è sedie alti nm ei mint mt timori el 1 INIL SLASZLIANNSE NASA ALLEARSI RIESI PI 4 - cs x sa su Te E e e ana gr i te n a n preonni ZIA Ta ST è n nre nn \ NI ll Î A\sonian Null CS GIORNALE DI ENTOMOLOGIA PUBBLICATO DALLA R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA T:NVEERENZE VIA ROMANA, 19 Volume ZKXI. FascicoLo I e II. FIRENZE TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI Via San Gallo, N.° 31 1916 Il presente volume è stato pubblicato il 31 Marzo 1916. 187 È, INDICE DEL VOLUME XI DEL « REDIA » Berlese Antonio. — Sul polimorfismo degli insetti (con 3 fig. MOL LONTANE TRO IRVINE MIRTO MESSE (ATO STEIN ACRI IATA GI SONZINALI Berlese A. e Paoli G. — Un endofago esotico efficace contro il Chrysomphalus dictyospermi Morg. (con 2 fig. nel testo). Del Guercio Giacomo. — Afidi raccolti nella Somalia Ita- liana meridionale (con 3 fig. nel testo) . Del Guercio Giacomo e Malenotti Ettore. — Ricer- che ed esperienze nuove contro la Bianca-rossa degli agrumi in Sicilia nel 1914 (con 25 fig. nel testo e Tav, IV). Malenotti Ettore. — Specie nuove e critiche di Diaspiti (Tav. VII). _ — Diaspiti raccolti nella Somalia italiana meridionale (Tav. VIII-X) . Paoli Guido. — Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie della Sardegna (con 283 fig. nel testo) . . —_ — Ixodidi raccolti nella Somalia Italiana meri- dionale (con 5 fig. nel testo e Tav. V-VI). Teodoro G., — Osservazioni sulla ecologia delle Cocciniglie, con speciale riguardo alla morfologia e alla fisiologia di questi insetti (con 3 fig. nel testo e Tav. I-III) » » » 305 129 “ REDIA + GIOENEBSETDIENTOMOLOGIA PUBBLICATO DALLA R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA TRNC SECNTRCEESNIZE SUOR eo x SEP 26191006 N, EL “ona] Mus a onian Inst; Ss Stity> VIA ROMANA, 19 (4) NN oli Viola mie dSST. FascicoLO I e II. FIRENZE TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI Via San Gallo, N.° 31 1916 INDICE DEL VOLUME XI DEL « REDIA » Berlese Antonio. — Sul polimorfismo degli insetti (con 3 fig. nel testo) . Berlese A. e Paoli G. — Un endofago esotico efficace contro il Chrysomphalus dictyospermi Morg. (con 2 tig. nel testo). Del Guercio Giacomo. — Aftidi raccolti nella Somalia Ita- liana meridionale (con 3 fig. nel testo) . Del Guercio Giacomo e Malenotti Ettore. — Ricer che ed esperienze nuove contro la Bianca-rossa degli agrumi in Sicilia nel 1914 (con 25 tig. nel testo e Tav. IV). Malenotti Ettore. — Specie nuove e critiche di Diaspiti (Tav. VII). = — Diaspiti raccolti nella Somalia italiana meridionale (Tav. VIII-X) . Paoli Guido. — Contributo alla conoscenza delle Coceciniglie della Sardegna (con 23 fig. nel testo) _ — Ixodidi raccolti nella Somalia Italiana meri- dionale (con 5 fig. nel testo e Tav. V-VI). Teodoro G. — Osservazioni sulla ecologia delle Cocciniglie, con speciale riguardo alla morfologia e alla fisiologia di questi insetti (con 3 fig. nel testo e Tav. I-III) Pag. » » » » » » » 211 305 299 309 321 129 GIACOMO DEL GUERCIO ed ETTORE MALENOTTI RICERCFIE ED ESPERIENZE NUOVE CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI IN SICILIA NEL 1914 Il R. Ministero di Agricoltura, in vista dei gravi danni che la cosidetta Bianca-rossa andava facendo da qualche tempo agli Agru- meti della Sicilia, ci volle affidare nell’anno testè decorso, il non facile compito di studiare diffusamente la funesta cocciniglia e di cercare i mezzi atti a domarne efficacemente 1° infezione. I risultati da noi ottenuti nel breve volgere di aleuni mesi fu- rono molto lusinghieri, e noi li verremo ora esponendo, lieti di poter fornire notizie precise al riguardo. Le osservazioni da noi compiute, oltre che riferirsi al ciclo evo- lutivo della cocciniglia, riguardano pure il suo modo di comportarsi rispetto ai diversi organi delle piante colpite, ai suoi mezzi di dif- fusione, con note sulle cause che favoriscono od ostacolano il propagarsi della specie e sulla natura delle piante, differentissime, che la ospitano. Più particolarmente, però, ci siamo occupati delle misure per la distruzione dell’ insetto, insistendo non solo sopra ricerche con un grande numero di insetticidi, ma fermando la nostra attenzione sui polisolfuri. Essi sono stati studiati dal punto di vista del loro potere insetticida, della loro adesione agli organi verdi degli Agrumi e del loro potere immunizzante o antifissativo, con quale vantaggio « Redia »r, 1916. 1 2 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI ognuno potrà rilevare, seguendoci nell’ esame del presente lavoro, il quale comprende, inoltre, diffuse notizie sulla pratica delle irro- razioni. : Alla risoluzione del nostro compito ci fu di valido aiuto la R. Scenola Sup. di Viticultura di Catania col suo illustre Diret- tore Prof. D. Toscano ed il chiar."° Prof. G. Scalia; ma sopratutti, fra gli agrumicultori, il benemerito Cav. Venerando Russo di Ca- tania, il quale ci fornì i locali di studio e mise a disposizione del Governo i vastissimi suoi aranceti di Mandarano e di Paportello (Centuripe), nonchè 1’ opera efficace e cortese del suo ottimo agente, Sig. Antonino Musumeci. Dalla R. Stazione di Entomologia Agraria di Firenze, Marzo 1915. I. — La Bianca-rossa degli Agrumi in Italia. La prima notizia sulla presenza della specie da noi si deve al Berlese, che nel 1895 la scoperse sopra il Pandanus graminifolia dell’ Orto Botanico di Firenze. Ma non da essa però deriva la infezione, che oggi ha preso proporzioni così vaste in Italia; poichè della specie furono tro- vati soltanto pochi esemplari, e tuttora, allo stesso Orto Botanico, essa trovasi rappresentata sulle stesse piante in misura molto scarsa. La prima infezione agrariamente importante non fu riscontrata, in Italia, che più tardi, nel 1901, dai proff. Calvino e Del Guercio, nella Liguria Occidentale, sopra piante di Evonimo e di Limone. L’ infezione ligure, però, quasi certamente deve avere la sua origine da quella preesistente nella Francia meridionale, con la quale la Liguria ha frequenti scambi di piante ornamentali. Snecessivamente la specie è stata trovata in giardini di altre parti d’ Italia, dove era pervenuta con | importazione di piante provenienti dalla Liguria, e così l’ insetto è arrivato fino nelle an- tiche provincie napoletane. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI b) Diversa dalla precedente deve essere 1° origine dell’ infezione per la Sicilia, giacchè ivi abbiamo avuto notizie di proprietari, i quali introducevano delle varietà di Arancio dalla Spagna, dove la Bianca-rossa si era già largamente diftusa. Ma ciò sia detto, senza pregiudizio che 1)’ importazione non vi sia giunta anche per vie di- verse ; mentre con tutta sicurezza si potrebbe dire, che la infezione di Calabria derivi da quella di Sicilia, per i continui scambi che esistono tra questa isola e l estrema punta della Calabria. In Sicilia le prime manifestazioni della Bianea-rossa si sono verificate in provincia di Messina, dove ora compie i maggiori danni; ma si trova ora largamente diffusa anche in provincia di Catania, di Palermo, ed in altre. II. — Cenni sui caratteri della Bianca-rossa degli Agrumi. In seguito all’ esame del materiale da noi raccolto nella Riviera Mediterranea francese e in quella di Liguria, nonchè in altre zone della Penisola ed in Sicilia, e dal confronto con le figure già pub- blicate al riguardo, la Cocciniglia di cui diamo i caratteri si rife- risce certamente al Chrysomphalus dictyospermi Morg. 0 Chrysom- phalus minor Berl. Uovo. — L'uovo è di color giallo, semi— trasparente, perfettamente liscio e di for- ma ovale. Esso misura 210 w.. di Innghezza e 145 di larghezza (fig. 1). | Larva. — La larva è di color giallo— citrino opaco, di forma ovale; però, fra le antenne, l’orlo del corpo è rettilineo, di Ict A È oeimGRRIoNI Fig. 1. — A Uovo immaturo; con qualche ondulazione. Le dimensioni $ tovo mostrante l'embrione sono appena appena più grandi di quelle dia firmato. (tngr. sal dell’uovo maturo, per il distendersi de- : La gli organi interni e dell’ orlo del corpo durante la schiusura. Riportiamo la figura della larva vista dal ventre, di un’ an- tenna, di una zampa del 3.° paio e del pigidio (fig. 2). Il pigidio porta al suo orlo posteriore un paio di palette me- diane bene sviluppate e denticulate da ambo i lati, i quali com- prendono tra di essi due rudimenti di pettini. Rudimenti di pet- 4 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI tini si trovano pure fra il 1.° e il 2.° paio di palette. Le palette del 2.° e quelle del 3.° paio sono assai rudimentali, e somigliano Fig. 2. — A Larva, vista dal ventre. (Ingr. soli B Antenna; C Zampa del 3° paio; D Pigidio. (tngr. CAI più ai denti chitinosi situati oltre il 3.° paio di palette, che alle palette mediane. I due peli caudali, inseriti tra la base delle pa- lette mediane, sono relativamente brevi. Tutte le appendici pigidiali della larva appena nata sono, eccetto il 1.° paio di palette, notevolmente meno sviluppate che quelle delle larve di ORrysomphalus ficus, Ashm., Aonidiella aurantii, Berl., ed Aspidiotus hederae (Vall.). SERIE MASCHILE. Poco diremo delle due ninfe maschili, avvertendo che il pigidio della 1.° ninfa somiglia molto a quello della femmina adulta. Dif- ferisce da ciò, che tra il 2.° e il 3.° paio di palette sono inseriti CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI ta) due pettini invece di tre ; e dei pettini a coltello, esterni al 3.° paio di palette, solo due sono sviluppati, i più esterni. Inoltre, le pa- rafisi pure sono meno sviluppate che nella femmina adulta; però sono in egual nu- mero, cioè di cinque per lato. Anche il pigidio è più piccolo di Fig. 8 — Larva di 10 giorni, nata in maggio e quindi prossima alla prima muta. Fig. 4. — Pigidio della larva prossima 114 300 (tagr. Td) alla prima muta, dal dorso. (tngr. TI) quello della femmina adulta. Riportiamo qui sotto la figura della prima ninfa (fig. 5). Maschio. — È oltremodo difficile distin- guere le specie dei varì Diaspiti dai carat- teri del maschio. Qui avvertiamo soltanto che il colore generale del maschio del Crison- falo è aranciato, gli occhi sono violetti; lo stilo, le antenne, le zampe, e più ancora la fascia del torace, sono bruni. Per completare però le conoscenze che ab- biamo sulla specie, riportiamo qui sotto, Fe Prion'uinfe ma: oltre la figura del maschio (fig. 6), alcune schile vista dal ventre. differenze tra le dimensioni del maschio di 56 È : c IS (tngr. $). questa specie e quelle di specie affini. Chrysomphalus| Chrysomphalus| Aonidiella Aspidiotus PARTINMISURATE dictyospermi ficus aurantii hederae Saga 1 \ Larghezza . | pt. 350 | p. 380 pu. 460 p. 430 { Lunghezza. » 640 | » 700 » 1000 » 850 Antenna . » " | » 530 » 640 » 630 » 650 Stilo (compresa la base) | | | Lunghezza . . . . » 225 » 270 » 270 | » 320 6 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Siechè, la differenza fra le dimensioni del maschio della specie in esame, è notevole rispetto a quella dei maschi delle specie sur- ricordate, e tale pertanto da doverne tenere il debito conto. \ y £ 56 Fig. 6. — Maschio, visto dal ventre (tngr. 1) SERIE FEMMINILE. Ninfa. — La ninfa (fig. 7) è provvista di strozzatura ceefaliea e somiglia notevolmente all’ adulta. Però è di questa più piccola, misurando 600 p.. di lunghezza per 550 di larghezza ; e, oltre che per la mancanza di dischi ciripari circumvulvari e di organi genitali esterni, differisce altresì notevol- mente nel pigidio, più, certo, della corri- spondente ninfa maschile. Infatti, le parafisi sono tre sole per parte, invece di cinque; fra la 2.* e la 3." paletta sonvi solo due pettini invece di tre; la Mig}7: — Sonia mar font 3. paletta ha esternamente tre denti invece minile durante la muta, vi- di uno; ed i tre pettini esterni a questa sta dal ventre. (Ingr. s) non solo non hanno la forma a coltello, ma non sporgono affatto sul profilo del pigidio e non sono inseriti su speciali rilievi chitinosi. Imoltre, al di là di questi tre pettini, che sono denticolati al lato esterno total- mente, è contiguo un dente chitinoso triangolare, che manca af- fatto al pigidio dell’ adulta (v. figura $). -1 CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI Adulto 9. — La femmina ha un contorno pressochè discoidale sul davanti e ristretto all’estremità posteriore, dove però il pigidio 475 Fig. 8. — Seconda ninfa femminile, Pigidio, visto dal ventre, (tagr. *T |) Ì non ha la forma conica, ma trapezoidale. Il colore, giallo-verdastro dapprima, si fa più deciso e più tendente all’ araneiato durante la maturazione e la deposizione delle uova. La femmina giovane, ossia poco prima che cominci a fabbri- sarsi lo seudo (v. figura 9) presenta, come la ninfa, la strozzatura cefalo-toracica ed ha gli anelli addominali rientranti in parte Vuno nell’ altro. Ma, col crescere del numero delle uova entro il corpo, questo si distende in guisa, che la strozzatura cefalo-toracica e tutto il contorno, raccordandosi, diviene pressochè rotondo. (V. figura 10). Posteriormente alla strozzatura cefalica, il cefalo- torace presenta un piccolo dente per parte. Fig.9. — Femmina, prima che cominci a fabbricarsi il folli- 62 31) colo. (tngr. T) (tngr. > } Sui segmenti dell’ addome, come sul eefalo-torace, sono impian- tati dei peli piuttosto lunghi. DI G. DEL GUERCIO ED FE. MALENOTTI Osservata dalla parte ventrale, essa presenta, quattro gruppi di dischi ciripari intorno alla vulva (v. figura 11). Di questi gruppi, ì due anteriori risultano dì 4-5 dischi ; ì posteriori di 1-3; in Ohry- somphalus ficus gli anteriori ne hanno 7-S, ì posteriori 3-4; e in Aspidiotus hederae sono raccolti a grappoli e molto più numerosi. Al dorso mancano ì calli bruni che si riscontrano invece in Ohkrysomphalus ficus ed in altre specie. L'orlo del pigidio presenta parecchie e varie appendicì (fig. 12), e cioè: Un primo paio di palette o palette mediane, comprendenti fra loro due pettini ed aventi ognuna impiantati due peli sem. plici. Un secondo paio di palette, somìi- Fig. 11. — Femmina, Dischi ci- elianti a quelle del primo paio ed aventi ripari ciroumvulvari è pieghe ° N circostanti dell’ epidermide, 2Nch’esse due peli, ma sono un poco più (tor. dI piccole. Fra il primo e il secondo paio di pa- lette vi sono due pettini, somiglianti ai due pettini mediani. Un terzo paio di palette alquanto più piccole delle precedenti, pur esse provviste dì due peli, e, spesso, a margine posteriore trasverso anzichè rotondato (v. una delle figure del pigidio). Fra il secondo e il terzo paîo di palette sono situati sempre tre pettini ì quali, come i precedenti, sono di solito denticolati apicalmente ; solo talvolta, qualcuno dì essì, è provvisto di denti anche ai lati. Esternamente al terzo paio di palette 1’ orlo del pigidio pre- senta tre profonde e strette incisioni, le quali dividono altrettante creste, chitinose e leggermente denticulate. Il loro orlo posteriore non sporge con questi piccoli denti su quello generale del pigidio; ma da ciascuna di esse partono delle appendici, di cuì è bene dire qualcosa, perchè caratteristiche. Queste appendici sono due per ciascuna cresta, Una, che è quasi sempre il prolungamento del margine interno della cresta, è di solito stretta ed acuta a guisa di pelo, solo di rado denticulata al lato esterno, è diretta spesso all’ indentro, quasi parallela al- l'orlo del pigidio, da cui perciò non sporge molto. L'altra, ben più grande, è impiantata nel mezzo della cresta, è CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI di) conformata a lama di coltello ed al lato esterno è sempre denti- culata, ma per lo più soltanto parzialmente, cioè nella metà basi lare. Però quella della eresta più esterna è alquanto più piccola Fig. 12. — Pigidio della femmina, visto dal ventre. (tag. circa DI) Le diverse figure presentano leggiere variazioni individuali, sopratutto nella forma dei pettini. delle altre due e denticulata al lato esterno completamente. Tal- volta somiglia moltissimo all’ appendice interna della stessa cresta. Tutte queste tre appendici, che per il loro ufticio si debbono riferire a pettini, sporgono notevolmente sul contorno del pigidio, e ciò anche perchè sono dirette secondo 1 asse del corpo, non piegate all’ indentro come le tre appendici minori. 10 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Esternamente a queste produzioni orlo del pigidio è fortemente chitinizzato per due terzi circa della sua lunghezza. Su questo tratto esso è pure finamente crenulato, mentre nel terzo superiore è liscio e non chitinizzato. La serie di queste erenule è lievemente interrotta in due punti, e perciò essa apparisce divisa in tre gruppi. Come nelle specie congeneri, il pigidio è provvisto di parafisi bene sviluppate. Esse, nella Bianea-Rossa degli Agrumi, sono in numero di cinque per parte e tutte di forma allungata e di color bruno. La prima, la terza e la quinta terminano col margine interno delle palette ; la seconda e la quarta sono più interne, cioè situate più anteriormente, e sono interposte fra le altre. Parafisi corte e piccole si trovano pure al margine esterno delle palette del primo e del secondo paio. L'apertura anale è molto bassa, e dista 3-4 dei propri diametri longitudinali dall’ orlo esterno del pigidio. La femmina, prima di fabbricarsi lo seudo, misura 600 p. di lunghezza per 500 di larghezza; mentre, quando è giunta al suo massimo accrescimento, con le uova mature nel ventre, misura 1230 p.. di lunghezza e 1070 di larghezza. FOLLICOLI. a) della femmina. — La forma del follicolo femminile è, come per tutti gli Aspidioti, rotondeggiante. Esso misura circa 1740 p. in lunghezza e 1500 in larghezza. AI centro mostra due spoglie, la larvale e la ninfale, V una capovolta rispetto all’ altra ed en- trambe di colore aranciato (v. figura 13). Queste spoglie spiccano fortemente sul colore dello seudetto femminile, ciò che non si ha per le specie del genere Aspidiotus. Lo seudetto è di color rosso-cuoio, di spessore sottile e di poca consistenza, e ciò dà ragione della relativa facilità con cui si pos- sono uccidere le adulte. b) del maschio. — La forma del follicolo maschile è più allun- gata di quella del femminile e le sue dimensioni sono più piccole. Infatti esso misura appena 1040 p. in lunghezza e 720 in lar- ghezza. Al centro, mostra una sola spoglia, la larvale, poichè quella della 1.°% ninfa non prende parte a rinforzare il follicolo. La spo- CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 11 glia larvale del maschio, per forma, colore e grandezza, corrisponde alla larvale della femmina. Il follicolo del maschio però è di colore molto più seuro di quello della femmina e tende al grigio-nerastro anzichè al rosso-cuoio (fig. 14) (1). Fig. 13. — Scudetto o follicolo del. Fig. 14. — Follicolo del la femmina, visto dal di sotto. maschio, visto dal di 28 28 \ (Ingr. D) sotto. (tngr. Di |. OSSERVAZIONI BIOLOGICHE. III. — Modo di sviluppo dell’ insetto. Sulla biologia di questa specie non si possedevano fino ad ora notizie importanti (2); ed è percio che noi ci siamo diftusi a par- larne particolarmente. Le larve della Bianca-rossa, a mano a mano che escono dalle uova, restano sempre qualche tempo sotto lo scudetto della madre (1) Alcuni degli esemplari di Chrysomphalus dietyospermi, raccolti sulle Palme al Natal e inviatici ora cortesemente dal Prof. Lounsbury di Capetown, pre- sentano il follicolo femminile dello stesso colore di quello che assumono da noi i follicoli maschili. (2) Infatti, il 7 ottobre 1914, H. I. Quayle presentava all’ Ufticio di Ento- mologia di Washington, diretto dall’ illustre Prof. L. O. Howard, una nota relativa a diversi insetti che colpiscono le piante di Agrumi nel Bacino del 12 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI e poi vengono all’esterno, uscendo da quella parte dello seudo che non presenta ingrossamento al lato ventrale. Esse allora si mettono in cammino, con velocità che varia se- condo la maggiore o minore asperità della superficie che percor- rono, e che diminuisce in seguito, per la stanchezza dell’ in- setto. Sulle foglie e sui rami lisci e ancora verdi degli aranci la velocità fu trovata di circa em. 40 nella prima ora; sui tronchi lisci, di em. 21; sui tronchi scabrosi, di cm. 15, essendo questi organi verticali. In cinque ore, una larva fu vista innalzarsi sopra un grosso ‘amo verticale, di ecm. 61,2, con una media di circa em. 12 all’ora. Nel loro vagare qua e là le larve si fermano ogni tanto, e le soste, a poche decine di minuti dalla fuoruscita dallo seudetto, si fanno più frequenti e sempre più sensibili. Talvolta, anzi, sembre: che si siano fissate, ma invece, dopo qualche minuto, si rimettono in cammino, e proseguono per un tempo assai vario in questo loro pellegrinaggio, il quale, a seconda delle circostanze non an- cora, per noi, tutte ben definite, dura da qualche minuto appena a qualche ora. Il primo fissamento delle larve però non è sempre definitivo, perchè esse liberano talvolta le loro setole rostrali dal vegetale che le ospita, e mutano di posto per collocarsi altrove, restando talvolta fino a 30-40 minuti sul primo luogo occupato, conforme Mediterraneo e più specialmente in Sicilia. [Citrus fruit insects in Mediterranean Countries (« Bull. of the U. S. Dep. of Agric. », N.° 134, October 7, 1914)]. Fra gli insetti ricordati, l’ Autore tratta, a pag. 16 della sua nota, della vita e dei costumi del Chrysomphalus aurantii Mask. var. citrinus Coq., al quale paragona la nostra Bianca-rossa degli Agrumi (Chrysomphalus dietyospermi, Morg.); e, intorno alla biologia di quest’ ultima, asserisce che essa non è stata ancora studiata nei suoi particolari: «.... the life history of this species has not been worked out in detail.... ». Noi eravamo della stessa opinione dell’ illustre Entomologo americano ; e mentre egli riferiva il suo pensiero all’ Utticio di Washington, avevamo iniziato gli studî sulla Bianca-rossa, i quali poi furono alacremente proseguiti, di guisa che oggi ci è possibile darne notizie precise. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 15 sì è veduto accadere per parte delle larve di Ceroplastes e di Lecanium. Ad ogni modo, appena avvenuto il fissamento, le larve vanno gradatamente raccorciandosi e allargandosi, assumendo, in capo a qualche ora, contorno pressochè circolare. Contemporaneamente esse si vanno ricoprendo di un finissimo e candido rivestimento serico che, in poco meno di un giorno, riveste sì bene il dorso dell’animale, da farlo apparire tutto bianco. A un giorno dal fissamento, le larve cominciano a filarsi un primo foglietto dorsale sericeo sottilissimo, a contorno circolare, il quale si completa in due giorni circa. Al centro di questo fo- glietto si ha un ispessimento annulare del medesimo e che cir- conda il rivestimento dorsale della larva a guisa di cercine oscuro. Questo cercine si forma al di sopra di quella zona dell’ epidermide dorsale della larva che si inspessisce circolarmente e che dicesi umbilico (fig. 5). Sotto il foglietto sericeo dorsale la larva continua a crescere per qualche altro giorno; poi si arresta, e indurisce VV epidermide dorsale, che si fa di color arancio-carico, lucente. Al 12.°-15.° giorno di età la larva, divenuta ninfa (1.* ninfa), abbandona questa epidermide, che va a costituire la prima spoglia, o spoglia larvale, e comincia a costruirsi un secondo foglietto sericeo dor- sale, intorno alla spoglia abbandonata, nel modo seguente, da noi osservato a Mandarano, per le femmine. La ninfa, facendo centro della base del suo rostro, si sposta girando lentamente su sè stessa e con le appendici pigidiali emette e dispone la materia da esse secreta in spirali addossate l una all’ altra e consolidate dalla eserezione del retto. Lo spostamento angolare della cocciniglia non è continuo, ma graduale. Presa una determinata posizione, la cocciniglia vi resta per un minuto; poi essa ritrae da quella bruscamente il pigidio e subito bruscamente lo estroflette nella nuova posizione. In capo a tre ore l’ animale ha assunto posizione diametralmente opposta alla prima; così che ogni singolo spostamento del pigidio ha un va- lore angolare di circa un grado. Con l ingrandirsi delle spirali costruite via via dall’ animale, questo, costretto a tenere il pigidio sempre lontano dal rostro, 14 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI assume durante la costruzione degli ultimi giri un aspetto note- volmente allungato, conico, con la base al centro, larga quanto la spoglia larvale e con la punta all’orlo esterno dello sendetto. AI 21.°-23.° giorno di età cessa la fabbricazione del secondo foglietto dorsale. A questo momento la ninfa, non più costretta a tenere Vestremità pigidiale tesa, si ritira facendo rientrare alquanto su se stessi gli anelli addominali; ma in capo a due o tre giornì si allarga tutta talmente, da occupare quasi tutta la superficie coperta dal secondo foglietto dorsale. A questo rapido allargamento della ninfa non corrisponde con- temporaneamente un rapido accrescimento della massa interna del corpo, così che, per qualche giorno, la ceocciniglia appare molto schiacciata, laminare, quasi disseccata. Quando la ninfa si è così espansa, rimane immobile per 4-5 giorni, durante i quali ispessi- sce e indurisce l’epidermide dorsale, che abbandona al 30.° giorno circa dalla nascita. Nel far ciò, V animale ritira un poco in sè stessi gli anelli dell’ addome, diguisachè il pigidio rimane discosto dalla sua spoglia più delle altre parti del corpo. Passato circa un giorno dal secondo esuviamento, la femmina, divenuta adulta, comincia a fabbricarsi lo scudo. I movimenti da essa seguiti sono un poco diversi da quelli che accompagnano la fabbricazione del foglietto dorsale. Quando l’adulto deve spostarsi, ritrae prima gli anelli addomi- nali e sì accorcia; ma fa questo movimento con lentezza, non così rapidamente come la ninfa. Accorciatasi, cambia angolarmente posizione aiutandosi con i lunghi e grossi peli pre-pigidiali. A_4-7 minuti dall’ avvenuto accorciamento, essa estroflette lentamente gli anelli addominali, sì da portare 1’ orlo libero del pigidio dove dev’ esser costruita la nuova porzione dello scudo. Allora il pi- gidio fa sette od otto rapidi movimenti di va e vieni, in direzione ‘adiale, e con i quali distribuisce la materia che forma lo scudo o follicolo; dopo di che esso si ritira lentamente e si sposta di nuovo. A_ 38-40 giorni dalla nascita la femmina ha terminato la costru- zione del suo follicolo. Da questo momento, alla deposizione delle prime uova, non decorrono meno di dieci giorni. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 15 Noi non abbiamo avuto modo di raccogliere notizie ugualmente seriate per la evoluzione dei maschi; ma abbiamo notato che essi anticipano notevolmente nella fabbricazione dei follicoli, dai quali escono giù quando le femmine si sono appena tessuto lo sendo ed ovificano. Abbiamo invece voluto vedere quale fosse la proporzione dei nati distribuiti nei due sessi, per meglio renderci conto degli ef- fetti di questa cocciniglia sulle piante; e ciò perchè le femmine sono alle piante più nocive che non i maschi, a causa della grande quantità di succhi nutritizi di eni abbisognano, e perchè il liquido delle ghiandole delle femmine esercita sulle cellule delle piante molestate, probabilmente, un’ azione diversa da quella dei maschi. Già nel 1913 in Sicilia, avevamo ottenuto, di luglio, su foglie di arancio dell’ annata, da una prima femmina isolata in sacchetto di mussola disteso da rete metallica, 36 femmine contro 13 maschi; da una seconda femmina, posta nelle stesse condizioni di isola- mento, $6 femmine e 29 maschi; da una terza, 140 delle une e 73 de gli altri; e così ne vennero con altre madri 43 e 23; 60 e 36; 25 e 18; 145 e 91; 130 e 70; 45 è 25; 204 e 172, con una prevalenza generale delle femmine sui maschi. Nel 1914, sempre in luglio, a Mandarano, il rapporto fra ma- schi e femmine, osservato su dieci foglie con un numero comples- sivo di 1828 cocciniglie, risultò mediamente del 40 °/, per i maschi e del 60 °/, per le femmine. La osservazione, ripetuta nel dicem- bre dello TA anno, dette invece risultato inverso. Infatti, sulle foglie fu trovato il 42 *, di ninfe femminili e il 58 °/, di ninfe maschili; e sui frutti, rispettivamente il 47 “/, ed il 53 °/. Così sì vede che, mentre nelle generazioni primaverili-estive prepon- derano le femmine, in quelle autunnali preponderano i maschi. Ciò concorda abbastanza bene con le ricerche invernali fatte dal Del Guercio negli anni scorsi a Porto Maurizio. Il numero dei maschi fu trovato del doppio e anche di più rispetto a quello delle femmine, specialmente sui frutti. 16 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI IV. — Andamento della stagione e sua influenza sull'andamento dell’ infezione. Andamento della stagione durante il periodo delle esperienze. A) PRIMAVERILI-ESTIVE. Temperatura Stato del cielo x Vento alle ore nelle ore dominante 5 È a Pioggia E z = È £ 5 6 | 12 18 E DI S E | | ele i < a Q = Maggio ì 1 15 21 | 20 | c HG S-E fi poca 2] 15 3 I 10) | S S S-E » » 3 15 21 20 | Cc u ALE. 15) » » 4| 14 20 19103 ECM] S-W » » 5 14 21 18,5 | SIC C | S-E » » bi d5 21 19 Cc 1, C S-W ff poca T 16 21 20 SING 1, € » » » 8| 15 23 |, 20 S S S-E f » 9 14 27,5 23 S S » m » 10 | 14 24 20 1, € 1, C » » » 11 14 20 18,5 O, US W ff » 12 16 25 20 S S S-E m » 13 10,5 25 20 N S » » » 14 16 26 22,5 S 1/, C » » » 15 12 25 20 S 1, € » » » 16 | 13 24 18,5 Cc "n C » » » 17 17 23 21 (6) C W » » 18 18 23 19,5 Cc RIO; S-E il poca 19 | 15 27 Son NC (0) » m forte Abbreviazioni: C— coperto; S— sereno; #= fortissimo; 7= forte; m = moderato; t=leggiero; d — debole; dd — debolissimo. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI - Temperatura Stato del cielo Vento aile ore nelle ore dominante E ° s È Pioggia È 6 12 18 È È E S LO Pes: 20 | 15 23,5 | 18,5 s |, |N-w f » 21 18 25 19 RAG, LI (0 W m » 22 16,5 26,5 23,5 S S-E d » 23 16 29 23 Ie ING N-W » » 24 7 28 23 S Cc W » » 25 | 19 28 23 Cc C S-E m » 26 18 25.00 23 c c » f » 27 21,5 280 22 S » » » 28 16,5 27 23 S S » m » 29 17 27 21 DÌ S » f » 30 16,5 29 24 S » m » 31 19 24 20 (0; EC W vi » Giugno 1 15 24 20 (0) IRC W £ » 2 17 25 22 S S W m i 3 15 23 19 PAG: (0; W m gocce 4 18 26,5 22 RIG AG N-W f » 5 17 29,5 22 S (0) S-E » » 6 14 28 21 S Cc W » » Ti 16 26 20 STA RC W ff poca 8 altr; 24,5 20 S S N-W f » 9 16 29,5 24 S '/, € S-E m » 10 18 28 21 S S S-E f » 11 15 29 24 S AO; S-E m » 12 18,5 30 24 1/,C S S-E » » « Redia », 1915 18 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Temperatura Stato del cielo Vento alle ore nelle ore dominante ; ne e E Ei Pioggia $ 6 12 18 È È E - MA i < A [2 n 13 18,5 30 24 1], € SIG S-E » » 14 | 15,5 31 25 S S S-E » » 15 17 31 26 S S S-E » » 16 21 29 23,5 S S N-W tt » 17 19 29 23,5 S S S-E m » 18 21 34 28 S NG S-E Il » 1980827 34 25 1/5 C USE S-E fr gocce 20 20 35 26 S AG S-E » 21 19 31 26 Cc 1/, C S-E m forte 22 19 29 28 S S S-E m » 23 19 32 28 S S S-E m » 24 20 32 26 S S W f » 25 20 30 25 DS) S S-E f » 26 18 28 23 S S N-W Î » 27 19 30 24,5 S S S-E m » 28 19 s1 25 S S S-E m » 29 20 31 26 S S S-E Il » 30 21 32 27 S S S-E m » Luglio 1 20 35 28 S S S-E l » 2 20 37 28,5 S AG S-E fi » 3 24 36 27 1, C SECO, W i » 4 19 33 26 S S S-E m » 5 20 31 25 S S S-E m » 6| 17 30 24 S S S-E m » CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI Temperatura Stato del cielo Vento alle ore nelle ore dominante ° 3 EI Pioggia È 6 12 18 È s E E (o) li & E) Ki Ei È OM To /0i < a A n 7 20 35 30 S S S-E 1 » to] 20 29 25 S S N-W tt » 9 19 28 25 S S W f » 10 | 16 28 23 S Cc S-E m forte 11 16,5 26,5 23 USG SIG, S-E 1 » 12 || SO 26 23 S Ss S-E Il » 13 | 20 32 26 S c S-E 1 poche gocce 14 19 32 28 DI) S S-E Il » 15 | 20 31 28 S S S-E 1 » 16 20 35 28 S S S-E d » 17 19,5 34 24,5 S S W f » 18 20 28 23 ) S W f » 19 21 32 24 S S W m » 20 20 33 26 S S S-E Il » 21 19 34 28 S S S-E 1 » 22 21 39 33 S S S-E d » 23 23 39 30 ENO) S S-E d » 24 21 32 27 I S S-E fi » 25 21 32 25 S S S-E m » 26 20 33 26 S S S-E m » 27 19 32 26 S S S-E m » 28 18 33 28,5 S S S-E m » 29 17 32 28 S S S-E f » 30 17 32 28 S S S-E m » G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI B) AUTUNNALI, Giorno 10,5 Temperatura Stato del cielo Vento alle ore nelle ore dominante È S 5 î 2 S È 12 18 : = E = R=| 3) N ta] È 5 È È < [a à ci Ottobre 24 15 1], C SG! W m 17 16 c MEG N-W m 20 19 I BAG; TG N-W 1 16 15 Cc a PALO, N-W 1 21,5 17 c Cc S-E d 22 18 Cc Cc S-E m 21 18 ato; ‘e S-E Il 22 18 se IX N-W dd 21 16,5 S AMO: N-W d 18 15 (6) 1, C S-W m 20 15 (6) DO) S-W m 23 19 e OG S-E it Novenibre 22 17 Cc Cc S-E m 17 20 EG > RG; S-E m 20 19 “SG c S-E più 20,5 DMG 1), C SW Il 17 16 S ‘Cc S-E d 18,5 | 14 3, C N N-W | da 19,5 13 MX al RX; W Il 18 14 ESE W 1 19 1ò c (0) S-E iù 19 14 i C (è, N-W m Pioggia »d forte con gr. 2 5 leggiera sottile forte CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 21 Temperatura Stato del cielo Vento alle ore nelle ore dominante 2 : E Z È > P Pioggia at - « Qu a ho; 11 10 21 10 S HIEIO, N-W m 1 em. 12 9 18 14 HA (E (0, N-W ] » 13 13,5 12 8,5 |, (0) N-W ft » 14 11,5 14,5 DRAG NO N-W f » 15 11 15 12,5 DI AE, N m 6 mm. 16 11 Iit(5) 14 S VG S-W I » altr 9,5 15,5 14 ", C ANO; W m 4 mm. 18 |" 10 13,5 EER LNAG NG) W si gocce 19 9 12,5 6 e 3 RO; N-W tà » 20 5 12 10 VO, IG N-W m » 21 11 14 9 Cc 1], C S-W ] leggiera 22 12 15 ali Cc Cc S-W m per due ore 23 14 19 14 1/,C (6) S-W m » 24 | 15 18 13 (0, 5/G, W m gocce 25 9 16,5 12,5 | *,C (O; S-W d » 26 10 11,5 12 O (6; N-W ff 6 mm. 27 9 18 11 1), C IG N-W » 28 7 12,5 10 S VAS N m » 29 6 12 10 S (6; N d » 30 5 13 11,5 S (6; N d » Dicembre 1 6 18 10 S S S-E d » 2 5 15 9 5 S N d » 3 d 13 9 S S N d » 4 4 13 9 S S N dd » 22 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI | Temperatura Stato del cielo | Vento alle ore nelle ore dominante | ° | R | ° | ® s | Pioggia 5 | | i a © 2 S 6 ia (018 © 2 E Ss (o, E E 7) MS E = E l'2Z5r 2 < EUNRA Ci | 5 3,5 15 $ velato (Ci dd » | 6 3,5 16 10.5. | velato | !/, C N-W| d | » ti 10 15 12 S S N-W dd » s TY 9 15 | S S N-W dd » 9 11 16 13 Cc Cc W dd » 10 10 17 11 Cc Ly REC) W d » 11 8 15 10,5 S (6) W m » || 12 10 [gere 13 1, G tl, C W m » * | 13 | 10 15 190 dl RIC W m gocce 14 8,5 17 13 | 1/5 C 1 C W d » 15 | 10 20 15 |, |4,c Ww f » 16 10 17 12 S S W I Fn » 17 10 15 10 Cc I RRLO, W d gocce 18 10 15 10 RG HG S-W d gocce | Questi dati servono egregiamente a spiegare alcuni fatti, e cioè : 1°) La temperatura ambiente esercita una grande influenza sul numero delle larve che, durante i periodi di grande schiusura, escono giornalmente dagli scudetti. Se la temperatura bruscamente sì abbassa, questo numero diminuisce; se si innalza, aumenta. 2° I grandi calori del 22 e 23 di luglio, in cui, verso le ore 13, fu raggiunta la temperatura di 40° C., affrettarono rapida- mente il disseccamento e la caduta di un grande numero di cocci- niglie adulte, trattate due volte con liquido al 5 °/, di polisolfuro di calcio colloidato. 3°) Il non aver potuto osservare a Mandarano una direzione (e) CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 23 prevalente nella diffusione della cocciniglia, si spiega col frequente mutare della direzione del vento in quella località. 4°) Nel mese di luglio si ebbero 28 giornate di perfetto se- reno. Tuttavia i raggi cocenti del sole non impedirono alle larve di fissarsi in numero stragrande anche sulla parte della fronda più direttamente colpita dal sole. 5° In autunno la maggiore o minor frequenza ed entità delle piogge spiega lo svariato modo di comportarsi dei polisolfuri colloidati rispetto alle cocciniglie ed agli organi da essi bagnati. V. — Andamento dell’ infezione. Queste osservazioni si iniziarono con la ricerca dello stato reale della infezione durante |’ inverno ed al principio della primavera, tanto su materiale raccolto in Liguria, quanto, e più specialmente, in Sicilia, (dintorni di Catania; Paternò, Biancavilla, Adernò e Centùripe). In tutte queste località, nei mesi di febbraio, marzo e quasi tutto aprile, non abbiamo mai visto venir fuori larve sugli organi, pure infettissimi, degli agrumi. Questa constatazione appare in contrasto con la grande quan- tità delle forme giovani della cocciniglia, che pure in quel tempo si trovano sulle piante; ma il contrasto non è che apparente; per- chè tutte queste forme giovani sono interamente riferibili ai nati del novembre e del dicembre. Le larve, che si fissano dalla metà di novembre in poi, sviluppano così lentamente, che dopo un mese non hanno ancora fatto la 1.° muta, che si ha invece dal 12.° al 15.° giorno per le larve del mese di giugno. Nella seconda metà di aprile, come si rileva alla ispezione mi- croscopica, la ovificazione delle femmine meglio avanzate è gene- rale. Dalla fine di questo mese in poi abbonda anche la fuoruscita dei maschi, che abbiamo visto molte volte aggirarsi intorno agli scudi delle femmine, senza aver mai potuto però trovarne accop- piati con quelle. Intanto, dalla fine di aprile ai primi di maggio in poi, sulle foglie, sui rami verdi e sui vecchi frutti comincia la deposizione 24 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI delle uova. Essa procede con notevole lentezza, così che non sì hanno mai covate molto superiori ad una quindicina di nova, che sono molto piccole e passano facilmente inavvertite. La specie è certamente ovipara. Alzando però gli seudetti delle femmine proliferanti, comunemente si osserva, che il maggior nu- mero delle larve è già nato e che esse si mettono tutte in cam- mino quasi subito, mentre, con lo seudetto al suo posto, la fuo- ruscita delle larve ha luogo molto più lentamente. Noi riteniamo, che il fatto di trovare costantemente sotto gli scudi di adulte proliferanti molte più larve che uova, abbia la- sciato credere a taluno che la specie sia vivipara. Aggiungiamo però che da osservazioni fatte su cocciniglie di generi aftini al Chrysomphalus, una specie che d’ ordinario è ovipara, può emet- tere, specialmente alla fine della deposizione, qualche nato invece di uova. Certamente poi, dalla fine di aprile in seguito comincia, a Man- darano, la nascita delle larve della cocciniglia, con una tempera- tura giornaliera oscillante intorno a 15° 0. alle seì del mattino e a 20-25° alle ore 12. Nella prima decade di maggio, però, la schiusa delle larve sì mantiene sempre scarsa, ma cresce d’ intensità nei giorni succes- sìvi, con Velevarsi della temperatura. Dal 1S al 20 maggio il nu- mero giornaliero dei nati comincia a toccare il suo massimo, che è pieno verso il 25-30; ma poi rapidamente decresce, e diviene sempre più scarso per la maggior parte del mese di giugno. A confermare un tale andamento del numero giornaliero delle nascite, hanno contribuito le esperienze sul potere antifissativo degli insetticidi. Dal 7 al 16 giugno, su ò foglie si fissarono 684 larve; nei sei giorni successivi, sulle medesime foglie se ne fissarono appena una novantina; e dopo altri sedici giorni l aumento delle larve sulle stesse foglie fu così searso, da non compensare neppure le per- dite per distruzione naturale, tanto che ’ S di luglio il numero delle cocciniglie risultò di 717, contro quello di 768 osservato sedici giorni prima. Ciò riguarda la schiusura della prima gene- ‘azione. L’ andamento delle nascite però, non è costante per tutte le CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 25 annate. Esso risente molto | influenza delle vicende meteoriche. Così, nel 19153, il massimo della schiusura giornaliera per i nati della prima generazione si ebbe dal 10 al 15 giugno, con un ritardo perciò di quindici giorni in confronto all’ anno seguente. Questo fatto non è da traseurarsi agli effetti della difesa. Intanto, dai nati dei primi di maggio, si hanno, dalla metà di giugno in poi, cocciniglie quasi mature, che preludiano alle nascite della seconda generazione. Le quali, iniziatesi nel 1914 ai primi di luglio, furono rinforzate grado a grado da quelle delle femmine nate e maturate successivamente; cosichè al 20 di Inglio la seconda generazione dei nati si andava intensificando rapidamente, raggiun- gendo il suo massimo verso il 25-30, e degradando poi in tutto il mese di agosto, Da alcune esperienze sul potere antifissativo degli insetticidi, risulta che mentre dal 24 giugno al 9 luglio su nove foglie si fis- sarono 186 larve, nei successivi sei giorni il numero delle larve sulle stesse foglie salì a 227 soltanto. Ma 1 osservazione del 29 Inglio, nonostante le perdite naturali verificatesi nel frattempo, pose in vista, sulle stesse foglie, ben 980 cocciniglie, le quali si devono naturalmente alle larve della seconda generazione. In altre serie delle stesse esperienze, contro 357 cocciniglie fis- satesi nei primi dieci giorni, e 326 osservate sulle stesse foglie 8 di Inglio, il 29 luglio se ne contarono 29553. A questo punto cessarono le nostre osservazioni a Mandarano. Però, prima di sospenderle, il 29 luglio fn trasportata, col mezzo delle larve, Vinfezione della Bianca-rossa sopra una pianta immune. Il 20 di ottobre, quando le ricerche furono riprese, le foglie su cui Vl infezione aveva attecchito mostravano un numero relativa- mente scarso di femmine adulte, delle quali la maggior parte pro- liferanti con ancora moltissime nova da deporre, ed aleune adulte ad ovificazione avanzata; ma nessuna delle adulte proliferanti aveva del tutto esaurite le sue uova. Dei maschi, la maggior parte erano schiusi, restandone solo qualeuno rarissimo, già ben formato, da venir fuori. Numerose erano invece le larve già fissate e mutatesi della prima spoglia, mentre le seconde ninfe femminili erano raris- sime. Da questi dati si desume, che le larve disseminate sulla pianta immune il 29 luglio erano divenute adulte, e che queste adulte già 20 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI da tempo avevano cominciato a proliferare. Ora, l'assenza di fem- mine del tutto esaurite, la rara presenza di seconde ninfe e il gran numero di larve di circa venti giorni di età, starebbero a mostrare che la seconda generazione si era completata dopo la metà di settembre ed aveva emesso le uova, dapprima lentamente, e poi con un massimo d’ intensità giornaliera agli ultimi dello stesso mese, continuando pel resto della generazione nell’ ottobre sue- cessivo. Tenuto conto perciò che le prime larve schiudono alla fine di aprile, a partire da questo tempo fino al sopraggiungere dei primi freddi, che arrestano lo sviluppo degli insetti, e’ è posto per ben quattro generazioni; ma i periodi di loro più grande moltiplica- zione sono tre. Di questi, il primo, molto ben distinto, si ha alla fine di maggio; il secondo, meno distinto del primo, nella terza decade di luglio; il terzo agli ultimi di settembre. Gli ultimi nati della terza generazione e quelli della quarta ven- gono arrestati nello sviluppo dalla metà di novembre in poi, per modo che le loro prime mute si verificano nel nuovo anno. A questo riguardo sì ricorda che, per meglio osservare l’anda- mento dell’infezione durante la stagione invernale, fu trapiantato, nel terrapieno situato davanti al piecolo Laboratorio di Manda- rano, a molta distanza dagli agrumi infetti, un alberetto di arancio, sano, ben conformato e sviluppato, ed esente affatto da Bianca rossa. Esso fu circondato da una siepe di canne, e lo stesso giorno del trapiantamento ricevette 1 infezione della Bianca-rossa, da fronda molto ricca di adulte proliferanti. Questa fronda, scossa e poi posata sull’ alberetto, fu tolta il giorno seguente. Un’ osservazione fatta 1° 11 novembre mostrava numerose le larve fissatesi sulle foglie, specialmente giovani. Ma il 24 novembre, a causa delle numerose e forti piogge, l’infezione si era ridotta ad una ventina di larve, in tutto. Il 4 dicembre, a 25 giorni dal fissamento, una di queste cocci- niglie, viva e fresca, fu osservata al microscopio. Essa era ancora così indietro nello sviluppo, che non mostrava nemmeno formato VP ombelico, e Varticolazione coxo-tibiale del 1.° e del 3.° paio di zampe arrivava ancora quasi al contorno laterale del corpo, e perciò la larva era ben lontana dal compiere la prima muta, come del CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI ZI resto si poteva vedere anche osservando il piccolo disco di materia setosa già fabbricatosi dall insetto. Nella metà di marzo di quest’ anno le osservazioni furono riprese su foglie staccate dalla stessa pianticella e spediteci gentilmente a Firenze dal sig. Antonino Musumeci, l ottimo Agente del Cav. V. Russo a Mandarano. Alla distanza di quattro mesi dal fissamento, non si era avuta appena che la deposizione della prima spoglia! Quanto dura la fuoruscita delle larve di una stessa femmina? Osservazioni fatte al riguardo ci permettono di affermare con sicu- rezza, che da ogni femmina nascono uova, e da queste, larve, per trenta-quaranta giorni di seguito. Ciò, insieme al tempo relativa- mente breve che passa fra due generazioni consecutive nella stagione calda, spiega quel sovrapporsi di generazioni, che rende difficile con- tare il numero di queste, se le ricerche non sono condotte su piante sane e isolate dalle piante infette naturalmente. Così una prolife- razione iniziata ai primi di maggio, termina ai primi di giugno; e quelle adulte, che cominciano a dar larve agli ultimi di maggio, finiscono agli ultimi di giugno, con sconfinamento più 0 meno notevole nel luglio successivo. Circa poi la distribuzione numerica giornaliera dei nati durante tutta la serie di femmine diverse, presentiamo i rapporti seguenti, nei quali il numeratore indica la distanza, in giorni, dall’ inizio delle schiusure e il denominatore il numero giornaliero delle larve, nate dalle adulte tenute in osservazione al Laboratorio di Manda- rano, su foglie in soluzione nutritiva: Adulta 1.° — ; 15 16 17 18 19 20 21 22 28 24 (n o uo ne mar 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10° 11 12 13 14 d pi IL = = — Adulta 2. 2 3 4 6 4 6 6 5 10 1 2 1 2 15 16 17 18 19 20 21 2: Speroni Mole sr “2 OI po Ta i RC E 5 GSERZORS e RE CE alt lil ref” O: y Affi edi 7 vi rosi DA VI AE i5 16 17 18° i9 20 21 22 23 24 (25° 26 27 28 29 30 31 52 38 dio ne Gael DEGREE 34 35 36 2 du° 28 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Adulta 4,° — — - — 150160 Min Mea o me Die Di) Fl EE bre I a Adulta 5.2 — = Da queste cifre si desume anzitutto che è tutt’ altro che costante il numero delle larve che nascono ogni giorno, e che varia da 1 a 1S. Così stando le cose, può accadere che le femmine più pro- lifiche impieghino ad emettere le uova, e quindi le larve, un tempo anche più breve di quello impiegato dalle femmine meno prolifiche, diguisachè il periodo generale della nascita delle larve conserva un’ ampiezza sensibilmente costante. FECONDITÀ DELLA SPECIE. Per studiare poi il grado di fecondità della specie in esame, abbia- mo posto in vista la quantità delle larve che derivano da ciascuna femmina: alcune ne danno da 140 a 150, altre da 130 a 140, e sono spesso in prevalenza, ed altre scendono fino ad un centinaio circa. Il minor numero l'abbiamo per lo più ottenuto dalle femmine tenute in osservazione in laboratorio su foglie e rami fogliati in soluzioni nutritive; mentre sulle piante direttamente ne abbiamo contate sempre in numero maggiore. Abbiamo poi voluto ricercare quale fosse la rapidità di diffu- sione della Bianca-rossa. A_ tal uopo, collocando ramoscelli infetti nel mezzo della chioma di piante riconosciute sane, ed a certa distanza dalla zona infetta, si è visto che le larve, sia per la rapidità con la quale si fissano, sia per altra causa che ancora sfugge alle attuali osservazioni, ten- dono a collocarsi e si fermano normalmente a pochissimi centimetri di distanza dal loro punto di origine, tanto che nelle esperienze fatte furon trovate sempre sulle pochissime foglie che erano ad immediato contatto con quelle del ramoscello infetto; e la loro sta- zionarietà abituale è confermata in modo non dubbio dal numero stragrande col quale esse vi si trovano raccolte: 100, 200, 300 e 400 per lamina fogliare, secondo la quantità di quelle che ven- gono dalle foglie infette. Delle larve passano bensì sulle foglie più CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 29 distanti dal centro infetto, ma in numero molto più limitato, tan- tochè a 20-30-50 em. da esso non si scorgono che rarissimi indi- vidui. In fine dell’ esperimento se ne possono trovare anche a un metro di distanza, ma è assai raro. Siamo dunque ben lontani dalle vere peregrinazioni di larve, larga- mente osservate in Liguria per il Ceroplastes sinensis, Del Guer., per il 0. rusci (Linn.) e per qualche altro Lecaniino dell’olivo, come quelli dei generi PRilippia, Euphilippia e Lecanium, che portano la infezione da un ramo all’altro e perfino da un estremo all’altro della chioma. Nelle ricerche da noi fatte si scorge evidente la tendenza delle larve a salire, specialmente se vengono a trovarsi sui grossi rami e sul tronco. Se anche le parti più basse della chioma si trovano infette, a ciò contribuisce molto la caduta delle larve dagli organi infetti sovrastanti. Mai si sono viste discendere le larve per il fusto e per i grossi rami; tuttavia, dagli organi infetti esse cadono facil- mente, in ispecie quando, girando su sè stesse per adattarsi alla superficie dell’ organo vegetale, ribaltano, o quando oscillano per infiggere le setole del rostro nelle parti da esse attaccate. Conveniva poi, pertanto, di vedere che cosa accade delle larve che cadono sul terreno, poichè quivi esse possono trovarsi esposte all’ azione della fame, dell’acqua, del sole, o a più di questi agenti insieme. Riguardo alla resistenza delle larve alla mancanza di nutrizione, in Sicilia, in giugno, chiuse entro capsule di vetro, fuori dell’ azione diretta del sole, le larve hanno vissuto per 7-8 ore. Tenute ade- renti al terreno bagnato e sempre fuori dell’ azione solare, hanno resistito per oltre due giorni. Qualche ora hanno resistito altresì con l'acqua somministrata a mezzo del midollo di sambuco, sul quale si sono sempre raccolte in tal numero, da far comprendere quanto sia grande l’importanza dei tessuti acquosi per questa cocciniglia, che per ciò, forse, non si allontana per abitudine dagli organi succosi delle piante. Ciò del resto, era già stato visto per altri Diaspini, come Aspi- diotus, Mitilaspis e Pinnaspis e per gli Asterolecantini del Leccio e dell’ Edera, ed è dimostrato pure dal fatto, che le larve, sulle foglie degli Agrumi, si fissano di preferenza lungo i canalicoli del tessuto vascolare. 530 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI La piccola resistenza delle larve di Bianca-rossa alla fame for- nisce inoltre un’ altra spiegazione: quella cioè, che è il bisogno di cibo soltanto, che costringe le larve a fissarsi nel termine di pochi minuti a due o tre ore circa. Si volle poi vedere, se con la potenzialità di locomozione già trovata delle larve, esse potevano, una volta cadute sul terreno, ‘aggiungere le piante di agrumi circostanti. A questo scopo, rami a foglie molto infette di femmine proli- feranti furono messi a m. 1,50, 0,50, 0,40, 0,30 e 0,20 dalle piante immuni, cuoprendo questi rami con garza per impedire il disturbo del vento. Fu sempre constatato per tutto la presenza delle larve sul terreno al disotto dei ramoscelli infetti, e intorno al luogo dove questi erano stati infissi obliquamente; ma ad esaurimento di nascite, esaminate le piante presso alle quali le ricerche si erano svolte, esse non presentavano affatto infezione. Il terreno in queste esperienze era mantenuto perfettamente mondo di erbe e piena- mente battuto dai raggi del sole, che ne elevava notevolmente la temperatura anche a qualche ecm. di profondità, così che le larve andavano a morire nelle screpolature dei terreno stesso. L’ ostacolo incontrato dalle larve durante la loro emigrazione sul terreno non poteva dipendere che dalla difficoltà di muoversi attra- verso superficie scabrosa e dall’ azione dei raggi solari. Perciò esponemmo larve, variamente condizionate, all’ azione della luce diretta del sole. Una prima esperienza permise di vedere come esse, dopo una decina di minuti, e a diversa distanza le une dalle altre, si fer- mavano quasi tutte sulle stesse lamine fogliari sulle quali erano nate; e poi, quelle che erano restate sempre esposte al sole ral- lentarono sensibilmente i loro movimenti. In capo a due ore la foglia si aftflosciava, come scottata, e le larve non davano più segni di vita, uccise dalla forte azione dei raggi solari, che le avevano costantemente colpite. Chiuse entro scatole di Petri ed esposte al sole alcune larve alle ore 10,40' di un giorno verso la metà di maggio, due di esse morirono dopo 4 ore e 20' e altre morirono dopo 7 ore. Su lastra di vetro, orizzontale, una larva fu messa verso le ore 13 del 15 maggio, ed esposta al sole. Dopo 44 minuti si fermò e non si mosse CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI SI più. A 52 minuti muoveva ancora le zampe senza riuscire a spo- starsi. Dopo un’ ora di sole essa era già morta. Durante la prima mezz’? ora dell’ esperienza, la larva cercò riparo all’ombra dell’ago a lancia, posato vicino ad essa per non perderla di vista. Per effetto dell’ immersione in acqua, non muoiono, almeno appa- rentemente, che dopo 4 ore. Tenute aderenti al terreno umido ed esposte al sole alle ore 8 e ‘/, del 12 maggio, 12 larve dopo 4 ore furono trovate tutte morte, la temperatura delle ore 12 essendo di 25° C., con vento mode- rato di Sud-Est. Trasportate invece su terreno bene asciutto e molto fine e trito, ed esposte al sole, non resistettero che da pochi minuti ad oltre un’ora. Esse vi camminavano con una lentezza ed una disorientazione tali, che in una mezz? ora non avevano sorpassati i 2 em. e ‘/, dal punto di partenza. Non poche larve, poi, precipitando negli interstizi esistenti fra î granelli mobili di sabbia, erano incapaci di ve- nirne fuori. Da tutte queste esperienze, condotte con larve appena schiuse dallo seudo materno, si può dedurre la debole resistenza che esse offrono alle cause avverse, quando siano cadute dalle piante; e si spiega così perchè esse, pur trovandosi sul terreno molto vicine al piede delle piante, non arrivano quasi mai a raggiungerle; ed ecco pure come anche questi fatti concorrono a provare, che la coc- ciniglia non farebbe strada da sè, e sarebbe realmente stazionaria, se non vi fossero canse esterne che la trasportano da una pianta all’ altra. VI. — Mezzi di diffusione. DISTRIBUZIONE DELLA BIANCA-ROSSA SULLA PIANTA. Gli organi della pianta colpiti maggiormente dal parassita sono le foglie e i frutti, di qualunque età. Seguono i giovani germogli e irami ancora verdi che li portano, e che sono quelli in cui non si è formato per anco il periderma, impenetrabile al rostro del- l’ insetto. G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Abitualmente l'infezione si trova anche sulle varie parti del fiore, e specialmente suì sepali. Sono immuni invece dal parassita i grossi rami e il tronco. Le foglie sono preferibilmente colpite alla loro pagina ventrale, che, di solito, è rivolta in alto, e in ispecial modo lungo le ner- vature laterali. La pagina dorsale, guardando quasi sempre in basso, è molto meno attaccata, fino a riscontrarvisi un numero di insetti dieci-venti volte più piccolo che sulla pagina ventrale. Ciò si riferisce all’ andamento normale dell’ infezione; giacchè quando, per la posizione orizzontale di un ramo o per la ceontor- sione del pieciuolo fogliare, la pagina dorsale è rivolta all’ insù, essa è molto più colpita dalle cocciniglie e allora è la pagina ventrale la meno attaccata. All osservazione reiterata risulta altresì che le foglie situate in un piano verticale sono meno colpite di quelle orizzontali od obli- que; e ciò perchè le larve mobili, cadendo, specialmente per opera del vento, dagli organi superiori infetti sulle foglie sottostanti, ed essendo piuttosto pigre, sì fissano di preferenza su quella pagina della foglia che è meglio esposta a raccoglierle. Sui frutti, la distribuzione della Bianca-rossa è talvolta uni- forme; ma più spesso, la parte di essi più colpita è quella si- tuata superiormente e che, di solito, comprende la loro base. ID frequente altresì una più forte distribuzione della Coceiniglia sulla faccia dei frutti la quale è esterna rispetto all’ asse della pianta. Tutte le parti poi della fronda sono pressochè egualmente attac- cate; e se avviene di vedere una più forte infezione sulla fronda interna, ciò parrebbe dipendere, più che da particolare predile- zione dell’ insetto, dall’ eccessiva fittezza della fronda, la quale così è meno esposta all’ azione delle piogge e del vento, oppure dai trattamenti insetticidi mal praticati. Così pure l infezione si riscontra in misura non molto divers: tanto sulle cime dei rami più alti, quanto sulla ramaglia più bassa, e in tutte le orientazioni della fronda. Chi si limitasse però ad osservare poche piante e tenesse conto di quelle soltanto, potrebbe trovarsi in contraddizione con quanto è stato visto da noì sopra migliaia di piante. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI CAUSE CHE INFLUISCONO SULLA DIFFUSIONE DELLA « BIANCA-ROSSA ». La diffusione di questo insetto può avvenire a brevi ed a grandi distanze. Fra le cause che ne favoriscono la diffusione a brevi distanze, cioè da una pianta alle circostanti, la principale è il vento; vengono poi le forti piogge accompagnate da vento, YVuomo durante le operazioni culturali e gli animali diversi che possono trasportare le larve da una pianta all’ altra. Per la diffusione a grandi distanze la principale causa diretta consiste nel trasporto stesso delle piante di Agrumi infette, che sì verifica di frequente colla introduzione di varietà pregiate di aranci, limoni ecc., coltivate nei paesi dove | infezione è diffusa. La Bianca-rossa può essere anche trasportata per mezzo di piante ornamentali, su molte delle quali essa vive, e con cui, giunta ai vivai ed ai piantonai di Agrumi, passa con questi, dai giardini propriamenti detti, agli agrumeti. È questo, purtroppo, il modo, non avvertito, con eni la temibile Cocciniglia è passata da un paese all’ altro; e non pochi dei centri infetti della Sicilia e del Continente hanno avuta proprio questa origine. Diremo ora più diffusamente delle altre principali cause sopra indicate. POTATURA. La potatura degli Agrumi, sotto il punto di vista del pericolo della diffusione a distanza delle cocciniglie in genere, va conside- rata in rapporto ai periodi di attività degli insetti. Così, quanto più | epoca della potatura è lontana da questi pe- riodi, tanto meno pericolosa essa riesce. La potatura degli Aranci, effettuandosi durante la stagione in- vernale, si trova nelle migliori condizioni, perchè allora la gran massa delle cocciniglie non è in attività di moltiplicazione. Però, se pure è difficile che il trasporto della fronda allora tagliata dif: fonda l infezione, non è da escludersi in via assoluta questa pos- « Redia », 1915. 8 4 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI sibilità. Infatti, riferendocì ai mesi meno pericolosi, vi sono sem- pre, ai primi di gennaio, delle adulte ritarditarie da cui schiudono le ultime larve; ed in febbraio non è impossibile che qualche adulta raggiunga la maturazione delle uova e cominci, sia pure assai lentamente, ad emetterne qualcuna. Ciò può accadere tanto più facilmente in marzo, ed accade sempre in aprile. Durante gli altri mesi, il dicembre compreso, sì riseontrano sem- pre in numero notevole le larve mobili sulla fronda infetta, che, in tal modo, più facilmente diffonde 1’ infezione. Il pericolo della diffusione, pertanto, sarebbe facilmente evitato, se la fronda, tagliata in inverno, fosse fatta essiccare sul posto, o trasportata a parecchi metri dalle piante ancora immuni, non già, come purtroppo si pratica assai spesso, ammucechiandola in- torno alle casupole e alle capanne campestri nascoste negli aranceti. Qualora poi, come per i Limoni, la potatura sì faccia anche in epoche diverse dalla invernale, il trasporto della fronda infetta, fatto subito, può disseminare le larve anche lungo le vie; mentre che, se la ramaglia è lasciata a seccare sul posto, non e’ è altro pericolo all’ infuori di quello delle larve, che possono risalire i tronchi e andare ad accrescere l’ infezione sulla restante chioma delle piante potate. Cosiffatto rischio è certo meno grave dell’ altro sopraindicato ; poichè lascia I’ infezione dove si trova. RACCOLTA DEI FRUTTI. Gli agramieultori ritengono generalmente, che la Bianca-rossi trovi nelle operazioni della raccolta il suo principale mezzo di trasporto a distanza; e nessuno vorrà disconoscere, che, ove sì raccolgano frutti durante la schiusa delle larve, si opera anche il trasporto e la diftusione dell’ insetto. Però, siecome aranci, limoni, cedri, mandarini, limi e chinotti si raccolgono e sì spediscono quasi tutti durante il periodo di riposo o ibernazione della Cocciniglia, il pericolo della diftusione è limitato per lo più aila raccolta dei cedri, dei limoni e degli araneì effettuantesi durante i periodi del- l’attività delle larve disopra indicati. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI x c IRRIGAZIONE. La irrigazione degli agrumeti contribuisce alla diffusione della 3ianca-rossa molto meno di ciò che possa, a tutta prima, sembrare. Infatti, se l acqua di irrigazione può trascinar seco anche a grandi distanze le larve mobili che trova cadute sul terreno, 0 che cadono direttamente su di essa, deposita sempre gli insetti su terreno umido e non permette che se ne rimuovano. Il terreno inzuppato dall’ irrigazione si mantiene umido sempre per diversi giorni, in modo che se anche qualche larva non fosse stata necisa nel frattempo dal sole o dalla materia organica, mo- rirebbe di fame prima di poter liberarsi dalla sua prigionia. A_ tal riguardo va fatto osservare che a Mandarano, in terreno piuttosto argilloso, si mantiene V umidità superficiale fimo ad una settimana completa dal momento dell’ irrigazione. Un gran numero di larve però resta ueciso dalla schiuma che si forma per dissoluzioni di sostanze organiche mentre | acqua scorre sul terreno ed entra nelle conche. Questa schiuma cinge quasi sempre di un anello protettivo la base dei tronchi degli agrumi durante 1’ irrigazione. AI azione di questa schiuma le larve sono sensibilissime, e muoiono in capo a mezz? ora od a qualche ora, secondo che agiscono o no i raggi solari. Che le schinumosità organiche avessero potere insetticida, era già noto dalle osservazioni di Del Guercio sul Fleotripide e sui Grilli neri. I grilli neri, pur essendo agili nuotatori, trovavano la morte nei fossi d’ acqua di scolo e di derivazione delle risaie di Romagna, dovunque l acqua, soffermandosi o rallentando il cammino, si co- priva alla superficie di un velo di sostanza organica. Coprendo con la schiuma delle conche una foglia o una lastra di vetro, o un pezzo di corteccia asportata dal tronco, e facendovi cadere le larve della Cocciniglia, abbiamo visto che, al riparo dei raggi solari, esse muoiono in capo a un’ ora e mezzo 0 due; e se contemporaneamente agisce anche il sole, mezz? ora è sufficiente per ucciderle. Queste esperienze riescono ancora meglio agitando le larve nella schiuma invece di farvele semplicemente cadere, od anche facendo BIù G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI cadere la schiuma sulle larve posate sulla, scorza del tronco, sulla quale possono, in realtà, trovarsi. In massima, dunque, per nessuna di queste vie la irrigazione può, nè prima nè poi, contribuire alla diffusione della Bianca-rossa. Resta da considerare il caso, assai raro, in cui qualche larva venga a toccare il tronco di una pianta, e questo non sia fasciato da un anello di schiuma. In questa evenienza soltanto, le larve possono risalire lentamente il tronco ed infettare la pianta. Più temibile sarebbe il trasporto di foglie infette per opera della corrente, qualora infine non si trovassero anch’ esse a giacere sul terreno bagnato, mettendo così le cocciniglie nel più completo iso- lamento e quindi nell’ impossibilità di diftondere |’ infezione. PIOGGIA. Fra i mezzi di diffusione della Cocciniglia in esame bisogna an- noverare anche la pioggia. Se essa è debole, e cade quando sulla pianta vi sono larve mobili in giro, contribuisce a spostare | in- fezione dall’ alto in basso, poichè gocce anche piccole asportano con facilità le larve mobili, e perchè queste, immobilizzate fino a che restano aderenti alle gocce, riprendono poi a muoversi con facilità anche se 1’ evaporazione delle gocce ritarda di qualche ora. E ciò risulta da esperienze ripetute, dell’ esito delle quali pos- siamo essere garanti. Se invece la pioggia è violenta, anzichè favorire la diftusione delle cocciniglie ne diminuisce notevolmente il numero, facendo cadere a terra gran parte delle larve mobili e qualcuna anche di quelle fissatesi da qualche giorno. Tanto le une che le altre, però, sono condannate a morire presto, perchè sul terreno bagnato, come ab- biamo potuto dimostrare, le larve mobili si impastano restando ferme nei grumi di terra che si formano con la caduta delle prime gocce d’acqua, in modo che tutti gli sforzi dell’ animale non ba- stano a liberarlo. Se il terreno resta bagnato per molto tempo, esse trovano la morte nel punto stesso in cui sono tenute prigioni dall’ adesione dell’ acqua al terreno ; se invece esso asciugasse non molto tardi, le larve stenterebbero a liberarsi e troverebbero gran- dissima difficoltà a percorrere spazi anche brevi di terreno. Ove poi la pioggia fosse forte e torrenziale, asporterebbe, coi -1 CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI rigagnoli e i torrenti, le foglie infette, diffondendo 1’ infezione an- che a grandi distanze. VENTO. Fra le tante cause di diffusione ricordate, il vento è senza dub- bio la più importante. Isolando con anelli di cotone aleuni rami dal resto della pianta infetta, in modo da impedire alle larve 1’ accesso verso di essi, abbiamo osservato che, dopo un certo tempo, le larve mobili che si trovano sul resto della chioma, se tira vento, passano anche sulle foglie dei rami isolati. Distruggendo invece la infezione in un gruppo di piante molto infette e discoste tra loro qualche metro. lasciando in mezzo ad esse una pianta senza trattamenti insetticidi, dopo qualche mese abbiamo potuto notare che V infezione, dapprima scomparsa sulle piante trattate, vi torna di nuovo, ed è massima in quella parte della fronda che guarda la pianta infetta, mentre è minima dalla parte opposta. La qual cosa per noi dimostra, che il vento è stato non solo la causa del trasporto dell’ infezione, ma che questa è passata sulle foglie direttamente, non già per mezzo di foglie infette por- tate dal vento presso la base del tronco delle piante immunizzate. Se le cose stassero in quest’ ultimo modo, non si spiegherebbe perchè le larve si rechino di preferenza sulla parte della fronda più vicina alla pianta infetta. Il trasporto delle larve da un punto all’ altro si può ben rico- noscere per piante abbastanza vicine tra loro. Non è facile dimo- strarlo ugualmente per piante situate a una certa distanza. Le foglie infette che il forte vento distacca più facilmente dagli alberi e trascina lontano, possono, ma con maggior difficoltà, re- sare infezione negli agrumeti immuni. A Mandarano il vento è frequentissimo, e spesso violento. In estate prevalgono i venti del 2.° e del 3.° quadrante ; in autunno quelli del 4.°; nonostante non ci fu possibile accertare il trasporto della Bianca-rossa in una direzione prevalente ; ciò perchè Vappa- rizione delle larve ha luogo quasi di continuo, dalla primavera al principio dell’ inverno. SS G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI La grande importanza del vento nella diffusione del parassita risulta altresì dal fatto, che le piante più danneggiate sono quelle più riparate daì forti venti, perchè un gran numero di larve, invece di essere asportate altrove, resta ad aggravare l’infezione sul posto. AZIONE SIMULTANEA DELLA PIOGGIA E DEL VENTO. Quando poi il forte vento è accompagnato dalla pioggia, il tra- sporto delle larve da una pianta all’ altra avviene facilmente per mezzo delle gocce, molte delle quali, asportando violentemente le larve dalle foglie di una pianta, vanno, per la forte obliquità della loro caduta, a urtare contro la fronda della pianta vicina, depo- sitandovi le cocciniglie. Questa particolare maniera di diffondersi degli insetti era già stata osservata molti anni or sono in Liguria dal Del Guercio per le larve di Ceroplastes sinensis D. G. sui chinotti. VII. — Piante nutrici della Bianca-rossa degli Agrumi. La conoscenza delle specie di piante che possono ospitare il parassita in parola è molto utile. E ciò, sia per premunirsi con- tro il pericolo della sua importazione in località ancora immuni, sia nei riguardi stessi della difesa diretta a base di insetticidi. Poichè, infatti, la presenza insospettata del Crisonfalo sopra piante di varie specie sparse tra gli agrumi che si vogliono difendere o circostanti ad esse, può rendere, se non frustranea, certo molto meno efticace la cura delle medesime, costituendo un focolare permanente d’ infezione, proprio laddove si cerca energicamente di spengerlo. Le piante nutrici del Orysomphalus dietyospermi, Morg., sono, pur. troppo, molto numerose ed appartenenti a famiglie disparate. Ne diamo l’elenco, ma senza la pretesa di poterle comprendere tutte. * Acacia longifolia Apollonia canariensis vio retinoides Aralia sp. Agave americana * Arbutus andrachne Aloe sp. Areca lutescens CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI b Areca catechu Aucuba japonica Buxus sempervirens * (/allistemon sp. Camellia japonica Ueratonia siliqua Chamaerops sp. Cinnamomum camphora * Citrus aurantium * » deliciosa ion RSS limonum À* » sinensis Cordyline indivisa Correa Sp. * (/ycas revoluta Dictyospermum album Dracaena draco * Eriobotrya japonica Erythrina indica * Evonymus europaeus i » Japonicus PFicus carica » elastica » macrophylla Delle piante che figurano gnate con asterisco sono le in Italia. Le altre le w Ficus repens » retusa * » stipulacea * Hedera helix Ilex cornuta Iris sp. * Kentia Sp. Laurus nobilis Latania sp. Ligustrum japonicum * Melaleuca sp. * Metrosideros sp. * Mihlenbeckia platyclados Myrtus communis Olea europaea * Palme diverse * Pandanus graminifolia Persica vulgaris * Phormium sp. Prunus laurocerasus Itosa sp. * Strelitzia reginae Vitis europaca. * Zea mays questo elenco, quelle contrasse- piante da noi raccolte ed esaminate nominate perchè figurano come nutrici della specie nelle opere dei vari autori da noi consultate. Mentre sulle prime, poi, possiamo ‘assicurare che la cocciniglia arriva a svilupparsi sino a maturità e a moltiplicarvisi, non pos- siamo altrettanto asserire che ciò avvenga sulle seconde. Noi abbiamo osservato, inoltre, che su taluna di queste piante le larve del Crisonfalo si fissano bensì come sulle altre, e cominciano ad evolversi nel loro sviluppo; ma a un dato momento si arrestano e muoiono, perchè, probabilmente, i succhi che si hanno non corri- spondono perfettamente alle esigenze nutritive della Bianca-rossa. 40) G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Ciò si è osservato, tanto sulle foglie di vite nostrale quanto su quelle del pesco e dell’albicocco, coltivate promiscuamente agli aranceti in Sicilia; e su queste piante non abbiamo mai trovato il Crisonfalo quando esse erano situate a distanza notevole dagli Agrumi infetti. Ond’ è che, quando si parla di piante ospiti di questa e di altre cocciniglie, bisogna esser ben certi che la pianta sia ospite eftì- cace, cioè tale da fornire il nutrimento necessario al completo sviluppo e alla prolificazione degli insetti; altrimenti essa, non permettendo all’ insetto la sua moltiplicazione, non è nemmeno focolare d’ infezione per le altre piante e può esser trasportata senza pericolo di diffondere la Cocciniglia. Così pure, sempre agli effetti della difesa, quelle piante, che ospitassero la Cocciniglia soltanto sulle foglie, e fossero a fronda caduca, potrebbero esser trasportate impunemente, purchè il tra- sporto venisse fatto in inverno, quando non vi sono insetti sulle piante stesse. VIII. — Mortalità naturale della Bianca-rossa degli Agrumi prima e dopo il fissamento. Delle larve che schiudono sotto gli seudetti materni, non tutte, fortunatamente, riescono a raggiungere la maturità. Ma però non è facile avere un’ idea esatta della percentuale dei nati che son destinati a perire innanzi tempo per cause naturali. Appena uscite dallo scudetto materno e messesi alla ricerca del cibo esse sono piccolissime, a moto lento, deboli; un nonnulla le può schiacciare, un alito di vento le può staccare e far cadere a terra, dove quasi sienramente troveranno la morte. Ma a que- sto pericolo, che avrebbe conseguenze assai più gravi per la spe- cie, se le larve rimanessero nude e mobili per parecchio tempo, provvede l’ istinto del rapido fissamento e il formarsi di un rive- stimento di protezione. Prima del fissamento riteniamo che la mortalità naturale, nelle condizioni più favorevoli all’ insetto, non salga oltre il 5 e Ma non è così nell’ antunno avanzato, speciamente se piovoso. Allora CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 4I ci è occorso spesso di vedere, che anche sotto gli scudetti ma- terni, delle uova eran disseccate prima di schiudere, e delle larve eran morte prima di uscire all’ aperto. La importanza della mortalità naturale in questa stagione, più che da cifre, si rileva facilmente dal rapido arrestarsi dell’ infe- zione, fenomeno questo, che non sarebbe del tutto spiegato dalla diminuita prolificità delle adulte in quel tempo. Allorchè le larve si sono fissate, ed hanno raggiunto il 15.