verruca Stromia tanto lo scudo mobile, quanto il tergo mobile presentano differenze importanti da un esemplare all’altro sia nella forma, come nell’ornamentazione. Le differenze si manife- stano assai spiccate, confrontando le piastre degli individui viventi con quelle plioceniche figurate dal SE- GUENZA e dal DARWIN e con quelle mioceniche che io ho rinvenuto in Piemonte e riprodotte a Tav. XIV [II]. Muraglia e Base. — Assai diversa è l’importanza dei caratteri che negli Opercolati, presentano la muraglia e la base. La forma della conchiglia è carattere di estrema variabilità; essa dipende in gran parte dalla base di appoggio a cui è intimamente legata, e le specie che sopra una larga superficie hanno ordinariamente forma globulare, o schiacciata, se aderenti ad una base ristretta, od in gruppi di numerosi individui, tendono ad assumere una forma cilindrica o prismatica. Essa è però un carattere di grande costanza in quei gruppi i quali si fissano sempre allo stesso sostegno (Coronula, Acasta, ecc.). 220 G. DE ALESSANDRI |14] La variabilità della conchiglia si osserva tanto negli Opercolati simetrici (gen. Balanus, gen. Tetraclita, gen. Pachylasma, gen. Coronula, ecc.) quanto negli Opercolati asimetrici (gen. Verruca ). Nel gen. Ba- lanus numerose specie (B. perforatus, B. tintinnabulum, B. crenatus, B. balanoides, B. tulipiformis) pre- sentano soventi esemplari coi compartimenti allungati e cilindracei in guisa che la conchiglia assume una forma affatto diversa da quella usuale. Ciò spiega come gli autori abbiano citato spesso alcune forme (B. cylindraceus, B. cylindricus, B. elongatus ecc.) forme mal definite e che generalmente sono fondate sopra individui a compartimenti allungati, spettanti a specie note sotto altri nomi. La forma dell’apertura ha considerevole importanza nella distinzione delle specie; talora quelle che usualmente 1’ hanno ristretta, la presentano considerevolmente divaricata, massime se gli esemplari sono raggruppati assieme in numerosi individui. Le dimensioni e l’ornamentazione dei radii e delle ali forniscono buoni caratteri alla sistematica, ma in taluni generi, come nei gen. Chthamalus, Balanus, Tetraclita ecc., negli esemplari adulti, i radii cessano il loro accrescimento, mentre che le pareti seguitano a crescere. Ne consegue che i margini di quest’ultime si avanzano sui radii i quali poi restano così ridotti a semplici suture. Nei radii e nelle ali la direzione o l’inclinazione dei margini superiori è carattere accessorio, ma utilizzato nella distinzione delle specie. In alcune specie però del gen. Balanus, quali nel 5. tintinnabulum, nel B. tulipiformis, nel B. amphitrite, nel B. improvvisus, nel B. trigonus, nel B. porcatus, nel B. armatus, ecc. si riscontrano notevoli infrazioni alla costanza di questo carattere. DARWIN aveva già osservato questo fatto attribuendolo a cause non per bene conosciute. L’incostanza nell’inclinazione dei margini superiori dei radii si riscontra evidentissima anche in al- cune specie del gen. Chihamalus e probabilmente anche nel gen. Pachylasma. La guaina presenta quasi sempre una grande costanza nelle dimensioni e nelle strie della sua superficie; fornisce in alcuni generi, come nei generi Coronula e Chelonobia, carattere di primaria importanza. Nello studio di qualche genere, quale ad esempio del gen. Balanus, vennero utilizzati per la formazione di gruppi secondari anche i pori che si riscontrano sulla superficie delle pareti, dei radii, delle ali e della base. Questo carattere ha un'importanza indiscussa per le specie viventi, ma DARWIN stesso aveva già osservato come esso fosse talora incostante in parecchie specie quali il B. glandula, il B. unguiformis, il B. balanoides, il B. nubilus, il B. improvvisus, il B. patellaris, il B. flosculus. Il SEGUENZA aveva riscon- trato anche l’incostanza di tale carattere nel 5. tulipiformis, ed io nei miei studi anteriori sui Cirripedi fossili (127) avevo già riscontrato che il B. concavus ed il B. spongicola presentavano talora pori fitti sulle pareti, sui radii e sulle ali, mentre ordinariamente e secondo gli ordinamenti degli autori dovrebbero essere imperforati; qualche altra specie al contrario che secondo gli autori doveva presentare le pareti ed i radii con pori era imperforata. Possiamo con ciò asserire che si possono riscontrare specie prive di pori, le quali comunemente sono perforate ed altre invece perforate, che non dovrebbero presentare pori. Questo carattere quindi ha una discreta costanza nello studio delle specie viventi, ma non in quello delle specie fossili, perchè in queste ultime i processi della fossilizzazione assai frequentemente otturano i pori se non del tutto almeno in parte. Se si esamina anche i caratteri dell’ornamentazione e della colorazione conchigliare si vede l’inco- stanza loro. Il colore della conchiglia fornisce in generale ottimi caratteri nello studio degli Opercolati, come nei Peduncolati la colorazione delle piastre e delle scaglie; DARWIN aveva assai giustamente osservato come la colorazione della conchiglia varii coll’età e come spesso esemplari di colorazione intensa negli stadii adulti, fossero scoloriti o bianchi in quelli giovanili. if [15] G. DE ALESSANDRI 221 L’ornamentazione dei compartimenti nei Cirripedi opercolati è in generale carattere assai incostante; talune specie hanno pieghe longitudinali allo stato adulto, mentre sono liscie negli stadii giovanili. Mimetismo. — Nel gen. Balanus ed in parecchi altri generi sull’ornamentazione e sulla colorazione della conchiglia agisce inoltre potentemente un’altra causa modificatrice che fu quasi sempre trascurata dai naturalisti che hanno studiato i Cirripedi; ma che io ho già rilevato fin dal 1895. Essa è il mimetismo. Veramente DARWIN aveva già intraveduto il fenomeno senza attribuire ad esso l’importanza dovuta. Egli parlando della forma assai variabile della conchiglia nel gen. Balanus dice a pag. 185 (41), di aver osservato una, specie fortemente costata, il B. porcatus, ed una specie quasi liscia, il B. crenatus, cresciuti assieme, rassomiglianti fra loro e non aventi peculiari distinzioni, essendo stati attaccati ad uno stesso Pecten. Più oltre egli riferiva “il dott. Gray ha osservato che i miei esemplari del vivente B. patellaris erano curiosamente dipinti a somiglianza del legno sul quale erano aderenti ,. Anche il SEGUENZA aveva già notato, illustrando una sua nuova specie di Balanus, il B. mylensis che “ in due piccoli esemplari fissi sull’ Zsîs melitensis si osservano costole sui compartimenti come se nello svilupparsi essi avessero per analogia e per simpatia partecipato delle costole che ornano la super- ficie dell’ Zsîs ,. Il fenomeno è evidentissimo osservando 1’ esemplare di B. my/ensis che egli ha ripro- dotto nella sua. monografia [(64), tomo I, tav. II, fig. 1]. Ivi si osserva che il Balano è fisso sopra un articolo di Isis melitensis e nella superficie esterna della sua conchiglia riproduce tutta l’ ornamentazione del Corallario in guisa che le costole ed i solchi di quest’ ultimo si continuano sui compartimenti del Balano. Anche nella descrizione di parecchie specie del gen. Verruca, il SEGUENZA aveva notato come taluni esemplari presentassero numerosissime variazioni di grandezza o di forma, che dipendevano sopratutto dalla varia irregolarità delle superficie del corpo sul quale la Verruca trovavasi fissa. Ed illustrando la sua nuova specie V. Zanclea dice a pag. 74 che “la conchiglia è sempre abbastanza elevata, ma sempre più quando trovasi fissa sopra corpi arrotondati; in questo caso le sue pareti sono pressochè verticali o poco inclinate; ma allorquando essa è impiantata sopra una superficie piana, si dilata alla base e le sue pareti diventano più inclinate, dimodochè la conchiglia assume una forma proprio conica, molto più depressa ;. Il mimetismo si può definire quel fenomeno per cui certi animali cercano di imitare a loro vantaggio la forma, la struttura e la colorazione esterna di altri animali, di vegetali ed anche di oggetti qualsiasi. Il fenomeno si osserva in vasta scala negli Invertebrati, massime nel tipo degli Artropodi ed in quello dei Molluschi, però non è difficile il riscontrarlo anche nei Vertebrati. Nei Cirripedi opercolati il mimetismo è assai comune, anzi si può asserire che qualche specie è co- stantemente mimetica coll’oggetto sul quale si fissa. La specie nella quale il fenomeno si riscontra quasi costantemente è il B. spongicola. Negli esemplari di questo Balano provenienti dalle formazioni più differenti. per età e dalle regioni più disparate per posizione geografica lo si osserva quasi sempre. E siccome il B. spongicola è specie che si fissa sopra un numero assai grande di Molluschi e sopratutto Fic. 1. di Gasteropodi, ne consegue che il Cirripedo cer- cando di imitare nell’ornamentazione dei suoi com- partimenti quella della superficie del Mollusco, il suo aspetto esterno o parietale varierà grandemente da uno all’ altro individuo, presentando ora solchi, ora strie, ora costole ed ora lamelle. To ho riprodotto (fig. 1) un esemplare di B. spongicola, fisso sopra una Zurritella vermicularis BR. Sp. e sopra i suoi compartimenti si vedono costole e solchi longitudinali in continuazione di quelli che ornano 292 G. DE ALESSANDRI [16] gli anfratti del Gasteropodo. Così pure gli esemplari della stessa specie figurati a Tav. IV, fig. 9 e fissi sopra un Zrochus patulus Br. riproducono per bene il fenomeno. Anche l'esemplare di 5. spongicola figurato a Tav. IV, fig. 8 e fisso sopra una valva di Venus (Chamalaca) gallina L., presenta sulla sua superficie compartimentale solchi bianchicci, parabolici, che riproducono perfettamente l’ornamentazione e la colorazione conchigliare della Venus. Il B. concavus, per le grandi dimensioni che raggiunge comunemente, presenta il fenomeno in modo più vistoso e più indiscutibile. Io ho già riprodotto nei miei studi sui Cirripedi [(127), pag. 10] un esem- plare proveniente dal Pliocene di S. Colombano (Pavia) fisso sopra una valva di Pecten cfr. medius Lx. che presenta in modo spiccatissimo il mimetismo. Un altro buon esemplare è quello riprodotto a Tav. IV, fig. 25, proveniente dal Pliocene dell’Astigiano. Il Cirripedo è fisso sopra una valva di Pecten Bosniackii De Ster. et PANT. e presenta riprodotte sui suoi compartimenti le pieghe intercostali del Pecfer, in guisa che a tutta prima sembrerebbe che le pieghe del Balano fossero in continuazione con quelle del Mollusco. Un altro caso più evidente, sempre nella stessa specie, lo presenta l’esemplare qui riprodotto proveniente pure dall’Astigiano (fig. 2). Il Ba- lano è fisso sopra una valva di Pecten cfr. scabrellus Lx. Le costole primarie e le costoline secondarie che irradiano dall’umbone del Pecten salgono sulle pareti del Balano, determinando costoline paraboliche, che per disposizione e per numero sono affatto diverse da quelle che comunemente ornano i com- partimenti del 2. concavus e delle altre specie di Balanus affini. Qui si scorge assai spiccatamente come il fenomeno sia dovuto ad un fatto di protezione, perchè osservando l’esemplare un po’ da lontano, si scorge come l’ornamentazione e la colorazione del Balano si confondano con quelle del Mollusco, e come il Cirripedo così foggiato sfugga più facilmente alle ricerche dei suoi nemici. Un’ altra specie che presenta il mimetismo assai frequentemente è il B. mylensis del SeguENzA. Io riproduco (fig. 3), uno splendido gruppo di questa specie che si conserva nel Museo dell’ Istituto Supe- riore di Firenze fisso sopra un Echinolampas cylin- dricus AGass. (2). Si scorge in esso come le pareti del Balanus siano per mimetismo cosparse ad intervalli regolari di piccoli cerchietti, che per colorazione, per forma, per disposizione e per numero corrispondono perfettamente ai pori dell’Echino sottostante. Un gruppo di 5. mylensis che presenta curiose striature e solchi parabolici sulle superficie compar- timentali è quello che riproduco nella pagina se- guente (fig. 4) e che proviene dal Pliocene della Cam- manasca presso Altavilla (Palermo). Questo gruppo è fisso sopra una valva di Pecten Alessi PaIL. e tanto nella colorazione bianco-lapidea, quanto nell’ornamen- tazione riproduce la configurazione del Pectern sul quale si posa. In un esemplare di B. concavus che si conserva al Museo Civico di Milano si riscontra un fenomeno di mimetismo assai curioso e diverso da quello osservato Fc. 3. ner |17] G. DE ALESSANDRI î 223 in tutti gli altri esemplari. Il Balano è fisso sopra una valva di Pectfer jucobeus L. e presenta sulle pareti dei compartimenti grosse costole le quali non corrispondono a quelle del Pecter, ma bensì agli spazi intercostali della superficie del Mollusco. Le costole del Cirripedo hanno però la forma, le dimensioni perfettamente identiche a quelle del Pecten e tutta la sua superficie presenta la caratteristica striatura radiale della valva del Mollusco. Benchè differente, il fenomeno di questo B. concavus si può sempre interpretare come un fatto dovuto ad istinto di protezione, perchè le piastre del Balano così foggiate imitano la superficie del Mollusco in modo assai evidente. Anche altre specie di Balanus, quali ad esempio il 5. amphitrite, il B. porcatus, il B. perforatus ed il B. trigonus presentano talora impronte di mimetismo coll’oggetto di sostegno. Il mimetismo non sembra fenomeno esclusivo al gen. Balanus; esso si riscontra anche nel gen. Zetraclità e forse anche nei generi Coronula e Verruca. Nella collezione dei Cirripedi viventi che si conserva al Museo Civico di Milano si osservano due esemplari di Tetraclita (T. cfr. porosa GuEt.) fissi sopra un madreporaro del genere Pocillopora; i Cir- ripedi hanno colorazione bianca, identica a quella del madreporaro, e sulla superficie parietale presentano circoletti che per numero e posizione corrispondono a quelli del medesimo, e per di più in alcuni com- partimenti si osservano spine che imitano in parte i suoi rami. Questo fenomeno così importante e che ha un’azione tanto profonda sulla costituzione scheletrica dei Cirripedi merita l'osservazione di chi si occupa del loro studio, esso interessa il biologo per la modifi- cazioni che apporta ai tessuti cuticulari, ed interessa maggiormente il sistematico per le variazioni grandi che determina nell’aspetto delle conchiglie. Tali modificazioni o variazioni aggiunte a quelle dianzi accennate e dovute a cause differenti fanno Sì che i caratteri della forma e dell’ornamentazione della conchiglia non si possono assolutamente ritenere come costanti e quindi di importanza sistematica. Solo in alcuni generi speciali, sottratti a queste cause modificatrici, la conchiglia può fornire buoni caratteri, ma nel gen. Balanus e nei generi affini ogni specie fondata sulla forma della conchiglia e non su quella delle valve opercolari, va ritenuta come specie non sufficientemente caratterizzata. Su tali concetti si basano appunto gli studi sistematici recenti sui Cirri- pedi e ad essi io mi sono uniformato. Per alcuni generi io mi sono fidato a stabilire specie nuove anche su esemplari privi delle piastre opercolari, ma tali avanzi appartenevano a gruppi nei quali la forma della conchiglia è indipendente da quella dell'oggetto di posa e dalle altre molteplici cause che modificano la sua struttura. Nei depositi ricchi di Cirripedi fossili sovente avviene di rintracciare le conchiglie prive delle piastre opercolari e quest'ultime sciolte e commiste a quelle di altre specie. Si potrà riuscire a raggruppare gli avanzi di ognuna di esse con pazienti ricerche, con confronti colle specie vicine per posizione sistematica e va- lendosi delle correlazioni fra le varie piastre come anche delle analogie cogli esemplari viventi. Fic. d. 224 G. DE ALESSANDRI [18] Nello studio dei Cirripedi viventi e fossili, la specie va quindi interpretata nel suo senso più lato. Le molteplici cause che agiscono sulla forma e sull’ornamentazione delle piastre capitolari, opercolari o parietali fanno sì che esaminando una raccolta di Cirripedi appartenenti tutti ad una stessa specie e rinve- nuti financo nella stessa località, non si riscontrano due esemplari che si corrispondano pienamente l’uno all’altro. In alcuni generi di Peduncolati talora varia financo il numero delle piastre capitolari fra gli individui della stessa specie! Negli Opercolati la forma esterna della conchiglia, e la sua ornamentazione è sovente assai differente negli esemplari raccolti uno accanto all’altro. E se chi intraprende lo studio sistematico di questi Crostacei non sa assurgere ai caratteri più importanti, facendo completa astrazione dalle piccole cause che modificano gli individui di una stessa specie, egli dovrà stabilire un numero grandissimo di specie nuove, portando nuove difficoltà e nuovi ingombri alla sistematica loro. i Studiando i fossili è sistema invalso in molti paleontologi di suddividere la specie in varietà, attri- buendo a quest’ultima caratteri peculiari dovuti per la massima parte ad influenza dell’ambiente o del- l’età del giacimento che li ricetta. Anche pei Cirripedi qualche autore, come il DArwIN ed il SeGuENZA, hanno scisso parecchie specie in varietà, ma bisogna notare che il primo è stato assai parco nel numero di esse, e le sue varietà corri- spondono a vere modificazioni nella forma abituale di una specie, modificazioni che non intaccano i ca- ratteri più spiccati delle piastre capitolari ed opercolari. Il SEGUENZA invece ha aumentato grandemente il numero delle varietà che di qualche specie di Cirri- pedo si conosceva ai suoi tempi ed i suoi principii in proposito erano a mio avviso esageratamente larghi e soventi artificiosi. Io pur ammettendo la scissione di qualche specie in varietà mi sono assai limitato nel numero di esse, perchè esaminando collezioni ricche di esemplari di una stessa specie, mi sono convinto che si riscontrano tali sfumature e tali passaggi insensibili fra i caratteri di un esemplare a quelli del- l’altro, che il più delle volte riesce impossibile segnare il limite ove cessa una varietà ed incomincia l’altra. Un carattere importante quasi proprio dei Cirripedi è la grande fissità che alcune specie presentano; fra i Cirripedi italiani, ad esempio, si riscontrano nei depositi dell’ Eocene delle specie che arrivano fino al Pleistocene ed altre dell’Oligocene che sono tuttora viventi. Il B. stellaris, che già si riscontra nelle formazioni dell’Oligocene inferiore di Priabona, presenta in questo giacimento esemplari nei quali io non ho saputo riscontrare differenze da quelli del Pliocene subapenninico. Con ciò io non voglio certamente ammettere che l’evoluzione non abbia attraverso i pe- riodi geologici agito sui Cirripedi, perchè la filogenesi ci dimostra che questi invertebrati subirono mo- dificazioni ed evoluzioni importanti. In questi casi speciali però è necessario ritenere o che le influenze evoluzionistiche furono talmente lente in periodi ed in formazioni non molto differenti per natura di am- biente, da sfuggire alla nostra percezione, o che l’evoluzione ha spiegato unicamente la sua azione sopra le parti molli dell’animale, e non su quelle scheletriche che noi rinveniamo fossili. Nello studio dei Cirripedi fossili, sopratutto dei peduncolati, quando si tratta di un genere netta- mente distinto e con caratteri spiccati nelle piastre principali, se si rinviene fossile una di queste pia- stre, per forma e per ornamentazione affatto diversa da quelle conosciute, la si distingue con un nome nuovo. Questo modo di interpretare la specie è certamente poco conforme ai principii coi quali gli Zoologi stabiliscono. le loro classificazioni, perchè si descrive imperfettamente una parte di un individuo attri- buendo ad esso carattere di specie. Chi però proceda con diligenza nell’esame delle piastre fossili potrà sempre evitare l'inconveniente di stabilire parecchie specie sopra le differenti piastre (carene, scudi, 0 adi [40] o (1 |19] G. DE ALESSANDRI terghi) di uno stesso individuo, perchè le piastre pur essendo affatto differenti le une dalle altre per forma e per funzione, presentano l’ornamentazione ed i caratteri dovuti al loro sviluppo in modo che è sempre facile distinguere e raggruppare quelle di una stessa specie. Facendo diversamente e tenendosi ai principii rigorosamente fissi delle classificazioni zoologiche non si riuscirebbe che a stabilire pochissime o forse nessuna specie fossile. D'altronde è concetto oramai am- messo concordemente dai Naturalisti che la specie paleontologica è ben differente da quella zoologica, e che i criteri coi quali generalmente si distingue la prima, non sono strettamente quelli coi quali si stabilisce la seconda. Fissati così i criteri coi quali va intesa la specie fossile nei Cirripedi, sarà bene vedere quali sieno le classificazioni che furono proposte per il loro studio sistematico. Lasciando da parte le classificazioni proposte allorchè non si conosceva ancora completamente la struttura anatomica e lo sviluppo embriogenetico dei Cirripedi, quali le classificazioni del BruGuIERE, del LeAcH, del Gray, del LATREILLE, noi riscontriamo che quella generalmente adottata dagli autori è la classi- ficazione proposta dal DARWIN nel 1851 e nel 1854 e che in seguito fu anche adottata dal GERSTOECKER; alla medesima il GruveL recentemente propose alcune modificazioni ed aggiunte, ed io concordando con esse l’ ho adottata. Tale classificazione è basata sopra il numero e la disposizione delle piastre cuticulari, che costituiscono le parti solide dei Cirripedi. Il Gruven suddivise la sotto-classe in cinque ordini: Zhoracica, Acrothora- cica, Ascothoracica, Apoda e Ehizocephala. Di questi cinque ordini il primo solamente presenta avanzi allo stato fossile e converrà occuparci quindi unicamente di esso. L’ordine dei Z7oracica venne suddiviso in due grandi sotto-ordini: Peduncolati ed Opercolati. Il primo comprende il gruppo dei Cirripedi che hanno un peduncolo più o meno lungo, il capitolo con piastre calcaree, chitinose, o senza di esse, ma che forma sempre un tutto omogeneo, cioè che il tergo e lo scudo, quando esistono, non si articolano mai con le altre piastre capitolari. Il secondo comprende i Cirripedi sessili o privi di peduncolo che hanno il corpo protetto da una muraglia calcarea. I terghi e gli scudi formano uno schermaglio mobile o no, ma che si articola almeno da una parte con le altre piastre della conchiglia per costituire un opercolo semplice o doppio. I Peduncolati a seconda del numero delle loro piastre capitolari si suddividono in quattro famiglie: Polyaspidae (con più di otto piastre capitolari), Pertaspidae (con cinque piastre capitolari), Zetraspidae (con quattro piastre capitolari) ed Anaspidae (una sola piastra, lo scudo, che talvolta si atrofizza e scompare). Ogni famiglia è suddivisa in parecchi generi, i quali complessivamente per le specie viventi sono in numero di quattordici; quattro soli di essi furono rinvenuti allo stato fossile, cioè i generi Pollicipes, Scalpellum, Lepas e Paecilasma. Inoltre bisogna tener conto che nei Peduncolati alcuni generi furono rinvenuti unicamente allo stato fossile, e certo non sarà improbabile che se ne rinvengano altri. Quelli attualmente più conosciuti e più comuni sono i generi Zurrilepas, Loricula, Archaeolepas e Scillaelepas. To non considero fra i generi fossili spettanti a Cirripedi quello proposto dal BarRANDE nel 1872 col nome Anatifopsis; gli avanzi ad esso riferiti e raccolti nel Siluriano inferiore di Boemia, non mi sembrano per ora sufficientemente caratterizzati e distinti da poter rappresentare un genere speciale. Gli Opercolati sono suddivisi dal GruveL in due grandi tribù: degli Asimetrici e dei Simetrici. Questa suddivisione è stabilita a seconda che l’opercolo è mobile solo da un lato, oppure che esso è mo- bile da due e conseguentemente la conchiglia ha una simetria generale perfetta. Alla tribù degli Asimetrici appartiene una sola famiglia, quella dei Verruciîdi; essa è rappresentata da un solo genere, il gen. Verruca, che è vivente e presenta anche numerose specie fossili. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. ho (05) 226 G. DE ALESSANDRI [20] La tribù dei Simetrici a seconda del numero delle piastre che compongono la muraglia si divide in tre famiglie: Octomeridae (forme che hanno otto piastre), Herameridae (forme che hanno sei piastre) e Tetrameridae (forme che hanno quattro piastre). Di tutte e tre le famiglie si rinvengono avanzi allo stato fossile. I generi viventi che ad esse si rife- riscono sono sedici, di cui sette furono rinvenuti fossili. Fra questi generi non comprendo il sruppo delle Acaste perchè seguendo l’esempio di DARWIN io l’ ho ascritto a sottogenere. In questo mio studio sui Cirripedi fossili d’Italia, ho descritto ed illustrato tutte le specie ter- ziarie che mi fu dato conoscere, raccolte nell'Italia geografica, astrazione fatta dalla provincia di Messina, perchè i Cirripedi di questa località furono oggetto di studi speciali e monografici del SecueNzA. Io ho però nuovamente descritte le specie del SecuENZA che ho rinvenuto in altre località od in altre formazioni. Quelle che io avevo già partitamente illustrato nei miei primi studi sui Cirripedi (127) non ho più descritto, ma di esse mi sono limitato a dare qualche osservazione sulle loro caratteristiche e sulla va- riabilità dei loro caratteri. Io ho unicamente descritte le specie rinvenute recentemente nel Terziario e nel Quaternario d’Italia e qualche piastra importante di specie già nota, ma non ancora partitamente illustrata. Habitat batimetrico e geografico. I Cirripedi si riscontrano in tutti i mari, da quelli presso i tropici a quelli attorno ai poli, ma la grande maggioranza loro vive nelle acque temperate o calde dei mari mediterranei o degli oceani intertropicali. Qualche specie che vive aderente alla pelle dei Cetacei o sullo scudo delle Testuggini può avere occasionalmente un habitat straordinariamente esteso. Così la Coronula diadema che vive nei mari temperati venne recentemente raccolta nella spedizione di S. A. R. il Duca degli Abruzzi nella baia di Teplitz. Alcuni generi però, quali il gen. Balanus ed il gen. Lepas presentano specie proprie dei mari freddi; il B. laevîs vive allo stretto di Magellano, nella Terra del Fuoco e nella Patagonia. Il B. Hamerì si riscontra nelle coste nordiche dell’ Inghilterra, in Islanda e nell’isole Feroe; la Zepas australis è comune nell’ Oceano antartico, nella Terra di Van Dienen, nella Patagonia e nella Nuova Zelanda. Riguardo al loro Raditat batimetrico oramai si hanno dati assai sicuri per le osservazioni preziose ed accurate che parecchie spedizioni e parecchie campagne scientifiche nanno praticato. Citerò fra esse quella memorabile dello Challenger, le cui raccolte di Cirripedi furono oggetto di una pregiata mono- grafia dell’Hork, quella del Zravaileur e del Talisman, che fornirono il materiale ad un interessantis- simo studio sui Cirripedi al GruveL, ed infine quella recente della Princesse Alice, il cui materiale, per quanto riguarda i Cirripedi, fu illustrato dall’AURIVILLIUS. Tenuto conto della distribuzione batimetrica i Cirripedi si possono dividere in due gruppi ben defi- niti l’uno dall’altro e senza termini intermedi, cioè dei Cirripedi abissali e di quelli costierî. Al primo appartengono due soli generi, il gen. Scalpellum ed il gen. Verruca ed è strano che di entrambi si co- nosce un numero grandissimo di specie. Sembrerebbe infatti che nelle grandi profondità ove le influenze dovute agli agenti fisici (luce, calore, ecc.), a quelli chimici (natura dei salì disciolti nelle acque, natura litologica del fondo, ecc.), a quelle meccaniche (correnti marine, movimenti ondosi, ecc.), agiscono con meno potenza si dovesse avere una maggiore uniformità di vita. Bisogna però notare che le specie raccolte negli abissi dell'Oceano sono in gran parte stabilite sopra un unico esemplare ed è cosa assai probabile che le ricerche future, più estese e più complete, dimostrino come molte di esse, per graduali passaggi, debbano fondersi od identificarsi con altre. Si avrà così una riduzione notevole del loro numero. Il gen. Scalpellum finora è fra i Cirripedi conosciuti quello che fu raccolto nelle zone marine più profonde. Lo S. regium fu rinvenuto dalle dragate dello Challenger a 5186 metri di profondità e da quelle "sli [21] G. DE ALESSANDRI 227 del Talismnan a 5000 metri. Lo S. gigas fu rinvenuto nelle investigazioni del Talisman, presso le Azzorre, a 4787 metri di profondità, lo S. rigîdum fu raccolto nella spedizione della Princesse Alice a 4400 metri e lo S. mammilatum nella stessa campagna fu rintracciato a 4261 metri di profondità. Siccome nelle ultime campagne talassografiche si è quasi accertato che la vita animale diminuisce rapidamente al disotto dei 4000 metri e scompare verso i 6000, così bisogna ammettere che il genere Scalpellum è, con alcuni Decapodi, con pochi Gasteropodì, colle Actinie, coi Pelecipodi, coi Brachiopodi, cogli Stelleridi e colle Oloturie uno dei generi che raggiunge i limiti estremi della vita abissale. Il gen. Verruca ha pur esso delle specie che si rinvennero negli abissi oceanici. La V. quadrangu- laris fu dragata dalla spedizione dello Challenger a 4460 metri e la V. longicarinata da quella del Zalisman a 3175 metri. Come principio generale si può quindi ritenere che il gen. Scalpellum ed il gen. Verruca rappresen- tino animali di vita abissale e che solo eccezionalmente si rinvengano in depositi litorali. Alla seconda categoria, cioè a quella dei Cirripedi costierì appartengono quasi tutti gli altri generi che si conoscono, ove si eccettuino quelli che vivono aderenti ai Cetacei od alle Testuggini i quali possono avere una dispersione batimetrica assai varia. Bisogna tuttavia tener presente che i Cetacei ed anche le Testuggini vengono generalmente a morire in vicinanza delle spiagge e quindi le formazioni che conten- gono gli avanzi dei Cirripedi che a loro aderiscono si possono considerare come formazioni costiere o di mare poco profondo. Alcuni generi, quali il gen. Zepas, il gen. Chihamalus ed altri, assai frequentemente si attaccano ad oggetti natanti; le formazioni che li ricettano allo stato fossile si possono sempre considerare come for- mazioni costiere, perchè questi oggetti natanti vengono dai marosi quasi sempre sbattuti sulle spiagge. Il gen. Balanus, che è fra i Cirripedi fossili il più diffuso ed il più comune nel Terziario, è senza dubbio un gruppo caratteristico delle formazioni litorali. Alcune specie di balani vennero eccezionalmente rinvenuti in mare profondo, così il B. hirsutus fu raccolto dalla spedizione dello Challenger ad una pro- fondità di 950 metri, ed il 2. coralliformis fu dalla medesima rinvenuto a 280 metri di profondità. Inoltre il B. tulipiformis, il B. spongicola, il B. porcatus, ed il B. Hamerì furono rinvenuti quasi sempre in mari abbastanza profondi. Se noi teniamo conto della ripartizione degli organismi marini fatta dal ForBES noi possiamo stabi- lire che il gen. Balanus vive nella 1.8 zona, ossia in quella liforale od intercotidale, zona che corrisponde alle porzioni della spiaggia che è sottoposta all’azione della marea. Questa zona caratterizzata da animali scarsi di specie, ma ricchi di individui fu divisa dal FiscHER pei nostri mari (mediterranei) in cinque regioni: 1. Regione subterrestre a Lifforina neritoide, sorpassante di 2 metri il limite superiore dei flutti. 2.* Regione dei balani, delle patelle, delle actinie, ecc. 1 3.2 Regione della Patella tarentina, della P. lusitanica, dei mitili, dei paguri, ecc. 4.* Regione dei trochi. 5.2 Regione ad Echinus lividus. ; Gli studi recenti hanno però dimostrato che i Balani oltre ad essere comuni nella 1.8 zona della scala del ForBES passano alla 2.8 zona, cioè a quella delle Laminarie (ona dei banchi ad Ostrea edulis) e che sono particolarmente abbondanti in questa zona nelle regioni tropicali ove alle alghe si sostituiscono i coralli. Parecchie specie di Balanus, e queste sono le più rare, passano anche alla zona dei coralli liberi di mare DO DO (00) G. DE ALESSANDRI [22] profondo, ove si attaccano ai piccoli coralli ramosi, ai Brackiopodi ed alle Nasse. In questa zona si riscontra comunemente il gen. Zetraclita. Il gen. Pachylasma vive pure in questa ultima zona, ove abitualmente si associa al Balanus tulipi- fornis ed alle millepore. Il sottogen. Acasta si rinviene pure in essa, fisso generalmente alle spugne ed alle gorgonie, ed infine il gen. Pyrgoma che si attacca ai corallari ed alle madrepore è proprio di essa. Il gen. Pollicipes, che vive generalmente fisso alle rocce, sembra proprio della zona litorale, come pure il gen. Chthamalus, benchè quest’ultimo talvolta si rinvenga aderente ad oggetti natanti. Distribuzione geologica. I Cirripedi fossili rinvenuti in Italia spettano quasi tutti alle for- mazioni terziarie. Il prof. SimoneLLI ha citato fra i fossili retici della montagna di Cetona una piastra di Pollicipes, ed il prof. De STEFANI ha riscontrato sopra alcuni Ammoniti del Lias inferiore dell'Appennino settentrionale alcune presunte impronte di Balanus. Esaminando le figure a me sembra che con grandi probabilità tali impronte non si possano riferire a Balanus, perchè troppo incomplete e perchè fino ad ora nessun Cirripedo opercolato simetrico fu riscontrato in formazioni preterziarie, e tanto meno nel Lias inferiore. Forse qui si tratta di qualche avanzo di un attacco di corallario, avanzi che nella loro forma conica, un po’ schiacciata, simulano la forma conchigliare dei balani. Infine il prof. Corti ha nel Titonico di Campora riscontrati aleuni avanzi, che il prof. PARONA dubitò spettassero ad un Pollicipes. Io ho esaminati tali fossili al Museo Civico di Milano, ove si conservano, ma ho dovuto convincermi che essi non spettano a Cirripedi. Distribuzione dei Cirripedi nel Terziario italiano. | 2 | o È o | Eocene Oligocene Miocene Pliocene | 2 Ù = o [> (d si Ss 9° È © 2 5 x 1 N = ° i 3 SPECIE Sla la e z| $ 5 PENE ee SEE aa E e E 5 || DI DI s È £ [cu ae|lae|[|KJa|[|a]|T= {= {|> i AE 14 » Rovasendai De Ar. —{a-{[l=|l-{tl+k-lK#+|={=|={j={| 15 » cfr. anatifera L. —|ae[|={[|=[|a|[|={T=[|=|=]|st|= | Se 16 » Succoi DE Ar. PSA ES e i e e a e 17 | Paecilasma? sp. i es e IO a a e EA ee 18 Terruca Stromia MULL. = peo = ille |a a a 19 » Zanclea SEG. —l{ae[|lae|aj=[|=[|=[|=[p={=st|=|= 20 » dilatata SEG. olor =le|Ka=pa=|a|a={= 21 » romettensis SEG. capello oe 22 » miocrebicosta DE AL. . —[eplaela=|ae||ae[ba|oelela={a|a= 23 » Gruveli DE AL. . =|a=|l=e[l=|=|b=|ee|a=b=| === 24 | Pachylasma giganteum PuÙit. . —|-|-|+{=|=-[|[|#+|-{|+|#|=+|+# 25 | Ohthamalus stellatus PoLI =|lae|a[|la=|=p={a=|={=|={|{ = = 26 » ligusticus DE AL. . =|=[|={[|={a={[|={|=|[|={|zs|=|= 27 Balanus tintinnabulum L. = D) —|L|la|a=is[|=]}ae|ja|osapat 28 » tulipiformis ELLIS === |a et + 29 » spongicola BrowxN —|-|=-|+|+|=|+|+|+|<#|4|+ 30 » veneticensis SEG. —|=-|=|-|-|=|=j{|-{|=#+{=}|=|{= S1 » Seguenzai DE AL. —|-[|-|1=|=-|-[|-{|{|-{|=|=+|=| 32 » perforatus Brue. —1-1l-l+4.-1-f41.-1[+ l S| a 230 G. DE ALESSANDRI [24] D = Eocene Oligocene Miocene Pliocene 4 2 È 3 E ; 3 PAS 3 5 SPECIE AI. 3|s © © Si ‘A E A sE 5; B=i N © n E ® = È 5 pi È rd S E d s o = S EE DE | © | & S| S| p E; È Ss Di È da 5 ia 2a Zi Ci iS e e 50 e 38 Balanus concavus BRONN È È 3 6 —|le-|=l4+|#+}|-= +|+|j+|+|<- 934 » calceolus ELLIS 5 H : P —|-|l1-|-|=-|-|+|-|-{|+|—-|- 35 » amphitrite DARW. o : o o -l-|J=]J=-]|=j|=]|-|+|+|+|=]|#+ 36 » stellaris BR. Sp. . . 6 o + Re eee 37 » porcatus DA CosTA. . 3 i; 0 > |=e[|ae|la|=[|=[|ae{[|{=[|a=[|db[|=]| = 38 » crenatus BRuUG. 6 6 6 0 =>|=|=lae[Tae]|Ta=|&b[|a|=|=]|={ 4 39 » bisulcatus DARW. 5 3 È o =|el=-il=[a=]|={|l=e|=|s®t|=e{|=| = 40 » Darwinii SEG. . 5 5 5 3 — || = L{ce|a= 41 » mylensis SEG. , c 5 o || = CS, Lal | IL 429| >» Pantanelliiù pe AL. . i È È SIae|l=-[|=[=|a{|=|={[|={[|s|=|= 43 | Acasta sarda DE An. 5 . ; > sael=|lra=|ae|a|a|lae|={[|=t=|={|= 44 » muricata SEG. . 0 i ; so el=s|l=|=a=[|={|={|l={[|=|aetst|a|= 45 » Formae DE AL. . 0 I È ; |a=|[a=|=|=-|=|zs|=[|2=[|={|=|= 46 | Chelonobia Capellinii DE AL. . j 4 ps|ae|s=|\asr=lae|={ao|a&a|sat|=|= 47 » testudinaria L. i È 3 Eee ee e e 48 » depressa SEG. . i È È x s|c|lL|a=|l=a=|a|=[|as|ae|2b[|a|= 49 Coronula bifida BRONN . ò È : È EEA EM LTL E O A ne 50 » barbara DARW. . 3 A È p e SS | etti MURESSA [BRR | ASS PE Sere A 51 Tetraclita Isseli De AL. . ì 6 P 3 —|rerrpRie areale 529 | Pyrgoma anglicum Sow. . 7 z 3 .lae|Jael|l-|=|lt[|=|=+|t|={|{+|-=|+# 53 » multicostatum SEG. . ; ; È —|-|J_-|=-|-|J=J+[|+[|<+{(-|=]|= bi » costatum SEG. . 5 È i s|ae|fae|l=e|a{[|l=e[ba{[{=s®b|a={|=|se|| = i È 55 » diploconus SEG. . Luella es eee i i edi [25] ; G. DE ALESSANDRI 231 Dall’esame del quadro risulta come una specie sola, lo Scalpellum michelottianum var. gassinensis sia stata riscontrata con sicurezza nell’Eocene superiore, ed un’altra, il Balanus tintinnabulum, sia stata rin- venuta con dubbio nell’Eocene medio. Sette specie, lo Scalpellum magnum, lo S. michelottianum var. gassinensis, il Balanus tintinnabulum, il B. spongicola, il B. perforatus, il B. concavus, il B. stellaris, lAcasta sarda, e la Tetraclita Isseli, fu- rono riscontrate nell’Oligocene inferiore. Nell’Oligocene superiore (Aquitariano) furono raccolte fino ad ora sei specie, cioè: lo Scalpellum magnum, la Lepas Rovasendai, il B. tintinnabulum, il B. spongicola, il B. concavus ed il B. stellaris; pre- dominano in questo sottopiano le forme litorali. Nel Miocene inferiore (Langhiano) si riscontrano due sole specie, lo Scalpellum Lovisatoi e lo S. magnum ; entrambe spettano ad un genere che come abbiamo visto vive nella zona abissale degli oceani. Nel Miocene medio (Elveziano) abbiamo un numero grande di specie fossili, circa ventisei; esse sono: il Pollicipes Paronai, lo Scalpellum magnum, lo S. michelottianum var. gassinensis, lo S. Formae, la Scillaele- pas Paronae, la Lepas Rovasendai, la L. Saccoi, la Verruca Strimia, la V. miocrebicosta, la V. Gruveli, il Pachylasma giganteum, il Balanus tintinnabulum, il B. tulipiformis, il B. spongicola, il B. perforatus, il B. concavus, il B. calceolus, il B. stellaris, il B. crenatus, il B. mylensis, Vl Acasta Formae, la Chelonobia Capel- linùi, il Pyrgoma anglicum, il P. multicostatum, ed il P. costatum. In queste formazioni riscontriamo due differenti categorie di Cirripedi; quelli abissali e quelli lito- ranei. I secondi sono quelli che predominano e che danno una caratteristica ai depositi elveziani. Il fatto di avere rinvenuto in una stessa formazione organismi di ambiente biologico così differente, a me sembra non sia cosa anormale, anzi infirma i concetti che sul valore di questi sottopiani noi avevamo. Invero noi intendiamo col nome di Langhiano, Elveziano, Tortoniano, denominazioni corrispon- denti a suddivisioni di terreni successive l’una all’altra, e con significato cronologico. Alcuni geologi invece ritennero che queste denominazioni corrispondessero semplicemente a varie facies o zone batimetriche di un unico piano del Miocene medio. Io ho cercato di dimostrare in altro mio studio (142) come nel bacino terziario piemontese, in quello dell'Aquitania ed in quello della Leitha, la successione stratigrafica di questi sottopiani sia evidente e con caratteristiche proprie. Inoltre io avevo asserito che probabilmente le ulte- riori ricerche paleontologiche, in ciascuno di questi sottopiani, avrebbero portato alla conoscenza di pa- recchie facies locali, distinte paleontologicamente e talora anche litologicamente, nei rapporti ai diversi ambienti di sedimentazione contemporanea. Il prof. R. BELLINI associandosi a queste vedute ha recentemente fatto uno studio ardito per l’Elveziano dei Colli torinesi, ) cercando di distinguere le varie sue facies in base ai differenti criteri biologici della sua fauna. . Egli ha potuto stabilire come nel Miocene medio (Elveziano) dei Colli di Torino, si possano distin- guere cinque facies paleontologiche alle quali corrispondono altrettante facies litologiche. Queste facies sono: 1.° dei grossi Molluschi litorali, 2.° dei Gasteropodi litorali e dei Coralli (zona a Pentacrinus Gastaldii), 3.° delle turritelle, 4.° dei litotamni e delle lucine, 5.° dei Pteropodi. Lo studio dei Cirripedi elveziani di queste regioni viene in gran parte a confermare le deduzioni del prof. BeLLINI, come risulta dal quadro seguente e che io ho compilato sul materiale raccolto la maggior parte dal sig. E. Forma di Torino. 4) BELLINI R. Le varie facies del Miocene medio nelle Colline di Torino. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIV, fase. 2°, Roma, 1905. DO (30) DI SPECIE G. DE ALESSANDRI Monte dei Cappuccini Villa Forzano Cavoretto Pino. Torinese Termofourà Valle dei Ceppi Bric Berton Baldissero Sant'Antonio (Sciolze) 26] Regione, Vallia Pollicipes Paronai pe An. Scalpellum magnum DARW. Scalpellum michelottianum var. gassinensis DE AL. Scalpellum Formae DE An. Scillaelepas Paronae DE An. Lepas Saccoi DE An. » Rovasendai pr Ar. . Verruca Stròmia MUnn. . » miocrebicosta DE An. . » Gruveli DE An.. Pachylasma giganteum Pun. . Balanus tintinnabulum L. » spongicola BROWN » perforatus BruG. Ss » concavus BRONN » calceolus ELLIS . » stellaris BR. sp. » crenatus BRUG. . Chelonobia Capellini pa AL. Pyrgoma costatum Sue. . + + + + + + + ++t+t+t+t +++ + hd | +++ + + +? Da questo quadro noi vediamo come i Cirripedi litoranei, quali i Balanus, i Lepas, i Pollicipes ecc., si riscontrino quasi esclusivamente nelle località che il prof. BELLINI, in base all'esame degli altri fossili, 1 if [27] G. DE ALESSANDRI 233 ed in base alla costituzione litologica (banchi sabbiosi-arenacei) ha riferito alla zona 2.8, cioè a quella dei Gasteropodi litorali e dei Coralli. Invece i Cirripedi di mare profondo (gen. Scalpellum e gen. Verruca) si riscontrano in due sole lo- calità, ove sono abbondantissimi, cioè al Monte dei Cappuccini e presso Baldissero. Ma nella prima di queste località, secondo gli studi del prof. BeLLINI, oltre alla zona dei Gasteropodi e dei Coralli, si rin- viene anche la cona deè Pteropodi, caratterizzata da arenarie micacee e da una fauna planctonica; nella seconda probabilmente si riscontra la stessa formazione ed essa è passata inavvertita alle ricerche del prof. BELLINI. L’esame quindi degli avanzi dei Cirripedi, che si riscontrano nell’ Elveziano torinese, viene a confer- mare che esso non rappresenta una facies speciale e litoranea di una formazione coeva al Langhiano ed al Tortoniano, ma che per la presenza di generi di habitat affatto differente, ma ben conosciuto, esso rappresenta un complesso di depositi di varia natura batimetrica e conseguentemente con facies petro- grafica e paleontologica diversa per una stessa regione o per regioni limitrofe. i Nella formazione tortoniana (Miocene superiore) furono rinvenute in Italia otto specie di Cirripedi, delle quali due spettanti a gruppi pelagici e sei a gruppi litoranei. Ciò corrisponde ad una diversità di facies di questa formazione fra la parte settentrionale della Penisola e quella meridionale, perchè mentre nell'Appennino settentrionale il Tortoniano si presenta come un deposito a facies di mediocre profondità anzi talora costiero, invece nelle provincie di Reggio e di Messina, in alcuni punti esso attesta un depo- sito di mare notevolmente profondo. Nel suo complesso la fauna dei Cirripedi raccolti nei depositi tortoniani ha grandi affinità più colle faune plioceniche che con quelle mioceniche; parecchie specie (Scalpellum vulgare, Balanus amphitrite, ecc.) iniziano la loro comparsa colle formazioni tortoniane per conseguire poi un grande sviluppo in quelle plioceniche. Il Messiniano, costituito nella serie dei depositi terziari d’Italia da formazioni prevalentemente a facies maremmana, non presenta traccie di Cirripedi, perchè noi ben sappiamo come nessuna specie vi- vente, finora sia stata raccolta in acque salmastre. Il Piacenziano, che generalmente in Italia si presenta con un grande predominio di formazioni a facies di mare profondo, contiene quattro specie di Cirripedi pelagici e quattordici di Cirripedi litoranei. Numerose specie che prendono uno sviluppo considerevole nell’Astiano cominciano a presentare nel Piacenziano qualche raro esemplare di piccole dimensioni; però alcune specie di Balanus che si rinven- sono abbondanti nell’Italia meridionale sono proprie ed esclusive dei depositi piacenziani. Nell’Astiano i Cirripedi raggiungono il loro massimo sviluppo tanto per numero di specie quanto per copia di esemplari. Come nell’Elveziano si riscontrano in questa formazione numerose specie pelagiche (dieci) e numerosissime litorali (ventitre). Anche per esso sta quanto si disse per l’Elveziano, cioè che ta- luni depositi quali ad esempio quelli della provincia di Messina, ricchi di avanzi di Scalpellum (S. magnum, S. michelottianum, S. sancleanum, ecc.) e di Verruca (V. Stromia, V. Zanclea, V. romettensis, V. crebicosta, ecc. con numerosissimi esemplari) rappresentano la facies pelagica di una formazione che prevalentemente si manifesta come un deposito litorale. Anche ad Orciano in Toscana, ove si raccolgono abbondantissime le spoglie dello S. magnum, si riscontrano oltre ai depositi costieri, probabilmente anche quelli di mare pro- fondo, come d’altronde anche la fauna dei Vertebrati e sopratutto dei Pesci dimostrerebbe. Nelle formazioni pleistoceniche furono rinvenute due specie di Cirripedi pelagici, ed otto di quelli lito- ranei; giova però notare che mentre le prime sono eccessivamente scarse per numero di esemplari, le se- conde si presentano con abbondanza, accumulandosi in depositi caratteristici. Palaeontographia italiea, vol. XII, 1906. 29 234 G. DE ALESSANDRI |28] Le località oligoceniche più tipiche in Italia per abbondanti avanzi di Cirripedi sono le arenarie ton- griane di Nurri in Sardegna, che fornirono numerosissime spoglie di 2. sporgicola, di B. perforatus, di B. concavus, ed ove fu raccolto l’esemplare di Acasta sarda. In queste formazioni, assieme alle specie summen- tovate di habitat affatto costiero, fu pure rinvenuto un gran numero di esemplari di S. magnum, dimostrando così la presenza di un deposito misto. Invece i grès @ Scutella del Capo di S.t Elia presso Cagliari rappre- sentano colle loro abbondanti spoglie di Balanus un deposito tongriano a fucîies tipicamente litoranea. I depositi del Tongriano del Vicentino (Castelgomberto e Priabona) non presentarono finora che qualche raro avanzo di Cirripedo opercolato e conseguentemente di 7abitat litoraneo. I depositi aquitaniani dei Colli di Torino contengono avanzi di Cirripedi a facies tipicamente costiera; è da osservarsi però che tutte le specie (LD. tintinnabulum, B. concavus, B. stellaris e Pollicipes Paronai) che si rinvengono in queste formazioni si riscontrano nella stessa regione, anche nei depositi elveziani. To non so spiegare per bene questo fatto, ma si può ammettere che durante il depositarsi delle due formazioni aquitaniane ed elveziane, si abbia avuta nella valle padana una grande costanza di ambiente, con condizioni identiche di vita e conseguentemente con identico sviluppo di organismi. I depositi del Miocene inferiore (Langhiano) d’Italia più importanti, per avanzi di Cirripedi, sono le marne a Pteropodi delle Langhe. Nelle vicinanze di Acqui (Valle Bogliona) ed a Cessole in queste for- mazioni sono abbondantissime le spoglie dello Scalpellum magnum. Nello Schlier delle Marche e dell’Umbria è assai comune un Peduncolato che il dott. G. Dr AncELIS ed il dott. F. Luzi (133) riferirono a Lepas. Invece le argille sabbiose (fargario) di Cagliari e quelle vicine di Bingia Fargeri coi loro numerosissimi avanzi di ,S. magnum e di S. Lovisatoè manifestano depositi forma- tisi in un periodo di massima profondità dei mari terziari. Il Miocene medio (Elveziano) ha i suoi depositi più abbondanti di avanzi di Cirripedi sui Colli di Torino, massime ove la formazione ha facies litoranea o sublitoranea e corrisponde così alla zona marina più intensamente ricca di vita. Dove però la facies è di mare profondo si riscontrano poche specie di Peduncolati e di Opercolati asimetrici, ma le specie sono rappresentate da numerosi esemplari. Sono ca- ratteristici di questa formazione e di questa regione alcuni generi (Verruca, Pachylasma, e Chelonobia) i quali presentano le specie più antiche finora rinvenute in Italia. Anche l’Elveziano dell’Alto Monferrato (Rosignano, San Giorgio, Cellamonte, Vignale, ecc.) nella sua facies costiera (Pietra da Cantone) è ricco di avanzi che corrispondono in gran parte a quelli che si raccolgono nei Colli torinesi ®. L’ Eveziano dei Colli monregalesi, di Acqui, di Serravalle-Scrivia, di Tortona e di 4) La Pietra da Cantone di Rosignano e di Vignale venne da alcuni studiosi, in base all’esame dei Protozoi fossili, riferita al Langhiano. To dallo studio complessivo della sua fauna, costituita da Vertebrati (Mammiferi e Pesci), da Crostacei, da Molluschi, da Brachiopodi, da Echini e da Coralli l'ho ascritta all’Elveziano. Dello stesso parere è il prof. BASSANI che ha avuto in istudio qualche avanzo di pesce fossile. Qui è il caso di domandarsi se nelle deduzioni cronologiche o stratigrafiche di una serie possa avere più valore un gruppo di organismi poco conosciuti e, con minime differen- ziazioni di parti od un complesso di fauna appartenente ai più svariati tipi della seria zoologica? Io sono d’avviso che i Protozoi in genere e le Nummuliti in ispecie abbiano per la cronologia della serie stra- tigrafica lo stesso valore degli altri avanzi di organismi. Probabilmente in questi gruppi di forme non molto evolute, si annoverano ancora fossili-tipici o caratteristici per una formazione, ma ciò non potrebbe forse dipendere dalla in- completa conoscenza che noi abbiamo di essi? D'altra parte noi sappiamo come pel passato fossero assai numerosi i cosidetti fossili-tipici o fossili-guida appartenenti a Vertebrati, a Molluschi, a Brachiopodi, ad Echini, ecc. che i paleontologi annoverano per ogni singola formazione. Tali fossili limitati nello spazio e circoscritti nel tempo, coi progressi degli studi paleontologici a poco a poco perdettero il loro valore, perchè successivamente furono rinvenuti in parecchi orizzonti consecutivi e talora in piani differenti. adi [29] G. DE ALESSANDRI 235 Borgio Verezzi (Finale) presenta ovunque pressa poco le stesse specie di Cirripedi, spettanti in gran parte ad Opercolati simetrici. Quello della Sardegna presso Cagliari (Capo S.° Elia, bastione S. Remy, ecc. ecc.), della trincea di Bonorva, di Sassari e della Nurra ecc. presenta due facies distinte, una caratterizzata dai numerosi Peduncolati che attestano un deposito di mare profondo, l’altra più sviluppata con Oper- colati simetrici che dimostrano una formazione litoranea. Anche in Sardegna, come sui Colli torinesi il Miocene medio presenta quindi parecchie facies corrispondenti ad un habitat batimetrico differente durante il depositarsi delle formazioni stesse. Il Miocene medio delle Marche e dell'Abruzzo si presenta negli avanzi dei Cirripedi fossili con facies strettamente costiera; il gen. Balanus fu raccolto abbondante negli strati inferiori del Monte Falcone (Ascoli Piceno) e nel sruppo del Gargano, rappresentato dalle stesse specie dei giacimenti dell’ Italia set- tentrionale. Gli altri depositi elveziani dell’ Italia meridionale sono al contrario scarsi di vestigia di Cirripedi; solo nella provincia di Reggio Calabria, il Secuenza ha rinvenuto nelle formazioni elveziane numerosi esemplari di Cirripedi opercolati e qualche avanzo di Peduncolato costiero. Il Miocene superiore (Zortorianc) d’Italia è scarso di Cirripedi. Sui Colli di Torino ove questo depo- sito ha facies di mare profondo esso contiene avanzi abbastanza numerosi di Peduncolati, ma nell’Appen- nino ligure (Monte Gibbio, S. Agata, Stazzano, ecc.) abbondano gli Opercolati litoranei colle stesse specie dell’ Elveziano. Nel Modenese e nell’Umbria il Tortoniano si presenta invece con una facies notevolmente pelagica. Questa facies è manifesta dagli avanzi di Peduncolati che il SecuENZA cita nei dintorni di Modena e che il dott. SimoneLLI raccolse al Monte della Verna presso Chiusi. Come già dissi, nell'Italia meridionale questa formazione ha facies di un deposito sublitorale. I giacimenti del Pliocene inferiore ( Piacenziano) d’Italia più ricchi di avanzi fossili di Cirripedi sono quelli della parte meridionale (prov. di Reggio e di Messina). Il SEGUENZA constatando la ricchezza di questi depositi aveva asserito che il Pliocene inferiore del Messinese “ abbonda di Cirripedi sopra tutti gli orizzonti di specie variate, di particolari varietà e di profusa abbondanza d’individui che li rappre- sentano ,. Le formazioni piacenziane di Palermo, di Catania e di Siracusa presentano però solo qualche raro esemplare di Balanus; quelle invece dell’ Italia superiore sono ricche unicamente di Cirripedi litoranei, anzi quasi esclusivamente di Balanidi. I noti giacimenti di Villavernia, di Albisola, di Zinola, di Albenga, del Rio Torsero in Liguria, quelli di Costa e di Bacedasco nel Piacentino, quelli di San Colombano e di Taino presso Angera in Lombardia, di Tagliata, di Tabiano nel Modenese, di Pianoro, di Mongardino, di Val di Sevena nel Bolognese, ecc., ecc., presentano avanzi di quasi tutte le specie fossili di Balanus rinvenute in Italia, eccezionalmente qualche rara piastra di Sca/pellum. Si può quindi conchiudere che nel Piacenziano la sotto-classe dei Cirripedi, pur presentando qualche rara specie che ha iniziato la sua vita durante il suo depositarsi, manifesta grande uniformità biologica, dovuta a costanza di specie con grande diffusione geografica. I depositi del Pliocene superiore (Astiano) d’Italia, sono tutti ricchi di Cirripedi fossili. General- mente prevalgono in essi i grossi Opercolati simetrici i quali si aggruppano talora in numerosissimi individui. I lembi astiani dell’Astigiano, del Piacentino, del Modenese, del Parmense, dell’ Emilia, della Liguria, della Toscana, dell’ Umbria, degli Abruzzi, della Basilicata, delle Puglie, della Calabria e della Sicilia, presentano, in genere, ricchissimi avanzi di Cirripedi. In queste regioni, non si può distinguere una località di massimo sviluppo, perchè ciò potrebbe dipendere dalla facilità e dalla accuratezza delle ricerche in essa praticate. Si può ritenere però che i depositi dell’Astigiano, del Piacentino, della Toscana e della Sicilia siano quelli che hanno maggiormente fornito di esemplari i Musei paleontologici d’Italia. 