ATE Ii VRIOLACIO DAI, sla - srt ia = satstatazi SEZ SA E 3 Sa si = I <= AR N LN VOLARE 7 AAA ; TELI. ma II PEPE ARS MOR) ia RICE CALMARE VARIAVA RILIEMINUAO MEDIA IGNARI CIRC IRARAUNLI NANI TAI GU AA I AMRAZR i (i i A NITAL L'ILEIAN LIRRIOVANNI HOLA PU È \ xi hd Ù Ù MI iù SO Ly pu ; si) Yi Wchi Ù Mu GUCChA i } NARA n VINO TIGTAAE ; NERA MRAZ SURI, Ù TR ( RECANTE X uan LI Sena Ù, Ù NARRA (Tia AAA 0 fi ui ud Apa ef Li } v J DANS 4 ATI ti i L'ALA MINO GRU ta VIRA 3 n : ti NA " Vil CONAI SS S rosa fa a MIRTO Dai i 4 MIFAIOLADI fa AAA UR ; Top ANNO RPS RICO LSM VINICIO PALLONI di Marri ni Vi fab ARIA SRO I} À sii di 4 si PORNO, (NC PRO PS ENIT PRI MIR MIO NUCA) RIA "4 RON ICNICONI gaia LI Vi VAGINA. CIORNALE: DE ENPOMO LO GLA DALLA R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA IN FIRENZE VIA ROMANA, 19 Volume XX. FascicoLo I. e IT, FIRENZE TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI Via San Gallo, N.° 31 \L ZA|103 1915 Il presente fascicolo è stato pubblicato il 20 Maggio 1915. INDICE DEL VOLUME X DEL « REDIA » Berlese Antonio. — Intorno alla riproduzione ed al dimorfismo sessuale negli Insetti (con 6 fig. nel testo)... . . . Pag. —- — Acari nuovi (Tay:/X-XII)\. ... 0.» — — La distruzione della Diaspis pentagona a mezzo: ‘della » 113 —_ — La distruzione della Diaspis pentagona a mezzogdellar!Prospaltella Berlesetnt Cee. e. IS ù) \ Bezzi Mario. — Ditteri raccolti nella Somalia italiana meridionale (congumtwuti o Nel-testo)!. (0 MR RR ZIO Chinaglia Leopoldo. — Osservazioni intorno alla struttura dei peli addominali (peli copritori delle uova) della £uproctis Chrysorihoea IL. (con '2fig. mel'testo) e 1 = -— Descrizione di aleuni Insetti anomali (con AMORE TO ME LOS GO) e at SI I e e O n O. T ° rà ° . . . . . — Del Guercio Giacomo. — Ulteriori ricerche sullo stremenzi- mento o incappucciamento del Trifoglio (con 42 fig. nel testo)» 235 Ghigi Alessandro, — Cetini nuovi od altrimenti interessanti del Museo Zoologico di Berlino. . Li 0.0.0. » 303 Spegazzini Carlo. — Primo contributo alla conoscenza delle Waboulbeniali Italiane (Tav. II) Re e I Teodoro G. — Sui tubi malpighiani dei Lecanini (con 1 fig. nel testo) . RM e e OA) INDICE GENERALE DEI PRIMI DIECI VOLUMI : Indice dei lavori per ordine alfabetico del nome degli Autori . » 313 Indice generale dei volumi dal I° al X°. 0... +...» 321 Elenco dei giornali ricevuti dalla R. Stazione di Entomologia Agraria in cambio .del « Redia» . . . 0.0.0... > 974 e, Dott. LEOPOLDO CHINAGLIA Osservazioni intorno alla struttura dei peli addominali (PELI COPRITORI DELLE UOVA) DELIA EUPROCTIS CHRYSORRHOEA LI. È noto come le femmine di alcune specie di Bombicidi (Lyman- tria di:mar L., Euproctis chrysorrhoea L., ecc.) durante la deposizione delle uova, siano solite ricoprirle con il pelame degli ultimi segmenti addominali, costruendo ammassi cotonosi in cui le uova stesse sono ottimamente protette dalle intemperie esterne. La forma di questi ammassi, pur essendo variabile, è tuttavia abbastanza caratteristica nelle diverse specie. Così, ad esempio, merire per la comune ZL. dispar predomina la forma irregolarmente globosa, sub-ovoidale, per la #. chrysorrtoea invece predomina quella allungata, ellissoidale. È pure noto che in queste specie 1’ estremità addominale è prov- vista, particolarmente nelle femmine, di un’ abbondante e lunga peluria, facilmente caduca. Nella Lymantria dispar L. si passa gradatamente dal pelame bianco giallastro che copre l’addome nella regione basale a quello più lungo e più colofato che copre la re- gione distale dell’ addome ed è più abbondante ventralmente. È questo appunto quello che è destinato a cadere durante la depo- sizione delle uova. Nella Huproctis echrysorrkoea invece il pelo che servirà alla copertura delle uova è meglio localizzato e distinto. A” itutto esso ha un colore particolare, aureo, lucente e di più ‘ituisce un ciuffo o pennello che dà all’ apice dell’ addome di Redia », 1914 1 2 LEOPOLDO CHINAGLIA questa specie la sua caratteristica forma ingrossata. Dal lato ven- trale il pelame aranciato cede il posto ad un pelame più chiaro, decisamente bianco nella regione mediana dell’ addome. Il Prof. Berlese, per la funzione particolare che disimpegnano e per il fatto che nello staccarsi originano un filo continuo, sospet- tando che i peli del ciuffo addominale di questa specie avessero anche una particolare struttura, mi consigliò di farne l’ esame, e di ciò qui ancora lo ringrazio. Non mi pare inopportuno pubbli- care quanto ho potuto osservare poichè realmente in questi peli ho veduto forme speciali e non mi consta che altri se ne sia prima dora occupato. I peli del ciuffo addominale della femmina della £. chrysorrkoea sono di tre sorta diverse, come segue : 1.° Lunghi peli dorati che costituiscono la massa del ciuffo (fig. 1, A). Essi hanno forma cilindrica, man mano assottigliata all’ apice ove non terminano a punta, ma si ingrossano a formare una capocchia presso a poco ovale. La superficie del pelo non è liscia. Vi sì può notare una debole striatura longitudinale ed una fitta zigrinatura trasversa. Anche il bottone apicale è minutamente zigrinato. Dimensioni : Lunghezza totale del pelo > . . . . . ft. 1600-1900 Larghezza massima » CONAI SARAI ST IO Questi peli si trovano dorsalmente e lateralmente. Scompaiono nella regione ventrale, man mano che si passa ai peli bianchi. 2.° Peli molto più brevi, a forma di chiodo (fig. 1, B). Essi hanno colore giallo come quelli precedenti, e forma conica, allun- gata. L’ apice del cono costituisce però la base del pelo, il quale quindi va man mano ingrossando dalla base all’ apice. Questo è triscupidato, cioè termina con tre punte, piuttosto ottuse, diver- genti. Solo raramente il numero di queste punte è maggiore di tre. Il pelo è munito di spine grosse, diritte, non molto acuminate, le quali tendono a disporsi in verticilli, susseguentisi man mano dalla base all’ apice, fino all’ ultimo verticillo che costituisce ap- punto l’ apice tricuspidato del pelo. Queste spine si impiantano secondo un angolo molto acuto e sono dirette verso alto, guar- (n) OSSERVAZIONI INTORNO ALLA STRUTTURA ECC. to) dano cioè 1 apice distale del pelo. Nel tratto intercorrente fra un verticillo e l’altro la superficie del pelo non è liscia, ma finamente lavorata. Dimensioni : Lunghezza totale del pelo . . . ...°. pe. 100-250 Larghezza massima » da e e to bt LEE La disposizione di questi peli è quella detta per i precedenti, a cui si trovano frammischiati, abbastanza numerosi. 3.° Peli chiari, più lunghi, spinosi (fig. 1, 0). AI microscopio appaiono trasparenti e perfettamente incolori. Hanno forma cilin- Cc Fix. I. — Peli del ciuffo addominule di £. chrysorrhora L. 2. A, capitati (dorsali). — B, pure dorsali. — €, ventrali. drica, acuminata all’ apice ed alla base. Nel tratto basale sono muniti di spine più o meno enrve, appuntite, disposte in modo da dare al pelo 1 aspetto di un ramo di rovo molto spinoso. La punta di tali spine è rivolta verso 1’ apice del pelo. Poco a poco esse diminuiscono di numero e di dimensioni e, prima che sia raggiunta la metà del pelo, sono quasi sempre al tutto scomparse. 4 LEOPOLDO CHINAGLIA Nella parte distale il pelo è quindi inerme, finamente striato in senso longitudinale. Dimensioni : Lunghezza totale del pelo . . . . +... 1400-2000 Larghezza massima » DO CORE a ti e PI Questi peli si trovano sulla fiuecia ventrale dell’ addome ed oc- cupano Vl area che circonda l apertura sessuale. Questa area ai lati confina con quella dei peli capitati già descritti ed ante- riormente con quella che si trova sul restante addome e che è coperta da peli pure bianchi, i quali non differiscono da quelli ora descritti se non per la minore lunghezza e per la completa man- ‘anza di spine. Da quanto si è detto rispetto alla struttura ed alla ubicazione di queste tre sorta di peli risulta anche abbastanza chiaramente il meccanismo per il quale, durante la deposizione delle uova, i peli stessi si staccano per ricoprirle. All novo appena deposto ed agglutinante vengono ad aderire gli apici lisci dei peli chiari, spinosi nel tratto basale, che si trovano ventralmente. I movi- menti dell’ animale, che avanza lentamente, fanno strisciare 1° ad- dome sopra questi peli i quali costituiscono, in certo modo, un pettine con i denti rivolti all’ indietro. Avviene così che i peli aranciati dell’ estremo apicale dell’ addome incominciano ad essere impigliati fra le minute spine ed a staccarsi. Per opera sopratutto dei brevi peli spinosi a chiodo, che si trovano, anche dorsalmente, frammisti a quelli più lunghi, capitati, ciascuno di essi staccan- dosi può trascinarne altri e così anche i peli dorsali possono man mano essere tratti fuori. Avviene pertanto una vera e propria filatura, come della stoppa che si trae dalla conocchia. In questo modo si spiega perchè, osservando in sezione l ammasso d’ uova della Euproctis chrysorrkhoea, si vede nella regione centrale un pe- lame quasi bianco, sul quale è disposto quello aranciato. Anche il maschio di questa specie all’ apice dell’ addome è prov- visto di un ciuffo dorato di forma leggermente diversa e più povero di quello della femmina. Esso però è costituito da peli totalmente diversi (fig. 2, A). Quelli dorsali, colorati, sono veri peli— squame di lunghezza varia; per lo più vanno gradatamente di- OSSERVAZIONI INTORNO ALLA STRUTTURA ECC. D latandosi man mano che si procede verso 1’ apice, ove terminano smussati o debolmente incisi. Quelli ventrali, incolori, sono più A B Fig. 2. — A, Peli, peli-squame e squame del ciuffo addominale di E. cha veo alora L. I B, Peli del ciuffo addominale di L. dispar L. OL — A sinistra due apici anomali. brevi e differiscono poco nella forma dai precedenti. Sia agli uni che agli altri, ma con più abbondanza nella regione ventrale, si 6 LEOPOLDO CHINAGLIA trovano poi frammiste vere e proprie squame e molte forme inter- medie fra la squama laminare e quella piliforme. Esiste dunque in questo Lepidottero una ditferenza sessuale rispetto alla forma dei peli dell’ addome; differenza sessuale stret- tamente legata alla funzione di riproduzione ed in rapporto con la deposizione delle uova. Altre specie di Bombicidi con abitudini analoghe a quelle della E. chrysorrhoea mancano invece di speciali modificazioni nella strut- tura dei peli addominali. La già ricordata Lymantria dispar, ad esempio, non presenta peli particolarmente trasformati per la co- pertura delle uova. I peli addominali della femmina di questo Lepidottero (fig. 2, B) sono semplicemente allungati, conici all’ apice che è appuntito, striati longitudinalmente e fittamente rugulosi in senso trasverso. Sono i movimenti dell’ addome quelli che ne provocano la caduta per mezzo dello sfregamento contro le asperità della corteccia del- l albero e per la viscosità dell’ umore da cui sono bagnate le uova appena deposte. Probabilmente dipende da questa differente struttura dei peli dell’addome fra la L. dispar e la E. chrysorrhoea anche la differente forma dei cuscinetti di muova. Come ho già accennato, essi sono infatti molto più irregolari nella prima specie di quello che non siano nella seconda, in cui particolari disposizioni di struttura e di posizione dei peli producono il loro staccarsi in modo più co- stante e determinato. Accennerò ancora, prima di chiudere, a due peli con apice ano- malo, che mi venne fatto di incontrare esaminando un bozzolo d’ uova della L. dispar, e di cui unisco la figura. (li estratti di questa Nota furono pubblicati il 10 Giugno 1914. Dott. LEOPOLDO CHINAGLIA È mio intendimento descrivere in questa breve nota alcuni insetti anomali, appartenenti in gran parte alla mia collezione. Per lo più sono casi di rigenerazione irregolare e, specialmente per un individuo di Arctia caja L. con zampa anomala, la descrizione può essere utile quale esempio di un aspetto meno frequente nelle zampe rigenerate. Procederò secondo l’ordinamento da me adot- tato e seguìto già in altri lavori (1). I. Polimelie. Dorcus parallelepipedus L. — Un individuo, raccolto dal dottor Krausse in Sardegna, presenta 1’ antenna destra polimelica (fig. 1). Fig. 1. — Antenna polimelica di Dorcus parallelepipedus L. (ca. X 8). Il primo articolo, o scapo, è regolare; si inserisce su di esso il se- condo, il quale invece della solita articolazione apicale, ne possiede (1) L. CHINAGLIA, Le più importanti anomalie dei Coleotteri descritte finora in Italia. « Riv. Coleott. Ital. », ann. 9, n. 12, ann. 10, n. 1, 1911. S LEOPOLDO CHINAGLIA due, da cui sorgono rispettivamente due clave antennali. Quella superiore, di otto articoli, è perfettamente normale per aspetto e per dimensioni. Quella inferiore invece, più breve, pur constando di otto arti- coli, presenta però qualche carattere anomalo come sarebbe una minor distinzione fra il primo ed il secondo, e fra il terzo ed il quarto articolo ; il penultimo e ’ ultimo poi sono in gran parte fusi. Al quarto articolo questo ramo dell’ antenna si piega a go- mito verso 1 alto. Regolari sono la consistenza, il colore, e la pubescenza rossiccia. Dimensioni massime : Lunghezza dello scapo . . . . . mm. 2 » del 2.° ‘articolo ti. » 0.7 » del ramo superiore . . . » 2,4 » del ramo inferiore . . . » 14 II. Anomalie parziali atrofiche. GryUus domesticus L. — Un individuo raccolto nel 1909 e conser- vato nella R. Stazione di entomologia agraria di Firenze, possiede la zampa sinistra del primo paio ridotta (fig. 2). Si tratta senza alcun dubbio di un caso di rigenerazione, e poichè di questo argomento si è recentemente occupato il Griftini, al lavoro di questo autore (1) rimando chi voglia conoscere più a fondo questi fatti e la rela- tiva bibliografia. Mi limito a descrivere la zampa dell’ individuo che ho sott'occhio nel suo aspetto esterno, nella speranza di po- tere occuparmene ancora poichè è ‘possibile Vesame anatomico completo, trattandosi di un esemplare conservato in alcool. La zampina non manca di nessuna delle parti essenziali che costituiscono le zampe normali. L’ anca è regolare, sebbene un po’ meno sviluppata di quella dlestra, normale ; lo stesso si dica per il trocantere. (1) A. GRIFFINI, La rigenerazione nelle zampe degli Ortotteri saltatori. « Natura », vol. 2, Pavia 1911. DESCRIZIONE DI ALCUNI INSETTI ANOMALI 4) Il femore invece è molto più breve che di regola, poichè è lungo circa un terzo soltanto di quello normale di destra. Va gradualmente ingrossando dalla base all’apice, ove si articola la tibia. La tibia è appena più lunga del femore, per cui risulta an- ch’essa circa un terzo della tibia regolare di destra. Manca delle spine apicali. Il tarso è di tre articoli, lunghi complessivamente un po’ meno del primo articolo del tarso normale. Il primo è quello che ha le Fig. 2. — Zampe (quella di sinistra rigenerata) del 1° paio di Gryllus domesticus L. (ca. X 5). dimensioni maggiori, gli altri due decrescono sia in lunghezza che in larghezza. Ciò non avviene invece nel tarso normale in cui il primo articolo è bensì il più lungo, poichè supera gli altri due presi insieme, ma }’ ultimo è molto maggiore del secondo, il quale ha una lunghezza che oltrepassa di poco un terzo di quella del- l'articolo apicale. Si verifica perciò anche in questa zampa rige- nerata quella progressiva riduzione nelle dimensioni dei pezzi, man mano che si procede da quelli basali verso quelli distali, la quale è, secondo quanto io credo, un fenomeno abbastanza generale. L’ ul- timo articolo della zampa anomala è poi provvisto di unguicole apicali brevissime e tozze. La sua forma è presso a poco conica. Il colore di tutta la zampa è regolare, quantunque la pigmen- tazione sia un po’ minore che nella zampa normale. I peli sono più scarsi. 10 LEOPOLDO CHINAGLIA Dimensioni massime : Zampa destra Zampa sinistra (norm «le) (rigenerata) Lunghezza dell’ anca... . mm. 1 mm. 0,8 » del trocantere . . . . » 0,6 »' (0.5 » del'femore. "e 0. as » 4,3 IENE los) » Elea see » 3,6 SIOTAGL » del 1.° articolo tarsale. . » 1,4 DENNONS » delN2t9! » PARATE » 0,4 » 0,4 » del 3.° » DINI TISS » 1 » 049 Arctia caja, L. — Le anomalie descritte più frequentemente per i Lepidotteri riguardano per lo più le ali; così sono già noti due individui di Arctia caja L., anomali in questi membri, descritti Vl uno dall’ Hollinder (1), Y altro dallo Chapman (2). L’ individuo di cui ora mi occupo possiede invece la zampa destra del terzo paio anomala per atrofia (fig. 3, 0). Esso fu da me raccolto in Lom- bardia, presso Brescia, nell’ autunno del 1907. La zampa anomala si presenta a primo aspetto come una for- mazione globosa, rossiccia, aderente al corpo dell’ animale, la quale porta un tarso un po’ rimpicciolito ed irregolare. Meglio esaminata essa mostra le varie parti che la costituiscono, come segue. Il femore è tozzo, contratto, alquanto incurvato dall’ esterno verso l’ interno, rossiccio, translucido. Un leggero solco arcuato ne segna la faccia inferiore. La tibia, più lunga, non si protende liberamente poichè, rivol- gendosi verso il capo dell’ insetto, si adagia sopra il femore, di cui ricopre la parte più interna fino quasi alla base di esso. Poi piega bruscamente verso l estremità posteriore dell’animale e si estende fino ad oltrepassare di poco l’apice del femore. Come que- sto è anch’ essa rilucente, rossiccia, quasi glabra. Il tarso risulta di cinque articoli; il primo dei quali è alquanto più lungo, gli altri sono sub-eguali, non molto distinti, arroton- dati, lucidi. L’ ultimo, alquanto ingrossato all’ apice, lascia solo (1) « Intern. ent. Zeitschr. », Guben, 1908, p. 329. (2) « Proc. ent. Soc. », London, 1904, p. 55. DESCRIZIONE DI ALCUNI INSETTI ANOMALI 11 intravedere le unguicole ed il ciuffetto di peli che ornano V ultimo articolo dei tarsi normali. Nel suo complesso quindi questo tarso mostra i caratteri che sono propri delle anomalie legate ad un fenomeno rigenerativo. Dimensioni massime: Femore della zampa sinistra (regolare), lunghezza . . . mm. 5,6 Tibia » » » » LA CIINE » 5,4 Tarso » ) » » gno. È, » 6,5 Formazione basale della zampa destra » fl SETA DIDO, » » » » larghezza . . . DARI9. Tarso della zampa destra lunghezza . . —. o BI Il tratto più caratteristico e più interessante dell’ anomalia de- seritta consiste nella doppia contorsione per cui il femore e la tibia vengono ad aderire ed in parte a fondersi Vl uno con l altro in un unico corpo globoso. Infatti, considerando 1’ asse di questa zampa si vede che esso segue una curva, svolta, quasi tutta, sopra lo stesso piano, la quale può paragonarsi ad un S com- presso nel senso verticale e coricato. Si dirige dapprima verso il basso (fino all’artieolazione del femore con la tibia) per poi ripie- gare bruscamente verso l alto quasi parallelo a sè stesso (prima parte della tibia) e, dopo avere quasi raggiunto il livello della sua origine, volgersi di nuovo verso il basso quasi rettilineo, (se- condo tratto della tibia e tarso). Il potere rigenerativo dimostrato dalle ricerche di numerosi autori pure per i Lepidotteri (1), assieme ai caratteri ed all’ aspetto della zampa fanno ritenere trattarsi di un membro rigenerato, analogo a quelli numerosi con caratteri simili osservati e descritti. Sta però il fatto che, di regola, questi arti riprodotti in seguito a fenomeno rigenerativo non presentano nella forma e nei rapporti delle loro parti irregolarità così profonde. Non mancano, ad ogni modo, esempi di zampe con contorsioni e ripiegature irregolari. Il Reineck ha descritto un individuo di Agonum marginatum L. (1) Cfr. per la bibliografia : PRZIBRAM H., £wperimental Zoologie. vol. 2, Ite- generation. Leipzig, 1909. 12 LEOPOLDO CHINAGLIA (Coleottero) (1) nel quale la tibia della zampa sinistra del terzo paio è rivolta dapprima verso il capo, poi bruscamente ripiegata in senso laterale e quindi rivolta verso 1 addome. Però oltre al fatto che sono differenti il numero e la forma delle pieghe è anche degno di nota che la zampa anomala non è rimpicciolita, nè presenta caratteri di rigenerazione come si può rilevare dal disegno (Tav. IV, fig. 18) che l’ autore unisce alla sua breve de- serizione. Tra la copiosa serie di anomalie descritte e figurate dal Moc- . querys (2) trovo due figure di zampe di Melolontha vulgaris L., che possono segnare i gradi morfologici di passaggio dalla strutture più frequente nelle zampe rigenerate, quale si osserva ad esem- pio nel GryMlus prima descritto, a quella ora veduta nella zampa di Aretia caja. Nel primo caso illustrato dal Mocquerys (fig. 3, B) il femore presenta soltanto una leggera ripiegatura mediana verso l alto, mentre nel secondo (fig. 3, A) esiste una doppia contorsione NZ LL A B (6) Fig. 3. — A e 5, zampe (quelle di destra rigenerate) di Melolontha vulgaris L. (dal Mocquerys). — C. zampe (quella di sinistra rigenerata) del 3° paio di Arctia caja L. (a, femore, è, tibia, c, tarso). dell’ asse analoga a quella presentata dal Lepidottero e 1° atrofia. riesce facile, se si immaginano le pieghe più ravvicinate di quello che non siano nell’ arto del Coleottero e compresse 1 una sul- Valtra, giungere ad una struttura quasi identica a quella della zampa di A. caja descritta. (1) REINECK, Beitrag sur Monstrosititenbildung bei Coleopteren. Deut. ent. Zeit- schr., 1908, Hft. 4, p. 488. (2) MOcQuERYS, Iecueil de Coléoptères anormaur, N. 4, Rouen, juin 1860. DESCRIZIONE DI ALCUNI INSETTI ANOMALI 15 Esemplari di Coleotteri di varia specie con anomalie parziali consistenti in una irregolare struttura od ornamentazione delle elitre, mi raccolse il Krausse in Sardegna e qui ancora lo rin- grazio. Si tratta di contorsioni, ammaccature, ecc. nelle elitre, come avviene ad esempio in un Carabus genei G. Thoms. con Veli- tra sinistra più breve di quella destra, all’ apice accartocciata e leggermente rossastra. Oppure si tratta, sempre nelle elitre, di altre irregolarità talora subsimmetriche. Allo stesso raccoglitore debbo pure due esemplari con leggera anomalia di colorito. L’ uno è un Brackinus selopeta F.in cui la sutura delle elitre fino verso ai due terzi dalla base è rossiccia come il corsaletto, e l elitra sinistra porta una larga chiazza di forma irregolare e dello stesso colore, ad un terzo circa dall’ apice. L’ altro è un Hister minutus, in cui la colorazione nera del fondo fa scomparire nell’ elitra destra quasi totalmente quella rossa, che permane solo più come due macchiette incerte e sfumate. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 10 Giugno 1914. Sui tubi malpighiani dei Lecanini Nota del Dott. G. TEODORO Aiuto nell’Istituto di Zoologia e Anat. comparata della R. Università di Padova diretto dal prof. Davide Carazzi In questa breve nota riferisco aleune particolarità di struttura riscontrate nei tubi malpighiani dei lecanini, e precisamente nelle forme femminili del Lecanium oleae Bern. e L. hesperidum L., nelle forme femminili e nelle prime ninfe maschili della Pulvinaria vitis L. e P. camelicola Sign. Molto è stato già scritto intorno al numero, alla struttura ed alla funzione dei tubi malpighiani degli insetti, nè qui è il caso di riportarne tutta la bibliografia. I più importanti risultati ed una ricca letteratura in proposito trovansi in un lavoro del Vene- ziani (S) pubblicato in questa stessa Rivista. I metodi di tecnica istologica da me usati sono gli stessi di cui mi son servito in altre ricerche sui lecanini, alle quali ri- mando (6, 7). Ho sempre fatto però un esame in toto dei tubi malpighiani visti per trasparenza nelle giovani larve, semplice- mente deposte sul portaoggetti, per poter osservare questi organi in situ prima che abbiano sentita lazione dei reagenti. I quali producono sempre notevoli alterazioni, e, come giustamente os- serva il Veneziani, « nessuno dei liquidi della tecnica lascia intatti questi organi, particolarmente delicati ». Ma lesame per traspa- renza dell’ intera larva non permette uno studio minuto, giova perciò ricorrere a dissezioni ed a sezioni. Dissezioni ho potuto fare di larve anche piccole nonchè di femmine adulte servendomi di due aghi bene appuntiti e del microscopio binoculare a prismi 16 G. TEODORO raddrizzatori. Si riesce senza tanta difficoltà ad estrarre dal corpo dell’ animale i tubi malpighiani e tutto | intestino. Questa disse- zione ho fatta nell’ emolinfa dello stesso esemplare quando tratta- vasi di grosse femmine, come son quelle della P. vitis; in altri :asì mi sono servito specialmente di glicerina allungata a metà con acqua distillata, e dell’ olio di olivo, come consiglia il Vene- ziani. I tubi malpighiani dei coccidi, come è noto fin dai vecchi lavori di Leydig (2), Lubbok (3), Mark (4) e altri, sono in numero di due. Per la forma sono generalmente cilindrici, più o meno rego- lari o torulosi. Essi decorrono uno a destra ed uno a sinistra dell’ intestino, paralleli fra loro ed al piano di simmetria, e sboc- sano con un corto e sottile dotto comune nell’ intestino prima che cominci il retto, precisamente fra meso- e postintestino. Questo breve dotto ha la struttura del mesointestino e non quella del rimanente dei tubi malpighiani. Nei quattro lecanini in parola si riscontrano appunto queste condizioni di cose. All esame dn toto e nei preparati freschi i malpighiani si mostrano come due tubi cilindrici decorrenti dalla metà del corpo fin presso l’ apertura anale. Come già Berlese (1) aveva notato per ZL. oleae e L. hesperidum, essi sono in questo torulosi e nel primo addirittura rosariformi. Anche nella P. came- licola e nella P. vitis sono torulosi, molto più in questa che non in quella. Nella P. vitis inoltre, le cellule raggiungono un diame- tro trasverso maggiore che negli altri tre lecanini. Al loro estremo prossimale i malpighiani nei quattro insetti stu- diati, sì uniscono come ho detto prima, in un corto dotto. che sbocca nell’ intestino in un punto che facilmente si mette in evi- denza nelle dissezioni e che il Berlese ha ben precisato così : « quel punto dove il mesointestino, compiuto il suo giro sta per rientrare nel retto ». Questo che il Berlese ha detto per L. hespe- ridum e L. oleae vale anche per le due Pulvinaria : la vitis e la camelicola. Per tutto il loro decorso i tubi malpighiani giacciono liberi nella cavità addominale, solo nel loro estremo distale sono fissati per mezzo di un esile filamento alla parete dorsale (come anche Berlese aveva notato néi due Lecanium), in modo che re- stando liberi da tutti i lati e non essendo proprio stirati ai due SUI TUBI MALPIGHIANI DEI LECANINI 17 capi, possono compiere dei leggeri movimenti (cosa che ho più volte osservato), e disporsi anche non paralleli fra loro, ma for- mare delle curve più o meno accentuate. Riguardo alla struttura istologica è noto che in generale i tubi malpighiani degli insetti sono costituiti da tre strati: la tunica esterna o peritoneale, la tunica media, o propria, e lo strato interno, o glandulare, o come anche è detto, epiteliare. Nella prima trovansi spesso fibre musco- lari, la seconda è sottilissima e non sempre è stata riscontrata; lo strato glandolare infine assume forma e dimensioni differenti a seconda dei casi. Nei quattro lecanini studiati la tmnica esterna è sottilissima, anista, e manca una tunica media, come già osservarono per i Lecanium Leydig (2) e Mark (4), e gli altri AA. successivamente. La tunica peritoneale racchiude un piccolo numero di cellule glan- dulari, in media una ventina per ciascun tubo. Esse sono vescico- lose, irregolarmente sferiche, in modo da presentare un diametro maggiore ed uno minore, e sono disposte non in giro intorno ad un canale mediano, ma quasi allineate nel senso dell’ asse longi- tudinale e precisamente sono allineate in maniera che la seconda cellula comincia all’ altezza della metà della prima, la terza al- VP altezza della metà della seconda e così via. Da questa disposi- zione e dall’ essere tali cellule molto rigonfie, ne viene ai tubi mal- pighiani aspetto toruloso, che giustifica il nome di Vasi varicosi dei vecchi osservatori. Ciascuna cellula glandulare mostra in sezione trasversa una forma ovale o circolare, a seconda dell’ altezza cui è stata tagliata. In ogni cellula son contenuti uno o due nuclei di forma varia, come meglio delle parole spiega la figura qui annessa. Tale figura è stata ottenuta dalla sovrapposizione delle imagini da tre sezioni successive di 7 micron ciascuna, e ciò ho fatto per dare un’ idea più esatta del nucleo. Questo, a forti ingrandimenti non lascia scorgere una distinta membrana nucleare, e la sua cromatina appare sotto forma di minutissimi granuli fortemente basofili. Le cellule glandulari non sono strettamente unite 1’ una all’ altra, resta fra loro un piccolo lume a sezione trasversa quasi circolare, come si vede nella figura; ma verso questo lume a me mon è riuscito mettere in evidenza un orlo ciliato, che parrebbe caratteristico nei tubi « Redia », 1914 18 G. TEODORO malpighiani, e che il Veneziani ha riscontrato in molti insetti. Il Mark (4) aveva negato la presenza di un canale ma già lo Schin- dler (5) credeva ciò inesatto. Le sezioni ed anche l’ esame in toto lasciano invece facilmente ve- È È , f dere un sottile e flessuoso ca- pon nale che decorre per tutta la lunghezza del tubo. Ma le cel- lule lasciano fra di loro e la parete, degli altri vani (v. fig.) i quali non son dovuti all’azio- ne dei fissativi, perchè si di- stinguono bene nell’ esame a fresco, fatto nelle migliori con- dizioni, cioè nell’ emolinfa dello Sezione trasversa di un tubo malpighiano a di femmina adulta di Pulvinaria vitis. Stesso Insetto. — Ingr. 250. I tubi malpighiani di questi coccidi si possono dunque considerare come dei piccoli sacchi ci- lindrici entro i quali son contenute poche cellule glandolari, che non sono ad intimo contatto fra di loro e con la tunica in modo da lasciare dei vani che servono alla conduzione dei prodotti di escrezione. TI protoplasma di queste cellule, esaminato a fresco, si presenta come bolloso e pieno di sferule di colore giallo-verdastro e tal- volta anche bruno. Negli esemplari fissati o chiusi in liquidi con- servativi scompare tale colorazione. Nelle sezioni di insetti fissati con alcool assoluto o sublimato alcoolico-acetico, non si riscon- trano più le granulazioni e le bollicine che si vedono a fresco ed il protoplasma appare a forti ingrandimenti poco colorato e fine- mente reticolato. Il Veneziani ha riscontrato in molti casi una particolare struttura nel protoplasma delle cellule malpighiane : dalla parte in cui la cellula si impianta sulla tunica propria e guarda quindi verso V emolinfa si vedono in molti casi (es. Gryl- lotalpa, Grylus campestris) partire dalla membrana cellulare, vol. gendo verso il nucleo, dei lunghi filamenti che danno al proto- plasma un aspetto striato ». Nulla di simile ho visto nei quattro lecanini da me studiati. Nell interno dei tubi ho riscontrata la presenza dei microorganismi simbiotici cui altra volta accennai (7). SUI TUBI MALPIGHIANI DEI LECANINI 19 Numerosi rami tracheali arrivano sui tubi malpighiani ({v. fig.) specialmente quelli diramantisi dalla trachea genitale e da quella dei lobi anali. La disposizione dei rami tracheali è quindi quella caratteristica degli insetti oligonefrici, nei quali, come nota il Veneziani « grossi rami raggiungono il tubo a varie altezze e vi sì ramificano ». Quanto alle dimensioni dei tubi negli insetti che ho esaminati, esse variano assai da larva a ninfa e ad adulto. Nella P. vitis, le cui femmine adulte hanno notevoli dimensioni (6 ',% S mm.) i malpighiani raggiungono in lunghezza anche 2 mm. ed in lar- ghezza 150 micron. Le prime ninfe maschili in confronto con le femminili hanno i tubi più esili e meno torulosi. In complesso dunque i tubi di Malpighi dei lecanini in parola si staccano un poco, per la loro particolare struttura istologica, da quelli degli insetti studiati dal Veneziani, non avendo io in essi riscontrato nè un protoplasma basale con fini canalicoli che guardano verso 1 emolinfa, nè un « apparato ciliare formato di poricanali rivolti verso il lume della glandola ». Padova, Aprile 1914. BIBLIOGRAFIA CITATA. [1] BeRrLESE A. (1894). Le Cocciniglie italiane viventi sugli agrumi. Parte II, I Lecanium. « Riv. di Patol. veget. », anno III, n. 1-8. [2] LeybiG F. (1854). Zur Anatomie von Coccus hesperidum. « Zeit. wiss. Zool. ». Bd. Vi. [3] LuBBOK I. (1858). On the digestive and nervous system of Coccus hesperi- dum. « Proceed. of the Roy. Soc. ». [4] MARK E. L. (1877). Beitrige zur Anatomie und Histologie der Pfanzenliuse, insbesondere der Cocciden. « Arch. Mikr. Anat. ». Bd. 13. [5] ScHINDLER E. (1878). Beitrige zur Kenntniss des. Malpighi? schen Geftisse der Insecten. « Zeit. wiss. Zool. ». Bd. 30. [6] TropoRro G. (1911-1919). Vedi in « Redia ». Vol. VII, vol. VIII, vol. IX. [7] Idem (1912). ricerche sull’emolinfa dei Lecanini. « Atti Accad. ven.-trent.- istr. ». Ann. V. fasc. I. [S] VENEZIANI A. (1905). Valore morfologico e fisiologico dei Tubi Malpighiani. Contributo alla conoscenza del meccanismo dell’ escrezione. « Redia ». Vol. II, fase. II. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 31 Agosto 1914. Prof. CARLO SPEGAZZINI PIRIIMO: CONTRIBUTO alla conoscenza delle Labou/beniali Italiane L’anno passato (1912) all’ abbandonare l'Argentina per recarmi in patria lasciai sotto i torchi il mio opuscolo intitolato Contri- bucion al conocimiento de las Laboulbeniomicetas argentinas, che vide la luce pochi giorni dopo d’ esser io arrivato in Italia. Avendo dovuto fermarmi parecchio tempo in Genova, fresco di questi studi, al visitare il Ch.®° Prof. Raffaele Gestro al Museo Jivico, mi venne il desiderio di gettare uno sguardo sulle ricchis- sime collezioni entomologiche di detto Museo e non tardai in osservarvi un materiale abbondante ed interessantissimo di tale gruppo di microfiti, risvegliandosi quindi in me l entusiasmo per tali ricerche e facendo proposito di dedicare i miei ozi turistici alla ricerca delle Laboulbeniacee italiane, consiglio che mi aveva dato già diéci anni prima il venerato maestro mio, Prof. Pier Andrea Saccardo. Per tanto non limitai le mie investigazioni alle collezioni del Museo civico di Genova, ma le estesi in seguito alla maggior parte delle raccolte tanto pubbliche che private delle città che andai visitando; inoltre in ciascuna località in cui ebbi a fermarmi mi dedicai a cacciare insetti nella maggior quantità possibile. Il risultato delle mie fatiche fu ottimo poichè nel breve tempo che 22 C. SPEGAZZINI dimorai nella terra nativa potei accumulare un materiale assai abbondante che mi compensò largamente dei miei sforzi e col quale ritornai all’ Argentina contento e soddisfatto. Colà giunto ripassai e preparai il materiale rinvenuto e mi ac- cinsi a farne uno studio serio e prolisso, in cui risolsi di impie- gare la microfotografia per ottenere immagini comparabili con mag- gior certezza e minuziosità e offrire anche ai miei colleghi uma base più solida e sicura per accettare o respingere le classifica- zioni che avrei proposte, giacchè i disegni in uso, sempre più © meno schematici, non si prestano ad evitare critiche, a volte in- giuste ed intemperanti, nè posson servir di fondamento a diseus- sioni spesso troppo unilaterali ed anche maligne. Il lavoro fu lungo, difticile e con frequenza ingrato, ed ora ritornato in Italia mi perito di pubblicarne i risultati, non dubi- tando che riusciranno interessanti per gli amanti della micologia sì italiani che esteri, poichè le nostre conoscenze relative a que- sto gruppo in Italia erano assai limitate, non avendo incontrato che scarsissimi cultori e ciò dovuto non solo alla difficoltà di ottenere materiale ma anche a quelle d’ ordine tecnico di prepa- arlo e studiarlo. Debbo dichiarare che in molti casi le figure che presento non risponderanno del tutto ai desiderii miei giacchè a volte ebbi a fare con materiale molto vecchio, altre volte le preparazioni non riuscirono come mi prefiggeva ed infine non di rado la microfo- tografia non riuscì come sarebbe stata mia intenzione, dovuto alla mia imperizia; però gli scacchi sofferti mi hanno insegnato molto e son sicuro che per l’ avvenire le immagini che offrirò saranno assai migliori ed assai più soddisfacenti. Tutte le mie fotografie sono eseguite all’ ingrandimento di 200 diametri; in quelle che ho usato solo 100 diametri sarà indicato al piede. Le Laboulbeniacee italiane conosciute fino ad ora sommavano a 15, di cui 14 si trovano enumerate nel II volume della Mono- grafia del Thaxter ed 1 scoperta dal Prof. Antonio Berlese, è stata descritta dal Prof. Paoli; di queste 15 specie una appar- tiene al genere Dimeromyces, um altra al genere Compsomyces e le altre 15 al genere Laboulbenia. In questo opuscolo io arrivo a enumerare 63 forme, nelle quali « LABOULBENIALI ITALIANE » 23 sono comprese 12 delle specie di ZLabow!lbenia e V unica di Dime- romyces menzionate nel paragrafo anteriore; non ho però avuta la fortuna nè di rinvenire la Ladoulbenia italica Thxt. ne il Comp- somyces laestevae Thxt. Benchè riconosca che il Thaxter nella sua ammirevole Mono- grafia abbia dimostrato una maestria ed una genialità indiscuti- bili, pure non posso accettare sempre le sue idee e specialmente di accumulare e rifondere sotto una unica denominazione una infi- nità di forme più o meno morfologicamente vicine e pel solo fatto di non trovare al momento limiti definiti fra 1’ una e 1° altra 0 meglio una nota specifica differenziale per ciascuna. Mi associo quindi ai signori Cépède e Picard i quali opinano che nella deli- mitazione specifica si debbano tener in conto anche i fattori bio- logici, sia della immunità o infezionabilità negativa, come pure la troppa differenza generica o specifica degli ospiti. Non volendo però io far crescere in modo esagerato il numero delle pretese specie, ho creduto bene di creare, seguendo il cri- terio Saccardiano, sottospecie, le quali pur venendo descritte e considerate a parte, ciò non per tanto si aggruppano attorno ad un tipo principale che costituirebbe il nucleo del gruppo; nell’av- venire i Laboulbeniologi che potranno disporre di tempo sufficiente, di materiale fresco e di abbondanti vittime potranno eseguire gli esperimenti biologici necessari e risolvere il problema se tal forma costituisca una sola variazione di habitat o se invece sia un essere indipendente ed autonomo dalle forme morfologiche affini. Riguardo ai generi che contano una sola o poche specie per il momento non ho nulla a dire; non così per il genere Laboul- benia, che comprendendo oggidì un numero enorme di specie oftre serie difficoltà non solo pella comparazione ed identificazione delle forme ma anche per la loro descrizione ; mi fo un dovere quindi dì esporre i miei criterii in proposito, sperando che le mie povere osser- vazioni possano riuscire giovevoli a quelli che vorranno dedicarsi allo studio di questi microzoofili e più di tutto perchè possano intendere chiaramente il linguaggio da me adottato. Il genere Laboulbenia è il più comune, caratteristico e meglio definito ; fino ad ora non abbiamo una norma ufficiale, all’ infuori di quella usata dal Thaxter, per la descrizione delle specie, e " Tot” 1, ‘uf IR A 0 SL, AI, he "79 VIAGDIV 24 C. SPEGAZZINI manchiamo di una nomenclatura unica ed universale dei varii organi e delle loro differenti parti che permetta confezionare una diagnosi rapida ed esatta; per mio esclusivo uso e consumo ho adottato le designazioni che espongo nello specchietto seguente e secondo lo schema che segue (pag. 25). Spiegazione dello Schema di una Laboulbenia matura e completa e ter- minologia adottata per distinguere ciascuna delle sue parti. 1. Cellula basalis seu prima. 2. ” praebasalis seu secunda. 3. ” geminata dorsalis infera seu tertia. 4 b) geminata dorsalis supera seu quarta. 5. ” subdorsalis seu quinta. 6. ” geminata ventralis infera seu serta. Ue i geminata ventralis supera seu septima. 8. ” intermedia seu oc/ava. 9. 5) hypocarpa dorsali seu nona. 10. b) E) ventralis seu decima. 11. Unguis. 12. Androstichum seu series cellularum receptaculi partem masculam tulcens. 13. Gynostichum seu series cellularum receptaculi partem foeminam fulcens. 14. Psallium seu annulum hyalinum (Hyalo-) v. nigrum (Melano-) androstiechum coronans. 15. Andropodium seu cellula ramulos antheridiiferos fulcens. 16. Paraphysopodium seu cellula paraphyses fulcens. 7. Axis paraphysum primarius. 18. Axes paraphysum secundarii. 19. Axes paraphysum tertiarii. 20. Axis antheridiophorus primarius. 21. Axes antheridiophori secundarii, 22. Antheridia. 23. Perithecium. 24. Perithecii dorsum v. pars dorsalis 25. Perithecii venter v. pars ventralis. 26. Hypostomum. 27. Ostiolum. 28. Ostioli labium ventrale. 29. Ostioli labium dorsale. 30. Residuum trichogyni. T. Septum basale v. primum. II. Septum subbasale v. secundum. IlI. Septum androstichi v. tertium. IV. Septum subdorsale v. quartum. V. Septum intermedium superum v. quintum. VI. Septum intermedium inferum v. sextum. VII. Septum gynostichi v. septimum. VIII. Septum subperitheciale v. octavum. seu © a la « LABOULBENIALI ITALIANE » 20 C. SPEGAZZINI Premessa questa osservazione sulla nomenclatura da me usata, credo opportuno far osservare che questo genere è poi facilmente scindibile in un certo numero di sottogeneri, sezioni, sottosezioni ecc., limitate da caratteri più o meno certi e sicuri e che debbono indicarsi con nomi speciali, che non rispondono già a uno spirito di esibizionismo o manìa di neologismi, ma semplicemente alla ne- cessità di facilitare la collocazione di ogni forma nuova fra le sue congeneri o più affini ed anche ad abbreviare le frasi diagnostiche e dar loro maggiore certezza; nelle mie investigazioni come pure nell’ effettuare la descrizione delle differenti forme da me conside- rate come nuove mi son servito della chiave dicotomica che segue, la quale mi ha reso grandi servigi e servirà di spiegazione a certi termini nuovi da me impiegati in quest’opuscolo. con ricettacolo, peritecio o parafisi anormali (gobbi, I. Laboulbenie. . ... ) storti, cornuti, verrucosi etc.) (Zigolaboulbenia) 2. nelle differenti parti normali . (Eulaboulbenia) 7. ARA { gobbi, ritorti o di forma strana (Paralaboulbenia). 2, Peritecii ge, AS ( al { retti o più o meno regolari . (Metalaboulbenia) 3. ; dimo ai Pani: { ben visibili, oblique, apparendo il peritecio torto 3. Linee longitudinali del- ) e con disegno in losanga . . . . Strombotheca, logpancuids Aperte MRaco visibili ed in tutti i casi rette. . . . . 4. ( + coperti di papille, bitorzoli o tubercoli ben visi- 4. Peritecii bili e sporgenti . . . . .. . + + + Theletheca. lisci a Gore eo O anormale, molto largo, cilindrico, coronato da un \ parafise periteciiforme uni-articolato - Pseudodicarpa 5. Parafisopodio EE Meo eo ooo È 6. Sproni o cometti \ al CIFODEA dello pelo CATO atta = Conatodaciyta, I all’ ostiolo del peritecio . . . . . . . Ceratotheca. 7. Cellula V o subdorsale rn 2a eee ee + + (Pleocylia) 8. del ricettacolo . semplice. 0. + 0 a e (@Zaplocyhia)a9: (assenti ‘o ialinit, e ee i psalliae I ISO Ji p]]?s ‘tie 8. Psallii dell’androstico | esistenti uno o varii, neri, opachi . /’salliophora. assenti o ialini . . . . . . . . +. + Hyalopsallia. 9. Psallii dell’ androstico esistenti, uno o. varii, neri, opachi . . . . . - (Melanopsallia) 10. —_ > iti « LABOULBENIALI Il'ALIANE » ZI 10. Androstico e ginostico 11. Androstico 12. Androstico aderente al dorso del peritecio. 13. Peritecio alla base . 14. Parafisi . 15. Psallio e parafisi sal- dati neri, opachi; an- drostico e ginostico 16. Parafisi . 17. Parafisi . 18. Parafisi . 19. Parafisi . PEZOSS più o meno manifestamente separati alla parte SUPELTOLEGN N e e n SUNIZOSOMI: sempre fra loro aderenti in tutta la loro lun- AAA a eo e eee superante e molto più lungo del ginostico. . 12. eguagliante il ginostico od appena un po’ più LUDEO: ASTRA MRO O 3: poco oltre la sua metà . . . . . . Hemisynearpa. fino all’ apice o poco meno . . . Synandrocarpa. più o meno manifestamente pedicellato . da . (Podocarpa) 14. assolutamente sessile . . . . . .(Apodotheca) 16. tutti neri, opachi, rigidi, quasi carbonacei Anthracotricha. più o meno ialini o colorati, però sempre tutti 0 quasi tutti molli . . . . . . (Malacotricha) 15. neri, opachi; cellula basale generalmente ialina Dichroma. ialini o solo in parte più o meno anneriti Subdichroma. tutte nere, opache, rigide. . . . Anthracochaeta. ialine 0 più o meno colorate pellucide, non carho- naceer ie e e Malacochaeta) LT; ridotta al solo asse primario del parafisopodio semplice o con 1 0 2 rametti rudimentali . Monomastiga. SCIMPrOE PIG LIONE LO ridotte a 2 o 8 od alla sola primaria con 1 o 2 ra- metti secondari molto larghi . . Cligomastiga. più (o) meno mumeroserng: ts °° «e ene ta. in parte almeno, più lunghe del peritecio . Macromastiga più brevi del peritecio, a volte brevissime o ru- dimentarie . . ... ...... Brachymastiga. Non mi resta ora se non rendere pubbliche grazie a quelle per- sone che mi furono di aiuto nelle mie investigazioni permetten- domi o facilitandomi | accesso alle collezioni da ewi ho potuto asportare i materiali utilizzati nella confezione di questo lavorue- 28 C. SPEGAZZINI cio; accettino quindi la dimostrazione della mia gratitudine i Signori : BeccaRrI Prof. OpoarDo, R. Orto Botanico di Firenze. BerLESE Prof. AwroxIo, Direttore della R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze. Caruccio Prof. AxroNIO, Direttore del R. Istituto Zoologico di Roma. GestRro Prof. RarraELE, Sottodirettore del Museo Civico di Genova. LeprI Prof. AxroxIo, Capo della Sezione entomologica dell’ Istituto Zoologico di Roma. Maxrero Gracomo, Capo della Sezione entomologica del Museo Civico di Genova. MoxrIcELLI Prof. Fraxcesco, Direttore del R. Istituto Zoologico dell’ Univer- sità di Napoli. Rosa Prof. DaxIELE, Direttore della Sezione invertebrati del Museo Zoologico di Firenze. SorDELLI Prof. Gracomo, Direttore del Museo Civico di Milano. TONINI ANNIBALE, Aiutante primario del R. Istituto Zoologico dell’ Università di Napoli. Conegliano, 15 Novembre 1913. « LABOULBENIALI ITALIANE » 29 LABOULBENIALII. LABOULBENIINEE. PEYRITSCHIELLAGEE. Dimorfomicetee. 1. Dimeromyces falcatus Paoli. — G. Paoli, Nuov. laboulben. parass. di acari, « Redi », vol. VII, fase. 2.0, pg. 292, tav. XII, fe. 8, 9e gris, — Tav. nostra I, n. 1, a, d. HAB. — Sulle zampe della Canestrinia dorcicola Brl. var. pen todontis Brl. in San Vincenzo, Pisa, raccolta e preparata dal l egregio prof. A. Berlese e dallo stesso gentilmente regalatami. Ops. — Bellissima specie, molto interessante, ammirabilmente illustrata dal prof. Paoli, ciò che mi esime da ogni maggior schia- rimento. Rickiee. 2. Rickia Wasmanni Cav. — F. Cavara, Di una nuova laboulb., « Malpighia vol. XIII, pg. 182, tav. VI. — Thaxter R., Mon. of the Laboulb., vol. II, pg. 248, tav. XXXIV, fe. 1-13. — Tav. nostra I, n. 2, a, d, c, d. HAB. — Su tutte le parti del corpo dei soldati, rare volte delle operaie, di Myrmeca scabrinodis in un formicaio presso Conegliano, Veneto, sett: ed ott. 1912 e nov. 1913. OBs. — Gli esemplari dell’ Italia corrispondono esattamente alle descrizioni e figure pubblicate dagli autori accennati più sopra : gl’ individui variano moltissimo sullo stesso ospite non solo per grandezza (da 75 a 225 p. di lunghezza per 20 o 50 p. di lar- ghezza), ma anche per forma e struttura, però senza modificazioni fondamentali. Le mie fotografie sono assai deficienti, avendo finora trovata grandissima difficoltà per ritrattare, in generale, tutte le specie ialine ; spero però di esser già sulla via di vincere tali in- convenienti. 30 C. SPEGAZZINI Le formiche infette si muovevano assai lente e come impacciate ; asportate dal formicaio sembravano incerte sulla direzione a pren- dere quasi avessero perduto il senso dell’ orientazione ; alcune ot- frivano pochi esemplari sul protorace solamente, però la maggior parte erano totalmente ricoperte di parassiti, che lor comunica- vano un color cervino, per cui erano facilmente distinguibili dalle sane 0 poco attaccate anche ad occhio nudo. Peyritschiellee. 3. Dichomyces princeps Thxt. — Thaxter R., Mon. of the Laboulb., vol. I, pg. 284, tav. 1I, fg. 11 e tav. VIII, fg. 11-14. — Id., vol. II, pg. 257. Tav. nostra I, 0. 3,4, d. Has. — Sui peli del dorso e dell’ addome di un PRilonthus di specie indeterminata, raccolto a Stazzano, Alessandria, da D. Fer- rari, 1870 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. $1). Ops. — Gli esemplari rinvennti furono parecchi e tutti in buon stato evolutivo; la loro altezza totale varia fra 200 e 250 p. con una larghezza massima di 70 p.; i peritecii incolori misurano da S5 a 100 p. di lunghezza per 25 p. di larghezza, avendo un ostiolo ottuso poco sporgente e senza appendici. Il colore generale del microfito è ialino, notandosi in alcuni esemplari 1° annerimento delle tre prime cellule basali del ricettacolo. !. Dichomyces vulgatus Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. II, pg. 251, tav. XXXI, fo. 5-9. — Tav. nostra I, n. 4. s HAaB. — Aderito ai peli del dorso dell’ addome di una specie indeterminata di Philonthus raccolto a Torino da L. Fea (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 83). Ops. — Gli esemplari rinvenuti non sono namerosi, però la mag- gior parte di loro normali e regolari; 1’ altezza totale dalla ugna basale alla punta degli ostioli oscilla fra 175 e 200 p.; la mag- gior ampiezza del ricettacolo raggiunge 100 p.; i peritecii di co- lore oscuro però trasparenti misurano da S0 a S5 p. di lunghezza per 20 p. di larghezza, offrendo un ostiolo un po’ più chiaro prov- « LABOULBENIALI IVALIANE » 5I veduto di due orecchiette quasi ialine uninucleate. La lunghezza delle corna del primo piano del ricettacolo varia moltissimo, come pure il numero delle cellule che assumono il color nero e diven- gono opache. LABOULBENIACEE. Erpomicetee. 5. Herpomyces periplanetae Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. II, pg. 285, tav. XLI, fg. 6-13. — Tav. nostra I, n. 5, 4, d. HaB. — Abbondantissimo sulle antenne di individui adulti di blatta commune (Periplaneta orientalis) trovati in casa mia a Co- negliano, sett. 1912, ed altri conservati nella R. Stazione di En- tomologia Agraria cacciati in Firenze dal dott. Bargagli. Ops. — Gli esemplari italiani corrispondono esattamente a quelli descritti e figurati dal Thaxter nel 1. e.; sono completamente ialini ad eccezione del margine inferiore della conchiglietta basale ; gli individui maschili misurano per lo più 75 p. di lunghezza; i fem- minili hanno peritecii di circa 200 p. di lunghezza per 35 p. di larghezza. Laboulbeniee. 6. Laboulbenia (Apsallia) fasciculata Peyr. — Peyritsch, Beitr. z. Kntn. der Laboulb., Sitzb. der Wien Akad., vol. LXVIII, pg. 248, tav. I, fg. 6-9. — Thaxter R., 1. c., vol. I, pg. 350 (et 39 sub L. brachiata Thxt., tav. XXI, fe. 5-7) e vol. II, pg. 330. — Tav. nostra INN, di Has. — Sulle elitre, specialmente, lungo i margini della parte posteriore dei Chlaenius vestitus catturati a Busalla dal prof. R. Ge- stro (VI, 1871, Coll. Mus. Civ. Genova, n. 65); a Pula, Muravera in Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 65); a Caramanico, Chieti (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 120). Ops. — Gli esemplari delle varie località sono presso a poco identici e concordano esattamente colle descrizioni e figure degli autori sopracitati. Altura totale dell’ unghia basale all’ apice ostio- 82 C. SPEGAZZINI lare del peritecio 300-350 p.; peritecio con 125 p. di lunghezza e 50 p. di larghezza. 7. Laboulbenia (Apsallia) fasciculata Peyr. = # L. omophroni Speg. — Tav. mostra I, n. 7, a,b, e. DIAG. — Apsallia, erostris, polymastiga, macromastiga, saepius gracilis et tenella, diu hyalina serius leniter et aequaliter fusce- scens, cellula quinta 4-partita, paraphysibus subsimplicibus prae- longis, perithecio ad medium fere usque androsticho adnato, ostiolo obliquo obtuso. HAB. — Assai frequente sul corsaletto e sulle elitre di Omo- phron limbatus a Cirò, Abruzzi (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 52), presso Saliceto-Pmilia (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 10), presso Bo- logna (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 10 bis), a Montaldo, Alessandria (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 20), presso Torino (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 20 bis) e di Omophron variegatus raccolto a Tirso, Sarde- gna, 24, V, 1890 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 124). Ops. — Questa forma o specie, vista già dal Thaxter (l. c. vol. I, p.350), a primo aspetto ricorda la L. variabilis Thxt. del Sud America, però si riconosce e distingue immediatamente per la divisione o proliferazione (in 4 cellule sovrapposte) della quinta cellula dell’androstico. Differisce però assai dalla L. fascieulata Peyr. vera, come pure dalle varie forme della L. proliferans Thxt. per la sua gracilità e per la sua flaccidità che rende sempre difficile il suo distacco dall’ ospite; manca costantemente di anelli neri all’ apice dell’androstico, il quale offre invece una strozzatura mar- cata che lo separa dal parafisopodio ; le parafisi poi sono gracili, semplici o pochissimo ramose benchè lunghissime e tenerissime ; asse parafisario primario oftre i due setti inferiori obliqui verso la parte esterna e neri benchè sottili; gl’ individui sono per largo tempo ialini, coll’ età ingialliscono un po” e nella vecchiaia pi gliano un colore affumicato non molto pronunziato. La lunghezza totale degli adulti arriva a 300 o 350 p.; i peritecii misurano 120-130 p. di lungo per 40 p. di largo; le parafisi si prolungano da 250 a 500 p. « LABOULBENIALI ll'ALIANE ‘» De 8. Laboulbenia (/salliophora) proliferans Thxt. = * L. interposita Thxt., l. c., vol. II, tav. LIII, fo. 3. — Tav. nostra I, n. 8;.a, d. HAB. — Abbondante sulle elitre di Chlaenius velutinus trovati in Valmontone presso Roma, S, VI, 1900 (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 15) e nei dintorni di Firenze, 1880 (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 32). Ops. — La forma italiana risponde alla figura 3 del I. c., e solo differisce per la mancanza di setti neri alla base dei parafisi na- scenti dalla proliferazione della cellula subdorsale o quinta; si avvicina quindi (anche per le parafisi lunghe e semplici) alla forma della specie anteriore, da cui però resta sempre ben distinta per il psallio nero, opaco e grosso fra V androstico e 1 andropodio e parafisopodio, inoltre per il colorito oscuro abbastanza intenso specialmente alla metà anteriore o ventrale del peritecio. Altezza totale 350-400 p.; peritecii 130-150 p. lung. per 50-55 p. larg. ; parafisi 300-350 p. lung. 9. Laboulbenia (/salliophora) proliferans Thxt.=* L. subintorposita Speg. (Thxt., 1. c., fe. 4). — Tav. nostra I, n. 9, a, d. Hap. — Scarsa sul margine del torace di Harpalus sulfuripes raccolto in Lombardia (Coll. Mus. Civ. Milano, n. 5) e nei dintorni di Roma, G. Doria, 1878 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 58). Ops. — Gli esemplari italiani coincidono esattissimamente colla figura citata del Thaxter, variando con tutto ciò fra loro assai nella statura, poichè mentre i Romani misurano una lunghezza totale di appena 175 p, quelli Lombardi raggiungono persino 375 I. 10. Laboulbenia (Psalliophora) proliferans Thxt. = * L. divaricata Thxt., l. c., fo. .7. — Tav. nostra II, n. 10, a, bd. Hap. — Sul margine delle elitre e delle zampe posteriori della Feronia (lyperus) elongata, raccolta ad Oristano in Sardegna da R. Gestro, V, 1873 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 50 bis) e del Ba- dister bipustulatus rinvenuto nelle Alpi piemontesi (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 1453). OBs. — L'unica differenza che posso notare fra gli esemplari italiani e la figura del Thaxter sarebbe la minor Innghezza delle u Redia r, 1914. 3 54 C. SPEGAZZINI cellule dell’ androstico ed un affumicamento assai maggiore del pe- ritecio. Lunghezza totale 350-400 p.; peritecii 140-150 p. lung. e 40 p. larg.; parafisi 200-250 p.. 11. Laboulbenia (Psalliophora) pseudomasei Thxt. — Thaxter R., 1. c., vol. II, pg. 343, tav. LIV, fg. 6. — Tav. nostra Rae e HAaB. — Sul bordo posteriore delle elitre del Pseudomaseus ni- grita, ottenuto presso lo Stagno di Maccarese, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 1). Ops. — Gli esemplari miei rispondono assai bene alla descri- zione e figura del Thaxter |. c., però offrono un androstico assai più allungato, più sporgente e libero all’ apice; la cellula subdor- sale o quinta non è prolifera, però presenta sempre una appen- dice o pseudoparafise, per cui credo che questa specie debba in- seriversi al subgenere P/eocytia ed alla Sezione Psalliophora. 11 colore forse mi sembra un po? più pallido, specialmente nei peri- tecii, che quello del tipo thaxteriano. Lunghezza totale + 400 p.; peritecii 125-150 p. per 55-60 p.; parafisi + 350 a 400 p. 12. Laboulbenia (Ceraiotteca) gyrinicola Speg. (n. sp.) — Tav. nostra In, a, 10,00. DiaG. — Ceratotheca, apsallia, brachymastiga, tota obscure ochracea fere opaca, cellulis prima et secunda subeylindraceis gra- cilibus pallidis pellucidis, ad septum primum eximie geniculatis et saepe leniter intlatis, perithecio conoideo ad tertium inferum usque androsticho adnato, ostiolo obtuso crasso hyalino, appendi- cibus duobus longiusenlis curvulis subtenuibus acutis concoloribus ornato. Hap. — Comune specialmente sul margine delle elitre di Gyri- nus nmatator, a Sturla presso Genova, Dodero (Coll. Mus. Civ. Ge- nova, n. 95) e nei fossati dei dintorni di Conegliano, Veneto, sett., ott. e nov. 1912-13. OBs. — Al principio credetti che la specie italiana fosse la L. gyrinidarum descritta e figurata dal Thaxter (1. c., voli I, pag. 353, tav. XXII, fg. 31-34), però comparando le mie foto- « LABOULBENIALI ITALIANE » Bre) grafie colle figure citate mi persuasi pronto trattarsi di altra spe- cie o forma, come già il Thaxter stesso ne esternò il dubbio alla pag. 412 del II volume della sua opera; sospettai allora che po- tesse trattarsi della L. chaetophora Thxt., però uno studio accu- rato me ne dissuase presto. Gli esemplari italiani si distinguono a prima vista per la forma conica ben marcata dei peritecii, per le appendici ostiolari assai più lunghe e sottili e sopratutto per la cellula prebasale 0 seconda ialina e cilindrica; inoltre al primo setto sempre esiste un gomito marcatissimo, mentre quivi le due cellule contigue mostrano una leggera tumefazione. Questa è stata la specie che ho potuto collezionare io stesso in maggior quantità, trovandola con più frequenza sui girini di fossati stagnanti od a corrente debolissima che su quelli dei fiumi o ruscelli rapidi. In un ruscelletto il giorno 22 settembre per mezzo di una reticella pescava totalmente due colonie di Gyrinus natator con un totale di 536 individui, fra cui ne trovai S2 bien chiaramente laboulbenigeri, cioè un 15 %,; disponendo di un ma- teriale così abbondante volli investigare la localizzazione di detti parassiti, ottenendo i resultati seguenti : Margine della elitra sinistra sola. “. . .. individui 45 Margine della elitra e corsaletto a sinistra E » 11 Margine della -elitra destra sola . . . . . » Dkrf Margine destro della elitra e corsaletto Sa » 1 OCCHIORSIDISULOMIO 0 UR SO » 1 Apicerdell2addome.. = SIT: » 6 Zampa posteriore sinistra. . . . <<. . > 1 Le dimensioni di questa specie sono : Altezza totale. . . . . da 250 a 400 p. Peritecii . . . lunghezza 100-150 p larghezza 50-75 p. Appendici ostiolari » 14-16 p@ grossezza 3-4 p. Parafisi a » 50-75 KW 13. Laboulbenia (Ceratotheca) gyrinicola Speg. = * L. stagnalis Speg. — Tav: nostra II, n. 13, @; d. DIAG. — A L. gyrinicola Speg. statura et crassitie conspicue minore satis riteque distineta. 56 C. SPEGAZZINI Hap. — Sul margine delle elitre specialmente verso la parte posteriore di Gyrinus concinnus, Porto Maurizio, Liguria (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 123) e di Gyrinus elongatus nei fossati e stagni vicino a Conegliano, ott. 1912. Ogs. — Questa varietà o forma deila specie anteriore, si di- stingue facilmente per la statura assai minore, per la strettezza del peritecio e proporzionale lunghezza delle cellule basale e pre- basale. La altezza totale degli individui oscilla fra 250-275 p.: il peritecio snole misurare 90 a 100 p. di lunghezza per 25 p. di diametro; appendici ostiolari 10 p = 3 u. 14. Laboulbenia (Schizosoma) clivinalis Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. II, pg. 407, tav. LXI, fs. 5-6. — Tav. nostra II, n. 14, a, d, e. s HAB. — Frequente ed alle volte abbondante su tutte le parti della Clivina fossor, ottenuta alle Cascine a Firenze, all’ Abetone in Toscana e nel Piemonte (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 106 a, d, c e d), nonchè nei dintorni di Conegliano, agosto-novembre 19153. Ops. — Gli esemplari da me osservati corrispondono esatta- mente alla descrizione e figura del Thaxter. La loro altezza totale variava da 250 p a 600 p.; il peritecio generalmente misurava da 120 a 175 p., le parafisi 150-200 p.. 15. Laboulbenia (Schizosoma) sphodri Speg. (n. sp.) — Tav. nostra II, n. 'l'5,a, è DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, majuscula, infuscata, paraphysopodio nee non andropodio per- crassis coalescentibusque cellula basali axeos primarii nigrescente ceteris vix fumosis valde proliferis, perithecio nigro, parte dorsali supera excepta, androsticho plus minusve concolore, cellula ta- men quinta pallida, ad medium usque connato, ostiolo grosse umbonato obliquo saepius nigrifacto, labiis vix decoloribus. Ha. — Sul bordo posteriore delle elitre di Sphodrus Sehrei- bersii nelle montagne del Friuli (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 145). Ops. — Specie bellissima affine all’ anteriore, assai. grande di color nerastro specialmente nel peritecio, nella parte superiore del « LABOULBENIALI ILALIANE » AIA ginostieo, ed in quasi tutto V androstico ; 1’ androstico assai oscuro colla cellula quinta pallida, è superiormente assai sporgente e di- varicato provvisto di uno psallio nero ed assai grosso che sostiene un parafisopodio ed un andropodio assai grossi e coalescenti e quasi ialini; la cellula basale dell’ asse parafisario primario gene- ‘almente è fosca od anche nera ; tutte le altre cellule delle diverse parafisi sono grosse e ialine o leggermente aftumicate ; il peritecio è corto e tozzo, saldato fino alla metà del dorso coll’ androstico, quasi tutto nero meno la parte dorsale superiore, con ostiolo ben pronunciato obliquo ad ipostomo nero e labbri solo incolori verso il centro. L’ altezza totale è di 400 a 500 p. Il peritecio misura 150-200 w di lunghezza e 75-S0 p di larghezza. Parafisi da 100 a 300 L di lunghezza. 16. Laboulbenia (IMonomastiga) argutoris Cép. & Pie. — Cépède et Picard, l. e., pg. 260, fe. 4, 5. — Tav. nostra III, n. 16. HAB. — Sulle elitre e trocanteri dell’ Argutor (lagarus) vernalis presso Cirò, Abruzzi (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 5) e dellArgutor strenuus, dei dintorni di Torino, L. Fea 1872 (Coll. Mus. Civ. Ge- nova, n. 49). Os. — Specie robusta slanciata abbastanza chiara di colorito che per molti caratteri si avvicina alla L. polyphaga Thxt., di cui facilmente non sarà che una forma specializzata (entrt. Thxt., 1. €., vol. II, pg. 342), e la cui autonomia solo potrà dimostrarsi per ri- petuti esperimenti di infezione sopra altre specie; i miei esem- plari si distinguono dai tipici per una maggiore gracilità ed un colore un po’ più oseuro. Offrono una statura la cui altezza totale varia da 275-350 p.; peritecii di 100 a 125 p. di lunghezza e 40-45 p. di diametro, ed una sola parafise da 150 a 200 p.. 17 Laboulbenia (Monomastiga) cymindicola Speg. (n. sp.) — Tav. nostra HIT a 0. DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, colore fumoso-rubiginoso, protoplasmate grumoso- PRE NETICL N GB, PSSRL I OC 35 €. SPEGAZZINI granuloso, cellulis basali et praebasali elongatis subeylindraceis pallidis, androsticho brevissimo infuscato, perithecio turgidulo sub- nigrescente crasse breviterque umbonato, ostiolo valde obliquo, hypostomo atro, labiis subhyalinis, paraphyse solitaria simplici crassiuscula, ramulis antheridialibus numerosis abbreviatis gra- cilibus penicillatim constipatis. HAB. — Abbondante sulle elitre e corsaletto della Oymindis coadunata presso Roma (Coll. Dott. Mingazzini, Mus. Zool. Firenze, n. l'39). Ops. — Questa specie può dirsi una forma intermedia fra la L. polyphaga Thxt. e la L. Rougeti Rob., avvicinandosi alla prima per la sua statura e per la semplicità del suo apparato parafisario ed alla seconda per la forma e turgidezza dei suoi peritecii nonchè per la grumosità del protoplasma e per il colorito generale, man- cando sempre però l annerimento caratteristico del dorso del pa- rafisopodio e dell’ asse parafisario primario. Altezza totale. . +. . +... + 220-250 jp. PELI teCIO RSM N e 00 ORA SO TEGENASA) e e Re Se dara o 18. Laboulbenia (Monomastiga) luxurians Peyr. — Peyritsch, Sitz. d. Wien Akad. vol. LXVIII (1873), pg. 248, tav. II, fg. 10-16. — Thaxter R., l. c. vol. I, pg. 346, tav. XXII, fg. 1-8. — Tav. nostra III, n. 18, a, d. HAB. — Sulle elitre del Bembidium varium raccolto a Filettino, Roma (Coll. Mingazzini, Mus. Zool. Firenze, n. 152). Ops. — Gli esemplari sono tutti assai giovani, però offrono la caratteristica della specie e in modo particolare il parafisopodio assai grande ed emisferico. 19. Laboulbenia (Monomastiga) polyphaga Thxt. — Thaxter R., 1. e. vol. I, pg. 315, tav. 15, fo. 18-21. — Id., vol. II, pg. 342. — Tav. nostra III, Di 19,50,0 HaAB. — Sulle elitre del Calathus rubricollis al Ponte Salario, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 16) e del Calathus melanocepha- lus in Fregona, Veneto, 29 agosto 1912. « LABOULBENIALI ITALIANE » 59 Ops. — Forma assai pallida quasi ialina che ricorda moltissimo anche la L. casnoniae Thxt.; i miei esemplari sono anneriti alla parte dorsale dell’ipostomo e con frequenza offrono annerita anche la cellula quarta; la parafise è sempre semplice retta incolora e nell’ ascella anteridiale si osserva un penello costituito da nume- rosi rametti anteridiiferi abbastanza corti. Altezza totale... 0 2001 Peritecio BO ante o E e SEE TEGO o i eno on ara 20. Laboulbenia (Monomastiga) polyphaga Thxt. = * L. calathicola Speg. ara, mostra LITI, mn. 20;.4, di, cd. DIAG. — A praecedente recedit colore infuscato praecipue ad perithecium, umbone ostiolari dorso minus tumido, hypostomo toto nigro, ostiolo valde obliquo. HAB. — Sulle elitre del Calathus micropterus allo Stagno di Maccarese, Roma (Coll. Istit. Zool., Roma, n. $), del Calathus me- lamnocephalus a Vittorio e nel bosco Cansiglio, Veneto, e del Cala- thus fuscipes, Lido presso Venezia, estate ed autunno 1912, OBs. — Questa forma si allontana dal tipo avvicinandosi a la L. vulgaris per il colorito oscuro ed a volte nero e quasi opaco di molte delle sue parti e specialmente del peritecio il cui umbone è meno tumido e provvisto di un ostiolo assai più obliquo. Altezza totale . . . . . 175-250 p. Peritecio ti 3 85-110 p= 30-50 p. Parafiset. e i 2002290050 21. Laboulbenia (Monomastiga) pulchella Speg. (n. sp.) — Tav. nostra II, ocz aiar 40nc0 nd, DIiaG. — Eulaboulbenia, haploeytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, parvula fuscescens abbreviata latiuscula obeonica, cellulis secunda, tertia et quarta secus marginem dorsalem plus minusve infuscatis, perithecio breviter ellipsoideo-conico subpal- lido, ostiolo bene evoluto obliquo labio supero nigrifacto, para- physum axi primario simplice elongato erassiusculo articulato TINI IRE DO SET IS ARRE NET IVSY DI RAEE I a 40 C. SPEGAZZINI vix fumoso, axi antheridiophoro brevissimo dense tenuiterque pe- nicillatim ramosulo. HAB. — Sulle elitre del Dromius linearis dei dintorni di Na- poli (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 53). OBs. — Specie di aftinità marcata colla L. vulgaris Peyr., che ho trovata pure sopra esemplari di Dromius sigma e Dr. quadri- punctatus collezionati in Germania; è molto caratteristica e non può neppure confondersi colla L. casnoniae Thxt., per la sua forma accorciata e tumida. Il color sempre un po’ carico varia dal mel leo al castagno ; il ricettacolo è sempre assai corto e fortemente conico ; il perithecio breve ed abbastanza largo aderito all’ andro- stico solo nel suo quarto inferiore, più 0 meno arrotondato supe- riormente termina in un umbone ben visibile e relativamente grosso sempre con ostiolo molto obliquo, con labbro dorsale nero ed il ventrale più o meno pallido; al dorso sotto | ipostomo sempre ostenta un residuo tricoginico assai visibile e persistente. Possiede sempre una sola parafisi semplice grossetta articolata abbastanza lunga e pallida; all’ ascella fra ii parafisopodio ed il dorso del peritecio si osserva un penello formato da numerosi gracilissimi e corti rametti quasi incolori che sorgono dall’ andropodio. Altezza totale... . . da 125 a 150 p. Peritecio . . . . . .. +. 60-65 4 = 30-35 L. Parate eee e ee eo L00818 22. Laboulbenia (Monomastiga) pulchella Speg. = # L. major Speg. — Tav. nostra III, n. 22. DIAG. — A typo magnitudine omnium partium majore et colore magis infuscato distineta. Hap. — Sulle elitre del Metadbletus (blechrus) foveolatus raccolto nel Tirolo (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 140). OBs. — Varietà che riproduce esattamente il tipo per la forma e struttura delle differenti parti, però che differisce per una gran- dezza assai maggiore ed un colorito molto più oscuro; il residuo tricoginico è anche assai meno persistente e piccolissimo. Altezza totale. . . .... . + 160-175 p. Beriteciogi, te at CERISANO TI p=A40 p. Raratsogtfo gl Coe ao 20, « LABUOULBENIALI IPALIANE » 41 23. Laboulbenia (Monomastiga) stilicicola Speg. — Thaxter R., 1. e., vol. II, pg. 335, tav. LIII, fg. 13. — Tav. nostra III, n. 23, a, d, c, d, e. DIAG. — Monomastiga, parvula, gracilis, elongata, cellulis ba- sali prima brevissima conica, praebasali secunda quadruplo lon- giore eylindrica pallidis, articulatione septi primi non tumefacta, perithecio atro subopaco ad tertinum inferam usque androsticho adnato, gracili elongato, ostiolo attenuato-umbonato valde obliquo, paraphyse solitaria simplice a basi ad medium sensim cerassiore, articulis paulatim brevioribus et magis infuscatis. Has. — Abbondante sulle elitre di Stilieus fragilis raccolto a Lévico, G. Doria, X, 1884 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 71). OBs. — Il Thaxter (1. ec.) riguarda questa specie per una sem- plice forma della L. subterranea Thxt., però mi rineresce, ad onta del mio rispetto pel gran maestro, di non poter condividere la stessa opinione, poichè quando si esaminano comparativamente le fotografie dei due microfiti, benchè aftini, pure oftrono differenze fondamentali assai grandi oltre quella della natura dell’ ospite. La statura è sempre assai minore, manca il rigonfiamento del ricet- tacolo attorno al primo setto e per di più 1 ostiolo ha una forma del tutto diversa; il paratise offre gli articoli inferiori proporzio- nalmente più allungati, abbreviandosi a poco a poco verso il cen- tro ove assumono un colore più oseuro. Altezza totale . . . +... 175-250 p. Peritecio ZI e at 70-90 p= 20-22 pi Paratise n Rd de Io ue 24. Laboulbenia (Monomastiga) subterranea Thxt. — Thaxter R., I. c., vol. I, pg. 320, tav. XIII, fg. 9-11. — Id., vol. II, pg. 335. — Tav. no- stra III, n. 24,0, d, e. HAB. — Sulle elitre dell’ Anophrthtalmus Andreinii, della Grotta di Magnano, Garfagnana (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 26). Ops. — Specie di colore osenro ed in gran parte quasi opaca, caratteristica per il pedunculo fusoideo retto, per la tumefazione notevole del ginostico e per la parafise unica retta flaccida a setti. assai marcati. e" POESIE REF a nei n e e li Gt 42 C. SPEGAZZINI Altezza totale . . VRGEt Ao 002400 5r2e Peritecionit. ir e a RIZOMA 02 Parafise tr e Rea en 200-250 e 25. Laboulbenia (Monomastiga) Thaxteri Cép. et Pic. — Cép. et Pic., Contr. à la Biolog. et a la Syst, des Laboulb. de la fl. frane., Bull. scient. de la Franc. et de la Belgique (1909), vol. XLII, pag. 260, tav. III, fe. 6. — av. mostra II, n. 25, a, d, c. HaB. — Frequente però non abbondante sopra le varie parti del corpo del Tachypus flavipes presso Napoli (Coll. Istit. Zool., Napoli, n. 54) e nei dintorni di Conegliano, sett. ed ott. 1912-15. Ops. — Specie bella e caratteristica che costituisce il passag- gio delle diverse forme della L. vulgaris Peyr. alla L. subterranea Thxt.; si distingue specialmente per la cellula basale corta e gra- cile, per la cellula prebasale assai allungata nella metà inferiore fusoidea, assottigliata verso il mezzo per ingrossarsi nuovamente e dolcemente verso la parte superiore; 1’ asse parafisario primario è cilindrico ed incurvato verso l interno semplice ed ottuso ; l’asse anteridioforo è costituito da una sola cellula coronata da un ante- ridio solitario e grosso. Il colorito generale è assai oscuro. Altezza totale. . . . . . 175-350 pu. Peritecio 75-100 u = 25-30 u Parafise n > cer. gl LO 0 26. Laboulbenia (Monomastiga) vulgaris Peyr. — Peyritsch, Sitz. d. Wien Akad., vol. LXVIII (1873), pg. 248, tav. II, fg. 18-26. — Thaxter R., 1. c., vol. I, pg: 318, tav. XIII, fg. 1-3. — Tav. nostra III, n. 26, a, d. Hap. — Sulle elitre del Bembidium femoratum raccolto nel Ti- rolo (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 149) e sulle elitre e tibie del Bembidium decorum trovato nel greto del torrente Monticano a Co- negliano, estate 1912. Ops. — Gli esemplari Coneglianesi, specialmente i giovani, ri- producono esattissimamente le figure 21-22-26 del Peyritsch, è coincidono specialmente con esemplari da me osservati sul Bembi- dium fAuviale raccolto in Turingia (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 148). Le cellule basale e prebasale quasi equilunghe sono piuttosto di Sei d « LABOULBENIALI ITALIANE » 45 pallide meno nelle vicinanze del primo setto ove offrono una leggera tumefazione ed un leggero affumicamento ; le altre parti cioè il ginostico e l’ androstico sono di color bruno assai in- tenso benchè ancor pellucide ; 11 peritecio è di color castagno, quasi opaco, un po’ allungato e piuttosto stretto terminando in un mammellone alquanto grosso e lunghetto, un po’ strangolato al- l’ ipostomo e con ostiolo nn po’ unilaterale pallido; le parafisi si riducono ad una sola grossa semplice retta ed incolora ed un maz- zetto di rametti anteridiali più scuri ed assai corti. Altezza totale . . . —. . 200-279 p. Peritecio. . . . . . . #5-100u= 30-35 p. Parafse >. sr. 2 9100}. 27. Laboulbenia (Monomastiga) vulgaris Peyr. = # L. oncogona Speg. — Tav. nostra III, n. 27, a, d. DIAG. — A typo recedens cellulis basali et praebasali, medio eximie coaretata, subaequilongis, septo primo valde tumefacto fu- mosoque, ceteris normalibus sed (quinta praecipue) infuscatis, pe- rithecio ad medium fere usque androsticho adnato, deorsum fu- scescente subopaco sursum pallidiore attennato ac in umbone bene evoluto erasso oblique ostiolato produeto; andropodio septo nigro crasso coronato. Ha. — Sulle elitre del Bembidium quadriguttatum preso nel- l'alluvione del Aniene, Roma, 17 Maggio 1894 (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 3). Oss. — Forma o specie bellissima che oftre certe relazioni con la L. subterranea Thxt. e ricorda la forma abbreviata della L. pe- dicellata Thxt. (1. c.. vol. I, pg. 319, tav. XIII, fg. 4) Il suo carattere più marcato è la gonfiezza e relativo infossamento del- l’articolazione del setto primo: inoltre la cellula prebasale oftre una attenuazione pronunziata verso il suo mezzo ed è quasi eguale in lunghezza alla basale; le altre cellule sono più o meno aftu- micate od annerite ed opache o quasi, specialmente la quinta ; il peritecio è aderito per quasi tutta la sna metà inferiore coll’ an- drostico e termina gradatamente in un grosso mammellone più pallido quasi senza ipostomo, con ostiolo troncato obliquamente; 44 C. SPEGAZZINI le parafisi si riducono al solo asse primario composto di grossi articoli subcilindrici poco meno che ialini; l’andropodio offre un setto grosso e nero che sostiene un mazzolino di filamenti brevi ed aggrovigliati. Altezzaniuopalettt ri e N R22.07250u- Peritecio . . +. 75p=32p Bran sc 0 o OO 25. Laboulbenia (Monomastiga) vulgaris Peyr. = * L. scelisca Speg. — Tav. nostra IV,-n. 28, a, db, c, d, e. DIAG. — A typo deflectens brevitate et crassitudine corporis, cellulis basali et praebasali pallidis, ceteris atris opacis, perithecio late elliptico, medium fere usque androsticho adnato, subnigro opaco, umbone non v. vix pallidiore et pellucido coronato, para- physe solitaria simplici, articulis cuboideis v. subglobosis eftor- mato, antheridiophoro unicellulari. HAB. — Sulle elitre del Bembidium fasciolatum raccolto a Fri- gento, Avellino (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 55), del Bembidium ruficorne dell Appennino toscano (Coll. Mingazzini, Mus. Zool. Firenze, n. 151), del Bembidium (notaphus) punctulatum, rinvenuto nell’ alluvione dell’ Arno a Firenze (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 116). Ops. — Questa forma ricorda assai la fg. 17 della tav. II del Peyritsch, 1. c., però ne differisce per la cellula basale e prebasale assai più corte che insieme al ginostico ed androstico assai tumidi formano un corpo obconico breve ed assai largo, quasi come quello della ZL. pulchella Speg.; il peritecio, come l’androstico ed il gino- stico, è nero ed opaco rimanendo qualche volta pellucido e più pallido al mammellone ostiolare troncato obliquamente ; le parafisi si riducono alla primaria unica e semplice formata di articoli cu- boidei o subglobosi; P andropodio gracile porta un solo artico- letto cilindrico, coronato da un solo anteridio come si osserva nella L. Thaxteri Cép. e Pic. Altezza, totale. 0 i RE oo e. Peritecio,. ct. Re e ORTI « LABOULBENIALI ITALIANE » 45 29. Laboulbenia (Monomastiga) vulgaris Peyr. = # L. trechiphila Speg. — Tav. nostra IV, n. 29, a, d. DIAG. — Forma a typo cellula praebasali superne sub tertia nonnihil producta, androsticho perithecio longiuscule adnato, par- tibus omnibus pallidis melleis v. fumosis donata distineta. HAB. — Sulle elitre del 7rechus binotatus cacciato a Ripoli, Firenze (Coll. Dott. Nello Beccari). Ops. — Forma intermediaria fra molte altre, avvicinandosi per il congiunto alla forma tipica, mentre per alcuni caratteri ricorda sia la L. subterranea Thxt., sia la L. Thaxteri P. & C., ovvero la L. on- cogona Speg.; per la cellula seconda o prebasilare rammenta la figura della L. anceps Peyr., pero se ne scosta pelle due parafisi gros- sette e brevi. Il colore delle cellule prima e seconda è ialino, quello dell’androstico e del ginostico è fumoso e trasparente, il peritecio è abbastanza oscuro rischiarandosi verso Papice il cui umbone della stessa intensità offre un ostiolo obliquo a labbra ialine. Altezza totale: (ti i 852200) 12 PELILOCIO US SOI 30. Laboulbenia (0ligomastiga) algerina Speg. (n. sp.) — Tav. nostra IV, MRS Mani Dia, ae, if, 095 (gg I DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, oligomastiga, a L. flagellata Peyr. turgiditate cel lulae quartae androstichi, crassitudine majore, ostiolo magis rotun- dato recedens, colore autem rufescente L. KRougeti Rob. accedens, sed cellulis inferis axeos paraphysarii primarii paraphysopodioque non atratis distineta. Has. — Comune sulle elitre e sul corsaletto del Pristonyehus (laemostenes) algerinus di Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 67) e del Colosseo di Roma (Coll. Mingazzini, Istit. Zool. Roma, n. 31) e di Tunisi, G. Doria, 1882 (Coll. Mus. Civ. Genova, 53° e 54). Ops. — Specie certamente affine alla L. Magellata Peyr. dalla quale però differisce chiaramente per la forma generale più tozza 46 C. SPEGAZZINI e gonfia, per il ricettacolo assai turbinato, per la cellula quarta dell’ androstico assai tumida e per il parafisopodio sempre assai grosso ed obconico. Gli esemplari romani che più caratteristici risultano, mostrano certe tendenze per il colore rossiccio verso la L. Rougeti Rob., da cui però sono distinti per il protoplasma non grumoso e sopratutto per il parafisopodio e gli articoli basali del- l’asse parafisario primario non tinti di nero. Gli esemplari sardi ed i tunisini sono alquanto più gracili. Altezza totale. . . . . 200-300p. Peritecio Lt. 0. L00140 60, Parafisio ft. NE e200=25 05122 31. Laboulbenia (Oligomastiga) anisodactyli Speg. (n. sp.) — Tav. nostra IVES nE DI DIAaG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, oligomastiga, mediocris subfumoso-olivascens, para- physopodio et andropodio atratis coalescentibusque, paraphysi- bus paucis fumosis, perithecio late elliptico obscure fuscescente grosse umbonato, ostiolo obliquo labiis concoloribus, cellula andro- stichi quarta infuscata, quinta subhyalina nitida, decima autem gynostichi opaca subnigra et tumida. HAB. — Sulle elitre dell’ A nisodactylus binotatus presso Lovajano, Pisa (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 127). Ops. — Specie robusta assai distinta che cresce sul margine delle elitre. Il ricettacolo è normale di forma obceonica allungata bruno—pallido, ad eccezione della cellula terza, quarta, settima e decima, che sono assai più oscure ed a volte quasi opache; la cellula quarta poi a grande aumento offre sulla sua superficie una granulazione fina ; il psallio è abbastanza grosso e ben formato, sopportando un andropodio ed un parafisopodio un po’ turgidi ed appena un po’ meno colorati; le parafisi sono corte e dense e diftfluiscono rapidamente; i peritecii grandi largamente ellittici sono uniti per il loro terzo inferiore con 1’ androstico ed offrono alla base ventrale una leggera turgescenza; sono abbastanza ine- quilaterali, arrotondati alla parte superiore ove sono provvisti di « LABOULBENIALI ITALIANE » +7 un grosso mammellone nero, in cui si apre l’ostiolo obliquo e con labbra oscure. Il colorito generale tende un poco all’olivaceo. Altezza totale . . . . . 350-400 pu. Peritecii E 101306065818 IR e ee e 0 par 32. Laboulbenia (Oligomastiga) coneglanensis Speg. (n. sp.) — Tav. no- SUASA, dC, DIAG. — Eulaboulbenia, haploeytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, mediocris fuscidula, elongata, cellulis basali brevi obconoidea, praebasali duplo triplove longiore eylindracea, septo primo plus minusve infuscato leniter sed semper constrietulo, perithecio subeylindraceo obsenriore deorsum breviter androstico connato, sursum conoideo v. subrotundato in ostiolo valido, hypo- stomo atro, oblique truncato, labiis hyalinis donato, producto, paraphysibus paucis subhyalinis longiusculis. Hap. — Sulle elitre dell’ Ophonus pubescens a Edolo, Valcamo- nica (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 110) e comune ed abbondante a Varese, a Vittorio, a Fregona ed a Conegliano, estate ed autunno 1912. Ops. — Specie bellissima, eretta, un po’ rigida, quasi del tutto cilindrica ed affine alla L. flagellata Peyr. ed alla L. melanaria Thxt., dalle quali si riconosce facilmente per la aderenza abbastanza marcata della base del peritecio con 1 apice dell’ androstico e so- pratutto per la forma caratteristica della cellula basale assai breve ed obceonica, la seconda cilindrica e due o tre volte più lunga separate dal primo setto più o meno infoscato e sempre legger- mente però costantemente strangolato ; queste due cellule con fre- quenza offrono una superficie esterna leggermente ondulata o tra- sversalmente increspata ; le cellule quarta e settima sono per lo più ialine od appena affumicate; la cellula subdorsale o quinta è incolora e sommamente refrangente ; il peritecio è retto o legger- mente inequilaterale e come incurvato verso il ventre, castagno oscuro e quasi opaco, aderendo nel suo terzo inferiore alla parte superiore dell’androstico ; il suo apice è più o meno arrotondato o conico e prolungato in un mammellone cilindrico grossetto ed ab- 45 C. SPEGAZZINI bastanza largo, troncato obliquamente con ostiolo a labbra ialine; le parafisi da 5 a 5 sono due o tre volte più lunghe del peritecio incolore di grossezza mediocre, semplici o pochissimo ramose. Altezza totale . . . . . 250-400 p. Cellula basale . . . . . 4050p = 20-25 u. Cellula prebasale . . . . 80-150p = 22-32 Peritecio.. >. . + > 100-125u=30-50 1. Pera S 1 o TA ONE 33. Laboulbenia (0ligomastiga) coneglanensis Speg. = * L. grisca Speg. 292 — Tav. nostra V, n. 33, a, d, cd, e. DIAG. — A typo recedit, cellula praebasali conspicue breviore et crassiore, septo primo validius constrieto et uigrificato, peritheciis subpallidioribus, paraphysibus binis v. ternis tantum. HAB. — Sulle elitre dell’ Ophkonus Rospes raccolto nei Prati di Castello, Roma (Coll. Ist. Zool. Roma, n. 35), e su tutto il corpo dell’Ophonus griseus nei dintorni di Conegliano, agosto 1912. OBs. — Questa varietà di transizione verso la L. flagellata Peyr. è abbastanza costante e facilmente riconoscibile per la brevità della cellula prebasale che solo eguaglia o supera di poco la basale, ambedue colla superfice leggermente increspata ; il setto primo è assai più strangolato ed oscuro che nel tipo; i peritecii sono meno oscuri e quasi pellucidi; le parafisi rare volte sono più di tre, un po’ rigide e semplici. Altezza totale... .. +. 200-225 p. Cellula basale, . >. de 35 = 20 p. Cellula prebasale . . . . . 40 pu = 20 p. Peritecio rt to 0 FA 1008 10-35 BACI SO e I 002225 34. Laboulbenia (Oligomastiga) coneglanensis Speg. = * L. psittacea Speg. — Tav. nostra V, n. 84, a, d. DIAG. — A typo statura minore et gracilitate omnium partium, cellula basali parum quam praebasali breviore sed aequierassa hya- lina, septo valide coarctato, perithecio nigro opaco, ostioli labiis etiam nigris, cellula quarta androstichi atrata saepius opaca, para « LABOULBENIALI ITALIANE » 49 physum subhyalinarum axi primario supra articulum secundum di- varicate uniramoso. HAB. — Comune ed abbondante sopra tutte le parti del corpo di Harpalus psittaceus nei dintorni di Conegliano, nov. 1912. OBs. — Forma che assai più del tipo si avvicina alla L. mela- naria 'Thxt. da cui però sempre facilmente si distingue; si rico- nosce per esser più rigida, più piccola, più gracile del tipo ed anche per il peritecio nero ed opaco fin sui labbri ostiolari; le parafisi poi, in modo speciale i due rami dell’ asse primario, sono assai rette e divaricate. Altezza totale . . . . . 200-275 p. Cellulatbasale:. ce = Rn. 50 p= 20 p. Cellula prebasale . . . . To u=20 p. Peritecio . . . . . +. 100-L10 u=25-30 p. Parafisife tt i E 1220-250811: 35. Laboulbenia (Oligomastiga) cristata Thxt. — Thaxter R., 1. c., vol. I, pg. 330, tav. XVII, fg. 24-29. — Tav. nostra V, mn. 35, a, bd, c.d, © f, 9g. Has. — Sulle elitre del Paederus longipennis a Tacquisara, Sar- degna (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 74), del Paederus ruficollis in Pie- monte (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 118), del Paederus litoralis, raccolto a S. Augusta, Vittorio, sulle elitre e sulle zampe dei Paederus longicornis e P. riparius cacciati nei dintorni di Cone- gliano, agosto-novembre 1912. Ops. — Specie sommamente caratteristica benchè a volte assai variabile rimanendo con tutto ciò sempre assai riconoscibile ed inconfondibile con nessun’ altra; sembra che non sia rara, però sempre in numero scarso di esemplari; le forme italiane offrono generalmente una notevole povertà delle parafisi che in molti casi si riducono al solo asse primario semplice o con un rametto se- ‘condario. Altezza totale. . . . +... 200-300 p. PELIBECITA VE VON ON TERE O on er Le e No REMI « Redia », 1914. 4 50 C. SPEGAZZINI 36. Laboulbenia (0Oligomastiga) etrusca Speg. (n. sp.) — Tav. nostra V, n. 36, a, bd. DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, oligomastiga, cellulis basali et praebasali subhya- linis, ceteris atris opacis, perithecio subelliptico nigro opacoque apice sensim obtuse umbonato, ostiolo non v. vix distineto, para- physibus saepius binis fumosis, interna crassiore validioreque. HAB. — Sulle elitre del Bembidium conforme presso Pistoia (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 124). Ogs. — Specie certamente affine alla L. vulgaris Peyr. però distintissima e caratteristica per la statura maggiore, la opacità dell’androstico, del ginostico e del peritecio, per il mammellone ostiolare non determinato, l ostiolo poco visibile ed ottuso e so- prattutto per le due (raramente tre) parafisi grosse, ben articolate, di cui l’ anteridiale e di doppio diametro dell’ esterna. La cellula basale è cilindrica e ialina, la prebasale turbinata e pure inco- lora, le altre tutte di color castagno oscuro ed opache. Altezza totale. . . +. +. . 275-300 p. PELILOCIO N. e OSANO N20 100 Parafise esterna diametro . . 10-12 p. Paratise interna diametro . . 16-20 |. 37. Laboulbenia (Oligomastiga) filifera Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. I, pg. 328, tav. XIV, fg. 19-22; Id., vol.II, pg. 341. — Tav. nostra V, n. 87, a, db, c. HaB. — Sulle elitre e sul corsaletto del Badister bipustulatus, raccolto sulle Alpi piemontesi (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 143). Ops. — La forma italiana differisce alquanto dal tipo figurato da Thaxter per la obliquità costante dell’ostiolo, per la forma più tozza del congiunto e per il suo colorito più scuro. Altezza totale. . . . . 200-250 pu. PEritecio: .% .., Seno de 80-100 Lu = 50-60 p. Parafise maggiore. . . . 500-600 p. 38. Lauboulbenia (0ligomastiga) fagellata Peyr. -- Peyritsch, Sitz. d. Wien Akad. vol. LXVIII (1873), pg. 247, tav. I, fg. 1-3. — Thaxter R., l. c., vol. I, « LABOULBENIALI ITALIANE » 51 pg. 312 (sub L. elongata Thaxt.) e 313, tav. I, fe. 32-39, tav. II, fg. 5-18 e tav. XVI, fg. 1-14. — Id., vol. II, pg. 344, — Tav. nostra VI, n. 28, a, b. HAB. — Sulle elitre del Bembidium Andreae cacciato a Ripoli, Fi- renze (Coll. Dott. Nello Beccari). OgBs. — Considero questi esemplari come rispondenti al tipo del Peyritsch, caratterizzato dalla grossezza del parafisopodio e dell’ andropodio ; il colore generale è pallido, meno quello del peritecio maturo che allora è quasi nero ed opaco con grosso mammellone ottuso ed ostiolo assai obliquo a labbra incolore ; al margine inferiore dell’ipostomo si nota sempre una minuta gobba forse base del residuo tricoginico. Altezza totale SE 2 29-20. 0811- RETILRECIOMIN AR 90-100 u=35 p. Parafise i 00. 00. 1002200) pe. 39. Laboulbenia (Oligomastiga) flagellata Peyr. = * L. gracilis Speg. — Tav. nostra VI, n. 39, a, d. DIAG. — Forma sat pallida et pellucida, pro ratione gracilis et elegans, tuberculo ostiolari valido, hypostomo nigro, ostioli labiis hyalinis, perithecio normali basi ad tertium usque androsticho adnato, paraphysibus paucis elongatis. Hap. — Sulle elitre dell’Ophonus maculicornis presso Conegliano, agosto 1912. Ogs. —- Forma assai snella ed elegante di color fumoso che nel peritecio si volge al nero, però in tutte le parti sempre più o meno trasparente. Le cellule basale e prebasale sono quasi equilunghe, la prima cilindrica, la seconda leggermente conoidea ; il peritecio ellittico nel suo terzo inferiore è saldato all’androstico e all’ apice porta un mammellone nero grosso ben definito con ostiolo obli- quo a labbra ialine; le parafisi sono per lo più tre, gracili assai allungate però diffluiscono rapidamente. Altezza totale. . . . +. +. 175-200 p. Perntecione o oro i 70-75 p =30 u. Parafisi NERO IRC: 100-30081- 52 C. SPEGAZZINI 40. Laboulbenia (Oligomastiga) flagellata Peyr. = * L. harpalicola Speg. — Tav. nostra VI, n.40, a, bd. DIAG. —- A forma typica habitu magis elongato, paraphysopo- dio et andropodio non inerassatis, peritheciis magis rotundatis pallidioribus pellucidibusque. HaB. — Sulle elitre di un piccolo Anchomenido indeterminato di Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 2) ed abbondante sulle elitre di -Harpalus aeneus raccolti nella selva Cansiglio, Veneto, set- tembre 1912. OBs. — Questa forma ricorda un po’ la £L. psittacea Speg. però ha le cellule basale e prebasale poco differenti di Innghezza e manca della strozzatura ed annerimento del setto primo e soprattutto differisce per il peritecio assai più breve arrotondato e pallido ; dalla L. fagellata Peyr. si allontana per la relativa gracilità, per la brevità e turgidezza del peritecio e specialmente per 1’ andro- podio ed il parafisopodio gracili e quasi cilindrici. Altezza: totale. 0 0 0 NUBZI 25-250 p. PELLLOGIOMA RSA 75-80 u = 35-40 È. Parafise maggiore. . . . 200 p. 41. Laboulbenia (0ligomastiga) flagellata Peyr.=* L. pseudoflagellata Speg. — Tav. nostra VI, n.41, a, dD. DIAG. — A typo recedit habitu cerassiore brevioreque atque umbone ostiolari brevi obtuso, hypostomo non infuscato, labiis sub- denticulatis et peritheciis lenissime dextrorsum tortis. HAB. — Al margine delle elitre dell’ Abacetus Salemanni presso Oristano, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 63) e del Pogonus litoralis a Lecce (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 59). Ops. — I pochi individui ottenuti non bastano per assicurare la indipendenza di questa specie dalla L. Aagellata Peyr. o forse dalla L. polyphaga Thxt., non concordando però bene nè con luna nè con l’altra; i caratteri più notevoli sono i labbri dell’ ostiolo denticolati ed il peritecio relativamente turgido e leggermente « LABOULBENIALI ITALIANE » 55 torto verso la destra; il colore generale è il melleo, avendo nero il psallio ed un po’ la parte dorsale dell’ ipostomo. Altezza totale. . . . . . . 175-200 p. Peritecio 0} Cee E 60 pu = 35 yu. 42. Laboulbenia (Oligomastiga) flagellata Peyr. = * L. romana Speg. — Tav. nostra VI, n. 42. DIAG. — Forma satis infuscata, receptaculo angusto, cellulis prima et secunda subaequilongis, androstico superne tumido et dorso subgibboso recedens. HAB. -— Sulle elitre dell’Ophonus planicollis in Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 19) e dell’Ophonus mendax, Villa Pamphyli, Roma (Coll. Mingazzini, Mus. Zool. Firenze, n. 18). Oss. — Questa varietà o forma, benchè assai normale, si di- stingue facilmente dalle sue affini per il colorito generale assai più oscuro, per le cellule basale cilindrica e prebasale leggermente turbinata quasi equilunghe, ed anche per la cellula quarta .del- l’androstico assai arrotondata e sporgente. Altezza totale . . . . . . 