°-20.° giorno di età, ai primi di giugno, abbiamo potuto riscontrare in esse una mortalità naturale variante dal 5 al 10 °/,. Più tardi, nelle adulte, la mortalità oscillava intorno al 2 °/,. Ma in autunno (20 ottobre) essa, sempre sulle adulte, fu trovata del 15 VICE e agli ultimi di novembre, del 25 sulle adulte; del 19 sulle larve e ninfe; e sui maschi fino al 40 °/. Quest’ altima cifra però, si deve alquanto seostare dall’andamento normale delle cose. Di ciò era doveroso tener conto nel giudicare del potere mor- tifero degli insetticidi, e non lo abbiamo infatti trascurato. IX. — Caratteri delle piante infette e calcoli sulla gravità dell’ infezione. Gli Agrumi molto attaccati dalla Bianea-rossa vengono distinti subito a distanza anche dagli occhi del profano, per il colore giallo-rossastro della fronda e per la mancanza di un gran numero di foglie. Le foglie, anche nei casi della massima infezione, non si pre- sentano mai deformate per azione degli insetti, nè rimpiccolite, nè spostate dalla loro normale posizione (v. la fig. 1 della Tavola); ma si presentano invece ingiallite attorno a ciascuna cocciniglia, e ciò ha Inogo da entrambe le pagine fogliari. Se le cocciniglie sono molto numerose, Y ingiallimento si estende a tutta la super- ficie della foglia con una certa uniformità. I giovani rami più difficilmente si presentano ingialliti. I frutti di arancio, prima che comincino a « sfacciare » cioè ad invaiare, non offrono nemmeno essi deformazioni nè ingialli- menti; ma sono però più piccoli di quelli sani. Per le varietà co- sidette « bianche » sceoloramento sui frutti non si osserva neppure 42 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI . dopo l’invaiatura. Ma i frutti della varietà « doppio sanguigno rizzo » intorno alle cocciniglie non acquistano il bel rosso-ver- miglio caratteristico, ma restano di color giallo-pallido. Per questo le zone della buccia colpite dal parassita, pur avendo contorni sfumati, spiccano fortemente sulla tinta circostante, dando alle arance un aspetto assai brutto a vedersi, anche quando il numero delle adulte per frutto si limita a qualche decina. Di più, quando le arance sono molto attaccate, esse hanno an- che una polpa meno snecosa e meno gradevole delle arance sane. Su tutti gli organi infetti, poi, le cocciniglie appariscono come tanti cerchietti rosso-bruni, o rosso-avana se ninfe o adulte vi- venti; punti allungati e nerastri se maschi; punti rotondi e ne- rastri, se larve di oltre aleuni giorni di età; punti bianchi, se larve fissatesi molto di recente. Le adulte morte naturalmente e già disseccate presentano lo seudo di color grigio più o meno chiaro. Le foglie molto infette cadono con facilità, disarticolandosi tal- volta alla base del piccinolo, tal’ altra all’ inserzione su questo della lamina fogliare. Le piante così colpite soffrono grandemente; ma, per avere una idea, sia pure approssimativa, della gravità dell’ infezione e per spiegarci l’ entità del danno arrecato da questi minuscoli insetti, riportiamo qui sotto alcuni dati, presi in: un aranceto di Manda- rano verso la metà di dicembre del 1914. Quando il numero medio di cocciniglie per ciascuna foglia non supera la ventina, l’ infezione può dirsi leggiera; ma, poichè sui frutti 1’ infezione si riscontra più numerosa che sulle foglie, in tal caso le cocciniglie sopra ogni frutto sono, di solito, qualche centinaio. Quando l’ infezione è grave, ecco a quanto può salire il numero degli insetti : Riportiamo dati raccolti su una pianta di S anni, avente un diametro medio della fronda di m. 2,20, un’ altezza pure di me- tri 2,20 e le foglie più basse a m. 0,70 dal terreno. Una foglia di questa pianta, scelta con infezione così intensi come quella delle altre, lunga em. 8,5 e larga em. 3,5, aveva alla sua pagina ventrale 220 adulte e 620 forme giovani di cocciniglie ; alla pagina dorsale 24 adulte e 70 forme giovani. Totale: 934 coc- ciniglie. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 45 La pianta possedeva dieci branche principali. Sopra una di queste branche furono contate 770 foglie, tutte gravemente in- fette ; ma ne erano già cadute ben 490. Le varie branche essendo di sviluppo non molto diverso tra loro, possedevano dunque, in via approssimativa, 7700 foglie, tutte molto infette, e quindi con un numero complessivo di cocciniglie di circa 7700 >» 934 = = 7,191,800. La stessa pianta portava 110 frutti. Sopra uno di essi, del dia- metro di em. 6, furono contate $00 adulte e 3340 di altre forme ; totale: 4240. Totale cocciniglie sui frutti — 110 X< 4240 — 466,400, Donde, il totale delle cocciniglie presenti sulla pianta, ascendeva a 7,658,000. Tenuto conto delle foglie cadute a causa dell’ insetto, él numero totale delle cocciniglie sorpassa i 12 milioni ! X. — Importanza economica della Bianca-rossa degli Agrumi. La importanza economica di questa cocciniglia varia da una regione all’ altra a seconda dell’ importanza della coltivazione de- gli Agrumi che essa minaccia. Attnalmente, la minaccia più grave, da noi, riguarda gli estesi agrumeti di Sicilia e di Calabria. nei quali si trova più particolarmente diffusa. Si comprende, che questa importanza deriva dalla gravità degli eftetti che, specie nei luoghi più caldi, la terribile cocciniglia pro- voca sulle piante. Essa non solo può produrre e produce gravi danni alle piante come organismi vegetali, ma è causa altresì di eftetti disastrosi sulla produzione loro. Laddove la ceocciniglia com- pare, ben presto fa avvertire la sua presenza, poichè a causa della sua grande prolificità e della sua frequente riproduzione, in soli due o tre anni può investire totalmente le parti verdi di una pianta di oltre due metri di altezza. Dalle osservazioni fatte, relative agli effetti della puntura della cocciniglia sugli organi laminari della pianta, abbiamo visto quali profonde alterazioni le setole dell’ insetto determinano nei tessuti della pianta stessa coi suechi che vi iniettano. Essi alterano la parte più vitale di questi tessuti, il protoplasma cellulare, tanto del- AL G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI l epidermide superiore, quanto del tessuto a palizzata e del pa- renchima lasso, nonchè quello delle celtule cristallifere e delle grosse ghiandole ad essenza; determinano solchi profondi allo esterno delle foglie, e colorazione, sia degli elementi colpiti, che delle zone circostanti; e infine, di conseguenza, 1’ intristimento delle foglie e la loro caduta. Per dare un’ idea di queste alterazioni, riportiamo qui sotto la sezione dorso-ventrale di una foglia di Arancio, fatta attraverso ad una macchia rossa virgoliforme, prodotta dalle setole del rostro della Bianca-rossa degli Agrumi. Le zone coloratesi in rosso-bruno per effetto della puntura sono indicate dalla parte più oscura della sezione (fig. 15). id Fig. 15. — Sezione dorso-ventrale di una foglia d’ Arancio, attraverso una macchia vir- goliforme prodotta dalle setole del rostro della Bianca-rossa. (tngr. DI: s = solco situato sul decorso delle setole; ev — cellule dell'epidermide superiore o della faccia ventrale; p = cellule del tessuto a palizzata; k, k—= cellule cristallifere; 9 = grossa ghiandola ad olio essenziale; /, {= fasci fibro-vascolari; 7, Z— cellule del tessuto lasso: m = mesofillo inferiore; ed = cellule dell'epidermide inferiore o della faccia dorsale. Tali disastrosi effetti costringono le piante a rinnovare i loro organi elaboranti, i quali tuttavia non si salveranno, ma saranno egualmente investiti dall’ infezione e condannati a morire. La pianta resta talmente indebolita e depauperata, che lascia cadere nei casi più gravi non soltanto le foglie, ma anche i frutti; e se non interviene a tempo la cura dell’ uomo contro 1 invasione di simile flagello, la pianta può essere irrimediabilmente perduta (1). (1) Il dott. Louis Trabut, riferisce in proposito che in provincia di Valenza, men- tre gli aranceti in piena produzione erano valutati di solito in ragione di L. 400 CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 45 Ma anche prima di questa estrema conseguenza, 1 economia della coltivazione viene parimenti compromessa, per la sola pre- senza degli insetti sui frutti. Si sa che gli aranci, per es., essendo un frutto di lusso, ven- gono deprezzati sul mercato di una forte aliquota del loro valore, la quale può, nei casi di grave infezione, raggiungere perfino i “o di questo. Quanto ai frutti di altri Agrumi, per quelli che si destinano allo stesso uso degli aranci si ripetono gli stessi inconvenienti ; mentre, dal punto di vista commerciale, tali effetti si ripercuotono con assai minor gravità sui limoni, la maggior parte dei quali si trasforma per la produzione dell’ agro. XI. — | nemici naturali della Bianca-rossa degli Agrumi. Dalle osservazioni, che in varie riprese sono state fatte in Ita- lia su questo insetto, risulta che esso fn importato da noi senza i suoi naturali nemici. Così nè il Berlese alla R. Stazione di En- tomologia Agraria di Firenze, nè il Del Guercio a quella di Villa- talla in Liguria poterono riscontrare questi nemici. A Mandarano e in tutta l’ alta valle del Simeto, dove abbiamo fatto ricerche, non abbiamo potuto trovare che rarissimi rappre- sentanti di endofagi e uno scarso numero di predatori della coc- ciniglia in esame, e ciò tanto nel 1915 che nel 1914 (1). Presentiamo all’ osservazione la figura di una femmina ovigera di Crisonfalo aggredita dalla larva giovanissima di un predatore (coccinellide) la quale è penetrata sotto il guscio dell’ insetto e per acre, in seguito all’ infezione della Bianca-rossa (Pov rouge) il loro valore è diminuito della metà. (Dott. LovIs TRABUT, Le pou rouge en Éspagne. « Revue Horticole d’Algérie », XVIII, N. 8, p. 104, Algeri, marzo 1914). (1) Il De Gregorio, in una sua recente nota ricorda, oltre i predatori indi- cati, una nuova specie di Aphelinus (Prospaphelinus silvestriù De Greg.) assicu- rando che esso « esercita un’ azione validissima nella lotta contro il Chrysom- phalus ». Vedasi : « Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana », Serie VI, Anno III, fase. 4.9, pp. 224-230, Palermo, 1914. 46 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI l’ha corrosa, procedendo nella distruzione come è indicato nella ficura 16. La larva in esame era pallida, a mandibole gialle falciformi, robustissime quanto taglienti ed acuminate; antenne palpiformi, triarticolate, pallido-giallognole, col se- condo articolo discoidale e guarnito di un’ appendice conica alla sommità; e col terzo articolo cilindrico, molto lun- go, terminato in una grossa setola che è quasi più lunga di tutta Vl antenna. Nell autunno, gli effetti della pre- senza di questi predatori sì possono scorgere più facilmente ; poichè un certo numero di femmine sì trova ro- vinato da essi. Però il massimo degli Fig 16 — Femmina di C%rysom- ettetti che abbiamo riscontrato non in- phalus dictyospermi, Morg., aggre- x RZIr dita dalla giovane larva di un o delle adulte esi Coccinellide e vista dal dorso. stenti sugli organi infetti; e quindi 32 - È c E (Lugr. 7) l’azione di questi predatori, che sono teressa più del 10 ° certamente indigeni e comuni ad altre cocciniglie, è senza effetti praticamente utili per le piante. Tuttavia, molto meno importante di quella dei predatori risulta a Mandarano e in tutta l alta Valle del Simeto la presenza degli endofagi, perchè questi sono estremamente rari. In tutte le ispe- zioni fatte non abbiamo potuto trovare seudi di Orisonfalo forati da essi. Una volta sola è stato possibile di rinvenire nel corpo di un maschio la ninfa di un Caleidide da poco abbozzata, che non ci fu possibile determinare. Ciò è avvenuto a seguito di una ispezione di circa 30,000 cocciniglie, senza contare quelle innume- revoli, viste esaminando foglie e frutti infetti in località anche diverse da quella indicata, da noi e dal prof. Scalia. In America, H. E. Hodgkiss nota come endofago di questa coc- ciniglia VAspidiotiphagus citrinus; Craw (1). (1) The Life-history and treatment of a Common Palm Scale, Boston, 1904. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 47 Nella Penisola Iberica, Riccardo Garcia Mercet (1), occupandosi dei nemici del Chrysomphalus dictyospermi, Morg., ha posto in vista un Aphelinus chrysomphali ed in esso ripone molte speranze. Noi abbiamo avuto, tempo addietro, V opportunità di vedere, su materiale spedito alla R. Stazione di Firenze, la quantità di seudi della cocciniglia forati dal Calcidide, che ci è sembrato molto raro; ma più che questo è la notizia della sua rarità in Italia, della sua presenza anche in altre cocciniglie, come Aonidia lauri, A. lon- giclavae èe Aspidiotus hederae, che ci fanno molto dubitare che questo Calcidide possa divenire un serio ausiliario della difesa contro la Bianca-rossa degli Agrumi. DIFESA. XII. — Mezzi agrari di difesa. a) POTATURA. Il sistema di allevamento degli Agrumi influisce notevolmente sulla distruzione naturale della Bianca-rossa. Quando la pianta è allevata e tenuta ad albero, quando cioè la fronda è molto fitta anche all’ interno, la Cocciniglia vi trova le condizioni più favorevoli al suo sviluppo. Infatti la parte in- terna della fronda è meno soggetta all’ azione dilavante delle forti piogge, meno esposta ai forti venti e più protetta dai raggi del sole, i quali, quando sono molto eocenti, riescono assai molesti alle larve mobili. Quando invece la pianta è allevata e tenuta a vaso aperto, 0 con altre forme che evitano 1 ammassarsi della fronda, le cause naturali di distrazione delle cocciniglie acquistano importanza tutt’ altro che trascurabile. Tra queste cause la principale è data dalle forti piogge quando cadono durante i periodi di schiusura delle larve, le quali, come abbiamo già dimostrato, vengono trasci- nate dall’ acqua e affogate in gran numero nel terreno. La schiusa delle larve della Bianca-rossa, intanto, dura la più gran parte dei mesi dell’ anno, con notevole intensità anche in (1) Los enemicos de los Pardsitos de las plantas. (« Ist. Nac. de Cienc. Fis. Nat. », Madrid, 1912). 45 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI autunno, stagione che coincide generalmente col periodo della ca- duta delle piogge in Sicilia. Di queste cause di distruzione degli insetti, che la natura oftre gratuitamente all’ agricoltore, non si approfitta, purtroppo, quanto sì dovrebbe. E così non è infrequente il caso di vedere agrumeti i quali, nonostante i trattamenti insetticidi che ricevono, stentano a liberarsi dall’ infezione, appunto perchè allevati e potati male. La potatura delle piante, pertanto, è cosa da non trascurarsì, così come non è da trascurare la potatura verde, la quale serve anche direttamente a diminuire il numero degli insetti, asportando, con i giovani e molto robusti suechioni, la parte più pericolosa dell’ infezione, perchè da essi si comunica al resto della chioma. b) SNFOGLIAMENTO. Si ritiene da taluno, che la soppressione delle foglie equivalga alla totale soppressione dell’ infezione della pianta. L’ idea sarebbe buona, se 1 infezione fosse limitata esclusiva- mente agli organi laminari della pianta. È superfluo ripetere, però, che le cose stanno diversamente, e lo abbiamo dimostrato. Ci limi- tiamo invece a dar notizia di un esperimento fatto da un « mas- saro » della zona agrumicola mandaranese, certo sig. Giuseppe La Mela, detto « U? Ciociu ». Egli, partendo dall’ erroneo concetto, che la malattia si trovi soltanto sulle foglie, defogliò completamente, al principio dell’estate scorsa, una delle piante di Arancio più infette, avente circa dieci anni di età. Osservata da noi quella pianta verso la metà del dicembre suc- cessivo, essa si presentava rivestita di nuovo con rigoglioso e lu- cido fogliame, ancora in via di acerescimento, e tuttora di !/, più piccolo del normale, La pianta, malgrado lo sfogliamento, riuscì a maturare i suoi frutti, i quali erano molto grossi e belli, ma però in numero molto piccolo (una dozzina appena). Esaminatala attentamente, però si potè sicuramente vedere: a) che sulla fronda più esterna vi era già una larva fissata per ogni due foglie circa; mentre su quella interna ve n’ era soltanto una per ogni tre 0 quattro foglie ; d) che i ramoscelli verdi portavano ancora le forme adulte dell’ insetto, benchè già morte e in numero assai scarso; CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 49 c) che i frutti portavano ciascuno, in media, da due a venticinque cocciniglie adulte e da dieci a sessanta forme giovani. La pianta sfogliata era circondata da piante della stessa varietà, bellissime e con infezione affatto incipiente. Sicchè la leggiera in- fezione delle foglie sulla pianta sfogliata non può affatto provenire dagli aranci circostanti, ma proviene invece dai frutti e dai ramo- seelli verdi della stessa pianta. I) esperienza suddetta è servita dunque a dimostrare che lo sfo- gliamento totale della pianta non serve a liberarla dalla infezione del Crisonfalo ; e non poteva essere diversamente. Infatti, l infe- zione che ha invaso le foglie della nuova generazione, pur essen- dosi riscontrata in misura scarsa, è più che sufficiente per rovi- nare la vegetazione della pianta nel corrente anno. E siccome la stessa pianta non potrebbe a lungo sopportare così radicale e pe- riodica asportazione di tutto il suo fogliame, senza andare incontro alla incompleta maturazione di una normale quantità di frutti e alla caduta di gran parte di essi, non è da augurarsi che Vespe- rienza surriferita sia applicata dagli agrumicultori a difesa delle loro piante dalla Bianca-rossa. XIII. — Insetticidi. RICERCHE SUL POTERE ANTIFISSATIVO. Una delle parti principali da svolgersi nel programma stabilito per gli studi contro la Bianca-rossa degli Agrumi consisteva nel vedere se fosse possibile, mediante speciali trattamenti alle piante, rendere queste inattaccabili dalle giovani larve per un tempo sufficientemente lungo, in modo da mettere i nati di un’ intera generazione nell’ impossibilità di fissarsi sugli organi delle piante ; nello studiare cioè il potere che diremo immunizzante o antifis- sativo di alcuni insetticidi. Già uno di noi (Del Guercio) lavorando alla distruzione delle Cocciniglie degli Agrumi, aveva tentato, con la ripetizione di trattamenti insetticidi, di immunizzare i rami delle piante contro l’azione delle cocciniglie che vi si volessero fissare. « Redia », 1915. 4 50 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Però i risultati ottenuti, per la difesa delle parti legnose furono soltanti parziali; e nulli affatto per quella delle foglie, a causa della struttura di queste e della natura delle sostanze adoperate. Queste prove, che furono iniziate in Liguria, furono riprese su larga scala in Sicilia, con fortuna molto migliore. Nello studiare il potere antifissativo furono fatti dapprima al- cuni saggi preliminari in Laboratorio. In aleuni di questi furono adoperate foglie contenenti ciascuna tre o quattro adulte prolife- ranti, previa ripulitura dalle adulte morte e da tutte le forme giovani. Le foglie venivano poi bagnate col liquido insetticida, in modo però da rispettare le adulte e una piccola zona intorno ad esse. Dopo del tempo si contavano le larve uscite dagli sceu- detti materni e andate a posarsi qua e là sulla superficie lami- nare. Ma questo modo di condurre le prove fu abbandonato, per la grande mortalità riscontrata anche su larve che, manife- stamente, non avevano toccato la zona bagnata dal liquido, e perciò i risultati delle osservazioni fatte sarebbero stati poco at- tendibili. Allora sì sperimentò su foglie di nuovo getto e immuni da cocciniglie. Esse, come per le esperienze precedenti, furono tenute in soluzione nutritiva. Dopo averle bagnate col liquido in prova e dopo averle lasciate asciugare, vi venivano posate, con delica- tezza, una diecina di larve per foglia. I risultati, ottenuti con liquido al polisolfuro di calcio colloi- dato, furono ottimi. Nessuna delle dieci larve riuscì a fissarsi, nemmeno sulla foglia che ebbe l’ 1 °, di sostanza, mentre sulla foglia di controllo, non trattata, le larve si fissarono ben presto. (Le dosi sperimentate furono quelle dell’ 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 11, 13 000) Di tale incoraggiante effetto fu subito approfittato per Y appli- ‘azione sulle piante; ed infatti il 23 maggio furono trattate quat- (1) Le percentuali che, in queste ed in tutte le successive esperienze da noi fatte, si riferiscono al polisolfuro di calcio, esprimono non la dose del polisol- furo di calcio puro, ma quella del polisolfuro di calcio concentrato, come si ottiene dalla fabbricazione nelle caldaie, e riferito tutto alla densità di 1,24 corrispondente al N. 5 del densimetro Savastano. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI DI tro piante di arancio con polisolfuro calcico all’ 1° di farina di segale bollita. Su queste piante la schiusura delle larve era co- mineiata da pochi giorni, Ma una tal dose di polisolfuro non ebbe che azione protettiva assai effimera. Dopo un paio di giorni, in- fatti, le larve tornarono di nuovo a fissarsi sulle foglie delle quat- tro piante irrorate. Allora furono istituite ricerche sulle foglie dei rami attaccate alle piante. Così, non solo ci saremmo messi nelle condizioni nor- mali di nutrizione delle foglie, ma avremmo avuto a disposizione larve nascenti per molti giorni di seguito e quindi anche la pos- sibilità di misurare la durata del potere antifissativo. È costume delle larve della Bianca-rossa di tendere verso i giovani germogli e di occupare le foglie della nuova generazione. Tenuto conto di ciò le esperienze non potevano, per noi, esser condotte che nel modo seguente : Le foglie A, Be C della figura 17 rappresentano quelle nate nell’ anno precedente ed infette da Bianca-rossa. Da queste fo- glie e dalle altre circo- stanti Vinfezione era ap- pena incominciata a sa- lire su quelle, più giovani e tenere, nate nell’anno stesso degli esperimenti, quando queste furono sbarazzate dalle larve che vi si eran fissate (a, e, f). Poi, furono spalmate con la sostanza antifis- sativa in esame le foglie d ed f, cioè la più vi- cina e la più lontana Fig. 17. — Rametto di Arancio, mostrante la disposi- : d Ra zione delle esperienze, fatte in piccolo, sul potere an- dalle foglie aventi fem- tifissativo degli insetticidi ('/, del naturale). mine proliferanti. Dopo un certo numero di giorni si contavano le larve fissatesi in cia- scuna delle tre foglie nuove. Detto nd, ne, nf, il numero di larve fissatesi su ciascuna delle 52 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI VINI I 3 ne DIS tre foglie, il quoziente q= }—_— dava un’ idea del potere a (MA + nf) antifissativo mantenuto dalla sostanza durante |’ esperienza. - LO 0A Se, per es., ne=150, nf = 18, and = 22, avremo Q@= 30 12: : n £ 300 È; Se invece ne = 300, nf= 15, nd = 9, avremo Q= osa 25. Il che significa che, nel primo caso, il numero delle cocciniglie fissatesi sulle foglie trattate, risulta 7 volte e mezzo più piccolo che su quella di controllo, e ciò dà 1’ idea del potere antifissativo assoluto della materia sperimentata; e che, nel secondo, questo numero è espresso da 25. Essendo i numeri 7,5 e 25 ottenuti con identico procedimento e nelle stesse condizioni, essi sono tra loro confrontabili, e danno quindi l’idea del potere antifissativo comparativo fra le diverse materie sperimentate. ne I) espressione Y@ = non dà però, rigorosamente par- 1 (nd+ nf) lando, il valore del potere antifissativo ; poichè, ad es. se Q= 1, questo potere è nullo, ed a maggior ragione se @ < 1. Tralasceremo perciò di riportare il valore di @ quando esso si avvicina molto all’ unità, o risulta eguale o più piccolo di essa. Nel caso in cui @ risulti = , il potere antifissativo lo diremo assoluto. I dati da noi esposti non vanno intesi con rigore matematico ; poichè in ricerche di natura biologica è molto difficile che i risul- tati si presentino sempre come 1’ esattezza delle formole farebbe presupporre, cioè con cause ad azione indisturbata e costante. Le esperienze, come si vede, furono condotte su foglie, le quali erano affatto prive di adulte proliferanti. È il caso della fronda nuova, che dev essere immunizzata. La presenza di adulte proliferanti sulle foglie di queste espe- rienze avrebbe condotto a complicazioni senza offrire nessun van- taggio ; poichè infatti, oltre a dover contare le adulte di ogni foglia, e tener conto poi della loro mortalità, sia di quella natu- rale, che di quella derivante dall’ azione insetticida propria alla sostanza antifissativa, avremmo per di più dovuto isolare ciascun Mar + CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI dò ‘ametto, non solo con anello di cotone, che sarebbe stato insuffi- ciente in tal caso, ma con sacchetti di garza assai fitta, per impe- dire che altre larve salissero o scendessero dagli altri rami infetti. Inoltre, così facendo, avremmo certamente limitato il numero delle larve accessibili alle foglie delle esperienze, mentre, per la maggiore attendibilità dei risultati di confronto tra foglie trattate è foglie non trattate, era bene che questo numero fosse il più grande possibile. La sostanza primamente sperimentata fu il Polisolfuro di calcio colloidato. Serie I, (29 Maggio). Liquido al Polisolfuro calcico preparato a Mandarano e colloidato col 2, di farina di grano bollita. Esame fatto a 10 giorni dal trattamento. î Numero delle larve fissatesi 00) ———_——.... === Valore del Sulle due foglie trattate Sulla foglia di di controllo Polisolfuro d Di media 5 Q In dA 59 56,5 165 2,9 3 50 34 42 150 3,5 4,5 26 12 19 81 4,2 6 4 259 14,5 97 6,6 730 1 3 2 146 73,0 AIP esame compiuto, invece, a soli tre giorni dal trattamento, le foglie trattate al 3, al 4,5 al 6 e al 7,5% erano ancora pres- sochè immuni (con 2-3 larve soltanto per foglia) mentre, su quelle non trattate, le cocciniglie fissate si contavano a 60, 80 e più per foglia. Quelle che ricevettero 1 1,5 °/ persero tutto il loro potere immunizzante dopo un solo giorno dal trattamento. La II serie delle esperienze fu condotta il 5 giugno con Poli solfuro di calcio, preparato dal Uonsorzio di Messina secondo istru- zioni del Dott. Martelli, e polisolfuro precedente. anche questo fu colloidato come il D4 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Le dosi del liquido sperimentate furono quelle dall’ 1 al 9 °/,. La prima ispezione fu fatta a undici giorni da quello dell’ espe- rienza, e si vide che l’ azione antifissativa fu inapprezzabile con i liquidi dall’ 1 al 2° mentre con quelli dal 3 al 9 * il potere antifissativo si spiegò così, che la media delle larve fissatesi sulle foglie trattate fu di 38 per la dose del 9 °/ contro 227 sulle foglie di controllo. A due giorni e a sedici giorni dal- l esperienza cadde una breve pioggia. Ciò nonostante, la seconda ispezione, fatta dopo 36 giorni da quello dell’ esperimento, pose in vista una più marcata differenza fra le foglie trattate e quelle non trattate, giacchè il numero delle larve trovate sulle foglie bagnate resultò notevolmente inferiore a quello della prima ispe- zione, e cioè 13 invece di 38 sulle foglie trattate, mentre aumentò sulle foglie non trattate, salendo da 227 a 300, sicchè il valore di Q passò da 6 a 23. La III serie fu fatta il 6 giugno, con lo stesso liquido indicato nella serie 1.°, alle dosi del 3, 4, 5, 7, 9‘ Le ispezioni furono fatte a 10, a 16 e a 32 giorni da quello dell’ esperimento. Dalla prima ispezione risultò, che la dose del 9 °/, aveva esplicato po- tere immunizzante assoluto, poichè nessuna larva fu trovata sulle foglie così trattate, mentre su quella di controllo se ne conta- rono 95. Anche le dosi del 7 e del 5 esplicarono forte azione antifissativa. La seconda ispezione mostrò, che il potere antifissa- tivo si era conservato in grado molto elevato, giacchè sulle foglie trattate al 9 °/, si trovarono in media 2 larve fissate, mentre su quella di controllo, 111. Tutte le larve delle foglie trattate poterono fissarsi solo alla base delle foglie, perchè quivi, essendosi formata una crosta troppo spessa di patina, essa si distaccò, lasciando così indifesa la zona da essa fino allora coperta. Alla terza ispezione le cose non apparvero notevolmente diverse, forse anche perchè durante l’ intervallo fra la seconda e la terza ispezione (22 giugno-8 luglio) il numero delle larve rimase pres- sochè stazionario anche sulle foglie di controllo, essendosi già esaurite le nascite della prima generazione e non essendo ancora giunte, sulle piante in esame, quelle della seconda. La IV serie fu fatta il 2 giugno con Polis. calcico al 4-6-7,5 fabbricato a Mandarano e colloidato col 0,5 %/, di ittiocolla. 10, CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI DD La ispezione, fatta a 17 giorni dal trattamento, rivelò un potere antifissativo alquanto inferiore a quello ottenuto colloidando lo stesso polisolfuro col 2%, di farina di grano, giacchè per la dose più alta (7,5°/) Q raggiunse appena il valore di 5,4. La V, fatta il 5 giugno con polisolfuro sodico puro alla dose del 3 °/, del liquido concentrato di questa sostanza (densità 1,33 Beaumé alla temper. di 20° €.) e colloidato col 2°, di farina di grano, dette, all’ ispezione fatta dopo 7 giorni, risultati apprez- zabili: 71 larve sulle foglie trattate contro 160 su quelle di controllo. Furono provate, inoltre, le seguenti altre sostanze : Creolina Pearson, 1-2-3-4-5°/,; Sapone di potassa, 1-2-3-4-5/; Olio di catrame all 1-2-3-4-5%/, saponificato all 1-2 %/, con sapone potassico; Solfato di rame, 1,5-3%, semplice e colloidato con farina di grano al 2°; Naftalina, 1-3-5°/, saponificata all’ 1-2-3 con sapone potassico; la stessa, trattata come sopra e colloidata col 2°/, di farina di grano; Poltiglia Borgognona, 1-2-3°%/; Zolfo, 1-2-3- 4%, colloidato: a) col 2°, di farina di grano, b) col) 1°/, di ittio- colla; Calce, 1-2-3-4-5-7-9-12-15%, colloidata col 2° di farina di grano; Lysoform greggio, 6-8-10-12%. Ma tutte queste sostanze esplicarono potere immunizzante nullo, o, come per il sapone di potassa al 5°/, appena apprezzabile. Il 17 giugno fu sperimentato, con le dosi dall 1 al 15 °/,, il Po- lisolfuro di sodio del commercio, trattato con 1’ 1-1,5%, di sapone di potassa. (Serie XVI). A quattro giorni dal trattamento cadde una pioggerella, la quale, asportando la patina, ne distrusse il potere antifissativo. Inoltre, le dosi oltre il 7°/, scottarono fortemente le foglie e le fecero cadere. Lo stesso Polisolfuro di sodio, colloidato col 2°, di farina di grano, anzichè trattato al sapone, dette risultati pressochè nulli, (Serie XVII); e ciò anche in una serie di esperienze fatta dopo la caduta della pioggia del 21 giugno (Serie XVIII). Come l’altro, esso provocò forti scottature sulle foglie. Il 23 giugno fu sperimentato il Polisolfuro di potassio alle dosi dall’1 al 15° e trattato coll 1°/, di sapone di potassa. Il potere antifissativo, per le dosi superiori al 3 °/, fu dapprima 560 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI notevole; ma diminuì poi rapidamente, specialmente in seguito alla pioggia del 9 luglio, così che alla 3.* ispezione, tatta a 19 giorni dalla caduta della pioggia, il potere immunizzante si era perduto quasi del tutto. Non così accadde per lo stesso Polisolfuro potassico colloidato col 2°, di farina di grano e sperimentato anch'esso alle dosi dal- VP 1 al 15", (Serie XX), il giorno 24 giugno. Infatti, fino a che non sopraggiunse la pioggia, che si ebbe 15 giorni dal trattamento, il potere immunizzante risultò assoluto o fortissimo per le dosi superiori al 5°. La pioggia, tuttavia, non dilavò che parzialmente le foglie, così che 19 giorni dopo di essa, l’azione immunizzante era ancora forte per le dosi del 12 e del 15°/. Serie XXI, (25 giugno). Polisolfuro calcico non colloidato. Questo liquido, non aderendo che molto male alle foglie, fu spruz- zato sulle medesime in polvere finissima con l’ aiuto di uno spaz- zolino, che si sfregava sopra una reticella metallica. La dose sperimentata fu quella del 5°. A nove giorni dal trat- tamento sulla foglia di controllo si eran fissate 11 larve; sulle altre due foglie una sola larva. Pot. antifis. = 22. A 13 giorni, si con- tarono 16 larve sulla foglia e, e nessuna tu trovata sulle altre due. Pot. antif. assoluto. Però a 33 giorni, sulla foglia e si contarono 167 larve; sulla d 91; sulla f 240; media: 165, contro 167 su quella di controllo. Il potere antifissativo dunque, era del tutto scomparso. Però è da notare, che dopo il 13.° giorno dell’ esperienza, cadde la pioggia. Tuttavia, confrontando questo risultato con quelli otte- nuti dalla stessa dose di polisolfuro calcico, però colloidato con farina (v. serie II e III) risulta che, a 36 giorni dal trattamento, il 5° di questo polisolfuro colloidato aveva ancora uno spicca- tissimo potere antifissativo (Q = 17,6 nella serie II, e nella III, a 32 giorni dal trattamento, @ era ancora di 7,4). La pioggia cadde pure durante queste esperienze, a circa 15 giorni dal trattamento; e perciò i risultati sì possono confrontare. Quando si pensi che con le pompe irroratrici non sempre si ottiene una buona polverizzazione del liquido, il polisolfuro di calcio non colloidato non può esplicare, non solo la sua massima azione insetticida, come vedremo fra poco, ma nemmeno il massimo suo CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI DI potere antifissativo, che si ha invece con l'aggiunta della farina bollita. Serie XXII, (30 maggio). Polisolfuro di calcio non colloidato distribuito sulle foglie a mezzo di una penna. Quest? esperienza non dette risultati apprezzabili, perchè non fu possibile bagnare le foglie, di nuovo getto, con liquido al polisol- furo di calcio semplice. Non appena furono riscontrati gli ottimi effetti del potere anti- fissativo dei polisolfuri, specialmente colloidati, furono istituite delle prove con trattamenti fatti ad intere piante di Arancio. Il polisolfuro prescelto fu quello di calcio, colloidato col 2°/, di farina di grano bollita e usato alla dose del 5%. Questa dose, mentre avrebbe prolungata la sua azione protettiva per un buon numero di giorni, non sarebbe stata di nocumento aleuno alle piante. Furono istituite cinque serie di esperienze. La prima serie ricevette un solo trattamento; la seconda, due trattamenti a 11-12 giorni Vl uno dall’ altro; la terza, tre tratta- menti, pure a 12 giorni l’ uno dall’ altro. La quarta e la quinta serie avrebbero dovuto ricevere rispettivamente quattro e cinque trattamenti, ma l esame fatto alle piante dopo il secondo, e più ancora dopo il terzo trattamento, ci fece ritenere superfluo prati- care gli altri due, poichè, nel frattempo, il polisolfuro di calcio colloidato, non solo aveva esplicato un potere d’ immunizzazione fortissimo, ma anche, in grado massimo, anche il suo potere inset- ticida, uccidendo il 95-98 ®/, delle cocciniglie che si trovavano sulle piante irrorate. (V. fig. 18). RICERCHE SUL POTERE INSETTICIDA. Le prove di distruzione diretta della Bianca-rossa degli Agrumi furono iniziate da noi in Sicilia fin dai primi di maggio, in Labo- ratorio, su adulte di foglie staccate dalle piante e tenute in solu- zione nutritiva, preparata dal terreno. Le sostanze sperimentate furono dapprima il polisolfuro di calcio, tanto quello fornito dal Consorzio Agrario Peloritano (Messina) quanto quello fabbricato a Mandarano, con o senza Vl aggiunta di DS G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI materie colloidi; poi l’acqua di calee semplice, la stessa colloidata, l’olio di catrame saponificato e lo stesso alcalinizzato con soda. Fig. 18. — Prime esperienze con gli insetticidi. Le foglie però non si mantenevano turgide che per pochi giorni; esame della mortalità, che si dovette fare per forza di cose prima dell’ avvizzimento delle foglie, si basava sul cambiamento di colore degli scudetti e riuscì quindi fallace, come potemmo poi accertar- cene confrontando i risultati di questi esami con quelli ottenuti da trattamenti fatti più tardi snlle piante. A proposito dell’ accertamento della mortalità della Bianca-rossa, per effetto del polisolfuro di calcio, veniva portato da taluni come sicuro il carattere dedotto dal cambiamento di colore degli seu- detti materni, che in capo a tre giorni dovrebbero passare dal ros- sastro al grigio più o meno chiaro. Nulla di più erroneo di ciò. Il cambiamento del colore degli scudetti avviene senza dubbio, ma non è sempre così rapido da potervi basare 1’ esame della mortalità dopo due o tre giorni. Nem- CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 59 meno il cambiamento di colore del corpo delle femmine può ser- vire, a così poca distanza dal trattamento, a distinguere le morte dalle vive; poichè se è vero che il loro corpo, dopo la morte pro- dotta dal polisolfuro di caleio passa dal giallo al bruno, è pure vero che nella estesa gradazione dei passaggi del colore, è quasi impossibile trovare il limite di distinzione, senza contare che varia- zioni di tal natura avvengono pure nelle adulte viventi, secondo che hanno, oppur no, emesso in tutto od in parte le uova. Il carattere unico su cui abbiamo dovuto basarci per determi- nare l’ avvenuta mortalità di queste cocciniglie è quello dedotto dal disseccamento del loro corpo, e perciò richiede di essere preso in esame ad una certa distanza dai trattamenti, maggiore 0 mi- nore secondo lo stato di secchezza dell’ atmosfera. Si potrebbe fare eccezione per i maschi, i quali soltanto, rag- giungendo lo stato perfetto ed essendo provvisti di zampe, ali ed antenne, offrono, subito dopo la morte, il carattere dell’ amovibi- lità di questi organi in seguito ad irritazione. Per evitare d’ altronde altre cause di errore, verso la fine di maggio, quando cioè cominciarono a trovarsi fissate sulle foglie un buon numero di larve della prima generazione, furono iniziate le prove di distruzione in piccolo su foglie di rametti attaccati alle piante ed isolati alla base loro da anello di cotone. Abbiamo detto altrove, che questo mezzo di isolamento è incom- pleto, non servendo ad impedire che su rami così isolati giungano larve per mezzo del vento o vi cadano dai rami infetti sopra- stanti. Ma, intanto, essendosi fatto lesame della mortalità delle larve a dieci giorni dal trattamento, bastava non tener conto di quelle ancora coperte da velo biancastro, piccolissime, per esclu- dere le larve, cadute sulle foglie trattate durante il decorso delle esperienze. Premettiamo che, in tutte le 32 serie di esperienze fatte in pic- colo su foglie attaccate alle piante, 1’ esame fu fatto sempre dopo un solo trattamento. Riportiamo innanzi tutto i risultati di un’ esperienza prelimi- nare, fatta allo scopo di trovare la dose più opportuna di sostanza colloide per fare aderire il polisolfuro di calcio alle foglie di nuovo getto. 60 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI 35. G Polisolfuro di calcio all'1°/, colloidato- con > L=3 Ittiocolla Farina di grano bollita 5a __ — = - si ORLO 0,5°/5 TOO QUOTE zà foglie bagnatesi foglie bagnatesi foglie bagnatesi foglie bagnatesi a non bene non bene bene solo alla molto bene pagina ventrale 2° es. abbast. bene alla | abb, bene solo ce. s. es. pagina ventrale da es. non bene bene solo es, es. 4* | abbast. bene alla es. bene solo ces. es. pagina ventrale DE es. es. non bene es. soltanto alla pagina ventrale 6° non bene es. es. es. 72 | bene alla pagina | bene alla pagina es. molto bene ventrale ventrale Osservazioni, — Per la stessa prova le foglie furono tolte dallo stesso ramo, Tutte le prove furono fatte immergendo le foglie nel liquido. In seguito a queste prove, le dosi di sostanza colloide neces- sarie e sufficienti ad avere buona adesione del liquido agli organi verdi e giovani delle piante risultò, per la stagione estiva, del 0,5% per l’ ittiocolla e del 2°/ per la farina di grano. Serie N. 1 (29 maggio-2 giugno). Liquido al Polisolfuro di calcio, colloidato : col 0,5%, d'Ittiocolla col 2°, di farina di grano ee ine SE e a I Polisolfuro Morte Vive di mortalità Morte Vive di mortalità 1,5 40 50 39 50 30 46 3 46 19 67 76 24 73 4,5 80 20 78 S4 16 82 6 75 5 92 95 5 94 799. 90 10 s9 95 5 94 CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 61 L'esame venne fatto a 10 giorni dal trattamento, contando le cocciniglie (tutte forme giovani) delle foglie, fino ad arrivare a 100. Variando la mortalità naturale delle larve già fissate, dal 5 al 10°, (v. Cap. 9.°) e prendendo in via approssimativa una media del 7°/, in base a questa è stata compilata la colonna della mortalità, tutta riferibile al potere insetticida della sostanza in esame (1). Quantunque non molto grande, è tuttavia apprezzabile il mi- glior risultato ottenuto dal 2°/, di farina in confronto al 0,5% di ittiocolla. La Creolina Pearson, sperimentata il 29 maggio sulle larve alle dosi dall 1 al 5 °/,, dette una mortalità del 47 al 92 °/, Il Sapone di potassa fu sperimentato il 30 maggio alle dosi dal- Reali D: all’ 82 °/- Lo stesso giorno fu provato | Olio di catrame dall 1 al 5 °/ o; Sempre sulle larve, e si ebbe una mortalità del 24 0? saponificato con l’ 1-2 °/, di sapone molle. La mortalità risultò del 35 al 78 °/, per l’ olio di catrame col 2 di sapone, e del 17 al 99 °/, per lo stesso coll’ 1 di sapone. La formula più efficace risultò quella in cui il sapone, rispetto al catrame, figura nella minima quantità (Sapone parti 1, Olio di catrame parti 5). La dose doppia di sa- pone ha elevato bensì la mortalità per la miscela con | 1°/, di olio di catrame, poichè dal 17 sale al 35 °/; ma ha notevol- mente abbassata per le altre formole, talchè il massimo ascende appena al 78 °/, contro il 99 S o Ottenuto dalla formola con V1 8/1 di sapone. Malgrado che queste formole abbiano fortissimo potere insetti- cida, esse mancano affatto di potere antifissativo. Da ciò, come vedremo, i risultati non soddisfacenti ottenuti nella difesa contro (1) Se, ad es., su 100 larve se ne trovano 95 morte e 5 vive e la mortalità na- turale sulle larve delle foglie non trattate è del 7 °/,, il numero di quelle ne- cise dall’ insetticida sulle 100 totali sarà — 95 —7= 88. Questo numero si rife- risce ad un tqtale di vive = 88-4+-5= 93; e perciò la proporzione 93: 88=100: x 8800 93 cida, ossia il potere mortifero di questo. darà, con tx = = 94 la percentuale vera di mortalità dovuta all’ insetti- 62 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI la Bianca-rossa, che schiude le sue larve durante un tempo lun- ghissimo. Il Solfato di rame, che non colloidato dette, alle dosi dell’ 1,5-3 °/, 1-00!) la mortalità del 10-15 dimostrò un potere più che doppio, poichè le stesse dosi dettero os addizionato del 2 di farina di grano mortalità del ‘37-54 °/, . La Naftalina al sapone, sperimentata il 4 giugno alle dosi dal- P1al5°%,, con sapone variante dall’ 1 al 3°, dette una morta- lità minima del 22 ®/ con la formola: Naftalina 1%, Sapone 1 %;; 2? © con la formola: Naftalina 4, Sa- ed una massima del 65-75 pone 2-3. La dose più alta (5°) di Naftalina abbassò in ogni caso il po- tere insetticida della miscela. La stessa Naftalina al sapone, addizionata del 2 °/, di farina di grano, accrebbe notevolmente il suo potere insetticida, giacchè le formole, col 3 °/, di sapone, per la sola aggiunta del 2 di farina, dettero una mortalità variante dal 74 al 95, contro quelle del 40-65, ottenute senza la farina. Qaesto aumento del potere insetticida non si spiega col solo fatto, che la farina comunica alla miscela proprietà adesive, poi- chè anche la Naftalina al sapone non colloidata in alcun modo bagna molto bene gli organi verdi degli Agrumi. La Poltiglia borgognona, dall 1 al 3%, dette, sempre su forme ‘giovani di cocciniglie, mortalità dal 28 al 70 °/,, nonostante che essa bagnasse molto malamente le foglie. Lo Zolfo all 1-4 °/,, colloidato col 2 °/, di farina di grano, dette mortalità variante dal 19 al 29°; mentre colloidato coll’ 1 °/, di ittiocolla, dette risultati migliori: dal 44 al 59° di mortalità. A. parte la dose elevata di ittiocolla provata in questa serie di esperienze, il liquido che la conteneva fu usato dopo due giorni dalla preparazione, e tenuto nel frattempo in tubetti chiusi, così che al momento di servirsene, esso emanava spiccato odore di acido solfidrico, ciò che non si riscontrò per il liquido allo zolfo con farina (9 giugno). La Calce dall’ 1 al 15%, colloidata con farina di grano al 2%, dette una mortalità variante dal 14 al 65 °/,, (10 giugno). L’ Oleato di rame, ottenuto con la formola Del Guercio, dette "9 0 mortalità dal 25 al 63°) (12 giugno). CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 653 La Calce naftalinizzata (Calce 1-20 °,,; Naftalina 1-5 °/), messa in prova il 13 giugno, dette mortalità variante dal 24 ®/, (Calee 1%, Naftalina 1 °/) all’ 88% (Calce 20%, Naftalina 5 °/,). Nelle varie serie di formole sperimentate, si ebbe sempre, che V aumento della Naftalina dall’ 1 al 5 ®, compensava ad usura la diminuzione della calce dal 20: all’ 1° - La Creolina Pearson, medicinale, pura, fa provata il 13 giugno alle dosi dal 2 al 5%; ma i risultati furono i meno soddisfacenti di tutti, poichè la mortalità prodotta da essa oscillò dall’ 1 al 14°. Il Lysoform greggio, dal 4 al 12°), produsse dal 3 al 46 %, di mortalità (15 giugno). Il Disinfettante liquido della ditta G. Pegna di Firenze (olio di 0 catrame al sapone ?) alla dose dal 2 al 5% dette ottimi risultati, avendosi avuta mortalità assoluta in quasi tutti i casi. Ma le dosi più alte (4 e 5 °/) fecero aggrinzire V epidermide della pagina ven- trale delle foglie trattate (13 giugno). Dosi inferiori (0,5-1,5 °/) sperimentate otto giorni più tardi, det- tero però risultati poco buoni. Il 17 giugno fu sperimentato il Polisolfuro di sodio al sapone, formola Del Guercio. A partire da quest’ epoca, il numero delle seconde ninfe femminili e delle ninfe maschili su cui le prove in piccolo furono condotte, diventa considerevole. Di ciò è bene te- ner conto nel giudicare dei risultati ottenuti. Il Polisolfuro di sodio alle dosi dall’ 1 al 15 e coll 1 all’ 1,5 °/ di sapone, ebbe effetti micidiali sulle cocciniglie. La mortalità oscillò dal 47 al 100°. Dal 7° in su si ebbe sempre mortalità assoluta, ma con fortissima azione caustica sulle foglie, le quali in gran parte caddero. L’ aumento del sapone produsse un leggiero anmento del potere insetticida della miscela. Il giorno seguente, fu sperimentato lo stesso Polisolfuro di so- dio, alle stesse dosi, ma senza l aggiunta di sapone, bensì colloi- dato con farina di grano all’ 1 e al 2°/. IT risultati furono ancora migliori, giacchè la formola contenente ES) 1 di Polisolfuro e 1 di farina °), dette il 55 °/ di mortalità, e quella coll’ 1 di Polisolturo e 2 di farina %, PV 81% di mortalità. 64 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Dl) La mortalità ‘assoluta si ebbe a partire dal 7 "/;; con l’ inconveniente delle gravi scottature surricordate. ma sempre Gioverà qui richiamare l’attenzione sul fatto, che i risultati ottenuti dalle serie di prove col Polisolfuro di sodio, colloidato colla farina di grano al 2 °/,, coll’elevarsi della dose del Polisolfuro hanno va- riato meno che nella serie del Polisolfuro al sapone, poichè la mortalità è cominciata coll’ altissima percentuale dell’ 81, mentre per il Polisolfuro all’ 1,5 di sapone si iniziò col 59. Ciò devesi all’ influenza della farina, il cui aumento nella mi- scela ha prodotto un anmento sensibile del potere insetticida. Tanto più importanti sono queste prove, perchè su di esse cadde il 21 di giugno la pioggia. Una serie di prove, fatta con Polisol- furo sodico dall’ 1 al 5 e col 2 di farina, e dopo la pioggia del 21 giugno, confermò i risultati già ottenuti. Il 23 giugno fu messo in prova il Polisolfuro potassieo (dall’ 1 al 15 °/) al sapone (L/,) e lo stesso colloidato con farina (2 VAL secondo le formole Del Guercio. Anche in tal caso si potè dimostrare, che nelle serie con la fa- rina il potere insetticida si inizia con grado più alto che in quelle col sapone (32 ° delle dosi di Polisolfuro, più lentamente nella serie con la farina che in quella col sapone, poichè la mortalità assoluta, raggiunta col 5 °/, di Polisolfuro potassico al sapone, si ottenne con lo stesso Polisolfuro colloidato con farina, solo colla dose del 9 °/, . È molto importante il fatto, che in nessun caso queste espe- rienze scottarono o fecero cadere delle foglie. Mentre, come ve- contro 19 °/,). Però esso si innalza, col erescere iu) dremo, ben diversamente stanno le cose durante la stagione au- tunnale e in inverno. Come abbiamo visto, il Polisolfuro potassico colloidato gode di spiccatissimo potere immunizzante. Il 24 giugno fu sperimentato il Polisolfuro potassico (1-10 "/,) al- V olio di catrame solubile (1-3 "/,) formola Del Guercio. La serie di prove col 3 °/, di olio di catrame scottarono forte. mente le foglie ed uncecisero tutte le cocciniglie, in gran parte adulte. Quella col 2 °/, pure quella contenente solo 11%, di olio di catrame, la quale dette risultati pressochè identici a quelli del Polisolfuro potassieo menò pure grande strage fra gli insetti, e così CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 65 0 0 colloidato con farina di grano al 2 °/,. La emulsione con l 1 °/, e quella col 2%, di olio di catrame bagnano molto malamente le foglie. Il 26 giugno furono istituite delle serie di prove allo scopo di vedere, se |’ aggiunta di calce al polisolfuro calcico già preparato nel modo ordinario, è giovevole, oppure no. Il liquido, non ade- rendo bene alle foglie, fu polverizzato su di esse a mezzo di uno spazzolino imbevuto di miscela e fatto sfregare su reticella metal. lica, tenuta a qualche em. al di sopra delle foglie in esperimento. Le dosi del Polisolfuro di calcio furono di 3, 5, 7, 9, 12,5 quelle della calce spenta, 0, 1, 3, 5, 7,9, 12%- Queste serie di esperienze permisero di vedere : 1.° Che le dosi dell’ 1 e del 3 °/, di calce acerebbero il potere insetticida del polisolfuro ad alte dosi, cioè le dosi della calce riu- scite più utili furono quelle che stavano, col polisolfuro, nel mi- nimo rapporto quantitativo. Infatti, mentre la mortalità prodotta dal Polisolfuro calcico senza aggiunta di calce, fu, per la dose del 12 °/,, dell’ 80 °/,; per la serie di prove in cui la calce figurava all’ 1°/ essa salì a 95; e per la dose del 3 di calce, al 96 °/,. 2.° Che le dosi alte di calce abbassarono, invece, sensibilmente, il potere insetticida. Infatti, la mortalità della dose 12 di Polisolfaro scende a 88 col 5°/, di calce; a S1 col 7 di calce e a 74 col 9 di calce. Il 10 luglio furono istituite prove analoghe alle precedenti, se- nonchè il Polisolfuro di calcio fu anche colloidato con 1 aggiunta del 2 %/, di farina di grano. Ciò permise di spalmare senz’ altro le foglie anzichè spruzzarle di liquido, e costrinse a non oltrepassare la dose del 5 °/, della calce, perchè quantità maggiori rendono la miscela talmente densa, che si adopera malissimo con le pompe. Le prove furono fatte su forme adulte di cocciniglie, e 1’ esame, perciò, a 15 giorni dal trattamento. Anche questa volta 1’ aggiunta della. calce si mostrò efficace ; ma soltanto nelle più piccole dosi (1-2 °/,) adoperate insieme alle più alte (9-12) di Polisolfuro. A sei-sette ore dal trattamento cadde una pioggia breve, ma forte, la quale abbassò notevolmente il potere antifissativo della u Redia », 1915. 5 66 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI patina che rivestiva le foglie; poichè a 15 giorni dalla pioggia, un notevole numero di larve si era tissato anche sulle foglie trat- tate con le dosi più forti di Polisolfuro. Dobbiamo però osservare, che queste larve non provenivano dalle adulte delle foglie trattate; poichè sotto agli scudetti delle adulte, anche di quelle scampate all’ azione dell’ insetticida, e per- ciò vive, le covate delle uova e delle larve erano in gran parte uccise dal Polisolfuro. La nuova infezione proveniva certamente dai rami più alti della pianta, pure molto infetti, e dai quali era . caduta ed era stata trasportata dal vento. Il 14 luglio furono nuovamente istituite le prove fatte il 10 lu- glio, le quali ne ricevettero piena conferma. Gli effetti migliori si ebbero quando la calce figurava in quantità minima rispetto al Polisolfuro. Infatti, dalla dose del 12 */, di Polisolfero ealeieo, contro la mortalità del 96 ottenuta coll’ 1%, di calce, si hanno quelle : del- l 89 per 0 "/, di calce, del 94 per il 2 °/,, dell’ 85 e dell’ 88 per SACRED. È interessante notare qui che, anche aggiungendo una parte di calce a dieci parti di Polisolfuro concentrato (rapporto di dosi che ha avuto i migliori effetti) la sua quantità nella miscela viene ad essere pressochè raddoppiata, e perciò essa si trova, rispetto allo zolfo, nel rapporto di 1 a 1. Ora è risaputo che, allorquando si prepara il Polisolfuro, il rap- porto migliore tra calce e zolfo è quello di 1 a 2, che corrisponde approssimativamente al rapporto teorico di 1a 1,95, trovato per la prima volta da Thatcher (1), non già quello di 1 a 1. Riteniamo quindi, che 1 efficacia dell’ aggiunta da noi fatta, si debbà spiegare con il diverso andamento delle reazioni chimiche, oltre che con le impurità della calce adoperata nella cottura e con la presenza di piccole quantità di solfato di rame nello zolfo impiegato a Mandarano. Il 1.° luglio fu sperimentato lo Zolfo alla calce (zolfo 4-15 %/,; calce 2,5-10 “/,). Queste due sostanze furono insieme fatte bollire a (1) THATCHER, Bull. 76 « Washington Agricultural Experiment Station », 1908. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 604 in poca acqua per aleuni minuti, fino a formazione omogenea di poltiglia. L’ esame, fatto dopo dodici giorni, rivelò risultati pressochè ne- gativi in tutti i casi, eccetto quelli in cui la calce figurava in quantità minima ($ °/,) rispetto allo zolfo (10 °/). Ma anche in tal ‘aso ]’ effetto fu scarso. Il 2 luglio fu provata la Morchia d’ olio 1-10 °/, alcalinizzata con 0/ 0 soda al 2 : I risultati avuti furono ottimi, poichè la mortalità oscillò dal 1D6(15°), di morchia) al 95 "/,. Il 3 luglio si sperimentò | Olio di catrame alcalinizzato alla mor- chia d’ olio (olio di catrame 1-4 "/,; morchia d’ olio 1-10 °/,; soda Ò NE; 2°, in tutti i casi). Anche queste, delle formole, uccisero dal 74 al 100 °/, di coc- ciniglie allo stato per lo più di seconde ninfe; però, tranne che in due serie di esperienze, (olio catrame 1 "/,, morchia 1 °/,; olio SU) DI satrame 2 “/, morchia 1 /) in tutte le altre le foglie furono scottate. L/8 di luglio furono istituite delle prove con Olio di catrame incalcinato, su cocciniglie quasi tutte adulte. (Olio di catrame 1-4 °/,5 calce 1-20 °/). L’ esame, fatto 14 giorni dopo, mostrò che le forti dosi di calce, come per il Polisolfuro di calcio, così per 1 olio pesante di ca- trame avevano abbassato notevolmente il potere insetticida della miscela. Talvolta, anzi, lo avevano addirittura distrutto. Le mi- gliori formule riuscirono quelle composte con 1-3. parti di calce e 3-4 parti di olio di catrame, poichè esse produssero una mor- talità variante dal 90 al 100 "/,. Però queste formole, come pure le altre contenenti forti dosi di calce, scottarono le foglie piutto- sto gravemente. Il 13 luglio le esperienze di lotta in piccolo contro la Bianea— rossa furono fatte con lo Zolfo alla liscivia di cenere (semplicemente mescolati) zolfo 1-4 "/,; X,00, probabile 1-10 °/,. I risultati furono del tutto negativi per le formole con carbo- nato potassico probabile dall’ 1 al 5 °/,; ed anche negli altri casi, gli effetti ottenuti non furono affatto buoni. Tali risultati, messi a confronto, da una parte, con quelli otte- 6S G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI nuti dallo zolfo alla calee, dallo zolfo colloidato e dalla calce col- loidata; dall’ altra con quelli del Polisolfuro di calcio e del Poli- solfuro potassieo, concordano nel dimostrare che lo zolfo e le basi dei metalli alcalini ed alcalini terrosi, acquistano forte potere inset- ticida soltanto se combinati, mentre nei loro miscugli restano molto scarsamente attivi. Il 15 luglio furono messi a confronto Polisolfuri diversi tra loro e ciascuno con dosi varianti dal 5 al 15 "/, tutte adulte: su cocciniglie 1.° Polisolfuro di calcio, colloidato con farina di grano al 2 "/, : PBI FE a) Preparato a Mandarano. Mortalità 51-95 "/,; b) Preparato dal Consorzio Agrario Peloritano (Messina). Mor- talità 53-94 /,. o Tra i due Polisolfuri, come vedesi, non v'è stata differenza notevole. La dose del 5 °/, ha ucciso la metà degli insetti; ma però fu fatto un solo trattamento. 2.° Polisolfuro potassico : a) Colloidato con farina di grano al 2°. Mortalità 95 "/, per la dose del 5; assoluta per le dosi più forti. b) AZ sapone molle all’ 1 °/,. Mortalità 99%, per la dose del 5: assoluta per le dosi più forti. Tra questi due Polisolfuri, la differenza è a favore di quello al sapone, come le esperienze precedenti avevano pur dimostrato. Per il confronto fra il Polisolfuro di calcio e quello di potassio, bisogna ricordare, che le percentuali di quello di calcio sì rife- riscono al liquido concentrato (v. pag. 50) mentre quelle del Po- lisolfuro potassico esprimono la dose vera del Polisolfuro solido. XIV. — Trattamenti fatti alle piante di arancio. Via via che delle numerose formule d’ insetticidi da noi speri- mentate su poche foglie venivano esaminati gli effetti sulle coc- ciniglie, le formole ritenute migliori furono applicate su più vasta CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 69 scala a piante intere di arancio, per avere così una preziosa con- ferma della loro efficacia, poter giudicare della loro praticità e trarne gli utili voluti. a) PRIMAVERILI-ESTIVI. Esper. N. 1 (9 giugno) Olio di catrame 5 °/,; Sapone molle 1 °/; Con la emulsione ottenuta da questa formula furono irrorate due piante molto infette. L’ infezione era grave fino dall’ anno prece- dente e le piante non portavano frutti. Il liquido, che aderì perfettamente alle foglie, uccise un gran- dissimo numero di cocciniglie; ma produsse ben presto delle scot- tature e fece cadere un numero rilevante di foglie, che erano per lo più le più infette e le più vecchie. Il fogliame giovane, su cui l infezione era costituita da forme giovani di insetti, si risanò in gran parte e riprese vigore. Osservate le piante il 29 luglio, si trovarono rinverdite, ma sulle foglie nuove fu riscontrata infezione piuttosto grave di coc- ciniglie adulte. Questa formula, dunque, mentre dette i migliori effetti con le prove in piccolo, si rivelò di incompleta efficacia nella pratica, e per di più a proprietà caustiche non trascurabili. Il contrasto esistente fra i due risultati si deve senz? altro alla mancanza del potere antifissativo dell’ olio di catrame al sapone. Esper. N. 2 (16 giugno). Creolina Pearson al 5 Hi Col primo trattamento non fu possibile fare aderire bene il liquido alle foglie. Il 2 di luglio fu fatta una nuova irrorazione alla pianta trattata, e questa volta il liquido aderì perfettamente alle foglie, dalle quali, intanto, si erano staccate in gran parte le cocciniglie morte. Il 29 luglio fu visto che la pianta aveva ripreso vigore; ess: mostrava fronda bella e lucida, ma vi si trovava un numero con- siderevole di adulte vive, che certamente avrebbero ben presto moltiplicata 1 infezione. Esper. N. 3 (16 giugno). Naftalina al sapone colloidata. Naftalina 5 °/,; sapone molle 3 %/,; farina di grano 2 "/, Que- sta pianta il 2 luglio presentava ancora numerose cocciniglie vive. Ebbe perciò un secondo trattamento lo stesso giorno. 70 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Tutte e due le volte il liquido aderì molto bene alle foglie ; però la patina che esso vi lascia viene asportata con grandissima facilità dalla pioggia. Il 29 luglio fu visto che sulla fronda vecchia grandissimo era il numero delle adulte morte. Il potere insetticida di questa for- mola risultò superiore a quello della Creolina Pearson. Esper. N. 4 (23 giugno). Disinfettante liquido della Ditta C. Pegna, di Firenze. Con questo liquido, al 2 parti verdi non rimasero molto ben bagnate nemmeno col secondo 0 /s furono irrorate due piante, ma le trattamento, che fu fatto dopo dieci giorni. All’osservazione del 29 luglio le due piante si erano liberate di quasi tutte le cocciniglie colpite allo stato di larve. Ma v’ erano però le adulte vive assai numerose, le quali proliferavano indi- sturbate, infettando con miriadi di larve le foglie che avevano cominciato a riprendere vigore. Esper. N. 5 (2 luglio). Polisolfuro di sodio al sapone. Polisolfuro di sodio 5 °/,; sapone molle 1 °/,. L’ esperienza fu fatta sopra due piante. Il liquido aderì molto bene alle foglie, e la patina lasciata su di esse non era visibile che nei punti dove il liquido si era raccolto in più grande spessore. Non eran trascorsi che due giorni dal trattamento, che qualche foglia, seuotendo le piante, cadeva per terra. La caduta delle foglie avvenne spontaneamente qualche giorno più tardi in misura notevolissima, mentre sulle foglie rimaste attaccate agli alberi si andavan formando qua e là delle macchie disseccate rotondeg- gianti, color avana, come quelle prodotte dall’ emanazione di gas nocivi alla vegetazione. Il polisolfuro di sodio, infatti, quale venne usato a Mandarano, conteneva delle impurità emananti 1’ odore stesso del carburo di calcio del commercio. Il 29 luglio queste due piante si erano già liberate dagli insetti mostrando fronda pulita e di bell’ aspetto. Esper. N. 6 (3 luglio). Polisolfuro di potassio al sapone. Polisolfuro potassico 5 %,; sapone molle 1 °/,. La pianta irrorata con questo liquido rimase coperta di patina poco visibile, biancastra, opaca e fragile. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 71 Il 14 luglio essa ebbe un secondo trattamento, con lo stesso liquido, in cui però era contenuto il 2 °/, di sapone. Tanto in seguito al primo come al secondo trattamento la pianta perse un considerevole numero di foglie; però i frutti non subirono scot- tature. L’ effetto, anche sulle adulte, fu fortissimo. Però, all’osservazione del 29 luglio, questa pianta si presentava un po’ sofferente. Esper. N. 7 (6 luglio). Polisolfuro potassico colloidato. Polisolfuro potassico 7 °/,; farina di grano 2 °/,. Il trattamento fu fatto a due piante, le quali si rivestirono di patina grigio-azzurrognola, a splendore metallico. Questa patina 0/ era sensibilmente igroscopica. In seguito a questo trattamento la Bianca-rossa subì pronta- mente una distruzione di almeno il 99 "/,. Si ebbe però la caduta di alcune foglie e la scottatura di qualche frutto. Il 29 luglio, gran parte delle cocciniglie morte si era staccata dalle foglie. All’osservazione del 20 ottobre, si potè vedere che le due piante avevan perduto tutte le cocciniglie; ma erano alquanto sofferenti. Esper. N. 8 (7 luglio). Polisolfuro calcico colloidato. Polisolfuro calcico 5 %,; farina di grano 2 °/, Il liquido fu irrorato sopra una pianta. Tre giorni dopo vi cadde la pioggia; tuttavia il 2.° trattamento fu fatto il 16 luglio. La mattina del 22 luglio molte adulte erano ancora fresche; ma sotto gli scudetti materni le covate erano quasi tutte morte, tanto che larve di recente fissatesi non si riscontravano affatto ; mentre sulle piante non trattate 1’ infezione dilagava a vista d’occhio. Lo stesso giorno, e il successivo, la temperatura dell’ aria si elevò di 6° C. sulla media dei giorni precedenti e dei seguenti, arrivando a segnare 40°, Il 24 luglio moltissimi scudetti materni si erano arricciati agli orli e cadevano alla più piccola scossa insieme alle adulte dis- seccate. Il 29 luglio si poteva ancor meglio vedere ottimo risultato dei due trattamenti, che avevan liberato la pianta dall’ infezione senza recare nocumento alcuno nè alle foglie nè ai frutti. Esper. N. 9 (10 luglio). Polisolfuro potassico colloidato. 72 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Polisolfuro potassico 5 °/,; farina di grano 2 o o* Sulla pianta così trattata cadde la pioggia alcune ore dopo il trattamento. Il 16 Inglio fu ripetuta la irrorazione. Il 29 luglio sì poteva già constatare il più completo successo di questa formula. Tra le moltissime cocciniglie esistenti sulla pianta non fu pos- sibile trovarne una sola vivente, nemmeno fra le adulte. I frutti non avevano subìto scottature. Il 20 di ottobre la pianta si era liberata dagli insetti morti e sì presentava in ottime condizioni. Esper. N. 10 (15 luglio). Morchia d'olio alcalinizzato. Morchia d’olio 5 °/,; carbonato di sodio 2 °/,. Furono trattate con questa formula tre piante, le quali versa- vano in cattive condizioni, essendo gravemente infette da oltre un anno. Questo trattamento fece cadere alle piante un buon numero di foglie ma uccise un forte numero di cocciniglie. Il 29 luglio però fu visto che un disereto numero di adulte era ancora Vivo. Esper. N. 11 (16 luglio). Polisolfuro potassico colloidato. 0 0 Polisolfuro potassico 5 °,; farina di grano 2 °/. (Ripetizione dell’ Esper. N. 9). Questa esperienza fu istituita per vedere se un solo trattamento con liquido preparato da questa formula fosse sufficiente a libe- rare la pianta dall’ infezione; poichè sulla pianta dell’ esperienza N. 9 cadde la pioggia lo stesso giorno della prima irrorazione. In seguito all’ unico trattamento fatto, non caddero che rare foglie, ed i frutti non furono scottati. Ma la distruzione delle cocciniglie, per quanto molto efficace, non fu completa, come ri- sultò dalle osservazioni del 29 luglio e del 20 ottobre. Esper. N. 12 (16 luglio). Polisolfuro potassico colloidato. Polisolfuro potassico 6 °/,; farina di grano 2 °/, L’ unico trattamento fatto ad una pianta molto infetta sì, ma molto robusta, non fece cadere che poche foglie e non produsse scottature ai frutti. L’ insetticida però, come fu visto il 29 luglio, menò una vera CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 75 strage fra gli insetti. Tutte le covate di larve erano rimaste uc- cise sotto gli scudetti delle adulte. Il 20 ottobre la pianta si trovava in ottime condizioni; però su qualche foglia 1’ unica irrorazione non era arrivata, e vi erano parecchie cocciniglie vive. Esper. N. 13 (16 luglio). Polisolfuro calcico colloidato. a) Polisolfuro 5 Fu trattata una pianta ed ebbe un 2.° trattamento il 24 luglio. 0/ lè 90 10? farina di segale 2 °/, Il 29 luglio gli scudetti delle adulte si erano già orlati di grigio-chiaro. b) Polisolfuro 6 %,; farina di segala 2 "/,. Anche la pianta trattata con questa formola ebbe una seconda irrorazione il 24 luglio. La pianta non subì scottature altro che sopra un solo frutto. Il 29 luglio la patina si andava già arricciando anche sui frutti oltre che sulle foglie. La mortalità sulle adulte era già evidente. All’osservazione del 21 ottobre queste piante, su cui prima dei trattamenti estivi l’ infezione era fortissima, si presentavano con vegetazione splendida, per quanto ancora non si fossero spogliate che in piccola misura degli insetti già morti. Con il 21 ottobre cominciò a Mandarano il periodo delle piogge autunnali, il quale si protrasse per oltre un mese. In questo tempo perciò le piante suddette si liberarono in grandissima parte dagli scudetti e dai cadaveri delle cocciniglie. Così, ad un’ ulteriore osservazione, che fu fatta il 14 dicembre, le piante dell’ esperienza si mostravano rigogliose e pulite. Il nu- mero delle foglie non era diminuito, ed il loro colore non si era alterato. I frutti erano bellissimi, secevri da infezione e da patina d’ in- setticida. Soltanto qualcuno tra quelli più nascosti dalla fronda presentava, dalla parte inferiore, traccia dell’ insetticida; e ciò perchè le piante trattate avevano fronda molto fitta anche all’ in- terno. Su tutte e due le piante l’ infezione era scomparsa, lasciando però manifesti segni nel gran numero di macchie virgoliformi restate sulle foglie al posto delle adulte. Il 21 di ottobre le piante di confronto, che in luglio avevano la stessa infezione di quelle trattate, si mostravano in condizioni T4 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI disastrose. Avevan perduto e perdevano tuttora molte foglie, in- giallite ed uccise dalla infezione, che nei mesi di agosto e set- tembre si era moltiplicata a dismisura; tantochè qualche frutto era letteralmente coperto dalle cocciniglie. Il 14 dicembre queste stesse piante, nonostante che avessero avuto diversi trattamenti al polis. di calcio colloidato in ottobre— novembre, avevano perduto almeno la metà del loro fogliame, ed ì frutti riuscirono pressochè incommerciabili. Le foglie rimaste sugli alberi eran tutte giallastre e stracariche di infezione. Esper. N. 14 (18 luglio). Polisolfuro potassico. Unico trattamento su piante molto gravemente infette e piut- tosto deboli. a) Polis. pot. 5° Sapone molle 1. Alla pianta così trattata cominciarono a cadere ben presto delle foglie, e molte di più ne caddero successivamente. L’ azione del- l’ insetticida fu forte; tuttavia qua e là, il 29 luglio, si vedevano ancora adulte vive. b) Polis. pot. 6°. Sapone molle 1%. Questo trattamento distrusse completamente Vinfezione, ma fece *‘adere un gran numero di foglie e produsse scottature a molti frutti. c) Polis. pot. 6°. Farina di segale 2%. Anche questo trattamento distrusse le cocciniglie, e fece pur esso cadere molte foglie, sia pure già ingiallite dall’infezione. I frutti però, eccetto uno, non subirono scottature. Esper. N. 15 (18 luglio). Polisolfuri misti colloidati. \ Calcico 4% Ì Potassico 2° Con questa formola fu trattata una pianta, che il 25 luglio ebbe il 2.° trattamento. In seguito alla seconda irrorazione cadde qualche foglia tra le più vecchie; e qualche germoglio, come pure un frutto, furono scottati. Il 29 luglio l’effetto dell’ insetticida era già evidente, fortis- simo, e la patina non si era peranco arricciata nè serostata, nem- meno nelle zone di più grande spessore. Il 20 ottobre si potè riscontrare la completa distruzione delle Polisolfuro Farina di segale 2%. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI (03) cocciniglie e 1’ aspetto florido della fronda e dei frutti. La patina però, sulle foglie, v' era ancora in gran parte; non già sui frutti, i quali, con | accrescimento, avevano potuto nel frattempo libe- Parsene. Anche il 14 dicembre potemmo constatare, che la pianta si era mantenuta in ottime condizioni. Le foglie meno esposte al dilava- mento delle piogge presentavano ancora la pagina superiore co- perta, o quasi, di patina. Gli scudetti e gli insetti morti si erano distaccati, ma non tutti, lasciando manifesti segni della loro pas- sata presenza con le maechie virgolari, come abbiamo visto sulle piante trattate con polisolfuro di calcio. Esper. N. 16 (24 luglio). Polisolfuro potassico colloidato. Polis. potassico 4%,, farina di segale 2%. La pianta ebbe un 2.° trattamento il 30 glio. Il 20 ottobre essa mostrava l’ infezione completamente distrutta e la fronda in buone condizioni, salvo dalla parte più infetta, che perdette un numero considerevole di foglie. La fronda così trattata acquistò un color verde leggermente sbiadito, che la faceva distinguere da quella delle altre piante. Anche su questa pianta l'infezione lasciò i segni con macchie virgolari, sia delle adulte, sia, ed in grandis- simo numero, delle forme giovani. Il 14 dicembre si poterono con- fermare le osservazioni suesposte; se casualmente si trovavano coc- ciniglie viventi, esse erano giovanissime, o prossime a divenire ninfe; ma questo si deve senz’ altro all’ infezione portata dal vento dalle piante infette circostanti; poichè se si trattasse di cocciniglie sopravvissute ai trattamenti, esse avrebbero avuto tempo di dive- nire adulte e di prolificare abbondantemente. Esper. N. 17 (23 luglio). Polisolfuro calcico colloidato. a) Polis. calcico 5°; Farina di grano 2 °/. b) Polis. calcico 6°; Farina di grano 2°/,. Col liquido preparato da ciascuna di queste formole furono irro- ‘ate, il 23 luglio, 30 piante, scelte qua e là tra le più infette degli aranceti del Sig. Cav. Venerando Russo, a Mandarano. Tutte queste piante furono contrassegnate al tronco con spen- nellature di calce bianca; e poichè non sarebbe stato agevole rintracciarle, data la vastità dell’ agrumeto, a ciascuna di esse venne affidata una piccola bandiera, fissata all’ estremità di una 76 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI canna alta ceirea quattro metri e situata sovra 1 asse di ogni pianta. Le piante dell’ esperienza a) vennero contraddistinte con ban- deruole bianche; quelle dell’ esperienza 2) con banderuole rosse. (V. figura 19). Fig. 19. — Un giovane aranceto del Cav. V. Russo, su cui furono fatti, nel luglio 1914, due trattamenti con liquido al polisolfuro di caleio colloidato contro la Bianca- rossa (Le piante trattate sono contraddistinte con banderuole). Il 80 luglio ebbero tutte un secondo trattamento. Il 21 ottobre, quando fu fatta da noi la prima osservazione, non sì potè che confermare quanto il sig. Antonino Musumeci, l'ottimo agente del Sig. Cav. V. Russo a Mandarano, ci aveva comunicato -1 -1 CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI in una sua lettera dei primi di ottobre: « Gli esperimenti sulle piante delle bandiere hanno dato risultati splendidi... » Di una pianta trattata due volte con Polis. al 6°, furono stac- 0 ‘ati due rametti. Uno di essi aveva 48 foglie con un totale di 33 cocciniglie in grandissima parte adulte. Di queste, 326 erano morte ed S vive. Delle viventi, tre erano sopra una sola foglia maleon- formata, in una ineavatura bollosa non raggiunta dall’ insetticida. Numero medio di cocciniglie per foglia, circa 7 (6,9). 