236 G. DE ALESSANDRI [30] Come già dissi, in alcune località anche le formazioni dell’Astiano fornirono abbondanti avanzi di Cirripedi peduncolati, pelagici, i quali presentano le loro forme ancestrali solo nella Creta e nell’ Eocene dell’ Europa centrale e settentrionale. Durante questo periodo tali forme per propizie condizioni di vita raggiunsero nelle loro dimensioni uno sviluppo eccezionale in rapporto a quelle del Miocene e dell’Eocene. I depositi del Pleistocene d’Italia ricchi di Cirripedi fossili sono naturalmente quelli a facîes marina dell’Italia centrale e meridionale. Nella panchina di Livorno, a Vallebiaia, a Monte Mario !, alla Farnesina, a Monteleone Calabro, nelle provincie di Reggio e di Messina, a Sciacca, al Monte Pellegrino presso Palermo, si raccolgono conservatissimi esemplari di Balanus, di Coronula, di Verruca, di Scalpellum e di Lepas spettanti però tutti a specie attualmente viventi nel Mediterraneo. Dall'esame delle specie fossili che si rinvengono nelle formazioni terziarie d’Italia, noi possiamo in- tanto stabilire che in genere i Cirripedi presentano una grande persistenza sia nello spazio, come nel tempo. Parecchie delle loro specie attraversano interi piani geologici presentando bensì variazioni individuali nelle dimensioni e nei caratteri della conchiglia, ma conservando con costanza i caratteri peculiari, quali noi li abbiamo intesi nello studio della: loro sistematica. Le specie litoranee sono naturalmente quelle più mutabili e ciò lo si spiega colle modificazioni più repentine dell'ambiente costiero. Ma siccome noi consideriamo nei Cirripedi opercolati unicamente come buoni caratteri sistematici quelli interni desunti dalle piastre opercolari, le medesime, protette e difese dalle azioni modificatrici dell’ambiente, mantengono i loro caratteri in modo abbastanza costante. Invece le conchiglie dei Molluschi e dei Brachiopodi, i gusci dei Foraminiferi e le parti solide degli Echinodermi e dei Coralli sono più direttamente in contatto colle azioni chimiche, fisiche e biologiche dell'ambiente e ne risentono maggiori infiuenze. Le specie pelagiche presentano anch’esse nei loro caratteri una costanza assai relativa, perchè se l’ornamentazione delle piastre, e la simetria generale delle varie parti sono discretamente fisse, lo svi- luppo relativo dei margini e delle cavità, come pure la forma loro, presentano sovente variazioni notevoli. Dimodochè la persistenza delle specie nei Cirripedi più che ad una fissità dei caratteri, va intesa come una lenta, lentissima, ma continuata evoluzione delle forme per cui la serie loro è ininterrotta e difficilmente si può scindere o suddividere. Le modificazioni si presentano in modo quasi insensibile, mentre che fra i termini estremi della serie, cioè dalle forme ancestrali o forme tipo a quelle più evolute si riscon- trano differenze spiccate. Riguardo allo sviluppo dei Cirripedi nella serie stratigrafica noi possiamo subito stabilire che i Pe- duncolati hanno raggiunto il loro punto culminante per numero di specie e di esemplari nelle formazioni preterziarie. Nelle raccolte italiane figurano invece più abbondanti per numero di specie e per quantità 1) Analogamente ai prof. DE STEFANI, BAssANI, Di Lorenzo, all’ing. CREMA ed agli altri che si sono occupati di formazioni quaternarie italiane io ho riferito i depositi di Monte Mario al Pleistocene e più precisamente al piano Siciliano DODERLEIN (Pliocene recente SEcUENZA — Neuer Pliocene LyeLL — Frigidiano DE GREGORIO). La posizione di questo piano è assai controversa, alcuni lo aggregano al Pliocene considerandolo come una sua terza divisione, altri al Postpliocene tenuto conto dei suoi intimi rapporti colla fauna attuale del Mediterraneo. Io l’ ho ascritto a quest’ultimo gruppo accettando le molteplici ragioni colle quali il prof. C. De SrnFANI ((Sedimenti marini dell’epoca postpliocenica, 1876; — Della nomenclatura geologica, 1883; — Escursione scientifica nella Calabria, 1884. Atti R. Accad. d. Lincei, vol. XVIII), ha ritenuto la necessità di separarlo dal Pliocene classico. Questa d'altra parte è oramai opi- nione prevalente nei paleontologi italiani, ed il prof. BASSANI studiando recentemente la ricca ittiofauna delle argille marnose di Taranto, dopo aver constatato la sua spettanza al -Postpliocene, la ritenne coeva coi depositi di Monte Mario, di Ficarazzi, di Monte Pellegrino, di Sciacca, di Gallina, di Matera, di Gerosa, di Castellaneta, di Gravina e di Vallebiaia, ecc., ecc. Tdi [31] G. DE ALESSANDRI 237 di individui i Cirripedi del Terziario superiore, ma ciò deve unicamente attribuirsi al fatto che in Italia quest'ultime formazioni hanno una estensione assai superiore alle altre, che esse furono le più investigate dai raccoglitori e che presentano i fossili in miglior stato di conservazione. I Cirripedi peduncolati fuori d’Italia raggiungono il loro massimo sviluppo nella Creta superiore; nel Terziario inferiore essi sono già in manifesta decadenza, sia nelle dimensioni, come nel numero. In Italia invece i Cirripedi peduncolati hanno nell’ Eocene e nell’Oligocene poche specie e piccolissime dimensioni, nel Miocene aumentano di numero e di dimensioni, infine nel Pliocene raggiungono il massimo di diffusione tanto di specie quanto di individui. Anzi taluni esemplari del Pliocene di Sicilia ((Scalpellum zancleanum, S. michelottianum, Scillaelepas carinata e S. ornata) raggiungono dimensioni gigantesche, tanto rispetto ai viventi quanto agli esemplari fossili del Terziario, o della Creta. In questo caso abbiamo quindi il fatto curioso di un gruppo in piena fase regressiva, che per mu- tte condizioni biologiche e per ambiente favorevole riprende un’ascensione rapida, per raggiungere nelle dimensioni dei suoi apparati cuticulari proporzioni non prima raggiunte. I Cirripedi opercolati iniziano la loro vita al principio del Terziario. Gli esemplari del Tongriano sono piccoli ed assai scarsi, quelli dell’Aquitaniano invece acquistano già buone dimensioni e considerevole sviluppo, dimensioni e sviluppo che poi accrescono considerevolmente durante l’Elveziano. Anzi alcuni ge- neri quali il sen. Pyrgoma, il gen. Pachylasma ed il sottogenere Acasta sembrano raggiungere durante il depositarsi delle formazioni elveziane il loro massimo sviluppo riguardo alle dimensioni. Nel Tortoniano invece e nel Piacenziano i Cirripedi opercolati diminuiscono in dimensioni, e la loro conchiglia va durante questi periodi notevolmente assottigliandosi. Il fatto naturalmente è dovuto all’influenza dell'ambiente ove vissero gli organismi, ambiente che ne ha arrestato lo sviluppo perchè come la costituzione litologica dimostra queste formazioni, sono scarse di sali calcari, e conseguentemente di sostanze atte a favorire l'accrescimento conchigliare. Invece nelle formazioni sabbiose dell’Astiano gli Opercolati, come già dissi, acquistano le Joro dimen- sioni massime, e tali cioè da uguagliare e da superare quelle dell’Elveziano. Il prof. F. Sacco studiando i Molluschi terziari del Piemonte e della Liguria riscontrò lo stesso fatto, ossia si avvide che alcune forme eoceniche di terreno marnoso, e quindi vissute in ambienti tranquilli e fangosi, ricompaiono quasi identiche in consimili terreni del Miocene. Così pure in certe zone marnose del- l’ Elveziano del Monte dei Cappuccini, presso Torino, egli osservò delle forme che più tardi si svilupparono durante la deposizione delle marne plioceniche, in modo da sembrare caratteristiche di queste formazioni. Similmente i Molluschi dell’Elveziano sabbioso torinese, presentano maggiori affinità con quelli delle sabbie dell’Astiano, che non con quelli degli intermedi periodi del Tortoniano e del Piacenziano. Il fatto come si può spiegare? A mio avviso queste modificazioni sono dovute unicamente all’infiuenza dell’ ambiente. Non possiamo certamente ammettere che parte di questi gruppi, cioè quelli comuni ai due depositi, siano vissuti per i lunghi periodi intermedi fra l’Elveziano e l’Astiano in qualche regione appartata alle in- fluenze modificatrici e che di essi durante tali periodi non ci sia rimasta vestigia fossile importante. A me sembra invece assai più ovvio l’ammettere che questi gruppi durante il Miocene superiore ed il Pliocene inferiore siano entrati, per mutate condizioni di vita, in fase di manifesta decadenza, dalla quale si siano poi repentinamente sottratti all’inizio dei depositi astiani. Inoltre bisogna anche supporre che le cause modificatrici dello sviluppo di un dato gruppo sieno talmente importanti ed abbiano un effetto così immediato da determinare negli organismi, anche a lunghi intervalli, col ripetersi di esse, caratteri esterni identici. Nel suo complesso la fauna dei Cirripedi italiani ha facies di un deposito subtropicale, durante il 238 G. DE ALESSANDRI [32] Miocene, mentre ha carattere di clima caldo o temperato nel Pliocene. Durante il depositarsi delle formazioni pleistoceniche noi osserviamo alla scomparsa dalla fauna italiana di parecchie specie che emigrano altrove; così il B. porcatus, che si raccoglie nel Pliocene dell’ Italia meridionale, al cominciare del Pleistocene, emigra nei mari freddi del Nord. Il B. concavus, al contrario dopo di essere stato abbondantissimo in tutte le for- mazioni pleistoceniche italiane, è scomparso dalla fauna vivente nel Mediterraneo ed ora si riscontra uni- camente lungo le coste dell'America centrale e meridionale ed in quelle dell’Australia. Alcuni generi alla fine del periodo terziario scompaiono dal bacino del Mediterraneo. Così il gen. Tetraclita, comune nel Miocene della Francia, che presenta esemplari nell’Oligocene d’Italia e qualche raro avanzo nel Pliocene, è all’inizio del Pleistocene emigrato nei mari tropicali. Anche il gen. Chelo- nobia che visse durante il Miocene ed il Pliocene nel bacino del Mediterraneo, ora è esclusivo degli oceani intertropicali. Un altro fatto importante risulta dalla comparazione delle faune del Miocene e del Pliocene italiano, ed è che quasi tutte le specie del Pliocene dell’Italia meridionale trovano le loro forme ancestrali nel Miocene dell’ Italia settentrionale. Il Pachylasma giganteum, il Balanus tintinnabulum, il B. tulipiformis, il B. spongicola, il B. perforatus, il B. concavus, il B. calceolus, il B. stellaris, il B. mylensis, il Pyrgoma anglicum, il P. costatum che rap- presentano la grande maggioranza degli esemplari spettanti a Cirripedi che si rinvengono nel Pliocene della Calabria e della Sicilia si possono ritenere come discendenti da forme che sono numerose nel Mio- cene dei Colli torinesi. Molte specie mioceniche della Collina di Torino si riscontrano anche nel Miocene della Sardegna e dell’Italia centrale. Inoltre alcuni generi, quali il gen. Verruca, ed il gen. Scillaelepas, che finora in Italia erano stati rinvenuti solo nel Pliocene della parte meridionale, presentano nel Miocene di Torino parecchie specie e numerosi esemplari, rappresentati da forme grandemente affini a quelle del Pliocene delle provincie di Reggio e di Messina. In ultimo dall’esame dei Cirripedi terziari del Piemonte e della Sicilia risulta che parecchi generi e molte specie che abbondano nelle formazioni mioceniche torinesi non si riscontrano nel Pliocene piemontese o se si trovano sono oltremodo scarse, mentre invece sono numerosissime nel Pliocene siciliano. Sembrerebbe quindi che questi generi e queste specie, all’inizio del Pliocene, abbiano emigrato dai mari dell’Italia superiore nella parte meridionale della Penisola. Così i generi Pyrgoma, Pachylasma, Acasta, Scillaelepas ecc. che si raccolgono nel Miocene dell’Italia settentrionale, non compaiono nel Pliocene dell’Astigiano, mentre sono comunissimi in quello della Ca- ‘ labria e della Sicilia. Il gen. Verruca che era frequentissimo nei mari miocenici del bacino padano non ha presentato nei depositi pliocenici dell’Astigiano che un solo esemplare assai imperfetto, è invece assai numeroso di specie nei depositi pliocenici dell’ Italia meridionale. Da quanto ho finora esposto si può conchiudere: I Cirripedi terziarii d’Italia in generale non sono limitati ad un piano o ad una zona sola, ma tutti fanno passaggio ai piani od alle zone successive. I periodi di massimo sviluppo dei Cirripedi opercolati sono due: l’ Elveziano e l’Astiano; quelli per i Cirripedi peduncolati sono il Miocene inferiore e medio nell’ Italia superiore come anche nella Sardegna, ed il Pliocene superiore nell’ Italia meridionale. La fauna dei Cirripedi attualmente viventi nel Mediterraneo consta di specie rinvenute in gran parte fossili nel Terziario italiano; essa è però di gran lunga inferiore per numero di specie a quella del Miocene e del Pliocene, perchè molte specie sono scomparse ed alcune emigrate. Lie [33] G. DE ALESSANDRI 239 Nei Cirripedi, come nei Molluschi l’evoluzione delle forme non si presenta sempre continuata colla successione dei depositi, ma si riscontrano periodi durante i quali alcune specie si mantennero costanti, ‘o presentarono indizi di modificazioni regressive, mentre poi ripresero la fase ascendente col migliorarsi dell’ ambiente ove vivevano. Quasi tutte le specie plioceniche dei Cirripedi italiani trovano le loro forme affini tanto nelle faune che li precedono, quanto in quelle che li seguono, nessuna è circoscritta nel tempo. I Cirripedi fossili possono essere di grande sussidio alle ricerche del geologo riguardo alla natura dei depositi, perchè essi si dividono nettamente in due categorie di cui una abissale e l’altra costiera e sono caratteristici delle formazioni che li ricettano. Comparata con quella delle altre regioni attualmente cono- sciute la fauna dei Cirripedi terziari d’Italia è una delle più ricche di generi e di specie. Filogenia. — Le attuali conoscenze paleontologiche sui Cirripedi, quantunque ancora incomplete, per quanto riguarda le forme ancestrali più remote, ci permettono tuttavia di tracciare un abbozzo di schema filogenetico, che va considerato però come affatto provvisorio. Mancano in questo schema parecchi termini di passaggio, massime nei distacchi fra le forme primordiali e quelle peduncolate, come pure da queste ultime agli Opercolati simetrici. La forma più antica che oramai si possa con sicurezza riferire a Cirripedo è quella che il WoopwaArp nel 1865 descrisse sotto il nome di 7urrilepas e che BARRANDE nel 1872 distinse col nome di Plumulites. Ingiustamente quindi lo ZittEL citò questa forma sotto il nome di Plumulites, perchè il nome proposto dal Woopwarp, oltre ad essere più proprio, ha i diritti della priorità. Gli esemplari descritti dal Woopwarp (fig. 5), consistevano in alcuni corpi appiattiti ed allungati, rivestiti da 4 a 6 serie (ed anche più) di formazioni cuticulari, longitudinali e sca- Tgr gliose. Queste formazioni avevano forma triangolare, erano striate tra- È È sversalmente e presentavano una parte un po’ prominente, lungo la linea mediana; quelle delle serie centrali si distinguevano da quelle laterali per essere più ricurve e per presentare una carena mediana. Alcuni paleontologi, quali il KonINcK, riferirono questi avanzi a Chitor, ma il WooDwArp stesso dapprima, il GRUVvEL in seguito, concordemente dimostrarono la spettanza di questi fossili a Cirripedi. Il sen. Turrilepas venne riscontrato nel Siluriano inferiore e supe- riore della Boemia e dell'America settentrionale (Cincinnati) e nel Siluriano de e Cnn superiore di Dudley, in Inghilterra. Più tardi 1’ AuRIVILLIUS lo rinvenne nel Siluriano superiore del Gotland, il CLarkE, l’Han, il WarrrieLD ed altri nel Siluriano ed anche nel Devoniano dell'America !). 1) Numerose specie del gen. Turrilepas furono in questi ultimi anni rinvenute e descritte dal CLARKE e dal- l’Haur (Paleontology of New York, 1888), come anche dal WairFIELD (Annal. of the New York Academy of Sciences), nel Devoniano medio (Onondaga limestone, Hamilton beds e Cleveland shale) dei dintorni di Camandaigua (Ontario) e di Sheffield (Erie). Nulla posso dire sopra l'autenticità di tutte queste numerose specie; alcune di esse però non mi sembrano per bene caratterizzate e distinte. Avanzi, a mio parere pure assai dubbi, vennero recentemente riferiti ad una nuova specie di questo genere (7'ur- rilepas? filosus) dal RuEDEMANN (Hudson riv. beds near Albany, and their tassonomic equivalents. Rep. N. York Mu- seum, 1900, liv. 3, pag. 577, tav.II, fig. 13-15), avanzi che furono raccolti negli scisti argillosi di Utica-shale (Siluriano). Lo stesso autore rinvenne ed illustrò nelle formazioni di Utica un presunto Pollicipes, il P. siluricus. (Id. id., pag. 578, tav. II, fig. 16-24) ma benchè del medesimo egli abbia creduto di riconoscere le differenti piastre cioè: i terghi, le carene, i rostri, ed i lati superiori ecc. io dall’esame delle figure ritengo fermamente che tutti gli avanzi riferiti a questo Po/Zicipes non spettino a Cirripede. 240 G. DE ALESSANDRI [34] Secondo BarranDE gli avanzi del gen. 7urrilepas rappresentavano il capitolo di un Cirripedo; se- condo WooDwARD e ZItTEL essi rappresentavano invece il peduncolo. GruveL con fine accorgimento ri- tenne, contrariamente ad entrambe le opinioni, che essi rappresentassero il complesso totale di un Cir- ripedo, cioè tanto il capitolo quanto il peduncolo. GruveL a sostegno di tale ipotesi faceva osservare che se il gen. 7urrilepas rappresentasse il capi- tolo od il peduncolo di un Cirripedo, sarebbe cosa eccessivamente strana il rinvenire in terreni geologi- camente così diversi, e geograficamente tanto distanti, sempre ed unicamente la stessa parte, pedunco- lare o capitolare, e non mai la rimanente che completava il capo del Cirripedo. Ma a parte queste ragioni, che sono assai fondate, a me sembra che gli avanzi fossili del gen. Tur- rilepas si debbano considerare come rappresentanti di tutto il corpo del Cirripedo, perchè appunto trattan- dosi di forme ancestrali, derivate probabilmente dai Copepodi, abbiamo ancora una minima differenziazione di parti, ossia una metameria omologa nella disposizione delle piastre. Tale metameria si rinviene ap- punto nella disposizione dei segmenti negli Anellidi, e negli Artropodi inferiori. Il Woopw4Arp riteneva che il gen. 7urrilepas fosse fissato non solo per la base, ma anche per il fianco; io sarei invece, col GRUvEL, d’opinione che questo genere fosse aderente solo per la base, come sono fissate tutte le forme del gruppo dei Cirripedi e come le simmetrie loro ci addimostrano. Dopo il gen. 7urrilepas i Cirripedi rinvenuti in giacimenti più antichi sono quelli che 1° AURIVILLIUS nel 1892 riferì a Pollicipes ed a Scalpellum e che furono raccolti nel Siluriano superiore del Gotland. Se noi esaminiamo le figure e le descrizioni di questi esemplari noi possiamo subito constatare che gli avanzi più importanti riferiti a Pollicipes (P. signatus AUuRIV.) rappresentano le piastre capitolari di un Cirripedo, piastre capitolari che per forma e per disposizione corrispondono a quelle che il SowERBY aveva, fin dal 1843, distinte col nome di Loricula Sow. Abbiamo infatti, secondo l’AURIVILLIUS, una carena, due scudi, due terghi, un rostro, due lateralia e due carinolateralia. Le altre piastre ascritte pure a Pollicipes e riferite a nuove specie, sono troppo imperfettamente rappresentate per poterle con sicurezza identificare. I numerosi esemplari riferiti dall’AuriviLLIUs al gen. Scalpellum, al contrario, rappresentano unicamente il peduncolo. È cosa già assai strana quella di rinvenire numerosissimi peduncoli colle scaglie di rivestimento spettanti a Peduncolati, e non mai una piastra del capitolo, perchè come ognuno ben sa, le piastre capitolari sono appunto quelle che, per la loro maggiore robustezza, resistono più a lungo e si conservano nei processi della fossilizzazione. Esaminando inoltre le numerose specie fondate dall’AurIviLLIUs sulle formazioni cuticulari del pedun- colo, di questi presunti Scalpellum, noi vediamo come le scaglie siano disposte in quasi tutti gli esem- plari su tre serie longitudinali e due laterali. Le scaglie mediane hanno dimensioni maggiori di quelle laterali. Tale disposizione delle scaglie è appunto quella del gen. Loricula del SowERBY, e se noi teniamo presente, che gli esemplari ascritti al gen. Pollicipes dall’ AuRIVILLIUS corrispondono al capitolo del sen. Loricula, mentre quelle riferite al gen. Scalpellum corrispondono appieno, per forma e per disposizione delle scaglie, al peduncolo dello stesso genere, noi possiamo arguire che probabilmente buona parte di questi esemplari spettino ad un unico genere del quale l’AuRIVILLIUS descrisse distaccati il capitolo ed il peduncolo. Questo genere potrebbe essere probabilmente il gen. Loricula Sow. che verrebbe così per la prima volta, ad essere raccolto nei terreni antichissimi del Siluriano. Veramente nel sen. ZLoricula il capitolo è composto da nove sole piastre (fig. 6), RIA E i mentre nel capitolo del Pollicipes signatus illustrato dall’ AurIVILLIUS il numero delle È ‘piastre è di dieci. La diversità del numero fra le piastre dei due capitoli potrebbe forse dipendere da svista di osservazione di chi descrisse questi esemplari, ma anche ammettendo un esame Tdi [35] G. DE ALESSANDRI 241 preciso e sicuro di questi fossili dovremo noi attribuire al fatto importanza grande quando sappiamo che in alcuni Peduncolati, come ad esempio nel gen. Pollicipes, il numero delle piastre del capitolo varia non solamente nelle diverse specie, ma negli stessi individui di una medesima specie? Se ammettiamo quindi la comparsa del gen. Loricula, o di un genere assai affine ad esso nei terreni primari, la filogenesi del gruppo è grandemente semplificata, imperocchè tale genere è bensì più evoluto del gen. Zurrilepas, ma è incontestabilmente meno perfezionato del gen. Pollicipes e del gen. Scalpellum. Il gen. Loricula prima dell’AuRIVILLIUS era stato rinvenuto fossile unicamente nei terreni cretacei (Cenomaniano, Senoniano). Nella disposizione e nella forma delle formazioni cuticulari noi abbiamo già nel gen. Loricula nettamente distinte due formazioni, una meno evoluta con l’aspetto di scaglie, rivestiva la parte inferiore del Cirripedo, determinando lo sviluppo di un peduncolo, l’altra invece evoluzionava maggiormente, assumendo grandi dimensioni e costituiva il capitolo. Che tale fatto sia avvenuto real- mente, cioè che le piastre del capitolo siano ab origine scaglie, adattate poi ad una funzione più delicata, proteggente organi più importanti e dovuta ad evoluzione più progredita, è logico ammettere, ma come il GruveL ha osservato, lo si può constatare anche oggidì in qualche specie vivente del gen. Pollicipes. Se infatti si osserva, come ha fatto NussBaum !, un esemplare giovanile del Pollicipes polymerus Sow., specie comune sulle coste della California, noi vediamo come nel capitolo vi siano dapprima solamente distinte quattro sorta di piastre: i terghi, gli scudi, la carena ed il rostro. Le altre piastre del capitolo non si possono separare dalle scaglie del peduncolo, e la distinzione fra le due parti del Pollicipes (capitolo e peduncolo) è assolutamente indeterminata. Man mano però che l’animale cresce noi vediamo che le for- mazioni cuticulari superiori, che hanno forma di scaglie, aumentano rapidamente, si distaccano le une dalle altre, perdono la simmetria abituale delle scaglie e prendono in seguito la forma e la posizione delle piastre capitolari secondarie. In alcune specie viventi del gen. Pollicipes le scaglie peduncolari non hanno mai la simmetria ti- pica e la disposizione regolare che si osserva in molte specie, ma sono sparse irregolarmente su tutta la parte inferiore del peduncolo. In queste forme solo nella parte superiore le scaglie sono regolari e sviluppate, mentre inferiormente esse sono piccole e svariatissime. L’accrescimento in dimensioni si osserva a misura che le scaglie si trovano prossime a quelle che sono in vicinanza del capitolo. Il gen. Loricula, secondo la diagnosi del SoweRBY, è costituito da un capitolo di nove piastre. L’evo- luzione dei peduncolati, in genere, ci dimostra come un gruppo sia tanto più evoluto quanto più spiccata è la distinzione fra capitolo e peduncolo, quanto meno è numeroso il complesso delle piastre costituenti il capitolo stesso, o quanto più distinte e differenti sono le varie piastre del capitolo e ridotte le scaglie del peduncolo. Così il gen. Pollicipes, quantunque abbia un capitolo composto di un numero maggiore di piastre, tuttavia per la forma delle medesime, nelle quali si nota una grande differenziazione, è assai più evoluto del sen. Loricula. L'evoluzione più profonda e più progredita del gen. Pollicipes in confronto del gen. Loricula è pure manifesta osservando che nel gen. Pollicipes si ha una distinzione più spiccata e più netta fra capitolo e peduncolo. E mentre, come abbiamo visto, il gen. Loricula si riscontra con grande probabilità negli strati del Siluriano superiore, il gen. Pollicipes non fu riscontrato (con sicurezza) che nel- l’Infralias, con la specie P. rhaeticus Moore, raccolta nel Somerset. Il gen. Loricula si mantiene fino alla Creta superiore, ma nelle formazioni giuresi dell'Europa cen- trale noi riscontriamo una sua diretta figliazione, in una forma che pur avendo grandi affinità col genere del SoweRBy, tuttavia presenta spiccatissimi caratteri peculiari. Questa forma è l’Archaeolepas che fu ricono- i) Nusssaum. Anatomische Studien an californischen Cirripedien. Bonn, 1890. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 30 242 G. DE ALESSANDRI |36] sciuta dallo ZrrreL e stabilita sopra alcuni avanzi rinvenuti nel Giura superiore (scisti litografici della Baviera, della Haute Marne, ecc.). Nel genere Archaeolepas (fig. 7), noi riscontriamo una spiccata differenziazione fra le formazioni cuti- culari, ossia fra le scaglie e le piastre; le prime sono piccole, regolari, identiche le une alle altre, simili in parte a quelle del gen. Loricula, e disposte colla stessa imbricazione e per serie quasi identiche a quelle del gen. Zurrilepas. Le seconde sono grandi, disposte al disopra delle prime, collo stesso ordine e nello stesso numero di serie. In questo genere il capitolo è notevolmente evoluzionato e conseguentemente è diminuito il numero delle sue piastre. Lo ZitreL riteneva che le piastre costituenti il capitolo del gen. Archaeolepas a. A.Redtenbacheri Or. sp. fossero in numero di otto, ma in realtà se noi esaminiamo le figure e le descri- S. scudo ©. carena zioni date dagli autori e dallo ZITTEL stesso di questo suo nuovo genere, noi vediamo PES ESTE Oa E ZOStRO come esso sia costituito unicamente da sei piastre, cioè da due scudi, due terghi, (Ingrandito da ZITTEL). una carena ed un rostro. Le piastre capitolari di questo genere presentano una differenziazione notevole le une dalle altre, con caratteri che le approssimano ad alcune forme recenti. Abbiamo notato come nei Cirripedi peduncolati più recenti e più evoluti il numero delle piastre capitolari vada riducendosi e lo sviluppo atrofizzandosi, man mano che si, passa dalle forme più semplici a quelle maggiormente elevate nella serie zoologica. Così dal gen. Scalpellum (il quale ha dodici piastre capitolari), si passa al gen. Zepas il quale ha cinque piastre; da questo al gen. Paecilasma il quale ha tre o cinque, oppure sette piastre, dal gen. Paecilasma si passa al gen. Dischelaspîs il quale presenta da due a cinque piastre, ed infine da quest’ultimo si passa al gen. A/epas nel quale si riscontra talora una sola piastra capitolare (lo scudo), che però può anche mancare completamente. Dimodochè nello schema filo- genetico dei Cirripedi, come abbiamo visto, noi possiamo per ora ammettere la presenza di gruppi che rapidamente evoluzionarono e che modificarono la forma, lo sviluppo ed il numero delle loro piastre capi- tolari in brevissimo tempo, mentre in altri l'evoluzione seguiva il corso lento, ma graduato e più razionale delle successive metamorfosi. Così, se le determinazioni del Moore sono attendibili, nella filogenia dei Cirripedi noi riscontriamo questa singolare anomalia, cioè che il gen. Pollicipes, forma più evoluta del gen. Archaeolepas (benchè il primo abbia un numero maggiore di piastre capitolari), compare in formazioni più antiche. Il GRUVEL osservando questi fatti ammette che con probabilità esistano forme intermedie ancora sco- nosciute, che la paleontologia col tempo illustrerà, le quali daranno spiegazioni su tali oscuri quesiti. To invece ritengo che la paleontologia rivelerà probabilmente non forme nuove che segnino i varii stadi di evoluzione delle forme attualmente conosciute, ma come è avvenuto pel gen. Loricula, dimostrerà che alcuni generi compaiono in formazioni assai più antiche di quelle ove attualmente si raccolgono. In caso contrario bisognerà ammettere, come già dissi, che in uno stesso gruppo alcuni esem- plari per cambiamenti subitanei nelle condizioni di vita, abbiano subìto un’ evoluzione rapida e profonda, mentre in altri, esposti a modificazioni biologiche più lente, l’evoluzione si sia manifestata con passaggi graduali i quali hanno lasciato le loro tracce nelle formazioni colle quali si depositarono. Frattanto per la filogenia dei Peduncolati noi possiamo anche ammettere che durante il periodo cretaceo sia comparso un genere con caratteri intermedii fra il gen. Pollicipes ed il gen. Scalpellum. Questo genere è il gen. Scillaelepas del SEGUENZA (fig. 8), che ha caratteri comuni ad entrambi, e quantunque esso non sia stato finora citato dagli autori nel Secondario, la sua presenza può ammettersi in queste 44 [37] G. DE ALESSANDRI 243 formazioni perchè, come il SeGuENZzA ha osservato, si dovranno riferire al medesimo parecchie forme cre- tacee di Peduncolati attualmente ascritte a Pollicipes od a Scalpellum e che imperfettamente si conoscono. Questo genere si è conservato fino al Quaternario presentando nel Miocene piemon- tese e nel Pliocene siciliano numerosi esemplari. Ed ora passiamo all’altra questione di somma importanza nello studio filoge- netico dei Cirripedi, come si possa cioè spiegare la formazione della muraglia negli Opercolati e la derivazione del loro opercolo. Gray e Darwin ammisero che la muraglia, ossia la parte perimetrica della conchiglia negli Opercolati, derivi dai Peduncolati e si formi per sviluppo esage- rato e per successiva parziale fusione delle piastre poste alla base del capitolo (rostro, lati superiori, sottocarena, ecc.). Per questi naturalisti il peduncolo non avrebbe parte nella costituzione della muraglia, ed il medesimo atrofizzato sa- ornata sec., grand. nat. rebbe unicamente rappresentato dalla base degli Opercolati, che può essere (da SEGUENZA). membranacea o calcarea. Il GruveL, con molta ragione, sarebbe di parere che la muraglia degli Opercolati derivi dalla fu- sione delle scaglie del peduncolo delle forme ancestrali dei Peduncolati. Egli osserva che ammettendo il gen. Zurrilepas costituito dal capitolo e dal peduncolo di un Cirripedo come spiegare la sparizione rapida di una parte (il peduncolo) che nel sen. Loricula e nel gen. Archaeolepas ha tanta importanza? Ègli invece per naturale evoluzione delle cose sarebbe proclive a ritenere che le formazioni cuticulari del peduncolo debbano trovarsi anche negli Opercolati. Il GruveL conforta la sua asserzione con altri importanti argomenti, tratti dalla struttura e dallo sviluppo embriogenetico degli Opercolati. To osservo che la paleontologia e la morfologia ci dimostrano come i Cirripedi opercolati più proba- bilmente non derivino dal gen. ZLoricula, ma da un genere più evoluto e che probabilmente ha vissuto durante il depositarsi delle formazioni cretacee. Questo genere potrebbe essere il gen. Archaeolepas dello ZittEL, ma le piastre del suo capitolo sono ridotte ad un numero assai esiguo (sei). Ammettendo quindi che i suoi due scudi ed i suoi due terghi abbiano costituito i due scudi ed i due terghi degli Opercolati, ne consegue, se fosse vero quanto as- serirono GrAY e DARWIN, che la muraglia dovrebbe unicamente derivare. dalla fusione delle due rimanenti piastre, cioè dalla carena e dal rostro. Ora, dato il loro limitato sviluppo, è logico il ritenere che nella formazione della muraglia, che rappresenta una parte così solida e sviluppata, abbiano concorso anche le scaglie del peduncolo. Se poi si osserva che le scaglie del peduncolo nel , gen. Archaeolepas sono ripartite in quattro, oppure in sei serie longitudinali PIRLO e due serie laterali, una sul lato carenale e l’altra sul lato rostrale, e se si A Rà ammette che le scaglie carenali delle due serie si saldino assieme costituendo un’unica piastra e che le scaglie rostrali delle due serie si saldino pure assieme, noi abbiamo, come il GruveL ha ritenuto, il diagramma tipico ed ideale ammesso da DARWIN per spiegare la costituzione della muraglia nei Balanidi. Noi abbiamo cioè (fig. 9) una piastra carenale ricoperta ed una piastra rostrale che ricopre, una piastra careno-laterale ricoprente ed una laterale xi ea ricoperta, ed infine una piastra rostro-laterale in parte ricoperta ed in parte _S ricoprente. Se si ammette che la piastra laterale si saldi con quella careno- laterale noi abbiamo precisamente tutte le piastre corrispondenti per disposizione e per numero a quelle del gen. Balanus. 244 G. DE ALESSANDRI i [88] Ammettendo che gli Opercolati derivino non dal gen. Loricula ma dal gen. Archaeolepas che è cer- tamente più evoluto, io nello schema filogenetico tracciato a pag. 40 per spiegare tale derivazione (poichè il gen. Archaeolepas finora fu unicamente rinvenuto nel Giura-Lias) ho dovuto ammettere che esso si rinvenga anche nelle formazioni cretacee. Tale supposizione non ha nulla di inverosimile, e ci aiuta a spiegare la presenza del gen. Verruca nel Cretaceo superiore. Si potrebbe in caso contrario ammettere che il ge- nere Verruca abbia vissuto anche durante il depositarsi delle formazioni giura-liasiche, ma allora tanto vale tenersi alla prima congettura, che è la più semplice e naturale. Gli Opercolati simetrici hanno probabilmente iniziato la loro vita nella Creta superiore. Il Frisca ed il KarrA hanno rinvenuto nella Creta di Boemia un avanzo che per la forma e per la disposizione delle pareti e delle ali, sembra la carena di un Balanide . Il rinvenimento di questo gruppo nel Secondario non è quindi ancora accertato, ma è dimostrato come nell’ Focene si rinvengano rappresentanti perfettamente costituiti del genere Balanus. È stato descritto dal Bosquer (44) un esemplare di Chihamalus, rinvenuto nella Creta del Limburgo; ma posteriormente lo ScELUTER (100) ha dimostrato appartenere tale esemplare a specie vivente, sepolta, per caso accidentale, nelle formazioni cretacee. Il Woopwarp ha pure descritto una Pyrgoma del Cretaceo superiore di Norwich; ma tale esemplare, a mio avviso, non sembra spettare ad avanzo di Opercolato 3). Invece nella Creta superiore si stabilisce net- tamente e con parecchie specie si afferma il gen. Verruca. Questo genere ha la caratteristica di essere asimetrico, e di avere la muraglia, corrispondente a quella degli Opercolati simetrici, costituita da due sole piastre, la carena ed il rostro. Se si considera però 1’ assenza delle branchie nella cavità palleale ed anche il srande sviluppo delle appendici terminali, il gen. Verruca ha grande affinità coi Cirripedi peduncolati. Esso rappresenta quindi un gruppo ben distinto e naturale che ha posizione intermedia fra i Peduncolati e gli Opercolati. Dallo studio dello sviluppo post-larvale, che di qualche specie vivente di Verruca ha fatto il GruveL, risulta che la larva, al momento in cui perde il suo inviluppo chitinoso, ha tutte le sue piastre simetriche, due scudi, due terghi, una carena ed un rostro. I due scudi ed i due rostri sono tutti mobili; quindi la forma primitiva nei Verrucidi è simetrica e solo per successivo adattamento od atrofia di qualche parte prende disposizione asimetrica. i) Parecchi altri autori descrissero presunti avanzi di Balanidi in formazioni preterziarie, anzi paleozoiche. Già fin dal 1842 il PapzHzoLp (Jahrb. firr Miner., ecc., pag. 403, tav. X) aveva descritto il B. carbonarius del Carbo- nifero di Dresda, ma come DARWIN aveva osservato pochi anni dopo [(35), pag. 5] e come più tardi il WHiTFIELD (Descript. of a new form of fossil Balanoid Cirripede from the Marcellus shale of New York. Bull. Amer. Mus. of Nat. Hist., vol. II, n. 2. New York, 1889) ha confermato, gli avanzi riferiti a questa specie non sembrano spet- tare ad un Cirripedo. Il WairrieLD a sua volta descrisse una nuova forma di Balanide spettante ad una nuova famiglia, il Protoba- lanus hamiltonensis Watt. (Op. cit., pag. 67, tav. XIII, fig. 22) che si sarebbe rinvenuta nel Devoniano inferiore di Marcellus shale. Ma gli avanzi da lui figurati, per la mancanza di piastre opercolari, per la mancanza di una vera apertura della conchiglia, a me non sembrano spettare a balanidi. Il CL4RKE ha descritto egli pure una seconda forma paleozoica di Balanide, la Palaeocreusia (Pal. N. York, vol. 7, pag.209, tav. 6), che essa pure sembra troppo incompleta e priva di qualsiasi carattere che la facciano ascri- vere ai Cirripedi opercolati. 2 Durante la pubblicazione di questo mio studio ho constatato che successivamente il WooDpwaARD si accorse della sua determinazione erronea ed ha riferito gli avanzi della presunta Pyrgoma ad un nuovo genere di Cirripedi, al gen. Brachilepas (Geol. Mag., IV, 1901, pag. 150, tav. VIII, fig. 44,40). Nota aggiunta durante la correzione delle bozze. adi [39] G. DE ALESSANDRI 245 Il GRUvEL, per dimostrare il passaggio da una forma all’altra dei Balanidi, ricorre alle forme attualmente viventi ed ammette che l’ una derivi dall’altra per semplice saldatura delle piastre della muraglia. Ma la paleontologia ci insegna, se noi consideriamo i generi rinvenuti nelle formazioni del Terziario, come non tutti quelli conosciuti abbiano avuto la stessa progressiva e graduale evoluzione che il GruveL vorrebbe ammettere, anzi che molti generi, per strane anomalie, si ribellano alla legge filogenetica del GruveL. Sembrerebbe anzi che le forme più recenti e quindi più evolute siano quelle con minor numero di piastre nella muraglia. Il GrUvEL per spiegare la sua linea filogenetica dei Balanidi ammette che parecchi generi che si riscontrano nel Terziario superiore possano aver vissuto in terreni ben più antichi di quelli nei quali oggidì comunemente si raccolgono; e ciò è cosa naturale ammettere. Io però non posso convenire con lui nel ritenere quale forma ancestrale dei Balanidi il gen. Tubicinella. Sta, in verità, il fatto che il MorrEN ha descritto una 7ubicinella fossile, la 7. maxima, rinvenuta secondo lui nel Cretaceo del Belgio, ma il DARWIN ed il GruveL stesso sono convinti che tale esemplare non appartenga ad un Cirripedo. Lo studio dell'evoluzione degli Opercolati si può in parte stabilire ricorrendo a qualche genere vivente, quale ad esempio il gen. Pachylasma, e tale studio dimostra che l’evoluzione segue appunto le leggi che la paleontologia ha abbozzato. Questo genere, allo stadio giovanile, ha la muraglia costituita da otto piastre compartimentali, che si riducono a sei nello stadio adulto, e talora anche a quattro, quando le piastre laterali si saldano assieme. Ecco quindi una prova a sostegno dell’ipotesi che l’evoluzione degli Opercolati è tanto più completa inquantochè si riduce il numero delle piastre compartimentali. Osservando la serie delle forme attualmente viventi e disponendola secondo la maggior evoluzione _ si avrebbe dapprima muraglie octomeridi, poi quelle exameridi, ed infine quelle tetrameridi. E stu- diando i generi viventi (riferendoci solo ai più spiccati di essi) si avrebbe una successione così co- stituita: otto piastre (Pachylasma), sei piastre (Balanus, Chthamalus, Coronula, ecc.), quattro piastre (Tetraclita, Pyrgoma, ecc.). Notisi poi che nel gen. Pyrgoma abbiamo negli esemplari adulti una mu- raglia costituita da una piastra sola dovuta alla saldatura delle quattro primitive. Le attuali cognizioni paleontologiche sui Cirripedi opercolati, massime quelle sulle specie italiane, non sono in urto con questi asserti. Abbiamo senza dubbio ancora apparenti contraddizioni a questa linea di filogenia, quali ad esempio i generi Tefraclita e Pyrgoma che furono raccolti in terreni più antichi dei gen. Pachylasma e Chthamalus, ma io osservo che del primo genere si sono già rinvenuti recentemente numerosi esemplari miocenici e del secondo esemplari -pliocenici, e chi sa quante altre scoperte simili saranno riservate alle future ricerche .dei paleontologi. Intanto allo stato delle attuali cognizioni e valendoci unicamente di esse noi possiamo stabilire una linea filogenetica nel modo indicato alla pagina seguente. 246 G. DE ALESSANDRI [40} Recente Pollicipes Scalpellum Paecilasma Balanus Coronula Chelonobia Terziario sup. I Scillaelepas ol S Terziario inf. IS S Si AS O AIA LA IEICORR eni Vo Ata cel FS IA MT SERRE Dd I Cretaceo Loricula Giura-Lias Trias Turrilepas Devoniano Siluriano Ripeto che molti generi, sopratutto quelli che compaiono nel Terziario, dovranno ancora subire spo- stamenti notevoli in questa scala filogenetica, ma si può ritenere che la grande linea per cui dalle forme ancestrali si passa alle viventi sia in questo modo abbozzata. Un fatto poi più importante che spicca esaminando lo schema filogenetico sovraesposto si è la persistenza grande di alcune forme, talune delle quali attraversano interi periodi geologici. Il gen. Lo- ricula, ad esempio, che compare nel Siluriano superiore, attraversa quasi tutto il Secondario per estin- guersi nella Creta superiore; il gen. Pollicipes, che fu raccolto con sicurezza nell’ Infralias, attraversa tutto il Secondario ed il Terziario ed ha ancora un buon numero di specie viventi. La persistenza che si osserva nei generi è propria, come abbiamo già visto, anche alle specie, e la tabella delle specie italiane ce ne fornisce prove evidenti. Milano (Museo Civico), aprile 1906. er [41] G. DE ALESSANDRI 247 Classe Crustacea. Sotto Classe Cirripedia. Ordine Toracica. Sott'Ordine Peduncolati. Gen. Pollicipes! Lric4, 1817. Il gen. Pollicipes è proprio dei mari caldi o temperati, abita la zona litorale e si rinviene quasi sempre aderente alle rocce. Si conoscono sette specie viventi che appartengono a questo genere, specie abbastanza distinte le une dalle altre da caratteri peculiari (fatta eccezione del P. Darwiniù Hurron stabilito nel 1878, il quale probabilmente non è che una varietà di una specie già ben nota, il P. sertus DARW.). È I caratteri più spiccati di questo genere si desumono dalla forma e dall’ornamentazione delle pia- stre maggiori, non dal numero complessivo delle piastre, perchè tale numero è assai variabile, non solo nelle differenti specie, ma ancora nei diversi esemplari della stessa specie. Fossili furono ascritte al gen. Pollicipes oltre una quarantina di specie, alcune delle quali risalgono alle formazioni del Secondario inferiore. Il gen. Pollicipes era ritenuto pel passato il gruppo dei Cirripedi che maggiormente risalisse nella serie geologica, ma recentemente il WooDwarp, lo ZirtEL, l’AuURIVILLIUS ed altri autori, hanno illustrato generi assai più antichi e che iniziano la loro comparsa nel Primario inferiore. L’AvRIVILLIUS ha citato alcune presunte specie di Pollicipes nel Siluriano superiore del Gotland, raccolte assieme a numerosi peduncoli di presunti Scalpellum. Ho già dimostrato altrove come gli avanzi dei Cirripedi raccolti dall’AuRIvILLIUS spettino a generi differenti dal gen. Pollicipes e dal gen. Scalpellum. Il gen. Pollicipes presenta avanzi di buona conservazione nell’ Infralias dell’ Inghilterra, nel Giura medio e superiore pure dell’ Inghilterra e della Francia, ma si è nella Creta superiore che esso assume la sua massima diffusione geografica e raggiunge il maggior numero di specie e di esemplari. Tutti i depo- siti cretacei dell’ Europa centrale e settentrionale, come anche quelli dell’America del nord, si presentano ricchissimi dei suoi avanzi. Nel Terziario il genere entra in manifesta decadenza; qualche raro esemplare fu rinvenuto nel Ter- ziario inferiore e medio; in quello superiore si raccolsero avanzi ben conservati di due specie, il P. de- cussatus Reuss ed il P. Paronai De An. 4) Anch’io ho conservato a questo gruppo il nome di Po/Zicipes oramai consacrato dall’adozione che ne hanno fatto tutti i naturalisti moderni. Convengo però essere nel vero il BosQquer [(44), pag. 11] il quale ha adottato per esso il nome di Mitella. Infatti il Lmaca diede a questo gruppo il nome di Pollicipes nel 1817, mentre l’OreN due anni prima (1815) gli aveva dato quello di MifeZa. Il DARWIN, pur constatando il fatto, propose di conservare il nome di Pollicipes, perchè sir JoHN HiLL aveva già fin dal 1752 dato allo stesso gruppo questo nome. Ma l’Hixx era ante- riore alla nomenclatura binomia, adottata nel 1767 e quindi il nome proposto dall’)xEN dovrebbe essere quello adottato. Nè può aver valore, per escludere la denominazione proposta da quest’ultimo autore, il fatto accennato dal DarWwIN che la pubblicazione nella quale l’OkeNn stabiliva il nuovo genere è quasi sconosciuta e di nessuna importanza scientifica. 248 G. DE ALESSANDRI [42] Recentemente il prof. BLaxLAnD dell’ Università di Otago (Nuova-Zelanda) ha descritto (146) e rife- rito con dubbio a questo genere (sotto il nome di P.? auclklandicus BLAxL.), alcuni presunti giganteschi avanzi, raccolti nelle formazioni terziarie di Motatapu in Auckland (Nuova-Zelanda). Vennero pure citati dal DesHAyEs avanzi di un Pollicipes (P. Chevallieri DesH.) fra i fossili del cal- care grossolano di Parigi, ma secondo il BerrrRAND le piccole piastre riferite a questo genere spettano in realtà a Scalpellum. Nel Quaternario il genere Pollicipes fu riscontrato nei cordoni litorali marini del Portogallo dal Crorrat e dal DoLLFus (149). La specie rinvenuta è il P. cornucopia LEACH, specie tuttora vivente sulle coste dell’Atlantico. In Italia l’unica specie che fino ad ora sia stata rinvenuta è il P. Paronaè De Ar. del Miocene dei Colli torinesi. È stato altresì citato dal dott. Corri un Pollicipes fra i fossili giuresi di Campora in Lombardia, ma come già dissi, a mio avviso tali avanzi non spettano al gruppo dei Cirripedi. Sono specie assai dubbie di questo genere il P. Zeidlerì Reuss, fondato sopra uno scudo (?) in pes- simo stato di conservazione rinvenuto nella Creta di Nagorzani, come pure il P. conicus Reuss 1) stabilito sopra una carena rinvenuta nel Bokmischen-pléner. Pollicipes Paronai Dr An. 1895. — Tav. XII [I], fig. 1-9. Pollicipes Paronai Dr AnrssanprI Gr. (127), pag. 35, tav. I, fig. 7 a-f. DIMENSIONI Scudo esemplare medio (Torino). . lunghezza mm. 24,5 larghezza mm. 13 Tergo » » » 6 5 » » 29 » Do AU Carena » » » . 5 » PN22 » » 10,5 Giacimento. — Oligocene. Chieri (strada verso villa d’ Harcourt), raro. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Sciolze, non raro. Gli avanzi del genere Pollicipes rinvenuti fossili nella penisola italiana sono quelli che io ho riferito a questa specie, la quale è una delle più tipiche dell’Aquitaniano e dell’Elveziano dei Colli di Torino (zona a Pentacrinus Gastaldiù Micat.). Essa si conosce unicamente per le piastre maggiori le quali si riscontrano abbastanza frequentemente in tutte le collezioni di fossili torinesi, come in quelle del R. Museo geologico di Torino, del Di Rovasenpa, del MicreLoTTI (R. Museo geologico di Roma) e del Museo Civico di Milano. Recentemente il sig. E. FormA mi ha comunicato numerose piastre appartenenti ad essa raccolte nell’Aquitaniano e nell’ Elveziano dei Colli torinesi (villa Ansaldi, e sotto la villa della Regina, villa Forzano, villa Tosolano, Grangia Torinese, villa Allason, Termofourà) e di Sciolze (Sant'Antonio). Lo scudo ha forma irregolarmente triangolare, ha il margine occludente assai arcuato e ricurvo; l’apice a becco e rivolto verso la base. Il margine tergale è curvo in dentro; quello laterale è breve.e quasi retti- lineo. L'angolo basi-laterale è arrotondato, quello fra la base ed il margine di chiusura quasi retto; la base è rettilinea. La superficie della piastra è solcata da linee sinuose, parallele, prominenti, intersecate da i) Questa ultima specie era già stata illustrata dal Reuss nella sua nota [(26) tav. V, fig. 45] pubblicata nel 1845. Il DARWIN aveva osservato già fin dal 1851 [(35), pag. 80] essere questo Po/licipes una specie irriconoscibile, tuttavia il Reuss lo ha successivamente conservato. Anche la specie P. glaberi RoEm., citata dallo stesso autore nella sua nota [(26), tav. V, fig. 45-46 e tav. XIII, fig. 86-91] e posteriormente in quella [(52), pag. 252, tav. 5, fig. 7-11 e 16-19], come già il DARWIN aveva osservato, è costituita dalle piastre appartenenti a parecchie specie. Invece il P. radiatus dello stesso autore [(26),tav. V,. fig. 42] è, secondo DARWIN, rappresentato da uno scudo del vero /. g/aberî RoEm. Ci 188] G. DE ALESSANDRI 249 linee radianti. Dall’angolo basi-laterale all’apice corre una grossa costola, ad una distanza dal margine tergale uguale ad un terzo della larghezza della piastra. Internamente la cavità del muscolo adduttore è larga, parabolica; lateralmente al margine occludente ed a quello tergale si osservano dei grossi cordoni appiattiti che si uniscono all’apice e nella parte mediana, superiore della piastra. Il tergo ha forma romboidale un po’ ricurva all’apice, ha il margine di chiusura piegato in fuori, il margine scutale irregolarmente sinuoso, quello carenale curvo in dentro e quello basale lievemente ondulato. La piastra è solcata nella superficie esterna da linee prominenti e regolari, parallele da una parte al margine scutale e dall’altra a quello basale. Una costola grossa, leg- germente sinuosa, corre nella metà della piastra dall’angolo basi-scutale all’apice. Internamente la piastra presenta una larga cavità per il muscolo adduttore e due grossi cordoni appiattiti sui margini ocelu- dente e carenale. La carena è conica, ha l’apice diritto, talora un po’ ricurvo in dietro, non presenta costole mediane ed ha la superficie esterna solcata da linee parallele di accrescimento, intersecate da altre radianti. Internamente la piastra è cava; lungo i margini laterali si osservano cordoncini appiattiti che si uniscono all’apice. Questa specie ha senza dubbio grandi analogie colle due specie cretacee P. rigîdus Sow. e P. elegans DARW., ma se ne distingue nettamente per la forma della carena, che non è così curva e non ha le grosse lamelle di accrescimento. Il P. rigidus, il P. elegans ed il P. fallax sono caratterizzati dall'avere lo scudo subtriangolare come il P. Paronai. Il SecuenzA da ciò dubitava doversi riferire le tre prime specie al suo genere Sci/aelepas, ma io non credo, per le ragioni che esporrò allorchè mi occuperò del gen. Scillaelepas, che ciò possa ritenersi. Delle specie viventi il P. mifella L. è quello che ha le più strette relazioni di affinità col P. Paronai; però le piastre maggiori della prima specie sono più incurvate all’apice e presentano un’ornamentazione più spiccata con costole più grosse e più prominenti. Gen. Scalpellum LrackG, 1817. Il sen. Scalpellum è proprio di tuttii climi e si riscontra in tutti i mari. La sua distribuzione ba- timetrica è assai vasta perchè dalle zone costiere esso si spinge ai più profondi abissi oceanici. Si co- noscono e furono descritte numerosissime specie viventi del gen. Scalpellum ; il GruveL nella sua monografia ne annovera 93. La maggior parte di esse furono illustrate recentemente; DARWIN non ne conosceva che sei. Molte però di queste specie sono fondate sopra individui isolati ed unici, raccolti sul fondo degli oceani, ed il loro numero è destinato certamente a decrescere allorchè più vaste e sistematiche ricerche avranno fatto conoscere forme intermedie o di passaggio fra le une e le altre. Fossili di questo genere si conoscono fino ad ora circa una quarantina di specie, che sono sparse dovunque e che iniziano la loro presenza negli strati del Secondario superiore. Degli Scalpellum fossili, contrariamente ai viventi si conoscono per ogni piano numerosissimi individui e poche specie. E siccome lo studio loro ha dimostrato una grande variabilità nella forma, nella struttura e nell’ornamentazione delle piastre, variabilità che debitamente interpretata ha limitato il numero delle specie, ne consegue, come già dissi, che le specie viventi vanno tuttora considerate come non ben definite e numerate. Ho detto che l’Radifat di questo genere è assai esteso geograficamente e batimetricamente ed è appunto per questo che il gen. Scalpellum è fra i Cirripedi uno dei pochi gruppi che abbia rappresentanti numerosi nelle formazioni marine pelagiche. Così le formazioni della Creta superiore che nella Francia, Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. SI 250 j G. DE ALESSANDRI [44] nel Belgio, nella Scandinavia, e nell’Inghilterra presentano la caratteristica facies di mare profondo, coi tipici depositi a silice, sono appunto le più ricche di specie fossili appartenenti a questo genere. Basta annoverare fra le altre lo S. maximum Sow., lo S. fossula Darw., lo S. solidum StEENS., lo S. semiporcatam Darw., lo ,S. pulchellum Bosa., lo S. Darwiniù Bosa., lo S. Beisseli Bosa., lo S. Hagenovi Bosa., lo S. ra- diatum BosQ., lo ,S. gallicum HEB., ecc. ecc. E se noi nelle formazioni terziarie consideriamo il Langhiano che rappresenta forse il deposito di mare più profondo di tutta la serie noi vediamo come uno dei generi più caratteristici di esso sia ap- punto il gen. Scalpellum. Nel bacino dell’Aquitania le formazioni langhiane presentano ricchissime spoglie dello S. burdigalensis Des-Mounins e di S. magnum Darw. ?; la seconda specie sembra riscontrarsi an- cora nel bacino del Rodano 8). I depositi langhiani subappenninici sono dovunque caratterizzati dagli avanzi dello S. magnum DARW., mentre quelli dello stesso piano della Sardegna contengono gli avanzi dello S. Lovisatoi De AL. Le argille mioceniche, probabilmente langhiane, di Rometta (Sicilia) contengono gli avanzi dello S. magnum (S. molinianum SEG.) ed i giacimenti del Langhiano di Malta contengono le piastre dello S. michelottianum, e dello S. Lovisatoi ). Nello Schlier di Ottnang si raccolgono le piastre della S. Pfeifferì WeIT. In Italia non si sono ancora rinvenute traccie preterziarie di questo genere, ma siccome le forma- zioni del Terziario medio e superiore sono qui, più che altrove sviluppate, così sono abbondanti le specie, alcune delle quali oltrechè nel Langhiano si rinvengono abbastanza frequenti nei depositi bartoniani, . aquitaniani, elveziani, piacenziani ed astiani. Complessivamente del gen. Scalpellum furono rinvenute fossili in Italia sei specie, non tenendo conto di quelle che per i caratteri non ben determinati vanno ascritte fra le dubbie. La specie più antica rin- venuta da noi è lo S. michelottianum Sea. che si raccoglie nelle sabbie bartoniane, sottostanti al calcare di Gassino in Piemonte. Il gen. Scalpellum sembra abbia iniziato la sua comparsa col depositarsi delle formazioni infracre- tacee. Recentemente l’AuRIvILLIUS credette di aver rinvenuto questo genere nel Siluriano del Gotland, ma gli esemplari riferiti dall’AuRIvILLIUS a Scalpellum devono a mio avviso ascriversi al gen. Loricula 1) Quest’autore [(69), pag. 133] riteneva che l’'Anatifa burdigalensis del faluniano di Bordeaux indicata nominal- mente da A. p’'OrBIGNY nel suo Corso Elementare di Paleontologia (vol.I, pag.251) fosse stabilita sopra le piastre di uno Scalpellum, ed avendo rinvenuto in quelle formazioni numerose piastre di quest’ultimo genere egli le riferì a S. burdigalensis D’OrB. Ora gli studi posteriori del Fiscumr [(98), pag. 189] avendo dimostrato che nel Langhiano di Bordeaux esistono due vere Anatife, cioè due Lepas, la L.aquitanica FiscnER e la L. Orbignyi FiscHER, bisognerà adottare la denominazione per lo Scalpellum di S. burdigalensis Des-MouL. ed a una di queste Lepas (cioè a quella più comune e più caratteristica quale la L. aguitanica) adottare il nome di L. burdigalense D’'ORB. ?) Reuss A. (52), pag. 228, tav. II, fig. 5-7. 