150-200 p. IRETITOGIO MEA 65-70 u= 25 pt. Parafise e e 00-200N0- 43. Laboulbenia (Oligomastiga) flagellata Peyr. = * L. strictipes Speg. — Tav. nostra VI, n. 43. DIAG. — A typica recedit colore melleo pallido, umbone peri- theciali brevi late rotundato, hypostomo nigro ostioloque hyalino sed praecipue cellula basali dimidia infera cylindrica dimidia supera abrupte turbinata. HaB. — Sulle elitre del Laemosthenes algerinus raccolto nel Grande Inferno presso Sassari, Sardegna, G. Doria, I, 1889 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 13). Ops. — È questa una forma che a prima vista parrebbe assai lontana dal tipo, però sottoposta ad accurata analisi non offre caratteri certi e costanti per differenziarla; ciò che chiama l at- tenzione è il colorito generale pallido quasi ialino, leggermente D4 C. SPEGAZZINI ed irregolarmente qui e colà affumicato ; V umbone ostiolare grosso ottuso con ostiolo quasi laterale a labbra turgide ed incolore ; ma VP unico carattere specifico si ha nella cellula basale gracile e ci- lindrica nella metà inferiore, improvvisamente ampliata a cono nella metà superiore. Altezza totale . . .. . . 150-175 p. PErICeCIOn ne or O 75-80 u = 30-35 p. Earatis ee 1202200808 44. Laboulbenia (Oligomastiga) Giardi Cép. & Pic. — Cépède e Picard, Contr. à la Biol. et a la Syst. des Laboulb. de la fl. franc., Bull. Scient. de la France et de la Belg., vol. XLII (1909), pg. 258, tav. III, n. 10. — Tav. nostra. VI, n.44, a, d, c. HAB. — Sulle elitre e sopra il corsaletto del Dichirotrichus obsoletus della Sardegna (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 109) e del Dichirotrichus pubescens, Val Camonica (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 146 e 146 2%). OBs. — Specie bellissima quasi totalmente ialina o di color miele assai pallido, mostrando neri solo il psallio e l ipostomo ; per la struttura delle parafisi è assai vicina alla L. polyphaga Thxt. e per la rotondità delle forme ed il colore ricorda la L. ophoni Thxt. Gli esemplari sardi sono quasi monomastigi mentre i lom- bardi sono oligomastici, però non arrivano mai ad avere parafisi così abbondanti come quelli della figura del tipo di Cépeède e Picard. Altezza totale. . . . . 110-225 pu. PELILOCIVA Ri, to E 85-100 u= 50-60 u. P'Arafsic Re AE 115.0290002 45. Laboulbenia (0ligomastiga) melanaria Thxt. — Thaxter R., I. e., vol. II, pg. 338, tav. LIV, fg. 18. — Tav. nostra VII, n.45, a, d, c, d, e. HaB. — Comune sulle elitre del Diachromus germanus raccolto presso Oristano, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 71), dei dintorni di Parma (Coll. Rondani 755, Mus. Zool. Firenze, n. 119) ed in Piemonte (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 134). OBs. — Specie assai bella ed elegante facilmente riconoscibile per i setti terzo e settimo allo stesso livello continui come fossero « LABOULBENIALI ITALIANE » 515) uno solo, per il peritecio nero ed opaco quasi del tutto libero benchè sessile e provvisto di un ostiolo poco pronunziato obliquo e con bocca larga e ialina; la cellula subdorsale o quinta è sem- pre chiara assai brillante e refrangente; negli esemplari del migiano i peritecii un po” meno opachi mostrano quattro linee più oscure rette verticali e poco meno che parallele ; nei sardi il perite- cio è meno cilindrico e marcatamente fusiforme; uno di quelli Piemontesi offre un’ anomalia per ipertrofia dell androstico la cui parte superiore è prolungata a braccio e divaricata. Altezza totale . . . . . 200-250 p. Peritecio. . . . +. +. +. 100-125 p=35-40 p. Parafsie ee e 200300802 46. Laboulbenia (Oligomastiga) nebriae Peyr. — Peyritsch, Sitz. d. Wien Akad., vol. LXIV (1871), pg. 455, tav. IL, fo. 4, 5,6,7,S.— Thaxter R., l.c., vol. I, p.320, tav. XIII, fg. 19-24. Tav. nostra VII, n.46, a, d, c. Hap. — Sulle elitre, corsaletto ed addome della Nebria atrata, raccolta nelle Alpi piemontesi (Coll. R. Staz. Ent. Agraria Fi- renze, n. 2 B.) e della Nebria Genei dalla Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 66). Ops. — Specie bellissima, assai distinta da ogni altra, ed in- confondibile; le figure del Peyritsch lasciano molto a desiderare però non v'è dubbio che i suoi esemplari rispondono certamente ai miei. Altezza totale Ri deo e eroe Peritecii . . . . . . . 125-130 p=70 p. Pargfsi e i e 0000 17. Laboulbenia (Oligomastiga) olistopi Speg. (n. sp.) — Tav. nostra VII, n.47, a, db, c, d. Drag. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, oligomastiga, parvula, rufescenti-atra, perithecio opaco, ostiolo laterali obtuso, labio ventrali tantum hyalino, para- physibus rigidulis parum elongatis simplicibus subhyalinis. HAaB. — Sulle elitre dell’ Olistopus rotundatus colto all’ Abetone, Toscana (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 113) e dell’ Olistopus Sturmii della Sassonia (Coll. Fuchsiana, Mus. Zool. Firenze, n. 144). 56 C. SPEGAZZINI Ops. — Specie che presenta certa relazione colle multeplici forme sia della L. flagellata Peyr. come della L. polyphaga Thxt., dalle quali si distingue specialmente per il colore rossiccio che ricorda assai quello della L. Rougeti Robin. Le varie parti ad onta del colorito assai intenso (meno la cellula basale e la parte inferiore della prebasale) si mantengono pellucide lasciando scor- gere i dettagli interni; la cellula subdorsale o quinta è con fre- quenza abbastanza chiara ed allora assai brillante ; 1 ostiolo è quasi laterale all’ umbone ed il labbro ventrale od inferiore solo resta ialino o quasi. Le parafisi sono pochissime, semplici, abba- stanza rigide e poco meno che incolore. Gli esemplari germanici solo differiscono dagli italiani per un colorito più oscuro ed una leggera opacità. Alltezzalbobale i ore E LTL: Peritecio 75 p=40 p. Parafise Qprimariof:it GR i L25010 48. Laboulbenia (0ligomastiga) ophoni Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. II, pg. 339, tav. LIV, fg. 11. — Tav. nostra VII, n. 48, a, db, c, d, e. Hab. — Sulle elitre dell’Ophonus copino (?) della Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 47), del Harpalus flavitarsis, delle Cascine di Firenze (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 112) e su tutto il corpo degli Harpalus anrius cacciati nei dintorni di Conegliano, Veneto, agosto 1912. Ops. — Specie graziosissima, quasi completamente ialina o di color miele assai pallido, offrendo solo neri ed opachi l ugna, il psallio e 1’ ipostomo, ed a volte il setto subdorsale o quarto; la forma generale è un po’ tozza ed assai arrotondata; le parafisi sì riducono generalmente all’ asse primario con uno o due rami se- condari assai divaricati; l andropodio porta un penello di ra- mecti corti e numerosi. Altezza totale . . . . . 125-150 p. Peritecii. . ,. +. +. +. (60-75 p= 30-35 u. Parati SA 0012 e « LABOULBENIALI ITALIANE » 19) 49. Laboulbenia (0ligomastiga) ophoni Thxt.= # L. augusta Speg. — Tav. nostra VII, n. 49. DIAG. — Forma a typo tumiditate minore et omnibus partibus gracilioribus pallidioribusque recedens. HaB. — Sulle elitre del Harpalus aeneus di Ripoli, Firenze (Coll. Dott. Nello Beccari) e di Santa Augusta, Vittorio Veneto, agosto 1912 e di una specie di Ophonus indeterminata di Cone- gliano, novembre 1912. Ops. — Se avessi trovati solamente pochi esemplari non mi sarei peritato di separare questa forma; però come il materiale ottenuto fu assai abbondante e sempre costante nella forma così credo che sia necessario fissare questa varietà che si allontana dal tipo per essere meno gonfia e tozza, ed oftrire un colorito sommamente diluito quasi ialino. Aliezzatto nale n e 60 PELILECIOM:, Wat Let dI 65 u= 30 pu. PATAi SIT SRO OO 0012090 50. Laboulbenia (0ligomastiga) ophoni Thxt. = * L. fuscula Speg. — Tav. nostra VII, n. 50, a, db. DIAG. — A typo colore fusco-melleo omnium partinum paraphy- sibusque plus minusve fumosis v. nigrescentibus recedit. HaB. — Sulle elitre, zampe e torace del Harpalus favicornis rinvenuto nell’Alveo dell’ Arno, Firenze (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 64). OBs. — Forma che coincide per le sne fattezze abbastanza esattamente col tipo, però se ne separa per il suo colorito intenso melleo scuro o castagno chiaro ; inoltre le parafisi nella maggior parte degli individui sono brune specialmente verso la base. p Altezza totale <. . . .. +. 120-170 p. Peritecio . . . . . . . 60-75u= 25-40 1 PATAASIONO RO E 00 Zora bi ca) n Jr sti A DS C. SPEGAZZINI 51. Laboulbenia (0ligomastiga) ophoni Thxt. = * L. insulicola Speg. — Tav. nostra VII, n. 51, a, d. DIAG. — A typo statura majore et totius corporis elongatione ac gracilitate psallioque nigro crassiore nec non saepe axi para- physali primario fumoso v. nigrifacto recedit. HAB. — Sulle elitre del Harpalus pubescens proveniente dal- PP Isola d’ Elba (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 110) e dell’Ophonus rupicola cacciato all’ Acqua acetosa, Roma (Coll. Ist. Zool. Roma, io Al OBs. —- A prima vista questa forma si allontana assai dal tipo, poi analizzandola con accuratezza non si trovano differenze sufficienti per separarla ; il congiunto è arcuato dal lato ventrale, assai al lungato e relativamente gracile specialmente nelle parti inferiori ; le parafisi, notamente le anteridiali, sono più numerose e 1 asse parafisale primario è spesso oscuro e quasi nero ; il colorito gene- rale è assai chiaro 0 come miele con ipostomo nero. Altezza totale . . . . . 200-250 p. Peritecio. . . . +... +» 190-100, —'35-40 1. Paraiso e :0.0-200110 52. Laboulbenia (Oligomastiga) ophoni Thxt. = * L. minuscula Speg. — Tav. nostra VII, n. 52. DIAG. — A typo recedit statura conspicue minore atque omnium partium gracilitate distineta. HaB. — Sulle elitre del Harpalus sulfuripes raccolto presso Roma, G. Doria 1878 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 58). Ogs. — L’ unica differenza che scusa la separazione di questa varietà è la statura costantemente assai piccola degli individui adulti; si nota pure che il congiunto è meno tumido, che il mam- mellone ostiolare è proporzionalmente assai grosso e le parafisi assai allungate. Altezza totale. . . . . . 90-100 u. Peritecio . . . . . . +. 45-00p= 18-20 p. Parati zie e 1251005 WET MEI RI arte RT x « LABOULBENIALI IV ALIANE » 59 53. Laboulbenia (0ligomastiga) ophoni Thxt. = * L. sepulchretorum Speg. — Tav. nostra VII, n. 53. DIAG. — Statura et turgescentia nonnihil minoribus, constri- ctionibus ad septa validioribus sat a typo distineta. Hap. — Sulle elitre e corsaletto del Harpalus rubripes nel ci- mitero di Conegliano, 18 agosto 1912. Ops. — Anche questa varietà non si allontana fondamental- mente dal tipo, però è facilmente riconoscibile per la sua statura alquanto minore, per essere meno arrotondata e gonfia e special mente per le forti strozzature che si notano nei suoi contorni ai punti di contatto coi setti; sono poi notevoli il parafisopodio € la cellula basale dell’asse primario parafisale per la loro forma assai arrotondata e quasi globosa. Il colorito generale è pallidis- simo e poco meno che ialino. Altezza totale . \ /. . . . i. 125-150 u. PRETI CECO A e 022122 Paratise maggiore... (. < . —. 70-100.1. 54. Laboulbenia (Oligomastiga) rigida Thxt. — Thaxter R., 1. e., vol. I, pg. 314, tav. XV, fg. 16-17. — Tav. nostra VIII, n. 54. Hap. — Sulle elitre, zampe e torace del Broscosoma baldensis, cacciato sul Monte Baldo (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 147). Ops. — Ad onta del tipo fino ad ora esclusivamente nordame- ricano e che cresce sopra specie ben differenti, pure gli esemplari italiani corrispondono così esattamente alla descrizione e figure del Thaxter che non mi perito a separarli ; se differenza, può con- siderarsi, sarebbe un colorito un po’ più oscuro. Altezza totale 275-290 p. Peritecii 100:4 = 30 p (non 10 f come dice il Thaxter Il. c.!). Parafisi maggiore 250 {. 55. Laboulbenia (Macromastiga) anceps Peyr. — Peyritsch, Sitz. d. Wien Akad., vol: LXVIII, pg. 247, tav. I, fg. 7. — Thaxter R., l. c., vol. I, pg. 314. — Tav. nostra VIII, n. 55. Has. — Sul margine delle elitre e del torace di Anchomenus (agonum) viduus presso Cirò, Abruzzi (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. DS). avete CLIP i Re e o it 60 C. SPEGAZZINI OBs. — I miei esemplari non rispondono esattamente alla figura schematizzata del Peyritsch, però non dubito di tenere sotto l’oc- chio più o meno il tipo della sua specie; l’unico carattere che manca è precisamente quello che fa notare il Thaxter, l. c., cioè la lunghezza esagerata della cellula terza dell’androstico. Questa specie non può però confondersi con nessuna altra, spe- cialmente per la tumidezza delle cellule terza e quarta dell’androstico che ricordano la L. eristata Thxt. e lo sviluppo della cellula gino- stica settima. Il colorito generale rossiccio, la notevole traspa- renza, la granulazione speciale dell’endoplasma, come a volte l’an- nerimento del parafisopodio, fanno sospettare una parentela colla L. Rougeti Rob. PMUZZA oO io 0 2 UO Beritecii . . è a I15-125e= 50-60 pe. Paranslo i o i 1000-2000 56. Laboulbenia (Macromastiga) heroica Speg. Mm. sp.) — Tav. nostra VIII, Dì DO, dd DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, macromastiga, mediocris, inferne pallida superne infuscata, septis tertio et septimo remotis, perithecio atro andro- stico ad medium fere usque connato, ostiolo sat umbonato obtuso vix obliquato, non v. vix centro hyalino, paraphysopodio et an- dropodio majusculis atratis. Has. — Sulle tibie e margine delle elitre dell’ Anisodactylus heros cacciato a Pula, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 72). OBs. — Il Thaxter sembra che consideri questa specie come una semplice forma della sua L. melanaria Thxt.; ambedue con- cordano nell’avere le cellule basale e prebasale quasi incolore ed il peritecio nero ed opaco, però aderito un po’ maggiormente al- l’androstico ; però io non posso accettare questo modo di vedere e quando considero i setti terzo e settimo a tanta differente al- tezza, piuttosto vi ritroverei un’ affinità alla figura schematica della L. anceps Peyr., avendone anche il carattere del parafisopo- dio ed andropodio assai grandi e confluenti. Con tutto ciò in- « LABOULBENIALI ITALIANE » 61 clino di più a considerare questa forma come specie distinta e separabile da ambedue le citate. Altezza totale.: . . .. . 150-275 p- Peritecii . . . . +... 75-100 u = 35-45 p. TRERRONIRI UO, e 0 ZI, 57. Laboulbenia (Macromastiga) Peiroleri Speg. (n. sp.) — Tav. nostra VIN, a, De, DIiaG. — Bulaboulbenia, haploeytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, monomastiga, mediocris, fusca, receptaculo modice conico pallido, perithecio atro opaco deorsum breviter androstico adnato, apice ostiolo obtusissimo crassissimo leniter obliquo do- nato, paraphysibus paucis flaccidis suberassiusculis a basi sursum leniter sensim incrassatis, apice obtuse rotundatis atque plus mi- nusve arcuatis rufescentibus. HAB. Sulle elitre e sulle zampe del Platynus (anchomenus) Peiroleri, Val Pesio, Piemonte, Dott. Sella, 1875 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 55 et 5505) Ops. — Questa specie è abbastanza caratteristica, specialmente per le parafisi assai più grosse all’ apice che alla base, arcuate ottuse e formate di lunghi articoli leggermente fusoidei, di color miele più o meno carico; il peritecio ellittico-cilindraceo o un po’ fusoideo pure è abbastanza caratteristico tutto nero e quasi completamente opaco terminando in un ostiolo assai grosso . però breve ed ottuso leggermente obliquo a labbra assai arrotondate :; quando i peritecii non sono ancor del tutto maturi offrono due linee longitudinali un po’ più chiare limitate da un bordo nerissimo. Altezza totale . . . . 325-350 p. Peritecii . . . . . . 150-175 u = 60-70 p. Parafisi i 0 0 RA 300-3590872 58. Laboulbenia (Macromastiga) philonthicola Speg. (n. sp.) — Tav. no- stra VIII, n. 58, a, d. DIAG. — Eulaboulbenia, haplocytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, macromastiga, androstico basi peritecii breviter adnato, paraphysopodio et andropodio mediocribus subglobosis, 62 C. SPEGAZZINI ostiolo perithecii parum prominulo obliquo subbilabiato, paraphy- sibus dense breviterque ramosis externo plus minusve infuscato, cellula praebasali percrassa tumida. HAB. — Sui peli del dorso dell’addome di una specie indeter- minata di Philonthus, raccolta da G. Doria a Levico nel 1884 (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 80). OBs. — Credo che il Thaxter si riferisca a questa specie, 1. c. vol. II, pg. 353, indicandola come parassita del Philonthus deco- rus. A primo aspetto ricorda assai la ZL. Rougeti Rob., però il colore è più fosco e manca la granulazione speciale dell’ endopla- sma; le parafisi sono assai prolifere e quasi torulose ed il loro asse primario è con frequenza abbastanza annerito verso la base. La cellula basale è corta ed obconiea, la prebasale assai grande rigonfia e quasi ellittica ; il peritecio relativamente piccolo offre un ostiolo non annerito obliquo e leggermente bilabiato. Altezza totale. . . . . . .. 300-375 p. ECLILECIOM. (A 0 RO OOO Parafisi maggiori. . . . . . 100-150 p. 59. Laboulbenia (Macromastiga) Rougeti Robin. — Thaxter R., 1. e., vol. I, pg. 310-311, tav. XVI, fg. 15-16-17 (sub L. europaea Thxt.) — Id., vol. II, Pg. 351. — Tav. nostra VIII e IX, n. 59. HAB. — Su tutte le parti del corpo, però di preferenza sulle elitre dei carabidi e nelle località seguenti : I. Brachynus Bayardi (B. bisigniferus) di Cirò, Abruzzi (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 60). — Tav. nostra n. 59, a. II. Brachynus bombarda presso Lueca (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 102). III. Brachynus crepitans di Caramanico, Abruzzi (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 121-122), presso Civitanova, Macerata (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 126), dei dintorni di Manziana, Roma (Coll. Istit. Zoologico Roma, n. 25), di Edolo, Valcamonica (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 103), e di Conegliano, Veneto, agosto 1912. — Tav. nostra VIII, n. 59, bd, c. IV. Brachynus exhalans, Stagno di Maccarese, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 12 e 12°). editti pi « LABOULBENIALI IL'ALIANE » 65 V. Brachynus selopeta dell’isola del Giglio (Coll. Mus. Civ. Geno- va, n. 3). — Tav. nostra IX, a; a Decimo putzu, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 74), a Seriabas, Sardegna (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 10), sui colli Parioli, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 23), nei dintorni di Modena (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 105), presso Borghetto Sto Spirito, Liguria (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 9). VI. Brachynus explodens all’ Acqua acetosa Roma (Coll. Mus. Civ. Genova, n. 23). — Tav. nostra IX, n. 59, b; e presso i bagni di Lucca (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 104). — Tav. ( nostra IX, n. 59, c. VII. Brachynus immaculicornis presso Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 13). — Tav. nostra IX, n. 59, è. VIII. Brachynus italicus a S. Paolo, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 22). — Tav. nostra VIII, n. 59, d, e. IX. Brachynus migricornis in Cirò, Abruzzi (Coll. Istit. Zool. Na- poli, n. 61). X. Brachynus sophia presso Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 24) ed in Piemonte (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 101). — Mavagnosbra VI n. 09,9 XI. Chlaenius spoliatus alla Stagno di Maccarese, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 9), e presso Forno novo, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 9°iS). — Tav. nostra IX, n. 59, d. XII. Chlaenius chrysocephalus, Prata lata, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 14). — Tav. nostra IX, n. 59, e. XIII. Ohlaenius agrorum presso Siliqua, Sardegna (Coll. Istit. Zool. Napoli, n. 64). XIV. Platynus dorsalis circa Civitanova, Macerata (Coll. Mus. Zool. Firenze, n. 125). — Tav. nostra IX, n. 59, g. XV. Zuphium olens in Piazza @’ Armi, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 34). — Tav. nostra IX, n. 59, f. OBs. — La più parte degli esemplari citati possono conside- rarsi come tipici, non differenziandosi neppure quasi fra loro; la forma più bella e caratteristica è la prima sul Brachynus Bayardi. In tutte le forme il colore è rossiccio quasi laterizio ed il proto- plasma presenta una grumosità o granulazione peculiare ; il para- Coe ie an A È \ È "% “di 64 C. SPEGAZZINI fisopodio e l’asse primario parafisale sono sempre più o meno tinti in nero. Osservo che gli esemplari raccolti nei dintorni di Roma sono in generale più piccoli, con parafisi meno sviluppate, che possono ridursi persino ad una sola, la parafise anteridiale si ineurva dalla parte ventrale, e le cellule basale e prebasale sono più gracili e quasi cilindriche ; il carattere di gracilità notevole di queste due cellule si rimarca pure negli esemplari della Liguria. Altezza totale . . .. +. . 200-400 p. PeribecliMe “ru, Aa AS 75-150 u = 80-75 p. Parafisi (assai fragili e caduche) . 100-300 p. 60. Tlaboulbenia (Macromastiga) Rougeti Robin. = * L. callisti Speg. — Tav. nostra IX, n. 60, «a, d, c, d. DIAG. — Statura conspicue minore, gracilitate omnium partium, receptaculo elongato, ostiolo crassissimo obtusoque, axi paraphy- sario primario toto nigrifacto a typo recedit. HaB. — Sulle elitre e corsaletto del Callistus lunulatus dei din- torni di Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 20) e di Bologna (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 20"S) e sulle elitre del Platynus dorsalis della Anguillara e di Pietra lata, Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 28 e 30). DIAG. — Il Thaxter (l. c. vol. I, pg. 511) considera questa forma semplicemente come L. europaea Thx. (= L. Rougeti Robin). Avendo avuto a mia disposizione un materiale abbastanza abbon- dante è sorta in me la opinione di trattarsi di specie differente (forse la stessa che il Thaxter medesimo poi unisce alla Lab. Aa- gellata Peyr., 1. c. vol. II, pg. 345-46) invero affine però ben di- stinta, non solo per la forma generale più gracile e slanciata, ma anche per l’asse parafisario principale nero almeno nei 4 o 5 articoli basali; anche il colore è un po’ più oscuro e la grumosità del protoplasma benchè esistente non è assai spiccata; 1’ ostiolo poi è sempre quasi indeterminato ottuso e quasi troncato. Altezza totale . . . . . 225-275 p. Peritecii . CA si MIT 5 p Parafs1t e e 200-29010 « LABOULBENIALI ITALIANE » 65 61. Laboulbenia (Macromastiga) Rougeti Robin. = # L. chlueniicola Speg. — Tav. nostra IX, n. 61. DIAG. — A L. Rougeti ROBIN receptaculo elongato perithecio duplo triplove longiore, paraphysopodio e cellulis basalibus axeos primarii non v. vix nigrifactis recedit. HAB. — Sul corsaletto e sulle elitre del Ohlaenius nitidulus, Ponte Nomentano presso Roma (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 5). OBs. — Varietà o specie che conserva il colorito rossiccio e la grumosità del protoplasma del tipo, da cui differisce per la elevata statura, sveltezza di forma, parafisi persistenti ed allungate di cui l’asse primario non ha le cellule inferiori annerite ; 1’ ostiolo è poco marcato ottuso e | ipostomo solo annerito dal lato dorsale. Altezza totale . . . . . ..0 +. 400-500 p. Perilecio ng a a VOS RARO SIR e ee 00350 62. Laboulbenia (Macromastiga) Rougeti Robin. = * L. fuscescens Speg. — 'l'av. nostra IX, n. 62. DIAG. — A forma typi colore saturatiore, statura minore et perithecio magis libero distincta. HaB. — Sul bordo delle elitre dell’ Agonum Muelleri, collezio- nato a Terracina, Salvini, 1894 (Coll. Istit. Zool. Roma, n. 27). Ops. — Questa varietà offre un color castagno nerastro ed il peritecio è libero fino alla base dell’androstico ; conserva però la forma generale, la grumosità del protoplasma e VP annerimento del bordo dorsale del parafisopodio e dell’ asse primario parafisale. Altezza to vale eni ee 200222013 ROLI LEGION O N TT N TONE DORIA E e 1 I e e OOO. 63. Laboulbenia (Macromastiga) stenolophi Speg. (n. sp.) — Tav. nostra TX o4aa, 0. i DIiAG. — Eulaboulbenia, haploeytia, melanopsallia, apodotheca, malacochaeta, macromastiga, tota melleo-subhyalina, brevis, crassa, « Redia », 1914. 5 66 C. SPEGAZZINI ostiolo umbonato obliquo, hypostomo nigro, paraphysopodio crasso globoso, paraphysibus erassis fumosis. Has. — Abbastanza raro e scarso sulle elitre dello Stenolophus teutonus nei dintorni di Conegliano, settembre ed ottobre 1912. OBs. — Specie assai affine alla L. Giardi Cép. & Pie. ed alla L. polyphaga Thxt., dalle quali si distingue specialmente per le sue forme tozze ed assai arrotondate e per la gran proliferazione delle numerose parafisi ; è delicatissima e di difficile asportazione dall’ ospite ; il suo colore è fino alla maturità assai pallido, quasi ialino, offrendo solo lo psallio e 1° ipostomo neri ed affumicate più o meno alenne parafisi. Altezza totale . . . . . . 275-350 p. Peritecii 2 + e 100-125 e = 60, 1. Parafisi maggiori . . . . . 400 p. RATA TARE CASE AF a 4 « LABOULBENIALI ITALIANE » INDICE DESCETSRECIE ID ichoma/tesEprimcepsWebbXt= Re I. » vulgatus Thxt. Dimeromyces falcatus Paoli Herpomycesgperrplanetao IX RO. Laboulbenia algerina Speg. . Mo » ANCGISME E VII OOO CON I TO » anisodactyli Speg. » argutoris Cep. & Pic. PARE OI » augusta Speg. » calathicola Speg. » callisti Speg. . » chlaeniicola Speg. » clivinalis Thxt. » coneglanensis Speg. . » cristata Thxt. » cymindicola Speg. » CRU ei » etrusca Speg. > fasciculata Peyr. » filifera Thxt. » flagellata Peyr. . » Fuscescens Speg. Le AM » HugculaSpeg. - i DI do o e » Giardi Cép. & Pie. » gracilis Speg. » GRAN ei a e sno ee i » gyrinicola Speg. » haypalico(GRSPee- St » heroica Speg. . - » insulicola Speg. . » ONLONP OSTIA » luxurians Peyr. . » DINPITIESIO, cene di so 6 » melanaria Thxt. » minuscula Speg. 6S C. SPEGAZZINI . Laboulbenia nebriae Peyr. » olistopi Speg. ci » omophroni Speg. pi » oncogona Speg. . » ophoni Thxt. » Peiroleri Speg. . » philonthicola Speg. . » polyphaga Thxt. 5 » pseudoflagellata Speg. » pseudomasei Thxt. . Li » psittacea Speg. . » pulchella Speg. . » rigida Thxt. i » romana Speg. » Rougeti Rob. = » scelisca Speg. k » sepulcretorum Speg. » sphodri Speg. . si » stagnalis Speg. . » stilicicola Speg. . » stenolophi Spegi: <<. c.c. dd li d » strictipes Speg. . di » subinterposita Speg. » subterranea Thxt. ” » Thaxrteri Cép. & Pic. . di » trechiphila Spe. » vulgaris Peyr. Rickia Wasmanni Cav. « LABOULBENIALI ITALIANE » 69 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAV GIE N.° 1. Dimorphomyces falcatus Paoli. DTA, ne CRE 100 a. Canestrinia intera con varii parassiti... .°. aum. = A È oa . 200 b. Parte di Canestrinia con un parassita completo . . » Î » 2. Rickia Wasmanni Cav. QLUAE > 200 CORONA AINOLVIAUIEDIA VOLI EM RUI: ST » 3. Dichomyces princeps Thxt. I, . 200 a Individuordel tutto incoloro. *—. e. ee aum. i b. » con cellule .basali.mere o ee » » » +. Dichomyces vulgatus Thxt. LE 200 Individuo adulto completo. . . . . . ..... aum. T » 5. Herpomyces periplanetae Thxt. a, b. Due individui femminini adulti... .... aum. SI » 6. Laboulbenia fasciculata Peyr. DI : 200 a. Esemplare maturo di Busalla... /.° /. .. 0... aum. = b. » » di (Caramanico rif ie » » » 7. Laboulbenia omophroni Speg. do Tana 200 a. Individuo bolognese assai giovane... ./.. aum. "© b. » » QUISIACULtO MAE » » (D » » Uto Re e » » » 8. *Zaboulbenia interposita Thxt. eta 200 a. Individuo: adulto romano. . . . 0... aum. “© b. » DSL: LOTETA LITI ONOR - EN CN » » » 9. * Laboulbenia subinterposita Speg. et 200 a. Esemplare lombardo assai giovane . . . . . . aum. 7 db. » » ‘gialimolto) vecchio, e » » N. » » » » » NLO » » » 10. Te 12. 13. 14. 15. 16. alri 18. 19. C. SPEGAZZINI STEANVERBI UE “ Laboulbenia divaricata Thxt. a. Individuo adulto sopra Feronia . . b. » » » Badister. . Laboulbenia pseudomasei Thxt. a. Individuo assai giovane . . . . b. » quasi adulto... . . G. » SENeScenue ga e Laboulbenia gyrinicola Speg. a. Individui coneglianesi assai giovani. UTI I) » maturi . . * Laboulbenia stagnalis Speg. a. Individuo coneglianese assai giovane b. » d adulto... Laboulbenia clivinalis Thxt. a. Individuo fiorentino giovane... Db. » » adulto rie (5 » piemontese adulto . . . Laboulbenia sphodri Speg. a, b. Due individui adulti. . /.. STVASVERNIONIE Laboulbenia argutoris Cép. & Pic. Individuo adulto da Cirò. . . . . Laboulbenia cymindicola Speg. a. Individui assai giovani . . . . DG adulti: a OOo Laboulbenia luxurians Peyr. a, b. Individui assai giovani . . . Laboulbenia polyphaga Thxt. a, b. Individui romani adulti . . aum. » aum. » » aum. » aum. » aum. » » aum. aum. —_ aum. — »d um, aum. « LABOULBENIALI ITALIANE » T1 N.° 20. * Laboulbenia calathicola Speg. lc î x n 200 Nb Individultomani ta dle e num: TT c. Individuo' veneziano adulto. T.E... è » » d. » » LIO VIADANA AI MO a i e » » » 21. Laboulbenia pulchella Speg. COLI fo È 200 DROCRACINAIVICUTEAA I GL DUM 1 » 22. *Zaboulbenia major Speg. SL 200 INALVITUO EMA tTUTO PRON RE Uni = » 23. Laboulbenia stilicicola Speg. nua Adatti, 3 200 a, Db. Individui assai giovani. LL... 0... gum. < GREEN Ava ORA LO RS O EE » » CURCI ALI LATTA ATI I » » » 24. Laboulbenia subterranea Thxt. 200 a. Individui di Magnano giovani . . . . . . . aum. sn Daci >» » » EE LoL Ln RA 9 Vo SR o a » » » 25. Laboulbenia Thaxteri Cép. & Pic. ENEL 6 ù :d : 200 a, b, c. Individui coneglianesi giovani... /.° . . aum. = 1 » 26. Laboulbenia vulgaris Peyr. FLORA c G A 7 200 a. Individui coneglianesi assai giovani... ... aum. o b. Individuo coneglianese adulto . . . . . ... » » » 27.°Laboulbenia oncogona Speg. SASA È î 200 a, b: ‘Individui romani adulti < aum = IM ING N.° 28. *Laboulbenia scelisca Speg. RE: - DI 200 a. Individuo giovane da Frigento . . . . . . -—. aum. = DICA INAIVALUIRIOSCANIE AA Ult E TI » » » 29. Laboulbenia trechiphila Speg. Sean 200 a, d. Individui giovane ed. adulto . . . . . . . aum. T » 30. Laboulbenia algerina Speg. Deore È È 200 a, b, d, e. Individui sardi senescenti.. . . . . . aum. =" (CIS » » Adulti, Mie RE e » » Goti » PRASSI OVALI LL TE » » Po dd Ni0881% dD (52, N. » » » » 33. Laboulbenia grisea Speg. Sd. di. e] D o) 37. SI Laboulbenia anisodactyli Speg. Cc. a. Individuo giovane . b. Individui adulti. Laboulbenia coneglanensis Spe a. Individuo di Edolo. C. b. Due individui coneglianesi maturi » di Varese maturi. TASVETOVE » Tre individui tunisini . Se SPEGAZZINI Individuo del Colosseo, Roma a. Due individui assai giovani db 7} d, e. Due individui maturi “ Laboulbenia psittacea Speg. e. Tre individui un po’ più grandi . . . a. Due individui maturi . b. Gruppo di individui di età varia Laboulbenia cristata Thxt. a, db. Individui assai giovani con l’asse parafisario mario nero (coneglianesi) . e. Individuo conéglianese con molti anteridii. d. Individuo sardo quasi adulto con anteridii e, f. Imdividui coneglianesi adulti g. Individuo piemontese senescente. Laboulbenia etrusca Speg. a. Individuo adulto b. Laboulbenia filifera Thxt. a. Individuo delle elitre assai giovane. . . 5 senescente b. Individui del corsaletto giovani. C. » adulti aum che a ol » » 200 aum. 1 » » aum 0 i de » » » » aum 2a i da » » » » aum 200) HI RT » » aum ui È “IT » » » » » » » » aum IU HI DUET » » 300 aum. —- 1 5 200 1 » » « LABOULBENIALI IPALIANE AVEVA N.° 38. Laboulbenia flagellata Peyr. a, db. Individui adulti... . » 39. Laboulbenia gracilis Speg. a, b. Due individui adulti » 40. “Zaboulbenia harpalicola Speg. a. Individuo adulto . . . db. » senescente » dl. Laboulbenia pscudoflagellata Speg. a, b. Individui sardi senescenti . » 42. LZaboulbenia romana Speg. Gruppo di individui romani adulti » 43. “Laboulbenia strictipes Speg. Gruppo di individui adulti . » di. Zaboulbenia Giardi Cép. & Pie. a, db. Gruppi di individui di Valcamonica. e. Gruppo d’ individui sardi . TIVASVA MOVENTE N.° 45. Laboulbenia melanaria Thxt. a. Individuo sardo assai giovane Db. » parmigiano adulto. e, d. Individui piemontesi adulti normali . e. Individuo piemontese adulto anormale » 46. ZLaboulbenia nebriae Peyr. a. Individuo piemontese giovanissimo D. » » adulto . (8 » sardo adulto » 47. Laboulbenia olistopi Speg. a, b. Individui italiani adulti . Cud » germanici. » tb) 200 . . È o China 1 um 24) . E è PRE can 2 o. Eitele== . » » aum z ò - DO: Oa] 200 . CARLO 1 200 d è caumni 1 aum 2 * ò . EMORE sd . = » » aum SLI) . . NÈ “31 . » » . » » di 06 - 5 » » 200 3 + è . aum. i . È » » » » aum 200, . CE: ‘3 . . » » T4 C. SPEGAZZINI N.° 48. Laboulbenia ophoni Thxt. a, b. Individui coneglianesi adulti . . Cd. » SArdi adulti ea ee e. Gruppo di individui fiorentini di età varia » 49. ‘Laboulbenia augusta Speg. Tndivi dUORsdulto Mea E » 50. *Zaboulbenia fuscula Speg. a. Individuo del torace adulto la caratteristica Db. » coxicola . . 3 » 51. Laboulbenia insulicola Speg. a. Individuo sardo giovane . . b. » romano quasi adulto . . . » 52. “Laboulbenia minuscula Speg. Gruppo di individui di età varia » 53. Zaboulbenia sepuleretorum Speg. Tre individui adulti . . . . UTASVIANA IIS N.° 54. Laboulbenia rigida Thxt. Individuo adulto completo . . » 55. Laboulbenia anceps Peyr. Due individui adulti . . . . » 56. Laboulbenia heroica Speg. a. Individuo adulto delle elitre . b. » » delle tibie du Rò » 57. Laboulbenia Peiroleri Speg. a. Individuo assai giovane. . db. » LO VELI O ISF c. Individui maturi che mostrano cidezza delle parafisi . d. Individuo senescente . . . » 58. Laboulbenia philonthicola Speg. a. Individuo giovane . . b. » quasi adulto . . 200 aum. 1 » » » » aum 2a a GT aum 2ue i 3 » » 200 aum. 7 1 » » ‘ aum oo bi on aum nu ti DET aum 200 i °F 200 aum. i 200 aum. tl » » aum soa î DTT » » » » » » O RANZSCTI um. "In » » « LABOULBENIALI ITALIANE » 75 N.° 59. Zaboulbenia Rougeti Rob. a. Gruppo tolto dal Brachynus Bayardi. GL. .-./.. aum. = b. Individuo coneglianese adulto di Br. crepitans. . . » » Cc. » » giovane » » ll » » d. » giovane: del Br. italicus <. ... - » » e. » adulto» » » e n ST » » VE » » romano del Br. sophia . . . . » » TTVASVI EXE N.° 59. ZLaboulbenia Rougeti Rob. a. Gruppo tolto dal Brachynus selopeta del Giglio . . aum. 21 b. Individui toscani del Br. erplodens . /. ./. 0. » » c. Individuo romano adulto del Br. erxplodens. . . . » » d. Gruppo colto sul Chlaenius spoliatus. <<... » » e. Individuo adulto del Chlaenius chrysocephalus . . . » » f. Individui adulti del Zuphium olens LG... » » g. Individuo giovane del Brach. immaculicornis . . » » h. » adulto del latynus dorsalis . /./... » » » 60. *Zaboulbenia callisti Speg. a. Individui romani assai giovani... um. Do b. Individuo bolognese giovane... ./.°.. + » » 0. » » ALITO ME » » d. » romano » A Ra » » » 61. *Zaboulbenia chlaeniicola Speg. È 200 Individuo adulto completo... 0/0... aum. 7 » 62. *Zaboulbenia fuscescens Speg. Individuo adulto completo). 0... um. Cl » 63. Zaboulbenia stenolophi Speg. CARINA TVIAUOTIOVANEI tI SN I VIE neo DENTI CRV UL AAT E » » Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 1S Dicembre 1914. i i PI, ANTONIO BERLESE Direttore della R. Stazione di Entomologia Agraria Via ROMANA, 19 — Firenze Intorno alla riproduzione ed al dimorfismo sessuale negli Insetti Considerata tutta la organicità, quello che può essere ritennto per dimostrato o dimostrabile, in fatto di riproduzione, è quanto segue : L’ individuo, nel mondo organico, è rappresentato dalla massa protoplasmatica capace di riprodursi ininterrottamente e direttamente traverso le generazioni (1). Questo elemento (che potrebbe essere detto gonocito, cioè cellula madre, generante per eccellenza) è la cellula genitale, completa (2), immortale (3), da cui dipende qual- (1) Fra i singoli organismi pluricellulari troviamo forme non sessuate (aga- miche), le quali potrebbero essere meno indegne del nome di individui, quando però non risultassero, come in realtà risultano, dalla aggregazione di almeno due organizzazioni distinte nello spazio, secondo una determinata simmetria (bi- laterale nel caso più semplice. Ma la denominazione di individuo si estende persino a colonie complessissime, come sono ad es.: le piante, che risultano da un aggregato di gran numero di istoni agamici (gemme e future gemme) e di molti altri sessuati (fiori) e di aggregati di futuri organismi similari (frutta). Perciò è insufticiente, arbitraria ed empirica anche la definizione dell’ individuo come essere capace di vivere a sè, mentre questo può accadere ad ogni elemento, quasi, dell’ organismo istonico. (2) La gonia fino alla maturazione, come pure l’uovo fecondato ed il parteno- genico. Invece la gonia già sessualmente differenziata e che ha subìto le fasi maturative è incompleta, è caratteristica del sesso, e non può dare origine al soma, se non previa fecondazione (reintegrazione). (3) Una variante del celebre motto dell’ Harwey, corretta e precisa sarebbe: omne ovum ex ovo e non da altro elemento. Di qui la immortalità dell’ indivi- duo, la quale non appartiene ai soli protisti, ma è di tutti gli esseri organici (non meno che degli inorganici). TS ANTONIO BERLESE siasi anche più complesso organismo, del quale determina, regola e domina lo sviluppo. Gli organismi unicellulari sono gonociti liberi, mentre i pluri- cellulari sono degli istoni monoplastidici (aggregati di soli elementi genitali) o eteroplastidici (complessi di elementi genitali e somatici). La riproduzione si effettua per via agamica puramente od aga- mica e gametica alternate. Nel primo caso il gonocito è sempre completo. Nel secondo esso è completo per alcune generazioni, poi diviene incompleto e quivi finisce la riproduzione per via agamica, per dar posto, necessariamente, a quella gametica (coll intervento di ambedue i sessi), per ottenere la reintegrazione del protocito. Tale modo di riproduzione indiretta è d’ obbligo per la maggio- ranza degli organismi, in obbedienza alla legge fondamentale del- l’ incrocio. Per tale fenomeno si ha rimaneggiamento della sostanza vivente; si sommano e sì elidono le deviazioni individuali dal tipo specifico; è regolata la variabilità della specie. L’ elemento genitale negli istoni eteroplastidici dà origine ad elementi genitali e somatici. Ma gli elementi somatici (ormai dif- ferenziati) non possono riprodurre il genitale. Da ciò la caratte- ristica della discontinuità nella loro riproduzione, con interruzioni del soma nel tempo in che 1’ elemento genitale ritorna libero (ovulo, spermatozoo). Non vi ha nè vi può essere formazione di soma senza l ele- mento genitale, che ne è la causa ed il moderatore. Si è detto che ’ elemento genitale, negli organismi a riprodu- zione gametica, ha alternative di riproduzione per via agamica (dalla origine alla maturazione) e per via sessnale (a seguito della fecondazione). Perciò negli istoni eteroplastidici si ha la formazione alternata di due somi diversi, V uno in dipendenza dell’ elemento immaturo (0 protocito) (agamosoma), 1 altro in dipendenza dell’elemento ses- sualmente differenziato e maturo (gamosoma). Tali somi possono co- stituire organismi distinti nel tempo e nello spazio (Polipo idroide, Scolice, Pianta all’infuori dei fiori e frutti; — in confronto di Me- dusa, Proglottide, Protallo, Fiore) con parvenze e finalità diverse, collegati solo pel nesso genetico, oppure l agamosoma ed il gamo- RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI Ti = soma possono essere l’ uno nell’ altro intimamente collegati e con- fusi nel tempo e nello spazio, come accade di tutti gli organismi finora dichiarati a sola generazione sessuale. In questi ultimi le impostazioni di caratteri sessuali, anche secondari, possono così apparire molto precocemente, in pieno periodo agamico. Tutto cio è espresso dalle seguenti figure : e eo eo eo. Fig. 1. — A, riproduzione agamica dei Protisti; 2, riproduzione (alternata, 4, aga- mica, 9, gametica) nei Protisti e negli Istoni monoplastidici; (, riproduzione (alternata) negli istoni eteroplastidici. A, B, istoni anasomatici; C, somatico. Il disco nero circondato da cerchio indica il protocito cioè l'elemento sessualmente indifferenziato e completo (gonocito). Questo anche per tutte le figure che seguiranno. Il disco nero non circondato dal cerchio indica invece l'elemento genitale sessualmente differenziato (incompleto). La parte punteggiata (in C') indica il soma; a, dell’agamosoma; g, del ga- mosoma. Nota I. — Il caso dell’ istone somatico (0) presenta delle variazioni secon- darie, per indicare le quali bastano le seguenti figure, oltre la fig. 1, ©, che rappresenta il caso di somi distinti (organismi finora detti a generazione alter- nante, agamica e sessuale) ed insieme ermafrodita. NotA II. — Ad un dato momento l’ individuo è rappresentato da un elemento anasomatico, cioè dal gonocito : più tardi da un istone eteroplastidico. Questo IU ANTONIO BERLESE però è divisibile in grado vario, senza pregiudizio per la vitalità dell’ organismo. Ecco perchè a me sembra che l’ individualità sia rappresentata dal gonocito e credo che potrà essere ulteriormente ristretta a quell’ elemento, il quale vera- mente non sottre riduzione ulteriore, senza pregiudizio della vitalità sua. Quale sia esso veramente ancora gli studiosi non hanno potuto definire, se non per ipotesi. D Fig. 2. — Indicazioni come a fig. |. D, rappresenta il caso di istone (eteropl. quindi a riproduzione alternante) a somi e sessi distinti; £, idem a somi e sessi confusi. Combinando D con E si ha il caso di organismi a somi confusi e sessi distinti, quella categoria alla quale, con molti altri esseri, noi pure apparteniamo. Veniamo ora alla disposizione dei gonociti rispetto agli ele- menti somatici, in altri termini alla condizione determinante la simmetria dell’ organismo. Non può essere soma che non sia una proliferazione di elemento genitale. In grazia di questo primo atto non solo si inizia la dif- ferenziazione degli elementi somatici dai genitali, ma questi aumen- tano di numero e si dispongono, nel complesso somatico, secondo determinate maniere. Ciascun elemento o gruppo di elementi genitali si riveste del proprio soma, tipicamente distinto e così concorre alla formazione di un organismo. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI SI Il soma infatti non è mai singolo se non in casi di precocis- simi momenti della vita embrionale (fig. 4, F); generalmente è molteplice e Vl organismo risulta dall’ aggregato di più istoni ete- roplastidici, dei quali ciascuno rappresenta un individuo suscetti. bile, teoricamente (e talora anche in eftetto), di vivere a sè, purchè separato dal resto col proprio elemento genitale da cui dipende, secondo i piani di collegamento (1). Tre fondamentali tipiche maniere di iustaposizione degli istoni, nella formazione degli organismi tutti, pluricellulari, si possono di- stinguere cioè : 1.° Simmetria raggiata. Gli elementi genitali sono cinque (0 riu- niti in cinque gruppi) con altrettanti somi distinti per ciascuno. Essi si trovano su un medesimo piano, disposti simmetricamente attorno ad un centro. I piani di divisione separanti i singoli somi sono cinque e si intersecano simmetricamente (fig. 4, G). 2.° Simmetria bilaterale. Le cellule genitali (0 loro gruppi) sono due, altrettanti i loro somi e questi possono essere separati da un sol piano, che cade secondo la linea longitudinale di fusione (fig. 4, H). 3.0 Simmetria spirale. Le cellule genitali ed i loro somi sono disposti 1’ uno accanto all’ altro spiralmente e possono essere se- parati da superficie spirali (fig. 4, I). (1) I piani di collegamento (sinfisi) sono di due maniere, cioè di due età. I pri- mari (p), determinanti la simmetria fondamentale dell’ organismo si iniziano nelle prime fasi della evoluzione embrionale, tali sono il longitudinale mediano negli esseri a simmetria bilaterale, e quelli multipli, intersecantisi ad angoli acuti nelle forme a simmetria raggiata. I secondari sono di apparsa più tar- diva (p,), incidono ad angolo retto î primari e determinano la metameria. Secondo questi soltanto, almeno nelle forme a simmetria bilaterale, è possibile la frammentazione e separazione del cormo, tanto più agevole quanto la fusione è di più recente data, od, in altri termini, meno intima appunto per la sua minore età. Vedi fig. 5, dove L può rappresentare una colonia di polipi idroidi, che si scinde naturalmente in più organismi autonomi, secondo i piani secondari p,. Invece M rappresenta un Annuloso (sec. Cuvier), nel quale i piani secondari p,, determinanti la metameria, distinguono parti del tutto capaci di separarsi e vi- vere in autonomia (Platielminti, Anellidi) ; od ormai non più, stante la più pre- coce apparsa dei metameri, già nell’ embrione (Artropodì). La condizione ricor- data pei Platielminti è ripetuta esattamente nelle piante, salvochè quivi il cormo è involuto spiralmente. Si intende che tale modo di moltiplicazione è possibile solo per ciascun soma, che sia presieduto dal suo protocito. « Redia », 1914. 6 82 ANTONIO BERLESE Gli animali pluricellulari rientrano in una o nell’altra delle due prime maniere di simmetria, alla quale possono accedere anche piante fra le più basse, ma tutte le Fanerogame, almeno, si model- lano secondo la simmetria spirale. Tutto ciò può essere rappresentato dalle seguenti figure sche- matiche : Pig. 3. — Protisti ed Istoni monoplastidici (Asomatici). 00000 Pal Derivati D (Derivato da Cl). E (Altro derivato da C'). SPIENAZIONE DELLA Fic. 3. — Da A ad È, Protista ed istoni protistici o monoplastidici. 1, Protista isolato. ?, Istone a simmetria raggiata. Si vede rappresentato da un ammasso sferico, come ad es. nelle Volvocinee. C, Istone a simmetria lineare (es. Alghe filiformi, Micelii, etc D ed E, derivati dei precedenti. ), E, in un solo piano (od in più piani), derivati da C (Es. Crucigenia, Merismo- poedium, Sarcina, etc.). (D dà un derivato solido divisibile per piani tutti ad angoli retti; £ dA un derivato solido, che si indicherà più sotto come esem- pio di simmetria spirale, tig. IV, I». RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI S5 Pig. 4. — Metafiti e Metazoi (Istoni eteroplastidici). Spiegazione DELLA Fic. 4. — Le disposizioni qui indicate derivano dalle precedenti (A-E) per aggiunta del soma (parte punteggiata attorno al protocito). FP, Monosomatico (derivato da A; (solo embrionale; es. Moîna; sec. Grobben). G, Polisomatieo in un solo piano (derivato da B; es. Raggiati. Simmetria raggiata). II, Disomatico in un solo piano (derivato da C('; però da una sola coppia di protociti; es. tutti gli altri Metazoi. Simmetria bilaterale). I, Polisomatico a spirale (derivato da £; es. l'anerogame. Simmetria a spirale). Nora. — Si potrebbe ritenere che / potesse anche considerarsi per un cormo di istoni monosomatici (F) disposti 1) uno accosto all’ altro, secondo una linea spirale, oppure (lo stesso /) come un derivato da €, per aggiunta dei somi ed avvolgimento a spira dell’ istone derivatone. Con quest’ ultima ipotesi si po- trebbe argomentare nella comparazione tra Crittogame e Fanerogame. S4 ANTONIO BERLESE sy BO) i f Sarmazzat Spiegazione DELLA Fic. 5. — Derivati dai precedenti per iustaposizione di istoni etero- plastidici, secondo piani secondarii (pi). Metameria. L, derivato da G. (Es. Colonia di Polipi idroidi). M, derivato da II. (Es. Annulosi di Cuvier). Secondo quanto mostra la figura seguente (fig. 6). N 7 x n ee 0 |, i I ‘ a Ù x se ni Fig. 6 — Ipotesi della maniera di riproduzione, per via agamica, in istone eteroplast. a simmetria bilaterale. Si parte da # della Fig.4, per venire alla / della presente, dove il protocito inizia la sua scissione. In 2 il nuovo protocito è fuoriuscito dal soma materno; in 3 esso si circonda di soma proprio e ne è venuto un cormo se- parabile dal precedente secondo il piano di collegamento p/. (Esempio: gemmazione del Cisticerco). Nel caso di simmetria raggiata i nuovi gonociti sono in maggior numero su uno stesso piano (Disposizione verticillata, fig. 5, L). RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI SD Quanto al grado di indipendenza di ciaseun istone eteroplasti- dico nell’organismo complessivo, si deve notare quanto segue : Come cellule sorelle, derivate direttamente da un stesso ele- mento materno e sottoposte a conformi stimoli intrinseci ed estrin- seci, è evidente che le cellule genitali, che presiedono a ciascun istone, si comportano, nella formazione di questo, in modo similare, d’ onde una certa corrispondenza morfologica, ad es. fra le due metà dell’organismo a simmetria bilaterale o fra le multiple di un tipo raggiato (1). Ma come non son due cose identiche in na- tura, così non lo possono essere nemmeno due cellule, anche se gemelle. Di qui una certa differenziazione anche nei somi rispet- tivi, e sia questa la origine di certe asimmetrie, la cui costante presenza, in determinate specie, fa molta meraviglia, perchè senza ragione apparente (Laphoderes, Hister, Freyana fra gli Artropodi). Lo stesso dicasi per casì di ginandromorfismo, che non sieno ve- ramente di ermafroditismo. Possono differire le cellule figlie immediate d’uno stesso protocito anche pel sesso (in via normale od accidentale), d’ onde l erma- froditismo ed inoltre il ginandromorfismo ermafroditico nei casi di ermafroditismo accidentale di specie a sessi distinti ed eteromorfi. Riproduzione negli Insetti. Si hanno esempi di riproduzione degli insetti in tutti i loro stati, cioè : In quello di novo (poliembrionia); in quello di larva e di ninfa (pedogenesi) oltrechè in quello di adulto. Nei primi due casi si tratta evidentemente di riproduzione soltanto per via agamica. L’ adulto, invece, moltiplica per gamesi, salvo i fenomeni di par- (1) Ecco la ragione di quella simmetria fillotassica, che a prima vista dà una grande meraviglia. Io mi figuro Y agamosoma della pianta come un cormo di istoni monosomatici, iustapposti in una fascia spirale avvolgente (talora) un asse comune di sostegno. L’ estremo protocito si riproduce ed il nuovo formatosi viene spostato in avanti, a continnazione della spira, dal complesso di cellule somatiche che gli si formano attorno e che, ad accrescimento definitivo, costitui- scono una massa delle stesse dimensioni di tutte le altre, che circondano ciascun protocito (futura gemma). Di qui un progresso della spira per quantità eguali e quindi le costanti distanze, Yuna dall’ altra, delle cellule genitali, che sono, nel soma loro proprio, sempre in uno stesso punto relativamente alle somatiche. S6 ANTONIO BERLESE tenogenesi, la quale maniera di riproduzione può asceriversi alla agamica (però colle dovute importanti riserve, poichè essa non conviene esattamente nè con P una nè con l'altra delle due fon- damentali maniere). Il fenomeno di pedogenesi larvale può essere ricondotto alla riproduzione alternante con agamosoma distinto, ma quello di poliembrionia è speciale affatto e non trova paragone se non nella riproduzione agamica, intraovarica degli altri orga- nismi, perfettamente identica alla agamica protistica, perchè non si formano, volta a volta, i singoli somi (1). Eteromorfismo sessuale negli Insetti. Premesse le cose sovraesposte entro a parlare dell’ eteromorfi- smo sessuale fra gli insetti e tento di spiegarne le cause, richia- mandomi a quelle norme e leggi generali, che regolano tutta VPorganicità, da poi che Je ipotesi e le teorie speciali ad esplica- zione del dimorfismo (e polimorfismo) sessuale, in genere non sono persuasive e, probabilmente, neppure necessarie. Partiamo dal dimorfismo per procedere al polimorfismo (del quale, se mi cadrà acconcio, dirò in altra nota). Col primo termine si intenda anche dicromismo e dimegetismo. A parte le differenze fra i due sessi necessarie perchè relative ad organi e funzioni primari, i due sessi possono essere, nel rima- nente, conformi (Omeomorfismo sessuale) o difformi (Eferomorfismo). Tali diversità, in quest’ ultimo caso, sono distinte colla indicazione di caratteri sessuali secondari. Vediamo se tali fatti possono trovare spiegazione in base a leggi generali della organicità, senza che sia necessario ricorrere ad ipotesi da dimostrarsi. Esporrò solo fatti esattamente accertati e notissimi. (1) Questo caso della poliembrionia è la prova più evidente della seconda- rietà del soma e della sua pressochè nulla influenza sull’ elemento genitale. Il soma infatti può essere radicalmente mutato da un Imenottero adulto ad uma larva di Farfalla (o ad altra specie di vittima per lo stesso parassita) senza che 1 elemento genitale risenta la minima influenza da tanto diverso ambiente. Non sono infatti per nulla diserepanti gli esseri che sfarfallano da così ditt- renti ospiti. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI S7 Prima origine della differenziazione dei due sessi. — È la cellula genitale quella che informa il soma. Quanto maggiore è la dif- ferenziazione fra le cellule genitali dall’uno all’altro sesso, nel processo evolutivo delle cellule stesse (cioè nel decorso della oogenesi o spermiogenesi), tanto maggiore è la differenziazione anche dei rispettivi somi (1). Le differenze tra i due futuri sessi sono impostate precocemente (e quindi sensibili più o meno) per somi mist? (come sono appunto gli Insetti, forme cioè a gamosoma sempre confuso coll’ agamosoma). Col procedere degli elementi genitali verso la maturanza, au- menta gradualmente il divario sessuale nelle forme a somi misti. Inoltre è grandissima divergenza fra i due sessi in ciò che men. tre nel maschio la evoluzione dell’elemento sessuale si arresta alla sua maturanza, invece, per la femmina, essa va, generalmente, molto oltre; segue la formazione di un tuorlo, quasi costantemente e di poi può intervenire lo sviluppo embrionale, a vario grado, entro la madre stessa e persino un periodo postembrionale con strettissimi rapporti coll’ organismo materno. Ecco le condizioni intrinseche, primarie di variazione in rap- porto al sesso. Vediamo ora le condizioni estrinseche. Azioni secondarie nella differenziazione dei sessi. — Qui sono in atto le medesime energie estrinseche all’ organismo, che determi- nano la variazione della specie, secondo le medesime leggi. La specie, nella amplissima sua potenzialità di variazione (diversa per ciascuna specie) è modellata dalle necessità ambienti, come un liquido dal vaso che lo contiene (2), adunque da una reazione più che da un impulso. Si comprende che tanto maggiore e più pronta sarà l'influenza (1) Cessando l' influenza divergente degli elementi genitali i somi dei due sessi tendono a concorrere nei caratteri loro, ciò si vede nei casì di castrazione 0 nel periodo anagonico, cioè di cessazione delle funzioni delle cellule sessuali, il quale segue al periodo di attività. Questo periodo anagonico non appartiene gene- ralmente agli insetti. (2) L’azione stimolante dell’ ambiente è meno facile a dimostrarsi e più dura a concepirsi. Molte volte è scambiato per stimolo la semplice concessione ad una variazione in un dato senso. ANTONIO BERLESE delle condizioni ambienti verso gli individui, i sessi e le specie, quanto più davvicino esse condizioni toccano la perpetuazione della specie e la conservazione degli individui. Perciò anche la variazione degli individui e della specie mede- sima sì risente in proporzione di quella dell’ ambiente, valutata per 1’ influenza nella conservazione loro. L'ampiezza della variabilità poi è determinata, oltrechè dalla energia intrinseca della specie (energia centrifuga od espansiva), dalla misura della sua facoltà di variazione, dalle esigenze del- l’ambiente e dall’effetto delle variazioni stesse in riguardo al be- nessere della specie (energie centripete o coercitive). Se sono in gioco funzioni precise ed importanti, le più piccole variazioni in esse e negli organi corrispondenti inducono ettetti grandissimi nella esistenza della specie (0 dell'individuo) mentrechè, collo scemare della importanza delle funzioni e degli organi relativi nella economia della specie, diminuisce ancora la ristrettezza (neces- saria) del campo di variazione; ne anmenta cioè Vampiezza, vi ha maggior libertà la intrinseca forza espansiva (dirò così) di variabi- lità e si possono avere in tal guisa effetti vistosissimi di differenze individuali, sessuali, specifiche ecc. Queste però, nella economia della specie, hanno importanza secondarissima e quasi trascurabile rispetto ad altre di assai minore perspicuità 0 minime, ma il cui effetto è grandissimo, cardinale nell’ economia stessa, perchè riguardano funzioni di fondamentale importanza. Il fenomeno della riproduzione è identico, anche nei minimi particolari, per tutta la organicità, poichè esso è il fondamentale per eccellenza della vita organica. La più piccola variazione indur- rebbe la creazione di mondi organici distinti. Di qui fino alle in- finite specie e varietà degli animali e vegetali più alti è tutta una serie di variazioni di importanza di più in più secondaria. ma anche progressivamente più vistose, alle quali perciò con maggior facilità corre dietro il filosofo naturale (1). (1) Linneo fa tre regni equipollenti, minerale, vegetale, animale, prendendo a base earatteri molto secondari per distinguere questi due ultimi tra loro, con pari intervallo dal primo. È solo molto più tardi che si separano, ragionevol- mente, due soli regni e questi si differenziano essenzialmente pel fenomeno della riproduzione. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI S9 Dal fin qui detto risulta, restringendoci alle differenze sessuali: 1.° L’anmento della variabilità in proporzione inversa della importanza delle funzioni e degli organi relativi nell opera ripro- duttiva. 2.° Tenuto conto delle necessità diverse pei due sessi ad espli- azione della loro funzione, ecco due diverse vie, due diversi gradi di variabilità, pur rimanendo nel vincolo della regola antecedente. Noteremo adunque cosa si domanda all’ un sesso ed all’ altro, e quale è la importanza della richiesta per la economia della spe- cie, con chè giungeremo a conoscere ancora la zona di variabilità concessa all’ un sesso in confronto dell’ altro e come 1’ intrinseca energia di variazione della specie, del sesso e degli individui pro- fitti di tale facoltà. Esigenze della specie in confronto a quelle dell’ individuo. — Ogni specie tende a soprasaturare di individui suoi V ambiente in cui può vivere, il quale, a sua volta, non permette che la sola satu- razione. L’ eccesso di individui perisce in maggior numero quanto più essi sono immaturi. L’adulto, dopo tanta selezione, è il meglio difeso. La protezione dell’ adulto è tanto più efficace quanto maggiore è stato il sacrificio delle forme antecedenti, quanto minore cioè la difesa loro. L’ eftetto di ottenere il numero di adulti compatibile coll’ esistenza della specie si raggiunge, dunque, o fronteggiando le cause avverse alla specie stessa con un eccesso di individui gio- vanili, così da sopperire alle molte perdite, o con mezzi protettivi efficaci degli adulti stessi (scemando d’ altrettanto la quantità di forme giovani, che si perdono per via), od accordando a queste stesse forme giovani (comprese le uova) buona difesa e protezione con mezzi propri o derivati dall’ ambiente. L'aumento (numerico e di volume) degli individui (uova o gio- vani) intramaterni, per così dire, è limitato dalle esigenze della vita dell’ adulto. Di tale maniera fra queste necessità, quelle delle forme giovani e le altre dell’ ambiente si stabilisce un modus vivendi, un deter- minato stato di equilibrio, peculiare per ogni specie, con riper- cussione nella organizzazione delle forme postembrionali. 90 ANTONIO BERLESE Quanto agli individui essi non sono considerati, in natura, se non per elementi della specie e col numero loro e sagrificio, pro- porzionato in rapporto inverso al grado di resistenza alle cause avverse, rispondono alle richieste per la sua conservazione (1). È comunissimo anzi il caso di conflitto evidente fra le esigenze individuali e quelle del sesso rappresentato dalla forma, il cui pre- cipuo scopo e la conservazione della specie (2). La vulnerabilità dell’ individuo è in ragione inversa delle con- dizioni di protezione passiva, dirò così, ma ancora da quella attiva, che gli viene dalla sua organizzazione difensiva, in altri termini della evoluzione sua, non solo specifica ma individuale ancora. Da tutti questi coefticienti, che si sommano e si elidono a vi- cenda, risultano molteplici effetti sul grado evolutivo delle forme sessuate (delle altre non si tien conto, per ora, se non per quanto influiscono, nel senso indicato, sulle prime) ed è qui la precipua causa del dimorfismo sessuale, oltre quelle più generali e d’ altra natura, che ho indicate, ciascuna delle quali reea la sua influenza ponderabile e di cui devesi tener conto. Gli effetti si sono detti molteplici; possono però studiarsi anche nelle loro cause volta a volta, caso per caso, in relazione alle maniere di esistenza delle diverse specie, per quanto riguarda variazioni molto secondarie, mentre quelle di maggior rilievo, con carattere più generale, risultano come necessaria con- seguenza di tutte le premesse, che andiamo qui ordinatamente accumulando. Esemplifichiamo. Se indichiamo con A, B, C le condizioni influenti sulla specie in senso evolutivo (da segnarsi con +) cioè, rispettivamente con A, dif- ficile esistenza da parte dell’ adulto (molto insidiata per necessità di peregri- nazioni ete.), con B quella della forma immatura egualmente difficoltata, e con C una scarsa produzione d’ nova e se, per converso, stabiliamo che D, £, I rappresentino condizioni diametralmente opposte (da indicarsi col segno —) € cioè: D facile esistenza dell’ adulto ; £ della forma giovane e con / una ab- (1) Le famiglie e più ancora le società, portati della evoluzione psichica degli organismi, tendono a maggior rispetto per 1’ individuo. Per eccesso ne può sca- pitare l’esistenza della specie medesima. (Nazioni non abbastanza prolitiche). (2) Grande è anche il disaccordo negli ettetti e questo si tenga bene presente. Per esempio la scarsa nutrizione è letale per gli individui o li porta ad incom- pleta evoluzione rispetto al tipo della specie. Invece, la stessa causa avversa o è letale per la specie o la spinge in un movimento evolutivo, per sopperire alle esigenze divenute più aspre. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 01 bondante produzione d’ uova, si vede che le combinazioni possibili sono otto e cioè quattro con indirizzo evolutivo e altrettante in senso inverso ; eccole : ZI 0 ALL Dr Hd i Bd ee Dv, n° — de kdb (I aL Sal II, DC SU db DEI i DO Si vede che la prima e la quinta non hanno esempi in natura, inquantochè ad una ditticile, molto minacciata esistenza giovanile è sempre accompagnata una esuberante produzione d’ uova ; 1’ ottava neppure esiste perchè troppo fa- vorevole e comoda alla esistenza di una specie. Rimangono cinque combinazioni, di cui due con + in maggioranza, quindi con tendenze evolutive, (la 2%, 8*#) e tre con tendenze involutive (44, 6%, 7°). Delle prime la 2% (4, 5, F) trova un esempio nei grandi migratori (restrin- gendomi agli Insetti); in tutte le specie a larve molto esposte e il cui adulto è chiamato a peregrinazioni estese per provvedere a sè ed alla prole. La terza (4, £, C) deve ammettere un adulto molto evoluto perchè la faci- lità di vita larvale è bilanciata dallo scarso numero d’ uova e, del resto, alla buona salute della larva deve provvedere V adulto stesso, con mezzi vari (In- setti con larve in ambienti molto bene sicuri (1), animali sociali (2). La quarta (4, £, /) corrisponde abbastanza alla precedente, ma è più comune fra gli insetti. Questa è la prima causa degli improvvisi grandi sviluppi nu- merici di taluni d’ essi. Qui l'adulto è portato alla evoluzione per le difficoltà della esistenza sua, come per procurare agevole esistenza alle forme giovani (Endofagi, Mosche in generale etc.), ma può subire una azione involutiva in grazia della maggior quantità d’ uova da portare, salvochè non venga invece ridotto il tuorlo o non soccorra altro espediente (Poliembrionia, larva ciclopi- forme, maturanza delle uova graduale). La sesta (D, B, /) importa una involuzione dell’ adulto, talora molto. avan- zata, tanto più se la facilità di sua esistenza è massima, come nei casi di pa- rassitismo. È viva, infatti, la necessità di preparare uma massima possibile quantità d’ uova a riparare le perdite che la larva subisce. Ciò avviene nelle specie, nelle quali la diffusione è attidata sopra tutto alle larve. Esempi ne sono i Coccidei e, più involuti di tutti, gli Stilopidi, (1) L’ endofagia pero ha dovuto alterare sensibilmente questo stato di cose tipico, obbligando le vittime ad una maggiore prolificità e conseguente tendenza dell’ adulto all’ involuzione o alla pratica di qualche espediente suecedaneo. (2) D’ onde la possibilità di neutri nelle società. Se per la specie Ape si conservassero identiche condizioni di esistenza, ma tutte le operaie divenissero generanti, sarebbe sutfticiente che esse partorissero due o tre uova ciascuna nel corso dell’ annata, perchè fossero nella colonia non meno numerose di quello che sieno colla maniera presente. Società costituite con economia meno eccellente debbono, in proporzione, aumentare il numero di generanti. 92 ANTONIO BERLESE La settima combinazione (D, £, €) spetta particolarmente ad alcuni parassiti ectofagi (Mallofagi, Pediculini, Pupipari). Anche qui la vita facile da parte dell’ adulto permette la involuzione dei suoi organi, non ostacolata dalle con- dizioni di esistenza delle forme larvali. Quanto alle uova queste comodità di esistenza non solo ammettono la loro riduzione numerica, ma permettono ancora la ricchezza del tuorlo, non consentita invece nel caso precedente. Il massimo grado di comodità di esistenza è offerto dal paras- sitismo. Esso conduce inevitabilmente alla involuzione degli or- gani tutti, meno che dei sessuali (e degli escretivi) nella forme che ‘ne profittano. Esso prova: 1.° Che il soma non ha scopo se non di ausilio all’ opera ses- suale. 2.° Che il non uso degli organi non è esso la causa prima- ria della involuzione, ma la consente. L’involuzione è determinata, nei vari gradi, da necessità della riproduzione (1) ed è proporzio- nata alle esigenze di questa, cioè alla percentuale di mortalità delle forme giovani o delle uova, salvo correttivi speciali derivati dalla riproduzione agamica (2). L’estremo grado di evoluzione degli organismi tutti è quello, invece, rappresentato dall’ insetto tipicamente completo, coi suoi perfetti mezzi sensoriali e locomotori, mediante i quali provvede comodamente alle più dure esigenze della sua esistenza e di quella della specie a cui appartiene. La complessità della sua organizza- zione ne è V indice, da poi che nulla vi può essere di superfluo. Il maschio non subisce le stesse condizioni (che nella precedente disamina si sono brevemente ascritte all’adulto, ma riguardano la sola femmina) dell’altro sesso, nei rapporti colla facoltà di ripro- duzione. Esso ha via diversa; segue lo sviluppo della femmina più o meno davvicino ma, nella sessualità, gode di una maggiore indipendenza dalle influenze ambienti. (1) Intendasi tale voce letteralmente, poichè 1° adulto non è riprodotto con tutte le sue attività se non allorquando la sua tfigliolanza ha raggiunto essa pure la facoltà generativa. Si comprenda, adunque, anche tutta la vita postem- brionale, tino alla maturanza sessuale. (2) Questo esempio, che è fra i più citati ed apparentemente probatori per talune scuole evoluzioniste è dunque suscettibile di altra interpretazione e non è il solo. Mi - RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 95 Il grado di sna evoluzione dipende da altre cause, non intluen dovi, perchè poca, la variabilità della sua massa di prodotti sessuali. La lotta per la riproduzione (cioè per Vesistenza della specie). — Come, adunque, vige una lotta per l esistenza individuale, con effetti di cui ora non discutiamo, così è anche più viva una lotta per la conservazione della specie, combattuta di continuo dalla specie stessa contro le ostilità dell’ ambiente e questa lotta ha eftetti, sulla organizzazione degli individui, assai più intensi dell’altra (1). Le cause avverse alla riproduzione (nel senso sovracitato) sono dirette ed indirette. Le cause dirette tendono ad ostacolare direttamente le funzioni primarie, cioè di accoppiamento e di figliazione. A_ queste la specie oppone la partenogenesi e le altre maniere di agamogenesi, se è ostacolato il solo accoppiamento ; la. evolu- zione dei mezzi di ricerca di ambiente opportuno ad accogliere utilmente i prodotti sessuali, per PV un caso e per 1 altro. La partenogenesi, nella quale dunque è in gioco la sola fem- mina, non influisce sul grado di evoluzione di questa. Esso di- pende invece dalla funzione di ricerca dell'ambiente opportuno per la figliolanza. (La pedogenesi è accidentale e non dà regola; la poliembrionia si alterna colla riproduzione gametica). Invece la evoluzione dei sessi è favorita pel miglioramento dei mezzi di ricerca dell’ ambiente suddetto. In quest’ ultimo caso adunque le necessità di conservazione della specie concorrono con quelle dell’ individuo alla sua evoluzione. Le cause indirette sono quelle che tendono ad aumentare la mor- talità degli individui prima del compimento dell’opera riprodut- tiva (2). (1) Questi sono i caratteri trasmissibili per eredità, perchè assolutamente ne- cessari alle esigenze della specie. Gli altri, che possono avere solo una intluenza maggiore o minore sulla esistenza dell’ individuo, o non ne hanno atftatto (ae- cidentali), adunque i cosidetti somatici, se veramente tali non si stabiliscono nel corredo della specie. (2) Ad es. pegli insetti V’ apparsa della endofagia, quella di predatori più efficaci, scomparsa di mezzi di sussistenza, necessità di complesse migrazioni 94 ANTONIO BERLESE A queste ultime la specie fa fronte coll’ aumento della prolifi- cazione, colla maturanza sessuale anticipata (fino alla poliembrio- nia, negli insetti). Nel primo caso il maschio non è molto influen- zato, V aumento del suo contenuto sessuale, anche se notevole, non può importare sensibili variazioni somatiche. L'effetto è invece sensibilissimo per la femmina e si esplica 0 colla riduzione della parte nutritiva delle uova (donde il metabo- lismo) o coll’ aumento della statura e della pesantezza dell’ indi- viduo, con diminuzione cioè della sua mobilità. La riduzione del tuorlo o } aumento di statura si impongono quando non devono essere scemate le facoltà di ricerca dell’ am- biente ove deporre le uova. Se tale necessità non è in atto, allora (non ostante il danno alla conservazione dell’ individuo) la femmina anticipa la sua ma- turanza sessuale, il che importa 1 arresto od il ritorno ad uno stato regressivo, cioè una vera e propria involuzione. Ecco un caso di conflitto fra gli interessi della specie e quelli dell’ indi- viduo, terminante col sacrifizio di questi ultimi. La lotta per la riproduzione, combattuta dai due sessi, lo è con mezzi, finalità ed ettfetti molto ditterenti per 1)’ un sesso in con- fronto dell’ altro ed è questa un’ altra grande causa di divergenza, non solo fisiologica ma ancora (parallelamente) morfologica. Vediamo dunque come si comporta l uno e P altro sesso in tale funzione e come soccorre alla specie in questo conflitto. Uffici e variabilità del maschio. — Nell opera riproduttiva il maschio non rappresenta 1 elemento principale; esso non è sem- pre necessario. Meno prezioso è il contenuto delle sue ghiandole sessuali, sia per la sua abbondanza, che per la finalità. Perciò questo sesso è il più esposto ed il più prodigato. Esso solo sopporta le conseguenze della obbligatorietà dell’ inerocio, che precedenti la prolificazione ete. Consimili condizioni nuove ed improvvise od uccidono le specie, che più ne sono colpite o ne determinano la loro rapida mo- dificazione, anche morfologica e questa si mantiene quanto la causa determi- nante. Essa apparisce cioè ereditaria. +6 343 Saclà dici n Sl RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI costringe a peregrinazioni tanto più pericolose quanto più esse si estendono da una famiglia scarsa e molto raccolta in ambiente più o meno protetto, ad altre dislocate più o meno in ambienti aperti a varie insidie, o si dirigono addirittura a femmine isolate. Diverso grado di pericolosità, da parte del maschio, del suo com- pito sessuale e diversa organizzazione per compierlo. Coll aumento delle difficoltà e delle insidie procede il perfezio- namento della organizzazione per sentire e ritrovare la femmina ; adunque un impulso evolutivo sempre proporzionato direttamente alle difficoltà del compito da assolversi. Perciò la specie è, verso il maschio, meno avara nelle concessioni secondo la scala di evoluzione degli organi (che sarà indicata), tanto più che la richiesta da parte degli organi sessuali è molto, senza confronto meno avida che non da parte della femmina. L’ iniziativa, diro così, evolutiva non deve nel maschio fare è conti colle necessità strettamente sessuali, le cui variazioni, anche minime importano invece effetti grandissimi nella organizzazione della femmina. Di qui una maggiore indipendenza della organizza- zione mascolina verso quella evoluzione, nel cui miraggio si muove la specie. Tra gli insetti le nozze consanguinee sono di regola evitate con grande serupolo, perfino nelle società (1). Alla ricerca della femmina soccorrono opportuni organi di per- cezione, altri di locomozione, altri ancora di richiamo. Trovato l’altro sesso, a favorire accoppiamento il maschio impiega mezzi ed organi di seduzione, di coercizione ete., funzioni tutte, che, se trovano un parallelo con altre speciali della femmina, si compiono in modo del tutto diverso e quindi con organi differenti. Insomma tutta la organizzazione sessuale del maschio è infor- mata alla finalità dell’accoppiamento, quindi in stretta dipendenza da quella della femmina e delle abitudini di questo sesso. Invece, la femmina informa tutta | organizzazione sua prevalentemente (1) Il volo nuziale ha per iscopo 1’ inerocio tra le diverse famiglie. In na- tura esso ha tutto il suo etfetto per la vicinanza delle famiglie stesse e per la contemporaneità del fatto. Solo le imposizioni della domesticità turbano il più spesso anche questa fondamentale regola. 96 ANTONIO BERLESE allo scopo di un buon esito della figliolanza e perciò essa deve essere in armonia, invece, coll’ ambiente e da questo dipende so- vratutto. Per concludere la variabilità del maschio, pure obbedendo alle esigenze sessuali, risente più dall’ intrinseca energia evolutiva, è quindi più ampia e perciò questo sesso rappresenta più spesso dell’ altro il limite di evoluzione raggiunto dalla specie all’ atto del nostro esame. Uffici e variabilità della femmina. — Davvero il gamosoma non è che il riflesso dell’ elemento sessuale che lo informa. L’ ovulo attende lo spermatozoo, che ne va in cerca talora per lunga via, con peregrinazioni anche nel mondo esterno; esso novo si limita ad una attesa passiva o tutto al più attrae V elemento maschile da brevi distanze. Altrettanto esattamente fa il gamosoma, che lo riveste, per quanto riguarda 1 atto fecondativo. Ma la femmina ha pure un ufficio ulteriore ed è quello per cui tende ad assicu- rare il buon esito della figliolanza ed inoltre, ufficio importantis- simo, essa sola si incarica (nè può essere altrimenti) della dittusione della specie. Le funzioni della femmina nell’ opera riproduttiva sono più nu- merose e variate di quelle del maschio. Infatti essa deve : 1.° Concorrere all’accoppiamento ; 2.° Ricercare ambiente 0ppor- tuno per la buona esistenza della figliolanza; 3.° Concorrere alla dif- fusione della specie; 4.° In molti casi allevare e proteggere la prole. Queste esigenze non hanno effetto involutivo sulla organizza- zione femminile, anzi tendono a stimolarne la evoluzione. Esse, di conserva con quelle della protezione individnale, moderano la ten- denza involutiva esercitata da quelle necessità della specie, che richiedono aumento della prolificità. Di fronte a questa ultima imperiosa richiesta indeboliscono 0 trovano dei surrogati le esigenze con eftetto evolutivo sopraindi- cate; ed ecco come: Rispetto all’ accoppiamento la femmina tende a lasciare all’altro sesso la parte principale e più attiva per la sua riescita. Per la diffusione della specie ed insieme ricerca dell’ ambiente opportuno alla futura prole sono chiamate a concorrere le forme giovanili o si fa ricorso ad altre energie estrinseche, così che in 2IPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 97 tale funzione la femmina adulta spesso sì limita ad una parte più o meno passiva (1). Dell’ allevamento e protezione della prole (nel periodo postem- brionale) non tengo parola qui, non occorrendo tale funzione di regola fra gli insetti, solo osservo che per altri animali spesso vi è utilizzato il concorso del maschio (2). Cito brevemente qualche esempio che risparmi altre parole. In molti casi le ali, cioè il summum degli organi locomotori sono dati alla femmina solo per convenire col maschio all’ atto copulativo. Esempi classici, l’Ape, le Formiche, le Termiti e quelle e queste perdono le ali subito dopo compiuto tale atto. Il potere locomotorio nella femmina in solo servizio dell’ atto copulativo perde di energia in proporzione della parte attiva che vi prende il maschio nella ricerca dell’ altro sesso, come ne perde presso il maschio in proporzione della facilità di incontrare la femmina sua per le nozze. Quando non vi sieno altre esigenze rispetto alla femmina ed il maschio non debba percorrere grandi distanze per incontrare ove deporre i suoi spermatozoi (pur obbedendo alla legge dell’ incrocio) gli organi locomotori per eccellenza tendono a perdere di loro efticacia e finalmente scompaiono, Il concorso della femmina all’ atto copulativo si ettettua ancora con altri mezzi corrispondenti a quelli di richiamo, che appartengono al maschio ; suoni, ‘odori, colori, luci. Anche qui può aver luogo qualche differenza, dalle meno sensibili sino alla abolizione di una di tali funzioni nel sesso femmineo (più frequentemente che non nel mascolino) e ciò in omaggio alla stessa tendenza di lasciare al maschio la parte attiva nei preliminari dell’ accoppiamento, come (1) Tali energie estrinseche all’ organismo possono essere così etticaci da ri- sparmiare all’ organismo stesso persino ogni locomobilità attiva. Così sono co- muni i casì di collaborazione (sinergia) fra organismi diversi, dei quali uno solo mette la sua facoltà rocomotrice al servizio delle funzioni sessuali dell’ altro, componendo un complesso sinergico equipollente a qualsiasi organismo più lo- comobile. Uno stame di Salvia + un Bombus costituiscono un complesso siner- gico maschile non meno locomobile del maschio medesimo del Pecchione. Lo stesso dicasi di quegli espedienti per la diffusione dei semi a mezzo di animali o del polline e dei semi stessi a mezzo del vento, dell’ acqua etc. (2) Tuttavia noto che la protezione stessa è affidata totalmente o per più larga parte, in linea generale, alle femmine. Per la protezione sarebbe indica- tissima quella maggior pugnacità e gagliardia che appartiene invece al sesso forte. Le teorie più correnti attribuiscono questa prerogativa al maschio, solo per effetto della lotta per la conquista della femmina. Eppure tale lotta è ben altrimenti meno ardua e continua di quella che deve sostenere invece la fem- mina a difesa della sua prole! Ecco un’ altra incongruenza della scelta sessuale. » Redia », 1914 T 95 ANTONIO BERLESE nell’ atto stesso. E sempre la traduzione nel gamosoma della attività caratteri- stica dell’ elemento sessuale maschile, lo spermatozoo. La ricerca dell’ ambiente opportuno per la buona esistenza della figliolanza e l’incarico della diffusione della specie sopratutto, escludono ogni intervento ma- scolino in tale opera. Im forme alte, per uno speciale adattamento psichico del maschio, il primo atto può essere coadiuvato da questo sesso, ma ciò non è di necessità, mentre lo è invece per la madre. Gli ausiliari a tali opere sono da ricercarsi adunque nel solo sesso femmineo, che può anche valersi di un collaboratore estrinseco, il quale però raramente è il maschio della stessa specie (1). Tali collaboratori sono individui giovanili della medesima specie, oppure dei sinergici, o }’ uno e l’ altro insieme. Esempi del primo caso le larve di quasi tutti gli insetti (in generale di tutti i giovani organismi semoventi dall’ inizio della loro indipendenza in poi), meno le assolutamente sedentarie, come le so- ciali ete. Le larve sono collaboratrici alla diffusione della specie con efficacia pro- porzionata ai loro mezzi (diretti od indiretti) di locomobilità. D’ altrettanto, in senso inverso, può essere ridotta quella della femmina. Le forme giovani, per diffondere la specie, possono ricorrere ad ausiliari non meno che gli adulti; talora esse sono particolarmente destinate alla massima parte nella diffusione della specie, anche con organi appositi per ottenere la massima locomobilità diretta od indiretta. È inutile protrarre P esemplificazione. L’ impiego dei sinergici di varia natura è molto ditfuso, sia di organismi atti a compiere spostamenti di luogo molto più ampi (e qui 1’ organismo mi- grante ha parte attiva nella scelta del mezzo di trasporto, nella sua istallazione sullo stesso ete.), sia, più passivamente, in balìa di agenti ciechi, come le correnti d’aria e d’ acqua, di terra, di legnami ete. etc. Il migliore effetto è ottenuto, anche per la ricerca dell’ ambiente atto al buon esito della figliuolanza, allorchè il sinergico è un commensale ed è così che Acari, Chernetidi, Vermi ete. risolvono bene ambedue le questioni insieme. Per mostrare l’ effetto di tali collaborazioni di forme giovanili e di sinergici sulla organizzazione della femmina, vedasi che le specie di insetti, le cui larve vivono in ambienti confinati, di dove non possono uscire per concorrere alla diffusione della specie (stagni, legnami, sostanze in decomposizione, vegetali isolati, cioè non ricoprenti continuatamente larghe estensioni di terreno, frutta sulla pianta, nidi in generale, ambienti costantemente sotterranei ete.) hanno tutti necessariamente femmine alate e bene volanti (2). Per converso gli Insetti (1) Imaschi ostetrici concorrono alla ditfusione della specie. (2) Mutando le condizioni ambienti può non rendersi più necessaria la forma bene volante (e viceversa). Il primo caso spiega la tendenza all’ atterismo di molti Lepidotteri forestali. Le nostre grandi culture, artificialmente estese, deb- bono avere il medesimo etfetto. Ognuno vede la solenne inutilità della Fillos- sera alata e suoi derivati sulle viti nostrali. Qui basta il vigneto e 1’ uomo alla RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 909 anche di gruppi attini, ma le cui larve sono molto facilmente locomobili (diret- tamente 0 meno) possono avere femmine a vario grado di involuzione del si- stema alare (1), tino all’ atterismo completo, nelle specie, nelle quali le larve si incaricano esse della funzione della diffusione della specie ed è ovvio Vambiente migliore per la buona riuscita della tigliolanza. L’apterismo è più diffuso fra gli eterometaboli che non fra gli olometaboli e cio appunto perchè nei primi le larve e le ninfe sono più locomobili che non in questi ultimi. Fanno eccezione i grandi migratori e le specie con habitat gio- vanile nelle acque e negli altri ambienti confinati citati ; la maggior parte delle altre specie subiscono riduzione nelle ali. Causa di variabilità differente nei due sessi. — Riassumiamole dal già esposto. Anzitutto la natura stessa dell’ elemento genitale, che informa e regge il gamosoma. In secondo luogo il grado diverso di evoluzione, che, nello stesso gamosoma od in stretto rapporto funzionale col medesimo, rag- giungono i prodotti sessuali. Queste sono cause intrinseche. Fra le estrinseche all’ organismo notiamo il diverso ufficio dei due sessi nell’ opera riproduttiva. Il maschio, nell’ evoluzione dei suoi prodotti sessuali, si arresta ad un limite, che è di molto oltrepassato dalla femmina, perciò mentre lo scopo del primo è esclusivamente quello di collocare in buone condizioni i suoi prodotti sessuali, per la femmina le cose decorrono molto diversamente, perchè essa deve corredarli di ri- serve, che ne permettano una ulteriore evoluzione; deve provve- dere al buon esito della prole ed alla diffusione della specie (2). diffusione della fillossera ; allo stato naturale, invece, e in mancanza dell’ uno e dell’ altro, è indicatissima la forma volante e le conseguenti, le quali da noi certo scompariranno se non le soccorre l impiego delle viti americane. Il caso inverso è mostrato, fra altro, da molti esempi di dimorfismo di sta- gione. Su questi però non insisto, come troppo estranei all’ attuale argomento. (1) Un Carabide così attivo predatore e veloce corridore, non farebbe meglio ? Quale non uso può averle abolite e spe- il fatto suo coll’ aiuto anche delle ali? cialmente in confronto degli affini Cicindelidi, Ditiseidi, Idrofilidi ete.?. Un predatore ha pur bisogno di organi locomotori più efficaci di un vegetariano, che, come una Melolonta, ha sulla sua pianta di che nutrirsi facilmente per tutta la sua esistenza di adulto. (2) È davvero meraviglioso che con uffici e finalità così diversi i due sessi tro- vino, ancora in molti casi, una grande corrispondenza di organizzazione, Per me 100 ANTONIO BERLESE Cause di convergenza fra i due sessi. — Esposte le cause di di vergenza, vediamo ora quelle di convergenza fra i due sessi. Oltre alle cause di origine, sulle quali non è il caso di discutere qui, vi sono quelle estrinseche per uftici e funzioni similari. Anzitutto la ricerca dell’ambiente opportuno per accogliere i prodotti sessuali. Il maschio è fornito d’ organi appositi pel ritrovamento della femmina. Tale ricerca non è cieca nè affidata al caso, ma molto bene determinata nel suo scopo e nei suoi mezzi. Per la femmina vi corrisponde la ricerca dell’ ambiente oppor- tuno per la figliolanza ; funzione questa importantissima in molti casi. Essa può richiedere una organizzazione non meno elevata di quella del maschio, perchè, molto spesso essa pure egualmente illuminata di quella che il maschio fa per sua parte e secondo il SUO Scopo. Pegli insetti, forme che non allevano la prole, da poichè si sono incaricati di metterla nelle condizioni migliori di esistenza, tutte le altre varianti nella organizzazione femminile, derivanti da tale scopo, sono soppresse e così vien meno una grande causa di di- vergenza. Delle influenze extrasessuali non mi occupo di presente. Il tipo della specie. — In presenza di questa diversità fra i due sessi, quale dei due rappresenta la specie nei suoi caratteri mor- fologici ? i A ciò risponde il sistematico, il quale non potrebbe collocare al loro vero posto nel sistema talune specie se non considerando la loro più evoluta forma (Linguatule, taluni Copepodi, Stilopidi etc.). La forma più differenziata, fra le sessuate, mostra il limite mas- simo a cui la specie è giunta attualmente (per evoluzione o per in- voluzione poco importa). Le energie e le leggi per le quali la forma più difterenziata ha sembra più arduo non già lo spiegare le cause dell’ eteromorfismo sessuale, quanto quelle invece dell’ omeomorfismo, cioè della consonanza di caratteri so- matici con un insieme genitale morfologicamente e fisiologicamente tanto diverso. Avrei compreso meglio 1’ invenzione di teorie per spiegare questa consonanza anzichè una dissonanza, che sembra dover essere necessaria. L' RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 101 raggiunto tal grado di evoluzione sono quelle stesse che regolano la evoluzione di tutta la organicità, quindi non è il caso di chia- marle in causa a proposito di eteromorfismo in genere e del sessuale in ispecie. Bisogna invece ricercare la causa dell’arresto evolutivo (0 del processo involutivo) delle forme meno differenziate, cioè il perchè del loro minor grado di evoluzione in confronto all’altro sesso, cioè al tipo massimo a cui la specie mostra di poter giungere. Adunque, non devesi indagare il perchè della organizzazione così fatta delle larve di Linguatula, del maschio di Stilopidi, delle corna dello Scarabeo Ercole, della barba dell’ Uomo, perchè tutto ciò dipenderà dalle stesse cause, che hanno dato ad ambedue i sessi del Bue e della Renna le corna, lo splendore metallico al maschio ed alla femmina delle Cetonie, ete.; ma devesi invece ricercare il perchè della riduzione vermiforme degli adulti di Linguatule o quella larveforme delle femmine di Stilopidi o della mancanza di corna alla femmina di Scarabeo Ercole, del Cervo, del piumaggio modesto delle femmine di molti uccelli in confronto dei rispettivi maschi, della nudità del mento muliebre ete. ete. (1). Questo compito è più piano perchè non obbliga ad ineursioni nel trascendentale. Età ed uffici degli organi e gradi di involuzione. — In somi misti sì trovano organi di ufficio e di età molto diversi. Quanto alle funzioni, esse sono di nutrizione, di relazione e di riproduzione; quanto all età, quelli appartenenti all’ agamosoma sono (tipicamente) di apparsa precoce rispetto agli altri. Ho già detto che nei somi misti talune impostazioni, spettanti al gamosoma, possono essere contemporanee ad organi strettamente pertinenti all’ agamosoma. Comunque sia, il grado di variabilità è in ra- gione inversa della età degli organi, a qualsivoglia serie di fun- zioni essi appartengano. Nell’ agamosoma il complesso riproduttore si riduce ai soli ele- sistono organi in rapporto con tale uf- menti genitali (2); cioè non e (1) La teoria della scelta sessuale sarebbe stata più logica e più assurda in- sieme se si fosse proposta di dimostrare la preferenza del maschio verso la femmina più semplice (più opportuna sessualmente) e la involuzione di questo ultimo sesso per eredità. (2) La difficoltà di riconoscerli e distinguerli fra gli elementi somatici ha fatto dubitare della loro esistenza e quindi dell’ immortalità del gonocito in istoni eteroplastidici ; ma, per me, come ripeto, non può sorgere il soma se non attorno al protocito, come sua dipendenza. 102 ANTONIO BERLESE ficio; quindi tutta la funzione genitale si riduce alla pura ripro- duzione protistica del gonocito. Perciò le variazioni involutive ed evolutive dell’agamosoma sono esclusivamente somatiche, cioè riferentisi alle funzioni di nutri- zione e di relazione. Quanto alla funzione riproduttiva può esservi solo variazione di intensità e null’ altro. Ma pel gamosoma (e per conseguenza pel soma misto) la com- plessità del fenomeno è molto maggiore. Si possono avere varia- zioni negli organi e funzioni di nutrizione (plastica, gazzosa ed escretiva) e queste interessano solo la vita dell’ individuo, oppure in quelle del complesso riproduttivo e queste interessano anzitutto la specie ed in seconda linea 1 individuo (come si è fatto vedere già), oppure in quelle di relazione e queste influiscono sulla esi- stenza dell’ individuo e su quella della specie. Per le cose sovradette però la involuzione del soma misto può toccare con diversa efficacia V uno o l altro dei tre sistemi di or- gani sopradetti (di nutrizione, di relazione, di riproduzione) in confronto degli altri. In tali casi V andamento della riduzione involutiva, in quella serie di organi che la subisce si fa sempre secondo la norma del- l'età degli organi presi di mira, ma, intanto, quelli che spettano alle altre due grandi serie di funzioni possono rimanere indifterenti. Ii maggior grado di indipendenza decorre fra le funzioni di nu- trizione e quelle di riproduzione, poichè per quelle di relazione si è già avvertito che hanno stretti rapporti colle nne e colle altre delle prime citate. Si possono avere così organismi a grado diversissimo di evolu- zione tra il compiesso d’ organi destinati alla nutrizione e gli altri per la riproduzione, ma il grado di evoluzione dell’ uno o dell’al- tro complesso mostrerà sempre una grandissima influenza sul com- plesso degli organi di relazione. Di ciò si è fatto cenno già allorchè si disse delle azioni secon- darie nella differenziazione dei sessi. Conveniva però ripetere qui talune norme per spiegare regressi involutivi, non esattamente inversi al progresso evolutivo tipico. Vediamo adunque, in primo Inogo questo processo ontogenetico e di poi, trascurato quanto sì riferisce agli organi ed alle funzioni RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 105 di relazione, di cui non ci occupiamo qui, esporremo la graduato- ria, secondo Vl importanza loro, degli organi e delle funzioni di ri- produzione (e di quelli di relazione che vi hanno rapporto). Così vedremo esattamente secondo quale via interviene il processo in- volutivo in obbedienza ad esigenze della riproduzione ed in rela- zione alla varia età degli organi. Restringendoci agli insetti, per avere esempio che più ci inte- ressa qui, si vede che nello sviluppo embrionale le parti del corpo, gli organi ed altri caratteri esterni (fermiamoci a questi, per ora) che si differenziano via via, sono nell’ordine seguente : Capo, antenne ed organi boccali; torace e zampe; addome, gonapofisi è ocelli; occhi composti, ali, processi ed appendici diverse ornamen- tali, colorazione. Intervenendo un arresto nello sviluppo dell’ individuo, per esi- genze in ordine alla riproduzione, combinate con facilitazioni di esistenza individuale, si ha una involuzione degli organi, che direi generale ed omodinamica, rispetto a tutti i sistemi e quindi esat- tamente in senso inverso dell’ ordine di loro evoluzione. Cioè, dapprimo [1] riduzione della ornamentazione cromatica ; quindi [2] di quella delle appendici puramente ornamentali; [3] in seguito delle ali (prima del 2.° paio e poi del 1.