2 0/ Percentuale delle vive 2,3 %/,; delle morte 97, SE Nel giorno stesso dell’osservazione, guardando per trasparenza, le foglie infette e trattate, il numero delle macchie virgoliformi, corrispondente alle cocciniglie scomparse, risultò in media sestuplo di quello delle cocciniglie esistenti sulle foglie. La mortalità naturale fra le adulte di foglie non trattate oscil- lava allora intorno al 17%. Tenuto conto di ciò, ed essendo il 17 circa !/ di 100, il numero vero delle cocciniglie morte per eftetto dell’ insetticida risulta almeno cinque volte maggiore di quello riscontrato contando le cocciniglie morte rimaste ancora sulle fo- glie; e quindi la percentuale di mortalità s° innalza ad oltre il 99,5. Sovra V altro rametto, avente 22 foglie, sempre tenuto conto dei fatti sopra esposti, la mortalità prodotta dall’ insetticida fu trovata del(99:98:00. Sulle piante trattate col 5°/,, la mortalità delle cocciniglie era lievemente inferiore, ma sempre fortissima. Tutte le sessanta piante, poi, presentavano i frutti abbastanza ben ripuliti dalla patina insetticida e privi affatto di scottature, nonchè fronda rigogliosa e vegeta. Non si ebbe caduta di foglie nè danno alenno alle piante. Sopravvenuto poi il periodo delle piogge i frutti finirono di libe- rarsi da quel poco di patina che era loro rimasta, e il 14 dicembre si presentavano senza patina e privi d’ infezione. Questa esperienza è, secondo noi, d’ importanza capitale, poichè al momento in cui furono fatte la prima e la seconda irrorazione (23-50 luglio) eravamo in un periodo di grande attività riprodut- tiva della Bianca-rossa, nel periodo di massima schiusura delle larve della seconda generazione, quando dunque le cocciniglie della prima, comparsa in maggio giugno, erano già mature e quindi in condizioni di offrire agli insetticidi la massima resistenza. “1 (02) G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI b) AUTUNNALI. In seguito ai risultati ottenuti dalle due irrorazioni fatte in luglio agli aranci con Polisolfuro caleico al 5 e al 6 °/, colloidato col 2 °/, di farina di grano, il metodo di lotta da noi adottato contro la Bianca-rossa degli Agrumi poteva dirsi fondamentalmente risolto. Tuttavia, per quanto non fosse più necessario, sarebbe sempre stato utile mettere a disposizione degli Agrumieultori formole in- setticide, le quali esplicassero la stessa massima azione efficace alla fine d’ autunno e in inverno. A questo intento, fino dalla terza decade di ottobre furono da noi riprese, sempre a Mandarano, le esperienze contro la Bian- ca-rossa. Gli insetticidi posti in prova furono gli stessi polisolfuri colloi- dati a dosi però successivamente eguali e più concentrate di quelle sperimentate in luglio. Ma non appena furono iniziate le operazioni con le nuove serie di ricerche, la stagione cominciò a farsi inso- litamente piovosa, ed il periodo delle piogge si protrasse fino agli ultimi di novembre, con precipitazioni ad intervalli quasi sempre inferiori a due giorni. Così le piante irrorate furono ripetutamente dilavate e fu necessario perciò ripetere spesso le stesse esperienze. Queste avversità però ci fornirono l occasione per studiare il comportamento dei polisolfuri non solo rispetto alla temperatura, ma altresì verso lo stato igrometrico dell’ atmosfera e verso l’azione dilavante delle piogge. Dei singoli risultati, diremo mano a mano che esporremo le esperienze fatte. Esper. N. 1 (22 ottobre). Polis. calcico colloidato con 2%, di farina di grano. a) Polis. 5.°/.; b) Polis. 7%; c) Polis. 9°/- Con ciascuna di queste formole fu trattata una pianta, e tutte e tre erano stracariche d’ infezione e ridotte in condizioni molto gravi. La prima pioggia cadde a 17 ore dal trattamento. Fu sottile, leggiera, ma durò 5 ore. La seconda si ebbe dopo altri due giorni, CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 79 e durò quasi tutta la notte. La patina non fu asportata; ma le cocciniglie adulte, anche sulla pianta trattata al 9 %/,, la mattina del 27 ottobre mostravano sotto lo scudo le covate ancora vive. La mattina del 27 ottobre fu fatto un 2.° trattamento, in seguito al quale la patina restò umidiccia. Un primo esame alle cocciniglie trattate, fatto il 9 novembre, rivelò che sotto gli scudetti materni, le larve erano quasi tutte morte soltanto sulle foglie trattate al 9%; sotto gli scudetti delle altre due piante erano ancora molte larve vive. Il 16 novembre la pianta a ebbe un terzo trattamento. Il 25 novembre fu fatto 1 esame alle piante d e e. In questa epoca la mortalità naturale delle cocciniglie presen- tava profonda differenza con quanto avemmo occasione di verifi- care in giugno-luglio. Infatti, sulle adulte, si trovo del 25 °/,, mentre sulle seconde ninfe 9 e sulle forme giovani si trovò dal 19 al 20 °/,; sui maschi, infine, di 100 scudetti oltre la metà erano vuoti (56 °/,) e dei 44 con sotto ancora 1 animale, ben 40 erano morti e soltanto 4 vivi. La mortalità naturale dei maschi però andava soggetta a forti oscillazioni, e perciò nel fare 1’ esame delle foglie trattate non se ne tenne mai conto. Di più, avendo un gran nu- mero di adulte terminato di emettere le nova, molte di esse erano morte o stavano per morire. Con ciò si spiega perchè i polisolfuri in questa stagione riusci- vano più micidiali alle adulte anzichè alle larve ed alle ninfe. Ve- dasi il quadro che riportiamo. Trattamenti Coccipiglie adulte (PD) Larve e ninfe o 2£ mortalità | mortalità : Cio ETERO 2 NE N. Epoca 32 |Morte| Vive| = |É&TY|Morte| Viie| z az = poi FS = È 2 ESS 5 |525 5 (esi s |s#s | | 2 | 22-X | 27-X —_ (1) 76 24 25 68 53 47 20 41 2| » e 7 22 7003376200122 | | | SUC, » |iexI| 5 i SA AME REA. | ESIU G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI La grande differenza di mortalità prodotta dall’ insetticida fra le adulte e fra le larve e ninfe non è imputabile che allo stato delle adulte, che, come abbiamo detto, erano in gran parte mo- renti. Nelle successive esperienze abbiamo tenuto conto delle sole larve e ninfe, per evitare cause di errore nella forte oscillazione di mor- talità naturale fra le adulte. Esper. N. 2 (28 ottobre). Polisolfuro calcico colloidato ces. 9 Trattamenti Larve e ninte 2A FE N.° Giorno |__| _ è È Tie IBRA delle | del- E ingl MENTO 9 LD Morte Vive s È Giorno | Mese |Giorno| Mese | Piogge | l'esame | | 5 2 28 X ri XI 15 26-XI 25 75 6 7 2 » » T( XI 15 26-XI 35 65 17 9 2 » » » » 15 26-XI 52 48 40 DL 2 » » 16 XI 15 5-XII 73 20 66 14 2 » » » » 15 5-XII So 20 75 Mortalità naturale = 20 "/,. Appare da questo prospetto 1’ enorme differenza che passa fra l’azione insetticida del polisolfaro calcico in estate e quella ma- nifestata durante il periodo delle piogge autunnali. Vedremo poi quanto poco abbia influito la diminuzione della temperatura sulla diminuzione del potere insetticida. Qui è opportuno rilevare che, nonostante le ripetute piogge, la patina, tanto sui frutti che sulle foglie, resistette moltissimo, ed i frutti furono raccolti macchiati. Il distaccamento della patina insetticida, che sui giovani frutti è facilitato dal loro accrescimento, sui frutti già grossi e sulle foglie si deve molto più alla siccità, che la fa serepolare ed arrie- ciare, che non all’ umidità, la quale impedisce affatto questi fe- nomeni. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI . ‘91 Esper. N. 3 (30 ottobre). Polisolfuro potassico colloidato cs. Gi Trattamenti Larve e ninfe 2 tri =] NU Giorno | —__ - ASI | E = So Docs delle del- 5 asi MENTO : 7 Morte Vive 8 o Giorno | Mese |Giorno| Mese |Pi0gg0| l'esame = | Î | p A | 4 | 2 3000 5 | xr | 14 |25x1 | 76 | 24 | 70 5 » » » » | » 14 25-XI 88 12 | 85 6 » » » fc SOI 15 5-XII 95 DEI de» » » 28 | XI 15 28-XI | 72 28 65 SATA | CZ. A ea 15 | 28-XI 85 15 81 Mortalità naturale = 20 °/,. Questi risultati, dal punto di vista del potere insetticida, sono splendidi, tenuto conto dell’ azione dilavante delle piogge. Però alla pianta che ebbe un 2.° trattamento al 6°/,, caddero molte foglie, non solo tra quelle ingiallite dall’ infezione, ma anche tra quelle che, essendo ancora verdi, avrebbero potuto ancora per parecchi mesi compiere le loro utili funzioni sulla pianta. La pianta, che ebbe il 7/,, ricevette un 2.° trattamento dopo 103 che ne fu fatto l esame, il 28 novembre. Ma questo trattamento fece cadere un grandissimo numero di foglie, anche perchè èl pe- riodo delle piogge era cessato, e | umidità atmosferica, rendendo costantemente umida la patina insetticida, rese enormemente attiva e caustica l’azione di questa. Caddero pure dei frutti. 00 Anche alla pianta che ebbe un solo trattamento all’ 8°), cadde un grande numero di foglie. Esper. N. 4 (31 ottobre). Polisolfuri misti colloidati cs. °l, del t ; Larve Polisolturo UCVOTORE I © e Ninfe È di EE o 8 Ss Epoca ©.2 5 i (=; Ae Regine 2a Ma È ‘n ° ° - [o] 90 CRA EST ere gie MEI E EM e E a ee (Au O) (A ao "| eo si | | | | 5 Pianta a | 4| 2] 2|31|X| 7|XI| 16|26XI| 82| 18| 77 Ri BIT bi 3 RI 137 Nene | ao (5-XII | (62°%|.38. | +52 dle NET AL A E160|27-XI) -44.|\1567| 30 » dd DANIEL 2 » | » TAXI 16 |(27-XI|80|020)|./75 Mortalità naturale = 20 °/,. « Redia ”, 1915. 6 S2 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Sulla pianta della prova 2.* (Polis. Poka “) cadde una piog- Cale. d gerella mezz’ ora dopo il 2.° trattamento; e ciò può dar ragione del minore effetto conseguito in confronto a quello della prova 1." Pos. 26 Cale. 4 ‘ o Poichè, infatti, non è la quantità della pioggia caduta nè il numero delle precipitazioni soltanto, che influiscono sui risultati; ma l’ intervallo di tempo che decorre fra un trattamento e la prossima successiva pioggia. (Polis. Delle quattro piante così trattate, soltanto la pianta a conservò quasi interamente il numero delle foglie; dalle altre ne caddero in gran numero e quindi le formole con cui vennero trattate non sono da raccomandarsi. Esper. N. 5 (5 novembre). Polisolfuro potassico, colloidato cs. Si Trattamenti Larve e ninfe 2 25 No Giorno | —T__,____ 2 Csi È n io poca delle | del- S | N | È ; Morte Vive E È Giorno | Mese |Giorno| Mese |Piogge| l'esame = 5 2 5 XI 27 XI 11 25-XI 40 60 25 ri ON MESS » |» » 11 » 61 39 51 8 2 » » » » 11 » 63 37 58 Mortalità naturale = 20 °/,. Quest’ esperienza, che fu istituita perchè su quella del 30 ottobre cadde una prima forte pioggia a due giorni dal 1.° trattamento, non fu più fortunata, perchè su queste tre piante la prima pioggia, e forte, cadde a sole dodici ore dal 1.° trattamento. Ciò spiega perchè la mortalità questa volta è stata notevolmente più bassa, e cioè del 14°/, più bassa per la pianta trattata al 7 ‘/, e del 28 per quella trattata all’ 8°; e dà anche ragione della mancata caduta delle foglie. Di CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI Si Un fatto ancor più importante emerge dalla considerazione di queste esperienze; e che cioè, anche il polisolfuro potassico colloi- dato, come quello di calcio colloidato, non produce la morte degli insetti rapidamente, ma in seguito ad una notevole durata del suo contatto con le cocciniglie durata che, come si vede, oscilla da qual- che ora a più giorni, secondo il grado di resistenza dei singoli indi- vidui colpiti dall’ insetticida. Il 27 novembre, due giorni dopo averne fatto 1 esame, queste tre piante furono nuovamente trattate. Ma, essendo proprio il giorno innanzi cessato il periodo delle piogge, la lunga permanenza del- l insetticida, che 1’ umidità autunnale rendeva costantemente umi- diccio, fece cadere un grande numero di foglie, specialmente alle piante 2.% e 3.*, attivando nello stesso tempo il potere mortifero del polisolfuro, così da distruggere completamente 1 infezione. In seguito al defogliamento però le piante si mostravano soffe- renti. Esper. N. 6 (7 novembre, ore 10). Polisolfuro calcico, colloidato es. 9 Trattamenti Larve e ninfe È Te No Giorno /——__|J |, î E ie _ Leal ca E Ss N a Li Morte Vive 5 È Giorno | Mese |Giorno| Mese | Piogge| l'esame Ss | 1 2 T XI 25 D:d 1 11 11-XII 75 | 25 69 il 2 PI a i DS | Dex 76 i 24 70 | | | | | Mortalità naturale = 20 ‘/,. Dopo il 2.° trattamento si ebbe una sola pioggia; ma però a 12-16 ore soltanto di distanza, ed in quantità di circa sei mil- limetri. In seguito a questi trattamenti non caddero foglie. G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI (e $, rsa Esper. N. 7 (7 novembre, ore 14). Polisolfuri misti, colloidati cs. °|, del ; © x lo Poligolfuro Trattamenti ° È n E Larve e ninfe £ Do ca = ° s È Epoca ga 3 É O PR.) 59 sn 2a R E È 5 2 PIOmEdll Mese. Giorno)|| Nene | (sso Di S midi i = Qi z iS | | | | | | 5 3 2 Ti XI | 18 XI 11 |11-XII| 82 18 TT 7 4 DS » | 28 | XI | d1 |28-XI | 73 | 27 | 66 | | | Mortalità naturale — 20 °/,. A un'ora e mezzo dal 1.° trattamento cadde una pioggia sot- tile, che però non asportò la patina insetticida. Tenuto conto delle piogge cadute, 1’ effetto ottenuto da queste formole, è molto forte. Ma non sono formole da raccomandarsi, perchè hanno fatto cadere un grandissimo numero di foglie. Specialmente alla seconda pianta, a cui il 2.° trattamento fu fatto dopo il periodo delle piogge, cadde un numero di foglie veramente straordinario. L’ infezione però fu completamente distrutta. Esper. N. $ (9 novembre). Polisolfuri colloidati con farina di castagne. Prima di applicare alle piante intere questi polisolfuri, ne fu studiato il potere adesivo agli organi verdi con esperienze preli- minari fatte in piccolo. Il polisolfuro scelto fu quello di calcio, al 5%, colloidato col 2,5-2-1%, di farina di castagne, fatta bollire per qualche minuto in una quantità di acqua 20 volte maggiore di quella della farina. Le prove, molto numerose, furono fatte su foglie di arancio, tanto giovani che vecchie. Esse venivano immerse in un bicchiere con- tenente il liquido in prova, e subito dopo estratte. Da esse risultò che nè )° 1°, nè il 2°, di farina di castagne bollita era sufficiente a conferire al liquido potere adesivo per- fetto, e nemmeno, per le foglie giovani, il 2,5 °/,. In seguito a questi risultati, il giorno dopo furono ripetute le prove sperimentando, sempre con lo stesso polisolfuro di calcio al Petto Pi CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI S5 5 °/,, anche con farina di castagne cruda e confrontando con farina di frumento, sia bollita, sia cruda. Le prove furono fatte tutte su foglie dell’ annata, adoperandone dieci in ciascuna prova. La limitazione delle ricerche alle foglie giovani si deve al fatto, constatato anche nell’ esperienza del 9 novembre, che quelle vec- chie, specialmente in questa stagione, si bagnano con molta mag- giore facilità. Le foglie giovani, trovandosi ora nella parte più alta della chioma, a più ragione devono esser colpite dall’ insetticida, per distruggervi 1’ infezione e impedire che essa ricada, moltipli- candosi, sulla fronda più bassa. I risultati ottenuti da questa seconda serie di prove conferma- rono pienamente quelli ottenuti in precedenza, e ci permisero di concludere: 1.° Che per aderire bene alle foglie di arancio giovani occorre che la farina di castagne si trovi, se bollita, nella dose del 3 ‘/,, nel liquido. 2.° Che la farina di castagne cruda comunica al liquido po- tere adesivo maggiore di quella bollita. 3.° Che in ogni caso la farina di frumento dà al liquido pro- prietà adesive molto più forti della farina di castagne. 4.° Che mentre in maggio, giugno e luglio, per bagnar bene le foglie giovani occorreva la presenza del 2°, di farina di fru- mento bollita nel liquido, in novembre questa dose potrebbe essere ridotta di °/,. Diciamo potrebbe essere, soltanto se della farina di frumento do- vessimo tener conto ed apprezzare nient’ altro che il potere ade- sivo; ma, come vedemmo dalle esperienze condotte in estate, essa accresce pure il potere insetticida di molte sostanze indipendente- mente dal comunicear loro la proprietà di bagnare gli organi verdi degli Agrumi. Entrando in giuoco un tal genere di accrescimento del potere insetticida, non è indifferente aggiungere una minore od una mag- giore quantità di farina al liquido, come non è indifferente che la farina sia cotta invece che eruda. Aggiungiamo che, nonostante le foglie giovani di arancio si bagnassero molto bene anche col liquido al 0,5, di farina di fru- S6 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI mento, foglie staccate da quegli stessi rami, che ne dettero per le esperienze, furono tutte bagnate malissimo dal liquido al poli- solfuro calcico non colloidato. Esper. N. 10 (10 novembre, ore 15). Polisolfuro calcico al 9°), diversamente colloidato. D | Larve è ; T Ta Trattamenti | ° e ninfe Natura RI | 3 o f 33 & Epoca | dol ae = della 2|8 NES RESES £ 3 ° | 2 | 53 |M i 5 © | orte| Vive| © sostanza colloide u=] E Ana GIR EE è = a ARE RE] .9 È 3 LI | to | si Si E | E 2 \ bollita - .13]|)2| 10.| XI 12 | XI | 7|5-XII|1327| 27 | 97,5 i z / | rà 2 [4 E eruda 2 |» » » » » 7 » 67) 33 59 | Il l Farina di frumento | bollita. . 2|» » » » » 7 » 78| 22 72 Mortalità naturale = 20 "/,. A due ore di distanza dal 1.° trattamento cadde una breve, ma forte pioggia. Nella notte successiva piovvero 10 mm. di acqua. Dopo il 2.° trattamento il tempo si mantenne asciutto per circa due giorni. Maneando i termini di confronto per la 2.* e 3.* pianta poco avremo da osservare sui risultati ottenuti sovr’ esse. Notiamo sol- tanto che, il giorno dell’ esame, sulla pianta 3.* (farina di grano) la patina presentava scrostature molto minute, ma non arriccia- ture vere e proprie. Sulla 2.* (farina di castagne eruda) nè arrie- ciature nè serostature. Sulla 1.* però il fenomeno dell’ arriccia- tura della patina era così marcato ed ebbe eftetti tali, che merita di parlarne più diffusamente. Ad un solo giorno dal 2.° trattamento, essendo la stagione fredda e burrascosa, con vento violentissimo di N-W, la patina andava serostandosi su moltissime foglie sollevando ed asportando dalle coe- ciniglie forse già morte, ma ancora fresche, gli scudetti. Nelle zone CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI ST di distacco della patina, nessuno scudetto, nè di larva nè di adulta, veniva risparmiato al sollevamento. Così che, allorquando si pro- cedette all’esame delle foglie, il 5 dicembre, moltissime cocciniglie, denudate del loro seudetto, furono trovate seccate sul posto, mentre ampie zone delle pagine fogliari si erano liberate ormai della crosta insetticida. (V. la fig. 4 della Tavola). L'importanza di questo denudamento delle cocciniglie non sfug- girà ad alcuno, poichè, indipendentemente dal potere insetticida diretto delle sostanze costituenti la crosta, gli insetti così denu- dati sono condannati a morte sicura ed immatura. Nella lotta contro i Coccidi sarebbe questa la prima volta, per noi, che interviene efficacemente l’azione fisico-meccanica del denu- damento prodotto dall’ insetticida, aprendo così un nuovo campo di ricerche per la difesa contro le cocciniglie. L'esame delle cocciniglie su questa pianta fu esteso a dieci foglie, staccate qua e là dalle varie parti della chioma. Su queste foglie furono contate 1354 cocciniglie, tutte larve e ninfe. Di queste cocciniglie, ben 871 furono trovate morte scoperte, cioè denudate dello seudetto, su quelle zone delle foglie da cui si era già staccata la patina, asportando con sè gli seudetti della Bianea-rossa. Una buona metà di questi insetti trovati scoperti erano già disseccati; gli altri non ancora, per il più recente distacco della patina al di sopra di essi. Delle altre cocciniglie, 456 erano morte e coperte ancora dallo seudetto e dalla patina, e le rimanenti 27, ancora vive, sotto il loro scudetto di protezione. Mortalità dovuta all’ insetticida = 2,00) In seguito a tali risultati sorse però il dubbio che, invece della qualità della farina avesse influito la quantità della medesima; poichè era questa la prima esperienza in cui la materia farinosa entrava nel liquido nella dose del 3 °/, invece che del 2 °/,. Per questo, fu trattata una pianta di arancio con Polis. calcico, in cui la farina bollita di frumento figurava nella proporzione del 3%/,. Ma, come vedremo più avanti, la stagione non ci permise di fare il confronto desiderato. 97,5%. (Mortalità naturale (05) (0.5) G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Frattanto, poichè tra le formole di polisolfuri misti colloidati col ‘o di farina di frumento, quella col 2 “/, di Polis. potassico col 4°/, di Polis. calcico aveva dato i migliori effetti (v. Esper. N. 4), furono con la stessa formola trattate quattro piante. 90 Espet. N. 11 (14 novembre). Polltcltaro Trattamenti 2 2 |Larveeninfe| _ E GIS MG È 9 È 2 Epoca 53 85 E n se © so ur RI k Dr E E I jl6= 53 |Morte| Vive Si ($) È 5 Giorno | Mese | Giorno | Mese = usi Vai | | | 4 2 2 TI XI TAI SITA ISO ASTON re Ì | » » » 14 XI 14 XI » | TX) 4 26 67 | » » » » » 23 XI » | 11-XII| 84 16 IO) | | » » » » » 23 RITO ME, | 11-XII| 83 17 79 | | | Mortalità naturale = 20 °/,. Di queste quattro piante, irrorate verso le 7 del mattino, le prime due ebbero un secondo trattamento verso le ore 11 dello stesso giorno; le altre due, dopo 9 giorni. La ditterenza fra i primi due e i secondi due risultati, come si vede, non è stata grande. Sulla seconda pianta il minor effetto dell’ insetticida si può spiegare con la molto maggiore robustezza e col colore molto più cupo del suo fogliame, in confronto alle altre tre piante; per cui gli insetti, in condizioni di miglior nu- trizione, hanno offerto una resistenza maggiore all’ insetticida. Esper. N. 12 (16 novembre, ore 14). Polisolfuro misto colloidato con farina di castagne bollita. | di calcio 4°, Polisolfuro |\---—___; farina di castagne 3°/,. di potassio 2 Su questa pianta caddero 4 mm. di pioggia la notte successiva al 1.° trattamento. Il 2.° trattamento fu fatto il 24 novembre ed ta fee D CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI S9 ( anche dopo di questo, nella notte fra il 25 e il 26 novembre, cad- dero 6 mm. di pioggia. Dopo alcuni giorni la patina si andava fortemente scrostando, tanto sulle foglie come sui frutti, nello stesso modo già riscon- trato nell’ esperienza N. 10, e forse anche più fortemente. Il 7 dicembre, come nei giorni antecedenti, la patina mon pre- sentava quasi affatto proprietà igroscopiche. Il 13 dicembre fu fatto 1 esame delle cocciniglie, nello stesso modo seguito per la 1.* pianta dell’ esperienza N. 10. Esaminate dieci foglie, prese qua e là sulla fronda trattata, vi furono contate 1031 cocciniglie, fra larve e ninfe. Di esse, 387 erano denudate dello scudetto ed avvizzite; 627 furono trovate morte con ancora addosso lo scudetto e sullo scu- detto la patina insetticida, e le restanti 17. vive, sotto il loro scudetto. Essendo la mortalità naturale del 20 “/,, la mortalità dovuta all’ insetticida resta tuttavia altissima, cioè del 98 °/,. SORA. Esper. N. 15 (15 novembre). Polisolfuro Vee , farina i potassico 4 °/, di grano 2°/,. Su questa pianta la prima pioggia, e leggiera, cadde a tre giorni dal.trattamento, unico. In seguito piovve soltanto due volte; così che il giorno dell'esame (11-XII), la mortalità dovuta all’ insetti- cida fu trovata, sempre su larve e ninfe, del 92%; mentre la stessa formola, con un solo trattamento, produsse nell’ Esper. N. 4 la mortalità del 30°/,, a causa delle più frequenti ed abbondanti piogge. Però la pianta così trattata perdette un gran numero di foglie. Esper. N. 14 (28 novembre). Questa è la prima delle esperienze condotte sulle piante in autunno, che ebbe la fortuna d’ incontrare tempo sereno per un grande seguito di giorni, e da questo momento, quindi, i risul- tati ottenuti dalle stesse formule sperimentate nel periodo piovoso, furono ben diversi, come ora vedremo. Una pianta fu trattata due volte, il 28 ed il 30 novembre, con la stessa formola delle esperienze in grande condotte in luglio, e cioè con Polisolfuro di calcio al 5%, colloidato con farina di grano al 2/,. 90 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Il 15 dicembre, dopo 17 giorni di tempo asciutto e in buona parte sereno e freddo, la mortalità riscontrata su larve e ninfe, e dovuta all’ insetticida, saliva al 95 °/,. Questo risultato è molto importante, poichè dimostra: 1.° Che la diminuzione del potere insetticida del polisolfuro di calcio colloidato per il solo effetto della minor temperatura del- l’aria non è molto notevole. Infatti, mentre la temperatura dell’ estate saliva quasi ogni giorno sopra i 30° ©. raggiungendo talvolta 38° e 40° C., durante la prima quindicina di dicembre saliva soltanto a 15°-20°, e il potere insetticida dava pure una così alta mortalità. 2.° Che la stessa diminuzione è invece fortissima per l’azione dilavante delle piogge. Infatti, nell’ esperienza N. 1, del 22 ot- tobre, si ebbe soltanto il 6%, di mortalità con due trattamenti al 50 lo Esper. N. 15 (1.° dicembre). Polisolfuri misti colloidati al 2°/, di farina di grano. |, del ; © À Polcolfaro Trattamenti “, o |Larvee ninfe SE ° E 3 i s = ° 3 i Epoca sù 49 G ar: A ® Pola kW si 3 E zi SF |Morte| Vive 9 È =) E È O) = O 9 Z |Giorno| Mese |Giorno| Mese = =] (I Z | | il ANNI: | 2 1 XII T XII 0 14-XIT| 124 1 99 | | | | 5 Di » » » » » 0 » 117 3 97 | | | ri 2 » » » oli» » DINI » 118 2 98 | Ì Mortalità naturale = 20 °/,. Tutte queste formole, riuscite efficacissime durante la stagione non piovosa, fecero cadere delle foglie alle piante. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 91 Esper. N. 16 (2 dicembre). Polisolfuri misti, colloidati col 3%, di farina di castagne. idee Trattamenti se o |Larve e ninfe | e Ss of x = Gs 25 alli Sl Epoca ARI 58 MEG .= © i D v 52 IR [LI Sr DS f z= SF |Morte]| Vive S $) G) 5 |Giorno| Mese |Giorno | Mese S 3 a Lu Z 4 2 2 2 XII 9 | XI O |15-XII| 118 2 98 13) 3 1 2 XII — _ O |15-XII| 118 2 98 7 2 2 2 XII 9 XII O |15-XII| 119 1 99 Mortalità naturale = 20 °/,. Tutte queste formole fecero cadere molte foglie. Non si è verificato arricciamento nè serostamento di patina. Questo fatto si deve alla mancata pioggia, la quale, non aspor- tando il polisolfuro potassico, ha lasciato che il potere igroscopico di questo mantenesse costantemente umida la patina impedendone il disseccamento e quindi 1 arrieciamento e il distacco. 20 Esper. N. 17 (4 dicembre). Polisolfuri misti, colloidati col 3 di farina di castagne. Polisolfuro Trattamenti So Larve e pinfe| © è S Ho Giorno 5 5 Epoca E i | z Natura i lo FA] zi dell'esame |Morte | Vive e 5. |Giorno| Mese i | = Zani 5 | Potassio . . 6 1 d XII — 15-XII 119 1 99 Cocciniglie Calcio ...|14(1) 1 » » ? 17-I11-1915 | 693 | 30 | — | (1) Di questa pianta, come di quelle delle esperienze successive, 1 esame non si. potè fare durante il nostro soggiorno a Mandarano; esso fu fatto nel marzo 92 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Esper. N. 18 (4 dicembre). Polisolfuro caleico, colloidato con fa- rina di grano. Questa prova fu fatta per mettere in rilievo 1’ influenza della quantità di farina di grano sul potere insetticida del polisolfuro calcico, e per vedere se con la dose del 3 °/, di detta farina si fosse verificato |’ arricciamento della patina, come per la farina di casta- gne. L’arricciamento non si ebbe; i risultati sono quelli esposti nel seguente quadro: o Trattamenti S È | Cocciniglie I Da Giorno Si IE Epoca È i po Morte Vive | Ss ® 5o == cell f 2,5, dell'esame ciò | UE È Giorno| Mese Aa) | Adulte Giovani, Adulte (Giovani È s =] | | 37 | dd 1 — rm pe dl 3 1 4 XII ? 17-11I-1915 81 1 231 | 282 î 4 —_—_— . = -—>Pr r—. 11 2 » » » ? 17-1I1-1915 513 abi ce calcico 5° Esper. N. 19 (9 dicembre). Polisolfuro E IA - farina di { potassico 3°, 0/ castagne 5 ‘/,- Il 17 marzo, su 10 foglie furono contate 530 cocciniglie, di cui 507 morte e 23 vive. Delle 507 morte, 67 erano adulte e 440 giovani. Delle 23 vive, S erano adulte e 15 giovani. da del presente anno, su fogliame prelevato dalle piante trattate ed inviatoci eor- tesemente a Firenze dal Sig. Antonino Musumeci, Agente del Cav. V. Russo a Mandarano, Ogni esame fu fatto sulle cocciniglie, giovani e adulte, trovate su 10 foglie. Delle 693 morte, 198 erano adulte e 495 giovani. Delle 30 vive, 23 erano adulte e 7 giovani. sani ai ape ita CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 95 Esper. N. 20 (14 dicembre). Polisolfuro di calcio, colloidato col 2%, di farina di grano. ° Trattamenti | So Cocciniglie 28 BEI ; PESI I Giorno 3 do = Epoca | g@& Morte Î Vive z| ® |—__-[ | fs s | sa s | (Mit dell'esame _ | i A 5 Giorno| Mese Di Adulte \Giovani| Adulte |Giovani Z | 36 60 10 18 — ann —r—. 15 1 14 XII ? 17-1II-1915 96 28 | | 88 uno C10 11 e ee _— rr —. 20 1 14 XII ? 17-11I-1915 265 21 Dalle esperienze ultime, di cui esame fu fatto a marzo, emerge: 1.° che aumento dell’ 1 ha avuto notevole importanza; (1) 0 di farina di frumento (Esper. N. 18) 2.° che a pari quantità è stata più efficace la farina di fru- mento di quella di castagne (Esper. 17 e 18 in confronto); 3.° che le due ultime esperienze sono riuscite peggio delle pre- cedenti, e ciò perchè dopo qualche giorno ricominciò a piovere. Tuttavia, la mortalità degli insetti è stata molto più forte di quello che apparisca dal numero delle cocciniglie trovate morte; poichè tutte le foglie esaminate (specialmente quelle dell’Esper. 20) presentavano a centinaia i punti chiari, indizio di altrettante coc- ciniglie cadute dalle foglie prima che noi le avessimo potute esa- minare, XV. — II Polisolfuro di calcio. UN PO’ DI STORIA. Il polisolfuro di calcio, che da molti anni è entrato nel numero degli insetticidi, era anticamente noto ai Siciliani col nome di corallina, la quale veniva adoperata soltanto come depilatorio nei costumi intimi dei mussulmani. 94 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Le sue applicazioni agricole però non si sono avute che nella seconda metà dello scorso secolo. Secondo, infatti, quanto riferisce Chas. P. Lounsbury (1) una soluzione ottenuta facendo bollire calce e zolfo insieme venne usata come fungicida in Francia nel 1851. Poco dopo essa fu introdotta in Australia, dove però si usava per lavaggi alle pecore. Come insetticida, è probabile che il suo uso risalga a questa stessa epoca; ma le prime notizie scritte sull’ impiego della me- desima sostanza nella difesa delle piante contro le cocciniglie non compaiono che molto più tardi. Così nel 1890 W. Coquillet (2) fece delle prove comparative allo scopo di determinare quale fosse |’ agente efficace della mistura a base di calce e zolfo, la quale però conteneva altresì del cloruro di sodio greggio e del solfato di rame. Egli concluse che, nè lo zolfo solo, nè la sola calce, nè lo zolfo o la calce addizionati di sale erano efficaci contro la cocciniglia su cui aveva condotto le prove, 1’ Aonidiella perniciosa, e ritenne che il sale greggio con- tribuisse a comunicare alla miscela maggiori proprietà adesive. Nel 1901 ©. W. Mally (3) da prove comparative da esso con- dotte in gran numero, concluse che 1° agente eftettivo della mi- scela allora adoperata era il polisolfuro di calcio. L’aggiunta del sale greggio fu poi riconosciuta inutile. Nel 1907, W. W. Chase, infatti (4) scriveva: « The results obtained from lime, sulphur and salt wash do not appear to be superior to those obtained from the lime-sulphur preparation. It is inadvisable to add the salt.... ». Circa l’ aggiunta alla miscela del solfato di rame (bluestone) che si faceva anch’ essa per la medesima ragione del sale greggio, l’Alwood e il Philipps (5) fino dal 1902 la ritennero non solo non necessaria, ma anzi, dannosa : « We do, however, advise the omis- (1) Lime-Sulphur-Salt wash for scale insects. « Agricultur. Journal », of june 19 th, 1902, Cape Town. (2) U. S. Dep. of. Agr. Entomological Bullettin 23, 1891, Washington. (3) Entomol. Annual Report for 1901, Cape Town. (4) Georgia State Board of Entomology, Circular N, 6, october 1907. (5) The Lime-Sulphur Wash: Orchara studies. Virginia Agric. Exp. Stat. Bul- lettin N. 141, october 1902. _ he CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 2a St sion of bluestone, as it forms heavy, coarse precipitates with the lime, and may even tend to weaken the strength of the wash ». Perciò riteniamo che, anche nel caso in cui la miscela dovesse servire per combattere, contemporaneamente alla Bianca-rossa, qualehe malattia erittogamica, prima di aggiungere solfato di rame al polisolfaro calcico convenga tener conto del grave inconveniente che si ha con la formazione di un precipitato, che diminuisce il potere insetticida della miscela. Molto variabile è la proporzione degli ingredienti che vengono uniti nelle poltiglie solfo-calciche. Nelle prime formole usate la calce figurava in quantità doppia rispetto allo zolfo; poi le proporzioni vennero successivamente modificate dai varì sperimentatori, tanto che non era facile orien- tarsi per 1 applicazione della migliore. Émile Scanno, Commissario orticultore del 4.° distretto della California, nel 1896 ne racco- mandava una in cui calce e zolfo stavano nel rapporto di 1 a 1. E. P. Felt, nel 1905 (1), scriveva: « Our experiments confirmed previous conclusions, that a little more lime than sulphur was an advantage.... ». Più tardi, Thatcher (2) dimostrò che 1 parte di calce e 1,95 parti di zolfo erano le proporzioni in cui dovevano essere usati i materiali chimicamente puri. Questa scoperta teorica ebbe riscontro nella pratica; poichè oggi il rapporto più in uso fra le due sostanze è quello di 1 di calce a 2 di zolfo, tanto da noi (3 e 4) che in America (5). Oggi sembra accertato, che dalle complicate reazioni che avven- gono quando calce e zolfo sì bollono insieme, i composti principali (1) Experiments with Lime-Sulphur-Washes. Proceedings of the Seventeenth an- nual meeting of the Association of Economie Entomologist. U. S. Dep. Agr. Washington, 1905. (2) Bullettin 76, Washington Agrie. Exper. Station, 1908. (3) L. SAVASTANO, La manipolazione della poltiglia solfocalcica. Bollettini della R. Stazione Sperimentale di Agrumieultura e Frutticultura in Acireale 1912- 1913. (4) G. MARTELLI, Studî sui polisolfuri di calcio concentrati. « L’ Agricoltore Etneo ». Bull. del Comizio Agrario di Acireale, 1913. (5) H. V. TARTAR, A report of chemical Investigation on the Lime-Sulphur Spray. Corvallis, Oregon Agrie. Coll. Exper. Stat., 1914. 96 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI che si formano sono pentasolfuro di calcio (C. S,) e tetrasolfuro di calcio (C, S,) i quali contengono rispettivamente 80 e 76 °/, di zolfo. Nello stesso tempo si forma una piccola quantità di tiosolfato di calcio (C4 S,0,). Questi tre composti sono solubili in acqua e danno alla soluzione il suo potere insetticida (1). Gli studi degli Americani sui polisolfuri di calcio non furono però da loro quasi mai applicati alla Bianca-rossa, inquantochè questa malattia non ha in America 1’ importanza che ha, purtroppo, nel bacino del Mediterraneo. Da noi, lo studio dei polisolfuri di calcio in applicazione spe- cialmente contro la Bianca-rossa è stato iniziato qualche anno fa dal Savastano, il quale, con le sue pubblicazioni, ha molto contribuito a disciplinare fra gli agrumicultori la preparazione della poltiglia solfo-calcica, dettando norme precise in proposito e costruendo uno speciale densimetro. Interessanti sono pure gli studi di G. D. Shafer (2), di H. V. Tartar e di G. Martelli, il quale fece per la provincia di Messina ciò che il Savastano fece per quella di Catania. Ma nessuno, erediamo, si era occupato fino ad ora di studiare l’ adesione del polisolfuro di calcio alle foglie di Agrumi, sulle quali esso scivola con estrema facilità, lasciandole non bagnate. Gli studì e le esperienze da noi fatti in proposito sono stati, come abbiamo visto, decisivi; poichè con l aggiunta della farina di grano al polisolfuro se ne è assicurata 1 adesione alle foglie anche giovani, e se ne è accresciuto talmente il potere insetticida, da rendere la colloidazione del polisolfuro indispensabile nella difesa degli Agrumi contro la Bianca-rossa. COME SI PREPARA IL POLISOLFURO DI CALCIO COLLOIDATO (formola Del Guercio) A MANDARANO. a) Preparazione del polisolfuro di calcio. — Il polisolfuro di calcio a Mandarano si fabbrica entro caldaie cilindriche inca- (1) M. V. SLINGERLAND and C. R. CrosBy, Manual of Fruit Insects, pag. 481. New York, 1914. (2) Some properties that make Lime-Sulphur wash effective in killing Scale-In- sects. « Journal of Economie Entomology », februar, 1911. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 97 strate in appositi fornelli. Le caldaie, data l’importanza notevole della preparazione, sono due, entrambe di grossa lamiera di ferro, con fondo piatto, leggermente arrotondato agli orli. Superior- mente esse sono munite di due maniglie articolate a cui si affida la catena di un paraneo, che serve ad estrarle dal fornello quando il polisolfuro è preparato. Questo paranco, sitnato ad egual di- stanza dalle caldaie, serve, girandolo opportunamente, all’estrazione di tutte e due le medesime. A 535 em. dal loro orlo superiore le caldaie sono provviste di un robusto cerchio di ferro con sezione a squadro (L) che con il lato verticale si fissa alle caldaie e con quello orizzontale poggia sul piano superiore del fornello formando un margine che, mentre tiene sospesa la caldaia, ottura perfettamente la volta in cuni essa viene ad incastrarsi con la sua parte inferiore. In una vecchia costruzione il margine superiore di queste volte era in mattoni. Con le manovre delle caldaie però esso si slabbrava qua e là lasciando uscire durante il riscaldamento fumo e talvolta fiamme dalle slabbrature. Se il fumo recava soltanto molestia agli operai, le fiamme provocavano talvolta VP incendio dello zolfo, che l'operaio stacciava sulla caldaia. Per evitare questo inconveniente, il sig. A. Musumeci fece in- castrare nella muratura del fornello le tre gambe ritorte di un treppiede sormontate da un robusto cerchio di ferro a sezione qua- drata, il quale viene a formare V orlo superiore della volta del forno. Quest’ orlo, sopportando esso solo lo sfregamento della cal- daia durante le manovre, evita le slabbrature sopra lamentate. I due fornelli costituiscono, nel loro insieme, un prisma rettan- golare di muratura avente un piano superiore (fig. 20) lungo me- tri 3,25 e largo m. 1,50; ed un’ altezza di m. 1,57. Le due volte dei fornelli, o buche delle caldaie, distano tra loro S4 em., spazio sufficiente all’ appoggio di una caldaia, necessario quando la caldaia si toglie dal fornello. Al piano superiore dei fornelli si accede mediante alcuni scalini in muratura. La figura 210 fa vedere la bocca del forno col sotto- stante cinerario. Internamente i fornelli sono rigonfiati in alto (fig. 21) in modo n Redia », 1915. 7 98 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI da lasciare intorno alle caldaie un’ intercapedine di 15 cm., ed in alto tra loro comunicano immettendo in un unico tubo verticale per lo sfogo dei prodotti della combustione. La quale si fa sempre con frasche e con legna. 077 Fig. 20. — Pianta dei fornelli e delle caldaie per la prerarazione del polisolfuro calcico. Ciascuna caldaia, avendo un diametro interno di m. 0,62 ed un’ altezza di m. 1,04, ha la capacità di circa 314 litri. Tuttavia, per evitare che durante 1’ ebollizione del polisolfuro la schiuma abbondante che si forma trabocchi dalle caldaie, e tenuto conto Scala di 3:100 Fig. 21. — Prospetto e sezione dei fornelli e delle caldaie del polisolfuro di calcio. della perdita di acqua, che si ha durante 1 ebullizione medesima, la quantità del polisolfuro ottenibile in ciascuna caldaia si limita a 150 litri. Ed ecco come si procede alla preparazione del polisolfuro di calcio : Versati entro la caldaia 30 litri di acqua, e scaldata questa a circa 45°, vi si gettano kg. 15 di calce viva preparata di fresco a CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 99 e ridotta, all’ atto di usarla, in pezzi quasi grossi come un pugno. Poi, appena questi sfioriscono con ebullizione, bisogna aver cura di non mescolarli col liquido, e di aggiungere lo zolfo, in quan- tità di kg. 30. L'aggiunta dello zolfo, il quale è ramato (2 ‘/, di CuS0,), ed è quello stesso che si usa per combattere 1 oidio della vite, deve esser fatta gradatamente, stacciando lo zolfo sulla caldaia. Non si comprende perchè nella pratica si adopri zolfo ramato invece di zolfo solo, quando si sa che nella preparazione del polisolfaro di calcio il rame non e’ entra. IL’ operaio che staccia lo zolfo non deve stare al disopra della caldaia, perchè difficilmente resisterebbe ai vapori, che si sprigio- nano durante l ebullizione (V. fig. 22). Per evitare questo inconveniente lo stesso sig. Musumeci fece costruire uno staccio rettangolare munito di due lunghi manichi, per i quali l operaio può egualmente seunoterlo stando a rispettiva distanza, come vedesi nella fotografia qui riportata. Ad ogni modo l operaio deve esser sempre munito di occhiali chiusi. Le dimensioni dello staccio sono di m. 0,40 X 0,32. Lo staccio è profondo S em. pari all’ altezza delle tavole da cui è formato, e che hanno uno spessore di 2 em. Appena versato lo zolfo, si agita continuamente la miscela fino alla formazione di una pasta omogenea, ciò che richiede un tempo di circa 15-20 minuti. Dopo di che si aggiungono 150 litri di acqua, e si fa bollire la miscela per circa un? ora e mezzo. A questo punto il liquido è fatto. Esso, quando è mescolato con le impurità, ha un colore di caffè torrefatto tendente al verdognolo. Quando è divenuto limpido per deposizione è di color rosso-bruno. Alla temperatura di 20°0. segna una densità che oscilla intorno a 1,21 (corrispondente al N. 6 del densimetro Savastano). b) Preparazione della colla di farina. — La preparazione della colla di farina (di frumento) è molto più semplice e sbrigativa del- l’ altra. In una caldaia delle solite dimensioni si versano 150 litri di acqua; e quando questa si è riscaldata verso i 50-70°, un operaio vi staccia 15 kg. di farina senza crusca, mentre un altro operaio 100 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI agita continuamente il liquido con una canna (V. fig. 23) per evi- tare che la farina formi pallottole di pasta. Versata tutta la farina, il liquido dev? essere ancora agitato di continuo, per impedire che essa si depositi e faccia erosta sul fondo della caldaia. Fig. 22. — La preparazione del Polisolfuro di calcio a Mandarano. Quando il liquido ha bollito lentamente, per qualche minuto, si toglie il fuoco dal fornello, per impedire la formazione di quantità eccessiva di schiuma, che traboccherebbe facilmente ; si continua ad agitare per qualche minuto e si lascia raffreddare. La poltiglia così ottenuta contiene circa il 10 %/, di farina. e) Mescolanza delle due sostanze ottenute. — Se il polisolfuro CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 101 di calcio si può preparare anche molto tempo prima di usarlo, la colla di farina deve esser preparata e mescolata al polisolfuro il giorno stesso del suo impiego, o il giorno avanti, a causa della sua facile alterabilità. Fig. 23. — La preparazione della colla di farina a Mandarano. Della colla di farina al 10%, si riempiono latte da 20 litri (le comuni latte da petrolio); e poichè l'aggiunta della farina al liquido insetticida si fa alla dose del 2 °/,, una di queste latte, conte- nendo kg. 2 di farina, basta per preparare un ettolitro di liquido al polisolfuro di calcio colloidato. 102 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI A_ tal uopo, versati i 20 litri di colla in un mastello, sul campo, vi si aggiunge la quantità voluta del polisolfuro e sì porta il vo- lume totale a 100 litri, mediante aggiunta di acqua. Il liquido t=) così ottenuto è pronto per l uso. CARATTERI DEI POLISOLFURI COLLOIDATI. La presenza della colla di farina ai 2", nella soluzione dei polisolfuri ne cambia un poco anche i caratteri fisici e sopratutto la rende torbida. Il polisolfuro di calcio, così com’ è preparato alla masseria di Mandarano, fa schiuma quando viene travasato con una certa vio- lenza. Questa proprietà esso mantiene anche se portato, con ag- giunta di acqua, al 5 °/,, con o senza l’ aggiunta della colla di farina. La densità del liquido che si ottiene nelle caldaie, varia da 1,17 a 1,25 all’ ordinaria temperatura. Quando è mescolato col 2 di farina di grano bollita acquista un colore opaco-aranciato e una vischiosità, la quale è apprezzabile anche al tatto. Il colore aran- ciato della miscela tende al bruno-sporco se il polisolfuro calcico, anzichè limpido, lo si adopera mescolato alle impurità che si de- positano al fondo delle caldaie durante la fabbricazione. La solu- zione di polisolfuro di calcio semplice non è affatto igroscopica. L’ aggiunta della farina cotta di grano la rende assai leggermente igroscopica. Il polisolfuro di potassio usato nelle esperienze di Mandarano è in mattonelle quadrate del peso di 1 kg. ciascuna. Esse sono esternamente di color grigio-chiaro-verdastro. Internamente, ap- pena spaccate, mostrano una pasta fondamentale vetrosa di color verde-oliva cupo, disseminata di piccole brecce biancastre, meno solubili della pasta verde, e provvista di qualche bollosità. Queste mattonelle, percosse, mandano un suono quasi metallico, per la compattezza della loro struttura; ma sono molto fragili, tantochè si riducono facilmente in frantumi tenendole sul palmo della mano e battendo in mezzo ad esse con piccoli colpi di martello. Sono, inoltre, igroscopiche al massimo grado; sicchè, tenute CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 105 in ambiente anche non molto umido, in pochi giorni aumentano sensibilmente di peso e formano con la erosta una poltiglia. Oc corre quindi tenerle ben chiuse nelle cassette di spedizione fino al momento di servirsene, o almeno fino a quello in cui se ne pre- para la soluzione. Questa soluzione potrebbe esser fatta rapidamente anche a freddo, quando le mattonelle fossero ridotte in piccoli grani; altrimenti essa richiede un tempo di parecchie ore. Si può evitare ciò seal- dando il liquido e agitando i frantumi del polisolfuro durante il riscaldamento. Per le esperienze di Mandarano si preparavano soluzioni al 33,3 */, sciogliendo 5 kg. di polisolfuro in 10 di acqua e portando poi il volume del liquido a 15 litri. La soluzione con le torbidezze si conservava in bottiglioni di vetro ben chiusi, per evitare Vassor- bimento dell’ umidità atmosferica. Essa, alla temperatura di 14° 0, segnava la densità di 1,25. Tanto la dose del 2 come quella dell’ 8 °/, fanno assai meno schiuma di quelle del polisolfuro di calcio, anche se addizionate della farina bollita. Le dosi forti, es. del d e del 7 "/,, per la loro alcalinità sono molto viseide al tatto ed alterano alquanto la pelle. Nè a freddo, nè bollenti, attaccano i tubi di gomma delle pompe ivroratrici. Mescolando tra loro il polisolfuro di calcio e quello di potassio in qualunque proporzione, anche se i due liquidi sono limpidi, si formano subito dei bioccoli bruno-verdastri, che precipitano len- tamente e che rendono il liquido un poco vischioso ; però non aderisce alle foglie di Agrumi, ed ha bisogno, per questo, di essere anch’ esso colloidato. Questa mescolanza di polisolfuri colloidati forma, col dissecca- mento, una patina molto resistente all’ azione degli agenti atmo- sferici. L’ AZIONE DEGLI AGENTI ATMOSFERICI SUI POLISOLFURI COLLOIDATI. Polisolfuro calcico colloidato. — Il liquido al polisolfuro di calcio colloidato, distribuito sulle piante a mezzo delle pompe irroratrici, 104 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI dissecca ben presto, formando una crosta uniforme, la quale dap- prima è poco visibile, anche perchè del tutto aderente agli organi che riveste. Se la dose del polisolfuro è forte, es. 9-14 "/,, la patina è dap- prima color giallo zolfo; ma, per effetto dell’ influenza atmosferica, diviene ben presto biancastra. Che la patina subisca profondi mutamenti chimici col perma- nere sugli organi che ricopre, è provato dal fatto, che essa diviene pressochè insolubile. Anche la prima acqua di pioggia, che cola dalle foglie trattate da qualche giorno, è insipida al palato, mentre ha sapore molto forte e sgradito la miscela insetticida da cui la patina derivi. Le forti piogge però, se cadono a poca distanza dai trattamenti, anche se non asportano del tutto la patina, ne diminuiscono enor- memente il potere insetticida. Con 1 andar del tempo, la patina, in qualche zona delle foglie, si fa più bianca che altrove; e ciò è dovuto all’ introduzione di un sottilissimo velo di aria tra la patina e la foglia, in seguito al distaccarsi dello strato insetticida. Il vento e il caldo secco fanno poi arricciare e serostare la pa- tina qua e là, con grande vantaggio della pianta, come è stato dimostrato a suo luogo. Polisolfuro potassico colloidato. — Il liquido al polisolfuro potas- sico colloidato si comporta molto diversamente dall’ altro, sopra- tutto per la sua permanente solubilità e per la sua fortissima igro- scopicità. Le forti dosi (9 °/, ed oltre) di questo liquido, se esposte sulle foglie ai cocenti raggi del sole, prima ancora che dissecchino, mae- chiano le foglie in rosso-cupo rugginoso, sì che esse sembrano scottate. Ma in capo ad alcuni minuti il color ruggine scompare, senza lasciar traccia di scottature. Questa effimera colorazione è caratteristica del polisolfaro potassico colloidato, ciò che non si ha per le soluzioni di polisolfuro potassico al sapone. La permanente solubilità del liquido al polisolfuro potassieo col- loidato spiega perchè le piogge lo asportano facilmente anche se - cadono a distanza dai trattamenti: 1’ acqua che cola dalle foglie trattate ha sapore marcatamente alcalino. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 105 La sua fortissima e prolungata igroscopicità rende la patina co- stantemente umidiccia, se se ne eccettuano le ore estive di gran caldo. Nella stagione autunnale, più umida, la dose del 4 °/, rende le foglie quasi sempre bagnate. Queste due proprietà contribui- scono grandemente a rendere l azione insetticida del polisolfuro potassico molto più attiva di quella del polisolfuro di calcio. Polisolfuri misti di potassio e calcio colloidati. — Su questi po- lisolfuri le piogge agiscono variamente, secondo la proporzione in cui sono tra loro mescolati. Così, ad es., il liquido contenente il 2°/, di polisolfuro calcico, 4%, di soluzione concentrata di polisol- furo calcico, e 2 di farina, produce una patina molto aderente alle foglie e meno soggetta all’ azione dilavante delle piogge. EFFETTI DEI POLISOLFURI COLLOIDATI SULLE PARTI VERDI DEGLI AGRUMI.. È opportuno premettere, che le foglie degli Agrumi, per la strut- tura loro e per la loro consistenza, più di molte altre possono resistere all’ azione nociva dei liquidi insetticidi, compresi gli stessi polisolfuri, i quali, anzi, sono fra i più dannosi alle parti tenere delle piante. Per darsi ragione di questo fatto riportiamo la sezione dorso— ventrale di una foglia di Arancio (V. fig. 24). Da essa si vede il Fig. 24. — Sezione dorso-ventrale di una foglia d’Arancio (molto ingrandita). grande ispessimento della parete esterna delle cellule epidermiche, specialmente della pagina ventrale, che è pure la più colpita dal- l’ infezione. Questa parete è sprovvista completamente di produ- zioni pilifere, mentre è fortemente cuticolarizzata. 106 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Ciò premesso, diremo che il polisolfuro caleico colloidato, sommi- nistrato in dicembre anche alla dose del 14°, non provoca scot- tature alle foglie nemmeno giovani nè ai frutti già grossi degli aranci e non ne provoca la caduta. Ma, dato sulle piante nella stagione estiva, il suo uso richiede qualche precauzione. Se è somministrato nelle ore più calde del giorno, anche al 5°, può produrre scottature ai giovani frutti, mentre sulle foglie la sua azione si manifesta con un leggiero ingiallimento. Evitando di fare le irrorazioni nelle ore più calde, la dose del 5 non pro- duce nocumento alcuno. Durante 1° emissione delle nuove gemme e durante la fioritura e l’ allegagione è da evitare qualsiasi trat- tamento con polisolfuri, tanto alcalini che alcalino-terrosi. Il polisolfuro potassico colloidato agisce sugli organi colpiti molto diversamente secondo il grado di umidità dell’ atmosfera. In luglio, un trattamento al 7 "/, e riuscito micidialissimo alle cocciniglie, rispettò non solo la gran- fatto a due piante di arancio, dissima maggioranza delle foglie, ma perfino i frutti, di cui appena TO Nell autunno avanzato però, non solo la stessa dose fece ca- ; Subì scottature. dere un numero stragrande dì foglie e non pochi frutti alle piante trattate, ma perfino quella del 2 ",, nel polisolfaro misto di po- tassio e di calcio, riuscì nociva alle piante di arancio. Contrariamente a quanto poteva prevedersi, non è la tempera- tura, pertanto, che influisce notevolmente sugli effetti di questo polisolfuro sulle parti verdi degli Agrumi, ma lo stato igrometrico dell’ aria. In estate, la secchezza grandissima dell’ atmosfera rende gli organi colpiti soltanto appena appena umidi, pur essendo rive- stiti di patina fortemente igroscopica. In autunno invece, l’ igroscopicità della patina attira e concen- tra sulle foglie una grande quantità di vapore acqueo, e così il polisolfuro, permanentemente disciolto in soluzione molto concen- trata dall’ acqua, prolunga ed attiva talmente la sua azione sulla pianta, da riuscire bensì fatale alle cocciniglie, ma di grave danno anche agli organi verdi da esso bagnati. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 107 EFFETTI DEI POLISOLFURI COLLOIDATI SULLE DIVERSE FORME DELLA BIANCA-ROSSA. Il polisolfuro potassico, sulle forme adulte, anche alla dose del 3-4 %/,, è di azione fortissima e relativamente pronta. Gli seudetti materni prendono una tinta oscura e rimangono come schiacciati, raggrinziti, ed alterati nei loro contorni. In seguito però, special mente se dilavati dalle piogge, divengono di un grigio-chiaro, se- mitrasparente, attraverso i quali si distingue talvolta il cadavere disseccato della femmina. Il corpo dell’ adulta prende una tinta bruna e una consistenza più molle, come di flaccidezza. Le fem- mine così uccise non lasciano, di solito, macchie virgoliformi sulle foglie. Con poche varianti, questi fatti si osservano pure sui maschi, con la differenza, che questi sono notevolmente più sensibili alla azione insetticida. Sulle varie forme ninfali i fenomeni suddetti si manifestano in tempo più breve che sulle forme adulte. Sulle prime ninfe, poi, il raggrinzimento e il disseccamento si hanno in capo a pochi giorni. Sulle larve mobili questo insetticida è letale anche alla dose del 0,4 °/,. La sua azione antifissativa è pure fortissima e durevole, a meno che non sopraggiunga la pioggia. Ben diversamente si comporta il polisolfuro di caleio da quello di potassio. La sua azione sulle cocciniglie, pure essendo esiziale, è molto meno rapida. Gli scudetti non divengono nè striminziti, nè schiacciati; ma anche sotto P azione delle dosi più forti con- servano la forma loro integralmente. Cambiano però di colore, pas- sando dal nocciuola al grigio-chiaro. Per le prime forme ninfali in capo a 8-10. giorni è possibile accertare con sicurezza | avvenuta mortalità; ma sulle adulte la dose del 5 "/, non rivela la sua efficacia che dopo una quindicina di giorni, e più, dal trattamento. Questo modo di comportarsi del polisolfuro di calcio verso le cocciniglie adulte crediamo sia in relazione con un fenomeno sin- golare, che si osserva talvolta sulle foglie infette, quando le adulte sono già morte naturalmente ; ma con grande frequenza sulle foglie 105 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI che ricevettero due trattamenti di polisolfuro di calcio colloidato a dosi non troppo alte (5-S *,,), mentre non si riscontra che molto di rado per le adulte uccise dal polisolfuro potassico. Questo fenomeno consiste in ciò, che le foglie infette, trattate come abbiamo detto, presentano dopo un certo tempo, intorno alle adulte morte o morenti, delle macchie clo- rotiche aventi molto spesso la forma di virgola, e dette perciò da noi macchie virgoliformi (V. fig. 25). Esse sono limitate, di solito, da con- torni ben decisi e percorse nel senso della loro lunghezza da un sottile solco me- diano, che le accompagna fin presso le due estremità e che è di color tabacco— rossastro. Le macchie virgoliformi partono sempre dalla zona coperta dagli seudetti femmi- nili, i quali appaiono così seguiti da una codetta contorta, ricordando grossolana- mente la forma di una cometa. Esse hanno intorno a 4-5 mm. di lun- ghezza e circa 1 di larghezza; e per la loro lunghezza e forma, per la loro po- sizione rispetto alla ceocciniglia e per l aspetto clorotieo, non possono che corri- spondere alle zone dei tessuti fogliari per- Fig.25. — Macchie virgoliformi corse ed esauste dalle lunghe setole del prodotte dalla Bianca-rossa andar Arancio. rostro dell’ insetto. Come abbiamo detto in altra parte di questa memoria, le larve della Bianca-rossa, che sono sulle foglie, sì fissano di preferenza lungo il decorso delle nervature secondarie. Ma il rostro, poi, sì insinua come una sonda attraverso i tessuti, ed è così che le macchie virgoliformi che ne derivano non se- guono la direzione delle nervature, ma attraversano indifferen- temente quelle incontrate dal rostro nel suo affondamento. Queste macchie virguliformi, in seguito, da fortemente clorotiche divengono anch’ esse di color avana rossastro e la colorazione pro- CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 109 cede lateralmente dal soleo mediano, estendendosi gradatamente, come accade spesso di vedere per le zone di essiecamento e ne- crosazione dei tessuti. Così le macchie, colorate e contorte, private allora molto spesso dello seudetto e della spoglia materna delle adulte, che sono state nel frattempo asportate dalle foglie, danno, nel loro insieme sulla pianta, l’ aspetto come d’ un’ infezione di Mitilaspidi. Ora, il fatto che queste macchie si formano per lo più su foglie trattate con polisolfaro cealcico, ci fece nascere il sospetto, che derivassero dalla infiltrazione di infime quantità di polisolfuro di :alcio nei tessuti fogliari, attraverso la via praticatavi dalle setole rostrali della cocciniglia. A tal uopo, turono da noi praticati con ago sottile dei fori molto obliqui nel tessuto di alcune foglie di Arancio, delle quali talune furono spalmate prima, altre dopo aver praticato il foro, con polisolfuro calcico al 5 °/,. La ispezione di queste foglie, fatta a tre mesi di tempo dall’ esperimento, ha dimostrato che, per questa via non si producono macchie virgoliformi. Scartato dunque questo modo di spiegare il fenomeno, esso po- trebbe esser dovuto alla lentezza dell’ azione del polisolfuro calcico, il quale lascia in vita le adulte per un tempo molto maggiore delle forme giovani. Le foglie liberatesi ben presto da queste ultime cocciniglie, che di solito sono le più numerose, restano con le sole adulte in numero molto più limitato ; e quindi il depanperamento degli insetti non interessa la più gran parte della superficie la- minare, che resta allora più o meno verde, e su cui spicca, per- ciò, molto bene il giallo-pallido delle zone alterate dagli insetti. Sulle foglie non trattate le macchie si confondono nell’ ingialli- mento generale delle pagine fogliari; su quelle trattate al poli- solfuro potassico, la più rapida uccisione delle adulte impedi- sce che queste spingano il loro effetto sino alla formazione delle macchie. In che modo si formano queste macchie virgolari ? La ispezione fatta alle sezioni dei tessuti laminari delle foglie (V. fig. 15) esclude con tutta sicurezza la formazione di tessuti di neo-formazione, che potrebbero spiegare 1 alterazione suindicata. Essa perciò si deve riferire ad un effetto posteriore a quello del 110 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI depauperamento dei tessuti lesi, nei quali la colorazione poi dà produzioni umiche. Questa colorazione però non è carattere esclusivo della presenza delle cocciniglie, nè degli organi fogliari degli Agrumi soltanto ; perchè necrosazioni si hanno pure nelle infezioni riferibili alla Diaspis pentagona del gelso, e sono comuni, spesso, anche come conseguenza dell’ attività di molti mierobi viventi a danno delle piante. XVI. — Periodi più opportuni per le operazioni di difesa. Per la scelta dei periodi più opportuni per le operazioni di di- fesa, occorre tener conto di tre principali fatti, e cioè : 1.° Del ciclo evolutivo degli insetti da combattere, in modo da conoscerne la fase più vulnerabile e colpirlo con la maggiore eflicacia. 2.° Delle epoche in cui la pianta può senza danno notevole sopportare i trattamenti insetticidi. 3.° Dell’ andamento della stagione. Per le cocciniglie, in genere, il tempo in cui se ne può più facilmente aver ragione, corrisponde all’ apparizione delle larve; e ciò perchè, principalmente, esse non sono ancora protette dai rivestimenti varì di cui soglion coprirsi ben presto. La Bianca-rossa degli Agrumi però, come abbiamo visto, schiude le sue larve ininterrottamente dagli ultimi di aprile al principio dell’ inverno. Di più, abbiamo visto che | azione mortifera del polisolfuro di calcio colloidato è fortissima anche sulle adulte e in inverno ; e quindi, se dovessimo fare i conti soltanto col cielo evolutivo degli insetti, ogni mese dell’anno si presterebbe egre- giamente alla loro distruzione. Ma la limitazione dei periodi per le operazioni di difesa è im- posta nel nostro caso, in primo luogo dalle piante. E ciò, sia per il loro modo di vegetare, sia per la resistenza dei varî loro organi ai polisolfuri. Così da tali trattamenti va esclusa tutta epoca della fioritura e dell’ allegagione (aprile-maggio) nonchè quella della schiusura CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 111 delle nuove gemme in marzo. Va pure esclusa dai trattamenti l’epoca della maturazione fino a che i frutti sono sugli alberi, e ciò per evitare il pericolo di dover raccogliere frutti ancora mac- chiati. Anzi, questo pericolo deve cominciare a temersi per i trat- tamenti fatti in ottobre, perchè nemmeno un mese di piogge rei- terate è sufficiente a dilavare i frutti e a liberarli dalla patina insetticida. Siechè, le operazioni di difesa potrebbero praticarsi dal giugno al settembre, e dopo la raccolta fino ai primi di marzo. Le esperienze da noi condotte con polisolfuro calcico colloidato hanno avuto i migliori effetti tanto in giugno quanto in dicem- bre. Tuttavia, non è indifferente che la cura si faccia in estate anzichè in inverno. In Sicilia, come pure in molte altre regioni del Mezzogiorno d’ Italia, l’ estate è la stagione meno piovosa dell’ anno; certo, sempre assai meno piovosa dell’ inverno. Ora, abbiamo visto quanto sia forte V azione dilavante delle piogge sui polisolfuri anche col- loidati; non già che ne venga asportata del tutto la patina, ma perchè ne resta grandemente scemato il potere insetticida. Trattando le piante in inverno, si rischia dunque di dover ripe- tere più volte I’ operazione, e magari d’ interromperla con spreco notevole di tempo e di denaro. In estate invece questo pericolo è molto più raro a verificarsi. Si va incontro però a quello di pro- durre qualche sceottatura alle piante; ma quando si abbia Vac- corgimento di sospendere i trattamenti nelle ore più calde della giornata (di solito dalle ore 11 alle 14 o alle 15) questo inconve- niente è facilmente evitato. Il mese di luglio, ad es., in cui si ebbero, a Mandarano, i mas- simi della temperatura (40° ©.) si prestò egregiamente alla cura degli aranceti. Con polisolfuro di ealeio colloidato al 5 "/, due buoni trattamenti furono sufficienti a liberare le piante dal pa- rassita. Qualora però, per una ragione o per l’alzra, non sia stato pos- sibile far la difesa in estate, bisogna rimandarla a dopo la rac- colta. Allora, per esser più sicuri circa 1 azione dell’ insetticida, è bene crescere la dose del polisolfuro e portarla al 7-8 %/, invece che al 5 °/. 112 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Fatta una prima irrorazione agli aranceti, se la stagione non è piovosa è bene aspettare circa 7 giorni prima di ripeterla. Nelle esperienze da noi condotte in estate, questo intervallo di tempo non è mai stato superiore ai 10 giorni; per lo più di 7-8 giorni. La relativa brevità di questo intervallo è possibile solo per la facilità di uccidere anche le adulte. Altrimenti, con una schiusura così continuata di larve come nella Bianca-rossa degli Agrumi, si renderebbero necessari parecchi trattamenti prima di raggiungere una forte distruzione delle cocciniglie. Il grande e durevole potere antifissativo di cui gode la patina a base di polisolfuro colloidato, specialmente dopo il 2.° tratta- mento, assienra poi l’immunità dell’attacco da parte di quelle poche larve, che provenissero dalle rare adulte sfuggite alla morte. D'altra parte, facendo il 2.° trattamento a poca distanza dal 1.9, si ha il vantaggio, nelle aziende di media e di grande importanza, di poter completare la difesa contro la cocciniglia senza interruzione dei lavori. XVII. — La pratica delle irrorazioni. Condizioni attuali della fronda degli agrumi. Lo stato attuale della fronda degli Agrumi in provincia di Ca- tania non sempre corrisponde ai concetti che possediamo sulla razionalità delle culture arboree. Risalendo la ricchissima zona agrumaria del versante sud e sud-ovest dell’ Etna, occhio riposa sul fittissimo verde delle cam- pagne, dove la fronda degli Aranci forma spesso un manto aereo continuo, tanto sono fitte le piante. Ma anche dove queste, o perchè giovani ancora, o perchè più distanti tra loro, non si toccano, è facile vedere che la distribu- zione della fronda è a palla piena, fitta cioè anche all’ interno. Questa condizione di cose è nociva alla produttività delle piante. Infatti, la fronda interna contribuisce poco alla fioritura ; inter- cetta i raggi solari a danno dell’ altra ed ostacola la circolazione dell’ aria attraverso di essa. ? CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 115 L’ombra e Y umidità favoriscono così lo sviluppo delle malattie parassitarie, sia crittogamiche, sia quelle dovute specialmente a cocciniglie. Infine, la fittezza interna della fronda rende assai più malage- vole l’ applicazione dei metodi curativi a base di irrorazioni. Necessità di regolare potatura. Basterebbero queste ultime considerazioni a far consigliare l’ado- zione di una regolare potatura di allevamento anche agli agrumi e specialmente agli aranci. La forma a vaso s'impone per questi ultimi tanto più, in quanto essi hanno ramificazione raccolta invece che espansa, e tendono quindi maggiormente ad infittire la fronda. Pompe e getti polverizzatori. La maggior parte dei metodi curativi diretti alla distruzione delle cause parassitarie della fronda delle piante, è a base di irrora- zioni, praticate a mezzo delle pompe. Vi sono diversi tipi di pompe. Tra essi, quello in cui la pres- sione d’aria è fornita via via durante l’irrorazione, resta sempre il più pratico (tipo A). Vi è poi un altro tipo, quello in cui si comprime prima della irrorazione una quantità di aria, che sia sufficiente a cacciar dalla pompa tutto il liquido (tipo £). In tal caso, la compressione dell’ aria può farsi in due modi diversi : 1.° con un caricatore esterno, come accade per le camere d’ aria delle biciclette ; 2.° con apposito apparecchio, esistente entro la pompa stessa. Le varie specie di pompe riferibili al tipo B risparmiano al- l'operaio la fatica della manovra della leva, che nelle altre fa funzionare lo stantufto durante la irrorazione. Di più, non por- tando leve e pezzi accessorì esterni ad esse relativi, queste pompe sembrano meno complicate delle altre. « Redia n, 1915. 3 114 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Ma questi vantaggi non compensano i gravi inconvenienti a cui con esse sì va incontro. Quelle del tipo B 2.°, che portano l’apparecchio compressore e il manometro, oltre che essere piuttosto complicate, molto pesanti e molto costose, fanno perdere del tempo all’ operaio, che deve caricarle prima di usarle. E diciamo perdere, perchè se la manovra della irrorazione viene in tal modo ad essere più sollecita, questa sollecitazione non potrà mai compensare il tempo impiegato a ca- ricare anticipatamente la pompa. Quelle del tipo B 1.°, che ricevono la pressione da un carica- tore esterno, sono più semplici delle altre, ma non sono indicate altro che nelle operazioni in grande. Allora uno o più operai cari- catori accompagnano la squadra degli irroratori e provvedono a far trovar pronte le pompe agli irroratori stessi. Per le operazioni in piccolo, aver bisogno del caricatore esterno non reca che seccature e gran perdita di tempo. Tutte le pompe del tipo B riescono presto difettose per il facile guastarsi delle valvole dell’ aria. Inoltrè, non possono riempirsì che per */,-°/, della loro capacità totale. Altro comune inconveniente delle pompe di questo tipo, è che il liquido, via via che esce, fa crescere il volume dell’ aria che lo spinge, e proporzionatamente fa diminuire perciò la pressione del- l’aria stessa, in conformità della nota legge fisica, espressa da pv= k. Ciò va a scapito del regolare funzionamento della macchina e costringe a dare alla camera d’ aria una pressione iniziale assai forte, in modo che, a fine di operazione, 1’ aria espansa conservi forza sufficiente a gettar fuori ed a polverizzare il liquido. La pressione dell’ aria e la polverizzazione del liquido. La polverizzazione del liquido richiede una forza notevole. Essa è necessaria a vincere, a rompere la forza di coesione esistente tra le particelle del liquido stesso, e ad impedire che la tensione superficiale lo raccolga e lo lascì cadere in grosse gocce. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 115 Quanto più alta è la pressione del liquido, tanto più forte è la spinta che lo lancia centrifugamente dal polverizzatore, e quindi tanto più perfetta la polverizzazione del liquido. Quando la pressione dell’aria diminuisce, crescono le dimensioni delle minute gocciolette costituenti la polvere liquida, e quindi il lavoro risulta irregolare. Ciò accade appunto per le pompe del tipo B; ma se il polve- rizzatore è buono, questo inconveniente si può correggere. Infatti, la polverizzazione del liquido, oltre che dalla pressione della camera d’ aria, dipende anche dalla forma del polverizzatore: quanto migliore è il polverizzatore, tanto meglio esso utilizza la pressione del liquido e, come tutti i buoni strumenti trasforma- tori, col buon rendimento risparmia energia. Se quindi il polve- rizzatore è buono, come ad esempio quello del tipo Savastano, an- che l ultima goccia di liquido, spinta con la diminuita pressione, verrà dispersa in polvere. ome resta distribuito il polisolfuro di calcio. Le attuali pompe con i relativi polverizzatori, per quanto ab- biano raggiunto un grado notevole di perfezione, non sono in grado però di distribuir perfettamente ed uniformemente su tutte le foglie il polisolfuro di calcio che viene usato generalmente per la cura contro la Bianca-rossa degli Agrumi. Se si osserva una pianta di Agrumi ben trattata una volta con polisolfuro di calcio, si vedrà che non tutte le cocciniglie sono state bagnate dal liquido. Le foglie meglio esposte al getto dell’ insetticida non sono rive- stite di patina uniforme, ma da una punteggiatura biancastra, più o meno fitta secondo la bontà del polverizzatore adoperato, ma che lascia, purtroppo, degli spazi vuoti, su cui V azione del poli- solfuro non può estendersi. (V. la fig. 2 della Tavola). Le foglie più nascoste, poi, appariscono spesso per una buona metà della loro superficie prive affatto dell’ insetticida, e perciò le cocciniglie ivi continuano a proliferare indisturbate. 116 G. DEL GUERCIO ED FL. MALENOTTI Distribuzione uniforme del polisolfuro colloidato. Sulle piante trattate con polisolfuro di calcio colloidato la distri. buzione dell’ insetticida apparisce in modo ben diverso. Tutte le foglie sono rivestite di patina uniforme, e talmente uni- forme è il colore assunto dalla fronda così trattata, che a poca distanza dall’ operazione sembra, talvolta, che la pianta non sia stata trattata. Nessuna cocciniglia sfugge all’ azione di questo liquido (V. la fig. 3 della Tavola). Comportamento dei due polisolfuri rispetto ai vari orgami verdi della pianta. La distribuzione del polisolfuro colloidato è così uniforme, per- chè esso aderisce perfettamente ai diversi organi della pianta. Se si osservano le foglie, tanto giovanissime che vecchie, i frutti e i rami della pianta, mentre vi cade il polisolfuro colloidato, si vede che, dapprima, la polvere liquida forma sulle superfici col- pite gocciolette divise le une dalle altre. Insistendo ancora, le gocciolette ben presto si toccano e si distendono a tormare un velo liquido, che non si contrae, ma resta disteso, e così dissecca, lasciando tutto 1’ organo rivestito di patina uniforme. Ben diverso è il comportamento del polisolfaro di calcio non colloidato, verso gli stessi organi. Dapprima, la polvere liquida forma le stesse gocciolette, su tutti gli organi. È questo il momento in cui bisogna fermarsi: questa è la mas- sima quantità di liquido che può restar sugli organi verdi della pianta, con l’ inconveniente inevitabile degli spazì vuoti tra goccia e goccia e con l’ impossibilità di colpir bene le foglie più nascoste. Insistendo ancora col polverizzatore, le gocce, ingrossando, si toccano, e si comportano diversamente a seconda degli organi colpiti. Il tronco e i grossi rami, già lignificati, restano bagnati unifor- memente; ma ciò non porta che scarso vantaggio, perchè su di essi le cocciniglie fissate non si trovano. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI LL7 Così pure, talvolta, qualche porzione di vecchia foglia. Ma la quasi totalità delle foglie, specialmente quelle giovani, e i rami ancora verdi, ed i germogli ed i frutti, non restano ba- gnati bene. La forza di adesione esistente tra il liquido e la superficie di questi organi è minore della tensione superficiale del liquido stesso. Perciò la pellicola elastica, che riveste le gocciolette e dà loro la forma, vincendo la debole forza adesiva, attrae intorno ad un unico centro quelle gocciolette che, per ingrossamento, sono venute tra loro a contatto. Si vengono così a formare delle grosse gocce, le quali lasciano tra loro uno spazio, di solito, più esteso della somma delle loro aree, 0 cadono a terra, se la superficie dell’ organo colpito è note- volmente inclinata. Se, dopo aleuni giorni, si ripete la irrorazione, il polisolfuro col loidato forma nuovo uniforme strato di patina, sulla patina vec- chia. Quello non addizionato di sostanze colloidi, invece, tende a raccogliersi sulle macchie lasciate dalla prima irrorazione, special mente se si insiste con quantità forte di liquido. Si capisce quindi come le foglie, anche in seguito alla seconda irrorazione, mostrino tuttora spazi privi di insetticida. Inoltre, le più nascoste sfuggono egualmente al suo attacco. Modo di distribuzione del polisolfuro colloidato. Così stando le cose, si comprende come il modo di distribuzione del polisolfuro colloidato debba differire da quello del polisolfuro semplice. La distribuzione del liquido non deve arrestarsi alla formazione delle minute e fitte gocciolette sugli organi colpiti, ma continuare fino a che questi restino bagnati da un velo liquido uniforme, disteso su tutte le cocciniglie. (Ciò che si dice, in termine locale, lavare le piante). Quantità di liquido. Di conseguenza, la quantità di liquido da adoperarsi è alquanto più forte che nel caso del polisolfuro semplice, anche perchè, 118 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI a voler bagnar bene la fronda, una parte del liquido cola per terra. La massima quantità usata a Mandarano, per grandi Aranci alti tre metri e con fronda a forma di palla, fitta e piena anche all’ interno, è stata di $ litri a pianta. Ma d’ ordinario essa scende a 6, 5 e 4 litri per pianta e per una irrorazione. Questa quantità dipende anche dalla finezza della polvere liquida che sì deposita sugli organi colpiti; poichè se il liquido è suddi- viso in gocciolette molto minute, allorchè queste, per la loro fit- tezza, vengono a toccarsi, formano uno strato, un velo di liquido sottile che può tutto restare aderente alla superficie che bagna. Mentre, se queste gocciolette sono più grosse, lo strato liquido che si forma per il loro contatto non può esser trattenuto tutto dalla forza di adesione, e l'eccesso si disperde inutilmente per terra. Qui cade opportuno notare, come il segreto della riuscita stia in gran parte nella buona quantità di liquido adoperata. Abituati da qualche anno ad irrorare spruzzando, gli operai, e più ancora i mezzadri, tendono, anche col nuevo metodo, a tirar via. Occorre invece del liquido, molto liquido! È meglio che sovrabbondi e coli in parte a terra invece di scar- giare, lasciando sulla pianta centri d’ infezione illesi. Da seg Manovra delle pompe. La manovra delle pompe è bene cominciarla dall’ alto della fronda: Il liquido sovrabbondante colerà sulle foglie più basse prima «di cadere a terra. Il getto liquido si farà poi abbassare in modo che rimanga sem- pre nella direzione dell’ asse della pianta. Si alzerà di nuovo, spostandolo lateralmente, con un passo del- ampiezza del ventaglio o della rosetta liquida uscenti dal pol- verizzatore, e si farà scendere in basso, ripetendo intorno alla pianta questi movimenti, in modo da coprire la fronda con tante zone bagnate, disposte secondo i meridiani di essa. Quando 1 operaio, con gli spostamenti laterali, avrà girato in- torno alla pianta un paio di volte, introdurrà il polverizzatore nel- l’ interno della fronda, in modo da colpire la sua parte opposta. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 119 Ripetendo questa manovra secondo due o più diametri, si com- pleterà 1 irrorazione di tutta la fronda; e 1’ operazione sarà finita, allorchè 1’ esame compiuto intorno alla fronda rivelerà che tutti gli organi verdi sono stati bagnati. In tutte queste manovre ha grande importanza la forma del polverizzatore. Le foglie degli aranci non essendo patenti, ma rivolte in alto, il polverizzatore, per ben colpirle dalla pagina superiore con la rosetta liquida, dovrà trovarsi sul prolungamento del ramo fogliato da colpire, in modo che il cono di polvere liquida apparisca su di esso come un cappuccio od nno spegnitoio. Da ciò la necessità di usare i polverizzatori deviati dalla dire- zione della cannula, con angolo di 45°; poichè quando il polve- rizzatore è sullo stesso asse della cannula, riesce impossibile far sadere la rosetta a guisa di cappuccio sui rami più alti. L'angolo a 45° del polverizzatore fu raccomandato giustamente venti anni or sono, dal prof. G. Del Guercio. Questo deviamento, non solo permette di posare la rosetta sui germogli e sui rami fogliati a guisa di cappuccio, ma di cambiare anche con facilità la direzione del getto, girando la cannula sul suo asse, ciò che non accade se la rosetta esce da polverizzatore non deviato. Modo di condurre le squadre. Chi abbia avuto occasione di avere alla sua dipendenza molti operai in campagna, sa quanto sia necessaria la sorveglianza. Avvertire ed istruire gli operai non basta. Se gli irroratori sono operai a giornata, essi non hanno interesse a far bene il lavoro. Se sono mezzadri, l’idea del risparmio di liquido li spinge a lesinarlo quando più occorrerebbe profonderlo in abbondanza. Una prima avvertenza si deve avere per la scelta della posi zione del mastello o della botte che conterrà il liquido da distri- buire alle pompe. Essa deve corrispondere al centro di attività della zona da irro- 120 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI rare nello stesso giorno. In tal modo si rendono minimi gli spo- stamenti per il carico delle pompe. Preparato che sia il liquido nel mastello, bisogna rimescolarlo bene ogni volta che se ne toglie per riempire le pompe : diversa- mente, la colla di farina si accumula al fondo del recipiente, e il liquido sovrastante, divenuto limpido, lascerà non bagnate bene le foglie giovani della pianta. Infine, dato a ciascun operaio un filare di piante, occorrerà sor- vegliare affinchè nessuna foglia, nessun frutto, nessun rametto. stugga all’ azione benefica dell’ insetticida. Effetti delle irrorazioni con polisolfuro calcico colloidato. Quando le piante hanno avuto due irrorazioni estive alla di- stanza di 8-10 giorni l'una dall'altra con polisolfuro caleico al 5", colloidato, non mostrano subito 1° azione dell’ insetticida. Ciò è bene a sapersi, perchè molte volte, a Mandarano, proprie- tari e mezzadri con senso di scoraggiamento ci mostravano foglie così trattate, meravigliati di vedere la Bianca-rossa ancora fresca sotto gli scudetti. Per l’ esame degli eftetti bisogna aspettare almeno 10 giorni dopo il 2.° trattamento. Subito dopo il 1.° trattamento, si osserva soltanto 1 arresto del- l’ infezione, perchè le larve non riescono più a fissarsi; ma ad 8-10 giorni dal 2.° trattamento, un grandissimo numero di seu- detti si distacca insieme alle adulte disseccate, mentre la patina si arriccia e cade a brandelli sotto 1’ azione del sole e del vento. XVIII. — Economia della difesa. Quanto costa la difesa degli Agrumi contre la Bianca-rossa, col metodo del polisolfuro di calcio colloidato ? Non molto, come ora vedremo. Nel riportare alcuni dati da noi raccolti in proposito, non in- tendiamo affatto di esporre un rigoroso e completo conteggio eco- CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 121 nomico. Essi serviranno tuttavia per dare un’ idea approssimata di quanto viene gravata la spesa della coltivazione degli aranci, dalla difesa contro la Bianca-rossa a Mandarano. Come abbiamo detto a pag. 98, la quantità di polisolfuro cal- cico concentrato, ottenibile in una volta in ciascuna delle due ‘aldaie della fattoria, è di circa 150 litri. Le due caldaie insieme, dunque, 300 litri. Per fabbricare questi tre ettolitri occorre un’ opra e mezzo, opra che si paga in ragione di L. 2,40 al giorno. Il costo dei tre ettolitri di polisolfuro risulta quindi come ap- presso : Zolto Kp6000RGaU,1 2 I 1720 Calce viva kg. 30 a L. 0,06. . . . » 1,80 Legna per la cottura. . . . . . » 1,00 Mano d’ opera: opre 1,5 a L. 2,40 . . >» 3,60 Piccole spese e deterioramenti . . . . » 0,50 Totale L. 14,10 (1) Il liquido che si ottiene dalle caldaie, segnando molto spesso la densità di 1,21, corrispondente al N. 6 del densimetro Sava- stano, si usa, nei trattamenti estivi, alla dose del 6 "/,. Perciò, con un ettolitro di polisolfuro concentrato, si preparano 1666 litri di miscela insetticida. Per colloidare al 2%, questa miscela, occor- s) 100 bastando allo scopo anche se avariata, è stata acquistata al prezzo di L. 0,20 al kg. Per preparare la colla da questa quantità di farina, occorre una rono kg. 1666 x = kg. 33,52 di farina di grano, la quale, quantità di acqua dieci volte maggiore, e ciò si può fare riem- piendo la caldaia apposita due volte. Per portare all’ ebullizione due volte VP acqua che basta allo scopo, è più che sufficiente | im- piego di mezz? opra (L. 1,20) e di L. 0,25 di legna. (1) Per le aziende distanti dai canali d’ irrigazione, 0 comunque distanti da pozzi o sorgenti, va calcolato anche il trasporto dell’ acqua. 122 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI Perciò, il costo complessivo di litri 1666 di liquido al polisol- furo di calcio colloidato risulta come appresso : L. 14,10 Litri 100 di polisolfuro di calcio concentrato (Pel) cli 4470. 3 Kg. 33,32 di farina di grano avariata a L. 0,20 il kg. . » 6,66 Spese di preparazione della colla . . . . . . +. >» 1,45 Totale L. 12,81 Con cinque litri di questo liquido si può irrorare completamente una pianta di arancio di $ anni di età, allevata a vaso, razional- mente, ed avente un’ altezza di m. 2,50, con un diametro medio della chioma di m. 2 2,20. Quindi, con 1666 litri si potranno 1666 5 Facendo a queste piante due trattamenti, la spesa diventa IRIS 1E><42 12562. Dalle esperienze fatte risulta, che un operaio, in estate, può irrorare in un giorno 40 di queste piante; perciò le due irrora- razioni di 40 piante richiedono L. 2,40 X 2 = L. 4,80 di mano 4,80 d’ opera; e quindi le 333 piante richiederanno L. 333 X ai = irrorare N.° — 3383 piante. = L. 39,96 = in cifra tonda, L. 40,00. Sicchè, la difesa complessiva di 333 piante importa le seguenti spese : Polisolfuro ALECAlcio re e NR e e RIU ATO) Colla (di farina ERRE RR ROSSI: Mano d’ opera per le due irrorazioni. . » 40,00 Totale L. 52,81 Questa spesa, riferita ad una pianta, risulta di L. gagloa — L. 0;l68 = circa L. 0,16. Tenendo pure conto della quota di ammortamento delle pompe, ecc. la spesa, per pianta, resta sempre al di sotto di L. 0,20. Riferita alla produzione lorda degli Aranci, ecco che cosa diventa la spesa per difenderli dalla Bianca-rossa: CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 123 In terreno fertile una pianta di arancio di S anni può dare a Mandarano N.° 300 arance, che al prezzo di L. 30 al migliaio, importano L. 9. Così la spesa di L. 0,16 rappresenta 5 della produzione lorda. Ma questa spesa diminuisce ancora, se le ope- razioni vengono condotte con la serietà necessaria, poichè non vi è bisogno allora di ripetere la difesa ogni anno. La difesa potrà ripetersi dopo periodi maggiori di un anno; ma sulla loro entità non possiamo pronunciarci, dipendendo essi da cause svariate e imprevedibili, specialmente da quelle di natura meteorica, che così profondamente influiscono sulle oscillazioni dello sviluppo degli insetti. Non occorre rilevare che, per piante più grandi, se è vero che cresce la spesa, cresce pure la rendita, così che il rapporto tri questi due valori non viene notevolmente alterato. Laddove poi le piante sono mal tenute e difticili a difendersi dalle cause nemiche parassitarie, è quella una condizione di cose, che va corretta con indicazioni agronomiche, e non entomolo- giche. Cade poi opportuno osservare, che nel sistema di conduzione agraria degli Agrumeti, detto in Sicilia dell’ inquilinaggio, e che è molto frequente a Catania e a Messina, sono a tutto carico dei coloni non soltanto la mano d’ opera, ma anche le spese intere per Vacquisto degli insetticidi. Con questo sistema, il mezzadro o « angulino », dovendo pa- gare tutto il liquido al polisolfaro per trattare le piante, è portato naturalmente a fare economia nella distribuzione del medesimo, e difficilmente riuscirà a bagnare le piante come si deve. Accortosi di tale inconveniente, qualche proprietario pensò di fare irrorare gli Agrumi da operai avventizi, segnando poi in conto dei mezzadri la mano d’ opera occorsa per le operazioni di difesa, oltre che il liquido impiegato. Ma il rimedio risultò peggiore del male, che si voleva evitare, e generò tra i mezzadri un forte malcontento. E ciò non a torto; poichè, infatti, se 1’ operaio non è interessato al risparmio del li- quido, non è nemmeno interessato alla bontà del lavoro che com- pie, e così non è difficile vedere che esso usa ed abusa del liquido 124 G. DEL GUERCIO ED E. MALENOTTI senza troppo preoccuparsi di colpire tutti e completamente gli or- gani infetti. I proprietarì avrebbero invece buon giuoco a fornire gratuita- mente il liquido insetticida ai loro mezzadri, i quali allora potreb- bero davvero, una volta addestrati, procedere alla cura degli Agru- meti col massimo effetto utile unito alla minima spesa. Ciò, del resto, è stato fatto ultimamente dall’ egregio cav. V. Russo a Mandarano. XIX. — Polisolfuri e Cianuri. Da quanto abbiamo esposto, non occorre dire della semplicità del metodo di preparare sul campo il polisolfuro colloidato e della indiscutibile economia della difesa, basata sul massimo utile degli effetti ottenibili e sulla spesa minima con cui essi si ottengono. Giova, per contrario, intrattenerci a parlare della difesa detta della fumigazione delle piante, in uso particolarmente in California, nella Florida, nell’ Africa del Sud e in qualche luogo della Spagna e dell’ Algeria. E notiamo subito, che questa fumigazione delle piante si compie con vapori di acido cianidrico, la sostanza più velenosa e, per le condizioni in cui si lavora, anche la più pericolosa per la vita degli operai, che compiono una cosiffatta difesa; mentre nessun rischio si corre nella difesa delle piante con i polisolfuri colloidati. Il Dott. Trabut (1) riferisce che in Algeria la fumigazione viene praticata a mezzo di Consorzi, allo seopo di generalizzare le ope- razioni della difesa e di affidarle a personale esperto, in guisa da evitare più che è possibile il pericolo di avvelenamento a cui facilmente andrebbero incontro gli operai non specializzati in tal genere di lavori. Ma un tale sistema, oltre che incontrare difficoltà, quando lo si volesse applicare in Sicilia, non potrebbe tuttavia preferirsi all’ uso dei polisolfuri colloidati. (1) Dott. Lours TRABUT, La défense des Orangéries. « Rev. Hort. de 1’ Al gérie ». Algeri, Marzo 1914, pp. 102-104. CONTRO LA BIANCA-ROSSA DEGLI AGRUMI 125 Il metodo della fumigazione delle piante, poi, oltre che richie- dere grandi cautele, ha bisogno di recipienti particolari e di spe- ciali ambienti per la conservazione dei cianuri, di mezzi assai dispendiosi, e di operazioni tali, che aggravano enormemente il costo della difesa, senza contare che, da noi, non sarebbe facile divulgarlo fra gli agricoltori. La fumigazione di una pianta di arancio capace di rendere annualmente 1000 frutti, costa infatti L. 1,60. (Leopoldo De Salas). Inoltre, per ottenere dalle fumigazioni gli effetti desiderati (i quali poi, con tutti i rischi che si corrono, sono inferiori a quelli che si realizzano con i polisolfuri colloidati) occorre operare a determinata temperatura, diversamente fogliame e frutti restano largamente rovinati. Le notizie che si hanno a questo riguardo, pur dove il mezzo delle fumigazioni è conosciuto, informano, che quando la temperatura supera i 18°-25° C. esse producono gravi bruciature alle piante; e che quando la temperatura è troppo bassa, non si corrono rischi minori. Di più, bisogna lavorare di notte 0 al mattino, perchè con la luce del giorno i vapori dell’ insetticida provocano sulle piante le stesse scottature, che si producono col calore. Altre difticoltà s'incontrano per la difesa degli alberi deboli 0 malandati e di quelli con frutti molto piccoli 0 appena allegati. Per tutte queste considerazioni non abbiamo mai ritenuto, ed ora meno che mai riteniamo, che, da noi, convenga di prendere sul serio la difesa con la fumigazione, per distruggere la Bianca- rossa e le altre cocciniglie degli alberi fruttiferi. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1. — Foglie e frutti di Arancio gravemente attaccati dalla Bianca-rossa. Fig. 2. — Come restano macchiati frutti e foglie di Arancio con due tratta- menti al polisolfuro di calcio non colloidato. Fig. 3. — Come restano coperti frutti e foglie di Arancio con due trattamenti al polisolfuro di calcio colloidato con farina di frumento al 2 °/, (formola Del Guercio), Fig. 4. — Arricciamento della patina insetticida e denudamento delle coccini- glie prodotti sulle foglie e sui frutti di Arancio da due trattamenti al polisolfuro di ealcio (9 °/,) colloidato con farina di castagne bollita (3 %/)- Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 10 Agosto 1915. Ni) 1h, Andia eli. dii a UD È O ora a) 6 - i lug su It aber pars Dott. G. TEODORO Aiuto nell’Istituto di Zoologia e Anat. comparata della R. Università di Padova diretto dal prof. Davide Carazzi Osservazioni sulla ecologia delle Gocciniglie CON SPECIALE RIGUARDO ALLA MORFOLOGIA E ALLA FISIOLOGIA DI QUESTI INSETTI I Còccidi o Cocciniglie costituiscono un numeroso gruppo d’in- setti che, secondo la classificazione più generalmente accettata, hanno la seguente posizione sistematica: ord. R/hynchota, s. ord. Phytophtires, fam. Coccidae : in questo sottordine trovansi natural- mente anche le fam. PsyMidae, Aphididae ed Aleurodidae. Troppo lungo sarebbe il voler narrare le vicende subite dal. l unico genere Coceus di Linneo, al quale egli aseriveva una ven- tina di specie, attraverso un secolo e mezzo di ricerche per le quali unico genere e le pochissime specie sono straordinariamente accresciute di numero. Di ciò fanno fede i cataloghi e la ricchissima bibliografia dei lavori di sistematica. Riguardo all’ anatomia ed allo sviluppo postembrionale di questi insetti, esiste pure una copiosa bibliografia, ed il Targioni-PTozzetti (83) nella sua memoria sulle Cocciniglie, accenna a lavori già del sec. XVII. Ma specialmente in questi ultimi anni sono state compiute importanti ricerche mor- fologiehe, embriologiche e fisiologiche che hanno di molto accre- sciuto le nostre cognizioni sugli insetti in parola e nuova luce hanno gettata sn aleuni fenomeni che non erano ancora bene spiegati, o che erano quasi ignorati. Scopo del presente lavoro è stato quello di compiere delle os- servazioni sulla ecologia dei coccidi, rispetto alla loro morfologia u Redia », 1915. 9 1530 G. TEODORO e fisiologia, e di vedere quindi, quali relazioni esistano fra la ma- niera di vita e la loro organizzazione e funzionalità. Sento il dovere, prima di entrare in argomento, di rivolgere al mio maestro, prof. Carazzi, tutti i sensi della mia più viva ricono- scenza, per avermi sempre consigliato e per aver agevolato in ogni modo le mie ricerche. MATERIALE. Le specie di cocciniglie sulle quali ho compiuto le ricerche sono le seguenti; ho segnato accanto ad ognuna la località e la pianta su cui la specie è stata raccolta, non che la sinonimia seguita dal Lindinger (45) nel suo manuale : 1. Lecanium hesperidum (L.) Barm. Agrumi in serra, Edera. Padova. 2. » oleae(Bern.) Walk. Agrumi in serra, Cardenia. Padova. 3. d persicae (Fab.) March. Agrumi in serra, Glycine, Vite, Bvo- nymus. Padova. 4. » corni Bché. Melo, Pesco. Padova. 5. Pulvinaria camelicola Sign. [= P. foccifera (Westw.) Green.]. Camelia, Evonymus. Padova. 6. » vitis L. [= P. betulae (L.) Sign.]). Vite. Padova, Bergamo. Osservazioni meno estese ho compiuto anche sulle specie seguenti : 7. Icerya purchasi Mask. Templetonia retusa, Orto Botanico di Roma. S. Ceroplastes rusci L. Ficus carica. Roma. 9. Asterolecanium hederae Ckll. [= A. fimbriatum (Fonse.) Ckil.]. Edera. Padova. 10. Aspidiotus hederae Vallot. Edera. Oleandro. Padova. 11. Diaspis pentagona Targ. Gelso. Rossano veneto. Pesco, Fagiolo. Padova. [= Aulacaspis pentagona (Targ.) Newst.]. 12. Diaspis rosae Bché. [= Aulacaspis rosae (Bché) Ckll.). Rosa. Padova. Chionaspis evonymi Comst. Evonymus. Padova. Hu dI OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 15 METODI DI TECNICA. Fissazione. — Per lo studio delle suelencate cocciniglie ho dovuto ricorrere non solo all’esame in toto, ma anche all’ esame di sezioni fatte al mierotomo. Nelle ricerche istologiche delle cocciniglie (come in generale per tutti gli insetti), si presenta la difficoltà della scelta di un fissa tivo penetrante data la resistenza che oppone la chitina, special- mente delle forme adulte, nelle sezioni microtomiche, I fissativi che uso già da quattro anni nelle mie osservazioni sui coccidi sono : alcool assoluto ; liquido del Carnoy ; sublimato alcoolico-acetico. Per il presente studio ho adoperato ancora : acido cromico all’ 1%; liquido di Olhmacher ; alcool assoluto parti 5 e eloroformio parti 1, oppure a parti uguali ; alcool assoluto, eloroformio ed etere solforico, parti uguali. Il fissativo va scelto tenendo in special modo presente lo stato di sviluppo in cui trovasi l insetto e la produzione cerosa di esso, poichè questa, se non viene disciolta, impedisce la buona penetra- zione del fissativo. Si useranno perciò con profitto i liquidi che contengono cloroformio, etere solforico, o tutt'e due queste sostanze, nei casi in cui sia forte Ia produzione di cera e molto aderente al corpo della cocciniglia. Già cominciando dalle uova, quelle di Icerya e Pulvinaria, che vengono deposte in un vero nidamento ceroso, restano ben fissate col liquido del Carnoy, o con fissativi che contengano etere o cloroformio. Noto però che la cera ove sono avvolte le uova della Pulv. vitis, non si scioglie tutta in tali fissativi. Nel caso di Lecanium, Ceroplastes, Diaspis ed altre spe- cie, è molto minore la quantità di cera che involge le nova e non vi è bisogno di ricorrere a fissativi che contengano in forte propor- zione solventi della cera. Nelle giovani larve di Lecanium, Pulvina- 132 G. LEODORO ria, Aspidiotus, Diaspis, il solo alcool assoluto o il sublimato alcoolico-acetico, mi hanno dato sempre ottimi risultati. Nelle spe- cie le cui larve maschili si ricoprono con uno seudo ceeroso, se questo è molto aderente al corpo si adopreranno i fissativi con solventi della cera. Osservazione speciale merita il Ceroplastes che si ricopre di uno strato di cera di notevole spessore. In questa specie, ove non riesca facile il togliere il rivestimento ceroso, si ricorrerà ad uno degli ultimi due fissativi che ho più su citati. In conelusione è indispensabile ricorrere a miscele fissative che contengono in quantità più o meno forte i solventi della cera, solo nei casi in cui la produzione di questa sia notevole e non si possa da essa liberare l’ insetto. La durata della fissazione varia a seconda dello stato di svi- luppo in cui trovasi la cocciniglia, per avere cioè più o meno ispessita la chitina, per suo proprio spessore, o per aggiunta di produzioni di cera e lacca. Per le nova ritengo, dopo le prove che ho fatto, che siano sufticienti 24 ore; per larve, ninfe ed adulti, da uno a più giorni, a seconda delle dimensioni e della consistenza. È meglio sempre servirsi del fissativo a caldo. Ho fatto seguir sempre alla fissazione la permanenza in alcool a 95° per alcuni giorni. Colorazione in toto. — Questa non è facile ad eseguirsi nelle ninfe e negli adulti. Più facilmente la si può ottenere nelle uova e nelle larve. Ho adoperato per ciò tre sostanze: carminio bora- cico, carminio alluminico, ematossilina Carazzi, ed ho sempre fatto la colorazione regressiva, con permanenza nel colore da 12 a 24 ore, perchè quella che permette una migliore differenziazione € mette quindi in evidenza maggiori particolari di struttura. Ottimi risultati danno i due carminii, e veramente adatta per colorazioni in toto ho trovato pure l’ ematossilina Carazzi, per la sua pene- trabilità e rapidità di colorazione. Essa dà imagini specialmente nitide quando si faccia con molta attenzione la decolorazione. Preparati in toto. — Piuttosto che chiudere nel balsamo del Canadà, giova servirsi dell’ enparol, glicerina, gomma-sciroppo, glicerina-gelatina, lattofenolo e specialmente del liquido del Faure, e questo in qualunque stadio di sviluppo si trovino gli esemplari. Ho ottenuto bellissimi preparati di larve ed uova embrionate co- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 155 lorate con una delle tre sostanze sopracitate e chiuse in liquido del Faure. Le fig. 9 e 10 ad esempio della tav. I, sono tratte appunto da preparati siffatti. Come si vede sono ben distinti anche dei par- ticolari. Possono però tali preparati avere una lunga durata ? Non la hanno certo per molti anni, poichè il liquido del Faure a lungo andare decolora. Al momento in cui serivo sono otto mesi da che ho chiuso nel modo descritto uova e larve e, per ora non accennano a decolorarsi. Posso però dire qui per incidenza, che, con mate- riale differente, cioè con uova di Ascaris megalocephala colorate in ematossilina Carazzi, avevo già istituito delle prove, chiudendole in Faure. Esse si sono mantenute nitide per due anni e dopo sono andate a poco a poco scolorandosi, fino a perdere del tutto la co- lorazione. Ad ogni modo il liquido del Faure si presta benissimo per gli esemplari non colorati. Quando si allestiscono preparati in mezzi che non solidificano, occorre lutare intorno al coprioggetto. Dopo numerosi preparati chiusi in glicerina e lutati con ceralacca rossa sciolta in alcool assoluto, ho dovuto abbandonare tale ceralacca, poichè impartiva la sua colorazione anche agli esemplari. L’ inconveniente è sparito usando ceralacca verde o colore alluminio. Per lo studio dei particolari che presenta la chitina, come pure, per poter bene osservare e contare i dischi ceripari nei diaspini, giova far subire agli esemplari qualche trattamento speciale prima di chiuderli definitivamente col coprioggetto. Uno dei metodi più in nso e che mi ha dato sempre ottimi risultati, è la ebollizione in acido acetico o in potassa concentrata, e ciò, sia che si tratti di materiale fresco che di materiale essiccato. I preparati in glicerina ed in altri mezzi a base di glicerina servono bene, come ho detto in un precedente lavoro (90), per lo studio del sistema tracheale. Dalle numerose prove che ho fatto, posso dire che meglio di tutti i liquidi si presta la glicerina sola. Basta immergere un individuo vivo in una goccia di glicerina posta su un portaoggetti e coprire delicatamente col coprioggetto. La glicerina rischiara il corpo dell’ insetto (dopo 12 ore è già ab- bastantemente rischiarato), che nel morire tiene chiusi gli stigmi, così che le trachee, restando piene d’ aria, spiccano in nero sul fondo chiaro dell’ animale e si possono seguire nelle loro più 1534 G. TEODORO sottili ramificazioni. Aecennerò anche all’ esame dei tubi malpi- ghiani, dei quali ho pure avuto occasione di dire altra volta (91). Bisogna in questo caso fare la dissezione dell’ insetto con gli aghi sotto il microscopio binoculare a prismi raddrizzatori, nell’ emolinfa dello stesso insetto, finchè è possibile, oppure, come consiglia il Veneziani (92), nell’ olio d’ olivo. . Per lo studio dei microorganismi simbionti delle cocciniglie e per lo studio dell’ emolinfa ho in un lavoro precedente ($$) date indi- cazioni sul modo di allestire rapidamente dei preparati. Si disso- ciano gli esemplari in una goccia di glicerina allungata a metà con acqua, disposta su un portaoggetto e si aggiunge una piccola goccia di sostanza colorante, si copre e si luta. Si prestano bene ì seguenti colori: verde di metile, rosso neutro, wasserblau, bleu di Lione, tutti in soluzione acquosa all’ 1 °/,. Il miglior risultato lo ho ottenuto col wasserblau. Il fondo del preparato si colora ma non eccessivamente, in modo da permettere benissimo lo studio dei batteri e degli elementi dell’ emolinfa. Per i batteri si può poi ricorrere ai preparati per strisciamento ed alle colorazioni usate in batteriologia. Rivestimento con paraffina. — Ho usato paraftina a 54°, 56°, 5S°, 60°, ottenendo sempre buoni risultati; nel caso di individui adulti ho protratto fino a tre ore la permanenza in paraffina fusa, e mi sono sempre servito della stufa a pressione diminuita. Ho fatto sezioni di 3, 5, e 7 micron, più comunemente di 7. Nei casi in cui la chitina è molto spessa ho trovato utile far subire agli esem- plari un trattamento con alcool assolato in cui mettevo alcune goccie di una soluzione satura di potassa in alcool assoluto, trat- tamento che durava al più un quarto d’ ora. Così viene rammol- lita la chitina di quel tanto che basta per essere facilmente ta- gliata al mierotomo. Le sezioni attaccate col metodo della albumina ono glicerinata vanno asciugate a lungo nel termostato a 35°-40° per evitare che nello sparaffinamento ed operazioni successive abbiano a staccarsi dal portaoggetti. Un cenno speciale devo fare per l inclusione delle uova. Poi- chè nella maggior parte dei casi si ha un abbondante materiale, non è danno sensibile perdere degli esemplari nelle manipolazioni non facili, data la piccolezza delle uova. Coloravo in toto le nova, OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 135 e nell’ imparaffinarle le lasciavo adagiare da sole perchè le nova embrionate hanno la tendenza a disporsi su un fianco. È facile l orientamento per fare le sezioni trasverse, per quelle sagittali oceorre molta attenzione. Ma le nuova colorate esaminate con una lente forte lasciano, anche attraverso la paraffina (purchè sia uno strato sottile), distinguere I’ embrione, e così si può orientare il blocchetto di paraffina e far sezioni esattamente sagittali e frontali. Inutile dire che tutte queste manipolazioni richiedono non solo molta pazienza, ma specialmente molto tempo. Per specie vivipare, come il Lecanium hesperidum e \ Aspidiotus hederae, ho sezionata la madre intera. Sparaffinate le uova, se la colorazione fatta prece- dentemente in toto con V ematossilina è ben riuscita non occorre dare che il colore plasmatico e chiudere in balsamo. Ho fatto pero anche colorazioni direttamente sulle sezioni con ematossilina fer- rica, emateina IA di Apàty, orange, eosina, Bordeaux. Ottimi risul tati come sempre dà la ematossilina Varazzi per nettezza di par- ticolari, specialmente nel materiale embriologico, tanto che nella maggior parte dei casi non si sente il bisogno di ricorrere ad al tre colorazioni. DOVE VIVONO LE COCCINIGLIE. Questi insetti diffusi in tutto il mondo, come è ben noto, vivono a spese dei succhi vegetali, che assorbono ficcando il loro Iungo rostro nei tessuti delle piante. Le cocciniglie sono state tro- vate su quasi tutte le parti della pianta, sia aeree che sotterranee. La massima parte vive sulle prime e cioè: fusti, rami, foglie, frutta, ma alcune sono state rinvenute sulle radici; invece i fiori non hanno specie di eoccidi che vivano solo a loro spese. Delle specie radicicole, aleune lo sono abitualmente come ad es. il Rhi- zoecus falcifer Kiink., trovato sulle radici di varie piante fra cui anche la vite come ebbe a riscontrare il Petri (62) in Sicilia; altre vivono sulle radici solo accidentalmente. Tale è il caso de- seritto dallo stesso Petri (59) per la Mytilaspis fulva riscontrata sulle radici dell’ olivo. Fra le specie che vivono sulle radici ve ne sono aleune mirmecofile, così ve ne sono nel gen. Margarodes, così 1536 G. TEODORO pure il Micrococcus silvestri deseritto alcuni anni ta dal Le o- nardi (36). Il caso più strano è forse quello di specie che vi- vono su piante acquatiche, come la Ripersia maritima descritta dal Cockerell (16), che vive sui rami di Spartina tra le acque marine. Sono conosciute anche aleune cocciniglie che producono galle (es. nel gen. Asterolecanium). È noto che una stessa specie può vivere a spese di piante molto differenti fra loro senza che ciò porti nell’ insetto variazioni tali che possano dar luogo alla distinzione di nuove specie. Si trovano quindi le cocciniglie presso a poco nel caso dei funghi, nei quali una stessa specie può essere rinvenuta su matrici sva- riatissime. Questo fatto ha spinto nel caso dei coccidi, molti ri- cercatori alla descrizione di un gran numero di specie nuove che sono poi, in gran parte, cadute in sinonìimia con specie preceden- temente descritte. Per la Diaspis pentagona Targ. ad esempio, il Leonardi (37) elenca 26 piante ospiti in Italia, 22 in Giap- pone, ancora più ne elenca il Lindinger (45), e si tratta sem- pre della medesima specie, sebbene per molte di queste piante tale Diaspis sia stata data come una nuova specie. Un’ altra eoc- ciniglia diftusissima, V Aspidiotus hederae Vallot, è stata descritta parecchie volte sotto nomi diversi a causa del suo differente habi- tat. Lo stesso Leonardi (33) per questa specie, ha potuto stu- diare esemplari raccolti su trenta piante differenti, e con tutto ciò egli non si è trovato in grado (son sue parole) « di poter ri- levare fra le forme di diverso habitat, caratteri che per la loro stabilità servissero a distinguere le diverse forme fra loro ». E questo autore non si è limitato al solo studio morfologico, ma ha fatto con accuratezza delle prove per vedere « se la forma che vive su una pianta si adatta a cambiar dimora e prosperare ugual- mente bene su altra e viceversa se l ospite della seconda passe- rebbe sulla prima mantenendo sempre quelle condizioni di vita rigogliosa ». L’ autore mise per ciò in contatto una pianta di li- mone, una di olivo e una di oleandro immuni, con una di edera invasa dall’ Aspid. hederae, e poi tre piante: limone, olivo, edera, immuni, in contatto con una di oleandro pure invasa dalla stessa cocciniglia. AI momento della schiusura delle larve, ne riscontrò abbondantemente su tutte le piante che ne erano immuni prima OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 157 e queste larve crebbero compiendo tutto il loro ciclo di sviluppo. Qualche lieve modificazione riscontro il Leonardi solo nel follicolo, nel suo aspetto e colore. Egli non dà spiegazione di ciò; per me, non sarei contrario a eredere che sulla colorazione del follicolo possa influire la natura degli umori ingeriti i quali certamente variano dal limone all’ ulivo ece. Il follicolo è segregato da spe- ciali glandole, ma V attività di queste glandole è certamente le- gata col genere di nutrizione dell’ individuo. Ma di questo parlerò più in là; adesso, per tornare in argomento, coneludero, ancora col Leonardi, che tutta la sua attività ha dedicato allo studio delle cocciniglie, come « non sia corretto assegnare valore soverchio a certe minime variazioni che si possono incontrare nei follicoli dei diaspiti e tale da ritenere questo carattere sufficiente a distinguere le specie, nè il particolare dell’ habitat ha da solo, diritto a mag- gior considerazione ». Si sa che le cocciniglie non hanno vita del tutto sedentaria, cioè quando hanno scelto una dimora non si fermano in essa per tutta la loro vita. Le larve neonate vagano aleuni giorni prima di fissarsi in un luogo, ed i loro movimenti sono sul principio abba- stanza agili; questo luogo viene poi abbandonato, ed in molti casi 3 il cambiamento di sede continua ancora. Bisognerebbe distinguere questi particolari nelle diverse specie; a me basti per ora il dirne in generale. Accenno innanzi tutto ad una osservazione da me fatta ripetu- tamente sulle larve vive di parecchie cocciniglie. Osservando tali larve sotto il microscopio binoenlare, ho provato a rovesciarle sul dorso, ed ho visto distintamente ehe per tornare in posizione nor- male si servivano delle setole anali come leva, piegandole ad arco e poggiandone la estremità libera sul vetrino ove le avevo collo- cate. Cio si accorderebbe abbastanza bene con la presenza delle setole anali appunto nelle larve di molte specie, larve che si muo- vono con parecchia agilità, e con la loro mancanza nelle ninfe e adulti che si muovono poco o nulla. Può darsi che questa osser- vazione sia stata già fatta da altri, io però non ne ho trovato cenno, Sulla mobilità delle larve hanno eseguito ricerche Quayle (71), Reh (74) ed altri. Quest’ ultimo autore ad es., per le larve di 155 G. TEODORO Mytilaspis pomorum Bché, e Diaspis ostraeformis Sign., dice che conservano la capacità di locomuoversi per 2 0 3 giorni dopo nate, e che una larva può in un minuto primo percorrere 1‘), em. 0 anche 2 em., cioè in un’ ora circa 1 m. Le larve appena nate di Lecanium oleae secondo le osservazioni del Paoli (58), possono percorrere in linea retta. circa 30 mm. al minuto. Le femmine di molte specie, passato lo stadio larvale divengono apode, come ad es. nei diaspini, quindi in questo caso la femmina resta nell’ ultima dimora scelta dalla larva. Ma nei lecanini noi vediamo le femmine prossime ad ovificare che cambiano la loro dimora. Ho potuto osservare ciò benissimo nella Pulr. camelicoia : la femmina procede con lentissimo movimento finchè trova un luogo adatto ove infligge il rostro, e, quando ha cominciata la secrezione cerosa del cuscinetto ovigero, resta fissa in quel posto. Anzi, per tale specie mi risulta dalle osservazioni di parecchi anni, che le femmine prima di ovificare si scelgono un'ultima dimora, cosa che fanno moltissime altre cocciniglie. Un caso curioso è quello di femmine che vanno a partorire fuori della pianta. Il Leonardi (35) ha osservato più di un esemplare adulto di Pulv. camelicola « fis- sato al vaso di terra ove stava la pianta, e su quello il sacco filato ». Io ho osservato la stessa specie a ovificare sui pali di un chiosco intorno al quale stanno piante di £vonymus che di tale specie sono aftette. È un fatto risaputo che una delle sedi spesso preferita dalle larve delle cocciniglie è la pagina inferiore. delle foglie, lungo la nervatura principale ;: tale sede però, come ho detto, viene in molti casi abbandonata. Giovani e adulti, con differenze però nelle diverse specie, troviamo poi lungo le nervature secondarie della pagina inferiore delle foglie, ma anche sulla superiore. Fra le spe- cie da me studiate, quella che con più frequenza ho trovato sulla pagina superiore è il OQionaspis evonymi, e fra i lecanini il Lec. hesperidum. Le larve del Ceroplastes rusci come osservano Sil- vestrie Martelli (79), cercano di fissarsi generalmente sulla pagina superiore delle foglie del fico, ed i « luoghi preferiti sono quelli corrispondenti alle nervature secondarie e terziarie e sulle diramazioni di quest’ ultime ». OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 1539 Ma la sede definitiva non viene scelta indifferentemente da tutte le specie. Per es. la Pulv. camelicola, come ho bene osservato, ovi- fica con preferenza sulle foglie, ma anche sui teneri rami, mentre la Pulv. vitis, non ovitica sulle foglie, ma si fissa prima di parto- rire sui rami già consistenti e di preferenza, alla base del tronco della vite. Quelle specie che svernano su piante a foglie caduche, devono nell’ autunno necessariamente lasciare le foglie, e recarsi sui rami, salvo a ritornare sulle foglie all’ iniziarsi della buona stagione. In qualche caso maschi e femmine hanno sede definitiva differente, così avviene nell’ Eriococcus araucariae studiato dal Leonardi (34), in cui la seconda larva maschile si porta il più sovente all’estremità delle foglioline dell’Araucaria, mentre la fem- mina prima di deporre le uova si fissa alla base delle foglioline, il che porta una certa irregolarità nel follicolo ceroso che Y in- setto secerne a protezione sua e delle nova. Di due specie che con gran frequenza si trovano associate sulla stessa pianta, arancio o limone, cioè Lec. oleae e L. hesperidum, la prima da adulta si trova raramente sulle foglie ma più special mente sui rami, mentre la seconda si trova con preferenza sulle foglie. Se osserviamo il Lec. persicae e il L. corni, specie nelle quali le femmine adulte raggiungono notevoli dimensioni, noi non le troveremo, nel tempo della deposizione delle uova, sulle foglie, ma sui rami. Si potrebbe quindi dire, nel caso dei lecanini, che tanto più la specie acquista da adulto consistenza e dimensioni notevoli, e tanto più cerca per ultima sede i rami o il tronco, invece delle foglie. Ma il Lec. oleae, come ho detto, da adulto sugli agrumi preferisce i rami alle foglie, quando attacca 1 olivo si trova con frequenza quasi uguale, tanto sui primi quanto sulle seconde, però su queste temporaneamente. Infatti prima di deporre le uova, abbandona le foglie per tornare sui rami. Secondo le osservazioni del Paoli (58) però V ultima dimora può essere in qualche caso data anche da foglie vecchie e robuste (pag. infer.). Esistono quindi delle cause che spingono i coccidi a scegliere per dimora parti di- verse su una stessa pianta, e, per quelle specie che vivono su più vegetali, a scegliere sedi differenti da una pianta all’ altra. Alcune di queste cause andranno indubbiamente ricercate nella maggiore o minore tenerezza dei tessuti vegetali, nell’ attitudine delle di- 140 G. TEODORO verse specie a perforarli; ed anche nella ditterenza chimica dei suechìi delle varie piante. In conelusione non si può fare una distinzione netta e dire quali specie sì trovano sui rami, quali sulle foglie ece.; ad ogni modo, seguendo il Lindinger (45), possiamo innanzi tutto di- stinguere cocciniglie monofaghe e polifaghe. Le monofaghe vivono a spese di determinate piante nutrici, le polifaghe sono capaci di vivere su tutte le piante possibili. Un’ altra distinzione sì può anche fare riguardo all’ organo della pianta che viene attaccato tenendo presente, come ho dianzi accennato, che a tale distin- zione non sì può dare un valore rigoroso : Cocciniglie che assalgono foglia, fusto, frutta; N » » solo la foglia: » » » solo il fusto ; » N » solo la radice. Il Lindinger fa ancora un’ altra distinzione a seconda della con- sistenza della pianta ospite: coccidi che vivono su piante legnose o su piante erbacee. Fra i primi trovansi ad es. 1’ Aspidiotus ostraei- formis, Lec. persicae, L. corni ecc., fra i secondi Orthezia, Erio- peltis ecc. Dalle osservazioni che ho fatto su parecchie specie di coccinigiie, non mi pare che si possa parlare di tropismo nella scelta della loro dimora, come invece avviene per molti altri in- setti, nei quali ci si può anzi giovare di qualche forma di tro- pismo come mezzo di lotta se trattasi di una specie dannosa. Di questo argomento si è occupato di recente il Dewitz (17), ed egli non fa cenno dei coccidi. Ad ogni modo dovrebbe trattarsi di un fototropismo o negativo o positivo. Berlese (3) per es. nel suo lavoro sui diaspiti, parlando dell’ Aspidiotus limonii (= he- derae) dice che questa specie si dispone sui frutti « specialmente alla loro parte inferiore e più nella faccia rivolta a mezzodì ». RELAZIONI FRA LE COCCINIGLIE E LA PIANTA OSPITE. Un altro vasto campo di ricerche è dato dalle relazioni che cor- rono fra la pianta ospite e la cocciniglia parassita, e su tale ar- gomento possediamo lavori importanti come quello del Biisgen OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 141 (12) e del Kochs (30). Recentissimamente se ne è occupato lo Zweigelt (100) il quale riporta anche una rieca bibliografia. Le cocciniglie producono sulla pianta nutrice varie alterazioni che vanno da semplici macchie di differenti colori a delle vere galle. Facendo delle sezioni col rasoio e col midollo di sambuco di foglie attaccate per es. da Aspidiotus hederae si puo, chiudendo semplicemente in glicerina, osservare l’ andamento delle setole nel tessuto della foglia. Le setole che sono chitinose, si distinguono facilmente per il loro colore giallastro. Esse, come è stato già o0s- servato, penetrano riunite in fascio nei tessuti vegetali. L’ atto del sncchiamento con tutti i fenomeni che ne derivano è stato studiato molto bene dallo Zweigelt, il quale nelle sue ricerche ha te- nuto giusto conto dei lavori precedenti. Ad esso rimando il lettore che avesse bisogno di approfondire tale argomento. A me basti il ricordare qualcuno dei fatti principali su eni questo autore ha portato il suo contributo. Quando la cocciniglia (come avviene anche negli afidi) infigge il rostro nella pianta, emette della saliva, per cui nell’avanzarsi del fascio delle setole, queste vengono a trovarsi circondate dal secreto salivare, che forma intorno alle setole stesse una guaina. Secondo il Biisgen (12)la saliva si rapprenderebbe subito dopo per for- mare questo tubo racchiudente le setole, ma le ricerche del P e- tri (63) hanno provato che « è soltanto alcun tempo dopo la for- mazione di una prima guaina jalina intorno alle setole rostrali che, in corrispondenza delle cavità cellulari, si forma uno strato di rivestimento più esterno di un tannato solido ». Questo fatto è stato confermato dallo Zweigelt, il quale ammette inoltre che solo aleun tempo dopo la puntura e secondariamente, la guaina che si forma può proteggere le setole nei loro movimenti, mentre sul principio tale guaina non può avere una funzione meccanica essendo il secreto salivare ancora liquido. Lo Zweigelt ammette per questo secreto degli afidi ed altri rincoti la facoltà di trasfor- mare, con |’ ainto di un fermento simile alla diastasi, V amido in zucchero. Questa proprietà avrebbe dunque una speciale impor- tanza per la fisiologia dell’ alimentazione dei coccidi e anche di altri insetti che si nutrono ugualmente di succhi vegetali. Il succhiamento avviene dall’ epidermide verso i fasci vascolari 149 G. TEODORO ed è possibile in tre modi, come conclude lo Zweigelt, in base alle sue ed alle precedenti ricerche : una data cellula viene punta e succhiata senza danno dello starto esterno dei protoplasti : il vuotamento di determinate cellule avviene per il loro com- pleto perforamento; questa maniera si ha specialmente nel leptoma ; il vuotamento avviene in conseguenza di una poderosa forza osmotica, propria della saliva, durante la puntura intercellulare, senza lesione meccanica delle cellule; questo modo predomina nei tessuti corticali. Come sorgenti di nutrizione devono essere riguardate : 1° epider- mide, tutte le cellule corticali nel fusto, il mesofillo della foglia, e infine adroma e leptoma dei fasci vascolari; anche le glandule a secrezioni oleose di molte piante, sono talvolta, secondo Z w e i - gelt (100), fonte di nutrizione. Per citare qualche esempio fra i casi bene studiati, ricorderò che i Dactylopius, secondo le ricerche dei Petri (60) succhiano ordinariamente il nutrimento dai vasi eribrosi e dalle cellule che li accompagnano, mentre la fillossera preferisce intaccare il parenchima e i raggi midollari-corticali. An- che la Pollinia pollinii studiata dallo stesso Petri (61), infigge le sue setole nei rami dell’ olivo, molto profondamente : «le setole ro- strali attraversano tutti i tessuti corticali, anche per una profon- dità di 700 mieron, raggiungendo il cambio, e generalmente il sue- chiamento avviene in corrispondenza dei punti d’ affioramento dei raggi midollari ». Una var. della Mytilaspis fulva Targ. riscontrata pure dal P e- tri (59) sulle radici dell’ olivo, si spinge con le setole molto pro- fondamente, oltrepassando lo strato parenchimatico corticale. Io ho esaminato il comportamento dell’ Aspidiotus hederae su foglie di rarie piante. In alcuni casi la lunghezza delle setole rostrali su. pera lo spessore della foglia, allora il fascio costituito dalle setole stesse cammina per buon tratto parallelamente alle epidermidi della foglia, fino ad andare ad incontrare i fasci fibro-vascolari della foglia stessa. Così per questa specie di Aspidiotus ho misurato delle setole prolungantesi per 560 ed alle volte più micron, in foglie di uno spessore di 350 mieron 0 poco più. Secondo lo Zweigelt la potenzialità degli strati cuticolari rap- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 145 presenta per le piante un mezzo di protezione relativo contro il penetrare meccanico delle setole. Ma in molti casi si hanno dei veri ostacoli contro la penetrazione del rostro. Nel caso che ho citato della Mytilaspis fulva trovata dal Petri (59) sulle radici del- lolivo, V attacco della cocciniglia è più forte al principio, ma quando per |’ azione della puntura il fellogeno peridermico rea- gisce proliferando in senso centrifugo, viene a formarsi un note- vole strato di sughero il quale « impedisce generalmente negli attacchi successivi al primo, che la necrosi e 1 irritazione siano portate molto profonde ». Questo come un esempio nel quale l’osta- colo deriva da una reazione della pianta stessa; ma altre volte sono elementi proprii della pianta che oppongono resistenza al- l’ avanzarsi delle setole. La figura data dal Petri nel caso prece- dente, fa vedere bene le setole ripiegate e arrestate per l’incontro di cellule selerose: « anche gli elementi sclerosi del parenchima corticale formano una linea quasi ininterrotta nelle radici attaccate, contribuendo ad impedire una maggiore penetrazione del rostro ». Non sempre però gli elementi sclerosi risultano insormontabili, in- fatti le setole della Pollinia pollinii, come nota il Petri (61) nei rami dell’olivo, rieseono ad attraversare fino a quattro anelli scle- renchimatici della corteccia, « passando fra le lamelle mediane delle membrane ispessite ». L’attacco delle cocciniglie sulle piante è spesso favorito da spe- ciali cause dovute a fattori fisici o biologici. Così in molti casi lesioni e screpolature dovute al gelo costituiscono delle località adattissime al fissarsi delle cocciniglie. Ho osservato questo fatto benissimo nei grossi tronchi di rosai che costituiscono un chiosco, attaccati dall’ Aulacaspis rosae. Il Petri (61) sempre a proposito della Pollinia, ha appunto notato che le lesioni prodotte nei rami dal gelo formano un adatto substrato alla vita parassitaria della cocciniglia. E gli esempii si potrebbero moltiplicare. A fat- tori biologici vanno ascritte le lesioni prodotte da animali. Nel caso predetto della Pollinia, questa specie va a fissarsi anche nelle lesioni prodotte dal Phleotribus oleae. Le podure e gli acari hanno relazioni simili con le cocciniglie. Vedi per ciò Zwei - gelt (100) e Petri (60). Lo Zweigelt riferisce a lungo nel suo lavoro sul come reagiscono 144 G. TEODORO i tessuti vegetali all’ attacco dei parassiti. Egli arriva alla con- elusione che la cellula vegetale risponde allo stimolo che viene prodotto dalla saliva con un accumulamento di protoplasma ed un attivo movimento del nucleo verso quella parte della cellula che viene più minacciata. Inoltre 1’ azione venefica della saliva, determina delle speciali calotte « Klappen » che si devono ricon- durre a disorganizzazione di protoplasma e nucleo. Nella rosa si formano per es. nella regione della puntura notevoli ispessimenti della parete cellulare, coni quali si accompagna di mano in mano, un rilevante consumo di granuli di amido. Lo Zweigelt considera ciò come una azione di difesa da parte del vegetale. Un’ altra importante reazione della pianta consiste nel racco- glimento di tannino in vicinanza della puntura, il che, secondo Zweigelt, eliminerebbe l’effetto del suechiamento. Da noi si è oc- cupato molto di questo argomento, relativamente però alla fillos- sera, il Petri (63). Ho già prima accennato a questo lavoro del Petri. Quello che importa ricordare, e su questo punto insiste an- che lo Zweigelt, è che sul principio le setole rostrali restano come immerse nel secreto salivare dell’ insetto stesso, e che il deposito di sostanze tanniche è successivo. Questo fatto che il Petri ha ben constatato per la fillossera, non sempre lo si riscontra nelle cocciniglie. Nel caso che ho più volte citato della Mytilaspis stu- diata dal Petri (59) « non sì forma una guaina di composti in- solubili intorno alle setole rostrali » ma si forma una quantità di pectati insolubili negli spazii intercellulari e una colorazione giallo ocracea delle pareti e del contenuto cellulare, dovuta probabilmente all’ossidazione di fenoli. Anche nel caso della Pollinia (61) si forma <«una guaina continua, jalina ed elastica intorno alle setole », alla costituzione della quale non prendono parte « sostanze apparte- nenti al contenuto cellulare del tessuto corticale ». Altri fenomeni, osservati dal Petri, successivi alla puntura sono necrosi, iperplasie, produzione di gomma, arresto nell’ attività del cambio, oppure de- stino differente delle cellule neoformate, produzione sovrabbon- dante del sughero ecc. L’ azione irritante delle cocciniglie può provocare una maggiore attività nel tessuto assimilatore della pianta. Così il Cavara (15) ha osservato per la Quercus castaneaefolia C. A. Meyer, una più OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 145 facile permanenza delle foglie aftette da un Asterolecanium « senza dubbio dovuta a continuata attività del tessuto assimilatore » la quale dipende certamente dall’ azione delle cocciniglie. L’ azione delle cocciniglie determina anche delle variazioni nella composizione chimica dei tessuti vegetali. Così, p. es. il Pig o- rini(69) trova per le foglie di gelso affette da Diaspis pentagona « che l azoto totale e proteico nella sostanza secca è notevol- mente inferiore nella foglia malata che in quella sana, e che, seb- bene attenuata, questa inferiorità si constata ancora calcolando le rispettive quantità per la foglia fresca. Invece il contenuto in grasso è un po’ superiore per la foglia malata. La fibra grezza nella foglia fresca raggiunge una percentuale più elevata nel caso della foglia di gelsi malati che in quella di gelsi sani ». Resta ancora a dire di una importante questione, cioè dell’ in- fluenza che esercita la pianta sulla cocciniglia. In generale, si può ritenere che al periodo di maggiore attività vitale della pianta cor- risponde il periodo di maggior accrescimento delle cocciniglie. A questa prima osservazione va aggiunta | altra delle differenti di- mensioni che può raggiungere una stessa specie, vivendo a spese di piante diverse. Il primo fatto dipende evidentemente dall’ an- damento della stagione, sul secondo devono aver influenza più cause, fra cui con certezza, la natura del nutrimento suechiato dall’ insetto. Per la prima questione ho compiuto osservazioni sulla Pulv. ca- melicola parassita su degli Evonymus. Questa specie a Padova ha una generazione per anno, mentre a Portici, secondo Leonardi (35) ne ha due. Le larve schiudono generalmente nella prima de- eade di giugno, dopo pochi giorni si fissano, perdono le setole anali e subiscono un lieve accrescimento. In questo stato passano l’ estate, l’ autunno e 1 invernoy e solo all’ inizio della primavera comincia una fase di attivo accrescimento. Esemplari osservati in gennaio misurano 1! mm, di lunghezza, e già nella prima metà di marzo hanno raggiunto i 2 mm. Da marzo ad aprile 1 aceresci- mento è molto rapido, specialmente con stagione propizia; alla fine d’aprile e nei primi di maggio le forme femminili raggiungono le massime dimensioni di 4 ed anche 4 '/, mm., e divengono ma- ture. Da questo periodo l’acerescimento avviene solamente in gros- « Redia r, 1915. 10 146 G. TEODORO sezza per la maturazione delle uova nel corpo della madre. E già nello stesso mese di maggio (prima o seconda quindicina a seconda della stagione) comincia la secrezione del cuscinetto ovigero e la deposizione delle uova. I maschi adulti li ho trovati alla fine di aprile, quindi ritengo che l’ accoppiamento cada fra la fine di que- sto mese ed i primi di maggio. Un altro esempio di sviluppo molto lento ci vien dato da un altro lecanite Lec. corni (var. robiniarum). Gli esemplari da me studiati sono stati raccolti sul melo. Come si rileva facilmente, e come troviamo ben descritto nel lavoro di Sajo (75), le larve che nascono al principio di giugno, svernano sui tenerì rami non rag- giungendo che 1 mm. circa di lunghezza. Solo nel secondo anno si accrescono ed alla fine di aprile raggiungono la loro maturità sessuale, appunto quando nella pianta circola gran copia di succhi. Dopo 1 accoppiamento le femmine crescono ancora fino a raggiun- gere 40-50 volte il loro precedente volume. E gli esempi si potrebbero moltiplicare. In generale lo sviluppo è lento nelle specie che compiono una sola generazione per anno. CENNI SULL’ EMBRIOLOGIA DELLE COCCINIGLIE. Le ricerche embriologiche sui cedccidi sono state finora molto scarse, e solo in tempi recenti si nota un risveglio di tali studi per opera specialmente del Pierantoni il quale ha compiuto delle osservazioni embriologiche sull’ Zeerya purchasi (68), e sul Pseudococcus citris (67), per potere in particolar modo seguire la evoluzione, durante lo sviluppo embrionale, dello speciale organo simbiotico presente in queste due cocciniglie. Ma nel dire dell’embriologia dei coccidi non si può fare a meno di ricordare i vecchi lavori del Meeznikow (53, 54) e del Targioni-Tozzetti (83), e, accanto ad essi Putnam (70) e Canto-Perez (13). 1 Putnam nel suo minuzioso lavoro sulla Pulv. innumerabilis (= P. vitis) fa un cenno della embriolo- gia di questo insetto, soffermandosi specialmente sulla descrizione dell’ embrione già avanzato nello sviluppo. Nota inoltre che lo svi- luppo di Lec. hesperidum, da lui osservato incidentalmente, gli è OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 147 sembrato simile a quello della Pulv., eccetto, beninteso, la vivi- parità. Canto-Perez ha eseguito brevi ricerche sulle prime fasì di uova di Margarodes vitium Giard, osservate in toto in glicerina o glicerina gelatina, sia a fresco che colorate (*). Il Mecznikow ha compiuto le sue ricerche sull’ Aspidiotus nerzi (= hederae), sul Coccus witis (= Pulvinaria vitis) e sul Ohermes abietis (= Physokermes piceae), più sulla prima di questa specie che sulle altre. Egli figura e descrive da uova esaminate in toto dell’ Aspidiotus hederae, la formazione del blastoderma, la sua inva- ginazione, la formazione dell’ embrione e dei suoi organi esterni, poche notizie dà circa lo sviluppo degli organi interni. Egli ha visto bene che dopo la formazione del blastoderma questo si invagina nel vitello per dare origine all’ embrione, ed ha notato che mentre nell’ Aspidiotus questa invaginazione si inizia verso il polo posteriore dell’ uovo, ma lateralmente, invece nella Pulv. vitis l’invaginazione comincia proprio al polo posteriore. Le ricerche del Targioni-Tozzetti (83) sono di poco posteriori a quelle del Meeznikow. Il Targioni conferma in gran parte quanto descrive l’altro autore. Solo in qualche punto non sono d’ accordo. Così, per es. mentre il Meeznikow parla di un blastoderma, per il Targioni si tratta invece di un « blastema di biastoderma ». (*) Secondo l’autore, in questa specie sono state infruttuose le colorazioni dei blastomeri con carminio, fuesina, vesuvina, acido picrico. Invece buoni risul- tati ha ottenuto immergendo Je uova, previo trattamento con una debole solu- zione di borato sodico e lavaggio in acqua distillata, per 24 ore in una solu- zione di cloruro di oro e litio all’ 1°/,; poi lavaggio in acqua distillata, in soluzione diluita di acido acetico ed esposizione al sole per 2 o 8 ore. Mon- taggio in glicerina-gelatina. Così Canto-Perez ha potuto vedere il vitello for- mativo situato alla periferia dell’ uovo, e i blastomeri in esso irregolarmente disseminati. Per poter ben distinguere la separazione fra vitello formativo e nutritivo ha eseguito la impregnazione col nitrato di platino, il quale fa rile- vare le granulazioni del vitello nutritivo, marcando così nettamente il suo limite di separazione col vitello formativo. Da quanto qui su espongo si vede che non vi è bisogno per nulla di ricorrere ad una tecnica tanto delicata, poichè bastano i più comuni mezzi di tecnica della colorazione per ottenere ottimi preparati di uova anche in stadii molto precoci; preparati che lasciano nettamente distinguere i blastomeri con i loro nuclei ece. 145 G. TEODORO Vedremo più avanti che nelle cocciniglie si forma un vero bla- stoderma in maniera simile a tanti altri insetti. Le specie sulle quali ho compiuto osservazioni embriologiche sono: Pulvinaria vitis, P. camelicola, Lecanium oleae, L. persicae, L. hesperidum, L. corni, Aspidiotus hederae. Tutte queste specie sono ovipare, meno il Lec. hesperidum e VAspidiotus hederae che son vivipare. La viviparità fra le cocci- niglie è abbastanza frequente, come negli afidi. Non ho trovato nella intricata letteratura un elenco delle specie vivipare, la cui conoscenza non sarebbe priva di interesse scientifico ed anche pratico. Ne dò qui una lista che è certamente molto incompleta; la maggior parte delle specie elencate è data sulla fede degli autori ai quali rimando : 1. Lecanium hesperidum 2. Aonidiella perniciosa 3. Aspidiotus hederae 4. Hemiberlesia argentina. . Leonardi (58) 5. Targionia fabianae . . . » » 6. Protargionia larreae . . . » » (e Dinaspis achesw i, oa » » S. » lahillev ir. it » » 9. Macrocerococcus superbus . . » (36) 10. Horwardia silvestriv. . . . » (40) 11. Aspidiotus unguiculatus . . » » 12. Aonidia simplex. . . . . » » 13. Dinaspis distineta . . . . » » 14. » giffa rdi . da . » » 15. » lounsburyi . . . » » ). » suwvestrii . . . » » 17. Chionaspis vuilleti . . . .Marchal (49) La Diaspis pentagona ed il Chrysomphalus dyctiospermi, secondo alcuni autori, depongono uova a stadii di sviluppo più o meno avanzati, fino a larve, come avviene in parecchi altri diaspini. Da qualcuno si erede che pure 1’ Aspidiotus hederae si comporti in tal modo, ma, secondo anche le osservazioni del Krassiltst- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 149 schik (31) questa specie è vivipara. Io pure affermo senz? altro la viviparità di tale specie, dopo i numerosi esemplari femminili osservati in toto e sulle sezioni. Mazzarelli (52) per la Diaspis pentagona ha osservato che le uova avevano sempre raggiunto il loro completo sviluppo prima di essere deposte. L’Holmgren (28) nel suo lavoro sugli insetti vivipari di- stingue quelli a sviluppo partenogenetico da quelli a sviluppo anfigenetico. Fra i primi si trovano afidi, chermetidi, alcuni còe- cidi e la larva di Miastor; fra i secondi, ditteri e erisomelidi. Questo autore ha anche distinto alcune particolarità di struttura nei due gruppi ed è bene ad esse accennare. Nel primo gruppo dei vivipari partenogenetici lo sviluppo dell’ uovo si inizia nel- l’ovario (eccetto la larva di Miastor) e termina nella cavità del corpo. Nel secondo gruppo dei vivipari 1’ novo compie lo sviluppo nei tuboli ovarici o nella guaina ovarica, a seconda che la fecon- dazione avviene nell’ una o nell’ altra parte. Ciò si verifica ri- spettivamente nei crisomelidi e principalmente nei ditteri. I còc- cidi vivipari esclusivamente partenogenetici, come il L. hesperidum, rientrano dunque nel primo gruppo stabilito dall’ Holmgrem, lo sviluppo quindi in essi comincia già nell’ ovario, come si può ve- dere con gran facilità, sezionando femmine intere, e termina nella savità del corpo stesso della madre, che diventa un vero sacco di uova embrionate. Ho detto innanzi còccidi esclusivamente par- tenogenetici, è noto infatti come per molte specie di questi insetti i maschi siano in alcune in molto minor numero che le femmine, in altri addirittura rarissimi, per qualcuno senz? altro sconoscinti. Il Lec. hesperidum appartiene a quest’ ultima categoria. Questa specie è stata sempre citata fra gli esempi di insetti partenogenetici, ma il Moniez (55) nel 1887 annunciava che tale specie non è partenogenetica, perchè egli aveva trovato nelle guaine ovariche della femmina, i maschi, piccoli, atteri, ciechi (misura- vano 340 mieron di lunghezza per 150 di larghezza): « isolés cha- cun dans un cul-de-sac ovarien, et les culs-de-sac contenant les maàles mont paru melés à ceux qui renfermaient les larves femel- les ». Ha visto in essi testicoli, spermatozoi, e un pene corto e largo. Egli però non ha osservato questi maschi allo stato libero nè ha potuto vedere se | accoppiamento abbia luogo dentro o fuori 150 G. TEODORO del corpo materno. Berlese (2) che ha accuratamente studiato questa stessa specie non è riuscito a trovarne il maschio. Invece PHenneguy (24) ha visto « en mars 1887, une femelle de Leca- nium hesperidum, dont le réceptacle séminal était rempli de sper- matozoides bien développés et vivants ». Per quante femmine della stessa specie io abbia dissecato e sezionato al mierotomo, non ho mai avuto la ventura di verificare Vl’ uno o l’altro di questi reperti. Ad ogni modo non è da escludere che un giorno possa trovarsi il maschio della specie in parola. È noto che per altre cocciniglie, ad es. l’ Icerya purchasi, e il Lec. oleae, i maschi sono sfuggiti, almeno in Italia, per lungo tempo alle ricerche degli entomologi. Ma quello che qui mi preme notare è che la presenza del maschio non esclude la riproduzione partenogenetica della spe- cie. Vi sono fra i edecidi anche dei casi — oltre quelli in cui ì maschi sono molto rari e quindi non tutte le femmine possono venir fecondate, sebbene un maschio si accoppi con più femmine dei casi dico in cui i maschi abbenanche numerosi non riescono a fecondare tutte le femmine, perchè queste o sono ammassate le une sulle altre, frammiste anche ad individui morti, o sono nasco- ste in modo che è impossibilitato 1’ accoppiamento. In queste e simili condizioni le femmine non fecondate generano ugualmente. Ciò si verifica con maggior facilità in quelle specie che formano sulla pianta ospite delle vere incrostazioni. Su tale fatto anche il Morstatt (57) ha richiamato 1’ attenzione degli entomologi. Tornando alla viviparità il Leonardi (38) ha voluto vedere una relazione fra essa e lo sviluppo delle glandole ceripare: « colla viviparità dei diaspiti abbiamo trovato che corre, di pari passo, la riduzione di certi organi che in altre forme sono numerosi e bene sviluppati ». E cioè searsezza o mancanza di dischi ceripari perivulvari, palette, pettini, peli-filiere ece. Lo stesso autore per una specie di Pseudococcus, nota pure che la scarsezza di dischi e tuboli ceripari può essere «in rapporto con la viviparità della specie la quale, per tal fatto, non ha bisogno di creare uno spe- ciale riparo per la sua prole ». Infatti è facile osservare nelle sezioni trasverse di Lec. Rhesperidum, come ho potuto bene consta- tare, che le glandule ceripare ventrali sono scarsissime in con- fronto con altri lecanini che siano ovipari, i quali segregano un OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 151 cuscinetto ceroso entro cui vengono accolte e riparate le uova nel loro sviluppo fino alla schiusura della larva. Queste speciali glandule sono invece abbondantissime sulla su- perficie ventrale per es. di Pulv. vitis e P. camelicola, glandule che per quest’ ultima specie ho già descritto (85), e su cui tor. nerò più avanti. Moltissime specie di lecanini ovipari, riparano uova e larve neonate non in un nidamento ceroso, ma sotto il corpo materno fra pochi riccioli di cera. In questo caso (Lee. oleae, L. corni ecc.) la femmina rigonfia presenta la chitina ventrale moltissimo accostata a quella dorsale in modo da lasciare sotto di essa una cavità abbastanza ampia per accogliere le numerose nova. Orbene anche in questo caso il numero delle glandule ceripare ventrali è minore che nelle specie che fabbricano il nidamento ceroso, ma sempre in maggior numero del Lec. hesperidum vivi- paro. Le larve di questa specie non permangono invece che po- chissimo tempo sotto il corpo materno, quindi il corpo della fem- mina adulta resta molto appiattito. Mi sovviene a proposito che Signoret (78) distingue 6 categorie nel gen. ZLecanium, la prima di esse, alla quale appartengono le specie col corpo appiat- tito e che conservano (secondo tale autore) visibili i lobi del corpo (lobo cefalico, lobo medio o stigmatico e lobo posteriore). comprende forme generalmente vivipare. Mi piace qui accennare anche ad un esempio riportato da Berlese (4) fra i diaspiti, in cui parrebbe che ad una produ- zione minore di uova da parte della femmina di una specie cor- rispondesse nella sna costituzione un mezzo di protezione più forte che in una femmina di specie diversa che depositi un mag- gior numero di uova: « la Parlatoria zizyphi non fa che dodici uova al massimo per generazione, ma la femmina è protetta da uno scudo molto resistente, la affine P. proteus fa un centinaio almeno di nova, ma è molto meno bene protetta da uno seudo sericeo debole ». * * * Delle specie sulle quali ho compiuto osservazioni embriogiche, il Lee. hesperidum, e V Aspidiotus hederae sono dunque vivipari, la Pulv. camelicola, P. vitis, Lec. oleae, L. persicae e L. corni ovipari. 