3) In questa regione però lo S. dDurdigalensis sembra riscontrarsi in diversi orizzonti; il FonTANNES lo cita in- fatti nell’Haut Comtat Venaissin [(70), pag. 629], nelle formazioni a Pecten Bedanti, formazioni che ricoprono le molasse a Terebratulina calacticus e quelle a Pecten prescabriusculus e che secondo il DePÉRET|[(66), pag. 187] rappresentano l’Elveziano inferiore con facies di Schlier. Nel bacino di Visan questo Cirripedo si raccoglie nelle sabbie a Cardita Jouanneti (Tortoniano) [FONTANNES. (81), pag. 61]. Nella regione Delfino-Provenzale lo S. burdigalensis (var.) si raccoglie nelle marne ad Anci/laria glandiformis [FonTANNESs. (83), pag. 237] ed un’altra sua varietà lo S. durdiga- lensis, var. robusta Font. [FONTANNES. (73), pag.665] nelle formazioni di Saint-Auries presso Bollène che rappresen- tano il Pliocene inferiore. 4) Di queste formazioni si è occupato il march. Da GrEGORIO (130); dalle descrizioni e dai disegni che egli ha dato dei Cirripedi rinvenuti, mi sembra poter riconoscere le specie summentovate. Lal [45] G. DE ALESSANDRI 251 Sow. La specie più antica che si conosca con sicurezza spettante al gen. Scalpellum è lo S. simplex DARW. rinvenuta nell’Infracretaceo di Moidstone (Inghilterra). Nella Creta inferiore e media questo genere ha numerose specie e numerosissime in quella superiore, ma nel Terziario sembra entrare in manifesta deca- denza, quantunque gli esemplari di Scalpellum rinvenuti nel Pliocene siciliano, raggiungano dimensioni © gigantesche in confronto di quelle degli esemplari del Secondario. Il gen. Scalpellum si divide in due sezioni distintissime, a seconda che la carena ha l’umbone supe- riormente presso all’apice, oppure che essa è piegata a gomito, coll’umbone subcentrale. Di queste due sezioni la prima è quella che comprende le specie più antiche. Il carattere nella carena di avere 1 um- bone subcentrale sembra una peculiarità acquisita per successivo adattamento delle forme diritte, ed in- fatti negli esemplari giovanili di questo genere, tanto fossili, quanto viventi, la carena è dapprima diritta e successivamente collo sviluppo tende a inflettersi. Sezione Prima. — Carena coll’umbone all'apice. Scalpellum michelottianum Ste. 1873-76. Scalpellum michelottianum Secuenza G. (164), vol. II, pag. 13, tav. VI, fig. 15-35. DIMENSIONI Scudo esemplare grande (Messina) lunghezza mm. 22,5 larghezza mm. 12 » » piccolo » » » 21, 5 » DIRSI Tergo » grande » » » 24,5 » » 12 » » piccolo » » » 26 » » 11 Carena i » grande » » » 35 » Di 00 » » pi ccolo » » D_ 25 » » 1, 1 Lato superiore » medio » » » 10,5 » ». 8 » carenale » » » » » 11,5 » » 9 » rostrale » » » » » 10 » DU 8) Giacimento. — Pliocene. Messina (Scoppo, Trapani, Gravitelli, Coitare presso Salice), Reggio; fre- quente. La forma tipica di questa specie è quella che si raccoglie nel Pliocene dell’Italia meridionale e che ha illustrato il SecueNZA. Essa è caratterizzata dalla forma oblunga, e ricurva all’ apice dello scudo e dalla sua superficie esterna a solchi profondi come pure dal tergo che presenta una grossa costola ed una scanalatura spiccata nella superficie esterna, infine dalla carena acuminata, con cordoni laterali, grossi e spiccati e col lato basale lievemente curvo. Fra le piastre minori è caratteristico il lato superiore che ha forma triangolare, ha il margine ba- sale spezzato da una leggera angolosità in due parti disuguali, ed ha la superficie esterna liscia, appena solcata da linee finissime di accrescimento. È pure spiccatamente distinto il lato carenale, che ha la super- ficie accartocciata e l’apice ingrossato e ricurvo. Nei miei studi precedenti sui Cirripedi (127), io avevo riferito a questa specie anche gli esemplari raccolti nel Bartoniano, nel Tongriano e nell’ Elveziano piemontese. Io avevo già osservato che gli esem- plari del Piemonte pur presentando singolarmente qualche differenza notevole dalle forme tipiche illustrate dal SecuENZA, nel loro complesso, tenuto conto della grande variabilità di struttura e di ornamentazione nelle piastre dei Peduncolati, si avvicinavano talmente a quelli del Pliocene messinese da non ritenere con- 252 G. DE ALESSANDRI [46] veniente distinguerli in nuove specie. Oggidì dopo numerose constatazioni della variabilità nelle piastre dei Cirripedi e dopo il confronto di un numero grandissimo di esemplari, io sono ancora dello stesso avviso. Sta il fatto che se noi esaminiamo separatamente una carena di questo Scalpellum proveniente, ad esempio, dal Bartoniano di Gassino e la confrontiamo con un’altra del Pliocene di Coitare (Sicilia), non vi ha dubbio che esistano delle grandi differenze. La forma della carena degli esemplari pliocenici, in confronto con quelli bartoniani è più acuminata, i cordoni laterali sono più grossi e più spiccati; il margine inferiore è subarcuato e meno appuntito. Così pure lo scudo, ha la superficie esterna più fitta di linee trasversali, ha il margine di chiusura più inarcato e di conseguenza l’apice a becco, e così dicasi del tergo, il quale ha una costola più spiccata e il margine scutale più sinuoso. Ma tutte queste differenze, pur essendo distinte ed evidenti, nel loro complesso non cambiano l’aspetto generale di questi esemplari e non hanno certamente influenza sulla costituzione strutturale degli individui. Anzi noi possiamo asserire che la forma generale, la disposizione e lo sviluppo relativo delle varie piastre e quindi la simetria della specie non è diversa fra gli uni e gli altri. E come d’altronde si potrebbe dare grande importanza a queste differenze, quando esaminando numerosi individui viventi di una stessa specie, noi riscontriamo che tanto nell’orna- mentazione, quanto nella forma delle piastre non uno ha perfetta analogia coll’altro? Anzi sovente non solo le piastre hanno differente sviluppo nei diversi individui, ma variano di numero fra gl’individui di una stessa specie E bisogna poi anche considerare il fatto che fra i due tipi estremi (cioè fra gli esemplari pliocenici figurati dal SEGUENZA e quelli bartoniani da me illustrati, nel mio studio precedente) vi è una quantità grandissima di tipi intermedii, per i quali si passa gradatamente dagli uni agli altri. Come pure bisogna anche ritenere che non tutti gli esemplari bartoniani corrispondono perfettamente a quelli da me figurati, al contrario alcune piastre hanno maggiori affinità colle omologhe del Pliocene siciliano, come pure non tutti gli esemplari raccolti dal SEGUENZA corrispondono perfettamente a quelli da lui figurati. La carena, ad esempio, come il SEGUENZA stesso ci avverte, in alcuni esemplari non ha i cordoni laterali spiccati, quali noi li vediamo in quella disegnata. Dal complesso delle osservazioni testè riferite, io accordando il senso più lato al concetto di specie, ho ritenuto che gli esemplari di Scalpellum raccolti nel Bartoniano di Gassino si possano ancora riferire alla specie del SEGUENZA, ma riscontrando fra i tipi estremi dei due giacimenti differenze notevoli con- sidero gli esemplari eocenici come una varietà di quelli pliocenici, varietà che distinguo col nome di gassi- nensis e che determino così: = Scalpellum michelottianum Src. var. gassinensis De Ar. 1906. — Tav. XII [I], fig. 10-15. 1895. Scalpellum michelottianum (pars) De ALessanprI @. (127), pag. 32, tav. I, fig. 6a-6m. DIMENSIONI Scudo esemplare grande (Gassino) lunghezza mm. 20 larghezza mm. 13 » » piccolo » » » able 5 » » 1, 5 Tergo » grande » » DILDI i » SI) » » piccolo » » »i023 » » 10 Carena » grande » » » 29,5 » D_ © » » piccolo » » » 26 » » 6,5 Lato superiore » medio » » » 9 » DISP ( » carenale » » » » » 4 » » 3,9 » rostrale » » » » » 10, 5 » » 3, 5 lidi [47] ? G. ‘DE ALESSANDRI 253 Giacimenti. — Zocene. Gassino; raro. Oligocene. Gassino; frequente. Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Sciolze, Rosignano (Monferrato), Ceva; raro. Scudo. — È subquadrangolare, convesso e leggermente acuminato all'apice. Ha la superficie esterna solcata da linee di accrescimento non molto spiccate, e che sono parallele al margine basale. Dall’apice all’angolo basi-laterale si allunga una costola sottilissima e sulla quale s'incontrano le linee di accrescimento. Il margine di chiusura è leggermente inarcato e forma un angolo sub-retto col margine basale; que- st'ultimo è quasi rettilineo non presentando che una piccolissima curvatura rivolta in alto. Il margine laterale è retto e forma un angolo assai ottuso col margine tergale; questo a sua volta è lievemente arcuato ed ha una lunghezza quasi uguale al margine laterale. Internamente la piastra è concava, pre- senta un grosso cordone appiattito lungo il margine di chiusura, una larga cavità per il muscolo adduttore e superiormente una piccola depressione per il maschio nano. ergo. — È subromboidale, allungato coi margini inferiori basale e scutale più lunghi di quelli superiori (carenale ed occludente), è quasi piano ed ha l’apice acuminato. La superficie esterna è solcata da fine linee di accrescimento, che si inflettono sopra una costola appena percettibile, la quale corre dall’apice all’angolo basi-scutale. Queste linee di accrescimento sono da una parte parallele al margine basale, dall’altra sono parallele al margine scutale. La costola si riscontra nella superficie esterna ad una di- Stanza dall’angolo basi-carenale uguale ad 1! dell’intera larghezza della piastra. Il margine carenale è quasi rettilineo, leggermente curvo in dentro, come pure il margine di chiusura. Il margine basale è curvo ‘in fuori ed è lungo un po’ meno del doppio del margine scutale. Internamente la piastra è piana, pre- senta una parte sopraelevata, a guisa di cordone appiattito, in vicinanza all’apice e lungo il margine di chiusura. Carena. — È triangolare, allungata, colla punta lievemente arrotondata; il margine basale è acuto. Il tetto è convesso ma non carenato; esso è solcato da fitte linee di accrescimento parallele al margine basale e conseguentemente inflesse, colla convessità in basso; lateralmente presenta piccoli cordoni, poco prominenti. Le pareti e le infrapareti sono appena percettibili. Internamente la piastra è cava in tutta la sua lunghezza, e presenta un grosso cordone appiattito lungo i margini delle infrapareti. Lato superiore. — È triangolare, ha la superficie piana ed è alquanto appuntito all’apice. Il margine basale è curvo in fuori, quello tergale è arcuato in dentro; il margine scutale è rettilineo. Sul margine basale si osserva una piccola rientranza, posta ad una distanza dall’angolo basi-tergale uguale ad un terzo dell’intiera lunghezza del margine. Da questo punto si distacca un solco che si spinge all’apice e che divide la piastra in due parti che hanno fra di loro il rapporto di uno a tre. Tutta la superficie della piastra è solcata da linee fine e ben spiccate, parallele alla base. Internamente la piastra è piana, e presenta un cordone appiattito lungo ciascuno dei margini tergale e scutale. Lato rostrale. — Ha forma irregolare, con una lunghezza uguale a circa quattro volte la sua larghezza; presenta il margine scutale curvo ad ,S, ed il margine basale pure flessuoso, con una grossa costola che dall’umbone va alla metà del margine basale. Esternamente la superficie è solcata da linee ondulate e fitte; internamente la piastra presenta una parte incavata presso all’umbone ed un grosso cordone ap- piattito che dall’umbone si spinge al margine libero, decorrendo a poca distanza dal margine basale. Lato carenale. — Ha forma subtriangolare assai curva, anzi uncinata presso all’umbone, colla superficie esterna irregolarmente convessa. Dall’apice parte una costola, a guisa di cordone spiccatissimo e lamellare che si dirige verso il margine libero, e corre a brevissima distanza dal margine carenale. Il margine rivolto verso il lato superiore è assai curvo in dentro, quello rivolto verso la carena (margine carenale) 254 G. DE ALESSANDRI [48] è arcuato. Tutta la superficie della piastra è solcata da costole fine e fitte, intersecate da alcune linee radianti dall’umbone. Internamente la superficie è piano concava, e presenta presso all’apice e lungo il margine carenale una grossa porzione di forma sub-triangolare, sporgente e sopraelevata. Osservazioni. — A questa varietà io ho riferiti tutti gli esemplari dell’Eocene, dell’Oligocene e del Miocene del Piemonte che nei miei studi precedenti sui Cirripedi avevo riferito alla specie tipica. Gli esemplari più conservati sonò quelli rinvenuti nelle marne alternanti col calcare bartoniano di Gassino e che si conservano nella collezione pi RovasenDa. Anche nelle arenarie verdiccie (zona superiore a Tere- bratulina caputserpentis L.) di Gassino, e sopratutto presso C. Fei e presso le cave del calcare, si rac- colgono numerose piastre di questa varietà. In queste formazioni, lo S. mickelottianum SEG. var. gassinensis assume proporzioni quasi identiche a quelle della forma tipica. Invece nel Miocene di Torino e di Baldis- sero gli esemplari hanno generalmente piccole dimensioni e sono meno numerosi. Fra le piastre raccolte la carena è quella che è di gran lunga superiore in numero alle altre piastre. Questo fatto era già stato notato dal SecuENZA negli esemplari raccolti nel Pliocene del messinese, ed è strano perchè la carena è l’unica piastra impari dei Peduncolati, mentre, come ben si sa, le altre sono tutte doppie in ciascun individuo. Probabilmente la carena per la sua compattezza, dovuta ai solidi cordoni laterali, presenta maggior re- sistenza alle degradazioni ed alle vicende dei processi fossilizzatori. Recentemente nelle sabbie di Baldissero il sig. E. Forma ha raccolto assieme a piccole carene alcuni lati carenali di questa specie, piastre che io ho riferito alla var. gassinensis, e che corrispondono, tranne per le dimensioni più ridotte, alle piastre omologhe degli esemplari tipici del messinese. Come ho già osservato in altro mio studio [(132), pag. 47 (în rota)], con grande probabilità, questa specie si riscontra anche nel Miocene di Malta, e forse devono riferirsi ad essa gli esemplari descritti sotto il nome di S. melitense De Gres. [(130), pag. 7, tav. 1, fig. 2]. Rapporti e differenze. — Il SEGUENZA aveva già notato come il suo S. michelottianum avesse grandi analogie nella forma e nell’ornamentazione colle piastre dello S. quadratum Dixon dell’ Eocene inglese. La carena ed il lato carenale della var. gassinensis accrescono le affinità fra le due specie, le quali però sono sempre ben distinte dalla forma del lato superiore e da alcune differenze nella forma dello scudo e del tergo. Scalpellum Formae n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 16-20. S. carina maxime arcuata, tecto plano, crista utriusque rotundata insiructo, margine basali subarcuato, late- ribus superioribus subpentagonalibus, latitudine valvae circiter dimidiam altitudinis aequante. DIMENSIONI Scudo esemplare medio (Baldissero) lunghezza mm. 5,5 larghezza mm. 3,5 Tergo » » » » » 6 » DD 59 Carena » » » » Sr) » » 1,5 Lato superiore » » » » o T » 3209 Rostro » » » » » 4 » » 2,5 Lato rostrale » » » » » 4,5 » De 5) Giacimento. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Sciolze (Sant'Antonio); non raro. Seudo. — È oblungo, notevolmente convesso e coll’apice acuminato. Il margine di chiusura è lungo, curvo e forma col margine basale un angolo quasi retto. Il lato di base è rettilineo, forma esso pure un angolo quasi retto col margine laterale; quest’ ultimo a sua volta forma un angolo ottuso col margine tergale. Il lato tergale è lievemente arcuato e curvo in dentro. Lili (Oi [49] G. DE ALESSANDRI 25 Una costola lievemente ricurva corre dall’apice all’angolo basi-laterale, e su essa si inflettono le nu- merose e fine linee di accrescimento, che in parte del loro decorso sono parallele al margine basale, ed in parte al margine laterale. Internamente la piastra presenta una larga depressione con una cavità sub- ovale per l’inserzione del muscolo adduttore, che si trova nella parte media della piastra; superiormente ad essa si osserva un’altra piccola depressione tondeggiante, non ben definita, e che rappresenta forse la cavità del maschio nano. Nelle stesse condizioni di incertezza sulla posizione della depressione del maschio nano vi sono secondo Darwin altre specie, come ed esempio lo S. quadratum Dixon nelle quali tale cavità sovente è in continuazione e si confonde con quella che si osserva presso il margine occludente nel vivente S. vulgare. Darwin sarebbe propenso a ritenere che le specie le quali si trovano in queste con- dizioni speciali non richiedano necessariamente la presenza del maschio nano. Terzo. — È grande, triangolare e quasi piano, l’angolo basale è acuto; l’apice acuminato. Dall’apice all’angolo basale corre una costolina assai appiattita, ed appena accennata dalle linee di accrescimento che si inflettono su di essa. Le linee di accrescimento sono sinuose ed abbastanza fitte, alcune più spiccate delle altre, esse sono intersecate da numerose strie che irradiano dall’apice su tutta la piastra. Il margine carenale è quasi diritto, lievemente inflesso nella sua parte mediana; il margine scutale è ricurvo, quello di chiusura è rettilineo. Internamente la piastra è piana; presso all’apice si osserva una parte triangolare sopraelevata e sporgente, e su di essa presso il magine laterale, ad un terzo circa della lunghezza com- plessiva dall’apice alla base, trovasi a partire dall’apice una cresta piccola, ma spiccata. Carena. È relativamente stretta ed acuminata, è molto curva e si restringe gradatamente an- dando dalla base verso l’apice. Essa è piuttosto robusta, ed ha il margine basale tronco, poco con- vesso. Il tetto è piano ed è limitato verso i margini delle pareti da due cordoni grossi, ben spiccati, e tondeggianti, cordoni che si estendono dalla base all’apice, diminuendo però gradatamente di spessore. Le linee di accrescimento di questi due cordoni sono fitte e convergenti sull’asse della piastra, mentre quelle delle pareti, sono meno curve e sì spingono col tetto un po’ più oltre del limite dei due cor- doni laterali. Internamente la carena è scavata a doccia degradante, in tutta la sua lunghezza. I lati della piastra sono larghi e rappresentano tanto le pareti quanto le infrapareti, perchè come ha già os- servato Darwin nella specie assai prossima a questa lo S. rutilam DARw. in questi tipi di carena le dif- ferenti parti non sono distinte. . Lato superiore. — È piano subpentagonale ed abbastanza sviluppato in rapporto alle altre piastre. L’apice è leggermente acuminato; gli angoli inferiori sono arrotondati. L’umbone è situato ‘presso al- l'apice; da esso irradiano su tutta la piastra costoline spiccate, tondeggianti e numerose. Superiormente all’umbone la piastra presenta ai due lati marginali due cordoncini che limitano una piccola superficie di forma triangolare, un po’ più depressa della rimanente parte della piastra e che è liscia. Internamente x > la superficie è piana. Rostro. — Riferisco con qualche dubbio a questa specie un rostro di dimensioni abbastanza grandi, di forma triangolare e colla superficie esterna leggermente convessa. L’ apice è acuminato ed alquanto ricurvo; il margine basale è quasi rettilineo. Nella superficie interna lungo il margine inferiore o basale si osserva una spiccata costola che slabbra il margine stesso. Lato rostrale. — Ha forma triangolare; è allungato e degradante in lunghezza dall’umbone al mar- gine opposto o basale. Quest’ ultimo è leggermente curvo in fuori. Internamente la piastra è arcuata, e nella regione umbonale presenta una parte sopraelevata e sporgente, segnata da numerose linee di ac- crescimento. Quest’area però è poco estesa se si confronta colla lunghezza della piastra. La superficie esterna del lato rostrale è solcata da numerose linee radianti e da qualche altra di accrescimento; queste ultime sono curve e parallele al margine basale. 256 G. DE ALESSANDRI [50] Rapporti e differenze. — Questa specie ha le sue maggiori affinità col vivente S. rutilum Darw. La carena infatti della specie darwiniana ha la forma ed i due grossi cordoni laterali come nello ,S. Formae; anche il tergo ed il lato superiore delle due specie hanno grandi analogie, ma esse sono però ben distinte per la forma dello scudo e per quella del lato rostrale. Un'altra specie che con questa ha pure grandi affinità per la forma della carena e per quella dello scudo è lo S. michelottianum See., che in alcune regioni si raccoglie nelle stesse formazioni. Io ho ritenute le due specie distinte, anzitutto perchè nelle località piemontesi (Gassino, Sciolze) ove si raccolgono assieme ed uniche le piastre che io ho riferito alla specie del SeGuENZA, la carena pur avendo la forma tipica, non ha i grossi cordoni laterali degli esemplari di Sicilia, secondariamente per- chè tutte le altre piastre raccolte assieme alle carene summentovate corrispondono perfettamente a quelle dello S. michelottianum del SeuENZA. Ora l’avere rinvenuto in due località nuove, carene e scudi di forma identica o quasi a quella delle piastre corrispettive dello ,S. michelottianum del Pliocene siciliano, mentre le altre piastre, e sovratutto il tergo, il lato superiore ed il lato rostrale sono affatto differenti ed hanno grandi analogie con alcune specie viventi, nelle quali la carena ha grossi cordoni laterali, conforta a rite- nere la distinzione fra le due forme. Noto ancora che la carena dello S. Formae ha il tetto meno curvo dello S. michelottianun e che lo scudo della prima specie ha la depressione del muscolo adduttore meno spiccata e meno circoscritta di quella dello scudo della seconda specie. Per ultimo lo S. Formae ha costantemente piccolissime dimensioni in confronto collo S. michelottianum. Anche le specie fossili ,S. trilineatum Darw., S. fossula DARW. e SS. quadricarinatum Reuss della Creta d’Inghilterra e di Boemia, hanno la carena coi grossi cordoni laterali che si osservano nello S. Formae, ma il tetto è prominente e carenato. Nella forma dello scudo e del tergo la specie da me descritta ha qualche affinità col vivente S. an- gustum SARS ® ; da esso però è ben distinta per la forma della carena e per l’ornamentazione di tutte le parti. Per lo sviluppo della carena, per le dimensioni ed ornamentazione della medesima, questa specie ha strettissime affinità collo ,S. recurvatum Bert. del Luteziano (calcare grossier) di Parigi, specie della quale mi furono comunicati conservatissimi esemplari dal sig. ing. M. Cossmann, ma lo scudo ed il tergo delle due specie differiscono notevolmente. Infine per la forma dello scudo questa specie ha qualche affinità col vivente S. gibberum AURIV., ma il margine basale di quest’ultima specie non presenta come nello S. Eormae un angolo quasi retto col margine di chiusura. Osservazioni. — Questa specie, di dimensioni sempre piccolissime, è abbastanza frequente nelle sabbie serpentinose elveziane (zona a Pentacrinus Gastaldi) dei Colli torinesi ove si raccoglie con esemplari di buona conservazione. Fra le varie piastre, i terghi e le carene sono quelle che si rinvengono più numerose; io ho potuto avere in esame una trentina di esemplari per ciascuna; gli scudi ed i lati rostrali sono abbastanza rari, rarissimi i lati superiori ed i rostri. To ho distinto queste specie col nome del noto, intelligentissimo raccoglitore sig. ERNESTO Forma del Museo geologico di Torino, al quale si devono le ricerche più proficue ed il materiale più interes- sante sui Cirripedi italiani, compresi gli esemplari che ho testè descritto. 1) O. SARS. The norvegian north-atlantice expedition, 1876-78. Zoology. Crustacea, I. Tad DO (Ol CSI [51] G. DE ALESSANDRI Sezione SEconpa. — Carena coll’umbone subcentrale. Scalpellum Lovisatoi De AL. — Tav. XIII [I], fig. 21-24. 1895. JScalpellum Lovisatoi De ALessanpRI G. (127), pag. 31, tav. I, fig. Da-g. DIMENSIONI Sendo esemplare grande (Bingia Fargeri) lunghezza mm. 19 larghezza mm. 9 » » piccolo » » » ni 19, » » 6 Carena » medio » » » » 10 (?) » ELE Lato superiore » » » » » » 10 » » 6 » carenale » » » » » DI UO » >» 5,5 Giacimento. — Miocene. Bingia Fargeri (Cagliari), calcare argilloso compatto sotto il Poetto al Capo S. Elia (Cagliari); non raro. 1 Questa specie è stata da me stabilita nel 1895 sopra esemplari raccolti in Sardegna dal prof. D. Lovisato. La forma tutta propria dello scudo distingue questo Scalpellum dallo S. magnum Darw. però anche dello S. Lovisatoi ho potuto constatare, sopratutto in questi ultimi tempi in cui ho potuto avere in comunicazione nuovi esemplari raccolti nelle stesse formazioni, una grande variabilità di forma e di or- namentazione. Invero lo scudo nei campioni tipici è subtriangolare coll’area sopraumbonale allungata, turgida, un po’ curva verso il margine occludente; quest’ultimo è un po’ curvato, e forma un angolo quasi retto col margine di base, però il vertice di quest’angolo in alcuni esemplari è leggermente inflesso a becco. Il margine laterale è curvo in dentro, e quello tergale è sinuoso; questi due ultimi margini si incontrano formando una prominenza appuntita. Questa prominenza corrisponde .press’a poco in altezza al posto in cui lungo il margine occludente si trova l’umbone. Dall’umbone parte una costola che divide la piastra in due parti ineguali e che stanno fra loro in rapporto di uno a due; questa costola si spinge all'angolo basi-laterale e superiormente si prolunga fino alla sommità della piastra. Internamente la cavità del muscolo adduttore è larga, poco spiccata, essa si continua nella depres- sione per il maschio nano ed in una scannellatura che va fino all’apice dello scudo. Alcuni esemplari invece raccolti recentemente, quale lo scudo dalla Tav. XIII [I], fig. 21a, 210 hanno una forma più espansa ed allargata nella parte inferiore e l’area sopraumbonale più ristretta ed anche meno curva di quelli da me descritti ed illustrati antecedentemente. La carena presenta pochi caratteri spiccatamente peculiari; è tesa ad arco, ha l’umbone situato ad una distanza dall’apice uguale ad un terzo della sua lunghezza, ha il margine basale arrotondato, il tetto piano, senza costole mediane, le pareti alquanto sopraelevate e separate da cordoncini prominenti dal tetto e dalle infrapareti. Quest’ ultime sono larghe, turgide ed hanno la porzione superiore lievemente curva in alto. Il lato carenale è largo, triangolare, ricurvo all’apice, ed ha la superficie solcata da quattro a cinque grosse costole radianti, intersecate da linee di accrescimento fine ed ondulate. Internamente la porzione umbonale che sporge libera è uguale ad un terzo della lunghezza della. piastra, ed è striata da linee longitudinali e trasversali. Allorchè nel 1895 ho stabilito questa nuova specie io non conoscevo che le tre piastre or ora de- scritte; le nuove fortunate ricerche del prof. Lovisato nella stessa località, ove egli antecedentemente aveva rinvenuto lo scudo, la carena ed il lato carenale di questa specie hanno apportato al rinvenimento del lato superiore, che descriverò brevemente: Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 258 G, DE ALESSANDRI [52] Lato superiore. — Ha forma irregolarmente ellissoidale colla parte inferiore arrotondata e quella superiore a perimetro irregolare ed alquanto appuntito; internamente è un po’ concavo e liscio; ester- namente ha la superficie solcata da otto a nove grosse costole che irradiano da un punto eccentrico, posto ad una distanza dalla base uguale ai due terzi della lunghezza della piastra. Queste costole vanno maggiormente ingrossando man mano che si allontanano dall’umbone ed hanno decorso curvilineo. Le costole sono fittamente intersecate da linee di accrescimento, che hanno perimetro subpentagonale. Questa piastra ha forma intermedia fra le omologhe dello S. vulgare LeacH, e dello S. rostratum DaRrwIN; ha grandissima analogia col lato superiore dello S. durdigalensis Des-MouL., ma l’umbone è più eccentrico. Si distingue dall’identica piastra dello S. magnum per l’ornamentazione e per la forma subellissoidale. i Lo S. Lovisatoì presenta affinità collo S. burdigalensis Des-Mout. del bacino dell’Aquitania; la forma della carena è quasi identica nelle due specie; lo scudo però dello S. Lovisatoi è strozzato all’umbone, ed espanso inferiormente, mentre è quasi quadrangolare nella specie del Des-Mourins. Il lato carenale nella specie del Miocene sardo è più tozzo ed ha le grosse costole sulla superficie esterna, mentre è allungato e quasi liscio nella specie dell'Aquitania. Lo S. Lovisatoi fu rinvenuto, con buoni esemplari, nelle marne abissali (langhiane) di Bingia Fargeri. Un lato superiore che con quello di questa specie ha buone affinità fu rinvenuto dal prof. Lovisato an- che nel calcare argilloso, compatto, a piccoli Echini, sotto il Poetto, al Capo Sant'Elia, presso Cagliari. Un lato rostrale che ha qualche lontana analogia con quello dello S. durdigalensis fu raccolto assieme ad un frammento di carena nell’ Oligocene di Nurri (sopra il piano a .Scutella), ma io non mi decisi di riferirlo a ,S. Lovisatoi data l’incertezza del rinvenimento e la mancanza di altre piastre. Probabilmente lo S. Lovisatoè si riscontra anche nel Miocene di Malta; alcune piastre che potrebbero ad esso riferirsi, furono raccolte ivi dal marchese De GREGORIO ed illustrate nella sua nota relativa [(130), tav. I, fig. 10, 11]. Scalpellum vulgare Lrac®. — Tav. XIII [I], fig. 25. 1824. Scalpellum vulgare Lraca. Encyclop. Brit. Suppl., vol. III 1851. — — Darwin C. (34), pag. 222, tav. V, fig. 15. 1873-76. — — Skcuenza G. (64), vol. II, pag. 4, tav. VI, fig. 3-7. 1902. — — GruveL À. (145), pag. 234, tav. 12, fig. 1 (B,C, D). DIMENSIONI Scudo (Gravitelli) lunghezza mm. 8 larghezza mm. 3,8 Tergo » » » 9 » DINA: Lato superiore » » » 6 » PARA: » carenale » » » 4,2 » Dez) Giacimenti. — Miocene. Messina (Gravitelli); raro. Pleistocene. Roma (Monte-Mario (?), Farnesina (?)); rarissimo. Avanzi di alcune piastre riferibili a questa specie vennero raccolti dal SecuenzA nelle argille del Miocene superiore (Tortoniano) di Gravitelli. Essi corrispondono allo scudo, al tergo, al lato superiore ed al lato carenale e furono rinvenuti tutti nella stessa formazione. La piastra più caratteristica è il tergo che ha il margine scutale flessuoso e coll’angolo fra i margini scutale e carenale acuto ed un po’ ricurvo. Anche l’angolo fra i margini occludente e carenale è acuminato ad uncino. La piastra è nella superficie Ciad [53] P G. DE ALESSANDRI 259 esterna quasi liscia con linee di accrescimento rare, poco spiccate e che si incontrano ad angolo assai acuto lungo la linea mediana. ; To riferisco con qualche dubbio a questa specie una piccola carena facente parte della collezione del prof. A. NeviANI e che fu raccolta nelle sabbie grigie (Siciliano) della Farnesina presso Roma. La sua forma corrisponde per bene alle figure tipiche di questa specie, quali quelle date dal Port [(5), tav. VI, fig. 16 e 17] e quella del CaENU [(10), tav. IV, fig. 9]; da quest’ultima figura si differenzia solo per essere un po’ più ristretta all’umbone e per essere più tesa ad arco. Anche gli esemplari viventi di S. vulgare che si conservano nella collezione del Museo Civico di Milano hanno le carene identiche a questa fossile, perciò inflesse a gomito, e coll’umbone situato ad una distanza dall’apice uguale ad un terzo circa dell’intera lunghezza della piastra. Dall’umbone si distaccano in entrambe le superficie due costole sottili, ma spiccatissime, le quali si dirigono verso il margine basale e separano il tetto dalle pareti e quest'ultime dalle infrapareti. Il tetto è pianeggiante, con linee di accrescimento concave, lievemente acu- minate nella parte inferiore; le pareti sono assai depresse e lievemente incurvate presso all’umbone; la base è curva, un po’ appuntita nella parte centrale. Le infrapareti sono tese ad arco e fortemente striate; internamente la piastra presenta una doccia profonda che si restringe un poco presso all’umbone. L'angolo compreso fra la parte superiore e quella inferiore, misurato internamente, è di circa 125°. Un’ altra piccola carena delle stesse dimensioni e che ho riferito pure con dubbio a S. vulgare fu raccolta nelle sabbie di Monte Mario (Roma). La causa della mia incertezza nella determinazione di questi esemplari si è che queste carene cor- rispondono anche abbastanza bene a quelle dello S. magnum, anzi si può quasi con certezza ammettere che quest’ ultima specie sia la forma ancestrale dello S. vulgare. La carena dello S. vulgare tuttavia a me sembra più esile, ossia più ristretta trasversalmente, e presenta le pareti diritte superiormente e tese ad arco in tutta la loro lunghezza, non piegate bruscamente presso all’umbone, come in quelle dello S. magnum. Si tratta però, come si vede, di differenze poco spiccate e di non grande importanza. Lo ,S. vulgare è assai comune nei mari d’ Europa. Come ha già osservato il Gruvet [(158), pag. 44] que- Sta specie ha grandi analogie collo S. Sfearnsì Pins. che vive attualmente nei mari giapponesi, e da cui si distingue unicamente per il lato careno-laterale meno acuminato e ricurvo, e per il rostro meno allungato e privo dell’area triangolare, che si riscontra presso all’umbone *. DocLrus e MaveR in Cazior M. [(114), pag. 210], citano fra le specie fossili delle formazioni plioce- niche del Gard il Pollicipes pollicipes GmeL. Non esistendo nessun Cirripedo che abbia questo nome, ritengo che detti autori abbiano voluto riferirsi al Pollicipes scalpellum L., specie che è sinonima dello S. vulgare. ; Scalpellum magnum Darwin. — Tav. XIII [I], fig. 26-35. 1851. Scalpellum magnum Darwin 0. (35), pag. 18, tav. I, fig. 1. 1873-76. — — e S. molinianum Secuenza G. (64), vol. II, pag. 8, tav. VI, fig. 8 e pag. 10, tav. VI, fig. 9-13. 1895. — — De ALessanpRrI G. (127), pag. 27, tav. I, fig. 4a-r. 4) Il PiLsBry descrive anche una nuova specie di Scalpellum fossile, lo S. Chamberlaini dell’ Eocene del Texas. La nuova specie è fondata sopra una sola piastra, il tergo, che ha grande affinità coll’omologa dello S. recurvatum Bert. dell’ Eocene di Parigi, ma più ancora con quello dello S. quadratum Drxown dell’ Focene inglese. Ritengo che, con grandi probabilità, la specie del PiLsBry dovrà riferirsi a quella del DARWIN. 260 G. DE ALESSANDRI [54] DIMENSIONI Scudo esemplare grande (Acqui) . ò : 5 lunghezza mm. 17,5 larghezza mm. 8,5 » » piccolo (Baldissero) 0 c È » » 4,5 » SIMO TO, Tergo » grande (Acqui) c c ò » » 2,4 » » 10 » » piccolo (Baldissero) x c ; » » 8 » » 5 Carena » grande (S. Michele, Sardegna) > » » 44,5 » » 6 » » piccolo (Baldissero) 3 5 . » » 6 » » 1,5 Lato superiore » medio (Monte Cappuccini) . . » » 10 » D 6,6 » carenale ? » » » 0 0 » » 9 » » 5 » rostrale » » (Acqui) . a 5 o » » 8,5 » ’ 3,9 Giacimenti. — Oligocene. S. Ambrogio di Nurri (Sardegna), Acqui (torrente Ravanasco); raro. Miocene. Colli di Torino (Monte dei Cappuccini, villa Forzano, Pino Torinese, San- t'Antonio Torinese), Cavoretto, Revigliasco, Sciolze (Sant'Antonio), Baldissero, Acqui (Val Bogliona, Terzo), Cessole (Langhe), trincea bianca di Bonorva (Sardegna), grès del Capo di Sant’ Elia (Cagliari), calcare sotto il bastione di San Remy (Cagliari), argille sabbiose della zona abissale (fangario) di Cagliari, argille sab- biose id. id. di Bingia Fargeri (Cagliari), Monte della Verna, Benestare (Reggio Calabro), Rometta (Mes- sina), Malta; non raro. Pliocene. Astigiano, Ponte sul Po presso Crescentino, Primeglio, Orciano; raro. Lo ,S. magnum è certamente fra tutti i Cirripedi peduncolati, che io ho avuto in esame, la specie che presenta le maggiori variazioni sia nella forma come nell’ ornamentazione delle sue piastre. Probabil- mente ciò dipende dal fatto che io ho avuto in comunicazione di questa specie un numero grandissimo di esemplari, provenienti da parecchi orizzonti geologici e da moltissime località. DARWIN stesso descri- vendo le piastre di questo .Sca/pellum aveva già rilevato la loro grande variabilità di forma e di or- namentazione. Nel mio studio precedente sui Cirripedi ho riferito a S. magnum lo S. molinianum del SEGUENZA, specie che esaminata astrattamente parrebbe presentare caratteri peculiari così differenti. Porterò in pro- posito alcune altre considerazioni. Lo S. molinianum del SEGUENZA, secondo il Paleontologo messinese, si distingueva dallo S. magnum Darw. per “le linee radianti, sulle valve, per la diagonale carena dello scudo, per la maggiore larghezza di questa valva, ma specialmente per la troncatura all'apice del tergo, dipendente dalla prominenza che sporge a costituire il margine occludente, per la porzione triangolare rilevata sulla medesima valva, per la carena che ha il tetto carenato, e che è quasi rettangolarmente piegata , . * Del suo ,S. molinianum il SEGUENZA aveva rinvenuto nei terreni messinesi tre piastre: lo scudo, il tergo e la carena; nessuna delle piastre minori, mentre che dello S. magnum egli aveva rinvenuto il solo lato rostrale, ossia appunto una di quelle piastre che egli non aveva raccolto della sua nuova specie. La coincidenza per quanto potrà essere casuale non può che. sorprendere, ma ad ogni modo per farci un giusto concetto delle affinità fra le due forme descritte, sarà bene discutere il valore sistematico delle piastre riferite all’una ed all’altra specie. Anzitutto io non credo che sia il caso di soffermarci sulle linee radianti, che secondo il SEGUENZA, s°in- contrano sulle piastre della sua nuova specie, nè tanto meno di occuparci della carena che si rinviene più o meno accentuata nella superficie esterna dello scudo, perchè tali caratteri soggetti a molteplici varia- zioni ed influenze, dovute all’ambiente in cui vive l’animale, sono universalmente riconosciute di nessuna importanza sistematica. Così la maggiore larghezza dello scudo (cosa molto discutibile se confrontiamo dll [55] G. DE ALESSANDRI 261 le dimensioni relative del tergo illustrato dal SEGUENZA, e se consideriamo che nel Pliocene di Sicilia i Cirripedi peduncolati hanno sviluppo di gran lunga superiore alle altre regioni) è di importanza affatto locale. Restano, veri caratteri che hanno importanza, la troncatura all’apice del tergo, troncatura dipen- dente dalla prominenza che sporge a costituire il margine occludente, la porzione triangolare rilevata sulla medesima piastra, e la forma della carena piegata strettamente a gomito presso all’ umbone. Il primo carattere è assai incostante, presentandosi la troncatura all’apice del tergo talora spiccata, talora quasi impercettibile; così pure quello della porzione triangolare sopraelevata. L'ultimo carattere dipendente dall’inflessione fortemente a gomito della carena è pure di non grande costanza e probabil- mente dipende dall’ età dell’ individuo ®, perchè in tutte le forme giovanili che io ho esaminato e che per le altre piastre spetterebbero a S. molinianum, la carena aveva forma tesa ad arco come in quella dello S. magnum figurato dal DARWIN [(35), tav. I, fig. 17]. Sembrerebbe quindi che la forma ad angolo inflesso della carena tipo S. molinianum del SEGUENZA, sia quasi una modificazione acquisita per succes- sivi adattamenti di quella tesa ad arco, tipo S. magnum DARW., che si trova nel coralline crag d' Inghilterra. E che tale carattere non abbia l’importanza, che a tutta prima parrebbe, lo dimostra il fatto che DARWIN stesso dubitava fortemente che la sua nuova specie fosse una varietà del vivente ,S. vulgare, specie che ha la carena fortemente inflessa e precisamente identica a quella dello ,S. molinianum See. Chi intraprende lo studio di molte piastre di S. magnum osserva una quantità grandissima di forme intermedie di terghi e di carene nelle quali il passaggio da una forma all’altra è affatto graduale ed insensibile. Io ho già detto nel precedente mio studio sui Cirripedi come nel Pliocene toscano sovente si riscontrino assieme scudi, terghi e carene che corrispondono perfettamente agli esemplari figurati dal SecuENZzA come ,S. molinianum, mentre assieme si rinviene il lato rostrale perfettemente identico a quello dello S. magnum Darw. Inoltre in alcuni esemplari raccolti assieme, nei quali la carena aveva la forma tipo S. wolinianum, il tergo mancava della porzione elevata, e della troncatura all’apice che il SecuENZA riteneva caratteristici di questa specie. Questi terghi corrispondevano appieno a quelli descritti da DARWIN come spettanti a ,S. magnum; terghi di questa forma sono pure comunissimi sui Colli di Torino, come pure nel Langhiano di Acqui ed un esemplare tipico di quest’ ultima località è quello di- segnato (Tav. XIII [I], fig. 29a, 290). La grande variabilità nella forma e nello sviluppo delle piastre si scorge assai manifesta anche nello scudo. Se confrontiamo le figure tipiche del DARWIN noi vediamo come in questa piastra la parte apicale, posta sopra all’umbone, sia tozza ed assai sviluppata; nell’esemplare invece che io ho figurato antecedente- mente [(127), tav. I, fig. 40] proveniente dai Colli di Torino, questa regione è caratterizzata per avere il margine assai arcuato verso l'alto Nell’esemplare invece che io ho riprodotto [Tav. XIII [I], fig. 26 a, 26 b] raccolto a Baldissero, la forma dell’area al disopra dell’umbone è assai ristretta e ridotta a triangolo, mentre tutta la piastra ha un aspetto più tozzo, coi margini più rettilinei. Lo scudo rappresentato a Tav. XIII [I], fig. 28, del Langhiano di Val Bogliona (Acqui), ha nella forma generale grande rassomiglianza con quello di Baldissero, ma sulla sua superficie esterna si osservano parecchie costoline radianti dall’ um- bone e che solcano l’area sottostante alla linea che dall’umbone va all’angolo tergo-laterale. Infine lo 1) Per vedere quanto la forma della carena sia carattere variabile basta osservare esemplari del vivente S. vul- gare; si scorge allora come in essi si riscontrino tutte le più spiccate differenze nello sviluppo e nella inflessione di questa piastra. Queste variazioni di forma si possono anche scorgere nelle figure che dello S. vu/gare ha dato il GruvaL [145), tav. IV, fig. A, B, C, D]. In esse si riscontrano non solo i due tipi di carena, tipo S. molinianum e tipo S. magnum, ma anche le forme intermedie. 262 G. DE ALESSANDRI [56] scudo pliocenico dell’Astigiano [Tav. XIII [I], fig. 27 a, 270], ha tutti i suoi margini sinuosi e la regione sovrastante all’umbone subtriangolare, ma non appuntita. In alcuni di questi esemplari si osserva la carena diagonale sulla superficie esterna che il SEGUENZA aveva riscontrato nei suoi esemplari di Sicilia, riferiti a S. molinianum, ma in altri tale carena è invisibile. Anche le piastre minori come il lato superiore, ed il lato carenale per la forma e per l’ ornamen- tazione sono quasi senza eccezioni gli uni molto diversi dagli altri. Da quanto ho esposto possiamo conchiudere che nella determinazione di questi esemplari bisognava o moltiplicare di parecchie diecine le specie di Scal/pellum del Terziario italiano, oppure dare a questa specie un’interpretazione più lata, comprendendo in essa un numero grandissimo di mutazioni che prese forse individualmente potevano presentare caratteri di specie nuove. I due tipi estremi rappresentati dagli esemplari riferiti a ,S. magnum dal DARWIN ed a S. molinianum dal SEGuENZA sono collegati da una grande quantità di forme di passaggio, aventi caratteri dell’ uno oppure dell’altro tipo. È E per le stesse considerazioni riferisco anche a S. magnum lo S. Studeri Tràcur dell’ Elveziano di Belpberge ® (Svizzera), specie fondata sopra una carena ed un lato rostrale che hanno caratteri inter- medii fra la specie del DARWIN e quella stabilita dal SEGUENZA. To ritengo fermamente che molte altre specie fossili di questa famiglia subirebbero probabilmente la stessa sorte se si conoscessero numerosi esemplari, come dello S. magnum DaArw. Lo ,S. magnum è il fossile tipico delle formazioni langhiane del Piemonte. Ivi esso si presenta straor- dinariamente abbondante, con esemplari sempre di buona conservazione. Sono fra gli altri in ottime con- dizioni di studio quelli che si raccolgono nel Monferrato ad Acqui (Valle Bogliona, Terzo) ed a Cessole (Langhe). Anche sui Colli di Torino questa specie è in alcune località straordinariamente abbondante; così al Monte dei Cappuccini, ed a Baldissero (zona a Pentacrinus Gastaldii), essa è talmente comune da farci ritenere che queste formazioni elveziane rappresentino facies di mari profondi quanto quelle langhiane. Sui Colli torinesi lo S. magnum ha generalmente medie dimensioni; i più grandi campioni che io ho esaminato, sono quelli raccolti dal prof. D. Lovisato nell’Elveziano di San Michele in Sardegna. La carena di questa località che io ho raffigurato in grandezza naturale a Tav. XIII [1]; fig. 30@, 305 rappresenta ‘uno dei più grandi esemplari che si conoscano della specie ed ha pur essa, per la inflessione spiccata presso all’umbone, caratteri intermedii fra la carena tipica del DarwINe quella riferita a S. molinianum dal SEGUENZA. Nell’Aquitaniano dei dintorni di Acqui (torrente Ravanasco) ho raccolto, alcuni anni or sono, la parte superiore di un grande scudo, perfettamente identico a quelli che della stessa specie si raccolgono nelle formazioni langhiane della medesima regione. Nell’Oligocene di Sant'Ambrogio di Nurri in Sardegna, il prof. Lovisato ha raccolto un frammento di tergo che corrisponde assai bene agli esemplari del Langhiano e dell’Elveziano piemontese. Assieme ad esso lo stesso professore raccolse un lato carenale ed un fram- mento di carena, che ha la solita forma degli esemplari miocenici, cioè l’inflessione a gomito presso all’ um- bone. Il lato carenale dell’ Oligocene è alquanto differente dalle forme comuni, anzi ha qualche analogia coll’omologo dello ,S. Zovisatoi, ma l’ho riferito alla specie del DARWIN, considerando appunto la grande variabilità di forma e di sviluppo che si osserva anche nelle piastre minori. Gli esemplari provenienti dal Pliocene dell’Astigiano e della Toscana hanno quasi sempre medie di- mensioni; le piastre sono generalmente meno striate delle costole radianti, e presentano meno evidenti i) Ho avuto in comunicazione gli esemplari tipici di questa località dal prof. E. KissLina dell’ Università di Berna al quale mi è grato porgere vivissimi ringraziamenti. Caf [57] G. DE ALESSANDRI 263 le linee di accrescimento. Gli esemplari miocenici hanno quasi tutti una colorazione bianco-lapidea, quelli pliocenici una colorazione bruna e talvolta zonata a fascie bianche e scure. Piccoli, ma caratteristici, esemplari di questa specie furono raccolti nelle marne azzurre riscontrate negli scavi per le fondazioni del ponte sul Po presso Crescentino. Questa specie finora non fu rinvenuta in giacimenti posteriori al Pliocene. Nei miei studi del 1895 avevo riferito ad essa una carena raccolta nel Pleistocene di Monte Mario (Roma), ma più diligenti osser- vazioni e confronti mi hanno convinto spettare con più probabilità quella piastra a S. vulgare LuAcw. Lo S. magnum è diffuso in tutta la Penisola. Il SEGUENZA, oltre agli esemplari della Sicilia, illustrò alcune piastre raccolte nel Miocene del Modenese. Il dott. V. SimoneLLI (88) descrisse assieme alle piastre maggiori, già rinvenute dal SeGuENZA, anche un lato carenale, il tutto rinvenuto nel Miocene su- periore (Tortoniano) del Monte della Verna. Il marchese DE GREGORIO (130) cita questa specie, e quattro sue varietà (var. angusta, var. radiale, var. ornata e var. acquisigrata) che appunto servono a dimostrarci la grande variabilità di questo Scal- pellum, nel Miocene di Malta. Fuori d’Italia lo S. magnum è stato riscontrato, oltrechè nel Pliocene inglese, anche nel Miocene di Salles presso Bordeaux dal Reuss (52), e, come già dissi, nel Miocene medio della Svizzera (Belpberge), dal TrbcHE (156). Lo scudo ed il tergo dello S. magnum hanno forma assai prossima a quella dello S. cocenense MEYER del- l’Oligocene di Victiburg (Stati Uniti). In alcuni esemplari di questa specie provenienti da Claiborne (Alabama) e che gentilmente l’ing. Cosswann di Parigi mi ha comunicato, si scorge che, ove si eccettui la forma un po’ più tozza, gli altri caratteri corrispondono benissimo alla specie del Darwin. La carena però nella specie del MeyER è affatto diversa, perchè è diritta e coll’umbone situato in alto, cioè presso all’apice. Lo S. magnum è specie assai prossima allo ,S. Pfeifferi WrirHoFER dello Schlier di Ottnang, e pro- babilmente quest’ultima specie potrebbe ritenersi come una varietà estrema della prima. Le grandi piastre dello S. Pfeifferi si possono confondere con quelle dello S. magnum; le differenze sostanziali sono nella forma dello scudo, che, nella specie del WrEITHOFER, è più trapezoidale, ed ha il lato di base che forma un angolo acuminato col margine di chiusura, come pure nella carena che in quest’ultima specie è più tozza, più allargata nella sua parte inferiore, e ricurva in alto in quella superiore. Lo S. magnum nelle sue variazioni a carena inflessa fortemente a gomito, ha grandi analogie col vivente S. Stearnsi PirsBrY dei mari giapponesi, dal quale però può distinguersi per la forma dello scudo meno tozza e più espansa sopra all’ umbone. Gen. Scillaelepas SEcuENZA, 1872. Il gen. Scelaelepas venne fondato dal SeguENZA nel 1872, sopra alcuni esemplari rinvenuti nell'Italia meridionale, in ottimo stato di conservazione, cioè colle piastre al posto che occupavano sopra al pedun- colo, allorchè l’animale era vivente. I caratteri peculiari di questo nuovo genere sono: valve in numero di tredici, scudi di forma esattamente triangolare, lati superiori mancanti, gli altri costituenti un unico 4) Il Rwuss illustrando questi esemplari figura la carena, lo scudo ed il lato superiore. Le due prime piastre corrispondono assai bene a quelle del Miocene italiano, e la carena ha l’inflessione spiccata a gomito (tipo S. mo- linianum) degli esemplari illustrati dal Sacuenza. Il lato superiore ha l’umbone centrale e forma subovale, caratteri che sarebbero più propri dello ,S. burdigalensis Das-Mout. che è la specie tipica di quelle formazioni. 