°); ancor più oltre [4] degli occhi composti: poscia [5] degli ocelli, delle gonapofisi [6]; della differenziazione dell’ addome dal torace [7]; di poi delle zampe S]; della distinzione del torace stesso dal capo [9] e quindi degli organi boccali [10] e delle antenne. Eccone esempi secondo la numerazione data: [1] dieroismi sessuali ; |2] di- mortismi sessuali per complicanza di appendici cefaliche e toraciche in moltis- simi insetti ; [3] Forme brachittere ed attere ; [4] Afanitteri, Pediculini e Mal lofagi; forme attere di pareechi Omotteri bassi; [5] femmine di Diaspiti ; [6] Afanitteri; femmine larveformi; |7] femmine di parecchi altri Coccidei ; [8] idem; [9, 10] femmine di Stilopidi. Considerata la scala sovraesposta della età dei diversi organi e dell’ordine della loro involuzione, esattamente inverso (1), che (1) Il sistematico trova che tale graduatoria corrisponde a quella per cui gli organismi sono ordinati nel sistema. Così le minime variazioni di colore sono meno che specifiche (color non facit speciem) e se oltrepassano il grado di diver- 104 ANTONIO BERLESE vanno dalla colorazione alla incompleta differenziazione del capo dalle altre regioni, si vede che può essere percorsa così, nel pro- cesso involutivo, tutta intera la scala della ontogenesi, a partire da nno stadio di poco seguente alla stria germinativa, in poi. Mi richiamo infatti ad un mio precedente scritto (1) inteso ad omologare le metamorfosi degli insetti ed a disporre ordinatamente per grado di evoluzione le diverse forme larvali olometaboliche. Vediamo come vi possano convenire an- che gli adulti arrestatisi a vario grado di evoluzione o regrediti, da poi che in tali condizioni essi debbono più o meno avvicinarsi a stadi, che la forma più evoluta ha oltrepassati. Riassumiamo brevemente quella serie di forme, che si susseguono nella onto- genesi degli eterometaboli (e trovano corrispondenti in quella degli olometaboli, salvo una diversa estensione del periodo postembrionale, in confronto dell’ em- brionale). 1.° stadio: Protopodo. — a) oligomero. Incompleta differenziazione dei tre ma- crosomiti principali capo, torace, addome; non manifesta ancora la divisione del torace in mierosomiti e tanto meno quella addominale. Appena impostate le ap- pendici cefaliche e meno ancora quelle toraciche ; manca il sistema respiratorio ; l») polimero, come sopra, salvo }’ inizio della differenziazione delle tre regioni del corpo, delle appendici cefaliche e toracali e la divisione dell’ addome in microsomiti 2.° stadio: Polipodo. — La differenziazione del capo dal rimanente tronco è manifesta, le appendici cefaliche e toraciche sono discretamente evolute, appaiono appendici (false zampe) addominali ; il sistema respiratorio è completo. 3. stadio: Oligopodo. — Nettamente differenziato il capo e meglio evolute le sue appendici e quelle addominali ; il torace è tuttavia indistinto dall’ addome. Im questa ultima regione sono scomparse le appendici ambulatorie (false zampe). sità puramente individuali rimangono in quello di variazioni o varietà. Seguono altre morfologiche, dalle ornamentali (di valore specifico o generico) alle estreme con caratteri differenziali da classe a classe, se non di tipo. Ad es. le femmine di Stilopidi, per la loro organizzazione, non si potrebbero certo comprendere fra gli Insetti e con dubbio fra gli Artropodi. Ecco che la regola darviniana, per la quale una parte estremamente svilup- pata in una specie qualunque, comparativamente allo stato della stessa parte in specie vicine, tende a variare molto, è infelicemente espressa, sebbene in fondo giusta, e non è che la enunciazione di un fatto piuttosto che la sua esplicazione o legge. Si dice meglio atfermando che la variabilità di un organo aumenta an- che di grado in ragione inversa dell’ età dell’ organo stesso e della sua ditfe- renziazione. (1) A. BERLESE, Intorno alla Metamorfosi degli Insetti; « Redia», 1913, RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 105 +4. stadio: Foninfa. — Come nello stadio precedente, salvo una evidente dif- ferenziazione del torace dall’ addome ed il maggiore sviluppo delle appendici cefaliche ed addominali. Comincia l’apparsa degli occhi composti. 5.0 stadio: Proninfa. — Aumenta la differenziazione delle tre regioni del corpo e lo sviluppo delle appendici cefaliche e toraciche. Compaiono gli accenni delle ali. 6.° stadio: Ninfa. — Aumenta lo sviluppo delle appendici cefaliche e toraci- che, comprese le ali. 7.0 stadio: Alato. — Con tutte e quattro (tipicamente) le ali perfettamente evolute. Massima differenziazione del corpo nelle regioni sue e nei suoi miero- somiti toracici ed addominali, nonchè nelle appendici cefaliche e toracali. Vediamo ora a quale di questi gradi si possono arrestare forme sessuate ed atte alla riproduzione gametica o tornarvi per involuzione. Come si è veduto (1) schiudere larve così anticipatamente rispetto al tipo rappresentato dagli eterometaboli (il Prosopon), da corrispondere ai primissimi stadî embrionali dei suddetti insetti, così anche forme sessuate possono trovarsi corrispondenti al detto primissimo stadio. È quindi logico il ritenere che esiste tutta una serie completa di forme sessuate, in gruppi diversi, le quali, disposte ordinatamente secondo il loro grado di evoluzione, vanno dal precocissimo stadio embrionale suddetto (Protopodo oligomero) fino alla forma alata tipica degli insetti. Così grande è la plasmabilità e la adattabilità di questo gruppo. Si comprende che i casi di involuzione, in confronto di quelli di arresto ttamente, per quanto negli effetti essi nello sviluppo possono distinguersi es: concordino così da poter essere insieme considerati e compresi sotto un’ unica voce, quella di Neotenia. Essa detinisce una condizione dell’ organismo, per la quale i prodotti sessuali sono pronti al loro scopo, pur essendo tutto il rimanente degli organi assai arretrato rispetto al marimum di evoluzione, al quale potrebbe giungere, cioè al tipo indicato dal gruppo, al quale 1’ insetto appartiene o dal sesso non egualmente involuto. Avremo il caso di involuzione allorehè la forma sessuata si trova corrispon- dere ad un gradino dello sviluppo embrionale degli eterometaboli più basso di quello della larva da cui è derivata, come, per fissare le idee, avviene delle so, forse solo, di involuzione vera. femmine di Stilopidi, che rappresentano il e Invece si tratterà di arresto di evoluzione allorchè il sessuato rimane ad un grado di evoluzione somatica più basso di quello a cui dovrebbe giungere se- condo il modulo che gli spetta, arresto che può cominciare dallo stesso punto di schiusura della larva fino alla completa evoluzione degli organi tutti, salvo minute differenze in meno, che sono palesi solo pel confronto col sesso comple- tamente svolto secondo la sua specie e che rappresenta appunto, come sì è detto, il tipo della specie medesima. Adunque gradi infiniti di neotenia, dalla più accentuata alla quasi insensi- (1) A. BERLESE, op. cit. 106 ANTONIO BERLESE bile e finalmente gli esempi di conformità fra i due sessi, nel quale caso adun- que nessuno di essi può dirsi neotenico (1). Giudicando a questa stregua, possiamo distribuire, secondo la corrispondenza loro colle varie fasi embrionali e postembrionali tipiche sopracitate, i vari gradi di evoluzione di forme diverse di insetti sessuati e delle loro larve. 1.° stadio: Protopodo. — Embrionale per gli Eterometaboli. Larve : Ciclopi- formi degli Imenotteri. Sessuali: Femmina di Stilopidi; ambedue i sessi di Collemboli e di Tisanuri. Questi ultimi non subiscono involuzione, bensì la prima, che si svolge da una larva melolontoide, cioè al 8.° stadio. Si notano tutti i gradi dal Protopodo oligomero (femmine di Stilopidi, Collemboli) fino al polimero (Tisanuri). La femmina di Stilopidi è anche più bassa dei Collemboli, sia pel capo con- fuso col torace, sia per l assenza totale di appendici cefaliche e toraciche, sia pel numero dei somiti ete. Essa è 1’ esempio della massima involuzione fra gli insetti. 2.° stadio: Polipodo. — Embrionale pegli Eterometaboli. Larve eruciformi (e loro derivate apode). Sessuati : Non se ne conoscono perchè le femmine larve- formi di parecchi Lepidotteri, specialmente Geometridi e Psichidi sembrano piuttosto da omologarsi allo stadio di Eoninfa. 3.0 stadio: Oligopodo. — Embrionale pegli Eterometaboli. Larze melolontoidi (e loro derivate apode). Sessuati : Femmine di Coccidei. 4.° stadio: Eoninfa. — Il primo postembrionale degli Eterometaboli. Larve di questi ultimi (Prosopon). Sessuati : Femmine di Afidi ed altri Fitoptiri, ambedue i sessi di Afanitteri, femmine di Lampyris ete., in generale adunque le forme sessuate perfettamente attere (senza il minimo accenno di ali superiori ed infe- riori) e con ditterenzi: zione poco decisa tra il torace e 1’ addome, Suddette fem- mine di taluni Lepidotteri. Qui finisce il periodo larvale propriamente detto. 5.0 stadio: Ninfa. — Conforme in tutti gli Insetti. Sessuati: Tutte le forme brachittere, in un grado qualunque, sia pure pel solo paio posteriore di ali : in- somma inette al volo. 6.° stadio: Alato. — Tipico degli Esapodi, fra gli Artropodi, al quale tutti sono incamminati 0 già già pervenuti (salvo retrocessioni). Le differenze sessuali secondarie fra sessi ambedue giunti a questo grado più alto di evoluzione non sì manifestano se non nel complesso ornamentale, cioè in quello che potrebbe essere detto il superfluo, il lusso della specie. (1) Quando non lo sieno ambedue, Ad es. : il nostro Dorcus parallelepipedus, in cui i due sessi sono eguali e corrispondenti a maschi omeomorti od a fem- mine di altre specie, nelle quali i maschi eteromorfi sono molto difterenziati nello sviluppo del capo ete., può considerarsi per arrestatosi, con ambedne i sessi, di fronte ad un tipo più comune al genere. Così il Pentodon punetatus ri- spetto ai Dinastiti, poichè in questa specie ambedue i sessi segnano un grado, che spetta solo alle femmine dei Dinastiti anche più vistosamente dimorfi ete. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 107 Graduatoria degli organi e delle funzioni sessuali. — Nei casi di involuzione 0 di precoce maturanza sessuale, per necessità inerenti alla conservazione della specie (e sono i più comuni) il percorso della involuzione stessa si fa il più spesso in conflitto colle esi- genze della esistenza individuale e quindi non sempre esattamente a ritroso grado per grado, della età degli organi, che sorgono nella ontogenesi, ma si fa ancora colla norma della graduatoria speciale degli organi e delle funzioni sessuali. Questa graduatoria decorre in primo luogo per importanza e quindi per età e può comportarsi con una certa indipendenza rispetto all’ andamento tipico della onto- genesi, che ho sopraricordato (1). Ciò serva per dare ragione di talune piccole eccezioni alla regola generale precitata, per cui si è detto che non è abolito un organo più vecchio se tale regresso non è preceduto dalla perdita di quelli più recenti. Rispetto alla importanza nell’ opera riproduttiva le funzioni e gli organi, procedendo dal meno al più, si dispongono nell’ ordine seguente : FUNZIONI SECONDARIE. 1. Ricerca da parte dell’ adulto d’ opportuno eccipiente dei pro- dotti sessuali; a) per via sensoriale ; d) per via locomotoria. 2. Reciproca azione dei due sessi l’ uno verso l’altro, per con- venire all’ atto dell’ accoppiamento e facilitarlo. FUNZIONI PRIMARIE. 5. L’ accoppiamento. 4. Il parto. Gli organi relativi a tali funzioni od implicati nell’opera ripro- duttiva sono : (1) Molti insetti conservano eccellenti organi di richiamo dell’altro sesso pur avendo perduto gli organi di volo, sebbene questi sieno di apparsa anteriore a quelli. La colorazione non si riduce quasi mai quanto lo comporterebbe la sua giovanissima età, perciò i casi di policroismo sono i più difticili a spiegarsi ete. Per condizioni speciali possono prodursi forme neutre. 105 ANTONIO BERLESE ORGANI SECONDARI. 1. Complesso ornamentale (in parte). 2. Organi di seduzione, provocazione ete. 3. Organi utili nella precopula (complesso di atti che decorrono dal contatto fra i due sessi fino all’ accoppiamento vero). 4. Per la segnalazione, il ritrovamento e l’incontro fra i due sessi. ORGANI PRIMARI. 5. Necessari alla fecondazione ed alla riproduzione. L'insieme di questi organi (da 1 a 5) costituisce la parte es- senziale e la ragione di essere del gamosoma. Tutti i secondari sorgono solo in ausilio e come complemento dei primari, dal cui sviluppo e maturanza dipende 1’ ineremento e la maturanza fun- zionale anche dei secondari. Ripeto che 1 andamento regressivo, per effetto di necessità ri- produttive, si effettua secondo la graduatoria suddetta, procedendo dagli organi meno importanti nella funzione della riproduzione verso quelli che hanno ufficio di maggior rilievo (cioè da 1 a 4) e quanto alle funzioni esse pure si riducono nello stesso senso (da 1 a 3). Rimangono però intangibili (come si comprende) gli organi necessari all’ opera riproduttiva (n. 5) e la funzione primaria del parto (n. 4). Pale andamento involutivo però decorre nel tramite e nello stesso senso di quello generale, cioè secondo il tipo rappresentato dal cammino inverso all’ evolutivo ontogenetico. La ragione del dimorfismo (1) sessuale. — Veniamo alla conclu- sione. La specie segue normalmente una via evolutiva, probabilmente con effetto di conquistare alla vita od a sè nuovi ambienti e nuove condizioni di esistenza. Ciò importa 1 apparsa del soma e le sue complicanze in ausilio (1) In senso largo. Intendasi ancora dicroismo e dimegetismo. RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 109 dell’ elemento genitale, il quale ultimo, solo e nudo, non potrebbe conquistare altro mondo oltre quello in cui regnano i protisti. Raggiunto, mercè la evoluzione del soma, il nuovo ambiente (colla possibilità di vivervi), la specie tende ad inquinarlo di sè a saturazione ed in tale caso la facoltà moltiplicativa della specie prende il sopravvento su quella evolutiva e non sempre con pro- cedimento parallelo, spesso a suo scapito (1). Il fatto nuovo induce variazioni anche in altre specie, con rap- porti nuovi, recenti od antichi, così chè i movimenti evolutivo ed espansivo si ripercuotono con larghissima eco, anzi generale, sebbene in misura varia, fra tutti gli organismi viventi. La specie è dunque costantemente influenzata da una forza centrifuga, che ne determina la evoluzione ed una centripeta 0p- posta che la ostacola od annulla; tra le esigenze della evoluzione e quelle della moltiplicazione i sessi cedono all’ una od all’ altra a seconda del grado della influenzabilità loro da parte delle due opposte tendenze. Si comprende che la femmina è quella che più risente e per prima delle esigenze del nuovo ambiente, come d’ ogni variazione d’ esso che tocchi (il che sempre avviene) la sua specie, perchè in ogni caso, sia pure in misura diversa, la ripercussione si fa sen- tire sul grado della fecondità (2). (1) Si ammette la conquista; ammettiamone i procedimenti in uso a propo- sito della nostra specie. Le armi cedono alle arti della pace. I pochi pionieri provvedono subito alla più rapida popolazione della conquista loro. (2) Il primo modo, più pronto ed il più seguìto dagli organismi tutti per rispondere ad esigenze nuove e più imperiose da parte dell’ ambiente verso la specie è quello di anmentare numericamente la figliolanza. Si comprende che ne risente tosto la organizzazione materna. L’ equilibrio è poi più lentamente ristabilito, sia con riduzioni del tuorlo, sia con aumento di statura della ma- dre, sia coll’ anticipazione della maturanza sessuale, che abbrevi il ciclo della riproduzione, aumentando così le generazioni, sia con altri espedienti, come la partenogenesi, l’ agamogenesi ete., tutte maniere di accelerazione dell’opera ri- produttiva ed aumento di fecondità. Tutto ciò si è espresso qua e là in ante- cedenza e mostra che il primo effetto della variazione dell’ ambiente è risentito dalla femmina anche nella sua organizzazione. Si comprende che il dimorfismo sessuale è così più ovvio nelle specie più giovani, cioè da minor tempo apparse sul globo. Le più vecchie hanno avuto 110 ANTONIO BERLESE Il maschio risente meno di tale effetto e vi sopperisce con mi- nore sforzo (che si rifletta sulla suna organizzazione) sia per la natura stessa dei suoi prodotti sessuali, sia per quella dei suoi uffici. La variazione del maschio dipendente essa pure dalla sessualità è in rapporto colle condizioni della femmina anzichè con quelle dell'ambiente ; quindi non subisce che una influenza di riflesso e perciò meno sensibile e diversa. Variazioni, anche grandissime, nella organizzazione della fem- mina, possono non trovare alcun parallelo in quelle del maschio, perchè con scarso effetto su questo sesso, quando non ne abbia la causa primaria che ha agito sulla femmina. Il maschio non è influenzato gagliardamente, nella sua organiz- zazione, se non dalla funzione sua primaria, che è quella della ricerca della femmina e dell’ accoppiamento. Nel primo caso ne risentono gli organi sessuali secondari, nel secondo più che altro i primari. Quando all'obbligo dell’ incrocio, ad evitare le nozze consangui- nee, può essere obbedito, il maschio mantiene un grado di evolu- zione proporzionato alle difficoltà inerenti a tale obbedienza, qua- lunque sia la condizione di organizzazione della femmina sua, dovute alle esigenze dell'ambiente ed alla sua massima possibile inquinazione da parte della specie (1). tutto il tempo di stabilire, con una organizzazione definitiva, la loro consonanza coll ambiente ed ambedue i sessi quello di scemare od annullare il divario mor- fologico. Quanto agli Insetti, negli eterometaboli il dimorfismo sessuale è meno ovvio che non negli olometaboli e così pure il polimorfismo strettamente sessuale. (1) Questa opera si compie essa pure passivamente da parte della specie, os- sia è da escludersi un qualsivoglia suo intervento a base meno che strettamente fisica. Il polimorfismo di colonia, sopratutto, è spiegato da condizioni di nutri- zione. In primavera, sulle piante a succo abbondante la moltiplicazione rapida degli Afidi, per etfetto di queste condizioni trofiche favorevolissime, agenti sui prodotti sessuali in senso di accelerarne le funzioni evolutive, determina 1’ at- terismo, la viviparità, la partenogenesi etc., cioè una intensificazione della fun- zione di riproduzione. Più tardi, con nutrimento meno abbondante, compaiono le forme alate, cioè vien meno la anticipazione della maturanza sessuale sul ri- manente organismo. Di qui la possibilità di rapida diffusione della specie a di- RIPRODUZIONE E DIMORFISMO SESSUALE NEGLI INSETTI 111 Gli organi assunti dalla specie per le necessità della sua evo- luzione, secondo un progresso riconoscibile nell’ontogenesi, quando sì determini la corrente inversa, scendono per gradi involutivi tipicamente corrispondenti (salvo la direzione) (1). Con questo però, che nel progresso involutivo, scema di mano in mano Vam- piezza della variabilità degli organi stessi, via via che dai più recentemente differenziati si ritorna a quelli di data più antica, mano mano cioè che dalle caratteristiche individuali, di varietà sì passa a quelle di specie, genere ecc. fino alle più remote, fon- damentali della classe o del tipo a cui la specie appartiene. Col- Vanzianità i caratteri acquistano di importanza e di ‘stabilità (2). Perciò le più ampie e frequenti variazioni, anche fra sessi, av- vengono nel complesso ornamentale e via via scema la estensione e frequenza loro, quanto più si discende verso 1 organizzazione fondamentale e dalle funzioni sessuali di importanza secondaris- sima si procede a quelle secondarie, mentre le primarie non sof- frono variazioni che nei casi di estrema riduzione (3). Stanza. Così è da ammettersi che ambiente nuovo otfra esuberanti comodità di esistenza alla specie, che lo ha di recente conquistato, determinando un aumento della sua fecondità, che si regola di poi in proporzione «delle condizioni am- bienti, mano mano che esse mutano. Si possono avere variazioni nel grado di fecondità di una specie per in- iluenza d’ altra e ne sia esempio la già citata endofagia. Questa è muova con- quista da parte della specie endofaga e importa in essa determinate variazioni della sua fecondità e quindi di organizzazione, ma ne determina anche, per la stessa via, nella specie vittima etc. etc. (1) Non vi sono resipiscenze. Non si possono trovare i vestigi di un dato grado di involuzione non accompagnati sempre da quelli del grado anteceden- temente sorpassato, Non può essere, ad es.,, ornato di appendici il capo ed il torace in un Attero, nè trovarsi gli occhi composti in una forma a capo e torace confusi. Il solo colore fa qualche debole eccezione, ma la sua età nella ontoge- nesi dell’ insetto non è bene definita. Qualche piccola eccezione alla regola e la ragione del fatto si sono esposte in antecedenza. (2) Notisi che il minor grado di variabilità dei caratteri più vecchi dipende anche da ciò che essi spettano per la maggior parte all’ agamosoma, il quale è pochissimo variabile, non risentendo le influenze del complesso e della funzione sessuale. (3) La statura non è determinata da una regola fissa. Essa è un elemento della variazione della fecondità nella femmina e deve computarsi in confronto della misura numerica e di volume delle nova. Quella del maschio (più ditfe- I bIE, ANTONIO BERLESE Tutto il fenomeno del dimorfismo sessuale così diffuso, per quanto si manifesti in misura diversissima, può adunque essere ricondotto alla azione della neotenia, dipendente da necessità della specie ed esercitata in grado diverso sui due sessi o su un sesso soltanto, il quale è più comunemente la femmina (1). Le ragioni di tali variazioni nella maturanza sessuale e le altre, determinanti necessariamente questo stato di cose, si sono abba- stanza svolte in antecedenza. Il dimorfismo sessuale, come tutte le cose in natura, è necessa- rio, esso si deve a bisogni della specie, bruti, materiali, tangibili e non a movimenti psichici, a catabolismi o ad altro meno che sensibile e dimostrabile ed è regolato dalle comuni leggi, che im- perano su tutta la organicità e ne determinano il moto ed i destini. Firenze, 31 Agosto 1914. renziato anche nella rimanente organizzazione, nei casì di polimorfismo) è la ti- pica della specie e non vi ha influenza la lotta per la conquista della femmina. Questa lotta è meno ardua e necessaria di quella che la femmina stessa sostiene, invece, per la difesa della prole, della quale essa sola, naturalmente, è responsa- bile. Femmine di statura di gran lunga maggiore di quella del maschio (dovuta a necessità di più numerosa prole) non sono affatto combattive, certo non lottano pel possesso del maschio, ma il più spesso sono più pacifiche quanto più volu- minose e poderose. (1) Nessuno può negare la maggiore evoluzione del sesso maschile più comu- nemente che non dell’ altro. Nella stessa specie umana la donna non è, evidente- mente, che una forma arrestatasi, per neotenia, alla condizione puerile, oltrepassata invece dall’ uomo. Orbene gli stessi ragionatori, che riconoscono ciò, immaginano poi che tutto questo progresso, che ha così grandi ripercussioni nel mondo, si debba solo attribuire al capriccio femmineo (che non ha saputo far nulla invece per sè), o ad uno stato di inferiorità funzionale del maschio etc. etc. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 10 Ottobre 1914. CHA PSR ANTONIO BERLESE (VIA ROMANA, 19 — Firenze) RCN ONE MANIPULUS IX. In data 10 Agosto 1913 ho pubblicato (« Redia », vol. IX, fase. 1°, p. 77) i Manipoli VII-VIII e sono arrivato al N. 400 di specie nuove, Come allora, anche oggi illustro con figure talune specie pub- blicate per lo innanzi, non però nei manipoli od almeno non con figure (come sono ad es. le specie dei manipoli I e II). Le memorie da cui tolgo le specie già illustrate e le richiamo qui, sono le stesse indicate a pag. 77 del « Redia », al volume citato. CRYPTOSTIGMATA. GEN. ORIBATES LATR. Il Michael (Nomenclature of Genera ete. in the Oribatidae, in Ann. and. Mag. of Nat. Hist., Ser. 7, vol. IX, 1902, p. 309. e segg.) dimostra l’errore dell’Oudemans, il quale sostiene che VV Aca- rus coleoptratus del Linneo deve ritenersi per una Achipteria (di cui è tipo PUribates ovalis del Koch) e che, per le specie del ge- nere, di cui è tipo il Notaspis alatus dell’ Hermann, devesi acco- gliere il nome generico di Galumna, usato dall’ Heyden, appunto prendendo a tipo la specie dell’ Hermann suddetta. « Redia », 1914. 5 114 ANTONIO BERLESE Jo sono completamente dell’ opinione del Michael, che è pure quella del Nicolet (Oribata alata = Acarus coleoptratus L.) e ritengo che VAcarus coleoptratus di Linneo, Vl Acarus marginatus aquaticus del Degeer, la « Tique noire à ventre anguleux en devant » di (ieoffroy, il Notaspis alatus dell Hermann appartengano tutte allo stesso genere. L’'Oudemans deve dimostrare quali sono i dati di fatto provanti che il Linneo, ricordando i caratteri del suo Acarus coleoptratus e più precisamente « lateribus coleoptrato-aentis » (Faun. Suec.) ed altrove (Syst. nat. Ed. XIII): « lateribus angulato-acutis » inten- deva dire delle pteromorfe di una Achipteria (1) e non di un Ori- bates (tipo alatus), forme più ovvie e con tale carattere più evidente, (1) L’ Oudemans, con grande facilità, sebbene senza prova decisiva, giudica in certezza assoluta e ne dimostrerò parecchi esempi. Egli non ha il minimo dub- bio che la forma veduta dal Linneo sia esattamente la Achipteria ovalis del Koch, la quale sarebbe, inoltre, perfettamente identica alla mia A. nicoleti. Le prove della assoluta identità dell’ Acarus coleoptratus del Linneo, Miiller, Fabricius, Gmelin, Ollivier, Latreille, Turton ed Hermann (il quale ritiene invece la specie del Degeer e del Linneo molto vicina al suo Notaspis acromios !) coll’ Oribates ovalis del Koch, le deve fornire )Oudemans, giacchè egli afferma tutto ciò senza il minimo dubbio, nella sua memoria: Acarologisches aus Maulww:f, in « Arch. f. Naturgh. », 1913, p. 38. Per me basterà provare intanto che 1 Oribates ovalis del Koch è diverso dall’ 0. nicoleti mio e questo è provato chiarissima mente dalla figura del Koch stesso, nella quale le lamelle sono disegnate acute all’ apice e discoste Vl una dall’ altra in tutto il loro orlo interno, caratteri questi essenzialissimi, che non sono affatto dell’ Oribates nicoleti, come si vede dalle figure che ne ho già date e mostrerò anche meglio in avvenire. Mi accadrà ancora più volte di mostrare con quanta facilità 1 Oudemans afferma come cosa certissima il suo speciale modo di vedere e non ammetta possibili dubbi sui punti anche più discutibili e controversi, come possono esser quelli di distinzione di talune specie così vicine e difficili a separarsi, che a mala pena ciò è fattibile oggidì, con esemplari, molti e ben conservati, alla mano e dopo lungo e minuto esame. Sia detto una volta per sempre che, a mio giudizio, queste sottigliezze storico-sistematiche, praticate non su esemplari comunque conservati o su buone figure e diagnosi, ma sui dati più incerti, coi quali è possibile errore di fami- glia più che di specie, come pure certe esumazioni del tutto inopportune ed errate di nomi più vecchi, applicati nuovamente, senza fondamento serio, non servono ad altro che a complicare la già difficile ed intricata sinonimia e non possono pretendere di essere accolti come cosa seria. In ciò sono ancora del- l'opinione del Michael. ver Ò Va d ACARI NUOVI 115 tanto che non si vedono figure di Achipteria prima di quelle del Koch, bensì di Oribates (Degeer, Hermann). CARATTERI SPECIFICI. — Le specie del presente genere sono numerosissime. Nella mia raccolta se ne trovano oltre venti. Esse però sono abbastanza facili a distinguersi, purchè si tenga conto esattamente di molti caratteri minuti, ma precisi e chiari. Essi sono: 1.° La statura. Essa varia da un minimo di 280 wp. (Oribates atomarius) ad un massimo di 1100 p. (0. Reros). È costante, tale carattere, entro limiti strettissimi per ciascuna specie. 2.° Setole interlamellari. In talune specie esse sono così mi- nute (inconspicuae), che solo col mezzo di fortissimi ingrandimenti sì possono vedere, appena sporgenti dalla epidermide e sottilissime. In altre specie, invece, le setole interlamellari sono lunghe all’ in- circa metà della lunghezza del capotorace medesimo. Questo ca- rattere evidentissimo permette di dividere subito (solo per iscopo di classificazione) il grande genere in due sezioni dei curtipili e dei longipili. 3.0 Lamelle. Esse sono terminate all’innanzi in un dente, che sporge più o meno lungo il margine laterale del capotorace o sono del tutto smussate. Nel primo caso, dal suddetto dente procede una linea a guisa di spigolo, leggermente obliqua verso la linea mediana del capotorace, diretta alla setola lamellare, nelle cui vi- cinanze si perde. 4.° Pteromorfe. Su questi organi si trovano dei sensilli, da paragonarsi ai campaniformi alari degli insetti e la fessura è cir- condata da area chitinosa, più o meno estesa e più tinta del circo- stante fondo. Ciò fa sì che l'ala è marmorata e talora segnata addirittura di complicate vene, ramificate, più chiare, in qualche specie visibilissime (0. pterinervis, 0. heros). Inoltre il pseudo spacco fra la metà anteriore e la posteriore della pteromorfa è più o meno largo ed appariscente, talora nullo e rappresentato solo da una specie di costola trasversa più bruna. I caratteri presentati dalle pteromorfe sono molto delicati e, meno che per le specie con pe- culiarità molto sensibili di nervulazione ecc. non possono essere ricordati che in una descrizione minuta 0 più o meno bene nelle figure. Talora le pteromorfe presentano una profonda insenatura ad angolo acuto nell’ orlo libero (inferiore), come si vede ad es. in: 116 ANTONIO BERLESE O. elimatus, O. obvius, O. atomarius; tal’ altra, invece, 1° orlo è semplicemente scavato, più o meno rientrante, senza angolo sen- sibile. 5.° Organi pseudostigmatici. In generale essi sono lunghi, incurvati all'indietro, delicatissimamente rivestiti di minute e corte barbule, acuti più o meno all’ apice e leggermente claviformi © fusiformi o filiformi. Per talune specie, particolarmente se tali or- gani sono filiformi, essi offrono un eccellente carattere diagnostico. 6.° Aree porose. Offrono, al solito, un assai buon carattere specifico; mancano nel solo 0. roubali (dove non si vedono che le adalari e minutissime ancora) e nell’ 0. atomarius sono puntiformi. Nelle altre specie esse sono ovali o rotonde, ampie in grado vario e specialmente la forma e la dimensione della adalare è molto importante per la diagnostica della specie. Le aree porose sono le seguenti: anteriori, subito sotto la setola interlamellare, al con- fine tra il capotorace e addome, nelle specie ove tale confine è ben distinto per mezzo di una linea, esse giacciono nella linea stessa e sono ovali, allungate secondo la linea medesima; adalari, in numero di una, 0 più raramente due, per ciascun lato. Esse sono sul notogastro, al livello della fessura che distingue le due metà della pteromorfa, appena più indentro dell’ orlo di articola- zione dell’ala; motogastriche, in numero di una 0 due per lato, generalmente rotonde, trovansi sul notogastro nella regione latero— posteriore ; posteriori, in numero di una o due per lato, general- mente disposte secondo una linea parallela all’orlo posteriore del- l'addome. Essendo di scorcio, esse si vedono difticilmente da chi guarda l’animale dal dorso. 7.° Linea cefalotoracica-addominale. In molte specie la linea di separazione dell’addome dal capotorace, cioè Vorlo stesso ante- riore del notogastro, è molto bene visibile, ma in altre specie non lo è affatto e tutto il dorso decorre ininterrotto, dal notogastro al capotorace. In altre specie la divisione è pochissimo visibile. S.° Colore. Solo per talune specie se ne può avere un buon carattere, come ad es. per I’ 0. clericatus ed 0. heros, che sono nerissimi ed hanno una larga zona rotondeggiante, il cui centro ‘ade a metà del solco fra il capotorace e Paddome e tale zona è bianco-terrea, sfumata, larga quanto il corpo in quella regione ; + it u ACARI NUOVI a ta lr nell’ 0. elericatus essa è molto grande (d’onde il nome della spe- cie). Tale colorazione è veramente caratteristica. Del resto si può dire, in generale, che le specie più minute tendono a colorazioni meno intensamente nere, cioè verso il marrone, mentre le più grosse sono nere. 9.° Peculiarità proprie di talune specie. Finalmente talune specie presentano particolarità di struttura veramente caratteri- stiche, ad es. il mucrone tanto singolare dell’ estremo addome di O. mucronatus; quella specie di cappuccio al vertice dell’ 0. ele- ricatus; la punta delle ali nell’ orlo anteriore di 0. robustus; la striatura del capotorace di 0. australis; quella delle ali di O. ner- vosus ete. Corologia. Il genere è cosmopolita. È da notarsi che talune specie sono esattamente conformi al tipo, così bene in Europa come in altre parti del globo, a Giava come nell’ America del Nord ; in Italia come al Capo di Buona Speranza. Esse sono dif- fuse facilmente certo coi legnami ed altri mezzi passivi di tra- sporto. Divisione delle specie. Quando si. voglia dividere le specie per gruppi si potrà ricorrere intanto al carattere delle setole interla- mellari; poi a quello della separazione o meno del capotorace dal- l'addome, quindi agli altri indicati. Delle specie che qui enumero, che sono nella mia raccolta, ecco i rappresentanti dei due gruppi : SUBGENERA GEN. ORIBATES. Si possono suddividere le specie del genere in due sottogeneri bene distinti fra di loro, che sono : — Pteromorphae duplices (sive linea transversa fissuriformi in partes duas ELIS VA LS AE) VEN O TI I O RIBATEBESMSUI — Pteromorphae nulla linea aut vitta transversa signatae. NEORIBATES Subgen. SUBGEN. ORIBATES Ss. STR. Pteromorphae duplices, sive fissura transversa plus minusve bene in partes duas divisae. Notogastrum a cephalothorace linea sat bene conspicua, vir arcuata sejunctum, vel linea nulla distincta separatum. 115 ANTONIO BERLESE Lamellae nullae, tamen aliquando vix angulo in margine laterali, plus minusve obsoleto, significatae. Areae porosae bene conspicuae, rotundatae ; anteriores semper praesentes. Species tipica: Notaspis alatus Herm. SPECIES SUBGENERIS ORIBATES. Sic propter longitudinem setarum interlamellariam, dividenda sunt: a) curtipili 1. Adest bene conspicua linea transversa cephalothoracem a notogastro sejun- CONSTANTIN ION SGML) — Nulla linea transversa notogastrum a cephalothorace sejungit . (integri) 4. 2. Dimidia pars antica cephalithoracis ad dorsum erebris et conspicuis lineolis densewexharata tI VO NATERRATISHDOLE — Dorsum totum et pteromorphae nitidissima . 0/03. SACACEISORUR ONE RN O TOB YU ben] pae Leva — Ad 540 u. long. (myrmecophilus) . . . ... . 0. FORMICARIUS Berl: 4. Ultra dimidiatum millim. (550 {.) long... . . 0. TENUICLAVUS Berl. — Dimidiato, millimetro multo curtiores ti i. o DARA CZ SO OSLO O RR OA TOM ARTIUAMEDErIE RA RS20A el ono Sr SOIA OETANTIECESEBerl b) longipili 1. Adest in margine postico abdominis appendix quaedam trimueronata ; O. mucronaTUs G. R. Can. — Abdomen posterius nullo mucrone auctus. -. LL 0. 2 2. Adest, bene conspicua, linea transversa cephalothoracem a notogastro sejun-” CONS to sete n SR te I 0 (0: o (GUN LAVATO) RO — Nulla linea transversa notogastrum a cephalothorace dividit . (integri) 9. 3. Organa pseudostigm. longissime setiformia, exillima 0.0... 4 — Organa pseudostigm. plus minusve inerassata (claviformia vel fusiformia) 5. d. Nigerrimus, concolor . LO AEON LONGIPLUMURMRerls — Nigerrimus, macula latiori in dimidia antica parte corporis pallide terrea O. cLERICATUS Berl. (1). (1) Accanto all’ 0. elericatus dovrebbe stare, a mio credere 1° 0. heros, ma nell'unico esemplare che posseggo non sono visibili le setole interlamellari. Non so se sieno cadute nella preparazione o se sieno cortissime. Perciò non ho potuto introdurre questa specie nella presente tabella. E° ACARI NUOVI 119 5. Lamellae subearinuliformes, antrorsus in dentem validum produetae (an huius SUDSEL(1) MORIN TCORNICULATUSABerl. — Lamellae vix vel non in dentem obsoletum anterius desinentes . . . 6. 6. Pteromorphae rugis transversis, parallelis dense transverse signatae . O. NERVOSUS Berl. — Pteromorphae non rugis signatae, tantum plus minusve nervosae, vel ne EIA QUI IA CONSCI UA I II ANO OOO I 7. Non dimidiatum millim. attingens.. . . . |... . 0. MEDIUS Berl. — Dimidiatum millim. statura attingentes vel superantes. . /./. 0. 8. 8. Areae porosae posteriores parvae. Ad 650 Lu. long... . 0. eLimatus K. — Areae porosae posteriores magnae. Ad 500 p. long. . O. EMARGINATUS Banks. et var. 9. Organa pseudostigm. longissima, setiformia, exillima. ./. 0.0. 10. — Organa pseudostigm. plus minusve claviformia vel-fusiformia . . . 11. 10. Pteromorphae quam maxime nervosae . . . . 0. PIERINERVIS Can. — Pteromorphae obsolete et tantum in dimidia parte antica nervosae ° O. LONGIPLUMUS Berl., var. MYRMOPHILUS Berl. 11. Dens apicem lamellae significans perconspicuus . . . O. INTEGER Berl. — Lamellae ne dente ullo significatae . . . ... 0. CRASSICLAVUS Berl. a) curtipili. 401. Oribates obvius n. sp. — (Galumna elimata Oudem. loc. cit. 1913, pag. 27, tab. XVII, fig. 1-10 — Non syn. Oribates eli- matus Koch, Can. et Fanz.; Berlese). Nigerrimus, subsphaericus. Setulae interlamellares inconspicuae. Lamellae anterius obsolete angulatae. Organa pseudostigm. elongate et exillime fusiformia, non incurva. Areae porosae adalares late rectangulares, transversae ; notogastricae utrinque duae rotundae (anteriores vix maiores) po- sticae duae, transverse-ovales. Ad 780-820 p.. long.; 550-600 p.. lat. Habitat communis in Italia alibique in Europa nec non ad Ca- put Bonae spei (Tab. I, fig. 1). OSSERVAZIONE. — Anche questo Oribatide mostra la facilità e la poca atten- dibilità di talune affermazioni dell’ Oudemans. Questo Autore, al luogo citato non solo mette, con tutta sicurezza, in sinonimia della presente specie 1’ Acarus marginatus aquaticus del Degeer, mentre in presenza di così gran numero di specie del genere, anche nostrali, e della difficoltà somma di distinguerle, se non si ricorra ai minuti caratteri sovraesposti, dei quali nessuno apparisce dalla il- lustrazione informe del Degeer, ma non dubita punto di ritenere questa specie sinonima dell’ Oribatus elimatus del Koch. Ora, nella figura del Koch (C. M. A. Deutschl., fase. 31, fig. 5) se vi è un carattere evidentemente espresso è appunto quello delle setole interlamellari 120 ANTONIO BERLESE molto lunghe. Io poi, nella mia figura (A. M. Se. it., fase. 30, N. 1) ho bene disegnato queste setole lunghe, ciò che avrebbe dovuto persuadere 1’ Onudemans della esistenza di una specie di Oribates, che si poteva egregiamente riferire al- 0. elimatus del Koch anche pel carattere sopraindicato. L’ Oudemans, sebbene non tenga conto delle aree porose, nè del solco cefa- lotoraco-addominale e figuri il notogastro non meno scabroso di quello di un Pelops (loc. cit., tav. XVII, fig. 10), mentre esso è levigatissimo e lucidissimo, pure indica chiaramente, nel disegno, la brevità delle setole interlamellari, tanto che non le segna neppure e nella descrizione dice, marcatamente (pag. 28): Interlamellarhaare Verschwindend Klein. Adunque la specie dell’ Oudemans non è l'Oribates elimatus del Koch, anzi essa non è mai stata indicata con nome distinto, come io faccio di presente. 402. Oribates obvius var. norvegicus n. var. — Angulis an- ticis pteromorpharum angulato-acutis, subdentiformibus. Areae porosae adalares magis transverse elongatae. Ad 800 p.. long. ; 600 p.. lat. Habitat in Norvegia. 403. Oribates tenuiclavus Berl. (« Redia », 1908, vol. V, fase. I, p. 7). — Castaneo-nigrescens, anterius bene acutus. Pili interlamellares minimi, difficilius conspicui; lamellares parvi et exiles. Lamellae apice non in angulum desinentes, sed obsoletae, vix tenuissimo gibbere significatae. Organa pseudostigmatica elon- gatissime et tennissime celavato-fusiformia, apice acutissima, bis angulatim plicata, retrorsus directa. Linea inter cephalothoracem et abdomen evanida. Areae porosae anteriores rotundae, parvulae; adalares perparvulae, rotundae; eademque fabrica sunt mesonoticae et posteriores. Adest area porosa rotunda in eadem alae basi, ad articulationem. Pteromorphae fissura subinconspicua, sensillis ma- culiformibus, praecipue in dimidia alae parte postica sat numero- sis et conspicuis. Ad 550 p. long.; 400 p. lat. Habitat hand frequens in Italiae muscis. Exempla quae possideo sunt: tipica ex « Bergamo », in muscis, supradicta statura; Flo- rentiae, in humo subterraneo (eadem statura); « Padola, Cadore », in muscis, 580 p.. long.; 450 p.. lat. (Tab. I, fig. 2). 404. Oribates tantillus Berl. (« Redia », vol. V, p. 7). — Setae interlamellares subinconspicuae. Lamellae dente antico terminatae. get to ACARI NUOVI 121 Suleus cephalothoraco-abdomin. nullus. Organa pseudostigm. valde longa, apice lanceolata, sat dilatata. Areae porosae omnes parvae, rotundae (notogastricae ntrinque duae, posteriores quatuor). Ptero- morphae in margine infero profundius sinuato-incisae, subbilobae. Ad 320 p.. long.; 220 p.. lat. Habitat in America septentrionali (Columbia, Washington, Flo- rida) nec non in insula Jaba (Tab. I, fig. 3). 405. Oribates atomarius n. sp. — Nigrescens. Setulae inter- lamellares, lamellares, verticales inconspicuae. Cephalothorax sulco nullo ab abdomine distineto. Areae porosae nullae, pseudoforamini- bus punctiformibus, minimis significatae. Organa pseudostigmatica sat elongate claviformia, apice bene inerassata, retrorsus directa. Pteromorphae consuetae fabricae, fissura interalari nulla, linea chitinea obsenriore significata, organis sensoriis, striis ete. subeva- nidis. Ad 280 mill. long. ; 210 mill. lat. Habitat. Quatuor vidi exempla colleeta in insula Jaba a el. Jacobson (Tab. I, fig. 4). 406. Oribates formicarius n. sp. (= 0. alatus Berl., « Redia », vol. II, tab. I, fig. 20). — Setae interlamellares subinceonspicnae; suleus cephalothoracem ab abdomine sejungens perconspicuus. Or- gana pseudostigmatica sat elongate et sat erasse claviformia. Sensilla in pteromorphis manifesta, areis obscurioribus latis cir- cumdata. Lamellae in dentem bene terminatae, linea longitudinali interne significatae. Areae porosae anteriores transverse stricte ovales; adalares transverse strietae et Jongae, ovato-trigonae ; me- sonoticae utrinque duae, rotundae ; posteriores sat magnae, ovales, utrinque duae. Ad 540 p. long.; 360 n. lat. (Tab. I, fig. 5). Habitat in nidis formicarum (Lasius alienus), in nemore « Can- siglio », ad « Vittorio », in agro Tarvisino. Plura collegi exempla. 407. Oribates australis n. sp. (= 0. elimatus K., A. Berlese Ac. Austro-Amerie., p. 45). — Nigerrimus, tamen anterius palli- dior. Setae interlamellares subinconspienae. Vertex et tertia pars antica capitisthoracis dermate vermiculato-rugoso ornati. Suleus cephalotoraco-abdominalis sat conspicuus. Lamellae apice denta- 122 ANTONIO BERLESE tae, linea interiori sat distineta significatae. Organa pseudostigm. elongate et tenuiter claviformia. Areae porosae anticae rotundae, parvulae ; adalares rotundae, sat magnae; notogastricae utrinque duae, rotundae, sat parvae; posticae duae. Ad 620-680 p.. long.; 460-500 p.. lat. Habitat communis in « Brazil, Buenos Aires, La Plata, Monte- video, Paraguay », sub arborum cortice (Tab. I, fig. 6). b) longipili. Oribates elimatus Koch. (Berlese, A. M. se. it., fase. 30, N. 1). Suleus cephaloth.-abdom. sat bene conspienus. Org. pseudo- stigm. longa, incurva, exiliora, apice tenuiter lanceolata. Lamellae vix dente apice sat manifesto terminatae. Areae porosae anter. striete ovales; adalares parvae, irregulariter subrotundae; notoga- strica utrinque una, rotunda, parva ; posteriores tres (una impar) minusculae. Media notogastrica una ex pseudoforaminibus pluribus composita. Hae sex areae porosae notogastri postici intersese aequedissitae sunt. Ad 650 p.. long.; 450 p. lat. Habitat in Italia septentr. et centr. sat communis (Tab. I, fig. 7). Oribates mucronatus G. et R. Can. Areae porosae anteriores strictae, transversae; adalares irregu- lariter rotundatae ; notogastricae irregulariter lobato-ovales (utrin- que una); posteriores nullae; pseudoforamina plura sunt in parte postero-laterali notogastri. (An subgen. nomine Centroribates di- stinguendum ?). Ad 700 p. long.; 480 p. lat. Habitat sat frequens in tota Italia (Tab. I, fig. $). Oribates longiplumus Ber!. (« Redia », vol. II, 1904, p. 30; Galumna filata, Oudemans, loc. cit., p. 33, tab. XIV, figg. 9-18; tab. XVII, fig. 16). Castaneo niger (1). Lamellae obsoletiores etiam ad apicem. Org. pseudostigm. in setam exillimam, barbulatam conformatae. Suleus cephalothoraco-abdom. sat. conspicuus. Areae porosae adalares duae, subrotundae, sat intersese adpressae ; notogastricae utrinque (1) Il color roseo, che l Oudemans mette nella sua fig. 18 a tav. 14% non appartiene a nessuna specie di questo genere, - ACARI NUOVI 123 duae, rotundae sat parvae; postica utrinque una, transverse ovalis, magna. In pluribus exemplis in medio notogastro plura pseudofo- ‘amina sunt, sat intersese discreta. Ad 685 p.. long.; 520 p.. lat. 5 Habitat sat communis in tota Italia (Tab. I, fig. 9). 408. Oribates longiplumus var. myrmophilus n. var. — Dif: fert a typico propter suleum cephalothoraco-abdom. nullum ; propter aream adalarem singulam (transverse trigonam), notoga- stricam cum postico-laterali confusam, oblique et striete trigo- nam, magnam ; posteriorem minorem, transverse ovalem; propter pteromorpharum partem posticam haud venosam; propter angulos lamellaram anteriores bene manifestos coloreque animalculi totius, quam in ceteris speciebus saturatius nigro, pteromorphis obscurius ‘astaneis. Ad 685 p.. long.; 520 n. lat. Habitat in nidis formicaraum (Lasius umbratus), in nemore « Can- siglio », in agro Veneto (Tab. I, fig. 10). Oribates integer Berl. (= 0. alatus var. integer Berl.; in « Redia », vol. II, p. 30, tab. I, fig. 21). Setae interlamellares longae. Suleus cephalothor. ab abdom. sejungens nullus. Pteromorphae aeque infuscatae. Organa pseudo- stigm. sut elongate et sat crasse clavato-fusiformia. Lamellae an- terius in dentem conspicuum desinentes, interius linea longitud. significatae..Areae porosae anticae parvae, transverse stricte ovales: adalares magnae, subrotundae; notogastricae utrinque duae, par- vae, rotundae, posticae quatuor. Ad 540 p.. long.; 360 p.. lat. Habitat sat communis in Italia septentr. et centr. (Tab. I, fig. 11). OSSERVAZIONE. — Ho rifatto qui la diagnosi perchè la prima volta (loc. cit.) questa specie è stata confusa coll’ 0. formicarius. Ritengo che l’Oribata alata del Nicolet, 10. alatus di Canestrini e Fanzago : quello da me descritto in A. M. Sc. it., fasc. 78, N. 9; e la specie ricordata dall’ Qudemans in Arch. Naturg. 1913, p. 31 corrispondano alla presente specie, ma non all’ 0. alatus di autori più vecchi, che devono avere avuto sott’ occhio la forma descritta per 0. alatus dal Michael, che è molto maggiore, cioè: 730 pu. Quest’ ultima io non la conosco. Quanto al Notaspis alatus dell’ Hermann non sì può affermare cosa veramente sia. Propongo di ritenere puramente nominale la specie Notaspis alatus dell’ Her- mann, non meno dell’ Acarus coleoptratus del Linneo e perciò, le forme illu- POP 124 ANTONIO BERLESE strate del Nicolet, Canestrini e Fanzago, Berlese (A. M. Se. it.), Oudemans debbano riferirsi alla specie qui intestata e quelle citate od illustrate dal- V Hermann, Latreille, Olivier, Dugès, Koch, Moniez, Karpelles ece. ecc. sotto il nome di Notaspis od Oribates alatus debbano considerarsi per dubbie, quando non si possano avvicinare all’Oribata alata del Michael (Brit. Orib. I, p. 257, tab. X, fig. 1). Può essere che tale ultima specie corrisponda all’ 0. eli- matus di Koch e d’ altri (non Oudemans loc. cit.), ma ciò è incertissimo, In presenza di tutti questi dubbi, mentre chiamo 0. integer la forma distintissima qui ricordata, propongo il nome di 0. michaeli a quella illustrata dal Michael. L’O. integer non oltrepassa i 560 . di lunghezza e fu da me trovato comune nei muschi di varie località dell’Italia settentrionale e centrale. 409. Oribates medius n. sp. — Castaneo-niger. Cephalotorax ab abdomine sat distinetus. Lamellae in denticulum vix prominulum desinentes. Setae interlamellares, lamellares et verticales magnae. Organa pseudostigmatica elongata, clavato-fusiformia, apice acuta. Areas porosas video; .anteriores bene strietas, vix conspicuas ; adalares transverse ovales, ad alas latiores quam interius; denique mesonoticas pseudoforaminibus pluribus utrinque constitutas, po- steriores consuetae fabricae. Tamen in medio abdomine, in unico exemplo quod possideo, macula interior fusca adest, qua melius abdomen eumdem inspicere nequeo. Pteromorphae consuetae fabri- cae, fissura interalari sat conspicua, parte antica pteromorphae vix linea una obseuriore transversa signata. Ad 430 p. long. ; 350 p. lat. Habitat. Unum vidi esemplum in insula Jaba collectum a cl. Jacobson (Tab. I, fig. 12). Oribates pterinervis Can. (G. Canestrini, Ac. N. Guinea; Ber- lese, « Redia», vol. II, fase. 2, tab. XVII, fio. 44). Sulcus cephalothoraco-abdomin. nullus. Lamellae dente mediocri ad marginem. significatae. Setae interlamell. sat longae. Organa pseudostigm. ut in 0. longiplumus. Pteromorphae venis pallidioribus perconspicuis, totae venarum instar reticulatae. Areae adalares ovales, transversae, caeteris maiores, notogastricae et posteriores in lineam margini corporis parallelam dispositae, subrotundae. Niger, concolor. Ad 600 p.. long.; 420 p.. lat. Habitat in insula « Giava » et « Nuova Guinea » (Tab. I, fig. 13). ACARI NUOVI 125 Oribates emarginatus Banks, Trans. Ent. Soc., v. 22, p. 7. Sulcus cephalothoraco-abdom. linea obsoleta punetulata vix si- gnificatus, subevanidus. Lamellae angulus apicalis sat manifestus. Setae interlamellares mediocriter longae. Organa pseudostigm. exil- lima, perlonga, clavata, retrorsus directa, omnino iisdem 0. elimati (quamvis apice minus acuta) configurata. Pteromorphae non venis signatae. Areolae porosae adalares magnae, rotundae, alae valde appressae ; ceterae (notogastricae et duae posteriores) minores, rotundae. Sunt etiam puneta pellucida aliquot (duo utrinque in dimidia antica notogastri parte, duo in postica); sed in medio notogastro nullum punetum adest. Ad 540 p. long.; 400 pn. lat. Nigerrimus, concolor. Ex exemplo a el. Ewing mecum benignissime communicato. Habitat in America septentrionali (Tab. I, fig. 14). 450. Oribates emarginatus Banks var. europaeus n. var. — Differt a typico propter organa pseudostigm. aliquanto longiora et exiliora; propter aream adalarem transverse elongatam, rectan- gulam; propter pseudoforamen punetiforme sat magnum in medio notogastro, areisque caeteris maioribus. Ad 520-620 p. long. ; 360-450 p.. lat. Habitat in Europa: « Ceresole d’ Alba » in « Piemonte », exem- pla 520 X 360; in Norvegia, exempla 560-620 X 440-480). Typus exempl. norvegicum (Tab. I, fig. 18). OSSERVAZIONE. — Possiedo qualche esemplare della Columbia, che si avvi- cina a questa varietà più che al tipico, perchè ha un minutissimo punto (pseudoforame) nel centro del notogastro ed anche fa vedere le aree porose adalari non rotonde, ma in forma di triangolo allungato trasversalmente. Non mi sembra però il caso di farne una varietà distinta. 411. Oribates crassiclavus n. sp. — Nigerrimus, concolor, ni- tidissimus. Suleus. cephalothoraco-abdom. nullus. Lamellae ne dente quidam ullo significatae. Pteromorphae hand venis signatae. Organa pseudostigm. nimis elongate elavato-fusiformia. Areae porosae anteriores rotundae, parvae; adalares utrinque duae, ro- tundae, mediocres, eadem statura quam notogastricae ; heae sat a 126 ANTONIO BERLESE margine laterali remotae; posticae utrinque duae, caeteris saltem duplo maiores, transverse ovales. Ad 520 p.. long.; 380 n. lat. Habitat ad « Taranto », ad ripam maris, sub saxis aqua marina madefactis (Tab. I, fig. 16). 412. Oribates clericatus n. sp. — Nigerrimus, tamen macula dorsuali media, cephalothoracis et anteriorem partem notogastri oceupante, latiori, fere usque ad pteromorphas produeta, pallide terrea, rotundata, unde nomen animaleuli. Derma nitidissimum. Pteromorphae obsolete venosae. Suleus cephalothoraco-abdom. per- conspicuus. Lamellae dente sat valido, obtuso anterius terminatae. Setulae interlamellares longae. Organa pseudostigm. filiformia, exil- lima ut in O. longiplumo. Areae adalares transverse ovales, noto- gastricae rotundato-ovales, posteriores tantum duae (utrinque una) sat parvulae, ovales. Huius speciei pulcherrimae praecipuus cha- racter est etiam summi verticis fabrica, quod vertex idem in mucronem rectangulum, apice angulatum desinit. Ad 920 |. long.; 750 p. lat. Habitat. Plurima vidi exempla colleeta a cl. Bruck ad « La Plata » alibique in America australi (Tab. I, fig. 17). Oribates heros G. Canestrini (Nuovi Acar. d. N. Guinea — Természetrajzi Fiizetek, vol. XX, 1897, p. 466). Nitidissimus, nigerrimus tamen macula fere totum cephalotho- racem et notogastri basim, minore quam in O. elericato, rubro— terrea, diffusa ornatus. Organa pseudostigm. ut in O. elericato sive setiformia, perlonga, vix barbatula. Lamellae in dentem sat validum terminatae. Vertex in dentem spiniformem, acutum desi- nit. Hic character ab O. clericato speciem hane distinguit (prae- ter staturam, pteromorpharum reticulationem, areas porosas ete.). Pteromorphae ramosissimae, ut in O. pterinervi et amplius. Areae porosae adalares ab ala valde remotae, rotundae, minimae; noto- gastricae minimae rotundae; posteriores videre nequeo. Setae in- terlamellares in exemplo quod possideo nulla ope videre possum. An in praeparatione avulsae ? Species inter congeneres hucusque notas maxima, sive ad 1100 p. long.; 830 p.. lat. Habitat in « Nuova Guinea » et in insula Jaba (Tab. I, fig. 19). ACARI NUOVI 127 413. Oribates nervosus n. sp — Nigerrimus, concolor, niti- dissimus. Pteromorphae obseure venosae, sed dermate rugis tran- sversis, aequaedistantibus signatae. Dens lamellarum bene acutus. Suleus cephalothoraco-abdomin. bene manifestus. Setae interlamell. longae. Organa pseudostigm. sat robuste clavato-fusiformia. Areae adalares magnae, transverse ovales; notogastricae valde posterio- ribus lateralibus adpressae, sed a margine laterali remotae, rotun- datae ; posteriores plus minusve ovales, magnae. Ad 520-665 p. long.; 330-490 wp. long. Habitat in Europa (Norvegia, 665 >» 490); « Washington » (320 X 3850); Africa australi (« Capo di Buona Speranza », 640 X 480) (Tab. I, fig. 15). America boreali Oribates corniculatus Berl. (0. elimatus var. corniculatus, Berlese, « Redia », vol. II, fasc. 2.°, 1904, p. 171, N. 194) (Tab. XVII, fig. 41). Nigerrimus, nitidissimus, sulco cephalothoraco-abdom. bene ma- nifesto. Organa pseudostigm. fere ut in O. elimato, quamvis minus elongata. Lamellae bene altae, caripuliformes, antrorsum in dentem ralidum, altum, acutum desinentes. Setae interlamellares longae. Ad 820 y. long. Habitat : « Depok », in insula Jaba. OSSERVAZIONI. — I due esemplari tipici sono conservati nella collezione del Museo di Budapest ed io non posso quindi riferire oggi a proposito dei carat- teri desumibili dalle aree porose. Mi debbo limitare a ripetere la figura data la prima volta (loc..cit., tab. XVII, fig. 41), nella quale non sono indicati i detti caratteri. Lo sviluppo delle lamelle, che sono a guisa di carena, veramente, secondo la figura, che ritengo esatta, mi fa sospettare che si tratti di un Neoribates piut- tosto che di un Oribates vero. L’ esame degli esemplari tipici deciderà certo la questione, SUBGEN. NEORIBATES N. SUBGEN. Pteromorphae omnino integrae, sive sulco vel fissura nmullis (ne ob- soletis quidem) in partes duas distinetae. Notogastrum a cephalotorace optime distinetum, linea robustiori antrorsus arcuata ut in caeteris Pterogasterinis (exceptis subgen. Oribates). Lamellae nullae vel in ca- rinam leniter elevatae e. gr. ut in gen. Protoribates. Areae porosae 128 ANTONIO BERLESE nullae vel obsoletiores, fissuriformes, difficilius conspicuae (anteriores numquam praesentes). Species typica : Oribates roubali Berl. Huius subgeneris species hucusque nmotae sunt : SPECIES SUBGEN. NEORIBATES. Species hueusque mihi bene notae sunt : Pteromorphae in sommo margine antico dente armatae O. N. roBusTUSs Banks. — Pteromorpharum margo anterior rotundatus . 20... 2 2. Pteromorphae venis plurimis valde ramosis signatae. A 670 x. long. . RAT I TOI E O. N. ROUBALI Berl. — Pteromorphae haud venosae. Ad 500 p. long. . O. N. rissurarus Berl. 414. Oribates (Neoribates) roubali Berl. (« Redia », vol. VI, fasc. 2, p. 385). — Castaneo-piceus, elongate ovalis. Margo an- ticus notogastri valde antrorsus arcuatus. Lamellae nullae, ne dente anteriori quidem significatae. Pteromorphae dense canaliculato— nervosae. Organa psendostigm. sat robuste celavata, apice acuta. Setae interlamell., lamellares et verticales robustiores. Adest areola adalaris minima, stricta, vix ad S convoluta. Ceterae omnes eva- nidae. Ad 730 p.. long.; 460 p. lat. Habitat in « Boemia » (Tab. II, fig. 20). Oribates (Neoribates) robustus Banks. Niger, nitidissimus. Lamellae bene carinuliformes, vel parva in- cisione signatae, fere ut in gen. Protoribates, antrorsus in dentem desinentes. Margo notogastri anterior bene antrorsus arcuatus. Pteromorpharum margo anterior dentieulo quodam minimo in summo ornatus. Pteromorphae haud nervosae. Organa pseudo- stigm. tenuissime fusiformia. Setae interlamell., lamellares et ver- ticales robustae, plumosulae. Areae porosae adalares minimae, se- micirculares, margine interno alae eiusdem contiguae; notogastricae et posteriores minimae, convolutae, 8-formes. Ad 725 p.. long. : 520 p. lat. Habitat in America boreali (Tab. II, fig. 21). 415. Oribates (Neoribates) fissuratus n. sp. — Nigerrimus, concolor, nitidissimus. Margo anterior notogastri bene antrorsus ACARI NUOVI 129 arcuatus. Lamellae nullae, ne dente anteriore quidem significatae. Setas interlamellares non video in unico exemplo quod possideo; an in praeparatione avulsae vel nullae ? Pteromorphae nulla vena ornatae, margine anteriore rotundato. Areae alares posticaeque nullae, adest tantum fissura brevis, transversa, utrinque in medio notogastro, aream notogastricam significans, unde nomen speciei. Organa pseudostigm. sat longe et bene clavata. Ad 500 p.. long. ; 350 p. lat. Habitat in Columbia (Tab. II, fig. 22). ALTRI PTEROGASTERINI. 417. Sphaerozetes (Trichoribates) principalis n. sp. — Ni- gerrimus, macula antica abdominis, pteromorphisque badiis. Inter congeneres maximus. Ovalis. Pteromorphae anterius sat productae et recte truncatae, dermate granoso ornatae. Granuli verum areis non definitis, subrotundis, obscurioribus, contiguis significati. La- mellae antrorsus bene productae, subaeutae, apice bidentes. Organa pseudostigmatica sat brevia, crasse claviformia. Setae duae in pte- romorphis, aliaeque in antico notogastro longae, spinulosae; in cae- tero abdomine curtiores (in dorso notogastri tamen non video, quod obscurius est). Areae porosae adalares magnae, transverse ovales, strictae; notogastricae et posteriores, utrinque duae (quantum video) fissuriformes, longitudinales. Ad 960 p. long.; 700 vu. lat. Habitat. Duo possideo exempla collecta in muscis ad « Padola, Cadore » (Tab. II, fig. 23). 418. Sphaerozetes (Tectoribates) undulatus n. sp. — Ovalis, margine laterali et postico undulato, breviter pilosus. Alae tecti ultra rostrum produetae, anterius subtruncatae, breviter bicornes, inter cornua pilo (cuius alveolum tantum video, quod in prepara- tione pilus est amissus) auctae. Setae interlammellares mediocres. Organa pseudostigmatica sat elongate clavata, extrorsus porrecta. Pteromorphae peculiaris fabricae; anterius angulato-rotundatae, in margine laterali medio ineisae. Ad 660 p.. long. ; 390 p. lat. Habitat raro (unum tantum vidi exemplum) in muscis ad « Lago ?alù », prope « Sondrio », ad 2300 m. altit. (Tab. II, fig. 24). « Redia », 1914 9 150 ANTONIO BERLESE 419. Oribatella longispina n. sp. — Sat elongata, ovalis. Unci pedum terni. Lamellae in spinis binis dimidiam circiter eiusdem lamellae longitudinem aequantibus, acutis, rectis, externa extrorsus valide unidentata terminatae. Spinae istae magis quam in caeteris omnibus speciebus productae. Organa pseudostigmatica vix tennis- sime fusiformia, subrecta, Pili abdominis exiliores, sed perlongi. AQ 440 p. long.; 280 p.. lat. Tab. III, fig. 39. Habitat sat rara in muscis ad « Lago Palù », prope « Sondrio », ad 2300 m. altit. Obs. Sat 0. meridionali similis at maior, elongatior lamellaramque spinis longioribus. ALTRI CRIPTOSTIGMATI. 420. Amerus laticephalus n. sp. — Castaneo—fuligineus, palli- dior tamen quam A. troîsi. Cephalothorax anterius valde latus, non in conum ut in A. troîsi et A. polonico attennatus, apice obtuse rotundato-truncatus, vix in summo margine antico trilobo— inciso, tamen non spina media, quae in A. troîsi adest, auctus. Pedes paullo robustiores quam in A. troîsî. Pili abdominis dorsi sat iisdem A. polonici statura subsimiles. Pilum tamen ad tertia tectopedia nulla ope videre potui. Pilus interstigmaticus, qui in A. troisi longus est et perconspicuus (in A. polonico non deli- neatus est), minimus mihi videtur, maioris amplificationis ope tamen conspicuus. Abdomen latior et melius postice rotundatus quam in ceteris hucusque notis speciebus, margine postico pilis destituto, quod tantum intimi postremi sunt vix apice ultra mar- ginem producti et difficilius conspicui. Ad 900 p.. long.; 575 mill. lat. (Tab. II, fig. 27). Habitat. Nonnulla inveni exempla in muscis ad « Bergamo ». Osservazioni sulle specie del genere Amerus finora note. — Il Kulezynski, nella sua bella monografia degli Oribatini (Dameini) della Polonia, a proposito del suo Amerus polonicus, confrontando la sua specie coll’ A. troisi, rileva alcune dif- ferenze tra le due specie, che però dipendono da incompleta illustrazione del- l'A. troisi da parte mia. Infatti, nella mia figura non sono indicate le setole che nascono fra gli stigmi e quelle che si originano sopra questi. Inoltre, nel- l'addome io ho figurato (A. M. Sc. it. fasc. 3, N. 5) solo cinque paia di setole, mentre in realtà ne esistono sette paia. Queste sono tutte di eguale lunghezza, ACARI NUOVI 151 poco meno della larghezza dell’ addome, mentre le setole peristigmatiche, siano le interne che le esterne, esse pure notevolmente lunghe, sono però più brevi delle addominali. Debbo inoltre osservare che il capotorace, al vertice, termina in un modo speciale, cioè con due angoli prominenti, laterali ed un brevissimo processo spiniforme mediano, tutto ciò è compreso nello strettissimo apice del cono in cui termina il capotorace stesso. Ancora si vedono sporgere, conver- gendo, dalle insenature fra la spina mediana ed i denti laterali surricordati, di qua e di là, due brevi processi cilindrici, quasi trasparenti, che sono l’apice delle mandibole. Queste cose si vedono mercè ingrandimento molto forte. L’ Amerus troisi è stato primamente trovato presso Roma (Frosinone); d’al- lora in poi ho raccolto esemplari in località diverse, cioè: Firenze; Vallombrosa; Populonia, e nell’ Alta Italia in Cadore ed a Ceresole d’ Alba (raccolti questi ultimi dal Festa). Gli esemplari convengono in tutto esattamente, essi misurano da 910 w, di lunghezza per 505 di larghezza (Cadore) fino a 980 w. per 580. Quest’ ultimo individuo è di Corfù. La specie è però rara dovunque. SPECIES GEN. AMERUS BERL. Le specie del genere, finora note sono le seguenti : 1. Setulae dorsi abdominis longiores, omnes intersese longitudine pares ; inter- Suomaticae longael i An ee O i A TROISE Berl. — Setulae dorsi abdominis sex (paria tria) anticae caeteris minutis valde lon- giores ; interstigmaticae minimae, subinconspicuae ./././ 0.2. 2. Cephalothorax anterius in conum bene attenuatum desinens. . .. . è RION A. POLONICUS Kule. — Cephalothorax anterius in conum valde latum fere rotundatus A. LATICEPHALUS n. Sp. 421. Neoliodes caudatus n. sp. (? = Nothus theleproctus Mich., Brit. Orib., II, p. 521, tab. XLV). — Castaneo-niger, leniter con- vexus ; sat N. theleproctus consimilis, sed aliquanto minor et minus latus nec non abdomine postice in muceronem longum, subeaudi- formem producto. Organa pseudostigmatica quadruplo longiora quam in N. theleproctus, clavato-fusiformia. Notogastrum et exu- viae praecedentes anterius late et recte truncata. Cephalothorax elongatior quam in N. theleproct., diverseque seulptus. Ad 1100 p. long.; 650 p.. lat. (Tab. II, fig. 26). Habitat communis in muscis montium altiorum Etruriae. OssERVAZIONE. — Invece il N. theleproctus vive sulle piante, specialmente Conifere ed è abbondantissimo sopratutto nell’ Alta Italia; non si trova se non rarissimamente e per caso nei muschi. 132 ANTONIO BERLESE 42%. Angelia capillata n. sp. — Castanea, ovalis, postice acuta, in dorso complanata. Organa pseudostigmatica elongate claviformia, femure secundi paris vix curtiora, leniter barbulata. Abdomen ova- lis, postice acutus, in dorso planiuseulo, non excavato, tamen de- pressionibus duabus longitudinalibus impresso, toto dermate pun- etulato exharato. Adsunt plicae chitineae duae e summo dorso produetae, intersese subparallelae, longitudinaliter directae, parum introrsus arcuatae, denique ad quartorum pedum lineam evane- scentes. In dorso abdominis pili sunt (eodem numero quam in cae- teris speciebus huius generis, sive dorsuales utrinque quatuor, praeter caeteros etiam in Nothris ete. praesentes) longissimi, exi- liores, capilliformes, dimidia latitudine abdominis longiores, molles. Pedes uniungues. Ad 970 x. long.; 540 u.. lat. (Tab. II, fig. 25). Habitat. Nonnulla collegi exempla in muscis, ad « Bergamo ». Tectocepheus velatus Michael (= Tegeocranus velatus Mich., Journ. R. mier. Soc. III, p. 189, 18S0). 423. Tectocepheus minor Berl. (Ac. n. Manip. I, « Redia », vol. I, fasc. 2, p.‘252) (Tab. JU, tig: 51). 424. Tectocepheus minor var. expansus n. var. — Latior et valde enrtior quam typicus, cephalothorace elongatiori et stri- ctiori nec non organis pseudostigm. fere duplo longioribus. Margo humeralis expansus angulum rotondatum conficiens. Granuli dorsi ut in typico, sed aliquanto minns densi. Ad 260 p.. long. ; 155 p.. lat. Habitat in America septentrionali (Tab. II, fig.32). t=) MESOSTIGMATA. GEN. EUTFRACHYTES N. GEN. Corpus trigonum, planum, dermate scabro indutum. Peritremata ad humeros complicata ; stigmata ad secundas coxas aperta. Scuta dor- sualia sunt: marginale vittiforme, totum dorsum circumdans, seuta caetera amplerans; dorsuale medium, maiorem dorsi partem occupans ; [UNO ACARI NUOVI 153 dorsuale posticum, caeteris contiguum, transversum, breve et latum. Venter scuto unico obtectus, linea metapodica signato. Pedes antici ambulacrati. Specie typica : Celaeno truneata Bert. GEN. TRACHYTES MICH. Come è noto la prima specie di questo genere è stata descritta dal Koch sotto il nome di Celaeno aegrota (« 0. M. A. Deutschl. », fasc. 32, n. 5) e solo di poi sono venuti il 7rachynotus pyrifor- mis del Kramer ed il Gamasus lagenarius del Mégnin, il quale ul- timo non è identificabile per la sua specie. Negli « A. M. Sc. it. », fasc. 58, n. 10, io illustrai una Celaeno aegrota, riferendomi alla specie di Koch, non differenziandola dalla specie del Kramer. Solo alquanto più tardi rieonobbi una Celaeno infirma, come di- versa dalla specie del Koch. Nel mio pensiero di allora adunque all’ infuori della C. infirma, tutte le altre forme, che mi erano occorse spettavano ad una sola specie, che richiamai a quella del Koch. Ora però, ciò che è avvenuto anche per moltissime altre specie di Acari di sottordini diversi, debbo ammettere che le specie di Trachytes, oltre alla C. pyriformis ed alla infirma, sono parecchie anche in Europa e non è possibile quindi riconoscere a quale di esse debba ascriversi la Celaeno aegrota del Koch. Questa specie, adunque, rimane puramente nominale ed il tipo del genere 7ra- chytes è rappresentato dal Trachynotus pyriformis del Kramer. Perciò la forma da me illustrata in « A. M. Se. it. », indicato, e che probabilmente è la 7. lambda od il 7. tuberifer al luogo (n. sp.) non si può con sicurezza richiamare alla forma del Koch, che probabilmente è, invece, il 7. pyriformis, il quale è più d'altri comune e si trova in Germania, oltrechè in Italia ed altrove. (Io ne possiedo un esemplare di Giava, trovato sul Dorcus bucephalus ; è una femmina adulta !). Così le specie, attualmente note e pertinenti veramente a que- sto genere, sono oggidì sei e le indicherò appresso. I caratteri del genere sono i seguenti : 134 ANTONIO BERLESE Trachytes. — Corpus pyriforme (antice valde attenuatum, postice latum, rotundato-truncatum), depressum vel excavatum. Pedes antici ambulacrati. Vertex plus minusve lacinia laminari lateraliter ornatus. Dorsum scuto medio sub-ovali, varie impresso, dermate reticulato vel punetulato, non usque ad extremum dorsum producto; seuto marginali e vertice procedente, utrinque ad latera medii et jureta marginem lateralem plus minusve retrorsus producto, reticulato vel punctato; scuto postico (postremam dorsi partem protegenti, margini postico subparallelo) transverso, plerumque in scuta tria fracto vel subfracto, hoc quoque reticulato-punctato. Scuta ventralia sunt: sternale, fora- men genitale occludens, via post quartos pedes rotundatum; metapodia late trigona, post quartos pedes ad latera conspicua; anale late trans- versum, integrum vel in scuta tria fractum, anum comprehendens, a metapodiis et a sternale sat remotum ita ut ventris vitta transversa plus minusve extensa nuda remaneat. Scuta ventralia quoque reticulata vel puncetata sunt. Maris foramen genitale rotundum inter quartas coras, foeminae epigynium plus minusve elongate trapezinum. Stigmata ad tertias coras aperta. Ad 800 p.. long. Typus Trachynotus pyri- formis Kram. Le specie sono distintissime fra loro per molti caratteri costan- tissimi, che si desumono dalla scultura del dorso, dagli sendi dor- sali e ventrali, dall’ epiginio e dai particolari disegni chitinei della parte anteriore dello sterno in ambedue i sessi. SPECIES GEN. TRACHYTES MICH. Species hucusque notae : Scutum dorsuale marginale vix ultra secundos pedes produetum . e * 5 T. INFIRMUS (Berl.). — Scutum dorsuale marginale valde ultra quartos pedes producetum, fere usque ad angulum postico-lateralem corporis . ./..,° i... 2 2. Pars antica corporis lacinia latiori membranacea, transverse plicata ornata. Scutum medium dorsuale plicis chitineis linearibus, figuram rhombicam occludentibus, ornatum. —. . . +... T. pyrIForMIS (Kram.). — Pars antica corporis lacinia nulla vel subinconspicua ornata; scutum me- dium dorsuale non plicis linearibus obseurioribus ornatum |... 3. 3. Scutum anale ad angulos antico-laterales pilis aliquot longissimis, retrorsus CITECHISMOLNA LUMI EMA STAGINUSEBerle — Scutum anale non setis insolitae longitudinis ornatum . /./. 0. 4. LAO AI ACARI NUOVI 155 4. Epigynium anterius semicirculariter rotundatum LL... D. — Epigynium anterius truncato-arcuatum, angulis antico-lateralibus in dentem ACULONPLO AU ELISA N LL PET (CLEVAL). 5. Epigynium elongate trapezinum, lateribus rectis . TT. TUBERIFER n. Sp. — Epigynium leniter 8-forme, lateribus sinuatis. . . .. T. LAMBDA Berl. Il Canestrini descrive una Celaeno australiana dell’ Australia, da un esemplare giovane (ninfa), trovata su un Coleottero Cetonite. Non è certo che si riferisca veramente al genere Trachytes. Bisognerà attendere di conoscerne 1 adulto. Il Leonardi descrisse una Celaeno modesta, trovata a Portici, che è invece perti- nente al gen. Trackhyuropoda, sottogenere Uroianetia. 425. Trachytes tuberifer n. sp. — Saturate terreo-badius, consuetae figurae. Pili extremi laterales et postici breves, simpli- ces. Sternum anterius plica chitinea angulum acutum, rotundatum simulans, ornatum. Epigynium elongate trapezinum, lateribus re- ctilineis, anterius semicirculariter rotundatum, dermate sublaevi, vel tenuissime punetulato ornatum. Caetera satis ut in 7. pi. Ad 700 p.. long.; 400 p.. lat. (Tab. III, fig. 37). Habitat. Mares foeminasque collegi in muscis ad « Vallombrosa ». Marem possideo huius speciei ad « Bergamo » collectum. 426. Trachytes pi Berl. — (Lista n. sp. n. gen. Ac.; « Re- dia », vol. VI, 1910, fasc. 2, p. 247) (Tab. III, fig. 34). 427. Trachytes pi Berl. var. pauperior n. var. — Pallide terreus, multo minor typico, quo differt epigynio magis elongatiori, punctulato magisque post quartos pedes producto. Ad 440 p. long.; 270 p.. lat. (Foem.). Habitat. Unum possideo exemplum ad « Vallombrosa », in mu- scis collectum (Tab. III, fig. 540). 428. Trachytes lambda Berl. — (Ac. n. Manip. II, « Redia », vol..I, 1903, fasc. 2, p. 272) (Tab. II fig. 36). 429. Trachytes mystacinus Berl. — (Brevi diagn. ete. « Re- dia », vol. VI, 1910, fasc. 2, p. 377) (Tab. III, fig. 33). Zercon triangularis Koch (C. M. A. Deutschl., fase. 4, N. 16) (Tab. III, fig. 41). 156 ANTONIO BERLESE 430. Zercon triangularis K. var. granosus Berlese. — (Li- sta, ete., « Redia », vol. VI, 1910, fasc. 2, p. 246) (Tab. IIIJ fig. 43). 481. Zercon triangularis K. var. caudatus Berlese. — (Ibi- dem, p. 246) (Tab. III, fig. 42). 452. Zercon perforatulus Berlese. — (Ac.n. Manip. II, « Re- dia », vol. I, 1904, fase, 2.°, p. 269, Z. triangul. var. perforatulus) (Tab. IU, fig. 44). 435. Zercon trigonus Berlese. — (Ibidem, p. 268) (Tab. III, fio. 46). 454. Zercon ornatus Berlese. — (Ibidem, p. 269) (Tab. III, fio. 40). 435. Zercon colombianus Berlese. — (Ibidem, p. 245) (Tab. III, fig. 47). 456. Zercon radiatus Berlese. — (Ibidem, p. 245). Invenis est cuius speciei ? An Z. triangularis? (Tab. III, fig. 48). 437, Zercon capillatus n. sp. — Facies Z. triangularis, sed minor, strietior, setis onnibus longioribus, marginalibus densioribus. Scuta dorsnalia sat bene reticulata. Setae omnes setiformes, apice acutae, scuti postiei, praecipue ad marginem posticum, valde elon- gatae. Ad 460 p.. long.; 325 p.. lat. Habitat sat communis in altioram montium muscis, praecipue in Italia septentrionali (etiam agri panormitani) (Tab. III, fig. 45). GEN. HOPLOSEIUS BERL. N. GEN. Facies et characteres gen. Zercon, a quo differt: Scuto dorsuali in- tegro, ne sulco quidem ullo transverse signato; perithremate usque ad primas coxas producto, partim marginali; epigynio laevi, anterius tenuissime striolato ut in Laelaptibus; pedibus secundi paris (etiam) in foemina crassis, femure, genu tibiaque robuste calcaratis. Species typica: Zercon cometa Berl. ACARI NUOVI 1397 L’aspetto è tutto delle specie del genere Zercon, non solo per la forma triangolare del corpo, ma ancora pel colore caratteristico ranciato-carneo. Contuttociò io non posso dire se questo genere debba veramente ascriversi alla famiglia Zerconidae poichè non possiedo il maschio e quindi non so se Vapertura sessuale è ster- nale od episternale. Certo è che, pei caratteri dello scudo dorsale intero, del peritrema prolungato fino alle zampe del primo paio e per la forma e scultura dell’epiginio, questo genere si accosta molto agli Ameroseius, dai quali però differisce per armatura delle zampe del 2° paio (ancora) nella femmina, dove sono grosse e provviste di robusti sproni. La scoperta del maschio deciderà se questo ge- nere deve essere introdotto fra i Laelaptidae e collocato accanto agli Ameroseius, oppure se dovrà restare prossimo ai Zercon. Nella descrizione del Zercon cometa (« Brevi diagnosi », p. 375) non ho accennato che alle setole del corpo, confrontandole colla peluria del Z. triangularis. Va dunque tenuto conto dei caratteri generici sovraesposti. 438. Hoploseius cometa Berlese (= Zercon cometa, Brevi dia- gn. ecc., « Redia », vol. VI, 1910, fasc. 2, p. 373) (Tab. III, fig. 49). OLOGAMASUS e GAMASIPHIS. Nella mia memoria sugli Acari Austro-americani (« Bull. Soc. en- tomolog. ital. », anno XX, 1888, Firenze) a pag. 24 ho descritto un Gamasus aberrans di Matto Grosso (Brazil) ed a proposito di tale specie, in una nota a piè di pagina ho scritto : « Hane speciem Gamaso calcarato Europae adpropinquandam credo ac satis a Gamasis ceteris separandam in subgenere Ologa- masus distineto, cuius isti sunt characteres : Maris foeminaeque scutum anale cum dorsuali confusum, tan- tum fissura post quartos pedes partim seiunetum ; seutum dorsuale integrum; maris corniculi labiales uniarticulati etc. ». Nel volume « Mesostigmata » (1892) a pag. 62, istituisco il sot- 155 ANTONIO BERLESE togenere III Hologamasus come nuovo, cerso non rammentando la nota sopracitata del 18SS, del quale dico : « Scutum dorsnale omnino integram; cornieuli labiales maris duplices; foeminae seutum ventrale partim (postice) cum dorsuale bene coneretum. Color badius. Gamasus calcaratus Koch (Italia); G. pulchellus Berlese (Italia, est G. calcarati nympha generans); In Austro-America inveni etiam huius subgeneris Gamasus aberrans Berlese ». E finalmente, nella Monografia del gen. Gamasus (« Redia », vol. III, fasc. 1°, 1905) a pag. 242 serivo: « Subgenus Ologamasus Berl. (e cito : A. Berlese, Mesostigmata, p. 62. — Per errore ortografico Hologamasus, mentre si deve seri- vere Ologamasus). Corpus sat breviter ovale, perconverum, haud humeratum. Poemi nae scutum ventrale cum dorsuale post quartos pedes bene conjunctum, ne linea quidem ulla distinctum. Ceterum ut in subgenere Perga- masus. $ Ho fondato questo sottogenere nel 1892, per ineludervi il Ga- masus calcaratus del Koch col Gamasus aberrans Berl. (Austro- America) e G. pulchellus Berl. Ma, il G. aberrans è un vero Gama- sellus, come ho riconosciuto rivedendo gli esemplari tipici ed inoltre il Gamasus pulchellus deve fare gruppo a sè..... Ne ho formato il genere Gamasiphis ». Adunque, nel 1888 fondavo il genere Ologamasus riferendomi al Gamasus calcaratus del Koch ed annettendovi il G. aberrans del Sud America. Però, in quella occasione ho errato attribuendo al genere anche la caratteristica dei « corniculi labiales uniartieu- lati », mentre essi sono decisamente biarticolati nel G. calcaratus e congeneri ed alquanto meno bene nel G. aberrans. A parte ciò ed a parte l'errore di aver indicato una data non vera della isti- tuzione del genere (non 1892 come ho detto in « Redia », loc. cit., ma nel 1888, come indico ora) sta il fatto che io fondavo il ge- nere Ologamasus per le specie nelle quali, in ambedue i sessi lo seudo ventrale è, posteriormente, saldato al dorsale e che si aggi- rano intorno ai Gamasus veri. Però, mentre pel G. pulchellus ho francamente stabilito il genere 6. ACARI NUOVI 139 Gamasiphis, invece, pel G. aberrans sono rimasto incerto circa le sue affinità e nel 1905 (« Redia », loc. cit.) lo ho aseritto, come sì vede, ai Gamasellus. Da questi ultimi però esso differiva pur sempre per quello seudo ventrale fuso col dorsale nella regione posteriore del corpo, mentre nei Gamasellus veri tali scudi sono sempre separati, almeno nelle femmine. In tutto il resto il G. aberrans conviene bene coi Gamasellus e specialmente col tipo G. falciger (G. R. Can.) mentre, per la forma del corpo (gamasiforme), per armatura delle zampe, per la villosità ecc. si differenzia abbastanza dai Gamasiphis veri, di cui è tipo il G. pulchellus. Sarei stato incerto se distinguere un genere a sè pel Gamasus aberrans poichè esso non è certamente da ineludersi negli Ologa- masus (tipo G. calcaratus), non avendo lo sprone mandibolare dei maschi fuso all’apice col dito mobile della chela, ma libero, al- meno all’estremità. Ma, attualmente ho trovato in più esemplari una specie affine, raccolta alla Plata ed altrove, in provincia di Buenos Aires, dal Bruck e questa fa vedere che è giustificato un genere (Ologamasellus) a sè, che comprenda il G. aberrans e questa altra specie, che chiamo Ologamasellus simplicior, il qual genere affine ai Gamasellus ed ai Gamasiphis, rientra nella tribù dei Cyr- tolaelaptini. I caratteri del nuovo genere sono i seguenti : GEN. OLOGAMASELLUS N. GEN. Corpus cylindrico-ovale, postice rotundatum, sive gamasiforme. Scutum dorsuale in utroque sexu integrum et posterius cum ventrale confusum. Scuta ventralia utriusque sexus ut in gen. Gamasiphis. Maris pedes secundi paris calcaribus ut in Gamasellis e. g. G. fal- cigeri subsimilibus. Species typica: Gamasus aberrans Berl. Il genere, dai Gamasellus a cui le due specie finora note somi- gliano per la forma del corpo e per la peluria, differisce per lo scudo dorsale non segnato da solco trasverso alcuno e per la fusione dello seudo ano-ventrale col dorsale, come si vede nei Gamasiphis e negli Ologamasus. Mentre pero, con questi ultimi, il nuovo ge- nere presenta differenze di tribù (gli Ologamasus spettano alla tribù Gamasini), invece le affinità coi Gamasiphis sono rilevanti. 140 ANTONIO BERLESE Però mentre in quest’ultimo genere è caratteristica la disposi- zione di peli maggiori in numero limitato e costante per ciascuna specie, nella regione posteriore del corpo, invece, negli Ologama- sellus la disposizione delia peluria non offre nulla di particolare e si scosta da quella tipica dei Gamasiphis. oltre in questi ultimi il corpo ha forma ovale, più o meno rotondeggiante, coi fianchi convessi e posteriormente finisce acuto più o meno. Si eccettui il Gamasiphis gamasellus, che dovrebbe fare un sottogenere a sè. Diversa è anche 1 armatura delle zampe del 2° paio, nel ma- schio, poichè nei Gamasiphis lo sprone del femore è acuto e senza radula, mentre negli Ologamasellus esso è polliciforme e provvisto di radula, talora molto vistosa. Quanto poi ai Sessiluncus (genere istituito dal Canestrini), essi concorderebbero bensì con questi Ologamasellus, pel generale aspetto e per lo scudo dorsale indiviso, ma differiscono essenzialmente perchè anche nei Sessiluncus, come nei Gamasellus, lo scudo ano— ventrale in ambedue i sessi non si salda in nessuna parte collo scudo dorsale. Ho riveduto gli esemplari tipici del Gamasus aberrans e qui ne disegno alcuni particolari, cioè la chela e Ja zampa del secondo paio del maschio, i peli del corpo e Vepistoma di ambedue i sessi. I peli del corpo (ed in parte anche degli arti), che sono all’ apice leggermente cigliati e con altri particolari, sono veramente carat- teristici di questa specie, in confronto dell’ 0. simplicior, in cui tutti i peli sono semplici. Anche il Zaelaps coleoptratus è un vero Ologamasellus perchè lo sendo suo ano-ventrale si salda su tutto l’orlo posteriore col dor- sale. Al genere Ologamasellus, meglio che ai Gamasiphis, mi sembra si dovrebbe ascrivere il Gamasiphis gamasellus di Giava, ma la sua minima statura ed i particolari dell’armatura delle zampe 2° paio nel maschio, mi fanno dubitare che convenga ascrivere questa specie ad un sottogenere degli Ologamasellus, che si potrebbe chia- mare Mieriphis. Converrà vedere la femmina, per decidere su ciò. 439. Ologamasellus simplicior n. sp. — Corporis fabrica sat C. aberranti similis eodemque colore, sive saturate badio. Epistoma ACARI NUOVI 141 in utroque sexu in spinam apice breviter et acute bifurcam desi- nens, spinulis lateralibus minoribus utrinque singula vel binis. Pili corporis, praecipue posteriores, longi, setiformes, simplices, apice attenuati. Mas foemina brevior, sed non strietior. Eius chela calcari breviter styliformi, vix ad apicem digiti mobilis porrecto, haud, vel lenissime falcatim ineurvo, non usque ad apicem (obtu- sum) canaliculo perforato. Digitus mobilis apice optime runcatus, dente unico magno in medio margine interno; digitus fixus vix runcatus, apice truncatulus ibique dentibus minimis tribus termi- natus, dentibus autem tribus robustis in margine dentario aeque dissitis. Pedes secundi paris (maris) leniter inerassati, calcare fe- murali polliciformi, apice interne non in processum hyalinum expanso, sed simpliciter rotundato, genu processu singulo conico, apice acuto, tibia processu singulo subconformi, tamen exiliori, interne trasverse striolato. Mas ad 550 p. long.; 360 p. lat. : Foem. 620 p. long., 360 p.. lat. Habitat. Pluria utriusque sexus vidi exempla colleeta a cl. 3ruck ad « La Plata» nec non ad « Buenos Aires » (Tab. II, fig. 32 et IV, fig. 62). GEN. COLEOLAELAFPS N. GEN. Pallidi, sat magni, corpore setis exilioribus, longissimis dense obsito. Caetera ut in gen. Hypoaspis. Agiliores. Habitant ad pectus Coleopterorum Lamellicornium, praecipue Dy- nastitum. Species typica : Laelaps (Iphis) agrestis Berl. OSSERVAZIONI. — Il gruppo è molto naturale e comprende molte specie no- strali e forestiere, tutte coi caratteri indicati, precipuo quello della lunghissima e molle peluria del corpo. Talune specie hanno lo scudo dorsale inciso, più © meno profondamente, ai lati. Altra volta ho considerato il Laelaps Krameri C. R. Can. come il maschio di specie di questo genere. Ora ho trovato che il L. Kra- meri, che ha peli brevissimi, è invece un vero Hypoaspis, ed i maschi dei Co- leolaelaps, che sono rari, non differiscono dalle femmine se non pegli seudi ventrali. Le specie di questo genere si trovano tutte sui Lamellicorni, specialmente Dinastiti, ma ne ho trovato anche sulla Poliphylla fullo. Comuni da noi sono 149 ANTONIO BERLESE il €. campestris, che si trova sul petto del Pentodon punetatus ed il C. integer Berl. (Hypoaspis int.), che si rinviene su quasi tutti gli Oryctes nasicornis. Questi acari si trovano anche sulle larve dei detti insetti, compresi tra le pieghe della cute del corpo ; si lasciano rinchiudere nei follicoli ove le larve stesse merisalidano e poi escono fuor di terra, attaccati all’ insetto adulto, che li diffonde sotterra quando scava i suoi nidi, In questi si trovano ambedue i sessi dei detti acari, ed anche sulle larve dell’ ospite, ma sulle forme all’ aperto, cioè sugli adulti, si rinvengono le sole femmine. 440. Coleolaelaps lizeri n. sp. — Pallide testaceus, sat elon- gate ovalis. Sentum dorsuale integrum, sive non fissura lateraliter incisum. Seutum genito-ventrale saltem triplo longius quam latum, ab anale bene remotum, lateribus subrectilineis, postice rotunda- tum. Ad 950 p. long.; 530 p. lat. Habitat super Diloboderus abderus in Austro-America. Plura exempla mihi misit cl. O. Lizer, cui dicatam volui speciem, aliaque plura cl. Bruck, ad « La Plata » collecta (Tab. IV, fig. 61). Se SUBGEN. PERIPHIS. Px gen. Gamasiphis Berl. Multo maiores quam Gamasiphis veri, glabri. Scutum peritrema- ticum strictius, lineare, a dorsuali fissura stricta, a parapodicis vitti- formibus lato spatio distinctum. Caetera ut in Gamasiphis. Species typica: Iphis, IU MACUS haemisphaericus Koch. Gamasiphis (Periphis) haemisphaericus (Koch) (= Zumaeus haemisphae- ricus C. L. Koch, C. M. A. Deutschl. fasc. 26, N. 16) (Tab. II, fig. 28). Ho trovato due femmine, nei muschi del bosco Cansiglio, di questa bellis- sima specie, nuova per l’ Italia, che ho richiamato all’ Eumaeus Raemisphaerieus del Koch. Non conosco però il maschio (a meno che non sia la forma da me descritta sotto il nome di Physallolaelaps ampulliger). Le femmine, che ho, mi- surano 1050 u. di lunghezza, per 820 &. di larghezza. Sono molto convesse, emisferiche. Ho disegnato questa forma, perchè è tra quelle discusse del Koch. Gamasiphis elongatellus Berl. (Mas). Foeminae suae corporis fabrica omnino similis nec non fissura inter scutum ventrale et dorsuale pariter margini corporis subpa- ACARI NUOVI 145 rallela et valde retrorsus producta. Pili postici dorsuales sursum perpendieulariter erecti et robusti. Pedum secundi paris calearia ut in G. piloselli mari. Ad 340 p. long.; 225 p.. lat. Gamasiphis elegantellus Berl. (Mas). Foeminae suae corporis fabrica omnino similis tissurisque inter seutum ventrale et dorsualia ad ventris medium fere transverse coneurrentibus. Pili postici dorsuales, longi, erecti. Pedum secundi paris calcaria ut in mari G. piloselli. Ad 460 p. long. ; 340 p.- lat. GEN. AMBLYSEIUS N. GEN. Parvuli, ovati, converi, nitidissimi ; dorso scuto unico latiori pro- tecto. Adsunt setae dorsuales utrinque sex, caeteris multo longiores et dimidium corporis latitudinem aequantes vel superantes, sive: hume- ralis ; lateralis (post quartos pedes); postica, in angulo margini late- ralis et postici, haec caeteris longior. Seta quoque adanalis, ventralis est, ad angulos posticos ad latera scuti analis a quo scuto sat remota, caeteris curtior. Setae longiores sunt una in quoque articulo pedum posticorum genu, tibia, praetarso. Caetera ut gen. Ameroseius. Species typica : Zercon obtusus 4, OSSERVAZIONE. — Le specie Zercon similis, Z. ovalis ; Z. pallens del Koch e le altre Z. mucronatus ; Z. furcatus ; Iphis ovum ; Notaspis ovum Canestrini e Fan- zago spettano a questo genere, ma non si possono identificare. Anche lo Zercon obtusus del Koch, tipo del genere Amblyseius, non può essere esattamente rico- nosciuto. Pure, avendo io in A. M. Scorp. ital. indicato un Seius obtiusus (fase. 54, N. 7), riferendolo alla specie del Koch, prendo questa forma a tipo del gruppo e la definisco meglio qui. Le specie di questo genere vivono nell’humus, nelle foglie marcie, nel musco ; hanno colori dal terreo al badio e si avvicinano agli Iphidulus, Seiulus ete. vi- venti sulle piante, che però sono più piccoli, incolori e colle setole caratteri- stiche degli Amblyseius molto più corte che non in quest’ ultimo genere e poco più lunghe delle altre del corpo. Possiedo rappresentanti di questo gruppo dall’ Italia settentrionale, centrale e meridionale, nonchè di Giava e dell’ America del sud. I maschi sono rarissimi, pure ho un esemplare italiano ed è quello illustrato in A. M. Se. it., al luogo indicato. 144 ANTONIO BERLESE Qui illustro (tutte con eguale ingrandimento) solo le femmine, perchè non co- nosco l’ altro sesso, se non il maschio sopradetto dell’ A. obtusus. Le specie differiscono nella forma del corpo, più o meno allungata o tron- cata nell’ orlo posteriore (rettilineo o rotondato), nelle dimensioni rispettive delle setole caratteristiche del genere suddetto, nella forma dello scudo ano-ventrale, più o meno allungato e nel colore, che varia dal terreo pallidissimo fino al ba- dio scuro. Le setole grandi sono indicate nelle diagnosi seguenti colle lettere 4, adanali; P, posteriori; L, laterali; delle omerali non monta tener conto. Si vedrà che variano le proporzioni tra le diverse setole e quindi la facies dell’ animale. Amblyseius obtusus Berl. (ex Koch). (Berlese, A. M. Se. it. LIV, 7. (Seius obtusus;? — Ko ch, C. M. A. Deutsch]. fase. 27, N. 13, Zercon obtusus). Terreus, ovalis, vix postice rotundato-truncatus; sternum postice arcuato-excavatum. Setulae A, 50 p..; P, 200 p..; LZ, 140 p. Ad 360 p. long.; 270 p. lat. Habitat in Agro Veneto (in humo, sub foliis putribus, in mu- sco etc.) (Tab. IV, fig. 55). 441. Amblyseius obtusus var. tuscus n. var. — Typico vix elengatior et postice melius truneatus. Terreus, aliquando intesti- nis subrufescentibus varius. Setulae A, 80 p..; P, 140 p.. ; L, 140 p. Ad 350 p.. long.; 235 p. lat. Habitat. Florentiae (Tab. IV, fig. 57). 442. Amblyseius obtusus var. meridionalis n. sp. — Ter- reus, ovatus, postice subrotundatus. Sternum posterius recte trun- catum. Setulae A, 90 p..; P, 180 pi; JE IDUS p. — Ad 345 u. long. ; 255 p.. lat. Habitat in humo, ad « Potenza » (Tab. IV, fig. 56). 443. Amblyseius foenalis n. sp. — Terreo-badius, bene ova- lis, postice rotundatus. Scutum anale ad angulum tantum utrin- que bisetum (in caet. specieb. trisetum), sat elongatum. Setulae A, 120 p.; VERA SS 245 IT u. — Ad 420 u. long.; 320 pb. lat. Habitat Florentiae, in detritis foeni (Tab. IV, fig. 54). 444. Amblyseius grandis n. sp. — Bene badius, subsphaeri- cus, inter congeneres maximus. Sentum anale multo latius quam SE ACARI NUOVI 145 longum. Setae A, 135 p.. ; P, 300 p..; L, 260 p.. — Ad 540 p.. long.; 400 |. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta sub cortice arborum emortuorum prope « La. Plata » et ad « Buenos Aires » a CI. Bruclsg(LabicIVistio53): 445. Amblyseius longulus n. sp. — Bene badius, elongatus, subeylindrieus, postice truncatus. Seutum anale aeque longum ac latum. Metapodia parvulo metapodio accessorio anterius contigua. Margo posticus sterni vix arcuatus. Setae A, 55 p.; P, 120 p.; L, 119 p.. — Ad 330 p.. long.; 210 p.. lat. (Tab. IV, fig. 58). Habitat in muscis. Plura vidi exempla collecta ad « Palaia », prope Pisas nec non ad « Tiarno », in agro Tridentino. 446. Amblyseius caudatus n. sp. — Subincolor, ovatus, po- stice rotundatus. Scuta ventralia videre nequeo, quod hyalina. Setae P coeteris saltem triplo longiores, latitudine corporis multo longiores, 280 p..; A, 70 p..; L, 90 p. — Ad 355 p.. long. ; 220 p.. lat. Habitat. Nonnulla exempla, ovum (170 %< 140 p..) gerentia, vidi colleeta in insula « Jaba » a el. Jacobson (Tab. IV, fig. 60). 447. Amblyseius aequipilus n. sp. — Pallide terreus, pedes antici coeteri robustiores et longiores ; lateribus rotundatis, postice subtruncatus. Setae curtiores quam in caeteris huius generis spe- ciebus et subaequales; A, 70 p..; P, 50 p.; L, S0 p. — Ad 318 p. long.; 240 1. lat. Habitat. Unum vidi exemplum collectum in insula Jaba a el. Jacobson (Tab. IV, fig. 59). GEN. CERCOMEGISTUS N. GEN. Ex familia Megistanidae. Gamasiformes. Scutum dorsuale duplex. Pedes in utroque sexu iner- mes, omnes ambulacrati, Mas cercis duobus cylindricis, basi articulatis, in seuto dorsuali postico insitis ornatus. Mandibulae in utroque sewu pa- riter conformatae, non calcaribus armatae. Mas foramine genitali ro- « Redia n, 1914. 10 146 ANTONIO BERLESE tundo (inter tertias covas). Foemina scuto ano-ventrali magno, geni- tali late V-formi, parapodicis cum metapodicis magnis confusis. Jugularia in utroque seru evanida. Species typica : C. bruckianus n. sp. OSSERVAZIONE. — Sono questi gli unici Acari, che io mi conosca, forniti di veri cerci (nel solo maschio). 448. Cercomegistus bruckianus n. sp. — Saturate badius, ovato-pyriformis, totus dense setis sat curtis, subspiniformibus, vix barbatulis in dorso et in ventre auctus. Setae in dermate inter scuta ventralia et dorsualia scutulis singulis parvis, ovalibus basi sunt fultae. Scuta dorsualia vitta recta, stricta, transverse in medio dorso intersese separata. Maris cerci duo ceylindrici, longiu- sculi, apice spinulis aliquot ornati, prope marginem posticum sceuti posterioris insiti. Mas scutum ano-ventrale, cum sternale conere- tum nec non, ad latera, cum metapodicis. Foeminae scutum geni- tale V simulans, sternale retrorsus in angulum, inter lata brachia genitalis produetum. Mandibulae chela digito fixo denticulis plu- ribus, intersese conformis staturae toto serrulato ; digito fixo eden- tato, tantum apice bidenti. Mas ad 670 p. long.; 410 p. lat. ; Foem. ad 820 |. long. ; 550 p. lat. Habitat. Plura utriusque sexus vidi exempla collecta ad « La Plata », sub arborum cortice (Tab. II, fig. 29). Speciem miram reverentiae causa dicatam volui cl. Bruck, Musei Universitatis « La Plata » diligentissimi Curatoris, qui plurimos acaros mecum benignissime communicavit. 