152 G. TEODORO Le due Pulvinaria depongono le uova in un nidamento ceroso, i tre Lecanium accolgono invece le nova sotto il loro stesso corpo che si rigonfia moltissimo nel periodo della ovificazione. Ho già detto in principio qualche cosa riguardo alla tecnica embriologica. È da tener presente che si ha a che fare con un materiale di dimensioni molto minute. Ecco, in mieron, le medie dimensioni delle uova delle specie ovipare studiate : Pulvinaria camelicola lunghezza 210 larghezza 120 mieron DI vitis » 350 » 220 » Lecanium oleae » 300 » 150 » » corni » 350 » 210 » » persicae » 240 » 130 » Nelle due specie vivipare ho ottenuto le seguenti misure delle uova: Lecanium hesperidum lunghezza 210 larghezza 100 micron Aspidiotus hederae » 150 » 60° » Come si vede sono uova di dimensioni molto piccole, mentre per esempio nella Icerya purchasi raggiungono i 640 mieron di lunghezza per 300 di larghezza. Su questa specie ha di recente Pierantoni compiuto osser- razioni sulla evoluzione degli organi sessuali femminili (65) e ma- schili (66) nonchè sulle suecessive fasi di sviluppo dell’ novo. Sulle cocciniglie più sopra ricordate sto compiendo anche io osserva. zioni di ovogenesi e spermatogenesi che esporrò altra volta. Per ora prendo le mosse dal momento in cui 1’ uovo ha com- piuto il processo di maturazione e premetto che nelle linee gene- ‘ali le modalità di sviluppo sono presso a poco le stesse nelle specie che ho esaminate, salvo delle piccole differenze. Mi è riuscito difficile nelle cocciniglie (come accade anche per molti altri insetti) poter trovare, pure fra molti preparati, sezioni di uova che lascino vedere ben distinti i due pronuclei maschile e femminile, naturalmente quando la riproduzione non sia partenoge- netica. Con una certa facilità mi è riuscito invece ritrovare i due primi blastomeri, molto frequentemente poi ho riscontrato i primi blastomeri formatisi. Evidentemente è rapido il processo di fusione OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 155 dei due pronuclei e quello delle prime segmentazioni del nueleo formatosi dalla fusione predetta. Questa rapidità con cui si susse- guono 1° unione dei pronuelei e le segmentazioni che danno ori- gine ai primi blastomeri è un fatto comune anche in altri insetti. Così recentemente Grandori (22) per Bombyx mori, notava che « la fusione dei due pronuclei e le primissime segmentazioni dell’ unico nucleo che ne risulta », devono avvenire « nel periodo di tempo che va da un quarto d'ora a poco meno di due ore dalla deposizione » ed inoltre che alla quarta ora si hanno fino a 12-14 blastomeri. Nell’ Icerya studiata dal Pierantoni (68) i due primi bla- stomeri « vengono a trovarsi in posizione approssimativamente cor- rispondente ai due fuochi dell’ ellissoide rappresentato dall’ novo ». Stante la difficoltà nel caso mio, di poter avere uova di età de- terminata, ho dovuto sezionare moltissimo materiale, pure, spe- cialmente nel Lee. hesperidum, ho visto bene il primo nueleo di segmentazione, sito quasi in posizione centrale, ed i primi blastomeri da esso derivati. La posizione dei due primi di essi non è sem- pre la stessa in tutte le nova, ma nel maggior numero dei casi corrisponde con molta approssimazione ai due fuochi dell’ ellisse, forma con la quale si presenta l uovo in sezione. I nuclei dei primi blastomeri assumono abbastanza bene la co- lorazione dell’ ematossilina, ma non molto intensamente. L’ aspetto di questi blastomeri è fin dal principio molto irregolare, si potreb- bero dire quasi a forma di stella, con i raggi differentemente svilup- pati, o, in altre parole, come si suol dire da molti, ricchi di pro- lungamenti ameboidi (fig. 11). I prolungamenti di un blastomero si riscontrano molto spesso uniti con quelli di un blastomero vicino. Grandori (22) che nel Bombye descrive una disposizione simile, spiega queste anastomosi come « un rapporto genetico re- centissimo fra i dne blastomeri ancora riuniti ». Le mie osservazioni poi concordano con quelle del Pierantoni sull Ieerya; infatti, anche io, quando ho potuto mettere in evi. denza il nucleo di segmentazione, non ho mai constatato la pre- senza di un braccio protoplasmatico che lo connettesse alla peri- feria dell’ uovo, fatto notato negli afidi da Hirschler (25). Da quanto posso giudicare dai miei preparati, le successive segmen- 154 G. TEODORO tazioni dei primi blastomeri, e la loro migrazione verso la periferia dell’ uovo, hanno luogo pure in breve tempo. La formazione del blastoderma avviene nelle cocciniglie nella maniera ben nota per molti insetti, cioè per la migrazione dei blastomeri verso la peri- feria, per la moltiplicazione di essi in senso tangenziale, col loro mettersi a contatto, fino a costituire uno strato cellulare appiat- tito uniforme, tutto all’ intorno dell’uovo (fig. 11 d2.). Nelle coccini- glie esaminate le cellule blastodermiche si presentano di dimensioni molto simili fra di loro, munite di un grosso nucleo rotondeg- giante rieco di granulazioni fortemente basofile e con soma cel- lulare di struttura molto uniforme (fig. 17 d2.). I limiti cellulari sono visibili specialmente nelle sezioni sagittali, come è quella rappre- sentata dalla fig. 11 d/., di modo che non si ha mai un sincizio. Da queste caratteristiche ne risulta V aspetto uniforme che presenta tutto il blastoderma. Credo utile accennare che nelle cocciniglie da me studiate non esiste assolutamente un blastoporo e non esiste certamente anche in altre cocciniglie, come infatti riscontra anehe Pierantoni nella Icerya. Hirsehler per gli afidi pure diee che non esiste un blasto- poro tipico, ma che anzi il pseudovitello forma come un turaceiolo al sno posto. Nell’ Zcerya che possiede una massa polare dal P i e- rantoni (64, 65) dimostrata omologa al pseudovitello degli afidi, non si nota nulla di simile a quello che descrive l’ Hirsehler. Que- sto ho potuto anche io confermare nel poco materiale che ho avuto di Icerya. Tanto meno nelle cocciniglie da me studiate esiste que- sta specie di tappo, poichè in esse non si forma un organo spe- ciale per accogliere i microorganismi simbionti, nè la presenza di questi ostacola per nulla la formazione uniforme del blastoderma intorno a tutto 1 uovo. Ma non tutte le cellule originatesi dalle segmentazioni dei primi blastomeri concorrono a formare il blastoderma, alcune di esse re- stano sparse nel vitello, fatto questo notato dal Pierantoni anche nell’ Icerya, e che si trova pure in alcuni afidi, come hanno de- scritto Webster e Philips (95) per la 7oroptera graminum. Queste cellule sono (fig. 11) di dimensioni simili a quelle blasto- dermiche o poco più grandi e sono munite di numerosi prolunga- menti ed hanno un grosso nucleo a sezione circolare. OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 155 Il vitello si presenta quando è completato il blastoderma, ricco di vacuoli. Non sempre mi è riuscito mettere bene in evidenza la membrana che limita il blastoderma dal vitello, detta membrana peritrofie: primitiva dal Berlese (5), che, ad ogni modo è estremamente sottile. Dopo aver parlato della formazione del blastoderma e prima di procedere nella descrizione delle successive fasi di sviluppo del- l’ uovo, bisogna accennare ai simbionti che come è oramai noto trovansi nelle uova dei coccidi. Il Pierantoni (67) ha distinto fra gli animali a microorganismi simbiotici, due grandi categorie: I. animali che posseggono organi simbiotici ben definiti, ossia appositi ed esclusivi per la ricettazione degli organismi ; 2. animali in cui i microorganismi risiedono diffusi in diversi organi aventi sede specialmente nel lacunoma. Restando nei coccidi, appartengono alla prima categoria: /ee- rya, Pseudococcus, alla seconda Lecanium, Ceroplastes, Asteroleca- nium, molti Aspidiotus ecc. Quindi le cocciniglie su eni ho fatto osservazioni embriologiche sono tutte della seconda categoria. L’em- briologia dimostra che nelle cocciniglie della prima categoria lo speciale organo simbiotico (detto massa polare, corpo ovale ecc.) si forma fin dai primi momenti dello sviluppo e se ne può seguire la evoluzione nelle fasi successive, invece in quelli della seconda categoria i microorganismi nell’ uovo restano aggruppati, come dice il Pierantoni (67) « in determinati punti, per diffondersi e penetrare poi in varii organi a misura che questi si vanno for- mando ». Come avvenga |’ infezione delle uova è stato bene studiato dal Pierantoni (67), dal Biiehner (10) e dal Breest (9) È noto dunque che i microorganismi simbionti, siano essi riuniti in sferule e destinati a costituire un organo ad hoc, o siano liberi, penetrano nell’uovo sempre attraverso le cellule nutriei, e di fre- quente prima ancora che il corion sia formato completamente. In tal modo i simbionti vengono a trovarsi verso il polo anteriore dell’ novo, cioè al polo opposto a quello nel quale comincia la for- mazione dell’ embrione. Così trova il Breest per le due specie che ha studiato (Aspidiotus hederae ed una sp. di Lecamium), e così trovo 156 G. TEODORO anche io per le specie più volte ricordate, così infine ìl Pieran- toni per Pseudococcus, mentre questo stesso autore nella Zeerya ha riscontrato che î microorganismi penetrano nel polo posteriore. Nelle specie in cui esiste una massa polare, questa ha una par- ticolare evoluzione nello sviluppo dell’ uovo, così avviene nei due casì studiati dal Pierantoni: Zceerya (65) e Pseudococeus (67); nelle altre specie î mieroorganismi restano al polo anteriore del- I uovo anehe mentre avviene la formazione del blastoderma, ed ho già detto precedentemente che non ostacolano la formazione di esso. Nulla ho da aggiungere alle ricerche di Pierantoni, Biichner e Breest per quanto riguarda la penetrazione dei funghi nell’ novo, che avviene come ho più su accennato. Questi si tro- vano dunque liberi nella regione anteriore dell’ uovo, e solo in tale zona nelle specie del gen. Pulvinaria e Lecanium, invece nell’ Aspidiotus hederae, come ha pure trovato il Breest, i miero- organismi si spingono anche nel vitello. Quando avviene la forma- zione del blastoderma, essi non cambiano di posto, solo vengono a trovarsi un poco internati nell’ uovo e restano precisamente dalla parte interna del blastoderma. Cosa avviene durante il successivo sviluppo dell’ embrione ? Ho detto prima che non tutti ì blastomeri concorrono a formare il blastoderma, orbene, nell’ Aspidiotus hede- rae, alcune di queste cellule (e ciò a conferma di quanto ha di- mostrato il Bree st (9) mentre io stavo compiendo queste ricerche), inglobano i microorganismi. Nel caso dei lecanini, invece, in cui i funghi non si spingono nel vitello, viene a costituirsi, secondo il Breest per la specie di Lecanium vivipara da lui esaminata, una specie di borsa (Tasche) in cui sono racchiusi i simbionti. Nelle specie da me studiate non ho riscontrato una simile formazione ; i preparati mi dimostrano, specialmente quelli di Pulv. vitis, che in gran parte i mieroorganismi restano liberi, almeno per molto tempo, nella zona presso il blastoderma come ho dianzi detto, alcuni invece vengono, come nel caso dell’ Aspidiotus, inglobati da cellule che non hanno preso parte alla formazione del blastoderma. Ho detto: — almeno per molto tempo — perchè in uova in cui esiste già Vl embrione nella forma caratteristica di S, con meso- derma già formato (fig. 18 ms.), si notano oltre le cellule a funghi, ancora funghi liberi, nella regione caudale (fig. 18 sace.). OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COOCINIGLIJ 157 Ad ogni modo questa tendenza delle cellule alla fagocitosi, di- ciamo pur così, rispetto ai microorganismi, non porta alla costi. tuzione di un vero organo simbiotico che è costante e di forma. zione precoce in altre specie. Il numero dei funghi che passano nell’ uovo è sempre piccolo, per Lecanium corni, il Biiehner ne ha contati 15, ma il Pierantoni ha trovato che essi possono molti. plicarsi nell’ uovo stesso. In uova embrionate di wulv. vitis, ho contato fino a 30 simbionti. Nel /seudococeus studiato dal Pie. rantoni (67) i blastomiceti penetrano nell’ uovo o riuniti in sferule o isolati, e sono numerosi. Lo stesso autore ha riscontrato però che in Dactylopius e Icerya, sono numerosi i batteri che pe- netrano nell uovo (circa 100 in quest’ ultima specie). Dopo la completa costituzione del blastoderma si inizia nel P uovo un altra formazione che è quella della così detta piastra ventrale, cui segue quella della stria germinativa che sarà tutta racchiusa nel vitello, essendo lembrione dei coccidi, come è noto, a sviluppo endoblastico. L'inizio della piastra e quindi della stria avviene al polo posteriore dell’ novo, e proprio all’ apice di esso nei Lecanium e Pulvinaria, un poco ventralmente in Aspidiotus, e ancora di più verso la parte ventrale in /cerya, secondo Pie- rantoni. Già Meeznikow (53, 54) aveva notato questa diffe- renza fra |’ Aspidiotus hederae e Pulv. vitis, ed ho già in prineipio accennato a questo fatto. Adunque nel polo posteriore dell’ uovo, restando nei lecanini, alcune cellule blastodermiche (fig. 14) divengono più lunghe delle vicine verso il vitello, e in sezione longitudinale presentano forma rettangolare. Contemporaneamente si inizia in tale regione una invaginazione che segna appunto I abbozzo della striscia germi. nativa (fig. 14, 15, 16%.) Questa non si forma solo per invagi- nazione ma anche per proliferazione dello strato di cellule che via via invaginano, come si rileva dalle cariocinesi che in esse si ri- scontrano. Un procedimento simile ha descritto per Icerya il Pie- rantoni. Nelle uova in toto si può osservare benissimo la invagi- nazione che dà origine alla striscia germinativa, come dimostrano le fig. 1, 2, 5. A mano a mano che procedono invaginazione € proliferazione, la stria germinativa va sempre più affondandosi nella massa del vitello non proprio rettilineamente verso | altro 155 G. TEODORO polo, ma compiendo sul principio una leggera curva. La stria ger- minativa non appare come uno strato unico, uniforme, di buon ora essa si mostra divisa come da un soleo mediano in due strati (ciò in accordo con Icerya e Pseudococcus studiati da Pierantoni) come si vede bene anche nei preparati in toto (tig. 3, 4, 5) e nelle sezioni (fig. 12). Questi due strati hanno sul principio uno spes- sore quasi uguale, ma con l’ allungarsi della stria germinale, uno di essi va diventando sempre più sottile. Lo strato più grosso, come si vede nel seguito dello sviluppo, ha posizione dorsale, e darà Vl embrione (em. fig. 3, 4, 5, 12), come anche in altri insetti, quello più sottile è invece ventrale e darà l amnio (am. fig. 3, 4, 5, 7, 12, 13, 18). Il blastoderma resta così a formare intorno all’uovo, meno nella parte ove è avvenuta la descritta invaginazione, la sie- rosa (fig. 12, 15 se.). Le cellule che costituiscono questa membrana, quanto più si accresce 1’ embrione nell’ novo, tanto più assumono forma allungata, anche il loro nucleo da rotondo in sezione come era in principio, assume forma ovale molto allungata, partecipando all allungamento di tutta la cellula. Questo carattere lo ho riscon- trato in tutte le cocciniglie di cui ho esaminato embrioni ; sì vede bene la forma delle cellule della sierosa nelle figure 12 se., che è una sezione sagittale di uovo embrionato di Pulv. vitis, fig. 18 se., parte di una sezione sagittale della stessa Pulv. vitis, 13 se., sezione pure sagittale di embrione di Lec. Resperidum, 19 se., sezione trasversa di embrione di L. hesperidum. Ma anche i preparati in toto, ottenuti nel modo descritto in principio, lasciano distinguere la sierosa; da un preparato di Pulv. vitis siffatto è tolta la fig. 9 se. La stria germinativa continua a crescere nel vitello con una leggiera curva sul principio, la quale però si accentua sempre più in modo che, quando la stria sta per raggiungere il polo opposto, ove, nelle specie da me studiate, trovansi i microorganismi sim- bionti, ha già acquistato la caratteristica forma ad S. I due strati della stria, l amnio cioè e 1’ embrione, si comportano durante que- sto sviluppo in maniera differente; infatti l'amnio va sempre più assottigliandosi (vedi le fig. 8, 4, 5, 12 am.), fino a che le sue cellule acquistano una forma molto affusolata d’ ambo le parti, ed anche il loro nucleo diventa ovale sempre più allungato; somi- gliano così alle cellule che restano a costituire la sierosa. Nel OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 159 V Icerya, come del resto in tanti altri insetti, I’ amnio si comporta in questa stessa maniera. Ma la striscia germinativa dopo che ha assunto la forma di S, continua ancora ad accrescersi in lunghezza sempre più ripiegandosi, però questo ripiegamento avviene in un piano diverso e, per meglio esprimermi, la stria viene come ad essere torta su se stessa intorno all’ asse longitudinale dell’ novo. Cosa che si mette bene in evidenza negli embrioni colorati ed osservati in toto facendoli ruotare fra il coprioggetti ed il porta- oggetti, e immersi in glicerina. Giova tener presente questo fatto per sapersi regolare nello studio delle sezioni. Infatti nelle sezioni sagittali otterremo la stria tutta in un piano quando le sezioni siano di nova in fase precoce di sviluppo; ma in fasi anche non molto avanzate, occorre, per avere un’ idea complessiva della forma che ha assunto 1 embrione, far la sovrapposizione dei disegni di parecchie sezioni. La fig. 9, embrione di Pulv. vitis, dimostra bene (come anche la fig. 10 che è di un embrione della stessa specie ma in fase più avanzata) questa torsione. Nelle specie da me stu- diate, la Pulv. vitis e il Lec. corni, hanno embrioni in eni questa torsione è accentuata un poco più che nelle altre specie. Le sezioni trasverse poi ci dimostrano che la stria embrionale è concava verso la parte che diventerà ventrale. Meeznikow (55, 54) e Targioni-Tozzetti (83) avevano visto bene nelle uova in toto la formazione della piega embrionale, cioè 1’ inizio dell’ invaginazione e della lamina embrionale o stria germinativa, nonchè il loro accrescimento nell’ interno del vitello e le forme assunte successivamente nello sviluppo dell’ embrione. Questo è facile vedere nelle uova esaminate in toto di molte specie. Le os- servazioni dei due predetti autori sono molto scarse invece per quel che riguarda gli invogli embrionali, per lo studio dei quali è indispensabile anche 1’ esame delle uova in sezioni. Mentre la stria embrionale va assumendo la forma ad $S, un fenomeno importante avviene nell’ embriologia degli insetti, e cioè la comparsa delle cellule mesodermiche. Non è mia idea di ad- dentrarmi per nulla adesso nell’ intricato problema dell’ origine del mesoderma; debbo limitarmi pel momento ad esporre quello che ho visto. Fino ad ora dunque l embrione non è costituito che da un solo foglietto cioè dall’ ectoderma (il solo foglietto embrio- 160 G. TEODORO nale degli artropodi), originatosi dalla invaginazione e prolifera- zione prima descritta; ma quando la stria embrionale non ha as- sunto che la prima curva dell’ S, si vedono comparire dal lato opposto a quello che guarda 1 amnio, delle cellule, di forma e di- mensioni presso a poco uguali alle ectodermiche, e che a mano a mano vanno formando un sottile strato lungo tutto 1’ ectoderma, ed a questo molto addossato (fig. 18 ms.). Quello che io non posso affermare per ora è donde esse abbiano origine, se derivino cioè da blastomeri rimasti nel vitello, o piuttosto dalle cellule stesse del foglietto ectodermico. Anche il Pierantoni nulla di sicuro dice sulla origine del mesoderma in /cerya. Ad ogni modo lo strato mesodermico perde presto la sua uni- formità, perchè, in seguito ad una attiva proliferazione delle sue cellule in alcuni punti si vengono a formare degli ammassi (fig. 6, ms. e cm.), i cosidetti nella embriologia degli insetti, cumoli me- sodermici, che sono una diecina. Intanto 1’ amnio, che si è come ho detto assottigliato, va allontanandosi dall’ ectoderma, e questo presenta, dalla parte volta verso l'amnio, S evaginazioni che cor- rispondono agli abbozzi delle zampe, dei pezzi boccali e delle antenne (fig. 7, S, 10, 13). Nello stesso tempo prolifera molto 1’ ecto- derma dell’ estremo cefalico (fig. 7, 8, 9, 10, 13), così che la re- gione del capo risulta molto ben distinta nelle nova embrionate, anche al semplice esame in toto. Nella parte più caudale della stria embrionale, prima ancora che compaiano gli abbozzi delle appendici, ho riscontrato dal lato non volto verso l’ amnio in una concavità della stria stessa, la presenza di alcune cellule che ho interpretate come cellule geni- tali (fig. 20 cg.), ma sulla cui orgine non sono ancora sicuro. Esse hanno i caratteri comuni alle cellule iniziali genitali descritte ora- mai per un gran numero di insetti, sono cioè a sezione quasi cir- colare, con soma più vistoso delle cellule dell’ ectoderma e con un grosso nucleo ricco di cromatina e di forma pure rotondeggiante. E per ora bastino questi cenni di embriologia delle cocciniglie, sulle quali molto ancora dovrò ricercare, per fasi di sviluppo pre- cedenti e seguenti la blastocinesi. Mi premeva, per lo scopo del presente lavoro, mettere in chiaro i fatti principali dell’ inizio dello sviluppo e specialmente la presenza nell’ uovo e quindi nell’ em- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 161 brione dei microorganismi simbiotici, fatto questo che ha molta importanza essendo la trasmissione ereditaria, e che è legato alla maniera speciale di nutrirsi degli insetti in parola. * * * Lo studio della morfologia delle cocciniglie ci dimostra che al- cune particolarità della loro struttura sono certamente in diretto rapporto con la loro maniera di vivere. È mia intenzione di sof- fermarmi sulle principali di esse. SISTEMA TRACHEALE. Un fatto che ci colpisce subito nelle cocciniglie è la riduzione nel numero degli stigmi; riduzione più forte nelle specie che con- ducono vita più sedentaria. Han dlirseh (23) ha dimostrato che tipicamente i rincoti hanno dieci paia di stigmi, e cioè due paia toracali ed otto addominali, gli omotteri sono di questo tipo, ec- cettuati quelli adattati ad una vita più o meno parassitaria come appunto i edccidi. In questi insetti sarebbe avvenuta secondo tale autore una riduzione progressiva degli stigmi dall’ indietro al- l avanti. Così nei eòccidi sensu strictu, mancano tutti gli stigmi addominali in entrambi i sessi. La riduzione degli stigmi in nu- mero è dunque, come ho detto, più forte nelle specie che condu- cono vita più sedentaria; noi vediamo infatti che le Orthezia hanno un numero maggiore di stigmi, e non vivono per la massima parte della vita fisse sulla pianta sulla quale invece vagano spesso. Se osserviamo la vicina fam. Aleurodidae, che pure stanno per gran- dissima parte della loro vita col rostro infisso nei tessuti vegetali, ci accorgiamo come anche in essi sia ridotto il numero degli stigmi, che sono in tutto tre paia. Gli stigmi si aprono nei lecaniti e diaspiti nella porzione ven- trale del corpo. Ho già studiato il sistema tracheale particolar- mente dei lecaniti (90) ed a questo lavoro mi richiamo in molti punti che mi interessa di far notare. I lecaniti sono dunque prov- visti di due paia di stigmi toracici, uno anteriore, 1’ altro poste- riore; essi sono disposti ventralmente, il primo all’ altezza delle inserzioni delle zampe del primo paio, fra tale inserzione ed il u Redia », 1915. 11 162 G. TEODORO contorno del corpo, il secondo fra | inserzione del secondo e terzo paio di zampe ed il contorno del corpo. Questa distanza dal mar- gine esterno sì accresce da larva a ninfa e ad adulto. Gli stigmi sono situati nel soleo stigmale che va dall’ incisura stigmale allo stigma stesso, e nel solco sboccano glandule ceripare speciali di cui mi sono altra volta occupato (85, S6, 87). Il solco stigmale, data la maniera con cui i lecaniti vivono, cioè aderenti alle foglie o ai rametti con tutto 1’ orlo del corpo, stabi- lisce la comunicazione fra lo stigma e Varia, In quale è dunque costretta a passare attraverso il cosidetto crivello, formato da rie- cioli di cera accolti nel solco, per giungere all’ apertura stigmale. Adunque un fatto molto importante nella morfologia e fisiologia dei còccidi ma specialmente dei lecaniti, è la costituzione di un particolare crivello diverso da quello di moltissimi altri insetti. Naturalmente tale formazione la troviamo nelle femmine di tutti gli stadii e così pure nelle larve maschili, ma non negli adulti maschi, che nella loro breve vita allo stato perfetto non vivono più parassiti sulle piante. Questo erivello è dunque costituito dalla cera secreta in forma di riccioli dalle glandole dei solchi stigmali, solchi che nella serie femminile vanno diventando più profondi da larva ad adulto. La struttura degli stigmi ci si presenta in generale semplice, meno qualche specie, come |’ Aclerda derlesei descritta da Buffa (11) in cui assume speciale complicazione. È notissima la forma a rocchetto del peritrema dei edecidi, ed è pure noto che esso va- ria nelle differenti specie assumendo diversi particolari strutturali dovuti alla chitina. L’ apertura all’ esterno avviene per mezzo di un foro più o meno circolare, ma che può essere chiuso a volontà. dell’ insetto, e ciò avviene secondo una linea pressochè parallela all’ asse del corpo. Questo fatto ci è confermato dallo studio della struttara dell’ apparecchio di chiusura degli stigmi, che si può se- guire molto bene nella serie delle sezioni trasverse. Avevo già studiato ciò in Pulv. camelicola, P. vitis, Lecanium oleae, L. hespe- ridum. Ho esteso ora la ricerca anche a L. persicae. L’ apertura stigmale che è di natura chitinosa, osservata in una sezione tra- sversa appare formata come da due cercini chitinosi, uno prossi- male rispetto al piano di simmetria, 1 altro distale. Il primo si OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 165 mostra in sezione trasversale bifido, più grande e più spesso, 1’ altro più sottile (vedi la fig. 3 del mio lavoro (90)). Il cercine prossimale è quello specialmente impiegato a chiudere e ad aprire lo stigma, infatti dal suo margine inferiore, che guarda V apertura, parte un piccolo muscolo il quale dopo breve tratto si divide in due capi (in P. camelicola, P. vitis, Lec. oleae, L. hesperidum) o in tre (L. per- sicac), che vanno ad inserirsi : uno (0 due) sulla chitina ventrale, Val- tro sulla chitina più spessa del peritrema. Fra le due inserzioni lo strato chitinoso è più sottile, ivi deve evidentemente piegarsi il cercine in parola per la contrazione del muscolo, e chiudere così Vl apertura stigmale. Non sto qui a diffondermi sulla descrizione delle trachee, cosa di cui mi sono già occupato (90) per i lecaniti. Mi soffermo invece un momento sulle considerazioni che si possono trarre dall’esame di questo sistema. Chi osserva forme larvali ed adulte maschili e femminili in toto, in un mezzo rischiarante, si avvede subito delle moltissime suddivisioni delle trachee nelle femmine adulte, mentre nelle larve e nelle ninfe giovanissime esistono bensì tutte le trachee, ma non presentano ancora nessuna ramificazione. I maschi adulti si trovano in una condizione molto simile, posseg- gono cioè trachee con pochissimi rami secondarii e per di più molto sottili, dunque restano, per quanto riguarda questi organi, in uno stadio di sviluppo che corrisponde a quello larvale. Ciò sta bene in relazione col fatto che i maschi adulti hanno vita brevissima, durante la quale nemmeno si nutrono, non dovendo compiere altro ufficio che quello della riproduzione. Altro fatto che si ricava dall’ esame delle trachee delle cocci- niglie è il piccolo numero dei rami commessurali. Infatti, come ho cercato di illustrare recentemente per i lecanini, esistono tre com- messure trasversali fra stigmi dello stesso segmento, ed una com- messura longitudinale per ciascun lato fra stigmi di segmenti differenti, e precisamente le tre commessure trasverse sono : trachea anastomotica trasversa ventrale degli stigmi I-I; » » » » » » II-II » » » dorsale » » III la commessura longitudinale è data dalla : trachea anastomotica longitudinale dorsale degli stigmi I-II. 164 G. TEODORO Una condizione simile la si ha nei Dactylopius (= Pseudococeus), come risulta dalle ricerche di Berlese (1). Ma se nei cocciti e lecaniti, le trachee presentano tre commessure, non avviene così nei diaspiti. Berlese (3) nel suo lavoro appunto sui diaspiti, parlando del sistema respiratorio dice che: « nella femmina, la trachea addominale interna di un lato, con un grande arco che scorre attraverso al pigidio si congiunge alla trachea del lato op- posto ». Io non posso confermare questa asserzione. Dall’ esame di numerosi esemplari di Aulacaspis rosae, Aspidiotus hederae, Chio- naspis evonymi posso concludere che tale terza commessura non esiste. Per farsi un’ idea precisa del sistema tracheale di queste cocciniglie conviene esaminare individui giovanissimi specialmente femmine, e ciò perchè nei diaspiti, come nei lecaniti, a mano a mano che procede lo sviluppo vanno crescendo di numero le rami- ficazioni delle trachee. Osservando dunque una giovane ninfa fem- minile ad esempio di Aspidiotus hederae ci si accorge che la di- sposizione delle trachee ricorda quella dei lecaniti propriamente detti, anzi è fatta sullo stesso tipo. Ma alla scomparsa degli arti ed alla quasi scomparsa delle antenne non corrisponde la scom- parsa delle rispettive trachee. Esistono infatti nei diaspiti, da me esaminati, nella posizione che corrisponde a quella degli arti scom- parsi, la trachea antennale, e quelle delle zampe del I, II e III paio, di cui, come nei lecaniti, l antennale e le trachee dei primi due paia di arti dipendono dal primo paio di stigmi, mentre le trachee delle zampe del terzo paio dipendono dagli stigmi poste- riori. Manca nei diaspiti esaminati la commessura a V, formata dalla trachea anastomotica trasversa dorsale degli stigmi I-II. Nessuna inoltre delle grosse trachee addominali di ciascun lato : nè la trachea dei lobi anali, nè la trachea genitale, nè la trachea pleurale di ciascun lato, va a congiungersi con quella del lato op- posto. Le femmine adulte non sì prestano alla osservazione del sistema tracheale per le numerosissime ramificazioni, e special mente perchè i rami sono lunghi e sottili molte volte ripiegati e attorcigliati su sè stessi. Le più lunghe trachee addominali, par- tendo dal secondo paio di stigmi arrivano fin quasi al margine posteriore del corpo e dopo, divenute molto più sottili, ripiegano anteriormente, fino a giungere, alle volte, fin quasi all’altezza del OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 165 secondo paio di stigmi. Così, se non si osserva bene e minuta- mente si può cadere in errore con facilità e vedere commessure là dove non ve ne sono. SISTEMA NERVOSO. Lo studio del sistema nervoso delle cocciniglie ci dimostra un forte accentramento dei gangli della porzione addominale. Per dirlo con le parole del Berlese (5) nei coccidei, tutta la catena ner- vosa « si compone del cervello, di una grande massa nel torace, in cui si possono tuttavia distinguere (almeno alle sezioni) cinque masse, cioè la prima sottoesofagea, le tre toracali, e Vl ultima ad- dominale e 1 insieme risiede nel torace. Questo è 1’ esempio della massima concentrazione ». Questo fatto è conosciuto già dalle vecchie ricerche del Leydig (41), Lubbock (48) e successi. vamente dai noti lavori di Targioni - Tozzetti (83), Schmidt (76), Witlacezil (98), Berlese (1, 2, 3, 5), e tanti altri che si sono occupati in generale o particolarmente delle cocciniglie. In questi insetti dobbiamo dunque distinguere due gangli (come si ritrovano anche nelle fillossere) : un ganglio sopraesofageo o cerebroide ; una catena ganglionare ventrale. Questa è detta anche, ma impropriamente, ganglio toracico 0 sottoesofageo ed è formata dalla fusione in una unica massa di cinque gangli : ganglio sottoesofageo propriamente detto ; » del protorace ; » » mesotorace ; » >» metatorace ; » addominale. Nel ganglio cerebroide si possono anche distinguere : due lobi anteriori laterali che danno i nervi ottici; una parte ventrale suddivisibile in più lobi ; 166 G. TEODORO due commessure che uniscono il ganglio cerebroide alla massa ganglionare ventrale. Nella morfologia del sistema nervoso delle cocciniglie bisogna ben distinguere le differenze che esistono fra larve e adulti, è specialmente fra maschi e femmine, nonchè quelle che sì manife- stano nei difterenti gruppi per la scomparsa degli arti negli adulti di alcuni di essi. In generale si può dire che la larva ha in con- fronto con | adulto una maggiore massa nervosa relativamente alle dimensioni del suo corpo. Invece nei maschi adulti vi è forte sviluppo dei centri sopraesofagei, cosa che è in diretto rapporto con lo sviluppo degli occhi in questo sesso. Tale differenza mei due sessi ci sì mostra dunque in relazione con la loro diversa maniera di vita. Il maschio che non deve compiere altro ufticio che quello della riproduzione, ha occhi sviluppatissimi che gli per- mettono la ricerca della femmina. Le specie delle quali ho studiato la morfologia del sistema ner- voso sono: Lecanium oleae, L. hesperidum, L. persicae, Pulvinaria camelicola e P. vitis. I centri nervosi sono in esse costituiti egual- mente e somigliano molto a quelli dell’ Orthezia cataphracta stu- diata dal List (46), come si può facilmente constatare confron- tando le figure che qui riporto dai miei preparati (fig. 21, 22, 23) oppure le figure del Berlese (1, 2, 3) con quelle del veechio lavoro del List. Nelle due specie in cui le femmine adulte rag- giungono dimensioni maggiori delle altre, e cioè nel L. persicae e P. vitis, è bene evidente il contrasto fra il piccolo sviluppo dei centri nervosi e le dimensioni dell’ insetto adulto. Per citare un esempio in una femmina adulta di Z. persicae, pronta alla deposi- zione delle uova, le dimensioni del corpo erano: lunghezza massima mm, 6; larghezza massima mm. 3; la lunghezza del ganglio sopraesofageo circa 160 mieron ; » » » sottoesofageo 240 mieron. Mentre nelle larve il solo ganglio sottoesofageo è uguale ad un terzo dell’intera lunghezza del corpo. Il ganglio sopraesofageo delle sei specie citate, come già Berlese (2) aveva constatato per due OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 167 di esse ZL. oleae è L. hesperidum, differisce per forma e dimensioni da larva a adulto. Le parti che lo costituiscono sono però sempre : una massa centrale in cui si possono distinguere bene due lobi nettamente separati, come mostrano le sezioni sagittali (fig. 21 9. sp. e): uno dorsale più grande, o ganglio sopraesofageo pro- priamente detto, uno ventrale più piccolo detto lobo ventrale de 2100890) due lobi laterali che danno i nervi ottici ; due commessure che cireondando | esofago, vanno a raggiun- gere il ganglio sottoesofageo. Nella larva appena nata il ganglio sopraesofageo propriamente detto, mostra la sua parte anteriore distintamente triloba, il cui lobo mediano è più lungo degli altri due laterali e giunge quasi all’ orlo anteriore del corpo, invece già nella larva accresciuta e sempre più nelle ninfe e imagini, i tre lobi vanno riducendosi e di essi non resta nell’ adulto femmina che una lieve traccia. Co- sicchè il cervello nei lecanini, visto dalla superficie dorsale appare a forma di trapezio co! lato maggiore volto verso l innanzi ed il minore indietro. Il lobo ventrale (fig. 21 /. v.) è bene sviluppato tanto nelle larve, che nelle ninfe e adulti femmine. Due sono le commessure che uniscono fra loro il ganglio cerebroide con la massa ganglionare ventrale. Nelle specie in parola queste commes- sure sono molto lunghe come si vede bene nella fig. 21 €., in al- tre specie sono molto più corte, così per esempio nella Orthezia studiata da List (46); mentre sono lunghissime nei maschi adulti di alcuni diaspiti come ha riscontrato Berlese (3). Le due com- messure decorrono parallele fra di loro (fig. 22 e.) subito al di sotto della regione del rostro. Esse si attaccano alla massa gan- glionare ventrale e precisamente alla sua prima porzione 0. gan- glio sottoesofageo propriamente detto (fig. 21 g. st. e.). Questa massa ventrale ha nelle giovani larve uno sviluppo molto no- tevole, ho già detto che solamente in lunghezza è un terzo del- l’intera lunghezza della larva, ed ha una forma quasi di losanga, invece, già nelle ninfe, e poi negli adulti femmine, la forma di viene ellittica. IL’ asse maggiore è diretto nel senso del piano di simmetria cioè dall’ avanti all indietro. Nelle larve la massa ner- 165 G. TEODORO vosa ventrale supera ) inserzione delle zampe del terzo paio, nelle ninfe e femmine adulte raggiunge la metà della distanza fra le zampe del primo e del secondo paio. E ciò a somiglianza di quanto avviene nella fillossera e che riporto qui con le parole della Foà (18): « nelle prime larve la catena si prolunga quasi fino al principio dell’ addome, negli stadi successivi è relativamente più breve. Nelle ninfe giunge circa al livello dell’ inserzione del secondo paio di zampe, nelle alate tra il primo ed il secondo paio di zampe ». Le sezioni frontali e sagittali lasciano distinguere molto bene (fig. 21) Vl accentramento dei gangli. Se ne vedono infatti cinque : il primo (fig. 21 g. st. e.) è il ganglio sottoesofageo propriamente detto, seguono poi i tre gangli del torace (fig. 21, g. #. 1, 2, 3) e final- mente il ganglio addominale (fig. 21 g. a.) che si continua poste- riormente con un grosso cordone nervoso. Questa distinzione della massa nervosa ventrale in cinque gangli è resa manifesta nelle sezioni dall’ infiltrarsi dello strato di cellule ganglionari nella così detta sostanza punteggiata. Tale struttura è comune, come ho detto, alle fillossere, ed anche agli psillidi. Nelle forme femminili dei diaspiti, il ganglio cerebrale, come è noto, è specialmente nelle larve allungato Gi più nel senso tra- sversale che non secondo |’ asse longitudinale del corpo. Secondo Mazzarelli (52) nella Diaspis pentagona: « il ganglio sopra- esofageo è più che in ogni altro diaspite allungato in senso tra- sversale, e rigonfiato alquanto alle due estremità, dimodochè, più ancora che, p. es., nel gen. Parlateria, esso assomiglia nettamente alla testa di un martello, dividendosi così in due lobi ben di- stinti ». La massa ganglionare ventrale ha nelle larve dei dia- spiti uno sviluppo notevole, superando di molto, con 1 estremo posteriore, l’ inserzione delle zampe del terzo paio. Nella ninfa e nella femmina adulta i centri nervosi restano molto ridotti ri- spetto alle dimensioni che raggiunge il corpo. Queste osservazioni ho ripetute anche io studiando 1° Aspidiotus Rhederae ed il Chiona- spis evonymi. Non mi sono per ora occupato di proposito del numero e del decorso dei nervi che si staccano dai centri nervosi, pure, per completare queste notizie intorno al sistema nervoso delle cocci- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 169 niglie, credo opportuno dirne in breve in base alle ricerche dei precedenti autori ed alle osservazioni da me compiute. Il ganglio sopraesofageo provvede un paio di nervi alle antenne ed un paio agli occhi, quest’ultimo paio è costituito da nervi corti nelle larve, lunghi invece nelle femmine adulte. Moltre dallo stesso ganglio si staccano nervi che vanno agli organi boccali e ai mu- scoli dorsoventrali. La massa ganglionare ventrale provvede a varii organi : il gan- glio sottoesofageo dà nervi al rostro ed alle glandole salivari, il primo ganglio toracico dà un paio di rervi alle zampe del primo paio, il secondo ed il terzo ganglio alle zampe del secondo e terzo paio rispettivamente ; il ganglio addominale si prolunga in un cor- done nervoso che con numerose ramificazioni provvede a tutti gli organi situati nell’ addome. Questo che ho detto si riscontra tipicamente nei lecanini, poi- chè esistono alenne differenze nei Dactylopius, nei diaspini ecc. Nei Dactylopius, secondo Berlese (1), la massa ganglionare ven- trale non si prolunga in un cordone nervoso, ma dà origine nella sua porzione posteriore a sei grossi nervi « divisi in tre paia per ciascun lato ». Cosiechè, dall’ estremo posteriore partono due nervi e non uno. Così pure avverrebbe nei diaspiti. Un cenno particolare meritano i maschi delle cocciniglie in ri- guardo allo sviluppo notevole che raggiunge in essi specialmente il ganglio sopraesofageo. Tale sviluppo è, come ho detto, stretta- mente legato a quello degli occhi in questo sesso. Nelle larve ma- schili nulla vi è di differente da quelle femminili, ma già nella larva che si è fissata si può notare una sensibile differenza nel ganglio sopraesofageo in confronto con le femmine. Infatti esso assume dimensioni veramente considerevoli riguardo all’ esiguo svi- Inppo che ha nelle forme femminili. Visto nelle sezioni frontali appare come una massa di forma presso a poco rettangolare, di- sposta con | asse maggiore trasversalmente, cioè perpendicolare al piano di simmetria dell’ insetto, e di dimensioni tali da occu- pare quasi tutto il capo. Meglio delle parole dimostrano questa struttura le fig. 22, 25, tratte da una prima ninfa maschile di Pulv. camelicola. Il ganglio cerebroide si mostra poi nettamente distinto in tre lobi, due laterali (fig. 22 2. /.) ed uno mediano 170 G. 1EODORO (fio. 22, 23 Z. m.), questo è il più grande e si continua posteriormente con due commessure (fig. 22 c.), nel ganglio sottoesofageo. Nelle se- zioni trasverse pure si nota bene la distinzione in tre lobi, ed anzi nei due lobi laterali mi è riuscito di mettere in evidenza (fig. 23) un’altra divisione di ciascuno di essi in una porzione più grande dorsale ed un’ altra minore ventrale. Questa condizione di cose permane anche nelle prime fasi nin- fali, ma nel passaggio da ninfa a adulto, e quindi col costituirsi nei maschi di un capo ben distinto dal resto del corpo, il ganglio sopraesofageo, viene come costretto in minor spazio, e viene così alterata la sua forma primitiva, ed invece di essere più largo tra- sversalmente al piano di simmetria, diviene più lungo, e occupa non solo il capo ma anche una parte del torace. La massa ganglionare ventrale è costituita come quella delle forme femminili; anche qui si distinguono molto bene i cinque gangli già ricordati. Quanto ho detto si riferisce specialmente ai maschi dei lecaniti, di cui ho potuto osservare quelli di Pulv. ca- melicola e P. vitis. Ma anche nelle altre cocciniglie, come i cocciti e diaspiti, notevoli sono le differenze fra maschio e femmina. Si ha cioè maggior sviluppo del cerebron specialmente nel senso tra- sversale. Ma nella ninfa prossima a schiudere e nel maschio adulto, il cerebron assume, come ho già detto per i lecanini, mag- gior lunghezza che larghezza. Poche deformazioni subisce la mass: ganglionare ventrale. Adunque anche nella struttura del sistema nervoso delle cocci- niglie, in special modo per l’ accentramento dei gangli, troviamo una relazione con la loro maniera di vita. ORGANI DEI SENSI. Dopo aver detto del sistema nervoso delle cocciniglie, sono por- tato a dire subito, per i fatti acennati, degli occhi di questi in- setti. Come è noto, i maschi adulti dei coccidi posseggono un numero vario di occhi, e variamente conformati. In alcuni casi sono occhi composti, con numerose cornee (es. sottofam. Mono- phlaebinae), altre volte occhi semplici (Pseudococcinae, Lecantiinae, OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 171 Diaspinae). La larva non possiede in queste tre ultime famiglie ricordate, che due occhi laterali, detti occhi primarii, gli altri oe- chi, detti accessorii, si sviluppano durante gli stadii rinfali, aleuni nella porzione ventrale, altri sul dorso. Molti pseudococcini, leca- nini e diaspini, possiedono tre paia di oechi, gli occhi primarii (fig. 25 p.) situati lateralmente come lo erano nella larva, e di piccole dimensioni, gli accessorii molto più sviluppati, posti un paio ventralmente (fig. 24 v. 0.), I’ altro dorsalmente (fig. 25 0. d.). È importante vedere come si sviluppano i cosidetti occhi acces- sorii o secondarii. Ne ho seguito lo sviluppo nei maschi principal- mente di Pulv. camelicola ed anche di P. vitis. Dello stesso argo- mento, ma per una specie di Dactylopius (D. destructor, che secondo il Lindinger non sarebbe altro che il Pseudococcus citri) si è occu- pato pochi anni fa il Krecker (32) portando un notevole con- tributo. Così egli ha potuto constatare che gli occhi accessorii ventrali non derivano per nulla dalle parti boccali, che come tutti sanno, nei maschi adulti dei coecidi scompaiono nel passaggio da larva a ninfa e quindi a adulto. La differenza fra occhi primarii ed accessorii non consiste solo nelle dimensioni, come ho prima accennato, nel Dactylopius stu- diato dal Krecker gli occhi primarii sono estremamente piccoli e non posseggono nè ipoderma corneale, nè bastoncini visivi e nep- pure iride. Essi non hanno altro che una lente ed un piccolo numero di cellule retiniche. Invece gli occhi accessorii posseggono una larga lente ed in confronto, uno strato sottile di ipoderma corneale, ed anche uno strato di cellule che costituisce un’ iride. Sotto questa trovansi i bastoncini visivi. Le cellule dell’iride, della retina, ed anche cellule circostanti sono piene di un pigmento rosso-bruno. Di notevole importanza sono le ricerche del Krecker per quello che si riferisce allo sviluppo degli occhi accessorii nella specie ricordata. Per dirne in breve ricorderò che 1’ autore con- stata che il loro inizio avviene nel secondo periodo ninfale. Nel posto ove dovranno sorgere i nuovi occhi, e cioè nella porzione ventrale e nella dorsale della testa, in due zone ugualmente dispo- ste, una per lato rispetto al piano di simmetria, 1’ ipoderma su- bisce un ispessimento, le sue cellule si allungano, e nel terzo periodo ninfale penetrano più profondamente formando, nella parte 172 G. TEODORO distale, rispetto al ganglio cerebrale, ì bastoneinì visivi, e in quella prossimale le fibrille che costituiranno il nervo ottico. Queste cel- lule dunque si approfondano sotto le contigue cellule ipodermiche. Le cellule ipodermiche più esterne formeranno l’ipederma corneale, una zona cellulare periferica sì carica di pigmento e diviene l’iride. Ipoderma corneale ed iride secerneranno la lente. Per vedere se anche neì lecaniti gli occhi accessorii sì formano in maniera simile, ho sezionato larve, ninfe ed adulti maschi di Pulv. camelicola. Ho potuto notare che nelle linee generali il pro- cedimento con cui si formano tali occhi assomiglia moltissimo @ quello deseritto del Krecker, ma ritornerò altra volta sull’ argo- mento per illustrare alcune particolarità che qui sarebbero fuori posto. La figura annessa al presente lavoro (fig. 26) è tratta da un occhio accessorio ventrale dì seconda ninfa maschile di /. ca- meticola, sì vede in essa Vl ipoderma corneale (è. e.) che non ha ancora secreto la cornea, e poi l’iride (è.) e la retina (r.), parti che corrispon- dono alla descrizione ed alle figure date dal RKrecker. TEGUMENTO. Altri dati importanti della morfologia delle cocciniglie in rap- porto con la loro vita, ci sono dati dallo studio del tegumento e delle produzioni che su esso si notano, quali la cera, la lacca, la seta. La struttura del tegumento degli individui adulti ci dà spesso dei caratteri differenziali fra specie e specie. Il dermascheletro delle cocciniglie è formato, come in tutti gli insetti, di chitina, la quale assume uno spessore ed una consistenza sempre più no- tevoli da larva a ninfa e ad adulto. Così molto tenera è la chi- tina nelle forme larvali, e nelle prime ninfali, ma via via che l’in- setto si approssima a raggiungere la maturità sessuale, avviene l' ispessimento della chitina, la quale però resterà sottile sola- mente in quei punti in cui nel sottostante strato ipodermico tro- vansi le glandole della lacca e della cera, e ciò perchè questi pro- dotti, come oramai è ben noto, per venire all’ esterno debbono trasudare attraverso la chitina. Per lo studio microscopico del te- OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 173 gumento giovano non solo i preparati in toto, ottenuti, se occorre, con nna macerazione più o meno prolungata in potassa, ma anche le sezioni al mierotomo, sia trasversali che jongitudinali. Il tegumento non si presenta liscio altro che nelle larve appena schiuse, perchè comincia subito a presentare pieghe, talora sotti lissime, sia nella faccia dorsale (fig. 27) che su quella ventrale, pieghe che possono essere caratteri di grande utilità sistematica. Tutti sanno ad esempio Vimportanza che hanno i caratteri della cuticola nella distinzione delle varie forme della fillossera. Se confrontiamo delle sezioni di lecaniti con quelle di diaspiti, ci accorgiamo subito dello spessore molto più notevole che rag- giunge la cuticola nei primi anzichè nei secondi. Questo difte- rente accrescimento corrisponde evidentemente al fatto che i dia- spiti sono protetti non solo dalla loro chitina, ma dallo seudo che essi secernono, mentre la formazione di tale sendo manca nei leca- niti, i quali dunque sono protetti «da un più grosso strato di chitina. La cuticola degli insetti è, come è noto, costituita di dne sostanze distinte « disposte a strati |’ una sull’ altra, diverse per natura chimica, ed ancora il più spesso per colori ece. La più su- perficiale, generalmente assai più esile dell’ altra » (Berlese, 5) La prima è V epidermide, la seconda il derma. Nelle cocciniglie si possono mettere bene in evidenza i due strati ricorrendo alla fissazione in liquidi che contengono sublimato ed alla colorazione con ematossilina ferrica di Heidenbain. Con tale procedimento i due strati risultano molto ben distinti Y uno dall’ altro, per dif- ferente tingibilità, infatti, solo quello più esterno assnme il co- lore nero che si ottiene col metodo predetto, mentre il derma resta scolorato. Ma adoperando una colorazione di contrasto per esempio | eosina, V epidermide resta nera ed il derma assume la colorazione acida dell’ eosina. Nel Lee. hesperidum pero, si nota la distinzione fra i due strati anche con fissazione in solo alcool assoluto. L’ epidermide in questo caso resta di colore giallo pro- prio della chitina, mentre il derma appare quasi seolorato. Come spessore, V epidermide è più sottile del derma. Queste differenze si vedono bene nella figura 30, tratta da sezione trasversa di una femmina adulta di Pulv. camelicola, in cui e'. indica Vepidermide, e. il derma, e ip. l ipoderma. 174 G. TEODORO Ho già detto che la struttura del tegumento dipende molto dal numero di cellule ipodermiche che divengono glandule secernenti. Quando il numero di tali glandole è piccolo, il dermascheletro ci appare quasi tutto continuo, così per es. in L. hesperidum e P. ca- melicola; quando invece sono numerose, la chitina assume quel. l’ aspetto caratteristico che ci viene offerto, tanto nei preparati in toto che nelle sezioni, per es. da P. vitis, L. hemisphaericum, L. oleae. In questi casi il tegumento del dorso (fig. 29) esaminato in toto lascia scorgere una serie di aree, più o meno fitte, più chiare della chitina circostante, e con un piccolo infossamento cen- trale. Le sezioni sagittali e trasverse ci danno la spiegazione di questo aspetto (fig. 28). Le glandule, siano esse ceripare, laccipare o sericipare, sono date da cellule modificate dello strato ipoder- mico; per versare il loro secreto all’ esterno sono sovente munite di un canaletto chitinico, che va a terminare sull’ ipodermide im- perforata o con un dischetto (dischi ceripari), o con una specie di papilla, o con un vero pelo. Generalmente in corrispondenza di questa speciale formazione sull’ epidermide si ha un infossamento circolare. Inoltre, e in particolar modo ciò avviene per le glandule laccipare, il derma dorsale di numerose cavità, a sezione di varia forma, in cui è accolta in gran parte la cellula laccipara (fig. 28 gl.), come ho già illustrato per il L. oleae (87). Questa cavità del derma e la fossetta nell’ epidermide sovrastante danno l aspetto caratteri- stico ad areole chiare del tegumento di alcuni lecaniti. La chitina delle cocciniglie si presenta nelle sezioni di aspetto molto uniforme (fig. 28 ch.), senza traccia dei cosidetti poricanali : lo strato dorsale ha (almeno nei lecanini) uno spessore anche tre volte maggiore dello strato ventrale. Nelle femmine che hanno partorito la chitina diventa coriacea. Ho notato nelle femmine piene di uova della Pulv. camelicola un notevole assottigliamento del tegumento dorsale, fatto dovuto forse al gran numero di uova che rigonfia tutto il corpo dell’ insetto. IPODERMA. A] disotto dello strato chitinoso trovasi in tutta la sua estensione edin tutte le sue pieghe l ipoderma, formato da una sola fila di OSSERVAZIONI SULLA ECOLOGIA DELLE COCCINIGLIE 175 cellule (fig. 28, 30 i ti »TI io er, j CE-5 Î 10. Polimorfismo periodico (£terogonia Ste Caste viventi in ambienti di- 8. Str.). ® a . ì . n SE versi | 11. Polimorfismo permanente (per tem- IS cf po indefinito : Varietà). La tabella sovraesposta fa vedere due distinte maniere di va- riazioni. 212 ANTONIO BERLESE Per le une è intuitiva la necessità, come è quella dei successivi mutamenti dell’ individuo a seconda della età (N. 4, Metamorfosi in senso largo) (1), per altre è ovvia l'opportunità (come è il caso del polimorfismo sociale, N. 7), per chi richiami la diversa fun- zione di individui differenti in vantaggio della specie ed ancora potrà darsi ragione dell’ Oramorfismo e della Eterogonia (N. 9, 10) o della Varietà (N. 11) in rapporto a diverse condizioni ambienti. Ma per quasi tutti gli altri casi una necessità od opportunità, in senso utilitario, alla specie direttamente o traverso i suoi indivi- dui, è meno palese o non lo è aftatto e perciò su questi la diseus- sione è più frequente. Nel presente scritto, io non mi occupo che del Polimorfismo individuale. Sarà forse più tardi luogo di dire di quello collettivo. Polimorfismo individuale. Della eteromisia, od asimmetria, che dire si voglia (difformità delle due metà longitudinali, omosessuali dell’ insetto), come del ginandromorfismo (anormale negli insetti) si è già detto altrove (« Intorno alla riproduzione ed al dimorfismo sessuale negli In- setti », p. S5) e così pure delle metamorfosi (« Redia », vol. IX, fasc. 23 p. 121). Quanto alla Eteropsia, cioè al polimorfismo con ricorrenze pe- riodiche, come sarebbe ad es., la livrea di nozze non è questa una condizione che appartenga agli insetti. Rimane dunque a dirsi nel polimorfismo individuale, quello che si manifesta in differenti individui coetanei, consessuali e convi- venti o, per meglio dire, viventi nelle stesse od in analoghe con- dizioni di ambiente. Eutelia. — In presenza di più individui fra loro dissimili, men- tre le suddette condizioni sono le stesse, o similari, per giudicare quali di essi aberrino in difetto od in eccesso e come, conviene anzitutto fissare il tipo eutelico. (1) Giacchè il contenente non può essere eguale per volume al contenuto, nè il tutto alla parte, si comprende che la madre deve essere necessariamente mag- giore del figlio fino all’ inizio della sua vita indipendente. SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 213 Per eutelismo adunque si intenda la condizione organica (orga- nomorfica, megetica e di colorazione) necessaria e sufficiente alla buona vita della specie rispetto al tipo primitivo. Bisogna stabilire adunque per ciascuna specie, casta, sesso ecc. il tipo eutelico, cioè eumorfico, eueromico ed eumegetico, dai quali prendere le mosse per giudicare delle condizioni ateliche od iper- teliche di individui nella stessa specie, casta 0 sesso. EUMORFISMO OD EUTELIA ORGANOPLASTICA (8. str.). — Nel fissare il tipo primitivo è preso in considerazione successivamente quello della classe, dell’ ordine, della famiglia eee. fino a quello della specie, ad es. nei casi di dimorfismo sessuale. (Per questi ultimi è stabilito anche un tipo omeomorfo, che può benissimo non essere affatto quello eumorfo). Ad es.: gli Apterigoti o gli Afanitteri, si dicono Atteri, solo perchè il ca- rattere del tipo insetto è quello del possesso delle ali. Sarebbe inutile la stessa indicazione per un ordine di Aracnidi o di Miriapodi. Eeco un caso di varia- zione in difetto, dal tipo della classe. Lo stesso confronto si può fare nelle suddivisioni degli ordini, famiglie ece. così che, venendo all'ultimo gradino, cioè al confronto in seno ad una stessa specie, diremo individui organizzati in eccesso i maschi eteromorfi ad es, dei Lucanidi o dei Lamellicorni, poichè il sufficiente è indicato dal maschio omeo- morfo. Il tipo eumorfo degli insetti è bene rappresentato dalle forme ancestrali finora ritenute per le prime apparse sul globo (carboni- fero). Recone i caratteri (Paleo- dittiotteri) (fig. 1). Testa rotonda con ocelli ed occhi composti, antenne più 0 meno lun- ghe, filiformi, multiarticolate; ap- parato boccale masticatore. Fig. 1. — Un Paleodittiottero (Eubleptus sa A x danielsi Handl.) ricostrutto. - Da Torace a segmenti omonomi; zam- Hadalirsoni pe cursorie; quattro ali subeguali, membranose, nude o coperte di peluria semplice, con molte nervature a reticolo, atte al volo. Addome sessile, di undici articoli omonomi. 214 ANTONIO BERLESE Peluria semplice, uniforme, nessuna ornamentazione organoplastica su alcuna delle regioni del corpo o sugli arti. Qui non è il caso di occuparsi se non dell’ esoscheletro degli insetti, cioè della esteriore conformazione. Il polimorfismo individuale sotto il punto di vi- sta della parte che vi prendono gli organi interni non è mai stato studiato, neppure per quelli di origine eetodermale. Ma a proposito dell’ esoscheletro, oltre alla regione del corpo, organo, arto, che può variare nella generale conformazione, nelle sue parti ecc. bisogna te- ner conto separato delle variazioni tegumentali per differenziazione delle appen- dici strettamente cutanee, cioè della struttura, scultura, spessore, colorazione ece. della epidermide e delle sue appendici, i peli cioè e loro derivati. Della colorazione sì può parlare a sè. Circa le variazioni individuali nella struttura, scultura ece. della epidermide non si hanno studi, per quanto possa ritenersi che anche pegli insetti potrebbesi riscontrare qualche cosa di analogo alla impronta digitale, così caratteristica per l’ individuo. Ma circa la variabilità della peluria, sebbene manchino speciali indagini riferibili alle variazioni individuali, pure può essere detto, in generale, entro quali limiti esse si svolgono, a partire da un tipo, che converrebbe chiamare eutrichico. EUTRICHIA. — La peluria ha nfficio originariamente protettivo (percettivo, fisico, meccanico, chimico). Perciò il pelo tipico è sem- plice, di varia lunghezza, in rapporto o meno con ghiandole secer- nenti speciali prodotti, sempre con terminazioni nervose. Esso è di- stribuito uniformemente sulle parti allo scoperto dell’ esoscheletro. COLORAZIONE ED EUCROMIA. — La colorazione degli insetti ha tre origini diverse. I colori possono essere ottici, oppure chimici ed in questo caso per pigmenti disciolti nello strato chitinoso (colora- zione chitinica) o raccolti in masse sotto questo (colorazione pig- mentale). La chitina non colorata è trasparente (ialina), quando è tinta la colorazione varia in una sola serie, che va dal giallo terreo, pal- lidissimo (preceduto dalla assenza di ogni colorazione) al nero, tra- verso una serie di rossi badii (colores daddi). I pigmenti depositati nello strato ipodermale hanno colorazioni secondo tre serie tipiche, la grigia, la rossa e la cianica; nonchè mescolanze di queste serie principali, cioè i violetti ed i badii. I colori ottici sono esclusivamente quelli dello spettro. La serie dei colores badii nella colorazione chitinica è la seguente, essa va dal testaceus, ochraceus, badius, castaneus, fuligineus, niger (V. Sace. Chromotaxia). SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 215 I colori pigmentati (pigmento libero), variano secondo tre serie fondamen- tali, cioè: 1." Colores albogrisei — albus, griseus, murinus, ater, niger ; 2.4 Colores rubri — albus, sulphureus, citrinus, flavus, aurantiacus, mi- niatus, ruber, purpureus, atropurpureus, niger ; 3.% Colores virides = albus, sulphureus, flavovirens, viridis, viridicya- neus, cyaneus, atrocyaneus, niger. Come serie secondarie, cioè derivabili dalla mescolanza di colori pertinenti a due delle primarie si possono ricordare : 4.* Colores badii (mescolanza della serie 1.% colla 2.%) = testaceus, ochraceus, badius, castaneus, fuligineus, miger ; 5.4 Colores violacei (mescolanza di purpurei della serie 2. coi cianei della 3.%) = caesius, caeruleus, violaceus, atroviolaceus, miger. Di altre combinazioni, come non disponibili in serie, non è luogo di tener parola appositamente, Tra queste metto i rosei, gli olivastri ecc. Quanto ai colori ottici, si comprende che essi non possono sortire dalla gamma dello \pettro, perciò non vi si possono incontrare nè gli albogrisei, nè i badii, come neppure i rosei, olivacei ece. 1.° Colorazione della chitina. — Questa condizione rappresenta la colorazione normale, cioè la condizione eucromica, ossia il punto di partenza per la decolorazione da un lato, verso la involuzione e per la pigmentazione dall’altro, cioè verso l’ipercromismo. Dalle tinte nere o molto brune, che rappresentano la condizione eucromica, si discende per la scala indicata fino alla assenza di ogni colorazione della chitina, che in tale caso è ialina, come si vede nelle forme larvali, viventi in ambienti riparati e privi di luce. Nelle forme parassite la colorazione è solo chitinica. 2.° Colorazione pigmentare. — Questa appartiene tutta ad una condizione ipereromica, cioè di ornamentazione eromatica. In taluni casi essa concorre alla protezione dell’individuo, come dimo- strano gli esempi di mimetismo (1); in altri segue via opposta, cioè dà all’ individuo una molto vistosa apparenza (fanerismo), (1) Il mimetismo è di due maniere. L’una attiva, per facilitare la conquista (insidiosa) della preda e qui non è rapporto alcuno col grado di vistosità per ornamentazione cromatica (mimetismo crittico) ; V altra passiva per sfuggire a cause nemiche e questa è sempre in rapporto col fanerismo. Qui è conservata la fastosità della ornamentazione cromatica non ostante i suoi pericoli (mimetismo fanerico), 216 ANTONIO BERLESE quando cioè la protezione dell’individuo stesso per altra via può permettere questa sfida alle insidie ambienti (ad es. strato cuta- neo più resistente, armi efficaci di difesa, alto potere locomotorio, lo stesso mimetismo ecc.). 3.° Colorazione ottica. — Essa esclude ogni condizione mi- metica, anzi è la più alta espressione del fanerismo, quindi esige più che mai il compenso di altri mezzi protettivi etficaci (indi- viduali e specifici). La colorazione ottica rappresenta il più alto grado di ipercromia. Il tipo eucromico negli insetti è dato dalla colorazione esclusi- vamente chitinica. STATURA. — La statura normale di una specie è meno facile a stabilirsi, anzi non è limitabile. Possiamo solo indicare differenze di statura fra le diverse caste o tra i due sessi. Presa la statura media degli individui della casta o del sesso, che si trovano in condizione eumorfica o più a questa vicini, come punto di par- tenza, si può giudicare dei casi di micrismo o di ipermegetismo de- gli altri, anche in altre caste o nell’altro sesso. Eterotelia. — Ogni aberrazione dalla condizione eutelica rap- presenta lo stato di eterotelia, colle variazioni indicate nella se- guente tabella : \ ipertrichico | ipermorfico (ipertrichia) Ì \ tegumentale < ipertassico \ ipermorfismo |, | ipereromico (ipereromia) ipertelia organoplastico (ipermorfismo propr. detto) | ipermegetismo Eterotelia organoplastico (atelismo propr. detto) ipomorfismo ipotrichico \ ipomorfico tegumentale « (ipotrichia) | ipotassico atelia 3 2 c A ipocromico (ipocromia) ipomegetismo Ipertelia. — Singoli individui, caste, sessi, possono aberrare in più dal tipo eutelico e ciò sia nella organizzazione, come nella colorazione o nella statura. Si vedrà che, sopratutto a proposito della differente organizzazione, converrà distinguere la differenzia- SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 217 zione in senso veramente evolutivo da quella in senso puramente ornamentale. Per ipertelia si intende solo quest’ultima maniera di apparente progresso, mentre l’ altra sarà più appropriatamente definita per evoluzione vera. IPERTELIA PER ADATTAMENTO. — Prima di entrare a dire della ipertelia ornamentale, conviene ricordare, solo accennandone, per- chè qui non è luogo da dirne di più, ad una ipertelia di singoli organi, che può manifestarsi per adattamento. I suoi caratteri sono una evoluzione o differenziazione di determinati organi assai più spinta di quanto comporterebbe il grado di sviluppo individuale (es. organi di adesione o di presa degli alimenti in parassiti ecc.). L’organo si svolge per le esigenze del suo ufticio in misura non parallela a quella di tutto 1 individuo, subendo per via un poli- morfismo ipertelico, nel quale si possono riscontrare casi di rudi- mentazione in senso evolutivo. Infatti, nel polimorfismo ipertelico per adattamento (ed in con- trapposto ai casi di atavismo, che occorrono nel polimorfismo atelico di adattamento, al quale si accennerà più innanzi) inter- vengono spesso dei casi in senso diametralmente opposto, cioè di posterismo ; apparsa transitoria e molto differenziata di organi, come saranno stabilmente fissati nella posterità. Questi ipermorfismi posterici intanto o non trovano spiegazione o si classificano fra le anomalie. Nel campo del polimorfismo ipertelico di adattamento ciò è co- mune. In quello ornamentale si può affermare che ad es. tutti i caratteri ipertelici mascolini, nei casi di dimorfismo sessuale, rap- presentano una condizione posterica per la femmina e perciò se essi appaiono anormalmente nelle femmine non sono quivi che carat- teri posterici. La condizione di cose inversa è rappresentata nella atelia di adattamento, ma nè di questa, nè della ipertelia, di cui diciamo qui, è il momento di discorrere ora. IPERTELIA ORNAMENTALE. — A proposito di questa ipertelia, adunque, noi possiamo considerare separatamente i casi di iper- morfismo (eccesso di forma) organoplastico e tegumentale ; iperero- mismo (eccesso di colorazione); ipermegetismo (eccesso di statura) 218 ANTONIO BERLESE di individui, caste o sessi, rispetto al tipo eutelico della specie, casta, sesso. Ipermorfismo (o Ipertelia organoplastica). — Ogni maniera di complicanza nella conformazione delle parti del corpo e degli or- gani esterni, che non sia giustificata da speciale funzione (cioè che non sia di adattamento), rappresenta una condizione ipertelica. L’ipermorfismo è di due distinte maniere, a seconda cioè che riguarda forme essenzialmente aeree o quelle terragnole. Quanto agli insetti acquaioli, cioè capaci di vivere in seno alle acque, essi mai sono ornati di complicazioni plastiche da parago- narsi a quelle degli aerei o dei terragnoli. Si comprende infatti che la resistenza dell’elemento liquido è ben altra che quella dell’aria e perciò quelle appendici superflue, che nell’ insetto volante ri- tardano insensibilmente la locomozione aerea, sarebbero, invece, intollerabili per un facile e rapido movimento in seno alle acque. Gli insetti acquaioli sono tutti glabri, lisci, semplificati. Il solo esempio di ornamentazionè è quello rappresentato dalle scanalature delle elitre nelle femmine dei Ditiscidi, ma si tratta di solchi nel senso longi- tudinale, che non possono per nulla fare ostacolo alla rapida locomozione subacquea. Ciò dimostra due cose. Anzitutto che le ornamentazioni plastiche delle forme terrestri ed aeree rappresentano una condizione avversa, sia pure in grado de- bolissimo, alla buona locomozione ; in secondo luogo che tali complicanze mor- fologiehe non hanno se non lo scopo ornamentale, di facile ed immediato sacri- ficio di fronte a quello utilitario, non solo senza danno, ma anzi con vantag- gio dell’individuo e della specie, di modo che sì può pensare che nelle specie ipermorfiche gli individui più belli sono anche i meno bene costrutti rispetto alla finalità della specie stessa; il che poi converrà con quanto più innanzi diremo, cioè che la ornamentazione può essere indice di benessere della specie, ma è il primo gradino, sia pure brillante, verso la decadenza, Anche la ornamentazione eromatica è nulla negli insetti acquaioli. Evidente- mente tale maniera di ornamentazione è fatta pegli ambienti luminosi ; il colore non è senza la luce. Così pure le forme sotterranee, o comunque viventi in ambienti ciechi, mai sono ornate di colorazioni ottiche e quasi mai di quelle pigmentari. Se fosse altrimenti si avrebbe in tal caso un vero esempio di una disposizione assolutamente irrazionale, il che in natura non accade, Convengasi adunque che solo la colorazione strettamente chitinosa rappresenta la condizione eumorfica, per ciò che riguarda il eromismo. Ritornando alle forme incapaci di vivere sott'acqua, vediamo che quelle già definite per aeree sono contrassegnate da un debolissimo apparato ambulatorio, in confronto di un efficacissimo sistema alare; ne sieno esempio i Lepidotteri, i Neurotteri, i Pseudoneurotteri. Le altre forme, indicate per terragnole, pur DI SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 219 avendo talora ergani eccellenti di volo, hanno anche buone e robuste zampe am- bulatorie o saltatorie. Questi si locomuovono benissimo, dunque, anche sulla terra. La distinzione è utile per giustificare la maniera di ornamentazione, che nel secondo caso deve essere tale da non soffrire pel più aspro attrito contro i corpi sparsi alla seperficie del suolo ; nel caso invece di forme aeree 1 orna- mentazione si esercita con strutture più delicate, su organi essi pure delicatis- simi, perchè l’unico attrito è quello del fluido ambiente. Perciò le specie aeree o sono eumorfiche, se tutto è sacrificato alla eccellenza del volo, o sono ornate in modo del tutto diverso da quelle terragnole, come sono gli Ortotteri, i Co- leotteri, gli Emitteri. L’ ornamentazione plastica aerofila si esercita sulla forma delle ali e sulla colorazione, distribuzione ecc. della peluria (1); V’orna- mentazione plastica geofila è rappresentata non solo nella peluria, ma ancora con superstrutture resistenti, appendici varie, su organi diversi ecc. Vediamo dunque come si ornano gli insetti aereofili. Il paio d’ali più efficace nel volo è escluso o più tardivamente chiamato alla ornamentazione plastica, (Cio vale anche per le forme geofile). Pei Lepidotteri esso è il primo paio. Lepidotteri. — Il tipo eumorfico è rappresentato dalle ali posteriori rotondate e le anteriori triangolari, a margine libero integro. Gli organi del volo più ef- ficaci sono le ali del primo paio. Adunque nelle Farfalle sono le ali posteriori quelle che prima delle altre vanno soggette alla ornamentazione plastica, che si traduce in smerlature e finalmente in prolungamenti, qualche volta notevo- lissimi, in forma di codette ed in corrispondenza delle nervature (più special- mente qualche ramo della mediana, ma anche delle anali). Le ali anteriori non vanno più in là della smerlatura (2), ed è questa la deviazione dal tipo eumorfico rappresentato dalle ali posteriori rotondate e dal margine esterno non accidentato di quelle anteriori. Tale maniera di ornamentazione non è certo a vantaggio della locomobilità aerea. Finalmente, negli ottimi volatori, può riconoscersi una mirabile ornamenta- zione trichica sul torace, ad es. in molte Nottue. Si tratta di ciuffi di squame alte, cappucci ecc., che formano una elegantissima pelliccia dietro il capo (3). (1) Il che accade esattamente anche pegli Uccelli e si confrontino coi Verte- brati terrestri, per riconoscere che in questi ultimi la ornamentazione plastica trova paralleli solo col gruppo di insetti terragnoli suddetti. (2) Anche pegli Uccelli è la coda, organo meno importante delle ali al volo, che prima si arricchisce ed orna; di poi, in casi molto più rari, anche le ali portano penne esclusivamente ornamentali. (3) Anche questo trova corrispondenza in parecchi Uccelli, specialmente esotici. 220 ANTONIO BERLESE In tali casi, quando cioè non è possibile una ornamentazione plastica delle ali, perchè scemerebbe la facoltà locomotrice, tutta la ornamentazione si man- tiene nel campo esclusivamente tegumentale e può essere trichica (sopradetti Eteroceri) o cromatica o insieme luna e Valtra (1). Sî intende che nei Lepidotteri ha massimo incremento la ornamentazione cromatica, cioè i colori sono tutti pigmentari ed ottici ; anzi, in queste forme, essenzialmente aeree, la detta maniera di ornamentazione raggiunge gli estremi limiti concessi al gruppo degli insetti. Neurotteri. — In questo gruppo l’ornamentazione plastica è rara, si manife- sta solo nelle alì posteriori, le quali in taluni generi (Nemura) si allungano ap- punto in code come nei Lepidotteri indicati. Quanto alla colorazione, quella strettamente chitinica è la più comune. Adunque anche per queste forme la (1) Citiamo un esempio: Lo studio accurato del ricchissimo genere Papilio sì tipici e ciò dietro considerazione della diversa potenza mostra i seguenti c di volo (in rapporto a differente conformazione e robustezza delle ali) ed in- sieme della più o meno accentuata ornamentazione cromatica, che dai colori opachi tende ad innalzarsi verso gli ottici. Tali casi sono esposti dai più sem- plici ai più differenziati. 1.° Papilio omeomorfici : a) eumorfici (forma di Parnassius). Sul loro livello di evoluzione non può dare qualche lume se non il grado di ornamentazione cromatica, rispetto a tipi ancestrali, sotto questo punto di vista, oppure posterici nello stesso gruppo od in affini; b) ipermorfici, quindi modesti volatori. In questi la colorazione da ance- strale, puramente pigmentale (opaca, P. mackhaon) tende alla ottica (P. buddal). (Scomparsa della variegazione, prima nelle ali anteriori ed apparsa dei colori interferenziali). 2.° Papilio dimorfici : a) cogli individui eumorfici manifestamente in condizione arretrata (colo- razione, statura, sviluppo delle ali), atavica rispetto agli altri che sono gli iper- morfici (Papilio merope) ; b) Papilio dimortici 0 polimorfici, con un sesso eumorfo od ipermorfo in condizione arretrata rispetto all’ altro sesso non ipermorfo se non eromatica- mente, ma per colorazione, potenza di volo ecc. manifestamente più evoluto dell’altro (Papilio memnon) ; e) Papilio a sessi omeomorfi, ma ambedue al più alto grado di evoluzione e di ipereromia, da omologarsi per livello ai maschi del P. memnon, ossia agli Ornithoptera e generi affini, che rappresentano il massimo grado di evoluzione dei Ropaloceri. Adunque, mentre pel P. merope quella femmina, che non ha code, rappresenta uno stato neotenico rispetto al suo maschio, invece, pel P. memnon, la femmina (forma caudata) è nella stessa condizione di inferiorità, pur avendo l’ornamento delle code nelle ali posteriori. SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 221 maniera di ipermorfismo è analoga a quella delle Farfalle, ma il grado è molto al di sotto. Pseudoneurotteri. — In questi nessuna maniera di ornamentazione plastica ; si rileva solo quella cromatica, la quale può essere molto accentuata. Veniamo alle forme geofile. In queste, come si è detto, tutte le regioni del corpo e gli arti possono essere arriechiti di superstrutture, talora molto vistose. Delle ali però, al solito, è complicato di ornamentazioni plastiche e trichiche solo il paio meno efficace nel volo, che è appunto il primo (elitre, emielitre, tegmina). Nulla esclude però che le ali posteriori possano godere di una or- namentazione eromatica, perchè ciò non influisce affatto sulla efficacia del volo. Anche la ornamentazione trichica e la cromatica raggiungono alti gradi di differenziazione. L’ornamentazione plastica procede in rapporto diretto colla antichità dell’or- gano e per meglio dire colla data della differenziazione della regione del corpo e dei suoi arti, rispetto alle altre. Così, prima è ornato il capo e le sue ap- pendici, di poi il torace e le sue appendici, ultimo | addome, le cui appen- dici, essendo esclusivamente genitali e quindi a scopo preciso, definito, impor- enza della ornamentazione tantissimo, non si ornano affatto. Anche la per plastica è in rapporto colla sua età e perciò essa è meno stabile secondo il pro- gresso suindicato. La ornamentazione cromatica, perchè più vecchia, mostra meno sensibile od insensibile affatto cotale graduatoria, tuttavia, il capo ed il torace colle loro appendici, anche perchè più esposti, sono, in generale, meglio dipinti che non l’addome, sopratutto allorchè questa regione è abitualmente celata almeno nello stato di riposo. Le appendici sensoriali non amano il superfluo e quindi non sono ornate plasticamente ; un solo caso di ipertrichia è manifesto nelle antenne di taluni Cerambicidi esotici; nel resto il loro ipermorfismo è in rapporto con un più alto grado di facoltà percettiva, adunque la loro complicanza rientra nelle con- dizioni di evoluzione vera, anzichè in quelle di ipermorfismo non utilitario. Però, nei diversi gruppi indicati è manifesto un diverso indirizzo di orna- mentazione, cioè in taluni sono aleune regioni del corpo e sue appendici, che si complicano ipermorficamente, in altri di preferenza altre. Negli Ortotteri il capo è poco e di rado ornato di appendici; tutto al più il vertice si allunga in un unico processo (Empusa, Platyblemnus) ; il protorace può avere dilatazioni laterali squamiformi (Empusa e generi affini) o rilievi corniculiformi, spiniformi ecc. (Tettigidi), talora anche sul pterotorace di forme attere. Qualche volta speciale conformazione, non in rapporto col volo 0 con altro palese ufficio, hanno le ali anteriori. Le zampe del 1.