264 G. DE ALESSANDRI i [58] verticillo. Come il SEGUENZA stesso aveva già osservato, questo genere parrebbe intermedio fra il gen. Pol- licipes ed il gen. Scalpellum. i Si avvicina al primo per la forma delle sue piastre maggiori (scudo, tergo, carena), ma per il nu- mero delle piastre, per la forma di quelle più piccole costituenti il verticillo inferiore, esso ha grandi affinità col gen. Scalpellum. Per di più sono caratteri proprii del gen. Scillaelepas la forma triangolare dello scudo, dalla quale consegue la mancanza del lato superiore, e la disposizione speciale delle valve maggiori che non lasciano interstizii fra di loro. Tipo del nuovo genere è il Pollicipes carinatus del PHILIPPI; ad esso il SEGUENZA aggiunse un’altra specie di dimensioni più piccole, ma assai affine per la conformazione delle piastre. Il SecueNza inoltre manifestava il dubbio che alcune altre- specie di Pollicipes, quali il P. validus StEEN., il P. gracilis Rorm., il P. dorsatus STtEEN., il P. rigidus Sow. ed il P. elegans DARw. nei quali la forma dello scudo è più o meno subtriangolare, potessero forse riferirsi al nuovo genere. Le considerazioni colle quali il SeguENZA infirmava la diagnosi del suo nuovo genere sono veramente” di stretta importanza e di reale valore sistematico, e sarà bene intrattenerci alquanto su di esse. Il nu- mero delle piastre che è di tredici, le tre paia di lati che sono tutte di forma affatto differenti, avvici- nano realmente gli esemplari descritti dal SecuENZA più che al gen. Pollicipes al gen. Scalpellum. Sta però il fatto che le grandi piastre per la forma, per l’ornamentazione, per la speciale loro disposizione confermano l’opinione del DARWIN che le aveva ascritte a Pollicipes. Ma oltre ai caratteri comuni ai due generi sumentovati, abbiamo ancora caratteri peculiari del nuovo gen. Scillaelepas, e questi caratteri sono di buona importanza sistematica. Essi sono desunti dal peduncolo che ha squame grandi, carenate, decre- scenti dalla base al margine superiore (mentre nei generi viventi sono uguali, ed a superficie piana), dalla mancanza del sotto-rostro e dei lati superiori. Per tutte queste considerazioni io ritengo che il nuovo genere proposto dal SecuENZzA abbia caratteri spiccati e di reale valore sistematico. Notisi il fatto che trattandosi di forme fossili, ove le variazioni dei caratteri si possono constatare con grande estensione, non solo nello spazio ma anche nel tempo, il riscontro di un genere intermedio e di unione fra gli Scalpellum ed i Pollicipes è cosa affatto naturale. Noi conoscevamo già alcune forme del primo genere che per molti caratteri si accostavano al secondo, e DARWIN aveva più volte manife- stati sravi dubbi sul riferimento a questo od a quel genere di qualche Cirripedo peduncolato. Quali siano i limiti di questo nuovo genere non è cosa facile stabilire, data l’ imperfetta cono- scenza di molte specie fossili. Prendendo tuttavia come carattere di primaria importanza la forma pecu- liare dello scudo, la qual cosa di conseguenza implica la mancanza dei lati superiori, si può col SEGUENZA ammettere che forse il P. validus STEEN., il P. gracilis Roem., il P. dorsatus STEEN. si possano ascrivere a Scillaelepas. Io però, contrariamente al SEGUENZA, ritengo che il P. rigidus Sow., il P. elegans DARW., nei quali la forma dello scudo non è triangolare, ma subquadrangolare spettino al gen. Pollicipes. Nè cer- tamente può aver importanza il fatto che di questi ultimi Pollicipes non si conoscono i lati superiori, perchè, come ho già osservato nell’ altro mio studio (127), in quasi tutte le specie fossili appartenenti a quest’ultimo genere, non si ha finora conoscenza dei lati superiori. Non è però escluso che le future ricerche possano rinvenire queste piastre finora sconosciute. Per le stesse considerazioni confermo la mia opinione già espressa riguardo al riferimento a Polli- cipes (P. Paronai De At.) degli esemplari raccolti sui Colli di Torino, esemplari che per la forma spe- ciale dello scudo avevano relazioni strettissime col P. elegans DARWIN e col P. rigidus Sow. Ammesso quindi il nuovo genere proposto dal SEGUENZA, io recentemente esaminando un abbondan- tissimo materiale dei Colli torinesi, riscontrai un gran numero di piccoli scudi di forma perfettamente trian- Leffi [59| G. DE ALESSANDRI 265 golare, spettanti ad un Peduncolato, dovetti allora ammettere la presenza nel Miocene del gen. Sci- laelepas. La mia constatazione fu subito confermata dal fatto che, poco dopo, rinvenni numerosi terghi e carene spettanti alla stessa forma, come ben potevo convincermi dall’ornamentazione identica, e dal ri- scontrare anche avanzi delle piastre minori. Le piccoli dimensioni e l’esile struttura scheletrica degli esemplari da me rinvenuti, in rapporto alle dimensioni grandi ed alla relativa solidità degli esemplari raccolti nell’Italia meridionale, sono caratteri comuni a tutti i Peduncolati del Miocene torinese. Scillaelepas Paronae n. sp. — Tav. XIV [II], fig. 1-8. S. scutis triangolaribus, costis ab apice radiantibus ornatis, carina extra recurvata, medio longitudinaliter plicata, carinata; tergis oblongis-romboidalibus interdum entra recurvatis, subcarina parva triangulari-oblonga, rostro majusculo margine basali recita. Scudo . c o o o lunghezza mm. 7 larghezza mm. 5 Tergo . . . : 6 » d 8 » De Carena . 6 7 + ù » » T » » 2,5 Rostro . o o . ‘ » » 3,6 » » 3,5 Lato rostrale . o o È » » 4,5 » » 2,5 Sotto-carena . i i 3 » » 3,5 » > 25) Lato carenale 0 o . » » 3,25 » DINO, Lato inframedio . . i » » 4,75 » 3 RIO Giacimento. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Sciolze (Sant'Antonio); frequente. Scudo. — Ha forma triangolare, coll’ apice lievemente ricurvo verso il margine tergale. Quest’ ultimo è quasi rettilineo e forma un angolo press’a poco retto col margine basale; il margine basale è diritto o leg- germente sinuoso e forma un angolo arrotondato col margine occludente. Il margine di chiusura è pure rettilineo od un po’ curvo in fuori, ha una lunghezza alquanto maggiore del margine tergale e forma un angolo acuto col lato basale. N La superficie della piastra è convessa, con fitte linee di accrescimento parallele al margine basale. Una costola sinuosa, poco prominente corre dall’apice al margine basale ed incontra quest’ultimo in un punto distante dall’angolo rostrale di una lunghezza eguale ad '/; dell’intiera lunghezza del lato di base. La costola nel suo punto d’incontro con quest’ultimo costituisce una piccola prominenza. Lungo il mar- gine occludente si osserva un rialzo, a guisa di cordone appianato, che dalla base, degradando in isviluppo, arriva fino all’apice. Internamente la piastra presenta una larga depressione per il muscolo adduttore, depressione che si attacca ad una cavità ovale, più profonda, posta a ridosso del margine occludente e che può rappre- sentare la cavità del maschio nano. Lungo il margine di chiusura si osserva nella superficie interna una larga prominenza appiattita, che al disopra della cavità del maschio nano si collega con un’altra, posta lungo il margine tergale, determinando col loro incontro presso all’apice una regione sopraelevata, la quale occupa completamente la parte superiore della piastra. Tergo. — È irregolarmente romboidale, esternamente convesso, internamente piano-concavo, con una porzione presso all'apice sopraelevata, uguale in lunghezza ad */, circa dell’intiera lunghezza della piastra. La superficie di quest’area sopraelevata è segnata da linee di accrescimento che sono ondulate. Ester- namente la piastra è solcata da una grossa costola che è quasi rettilinea nei piccoli esemplari, ma che Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 33 266 G. DE ALESSANDRI [60] assume una forma ad S negli esemplari più sviluppati. Questa costola decrescente in isviluppo corre dal- l’angolo basale all'apice, e su di essa s’inflettono le linee di accrescimento fine e numerose. Dista dal margine carenale di una lunghezza uguale ad //3 circa dell’intiera larghezza della piastra. Il margine occludente è rettilineo o lievemente curvo, ed è più corto del margine scutale; quest’ul- timo è curvo. Quello occeludente è pure arcuato e col margine di chiusura forma un angolo assai acuto. L’apice in alcuni esemplari è ricurvo in fuori. Carena. — È quasi diritta, ma ha l’apice ricurvo in fuori, regolarmente e gradatamente ristretta dalla base all’estremità opposta. Il margine basale nei piccoli esemplari è quasi rettilineo, invece negli esem- plari più sviluppati è appuntito. Il tetto è lievemente carenato, cioè piegato secondo un angolo ottuso lungo la linea mediana; è limitato ai margini da due rialzi a guisa di cordoni appiattiti, i quali sono maggiormente spiccati per la presenza di due solchi laterali ad essi e che si estendono dall’apice alla base. Questi cordoni servono a limitare le pareti e queste ultime dalle infrapareti; tanto la regione parietale quanto quella infraparietale sono appena percettibili. Le linee di accrescimento sono fine e fitte e s° in- flettono secondo un angolo ottuso sulla linea mediana del tetto. L’interno della carena è largamente scavato a doccia nella parte inferiore; quella superiore in vicinanza all’ apice, e che costituisce la parte ricurva in fuori, è ripiena o con un corto solco superficiale. Rostro. — È relativamente sviluppato, ha forma triangolare e presenta 1’ apice curvo verso l’ interno. Il margine basale è curvilineo e spezzato verso la metà da una punta acuminata e prominente che rap- presenta la parte estrema di una grossa costola. Quest'ultima dalla metà del margine basale si spinge all'apice. Tutta la superficie esterna della piastra è solcata da linee di accrescimento fitte, irregolari, festonate che s’incontrano ad angolo sulla costola mediana. Internamente la piastra è concava, senza nes- suna parte sopraelevata e sporgente; nella regione corrispondente ‘alla costola della superficie esterna si osserva un solco ben evidente e spiccato. Lato rostrale.—Ha forma triangolare ed ha la superficie esterna convessa, molto curva in dentro presso all’estremità apicale. I margini laterali sono uno fortemente curvo in fuori, l’altro curvo in dentro. Nel mezzo della piastra si osserva una costola abbastanza spiccata che dall’apice si spinge al margine basale. Que- st’ ultimo è arcuato e fa coi margini basali due angoli di cui uno acuto, anzi acuminato, l’altro quasi retto. Tutta la piastra è solcata da linee di accrescimento fine e numerose, parallele al margine basale. Internamente la superficie della piastra presenta presso il margine basale un rialzo largo, triangolare che si spinge fino alla metà circa della superficie interna. Da questa porzione sopraelevata si distacca una cresta che si spinge fino all’apice della piastra. Il lato rostrale di questa specie presenta delle notevoli diversità di forma, e sono comuni gli esemplari nei quali gli angoli basali si fanno talora assai acuminati; l’intiera piastra diventa così meno tozza, cogli spigoli sporgenti ed esternamente meno costulata delle forme usuali. Sotto-carena. — È grande, ha forma triangolare isoscele ed ha l’apice curvo in dentro; la sua superficie esterna è convessa; i margini laterali sono leggermente curvi in dentro, quello basale è pure rientrante, ed è costituito da due parti che si uniscono ad angolo ottuso verso la loro metà. La superficie esterna è solcata da numerose linee di accrescimento curve ed irregolari, ma non si osserva in essa la costola cen- trale ed i cordoni marginali della piastra omologa della S. carenata Pair. Internamente la piastra pre- senta una parte sopraelevata, triangolare, lunga circa !/, dell’intiera lunghezza della sotto-carena. Lato carenale. -—— È triangolare, quasi equilatero ed ha l’apice curvo in dentro. La superficie esterna è convessa; i margini laterali sono lievemente curvi; quello basale è alquanto rientrante, spezzato ad an- golo verso la metà. Esternamente si osservano sulla piastra numerose linee di accrescimento, parallele ld [61] G. DE ALESSANDRI 267 al margine basale. Tutta la superficie per disuguale livello è distinta in due parti, la linea di separa- zione delle due aree è segnata da una piccola costola ricurva che dall’apice si spinge fino alla metà del margine basale. Internamente la piastra presenta, presso il margine basale, un’ area triangolare sopra- elevata, l’ apice della quale si spinge fino ad un terzo della lunghezza della piastra, dal qual punto si distacca una cresta spiccata che si spinge all'apice della piastra. Lato inframedio. — Ha forma triangolare scalena, col lato basale assai più sviluppato degli altri due; esternamente la piastra è convessa ed ha l’ apice fortemente curvo in dentro. I margini laterali sono lievemente sinuosi, quasi rettilinei; quello basale è rientrante ad angolo verso la metà. Tutta la super- ficie della piastra è solcata da numerose linee di accrescimento assai flessuose ed è divisa in due regioni da una scanalatura larga e profonda che si osserva dall’apice alla base. Internamente come il lato care- nale, la piastra presenta lungo il margine basale, un’ area triangolare sopraelevata che si spinge fino alla metà della lunghezza della piastra. Dalla sommità di quest'area si osserva una cresta, a guisa di co- Stola, che si spinge all’apice della piastra. Rapporti e differenze. Perla forma generale dello scudo e di parecchie piastre minori (lato rostrale, sotto-carena) come pure per l’ornamentazione complessiva di tutte le piastre, gli esemplari descritti hanno grandi analogie colla ,S. carinata Prin.; da essa si distinguono per la forma della carena, del tergo e del rostro. Alcune delle piastre minori, quali ad esempio, il lato rostrale ed il lato inframedio, in parecchi esem- plari, corrispondono per bene alla S. ornata Sea., mentre, come già dissi, le altre piastre si approssimano maggiormente alla S. carinata Pair. Questo fatto, data la grande varietà e polimorfia che riscontra nei Cir- ripedi farebbe nascere dei gravi dubbi sulla bontà della specie del SecuENZzA, dubbi accresciuti dalla considerazione che tanto sui Colli di Torino, quanto nell’Italia meridionale le due forme di piastre si rac- colgono sempre assieme. La forma tutta speciale della carena, che è ricurva in fuori, trova unicamente riscontro in quella del vivente S. villosum LracH [DARWIN, (34), pag. 274, tav. VI, fig. 8; GRuUVEL, (145), pag. 229, tav. 12, fig. G]; anche il tergo che in alcuni esemplari ha la punta rivolta in fuori, corrisponde per questo carattere all’ omologo dello ,S. vi/Zosum, ma lo scudo e le altre valve hanno forma ben differente. Osservazioni. — Questa specie è assai abbondante nelle sabbie serpentinose dei Colli torinesi e di Bal- dissero. Fra le differenti piastre, gli scudi, i terghi, le carene e le sotto-carene sono i più numerosi; i lati rostrali ed i lati inframedii sono abbastanza rari, rarissimi sono i rostri ed i lati carenali. Tutti gli esemplari che ho esaminato furono raccolti dal sig. E. Forma; essi si conservano nel R. Museo geologico dell’ Università di Torino e mi furono gentilmente comunicati dal prof. C. F. PARONA, col nome del quale N . mi è piaciuto distinguerli. Gen. Lepas Linneo, 1767. Il gen. Lepas si riscontra vivente nei mari temperati e caldi; raramente lo si rinviene nei climi freddi. È sparso sopra tutta la terra ed è in alcune sue specie estremamente abbondante. Esso si fissa agli oggetti natanti, talvolta associato in parecchi esemplari, aderenti coll’ estremità del peduncolo, si attacca ad una specie di vescicola comune piena d’aria, vescicola che agisce come organo di fluttuazione. Viventi si conoscono otto specie di questo genere; fossili se ne sono descritte circa altrettante, delle quali però pochissime sono nettamente distinte e caratterizzate da peculiari differenze o da modificazioni importanti delle loro piastre. | Così si possono ritenere come specie sufficientemente distinte la L. mallandriniana Ses., la L. aquitanica Des-MovLins (che per le leggi della priorità dovrà chiamarsi L. burdigalensis D’ ORB.) e la L. Rovasendai è 268 G. DE ALESSANDRI [62] De At., forme stabilite sopra parte delle piastre maggiori e di forma abbastanza caratteristica. Sono invece specie non completamente caratterizzate la L. Orbignyi Des-MouLins che secondo il FiscHER (98) non si può con sicurezza distinguere dalla vivente L. anserifera L., e la L. signata SeG., stabilita sopra un esem- plare non figurato e non sufficientemente descritto. Alle specie menzionate bisogna aggiungere la L. HM e la L. anatifera tuttora viventi e che si riscontrano anche fossili, ed infine la L. fascicularis ELLIS et Son. citata come fossile del Pliocene dallo ZirTEL, ma della quale io non ho saputo rintracciare l’autore che l’ha rinvenuta e la formazione di rinvenimento. Le specie fossili di questo genere che a me sono note appartengono al Terziario medio e superiore e più precisamente una di esse all’Oligocene, quattro al Miocene, e tre al Pliocene. Le specie rinvenute nelle formazioni plioceniche sono tuttora viventi. La specie più vecchia, fra le Lepas fossili che io ho studiato, è la ZL. Rovasendai De An. da me raccolta nelle arenarie a Brachiopodi sopra il calcare di Acqui (Aquitaniano). Lepas Hillii Lrack. 1818. Pentalasmis Hillii Lraca. Tuckey?s Congo expedit., pag. 312. 1851. Lepas Hillhi Darwix C. (34), pag. 7%, tav. I, fig. 2. 1873-76. — — Secuenza G. (64), vol. 11, pag. 3, tav. VI, fig. 2. DIMENSIONI Tergo esemplare medio (Messina) . . lunghezza mm. 19,8 larghezza mm. 9 Giacimento. — Pliocene. Messina (Scoppo); rarissima. L’unica piastra di questa specie, finora rinvenuta fossile, è un tergo raccolto dal SecuEnzA nel Plio- cene della Sicilia. Per la forma e per le dimensioni questo tergo corrisponde per bene a quelli degli esemplari viventi. Questa specie è grandemente variabile nella struttura e nell’ornamentazione delle piastre principali, dimodochè di essa si conoscono parecchie varietà. Allo stato vivente è facile confonderla colla L. arati- fera colla quale si trova comunemente associata e colla quale gli autori l’ hanno sovente scambiata. Il Poni [(5), tav. VI, fig. 25, 26, 27] descrive alcuni esemplari di Zepas viventi, alcuni dei quali fissi ad un frammento di pomice; ma dalle sue figure, non si può con sicurezza stabilire di quali Lepas egli ha inteso occuparsi. Nei miei studi precedenti (117) avevo citato questa specie fra i fossili dell’Oligocene (Acqui) e del Miocene (Rosignano) piemontese; ulteriori esami e confronti mi hanno convinto non essere la L. HW ‘ fossile rinvenuto nell’Italia settentrionale. Le piastre di Acqui e di Rosignano che avevo ad essa riferite, avevano realmente grandi analogie con quelle delle specie viventi, ma nuovi esemplari mi hanno dimostrato che per un gran numero di forme intermedie si passa gradatamente da quelli che io avevo figurato nei miei studi precedenti [(127), tav. I, fig. 1], riferendoli a L. HM, a quelli tipici della L. Rovasendai. Anche qui, come in tutte le altre determinazioni riguardo ai Cirripedi fossili, io ho dovuto consta- tare come la specie vada intesa con concetti larghi e che per un’infinità di sfumature e di gradazioni intermedie si passi da un esemplare all’altro, mentre a tutta prima sembrerebbe trattarsi di forme diverse. indi [63] G. DE ALESSANDRI 269 Lepas cfr. anatifera L. — Tav. XIV [II], fig. 9. 1767. Lepas anatifera Linnno. C. Systema naturae, tomo I, parte VI, pag. 3210. 1895. — —_ Dr ArressanprI G. (127), pag. 26, tav. I, fig. 2a, d. DI DIMENSIONI Carena (Astigiano) ò : 6 lunghezza mm. 30 larghezza mm. 3,5 Giacimento. — Pliocene. Astigiano; rarissima. Nei miei studi precedenti io avevo riferito a L. anatifera una carena dell’Astigiano che fa parte della col- lezione MicHELOTTI nel R. Museo geologico di Roma. Ora, dopo numerosi confronti e nuove ricerche sulle specie viventi, sono alquanto dubbioso su questa determinazione. Le strette, strettissime analogie fra questa specie e la L. Hi, il rinvenire le due specie quasi sempre associate, i molteplici errori commessi dagli autori nelle determinazioni degli esemplari viventi, mi hanno indotto a sospendere il primitivo giudizio. A queste considerazioni bisogna ancora aggiungere che la L. Hillii è specie già rinvenuta fossile nel Pliocene mes- sinese, mentre la L. anatifera finora è soltanto conosciuta negliesemplari viventi. Tuttavia i caratteri di questa carena pliocenica più che ad altra specie mi consigliano di riferirla a quella linneana. Infatti essa è curva ad arco e bruscamente revoluta in basso; ha l’apice arrotondato e presenta la forca basale spiccata, colle punte molto divaricate. La colorazione è bianca, la superficie esterna è liscia, il tetto è appianato nella parte superiore e carenato in quella inferiore; presenta linee di accrescimento convesse e si distingue dalle pareti e dalle infrapareti per una colorazione più bianca. Nella parte mediana del tetto si osserva una grossa costola che corre per tutta la lunghezza della piastra. Internamente la carena presenta un largo solco che si restringe alquanto verso la regione umbonale ed in quella superiore. Osservazioni. — Allo stato vivente la L. anatifera si riscontra comunissima in tutti i mari, fissa agli oggetti natanti. Il GruveL (158) ha osservato che la carena di questa specie ha le punte della forca corte e divergenti almeno di 90°; questo carattere si riscontra per bene nell’esemplare da me esaminato. Lepas Saccoi n. sp. — Tav. XIV [II], fig. 10. L. valvis aut lacevibus aut delicate striatis. Scutum margine basali recto et angulo inter marginem occlu- dentem et basalem subrecto. DIMENSIONI Scudo (Torino) . . 0 . o lunghezza mm. 9 larghezza mm. 6 Giacimento. — Miocene. Monte dei Cappuccini (Torino), Baldissero; non rara. Scudo. — È triangolare coll’apice acuto, ed ha la superficie esterna solcata da linee di accresci- mento sempre ben distinte e prominenti; queste linee sono parallele al margine tergo-laterale. La piastra non presenta traccia di linee radianti; essa è rigonfia verso l’angolo basi-tergale e depressa verso l'apice. x Il margine tergo-laterale è curvo verso la regione basale, diventa rettilineo nella parte mediana ed in x quella apicale. Il margine basale è rettilineo, quello di chiusura è pure diritto, leggermente incurvato 270 G. DE ALESSANDRI |64} verso gli angoli basali ed apicali. La prominenza a guisa di carena fra l’umbone e l'apice è abbastanza distinta, ma non molto prominente; essa si riscontra in prossimità del margine di chiusura. Osservazioni. — Di questa specie conosco solamente tre piccoli scudi, raccolti dal sig. E. ForMA nell’ Elveziano del Monte dei Cappuccini presso Torino. Le altre piastre finora non furono rinvenute. La forma di questi scudi è talmente caratteristica e diversa da quella delle specie fossili fino ad ora cono- sciute, che si può ritenere giustificata per essi la formazione di una nuova specie. Rapporti e differenze. — Delle specie fossili conosciute lo scudo che presenta qualche analogia con quelli da me riferiti a Z. Saccoì è quello illustrato dal SEGuENZA sotto il nome di L. mallandriniana SEe., raccolto nel Tortoniano del burrone Bissato, alla marina di Castanea, in provincia di Messina. La specie del SEGuENZA è però ben distinta per avere il margine occludente assai curvo e le dimensioni relative fra la lunghezza e la larghezza affatto differenti da quelle della L. Sacco?, presentandosi cioè più tozza, e quasi tondeggiante. Delle specie viventi quella che ha lo scudo press’ a poco identico alla L. Sacco è la L. testudinata dell’AuRrIVILLIUS che si raceoglie attorno al Capo di Buona Speranza, ma da questa è distinta però per avere il margine basale curvo, sopratutto presso all’umbone e per avere il mar- gine di chiusura lievemente arcuato. Lepas Rovasendai De AL. — Tav. XIV [II], fig. 11. 1895. Lepas Rovasendai G. Dr ALessanpRI. (127), pag. 25, tav. I, fig. 3a, d. 1895. — Hill (pars) G. Dr ALessamnprI. (127), pag. 24, tav. I, fig. 1. 1897. — — G. Dr AnessanprI. (132), pag. 47. 1901. — — —_ (139), pag. 82. DIMENSIONI Scudo esemplare grande (Acqui) lunghezza mm. 16 larghezza mm. 16 » » piccolo (Baldissero) » » 9,5 » » 15) Carena » medio (Sciolze) » » 15 » » 25 Giacimenti. — Oligocene. Arenarie sopra il calcare di Acqui; non rara. . Miocene. Sciolze (regione Mortaro), Baldissero, Rosignano, Marche (Ponte dei Canti presso S. Severino? Caselle presso Camerino? Fabriano?), Umbria (Vallone presso Deruta? Colle Stra- marino? ecc.); non rara. Scudo. — Ha forma triangolare colla superficie esterna segnata da linee più o meno prominenti, pa- rallele al margine tergo-laterale. In alcuni esemplari si notano anche alcune linee radianti dall’ umbone. Il margine occludente è leggermente curvo in fuori, quello tergo-laterale sinuoso, e determina un angolo assai arrotondato col margine basale. Il margine di base è quasi diritto e presenta una piccola curva colla concavità rivolta in basso in vicinanza all’ umbone. L’angolo fra il margine basale e quello di chiusura è quasi retto; il vertice, corrispondente all’ um- bone, è assai arrotondato. La superficie della piastra non è piana, ma spiovente verso il margine tergo- laterale mentre è rigonfia presso quello di chiusura. Lungo quest’ultimo margine corre, ad una distanza uguale circa ad un quarto della larghezza del margine basale, una costola ben distinta e robusta; su di essa si inflettono le linee di accrescimento della piastra. Carena. — È curva in basso e probabilmente sembra incompleta nella sua parte superiore, ester- namente rigonfia e tondeggiante con una piccola costola nella parte mediana; questa costola è ben distinta, e corre dall’apice alla base della piastra. Di essa non mi fu dato osservare che un esemplare assai im- perfetto nella collezione del cav. Dr RovaseNnDA in Sciolze. Tdi [65] G. DE ALESSANDRI Ito Osservazioni. — Questa specie è grandemente affine alla ZL. Hillii. Un esame più accurato mi ha fatto convincere che ad essa si devono riferire gli esemplari dell’Oligocene di Acqui, del Miocene di Ro- signano e di Baldissero che io avevo riferito dapprima (1895-1897) a ZL. HiWlii. Probabilmente le diffe- renze fra le due specie sono assai tenui, e si potrà facilmente riscontrare, nelle future ricerche, che la L. Rovasendai rappresenta la forma ancestrale della vivente L. Hill. La prima è abbastanza frequente nel Miocene italiano, e sembra che essa sia frequente non solo in Piemonte ma anche nello ScAlier di San Severino nelle Marche (Ponte dei Canti) ove la rinvennero il De AncELIS ed il Luzi (133), come pure nel Miocene dell’ Umbria (marne del fosso Vallone presso Deruta, Colle Stramarino, pendice est dei Mor- tani, ecc.) ove la raccolsero il VERRI ed il De ANGELIS (140). Dimodochè sembrerebbe che la L. Rovasendai rappresentasse appunto nel mare miocenico, con la stessa abbondanza di esemplari, la specie attualmente vivente. Aduna specie assai prossima potrebbe riferirsi lo scudo di Zepadido del Miocene di Podzarkou (Gallizia) descritto dal Reuss [(52), pag. 23, tav. 2, fig. 1, 2] sotto il nome di Paecilasma (?) miocenica. Rapporti e differenze. — Lo scudo della L. Ordigryiì Des-Mout., specie che si raccoglie nell’Aqui- taniano della Gironda (Saucats), ha grandi analogie di forma con quelli riferiti a L. f'ovasendai, la sua ornamentazione è quasi identica, perchè anch’esso presenta oltre alle linee di accrescimento abbastanza spiccate, sottili linee radianti dall’ umbone. Le uniche differenze per le quali le due specie si possono forse distinguere sembrano quelle che si desumono dalla forma e dalla ornamentazione della carena, come pure la presenza nella superficie interna dello scudo nella specie dell'Aquitania di una fossetta triangolare, presso all’umbone. Gen. Paecilasma DARWIN, 1851. Riferisco con molti dubbi al gen. Paecilasma una piccola e corta carena ed alcuni frammenti della Stessa piastra provenienti dal Miocene del Piemonte. La carena nel gruppo dei Cirripedi peduncolati, ai quali appartiene il gen. Paecilasma, è la piastra più caratteristica e fornisce buoni caratteri alla sistematica. I generi nei quali questa piastra ha press’ a poco la forma di quella che io imprendo a descrivere, oltre al gen. Paecilasma, sono il gen. Lepas, ed il gen. Dichelaspis. Nel primo genere la carena è sempre for- temente allungata ed il disco nella sua parte inferiore è appiattito. Nel secondo la carena è regolare, allungata, ed il disco nella sua parte inferiore, a seconda della specie, si trasforma o in una coppa pro- fondamente incavata (D. sessilis, D. occlusa, ecc.), oppure è biforcato (D. Lowei, D. Darwintùi, ecc.), oppure è triangolare (D. Aurèvilli, D. Grayi, ecc.), oppure la carena è espansa e col margine tondeggiante in alto (D. Hoeki, D. antiguae, ecc.). In tutti questi casi la carena è sempre abbastanza diversa da quella che io ho avuto in esame e che fu raccolta nel Miocene. Essa, per la sua limitata estensione in lunghezza, a me sembra grandemente affine a quelle del gen. Paecilasma, senza per altro escludere che la medesima si possa anche riferire a qualche specie del gen. Dichelaspis e precisamente. a quelle del gruppo che si avvicinano maggiormente al gen. Paecilasma, quali il D. Warwickti. Al gen. Paecilasma vennero già riferite con dubbio due specie fossili, ed entrambe furono descritte dal Reuss. La prima, Paecilasma (?) dubia [(52), pag. 30, tav. 1, fig. 11; tav. 2, fig. 1], è fondata sopra un piccolo esemplare di carena proveniente dall’ Oligocene di Solingen, ed è di incerta determina- zione, perchè essa può benissimo spettare tanto al gen. Paecilasma, quanto al gen. Zepas, come pure al gen. Dichelaspis. Manca in essa la caratteristica maggiore del gen. Paecilasma, quello di avere l’estremità inferiore della carena notevolmente allargata a disco. La seconda specie del Reuss è la P. (?) miocenica del Miocene di Podzarkow in Gallizia, ed è fondata sopra un solo esemplare di scudo, [i] = DO G. DE ALESSANDRI [66] x che può benissimo spettare anche al gen. Zepas. Allo stato fossile non è possibile distinguere le piastre maggiori spettanti al gen. Zepas da quelle del gen. Pueciasma, a meno che queste si riscontrino tutte al loro posto ed in buono stato di conservazione. Si può solo in linea generale ritenere che lo scudo del gen. Paecilasma è più sviluppato di quello del gen. Lepas, mentre al contrario nel primo genere il tergo si riduce notevolmente, anzi talora scompare. Da ciò possiamo conchiudere che lo scudo di Peduncolato rappresentato dal Reuss potrebbe, come già dissi, con maggior attendibilità riferirsi a Lepas, tanto più se si tien conto che il gen. Lepas è assai comune nel bacino mediterraneo, mentre il gen. Paecilasma appartiene ai mari sub-tropicali. Il gen. Paecilasma allo stato vivente è rappresentato da undici specie le quali si riscontrano nei bassifondi marini, quasi sempre fissi su Crostacei, raramente sopra Echini. Paecilasma (?) sp. — Tav. XIV [II], fig. 12. DIMENSIONI Carena (Baldissero) . 0 o lunghezza mm. 4,5 larghezza mm. 1,2 Giacimento. — Miocene. Baldissero; rarissima. To non ho dato di questa forma la diagnosi perchè essa è conosciuta troppo imperfettamente, mi li- mito quindi a descrivere l’unica piastra rinvenuta. Carena. — È breve, tozza, piegata quasi a gomito, esternamente convessa ed internamente concava. Ha un disco basale largo, quasi subquadrangolare e che si attacca con una curva un po’ inflessa alla ri- manente parte della piastra. La sua lunghezza è circa un terzo dell’intiera lunghezza della carena; internamente è concava, con una porzione centrale depressa, e che è in continuazione della doccia che corre per tutta la lunghezza della piastra. La carena è leggermente dilatata nella parte superiore ed ha la superficie esterna solcata da finissime linee di accrescimento, parallele al margine superiore, e che si inflettono sopra una linea mediana. L’umbone è curvo; assai prominente. Osservazioni. — Gli unici esemplari che ho avuto in esame e riferiti a questo genere furono raccolti dal sig. E. Forma nell’Elveziano di Baldissero (zona a Pentacrinus Gastaldii Micat.) e si conservano nel R. Museo geologico di Torino. i Rapporti e differenze. — La specie vivente colla quale questa carena presenta qualche lontana analogia è il P. eburneum Hinps, che vive nei mari della Guinea. La carena però di quest’ultima specie non è espansa nella parte superiore ed ha il disco di forma ovale, con un piccolo accenno nella parte inferiore ad una biforcazione, ed è per questo carattere distinta da quella della specie fossile. Sott' Ordine Opercolati, Tribù degli Asimetrici, Fam. dei Verrucidi, Gen. Verruca ScHumacHER, 1817. La famiglia dei Verrucidi per la costituzione anatomica e per lo sviluppo embriogenetico rappre- senta un gruppo che ha caratteri promiscui fra i Cirripedi peduncolati e gli Opercolati simetrici, e quindi di passaggio fra gli uni e gli altri. ho I dv [67] G. DE ALESSANDRI Il numero conosciuto delle specie viventi è abbastanza considerevole; il GRuvEL ne annovera 25, ad esse bisogna aggiungere la V. romettensis Sec., che secondo il SEGUENZA è vivente nel Mediterraneo. Invece le specie fossili, fino ad ora illustrate, sono scarse, tanto più se si tien conto che il gen. Verruca si riscontra anche negli strati della Creta ove presenta due specie, la V. prisca Bosa. e la V. pusilla Bosa. Probabilmente ciò deve attribuirsi alle piccole dimensioni di questi Cirripedi ed alla facilità che ha la conchiglia loro di disgiungersi nelle singole piastre. Il SecuenzAa ha riscontrato di questo genere cinque specie fossili nel Pliocene dell’Italia meridionale; una di esse che si raccoglie altresì nel Pliocene e nel Quaternario dell'Inghilterra e della Scozia, fu recentemente riscontrata nel Pliocene dell’Astigiano. Come io avevo già preveduto, nei miei studi anteriori, questo genere presenta avanzi che fino ad ora non furono ravvisati nel Miocene dell’Italia superiore. Le ricerche fortunate del sig. E. Forma nell’Elvye- ziano torinese hanno fatto conoscere tre sue specie delle quali due nuove e che sono rappresentate da numerosi esemplari, sempre però di piccolissime dimensioni ed a piastre disgiunte. I Verrucidi sono proprii di tutti i climi, vivono a grandi profondità, non mai in vicinanza dei litorali. Verruca Stròmia Min. -— Tav. XIV [II], fig. 13-17. 1776. Lepas Stromia MiLrer 0. Zoologia danica. Prodr., n.° 3025. 1854. Verruca — Darwin C. (41), pag. 518, tav. 21, fig. 1a-f. 1855. —_ —_ — (42), pag. 42, tav. 2, fig. 9a, db. 1873-76. — — SeGuenza G. (64), parte 1, pag. 69, tav, fig. 2, 2a-f. 1895. — — Dx Arressanpri G. (127), pag. 77, tav. II, fig. 11. DIMENSIONI Conchiglia completa (Valle del Lamato) altezza —mm.5 diametro maggiore mm.9,5 diametro minore mm. 5 Scudo mobile (Messina) : 5 . lunghezza » 1,8 larghezza » 5_Il Tergo » (Baldissero) . è ò » DIVI » » 2 Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero; non rara. Pliocene. Astigiano, Monteleone-Calabro, Reggio-Cal. (Teretri, Nasiti, Testa del Prato, Valle del Messinese presso Gioiosa-Jonica, Gallina, ecc.), Messina (S. Filippo, Rometta, Gravitelli, ecc.); non rara. Pleistocene. Valle del Lamato (Prov. di Catanzaro), Reggio-Cal. (Pezzo, Villa S. Gio- vanni, Monosterace, Archi, Pantani, Bovetto, Ravagnese, Musala, ecc.), Messina (Milazzo, ecc.), Ficarazzi (Palermo); non rara. 3 La V. Stromia può ben considerarsi come una delle forme più tipiche della fauna europea e del mar Rosso. La sua grande diffusione, sia allo stato vivente, come allo stato fossile, ha stabilito per essa una grande notorietà, anzi si può dire che fra le Verruche è la più conosciuta dai naturalisti; ciò dipende dall’avere essa caratteristiche così spiccate che con nessuna altra specie può confondersi. Prime fra le medesime sono le numerose costole compartimentali, poi la prominenza delle costole oblique sulle parti marginali dei compartimenti, infine la disposizione speciale delle creste articolari nello scudo mobile e la forma del tergo mobile. Allo stato vivente la V. Stromia è comune nei mari del Nord, nel Mediterraneo, e nel mar Rosso. Fossile in Italia fino ad ora era soltanto conosciuta nel Pliocene e nel Pleistocene della parte meridionale, ove l'hanno raccolta il PHirippi, il Costa ed il SEGUENZA. Recentemente io ho riscontrato questa specie Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. Sd 274 . G. DE ALESSANDRI |68] anche nel Miocene dei Colli di Torino e nel Pliocene dell’Astigiano. Nei Colli torinesi si presenta sempre con esemplari a piastre disgiunte, e delle sei piastre che costituiscono la conchiglia del gen. Verruca cinque ne ho rinvenute fossili fra il materiale che mi ha comunicato il sig. E. Forma. Queste piastre sono: il tergo mobile, lo scudo fisso, il tergo fisso, la carena ed il rostro. Non mi fu possibile per quante ricerche poste- riori io abbia fatto di rinvenire lo scudo mobile. Fui alquanto dubbioso se riferire a questa specie lo scudo mobile che ho ascritto a V. miocrebdicosta e figurato (Tav. XIV [II], fig. 18 @,0), scudo che ha numerose creste articolari di cui alcune si spingono a raggiungere il margine basale come nella V. Stròmia. Il dubbio era accresciuto dal fatto che il GruveL [(143), pag. 100] a proposito di questa specie aveva osservato come negl’individui viventi vi siano talora grandi differenze di forma e di ornamentazione fra gli uni e gli altri. Ma esaminando accuratamente l’ornamentazione, lo sviluppo ed il numero delle creste articolari dello scudo miocenico e confrontandolo con quelli tipici figurati dal DARWIN e dal SEGUENZA, mi sono persuaso essere più attendibile il suo riferimento a V. miocrebicosta. Le altre piastre corrispondono assai bene per la forma loro, alle figure ed alle descrizioni degli autori, quantunque in generale in esse si noti una tendenza ad avere le superficie esterne lisce, non finamente costulate come generalmente presentano gli esemplari viventi. Questi esemplari quindi si accostano grandemente alla V. Zaevigata Sow., specie che con grande probabilità rappresenta una varietà a piastre lisce della V. Stromia Munn. Questo fatto era già stato osservato anche dal Secuenza negli esemplari da lui raccolti nell'Italia meridionale, ed ascritti a V. crebicosta, specie assai affine a questa. Tergo mobile. — Ha forma irregolarmente romboidale, è assai acuminato verso l’angolo basi-scutale, ove presenta una spiccata prominenza dovuta allo sviluppo della cresta articolare inferiore. Le due creste articolari superiori sono press’ a poco di egual forma e sviluppo, finamente costulate lungo il margine scu- tale da strie di accrescimento parallele ai loro lati liberi. La superficie del tergo mobile resta divisa dalla cresta inferiore in due porzioni triangolari press’ a poco uguali; l’area libera è finamente striata da linee di accrescimento rette, parallele al margine basale. Internamente la piastra è quasi liscia con una piccola depressione a guisa di solco lungo la linea mediana, solco che dall’apice va all'angolo basi-scutale. Superiormente presso all’apice, che è leggermente ricurvo, la piastra presenta lungo i margini carenale e scutale due cordoni appiattiti, abbastanza rilevati. i Generalmente nelle altre specie di Verruche raccolte sui Colli di Torino il numero fra le piastre spettanti ad individui destri e quelle spettanti ad individui sinistri è quasi identico; nella V. Stròmia i terghi mobili spettano tutti allo stesso lato, e non ho trovato gli.omologhi di lato differente. Seudo fisso. — È irregolarmente triangolare nella parte compartimentale, e solcato da numerose co- stoline longitudinali, le quali sono finamente increspate da abbondanti linee di accrescimento. Ai margini si osserva una lamina un po’ più bassa del livello compartimentale, lamina di forma triangolare, e che ha una lunghezza uguale circa alla metà dell’ intera lunghezza dello scudo fisso. Il lato inferiore o basale è lievemente curvo in alto. La piastra presenta numerose linee di accrescimento parallele alla base su tutta la sua superficie; lungo il margine col quale essa si unisce alla regione parietale, pre- senta due pieghe o lamelle imbricate di cui una rudimentale. Internamente la piastra è curva, con una lamina adduttrice lievemente arcuata e rivolta verso il margine libero della lamina marginale. Tergo fisso. — Ha la porzione parietale triangolare, ma non molto acuminata, con numerose costo- line divaricanti dall’apice e che si estendono su tutta la superficie della piastra; queste costoline sono regolarmente increspate da linee di accrescimento. Le lamine marginali sono press’ a poco uguali in su- perficie, hanno forma triangolare, ed una lunghezza uguale press’ a poco alla metà della porzione comparti- mentale; la loro superficie, come quella della piastra, è curva e presenta fitte linee di accrescimento. Inter- em [69] G. DE ALESSANDRI 275 namente la piastra ha una larga doccia nella porzione parietale inferiore, è piana superiormente e nella parte interna delle lamine marginali presenta due cordoni appiattiti, che dall’apice si spingono lungo i margini superiori delle lamine. Carena e Rostro. — La forma e le dimensioni di queste due piastre sono abbastanza disuguali. Le porzioni periferiche per le quali le piastre si saldano al tergo fisso ed allo scudo fisso, presentano lamine strette, appena percettibili, mentre esse sono discretamente sviluppate nelle specie viventi. I margini per cui le due piastre si uniscono assieme presentano parecchie lamine colle estremità libere sporgenti, dimodochè i margini connessurali delle piastre sono frastagliati; tali lamine variano di numero, sono rilevate sul piano parietale e sono finamente increspate da linee di accrescimento. Le costoline delle porzioni parietali sono in numero vario, però in generale non sono molto numerose, nè soverchiamente Spiccate. Mentre che nelle altre specie di Verruche da me studiate e raccolte pure nei Colli di Torino le piastre compartimentali erano di gran lunga superiori in numero ai terghi mobili, in questa specie av- viene precisamente il contrario, cioè le altre piastre sono relativamente scarse, il tergo mobile invece è rap- presentato da una decina circa di esemplari. Nel Pliocene dell’Astigiano fu rinvenuta dal sig. E. ForMa una piastra compartimentale (rostro) che io riferisco a questa specie. Le sue dimensioni sono alquanto maggiori di quelle della piastra omologa che si rinviene nel Miocene di Torino, ma la forma, l’ornamentazione, la posizione delle lamine corri- spondono per bene a quelle degli esemplari miocenici ed a quelli viventi. Fuori d’Italia la V. Stròmia fu rinvenuta nel coralline-crag di Sutton e nel red-crag di Walton ed Fssen, come pure nel Pleistocene dello Scotland e secondo il Sars (49), nelle formazioni di Killebo in Rakestab (Norvegia). î Allo stato vivente questa specie si raccoglie sulle conchiglie dei Gasteropodi, sulle valve dei Lamelli- branchi, sui Corallari, od anche fissa sulle rocce; fossile fu raccolta su Pecten, Mytilus e Pachylasma, quasi sempre però essa presenta le piastre disciolte. Verruca miocrebicosta n. sp. — Tav. XIV [II], fig. 18-23. V. testae parictibus laevibus striis incrementi segnatis, costis arearum articulationem valvarum angustis, pro- minentibus, subsquamosis; scuti mobili duabus magnis costi longitudinaliter dispositis ornato, duabus crestis ar- ticularibus, superiore parva ; tergi mobilis cristis articularibus quinque, mediana longa et prominenti. Scuto immobili majore quam carina adductoris muscoli crista et lamina distineto. DIMENSIONI Scudo mobile (Baldissero) 6 lunghezza mm. 2,75 larghezza mm. 1,30 Tergo » (Torino) . ò » » 3 » » 2,40 Giacimento. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero; non rara. Questa specie è quella che del genere Verruca si riscontra più frequentemente nell’ Elveziano di To- rino e Gi Baldissero. Come tutte le altre Verruche mioceniche si raccoglie sempre a piastre disgiunte. Queste piastre, tipicamente costulate, sono caratteristiche delle sabbie verdi a Pentacrinus Gastaldi MicaT., e di esse mi fu dato poter esaminare buon numero di esemplari. Abbondano sopra gli altri i rostri ed i terghi fissi. s Di G. DE ALESSANDRI [20] Scudo mobile. — Ha la superficie piana, solcata da costole che dalle vicinanze dell’ apice si spin- gono al margine basale, il quale per le sporgenze delle medesime è fortemente dentato. Avendo io di questa piastra un solo esemplare non mi fu possibile osservare la costanza nel numero e nella dispo- sizione di queste costole. Le linee di accrescimento sono numerose, equidistanti fra di loro, ed abbastanza spiccate; esse s’inflettono sulle due costole longitudinali, in modo che le medesime sembrano squamose ed embricate. La costola mediana è la più spiccata e si spinge fino all’apice, ma per le dimensioni e l’orna- mentazione è perfettamente simile alle altre. Le creste articolari sono due; una arriva press’a poco ai tre quarti della lunghezza della costola mediana; l’altra è un po’ meno della metà: entrambe hanno il margine inferiore o basale fortemente curvo ed abbastanza sporgente. Le dimensioni loro in confronto colla costola mediana sono limitate; generalmente sporgono pochissimo dal margine tergale, e sono strettamente aderenti ad esso. Il margine occludente è abbastanza curvo; l’apice è arrotondato; internamente attorno all'apice e lungo il margine occludente, vi è il solito cordone appiattito e la cavità del muscolo adduttore spiccata e tondeggiante. Tergo mobile. — Ha forma irregolarmente quadrangolare con una grossa costola mediana molto curva e sporgente che corre assai prossima al margine carenale, ma non arriva fino al margine superiore od apice della piastra; essa si arresta un po’ prima presso una piccola elevazione umbonale dalla quale divaricano le creste articolari e le costole delle medesime. Il margine carenale è quasi retto; la regione interposta fra esso e la costola mediana è stretta e segnata da, linee di accrescimento numerose, ben distinte e parallele al margine basale. Il margine ventrale porta cinque creste articolari, delle quali la superiore è assai più sviluppata delle altre, ed ha in alto il margine esterno libero assai rialzato, dimo- dochè la piastra acquista la forma subquadrangolare. Le estremità delle varie creste sono lievemente spor- genti, e conferiscono al margine scutale un aspetto flessuoso e crenulato. Tutta la superficie delle creste articolari è solcata da linee di accrescimento ben spiccate, e come nello scudo mobile, esse conferiscono alla piastra un aspetto quasi squamoso. Internamente il tergo mobile è concavo, con una piccola porzione rinforzata presso all'apice e lungo i lati carenali. Scudo fisso. — È una piastra che presenta forma abbastanza varia nei diversi individui, pur pre- sentando sempre la caratteristica di una lamina convessa, acuminata e curva a becco presso all’apice, con una linea diagonale, o rialzo a guisa di costola, che dall’angolo fra la base ed il margine tergale si spinge all’apice. Questo rialzo o linea diagonale divide la porzione parietale da quella marginale; quest’ultima è assai più ampia della prima; in entrambe si osservano linee di accrescimento fine, non molto fitte e ricurve che s'incontrano ad angolo sulla linea mediana. La lamina marginale presenta inferiormente da due a tre grosse pieghe di forma e di sviluppo assai vario. Le creste che servono di attacco al tergo fisso sono assai strette ed in alcuni esemplari quasi impercettibili. Internamente la piastra è curva con la cavità adduttrice quasi circolare e posta in alto, in vicinanza, all’apice. Tergo fisso. — Presenta la regione parietale in forma di triangolo allungato, colla base che non arriva in lunghezza alla metà dell’altezza. Le due lamine marginali sono entrambe triangolari, appianate e solcate da linee crenulate, fitte e parallele alla base. La più limitata in isviluppo è quella che unisce la piastra allo scudo fisso; consta di due parti, una superiore a guisa di cordone appianato, l’altra depressa, più sottile ed assai curva. La seconda lamina marginale è più grande, ha il margine libero rinforzato e sopraelevato e che forma col margine di base della lamina un angolo assai acuto, anzi talora curvo in basso. La regione parietale presenta in alcune piastre la superficie con costole e pieghe irregolari, longitudinali massime presso alla base e linee transverse di accrescimento fine e fitte. Internamente la piastra è curva colla cavità addut- trice di forma circolare e posta presso alla base. di [71] G. DE ALESSANDRI PAT Carena e Rostro. — Queste due piastre hanno forma e dimensioni affatto distinte e presentano affinità per avere entrambe le regioni parietali con pieghe irregolari ed assai varie di numero e di sviluppo, che in alcuni esemplari sono talora appena percettibili. Queste regioni parietali sono in entrambe le piastre solcate da linee di accrescimento irregolari, flessuose, non molto fitte. La regione marginale che serve ad unire le due piastre è in entrambe coperta da lamelle numerose e spiccate le quali, appunto come negli esemplari della specie affine V. crebicosta SEG., sono quasi parallele al margine basale delle piastre. Queste lamelle terminano inferiormente con margini assai sporgenti, in modo che la sutura loro è assai spezzata; esse hanno la superficie coperta da linee di accrescimento molto spiccate e parallele a queste sporgenze basali. Ne consegue che esse, come nello scudo mobile e nel tergo mobile, si presentano crenulate e quasi squamose. Al disopra dell’umbone il rostro presenta una parte marginale che lo circonda, dandogli la forma arrotondata, od elissoidale; quest'area sopraumbonale è solcata da costole sporgenti, abbastanza numerose e colla superficie crenulata. Il margine libero o superiore delle costole è fortemente sporgente, in guisa che il margine superiore della piastra è finamente dentato. Questi denti servono ad unire supe- riormente il rostro alla parte inferiore dello scudo mobile il quale presenta, come abbiamo visto, la linea basale spiccatamente dentata e lateralmente servono ad unire il rostro allo scudo fisso. Internamente il rostro è concavo e presenta lungo il margine basale un ispessimento a guisa di cordone appiattito. La carena nell’interno è pure concava, senza depressioni speciali spiccate, e si presenta ispessita lungo i margini superiore o di attacco col tergo mobile, e con quello di connessura col tergo fisso. Rapporti e differenze. — A tutta prima io avevo riferito questi esemplari a V. crebdicosta Sxa., specie che si raccoglie nel Pliocene del messinese, ulteriori considerazioni mi hanno spinto a conside- rarli come spettanti ad una specie un po’ diversa, quantunque assai affine, da quella del SecueNZzA. Le dif- ferenze sostanziali per cui le due specie si distinguono sono: nello scudo mobile l’esemplare miocenico ha le creste articolari più ravvicinate e prive dello spazio marginale levigato che è interposto fra loro, inoltre presenta costole longitudinali meno numerose ma più sviluppate; nel tergo mobile l’esemplare miocenico ha cinque creste e la costola mediana assai più lunga; la regione fra la costola mediana stessa ed il margine carenale dell'esemplare miocenico è assai, più ristretta di quella degli esemplari pliocenici e la superficie esterna più irregolare, perchè l’umbone è più eccentrico. Nello scudo fisso degli esemplari della V. miocrebdicosta le lamine di attacco col tergo fisso sono appena percettibili e non sporgenti come in quelli della V. crebicosta; infine il tergo fisso presenta negli esem- plari del Miocene piemontese la lamina marginale più sviluppata, e formante un angolo fortemente acuto anzi talora acuminato e al punto di congiunzione del lato basale col margine libero. Le altre pia- stre presentano forma più irregolare, hanno i margini meno rettilinei anzi quasi sempre dentati; inoltre le costole della superficie esterna sono meno°numerose, ma più sviluppate in dimensioni. Non si può però disconoscere che la V. miocrebicosta rappresenti molto probabilmente la forma atavica od ancestrale della V. crebicosta. La specie vivente che con questa e con la V. crebicosta ha maggiori affinità è, come il Seguenza ha osservato, la V. nexa DARWIN, specie che vive nelle Indie Occidentali. Essa tuttavia se ne distingue per un complesso di piccole differenze nell’ornamentazione e nella struttura. Osservazioni. -— È notevole il fatto che anche questa specie dotata di numerosi denti nelle linee marginali delle sue piastre, denti che s’internano strettamente gli uni negli altri, si presenti uni- camente colle piastre disgiunte. Il numero delle piastre raccolte dipende naturalmente dalla solidità loro ed anche dalle loro dimen- sioni, essendo più facili ad andar disperse le più piccole, ossia quelle che costituiscono l’ apparato oper- 278 G. DE ALESSANDRI [72] x colare mobile. Così mentre il numero dei rostri, dei terghi fissi e degli scudi fissi è considerevole, anzi abbondante, quello delle carene è più scarso; gli scudi mobili ed i terghi mobili sono eccessivamente rari e di essi mi fu dato aver in esame un solo esemplare per ogni piastra. Tanto sui Colli torinesi, quanto a Baldissero questa specie non sembra rara e gli esemplari delle due località sono perfettamente uguali, sia per le dimensioni, come per la struttura; essi però sono assai meno sviluppati di quelli dell’Italia meridionale che il SeGuEnzA ha riferito a V. crebicosta. Verruca Gruveli n. sp. — Tav. XV [III], fig. 1-6. V. testa laevi: scuto et tergo immobilibus fere subaegualibus, costis arearum articolationem valvarum plana- tis, scuti mobilis crista articulari superiore fere nulla, inferiore lata et ionga, obblique truncata; tergo mobili longitudine latitudinem aequante, crista articulari superiore inferiori aequali, crista mediana magna produeta, truncata. DIMENSIONI Scudo mobile (Baldissero) lunghezza mm. 2,75 larghezza mm. 2 Tergo » » » » 2,50 » » 2,50 Giacimento. — Miocene. Colli di Torino, Baldissero; frequente. Scudo mobile. — Ha la superficie esterna quasi piana, solcata da linee di accrescimento lievemente sinuose e parallele al margine basale. Il margine occludente è curvo, l’apice è alquanto acuminato, ma non ricurvo. La cresta articolare superiore, quando esiste, è appena appena percettibile, e corre presso il margine della cresta inferiore, fino ad una distanza uguale a circa la metà lunghezza della cresta inferiore stessa. Quest’ ultima è triangolare ed ha il margine inferiore ondulato, disposto obliquamente all’asse della piastra. La lunghezza di questa cresta è uguale ai due terzi dell’intiera lunghezza della piastra; la superficie è segnata da linee di accrescimento non molto fitte, parallele al margine inferiore. Fra l’apice e l’angolo basi-tergale si trova sulla piastra un rialzo triangolare un po’ sporgente dal piano di essa, il quale, come le creste articolari, è diritto e più corto della rimanente parte dello scudo, in guisa che determina una piccola rientranza angolare lungo il margine basale. Internamente la piastra presenta cordoni appiattiti lungo i margini occludente e tergale ed una cresta mediana per il muscolo adduttore. Tergo mobile. — È di forma irregolarmente quadrangolare coll’ angolo basi-carinale retto, ed il margine carenale un po’ curvo. La sua superficie esterna, come quella dello scudo, è solcata da linee non numerose, parallele alla base; il margine basale è quasi rettilineo. La cresta articolare superiore ha il margine libero quasi parallelo al margine basale del tergo mobile, ciò che conferisce alla piastra un aspetto caratteristico. La larghezza della cresta articolare superiore è uguale a quella della cresta inferiore, il margine basale, cioè opposto all’apice, è in entrambe curvo, però più arcuato in quella su- periore. La loro lunghezza è press’ a poco uguale alla metà della lunghezza della piastra. La costola mediana della piastra è appiattita e quasi uguale in isviluppo alle creste articolari; la sua estremità inferiore è obliqua al margine basale ed è alquanto sporgente. Internamente il tergo mobile è piano, presenta però in alcuni esemplari due solchi non profondi in corrispondenza delle connessure colle creste articolari ed un cordone appiattito lungo il margine carenale. Scudo fisso. — Ha forma irregolarmente quadrangolare colla superficie esterna ricurva, solcata da linee di accrescimento poco numerose. La piastra è divisa in due parti da una costola mediana, in adi {73] G. DE ALESSANDRI 279 guisa che la parte periferica è maggiore quasi di un terzo della parte parietale. La porzione periferica minore in alcuni esemplari è appena percettibile, in altri no. La lamina adduttrice interna è ben spiccata, curva a semicerchio, e rivolta in basso verso la base della piastra. Tergo fisso. — Come lo scudo fisso, ha la superficie ricurva e la forma irregolarmente quadrango- lare. La parte marginale posta a fianco dell’orlo carenale ha forma triangolare, è appianata e presenta il margine inferiore quasi rettilineo. Questa regione ha la superficie solcata da linee crenulate, pa- rallele al margine basale ed ha una lunghezza uguale a tre quarti dell’intiera lunghezza della piastra. La regione parietale è essa pure triangolare, ha la superficie liscia ed il margine basale quasi rettilineo. Sul margine di connessura collo scudo fisso si nota una piccola lamella, anch'essa triangolare, che è assai depressa, ed ha il margine basale curvo. | La superficie interna è incurvata e la sporgenza della lamina adduttrice è, come nello scudo fisso, note- volmente eretta e striata colla convessità rivolta verso il margine basale. Carena e Rostro. — Queste due piastre sono abbastanza somiglianti fra di loro; la porzione per la quale si saldano allo scudo fisso ed al tergo fisso è liscia e rettilinea in entrambe; l’altra porzione colla quale si saldano assieme presenta inferiormente piccole lamelle triangolari, embricate e sporgenti in guisa che la linea di-connessura rimane obliqua. Le lamine sono generalmente poco distinte fra di loro, talora appena percettibili. Internamente le due piastre sono curve e cave; il rostro presenta una porzione sporgente e sopraelevata presso all’apice, porzione che ha forma triangolare e la superficie striata da linee di accrescimento. La carena ha due cordoni appiattiti che dall’apice si dirigono lungo i margini superiori. Rapporti e differenze. — Questa specie si raccoglie costantemente colle piastre disgiunte. Io sono stato lungamente indeciso se le differenti piastre che ho riferito ad essa appartenessero ad una specie sola od a due distinte. Le affinità di forma e di ornamentazione fra lo scudo mobile ed il tergo mo- bile sono tali che non vi può essere dubbio nel ritenerli parti di un’unica specie, ma le affinità fra lo scudo fisso ed il tergo fisso sono meno evidenti. In entrambi tuttavia la superficie esterna è ricurva ed individualmente le due piastre corrispondono assai bene alle omologhe della V. Zanclea SEG., che è una specie assai affine a questa. La carena ed il rostro hanno fra di loro buoni rapporti di affinità, ma l’or- namentazione degli esemplari che io ho esaminato e disegnato è un po’ varia, presentando il rostro so- vente una maggiore o minore imbricazione nelle lamelle. La forma però di entrambe queste piastre, e la loro sporgenza interna sono corrispondenti per posizione e per forma a quelle della piastra omologa della V. Zanclea Sec. Malgrado queste incertezze io, per un complesso di piccole affinità, ho ritenuto spettare le piastre descritte ad un’unica forma che ha senza dubbio grandi affinità alla V. Zanclea Sea. del Plio- cene siciliano, anzi io l’avrei ad essa riferite se non si riscontrassero fra questi esemplari e quelli del Se- GUENZA differenze abbastanza spiccate. Le piastre maggiormente differenziate sono: 1.