449. Discozercon mirabilis Berlese. — (Brevi diagn. ete., in « Redia », vol. VI, 1910, fasc. 2, pag. 374) (Tab. IV, fig. 50). PROSTIGMATA. SUBGENUS EUPODOLOPHUS N. SUBGEN. Ex gen. Sphaerolophus Berl., inter Erythraeidas. Characteres generis Sphaerolophus, sed pedibus posticis mirae et ACARI NUOVI 147 insolitae figurae, quod tibia late clavata, genu latissime, subsphaerice claviformi gaudeant. Species typica : Sph. Eupod. chubbi n. sp. OSSERVAZIONI. — Nessun acaro fra i Prostigmati mostra consimile confor- mazione stranissima dei piedi posteriori. Non possiedo che un solo esemplare femmina della specie che descrivo più innanzi, non so quindi se vi sia dimor- fismo sessuale in questa particolare fabrica delle zampe posteriori. 450. Sphaerolophus (Eupodolophus) chubbi n. sp. — Ru- ber (?) (1), elongatus, ovalis, totus dense setis nudis, styliformibus, minutissimis indutus. Humeri vix prominuli. Pedes antici corpo- ris longitudinem non aequantes, postici corpore muito longiores, tibia crasse clavata, genu autem subsphaerico, basi peduneulato. Segmenta haec ambo obscuriora, castanea sunt, Incida. Tarsi om- nes vix longiores quam lati. Ad 2600 pn. long.; 1450 p. lat. Habitat. Unum vidi exemplum colleetum ad « Clairmont », prope « Durban », in Africa australi et mecum a el. prof. E. C. Chubb, Musei urbis supradictae Curatori, cui summa reverentia paradoxam speciem dicatam volui, communicatum (Tab. IV, fig. 61). Firenze, Novembre 1914. (1) Exemplum in alcool asservatum sat decoloratum est. 148 ANTONIO BERLESE EXPLICATIO TABULARUM TRASI) Species. gen. Oribates (Ss. str.), omnes diam, circiter 67 amplific., exceptis : O. atomario (fig. 4), O. tantillo (fig. 3) et O. medio (fig. 12) qui diam. 115 sunt amplific.; nec non O. heroe (fig. 19) qui diam. 393 est amplifie. Fig. 1. Oribates obvius n. sp., pronus. 2. ) tenuiclavus Berl., pronus. 30 ) tantillus Berl., pronus. d. > atomarius n. Sp., pronus. » D. formicarius n. sp., pronus, 6. ) australis n. sp., pronus, » climatus K., pronus. 3 MMS: mucronatus G. R. Can., pronus. 9. ; longiplumus Berl., pronus. 10. ) ) ) var. myrmophilus n. var., pronus. RE ; integer Berl., pronus. 12. » medius n. sp., pronus. 13. ) pterinervis Can., pronus. 14. » emarginatus Banks., pronus. 15. ) nervosus n. Sp., pronus, 16. > crassiclavus n. sp., pronus. 17. > clericatus n. Sp., pronus. 15. emarginatus Banks var, euwropacus n. var.,, pronus. 19. heros Cay.; 194 eius vertex, 67 diam. amplifie. ; eius ala, 67 diam. amplifie. Ta. XI. (II). ni 5 ao È 67 Fig. 20. Oribates (Neoribates) roubali Berl. (1) pronus. 21. robustus Banks » , pronus. 22. ) Jissuratus n. Sp. >», pronus. 24 ACARI NUOVI i 50 1 g. 23. Sphacrozetes (Trichoribates) principalis n. Sp. a pronus N 90 » (Tectoribates) undulatus n. Sp. ( i ) pronus. > 25. Angelia capillata n. sp. (T) prona. A ol: 47 26. Neoliodes candatus n. sp. (1) pronus. 1 a 2 >» 27, Amerus laticephalus n. sp. (È) pronus. SEO QI $ : 2 bi è >» 28. Gamasiphis (Periphis) haenisphaericus (K.) (È) supinus. 149 n o n 3 90 \ È » 29. Cercomegistus bruckianus n. sp. foem. (1) 294 mas supinus (eadem drà 48 a amplific.); 290 mas pronus (5): 29e foem. prona (È): 294 maris 1 cercus magis amplifie. ; 29e utriusque sexus chela, magis amplifie. 30. Ologamaselli aberrantis maris chela; 304 ead. foeminae; 30b maris 31. Tectocepheus minor Berl., pronus È) 52. 29 -Fig. 00. VBLS > 95. 36. ST. ni DÒ. » 41. 40. Zercon epistoma; 30e foeminae epistoma ; 304 pilus trunei. 125 1 25 Var. @rpansus, pronus FF) TAR. XII. (III). 5 Ù : 165 ficat. 3 330 cpigynium (È) ° s 95 î Trachytes mystacinus Berl., foem., prona (F) 1 354 mas sup., ead, ampli- 1 » pi Berl. foem. prona (È) : 344 eius epigynium (Pi: 34h epi- gynium varietatis « pauperior », ead. amplifie, » pyriformis (Kram.) epigynium (DI. lambda Berl. » tuberifer n. Sp. » infirmus Berl. ) » 539. Oribatella longispina n. Sp. (È) igg. 40-48. Species gen. Zercon pronae, circiter 100 diam. ampl. ornatus Berl. » triangularis K. ) » var. caudatus Berl, dimidia pars corporis postica. 42. 43. 44. 46. o 47. 48. 49. » >» granosus K. perforatulus Berl. capillatus n. Sp. trigonus Berl. columbianus Berl. radiatus Berl. 5 15 o Hoploscius cometa Berl. foem. prona (2); 494 cadem supina. 150 ANTONIO BERLESE TAB. XIII. (IV). pI 50. Discozercon mirabilis Berl. foem. supina (7): 504 mas supinus, eadem amplifie, S ore 3 o dd = o 51. Ologamasellus simplicior n. sp., foem. supina a) i 5la maris hypostom. pars sinistra; 51% hypostoma; 5le maris chela; 514 maris pes secundi paris. 52. Ologamaselli aberrantis maris secundi paris pes. 0. Species gen. Amblyseius, omnes circiter 90 diam. amplifie. 55. Amblyscius grandis n. sp., foem. supina. Ffoenalis » » » > obtusus (K.) » corpus pronum. » var. meridionalis n. var., foem. supina. tuscus n. var., foem. supina. longulus n. sp., foem. supina. ) aequipilus n. sp., foem. supina, » caudatus n. sp., foem. prona, 61. Coleolaclaps lizeri, foem. supina (T) 1 63. Sphacrolophus (Eupodolophus) ehubbi n. sp., pronus. ’ Gant 3 ° 68 62, Ologamasellus simplicior, foeminae dorsum (È) Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 31 Dicembre 1914. ANTONIO BERLESE Direttore della R. Stazione di Entomologia Agraria VIA RoMANA, 19 — Firenze LA DISTRUZIONE DELLA “ DIASPIS PENTAGONA ,, A MEZZ0 DELLA PROSPALTELLA BERLESEI 1. — Prima apparsa della ‘‘ Diaspis ,, in Italia e provvedimenti legislativi per combatterla. Nel 1885 fu riscontrata in Lombardia (nei comuni di Proserpio, Asso e Canzo in provincia di Como) e primamente deseritta dal Targioni-Tozzetti una Cocciniglia del gruppo dei Diaspiti, che egli chiamò Diaspis pentagona, la quale aggrediva intensamente e gra- vemente i (Gelsi, conducendoli a rovina. Furono tosto fatti esperimenti dalla R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze e da altri per trovare modo di difesa e si con- sigliarono, in seguito, miscele catramose, da spargersi sulle piante, oltre ad altri mezzi di lotta di natura fisica e chimica. La Cocciniglia, intanto, ben poco ostacolata da queste nostre difese, guadagnava terreno, diffondendosi dapprimo nei principali centri gelsicoli di Lombardia, di poi in Piemonte, quindi nel Ve- neto, e tendeva, in epoca recente, a diffondersi nell’ Italia centrale e nella meridionale. Il pernicioso insetto provocò una legge (2 luglio 1901, n. 306) intesa ad arrestarne il progresso e scemarne i danni. Ma, ciò non ostante, i comuni dichiarati ufficialmente infetti da Diaspis pentagona, da tre soltanto quanti furono all’ epoca della scoperta prima (1885) andarono gradatamente aumentando e dal 17 dicembre 1901 al 28 febbraio 1903 sommavano già a ben 763, così distribuiti secondo le province : Como 259; Milano 150; Bergamo 141; Sondrio 32; Pavia 11; Brescia 42; Cremona 35; Mantova 2; Cuneo 2; Genova 2; No- 152 ANTONIO BERLESE vara 54; Alessandria 1: Treviso 1; Verona 7; Venezia 1; Udine 17; Vicenza 2; Macerata 1; Ascoli Piceno 3. Non essendo riescite sufficienti le misure contenute nella detta legge, per ottenere una diminuzione del pericolo di diffusione della Cocciniglia e dei danni alla gelsieultura, altra ne fu promulgata e più severa il 24 marzo 1904 (1) (*). Ma neppur questa seconda legge corrispose allo scopo. Il nu- mero di comuni, che venivano via via dichiarati infetti da Dia- spis, andava aumentando vertiginosamente. Infatti, nel 1912 essi sommavano a 2208, così repartiti per regioni: Piemonte 546; Li- guria 25; Lombardia 1273; Veneto 283; Emilia 53; Marche 13; Toscana 11, Puglie, Calabria, Campania 4. Nel 1913 si ricono- sceva infetta anche la provincia di Palermo (2). Oltre a ciò, il Governo stesso, rispondendo ad analoga interro- gazione dell’ on. Rebaudengo, per bocca del Sottosegretario di Stato all’ Agricoltura, così si esprimeva (8): « Si conviene con l interrogante sulla necessità di modificare le norme, che attualmente regolano la lotta contro la Diaspis pentagona. L’ esperienza, infatti, ha dimostrato che queste più non corrispondono ai fini voluti dalla legge 24 marzo 1904 e che non sempre efficaci riescono, sia la distruzione dei gelsi, sia la cura obbligatoria delle piante infette col trattamento finora in uso ». D’ altronde la legge è ritenuta responsabile della sua pressochè nulla efficacia da molti autorevoli giudizi del tempo, i quali tutti concordano nel riconoscere insolubile, coi mezzi fino allora pro- posti ed imposti, il grave problema della difesa contro la dannosa Cocciniglia. Il compianto prof. Quajat, vice direttore della R. Stazione Ba- cologica di Padova, si faceva eco, in un suo scritto del 1911, dei lamenti dei gelsicultori e riconosceva la impossibilità di otte- nere effetto utile colla applicazione delle cure artificiali (4). « Chi può avere — esclama egli — non la sicurezza, ma almeno la probabi- lità di una disinfezione completa? Come si fa ad imporre la cura a gelsi ad alto fusto, con chioma estesa per molti metri tutta all’ ingiro ? Inoltre la spesa non è del tutto trascurabile, poichè, per alberi grandi, tutto compreso, essa si aggira intorno a L. 1,50 per pianta ». (Loc. cit. estr., p. 7). (°) Per queste citazioni vedi Bibliografia in fine della presente nota. LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 155 Il Quaiat conclude associandosi alle parole del prof. Carnaroli, della Cattedra Ambulante di Agr. di Padova (oggi Direttore di quella di Montebelluna) (5) : « Nelle condizioni attuali della nostra gelsicultura non è possibile od estre- mamente difficile affrontare il parassita coni mezzi di lotta consigliati; la cura riesce inefficace ed antieconomica ». I lamenti contro | inefficacia dei mezzi artificiali di lotta pro- posti e di quelli stessi che la legge imponeva sono stati continui e generali e si palesano in ogni scritto sull’argomento, tra quelli apparsi da allora a tutt’ oggi. Ormai la convinzione della impos- sibilità di lottare contro la terribile Cocciniglia, nelle forme volute dalla legge, era così diffusa che la legge stessa, in questi ultimi anni era del tutto caduta in non cale, anche presso coloro che avrebbero dovuto farla applicare rigorosamente. 2. — Danni recati dalla ‘‘ Diaspis pentagona ,,. I danni che alla gelsicultura in genere e specialmente alla no- strale sono stati apportati dalla Diaspis pentagona sono veramente gravi. Essi si riferiscono: 1.° A mortalità di Gelsi, specialmente se giovani e molto at- taccati dall’ insetto ed in particolar modo se varietà scelte e gen- tili in confronto delle selvatiche ; 2.° Diminuzione sensibile del prodotto foglia, per generale in- tristimento delle piante ; 3.° Necessità di scalvature almeno biennali, per impedire il troppo accumularsi della malattia : 4.° Peggioramento delle qualità della foglia rispetto agli scopi suoi riferentisi alla bachicoltura. Cito qualche testimonianza fra le moltissime che si possono trovare pubblicate sull’ argomento e tutte concordano nell’ attri- buire alla Diaspis la diminuzione crescente del prodotto bozzoli nel nostro paese. 154 ANTONIO BERLESE Per le provincie di Treviso ed Udine il prof. Benzi, Presidente dell’ Istituto Agrario Provinciale di Treviso, scriveva : « Vi sono campagne che perdettero un terzo della foglia, altre nelle quali centinaia di vigorosi gelsi dovettero soccombere sotto le incrostazioni delle diaspis e queste provincie, forse le più maltrattate, devono agli attacchi di dia- spis il minor prodotto in bozzoli della campagna del 1911 ». Il dott. G. Gobbato scriveva nel 1912, considerata la diminu- zione del prodotto foglia, che dal 1909 al 1911 scese, gradata- mente da 1,1553,500,000 chilogr. in tutto il Regno a 1005,900,000, cioè con una perdita di quintali 127,600 (che ad una media di L. 6 al quintale fanno L. 7,656,000 e quanto alla produzione boz- zoli, tale diminuzione di foglia importa circa 9,000,000 in meno di bozzoli, per un importo probabile di circa 31,500,000 di lire), affermava, ripeto, che, pur ammettendo la cattiva influenza della confezionatura del seme, quella del ribasso del prezzo dei bozzoli, il rincaro della mano d’ opera ecc., la causa predominante doveva pur certamente ritenersi la Cocciniglia bianca del Gelso (6). Il prof. G. Esmenard, Direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Ivrea, riferiva circa gli effetti della Diaspis nella regione : « Attualmente la nostra gelsicultura è in miserevoli condizioni. Molti gelsi sono già morti naturalmente ; molti per la loro poca produttività sono stati destinati a legna da ardere, altri infine ergono al cielo le loro bran- che ischeletrite, per chiedere quell’ aiuto che mai non viene. Nel 1907 si producevano nel circondario d’Ivrea all’ incirca 40,000 q. di fo- glia, allevando 3500 once di seme bachi: oggi non si arriva a 20,000 q. di foglia e non si allevano 1700 once di seme. Il quadro è certo desolante! » (7). Il prof. U. Zanoni, Direttore dello Stabilimento bacologico Pa- squalis (Vittorio Veneto) (8), nel 1910 ebbe 4 dire : « In uno degli ultimi numeri di quest’ anno del giornale « L’ Agricoltura Subalpina » di Cuneo veniva con cifre rappresentata la continua diminuzione del prodotto foglia in quella provincia, in seguito alla principalissima causa Diaspis pentagona. È precisamente, mentre nel 1907 la produzione in foglia gelso della provincia di Cuneo era di miria 415926, nel 1908 di miria 408280, nel 1909 discendeva rapidamente a miria 285452 e nel 1910 a miria 275823, con una differenza cioè tra il 1907 ed il 1910 di meno 138103 miria, vale a dire di wn terzo ! LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 155 E riferendosi al solo mercato di Cuneo le cose sono ancora più gravi, perchè nel 1907 si ebbe la produzione in foglia di gelso di miria 103249 e nel 1910, dopo anni di continua deerescenza, di miria 61826, con una raccolta in meno di miria 41423, ossia di due quinti ! I rapporti tra le suddette cifre statistiche possono certo riferirsi tali e quali anche per le altre regioni sericole del settentrione d’ Italia, ed anzi in Lom- bardia dovrebbero maggiormente allargarsi, dato che 1 infezione diaspica vi esiste da più lungo tempo. Crediamo pertanto non esagerato ammettere che nel settentrione d’ Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto), calcolando nel 1907 una produzione di foglia di circa 9 milioni di quintali, corrispondenti a circa 45 milioni di kg. di boz- zoli, si è passati, nella decorsa ultima campagna a circa 7 milioni di quintali di foglia, corrispondenti a 35 milioni di kg. di bozzoli; una diminuzione cioè di 2 milioni di quintali di foglia, vale « dire di 10 milioni di kg. di bozzoli. E ciò nel solo settentrione d’ Italia! Tra le cause della diminuzione del prodotto foglia di gelso nel 1910 potremo incolpare anche la stagione estiva poco calda del 1909, le grandinate verifica- tesì in più luoghi, il marciume delle radici e le altre malattie del gelso ; ma, non facciamoci illusioni, poichè certo la principalissima causa devesi ritenere nella Diaspis pentagona. I danni della Diaspis non sono in relazione soltanto alla gravità dell’ infe- zione dell’ ultima annata ; essi sono collegati pure intimamente agli attacchi del parassita in tutte le annate precedenti, vale a dire, non ostante 1’ alter- narsi dell’ intensità della malattia a seconda dell’annata, per le condizioni più o meno favorevoli di stagione e dei nemici naturali della Diaspis, si può rite- nere che più invecchia 1’ infezione, senza venire per nulla ostacolata dall’ agri- coltore, e più si aggravano i danni, anche per la continua depressione della vi- goria generale della pianta di gelso ». Le cattive condizioni fatte alla gelsicultura ed alla bachicultura dalla Diaspis e le difficoltà della applicazione delle leggi antidia- spiche sono prospettati in parecchi seritti ed in non pochi con- si. eTes Cito ad es. il Convegno dei Comizi Agrari Piemontesi, tenutosi ad Asti nel maggio del 1908 e su cui riferisce, quanto a Diaspis, il ch. prof. Soleri (9). In tale scritto è trattato diffusamente dei danni che la Diaspis reca alla pianta ed alla coltivazione; delle manchevolezze della legge e sulla sua inapplicabilità; sulla costituzione di un Con- sorzio antidiaspico e sulla sua fine per cause varie, tra cui uno « scetticismo generale » ; sulle difficoltà incontrate in un semplice esperimento coi mezzi diaspicidi ecc. 156 ANTONIO BERLESE L'Autore conclude : « Ma, giunti a questo punto d’ esame della situazione io mi domando quale via convenga seguire di fronte allo stato presente, acuto della infezione. Appli- care la legge ? Già dissi e ripeto che grave impegno rappresenta il tentare que- sta via ». E più sotto: « A questa legge (1904) hanno fatto critica severa autorevoli personaggi su per i giornali e nelle riunioni della recente conferenza della Commissione per lo studio delle condizioni sericole e bacologiche italiane ; eritiehe continue a questi provvedimenti son fatte ancora da ogni parte,... perchè di dubbio risul- tato e cagione sicura agli agricoltori di gravezze, in ogni caso non equivalenti ai vantaggi che la legge medesima si ripromette e che non raggiunge ». In una riunione tenuta a Torino nel gennaio 1909 fra Agricol- tori ed Industriali sericoli del Piemonte (10), per discutere della lotta contro la Diaspis pentagona, dal ch. avv. Cassin, Presidente della Camera di Commercio di Cuneo, è affermato che, nella Pro- vincia di Cuneo 1’ infezione ha prodotto danni gravissimi, almeno un milione di minor prodotto dei gelsi; che per la lotta artifi- ciale, per la sola Provincia di Cuneo occorrerebbe mezzo mi- lione. In un articolo, a firma Nemi (10PiS), apparso nella « Nuova Antologia » del 1° marzo 1913, è accettata la cifra di 20 milioni come espressione concreta del danno annualmente cagionato in Italia dalla Cocciniglia del Gelso nelle ultime annate agrarie. A. proposito dei danni prodotti dalla Diaspis nel Monferrino ed altrove ed alle difficoltà che si incontrano nella pratica dei mezzi artificiali di lotta, il prof. G. GaBorTO, Direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Casalmonferrato, seriveva, nel 1909 (11): « I bei filari di gelsi, orgoglio dei fondi, sono ridotti in miserrime condi- zioni, con molti rami morti e chioma rachitica, dimodochè, alla stagione dei bachi, molti proprietari si trovano costretti a rinunziare all’ affitto o all’ alle- vamento. Di fronte a tale stato di cose, la lotta diretta è diventata di difficile at- tuazione ». E lo stesso sopralodato Autore, nella Relazione successiva : « La lotta artificiale non ha mai avuto fortuna da noi ». LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 157 Egli si scaglia contro il capitozzamento biennale del gelso, che diminuisce il prodotto della foglia e danneggia seriamente le piante. Potremmo moltiplicare gli esempi, ma a che gioverebbe ? Si deve ammettere, per comune consenso, che la Diaspis pentagona ha rap- presentato un danno di parecchi milioni annui alla nostra gelsi- cultura e conseguentemente alla bachicultura. Quanto alla inefficacia, impraticità e dispendiosità delle cure artificiali proposte od ordinate per legge, il consenso non è meno generale, ed anche per ciò non giova recare troppe testimonianze, e, del resto se ne dirà anche più avanti. Ora basterà, per chiudere, citare un brano della Relazione della benemerita Associazione Agra- ria Friulana (12), il quale, a pagg. 14 e seguenti così si esprime : « Dei 124 comuni gelsicoli della provincia (di Udine), 95 erano, in quel- l’ anno (1909) dichiarati ufficialmente infetti; ma la Diaspis s’ era diffusa in parecchi altri dei rimanenti... ma non si curava neppure più la sollecitazione di dichiaranza ufficiale di infezione, poichè nessun effetto utile se ne otteneva: la legge, che pur tante speranze aveva eccitato, giaceva come lettera morta : il commercio di gelsi infetti si esercitava indisturbato ; la cura non era applicata e..., come naturale conseguenza, rifiorivan gli specifici di quarta pagina, più o meno portentosi. L/ Associazione Agraria Friulana e il personale tecnico delle Sezioni della Cattedra Ambulante si eran sino allora mantenuti fedeli ai diaspicidi indicati nel regolamento alla legge e consigliavano quindi — a lato delle spazzolature — i noti trattamenti a base di olio pesante di catrame o di petrolio. Ma l appli- cazione di questi rimedi era assai limitata, poichè troppo facilmente trovava adito alla critica. La spazzolatura — lunga, difficile, faticosa — era, non certo a torto, incolpata di offendere la corteccia dei gelsi, specialmente nelle piante giovani, e di accecare non poche sottogemme ; il piroforo, se non adoperato a dovere, provocava bruciature assai gravi e d’ altra parte, operando in piena campagna, si andava incontro ad inconvenienti, che risultavano in perdita no- tevolissima di tempo ; si incolpava 1 emulsione di olio di catrame di rimaner troppo poco tempo allo stato di emulsione e di essere, per la sua stessa natura, di una troppo lunga e difficile applicazione ; non trovavano gran voga le irrora- zioni a base di petrolio e soluzione saponosa e in mezzo ai dubbi i nostri con- tadini preferivano non fare. Una gran varietà fra i contadini: v’ erano i fidenti, che attendevano dal cielo la fine del malanno, poichè il Cielo — dicevan loro — laveva mandato : verano i perpetui malcontenti, che a parole reclamavano dal Governo, o dai Comuni o dai proprietari un’ azione generale di cura, ma poi, ai fatti, non vo- levano unirsi in Consorzi di difesa; v? erano gli ingenui, che si affidavano 155 ANTONIO BERLESE alle chiacchiere e volevan provare quanti specifici nuovi apparivano decantati in foglietti volanti od opuscoletti e quarte pagine di giornale — e nelle ri- petute delusioni s’ avvilivano e si scoraggiavano — e vi erano alcuni dotati di grande spirito... progressista, che speravano divenire benemeriti della uma- nità, e provando e riprovando, volevano trovare il tocca e sana perpetuo : quanti consigli, quante prove strampalate, dall’ acqua distribuita con una pompa nelle rigide nottate d’ inverno, che procurò qualche buon raffreddore agli in- cauti operatori, mentre la Diaspis, troppo ben protetta nel suo scudetto.... la- sciava fare ; dalle abbondanti distribuzioni di calce, pur allora spenta e ancora bollente, purchè applicata fregando bene con un pennellaccio (come se la sola sfregatura non fosse stata sufficiente a distruggere buon numero di Diaspis) fino ai miscugli di sostanze fra le più disparate, messe assieme solo pel gusto di provare e che non davan risultato utile apprezzabile. Ma, col tempo, ad ogni nuovo insuccesso, si perdeva un po’ di coraggio è un’ apatia piatta gravava sulla massa e ben pochi, a lato' delle spazzolature e delle cure, somministravano ai gelsi appropriate concimazioni e prodigavano razionali cure colturali, per renderli un po’ più resistenti. In dieci, in cento sorsero i pessimisti a dichiarare morta la gelsicoltura, di- strutta la bachicoltura ; a sconsigliare 1° impianto di nuovi gelsi e a proporre addirittura 1’ estirpazione dei filari e dei gelseti specializzati. Realmente a chi considerava spassionatamente lo stato delle cose, la situa- zione appariva fra le più gravi. Non si negava relativa efficacia alle pratiche curative, ma queste, solo par- ziali, rappresentavano soltanto un palliativo momentaneo ed anche i più volen- terosi si stancavano di dover ripetere ogni anno i trattamenti, poichè queste rare oasi di quasi immunità diaspica erano ben presto invase di nuovo da tutti i terreni circostanti, rimasti ben gravemente infetti. Allarmava il fatto che le Diaspis Sadattavano a vivere, anno per anno, su di un numero sempre maggiore di piante (una cinquantina nell’ elenco del Ministero del 1909) e fra queste al- cune es senze boschive (come 1° acacia e gli ontani) assai sviluppate in Friuli, in grovigli tali da costituire quasi una assoluta impossibilità di trattamenti curativi. Era causa di gravi preoccupazioni il vedere morire in pochissimo tempo gelsi pur vigorosi e il riscontrare sempre più energica la diffusione del male, con una conseguente vegetazione dei gelsi tanto limitata da costringere a notevolissima riduzione nel numero di once di seme bachi da allevare. Timori, allarmi, paure per ogni dove quando si cominciò a parlare in Friuli della Prospaltella Berlesei ». Ma altro grave danno ricevevano indirettamente, l’agricoltura e la floricultura italiana da parte della Diaspis pentagona. Analogamente alle misure prese nel nostro Regno, colle leggi | LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 159 antidiaspiche, per impedire la diffusione dell’insetto nei Inoghi an- cora immuni, la Francia, con decreto 10 gennaio 1912, interdiceva l'importazione ed il transito a tutti i vegetali allo stato legnoso, eccetto quelli resinosi e la Vite, nonchè alle loro parti fresche, di origine e provenienza italiane. Si può comprendere il danno derivato da tale misura ai nostri floricultori se si pensa che, ad es., nel 1911 sono entrati in Fran- cia, per la dogana di Ventimiglia e di Menton-Garavant, secondo le testimonianze di quegli uffici, non meno di 804 tonnellate di fiori recisi (Rose, Garofani, Violette, Anthemis). Tale decreto era stato provocato, fra 1’ altro, da allarme susci- tato sopratutto dal Ch. Prof. Bouvier, Direttore del Museo di storia naturale di Parigi, con un suo opuscolo del 1910, dal ti- tolo: « Relazione sulla Liaspis pentagona, che attacca i Gelsi in Italia ». Tutto ciò e la storia delle agitazioni che seguirono in Liguria, comizi, proteste ecc., è ricordato in pubblicazioni del Ch. Prof. Vagliasindi, alle quali rimando il lettore (13). 3. — La Prospaltella berlesei How. SUA SCOPERTA, DIFFUSIONE IN EUROPA ED ALTROVE ED EFFETTI CONTRO LA « DIASPIS PENTAGONA ». Fin dal 1900 mi sono ocenpato della lotta, per via naturale, contro insetti nocivi, cioè ricorrendo per aiuto ad altri insetti distruttori di quelli che danneggiano le piante coltivate ed i prodotti agrari (14-16). Ho introdotto in Italia, dall’ America e dal Portogallo, nel 1901, il Novius cardinalis, essendo nel nostro paese apparsa la terribile Icerya Purchasi. L’ effetto ottimo fu descritto da me e più estesamente in una memoria del Dott. Ribaga, mio assistente in quel tempo (17). Questo mirabile risultato mi consigliò ad altre simili ricerche, per altri insetti nocivi e rivolsi la mia attenzione alla Diaspis pentagona, così terribilmente diffusa e nociva. 160 ANTONIO BERLESE Ne è testimonio la mia lettera aperta al Ch. Prof. Alpe (18), nella quale, in una nota, lo stesso Prof. Alpe sopralodato scriveva: « A Conegliano (1) ed a Napoli ho avuto occasione di conferire a lungo col- l’egregio collega dott. Antonio Berlese, professore di zoologia e direttore del Laboratorio di Entomologia agraria della R. Scuola superiore di agricoltura di Portici. Ci sì intrattenne specialmente sulla questione dei parassiti degli insetti nocivi alle piante, della quale il valente entomologo si occupa da tempo. Chie- stogli se vi fosse speranza che anche nella lotta contro la Diaspis del gelso tali parassiti potessero venire efficacemente in aiuto, ebbi notizie confortanti. Pre- gai così l’amico di scrivere in proposito alcunchè per «Agricoltura Moderna ». Ecco l’ origine di questa importantissima lettera, della quale ringrazio il bravo professore ». La storia della scoperta e diffusione in Italia della Prospaltella berlesei è fatta in una noticina inserita nel « Coltivatore » del 1908 (19), di poi, più diffusamente esposta in un mio scritto del 1909 (20), e riassunta poi in un altro opuscolo del 1910 (21), dove sono anche lungamente discussi gli effetti di altri insetti nemici della specie dannosa e gli effetti loro utili praticamente. Vi è detto che fino dal 1902, considerando la diffusione uniforme e senza ostacolo della Diaspis da noi, dubitai primamente che ess: qui non avesse quei nemici naturali che tutti gli organismi hanno a moderare la loro possibile eccessiva moltiplicazione. Perciò, ottenuti da moltissime parti d’ Italia campioni della Coc- ciniglia, dovetti riconoscere che, infatti, essa non era aggredita da alcun insetto endofago, a differenza, dunque, da tutte le altre specie di coccidei nostrali. Perciò la Diaspiîs doveva essere di im- portazione esotica e qui pervenuta senza l’accompagnamento degli insetti suoi nemici. Giunto a questo punto si trattava di rinvenire quella regione del mondo ove la Diaspis, pur trovandosi, non recava danno pra- ticamente sensibile, cioè dove essa è frenata dalle condizioni ne- miche naturali, sue particolari. (1) Il Congresso Viticolo e Zootecnico di Conegliano, nella quale occasione mi sono trovato a discorrere col prof. Alpe dell’argomento qui ricordato, è in data 20-23 ottobre 1902. Quanto all’ incontro di Napoli esso mi sembra sia avvenuto anche prima, se la memoria non m’ inganna, cioè nella prima decade di maggio, in occasione del Congresso agrario di Palermo. a LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 161 Le ricerche non furono brevi. Il Giappone, ritenuto general- mente la patria della Diaspis pentagona, doveva essere escluso poi- chè il Marlatt, inviatovi dagli Stati Uniti d’ America e rimastovi due anni, pur riconoscendo colà essere la specie rarissima, sebbene dovunque diftusa, ammetteva tale rarità doversi al clima ed a par- ticolari funghi parassiti dell’ insetto. Per mio conto io, dietro i fatti esposti dal Marlatt, dovevo con- cludere diversamente ed è per ciò che nella mia succitata lettera al Prof. Alpe (18) dubitai che dovesse esistere una « forma speciale, tuttavia ignota, con azione più notabile di quella delle specie fino ad ora osservate ». Il che era realmente. Intanto lunghe pratiche ho condotto fino d’ allora per introdurre e sperimentare da noi i vari nemici naturali della Diaspis penta- gona del Giappone, trovati, lodati ed importati nel Nord America dal Marlatt e tali pratiche sono ricordate nella detta lettera al Prof. Alpe. Ciò mi occupò molto tempo e mi persuase dello scarso o nullo valore dei nemici naturali della Diaspis, vantati dal Marlatt, non superiore a quella, pressochè nulla, dei nostrali. Le cose erano a questo punto ed io pensavo già a trovar modo perchè un nostro naturalista si recasse al Giappone, per veder meglio lo stato delle cose, quando, nel 1905, venne a Firenze il Ch. Prof. Howard, Capo del Bureau di Entomologia degli Stati Uniti. A lui chiesi come mai da due anni non si trovavano più per entro gli scritti di Entomologia agraria nord-americani, lamenti sugli effetti agrari della loro LDiaspis amygdali (che è poi la stessa 1). pentagona), mentre per lo innanzi se ne avevano continuamente notizie e querele. Il Ch. Prof. Howard mi rispose che, infatti, da qualche tempo la specie non si mostrava più nociva alle colture nel Nord-america. Pregai istantemente, cio udendo, il valoroso entomologo a man- darmi campioni della loro Diaspis e questi vennero nel giorno 21 maggio 1906. Io vi riscontrai femmine necise e vuotate da un Imenottero en- dofago, nella quasi totalità. Pensai che, se potevo ottenere laccli- matazione dell’ endofago in Italia collo stesso effetto, la Diaspis u Redia », 1914. 11 162 ANTONIO BERLESE sarebbe stata irremissibilmente condannata a scomparire dal no- vero delle specie agrariamente nocive. Aleuni individui delle varie specie di Imenotteri sehiusi dalle cocciniglie speditemi furono mandati da me al Ch. Prof. Howard, specialista del gruppo dei Calciditi, perchè li determinasse e tra questi più abbondante egli trovò una specie nuova, che chiamò Prospaltella Berlesci. Tale specie, importata dal Marlatt, senza saperlo, a Washington col materiale raccolto nell’ estremo oriente, ivi sì era propagata per suo conto ed era stata la causa della riduzione della Diaspis amygdali in quelle regioni. Ciò risulta dalla nota dell’ Howard, pubblicata nel giornale di questa R. Stazione (22). Di tale arrivo e delle prime esperienze di acelimatazione ho dato notizia (nel 1906) al periodico il « Coltivatore », che la trasmise ai suoi lettori (23), nonchè al R. Ministero di Agricoltura che pubblicò la mia nota nel Bollettino di Notizie agrarie del 16 agosto 1906 (24). I primi tentativi di acclimatazione da noi datano da quel tempo e da quegli esemplari, ma in principio ho durato molta pena ad acclimatare qui l insetto forestiero, cioè a far in modo che le sue generazioni sì trovassero all’ unisono cogli stadi della Diaspis, op- portuni perchè avvenisse un largo inquinamento della vittima. I pochi individui ottenuti dal materiale d’ America nel 1906 e portati a Vanzago (Milano) il 26 maggio ed il 23 giugno, furono seminati, i primi su piante di gelso di un cortile del compianto signor Gattinoni, sindaco del paese, e gli ultimi su un gelso del compianto Cav. Pasquale Vago, dove se ne constatò, a settembre seguente, l’attecchimento. Nel 1907 avevo iniziato allevamenti anche nel Pisano (S. Pie- tro a Grado), dove in quel tempo erasi scoperta la Diaspis (25). Nello stesso anno ne ebbi anche dal Giappone, e me li procurai per vedere se si trattava della medesima specie (o d'altra) e que- sti furono disseminati a Genova, nell’ aprile dello stesso anno (26). Di poi ne ebbi anche dal Capo di Buona Speranza e, non ostante dubbì accampati da altri, non a proposito, si riconobbe sempre trattarsi della Prospaltella berlesei e non d’ altro, tadili. 1-1 LA DISTRUZIONE DELLA % DIASPIS PENTAGONA >» ECC. 163 Solo nella primavera del 1909 potei cominciare a distribuire qualche individuo (cirea una quarantina d’ invii) a chi me ne richiedeva e tra gli altri al Ch. Prof. Orsi della Senola di S. Mi- chele nel Trentino, di là mandato apposta a Milano dal suo Go- verno. Dal 1909 data il notevole ineremento della Prospaltella in Ita- lia, perchè ormai avvenuta la suna bnona acclimatazione nel nostro paese. Le esperienze fino allora condotte ed il subito mirabile pro- gresso della Prospaltella mi autorizzarono ad affermare la sna futura opera utilissima contro la Diaspis. È infatti di quel tempo la prima affermazione categorica, per parte mia, della sna efficacia fra noi. Infatti, di quel tempo io serivevo: « Conviene ora credere si- curamente che i gelsi e le altre piante arboree attaccate dalla Diaspis ne sono completamente e per sempre liberati un anno e mezzo circa dopo distribuita la Prospaltella, anche in pochi indi- vidui » (277). OPERA DI DIFFUSIONE DELLA %« PROSPALTELLA », Dopo i primi atti intesi a scopo di diffondere in tutte le re- gioni diaspizzate d’Italia l’ utile imenottero (i quali negli auni 1906 al 1908 interessarono soltanto lo serivente ed il personale della R. Stazione) dal 1909 in poi sono stati chiamati a collaborare enti agrari e persone che dessero affidamento di serietà nell’ opera loro richiesta, cioè di enrare 1)’ allevamento, nelle loro regioni, della preziosa vespetta per ottenerne altrettanti vivai, capaci di essere utilizzati nell’ avvenire. Dapprima le persone, che si sono offerte a tale opera, sono state, come è ben lecito eredere, assai scarse, ma anche ristretto era il materiale disponibile. Nel 1908 (conforme è detto nel citato « Bollettino degli Agri- coltori italiani » 1909, p. 1106) la Prospaltella era in Italia dif- fusa in cinque centri siti a Genova, a Casalmonferrato, a Milano, a Pisa, ad Acerra. 1604 ANTONIO BERLESE Nell’ autunno del 1909 si istituirono centri di diffusione della Prospaltella presso una quarantina di Cattedre ambulanti di agri- coltura ed altri enti agrari, nelle tre massime regioni dell’ Alta Italia. Inoltre, come ho detto, l I. R. Governo Austro-Ungarico man: dava dal Trentino, in Italia, appositamente, nel maggio 1909 il Ch. Prof. Orsi della Scuola di S. Michele, per ottenere da me del materiale prospaltizzato da aeclimatare nel Trentino. Dal 1909 datano dunque le prospaltizzazioni di quella regione. Nel febbraio del 1910 si stabilirono altri centri di allevamento, i quali, aggiunti a quelli istituiti nella fine del 1909, sommarono a 25321, così distribuiti: Liguria 57, Piemonte 600, Lombardia 809, Veneto 700, Emilia 55, Marche 60, Umbria 40 (19); Nella primavera del 1911 furono distribuiti, dal materiale tolto da Vanzago, 7614 pezzi prospaltizzati, cioè: Liguria 210, Pie- monte 1218, Lombardia 2784, Veneto 2812, Emilia 254, Mar- che 196, Umbria 50, Toscana 90 (90). Nel 1912, per cause diverse, si potè distribuire solo pochissimo materiale, che si ebbe dal Veneto e dal Trentino. Si tratta di solo poche centinaia di pezzi, ma si ebbe un attecchimento del 100 °/,. Nella primavera del 1915 furono distribuiti, dalla R. Stazione di Ent. Agr. di Firenze, ben 37,315 pezzi prospaltizzati e cioè: Ve- neto 25,565, Lombardia 3105, Piemonte 3520, Emilia 1520, To- scana 315, Liguria 80, Marche 200, Umbria 1020, Abruzzi 50, Lazio 50, Campania 110. Certo però assai più ne diffusero gli enti agrari ed i privati dai loro vivai ormai fiorenti. La richie- sta dal 1913 in pol è stata veramente enorme, tanto che i pezzi prospaltizzati si vendevano, in taluni luoghi, sui pubblici mercati ad un prezzo da 30 a 50 cent. ciascuno (Vedi: BoLLE 41). Nel 1914 poi la diffusione del materiale prospaltizzato è stata veramente grandiosa, perchè intervenne il R. Ministero con lar- ghissimi sussidi. Infatti mentre 1’ aiuto pecuniario alla R. Sta- zione, negli anni dal 1909 al 1913 era stato modesto, cioè come si conveniva alla ristrettezza delle esperienze e dei lavori e sem- pre nella misura richiesta dalla R. Stazione; per la distribuzione del 1914 si sono date lire 20,000 alla Spett. Associazione Serica LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 165 del Piemonte, nelle quali però dovevano comprendersi anche le Spese per prove coi diaspicidi, a fine di giudicarli comparativa- mente agli effetti della Prospaltella; 9000 lire furono date alla Spett. Società Agraria di Lombardia, perchè diffondesse ordina- tamente ed intensivamente la Prospaltella nelle provincie di Mi- lano, Lecco, Bergamo, salvo poi a completare la prospaltizzazione della rimanente Lombardia nel seguente anno (1915), ed infine 4000 lire furono concesse alla R. Stazione di Entom. agraria di Fi- renze, per corrispondere alle infinite richieste delle restanti regioni d’ Italia. Fu così che nella primavera del 1914, intervenendo, con ottima e cosciente opera il benemerito Osservatorio fitopatologico di To- rino, si distribuirono, con molta regolarità e densità, ben 142,000 pezzi nelle principali zone gelsicole della provincia di Torino e limitrofe (1). La spett. Società agraria di Lombardia, collocò a posto ben 170,000 e finalmente la R. Stazione di Ent. agraria di Firenze distribuì 161,765 di tali pezzi. Pel corrente anno il R. Ministero di Agricoltura, su proposta del benemerito Consiglio per gli interessi serici, assegnava lire 7000 alla sopralodata Associazione Serica piemontese ; altrettanti alla (1) A Torino, VII." Sig. Sindaco Senatore Teofilo Rossi, pubblicò un mani- festo (94) così concepito : Città di Torino — Piante infette dalla « Diaspis pen- tagona » — Il Sindaco : visto che si verificano tuttora molti casì di « Diaspis pentagona » nelle alberate e nei giardini della città e del territorio; — Avverte — i proprietari di terreni, giardini, ecc., nei quali si trovano gelsi ed altre piante infette dalla « Diaspis pentagona », che il Municipio, in seguito ad ac- cordi con 1’ Osservatorio di Fitopatologia e con l'Associazione serica del Piemonte, è in grado di distribuire gratuitamente dei rametti di gelso contenenti la « Pro- spaltella Berlesei » parassita della « Diaspis pentagona », i quali dovranno essere applicati sulle piante infette nella seconda quindicina di marzo, Coloro che desiderano applicare tali rametti sulle piante colpite dalla « Diaspis » possono ritirarli dal 10 al 20 marzo corrente presso le Serre Municipali (Via Pallamaglio N. 40), ove saranno fornite istruzioni speciali sul modo di applicare l’endofago della « Diaspis ». Chi volesse informazioni più particolareggiate può rivolgersi all’ Osservatorio di Fitopatologia (Via Parini N, 8). — Torino, dal Palazzo Municipale, addì 5 marzo 1914 — Il Sindaco: Teofilo Rossi — Il Segretario civico: C. Testera. 106 ANTONIO BERLESE benemerita Società agraria di Lombardia ed altrettanti alla R. Sta- zione di Entom. Agr. di Firenze ; in totale lire 21,000, colle quali si compirà la prospaltizzazione intensiva e generale di tutti i comuni inquinati di Diaspis pentagona. Si crede che potranno essere distribuiti circa 800,000 ad un milione di pezzi prospaltiz- zati e la. Diaspis non avrà più efficacia nociva in alcun luogo. 4. — Istruzione dei gelsicultori relativa alla ‘‘Prospaltella berlesei,, ed al suo impiego. Le prime istruzioni da me diffuse circa il modo di far attec- chire e propagare la Prospaltella berlesei datano dal 1909 e sono le stesse che anche oggidì si raccomandano. Le ho pubblicate per la prima volta nel « Coltivatore » di quel tempo (28). Del resto nel detto anno avevo tenuto tre conferenze sull’ argo- mento (Milano, Bergamo, Cuneo), come ne tenni altre di poi, altrove. Già fino dal. primo annunzio della scoperta del nemico della Diaspis sino ad ora, tutti i giornali agrari del Regno, e non pochi politici, gli organi delle Cattedre ambulanti di agricoltura ecc. si sono largamente occupati dell’ argomento ed hanno fatto cono- scere agli agricoltori la Prospaltella berlesei ed i suoi benefici effetti ai danni della Diaspis. Tale movimento si è iniziato fin dal 1908, ma è andato crescendo d’ anno in anno, coll accumularsi delle prove in favore del nuovo metodo di difesa. A tale diffusione delle notizie relative alla Prospaltella ed al modo di protittarne la R. Stazione di Firenze ha contribuito effi- cacemente : 1.° Colla pubblicazione di brevi notizie relative alla questione, le quali sono state utilissime alla compilazione di articoli in pro- posito da parte d’ altri ; 2.° Col preparare buoni clichè della Diaspis e del suo endofago, che sono stati richiesti in grann umero dai redattori degli articoli suddetti e furono sempre accordati gratuitamente (100); 3.° Col pubblicare una tavola grande in cromolitografia (99), che fu poi imitata anche dall’ I. R. Governo Austro-Ungarico (che LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 167 la ripubblicò largamente, colla dicitura ed istruzioni annesse re- datte in tre lingue, tedesca, italiana (95), czeca); 4.° Col far far tirare molte centinaia di copie di una tavola in S.° a colori, preparata da me stesso (come, del resto tutte le altre, ed i disegni). (Di questa tavola furono tirate : per la R. Sta- zione di Entomologia agraria di Firenze, n. 1300 copie; per la Soc. agraria di Lombardia 2500 e 1300; per la Associazione serica bacologica del Piemonte 1000; per l Associazione Agricola Friulana 1200; per la Cattedra ambulante di agricoltura di Ber- gamo 1200. In totale 8500 ed hanno accompagnato un breve opu- scolo di istruzione che, meno che pel Friuli, fu preparato dalla R. Stazione di Firenze) (100); 5.° Col preparare e distribuire gratuitamente agli enti agrari, che ne fecero richiesta, serie di preparazioni microscopiche, mostranti la Diaspis sana; gli scudi bucati dalla Prospaltella; le spoglie di Diaspis parassitizzate dall’ endofago; la Diaspis contenente la larva e la ninfa della Prospaltella e finalmente V adulto di: questa ve- spetta isolato. (Tale collezioncine, contenute in elegante astuccio, furono molto richieste e se ne distribuirono circa duecento); 6.° Col diffondere a larga mano opuscoli di istruzione, tra i quali cito 10,000 copie del Bollettino (29) e 30,000 copie di una breve istruzione (100), che si univa a ciascun pezzo prospaltizzato nel 1913 ed altrettante simili nel 1914; 7.° Con conferenze che io stesso ho tenuto, come ho detto, a Milano, Bergamo, Cuneo, Treviso, Vittorio oltre alle moltissime che sopratutto i Direttori delle Cattedre ambulanti di agricoltura (ai quali questa R. Stazione fornì gratuitamente le relative dia- positive) tennero nelle loro giurisdizioni. 5. — I metodi di lotta contro la ‘‘ Diaspis pentagona ,, I METODI VECCHI. metodi vecchi sono fondati sulla distruzione della Diaspis, da ottenersi ricorrendo : 1.° a sostanze insetticide, da applicarsi alla pianta in momento e con mezzi opportuni ; 165 ANTONIO BERLESE 2.° alla asportazione meccanica, col mezzo di spazzole di ferro (spazzolature), da praticarsi durante | inverno ; 3.° all’ impiego della fiamma mercè lampade apposite (pirofori), anche questo da praticarsi d’ inverno. Nei casì più gravi o di prima apparsa della malattia in loca- lità ancora immuni si praticava addirittura la distruzione delle piante, il loro sradicamento cioè e bruciatura sul posto. La legge imponeva la cura obbligatoria con 1° uno 0 coll’ altro mezzo. La critica, che si faceva e si fa a tali mezzi di lotta si riferisce alla loro poca praticità, scarsa o nulla efficacia, al loro costo. Non ripeto questi appunti, che ognuno ha sentito e che si trovano dovunque negli scritti sulla Diaspis, ai quali, del resto ho accennato brevemente più indietro. Osservo solo che : 1.° Il costo elevato, che dai più devoti alla cura artificiale è calcolato ad un minimo di 25 eent. fino ad un massimo di L. 1,50 (e vi è chi sostiene, come il Dorio, fino a 3 lire) per cia- scuna pianta; è sensibilissimo per la bachicoltura, intollerabile poi (e non tollerato infatti) per la tasca del contadino. 2.2 La poca praticità salta subito all’ occhio di chi considera le fitte siepi di gelsi lungo i campi, o le enormi piante che si riscontrano in talune regioni, ad es. nel Vicentino, nel Veronese, ed altrove, per le quali un uomo ha da penare più giornate per spazzolarle o pennellarle tutte. 3.° Lo scarso effetto ultimo, in grazia sia delle Diaspis, che rimangono intatte, sfuggendo al lavoro dell’ operaio, sia di quella percentuale maggiore o minore, che si salva dall’ azione della so- stanza insetticida e che ripristina in breve la infezione. Lo scarso effetto è accresciuto dalle abitudini polifaghe della Diaspis, che attacca una cinquantina di piante nostrali. Si com- prende come a ben poco serva il disinfettare i gelsi quando nelle vicinanze sono Salici, Robinie, Ontani, Pioppi del Canadà, che ospitano benissimo la Cocciniglia e dovrebbero essi pure esser cu- rati, perfino nei boschi, oppure per terra si trovano piante erbacee, come Urtiche ete., che albergano esse pure la Diaspis. Il generale discredito ai mezzi artificiali di lotta è dunque giu- stificato ed i lamenti contro 1’ inefficacia e la vessatorietà della legge molto bene comprensibili. di LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 169 L’ ultimo verdetto, il più severo e definitivo, è dato nella Rela- zione (30), che l'Osservatorio autonomo di Fitopatologia di Torino presentò alla Presidenza della Spett. Associazione Serica e Baco- logica del Piemonte, in data 4 ottobre 1914. Il R. Ministero, su proposta del Consiglio per gl’ interessi serici aveva accordato nel 1914, larghi fondi alla sopralodata Associa- zione per condurre una serie ordinata di esperimenti ben fatti e bene controllati con sostanze diaspicide diverse (Entomocida ; Ne- erosin ; Antiparassit 5 Fitofilo ; Eusol ; Poliaspicida ; Collus) ed in differenti località del Piemonte, allo scopo di giudicare del loro effetto nella lotta contro la Diaspis pentagona e per confrontare questi mezzi di lotta artificiale con quello naturale dato dalla Prospaltella berlesei. Nella data surriferita infatti è stata presentata la citata Rela- zione, che attualmente si possiede solo in manoseritto. La Relazione, dopo aver riconosciuto che la spesa per pianta, tutto compreso, si aggira intorno a 0,40 fino a L. 2,10, a seconda del diaspicida usato (p. 3) concorda che, per le 7 sostanze sperimen- tate e che sono quelle state sempre più raccomandate, si ebbe una mortalità di Diaspis adulte in varia misura, ma che le rima- nenti, riprodottesi in maggio, avevano dato numerosa prole in an- tunno; infatti si vedevano — scrive il chiarissimo prof. Voglino Direttore dell’ Istituto fitopatologico sullodato — « le nuove larve tutte viventi, già attaccate in parte e pronte quindi ad arrecare nuovi danni, come potei infatti verificare in nuove visite fatte in set- tembre in alcune località (Collegno, Orbassano, Torino, Piossacco) ove i rami trattati erano tutti coperti dalle Diaspis della generazione estiva ». IL METODO NUOVO. Ecco invece in che consiste il nuovo metodo. Tutto sta nel procurarsi a fine di marzo un pezzo di gelso prospaltizzato e le- garlo su uno dei propri gelsi, nelle località molto attaccate da Diaspis. Questo è lo strettamente necessario. Si può poi potare nell’anno seguente il gelso di prima semina ed utilizzarne i pezzi, per diffondere altrove la Prospaltella. Basta un solo pezzetto per liberare una intera regione, ma si 170 ANTONIO BERLESE può concorrere alla diffusione naturale della Prospaltella col por- tarla in giro noi stessi, nel modo indicato, risparmiandole di supe- rare, colle sole sue forze, troppo grandi distanze. Si può dire che una regione è bene prospaltizzata allorchè sono stati messi tre o quattro pezzetti per ettaro e la Prospaltella vi ha attecchito. Nella fine del secondo anno non solo il gelso di semina, ma an- che i circostanti, per centinaia di metri all’ ingiro, sono liberati dalla Diaspis e V agricoltore subito se ne avvede pel ripristino di rigogliosa vegetazione da parte delle piante. Le incrostazioni di Diaspis morte permangono più o meno lun- gamente, ma finiscono per abbandonare la pianta, i cui rami restano perfettamente puliti e per sempre. La Diaspis è scomparsa solo agrariamente. Minuziose ricerche ne fanno scoprire qualche individuo ben nascosto ; colà si serba il seme suo, ma anche quello della Prospaltella, perchè buon nu- mero di quelle Diaspis, che si trovano così difficilmente e bene nascoste, sono: prospaltizzate. Ad ogni tentativo di incremento della vittima fa seguito un immediato incremento dell’ endofago e la prima non può nuocere più. La Prospaltella rappresenta il più diligente, oculato e pronto operaio (e del tutto gratuito), solo inteso alla caccia della Diaspis e che non permetterà mai più alla Diaspis di trovarsi numerosa sulle piante, sieno esse gelsi od altre, comunque e dovunque. La legge è inutile. A quella umana discutibile subentra quella naturale, indiscutibile e necessaria. Chi non volesse affatto saperne di Prospaltella non potrebbe mai impedire che essa giungesse ai suoi gelsi, dai vicini. Inutili gli impedimenti al commercio di piante, basterebbe, tutto al più, imporre un certificato di origine da zone prospaltizzate. Quanto alle pratiche artificiali in ausilio della pianta e della Prospaltella insieme esse (non però necessarie), si riducono ormai : 1.° Spazzolatura preventiva, se i vegetali, particolarmente al- lorechè molto giovani, sono così carichi di Diaspis da non consen- tire che si attenda Vl opera della Prospaltella a liberarli, mentre intanto potrebbero soccombere. Per piante grandi o non molto in- LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 171 quinate da Diaspis ogni pratica prima della disseminazione del- lendofago è inutile. 2.° La messa in posto del rametto prospaltizzato, fatta con materiale fresco, in fine di marzo. 3.° Potatura totale (scalvo) della ramaglia del gelso di semina nell’ anno successivo, dopo riconosciuto 1° attecchimento della Pro- spaltella. Utilizzazione del materiale per la diffusione dell’ endofago. La constatazione dell’ avvenuto attecchimento è facilissima; basta trovare, raschiando le croste di Diaspis, una di queste col saratteristico aspetto rosso mattone. Veduta una volta una fem- mina così prospaltizzata non più è possibile errare, nè più se ne di- mentica Vl apparenza speciale. Questo fa benissimo anche il conta- dino, che acquista subito una grande pratica. Lo scalvo è molto utile, specialmente se la ramaglia vecchia è molto deteriorata ormai in causa della Diaspis. La Prospaltella uccide la Cocciniglia, ma non ha virtù di rimettere a nuovo i rami deperiti. I getti nuovi, prodotti da una pianta prospaltizzata in precedenza, riescono bellissimi, nè più mai si inquinano di Diaspiîs. Qualunque altro intervento da parte nostra nel conflitto tra i due insetti antagonisti non riesce se non a vantaggio della Diaspis. Pessimo fra tutti poi V impiego di insetticidi, nella speranza di collaborare colla Prospaltella alla più rapida distruzione della Dia- spis. Di fronte ad un gelsicultore troppo zelante otterrà sempre miglior risultato il pigro, che, seminata la vespetta e fattala at- teechire abbandona i suoi gelsi. Meglio questa inerzia assoluta che troppa attività, oltre quel poco da fare che si è indicato. La Prospaltella, per suo conto, provvede essa pure alla propria diftusione, tanto che con due o tre pezzetti per ogni ettaro gelsito, sì può esser certi che, dopo due anni tutta la zona è completa- mente e per sempre liberata dalla temibile Cocciniglia. A chi mi chiedeva, nel 1908, quale sarebbe stato il metodo di lotta contro la Diaspis pentagona, profittando della Prospaltella 172 ANTONIO BERLESE Berlesei, io rispondeva nel giornale « Il Coltivatore », 5 Aprile 1908, p. 458: «Quanto al metodo desiderato nell’ultima « briciola » del Coltivatore esso è molto semplice. Si ridurrà a relegare in magazzino (se non proprio in un Museo) pentole, spazzole, insetticidi, insieme colla legge sulla Diaspis, e intanto lasciar fare agli imenotteri parassiti sullodati » Oggi (dicembre 1914) la conferma delle mie idee enunciate fin dal 190S, colle parole surriferite, è brevemente espressa nello stesso « Coltivatore » del 10 dicembre 1914, appunto nelle « Briciole », che sono di mano della Redazione del giornale (31). Ivi, a pa- gine 503-504 è scritto : « Il miglior rimedio contro la Diaspis. In quest'anno, che sta per spirare, sono stati sperimentati dalle Cattedre ambulanti del Pie- monte diversi insetticidi nella lotta contro la Diaspis e nello stesso tempo si è fatta una grande distribuzione di Prospaltella. Orbene da tutto questo lavoro si è tratto una sola conelusione e cioè, che l unico mezzo pratico, efficace ed economico per di- struggere la Diaspis consiste nella Prospaltella. Tutto Vl armamentario di pompe, insetticidi, pirofori ecc., che ha formato la base della vecchia lotta inefficace e costosa è quindi definitivamente seppellito ». 6. — La fine della legge contro la ‘ Diaspis ,,. » La legge speciale contro la Diaspis fu soppressa nel 1915, al- l approvazione della nuova legge sulle malattie delle piante. La ragione della sua fine è esposta nella Relazione a quest’ul- tima legge, presentata alla Camera dei Deputati il 28 maggio 1913. Ivi è detto (32) (pag. 15): « Si ritiene opportuno abrogare le due leggi speciali, cioè quella sulla Dorifora, che non è occorso mai di applicare, e quella sulla Diaspis pentagona, perchè la Prospaltella Berlesei rappresenta oggi il rimedio più semplice, più economieo e più efficace contro di essa e dispensa quindi dal valersi della cura diretta ». « Queste parole sono del Ministro — esclama l'on. Ottavi, nel « Coltivatore » del 20 giugno 19183 (38) — e l’ importanza di esse non sfuggirà ad alcuno. Il Ministero di Agricoltura dichiara dunque risolto il problema della lotta contro la Cocciniglià del Gelso ». Aia Le RARA ri ‘ai 3 Sr: LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 173 7. — La attenuazione dei decreti francesi contro le nostre piante ed i nostri fiori recisi. Il Governo Francese mandò in Italia uno speciale incaricato, il Ch. Sig. Gastine, Delegato generale del Servizio contro la Fillos- sera al Ministero di Agricoltura, perchè vedesse e giudicasse degli eftetti della Prospaltella contro la Diaspis e riferisse in proposito. Tale inchiesta avrebbe dovuto avere molta influenza sulle deci- sioni del Governo francese in merito alle fiscalità poste alla intro- duzione delle nostre piante e dei fiori recisi nella Repabblica, contro le quali si elevavano vive proteste in Italia ed in Francia. Il Sig. Gastine ha dichiarato di essere un convertito, nel senso che, mosso dal più radicato scetticismo a proposito della praticità della lotta contro insetti nocivi a mezzo di altri insetti loro nemici, aveva dovuto ricredersi dopo lo studio dei due classici esempi, quello della Icerya purchasi e del Novius cardinalis sopra citati e l’ altro della Diaspis pentagona e della Prospaltella berle- sei, che sono i due soli finora con effetti veramente pratici. Do notizia io stesso (34) di un giudizio espresso dal Sig. Gastine sullodato, con queste parole : « Si comprende che qualora il sig. Gastine, mandato in Italia dal suo Go- verno col preciso scopo di giudicare dell’ ettetto della /'rospaltella per poter quindi discutere della opportunità dei divieti francesi, in vista del pericolo della Diaspis pentagona, avesse potuto mostrare non fondate le nostre speranze e quindi opportuni i provvedimenti presi dal suo Governo, non avrebbe esitato a far ciò. Eppure, egli, dopo stato sul posto in diversi luoghi e visto da sè (senza pure aver avuto occasione di conoscere chi scrive la presente nota, e di ciò mi dolgo molto, essendomi venuto meno un vero piacere) così scriveva al prof. Del Guer- cio, in data del 26 novembre 1912: ‘ C'est ainsi qu’après la course à Vanzago je suis allé en Vénétie, aux environs d’Udine, puis è Gorizia, è Trento, ete. J'ai fait encore d’autres courses intéressantes aux environs de Milan, puis à Casale Monferrato. Partout j'ai constaté Vattaque de la Diaspis pentagona par la Prospaltella Berlesei et parfois en quantité considérable. J'ai recueilli des impressions enthousiastes sur la méthode Berlese de la part des professeurs et des praticiens, notamment à Trente et aussi en Vénétie, à Codroipo, S. Vito al Tagliamento. D’aussi remarquables résultats se montrent à Casale Monferrato. Je reviens très persuadé par cette longue enquéte, que la Prospaltella doit efficacement combattre la Diaspis ,,. J. GASTINE Délégué général du service contre le Phyloxéra au Ministère de l'Agriculture ». 174 ANTONIO BERLESE Lo stesso sopralodato Sig. Gastine, del resto, in uno seritto del 1913 (35), ma che si riferisce sempre al suo viaggio del 1912 (nel quale egli non ha potuto vedere certo quello che oggi si vede, cioè 1° affermazione assoluta degli effetti utili della Prospaltella in esempi estesissimi e numerosissimi), scritto intitolato: « La lutte contro la Diaspis pentagona en Italie », dopo aver detto della Dia- spis e dei modi artificiali di lotta, e del « relàchement très. ma- nifeste de la lutte par les moyens artificiels », tratta della Pro- spaltella berlesei, fa la storia della sua introduzione e diffusione in Italia, descrive il viaggio, che egli ha fatto per vedere esempî degli effetti dell’ endofago. A pag. 205 richiama un suo precedente rapporto, in eni esponeva le difficoltà e le incertezze presentate in generale dall’ impiego dei parassiti opposti agli insetti nocivi, ma aggiunge : « Ces observations ne trouvent pas leur application dans le cas de la Pro- spaltella, dont la dissémination est facile. Sans nul doute, elle est encore plus aisée que celle de la petite coccinelle australienne, le Novius cardinalis, employé pour Iutter contro l’Icerya purchasi ». Il sopralodato Sig. Gastine conclude : « Malgré les quelques restrictions mentionnées, je reste convaineu de l'effi- cacité de la Prospaltella Berleseì. Par l’importation et la dissémination de cet insecte, M. Berlese a rendu à son pays un immense service, dont profitent déjà les nations voisines ». Questo scriveva il Sig. Gastine il 1.° febbraio 1913. Così i Delegati italiani, alla conferenza di Nizza (23, 24, 25 giu- gno 1915) per la abolizione dei decreti proibitivi francesi surrife- riti avevano buon gioco ed ottennero infatti riduzioni così note- voli che tolsero via gli ostacoli più gravi e noiosi alla detta introduzione. La Conferenza propose uno schema di decreto, che fu poi emanato dal governo francese in data 13. ottobre 1913 e che accontentò i florieultori ed ortieultori nostrali, come quelli di Francia. A. toglier via anche le ultime restrizioni il Governo nostro, per bocca dei snoi delegati alle dette conferenze. aveva invitato il (ioverno Francese a mandare in Italia una Commissione per ve- rificare gli effetti della Prospaltella. Tutto era stato predisposto per accogliere degnamente la detta Commissione e facilitarle il E TT LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. Irda) compito. Senonchè, tardando essa a venire in Italia, non mancò il sottoscritto di serivere al Ch. Prof. Bouvier, presidente della Commissione Franco-italiana alla conferenza di Nizza, per solle- citare la desiderata visita. Il Sig. Bouvier sopralodato mi rispondeva, in data 29 aprile 1914: « M.r Gastine en effet, vient de faire paraître son rapport sur la mission analogue qui lui fut confiée l’année dernière, ce rapport, que vous avez sans doute recu, est singulièrement favorable è votre méthode, et l’administration pense qu'il ny a pas lieu, ponr le moment, d’envoyer là bas une mission nou- velle ». Intanto, quello che più monta, da parte dello stesso Sig. Pro- fessore Bouvier sopralodato, che, come si è avvertito, fu il primo a sollevare in Francia V allarme pel pericolo di importazione della Diaspis oltre le Alpi, veniva pubblicato, in data di novembre 19183, nella « Revue scientifique » un articolo (36), in cui si concludeva : « Je dois dire pourtant que j'ai eu sous les yeux des échantillons remar- quables qui montraient, avec une grande évidence, le ròle bienfaisant de la Prospaltella. Ces échantillons se composaient de fragments de rameaux prélevés par M. Ga- stine sur des Mîriers soumis au traitement de M.r Berlese ; ils étaient envahis par une couche presque continue de Diaspis, et ces dernières ne présentaient rien de particulier au moment où M.r Gastine en fit la récolte. En fait, la plus grande partie des cochenilles se trouvaient contaminées par la Prospaltella ; chaque individu avait recu un ceuf de l'Hyménoptère et les larves issues de ces oeufs ne se faisaient pas faute de dévorer leur hòte, comme c'est la règle chez les Hyménoptères endophages. M. Gastine avait tenu ces rameaux en boiîte close ; quelques mois plus tard, quand il ouvrit cette dermière, il se trouva en présence d’un essaim de Prospaltella ; les parasites avaient évolué sous la cara- pace de leur hòte, et après avoir acquis leur état définitif, s’étaient donné pas- sage en la perforant d’un trou. J'ai eu ces rameaux sous les yeux, et M. Ga- stine m’en a offert quelques uns pour les collections du Muséum ; les bouceliers de leurs Diaspis sont presque tous perforés, donnant une preuve manifeste des ravages produits par la minuscule Prospaltella. Et c'est pourquoi je reste persuadé que les mésures prises à la frontière de Vin- timille seront bientot inutiles ». 8. — L'opinione del Consiglio per gli interessi serici. Certamente 1’ attestazione del massimo rilievo, in merito agli effetti della Prospaltella contro la Diaspis pentagona, si deve allo 176 ANTONIO BERLESE spett. CONSIGLIO PER GLI INTERESSI SERICI, il quale soltanto nel corrente 1914, dopo relazioni di parecchi suoi membri e di appo- site Commissioni, che hanno studiato sul posto i più dimostrativi esempi, ha finalmente pronunciato il suo verdetto in proposito. Questa approvazione e quella del R. Ministero di Agricoltura contenuta nella Relazione alla Legge sulle Malattie delle piante, di cui si è detto e che è del 1915, sono certo le prove ufficiali della efficacia della Prospaltella, anche in confronto degli altri mezzi di lotta finora proposti. Lo Spettabile Consiglio Serico, nel 19153, accordava fondi rile- vantissimi per esperienze in vario senso contro la Diaspis e cioè L. 20,000 alla benemerita Associazione Serica e Bacologica del Piemonte, perchè sperimentasse tutti i mezzi di lotta fino allora proposti e ne riferisse comparativamente ; L. 9000 alla più volte lodata Società Agraria di Lombardia, per condurre una lunga pro- spaltizzazione di parte della Lombardia, e finalmente L. 4000 alla R. Stazione di Entomologia agraria, per corrispondere alle ingenti richieste di materiale prospaltizzato, che pervenivano da tutte le parti d’ Italia. Circa però i singoli mezzi di lotta lo Spett. Consiglio per gli interessi serici si riserbava, con saggia prudenza, ogni giudizio. Ma nel 1914, di fronte alla generale affermazione di tutti i gel- sicultori, a quelle di tutti gli Enti agrari, ecc. ecc., che tutte con- cordavano nello stesso giudizio, ed in base alle risultanze delle sue proprie investigazioni, lo Spett. Consiglio per gli interessi serici si sentì autorizzato ad assumere una opinione in proposito. Essa è riferita da un Egregio membro di quel Consesso, cioè dal Sig. Carlo Paini, nel « Bullettino dell’ Agricoltura Milanese » del 10 Nov. 1914 (37), in un articolo dove si fa la relazione della ultima sessione del sopralodato Consiglio. Ivi è detto: « Pu riconosciuto che la Prospaltella è ora Vunico rimedio pra- tico ed economico per combattere il terribile parassita e ridurne i danni al minimo. Ne occorre una generale e metodica distribuzione, affinchè in pochi anni tutta la zona malata sia sufficientemente inqui- nata e sia così chiuso il doloroso periodo, durante il quale la Diaspis ha prodotto tanto danno ». In base a ciò veniva proposto (e da parte del R. Ministero ac- LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. LI cettato) che si dessero sussidi di L. 7000 ciascuno alla Associaz. Serica e Bacologica del Piemonte ; alla Società Agraria di Lom- bardia ed alla R. Stazione di Entomol. agr., per completare le disseminazioni del 1914. 9. — Giudizi delle autorità agrarie e del pubblico. I primi effetti utili si rendono palesi anche all’occhio dell’ agri- coltore due anni circa dopo 1 attecchimento dell’ endofago e si manifestano sempre con nna subitanea, vigorosissima ripresa della vegetazione, come se la pianta resuscitasse da morte a vita e ciò anche se i rami sono tuttavia ricoperti di incrostazioni delle coc- ciniglie. Queste infatti sono morte tutte o quasi tutte. Ma nel terzo anno l'agricoltore ha la grata sorpresa di vedere le sue piante monde e pulite, come potrebbe ottenersi colla più diligente azione artificiale. Allora sorge viva e sicuramente viene affermata la gratitudine verso il piccolo ausiliario e coloro che più ebbero a lamentarsi della Diaspis ed hanno invano lottato con altri mezzi, giungono anche all’ entusiasmo. Nel caso presente di questa maniera di lotta si sono manife- state molto comunemente delle vere conversioni dallo scetticismo più o meno accentuato alla più sicura fede e se ne hanno prove anche negli scritti citati. Non conosco esempio alcuno di persona, che, dopo veduto l’ef:- fetto dell’ endofago, sia rimasta in dubbio o dissonante dalla voce ormai generale. Non vi è neppure una nota sola discorde in questo univer- sale concerto di lodi, a ragion veduta. Questo è uno dei rarissimi esempi di generale consenso e di assoluta concordanza tra quanto insegna lo studioso e quello che riconosce il pratico, dietro esperimento. Stante il lasso di tempo sopraindicato, necessario alla Prospal- tella per raggiungere la fecondità della Diaspis e neutralizzarla, si comprende che le mie affermazioni non cominciano ad essere appoggiate dal pubblico degli agricoltori se non nel 1911 e solo » Redia », 1914 12 _ Cai] lo 0) ANTONIO BERLESE da quei pochissimi che avevano sott’ occhio i centri più vecchi, cioè del 1908 o del 1909. Ma già nel 1911 troviamo una sicura conferma, da parte del Ch. Prof. Osvaldo Orsi sopralodato, il quale riferisce degli effetti della Prospaltella nel Trentino, dichiarando vinta la Diaspis (38). Da parte dello stesso Professore, più largamente, intorno alle condizioni del Trentino, per ciò che riguarda gli effetti della Pro- spaltella contro la Diaspis che colà imperversava, è detto in una Relazione del Consiglio Provinciale d’ Agricoltura di Trento (39). Quivi si riferisce che nel 1912 si sono istituiti altri 1912 centri in 9 Giudizi distrettuali e già si poteva giudicare dell’ effetto delle più vecchie disseminazioni, come a Tione, dove « Intorno a Strigno molti gelsi sono già liberati dalla Diaspis a mezzo la ve- spetta Prospaltella » ed a Trento, dove «in Campo Trentino si può toccare con mano i risultati ottenuti dalla Prospaltella » ecc. Gli altri pochi centri, datanti dal 1908 o 1909 sopraricordati, facevano vedere già resultati di distruzione totale della Diaspis. Ciò affermai io stesso per Acerra. Quanto a Casalmonferrato ed a Milano si riferirà più innanzi. Ma nel 1915, allorchè si potè bene riconoscere, coi numerosi esempi di prospaltizzazioni del 1910, l’effetto del prezioso endofago ed esso appariva evidente anche all’ occhio dell’ agricoltore e su estensioni grandissime, d’ogni parte si hanno pubbliche afferma- zioni della bontà del mezzo di lotta. Cito alcune fra le più degne di rilievo. Pel Goriziano il Ch. Prof. Bolle, Direttore dell’ I. R. Istituto Spe- rimentale chimico-agrario di Gorizia, dopo aver esposto (£0) il ri- sultato delle sue esperienze dal 1910 al 1912, conclude che: «realmente la Prospaltella combatte la Diaspis agrariamente, in modo com- pleto, quanto potrebbe fare qualsiasi più efficace mezzo artificiale, applicato annualmente e con tutta diligenza ». Anche nel bel volume di bacologia dello stesso Prof. Bolle sopralodato, edito per cura del Ministero di Agricoltura dell’ Im- pero Austro-Ungarico (1913) (£1), da pag. 193 a pag. 209 è un :apitolo, illustrato da molte e belle incisioni, intitolato : « La Dia- spide del Gelso ed il metodo biologico per combatterla ». e AA 7 Pe ter | ni bai Di, Li LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 179 Quivi esposta la biologia della Diaspis e ricordati i mezzi ar- tificiali di lotta consigliati prima della introduzione della Pro- spaltella, l egregio Autore così ne giudica (pag. 201): «I vari metodi di trattamento curativo contro la Diaspide non incontrano il favore degli agricoltori ; la loro efficacia incerta, la difficile applicazione, la costosa mano d’ opera, la severa e continua sorveglianza degli operai, indispen- sabile per un buon lavoro, il prezzo elevato del rimedio, che spesso danneggia la vegetazione, ed altre cause ancora contribuirono a rendere la loro applica- zione limitata più a scopo di sperimenti che a trattamenti estesi ». Seguono la storia della Prospaltella e notizie sui suoi eftetti contro la Diaspis, e della sua rapidità di diffusione spontanea nel Goriziano, attorno Trieste, nel Trentino. Il Prof. Bolle cita numerosi fatti in lode della vespetta e con- clude : « Nutriamo ferma fiducia che i benefici effetti della lotta biologica vadano sempre più accentuandosi, colla sempre più rapida diffusione del nemico della Diaspide e chi fu il geniale iniziatore di questa lotta trovi anche nella grati- tudine di tutti i bachicultori la ben meritata soddisfazione ». In data posteriore (21 maggio 1913) il sopralodato prof. Bolle mi scriveva: « Avrà ricevuto la mia cartolina, che le serissi da Trieste il 16 e. m. ove Le annunziavo che nei focolai classici di Redipuglia, Salleschiano e Trieste la Pro- spaltella ha debellato la Diaspide in modo meraviglioso ; trovai solo eroste vecchie e nessuna fioritura, segno indubbio che il pidocchio non potè nè moltiplicarsi, nè diffondersi. Sopra nessun getto vecchio di 2-3 anni si possono scorgere le macchie biancastre e la vegetazione è bellissima e come di pianta affatto sana ». Altre notizie ed osservazioni sono state dal Prof. Bolle esposte in una conferenza tenuta a Wursburg nel 1915. Continuando le notizie sul Trentino riferirò che il più volte Io- dato Prof. O. Orsi, in un articolo del 15 settembre 1913 (£2), detto della diffusione fatta della Prospaltella nei Comuni invasi dalla Dia- spis e dell’ andamento delle stagioni dell’ annata 1912, che fu poco favorevole allo sviluppo della Prospaltella e favorevolissimo invece a quello della Diaspis, avverte che : « Malgrado questo, il successo ottenuto in paese nella lotta contro la Cocci- niglia del gelso con una abbondante sistematica dissemina di Prospaltella è stato di nuovo confermato anche da parecchi tecnici appositamente venuti ». 150 ANTONIO BERLESE Fra i quali il sopralodato professore cita il prof. Olmaro Pau- licevich, docente di bachicultura presso la i. r. Luogotenenza in Zara ; il prof. G. Gastine delegato del Governo francese; 1 ono- revole Montemartini, professore di patologia vegetale presso la R. Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, che visitò il bacino del basso Sarca, ritraendo la convinzione che in quelle località la Cocciniglia era stata veramente distrutta dalla vespetta. Lo stesso sopralodato Prof. Orsi, in altro articolo (£8) del 10 Marzo 1914 serive: « Dal giorno che ho portato la Prospaltella Berlesei in paese e disseminata sistematicamente a Riva, Trento e Strigno, dove allora esistevano i maggiori centri di infezione diaspica, la fiducia in questo imenotterino è andata in me continuamente aumentando. Ora i fatti parlano chiaro in favore dell’ endofago, che ha liberato i gelsi e molti peschi e sta liberandone altri, dove la Cocciniglia si è insediata negli ul- timi anni. I gelsicultori del bacino del Garda, quelli della bassa valle del Chiese, da Candino a Darzo, Lodrone a Storo, come pure i bachicultori del distretto di Strigno benedicono il provvidenziale insetto, che ha distrutta la funesta Cocci- niglia del gelso, che per qualche anno aveva messo in forse la bachicoltura, mi- nacciando la distruzione della pianta ». Gli stessi effetti I’ Autore afferma aver constatati in una recente visita in tutta la zona, tanto di pianura che di collina, intorno a Trento. In data 15 Aprile 1914 (44), nel sopracitato « Bollettino » il più volte lodato Prof. Orsi scriveva altro articolo (per oftrire ma- teriale prospaltizzato), che così comincia: « È da qualche anno aceertato che il modo più semplice, economico ed efficace per combattere la Cocciniglia bianca del gelso, Diaspis pentagona, consiste nel dif- fondere, a tempo debito, lo speciale parassita endofago, la Prospaltella Berlesei ». Pel Trentino trovo ancora notizia nell’ « Alto Adige » del 30-31 marzo 19183 (£5): vi è detto che per opera del sopralodato Prof. Orsi la Prospaltella fu introdotta a Dazzo nel 1910 ed uf- ficialmente diffusa per le campagne di tutta la valle. Tale diffu- sione fu intensificata negli anni successivi. « Ed oggi, dopo quattro (1) anni di lotta, si può dichiarare agrariamente di- strutta. I gelsi della campagna, che s’ estende fra Ponte Caffaro e Cimegno, (1) La Prospaltella però non ha agito che per tre anni, cioè dal 1910 al 1913. LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 1S1 sembrano ora usciti da un periodo di letargo ; il caratteristico bianco dei folli- coli maschili è quasi totalmente sparito, la vegetazione riprende rigogliosa ; e gli agricoltori, che quattr’ anni fa guardavano diffidenti, con un sorriso di scherno al nuovo trovato della scienza, oggi si rimettono con lena a far nuovi impianti, certi che la Prospaltella vigilerà in perpetuo a tutela della bachi- cultura. Un grazie di cuore, da parte degli agricoltori del basso Chiese, vada quindi al dott. Orsi, che, colla sua attività, seppe a tempo render innocua la Diaspide, che sarebbe stata la rovina della bachicultura nostra e forse di tutto il Tren- tino ». Fu appunto in seguito a questi resultati che 1° I. R. Governo Austro-Ungarico affermò sicuramente 1 efficacia della Prospaltella berlesei contro la Diaspis pentagona e ne sia prova la bella tavola a colori (95), pubblicata nel 1913 e largamente diffusa, dal Mi- nistero di Agricoltura della Monarchia, con una spiegazione-istru- zione redatta in tre lingue (Tedesca, Ozeca, Italiana), dove è detto: « Era finora in uso generale il combattere la cocciniglia bianca del gelso, detta Diaspis pentagona, ch’ è un nemico a ragione temutissimo . dei gelsi, ra- schiando durante i mesi invernali il tronco ed i rami dell’ albero infestato e poi irrorando gli stessi con un disinfettante antiparassitico. Con questa proce- dura si staccano le femmine della Diaspis dalla corteccia ove svernano, e queste, cadute a terra, mancando di organi per muoversi dal posto, devono perire. L’ irrorazione antiparassitica avvelena poi le Diaspis, che fossero sfuggite alla raschiatura. Necessita in tale procedura però la massima accuratezza ed annualmente dev? essere rinnovata per ottenerne un risultato soddisfacente, ciò che involge non indifferenti spese. Fu quindi provvidenziale per la gelsicoltura, che alcuni anni fa il professor Antonio Berlese, direttore della R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze, importasse nell’ Europa un parassita endofago della Diaspis stessa, la vespetta cosìdetta Prospaltella berlesei, la quale fu con notevole successo allevata e pro- pagata nelle regioni, ove coltivasi il gelso, tanto in Italia come in Austria ». E più innanzi : « In seguito a questa moltiplicazione più rapida le Prospaltelle esposte su un gelso in preda (1) della Diaspis, potranno distruggere completamente la Diaspis entro poco più di due anni ». Entrando nei confini politici del nostro Regno riferirò alcuni giudizi sull’ effetto della Prospaltella in generale, cioè in località (1) Intendasi : per predare, o meglio per inquinare. 182 ANTONIO BERLESE varie e di poi quelli riferentisi a determinate regioni, special- mente dell’ Alta Italia. Nel 1910, da parte della Spett. Associazione italiana dei Con- fezionatori di seme bachi, « preoccupata della grave diminuzione nella produzione di foglia gelsi e conseguentemente anche di boz- zoli, riconoscendo una causa principale di tal fatto nella enorme diffusione di malattie parassitarie e sopratutto della Diaspis, sta biliva di indire un concorso, che scadeva al 31 agosto 1911, con un premio di L. 2000, per un rimedio efficace e di facile ap- plicazione pratica, ammettendo a concorrere tanto i preparati spe- cifici chimicamente composti, quanto nuovi metodi di allevamento e potatura del gelso e parassiti della Diaspis ». Già un anno prima il Comizio Agrario di Como aveva desti- nato, all’ identico scopo, una grande medaglia d’ oro. Io fui l’unico a prender parte al concorso nella categoria dei parassiti della Diaspis. Avvertivo però che in un solo anno non avrei potuto dare la dimostrazione della bontà del metodo da me proposto, poichè gli effetti della Prospaltella richiedono almeno due anni, per essere agrariamente manifesti colla totale distruzione della Diaspis. Imiziai però Vl esperimento nell’ aprile 1911, in quel di Vanzago, in presenza di apposita Commissione della Spett. Associazione e d’altra nominata dalla benemerita Società Agraria di Lombardia. La Giurìa, il 24 Febbraio 1912 deliberava : « considerato che per i sistemi culturali presentati al concorso non si tratta che di cose universalmente conosciute, e che per gli endofagi 1’ unico concor- rente, invero degno di altissimo encomio per il razionale indirizzo scientifico delle sue ricerche, non è però in grado di fornire dimostrazione esauriente sulla rapidità e diftusibilità naturale del parassita da lui introdotto, mentre sarebbe importantissima alla pratica agricola tale prova » il concorso è annullato e si riapre nell’ anno 1912, con apposito programma. I 16 concorrenti del 1.° concorso si ridussero a 9 nel 2.°. La Giurìa, nell’ adunanza del 17 Genn. 1914 (&£6), deliberava quanto segue : Quanto ai mezzi diaspicidi « non erede che essi rappresentino un mezzo pra- tico di uso generale per combattere la Diaspis ». LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 155 Quanto alla categoria B: Parassiti e predatori della Diaspis, rileva : « La riserva espressa nel febbraio 1912, col ricordato ordine del giorno, in merito alla rapidità e diffusibilità della Prospaltella Berlesei, non ha quasi più ragione di essere, di fronte ai fatti accertati nei due anni successivi. La giuria ritiene di dover escludere ogni ulteriore dubbio sulla reale capa- cità della Prospaltella di provocare una grande distruzione della Diaspis ». Considerati i risultati ottenuti a Vanzago, Venegono Imferiore e quelli ancora di « numerosissimi esperimenti di prospaltizzazione, condotti in molte e diverse 1o- calità della Lombardia, ed in particolar modo nelle provincie di Milano e di Como, per opera delle locali Cattedre Ambulanti di Agricoltura ; come pure i lodevoli e numerosi esperimenti condotti in Italia con esito favorevole e che anche all’ estero si riconosce oggidì l’ efficacia di questo geniale mezzo di lotta, con sincere ed esplicite adesioni al sistema preconizzato dal prof. Berlese e ciò in base ai risultati ben controllati di esperimenti e di visite sopra i luoghi ; la Giuria propone unanime alla spettabile Asssociazione ece. di voler conferire al prof. Berlese, direttore ecc. il primo premio del concorso, e cioè la grande medaglia d’ oro del Comizio Agrario di Como e L. 1400 (due terzi della somma complessiva disponibile per i premi e per le spese). La Giuria Presidente : rag. Amilcare Redaelli, presidente della Associazione italiana Confezionatori Seme Bachi; prof. Giuseppe Gianoli; prof. Giuseppe Soresi : dott. Umberto Zanoni; dott. Giulio Zavaritti. Relatore dott. Cesare Forti, direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Como ». L’ opuscolo citato termina con una Appendice: Notizie sulla « Prospaltella Berlesei », dove si fa la storia della importazione da noi dell’ insetto, si vantano i suoi effetti, si insegna il metodo per diffonderlo e si conclude : « Ricapitolando : la geniale e sommamente benefica scoperta del prof. Berlese deve essere prontamente utilizzata da tutti gli agricoltori, per liberarsi dalla Diaspis, senza spese nè fatica ». Il Ch. Prof. Voglino P., Direttore dell’ Osservatorio Fitopatolo- gico di Torino, in appendice ad una Relazione alla Spett. Asso- ciazione Serica e Bacologica del Piemonte, il quale seritto avremo occasione di citare più avanti a proposito del Piemonte (85), riferisce intorno ad una visita fatta a Vanzago presso Milano e nel Veneto per riconoscere gli effetti della Prospaltella contro la Diaspis e ciò per incarico avuto dalla Associazione serica e baco- 1S4 ANTONIO BERLESE logica del Piemonte. I risultati sono riportati nella citata rela- zione a stampa e si leggono a pag. 57 e segg. A pag. 58 l'Autore riferisce intorno ad una conversazione avuta col Ch. Prof. Dott. (i. Meschinelli, benemerito Presidente del Comizio Agrario e del- l Ufficio agrario di Vicenza, che afferma : « aver notato ottimi risultati nella provincia di Vicenza dalla diffusione della Prospaltella. I gelsi. sono di nuovo con foglie belle, larghe, ma per avere buoni risultati bisogna usare, per la diffusione, materiale fresco. La Dia- spis scompare lentamente, in 2-3-4 anni, ma i gelsi debbono essere potati rego- larmente ». Il Ch. Prof. Voglino, dopo visitate le classiche zone di Mo- gliano Veneto, di Ponzano, Merlengo ece. in quel di Treviso, € dietro quanto aveva veduto a Vanzago ed a Vicenza, così con- clude (p. 62): « Ho quindi potuto constatare che la Prospaltella ha dato, nelle regioni vi- sitate, ottimi risultati; bisogna però saper potare a tempo e bene, in modo da asportare, dopo 10 2 anni al più, la vecchia ramaglia, con molta Diaspis, an- che se fortemente prospaltizzata. La disseminazione della Prospaltella avviene per via naturale, ma lentamente, quindi bisogna ricorrere, per qualche tempo, alla disseminazione artificiale ». Ed ecco veramente compendiato in poche frasi tutto il molto semplice e punto dispendioso metodo di lotta ed i suoi effetti. In un articolo che contiene troppe lodi a mio riguardo per po- tere essere da me riferito (£7) e che riguarda | opera della Regia Stazione di Firenze in difesa dei gelsi, pubblicato da egregia per- sona, che appartiene alla Cattedra Ambulante di Agricoltura della detta città, trovo la seguente frase, che rispecchia il pensiero del mondo agricolo : « Oggi, che il resultato della Prospaltella è dovunque trionfale, bene oppor- tuna viene questa riconoscenza dell’ Associazione Italiana Confezionatori seme bachi, verso il liberatore della gelsicultura ». Veniamo al Friuli, che ebbe la più intensiva prospaltizzazione dal 1909 in poi. Il sig. Carlo Paini membro del Consiglio serico, visitato il Friuli, per giudicare dell’ effetto della Prospaltella contro la Diaspis Vota LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 155 pentagona, scriveva (&8) nel « Bollettino dell’ Agricoltura », del 53 luglio 1914: « In tutto il Friuli (ed anche in altre regioni) 1’ osanna è generale ed in- contrastato per il successo della Prospaltella Berleseì ». Un importante studio, raccolto in un libro di ben 7S pagine, è fatto dal Dott. A. Gaidoni (12) della Cattedra ambulante di agri coltura di Udine ed inserito nel « Bullettino dell’Ass. Agr. Friu. lana ». La prefazione è una lettera al Prof. Berlese; vengono in seguito esposte le condizioni fatte alla gelsicultura friulana dalla Diaspis, che appare nel [1900 per la prima volta nel Friuli; le prime difese col ferro e col fuoco, sradicando, impetroliando e bru- ciando i gelsi inquinati, in ben 35 comuni, che nel 1901 si erano tro- rati infetti. Nello stesso anno si tenne un Congresso (a Treviso) contro la Diaspis, del quale furono relatori Von. Bertolini, il Pro- fessor Pitotti e Von. Caratti, per la difesa della gelsicultura veneta. affermava il prof. Pitotti so- « Dei 42 milioni di chilogrammi di bozzoli pralodato — prodotti in Italia nel 1910, equivalenti ad un valore di circa 125 milioni di lire, si può calcolare che più di un quinto sia rappresentato dalla produzione del Veneto e il prodotto di quell’ anno (1901) diede agli agricoltori della nostra regione un incasso lordo superiore ai 45 milioni di lire ». Quanto al progresso della infezione diaspica, agli allarmi, ai danni ed agli scoraggiamenti, che induceva, si è già riportato più addietro un brano del sopralodato Prof. Gaidoni, dal detto libro. L’ Autore concludeva il triste quadro con queste parole : « Timori, allarmi, paure per ogni dove, quando sì cominciò a parlare della Prospaltella Berlesei » (p. 16). E, fatta largamente la storia della diffusione della Prospaltella in Friuli dal 1909 al 1914, per opera assidua ed illuminata delle benemerite Cattedre ambulanti di agricoltura e della Associazione agraria friulana ; Riferite le risposte ad un’ inchiesta fatta per iniziativa della sopralodata Associazione agraria friulana, risposte da parte di persone o Municipi di circa 40 Comuni dei vari Distretti della Provincia di Udine, tutte favorevoli, molte entusiastiche dell’opera 186 ANTONIO BERLESE della Prospaltella a distruzione della Diaspis, così l Autore con- clude : « Il Friuli, che ottenne le più larghe dotazioni di rametti prospaltizzati vede l’ infezione diaspica talmente ridotta, che si può affermare sia quasi dovunque agrariamente scomparsa (1). La grande famiglia degli agricoltori friulani è entusiasta della Prospaltella, che ha potuto permettere il rifiorire della nostra gelsîcultura e della nostra in- dustria dei bozzoli; noi tutti testimoniamo tutta la nostra deferente ammira- zione al prof. Berlese, che ha saputo indicarcela!! » (p. 71). Ed in data 2 gennaio 1914 ricevevo da Udine il seguente tele- gramma : « Mi è grato comunicarle assemblea Associazione Agraria Fiulana unanime votò plauso sua opera fortunata lotta contro Diaspis. Serivo. Ossequi PeCILE, Presidente Associazione Agraria Friulana ». La Sezione della Cattedra ambulante del basso Friuli occiden- tale (distretti di Pordenone, Sacile e S. Vito al Tagliamento) è retta, ognuno sa bene con quanta lode, dal Ch. Prof. Marchettano, uno dei primi e più solerti diffonditori della Prospaltella, del cui effetto, nella fine del 1915 egli giudicava (nel libro del Prof. Gai- doni più volte citato, pagg. 61, 62): « Il mio giudizio è che 1’ efficacia del parassita nella lotta contro la Diaspis non possa più venire messa in dubbio. Il giudizio mio non è soltanto personale, ma riflette la convinzione di molti proprietari e direttori di aziende agricole del basso Friuli occidentale ». Ed in un lungo articolo nel « Coltivatore » dell’ ottobre 1913 il sopralodato Prof. Marchettano (£9), dopo fatto la storia delle prime disseminazioni, che datano dal 1909, eseguite a Marzinis, nel primo focolare della infezione diaspidea e di là poi negli anni successivi in tutti i Comuni dei due distretti, scriveva, dopo aver citato molti esempi evidentissimi di totale distruzione della Dia- spis e sono quelli di più vecchia data: « Le più forti infezioni di Diaspis sono inesorabilmente minate dal pa- rassita.... d. (1) Ciò nel 1918. Da notizie recenti apprendo che nel corrente anno la Dia- spis è finita per scomparire del tutto ed ovunque tantochè le Cattedre ambu- lanti della regione respingono ormai, come superflua, offerta di materiale prospal- tizzato fatta da questa Stazione attualmente. ATE A et LARA 4a LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 187 E l Autore conclude : « Alla narrazione dei fatti suddetti è doveroso aggiungere che è unanime, fra questi agricoltori il sentimento di riconoscenza verso il prof. Berlese, a cui devono tanti benefici ». Per altra parte del Friuli (basso Friuli orientale), cioè per i Distretti di Codroipo, Latisana e Palmanova, il Ch. Prof. Panizzi, benemerito Direttore di quella sezione della Cattedra ambulante di agricoltura, in un articolo (5O) inserito nel « Coltivatore » del 10 febbraio 1914, fa la storia particolareggiata della diffusione della Prospaltella nei citati distretti di sua giurisdizione ed afferma che l’insetto vi è dovunque arrivato. Quanto agli effetti egli serive: « Di spazzole, pennelli, diaspicidi non si parla più. Alla apatia del primo momento è subentrata la piena fiducia, che i fatti evidenti e numerosi hanno creata e ribadita nell’ animo di tutti gli agricoltori. Ovunque si richiede qualchi ramut par semina la bestiute (qualche rametto per seminare la bestiolina), Nella maggior parte dei Comuni la lotta volge alla sua fase finale. La Dia- spis stretta, accerchiata da ogni lato, sta per essere travolta dalla furia distrug- gitrice della benefica vespetta (1). E convinzione generale che, se non inter- viene qualche malaugurato fatto a infrenare il meraviglioso lavoro della Pro- spaltella, poco tempo ancora rimane alla Diaspis per venire annoverata fra gli insetti non agrariamente dannosi ». Lo stesso sopralodato Professore, in altro articolo (51) che trovo nel Giornale di Udine, così conclude : « E gli agricoltori, gli industriali della seta, la Nazione non si dimentiche- ranno — speriamo — di molto dovere al prof. Berlese ». Il Dott. Casellati, titolare della Sezione per 1’ alto Friuli occi- dentale (distretti di Maniago e Spilimbergo), nel libro sopralodato del Ch. Prof. Gaidoni (12), pag. 66, dopo aver fatto la storia delle prospaltizzazioni nella sua giurisdizione conclude: « Ho atteso ed attendo ad un’ opera intensissima di propaganda a favore di questo mezzo naturale di lotta contro la Diaspis, sicuro ed entusiasta per i fe- lici risultati avuti ». (1) Questo si seriveva nel principio del 1914, ma oggi, alla fine dell’ anno, è anche terminata la lotta insieme colla Diaspis (come da lettera dell’ Egregio Uomo in data 18 dicembre corr.), ed il malaugurato fatto non è intervenuto, appunto perchè nessun fatto poteva intervenire a favore della Diaspis. 188 ANTONIO BERLESE Il Dott. Feletig, titolare della Sezione per l alto Friuli orien- tale (distretti di Cividale e S. Pietro al Natisone), nello stesso più volte lodato libro di mano del, Prof. Gaidoni (12), a pag. 67, dopo aver discorso della diffusione dal 1910 in poi della Prospal- tella nei detti distretti (una trentina di comuni) finisce coll af- fermare : « Tutti i casi portarono sempre al trionfo della Prospaltella, che ormai do- mina senza paura contro la Diaspis ». Giudizi conformi esprime il Dott. Dorta, titolare della Sezione per il medio Friuli settentrionale (distretti di Gemona e Tarcento). (Vedi libro citato (12) p. 66). Del resto le condizioni della gelsicultura nel Friuli, in presenza della Diaspis e le vicende delle pratiche diaspicide artificiali, sono brevemente riassunte in un chiaro articolo (52) a firma Zeta (pseu- donimo del Ch. Prof. Gaidoni della Cattedra ambulante di agri- coltura di Udine) ed ivi si fa anche la storia della Prospaltella, del suo modo di agire e della sua introduzione e diffusione nel Friuli. Si constata che : « la Prospaltella ha vinto la Diaspis. Abbiamo per questo voluto oggi tessere questo articolo : l’inno funebre alla « Diaspis », che dal punto di vista agrario non deve più preoccuparci ». Passiamo alla provincia di Treviso. Il Prof. Sacchi R., Direttore della Cattedra ambulante di agricoltura di Treviso, nelle istruzioni per la diffusione della Prospaltella Berlesei nel 1913 (58) scrive: « Gli esperimenti fatti da questa Cattedra dal 1909 in poi confermano, nel modo più chiaro e decisivo, che la Prospaltella Berlesei, una volta ottenutone l’attecchimento sur un gelso infetto di Diaspis pentagona, fa di questa, in circa 18 mesi, una tale strage da ridurla agrariamente innocua, La Prospaltella non limita la distruzione della Diaspis al solo gelso o altra pianta su cui si trova, ma, moltiplicandosi con estrema prolificità, passa con eguale successo alle piante vicine infette di Diaspis ». 2d in data 16 novembre 1913 lo stesso tanto benemerito pro- fessore Sacchi scriveva ne « La Gazzetta del Contadino » un arti- colo (54) che così comincia: « Dopo le esperienze da me iniziate d’ ufficio nel 1909 e continuate nel 1910-1911 sulla lotta contro la Diaspis pentagona, mediante la Prospaltella. sco- RIO ARMI e il ate data LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 159 perta dall’ illustre prof. Antonio Berlese, esperienze da cui risultava, con sicu- rezza matematica, la capacità della Prospaltella a soggiogare la Diaspis penta- gona, la Cattedra di Treviso fece, negli anni 1912-1913 una notevole distribu- zione di Prospaltella ». Il giorno 17 dicembre 1913 mi perveniva da Treviso il seguente telegramma : « Assemblea Associazione Agraria Trevigiana manda affettuoso saluto a Lei, che con tanta intelligenza, con fede di apostolo introdusse e diffuse in Italia la Prospaltella, salvando la gelsicultura dai danni della Diaspis pentagona. Benzi, presidente ». Il giorno 7 aprile 1914, il Consiglio d’ amministrazione della Associazione Agraria Trevigiana, approvava (55) il seguente or- dine del giorno : « Il Consiglio di amministrazione della Associazione Agraria Trevigiana, ri- conosciuta V opera utilissima data dall’ illustre professore Antonio Berlese a difesa della gelsicultura mediante l importazione, lo studio biologico e la diftu- sione della Prospaltella ; interprete sicuro e fedele dei sentimenti di ammira- zione e di gratitudine dei soci e di tutti gli agricoltori Trevigiani; delibera di assegnare al benemerito Antonio Berlese la medaglia d’ oro e di proporre, alla prima adunanza generale, la nomina dell’ illustre professore a socio onorario. 