° paio non sono mai ecces- sivamente allungate, cioè nessuna forma di Ortottero è macrochira. L’ornamen- tazione plastica delle zampe si manifesta per spine, altri rilievi e sculture e per dilatazioni membranose (Empusa gongylodes). In generale le zampe non eccedono per sviluppo la condizione normale ine- rente alla funzione loro. L’addome può essere esso pure ornato di sculture 222 ANTONIO BERLESE varie (spine ecc.) o coi segmenti dilatati più o meno lateralmente, ma ciò è più raro. L’ornamentazioue cromatica è molto ditfusa, ma non sì riscontrano colora- zioni ottiche. Negli Eterotteri la fronte è oggetto di ipermorfismo assai di rado ; gli esempi sono molto scarsi (Elapheozygum maschio); invece lo è, il più spesso, il proto- race (Edessa, Philonthochia, altri Pentatomidi esotici, Reduvidi ece.); le zampe dell’ ultimo paio (Metapodius, Anisoscelis, Holconeria ecc.) le elitre (Tingidi); l'addome, i cuì segmenti si dilatano lateralmente in squame, talora amplissime (Bulyes, Dysodius, Phloea, Phyllomorpha ecc.), ornamentazione questa negli Ete- rotteri molto frequente e propria del gruppo, come è caratteristica la scarsa va- riabilità delle zampe anteriori, sia per dimensioni che per ornamentazione. Non si incontrano, infatti, negli Eterotteri e neppure negli Omotteri, forme macrochire. Gli Omotteri mostrano maniera di ornamentazione alquanto dissimile da quella degli Eterotteri. Infatti, negli Omotteri può essere il capo, che assume complicanze e strut- ture speciali, ma giammai in forma di appendici; esso può solo prolungarsi variamente nella regione frontale (Fulgora, Phrictus, Hotinus ecc.). Più vistose e comuni sono le ornamentazioni del protorace e dello seutello e talora vistosissime, come fanno vedere i Membracidi. Invece, gli arti toracici e l’addome non mostrano ipermorfismo di sorta ; l’or- namentazione rilevabile nelle ali è solamente cromatica. Per quanto riguarda i Coleotteri essi mostrano esempi notevolissimi di orna- mentazione cromatica, con larga rappresentanza della colorazione ottica; di ipertrichia di tutte le maniere indicate ed organoplastica del capo, torace (però del solo protorace), elitre e zampe, mentre non recano esempi di ipermorfismo dell’ addome, nè di espansioni laminari sulle zampe. In questi arti i casi di allungamento esagerato di quelli del 1.° paio (macrochiria) sono comuni in pa- recchi gruppi (Lamellicorni, Curculionidi, Crisomelidi ecc. ecc.). Quanto ai Ditteri ed agli Imenotteri, le forme cioè più evolute, tutta la ornamentazione è esclusivamente tegumentale (trichica, cromatica); i casi di ipermorfismo organoplastico sono straordinariamente rari e sì riducono a qual- che rilievo corniculiforme del capo (Imenotteri, Orybelus, Bembex) o dello seu- tello (Ditteri, Dicranophora) od a leggeri ingrossamenti e particolare ornamen- tazione trichica delle zampe in talune specie. Ipertrichia. — È rappresentato dal caso di peluria, che ha ac- quistato caratteri e seopi ornamentali. Sono avvenute cioè diffe- renziazioni, per cui si incorre in una ipertrichia, che può essere, per la forma stessa del pelo (ipertrichia eteromorfica, es. : piume, squame ece.); per la sua colorazione (ipereromica, da chitinica a pigmentare, ad ottica), per la distribuzione della peluria (ipertas- sica, es.: ciuffi sul corpo, sugli arti ece.). SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 22% Ipercromia. — Ammesso che la colorazione chitinica rappre- senti la condizione eucromica, si vede che tutte le pigmentazioni ipodermali e sopratutto la colorazione ottica si richiamano ad una condizione ipercromica. Più oltre non è agevole il procedere in tutti i casi, quando si passi a voler stabilire il tipo eucromico di ogni specie o nei singoli individui. Per le specie suscettibili di ipermorfismo organoplastico si può supporre che il tipo ipereromico sia quello palese negli individui più differenziati morfologi- camente, ma la corrispondenza tra le due maniere di ipertelia non è dimostrata se non in linea generale e molto ampia. Ma se i sessi sono omeomorfi ed in generale per tutte le specie che rimangono nel tipo eumorfico, non è facile il giudicare del maggiore o minore grado di ipercromia. Soccorre però talora la condizione ancestrale di taluni individui, come sono quelli allevati in condizioni remote da quelle che rappresentano /’ optimum per la specie, ma non è sempre carattere sicuro. Su questo punto adunque è il caso di avere spesso delle incertezze. Ipermegetismo (0 gigantismo). — È da discutersi se 1 aumento di statura oltre la misura tipica della specie, quando è determi- nabile, come nei casi di differenze sessuali e di enmorfismo di un sesso (il quale così fissa anche la misura enmegetica) si debba considerare per una condizione ipertelica od invece atelica. Più largamente, ma anche con meno precisione la questione è stata posta molte volte, se cioè la organicità nelle epoche geolo- giche, col progresso evolutivo, sia andata anche anmentando di statura oppure scemando. Per discutere bene è necessario richiamarsi alla distinzione precisa che si farà tra breve fra evoluzione ed ipertelia. S1 esporranno più avanti anche le ragioni per cui la evoluzione importa o può importare moditicazioni di statura, ma solo in senso di riduzioni. Invece, l’ aumento di statura accade solo nel caso di esuberante benessere individuale, che, nei casi di condizioni difficili per 1’ esistenza della specie e sua diffusione, può combinarsi anche coll’atelia, cioè con uno stato neotenico. Si hanno dunque casi di ipermegetismo accompagnati da ipermorfismo ; mentre altri si accompagnano alla atelia. Nell’ una e nell’ altra circostanza però è ne- cessaria la condizione di facile esistenza individuale, sopratutto per la abbon- danza di cibo alla mano, Si comprende inoltre che, essendo la femmina il sesso, che più è chiamato in giuoco, quando è necessario sopperire ad esigenze più ti- ranne della specie per la sna esistenza, è la femmina appunto che profitta del- l aumento di statura, e, se occorre, anche di maggiore o minore involuzione 224 ANTONIO BERLESE per neotenia. Il maschio, invece, se tende a divenire ipermegetico, ciò avviene senza rapporto aleuno colle esigenze della riproduzione ; esso mette a profitto soltanto le esuberanti comodità di esistenza individuale. In altri termini, Viper- megetismo del maschio è sempre accompagnato ad un grado minore o maggiore di ipermorfismo (ipermegetismo ipertelico), certo mai con uno stato atelico ; mentre per le femmine, il campo di variazione, quanto alla statura, è compreso fra la eutelia e la condizione atelica (ipermegetismo atelico). Dietro queste considerazioni e quelle ancora, che si faranno a proposito del micrismo, sì vede che la domanda se le specie sieno andate aumentando o sce- mando di statura nelle epoche geologiche, dai prototipi alle forme attuali è estre- mamente vaga. Tutte le specie hanno (oltre ad un apogeo di evoluzione, dopo il quale si inizia la decadenza, comunque mascherata dall’ ipermorfismo) un loro apogeo di benessere individuale, rappresentato dal maximum di ipermorfismo ed ipermege- tismo ; un loro apogeo di benessere specifico, rappresentato dal numero di indi- vidui contemporanei entro la loro zona di diffusione ; un apogeo di plasmabilità, rappresentato dal numero e misura delle variazioni e varietà ed un apogeo di adattabilità misurato alla stregua della diversità delle condizioni ambienti (am- piezza della zona di diffusione ece.), in cui i singoli individui si adattano a vivere senza incorrere in variazioni permanenti, apprezzabili. Nulla esclude che questi apogei si veritichino anche oggi come debbono essere avvenuti per lo passato. Quello che si dice delle specie vale anche pei _ruppi maggiori. Pegli insetti, dopo le condizioni ambienti pressochè uniformi ed ottime alla esistenza individuale, rappresentate dal periodo carbonifero e le conseguenti forme massime di sino 30 centimetri di apertura d’ali di taluni Paleodittiotteri; dopo la scarsezza numerica di specie in grazia della uniformità di condizioni ambienti e la presumibile densità di individui della stessa specie, si passa gradata- mente, col variare verso ambienti sempre meno generosi, ad una maggiore molti- plicità di famiglie, generi, specie, ma anche ad una riduzione di statura, concomi- tante con quella evoluzione, che le aceresciute difficoltà ambienti richiedevano. Però in ciascun gruppo minore sono generi e specie, che sanno profittare meno di altre di ciò che offre 1’ ambiente e queste scemano di statura. Queste vanno dichiarate per meno adattabili, ed anche meno plasmabili. Ciò è dimostrato dalla minore facoltà polimortica. Citiamo esempi : Nel genere Aegus (Lucanidi della fauna indo-australiana) 1’ Houlbert (Insecta, 1913) mostra i maschi di otto specie, con dimensioni graduali, dalla più piccola, il cui corpo, non comprese le mandibole, è lungo 9,5 mill., fino alla massima, il cui corpo (senza mandibole) è lungo 55 mill. Le specie sono, colle rispettive dimensioni del corpo (dall’apice del capo a quello estremo delle elitre): Ae. sp., mill. 9,5; Ae. myrmidon Thoms., mill. 11; Ae. pseudomalaceus Houlb., mill. 13; Ae. rectangulus Voll., mill. 21; Ae. eschscholtzi Hope., mill. 27; Ae, sp., mill. 33; Ae. chelifer M Leay, mill. 38; Ae. capitatus Westw., mill. 55. Se però si considera la lunghezza delle rispettive mandibole, come indice del grado di ipermortismo, si vede che nella specie più piccola tale lunghezza si SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 225 comprende 9,5 volte in quella predetta, mentre nella massima specie, solo 2,75 volte, e nelle forme intermedie, rispettivamente 7,3; 6; 4,7; 4,17; 3,86; 3,19 volte. Ciò vuol dire che la ipermorticità aumenta col volume della specie (fig. 2). Nelle singole famiglie sono i generi comprendenti specie di maggior statura quelli che mostrano i più belli esempi di ipermorfismo, il quale è generalmente negato ai generi che comprendono le specie più piccole. Lunghezza della mandibola Lunghezza del corpo AB C D E F G A Fig. 2. — Mostrante le diverse stature delle citate differenti specie di Aegus, cioè A= Ae. sp.; B= Ae. myrmidon; C = Ae. pseudomalaccus ; D= Ae. rectangulus; E= Ae. eschscholtzi; F= Ae. sp.; G= Ae. chelifer; H= Ae. capitatus (riduzione di un terzo). a, rappresenta la linea passante per l’ orlo anteriore del capo; è, la Jinea che dovrebbe segnare il limite anteriore delle mandibole se questi organi fossero in tutte le specie lunghi proporzionalmente alla lunghezza del corpo; c, segna invece il limite anteriore delle mandibole come veramente sono in natura. La differenza tra le linee 5, c, rappresenta dunque l’indice del grado di ipermorfismo, che, come si vede, aumenta colla statura delle specie. Si deve adunque concludere : 1.° Che 1° ipermegetismo non è mai una funzione della evolu- zione. 2.° Che esso può intervenire tanto come funzione dell’ iper- telia (megetismo ipertelico) quanto della ipotelia (megetismo ipo- telico). 3.° L’ ipermegetismo è sempre l’ indice di condizioni di esi- stenza ottime per l’ individuo. 4.° Il megetismo ipertelico non ha relazione colle condizioni di esistenza della specie; quello ipotelico invece è 1’ indice di dit- ficoltà in ordine alla riproduzione. « Redia n, 1915 15 220 ANTONIO BERLESE 5.° Se dall’ apparsa degli insetti ad oggi si può ammettere che le dimensioni massime primitive sieno andate scemando, si deve anche convenire che in ciascun ordine, famiglia ecc. possono essere specie o generi, che, in grazia di particolari condizioni di comoda esistenza individuale e di alta plasticità, hanno saputo raggiungere dimensioni specifiche maggiori delle primitive. Atelia od ipotelia. — Le variazioni in difetto, presenti in indi- vidui, sessi, caste, rispetto al tipo eutelico più vicino (in senso filogenetico, cioè nello stesso sesso, o nella stessa specie, o nei congeneri, nella stessa famiglia ece.), palesi nel solo campo orga- noplastico sono da ascriversi a condizioni ateliche, od ipoteliche, che dir si vogliano. Bisogna però tener presente la possibile du- plice origine di ogni riduzione organoplastica, alla quale si è già accennato, cioè se essa dipenda da non uso degli organi o da altre cause riferibili ad una condizione neotenica. ATELIA DI ADATTAMENTO. —- L’ organo all’ atto stesso che di- viene superfluo alla buona esistenza dell’ individuo o della specie (od anche solo agli scopi ornamentali) è condannato a sparire ed inizia la sua ritirata gradualmente, con riprese di tratto in tratto, diviene così polimorfico in discesa, fino alla sua totale scomparsa, raggiunta la quale esso non riappare più mai, se non anormalmente. Qui sono casì di raudimentazione in senso regressivo e di caratteri atavici nei fatti di tardiva quanto fugace ripresa. Ciò avviene in qualunque grado di sviluppo individuale, sia cioè esso anche il massimo a cui può giungere la specie secondo il suo tipo eumorfo, ad. es. : in adulti perfettamente alati. Dì tale maniera di atelia non è qui il luogo di dire; potremo rimetterei ad altro tempo. ATELIA NEOTENICA. — Taluni organi non si svolgono od hanno una evoluzione incompleta (secondo il tipo eumorfo più vicino) e ciò in rapporto allo stato di generale incompleto sviluppo, nel quale 1 individuo si è precocemente arrestato. Su questo argo- mento diremo più innanzi. Per analogia coi fenomeni di ipertelismo, qui si dovrebbe di- scorrere di un atelismo cromico e di un ipomegetismo, ma per quanto riguarda la colorazione, l’ argomento presenta delle difti- coltà e non mancheranno così delle lacune nel ragionamento. SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI PAL] Ipocromismo, — IH difficile è lo stabilire il tipo eneromieo di una data specie e quanto alle variazioni in più od in meno da questo tipo quelle stesse incertezze che si sono diehiarate oceceor- renti per l ipereromismo, valgono pel caso inverso, quando eioò Si debba dichiarare la condizione ipoeromiea, Non è il enso di affidarsi esclusivamente al nostro senso estetico, sebbene Si debba ammettere sicuramente che, in massima, quello che è hello per tutta la organicità è tale anehe per noi; ma, in singoli ensi può emlere eccezione è, d'altronde non sempre | ipereromismo e la bellezza vera nella colorazione vanno insieme; qualehe volta è più la vistosità la caratteristica della ipereromina, an ziche la armonica fusione delle tinte, condizione prima e necessaria nella este tica della colorazione, Tuttavia il pericolo di sftonature certamente non è fra gli insetti, che sotto questo punto di vista (6 non è il solo) raggiungono il grado di evoluzione massimo fra tutti gli organismi attuali, Più incerto può essere il enrattere della condizione atavica rispetto a quella presente e ehe sarà la tipien in una specie, Potrebbesi dire, in generale, che, come ogni maniera di difti- coltà nella esistenza individuale si riperenote sul grado di iper telin plastiea, così ha effetto analogo ino quella eromatiea è gli individui si avvicinano tanto più al tipo ipoceromico (che sarà poi Vaneestrale) quanto meno generose sono state le condizioni ambienti, H cehe vuol dire aneora ehe il tipo eneromieo (come 1 eumor- fico) della specie. si trova al centro della sua zona di diffusione, dal quale la specie ha preso le mosse per espandersi, mentre gli individui ipoeromiei sono alla periferia (i più aberranti alla estrema altitudine nella periferia), variando però secondariamente in pre- senza delle diverse condizioni ambienti, Ma tutto questo, se può essere vero 0 per tale necettabile, non e immediatamente sensibile e tale da essere gindieato subito, come avviene, invece, per l ipomorfismo strettamente detto, Intanto, prendendo in esame vasti aggruppamenti di specie Si può vedere che la discesa nel eampo eromatieo è dalle colora zioni ottiehe a quelle pigmentari, fino alle chitiniehe ed in que ste sole avvengono le più accentuate involuzioni, che vanno dalle tinte più brune alle pallide, fino alla pellueidità, ma ciò più che altro in rapporto allo spessore dello strato epidermico, Ad ogni modo, nel campo ipoeromiceo tende a scomparire ogni 228 ANTONIO BERLESE maculazione, che non è altro che una maniera di ornamentazione cromatica (1). Ipomegetismo (0 micrismo). — Mì richiamo alla discussione fatta a proposito dell’ ìîpermegetismo per dichiarare che il mierismo non è se non la testimonianza di una più difticile esistenza indi- viduale, per ciò che riguarda gli individui, che riescono inferiori alla misura eumegetica della specie. Quanto al micrismo della specie stessa riguardo alle congeneri essa pure è la testimonianza della sua più difticile esistenza, sia per causa estrinseca, così per maggior avarizia dell'ambiente 0 difticoltà a sfruttarlo secondo ì bisogni della specie, o per causa in- trinseca, dipendente da minore adattabilità della specie, che è poi come dire minore plasmabilità organica e funzionale; ditticoltà alle quali la specie non ha opposto, per sua difesa, 1’ aumento della facoltà riproduttiva. Ma la riduzione di statura ha un limite molto più ristretto che non quello lasciato al gigantismo, perchè la condizione eume- getica rappresenta il necessario, sotto al quale l' individuo poco può scendere, senza pericolo della esistenza. Invece il megetismo sì esercita nel superfluo ed ha quindì limiti meno precisi di ma- rimum. Perciò, mentre nel campo ipertelico ha luogo | ipermegetismo, nel campo eumorfico ed in quello atélico possono riscontrarsi casì di micrismo, ma solo individuale. Iperatelia. — Negli insetti di più antica origine, come sono gli Ortotteri, sono frequenti i casì di ipermorfismo plastico di taluni organi e regioni del corpo, combinato con un ipotelismo di altri. (1) Sì può dire anche la più comune e più piacevole, esattamente come un aggregato di note rispetto ad una nota sola. Nella colorazione ottica sì ha il marimum dell’ effetto, cioè tutti insieme ì colori dell’ iride, con vari effetti a seconda delle incidenze di luce; seguono le lucentezze metalliche, colorazioni ottiche ed insieme pigmentari, esse pure con effetti diversi a seconda delle va- rie incidenze di luce; di poì vengono i pigmenti con maculazioni a tinte va- riate; quindi la tinta uniforme, pigmentare; più giù le colorazioni chitiniche, variate e finalmente quelle chitiniche unicolori dal nero in giù (cioè al marrone, badio ecc.). SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 229 Ad es.: capo 0 protorace molto vistosamente ipermorfici (Cosmoderus, gran numero di generi di Tettigidi, sopratutto esotici), mentre l’ insetto è attero, cioè neote- nico allo stato di eoninfa. Il confronto con forme vicine, egualmente ornate, ma che però godono delle alî (Eumegalodon, molti Tettigidi sopratutto esotici ecc.) ed il fatto che V ornamentazione suddetta, talora vistosissima, è, ad es. nei Tetti- gidi, comune a tutto il gruppo, in confronto dell’ atterismo ristretto ad un certo numero di generi, dimostra la maggiore antichità del fatto ipermorfico in con- fronto di quello atelico, che è successivo. Con ciò si ha una prova diretta della condizione di decadenza, che si inizia con ogni maniera di ipertelia, dopo Vl apogeo rappresentato dalla perfetta con- dizione eumorfica (1). Gli Ortotteri, perchè più vecchi di tutti, hanno avuto il tempo di percorrere tutta la parabola ascendente nel senso evolutivo, con un apogeo nell’ enmorfismo, un inizio di decadenza nell’ iper- telia, un successivo decorso involutivo fino allo stato di eoninfa, conservando però talora, negli organi di più vecchia difterenzia- zione, i vestigi del passato fasto. Gli altri insetti, perchè di più recente origine, non hanno avuto il tempo di percorrere tutta questa parabola, ma o sono giunti all’apogeo e quivi arrestatisi (i più recenti, Ditteri, Imenotteri), 0 hanno iniziato la linea decadente indiretta, non giungendo oltre l ipertelia fissata ormai in ambedue i sessi. Evoluzione ed Ipertelia. — È quindi il caso di discorrere qui della evoluzione vera e di quella apparente, rappresentata dalla ipertelia. (1) Ciò contrasta colla affermazione contennta nella nota 1.* a pag. 111 della mia memoria sul Dimorfismo sessuale, nella quale è incorso errore. Ivi è detto : «non vi sono resipiscenze. Non si possono trovare i vestigi di un dato grado di involuzione non accompagnati sempre da quelli del grado antecedentemente sorpassato ». Fin qui sta bene, ma esemplificazione è errata, cioè « Non può essere, ad es.: ornato di appendici il capo ed il torace di un Attero, nè tro- varsi gli occhi composti in forma a capo e torace confusi ». Si vede che per l'esempio dell’Attero, è l’atterismo di involuzione antecedente a qualsiasi altra che riguardi il capo od il protorace, da poichè si è detto che il regresso procede in senso inverso alla antichità degli organi. Bisognava dunque dire che non è possibile l’esistenza di un capo o di un protorace in condizione di involuzione in forme iperteliche nell’addome, nelle ali o nelle zampe. E ciò è esatto, come è possibile il caso inverso e gli Ortotteri succitati lo dimostrano. 230 ANTONIO BERLESE Nella evoluzione la specie progredisce somaticamente, migliorando le sue facoltà sensoriali e locomotorie, per fronteggiare così il pro- gresso delle difticoltà alla sua esistenza, opposte dall'ambiente. Del tutto parallelamente e proporzionatamente si evolvono an- che le sue facoltà psichiche. Soltanto in tal guisa la specie, per così dire, si nobilita. Ogni altro modo per fronteggiare, da parte della specie, le crescenti esì- genze dell’ ambiente la incammina per una via involutiva. Adunque la evoluzione è la conseguenza della difesa che la specie fa per assicurare la propria esistenza, col minor dispendio possibile di esistenze individuali, in presenza di condizioni am- bienti sempre più difficili alla vita degli individui ed all’opera di riproduzione e diftusione della specie (1). Invece, allorquando queste condizioni riescono più favorevoli alla esistenza della specie, 1’ incremento organoplastico è rallen- tato o si incammina per altra via ed in tale caso non già ad aumento delle facoltà sensoriali o locomotorie, ma in senso orna- mentale. Di qui si procede alla ipertelia, che rappresenta veramente il primo inizio della linea di decadenza dall’ apogeo evolutivo verso quello involutivo. Infatti ogni incremento ipertelico non solo non è in aiuto della sensibilità e locomobilità, i due indici del livello evolutivo, ma, quando non solamente su- perfluo, torna a detrimento di qualcuna di tali facoltà. Così, ad es, : le orna- mentazioni vistose del torace dei Membracidi, o quelle del capo e torace di Coleotteri, Emitteri ece. rappresentano una diminuzione della facoltà locomoto- ria, tanto è vero che, come si è detto già, tali ornamentazioni mancano sempre in tutte le forme natanti. (1) Il grado di evoluzione anche psichica di una specie è direttamente pro- porzionale ed esattamente commisurato al grado di protezionismo della esistenza individuale, sia per opera dei genitori in età giovanili, sia per autodifesa più tardivamente. Per converso il grado di involuzione (congenita nella specie od acquisita) è misurato dal numero degli individui normalmente sacrificati per la riuscita della funzione riproduttiva nei superstiti, cioè nella lotta per la conservazione della specie. Precisamente così, nella guerra tra uomo ed uomo, gli eserciti più evo- luti vincono colla superiorità dei mezzi e del valore individuali : i più barbari sì impongono col numero. SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 231 Anche per la ornamentazione cromatica possiamo pensare che il fanerismo torna a scapito della difesa individuale, cioè scema V efficacia della protezione affidata alla sensibilità, di guisa che spesso è necessario un compenso (mezzi difensivi, protettivi, mimetismi ece.), che permetta il lusso della veste an- che in condizioni ove sarebbe meglio del caso una colorazione meno appari- scente. Esattamente così adunque il pioniere nei primi momenti della sua vita in regioni nuove, che non siano troppo facili, ha bisogno di tutte le sue facoltà per conservarsi e sfruttarle, Solo più tardi può intervenire la comodità di esi- stenza, la quale induce il benessere e la sicurezza ed allora possono rallentare le energie, intervenendo una condizione di ricchezza e di fastosità. Tale ral- lentamento però non è che 1’ inizio della decadenza. La ipertelia che è la con- dizione di superorgamizzazione ornamentale oltre lo stato eumorfico, procede per gradi, cioè dapprimo è un sesso che vi si incammina ed altrove ho detto per quali ragioni esso è, il più spesso, il maschio (ad es. : Coleotteri dimorfici) con polimorfismo nei vari individui. Un secondo grado è rappresentato dalla condi- zione ipertelica comune ad ambedue i sessi, però con qualche eccezione, quindi con esempi di dimorfismo sessuale e di polimorfismo, sebbene rari (Papilio) : finalmente lo stato ipertelico è raggiunto da ambedue i sessi stabilmente, nè ha più luogo il polimorfismo, Questo è il cammino della decadenza nel campo iper- telico, cioè nel periodo del lusso e dell’eccesso di benessere della specie, ed esso è graduato esattamente in rapporto alla età dei singoli gruppi, ciò che dimostra in tutti la facoltà ipertelica, ma prova ancora che è necessario un certo tempo perchè essa si stabilisca, cioè perchè le singole specie giungano a saper sfrut- tare bene e ad esuberanza il loro speciale ambiente. Dopo gli Ortotteri, che per la loro antichità mostrano esempi di iperatelia, cioè di decadenza più accentuata e successiva allo stato di apogeo ipermorfico ; gli Emitteri e gli Omotteri sono appunto in tale apogeo ; i Lepidotteri, per la massima parte tuttavia eumorfi, sono però giunti all’ipertelia coi loro più alti rappresentanti del gruppo (forse anche i più anziani), cioè i Papilio, ma non per tutte le specie ; i Coleotteri non hanno raggiunto l’apogeo dell’ ipertelia se non (sopratutto i più bassi, cioè i più vecchi) in quella tegumentale, che è la prima a manifestarsi, ma in quella organoplastica sono in uno stato di emiipertelia, cioè vi sono giunti con un solo sesso. Finalmente i gruppi più alti e recenti dei Ditteri e degli Imenotteri non sono ancora giunti alla condizione ipertelica. Essi hanno guadagnato l’apogeo della evoluzione degli insetti, ma non ancora quello della ornamentazione ; non si sono cioè ancora incamminati per la via della decadenza, intendasi indiretta, quella, cioè, a mezzo della condizione ipertelica, Involuzione ed Atelia (o Ipotelia. — Nel campo involutivo non può essere fatta altra distinzione di massima se non quella già indicata di involuzione od atelia per adattamento e di atelia od involuzione meotenica. Lasciamo da parte la prima, della quale ‘983 ‘Bud 1poA oworzederds #1 104 — ‘8 ‘811 022 022J9J490? o010s1f10t1179/ | | | | 0/0150/40041)07 J0P 0SUDI Î 22p 0640) ARS 0/0ys LOGGE podygod 2 46077777 IZIZZIAN LANUOSI Yi 0podobgo 0/L)( (o “a VIZZIVITO) Z, E È 210/MI 1 17D4C MUraRITZI RAI ULI ZI "UA VANI Puy \ 3/14js0910 04S1f10%U19 () ù 0 SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 233 potrà esser Inogo a discorrere, se accadrà di trattare del paras- sitismo ed altri speciali adattamenti, ma diciamo della seconda. Si è detto altrove che la neotenia è provocata da aumento di condizioni difficili in ordine alla riproduzione (dunque di conser- razione della specie) e consentita da aumento di condizioni favo- revoli in ordine alla conservazione dell’ individuo. In tali circostanze la riproduzione tende ad anticipare, avvenendo in un momento di ancora incompleto sviluppo del soma nell’ indi- viduo generante. In altri casi però, se l’opera riproduttiva non richiede speciali attività, nè sono richieste da necessità di conservazione dell’ indi- viduo, la involuzione neotenica avviene egualmente, per quella abo- lizione dello sforzo inutile, in omaggio a quella legge dell’ inerzia, alla quale obbedisce la specie come 1 individuo, come ogni cosa al mondo. SPIEGAZIONE DELLA FIG. 3. — Schema del decorso evolutivo, ipertelico ed involutivo degli insetti. La figura mostra schematicamente la parabola ascen- sionale e discensionale degli insetti, partendosi tutti’ dalla primitiva forma, ad es. : da un paleodittiottero (4). Sulla linea ascendente, evolutiva, si incon- trano gli apogei eumorfici di massima evoluzione, ad es.: a, Ortotteri; Acrididi ; b, Emitteri Eterotteri, Pentatomidi ; e, Emitteri Omotteri; Cicadidi; d, Lepi- dotteri ; Pieridi, Sfingidi ; e, Coleotteri Cicindelidi ; f, Ditteri ed Imenotteri ; Muscidi ed Afidi. Subito dopo ogni singolo apogeo comincia la decadenza verso la involuzione e si inizia coll’ ipermorfismo unisessuale 9g (Coleotteri : Lucanidi, Lamellicornidi); procede con quello di ambedue i sessi, salvo eccezioni %, (Lepi- dotteri : Papilio); culmina nel campo ipermorfico cogli Omotteri (Membracidi ed Eterotteri: Phylomorpha, Eyles, ete. : i, 1): ed è raggiunto anche dagli Ortot- teri (Empusa) (m) ma poi sorpassato verso l’atelismo (forme iperateliche Eumega- lodon, molti Tettigidi esotici ecc., n, 0). Queste vie sono indicate dalle linee pa- raboliche più grosse e rappresentano il percorso evolutivo ed involutivo indiretto. Quanto alla involuzione diretta, cioè, senza passare per l’ ipermorfismo, essa è indicata dalle linee più sottili, che procedono direttamente dallo stato eumor- fico nei singoli gruppi ad es. : p, neutri di Formiche, femmine di taluni Mutil- lidi ecc. ; q, femmina di Lampyris ; r, femmina di Eterogynis ; s, Pediculini ; femmine di molte famiglie ; «, femmine di Coccidei. Finalmente i Tisanuri e Collemboli sono proceduti direttamente da forme ancestrali, per giungere all’ attuale basso grado corrispondente allo stadio poli- pordiale ed al ciclopiforme, come più volte si è detto. La figura mostra anche i due campi nei quali si esercita il polimorfismo (ipertelico ed atelico). 234 ANTONIO BERLESE In ambedue i casi è necessario che 1’ individuo possa rinun- ciare a quelle sue facoltà sensoriali e locomotorie, alle quali è giunto o può giungere, cioè a taluni dei mezzi protettivi della propria esistenza. Ora, nei singoli gruppi di insetti, tali condizioni possono essersi verificate in momenti diversi di quel loro decorso parabolico, a cui si è accennato, cioè dalla condizione ancestrale, punto di par- tenza dell’ attuale fauna entomologica, durante tutto il cammino evolutivo, fino al suo apogeo e da questo alle diverse tappe nella linea di decadenza. Nel primo caso avremo una atelia diretta; nel secondo quella indiretta a cui si è più volte accennato. Gli Ortotteri mostrano esempi di ambedue queste maniere di neotenia; gli altri gruppi soltanto della prima e ciò, come si disse, in rapporto alla loro minore antichità. Finalmente possiamo eredere che gli Apterigoti si sieno mossi subito dal ceppo ancestrale, per la discesa atelica, sino all’ odierna condizione di neotenia, spinta al massimo grado (stato ciclopiforme pei Collemboli), senza alcun tentativo di ascesa per la via evolutiva. Tutto ciò (evoluzione, ipertelismo, involuzione, neotenia) è gra- ficamente espresso nella annessa figura 3. Polimorfismo. — Il ragionamento utilitaristico, che vuole per ogni organo uno seopo in vantaggio dell’ organismo è sconfessato dai fatti di Polimorfismo individuale. Tale presupposto è non meno errato di quello che affermasse la necessità o la utilità, per Vorga- nismo vivente, di tutte le sostanze che in esso si incontrano. Ma come l'assunzione delle sostanze utili, la eliminazione delle nocive importa la necessaria presenza di altre, indifferenti almeno transitoriamente, e queste funzioni stesse importano il fenomeno della vita individuale, così appunto 1’ ineremento di organi utili, la eliminazione degli incomodi o dannosi rappresentano la vita della specie ed importano un continuo sforzo dell’ organismo per adattarsi all’ ambiente (1). (1) Questo è pure continuamente variabile, così che lo stato di quiete non si trova mai, solo esiste quello di successive e transitorie condizioni di equili- brio, come di uomo su cavallo in corsa. SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 235 Fra gli organi necessari e quelli da eliminarsi stanno grada- zioni molte nel valore fisiologico, e nella scala stanno anche i superflui, i quali pure sono tali solo transitoriamente e finiscono per inclinare verso Vineremento o la eliminazione, a seconda del loro possibile valore nella economia dell’organismo o della specie. Questi organi transitori e per intanto superflui sono quelli in- dicati per rudimentali e finora considerati per richiami atavici, mentre è più prudente riconoscervi anche, frammisti, dei veri e propri inizi di organi posterici (1). Ad ogni modo è questo insieme di particolarità morfologiche transitorie quello che fornisce il materiale più ricco, più plasma- bile e più vistosamente mutevole per la continua variazione della specie ed è qui, più che altrove, il campo del polimorfismo indi. viduale. Insomma, ogni organismo ha in sè continuamente taluni accenni embrionali (per così dire) della sua organizzazione futura, così come conserva, più o meno palesi, per tempo vario, le traccie della sua organizzazione passata; è come una larva olometabola di un insetto, che insieme ai caratteri dell’embrione, reca in sè i dischi imaginali, I inizio cioè, degli organi del futuro adulto e questi sono, intanto, in condizione di superflnità, finchè non raggiungono la loro definitiva destinazione. Il polimorfismo individuale adunque si manifesta a spese di organi superflui, atavici o posterici, tuttavia in un periodo di assestamento, almeno in uno dei due sessi, È escluso ormai ogni polimorfismo (vistoso) allorehè gli organi hanno raggiunto uno stato definitivo, come avviene nella condi- zione di omeomorfismo sessuale, oppure, come ben si comprende, è compiuto il cielo involutivo, essi sono cioè scomparsi. Ad esempio, non è polimorfismo nelle ornamentazioni dei Mem- bracidi, comuni ormai ad ambedne i sessi, nè a proposito dello (1) È stato sempre più intenso il lavoro per argomentare della origine della specie che non quello per arguire della sua via e del suo destino. Questa ul- tima indagine non ha per sè maggior bisogno di premesse ipotetiche quanto l’altra della filogenesi e quanto a fatti, più che mancare, essi non sono stati ricercati abbastanza o nulla affatto. 236 ANTONIO BERLESE sviluppo delle ali nelle forme che hanno raggiunto l’ atterismo in ambedue i sessi. Duplice è dunque il campo del polimorfismo individuale, esso si esercita cioè nel campo ipertelico, a spese degli organi in via di progresso (posterici) ed in quello atelico od ipotelico, se agisce sugli organi in via di involuzione (atavici). Esempi del primo caso (polimorfismo ipertelico) sieno tutti gli ipermorfismi instabili dei Coleotteri; le code dei Papilio nelle specie a sessi eteromorfi sotto questo riguardo. Nei gruppi sottostanti (Emitteri, Eterotteri, Ortotteri), 1’ iper- morfismo è stabile ormai (completamente bisessuale) quindi non ha più luogo il polimorfismo. Esempi del secondo caso (polimorfismo ipotelico) sì incontrano del pari e col medesimo processo in tutti gli ordini, come sì è detto, perchè tanto la condizione neotenica quanto la involuzione di adattamento possono intervenire per ogni gruppo, per ogni specie, sesso, età. Anche queste aree dei due diversi polimorfismi sono indicate nella fig. 3. Il polimorfismo individuale o meglio la Politelia si manifesta con polimorfismo strettamente detto o politelia organoplastica, con policromia e polimegetismo, sui quali tatti è inutile insistere. Cause del polimorfismo individuale. — La condizione intrinseca è la plasmabilità della specie. Essa esiste sempre, altrimenti non avrebbe luogo la variabilità, ma può essere di grado così mode- sto da riescire insensibile, condurre cioè a variazioni così lente e piccole da stuggire alla nostra misurazione grossolana. Il grado di plasmabilità della specie è dunque misurato dalla attitudine al polimorfismo «della specie stessa e da quello della sua adattabilità all’ ambiente. In quest’ ultimo senso le specie hanno distinte maniere di rea- gire e bisogna tenerne conto. 1.° La specie permane in ambiente circoscritto, ma sa profit- tarne in vario modo, sa adattarsi cioè a condizioni di variazioni secondarie nell’ ambiente stesso e qui occorre il polimorfismo. I Lamellicorni coprofili hanno un campo nel quale è permessa e si esplica la loro esistenza, molto circoscritto, ma ampie possono essere le variazioni in SUL POLIMORFISMO DEGLI INSETTI 2537 questo ristretto ambiente, di nutrizione (senso largo). La plasticità e la adat- tabilità della specie permettono un alto grado di polimortismo. 2. L'alto grado di locomobilità, la polifagia eliminano la neces- sità di facoltà di adattamento a variazioni intime di un ambiente ristretto. L’adattabilità della specie le permette di estendere il sno raggio di diffusione. La plasmabilità non è un elemento necessa- rio di esistenza ed è così che ad es. moltissime specie sono cosmo- polite ed insieme invariate in differentissime regioni del globo. 3.2 La specie è poco locomobile, non polifaga ecc. insomma di scarsa adattabilità, ma sufficientemente plasmabile, ed allora la sua diffusione importa creazione di multiple varietà locali. Que- sti sono i ceppi più fecondi da cuni sorgono varietà e finalmente, specie nuove. Come si vede le fonti (condizioni intrinseche) del polimorfismo e quelle della creazione di varietà (e finalmente di specie) sono le stesse. Veniamo ora alle condizioni estrinseche, quelle cioè che deter- minano le variazioni polimorfiche individuali e che, d'accordo colle precedenti, che le permettono, conducono alle variazioni. Escluse le influenze, che non hanno relazione se non colla fun- zione riproduttiva, per le quali il polimorfismo consegnente si manifesta col dimorfismo sessuale, rimangono le funzioni per la conservazione dell’individuo, cioè di relazione e nutrizione, su cui l’ambiente possa aver effetto, tanto da determinare negli individui organizzazioni diverse. Ma le funzioni di relazione dipendono da organi e sistemi, la cui variazione è in rapporto colla evoluzione anzichè coll’ipermorfismo e nel campo strettamente evolutivo non si conosce esempio di variazioni individuali vistose, che non ab- biano rapporto colla sessualità o con speciali uffici dell’individuo; ma in questo ultimo caso si rientra sempre nel polimorfismo col- lettivo, del quale potrà essere detto in altra occasione. ximangono le funzioni di nutrizione ed è appunto alla diversa maniera di nutrizione individuale (presa la voce in senso largo), che le variazioni da individuo ad individuo, senza rapporto alenno colla sessualità e coll’opera riproduttiva, cioè la eterotelia, devono essere attribuite. 235 ANTONIO BERLESE Conclusione. — Il Polimorfismo individuale (da individuo ad individuo) si esplica sempre su condizioni di statura, organizza- zione, colorazione transitorie e superflue rispetto al vantaggio del- l'individuo o della specie. Il polimorfismo stesso è indice della transitorietà e della superfluità. Il campo del polimorfismo è duplice, esso può essere ipertelico, se sì riferisce a variazioni di statura, organizzazione, colorazione, che trascendono dalla condizione eutelica, e può essere ipotelico od atelico se si richiama a variazioni tutte al di sotto della detta condizione eutelica. (Nei soli Ortotteri si può trovare un polimor- fismo iperatelico). Nell’ un caso e nell’ altro esso è determinato da diverse condi- zioni ambienti (sopratutto di nutrizione, in senso largo), variamente favorevoli od avverse all’individuo durante il suo sviluppo. Firenze, Settembre 1915. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 80 Novembre 1915. GuiDo PAOLI Contributo alla conoscenza delle Gocciniglie della Sardegna Nel Marzo e nel Giugno del corrente anno ho avuto occasione di recarmi in Sardegna e di raccogliervi un certo numero di Coc- ciniglie, la cui illustrazione stimo utile per una maggior cono- scenza della fauna coccidologica dell’ Isola, tanto più che non credo sia mai stato pubblicata memoria speciale su questo argo- mento. Dopo che Targioni raccolse e descrisse la Lecanodiaspis sar- doa (1), a varie riprese il Leonardi e il Cecconi hanno raccolto colà delle Cocciniglie illustrate poi dal Leonardi (2); esse sono : Eriococcus devoniensis (Green). Su Prica ; Sardegna. Pseudococcus myrmecarius Leon. Nei nidi di Camponotus ; Monti. Ripersia sardiniae Leon. Nei nidi di Solenopsis ; Monti. Ripersia inquilina Leon. In nidi di formiche; Monte Limbara (Tempio). Micrococeus Silvestriù Leon. Nei nidi di Tapinoma erraticum ; Tempio. Micrococeus similis Leon. Su radici di Grano ; Prov. di Sassari. Macrocerococeus superbus Leon. Su Graminacea; Tempio. Sphaerolecanium Emerici (Planch.), Su Quercus suber; Tempio. Lecanopsis mirmecophila Leon. Nei nidi di Tetramorium coespitum ; Tempio. Leucaspis pusilla Low. Su Pinus halepensis ; Sardegna. Hemiberlesia Cecconii Leon. Su Osyris alba; Aggius. (1) TARGIONI-TOZZETTI A., Sopra due generi di Cocciniglie (Coccidae) e sui cri- teri della loro definizione. (« Bull. d. Soe, Entom. ital. », Vol. I, Firenze 1869). (2) LEONARDI G., Contribuzione alla conoscenza delle Cocciniglie italiane, (« Bol- lettino del Labor. di Zool. gen. e agr. della R. Scuola Sup. d’Agrie. in Por- tici », Vol. I, Portici 1907) e Seconda contribuzione alla conoscenza ecc. (Ibidem, Vol. III, 1908). 240 GUIDO PAOLI Il Lindinger (1) cita per la Sardegna le seguenti Cocciniglie: Asterolecanium fimbriatum (Fonsec.) Cock. Su Pittosporum sp. Lecanodiaspis sardoa Targ. Su Cistus sp. Kermes vermilio (Planch.) Targ. Su Quercus sp. Eriococcus ericae Sign. (= E. devoniensis Green). Su Erica sp. Ceroputo superbus (Leon.) Ldgr. (= Macrocerococcus superbus Leon.). Su Gra- minacea. Pseudococcus citrì (Risso) Fern. Su Citrus. Micrococcus similis Leon. Su Grano. Micrococcus Silvestriù Leon. In nidi di Tapinoma. Ceroplastes nerii Newst. Su Nerium Oleander. Ceroplastes rusci L. Su Citrus sp. Lecanium oleae Bern. Su Olea europaea. Physokermes coryli (L.) Ldgr. Su Quercus sp. Leucaspis pusilla Low. Su Pinus sp. Aspidiotus Cecconii (Leon.) (= Hemiberlesia Cecconii Leon.). Su Osyris alba. Aspidiotus ephedrarum Ldgr. Su Ephedra sp. Aspidiotus hederae Vall. Su Hedera helix, Acacia longifolia ed altre specie, Olea europaea. Targionia vitis (Sign.) Leon. Su Quercus macedonica e @Q. suber. Lepidosaphes pinnaeformis (Bché) Kirk. Su Citrus sp.: su Olea (= L. becki oleae Leon.). 9 Sono così 23 specie ormai note per la Sardegna; io aggiungo altre 24 specie, di cui due nuove, una delle quali non fu raccolta da me, ma trovavasi nelle collezioni della R. Stazione di Ento- mologia agraria. Subfam. MONOPHLEBINAE. Gueriniella serratulae Fab. Alla metà di Giugno osservai questa specie sui tronchi di Aran- cio a Orosei; ma si trattava di femmine ormai adulte che si reca- vano a deporre le nova su quelle piante, come su qualunque altra ; è però da rilevarsi che questa specie destava colà infondati timori, essendo confusa collo Pseudococcus citri o altra Cocciniglia fari- nosa. Nelle collezioni di questa R. Stazione si trovano esemplari (1) LinpINGER L., Die Schildliuse Europas, Nordafrikas ecc. Stuttgart 1912. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 241 raccolti nel 1888 a Cagliari dal compianto Prof. Targioni-Toz- zetti. Subfam. DACTYLOPIINAE. Lecanodiaspis sardoa Targ. La specie fu raccolta la prima volta dal Targioni (1) sul Monte dei Sette Fratelli (Cagliari) nel Maggio 1869; io la riscontrai fre- quente sul Cistus salvaefolia presso Siniscola e Terranova Pausa- nia: altri belli esemplari mi furon dati dal Prof. Mainone, Diret- tore della R. Cattedra ambulante di Agricoltura di Nuoro, che li aveva raccolti a Dorgali. Gossyparia ulmi (L.). Forme immature di questa specie furono da me trovate sul- Olmo a Mizzamanddu presso Dolianova (Cagliari). Pseudococcus citri (Risso). È Cocciniglia frequentissima sugli agrumi in tutta l’ Isola e spesso molto molesta specialmente ai limoni, sui quali volentieri si annida e si moltiplica dentro i grappoli di frutti, che sottrono nel loro sviluppo non raggiungendo spesso la dimensione normale ; anche gli aranci ne sono attaccati, ma in minor misura e assai raramente i mandarini. La specie era già stata citata dal Lindinger. In Sardegna si dice, non so con quanta verità, che sia stata importata dalla Sicilia circa 20 anni addietro. Micrococcus oviformis sp. n. Femmina ovigera. Di color terreo-testaceo (in alcool); oviforme o talvolta piriforme colla estremità più ristretta anteriore; seg- (1) Op. cit. « Redia r, 1915. 16 242 GUIDO PAOLI menti del corpo riconoscibili, ma appena visibili, data la disten- sione del tegumento; derma provvisto di rari peli molto brevì, sparsì ; ghiandole ceripare abbondanti su tutto il corpo, ma partico- larmente in vicinanza degli stigmi (fig. 1) ove formano un gruppo di quasi due centinaia. Antenne (fig. 2) lunghe 270 w, triartico- late, o meglio biarticolate, formando i due segmenti terminali, per la loro fusione, un sol pezzo che si articola sul basale, come si desume da una costrizione anulare, che rappresenta la zona di fusione ; con tre brevi setole sul lato dorsale presso l’ apice e due a quello ventrale assai più lunghe. Fig. 1. — Micrococcus oviformis Q. Stigma col gruppo Fig. 2. — Micrococcus ovi- di ghiandole ceripare. formis 9. Antenna. Zampe (fig. 3) molto ridotte, misurando appena '/, mm. di lun- ghezza. Anello anale (fig. 4) provvisto di 14 (talvolta 16) lunghe setole, e situato in una grande placca chitinosa larga 320 p e \ » =. y ì Ò \ Fig. 3. — Micrococcus oviformis 2. Tarso del 1° paio. lunga 160 p.; ai lati di questa apertura, più al ventre, si tro- vano, uno per parte, due ciuffi di S-12 setole lunghe come le precedenti. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 243 pai Apertura genitale (fig. 5) ventrale, prossima all estremità poste- riore, a forma di una semplice fessura trasversale senza produzioni 0° o o È ° È Cole; o o IENA >) x \ n \ <— — DS oa n o = o 9 © CI MES o o 5 4 ° ol è V ° o , - A n » o Fig. b. — Micrococcus oviformis.Valva; Fig. 4. — Micrococcus oviformis Q. IV,V; quarto e quinto segmento Anello auale. addominale. chitinee particolari; intorno ad essa non si notano aggruppa- menti di ghiandole ceripare, ma queste vi sono distribuite come nel restante della faccia ventrale. Lunghezza del corpo. . . . . mm. 4.25-i Larghezza » Di ele ate e e >» 2,75-4,25 Altezza » De TRI » 2,75-4,25 Habitat. Nei nidi di Messor barbarus L. a Oschiri (Sassari). Gli esemplari indeterminati, ma colla indicazione dell’ habitat si trovavano nelle Collezioni di questa R. Stazione; si. tratta pur troppo di sole femmine ovigere ; non mi pare che siano riferibili a nessuna delle due specie di Micrococeus descritte dal Leonardi (1), e pure ambedue trovate in Sardegna ; e sopratutto il M. oviformis si distingue per l abbondanza di dischi ceripari presso gli stigmi e su tutto il corpo e per la singolare conformazione della placca anale; mentre per i caratteri di colore e grandezza, nonchè per (1) LEONARDI G., Contribuzione alla conoscenza delle Cocciniglie italiane (« Boll. del Labor. di Zool. gen. e agr. della R. Sc. Sup. di Agrie. di Portici », Vol. I. Portici 1907). 244 GUIDO PAOLI quelli delle antenne e delle zampe. corrisponderebbe alle due spe cie note. Il Leonardi nelle sue descrizioni parla di « anello anogenitale » ; effettivamente nel M. oviformis, come in tutte le altre Coccini- glie, le due aperture sono distinte, e quella genitale si trova al ventre, fra il 4.° e il 5.° segmento addominale. Subfam. COCCINAE. Pulvinaria mesembrianthemi (Vall.). Ai primi di Giugno gl’ individui adulti con ovisacco già for- mato e ripieno di uova erano comunissimi sul Mesembrianthemum acinaciforme a Golfo Aranci; una seconda generazione di adulti si ha in fine di Settembre e al principio di Ottobre. Ceroplastes rusci (L.). È. specie comunissima sui Fichi in tutta | Isola; si trova però anche su altre piante e ne ho raccolti esemplari su Fieus benia- mina nell’Orto botanico di Sassari e nel Giardino Visca a Ca- gliari, su Musa Ensete nell’ Orto botanico di Sassari, su Nerium Oleander nel Giardino Visca a Cagliari e sugli agrumi, special- mente sui Mandarini, a Bosa a Milis, a Villacidro e a Siriscola. Sul Fico si sviluppa spesso in gran quantità, causando lo svi- luppo di abbondante fumaggine; anche sull’ Oleandro l'ho riseon- trato assai numeroso ; sulle altre piante sempre scarso. Sugli agrumi non è mai molto abbondante, ma nelle località sopra indicate non è neppure così raro da doverlo ritenere come una vera eccezione ; più frequente è sui Mandarini ma neppure gli Aranci e i Limoni ne vanno immuni. Intorno alla presenza del Ceroplastes rusci sugli agrumi molto si è discusso; essa fu prima ammessa dall’ Ashmead (1); ma il (1) ASHMEAD W. H., Orange insects. Jacksonville (FI.), 1880. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 245 Comstock (1) descrivendo il suo nuovo €. floridensis, ritiene che sia erronea la determinazione dell’ Ashmead e che si tratti ap- punto della nuova specie ; il Targioni (2) nel 1879 riceve esemplari di C. rusci L. (= Columnea testudinata Targ.) da agrumi di Pa- lermo e ritiene queste piante come ospiti non ancora conosciuti di detta Cocciniglia. L’ Hubbard (3) non parla affatto del ©. rusci ; il Penzig (4) cita la specie « che si trova piuttosto di rado sugli agrumi » senza dirne la località; non lo cita il Cockerell (5), che sembra riporti soltanto i dati dell’ Hubbard, e neppure il Berlese (6) nelle sue memorie sulle Cocciniglie degli agrumi. Il Del Guer- cio (7) descrivendo la nuova specie Ceroplastes sinensis dichiara di non aver mai trovato il C. ruscî sugli agrumi nelle sue nume- rose escursioni in Liguria, Italia meridionale e Sicilia. Così non lo cita il Marlatt e nemmeno il Geoffroy (8) che traducendo il detto autore vi fa delle aggiunte che si riferiscono alla Francia meridionale. Silvestri e Martelli (9), sulla fede di altri autori, lo dicono vivente « raramente sugli agrumi » ma sembra che non VP abbiano mai riscontrato. (1) Comsrock J. H., Report of the entomologist of the U. S. Dep. of Agrie. for the year 1880. Washington 1881. (2) Ap. TARGIONI-TozzErTI, Srelazione intorno ai lavori della R. Stazione di Entomologia agraria di Firenze per gli anni 1879-80-81-82 (« Annali di Agri- coltura », Firenze-Roma 1884). (3) HuBBaRD H. G., Insects affecting the Orange. U. S. Dep. of Agrie. Wa- shington 1885. (4) PeNzIG O., Studi botanici sugli agrumi e sulle piante affini. (« Annali di Agricoltura », Roma 1887). d (5) CocKERELL T. D. A., The food plants of Scale Insects. (« Proced. of the U, S. Nat. Mus. », Vol. XIX, Washington 1897). (6) BERLESE A., Le Cocciniglie italiane viventi sugli agrumi. (« Riv. di Pat. veg. », Vol. II, IIL, IV, 1893, 94 e 96). (7) DeL Guercio G., Osservazioni intorno ad una nuova Cocciniglia dannosa agli agrumi in Italia. (« Nuove Relazioni intorno ai lavori della R. Stazione di Entom. agr. di Firenze », Ser. I, N. 3, Firenze 1900). (8) MARLATT C. L., Cochenilles et Mites des « Citrus », traduction avec com- mentaires par Aug. Geoftfroy. Cannes, 1904. (9) SILVESTRI F. e MARTELLI G., La Cocciniglia del Fico (Ceroplastes rusci L.). (« Boll. del Labor. di Zool. gener. ed agr. d. R. Sc. Sup. di Agrie. in Portici », Vol. II, Portici 1908). 246 GUIDO PAOLI Al contrario il Lindinger (1) nomina il €. ruscì come vivente su varie specie di Citrus in Italia e Sardegna, e non in Sicilia, ma non si sa da qual fonte tragga la notizia. Cosiechè sembra che l’ unico dato sicuro sia quello del Targioni per la Sicilia. Gli esemplari di Ceroplastes da me trovati sono certamente da riferirsi alla stessa specie che vive sul Fico e che è ritenuta come €. ruscî L. e, come ho detto, non si tratta di individui isolati, ma abbastanza numerosi, trovati in quattro diverse loca- lità distanti fra loro; una sola volta una pianta di Mandarino, su cui trovai pochissimi individui, era situata sotto a un Fico molto infetto, ma negli altri casi, nei quali la specie fu trovata anche più abbondante, le piante di Fico erano molto lontane dagli agrumi. Dunque il Ceroplastes rusci L. va considerato veramente come parassita degli agrumi in Sicilia e in Sardegna. Ho citato fra le piante ospiti del ©. rusei in Sardegna anche l’Oleandro ; il Lindinger dà come sicuro sulla stesse 1’ Isola, il C. neriî Newst. ì pianta e nel- Le differenze fra le due specie sarebbero le seguenti (2): C. ruUSscI L. G. NERII Newst. Antenne di 6 articoli. Antenne di 7 articoli. Area stigmatica avente presso al Area stigmatica con 20-25 ghian- margine un gruppo di 3-4 ghiandole dole ceripare circolari raggruppate ; ceripare circolari: al margine una al margine spine grosse, molto ot- fila irregolare di spine coniche. tuse, coniche, in due file nella por- zione mediana. Derma .... (?) Derma, dopo il trattamento con po- tassa, non chitinizzato, trasparente, Lobi anali corti conici, un po’ tri- Lobi anali con due setole lunghe angolari e a punta ottusa, ognuno sottili, ognuna sorgente da una ghian- con due fosse ghiandolari vicino al dola trasparente, vicino all’ apice. centro, verso l’ apice. Ora gli esemplari, da me raccolti su Nerium a Cagliari, non differiscono da quelli trovati sui Fichi anche dell’ Italia centrale (1) LinpIiNGER L., Op. cit., pag. 115. (2) NewsrEAD R., New Coccidae collected în Algeria by the Rev. Alfred E. Ea- ton (« Trans. Ent. Soc. », London 1897). COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 247 e sugli Agrumi di Sardegna, ma a nessuno convengono totalmente i caratteri dell’ una o dell’ altra specie secondo le differenze messe in vista dal Newstead e sopra riportate. Infatti le antenne (fig. 6) sono costantemente di sei articoli, ma gli articoli terzo e i seguenti presentano alcune strozzature che ad un primo esame posson ren- dere incerto il computo dei segmenti medesimi; dunque per tale carattere sono tutti riferibili a 0. rusci. Nell’area stigmatica si notano le ghiandole ceripare (fig. 7) in nu- mero da 20 a 30, riunite in gruppo vicino al margine del corpo, mentre altre sparse si trovano fra questo gruppo e lo stigma. Fig. 6. — Ceroplastes Fig. 7. — Ceroplastes rusci 9. Ghiandole rusci Q. Antenna. ceripare e spine dell'area stigmatica. Al margine poi le spine (fig. 8) sono grosse, ottuse, coniche, in doppia fila nella porzione mediana in modo che tutta | area stig- Fig. 8. — Ceroplastes rusci 9 Disposizione delle spine dell’area stigmatica. matica è conformata come indica la figura del Newstead la quale sì riferisce al 0. nerti. 245 GUIDO PAOLI E questa stessa struttura ho riscontrato costante in esemplari di Ceroplaste del Fico di diverse provenienze, mentre non potei rinvenirvi ì caratteri del Newstead indicati per il €. rusci. Il derma è in tutti gli esemplari non chitinizzato e trasparente negli individui giovani anche maturi, ma diviene poi bruno, for- temente chitinizzato, e con areole chiare a contorno indeciso, in quelli vecchi, che hanno già deposto le uova. Nei lobi anali non ho distinto le due setole lunghe. Dati questi caratteri così varì, vien fatto di domandarsi se al Newstead, della cui grande autorità non si può dubitare, non sia per avventura avvenuto uno scambio nei preparati, così da generare confusione anche nell’ attribuire i caratteri alle due specie. Per me risulta in modo indubbio che il Ceroplaste vivente nel Fico, sugli Agrumi e sull’ Oleandro in Sardegna ha costantemente antenne di 6 articoli, area stigmatica con un gruppo di 20-30 ghian- dole ceripare presso il margine del corpo e col margine stesso munito di peli ghiandolari grossi, tozzi, conici, coll’ apice smus- sato, in numero di 30 circa, dei quali 20-22 disposti in una fila, gli altri in una seconda fila più interna nella insenatura stig- matica. Lecanium (Saissetia) oleae (Bern.). È diftusissima e abbondantissima su un gran numero di piante delle specie più diverse; sugli agrumi si manifesta spesso con tale intensità che i rami risultano coperti dalle Cocciniglie e tutta la pianta, ma specialmente foglie e frutti si rivestono di uno spesso strato di fumaggine; nessun’ altra specie di Lecanium (S. 1.) fu travata sugli agrumi, e questa era già citata dal Lindinger per Olivo. Le piante su cui trovai la Saissetia oleae sono le seguenti : Cycas revoluta, Ficus elastica, Citrus ssp., Garuga pinnata, Celastrus buxifolia, Dodonaca abyssinica, Erica arborea, E. scoparia, Diospy- ros kaki, Olea europaea, Nerium oleander, Myoporum pictum. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 249 Lecanium (Saissetia) hemisphaericum TParg. Si possono riferire a questa specie individui trovati abbondan- tissimi su Aristolochia pistolochia a Cagliari nell’Orto botanico. I caratteri morfologici concordano con quelli dati da Targioni (1) per questa specie e con quelli di molti campioni che con tale nome si trovano nelle collezioni della R. Stazione di Entomologia agraria. Il corpo è di color cannellino lungo mm. 2,5-5, largo poco meno, con dei delicatissimi solchi \ / . . . . . . . Val ‘radiali ai lati del corpo, e coi margini legger- Nd) / mente sporgenti; il tegumento dorsale pre- senta per trasparenza numerosissime piccole aree tondeggianti trasparenti dovute al minore ispessimento della chitina in corrispondenza delle ghiandole : ed ogni area presenta un pic- colissimo foro di uscita della sostanza secreta. Le antenne lunghe 210 p.. (fig. 9) sono di otto articoli bene distinti. Le zampe hanno il tarso connesso alla tibia per mezzo di una articola- zione mobile, bene sviluppata. Questi esemplari sarebbero riferibili alla specie tipica; a Cagliari poi, su Adianthum capillus veneris e su Platycerium sp. rinvenni Fig 9. — Lecanium hemi- numerosi individui che pei caratteri del derma, £2*4‘ Antenna. delle antenne, delle zampe, sono da riferirsi alla stessa specie, per quanto presentino qualche piccola differenza nell’aspetto esterno; il Newstead (2) considera giustamente come varietà del L. hemisphae- ricum forme da altri ritenute specie diverse, e seguendo questo modo di vedere gli esemplari sul Platycerium sarebbero da riferirsi alla var. filicum di Boisduval, Signoret e Douglas, quelli di Adian- thum alla var. clypeatum Douglas. (1) A. TARGIONI-TOZZETTI, Studi sulle Cocciniglie (Mem. d. Soc. it. di Sc. Nat., Tomo III, N.° 3. Milano. 1867). (2) NEwsTEAD R., Monograph of the Coccidae of the British Isles, Vol. II. London, 1903, 250 GUIDO PAOLI Lecanium (Eulecanium) prunastri Fonse. Il Signoret (1) nella sua 11.* memoria sulle Cocciniglie deserive e fieura il Zecanium prunastri Fonse. e il L. rotundum Réaum. è dalla descrizione si rileverebbero notevoli difterenze nelle antenne e nelle zampe. È ormai ammesso che nel gen. Zecanium s. 1. sono ancora incerti ì caratteri sistematici buoni, adatti cioè a distin- guere sicuramente una specie dall’ altra; poichè quelli finora invocati sono spesso molto fallaci, e non solo variabili fra indi- vidui della stessa specie, ma anche nello stesso individuo; riporto (fig. 10) il disegno delle due antenne di uno dei miei esem- plari di Sardegna e le grandi differenze che in quelle si vedono, mi esimono dall’ insi- stere su questo argomento; è noto poi come, almeno nella Saîssetia oleae, il numero di articoli delle antenne sia di S nella fem- mina adulta che non ha ancora deposte le uova e si riduca a 6 quando avviene V’ovi- Fig, 10. — Lecanium prunastri. ficazione. Wei destra (2) e sini- —Nel Catalogo della Fernald (2) le due specie (E. prunastri ed E. rotundum), sono considerate come sinonimi, e per questo ascrivo gli esemplari di Sardegna alla specie Zulecanium prunastri, per quanto potrebbe forse meglio convenire con L. rotundum descritto dal Signoret ; ma le descrizioni incomplete lasciano ancora adito a dubitare. Perciò stimo opportuno riferire i prineipali caratteri, corredan- doli di alcuni disegni. Il corpo della femmina adulta è di color bruno rossastro, assai seuro, piuttosto lucente, approssimativamente emisferico lungo circa (1) SiGNoRET V., Essai sur les Cochenilles ou Gallinsectes, 11.° partie. (« Ann, de la Soc. Entom. de France », 5.° s., T. III. Paris 1870). (2) M. E. FERNALD, A Catalogue of the Coccidae of the Worla (Spec. Bull, ; Hatch Exp. Station of the Mass. Agrie, Coll. ; Bull. N.° 88. Ambherst (Mass.), 1903). COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 251 3 mm. e largo poco meno, alto 2 mm. circa, spesso deformato per la compressione di individui vicini; sul dorso si notano da ogni lato tre o quattro piccole depressioni puntiformi nelle quali gli sbocchi ghiandolari sono molto più numerosi; con la lente la superficie dorsale del corpo appare minutissimamente punteggiata; ma al microscopio il tegumento si presenta uniforme, percorso dai tubuli delle ghiandole laccipare; non si distingue né areolatura nè tessellatura, ma tutt’ al più qualche stria che irraggia da cia- scuno sbocco di ghiandole verso quelli vicini. Il margine del corpo, visto di profilo, è leggermente sporgente in fuori, e al mi- croscopio si vede ornato di brevissime setole spiniformi. Le valve anali, triangolari, hanno il margine antero-laterale un po’ incavato e appena più. breve di quello postero-laterale, che è leggermente convesso. Le antenne (fig. 10), come ho accennato, sono variabili, riguardo al numero e alla lunghezza degli articoli, ma sempre molto brevi in confronto del corpo, misnrando 310-330 p.. di lunghezza. Anche le zampe (fig. 11) sono brevi e gracili; il femore, col trocantere, è più lungo che la tibia, e questa eguale o un po’ più lunga del tarso. î DS Fig. 11. — Lecanium prunastri. Zampa. Questa specie fu trovata su un Pesco a Is Piricoceus fra Quarto S. Elena e S. Gregorio (Cagliari); la giovine pianta aveva il fusto ricoperto completamente dalla Cocciniglia, ma, fra i moltissimi esemplari raccolti, neppure uno era immune da parassita; la mag- gior parte presentavano quattro o cinque fori di uscita di un endofago, che da qualche resto trovato, è risultato trattarsi bensì di un Calcidite, ma non della Scutellista, che si trova parassita in diversi Lecaniti, ma sempre con un solo individuo per ogni ospite; nel caso attuale ogni Cocciniglia presentava almeno un paio di fori, ma generalmente più. 252 GUIDO PAOLI Lecanium (Eulecanium) ficinum sp. n. Femmina adulta. Corpo molto convesso (fig. 12), quasi emisfe- rico, lungo mm. 3,5, largo 3,5 coi margini leggermente rientranti ; di colore bruno rossastro, molto seuro, lucente, con minute mac- chie biancastre di cera; senza creste rilevate, ma con accenni di bozze sporgenti tutto intorno sul dorso del corpo, così da ricordare l aspetto di un Ceroplastes, spogliato della cera. Antenne (fig. 13) lunghe 330 p.. di otto articoli dei quali il primo e il secondo più larghi che lunghi, \ 7 il terzo più lungo di tutti, circa il doppio I della larghezza; gli altri gradatamente più Ì corti, ad eccezione dell’ ultimo che è più > | lungo dei due precedenti e circa come il IE Fig. 12. — Lecanium ficinum. Fig. 13. — Lecaniam ficinum 9. Femmina adulta ingrandita. Antenna. quinto; nel complesso somiglianti a quelli del ZL. oleae e del L. Remi- sphaericum, ma in confronto a questo più brevi nella proporzione col corpo. Zampe (fig. 14) piuttosto gracili; il femore col trocantere è ap- pena più lungo della tibia e questa poco più del tarso ; articola Fig. 14. — Lecanium ficinum 9. Zampa. zione tibio-tarsale incompleta; i due digituli ai lati dell’ unghia sono terminati da due piccoli ingrossamenti sferici; i digituli su- COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 253 periori sono assai più lunghi, ma terminati da ingrossamenti come i precedenti. Tegumento dorsale, negli esemplari trattati con po- tassa, areolato con aree poligonali (fig. 15); le ghiandole sono grandi e molto vicine fra loro; la chitina interposta è di color bruno; sbocchi ghiandolari piccolissimi, situati in fondo a cripte che si aprono alla superficie con margini angolosi (fig. 16). Peli Fig. 15. — Lecanium ficinum 9. Fig. 16. — Lecanium ficinum O. Sezione schematica del Derma visto per traspa- derma, per mostrare le cripte, in cui sboccano le renza. ghiandole. marginali di varia grandezza, alcuni brevi, rigidi, altri lunghi e grossi, altri più rari terminati con diverse punte; spine stigma- tiche in numero di tre, delle quali una molto più lunga delle altre due (fig. 17). Valve anali (fig. 18) triangolari coll’ angolo esterno Fig. 17. — Lecanium ficinum 9. Fig. 18. — Lecanium ficinum O Peli dell’area stigmatica. Valve anali. arrotondato, col lato interno più lungo; esse sono molto piccole, misurando il lato maggiore 165 p.., quello esterno 145 pp. e lan- teriore 100 p. Lobi posteriori del corpo saldati per gran tratto 204 GUIDO PAOLI fra loro, in modo che l’apertura anale si trova del tutto dorsal- mente. Serie maschile. Sconosciuta. Habitat. — Sulla corteccia di Ficus carica a Siniscola (Sassari). In quanto alle specie di Lecaniwm viventi sui Ficus il Cocke- rell (1) cita soltanto il L. oleae su F. carica e il L. depressum, L. hesperidum, L. longulum su specie esotiche; la Fernald (2) dà come noti pel F. carica soltanto il Coccus ficus Mask. nella Cina, e per altre specie di Ficus il Coccus longulus, la Saissetia depressa e la Saissetia migrella ; il Lindinger (3) elenca come parassiti del F. carica, Lecanium oleae, L. persicae, L. hesperidum e su una spe- cie indeterminata d’Algeria il L. tessellatum. La specie trovata da me non è riferibile a nessuna di queste succitate e non sono riuscito a riferirla a nessuna delle altre spe- cie note, per la maggior parte delle quali le diagnosi sono del resto spesso incomplete, e per questo ho ereduto opportuno di considerarla come nuova. Gli esemplari furono da me trovati su una sola pianta di Fico a Siniscola, e non avendo riscontrata la specie su nessuna delle tante altre piante di Fico esaminate nell'Isola e altrove, è da ri- tenersi che sia molto rara. Il L. ficinum vive su punti riparati della corteccia, come nelle ascelle dei rami, nelle anfrattuosità prodotte dal cicatrizzarsi di ferite avvenute sulla scorza del tronco e dei rami grossi e sugli stessi calli di cicatrizzazione. Subfam. DIASPINAE. Chionaspis evonymi Const. È assai frequente sugli Evonimi che sono talvolta intensamente attaccati; spesso gli endofagi riducono molto l’infezione. (1) COCKERELL T. D. A., The food plants of Scale insects (Coccidae). (« Proc. of the U. S. Nat. Mus. », Vol. XIX, Washington 1897). (2) FERNALD M. E., op. cit. (3) LINDINGER L., op. cit. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA Z00 Howardia ramiae (Morg.). (Syn. Diaspis zamiae Morg., Howardia elegans Leon.). Numerosi individui di questa Cocciniglia raccolsi su Cycas re- voluta nell’ Orto botanico di Cagliari. Questi esemplari hanno lo scudo bianchissimo, molto rigonfio, colla spoglia larvale appena visibile; la superficie poi è quasi fa- rinosa, ma senza rilievi o infossature ; corrisponde perciò ai carat- teri dati dal Leonardi: il Lindinger (1) deserive lo scudo come avente per lo più delle delicate strie radiali; questo carattere ho osservato anch’ io su esemplari raccolti su Encephalartus horridus nell’Orto Botanico di Firenze dal Dott. Malenotti e da li corte- semente comunicatimi; credo che queste strie siano dovute ad un raggrinzimento dello seudo ad una inoltrata maturanza, mentre mancavano negli scudi di individui non ancora ovigeri. Nel Catalogo citato della Fernald (2) la specie in discorso è posta sotto il genere /Miaspis e chiamata D. zamiae Morg.; come tipo poi del gen. Howardia Berl. et Leon. è posto la H. biclavis (Comst.); ma Berlese e Leonardi fondarono il loro genere appunto per quella specie che vive sul Cyeas revoluta; se dunque questa è identica a quella descritta dal Morgan come si può rilevare dalla descrizione, resta però un fatto che è appunto essa il tipo del gen. Howardia, e dovrà quindi chiamarsi Howardia zamiae (Morg.) ; infatti carattere principale, che distingue le Howardia dalle Dia- spis e Chionaspis, secondo Berlese e Leonardi, che fondarono il genere, è la mancanza di dischi ceripari, e questo carattere è comune tanto alla biclavis, come alla zamiae 0 elegans; non si capi- sce quindi perchè la Fernald, pur conservando il gen. Howardia, faccia questo cambiamento e ponga la zamiae sotto il gen. Diaspis. Se i caratteri considerati dagli Autori e giudicati valevoli per separare genericamente ’ H. biclavis dalla zamiae, siccome que- (1) LINDINGER L., op. cit., pag. 127. (2) FERNALD M. E., op. cit., pag. 233. 256 GUIDO PAOLI st’ ultima è indiscutibilmente il tipo del gen. Howardia (genere per quanto si è detto sopra distintissimo dalle Diaspis) in tal caso bisogna definire con nome nuovo, ad es. Megalodiaspis, il genere di cui è tipo la Chionaspis (?) bielavis Comst. Diaspis echinocacti (Bouché). È specie propria di piante carnose come Echinocactus, Cactus, Opuntia, Cereus ecc. e diffusa ovunque; se ne fanno anche una varietà cacti e una opuntiae ; la rinvenni abbondante nell’ orto bo- tanico di Cagliari su Cereus geometrizans: è ben caratteristica pei suoi scudi grandi, bianchi, con la spoglia larvale leggermente ec- centrica, bruna. Mi sembra sia da riferirsi alla specie tipica. Diaspis carueli Targ. Non è molto comune, ma 1 ho trovata su piante di Tha a Cagliari. Aulacaspis pentagona (Targ.). (Syn. Diaspis pentagona Targ.). Nessun elenco ufficiale dei Comuni infetti da Diaspis in Italia portava indicazioni per la Sardegna, il che fa ritenere che la Cocciniglia non fosse ancora stata notata nell’ Isola; fu da me trovata soltanto a Siniscola in un podere chiamato Cadedduli; in- fettava assai intensamente alcuni giovani Peschi e in minore mi. sura un Noce. Gli esemplari sono tutti molto grandi, e corrispondono a quelli del continente, salvo che i peli-filiere maggiori, invece di avere ordinariamente tre digitazioni ne hanno più spesso quattro 0 cinque. Non fu osservato alcun parassita endofago e non vi è stata mai disseminata la Prospaltella berlesei How. > COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA Zo4 Aulacaspis rosae (Bouché). (Syn. Diaspis rosae Bouché). Si trova, ma non molto comune, sui Rosai, e ordinariamente è attaccata con intensità dai parassiti. Leucaspis pusilla Low. (Syn. Anamaspis pusilla Leon.). Su Pinus canariensis nell’ Orto botanico di Cagliari era assai abbondante questa specie. Il Leonardi (1) fonda per la detta spe- cie il sottogenere Anamaspis, che differirebbe dal sottogen. Lew- caspis (s. str.) per la mancanza di palette, ma in realtà questo non può dirsi in senso assoluto ; infatti la Leucaspis pusilla è specie rariabilissima nelle appendici che si trovano lungo il margine del pigidio, e queste appendici sono pettini e palette in via di re- gressione poichè non hanno ufficio nella femmina adulta, essendo il follicolo terminato dalla ninfa, entro la cui spoglia resta inclusa VP adulta; appunto per questo fatto di essere organi in degenera- zione non presentano quella costanza di caratteri che si trova ad es. negli Aspidiotus, nè è sempre facile distinguere le palette de- generate dai pettini egualmente degenerati. Giustamente si espresse il Targioni (2), quando disse : « I due generi Leucaspis e Chionaspis stanno per le vicende della femmina e per la costituzione di ciò che pare il loro sendo, al genere Mytilaspis come il genere Aomnidia sta al genere Diaspis ». Ho esaminati molti individui fra quelli da me raccolti in Sar- degna ; altri della Chermotheca italica (Fase. I, N. 19) segnati come Leucaspis pini ma dal Leonardi riferiti nella citata monografia delle (1) LeoNARDI G., Generi e specie di Diaspiti. Saggio di sistematica delle Len- caspides. (« Boll. del Laborat. di Zool. gener. ed agr. », Vol. I, Portici 1907). In fine del detto Volume di Bollettino si trova un’ Zrrata-corrige, che manca negli estratti. (2) TaRGIONI-TozzEerTI A., Ielazione intorno ai lavori della I. Stazione di Entom. agr. in Firenze ece. (« Annali di Agricoltura », Firenze-Roma 1884). « Redia, 1915. » 17 2598 GUIDO PAOLI È Leucaspides a L. pusilla ed ‘altri ancora raccolti in Toscana e mi sono così potuto persuadere della grande variabilità delle appen- dici pigidiali; riporto i disegni (fig. 19) di quattro pigidi di esem- plari di diverse provenienze. Fig. 19. — Leucaspis pusilla. Pigidi di quattro femmine adulte; i’, t!', t'!' palette. Nelle figure B e € si vedono i pettini in genere ancora abba- stanza bene sviluppati, in A e D sono invece ridotti ad appendici filiformi, tutto al più con qualche piccola sporgenza presso l'apice. Le appendici mediane sono in A quattro distinte, di cui le laterali sono da considerarsi come palette, quelle interne come pettini si- tuati fra le medesime; in B e C vanno fondendosi il pettine colla paletta vicina, in D sono fusi anche i pettini fra loro in una sola COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 2509 appendice e in gran parte anche le palette, avvicinandosi al dise- gno dato dal Leonardi, ed in cui i pettini mediani sono fusi e den- tellati all’ estremità tronca. Le palette sono abbastanza riconosci- bili in B e D; in € le più esterne hanno preso il carattere di pettini; in A solo le mediane si riconoscono, le altre sono dive- nute tutte filiformi come i pettini. Carattere costante è la presenza in ogni lato del pigidio di tre smarginature in ognuna delle quali trovasi un robusto pelo. La specie si può anche caratterizzare dal numero dei processi del pigidio, i quali sono complessivamente da 26 a 29, ma possono anche essere in numero maggiore, tanto è vero che il Low nella sua descrizione ne attribuisce da 28 a 32, al quale ultimo numero si può arrivare contando i sei grossi peli che si trovano nelle smarginature e che spesso si confondono coi pettini, essi pure piliformi. Il numero dei dischi ceripari secondo 9 Leonardi è presso a poco: 10-11; in un individuo da me esaminato 10— 6 8 ti A - a 22 (o 25) erano : 11-18 cioè in complesso 46; secondo il Low sarebbero : 7 TETG cioè 39; i diversi gruppi poi, non sempre facilmente distinguibili fra loro, sono disposti lungo una sela linea curva. Presso ognuno degli stigmi anteriori si trova un gruppo di 4 a 7 dischi ciripari. La specie era stata già citata per la Sardegna dal Leonardi e dal Lindinger. Epidiaspis piricola Del Guercio. (Syn. Diaspis ostraeformis Sign.). È assai comune ovunque in Sardegna sui Meli e sui Peri, mai però abbondante, per quanto non abbia riscontrato parassiti endo- fagi. Si riconosce bene ad occhio nudo per trovarsi nelle asperità e screpolature della corteccia dei rami più grossi e del tronco, e al microscopio pei peli filiere grossi, curvi, quasi uncinati. Aspidiotus hederae (Vallot). Anche in Sardegna questa specie già citata anche dal Lindin- ger è comunissima come ovunque, e ne ho portati molti esemplari 260 GUIDO PAOLI ° raccolti su piante diverse ; il Signoret, il Targioni-Tozzetti e altri avevano considerate come specie diverse gli esemplari sulle varie piante, ma ora sì tende a raggrupparle tutte sotto il nome di Aspi- diotus hederae (Vallot). Effettivamente mancano caratteri morfolo- gici atti a distinguere gli individui viventi su una pianta da quelli che prosperano su di un’altra, e d’altra parte il Leonardi tentò con esito favorevole il trapianto degli individui dell’ edera sull’olivo, sul limone e sull’ oleandro e viceversa, cosicchè devesi coneludere per l unità della specie. Però in Sardegna ho trovato |’ A. hede- rae comunissimo sull’edera anche negli agrumeti, mentre i limoni rimanevano generalmente immuni; anche nell’ Orto botanico di Ca- gliari la Cocciniglia in discorso si trova abbondantissima e su ben 14 specie diverse di piante; ma gli agrumi vi sono completamente immuni : e d’ altra parte in località ove ho trovato la Cocciniglia sui limoni, non sempre l’ ho riscontrata su altre piante recettive. Vale la pena di riportare l’ elenco delle piante su cuni ho tro- vato 1° Aspidiotus hederae in Sardegna. Cycas revoluta. Nell’Orto botanico di Sassari e nel giardino Ra- rarino a Cagliari. Phoenix canariensis. A Sassari in un giardino di città, assai ab- bondante; e nel giardino Ravarino a Cagliari. Phormium sp. Nei giardini della « Floricultura sassarese » presso Sassari ; scarso. Agave americana e A. virginica. A Cagliari, nell’ Orto botanico. Yucca pendula. A Cagliari nell’ Orto botanico e nel giardino Ra- varino ; assai abbondante. Morus sp. Sulle grosse radici scoperte di un gelso abbattuto dal vento circa 4 anni addietro, ma ancora in vita, presso Muravera (Cagliari). Sorbus aucuparia. Presso Muravera (Cagliari). Albizzia lophanta. Nell’ Orto botanico di Cagliari. Acacia longifolia, A. cyanophyUa e simili. A Cagliari nel Giar- dino Nurchis, e nell’ Orto botanico ; a Su Loi presso Cagliari; a Sassari nell’ Orto botanico, nei giardini della « Floricaltura sassa- rese » e nel vivaio forestale ai Cappuccini; è spesso molto infesto; ‘aggiunge le dimensioni maggiori; gli scudi femminei sono di co- lore isabellino, appena convessi, quelli maschili bianchissimi. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 261 Ceratonia siliqua. Nell’Orto botanico di Cagliari; a S. Gregorio e a Decimomannu (Cagliari); mai molto abbondante; individui piuttosto piccoli. Citrus. Sui Limoni e sugli Aranci a Bosa, e a Villacidro; è più abbondante sui primi che sui secondi, ma non si presenta mai come dannoso e attacca in generale piante isolate; come ho già notato, nonostante la sua abbondanza nell’ isola, è assai raro sugli agrumi. Garuga pinnata. Nell’ Orto botanico di Cagliari. Rhus trifoliata è R. orxyacanthoides. Nell Orto botanico di Ca- gliari. Pistacia lentiscus. Nell Orto botanico di Cagliari. Evonymus japonicus. A Cagliari, nei giardini pubblici. Cissus quadrangularis. Nell Orto botanico di Cagliari. Dodonaea abyssinica. Nell’ Orto botanico di Cagliari. Opuntia ficus-indica. Presso Muravera (Cagliari), a S. Sperato (Cagliari) ed altrove; molto abbondante su alcune piante delle siepi, ma non frequente. Hedera helix. Comunissimo ovunque. Garrya fadyena. Nell Orto botanico di Cagliari. Ligustrum japonicum. Sulle foglie a Decimomannu (Cagliari). Nerium oleander. Sulle piante coltivate in un giardino pubblico a Cagliari; sugli individui selvatici, così abbondanti in Sardegna, non mi è occorso mai di trovarlo. Echium fastuosum. Sui rami, nell Orto botanico di Cagliari. Solanum wendlandi. Abbondantissimo sui rami, nell’ Orto bota- nico di Sassari. Nicotiana arborea. Abbondantissimo sui rami, nell’ Orto botanico di Sassari. Bignonia ricasoliana. Sui rami nel giardino Visca a Cagliari. Myoporum pictum. Sulle foglie nell’ Orto botanico di Sassari. Sambucus nigra. Presso Villaputzu (Cagliari); le femmine del- VPASspidiotus sono grandissime ; spesso gli scudi di ambedue i sessi sì celano sotto V epidermide dei rami di un anno. 262 GUIDO PAOLI Aspidiotus ostraeformis Curt. (Syn. ispidiotus betulae Baer.). Riferisco a questa specie esemplari trovati numerosi insieme al- l’Adiscodiaspis ericicola su Erica arborea tra Orosei e Siniscola ; credo però che una accurata revisione di tutte le forme che si comprendono sotto il nome di A. betulae metterebbe in evidenza alquante varietà e forse anche specie diverse, a meno che sulle varie piante la specie non possa assumere differenze apprezzabili. I miei esemplari di Sardegna corrispondono alla descrizione e al disegno dati dal Leonardi (1), salvo la costante mancanza del gruppo anteriore di dischi ciripari, che per il Leonardi sarebbe piuttosto rara. La maggior parte degli individui sono attaccati da Calciditi endofagi che fanno assumere alla Cocciniglia un color rosso bruno intenso. Diaspis (Adiscodiaspis) ericicola Marchal. Questa singolare specie fu descritta nel 1909 dal Marchal (2) per la Francia meridionale (Varo); il Lindinger la attribuisce anche alla Corsica; la caratteristica principale, su cui il Marchal fondò il sottogenere Adiscodiaspis, che il Lindinger ha elevato a genere, sono la mancanza dei peli filieri, delle palette e dei dischi ciripari perivulvari. Effettivamente altri ancora sono i caratteri, che possono servire a separare questa specie dal gen. Diaspis e giustificano la creazione del nuovo genere. Innanzi tutto i follicoli maschili mancano della striatura lon- gitudinale e piuttosto ne presentano una trasversale, o per meglio dire non hanno i margini laterali paralleli, ma leggermente curvi e divergenti in dietro; la faccia superiore poi presenta numerose Strie di accrescimento curvilinee colla convessità rivolta in dietro come si osserva negli scudi femminili di molti Diaspiti a forma allungata (Mytilaspis ecc.). (1) LEONARDI G., Generi e specie di Diaspiti. Saggio di sistematica degli Aspi- diotus. (« Rivista di Patologia vegetale », Vol. VI, VII, VIII, Portici, 1897-1900). . (2) MarcHaL P., Sur les Cochenilles du midi de la France et de la Corse. (« C. R. de l’Acad. des Scienc. », Tome CXLVIII, N. 13, Paris 1909). COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 265 Nello scudo femminile è poi da osservarsi una particolarità, della quale non parla forse abbastanza il Marchal. I due foglietti dor- sali e ventrali sono quasi dello stesso spessore, bianchissimi e congiunti pei margini ; quello dorsale è assai rigonfio in corrispon- denza della spoglia larvale, quello ventrale un po’ meno; ma ordi- nariamente queste Cocciniglie non sono aderenti alla pianta per la loro faccia ventrale, bensì appog- giate per una superficie ristrettis- sima e molto eccentrica, corrispon- dente alla regione nel rostro, in modo che, data la convessità an- che del foglietto ventrale, l’intero animale sembra attaccato per il margine; e ricorda perciò non solo n asi per la forma ma anche per la po- sizione le ostriche, giustificando NE pienamente l'appellativo « ostréi- Fig. 20. — Adiscodiaspis ericicola. forme » dato dal Marchal. Questa ina cola strana posizione delle femmine è ancora più evidente quando l’animale si trovi all’ascella di rametti o su i rametti più sottili del diametro della Cocciniglia. In quanto ai caratteri del pigidio, top et. A Fig. 21. — Adiscodiaspis ericicola. Pigidio di fommina adulta. alla mancanza di peli filiere, Ci palette, e di dischi ceripari, niente ho da aggiungere a quanto serisse il Marchal e i disegni dati (figg. 20 e 21) mostrano bene le particolarità suddette. 20604 GUIDO PAOLI La specie fu trovata abbondantissima su Erica arborea fra Orosei e Siniscola; per un lungo tratto le scope abbondantissime appa- rivano tutte nere di fumaggine ; sulle medesime si trovavano anche esemplari di Saissetia oleae e di Aspidiotus betulae; il disegno di insieme (fig. 22) riproduce appunto un rametto di Erica, coperto Fig. 22. — Rametto di Erica coperto di fumaggine dalla quale emergono scudi femminili e follicoli maschili di Adiscodiaspis ericicola. (Ingrandito circa 9 volte). da un denso strato di fumaggine dal quale emergono i candidi scudi femminei e follicoli maschili dell’ Adiscodiaspis. Hemiberlesia camelliae (Boisd.). (Syn. Aspidiotus rapar Comst.). Pochissimi individui di questa specie incontrai a ‘Terranova Pausania sul frutto di Arancio; in Spagna è assai diffuso sugli agrumi, ma in Italia è stato raramente trovato su queste piante. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 265 Hemiberlesia ephedrarum (Ldgr.). (Syn. Aspidiotus ephedrarum LaAgr.). Il Lindinger (1) deserive questa nuova specie della Sardegna e Spagna, trovata su EJphedra nebrodensis e E. scoparia; nelle col- lezioni di questa IR. Stazione si trovavano bellissimi campioni indeterminati di questa specie, raccolti a Oliena dal Prof. Ugolino Martelli nel 1595 su £. nabrodensis; mi furono comunicati dal collega Dott. E. Malenotti, il quale studiava questo materiale ri- masto da lungo tempo indeterminato; la specie fu da lui oppor- tunamente riferita al gen. Memiberlesia. Aonidia lauri (Bouché). È comunissima sugli Allori (Lawrus nobilis) ovunque; 1 Alloro è molto coltivato in Sardegna anche per farne siepi per riparo dai venti, ed è pianta diffusissima; eredo di non aver veduto un esemplare di Laurus che non fosse anche più o meno attaccato da Aonidia ; per lo più la Cocciniglia si limita alle foglie che appaiono macchiettate di giallo, ma talvolta invade i rami, sui quali può anche moltiplicarsi tanto da farvi delle vere croste, e produrne il disseccamento. Lepidosaphes beckii (Newm.). (Syn. Mytilaspis citricola Pack.). Trovasi citata per la Sardegna nell’ elenco del Lindinger; è molto frequente su tutti gli agrumi ed in generale abbondante nelle località ove si trova; lho riscontrata in tutti gli agru- meti, eccettuati quelli di Orosei e di Villacidro, quasi tutti quelli di Dolianova, e di Sassari. In alcune località, come a Tortolì e a Bosa si manifesta talvolta così abbondante anche sui rami, che questi sono addirittura coperti delle croste formate dagli scudi e si disseccano. (1) LINDINGER L., Die Schildliuse Europas ecc., pag. 139. 266 GUIDO PAOLI Lepidosaphes ulmi Linn. (Syn. Mytilaspis pomorum Bouché). Non è molto comune; nonostante ne ho raccolti diversi esem- plari su Melo, Pero e Salcio soltanto in località della ‘Provincia di Sassari; sulle singole piante però non era mai abbondante ed è sempre attaccato da endofagi; in un campione raccolto a Sassari nei giardini della « Floricultura sassarese » sotto lo seudo trovai una larva di Cecidomide che aveva divorato le uova e la femmina della Cocciniglia. Lepidosaphes conchiformis (Gmel.) Sign. (Syn. Mytilaspis ficus Sign.). La somiglianza fra diverse specie di Mytilaspis rende spesso dif- ficile la determinazione delle medesime, ed intricata la sinonimia, essendosi gli autori troppo sforzati a riferire i loro esemplari a nomi vecchi che corrispondono a descrizioni pur troppo incom- plete. La Fernald (1) pone come buona specie la Lepidosaphes ulmi e come suoi sinonimi la Mytil. conchiformis e la M. pomorum e per essa la Zepid. ficus non ha sinonimi; Leonardi (2) distingue giu- stamente la M. pomorum dalla conchiformis, ma fa sinonima di questa la M. ficus ; il Newstead (3) segue la Fernald. I miei esem- plari corrispondono a quelli descritti dal Leonardi come M. eon- chiformis e dal Newstead come M. ficus e agli esemplari della Chermotheca italica Fasc. I, N.° 20. Aggiungo che nei preparati fatti con Cocciniglie fresche il corpo è incoloro ed il pigidio co- lorito di rosso pallido. È abbondantemente attaccata da parassiti e gl’individui parassitizzati divengono di color rosso intenso. Ne trovai esemplari su Zicus carica nell’orto botanico di Sas- sari, a Muravera e a Siniscola. (1) M. E. FERNALD, op. cit., pag. 314. (2) G. LEONARDI, Generi e specie di Diaspiti; Saggio di sistematica delle « My- tilaspides » (Annali d. R. Scuola Sup. di Agric. in Portici, Vol. V, Portici, 1903). (3) R. NewstEaD, Monograph of the Coccidae of the British Isles. London, 1903. COCCINIGLIE DELLA SARDEGNA 267 Nella fig. 25 ho rappresentato, egualmente ingrandite, le tre specie di Lepidosaphes sopra citate, per metter meglio in vista i saratteri differenziali. Fig. 23. — A, Lepidosaphes beckii; B. L. ulmi; C, L. conchiformis ; femmine adulte, tutte egualmente ingrandite. Parlatoria (Euparlatoria) calianthina Berl. et Leon. È molto comune ovunque sugli alberi da frutto, specialmente sul Pero, Ciliegio, Pesco, Albicocco e spesso è compagna della Epidiaspis piricola; non è però mai molto abbondante sulle singole piante, per quanto non abbia riscontrato individui parassitizzati. Parlatoria (Euparlatoria) proteus Curt. Mi è capitato di incontrare questa specie sulle Camellie in due giardini a Cagliari; molte di dette piante avevano le foglie addi- 268 GUIDO PAOLI rittura ricoperte dagli scudi di diverse generazioni di Cocciniglia e ne soffrivano grandemente. Per quel che mi sappia è questo il primo caso in eui la P. pro- teus riesce veramente dannosa alle piante. Parlatoria (Euparlatoria) pergandi Comst. Questa Cocciniglia è assai rara in Sardegna, e sempre rappre- sentata da pochi individui; la riscontrai su Aranci a Milis, S. Vero Milis e Bosa; cioè soltanto in alcune località del versante occi- dentale dell’Isola fra le molte visitate. A Cagliari mi è capitato di incontrarla su foglie e frutta di mandarino provenienti dalla Sicilia e in vendita sul mercato. Parlatoria (Websteriella) zizyphus Lucas. Sugli agrumi è assai comune, ma non si trova in tutte le lo- calità ; la riscontrai a Teulada, Cagliari, Decimomannu, S. Gre- gorio, S. Vito, Muravera, cioè sempre nella Provincia di Cagliari, mentre non mi fu dato trovarne traccia in altri luoghi della me- desima Provincia nè in quella di Sassari. Dalla R. Stazione di Entomologia Agraria Firenze, 24 Agosto 1915. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 30 Novembre 1915. MISSIONE SCIENTIFICA STEFANINI-PAOLI NELLA SOMALIA ITALIANA MERIDIONALE, 1915 Guino PAOLI Ixodidi raccolti nella Somalia Italiana meridionale Molto scarse erano finora le cognizioni intorno alla fauna Ixo- dologica della Somalia italiana, e queste erano per di più rimaste quasi occulte, tanto che neppure ne fanno parola i maggiori stu- diosi di questi importantissimi Artropodi; infatti di tre memorie del Prof. Pietro Pavesi, illustranti le Zecche della regione che ci interessa, non è fatta alcuna menzione nè nelle numerose pubbli- cazioni del Neumann, nè in quella del Blanchard (1) nè nella re- cente, vasta ed accurata bibliografia di Nuttal (2). Sono stati gli esploratori italiani Ing. Luigi Robecchi Briechetti e Cap. Vittorio Bottego che hanno recato i primi esemplari di Zecche della Somalia. Il Robecchi Bricchetti per primo nel 1890 raccolse a Obbia due specie determinate dal Pavesi (3) e cioè : 1.° Hyalomma dromedarii Koch (= H. aegyptium L. var. dromedarii Koch); 2.° Dermacentor pulchellus Gerst. (= RWipicephalus pulchellus Gerst). È da notarsi come nella brevissima pubblicazione sia subito messo in vista il . (1) R. BLANCHARD, L’ insecte et V infection. Premier fascicule : Acariens, Paris, 1909. (2) G. H. F. NurtAL, C. WarBuRTON, W. F. CooPEr and L. E. RoBINSON, Ticks:; A Monograph of the « Irodoidea ». Bibliography by G. H. F. Nuttall, L. E, Robinson, W. F. Cooper. Cambridge, 1911. (3) P. PAVESI, Collezioni Bricchetti-Robecchi (sic) del 1890 (« Boll. della Soc. Geografica italiana » (3) V, pag. 422, Roma, 1892). 20 GUIDO PAOLI fatto, che della seconda specie il Robecchi raccolse anche la 9 tut- tora sconosciuta e che neppure il Pavesi, per allora, descrisse. Terza per ordine di tempo, ma seconda per la pubblicazione dei resultati, viene la Prima Spedizione Bottego (1892-93); le zecche raccolte sono quasi tutte dell’ alto bacino del Giuba e dell’ Uebi Scebeli, e quindi di regione un poco più interna della nostra co- lonia, ma del medesimo distretto geografico; anche l'illustrazione di queste specie si deve al Pavesi (1) ed esse sono: 1.° Orni- thodoros Savignyi (Aud.); 2.° Amblyomma bimaculatum (Denny) (= A. hippopotamense (Denny)); 3.° Dermacentor rhinocerotis (De Geer); 4.° Dermacentor pulchellus Gerst. (= Rhipicephalus pulchel- lus Gerst.); 5.° Rhipicephalus simus C. L. Koch; 6.° Rhipicephalus Beccarii Pavesi (= R. sanguineus Latr.). In questa memoria del 1895 è pubblicata la descrizione della femmina del Rhipicephalus pulchellus secondo gli esemplari ripor- tati non dal Bottego, ma dal Robecchi, ed ai quali ho sopr:i accennato; è dunque questa descrizione anteriore di due anni a quella, che della femmina della stessa specie diede con una certa esitazione il Neumann (2), ritenendola ancora sconosciuta; nella stessa pubblicazione il Pavesi descrive per la prima volta la fem- mina del suo Rhipicephalus Beccarii, dal Neumann considerato, in base al solo maschio, come sinonimo di Ah. sanguineus. Nel secondo viaggio fatto dal Robecchi Briechetti nel paese dei Somali (1891) furono raccolte ancora delle Zecche, specialmente a Obbia e Mogadiscio; si tratta di sette specie che sarebbero da ridursi a sei in conseguenza della recente sinonimia; esse furono illustrate dal Pavesi (3), che vi riunì anche quelle della precedente spedizione del 1890, e sono: 1.° Ornithodoros Savignyi Aud. ; 2.° Hyalomma dromedarii Koch (= H. aegyptium L. var. drome- (1) P. Pavesi, Esplorazione del Giuba e dei suoi aftuenti, XVIII, Aracnidi (« Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova », Serie 2.*, vol. XV, pag. 490, Genova, 1895). (2) G. NEUMANN, Reévision de la Famille des Ixodidés ; 2.° Mémoire (« Mém. de la Soc. zoolog. de France, Année 1897 », Paris, 1897). (3) P. PavEsI, Aracnidi raccolti nel paese dei Somali dall’ Ing. Bricchetti Robec- chi (sic) (« Boll. scientifico redatto da L. Maggi, G. Zoia, A. De Giovanni », Anno XVII, N.° 2 (Giugno), pag. 37, Pavia, 1895). ca Aa IXODIDI RACCOL'TI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 271 dari Koch); 2.° Amblyomma annulipes Koch (= A. hebraeum Koch); 4.° Dermacentor rhinocerotis De Geer; 5.° Dermacentor pulchellus Gerst. (= AWhipicephalus pulchellus Gerst.); 6.° Rhipicephalus stig- maticus Gerst. (= Ph. sanguineus Latr.); 7.° Rh. limbatus Koch (= Rh. sanguineus Latr.). TL’ elenco è poi ripetuto anche in appendice alla relazione del viaggio del Robecchi (1). Ad eccezione di queste collezioni nessuna altra considerevole era stata fatta, per quanto mi sappia, in quella regione (2) e per questo la illustrazione delle Zecche, colà raccolte dalla missione di cui feci parte, mi è sembrata opportuna, per quanto non vi figuri alcuna novità scientifica, sia per una maggiore conoscenza della distribuzione geografica di molte specie, sia anche nell’in- teresse della Colonia, per il punto di vista della patologia umana e veterinaria. Le regioni confinanti colla Somalia italiana, per le quali si ab- biano delle notizie intorno alle Zecche, che vi si trovano, sono a Nord la Somalia inglese e a Sud il Protettorato inglese dell’ Africa orientale. Nella Somalia inglese il Peel raccolse Ixodidi, che furono illu- strati dal Pocock (3); essi sono: 1.° Ornithodoros savignyi Koch; 2.° Hyalomma grossum Koch (= H. aegyptium L.); 3.° Rhipicepha- (1) L. RopeccHI BriccHETTI, Somalia e Benadir; Viaggio di esplorazione nel- VAfrica Orientale. Milano, 1899. Da pagina 679 a 700 si trova l’appendice del Prof. P. Pavesi intitolata: « Riassunto degli studi sulle Collezioni Zoologiche fatte in Somalia dall’ Ing. Bricchetti Robecchi (sic) » ed a pag. 698 si trova l’elenco degli Ixodidi. (2) Nel volume di L. VAxNUTELLI e C. CITERNI, L’ Omo, Viaggio di esplora- zione nell’Africa orientale, Milano, 1899, nell’appendice che tratta delle raccolte zoologiche, di mano del Dott. R. Gestro, è citata (pag. 597) la seguente pubbli- cazione : P., PavesI, teliquie aracnologiche della spedizione Bòttego. La memoria è data come « di prossima pubblicazione » nel Vol. XX (XL) degli Annali del Museo Civico di Genova (1899). Però nel Volume indicato e nei seguenti la memoria non si trova e credo che non sia stata più pubblicata; perciò non si può sapere quali fossero gli Ixodidi raccolti dalla spedizione, e solo è fatto cenno del Rhipicepalus pulchellus Gerst. (V. Op. cit., pag. 597 e 611). (3) R. J. PococH, Chilopoda and Arachnida. Collection of Insect and Arachnids made by C. V. A. Peel in Somaliland. (« Proceed. Zool. Soc. », London, 1900). 272 GUIDO PAOLI lus sanguineus Koch; 4.° R. marmoreus Pocock (= È. pulchellus Gerst.); 5.° R. armatus Pocock. Per la stessa regione il Drake Brockmann (1) ci fa conoscere le seguenti specie: 1.° Hyalomma »0 aegyptium L.; 2.° Rhipicephalus pulchellus Gerst.; 3° RR. simus (0) Koch; 4.° I. sanguineus Latr.; 5.° Boophilus sp.; 6.° Ornithodoros savignyi Aud.; 7.° Argas persicus Fisch. Per il Protettorato inglese dell’Africa orientale, regione limi- trofa a quella da me visitata, il Neave (2) cita: 1.° Amblyomma variegatum Fab. ; 2.° A. hebraeum Koch; 3.° Haemaphysalis leachi Aud.; 4.° Rhipicephalus simus Koch; 5.° R. appendiculatus Nun. ; 6.° R. (Boophilus) decoloratus Koch. Le spedizioni scientifiche del von der Decken, 1 ultima delle quali tragicamente finì a Bardera nel Settembre 1865, raccolsero anche delle Zecche nella parte più meridionale dell’Africa orien- tale inglese e in quella più settentrionale dell’ Africa orientale tedesca, illustrate dal Gerstiicker (3). Sono nove specie, le quali invero, tenuto conto della sinonimia, si riducono a sette: 1.° Or- 90 nithodoros morbillosus Gerst. (= 0. savignyi Aud.) ; 2.° Amblyomma variegatum Fabr.; 3.° A. eburneum Gerst. ; 4.° Dermacentor rhinoce- rotis De Geer; 5.° D. pulchellus Gerst. (= Rhipicephalus pulchellus Gerst.); 6.° Rhipicephalus praetertatus Gerst. d (= R. simus Koch): 7.° R. perpulcher Gerst. 9 (= R. simus Koch); 8.° KR. stigmaticus Gerst. (= R. sanguineus Latr.); 9.° AR. punctatissimus Gerst. (= &. sanguineus Latr.). Per l'Africa orientale tedesca, situata molto più a Sud della Somalia, il Morstatt (4) dà un elenco di 33 specie. La raccolta fatta dalla nostra missione nella Somalia italiana (1) R. E. DRAKE BROCKMANN, (n the occurrence of an Epidemic and Lela- psing Fever in Bulhar, British Somaliland. (« Journ. London School Trop. Med. », II, Nov. 1913). (2) CHas. A. NEAVE, Annual Report of the Chief Stock Inspector. (« Report of the Dept. of. Agricult. Nairobi, Brit. East Africa », 1911-12). (3) L. GeERsTACKER, Gliederthiere gesamm. auf C. v. d. Deckenîs Reise in Ost- Africa. Baron Carl Clauss von der Decken’s Reisen in Ost-Africa; Bd. II, Abth. 2°, Berlin, 1878. (4) H. MorstatT, Liste der Blutsaugenden Fliegen und Zecken (« Der Pflanzer », Bd. IX, N.° 10. Dar Es Salam, 1913). OD | IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 275 meridionale non presenta, come ho accennato, aleuna novità per la seienza, e non ha la pretesa di essere una collezione completa degli Ixodidi là viventi; ma il numero di individui raccolti (quasi 600 adulti) è tale da permettere di dare una idea di questa fauna e di mostrare quali sieno le specie più comuni in quella regione ; tali appunto sono per ordine di frequenza, il Ahipicephalus pul- chellus (Gerst.), VAmblyomma lepidum Déonitz, VA. eburneum Gerst. e l’Hyalomma aegyptium L.; altre specie così comuni nelle altre regioni dell’Africa sono rare in Somalia, come il &hipicephalus ap- pendiculatus Nnn. e il It. simus Koch e di altre non ho trovato nes- sun individuo come del Boophilus annulatus (Say), dell’ Amblyomma variegatum (Fabr.) e del’ A. Rebraeum Koch vero e proprio. ARGASIDAE. ; \ 1. Argas persicus (Oken). i] I CSRRAV Si 0 NY (Fig. 1). saio gs 7 j & O o di Questa specie cosmopolita sembra 3} Oî assai rara nella nostra colonia, e A ds i due soli individui la rappresentano 2,0 oO a Somalia hanno in confronto ai dise- (>) )da0n00 nelle mie raccolte; gli esemplari di o? Oua gni e alle misure date dai diversi ( DO Autori forma più allungata; uno mi- NG sura mm. 6 X 3,5, l’altro 5,2 X 3,2; i ma, dato che la specie è molto va- . . x DEI 23 ; A (8) riabile, non è da dare grande valore Fig. 1. — Argas persicus (Oken) (7) È SivE N La minuta areolatura del dorso è a queste differenze. rappresentata soltanto per una Dei due esemplari raccolti in So- parte. malia uno fu trovato sugli abiti di un uomo a Jac Douddu fra Bur Acàba e Uaànle Uen, lontano dalle abitazioni e da volatili domestici e l’altro sul terreno nella parte italiana del villaggio di Uanle Uen. L’Argas persicus o miniatus è il più importante dei trasmettitori della Spirochaeta marchouri Nutt. (= Sp. gallinarum Blanch., Sp. anserina Sakh.) che è causa della Spirochetosi nei polli e nelle ana- « Redia », 1915. 18 274 GUIDO PAOLI tre; come si sa anche per altri Argasidi, gl’ individui possono vivere diversi anni; Galli Valerio (1) ha dimostrato che DA. per- sicus in Tunisia è capace di trasmettere la Spirochetosi durante 9-10 mesi. Il Drake Brockmann ha trovato questa specie anche nella So- malia inglese. 2. Ornithodoros savignyi 'Audoin. (Tav. V, Fig. 1 e Fig. interc. 2). Questa specie differisce dall’ 0. moubata sopratutto per la pre- senza di quattro occhi situati sul margine laterale del corpo; ma anche a primo aspetto è spesso facilmente riconoscibile per il te- gumento sporcato di terra, cosicchè gl’individui prendono sempre il colore del terreno su cui si trovano, fatto questo, che non ho verificato per 10. moubata. Il tegumento è granuloso e le granulazioni, piuttosto grosse, sono vicinissime e quasi a contatto fra loro; la sommità di ogni granulazione o papilla ha la cuticola più sottile, e lungo il mar- gine del corpo molte presentano un pelo sen- sorio. Nei solchi mancano le papille ed il tegu- mento presenta delle fossette col fondo retico- lato a maglie poligonali. I palpi hanno Vultimo articolo (Fig. 2) fornito alla sua estremità di organi sensori costituiti da diversi peli brevi e grossi, a forma di ba- Fig. 2. — Ornithodoros stoncello; sugli altri articoli, ma particolar- Savignyi Aud. Ultimo articolo dei palpi, mol- to ingrandito, coll’or- peli sensitivi assai lunghi e grossi, bacillari ; gano sensorio all’apie6» anche sul chelicero si nota un organo di senso situato esternamente e che corrisponde a quello che trovasi nella regione corrispondente della mandibola dei Gamasidi; esso è mente sul 2.° e sul 3.°, si trovano numerosi (1) B. GALLI VALERIO, Recherches sur la spirochetiase des poules de Tunisie et sur son agent de transmission, 2.° Mém. (« Centralbl. f. Bakt.» I Abth. Orig., B. LXXII, Jena 1914). MAIO AT IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 275 eostituito da tre file di sottili e brevi peluzzi colla chitina molto sottile. La specie è diffusa in Colonia, ma generalmente rara ; raccolsi un esemplare ad Ànole Issa sul Giaba (15. VII . 1913) e uno a Duddu- mài nel Dafèt (12. XI .1915); abbondantissimo invece lo trovai ad El Ualàc (3. XI . 1913) in una breve sosta fattavi; nel vasto spiazzato, che si trova intorno ai pozzi, queste zecche brulicavano addirittura sul terreno, cosicchè in pochi minuti potei raccogliere oltre 200 individui adulti e moltissimi giovani. Questa zecca è capace di trasmettere nel pollame la Spirochaete mar- chouri Nutt., come del resto altre specie di Argasidi ; in quanto alla trasmissione dello Spirochaete duttoni, agente specifico della feb- bre ricorrente dell’uomo (Tieck Fever), era incolpato soltanto | 0. moubata, ma fu già osservato che a Teté nell’ Africa orientale por- toghese la puntura dell’ 0. savignyi è seguita da febbre alta con dissenteria; più recentemente il Drake Brockmann (1) osservò a Bulhar nella Somalia inglese una epidemia di febbri ricorrenti ed avendo fatta un'accurata raccolta delle Zecche che capitano nelle :apanne degli indigeni, trovò molto frequente | 0. savignyi, ma mai 10. moubata; concluse doversi ritenere quello come propaga- tore in Bulhar della Spirochaete, e ricerche successive 1’ hanno indotto a confermare la sua ipotesi. In Somalia, secondo il Dott. Provenzale (in litt.), la febbre ricorrente o Spirochetosi è assai diffusa negli indigeni ed anche i bianchi ne soffrono talvolta La specie era stata già raccolta dal Bottego fra Bardera e Cul- miso (2) e dal Robecchi Bricchetti a Obbia e Garbuvein (3) e nella Somalia inglese dal Peel (4). (1) R. E. DRAKE BROCKMANN, Loe. cit., ed anche: icks and Ielapsing Fe- ver in Somaliland (Rep. to the Colonial Office, 6-16 Apr. 1913) e Reports on an Outbreak of Relapsing Fever among the Camel Constabulary in Somaliland. (Recens. in « Review of applied entomology », Vol. III, Series B. Maggio, 1915). (2) P. PAVESI, Espl. del Giuba, loc. cit. (3) P. PAvESI, Collezioni Bricchetti ece., loc. cit. e Aracnidi raccolti ecc., loc. cit. (4) R. J. PococH, loc. cit. 276 GUIDO PAOLI 3. Ornithodoros moubata (Murray). (Tav. V, Fig. 2). È questa una specie ormai ben nota e distinta dall’ 0. savignyi, come varietà del quale era stata dal Neumann considerata; il color rosso scuro del corpo, il tegumento poco o punto sporcato di terra, la forma più ristretta del corpo valgono a farlo ricono- scere facilmente dalla specie affine, oltre la mancanza di occhi e gli altri caratteri più minuti; le 9 adulte e pasciute nei miei esemplari misurano mm. 12 di lunghezza per 9 di larghezza, di- mensioni che non ho mai trovato nell’ 0. savignyi. È specie poco frequente nella Somalia italiana; ne raccolsi due individui a Balaàd (28. XI .1915) e uno ad Afgdi (29. XI . 1913), due villaggi situati sul basso corso dell’ Uebi Scebèli. LO. moubata è uno dei propagatori dello Spirochaeta marchouri nel pollame; ma assai maggiore importanza ha per la trasmissione nell'uomo della febbre ricorrente (Tick fever), come 0. savignyi ; sembra ancora dubbio se sia capace di trasmettere nell’ uomo la Filaria perstans, i cui embrioni sono stati trovati nel suo intestino. IXODIDAE. 4. Rhipicephalus pulchellus (Gerst). (Tav. V, Figg. 3, 4, 5 e Fig. intere. 3). Questa specie diffusa in tutta 1’ Africa orientale e parassita su molti mammiferi domestici e selvaggi nonchè sugli uccelli, è comunissima anche nella Somalia italiana, anzi la si può dire la specie più comune; ovunque uno si fermi un momento nella bosca- glia, vede subito sul terreno correre verso di lui numerosi indi- vidui di questa zecca; i mammiferi ne sono quasi sempre infe- stati. Il Cunliffe (1) lo ritiene comune nel Protettorato inglese del- (1) N. CUNLIFFE, The variability of « Rhipicephalus pulchellus Gerst. » together with its Geographical Distribution (Parasitology, VI, N. 2. Cambridge, 1913). IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 277 l’Africa orientale (British East Africa) e nell’ Uganda, ma raro nelle altre regioni; pochi invii ha avuti dalla Somalia inglese e da Zanzibar. Gli esemplari della Somalia corrispondono alle descrizioni date dagli Autori; il maschio (Tav. V, Fig. 5 e 4) è caratterizzato dallo scudo di color bruno scuro marginato di giallastro e con un dise- gno giallastro che lascia scoperto il fondo bruno in forma di quattro macchie, di cui una anteriore dietro il rostro, la quale è divisa in due per gran tratto; una macchia triangolare si trova a ogni lato del dorso verso la metà e nna grande posteriore. Le dimensioni dei maschi sono variabili, anche perchè gl’ indi- vidui più grandi presentano all'estremità posteriore del corpo, in corrispondenza del festone mediano, un’ appendice caudale lunga anche più di mezzo millimetro; gl’ individui più piccoli, senza appendice misurano circa mm. 3,3 di lunghezza, compreso il rostro, per 1,9 di larghezza; i maggiori raggiungono mm. 5,6 di Iun- ghezza per 3,3 di larghezza. La femmina (Tav. V, Fig. 5) si riconosce facilmente per il corpo rosso scuro, quando è digiuna, e lo seudo completamente di color giallastro, con poche punteggiature profonde, grandi, scure e moltissime piccole superti- ciali, nere; sull’ addome nei solchi e nelle depressioni si notano dei peli di color gial- lastro sporco pallido, clavati (Fig. 3). Quando è pasciuta, la femmina viva è di color oli- 7aceo scuro, ma conservata in alcol diviene rosso-bruna; talvolta, ma più raramente, è di color rosso chiaro o giallastra. Digiuna è lunga circa 4 mm. e larga 2,2, ma quando è completamente pasciuta arriva a circa mm. 15 di lunghezza per 9,75 di larghezza; la misura più comune però è di circa mm. Fig. 3. — Rhipicephalus pul- chellus Gerst. Peli dorsali 5 Der 10,5 per 7 di ?, molto ingranditi. I numerosissimi individui raccolti, oltre 200, provengono da Giumbo, Bardera, Ànole Issa, Matagbdi, Eghèrta, El Ualàe, Jac Douddu, Duddumai e da Salàgle nel Ju- baland inglese; ma ovunque questa specie è abbondante sul 278 GUIDO PAOLI terreno in boscaglia; gli ospiti su cui la raccolsi sono Drome- dario, Bue, Capra, Mulo, Cane, Sciacallo, Cinocefalo. Il maschio della specie fu descritto dal Gerstiziecker (1) sugli esemplari riportati dalla spedizione von der Decken; e la fem- mina dal Pavesi (2) su materiale raccolto dal Robecchi ; il Bottego lo raccolse nell’Alto e Medio Ganale e a Cormoso e il Robecchi Bricchetti a Obbia e Mogadiscio (3); il Peel la trovò a Bularli nella Somalia inglese e il Pocock (4) che la illustrò, la ritenne nuova nominandola R. marmoreus. Il Drake Brockmann (5) la trovò a Bulhar nella Somalia inglese ed è citata anche dal Neave (6) per l'Africa orientale inglese. 5. Rhipicephalus simus Koch. (Tav. V, Fig. 6-13). Gli esemplari raccolti nella Somalia italiana sembrano appar- tenere alla var. erlangerî Nnn.; il maschio (Tav. V, Fig. 5) è ca- ‘atterizzato dallo scudo uniformemente rosso bruno molto seuro, quasi nero (nel sud Africa è conosciuta col nome di « black pitted tick ») e dal festone mediano che quasi sempre sporge sul mar- gine del corpo, benchè non formi vera appendice caudale, come in altre specie. Le placche adanali (Tav. V, Fig. S) sono accompagnate da due piccoli scudetti accessori esterni, terminanti in punta rilevata spiniforme; ma questo non è carattere costante, perchè di 1$ maschi trovati tutti insieme su un’ Istrice, aleuni hanno questa punta evidentissima, in altri è molto ridotta e in altri infine manca del tutto e non vi resta che la piega rilevata dell’ addome, la quale decorre lungo il margine esterno dello seudo adanale. La specie tipica presenta i solchi laterali assai profondi, partenti (1) L. GERSTACKER, loc. cit. (2) P. PAvESI, Esploraz. del Giuba ecc., loc. cit. (3) P. PAVESI, Aracnidi raccolti ecc., loc. cit. (4) R. I. POCOCK, loc. cit. (5) R. E. DRAKE BROCKMANN, On the occurrence of an epidemie ece., loc, cit. (6) CHas. A. NEAVE, loc. cit. pl IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 279 quasi al livello posteriore degli occhi, ornati di molte punteggia- ture; sul dorso poi molte altre punteggiature sono distribuite in quattro file longitudinali. Invece negli esemplari raccolti in So- malia i solchi laterali cominciano un po’ più in dietro e si conti- nuano ognuno in avanti con una fila di punteggiature, la quale giunge fino quasi alla regione umerale ; inoltre sul dorso le pun- teggiature grandi sono poco numerose, e non formano delle vere file; talvolta si vedono evidenti anche numerosissime piccole pun- teggiature (Fig. 6) mentre talaltra mancano quasi del tutto (Fig. 7); per questi caratteri credo che i detti individui siano da riferirsi alla var. erlangeri, conosciuta per VAbissinia. Ho tre esemplari di femmine, due delle quali furono trovate insieme a 1S maschi, l’altra, per quanto non trovata insieme, ho ragione di ritenere che fosse della medesima provenienza; comun- que sia, queste tre femmine presentano fra loro delle differenze notevoli nella scultura dello seudo, il che dimostra quanto la spe- cie sia variabile anche per questo carattere. Una di queste femmine, la più grande, sembra doversi riferire al tipo per i solchi cervicali profondi, Vabbondanza delle punteg- giature grandi e piccole (Tav. V, Fig. 11); le altre due (Tav. V, Figg. 9, 10) alla var. planus Nnn. per i solchi poco accentuati e le punteggiature scarse, o forse meglio alla var. erlangeri, a cui riferisco i maschi, ma della quale non vedo descritta la femmina. Riferisco a questa specie anche un individuo d' (Tav. V, Figg. 12, 15) raccolto su Cammello a Jac Douddu, per quanto presenti alcune affinità anche col . tricuspis Donitz (= R. lunu- latus Nnn.) (1) del Congo. Infatti ha, come questo, gli scudi ada- nali col margine posteriore concavo, diviso in due lobi, di cui l'interno maggiore arrotondato, l'esterno invece aguzzo e rilevato ; gli scudetti accessori sono come nel X. simus; manca 1 appendice caudale ed il festone mediano non sopravanza sul margine del corpo ; i caratteri dello scudo dorsale, della base del rostro, dei palpi corrispondono al X. simus. (1) W. DéoxITz, Ueber afrikanische Zecken (« Sitzungsber, der Gesellsch. Na- turforsch, Freunde zu Berlin », N.° 5, 1906). 280 GUIDO PAOLI Per tutti questi caratteri sarei per ritenere che il A. trieuspis non sia che una varietà del R. simus, tanto più che il carattere differenziale più saliente, quello degli scudi adanali, si riscontra anche nel R. planus Nnn. dal Neumann stesso considerato come varietà del R. simus. La specie è infatti variabilissima ed anche il Neumann (1) ha ere- duto bene di considerare come semplici varietà del A. simus i R. erlangeri, hilgerti, planus e shipleyi che aveva prima deseritti come specie distinte. Le principali differenze fra la specie tipica e le sue varietà potrebbero così riassumersi pei maschi. R. simus Koch (tipico); solchi laterali bene sviluppati e conti- nui dal livello posteriore dell’occhio fino al principio del penul- timo o antipenultimo festone; punteggiature del dorso grandi, in file longitudinali; scudi adanali due, triangolari, col margine po- steriore convesso ; scudi accessori piccoli, in forma di punta al lato esterno dei principali; appendice caudale breve. Var. erlangeri Nnn. Solchi laterali incompleti, bene evidenti presso il festone estremo, continuati verso gli occhi da fila di grosse punteggiature; quelle del dorso non grandi, poche e sparse, non in file; scudi adanali e accessori come nel tipico. Le diagnosi non parlano di appendice caudale che è da ritenersi perciò come nel tipo. Var. Rilgerti Nnn. Solehi laterali incompleti, bene evidenti nella loro metà posteriore, continuati verso gli occhi da una fila di cinque o sei grosse punteggiature; quelle del dorso ineguali; al- cune grandi, rare, sparse, altre piccole numerose presso i festoni ; seudi adanali a margine posteriore arrotondato; mancano gli ac- cessori esterni; vi sono invece due piccoli scudi contigui dietro lano (postanali); manca 1 appendice caudale. Var. shipleyi Nnn. Solchi marginali evidenti nella metà poste- riore, continnati verso gli occhi da una fila di tre o quattro grosse punteggiature ; quelle del dorso ineguali, molte piccole, piuttosto fitte, altre grandi sparse; seudi adanali a margine posteriore con- (1) L. G. NEUMANN, Notes sur le Irodidés, II (« Arch. de Parasitologie », VIII, Paris, 1904). IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 281 vesso; sendi accessori esterni come nel tipo; manca | appendice caudale. Var. planus Nnn. Solchi marginali poco profondi, larghi con grandi punteggiature; quelle del dorso piccole, sparse, subeguali, poco numerose, specialmente nella metà posteriore e negli indi- vidui piccoli; scudi adanali a margine posteriore concavo, formante due punte ottuse ad ogni estremità; scudi accessori esterni e appendice caudale, come nel tipo. Aggiungo per confronto i caratteri corrispondenti del /hipice- phalus tricuspis DOnitz. Solchi marginali completi dal livello poste- riore degli occhi al penultimo festone; punteggiature del dorso grandi, distanti, in file irregolari, e una fila prolungante il solco marginale in avanti e al di dentro degli occhi; scendi adanali col margine posteriore concavo, diviso in due lobi ineguali, di cui V esterno spiniforme; seudi accessori laterali spiniformi come nel RF. simus ; manca il prolungamento candale, ma il festone mediano sorpassa il livello degli altri. I rimanenti caratteri si possono dire comuni tanto per il /t. simus e sue varietà, quanto per il /. tricuspis. Il R. simus è assai raro in Somalia; ne raccolsi un d' sul ter- reno a Merca (6. VI. 1913); 18 Te 2 Q su un Istrice a Àcacca sul Giuba (3. VII. 1913) e 1 9 il medesimo giorno sul battello flu- viale, forse inconsciamente trasportata da me stesso; 1’ individuo poi che considero come var. tricuspis Dénitz lo raccolsi su un Dro- medario a Jac Doudòu (11. XI.1913). È specie diffusa in tutta l'Africa, e forse anche nel Turkestan e a Borneo, e attacca molti mammiferi domestici e selvaggi; al pari del /. appendiculatus è capace di trasmettere nei bovini la Theileria parva, agente della febbre costiera (the Coast Fever). Il Bottego la trovò nell’ Alto Ganale Guddà (1) ed è stata indicata dal Drake Brockmann (2) per la Somalia inglese e dal Neave (3) per il Protettorato dell’ Africa orientale inglese. (1) P. Pavesi, Esploraz. del Giuba ecc., loc. cit. (2) R. E. DRAKE BROCKMANN, On the occurrence ecc., loc. cit. (3) CHas. A. NEAVE, loc. cit. 282 GUIDO PAOLI 6. Rhipicephalus appendiculatus Neumann. (Tav. V, Figg. 14, 15 e 16). Questa specie così diffusa nell’ Africa meridionale è rappresen- tata anche in Somalia; essa è facilmente riconoscibile dalle altre specie del genere, trovate nella colonia, per la base del rostro, la quale è nei due sessi larga quasi il doppio della lunghezza, per il rostro conico, coi palpi quasi punto pianeggianti al dorso. I maschi son lunghi circa mm. 3,7-4 e larghi 1,7-1,8; il loro corpo (Tav. V, Fig. 14) va gradatamente allargandosi dall’ avanti all’ indietro e raggiunge la massima larghezza poco avanti gli stigmi. Lo scudo è rosso bruno, talvolta assai seuro (al Capo di Buona Speranza questa zecca è detta «the brown tick ») e non ricopre completamente il corpo negli individui pasciuti, lasciandolo maggiormente scoperto ai lati che dietro; tutto lo seudo è scol- pito di minute punteggiature; mentre altre più grandi, ma poche, sì trovano in serie nella regione umerale e internamente presso gli occhi: i solchi laterali cominciano un poco dietro gli occhi e terminano al primo festone; nel solco medesimo si trovano molte grandi punteggiature. Nella metà posteriore lo scudo presenta una depressione allungata mediana e due laterali più brevi. All’ estremità posteriore del corpo si trova un’ appendice cau- dale in corrispondenza del festone mediano, la quale però compare soltanto qualche giorno dopo che i maschi si sono nutriti. La base del rostro è, come ho notato, molto larga e con molte larghe punteggiature specialmente lungo il margine posteriore ; i palpi sono brevi e il primo articolo ha dal lato ventrale presso l'angolo interno posteriore un mucrone rivolto in dietro. Le anche del II, III, IV paio (Tav. V, Fig. 15) sono munite di una breve punta smussata al margine posteriore, bene evidente in alcuni individui, quasi obsoleta in altri. Gli scudi adanali sono assai grandi, triangolari, e cominciano circa al livello della metà delle anche posteriori ed hanno molte e profonde punteggiature ; il Neumann (1) dice a proposito di questa specie: « pas d’écussons (1) G. NEUMANN, Revision ecc. 4.° Tome XIV, 1899, pag. 271). mém. (« Mém. de la Soc, zool. de France », IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 283 accessolres >»; ma in Patton e Cragg (1) il Neumann stesso cor- regge, dicendo « accessory plates well developped »; e tanto in questa seconda opera quanto nella pubblicazione del Lounsbury (2) son disegnati, a un livello di circa metà degli scudi adanali, due piccoli ispessimenti chitinosi a guisa di spine. Negli esemplari di Somalia si vede una grossa piega, la quale termina posteriormente con una spina chitinosa, situata quasi al livello posteriore dello sendo adanale, simile a quella del . simus. La femmina digiuna è lunga circa 3 mm. e larga 1,6; pasciuta 7,5 di larghezza; lo sendo raggiunge 10 mm. di lunghezza e (Tav. V, Fig. 16) è a contorno ovale senza sinuosità, un poco più lungo che largo, scolpito da moltissime piccole punteggiature, spe- cialmente abbondanti nella metà posteriore; fra queste ve ne sono altre irregolari, grandi, specialmente abbondanti lungo la linea mediana e nel prolungamento dei solchi cervicali. Gli occhi sono situati poco dietro la metà dello seudo. Sull’ ad- dome il solco laterale è completo ed inoltre vi sono tre solchi po- steriori, uno mediano e due ai lati di questo; un altro piccolo solco per ogni lato decorre dal margine dello scudo, parallelamente al solco laterale e piega poi bruscamente verso 1 esterno al primo solco dei festoni. La vulva è situata a livello della metà delle anche del 2.° paio. Nella Somalia italiana questa specie non sembra essere molto frequente ; ne raccolsi una 9 sul terreno a Bardera (agosto 1913); 4 de 5 9 su una Gazzella a EI Ure (31. X . 1913), una 9 su Ce- phalophus a Ueririàle presso Allèngo (27. IX .1913) e 2 d con 2 9 pasciute sui Dromedari a Jac Doudòdu (11. XI.1913). Im tutti gli stadiî il /. appendiculatus attacca quasi qualunque animale autotermo ; da adulto è parassita di molti mammiferi do- mestici e selvatici. La specie è diffusa in tutta V Africa australe, nell’ Africa orien- tale tedesca ed inglese, nel Camerun ecc. ; è il principale trasmetti- (1) W. S. Patron and F. W. CRaGG, A Tertbook of medical Entomology, London, Madras and Calcutta, 1913, p. 602. (2) C, P. LounsBury, Trasmission of African Coast Fever (Cape of Good Hope: Depart. of Agric. N. 5, 1904). 254 GUIDO PAOLI tore della Theileria (Babesia) parva, agente specifico della febbre di Rodesia del bestiame, o febbre della Costa orientale (RRkodesian Cattle Fever, o East Coast Fever). Il Dott. Provenzale (1) non ha mai osservato casì di febbre della costa nel bestiame della Somalia, ma il Martoglio afterma di averne veduti alcuni casi; la circostanza che il AR. appendieulatus e il R. simus, i due principali trasmettitori della Theileria, sono così poco frequenti colà, potrebbe spiegare la grande rarità, se non la mancanza assoluta, del morbo suddetto in Somalia (2). 7. Rhipicephalus ecinetus Neumann. (Tav. VI, Figg. 17 e 18). Pochi sono gli esemplari che riferisco a questa specie, concisa- mente descritta dal Neumann; i caratteri concordano con quelli dati dal detto Autore; la specie (Tav. VI, Fig. 17) è caratterizzata specialmente per lo scudo che è liscio con poche punteggiature, grandi, più numerose nella regione degli omeri e verso la parte posteriore del corpo. Lungo i margini dello scudo, dietro il livello degli occhi v è una fila di queste grandi punteggiature, che sosti- tuiscono i solchi laterali; i solchi cervicali sono brevi e nessun altro solco 0 depressione si trova sullo seudo; manca 1° appendice saudale. Talvolta gli omeri e la regione compresa fra i solchi cervicali sono di color giallastro sfumato e dello stesso colore è la porzione dorsale dei primi tre articoli delle zampe. Gli scudi adanali (Tav. VI, Fig. 18) sono triangolari, assai al- lungati, cogli angoli posteriori smussati; mancano completamente seudi accessori. Le anche posteriori hanno due mucroni volti in dietro. Questi caratteri e il colore dello scudo che è rosso bruno, (1) Relazione del dott. F. Provenzale, Capitano veterinario, direttore del Gabinetto per lo studio delle malattie diffusive del bestiame. (Za Somalia ita- liana nei tre anni del mio governo ; Relazione del Sen. Nob. G. De Martino, Roma 1912). (2) Mentre questa memoria era in corso di stampa, lo stesso Dott. Proven- zale mi informava (in litt. 2, XII. 1915) che la febbre della costa è « limitata alla Goscia (corso inferiore del Giuba a Sud di Bardera) e anche quì sì mani- festa, almeno clinicamente, in bovini scesi dall’ altipiano ». IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 255 servono a distinguere bene questi maschi da quelli del /. sims. Il corpo è lungo mm. 4, compreso il rostro e largo mm. 2,40. Non ho raccolto che maschi, dei quali 1 sul terreno nella Bassa Goscia (giugno 1913), 1 su un Mulo a Matagòi (22. VII. 1913) e uno su un Dromedario a Jac Douddu (11. XI. 1915). Sembra specie assai rara, essendo stata notata dagli Autori sol- tanto per 1’ Africa orientale inglese, e non è neppure citata dal Donitz (1). S. Hyalomma aegyptium L. var. impressum Koch. (Tav. VI, Figg. 19, 20 e 21). Gli esemplari raccolti in Somalia sono riferibili alla var. impres- sum Koch, che si distingue dal tipo per le punteggiature dello scudo maschile (Tav. VI, Fig. 19) eguali, molto numerose e av- vicinate fra loro così da dare allo seudo 1 aspetto zigrinato ; va notato che questa varietà era ritenuta diffusa nell’ Africa occi- dentale (Senegal) mentre al contrario in Siria, in Egitto e località dell’Africa orientale era considerata come diffusa la var. drome- darii Koch. Anche la femmina (Tav. VI, Fig. 21) presenta lo scudo con punteggiature molto fitte, spesso confluenti, più gros- solane che la specie tipica. Per il resto i miei. esemplari corrispondono alle descrizioni date dagli Autori; | anellatura chiara delle zampe è molto evidente. Un individuo raccolto a Jac Doudbu è assai più piccolo degli al- tri, di colore più pallido, specialmente alle zampe e alla faccia ventrale; sullo sendo le punteggiature, grandi, numerose e avvici. nate, sono soltanto nella metà posteriore, mentre quella anteriore è quasi liscia; credo sia da considerarsi come una semplice varia- zione individuale. Questa specie è abbastanza frequente in Somalia ma non molto abbondante; ne raccolsi una 9 a EI Ualàe (3.X1I.1913) 44Tel9a Duddumdi sui Dromedari, 34 I e 9 Qa Jac Doudòu sui Dromedari e 2 9 nel Dafèt sempre sugli stessi ospiti. È spe- cie diffusa in tutta l’ Africa, nell’ Europa meridionale e gran parte (1) W. DonITz, Die wirtschaftlich wiehtigen Zecken mit besonderer Beriicksichti- gung Afrikas. Leipzig 1907. 256 GUIDO PAOLI dell’ Asia; fu raccolta a Obbia e a Eldherr dal Robecchi-Bric- chetti (1); era stata indicata dal Pocock (2) per la Somalia inglese col nome di H. grossum Koch e dal Drake Broekmann (3). Attacca tutti i mammiferi domestici e molti selvatici ed è capace di tra- smettere ai bovini la Babesia bovis e in Algeria nelle Tartarughe (Testudo mauritanica) la Haemogregarina mauritanica ; Skinner (4) suppone che abbia anche rapporti colla disseminazione della peste. 9 e 10. Amblyomma eburneum Gerst. e A. lepifum Dòonitz. (Tav. VI, Figg. 22-26). Fra le zecche che più frequentemente si incontrano sul bestiame in Somalia sono le suddette due specie del gen. Amblyomma, carat- terizzate da smaglianti disegni di color rosso rame orlati di verde metallico, i quali maggiormente si mettono in vista, quando sì eon- servino gli esemplari in alcool; a secco questi disegni divengono di color giallastro, e talvolta scompaiono più o meno completa- mente, restando però la chitina più chiara. I maschi delle due specie indicate sono bene riconoscibili, ma per le femmine mi pare che le cose non siano ben chiare. Il maschio dell’ A. eburneum (Tav. VI, Fig. 22) ha contorno as- sai tondeggiante, col disegno chiaro di colori molto vivaci, gli oechi giallastri, chiari, appena convessi. La figura mostra bene la disposi- zione delle macchie chiare e scure sullo seudo, ma va notato che la specie è molto variabile e che spesso per riduzione della estensione del disegno chiaro, alcune delle macchie secure vengono a fondersi, e particolarmente si nota una frequente fusione più o meno com- pleta delle tre macchie scure laterali, cosicchè restano quasi iso- lati i campi laterali chiari, che si trovano uno per ogni lato del corpo, verso la metà. Caratteristica è la riga scura che si trova lungo la linea mediana del corpo (riga mediana), la quale si slarga in avanti a calice (macchia calicina) e si congiunge con una mac- (1) P. PavesI, Aracnidi raccolti ecc., loc. cit. (2) Loc. cit. (3) R. E. DRAKE BROCKMANN, On the oceurrence ecc., loc. cit. (4) B. SKINNER, Rats in relation to plague (Brit. Med, Journ, II, London, 1905). IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 287 chia scura curvilinea a concavità volta in avanti (m. faleiforme) e che si continua colle sue corna fino alle striscie cervicali, che partono dai solchi cervicali. Ma anche questa riga mediana e la macchia calicina possono essere più o meno larghe, giungendo così a quella forma con di- segno seuro assai fine, che Dé6nitz considera come A. gemma ; esi- stono però tutti gli stadi intermedi e quindi non si può conside- rare come buona specie questa del Donitz. Il maschio dell'A. lepidum Dénitz (1) (Tav. VI, Fig. 24) ha con- torno meno arrotondato, più triangolare; i campi colorati sono meno vivaci; questi sono fondamentalmente gli stessi, ma essendo raggruppati in modo diverso, formano un disegno un po’ differente. Gli occhi differiscono da quelli dell A. eburneum per essere più piccoli, più convessi e di colore molto scuro, distintamente orbi- tati. In quanto alla macchiettatura si nota che i tre punti laterali scuri sono ordinariamente riuniti fra loro, in modo che il campo chiaro laterale resta isolato ; la riga mediana non si collega mai colla macchia falciforme; questa può restare completamente limi- tata o congiungersi coi punti laterali, in maniera che i campi colo- ‘ati dorsale-mediano e umerali si congiungono dando col loro con- torno l’aspetto di uno scudo femminile (Tav. VI, Fig. 25). I festoni che ornano il margine posteriore del corpo sono mac- chiettati come nell A. eburneum. Questa specie differisce ben poco dall’ A. hebraeum Koch e la differenza consiste specialmente nei festoni, che nell’hebraeum sono tutti macchiati di chiaro, meno il 1.° di destra e di sinistra (co- minciando a contare dal davanti); però il Dénitz stesso afferma che anche nell’hebraeum il quarto d’ogni lato può avere una mac- chia più piccola che gli altri; le altre differenze, data la variabi- lità anche di questa specie, sembrano assai meno importanti. La femmina dell'A. eburneum è stata descritta dal Gersticker, dal Neumann, dal Dénitz; io ho circa 90 femmine che apparten- gono verosimilmente alle due specie (eburneum e lepidum), i cui ma- (1° W. DonITZ, Ueber das Zeckengenus « Amblyomma » (« Sitzungsber. der Ge- sellsch., Naturforsch. Freunde zu Berlin», N.° 8, 1909). 298 GUIDO PAOLI schi si trovano, e abbondanti, in Somalia (quellî raccolti sono com- plessivamente 64); ma l’ assegnazione delle femmine all’ una o all’ altra specie resta incerta per due fatti; il primo si è che la femmina di Amblyomma lepidum è sconosciuta al Dònitz che deserisse solo il maschio; il secondo che nessuna di queste femmine corri- sponde bene ai caratteri dati per quelle di A. eburnewm. Si possono nonostante riconoscere due specie, delle quali una un po’ più comune dell’altra; descrivo qui particolareggiatamente ì caratteri dello scudo di ambedue, mentre per gli altri esse con- cordano. La più comune (Tav. VI, Fig. 26) presenta seudo di color bruno scuro con punteggiatura fitta e molto grossolana, specialmente sulle spalle, e dietro gli occhi, ove le punteggiature anche si fon- dono insieme, mentre in tutto il restante esse sono un po’ più piccole, ma sempre abbondanti e bene accentuate; la forma dello secude è triangolare, coi lati rettilinei e l’angolo posteriore assai acuto ; gli occhi sono piccoli, seuri, piuttosto convessi, legger- mente orbitati; la colorazione vivace è limitata a una macchia di color rame, scura, assai piccola, situata all’apice posteriore dello scudo; e a due macchie assai più piccole, in generale di color verde metallico, situate presso i lati verso la metà della loro lun- ghezza ; talvolta si vedono internamente ai solchi cervicali altre due piecole macchie, ma queste non sono costanti, possono man- care o essere invece più estese fino a fondersi. Le 9 dell’altra specie (Tav. VI, Fig. 23) hanno seudo di color bruno, più pallido avanti agli oechi, con punteggiatura meno fitta e tutte le punteggiature assai piccole, e più superficiali, special- mente quelle della metà posteriore; la forma dello scudo è trian- golare, coi lati rettilinei e Vapice più largamente arrotondato ; gli occhi sono più grandi, di color chiaro, assai più piatti e meno distintamente orbitati. La colorazione chiara è assai estesa; un grande campo di color rame splendente parte di dietro Y incisura anteriore e arriva fino all’apice; da ogni lato poi si trovano due grandi campi che partono da un livello appena anteriore agli occhi e giangono fino al terzo posteriore. Corrispondono dunque esatta. mente alle descrizioni e disegni che gli Autori danno delle femmine di A. hebraeum, e, data la grandissima somiglianza con questa, IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA IVALIANA MERID. 259 corrispondono alle femmine dell'A. gemma Donitz, i cui maschi invece appena si distinguono da quelli dell A, eburneum. Le femmine del secondo tipo sono in minoranza fra quelle rac- colte in Somalia e nonostante l’opposta opinione degli Autori io in- clino a ritenerle come 9 di A. eburneum, per la vivacità e la qualità, dirò così, della colorazione, per la punteggiatura in tutto simile a quella dei detti maschi, per gli occhi più piatti, grandi, chiari. Come conferma posso citare questo fatto che, mentre nelle varie catture fatte, i maschi delle due specie sono mescolati in varie propor- zioni, in una cattura fatta a Gololonle vi sono solo 4 maschi di Amblyomma e tutti riferibili a eburneum e quattro femmine tutte coi caratteri di questo secondo tipo. Il Donitz descrivendo il suo A. gemma nota che tal forma po- trebbe considerarsi come varietà dell’ A. eburneum se non se ne distinguesse evidentemente la femmina; ora fra i miei esemplari di maschi ve ne sono alcuni in cui le macchie nere sono più sot- tili, ma non vedo come si possano distinguere dall’ eburneum, men- tre quei 4 maschi di Gololonle corrispondono esattamente a que- sta specie. Di conseguenza le femmine del primo tipo, con scudo a forte punteggiatura e colorazione chiara poco vivace e molto limitata, sarebbero da riferirsi a A. lepidum e concordano coi maschi di que- sta specie anche per la qualità della colorazione, per la forma de- gli occhi e per la punteggiatura. Femmine che abbiano i caratteri attribuiti dagli Autori al- VA. eburneum non ne ho vedute fra gli esemplari di Somalia, a meno che quelle che io considero come lepidum non siano tanto simili da non potersi più riconoscere quando gli esemplari siano mescolati; infatti le descrizioni date dagli Autori vi corrispondono abbastanza bene, ma tutte danno una punteggiatura meno gros- solana. Nello specchio che segue sono indicati i numeri degli indi- vidui dell’una e dell’altra specie trovati in ciascuna cattura e si vede come i numeri dei maschi e delle femmine di ogni specie si corrispondano abbastanza, a conferma dell’attribuzione che faccio delle femmine a ognuna delle due specie. u Redia », 1915. 19 290 GUIDO PAOLI Località Ambl. eburneum Ambl. lepidum Gorièi sr gl 2 1 4) 1 Matasòl >, ere de — 1 1 5 Gololònle a REA TA d 4 -- — Jac Douddu:. MST. 15 11 6 27 Duddumài. (een 2 1 24 30 Local. imprecis. del Dafèt. — 4 5 Totale. =... . 24 + 18—=42 40 + 68=108 I maschi delle due specie sono molto simili fra di loro nelle dimensioni e misurano circa 7 mm. di lunghezza (compreso il ro- stro che è lungo quasi 2 mm.),e 4,5 di larghezza; gli scudi fem- minili sono pure grandi egualmente nelle due specie e misurano in media 2-2,5 mm. di lunghezza per altrettanto di larghezza ; l’addome della 9 è spesso di color verde cupo, anche negli indivi- dui completamente pasciuti; questi raggiungono delle dimensioni enormi; un esemplare di A. eburneum raccolto è lungo 25 mm. e largo 15; di poco inferiori sono i più grossi esemplari di A. le- pidum. Le località in cui le specie furon raccolte sono indicate nel pre- cedente specchietto; la maggior parte degli esemplari fu presa sui Dromedari, ma alcuni anche sui Bovi, Capre, Muli. Non si sa se queste due specie siano capaci di trasmettere ma- lattie, ma VA. hebraeum, a cui VA. lepidum è così affine, se pure non è una semplice varietà, trasmette nelle Capre e nelle Pecore dell’Africa del Sud una malattia nota col nome di « Heartwater » di cui pare tuttora ignoto l’agente specifico; e nell'Africa orien- tale inglese è cansa nel bestiame di ascessi così larghi, duri e fibrosi alla periferia, che occorre asportarli chirurgicamente ; le le- sioni prodotte poi danno adito a infezioni di linfangite epizootica e ulcerativa. L'A. eburneum non credo che sia stato citato altro che per l'Africa orientale tedesca; VA. lepidum si trova secondo il Déònitz lungo la costa orientale dell’Africa, a Zanzibar, in Somalia giun- gendo fino al Cairo; mentre 1° A. Rhebraeum, sempre secondo lo stesso Autore, sarebbe diffuso nel Sud Africa, Congo e Africa orientale tedesca. IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 291 Tanto il Robecchi-Bricchetti a Mogadiscio (1), quanto il Neave (2) nell'Africa orientale inglese raccolsero 1’ A. hebraeum, ma non è difficile che gli esemplari corrispondano all’A. lepidum di Déonitz, che appena ne differisce. 11. Amblyomma marmoreum Koch. (Tav, VI, Figg. 27 e 28). La sinonimia di questo Amblyomma, come di molti altri, è assai complicata a causa della variabilità della specie, del dimorfismo sessuale e della scarsezza degli individui sui quali gli Autori hanno fondato le loro specie. Gli esemplari di Somalia concordano colle descrizioni date dal Neumann per VA. rugosum Nnn., VA. marmo- reum Koch e VA. devium Koch, dal Neumann stesso considerati poi tutti sinonimi, per quanto il Blanchard (3) escluda che que- sto ultimo sia sinonimo degli altri due. È specie di grandi dimensioni, poichè il maschio è Iungo circa S mm. e la femmina digiuna altrettanto. Sullo seudo maschile si notano molte macchie di color rosso rame metallico, ma non in tutti i miei esemplari, conservati in alcool, si vedono molto distin- tamente; anzi in alcuni vi restano appena delle tracce o sono scomparse del tutto; però al momento in cui furono raccolti gli esemplari avevano le macchie molto splendenti; questo fatto deve esser preso in considerazione per la tassinomia, per non dare cioè troppa importanza ai caratteri di queste macchie metalliche, che sono soggette a diminuire di evidenza negli esemplari conservati. Ciononostante il maschio (Tav. VI, Fig. 27) è facilmente ricono- scibile per la mole considerevole, per il solco marginale profondo, incominciante subito dietro il livello degli occhi e limitante ante- riormente i festoni, che sono grandi e ben marcati, più lunghi che larghi, macchiettati di riflessi ramei, e per le punteggiature rade, grandi, profonde. Anche la femmina (Tav. VI, Fig. 28) è ben caratterizzata dalla (1) P. PAVvESI, Aracnidi raccolti ecc. (2) CHas. A. NEAVE, loc. cit. (3) R. BLANCHARD, loc. cit. 292 GUIDO PAOLI mole robusta, per le punteggiature dello scudo rade, grandi, pro- fonde. Raccolsi 5 d' sulla pelle delle zampe e una 9 fortemente infissa nell’intervallo fra due placche cornee del clipeo di 7estudo parda- lis Bell. a Sahaieròi, fra Bur Acàba e Uànle Uen. 12. Aponomma exornatum Koch. (Tav. VI, Fig. 29). Questa specie, come molte congeneri, ricorda per la forma del corpo e per le macchie verdi metalliche gli AmQlyomma, ma si distingue bene da questi per la mancanza degli occhi, e a prima vista dagli altri Amblyomma, comuni in Somalia, per la mole assai minore e per la forma e disposizione delle macchie. Nel. l Aponomma erornatum infatti si trovano nove macchie sullo seudo del maschio; due piccole, una per lato, nella regione degli omeri ; due allungate ai margini del corpo per l’estensione circa che oc- cuperebbe un soleo marginale; altre due internamente a queste, cominciano allo stesso livello, ma si prolungano con un’ appendice fino al margine del corpo; una mediana, dietro l’incisura che ac- coglie la base del rostro ed estesa fin quasi alla metà dello scudo; due nella parte posteriore dello scudo, vicine alla linea mediana e separate fra loro da uno stretto intervallo. I festoni posteriori del corpo sono appena visibili sul dorso; manca del tutto il soleo marginale. Raccolsi un solo g' e alcune forme giovani su un Varanus a Bar- dera lungo il Giuba nell’Agosto 1913. La specie è diffusa in molte regioni dell’Africa ed è stata tro- vata su Varani, Pitoni, e altri rettili e anche sul Cane. 13. Haemaphysalis calcarata Neumann. (Tav. VI, Figg. 30, 31, 32 e Fig. intere. 4). La specie, per quel che mi consta, fu raccolta su uno Scoiattolo (Spermosciurus) in Abissinia da Hilgert e fu su questi esemplari maschi che il Neumann fondò la sua specie; fu poi trovata da Ch. Alluaud pure su uno Scoiattolo nell’alto bacino del Nilo Az- IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 293 zurro con maschi e femmine: nè mi sembra che sia stata trovata da altri. Gli esemplari raccolti in Somalia corrispondono pei ca- ratteri alla descrizione data dal Nenmann. Lf Fig. 4. — Haemaphysalis calcarata Neum. A, scudo e rostro di 2 (+): iii B, femmina dal ventre (5). La specie è caratterizzata dal trocantere che in tutte le zampe è munito presso lestremità distale di due speroni bene sviluppati, che nelle zampe del primo paio raggiungono in lunghezza il dia- metro di detto articolo; in quelle successive sono sempre più brevi e quasi obsoleti nelle zampe del quarto paio; i palpi pre- sentano un mucrone non molto grande al lato ventrale del mar- gine posteriore del secondo articolo, presso l’angolo esterno e uno molto più lungo al lato ventrale del terzo articolo. I maschi sono lunghi mm. 2 e larghi 1,1, le femmine digiunne misurano mm. 2,5 di lunghezza per 1,5 di larghezza. Raccolsi 4 yY, 3 9 (2 pasciute) e forme giovani a Uànle Uèn (14. XI.1913) su uno Scoiattolo, cosicchè dai reperti finora noti la specie parrebbe parassita speciale di questo gruppo di Roditori. 14. Haemaphysalis leachi Audoin. (Tav. VI, Fig. 33 e Fig. intere. 5), Questa specie molto diffusa in tutta l'Africa, dall'Egitto al Capo, sembra piuttosto rara in Somalia. Essa è ben caratterizzata dalla 294 GUIDO PAOLI forma deì palpì che hanno il secondo articolo col margine poste. riore molto sporgente verso l’ esterno con un muerone ventrale bene sviluppato e uno dorsale pìù piccolo, vicino all'angolo esterno dello stesso margine. Il terzo articolo presenta un forte mucerone Cc Fig. 6. — Haemaphysalis leachì Aud. A, d'a dorso; , lo stesso dal ventre (Td) È L9 ._ (2 C, scudo e rostro dì femmina (+) ventrale rivolto in dietro. Lo scudo di color bruno giallastro piut- tosto pallido nel Y, molto seuro nella £ pasciuta; in ambedue è ornato di molte punteggiature eguali, assai più piccole nella tfem- mina. I maschì raccolti in Somalia sono di dimensioni notevol- mente inferiori di quelle date dagli Autori (mm. 3 per 1,5), poichè misurano appena mm. 1,75 di lunghezza per 0,95 di larghezza, di conseguenza anche il rostro è assai più piccolo, lungo mm. 0,26 e largo 0,44, il chelicero (Tav. VII, Fig. 33) è lungo mm. 0,47, il dito 0,057. Tutte le misure sono dunque quasi la metà di quelle normali, ma ciononostante gli altri caratteri morfologici sono così concordanti colle deserizioni, che non esito a riferire questi indi- vidui alla specie indicata. La 9 ripiena di sangue misura mm. 7 di lunghezza per 5 di larghezza. Raccolsi due g su un Zepus a Matagoì (21. VII. 1913) e una 9 su un Felis tenuto quasi domestico ad Afgoi (29. XI .1913). IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 295 JHacemaphysalis leachi è frequente in tutta V Africa e si trova anche a Sumatra e nella Nuova (alles del Sud e vive sn paree- chi mammiferi, specialmente carnivori; Lonnsbury dimostrò che questa zecca è Vagente propagatore della piroplasmosi canina in Africa prodotta dal Piroplasma canis. Jl Neave (1) aveva indicato questa specie per il Protettorato inglese dell’ Africa orientale. FORME GIOVANILI. Oltre gli individui adulti riferibili alle specie sopra elencate, la collezione comprende anche molte forme immature, Ja cni determi- nazione non puo farsi con una certa sicurezza altro che per quanto concerne il genere, essendo tuttora ignote o insufficientemente descritte la maggior parte delle forme giovanili. Questi individui si possono raggruppare nel seguente elenco : Ehipicephalus sp.; 2 ninfe sn Cercopithecus, Bardera (5. IX .1913). Ehipicephalus sp.; 30 ninfe su Sciacallo, Bardera (8. IX .1913). Khipicephalus sp.: 10 ninfe sn Capra, Egherta (26. VII.1913). Khipicephalus sp.; 30 ninfe sn Cephalophus, Uenèio (29 . VII. 1913). Khipicephalus 4sp.; (an pulchellus, an erertsi ?); 30 ninfe su Lepus, Matagoi (21. VII.1913); 8 ninfe su Cephalophus, Ueririàle (27 .IX.1913); 2 ninfe su Cane, Bardèra (Agosto 1913); 3 ninfe su Cephalophus, Bardera (1.IX.1913); 10 ninfe su Sciacallo, Bardèra (5. IX .1913); 4 ninfe su Mulo, Mata- goi (21. VII.13) Amblyomma sp.; 2 ninfe su Dromedari nel Dafèt (Novembre 1913). Amblyomma sp.; 9 ninfe su Sciacallo, Bardera (8. IX . 1913). Amblyomma sp.; 4 ninfe su Cephalophus a Ueririàle (27 .IJX . 1913). Firenze, R. Stazione di Entomologia agraria 20 Novembre 1915. (1) Cnas. A. NEAVE, loc. cit. Fig. URI SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TavoLa YV. Ornithodoros savignyi Aud. (1) . Rhipicephalus pulchellus Gerst. Tot dal dorso (1) » » » » . Ornithodoros moubata Murr. (ti) 1 » d' dal ventre (1). » Q dal dorso (+) Rhipicephalus simus Koch d' dal dorso (FP) e ll. . Rhipicephalus appendìculatus Nun. gt dal dorso (1) » » » » » » »d » »d 7. Rhipicephalus » d » » » » ecinctus Non. o dal dorso (È) » » » d » » » » lè ( altro scudo di J' dal dorso (È) Ò lo stesso dal ventre (È) P dal dorso (*), altri due scudi di L (È var. tricuspis Dnitz d' dal dorso (1) d' dal ventre (A) » » » » d'’ dal ventre CF) » £ dal dorso (È 2). Tavora VI. » d' dal ventre (7) | | Fig. 19. Hyalomma vegyptium L. var. impressum Kock J dal dorso (F) » 27. Amblyomma marmoreum Kock 4g dal dorso (1) » 28. » ’ » Q dal doro (+1) » 30. Haemaphysalis calcarata Non. J' dal dorso (È). » 31 » » » J dal ventre (#) IXODIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 297 11 Gi » 20. » » » » » » dal ventre (1) » 21.» » » » > » scudo di Q ($). » 22. Amblyomma burneum Gerst. J' dal dorso (4). » 23. > > » sendo di Q (1) » 24. Amblyomma lepidum Dinitz J' dal dorso (5). » 25. » » » scudo maschile (schematico). » 26. » » » scudo di 9 (#*), 1 6 » 29. Aponomma erornatum Kock SJ dal dorso (1) 1 i » 32. » » » J tarso del primo paio, . » 33. Huemaphysalis leuchi Aud. Dito del chelicero del J1 Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 24 Febbraio 1916. Ù MB ul bri n pete i 9 ì fi . SUL eat Ls de E at LALA E e Missione scientirica Sreranini-Paori serra Sommaria TrArtana merInioNnALE, 1913 GIACOMO DEL GUERCIO Afidi raccolti nella Somalia Italiana meridionale Che mi sappia, della fauna afidologica di Somalia non si cono- sce nessuna specie; sicchè quelle pochissime, che in questa nota si presentano all’osservazione, sarebbero le prime ad essere descritte. La scarsezza del numero è pero in parte compensata dall’interesse, che le specie in esame presentano, essendo resultate tutte nuove alla scienza, e taluna con tali caratteri da poter servire come di tipo di un sotto genere a se, come VAphis foreolata, a suo Inogo ricordata. Il Prof. Paoli, per altro, dice che la grande famiglia degli A fi- didi è assai scarsamente rappresentata nella zona indicata, e una delle prove starebbe nel fatto che in sei e più mesi di ricerche. quelle che si presentano sono le sole specie incontrate e raccolte. 