° il tergo mobile che ha le creste articolari più irregolari e la costola mediana assai più sviluppata di quanto si osserva negli avanzi del Seeuenza e che in taluni esemplari ha la superficie interna con scanalature o doccie in cor- rispondenza alla connessura delle creste articolari, scanalature che non si trovano nella V. Zanclea; 2.° lo scudo fisso che ha la superficie esterna con ornamentazione differente e che nella forma è pure assai diverso, anzi molto prossimo agli scudi della V. romettensis SEG.; 3.° il tergo fisso che manca di una seconda lamella rudimentale presso all’orlo carenale, lamella che è peculiare della specie del SEGUENZA; 4.° per lo scudo fisso che nella superficie interna ha la lamina adduttrice ricurva in basso, mentre è rivolta in alto nella V. Zanclea. Una specie che ha pure con questa qualche analogia è la V. prisca Bosquer, del Cretaceo del Belgio x e dell’Inghilterra. La forma generale della piastra è identica nelle due specie, ma è differente lo svi- 280 G. DE ALESSANDRI [74] luppo delle lamelle nello scudo mobile, e la direzione ed il numero delle linee di accrescimento, tanto nelle regioni parietali, quanto nelle lamelle stesse. Delle specie viventi nessuna di quelle che a me sono note si avvicina per ornamentazione e per forma delle piastre alla V. Gruveli De AL. L'unica che ha per la porzione parietale delle piastre qualche lontana analogia con questa è la V. laevigata Sow., ma lo sviluppo delle creste articolari dello scudo e del tergo mobile e molte altre differenze strutturali nelle piastre compartimentali la distinguono spiccatamente. Osservazioni. — Questa specie è abbondante nel Miocene dei Colli di Torino e di Baldissero. Delle diverse piastre quella più comune è lo scudo fisso, rari sono la carena ed il rostro, rarissimi, come di consueto, lo scudo mobile ed il tergo mobile. Tutti gli esemplari esaminati presentano notevoli varia- zioni individuali nella forma e nell’ornamentazione. To ho distinto questa specie col nome dell’illustre professore dell’ Università di Bordeaux che coi suoi studi sui Cirripedi viventi ha sviscerato così profondamente ed illustrato la struttura embriogenetica e la costituzione anatomica loro. i Tutti gli esemplari che io ho avuto in esame furono raccolti dal sig. E. Forma e si conservano nel R. Museo geologico dell’ Università di Torino. Tribù dei Simetrici. Fam. degli Detomeridi, Gen. Pachylasma Darwin, 1854. Il genere Pachylasma allo stato vivente si riscontra solo nel Mediterraneo e nella Nuova Galles del Sud, per errore io nei miei stud: precedenti ho asserito essere questo genere proprio dei mari italiani. Il gen. Pachylasma vive nei mari profondi, quasi sempre fisso alla Mi//epora aspera Lx.; talora è asso- ciato al B. tulipiformis. Fossile questo genere fu riscontrato, fino ad ora, unicamente nella penisola italiana. Esemplari spet- tanti ad esso furono raccolti anche nel Miocene dell’Italia settentrionale ed è quindi cosa assai probabile che anche negli altri giacimenti miocenici del bacino mediterraneo il gen. Pachylusma possa rinvenirsi. Le conchiglie dei Cirripedi che si rinvengono fossili tanto nei depositi pliocenici quanto in quelli mio- cenici presentano quasi sempre dimensioni più sviluppate nel Pliocene; nel gen. Pachylasma gli avanzi del Miocene presentano generalmente le stesse dimensioni, anzi talora anche maggiori di quelle del Pliocene. È da notarsi, d’altra parte, come gli esemplari pliocenici del gen. Packylasma che si rinvengono nel Terziario del messinese, come DARWIN stesso aveva osservato, e come successivamente ha confermato il SEGUENZA, presentino dimensioni maggiori di quelli attualmente viventi nei mari limitrofi. Pachylasma giganteum Pai. sp. — Tav. XV [III], fig. 7-13. 1836. Chthamalus giganteus Prupri. Enumerat. mollusc. Siciliae, vol. I, pag. 250. 1854. Pachylasma giganteum Darwin C., (41) pag. 477, tav. 19, fig. Da-d. 1873-76. — — SecueNza G., (64) parte I, pag. 63, tav. III, fig. 2, 2a-p, parte II, pag. 91. 1895. — — Dr AressanprI G., (127) pag. 76, tav. III, fig. dare. Lai [75] G. DE ALESSANDRI 28] DIMENSIONI Conchiglia (Gravitelli) altezza mm. 36 diametro maggiore mm. 35 diametro minore mm. 29 Scudo (Borgio-Verezzi) lunghezza » 24 larghezza si DG Tergo (Messina) » » 22 » > lg Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino (Val Sanfrè, Pino, ecc.), Baldissero, Borgio-Verezzi (Li- guria); raro. Pliocene. Messina (Rometta, Gesso, Barcellona, Milazzo, Collaina, ecc.), Reggio Cal. (Testa del Prato, Pezzo, Valanidi, ecc.); frequente. Pleistocene. Reggio Cal. (Villa San Giovanni, Pantani, ecc.), Messina (Trapani, Scoppo, Gravitelli, ecc.); frequente. La forma e l’ornamentazione della conchiglia del P. giganteum è così caratteristica che con nessuna altra specie essa può confondersi. Generalmente allo stato fossile si rinviene a piastre disciolte, che per il loro notevole spessore e per la loro robustezza sono quasi sempre in buono stato di conservazione. L’unica conchiglia intiera da me esaminata, spettante a questa specie, è quella rinvenuta a Gravitelli nel messinese e che si conserva nel R. Museo geologico di Firenze. Ha forma convesso-conica, schiacciata, assai irregolare, ed ha la superficie dei compartimenti con pliche irregolari, ondulate, anzi festonate, pa- rallele fra loro, le quali sono intersecate da solchi longitudinali. Iradii sono solcati da fitte strie assai oblique al piano di base, parallele fra di loro ed hanno il margine superiore fortemente obliquo alla base; le ali sono assai ristrette, quasi ortogonali al piano dei compartimenti, col margine superiore pure convergente sul piano della base. L'apertura è pentagonale, acuminata verso il compartimento rostrale; la guaina è segnata da numerosissime linee di accrescimento ed ha un considere- vole sviluppo. La colorazione della conchiglia e dei radii è bianca. Gli scudi di P. giganteum sono frequenti in tutte le collezioni; nei RR. Musei di Palermo, di Firenze, di Roma, in quello civico di Milano si conservano numerosi esemplari del Pliocene e del Pleistocene della Provincia di Messina e di Reggio. Questi scudi sono caratteristici per la loro forma triangolare, sub- isoscele con grosse costole ondulate, parallele al lato di base e che si continuano sui margini tergale ed occludente. Dall’apice della piastra irradiano alcuni solchi longitudinali che si spingono al margine di base; sulla superficie interna si notano una larga cavità per il muscolo adduttore ed il rialzo tergale lungo, non molto prominente, ed un po’ curvo. Il tergo raramente si rinviene allo stato fossile; come nelle specie viventi è triangolare, un po’ ricurvo, ha lo sperone tozzo e poco sporgente, presenta la superficie esterna colla stessa ornamentazione dello scudo, ed internamente ha il rialzo articolare curvo e ben distinto. In alcune località del Pliocene antico dell’Italia meridionale, gli avanzi del P. giganteum sono così abbondanti che il SEGUENZA rinvenne rocce dovute quasi per intiero al loro agglomeramento; meno ab- bondanti questi avanzi si presentano nel Pliocene superiore delle stesse regioni. Scarso invece è nel Miocene ove finora si raccolsero pochissimi esemplari. To ho già citato nei miei studi precedenti (127) una piastra (scudo) di questa specie raccolta dal cav. DI RovasenDa nell’Elveziano di Baldissero (prov. di Torino); posteriormente il dott. AtrAGHI raccoglieva un altro bellissimo esemplare di scudo nel Miocene medio di Borgio-Verezzi, presso Finale (Liguria). Questo esemplare per la forma, per l’ornamentazione esterna, per lo sviluppo del rialzo articolare e per la cavità del'muscolo adduttore corrisponde appieno alle forme plioceniche del messinese. Infine il sig. E. Forma di Torino mi ha comunicato in questi giorni un frammento del compartimento Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 35 282 G. DE ALESSANDRI [76] carino-laterale di un Packylasma, che con grande probabilità può spettare alla stessa specie già rinvenuta in Piemonte, cioè al P. giganteum. Questa piastra fu raccolta nel Miocene medio di Vignale (Basso Monferrato) ed ha le dimensioni e la striatura dei radii e della guaina identica agli esemplari pliocenici dell’ Italia meridionale. Lo ZirtEL (Traité de Paléontologie, tomo II, pag, 540) annovera il P. giganteum fra i fossili della formazione glaciale della Scandinavia, della Scozia, e del Canadà. Io non credo che questa specie si rin- venga in quelle formazioni di clima freddo e ritengo che l’erroneo riferimento dipenda da ciò: DARWIN nella sua Monografia sui Cirripedi viventi [(41), pag. 182] dice che durante il depositarsi delle formazioni glaciali nella Scandinavia, nella Scozia e nel Canadà le specie di balanidi che allora vivevano sulle coste dell’ Inghil- terra erano più abbondanti e con dimensioni maggiori ecc. ecc. Queste osservazioni seguivano altre ove si parlava del P. giganteum; lo ZirteL probabilmente confuse un periodo coll’altro e pose il P. giganteum fra i fossili dei depositi glaciali del settentrione. i Allo stato vivente questa specie si rinviene nei mari della Sicilia. Famiglia degli Ex amerìdiî, Sotto-Famiglia dei Chthamalidiî, Gen. Chthamalus Ranzani, 1826. Il genere Chthamalus vive ed è comune in tutti i mari e si riscontra generalmente presso alle spiaggie, fisso agli scogli o talora aderente ad oggetti natanti. Esso è stato lungamente dagli autori confuso al gen. Balanus, dal quale è spiccatamente distinto per i caratteri delle piastre opercolari, e sopratutto per quelli dello scudo. Allo stato vivente furono descritte e si conoscono fino ad ora nove specie di Chihamalus, fossili ne furono illustrate parecchie, ma probabilmente il loro numero deve considerevolmente ridursi. Così il Bosquer ha descritto e figurato [(44), pag. 1, tav. 1a-c] uno splendido esemplare di Chthamalus (0. Darwinii Bosa.), che egli riteneva fossile della Creta del Vals, ma gli studi posteriori dello ScHLÙTER [(100), pag. 45] hanno dimostrato che l’esemplare spetta ad una specie vivente, accidentalmente sepolta nella Creta del Limbourg. Il Locarp [(75), pag. 11, tav. 18, fig. 4] descrive e figura una nuova specie di questo genere, il C. Revellei Loc., ma tanto dalla descrizione, quanto dalla figura a me sembra trattarsi di un esemplare spettante al gen. Balanus. Lo ZitrEL (Iraité de Paltontologie, tomo II, pag. 540), cita il C. europaeus L. come specie vivente e fos- sile del Miocene della Haute Souabe. Io ritengo la cosa assai incerta, od almeno in parte errata, perchè anzitutto non esiste nessuna specie linneana del gen. Chthamalus, secondariamente perchè non conosco nessun autore che citi tale specie ed allorchè parecchi anni or sono io mi rivolsi per schiarimenti su di essa all’insigne paleontologo dell’ Università di Monaco, allora vivente, egli non seppe darmi informazioni di sorta. Dimodochè si può con grande probabilità asserire che il gen. Chthamalus allo stato fossile finora sia stato con sicurezza raccolto unicamente in Italia. Il LocArp (75) cita il Chthamalus stellatus nella molassa di Hauterive, ma dalla sinonimia, dalla descrizione dei suoi esemplari e dalle figure si scorge evidentemente che si tratta del Bal/anus stellaris, specie facilmente confusa dagli autori colla prima. In Italia furono raccolte fossili due specie spettanti al gen. Chthamalus, il C. stellatus Poli, ed il C. ligusticus DE At. Tae [27] G. DE ALESSANDRI 283 Chthamalus stellatus Por sp. — Tav. XV [II], fig. 14. 1795. Lepas stellata Poi. Tesitacea utriusque Siciliae, tav. V, fig. 18,20. 1854. Chthamalus stellatus DarwIN C. (41), pag. 455, tav. XVIII, fig. 1a-h. 1880. — — Secuenza G. (80), pag. 366. 1895. —_ — Dr AtessanprI G. (127), pag. 73. DIMENSIONI Conchiglia esemplare medio (Drappo) altezza mm.2,5 diametro maggiore mm. 6 diametro minore mm. 5 » » piccolo » » » 1,5 » » » 2,5 » » ai 02 Scudo » medio (Spezia) lunghezza » 2 larghezza DUO Tergo » » » » 5 2 » » 1 Giacimento. — Pleistocene. Nizza-Marittima (Castelnuovo, Drappo), Spezia, Reggio-Cal. (Ravagnese); non raro. La conchiglia di questo Chihamalus è, come quella dei balani, assai variabile, tant'è che DARWIN ne ha distinto negli esemplari viventi cinque varietà. Gli esemplari fossili che io ho esaminato e provenienti dal Quaternario italiano sembrano avvicinarsi alla var. è del DARWIN, o var. fistulosus del GruveL. La conchiglia però è conico-globosa, mentre nelle varietà citate da questi autori è subcilindrica; la colora- zione è bianco-grigiastra, la superficie dei compartimenti è irregolare con pieghe longitudinali; i radii sono obliterati e sostituiti da suture irregolari; l’ apertura è intiera e subcircolare; la guaina è striata da linee sottili. Lo scudo ha forma triangolare isoscele e la superficie solcata da numerosissime linee di accrescimento, internamente presenta una larga cavità per il muscolo adduttore e cordoni appiattiti lungo i margini ter- gale e di chiusura. Il tergo è largo, assai tozzo; lo sperone in alcuni esemplari è abbastanza sviluppato ed in altri assai breve; internamente il rialzo articolare è prominente e spiccato; le creste del muscolo laterale depres- sore sono distinte. ! Il C. stellatus fu per la prima volta rinvenuto fossile in Italia dal PaILIPPI il quale lo raccolse nel Pliocene (Pleistocene?) di Palermo; in seguito il SEGUENZA che non era riuscito a rintracciarlo fossile nella provincia di Messina lo rinvenne nel Pleistocene (Siciliano) di Ravagnese presso Reggio Calabria. .Io nei miei studi anteriori avevo descritto parecchi esemplari del Pleistocene di Castelnuovo e di Drappo presso Nizza marittima, che si conservano nel R. Museo geologico dell’ Università di Torino, altri esemplari mi vennero da poco comunicati dal prof. C. F. PARONA, fissi sopra campioni di rocce e di fossili dell’ Infralias della Spezia, e probabilmente spettanti al Quaternario recente. Allo stato vivente il C. stellatus si rinviene in tutto il mondo dai climi più freddi dell’Islanda e della Patagonia, a quelli più caldi del Mar Rosso, del Capo Verde e delle Filippine. Chthamalus ligusticus De An. — Tav. XV [III], fig. 15. 1895. Chihamalus ligusticus De ArressanprI G. (127), pag. 73, tav. III, fig. 10a,b. DIMENSIONI Conchiglia . . altezza mm. 3 diametro maggiore mm. 11,5 diametro minore mm. 10,5 284 G. DE ALESSANDRI [78] Giacimento. — Pliocene. Albissola (Savona); rarissimo. La forma della conchiglia di questa specie, la sua apertura subcircolare, l’ornamentazione dei compar- timenti con pieghe increspate trasversalmente richiamano a tutta prima alcune varietà del C. stellatus Poti, e più di ogni altra la varietà che si rinviene abbondante nel Pleistocene d’Italia. Dalla specie del Port è però distinta peri grandi solchi longitudinali sulle piastre compartimentali, per i radii larghi, lisci ed estesi da un margine all’altro dei compartimenti, per la guaina sottile, liscia, prominente, a guisa di un cordoncino appiattito. Dalla guaina si distaccano presso alle suture delle piastre parietali piccoli pilastrini bianchi, che si spingono fino alla parte mediana della conchiglia. Infine le dimensioni e la struttura delle piastre compartimentali sembrano affatto differente fra le due specie. Purtroppo del C. ligusticus non si sono rinvenute fino ad ora le piastre opercolari. L’ unico esemplare che di questa specie si conosce fu raccolto dal prof. A. IsseL nelle argille di Albissola presso Savona. Sotto-Famiglia dei Balanîdi, Gen. Balanus Da-Costa, 1778. Sparso in tutti i mari, da quelli artici a quelli equatoriali, il gen. Balanus si trova assai comune ovunque presentandosi generalmente con numerosi individui e con numerose specie. La sua distribuzione batimetrica è anche considerevole perchè, pur essendo un gruppo di abita? litorale, alcune sue specie furono rinvenute alla profondità di mille e più metri. Viventi si conoscono fino ad ora una cinquantina di specie; GruveL nella sua monografia (158) ne annovera quarantanove; ma ad esse bisogna aggiungere il B. mylensis SEG., specie che, secondo il SEGUENZA, vive nelle coste della Sardegna. Il numero delle specie note è suscettibile ancora di numerosi aumenti, allorchè nuove e più diligenti ricerche sulle faune marine dell’America e delle Indie accresceranno le nostre cono- scenze su di esse. Ed invero il numero delle specie che si conoscevano verso la metà del secolo scorso, allorchè DARWIN attendeva alla sua importante monografia, era di trentanove, venne posteriormente aumen- tato di altre undici specie, delle quali cinque rinvenute nelle sole ricerche dello ChaMenger. Fossili fino ad ora furono descritte numerosissime specie, delle quali solo una parte ed assai piccola è caratterizzata dalla forma e dalla struttura delle piastre opercolari. Le altre vanno ritenute fino ad ulteriori ricerche, specie assai dubbie. i Delle specie fossili conosciute undici furono già annoverate dal DARWIN (42), una dal SowERBy (49), sette dal SEGUENZA: (64), e due altre da me (127). DARWIN nei suoi studi sui Cirripedi aveva osservato come le forme estinte dei Balanidi spettino gene- ralmente al gruppo che ha le pareti senza fori. Quest’osservazione poteva considerarsi esatta allorchè il numero delle specie fossili era limitato, ma non può considerarsi tale dopo che il SeGuENZA ha rinve- nuto fossili numerose altre specie, fra le quali il B. tulipiformis, il B. perforatus, il B. amphitrite, il B. ve- neticensis, il B. stellaris, il B. Darwinti, le quali tutte hanno le pareti con fori. Nessuna regione quanto l’Italia è ricca di specie fossili spettanti al gen. Balanus, e tale abbondanza deve certamente attribuirsi al grande sviluppo che hanno in essa le formazioni costiere e litorali, sia nel Terziario, come nel Quaternario. Delle specie fossili conosciute e raccolte in tutte le parti del globo, oltre ai due terzi si rinvengono anche in Italia, ed ivi esse sono rappresentate quasi sempre da un numero grande di esemplari. Generalmente af {79] G. DR ALESSANDRI 285 in essi si ripete il fatto già riscontrato in altri fossili che le dimensioni aumentano passando dai terreni più antichi a quelli più recenti, così mentre le forme dell’ Oligocene e del Miocene hanno limitato sviluppo ela conchiglia assai esile, quelle del Pliocene e del Quaternario hanno grande sviluppo e robustezza notevole nei compartimenti. Il sen. Balanus fino ad ora non fu riscontrato con certezza in formazioni preterziarie. Il FRIScE ed il KarkA (102) illustrarono un frammento di piastra di un Balanide degli scisti cretacei di Korytraner presso Kaynak (Boemia) che riferirono al nuovo genere Balanula. Per la forma e per lo sviluppo delle ali sembra che tale piastra spetti forse ad un Balaride, ma nella parte interna essa è assai diversa da quelle delle specie conosciute. DaAKWIN ritenne che la specie più vecchia di questo genere fosse il B. unguiformis DARw. delle argille bartoniane dell'Isola di Wight e del Belgio. Posteriormente io ho citato un’ altra specie, il DB. stellaris, rinvenuto con sicurezza nel Tongriano inferiore di Priabona (Vicentino), e la stessa specie sembra sia stata raccolta recentemente nel Luteziano dell’ Hérault dal Doncirux (157). Un’ altra piastra che appar- tiene a questo genere e che ha affinità con quelle del 5. tintinnabulum io ho raccolto, alcuni anni or sono, nell’Eocene medio (Parisiano) di Montorfano Comasco (Brianza) (139). Il BeLLARDI ha pure illustrato (137) una specie di Balanus, il B. aegyptycus, del Bartoniano dei dintorni del Cairo (Egitto), ma tale esemplare che si conserva al R. Museo geologico di Torino, non è a mio parere suscettibile di una sicura identificazione, non conoscendosi le sue piastre opercolari; la sua conchiglia è però in ottimo stato di conservazione ed ha caratteri comuni con quella del £. bisulcatus DARW. Balanus tintinnabulum L. sp. — Tav. XV [III], fig. 16-22. 1767. Lepas tintinnabulum Linnro 0. Systema naturae, tom. I pars VI, pag. 3208. 1854. Balanus — Darwin 0. (41), pag. 194, tav. I, fig. L1a-2; tav. II, fig. la, lo. 1855. —_ —_ _ (47), pag. 13, tav. I, fig. 1a-d. 1873-76. — — Secuenza G. (64), parte II, pag. 70, tav. IX, fig. 1. 1895. — — De Aressanpri G. (127), pag. 39, tav. II, fig. 4a, 4e. DIMENSIONI 2 Conchiglia esemplare grande (Torino) altezza. mm.34 diametro maggiore mm. 41 diametro minore mm. 28 » » piccolo ° » » » 25 » » » 22 » » » 15 Scudo » grande » lunghezza » 25 larghezza » 14 » » piccolo » » d. Go » » 4 Tergo » » » » » 5) » » 4,5 Giacimenti. — Oligocene. Colli di Torino, grès a Scutella sotto al Poetto al Capo di S.* Elia (Cagliari); non raro. Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Varzi, calcare sulle trachiti da Portotorres alla Nurra, calcare compatto di Sedini (Sassari) (?), grès calcari della trincea da Giave a Bonorva, banco a Lima miocenica presso la stazione di Bonorva, capo della Frasca, grès e calcari brecciosi col conglomerato vulca- nico presso gli scogli di Santodi a Sud di Sa-Lispora, Gargano; non raro. Pliocene. Reggio-Cal. (Teretri); rarissimo. Questa specie è una delle meno abbondanti fra i Cirripedi fossili della Penisola, quantunque gli autori l'abbiano frequentemente citata fra i fossili del Miocene e del Pliocene italiano. Generalmente con 286 G. DE ALESSANDRI [80] ‘essa fu confuso il 2. concavus, specie caratteristica del Terziario d’Italia e che per le sue grandi dimen- sioni ha qualche analogia col B. fintinnabulum. Le formazioni ove il B. tintinnabulum si presenta meno raro in Italia sono il Terziario della Sar- degna, l’Aquitaniano e l’Elveziano dei Colli torinesi, e gli esemplari che si raccolgono in queste regioni hanno, nella compattezza e nella struttura delle piastre compartimentali, buone affinità cogli esemplari mio- cenici della Francia. Quasi sempre nelle formazioni italiane la specie si raccoglie a piastre disgiunte; gli esemplari completi hanno forma cilindrica o tubulare, coll’apertura intiera, ovale, o subtrigonale, cogli angoli arrotondati. La superficie dei compartimenti ha costole longitudinali; i radii hanno il margine su- periore parallelo alla base, e la superficie striata da linee di accrescimento fitte. In alcuni esemplari, le ali sono appena percettibili, in altri i radii si estendono da un compartimento all’ altro. La guaina è svi- luppata, ha colorazione rosea e superficie liscia. La conchiglia ha colorazione rosea, o bianca, con linee radianti rosso-cupe o violacee. Lo scudo ha la caratteristica ornamentazione nella superficie esterna, con costole e lamelle svilup- pate nella parte inferiore, e che superiormente diventano più fine e più fitte; internamente il rialzo arti- colare è breve e spiccato ed il solco articolare ha pieghe numerose. Il tergo è largo, ha l’apice un poco a becco, lo sperone sottile, lungo un quarto circa dell’intiera lunghezza della piastra e che si distacca dalla superficie interna. ad una distanza dall’apice uguale ai due terzi dell’intera lunghezza della piastra. Il tergo di questa specie è assai raro nelle formazioni torinesi; solo recentemente il sig. E. Forma me ne ha comunicato piccoli esemplari raccolti a villa Forzano (Val Salice). To ho riferito con qualche dubbio a 2. tintinnabulum alcuni grossi esemplari raccolti nel Miocene del Gargano e che si conservano al Museo civico di Milano. Essi hanno forma cilindracea, un po’ curva, aper- tura larga, pentagonale, compartimenti costulati ed irregolari massime nella parte inferiore, e colorazione bianchiccia. Le pareti dei compartimenti sono robuste, ed al tatto danno l’impressione di una sostanza grassa (come appunto quelle degli esemplari di Francia, riferiti a DB. crassus), e presentano ai margini la crenatura come nell’ esemplare di 5. tintinnabulum figurato dal Darwin [(41), tav. I, fig. 15]. Delle piastre opercolari assieme a queste conchiglie fu rinvenuto solamente lo scudo che ha forma ed orna- mentazione della superficie esterna, identiche a quelle degli esemplari viventi di DB. tintinnabulum che si conservano al Museo civico di Milano. Ne diversifica unicamente per un solco longitudinale, assai evi- dente, parallelo al margine di chiusura, che corre nella superficie esterna dall’ apice alla base, ad una distanza dal margine occludente uguale press’ a poco ad un quarto della larghezza della piastra. Interna- mente presenta il rialzo adduttore prominente e che si spinge fin presso al margine basale, come negli esemplari viventi, ma al posto della depressione (solco articolare), si osserva lungo il margine tergale, una parte prominente dovuta ad inflessione della superficie esterna della piastra. Fra i fossili dell’ Eo- cene (Parisiano) di Centemero (Brianza) che si trovano al Museo civico di Milano vi è una piastra compartimentale che per la notevole consistenza, per lo spessore, per i canali larghi della sezione, e per iradii paralleli alla base io ho riferito con qualche dubbio a queste specie [(139), pag. 37]. Essa rap- presenta uno degli esemplari più antichi che dei Balani si siano raccolti nel Terziario italiano. Dietro l’indicazione del prof. A. NEVIANI io nei miei studi sui Cirripedi, compiuti antecedentemente, ho annove- rato il B. tintinnabulum fra i fossili del Pleistocene di Catanzaro. Dubito fortemente che questa specie esista in quella formazione, perchè finora non fu rinvenuta che straordinariamente rara nei giacimenti dell’Italia meridionale, e sopratutto perchè non l’ho riscontrata fra il materiale spettante ai Cirripedi che il prof. A. NEVIANI gentilmente mi ha comunicato. 181] G. DE ALESSANDRI 287 Il LocarD (72) cita il B. fintinnabulum fra i fossili del Miocene di Bonifacio. Fuori d’Italia questa specie è frequente nel Terziario medio e superiore dell'Europa centrale, ma la regione ove essa è più abbon- dante è la Francia, in guisa che si può asserire che il Miocene francese costituisce la formazione ove questo balano ha la sua massima diffusione, e che ivi il 5. tintinnabulum rappresenta con la stessa abbondanza il polimorfo B. concavus del Terziario superiore italiano !. Gli autori francesi citano così di frequente il 2. tintinnabulum fra i fossili del bacino del Rodano e della Loira che nasce il dubbio aver taluni di essi confuso con questa specie qualche esemplare di B. concavus, che pure si riscontra, benchè più raro, nelle stesse regioni. Secondo il FontanNES (81, 83, 85) il 2. tintinnabulum si riscontra nell’ Haut Comtat VeGnRSA (Saint Paul, Trois Chaàteaux, Bollène, ecc.) in parecchi orizzonti dall’ Elveziano al Messiniano, nell’Ardèche, nelle sabbie superiori di Montpellier e nel bacino di Visan (molassa a .Scutella paulensis, nelle sabbie e grès ad Ostrea crassissima, nelle sabbie a Pecten Celestini), e secondo Roman (131) nell’ Elveziano del Parco di Issanca, dello Stagno Than presso Bouzigues, come pure nel bacino di Sommière, à Mus et Aigues-Vives. Il FiscHER e TouRNOUER (67) rinvennero questa specie al M.te Léberon in Valchiusa, il Locarp (75) la raccolse nel Jardin des plantes de Lyon, alle balmes de Saint-Fons (Rhòne) e di Fizin (Isère) ed il GouRRET (118) nel Miocene superiore e medio di Carry. Numerosi esemplari tipici e di ottima conservazione, spettanti a B. intinnabulum mi vennero da poco comunicati dai signori Cossmann, DoLLrus, DEPÉRET, BraL DE BELLERADE ecc. provenienti dalla Turenna, dalla Bretagna e dall’Aquitania. Il KAUFMANN (62) cita questa specie nella molassa di Ebersecken (Svizzera). Conservatissimi esemplari di essa raccolti nelle cave di Storkeren e che si conservano nelle collezioni del Museo di Storia naturale di Berna mi furono gentilmente comunicati dal prof. Kisstine; infine il DonAYRE e von DRASCHE (67) annove- rano il 5. tintinnabulum fra le specie del Pliocene della provincia di Almeira (Spagna). Allo stato vivente il D. tintimnabulum si raccoglie in tutti i mari caldi o temperati ed è abbondante ovunque. Il SEGUENZA credeva che esso non si riproducesse nelle coste del Mediterraneo, attribuendo i rari esemplari che si rinvengono in detto mare al trasporto dovuto ai piroscafi. Il GruvEL invece osserva che tale specie è comune in tutti i mari temperati o tropicali ammettendo quindi implicitamente anche il Mediterraneo ; il FiscHER (63) asserisce che il B. fintinnabulum non si trova sulle coste S. O. della Francia, ma che vi giunge attaccato alle navi che vengono da mari caldi e dal Mediterraneo. Infine il GERsTOECKER in Broxn's Thierreich., vol. V, pag. 577, dice che*il B. tintinnabulum appartiene a tutte le cinque provincie in cui si divide la terra riguardo alla distribuzione dei Cirripedi. Gli esemplari fossili che di questa specie io ho esaminato, non presentavano oggetti di sostegno, sembra quindi probabile che essa si fissasse di preferenza sopra rocce, come avviene tuttora negli indi- vidui viventi. Balanus tulipiformis ELus. — Tav. XVI [IV], fig. 1-5. 1758. Balanus tulipiformisexcorallio rubro ELuis Jonn. Phil. Transact., vol. 50, pag. 845 tav. XXX, fig. 10. 1854. Balanus tulipiformis Darwin C. (41), pag. 204, tav. II, fig. 2a-d. 1873-76. —_ —_ SeGueNnzA G. (64), parteI, pag. 19, tav. I, fig. 1,1a,b; parteII, pag. 71, tav. IX, fig. 2-4. 1895. — — © Dr Aurssampri G. (127), pag. 41, tav. II, fig. 5a-d. i) Gli autori francesi hanno riferito generalmente gli esemplari raccolti nel Terziario medio della Francia a B. crassus Sow., specie che, come già il DARWIN ha osservato, va identificata col B. fintinnabulum. Però gli esem- plari della Svizzera riferiti dal FiscHER-OnsTER (50), a B. crassus vanno ascritti a B. concavus BRONN. ° 288 G. DE ALESSANDRI |82] DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Messina) altezza mm.35. diametro maggiore mm.30 diametro minore mm. 28 » » piccolo (Reggio) » » 25 » » » 21 » » » 16 Scudo » medio (Astigiano) lunghezza » 23. larghezza » 12,5 Tergo » » » » » 21 » DINGNRO, Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino, Cagliari (parte superiore delle sabbie grigie del Capo S.* Elia), Montegibbio, Regione Valva e Valle del Fortore in Capitanata. (fide CrEccHIA-RisPOLI); raro. Pliocene. Astigiano, galleria del Gattico (linea Arona-Domodossola), Piacentino, Mon- gardino, Monte Biancano (Prov. di Bologna), Albissola (Savona), Reggio-Cal. (Gallina, S.t2 Cristina, Gerace, Siderano, ecc.), Messina (Gravitelli, Castroreale, Barcellona, ecc.), Girgenti; frequente. Pleistocene. Monteleone Calabro (Presinaci e S. Costantino di Mileto), Reggiò-Cal. (Sant'Agata, Ravagnese, Archi, Nasiti, Capo d'Armi, ecc.), Messina (Santa Domenica presso Rometta, San Fi- lippo, ecc.), Sciacca (sabbia argillosa sovrastante al calcare bianco); frequente. Il B. tulipiformis è specie assai dubbia, e probabilmente le osservazioni future sopra esemplari vi- venti, dimostreranno che essa va ritenuta come una varietà locale del polimorfo 2. tintimnabulum. To per ora non potendo approfondire le mie ricerche sopra un abbondante materiale e non possedendo molti esemplari di individui viventi, non posso definire la questione, e mi limito ad accennare quali siano i principali caratteri pei quali la prima specie si confonde facilmente colla seconda e come sia difficilissima allo stato fossile la loro distinzione. Darwin stabilì come caratteri peculiari del B. fintinnadbulum i seguenti: apertura della conchiglia largo-tondeggiante, trigonale od ovale, intiera o sovente dentata, superficie dei compartimenti liscia, o sovente solcata longitudinalmente, radii che si estendono da un capo all’altro dei compartimenti parietali e che hanno il margine superiore parallelo alla base, solo in alcune varietà esso è obliquo. Per il B. tulipiformis diede le seguenti caratteristiche: apertura della conchiglia largo-subpentago- nale, dentata; superficie dei compartimenti moderatamente liscia, radii ed ali sempre col margine obliquo. Come si vede, DARWIN ritenne essere unicamente la forma dell’apertura il carattere distintivo fra le due specie. Sembrerebbe però che differenze sostanziali fra esse si riscontrino nelle piastre opercolari; infatti descrivendo il B. tulipiformis DARWIN dice “lo scudo ha l’epidermide persistente, una conformazione pecu- liare ed il rialzo articolare piccolo e non ricurvo; queste particolarità assieme alle creste del muscolo, depressore del tergo sono assai caratteristiche ,. Ora al Museo civico di Milano esistono alcuni gruppi di Balani viventi raccolti sulle spiagge del Mediterraneo, i quali hanno apertura trigona e talora subpen- tagonale, radii che in alcuni esemplari hanno il margine superiore parallelo alla base, in altri invece notevolmente obliquo; questi radii in parecchi esemplari si spingono da un compartimento parietale al- l’altro, mentre in altri lasciano scoperte parti abbondanti delle ali. Se a questi caratteri aggiungiamo la forma della conchiglia generalmente cilindracea o tubolare e la colorazione rossa od intensamente roseo-por- porina, parrebbe a tutta prima trattarsi di esemplari del 2. tulipiformis. Lo scudo però non ha la pellicola persistente, la sua forma e la sua ornamentazione corrispondono perfettamente a quelle dello scudo del DB. tintinnabulum ed ha il rialzo articolare largo, ricurvo non molto prominente. Il tergo ha le creste del mu- scolo depressore ben distinte ed in numero di tre o quattro. Dimodochè pur presentando questi esemplari caratteri proprii, secondo DARWIN, del B. fulipiformis, io li ho riferiti senza alcun dubbio a 2. tintinnabulum. I caratteri morfologici che si possono trarre dall'esame delle parti solide od esterne di queste due specie non sono quindi a mio avviso tali da sufficientemente distinguere una forma. dall’altra. E se noi n edi [83] G. DE ALESSANDRI 289 ricorriamo alle descrizioni date dagli autori, che si sono occupati dello studio delle parti molli di questi due Balanus, noi vediamo come nessun carattere sia peculiare di uno di essi. Le difficoltà di un’ esatta distinzione fra le due specie in questione aumentano grandemente passando dalle forme viventi a quelle fossili. E siccome il 2. tulipiformis è specie comunissima nei mari siciliani, sarà bene esaminare le con- siderazioni che su di esso e sul 5. tintinnabulum ha fatto il SEGUENZA. Notisi anzitutto un fatto importante, cioè che il SEGUENZA in tutta l’Italia meridionale non ha riscontrato fossile che un solo scudo da lui riferito a B. tintinnabulum. Egli ha raccolto però un numero grandissimo di conchiglie di 5. tulipiformis, ma nessuna colle piastre opercolari in posto. Le piastre oper- colari da lui riferite a questa specie vennero dal distinto paleontologo sempre rinvenute isolate. Il fatto di avere rinvenuto un solo scudo di B. fintinnabulum è stranamente sintomatico perchè chi si è occupato dello studio di Cirripedi fossili sa benissimo che la conchiglia, per una struttura più solida, resiste mag- giormente alle vicende della fossilizzazione, in confronto delle piastre opercolari. È cosa quindi assai pro- babile che lo scudo riferito dal SEGUENZA a 5. tintinnabulum abbia appartenuto a qualcuna di quelle con- chiglie ascritte dal medesimo a £. tulipiformis. La cosa acquista maggiore carattere di attendibilità se noi esaminiamo gli esemplari di quest’ultima specie illustrati dal SeGuENZA [(64), parte I, tav. I, fig. 1a, db]. Si scorge subito come l’apertura non sia dentata, i radii si estendano da un capo all’altro dei compar- timenti ed il margine superiore sia parallelo alla base; invece, come già dissi secondo la diagnosi del DARWIN, questa specie dovrebbe distinguersi per l'apertura dentata, per i margini superiori obliqui alla base, e conseguentemente che non si estendono da un compartimento all’altro. I caratteri quindi di questi esemplari sono proprii del 5. tintinnabulum. Descrivendo questi balani il Seguenza era senza dubbio perplesso, infatti egli scriveva [(64), parte I, pag. 21]: “la conchiglia del B. tulipiformis sovente assume proporzioni che possono dirsi gigantesche in rapporto alle viventi, ed inoltre essa per graduatissimi passaggi si collega ad individui che presentano l’apertura più o meno contratta e che si approssima alla forma triangolare, nei quali inoltre si sviluppano delle costole sulle pareti più o meno prominenti, pel quale carattere e pegli altri accennati essa acquista tale aspetto che considerata isolatamente sembrerebbe diversissima dalla forma tipica ,. Ed illustrando una sua varietà del 2. tulipiformis, la var. arenarius, osservava (parte II, pag. 72) che gli esemplari per le costole bianche dei compartimenti, per la bocca ristretta, per la poca obliquità dei margini superiori dei radii e delle ali si approssimavano grandemente a talune forme del 2. fintinnabulum. Solo la forma cilindracea della conchiglia, l’apertura quadrangolare che tende a divenire triangolare, anzichè ovale, l’ obliquità co- stante, benchè leggera (questa obliquità non si scorge negli esemplari da lui riprodotti a tav. I, fig. 1, 1a, 15) dei margini dei radii e delle ali lo hanno indotto ad ascrivere i suoi avanzi a £. tulipiformis. E notisi il fatto che appunto assieme a questi esemplari di posizione tanto incerta, egli raccolse l’unico scudo da lui riferito a B. tintinnabulum. Sarebbe stato per me cosa interessantissima il potere esaminare e confrontare cogli esemplari delle altre regioni, queste forme del Secuenza che sono alquanto incerte, e che hanno caratteri abbastanza differenti dai tipici, ma per quante insistenti richieste io abbia fatto presso chi conserva la collezione del SEGUENZA ciò non mi fu concesso! Da quanto ho finora esposto, fondandomi sull’esame delle figure date dal SeGuENZA, e dalle descri- zioni che le accompagnano, io concludo che probabilmente parecchi esemplari dall’illustre paleontologo rife- riti a B. tulipiformis vanno ascritti a 2. tintinnabulum e che il B. tulipiformis sopratutto allo stato fos- sile, ove mancano taluni caratteri dello scudo, è una specie di assai dubbia determinazione. Le osservazioni future sopra un materiale più importante e numeroso verranno a chiarire i miei dubbi in riguardo; Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 290 G. DE ALESSANDRI [84] frattanto provvisoriamente riferisco a DB. tulipiformis esemplari coi radii a margine obliquo, apertura dentata, subpentagonale, colorazione rosea o rosso intensa, e che hanno grandi analogie col B. tintinna- bulum sopratutto colle sue varietà communis, occator e d'Orbignyi. Delle differenti illustrazioni e figure date dagli autori di questa specie io non saprei indicarne una tipica. Già dissi, nel mio studio precedente [(127), pag. 43] come la figura data dall’ Eris (3) non corrisponda alla forma comune dei mari siciliani, che ha l'apertura più larga ed i margini meno obliqui. Gli esemplari figurati dal Poti [(5), tav. V, fig. 1-6)] corrispondono realmente ad una forma alquanto distinta, e che a tutta prima sembra differente da quelle tipiche del 2. tintimnabulum, presentando uni- camente delle affinità colla var. d’ Ordignyi di quest’ ultima specie. I radii e le ali spiccatamente obliqui, l’apertura largo-dentata, equilaterale,.la conchiglia un po’ globosa, sembrerebbero caratterizzare per bene tali esemplari, ma i caratteri delle piastre opercolari non sono punto distinti da quelli del B. tintinna- bulum. Inoltre questi esemplari sono completamente differenti da quelli fossili dell’Italia meridionale e dal SEGUENZA riferiti a questa specie. La figura di questo Balano data da CaHENU [(10), tav. 3, fig. 3], a me sembra non rappresenti una forma tipicamente distinta dal £. tintinnabulum, e se la colorazione, lo sviluppo della conchiglia e dell’apertura, sono alquanto diverse da quelle del B. tintinnabulum, esse non sono tali da differenziarle per bene da tutte le numerose varietà di quest’ultima specie. Il 5. tulipiformis è specie rarissima nel Miocene; io avevo riferito ad essa numerosi esemplari dei Colli di Torino, del Monferrato e della Sardegna; ora dubito fortemente che essi si possano accostare alla specie dell’Etis e riferirli ad una stessa specie cogli esemplari del Pliocene messinese. L'unico grande esemplare miocenico che per la sua forma tubolosa, per l’apertura schiacciata, romboidale, per i radii larghi, col margine superiore leggermente obliquo alla base, e finamente striati, per la guaina con fitte linee di accrescimento, per i compartimenti costulati e con pieghe a festoni, corrisponda a quelli del- l’Italia meridionale, è quello raccolto dal prof. D. Lovisato nella parte superiore delle sabbie a Scutella del Capo S. Elia presso Cagliari. Esemplari tipicamente identici a quelli del Reggiano e del Messinese si rac- colgono nel Pliocene dell’Astigiano e del Piacentino, ed ivi essi hanno generalmente dimensioni sviluppate. Nel Pleistocene il B. tulipiformis acquista grande diffusione nell’ Italia meridionale ed in Sicilia. Conservatissimi esemplari si trovano nelle collezioni del R. Istituto Tecnico di Reggio, in quella della R. Università di Messina, ed in quella del prof. A. NEvianI. Questi esemplari però mancano quasi sempre delle piastre opercolari, ed il fatto si spiega facilmente ove si tenga presente la forma tubulare della con- chiglia e la sua apertura assai larga. Al Museo civico di Milano trovasi un bellissimo esemplare di B. tulipiformis raccolto dallo STOPPANI nel Pleistocene di S.*# Domenica (Sicilia). Questa specie finora non è stata rinvenuta fossile fuori d’Italia; vivente essa si raccoglie abbondan- tissima nel Mediterraneo (Sicilia e Malaga), e nell’Atlantico (Madera). Essa si fissa generalmente su rocce, come anche sulle piastre di altri balani, e si raccoglie quasi sempre in gruppi di numerosi individui. Balanus spongicola Brown. — Tav. XVI [IV], fig. 6-13. 1827. Balanus spongicola Brown’s. Illustration of the conchiology of Great Britain, tav. VII, fig. 6; 2. edizione, 1844; tav. LIII, fig. 14-16. 1854. — — Darwin C. (41), pag. 225, tav. IV, fig. 1a-d. 1873-76. _ — SecueNZzA G. (64), parte I, pag. 24, tav. I, fig. 3,3; parte II, pag. 75, tav. IX, fig. 9-17. 1895. — — De ArrssanprI G. (127), pag. 44, tav. II, fig. 6a-d. " d [85] G. DE ALESSANDRI 291 DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Sardegna) altezza mm.25,5 diametro maggiore mm.24 diametro minore mm.21 » » medio (Astigiano) » DINO) » » » ll » » PRE) Scudo » » » lunghezza » 5 larghezza » 3 Tergo » » » » » 6 » » 3,5. Giacimenti. — OVigocene. Nurri (Sardegna), Colli di Torino; non raro. Miocene. Colli di Torino, Sciolze (Sant'Antonio), Rosignano-Monferrato, San Giorgio- Monferrato, Vignale, Rivalta-Bormida (Acqui), Colle S. Michele (Sardegna), calcare compatto (tramezzario) di Is-Mirrionis (Cagliari); raro. Pliocene. Chieri, Vezza d’Alba, Astigiano, galleria del Gattico (linea Arona-Domo- dossola), Villavernia, Piacentino, Emilia, Toscana, Umbria, Campagna di Roma, Abruzzi (Sant'Andrea del Taro), Gropperella, Reggio-Cal., Messina, Cammanasca presso Altavilla (Palermo), Sciacca (calcare bianco sovrastante alle argille turchine); frequente. Pleistocene. Panchina di Livorno, Vallebiaia, Roma (Monte Mario, sabbie grigie della Farnesina, Presinaci (Monteleone-Calabro), San Costantino di Mileto (Monteleone-Calabro), Ravagnese (Reggio-Cal.), fiume Oreto (Palermo), falde del Monte Pellegrino (Palermo), Nizzeti presso Catania (fide SCALIA); non raro. i La forma tipica di questa specie è assai comune in Italia e si riscontra nel Pliocene dell’Astigiano, del Piacentino, della Toscana, della Sicilia ecc., e nel Pleistocene della Toscana, della Campagna di Roma e della Calabria. La curvatura caratteristica della conchiglia del B. spongicola, la forma ristretta della sua apertura, l’allungamento peculiare dell’asse rostro-carenale, la striatura fitta della guaina, i radii col margine obliquo alla base e la colorazione intensamente rosea o bluastra fanno sì che essa sì può facil- mente distinguere dalle specie vicine. Lo scudo ha la superficie esterna, come quella del 2. concavus, s0l- cata da linee radianti e da linee trasversali, però nel £. sporngicola i solchi sono meno spiccati. D'altra parte si può sempre distinguere lo scudo di quest’ultima specie, da quello della specie del Browx, ricor- rendo ai caratteri della superficie interna; il rialzo articolare è nel 5. spongicola lungo ed esteso dal- l’apice alla base, mentre esso è breve nel 5. concavus, il rialzo adduttore è corto e quasi rettilineo nella prima specie, mentre è lungo ed incurvato nella seconda. Il tergo è largo, tozzo, collo sperone breve e troncato verso il margine basale, ed è solcato da una scannellatura larga quanto un terzo dell’intiera larghezza della piastra. La forma e l’ornamentazione tipica del B. spongicola sovente viene in varia guisa modificata e cambiata da cause molteplici. La più importante di esse deriva dal fissarsi questa specie sopra un numero svariatis- simo di oggetti, sopratutto sulle conchiglie dei Gasteropodi e dei Lamellibranchi e presentando spiccatissimo il fenomeno del mimetismo cogli oggetti di sostegno, ne consegue che la superficie esterna dei comparti- menti di questo Balano, assumendo l’ornamentazione dei Molluschi, presenta la struttura più disparata. Alcuni esemplari prendono sovente l’ornamentazione ed i colori identici a quelli del B. corcavus, altri invece assumono la forma costulata del B. stellaris. Questi fatti inducono talora in gravi dubbi nella determinazione di questa specie, anzi DARWIN stesso riteneva che soltanto coll’aiuto delle piastre opercolari essa si potesse distinguere dagli esemplari giova- nili di B. concavus. Quando mancano le piastre dell’opercolo allora solamente, colla lunga pratica acquistata dall’ esame di numerosissimi esemplari, e coll’ osservazione diligente dei caratteri della guaina e della superficie di sostegno del Cirripedo, si riuscirà a distinguere gli esemplari spettanti a questa specie. 