3enzi, presidente — Bacega — Bianchi — Calissoni — Costantini — Dall’Armi — Giunti — Giusti — Miollo Monterumici — Ninni — Pasquali — Pizzolotto -— Guarda — Sacillotto — Rinaldi ». Di ciò è data partecipazione in un articolo intitolato: « Ad Antonio Berlese. La gelsicultura salvata dalla Diaspis », pubbli- cato ne « La Gazzetta del Contadino », 19 aprile 1914. L’ articolo termina con queste parole : « E gli agricoltori plaudenti, associandosi di gran cuore alla deliberazione della Associazione Agraria, segneranno il nome di Antonio Berlese tra i mag- giori benemeriti dell’ Agricoltura italiana ». Del bellissimo e classico esperimento fatto in quel di Campo- croce (Mogliano Veneto, Treviso), che fu uno dei primissimi ad avere la Prospaltella, richiesta e disseminata fin dal 1909 dal com- pianto Cav. Motta, benemeritissimo della bachicoltura, riferisce (56) nel « Coltivatore » del 10 Marzo 1914 Vagente Ugo Fabris, rapito prematuramente, con tanto generale dolore di tutti, che lo hanno co- i 190 ANTONIO BERLESE nosciuto. Egli fa benissimo la storia di quelle prospaltizzazioni, che presero le mosse da cinque pezzetti di gelso, avuti dal so- pralodato Prof. R. Sacchi, Direttore della Cattedra ambulante di Treviso, che istituì e curò appunto quell’ esperimento, con altri due nella Provincia (quello di Ponzano e Vl altro di S. Lazzaro, non meno noti ed apprezzati di quello di Campocroce). Quei pochi pez- zetti hanno liberato ora dalla Diaspis una buona parte della Provin- cia ed hanno dato materiale infinito per altre regioni. L’ articolo è interessante perchè mostra, anche per questo caso, il progresso dalla incredulità degli sperimentatori nel 1910 all’ entusiasmo più vivo nel 1913, per l effetto della Prospaltella diffusa razionalmente e non inceppata dall’ impiego di mezzi artificiali. Il già lodato Sig. Fabris, da parte dell’ Amministrazione del compianto Cav. Motta, serive : « Da allora (1911) nulla abbiamo fatto ai nostri gelsi, poichè aiutata sulle prime, la Prospaltella invase, alla guisa della Diaspide, tutte le piante in modo da annientare questa, ridotta talmente da essere oggi con difficoltà rintrae- ciabile, Uguale osservazione fecero i coltivatori del vicinato, che ancora oggi dichia- rano esplicitamente di aver salvato i loro gelsi per merito nostro. Si badi che noi non adoprammo nè diaspicidi nè spazzole e che i nostri gelsi sono oggi la ammirazione di molti che, per diffidenza, tardarono ad approtit- tare della geniale scoperta ». Ed in altro articolo pubblicato ne « La Gazzetta del Conta- dino » (1 Febbr. 1914), dal titolo: Per onorare il Prof. Berlese nuovamente lo stesso Sig. Ugo Fabris scriveva: « Avuta la prova provata che, quale unico rimedio per combattere la Dia- spide del Gelso è la Prospaltella Berlesei, la scoperta e la diffusione della quale è merito esclusivo dell’ Ill.mo Direttore della R. Stazione di Entomologia agraria, prof. Antonio Berlese.... ». Alle quali parole ed alle proposte che seguono applaude anche la Direzione del sullodato periodico. In altro articolo (547) di mano dello stesso compianto Uomo, e scritto a nome della antorevolissima Ditta Cav. P. Motta di cui egli fu il solerte agente, pubblicato nel « Bollettino di Seri- cultura » del 7 Febbr. 1914 è atfermato : « Intendiamo pertanto rendere di pubblica ragione che, avendo per ben 5 anni sperimentato la preziosa Prospaltella Berlesci non possiamo più mettere in vv Miao RIE SL Te LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 191 dubbio 1 assoluta efficacia di essa quale unico, pratico rimedio per combattere la Diaspide, che viene inesorabilmente ridotta in condizioni tali da non essere agrariamente più dannosa ». Seguono proposte, che riguardano me personalmente e 1° articolo termina con queste frasi : « Aderirono con entusiasmo alla iniziativa della Ditta Cav. Pietro Motta, associandosi incondizionatamente all’ ammirazione per l’opera veramente geniale spiegata dall’ illustre scienziato prof. Antonio Berlese, le seguenti Ditte: Amm. Conte Ottaviano Collalto di Susegana; Premiati Stabilimenti Bacologici : Pietro Bidoli e Fr.llo, Conegliano ; Dott. Vittore Costantini, Vittorio Veneto ; Liberale De Nardi, Castel Roganzuolo ; Cav. Gio. Batta Calzavara, Istrana ; Girolamo Spagnol e figli, Vittorio Veneto ; Cav. Giov. Battista Gobbato, Vol- pago ; Fratelli Marson, Vittorio Veneto; Antonio Trinca, Sernaglia; Istituto Bacologico di Trento; Cav. Michele Mozzi, Vittorio Veneto; Amm. N. H. Ge- rolamo Brandolin ». Il Ch. Prof. Jelmoni Direttore della Cattedra ambulante di agri- coltura di Conegliano-Vittorio, in un suo bell’ articolo (59), che insegna ad aiutare la Prospaltella nella sua opera anzichè ad in- cepparla, articolo intitolato appunto: La « Prospaltella » ostacolata dall’ ignoranza ed inserito nel « Coltivatore » del 20 Marzo 1914, così scrive : « Anzitutto una professione di fede: sono entusiasta della Prospaltella ed ogni giorno più mi convinco che essa costituisce realmente 1’ unico rimedio pratico contro la infezione diaspidica. Pratico, non tanto per la sicura efficacia che prescnta, quanto perchè non costa nulla e non fa perdere la pazienza agli agricoltori, i quali non sempre e dovunque se la sentono di spazzolare i gelsi, in special modo se vecchi e nodosi ». Per quanto talune frasi che mi riguardano, sieno veramente di soverchio laudatorie per la modesta opera mia (ma le attribuisco al buono e gentile animo di chi le ha espresse) pure, non sem- brandomi del tutto in diritto di lasciare monco ed incompleto l ordine del giorno, che riferisco qui, lo riporto integralmente. Esso rispecchia in brevi cenni di quale aiuto sia stato | inter- vento della Prospaltella per la gelsicultura veneta. Tale ordine del giorno viene da parte dei bacologi tutti di uno dei più floridi centri di confezione del seme bachi, non secondo, se mai, che ad Ascoli Piceno, in tutta Italia, ma primo fra quelli dell’ Alta Italia. 192 ANTONIO BERLESE I confezionatori del seme bachi sono stati tra i più danneg- giati dalla Diaspis; essi hanno veduto gradatamente scemare la richiesta del seme e solo oggi, pegli effetti della Prospaltella, pel Gelso risorto a nuova vita e per le speranze che il piccolo Ime- nottero ha fatto rivivere, in quanto riguarda la bachicultura, vedono i bacologi rifiorire anche la loro industria, sortendo da quel periodo di crisi, che ha durato tanti anni. Eeco il giudizio sugli effetti della /rospaltella. « Adunanza del 12 Ottobre 1914, In seguito alla lettera d’ invito diramata dai Signori Cav. M. Mozzi e D. Marson, oggi nella sala municipale di Vitto- rio, gentilmente concessa, intervennero tutti i Bacologi di Vittorio e Conegliano, in unione al prof, E. Jelmoni, Direttore della Cattedra Ambulante d’ Agraria dei due Distretti. Scopo della Adunanza suddetta era quello di discutere sulle condizioni fatte alla gelsicoltura dalla applicazione della Prospaltella Berlesei contro la Diaspis pentagona. Tutti convennero che i mezzi insetticidi, fin qui usati, poco o nulla giova- rono, mentre il gelso, fonte di tanta ricchezza nazionale, si incamminava fatal- mente alla sua completa rovina, con danno enorme di gran parte d’Italia. Tutti constatarono, per esperienze fatte, per assicurazioni avute da ogni angolo del Veneto, che solo alla Prospaltella Berlesei spetta il gran merito di aver salvata la gelsicultura italiana ; prova ne sia che Comuni interi, per lo passato forte- mente colpiti dalla terribile cocciniglia, oggi sono completamente risanati. Un inno di plauso s’ innalzò dai numerosi convenuti al prof. Antonio Ber- lese, che, con tanti sacrifici e con tanto amore, si rese così benemerito dei ha- chieultori italiani, col diffondere, dove potè, il suo prezioso imenottero. Dopo una lunga, brillante discussione, gli intervenuti, con voto unanime, approvarono il seguente Ordine del giorno : I Bacologi di Vittorio e di Conegliano, quali rappresentanti uno dei mas- simi centri della produzione seme bachi in Italia, in unione al Direttore della Cattedra Ambulante di Agraria di questi due distretti, oggi radunatisi nella Sala del Comune di Vittorio : Considerati gli splendidi risultati della /rospaltella Berlesei in difesa del gelso contro la Diaspis pentagona, risultati inconfutabili in tutto il Veneto ed altrove, e tali da porre la magnifica scoperta fra le più importanti del campo scientifico-agricolo ; Ritenuto che con tale metodo di difesa la gelsicoltura si può considerare liberata, senza spese e fatiche, dal suo più terribile nemico ; Considerato che solo all’ illustre prof. Antonio Berlese — onore e vanto di questa terra, che gli diede i natali — devesi tale prodigio, e che le sue bene- merenze, già riconosciute da Associazioni agrarie e seriche italiane e da nazioni LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 1193 estere, sono di quelle che devono essere ricordate col più vivo sentimento di riconoscenza ; Mentre plaudono all’ opera disinteressata del valente e modesto scienziato fanno voti : 1.° Che la diffusione della Prospaltella sia fatta, al più presto, per cura del Ministero e colla massima possibile larghezza nelle regioni d’Italia, che ancora non hanno goduto di tale beneficio, e, nel caso, sia resa obbligatoria ; 2.° Che vengano maggiormente riconosciuti dal Governo del Rei grandi meriti del prof. Antonio Berlese, che, davanti allo scetticismo dei più, con tanta energia ed instancabile perseveranza, diffuse ovunque la sua provvida scoperta ; e deliberano di decretare, in segno di ammirazione e riconoscenza della preziosa opera sua, una TARGA-RIcORDO, e di associare in questa mani- festazione tutti i semai della Regione Veneta. Vittorio, 12 Ottobre 1914. Prof. E. Jelmoni, Direttore Cattedra Ambulante di Agraria per i distretti di Conegliano e Vittorio — R. Osservato- rio Bacologico G. Pasqualis — Idem Zanetti e Chiaradia — Ditta Pietro Bidoli e f.llo — 4/4. Spagnol Rigato e Bandelli — Id. Cav. Michele Mozzi — Id. Girolamo Spa- gnol — Id. Costante Toechetti — Id. Cav. Giovanni Bianchi — Jd. Luigi Dalla Barba — Jd. Liberale De Nardi — J/d. Vittore Costantini — Amministrazione Conte Ottaviano Collalto — Id. Conti Brandolini — Ditta F.lli Marson — Id. F.lli nob, Marchi — Id. Alessandro De Mori — Id. nob. G. B. Sbroiavacca — Id. Giacomo Po- socco — Id. F.lli Curtolo — Id. Ugo Marino — Id. Gio- vanni Mattana ». Il Sig. Quargnali Giovanni, agente del Cav. G. B. Zacchi, in un suo articolo (61), nel « Coltivatore », fatta la critica dei mezzi artificiali di lotta contro la Diaspis, conclude : « Chi vuole constatare i risultati ottenuti con la Prospaltella (parlo a chi può avere opportunità di farlo) faccia un sopraluogo all’ Azienda agricola del lav. G. B. Zacchi a Gaiarine (Oderzo), dove i gelsi, già attaccati dalla Diaspis in modo impressionante fino a tre anni fa, ora, a merito della Prospaltella, sono quasi immunizzati; od in questa Azienda, dove venne collocato lo scorso anno del buon materiale prelevato nell’ azienda suddetta ed altro migliore sovvenu- toci gentilmente dall’ Egregio Dott. Jelmoni, Direttore della Cattedra Ambulante di Conegliano-Vittorio, altro entusiasta ed istaneabile propagatore della Pro- spaltella ». Del resto, circa gli effetti della Prospaltella e sull attività della Cattedra Ambul. di Agric. di Oderzo nel disseminarla, fa fede un « Redia », 1914. 13 194 ANTONIO BERLESE articolo (62) del Ch. Prof. Di Gaddo, titolare di quella Cattedra, inserito ne « La Gazzetta del Contadino » del 9 Marzo 1913. In un opuscolo redatto dal sopralodato Prof. E. Carnaroli (63) e pubblicato a Montebelluna dalla Spett. Cattedra di Montebel- luna e Valdobbiadene, di cui egli è molto stimato Direttore, opu- scolo di istruzione pratica, dal titolo Diaspis e Prospaltella, Autore, dopo aver discorso della impraticità e dello scarso effetto delle cure artificiali contro la Cocciniglia, nel secondo capitolo, dal ti- tolo: IZ nuovo indirizzo nella lotta contro la « Diaspis pentagona » € la « Prospaltella », così sì esprime: « A togliere i gelsicultori dalla non lieve preoccupazione della difesa dei loro gelsi dalla crescente invasione della Diaspis pentagona, venne la scoperta di un illustre Professore italiano — il prof. Berlese — il quale mise il problema della lotta contro la Diaspis su una via del tutto nuova, portandola nel campo naturale (p. 8). La Prospaltella riesce in pratica, con i suoi mezzi, a vincere la Diaspis ed a risolvere da sola la grave questione della lotta contro il terribile parassita ? Allo stato attuale delle cose, si può, con tutta sicurezza, atfermare di sì. Sono numerosi gli esempi di zone completamente liberate dalla Diaspis per opera della Prospaltella ; in molte plaghe della nostra stessa Provincia, per non accennare ad altre località più lontane, la Diaspis può dirsi agrariamente scom- parsa (p. 15) ». Della Provincia di Belluno, dove, tranne che a Feltre, la Gelsi- cultura non è molta estesa, ho questa notizia da parte del Ch. Prof. Guselotto A., Direttore della Cattedra Ambulante di Agri- coltura di Feltre, che mi scriveva nell’autunno del 1913: « Le semine del 1911 hanno già segnato un vero trionfo, specialmente in quello di Fonzazo. Gli agricoltori sono venuti spontanei a narrarmi i miracoli della Prospaltella e a ringraziarmi del beneticio loro arrecato. Io Le giro il merito ». Nella Provincia di Padova la Diaspis non è ancora, fortunata- mente, dovunque diffusa; in taluni luoghi però essa vi è da tempo e fa gravi danni. i Per Cittadella parla il Ch. Dott. G. Trentin (64), Direttore della Cattedra ambulante di Agricoltura di Cittadella, in un articolo LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 195 pubblicato nella « Voce dei Campi e dei Mercati », organo della Cattedra Ambul. di Agr. di Padova. Egli così scrive: « Nel Cittadellese la Prospaltella ha fatto miracoli. Cosa ne dicono gli agricoltori? Sono entusiasti. Il nome di Antonio Ber- lese si sente ripetere con riconoscenza da questi agricoltori ». Il Sig. Trentin conclude con questo consiglio : « Abbandoniamo completamente 1’ olio pesante di catrame, il petrolio e tutti gli altri insetticidi ; abbandoniamo pure le spazzole, o meglio limitiamo 1 uso di quest’ ultime a quei gelsi molto giovani e carichi di malattia, i quali po- trebbero sottrire prima dell’ arrivo della Prospaltella ». Il Prof. R. Pugnalin-Valsecchi, benemerito Presidente del Comi- zio agrario cooperativo di Camposampiero (65), nella adunanza del 22 nov. 1914, presenti 221 soci « Ricorda con calde parole un grande benemerito dell’agricoltura Veneta, il Prof. Berlese, che, con la scoperta della Prospaltella, ha salvato completamente la nostra gelsicultura dal suo più terribile nemico, la Diaspis. Propone di mandare a lui un telegramma, che è approvato all’ unanimità. Eccone il testo : Berlese — Stazione entomologica agraria, Firenze — Agricoltori Soci Comi- zio agrario Camposampiero, riuniti assemblea, ammirati salvezza locale gelsicul- tura operata Prospaltella, inviano benemerito scienziato profonda riconoscenza -— Presidente: Pugnalin-Valsecchi ». Il Ch. Prof. E. Dorio, Direttore della Cattedra ambulante di Este-Monselice tenne, il giorno 6 Aprile 1915, nel Politeama popolare di Este una conferenza sul tema Diaspis e Prospaltella. Essa è riportata integralmente in una pubblicazione (66) del be- nemerito Comizio Agrario di Este, dal titolo: Festa agraria del 6 Aprile 1915 (p. 29). Il sopralodato Professore, citati i resultati ottenuti nella sua giurisdizione dal 1909 in poi, conclude (p. 50): « Senza nessuna spesa, solo con un po’ di buona volontà, voi potete combat- tere la: Diaspis su tutte le piante, inquinandole di Prospaltella, liberandovi in due o tre anni dai danni di essa », n quella occasione fu spedito il seguente telegr: a: In quell f lito il seguente telegramma « Professore Antonio Berlese, direttore R. Stazione Entomologia Agraria Firenze. 196 ANTONIO BERLESE Agricoltori Este-Monselice-Montagnana, oggi riuniti, inviano Maestro pro- spaltizzazione, gloria italiana, riverente saluto. Comitato festa agraria ». Anche il Ch. Prof. Gruber, professore di Agraria ed Estimo nel R. Istituto Tecnico di Padova e fondatore del Sindacato Agrario padovano, al quale tanto deve lagricoltura veneta, dopo visti gli effetti della Prospaltella ad Este ed a Vittorio, colla gentilezza consueta, mi telegrafava in data 11 Giugno 1914: « Prof. Berlese. Firenze. Ammirando meravigliosi risultati prospaltizzazione ottenuti nei territori di Vittorio ed Este, visitati coi miei allievi agrimensura, sento dovere, unitamente Dorio autore splendida conferenza 1913, esprimerle nuove congratulazioni per geniale benefica scoperta. — Gruber ». Per la Provincia di Venezia il giudizio che la benemerita Cat- tedra Ambulante di Agricoltura di Venezia dà nel 1914 sugli effetti della Prospaltella contro la Diaspis è molto laconicamente ma anche efficacemente espresso nelle brevissime, preziose istruzioni, che si trovano in calce al Calendario pel 1914 (67), pubblicato dalla sullodata Cattedra e dalla benemerita Commissione Provin- ciale Pellagrologica. Ivi, in prima pagina (Gennaio), la prima figura rappresenta una Prospaltella ingrandita, che depone luovo traverso lo seudo della Diaspis e sotto è detto : « Il miglior rimedio contro la Diaspis pertagona consiste nella diffusione della Prospaltella ». Più particolarmente, per la Provincia di Venezia, è data notizia della diffusione della Prospaltella nel 1912, in parecchie località, da parte della Spett. Cattedra ambulante di agricoltura. Tali notizie sono riportate in calce ad un articolo del Sig. Ruvoletto Albano di Chirignago (68), che parla dei risultati ottenuti nella tenuta del Sig. Friedenberg, a richiesta della sullodata Cattedra. Vi è detto : « Le dico subito che sono entusiasta dei risultati ottenuti e che a ben poca cosa sì riduce in breve la Diaspis pentagona nei nostri poderi, ove tre anni or sono ne feci la prima diffusione a mezzo di pochi pezzettini di legno inquinati, che potei procurarmi. LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 197 I nostri contadini, è facile immaginarlo, erano del tutto scettici.... Attual- mente curano volentieri la intensa diffusione della /rospaltella nei diversi punti del podere, lieti di metter da parte le spazzole e gli incomodi insetticidi. ....Mercè la geniale scoperta del Prof. Antonio Berlese la lotta contro la Diaspis nulla viene a costare, riesce facilissima e la Diaspis viene insidiata parimenti sulle piante come sulle siepi e dovunque si trovi ». Quanto a Vicenza si hanno qua e là notizie sparse e si sa che in molti luoghi la Prospaltella ha largamente distrutto la Diaspis. Uno dei più belli esempi è quello di Bassano. La condizione di Bassano (Vicenza), che fu tra i primi centri di prospaltizzazione, è bene espressa dal Ch. Dott. Chemin Palma in un suo articolo (69) nel « Coltivatore » del 28 Febbr. 1914. Fatta la storia della disseminazione della Prospaltella nel Bas- sanese, dove i primi esemplari del benefico insetto giunsero nel 1909, PAutore mostra come, da un tenuissimo attecchimento riscon- trato nel 1910, solo due o tre individui prospaltizzati, trovati « dopo grandissima pena » nell’ Ottobre del 1910, si riscontrarono Delta 9.ol « un enorme numero di gelsi grandissimi, molto infestati da Diaspis inqui- nate da Prospaltella Berlesei a percentuale altissima, non solo sulle piante che avevano ricevuto direttamente l’imenottero, ma ancora su molte altre, anche a distanza considerevole ». E prosegue : « Nei poderi poi dove la Prospaltella è ormai arrivata da tre anni, perchè portatavi dalla mano dell’ uomo o perchè giuntavi con i suoi stessi mezzi, si può ormai dire che la Diaspis vi brilla proprio per la sna assenza. In qualche campagna mi è successo di vedermi porgere da qualche colono, che voleva mostrarmi come i suoi gelsi fossero ancora infestati dalla cocciniglia, dei rami — trovati non senza pena — ottrenti solamente delle Diaspis vuotate dall’ en- dofago. Prima delle recenti nevicate, su alcuni rami di gelso ho potuto con- tare qualche migliaio di spoglie di Diaspis, la cui morte era indubbiamente dovuta alla Prospaltella, e una sola cocciniglia apparentemente sana ! Poichè le suddette osservazioni le ho fatte in quasi tutti i comuni del di- stretto, tanto a Est che a Ovest, così a Sud come a Nord di Bassano, e da per tutto ho constatato che la Prospaltella ha prodotto i medesimi etfetti, se dovessi produrre dei nomi di predî, in cui la vittoria dell’ imenotterino appare evidente, non avrei che l’ imbarazzo della scelta; ma mi astengo dal farlo qui, solo per amor di brevità ». 195 ANTONIO BERLESE L'Autore conclude : « In conclusione, poichè i fatti son fatti, attualmente, in questo distretto, si può ben affermare ex informata conscientia — che la Diaspis pentagona è tenuta in freno dalla Prospaltella: ne sono convinti perfino — incredibile n dirsi — moltissimi contadini, che ne hanno potuto seguire passo passo il trion- fale cammino. L’aver qui ridotta la Diaspis a una specie così poco temibile che le cocci- niglie banali, cioè tenute largamente in iscacco da insetti ausiliari, è una stu- penda vittoria del metodo di lotta naturale contro insetti esotici agrariamente dannosi. Nella fattispecie il Berlese ha reso alla gelsicultura non solo di qui, ma ancora di molte altre provineie, un segnalatissimo servizio ». Veniamo alla Lombardia e cominciamo da Vanzago, che fu il primo centro prospaltico del nostro paese. Di Vanzago, presso Milano, che fu la prima culla degli alleva- menti della Prospaltella in Italia e di dove essa fu diffusa dovun- que, ho detto molte volte nei miei scritti ed ho anche spesso citato testimonianze scritte da parte del compianto Cav. Vago Pasquale, che seguì gli allevamenti stessi e ne vide, fra i primi, gli eftetti. Quelle esperienze furono molto spesso visitate e da molte per- sone. Lungamente ne hanno detto il Gastine, il Voglino, il Bolle, VP Orsi ecc. ed altri ai luoghi citati. Ricorderò qui ancora il Ch. Prof. Soresi, valoroso Direttore della Cattedra ambulante di Agricoltura di Milano, che, dopo una sua visita ai vivai di Vanzago, del 1911, riconobbe subito, col fine intuito delle persone che sanno, quale sarebbe stato l'avvenire della Prospaltella ed in un momento, in cui quasi tutti si ritenevano autorizzati ai dubbi od alle denegazioni assolute, pur raccomandando di non dimenti- care i mezzi artificiali, insisteva (70): « Prospaltizzate, prospaltizzate colla maggiore rapidità possibile i vostri gelsi ». Conformi affermazioni trovo riferite nel « Bollettino di Sericul- tura » del 18 Novembre 1911, p. 448 (472), che riassume un arti- colo del sopralodato Prof. Soresi pubblicato nel « Sole ». Vi è scritto che il Prof. Soresi « non ritiene possibile che la Prospaltella possa arrivare a distruggere comple- tamente la Diaspis, ma spera assai che essa possa ridurla a proporzioni agra- riamente, per intero o quasi, inoffensive ». LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 199 Ho voluto riportare questa opinione che VEgregio Uomo nutriva nel 1911, per far rilevare la giustificata prudenza dello sperimen- tatore coscienzioso, ma nello stesso tempo la sua chiara intuizione. I giudizi consecutivi, da parte della stessa Cattedra, espressi dal- V Egregio Dott. Del Bo, e quello dello stesso sopralodato Prof. So- resi del 1915, in seno alla Commissione giadicatrice del Concorso pel premio offerto dall’ Associazione Italiana Confezionatori Seme Bachi, che si è già riferito più indietro, completamente favorevoli all’azione della Prospaltella, senza restrizioni, mostrano il pro- gresso della convinzione nell’ animo dell’ egregio studioso e rap- presentano un altro caso tipico di graduale persuasione, per virtù di fatto. In seguito ad altra visita (20 Marzo 1913) della Soc. Agr. di Lombardia a Vanzago, il Ch. Prof. Del Bo, assistente della sopra- lodata Cattedra di Milano, seriveva, infatti, ('71) un articolo, di cui basta citare il titolo che suona: La esperienza di Vanzago conferma la bontà della « Prospaltella ». Altro articolo, di mano dello stesso lodato Prof. Del Bo, nello stesso giornale del 19 Dicembre, scritto dopo altra visita, ha per titolo : A Vanzago non c'è « Diaspis! » (73). L’ Autore rileva che la Prospaltella ha distrutto la Diaspis, diffondendosi colle sole sne forze dai primi centri di disseminazione, per larghissima zona al- l intorno. I limiti di tale zona sono stati poi esattamente definiti dal Ch. Prof. Fornaci, direttore della Cattedra Ambul. di Agr. di Gallarate, alla cui giurisdizione appartiene Vanzago (74) che, dopo accurato esame del classico esempio, li porta a circa 10 chilom. di raggio. Tutta questa area è « completamente immune da Diaspis ». L’ articolo è molto importante, perchè fa la storia della inva- sione prospaltica in quella regione; cita esempi bellissimi degli effetti della Prospaltella in altri lmoghi del Gallaratese e finisce col concludere : « Tutti questi esempi concordano dunque nel dimostrare come ormai sia accertata luminosamente l’efficacia pratica del nuovo diaspicida: valgano ad incitare i nostri agricoltori a tenere nel debito conto ed usare largamente la Prospaltella nella lotta contro la Diaspis ». 200 ANTONIO BERLESE Attorno al Lago di Garda la Diaspis è da tempo distrutta. A Desenzano la Prospaltella è stata diffusa molto per tempo, cioè fin dal 1909. Dell’ effetto circa la distruzione della Diaspis è fatto cenno in un articolo del chiarissimo prof. Mazzoldi, Direttore di quel Comizio agrario, pubblicato nella « Provincia di Brescia » del 29 novembre 1912 (75). Ivi è affermato che nella distruzione della Diaspis pentagona, in quella regione, la Prospaltella Berlesei ha dato risultati così mera- vigliosi da sorpassare le aspettative. Secondo sue osservazioni in una « vastissima campagna un centro di prospaltelle, procurato nel 1910, si è allar- gato talmente, che, per un raggio di oltre 800 metri la Prospaltella si era dif- fusa, con grande, meravigliosa scomparsa assoluta della Diaspis. Ciò si rileva pure in numerosissime posizioni e in molti possedimenti ». Per Salò riferisce il chiarissimo professore Ricchini Mario, in un articolo (76) nel « Bollettino dell’ Agricoltura Milanese » del 15 agosto 1915, dove afferma che : « La grande infezione di Diaspis, che cinque anni or sono si riscontrava sui gelsi nella bassa riviera del Garda (Lugana e Valtenesi) si può dire che sia stata ormai debellata dalla Prospaltella Berlesei ». Notizie sugli effetti della Prospaltella nell’ Alto Milanese sono riferite in un articolo del « Bollettino dell’ Agricoltura Milanese » del 27 marzo 1914 (#77). Lo scritto, a firma c. d. db. deve attri- buirsi (io credo) al sopralodato prof. Del Bo, assistente della Cat- tedra Ambulante di Agricoltura di Milano. L’ articolo comincia : « Dare notizie dei buoni risultati che si sono ottenuti in casa nostra colla Prospaltella — per quanto di questo argomento si sia già trattato molte volte sulle colonne del « Bollettino » — vale certo ad infondere fiducia in quei gel- siecultori, che sono ancora timorosi ad abbandonare il vecchio armamentario dia- spicida, per dedicarsi con attività alla diffusione del prezioso insetto ». I? Autore sopralodato riferisce dei buoni effetti da lui stesso ri- scontrati in campi di prova a Ronco Briantico, a Bernareggio, a Bussero ed a Besana Brianza. Riguardo al Lodigiano riferisce (78) il chiarissimo prof. E. Fer- rari, Direttore di quella Cattedra ambulante di Agricoltura. Ivi è LA DISTRUZIONE DELLA » DIASPIS PENTAGONA » ECC. 201 detto di una esperienza fatta in comune di S. Rocco al Porto, dove, iniziata la prospaltizzazione nel 1911, già nel successivo anno 5 ettari erano abbondantemente prospaltizzati e nel 1915 i gelsi contenuti nella zona « risultavano praticamente immuni ». Nel 1912, con materiale ricavato da questa prima diffusione, si stabilivano altri centri in molti altri Comuni del Lodigiano, otte- nendone « risultati utili evidentissimi ». L’ egregio Autore con- clude che gli agricoltori « devono essere grati all’ illustre Prof. Berlese, che di tanta fortuna per la gelsicultura fu 1 artetice illuminato ». L’ egregio prof. Afro Pizzarelli, Direttore della Cattedra ambu- lante di Agricoltura di Mortara, parlando della Prospaltella in Lomellina, serive ne « La Lomellina agricola », organo della sul- lodata Cattedra, un articolo (79) dal titolo: La « Diaspis » del gelso ormai vinta. Vi è riferito dell’ effetto della vespetta nel Vigeva- nese ed altrove nella Lomellina. Un altro articolo (80), pressochè collo stesso titolo La « Dia- spis » è vinta ! trovo nel giornale di Crema « Il Paese », del 53 di- cembre 1914; è redatto dalla spett. Cattedra ambulante di Agri- coltura di Crema e riferisce dei risultati conseguiti colla propa- gazione della Prospaltella nel Cremasco. L'articolo così conclude : « Tali risultati debbono rallegrare i nostri agricoltori, i quali, con un si- stema semplicissimo, possono combattere una malattia, che per anni ha ridotto il raccolto dei bozzoli ad un terzo. « Fin d’ ora esprimiamo la più viva riconoscenza allo scienziato Prof. Ber- lese, che così grandi vantaggi apporta alla gelsicultura italiana ». Le istruzioni (81-82) in foglietto volante (ed in un grande Avviso murale) distribuite nella primavera del 1914 a decine di migliaia fra i gelsicultori lombardi, assieme ai pezzi prospaltizzati, dalla benemerita Società Agraria di Lombardia, terminano con questa categorica affermazione : « Questo è il modo migliore per diffondere 1’ utile insetto (Prospaltella Ber- lesei). Dopo due anni, i gelsi sono liberati per sempre dalla Diaspis ». Vedi anche l articolo inserito nell’ « Agricoltura moderna » del 16-31 marzo 1914, dove si parla degli « splendidi risultati ottennti nel Veneto ed in parecchie località di Lombardia ». VE AT el. ù Ù 202 ANTONIO BERLESE Del resto, quanto agli effetti della Prospaltella in Lombardia credo che sia esponente persnasivo il telegramma, che qui riporto e che ricevo in questo momento (21 dicembre 1914). « Assemblea Società Agraria di Lombardia, plaudendo allo entomologo illustre, al benemerito della lotta contro la Diaspis ha acclamato V. S. Socio onorario del Sodalizio, nella ricorrenza del suo cinquantenario — Presidente Alpe ». Passiamo al Piemonte. Il Piemonte non ha seguìto velocemente il movimento in favore della Prospaltella, che andava manifestan- dosi altrove e sopratutto nel Veneto. Il consenso degli enti agrari locali è mancato, allora, in massima parte; lo scetticismo (ragione- volissimo del resto, trattandosi di un indirizzo del tutto nuovo in una lotta difficile e pel quale si raccomandava Y inerzia piuttosto che i’ attività) vi mantenne più presa, non ostante i pochi esempi che sì sarebbero potuti vedere nella regione. Jo stesso ritenni per molto tempo che nel Piemonte, perchè re- gione più fredda della rimanente Alta Italia, la Prospaltella vi avesse una propagazione più lenta. Questa leggenda è ora sfatata dalle esperienze e dalle osservazioni del benemerito Osservatorio Fitopatologico di Torino. Ritengo anzi che se la più volte lodata Associazione Serica bacologica del Piemonte e se 1° Osservatorio suddetto non si fossero messi a capo dell’ opera di diffusione della Prospaltella in Piemonte, ben tardi questa regione sarebbe stata liberata dalla Diaspis per opera della Prospaltella. In una Relazione (85) a stampa, che il personale del sopralo- dato Osservatorio Fitopatologico fa alla Associazione serica sopra- citata, dopo aver rilevato come sia stato in generale scarso Vaiuto dato dall’ agricoltore alla Prospaltella, ed anzi col voler continuare le pratiche artificiali 1’ utile insetto fosse stato grandemente osta- colato nella sua benefica opera; ricordati i pochi casi (Casale, Valenza, Novara, Savigliano ecc.), in cui l’azione del gelsieultore ha concorso in aiuto dell’ utile insetto ed in tali condizioni esso ha debellato affatto la Diaspis, gli egregi relatori concludono : « La Commissione è convinta che, ovviando a tutti gli inconvenienti, pro- cedendo ad un impianto generale, razionale ed intensivo (di Prospaltella) si ot- terranno senza dubbio dei buoni risultati in tutto il Piemonte, come già buoni risultati si ebbero per alcune località ». Va i DE La O Me Ta LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 205 Ed ora, che a capo dell’opera di diffusione della Prospaltella è messo un Istituto della serietà e dell’ attività dell’ Osservatorio Fitopatologico di Torino ed un Uomo del valore e della coscienza del prof. Voglino, non si può nutrire alcun dubbio sul pronto rag- giungimento dell’ effetto desiderato. Del resto, una prova se ne ha nelle disseminazioni di questo anno. Furono distribuiti in Piemonte circa 142,000 pezzi, benissimo prospaltizzati, ed ora la percentuale di attecchimento, dietro mie stesse osservazioni, sale, dopo pochi mesi, a cifre sbalorditorie, per- fino del 30 °/, ed oltre ed anche su piante grandi ed intensissima- mente coperte di Diaspis, ciò che pel primo anno costituisce un vero record di intensità d’ attecchimento. Si è calcolato, colle sopralodate persone, che 1’ incremento della Prospaltella, reale, dal marzo al novembre del 1914, nei gelsi di prima prospaltizzazione sia stato non meno che come da uno a mille, mentre io ho calcolato sempre 1’ incremento medio, anzi buono, da uno a settanta e rare volte ho veduto questa cifra sorpassata. Certo il Piemonte, continuando così per un paio d’ anni, vedrà esso pure ben presto tolta via del tutto e definitivamente la per- niciosa Cocciniglia. La ipotesi che in Piemonte la Prospaltella moltiplichi meno ed agisca perciò più lentamente, è sfatata in un scritto del chia- rissimo dott. Mariano Savelli, assistente del benemerito Osserva- torio Fitopatologico di Torino (86). L'Autore, dopo molteplici vi- site e diligente osservazione degli esempi alla mano nella regione, afferma categoricamente : « 1.° che non è affatto vero che in Piemonte, per cause d’ambiente, la /’ro- spaltella dia risultati aleatori ; 2.° che i risultati modesti ottenuti in alcune località negli anni scorsi (ri- sultati che mi obbligavano a pensare ad un ambiente qua e là ostile all’ endo- fago) dipendevano principalmente dal fattore vomo, ossia dalla serietà e dili- genza delle operazioni d’ attacco e di tutte le successive ». E più sotto: « I brillanti risultati del 1914 hanno sfatato la leggenda che il Piemonte fosse inospitale per la Prospaltella Berlesci ». Sulle condizioni della gelsicultura nel Canavese, in grazia della Diaspis e sulle prospaltizzazioni (più recenti) colà seguite, come 204 ANTONIO BERLESE sull’ effetto della Prospaltella e sul modo di aiutarla, riferisce il chiarissimo prof. G. Esmenard, nell’ opuscolo sopracitato. Del vecchio esperimento in provincia di Alessandria (Valenza) dovuto alla solerzia del chiarissimo prof. Voglino E., l’egregio Di- rettore della Cattedra ambulante di Agricoltura di Alessandria, che fu tra i primissimi a sperimentare 1’ effetto della Prospaltella, disseminandola fin dal 15 ottobre 1909 a Valenza, il sopralodato cattedratico riferisce, in data 20 gennaio 1913 nel « Coltiva- tore » (87). Fatta brevemente la storia di quella disseminazione e degli ef- fetti negli anni di poi, l’egregio Autore scrive : « Sul gelso, che fin dal 1909 ebbe per primo il vantaggio della Prospaltella non ho potuto trovare, il giorno 10 gennaio 1913, neppure una Didspis, mentre, all’ inizio della « cura » era letteralmente coperto di Diaspis ». Tratta poi della diffusione spontanea della Prospaltella e pro- segue (p. 46): « ANCHE I CONTADINI SONO ORMAI PERSUASI. LA « PROSPALTELLA » NEI poscHi. La certezza dell’ efficacia della Prospaltella è penetrata anche nell’animo dei contadini. Essi hanno imparato benissimo a conoscere le Diaspis parassitizzate e sic- come son tutti piccoli proprietari, all’ epoca dello scalvo dei gelsi esportano i pezzi di rami ricchi della Cocciniglia e della vespetta e li vanno ad attaccare sulle piante di loro proprietà ». La storia della diffusione della Prospaltella a Casalmonferrato, dove 1’ endofago fu primamente disseminato nel 1908 (ma quella prima semina andò miseramente distrutta) è brevemente, ma con efficacia, riassunta dal prof. Gabotto, Direttore della locale Catte- dra ambulante di Agricoltura, in un articolo (88) del 1.° aprile 1914, pubblicato nella « Agricoltura Monferrina ». « Usciamo finalmente, — serive l’ Egregio studioso di patologia vegetale — anche noi dal riserbo impostoci durante un costante controllo e diciamo fran- camente delle benemerenze del prezioso alleato nella lotta contro la Diaspis, se- gnalatoci ed offertoci dal Chiarissimo Prof. Berlese ». Detto della Prospaltella e fatta la storia della sua dissemina- zione in tutto il Circondario di Casale, il sopralodato professore riferisce che : « Una Commissione di controllo, inviata dalla Associazione Bacologica di To- LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECU. 205 rino, constatata la veridicità dei risultati nelle località suddette, rimase così favorevolmente impressionata da consigliare alla Spett. Associazione di Torino un grande esperimento di diffusione della Prospaltella in tutto il Piemonte, usun- fruendo del materiale ottimo che il Circondario di Casale poteva fornire ». Se ne ottennero infatti, per cura del sig. Fossati molto bene- merito della lotta contro la Diaspis nel Piemonte, ben 142,000 pezzi, eccellentemente prospaltizzati. 10. — Attestazioni private. Fra le innumerevoli lettere, che mi sono giunte, affermanti tutte la efficacia della Prospaltella contro la Diaspis, mi sia permesso citare solo alcune, di mano di personalità autorevolissime, che sono state sempre seriamente impegnate in questa lotta : S. E. l’on. Bertolini, che fin dalla prima apparsa della Diaspis nel Veneto si interessò vivamente della questione, prendendo parte ai Congressi, alle sperienze ecc., mi scriveva, in data 17 luglio 1914: « Ho constatato quest’ anno che il trionfo della Prospaltella è stato nelle nostre campagne completo. Ella s'è reso così benemerito dell'Economia nazionale che le parole tornano inadeguate al fatto ». S. E. Von. Conte Girolamo Marcello, attuale Sottosegretario alle Poste e Telegrafi, mi scriveva, in data 25 marzo 1914: « Io mi compiaccio assai con lei per il successo conseguito ed anche per mia parte desidero farle avere V espressione della mia ri- conoscenza. Anche la mia tenuta di Fontanelle d’Oderzo, circa 1000 ettari, è quasi immune di Diaspis. Ho cominciato con pochi rametti, tre anni fa. Ella ha reso un immenso servigio all’ agricoltura del nostro paese ». IL’ on. Conte Rota, Deputato al Parlamento, da me più volte ci- tato, per la bellissima sperienza di Codroipo dove, con un solo pezzetto di gelso prospaltizzato dall’ Egregio Uomo messo colle sue mani su un gelso diaspizzato, nel 1910, tutte le campagne intorno 206 ANTONIO BERLESE a Codroipo stesso ed altrove sono ora immunizzate, mi seriveva in data 25 luglio: « L’opera sua fu efficacissima ed Ella merita, colla perpetua gra- titudine degli agricoltori, il plauso del Ministero.... ». Del resto, a proposito delle prospaltizzazioni di Codroipo ed altrove, 1 Amministrazione dell’ On. Conte Rota sopralodato, mi scriveva, in data 5 luglio 1914 una lettera, che fu pubblicata (89) nel « Corriere del Friuli » e ne « La Patria del Friuli » del 4 Luglio 1914, che comincia: « Ho il piacere di comunicarvi i risultati splendidi e definitivi apportati nel Circondario di Codroipo dalla Prospaltella Berlesei ». e conclude : « Sia onore a Voi appassionato cultore di scienze agrarie, che, vincendo apatie ed opposizioni, sapeste, con costante sacrificio, importare e propagare rapida- mente la preziosa vespetta. Voi avete molto meritato della scienza e dell’ agricoltura e gli agricoltori tutti vi debbono imperitura riconoscenza ». 11. — Condizioni attuali dell’ Italia (fine 1914) rispetto alla Diaspis ed alla Prospaltella. Oggi la distruzione (per sempre) della Diaspis, ad opera della Prospaltella è più inoltrata nel Veneto che non nella Lombardia e quivi più che nel Piemonte. Essa è più o meno avanzata nelle Marche, nell’ Umbria e nell’ Emilia, quasi raggiunta in Toscana ; totale ad Acerra presso Napoli, iniziata in Sicilia. Tornando all’Alta Italia, la Diaspis è distrutta per opera della Prospaltella nel Goriziano, nel Trentino, nel Friuli, nella provincia di Treviso ed in massima parte di quelle di Venezia, Padova, Rovigo, Vicenza ed in qualche centro del Veronese. In Lombardia la Cocciniglia è distrutta nei dintorni del Lago di Garda ed in moltissimi centri disseminati; è iniziata ora una lotta uniforme ed ordinata nel resto. In Piemonte si hanno larghe distruzioni nei centri più vecchi di Casale, Acqui, Asti, Mondovì, Alessandria, e si procede ora, LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 207 come per la Lombardia, ad un ordinato lavoro di prospaltizza-- zione. In Liguria la Diaspis è distrutta in provincia di Genova, quasi dovunque. È da ritenersi per molto vicino il giorno in cui della Diaspis non rimarrà in tutta Italia che il triste ricordo. Del resto, sulle condizioni successive delle varie regioni d’ Ita- lia rispetto alla Diaspis di fronte alla Prospaltella, sui progressi di questa ece., è bene vedere varie note, pubblicate dallo serivente, tra le quali le più estese sono: Come progredisce la « Prospaltella Berlesei » in Italia (« Redia », 1911) (90). — Diaspis pentagona e « Prospaltella Berlesei » nel Ve- neto alla fine del 1913 (ibidem, 1914) (92), ed ancora: Stato attuale della lotta contro la « Diaspis pentagona » (Istituto internaz. di agri- coltura 1913) (91). Quanto al modo di agire della vespa contro la Diaspis, veggasi, tra l’altro, l’opuscoletto pubblicato da questa R. Stazione dal titolo: La « Prospaltella Berlesei » contro la « Diaspis pentagona » con tavola. (Milano 1914) (93). 12. — La Prospaltella all’estero. Fra gli Stati danneggiati dalla Diaspis pentagona, V America del Sud è in prima linea, per danni ai Peschi, tra i quali la Diaspis fa strage. La Repubblica dell Uraguay mandò qui apposita persona nel 1912 a ritirare materiale prospaltizzato, che ebbe in abbondanza da que- sta Stazione. Di poi, nell’ autunno 1915, venne in Italia il Ch. Im- gegnere Maimò Sarrasin, allo stesso scopo e per visitare gli effetti della Prospaltella contro la Diaspis. Egli si procacciò molto mate- riale prospaltizzato, ottimo, che spedì nella Repubblica. Oggi mi scrive affermando mirabili attecchimenti, anche a grandi distanze dai centri di prospaltizzazione. Nella Repubblica Argentina moltissimi si sono interessati del argomento e sono stati pubblicati numerosi seritti di egregie persone, tra le quali cito il Pasi, il Borea, il Girola, il Bottero, TAM ITIONTIE 208 ANTONIO BERLESE il Campoglietti ecc., i quali tutti riferirono quello che qui si otte- neva colla Prospaltella Berlesei. Questo insetto fu colà introdotto da me fin dal 1909 e ora se ne può già ritrarre moltissimo materiale. Infatti nel 1913 quel Ministero di Agricoltura nominò una « Com- mission nacional para propagar la Prospaltella Berleseù How. », la quale distribuì già oltre ottocentomila pezzi prospaltizzati, desunti dalle culture locali e so che sta procurandosene qualche altro cen- tinaio di migliaia dall’ Italia. I buoni effetti della Prospaltella, anche nella detta Repubblica, sono testimoniati da molte pubblicazioni, che si trovano anche nei periodici politici, sopratutto di Buenos Ayres: Per le regioni d’ Buropa ove la Diaspis è diffusa ricordo la Svizzera, dove fino dal 1909 la Prospaltella è stata introdotta (Locarno, Losanna) e se ne hanno ormai eccellenti effetti e la Spagna, che nel corrente anno richiese a questa R. Stazione ab- bondante materiale prospaltizzato per iniziare anche colà la lotta naturale. BIBLIOGRA.E TA 1. — SCRITTI CITATI NELLA PRESENTE NOTA. Le leggi contro la «Diaspis pentagona» ed i danni prodotti dalla Cocciniglia. Prima legge 1901 contro la Diaspis pentagona. (1) Seconda legge contro la Diaspis, 24 marzo 1894. (2) Atti parlamentari, Legisl. XXI, 2.% Sess., 1902-9038, Disegno di Legge ete. Provvedimenti contro la « Diaspis pentagona », Seduta 3 maggio 1903, p. 1. (3) Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Tornata di lunedì 6 febbraio, 1911. Risposta scritta. (&) E. QUAJAT, Intorno alla legge del 1904 sulla « Diaspis pentagona ». (« Agricoltura Moderna », nn. 37 e 38, 1911). (5) Dott. E. CARNAROLI, « Diaspis » e gelsicultura. (6) G. GoBpato, Il gelso e la lotta contro la « Diaspis pentagona ». (« La Ri- vista, periodico di Vitic. Enol. ed Agraria di Conegliano », nn. 4, 5, 6, 1912). (7) Dott. G. EsMmENARD, Sulla diffusione della « Prospaltella Berlesei » nel Canavese. (« La Sentinella del Canavese », nn. 43, 44, 45, 1914). (8) Prof. U. ZANONI, La gravità della infezione diaspica in Italia. (« Bollet- tino del R. Osservatorio ed Istituto Bacologico G. Pasqualis » in Vittorio, n. 9, dicembre 1910). (9) Prof. SOLERI G., Le disposizioni legislative contro la diffusione della « Dia- spis ». (Resoconto del Convegno dei Comizi Agrari Piemontesi, R. Comizio agrario del Circondario di Asti, 1908, p. 21). (10) La Riunione degli Agricoltori e Industriali sericoli del Piemonte per la lotta contro la « Diaspis pentagona » (« L’ Industria serica », 30 gennaio 1909, p. 2). (10bis) NEMI, Vittoria contro la « Diaspis » (« Nuova Antologia », 1° mar- zo 1913). (11) Prof. GABOTTO L., Note ed appunti sui malanni delle nostre culture. (R. Comizio agrario circondariale di Casale Monferrato. Relazione annuale del Ga- binetto di Patol. veget., 1909, p. 16). (11bis\ IpEM, Rassegna del Gabinetto di Patol. veget. (Anno 1908-1909, Catte- dra di Agric. di Casale Monferrato, 1910, p. 22). (12) Prof. GAIpONI A., In difesa dei gelsi. (« Bullettino della Associazione Agraria Friulana », 1914). (13) Prof. VAGLIASINDI G., / decreti francesi e V orticultura italiana. (« Bol- lettino utf. della Associazione orticola, professionale italiana », n. 1, 2, 1913). « Redia », 1914. 14 210 ANTONIO BERLESE Scoperta e diffusione della « Prospaltella Berlesei » in Italia e relative istruzioni. A. BERLESE, Insetti nocivi agli alberi da frutto ed alla vite, Portici, 1900. (14) A. BERLESE, Metodo di lotta razionale contro la « Cochylis ambiguella » cd altri insetti (« Bollettino di Entomol. agraria », Padova, settembre 1901, pa- gina 205 (1). (15) A. BERLESE, Importanza nella economia agraria degli insetti endofagi di- struttori degli insetti nocivi. (Bollettino N. 4, Serie II della R. Scuola Sup. di Agr. in Portici, 1902). (16) A. BERLESE, Insetti nocivi (« Italia agricola », con due tav., Piacenza, 1903). (17) Dott. C. RIBAGA, Attività del « Novius cardinalis » contro la « Icerya Purchasi » in Italia (« Rivista di Patol. Veget. », vol. X, 1903, p. 299). (18) A. BERLESE, Notizie sulla « Diaspis pentagona ». (« L’ Agricoltura Mo- derma », Milano, n. 2, 11 gennaio, 1913). 19) A. BERLESE, Per combattere la « Diaspis » del gelso. Storia della diffusione della « Prospaltella berlesei » in Italia. (« Il Coltivatore », 20 dicembre, 1908, pag. 787). (20) A. BERLESE, La diffusione della « Prospaltella berlesei Hov. » in Italia. (« Bollettino Soc. Agr. ital. », p. 1092, 15 dicembre 1909). (21) A. BERKLESE, La « Diaspis pentagona Targ. » e gli insetti suoi nemici. (« Italia agricola » 1910, e « Redia »). (22) L. O. HowARDp, On the parasites of « Diaspis pentagona » (in « Redia », 1905, p. 389). (23) Vedi: « Il Coltivatore », n. 23 giugno 1906, p. 722. (24) R. MINISTERO DI AGRICOLTURA, « Bollettino di notizie agrarie», 16 ago- sto 1906. (25) Vedi «Il Coltivatore », 26 aprile 1908, p. 519. (26) Vedi notizia in: « Il Coltivatore », 22 maggio 1908, p. 488. (27) A. BERLESE, I progressi della « Prospaltella Berlesei » (« Il Coltiva- tore », 11 luglio 1909, p. 40). (28) «Il Coltivatore », 13 giugno 1909, p. 746. (29) A. BERLESE, La « Diaspis pentagona » ed il modo di combatterla (« Bollet- tino Ufficiale del Ministero di Agr., Ind. e Comm. », Anno XI, Serie €, Fascicoli 7-8-9; luglio-settembre 1912). (30) Prof. P. VoGLINO, Relazione sui Diaspicidi, all’ ill.mo sig. Presidente del- VAssociazione Serica e Bacologica del Piemonte, 4 ottobre 1914. (Con allegati a firma dei signori prof. G. Chiei, dott. Angelo Bonacini, dott. Savelli Mariano, dott. Belsani, dott. Enrico, Giovanni Lissone; Francesco Monticelli, Luigi To- gnato, dott. Luigi Ferraris. (31) «Il Coltivatore », 10 dicembre 1914, p. 503. LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 211 Abolizione della Legge 1914 ed attenuazione dei decreti francesi. (32) ATTI PARLAMENTARI. Camera dei Deputati, n. 1430. Disegno di legge. Provvedimenti intesi a prevenire e combattere le malattie delle piante. Seduta del 28 maggio 1913. (33) On. OrrAvI E., L’ Agricoltura alla Camera. (« Il Coltivatore » 20 giu- gno 1913, p. 526), (34) A. BERLESE, Effetti pratici della « Prospaltella Berlesei » in Italia. (« Il Col- tivatore », 30 dicembre 1912). (35) G. GASTINE, La lutte contre la « Diaspis pentagona » en Italie (« Annales des Epiphyties », Tomo I, p. 196 e segg., 1913). (36) Prof. BoUviER, (« Revue Scientifique », 29 novembre 1913, p. 677) ed anche : A. BERLESE, La « Prospaltella » giudicata in Francia. (« Il Coltivatore », 30 dicembre 1913, p. 559). Giudizi delle Autorità agrarie e del Pubblico sugli effetti della « Prospaltella Berlesei ». (37) Paini C., La recente sessione del Consiglio per gli interessi serici. (« Bul- lettino dell’ Agricoltura Milanese », Milano, 20 novembre 1914). (38) O. OrsI, La « Diaspis » del gelso è vinta. (« L’ Agricoltore », organo del Consorzio agrario di Trento, anno XXXX, 1 novembre 1911). (39) CONSIGLIO PROVINCIALE D’'AGRICOLTUBA DI TRENTO, Pelazione sull’an- damento dell’ Istituto Bacologico durante l’ anno 1912. (Dall’ « Almanacco agrario del Com. Prov. d’Agr. di Trento del 1913 », p. 66). (40) Prof. BoLLEe, Die Mulbeerbaumschildlaus (« Diaspis pentagona ») und die Mittel zu ihrer Bekimpfung. Mit. 20 Abbidd., 1913. (41) Prof. BoLLE G., L'allevamento razionale del Baco da seta e la coltura del gelso (Gorizia 1914). (42) Prof. O. ORsI, Relazione sulla diffusione della Cocciniglia bianca del gelso «Diaspis pentagona» e sui metodi adottati per combatterla. (« Bollettino della Sezione di Trento del Consiglio provinciale d’ Agricoltura pel Tirolo, dei Consorzi agr. dist. e dell’ Istituto agr. prov. di S. Michele », 15 settembre, 1913, pa- gina 236). (483) Prof. O. Orsi, La « Diaspis pentagona » del gelso e il suo distruttore « Pro- spaltella Berlesei ». (Ibidem 10 marzo 1914). (44) Prof. O. OrsI, Gelsicoltori! (Ibidem, 15 aprile 1914, p. 94). (45) A. BELTRAMI, Il lavoro della « Prospaltella Berlesei ». (« L'Alto Adige », 30-31 marzo 1913). 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(67) COMMISSIONE PROVINCIALE PELLAGROLOGICA E CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA. Calendario. Venezia 1914. LA DISTRUZIONE DELLA « DIASPIS PENTAGONA » ECC. 215 (68) RuvoLetTto ALBANO G., Le Vittorie della « Prospaltella ». (« La Venezia agricola », Organo della Cattedra ambul. di Agr. di Venezia, 22 Febbraio 1914). (69) Dott. CHEMIN-PALMA F., La « Prospaltella » nel Bassanese. (« Il Colti- vatore », 28 Febbraio 1914, p. 174). (70) Prof. SorESI, In tema di « Diaspis pentagona ». « Bollettino dell’ Agricol- tura », 3 Novembre 1911). (71) Prof. DeL Bo C., L'esperienza di Vanzago couferma la bontà della « Pro- spaltella ». (« Bollett. Agr. Mil. », 11 Aprile 1913). (72) La « Diaspis pentagona ». (« Bollettino di Sericultura », 18 Novembre 1911, p. 448). (73) Prof. DeL Bo C., A Vanzago non e’ è « Diaspis ». (« Boll. Agr. Mil. », 19 Dicembre 1913). (74) Prof. FORNACI C., La diffusione della « Prospaltella Berlesei » nel Galla- ratese. (« Bollett. Aùr. Mil. », 20 Marzo 1914). 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(« Corriere del Friuli », 4 luglio 1914; «La Patria del Friuli », 4 luglio 1914). 214 ANTONIO BERLESE (90) BERLESE A., Come progredisee la « Prospaltella Berlesei » in Italia. (« Redia », vol. VIII, fasc. 2, 1911, p. 436). (91) BERLESE A., Stato attuale della lotta contro la « Diaspis pentagona » in Ita- lia. (Istituto Internazionale d’Agricoltura. « Bollettino mensile di Informazioni agricole e patol. veget. », anno IV, n. 5, maggio 1913). (92) BERLESE A., « Diaspis pentagona » e « Prospaltella Berlesei » nel Veneto alla fine del 1913. (« Redia » vol. IX, fasc. 2, 1914, p. 235). (93) R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA DI FIRENZE, La « Prospaltella Berlesci » contro la « Diaspis pentagona ». Milano, 1914. (94) Sinpaco pI TorINO, Avviso per offrire pezzi prospaltizzati (1914). (95) I. R. MINISTERO DI AGRICOLTURA AUSTRO-UNGARICO, Tavola murale della « Prospaltella Berlesei », con istruzioni, (1913). (96) In tema di « Prospaltella ». 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Ma pa- recchie fra queste sono notevoli, mentre per di più due si repu- tano interamente nuove per la scienza; quasi tutte poi apparten- gono a forme ematofaghe od altrimenti interessanti 1’ economia umana, e si possono quindi ritenere di importanza universalmente riconosciuta. IL’ intera collezione assume poi un singolare valore dal punto di vista biogeografico, perchè quasi nulla si conosce della dittero— fauna di quella parte d’ Africa, da cui proviene. Quasi nessun dato se ne trova infatti nelle opere generali, e pochissimi sono i lavori particolari che ad essa si riferiscono. Appena un po’ più abbondanti sono le notizie concernenti le limitrofe regioni dell’ Abissinia meridionale, dell’ Africa orientale inglese, dell’ Uganda e dell’ Africa orientale tedesca. Se vogliamo passare sotto silenzio le ormai antiche raccolte del Dott. O. Ker- sten nella spedizione del Von der Decken illustrate dal Gerstae- cker (1873), o quelle del Tenente Dott. C. W. Schmidt studiate dal Karsch (1887), o quelle del Dott. F. Stuhlmann elencate dal Von Réder (1893); se crediamo di rammentare solo di sfuggita gli scarsi reperti della spedizione inglese del Ruvenzori riferiti dal- 220 MARIO BEZZI l Austen (1909), e i non pochi Culicidi dell’ Uganda messi insieme dal sig. Fraser e dal Dott. Baker e resi noti dal Theobald (1911), e le numerose forme ematofaghe con tanta sagacia ricercate e com- mentate dall’ instancabile signor S. A. Neave (1912); troviamo però una larga messe di scoperte e di novità nelle collezioni del si- gnor M. De Rothschild recate parzialmente in luce dal Becker (1909), od in quelle assai più ricche del Prof. SjOstedt diligentemente va- gliate dallo Speiser (1907-1910), od in quelle ancor più numerose riunite dai signori Alluaud e Jeannel nel loro viaggio del 1911-12 e che sono attualmente in via di pubblicazione. È ad ogni modo opportuno riportare qui il piccolo elenco dei lavori fino ad ora pubblicati sui Ditteri della Somalia, compren- dendovi anche le adiacenti isole di Abd-el-Kuri e di Sokotra. 1. TASCHENBERG 0O., Beitrige zur Fauna der Insel Sokotra. « Zeitschr. f. d. ges. Naturwiss. », LVI, 1883, p. 157-185. — Dà 3 sole specie. 2. Bezzi M., Di alcuni Ditteri raccolti nel paese dei Somali dall’ingegnere L. Bric- chetti Robecchi. « Ann. d. Mus. civ. di Genova » (2) XII, 1892, p. 181- 196. — Comprende 17 specie. 3. CortI E., Esplorazione del Giuba e dei suoi aMuenti compiuta dal Cap. V. Bot- tego durante gli anni 1892-1893, ecc. VIII. Ditteri. « Ann. d. Mus. civ. di Genova », (2) XV, 1895, p. 129-148. — Enumera 21 specie. 4. JOHNSON CH. W., Diptera collected by Doct. A. Donaldson Smith in Somali- land, Eastern Africa. « Proc. of the Acad. of N. S. of Philadelphia », 1898, p. 157-164. — Ricorda 35 specie. 5. HouGH G. pE N., The Muscidae collected by Doct. A. Donaldson Smith in Somaliland. « Proc. of the Acad. of N. S. of Philadelphia », 1898, p. 165- 187. — Sono 14 specie. t. AUSTEN E. E, Diptera. in PEEL ecc.: On a Collection of Insects and Arachnias made in 1895 and 1897, by Mr. C. V. A. Peel, F. Z. S., in Somaliland, with Descriptions of new species. « Proc. of the Zoolog. Soc. of London », 1900, p. 7-10. — Vi si trovano 3 specie. . ForBES O., The Natural History of Sokotra and Abd el Kuri. Liverpool, 1903. — I ditteri sono esaminati da Ricardo e da Theobald, si trovano a 21 p. 359-376, e contano 29 specie determinate su 62 raccolte. $. AUSTEN E. E., IMustrations of African Blood-sucking Flies other than Mos- quitoes and Tsetse-flies. London, 1909. — A p. 210-211 si trovano elen- cate 22 specie della Somalia. 9. Surcoue J. M. R., Étude monographique des Tabanides d’ Afrique (Groupe des Tabanus). Paris, 1909. — A p. 237-238 vi è I enumerazione di 25 spe- cie della Somalia e zone adiacenti. 10. BECKER TH., Dipteren aus Siid-Arabien und von der Insel Sokotra. « Denk- DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA Il'AL. MERID. 221 schr. d. math.-nat. Klasse d. K. Akad. d. Wiss. », LXXI, 1910, p. 131- 160. — Vi sono 57 specie. 11. Bezzi M., Ditteri raccolti da S. A. IR. la Duchessa d’Aosta nella regione dei grandi laghi dell’ Africa equatoriale. « Ann, d. Mus. Zool. d. R. Univ. di Napoli », IV. n. 14, 1914, 7 pagg. — Riporta 23 specie, di cui 3 raccolte lungo il Giuba. * * * Il materiale illustrato nella presente nota si conserva nelle col- lezioni della R. Stazione di Entomologia agraria in Firenze, dove dunque si trovano anche i tipi delle due specie nuove. * 1. Pangonia Magrettii Bezzi 1901. Cinque esemplari di sesso femminile raccolti a El Ualac ai 3 di novembre. La specie è nota dell’Eritrea, del Sudan e dell’Africa orientale inglese; essa pare ben diversa dalla descrizione originale della P. Riippellii dello Jiinnicke, ma sembra identica a quella figurata con tal nome in Austen, Illustr. afrie. blood suecking Flies, tav. V, fig. 54. . Secondo le notizie fornitemi dal Dott. Paoli, la missione ebbe ad incontrare questa specie soltanto il 3 novembre, un’ ora circa a Sud di El Ualac, e gl’individui numerosissimi aggredivano gli uomini bianchi e neri, e tormentavano terribilmente i muli e i cammelli; V assalto di questi veri sciami durò per poco più di un’ ora di marcia della carovana, dopo la quale la P. Magrettii non fu più veduta; ciò farebbe supporre la specie piuttosto rara e molto localizzata. 2. Melissomorpha oestroides (Karsch) 1887. Silvius oestroides Karsch, « Berl. entom. Zeitschr. », XXXI, p. 371, n. 10, tav Veni oo Una femmina in cattivo stato, presa il 22 giugno a El Sai sulla costa, presso Giumbo. 222 MARIO BEZZI Si tratta di uno stranissimo insetto, che corrisponde bene alla descrizione ed alla figura che il Karsch diede della sua unica fem- mina di Usambara, mutilata nelle antenne. Queste sono per for- tuna intatte nel presente esemplare, e sul terzo articolo si pos- sono contare 8 anellature ; perciò la posizione dell’enigmatica specie è presso il gruppo Langonia. Per gli organi boccali atrofizzati, per la forma del capo e pel decorso delle nervature alari, essa par degna di costituire un genere a sè ; tuttavia parmi possa prov- visoriamente collocarsi nel genere Melissomorpha, che la signorina Ricardo ha recentemente formato (« Proc. of the Zool. Soc. of London », 1906, I, p. 97) per un tabanide dell’ India. L’ autrice dichiara che il suo insetto presenta grande somiglianza con una ape; quello ora in esame ha le tibie semplici, non cigliate, ed oftre molto più V aspetto di un estride, come già ebbe a rilevare il Karsch. Pare si tratti in ogni modo di insetti rarissimi, poichè anche la sig.na Ricardo ebbe a sua disposizione un’ unica fem- mina; verranno forse più facilmente rinvenuti quando ne sarà conosciuta la biologia, che tutto lascia credere debba essere assai interessante. Riferisco quì alcuni caratteri, a completamento di quelli som- mariamente indicati dal Karsch. Per quanto riguarda il colore posso aggiungere quasi nulla, Stante il cattivo stato di conservazione; il capo è interamente testaceo, ma pare coperto da un fitto tomento cenerino ; le antenne hanno i due articoli basali di color giallo, mentre il terzo è nero; i palpi e la proboscide sono gialli ; il torace e lo scudetto paiono del medesimo colore del capo, il dorso presenta però delle striscie nere longitudinali; Y addome è ornato di larghe fascie brune nella base dei segmenti, e solo i due ultimi fra questi sono interamente gialli; il ventre è di un giallo uniforme, come pure i piedi; le ali sono lattescenti, immacolate, colle nervature gialle. Corpo di forma stretta ed allungata, coll’ addome depresso. Capo discoidale, visto di fronte quasi più largo che alto; fronte lar- ghissima, convessa, più larga di un occhio ; ocelli grandi, ravvi- cimati; faccia assai larga, ma breve, alquanto incavata sotto le antenne; peristoma largo e rigonfio, prolungato posteriormente in un rilievo postoeulare attenuato verso l alto ; occhi in proporzione MA ( Pa) DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 229 piccoli, nudi, a profilo semicircolare, coll’ orlo tutto sporgente al- l’ intorno; antenne inserite un po’ sotto la metà del capo (in pro- filo), brevi e diritte, coi primi due articoli semplici ed accorciati, il secondo ancor più corto del primo, e col terzo articolo lungo il doppio dei due primi assieme, conico, semplice, provvisto di 7 sol chi determinanti S divisioni e collo stilo terminale pari in lun- ghezza alle ultime 4. Apertura boccale pressochè chiusa, confor- mata come in Rhinoestrus ; palpi assai brevi, coll ultimo articolo sferoidale ; proboscide rigida ma poco appuntita, lunga il doppio dei palpi. Piedi piuttosto deboli, con tutte le tibie cilindriche e non cigliate; speroni delle tibie posteriori molto sviluppati, in contrasto col gen. Pronopes, che ha inoltre gli occhi irti ; unghiette sottili e ricurve, lunghe il doppio dei pulvilli. Decorso delle ner- rature alari come nella figura del Karsch. 3. Chrysozona albihirta (Karsch) 1887. Haematopota albihirta Karsch, « Berl. ent. Zeitschr. », XXXI, p. 371, n. $. Quattro esemplari di sesso femminile raccolti sui muli nelle bo- scaglie di Mogadiscio, il 28 di maggio. Questa specie, nota di Usambara e della Somalia, differisce da mactans e da coronata per le dimensioni minori e per la mancanza della macchietta nera rotonda mediana frontale. 4. Tabanus africanus Gray, 1832. AusTEN, IMustr. afric. blood sucking Flies, tav. VI, tig. 42. SURCOUF, Tabanides d’ Afrique, p. 25. Sei esemplari, presi tutti lungo il Giuba, a Duchìa e a Revai, il primo luglio, ed a Hàcaccea il 2 successivo. Questa magnifica specie, che fu spesso confusa coll’occidentale latipes Macq., è largamente distribuita per 1° Africa meridionale e centrale, ma non era ancora stata ricordata della Somalia. 224 MARIO BEZZI 5. Tabanus sericeiventris Loew, 1858. SURCOUF, Tabanides d’ Afrique, p. 117. _ Si contano ben 9 femmine prese lungo il Giuba dal 26 al 27 giu- gno nelle seguenti località: Cansuma, Margherita, Uagadi, Nassib- bunda, Ngomeni e Gelib. Anche questa specie è nuova per la Somalia, essendo nota finora solo della Caftreria e del Transvaal. Forse non si tratta che di una varietà del comune taeniola, distinta per la statura più robusta, per l'addome fornito di spic- cati riflessi sericei, e per le ali fortemente infoscate lungo le ner- vature. Il Prof. Paoli mi informa che, mentre la missione risaliva col battello fluviale il corso del Giuba, nei giorni 25, 26 e 27 giugno, e cioè nel tratto da Margherita a Gelib, sul battello si vedevano volare frequentissimi gl’ individui di questa specie, i quali tormen- tavano anche gl’ indigeni e i muli che erano sul battello ; mentre nei giorni 1 e 2 luglio, cioè nel tratto fra Dùgiuma e Hacacca, accorrevano invece numerosi i Zabanus africanus ; dopo il 3 luglio a Nord di Hacacca e in tutto il restante viaggio non si notarono più nè luna nè V altra specie. 6. Exoprosopa atrinasis Speiser, 1910. Una femmina nelle boscaglie di Mogadiscio il 28 maggio. Nota finora solo della zona delle colture sul Kilimandjaro. 7. Hoplistomerus erythropus n. sp. 9. Una femmina trovata a Mogadiscio nel mese di maggio. Si tratta di una specie affine a zeliminus Speiser del Kiliman- djaro, ma ancor più piccola e distinta per avere le antenne ed i piedi interamente rossi. Tale carattere non si riscontra presso DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 225 alcuna specie del genere, tranne il leucocomus Wulp di Aden; ma quest’ ultimo, non avendo vere spine ai femori posteriori, rimane dubbio se possa propriamente ascriversi al gen. Hoplistomerus. IL’ H. nigrescens Ricardo di Sokotra è assai diverso. Niger, aureo-tomentosus, antennis palpis pedibusque rufo-luteis segmentorum abdominalium margine postico late luteo, alis ex griseo hyalinis macula media parva praeapicali maxima cellulisque posterio- ribus omnibus fuscescentibus. Long. corp. mm. 10,5. Il colore fondamentale del capo è nero, ma esso è coperto di fitto tomento cenerino sull’ occipite, volgente al giallognolo sulla fronte e sulla faccia; tutti i suoi peli sono senza alcuna eccezione di color chiaro, quelli del mento e della parte inferiore dell’ occi- pite candidi, quelli della parte superiore dell’ occipite e della fronte giallognoli : la faccia presenta sui due lati una stretta fascia di peli bianchi, mentre i peli della parte mediana ed il mistace sono tutti di color giallo dorato ; la proboscide è nera lucida, stretta- mente gialla all’ apice ; le antenne sono interamente testacee, il loro terzo articolo è lungo come una volta e mezzo i due primi assieme, ed è un po’ infoscato verso 1’ apice. Il torace è nero, ma gli omeri ed in loro continuazione una poco distinta striscia notopleurale sono di color rossiccio ; il dorso è coperto di tomento aureo, scarso sul disco, molto abbondante sui lati e sopratutto nella parte posteriore, davanti allo scudetto, che è piccolo, nero e pure densamente rivestito della stessa tomen- tosità dorata; le pleure sono fornite di tomento cenerino, e lungo il margine superiore e posteriore della mesopleura volgono al ros- siecio ; tutti i peli dei fianchi sono chiari e piuttosto scarsi, il ciuffo posto avanti ai bilanceri volge al giallognolo. Le squamule sono brune, brevemente cigliate di bianco ; i bilanceri sono bruno— testacei. L’ addome è nero, abbastanza lucente e finemente punteggiato :; il suo tomento aureo è bene sviluppato; ogni segmento, eccetto il primo, porta sul margine posteriore una larga fascia di color giallo lucente, provvista sui lati di tomento dorato : si notano dun- « Redia », 1914. 15 226 MARIO BEZZI que sei cingoli gialli assai spiccati e completi; il ventre è tutto di color nero lucente. I piedi sono interamente rossi, abbastanza lucenti, meno le an- che e i trocanteri che sono neri; la peluria è ovunque di color bianco e tutte le macrochete sono giallognole; i femori posteriori sono normalmente ingrossati e armati al di sotto di una fila di 5 tubercoli spinosi, di cui il penultimo è molto più lungo dei rima- nenti ed assai forte; le unghie sono nere, colla base rossa. Le ali sono cenerine, coi nervi neri, il primo però interamente ed i due seguenti alla base gialli; la macchia scura mediana al piccolo nervo trasversale è poco sviluppata, 1’ apicale invece è assai grande, ma in complesso poco spiccata; si può dire che tutta la porzione apicale dell’ ala è di color grigio oscuro, colla cella discoidale e le parti circostanti ialine. 8. Dasythrix vittipes n. sp. 9. Un esemplare di sesso femminile preso a Godobei sul Giuba, presso Lugh, il 22 ottobre. Anche questa specie è nettamente distinta da tutte le altre per la colorazione dei piedi. Ex rufescente cinerea, thoracis dorso vittis longitudinalibus tribus segmentorumque abdominalium vittis latis transversis fusconigris, antennis pedibusque luteis femoribus tamen superne late nigrovittatis, pilis setis macrochaetisque omnibus totius corporis albis vel luteis sed macrochaetis ocellaribus nonnullisque supra alarum basi et in abdo- minis apice estremo migris, alis cinereo-hyalinis ad apicem et secus marginem posticum late pubescentibus. Long. corp. mm. 15. Il capo è tutto coperto di fitto tomento cenerino, volgente al bianco sulla faccia; vi sono quattro paia di forti macrochete post- verticali, tutte di color giallognolo, assai lunghe; le ocellari sono lt aria Ta ae e SI dci DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 227 pure robuste e lunghe, ma nere; le setole della corona occipitale sono corte ma forti; sui lati della fronte si notano alcune corte macrochete ; il mistace è tutto formato di forti e numerose ma- crochete bianche, estese fino alla base delle antenne in uguale sviluppo ; i palpi e la proboscide sono neri; le antenne hanno il terzo articolo ovale, lungo appena quanto il primo, con brevissimo stilo di color nero. Le strisce scure del dorso del torace sono bene spiccate, le due laterali larghe ma assai abbreviate in avanti, la mediana abbre- viata all’ indietro e largamente dimezzata da una linea grigia lon- gitudinale; le pleure presentano qualche macchia nera sulla parte inferiore ; le macrochete sono lunghe e forti, tutte giallognole, meno una fila di nere nelle sopraalari: le ipopleurali sono dense, sottili, gialle. Lo scudetto è del color del torace, con serie com- pleta marginale di robuste macrochete gialle. Bilanceri gialli. L’ addome volge un po’ al rossiccio nella parte superiore; ogni segmento presenta una larga fascia nera, alquanto lucente, che non raggiunge i lati ma tocca la base; il ventre è immacolato. I peli sono tutti bianchi; ogni segmento porta nel mezzo sui lati una serie di 2-3 macerochete lunghe e forti, di color bianco gial- lognolo ; solo 1 ultimo segmento, dalla parte inferiore, presenta una serie di macrochete nere. I piedi, comprese le anche e i trocanteri, sono di color giallo cenerino ; tutti i peli e le macrochete sono di color bianco 0 giallo ; le unghie sono nere, colla base rossa; le macrochete sono lunghe e forti; la striscia nera superiore in tutti i femori è larga, nettamente distinta, completa dalla base all’ apice, opaca ; inoltre le tibie mediane e ancor di più le posteriori sono nere all’ apice ; l’ultimo articolo dei tarsi anteriori e mediani, e quasi tutti quelli posteriori, sono nereggianti. Le ali sono ialine nel disco e verso la base, pubescenti e lie- vemente infoscate all’apice e lungo il margine posteriore; le ner- vature sono scure, giallognole verso la base ; la prima cella poste- riore è assai stretta ed allungata; la discoidale e la quarta posteriore sono pure strette; tutti i nervi raggiungono il margine posteriore, benchè molto attenuati verso 1’ estremità. 228 MARIO BEZZI 9. Protylocera haemorrhoa (Gerstaecker) 1871. Plagiocera haemorrhoa Gerstaecker, Die Gliederthier-Fauna des Sansibar-Gebietes, tav. XVI, fig. 6 (1873). Un maschio di questa specie, diffusa per tutta la costa orientale, venne raccolto a Mogadiscio il 26 di maggio. 10. Lathyrophthalmus quinquelineatus (Fabricius) 1781. Una femmina a Zingibar presso Margherita, il 24 di giugno. Distribuita largamente per la sottoregione mediterranea, tutta la regione etiopica e buona parte di quella orientale. 11. Sarcophaga hirtipes Wiedemann, 1830. Una femmina di Giumbo in giugno, sulle foglie e due maschi di Bardera ai 24 di agosto, su una carogna. Specie diffusa dall’ Egitto a tutta la costa orientale, e già più volte ricordata della Somalia e vicinanze, anche come S&S. ruficora E. Corti. 2. Sarcophaga haemorrhoidalis Meigen, 1826. Una coppia del basso Giuba ai 24 di giugno, ed un maschio di Bardera, raccolto assieme alla precedente. Anche questa specie europea è largamente diffusa in Africa e già ricordata di questi paesi. 13. Cordylobia anthropophaga (Blanchard) 1893. BrumPT, Précis de parasitologie, p. 599, fig. 448-450 (1910). Numerose larve dell’ ultimo stadio, raccolte sotto la pelle di un cane a Bardera, in luglio; una larva del primo stadio, raccolta a DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 229 Bender Suguma presso Giumbo sotto la pelle di un nomo bianco, il 18 di giugno. La fig. 449 della citata opera del dott. Brumpt rappresenta la larva di questa mosca sotto tre diversi aspetti, ed è la migliore di quante ne vennero finora pubblicate, comprese quelle originali del Griinberg (1903) e quella di Austen (1908), riprodotta dal prof. Gedoelst (1911). Le miasi cutanee prodotte da questa larva sono note di tutta I Africa tropicale, dal Senegal alla Rhodesia ed al Natal, ma non sì conoscevano ancora della Somalia; si osservano nell’ nomo bianco e nero, su diversi animali domestici, come cane, gatto e ‘apra, nonchè su alcuni mammiferi selvaggi, come scimmie, topi, Cricetomys. Al Senegal la larva è chiamata dai francesi « Ver de Cayor » ed a Sierra Leone e Costa d’ Oro « Tumbu-fly » dagli Inglesi, secondo il nome indigeno. 14. Pycnosoma marginale (Wiedemann) 1830. AUSTEN, Journ. of the R. Army med. Corps, 1904, tav. II, tig. 4. Un maschio di Giumbo, su piante, nel mese di giugno. Magnifica e ben nota specie, già ricordata del paese sotto di- versi nomi. 15. Pycnosoma albiceps (Wiedemann) 1819. Una femmina di Anole Issa, sul Giuba, al 15 di luglio, su ca- rogne; un’altra di Bardera al 24 agosto, sulle carogne assieme alle due sarcofaghe di cui sopra. Anche questa elegante ma pericolosa mosca, interpretata se- condo la concezione del Dott. Villeneuve, è frequente in buona parte d’Africa e già nota del paese. 16. Lucilia sericata (Meigen) 1826. Due femmine di Haàcacca ai 3 di luglio, su di un’ istrice da poco ucciso; una femmina di Bardera ai 24 di agosto, sulle caro- gne, in compagnia dei n. 11, 12 e 15. 230 MARIO BEZZI 17. Glossina pallidipes Austen, 1903. AUSTEN, «A Handbook of the Tsetse-flies, p. 58, tav. VI (1911). Molti esemplari dei due sessi delle seguenti località lungo il Giuba: Zingibar, 24 giugno; Dugiuma, 1 luglio; Salagle, 2 luglio; Hàcacca, 3 luglio; Anole Issa, 14 luglio. Pare la specie comune e caratteristica della regione, che è la più settentrionale di tutta la sua distribuzione; questa tsetse, chiamata dai Somali ghindi, è infatti diffusa per la parte orientale del continente africano, dal paese degli Zulù all’ Uganda, ma non era ancor ricordata dalla Somalia. Gli esemplari sono tutti distin- tamente più piccoli di quelli dell’Africa orientale inglese che pos- seggo nella mia collezione, ed alquanto diversi nella colorazione. 1S. Glossina longipennis E. Corti, 1895. AUSTEN, l. c., p. 102, tav. X (1911). Un unico maschio di Moccoidere sull’ Uebi Scebeli ai 16 di no- vembre. È questa la fsetse propria della Somalia, originariamente de- scritta dei paesi Galla; all’ infuori di tal regione essa fu trovata solo nell Uganda e nell’ Africa orientale inglese. Secondo le raccolte del prof. Paoli, nella Somalia meridionale essa pare esser molto più rara che non la specie precedente ; è anche da notare che mentre sul Giuba dal 24 giugno al 12 luglio fu raccolta diverse volte la (Gr. pallidipes e mai la (G. longipennis, invece lungo l’ Uebi Scebeli, in novembre fu catturata una /ongi- pennis e nessuna pallidipes. 19. Hippobosca maculata Leach, 1817. AUSTEN, Illustr. afric. blood-sucking Flies, tav. XIII, fig. 99 (1909). Parecchi esemplari di Mogadiscio ai 28 di maggio, sui muli e del Giuba alla fine di giugno, pure sui muli, altri di Goriei, fra Heima e Matagoi, al 18 di luglio, sui cammelli. I LINO 40 DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 231 Diffusa per tutta 1’ Africa e per buona parte della regione orien- tale; già nota del paese come aegyptiaca Macq. 20. Hippobosca camelina Leach, 1817. Due esemplari di Goriei ai 18 di luglio, sui cammelli, sui quali la precedente specie deve trovarsi solo come accidentale. Già nota della regione, come bactriana Rond. La distribuzione geografica di questa specie, in Africa ed in Asia, coincide con quella dei cammelli. 21. Hippobosca capensis von Olfers, 1815. Parecchi esemplari di Giumbo ai 18 di giugno, sui cani; un esemplare fu trovato a Bardera 1° 8 di settembre su di uno scia- allo neciso. Quest? ultimo reperto è importante, perchè può con- fermare il suo presunto verosimile parassitismo sullo sciacallo. Anche questa specie, che dai paesi mediterranei si introduce talvolta nell’ Europa centrale, è largamente distribuita per le re- gioni etiopica ed orientale; e dato il suo parassitismo tipico sul cane (quanto meglio le sarebbe convenuto il nome di canina asse- gnatole dal nostro Rondani!) non resterebbe da meravigliarsi se la sua distribuzione venisse più tardi ad estendersi alle parti calde e temperate di tutta la terra. 22. Raymondia Huberi Frauenfeld, 1855. Quattro esemplari di sesso imprecisato, raccolti il 17 luglio su pipistrelli appartenenti alla specie Nycteris thebaica Geoffr., i quali vivevano dentro i pozzi di Heima. Questo minuscolo ed interessante Streblide risponde bene alla descrizione originale del Frauenfeld ed a quanto vi aggiunse il dott. Speiser nel 1900. Finora era stato trovato solo in Egitto su Phylorrhina tridens Geoftr. ed in Abissinia su Megaderma cor Peters; il Kolenati (1862) vuole che sia stato rinvenuto anche al 232 MARIO BEZZI Capo sul primo di questi due pipistrelli, ma il dott. Speiser ne ha dimostrato la falsità. Credo opportuno aggiungere qui una figura dell’ala (Fig. 1) di- segnata alla camera Incida da preparato microscopico, perchè quella data da Speiser (« Archiv. fiir Naturgesch. », 1900, p. 49, fig. 4) Fig. 1.8 — Ala di Raymondia Huberi Frauenf., X 17,5. 5 mostra il quinto nervo longitudinale interrotto prima del margine alare; questo nervo è nei miei esemplari del tutto completo, come si vede nell’ incisione quì unita, e come del resto risulta dalla figura originale del Frauenfeld (« Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. Wien », XVIII, 1855, tav. 1, fig. II) e da quella del Kolenati (« Horae Soc. entom. ross. », II, 1862, tav. XV, fig. 33d), tratta da un esemplare tipico originale. Ho potuto confrontare la Raymondia Huberi con 3 esemplari di Nycteribosca Kollari (Frauenf.), che ho avuto da Algeri, grazie alla gentilezza del signor de Peyerimhoff, e mi sono potuto persuadere che quest’ ultima specie non può essere che la Brachytarsina fla- vipennis, malamente descritta e figurata dal Macquart nel 1853 su materiale dell’ Algeria. Quest’ ultimo nome ha dunque la prece- denza, come già stabilì il Kolenati nel 1862; le ragioni addotte in contrario dal dott. Speiser nel 1900 hanno un valore molto re- lativo, tanto più che la prova assoluta non si potrà mai raggiun- gere, per la mancanza dei tipi. Molto più importante parmi un’ altra questione, di cui la sco- perta del prof. Paoli oftre forse lo scioglimento. E questa è che VP Ascodipteron lophotes, trovato in Abissinia sul Rhinolophus clivosus Riippell, e così magistralmente descritto e figurato dal prof. Monticelli nel 1898 (« Ricerche Laborat. Anat. k. Univ. Roma », VI, p. 201-230) sia tutt’ uno colla Raymondia DITTERI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITAL. MERID. 259 Huberi. Come è risaputo, recentemente il Muir ha infatti (« Bull. Mus. comp. Zool., Harvard Coll. », 1912, p. 349-366, tav. I-III) resa nota la stranissima biologia di due nuove specie di Ascodi- pteron : e vi è ragione di credere che le cose non si passino di- versamente presso tutti gli altri Streblidi. Nei primordîì della lor vita i due sessi sono alati; ma dopo 1 accoppiamento la femmina perde le ali e le zampe, e si infossa entre la pelle del suo ospite, lasciando sporgere solo 1’ estremità anale. Essa assume così quel singolare aspetto sacciforme che è appunto caratteristico del gen. Ascodipteron Adensamer, e che sarebbe dunque solo uno stadio finale regredito dello sviluppo degli Streblidi. Giustamente dunque Nathan Banks (« Proc. of the entom. Soc. of Washington », XIII, 1911, p. 150) opina che 1’ A. lophotes debba appartenere al gen. Raymondia, mentre crede che gli A. phyWor- rhinae ed emballonurae possano invece ascriversi al gen. Nycteri- bosca. Lo Speiser nel 1908 ha descritto un secondo Ascodipteron afri- cano, e precisamente l A. tabulatum di Madagascar. Le rimanenti specie sono orientali (pRyllorrhinae Adensamer 1896, siamense Spei- ser 1903, emballonurae Banks 1911, Speiserianum Muir 1912) od australiane (australiense Muir 1912). Torino, 30 Gennaio 1915. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 15 Marzo 1915. GIACOMO DEL GUERCIO ULTERIORI RICERCHE sullo stremenzimento o incappucciamento del Trifoglio Così come abbiamo per il Grano il diradamento e la distruzione dei seminati, abbiamo pure il diradamento e la scomparsa delle piante di Trifoglio dal prato, come avviene daltronde di ogni sorta di coltivazione, per cause singole o per diverse di esse, indipen- denti, o concomitanti, agenti per virtù a loro propria, o perchè provocate ed ingrandite dalle cattive condizioni di natura ed arte. Il fenomeno della scomparsa parziale o totale del Trifoglio pra- tense era apparso come nuovo; ma nuova, in realtà, non sarebbe che la notizia, a noi prima ignota, del modo di manifestarsi del malanno nelle piante, giacchè quanto agli effetti ultimi essi sareb- bero stati assai bene alle viste degli Agronomi del secolo decorso, che ne fornirono non dubbia notizia negli Atti della R. Accademia dei Georgofili, laddove, appunto, si tratta del diradamento e della scomparsa del Trifoglio pratense nei terreni compatti (1). Noi abbiamo avuto notizia del malanno, che ha incolto le piante, or sono cinque anni, da che l'illustre Sen. Carlo Ridolfi rimise alla R. Stazione di Entomologia agraria di Firenze una pianta di Trifoglio di due anni circa, assai compromessa nel fittone e, con la parte rameale, composta di produzioni esilissime, varia- mente raccorciate; con foglie piccolissime nelle loro foglioline, (1) N. S. vol. XI, p. 67, 1864. 2536 GIACOMO DEL GUERCIO le quali erano raccolte in modo da rassomigliarsi ad una specie di pennacchio, o cappuccio. E venne da ciò la denominazione con la quale l’alterazione è stata da noi ricordata. Quest’alterazione fu posta in vista, per la prima volta, nei tri- fogliai della bella fattoria di Meleto, che fu faro luminoso di agra- ria in Italia, e dove nell’estate del 1911, insieme al Dott. Bindocci, potemmo vedere moltiplicato l’esempio preso in esame nella pianta, che ci era stata comunicata dall’ onorevole patrizio di sopra ri- cordato. Nel 1915 si vide che il Trifoglio, oltre che a Meleto, era andato a male anche in altre zone della provincia di Firenze, come a Cu- sona, dell’ on. Conte Francesco Guicciardini, ed in località di altre provincie toscane, come Siena, Pisa, Arezzo e a Cortona, dove pure siamo stati, o ne abbiamo avuto i materiali di studio, per cortese comunicazione delle Cattedre ambulanti, che li hanno forniti. Da qualunque parte venute o richieste però, le piante di Tri- foglio da noi esaminate presentavano alterazioni, che per gli effetti parvero non dipendenti da insetti o da altri tipi di animali; ed alterazioni, le quali sono certamente da mettersi in relazione con l’attività di Vermi, Molluschi ed Artropodi diversi, non tanto per Crostacei, o per Aracnidi e Miriopodi, quanto per Insetti. INFEZIONI VERMINOSE E CORROSIONI DIVERSE. HETERODERA E TYLENOHUS. A Nematodi, in fatto, si riportano le escrescenze o rigonfiamenti sferoidali intercalari, aggregati spesso e concrescenti, che si tro- vano sulle ramificazioni secondarie e terminali delle radici del Tri- foglio. Le quali, nelle evenienze di assai gravi infezioni, possono esserne completamente coperte e determinare, continuando, nelle piante lo stato di stremenzimento a seguito del marcimento delle radici, così come si è potuto vedere, nella Melanzana, nel Tabacco, nel Pomidoro, «delle radici di alcune delle quali si riportano le figure, per mostrare fin dove, pure in pochi mesi di vegetazione, OR OTT I STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 257 possono arrivare gli effetti della invasione verminosa. La quale, poi, come da ricerche ed esperienze condotte in Italia, mostra assai evidenti i tristi effetti della sua presenza anche nelle piante arbustive ed arboree, come la Vite, il Nocciuolo, il The, ecc., per altri paesi. Ma questa volta l/Meterodera radicicola, alla quale si allude, l’abbiamo riscontrata tanto rara che non può menomamente aver influito a danno delle piante. Il campione della sua massima diffusione è quello riportato nella fig. 1, a confronto con gli altri precedentemente ricordati, mentre pel rimanente dei materiali esa- minati non era spesso neppure rappresentata. Non possiamo però dire lo stesso dei 7ylenchus (T. devastator) che abbiamo riscontrato nei materiali raccolti a Cusona, avendo a varie riprese incontrato piante incappucciate col sistema corticale invase dal Nematode durante i mesi di Dicembre a Gennaio. Dati i suoi precedenti, per gli effetti riscontrati, non tanto sul Grano, sulla Segale, sull’Avena e sull’Orzo, o sulle Patate e sulle Cipolle, quanto sulla Canapa, sui Lupini, sulle Fave, sui Piselli, sull’Erba medica e sul Trifoglio, occorreva tenerli in vista e li ab- biamo seguitati sulle piante in esperimento durante tutto l'inverno e dalla primavera fino all’autunno inoltrato di quest'anno. Seguendo la infezione nei prati di Cusona abbiamo potuto ve- dere che essa non sverna nel terreno, ma come abbiamo detto, nel corpo stesso della radice e del fusto del Trifoglio, giacchè non solo vi si trova nei due mesi indicati, ma anche negli altri sueces- sivi, continuando a permanervi nella primavera, nell’estate e nel- autunno. Il Nematode per altro non si trova soltanto nelle piante vec- chie già rovinate ma pure in quelle di un anno e nelle altre quasi appena nate, o da poco venute fuori dal seme, nei mesi di Aprile é di Maggio; e allora la ricerca del vermiciattolo è assai difticile perchè rarissimo e delle dimensioni o quasi degli embrioni che si trovano ravvolti in modo elegantissimo nell’uovo non ancora schiuso. Questi vermiciattoli già al momento del germogliamento del seme del Trifoglio e anche di poi si incontrano non di rado nella terra; dalla quale poi passano nelle nuove piante, collocandosi nella radichetta di essa o al colletto, nel quale penetrano lace- rando le cellule dei tessuti, a mezzo dello stilo boccale. 3 GIACOMO DEL GUERCIO Fig. 1. — Radice secondaria di Trifoglio pratense con rigonfiamenti iniziali di Hetero- dera radicicola. Fig. 2. — Radice secondaria di Tabacco colpita dallo stesso Nematode. Fig. 3. — Radice di Cucurbita rovinata dalla stessa Heterodera. STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 239 Noi abbiamo rinvenuto giovanissimi Nematodi anche nelle ero- sioni corticali della radice delle vecchie piante colpite da Mollu- schi e da diversi Artropodi a vita ipogea, e ci viene il dubbio che questa possa essere un’ altra delle tante vie di invasione della infezione. In un modo e nell’altro però se è indifferente la posizione del pic- colo verme nelle diverse parti degli organi indicati, nel Trifoglio appena nato, non è così più tardi, quando la massa considerevole della infezione va dal sistema corticale a quello più esterno 0 quasi del cilindro centrale, nei tessuti dei quali i vermiciattoli spaziano nutrendosi del contenuto degli elementi, che vulnerano col solito mezzo, nel loro passaggio o negli stazionamenti relativi. In questi tessuti che lo nutrono avvengono anche gli accoppia- menti durante quasi tutto l anno, seguiti da deposizione di uova numerosissime distribuite dalla femmina assai opportunamente in una zona di nutrizione piuttosto estesa. Nel corpo stesso della pianta nascono i nuovi vermi, che invece di abbandonare il Tri- foglio, contrariamente a quanto si verificherebbe in altri paesi, restano dove nascono, vi crescono e si fanno adulti per ripetere ciò che hanno fatto le generazioni precedenti. Con questo non si nega che taluni n’ escano ma sono pochi, e quando | esodo è grande questo coincide col tempo della distruzione della pianta e quella soprattutto del trifogliaio per il cambiamento della coltiva- zione. In attesa che questi ed altri punti della biologia del vermiciat- tolo vengano opportunamente illuminati vogliamo ricordare che non deve essere indifferente da noi per esso trovarsi a fronte del Trifoglio pratense invece che dell’Erba medica, della Sulla, della Lupinella, dello stesso Trifoglio incarnato e del Ginestrino. Si po- trebbe osservare che pel Trifoglio incarnato ha meno presa; e può essere, ma non per il tempo più breve nel quale la pianta può restare nel campo a sua disposizione. Perchè, come si sa, la durata vegetativa delle Oucurbitacee e quella delle Solanacee, pur essendo assai più breve di quella della pianta ricordata, nel breve tempo che restano nel campo vengono profondamente alterate nelle radici dalla Eterodera, fino ad esserne quasi completamente di- strutte (fig. 3). Vi devono essere, per tanto, ragioni di adattamento, 240 GIACOMO DEL GUERCIO di resistenza o di preferenza senza delle quali non si potrebbe spie- gare come una coltivazione di Trifoglio pratense debba stremenzire laddove un’ altra di Erba medica, di Lupinella, ecc. possa vivervi indisturbata e prosperarvi. Agli effetti della difesa queste ricerche sono tutt’ altro che oziose, come non pote- vano che interessare assai le altre fatte per vedere quale fosse il comportamento del Grano che si trova in rotazione con gli altri vegetali indicati. E bene, le ricerche com- piute a questo riguardo sono anch’ esse del tutto rassicuranti per gli agricoltori, giacchè a Cusona, ed altrove i seminati di Fru- mento venuti sullo sfatticcio del Trifoglio hanno dato prodotto in paglia ed in seme Fig. 4. — Femmina di 7y- pienamente sodisfacenti. Noi, con la guida lenchus devastator Khn. ‘ à i ingrandita, trovata nelle Cortese del collega Dott. Bindocci, abbiamo radici del Trifoglio di Cu- jspezionato numerosi appezzamenti di Grano sona, e le uova da essa deposte, di cui uno pre- senta l'embrione che è trovati dovunque pieni di rigoglio, e nelle per venirne fuori. nelle zone dei trifogliai infetti e li abbiamo piante esaminate mai abbiamo visto spighe verticali, leggiere per infezione verminosa, e negli stessi culmi più stentati, restati qua e là, non abbiamo incontrato all’ esame microscopico i caratteristici vermiciattoli visti anche dal chiaris- simo Prof. Beccari nelle radici del Trifoglio pratense di Cusona. Ora ciò è interessante conoscere, perchè mentre dimostra che il Frumento non è l'ospite indispensabile per il Nematode, non è neppure quello che ne serba le forme per il passaggio della in- fezione nel Trifoglio pratense preso di mira da esso. Ciò posto non sarà inutile dire come si presenti il nanismo ver- minoso delle piante di Trifoglio pratense nel campo, conosciuto con la indicazione di Stockkrankhein dai tedeschi. A differenza di quanto il Tylenchus destruetor fa sulla Canapa e sopra altre piante spontanee, o coltivate, esso non provoca alterazioni rameali evi- denti sul Trifoglio infetto, nel quale, come abbiamo premesso, la vera sede prediletta è nell’ asse radicale e nel fusto brevissimo che lo sormonta invece che nelle branche della corona caulinare. STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 241 Cosa molto naturale del resto quando si consideri, fra V altro, lo scopo a cui la pianta generalmente si destina ed i lavori di fal- ciatura ai quali si sottopone, asportando ogni volta e per diverse volte di seguito la massima parte, o quasi tutti i germogli cresciuti. Non occorre insistere per altro sul fatto del come questa pra- tica aggravi la depressione delle piante infette. Rileviamo invece che i germogli delle piante rachitiche non si deformano produ- cendo rigonfiamenti notevoli o torsioni molto evidenti, ma tendono solo a farsi sempre più sottili ed eretti invece di ineurvarsi poco per volta con quel carattere di procumbenza che si nota nel Ga- rofano; sicchè in principio la chioma canlinare sembra si raccolga a guisa di una palla di cavolo cappuccio. In seguito, se le piante non finiscono sotto la pressione di avversi agenti meteorici, per natura di terreno o per trascurate opere colturali, assottigliandosi maggiormente i nuovi germogli non si piegano alla base e ven- gono su quasi diritti a formare una specie di pennacchio che tende a raccorciarsi mano a mano che il languore della pianta infetta cresce. Durante questo deperimento, nel quale le foglie arrivano a spa- rire e di esse non restano che quelle superiori, estremamente ri- dotte, nè steli nè foglie, per quanto esili, perdono il colore verde, e, continuando a vivere, continuano anche a godere delle possibili condizioni di favore, che possono intervenire per la coltivazione. La quale se alle evenienze fortunate trovasi all’ inizio del nanismo, rappresentato dalle piante riportate nelle tavole annesse a questa nota, si rimette completamente, perchè ricopre di nuovo colle sue piante il terreno da essa occupato, così come quando non vi è malattia; e pur dove la infezione è più inoltrata, una gran parte si salva ugualmente. Di guisa che se 1’ agricoltore interviene con lavori e concimazioni, il numero dei germogli sarà magari meno abbondante, ma si allungano e si irrobustiscono così da ricoprire quasi tutti i vuoti lasciati dalla perdita delle altre piante. A noi è stato possibile di sperimentare gli utili effetti che la- vori e concimazioni sono capaci di spiegare sul nanismo verminoso del Trifoglio pratense. Nel quale si è potuto vedere che la vegetazione ne ha risentito effetti non molto gravi, ma evidenti, non tanto per le dimensioni « Redia », 1914 16 949 GIACOMO DEL GUERCIO degli steli, quanto per quelle delle laminette foliari, e sopratutto per la produzione dei fiori, V’allegagione e l’abbonimento dei semi. I germogli della corona delle piante, intanto, che misuravano fino ad 80 e 90 cm. nella primavera e nell’ estate, nell’autunno hanno raggiunto soltanto i 40 ai 50 em.; i peduncoli delle foglie riescono di un terzo più corti e le laminette foliari si presentano Fig. 5. — Pianta di Sulla erosa nella radice e nel fusto da Crostacei diversi senza risentirne danno evidente. con una estensione di un terzo ai due terzi più ristretta di quella delle lamine primaverili che abbiamo a suo luogo figurato a’ gran- dezza naturale. Le laminette foliari poi, oltre all’ essere più piccole, si presentano variegate nella massima parte, mentre nella prima- vera la variegazione si riscontrava nelle piante a steli meno evoluti soltanto, nè si riscontrava spesso quell’ accenno di accidentazione quasi bolloso, che non appare nelle piante del ‘Trifoglio nor- malmente vegetanti. In tali piante le foglioline sono allora bene spianate e tese in tutta la loro superficie e senza quegli sco- lorimenti a chiazze ed a strie radianti intorno alla caratteristica vi STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 245 macchia mediana di queste foglioline. La quale macchia quando è pur essa interessata dall’ alterazione indicata, mostra qualche cosa che nello insieme ricorda la variegazione delle foglie del Tabacco e di altre piante che siano state colpite dalla così detta malattia del mosaico. Quanto poi ai capolini, questi sono stati assai scarsi nella pri- mavera, e ciò a malgrado il grande, straordinario rigoglio vege- tativo. Si sono mostrati meno scarsi nelle fioriture successive, perchè in maggior numero sono apparsi più tardi. Ma in un caso e nell’ altro abbiamo dovuto registrare che non pochi di essi erano incompleti, irregolari, e quasi per tutto con una notevole scarsità di seme, per mancata allegagione e abbonimento dei frutti. E per piante assai ben concimate ed in terreno ben lavorato noi siamo per ritenere che sul Trifoglio, salvo un’ azione più gravosa per gli organi destinati alla produzione, il sistema vege- tativo difficilmente potrà essere maggiormente provato dalla infe- zione verminosa, quando questa non si manifesti o non si inten- sifichi nel primo anno di vita delle piante. Quanto ora alle erosioni prodotte sulle radici dagli altri animali ricercati, esse sono state prodotte fra i Molluschi, dagli Elicidi e dai Limacidi, che in assai scarsa misura e assai di rado vi ab- biamo riscontrato. Nessuna importanza pratica possiamo accordare ad esse e neppure alle eventuali erosioni che talvolta piccoli Cro- stacei, come Oniscus, Porcellio e Platyarthrus, e qualche Miriopodo, come Polidesmidi, Iulidi e Craspedosomidi vi hanno determinato. Però siccome il danno non è, o può non essere misurato dalla im- portanza meccanica della erosione, considerata in sè stessa e per rispetto allo sviluppo delle parti delle piante, che le portano, quanto per l’ufticio, che può avere rispetto ad altre cause di infezione, non sarà del tutto inutile dar notizia di qualcuna fra le più tipiche di esse come quelle, che qui si riportano, segnate nella forma e nelle precise loro dimensioni. Intanto di esse, le meno importanti, parrebbero quelle a svi- luppo più limitato e sparse con ordine vario sull’ asse principale della radice, della quale mettono quasi allo scoperto il cilindro le- gnoso; ed evidentemente più importanti sono le altre a zona ma- gari unica, ma molto estesa, che si trovano presso che all’ altezza . 244 GIACOMO DEL GUERCIO del colletto della pianta. Eppure i rami della corona, che le due piante esaminate portano, sono assai esili e più sparuti nella prima pianta (Tav. 14, fig. 2), nella quale, come di conseguenza, le foglioline sono dalla metà ad un quarto di quelle ad accresci- mento normale, laddove nella seconda pianta i rami della corona saulinare sono ancora alquanto grossi (Tav. 14, fig. 1) e le lamine delle fogliette hanno dimensioni normali o ridotte alla metà. Può essere che la diversità degli effetti derivi dalla posizione, che le zone di erosione hanno nell’una pianta e nell’altra, dalla tendenza avvolgente e dalla confluenza di alcune di esse nella prima radice, colpita in modo intercalare nel suo sostegno unico ; laddove nella seconda, la commissione dell’allungamento, affidata a più assi, quasi coetanei ed integri, par che contribuisca vigoria maggiore al vegetale, a malgrado della grande erosione sopra di essa, e spieghi la grossezza maggiore dei rami e la maggiore di- mensione nelle foglie. Pecoci poi dinanzi due altre piante (Tav. 15, fig. 3 e 4), e non poche altre come esse, che si presentano fortemente deperite al principio o a metà del loro secondo anno di vita, eppure, aperte per lungo nello stesso asse radicale corroso, si presentano con i tessuti del colore e della struttura che è naturale alle piante sane, a fronte delle quali ad una ispezione anche superficiale si presentano soltanto meno succolenti, come se fossero state per qualche tempo esposte all’ aria asciutta e prosciugate. Anche in queste piante però sono i 7ylenchus sopraindicati ai quali si deve riferire il deperimento, e non certo, come si è detto, alle erosioni per parte dei Molluschi e degli Artropodi ricordati. Queste ero- sioni non giovano, certo, alle piante, e quelle in zone avvolgenti possono molestare di più; ma non possono condurre a morte i vegetali, nei quali, tutte poi, erosioni piccole e grandi possono dar adito alla diffusione di microbì, che potrebbero aggravare la infezione verminosa, che conduce allo stremenzimento dei vege- tali. A questa maniera di deperimento delle piante invase da Ne- matodi, colpite o no dalle erosioni di altri animali, avrei dato. il nome di stremenzimento ordinario o abituale delle piante, come quello che usualmente si verifica nello intristimento graduale dei vegetali colpiti e danneggiati da agenti di natura animale, in gene- RO VARA NA TT STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 245 rale; e ciò, naturalmente, senza pretesa che infezioni per cause di natura micetica o bacterica non possano fare altrettanto. INFEZIONI ENTOMATICHE. Ma di fronte ad esempî di deperimento, come quelli di sopra in- dicati, nel Trifoglio se ne incontrano ben altri, che si appalesano in seguito ad erosioni quasi annulari ed assai ristrette, che interes- sano la zona di cambio e sono situate nella zona del colletto, 0 come dicono i pratici, fra le due terre. Queste erosioni si addimo- strano ad effetti notevolmente più nocivi di quelli ricordati per le alterazioni esterne precedenti, per lo impedimento posto alla libera circolazione dei prodotti elaborati dalle foglie e alla produzione dei fasci libero legnosi resultanti dall'attività diminuita della zona di cambio, che a cansa di quelle erosioni può essere molestata ed anche in parte o totalmente distrutta. SV VA a VI) RR ar Swe 4 Fig. 6. — Femmina partenogenica attera di Rhizoberlesia trifolii Del G., molto ingrandita (G. d. G. ad nat.). Per quanto anche in queste piante non sia mancata (per quelle di Cusona) la presenza dei 7ylenchus figurati, questa maniera par- ticolare di danneggiamento è propria agli Insetti usi spesso ad aggirare con le erosioni le parti del sistema assile ed appendico- lare talvolta delle piante nutrici, parlando sempre, bene inteso, 246 GIACOMO DEL GUERCIO delle forme giovani ed adulte provviste di apparato corrodente 0 trituratore. Ma, per la particolare natura dell’argomento preso a trattare, noi non possiamo limitare le ricerche a queste forme d’ Insetti soltanto, e le estendiamo alle altre che, per quanto non al caso di compiere una funzione masticatoria, non solo non sa- rebbe esclusa, per questo, la importanza della loro conoscenza, ma per il loro modo di agire appunto potrebbero rappresentarvi una parte altrettanto indispensabile per quanto indiretta, oltre a quella che, in grazia del numero e della frequenza, poco o molto, diret- tamente sempre vi hanno. AFIDIDI. E noi intendiamo che così possa dirsi, fra le specie raccolte, di particolari Afididi, che pungono le radici del Trifoglio, per quanto qui non avendoli trovati sul maggior numero delle piante, o le piante morte non essendo state quelle soltanto, o quasi, visitate da essi, come abbiamo fatto per gli altri Artropodi, per i Mollu- schi e per i Vermi, non si possono addebitare della estesa respon- sabilità dei danni lamentati. Ma non si possono però neppure la- sciare a sè stessi e senza il sospetto che le loro scarse punture non siano più che sufficienti ad inoculare o ad aprire la strada a cause di male non ancora bene appurate e da studiarsi, per conoscerne più a fondo la natura e gli effetti non voluti sulle piante. Di questi insetti, oltre il Macrosiphon ulmariae Schr., già noto da noi, ricordiamo un nuovo genere e tre specie nuove delle quali gioverà per le successive ricerche presentarne le figure e le no- tizie necessarie per riconoscerle. Rhizoberlesia trifolii Del G. Il genere nuovo degli Afididi indicati è quello ricordato col nome di Rhizoberlesia, dal nome del ch."° Prof. A. Berlese, al quale lo abbiamo dedicato. Esso appartiene al gruppo degli Afidi propria- mente detti e starebbe vicino agli Uraphis Del G. Da questo genere però lo distinguono oltre che la particolare forma cella codetta e dei sifoni, i caratteri delle antenne, nelle STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL T'RIFOGLIO 247 quali il terzo articolo è provvisto di aree sensorie lineari, trasverse, così come non si ritrovano, che si sappia, in tutto il gruppo della famiglia a cui il genere certamente appartiene. Fig.7 — Rhizoberlesia trifolii Del G., capo ingrandito, con i primi articoli delle antenne che richiamano alla mente quelle dei Callipterini. La femmina attera partenogenica, sulla quale il genere è stato istituito, è molto elegante nella sua forma a pera raccorciata. Essa è a fondo verdastro, nerastra sul dorso, per fasce trasversali, quasi confluenti, che ne ricoprono il corpo dal secondo arco tergale del mesotorace al nono somite addominale. Verso i lati dell’ addome esiste una zona marginale distinta, del colore del corpo, la quale va dal capo alla codetta. Fig. 8. — Estremità addominale della femmina di Rhizoberlesia trifolîi, per mostrarne la codetta ed i sifoni (G. d. G. ad. nat.). La fronte si presenta a contorno anteriormente sinuoso. I tu- bercoli antenniferi sono assai larghi ma appena elevati. Le an- tenne sono poco più corte del corpo, col primo articolo ingrossato alla sommità; il secondo, ivi appena vescicoloso; il terzo fornito di una dozzina di aree sensorie lineari, comincianti poco oltre la base e terminanti altrettanto prima della sommità; questo articolo è poco più corto della somma dei due seguenti, dei quali il quarto è alquanto più lungo del quinto; questo è molto più lungo del sesto e quasi uguale alla somma di quello, con la sua appendice, che è subeguale all’articolo che la porta. Gli occhi sono grandi, con tubercolo ben distinto. 248 GIACOMO DEL GUERCIO Le zampe sono robustissime, appena ispidule, con tibie nel se- condo paio più corte che nel primo e in questo più corte che nel terzo, e tarsi con lieve differenza in lunghezza dal primo al terzo paio. I sifoni sono brevissimi tanto che appena si scorgono, perchè non arrivano a sporgere sul margine addominale. La codetta è slargata e molto più lunga dei sifoni. Il dorso addominale dal quarto somite in poi è ornato di tuber- coli in serie lineari trasverse. A questa specie, che è la tipica del nuovo genere, abbiamo imposto il nome di Rizoberlesia trifolii nob. La specie si trova al colletto e nella parte superiore della ra- dice, quasi sotto la corona della chioma del Trifoglio pratense, coltivato a Cusona, nella fattoria dell’ onorevole Conte Francesco Guicciardini. Aphis scaliai sp. n. Questa specie è piriforme, assai vescicolosa nel mezzo e altret- Questa s]} pirif î i vescicolo ] ltret tanto più ristretta alle sue due estremità. Fig. 9. — Femmina partenogenica attera di Aphis scaliaè Del G., notevolmente ingrandita (G. d. G. ad nat.). Essa è verdastra con fasce nere, trasverse, assai distinte sul torace e confluenti invece sul dorso addominale, che ricoprono quasi interamente fino al sesto somite, dal quale in poi le dette fasce restano di nuovo discoste fra loro come sul torace. STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 249 Il capo è piccolo, con fronte convessa fra le antenne, che pog- giano sopra tubercoli appena rilevati. Le antenne sono poco più lunghe della metà della lunghezza del corpo e di colore bruno secure nel terzo articolo, che è più chiaro, subeguale o appena più lungo della somma dei due successivi, i quali ed il sesto articolo sono fra loro gradatamente più corti; mentre 1’ appendice è molto più lunga del sesto articolo, che la porta. Gli occhi sono grandi e neri. Il rostro è nero all’ apice, col quale oltrepassa di poco la base del secondo paio di zampe. Le zampe sono robuste, con poca differenza fra i femori del primo e del secondo paio, che sono più lunghi, ma molto corti rispetto a quelli delle zampe posteriori, che sono appena infoscati per brevissimo tratto alla estremità, laddove i precedenti sono per tutto della stessa tinta chiara. Le tibie sono poco meno ingros- sate dei femori, ma distintamente sempre più scure nel tratto ter- minale, dal primo al terzo paio, nel quale sono quasi due volte più lunghe di quelle del secondo e del primo paio, in cui sono pressochè della stessa lunghezza, essendo appena più corte quelle mediane. I sifoni sono neri, più larghi alla base che dal mezzo alla som- mità e raggiungono la lunghezza dei femori delle zampe mediane. La codetta è più larga dei sifoni, che sono due volte più lunghi di essa, che è ugualmente nera. La piega genitale è del colore del corpo; quella anale invece è del colore della codetta. Questa specie, dedicata in omaggio all’ egregio amico e collega Prof. G. Scalia, vive sulla parte caulicola del Trifoglio pratense, sul quale 1 abbiamo raccolta nella fattoria di Cusona di sopra indicata. Pemphigus trifolii Del G. Questo Penfigide richiama alla mente, con la sua forma parte- nogenica attera, quello del Fagiuolo, al pari del quale ha confor- mate le antenne, di cui il secondo articolo è subeguale al terzo 250 GIACOMO DEL GUERCIO ed il quarto è più corto del quinto. Le zampe però appariscono notevolmente più corte e 1’ addome presenta in questa femmina divisioni distintissime fra gli anelli, mentre nell’ altra le divisioni sono affatto invisibili. Fig, 10. — Femmina partenogenica attera, radicicola del Pemphigus trifolii, ingrandita, da non confondersi con la Tetraneura phaseoli (G. d.G. ad nat.). Ma la differenza maggiore, del resto, è nelle femmine alate, le quali in questa specie hanno la nervatura di Pemphigus, mentre nel pidocchio radicolo del Fagiuolo hanno la nervatura di Tetra- neura. TISANOTTERI. Sulle piante di Trifoglio pratense oltre agli Afididi indicati si trovano forme anche numerose di Tisanotteri tubuliferi del genere Anthothrips o di altro genere affine; e vi si trovano allo stato di adulto e allo stato di ninfa e di larva, che, come si sa, pungono quasi continuamente foglie e steli per nutrirsi. L’ azione loro è continuata senza interruzione da un anno all’ altro, perchè noi li abbiamo trovati attivi oltre che nella bella stagione anche nel- l’autunno inoltrato e durante l’inverno. E per questo la loro impor- tanza fra gli altri Tisanotteri si può paragonare, all’oggetto delle nostre ricerche, a quella degli Afididi di sopra indicati. Per quanto comuni però il numero non è grande, perchè molti se ne disperdono alla stato d’ uovo e di piccolissime larve al mo- STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 251 mento della falciatura e della fienagione, e per questo non è facile che acquistino la importanza diretta, che hanno addimostrato di avere gli altri Insetti a suo luogo indicati. Sarà poi inutile dire come la loro dimi- nuzione causata dalla falciatura ordinaria delle erbe, si aggravi maggiormente con la distruzione del trifogliaio per la sostituzione delle piante agrarie; ed in cosiffatte eve- nienze il loro numero può ridursi di tanto che doventa difficile se non del tutto impos- sibile cercarne i rappresentanti sulle nuove piante che succederanno al grano. Ma per quanto poi non sia stato mai ricordato, questi insetti e le specie di quelli congeneri, della famiglia dei Fleotripidi, sono fatti se- gno spesso ad attacchi ostinati, per quanto estesi, per parte di Calcididi del genere Monodant e per tutte queste cause di di- struzione insieme i Tisanotteri indicati non hanno mai avuto e difficilmente avranno in seguito importanza economica nella coltiva- zione del Trifoglio, ed in generale su tutte le piante erbose, sottoposte a regolare rota- Fig. 11. — Femmina del l’Anthothrips del Trifo- zione, non interrotta da immediati ritorni al È di alo ando della pianta stessa sul terreno da essa preoc- prossimo, molto/ingran- dita (G. d. G. ad nat.) cupato. CECIDOMIDI. Ma le piante di Trifoglio, per quanto abbastanza trascurate dal- I Entomologo, si appalesano alle nostre ricerche come un vero museo naturale di Entomologia, nel quale quelli segnati non sono i soli ospiti rinvenuti, giacchè si incontrano per tutto forme inte- ressanti di Lycaena, Melitea, Colias, Leucophasia, Zygaena, Orgya, Gastropacha, Callimorpha, Orthosia, Plusia, Mamestra, Triphaena, Episema, Aconthia, Euclidia, Herminia, Boarmia, Fidonia, Ortho- litha, Ipsolophus, Phoropterya, Gelechia, Lithocolletis ed Aciptilus ; 252 GIACOMO DEL GUERCIO e poi altri insetti ancora, i quali, brucando, minando le laminette foliari, espongono le parti lese a quelle stesse azioni esterne, che vi possono essere trasportate dagli insetti succhiatori indicati. Fra questi ultimi non possiamo passare sotto silenzio poi le azioni dei Ditteri nella rappresentanza delle loro forme più eleganti e belle ed anche fra le più importanti, ai danni della economia vegetale. Vogliamo dire non pure di Micetofilidi e di Agromize, ma dei Ce- cidomidi, rappresentati qui da non molto esteso numero di generi e di specie, ma quelle poche conosciute compensano con 1 abbon- danza delle moltiplicazioni, con le quali ora colpiscono le foglie, ed ora danneggiano tanto le radici, da rovinare completamente le coltivazioni. Riporto a questo riguardo due tipi di larve di Cecidomidi, che per quanto non avvertite come tali sono ben note nella pratica per i danni nelle coltivazioni delle baccelline (Vicia faba), e della Sulla e del Trifoglio fra le specie pratensi. Di esse una (fig. 12) ha corpo a lati quasi paralleli, convergenti soltanto verso la estremità anteriore e quella posteriore. I somiti Fig. 12. — Larva arancione di Cecidomide, ingrandita, con la spatola sternale come nella fig. 13. del torace e dell’ addome presentano pieghe trasverse non molto evidenti. La così detta spatola sternale è conformata come nella figura S. Essa è di color nero, molto robusta, come si vede, anche nel piede, che è abbastanza largo, ingrossato notevolmente alla estremità posteriore e di poco più lungo della larghezza della parte STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 255 libera dell’ organo, la quale è ivi tre volte circa più corta che larga con prominenza poco meno che semicircolare nel mezzo. IL’ altra larva (fig. 14 e 15) è dello stesso colore della precedente, o quasi, essendo anch’ essa di color giallo aranciato. Però è molto 14 Fig. 14. — Altra larva di Cecidomide dello stesso colore, con la spatola sternale come nella fig. 15. diversa nella forma del corpo. Questo è evidentemente più lungo ed affusato, apparentemente multilobulato alla estremità posteriore, con solchi più evidenti fra gli anelli, ed una spatola sternale an- ch’ essa assai distinta dall’ altra per quanto ugualmente colorata. Essa, per vero, ha il piede notevolmente più corto della larghezza del corpo anteriore della spatola e poco meno delia metà più sot- tile di quello della larva precedente, laddove il corpo anteriore suddetto, pur avendo rassomiglianza generale con 1 altro, ha la sporgenza mediana più acuta, le estremità laterali semplici, acute, non bifide e la lunghezza quasi perfettamente uguale alla metà della larghezza. La ragione di tali notizie sta nel fatto che una di queste larve vive a spese del parenchima corticale degli steli delle legu- minose. Essa si presenta in numero talmente straordinario qual- che volta, e sono tanto violenti ed estesi gli attacchi che tratto tratto vaste zone di Fave per seme e di Sulla sono state grave- mente provate ed anche interamente distrutte. Ugualmente an- cora non ci è stato dato di vedere nelle coltivazioni del Trifoglio, 254 GIACOMO DEL GUERCIO ma la frequenza di queste larve nei prati, nelle piante e al piede delle medesime, nel terreno, non poteva lasciarci indifferenti e passarle sotto silenzio, non per gli effetti diretti, pel momento, ma pel dubbio che la quantità di esse riscontrata potesse essere sufficiente per aprire la via alle azioni di agenti diversi dagli in- setti presi da noi a considerare. COLEOTTERI. Apion virens Herbst. Le ulteriori ricerche da farsi sugli ospiti Cecidomidi del Tri- foglio diranno qual conto bisogna fare di essi agli effetti mediati Fig. 16. — Femmina di Apion.apricans, ingrandita (G. d. G. ad. nat.); 17-18. Larve dell’Apion apricans, viventi nei capolini, pel confronto con le forme del- lA. virens, vivente negli steli (G. d. G. ad nat.). della loro presenza sulle piante. Ora gioverà raccogliere 1’ at- tenzione sopra una specie di Scolitide, l’ Hylastinus trifolii, e su varie specie di Curcolionidi apionini, dell’ opera dei quali da ogni STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 255 parte si muovono proteste, e tutti, mano a mano che il numero ne cresce, se ne vorrebbero sbarazzare, ma nessuno che mi sappia, ha osato uscire dalle vaghe e molto scarse notizie attri- buite a questi insetti, le quali, venendoci per di più quasi tutte di seconda e di terza mano, per referti da luoghi e da cultori non nostri, assai opportunamente l’ Accademia dei Georgofili ha provve- duto a che fossero studiati; perchè è per cosiftatta via soltanto che in casa nostra può esservi speranza di averne, alla meno peggio, ‘agione. E dico in casa nostra, perchè chi nelle ricerche sostituisce alla via dei libri quella dei campi, sa di quanto mutino da noi le manifestazioni biologiche degli entomi, come sa che nella classica terra della coltivazione dell’ olivo e delle fioriture degli agrumi l’attività loro è più lunga, più grande e più efficace che non nei paesi a clima meno dolce, più umido e freddo. Fig. 19. — Femmina di Apion virens, molto ingrandita. Ciò premesso ci sia concesso di esporre i resultati delle prime ricerche compiute su di essi, cominciando dagli Apior, dei quali abbiamo trovato diverse specie, e non una specie sola, ai danni del Trifoglio. Gli Apion sono piccolissimi Cureulionidi, facili a distinguersi per il loro insieme delle forme minute, ovali allungate, gradata- mente più sottili dalla parte anteriore, che termina nel grugno ; questo è esso pure allungato, appena curvo o non incurvato affatto ; la clava delle antenne è formata di tre articoli strettamente uniti fra loro, mentre le elitre incurvate sull’ addome, ricoprono il pi- gidio. Questi insetti non hanno generalmente, in media, più di due a tre millimetri di lunghezza, e si assomigliano tanto fra loro che non a tutti ugualmente è dato di distinguerli, laddove invece pre- 250 GIACOMO DEL GUERCIO sentano spesso una diversità grande nei costumi; giacchè di essi, mentre alcuni mostrano spiccate simpatie per gli assi delle gemme, altri preferiscono gli ovarì dei fiori, o i piccolissimi frutti, di cui corrodono i semi, ed altri ancora rodono con le loro larve 1° in- terno degli steli o delle foglie. E ciò avviene ora senza deforma- zioni evidenti dall’ esterno, tal’ altra con formazioni di neotessuti, che dànno ineremento a vere galle o cecidi, bene evidenti dal- V esterno, nel caso dell’ Apion frumentarium L. 0 A. haematodes Kirby, degli steli dell’ Acetosella. Talvolta essi si introducono con le larve nelle radici addirittura delle piante, come ha luogo per I Apion basicorne Illiger o A. alliariae Herbst. delle radici della Bardana. Nelle radici delle quali piante, come si sa, la presenza degli insetti provoca spacchi, stravasi di succhi nutritivi e nodo- sità, che avvertono quale e quanta possa essere la differenza ne- gli effetti che corrono talvolta fra le specie dello stesso genere di insetti sui vegetali. Ma queste alterazioni avvertono altresì come in tutte le forme degli insetti, a larve cunicolanti, particolar- mente, insieme alle azioni meccaniche, visibili, conviene conside- rare le resultanze che la lacerazione continuata dei tessuti, la ir- ritazione permanente, la emissione di prodotti ghiandolari, e quanto altro può derivare di deleterio alla vita della pianta dalle altera- zioni degli esuviamenti a cui la larva è sottoposta, dalle sostanze escrementizie e dai microbî che possono accompagnarle e seguirle nel corpo del vegetale internamente lacerato. Delle oltre quattrocento specie di Apion, intanto, che si cono- scono nei diversi paesi, quelle europee viventi sul Trifoglio sì ri- ducono alle seguenti: A. pisi Fab., A. seniculus Krb., A. virens Herbst, A. assimilis Kirby, A. trifoliù L., A. gracilipes Dietr., A. varipes Germ., A. apricans Herbst. Ora, che si sappia, e da quanto risulta dalle nostre osservazioni, nessuna di queste specie si riteneva e si ritiene che provochi cecidì nel Trifoglio, per quanto rami vegetativi e riproduttivi della pianta siano ugualmente interessati; ma i cecidî, sebbene non molto evidenti e non ricordati, vi sono, e si trovano precisamente in quelle alterazioni, che si scorgono nei germogli tenerissimi e sulla costola delle foglie seguitati dalle forme caulofile e fillofile di quelle sopra ricordate. STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 257 Le osservazioni, che seguono, sono qui riferite con particolare riguardo all’ Apion virens, il quale per quanto mai ricordato da noi, come infesto, è quello che ha invaso enormemente i trifogliai della Val d’ Elsa (1). Fig. 21. — Maschio di Apion virens alquanto diverso dal precedente, ugualmente ingrandito. Nella seconda metà di marzo, intanto, e ai primi di aprile, col risveglio della vegetazione e l’inizio della emissione dei nuovi germogli, cominciano a notarsi pei prati anche meglio le forme perfette di questo Apion, le quali si nutrono degli steli e del fogliame delle piante. Mano a mano che con lo elevarsi della tem- peratura acquistano vigore, questi insetti si accoppiano, attardan- dosi notevolmente in questa funzione, che per lo più ha luogo nella pagina inferiore delle foglie, dove molte volte le abbiamo trovate unite e dove talvolta l’ accoppiamento si vede ripetere con scambio di maschi e di femmine. Si può osservare poi che (1) Per la sicurezza della determinazione di questi Apion ci siamo rivolti alla cortesia degli Entomologi Sig." fratelli Solari, che se ne sono assai volentieri interessati ed ai quali ci piace di rendere particolari azioni di grazie. « Redia », 1914. 17 258 GIACOMO DEL GUERCIO mentre «delle forme dei due sessi i maschi vanno a morire, o si mettono in cerca di altre compagne, le femmine fecondate passano, ciaseuna per conto proprio, alla deposizione delle uova. Si vedono Fig. 22. — Stelo ingrandito di Trifoglio pratense forato Fig. 23. — Rami della corona del Tri- dall’Apion virens, per la de- foglio pratense con germogli laterali, posizione delle uova ed al- basilari di stremenzimento, senza in- terato, con rilievo rotevole cappucciamento. Essi portano i fori al punto di perforazione 4. più grandi dai quali sono usciti gli Nell’interno dello stelo si Apion, e quelli più piccoli dai quali vede l’uovo. sono usciti i loro parassiti. allora aggirare lentamente, come è costume di tutti questi insetti, fra i rami successivi che compongono le branche della corona delle piante e vanno a fermarsi fra il primo ed il secondo inter- nodio basilare, scelgono il tratto scoperto del meritallo e lungh’esso, o all’ apice del medesimo, quasi sempre libero dalle stipule, lavo- rano per aftidarvi il germe della successiva generazione. aa STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 259 A quest’ oggetto visitano con cura il luogo prescelto, perchè non vi si trovi effettuata altra deposizione, e si dànno con le pic- cole mandibole a lacerare quasi come in un punto il meritallo, restando in posizione ben ferme, col corpo sulle zampe allargate, mentre col capo muovono con notevole efficacia il grugno. Questo viene spinto poco per volta con 1 apice fino nella zona midollare del’ ramo, mentre la base vi si affonda fino alla inserzione delle an- tenne. Allora le femmine cessano dal lavoro, compiono un movi- mento completo di rotazione intorno a se. stesse e, portando l’ovi- positore nel foro praticato col grugno, vi introducono un uovo, che viene spinto successivamente in mezzo al tessuto midollare di so- pra indicato. E non pare che così 1 opera della deposizione sia del tutto finita, perchè le femmine si aggirano ancora col grugno sull’ apertura del foro praticato, per tendere a chiuderlo, perchè dopo la funzione indicata quasi del tutto otturato si trova, seb- bene a questo provveda meglio di poi la pianta. con 1 aceresci- mento. Così, dopo il primo, le femmine si sgravano del secondo novo, aftidandolo ad altri internodî dei rami, e non smettono che quando hanno esaurite le nova e la energia necessaria alla importantissima Fig. 21. — Larva appena nata di Apion virens, ingrandita. Fig. 25. — Larva della stessa specie, ingrandita, al momento di trasformarsi (G. d. G. ad nat.). funzione, la quale essendo troppo laboriosa, e per ciò lenta, si protrae, per ogni femmina, per diversi giorni di seguito, che a noi non è stato dato di precisare, come non abbiamo contato il numero delle uova, che ciascun insetto depone, per precedenti impegni di 260 GIACOMO DEL GUERCIO studì in località dove la coltivazione del Trifoglio pratense non è praticata. Mentre intanto le femmine continuano ad accoppiarsi e a sgra- varsi delle loro uova, le prime larve nascono. Esse, per virtù materna, si trovano subito in mezzo al materiale di cui abbiso- gnano, per nutrirsi, giacchè utilizzano il tessuto midollare quasi esclusivamente, e lo rodono con ordine notevole, sia correndo l’ internodio da un estremo all’ altro, sia consumandolo a piccole zone. Certa cosa è che la quantità di midollo disponibile per ogni larva è generalmente più che sufficiente; ma quando non basta, l’ insetto non disdegna di scendere a cercarne nell’ internodio sot- tostante, o che sovrasta quello occupato a seconda del colloca- mento dell’ uovo praticato dalla madre. Ed eccezionalmente essa discende anche nel breve asse caulinare fino ad invadere le radici, 23 Fig. 26 e 27. — Larve di Apion viîrens in via di accrescimento. Fig. 23. — Braconide parassita delle larve indicate nelle figure 26 e 27. (G. d. G. ad nat.). dove l’ abbiamo trovata, collocata talvolta assai profondamente nella zona midollare (1). Ad ogni modo il loro accrescimento è abbastanza lento, perchè non raggiungono le dimensioni necessarie alla trasformazione che (1) Questa ricerca va ripetuta per vedere se il costume per eccezione, indi- cato, non sia una casualità soltanto. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 261 verso la prima decade di maggio, quando si allargano all’ intorno il tratto della galleria occupata e lo trasformano in cella ninfale, nella quale ciascuna resta inattiva, fino a che non si mutano in insetti perfetti. Questi non provvedono a venir subito fuori dallo stelo, perchè attendono prima ad irrobustirsi, e quando hanno acquistata 1’ ener- gia necessaria, dalla cella di trasformazione, nella quale si trovano, rodono 1’ internodio dalla parte ove il midollo era stato previa- mente distrutto dalla larva e praticano nella parete un foro quasi ovale, pel quale escono e si mettono in cerca di cibo e di amori. Ed ecco come già, al tempo indicato, pel modo come si passano i costumi degli adulti, che preparano la prima generazione del- l’anno, si vedono ancora nascere le ultime larve, che già appari- scono gli adulti dalle prime nate, determinando quel sovrapporsi di generazioni, per il quale non si osserva. sosta evidente nell’ an- dare degli insetti, nè tregua alle molestie per le piante. Ed ecco in qual guisa sì preparano quelle orde innumerevoli di Apion, che dapprima si accontentano dei bassi internodì degli steli, e poi moltiplicati, non trovando più posto sufficiente negli steli, si adat- tano anche ai lunghi picciuoli delle foglie numerose, rispetto ai quali si comportano come abbiamo detto che fanno per gli steli, sui quali e sulle foglie i rappresentanti della prima generazione continuano di poi ad esercitarsi fino nell’ autunno inoltrato (1). Coll’ apparire dei primi fiori, intanto, le specie florofile, che fino a quel momento si sono nutrite delle parti vegetative della pianta (essendosi già accoppiate) guadagnano i capolini e da questo mo- mento hanno luogo due serie parallele di sviluppi, quella sugli steli e sulle foglie, prima ad iniziarsi, e V altra a danno dei singoli fiori, dei quali intaccano con particolare riguardo l’ovario, per ia distru- zione dei semi, e si protraggono fino a che vi sono infiorescenze sulle piante. Seguendo intanto il fenomeno della invasione delle forme cauli- cole o fillofile del Trifoglio, è facile vedere come sugli internodî (1) Dalla fine di giugno ai primi di luglio abbiamo notato una nuova grande manifestazione di questi insetti, e ai primi di settembre ne abbiamo av- vertito una terza. 262 GIACOMO DEL GUERCIO degli steli ricordati, si riscontrino due specie di fori ad apertura ovato raccorciata. Di questi fori gli uni sono assai piccoli e poco meno della metà di quelli più grandi, dai quali si distinguono an- che per avere all’ intorno una specie di areola, per la quale appa- riscono assai più grandi di quello che realmente sono, giacchè non misurano più di m. 0.0004 di diametro. La sezione di uno di questi rami, e del piccinolo delle loro foglie, in corrispondenza dei piccoli fori, praticata subito dopo la deposi- zione dell’uovo, ha fatto vedere chiaramente quest’ultimo nella suna vera posizione nello stelo o nel picciuolo. Sezioni simili mostrano la posizione della ninfa nella sua cella di trasformazione, scavata nel tessuto midollare, ed indicano il foro, pel quale Padulto che ne deriva, esce, a sinistra dello stesso internodio, mentre danno pre- cisa idea dell’apertura, che è ugualmente ingrandita. Ma la ispe- zione stessa per altro ha lasciato scorgere che la posizione laterale, a destra, della galleria praticata dalla larva, per dritto con Valtra che si osserva nell’ internodio sovrastante, ha contribuito a far sì che questo morisse, mentre è vissuta ancora tutta la ramificazione a sinistra. E questo fatto noi abbiamo ritenuto necessario di ripor- tare per un’altra importante ragione, ed è che trattandosi di rami di Trifoglio pratense, non incappucciato (come si scorgeva chia- ramente dall’ ampiezza degli angoli nei suecessivi internodî della stessa branca) il suo grande deperimento fino a prova provata in contrario devesi attribuire alle molestie che le larve degli Apion vi hanno ripetutamente portato. Questa pianta era al suo secondo anno di vita ed è stata raccolta il giorno 8 Luglio, a Poggio Adorno, dal Dott. Bindocci. E così sarebbe anche venuto il momento di accennare ai danni, che questi insetti portano alle piante ed ai fiori del Trifoglio. Ma, dato il fatto della loro concomitanza con altro insetto, esso pure numeroso, vivente sul sistema radicale della stessa pianta, ne di- remo insieme per gli uni e per gli altri, in altra parte di questa nota. Ciò che è necessario, per poter ricordare ora che, dal Luglio alla fine del Settembre il campo d’azione dei Curculionidi in esame è sugli steli e sui fiori, e che dopo la raccolta dei quali, dall’Otto- bre in poi, la loro storia è tutta da fare, per definire con tutta precisione se e quali fra le specie accennino a riproduzioni autun- STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 2653 nali; quanti di ognuna ne restino ancora allo stato giovane, di Ottobre, negli steli e nei capolini fiorali; quale è il rapporto fra questi insetti e gli altri dei Trifogli spontanei, o coltivati, e quale è ancora la distribuzione delle loro forme perfette nel resto del. autunno e nell’inverno, ‘questi rilievi potendo giovare non poco alla risoluzione del problema della difesa, a cui tutto fa capo. Hylastinus trifolii (Miill.) Bedel. Ciò posto veniamo a dire quel tanto, che per ora abbiamo po- tuto vedere nelle osservazioni sull’Hylastinus o Hylastes trifolii. 30 ai Fig. 29. — Hylastinus trifolii visto di fianco, ingrandito; 39, visto dal dorso. Questo è un piccolissimo Coleottero scolitide, che nessuno dei nostri Entomologi e degli Agronomi nostri, aveva mai degnato della sua attenzione, se si toglie una breve nota del Dott. Cecconi, fatta per descrivere l’insetto perfetto e le gallerie, che questo e le sue larve praticano sul Laburno. Ma se la specie è passata sotto si- lenzio in Italia, non si può dire lo stesso pel resto d’Europa e par- ticolarmente in America, dove, a varie riprese, da parte di AA. differenti ne sono stati posti in vista i tristi effetti della presenza nei trifogliai; e non sono mancate neppure le notizie sommarie sui criterì e sui mezzi per averne ragione. E a questo riguardo per non dire delle altre, alle quali con dubbio potrebbero farsi rimon- tare le prime osservazioni sull’ argomento, ricordiamo fra le più prossime a noi quelle di F. M. Webster, degli Stati Uniti d’Ame- rica, che nel marzo del 1910 meglio degli AA. precedenti ha lu- meggiato sulla importanza economica della specie. La quale negli Stati dell’ unione americana, sopraindicati, è stata rinvenuta sopra 264 GIACOMO DEL GUERCIO piante erbacee e piante legnose, quali il Trifoglio (Trifolium pra- tense, T. medium, T. hybridum) e VErba medica (Medicago sativa) fra le prime, mentre fra le seconde sono ricordate il Cytisus la- burnum, lo Spartium scoparium e VOnonis natrix. In Europa però, per le piante erbacee è stato ricordato il Tri- foglio pratense soltanto, e per quante ricerche abbia tentato fin ora, mai ho avuto occasione di rinvenirla sul Trifoglio medio e sul Tri- foglio ibrido, nè sopra altre specie del numeroso genere. Alla stessa guisa le ricerche fatte sistematicamente sull’Erba medica sono state tutte a resultato negativo. A Cusona, infatti, dove piante varie di Medica avevo rinvenuto in un Trifogliaio distrutto dalla infezione, neppure una delle piante esaminate portava traccia della presenza dell’insetto. UNI 9 D) Fig. — 831. Antenna ingrandita; 32, estremità tibiale e tarso visti di sotto; 33, tibia vista di sopra. Quanto poi alle piante legnose, fin ora, pur dove la infezione era più grave sul Trifoglio, ed i prati erano stati distrutti, noi non abbiamo potuto trovare sulla ginestra (Spartium scoparium), nei fusti della quale Vaveva ben visto Nérdlinger; mentre le gallerie riscontrate nei fusti del Cytisus laburnum e del ©. alpinum, nelle colline lontane dai prati di Trifoglio non lasciavano dubbio sulla sua presenza, che non abbiamo potuto constatare con eguale sicu- rezza sull’Ononis e sull Ulex europeus; sulle quali piante il Bedel VP ha ritrovato, indicandolo col nome di Hylastinus obscurus, che BERE CSI a STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 265 con PH. crenatus Duft. fa parte dei sinonimi dell’ MH. trifolit sopra ricordato. Quale che sia però la designazione dell’insetto e le descrizioni, che ne sono state date, le note biologiche non sono progredite d’una linea, giacchè tolta la conoscenza della stazione surriferita, non è stato tolto neppure il dubbio all’espressione dell’ Eichoft sul numero delle generazioni, ritenute almeno eguali a due. Siechè anche per questo le scarse ricerche compiute nel decorso anno ed ai primis- simi di quello in corso non dovrebbero man- care di certo interesse da noi; dove sicura- mente 1 insetto, dalla fine di dicembre in poi, sì rinviene numeroso, allo stato perfetto, nelle radici più specialmente e nel brevissimo caule o fusto del Trifoglio, nei quali assi resta del tutto inoperoso d’inverno fino alla primavera dell’ anno seguente; e, secondo il mese nel quale la trasformazione ha Imogo, ora si trova ancora di color paglierino, ora del loro colore rig. 34. — Larva ingran- dita di H. trifolii. (G. d. naturale scuro. G. ad nat.) Questo fatto è per noi della massima impor- tanza, giacchè sta a dare la prova sicura che la specie sverna sulla stessa pianta di Trifoglio, che VP aveva ospitata durante autunno, nell’ estate e nella primavera dell’anno precedente. Richiamata l’attenzione su questo fatto, sul quale dovremo ne- cessariamente ritornare, in altra parte della presente nota, pas- siamo a ricordare che il numero col quale 1 Hylastes sverna, nelle radici e nel fusto del Trifoglio, è quello generalmente, col quale vi si trova dalla fine dell’ estate e nell’ autunno, senza menomazione evidente, come abbiamo potuto notare nel mese di marzo e di aprile del decorso anno, alla fine dell’antunno dello stesso e nel gennaio dell’anno corrente. Ciò posto a noi è dato assicurare ugualmente che gli adulti suddetti dell Hylastes non lasciano le loro celle di trasformazione durante il riposo invernale e da esse cominciano ad uscire solo nel- l'aprile. Ciò ha luogo dalla prima metà del mese, quando la sta- gione decorre mite e, verso la fine, nell’evenienza contraria; ed ab- biamo ragioni per ritenere che lo scopo dell’ uscita sia duplice, 260 a GIACOMO DEL GUERCIO per provvedere agli accoppiamenti di rito e per operare il passag. gio da una pianta all’altra, 0 verso piante di trifogliai diversi e più o meno discosti gli uni dagli altri. Allo scopo delle nostre ricerche gioverebbe poco intrattenerci sulle modalità e sul luogo degli accoppiamenti dell’ insetto, che abbiamo trovato tanto sulle radici quanto sul fusto; mentre im- porta assai di più il conoscere che esso, lasciando gli oseuri am- bienti sotterranei, nei quali vive ed ai quali ritorna, sì dà al volo. E noi abbiamo potuto osservare quanto bene e con quale resistenza esso si serva delle ali, per cambiar di luogo; la quale cosa notata, non sorprenderà più la rapidità con cui, località ritenute im- muni, siano state poi trovate infette e ridotte con eguale solle- citudine a mal partito. Il tempo assai ristretto assegnato, per forza di cose, a queste ricerche, ci ha impedito di vedere se vi è regolare e costante pas- saggio del’ Hylastes, dal Trifoglio al Laburno (Cytisus come ha Inogo da una pianta all’altra di Trifoglio; così come per laburnum) la medesima ragione, non abbiamo potuto vedere se gli incrementi, non soliti, sulle piante del genere ©Cytisus, delle colline, ripetano la origine loro da quelli del Trifoglio, e viceversa; 0 se invece la infezione decorra parallela sulle due diverse piante e abitualmente indipendente, con scambio di ausilio tutto affatto casuale o inci- dentale; e sulla quale cosa noi invitiamo gli Entomologi e gli Agro- nomi a portare la loro migliore attenzione, così come noi vi por- teremo la nostra, giacchè il fatto stesso della presenza dell’insetto sulle piante legnose, inviterebbe a distruggerlo mentre pure si prov- vede contro di esso nei trifogliai, per le ragioni che saranno meglio altrove prospettate. Adunque nell’ aprile comincia il movimento dello Scolitide, che noi, nel fatto, alla fine del mese suddetto ed ai primissimi di maggio abbiamo trovato a tre, a quattro, a sette, a dieci sulle piante di Trifoglio, il più delle volte già penetrati in gallerie di recente aperte nelle radici, nel brevissimo fusto, e fra le ramificazioni di quest’ul- timo, 0 in marcia verso le radici, per gli accoppiamenti e il loro pascolo gradito. Allora pure, come si intende, si inizia anche la deposizione delle uova, che noi abbiamo trovate nella seconda decade di maggio STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 267 entro nicchie praticate dalla madre, in una galleria variabile assai, più per la posizione e per l’andamento suo che perla lunghezza, Fis. 35. — Pianta morente di Trifoglio pratense, non incappucciata. crivellata dall'Hyl/ustes al podere Poggio di Cusona. la quale non misura più di centimetri 3 a 3,5, così come la lar- ghezza si aggira intorno ad un millimetro. Essa appare, per Van- damento, ora quasi affatto diritta, ora più o meno fortemente si- nuosa, con vestibulo non facile a riscontrarsi se non si cerca di È L VIT CAIO IR, SLI GER RITO ARTT e 208 GIACOMO DEL GUERCIO proposito, così come non è ben netta la divisione della galleria in corrispondenza del vestibulo nei due tratti tanto ben visibili in altrì Scolitidi; e ciò anche perchè, nella specie di cui ci occupiamo, il braccio corto della galleria, quando si vede, non appare più lungo del tratto vestibulare. La specie pertanto nelle radici del Trifoglio dà lesempio di una notovole modificazione nei costumi suoi, tanto che male si potrebbero ad essa riferire, senza l’esame degli insetti perfetti, le gallerie che si trovassero nei fusti dei Cytisus, ad esem- pio, e degli Spartixm:, dopo aver visto quelle nel 7rifoliwm, e vice versa. E ciò non pure per il fatto della lunghezza, che è quasi doppia nelle parti legnose, ma per la più facile distinzione dei due bracci della galleria materna, sebbene anche in esse il tratto vestibulare sia brevissimo e non sempre molto più corto del braccio sinistro della galleria, che noi abbiamo trovato evoluta sempre nel suo braceio destro. E non è tutto, giacchè nel Trifoglio il numero delle uova, che sì trovano per ognì galleria è assai minore di quello, che nella galleria stessa sì trova sulle piantagioni indicate, con parti. colare riguardo al Laburno; e cosìttatta riduzione dipende non pure dalla dimezzata lunghezza della galleria, come abbiamo detto, ma dalla quantità minore, che ne vengono deposte nella stessa lun- ghezza, nelle due serie di piante; giacchè di uova non se ne tro- vano mai più di una mezza dozzina ad una diecina per ciascuna. La qual cosa allarga notevolmente le difterenze: biologiche della specie a seconda che essa sì trova vivente sul Trifoglio e sul La- burno; e anche di questo bisogna tenere il conto dovuto. Ma vi è ancora di più. Sul Trifoglio la posizione della galleria materna, qualche volta, girando intorno al colletto della pianta, resta quasi perpendicolare all'asse; tal’altra occupa una posizione tutta attatto obliqua, o inclinata, come per lo più sì vede neì La- burni; ed altra volta, assai più spesso, invece, essa tiene una di- rezione longitudinale, eguale a quella dell’asse della radice che la porta. E questa per noi sarebbe differenza di costume assai più notevole delle altre ricordate, sapendosi che son così poche in ge- nervale le variazioni dei costumi nella famiglia di questi insetti, che quasi sempre se ne può dedurre la natura specifica da quella delle alterazioni, dì cui sulle piante lasciano traccia. Ma mentre sì tengono presenti queste variazioni, l'osservazione SIREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL PRIFOGLIO 269 corre ad un’altra di esse, che serve ad allontanare maggiormente i costumi della stessa specie nelle sue stazioni differenti. 1 per 86 D7 Fig. 36. — Radice di Trifoglio scorteccinta per mostrare le gallerie materne dell'/I/ylastes. Fig. 87. — La stessa dalla parte opposta, per mostrare la rete delle gallerie laryali e le celle di trasformazione delle larve (G. d. G, ad pat.). questo, senza ritornare sulla discrepanza del rilievo, fatto sui La- burni (nei quali le numerose figlinolanze della stessa madre en- 270 GIACOMO DEL GUERCIO trano allo stato perfetto, con pochi fori nella scorza, per venire all’esterno, dove pare che vengano assai di rado, o in piccolissimo numero alla volta) se ne appalesa un altro assai diverso, in ordine all’accertato costume della specie, che dalle radici e dal fusto del Trifoglio viene presto fuori, e ogni individuo esce per il suo parti- colare foro di uscita, così che tutta la radice ed il fusto ne restano nella scorza come crivellati (fig. 35). Sarà inutile l’osservare come questi fori di uscita corrispondano per la forma e per l ampiezza (del diametro di un millimetro) a quelli che si riscontrano sui Laburni e sulla Ginestra. Dirò invece come, quasi a scavare un solco più profondo nell’ andamento del- l insetto sulle diverse stazioni notate, nelle piante legnose, galle- ria materna e gallerie laterali si svolgono quasi esclusivamente nella zona cambiale. E ciò perchè esse non interessano gran cosa i tes- suti corticali soprastanti, od esterni, e quelli del cilindro legnoso, sottostante, o interno; di guisa che anche sul legno non sempre sì scorgono in modo definito le tracce dell’insetto. Nell’asse radi- cale e caulinare del Trifoglio, invece, le cose, pure iniziandosi allo stesso modo, procedono in maniera tanto diversa da doverla met- tere in vista, non solo come peculiare osservazione scientifica, ma per gli effetti pratici, che ne derivano. E per vero, sta il fatto che, nel Trifoglio pratense da noi esaminato, le larve dello Scolitide, in principio si insinuano nella zona cambiale, fra corteccia e legno, ma poi, manifestamente si addentrano poco per volta nel cilindro legnoso, nel quale passeggiano i tessuti in tutte le direzioni, fino a trovare la zona midollare. Quivi giunte esse si fermano e vi pren- dono nutrimento, così del resto come fanno nel cilindro legnoso pel quale passano e nel quale del resto più spesso si fermano, dopo un percorso di centimetri 3,5 circa, e però di una lunghezza eguale, doppia e anche tripla di quella della stessa galleria materna di sopra indicata, che può essere lunga anche poco meno di 2 cen- timetri. Ecco quanto abbiamo potuto vedere nelle brevi ricerche dell’ anno decorso fino alla metà del mese di giugno. Alla metà di questo mese, dalle larve situate nelle celle di tra- sformazione, che si scavano ciascuna alla estremità della galleria larvale, cominciavano a derivare le ninfe. Queste sono color bianco lucente, e alla fine del mese stesso e ai primissimi di luglio si STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 271 hanno da esse gli insetti perfetti. I quali non compariscono allora solo in provincia di Firenze, ma anche in altri luoghi diversi da questa, come quelli di Arezzo e Cortona, dalle cui Cattedre ambu- lanti gli egregi loro Direttori, mi hanno spedito piante di trifoglio dalle quali il 21 giugno venivano fuori i primi adulti, che comin- ciarono ben presto ad accoppiarsi e a deporre le uova per la se- conda generazione, mentre continuava la evoluzione della prima. Non occorre qui dire come e quanto più attiva questa genera- zione dello Scolitide si svolga, giacchè avremo occasione di par- larne, trattando delle alterazioni che ne derivano sulle piante. Ora conviene osservare come verso la fine dell’ estate si completi la seconda generazione e se ne prepari una terza, che è quella che, generalmente, completandosi, a sua volta, verso la fine dell’autunno, passa l’inverno e riproduce la infezione nella primavera seguente. Fra le osservazioni, come abbiamo premesso, necessariamente saltuarie, che ci hanno con- dotto a determinare nel modo indicato le gene- razioni dell’ insetto, ve ne sono altre le quali mostrano che anche alla metà del mese di marzo del decorso anno si potevano trovare ed ab- biamo trovato forme perfette di Hylastes an- cora di color avana chiaro, insieme ad altre assai scure, che rappresentano la tinta defini- tiva dell’ insetto. Sarà bene di accennare, in oltre, come nel (9 dicembre ora decorso, invece, malgrado le ricer- Fig. 38. — Sezioni in che reiterate, non fu possibile di trovare altro testa, nel mezzo e nelle piante che forme adulte bene annerite. verso l’ apice della radice colpita da Hy- lastes, per mostrare da poco trasformati, fosse un fatto normale, come le gallerie si vadano addensando dall’alto in basso (G. allo stato di larva, per ritrovarle poi trasformate d. G. ad. nat.). più tardi negli adnlti indicati. Ma lasciando alle nuove ricerche da farsi il compito di porre Sicchè se il rinvenimento in marzo di insetti, avremmo dovuto rinvenirne ora i rappresentanti meglio in chiaro questo punto della biologia dello Scolitide, pos- siamo ora asserire che esso sicuramente sverna allo stato di adulto e che a metà della primavera si mette in condizione di attività 272 GIACOMO DEL GUERCIO manifesta, con spostamenti ed accoppiamenti, che hanno per ef- fetto di estenderne la diffusione e moltiplicarne il numero sulle piante: alla qual cosa contribuiscono precipuamente le generazioni estive ed autunnali indicate. Come conseguenza dell'aumento numerico dell’insetto, dalla pri- mavera all’antunno molto inoltrato, e della sua stazione nelle piante durante l’inverno, si ha una molestia continua per i vegetali ospiti, esposti da un anno all’altro ad erosioni, che vanno sempre anmen- tando di numero e nella stessa progressione geometrica con la quale diminuisce la parte sana dei tessuti risparmiati. A spiegare questi fatti e intendere meglio quello che, in fine, succede delle piante infette, occorre vedere ciò che gli insetti gua- stano e quanto di sano resta nelle piante lasciate a loro discre- zione. Per questo non occorre ripresentare ciò che si è visto, nella indicazione delle gallerie materne, per dedurne che anche una sola generazione di Scolitidi, operandovi con due o tre femmine, tutto l’asse caulinare e radicale si trova occupato largamente dalle gal- lerie larvali e materne di essi, fin quasi a non lasciare zona non sottoposta all’ erosione. La quale, per il singolare modo di com- portarsi delle larve nel loro cammino, non si svolge come in tanti punti isolati, ma in linee più o meno serpeggianti, che incontran- dosi formano catena per lunghi tratti ininterrotta, la quale divide i tessuti in tanti isolotti, di dimensioni tanto più piccole per quanto maggiore è il loro numero, che dipende da quello degli insetti, che cuniculano in vario senso l’asse della pianta. Presentiamo a questo riguardo la sezione longitudinale di una radice infetta, nella quale si vede appunto come i tratti delle gallerie ricordate formino ca- tena, e come più. particolarmente gli anelli o le parti di questa si vadano restringendo nella parte più bassa della radice (fig. 36). Ora tagliando di traverso un’ altra radice, essa pure notevol- mente infetta, si vede che mentre nella parte superiore più larga della radice, sotto il colletto, non si scorgono che una diecina di fori (fig. 38), più in basso, dove il diametro è i ?/, di quello pre- cedente, il numero dei fori è quasi il doppio, e maggiore anche di quello che si vede nella sezione praticata più in basso. Quivi però, malgrado il minor numero delle gallerie larvali, i tessuti si pre- sentano anche più rovinati che nella zona mediana, per la massa minore che in ordine alle più scarse dimensioni ne dispone. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 273 Ora, quando si consideri che questo è il resultato dell’ attività degli inquilini di due sole gallerie materne di insetti, è facile com- prendere che, con una galleria di più, tutto asse radicale si trova minato come si vede nella sezione mediana ed in quella inferiore, quasi terminale delia radice colpita. A conferma di quanto si asserisce presentiamo le sezioni di assi radicali colpiti nel secondo anno di età (fig. 39) e nelle quali, come si vede i tessuti consumati e anneriti a causa degli insetti coprono quasi tutta la sezione, giacchè la parte restata sana a mala pena ne rappresenta !/, od !/,,- E in questo stato di cose, il vigore della pianta e la possibilità di dare steli fogliati e fiori, poco per volta uon si trovano più nel dominio del vegetale. Il quale, allora, per rea- gire al male, che lo perseguita, tende ad accre- rig. 39. — Sezione di scere il numero dei rami nella corona caulinare, .T8diee di Trifoglio a pratense, deperito a scapito della loro robustezza, la quale dimi- senza incappuccia- nuisce così che poi, con la distruzione della TORTO: PO IMoSiTato c HA 6 5 È che la parte vivente radice, diminuisce la superficie delle lamine fo- aelr'asse radicale è liari, che tendono infine a sparire quasi affatto quella chiara; quella 5 e PEA AI L È È scura, con le testate sui rami gracilissimi, quasi capillari, che son te- delle gallerie del- stimonio ineluttabile dello stremenzimento della —!’mastes è morta. pianta. Così le piante di Trifoglio si. trovano tempestate dagli insetti alla fine dell’ estate e durante Vl autunno, quando un processo di profonda alterazione si mette in vista nella radice e nel fusto, che sì spappolano quasi del tutto e nel disfarsi molto probabilmente non saranno neanche adatti a dar quartiere all’insetto, che potrebbe abbandonarli durante 1 inverno. L’ insetto, ad ogni modo, non lo abbiamo trovato, nell’inverno del decorso anno, a Meleto, dove pure la infezione aveva rovinato precedentemente i prati e le piante erano completamente marcite; ma lo abbiamo rinvenuto invece nu- meroso nelle piante morenti, ma non disfatte, il primo marzo, a Ter- rafino (Empoli) e tanto da contarne 13 in un tratto di 3 em. di radice con non più di (5 centimetro di diametro; così, del resto, come ci è avvenuto di vedere in piante di Cusona, dove abbiamo trovato radici infette, ancora ben consistenti, con 31 insetti di cui u. Redia n, 1914. 18 274 GIACOMO DEL GUERCIO 26 di color avana chiaro e 5 nerastri, in poco più di 5 centimetri di radice. E sì che in un caso e nell’altro si trattava di radici di Trifoglio di poco più di un anno di vegetazione (1). Dopo la enumerazione di questi fatti non occorre passare alla misura dei danni che ne derivano ai trifogliai, ma gioverebbe an- cora per noi qualche notizia sulla intensificazione della infezione, e per osservazioni e dati dell’ agente sig. Tamburini Egisto, della fattoria di Cusona, la infezione del Trifoglio si sarebbe manifestata nel 1906, e pare, fra gli altri, in territorî del sig. ing. Paolo del Vivo, nei prati di poggio, dove fu posta in vista colla diminuzione del raccolto, la quale fu tanto sensibile che la coltivazione non rendeva più, e fu sostituita con Verba medica. Nel 1909 la infezione ridusse notevolmente anche la produzione dei trifogliai di piano, e in tal misura che laddove nella sola fatto- ria di Cusona, dal 1903 al 1905 si raccoglievano fino a 280 etto- litri di seme, questo è andato di poi tanto scemando da non pren- dere più del decimo della produzione primitiva. A Poggibonsi, a Vico d’Elsa, ed in altre località limitrofe vi sono stati esempiî di nuovi impianti di trifogliai, che hanno dato buon resultato nel primo raccolto; ma poi scarseggiando sempre di più, sono finiti con l’andare perduti. Ora, data la naturale distanza di tempo, che corre dallo inizio della infezione alla grave diminuzione del raccolto, gli insetti, che il sig. Tamburini ci identificava benissimo, ed aveva visto anche negli anni precedenti, si erano naturalmente diffusi prima del 1906, in collina, e prima del 1909 in pianura. Con questo in più che tanto in una zona, come nell’altra, il danno, trattandosi di diminuzione di seme, non si può e non si deve attribuire ad un insetto di un genere solo, ma a due, e in principio, secondo noi, agli Apionidi assai più che agli Scolitidi, salvo quasi a. capovolgere le parti. E ciò deve aver luogo quando, con la compromissione dei rami della corona e la distruzione del sistema radicale, mancando il (1) Le piante di Terratino furono raccolte dall’egregio Dott. Bindocci, che si è dato molte volte la pena di prenderne e di portarmene anche da altre lo- calità ; e merita, per questo e per quanto altro ha fatto, che sia pubblicamente ringraziato. Na" STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 275 mezzo di assorbimento e di trasporto delle soluzioni saline dal terreno alla corona della pianta, questa non dà più fiori e si li- mita a quella emissione numerosa di rami, che formando pennace- chio, danno la caratteristica della malattia e l indizio della fine del vegetale. Sullo streminzimento del quale però pesano anche le ri- petute generazioni degli Apionidi, le cui larve abbiamo veduto, per eccezione, discese fino nel midollo della radice, mentre la loro massa devastava i piccinoli delle foglie, i rami della corona, gli assi fiorali e gli ovoli, o i semi tenerissimi dei capolini, per i quali spesso, oltre che per l’erba e pel fieno la coltivazione si conduce. ALCUNE CIFRE SULLA DIFFUSIONE DEGLI INSETTI NEI TRIFOGLIAI. Sommate insieme, per gli effetti, le azioni indipendenti dei due generi di insetti, anche in vista dei provvedimenti da prendere, a questo punto delle osservazioni verrebbe naturale il desiderio di conoscere la parte della responsabilità che gli Scolitidi e gli Apio- nidi hanno nei danni dei trifogliai. Dalle cose vedute fin ora, intanto, senza pregiudizio di quello che potrà venir fuori dalle nuove ricerche da farsi, dobbiamo ri- tenere che gli insetti indicati sono sicuramente nocivi alle piante in esame, giacchè le investono tutte o quasi tutte senza riguardi di tempo 0 di luogo, di età o di altre condizioni di vita; le attac- cano nelle radici e nel fusto, o nei rami di questi, nelle foglie e nei fiori, e fanno ciò con tale rapidità è veemenza che ad un certo mo- mento il numero degli insetti resta di gran lunga superiore a tutte queste singole parti delle piante, sommate insieme e vi porta lesioni profonde ; e siccome la degradazione è tale fino da distrug- gere completamente gli organi lesi, eccezionalmente la infezione arriva a sopprimere, in una volta sola, con una sola generazione, quasi tutto il seme di intere coltivazioni di Trifoglio. Così del resto, gli insetti dal primo al secondo anno agrario son capaci di rovi- nare completamente il prato, come è successo nel podere di Poggio, della fattoria di Cusona, dove dal 26 dicembre decorso al 20 gen- 0 naio vi era oltre il 95 °/, di Trifoglio distrutto, ed il resto appena 276 GIACOMO DEL GUERCIO o poco infetto, e tutto con 8 a 20 e talvolta più di 20 Scolitidi adulti, per radice, in attesa della primavera seguente. Per avere una idea di quello che può essere ed è spesso il nu- mero di tutti questi insetti in un campo di Trifoglio basta ricordare che in un grammo di seme di detta pianta ve ne sono da 500 a 600, e però in un kg. ve n’è da 500 X 1000 a 600 X 1000, cioè da 500000 a 600000, e in 200 kg., che è la quantità di seme, che si può ottenere da un ettaro di trifogliaio, vi sono 500000 x 200 a 600000 X< 200, e per ciò da 100 a 120 milioni. Ora, pur posto che ogni larva di Apion assimile, o di Apion apricans rovini 5 degli ovarì che devono dare questo seme, quando la invasione di cosìffatti insetti ha devastato, o devasta il rac- colto del Trifoglio, può essere rappresentata da un quinto del nu- mero dei semi distrutti, e cioè da una media di 20 a 24 milioni di Apion per ettaro di trifogliaio. gli ovarì nei E questo soltanto per le. specie che colpiscono & capolini. Ad esse bisogna unire le altre che vivono negli steli e nei pic- ciuoli delle foglie. Ora posto eguale a 40 circa le piante di Trifoglio per mq. e a 400000, per tanto, quelle per ettara, siccome ogni pianta al 2.° anno di vita ha una quindicina di rami lunghi da 25 a 30 cm., con una sessantina ad una settantina di foglie, pur posto eguale a 5 soltanto le larve che ospitano in una foglia e a 10 in tutto quelle che si incontrano nella primavera negli steli, quando la infezione è grave come quella riscontrata a Cusona, il numero degli insetti per pianta è di 15 XX 104+ 70X5= 500, e quello per ettara è di 400000 x 500 = 200,000,000. Sicchè quando la infezione imperversa, come faceva nei prati di Cusona, le piante si trovano contemporaneamente sotto la mo- lestia di centinaia di milioni di insetti, i quali, pur troppo, sono tutt’ altro che disposti ad arrestarsi in questo numero, giacchè progrediscono, moltiplicandosi incessantemente dalla primavera al- VP autunno inoltrato. Ma questi non sono i soli, come abbiamo notato, degli insetti, che costantemente vivono a spese delle piante in esame, giacchè agli Apionidi bisogna unire gli Hylastes, che ne perforano il fusto STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 277 e le radici, ed essi, all’ inizio delle osservazioni fatte a Meleto, occupavano nei poderi di piano, più infetti, il 70 °/, delle piante. A Cusona le piante estirpate dal sig. Tamburini, dal dott. Bin- docci e dal dott. Malenotti presentavano una invasione del 95 al 100 °/. In queste piante, prelevate da trifogliai di due anni, variava assai il numero degli Hylastes, giacchè nell’autunno inol- trato si andava da una diecina ad una quarantina, non tenendo conto che di quelli presenti e senza gli altri, che, per una ragione o per l’ altra, ne erano usciti. Ma anche duplicando soltanto il minimo di 10 di essi trovato, per radice, si comprende come anche gli Scolotidi abbiano una rappresentanza tutt’ altro che trascurabile, giacchè nelle condizioni ricordate sarebbe di 400000 >< 20=8000000 per ettara. E quando sulle piante di un’ ettara di prato gravitano contemporaneamente le azioni nocive di 308 milioni di insetti, sol- tanto di piccoli Coleotteri, e poi di Ditteri, di Tisanotteri e di Ne- matodi, si comprende la condizione nella quale la coltivazione si può trovare ridotta. A fronte di questa impressione, però, ugualmente profonda, che data, pur essa dal 1911, se ne presentava un’ altra, per il fatto che, alla fattoria di Meleto, fra il 70°, di piante logorate nelle radici dall’ Hylastes, vi erano le altre, che, pur non portando sem- pre la traccia evidente della infezione per Hylasfes presentavano l aspetto caratteristico’ dell’ incappucciamento. Parve per ciò che nel malanno dello incappucciamento del Trifoglio vi dovesse essere una causa di male da non confondersi con quella derivante dalla presenza degli Hylastes. Così come per stare dietro a quest’ in- setto non fu possibile procedere ad una minuta ispezione dei tes- suti per vedere se vi erano 7ylenchus, come fu fatto per la pianta di Cusona. ALCUNE NOTIZIE DI ALTRE INFEZIONI E DI RICERCHE DIVERSE. Allora però ancora non era dato tener stretto conto oltre che della presenza degli Hylastes, anche di quella degli Apionidi giac- chè le prime osservazioni furono portate necessariamente e per una volta sola, sulle piante di un appezzamento soltanto, quello 278 GIACOMO DEL GUERCIO gravemente danneggiato, nel quale lo stremenzimento e la rovina dei germogli della corona aveva naturalmente costretto gli Apion a cercare riparo nelle zone circostanti. Le ricerche furono riprese, per richiesta della R. Accademia dei Georgofili, soltanto nell’ inverno del 1913, quando gli Apion non si moltiplicano, così che fu necessario attendere la fine dell’ inverno e V inizio della primavera per seguirli e controllarne le gesta, con i resultati che sono stati a suo luogo indicati; mentre agli eftetti patologici sulle piante, non ostante il preconcetto, non poco dif- fuso, che le lesioni al tessuto midollare, a somiglianza di quanto ha luogo nei tronchi delle piante legnose, non porti pregiudizio alla salute dei vegetali, abbiamo potuto convincerci che questi ne risentono notevole danno. Le piante arboree non presentano depe- rimento per le corrosioni al cilindro legnoso, quando queste inte- ressano tessuti morti o che come tali si possono considerare per la pianta; ed allora se anche il tronco si riduce alla sua zona esterna soltanto, la chioma sopravvive. Ma non è più così quando invece di piante ormai secolari od annose si tratta di piante gio- rani, fossero anche di Querce o di Leccio, la fine disastrosa dei quali, sotto lazione dei grossi Longicorni nei viali dei Colli e nel parco delle Cascine sta fin troppo a protestare della esattezza di quanto si afferma. La quale, per altro trova prove di riscontro ad ogni piè sospinto in cento altri avvenimenti di infezione a causa d’insetti, per i quali il Salcio invecchia ancora giovanissimo, sotto gli attac- chi del Cossus, più che delle Aromia; il Pioppo ingrossa il suo fusto come una clava, logorato sul suo mezzo dalla larva dello stesso Lepidottero ; il Noccinolo secca nei suoi ramoscelli, in pre- senza dell’ Oberea ; le piante del Cavolo gigante lignificano note- volmente e riducono il numero dei broccoli sotto gli attacchi dei Curculionidi e degli altri insetti, che ne corrodono la zona midol- lare; le piante del Cavolo comune intisichiscono tutte, colpite nel midollo dalle larve degli stessi Coleotteri e dalle larve dei Dit- teri; le piante di Cardo, Carciofo, Cirsio, Pastinaca, Eracleo, Ro- mici, e le piante delle Malvacee e del Garofano colpite dai Lyrus non si comportano diversamente; così come avviene per la Ca- napa e pel Granturco colpiti dalle Pyrausta. Nel Trifoglio però sono meno evidenti gli eftetti della infezione 5 STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 279 non pure per la mole notevole del cesto della pianta rispetto alla estrema piccolezza della larva dell’ insetto, che si scorge appena ad occhio nudo, ma pel grado della infezione necessaria per deter- minarne gli effetti indicati. I quali, se gli Apion non sono rappre- sentati da buon numero di larve non sarà facile di scorgerci gli effetti sulle parti interessate. Delle quali, intanto, i picciuoli mo- strano zone di necrosazione piccole, ma evidenti, in corrispondenza delle celle ninfali che restano nascoste e la escavazione delle quali, con la distruzione del tessuto midollare può giungere fino a met- tere a nudo il tessuto erbaceo circostante; e allora le foglioline restano notevolmente più piccole di quelle normali, non colpite. La diminuzione delle dimensioni negli organi dei vegetali invasi però non si limita alle foglie soltanto, che presentano anche i piccinoli più corti; giacchè lo stesso si verifica negli assi cauli- nari; e a cosiffatto riguardo la presenza degli Apion va considerata non pure nei meritalli mediani e superiori, ma in quelli basilari della chioma. Ciò perchè nei primi di essi gli effetti diretti della infezione riescono meno gravosi alla economia vegetale, perchè ven- gono mano a mano asportati con le falciature al momento della raccolta e della fienagione delle erbe; nei secondi invece, che re- stano sulle spalle del testuechio della pianta e che devono dare i nuovi germogli per le falciature o per le fioriture successive, gli attacchi riescono ad effetti più molesti. È occorso così più d’una volta di vedere che i germogli provenienti dai rami basilari infetti per Apion sono meno robusti degli altri appartenenti a meritalli sani; così come negli stessi meritalli basilari i germogli del lato corroso nell’ interno dalle larve dell’ insetto sono esili e stremin- ziti rispetto agli altri che si trovano dal lato opposto. Bisogna, per altro, osservare che, i meritalli basilari infetti, che sono le vere spalle della sfiglinolatura suecessiva delle piante di Trifoglio, mano a mano che gli insetti li perforano e li abbando- nano, disseccano immancabilmente e la pianta viene per tal guisa costretta ad abbozzare ed a svolgere a spese delle sue riserve, nuovi germogli. I quali, naturalmente, rappresentano una diminu- zione di energia tutt’altro che trascurabile, che è tanto più note- vole e gravosa per quanto più grande è la parte della infezione, che scende ai meritalli basilari, e maggiore il numero delle uova, 250 GIACOMO DEL GUERCIO che le femmine degli Apion collocano in ciascuno; e siccome lo indebolimento dei nuovi germogli aumenta col ripetersi delle ge- nerazioni e colla falciatura delle erbe, che con quelle si alterna, si comprende come le straordinarie invasioni degli insetti possano condurre allo streminzimento delle piante, che si verifica tanto più a breve scadenza, per quanto maggiore è il numero delle azioni combinate agli stessi effetti, come è la conceo- mitanza dei 7ylenchus, degli Hyla- stes, degli Apion, e degli altri insetti di sopra indicati. L’accertata presenza nociva degli Apion non esclude per noi neppure ora la presenza di cause indipen- denti da insetti nel male dell’ incap- pucciamento o streminzimento del Trifoglio pratense. E ciò diciamo a malgrado di alenne osservazioni e varie ricerche a contrario resultato fatte per determinare certi rapporti, che in altre occasioni abbiamo tro- vati fra azioni entomatiche e azioni microbiche o micetiche, le quali ul- Fig. 40. — Stelo di pianta morente mani- time, per quanto poste abitualmente festamente incappueciata, sviluppato al seguito delle precedenti, potreb- dopo il trapianto a Firenze del Trifo- ) FRI x a glio preso al Poggio di Cusona, e con- bero anche essere le prime, ed aprire cimato nel modo indicato, peril con-. esse la via agli Scoliti, se non ai fronto con le figure 38 e 39 (G. d. G. _, x z È Naga POR Nematodi ed agli Apion verso i ve- getali danneggiati. Ad un certo momento delle nostre osservazioni, quasi a confer- marci in questo modo di vedere, abbiamo potuto trovare piante di Trifoglio colpite da insetti e da Nematodi, intristite come quelle indicate nella figura 35, rese improduttive e destinate alla distru- zione, e però quasi senza l incappucciamento descritto; e piante a più grande sfiglinolamento, ridotte realmente come nella parte centrale dell’ altra riportata nella figura 4 della Tav. 15, o nella fic. 2 della Tav. 14. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 281 Le piante del primo tipo, raccolte nel podere di Poggio di Cu- sona (Barberino Val d’ Elsa) furono trasportate a Firenze ed ivi ripiantate, nel giardino annesso alla R. Stazione entomologica. Il terreno nel quale furono destinate era assai compatto e al momento del loro collocamento furono concimate con stallatico e cenere nei ‘apporti a suo luogo indicati. Per liberarle dagli Apionidi, prima di collocarle a destinazione furono accuratamente visitate e poste sotto una corrente di acqua che ne investiva violentemente la chioma. Poi furono visitate nelle ‘adici dalle quali vennero tolti gli Hylastes, che vi erano ancora rimasti. Vi restarono però i Nematodi, perchè non sarebbe stato possibile ricercarli senza finire di rovinare le piante in osserva- zione. Queste dalla fine di Gennaio ad oggi, si presentano come rinno- vellate sebbene non abbiano subìto che il trapiantamento e nel mese di Febbraio una concimazione con cenere e stallatico, presi nel rapporto del 30%, dell’ una e del 70 °/, dell’altra, che fu effet- tuato mescolando parte del concime al terreno, intorno alle ra- dici delle piante, parte distribuendola alla superficie e lasciando all’ azione della pioggia e della rugiada di portarne i principî nu- tritivi a contatto delle radici. Il cambiamento però non si è visto che in Febbraio e di Marzo; ma nella primavera è stato addirittura straordinario. Parmi opportuno a questo riguardo riportare una lettera del dott. Bindocci, della locale Cattedra Ambulante, incaricato per la soluzione della parte agraria del quesito in aiuto del prof. Ferrari. Im data 12 maggio egli scrive nei termini seguenti : « Mi faccio un dovere di comunicarle un fatto che reputo ab- bia una notevole importanza per lo studio delle malattie del Tri- foglio delle quali ci occupiamo da tempo. « Giorni sono, forse quindici giorni fa, un agricoltore mi portò alcune piante di Trifoglio attaccate da Mylastes, le quali però non presentavano ancora 1’ incappueciamento. « Per V esame di queste piante Ella ben comprende che dovei sezionare la radice per un bel tratto onde vedere fin dove si spin- gevano le gallerie del dannoso parassita. « Riandando alle sue esperienze, e dico la verità senza alcuna 282 GIACOMO DEL GUERCIO speranza di successo, dato lo stato in cui avevo ridotto le pian- tine, misi una di queste in un recipiente con poca terra e molta Fig. 4lI. — Stelo di pianta di Trifoglio pratense raccolta morente e destinata alla distruzione al Poggio di Cusona, rivegetata dopo trapianto e concima- zione alla R. Stazione di Entomologia di Firenze. Disegno preso dal vero e a grandezza naturale, riportata pel confronto con lo stelo della pianta alla fig. 40 (G. d. G.). acqua, alla quale aggiunsi un po’ di nitrato di soda ed i sali nu- tritivi « flora ». « Se dicessi che la piantina, alla quale mancavano già quasi tutti i germogli, abbia un aspetto rigoglioso e normale direi cosa RA ARE ME ER ATEO, OPEN DI STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL I'RIFOGLIO 253 non vera; però posso assicurarle che la piantina seguita a vivere e ad emettere nuovi germogli, i quali sono di aspetto norma- lissimo. « Ciò credo sia una conferma alle sue esperienze. « A noi ora per stabilire il lato pratico ed economico. « Domani mi recherò a Meleto per vedere quelle prove di Tri- foglio Spadone da me istituite e per esaminare gli altri trifogliai ». Fig. 42. — Figura, a grandezza naturale, delle foglie dello stelo della fig. 41 per il confronto con quelle della fig. 40 (G. d. G. ad nat.) Ma successivamente il dott. Bindocci mi ha fatto grazia di no- tizie più interessanti, che si collegano anche meglio a quelle, che sono il resultato delle nostre scarse assai, ma ben decisive ricerche. Egli mi ha scritto, infatti, in data del 15, che il 14 di maggio, a Meleto « in collina la infezione si presenta meno forte che non 254 GIACOMO DEL GUERCIO in piano e noto subito che riferendomi allo stesso periodo pri- maverile del decorso anno, ora vi è una vegetazione migliore e più uniforme di quella constatata 1 altra volta. « Pochissime sono per tutto le piante incappucciate, per quanto sia difficile poter ora stabilire una percentuale rigorosa a cansa del momento della vegetazione, la quale è tanto rigogliosa da na- sconderne qualcuna. Non ostante si può calcolare che la manife- stazione dell’ incappucciamento caratteristico sia ridotto nella mi- sura del 10 °/, circa. « Ho estirpato pure parecchie piante, aleune delle quali glie le rimetto, perchè vale la pena di esaminarle, per constatare che le radici sono quasi tutte sempre sane, con scarsa percentuale di infezione per insetti; mentre nei rami della corona ho trovato quasi sempre infezione per Apion. « Ho ispezionato poi, come era anche suo desiderio, i prati di Trifoglio Spadone, che ho trovato attaccato dagli insetti stessi del Trifoglio pratense, ma in misura minore. Le differenze avremo modo di valutarle in seguito, perchè sarà pesato il foraggio di una pianta e dell’ altra. « A seguito, per estendere nel campo le sue prove relative alla influenza delle concimazioni laute che Ella ha inizialmente speri- mentate, con esito felicissimo, ho disposto che dopo la falciatura sì somministrino sostanze azotate ed altre al Trifoglio, salvo a ricerche al tempo stesso nel quale Ella ha operato costà ». Ora dall’ esame delle piante, che l egregio collega si è compia- ciuto di rimettermi, si rileva effettivamente uno stato di cose tale che, se non fossimo al riguardo troppo prevenuti, non diremmo certo che il loro insieme sia quello di piante ammalate, dal mo- mento che ognuna ha un cesto di 14 a 20 rami lunghi da 35 a 45 cm., malgrado la quantità enorme dei fungilli, che hanno col. pito all’ ultimo momento il fogliame. Queste piante, per tanto, a vegetazione uniforme, capaci di na- scondere con i loro rami anche qualche pianta incappucciata, se non le ceonoscessimo, non le diremmo colpite più dalla malattia dello streminzimento, che è sparita, nell’ insieme pure dalle piante da noi raccolte morenti al podere di Poggio di Cusona, ed è spa- rita in modo poco meno meraviglioso, anche a Meleto, dove la col- "i (a e” Tn x de A LTL” STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 255 tivazione erasi diradata, ed era quasi per tutto, dove più dove meno sparita. Quali sarebbero state le dimensioni degli steli di queste piante di Cusona e di Meleto se avessero avuto concime in abbondanza e della natura di quello somministrato da noi nella ristretta espe- rienza condotta alla R. Stazione ? Esaminando queste piante a confronto si vede che gli steli sono if, circa più corti, da '/, ad ‘/, più sottili e le lamine delle foglioline da 3 a 4 volte più piccole. Ma d'altronde il loro aspetto per è quello generale delle altre piante viste, mentre scriviamo, nei dintorni di Firenze; e se fra i grossi rami non si trovassero dei germogli esili, foglie brevissime, testimoni del male, non vi sarebbe altro segno dell’ incappueciamento. Ad ogni modo queste piante hanno così dimostrato anch’ esse quella rinascenza della quale ho tenuto discorso all'Accademia dei Georgofili il 5 Aprile, e per la quale, anche senza aver visto ciò che deve essere naturalmente successo a Cusona, mi pare che basti per dire che la soppressione degli insetti ha giovato molto alle piante in esperimento, così come sarà bene di prendere in più seria considerazione un elemento della quistione, che dovrà per noi contribuir molto alla soluzione pratica del quesito in esame. A questo riguardo potrà riuscir utile il ricordare che la sop- pressione degli insetti, operata artificialmente nelle nostre piccole esperienze, è avvenuta per cause naturali ed è stata molto sensi- bile, secondo il Dott. Bindocci, a Meleto ed altrove, gli Apion avendo subìto attacchi per parte degli endofagi già altra volta in- dicati nella fig. 28. Abbiamo così una notevole corrispondenza fra osservazioni spe- rimentali e ricerche di campo sia in quello che è progresso vege- tativo, sia nella causa che lo avrebbe determinato. Lo sviluppo delle piante da una parte sarebbe stato, come ab- biamo rilevato, assai più grande che dall’ altra, nel campo, avendo avuto steli meno grossi, alquanto più corti e laminette foliari meno grandi di quello che è stato indicato nelle ricerche speri- mentali; e con molta probabilità potrebbe darsi che la differenza si debba alla concimazione che fu fatta alle piante in osservazione e non in quelle dei prati. ) GIACOMO DEL GUERCIO Il Dott. Bindocci dopo questi resultati ha tentato delle ricer- che analoghe nel campo; così sono state fatte di estate e per quanto non ci consti nulla del resultato ottenuto, quale che esso sia, non è da confrontarsi con quello da noi registrato. Per evitare di dover attribuire nelle esperienze questi resultati alla mancanza dei germi contenuti nel terreno, dove prima erano coltivate le piante in osservazione, abbiamo avuto cura di traspor- tare da Cusona anche della terra, che spappolata in abbondante acqua 1 abbiamo versata al piede di ogni cesto di Trifoglio. Successivamente abbiamo spappolato nell’ acqua una quantità notevole di radici e fusti di piante morenti e morte; e con l’acqua abbiamo annaftiato V appezzamento del Trifoglio in osservazione. Questo piccolissimo appezzamento di piante abbiamo annaffiato di poi con l infuso delle radici e del fusto delle piante ricordate, e con l’ infuso medesimo abbiamo annaffiato a più riprese altro appezzamento di piantine ottenute da seme sano, posto presso un altro formato con seme proveniente dalle piante di Meleto. Tutte queste ricerche sono state iniziate dal mese di Marzo al mese di Maggio, sussidiate con colture in vaso a terriccio sotto- posto previamente all’ azione potente e prolungata del Solfuro di carbonio. E le osservazioni, che continuano tuttavia, saranno pro- tratte fino a metà di Novembre, e, possibilmente verranno segni- tate anche nel venturo anno. Ma intanto notiamo quanto segue. Le piante di Trifoglio trasportate da Cusona a Firenze nel de- corso anno, hanno ripreso come abbiamo detto, e si trovano ora in condizioni talmente buone da desiderare che tutti i trifogliai d’ Italia si trovassero ricchi di piante con vegetazione abbondante come quelle in esperimento. E noi insistiamo su questo fatto, che sarebbe per noi particolarmente notevole, perchè si tratta oltre che di piante già rovinate, ma per di più di piante con vegetazione la quale volge ormai dal 3.° al 4.° anno di vita. Su queste piante non ha manifestato alcuna inflnenza nociva la somministrazione dell’ infuso delle piante morte, nè l’acqua nella quale erano state spappolate le radici e la corona del fusto degli stessi vegetali indicati. Il deperimento non si è verificato neppure dopo avere sforbi- ciate le piante nelle loro spalle, per facilitare la presa e la diffu- i STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 287 sione dei germi, degli enzimi, o delle tossine, che possono tener dietro alla invasione microbica nei tessuti delle piante. Le piante ottenute da seme di Trifoglio sano si sono compor- tate come se non fossero state annaftiate con gli infusi indicati, come si è visto per le piantine ottenute da seme proveniente da Meleto, le quali sono vigorose e belle come le altre avute da seme di piante sane. Di quest’ ultime piante una parte le abbiamo concimate con ce- nere, una parte con stallatico ed un’ altra con cenere e stallatico insieme, nelle proporzioni indicate. Il terreno era compattissimo per tutto, ed uguale anche per al- tre condizioni nelle diverse preselle ; e delle piante quelle conci- mate con stallatico e cenere hanno risentito benefizio maggiore dell’ altro conseguito con solo stallatico, o con sola cenere, la quale ci è apparsa la meno efficace a rialzare le sorti delle piante. Ii bero dal compito nostro, richiamiamo sull’argomento l’opera speri- su questo e per altre ragioni, che a seguirle ci allontanereb- (I mentale, avveduta, del Chimico agrario, perchè dopo le note ento- mologiche indicate, e mentre l’incaricato degli studîì batteriologici in corso completi le ricerche avviate, veda, con criterî tutto affatto moderni, nelle migliori ragioni d’essere fra il Trifoglio e le piante della rotazione agraria rispetto al terreno ; e determini quali cause indipendenti da insetti, o da batterì patogeni possono determi- nare nelle diverse condizioni di terreno la depressione delle piante. E insistiamo anche più di quello che abbiamo già fatto su ciò, fra V altro, perchè gli stessi insetti dannosi descritti ed i 7ylen- cus indicati pur agendo per rapporto diretto, come è stato con- fermato, potrebbero bene non essere la causa prima, ma quella suecessiva del male, e per ciò 1’ aggravante di un’ altra che risie- derebbe secondo noi nella natura costituzionale stessa del Trifoglio pratense, di deprimersi ogni qual volta la eccessiva compattezza del terreno accoppiata alla scarsità di freschezza nel suolo ne com- promettano il regolare andamento (1). (1) Il Passerini, al pari degli altri agronomi, dopo il Cuppari, ricorda che il Trifoglio pratense teme 1’ arido, e il prodotto dei tagli seeondarî è poco ab- bondante e incerto laddove la pioggia scarseggia nell’ estate. 285 GIACOMO DEL GUERCIO E questo siamo portati a pensare dalla integrità anatomica dei tessuti che compongono tutto il cilindro legnoso delle piante non vulnerate o intaccate talvolta appena sul sistema corticale della lunga radice; dall’ apparenza tutt’ affatto normale, delle parti indi- sate, al confronto con le piante sane, che, come abbiamo altrove rilevato, sono in quel cilindro legnoso soltanto meno prosciugate. E il prosciugamento dei tessuti però, originariamente potrebbe es- sere motivato precisamente dalle ragioni fisico meccaniche inerenti alla natura del terreno e del clima, aggravato dalle cause biolo- giche animali ricordate ; così come nei luoghi più solatii ci è oc- corso di vedere che piante di natura diversa scarseggiano tanto nella vegetazione a causa del terreno e del clima che non allignano quasi affatto e restano per ciò fuori del dominio dell’ agricoltur: meridionale ed insulare d°’ Italia. Nelle condizioni di terreno e di clima ora ricordate lo stremen- zimento, o lo incappucciamento del Trifoglio potrebbe ripetere la sua origine anche da una relativa scarsità di sostanze organiche e minerali di pronta assimilazione. La qual cosa porta anch’ essa al nanismo per deficienza di nutrimento, che gli agronomi più av- veduti combattono, con sufficiente efficacia, largheggiando sempre nella somministrazione delle sostanze concimanti, sulla natura e proporzioni delle quali, e per le utili modificazioni, che possono indurre nel terreno e nell’ organismo del vegetale che tende al de- perimento, ci rechiamo a dovere di chiamare l attenzione del Chi- mico agrario. Al quale nel tempo stesso si dovrebbe oftrire la 0p- portunità di vedere anche intorno alla vegetazione batterica del terreno, nel quale le piante si trovano e quali oscillazioni essa subisce nei terreni diversi variamente concimati destinati a Trifo- glio pratense, sia nelle terre fin ora occupate dalla infezione, sia nelle altre dove il malanno non sarebbe stato ancora avvertito. Se abbiamo ritenuto poi nostro dovere di segnalare al pubblico degli agricoltori queste nostre osservazioni sulla suscettibilità del Trifoglio di deprimersi e sparire sotto le avverse condizioni del terreno e del clima, in certi luoghi ed annate, è anche perchè altri generi di leguminose pratensi non risentono affatto del male che lo incoglie. L’ Erba medica (Medicago sativa) largamente coltivata dove si destina il Trifoglio, è fra queste, e tanto non ne soffre STREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 259 che a noi è stato dato di trovarne appezzamenti intieri di essa me- scolata con Trifoglio, ed in essi questo è deperito laddove l’altra ha serbato intero il suo vigore primitivo. Si ricordi intanto che la Medica raggiunge, con le sue estremità radicali, profondità straordinarie, alle quali non sempre pervengono le stesse piante legnose. Orth le ha ritrovate fino alla profondità di metri 2,65; Passerini, e noi le abbiamo trovate attraverso tutto lo strato degli argini dei fiumi; e nei terreni corsi da fiumi e da torrenti non è difficile vederne 1’ apice da 3 a 5 metri di pro- fondità. In conseguenza di questo comportamento della bella e ricca leguminosa, Muntz e Girard hanno potuto notare che la massa delle sue radici, compresa nel terreno arabile, rappresentato dai primi 25 cm., è meno della metà di quella raccolta nel sottosuolo e distribuita dai 25 cm. ai 150 e più. Non solo. I 550 kg. al- meno delle radici, che si trovano nel tratto della profondità indi- sata, sono, mano a mano che si estendono, rappresentate da quote sempre più grandi rispetto alla prima, per quanto non sempre pro- porzionali fra loro, come quelle che si registrano di kg. 56, 92, 75, 212, 115, ecc.; e siccome la freschezza del terreno aumenta indi- seutibilmente con la sua profondità, e la massa maggiore delle radici trovasi penetrata dove spesso l’acqua è abbondante, sempre esuberante la freschezza, se non Pumidità, la ragione della resistenza della pianta troverebbe la spiegazione, per noi, nell’ allungamento grande del suo sistema radicale. Il quale è lungi da noi dal cor- rispondere alle cifre del Muntz sopra indicate; ma anche pene- trando alla profondità ordinaria di una cinquantina ad un sessan- tina di centimetri, col grosso fittone esso si sottrae sempre, con le estremità sottili, alla massima parte dei tristi effetti della siccità in quasi tutta la regione peninsulare d’ Italia. Nella quale in fatti essa prospera quasi pertutto, sebbene meno di quello che si veri- fichi nella valle padana, dell'Adige e di altri fiumi, che scorrono nella pianura della regione continentale; laddove, per converso, si deprime quasi sempre nella regione insulare. Non sarà inutile rilevare ora, a confronto di questi fatti, quello che ha Inogo per la profondità della radice nel Trifoglio pratense. Questa pianta è pur essa ben fittonata, ma le sue radici oltre « Redia », 1914. 19 290 GIACOMO DEL GUERCIO passano di poco i 150 em. di profondità e ne arrivano di rado a 170, secondo le stesse osservazioni dell’ A. precedentemente ricor- dato. Il quale rassegna pel Trifoglio 149 kg. «di radici nel suolo arabile, e 799 per il sottosuolo. Nel quale vi sarebbe per tanto una quantità di apparato radicale superiore a quello ricordato per I Erba medica, ma distribuito, non in ragione diretta, sibbene in proporzione inversa della profondità, secondo le cifre seguenti : ke. 425 dai 25 ai 50 em. (cioè la massa maggiore), kg. 230 dai cm. 50 a 75; kg. 108 dai cm. 75 ai 100, e kg. 35 dai 100 ai 125 em. Sicchè sarebbe proprio la massa maggiore delle radici, che ver- rebbe influenzata durante gli alidori estivi, con la fenditura del terreno; mentre la massa minima soltanto si troverebbe sicura- mente sempre al coperto dal danno sopra indicato; e siccome al- V atto pratico, nei nostri terreni aridi e oltremodo compatti, quella profondità straordinaria è un pio desiderio, giacchè in media, quelle di Meleto e di Cusona non infette, non superavano i 25 ai 30 cm. al massimo, mentre quelle morte o deperite senza incappuccia- mento ne misuravano una quindicina, e poco meno ne avevano le altre incappucciate, come si vede nelle quattro figure delle Tav. 14 e 15 indicate, ridotte a due terzi del vero. E a noi pare che alla stregua di queste cifre vi sia quanto basta per confortare la tesi posta e raccomandata all’ Agronomo ed al Chimico agrario, per le ulteriori ricerche necessarie, che trascendono il compito nostro. Osserveremo invece che l’ Erba medica ha pure le sue specie di Apionidi, come non sarebbe altrove risparmiata dagli Scolitidi (Hylastes) e dai Nematodi (7ylenchus); ma questi certamente non fanno sentire da noi su di essa gli effetti, che sono stati ricordati per il Trifoglio; e con eguale sicurezza possiamo affermare di non averveli mai trovati, così come gli Apion, che sono ritenuti pure dell Erba medica, vi si rinvengono in tal numero da non doverne tener conto economicamente. Un'altra pianta, sulla quale, sempre allo stesso intento, bisogna richiamare l’attenzione, è la Sulla (Hedysarum coronarium), che il distinto agricoltore, Sig. Tamburini, Agente del Sig. Conte F. Guic- ciardini, nella fattoria di Cusona, ha consociato al Trifoglio pra- SPREMENZIMENTO O INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 291 tense. Ora anche queste piante, non ostante la nascita e la pro- tratta permanenza fra le altre del Trifoglio infetto, si sono serbate perfettamente sane e ne presentiamo il tipo come di pianta im- mune dalla indicata infezione (fig. 5). Ma la figura della pianta qui riportata ha pure altra ragione per essere ricordata, ed è che essa al pari di tante altre è restata in tutto il suo portamento rigo- glioso non ostante le corrosioni numerose più o meno profonde praticate nel suo sistema corticale da Artropodi diversi fra Cro- stacei terrestri e Miriapodi; e siccome le dette corrosioni erano state praticate in momenti assai diversi, la via di entrata non sa- rebbe venuta mai meno ai microbî e agli enzimi apportatori di danni ove ve ne fossero stati per la Sulla. Non occorre tener discorso della Lupinella, o Fieno marem- mano (Onobrychis sativa), la cui rusticità non ha bisogno di essere confrontata con quella del Trifoglio, giacchè, come è stato osser- vato, essa resiste bene all’ arido e vegeta pur dove scarseggia la pioggia, anche meglio dell’ Erba medica; e non occorre neppure notare che le sue radici, essendo quanto quelle del Trifoglio e del doppio più piccole di quelle della Medica, nella rusticità notata, deve esserci, come abbiamo premesso, una ragione di costituzione organica, che non sfugge ad aleuno, ma che nessuno a norma di scienza ha fin ora evidentemente spiegato. A questo punto delle osservazioni fatte si potrebbe domandare se lo stremenzimento del Trifoglio pratense, riferito originariamente ed in prima linea alla naturale costituzione della pianta, nelle con- dizioni sfavorevoli di terreno, di nutrizione, e di clima, non fosse esso stesso la causa determinante della invasione delle piante per parte degli insetti Curcolionidi (Apion virens, ete.), degli Scolitidi (Hylastes trifolii) e dei Nematodi (7ylenchus devastator). Ma dob- biamo a tal riguardo ricordare che simile sospetto lo abbiamo avuto fin dal principio delle nostre ricerche. Ma nella successiva esecu- zione di queste però abbiamo dovuto lasciarlo e abbiamo posto da parte, perchè le osservazioni sulle piante ci hanno dimostrato che la manifestazione per lo meno della riduzione e deformazione del Trifoglio segue e non precede | apparizione su di esse degli in- setti. E così abbiamo visto, ad esempio, che. ha luogo per gli Apion, i quali, poi, siecome quando lo sfiglinolamento e il conse- 2992 GIACOMO DEL GUERCIO guente caratteristico incappueciamento sono bene definiti, si allon- tanano, invece di insistervi, bisogna inferirne che ha luogo il con- trario di quello che a prima vista, per i rapporti indicati, fra insetti, incappucciamento e piante, si potrebbe pensare. Quanto agli Hylastes, per la famiglia alla quale si riferiscono, e per quanto è stato ricordato nei rapporti fra gli Scolitidi e le piante forestali, particolarmente considerate, essi sono stati anche più sospettati degli Apion. Ma le osservazioni fatte in pianura ed in collina, su piante giovani ed in avanzato sviluppo, portano a rite- nere che essi attaccano certamente piante sane; e quando le hanno invase, in qualunque condizioni si trovino, le perseguitano fino a che non ne abbiano interamente rovinato scorza e cilindro legnoso. Quando questi tessuti, per le alterazioni, che per essi hanno subìto, non sono più al caso di offrir loro il nutrimento necessario, le ab- bandonano, mentre anche le piante volgono alla loro fine. E con questo non si può dire che i rapporti fra Hylastes e Trifoglio pra- tense siano di ordine saprofitico ; così come non si può dire che non sia nello stesso ordine di cose 1’ azione dei Nematodi indicati. È sorto ugualmente il sospetto che la presenza degli insetti e degli altri invertebrati indicati nelle piante di Trifoglio potesse essere determinata dall’ azione preesistente di particolari fungilli, di batterì, o di enzimi. Non abbiamo fatto particolari ricerche sugli ultimi fra gli agenti indicati; ma non abbiamo trascurato le ispezioni generali ripetute diverse volte, con le quali abbiamo escluso i funghi propriamente detti, mentre per i batterì e gli altri agenti, che per avventura si potevano trovare nel terreno 0 nel corpo delle piante morenti, come abbiamo premesso, le prove condotte sono state a resultati negativi. Sicchè anche per rispetto a questi microrganismi, fino a resultati contrarìî di osservazioni più ripetute, estese ed approfondite, non si può dire che gli in- setti nella particolare infezione del Trifoglio ne seguano gli ef- fetti; mentre tutto farebbe pensare che dovesse verificarsi il con- trario, come ha luogo nella generalità delle infezioni delle piante riferite ad invasioni batteriche. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 295 INDICAZIONI PRATICHE DI DIFESA. MEZZI AGRARI. Da quanto abbiamo rapidamente accennato resulta evidente che Hylastinus, od Hylastes, Apion e Tylenchus si possono diffondere in tal numero nel Trifoglio pratense da portare guasti gravissimi nel suo apparato organico, sia vegetativo, sia riproduttivo; e siccome da questo stato di cose ne derivano la distruzione del seme e lo indebolimento e la distruzione della pianta, Insetti e Nematodi devono essere con tutta sicurezza economicamente limitati. A questo intento, visto come sopra si è considerato, che in tutte le ricerche fatte VErba medica è stata trovata perfettamente im- mune tanto da Hylastes quanto da Apion, e che non si è mai stre- menzita, nemmeno quando eresceva insieme al Trifoglio rovinato, giova indicarla come pianta di sostituzione nella formazione dei nuovi prati, invece del Trifoglio pratense indicato. Gli Entomologi americani asseriscono che VP Erba medica, nel con- tinente americano, è fatta segno anch’essa agli attacchi per parte degli Hylastes; ma altrettanto non ha luogo da noi e gli agricol- tori possono essere certi che i loro medicai non seguiranno la sorte dei trifogliai di sopra indicata. Tenuto ancora presente che nelle stesse condizioni di recetti- vità dell’Erba medica si trovano, per ricerche ugualmente rigorose e sicure, la Sulla, la Lupinella ed il Ginestrino, Vagricoltore alla prima potrà unire queste altre come piante di sostituzione. Il Trifoglio incarnato, o pratone, si comporta rispetto alla infe- zione dello stremenzimento al pari dell’Erba medica, della Sulla, della Lupinella e del Ginestrino. Ragioni economiche però non con- sigliano, qui, di sostituirlo al Trifoglio pratense. Economicamente invece la sostituzione è possibile e, almeno per ora, assai conveniente con le altre leguminose indicate, sia da sole, come sarebbe nel caso dell’ Erba medica, sia con le altre unite insieme. Noi non ci nascondiamo del tanto di disturbo, che da cosiffatti mutamenti derivano nell’ azienda; ma sono disturbi da preferirsi 294 GIACOMO DEL GUERCIO agli inconvenienti che all’azienda derivano per la mancanza della produzione pratense, sia considerata dal punto di vista del com- mercio del seme, sia per il fieno occorrente all’ alimentazione del bestiame. A nostro modo di vedere, per altro, la sostituzione indicata gio- verà non pure a porre immediato e sicuro riparo al malanno, che ci preoccupa, ma con la introduzione di queste piante nelle locali rotazioni, particolarmente se la loro coltivazione sarà alternata, ora con luna ora con Valtra di esse, o con diverse di esse insieme, si verrebbe ad usufruire meglio della naturale fertilità del terreno e degli effetti utili della flora batterica ipogea. Ed è stato in base a tutte le considerazioni prospettate che abbiamo insistentemente additato alla necessità di sopprimere il Trifoglio pratense dalla ro- tazione agraria e sostituirlo volta a volta con una o con più in- sieme delle piante indicate. Il sig. Egisto Tamburini già ricordato, ha dato Vesempio di co- siffatta sostituzione, che condotta con sagacia lodevole non poteva sortire resultati migliori di quelli conseguiti. Questo provvedimento si raccomanda pure oltre che per allon- tanare dalle coltivazioni 1’ effetto del nanismo, per avversare le azioni dei batterì, ove anche questi intervenissero nella determi- nazione dello stremenzimento. L'altra indicazione di difesa, che dalle osservazioni fatte di- scende, e pur essa di natura interamente agraria, sta nell'impiego delle laute concimazioni organiche, arricchite di potassa ed anidride fosforica, che noi abbiamo somministrato aggiungendo la cenere al concio cavallino. Gli Agronomi nostri, in base alla quantità di Azoto, anidride fosforica, Potassa, Calce e Magnesia, che con la coltivazione si asportano dal terreno, si accordano nel consiglio d’una restituzione, che in letame di stalla sarebbe di 345 quintali (1). Ma poi, sopra una cosiffatta restituzione, mentre Vl Agronomo non crede di insi- stere, a causa di un inutile impiego di sostanza azotata; | agri- coltore non dà lo stallatico, ma della paglia, perchè non lo ha ; non dà il perfosfato calcico od il solfato od il cloruro potassico, o ne dà (1) Vedasi PassERINI N., Elementi di Agraria, pag. 489. Firenze, 1891. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 295 poco, perchè deve comprarli; non lavora abbastanza profondamente per queste piante il terreno, perchè non lo può; e le radici delle piante restano corte ed il suolo senza Vhumus necessario per ga- rentirne la freschezza negli alidori estivi, predisponendo a quel nanismo, dal quale la vegetazione abbiamo visto aftrancarsi con- cimando lautamente nel modo indicato. Noi riteniamo che per il terreno molto compatto si debba tor- nare allo stallatico con concimi chimici, e per chi desiderasse di sperimentare sarà bene di notare che gli effetti surricordati li ab- biamo ottenuti concimando a varie riprese durante Vinverno per dar modo alla pioggia di diffondere il colaticcio intorno alle ra- dici delle piante, perchè queste possano trarne il profitto deside- rato, contribuendo nel tempo stesso all’ ingrandimento della flora batterica ipogea utile allo avanzamento della vita delle piante. Per completare le notizie sul sistema della difesa, con indirizzo agronomico, riferiamo il resultato dell’ esperimento condotto dal- l’egregio Dott. Bindoeci con una varietà di Trifoglio pratense co- nosciuta col nome di Trifoglio spadone. L'esperienza è stata con- dotta alla Fattoria di Meleto, dell’illustre Senatore Carlo Ridolfi, dove la pianta è stata colpita dalla infezione, ma alquanto in misura minore di quella notata per la varietà locale e quella di Russia introdottavi prima delle nostre ricerche. MEZZI CHIMICI. Noi osiamo fermamente sperare che le indicazioni della difesa prospettata rappresentino quanto di meglio si possa al riguardo desiderare, giacchè qualunque sarà per essere il resultato delle ri- cerche da farsi, nessun mezzo potrà, come quello, portar meno squilibrio nei lavori ordinarî dell’azienda (il che sarebbe già molto), nè risparmiar tanto capitale, per quanto i mezzi fisico chimici, © fisiologici ne richiedono. E a fermarci in cosiffatta determinazione varrebbero assai per noi le conoscenze acquisite sugli insetti in di- scorso, i quali, svernando con tutta certezza dentro o sulle piante stesse, che nella bella stagione li hanno ospitati, non sarebbe pos- sibile uscir fuori delle misure indicate, per prenderli di mira nei loro ricoveri. 296 GIACOMO DEL GUERCIO Ciò posto, scindendo le opere stesse della difesa contro Scoli- tidi, da una parte, e contro Apionidi dall’altra, o contro i Cecido- midi e le Anguillule, sarà facile comprendere che non vi è modo di colpire gli Hylastes, riparati nel fusto e nelle radici del Trifoglio, senza la raccolta e la distruzione delle intere piante; le quali cose, ove anche fossero preferite, per qualche anno soltanto potrebbero garantire i nuovi trifogliai, giacchè, sarebbe facile agli insetti far ad essi ritorno dai vecchi campi infetti e occuparli. E ciò sia detto senza tener conto della spesa necessariamente notevole occorrente per cosìfatte operazioni, la quale andrebbe ben al di là di quella di nna profonda ed accurata vangatura. Chi conosce questi insetti del Trifoglio, li ha seguiti ‘nei loro costumi e sa quanto sia difficile porli in vista e raggiungerli, nelle corone intricate della coltivazione, non potrebbe fare a meno di rinunziare alle azioni dirette, con insetticidi, per colpirli durante la primavera; così come, per la stessa ragione, non potrebbe tro- vare opportuno avversarli con liquidi velenosi, anche perchè non pochi degli Hylastes preferiscono di non mutar pianta e non hanno allora neppur bisogno di rifarsi dalle basi dei rami delle corone, per aprirsi i vestiboli delle gallerie, giacchè queste le praticano nei tratti delle radici più interrati e al coperto dalle nostre azioni esterne. Non sarebbe perfettamente lo stesso contro le invasioni degli Apionidi, giacchè, questi, dal mese di Novembre e Dicembre in poi, si trovano costantemente nella corona delle piante; e in questo tempo si nutrono delle fogliette, che bucherellano qua e là nelle ore più calde del giorno, quando il freddo intenso non li intiriz- zisce e li obbliga a digiunare per qualehe giorno di seguito. Sie- chè i tentativi reiterati di irrorazione con sostanze velenose po- trebbero essere sperimentati, per porre argine alla invasione, e magari di ripeterli negli appezzamenti destinati alla produzione del seme, dove non osta la presenza di tracce di veleno sulle piante, una volta che di esse si utilizzano i capolini soltanto, dai quali si raccolgono i piccoli legumi, per il seme. Ma la spesa assottiglia il margine utile della produzione e richiede ogni anno aumento di personale, o interruzione di altri lavori, giacchè, non potendo sot- toporre allo stesso trattamento, anche per ragione economica, la STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 297 parte del trifogliaio destinato per erba 0 per fieno, vi è ogni anno ritorno di infezioni e conseguente necessità di ripetere la difes: negli appezzamenti destinati per la produzione del seme. Il quale per tanto verrebbe a costare il prezzo ordinario, più quello della difesa per ogni ettara. E non ritengo che questo possa convenire rispetto al provvedimento della sostituzione del Trifoglio pratense con la Medica, col Ginestrino, con la Sulla e la Lupinella, o con più d’una, insieme, delle piante indicate, secondo che consigliano meglio natura ed arte, nelle diverse località. RIASSUNTO E CONCLUSIONI. Lo stremenzimento del Trifoglio pratense, che abbiamo indicato col nome di ineappucciamento è stato osservato da noi per la prima volta nel 1911, nella tenuta di Meleto, e poi in quella di Cusona ; ed era stato ritenuto come una manifestazione nuova. Successivamente si è notato che lo stesso fenomeno ha riscontro non solo in gran parte della provineia di Firenze, ma anche in altre provincie della Toscana; mentre, ricercando, a noi veniva dato di trovare che allo stesso fatto alludevano gli Agronomi già alla metà del secolo decorso e forse anche prima, laddove pure all'Accademia dei Georgofili. Cuppari trattava del diradamento e della scomparsa del Trifoglio pratense nelle terre troppo compatte. Ora, il diradamento e la suecessiva scomparsa del Trifoglio, da noi, si è verificata dal 1908 al 1912, in corrispondenza delle an- nate più siccitose di questi ultimi anni; e precisamente in quelle terre argillose troppo compatte, ricordate dal Cuppari. La infezione si è manifestata pure con apparenza meno detor- mante, ma non meno rovinosa negli effetti, le piante morte avendo corona a rami con divaricazione quasi normale, ma con germogli alla base dei rami stremenziti come gli altri delle piante ad incap- pucciamento tipico. Sono queste produzioni giovani, che danno la notizia iniziale del male dello stremenzimento in esame (fig. 23). Le piante stremenzite ed incappucciate spediteci in esame erano col sistema radicale quasi del tutto rovinato a causa dell’ Hylastes trifolii. 298 GIACOMO DEL GUERCIO Successivamente si vide che anche dove vi era iniziale o scarsa infezione di Hylastes si incontrava una straordinaria infezione per parte di Coleotteri Apionidi, riferibili all’ Apion virens negli steli (Tav. 14 e 15) e all’ A, apricans nei capolini, oltre i Tisanotteri, i Cecidomidi e gli Afididi con i Penfigidi a suo luogo indicati. Degli altri insetti su ricordati hanno seria importanza econo- mica, diretta, le larve dei Cecidomidi, che sono state figurate, per la rovina, che una di esse particolarmente ha portato nei Sullai e che, senza dubbio, potrebbe portare anche nei trifogliai di Trifoglio pratense, in questione, nei quali l’abbiamo ritrovata. articolare importanza diretta fra i Nematodi si deve accordare alla presenza dei 7ylenchus (T. devastator) la cui diffusione, in grande, nelle radici delle piante può determinarne l'alterazione, che si manifesta con variegazione di colore, arricciamento di foglie e stremenzimento generale, in fine, di tutto il vegetale. Si presentano assai poco diffuse, e però meno importanti nel campo le forme del genere Meterodera. I Nematodi del gen. 7ylenchus si incontrano nelle radici del Tri- foglio dalla primavera di un anno a quella dell’altro. Così avviene pure con naturale saltuarietà per le larve dei Ce- cidomidi. Gli Hylastes e gli Apion vi si diffondono dall’inizio della prima- vera all’autunno inoltrato; quando gli Apion escono dagli steli del Trifoglio allo stato perfetto e svernano fra le basi dei rami della sua corona. Gli Hylastes invece restano nel corpo della radice e del brevis- simo fusto e vi passano l’inverno, per lo più internati nel cilindro centrale, ancora nelle celle di trasformazione, dove si trovano allo stato perfetto. i Quando le piante però siano state rovinate, in modo da non of- frire più buona stanza per essi, o per i loro discendenti, gli Hylastes durante la primavera, nell’estate, o nell’autunno le abbandonano, trasportandosi sulle radici delle altre ancora sane, o tuttavia in condizioni da poterli ospitare. Se la generazione autunnale fosse in ritardo ed i nuovi insetti perfetti si trovassero poi in piante in via di dissolvimento, le ab- bandonano sollecitamente, per non seguire la sorte delle piante. STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 299 I rami stremenziti della corona del Trifoglio, quando il feno- meno è assai inoltrato vengono abbandonati anche dagli Apior, che si spostano nei prati circostanti. Lo Scolitide del Trifoglio, checchè ne dicano i sistematici, è pro- prio a questa pianta, e da essa non passa nè sul Oytisus (O. la- burnum) nè sullo Spartium (S. scoparium), e tanto meno sull’Ononis. Dalla forma dell’Hylastes che vive su queste ultime piante, esso si distingue notevolmente per comportamento biologico e costumi notevolmente diversi. Sicchè, quanto meno, si tratta di forme biolo- gicamente difterenti. In qualunque modo 1 Hylastes del Trifoglio pratense attacca que- ste piante tanto se sono immuni, quanto se colpite da altri insetti o da altri malanni, purchè non abbiano la radice alterata, e siano sempre in vegetazione. Per ciò bisogna escludere per esso la ne- cessità di trovare le piante ammalate per colpirle; così come si deve ritenere per gli Apion, per i Cecidomidi e per i 7ylenchus indicati. Per quanto però il danno, che deriva alle piante dalla presenza di cosiffatti animali, avvenga per rapporto diretto con i vegetali, non è detto che debba essere esso solo necessariamente la causa del malanno descritto, perchè le piante come nelle annate siccitose potrebbero trovarsi depresse per insufficienza di lavorazioni pro- fonde e scarsezza di concimazioni organiche, e in siftfatte condi- zioni, non di rado ordinarie da noi, lazione degli animali nocivi sarebbe un’ azione concorrente o aggravante quanto si vuole, ma non la ragione sola, se anche appalesatasi prima dello stremenzi- mento. Sono a convalidazione di questo modo di vedere tre fatti con- comitanti : il rinvenimento e la rigenerazione delle piante depresse nella primavera del 1914, la scomparsa della grange infezione per parte degli insetti e VP andamento della stagione piuttosto fresca anche durante 1 estate dopo una primavera piuttosto piovosa. Men- tre questo accadeva nei prati accadeva in anticipo altrettanto nelle piccole esperienze condotte con le piante morenti alla R. Stazione di Entomologia di Firenze. Quivi avevamo potuto avere germogli da quelle piante di Trifoglio deperite e destinate a morire per fino della Imnghezza di S0 a 90 em. 300 GIACOMO DEL GUERCIO Di questa lunghezza e del loro fenomenale spessore (fig. 42, 49) non erano i germogli delle piante restate nel campo; ma queste non erano state nemmeno concimate come le loro compagne da noi trasportate e trapiantate alla R. Stazione, dove furono anche libe- rate completamente dagli insetti. Trifoglio incarnato, ad ogni modo, Erba medica, Sulla, Lupi- nella, Trigonella, Ginestrino non soffrono, o non danno segno di stremenzimento nelle colline toscane, pur dove stremenzisce, si incappuccia, dirada e scompare il Trifoglio pratense. Dalle osservazioni fatte ci siamo formata la convinzione che il Trifoglio pratense, essendo costituzionalmente meno robusto, meno resistente delle altre piante indicate alle avverse cause della sic- cità, soggiace più facilmente anche agli attacchi per parte di Ne- matodi e di Insetti nei terreni troppo compatti nella zona toscana. E per ciò abbiamo ritenuto e riteniamo buona pratica di sosti- tuirlo con quelle delle altre Leguminose più pregiate, come Erba medica, la Lupinella, ecc. Siccome poi non riteniamo estraneo al fenomeno dello incappue- ciamento il sollecito ritorno della stessa pianta nel medesimo ter- reno, con le conseguenze, che ne derivano per le modificazioni nella flora batterica ipogea, riteniamo pure opportuno di variare nella rotazione il turno al loro posto fra le diverse leguminose sopraindicate, facendo succedere all’ Erba medica una 0 più delle due altre piante pratensi indicate. Con questo non si intende di fare escludere per sempre il Tri- foglio pratense dalle rotazioni agrarie, in Toscana, ma ammetter- velo a partecipare con turno più lungo che è possibile e di man- tenerlo nella rotazione fino a che non dia segni di stremenzimento. In oltre, siccome al nanismo nelle piante si va incontro tanto più facilmente, per quanto più grande è lo sfruttamento del ter- reno e meno abbondante la restituzione della fertilità asportata dal terreno con il raccolto, occorrono ben corrispondenti concima- zioni, dirette fra V altro ad aumentare nelle terre troppo compatte ed asciutte la quantità di humus, che tanto contribuisce alla fre- schezza del suolo. Nel quale, per altro, lo stesso Trifoglio pratense non si stremen- zisce se non manca la freschezza necessaria e la profondità indi- STREMENZIMENTO 0 INCAPPUCCIAMENTO DEL TRIFOGLIO 501 spensabile nei lavori da rinnuovo, affinchè le piante mettano lunghissime radici e raggiungano con le capillari gli strati del sottosuolo, sempre fresco anche nei terreni meno bene provvisti della materia organica, necessaria alla prosperità del Trifoglio pra- tense più particolarmente considerato. La quistione della difesa del Trifoglio pratense, per tanto, prima e meglio che all Entomologo, per la parte che gli spetti, va rac- comandata all’ Agronomo, che, destreggiandosi opportunamente con i mezzi indicati, può assicurare benefizì mediati ed immediati al- l’ azienda, senza gravarne sensibilmente 1 andamento ed il bilan- cio. E questa è una sodisfazione per noi, perchè non vi può essere per le coltivazioni difesa migliore e più economica di quella, che si può effettuare coi mezzi, che sono a disposizione dell’ agricol- tore. E per ciò, secondo il nostro debole modo di vedere, quanto è stato indicato dovrebbe bastare, per la pratica, salvo a perfe zionare od a completare le cognizioni e il sistema della difesa con i resultati, che le osservazioni batteriologiche in corso, affidate all’ opera egregia dei chiarissimi professori Baccarini e Bargagli- Petrucci saranno per portare. In omaggio a cosiffatto criterio, sia per le difficoltà grandi, che si incontrano in tutte le ricerche di indole biologica, sia per la necessità di dover molto ripetere nel campo, specialmente, abbiamo accennato soltanto alle prove fatte, per vedere se l’annaftiatura delle piante e del terreno, con liquido ottenuto dallo spappolamento delle piante morte e dal terreno, nel quale avevano vegetato le piante stesse, portava alla depressione della vegetazione delle vecchie piante risorte, e di quelle nuove ottenute con seme di piante ammalate e di piante sane. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 30 Marzo 1915. ALESSANDRO GHIGI Cefini nuovi od altrimenti interessanti DEL MUSEO ZOOLOGICO DI BERLINO Il Museo Zoologico di Berlino ha voluto gentilmente affidarmi per lo studio i Cefinì contenuti nelle sue collezioni. Essi appar- tengono alle specie seguenti : Pachycephus smyrnensis Stein > brevis n. sp. Syrista parreyssi Spin. Macrocephus satyrus Panz. » linearis Schrank > japonicus n. sp. » nigripennis n. sp. Janus cynosbati L. Calameuta filiformis Evers. Astatus niger Harr. » flavicornis Luc. Cephus infuscatus Andrè >» nigrinus Thoms. > brachycercus Thoms. >» pilosulus Thoms. » pigmaeus L. >» pallipes Klug » haemorrhoidalis F. > >» punctatus Klug >» diversipes n. sp. (bit 504 ALESSANDRO GHIGI Trachelus tabidus Y. Monoplopus saltuum L. » idolon Rossi Oltre alle specie nuove e ad alcuni esemplari di altre specie che meritano cenni particolari, sono degne di nota alcune località nuove. La fauna di Tripoli è rappresentata in questa raccolta da al- cuni esemplari di Trachelus tabidus, raccolti dal Quedenfeldt. La fauna dell’ isola di Rodi è rappresentata da rachelus tabi- dus, da Cephus pigmaeus, e dalla nuova specie Cephus diversipes. Noto ancora Pachicephus smyrnensis dalla Siria, e Macrocephus satyrus di Mehadia. Ciò premesso, tratterò delle singole specie che meritano di es- sere illustrate. 1. Pachycephus brevis n. sp. 9. Addome lungo quanto la metà del corpo intero. Nero lucido, densamente punteggiato sul capo e sul torace; con macchie late- rali giallo limone sul margine esterno dei segmenti dorsali del addome, dal quarto in poi. Le macchie del sesto segmento sono più estese, e formano un bordo giallo interrotto nel mezzo. L'area mediana dell’ ultimo segmento è interamente gialla. Capo trasverso, rettangolare, non dilatato dietro agli occhi. An- tenne di 16 articoli. Lunghezza mm. $S. Patria: Brussa. Questa specie è ben distinta da P. smyrnensis Stein per la mi- nore lunghezza dell’ addome, il quale, come ho detto, non supera la metà della lunghezza del corpo; per la superficie del capo e del torace che è nitida e splendente, mentre in P. smyrnensis è opaca ; per la punteggiatura meno fitta e per la distribuzione delle macchie chiare, minori di numero, totalmente diversa. Per questo earattere somiglia molto a P. aeneo-varius Kohl, ma ne difterisce perchè questa specie è chiaramente cangiante per splendore me- sE Mr >. ” Da IR CEFINI NUOVI OD ALTRIMENTI INTERESSANTI 505 tallico, mentre /. brevis è assolutamente nero. In quella le mac- chie addominali gialle sono solamente sui segmenti 4.°, 6.0, 7.° ed hanno forma ovale, mentre in questo il 6.° segmento ha un vero bordo giallo interrotto nel mezzo. Il Kohl dice che nel suo /. ae- neo-varius, « tempora tumidiora sunt quam in P. smyrn. ». Nella mia specie le tempie sono come in P. smyrnensis, e così pure le pro- porzioni degli articoli delle antenne e delle celle cubitali dell'ala anteriore. P. aeneo-varius è punteggiato sul capo e sul torace, al- quanto più densamente di 2. smyrnensis ; P. brevis lo è un poco meno. 2. Macrocephus japonicus n. sp. J'. Nero, piuttosto opaco, con antenne brune e con disegni gialli sul corpo. Sono di quest'ultimo colore: la faccia, salvo una mac- chia centrale e i lati del clipeo; le mandibole, brune peraltro al- l'apice; gli articoli mediani dei palpi; un paio di macchie dietro alla parte posteriore delle orbite ; il margine posteriore del pro- noto; un paio di macchie ai lati dei segmenti addominali secondo, terzo e quinto, ed il margine posteriore dei segmenti quarto, sesto, settimo ed ottavo ; i ginocchi, le tibie ed i tarsi di tutte le zampe, salvo Vestremità di questi ultimi che è bruna ; il lato esterno delle anche posteriori. Ali jaline; venatura bruna; costa e stigma rossicci. Capo, pronoto e mesonoto discretamente pelosi; colore dei peli grigio nerastro: mesoplenre e addome con pubescenza dello stesso colore, ma più breve. Contorno posteriore del capo appena smar- ginato. Fronte, fra le antenne, impressa da due solchi normali al clipeo, profondi; antenne appena più lunghe del capo col torace misurati assieme, pubescenti piuttosto lungamente alla base, di 26 articoli, col margine distale di ciascuno di essi fortemente in- grossato ; il terzo articolo quasi diritto, lungo circa un quarto piùt del successivo. Ciascuna delle due macchie frontali gialle del capo giace in una depressione non molto profonda, attigua al margine superiore interno delle orbite. Parte superiore del capo, pronoto e « Redia n, 1914. 20 306 ALESSANDRO GHIGI mesonoto fittamente punteggiati, con superficie poco splendente ; mesopleure fortemente punteggiate con superficie opaca. Lunghezza mm. 14. Patria: Giappone settentrionale. Questa specie differisce da MV. viator F. Sm., unica specie giap- ponese fino ad ora conosciuta, perchè in questa le macchie gialle superorbitali giacciono in una profonda fossetta, mentre invece in I. japonicus si trovano semplicemente in una leggera depressione. Non corrispondono inoltre i disegni gialli dell’ addome e la super- ficie del torace non è splendente. Per I aspetto generale somiglia molto a M. linearis Schranck, ma se ne distingue per taluni caratteri facilmente apprezzabili. Il pronoto ed il mesonoto sono in questa specie finamente pun- teggiati ma splendenti, mentre in M. japonicus sono fortemente e grossolanamente punteggiati con superficie opaca: sullo scutello specialmente vi si osservano grossi punti che mancano in M. li- nearis. Questo ha nel mezzo della fronte una profonda fossetta, sostituita in M. japonicus da due solchi paralleli : inoltre il terzo articolo delle antenne è appena più lungo del quarto. mentre in M. linearis lo supera di circa la metà. Il margine posteriore del pronoto è inciso più profondamente in M. linearis che non in M. ja- ponicus, o per lo meno in questo | incisione non interessa tutto il bordo giallo, mentre in M. lnearis il bordo giallo è tagliato in due nel mezzo. Finalmente il margine posteriore del capo è ap- pena smarginato e quasi diritto in .M. japonicus, chiaramente con- cavo in M. linearis ; ne risulta che il capo di quello appare più massiccio. Nel tipo della specie, unico esemplare da me visto, mancano le macchie gialle sulle guancie, frequenti nelle altre specie. 3. Macrocephus nigripennis n. sp. Q, J'. Nero con due macchie gialle chiare sui lati del quarto segmento addominale, ed altre due molto piccole sul vertice a con- tatto cogli occhi. Nel maschio altre due macchie laterali sul sesto segmento addominale, oltre al clipeo in massima parte biancastro, CEFINI NUOVI OD ALTRIMENTI INTERESSANTI 507 eccetto nel mezzo e sui lati, e due strie lungo il margine inferiore interno delle orbite. Ali intensamente ed uniformemente di color nero fumo : nervature e stigma bruno nere. Capo e protorace rico- perti di una brevissima pubescenza nera. Capo non ristretto nè dilatato posteriormente agli occhi, risul- tandone paralleli i margini laterali. Diametro trasversale quasi doppio di quello che va dalla protuberanza frontale al mezzo del- l’occipite. Superficie splendente rugoso punteggiata con prevalenza di rughe sulla fronte e sul clipeo, e con prevalenza di punti sul- l’occipite e sul vertice. Antenne non più lunghe del capo e del torace presi insieme, di 26 o 27 articoli, sottilissime e compresse alla base del flagello, appena aftusolate all’ apice ; più precisamente sono sottili e compressi il terzo ed il quarto articolo, conico il quinto, con apice più largo della base, cilindrici gli altri, meno ultimo che è conico. Il terzo articolo è curvo ed è lungo circa un quarto più del successivo. Pronoto notevolmente più lungo che largo con un solco longitudinale mediano, e col margine posteriore curvato e profondamente inciso nel mezzo. È impresso da nume- rosi punti, poco splendente ad eccezione dei margini inferiori dei lobi laterali, che sono nitidi e lucidi specialmente nella loro parte anteriore. Mesopleure punteggiate ed opache. Lunghezza mm. 15-15. Patria: Nord America; 2 femmine ed 1 maschio da Filadelfia. Questa specie supera in grandezza tutte le altre fino ad ora co- nosciute, e sî distingue facilmente per Vassenza quasi completa di macchie chiare e pel colore fuliginoso delle ali, che supera per in- tensità quello del Monoplopus saltuum. Dal M. bicinctus Prov., pure del Nord America, si distingue pel maggior numero di articoli alle antenne, per la forma curvata del terzo articolo di esso, che in M. bicinetus è diritto, e per il colore delle ali che in quest’ultima specie sono jaline. Pel colorito rassomiglia ad Adirus trimaculatus Saj., dal quale va distinto pei caratteri generici, e principalmente per la lunghezza del petto che scosta chiaramente il capo dal to- race, per il pronoto più lungo che largo, per la lunghezza dell’ad- dome appena doppio del torace, per la terebra della femmina ab- bastanza prominente. 305 i ALESSANDRO GHIGI 4. Cephus diversipes n. sp. Jg'. Nero. Una macchia in mezzo al clipeo, le mandibole, fuorchè all’ apice, e gli articoli mediani dei palpi sono gialli. L’ addome è pure in massima parte giallo: più precisamente sono gialli il quarto, quinto, e nono segmento dorsale; il terzo e sesto sono macchiati di giallo ai lati, il settimo e ottavo orlati pure di giallo. Dei segmenti ventrali sono neri i primi, interamente gialli quelli corrispondenti al quarto e quinto dorsali; tutti gli altri sono neri nella porzione basale, gialli in quella apicale. Zampe anteriori gialle, col lato esterno delle anche, i trocanteri e i femori quasi in- teramente neri; intermedie gialle col lato interno dell’anca, i tro- ‘anteri e la base dei femori nera, come pure è bruno nero l’ultimo articolo del tarso coll’ unghia; zampe posteriori macchiate di giallo sulle anche e trocanteri, col femore interamente nero, la tibia e il tarso interamente bruni. Ali jaline con venatura bruna. Pubescenza breve, grigio nera sul capo e torace, biancastra sul- I’ addome. Capo appena ristretto dietro agli occhi, quasi quadrato, con mar- gine posteriore fortemente concavo. Antenne di 25 articoli, assai gracili alla base, fortemente cla- vate all’ apice. La clava comincia dal decimo articolo: i penultimi articoli sono più larghi circa il doppio che non lunghi. Capo e torace nitidi e splendenti, finamente e poco distintamente punteg- giati. Penultimo segmento dell’ addome con margine integro; ul- timo segmento con punta troncata. Lunghezza mm. 9. Un solo esemplare maschio dell’ isola di Rodi. Questo cefo è facilmente riconoscibile da tutti gli altri. Appar- partiene al gruppo di specie che hanno la clava delle antenne distin- tamente terminale, formata dall’ ingrossamento degli articoli che se- guono il nono od il decimo, colla parte basale del flagello sottilissima. Per questo carattere rassomiglia al 0. RaemorrRoidalis F., ma se ne differenzia pel capo leggermente ristretto dietro agli occhi, e per la superficie del capo e del torace nitida e poco punteggiata, CEFINI NUOVI OD ALTRIMENTI INTERESSANTI 309 mentre nell haemorrhoidalis è opaca e impressa da punti fitti e profondi. È poi tutto speciale il sistema di colorito dell’ addome e delle zampe, le quali non offrono quella uniformità che si ri- scontra nelle altre specie. Infatti le zampe anteriori sono quasi interamente gialle, compresi i tarsi, mentre quelle posteriori sono interamente bruno nere salvo la macchia gialla sulle anche. Questa diversità del colore dei piedi, oltre alla mole maggiore, costitui- sce un buon elemento per differenziare questo cefo anche dal C. gracilicornis Konow del Caucaso, la cui area di distribuzione geografica è prossima a quella della specie che ho descritto. Rilevo finalmente che sulla fronte, anteriormente all’ ocello im- pari, non vi è alcuna impressione, come si riscontra nelle specie più affini. 5. Trachelus tabidus Y. Questa specie unica nel suo genere, secondo il Konow il quale non ammette 7. vittatus Costa se non come sinonimo di 7. tabidus var. macilentus F., mi consente una osservazione sul valore di un carattere fin qui ritenuto generico. Il Konow dice che uno dei caratteri essenziali di 7rachelus è la presenza di due spine superapicali alle tibie posteriori, per la qual cosa si distingue a prima vista da Monoplopus che ha una sola di tali spine, e da Atheucopus che non ne ha. Di fronte a sei esemplari di 7. tabidus appartenenti ai due sessi, con due spine superapicali, ne stanno ben nove pure di entrambi i sessi, con una sola spina, e poichè io non ho rilevato differenze apprezzabili nella scultura e nel colore fra il gruppo ad una spina e quello a due spine, sono indotto a ritenere che questo carattere sia va- riabile. Anche la distribuzione geografica non mi dà alcun elemento per giudicare diversamente. Gli esemplari a due spine provengono dalla Spagna, dall’ Italia, e da Rodi; quelli ad una sola spina dalla Spa- gna, dalla Francia, dall’ Italia, da Tripoli e dalla Mesopotamia ; vale a dire indifferentemente da Oriente e da Occidente, dalla costa nord o da quella sud del Mediterraneo. 510 ALESSANDRO GHIGI Ho peraltro osservato che le due spine sono fortemente dise- guali: una più lunga e robusta, l altra gracile e breve; per la qual cosa vi ha una differenza manifesta col genere Astatus, nel quale le due spine superapicali sono eguali e robuste, e col quale Trachelus ha una rassomiglianza per la presenza di ciuffi ornamen- tali di setole sui due penultimi segmenti ventrali del maschio. Per queste regioni parmi necessario modificare la diagnosi del ge- nere 7rachelus in questo senso: offre una ovvero due spine diseguali e superapicali alle tibie posteriori. Anche la abituale chiave dei generi va modificata in rapporto a questo fatto. Bologna, febbraio, 1915. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 12 Aprile 1915. INDICE GENERALE DIES PIRIIONVICIURFD ISO CHRVIO LE TURMBI A INDICE DEI LAVORI per ordine alfabetico del nome degli Autori BERLESE A. — Acari nuovi, Manip. I. I, 235. Acari nuovi, Manip. II. I, 258. Illustrazione iconografica degli Acari mirmecofili (Tav. VII- XX). I, 299. Acari nuovi, Manip. III (Tav. I-II). II, 10. Apparecchio per raccogliere presto e in gran numero pic- coli artropodi. II, S5. Acari nuovi, Manip. IV. Acari di Giava (Tav. XV-XVII). II, 154. Acari nuovi, Materiali pel Manip. V. II, 231. Monografia del genere Gamasus Latr. (Tav. II-XIX e 25 figg. nel testo). III, 66. Sopra un’anomalia negli organi sessuali esterni femminei di Locusta viridissima L. (con 7 figg. nel testo). III, 306. Probabile metodo efficace di lotta contro la Ceratitis capi- tata, Rhagoletis cerasi ed altri Tripetidi. III, 386. Relazione a S. E. il Ministro di Agricoltura Ind. e Comm. intorno agli esperimenti eseguiti nel 1906 in Toscana contro la mosca delle olive. IV, 99. Istruzioni pratiche per coloro che vogliono rinnovare le esperienze di lotta contro la mosca delle olive col me- todo dachicida. IV, 195. Considerazioni sui rapporti tra piante, loro insetti nemici e cause nemiche di questi. IV, 195. Elenco di generi e specie nuove di Acari. V, 1. Nuovi Acerentomidi (Tav. I). V, 16. Osservazioni intorno agli Acerentomidi. V, 110. 314 INDICE GENERALE BERLESE A. — Monografia dei Myrientomata (con 17 tav. e 14 figg. nel testo). VI, 1. — Acari nuovi (Tav. XVIII=-XXI). VI, 199. — Lista di nuove specie e nuovi generi di Acari. VI, 242. — La Diaspis pentagona Targ. e gli insetti suoi nemici (con 11 figg. nel testo). VI, 298. — Brevi diagnosi di generi e specie nuovi di Acari. VI, 346. -- Esperienze del 1910 contro la mosca delle olive, eseguite sotto la Direzione della R. Stazione di Entomologia A'eTarla (diav= SIVATCNAVI) SE VALIE RA EIaE — Alcuni Acari Entomofili nuovi. VII, 185. — Come progredisce la Prospaltella Berlesei in Italia. VII, 436. — Acarorum species novae quindecim. VII, 429. — L’attività della R. Stazione di Entomologia Agraria di Fi- renze nel triennio 1909-1911. VII, 471. — Trombidiidae. Prospetto dei generi e delle specie finora noti (con una tavola e 137 figg. nel testo). VIII, 1. — Per la corologia dei Mirientomi. VIII, 521. — La distruzione della Mosca domestica (con 5 figg. nel te- sto). VIII, 462. — Piccolo apparecchio per raccogliere automaticamente i Cal- cididi parassiti da collezione (con 3 figg. nel testo). VI Izzo E —. Acari nuovi (Tav. I-VIII. IX, MU. — Sopra una specie di Argas nuova per l Italia. IN, 1158. — Intorno alle metamorfosi degli Insetti. IN, 121. — WDiaspis pentagona Varg. e Prospaltella Berlesei How. nel Ve- neto alla fine del 1915 (con 20 figg. nel testo). IX, 2535. — Intorno alla riproduzione e al dimorfismo sessuale negli In- setti (con 6 figg. nel testo). X, 77. — Acari nuovi (Tav. X-XIII). X, 1153. — La distruzione della Diaspis pentagona a mezzo della Pro- spaltella Berleseì. X, 151. BERLESE A. e DEL GuERCIO G. — Brevi comunicazioni. VII, 465. BERLESE A., DEL GUERCIO G. e PAOLI G. — Osservazioni sopra un recente scritto relativo ad Insetti nocivi all’ Olivo. TV, 259. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 315 BERLESE A. e PAOLI G. — Serie maschile della Pollinia Pollinii (con 4 figg. nel testo). III, 395. BERLESE A. e SiLvestRrI F. — Descrizione di un nuovo genere e di una nuova specie di ZLecanite vivente sull’olivo (con 18 fige. nel testo). III, 5396. BERLESE AMEDEO. — Sopra una nuova specie di Mucedinea pa- rassita del Ceroplastes Rusci (Tav. I). III, S. Bezzi M. — Il genere Systropus Wied nella fauna paleartica. Il, 262. — Ditteri raccolti nella Somalia italiana meridionale. X, 219. BUFFA P. — Alenne notizie anatomiche sui Tisanotteri Tubuli- feri (con 17 figg. nel testo). IV, 369. — Esame della raccolta di Tisanotteri italiani esistente nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (con 5 figg. nel testo). IV, 382. — Tisanotteri nuovi (con 2 figg. nel testo). V, 125. — Contribuzione alla conoscenza dei Tisanotteri italiani. V, 155. — I Tisanotteri esotici esistenti nel Museo Civico di Storia Naturale di Genova (Tav. II). V, 157. — Studi intorno al ciclo partenogenetico dell’ Heliothrips hae- morrkhoidalis (Bouché) (Tav. I-II). VII, 71. CAMPBELL C. — A proposito di una nota sui precursori nell’ap- plicazione degli Insetti carnivori a difesa delle piante coltivate. VI, 193. CAVAZZA F. — Influenza di alcuni agenti chimici sulla fecondità del Bombyx mori e sul sesso delle uova prodotte. IX, 159. CHINAGLIA L. — Osservazioni intorno alla struttura dei peli ad- dominali (peli copritori delle uova) della Wuproctis chry- sorrhoea L. (2 figg. nel testo). X, 1. — Descrizione di alcuni Insetti anomali (3 figg. nel testo). X, 7. Congresso (Il I) Internazionale di Entomologia a Bruxelles (ago- sto. 1910). V; 360; VI, 196. DeL GueRcIo G. — Contribuzione alla conoscenza delle forme e della biologia del Paracletus cimiciformis Heyd. (Tav. VII). II, 90. EINAUDI PRIVARE] VEGAN CY IA 516 INDICE GENERALE DeL GueRCcIO G. — Contribuzione alla conoscenza delle Sipha Pass. ed alla loro posizione nella famiglia degli Afidi (Tav. XIII-XIV). II, 127. — Sulle differenze esistenti fra la Schizoneura Reaumuri Kalt. ed il Pachypappa vesicalis K. e sulla convenienza di escludere la prima dal genere per essa indicato. II, 306. — Contribuzione alla conoscenza delle metamorfosi della Sciara analis Egg. con notizie intorno alla Se. analis var. Berzii v.n. ed ai loro rapporti con alcuni Sporozoari ed En- tomozoari parassiti. II, 280. — Intorno a tre specie di Mizozilini italiani e alle diverse galle prodotte da vari Afidi nel Populus nigra (con 31 figg. nel testo). III, 360. — Intorno ad alenne nuove divisioni del genere Aphis Linneo. TVEARL90Ì — Notizie intorno a due nemici nuovi e ad un noto nemico dell’ olivo mal conosciuto, con un cenno sui rapporti di uno di essi con i microsporidi (con 16 fig. nel testo). IV, 334. — Sull’apparizione di una particolare forma larvale nella P7yl- lorera acanthochermes Kol. (con 5 figg. nel testo). V, 92. — Ancora sulle forme autunnali della Phyllorxera acanthocher- mes Kol. (con S figg. nel testo). V, 158. — Le vicende della Fillossera del Leccio nei terreni aridi e in quelli irrigui (Tav. VII). V, 144. — Contribuzione alla conoscenza dei Lacnidi italiani. Morfologia, sistematica, biologia generale e loro importanza econo- mica (con 33 figg. nel testo e 12 tavole). V, 173. — Prima contribuzione alla conoscenza degli Flateridi e dei Cebrionidi. VI, 255. — Intorno a due nemici nuovi dell’ Olivo e alle gravi altera zioni che determinano (con S figg. nel testo). VI, 282. — Prima contribuzione alla conoscenza degli Eriofiidi delle gemme del Nocciuolo e delle foglie del Pero (con 6 figg. nel testo). VII, 1. — Mezzi chimici e mezzi meccanici per ostacolare la diftu- sione del Fleotripide dell’ Olivo. VII, 204. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 51 DeL Guercio G. — Intorno ad alcuni Afidi della Penisola Ibe rica e di altre località, raccolti dal prof. I. S. Tavares (con 30 figg. nel testo). VII, 296. — Note afidologiche intorno a due generi di Afididi americani. VII, 462. — Nuova contribuzione alla conoscenza dei nemici dell’ Olivo. eao9: — Prospetto delle Macrosifonielle (Macrosiphoniella Del G.). IDR LIU — Intorno al alcuni Omotteri cecidogeni dell’ Argentina rac- colti dal prof. I: S. Mavares (Tav. IM). IX, 151. — Generi e specie nuove di Afididi o nuovi per la Fauna Italiana (Tav. X). IX, 169. — Specie nuove di Afidini per le graminacee in Italia a con- fronto con quelle conosciute (Tav. XI). IN, 197. — Intorno ad un nuovo nemico del Carubo in Italia (con 3. fige. nel testo). IX, 227. — Il parassita del Rinchite dell’ Olivo. IX, 235. — Intorno a due nuovi Vacunidi del Castagno (Tav. XIII). TX, 285. — Un nuovo genere Americano di Callipterini (con 2 figg. nel testo). IX, 293. — La invasione delle Arvicole nelle carciofaie dell’ Empolese (Firenze) (Tav. XIV). IX, 295. — Le Tipule ed i Tafani nocivi nelle risaie di Molinella (Bo- logna) (con 14 figg. nel testo). IX, 299. — Ulteriori ricerche sullo stremenzimento 0 incappuceciamento del Trifoglio. X, 2535. FuscHINI 0. — Le « Galle fillosseriche » corrose dalla Phane- roptera quadripunctata Burm. II, 121. — Contributo allo studio della Phyllorera quercus Boyer. IV, 360. GuHIGI A. — Cefini nuovi od altrimenti interessanti del Museo Zoologico di Berlino. X, 303. GRANDORI R. — Contributo all’ embriologia e alla biologia del. VApanteles glomeratus (L.) Reinh. (Imenottero parassita 515 INDICE GENERALE del Bruco di Pieris brassicae L.) (Tav. XIII-XIV). \Viln363% GRANDORI R. — Studi sullo sviluppo larvale dei Copepodi pe- lagici (6 tav. e 1 fig. nel testo). VIII, 360. GRIFFINI A. — Sulla Grillacris rubinervosa Serville con appunti sul genere Dibelona Brunner e sulle Grillaeris Ameri- cane (con 1 fig.). VI, 183. — Le specie del genere Hyperbaenus Brunner. VII, 187. — (Grillacridi e Stenopelmatidi raccolti nella Nuova Guinea dal Prof. L. Schultz (con 1 fig. nel testo). VII, 334. — Studio sopra alcuni Grillacridi del K. K. Naturhistor. Hofmuseum di Vienna. VIII, 292. HowaArD L. O. — On the parasites of Diaspis pentagona (con 1 fig.). III, 359. LEONARDI G. — Diagnosi di cocciniglie nuove. III, 1. — (Generi e specie di Diaspiti. — Saggio di sistematica delle Fioriniae. III, 16. MaLeNoTTI E. — Sopra un nemico naturale della Pulvinaria ca- melicola Sign. IX, 115. PAOLI G. — Intorno all'organo del Graber nelle larve di Ditteri Tabanidi (con 6 figg. nel testo). IV, 247. — Intorno a galle causate dalla puntura del Dacus oleae Rossi sull’ Oliva (con 1 fig.). V, 27. — Monografia del genere Dameosoma Berl. e generi aftini (Tav. III-V e 4 figg. intercalate). V, Sl. — Monografia dei Tarsonemidi (Tav. VII-XI, e 4 figg. nel testo). VII, 214. -— Nuovi Laboulbenomiceti parassiti di Acari (Tav. XII). VII, 283. — Rivista degli Insetti fossili (con 37 figg. nel testo). IX,.1. RIBAGA C. — Sul genere Zetopsocus MacLachl. e deserizione di una nuova varietà dell’ Ectopsocus Briggsi MacLachl. I, 294. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 319 SIBAGA C. — La partenogenesi nei Copeognati. II, 33. — Descrizione di nuovi Copeognati (Tav. IX-X). II, 99. — Copeognati nuovi (con 1 fig. nel testo e Tav. IV). IV, 1S1. — Di una peculiare alterazione delle foglie di gelso, dovuta ad un Omottero (Tav. V). IV, 329. — Un nuovo Copeognato dell’ isola di Giava (Tav. II). V, 20. — (Copeognati estraeuropei del Museo civico di Storia natu- rale di Genova (Tav. VI). V, 98. — Anmnisopsocus lichenophilus nuovo Copeognato trovato in Italia (con S figg. nel testo). VI, 272. — Nuovi Copeognati sudafricani (con 12 figg. nel testo). VII,156. Rizzi M. — Sullo sviluppo dell'uovo di Bombyx (Sericaria) mori L. nel primo mese dalla deposizione (con 4 tav.). VIII, 323. SILVESTRI F. — Contribuzione alla conoscenza dei Termitidi e Termitofili dell’ America meridionale (Tav. I-VI). I, 1. -- Contribuzione alla conoscenza dei Chilopodi. Nuovi generi di Scutigeridae. I, 253. — Critiche di lavori sull’ Anatomia dei Miriapodîi, ovvero in- torno ad una certa risposta del Dott. G. L. Rossi. I, 281. —: Nuovi generi e specie di Machilidae. II, 1. — Contribuzione alla conoscenza della metamorfosi e dei co- stumi della Lebia scapularis ece. (Tav. III-VII). II, 68. — Materiali per lo studio dei Tisanuri (Tav. XI-XIIT). II, 111. Note aracnologiche. I-III (Tav. XXI-XXITV). II, 239. — Descrizione di un nuovo genere di Rhipiphoridae (Tav. XX). 1006 S3l6, — Note sui Machilidae. III-IV (con 15 figg. nel testo). III, 325. Contribuzione alla conoscenza dei Termiti e Termitofili del- l’ Eritrea (con 22 figg. nel testo). III, 342. SPEGAZZINI (€. — Primo contributo alla conoscenza delle Laboul- beniali Italiane (Tav. I-IX). X, 2 STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA. — Materiali per la Storia di alcuni insetti dell’ Olivo (con 60 figg. nel testo e Fav 2) IVI Troporo G. — Le glandule ceripare della femmina della Pulvi naria camelicola Sign. (Tav. VI). VII, 172. n n # vd v ‘a ta Ù a F 320 INDICE GENERALE Troporo G. — La secrezione della cera nei maschi della Pulvz- naria camelicola Sign. (con 4 figg. nel testo). VII, 352. — Le glandule laccipare e ceripare del Lecanium oleae Bern. (con 2 figg. nel testo). VIII, 312. — Sulla struttura delle valve anali del Lecanium oleae Bern. (con 2 figg. nel testo). VIII, 458. —. Sul sistema tracheale dei Lecaniti (Tav. XII). IX, 215. — Sui tubi malpighiani dei Lecanini (1 fig. nel testo). X, 15. TROTTER A. — Osservazioni e ricerche sulla malsania del Noc- cinolo in provincia di Avellino e sui mezzi atti a com- batterla. II, 37. — Due precursori nell’ applicazione degli Insetti carnivori a difesa delle piante coltivate. Notizie storiche. V, 126. VENEZIANI A. — Valore morfologico e fisiologico dei tubi mal- pighiani. Contributo alla conoscenza del meccanismo dell’ escrezione (Tav., XNVIII-XX). II, 177. INDICE GENERALE DEI VOLUMI Abamelekia DeL GuERCIO g. n., III, 364. Abamelekia lazarewi DeL GUERCIO Sp. MELI 64a Abete, III, 365. Abies cilicica, V, 299, 345. excelsa, V, 299, 384, 346. nigra, V, 182, 296, 345. pectinata, V, 324, 346. Ablerus clisiocampae AsamraDp, III, 390. DERVAL Abrolophus gracilipes BERL. sp. 352. hirtipes BERL. sp. n., VI, 352. longipilis BERL. sp. n., VI, 352. nemorum var. eupodes BERL. v.n., VI, 352. Acacia decurrens, III, 51. longifolia, VII, 483. pyenantha, III, 45. — retinoides, VII, 483. Acanthopus splendidus F., I, 186, 210. Acanthothrips nodicornis (REUTER), V, 136, 166. sanguineus BAGN., V, 166, 167. Acanthus, VI, 314. Acariosi, VII, 1. Acartia clausi, VIII, 394, 423, 430. Acarus aranaeoides PALLAS, VIII, 239. crassipes L., IMI, 229. coccineu8 LINNÉ, VIII, 213. — coleoptratorum L., III, 155. fucorum De GrER, III, 160, 280. holosericeus FABR., VIII, T6. pseudogallarum VALLOT, VII, 6. tertius SCHAEFFER, VIII, 213. testudinarius HERM., III, 229. tinetorius LIiNN., VIII, 239. Redia », 1914. ATTS AVIO Acer campestre, V, 344. negundo, V, 344. Acerentomidae, V, 110; VI, 24, 25. Acerentomon SILv., VI, 34, 36. Acerentomon cephalotes BERL. sp. n., WEEK — confine BERL. sp. n., V, 16. — confine BerL., V, 122. doderoi SILv., VI, 34, 36. — maius BeRL. sp. n., V, 121; VI, 36. —. mierorhinum BerL. sp. n., VI, 36, 38. minimum BERL. sp. n., V, 17. Acerentulus BERL. £. n., V, 122; VI, 34, 39, 42. Acerentulus cephalotes BerL., VI, 42, 43, 45. —. confinis BerL., V, 122; VI, 39, 42, 43. —. gracilis BERL. sp. n., V, 122; VI, 42, 43, 46. VIS 042, 43, 047. perpusillus BERL. sp. n., VI, 42, 43, 48. tiarneus BERL. Sp. n., V, VI, 42, 43, 44. Acero, V, 208, 211, 221. Achipteria BERL., V, 6. Achipteria acuta BERL. Sp. minimus BERL., 122; UR E — imperialis BerL. sp. n., VI, 385. nicoleti BERL, var. Vie er Vil, 268. regalis BERL. sp. ewingi BERL. = DEVE RO” Achlyogeton entophytum Scum., II, 47. rostratum sor., II, 47. 21 ETERO, SMIL USI TE E (6) bo (ss) Achorolophus araneoides BERL. Sp. n., VI, 349. — complanatus BERL. sp. n., VI, 348. — nasutus BerL. sp. n., VI, 348. —. villosus BeRL. sp. n., VI, 348. Aclerda berlesei BurFa, VII, 173, 178, 179; IX, 217. Acropsopilio SILv. g. n., II, 254. Acropsopilio chilensis SILV. sp.n., II, 256. Acrostichum reticulatum, VII, 463. Actineda jabanica BeRL. sp. n., II, 156. — velox BERL. sp. n., II, 156. Adiscofiorinia LEON., g. n., III, 17, 52. Adiscofiorinia atalantiae (GREEN), II, 52, D4. — kewensis (Newsr.), III, 52, 56. —. secreta (GREEN), III, 52. Aeolothrips albocincetus HaLm., V, 134. —. fasciatus (LINNÉ), V, 134,161, 169. Agriotes lineatus L., VI, 235. — obscurus L., VI, 235. Aîstus BRUNNER, VII, 348. Albicocco, VI, 314. Aleurodes brassicae L., VII, 296. Alichus elongatus BERL., sp. n., II, 13. — ornatus BERL., sp. n., II, 13; IX, 78. — pyrigerus BERL. sp. n., II, 232; VI, 199. — (Leptalichus) paolii BERL. sp. n., VI, 200. — (Monalichus) arboriger BERL. Sp. asg Aia siculus BERL. sp. n., VI, 200. Alicorhagia BERL. g. n., VI, 243. Alicorhagia fragilis BERL. sp. n., VI, 243. Allodispus PaoLI g. n., VII, 272. Allodispus brachiosus PAOLI sp. n., VII, 273. — latisternus PAOLI sp. n., VII, 273. — stefaninii PAOLI sp. n., VII, 278. Allomachilis SiLv. g. n., IMI, 323. Allomachilis frogatti StLv. sp. n., III, 326. INDICE GENERALE Allothrombium BERL. CARCD 2010 VIII, 4, 16, 245. Allothrombium argenteocinctum BERL., VIII, 247, 252. — athleticum BERL. sp. n., VI, 367; VIII, 248, 269. — brevitarsum BERL, VIII, 248, 267. — crassicomum BERL. sp. n., VI, 368; VIII, 247, 263. — fuliginosum (HERM.), VIII, 4, 245, 248, 256. ? var. norvegicum (THOR.), VIII, 259. — gracile BERL. sp. n., VIII, 247, 274. — meridionale BERL. sp. n., VI, 367; VIII, 247, 260. — pergrande BERL. Sp. VIII, 248, 262. — sericoideum BerL., VIII, 272. — simoni BERL. sp. n., VI, 366; VIII, 247, 250. —. strigosum TRovess., VI, VIII, 265. var. sericoideum BERL, v. n., VI, 368; VIII, 272. var. velutinum BERL. v. n., VI, 368; VIII, 269. Di Vilon309]5 VI 367; Di 015920265 368; — tenuipes BERL. Sp. VIII, 260. — trouessarti BERL. sp. n., VI, 366; VIII, 247, 248. — wursinum BERL. sp. VIII, 247, 254. Allozetes BerL. subg. n., IX, 88, Amblygamasus BERL. n. subgen., I, 235; III, 96, 184, 185. Amblyseius BERL. g. n., X, 143. Amblyseius aequipilus BERL. sp. 145. — caudatus BERL. sp. n., X, 145. — foenalis BERL. sp. n., X, 144. n., X, 144. n., Xx, 145. D. Vil: 000105 Di — grandis BERL. Sp. — longulus BERL. sp. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 323 Amblyseius obtusus (KocH) BERL., X, 144. var. tuscus BERL. v. n., X, 144. Amerobelba BERL. &. Deo Vo: Amerobelba bicarinata BERL. sp. n., VI, 382. — bicostata BERL. sp. n., VI, 295. 216, — eremuloides BERL. sp. n., VI, 382. — decedens BERL. sp. n., V, 10; Vil, 216, 225. — rastelligera BERL. Sp. VI, 216, 225. Ameroseius BERL. g. n., I, 258. ion palo Ameroseius bispinosus BERL. sp. n., VI, 253. — . borealis Bert. sp. n., I, 259. — crassipes BERL. sp. n., VI, 370. — favosus BERL. sp. n., VI, 254. — flagellatus BERL. sp. n., VI, 254. — geometricus BERL. sp. n., VI, 254. — larlaptoides BeRL. sp. n., I, 258. — jacobsoni BERL. sp. n., VI, 253. — imitans BERL. sp. n., VI, 370. —. italicus BeRt. sp. n., II, 234; VI, 200. — minusculus BeRrr. sp. n., II, 235; VI, 200. — plumosus (Ovupem.), I, 276. Spb, Lisa —. spathuliger (LEox.) BERL., VI, 200. —. zerconiformis BERL.sp.n., II, 234; VI, 200. Amerus BERL., X, 131. — reticulatus BERL. Amerus laticephalus BERL. sp. n., X, 150, — polonicus KuLozyN., X, 131. —. troisi BeRL., X, 131. Amphibolothrips grassi BUFFA, V, 136. — latus Burra, V, 136. Amphigerontia feai RIBAGA sp. n., V, 103. —. incerta RIBAGA sp. n., V, 105. Amygdalus persica, VI, 314. Anabropside apterum BRUNNER, VII, 349. — tonkinense REHN, VII, 349. Anamefiorinia LEON. g. n., III, 17, 48. Anamefiorinia casuarinae (MASK.), III, 48. —. lidgetti (GREEN), III, 48, 50. Anaphothrips striatus (OsB.), VII, 71. Andricus terminalis, IV, 40. Androlaelaps BERL. (subg.), I, 404, 432. Anelpistina SiLv. subg. n., II, 111. et F. var. lon- VI M3815 var. monodactyla BERL. v. n., VI, 381. — capillata BERL. sp. n., X, 132. 27 Angelia anauniensis €. gipila BERL. v. n., — mammillaris BERL. sp. n., I, £ IX, 100. — ornatissima BERL sp. n., VI, 216, 224. — pulchella BERL. sp. IX, 100. —. pyriformis BERL. sp. n., IX, 99. —. thori BERL. sp. n., I, 275; IX, 99. Angelica arcangelica, IX, 194. — sylvestris, VII, 297, 327; IX, 194. Mi, Vly:1372- Anisopsocus lichenophilus RIB. sp. n., VI, 274. Anomala vitis, II, 55. n., VI, 381; Anisopsocus RIBAGA g. Anomalon circumflexum, VII, 369. Anoplocelaeno BeRL. subg. n., VI, 246. Anoplocheylus BERL,. subg. n., VI, 210. Anoplotermes Fr. MiiLL., I, 95. Anoplotermes cingulatus (BURM.) SILV., IH0983 142% — — subsp. abbreviatus SILV. subsp. n., I, 99. — morio (LATR.) SILv., I, 99, 142. subsp. ater (HAG.) SILV., I, 100. — pacificus FR. MiiLr., I, 96, 139. — reconditusSILv. sp.n., I, 101, 142. — tenebrosus (Kort.) SIiLv., I, 97, 142. 324 INDICE Anoplotermes turricola SILV. sp. n. I, 97, 141. Anostostoma Gray, VII, 348. Antennocelaeno BeRL. subg. n., I, 268. Antennomegistus BERL. (subg.), I, 398. Antennophoridae, I, 386. Antennophorus HaLL., I, 387, 399. Antennophorus braunsi Wasm. I, 268. — caputcarabi BerL., I, 266. — foreli Wasm., I, 395. —. grandis BeRL. sp. n., I, 392. — pubescens Wasm. I, 393. — raffrayi Wasm., I, 246, 400. — uwbImanni Hact., I, 391. — uhlmanni JaneT ex Harx., I, 393. — whecleri Wasm., I, 266, 398. Antennurella BERL. g. n., I, 267. Antennurella trouessarti BERL. I, 268. Anthothrips, X, 250. Anthothrips aculeatus (FABR.), V, 135. — simplex Burra sp. n., V, 161, 169. —. statices (HaLip.), IV, 373, 383, 384; V, 135. Anthracochaeta, X, 27. Anthracotricha, X, 27. Anuraphis DeL GUERCIO g. n., IV, 191, VII, 307. Anuraphis centaurene (KocH) DrL G., VII, 297, 310. — filaginea DeL G., VII, 297, 308, 309, — melampyri DEL G., VII, 297, 309, SE — myosotidis (Kock) DeL G., VII, 309; IX, 156. — populi DeL G., VII, 297, 307. — prunicola (KaLr.) DeL G., VII, 297, 310. — tragopogonis (KALt.), VITIZI TISANE DeL G. sp. n., IX, 156, Sp. D.; DEL G., — xanthii 157. Anystipalpus BeRL. g. n., VII, 184. GENERALE Anystipalpus percicola BERL., sp. n., VII, 185. Aonidia picea Leon. sp. n., III, 6. Aonidiella aurantii (Mask.), III, 1. — taxus LEON. sp. n., III, 1. Apanteles glomeratus (L.) ReIncH., VII, 363. — lacteus (NEES) REINCH., IV, 72. Aphalara, IX, 165. Aphelinus diaspidis How., VI, 318. —. fuscipennis How., VI, 318. Aphidius, V, 218. Aphidius pini Rrz., V, 214. —. salicis Rtz., V, 214. — varius, V, 219. — mwismanni Rtz., V, 214, 218. Aphis LInNné, IV, 190, 191; V, 238, 262. Aphis affinis DeL G., VII, 297, 315, 816. var. gardeniae DEL G. v. n., IX, 161. — ampelophila DEL G.sp. n., IX, 157. — antennata KaLT, IV,.191. — avenae Fagr., V, 215, IX, 198. — brassicae L., VII, 355. — camellicola DEL GUERCIO sp. n., IX, 161. — caryae HARRIS, V, 177. — centaureae KocH, IV, 191. —. chloris KocH, VII, 297, 813. - — chrysanthemi KocH, V, 227. — cistata (BuckTOoN) WALKER, V, 187, 265. — clematidis FERR., VII, 321. — commifila DeL G., VII, 297, 312, 315. — costata WaLK, V, 263, 294. —. craccae ScER., IV, 191. — crataegi, V, 217. — dawisiana DeL G., IX, 160. —. donaci Pass., IX, 181. —. epilobi Karr., VII, 317. — erecta DeL G., VII, 297, 314, 315, 816. — euphorbiae Kart, IV, 191. DEI PRIMI Aphis fagi L., V, 175. farfarae KocH, IV, 191. filaginis LicHTENSTEIN, VII, 311. galii Karr., IV, 191. gallicae DeL G., VII, 297, 311. genistae KaLT., IV, 192. helianthemi FERRARI, VII, 297, 315. heliotropi MaccH., IX, 162. holci FERR., IX, 205. hordei DEL G. sp. n., IX, 205, 206. ilicicola BoIrsp., V, 176, 263, 268, 271, 273. iridis DeL GueRcIO, IV, 191. jani-FERR., IV, 191. juniperi DE GEER, V, 175. juniperi FABR., V, 312. laburni, V, 217; IX, 203. lappae KocH, IV, 191. longipes Dur., V, 175, 277. longirostris FABR., V, 175, 259. maydis FrrcH, IX, 200, 203. maydi-radicis ForB., IX, 204. myosotidis KocH., IV, 191. nasturtii KaLr., VII, 319, 322. nuda pini DE GEER, V, 339. oblonga Heyp, IV, 190. orygani Pass., IX, 162. persicae BoyER, IV, 191. phlomoidea DEL GUERCIO, 297, 323. pineti FaB., V, 175, 184, 283. pini DE GEER, V, 175. pini L., V, 339. pinicola WALK., plantaginis ScHR., VII, 315. prunicola KaLT., IV, 191. pulegi DeL G., VII, 297, 320. pyri KocH, IV, 191. quercus L., V, 175, 256. radicom GOUREAU, V, 240. ranunculi KaLT., IV, 191. roboris L., V, 175, 176, 186, 232, 233, 263, 273. VII, V, 331. DIECI VOLUMI 3209 Aphis salicina ZETT., V, 281. salicis CuRrTIS, V, 281. salieti HARRIS, V, 183. saligna SULZER WALK, V, 281. LXSW159î IX, 159. (o, sambucaria PASS., sambuci L., IV, 191; scaliai DEL GUERCIO Sp. 248. scorodoniae DEL G., VII, 297, 317. serpylli KocH, IV, 191. silybi Pass., VII, 322. tavaresi DeL G., VII, 296. tentans WALK, VII, 321. tomentosa De GEER, V, 175, 283. tormentillae Pass., 184, IV c192! tragopogonis KALT., IV, 191. valerianina DEL GUERCIO, 297, 322. VII, viminalis BoyER DE FoNxScOL., V, 175, 281. virgata DeL G., VII, 297, 317. vulpiae DEL G., sp. n., IX, 207. ATEO flavus, IX, 115. Apion Apionoseius BERL. g. n. hederaceus, IX, 115. alliarae HERBST, X, 256. apricans HERBST, X, 256. assimilis KirBy, X, 256, basicorne ILLIG, X, 256, frumentarium L., X, 256. gracilipes DIETR., X, 256. haematodes KirBy, X, 256. pisi FAB., X, 256. seniculus KirBy, X, 256. trifolii L., X, 256. varipes GERM., X, virens HERBST, X, 256. 254, 256. g IlEtegio Apodotheca, X, 27. Apparecchio per raccogliere piccoli Ar- tropodi, II, 85. Apsallia, X, 26. Aptinothrips rufus (GMELIN), IV, 383, 384; V, 135. 526 INDICE Aptinothrips rufus var. connaticornis UZEL, Vi 135. Arbutus andrachne, VII, 483. Archenomus bicolor How, VI, 818. Arctia caja L., X, 7, 10. Argas miniatus, IX, 118. -— reflexus, IX, 118. — transgariepinus WHITE, IX, 119. Argyope, V, 213. Argyreia speciosa, VI, 514. Armitermes Wasm., I, 75. Armitermes albidus (HaG.) SILv., I, 79, 131. — evhamignathus SiLv, sp. n., I, 76. I, 129. — festivellus SiLv. sp. n., I, 75, 129. — bheterotypus SILv. sp. n., I, 74, 129. — nasutissimus SiLv. sp. n., I, 79, 131. — odontognathus SILv, sp. n., I, 77, 131. subsp. minor SILV. subsp. n., I, 78, 131. Artemisia campestris, V, 242, 344; IX, 177. — vulgaris L., V, 208. Arthrhoplophora BeRrL. g. n., VI, 267. Arthrhoplophora paradoxa BERL. sp. n., VI, 267; IX, 102. Arthrobotrys oligospora FrES., II, 48. Arundo donax, IX, 181. Arvicola savii SeL. pe LonG., IX, 295. Ascodipteron lophotes MONTICELLI, X, 232. Asiphum KocH, V, 229. Aspidiotiphagus citrinus CRAW., VI, 818. Aspidiotus betulae, VI, 310; VII, 482. — ceratoniae, IX, 227. — forbesi, III, 390. —_ hedereae, VI, 310; VII, 437. — perniciosus VI, 324. — spurcatus, II, 55. MEO] RIETI CRTRE TORTO PRA SOR EEA 1°) OSSEE FAT R EONREORN Os PERENNE APNEA TROIA RORAARE OTO n =" î Ray : SA VA i E eva + GENERALE Astatus flavicornis Luc., X, 303. —. niger HaRR., X, 303. Astelia cunninghamii, IMI, 30, 61. Di VISAZIA VIE Asternoseius BERL. %. Asternoseius ciliatus BERL. sp. n 254 ; IX, $4. Asterocheridae, VIII, 367. Asterolecanium ilicicola TARG., VII, 353, Astigmata, IX, 104. Astoma locustarum WALSH., VIII, 113. Atalantia zeylandica, III, 54. Atacoseius BeRL. g. n., II, 162. Atacoseius pellucens BERL. sp. n., II, 162. Atherosperma novae-zelandiae, III, 30. Atropos lepinotoides RIB., sp. n., 15. DAR Auranziacee, VII, 483. Avena sativa, II, 130. VII, Baccharis salicifolia, IX, 165. Bacillothrips Burra g. n., IV, 385. Bacillothrips linearis BUFFA sp. n., IV, 383, 386; V, 136. Bacillus oleae TREV., VII, 480. Badister bipustulatus, X, 33. Balaninus elephas GyLLH., IV, 845. — glandium MarsgH., IV, 348. — nucum, II, 55. Bambusa, VI, 814, Bambusa fortunei, III, 5S. — tessellata, III, 61. Bdella caeca BeRL., sp. n., II, 15. — distinguenda BERL. sp. n., II, 157. — esxilicornis BerL. sp. n., VI, 347. Belba (Dameosoma) clavipectinata MICH,, Vigoli concolor BERL., V, 39. — denticulata G. et R. CAN., V, 39. — macropoda BERL. sp. n., II, 174. Berberis ruscifolia, IX, 165. Berlesia cultrigera BERL. sp. n., VI, 260; IX, $S0. — nuda Bert. n. sp., VI, 370; IX, 80. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 927 Berlesia styligera BeRL. sp. n., VII, 434; IX, 80. Bicricium letale Sor., II, 48. Billartia officinalis, IMI, 7. Bimichaelia grandis BERL. sp. n., IX, 78. Blankaartia OupEM., VIII, 88, 95. Bombix mori, IX, 139. Botrytis bassiana Sacc., VII, 24. — eriophyes MAass., VII, 24. Botys ruralis, II, 58. Brachinus sclopeta F., X, 13. Brachychthonius BERL. g. n., VI, 215, 218, 219, Brachychthonius brevis (MrcH.), VI, 218. var. expolitus BERL. v. n., VI, 215, 220. var. italicus BERL. v. n., VI, 215, 220. — —. var. spiniger VI, 215, 220. —. laetepictus BERL. sp. n., VI, 380. — latior BERL. sp. n., VI, 216, 218, 220. — perpusillus BeRL. sp. n., VI, 215, 218, 220. Brachycolus, IX, 181, 185. Brachyglottis repanda, II, 42. Brachylaelaps BERL. subg. n., VI, 871. IX, 82. SER RISSSVAMNIICO Brachylaelaps rotundus BERL., Brachymastiga, X, 27. Brachytarsina flavipennis MACQUART, X, 232. Braconide parassita di Apion virens, X, 260. Bradyaphis Morpw., IV, 191; V, 230. Bruchus marginellus FABR., IV, 40. Bryobia glacialis BERL. sp. n., IX, 78. Bryonia dioica, IX, 124. Bryophyllum calyeinum, VI, 314. Caecilius africanus RIB. sp. n., VII, 169, 170. —_ lar oxycopeus:'SRIB. ve N., VIZI Caecilius boggianii RIBAGA sp. n., V, 106. Caeculus hirtipes BERL. sp. n., VI, 369. n VAL — — var. graecus BERL. v. 369. Caeleno OuDEMS. ex BERL., I, 278. Calamenta filiformis Evers, X, 303. Calcididi (raccolta di), VIII, 471, Calendula officinalis, IX, 194. n., VI, 200. Caleremaeus monilipes (MIcH.) BERL., VI, 200. Caligonella BERL. g. n., Caleremaeus BERL. g. VI, 203. Caligonella humilis (KocH) BeRL., VI, 203. Caligonus KocH, VI, 201. Caligonus cerasinus KocH., VI, 202. — humilis KocH, VI, 203. — impressus KocH, VI, 202. — longimanus KocH, VI, 202. — petrobius R. CAN., VJ, 202. — robustus BERL., VI, 204. — ruber KocH, VI, 202. —. rufulus KocH, VI, 201. — scapularis KocH, VI, 203. — virescens TARG., VII, 24. Callicarpa lanata, VI, 514. Callipterini Morpw., V, 229. Callipteroides Morpw., V, 230. Callipterus KocH, V, 229. Callipterus elegans (KocH) LICHTENST., Vi debe — quercifoliae DeL GueERCIO, V, 182. — quercicolens (ASHM.), V, 178. —. tiliae (L.) KocH, V, 231. Callistemon, VII, 4853. Calopsocus infelix HAGEN, V, 107. Caloptenus italicus BURM., II, 125. Calotermes HAG, I, 20. Calotermes fulvescens SILV. sp. n., I, 21. De 029% DE Did, 20. — lobicephalus SILv. sp. n., I, 36. — _ hirtellus SILV. sp. — incisus SILV. sp. — latifrons SILV. sp. 928 INDICE GENERALE Calotermes modestus SILv. sp. n., I, 25. — modulosus HaG., I, 33. — rugosus Hac., I, 28. subsp. nodulosus Hag., I, 33. occidentalis StLv. — —. subsp. subsp. n., I, 32. — serrifer BATES, I, 40. — taurocephalus SILv. sp. n., I, 35, — termocephalus SILv. sp. n., I, 34. sp. n., I, 34. Calotrips procera, VI, 314. Camponotus punetulatus MAYR. subsp. termitarius EMERY, I, 186, 209. Canestrinia BerL., VII, 184. Canestrinia dorcicola var. pentodontis, VII, 284, 292; X, 29. — manicata BeRL. sp. n., VI, 2 — mierodisca BERL. sp. n., VI, 269; VII, 284. — neglecta, VII, 284, 293. — nepalensis BERL. sp. n., VI, 269. — procusti BerL., VII, 184. — remigans BERL. sp. n., VI, 387. — spectanda BERL. sp. n., VI, 269; VII, 284, 291. — (Eucan.) procera BERL. sp. n., VII, 184. Canestriniella BeRrL. g. n., VI, 270. — triceromegas SILV. Canestriniella amplexans BERL. VI, 270. —. togata BERL. sp. n., VI, 270. Capritermes Wasm., I, 62. Sp. N., Capritermes opacus (HaG.) SiLv., I, 62, 127. Var. parvus SILV., V. 64, 128. — orthognatus SILV. sp. 128. — paradorus SiLv., 1, 65. — saltans SiLv., I, 66. Capsicum, VI, 314. Carabidi, IX, 326. Carabocepheus BERL. subg. n., VI, 228. Carabodes affinis BERL. sp. n., IX, 94. no di r Carabodes coriaceus K, BERL. V. var. reticulatus Di, IX 192% — floridus BERL. sp. n., IX, 94. — umeratus BERL., sp. n., IX, 94. — marginatus MIcH. var. pontiger BERL. v. n., IX, 94. — palmifer BERL. sp. n., II, 27. — (Carabocepheus) lounsburyi BERL. Sp. n., VI, 216, 228. — (Otocepheus) crinitus BERL. sp. n., II, 172. longior BERL. sp. n., II, 172. Carabus genei G. THomSs., X, 153. Carduus, VII, 468. Carica papaya, VI, 314. Carpocapsa splendana Hiipx., IV, 348. Carpoglyphus vagabundus BERL. sp. n., VI, 267. Carya porcina, V, 178. Castanea sativa GOERT, V, 345; IX, 285. Casuarina sp., III, 49. Catenaria anguillulae SoR., 1I, 47. Cavannea BeRL. subg. n., VI, 350. Cavariella DEL G., VII, 323. Cavariella capreae (FABR.), VII. 326. — cicutae (KocH), VII, 326. —. gigliolii DEL G., VII, 297, 326. — pastinacae (L.), VII, 326. — umbellatarum (KocH), VII, 326. Cebrio dubius Rossi, VI, 235. — gigas FaBR., VI, 235. Cecidomidi, X, 251, Cecidomyia rosarum HARD., VII, 23. —. salicis, IV, 40. - — urticae PERR., VII, 22. Celaeno aegrota KocH, I, 278. — modesta Leox., VI, 200. — truncata BerL., X, 133. Celaenopsis palliata BERL. sp. n., II, 161. — (Anoplocaeleno) affinis sp. n., VI, 375. — —. andreinii BERL. sp. n., VI, 247. + c 4; DEI PRIMI DIECI VOLUMI 329 Celaenopsis (Anoplocaeleno) aplugyna D''A VLo0a euglyphana BERL. sp. n., VI, BERL. Sp. 375. — —. longiseta BERL. sp. n., VI, 246. — — nummulus Bert. sp. n., VI, 246. — —. covata BERL., VI, 246. politricha BeRL., sp. n., VI, _376. pusilla BERL. sp. n., VI, 376. — (Neocelaeno) cryptodonta BERL., VI, 376. Celastrinee, VII, 483. Centaurea, VII, 468. Centris thoracica LeP., I, 186, 210. Centropages kròyeri, VIII, 394, 412, 450. —. typicus, VIII, 369, 425, 450. Cephalothrips monilicornis UzeL, IV, 383, 391: V, 136. Cephalouropoda BERL. g. n., I, 248. Cephenes LaTR., II, 266. Cephenus WANDOLLECK, II, 266. Cephenus KaRScH, II, 266. Cepheus ocellatus MicH., IX, 98. — bifidatus Nic., IX, 92. Cephus brachycercus THoms, X, 303. — diversipes GHIGI sp. n., X, 303, 308. — haemorroidalis F., X, 803. var. punetatus KLUG., X, 303. — infuscatus ANDRÉ, X, 303. —. nigrinus THoms., X, 303. — pallipes KLUG., X, 303. — pilosulus THomS., X, 303. — pygmaeus L., X, 303. Cerambicidi, VII, 484. Cerastipsocus erassicornis KOLBE var. argentinus RIBAGA v.n., V, 98. Cerataphis LicHT, III, 364. Cerataphis lataniae BoIsp., III, 364. Ceratitis capitata WiIeDp., III, 386; VII, 485. Odi Ceratodactyla, X, 26. Ceratoppia BERL. g. n., V, 7. Ceratoppia herculeana BERL. sp. TV 217, 230. Ceratotheca, X, 26. Ceratozercon bicornis C. et F. var. elon- n. Vi gatus BERL. v. n., VI, 246. Ceratozetes BERL. g. n., V, 4. Ceratozetes cisalpinus BERL. sp. n., V, d. —. grandis BeRL. sp. n., V, 4. — magniticus BERL. sp. n., VI, 264. Di VEE — mediocris BERL. sp. n., V, 4. — maximus BERL. sp. — (Alozetes) pusillus BERL. sp. n. IX, 88. Cercomegistus BERL. g. n., X, 145. ’ Cercomegistus bruckianus BERL. sp. n., X, 146. Cercopsis olivetorum O., IV, 354. Ceroplastes rusci L., III, 9; VII, 173, 178. Cerro, V, 208. Ceylonia BuckT., VII, 464. Chaitophorus KocH, V, 185, 229. Chaitophorus leucomelas KocH, III, 376, 384. — montemartinii DeL G. sp. n., IX, 19% Cheimatobia brumata, II, 55; VII, 206, 207. Cheletes OUDEMS, I, 278. Cheletogenes quadrisetatus BERL. sp. n., TX, 79. Chermes arecae Borsp., III, 32. Cheyletia (Eucheyla) loricata BERL. Sp. Di, IX, 179, 80. Cheyletus LaTR., I, 278. Chilocorus bipustulatus L., IV, 61; V, 215; VI, 319. — bivulnerus SMITH, VI, 322. — cacti, VI, 325. — dkuwanae SiLv., VI, 321, 325. —. similis Rossi, VI, 319, 325. Chiloneurus albicornis, IX, 115. Chilopodi (Anatomia), I, 285. Chionaspis americana, IX, 115. — evonymi, VI, 310. — furfurus, III, 390. — ortholobis, IX, 115. — pinifoliae, III, 390; IX, 115. — salicis, VI, 310. Chirothrips manicatus HALID., IV, 383, 384; V, 135. Chlaenius velutinus, X, 33. —. vestitus, X, 31. Chromotydaeus BeRL. g. n., I, 252. Chrysanthemum frutescens, IX, 194. Chrysomela, VII, 433. Chrysomphalus minor BerL., VI, 310; VII, 483. Chrysozona albihirta (KARSCH), X, 223. Cicala, VII, 465. Cichorium intybus, V, 344. Ciliegio, VI, 314. Cillibano HeIp., I, 324, 329. Cillibano complicata BERL. sp.n., II, 160. — (Trichocylliba) comata (LEON.), TRR3308 hirticoma BERL., I, 331. Cinara CuRtIS, V, 176. Citiso, V, 218. Cladobius KocH, V, 229. Cladobius farinosus DeL G., IX, 179. Cladosporium erbarum (PERS.) LINK., VII, 357; VIII, 314. Clasterosporium, II, 43. Clinodiplosis oleisuga TARG., IV, 348: VII, 479. Clytra laeviuscula, VIII, 353. Cnicum arvensis, V, 246, 344. Coceciniglia farinosa delle Baccelline, VII, 468. Coccophagus fraternus, IN, 115. Coccus cacti L., VII, 175. Coeliodes ruber MARCH., II, 54. Coleoglyphus BERL. g. n., VI, 268. Coleoglyphus fuscipes BERL. sp. n., VI, 268. INDICE GENERALE Coleoglyphus ? simplex BERL. sp. n. VI, 387. Coleolaelaps BERL. g. n., X, 141. Coleolaelaps lizeri BERL. sp. n., X, 142. Coleophora giraudi, IV, 40. Coleopterophagus procerus BERL. Sp. n. VI, 387. Coleotydaeus BERL. g. n., VI, 214. Coleotydaeus rhombicus VI, 214. Collemboli, IX, 185. Compsomyces laestevae THxT., X, 23. BERL. Sp, n., Compsothrips albosignatus (REUTER), V, 136. Conium maculatum, IX, 194. Connodontus termitophilus Wasm., III, Z4T. Conoppia BERL. g. n., V, 7. Conoppia grandis BERL. sp. n., V, 7; VI, 217, 230. Contarinia pirivora RiL., IV, 348. Copeognati (Partenogenesi), II, 33. Copriphis BerL. g. n., VI, 261. Copriphis aster BERL. sp. n., VI, 262. —. cultratellus BERL. sp. n., VI, 261. — degenerans BERL. sp. n., VI, 262. — elongatus BeRL. sp. n., VII, 185. —, hastatellus BERL. sp. n., VI, 262. n., VI, 261. n., VI, 262. — repandus BERL. sp. n., VI, 262. — modestus BERL. sp. — puer BERL. sp. — (Pelethiphis) crinitus BERL. var. curtipilus v. n., VII, 186. dermanyssoides BERL. Sp. n., VII, 186. equestris BERL. Sp. 186. insignis BERL. sp.n., VII, 185. Copris, VII, 431. Coprolaelaps BERL. DE NV gun Velo: Coprolaelaps caput-medusae BERL. Sp. EV ILA de EE Coptotermes Wasm., I, 46. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 5351 Coptotermes marabitanas (HAG.) SILV., I, 46, 115. Cordyline australis, III, 61. Cordylobia anthropophaga (BLANCHARD), X, 228. Coricum, VII, 468. Corniolo, VII, 297, 313. Cornitermes Wasm., 1, 52. Cornitermes acignathus SILV. sp. n., I, : — cumulans (KOLLAR) Wasm., I, 120. — laticephalus SILv. sp.n.,I, 61,127. — longilabius SILv. sp. n., I, 59,127. — orthocephalus StLv. sp. n., I, 60, 127. —. similis (HaG.) Wasm., I, 53, 117. —. striatus (HaG.) SiLv., I, 57, 122. —. triacifer SILv. sp. n., I, 58, 127. Corotoca melantho ScHIODTE, I, 198, 213. — phylo ScHIiòpTE, I, 198, 213. Corylus tubulosa WiLp., VII, 17. Cosmochthonius BeRL. g. n., VI, 216, 218, 221; IX, 104. Cosmochthonius angelus BERL. sp. n., VI, 388. — emmae BeRL. sp. n., VI, 216, 218, 221. — lanatus (MicH.), VI, 218. — plumatus BerL. sp. n., VI, 216, 218, 221. — (Heterochthonius) sp. n., VI, 216, 222. — (Pterochthonius) angelus BERL., IX, 104. Cosmolaelaps BerL., I, 404, 415. Cotogno, VII, 50. Crambus pascuellus L., II, 53. THOoMsoN, IV, gibbus BERL. Cratotrechus aeneicoxa 36, 286. — larvarum (L.) THoMmsoN, VI, 36, 286. Crematogaster, V, 224. Cryptothrips latus UzeL, IV, 383, 391; VERI96% Cultroribula BeRL. g. n., V, 9. Cultroribula bicultrata BeRrL., VI, 200. NGONADISCBERD SP IV VI 217, 229. — magnifica BERL. sp. n., VI, 217, 230. Cicas circinalis, VI, 314. — media, VI, 314. Cycelops insignis, VIII, 378. VATENS Cymbaeremaeus BeRL., VI, 225. Cymberemaeus corniger. BERL. Sp. n., VAT — cymba BerL. ex Nic., VI, 216. oa Mag tale — reticulatus BERL. sp. n., VI, 381. —. guerinii BERL. Sp. — (Scapheremaeus) corniger BERL., VI, .216, 226, 227. guerini BeRL., VI, 216, 227. — — 226, marmoratus BERL. sp. n., VI, 216, 226, 227. patella BerL., VI, 216, 225, 226. pulchellus BERL. sp. n., VI, 216, 226, 227. Cynara cardunculus, V, 246, 344. Cynodon dactylon, II, 130; VI, 326. Cyrthydrolaelaps BERL. ®. n., II, 19. Cyrthydrolaelaps hirtus BERL. sp. n., II, 20. Cyrtolaelaps (?) aurantiacus BERL. sp. n., I, 241. — capreolus BeERL. sp. n., II, — dama BERL. sp. n., II, 168. N; VI, 872: 165, — goliathus BERL. Sp. — hereuleanus BERL. sp. n., I, 240, 276. — ibex BERL. sp. n., II, 283; IV, 199. — nemorensis K., I, 276. — (Gamasellus) armatus BERL. nom. n.;_ 279% (?) iphidiformis BERL. sp. n. I82 620010 sN RT PRIA 3 V0° T e ei fto 392 INDICE GENERALE Cyrtolaelaps (Gamasellus) punetum BERL. BPeign262% Cytisus laburnum, X, 264, Dacus oleae (Rossi) MEIGEN, IV, 2, 99, 348: V., 27; VI, 122; VII, 470. Dactylopius, VII, 173. Dactylopius citri RIsso, VII, 178, 178, 353. Damaeolus PaoLI g. n., V, 79, 80. Dameolus asperatus |BERL.), V, $0, $1. — laciniatus (BERL.) PAOLI, V, 80,82. — pistillifer BERL. sp. n., IX, 91. Damoeus bicostatus ex KOCH, BERL., VI, 382. i — concolor KocH, V, 39. — nmnitens MicH., V, 39. — ornatissimus BeRL., V, 11. — splendens Micu., V, 52. Dameosoma BERL., V, 31, 35. Dameosoma arcuale BERL. sp. n., IX, 89. — asperatum BERL. sp. n., I, 274; VG, ilo — bellum BERL. sp. n., I, 274; V, 76. —. bicarinatum PAOLI sp. n., V, 38, 59. — bicultratum BERL. sp. n., II, 236; VI, 200. —. capense PaoLI sp. n., V, 37, 41. — clavipectinatum (MIcH.) BERL., VAf3T51E — (? cochlearium PAOLI sp. n., V, 39, 72. — complicatum PaoLI nom. n., V, 37, 45. — concolor BERL., V, 39. — confine PAOLI sp. n., V, 39, 65. — cornigerum BeRrL., V, 76. — corrugatum BERL. sp. n., I, 273; TRS VITA; N62: — decipiens PAOLI sp. n., V, 36, 69. —. denticulatum(G.et R.CAN.)PAOLI, Vi, 135,97, 39: Dameosoma dissimile BERL. sp. n., II, IT2} IVAN OTANAO —. elongatum PAOLI sp. n., V, 37, 43. — expansum PaoLI sp. n., V, 36, 67. — falcatum PAOLI sp. n., V, 38, 61. — fallax PAOLI sp. n., V, 38, 64. var. obsoletum PAOLI v. n., Vi t3T, (65. — fasciatum PAOLI sp. n., V, 37, 46. — foveolatum PAOLI sp. n., V, 38, 50. — gracile PAOLI sp. n., V, 37, 49. — hypogeum PaoLI sp. n., V. 38, 67. — insculptum PAOLI sp. n., V. 37, 47. — laciniatum BerL. II, 236; V, 82; VI, 200. — longilamellatum V, 38, 58. — megacephalum BERL. sp. 172; V, 97, 41. —. minus PAOLI sp. n., V, 37, 48. — multisulcatum BerL. sp. n., IX, 90. — quadricarinatum (MicH.) BERL., V, 38, 70. —. splendens (KocH) PaoLI, V, 38. — splendens BeRrL., V, 52, 54. — tricarinatum PAOLI sp. n., V, 38, 52, D4. var. corniculatum PAOLI, v. MISGVENDO: globosum PAOLI v. n., (MicH.) BERL., Delo — — var. VENDO: — trigonum BeRL., V, 74. — uwnicarinatum PaoLI sp. n., V, 38, 56. Dasyneura RONDANI, VI, 292. Dasyneura lathierei DEL GUERCIO, Sp. n., VI, 292; VII, 482. — oleae (ANGELINI), VI, 291, 292. Dasythrix vittipes BEZZI sp. n., X, 226. Davisia DEL GuERCIO, V, 185, 343. longistigma (MovnELL.) DEL GueRcIo, V, 185, 343, Davisia DEI PRIMI DIECI VOLUMI Davisia platanicola (RILEY) DEL GUER- cIO, Vi, 185. Dendrothrips degeeri UZEL, V, 133, 135. —. saltratrix UzEL, V, 135. Deraiophorus canestrinii BERL. sp. n., II, 160. Diaptomus, VIII, 364. Diaptomus castor, VIII, 368. — vulgaris, VIII, 371, 447. Diaspis amygdali TRyoN, VI, 315. — fioriniae TArG., III, 32. — gigas Mask., III. 30. — lanatus MORGAN CocKLL., VI, 313. — ostreaeformis, VII, 482. — patellaeformis SASAKI, VI, 313. — pentagona Tarc., III, 389; VI, 298 ; VII, 436 ; IX, 235 ; X, 151. — var. amigdali (TRYON), Vl; 309% — Tosae, VI, 310; VII, 437. —. scabiosae, IV, 40. Dibelona BRUNNER, VI, 183, Dibelona brasiliensis BRUNN., VI, 191. 186, 191. 186, var. boggianii GRIFFINI, VIFRLEToSL91e — cubensis BRUNN., VI, 190. — rubrinerrosa BRUNNER, VI, 184, 191. Dicaiothrips BUFFA g. n., V, 169. Dicaiothrips bottegoi Burra sp. n., V, 161, 170. —. scottii HEEGER, V, 159, 170. Dichomyces princeps THxT., X, 30. Dichroma, X, 27. Digamasellus BERL. subg. n., II, 234. Dimeromyces THAXTER, VII, 290; X, 22. Dimeromyces faleatus PAOLI sp. n., VII, 284, 292; X, 29. — mucronatus PaoLI, sp. n., VII, 290. — muticus PAOLI sp. n., VII, 284, 293. Dimorfismo sessuale negli Insetti, X, 77. Dimorfomicetee, X, 29. Dinarmus dacicida Masi, IV, 286. Dinothrips sumatrensis BAGNALL, V, 158, 165. Dinychus appendiculatus BERL, sp. n., VI, 245. — carinatus BeRL. sp. n., I, 247. n., I, 248. — flagelliger BERL. sp. n., VI, 378. —. fimicolus BERL. sp. — inermis KocK, I. 248. — mitis 9 LEON., I, 269. — tetraphyllus BERL. sp. n., Diospyros, VI, 314. Diplopodi (Anatomia), I, 282. Diplosis coryligallarum TARG., VII, 23. — tremulae WINN., VII, 23. da NABIBIAE I, 247. Diplothrombium BERL. g. VIII, 4, 18, 53. Diplothrombium eximium BERL. sp. n.. VABaSEMIR NALI eb) ri — longipalpe BerL., VI, 357; d, 54, 55. Discopoma G. et R. Can., I, 248, 324, 332. Discopoma cassidea, I, 248. — comata Lroxn., I, 330. — cexpansa BerL. sp. n., I, 173, 204. — hirticoma BeRrL. sp. n., I, 246, 331. — integra BERL. sp. n., VI, 244; IX, 87. — miranda BERL. sp. n., II, 159. — pandaia WASM. ex Micu., I, 848. —. puella BerL. sp. n., VI, 244. — pulcherrima BERL. sp. n., I, 247. —. simplex BERL. sp. n., VI, 244. — simulans BeRL. sp. n., II, 159. —. splendida KRAMER, I, 248. var. porticensis BERL. I, 247, 333. — termitophila BERL. sp. n., I, 174, 204. Discourella BERL. subg. n., VI, 378. VELE 9I7AS Vie Dogs Discozercon BERL. g. n., INDICE Discozercon mirabilis BERL. sp. n., VI, 374; X, 146. Discozerconidae BeRL. fam. n., VI, 374. Disparipedidae, VII, 215. Disparipes MicHawL, VIII, 217, 218, 232, 255, 263, 264. Disparipes allodispus, VII, 219. bombi CANESTRINI, VII, 245. bursula BeRL, VII, 286, 249. circularis BERL., VII, 236, 253. claviger PAOLI sp. n., VII, 236, 241, 248. crassisetus PAOLI sp. n., VII, 236, 251. 22 3, — —. var. plumosus PAOLI v. n., VII, 252. — —. var. simplex PaoLI v. n., VII, 253. echidna BERL. sp. n., II, 238; VI, 200; VII, 221, 235, 244. var. parvus MicH., VII, 235. exhamulatus (MIcH.) BeRrL., VII, 234, 263, 265. —. hystrix PaoLI sp. ù., VII, 220, 235, 241. —. longisetus BERL. sp. n., II, 11; VII, 235, 239. longitarsus BERL. sp. n., II, 237; VI, 200; VII, 218, 235, 236. — macerochirus PAOLI sp. n., VII, 235, 237. — nudus BerL., VII, 225, 234. —. parvus MicH., VII, 244, —. plurisetus PAOLI sp. n., VII, 236, 247. — pugillator PaoLI sp. n., VII, 256, 250. — rotundatus BerL., VII, 285, 240. —. serratus, VII, 229. — silvestrii BERLESE, VII, 245. — — var. rotundus BeRL., VII,240, 241. spathuliger BERL. Sp. VII, 223, 232. MERI egalel No GENERALE Disparipes (Variatipes) eucomus, 216. nudus, VII, 218, 223. VII, 2299 Diversipes, VII, 217, 218, 222, Diversipes eucomus BERL. 15:; VII, 228. (Microdispus) obovatus PAOLI sp. n., VII, 267, 268. Dorcus bucephalus, VII, 284, 291. parallelepipedus L., X, 7. saiga, VII, 284. Dorypteryx albicans RIBAGA sp. n., IV, 181. Drepaniella viciae KALT., IX, 185. Drepanothrips reuteri UzeL, V, 135. bg VAUnb 234, Sp. mn. , , Dromeothrombium BERL. o. 5 131, 132. Dryaphis AMmyot, V, 174, 176, 190, 262. Dryaphis cerricola DEL GUERCIO, V, 264, 266, 345. —. ilicina DeL GueRrcIO, V, 265, 271, 345. —. iliciphila DeL GueRcIO, V, 265, 268, 345. — longipes Durour, V, 263, 265, 277, 345. — minor DeL GuErcro, V, 265, 267, 345. — quercus brevirostris Morpw., V, 186. — —. longirostris, Morpw., V, 186. — roboris (LINNÉ), V, 265, 273, 345. — —. nigra DeL GuERcIO, V, 265, 275, 345. rosae (CHoLop) DEL GUERCIO, V, 186. Dryobius KocH, V, 176, 262. Dryobius cistatus (WALKER) BUCKT, V, 187, 263. croaticus KocH, V, 184, 268. croaticus KocH, V, 278, 277. quercus, Morpw., V, 176. roboris BUCKT., V, 273. sexfasciatus SAY, V, 233. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 350 Echidnogryllacris sanguinolenta BRUNN., VIII, 304. Echinomegistus BERL. g. n., I, 266, 387, 396. Echinomegistus wheeleri (WASM.), I,398. — (Antennomeg.) caputearabi BERL., I, 310. Ectopsocus MacLacHL., I, 294. Ectopsocus briggsi MACLACHL., var. me- ridionalis RIBAGA v. n., I, 296; II, 33. Elaphrolaelaps BeRrL. subg. n., VI, 257. Elaphrothrips Burra, V, 162. Elaphrothrips assimilis BAGNALL, V, 158, 163. — longiceps BAGNALL, V, 158, 164. — uniformis BurFa sp. n., V, 164. Elateridi, VI, 235. Eleagnus, VI, 314. Endofagia, IV. 204. Enemothrombium BerL. subg. n., VI, 0OSISVILIIRTAS LIRA SIOLZA: Entomophtora, V, 227. Eosentomidae Bert. fam. n., VI, 24, 48, Eosentomon BERL. g. n., I, 18; VI, 49, DT. Fosentomon jabanicum VIII, 321. —. ribagai BERL., sp. n., VI, 58, 59. BERL. sp. n., — transitorium Berl. sp. n., V, 18; VI, 57, 08. — wheeleri SiLv., VI, 166. — var. mexicanum SILV., VI, 166. Eosilla RIBAGA g. n., V, 20. Eosilla jacobsoni RIBAGA sp. n., V, 21, 22. Eothrombium BERL. g. n., VI, VITINIA 7, 136, 88, 39. Eothrombium echinatum BERL. sp. n., VI, 353); VIII, 4, 37, 39. — leptotarsum BERL. sp. n., VI, 353; VIII, 39, 42. —. siculum BERL. sp. n., VIII, 39, 40. 353; VI, 353; Eothrombium (Rbynothrombium) longi- palpe BERL. var. septentrionale BERL. vi. n. VI, 354. — —. nemoricola BERL., VIII, 43. — — nemoricolum BERL., VI, 354; VIII, 4. Ephedrus plagiator NeEs, II, 148. Ephialtes divinator (GRAV.), IV, 44. Epicroseius BERL. sp. n., II, 163. Epicroseius angelioides BERL. sp. n., II, 163. —. (Iphidinychus)_ manicatus sp. n., IX, 84. — seioides BERL. sp. Epilachnis, VII, 433. Epitrimerus pyri NAL., VII, 41. Erastria scitula RBR., IV, 68. Eremaeus brevipes MicH., V, 11. BeERL. NS RV8203% — carinulatus BeRL., V, 11. — complanatus BERL., V, 11. —. licnophorus BeRL., V, 85. Eremaeozetes BERL. g. n., IX, 92. Eremaeozetes tuberculatus BERL. sp. n., TX, 192. Eremella BERL. g. n., IX, 96. Eremella induta BERL. sp. n., IX, 97. —. vestita BERL. sp. n., IX, 96. Eremobelba BerL. g. n., V, 9. Eremobelba capitata BERL. sp. n., IX, 95. —. geographica BeRrI.. sp. n., V, 9; VI, 216, 225. —. gracilior BERL. sp. n., V, 10; VI, 216, 225. —. pectinigera BERL. sp. n., V, 10; VI, 216, 225. Fremulus BERL. g. n., V, 10. Eremulus avenifer BERL. sp. n., IX, 96. — flagellifer BERL. sp. n., V, 10; VI, 216, 225. — modestus BERL. sp. n., VI, 216, 225. Eremus bifalcatus BRUNN., VIII, 308. — brunni GRIFF. sp. n., VIII, 309 Ereynetes, VII, 431. \p 0g Ereynetes cruciatus BERL. sp. n., VI, 248. — inermis BERL. sp. n., VI, 213. Ericacee, VII, 483. Zriofiidi, VII, 1; VIII, 484. Eriofiosi, VII, 1. Eriopeltis coloradensis, IX, 115. Eriophyes avellanae (PAG.) Nar., II, 48; \ALESZBA — coryligallarum(TARG.)NAL.,VII,6. — malinus Nar., VII, 41, 44. —. pyri(Pac.)NAt., VII, 41, 44, 49. — ribis Nar., VII, 25. — vermiformis Nacr., VII, 7. FEriosoma LEACH., V, 179. FEriosoma strobi FircH, V, 179. Erpomicetee, X, 31. Eryobotria japonica, VII, 483. Prythraeus passerinii BERL. sp.n., II, 16. Erythrombium BerL. g. n., VI, 351. Erythrombium eusisyruam BERL. sp. n., VI, 351, 352. Essigella DeL G., V, 342, 343. Essigella californica DEL G., V, 342. Fucheyla BeRrL. subg. n., IX, 79. Eugamasus BeRrL., III, 95, 162, 165. Eulaboulbenia, X, 26. Fulachnus DeL GueRrcIO, V, 192, 315, 342, 346. Fulachnus abameleki Der G., V, 316, 329, 346. — agilis (KALTENBACH) DeL G., V, 316, 317, 346. — macchiatii DeL G., V, 816, 321, 346. — mingazzinii DeL G., V, 316, 326, 346. — nigrofasciatus DEL 320, 346. — nudus (De. GEER) 317, 339, 346. — pineti (KocH) DeL G., V, 384, 346. — pinicolus (KALT.) DeL G., V, 316, 331, 346. (COVAIIO DELEGA INDICE GENERALE Pulachnus taeniatus (KocH) DEL G., V, 317, 337, 346. Fulaelaps BERL., I, 261, 405. Fulaelaps stabularis KocH, I, 261. Fulohmannia BERL., subg. n., VI, 223. Eulophus longulus THomsox, IV, 286. —. pectinicornis (L.) ILL., IV, 33, 286. FEumaeus KocH, I, 242. Fumaeus hemisphaericus Kocn, X, 142. —. pyrobolus C. L. KocH, I, 242. Eumarschalia gennadi (MorcH) DEL G., IX, 227. Eunicolina BeRrL. gen. n., VII, 430. Eunicolina tuberculata BERL. sp. n., VII, 430. Eupalopsis pini R. Can., VI, 208. — reticulata BeRL. sp. n., VI, 208. Eupelmus degeeri DALM., IV, 38, 286. — urozonus DAaLm., IV, 72, 286. Euphilippia BERL. et SILv. g. n., III, 396. Euphilippia olivina BeRL. et SILV. sp. n., III, 398; IV, 85. Euphillura olivina (0. Costa) ForsT. IV, 356 ; IX, 65. Eupodolophus BerL. subg. n., X, 147. Euproctis chrysorrhoea L., X, 1. Eupsenius Wasm. gen. n., I, 202. Eupsenius clavicornis Wasm., I, 203,216. Eurytoma aethiops BcH., IV, 44, 287. —. rosae NEES, IV, 41, 287. — rufipes WALK, IV, 44, 287. Eustigmaens BerL. subg. n., VI, 205, 206. Eutarsopolipus BeRL. subg. n., IX, 87. Eutermes (HaG.) FR. MiiLL. (BatES) SILv., I, 204, Eutermes arenarius 83, 135. subsp. fulviceps SILV. subsp. n., 1, 6, 87, 135» subsp. pluriarticulatus SILV. subsp. n., I, 86, 135. subsp. proximus SILV., subsp. Den S4 lo: DEI PRIMI DIECI VOLUMI 357 Futermes cyphergaster SILv. sp. n., I, 91, 137. — debilis SiLv., I, 94. — diversimiles SILv. sp. n., I, 90, 137. — heteraspis SrLv. sp. n., III, 343. — heteropterus SILV. sp. n., I, 93, 138. — microsoma SILV. sp. n., I, 94, 139. — morio Wasm., I, 99. — rippertii (RamB.) Wasm., I, 9, 81. 132. — — subsp. macrocephalus SILV. subsp. n., I, 83. — tenebrosus Wasm., I, 97. — terricola TRAG., III, 345. Eutrachytes BERL g. n., X, 132. Eutroctes RIB. g. n., VII, 165. Eutroctes triigardhi RIB. sp. n., VII, 165. Eutrombidium VERDUN, VIII, 4, 17, 98, 107. Eutrombidium (?) armatum (KRAM. et NEUM.), VIII, 123. — canestrinii BERL. sp. n., VI, 363; VIII, 121. — debilipes (Leox.), VIII, 107, 116. — ferox BeRrL., VIII, 107, 111. — frigidum BerL. sp. n., VI, 364; VIII, 107, 118. — locustarum (WaLsH.), VIII, 108, 113. — magnum (EwinG.), VIII, 121. — trigonum(HERm.), VIII, 4, 99,108. — (Leptothrombium)oblongum (TR.), VIII, 103. Euzercon hirtellus BERL, sp. n., VI, 247. — kraepelini BeRL. sp. n., II, 161. — ovulum Bert. sp. n., II, 161. Euzetes BERL. g. n., V, 3. n., VI, 264. Vedi Euzetes egenus BERL. Sp. —. nigerrimus BERL. Sp. n., 9 — paolii BERL. sp. n., d. VE Eviphis BERL. gen. n., I, 242. u Redia », 1914 Eviphis convergens BERL. sp. n IX, 84, —. cossì (Ant. Dug.) BerL,, I, 276. n., I, 246. n., 1, 243. 1, 243; —. gibbus BERL. sp. — tubicolus BERL. sp. — uropodinus BERL. sp. n., IX, 84. Evonymus europaeus, VII, 483, —. japonica, VII, 352, 483. Exochomus auritus ScrIBa, VI, 319. — ‘4-pustulatus L., VI, 319. Exoprosopa atrinasis SPEISER, X, 224. Fagioli, VI, 314. Fredrizzia gloriosa BERL. sp. n., VI, 376; VII, 289. — grossipes BerL., VII, 289. Feronia elongata, X, 33. Festuca duriuscula, II, 96. Ficus stipulacea, VII, 483. Fiorinia TARG., III, 17. Fioriniae, III, 16. Fiorinia acaciae MAaskELL, III, 43, var. bilobis FULLER, III, 43. — (? alaeodendri De CHARM, III, 58. — asteliae MASsK., III, 30. — atalantiae GREEM., III, 54. — (© bambusae MAsk,, III, 58. — bidens GREEN, III, 18, 23. — cameliae Comsr., III, 32. — camelicola DouGLAS, III, 32. — casuarinae Mask., III, 48, — (?) expansa MasK., III, 59. — fioriniae (TARG.), III, 18, 32. var. cameliae CkLL., III, 33. var.japonica KUWANA, III,36. var,minor COCKERELL,III,33, pellucida COCKERELL, III, 34. — gigas (MasK.), III, 18, 30. —. grossulariae Mask., III, 18, 37. rap, III, 56. — gjJuniperi GREEN, II, 18, 39. — lidgetti GREEN, III, 50. — minima MASsKkELL, IMI, 42, — (è) nephelii Mask., III, 5£ — kewensis NEW }. 