292 G. DE ALESSANDRI [$6] Il 5. spongicola ha generalmente piccole dimensioni; gli esemplari più sviluppati furono raccolti nel Miocene sardo. Questo fatto è strano, perchè in generale nel Miocene di Sardegna le altre specie hanno dimensioni inferiori alla media di quelle delle altre località. Il B. spongicola fu raccolto dal prof. D. Lovisato nel Tongriano di Nurri in esemplari di buona conser- vazione; si riscontra altresì con piccoli esemplari od a piastre compartimentali sciolte nell’ Aquitaniano dei Colli torinesi. Nel Miocene, in genere, esso è alquanto raro, ove si eccettui il Miocene medio del Basso Monferrato (Rosignano, Vignale, ecc.), formazione in cui si raccolgono esemplari numerosi di forma schiac- ciata, di colorazione bianca, o grigiastra, coll’ apertura ristretta ed acuminata. Nel Pliocene italiano il B. spongicola raggiunge una straordinaria dispersione geografica, anzi si può dire che esso è una delle specie caratteristiche di tutti i lembi astiani della Penisola. Gli esemplari plioce- nici dell’Italia settentrionale, come quelli della parte meridionale, hanno quasi tutti forma, dimensioni, colorazione, e struttura identiche. In Toscana, a Limite presso Firenze e nell’Abruzzo si raccolgono di questa specie esemplari assot- tigliati, gibbosi, coll’ apertura ristretta, che acquistano talora le grandi dimensioni di quelli del Miocene della Sardegna. Nel Pleistocene della Campagna romana si rinvengono esemplari di buona conservazione, colorati intensamente in azzurro, colle pareti dei compartimenti lisce, sottili ed un po’ incurvate. Nelle sabbie di Ravagnese e di Monteleone Calabro gli esemplari hanno la conchiglia globoso-incur- vata, caratteristica, hanno colorazione rosea, coi radii stretti, bianchi, o rosei a fasce carnicine. Il mar- gine superiore dei radii è molto obliquo alla base, quello delle ali è quasi parallelo; la guaina è fina- mente striata. i Questa specie è stata sovente dagli autori, che in Italia l’ hanno rinvenuta allo stato fossile, de- scritta sotto varii nomi, (2. cylndraceus, B. tulipa, B. miser, B. vulgaris, B. balanoides, B. communis, B. sulcatus, B. cylindricus, B. discors, ecc.). Io ho pure riferito ad essa alcuni esemplari che il SEGUENZA aveva riferito a DB. scutorum SEc. Nella collezione BroccHI, che si conserva al Museo civico di Milano si trovano alcuni esemplari di questa specie, raccolti nel Piacentino e nelle Crete Senesi, che portano l’indicazione Lepas balanus. Il SEGUENZA aveva. già avuto una chiara intuizione di ciò, riuscendo colla descrizione poco esatta data dal- l’autore della Conchiologia subappenninica a comprendere di che specie si trattasse e mettendo il L. dalanus nella sinonimia del 2. spongicola. In molti esemplari fossili la base diventa fortemente concava; ciò dipende dal fissarsi probabilmente il Balano sopra spugne come si osserva anche attualmente negli esemplari viventi. Il 5. spongicola allo stato vivente è assai abbondante nei mari dell’ Europa centrale e meridionale. Fossile è frequente nel Pliocene e nel Pleistocene d’Italia, ma sembra assai raro nelle altre regioni di Europa, ed ove si eccettui il coralline-crag dell’ Inghilterra ove 1’ ha rinvenuta DARWIN, ed il Miocene medio del Montenegro ove è stata raccolta dal Vinassa (150), essa non è stata dagli autori citata in altri giaci- menti. Il sig. ing. M. Cossmann di Parigi mi ha però in questi ultimi tempi comunicato alcuni esemplari che ho riferiti a questa specie, provenienti dall’ Elveziano di Bollène (Vaucluse), ed il prof. KrssLine del- l’ Università di Berna mi ha inviato alcuni avanzi pure di questa specie raccolti a Belpberg, esemplari che il FiscHER-OESTER (50) aveva riferito a due nuove specie 2. obliquestriatus e B. undulatus. Io ritengo tuttavia che la specie non sia del tutto mancante negli altri giacimenti miocenici e plio- cenici fuori d’Italia, ma che essa sia stata sovente confusa con quelle affini. Il B. spongicola si fissa sopra un grande numero di oggetti, ma sopratutto su Gasteropodi (Murex, Lia ho (Je) W {87] G. DE ALESSANDRI Triton, Pleurotome, Potamides, Mitre, Cancellarie, Nasse, Trochus, Xenophore, ecc.), su Lamellibranchi (Ostree, Anomie, Spondylus, Pecten, Lime, Cardium, Dosinie, ecc.), sulle conchiglie di altri balani (£. tulipi- formis e B. concavus), su spugne, su rocce, e su oggetti natanti. Balanus Seguenzai De Ar. — Tav. XVI [IV], fig. 14-16. 1895. Balanus Seqguenzai Dr ALessanpRI G. (127), pag. 46, tav. III, fig. 1a-e. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Astigiano) altezza mm. 104 diam. maggiore mm. 22 diam. minore mm. 22 » » piccolo » » » 33 » » > «26 » » DIC Scudo » medio » lunghezza » il larghezza » 5,5 Tergo » » » » » 10 » » b) Giacimento. — Astigiano, Chieri, Città della Pieve (Umbria); raro. La forma della conchiglia di questa specie, cilindracea o lievemente conica, sempre ricurva, la sua colorazione bianco-rosea, od anche azzurrina, con fasce transverse bianco-flessuose, intersecate da linee rosee radianti dagli apici dei compartimenti, è così caratteristica che facilmente essa si distingue dalle specie vicine. Allorchè i suoi esemplari si accumulano numerosi sopra una superficie ristretta allora l'apertura che è quasi sempre ovale, acuminata verso il compartimento carenale, tende ad allargarsi ed assumere forma subquadrata. I piccoli esemplari talora per la loro forma conchigliare esterna possono confondersi con quelli del 5. sporgicola, ma la caratteristica colorazione e striatura del 5. Seguenzai può facilmente servire a distinguerli. I caratteri delle piastre opercolari sono d’altra parte completamente differenti; infatti lo scudo del B. Seguenzai è solcato da linee di accrescimento fitte e prominenti, senza. traccia di linee radianti, mentre queste ultime sono numerose e quasi caratteristiche -del B. spongicola. Il rialzo adduttore è lungo quanto lo scudo è prominente, senza inflessioni o ripiegature nel 5. Seguenzai, è invece corto, irregolare nella specie del Brown. Infine il tergo che è acuminato, ritorto a becco, e con lo sperone lungo e stretto nel B. Seguenzai è invece largo, arrotondato all'apice ed ha lo sperone tozzo e breve nel 5. spongicola. Le grosse conchiglie di 5. Seguenzai per l’apertura dentata, per i radii larghi, e coi margini un po’ obliqui alla base potrebbero confondersi col B. concavus Bronn; ma oltre alle differenze della colorazione e dell’ornamentazione, si distinguono per la guaina che nella specie da me descritta è rossa, striata da linee curve, flessuose e ben distinte, mentre essa è quasi liscia nel B. concavus, presentando inoltre le caratteristiche striature nei compartimenti careno-laterali. Gli avanzi tipici di questa specie si raccolgono nelle sabbie gialle dell’ Astigiano; parecchi buoni esemplari si conservano nelle collezioni del R. Museo geologico di Modena ed in quello di Roma. Recentemente l’amico prof. P. Vinassa De ReGNY mi ha comunicato un gruppo di conservatissimi esem- plari di questa specie, fisso sopra una valva di Pecten flabelliformis Br., proveniente dall’Astiano del- l'Umbria (Città della Pieve). Questo gruppo corrisponde appieno a quelli del Piemonte sia per la forma, come per le dimensioni, e per l’ornamentazione della conchiglia. Le piastre opercolari, tanto per i caratteri della superficie esterna, quanto per quelli della superficie interna, corrispondono a quelle tipiche da me descritte anteriormente. 294 G. DE ALESSANDRI |88] Il dott. L. AupENINO (144) ha citato, dietro mia determinazione, il B. Seguenzai fra i fossili del Pliocene superiore dei dintorni di Chieri. Balanus perforatus Brue. — Tav. XVI [IV], fig. 17-20. 1789. Balanus perforatus BrueuIbRE. Encyclop. méth., tav. 166, fig. 12. 1854. —_ — . Darwin C. (41), pag. 231, tav. IV, fig. 13a-c; tav. IV, fig. 1a-d. 1873-76. — —_ SecuENZA G. (164), parte I, pag. 28, tav. I, fig. 2, 2a; parte II, pag. 77, tav. IX, fig. 18-92. 1895. = — De AressanprI G. (127), pag. 48, tav. III, fig. 2. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Astigiano) altezza mm.25,5 diametro maggiore mm.17 diametro minore mm. 16 » » medio (Sardegna) » >» 15 » » » 20 » » » 17 » » » (Palermo) » » 15 » » » 10 » » Di E Scudo » grande (Astigiano) lunghezza » 22 larghezza 5 JIM Tergo » » » » » 24 » i » 11 Giacimenti. — Oligocene. Nurri (Sardegna); non raro. Miocene. Colli di Torino, Sciolze (Sant'Antonio), Pino Torinese, Baldissero, Sarde- gna (calcare sulle trachiti da Portotorres alla Nurra, calcare di Mogoro); non raro. Pliocene. Castelnuovo (Asti), Casa nova di Murlo (Siena), tufo calcareo conchigliare di Bari; non raro. Pleistocene. Tufo calcareo presso Vergine Maria (Palermo); non raro. Il B. perforatus è come il B. concavus una specie polimorfa tanto negli esemplari viventi quanto nei fossili. DARWIN ne distinse quattro varietà che tutte si riscontrano allo stato fossile. La var. angustus (GMELIN) e la var. Cranchii (LeACH) non sono rare nell’Astigiano, nel Piacentino, nella Toscana e nella Sicilia e si ri- scontrano generalmente colla caratteristica corrosione degli strati superficiali della sostanza conchigliare. Più frequente invece tanto nell’Astigiano, quanto nel Piacentino, nel Messinese e nei dintorni di Pa- lermo è la var. fistulosus (Port). Ma allo stato fossile la varietà che predomina su tutte le altre nel Ter- ziario italiano, è quella che ha la conchiglia di forma globulosa, coll’apertura ristretta ed allungata, e coi compartimenti solcati da finissime costoline longitudinali e regolari. Essa ha le piastre opercolari che corrispondono appieno a quelle degli individui viventi della stessa specie, ed è comune nel Miocene della Sardegna, nel Pliocene dell’Astigiano, (Tav. XIV [IV], fig. 17), del Piacentino e della Toscana. Talora questa varietà si allunga notevolmente e diventa cilindraceo-globulare, coll’apertura tipicamente ristretta, ovale ed intiera, come ho riscontrato in alcuni esemplari provenienti dal calcare di Corneto. Il SEGUENZA ha distinto nel Pliocene dell’Italia meridionale una varietà altavillensis, che ha la forma tipica globulare e che vorrebbe differenziarsi unicamente per le grandi dimensioni. Gli avanzi più interessanti di questa specie furono quelli raccolti dal GastaLDI nell’Astigiano e che ora fanno parte delle collezioni del R. Museo geologico: di Torino. Constano di parecchi grandi esemplari uniti fortemente fra di loro, i più sviluppati dei quali raggiungono l’altezza gigantesca di mm. 145 con un diametro massimo, verso la metà dei compartimenti di mm. 50. Questi balani hanno colorazione rosso- pallida, grosse pieghe longitudinali e lamelle trasversali irregolari, che predominano presso alla base. [89] G. DE ALESSANDRI 295 I radii hanno i margini superiori paralleli alla base, le ali sono poco sviluppate; le piastre compar- timentali nella loro parte mediana si saldano assieme formando una conchiglia tubulare lunga nella quale non si scorge traccia di saldature. Nell’esemplare più sviluppato la distinzione dei compartimenti è solo possibile ad una distanza dalla base uguale a più di */, dell’intiera lunghezza compartimentale. L’apertura è piccola, subquadrangolare, a margine frastagliato. Le piastre opercolavi hanno la forma tipica, (Tav. XVI [IV], fig. 5-6). Questi grandi esemplari servono a dimostrarci la variabilità di forma e di sviluppo che la specie presenta; essi naturalmente si accostano alla var. fistulosus del PoLi, che come già dissi non è rara nell’Astigiano. Si differiscono da essa per essere più‘regolari e meno rigonfi nella parte inferiore, ove i compartimenti si continuano colla stessa ornamentazione e colorazione. Gli esemplari figurati dal PoLI rappresentano diverse varietà del .. perforatus; infatti quelli riferiti a Lepas balanus [(5), tav. IV, fig. 5] hanno forma globulare e corrispondono alle varietà angustus e Cranchii gli altri riferiti a Lepas fistulosus Poti [(5), tav. VI, fig. 1 e 2], sono tubulari, hanno la base allungata e corrispondono alla varietà fistulosus. Ritengo che con grande attendibilità, si debba riferire a questa specie il grande esemplare figurato dal Caenu [(10), tav. V, fig. 2], sotto il nome di B. cylindraceus, il quale corrisponde appieno per la forma, per le dimensioni, per lo sviluppo delle differenti parti a quello testè descritto dell’Astigiano. Il B. perforatus ha forma tipica nel Miocene della Sardegna; gli esemplari dei calcari della Nurra hanno come quelli pliocenici dell’Astigiano, apertura ristretta, ovoidale, allungata, e la superficie dei compartimenti con costoline longitudinali. I radii però si diversificano per avere i margini superiori assai obbliqui alla base, mentre le ali li hanno paralleli. Le guaine hanno strie trasversali, finissime; la colorazione dei compartimenti è giallo-bianchiccia. Nel Miocene della Corsica ove fu rinvenuta dal LocarD la specie sembra assai comune, con esemplari di forma tipica. Nel Pliocene di Murlo fu raccolto un gruppo di balani costituito da grandi individui di forma glo- bulo-tubulare, apertura lievemente romboidale e discretamente larga. Questo gruppo si conserva nella collezione del R. Comitato geologico di Roma. Esso per le dimensioni, per la forma della conchiglia e per la sua ornamentazione ha delle affinità abbastanza spiccate col B. corcavus. Io l’ho riferito a B. perforatus considerando che in molti esemplari l’apertura tende a restringersi ed assumere nettamente una forma allungata, ma sopratutto perchè la guaina è solcata da fine strie, su tutti i compartimenti. Fuori d’Italia il B. perforatus fu rinvenuto dal GourRET (110), nel Tortoniano di Saucats. Il dott. Reuss [(52), pag. 225, tav. II, fig. 2] illustra sotto il nome Pollicipes interstriatus uno scudo di Balanus che con tutta probabilità spetta a questa specie, e che fu raccolto nell’Oligocene di Solingen. Il B. perforatus si fissa sopra Ostree, (Ostreola Forskdlliù CHENN., esemplare del Museo civico di Milano) su valve di balani, e su rocce. Vivente lo si rinviene nell'Oceano Atlantico, nel Mediterraneo e nel mar Rosso. Balanus concavus Bronwn. — Tav. XVI [IV], fig. 21-25; Tav. XVII [V], fig. 1-4. 1831. Balanus concavus Bronn. Italiens Tertiùr-Gebilde, pag. 127. 1854. — —_ DARWIN C. (41), pag. 235, tav. 4, fig. da-e. 1855. — — — (42), pag. 17, tav. I, fig. 4a-p. 187376. — —_ Secuenza G. (64), parte I, pag, 32, tav. I, fig. 5, 5a, d; parte II, pag. 79, tav. X, fig. 1-10. 1895. _ — De ALessanprI G. (127), pag. 51, tav. II, fig. 10a-e, 296 G. DE ALESSANDRI [90] DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Pienza, Tosc.*) altezza mm.100 diam. maggiore mm.55 diam. minore mm. 45 » » medio (Piacentino) » » 55 » » » 50 » » » 37 » » piccolo (Astigiano) » o I » » >_ IMI. » » » 15,9 Scudo » » » lunghezza » 23 larghezza » » 17 Tergo » » » » » 21, 5 » » » 11, 5 Giacimenti. — Oligocene. Castelgomberto, Nurri, banco calcareo, selcioso traversante i grès a Scutella del Capo S. Elia (Cagliari), Colli di Torino (Valle S. Martino, villa Harcourt); non raro. Miocene. Colli di Torino (Monte Cappuccini, villa Ansaldi e sotto la villa della Regina, villa Forzano, Val dei Ceppi, Regione Vallia, Termofourà, bric Berton, -ecc.), Cavorretto, Baldis- sero, Sciolze (Sant'Antonio), Stazzano (Tortona), Monte Falcone (Ascoli Piceno), calcare sulla trachite da Porto Torres alla Nurra, Chiesi (Lenais), sabbioni calcarei presso la fermata di S. Giorgio da Sassari ad Alghero, Sant’Anatolia (Sassari) (?), calcare breccioso del Monte Maltu in territorio di Sedini (Sassari), v cinanze di Ploaghe (linea Macomer-Sassari), grès e calcari brecciosi presso gli scogli di Santodi, a sa di Sa-Lisporra, Capo San Marco (Oristano), calcare argilloso presso il giardino pubblico di Cagliari, banco ad Ostree sotto il Semaforo del Capo di S. Elia (Cagliari), Santa Marena presso Cagnano-Varano (Monte Gargano), Vena presso Monteleone-Calabro; frequente. Pliocene. Chieri, Pino d’Asti, marne presso il ponte di Crescentino (Piemonte), borgata Stevano presso Cellamonte (Casale), Rocca d’Arazzo, Cassine (Alessandria), Piacentino, Stra- monte (Castellarquato), Tagliata-Zappolino (collezione Coppi), Tagliata-Zenzano (id.), Montepulciano (To- scana), Corbara presso Todi, Bonazzo San Rocco (Provincia di Roma), tufo calcareo di Apricena (Foggia), Oriolo Calabro (?), Reggio Cal. (Orti, Piani della Melia, Gerace, Sant'Agata, Valanidi, ecc.), Messina (Giardini, alle Masse, Militello, ecc.), Cammanasca presso Altavilla (Palermo); frequente. Pleistocene. Monte Mario (Roma), Civitavecchia, delta del Tevere, Palo, Reggio-Cal. (Ravagnese, strati superiori di Mantovani presso Gallina, Archi, sabbie fra Teretri e Nasiti), tufi calcarei presso i bagni di Sciacca; non raro. Il B. concavus è la specie più diffusa nel Terziario italiano ed è stato generalmente dagli autori, confuso con altre specie, e descritto sotto altri nomi. Così il B. plicaròus, il B. pustularis, il B. striatus, il B. sulcatus, il B. tintinnabulum, ecc. dei paleontologi piemontesi (Borson, Sismonpa, SAcco, ecc.) sono specie che devono identificarsi con quella del Bronx. In generale gli autori quali il BroccHI (7), il Costa (18), il CaLcaRA (22), il Conti (58) hanno confuso il B. concavus col B. tintinnabulum. Oltre ad essere una specie comune in Italia il B. concavus è anche quella che presenta negli esemplari italiani maggiore variabilità nella forma, e nell’ornamentazione della sua conchiglia. Questa grande variabilità spiega ap- punto i numerosi nomi specifici coi quali si è cercato di distinguerla. La forma tipica di questa specie è quella che si raccoglie nel Pliocene dell’Astigiano, del Piacentino, della Toscana, delle Marche, della Campagna romana e del Messinese. La sua conchiglia ha in queste località forma convesso-conica, apertura ristretta, e frastagliata, radii finamente striati, coi margini molto obliqui alla base, e compartimenti in varia guisa costati, solcati, o festonati, con colorazione roseo- Do porina, od anche intensamente azzurra, quasi nerastra. Questi esemplari corrispondono appieno, sia per le dimensioni, come la forma ad alcuni campioni del Portogallo (Banatica, Adica, Portimbo d’Arrabida, Lisbona) che i signori Cossmann e DoLLrus mi hanno gentilmente comunicato. Anche gli esemplari del Maryland (Stati Uniti) hanno questa forma tipica quan- led [93] G. DE ALESSANDRI 297 tunque quelli figurati recentemente dal Martin ! [(153), tav. XXXIII, fig. 1-6, tav. XXXIV, fig. 1-7] non corrispondano pienamente ad essa. Gli esemplari figurati dal MartIN rappresentano un’altra forma, che non è la tipica, ma che è egual- mente diffusa nel Pliocene e sovratutto nel Miocene e nell’Oligocene italiano. Questa seconda forma ha la conchiglia conico-allargata abbastanza regolare, apertura ristretta, ed i compartimenti solcati da numerose costoline longitudinali. Infine nell’Astigiano sono frequenti piccoli esemplari di forma cilindrica, coll’apertura larga, frasta- gliata, di colorazione roseo-porporina, con zone bianche, i quali sovente sono uniti fra di loro per le basi, come i cristalli geminati, cioè cogli assi degli uni disposti rispetto agli altri da un angolo costante, quasi sempre retto. Le piastre opercolari di tutte queste mutazioni del B. concavus sono perfettamente identiche. Lo scudo presenta la superficie esterna colla caratteristica ornamentazione, e la superficie interna colla pro- minenza del muscolo articolare lunga, spiccata ed un po’ ricurva. Il terso ha lo sperone lungo, sottile ed un po’ curvo, e la superficie esterna, come quella dello scudo, solcata in doppio senso, longitudinal- mente e trasversalmente. Gli esemplari più antichi di questa specie sono quelli raccolti nel Tongriano di Castelgomberto e che si conservano nel R. Museo geologico dell’ Università di Pisa. Essi hanno grandi dimensioni, forma convesso-conica, apertura quadrangolare, e presentano nella guaina la caratteristica striatura nei com- partimenti careno-laterali, striatura che manca nelle altre piastre. Anche nel Tongriano di Nurri (Sardegna) si riscontra il B. corcavus il quale assume medie dimen- sioni, forma conico-globulare, apertura frastagliata, ristretta ed acuminata, col margine superiore dei radii assai obbliquo alla base. La colorazione della conchiglia è bianco-rosea, e la superficie dei compar- timenti per mimetismo presenta fitte costole paraboliche, dovute con tutta probabilità al fatto che l’og- getto di appoggio di questi esemplari era una Venus, od un Dosinia. Nell’Aquitaniano dei Colli di Torino il B. concavus è abbastanza frequente, con esemplari di piccole dimensioni, di forma conica, colla superficie dei compartimenti solcata longitudinalmente da costoline ap- piattite e numerose. Sovente le piastre compartimentali sono disgiunte, ma si possono distinguere oltrechè dalla superficie esterna anche dalla guaina liscia, e dalla parte inferiore delle pareti che è costulata. Nel Miocene torinese questa specie è pure frequentissima, e gli esemplari hanno dimensioni assai varie. Non è rara fra essi una varietà di piccolo sviluppo coi compartimenti solcati longitudinalmente da grosse costole bianche, rilevate, a contorno tondeggiante, costole che spiccano sopra un fondo roseo- carnicino. Questi esemplari hanno grandi analogie di ornamentazione con quelli del coralline-crag, figu- rato dal DARWIN (41), tav. I, fig. 4a, 4c. Comuni sono pure nelle sabbie serpentinose della stessa località esemplari di medie dimensioni, colle superfici parietale rosee, con costole trasversali irregolari quasi a scaglioni e colle superfici dei radii solcate da linee di colorazione bianca o rosea, e coi margini obliqui alla base. . Assieme alle conchiglie di B. corcavus che si raccolgono nell’ Elveziano di Torino sono pure frequen- tissime le piastre opercolari e sopratutto gli scudi. 4) Il MARTIN (153) mette in sinonimia col B. concavus anche il B. proteus ConRrAD, specie che, come già il DARWIN ha osservato, non è riconoscibile e che non può essere identificata, mancando delle piastre opercolari. Lo stesso autore identifica col B. concavus gli esemplari di B. proteus figurati dal WuirrieLD [(124), pag. 41, tav. XXIV, fig. 18-23], ma l’esame di questi disegni dimostra chiaramente trattarsi di una specie ben diversa da quella del BroxN. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 37 298 G. DE ALESSANDRI [92] Questi scudi hanno dimensioni varie, la superficie clatrata, e generalmente prevale in essi un appiattimento maggiore della piastra, in confronto cogli esemplari dell’Astigiano. Le linee longitudinali della superficie esterna non sono così spiccate come quelle trasversali, degli esemplari pliocenici, ed internamente i rialzi dei muscoli adduttori ed articolari sono più tozzi e più rigonfi, mentre le cavità del muscolo adduttore e di quello depressore sono più larghe e più profonde. Nel Miocene sardo la specie è abbastanza frequente. Alcuni grandi esemplari di forma tipica col- l'apertura largo-romboidale, colla superficie dei compartimenti a grosse pieghe trasversali, festonate ed irregolari furono raccolte dal prof. D. Lovisaro nel calcare sovrastante alle trachiti da Portotorres alla Nurra. Pure grandi e tipici esemplari furono raccolti dallo stesso professore nell’ Elveziano di Lenais (Chiesi). Invece nel Tortoniano del Capo di San Marco, presso Oristano. si raccolgono esemplari di dimensioni non molto sviluppate e coll’apertura assai piccola, coi compartimenti rostrali molto curvi, coi radii stretti, col margine superiore molto obliquo alla base, e di colorazione gialla. Altri esemplari della stessa località hanno piccole dimensioni, colorazione rosea, costole longitudinali, prominenti e di color carnicino lungo i com- partimenti, apertura larga, romboidale o quadrangolare, guaina liscia con lievi strie nel compartimento carino-laterale. Assieme ad essi furono raccolti alcuni scudi a superficie ricurva e colla tipica striatura in doppio senso. Questi esemplari hanno grandissime affinità con quelli già descritti del Pliocene del- l’ Astigiano. Nel Pliocene dell'Emilia, della Toscana, dell’ Umbria il B. concavus ha dimensioni varie; predominano però gli esemplari sviluppati. Nell’Italia meridionale questa specie è comunissima nel Pliocene di Reggio Calabria e di Messina; infine presso Palermo si rinvengono esemplari numerosi, assai sviluppati, di forma globoso-conica aderenti la maggior parte a Pettini, e sovente con ornamentazione mimetica ad essi. Nel Pleistocene il 2. concavus è pure abbastanza frequente. Al Monte Mario, come pure presso Sciacca in Sicilia si raccolgono numerosissime. piastre opercolari (sovratutto scudi) appartenenti a questa specie e che hanno piccole dimensioni, ma forma tipica. Nella stessa formazione presso Ravagnese (Prov. di Reggio Calabria) furono raccolti alcuni esemplari di medie dimensioni, di forma cilindrica ed apertura largo-romboidale, colla superficie compartimentale liscia e di colorazione rosea, striata longitudinalmente da linee bianchiccie. I radii larghi hanno il mar- gine superiore pochissimo obliquo alla base, e colorazione giallo-pallida. Tanto sui radii, come sulle pareti e sulla base si osservano numerosissimi pori. Per il complesso di questi caratteri fui lungamente nel dubbio di ascrivere questi esemplari a B. tulipiformis; mi sono deciso di riferirli alla specie del BRoxn, anzitutto perchè l'apertura benchè romboidale è acuminata verso il compartimento carenale, secondaria- mente perchè la guaina è liscia, striata solamente nei compartimenti carino-laterali. Nella collezione BroccHI che si conserva al Museo civico di Milano trovansi parecchi esemplari di B. concavus. Un gruppo di numerosi individui, di dimensioni piccole, apertura largo-romboidale-acuminata, colorazione rosea, (identici a quelli già da me descritti dell’Astigiano e che si presentano come cristalli geminati) fissi sopra un Pecten sp. porta l'indicazione Lepas balanoîdes L. e proviene da Valle Andona. Assieme ad essi e sotto la stessa indicazione trovasi un altro piccolo gruppo di una diecina di esem- plari con l’apertura intiera e grosse costole sui compartimenti che a me sembrano spettare a B. stellaris Br. Infine una grossa conchiglia di questa specie fissa sopra un Pecten trovasi nella stessa collezione assieme a piccoli esemplari di B. mylensis See. e di B. spongicola Brown e tutti hanno l'indicazione Lepas balanus L. Questi ultimi esemplari provengono dal Piacentino e dalle Crete senesi. Fuori d’Italia il B. concavus fu rinvenuto nel Miocene superiore (Tortoniano) di Saucats (GouRRET 110) nel Miocene medio di Bordeaux, e di Belpberg (Svizzera) ove fu raccolto abbondante dal FiscHER- Cd [92] G. DE ALESSANDRI 299 OESTER (50) e riferito a 2. crassus. Anche nel Miocene del Maryland (formazioni di Santa Maria, di Choptank e di Calvert), è abbastanza frequente, come pure nel Miocene superiore del Portogallo (Adica, Portimbo d’Arrabida, Banatica, Lisbona). Nel Pliocene si rinviene nella parte Sud della Provincia di Almeira nella Spagna (descritto dal DoxnayYRE sotto il nome di 5. pustularis) ed in quella Nord della stessa provincia (citato collo stesso nome di 2. pustularis dal CoRtAZAR e dal von DRASCHE (77)) e nel Terziario superiore di Chesapeake-Bay, negli Stati Uniti [MEYER (106)]. Nel Pleistocene fu rinvenuto primieramente dal DARWIN nelle formazioni recenti di Callao (Perù) e dopo dal DePÉRET e dal Cazior (125) nel Siciliano di Monte Alban fra Nizza e Villafranca. Il GraD ! annovera fra i fossili quaternari del Sahara algerino il B. miser, specie malamente descritta dal LAMARCK, ma che secondo DARWIN rappresenta con tutta probabilità il B. concavus. Il Reuss [(52), pag. 226, tav. II, fig. 4], illustra sotto il nome di Pollicipes undulatus due scudi di Balani spettanti con tutta probabilità a questa specie, e che furono raccolti nel Miocene di Niederleis. Il B. concavus allo stato vivente si riscontra nelle coste americane dell'Oceano Pacifico, nelle Antille, nelle Filippine e nell’Australia, ad errore io nei miei studi precedenti (127), l'ho indicato come specie di mari europei. Questo balano quindi è una dalle specie maggiormente diffuse nel Terziario d’ Europa e che ha emigrato nelle coste dei continenti americano ed australiano durante il Quaternario antico. i Gli esemplari di questa specie che si raccolgono allo stato fossile sono frequentemente fissi su Ostree, su Pecten, su Dosinie (?), su Venus, ecc., talora sono attaccati alla superficie di ciottoli o frammenti di rocce. Balanus calceolus Ennis sp. — Tav. XVII [V], fig. 5-8. 1758. Balanus caleolus keratophyto involutus (?) ELLis Jonn. Phylosoph. Transact., tav. 34, fig. 19. 1854. Balanus calceolus Darwin C. (41), pag. 218, tav. III, fig. 3a-e. $ 1855. — _ — (42), pag. 15, tav. I, fig. 2a-d. 1880. — — Secuenza G. (80), pag. 292. 1895. — —_ Dr AressanprI G. (127), pag. 60, tav. III, fig. 3. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Torino) altezza mm. 29 diam. maggiore mm. 41 diam. minore mm. 16,5 Scudo » medio (Sardegna) » Do » » Pais (() LUN » » 4 Tergo » » (Torino) lunghezza » 7,5 larghezza » 6 Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino (Monte dei Cappuccini, villa Forzano, Val dei Ceppi, re- gione Vallia, bric Opercalin, ecc.), Baldissero, Sciolze (Sant'Antonio), Cinzano, trincea bianca di Bonorva (Sardegna); frequente. Pliocene. Reggio Cal. [Gallina, Valanidi (?)]; raro. Questa snecie è abbastanza comune nei Colli di Torino e gli esemplari che ivi si raccolgono hanno forma assai varia, generalmente subconica, ventricosa, talora globulare, sempre allungata e schiacciata secondo l’asse rostro-carenale. La base talora è strettissima, talora quasi lineare, soventi invece è glo- bulare, allungata ed allora la conchiglia prende un aspetto di due coni ‘aderenti per la base. 1) Etudes sur le terrain quaternaire du Sahara Algérien. Archives des Sciences de la bibl. de 1° Université de Genève. 1872. 300 G. DE ALESSANDRI [94] x L’apertura della conchiglia è generalmente ristretta ed acuminata verso il compartimento carenale; .il margine è intero od impercettibilmente dentato. I radii sono larghi, depressi, hanno il margine superiore parallelo alla base e sono finamente striati. Le ali sono quasi sempre impercettibili. La superficie dei compartimenti presenta pieghe irregolari, sovratutto nella parte inferiore; la base ha costole longitudinali e pliche transverse di accrescimento. La colorazione della conchiglia è rosea, con zonule bianche, paral- lele alla base; i radii hanno colorazione bianca. Numerosi esemplari di 2. calceolus trovansi nella colle- zione MicHaeLorTI del R. Museo di Roma, nella collezione Dr RovaseNDA ed in quella del Museo geologico di Torino. In Sardegna questa specie si presenta con individui di non grandi dimensioni pur avendo la forma tipica di quelli dei Colli torinesi. Recentemente il prof. D. Lovisaro mi ha comunicato alcuni piccoli esemplari, del miocene sardo di forma conico-depressa, ristretta ed allungata secondo l’asse rostro-carenale, colla superficie dei compartimenti costulata trasversamente, coi radii larghi, estesi da un compartimento all’altro, nei quali il margine è parallelo alla base. Del 5. calceolus finora non si erano riscontrate allo stato fossile le piastre opercolari, e la determi- nazione degli esemplari fossili era quindi alquanto incerta. DARWIN però riferendo a questa specie alcuni avanzi del Pliocene inglese aveva osservato come la forma della sua conchiglia sia così distinta e peculiare che il riferimento acquista carattere di grande attendibilità. Le specie colle quali il B. calceolus potrebbe confondersi sono il B. galeatus L. ed il B. cymbiformis Darw. Il grande Naturalista inglese pose anche fra le specie che potrebbero scambiarsi col B. calceolus il B. navicula DARW., cosa che io ritengo improbabile perchè la caratteristica di quest’ultima specie di avere i compartimenti con spine a me sembra sufficiente a distinguerla dalle altre, assai prossime. Allo stato vivente le conchiglie del B. galeatus e del B. cymbiformis, si distinguono facilmente da quelle del 5. calceolus per avere le basi non porose, mentre la base è porosa in quest’ultima specie. Gli esemplari invero del corallîne-crag di Sutton illustrati dal DARWIN presentano la base porosa, ed è cosa assai probabile che gli esemplari del Pliocene della Provincia di Reggio illustrati dal SEGUENZA portino pori alla base. Ma negli avanzi che io ho esaminato e riferiti a questa specie, provenienti dai Colli di Torino e dalla Sardegna, non si osservano pori alla base, perchè in tutte le specie con pori nelle pareti, nei radii e nella base dei Cirripedi da me esaminati provenienti da queste località non ho mai rinvenuto pori. Il fatto con tutta probabilità dipende da un processo più avanzato di fossilizzazione, il quale determina un'azione chimica e meccanica più profonda e tale da distruggere od otturare i pori. Benchè mi siano così mancati i caratteri più sicuri per l’identificazione di questa specie io allorchè intrapresi i miei primi studi sui Cirripedi ho riferito ad essa gli esemplari dei Colli torinesi e della Sardegna per parecchie considerazioni. Anzitutto perchè gli avanzi da me esaminati se si confrontavano cogli esem- plari viventi presentavano le maggiori analogie col B. calceolus, secondariamente perchè questa specie vive tuttora nel Mediterraneo, mentre le altre vivono nei litorali americani ed indiani, terzo perchè essa fu già rinvenuta fossile in altre località mentre le altre specie si conoscono unicamente allo stato vivente. Infine perchè essa era già stata rinvenuta fossile nel Pliocene dell’Italia meridionale, ed è un fatto accertato che quasi tutte le specie plioceniche di Cirripedi che si rinvengono in quelle formazioni, hanno le loro forme ataviche od ancestrali nel Miocene torinese. Î Ma recentemente fra il numeroso materiale paleontologico che il sig. E. Forma mi ha comunicato, frutto delle sue pazienti ricerche sui Colli torinesi, ho rinvenuto alcuni scudi ed un tergo che per la loro forma e più di tutto per l’ornamentazione della superficie esterna non si potevano riferire a nessuna delle specie a me note in tali formazioni. Tali piastre avevano senza dubbio affinità con quelle spettanti ld ]95] G. DE ALESSANDRI 301 al gruppo del £. galeatus, del B. cymbiformis e del B. navicula. Io li ho quindi riferiti, con qualche dubbio, a D. calceolus e non mi fu possibile in nessun modo assicurarmi della esattezza di questa determinazione, perchè non mi è stato possibile di avere qualche esemplare vivente di quest’ultima specie, ed il confronto colle figure date dal Darwin non è tale da dissipare completamente le incertezze, non avendo DARWIN stesso rappresentato lo scudo ed il tergo visti dalla superficie esterna. Scudo. — È triangolare, appuntito; ha la superficie esterna solcata inferiormente da costoline numerose, alquanto crenulate, che nella parte superiore diventano meno distinte, in modo che negli esemplari adulti la superficie diventa liscia. Internamente la superficie è quasi piana, la cavità del muscolo adduttore è larga, ma ben circoscritta; il rialzo articolare è diritto e prominente, quello del muscolo adduttore è breve ed un po’ arcuato. Lateralmente al margine di chiusura si osserva un cordone appiattito, alquanto rilevato, lungo tutta la lunghezza del margine. Tergo. — L'unico escinplare manca dello sperone, ma dal piede di attacco si vede come esso si trovi press’ a poco nella metà del margine basale. La piastra è un po’ incurvata a becco, ed il margine carenale è notevolmente arcuato. La superficie esterna è solcata da costoline numerose, più spiccate nella parte inferiore che hanno il margine crenulato e s’inflettono sopra una linea mediana longitudinale, assai fine; quest’ ornamenta- zione corrisponde appieno a quella dello scudo. I caratteri interni della piastra corrispondono per bene alle fisure degli esemplari viventi date dal Darwix; il rialzo articolare è prominente ed un po’ curvo, le creste del muscolo depressore sono numerose, ma poco spiccate. Balanus amphitrite Darwin. — Tav. XVII[V], fig. 9-11. 1854. Balanus amphitrite Darwin C. (41), pag. 240, tav. V, fig. 2a. 1873-76. —. —_ Secuenza G. (64), parte I, pag. 36, tav. I, fig. 6, 6a, d; tav. II, fig. 2, 2a; parte II, pag. 82. i 1895. — —_ De ALessanpRrI G. (127), pag. 55. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Astigiano) altezza —mm.9 diam. maggiore mm. 15 diam. minore mm. 13 » » piccolo » » » 6 » » » 8, 5 » » » (A 5 Scudo » medio » lunghezza » 2,8 larghezza » DINESIRG Tergo » » » » » 2,0 » » » 1,9 Giacimenti. — Miocene. Messina (San Cono presso Rometta); rarissimo. Pliocene. Astigiano, Villavernia, Palermo (Altavilla); raro. Il B. amphitrite in Italia è stato rinvenuto fossile solamente nel Tortoniano della Provincia di Mes- sina, nel Pliocene inferiore di Villavernia, in quello superiore di Altavilla presso Palermo, e dell’Astigiano. Gli unici esemplari che a me fu dato di esaminare provenienti da quest’ultima località constano gene- ralmente di piccoli individui; in alcuni però ho potuto rintracciare le piastre opercolari senza delle quali non mi sarei fidato di citare questa specie fra i fossili del Piemonte. La forma della conchiglia loro è conica, depressa colla superficie dei compartimenti liscia; la colorazione è bianco-pallida, raramente rossa, o carnicina. I radii hanno il margine superiore molto obliquo alla base, le ali invece lo hanno parallelo ad essa. L’apertura è ovale, acuminata, talora è romboidale cogli angoli arrotondati. La guaina 302 G. DE ALESSANDRI [96] presenta strie fine e flessuose. Lo scudo è finamente solcato da linee di accrescimento parallele alla base; il rialzo articolare è rettilineo, e prominente; il rialzo adduttore è breve e flessuoso. Il tergo è tozzo con una larga scannellatura nella superficie esterna; lo sperone è tozzo, poco prominente ed ha il margine inferiore tondeggiante. Come ha già osservato il SEGUENZA questa specie è stata spesso confusa con altre colle quali talora vive associata. Il Poni (5) l’ha confusa col B. balanoides L., specie delle regioni nordiche dell’ Europa e dell’Ame- rica settentrionale, e che ora non si riscontra nel Mediterraneo. Le figure 2, 3, 4, 5,7 della tavola V della memoria del Port mostrano chiaramente che egli ha descritto ed illustrato il DB. amphitrite, e non la specie di Linneo 1. Il LocarD [(71), pag. 33] cita il B. amphitrite fra i fossili del Miocene di Bonifacio, ma dalla descri- zione o meglio dalle considerazioni che egli fa sulla diffusione geologica della specie si vede che egli con tutta probabilità la confonde con altra specie. Egli cita il B. amphitrite come fossile del Piemonte e del Monte Mario riportando le determinazioni del MicaELoTTI e del Conti, ma io ho già dimostrato come dall’esame degli esemplari stessi sui quali questi due paleontologi fondarono le loro determinazioni e che si conservano nel R. Museo geologico di Roma, si tratta di altre specie. Il LocarD cita altresì, dietro riferimento del Prinippi, il B. amphitrite fra i fossili del Pliocene di Sicilia. Il PrILIPPI annovera infatti questa specie fra i fossili di Siracusa, Girgenti e Milazzo, ma come già il SeeuENzA ha avuto campo di osservare, il B. amphitrite non si raccoglie in quelle località. La specie colla quale il PHILIPPI ha confuso quella darwiniana è con tutta probabilità il B. mylensis Sec. . Anche il GouRRET [(110), pag. 88 e 89, e (118), pag. 88], cita il B. amphitrite nelle formazioni com- prese tra l’Aquitaniano ed il Tortoniano della bassa Provenza, anzi egli rinvenne abbondante la var. Stufsbury Darw. Io ho avuto dal sig. G. DoLLFUSs e dal sig. BARTESAGO in esame una grandissima quantità di Balani di quella regione, ma non vi ho riscontrato la specie in questione; ritengo quindi si tratti probabilmente del B. spongicola. Il SEGUENZA (65) ha rinvenuto questa specie fra i fossili del Quaternario superiore del Golfo di Suez. Gli esemplari fossili che io ho esaminato spettanti a B. amphitrite, erano, come quelli del SEGUENZA, fissi sopra Ostree. : Balanus stellaris Br. sp. — Tav. XVII [V], fig. 12-15. 1814. . Lepas stellaris Brocon C. Conchiologia fossile subappennina, tomo II, pag. 529, tav. XIV, fig. 17. 1854. Balanus corrugatus Darwin C. (41), pag. 254, tav. VI, fig. 3a, db. 1873-76. Balanus stellaris Secuenza G. (64), parte I, pag. 41; parte II, pag. 83, tav. X, ne 15-20. 1895. —_ — De Arkssampri G. (127), pag. 47, tav. I, fig. 10a-e. DIMENSIONI Conchiglia esemplare medio (Astigiano) altezza mm. 6 diametro maggiore mm.15 diametro minore mm. 12 » » » (Messina) » » 16 » » » 17 » » 17 Scudo » » (Astigiano) lunghezza » 2,5 larghezza DZ Tergo » » » » » 2,93 » » 2,2 i) DARWIN per una svista tipografica ha messo nella sinonimia del B. amphitrite, tutta la tav. V della memoria sui testacei della Sicilia del PoLI, mentre non vi si deve ascrivere che poche figure. Il ShGUENZA ripetè l'errore del DARWIN. Cei [97] G. DE ALESSANDRI 303 Giacimenti. — Oligocene. Priabona (Vicentino), Colli di Torino; rarissimo. Miocene. Colli di Torino, Baldissero, Rosignano (paese e castello di Uviglie), Vi- centino, Bovino, calcari sopra il lembo cenomaniano presso Sant'Andrea Trius, Colle S. Michele, calcare compatto (tramezzario) sotto il bastione di San Remy (Cagliari), grès calcari compatti, sottostanti al calcare argilloso del Capo Sant’ Elia (Cagliari), grès grossolano sopra i banchi a Scutella del Capo Sant’ Elia; non raro. Pliocene. Astigiano, Galleria di Gattico (linea Arona Domodossola), Piacentino, marne presso il ponte di Crescentino, Pianoro (Bologna), Toscana (Colle Val d’Era, Monte Corfano, Siena, Foiano della Chiana, ecc.), San Giorgio presso Orvieto, Reggio Cal., Messina, Altavilla (Palermo); non raro. Pleistocene. Monte Mario, tufi calcarei sotto la città di Sciacca; non raro. Anche il 2. stellaris è una delle specie che presentano grande variabilità nella forma e nell’orna- mentazione della conchiglia. Il numero delle sue costole, lo sviluppo loro, la forma dell’apertura, le di- mensioni relative dei compartimenti variano non solo nelle differenti località e nei varii orizzonti, ma negli individui raccolti assieme, o di uno stesso gruppo. La forma tipica del Broccni, quale si conserva nel Museo civico di Storia naturale di Milano, ha la forma conica, regolarissima, e l’apertura quasi ovale, larga ed intiera. Le costole non sono molto nume- rose, ma sono grosse, ben prominenti, ed a guisa di pilastri conici si appoggiano sui compartimenti. Esse sono semplici, non divaricate, talora presentano longitudinalmente lungo la linea mediana una sutura in tutta la loro lunghezza. L’esemplare del BroccHI è fisso sopra un’Ostrea edulis var. lamellosa BR. e proviene da Valle di Andona (Astigiano); esso manca delle piastre opercolari. Il B. stellaris, come il DARWIN stesso dubitava, rappresenta il £. corrugatus DARW., specie stabilita posteriormente sopra esemplari fossili del Pliocene toscano (Colle). La forma tipica del BroccHÙI si riscontra, oltrechè nell’Astigiano, anche nella Liguria, nella Toscana, nell’ Emilia, e nelle Puglie, ma non è molto frequente. Abbastanza comune invece è un’altra forma di dimensioni quasi identiche, che ha l’apertura ovato- acuminata, i compartimenti solcati da costole numerose ma non molto spiccate, e le pareti generalmente esili e sottili. Questa conchiglia è invero abbastanza differente dalla tipica, ma le sue piastre oper- colari corrispondono a quelle degli esemplari tipici, dimodochè non è possibile distinguere una forma dall’altra. Alcuni esemplari di questa mutazione conchigliare esistono nella collezione BroccHI e furono da lui ascritti, assieme ad altri di 5. concavus, a Lepas balanoides L. Il B. stellaris è la specie che con certezza si è raccolta nel Tongriano inferiore, con esemplari di buona conservazione. Nel R. Museo geologico di Torino si conserva un esemplare di forma abbastanza tipica, ma con l’apertura ovato-acuminata proveniente da Priabona. Al Museo civico di Milano, si trova un esemplare di forma tipica (anzi corrisponde appieno anche par le dimensioni a quello del BroccHI), raccolto nel Tongriano del Vicentino !). Nell’Oligocene si rinviene generalmente a piastre disgiunte, che sono abbastanza comuni nei Colli di Torino (Aquitaniano), nel Miocene del Colle di San Michele e presso il Capo di Sant’ Elia (Cagliari), ma si presenta intiero con forma tipica (benchè quasi sempre di piccole dimensioni) nelle altre località della Sardegna. 4) Anche in Francia sembra che questa specie si rinvenga in formazioni assai antiche, cioè in quelle nummu- litiche (Luteziano inferiore) ed il dott. DoncInuXx (166) la cita al Monte Cayla (Hérault) chiamandola erroneamente B. stelliformis. » 304 G. DE ALESSANDRI i [98] Anche nel Miocene torinese (Monte dei Cappuccini, Val Ceppi, Termofourà, villa Harcourt) gli esemplari hanno generalmente piccole dimensioni; nelle Puglie (Bovino) invece hanno grande sviluppo, forma tipica e perfetta conservazione. Fuori d’Italia il B. stellaris si riscontra in Catalogna (San Mori) con esemplari ad apertura ovato- acuminata. Al Museo civico di Milano si conservano esemplari di piccole dimensioni e di forma cilindrica con apertura largo-acuminata che io ho riferito alla specie del BroccHI, i quali furono raccolti nell’Oli- gocene di Biinde (Germania del Nord). Alcuni di questi balani sono fissi sulle valve di una grande Terebratula che probabilmente è la 7. grandis BLums. Il Doxcieux (156) ha recentemente rinvenuto esemplari di questa specie nell’ Hérault (Francia). Il B. stellaris si rinviene fossile aderente: ad Ostree, Anomie, Hinnites, valve di Balanus, Clypeaster (C. aff. Scillae), ciottoli, ecc. La specie vivente che con essa ha grandi affinità è il B. crenatus Bru. Balanus porcatus Da Cosra. — Tav. XVII |V], fig. 16, 17. 1778. Balanus porcatus Da Costa K., Hist. Nat. Tes. Brit. pag. 249. 1854. — — Darwin C. (41), pag. 256, tav. VI, fig. 5a-9. 1855. — — — (42), pag. 21, tav. I, fig. 5a-g. 1873-76. — — Secuenza G. (64), parte II, pag. 41. 1895. — — Dr Aressampri G. (127), pag. 59, tav. II, fig. 7a-e. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Arezzo) altezza mm. 24 diametro maggiore mm.40 diametro minore mm. 38 » » piccolo (Volterra) » » 28 » » DI32, » » » 31 Scudo ” medio (Arezzo) lunghezza » 12,5 larghezza » » 11 Tergo » » » » » 14 » » » 6 Giacimento. — Pliocene. Valle San Giusto (Volterra), Castelnuovo - Berardenga, Monte Corfano (Arezzo), Barcellona (Messina); non raro. Il riferimento a questa specie degli esemplari da me osservati è assai dubbio perchè la conchiglia del B. porcatus è assai variabile nella forma, nelle dimensioni, come anche nello sviluppo dell’apertura e dei compartimenti parietali. La forma tipica degli esemplari viventi figurata dal DARWIN presenta la conchiglia depressa, compar- timenti con grosse costole, apertura ristretta e triangolare, ma assieme alle forme tipiche DARWIN stesso aveva riscontrato esemplari provenienti dalle regioni artiche nei quali la forma era conica e la superficie liscia. Gli esemplari fossili figurati dal DARWIN rinvenuti nel red-crag inglese hanno apertura grande, forma cilindracea, ed assomigliano con tutta probabilità agli esemplari che il SeGuENZA riferì a questa specie e che a tutta prima aveva ascritto a B. tintinnabulum. Gli esemplari viventi riferiti a B. porcatus dal GruveL hanno forma cilindrica, espansa superiormente, apertura larghissima e compartimenti costulati. Gli esemplari del Pliocene toscano che io ho riferito a questa specie hanno forma conico-globosa, apertura ristretta, compartimenti lisci. Dalle considerazioni sopraesposte si comprende come la forma della conchiglia molto variabile, non possa fornire caratteri per la determinazione di questa specie, e come sia necessario ricorrere alle piastre opercolari. Gli scudi pliocenici della Toscana da me ascritti con dubbi a 8. porcatus hanno l’apice di [99] G. DI ALESSANDRI 305 acuminato, superficie esterna con linee di accrescimento spiccate, intersecate da qualche linea radiante; internamente il rialzo adduttore sembra distaccarsi da quello articolare e si biforca in basso circoscri- vendo la cavità del muscolo articolare. I terghi sono assai caratteristici, sono ricurvi a becco, hanno lo sperone tozzo e troncato inferior- mente, la scannellatura larga ed infossata. Internamente il rialzo articolare è curvo, poco prominente, il solco articolare è largo, e le creste del muscolo depressore sono numerose. Il B. porcatus si riscontra fossile oltrechè nel Pliocene italiano, in quello inglese (Sutton, Bramerton e Thorpe) e nelle formazioni quaternarie della Scozia, dell’ Uddevalla e del Canadìà. Se le determinazioni fossero attendibili, questa specie sembra assai comune nel Miocene della Francia e più precisamente del bacino del Rodano ove la si sarebbe descritta sotto il nome di -B. sulcatus Bruce. Il Doux4WMI (129) cita il B. sulcatus a Granien, a Saint Sorlin, Bas-Leyssin, a Messeinin, Veyrins; il LocarD (75) notò come esso sia assai comune nella molassa dei dintorni di Lione, Hauterive e sotto il nome di 5. sulcatus la specie è stata rinvenuta negli strati a Congerie di Saint Paul, Trois-Chàteaux, Bollène, Visan (FontANnNES), nel Messiniano di Montpellier (FontaNNES), nella molassa sabbiosa a facies di Sc4lier (El- veziano inferiore) di Tersanne, Feysin S.* Fond; il KAurmaNN (1892), cita il 2. sulcatus nella molassa di Wikon (Svizzera), i sigg. FLIcK e PERvINQUIÈRE (148) lo citano dubitativamente nel Piacenziano della Tunisia (La Thonara); il FourtAU (138) dice di aver rinvenuto, come già il FRAAS, questa specie nelle sabbie a Clypeaster aegyptiacus Mica. dei dintorni delle Piramidi di Chizeh (Pliocene). Infine il £. porcatus si rinviene nel Postpliocene della Norvegia e dell’ Europa settentrionale a Killebo in Rakestad, a Schjaldalen in Aremark, a Rullerud in Holand, a Ommedalstraud presso Skien; in tutte queste località fu rinvenuto dal Sars (49), mentre 1° Horst (79) lo raccolse nelle formazioni moreniche della Groenlandia. Vivente questa specie è propria dell’Oceano artico, dell’Atlantico e del Pacifico (parti settentrionali). Fssa si raccoglie generalmente aderente alle rocce, talora si fissa sopra Crostacei, eccezionalmente sopra Spugne; gli esemplari fossili che io ho avuto in esame si rinvennero isolati, probabilmente ab origine erano fissi su rocce. Balanus crenatus Brue. — Tav. XVII[V], fig. 18-20. 1879. Balanus crenatus BrueubRrE. Encyclop. Method. (des Vers). 1854. — —_ Darwin C. (41), pag. 26, tav. VI, fig. 6a-9. 1855. — — = (42), pag. 23, tav. I, fig. 6-9. DIMENSIONI Conchiglia esemplare medio (Torino) altezza mm.16 diametro maggiore mm.7 diametro minore mm. Scudo » piccolo » lunghezza » 4 larghezza DIG; Tergo Ù » » » » » 3) » IBID. Giacimento. — Miocene. Torino (Monte dei Cappuccini, Termofourà, villa Forzano, bric Berton, villa Bellino, ecc.), Baldissero, Sciolze (Sant'Antonio), Rosignano; non raro. Conchiglia. — Nel Miocene del Piemonte questa specie si presenta quasi sempre con piccole dimen- sioni e colla forma più o meno allungata. Generalmente si rinviene in gruppi di parecchi individui; talora si presenta con esemplari soli, ma quasi sempre schiacciati e deformati. La conchiglia quindi ha quasi costantemente la forma cilindraceo-depressa, ristretta inferiormente ed espansa nella parte superiore, ove i compartimenti non più saldati assieme possono svilupparsi liberamente. L'apertura è romboidale più Palaeontographia italiea, vol. XII, 1906. 38 205 G. DE ALESSANDRI [100] o meno allungata, ha il margine dentato, ed è pochissimo ristretta verso il compartimento carenale. I radii sono sviluppati, hanno il margine superiore obliquo, ed una fine striatura trasversale. Le ali sono poco evidenti, ed hanno il margine superiore molto obliquo alla base. La superficie dei compartimenti è solcata da costole radianti, numerose ed irregolari. La guaina è larga con fitte e numerose strie su tutta la superficie. La colorazione tanto dei radii quanto dei compartimenti è bianco-gialliccia. Scudo. — Ha la superficie esterna solcata da costole rade, sinuose, che nella regione basale hanno maggiore sviluppo e prendono aspetto di lamelle ben prominenti. La superficie della piastra è piano- concava, l apice è leggermente curvo in fuori. Il margine basale è alquanto sinuoso e forma un angolo quasi retto col margine tergale; il vertice di quest’ angolo è notevolmente arrotondato. Internamente la superficie è irregolare; il rialzo articolare è corto e prominente; la cavità del muscolo adduttore è larga e ben distinta, quella del muscolo depressore è piccola, allungata, ma essa pure assai spiccata. Lungo il margine di chiusura si osserva un cordoncino appiattito che presso all’apice si unisce al rialzo articolare. Tergo. — Ha forma tozza, ed ha l’apice un po’ curvo. Lo sperone è largo, pochissimo sviluppato in lunghezza; in alcuni terghi ove esso si allunga maggiormente, si osserva che l’estremità inferiore è tronca, però nel maggior numero degli esemplari esso è appena segnato da una sporgenza del margine basale. La superficie esterna della piastra è segnata da fitte e fine linee di accrescimento, assai sinuose, linee di accrescimento che si inflettono lungo la larga scannellatura che dall’apice del tergo si spinge alla base dello sperone. Internamente il rialzo articolare è lungo ed assai prominente; le creste del mu- scolo depressore sono appena percettibili. Osservazioni. — Questa specie fino ad ora non era stata citata fossile in Italia. Allorchè intrapresi i miei primi studi sui Cirripedi italiani, avevo già osservato parecchi suoi esemplari provenienti dai Colli di Torino, ma non avendo riscontrato le piastre dell’opercolo, non mi ero fidato ad ascrivere il B. crenatus fra i fossili del Miocene piemontese. Posteriormente il sig. E. Forma mi ha comunicato nume- rosissimi esemplari di piastre raccolte assieme alle conchiglie, nell’ Elveziano di Torino. Successiva- mente nel materiale raccolto nella Pietra da Cantone di Rosignano Monferrato, ho riscontrato un numero grandissimo di scudi e di terghi, che ho riferito a questa specie, assieme ad alcune piccole conchiglie di forma schiacciata che a tutta prima avevo riferito a B. tulipiformis. Gli esemplari fossili che ho studiato corrispondono senza dubbio alle forme tipiche di questa specie, ma più che agli esemplari figurati dal DARWIN, corrispondono a quelli viventi che io ho avuto in esame. La conchiglia dei campioni fossili non è così subconica come nell’esemplare del Darwin della tav. VI, fig. 6c, ma è più irregolare, cioè più cilindracea o prismatica. Lo scudo è più allungato e ristretto; la superficie esterna ha lamelle più prominenti, e manca del solco presso il margine di chiusura; ma la superficie interna corrisponde abbastanza bene a quella degli esemplari figurati dal grande Naturalista inglese. Il tergo presenta il rialzo articolare più promi- nente di quelli del red-crag inglese. È strano‘il fatto che questa specie, abbastanza frequente nell’ Elveziano del Piemonte, finora non sia stata rinvenuta nel Pliocene italiano. Essa fu già citata dal DARWIN stesso nel Miocene di Flonheim presso Alzey in Germania, ove si presenta con esemplari di forma globulare, e colla superficie dei compartimenti costulata. Però gli esemplari di questa località mancano sempre delle piastre opercolari. Anche nel Pliocene inglese (mammaliferus-crag, red-crag e coralline-crag), ove la specie non è rara, quantunque con esem- plari di piccole dimensioni, gli esemplari sono privi delle piastre opercolari. Nella Scandinavia e nel Canadà il B. crenatus si rinviene nei depositi quaternarii, ove assume dimen- sioni superiori alle forme viventi. Infine il SARS (49) annovera questa specie fra i fossili del Postpliocene della Norvegia, nelle formazioni di Killebo in Rakestad e di Ommedalstraud presso Skien. Lidi [101] G. DE ALESSANDRI 307 Allo stato vivente il 2. crenatus è comunissimo nei mari freddi e temperati dell’ Europa e dell’Ame- rica, come pure nelle spiagge del Perù e presso il Capo di Buona Speranza. Il DARWIN dice di aver esaminato di questa specie un piccolo esemplare, aderente ad un granchio che secondo l’indicazione era stato raccolto nel Mediterraneo, ma il SecueNzA non l’ha riscontrata nei mari di Sicilia, nè il Gruver nelle coste meridionali della Francia. Si può ritenere quindi che tale specie sia assai rara nel mare Mediterraneo, se pure vi esiste. Il B. crenatus si fissa sopra oggetti assai differenti, cioè a conchiglie, granchi di mare e sulle chiglie dei piroscafi. Gli esemplari fossili che io ho esaminati erano tutti in gruppi od in individui isolati senza sostegno; probabilmente essi erano aderenti a rocce. Rapporti e differenze. — Questa specie allorchè si presenta nella sua forma allungata ha grandi affinità col B. perforatus var. fistulosus Poni. Allo stato vivente si può con facilità distinguere, perchè quest’ ultima specie ha le pareti e la base con fori, mentre il B. crenatus ha le pareti con fori, ma la base imperforata. Allo stato fossile queste distinzioni sono pressochè impossibili, ed allora per separare le due specie è necessario ricorrere ai caratteri delle piastre opercolari. Lo scudo del 2. perforatus è più largo, ha il rialzo adduttore più lungo ed arcuato, e la cavità del muscolo depressore più larga e più spiccata. Il tergo ha lo sperone lungo ed assottigliato, con una sottilissima scannellatura nella superficie esterna, nel . perforatus invece ha lo sperone tozzo, ed una larga scannellatura nel 2. crenatus. Le figure 9, 9a del CHENU [(10), tav. IIT] che si riferiscono a B. fistulosus Lx. e che corrispondono per- fettamente a quella del Darwin [(41), tav. VI, fig. 6c] rappresentano a mio avviso questa specie e non il DB. perforatus var. fistulosus PoLi, come generalmente si ritiene. Credo che con grande probabilità a questa specie si debba riferire il 2. cylindraceus var. testis aggregatis, che il LAMARCK [(16), pag. 659], cita fossile nei dintorni di Torino. Balanus Darwinii See. — Tav. XVII [V], fig. 21. 1876. Balanus Darwinii Secuenza G. (64), parte II, pag. 85, tav. 10, fig. 11-14. 1895. — — De AressanprI G. (127), pag. 69, tav. II, fig. 8. DIMENSIONI Conchiglia (Astigiano) altezza mm. 13,5 diametro maggiore mm. 29,5 diametro minore mm. 18,5 Giacimento. — Pliocene. Astigiano, Messina (Altavilla, Bucchieri),-Reggio Cal. (Teretri, Nasiti, Testa del Prato); raro. Il B. Darwinii è una specie rappresentata quasi sempre da piccoli esemplari, e che ha grandi analogie per la forma e per l’ornamentazione della conchiglia col 2. stellaris Br. dal quale peraltro si distingue per la sua apertura triangolare, acuminata verso il compartimento carenale, e per le piastre opercolari. Lo scudo invero del B. Darwvint è un po’ curvo nella sua parte superiore, presenta il margine di chiusura arcuato, ha la superficie esterna con costole un po’ flessuose ed una depressione a guisa di solco longi- tudinale. Internamente la piastra è piana, colla cresta articolare un po’ curva e la cavità del muscolo depressore ovale e profonda. Il tergo è ricurvo, ha lo sperone largo, tozzo, troncato nella parte infe- riore ed ha il solco articolare poco evidente. Delle specie viventi il B. trigonus DARW. è quello che più facilmente potrebbe confondersi col B. Darwinzi, ma ne differisce negli esemplari figurati dal DARWIN e dal GruveL sopratutto per la forma e per l’ornamentazione delle piastre opercolari. 308 G. DE ALESSANDRI [102] Gli esemplari che io ho esaminato provengono dal Pliocene dell’Astigiano; uno dei più conservati è quello che si conserva nelle collezioni del.R. Museo geologico di Torino. Ha forma schiacciata, colla super- ficie dei compartimenti solcata da pieghe irregolari, radianti, e costole festonate, trasversali. L'apertura è triangolare-acuminata, la guaina è larga, striata da linee numerose, e fine. I radii sono abbastanza larghi, hanno i margini superiori quasi paralleli alla base e si estendono da un compartimento all’ altro. La colora- zione è azzurro-cupa. Le dimensioni di questi esemplari sono molto sviluppate relativamente a quelli della Sicilia; più che alla forma tipica, essi si avvicinano alla varietà calabrus See. del Pliocene calabrese. Questo Cirripedo si riscontra usualmente aderente ad Ostree, a piastre di balani, e su rocce. Balanus mylensis See. — Tav. XVII [V], fig. 22-25. 1873-76. Balanus mylensis Secuenza G. (64), parte I, pag. 44, tav. II, fig. 1, 1a-c; parte II, pag. 87, tav. X, fig. 21,22. 1895. — — De AnessanprI G. (127), pag. 61, tav. I, fig. 9a-d. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Astigiano) altezza mm. 17 diam. maggiore mm.11,5 diam.minore mm.il » » piccolo » » » 4 » » » 6 » » 5 Scudo » medio » lunghezza » 9 larghezza Du Tergo » » » » » 8, 5 » » 4, 5) Giacimenti. — Miocene. Argille sabbiose della zona abissale del fangario (Cagliari); raro. Pliocene. Astigiano, Chieri, Piacentino, Rio Torsero, sabbie sotto la Chiesa di San Domenico (Genova), Toscana (Volterra, Siena, Albigiana, Ficulle, Val d’ Era, ecc.), Monte La Paglia (Umbria), Reggio Cal. (Teretri, Testa del Prato, Archi, Gallina, Sitlerno, ecc.), Messina (Gravitelli, Masse, Bianchi San Filippo, Scoppo, Rometta, Milazzo, ecc.), Piazza-Armerina, Cammanasca presso Altavilla (Palermo); frequente. Pleistocene. Monte Mario, Valle del Lamato, Messina (Castroreale e Barcellona); non raro. La forma tipica di questa specie è, secondo il SEGUENZA, caratterizzata dall’ avere la conchiglia con pareti e radii non mai porosi e la base talvolta porosa: La conchiglia è tubuloso-conica, raramente globosa, l'apertura è larga, di forma subquadrangolare, acuminata verso il compartimento carenale, un po’ arro- tondata verso quello rostrale; la colorazione è bianca. I compartimenti hanno la superficie trasversalmente striata, ovvero rugosa, talora costata; i radii sono larghi, striati parallelamente alla base, il loro mar- gine superiore è obliquo alla base, un po’ curvo-concavo, mentre le ali hanno il loro margine più obliquo, un po’ curvo-convesso. L'apertura è conseguentemente molto dentata. La guaina è ornata da strie tran- sverse, ravvicinatissime nelle porzioni che corrispondono alle ali dei compartimenti carino-laterali, e che sovente si estendono sulla porzione carenale, e non mai sul resto della guaina. Ho voluto qui riportare per disteso la descrizione che il Sequenza dà della conchiglia di questa specie, perchè gli esemplari che io ho esaminato del Pliocene piemontese, ligure, umbro, e dell’Italia meridionale, corrispondono perfet- tamente ad essa, ma la guaina è striata non solo nei compartimenti carenali e carino-laterali, ma in tutti gli altri compreso il rostrale. Naturalmente ritengo questo carattere suscettibile di qualche variazione e non credo attribuire ad esso importanza specifica, massime se si considera che le piastre opercolari cor- rispondono per bene a quelle del SecuENzA. Infatti lo scudo ha la superficie, esterna ornata: da lamelle poco Tdi [103] G. DE ALESSANDRI 309 Spiccate e flessuose, ha il rialzo articolare prominente e diritto, e quello adduttore, che si distacca dalla prominenza articolare stessa, è un po’ curvo e breve non arrivando al margine basale. Il tergo è largo, ha forma un po’ acuminata, ha lo sperone tozzo e largo, col margine inferiore arrotondato ed una scan- nellatura poco profonda nella superficie esterna, scannellatura che occupa un terzo della larghezza della piastra. In alcuni avanzi del Pliocene di Palermo lo sperone è allungato ed ha il margine inferiore troncato; in guisa che essi presentano grandi affinità colle piastre omologhe del B. ampWitrite. Il B. mylensis è specie essenzialmente pliocenica, recentemente però il prof. D. Lovisato mi ha comuni- cato alcuni esemplari provenienti dai depositi miocenici della Sardegna. Essi sono i primi esemplari di questa Specie rinvenuti nell'Italia, quantunque il 5. mylensis sia abbastanza comune nell’Italia meridionale, ed il SEGUENZA annoveri questa specie fra i Cirripedi viventi nelle spiagge sarde. Alcuni di questi esemplari provengono dalla zona abissale del fangario di Cagliari e la determinazione loro è alquanto incerta, perchè non ho rinvenuto, assieme alle conchiglie, le piastre opercolari. Le dimensioni però ed i caratteri delle conchiglie corrispondono a quelli degli esemplari tipici del Pliocene. Infatti la forma è conica, depressa, l'apertura acuminata, e schiacciata lungo l’asse rostro-carenale, la superficie dei compartimenti è liscia, e presenta finissime costoline longitudinali, i radii sono sviluppati ed hanno il margine superiore obliquo alla base, mentre le ali lo hanno parallelo alla medesima, presentando la superficie striata da linee finissime di accrescimento. Questa specie è abbastanza frequente nel Pliocene dell’Astigiano; gli esemplari ivi hanno quasi sempre medie dimensioni e forma tipica. Lo scudo per l’ornamentazione e per i caratteri della superficie interna corrisponde per bene a quelli illustrati dal SeuENZA; il tergo ha la scannellatura larga, il rialzo articolare è robusto e prominente, l’ apice acuminato, e corrisponde esso pure per bene agli esemplari dell’ Italia meridionale. Nell’Italia centrale questa specie si presenta abbastanza frequente nella Toscana e nell’ Umbria; sempre in gruppi di numerosi esemplari. Il prof. P. Vinassa DE ReGNY mi ha comunicato alcuni avanzi di B. mylensis, fissi sopra un Pecten fla- belliformis Br., raccolti nel Pliocene del Monte della Paglia che si conservano al Museo del R. Istituto superiore agrario di Perugia, i quali mancano delle piastre opercolari, ma la forma della loro conchiglia corrisponde per bene a quella degli esemplari dell’Italia meridionale. Nel R. Museo geologico dell’Università di Palermo si conservano due gruppi di numerosi esemplari raccolti nel Pliocene della Cammanasca presso Altavilla (Palermo) che il prof. G. Di-SterANo mi ha gen- tilmente comunicato. Essi sono fissi sopra una valva di Pecten Alessiì PHiL., hanno grandi dimensioni in confronto degli altri esemplari della stessa regione e presentano un mimetismo spiccatissimo fra la superficie dei loro compartimenti e le costole del Pecten. Io ho riferito entrambi questi gruppi a 2. mylensis, quantunque il SEGUENZA, che pure ebbe in comunicazione gli esemplari del Museo di Palermo, non ne faccia menzione. Probabilmente il Secuenza li riferi a 2. concavus, perchè parlando di questa specie dice [(64), parte II, pag. 82] che esso è comune ad Altavilla presso Palermo (collezione Università di Palermo) fisso sovente sul Pecten Alessiî. Ora nessun esemplare di £. concavus trovasi fra quelli della collezione dell’Università palermitana fisso su Peeten Alesstì, quindi qui si tratta probabilmente di qualche svista di annotazione. ; Il B. mylensis è specie propria del Terziario italiano, probabilmente altrove, come nel bacino del Rodano, esso fu confuso colla specie vicina B. amphitrite. Da quest’ultima specie però si distingue net- tamente per la mancanza di porosità in qualunque parte della conchiglia. Una caratteristica del B. my- lensis è la grande costanza colla quale esso presenta il fenomeno del mimetismo, anzi si può asserire 310 G. DE ALESSANDRI [L04] che ove si eccettuino quei pochi casi in cui l’oggetto di sostegno è liscio, questo balano è sempre mimetico coll’oggetto sul quale si fissa. E siccome sono numerosi gli oggetti di posa del 2. mylensis, come Pettini, Dosinie, Venus, Cly- peaster, Isis, ecc., ne consegue che la superficie dei suoi compartimenti è più o meno solcata, striata, co- stata, e talora anche lamellosa. In queste ultime condizioni sono appunto numerosi esemplari, di grandi dimensioni, provenienti dall’Astigiano e che si conservano al Museo civico Craveri di Bra, in Piemonte. Balanus Pantanellii De An. — Tav. XVII [V], fig. 26-28. 1895. Balanus Pantanelliù De AressanprI G. (127), pag. 62, tav. II, fig. da-e. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Castellarquato) altezza mm.5,5 diam.maggiore mm.10 diam. minore mm.8 » » piccolo » » » 4 » » » DD » » 4,5 Scudo » medio » lunghezza » 1,8 larghezza DI Tergo » » » » » 1,6 » » 1,3 Giacimento. — Pliocene. Castellarquato; rarissimo. La conchiglia di questa specie per la sua forma cilindracea, per le grosse costole, bifide sui comparti- menti, per l’apertura sub-ovale, dentata e leggermente acuminata verso il compartimento carenale, può facilmente essere confusa con quella del 2. stellarîs Br. alla quale corrisponde altresì per le piccole dimensioni. Le piastre opercolari però distinguono le due specie. Lo scudo che nel .. stellaris ha la parte superiore ricurva, il rialzo articolare assai sporgente, ed il solco articolare largo e privo della prominenza adduttrice, è invece pochissimo ricurvo nel 5. Pantanellii, ha la prominenza adduttrice sporgente, la cavità articolare non molto larga ma profonda ed ha invece la prominenza articolare breve, diritta e ben spiccata. Il tergo nel B. stellaris ha la scannellatura larga, superficiale che termina nello sperone tozzo e subtroncato, ha il rialzo articolare molto sporgente, ma breve, e la cavità articolare stretta e profonda; invece nel 2. Panta- nelliù la scannellatura non è eccessivamente larga, ha lo sperone arrotondato inferiormente, ha il rialzo articolare prominente e lungo quanto la piastra, e la cavità articolare poco spiccata. Per la forma della conchiglia e per la struttura del tergo questa specie ha pure qualche affinità col B. crenatus Bruce. dal quale però si distingue per i caratteri della superficie interna dello scudo. Questa specie è assai rara; gli unici esemplari che mi furono comunicati si conservano nel R. Museo geologico dell’ Università di Modena. Sottogen. Acasta LeacH, 1817. Analogamente a DARWIN io ascrivo a sottogenere il gruppo delle Acaste. Allo stato fossile, mancando i caratteri desunti dalle parti molli dell’ animale, nessun carattere è tale da distinguere nettamente gli esemplari che vengono generalmente riferiti al sottogen. Acasta da quelli del gen. Balanus. Infatti gli autori sono concordi nell’assegnare come caratteri peculiari del gruppo delle Acaste i seguenti: Conchiglia formata da sei piastre; parete e base non porosi, base calcarea, quasi sempre ciatiforme. L’avere la conchiglia costituita da sei piastre è carattere comune a tutta l'immensa famiglia degli Exameridi del GruveL, famiglia che, oltre al gruppo delle Acaste, comprende i generi Balanus, Chtha- malus, Chelonobia, Coronula, ecc., ecc. RO e Lidi [105] G. DE ALESSANDRI 311 L’avere le pareti e la base non porose è carattere comune a molte specie di Balanus (a quelli com- presi nella sezione B del DarwIN, ossia sezione C del GruveL), come pure l'avere la base calcarea è caratteristica di numerosissimi Balani (tutti quelli compresi nelle sezioni 4, B, C; D, del DARWIN, ossia quelli aggruppati nelle sezioni A, B, C, D, Y, H, del GRUVEL). : L’avere la base ciatiforme è carattere comune a parecchie specie di Balanus, quali ad esempio il B. navicula, il B. cymbiformis, il B. galeatus, il B. calceolus, il B. stultus, il B. allium, ecc., mentre d’altra parte alcune specie di Acaste, quale 1’ A. cyathus, hanno la base piatta. Nè certamente è carattere proprio delle Acaste quello di avere le pareti irte di spine, imperciocchè Vi sono specie e varietà di Acaste colle pareti prive di bitorzoli [ A. striata GRuUv., A. purpurata DARW. (varietas) |], mentre parecchie specie di Balani hanno in alcune loro varietà spine. sui compartimenti (£. tintinnabulum L. var. spinosus GmeL., B. navicula DARW., ecc.). Noi sappiamo come nei Cirripedi la forma della conchiglia, e sopratutto quella della base, dipenda in gran parte dall’oggetto di posa, da ciò siamo indotti a ritenere che probabilmente talune specie di Balani fissandosi su Spugne o su Gorgonie acquistino la forma basale delle Acaste. DARWIN aveva già asserito che il 2. ferebratus verrebbe ascritto al sottog. Acasta se esso scegliesse come suo oggetto di posa le Spugne. E lo stesso grande Naturalista inglese aveva pure notato come il B. navicula, caratterizzato per avere la base ciatiforme, compartimenti con spine, pareti e base non po- rose, radii colla seghettatura marginale poco spiccata e col margine obliquo al piano di base, comparti- menti carino-laterali poco sviluppati ecc., presenti tutti i caratteri proprii delle Acaste. Descrivendo in seguito il B. navicula, DARWIN dice che egli lo ha assegnato al gen. Balanus, unicamente per alcune affinità di aspetto e di costumi con altre specie che si avvicinavano ai Balani. Così pure alcuni Balani, quali il B. spongicola ed il B. declivis, ove si eccettuino i pori che hanno sui compartimenti e sulla base, potrebbero essere ascritti al sottogen. Acasta. Gli esemplari del Miocene di Rosignano che io ho descritto in altro mio studio (132) sotto il nome di A. Formae appartengono appunto a quelle forme indecise, avendo alcuni caratteri comuni ai Balani ed altri comuni alle Acaste. Il sottogen. Acasta è proprio dei mari temperati e caldi e come il gen. Balanus abita la zona lito- rale. La specie vivente che sia stata raccolta a maggiore profondità è l’A. striata GruveL, dragata nella spedizione del Travaieur a 400 metri di profondità. Viventi si conoscono dieci specie di questo genere, non tutte però nettamente distinte da peculiari differenze; le specie fossili, che a me sono note, sono cinque, tutte spettanti al Terziario. Quella rinve- nuta nel giacimento più antico è l'A. sarda De At. del Tongriano di Nurri (Sardegna). Le altre furono rinvenute nel Miocene (Corsica, Rosignano) e nel Pliocene (Messina, Reggio, Sutton). In Italia finora furono rinvenute quattro specie fossili, lA. Fischerì Loc. (Bonifacio), l'A. sarda DE Ax. (Nurri), l'A. muricata See. (Messina, Reggio-Cal.) e 1A. Formae De AL. (Rosignano Monferrato). Acasta sarda Dr AL. — Tav. XVII [VI], fig. 1. 1895. Acasta sarda De ALessanprI G. (127), pag. 64, tav. II, fig. La, d. DIMENSIONI È Conchiglia (Nurri) altezza mm. 39,5 diametro maggiore mm. 26 diametro minore mm. 18 312 G. DE ALESSANDRI [106] Giacimento. — Oligocene. Nurri (Sardegna); rarissima. La conchiglia di questa specie ha forma cilindracea, colla superficie dei compartimenti solcata da lamelle finissime trasversali, dovute alle linee di accrescimento, le quali sono ondulate, irregolarmente parallele, e sono intersecate da lievissime linee radianti dall’apice dei compartimenti. Sulle superfici compartimentali si notano bitorzoli a guisa di punte, disposti orizzontalmente, e rari. L'apertura è dentata, romboidale, larga quasi quanto la larghezza della conchiglia, e leggermente acuminata verso il compartimento carenale. Il compartimento carino-laterale è un terzo in larghezza di quello laterale. I radii sono larghi, hanno margine superiore obliquo alla base; le ali sono ben evidenti ed hanno il margine superiore quasi parallelo alla base. Tanto i radii quanto le ali sono depressi dal piano dei compartimenti e sono solcati da linee di accrescimento regolari e spiccate. La colorazione tanto delle aree comparti- mentali quanto dei radii è roseo-cupa. La base è irregolarmente cupuliforme, e raggiunge una lunghezza uguale a circa un quinto dell’intiera lunghezza della conchiglia, presentando linee di accrescimento regolari e parallele, che costituiscono un perimetro pentagonale attorno al centro. Di questo esemplare non si conoscono le piastre opercolari; la forma tuttavia è così tipica che non vi è dubbio rappresentare esso una specie ben differente da quelle conosciute. L’unico avanzo che ho potuto esaminare proviene dal Tongriano di Nurri, ove fu raccolto dal prof. D. Lovisato; esso si conserva nella collezione del R. Museo geologico dell’ Università di Cagliari. L'A. sarda, VA. Formae e VA. Fischerì costituiscono un gruppo per la forma cilindracea della: conchiglia ben distinto da tutte le Acaste viventi e fossili, fino ad ora conosciute. Per 1° ornamenta- zione della. conchiglia, l'A. sarda ha una leggera rassomiglianza colla vivente A. cyathus Darw. L'A. Fi- scherì Loc. che più di ogni altra si approssima a questa della Sardegna ha forma più regolare, orna- mentazione differente e rapporti relativi fra i compartimenti ed i radii assai diversi da quelli dell'A. sarda. Acasta Formae De AL. — Tav. XVIII [VI], fig. 2. 1597. Acasto Formae Der AressanprI G. (132), pag. 46, tav. I, fig. 20, 204. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Rosignano) altezza mm. 34 diam. maggiore mm. 28 diam. minore mm. 16 » » piccolo » » » 6 » » » 5 » » » 3 Giacimento. — Miocene. Rosignano (Monferrato); rara. Conchiglia. — Ha forma irregolarmente prismatica, ha la superficie dei compartimenti lievemente increspata nella parte inferiore, e spine ‘orizzontali assai prominenti e numerose, in vicinanza alla regione basale. I radii sono larghi, hanno linee di accrescimento assai fine e fitte e presentano i margini superiori quasi paralleli alla base; le ali sono appena percettibili. L'apertura è larga, romboi- dale, un po’ acuminata verso il compartimento carenale; la guaina è sviluppata e presenta strie curve, parallele fra di loro. Nella parte interna dei compartimenti si osservano pieghe irregolari sovratutto verso la parte inferiore. Il compartimento carino-laterale ha una larghezza che varia da un terzo ad un quarto della larghezza del compartimento laterale. La base è irregolare e concava. Di questa specie non sono riuscito a rintracciare le piastre opercolari; assai frequenti invece sono le piastre compartimentali sciolte. Osservazioni. — Sono stato lungamente perplesso se riferire gli esemplari testè descritti al gen. Bala- nus od alisottogen. Acasta. Le loro affinità, massime quelle del grande'esemplare figurato [(132), tav. I, fig. 20] Tdi [107] G. DE ALESSANDRI 313 col genere Balanus sono spiccatissime, sopratutto se si osserva l'apertura largo-romboidale, acuminata, la forma eretta dei compartimenti, e la base concava. Bisogna inoltre considerare che in taluni esemplari degli strati astiani di Mantovani (Prov. di Reggio-Calabro) e spettanti a mio avviso a 2. tintinnabulum si osserva la stessa forma e le stesse dimensioni nella conchiglia e nell’apertura, ed inoltre essi presentano spine che hanno sviluppo, posizione e numero perfettamente eguale a quello dei/campioni di Rosignano. Tutta- via gli esemplari di quest’ultima località presentavano: la striatura peculiare nei radii, con zone di accresci- mento talora assai spiccate, che sono speciali e caratteristiche delle Acaste. Inoltre alcuni piccoli esemplari, e sopratutto le numerose piastre compartimentali sciolte, richiamavano fortemente lA. muricata SEG. e lA. undulata Darw., delle quali riproducono l’ornamentazione. Rapporti e differenze. — Questa specie per la sua forma prismatica e per l’apertura abbastanza larga si approssima all’ A. sarda DE AL. dell’ Oligocene di Nurri, ma se ne distingue per lo sviluppo del compartimento carino-laterale, per la forma e per la struttura in generè dei compartimenti e per non avere la base ciatiforme. l Dall’ A. Fischeri Loc. si distingue per una forma più irregolarmente globulosa e per la base concava. Nessuna delle specie viventi ha affinità con questa, perchè tutte hanno forma globosa, apertura ristretta ed i compartimenti incurvati. Gen. Chelonohia LrAcH, 1817. Le specie viventi che si conoscono del gen. Chelonobia sono quattro, esse si riscontrano nei mari caldi, aderenti alla pelle dei Cetacei o sulla corazza delle Testuggini; raramente sono fisse su Crostacei o su qualche Mollusco. Fossili di questo genere fino ad ora furono rinvenuti pochissimi esemplari che sono quasi sempre incompleti e che si riscontrarono unicamente negli strati del Pliocene superiore. Le specie fossili descritte sono: C. emisphacrica RortHPL. et Sim. del Pliocene delle Canarie, la C. de- pressa Sea. del Pliocene della Sicilia, la C. Capellini De AL. del Pliocene toscano e la C. testudinaria L. raccolta nella stessa località e che è tuttora vivente. La C. Capellinii è Vl unica specie della quale si siario raccolti esemplari intieri e piastre disgiunte; di essa però non si conoscono ancora le piastre opercolari. Chelonobia Capellinii De AL. — Tav. XVIII [VI], fig. 3-5. 1895. Chelonobia Capellini Dr AressanpRI G. (127), pag. 69, tav. III, fig. 5a, d. DIMENSIONI i di Conchiglia esemplare medio (Orciano) altezza mm. 18 diametro base mm. 56 diametro apertura mm. 22 Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino (Termofourà); rarissima. Pliocene. Orciano; rara. La forma tipica di questa specie è quella già da me illustrata nel 1895, e che si raccoglie ad Or- ciano (Toscana). Esemplari di buona conservazione di questa Chelonobia si trovano nei RR. Musei di geo- logia di Bologna e di Torino. La ‘conchiglia è coroniforme, con costole non molto spiccate nella superficie esterna dei compartimenti. L'apertura è subovata e dentata; i radii sono sviluppati ed hanno il margine superiore parallelo alla base; le ali sono più depresse ed hanno esse pure grande sviluppo. Internamente le pareti presentano lamelle Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 39 314 G. DE ALESSANDRI [108] longitudinali che dalla guaina si distendono fino alla base, in vicinanza della quale si biforcano. Di questa specie non mi fu dato rinvenire le piastre opercolari. Riferisco a questa stessa specie una piastra compartimentale isolata, di mediocri dimensioni e che rappresenta la carena, raccolta nel Miocene torinese. Questa piastra ha forma di triangolo isoscele, ed ha la superficie esterna quasi liscia con numerose linee di differente colorazione, parallele al margine basale, e che rappresentano le linee di accrescimento. Coll’ aiuto della lente si scorgono altresì linee longitudinali finissime su tutta la superficie della piastra. Le ali sono piccole, triangolari, uguali fra di loro, ed assai infos- sate sui margini parietali. I margini parietali sono privi di denti, e lievemente crenulati ai loro punti di attacco coi compartimenti. Nella superficie interna si osserva la guaina che è alquanto sopraelevata e spor- gente nella sua parte inferiore, mentre è depressa in quella superiore; ivi essa è alquanto scabra e Rita senta qualche costolina irregolare presso l'apice della piastra. I setti presso al margine basale sono abbastanza fitti; quelli superiori sono in numero da cinque a sei, hanno decorso irregolare e si spingono fino alla metà circa della distanza fra la guaina e la base della piastra; quelli inferiori sono di lunghezza varia ed interpolati gli uni agli altri; i più sviluppati sorpassano di poco l'apice dei setti superiori. Le dimensioni di questa piastra sono: lunghezza mm. 14, 5, larghezza mm. 13, larghezza della guaina mm. 8,5. Questo avanzo è così l’unico riscontrato fino ad ora nei terreni miocenici. La C. Capellini si distingue dalla ©. emisphaerica RorHPL. et Stm., per avere la guaina assai diversamente conformata e meno estesa in basso verso il margine basale, come anche per avere la superficie esterna lievemente costata. La C. depressa del SEGUENZA è specie imperfettamente conosciuta, ma dalla descrizione sembra che si distingua da quella che io ho descritto, per la forma della conchiglia che è più depressa, conica e non convessa, per le lamine radianti, numerose e sottili, per la guaina breve e per la superficie esterna tra- sversalmente rugosa. La vivente C. patula RANZ. è specie che si avvicina assai alla C. Capellinti, ma è distinta per la forma dell’apertura e per la guaina che è liscia nella parte superiore. Infine la C. testudinaria L. che si riscontra vivente e fossile è distinta dalla C. Capellini per i denti che si osservano sui margini laterali. L’esemplare miocenico di questa specie si conserva nel R. Museo geologico di Torino; esso fu rac- colto nelle sabbie serpentinose elveziane dei Colli torinesi dal sig. E. Forma. Chelonobia testudinaria L. sp. — Tav. XVIII [VI], fig. 6, 7. 1767. Lepas testudinaria Linneo. Systema naturae, tomo I, parte IV, pag. 3210. 1854. Chelonobia — DarwIN C. (41), pag. 392, tav. XIV, fig. 1a,1d; tav. XV, fig. 1. 1895. — — De ALessanpRrI G. (127), pag. 70, tav. III, fig. 6a, d. DIMENSIONI Compartimento laterale esemplare grande (Orciano) lunghezza mm. 15,5 larghezza mm. 16 » » » piccolo » » » 12,5 » » 13,5 Giacimento. —. Pliocene. Orciano (Toscana); rarissima. Questa specie è tuttora vivente nel mare Mediterraneo, e si rinviene sempre fissa allo scudo delle Testuggini. Gli esemplari viventi corrispondono perfettamente a quelli fossili. La forma della conchiglia è conico-globulare, schiacciata, colla superficie dei compartimenti liscia; l'apertura ha forma ovale; i radii sono stretti, triangolari e depressi; hanno il margine superiore quasi parallelo alla base. I compartimenti di . [109] G. DE ALESSANDRI 315 presentano lungo le linee di sutura denti triangolari, in numero da sei a sette; questi denti hanno la punta leggermente rivolta in basso, e sono caratteristici della specie. La guaina ha una lunghezza uguale ad una metà circa dell’intiera lunghezza dei compartimenti, essa è liscia o leggermente solcata da linee di accrescimento. I setti radianti sono rilevati e distinti a guisa di lamelle; essi sono biforcati, talora triforcati presso alla base. Di questa specie si sono finora rinvenute fossili solo alcune piastre compartimentali, che furono rac- colte nelle sabbie plioceniche di Orciano in Toscana. Esse si conservano nelle collezioni dei RR. Musei dell’ Università di Bologna e dell’ Istituto superiore di Firenze. Allo stato vivente questa specie sembra comune nelle coste della Sicilia, ed ivi l’ hanno rinvenuta il Costa, l’Arapas ed il SEGUENZA. Come già ho osservato [(127), pag. 71] la C. festudinaria si distingue facilmente dalla C. Capellini peri denti marginali dei compartimenti. Secondo il SEGuENZA essa è distinta dalla C. depressa pel rapporto reciproco delle diverse parti, per la forma più schiacciata e meno conica e per la guaina più breve. Gen. Coronula Lamarck, 1802. Il genere Coronula allo stato vivente si riscontra in tutti i mari, fisso sopra la pelle dei Cetacei. Viventi se ne conoscono tre specie, la C. reginae Darw., la C. balaenaris GueL. e la C. diadema L. Fossili furono descritte fino ad ora quattro specie la C. barbara DarwIN, la C. bifida Bronn, la C. diadema L. e la C. (flabelcorona) ficarazzensis De-GEREG. Le due prime specie si raccolgono nel Terziario superiore d’Italia. La C. diadema venne citata fos- sile dall’Arapas nei calcari dei dintorni di Siracusa (40), e più tardi lo stesso autore asserì (57) che il BenoIT l’aveva raccolta vivente nei mari di Siracusa ?), ma il SecuENZA ha invece ritenuto doversi riferire a C. bifida gli esemplari fossili ascritti dall’Arapas a questa specie. La C. diadema venne recentemente (121) rinvenuta fossile, dal SimoneLLI, nelle sabbie gialle di Ostrakodes presso Nicosia (Cipro), sabbie spettanti al Pleistocene inferiore. Infine la C. (Elabelcorona) ficarazzenzis De-GREG., rinvenuta dal marchese De-GrEGORIO nel calcare pleistocenico di Ficarazzi (Palermo) è specie assai dubbia. Anzitutto essa fu stabilita sopra un unico esem- plare di imperfetta conservazione; secondariamente dalla pessima descrizione dell'autore e dall’ esame delle figure che accompagnano il testo, a me sembra doversi tale fossile riferire, con molta probabilità, C. balaenaris GMEL. specie che attualmente vive nei mari del Sud. Coronula bifida Bronwn. — Tav. XVIII [VI], fig. 8-11. 1831. Coronula bifida Bronn G. Italiens Tertiéir-Gebilde, pag. 126. 1854. —- — Darwin C. (41), pag. 423. 1873-76. — — Secuenza G. (64), parteI, pag. 60, tav. III, fig. La-d; parte II, pag. 90, tav. X, fig. 24. 1895. —_ — Dr AnessanprI G. (127), pag. 71, tav. III, fig. 7a,d. 4) L’ARrADAS (54) illustrò una presunta nuova specie di Coronula vivente, la €. Carolina ARAD., rinvenuta nel litorale di Aci-Trezza (Sicilia); dall’ esame della figura sembra però che questa conchiglia appartenga al gen. CheZonobia e forse a C. caretta SPENGL., specie non ancora rinvenuta nel Mediterraneo, ma che si raccoglie abbondante; aderente alle testuggini, nelle coste occidentali dell’Africa. 2) Assieme alla Coronula diadema l’ArADAS descrive come specie dei mari siciliani la Coronula testudinaria L. che attualmente è considerata come spettante al gen. CheZonobia, e la Coronula bissexlobata (BLAINV.) che è la Pla- tylepas bissexlobata (BLAINV.) del DARWIN. 316 G. DE ALESSANDRI [110] d DIMENSIONI Conchiglia (Orciano) . 0 altezza mm. 32 diametro maggiore mm. 46 diametro apertura mm. 28,5 Lato rostrale (Castellarquato) » » 49 larghezza » 31 Giacimenti. — Pliocene. Castellarquato, Orciano, Reggio-Cal. (Bianco Nuovo), Messina (Rometta), Militello, Palermo, Capo Plemmirio (Siracusa), Caltabiano presso Piedimonte; non rara. Pleistocene. Valle Lamato;, rara. La €. bifida fu stabilita nel 1831 dal Bronn, e da questo autore imperfettamente descritta e non figurata. L’esemplare tipico su cui il Bronx ha fondato questa nuova specie proveniva da Castellarquato e faceva parte della collezione JAN, che ora si conserva al Museo civico di Storia Naturale di Milano. Il DARWIN, non conoscendo per bene questa specie, dubitò che essa potesse identificarsi colla C. barbara Darw. del Pliocene inglese. Il SEGUENZA invece, assai giustamente, avendo riscontrato nel Pliocene sici- liano esemplari di una Coronula differenti da quelli della specie del DARrwIN i quali corrispondevano perfettamente ad altri del Pliocene toscano (Orciano), ritenne cosa assai probabile che quegli esemplari rappresentassero la specie del Brown. Egli poi ammise che la C. difida Bronn avesse caratteri peculiari e ben distinti dalla C. barbara DARW. Io allorchè mi sono occupato primieramente dei Cirripedi fossili, avevo riscontrato nell’abbondante materiale che esaminavo numerose piastre compartimentali ed an- che conchiglie complete di Coronula provenienti da Orciano, Castellarquato, Valle del Lamato ecc., e mi avvidi come esse si corrispondevano perfettamente. E facendo confrontare tutti questi avanzi con quello tipico che si conservava a Milano avevo potuto stabilire come gli esemplari dell’ Italia meridionale riferiti dal SecueNza a C. bifida, corrispondessero appieno a quello di Castellarquato e quindi spettassero alla specie del Bronn. D'altra parte io avendo riscontrato nelle collezioni dei Cirripedi dei Musei della R. Università di Bologna e del R. Istituto superiore di Firenze, alcune piastre che evidentemente corrispon- devano alla C. barbara Darw. del crag inglese, avevo potuto coi confronti stabilire come la specie del BRONN fosse ben distinta da quella del Darwin. Allora non mi fu dato avere in comunicazione l’esemplare tipico di C. bifida; ora avendo a mia disposizione il materiale del Museo civico di Milano posso completare le os- servazioni e descrivere più partitamente, di quel che non abbia fatto il Bronn, la sua specie. L’esemplare tipico è rappresentato da una piastra compartimentale sola e più precisamente dal com- partimento rostrale. Esso ha forma curva a guisa di carena ed è allungato nel senso dell’altezza assai di più che non gli esemplari di Sicilia figurati dal Secuenza [(64), parte I, tav. III, fig. 1]. Esternamente questo rostro presenta quattro grandi costole longitudinali che si sdoppiano in due costole secondarie. Tanto le costole primarie quanto quelle secondarie hanno decorso irregolare, sono tondeggianti e prominenti. La superficie loro è solcata da fine lamelle crenulate, più distinte e sporgenti nella parte inferiore della piastra. I radii sono larghi, triangolari, hanno il margine superiore parallelo alla base, la loro superficie è liscia verso la parte mediana della piastra, ma presenta strie e rughe trasversali, fitte ed irregolari verso entrambi i margini laterali. Nella parte superiore di questo rostro, tanto sulle pareti quanto sui radii si osservano fittissimi pori. I margini suturali dei radii sono spessi e solcati da finissime costoline irregolari, variamente striate. Inter- namente, nella parte inferiore della piastra, la lamina interna delle pareti determina tre cavità longitudinali in corrispondenza delle suture delle costole secondarie che si osservano nella parete esterna, e tre concame- razioni più grandi, pure longitudinali, in corrispondenza delle costole esterne, principali. Tutte queste cavità sono alquanto irregolari ed erano quelle occupate dalla pelle della balena allorchè l'esemplare era vivente. In corrispondenza della divisione esterna fra le pareti ed iradii si distaccano internamente due lamine Odi [111] G. DE ALESSANDRI 317 che si spingono verso la parte mediana, superiore della piastra. Queste due lamine longitudinali sopportano una lamina trasversale larga ed a superficie liscia, sopra la quale si trova la guaina che è di forma ristretta ed allungata, essa pure a superficie liscia. La C. bifida è fossile non raro del Pliocene toscano; numerosi esemplari si conservano nei RR. Musei di Torino, di Roma, di Pisa, di Firenze e di Bologna e del Comitato geologico, provenienti da Orciano; parecchi sono perfettamente conservati e presentano la conchiglia intiera. Di questa specie non furono mai rinvenute le piastre opercolari. Il SEGuENZA riteneva che la C. difida caratterizzasse il ‘Pliocene inferiore, ossia quel piano che egli aveva distinto col nome di Zarcleano. Ma tale specie si rinviene anche assai abbondante non solo nel Pliocene superiore (Astiano) di Orciano, di Castellarquato e di Palermo ecc., ma secondo O. G. Costa (21) nella Valle del Lamato, assieme a molti altri avanzi di Cirripedi e di Molluschi che si riferiscono dai paleontologi al Pleistocene. Coronula barbara Darwmn. — Tav. XVII [VI], fig. 12. 1854. Coronula barbara Darwin C. (41), pag. 38, tav. II, fig. 8a-e. 1895. _ — Dr Atrssanpri G. (127), pag. 72, tav. III, fig. 8a, d. DIMENSIONI Compartimento rostrale (Orciano) . 6 o altezza mm. 25 larghezza mm. 23 Giacimento. — Pliocene. Orciano (Toscana); rara. Questa specie allo stato fossile finora venne rinvenuta solamente nel red-crag (Pliocene) di Bawdsey e Sutton in Inghilterra e nelle sabbie gialle di Orciano. Essa si distingue dalla C. bifida per l’ornamentazione della superficie esterna, costituita da costole lon- gitudinali semplici, non mai biforcate, e per le lamelle che presenta sulla superficie delle ‘costole; differisce pure per la forma generale dei compartimenti, per avere i radii coi margini sempre obliqui alla base e che inferiormente presentano i margini pure obliqui. Internamente la specie del DAarwIN si differenzia dalla specie del Bronx per aver la lamina trasver- sale che scende più in basso e conseguentemente per avere la guaina più sviluppata in altezza. Anche negli esemplari di C. barbara tanto sulle pareti quanto sui radii si scorgono nella superficie esterna numerosissimi pori. Di questa specie non si conoscono ancora le piastre opercolari. Gli esemplari raccolti in Italia, a differenza di quelli del Pliocene inglese, sono grandi e tozzi ossia meno allungati in rapporto alla larghezza ed hanno le lamelle delle costole superficiali grosse, e non così numerose e prominenti. In Italia questa specie fu raccolta sempre a piastre disgiunte; esemplari di buona conservazione si trovano nei Musei della R. Università di Bologna e del R. Istituto superiore di Firenze. Questa specie a tutta prima manifesta grande affinità colla vivente C. diadema L., ma se ne distingue per avere i radii col margine più obliquo, per presentare strie negli spazii fra i radii e le lamine interne longitudinali, e per avere esternamente le lamelle delle costole più prominenti. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. 39% 318 G. DE ALESSANDRI [112] Gen. Tetraclita ScHumaAcHER, 1817. Il gen. Tetraclita è proprio dei mari caldi e si riscontra abbastanza frequente nell’Oceano indiano, nel Pacifico e nell’Atlantico. Nessuna specie, fino ad ora, fu rinvenuta nel Mediterraneo. DARWIN aveva illustrato di questo genere otto specie viventi e questo numero è rimasto tuttora immutato mentre negli altri generi della famiglia dei Tetrameridi il numero delle specie si è conside- revolmente accresciuto. Ciò dipende probabilmente dal fatto che l'habitat batimetrico del gen. Tetraclita è assai costante (quasi sempre costiero), e quindi le sue specie sono di facile rinvenimento. Fossili fino ad ora furono raccolti pochissimi esemplari che con sicurezza si possano riferire a questo genere. Sembra però assodato che durante il Terziario medio e superiore il gen. Zetraclita fosse abbon- dante nel bacino del Rodano, e numerosi esemplari furono raccolti nei depositi di quell’epoca dal LocaRp, dal FiscHER, dal DePÉRET, dal DouxAMI e dal Borstet. In Italia venne raccolta una sola specie fossile di questo genere nel Tongriano dell'Appennino ligure ed è quella che io ho descritto col nome di 7. Isseli. Il sig. E. Forma nelle sue fortunate ricerche paleontologiche ha rinvenuto in questi ultimi tempi nelle sabbie gialle dell’Astigiano una piastra compartimentale di una piccola Tetraclita. Essa presenta le caratteristiche costole longitudinali nella superficie esterna, la guaina larga e liscia, la parete sviluppata in ispessore, con due fila di tubi o canali a sezione irregolare, allungati nella stessa direzione delle costole esterne. Per la cattiva conservazione di questo esemplare io non ho potuto assicurarmi se esso si possa riferire a qualche specie vivente o debba considerarsi come specie nuova. La sezione dei compartimenti è alquanto diversa da quella delle specie descritte dagli autori perchè i tubi longitudinali sono sopra due sole fila, mentre nelle specie viventi illustrate, le fila di tali canali sono quasi sempre parecchie. Il gen. Tetraclita rappresenta quindi un gruppo emigrato dal mare Mediterraneo alla fine del Terziario. Altrove sembra che questo genere allo stato fossile sia assai raro; solo il MoRICHE (128) annovera 7. cfr. porosa Gut. fra i fossili terziarii del Chile (Caldera). Tetraclita Isseli De AL. — Tav. XVIII [VI], fig. 13. 1895. Tetraclita Isseli De ALessanpRI G. (127), pag. 65, tav. III, fig. 4a, d. DIMENSIONI Conchiglia (Sassello) altezza mm. 10 diametro della base mm. 17,5 diametro dell'apertura mm. 5 Giacimento. — Otligocene. Sassello; rarissima. La forma della conchiglia di questa specie è come in generale quella delle Tetraclite, conica, rego- lare, coll’apertura intera, ovale, leggermente acuminata verso il compartimento carenale. La superficie esterna dei compartimenti presenta fitte costoline longitudinali; i radii e le ali non sono percettibli; la guaina è larga, striata e scende fin presso alla base dei compartimenti. La base probabilmente era mem- branacea. La sezione trasversale delle pareti consta di tante concamerazioni rettangolari, suddivise da tramezzi irregolari. Dalla lamina inferiore si dirigono verso la parte mediana di ciascuna di queste con- camerazioni tre o quattro pilastri la sezione dei quali ha forma di clava. Di questa specie non conosco le piastre opercolari. La conchiglia che ho descritto fu raccolta nelle sabbie tongriane di Sassello (Appennino ligure), e si conserva nel R. Museo geologico dell’ Università di adi [113] G. DE ALESSANDRI - 319 Genova. Per la struttura delle piastre parietali la 7°. Isselî appartiene al gruppo della 7. rosea KRAUSS, gruppo caratteristico per avere la sezione con un unico giro di tubi longitudinali, che hanno contorno ovato nella parte adiacente alla lamina interna, e quadrangolare in quella adiacente alla lamina esterna. Tanto nella T. rosea quanto nella 7. Isselì questi tubi sono longitudinalmente percorsi da lamine a sezione claviforme e che si distaccano dalla lamina inferiore od esterna. Le altre specie del gen. Tetraclita, a differenza di queste due, presentano nelle pareti un numero grande di tubi o canali disposti sopra parecchie linee, tubi che talora sono numerosi (quattordici o quindici), con sezione reticolare e che costituiscono un tessuto irre- golare, quasi spugnoso. Questo secondo gruppo di Tetraclite presenta la struttura parietale identica a quella della 7. rosea solo nello stadio giovanile, e quindi siamo di fronte a forme che durante il processo evolutivo del loro sviluppo passano per stadii che riproducono le forme ancestrali. La specie fossile colla quale la 7. Isselè ha grandi analogie è la 7. Dumortierì FiscA., anzi la forma, le dimensioni, l’apertura di quest’ultima specie sono così identiche a quelle della 7. Isselî che io fui lungamente dubbioso se ascrivere l'esemplare di Sassello alla specie del FiscHerR. Ma l’esame della base calcarea e della struttura parietale a grossi canali irregolari sopra una sola linea, e senza lamelle mediane che si osservano nella specie del Delfinato mi hanno convinto essere la citata forma differente dalla T. Isselì. Delle specie viventi quella che ha maggiori affinità colla 7. Isselîè è la polimorfa 7. porosa Gxet. e sopratutto la sua var. nigrescens DAarw. Ma se la forma e l’ornamentazione delle conchiglie delle due x specie sono alquanto somiglianti, la struttura delle pareti è affatto diversa. Gen. Pyrgoma Lrick, 1817. Il genere Pyrgoma si riscontra vivente in tutti i mari, ma principalmente nei mari caldi; abita di preferenza la zona litorale e si fissa quasi sempre sui Corallari e sulle Madrepore. Le sue dimensioni, tanto nelle specie viventi quanto in quelle fossili, sono assai limitate; facile è lo scambiare questo genere col vicino gen. Creusa, dal quale unicamente si distingue per la mancanza dei radii nelle quattro piastre compartimentali. Si conoscono viventi nove specie di Pyrgome; fossili se ne conoscono attualmente quattro. Questo genere sembra ben conosciuto e limitato nelle sue specie perchè DARWIN cinquant'anni or sono aveva descritto nove specie viventi, quali appunto si conoscono tuttora, dopo che le diligenti investigazioni dei fondi marini hanno così grandemente aumentate le cognizioni sui Cirripedi costieri. Fossili, dopo gli studi compiuti una trentina di anni or sono dal SEGUENZA, non si rinvennero altre specie. Il gen. Pyrgoma avendo un habitat costiero si riscontra naturalmente fossile nei depositi a facies prevalentemente litorale, quali l’Elveziano e l’Astiano; qualche rappresentante tuttavia si trova anche nei depositi di mare abbastanza profondo, quali il Tortoniano ed il Piacenziano. Nessun esemplare di Pyrgoma fu, fino ad ora, riscontrato in formazioni premioceniche. È stata bensì descritta dal Woopwarp H. (56) una specie cretacea (P. cretacea Woopw.), ma tale esemplare assai incom- pleto, a mio avviso non sembra spettare ad avanzo di. Opercolato. Lo ZirrEL invece ritenne che esso rappresentasse una carena di Pollicipes. Il MayER (59) annovera fra i fossili dell’Elveziano svizzero una Pyrgoma, la P. sororcula (?) Mar.; specie che io non conosco, ma che probabilmente non fu descritta, nè figurata. 320 G. DE ALESSANDRI [114] Pyrgoma anglicum Sow. — Tav. XVIII [VI], fig. 14. 1825. Pyrgoma anglica Sowerbr G. Genera of recent and fossil shells, fig. 7, n.° 18. 1854. —_ anglicum Darwin C. (41), pag. 160, tav. II, fig. 4a-c. 1855. —_ _ — (42), pag. 36, tav. II, fig. 7a-c. 1873-76. — = SecueNnza G. (64), parte I, pag. 50; parte II, fig. 4a, d. 1895. — — Dr AressanprI G. (127), pag. 67, tav. II, fig. 2. 1897. —_ — — (132), pag. 43. DIMENSIONI Conchiglia esemplare medio (Rosignano) altezza mm.16,5 diam. maggiore mm.10,5 diam. minore mm. 6,5 Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino, Rosignano (Monferrato); raro. Pliocene. Lavinio presso Pizzinni (Provincia di Catanzaro); raro. Pleistocene. Monte Mario, Scoppo (Messina), Palermo; raro. i In Italia questa specie, benchè rara, si riscontra in parecchi orizzonti dall’ Elveziano al Pleistocene. Si rinviene quasi sempre isolata e con esemplari privi delle piastre opercolari. é Uno dei migliori suoi avanzi fossili, che ho avuto in esame, è quello raccolto dal cav. L. DI Rova- SENDA a Rosignano Monferrato. i La sua forma è tipica, larga, conica, abbastanza regolare. La superficie esterna ha costole numerose, spiccate, a sezione tondeggiante, e che si manifestano su tutta la conchiglia. Fra queste costole maggiori se ne osservano altre secondarie che dal margine compartimentale si dirigono, ma non arrivano, all’apertura della conchiglia. L’apertura è subcentrale, piccola, a contorno irregolarmente ovale; la guaina è larga con fine strie su tutta la superficie. La base è conica, ha sviluppo quasi eguale a quello della conchiglia, ed ha costole che corrispondono a quelle delle pareti. Anche gli esemplari dei Colli di Torino e del Pliocene inglese (Ramsholt) hanno questa forma. Gli esem- plari invece che si raccolgono a Monte Mario e nella Sicilia hanno una forma allungata, conica, leggermente compressa, hanno la parte inferiore arrotondata, solcata da costole radianti e corrispondono appieno a quelli viventi. In Italia questa specie è stata per la prima volta rinvenuta fossile dal PHILIPPI (15 e 44) nei dintorni di Messina, e quest’autore l’ha descritta riferendola ad una nuova specie (2. sulcatum PHIL.); in seguito il SE- GUENZA la riscontrò nel Pleistocene di Messina e di Palermo, sempre però in rarissimi esemplari. Fuori d’Italia oltrechè nel coralline-crag di Ramsholt, ove l’ha citata il DARWIN, si rinviene nel crag di Up Street presso Chislet, ove la raccolse il SoweRBY (48) e nel Miocene inferiore di Carry presso Marsiglia ove la trovò il GouRRET (118). Infine l’HixBert (71) cita un Pyrgoma sp. nel Miocene di Gamlitz, che probabilmente è questa specie. Allo stato vivente il P. anglicum è abbastanza frequente nel Mediterraneo, nella Manica e nell'Atlantico (Irlanda, Capo Verde, Madera, ecc.), è sempre fisso ad una Caryophyllia, o ad una Dendrophillia, e sì ri- scontra in acque abbastanza profonde. Pyrgoma multicostatum Srcuenza. — Tav. XVII [VI], fig. 15-22. 1873-76. Pyrgoma multicostatum Secuenza G. (64), parte I, pag. 55, tav. II, fig. 7, 7a, b.; parte II, pag. 89. 