22 D 9 DI: Fiorinia odinae GREEN, III, 18, 24. — palmae GREEN, III, 33. — pellucida TARG,, III, 32, — pinicola MASK,, III, 33, — proboscidaria GREEN, III, 18, 26. —- (®) rubra MASK., III, 60. var. propinqua MAsK.,III,60. — rubrolineata GREEN, III, 44. —. saprosomae GREEN, III, 18, 19. var. gelonii GREEN., III, 21. — secreta GREEN., III, 52. —. (?) signata MasK., III, 60. —. similis GREEN, III, 18, 21. — (?) stricta MasK., III, 61. — (?) syncarpiae MASK., III, 61. — (?) tenuis Mask., III, 62. — theae GREEN, III, 18, 28. — tumida GREEN, III, 18, 38. Fitoptosi deformante, VII, 1. Fleotripide dell’olivo, VII, 65, 204, 479. Forficula, IV, 77; VIII, 353. Freyana, X, 85. Friganeidi, VII, 466. Fuchsia, VI, 314, Fullawayella DEL G., VII, 462, 463, Fullawayella kirkaldyi DEL G., VII, 462. Fusaggine, VI, 314. Fusicladium dentriticum FcxkL., VII, 53. —. pirinum Fcxt., VII, 583, 54. Gaertnera koenigi, III, 47. Galerucella luteola MuLL., II, 68. Gallium erectum Hps., VII, 297, 315. Galumna filata OUDEMS., X, 122. — elimata OUDEMS., X, 119. Gamasellus BeRL., III, 101. Gamasellus eurvierinus VII, 433. — nepotulus BERL. Sp. BERN. (Sp. D.; ipy Mi ASL DES MVINL9: — (Digamasellus) perpusillus BERL. sp. n., II, 234; VI, 199. — (Sessiluncus) latus BERL. sp. n., II, 168. — robustipes BERL. sp. INDICE GENERALE Gamasellus (Sessilumeus) solitarius BERL. sp. n., II, 169. Gamasidae, I, 446. Gamasholaspis BERL. subg. n., I, 265. Gamasiphis BERL. g. n., I, 261; III, TOLETTA Gamasiphis elegantellus BeRL. sp. n. VI, 253; Xx, 143. — elongatellus BERL. sp. n., VI, 372; IX, 81; X, 142. — gamasellus BERL. sp. n., IX, 80. — pilosellus BerL. sp. n., IX, 81. — pulchellus BerL., I, 261. — (Periphis) haemisphaericus (KOCH) A, 142. Gamasoides BerL, nom. n., I, 280, Gamasoides carabi (R, CAx.), I, 280. OUD. et VGIS. ALI La — fucorum 160. — subterraneus (MiiLL.), I, 280. Gamasolaelaps BERL. g. n., I, 241; III, 101. Gamasolaelaps arcuatus BERL. Sp. l., VI, 252. — ‘aurantiacus BERL. sp. n., I, 241. Gamasus LatR., I, 235; III, 67, 258, Gamasus subgen., III, 120, 127, 274. — brachiosus Can., I, 279. — coarctatus KocH, 212, — coleoptratorum L., I, 280; III, 132, 135. var. ruricola BerL., IMI, 212. — crassipes adultus BekL., I, 236. — distinctus BerL. n, sp., I, 289. — fimetorum BERL. sp. n., I, 238. — fossorius BERL. nom. n., I, 280. — fucorum G. et R. CAN., III, 155. — fucorum var. @ MoxIez, III, 182. — hortivagus BeRL. n. sp., I, 240. — intermedius BERL. sp. n., I, 240. — longulus KocH, I, 280. — lunaris I, Foà, I, 279. — lunaris ch. OupEMS., I, 279. — marinus BRapy, III, 109. Gamasus meridionalis G, CAN., III, DEI PRIMI DIECI VOLUMI 359 223. monachus G. et R. Can., III, 227. neglectus BERL. sp. n., I, 239. obesus BERL. sp. n., I, 2 pusillus dt, Foà, I, 278; III, 117. quinquespinosus KRAMER, III, 229, reticulatus BERL. sp. n., I, 240. thalassinus BEeRL. et TROUESS., II, 182. Thoni BERL. sp. n., I, 239. tricuspidatus Oup., III, 177. trispinosus KRAMER, IlI, 212. tumidulus KocH, III, 245. vepallidus KocH, VII, 24. (Amblygamasus) dentipes KocH, III, 185, 187. —. sagitta BERL. sp. n., I, 238; III, 185, 190. —. septentrionalis (Oup.), III, 185, 186, 188. — —. var. germanicus BERL, VALD IIS ELS9% — —. var. norvegicus BERL. VD III1901 — tiberinus CAN., III, 185, 186. (Eugamasus) chortophilus BERL. Sp. DI 262; III, 166, 169. — cornutus G. et R. Can., III, 165, 166, 173. — exrcurrens BERL. sp. n., I, 263; III, 165, 166. — furcatus G. et R. Can., III, 165, 166, 172. — Kraepelini BERL. sp. n., II, 232 ; III, 165, 170; VI, 199. — immanis BERL. sp. n., I, 262; III, 165, 166, 179. — magnus KrAm., III, 165, 166, 177. — magnus var. monticola BERL. va at III — ©Qudemansi BeRL. nom, n., I, 280); III, 166, 167. Gamasus (Eug.) Trouessarti BerL., III, 182. (Gamasus) americanus BERL. sp. n., III, 130, 138. — burchanensis (0up.), III, 128, 134. — coleoptratorum(LINNÈ)LATR., III, 121; 128, 129, 155. — consaguineus OuD, et VGTS., III, 128, 130, 139. — (?) crinitus OupEM, (Nympha coleoptr.), III, 260, 264. BERL., III, 1122. — (2 emarginatus KocH, III 226. — exilis BerL., III, 128, 129, 145. — fimetorum BERL., 129, 135. —. fossorius BERL. (Nympha co- leoptr.), III, 261, 263. — fucorum (De GEER), III, 160. — hortivagus BerL., III, 129, 150. — Kempersi (0up.), 129, 143. —. incertus BERL. sp. n., IL, 166; III, 128, 130, 159. — intermedius BeRL,, III, 128, 129, 152. — lunaris Berr., III, 128, 129, 147. — mammillatus BERL. sp. n., II, 166; III, 128, 129, 140. — (© modestus BERL. sp. n. (Nympha coleoptr.), III, 261, 267. — (? monacanthus BERL. sp. n. (Nympha eoleoptr.), III, 260, 266. —. neglectus I3OMRISIE — . policentrus BERL. sp. n., VI, 252. — distinetus ti III, 128, III, 128, BeRrL., III, 129, Ln CORRE, GEOSAT TE VPI PRI SEITE = tt da pra i ford 540 INDICE Gamasus (Gamasus) (?) Poppei (0uUuD.), III, 265. — — reticulatus BerL., III, 128, 129, 130. — — rhopalogynus BERL. sp. n., VI, 372. — — (® setosus Oup. et Vyrs. (Nympha coleoptr.), III, 264. — —. Thoni Bert., III, 128, 150, 142, — -- (? vespillonam Oup. (Nym- pha coleoptr.), III, 261, 262. — (Halolaelaps) grabiusculus BERL. et TRovESS., III, 107, 109. — (Hologamasus) pollicipatus BERL. DAN SPpor Mo 6295: — (Laelogamasus) simplex BERL. Sp. Do dl; 160001 Allo: — (Ologamasus) calcaratus (KocH.), III, 244, 245. — — calcaratus (?) var. excisus BeRL. v. n., III, 249. — —. calcaratus var. siculus BERL. v. n., III, 244, 248. — — inornatus BERL. sp. n., III, 244, 257. — — pollicipatus BeRrL., III, 244, 249, — — pollicipatus var, apennino- rum BERL. v. n., III, 244, 253. — — pollicipatus var. cultriger BERL. v. n., III, 244, 256. — —. pollicipatus var, excipuliger BERL. v._n., III, 244, 252. — —. pollicipatus var. peraltus BeRL, v. n., III, 244, 256. — —. pollicipatus var. pseudoperfo- ratus BERL. v. n., III, 244, 254. —. (Pergamasus) alpestris BERL. n. sp., I, 236;-ILI, 198, 220. — — bharbarus BERL. sp. n., II, 233; III, 198, 235; VI, 199. — —. brevicornis BerL., III, 198, 224. GENERALE Gamasus(Pergamasus) Canestrinii BERL., III, 198, 227. —. crassipes (L.) LatR., III, 192, 198, 229. — cerassipes L. var. brevicornis BERL. v. n.,, I, 263; IU, 224. — crassipes var. longicornis BeRrL. v. n., III, 232. —' decipiens BeRL. n. sp., I, 238; III, 239. — decipiens var, brevipes BERL. VD ALI 2445 — decipiens var. germanicus BeRL. v. n., III, 242. — efeminatus BerL. sp. n., II, 165; III, 197, 199. — falculiger BerL. sp. n., III, MEX 2iblo — hamatus KocH, III, 197, 212, — mediocris BeRL. sp. n., II, 233; III, 198, 226; VI, 199. — minor Bert., III, 198, 216. — minor var. pugillator BERL., III, 218. — misellus BERL, n. sp., I, 237 ; III, 198, 207. —. noster BERL. n. sp., I, 256; III, 198, 232. — oxygynellus BeRrL. n. sp.; 1, 237; III, 198, 201. — parvulus BERL. n. sp., I, 237; III, 198, 203. — parvulus var. dilatatellus BeRL. v. n., IXI, 197, 205. — parvulus var. distinetellus BERL. v. n.;, III, 197, 206. —. primitivus Oup., III, 199. — pugillator BeRrL. n. sp., I 236, — quisquiliarum G. et R. CAN., III, 197, 223. — robustus (OupEM.), I, 280; III, 198, 219. ’ DEI PRIMI DIECI VOLUMI 341 Gamasus (Pergamasus) runcatellus BERL, n. sp., I, 237, 280; III, 197, 209. runciger BERL. Sp. n., I, 263 ; III, 198, 214. Theseus BeRrL., I, 236 ; III, 198, 236. Theseus BeRrL. var. alpinus BERL. n. sp., I, 236; III, 237. — (Trachygamasus) pusillus BERL., TELO ze Gardenia radicans, IX, 161. Gelonium lanceolatum, III, 21, 26. Gelso, IV, 329; VI, 314. BERESMSPD Va Gekobia neumanni 347. Gimnoplei, VIII, 445. Glossina longipennis E. CortI, X, 230. — pallidipes AUSTEN, X, 230. Glyceria fluitans, II, 130. Glyceyphagus latipes BERL, sp. n., VI, 388. Glyphina alni ScHR., IX, 287. Glyphopsis MicH., I, 330, 350, 352, 364, 367, 381. Glyphopsis Bostoki MicH., I, 366. — coccinea Wasm. e MicH., I, 358. — —. var. ercavata Wasm., I, 359. — formicariae MIcH. 271, 382. — lamellosa Wasm. ex C. et B., I, 360. — Riccardiana TROUESS. ex LEON., TRNS3702 Gnomoniella Coryli, II, 42. ex LUuBB., I, Gossypium barbadense, VI, 314. Grapholita funebrana TRrAIT., IV, 348. Grassiella synocketa SILV. 180, 207. —. termitobia SiLv. sp. n., I, 179, 206. Greenia hirtissima BERL. sp. n., VI, 2 — jacobsoni BeRrL. sp. n., VI, 263. I VIN24T Spagna go Greeniella BERL. subg. Grevia sp., III, 38. Grewia orientalis, III, 53. Gryllacridae, VII, 335. Gryllacris SERVILLE, VI, 188; VII, 335. Gryllacris abluta BruxNER, VI, 186, 190. — africana BrunN., VIII, 295. var. perspicillataGRIFF., VIII, 296. var. piceotecta GRIFF. v. n., VIII, 296. — alternans BRUNN., VI, 188. — atricula SAUSS. et PicT., VI, 190. — bedoti GRIFF., VIII, 294. — cruenta BRUNN,, VI, 188. — cubensis BRUNN., VI, 190. — ceyclops SAuUss. et Prct., VI, 186, 190. —. diluta GRIFF. var. trianguligera GRIFF., VII, 339. — fasciata J BruNn., VIII, 302. — gemifusca KARSCH., VIII, 301. — Giulianettii GRIFF., VII, 338, — haitensis BRUNN., VI, 189. — heros GERST., VII, 338. — holdansi GRIFF, sp. n., VIII, 298, — Horwathi GRIFF., VII, 338. — indecisa GRIFF. subsp. pungens GRIFF., VIII, 297. —. infelix GRIFF., VIII, 297. — laetitia Kiisy subsp. mundamen- sis GRIPF., VIII, 298. — laevigata BrUNN., VI, 188. — longipennis Sauss, et PicT., VI, 189. — Longstafti GRIFFINI, VI, 186, 190. — lyrata KirBy, VIII, 298. —. macilenta Prcr. SAuSS., VIII, 293. — maculata BRUNN., VI, 189. — malayana PRITZE, VII, 338. — marginata WALK, VII, 338. — Michaelisi GRIFFINI, VI, 189, —. nigriceps KARScH., VIII, 295, — panamensis KirBy, VI, 189, — parvula WALKER, VI, 189. INDICE Gryllacris picta BRUNN., VI, 190. — punctipennis WALK., VII, 386. — pygmaea KIrBy, VIII, 302. — roseivitta WALKER, VI, 189. — rubrinervosa SERVILLE, VI, 183, Tit49 ABI) —. salvini Sauss. et Pict., VI, 188. — Saneti Vincentii GrRIFFINI, VE, 1935 — sanguinolenta BruNN, VIII, 804. -— Urania GRIFFINI sp. n., VII, 335. —. verticalis BurM., VI, 192. — vidua GRIFr., VII, 341. Gryllus domesticus L., X, $. Guazuma ulmifolia, VI, 314. Guerinococceus serratulae (FABR.), VII, 468. Gymnodamoeus pusillus BERL. Sp. n., VI, 383. —. reticulatus BeRyY. sp. n., VI, 382. — — —. var. siculus BERL. v. n., VI, 383. Gypsonoma aceriana Dup., II, 53. — incarnana, II, 59. Gymnosporangium sabinae, VII, 53. Gyrinus natator, X, 34. Haematopa albihirta KARSCH, X, 223. Haemolaelaps BerL. subg. n., VI, 261. Haemolaelaps murinus BERL. sp. n., VII, 432. Halolaelaps BeRL., II, 19 ; III, 95, 106. Halyzia 22-punctata, V, 215, 216. n., I, 43. Hamitermes brevicorniger SILV. sp. n., Ido, io, — hamifer SILv. sp. Haplocytia, X, 26. Harmonia, V, 215. Harpacticoidi, VIII, 385. Harpalus sulfuripes, X, 53. Hamitermes SILv. g. DIO NIMRA O) Harposporium Anguillulae LOHDE, IL, 48. Hedisarum coronarium, X, 290. Heliothrips, VII, 75, 79, S1. Heliothrips femoralis RENTER, V, 135. GENERALE Heliothrips haemorroidalis (BoucHé), IV, 383, 384; V, 135; VII, 71. var, abdominalis UzeL, VII, 99. Helodrilus tetraedrus (Sav.), IX, 325. Hemichionaspis Orlandi LEON. sp. n., INS Heminothrus BEkL, subg. n., IX, 98. Hemisynearpa, X, 27. Hemiteles gracilis C. J. THOmMs., II, 296. Hermannia grandis BERL, sp. n., VI, 380. — granulata Nic., V, 11. — mana Nic., IX, 100. — subglabra BERL. sp. n., VI, 380. — subnigra ERvING., VI, 224, Hermanniella BERL. g. n., V, 11. Hermanniella clavigera BERL. sp. n., V, 11; VI, 216, 224. — granulata (Nic.), V, 11. — punctulata BERL, sp. n., VI, 216, 224. var. columbiana BEKL, v. n., VI, 216, 224. var. septentrionalis BERL. Sp. n., VI, 216, 224. Herpomyces periplanetae THxT., X, 31. Heterobelba BeRL. g. n., IX, 97. V, 12; Heterobelba galerulata BERL., sp. n., IX, 97. Heterochthonius BERL. subg. n., VI, 221, 222. Heterodera radicicola Guer., II, 37, 44; VII, 22; X, 236, 237. Heterodispus PAOLI subg. n., VII, 219, 255, 260. Heterostigmata, VII, 215. Heterothrips Burra g. n., V, 124, 164. Heterothrips Silvestrii BUFra sp. n., V, 124, 164. Heterozercon BerL., VI, 374. Heterozercon audax BERL. Sp. 247. —. latus BERL. sp. og VAL n., I, 172, 203. Hibiscus esculentus, VI, 314. DEI PRIMI Hieraceum pilosella, V, 246. Hippobosca camelina LEACH, X, 231. — capensis, von OLFERS, X, 231. — maculata LeacH, X, 23 Hister, X, 85. Hister minutus, X, 13. Histeropterum grylloides FABR., IV, 329. Histiostoma brevipodum BERL. sp. n., VI, 270. — horridum Bert. sp. n., IX, 104, Hodotermes (Porotermes) quadricollis HAG., INI Hoheria angustifolia, III, 61. Holaspulus BerL. subg. n., I, 265. —. viduus BerL. sp. n., II, 164. Holcus mollis, IX, 205. Holocelaeno BerL. g. n., VI, 249. Holocelaeno bursiformis BERL. sp. n., VI, 250. — crispa BERL. sp. n., VI, 249. — longicoma BrRL. sp. n., VI, 250. — magna Bert. sp. n., VI, 250. — mitis BeRL. sp. n., VI, 249. — rotunda BERL. sp. n., VI, 249. — rotunda BeRL,, VII, 287. — trochantalis BERL. sp. n., VI, 250. Holostaspella BerL,. subgen. n., I, 241 Holostaspella caelata BERL. sp. n., VI, 248. — foai BERL. sp. n., VI, 248. — hirsutissima BeRL. sp. n., VI, 248. — sculpta BeRrL., sp. n., I, 24. Holastaspis adulescens BERL. sp. n., VI, 252. — aemulans BerL. sp. n., II, 163. — ‘asperrimus BerL. sp. n., II, 163. —. caligynius BeRrL, sp. n., VI, 250. — dispar BERL. sp. n., VI, 251. — echinatus BERL. sp. n., II, 20. — hamadryadis BERL, sp. n., VI, 251. — lhumeratus BERL.Sp.n., V, 13, —. isidis BerL. sp. n., VI, 252. — Kraepelini BerL. sp. n., II, 164. DIECI VOLUMI 343 Holastaspis longipes BERL. sp. n., VI, 251. — longispinosus (KR.) var, asper BERL. v. n., 1, 264. — longulus var, hortorum BERL. v. n., I, 265. — mandibularis BERL, sp. n., I, 263. —. ornatus BERL, nom. n., I, 277. — penicilliger BERL. sp. n., I, 264. — Pisentii o4 Foià ex BERL., I, 279. — posteroarmatus BERL. sp. n., I, 265. — punctulatus BERL. sp. n., VI, 250. — subbadius BERL. sp. n., I, 264. — rvagabundus OupEMS. ex BERL. I, 277, — (Gamasholaspis) gamasoides BERL, Spe Da, I; 265, — (Holaspulus) tenuipes BERL. Sp. n., I 266. Homocaligus BeRrL, g. n., VI, 205. Homocaligus scapularis (KocH.) BEeRL. VI, 203. Hoplistomerus erythropus BEZZI sp. n., Xx, 224. Hoplocampa fulvicornis FaB., IV, 348. Hoploderma clavigerum BERL. Sp. n., I, 275; IX, 104. — histricinium BERL. sp. n., V, 12; VI, 215, 217. — lienophorum sp. n., IX, 102. — pavidum Bert. sp. n., IX, 103, — phyllophorum BERL. sp. n., I, 275; IX, 103. — vestitum BERL. 103. 103. Hoplolaelaps BerL. subg. n., VI, 259. SPD IS —. vitrinum BERL. sp. n., IX, Hoplomegistus BERL. g. n., I, 266. Hoplomegistus trapeziger BERL. sp. n., VI, 377. Hoploseius BeRL. g. n., X, 156. Hoploseius cometa BerL., X, 187. Hordeum murinum, II, 130, Howea Forsteriana, III, 56. LARA Lan RE EEC SAR ROE Sb Hyalopsollia, X, 26. Hyalopterus arundinis (FABR.), IX, 181. Hybalicus BeRrL. g. n., IX, 78, Hybalicus flabelliger BerL. sp. n., IX, 78. —. ornatus Bert., IX, 78. Hydrozetes terrestris BERL, Sp. 266, Hylastinus crenatus DurT., X, 265. De Vil — obseurus, X, 264, — trifolii (MiiLr,) BepEL., X, 263. Hylesinus Fraxini FAaBR., IV, 40, 348; VII, 479. — oleiperda Fap,, IV, 348; IX, 70. Hyperaspis signata, IX, 115. Hyperbaenus BRUNNER, VII, 188, 189. Hyperbaenus Bohlsi GrIFrINI, VII, 188, 196. — Camerani GRIFFINI Sp. 191, 192. —. ensifer Br., VII, 188, 192, 198. —. Festae GrIFF., VII, 191, 199, 200. — Fiebrigi GrIrr., VII, 188, 191,195, — .juvenis BRUNN., VII, 192, 201, 202. — juvenis var. VII, 192. — Sjostedti GrIrr, sp. n., VII, 191, 194. 2 virgo:.BR.; VIbI; 1188; 1:90, 192% Hypoaspis Can., I, 261, 405. Hypoaspis Cossi (Ant. Dug.) OupEMS, I, 276. — pavidus (KocH) OuDEMS, I, 276. Hypocthoniella BeRL. subg. n., VI, 218. Hypochthonius KocH., VI, 217, 218. Hypochthonius asiaticus BERL. Sp. m., VI, 380. — minutissimus BERL. sp. n., I, 252. —. pallidulus KocH, VI, 218. —. rufulus KocH., VI, 218, — splendidus BerL. sp. n., II, 26. VALE 197, Hysteropterum apterum Fap., IV, 353. — grylloides Fap., IV, 353. — immaculatum ScHAEPFH,, IV,354, INDICE GENERALE Hysteropterum liliimacula Costa O., IV, 354. — maculifrons MuLs.;, IV, 354. Iceria purkasi, VI, 324. Idolothrips HALIDAY, V, 162. Idolothrips assimilis BAGNALL, V, 163. —. Bonannii (UzEL), IV, 383, 388; Vogl95ì — foveicollis BAGN., V, 170. — lacertina HaLIp., V, 162. — longiceps BAGNALL, V, 164. — marginata HaLpay, V, 162. — Schottii (HEEGER) UZEL, V, 170. — spectrum HaLm., V, 162; VII, 72. Ilesino del Frassino, VII, 479. Imparipes BerL., VII, 217, 222, 254, 255, 264. Imparipes degenerans BERL. sp. n., II, 10; VII, 218. — —. var. italicus BERL. II, LO. — forficulae TepH., VII, 255, 257. — (Heterodispus) elongatus TGDH., VII, 261. elongatus TGDH. var. capen- sis PAOLI v. n., VII, 263. — (Imparipes)hystricinus BERL., VII, Wo ulso 255, 1257. var. ceircinnatus BERL. VARDer Vl, 208: degenerans BERL., VII, intermedius BERL. v. n., VII, 259. var. radiatus, BERL. V. Mi VI 1258. Insetti dell’ Olivo, IV, 1, 259. Insetti (metamorfosi), IX, 121. TJopomoea sp., VI, 314. Iphidinychus BerL. subg. n., IX, 84. Iphidosoma BERL. I, 280. Iphidozercon BERL. g. n., I, 246. DEI PRIMI DIECI (Greeniellia) submollis BERL. sp. n., VI, 248. Iphis C. K. KocHx., I, 242. Iphis ostrinus KocH, I, 242. — equitans LEON ex MicH., I, 423. DS GIRILT0S Isotropidesmus rudis SILv. sp. n., JI, 177, 206. Iphiopsis Isotropidesmus SILV. g. Jacobsonia BeRL. g. n., VI, 373. Jacobsonia minor BERL. sp. n., VI, 374; IX, 80. — submollis BerL., VI, 373 ; IX, 80. Janietella BeRL, subg. n., I, 352; IX, 85. Janus eynosbati LINNÉ, X, 303. Jasminum, VI, 314. Jubus decipiens RaPP,, I, 203, 215. Juniperifer Amyor, V, 286. Juniperus berumdiana, III, 39. — communis L., 314, 346. Koenenia Grassi, II, 239, 241. Koenenia angusta HANSEN, II, 241. —. Berlesei SiLv., II, 241, 247. —. chilensis HANSEN, II, 241. — Florenciae RiicHER, II, 241. —. Grassi (SiLv.) HansEN, II, 241. — mirabilis Grassi, II, 241, 242. — parvula WHEEL, II, 241. — siamensis Hansen, II, 241. —. spelaea PEYERIMHOFF, II, 241. — subangusta SrLv., II, 241, 249. — Whkeeleri RiicHer, II, 241. Labidostoma coreyraeum BERL. Sp. n., VII, 429. —. integrum BERL. sp. n., VII, 429. Laboulbenia, X, 22. Laboulbenia angusta SPEG., X, 57. — armillaris BerL., VII, 283. — calathicola SPEG., X, 39. — callisti SPEG., X, 64. — chlaeniicola SPEG., X, 65. — divaricata THxT., X, 33. VOLUMI 545 Laboulbenia elongata Tuxt., X, 51. fuscescens SPEG., X, 65. fuscula SPEG., X, 57. gracilis SPEG., X, 51. grisea SPEG., X, 48. harpalicola SpEG., X, 52. insulicola SPEG., X, 58. interposita THxT., X, 33. italica TaAxT., X, 23. major SPEG., X. 40. minuscula SPEG., X, 58. omophroni SPEG., X, 32. oncogona SPEG., X, 43. pseudoflagellata SPEG., X, 52 psittacea SPEG., X, 48. romana SPEG., X, 53. stricticeps SPEG., X, 53. scelisca SPEG., X, dd. stagnalis SPEG., X, 35. subinterposita SPEG., X, 33. trechiphila SPEG., X, 45. (Apsallia) fasciculata PeYR., X, ol. (Ceratotheca) n. sp., X. 34. gyrinicola SPEG., (Macromastiga) anceps PreyR., X, 59. —. heroica SPEG. sp. n., X, 60. DA o01E SPEG. sp. n., —. Peirolei SPEG. sp. — philonthicola >. — Rougeti RoBIN, X, 62, 64, 65, —._ stenolophi SPEG. sp. n., X, 65. (Monomastiga) argutoris CÉP. e PIC. — eymindicola DORIA — luxurians PeyR., X, 38. — poliphaga THxT., X, 38. —. pulchella SPEG. sp. n., X, 39. —. stilicicola SPEG., X, 41. —. subterranea THXxT., X, 41. — Thaxteri CépP. et Pic., X, 42. — vulgaris PeyR., X, 42, 44, 45. SPEG. Sp. n., 546 INDICE GENERALE Laboulbenia (Oligomastiga) algerina SPEG. sp. n., X, 45. — —. anisodactyli SPEG. Sp. n., X, 46. — | — ‘cristata ToxT., Xx, 49. — — coneglanensis SPEG. Sp. n., X, 47, 48. —eal etrusca SPEGISp.ano oli = Cfilifera TDAaxo., N00. — — flagellata PerR., X, 50. — —. giardi Cfp. et Pic., X, 54. — —. melanaria THXT., X, 54. — — mnebriae PEWR., X, 00. — — olistopi SPEG. sp. n., X, 55. — — ophoni THxr., X, 56, 59. — — rigida THxT., X, 59. — (Psalliophora) proliferans THxT., X, 33. — —. pseudomasei THxT., X, 34. — (Schizosoma) clivinalis THXT., X, 36. — —. sphodri Srrc. sp. n., X, 86. Labulbeniali, X, 21. Laboulbeniee, X, 81. Laboulbeniinee, X, 29. Labrella coryli, II, 42. Lacehnidi, V, 237. Lachniella DeL GuercIO, V, 193, 286, 342, 343, 345. Lachniella cilicica DeL GuERCIO, V, 287, 297, 345. — —. var. Cecconii, V, 345. —., fasciata Burm., V, 287, 294, 345. — hyalina, V, 288, 303, 346, — Jjuniperina (Morpw), V, 288, 305, 346. — juniperi signata DEL G., V, 289, 314, 346. — laricina, V, 288, 301, 345. — laricis euneomaculata DEL GUER., V, 287, 291, 345. —. nigrotubercolata DEL GUERCIO, V, 288, 306, 346. Lachniella oblonga DELGUERCIO, V, 287, 289, 345. picta DEL G., V, 287, 298, 345. tujae Der GreRrcIO, V, 288, 309, 346. tujafilina DeL GuercIo, V, 288, 311, 346. Lachnus Burm., V, 190, 255, 262. Lachnus abieticola CHoLOD., V, 176 ti 185, 186. abietis FItcH, V, 176, 181. agilis KaLt., V, 176, 286, 317. alnifoliae FIToH., V, 176, 183. australis Ascum., V, 176, 179. bignoniae MaccHIATI, V, 176. bodganowi Morpw., V, 176. bogdanowi Morpw., V, 299. caryae HarRIS, V, 176. confinis KocH, V, 176, costatus ZerT., V, 176, 184. cupressi Buck., V, 176. curtipilosus Morpw,, V, 176. dentatus Le Baron, V, 176, 281. exiccator ALTUM, V, 176, 184. Fagi Burm., V, 230. farinosus CHoLop., V, 176, 184. Ffasciatus Burm., V, 176, 184, 294. flavus Morpw., V, 176, 302. giraudi Ronp., V, 187. greeni SCHOUTEDEN, V, 176. grossus KALT., V, 176, 183, 186. hyalinus KocH, V, 176, 182, 212, 303. hyperophilus KocH, V, 176, 290. — var. curtipilosa Morpw., V 184. i incertus SCHOUDETEN, V, 279. juniperi FAB., V, 206, 209, 289, 312, 346. juniperinus Morpw., V, 176, 305, laricifex Fircn., V, 176. laricifer FItcH., V, 180, 181. laricinus DeL GueRrcIo, V, 181. laricis Kocu., V, 181. >’ DEI PRIMI DIECI VOLUMI 34T Lachnus laricis WALKER, V, 185, — longipes BucKTON. —. longirostris Pass., V, 259. —. longistigma MoxELL, V, 176, 184. — longitarsis FERRARI, V, 176, 242. — macrocephalus Buck., V, 176,182, 305. — maculosus CHoLoD., V, 176, 185. — mudapini De GEER, V, 184. — mudus De GEER, V, 206, 209. — mudus Morpw., V, 339, — Packardi DeL GueRcIo, V, 180. — persicae CHoLoD., V, 176, 185. —. piceicola CHoLop., V, 176. — pichtae MorDpw., VAL: R156% —, pineti KocH, V, 184, 186, 334. —. pineus Morpw., V, 176, 184. — pini Buck., V, 184, 187, 339. — pinicola KaLt., V, 176, 214, 331. — pinicolus Buok., V, 184. — pinihabitans Morpw., V,176, 186. —. piniphila Ratz., V, 176. — pini-pumilionis Gmr., V, 187. —. platani Kart., V, 185. —. platanicola RiLey, V, 176, 184, —. populi (L.) FrrcH, V, 183. — pyri Bucxt., V, 185. — quercicoleus AscHm,, V, 176. —. quercifoliae FitcH, V, 176, 182. — quercus Karr., V, 256. —' Tosae CHOLOD., V, 176. — salicelis FrrtcH, V, 176, 183. —. salicicola HUuLER, V, 183. —. smilacis WiLm., V, 183. —. strobi FITcH, V, 176, 179. — subterraneus V, 200, 279, 345. — taeniatoides Morpw., V, 176, 186. — taeniatus KocH, V, 176, 186, 337. — tomentosus DE GEER, V, 279, 283, 345. — ulmi (L.) FrrcH, V, 183. — viminalis BoyER, V, 212, 279, 281, 345. —. viridescens Morpw., V, 176. 214, Lactuca sativa, V, 246, 344, Laelaps KocH, I, 404, Laelaps aculeifer, I, 261. (subgen.?) ampullula BERL. Sp. n., VI, 260. bombicolens, I, 261. claviger BeRL., I, 276. comes MoxIez, I, 305, 433. complanatus Moxniez, I, 305. Ecitonis (WASM.), I, 433. elegantulus BERL., sp. n., I, 241, ensiger BerL., I, 420. Hexuosa MicH,, I, 440, holotyroides LEONARDI, I, 244. Krameri CAX., I, 261. lignicola CAN,, I, 412. miles, I, 261. myrmecophilus MONIEZ ex BERL., I, 406, ovalis MoNnIEz, I, 409, ovalis WASM. ex MoNIEZ, I, 406. scalpriger BerL., I, 420, 421. semiscissus, I, 261. similis MoxIEZ, I, 305. (subgen. ?) pareulus BERL., sp. n., VI, 260. (subgen. ?) remiger BERL., sp. n., VI, 260. (subgen. ?) scutatus BERL. sp. n., VI, 260. tervestris BERL. Sp. n., V, 14. (Androelaelaps) Karawaiewi BERL, sp. n., I, 432. — marshalli BERL. Sp. 433. —. sardous BeRL., sp. n., VII, 435. (Cosmolaelaps) androgynus BERL., Spam ISL70, —. cuneifer MicH., I, 416. Do VIII — cuneifer var, americanus BER- LESE v. n., I, 418. —. onustus BERL. sp. n., II, 16. — ornatus BertL., I, 421. 348 INDICE GENERALE Laelaps (Cosmolaelaps) reconditus BERL. SPaelo LIO — remiger BERL., VI, 260. — robustus BERL, sp. n., II, L70. — vacuus Micn., I, 419, — —. var. ensiger BerL., I, 420. — —. var. scalpriger BERL, I, 421. (Eulaelaps) pontiger BERL, sp, n., I, 260. — stabularisvar. proximus BERL. Sp, 151260. (Haemolaelaps) centrocarpus BERL. sp. n., VII, 432. — fahrenholzi BERL, sp. n., VII, 432. — inops BERL. sp. n., VII, 432, — marsupialis BERL. sp. n., VI, 261. (Hoplolaelaps) doderoi BERL, sp. De Vr 209 MASO: — paulseni BERL. sp. n,, VI, 259. (Hypoaspis) acutus MIcH,, I, 413, — alphabeticus BERL., sp. n., TIRITE — asperatus BERL. sp. n., II, 17. — Canestrinii BeRrL., I, 412, — caudatus BERL, sp. n., II, 17. — dasygaster BERL. sp. n., VI, — elegantulus BerL., I, 414, — expolitus BeRL. sp. n., II, 18. —. grandipes BERL. sp. n., II, 169. — gryllotalpae \V:158259) — inermis BERL, sp. n., VI, 370. BERL. Sp. n., — integer BeRL. sp. n. L. ru- ricolae, VII, 186. — laevis MicH., I, 406. — myrmophilus MicH., I, 410. -— myrmecophilus BERL,, I, 409. — pellucidus BERL. sp.n., iI, 18. Laelaps (Hypoaspis) spiniferus BERL. sp. n., I, 260. — (Iphis) agrestis BERL., X, 141. — (Laelaps) comatus BERL. sp. n., VI, 371. maximus BERL. sp. n., I, 259. — (Laelaspis) equitans MIcH., I, 243, equitans MicH. var. longi- tarsa BERL. v. n., I, 424. finitimus BeRL., I, 426. humeratus BeERL. sp. n., I, 425. ovisugus BerL., I, 427. — (0Oo0laelaps) montanus BERL. sp. n., I, 450. oophilus Wasm., I, 428, parvulus BERL. sp. n., I, 431. — (Pseudoparasitus) aequatorialis BERL. sp. n., II, 169. Laelaptidae (Fam.), I, 401. Laelaspis BERL., I, 405, 422. Laelaspulus BERL. subg. n., I, 437. Laelogamasus BerL. subg. n., II, 167; III, 95, 113. Lampyris noctiluca, IX, 134, Laphodores, X, 85. Lapsana, VII, 468. Larix europaea, V, 292, — sibirica, V, 185. Lasioptera MEIGEN, VI, 288. Lasioptera Berlesiana PAOLI sp. n,, IV, 45; VI, 287. — kiefferiana DEL GUERCIO sp. n., VI, 288, 289; VII, 482. DO RAVIE SL: RAV 345, 346. Lasiotydaeus BERL. %. 210, Lasiotydaeus glycyphaginus BERL., Sp. De Vi LOIRA ZIO NIZIO — tyroglyphinus BERL. sp. n., VI, 210, 211. — (Melanotydaeus) humeralis BERL, Sp. 5 VAL E2I1NN2123 — —. mammillaris BerL., VI, 211, * 212. > DEI PRIMI DIECI VOLUMI Lasiotydaeus (Melanotydaeus) raphigna- thoides BeRL. sp. n., VI, 211, 212. — —. simplex Bert. sp. n., VI, 211. — — —. var. baculiger BERL. v. VISO styliger BERL. 211, 212. venustulus BerL. sp. n., VI, 346, Lasius, V, 227. Lasius flavus, VII, 239. Lathyrophthalmus quinquelineatus (Fa- BRICIUS), X, 228. Sp. n. Lathyrus pratensis, IX, 187. Lauro-ceraso, VI, 314, Lebia scapularis FouRCR. (Metamorfosi), II, 68. Lecanio dell’ olivo, IX, 59. Lecaniti (sistema tracheale) TEODORO, IX, 215. Lecanium hemisphaericum TarG., VII, 359. I — hesperidum L., VII, 173, 174, 180; VIII, 314, 458; IX, 215; NELLO — oleae BERNARD., IV, 48; VI, 325; VII, 173, 174, 180, 358; VIII, 312, 458; IX, 215; Xx, 15. — racemosus Ratz., V, 187. Leccio, V, 144. Leiognathus spinosus BERL. sp. n., VI, 261. Leiosoma palmicinetum MicH., IX, 92. Leonardiella BeRrL. subg. n., I, 367. Leontodon taraxacum, V, 246, 344. Lepidilla RIBAGA g. n., II, 99. Lepidilla Kelloggi RIBAGA sp. n., II, 100. Lepidosaphes ulmi, IX, 115, A A ST Lepidozetes singularis BERL. sp. n., VI, 386. Lepinotus, VII, 158. Lepisma polypoda. L., II, 4. Lepidozetes BERL. g. 349 Leptothrombium BERL. subg. n., 4, 103. Leucopis griseola MGN., V, 214. VII, Leucopis lusoria MGn., IX, 114. —. nigricornis EGG., IX, 113. — puncticornis MGx., V, 214. CERRIRRISITà Leucotermes tenuis (HAG.) SILV., 1, 88, bl Leurothrips albomaculata BAGNALL, V,136. , 136. DI L62738 — columbianus Bert. sp. n., V, 8; VI, 217, 230. Leucotermes SILv. n, — albosignata BAGNALL, V Liacarus alatus BERL. sp. — Horidensis BeERL. sp. n, Vi, 8; VI, 217, 230. Licneremaeus PAOLI g. n., V, 83. Lichneremaeus cesareus BERL. sp. n., VI, 216, 229. —. latiflabellatus PAOLI sp. n., V, 84, 87. — lienophorus (MicH.) PAOLI, V, 84, 85. — pulcherrimus PaoLI sp. n., V, 84. — tuberculatus PAOLI sp. n., V, 83, 88. — undulatus PAOLI sp. n., V, 84, 86. Limnophilus rhombicus, VII, 466, Limothrips cerealium Harm., V, 135, — denticornis HaLIp., IV, 383, 384; V, 135. Linguatule, X, 100, Linotetranus BERL. g. n., VI, 22; 208. Linotetranus cylindricus BERL. sp. n., VI, 208. Liothrips major Burra n. sp., V, 161, 169. —, setinodis ReuT., V, 169. Locusta viridissima L, (Q anomala), III, 305, Lohomannia eylindrica 113025. Lohomannia elliptica BERL. sp. n., V, 12; VI, 216, 223. BERL. Sp. n " 350) Lohomannia insignis BERL. sp. n, II, 23. — murcioides Berr. var. aciculata BeRL, v. n., II, 24. — (Eulohmannia) ribagai BERL. sp. n., VI, 216, 223. — (Malaconothrus) egregia BERL., sp.n., II, 24. Lolium multiflorum, II, 130. — perenne, II, 130. — tumulentum, II, 130. Lucilia sericata (MEIGEN), X, 229. Lucoppia BERL. g. n., V, 8. Lumbrieus rubellus Horrm., IX, 325. Lymantria dispar L., X, 1. Machatothrips biuncinatus 159, 165. Machilidae, II, 1, 4, 7; III, 323. Machilinus SrLv., g. n., II, 2, 5, 9. Machilinus Geayi SILv. sp. n., III, 334. — Kleinenbergi (GIARDINA), II, 9, — rupestris (Lucas), II, 9. Machilis LarR. ex SiLv., II, 4, 7. Machilis acumina thorax LUCAS, 337, 340. — alternata SILv. sp. n., II, 5, 8; III, 340. — appendiculata SiLv., II, 4, 5. — bimaculata Lucas, III, 336. —. Bouvieri Sirv. sp. n., III, 328. — crassicornis Lucas ?, III, 336. —. ceylindrica GEeorrr., II, 7; III, 339, — fastuosa Lucas, III, 336. — Grassii GIARDINA, II, 2 — polypoda (Lixx.), II, 8; III, 340. — polypoda SiLv., III, 338. BaGN., V, III, 5. — rupestris Lucas, II, 2, 5, — sicula GIARDINA, II, 8; III, 338. — Targioni Grassi, II, 8. — Targionii Grassi, III, 338. — thoracica Lucas, III, 337. Machiloides SiLv, g. n., II, 4, 5. INDICE GENERALE Machiloides malagassus III, 332. Macrocephus japonicus GHIGI sp. n., X, 303, 305. —._ linearis SCHRANK, X, 303, 306. — nigripennis GHIGI sp. n., X, 303, 306, — satyrus Panz.; X, 303. Macrocheles vagabundus OUDEM. ex BERL., I; 2/00 Macromastiga, X, 27. SILVi, Sp. UD.; Macroprotopus oleane Costa, VII, 465. Macrosiphon eyparissia DEL G., IX, 191. — granariae, V, 215. — ulmariae ScHR., X, 246. Macrosifonidi, VII, 331. Macrosiphonielle (prospetto), IX, 116. Macrosiphoniella DeL G., VII, 331. Macrosiphoniella absinthii (Lix.), IX, naligo —. artemisiae (Boyer), IX, 117. — atra FERRARI, IX, 117. — aurantiaca DeL G., IX, 117. — campanulae (Kart), IX, 117. — chrysanthemi DeL G., VII, 297, 332; IX, 117. var. brevicauda DeL G., IX, 117. — fasciata DeL G., IX, 117, 189. — millefolii (FaBR.), IX, 117. Macrosiphum Pass., VII, 332. Macrosiphum Kirkaldyi, VII, 462. — sanborni, IX, 115. Macrostigmaeus BerL. subg. n., VI, 204, 207. Maerothrips albosignatus (REUTER), IV, 383, 384. — albosignatus Burra, V, 136. — papuensis BAGN., V, 161, 168. Malacoangelia BerL. n. gen., IX, 101. Malacoangelia remigera BERL. n. sp., IX, 101. Malacochaeta, X, 27. Malaconothrus BERL. subg. n., II, 25. DEI PRIMI DIECI VOLUMI Malaconothrus erinitus BERL, 12; VI, 216, 223. — maior BERL. sp. n., VI, 216, 223 op o VAL Sp. D., Vi — optatus BERL. sp. 216, 223. Malacotricha, X, 27. Malalenca linariifolia, IMI, 59. Malpighiani (Tubi), II, 177. Masthermannia BERL. g. n., IX, 100. IV, 190; V, 230 161, Mecynaphis AMYOT, Mecynothrips Wallacei BAGN., V, 168. Medicago sativa, VII, 469; X, 264. Megalolaelaps enceladus BERL. sp, n., VI, 258; IX, 82. — hirtus BerI La Spe Mesi 015 VILIE 288 ; IX, 82. — immanis BERL. sp. n., Vi, 371; IX, 82. — orientalis BerL., sp. n., VI, 258; IX, 81. — radiatus BERL. sp. n., VI, 258; IX, 32. —. spinirostris BeRL. sp. n., VI, 258; IX, 82. Megalothrips longiceps ReuTER, V, 136. ssi lativentris (HEEGER), IV, 383, 388; V, 135. Megistanus BerL., I, 266, Megistanus armiger BERL., I, 266. — Balzani CaxEstTR., I, 266. — deportatus BeERL. sp. n., I, 20. DE Re20N — medius BERL. sp. n., I, 266. — modestus BeRL. sp. n., VI, 377. Megoura DeL Guercio, VII, 332. Meinertellus SILV. g. n., II, 2, 5. Meinertellus pulvillatus SILv. II, 3, 5. Melaleuca, VII, 483. Melanopsallia, X, 26. Melanothrips Ficalbii Burra, V, 134. — fuscus (SULZEZ), V, 134. Melanotydaeus BERL, — grandis BERL. sp. sp. n., subg. n., VI, 211 V, 183. Melia azederach, VI, 314. Melissomorpha oestroides (KarscH), X 221. Melo, VI, 314; VII, 50. Melolontha vulgaris L., X, 12. Mentha hirsuta, VII, 321. —. pulegium, VII, 297, 321. VII, 369. Mesoplophora BerL. g. n., II, 23. Mesoplophora discreta BERL. n, sp., IX 101. — michaeliana BERL. sp. n., II, 28 NIXOROT I, 174. SP. Di; Melanoxanthus, ’ Mesochorus vittator, > —. pantotrema BERL, sp. n Mesotropidesmus SILV. g. nov., Mesotropidesmus dorsalis SILV. I, 175, 205. Metalaboulbenia, X, 26. Metopon concolor THOMSON, VII, 483. Michaelia setigera BERL. sp. INA let Metrosideros, Da lt De VIe20In Micreremaeus BERL. g. n., V, 11. — subnuda BERL, sp. Micreremaeus subnitidus BERL. sp. n., TXOR9H7E Microcerotermes SiLv. g. n., I, 41. Microcerotermes parvus (HAVILAND), III, 343. — Strunckii (W. 13% Micrococcus sp., VII, 68. Microdispus PaoLI subg. n., VII, 266. Microgaster lacteus NEES, IV, 68. Microsiphon DEL GueRrcIo g. n., IV, 191, 192. Microsporidi del Rhynchites eribripennis DESHR., IV, 335. Microsporidinm Bombycis BALB., II, 292. Microtermes Wasm., I, 66. Microtermes globicephalus SILV. sp. n., I, 70, 129. — fur SILV. sp. n., Sor.) SiLv., I, 41, I, 68, 128. subsp. mierocerus SILV. ssp. Di 0-1:297 TELI FOO BIAO TI QUIBZIIO (IRSA VALOIS IRE DS PSR AR GRES INDICE GENERALE Micerotermes saltans WaASM., I, 66, 128. — subsp. nigritus SILV. ssp. n., TRNGSMEL2Sì Microtrombidium HarL, VIII, 4, 17, 124, 131, 133. Microtrombidium agile (CAN.), VIII, 147. albofasciatum BERL. sp. n., VIII, 134, 149. americanum (LEeoN.), VIII, 154, 143. — var. leptochirum BERL. v. n., VII, 144. diversipile (CAN.), VIII, 134, 160. ferociforme (TraAG.), VIII, 194, 146. fureipile (CAN.), VIII, 134, 161. fusicomum BerL., VIII, 135, 171. geographicum BERL. sp. n., VI, 363; VIII, 134, 154. — var. sardoum BERL. v. n., VIII, 156. hystricinum (CAN.), VIII, 134, 160, italicam BERL, sp. n., VI, 363: VII, 134, 151. — var. corcyraeum BERL. v. n. VIII, 153. ’ jabanicum BerL., VIII, 134, 139. locustarum EwING., VIII, 113. magnum EwIxG., VIII, 121. marmoratum BerL., VIII, 134, 148. norvegicum BERL. sp. n., VI, 363. norvegicum BerL., VIII, 141. pilosellum (CAN.), VIII, 173. platychiram BeRL. sp. n., VIII, 135, 162. purpureum HaLL., VIII, 135. pusillum (HeERrM.), VIII, 4, 124, 139 RIIAMI301 — var. balzani BerL., VIII, 137. — var. columbianum BERL. v. n., VI, 362; VIII, 136. — var. jabanicam BERL. v. n., VI, 362. Microtrombidium pusillum var. pingue BERL. v. n., VI, 362. — —. var. pingue BerL., VIII, 140. — simulans BerL., VIII, 135, 168. — —. var. trispinum BerL., VIII, 170. — spinosum (Can.), VIII, 134, 157. — sucidum (KocH), VIII, 134, 140. — —. var. norvegicum BERL., VIII, 141. — «uadrispinum BerL., VIII, 135, 166. — uniforme (Can.), VIII, 135, 173. — vagabundum BerL., VIII, 135, 164. — (Promeothrombium) macropodum BerL., VIII, 132. — (Enemothrombium) argenteocin- ctum BerL. sp. n., VI, 359. — — bhifoliosum (CAax.), VIII, 174, 176, 177. — — calycigerum BERL. sp. n., VI, 359; VIII, 176, 184. i ‘(CONfUSum BERE SP, VII 962; VIII, 176, 179. — — cruentatum BERL., sp. n., VI, 358, 361;3VIII, 202. — —. —. var. curtulum: BERL. YV. De Voto — — densipapillum BeRrL. sp. n., VI, 260,; VIII, 176, 181. — — densipapilluam var. boreale BeRL., v. n., VI, 360; VIII, 183. — = dentipile (Cani), VIAN: 198. — — distinctum CAn., VIII, 176, 193. — —. diversum BERL. sp. n. Vo 361; VIII, 176, 206. — i ‘eutrichum‘(BERT. Sp. sVi 358; VIII, 176, 208. Microtrombidium (Enemothrombium) fusi- comum BerL., VI, 360. — — laetum (Cax.), VIII, 201. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 3553 Microtrombidium (Enemothrombium) mi- niatum (Can.), VI, 358; VIII, 176, 202. — — miniatum var. curtulum BERL., VIII, 204. modestum BerL., VIII, 176, 196. quadrispinum BERL. sp. n., VI, 359; VIII, 166. perligerum BERL., VI, VIII, 176, 190. phyllophorum (CAN.), VIII, 176, 200. rasum BerL., VI, 358, 360; VIII, 176, 189. sanguineum (KocH), VI, 358; VII, 4. securigerum (CAN.), VIII, 201. BERL. sp. n., VI, = = 358; simulans 358. var. trispinum BERL. v. n., VI, 358. spectabile BERL. sp. n., VI, 359; VIII, 176, 204. subrasum BERL. sp. n. 362; VIII, 176, 186. Microzetes BERL. g. n., IX, 88. Microzetes ornatissimus IX, 89. Mindarus Kocg, III, 871. Mindarus abietinus KocH, III, 371. Miriapodi (Anatomia), I, 281. Mirtacee, VII, 483. Mizozilino radicicolo 365. Mizozilini, V, 212. Monieziella magna 387. Monodontomerus 450. Monomastiga, X, 27. Monoplopus idolon RossI, X, 304. — saltuum L., X, 304. Monstrillidi, VIII, 367. BERL. sp. n. dell’ Abete, III, BERL. Sp. n., .VI, aereus. WaLKk., VII, « Redia », 1914. Morus, VI, 314. Mosca delle olive, IV, 193, 261, VIFRLIIRIISIE RISI Mosca domestica (Distruzione della), VIII, 462. Moscerino nigrofasciato, VI, 282. 276; Moscerino rosso cinnabarino, VI, 289. Moscerino suggiscorza, VII, 479. Muhlenbeckia, VII, 483. Murraya exotica, III, 45. Mures, VII, 432, 433. Myoporum insulare, VI, 314. Myopsocus Eatoni MACHACHL. var. euro- paeus RIBAGA v. n., IV, 184. —. Loriai RIBAGA sp. n., V, 107. Myoxus avellanarius, II, 59. Myrientomata (ORDO), VI, 1, 3. Myrmica laevinodis, VII, 284. — scabrinodis, X, 29. Myrmoleichus BerL. g. n., I, 244, 401, 434. Myrmoleichus coronatus BERL. sp. n. I, 244, 435. Myrmonyssus BerL., I, 401, 486. Myrmonyssus acuminatus BERL., I, 441. 7 — antennophoroides I, 244, 439. — brachiatus BerL., I, 441. — diplogenius BeRL., I, 438. — (?) flexuosus (Micc.), I, 440. Myrmozercon BertL., I, 401, 444, Myrmozercon brevipes BerL., I, 445. Myzocallis Pass., V, 229. Myzocallis Coryli, II, 55. BERL. sp. n. —. saccharinus DEL G. sp..n., IX, 210. Myzocytium vermicolum Fiscu., II, 47. (Zopr.) A. Nanhermannia BERL. g. n., IX, 100. Nanhermannia coronata BERL. Sp. n., IX, 100. — elegantula BeRL. sp. n., {X, 100. Nanophyes lythesi, IV, 40. 23 Neanias brevifalcatus (BruxnN.), VII, 308, Neoberlesia BERL., I, 401, 442. Neoberlesia equitans BeRL., I, 443. Neocelaeno BeRrL. subg. n., VI, 376. Neoliodes capensis BERL. sp. n., VI, 266. — caudatus BerL., X, 131. Neopodocinum maius BeERL. sp. n., VII, 431. Neoribates BERL. subg. n., X, 117, 127. Neotrombidium LEoxn., VIII, 4, 17, 47. Neotrombidium furcigerum LEon., VIII, 49, 50, 51. — ophtalmicum (Bert.), VIII, 4, 50. Nephelium longana, III, 59. Nerium oleander, VI, 314. Nicoletia GeRv., II, 111. Nicoletia (Anelpistina) meinerti SILV., sp. n., II, 114. ruckeri SILV. sp. n., II, 113. wheeleri SILV. sp. n., II, 111. Nocciuolo, II, 37; VII, 1, 484. Nosema Astyrae, II, 296. — girardini, II, 296. — periplanetae, II, 296. — vanillae, II, 296. Notaspis alatus HERM., V, 6. — bipilis HeERM., V, 7. — clavipectinata MIcH., V, 51. — gjuncta Mica., V, 9. — licnophora MicH., V, 83, 85. — longilamellata MicH., V, 58. — monmilipes MicH., VI, 200. — pilosa MicH., V, ll. — quadricarinata MicH., V, 70. senta MICHE MV LIE — spinulosa MicH., V, 11. — splendens MIcH., V, — trigona MIcH., V, 74. 52. Nothrus camelus BeRL. sp. n., VI, 381. — monodactylus MicH., II, 24, — palliatus KocH, IX, 99. — segnis (HERM.), IX, 98. INDICE GENERALE Nothrus superbus BERL. sp. n., VI, 266. — Tagionii BeRrL., IX, 99. — theleproctus MicH., X, 131. — (Heminothrus) paolianus 95 anprb:S BEE thori BERL., IX, 99. Notophallus R. Cax., I, 252. Novius cardinalis, VI, 324. Nycteribosca kollari (FRAUENF.), X, 232. BERL. Octocepheus damoeoides BERL. sp. n IX, 93. Odina woodice, III, 24. Odontocepheus BeRL. subg. n., IX, 95. Oithona nana, VIII, 366, 423, 440. Oligomastiga, X, 27. Olivo, III, 396; IV, 1, 259, 334; VI 232; VII, 65.; IX, 59. Ologamasellus BERL. g. n., X, 139. Ologamasellus simplicior BERL, sp. n., 9, X, 140. Ologamasus BerL., III, 96, 242, 244; X,, 137 Ololaelaps BERL. g. n., I, 260. Ololaelaps coleoptratus, I, 261. —. confinis BERL. sp. n., I, 261. — formidabilis BERL. sp. n., IX, 82. — holostaspoides Can., I, 261. — placentula BeERL., I, 261. — venetus Bert., I, 261. Olopachys BERL. subg. n., VI, 256. Olopachys sentatus BerL., IX, 82. Olpidium zootocum A. BR., II, 47. Ommatocepheus BerL. g. n., IX, 98. Ommatocepheus ocellatus (MIcH.),IX,98. — pulcherrimus Bert. sp. n., IX, 98. Omophron limbatus, X, 32. — variegatus, X, 32. Onchodellus BerL. subg. n., I, 451. Oolaelaps BeRL. subg. n., I, 404, 428. Oospora saccardiana Am. BERL. Sp. n., III, 12, 14. Oniscus, X, 243. Onobrychis sativa, X, 291. DEI PRIMI DIECI VOLUMI Ononis natrix, X, 264. Opilioacarus platensis SILv. sp. n., II, 258. Opius, VII, 470. Oplitis BeRL., I, 343. Oppia conformis BeRrL., V, 8. —. latior BERL. sp. n., IX, 89. —. microptera BERL., V — nitens KocH, V, 39. DLE — splendens KocH, V, 52. Orcus chalybaeus, VI, 325. — australasiae, VI, 325. Organo del Graber, IV, 247. Cribatella BANKS, V, 5. Oribatella decumana BERL. sp. n., VI, 384. — 4-dentata Baxks, V, 5. —. eutricha BERL. sp. — exilicornis BERL. sp. n., VI, 384. n., Xx, 130. AGE —. misella BeRL. sp. n., VI, 263. — longispina BERL. sp. — meridionalis BERL. sp. n. —. producta BERL. sp. n., V, 5. var. 4-mucronata BERL. V. n. VI, 384. —. tessellata BERL. sp. n., V, 5. Or1b2t0SWIRALR SAVI IE 0 RIT IT Oribates alatus BeRL., X, 121. — ampulla BERL., sp. n., II, 172; Vi eh — atomarius BERL. sp. n., X, 118, 121. — australis BERL. sp. n., X, 121. — centropterus BERL. sp. n., V, 6. — .elericatus BERL. sp. n., X, 118, 126. — connerus BERL. sp. n., II, 28. —. corniculatus BERL., X, 119, 127. — crassiclavus BERL. sp. n., X, 119, 125. — cribelliger BERL. sp. n., II, 28. — dentatus BerL., V, 1. — elimatus K., X, 119, 122. 355 Oribates elimatus BerL. ex KocK, X, 121. var. ceorniculatus BERL. v. mg AU, sig 1 var. longiplumus M5M1,030% — emarginatus BaxKkSs, X, 119, 125. BERL. V. var. europaeus BERL. v. DE ROXS125, — formicarius BERL. sp. n., X, 118, 121. — globulus NicoLET, V, 3, —. gracilis MIcH., V, 4. II, 29. —_ heros G. Can., X, 126, —. integer BerL., II, 30; X, 119, 113. — lagenula Bert. sp. n., II, 28. — latipes KocH, V var. maior BERL. v. n., 9 vR2: — dlongipes BERL., V, 3. —. longiplumus BeRL., X, 118, 122, var. myrmophilus BERL. v. Do, SSL RAl237 — lophotrichus BERL. sp. n., II, 27. — medius Bert. sp. n., X, 119, 124. et R. CAan., X — mucronatus G. 118, 122. —. nervosus BERL., X, 119, 127. —., micoletii BERL., V, 6. — obvius BERL. sp. n., X, 118, 119. var. norvegicus BERL. v. n., X, 120. — orbicularis KocH, V, 4. 9’ — peloptoides BerL., V, 3. — pterinervis G. Can., X, 119, 124. — sphaerula BerL. sp. n., II, 171. — superbulus BERL. sp. n., II, 29. —. tantillus BertL. sp. n., V, 7; X, 118, 120. — tenuiclavus BERL. sp. n., X, 118, 120. — (Neoribates) fissuratus BERL. Sp. Dig Ay 428 robustus BANKS, X, 128, roubali BerL., VI, 385; X, 128. Vit 396 Oribatula caudata 383. — connexa BERL. sp. — florens BERL. Sp. 217, 229. — navicula Berr. sp. n., IX, 89. — variabilis BERL., sp. n., V, 8; VI, 216, 229. —. venusta BERL. sp. 216, 229. Oribella BeRrL. g. n., V, 9. Oribella cornuta BERL. sp. n., VI, 265. og VAL BERL: Sp. DV, o SE ZIUÀ o) o 8 IL D'MAVE RSI — cerosbyi BERL. Sp. 217, 229. — leontonycha Bert. sp. n., VI, 383. Ormothrips Burra g. n., V, 166. Ormothrips inermis Burra sp. n., V, 161, 168. — sanguineus BAGN., V, 158, 167. Ornithodoros miniatus, IX, 118. — moubata, IX, 118. Otocepheus longior BERL., var. minor BERL. v. n., IX, 93. Ottonia G. CAN., VIII, 98. Ottonia agilis CAN., VII, 147. — bifoliosa G. Can., VIII, 177. — dentipilis G. Can., VII, 198. — distineta G. CAn., VIII, 193. — diversipilis G. Can., VIII, 160. — furcipilis G. CAn., VIII, 161. — hystricina G. Can., VIII, 150. — laeta G. CAN., VIII, 176, 201. '— locustarum BANKS, VIII, 113. — mandalayensis CAN. ?, VIII, 209. — miniata G. CAn., VIII, 202. — phyllophora Can., VIII, 200. — pilosella G. CAN., VIII, 173. — punicea G. Can., VIII, 151. — securigera G. Can., VIII, 176, 201. — spinifera THor., VIII, 140. — spinosa G. Cavn., VIII, 157. — trigona Cax., VI, 363; VIII, 108, 121. — uniformis G. Can., VIII, 173. INDICE GENERALE Pachycephus brevis GHIGI sp. n., X, 304. — smyrnensis STEIN, X, 305. Pachylaelaps BERL., I, 446, 450, 451. Pachylaelaps angulatipes BERL. sp. n., IE ez — athleticus BerL., VII, 288. — cordiformis BERL, sp. n., VI, 256. var. australis BERL. VI, 256. — equestris BERL. Sp. Vi Di, n., II, 164. — hispani BerL. sp. n., V, 14; IX, 81. — runculiger BERL. sp. n., VI, 256. — —. var. falculiger BERL. sp. n., VI, 257. — (Brachylaelaps) rotundus Spes; Vi, 0912: — (Elaphrolaelaps) fenestratus BERL. Sp. n., Vil, 257 I eli — (Olopachys) scutatus BERL. sp. n., VI, 256. — (Onchodellus) reticulatus sp. n., I, 451. BERL. BERL. — —. spectabilis BerL. sp. n., VI, 257; IX, 81. _- (Platylaelaps) latus BERL. sp. n., II, 165. Pachyneuron altiscuta, IX, 115. Pachypappa Reaumuri (Kart.), II, 313. —. vesicalis KocH, II, 306. Pachyrhina, IX, 300. Pachyrhina erocata, IX, 300. Pachyseius BERL. g. n., VI, 255. Pachyseius humeralis BERL. sp. n., VI, 255. — jacobsonianus BERL. sp. n., VII, 431. —. orientalis BerL., IX, $1. Pachytroctes EnDp., VII, 163. Pachytroctes aegyptius EnD., VII, 161. — australis Ris. sp. n., VII, 159, 160. — brunneus RIB. sp. n., VII, 161. Paeonia montana, VI, 314. DEI PRIMI DIECI VOLUMI d9 Panax arboreum, III, 42. Pangonia Magrettii Bezzi, X, 221. Papuaistus GRIFFINI g. n., VII, 347. — Schultzei GRIFF. sp. n., VII, 348. Papuogryllacris, VII, 339, 341. Papuogryllacris diluta Grirr. var. huo- niana GrIrr., VIII, 308. — dimidiata BRUNN. subsp. capucina GrIFF., VIII, 304. — ligata subsp. concoloriceps GRIFF. subsp. n., VIII, 306. Paracalanus parvus, VIII, 366, 404. Paracletus Heyp., II, 94. Paracletus cimiciformis HEYDEN, II, 90. Paradoxiphis BERL. g. n., VI, 255. Paradoxiphis tenuibrachiatus BERL. sp. DVI; 255 Paragryllacris Bruxx., VI, 187; VII, 188. Paralaboulbenia, X, 26. Paralamyctes andinus SILv. sp. n., I, 257. — asperulus SILV. sp. n., I, 206. Parantennulus BerL. g. n., I, 390. Parasitus affinis Oup., III, 135. — alpha Oup. et Vor., III, 131. — bhomborum OupEM., I, 280; III, 160. — bremensis Oup. et VorG., III, 155. — burchanensis Oup., IM, 134. — consimilis OuDn. et VorG., III, 130. — cornutus Oup., III, 175. — crinitus OuD. (Nympha coleoptr.), III, 264. — dentipes Oup., III, 187. —. emarginatus (KocH) OuDEMS., I, 280; III, 167. — eta Oun. et Vora., III, 132. — evertsi Oup., III, 172. — rkempersi Oup., III, 143. — longulus (K.) OupEM., I, III, 214. var. robustus OUDEMS., I, 280: TTT, 0219 — weberi SILV. sp. 250 3 Parasitus mustelarum OuDp., IMI, 152. — poppei Oup. (Nympha coleoptr.), III, 265. — robustus Oup., III, 219. — septentrionalis OuDEM., III, 188. — serclavatus OupEM., I, 279. — subterraneus (JUL. MiiLL.), I, 280, — vespillonum OupEeM., I, 279; II, 263. — Wasmanni OupEMS., I, 280. Parassiti del Dacus oleae, IV, 285. Parassitismo, IV, 204. Parhypochthonius BerL. g. n., II, 25; VI, 218. Parhypochthonius acarinus BERL. sp. n., VI, 215, 218, 219. — ‘aphidinus BERL. sp. n., VI, 218. — urticinus BERL. sp. n., 218, 219. Partenogenesi dell’ Heliothrips haemorroi - dalis (BoucHEÉ), VII, 71. Parthenothrips dracaenae (HEEGER), V, 195; VII, 71, 80. Passiflora edulis, VI, 314. Pelargonium sp., VI, 314. Pelethiphis BerL. subg. n., VII, 185. Pelops phaeonotus K., V, 7. Peloptulus BeRL. subg. n., V, 7. Peloribates BerL. g. n., V, 3. Peloribates depilatus BERL. sp. 385. — glabratus BeRL. sp. n., V, 3. — histricinus BERL. sp. n., VI, 265. IRAR205 VI, 215, VI — peloptoides BERL., V, dì Pemphigus HarT., VII, 303. Pemphigus affinis KALT., III, 375, 376, 385. — betae, IX, 175. — borealis TteLLGR., IX, 175. — bhurrowi, IX, 154. — canadensis DEL GUERC. Sp. n., Ios ob. — conduplifoliae, IX, 175. 355 Pemphigus corrugatus, IX, 175. — fagifoliae DEL GueRrc., IX, 175. IX, 154, 297, 306. IX, E75. —. filaginis, — fraxinifolii, — inflatae DEL G., VII, 297, 303, 306. — marsupialis, III, 382, 385. =— Wnidificus, IX, dl. — populi CourcHET, III, 375, 382, 385. IX, 175. — populiramulorum, IX, 175. IXSElTO: — protospirae Licnr., III, 379. III, 375, 380, — populimonilis, — populitransversus, — pyriformis LICHT., 385. — spyrothecae Pass., III, 379 — transversifolii, IN, 175. — trifolii DEL GuERCcIO, X, 249. Penalva WALKER, VII, 348 Vini219s Penthaleus agilis BERL. Penfigini PASS., SPA ARLIARLOTE — egregius Bert., I, 252 IE io — haematopus KocH, 255 —. ovatus KocH, I, 252. Pentilia misella, VI, 825. IX, 326. Pentodon punctatus, VII, 284, 292 Pentodon, Pergamasus BeRL. subg. n., I, IRE de, ero Perinthus erassicornis WASM. sp. n. 199, 215. Perinthus silvestrii 198, 215. Periphis BERL. 235; WaSM. isp. n. I, subg. n., X, 142. X, 31. Perissopterus pulche Toe How., III, 390. VIS L63ì Peritroctes natalensis RIBAGA sp. n., VII, 163, 165. Periplaneta orientalis, Peritroctes RIB. g. n Pero VISESL4: VISA Perrisia lathièrei DeL GuUuERCIO sp. n VI, 292. — oleae(ANGELINI), VI, 291; VII, 482. INDICE GENERALE Persica vulgaris, VI, 314. Petrobius LEeacH, II, 4. Petrobius maritimus LEACH, Peyritschiellacee, X, 29. Peyritschiellee, X, 30. Phalaris arundinacea, II, 4. II, 150 Phaneroptera quadripunetata Burm. |Gal- le fillosseriche corrose dalla], II, 121. Phaseolus vulgaris SAVI, V, 208, 242 Phaulocylliba BeRrL. g. n., I, 270. Phaulocylliba ventricosa BERL. sp. n. I, 270. Phaulodinychus BERL. g. , n., I, 269. Phaulodinychus repletus BERL. sp. n. I, 269. — simplex BERL. sp. n. Phauloppia BERL. subg. n., V, $. Phillaphis KocH, V, 229. Phloeothrips albosignata Costa, bi V, 136. Vaio: IV, 383, 385; — bhigemmata Costa, — coriaceus HaLIp., V, 134, 135. — oleae (A. Costa) TARE , IV, 356; V, 135; VII, 65, — pedicularis HALID., sa 85. Phloeotribus scarabaeoides BERN., IV 348; VII, 479; ]X, 70. Phormium tenax, III, 61. IX, 181. VII, 466. BERL. Sp. n. v Phragmites communis, Phryganea striata, Phtiracarus eribarius II, 23. — minimus BERL. sp. ;) n., II, 22. , IX, 102. — reticulatus BerL. sp. n., IX, 102. Phylippia olene Costa, IV, 80. Phyllactinia sutfulta, II, 42. Phyllobius piri, II, 55. Phyllocoptes Schlechtendali NaL., VII, 41. Phyllotegeus BERL. g. n., IX, 92. Phyllothrips Burra g. n., V, 123. Phyllothrips pilosus Burra sp. n., V; 123. — punctulatus BERL. sp. n DEI PRIMI DIECI VOLUMI Phylloxera acanthochermes (KorL.), V, 92, 138. — . coccinea Heyp., V, 143. — coccinea Kart., V, 144. —. corticalis KaLT., V, 143. — longirostris Boyer, V, 259. — punctata LicHT., V, 138. —. quercus BoyER, IV, 360; V, 144. —. spinulosa TARG., V; 143, Physallolaelaps BERL. g. n., V, 13. Physallolaelaps ampulliger BERL. sp. n., Va: Physalozercon BERL. g. n., I, 246, 387, 399. Physalozercon raffray (WASM.), I, 400. Physapus Schottii De G., V, 170. Physopus inconsequens UzeL, V, 135. — phaleratus (HALID.), V, 185. —. primulae (Harip.), IV, 383; V, 135. —. robustus UzeL, V, 135. —. ulmifoliorum (HALID.), V, 185. — vulgatissimus (HALID.), V, 135. Phytoptus avellanae PAG., II, 48 ; VII, 6. —. carinatus GREEN, VII, 5. — coryligallarum TarRG., II, 48: VALERIE — pseudogallaram VALL., VII, 2. Mhae MATTAAVIINO: Pieris brassicae, VII, 363. Pigmephorus abdominalis BERL. sp. n., DIL, —. cultratus BerL. nom. nov., II, 11. minor BERL. v. n., var. TIRI — incospicuus BeRL. sp. n., II, 12. — manicatus BeRL. sp. n., II, 12. — spinosus Kram., II, 11. —. stercoricola BERL. sp. n., VII, 184. Pigmodispus, VII, 217, 218, 222. Pimelie, VII, 431. Pinus abies, V, 296. — australis, V, 179. Pinus mughus, V, 334, — picea, V, 324. — pinaster, V, 321, 345. —. pinea, V, 337, 346. — Sylvestris L., V, 187, 296, 321, 326, 329, 331, 334, 337, 339, 341, 345, 346. Pittosporum engenioides, III, 30. Plagiocera haemorrhoa GestRAECH., X, 228. Plagiotropidesmus Sirv. g. n., I, 177. Plagiotropidesmus convexus SILV. sp. n., I, 178, 206. Plateremaeus BERL. g. n., V, 11. Plateremaeus ornatissimus BERL., V, 11. —. rotundatus BERL. sp. n., IX, 96. Platyarthrus, X, 248. Platylaelaps BeRL. subg. n., II, 165. Platylophus BERL. g. n., VI, 351. Platylophus argasoides BERL. sp. n., VI, 351. Platynothrus BERL. &. Pleocytia, X, 26. Poa annua, II, 130. Podapolipus, VII, 183. Podapolipus apodus TRAG., VII, 484. n., VII, 431, n., IX, 99. — bacillus BERL. Sp. 434 ; IX, 87. — batocerae BeRrL. sp. n., VI, 270. — berlesei LAHILLE, VII, 434. —. grassii BerL., VII, 434. — reconditus Gr. e Rov., VII, 434. — (Tetrapolipus) batocerae BERL., IX, 87. Podocarpa, X, 27. Podocarpus chinensis, III, 36. Podocinum Bert., IX, 83. Podocinum mediocre BERL. sp.n., IX, 83. — minus Bert. sp. n., IX, 83. — misellum Bert. sp. n., IX, 83. Podoplei, VIII, 443. Podoribates BERL. g. n., V, 3. Podothrombium BeRrL. g. n., VI, 354; VILISA LT DOME 360 Podothrombium bicolor (HERM.), VIII, 4, 59, 61, 68. var. cisalpinum BERL. VI, 357); VIII, 169. —. curtipalpe (THOR.), VIII, 61, 76. —. filipes (KocH.), VI, 355; VIII, 61479) — macrocarpum BERL. sp. n. 356; VIII, 61, 62. var. meridionale BERL. v. n., VrE356rAVIDIR631 var. septentrionale BERL. v. Di Vi, 3008 VIII 64. var. teutonicum BERL. v. n., VI, 356; VIII, 65. — magnum BERL. sp. n., VI, 355; VIII, 61, 66. — montanum BERL. sp. n., VI, 355; VIII, 61, 72. — peragile BERL. sp. VIII, 61, 80. — subnudum BERL. sp. n., VI, 355; VIICIG1AE70) —. strandi BERL. sp. n., VI, VIII, 61, 75. — verecundum BERL. sp. n., VI, 355; (VIDI (615-073. Poecilochirus G. R. Caxn.; I, 280. Poliaspidella BERL. g. n., VI, 379. Poliaspidella berenicea BERL. sp. n., VI, 379. Poliaspis australis BERL. sp. n., VI, 379. V.N.y DVI Lor NAT BERL. var. BERI:GVvA n 139 Poligonacee, VII, 483. Pollinia pollinii CostA, III, 393 ; IV, 86. Polychrosis, V, 215. Polychrosis botrana, IX, 66. Polydesmus complanatus LINxN., VI, 235. Polydrusus mollis, II, 55. Polygala myrtifolia, VI, 8314. Polyommatothrips BUFFA g. n., V, 164. — patavinus repandus Polyommatothrips silvestrii BUFFA sp. n., V, 158, 164. INDICE GENERALE Polyrhina multiformis SoR., 1I, 48. Populus alba L., II, 310. — nigra L., III, 375; V, 344; 297, 308. — pyramidalis Roz., III, 378. —. tremula L., III, 375. Porotermes HaG., I, 18. Porotermes quadricollis (RAMB.) HAG., INLSE Porrhostaspis stercoraria MiiLt., III, 155. Praemachilis SIiLv. g. n., II, 1, 4, 8. Praemachilis aurea (GraRDINA), II, 8. —. confucius SILV. sp. n., III, 329. — excelsior SILV. sp. n., II, 1, 4, 8. —. italica (Grassi), II, 9; III, 336. — longistylus SILV. sp. n., III, 331. — meticulosa SILv. sp. n., II, 6, 8. Prays oleellus FaB., IV, 348; IX, 65. Protasceus subuliformis DANGEARD, II, 47. Procampodea SILV. g. n., II, 115. Procampodea brevicauda SILV. sp. n. ID di. Prociphilus. IX, 175. Proctotydaeus BERL. g. n., VII, 430. Proctotydaeus viator BERL. sp. n., VII, 430. Prosopothrips vejdovskyi UZzEL, V, 135. Prospalta How:, spons ell VII, ’ berlesei 390, 391. — murtfeldtii How., III, 389. Prospaltella berlesei How., VI, 316, 333; VII, 436, 474; IX, 235; X, 150, 159. — diaspidicola StLv., VI, 316. — murtfeldii How., VI, 318. Protoplophora BERL. g. n., VI, 215, 217. Protoplophora palpalis BERL. sp. n., VI, 215, 217. Protoribates BERL. g. n., V, 1. Protoribates capucinus BERL. Sp. n., IVaR: — longior BERL. sp. n., V, 2. — transitorius BERL. sp. n., V, 1. DEI PRIMI DIECI VOLUMI Protoribates (Protoribates) praeincisus BERL. sp. n., VI, 384. pupula BeRL. sp. n., VI, 383. — (Scheloribates) callipus BERL. sp. opt Vinit crinitus BERL. sp. n., VI, 265. decumanus BERL. sp. n., V, 3. DI frigidus BERL. sp. n., V, 2 fusifer BERL. sp. n., V, 2. kraepelini BERL. sp. n., V, 2 initialis BERL. sp. n., V, 2. lanceoliger BERL. sp. n., V, 2 Protura SILv., VI, 1. Proturentomon SILV., VI, 167. Proturentomon minimum (BERL.) SILV., VAGIIOE Protylocera haemorrhoa (GERSTR.), X, 228. Prugno, VI, 314. Prunus paniculata, VI, 314. — pseudocerasus, VI, 314. Psalliophora, X, 26. Pseudocheylus (Anoplocheylus) europaeus BERL. sp. n., VI, 210. Pseudodicarpa, X, 26. j Pseudomaseius nigrita, X, 34. Psilla dell’ Olivo, IX, 74. Psilocera concolor (THoMmsoNx) D. T., IV, 38, 286. Psocus pyralinus KoLBR. var. ?, V, 102. —. sivorii RIBAGA sp. n., V, 100. — taprobanes HAGEN var. pterus Mac LacHL., V, 100. Psyche Helix, IV, 40. Pterochlorus RONDANI, V, 174, 176, 190, 262. Pterochlorus longipes DFR., V, 184, 214, 233, 277. — roboris FERRARI, V, 184. BERL. cosmo- Pterochthonius subg. n., IX, 104. Pteroptus heteropus BERL. sp. n., VI, 265. Ptilozeuxia? termitoxena SILV. sp. n., J, 185, 209. Ptycodes Buck., V, 185, 229. Punctoribates BERL. sp. n., V, 6. Punctoribates atomus BERL. sp. n., V, 6. —. bicornis BERL. sp. n., V, 6. — hexagonus BERL. sp. n., V, 6. — . insignis BERL. sp. n., VI, 265. — subinconspicuus BERL. sp. n., V, 6. Pulvinaria, VII, 177. Pulvinaria acericola, IX, 115. — camelicola SIGN., VII, 172, 179, 352; VIII, 314; IX, 113, 215; NEL: — mesenbrianthemi (VALLOT.) SIGN., VII, 359. —. vitisL., VII, 359; IX, 215; X, 15. Punteruolo dell’ Olivo, VII, 479. Pygmodispus PaoLi g. n., VII, 264, 269, 270. Pygmodispus (Allodispus) brachiosus PAOLI sp. n., VII, 274. —. latisternus PAOLI sp. n., VII, 273, 275. stefaninii PAOLI sp. n., VII, 275, 276. — (Pygmodispus) calearatus Spain VIa equestris PAOLI sp. n., VII, 270. Pyenosoma marginale (Wlep.), X, 229. Pythium anguillulae-aceti SAD., II, 47. PAOLI Querci, V, 208, 211. Quercus cerris, V, 345. — coccifera, IV, 361; V, 146. CRV 610 VE 2113458 — imbricaria, V, 182. — pedunculata, IV, 361; V, 147, Idd. —. robur, IV, 361, 345. — sexiliflora, IV, 361; V, 344. — suber, Vi, 345; VII, 297, 303. — toza, VII, 296. Rachomyces, VII, 2 $. Ranuneulus velutinus TEN., V, 208, 224, 344. Raphignathus, VII, 431. — anauniensis R. Can., VI, 205. —. clavatus C. et F., VI, 205. —. curtipilus BERL., VI, 204. — hericius BERL. sp. n., VI, 847. —. patrius BERL., VI, 205. var. etruscus BERL. Vv. .n., VI, 209. — piger ScHR., VI, 205. —. siculus BERL., VI, 204. Rapporti fra piante ed insetti, IV, 198. Raymondia huberi FRAUENF., X, 2381. Rhacomyces berlesiana Bocc., VII, 283. Rhagidia heteropoda BERL. sp. n., VI, 243. —. subterranea BeERL. sp. n., II, 232; VIS EL99. Rhagoletis cerasi L., III, 386. Rhaphidophora SERVILLE, VII, 342. Rhaphidophora cultrifer ZACH., VII, 344. —. papua BrouEs, VII, 344. SpA GRIREOVIO344 — sp. B. GRIFF., VII, 346. — sumatrani ZAacH, VII, 346. Rhinothrombium BeRL. subg. n., VI, 354; VIII, 4, 17, 38, 43. Rhipiphoridae, III, 315. Rhizoberlesia trifolii DeL GuERCIO, X, 245, 246. Rhizobius WESTw., V, 238. Rhizobius debilis, VI, 325. — discimacula MuLs, VI, 319. — helianthemi Westw., V, 240. —. litura FaBR., VI, 319. —._ lophantae, VI, 325. — subterraneus, V, 240. — towobae, VI, 325. — ventralis, VI, 325. Rhizostylops SILv. g. n., III, 316. Rhizostylops inquirendus SILv. sp. n., TESA INDICE GENERALE Rhodites rosae, IV, 40. Rhopalosiphon sisymbrii DEL GUERCIO, IX, 163. — berberidis IX, 164. Rhynchites auratus Scop. IV, 347. — bacchus L., IV, 347. —. cribripennis DesH., IV, 385. — coeruleus DeG., IV, 347. —— cupreus L., IV, 347. — ruber FArRM., IV, 338. Rhyneoles longirostris ALTUM, V, 176, 184. Rhyncolophus quisquiliarum HERM., V, 213. — sucidus, KocH, VIII, 140. Ribes grossularia, III, 37; VII, 25. Rickia CAvaRA, VII, 284. Rickia berlesiana (Bacc.) PAOLI, VII, 288. — coleopterofagi PAOLI sp. n., VII, 286. — Javanica PaoLI sp. n., VII, 285. — minuta PAOLI sp. n., VII, 287. — wasmanni Cav., X, 29. Rickiee, X, 29. Rinchite dell’ olivo (Parassita del) IX, 233. Riso, VII, 466, 467. Salcio, V, 208; VI, 314. Salix alba, V, 344, 345. — caprea, V, 345. — viminalis, V, 345. Saprosoma zeylanicum, III, 19. Sarcophaga haemorroidalis MEIG., X 228. — lirtipes WieEp., X, 228. Scapheremaeus BERLESE subg. n., VI, 226. Scaraboeus centaurus, VII, 284, 293. n., IX, 104. Scatoglyphus polytrematus BERL. sp. n., IX, 104. Scheloribates BERL. Sp. di Scatoglyphus BERL. g. DES OVOSIZ: DEI PRIMI DIECI VOLUMI Schizolachnus Morpw., V, 343. Schizomyia Gennadii (MARSCHAL), IX, 227 Schizoneura HaRTIG, III, 871. Schizoneura lanigera Hausm., VII, 355. — Reaumuri KALTENBACHR, II, 806. Schizosoma, X, 27. Sciara analis EGGER, II, 280. var. bezzii DEL GUERCIO, Vv. D., II, 288. Scirus brevicornis BERL. Sp. n., II, 231; VAI SIE —. parvirostris BERL. sp. n., VI, 201. Scolopendrella, IX, 136. Scolotydaeus BERL. g. n., VI, 214. ep VAL Scolotydaeus bacillus BERL. sp. 214. Scutellista cyanea MorscH., IV, 73. Scutigeridae, I, 253. Scutigerides SILv., g. n., I, 253. Scutigerides transvaalicus SILV. sp. n., I, 253. Scutigerina SILV. g. n., I, 254. Scutigerina weberi SILV, sp. n., I, 254. Scutovertex ornatissimus BERL., VI, 216, 227. —. perforatus BERL. sp. n., VI, 265; IX, 198. Scymnus, VI, 319. Sedum, VI, 314. Seiulus plumosus OUDEMANS, I, 276. Seius echinatus KocH, I, 258. — muricatus KocH, I, 258. — spathuliger Leox., I, 276; VI, 200. — unguicnlatus BerL., I, 258. Senecius vulgaris L., V, 208. Sericaria mori L., VIII, 323. Sericothrombium BERL. g. n VIII, 4, 17, 210. Sericothrombium brevimanum BERL. sp. n., VI, 365; VIII, 213, 220. — germanicum BERL. sp. n., VI, 365; WIIR213% —. heterotrichum BERL. sp. 366; VIII, 213, 221. , VI, 365; aa, VALLE RAMA RE E. Sericothrombium holosericeum (LINNÉ), VIII, 4, 210, 213. — mediterraneum BERL. Sp. 365; VIII, 213, 219. —. scharlatinuam BERL. sp. n., 213, 217. — cvenetum BeRL. sp. n., VI, 365; VIII, 213. Serrarius longicornis BERL. sp.n., I, 252. Da Vy \VIDUE D — maior Bert. sp. n., I, 252. Serratula, VII, 468. Serritermes WaSM., I, 39. Serritermes serrifer (BaTES) WasmM., I, 41, 112. Sessiluncus CAN., II, 168. Signiphora aspidioti AsHM., VI, 318. Silene inflata, VII, 297, 306. Silvius oestroides KARSCH., X, 221. Silpha, IX, 326. Sipha PASS: I127, 131: Vi t2153230. Sipha berlesei DeL GuERCIO, II, 131, 135. — bignoniae MaccHIATI, II, 131. — elegans DeL GUERCIO sp. n., II, 132, 137. — glyceriae KALTENBACH, II, 132. var. italica DEL GUERCIO v. n., II, 132, 142. — maydis Pass., II, 132. var. avenae DEL GUERCIO, II, 132, 144. DEL —. schoutedeni Guercio, II, 131, 132. Siphonocallis DeL G. g. n., IX, 298. Siphonocallis betulacolens DeL G. sp. n., IX, 293. Siphonophora gei KocH, IX, 193. Siphonothrips Burra g. n., IV, 389. Siphonothrips elegans BUrFA sp. n., IV, 383, 389; V, 134, 135. Sisymbrium ornottianum, IX, 164. Smaridia heteropoda BERL. sp. n., VI, 348, Smaris caelata BERL. sp. Sorbo, VII, 50. DG LIsalo6ì 364 Solanum aculeatum, VI, 314, — giganteum, VI, 314. — lyceopersicum, V, 281, 345; VI, 236. — sodomaceum, VI, 314. — tuberosum, VI, 236. Solenopsis geminata (F.), I, 186, 209, Sonchus, V, 242. Sonchus asper, V, 246, 544. — oleraceus, V, 246, 344, Sophora, VI, 314. Sorgum halepense, II, 130. — saccharatum, II, 180. Spartium scoparium, X, 264. Sphaerella bellona SAcc., VII, 53. —. sentina Fckt., VII, 53. Sphaerochthonius BeRL. g. n., VI, 216, 218, 223. Sphaerochthonius elegans BERL. Sp. n., VI, 266. —. splendidus Bert., VI, 218. Sphaerolaelaps BERL. g. n., I, 243, 446, 447. Sphaerolaelaps calcariger BERL., I, 449, — holotyroides (LEON.), I, 448. DI IIS. BERL. Sp. n., Sphaerolichus BERL. g. Sphaerolichus armipes II, 14. Sphaerolophus BERL. g. n., VI, 349. Sphaerolophus goliathus BERL. sp. n., VI, 349. —. politrichus BERL. sp. n., VI, 349. M.,, VI, 350, sp. n., VI, 350. — spinosus BERL. sp. — subnudus BERL. — —. var. nudus BERL. v. n., VI, 350. — (Cavannea) cavannae BERL. VI, 350. — —. mollicomus BeERL. sp. n., VI, 95 551. — (Eupodolophus) chubbi BERL. Sp. DS ESITA Sphaerophoria toeniata L., V, 214. Sphaeroseius BERL. g. n., I, 401, 433. INDICE GENERALE Sphaeroseius ecitonis (WaSsM.), I, 433. Sphaerozetes BERL., V, 4. Sphaerozetes elongatissimus BERL. sp. n., Vi, d — flabelliger BERL. sp. n., V, 4. — howardi BERL. sp. n., V, 4. — latitectus BERL. sp. n., V, 5. — mirandus BERL. sp. n., V, 5 (V. Mi- i crozetes). — pedemontanus BERL. sp. n., VI, 264. — prudens BERL. sp. n., IX, 88. —. strandi BERL. sp. n., VI, 264. — Subintectus BERL. sp. n., V, 4. — (Tectoribates) proximus BERL. sp. D., Vil, 2604. undulatus BERL. sp.n., X, 129. BERL. — (Trichoribates) lenicomus sp. n., VI, 385. oxypterus BERL. sp. n., VI, 386. var. meridionalis BERL. Via Meg Vo 13804 prineipalis BERL. sp. n., X, 129. setosus K. var. austroameri- canus BERL. v. n., VI, 386. Spruce-three plant-louse, V, 181. Spinitermes Wasm., I, 71. Spinitermes brevicornis SILV. sp. n., I, 72, 129. —. trispinosus (Bates) Wasm., I, 71, 129. Stemphylium botryosum WALLR., II, 43. Stenaphis DeL G. g. n., IX, 185. Stenaphis monticellii DeL G. sp. n., IX, 185. Stenopelmatidae, VII, 342. Stenothrips graminum UZEL, V, 135. Stenotroctes Exp., VII, 165. Stenotroctes enderleini RipaGa sp. n., II, 106. Sterculia platanifolia, VI, 314. Stigmaeus KocH, VI. 2053. 4° di MT Ta DEI PRIMI DIECI VOLUMI 5365 Stigmaeus antrodes BERL. sp. n.;, VI, 204, 205, 206. — confinis BeRrL., VI, 205. — crassirostris LEoN:, VI, 204, 205, 206. — cruentus KocH, VI, 204, 205. —. elongatus BERL., VI, 204, 205. — eutrichus BeRL. sp. n., VI, 204, 205, 206. — humilis KocH, VI, 203. — longipilis R. Can.. VI, 204, 205. — robustus BeRrL., VI, 204, 205. —. rhodomelas BeRL. sp. n., VI, 204, 205. — scapularis KocH, VI, 203. — (Eustigmaeus) chermesinus (KOCH) BeRL., VI, 204, 207. — —. ottavii BERL. sp. n., VI, 204, 207. —. (Macrostigmaeus)anguineus BERL. sp. n., VI, 204, 208. — —. serpentinus, VI, 204, 207. Stigmatea mespili Sor., VII, 53. Stismocheylus BERL. g. n., VI, 209. Stigmocheylus brevisetus BERL. sp. n., VI, 209. Stilopidi, X, 100. Stomaphis Buck. (WALKER), V, 176, 190, 191, 237, 255, 342, 344. Stomaphis betulae Morpw., V, 176. — bobretzkyi Morpw., V, 176, 186. — graafii CHoLop, V, 176, 186. — longirostris (FAB.), V, 184, 186, 196, 235, 256, 259. — macrorhyncha CHoLonp., V, 176, 186. — quercus Buckt, V, 184, 256, 344. Stomoxys, VIII, 470. Streptococcus bombycis, VII, 68. Strombotheca, X, 26. Strophosomus coryli Fas., II, 59. Sturnus vulgaris, IX, 331. Subdiehroma, X, 27. Suctobelba PAOLI g. n., V, 72, 74. Suctobelba cornigera (BERL.) PAOLI, V, 74, 76. — —. var. spiculigera BERL. v. n., IX, 90. — grandis PAOLI sp. n., V, 74, 78. — trigona MicH., V, 74. Symydobius Morpw., IV, 190; V, 230. Synandrocarpa, X, 27. Syncaligus BERL. g. n., VI, 201. Syncaligus conspicuus BERL. sp. n., VI, 202, 203. — echidna BeRL. sp.n., VI, 202, 203. Synearpia laurifolia, III, 62. Syphocoryne Pass., VII, 323, 464. Syphocoryne angelicae DEL G., VII, 297, 328, 331; IX, 177, 178. — ‘artemisiae DeL G., IX, 178. —. foenicoli Pass., VII, 331. —_ lonicerae (StEB), VII,331; IX,178. —. passerinii DEL G., VII, 330. — xilostei (ScHR.) PASsSs., VII, 330. Systropus WIeb, II, 262, 265, 266. Systropus ammophiloides TyLER-TOWU- SEND, II, 268. — angulatus KARscH., II, 269. — atratus MACQUART, II, 267. — attenuatus MacQ., II, 267. —. barbiellinii BEZZI sp. n., II, 271. — blumei SNELLEN van VOLLEN, II, 268. — brasiliensis MACQ., II, 269. — (? calopus BrGor, II, 269. — capensis PaILIPPI, II, 167. — cerdo OSTEN-SACHEN, II, 269. — (?) chilensis PRILIPPI, II, 269. —. chinensis BEZZI sp. n., II, 271,275. — clavatus KarscH., II, 267. — columbianus KarscH., II, 269. — cerudelis WestwooD, II, 267. — dolorosus WILLISTON, II, 269. — eumenoides WesT., II, 268, 270. — femoratus KarscH., II, 269. — foenoides WEstwooD, II, 269. Systropus fumipennis WesTwooDb, II,269. — funereus A. Costa, II, 269. — imbecillus KAarscH., II, 269. — infuscatus KARSCH., II, 269. — leptogaster Loew., II. 267. — lugubris OsTEN-SACKEN, II, 270. —. macer Loew., II, 269. — macilentus Wrep., II, 267. — niger WALKER, II, 269. —. nitidus Wiep., II, 270. — ophioneus WEesT., II, 268, 271. — . polistoides WesT.,II,268,271,274. — pulcher WiLLISTON, II, 270, — quadripunetatus WILLISTON, II, 270. — rogersi OsTEN-SACKEN, II, 270, — rufiventrisOsTEN-SACKEN,II,270 — Sallaei ALDRICH, II, 270. —. sallei A. Costa, II, 270. — similis WILLISTON, II, 270. —. sphecoides WALKER, II, 268. — sphegoides WALK. et alii, II, 268. — tessellatus SNELLEN van VOLLEN, 1I, 268. — tipuloides West., II, 268. —. sp. indet. Waxp., II, 268. Syrphus hyalinatus FALL, V, 214. Syrista parreyssi SPIN., X, 303. Tabanidi, IV, 247. Tabanus africanus GRAY, X, 223. — albipes FagRr., IX, 339. — autunnalis L., IV, 247. — cordiger MFIGEN, IV, 248. — dubius Fas. VII, 467. — ignotus Rossi, IX, 338. — sericeiventris LoEw., X, 224. Tafani, VII, 467; IX, 299. Taraupodus HALLER, VI, 354 ; VIII, 4, 17, 39. Tanaupodus passimpilosus BERL., Sp. n., VI, 354; VIII, 34. —. steudeli Harr., VI, 354; VIII, 4, 39, 94, 35. INDICE GENERALE Tarsocheylus BERL. g. n., II, 15. Tarsocheylus atomarius BERL. sp. n., IX, 79. — paradoxus BERL. sp. n., II, 15. Tarsonemidae, VII, 183, 215. Tarsopolipus BERL. g. n., VII, 183; IX, 87. Tarsopolipus corrugatus BERL. sp. n., VII, 183. — (Eutarsopolipus) lagenaeformis BeRL. sp. n., VII,184; IX, 87. — (Tarsopolipus) corrugatus BERL., IX, 87. Tavaresiella DEL G. g. n., VII, 299. Tavaresiella suberi DEL G., sp. n., VII, 297, 299. Taxus baccata, ]II, 1. Tectocepheus alatus BERL. sp. n., IX, 99. — minor BERL, sp. n., I, 252;. X, 132. var. expansus. BERL. v. n., X,, 132, — . personatus BERL. sp. n., VI, 265. —. velatus MicH., X, 132. Tegeocranellus BERL. g. n., IX, 93. Tegeocranellus personatus BeRrL., IX, 93. Tegeocranus elongatus MicH., IX, 95. —. laevis Bert. sp. n., II, 237; VI, 200; IX, 93. —. longisetus BERL. sp. n., VI, 216, 228. — ornatissimus BERL. sp. n., V, 9; VI, 216, 227. — velatus MicH., X, 132. Tegeozetes BERL., g. n., IX, 91. Tegeozetes tunicatus BERL. sp. n., IX, 91. Tegenotus pyri NAPELN, VII, dl. Termes (L.) SILv., I, 47. Termes americanus RENGGER, I, 53. — arenarius Bates, I, 83. — bellicosus SMEATH, III, 342, 347, 349, 359. DEI PRIMI Termes chilensis BLANCH, I, 18. — Chwristiernsonii W. SOR., I, 53. — cingulatus HaG., I, 63, 98. — cornutus Bates, I, 56. — costatus RamB., I, 48, 50. — debilis Hac., I, 94. — decumanus ERICHSON, I, 49. — destructor PeRTy, I, $S1. — dirus KLUG, I, 48, 115. — dubius RAMB., I, 48. — fatale Perty, I, 48. — flavicollis PerTY, I, 48. — fuscipennis KoLLaR, I, 48. — (fuscus Lar., I, 50. — grandis RAmMB., I, 49, 50, 116. — Lespesii FR. Miitt., I, 9, 57. — Lacus Sanctii W. S6R., I, 63. — Marabitanus HAG., I, 46. — molestus BuRrm., I, 51, 116. —. morio LaTR., I, 99. —. natalensis, III, 348. — obscurum BLANCH, I, 48. — opacus Hae., I, 62. — orensis W. S6R., I, 63. — pallidus WLK., I, 18. — pallidipennis BLANCH, I, 56. — paradorus Wasm., I, 63. — riograndensis THERING, I, 66. — Rippertiù RAMB., I, 81. — saliens FR. Miitr., I, 62. — spinicollis KOLLAR, I, 48. — spinosus LATR., I, 48. — striatus Hac., I, 57. — Strunckiù W. S6R., I, 4l. — tenebrosus KoLt., I, 97. —. tenuîis Hac., I, 38. — trispinosus BATES, I, 71. — testaceus VALK., I, 83. — uguayensis BERG., I, 66. — (Capritermes)cingulatus W asm., 1,62. Termitidae, I, 1; III, 341. Termitidae (Sistematica), I, 13. Termitidi (Biografia), I, 110 ; (Biologia), I, 143; (Distrib. geogr.), I, 102. DIECI VOLUMI 367 Termitococceus SILv. g. n., I, 181. Termitococcus aster SILV, sp. n., I, 181 207. — brevicornis SILV. sp.n.,1,182, 208. ’ Termitodispus bellicosi III, 348. Termitofili (Acari Miriapodi e Insetti), I, 169; III, 342. Termitoiceus SILv. g. n., I, 191. fermitoiceus anastrephoproctus Ep 1920213, Termitomastidae SILv. fam. n., I, 183. Termitomastus SILv. g. n., I, 183, 268. — leptoproctus SILv. sp. n., I, 183, SILVER SPAM SILV. 268. Termitonannus Wasm. g, n., I, 199. Termitonannus major Wasm. sp. n., I, 200, 215. — schmalzi Wasm. sp. n., I, 200. —. silvestrii Wasm. sp. n., I, 200, 215. Termitopsenius Wasm. g. n., I, 201 Termitopsenius limulus Wasm. sp. n., I, 202, 215. Termitosius SILv. g. n., I, 194. Termitosius pauciseta SILV. 195, 213. Termitothymus SILv. %. n., I, 187. Termitothymus philetaerus SILV. sp. n., I, 188, 212. Termitozophilus SiLv, g. n., I, 192. Termitozophilus laetus SILV. sp. n., I, 193, 213. Tetramonium, V, 225. Tetraneura coerulescens PAss., III, 384. — rubra LicHr., III, 383. — ulmi, II, 383. Tetranychopsis histricina BERL. sp. n., VI, 243. — paupera BERL. sp. n., VI, 347. Tetranychus pantopus BERL. sp. n., VI, 242. Tetraphipus BeRL. g. n., VII, 434. Tetrapolipus batocerae BeRL., VII, 434. Tetrastichus canadensis AsHMmEeAD, III, 389; VI, 318. Teucrium scorodonia, VII, 297, 319. Thaumatoxena andreinii SILV.' sp. n., III, 356. Thaumatoxenidae, III, 350. Thea, III, 28. Theletheca, X, 26. Thrips communis UZEL, IV, 383 ; V, 135. — flavus SCHRANK, V, 135. — haemorrhoidalis, VII, 74. — Ilapàleki UzeL, V, 133, 135. 135. VALE — minutissimus LinNEO, V, — physopus Linneo, V, 135; 88, 89. — Schottiù L., V, 170. Thrombidium OupEeMS., I, 277. Tilia argentea Drec., II, 307. — europaea L., II, 307. — platyphylla Scor., II, 307. Timeparthenus SILv. g. n., I, 196. Timeparthenus regius SILV. sp. n., I, 197, 214. Tipula bicornis Lorw, IX, 300. Tipula flavolineata Maca., JX, 300. — hortensis MEIG., IX, 300. — infuscata Loew, IX, 300. — oleracea, IX, 300. — paludosa MEIG., IX, 300. — simplex DOANE, IX, 300. Tipule, VII, 467; IX, 299. Tisanotteri Tubuliferi (Anatomia), IV, 369. Tisanuri, IX, 185. Tmetocera comitana, HuB., II, 53. — luscana FaB., II, 53. — ocellana FaBR., II, 53. Tortryx xylosteana, II, 53. Toxoptera, VII, 463. Trachelus tabidus F., X, 304. Trachygamasus BERL. subg. n., I, 235: III, 95, 116. Trachynotus pyriformis KRAM., X, 184. Trachyoribates BERL. g. n., V, 3. INDICE GENERALE Trachyoribates ovulum BERL. sp. n. V-8. Trachytes MicH., X, 133. Trachytes infirmus (BERL.), X, 134. Trachytes ? lagenaeformis BERL. sp. n., ’ II, 21. Trachytes lambda BERL. sp. n., I, 272; DER35Ì Trachytes mystacinus BERL. sp. n., VI, 31 Xx, 134, 195. — pi BERL. sp. n., VI, 245; X, 135. — —. var. pauperior BERL., v. n., X, 135. — pyriformis (KRAM.), X, 134. — tuberifer BERL. sp. n., X, 135. Trachyuropoda BerL. g. n., I, 248, 325, 350, 364. Trachyuropoda ceristiceps (CAN.), var. imperforata BERL. v. n., I, 271. — wasmanniana BERL. sp. n., I, 249. — (Discourella) cosmogyna BERL. sp. Is AVALIASITSE discopomoides BERL. sp. n., VI, 378. — (Janetiella) bella BerL. Sp. n., II, 235; VI, 200. coccinea (MicH.), I, 356. coccinea var. pinnata BERL. VERDI IVONE cristiceps (CAN.), I, 354. dominula BeRL. sp. n., VI, 244. ercavata (Wasm.), I, 358. laminosa (C. et B.), I, 360. magna (Leon), I, 363. modesta (LEON), BERL., VI, 200. pulchella BERL. Sp. n., II, 21. Wasmanniana BerL., I, 362. — (Leonardiella) bostoki (MrcH.), I, 366. ’ canestriniana BeRrL., I, 368. insularis BERL. v. Var. My eL369! DEI PRIMI DIECI VOLUMI Trachyuropoda (Leonardiella) canestri- niana var. septentrionalis BERL. WENN n009: imitans BERL. sp. n., II, 159. Riccardiana (LEON), I, 370. BERL. Sp. — (Trachyurop.) titanica n Lialos: tuberculata BERL. sp. n., IX, 85. — (Urojanetia) rectangula BerL., IX, 85. Tragardhula BeRL. subg. n., VIII, 4. Trama HEYDEN, V, 191, 237, 238, 342, 344, Trama caudata DeL GueRCIO, V, 244, 246, 344. —. erigeronensis ForBES, V, 177. — flavescens (KocH), V, 176, 240, 248. — horvàthi DeL GueRrcIo, V, 244, 252, 344. — pubescens KocH, V, 176, 240, 244. —. radicis KALT, V, 176, 225, 240, 244. —. ranunculi DeL G., V, 207, 244, 248, 344. — troglodytes HEeyp., V, 176, 240, 242, 244, 344, Trhypochthonius BERL. g. n., II, 27. Trypochthonius americanus EwING, VI, 218. —. badius BERL. sp. n., II, 237; VI, 200, 218. — tectorum (BERL), VI, 218. —. longisetus BERL. sp. n., II, 27: VI, 218. Tricheremaeus BERL. g. n., V, 11. Trichocylliba BERL. subg. n., I, 329. Trichomalus spiracularis THOMAS, IV, 37, 286. Trichotarsus clypeatus TreTzE, VII, 245. 372; 5 Trichothrips copiosus UzEL, IV, V, 135. Trifolium hybridum, X, 264. Redia »r, 1914. (DE) Sì d°) Trifolium incarnatum, VII, 469. — medium X, 264. —. pratense, VII, 469; X, 264. Trifoglio (Stremenzimento del), X, 235. Trigona kohli FRIESE, I, 187, 210. —. fuscipennis FRIESE, I, 187, 212. —. latitarsis FRIESE, I, 187, 210. Trihoplophora BRUNNER, VII, 848, Trinacriella DEL GuERCIO g. n., IX, 169. Trinacriella magnifica DEL GUERCIO sp. Meg LR 169, Trioza alacris FLOR., IX, 165. — scotti Low, IX, 165. Tripanurga termitophila SILV. sp. n., I, 185, 209. Tripochthonius BeRL., VI, 218. Tritegeus BERL. g. n., IX, 92. —. bifidatus (Nrc.), IX, 92. Triticum sativum, II, 180. —. spelta, II, 130. Trizetes BERL. g. n., II, 26; VI, 218. Trizetes pyramidalis BERI. sp. n., II, 26; VI, 218. Troctes, VII, 163. Trombella BeERL., VIII, 4, 16, 22. Trombella glandulosa BeRrL., VIII, 4, 22, 24. — nothrioides BerL. VIII, 24, 30. — otiorum BeRrL. VIII, 24, 26. Trombicula BeRrL., VIII, 4, 17, 83, 88. Trombicula canestrinii Burra, VIII, 88. —. coarctata BeRrL., VIII, 88, 91. — formicarum BERL. sp. n., VI, 369; VIII, 88, 90. — mediocris BERL. sp. n., VIII, 88, 93. — minor BERL. sp. n., II, 155; VIII, 4, 84, 88, 94. — (Blankaartia) nilotica (TRAG.), VIII, 96. : Trombidiidae, VIII, 1, 4, 16. Trombidium BeRrL., VIII, 4, 17, 223. Trombidium armatum KRAM. et NEUM., VIII, 123. INDICE Trombidium barbatum KocH, VIII, 239. — bicolor HERMANN, VIII, 68, 78, 80. var. curtipalpeTHoRr., VIII, 77. — bipectinatum TRAG., VIII, 193. — canestrinii Burra, VIII, 88, — coarctatum BerL., VIII, 91. —. corpulentum BeERL. sp. n., VI, 364; VIII, 227, 237. —. crassipalpe TraG., VIII, 227, 229. — debilipes Leox., VIII, 116. — dugesii Trovrss., VIII. 226, 244, — erythraellum KocHB, VIII, 260. — eupectum Leon., VIII, 226, 236. — eutrichtum BerL. sp. n., II, 154; VIII, 208. — fasciculatum HALM., VIII, 239. — (ferociforme TRAG., VIII, 146. — (ferox BeRrL., VIII, 111. — filipes K., VI, 355; VIII, 79. var. curtipalpe THoR., VIII, (He — Fuliginosum VIII, 256. norvegicum THOR., VIII, 259. — grandissimum KocH, VIII, 239. — gigas TrouEss., VIII, 226, 243. — gymnopterorum BeRrL., V, 213; VIII, 256, 267. — histricinum LeoN., VIII, 46. — hispidum STOLL,?, VIII, 210. HERMANN, I, 251; — holosericeum L., VI, 365; VIII, 213. —. insulare BeRL. sp. n., VI, 364; VIII, 227, 232. — laevicapillatum KRAMm., VIII, 76. — latum KocH, VIII, 217. — locustarum RiLevy., VIII, 113. — longipalpe BerL., VIII, 55. — macropodum BeRL. sp. n., II, 155; VIII, 132. — 4-maculatum BERL. sp. 226, 234. I; VIII, GENERALE Trombidium marmoratum BERL. sp. n., II, 155; VIII, 148. — megalochirum BERL. sp. n., VI, 364; VIII, 227, 230. — modesium BerL., VIII, 196. — nemoricola BerL., VIII, 43. — niloticum TRAG., VIII, 96. — oblongum TRAG., VIII, 103. — perligerum BerL., VIII, 190. — puniceum KocH, VIII, 135. — purpureum KocH, VIII, 177. — pusillum HeRMm., VIII, 135. var. americanum LeoN., VIII, 143. — rimosum Kocg&, VIII, 217. — sanguineum KocH, VIII, 177, 186. —. setosulum Berr., VIII, 227. — simile TRAG.?, VIII, 210. — spinosum BeRL., VIII, 157. — sucidum TRAG., VIII, 140. — tincetorium (Linn.), VII, 1; VII, 4, 224, 226, 239. var. brevipilum BERL. v. n., VI, 364; VIII, 226, 242. — trigonum Herm., VI, 363; VIII, 108, 121. — vagabundum BerL., VIII, 164. Trullifiorinia LEON. g. n., III, 17, ‘41. Trullifiorinia acaciae (Mask.), III, AIN 43. — minima (Mask.), III, 41, 42. — rubrolineata (GREEN), IMI, 41, dd. — scrobicularum (GREEN), III, 41, 46. Tuberolachnus Morpw., V, 343. Tubi Malpighiani, II, 177. Tuie, V, 208, 211, 221. Tuja occidentalis, V, 306, 344, 346. Tumidalvus EwinG, VI, 218. Tumidalvus americana EwiNnG, VI, 218. Tydaeus acutus BERL. sp. n., VI, 213. DEI PRIMI DIECI VOLUMI ST1 Tydaeus atomus BERL. sp. n., V, 14. — breviculus KocH, VI, 213. — eruciatus KocH, VI, 213. —. curtus BERL. sp. n., VI, 213. —. foliorum ScHR. var. setulosulus BERN vi. mo Vil 213% — mammillaris BERL. sp. n., V, 14; Vil (212. — mutabilis KocH, VI, 213. — olivaceus KocH, VI, 213. — ovatus BeRL. sp. n., VI, 213. — rectangulus BERL. sp. n., VI, 213. — (Tydaeolus) 212, 213. Tydaeolus BERL. subg. n., VI, 212. Tylenchus destruetor, X, 240. —. devastator, X, 236, 237. Tylophora asthmatica, VI, 314. Typhlothrombium BERL. g. n., VI, 398; VIII, 4, 17, 44. Typhlothrombium histricinam (LEON.), VI, 358; VIII, 4, 45, 46. Tyroglyphus (?) incertus BERL. sp. n., VI, 268. Tyroglyphus minutus TarG., VII. 24. — pergrandis BERL. sp. n., VI, 268. n., I, 174, 205. atomus BERL., VI, — viduus BERL. Sp. Unleria COMSTOCK, III, 17. Unleria fioriniae Comst., INI, 32. — gigas COMSTOCK, III, 30. Ulex europaeus, X, 264. Ulmus campestris, III, 383. Uraphis DeL GuERCIO g. n., IV, 192, Urociclella BeRL. subg. n., IX, 86. 191, Urodinychus BERL. g. n., I, 270, 325, 372. Urodinychus earinatus BeRL., I, 376. — ceylindricus BERL. sp. n., IX, 85. — janeti BeRL. sp. n., I, 378. — karawaiewi BERL. sp. n., I, 270, 380. Urodinychus ovalis (KRAM.) var. thoria- nus BERL. v. n., I, 271. — Stylifer BeRL. sp. n., II, 21. Urodiscella BERL. g. n., I, 249, 325 339. Urodiscella alophora BERL. 250, 341. —. philoctena (Trt.), I, 342. —. ricasoliana Bert., I, 340. Uroiphis BERL. g. n., I, 245. Uroiphis scabratus BERL. SPAEnSesio Bpm, 15245 —. striatus BrERL. sp. n., I, 245. Urojanetia BeRL. nom. n., IX, 85. Uronothrus BERL. subg. n., IX, 98. Uroobovella BERL. g. n., I, 249, 325 336. Uroobovella notabilis BERL. sp. n., I, 250, 338. — obovata (C. et B.), I, 337. — villosella BERL. sp. n., IX, 86. — (Urociclella) parvula BERL. sp. n., IX, 86. Uroplitella BERL. g. n., I, 249, 325, 343. Uroplitella conspicua BERL. sp. n., I, 250. — leonardiana Bert., I, 345. += tyarbeccarili BERE: v. n. R2:2a — minutissima BERL. sp. n., I, 250, 348. var. villosella BERL. v. n. I, 272, 349. BERG Spa; 002507 — ovatula 346. — paradoxa (C. et B.), I, tab. VIII, fig. 30. — pennsylvanica BERL. sp. n., I, 251, 347. Uropoda LATR., I, 248, 336, 339, 343, 350, 352, 364, 367, 372, 381, 384. Uropoda aemulans BERL. sp. n., II, 158. PI 3 VIRA TOO Uropoda alpina BeRL. sp. n., I, 272. — Berlesiana Bert., I, 248. — Bostocki MicH., I, 249. —. brasiliensis BERL, sp. n., I, 271, 249. — campomolendina BERL. var. cana- densis BERL. sp. n., II, 22. — canestriniana BerL., I, 249, 368. — caputmedusae BerL., I, 270. — carinata Berr., I, 248, 270, 376. — coccinea MicH., I, 249, 356. — consanguinea BerL. sp. n., II, 158. — cribaria Bert., I; 248, 270. — cristicepg Can., I, 249, 354. — distinguenda BrrL., I, 340. — elimata BERL., I, 249. — ercavata Wasm., I, 249. — festiva BerL., I, 249. — formicaria LuBL., I, 382. — hamulifera MicH., I, 385. -—— Kramerii Can., I, 249, 339. — laminosa Can. et BERL., I, 360. — Leonardiana BertL., I, 249, 345. — magna Lreox., I, 363. — Michaeliana Leon., I, 337. — obovata Can. et BeRrL., I,. 249, 347. — obscura KocH, I, 249. — oophila MoxIez, I, 428. — paradora C et B., I, 249, 348. DEGLI RT OT 249, 249, —. pergibba BERL. sp. — philoctena Trovess., I, 342. — pilosella BERL. sp. n., I, 272. — pusilla Bert., I, 249. — Ricasoliana BeRL., I, 249, 340. — Riccardiana BerL., I, 249, 370. — rhombogyna BERL. sp. n., VI, 379. — spathulifera Mox., I, 378. —. vegetans AucT., I, 249. — vulpina Bert., I, 270. INDICE GENERALE Uropoda (Urosternella) foraminifera BER- LESE sp. n., I, 261. Uropodidae (FAM ), I, 324. Uropolyaspis BerL., I, 325, 384. Uropolyaspis hamuliferus. (MicH.), I, 355. Uroserius jabae BERL. sp. n., VI, 377. Urotrachytes BERL. g. n., I, 271, 324, 381. Urotrachytes 382. Urozercon BERL. g. n., I, 172. Urozercon paradoxus BERL. sp. n. 173, 204. formicarius (LUBB.), I, i 9 3 Valeriana, VII, 294, 322. Variatipes PAOLI g. n., VII, 217, 222, 223, 234, 237, 264. Variatipes eucomus (BERL,) PAOLI, VII 228. —. gigliolii PAOLI sp, n., VII, 233. — major PAOLI sp. n., VII, 227. — montanus PAOLI sp. n., VII, 226. — nudus (BerL.) PaoLI, VII, 225, 237. — quadrangularis PAOLI sp. n., VII. 230. — Spathuliger (BeRrL.) PAOLI, VII, 232. — tridentinus PaoLI sp. n., VII, 231. Vacuna HEyDp., III, 365; IX, 288. Vacuna alni, IX, 287. — dryophila ScHR., III, 365; IX, 287. Vacunidi, VII, 285, 299. Vesiculaphis DeL G., VII, 463, 464. Vesperus luridus Rossi, VII, 484. — xatarti Dur., VII, 484. Vicia faba L., VII, 4691; VI, R£ST5 252. Vitis vinifera, VI, 314. Vulpia, IX, 209. DI . -— migricollis SiLv. sp. n., I, 189, 213. Xystropus VERRAL apud SUDDER, II, 266. Zamia mexicana, VI, 314. Zea Mays, II, 130. Zetes lucorum K., V, 8. Zetorchestes equestris BERL. sp. n., V, 12; VI, 216, 226. Zercon capillatus BERL. sp. n., X, 136. —. columbianus BeRL. sp. n., VI, 245; X, 136. — cometa BERL. sp. n., VI, 373; X, 137. — marinus MonIez, III, 109. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 373 —Xenogaster inflatus WaAsm., I, 190, 213. Zercon obtusus KocH, X, 144. ornatus BERL. sp. n., I, 269; X, 136. pavidus KocH, I, 276. perforatulus BERL., 1,269; X, 136. triangularis KOCH, X, 135, —. var. caudatus BERL. v. n., VI, 246; X, 136. —. var. granosus BERL. v. n., VI, 246; X, 136. trigonus BERL. sp. n., I, 268: X, 136. radiatus BERL. sp. n., VI, 245; Xx, 136. Zeuzera pirina L., IX, 61. Zigolaboulbenia, X, 26. 374 INDICE GENERALE AS Ù ECENCO*DBERGIORNA:SI ricevuti dalla R. Stazione di Entomologia Agraria in cambio del “ REDIA ,, Argentina. BUENOS AIRES. — Boletin del Ministerio de Agricoltura. — Anales del Museo Nacional de Historia Natural. Australia. SyrDNEYy. — Records ot the Australian Museum. — The Agricultural Gazette of New Sonth Wales. — Journal of the Departement of Agriculture of Western Au- stralia. Austria=-Ungheria. BUDAPEST. — Annales Historico-naturales Musaei nationalis hun- garici. — Kisérletiigyi Kozlemények. — Rovartani Lapok, Havi Folyoirat Kiilònòs Tekintettel a Hasznos es Katékony Rovarokra. — Termeszetrajzi Fiizetck. GRAZ. — Mitteilungen des Naturwissenschaftlichen Vereins fiir Steiermark. PRAZE. — Casopis Ceské Spoleénosti entomologické; Acta Socie- tatis Entomologicae Bohemiae. DEI PRIMI DIECI VOLUMI 5375 RovERETO. — Atti della I. R. Accademia roveretana degli Agiati. — Atti del Museo Civico, WIEN. — Annalen des k. k. Naturhistorischen Hofmuseums. —. Sitzungsberichte der kaiserliche Akademie der Wissens- chaften. — Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wiener entomologische Zeitung. ZAGREB. — Glasnik hrvatskoga prirodoslobnoga Drustva. Belgio. BRUXELLES. — Annales de la Société entomologique de Belgique. — Memoires de la Société entomologique de Belgique. LIERRE. — La Cellule, Recueil de Cytologie et d’ Histologie générale. Brasile. BAHIA. — “ Broteria ,, — Revista Luso-Brazileira. PARÀ. — Boletim do Musen Goeldi (Museu Paraense) de Historia natural y Ethnographia. RIO DE JANEIRO. — Memorias do Instituto Osvaldo Cruz. SAO PAULO. — Boletin de Agricultura. — Revista do Museu Paulista. Canadà. OTTAWA. — Experimental Farms. Toronto. —- The Canadian Entomologist. — Annual Report of the Entomological Society of Ontario. Cile. SANTIAGO DE CHILE. — Revista chilena de Historia Natural. Danimarca. KJOBENHAVN. — Entomologiske Meddelelser ndgivne af Entomo- logisk Forening. 376 INDICE GENERALE KJOBENHAVN. — Videnskabelige Meddelelser fra Dansk naturhi- storisk Forening. — ©Oversigt over det Kongelige Danske Videnskabernes Sels- kabs. Egitto. LE CAIRE. — Bulletin de la Société entomologique d’ Égypte. — Mémoires de la Société entomologique d’ Égypte. Francia. AMIENS. — Bulletin de la Société Linnéenne du Nord de la France. BorpFAUX. — Bulletin de la Société d’ Étude et de Vulgarisation de la Zoologie Agricole. Lyon. — Annales de la Société Linnéenne. MARSEILLE. — Annales du Musée d’ Histoire naturelle. NANCY. — Bulletin des Séances de la Société des Sciences. NANTES. — Bulletin de la Société des Sciences naturelles de I Quest de la France. PARIS. —— Annales de la Société entomologique de France. — Bulletin de la Société entomologique de France. — Bulletin de la Société philomatiqne. — Bulletin de la Société zoologique de France. — Bulletin des Séances de la Société nationale d’Agriculture de France. — Bulletin da Musénm national d’ Histoire naturelle. ReEIMS. — Bulletin de la Société d’ étude des Sciences naturelles. ROUEN. — Bulletin de la Société des Amis des Sciences naturelles. RENNES. — Insecta, Revue illustré d’ Entomologie. — Travaux scientifiques de 1° Université. VILLEFRANCHE (Rhòne). — Le Progrès agricole et viticole. Germania. BERLIN. — Berliner Entomologische Zeitschrift. — Deutsche Entomologische Zeitschrift (Berliner Entomolog. Zeit. und Deut. Ent. Zeit. in Wiedervereinigung). (DE) =] =] DEI PRIMI DIECI VOLUMI BERLIN. — Deutsche Entomologische Zeitschrift « Iris ». — Jahresbericht ilber das Gebiet der Pflanzenkrankeiten. —. Mitteilungen aus dem Zoologischen Museum. — Zoologischer Anzeiger. — Dahlem — Entomologische Mitteilungen. — Schoneberg-Zeitschrift fiir wissenschaftliche Insektenbiolo- gie (friiher: Allgemeine Zeitschrift fiir Entomologie). BRAUNSCHWEIG. — Jahresbericht des Vereins fiir Naturwissens- chaft. BrEsLAU. — Jahresheft des Vereins fiir schlesische Insektenkunde. Bonn. — Verhandlungen des Naturhistorischen Vereins der preus- sischen Rheinlande und Westfalens. CASSEL. — Abhandlungen und Berichte des Vereins fiir Natur- kunde. DRESDEN-BERLIN. — Deutsche Entomologische Zeitschrift. HALLE. — Nova Acta Academiae Cesareae Leop.-Carol. Germa- nicae Naturae Curiosorum. HAMBURG. — Mitteilungen aus dem Naturhistorischen Museum. FRANKFURT AM MAIN. — Bericht der Senckenbergischen Natur- forschenden Gesellschaft. — Entomologische Zeitschrift. KIEL. — Schriften des Naturwissenschaftlichen Vereins fiir Schles- wig-Holstein. MAGDEBURG. — Abhandlungen und Berichte aus dem Museum fiir Natur- und Heimatkunde und dem Naturwissen- schaftlichen Verein. MUNCHEN. — Bericht iiber die Tiitigkeit der Kgl. Agricultur- botanischen Anstalt im Miinchen. NURMBERG. — Abhandlungen der Naturhistorischen Gesellschaft. SrertTIN. — Stettiner Entomologische Zeitung. STUTTGART. — Entomologische Rundschau. — Insektenbéòrse. — Naturwissenschaftliche Zeitschrift fin Forst- und Landwirts- chaft. — <«Societas entomologica » Organ fiir den internationalen Entomologenverein. WIESBADEN. — Jahrbiicher des Nassauischen Vereins fiir Na- turkunde. 375 INDICE GENERALE WURZBURG. — Zoologische Annalen, Zeitschrift fiir Geschichte der Zoologie. Giappone. ToKyo. — Annotationes Zoologicae japonenses. — Bulletin de lAssociation séricicole du Japon. — Imperial Central Agricultural Experiment Station. Indie Inglesi. CALCUTTA. — Agricultural Research Institute, Pusa (Bulletin). — Indian Museum notes. — Memoirs of the Departement of Agriculture in India. — Memoirs of the Indian Museum. — Records of the Indian Museum. — The Agricultural Journal of India. Indie Olandesi. BATAVIA. — « Java » Zoologisch en Biologisch. BurTENZORG. — Bulletin du Département de 1’ Agriculture aux Indes Néerlandaises. — Bulletin du Jardin botanique. WELTEVREDEN. — Natuurkundig Tijdschrift voor Nederlandsch- Indié. Inghilterra. LIVERPOOL. — Quarterly Journal. Lonpon. — Bulletin of Entomological Research. — Journal of the Royal Microscopical Society. — Proceedings of the Linnean Society. — Report of Economic Zoology. — The Annals of Applied Biology. — The Entomologist’ Monthly Magazine. — The Jonrnal of Economic Biology. DEI PRIMI DIRCI VOLUMI 579 Lonpon. — The Journal of the Linnean Society. — The Journal of the Quekett Mieroscopical Club. — The Review of Applied Entomology. — The Transactions of the Entomological Society. Isole Filippine. MANILA. — Philippine Journal of Science Isole Hawaii. HONOLULU. — Proceedings of the Hawaiian Society. Italia. AVELLINO. — <« Marcellia » Rivista internazionale di Cecidologia. BoLOoGNA. — Rivista italiana di Ornitologia. Boro S. DonNINO (Parma). — Rivista Coleotterologica Italiana. CATANIA. — Bollettino delle sedute della Accademia Gioenia di Scienze naturali. FIRENZE. — L’Agricoltura coloniale. — Atti della R. Accademia dei Georgofili. — Bollettino della Società Entomologica Italiana. — Monitore Zoologico Italiano. GENOVA. —- « Bios » Rivista di Biologia sperimentale e generale. MILANO. — Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. NAPOLI. — Atti dell’ Accademia Pontoniana. — Annuario del Museo Zoologico della R. Università. — Bollettino della Società dei Naturalisti. PADOVA. — Annuario della R. Stazione Bacologica. — @Attì dell’Accademia Scientifica Veneto-Trentino-Istriana. PAVIA. — Atti della Società Italiana di Scienze naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano. — Rivista di Patologia Vegetale. PALERMO. — Il Naturalista Siciliano. Pisa. — Atti della Società Toscana di Scienze naturali. 350 INDICE GENERALE PORTICI. — Annali della R. Scuola Superiore di Agricoltura. — Bollettino del Laboratorio di Zoologia generale e agraria. Roma. — Atti della Pontificia Accademia Romana dei nuovi Lincei. — Atti della R. Accademia dei Lincei. — Bollettino della Società Zoologica Italiana. — Bollettino mensile di informazioni Agrarie e di Patologia vegetale. (Istit. Int. di Agric.). — Bulletin bibliographique hebdomadaire de 1 Institut Inter. d’Agriculture. — Bulletin du Burean des renseignements agricoles et des maladies des plantes. — Memorie della R. Accademia dei Lincei. — Pubblicazioni periodiche del Ministero di Agricoltura. SCAFATI. — Bollettino tecnico della Coltivazione dei tabacchi. TORINO. — Atti della R. Accademia di Agricoltura. — Biologica. — Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università. Messico. MPexIco. — Memorias y Revista de la Societad Cientifica « An- tonio Alzate ». Monaco. Monaco. — Bulletin de V Institut Océanographique. Olanda. s-GRAVENHAGE. — Tijdschrift voor Entomologie intgegeven door de Nederlandsche Entomologische Vereeniging. Portogallo. LIsBONNE. — Bulletin de la Société Portugaise des Sciences na- turelles. DEI PRIMI DIECI VOLUMI Romania. BucURESTI. — Buletinul Societàtii Romane de Stiinte. Russia. HELSINGFORS. — Beriittelse ofver Skadeinsekters Upptrinde. — Meddelanden af Societas pro Fauna et Flora Fennica. Moscou. — Bulletin de la Société Impériale des Naturalistes. —. Bulletin de la Société Impériale des Amis des Sciences naturelles et d’Antropologie. S. PÉTERSBOURG. — Annuaire du Musée Zoologique de VAcadémie Impériale des Sciences. — Horae Societatis entomologicae Rossicae variis sermonibus in Rossia usitatis editae. — Revue russe d’ Entomologie. Spagna. BARCELONA. — Butlleti de la Institucio Catalana de natural. MADRID. — Anales de la Real Societad Espanola de natural. — Associacion Espanola para el Progreso de las I Congreso de Zaragoza, II Congreso de Historia Historia Ciencias Valencia III Congreso de Granada, IV Congreso de Madrid. — Boletin de la Real Societad Espafiola de Historia natural. — Memorias de la Real Societad Espanola de Historia natural. — Revista de la Real Academia de Ciencias Exactas, Fisicas y naturales. — Trabajos del Laboratorio de Investigaciones biologicas de la Universitad. ZARAGOZA. — Boletin de la Societad Aragonesa de Cencias na- turales. 9S2 INDICE GENERALE Stati Uniti d'America. ALBANY. — Bulletin of the New York State Museum. — Equcation Departement Bulletin. ATLANTA. — Georgia State Board of Entomology Bulletin. 3OsTON. — « Psyche » A Journal of Entomology. — Annual Report of the Massachusetts Agricultural Experi- ment Station. BROOKLIN N. Y. — The Museum of the Brooklin Institute of Artes and Sciences. CLAREMONT. Journal of Entomology and Zoology published by Pomona College Dep. of Zool. COLUMBUS. — Ohio State University Bulletin. Concorp, N. N. Journal of Economie Entomology. LExINGTON, Ky. — Annual Report (e Bollettini) of the Kentu- i cky Agricultural Experiment Station. MapIison. — Transactions of the Wisconsin Academy of Sciences, Arts, and Letters. NEW HavEN, CONN. — Report of the Connecticut Agricultural Experiment Station. NEW YoRK. — American Museum of Natural History. PATERSON. — Report of the Entomological Department of the New Yersey Agricultural College Experiment Station. PHILADELPHIA. — Proceeding of the American Philosophical Society. — Entomological News. SACRAMENTO. — The Monthly Bulletin. TRENTON, N. J. — Annual Report of the New Yersey State Musenm. URBANA. — Bulletin of the Illinois State Laboratory of Natural History. WASHINGTON. — Proceedings of the Entomological Society. — Report of the Commissioner of Agriculture. — Smithsonian Miscellaneons Collections. -— U. S. Department of Agriculture — Bureau of Entomo- logy (Bollettini e Circolari). ? DEI PRIMI DIECI VOLUMI 383 WasHIineron. — U.S. Department of Agricultnre — Experiment Station Record. — Yearbook of the United States Department of Agriculture. WoostER. — Ohio Agricultural Experiment Station (Circolari e Bollettini). Svezia. EXPERIMENTALFALTEP. — Centralanstalten for jordbrukforsòk. STOCKHOLM. — Archiv for Zoologi utgifvet af K. Svenska Ve- tenskapsakademien i Stokholm. — Uppsatser i praktisk Entomologi. UPPSALA. — Entomologisk Tidskrift. — Zoologiska Bidrag. Svizzera. BERNE. — Schweizerische Entomologische Gesellschaft. CHUR. — Jalnesbericht der Naturforschenden Gesellschaft Grau- biindens. GENÈVE. — Bulletin de la Société Zoologique. — Mémoires de la Société de Physique et d’ Histoire naturelle. LAUSANNE. — Bulletin de la Société Vaudoise des Sciences na- turelles. ZURICH. — Vierteljahrsschrift der Naturforschenden Gesellschaft. Uruguay. MoNnrEVIDEO. — Defensa Agricola. — Museo Nacional. K4REDIA» lol X C. SPEGAZ. FOTOGRAF. lav] 3b ) b 8 - FIRENZE RUFFONI AL «REDIA» Vo Y SPEGAZ. FOTOGRAF. Tav Il Iza 128 14b ; 14e 13 A. RUFFONI - FIRENZE 4REDIA» lol Y 188 THG 170 17a 16 20 Tav Ill 18b 9a Job 204 200 214 22 236 pregi 3 K4REDIA» lo£/Y 980 28b age 284 Re C. SPEGAZ. FOTOGRAF. Tav IV 298 29b 3 30h 43 30° 304 30i 30€ 30f A. RUFFONI - FIRENZE 0,6 O 4REDIA» | 330 ai LE: * ) === 1 cd == & N 7 ali & O ari coi ba È 35. 35d SPEGAZ. FOTOGRAF. 0. A. RUFFONI - FIRENZE KREDIA» lo Dati 381 392 SPEGAZ. FOTOGRAF, lav] A. RUFFONI - FIRENZE 4REDIA» Vo£/Y JSN — i dg Z. 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Esso si comporrà annualmente di un volume di circa 24 fogli di stampa, e delle tavole necessarie alla intelligenza dei lavori. Prezzo d’ abbonamento al periodico L. 25,00, anticipate per ogni volume. Si desidera il cambio coi giornali di Zoologia e specialmente di Entomologia. Il Direttore Prof. ANTONIO BERLESE. NB. — Si pregano coloro che inviano pubblicazioni in cambio, di spedirle tutte a questo preciso indirizzo : “ Redia ,, Giornale di Entomologia, Via Romana, 19 — FIRENZE. GLI INSETTI MORFOLOGIA E BIOLOGIA DI ANTONIO BERLESE Di questo libro, che è destinato alla illustrazione anatomica e biologica degli Insetti, è completo il Volume I, di 1016 pa- gine con 1292 figure nel testo e 10 tavole fuori testo. Le figure sono per la massima parte originali. Contiene i seguenti capitoli : PREFAZIONE. — I. Breve storia della Entomologia; Il. Grandezza degli Insetti; III. Piano di organizza- zione degli Insetti; IV. Embriologia generale; V. Mor- fologia generale; VI. Esoscheletro; VII. Endoscheletro; VIII. Sistema muscolare; IX. Tegumento; X. Ghiandole; XI. Sistema nervoso ed organi del senso; XII. Organi musicali e luminosi; XII. Tubo digerente; XIV. Si- stema circolatorio e fiuido circolante; XV. Organi e tessuti di escrezione plastica; XVI. Tessuto adiposo e sviluppo degli organi e tessuti di origine mesoder- male; XVII. Sistema respiratorio; XVIII. Organi della riproduzione. Ciascun capitolo è accompagnato da una ricchissima biblio- grafia, la quale raggiunge in tutto 3276 lavori di Anatomia. Un supplemento alla bibliografia dei singoli capitoli la com- pleta fino a tutto il 19085. Formato S° srande; carattere molto fitto. Edizione di vero lusso. VOLUME II. — Sono usciti i cinque primi capitoli, cioè: 1.° Gli affini degli Insetti. - 2° L’antichità degli Insetti. - 3. Classificazione degli Insetti. — 4° Le età giovanili degli Insetti. 5. L’adulto. Prezzo del primo volume lire 40,00. Per acquisti rivolgersi agli Editori « Società Editrice-Libra- ria», Via Ausonio, 22 — MILANO. g î SERENA sh pe: gl Ù