1895. —_ — De AressanprI G. (127), pag. 67, tav. II, fig. 2. DIMENSIONI Conchiglia esemplare medio (Cagliari) altezza mm. 20 diam. maggiore mm. 8. diam. minore mm. 7 Tergo » » » lunghezza » 2,75 larghezza » 2 La [115] G. DE ALESSANDRI 321 Giacimento. — Miocene. Sardegna [S. Michele, S. Bartolommeo al capo Sant’ Elia di Cagliari, calcare compatto di Is Mirriones (Cagliari), tramezzario ossia parte alta del calcare compatto], Messina (Vignali presso Monforte e Marro presso Rometta); non raro. La conchiglia di questa specie è piana o lievemente conica, ha il perimetro inferiore di forma ovale o tondeggiante, più o meno allungato. L'apertura è nella regione centrale, alquanto prominente sul piano dei compartimenti, essa è tipicamente piccola, di forma elissoidale o meglio ovato-elissoidale, non smarginata. La base talora cilindracea, talora conica, ora retta ed ora ricurva, assume sovente col crescere di età e di dimensioni degli individui, grande sviluppo in lunghezza. Essa nelle forme giovanili è costante- mente assai ridotta, qualche volta tende ad assumere una forma ristretta o strozzata, quasi picciolata. La base ha uno sviluppo differente nei diversi stadii della vita degli individui in guisa che le va- riazioni della conchiglia sono tali che se si esaminassero separatamente le forme giovanili e quelle adulte, con tutta probabilità, non si riterrebbero spettanti ad una stessa specie. Ma confrontando assieme numerosi esemplari di differente sviluppo, si scorge come per passaggi intermedii, si passi dalle forme giovanili colla base quasi ciatiforme, a quelle adulte colla base assai allungata. In alcuni esemplari la medesima rag- giunge una lunghezza uguale a quasi tre volte il diametro maggiore della conchiglia. La guaina è larga, e finamente striata, presenta quattro suture in corrispondenza ai quattro com- partimenti della conchiglia, ed è unita ai compartimenti mediante un gran numero di setti, a guisa di costole lamellari, setti che corrispondono ad altrettante costole che si osservano nella superficie esterna della conchiglia. Di queste costole alcune hanno margine crenulato, e si distaccano dal margine dell’apertura, altre sono interposte alle prime a distanza più o meno grande. La conchiglia è esile, di colorazione bianchissima; lo scudo ha forma triangolare colla superficie esterna un po’ ricurva solcata da numerose linee di accrescimento, fine, ondulate, e parallele al margine basale. Il margine occludente è assai curvo ha una piccola crenatura marginale, e forma un angolo quasi retto col margine basale. Internamente pre- senta per il muscolo adduttore una cresta prominente assai spiccata ed un piccolo rilievo per quello articolare. Il tergo è subtriangolare ha la superficie esterna quasi liscia, l’apice poco acuminato, lo spe- rone di forma tozza, e non molto sporgente, coll’estremità arrotondata. Internamente lo sperone si pre- senta a guisa di una costola appiattita» sopraelevata e decrescendo in larghezza si spinge fino all’apice della piastra. La rimanente parte del tergo è piana. Gli esemplari giovanili di P. multicostatum hanno grandissima affinità di forma con quell del P. an- glicum Sow.; le piastre opercolari corrispondono pure grandemente in guisa che gli avanzi delle due specie si possono distinguere unicamente allo stato adulto. Per la forma generale e per lo sviluppo della conchiglia come anche per quello delle piastre opercolari (sovratutto Io scudo) la specie ha grandi ana- logie col vivente P. Stokesiù Grav. Da esso però si distingue per l’ornamentazione e per la disposizione dell’apertura nella conchiglia. Questa specie è comunissima in Sardegna; il prof. D. Lovisato mi aveva già comunicato numerosi esemplari da lui raccolti nel tramezzario di San Michele; recentemente mi ha inviato: molti altri esem- plari, di perfetta conservazione, rinvenuti presso il Monte della Pace (Is Mirrionis- Cagliari). Questi esemplari presentano tutte le variazioni molteplici di forma e di sviluppo di questa specie. Delle piastre opercolari mi fu dato di osservare il solo tergo. Esso differisce dagli esemplari pliocenici della Sicilia anzitutto per essere meno acuminato, e per avere il lato carenale diritto e quello basale meno arcuato in fuori; da ciò ne consegue che l’angolo basi-carenale è arrotondato negli esemplari mio- cenici, mentre è acuminato ed un po’ ricurvo in quelli pliocenici. Il: lato scutale è pure rettilineo negli esemplari della Sardegna, mentre è curvo in quelli della Sicilia. Malgrado tutte queste differenze, assai 322 G. DE ALESSANDRI [116] spiccate, io, per i caratteri della conchiglia, non credo dover distinguere gli esemplari sardi da quelli siciliani. Queste diversità di caratteri d’altronde sono ben naturali coll’evoluzione della specie, ma nel loro complesso non costituiscono variazioni o mutamenti sostanziali nelle caratteristiche di essa. Un gran numero di esemplari, quasi tutti di piccole dimensioni, venne pure raccolto dal prof. D). Lovisato nel calcare compatto di San Bartolommeo al capo Sant’ Elia di Cagliari. Questi esemplari sono talora ridotti a modello interno, e come quelli della Sicilia illustrati dal SeGuENZA, sono frequenti fra gli steli dei Corallari astreiformi dei quali riempiono gli spazi rimasti vuoti dalla distruzione parziale dei polipai. Sovente sono incrostati da calcare spatico il quale però lascia benissimo scorgere l’ornamentazione e la forma conchigliare dei Cirripedi. S Il calcare che li contiene bianco-gialliccio è un vero impasto di Cirripedi, Ostracodi, Corallari e Lito- tamni con frequenti modelli interni di Gasteropodi e di Lamellibranchi. Il P. multicostatum si rinviene costantemente fisso a Corallari spettanti ai generi Heliaster ed Isaster. Pyrgoma costatum Sec. — Tav. XVII [VI], fig. 23, 24. 1873-76. Pyrgoma costatum Secuenza G. (64), parte I, pag. 52, tav. II, fig. 5, 5a, d; parte II, pag. 89, tav. X, fig. 23. 1895. — — Dr AressanprI G. (127), pag. 69, tav. II, fig. 3. DIMENSIONI Conchiglia esemplare grande (Sardegna) altezza mm. 12 diam. maggiore mm. 13 diam. minore mm. ll » i ” piccolo (Torino) » Dall » » » 6,5 » » » 31,5 Giacimenti. — Miocene. Colli di Torino (?), Sciolze (Sant'Antonio), Sardegna (Porto Torres); raro. Pliocene. Messina (Scoppo, Milazzo); raro. Pleistocene. Palermo; non raro. La forma della conchiglia di questa specie è press’a poco identica a quella del P. multicostatum, cioè è piano-conica, ma nel P. costatum essa è più elevata in rapporto alla base. Le costole radianti nella super- ficie esterna sono più prominenti e meno numerose; l'apertura è gvata, irregolare ed allargata; la base è compressa lateralmente. La guaina è larga, arriva fino alla linea d’unione fra la conchiglia e la base, ed ha la superficie striata da fitte linee di accrescimento. Lo scudo è triangolare, ed ha l’apice acuminato; ha il margine occludente curvo e dentato, ed il margine basale sinuoso, con una smarginatura presso il margine tergale. Le linee di accrescimento sono numerose, ma poco prominenti, esse sono parallele al margine basale. Internamente il rialzo articolare è prominente e si avanza oltre il margine tergale; il rialzo adduttore è arcato e spicca nella superficie piana della piastra, giungendo fin presso il margine basale. Dubito fortemente che questa specie rappresenti una mutazione del P. multicostatum, del quale pre- senta molti caratteri. Gli esemplari che io ho riferito ad essa ove si eccettuino quelli della Sardegna che si presentano in buono stato di conservazione, sono generalmente incompleti e guasti. I migliori si trovano nella col- lezione del cav. L. Di RovasenDa a Sciolze. Nel R. Museo geologico di Torino si conservano alcuni modelli interni di Pyrgoma che per la forma, per lo sviluppo della conchiglia, per le costole rade e prominenti io ho riferito con dubbio a questa specie; essi provengono dalle sabbie di Sant'Antonio (Sciolze), e preci- samente dalla zona a Pertacrinus Gastaldiù MicaT. à [117] G. DE ALESSANDRI INDICE NOTE BIBLIOGRAFICHE . Considerazioni sulla deiormazione de Cimnogii ossi Opercolo . . 7 . 5 0 6 È î Base 7 1 Caratteri Saito 0 . Muraglia e Base . di . Mimetismo Ù Habitat Daliiaaision E e rie Distribuzione geografica . 5 Distribuzione dei Cirripedi nel Terziario salino c 1 ) è c c F Filogenia È 1 ‘ Classe Crustacea. Sotto Classe Cirripedia. Ordine Toracica. Sott’ Ordine Peduncolati. Gen. Pollicipes LEACH, 1817 Pollicipes Poroani Dn Ar. 1895. —_ Tav. XIII fo fig. 19 Gen. Scalpellum LpacH, 1817 . SEZIONE PRIMA. — Carena coll’umbone ‘all’ amet ; : , È o o ò Scalpellum michelottianum SEG. Scalpellum michelottianum SEG. var. gassinensis Dr An, —_ Tav. XIII (I, fig. 10- 15 Scalpellum Formae n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 16-20 SEZIONE SECONDA. — Carena coll’umbone sub-centrale Scalpellum Lovisatoi De AL. — Tav. XIII [I], fig. 21724 Scalpellum vulgare LeacH. — Tav. XIII [I), fig. 25 Scalpellum magnum DARWIN. — Tav. XIII Lil fig. 26-35 Gen. Scillaelepas SEGUENZA, 1872. È Ù Scillaelepas Paronai n. sp. — Tav. XIV 1], fig Ri-S Gen. Lepas LinnEo, 1767 i i 5 c Lepas Hillii LEACH . CRT 6 ù Ù d : 0 i o Lepas cfr. anatifera L. — Tav. XIV [11], e 9 ; 5 o c 3 x S Lepas Saccoi n. sp. — Tav. XIV [II], fig. 10 . , . o È a . Î Lepas Rovasendai Dn AL. — Tav. XIV [II], fig. 11 ‘ o B 0 a d Gen. Paecilasma DARWIN, 1851. N o . . c . 0 . 0 Paecilasma (?) sp. — Tav. XIV [II], na 12 o ; 2 6 c é . ‘ Sott’ Ordine Opercolati. Tribù degli Asimetrici. Fam. dei Verrucidi. Gen. Verruca SCHUMACHER, 1817. 5 0 ANO c c o di o i Verruca Stròomia MuùLL. — Tav. XIV [II], fig. 13-17 . ) c c . i : Verruca miocrebicosta n. sp. — Tav. XIV [II], fig. 18-23 . x o Ò . . Verruca Gruveli n. sp. — Tav. XV [III], fig. 1-6. Tribù dei Simetrici. Fam. degli Octomeridi. Gen. Pachylasma DARWIN, 1854. ipo ì i i a ‘ Pachylasma. giganteum PHIL. sp. — Eri XV (111), ne T- JSN 4 i 5 i 207 213 216 217 217 219 221 226 228 228 239 rain Ou Di rs rs ra (0 0) (Li amami vivi [E t ot al NI Db di Ol DIO a O SI [ do DD dI 09 (S] 2 Dì DD (cp MM d'assi LORI n [74] [74] 324 G. DE ALESSANDRI Fam. degli Exameridi. Sotto Famiglia dei Chthamalidi. Gen. Chthamalus RANZANI, 1820 . Chthamalus stellatus PoLI sp. — Tav. XV [IT I] fig. 14 Chthamalus ligusticus Dn AL. — Tav. XV [III], fig. 15 Sotto Famiglia dei Balanidi. Gen. Balanus DA Costa, 1778 Balanus tintinnabulum L. sp. — Tav. xv tn], RE 16-22 Balanus tulipiformis ELuis. — Tav. XVI [IV], fig. 1-5 Balanus spongicula Brown. — Tav. XVI [IV], îe. 6-13 Balanus Seguenzai De Ar. — Tav. XVI [IV], fig. 14-16 . Balanus perforatus Bru. — Tav. XVI [IV], de a 20 c , Balanus concavus Bronn. — Tav. XVI [IVj, fig. 21-25; Tav. XVII |V], ng: 1-4 Balanus calceolus ELLIS sp. — Tav. XVII [V], fig. 5-8 à ; ; Balanus amphitrite Darwin. — Tav. XVII [V], fig. 9-11 . Balanus stellaris Br. sp. — Tav. XVII [V], fig. 12-15 Balanus porcatus Da Costa. — Tav. XVII [V], fig. 16, 17 Balanus crenatus Bru. — Tav. XVII [V], fig. 18-20 Balanus Darwinii See. — Tav. XVII [V], fig. 21 . Balanus mylensis See. — Tav. XVII [V], fig. 22-25. Balanus Pantanellii De AL. — Tav. XVII [V|], fig. 26-28 Sottogen. Acasta LEACA, 1817 Gen. Gen. Gen. Gen. File. Acasta sarda De AL. — Tav. XVII DI, fig. 1 Acasta Formae De Ar. — Tav. XVIII [VI], fig. 2 . Chelonobia LEACH, 1817 Chelonobia Capellinii De AL. — Tav. XVII [VI], fig. 3-5 Chelonobia testudinaria L. sp. — Fav. XVIII [VI], fig. 6,7 Coronula LAMARCK, 1802 È 5 x È - È 5 È 3 Coronula bifida Bronn. — Tav. XVIII [VI], fig. 8- 1 Coronula barbara DARWIN. — Tav. XVIII [VI], fig. 12 Tetraclita ScHUMACHER, 1817 Tetraclita Isseli Der AL. Mavi SOVILL [VI], fi 13. Pyrzoma LeACH, 1817 . Pyrgoma anglicum Sow. — Tav. XVII [VI], na 14 Pyrgoma multicostatum SEG. — Tav. XVIII [VI], fig. 15-22 Pyrgoma costatum Sec. — Tav. XVIII [VI], fig. 23,24 . INDICE DELLE FIGURE INTERCALATE .— Balanus spongicola Brown, fisso sopra una Turritella vermicularis Br. sp. Pliocene. Astigiano . — Balanus concavus Baost Nicso dona) una valva di Pagioa cfr. song Ta, DO Astigiano .— Balanus mylensis Sao! , Faso som un i Echinolampas agliaiiione AGASS. O) Mica, Toscana . . — Balanus mylensis da, isso sopra una dilva Gufaoion Alessi Den, Pliocene! ‘Can manasca, presso Noto (Palermo) . .— Turrilepas Wrighti Woonw. (da WoopwaARD). Silutiono mesi, ; Prdly ([ietiltica) .— Loricula pulchella Sow. (da DARWIN). Creta inferiore. Cuxton (Inghilterra) — Archaeolepas Redtenbacheri Opp. sp. (da ZrrtnL). Giura. Kelheim (Baviera) . — Scillaelepas ornata SEG. (da SEGUENZA). Pliocene. Messina . — Diagramma tipico ed ideale ammesso da DARWIN per spiegare la azione della mu- raglia nei Balanidi . ò o 5 ò : d . ò è : 5 Finito di stampare il 31 dicembre 1906. 282 283 283 284 285 287 290 293 294 295 299 301 302 304 305 307 308 310 310 511 312 313 313 514 315 315 317 318 318 319 320 320 322 [118] 10. 11. 12. 13. 14-16. 23. Spiesazionetdella io ola 10/00) — ? Gyroporella n. f. ind. Sezione di calcare nero del R. Valp. Fotogr. obb. micr. mm. 35 Koristka, oc. di proiez.; ingr. 8, — pag. 7 [7]. ? Gyroporella n. f. ind. Sezione di calcare rossastro, raccolto fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodì. Fotogr. c. s.; ingr. 8, — pag. 7 [1]. Tetrataxis maxima ScunLLw. Sezioni verticali: nel calcare nero del R. Rosso (fig. 3) e del R. Valp (fig. 4). Fotogr. obb. A Zeiss, oc. di proiez.; ingr. 25, — pag. 8 [8]. ? Nedosaria n. f. ind. Sezione longitudinale: nel calcare rosso fra i rivi Creta Rossa e Col Mezzodi. Fotogr. obb. C' Zeiss, oc. di proiez.; ingr. 35, — pag. 9 [9]. Endothyra cfr. Bowmani PaILL. em. Sezione longitudinale: nel calcare nero del R. Rosso. Fotogr. obb. A Zeiss, oc. di proiez.; ingr. 25, — pag. 9 [9]. Endothyra f. ind. Sezione longitudinale: nel calcare nero del R. Valp. Fotogr. c. s.; ingr. 25, — pag. 10 [10]. Fusulina regularis ScuELLWw. Esemplare isolato dai calcari rossi; ingr. 8, pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Esemplare completo proveniente dai calcari neri; ingr. -8, — pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Sezione trasversale. Fotogr. obb. micr. mm. 35 Koristka, oc. di proiez.; ingr. 10, — pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Sezione trasversale. Fotogr. obb. A Zeiss, oc. di proiez.; ingr. 20, — pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Sezione trasversale. Dis. a camera lucida ; ingr. 35, — pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Frammento della sezione trasversale. Fotogr. obb. C' Zeiss, oc. di proiez. ; ingr. 35, — pag. 11 [11]. Fusulina carnica n. f. Sezioni longitudinali. Fotogr. obb. mier. mm. 35 Koristka, oc. di proiez. ; ingr. 8, — pag. 11 [11]. Fusulina Kattaensis ScawaG. Sezione trasversale: nell’ arenaria del R. dei Lòvs. Fotogr. c. s.; ingr. 8, — pag. 12 [12]. Fusu!ina kattaensis ScawAG. Sezione longitudinale. Fotogr. c. s.; ingr. 8, — pag. 12 [12]. Meokelia irregularis ScamLuw. Valva ventrale, delle arenarie argentine : 19 a, dal lato ventrale; 19 d, dal lato dorsale. Grand. nat., -— pag. 17 [17]. roductus cfr. gratiosus WaaAG. Valva ventrale, dei calcari rossi. Fotogr. in grand. nat., — pag. 21 [21]. Productus cfr. gratiosus WaaG. Valva ventrale, c. s. : 21 a, fotogr. in grand. nat. ; 21, dis. e ingr., — pag. 21 [21]. Productus cancriniformis. TscHerN. Valva dorsale, delle arenarie ocraceo-argentine. Grand. nat., — pag. 21 [21]. Productus punetatus Mart. sp. Grande valva, proveniente dalle arenarie argentine. Grand. nat., — pag. 22 [22]. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. Ad A < HA PALAFONITOGRAPHTA ITALICA, Vol. XII, Ia [Tav If. GORTANI, Paleozoico carnico. I. Fauna ‘permocarbonifera. \ . î Te Ù \ da * su) " Cori dl U” Ogni ù V Pato v a USA È e an * , si " j 13 DA Tre ae A, mot, k to: BAH: EMERSE Lp MEMI Fre. 1a,b. » 2 dA db. © & » 4a,b. » Bba-c. » 6 d, b » Ta-c » 8 a-c DS » 10. » 11,12 » 13 a,b » 14. DI » 16-18. DO 186 » 200,d. DAI, » 22a-e. » 23a-d. » 24a-d. » 25 a-e. » 26 a-e. PIOROT » 28. » 29a-c. » 30 4-4. » 38la, bd. » 32 a-c. » 334-d. » 34a-c. » 394,b. » 365a,b. DIMISE pINI39! Spiegazione della Tavola II [II]. Productus curvirostris ScupLuw. Grande valva, delle arenarie argentine: 1a, dal lato posteriore; 10, dat lato anteriore, — pag. 23 [23]. Productus curvirostris ScHeLLW. Grande valva, c. s.: 2a, di fianco; 25, dal lato ventrale, — pag. 23 [23]. Productus curvirostris ScunLLw. Grande valva, c. s., — pag. 23 [23]. Produclus (Marginifera) typicus WAAG., for. genuinus. Grande valva, delle arenarie argentine: 4a, dal lato antero-ventrale; 40, dal lato posteriore, — pag. 24 [24]. Productus (Marginifera) typicus WaAG., for. genuinus. Grande valva, c. s.3 5a, dal lato antero-ventrale; 5 d, di fianco; dc, dal lato posteriore, — pag. 24 [24]. Productus (Marginifera) typicus WAAG., var. n. inflatus. Grande valva, c. s.: 64, dal lato antero-ventrale; 60, di fianco, — pag. 24 [24]. Productus (Marginifera) typicus WAAG. Grande valva, c. s.: 7a, dal lato antero-ventrale; 70, di fianco; Te, dal lato posteriore, — pag. 24 [24]. Producius (Marginifera) iypicus WAAG., for. ad. M. ornatam vergens. Grande valva, c.s.: lettere c.s.,— pag. 24 [24]. Productus (Marginifera) typicus ae Grande valva con un’ orecchietta intera, proveniente dai calcari neri, — pag. 25 [25]. Productus (Marginifera) typicus WaaAG. Piccola valva, delle arenarie argentine, — pag. 23 [23]. Productus (Marginifera) typicus WaAAG., for. ad. M. ornatam vergens. Piccole valve, c. s., — pag. 24 [24]. Productus (©arginifera) iypicus WaAG., var. n. infiatus. Grande valva, con l’ impronta di vari caratteri interni: 13a, dal lato esterno ; 135, dal lato interno e ingr., — pag. 24 [24]. Spirifer striato-paradoxus TouLa. Frammento di valva ventrale : calcari rossi, — pag. 25 [25]. Spirifer supramosquensis Nikit., var. Fritschi ScapLLw. sp. Valva dorsale: calcari grigio-rossastri, — pag. 26 [26]. Spirifer supramosquensis NrxIr., var. Fritschi ScamLLw. sp. Valve ventrali, provenienti dai calcari rossi, — pag. 26 [26]. Spirifer Zitteli ScaeLLw. Valva ventrale, delle arenarie argentine, — pag. 27 [27]. Spirifer carnictus ScHnLLW. Esemplare compresso, proveniente dalle arenarie scistose: 20 a, dal lato ventrale ; 20, dal lato dorsale, — pag. 28 [28]. ; Spirifer (Martinia) semiplanus WAAG. Esemplare dei calcari rossi, veduto dal lato dorsale e ingr.,— pag. 29 [29]. Spirifer (Martinia) semiplanus WAAG. Lo stesso esemplare: 224, dal lato ventrale; 228, dal lato dorsale; 22c, di fianco ; 22d, dal lato anteriore; 22e, dal lato posteriore, — pag. 29.[29]. Spirifer (Martinia) acuminatus Gomwm., var. n. latus. Esemplare dei calcari rossi: 23, dal lato dorsale; 230, dal lato ventrale; 23c, di fianco; 234, dal lato frontale, — pag. 30 [30]. Spirifer (Martinia) acuminatus Gemm. var. n. latus. Esemplare dei calcari grigi; lettere c. s., — pag. 30 [30]. Spirifer (Reticularia) lineatus MaRT. sp. Esemplare delle arenarie rosse: 254, dal lato ventrale; 250, id. ma ingr. ; 25c, dal lato dorsale e ingr.; 25d, di fianco e ingr.; 25e, dal lato frontale e ingr., — pag. 31 [31]. Spiriferina cristata ScHLOTH., var. fastiziata ScamLLw. Esemplare dei calcari grigio-rossastri: 26a, dal lato ventrale; 260, dal lato dorsale; 26c, di fianco; 264, dal lato posteriore; 26€, dal lato frontale, — pag. 32 [32]. Camarophoria humbletonensis How. Valva ventrale, dei calcari grigi, — pag. 34 [34]. Camarophoria alpina ScHELLW. Modello interno proveniente dalle arenarie ocracee e visto dal lato ven- trale, — pag. 33:[33]. Camaropnoria Purgoni DAv. Esemplare dei calcari grigio-rossastri, ingr. 2 volte: 29a, dal lato ventrale; 290, dal lato dorsale; 29c, dal lato frontale, — pag. 34 [34]. Camarophoria Purdoni Dav. Esemplare dei calcari grigi: 304, dal lato ventrale; 300, dal lato dorsale; 30c, di fianco; 30d, dal lato frontale, — pag. 34 [34]. Camarophoria Purdoni Dav. Esemplare c. s.: 314, dal lato ventrale; 310, di fianco, — pag. 34 [34]. Rhynchonella Wynriei WaaAG. Esemplare dei calcari grigio-rossastri: 32a, dal lato ventrale; 32 6, dal lato dorsale ; 32.c, di fianco, — pag. 35 [85]. Rhyncnonella fornensis n. f. Esemplare dei calcari grigio-rossastri: 33, dal lato ventrale; 330, dal lato dorsale; 33c, di fianco ; 334, dal lato frontale, — pag. 37 [37]. Rhynchoneila n) carnica n. f. Esemplare dei calcari grigi: lettere c. s., — pag. 38 [38]. Rnynchonella (Terebratuloidea) carnica n. f. Esemplare c. s.: 854, dal lato dorsale; 390, di fianco, — pag. 38 [38]. Rhynchonella (Terebratuloidea) carnica n. f. Valva ventrale, dei calcari grigio-rossastri: 364, dal lato dorsale ; 360, di fianco, — pag. 38 [38]. Rhynchonelia (Terebratuloidea) carnica n. f. Valva ventrale, dei calcari grigi, — pag. 38 [38]. Rhynchonella (Terebratuioidea) carnica n. f. Valva dorsale, dei calcari grigi, — pag. 38 [38]. N. B.— Salvo indicazione contraria, tutte le figure sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALAZTONTOGRARENTA NPALIGA, Vol SAUL Wa NE GORTANI, Pueozoico carnico. I. Faura permocarbonifera. [Tav. I]. ELIUT CALZOLANI A FERNANIO-tà O] 1 Y \ ° % N ; D' Ù IT a | i T S| il Iì L I A i nu uc u n j A = A pcvto TE È | di N È ST n” I ta Î A 4 î : te n mn n | A I | } 1 Gi Th Ron Îl i ì i SR La agi l Di Ual Ù il i MULILI a SRO) " FRE Hi br i ni tl n i pi Ni Mt E d Ùì Ù Li ì Il $ ii pata dh Len ì | | il 7 a ; s i UR il 3 A | i x ì n Di i Lo (Ra + 3 ” i MARE ; dI \l + 4 CA, è | F4 n Cos io ki # CULI DS vw OI MIE ce ei nai Ao Srtegittt Mess «RAG II SOMA) RATA i An. SET ACRI bpitotalt e rg HA [at] iI EST) "e » fsprtdi cata Pi tipa PRA VE RATTI Aa i cip let Rent REST parata Fia > 4. — Centrostephanus longispinus PHILIPPI. Placca madreporica con due pori genitali (gr. nat.). » 5. — Centrostephanus longispinus PaILIPPI. Dettaglio di un aculeo (molto ingr.). » 6,0. — Psamnechinus microtuberculatus Brarnv. Golfo di Palermo (gr. nat.), — pag. 90 [6]. » 8. — Arbacina Pallaryi GaurTHIER. Golfo di Palermo (ingr. 5 volte), — pag. 90 [6]. DIREROE — Arbacina Pallaryi GAuTAIFRR. Apparecchio apicale (molto ingr.). » 10. — Arbacina Pallaryi GaurHIER. Placca madreporica (molto ingr.). » 11. — Arbacina Pallaryi GauTHIER. Una placca genitale (molto ingr.). » 12. — Arbacina Pallaryi GauTtHIER. Una placca ocellare (molto ingr.). » 13. — Arbacina Pallaryi GAurHIER. Un aculeo (ingr. 24 volte). » 14,15. — Strongylocentrotus lividus BranpT. Golfo di Palermo (gr. nat.), pag. 92 [8]. » 16. — Echinocardium mediterraneum Gray. Golfo di Palermo (gr. nat.), — pag. 94 [10]. » 17. — Echinocardium mediterranszum Gray. Un esemplare spogliato degli aculei e visto dalla faccia superiore (gr. nat.) » 18. — Echinocardium mediterraneum Gray. Lo stesso, visto di fianco. » 19. -— Echinocardium mediterraneum Gray. Lo stesso, visto posteriormente. 120% — Echinocardium mediterraneum Gray. Apparecchio apicale (ingr. 8 volte). » 21,22. — Echinocardium mediterraneum Gray. Due individui più piccoli (gr. nat). » 23. — Echinocardium mediterraneum Gray. Aculeo della faccia superiore (ingr. 5 volte). » 24. — Echinocardium mediterraneum Gray. Aculeo peribuccale (ingr. 5 volte). » 25. — Echinocardium mediterraneum Gray. Dettaglio di un aculeo (molto ingr.). 2» 26. — Cidaris rosaria Broxw sp. Frammento di un radiolo ingrandito 5 volte. Loc. Ficarazzi (Piano Siciliano). » 27,28. — Dorocidaris papillata Lesxe. Grand. nat. — Ficarazzi (Piano Siciliano). » 29. — Echinus Batheri Curcenia. Dettaglio di alcune placche ambulacrali ed interambulacrali. Grand. nat. R.re Aspra, pr. Ficarazzi (Piano Siciliano). » 30. — Psamnechinus dubius AG. Dettaglio di alcune placche, molto ingr. R. Vergine Maria alla base Pelle grino (Piano Siciliano). » 31. — Arbacina monilis Desm. Dettaglio di alcune placche, molto ingr. R.2° Vergine Maria (Piano Siciliano). » 32. — Arbacina monilis Desm. Apparecchio apicale, ingr. 5 volte. » 33. — Sphaerechinus granularis Lux. Una placca ambulacrale ingr. una volta e mezzo. R."e Vergine Maria (Piano Siciliano). » 34. — Sphaerechinus Scillae Curccnia. Testa di un radiolo ingr. 10 volte. Ficarazzi (Piano Siciliano). » 35. — Sphaerechinus Scillae CaEccHIA. Frammento ingr. 7 volte. » 86. — Strongylocentrotus livilus BranpDT. Placca ambulacrale ingr. 2 volte. Ficarazzi (Piano Siciliano). N. B. — Notiamo che per inavvertenza del compositore di questa tavola la parte destra delle fig. 3 e 32 doveva essere posta a sinistra dell’osservatore e viceversa; le fig. 6 e 22 dovevano essere con il solco dell’ambulacro impari in alto. Le figure 25-35 verranno descritte nella seconda parte della Monografia. Palacontographia italica, vol. XII, 1935. Pd PALAFONIOGRAPHIA ITALICA, Vol. XU Tav. IV. CHECCHIA-RISPOLI, G% Echinidi della Sicilia. n Ò 7 O ; BERO NI AUCT. PHOT. ELIOT CALZOLARIM FERAARIO=MILAN Spiegazione della Tavola V [1] Fic. 1a-d. — Spiriferina (Mentzelia) microgiossa BrrtN., — pag. 110 [14]. » 2a-d. — Spiriferina (Mentzelia) microglossa BIrTN., — pag. 110 [14]. » 3a,b. — Spiriferina (Mentzelia) microgiossa Brrrn., — pag. 110 [14]. » 4a-d. — Spiriferina (Mentzelia) Mentzelii Dunk. sp. var. dinarica BiTTN., — pag. 112 [16]. » B5a-d. — Spiriferina (Menizelia) Mentzelii DUNK. sp. var. dinarica BitTN., — pag. 112 [16]. » 6a-c. — Spirigera marmorea BITTN., — pag. 115 [19]. » a,b. — Spirigera hexagonalis BiTTN., — pag. 116 [20]. » 8a,b. — Rhynchonslla iliyrica BrroN. (Ingr. 2 volte), — pag. 117 [21]. » 9a-c. — Rhynchonella dinarica BrrTN. (Ingr. 2 volte), — pag. 118 [22]. » 10a-c. — Rhynchoneila bogumilorum BirtN. (Ingr. 2 volte), — pag. 119 [23]. » Jia,b. — Rhynchonella decurtata Gir. sp. (Ingr. 2 volte), — pag. 120 [24]. » 12a-e. — Rhynchonella plurigibba sp. nov. (La fig. 12e è ingrandita 2 volte), — pag. 120 [24]. » 13 a-d. — Rhynchonella (Norella) refractifrons B1TTN., — pag. 121 [25]. » 14a-d. — Rhynchonella (Norella) refractifrons BiTTN., — pag. 121 [25]. » 15a-d. — Rhynchonella (Norella) refractifrons BiTTN., — pag. 121 [25]. » 16a-d. — Rhynchonella (Norella) refractifrons BrrTN. var. intumescens BITTN., — pag. 122 [26]. » 17a-d. — Rhynchonella (Norella) refractifrons BrrrNn. var. bosniaca BiTTN., — pag. 122 [26]. » 18a,b. — Rhynchonella (Norella) manganophylia BrrTN., — pag. 123 [27]. » 19a-c. — Ceratites Bassanii sp. nov., — pag. 125 [29]. » 20a,b. — Ceratites Riccardi Moys., — pag. 124 [28]. D_BL — Arpadites Arpadis Moys. var. illyricus nov., — pag. 127 [31]. » 22a-c. — Pinacoceras De Lorenzoi sp. nov., — pag. 128 [82]. » 23a-c. — Pinacoceras simplex sp. nov., — pag. 130 [34]. Paulaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALAFTONTOGRAPETA MPALIGA., Vol SX Way Wo MARTELLI, Contributo al Muschelkalk superiore del Montenegro. [Tav. 1]. AUCT. PHOT. ELIOT CALZOLARIA FERRARIO-MILANO re EOS nei Spiegazione della Tavola VI [II] Fia. 1. — Protrachyceras sp. ind., — pag. 131 [35]. » 2a, b. — Acrochordiceras Portisi sp. nov., — pag. 132 [36]. » 3a,b. — Monophyllites Taramellii sp. nov., — pag. 125 [39]. » 4. — Monophyliites Taramellii sp. nov., — pag. 135 [39]. » 5a,b. — Piychites subdiscoidalis sp. nov., — pag. 141 [45]. di — Ptychites Canavarii sp. nov. (Si veda anche Tav. VII [III], fig. 1), — pag. 148 [47]. Palacontographia italica, vol. XII, 1906. PALAFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XII, Lav. VI. [Tav. II]. MARTELLI, Contributo al Muschelkalk superiore del Montenegro. AUCT. PHOT. pei «+ È bel na i Luigi pri ù dat Spiegazione della Tavola VII [II]] Fig. 1. — Ptiychites Canavarii sp. nov. (Si veda anche Tav. VI [II], fig. 6), — pag. 143 [47]. Palacortographia italica, vol. XII, 1906. PALAFONTOGRAPHIA IMALICA, Vol. XI, Tav. VII [Tav. II]. MARTELLI, Contributo al Muschelkalk superiore del Montenegro. ELIOT CALZOLARIR FERRAKIO- MILANO AUCT. PHOT. Spiegazione della Tavola VIII [IV] Fic. la-c. — Monophyilites wengensis KLIPSsT. sp., — pag. 135 [39]. 2 — Proarcestes subtridentinus Moys., — pag. 138 [42]. 3a,b. — Proarcestes ventricosus HAU., — pag. 139 [43]. Piychites princeps sp. nov. Forma a ombelico stretto. (Si veda anche Tav. IX [V], flg. 1), — pag. 147 [bl]. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PIATTARO NERO GRrAPIENPTILINATIGA+ Vil, SS Mavi VIII MARTELLI, Contributo al Muschelkalk superiore del Montenegro. [ Tav. IV]. AUCT. PHOT ELIOT CALZOLARIM FERKARIC= MILAN x > È “ 3 DA Sie: dY ; : A \ , n : DA di AL) b ni Î di T1 ni din n si D elfah spons edito at Lanfidingi di fui = Spiegazione della Tavola IX [V] Fig. 1a,d. — Ptychites princeps sp. nov. (Si veda anche Tav. VIII [IV], fig. 4), — pag. 147 [51]. DANZE a, b. — Ptychites Di Stefanoi sp. nov., — pag. 149 [53]. DINO — Ptychites sp. ind., — pag. 151 [55]. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. super MARTELLI, - i DI de * bi DA a di ui ù ti de Ì 4 O I " DE, TO = 4 "A tT A : n ì S H TA È ° TIE adatti IVES ì ci © 3 di v ue Ùi pai ] R re) ° “» ù x = È Ce = A n ve FI A -— K- a n Pata Vi LUBER vieni VARInai e ; Ù x di È. al di Mg jr 3; da Iararietità dini sab otsbey si pr DI) n C. 01) parare tg: Spiegazione della Tavola X [I]. } Fia. 1. — Chlamys plubiensis n. sp. Valva sinistra. Ploaghe. L’ orig. nel Museo di Pisa, — pag. 160 [6]. » 2a,b. — Chlamys gloriamaris Du». pe MontP. 2a, valva destra; 2, valva sinistra. Monte Alvu presso Nieddu (Bosa). L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 161 [7]. Di Sb — Aequipecten giavenensis n. sp. Valva sinistra. Giave (Bonorva). L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 164 [10]. DARI — Aequipecten cfr. apenninious Rover. Valva destra. Bodde Crapoli (Sassari). L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 171 [17]. Db — Flexopecten sardous n. sp. Valva destra incompleta. (Vedasi anche Tav. XII [III], fig. 1). Porto Torres. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 180 [26]. » 6a-d. — Lyropecten Melii Ucor. 6a, valva destra; 60, valva sinistra; 6c, ambedue le valve insieme vedute dal lato anteriore; 6d, ambedue le valve insieme vedute dalla regione umbonale. Sassari. L’orig. nel Museo di Pisa, — pag. 181 [27]. » a-c. — Lyropecten nodosiformis SerR. 7a, valva destra; 75, valva sinistra; 7c, ambedue le valve insieme ve- dute dal lato anteriore. Cagliari. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 184 [20]. Di Eb — Lyropecten nodosiformis SERR., var. miocostulata n. var. Valva sinistra. Capo Frasca. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 186 [32]. DINI! — Inaequipeoten Lovisatoi n. sp. Ambedue le valve insieme vedute dal lato anteriore. (Vedasi anche Tav. XI [II] fig. 54,0). Capo Frasca. L'orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 197 [43]. N. B. — Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. UGOLINI, Monografia dei Pectinidi neoge ta VYDIOY£ o ; dai fa My CAITA: Ù Fiat | PS Aerosi deo. Spiegazione della Tavola XI [II]. 1. — Aequipecten sub-Malvinae BLanckn. Valva sinistra incompleta. Silatari. L’orig. nel Museo di Cagliari, do: pag. 166 [12]. 2. — Aequipecten ventilabrum GoLpr. Valva sinistra. Capo S. Marco. L’ orig. nel Museo di Pisa, — pag. 167 [13]. 3 a-c. — Aequipecien Martellii n. sp. 3a, valva destra; 30, valva sinistra; 3c, ambedue le valve insieme vedute dal lato anteriore. Peschida Appia. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 178 [24]. 4. — Gigantopecten variradiatus n. sp. Valva destra incompleta.S. Bartolommeo. L’orig. nel Museo di Ca- gliari, — pag. 190 [36]. 5 a,b. — Inaequipecten Lovisatoi n. sp. 54, valva destra; 50, valva sinistra. (Vedasi anche Tav. X [1], fig. 9). Capo Frasca. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 197 [43]. 6. — lInaequipecten kalaritanus Meu. Valva destra, la stessa figurata dal MeneGHINI. Cagliari. L’orig. nel Museo di Pisa, — pag. 200 [46]. T. — Inaequipecten Fucinii UGoL. Valva destra incompleta. Nurri. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 203 [49]. N. B. — Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALAERONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XII, Tav. XI IF} 1 nano _ Spiegazione della Tavola XII [III]. ImERnalo — Flexopecten sardous n. sp. Valva destra incompleta. (Vedasi anche Tav. X [I], fig. 5). Piano (Bosa). L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 180 [26]. nad 2, — Inaequipecten Tournai SerR., var. pseudo-Tournali n. var.? Valva sinistra incompleta. Fontanazzo. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 195 [41]. » 3a-c. — Inaequipecten gibbangulatus Sacco. 34, valva destra; 35, valva sinistra; 3c, ambedue le valve insieme vedute dal lato anteriore. Capo Frasca. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 195 [41]. » 4a-c. — Inaequipecten arboreanensis 0. sp. 4a, valva destra; 40, valva sinistra; 4c, ambedue le valve insieme vedute dal lato posteriore. Capo Frasca. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 198 [44]. N.B. — Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia ‘italica, vol. XII, 1906. Monografia UGOLINI de) i Seas” pi "E LMR e aa Re I CRI. RIVENUTO 4 do i b A : l DIS rate AL ao ; ; © ipo Ar AR Dr arr n SH Spiegazione della Tavola XIII [I]. Fia. 1a,b. — Pollicipes Paronai Dn Ar. Scudo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 248 [42]. AZ — Pollicipes Paronai De Ar. Scudo (altro esempl.), visto dal lato esterno. Id. Id. PANNO: — Pellicipes Paronai De Ar. Scudo (altro esempl.), visto dal lato esterno. Id. Id. » 4a,b.-- Pollicipes Paronai Dr Ar. Tergo, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. Du CE — Pollicipes Paronai De Ar. Tergo (altro esempl.), visto dal lato esterno. Id. Id. » 6. —— Pollicipes Paronai Dr Ar. Tergo (altro esempl.), visto dal lato esterno. Id. Id. DT — Poliicipes Paronai De Ar. Carena, vista dal lato esterno. Id. Id. ESSO) — Pollicipes Paronai De Ar. Carena (altro esempl.), vista dal lato interno. Id. Id. o È — Pollicipes Paronai De AL. Carena (altro esempl.), vista dal lato esterno. Id. Id. » 10a,d. — Scalpellum michelottianum SeG. var. gassinensis Dn Ar. Scudo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Gassino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 252 [46]. » Jlia,b. — Scalpellurm michelottianum SeG. var. gassinensis De AL. Tergo, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 12a,b. — Scalpellum michelottianum SEG. var. gassinensis De AL. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 13a,b. — Scalpellum miche!ottianum Sr. var. gassinensis Da AL. Lato superiore, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 14ua,b. — Scalpellum michelottianam SEG. var. gassinensis De Ar. Lato rostrale, visto dallato esterno ed interno. Id. Id. » 15a,b. — Scalpellum michelottianum Swe. var. gassinensis De AL. Lato carenale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli Torino. Coll. R. Museo di Torino. » 16a,b. — Scalpellum Formae n. sp. Scudo, visto dallato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 254 [48]. È » 17a,b. — Scalpellum Formae n. sp. Tergo, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 13a,b. — Scalpellum Formae n. sp. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 18c. — Scalpellum Formae n. sp. La stessa, vista lateralmente. » 19a,b. — Scalpellum Formae n. sp. Lato superiore, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 20, b. — Scalpellum Formae n. sp. Lato rostrale, visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 21a,b. — Scalpellum Lovisatoi Da AL. Scudo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Bingia Fargeri. Coll. R. Museo di Cagliari, — pag. 257 [bi]. » 22a,b. — Scalpslium Lovisatoi De AL. Carena, vista dal lato esterno e lateralmente. Id. Id. DIP} — Scalpellum Lovisatoi Dn Ar. Lato superiore, visto dal lato esterno. Loc. Capo St. Elia. Coll. R. Museo di Cagliari. » 24a,b. — Scalpellum Lovisatoi Dr Ar. Lato carenale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Bingia Fargeri. Coll. R. Museo di Cagliari. » 25a,b. — Scalpellum vulgare LrAcH. Carena, vista dal lato esterno e lateralmente. Loc. Farnesina. Coll. Neviani, — pag. 258 [52]. » 26a,b. — Scalpellum magnum Darw. Scudo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 259 [53]. » 27a,b. — Scalpellum magnum Darw. Scudo (altro esempl.), visto dal lato esterno ed interno. Loc. Asti. Coll. R. Museo di Torino. » 28. — Scalpellum magnum Darw. Scudo (altro esempl.), visto dal lato esterno. Loc. Val Bogliona. Coll. Museo Civico di Milano. » 29a, b. — Scalpellum magnum DARW. Tergo (altro esempl.), visto dal lato esterno ed interno. Id. Id. » 30,6. — Scalpellum magnum Darw. Carena, vista dal lato esterno e lateralmente. Loc. S. Michele. Coll. R. Museo di Cagliari. DSL — Scalpellum magnum Darw. Carena (altro esempl.) vista lateralmente. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. » 32a,b. — Scalpellum magnum Darw. Lato superiore, visto dal lato interno ed esterno. Id. Id. » 33, bd. — Sealpellum magnum Darw. Lato carenale, visto dal lato interno ed esterno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. » 34a,b. — Scalpellum magnum DARW. Lato carenale (altro esempl.), visto dal lato interno ed esterno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. » 35a,b. — Scalpellum magnum DARW. Lato rostrale, visto dal lato interno ed esterno. Loc. Val Bogliona. Coll. Museo Civico di Milano. N. B.— Le fig. 1-9 sono in grandezza naturale, tutte le altre ingrandite. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PRALAEONTOGRA PEA, INA LIGA Vol 36 Pa S0NE G. DE ALESSANDRI, Stud: monografici sui Cirripedi fossili d’Italia. [ Tav. I). rp) ©! nto STA ca) n Corone 3 ì \ È È « E. FORMA PHOT, ELIUE GALZOLARI N FERNANIO=tALL ANO Sosaliiadi Spiegazione della Tavola XIV [II]. Fre. 1a, d. — Scillaelepas Paronae n. sp. Scudo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 265 [59]. 2a, b. — Scillaelepas Paronae n. sp. Tergo, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di 3a, db. EIA 4a, b. 5a, db. 6 a,b. Ta,b.- 8a, db. 9a, db. 10. Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. La stessa, vista lateralmente. Scillaelepas Paronae n. sp. Rostro, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. Lato rostrale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. Sotto carena, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. Lato carenale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Scillaelepas Paronae n. sp. Lato medio, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. 3 Lepas cfr. anatifera L. Carena, vista dal lato esterno e lateralmente. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Roma, — pag. 269 [63]. Lepas Saccoi n. sp. Scudo, visto dal lato esterno. Loc. Monte dei Cappuccini (Torino). Coll. R. Museo di Torino, — pag. 269 [63]. Lepas Rovasendai De AL. Scudo, visto dal lato esterno. Loc. Acqui. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 270 [64]. Paecilasma? sp. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 272 [66]. © Paecilasma? sp. La stessa, vista lateralmente. Verruca Strimia MiLL. Tergo mobile, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 273 [67]. Verruca Stromia MùLL. Scudo fisso, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Verruca Stromia MùLL. Tergo fisso, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Verruca Strimia MiLL. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. i Verruca Strimia MuLL. Rostro, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Verruca miocrebicosta n. sp. Scudo mobile, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 275 [69]. Verruca miocrebicosta n. sp. Tergo mobile, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Verruca miocrebicosta n. sp. Scudo fisso, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Verruca miocrebicosta n. sp. Tergo fisso, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. : Verruca miocrebicosta n. sp. Carena, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. Verruca miocrebicosta n. sp. Rostro, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. N. B. Tutte le figure di questa tavola sono ingrandite. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALASONTOGRAREITAIIVALIGA, Well SQ Ito SI G. DE ALESSANDRI, Studi monografici sui Cirripedi fossili d’Italia. [Tav. II}. E. FORMA PHOT. ELIOT CALZOLARI N PERNARIO-MILANO Pi Dl; “ Tel (3 x = \ 31 «I > asa 5 A, ì di È SE sa DEI SIR di di Ch n Sor A DATZIRA se Fia. 12 a, db. 13 a, db. 14a. 145, c. 14d, e. 15 a, db. Spiegazione della Tavola XV [II]]. .— Verruca Gruveli n. sp. Scudo mobile, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 278 [72]. .— Verruca Gruveli n. sp. Tergo mobile, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. .— Verruca Gruveli n. sp. Scudo fisso, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. .— Verruca Gruveli n. sp. Tergo fisso, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Verruca Gruveli n. sp. Carena, ingrandita, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Verruca Gruveli n. sp. Rostro, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Pachylasma giganteum PH. Conchiglia, grand. nat. Loc. Gravitelli. Coll. R. Museo di Firenze, — pag. 280 [74]. Pachylasma giganteum Pair. Compartimento rostro-laterale e laterale, ingranditi, visti dal lato esterno. Loc. Scoppo. Coll. R. Museo di Palermo. Pachylasma giganteum Pam. Compartimento carenale, ingrandito, visto dal lato esterno. Loc. Scoppo. Coll. R. Museo di Palermo. Pachylasma giganteum Pai. Compartimento carenale (altro esempl.), ingrandito, visto dal lato esterno. Loc. Scoppo. Coll. R. Museo di Palermo. Pachylasma giganteum Pain. Compartimento carenale (altro esempl.), ingrandito, visto dal lato interno. Loc. Scoppo. Coll. R. Museo di Palermo. Pachylasma giganteum Par. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Scoppo. Coll. R. Museo di Palermo. Pachylasma giganteum Pair. Scudo (altro esempl.), grand. nat., visto dal lato esterno ed interno. Loe. Borgio-Verezzi. Coll. Museo civico di Milano. Chthamalus stellatus PoLI. Conchiglia, ingrandita, vista dal lato esterno. Loc. Spezia. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 283 |77]. Chthamalus stellatus PoLi. Scudo della medesima, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Spezia. Coll. R. Museo di Torino. Chthamalus stellatus PoLI. Tergo della medesima, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Spezia. Coll. R. Museo di Torino. | o Chthamalus ligusticus De AL. Conchiglia, ingrandita, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Albissola. Coll. R. Museo di Genova, — pag. 283 [7]. Balanus tintinnabulum L. Gruppo di conchiglie, grand. nat. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di To- rino, — pag. 285 [79]. Balanus tintinnabulum L. Conchiglia di grandi dimensioni, grand. nat. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. ‘ Balanus tintinnabulum L. Conchiglia di medie dimensioni, grand. nat. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. : Balanus tintinnabulum L. Piastra compartimentale, grand. nat., vista dal lato esterno ed interno. Loc. Gallina. Coll. Museo di Reggio Calabria. Balanus tintinnabulum L. Gruppi di conchiglie di piccole dimensioni, grand. nat. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Balanus tintinnabulum L. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Balanus tintinnabulum L. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loe. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALA TONITOGIRABEIA IMUAGIGA Val Seno Men, SV G. DE ALESSANDRI, Stud: monografici sui Cirripedi fossili d’Italia. [Tav. DI). E. FORMA PHOT, ELIU ALZOLARI N FERN ” Ù 5 stpihe 0014 «dita yf57 Fic. 1. — » DIRE 3a, bd. — 10. _ lla, db. — 12a,b. — 13 a, db. — 14. s 18. — 19a, Db. — 20, db. — Spiegazione della Tavola XVI [IV]. Balanus tulipiformis ELLIS. Conchiglia, grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 287 [81]. Balanus tulipiformis ELLIS. Conchiglia (altro esempl.), leggermente ingrandita. Loc. Gerace. Coll. Museo di Reggio Calabria. Balanus tulipiformis ELLIS. Scudo, grand. nat., visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus tulipiformis ELLIS. Scudo (altro esempl.), grand. nat., visto dal lato esterno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus tulipiformis ELLIS. Tergo, grand. nat., visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus spongicola Brown. Gruppo di conchiglie su un Vermetus sp., leggermente ingrandite. Loc. Altavilla. Coll. R. Museo di Palermo, — pag. 290 [84]. Balanus spongicola Brown. Conchiglie, leggermente ingrandite. Loc. Altavilla. Coll. R. Museo di Palermo. Balanus spongicola Brown. Conchiglia, medio esemplare su Venus (Chamalaca gallina L.), grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus spongicola Brown. Gruppo di conchiglie, leggermente ingrandite. Loc. Altavilla. Coll. R. Museo di Palermo. . Balanus spongicola Brown. Altro gruppo di conchiglie, leggermente ingrandite. Loc. Gallina. Coll. Museo di Reggio Calabria. Balanus spongicola Brown. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cammanasca. Coll. R. Museo di Palermo.’ Balanus spongicola Brown. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cammanasca. Coll. R. Museo di Palermo. i Balanus spongicola Brown. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus Seguenzai De AL. Gruppo di conchiglie, grand. nat. Loc. Città della Pieve. Coll. Museo del R. Istituto superiore di agraria, Perugia, — pag. 293 [87]. Balanus Seguenzai De Ar. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Modena. Balanus Seguenzai De AL. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Modena. Balanus perforatus Bruc. Gruppo di conchiglie, grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 294 [88]. > Balanus perforatus BruG. Gruppo di conchiglie, grand. nat. Loc. Pitinuri. Coll. R. Museo di Cagliari. Balanus perforatus BrRUG. Scudo, grand. nat., visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus perforatus BruG. Tergo, grand. nat., visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus concavus Bronn. Gruppo di conchiglie di grandi dimensioni, grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 295 [89]. Balanus concavus Bronn. Gruppo di conchiglie di piccole dimensioni, grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus concavus BroNN. Piccolo esempl., grand. nat. Loc. Gallina. Coll. Museo di Reggio Calabria. Balanus concavus Bronn. Gruppo di conchiglie di piccole dimensioni, grand. nat. Loc. Gallina. Coll. Museo di Reggio Calabria. Balanus concavus Bronn. Conchiglia di medie dimensioni, grand. nat. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALATONITOGIRAPREITÀ IALICGA, Volk S0c Tav 2SWVIL G. DE ALESSANDRI, Studi monografici sui Cirripedi fossili d’Italia. [Tav. IV). E. FORMA PHOT. i ì Ca Sai Ù a 1 , ‘ FIG. 27 a,b. 28 a, d Spiegazione della Tavola XVII [V]. Balanus concavus Bronn. Scudo, leggermente ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 295 [89]. Balanus concavus Bronn. Scudo, grandezza naturale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Nonio Coll. R. Museo di Torino. Balanus concavus Bronn. Tergo, grandezza naturale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di To- rino. Coll. R. Museo di Torino. Balanus concavus Bronn. Tergo, grandezza naturale, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus calceolus ELLIS sp. Conchiglia, leggermente ingrandita. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 299 [93]. Balanus calceolus ELLIS sp. Conchiglia (altro esempl.), grand. nat. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Balanus calceolus ELLIS sp. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Priano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus calceolus ELLIS sp. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Baldissero. Coll. R. Museo di Torino. È Balanus amphitrite DAarw. Conchiglia, grandezza naturale. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 301 [95]. - Balanus amphitrite DARW. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Rometta. Coll. SEGUENZA. Balanus amphitrite Darw. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Rometta. Coll. SEGUENZA. Balanus stellaris Br. sp. Gruppo di conchiglie, grandezza naturale. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 302 [96]. Balanus stellaris Br. sp. Conchiglia (esemplare tipico del BroccHi), grandezza naturale. Loc. Val d’An- dona. Coll. Museo civico di Milano. Balanus stellaris Br. sp. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus stellaris Br. sp. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cammanasea. Coll. - R. Museo di Palermo. Balanus cfr. porcatus DA Costa. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Arezzo. Coll. R. Museo di Pisa, — pag. 304 [98]. Balanus cfr. porcatus DA Costa. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Arezzo. Coll. R. Museo di Pisa. pa Balanus crenalus BrUG. Gruppo di conchiglie, ingrandite, visto di fianco. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 305 [99]. Balanus crenatus BruG. Lo stesso gruppo, grandezza naturale, visto superiormente. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Balanus crenatus Bru. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. - Balanus crenatus BruUG. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. i Balanus Darwinii Sec. Conchiglia, grandezza naturale, vista superiormente e di fianco. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 307 [101]. ; Balanus mylensis Sec. Gruppo di conchiglie, leggermente ingrandito. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 308 [102]. Balanus mylensis Seg. Gruppo di conchiglie, leggermente ingrandito. Loc. Astigiano. Coll. R. Museo di Torino. Balanus mylensis Sec. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cammanasca. Coll. R. Museo di Palermo. Balanus mylensis Swe. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cammanasca. Coll. R. Museo di Palermo. Balanus Pantanellii Da AL. Gruppo di conchiglie, leggermente ingrandito. Loc. Castellarquato. Coll. R. Museo di Modena, — pag. 310 [104]. Balanus Pantanelli De AL. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Castellarquato. Coll. R. Museo di Modena. Balanus Pantanellii De Ar. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Castellarquato. Coll. R. Museo di Modena. ® Palaeontographia italica, vol. XII, 1906. PALASONTOGRAIENIA ITALICA, Volk sN Waw SOVINL G. DE ALESSANDRI, Studi monografici sui Cirripedi fossili d’Italia. [Tav. V]. E. FORMA PHOT. BUOI CALZOLANI N PERMAN si SI] ci ee nume Da TRI ANTA pe BERE IRE, 24. —_ Spiegazione della Tavola XVIII [VI]. Acasta sarda De Ar. Conchiglia, grandezza naturale, vista lateralmente. Loc. Nurri. Coll. R. Museo di Cagliari. — pag. 311 [105]. Acasta Formae Dx AL. Conchiglia, ingrandita, vista lateralmente. Loc. Rosignano. Coll. R. Museo di Torino, — pag. 312 [106]. Chelonobia Capellini De AL. Conchiglia, leggermente ingrandita, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna, — pag. 313 [107]. Chelonobia Capellini De Ar. Piastra compartimentale, ingrandita, vista dal lato interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna. Chelonobia Capellini De Ar. Piastra compartimentale, grandezza naturale, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Colli di Torino. Coll. R. Museo di Torino. Chelonobia testudinaria L. Piastra compartimentale, grandezza naturale, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna, — pag. 314 [108]. z Chelonobia testudinaria L. Altra piastra compartimentale, grandezza naturale, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna. Coronu!a bifita Bronxn. Conchiglia, grandezza naturale, vista lateralmente. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Roma, — pag. 315 [109]. Coronula bifila Bronn. Piastra compartimentale, grandezza naturale, vista dal lato esterno ed interno (esemplare tipico del Bronx). Loc. Castellarquato. Coll. Museo civico di Milano. Coronula bifiéa Bronn. Conchiglia, leggermente ridotta, vista superiormente. Loc. Palermo. Coll. Bru- GNONE. Coronula bifida Bronn. Altra piastra compartimentale, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna. Coronula barbara DARW. Piastra compartimentale, vista dal lato esterno ed interno. Loc. Orciano. Coll. R. Museo di Bologna, — pag. 317 [111]. Tetraclita Isseli Dn AL. Conchiglia, grandezza naturale, vista lateralmente. Loc. Salo Coll. R. Museo di Genova, — pag. 318 [112]. Tetraclita Isseli Dn AL. Frammento di sezione presso alla base della stessa. Loc. Sassello. Coll. R. Museo di Genova. Pyrgoma anglicum Sow. Conchiglia, ingrandita, vista superiormente. Loc. Rosignano. Coll. Di Rova- SENDA, — pag. 320 [114]. Pyrgoma multicostatum Sec. Conchiglia, grandezza naturale, vista superiormente. Loc. Cagliari. Coll. R. Museo di Cagliari, — pag. 320 [114]. Pyrgoma multicostatum Se. Conchiglia (altro esempl.), grandezza naturale, visto lateralmente. Loc. Ca- gliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrgoma multicostatum SEG. Gruppo di conchiglie, grandezza naturale, visto di fianco. Loc. Cagliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrgoma multicostatum See. Altro gruppo di conchiglie, grandezza naturale, visto superiormente. Loc. Cagliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrooma multicostatum Sme. Conchiglia (piccolo esempl.), grandezza naturale, vista di fianco. Loc. Ca- gliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrgoma multicostatim Seg. Conchiglia (grande esempl.), vista lateralmente. Loc. Cagliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrgoma muiticostatum Sec. Scudo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Marro. Coll. SEGUENZA. = Pyrgoma multicostatum SeG. Tergo, ingrandito, visto dal lato esterno ed interno. Loc. Cagliari. Coll. R. Museo di Cagliari. Pyrgoma costatum Sec. Conchiglia, ingrandita, vista lateralmente. Loc. Capo Milazzo. Coll. SEGUENZA, — pag. 322 [116]. È Pyrgoma costatum See. Conchiglia, ingrandita, vista lateralmente. Loc. Porto Torres. Coll. R. Museo di Cagliari. Palaeontosraphia italica, vol. XII, 1906. PALATONTIOGRAII INVIA Wall Sui Wa SVI, G. DE ALESSANDRI, Sdi monografici sui Cirripedi fossili d'Italia. E, FORMA PHOT. KA lor PARA SESTRI LES: e fi Loren È Rn. i ni Aia Mac, PA SISI AA PROIETTA NINNI {UNNI (NI I 3 MAR 5