1. Aphis calotropidis sp. n. È rappresentato da femmine attere partenogeniche, piriformi, molto turgide, posteriormente arrotondate, e nell’insieme di color giallo verdognolo. Ha capo piccolo, con margine frontale, fra le antenne, ben con- vesso, e tubercoli antenniferi appena accennati. Le antenne arrivano quasi alla base dei sifoni, col terzo arti- colo uguale alla somma del quarto e del quinto; questo è parec- chio più corto del quarto ed € molto più lungo del sesto, del quale b- CAE © 300 GIACOMO DEL GUERCIO è poco meno del doppìo. L’appendice del sesto articolo è più lunga della somma del quinto e del sesto. Il protorace porta aì latì un tubercoletto conico, distinto, come quello che sì trova ai lati della base dell'addome. Le zampe sono lunghe e molto robuste, ispidule assai più delle antenne, delle quali sono molto più grosse, mentre i tarsì sono piuttosto cortì. I sìfonì sono dì media lunghezza, vescicolosì nel terzo basale e a decrescere fin poco oltre la metà. La codetta è quasi della metà più corta deì sifonì e per un terzo circa più lunga deì tarsì posteriori. Fig. 1 — Femmina partenogenica attera di Aphis calotropidis molto ingrandita (G. d. G. ad nat.) Quest’insetto è stato raccolto sulle piante della Calotropis pro- cera (Willd.) R. Br., il 27 Maggio del 1913, dal Prof. Paoli, a Mogadiscio. eee I - Ta | >= AFIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERIDIONALE 301 2. Aphis paolii «p. n. Quest’afide ha femmine attere molto vescicolose, rigonfie, verdo- gnole, piriformi piuttosto allungate, ma non arrotondate dalla parte caudale, dove sono coniche raccorciate. Il capo è piccolo, con occhi grandi ed antenne eguali ai quattro quinti della Janghezza del corpo. Esse sono infoscate nel primo e nel secondo articolo, ma non nel tubercolo antennifero, che le porta; e siccome infoscate sono pure nella seconda metà del terzo, del quarto, del quinto articolo, e nel rimanente, esse appariscono quasi come annulate. Fig. 2. — Femmina partenogenica attera di Aphis paoli molto ingrandita (G. d. G. ad nat.). Il terzo articolo delle antenne intanto è alquanto più lungo del quarto, come questo è rispetto al quinto, del quale il sesto è 302 GIACOMO DEL GUERCIO per la metà più lungo. L’appendice del sesto articolo è uguale alla somma del quarto e del quinto. Le zampe sono di lunghezza mediocre, ma molto robuste, suc- cessivamente più sviluppate dal primo al terzo paio. Sono ispi- dule, con le tibie in tutte le zampe infoscate, più scure alla estre- mità, e dei femori solo quelli del terzo paio sono infoscati. I tarsi sono assai corti e sottili. I sifoni sono scuri, poco più che mediocri, distintamente più larghi alla base, d’onde si restringono fino al terzo terminale, al- l'estremità del quale essi tendono ad allargarsi. La codetta è del colore dei sifoni, dei quali non raggiunge la metà della lunghezza, mentre resulta quasi il doppio della lun- ghezza dei tarsi posteriori. Il dorso dell’afide, come si scorge dalla figura, presenta una zona marginale assai distinta, che dalla parte posteriore del torace scende fin dietro i sifoni, d’onde risale per un tratto lungo la linea mediana del corpo. Questa specie è stata trovata sullo stesso Calotropis indicato, dal collega Prof. Paoli, al quale è stata dedicata. 3. Aphis foveolata sp. n. Quest’afide è rappresentato da femmine attere vescicolose, pi- riformi, bruscamente ristrette, ma non arrotondate dalla parte posteriore. Esse sono giallo verdastre, sul dorso ornate di numerose foveole, che si trovano sparse sugli archi dei somiti del torace e dell’ ad- dome, nel modo che è indicato dalla figura riportata. Il margine frontale compreso fra le antenne è abbastanza con- vesso, con piccoli peli; i tubercoli frontali o tubercoli antenniferi sono appena accennati. Le antenne sono notevolmente più corte del corpo, con gli arti- coli dal terzo in poi gradatamente più corti, e appendice del sesto più lunga del terzo articolo. Gli occhi sono assai ben rilevati. AFIDI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERIDIONALE 305 Il protorace è appena più largo del capo e porta una sporgenza conica distinta nel mezzo dei lati. Le zampe sono piuttosto mediocri ed abbastanza robuste, ispi- dule, con l’apice delle tibie mediane e posteriori appena infoscato ; i tarsi sono corti e sottili. => Fig. 3. — Femmina partenogenica attera di Aphis foveolata, molto ingrandita (G. d. G. ad nat.). I sifoni sono corti, appena più larghi nella metà basale e vol- gono al colore brunastro. La codetta è poco più lunga della metà dei sifoni ed è due volte più lunga dei tarsi posteriori. Questa bella specie è stata raccolta sulla Pergularia extensa (Jacq.) N. E. Br., della famiglia delle Asclepiadacee, nella foresta di Duchìa lungo ii Giuba, il 30 Giugno 1913, ed è V unica del ge- nere che presenti sul dorso il carattere foveolare indicato, e per ciò è stata designata col nome ricordato. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 28 Febbraio 1916. ia “LOR L'ISITIA pe 4 È 4 MEM. ù DIVE Pe CONE STAI Da ve i Leali bi dI: i SOTETUIZIOTNTA salti Da | A Linee” ‘Lozza DIA, sE, UOMINI TN TO. pi Nea Seta a AO "Rale A ne RT se Jef, VICO APVO O LOPTORE CTTICA. i Tio î MIT); raf vato (AB si fare fn sii (E, "d ER i bILOSI MIACARA AL] ATO JU du MIAO hi IAA MRIILITII AN Ù RITA ant, Jiaft a pas | ul Ss ARA : tal ale se ii fi Lessa ‘hat lb ET Ù 30069 Mr AMMBIERPESERe ie, PAOLI Via ROMANA, 19 — Firenze UN ENDOFAGO ESOTICO EFFICACE CONTRO IL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI More. Da alcuni anni questa R. Stazione si occupa della ricerca di un mezzo naturale di lotta contro il Chrysomphalus dictyospermi Morg. e dalle notizie che da ben due anni questa R. Stazione va procurandosi in tutto il mondo, ove la Cocciniglia è diffusa, si può affermare che in più luoghi esistano parassiti, i quali ne riducono grandemente lo sviluppo e di eni riferiremo a suo tempo. Intanto ci sembra opportuno render noto fin d’ ora un assai at- tivo endofago, che dà una ben alta percentuale di inquinamento, così da offrire fondate speranze di essere un efficace nemico della Cocciniglia in discorso. Tale endofago Caleidite che per noi è riferibile al gen. Prospal- tella, è, secondo il nostro giudizio, una specie nuova con questi saratteri : Prospaltella lounsburyi Berl. et Paol. Corpo di color bruno uniforme ; soltanto le zampe sono più chiare. Le antenne (Fig. 1) hanno lo scapo appena più corto del funicolo ed il pedicello appena più Iungo della metà dello scapo ; il primo articolo del funicolo è eguale alla metà del pedicello, il secondo e terzo articolo subeguali fra loro, sono poco più lunghi del primo : in larghezza però i tre articoli vanno gradatamente crescendo. I tre u Redia, 1915. » 20 PTT 0 TA 306 A. BERLESE E G. PAOLI articoli della clava, la quale non è ben distinta, sono tutti più lunghi di quelli del funicolo, essendo il primo lungo quanto il pedicello, e vanno gradatamente aumentando di lunghezza; tutto Fig. 1. — Antenna di Prospaltella lounsburyi. l'insieme, di funicolo e clava, è alquanto aftusato e raggiunge la massima larghezza nel 2.° articolo della clava; 1 ultimo arti- colo è il più lungo di tutti, conico, piuttosto attenuato verso l apice. I sensilli sono numerosi su tutti gli articoli, lunghi quasi quanto i respettivi articoli, meno che negli ultimi due ove sono di diverse lunghezze, ma sempre assai più brevi. Gli occhi sono glabri. I tarsi anteriori hanno il primo articolo lungo quanto due dei seguenti che sono subeguali fra loro; nei tarsi posteriori il primo articolo è di poco più lungo che il secondo. Ala anteriore alquanto ristretta, coi peli del bordo assai più lunghi della larghezza dell’ala; clava del pterostigma subsessile. Ala posteriore, molto ristretta coi peli del bordo lunghi quasi il doppio della larghezza. Torace con lo seutello assai breve; addome largo quanto il to- race, coi segmenti fra loro eguali in lunghezza. Lunghezza del corpo . . +...» pi 470 » dello Scapoli e 00 » complessiva del pedicello, fu- nicolo e clava SATIRO Patria: Madera. Da esemplari spediti a questa KR. Stazione dal Ch."° Prof. C. P. Lounsbury. Per le sue piccole dimensioni questa specie attacca non solo le ME " NO e ba CONTRO IL « CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI » MORG. 307 forme adulte della Cocciniglia, ma ancora le ninfe femminili (Fig. 2) e le maschili. Le ninfe femminili parassitizzate si presentano di color giallo intenso più dell’ ordinario e colla cuticola più spessa ; le Fig. 2. — Due ninfe di Chrysomphalus contenenti il parassita. femmine adulte invece sono quasi trasparenti e incolore e la loro cuticola acquista una particolare fragilità. La percentuale delle forme femminili inquinate varia, secondo il nostro calcolo, negli esemplari che abbiamo Sott’ occhio, dal 60 °/, J per le ninfe al 40 °/, per gli adulti. Firenze, 22 Febbraio 1916. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 24 Febbraio 1916. i, ®° 2 de Redi ui s » > hd ETTORE MALENOTTI Specie nuove e critiche di Diaspiti Hemiberlesia ephedrarum (Ldgr.) (Sin. Aspidiotus ephedrarum Ldgr.). (Tav. VII, figg. 1-3). La specie qui sotto illustrata fn descritta per la prima volta da L. Lindinger, che la trovo su Ephedra nebrodensis ed E. scoparia della Sardegna e della Spagna (1). Egli la chiamò Aspidiotus ephe- drarum e ne dette una chiara diagnosi, senza, peraltro, illustrarla da alcuna figura. Per questo, e per alcune particolarità di notevole importanza non indicate nella diagnosi del Lindinger, ho creduto non inutile lo studio dei bellissimi campioni di questa specie raccolti sulle vette dell’ Ata e del Bidda, presso Oliena (Sardegna) dal Prof. Ugo- lino Martelli nel giugno del 1895, su Ephedra nebrodensis e che sì trovavano nelle collezioni di questa R. Stazione. Intanto, dalla diagnosi fornita dallo stesso Lindinger, risulta che la specie suddetta, per la presenza di pettini, contemporanea alla mancanza di dischi ceripari perivulvari e di parafisi, deve riferirsi, più propriamente, al genere Hemiberlesia, e non essere inclusa nel- l’antico genere Aspidiotus, il quale già da tempo fu diviso in sot- togeneri, poi divenuti generi, e che corrisponde, nel significato (1) LixnpINGER L., Die Schildliuse Europas, Nordafrikas etc. Stuttgart, 1912. 510 ETTORE MALENOTTI moderno, a quel vasto gruppo di Diaspiti, che va sotto il nome di Aspidioti (1). Non vedo ragione per rifiutare, come fa il Lindinger, di ricono- seere questo genere del gruppo degli Aspidioti, quando il carat- tere che lo distingue è così costante e facile a riconoscersi, e quando così grande è il numero delle specie contenute nell’antico genere Aspidiotus, da consigliarne la frammentazione non fosse altro che a comodità del sistematico, senza contare, che il genere Hemiberlesia è già accettato da un gran numero di Entomologi. Comunque sia, la specie presenta i seguenti caratteri : Femmina. Corpo piriforme, bruno, lungo quasi 1 mm. e mezzo, largo poco più di 1 mm.. Contorno liscio, con peli cortissimi e radi; pigidio piccolo, triangolare, ottuso. Pigidio senza dischi ciripari perivulvari e con tre paia di palette. Le mediane sono più grandi delle altre, ma non molto ; sono paral- lele, alquanto più lunghe che larghe e molto arrotondate. Quelle del secondo paio sono alquanto più piccole, dirette un poco all’ in- dentro, più larghe che lunghe e pur esse molto arrotondate. Così pure sono conformate quelle del terzo paio, ma sono ancora più piccole (Tav. VII, fig. 3). Secondo Lindinger, il margine inferiore ed esterno delle palette del secondo e del terzo paio, è, spesse volte, dentato (« mehrmals gekerbt »); ma nei campioni da me esaminati, non ho potuto mai riscontrare ciò. I pettini sono in numero di due fra le palette mediane e fra e queste e quelle del secondo paio, e in numero di tre fra quelle del secondo e quelle del terzo, ed esternamente a queste. La loro forma è del tutto caratteristica, poichè rassomiglia moltissimo a quella di una forca a due denti, solo di rado se ne hanno tre; e pure di rado questi lunghi denti sono provvisti di un dente mi- nore al margine esterno. I margini laterali dei pettini sono convessi nella parte basilare e non biforcata. I pettini mediani sono i più piccoli; gli altri, con i denti spesso ricurvi all’indentro, sono note- volmente più lunghi delle palette. (1) LEONARDI G., Generi e specie di Diaspiti, — Saggio di sistematica degli Aspidiotus. « Riv. Pat. Veget.», Anni 1897-1900, Mariani, Firenze. SPECIE NUOVE E CRITICHE DI DIASPITI 511 AI dorso, poi, esternamente a ciascun paio di palette, sono im- piantati dei peli, di cui quelli del paio mediano sono più grandi degli altri, e imolto grossi in rapporto alla loro lunghezza. La distanza che intercede fra Vapertura anale e 1 orlo poste- riore del pigidio è egnale a due terzi della distanza che separa quest’ ultimo dall’ apertura sessuale. Follicolo femminile. Il follicolo della femmina (Tav. VII, figg. 1 e 2) è molto convesso, molto consistente e, alla faccia esterna, di color bianco o bianco grigiastro. In quanto alla. forma, il Lindinger dice che è rotondeggiante. Può darsi che ciò sia vero, per gli insetti che si fissano su rametti di una certa gros- sezza; quelli da me esaminati, erano tutti situati su ramoscelli esilissimi, di circa 1 mm. di spessore, e sempre presso i nodi e alle ultime ramificazioni dell’ Ephedra nebrodensis e forse per que- sto, essi posseggono forma allungata, così come si osserva per quelle specie di Lecanium che d’ordinario a forma rotondeggiante, divengono, per adattamento, allungate, se vivono su ospiti a ra- moscelli esilissimi. Ne sia esempio la Saissetia hemisphaerica (Varg.) quando vive sul Capelvenere, ecc. Le spoglie sono eccentriche, situate presso l’orlo dello sendo e di color giallo-bruno scuro. Quando il loro foglietto dorsale sia ancora a posto, esse appariscono grigie; diversamente, spiccano col loro colore giallo-bruno intenso sn quello biancastro della fac- cia esterna dello scudo dorsale. La faccia interna del medesimo è di un candido perfetto, liscia e uniforme. Ma esternamente, essa presenta una particolarità, di cui il Lindinger non parla : la porzione di follicolo esterna alle spo- glie dell’ insetto appare come se fosse formata da due scudi sovrap- posti e insieme saldati. Essi hanno larghezza poco diversa 1 uno dall’ altro; ma in lunghezza differiscono notevolmente tra loro. Il più corto di essi, pero, riposa sull’ altro in guisa, da lasciare il suo margine libero e distaccato dallo sendo più grande. La lunghezza dello scudo maggiore, che è poi la lunghezza di tutto il follicolo, è di 2 mm.; quella dello sendo minore è circa i ?/, della precedente, mentre la larghezza comune è di poco infe- riore a mm. 1,5. Lo scudo ventrale è sottile e bianco. 512 ETTORE MALENOTTI Hemiberlesia trabuti March. (Sin. Aspidiotus trabuti Ldgr.) (Tav. VII, figg. 4-5). È una specie che viene segnalata la prima volta per la Sar- degna e, probabilmente, per l’Italia. Il Marchal la descrisse su campioni provenienti dall’ Algeria; il Lindinger, nella memoria già citata, la novera anche per la Bosnia (1). Femmina. Corpo piriforme, piuttosto allungato, lungo circa 1 mm.; contorno liscio, con peli cortissimi e radi; pigidio piccolo, triangolare, acuto (Tav. VII, fig. 5). Questo porta tre paia di palette, di cui quelle del primo paio sono grandi, bene sviluppate, molto rotondate ed a margine inte- gro. Anteriormente, dalla parte dorsale, ciascuna di esse presenta un piccolo callo rotondo. Quelle del secondo paio sono più pic- cole e più corte, con la base molto larga, col margine esterno smussato e appena ondulato, e col margine posteriore rotondato. Quelle del terzo paio sono molto più piccole, spesso dentiformi, e talvolta non sporgono dall’orlo del pigidio. Una profonda insenatura divide tra loro ciascun paio di palette ; ed è notevole, cosa di cui non parlano nè il Marchal nè il Lin- dinger, una sporgenza triangolare ben visibile situata fra il se- condo ed il terzo paio di palette. I pettini sono disposti secondo la formola 2, 2, 3 e variano no- tevolmente di forma, però, di solito, sono piccoli, non molto lar- ghi, a margine esterno munito di denti, che vanno diminuendo di lunghezza dalla base all’apice del pettine. Talvolta, specialmente i pettini interni del gruppo più esterno, sono a forma di triangolo molto acuto, con piccole intaccature ai lati. (1) Il Prof. Guido Paoli, nel suo recente lavoro: Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie della Sardegna, non ricorda tra esse la specie qui sotto descritta, per la ragione, che quando io gli comunicai i campioni dell’H. ephedrarum, da luì citata, non mi erano ancora caduti sott'occhio î pochi esemplari di H. tra- buti, che trovavansi sugli stessi rametti di Ephedra nebrodensis, e dai quali ho tratto poi descrizione e figure di quest’ ultima cocciniglia. SPECIE NUOVE E CRITICHE DI DIASPITI 315 Mancano i dischi ciripari perivulvari e le parafisi; abbondano invece le ghiandole dorsali, disposte in tre serie per ogni lato del pigidio, oltre ad alcune, cortissime, situate sopra la prima insena- tura, ed altre fra la prima e la seconda serie. Alla faccia dorsale, anteriormente, si hanno sul pigidio due cal- losità lineari mediane e due, più brevi e più larghe, laterali. IL’ ano è grande, situato non molto lontano dall’ orlo posteriore del pigidio ; la vulva è invece situata molto anteriormente. Follicolo femminile. È piuttosto allungato, lungo cirea un millim. e mezzo; molto convesso, di color grigio-bruno con la parte cen- trale più chiara e con sottile orlo biancastro (Tav. VII, fig. 4). Le due spoglie sono eccentriche, di color giallo-arancio carico, e coperte da foglietti dorsali molto sottili. Alla faccia interna, lo scudo dorsale presenta pure una parte centrale chiara, quasi bianca, ed una più esterna grigio-bruna con orlo biancastro. Il velo ventrale è sottilissimo. Habitat. Alle ascelle fogliari di Ephedra nebrodensis, insieme alla specie precedente, ad Oliena (Sardegna). Adiscodiaspis tamaricicola Malen. n. sp. (Tav. VII, figg. 6-9). Una forma singolare di Diaspite, la quale, tanto nella larva come nella femmina, non presenti nè pettini, nè peli-filiere, nè pa- lette, nè parafisi nè dischi ciripari perivulvari, non potrebbe certo trovar posto in alcuna delle caselle classative fondate sui vari aspetti delle appendici pigidiali. Tale è la specie qui sotto deseritta, per il riferimento della quale al genere Adiscodiaspis Marchal, molto ha giovato | esame degli scudetti femminili, oltre che degli insetti. Larva. La larva è di forma ovale allungata, e di mm. 0.250 di lunghezza. Il contorno del corpo è incavato fra le antenne, liscio negli anelli toracali e minutamente crenulato in quelli addominali, che sono abbastanza bene distinti tra loro (Tav. VII, fig. 6). L'orlo libero del pigidio è crenulato come quello degli anelli prece- 914 ETTORE MALENOTTI denti ed incavato nel mezzo. Esso porta, al ventre, due paia di peli semplici: quelli del primo paio, più interni, sono cortissimi ; quelli del secondo paio o setole caudali sono lunghissimi, e cioè quanto la metà del corpo. Altre appendici, nel pigidio, non sì riscontrano. Due altre paia di peli sono impiantati fra le antenne : un primo paio, più interno, e al dorso, è formato da peli corti; il secondo paio, più esterno ed inserito al ventre, risulta di due peli lunghi quanto la metà delle antenne. Seconda ninfa femminile. Essa è di forma ovale, rotondata. Ha contorno regolare, crenulato agli anelli addominali, pigidio com- preso, il quale è sprovvisto di ogni appendice. Femmina. Ha forma perfettamente ovale di color giallo-bruno e misura, se non ancora ovigera, mm. 0.900 circa di lunghezza per 0.700 di larghezza (Tav. VII, fig. 7). Il contorno è liscio, leggermente ondulato e crenulato agli anelli addominali e sprovvisto di peli. I vari anelli dell’ addome sono molto ben distinti, tanto al dorso che al ventre; e portano, verso il loro orlo, numerosi sbocchi di ghiandole, i quali si vanno fa- cendo sempre più abbondanti via via che ci si avvicina al pigi- dio. Questo ha una colorazione alquanto più chiara del restante corpo, contrariamente a quanto si osserva nell’ Adiscodiaspis erici- cola March., in cui il pigidio spicca per il suo colore bruno su quello ialino del corpo. Il pigidio manca, come abbiamo detto, di dischi ciripari perivul- vari, di pettini, di palette, di peli—filiere e di parafisi; ma abbonda di piccoli sbocchi di ghiandole e presenta, non però sull’ orlo, ma alla faccia ventrale, aleuni piccoli peli semplici. L’epidermide della faccia ventrale mostra altresì dei rilievi sinuosi, radianti da alcuni centri in tutte le direzioni, ed al di sotto dell’apertura vulvare si assottiglia in una zona rotondeggiante, più chiara della epi- dermide circostante, limitata ai lati da contorno netto e sinuoso, e posteriormente da contorno indeciso, mentre anteriormente è limitata dall’apertura vulvare. Questa zona chiara sottovulvare è del tutto caratteristica. Al dorso, l’ apertura anale è circolare, cir- condata da un robusto anello chitinoso e molto ben distinto. Essa è situata pressochè alla medesima altezza della vulva, non molto lon- tano dall’orlo libero pigidiale (Tav. VII, fig. 9). SPECIE NUOVE E CRITICHE DI DIASPITI olo L’orlo del pigidio è minutamente crenulato, come 1 orlo degli anelli pre-pigidiali, ed è diviso in un numero impari di grandi lobi, di cui il mediano, meglio distinto degli altri, prosegue sul- l’ epidermide della faccia ventrale del pigidio la sua distinzione, arrivando, con i suoi lati convergenti, fin presso all’ apertura ses- suale. Gli altri, in numero di due per parte, sono poco distinti tra loro; e tutti, poi, non si differenziano dall’orlo degli anelli pre- pigidiali se non per la loro posizione. Follicolo femminile. Esso è a forma di guscio d’ ostrica, con la parte dorsale molto convessa, con le spoglie fra loro concentriche ma situate presso l’orlo dello scudo e misura quasi 1 mm. di lun- ghezza (Tav. VII, fig. 8). Le spoglie sono difficilmente visibili, coperte come sono dal fo- glietto dorsale costruito dalla larva e dalla ninfa e dello stesso colore della parte del follicolo costruito dalla femmina, e cioè gri- gio-terra uniforme. La larvale è notevolmente allungata e disposta trasversalmente sulla ninfale. La faccia esterna dello scudo dorsale è rugosa, quella interna, liscia e dello stesso colore, cioè grigio-terra. Lo seudo ventrale è sottile e biancastro. Habitat. Su rami di Tamarix sp. a Matarieh (Egitto), 1912, donati al Prof. G. Paoli da F. O. Willeocks, Direttore del Gabinetto Entomologico della « Societé Khediviale d’ Agriculture » del Cairo. Epidiaspis gennadiosi (Leon.) Ldgr. (Sin. Diaspis gennadii Leon.). (Tav. VII, figg. 10-13). Di questa specie, già descritta dal Leonardi (1) su materiale a lui inviato da Gennadios, trovai esemplari nella raccolta di eoc- cidi di questa R. Stazione. Il vasetto di vetro contenente alenni rametti indeterminati invasi da questa Diaspis, porta la data del luglio 1895 e la sola indicazione della provenienza : Atene. È pro- (1) LEONARDI G., Diagnosi di Cocciniglie nuove. «Riv. Pat. Veget.», anno VI, 1898, fase. II, pag. 1. 316 ETTORE MALENOTTI babile che si tratti di campioni inviati dallo stesso Gennadios ; ad ogni modo, poichè confrontati quei campioni con la descrizione tanto del Leonardi quanto del Lindinger (1) ho potuto notare qualche differenza, non sarà male che esponga qui sotto la dia- gnosi, come risulta dai campioni da me osservati. Seconda ninfa femminile. Pentagonale, posteriormente allungata, lunga 650 e larga 600 n. Pigidio triangolare con un solo paio di palette, poco sviluppate, corte, rotondate, molto accostate fra loro. Peli filiere semplici in numero di 4-5 per lato e disposti più o meno regolarmente. Ano molto vicino al margine anteriore delle palette (Tav. VII, fig. 11). Femmina. Corpo rotondeggiante, con dimensioni di poco supe- riori a 1 mm., di color arancio carico pressochè uniforme. Anelli addominali bene distinti anche ai lati, dove gli ultimi due o tre segmenti sono muniti di un pelo filiera, talvolta di due o tre. Pigidio molto largo, ottuso, rotondato. Esso è provvisto di un sol paio di palette, le mediane, non molto sviluppate, ma molto chitinizzate e vicine tra loro; più larghe che lunghe, rettangolari, cogli angoli smussati e col margine posteriore leggermente con- vesso, integro quasi sempre, talvolta debolmente inciso verso il lato interno. Tra queste palette non è sìtuato alcun pelo-filiera (Tav. VII, figg. 12 e 13). Esternamente a ciascuna paletta, sul margine del pigidio, sì tro- vano, procedendo dall’interno all’esterno : Un piccolo e corto pelo— filiera, troncato, subito dopo il lato esterno delle palette; alcuni piccoli denti chitinosi; due peli-filiere molto larghi, dividentisi all’ estremità libera in un numero di punte variabile da due a cin- que; un dente chitinoso triangolare, preceduto da una piccola inse- natura; un gruppo di peli-filiere variabili da due a cinque. Di ‘ado i peli-filiere di questo gruppo sono semplici; il più delle volte, qualcuno di essi è bi— o triforcato all’apice, come quelli che sono caratteristici della Diaspis pentagona Targ. Oltre questo gruppo di peli-filiere v è un secondo dente chitinoso triangolare, anch? esso piccolo e breve come il precedente, e come quello sta a rappre- sentare una paletta molto rudimentale. Esternamente al secondo 1) LINDINGER L., Op. cit., pag. 265. , Il , I! n n e SPECIE NUOVE E CRITICHE DI DIASPITI 317 dente triangolare i peli-filiere si riscontrano in numero variabile da quattro a sette; essi sono sempre a punta unica e spesso, ma non sempre, distinti in due gruppi. I peli semplici sono distribuiti per ogni lato in numero di solito di tre paia. Quelli impiantati al ventre sono piuttosto piccoli; ma quelli del dorso sono molto robusti, e lunghi quanto i peli-filiere ed anche di più. L’ano è situato come nella ninfa. La vulva è molto in alto, e circondata da dischi ciripari raccolti in gruppi spesso in numero di cinque, ma talvolta anche in numero di sei o sette. "Talvolta, oltre ai gruppi maggiori di dischi, se ne trovano altri due, aventi da uno a quattro dischi ciasenno e disposti come nelle Poliaspis al margine anteriore del pigidio. Ecco alcune formule : 4 9 1-0 0-0 19 10 15 " Sv ; 0 i; ; T 7 EZ5T) —— 19 in latena 1029 REESE ARCA 12-7 9-9 Follicolo femminile. È circolare, con lo sendo dorsale non molto convesso, liscio, opaco, molto spesso e consistente; di color noc- ciuola pallido alla faccia esterna e bianco-paglierino alla interna (Tav. VII, fig. 10). Scudo ventrale esile, bianco. Diametro del follicolo 2100 pp. Chrysomphalus calami Malen. n. sp. (Tav. VII, figg. 14 e 15). Femmina. KRotondeggiante, delle dimensioni di 900 X 800 p.., di color arancio, col pigidio più pallido. Segmenti addominali netta- mente distinti, gli ultimi dei quali lobati al margine. Peli radi e lunghetti sono impiantati all’ orlo del corpo, il quale, al cefalotorace, non è provvisto del piccolo dente, comune invece a molte altre specie congeneri. Stigmi senza dischi ciripari. Pigidio trapezoidale, allargato leggermente alla base da una espansione a guisa di lobo (Tav. VII, fig. 14). Palette in nn- 315 ELTORE MALENOTTI mero di tre paia, tutte asimmetriche, dirette obliquamente all’in- dentro, bene sviluppate e chitinizzate, con margine posteriore ro- tondato, margine interno integro, ed esterno una o due volte den- tato. Le palètte mediane, che sono le più sviluppate, hanno l’unico dente esterno molto sviluppato. Pettini disposti secondo la formola: 2, 2, 3, 3 (Tav. VII, fig. 15). I pettini interposti tra le palette sono lunghi e stretti, con la base più larga, ed appuntiti all’estremità; mentre ad entrambi i lati sono provvisti di denti lunghetti e rivolti all’ indietro. I tre pettini situati oltre la terza paletta sono invece larghi, rettangolari, col margine interno per lo più integro, coll esterno denticolato o erenulato irregolarmente. Il margine posteriore pre- senta ai lati due denti lunghissimi e stretti, a loro volta provvi- sti di una minuta seghettatura, ma non sempre, e per lo più al lato esterno, e terminanti a punta, la quale, talvolta, è munita di due piccoli lobi. Fra i due denti maggiori di ciascuno di questi pettini è situato un lobo di solito corto e piccolo, ma che può, talvolta, raggiungere la lunghezza dei due denti maggiori, ren- dendo così il pettine triforeuto (1). Esternamente a questi pettini il margine del pigidio si presenta per due terzi della sua lunghezza fortemente chitinizzato e irre- golarmente dentato. Due o tre di questi denti hanno la forma a trapezio allungato e sporgono, con tinta ialina, a guisa di piccoli pettini. Si hanno, inoltre, cinque paia di parafisi bene sviluppate, allar- gate e rotondate alla base. Di queste, le maggiori sono quelle si- tuate al margine esterno delle palette mediane, raggiungendo l’ al- tezza dell’ orlo posteriore dell’ apertura anale. I peli semplici, impiantati alla base delle palette, sono piuttosto corti. (1) In un esemplare di questa specie ho riscontrato un curioso caso di asim- metria pigidiale. Una delle palette del terzo paio (quella sinistra) presenta il lobo posteriore, che normalmente è rotondato, di forma molto allungata, ret- tangolare, a contorno liscio e con la estremità leggermente più larga; mentre il margine esterno della paletta è provvisto di quattro o cinque denti. La pa- letta divenuta così pettiniforme è di colore ialino e rimpiazza uno dei veri grossi pettini esterni, i quali, da quella parte, si riscontrano in numero di due invece che di tre. BE SPECIE NUOVE E CRITICHE DI DIASPITI 319 Al dorso, il pigidio presenta anteriormente quattro calli dorsali notevolmente sviluppati; apertura anale è grande e situata poco distante dalle palette mediane. Numerosi sono gli sbocchi delle lunghe ghiandole sericipare. Al ventre si hanno quattro gruppi di dischi ciripari perivulvari secondo le formule : 4 L’ apertura sessuale è posta piuttosto all’ indietro, all’ altezza degli ultimi dischi ciripari posteriori. Follicolo femminile. Circolare, conico, piatto, opaco ; di color gri- gio-bruno oseuro verso il centro, con zona esterna più chiara, brunastra. Esuvie centrali di color arancio molto carico, dai ri- flessi vivi e tendenti al dorato. Diametro del follicolo : 1600-1800 p.. Follicolo maschile dello stesso colore del femminile, ma allungato e notevolmente più piccolo. La specie è molto vicina a Chrys. aonidum (Linn.), ma se ne di- stingue per diversi caratteri, fra cui sono i seguenti : Pigidio a margini laterali più aperti; pettini compresi fra le palette più stretti e più lunghi, diritti, con denti staccantisi da un asse centrale a guisa di alberello, e non già rettangolari nè con denti rivolti all’ indentro; pettini esterni alle palette meno profondamente frangiati; parafisi un poco più corte; follicoli di entrambi i sessi di colore meno oscuro. Habitat. Questa bella specie fu trovata sui rami di una palma rampicante, il Calamus spectabilis, che il chiar. Prof. Odoardo Bec- cari raccolse nel settembre del 1878 durante il suo viaggio in Malesia. Gli esemplari provengono da Sungui bulu, prov. di Pa- dang (Sumatra) e mi furono comunicati dal suddetto Professore in questi giorni. Firenze, R. Stazione di Entomologia Agraria, 31 gennaio 1916. 320 Fig. 1. » » SII 6 10 bb; PEN SIE RARI SR ERO Pe SE iene de ETTORE MALENOTTI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII DS 3 155 . Adiscodiaspis tamaricicola Malen. Larva, vista dal ventre () » » . Chrysomphalus calami Malen. Pigidio della 2 , dal dorso È) » » » » 28) Hemiberlesia ephedrarum Lagr. Scudo della Q , visto dal dorso (7) È ò 28 » » 9, visto di fianco (È). Pigidio della Q , visto dal dorso (È). trabuti March. Scudo della Q , visto dal dorso (È): » » » » » Pigidio della Q, visto dal dorso (FP): 1 2 , vista dal ventre (È) Scudo della 9 , visto dal dorso (È) Pigidio e anelli pre-pigidiali del- la Q () . . Epidiaspis gennadiosi (Leon.) Ldgr. Scudo della Q dal dorso (È) » » »d grandita ( i Pigidio della seconda ninfa femminile, dal ventre (Ì). . Epidiaspis gennadiosi (Leon.) Ldgr. Pigidio della 2; dal ventre (È) Altro pigidio di Q, dal ventre (P) 1 Parte dello stesso, più fortemente in- 306) 2ù) Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 24 Marzo 1916. ETTORE MALENOTTI Diaspiti raccolti nella Somalia italiana meridionale Il Prof. Guido Paoli, durante la sua missione scientifica fatta nel 1913 nella Somalia italiana meridionale, raccolse anche un numero notevole di Cocciniglie veramente interessanti e molte delle quali nuove. Egli volle cortesemente donare a questa R. Stazione la sua bella collezione di Coccidi, ed a me fu dato l’onore di studiare una parte cospicua della medesima, quella dei Diaspiti. Io sono per- ciò lieto di poter pubblicare la presente nota sopra queste coc- ciniglie della raccolta del Prof. Paoli, la quale è tanto più impor- tante, inquantochè nessuno, ch’ io mi sappia, si era mai occupato prima d’ora delle cocciniglie di quella regione. 1. Aspidiotus (Evasp.) destructor Sign. (Sin. : A. transparens Green, A. translucens Ckll.). (Tav. VIII, figg. 1, 2,4 e 5). La specie fu descritta e figurata per la prima volta dal Signoret, che la studiò su foglie di Cocos nucifera dell'Isola della Riunione. Nel 1890, E. E. Green descrisse un Aspidiotus transparens (1) dallo stesso autore riferito poi con dubbio, all’ A. lataniae Sign. (2); (1) Insects Pests of the Tea Plant, p. 22, 1890. (2) The Coccidae of Ceylon, Part I, p. 49, Plate VIII, 1896. « Redia »; 1915. 21 323 ETTORE MALENOTTI però, confrontati gli esemplari della specie da lui deseritta con i cotipi di A. lataniae Sign. che si conservano al Museo dì Vienna, il Green si accorse che sì trattava di tutt’ altra cosa, e mentre ri- tenne sinonimo del vero A. lataniae Sign. VA. eydoniae, Comst., ripristinò all’A. lataniae, descritto e figurato nella sua bella mo- nografia sui Coccidi di Ceylon, il nome di A. transparens Green (1). Nel suo pregiato « Saggio di Sistematica degli Aspidiotus » il Leonardi (2), forse non conoscendo ancora la correzione fatta in proposito dal Green, descrive per A. lataniae Sign. una specie, che non ha nulla a che fare con quest’ ultima, come si può vedere leggendo la diagnosi fornita dal Signoret e che, a mio modo di vedere, non si discosta dall'A. destruetor Sign., dal Leonardi stesso in precedenza descritto, tanto per poter farne, a rigore, una spe- cie diversa. La differenza fondamentale che egli porta tra le due specie sta in ciò, che in A. destructor le palette del paio mediano sono più brevi (0 meglio, sporgono un po’ meno) di quelle del secondo ; mentre in A. lataniae sono appena più lunghe. Ma, se si confron- tano i disegni dei pigidi delle due specie dati dall’autore, questa differenza non apparisce affatto. Vi sono, è vero, differenze di grandezza tra i follicoli femminili delle due supposte specie; ma ciò non può costituire, da solo, carattere diagnostico, quando sì pensi alla diversa provenienza dei campioni esaminati dal Leo- nardi ed alla forte variabilità di grandezza a cui possono andar soggetti i follicoli di aleuni Diaspini, anche nostrali. Siechè, a mio giudizio, la specie descritta da Leonardi per A. lataniae Sign. deve ritenersi sinonimo di A. destruetor Sign. Già nel 1910 il Lindinger, però (3), espose in una tabella le differenze fra VA. destructor Sign. e VA. transparens Green, due specie che egli stesso dice molto vicine tra loro, e ne dà anche la figura del pigidio, mentre, più recentemente (4), trovò una va- (1) Observations on A. lataniae Sign., « The Entom. Mont. Mag.», August 1899, p. 181. (2) Generi e specie di Diaspiti, Estr. dalla « Rivista di Patologia Vegetale », VI-VIII, Firenze, Mariani, 1897-1900. 3) Adfrikanische Schilaliuse, III, Hamburg, 1910, p. 33. (4) IQ. id., V, Hamburg, 1913, p. 39. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 323 rietà dell’ A. transparens Green, e la denominò A. transparens var. rectangulatus Ladgr. Ma lo stesso E. E. Green, in un suo recentissimo lavoro (1) ha osservato una forma intermedia fra il destructor (Mask. = Sign.) ed il suo transparens, e così si esprime in proposito: « After exa- mination of copious material, from various parts of the Tropics, I am inelined to consider these two supposed species as estreme forms (in opposite directions) of the same insect ». Egli risolve per ora la difficoltà della denominazione di questa forma chiamandola A. destructor-transparens (Mask. Green). Io stesso ho trovato, sul materiale di Somalia, una forma di Aspidiotus che ritengo pure intermedia fra le due estreme destruetor Sign. e transparens Green, poichè mentre il pigidio della femmina corrisponde a quello de- scritto e figurato dal Lindinger a pag. 38 di Afrik. Schildl., III, Tav. I, fig. 9, il follicolo della medesima non si presenta radial- mente striato. Di questa forma sarà data qui sotto la deserizione. Ora, VA. destructor essendo stato descritto per la prima volta dal Signoret, e non dal Maskell, tutte le forme dello stesso inset- to osservate dal Green potrebbero essere incluse senza troppa difficoltà nell’ A. destructor Sign. Nel « Catalogue of the Cocecidae of the World », della Sig."® Fer- nald, VA. lataniae descritto dal Green in « Coccidae of Ceylon » passa parzialmente in sinonimia non già coll’ A. destruetor Sign., bensì coll’ A. simillimus translucens Ckll. in litt. Ma, proprio in questi ultimi giorni, ho avuto la fortuna di esa- minare degli esemplari di Asp. translucens Ckll. raccolti su Dio- scorea alata a Los Banos (Is. Filippine) ed inviati recentemente dallo stesso Cockerell al Prof. Paoli di questa R. Stazione. Nessuna differenza ho potuto riscontrare fra quest’ ultima specie e Asp. destructor Sign. di cui essa ha identici 1’ aspetto e le di- mensioni tanto del follicolo femminile quanto della femmina e del suo pigidio; perciò ritengo trattarsi di una sola specie coll’ A. de- structor Sign. (1) Notes on Coccidae collected by F. P. Jepson, Government Entomologist Fiji (From « Bull. of. Ent. Res. », Vol. VI, Pt 1, june 1915). S24 ETTORE MALENOTTI Sì osservi poi, che R. M. Newstead (1), parlando delle due spe- cie: A. lataniae, e A. destructor Sign. dice che è impossibile di- stinguerle praticamente tra loro col solo esame del follicolo fem- minile, e che invece sono facilmente separabili all’esame del pigidio. Ma, a giudicare dalle differenze che egli cita (lunghezza delle pa- lette e dei peli mediani) parrebbe che, nel concetto dell'Autore, non ve ne fossero altre dì più importanti e maggiori; mentre, in realtà, queste differenze sono tali, che le due specie non possono nemmeno appartenere alla stessa sezione del genere. A questo proposito ricorderò, che G. W. Herrick (2), colpito dalla grande apertura anale e dalla sua vicinanza alla punta del pigidio che presenta VA. lataniae, e dalla somiglianza che questo ha con quello dell’ Hemiberlesia camelliae Comst., pone addirittura VA. lataniae nel sottogenere (genere) Hemiberlesia. Ma esso non vi si può riferire, essendo provvisto di dischi ciripari perivulvari, di seudo piatto ecc. Per maggior chiarezza e per potere più facilmente rilevare le differenze esistenti fra i pigidii delle due specie, vedansi le figg. 1 e 3 della Tav. VIII. | Habitat. Su foglie di Cocos nucifera, a Merca, il 6 giugno 1913. Molti esemplari di questa specie erano attaccati da un endofago caleidite. R. W. Doane (3) attribuisce all’introduzione e allo svi- luppo preso dall’ Aspidiotiphagus citrinus Craw la rapida diminu- zione dei danni che dal 1905 al 1908 si verificò nelle piantagioni di Noce di Cocco in Tahiti, colpite molto malamente fino allora dall’ Aspidiotus destructor Sign. (The Transparent Cocoanut Scale 0 Bourbon Scale). La forma di Aspidiotus che io ritengo intermedia fra le due estreme A. destructor Sign. ed A. transparens Green presenta i se- guenti caratteri : Femmina. Corpo rotondeggiante, lungo quasi 1 mm. nella 9 non ancora ovigera e con pigidio largo e rotondato. Alla faccia ven- (1) On Scale Insects (Coccidae) on the Uganda Protectorate. From « Bull. of Ent. Research. », Vol. I, April 1910. (2) Some Scale Insects of Mississippi. Miss. Agr. Exp. Sta., February 1911. (3) Notes on Aspidiotus destruetor Sign. and its chalcid parasits in Tahiti. «Journ. of Econ. Ent. », Concord, N. H., 1908, p. 341. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 5325 trale, anteriormente al rostro, due pieghe dell’epidermide diver- gono da questo fino all’ orlo del corpo, a guisa di corna sottili, e ben visibili sono le pieghe posteriori intorno al rostro. Gli stigmi mancano di dischi ciripari (Tav. VIII, fig. 4). Il pigidio ha tre paia di palette, tutte più Innghe che larghe, e di cui le mediane sono di color bruno-oseuro, molto allungate verso l interno del pigidio, più grandi e sporgenti sempre un poco più delle altre. Il margine posteriore è rotondato, ed i lati, paralleli, terminano con un dente rettangolare a punta acnta. (Tav. VIII, fig. 5). Le palette del secondo e terzo paio sono fra loro poco diverse in forma e grandezza, ialine, non allungate anteriormente, con i due denti laterali smussati, e sporgono meno delle precedenti. I pettini, disposti secondo la formola 2, 2, 3, 6-10, sono tutti piut- tosto larghi e profondamente frangiati, quelli compresi tra le pa- lette, solo al margine posteriore; quelli più esterni presentano la frangiatura disposta obliquamente, così che in taluno essa è di- sposta tutta e sola dal lato esterno. Il pelo semplice, situato al lato esterno di ciascuna paletta mediana, è molto lungo e sottile. Attorno alla vulva si hanno quattro o raramente cinque gruppi di dischi ciripari, varianti intorno alla formola : 10 —9 8-13 11 — 10 87 ;sppueg__-; od anche Sui La distanza che intercede fra lano ed il margine posteriore del pigidio è egnale alla metà di quella che separa quest’ ultimo dalla vulva. A questi caratteri se ne deve aggiungere uno importantissimo, e di cni non sempre, nella diagnosi di Diaspiti, viene tenuto il debito conto: La presenza di numerose ghiandole dorsali a tnbo lungo e filiforme, sparse negli ultimi anelli dell’ addome e nel pigi- dio, ciò che fa nettamente distinguere I A. destructor dall'A. hede- rae, che le ha tutte a tubo corto, ed a cui, per altri caratteri, somiglia moltissimo. Di più, le setole rostrali sono lunghissime, oltre sette volte la lunghezza del corpo, nella femmina non ancora ovigera. bela e, DE PERA Arretrati v 326 ETTORE MALENOTTI Follicolo femminile. Rotondeggiante, del diametro di 3 mm., schiacciato, bianco-grigiastro da entrambe le faccie dello seudo dorsale, che è sottile, ma non trasparente, senza striature radiali e con esuvie centrali, gialle e fra loro concentriche. Di queste, la ninfale, con grosso orlo, è cuoriforme e la larvale un poco più allungata. Velo ventrale esilissimo. Follicolo maschile bianchissimo, piatto, circolare, con esuvia gialla. Habitat. Su foglie di una Meliacea, lo Xylocarpus obovatus, presso la foce del Giuba, nella formazione a Mangrovie, insieme a Pse- daonidia articulata (Morg.) giugno 1913. 2. Aspidiotus (Evasp.) cyanophylli Sien. (Tav. VII, figo. 6 e 7). ‘lampioni di questa specie furono raccolti su foglie di Manikot Glaziovi a Gèlib sul Giuba, nel giugno 1913. Anche per questa specie è da ripetere la grande importanza dei caratteri dello scudo oltre quelli dedotti dal corpo della femmina, Anche in essa il follicolo è trasparente quasi come in A. destruetor tipico, ma è di aspetto ben diverso, quasi gelatinoso, specialmente se osservato in esemplari freschi, così come ho potuto riscontrare in aleuni campioni raccolti di recente nelle Serre calde delle Cascine a Firenze, su Anona muricata e su Brachychiton acerifolium. Notevole è la variazione della forma dei pettini nel pigidio dello stesso individuo, come mostra la figura 7 della Tav. VIII. La fig. 6 della stessa Tavola rappresenta, invece, la femmina, vi- sta dal ventre. 3. Aspidiotus (Evasp.) orientalis Newst. (Sin. A. osbeckiae Green., Chrysomphalus pedroniformis CklI.). i (Tav. VII, fisg. 8 e 9). La specie fu descritta la prima volta dal Newstead, che la trovò in India sopra una pianta del genere Panicum, mentre gli esem- plari raccolti dal Prof. Paoli in Somalia furono trovati su rami e DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 527 frutti di un’ Asclepiadacea, la Calotropis procera, e sui frutti del Solanum arundo, a Mogadiscio, nel maggio 19153. Un buon numero di questi esemplari era attaccato da un en- dofago calcidite rimasto indeterminato. Tutte le femmine così pa- rassitizzate mostrano molto nettamente al microscopio le trachee, senz’altra preparazione che al liquido di Faure. Questa specie, per quanto nell’ insieme possa trovar posto negli Evaspidiotus, costituisce, sotto molti aspetti, un punto di pas- saggio tra gli Aspidiotus s. str. ed i Chrysomphalus. Infatti, a cominciare dallo scudo della femmina, esso si presenta circolare, a forma di cono piatto, di consistenza robusta, con le esu- vie centrali, oscure, di cui la larvale forma, con Vombelico, la carat- teristica prominenza a capezzolo, la « mipple like prominence » dello stesso Newstead, propria dello scudo femminile dei Olhrysomphalus. Ma la rassomiglianza non è limitata al follicolo. Anche la femmina ovigera ricorda, nel contorno del corpo mu- nito di peli lunghetti, quella del Ckrys. aonidum (Linn.) di cui ha la stessa grandezza (Tav. VIII, fig. 8). Il pigidio, poi, mostra ancor più stretta la parentela che V Asp. orientalis ha con i Chrysomphalus (Tav. VIII, fig. 9). Infatti, per quanto non numerose nè grandi, sono tuttavia net- tamente visibili un primo ed un secondo paio di parafisi, interna- mente al primo ed al secondo paio di palette, restando molto pic- cole quelle del terzo paio. Inoltre, oltre il terzo paio di palette, non può non colpire la rassomiglianza che il pigidio di questa specie presenta con quello della Bianca-rossa (Chrys. dietyospermi Morg.). Si hanno cioè tre creste chitinose da ciascuna delle quali sporge al margine esterno un pettine spesso conformato a coltello, od a pugnale, restandò per lo più atrofizzato quello del margine interno, presente invece nella Bianca-rossa, ed essendo il pettine della cresta più esterna dello stesso sviluppo degli altri due, men- tre nel 0hrys. dictyospermi è meno sviluppato di essi. Si hanno pure, come nei C4hrys., le ghiandole dorsali a tubo; mentre la pre- senza di dischi ciripari perivulvari separa questa specie dalle Aonidiella. I follicoli maschili sono più piccoli, più allungati e più chiari dei femminili. 328 ETTORE MALENOTTI La femmina manca però del dente ai lati del cefalotorace, che sì riscontra, invece, in moltissime specie di Clrysomphalus. Le parafisi alquanto più sviluppate, e la specie dovrebbe sen- z’altro passare al genere CArysomphalus è ciò che dimostra ancori una volta, se mai ce ne fosse bisogno, che la natura procede per gradi e non per saltì (1). Il Green descrive per l'Isola di Ceylon VA. osbeckiae, che giu- stamente, a mio modo di vedere, è passato in sinonimia con la specie surricordata nel catalogo della Fernald. Il Leonardi, nella sua monografia degli Aspidiotus, considera l'A. osbeckiae Green come specie diversa dall’ A. orientalis Newst., per quanto ad essa vicina; però la difterenza diagnostica che egli espone nella tabella a pag. 62, è facile vedere che non può costi- tuire carattere specifico, poichè la presenza di un dente invece che di due al margine esterno della terza paletta, è di sì poco va- lore diagnostico, che nello stesso individuo sì può avere una pa- letta con due denti e l’altra dello stesso paio con un dente solo, oppure con tre, come ho osservato in parecchi degli esemplari di questa specie da me preparati. Quanto all’altro carattere, cioè della diversa grandezza del fol- liecolo maschile nelle due supposte specie, esso è chiaro nella ta- bella, ma perde valore nella descrizione, perchè quivi diventa di- versità di forma e non di grandezza, come dimostrano le cifre da lui riportate sulle dimensioni dei due follicoli dell'A. osbeckiae, dalle quali, anzi, sì deduce il contrario di ciò che è esposto nella tabella. Anche dal confronto dei pigidii poco si ricava, perchè, — e ciò dimostra ancora una volta la facilità con cui si possono riscon- trare differenze notevoli fra un lato e l’ altro del pigidio, — la metà sinistra del pigidio figurato per VA. osbeckiae Green somi- glia moltissimo al pigidio figurato per 1’ A. orientalis Newst. Per cui, data la priorità della deserizione del Newstead in confronto di quella del Green, le due specie ricordate da Leonardi giusta- mente devono indicarsi col solo nome di A. orientalis Newst. Così (1) Lindinger passa addirittura questa specie nel genere Chrysomphalus. (« Afrik. Schildl. », V, p. 15, 1913). DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 329 pure, a mio avviso, deve passare in sinonimia con VA. orientalis Newst. anche il Chrysomphalus pedroniformis Ckll. To ho confrontato esemplari di quest’ ultima specie, raccolti a Los Banos (Is. Filippine) ed inviati cortesemente l’anno scorso da Cockerell a questa R. Stazione, con VA. orientalis Newst. e non vi ho trovato differenze apprezzabili, né nel pigidio, nè nella forma e nelle dimensioni della femmina e del sno follicolo. In Chrys. pedroniformis Ckll. le esuvie del follicolo femminile sono alquanto più pallide e brunastre, invece che di color rosso fegato come si osserva di solito in Asp. orientalis Newst. Ma anche in quest’ ultimo ho potuto notare che talvolta la colorazione delle esuvie, negli insetti raccolti su Calotropis procera, tende al rosso- bruno; per cui mi è parso di non prendere in considerazione questa piccola differenza fra le due supposte specie, e di ritenerle invece una sola. 4. Chrysomphalus rossi (Mask.) Ckll. var. ferrandii Malen. n. var. (1) (Tav. VIII, figg. 10-12). Per determinare questa nuova varietà basteranno poche parole, poichè per molti caratteri, comuni al Chrys. rossi tipico, non occorre aggiungere nulla a cio che è noto dalle diverse e pregevoli pub- blicazioni uscite a questo riguardo. La varietà ferrandii, pero, presenta il pigidio della femmina con cinque gruppi di dischi ciripari perivulvari invece che con quat- tro, presenti nella specie-tipo. Il gruppo in più, mediano superiore, risulta di due o di tre dischi. Inoltre, le parafisi sono notevol- mente diverse in confronto a quelle della specie-tipo. Mentre in questa le sette maggiori parafisi situate da ciascun (1) Questa, e la specie seguente, dovrebbero passare, per il carattere dei loro seudi, secondo Lindinger, nel genere Melanaspis Ckll. 3530 ETTORE MALENOTTI lato del pigidio intorno alle palette sono tutte sottili, lunghe ed a margine libero, nella nuova varietà le quattro parafisi mediane sono spezzate, corte ed anteriormente ingrossate; e molto corte sono pure: quella intermedia fra la seconda e la terza paletta e quella esterna a quest’ultima. I pettini, che sono tutti minutamente striati e con frangie net- tamente tagliate in punta, non differiscono aftatto da quelli della specie tipo. Le differenze suesposte appariscono dal confronto tra le figure 10 e 12 della Tav. VIII. È La figura 10, che rappresenta il pigidio della specie-tipo, cor- risponde, in complesso, ai disegni che di questa specie danno il Leonardi, il Green, il Cockerell ed il Maskell, salvo il maggior dettaglio dei pettini, che non si rileva dalle figure dei suddetti autori. Essa è stata fatta su esemplari raccolti a Los Angelos (California) su Araucaria bidwilli da A. S. Hoyt ed inviati recen- temente a Firenze dal Chiar. Prof. E. O. Essig. L’altra (fig. 12) si riferisce alla nuova varietà Chkrys. rossì, var. ferrandii Malen. In quanto ai follicoli femminili della nuova varietà, essi si disco- stano da quelli della specie tipo per essere di colore meno oscuro e più rossastro e per avere le esuvie coperte da foglietti dorsali biancastri, e quindi essi sono identici a quelli della varietà victo- riae Ckll. descritta dal Cockerell su Eucaliptus globulus (1). Ma la varietà vietoriae CkIl. ha il pigidio della femmina con le palette rotondate (« lobes rounded »), mentre nella varietà ferrandii Malen. esse sono alquanto più angolose, certo meno rotondate che nella specie-tipo, in contrapposto appunto di quanto si osserva per la varietà vietoriae CKII. Per questo, e per i caratteri desunti dalle parafisi, ho ereduto opportuno istituire la nuova varietà sopradeseritta. Habitat. Su foglie di Garcinia somalensis della famiglia delle Gut- tifere nel novembre 1913 a Lugh ove quella pianta è indicata col nome di Albero di Ferrandi. (1) Victorian Naturalist, Vol. XVI, N.° 5, pag. S. Sept. 7, 1899. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 35 5. Chrysomphalus piceus Malen. n. sp. (Tav. VIII, figg. 13-16 e Tav. IX, figg. 17 e 18). Larva. Per quanto i caratteri desunti da questo primo stadio dei Diaspiti non siano specificatamente importanti, pure differenze notevoli si osservano talvolta. Riporto la figura dell’orlo pigidiale, da cui apparisce il grande sviluppo e la particolare conformazione delle palette mediane, molto più grandi delle altre, ciò che non si ha invece nella femmina (Tav. IX, fig. 18). Femmina. Rotondeggiante, piccola, lunga circa 550 p.. se non an- cora ovigera. Contorno liscio, anteriormente glabro, posteriormente fornito di scarsi e piccoli peli. Ai lati del cefalo-torace è situato un piccolo dente, come in molte altre specie congeneri. Gli anelli addominali non presentano nel contorno alcuna demarcazione, e sono appena visibili visti di faccia. Al ventre, la femmina mostra antenne rudimentali, stigmi senza dischi ciripari e rostro grande (Tav. VIII, fig. 15). Il pigidio è relativamente molto grande, largo e rotondato e molto più pallido del resto del corpo. Esso è prov- visto di tre paia di palette, tutte bene sviluppate, molto più lunghe che larghe, ristrette all’estremità ed a margine posteriore rotondato. Quelle del 1.° e del 2.° paio hanno una sola sporgenza dentiforme da ambo i lati; quelle del 3.° paio sono più volte den- tate al lato esterno. I pettini, disposti secondo la formola, 2-2-2-1, sono palmati. Quelli del 1.° e del 2.° paio hanno da quattro a cinque digita- zioni le quali, spesso, sono nello stesso pettine alternativamente corte e lunghe, e ciò si verifica talvolta anche per i due pettini situati fra la 2.* e la 3.* paletta, e per il pettine, sempre unico, situato esternamente a quest’ ultima, il quale presenta spesso le di- gitazioni alquanto ridotte. Oltre questo pettine, che è il sesto, il mar- gine del pigidio presenta sei creste crenulate. Le tre più interne sono meno larghe, a crenulazioni più marcate, fino talvolta a ri- cordare brevi digitazioni di pettini (1), e divise tra loro da pro- (1) Nel pigidio della ninfa maschile le due creste più interne hanno al loro lato interno una digitazione molto più profondamente marcata che nella femmina. POSTE GRANI 0 ATO RCS PI 332 ETTORE MALENOTTI fonde incisioni, riuscendo di forma più o meno rettangolare ; mentre le tre più esterne sono molto larghe, di forma triangolare ed a crenulazioni meno evidenti (Tav. IX, fig. 17). Le parafisi sono lunghe, strette ed in numero di circa venti per lato. La terza, la quarta e la quinta sono le più lunghe di tutte. Sopra al paio mediano di parafisi vi sono due ingrossamenti chi- tinosi fusiformi, lunghi quanto le parafisi sottostanti, ma due o tre volte più larghi di esse. Ciascuno di questi fusi presenta due o tre piccoli fori circolari. Alla parte anteriore del pigidio sono visibili, spesso, per la colorazione bruna che assumono, cinque grosse ghiandole sericipare in forma di pera (Tav. VIII, fig. 16). A. ciascun lato della faccia dorsale vi sono quattro corti e grossi peli, dalla base conformata ad U. Uno è situato alla base di ciascuna paletta ed il quarto, fra il primo e il secondo gruppo di creste chitinose. Un pelo lungo e sottile è situato esternamente all’ ultima cresta. Numerosissimi (120-150) sono, alla faccia dorsale del pigidio, gli sbocchi delle ghiandole sericipare, molti dei quali appariscono in forma di rilievi falceati. L’epidermide, poi, sì presenta molto stra- namente pieghettata. Ai lati del pigidio, verso la base, una piega lineare decorre per un gran tratto parallelamente al margine del pigidio e poi si perde presso un sistema di piccole pieghe concen- triche e conformate a V, con l’asse parallelo a quello del corpo dell’insetto. Lo spazio compreso fra la grossa piega e 1° orlo del pigidio è occupato nella metà anteriore da pieghe rettilinee, paral- lele tra loro e normali al margine, che in quel tratto non com- prende le creste; ma nella metà posteriore, internamente alle para- fisi delle due creste più esterne, le pieghe sono molto sinuose e divengono ondulate di contro alle parafisi più interne. Però, nella parte mediana, e cioè intorno all’ano e sopra le parafisi mediane, scompare ogni traccia di piega. L’ano è piccolo, circolare, situato allo stesso livello delle pieghe a V. Alla faccia ventrale si hanno quattro o cinque gruppi di dischi ciripari perivulvari disposti secondo la formula 1 ,s oppure 5_—-4 2-2 4-4 1-2 Pai DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 339 Talvolta, i dischi dei due o tre gruppi anteriori sono disposti quasi regolarmente ad arco al di sopra della vulva, la quale è pie- cola e con leggiera convessità rivolta posteriormente. Follicolo femminile. Piccolo, obovato, lungo circa 900 p.. e largo circa 650 (Tav. VIII, fig. 14). Come si vedrà per la Hemiberlesia fissidens (LAgr.) var. con- stricta Malen. n. var. così in questa specie il follicolo femmi- nile risulta di una parte centrale, circolare, densa e convessa, e di una parte piatta, chiara, sottile e conformata a lingua. Forma, questa, molto rara per le specie del genere Olkrysomphalus. Le spoglie ninfali sono nerissime, rugose e Incenti, con foglietti dorsali esili, biancastri e molto fragili, così che, specialmente quello della prima ninfa, si serepola o si distacca con facilità, la- sciando scorgere il nero-lucido sottostante (fig. 142). Il foglietto dorsale della seconda ninfa rimane invece quasi sempre aderente alla spoglia della medesima (fig. 148»). L’adulta, poi, si costruisce un primo anello circolare nero (fig. 14a/°) di larghezza variabile; indi il restante follicolo, di color biancastro; ma all’estremità del medesimo, presso la punta della parte conformata a lingua, si nota spesso, ma non sempre, un arco faleiforme, anch’ esso di color nero o nerastro (fig. 14a II°). Alla faccia interna lo scudo dorsale è nerastro-violaceo nelle spoglie e nell’arco falciforme, quando esso esiste ; nel resto, bianco— paglierino, con bianco orlo sottile. Lo seudo ventrale è esile € biancastro. Pollicolo maschile. Ha presso a poco le stesse dimensioni del femminile, ma all’ estremità si presenta un poco più rotondato di quello. Inoltre, tutto il follicolo filato dalla seconda ninfa maschile, eccetto al margine, è nero. La spoglia larvale è anche pel ma- schio nerissima, e coperta da foglietto dorsale biancastro, esile e fragile. Alla faccia interna è di color nero-violaceo. Lo seudo ventrale è biancastro e sottile (Tav. VIII, fig. 13). Viste al microscopio, le parti filate dall’insetto, le quali per ri- flessione si presentano nere o nero-marrone, appariscono invece di color verde-olivastro cupo. Habitat. Abbondantissimo su foglie di una Celastracea, (Cas sine Schweinfurthiana ?2) denominata dagli indigeni Calangcal, ad Aden Caboba, ottobre 1913. de 4," % bt 7 a TT Pn pine i de Sea SIL ETTORE MALENOTTI (. Pseudaonidia quadriareolata Malen. n. sp. (Tav. IX, figg. 24-30). Il genere Pseudaonidia comprende un gruppo di Diaspiti che dif- feriscono molto tra loro nella conformazione del pigidio. Indicato dapprima dal Cockerell come un sottogenere di Aspidiotus, con la specie-tipo A. duplex Ckll, fu elevato poi al grado di genere nel « Catalogue of the Coccidae of the World » della Fernald e più tardi studiato ed ampliato da C. L. Marlatt (1) il quale vi com- prende 15 specie, classificate in una chiara tavola dicotomica. Il carattere comune a tutte le specie incluse dal Marlatt in que- sto genere di Aspidioti è, com’egli dice, « un restringimento pro- fondo e nettamente definito, il quale divide il corpo in due sezioni subeguali » e cioè la cefalo-toracica e l’addominale. Altri carat- teri, pure importantissimi, ma comuni soltanto ad alcune specie di Pseudaonidia, obbligano il Marlatt a suddividere il genere in gruppi molto naturali di specie e notevolmente diversi tra loro ; ma bisogna riconoscere, che la strozzatura del corpo di queste spe- cie è di tale evidenza, che basta a giustificare il loro raggruppa- mento in un solo genere. Per questo, e per numerosi altri carat- teri che verranno indicati, non ho esitato a comprendere la nuova specie nel genere Pseudaonidia. Seconda ninfa femminile. Ho dedotto la forma della seconda ninfa femminile da quella della seconda spoglia ninfale, e perciò essa si riferisce al tempo del secondo esuviamento. La forma è rotondeggiante, con diametro massimo di 900 p.. e di color rosso-bruno ; al dorso, nella regione anteriore, presenta un rilievo piatto circolare limitato da un contorno chiaro a guisa di solco, e il quale ricorda Vombelico delle prime ninfe dei. Chry- somphalus (Tav. IX, fig. 24). Pure nella regione anteriore, e al dorso, si notano nella seconda spoglia quattro areole ovoidi, alquanto più chiare dell’epidermide (1) MarLaTT C. L., The genus Pseudaonidia. From. « Proc, Ent. Soe. Wash. », vol. IX, Nos. 1-4, 1908. pn Sett N DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. ‘(335 circostante ed a contorno indeciso. Esse si ripresentano poi nella femmina matura ed allora ne parleremo più diffusamente. Il pigidio, oltre. che per la sua minor grandezza e per la mancanza di apertura sessuale, differisce da quello della femmina, di cui diremo più in esteso, per avere ben visibili apertura anale e due sole paia di palette invece di tre, il terzo paio essendo ridotto a una sporgenza chitinosa triangolare, a guisa di dente. Le palette mediane sono arrotondate da ambo i lati; quelle del secondo paio hanno i lati paralleli tra loro ed il margine posteriore tagliato obliquamente. I pettini sono conformati come nella femmina (Tav. IX, fig. 25). Femmina. Molto diversa apparisce la femmina, secondo che si osserva prima o dopo la costruzione del suo follicolo. a) Prima della costruzione del follicolo, cioè appena si è libe- rata dalla seconda spoglia ninfale, essa è più piccola di questa, misurando appena mm. 0,7 di lunghezza. Ha forma molto arroton- data, schiacciata sul davanti ed ottusa posteriormente. Il corpo, di color ialino, si presenta giallastro in una larga striscia mediana, che va dal rostro al pigidio. Il cefalo-torace presenta una mar- catissima strozzatura ai lati, e lungo tutto il contorno del corpo vi sono dei peli lunghetti. Al dorso essa manca affatto delle quattro areole chiare e della fittissima punteggiatura, caratteri- stiche invece dell’ epidermide della femmina matura; ma presenta però, negli anelli addominali, numerosi sbocchi di ghiandole dispo- sti in serie più o meno regolari (Tav. IX, fig. 26). Inoltre, sulla faccia dorsale del pigidio vè una grande zona scol- pita in fossette limitanti poligoni più o meno regolari, i quali sono chiusi nella parte più anteriore del pigidio, ed aperti verso la parte posteriore del medesimo. Al centro del pigidio sono più regolari, e più allungati, invece, lateralmente. Nel loro insieme, essi ricordano l’ aspetto di un graticcio (« latticework pateh » di Cockerell), carattere, questo, comune ad altre specie congeneri. AI ventre, nulla di notevole, eccettuata la vulva, che è larghis- sima, e l’ispessimento dell’ epidermide del pigidio, il quale mostra rilievi lineari perpendicolari all’apertura vulvare ed incrociantisi variamente lungo il loro decorso. b) Dopo la costruzione del follicolo la femmina apparisce così diversa da quella ora descritta, che ad un esame non troppo ac- 350 ETTORE MALENOTTI curato ed in presenza di materiale scarso, potrebbesi facilmente scambiare per una specie del tutto diversa. Si confrontino a tale scopo le due figure 28 e 29 con la figura 26 della Tav. IX. Intanto, essa è molto eresciuta in grandezza, poichè misura una lunghezza pressochè doppia (1350 p..) e molto cambiata di forma e di colore, come apparisee dai seguenti caratteri : Corpo alquanto piriforme, molto rotondato anteriormente e roton- dato pure all'estremità pigidiale e di color rosso-bruno. La regione cefalica è molto sviluppata; non quanto, però in /’seud. articulata (Morg.), tanto che essa è un poco meno larga della regione addominale. Ai margini laterali essa presenta una strozzatura net- tamente distinta, per la quale l’orlo del corpo piega bruscamente all’ indentro, seguendo una linea retta, ma formando col margine anteriore un angolo ottuso. Su questo angolo è situato un piccolo sperone chitinoso, corto, tozzo e rotondato all’ estremità. Subito dopo la strozzatura «del cefalo-torace il contorno del corpo si allarga rapidamente e s’ incurva col primo anello addominale, che segna la massima larghezza dell’ insetto; quindi, con qualche ondulazione, raggiunge il pigidio, che è, come abbiamo detto, molto rotondato. Lungo il margine del corpo, eccetto sulla strozzatura, sono impiantati peli radi e Innghetti. Alla faccia dorsale del cefalo-torace, la femmina presenta una saratteristica meritevole di essere messa in rilievo. . Vi sono cioè quattro grandi spazi ovoidali, in cui V epidermide è rimasta molto sottile e trasparente e fa quindi forte contrasto con 1° epidermide circostante, di color giallo-bruno e fortemente chitinizzata. Questi spazi chiari, molto ben visibili anche ad occhio nudo, hanno con- torno regolare e molto ben definito, e sono disposti simmetricamente in due paia: quelli del paio mediano, sono più anteriori, più piccoli e più arrotondati degli altri, ed hanno gli assi maggiori convergenti all’ innanzi; quelli del paio laterale sono subrettangolari rotondati e con gli assi maggiori convergenti verso il pigidio (Tav. IX, fig. 29). Non avendo avuto a disposizione che materiale secco, con insetti in gran parte vuotati e rovinati dagli acari (Zemisarcoptes), non ho potuto indagare in quale rapporto stessero queste aree con gli organi interni dell’insetto, nè quale fosse quindi il loro significato funzionale. Tuttavia, all'esame microscopico ho potuto riconoscere odi ratti DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 357 entro a ciascuna di esse nn contorno che ricorda quello delle ghiandole ad acinpo, e non è improbabile, quindi, che quegli spazi chiari siano in relazione a delle ghiandole. Consimili aree sono già state deseritte dal Newstead per la sua Aonidia (Pseudotargionia) glandulosa (Newst.) (1), Ldgr. (2). Senon- chè egli le trovò soltanto nella ninfa femminile in numero di un sol paio e, almeno da quanto apparisce dal disegno da lui fornito, alla faccia ventrale anzichè al dorso. Anebegli ritenne potersi trattare di spazi in rapporto a ghiandole. Le due strozzature laterali del cefalo-torace sono unite, al dorso, da un solco ben definito e rettilineo. Segue poi la suddivisione dei vari anelli addominali a mezzo di solchi larghi e molto pro- fondi. Di questi, che sono in numero di sette, il primo soltanto non raggiunge il margine laterale del corpo, terminando presso di quello con un allargamento a fossetta ovoidale. Gli altri sei sono ineurvati piuttosto bruscamente all’ indietro e raggiungono ) orlo libero dell’ addome con direzioni convergenti posteriormente, sul prolungamento dell’ asse del corpo. Internamente ai lati conver- genti dell’ultimo solco, sul pigidio, sono altri dne solchi paralleli ad essi, ma molto meno profondi e distinti degli altri. Tutta Vepi- dermide del dorso, poi, è finemente scolpita in fittissimi ed innu- merevoli rilievi puntiformi, visibili solo ai forti ingrandimenti. Questi minutissimi punti, in corrispondenza del pigidio e di gran parte del cefalo-torace, sono sparsi senza aleuna orientazione, men- tre nelle restanti parti del corpo, e specialmente nella zona cen- trale dell’ addome, sono distribuiti in file più o meno regolari e parallele ai solchi divisorii degli anelli addominali, ricordando ragamente l’aspetto degli streptococchi (Tav. IX, fig. 30). Essi mancano affatto nella femmina giovane, mentre poi, col- V ispessirsi dell’ epidermide, scompare il rilievo a graticcio dal pigidio e si rendono invisibili gli sbocchi dorsali delle ghiandole sugli anelli dell’addome. (1) NewsTEAD R., Observations on African Scale Insects (Coccidae) n.° 3, in « Bull. of Ent. Res. », vol. II, July 1911, London, (2) LinpIinGER L., Die Schildliuse (Coccidae) Europas, Nord-Africas, etc. Stutt- gart, 1912, pag. 50. , mn N « Redia », 1915. 355 ETTORE MALENOTTI Riassumendo, i cambiamenti principali che subisce la femmina sono i seguenti : Forte aumento di statura. Notevole cambiamento di forma e di colore. Apparizione al dorso delle quattro areole del cefalo-torace e della generale minutissima scultura puntiforme. Scomparsa delle sculture a graticcio sul pigidio e degli sbocchi delle ghiandole dorsali, Alla faccia ventrale la femmina presenta le antenne cortissime e affatto rudimentali, seguite, posteriormente, da dune peli lun- ghetti. L’ apparato boccale è molto sviluppato e gli stigmi ante- riori sono provvisti di otto a dieci dischi ciripari, la cui cera oceupa intorno ad essi un grande spazio a eontorno ovoidale. Un soleo ben definito, alquanto ricurvo, unisce, per la parte ventrale del corpo, le due strozzature laterali. Segue poi un primo solco incompleto ed interrotto da due ingrossamenti chitinosi (pseudo- podi ?); un secondo solco bruscamente insenato all’innanzi in eor- rispondenza degli stigmi posteriori, i quali sono sprovvisti di dischi ciripari ed anch’ esso fornito dei due ingrossamenti chitinosi. Il terzo solco è simile al primo; e tutti gli altri cinque, pur essi profondi e molto ben definiti come gli altri, s’° interrompono late- ralmente per proseguire all’indietro in fossette rettilinee formanti angolo e terminanti presso orlo libero dell’ addome. Quattro sol chi meno profondi decorrono longitudinalmente sul pigidio (Tav. IX, fio. 28). Questo presenta, al ventre, l’apertura vulvare larghissima e si- tuata presso la sua base; mancano i dischi ciripari perivulvari. AI dorso, l’ apertura anale, che è piccola, è situata presso 1’ orlo libero del pigidio, ed è difficilmente visibile. L’orlo del pigidio presenta tre paia di palette. Nella femmina ancora giovane le palette mediane sono grandi, larghe e confor- mate a ventaglio. Esse, al loro lato interno ed anteriormente, sono contigue a due placche chitinose pressochè combacianti tra loro (placche anali ?). Quelle del secondo paio hanno pure ì lati di- raricati, ma sono più piccole e rivolte all’ indentro. Quelle del terzo paio hanno i lati paralleli ed il margine posteriore obliquo e leggermente inciso. I pettini sono piccoli, corti, larghetti ed acutamente dentati al margine posteriore. Tra le palette mediane soal d a Mi Late rec Vedi bd nei ” Li " DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 5339 ve ne sono due, cortissimi. Tra queste e quelle del secondo paio pure due, meno corti dei precedenti. Tra quelle del terzo paio ve ne sono tre, conformati come i precedenti (Tav. IX, fig. 27). Oltre il terzo paio di palette vi sono varî denti triangolari ed ottusi. Dei peli semplici, quelli inseriti a fianco delle palette me- diane sono piccolissimi; alquanto più grandi quelli del secondo paio e molto più grandi gli altri, esterni al terzo paio di palette. Piccole parafisi sono inserite esternamente al primo ed al secondo paio di palette e parafisi ancor più piccole internamente al se- condo ed al terzo paio. Nella femmina matura tutte le palette si sono fortemente chi- tinizzate alla base, dove hanno assunto un color bruno intenso, mentre presso il margine posteriore sono rimaste ialine. Gli an- goli delle palette mediane si sono un poco smussati. Follicolo femminile. Lo scudo dorsale è piatto, conico, circolare, di struttura piuttosto consistente e del diametro di due mm. Alla faccia esterna è liscio, di color bianco-grigiastro, con esuvie cen- trali e fra Joro concentriche; la prima spoglia, più scura, la seconda, bruna. Entrambe però sono coperte dal velo dorsale, e perciò si vedono bene soltanto quando, come spesso accade, esso sia stato asportato. Alla faccia interna lo seudo dorsale è liscio e candido. Lo scudo ventrale è bianco, esilissimo. Habitat. Su scorza del tronco di Acacia asak, Allengo, settem- bre 1915. 7. Pseudaonidia articulata (Morg.) (Sin. Selenaspidus articulatus Morg.). (Tav. IX, figg. 19-23). Di questa bella specie riporto i disegni della larva e del pigi- dio della femmina. Della prima, per dare un’idea di questo primo stadio dell’ insetto, non molto diverso, come vedesi, da quello di moltissimi altri Diaspini. Della seconda, perchè, per quanto si ab- biano buone figure in proposito, pure qualche differenza si nota fra di esse. Si confrontino, ad es.: la figura del pigidio di questa specie riportata dal Newstead, in « British Coccidae », vol. 1, 340 ETTORE MALENOTTI p. 128, fig. 16, con quella riportata dal Marlatt, in « The Genus Pseudaonidia », fig. S, p. 132. Habitat. Pochi esemplari di questa specie furono raccolti su fo- glie di Xylocarpus obovatus, a Giumbo presso la foce del Giuba, nella formazione a Mangrovie nel giugno 1913. Altri furon trovati invece nella stessa località su foglie di Sal- vadora persica, abbondantissimi su entrambe le pagine. Una notevole differenza di grandezza esiste fra i follicoli fem- minili degli esemplari raccolti sulle due diverse piante. Infatti, mentre sullo Xylocarpus obovatus ne furon trovati di quelli aventi un diametro di 3 mm., sulla Salvadora persica il diametro era ap- pena superiore ai 2 mm. $. Hemiberlesia fissidens (Ldgr) var. constricta Malen. n. var. (Tav. IX, figg. 31-34). Femmina. Corpo piccolo, obconieo, rotondato all’ innanzi e mar- catamente triangolare all’ indietro, con pigidio pure triangolare, acuto (Tav. IX, figg. 32 e 33). Il tegumento, quasi dovunque sottile, si presenta invece molto ingrossato all’orlo del cefalo-torace, dove assume anche un color rosso-bruno, e forma anteriormente al corpo una specie di arco marginale. Questo arco, prima di assottigliarsi bruscamente alle sue estremità, presenta presso di queste una strozzatura non molto profonda, ma nettamente intagliata, coi margini esterni smussati, ed in corrispondenza della quale lo spessore dell’arco è alquanto maggiore. Essa ricorda un poco la strozzatura cefalo-toracica delle Pseudaonidia, ma non ha nulla a che fare con quella, perchè non interessa che l’orlo del corpo, mancando infatti l’infossatura tra- sversale che unisce nelle Pseudaonidia le due strozzature degli orli laterali. Il contorno del corpo è provvisto di radi e piccolis- simi peli. Le antenne sono rudimentali; gli stigmi, senza dischi ciripari; il rostro, molto grande in confronto al corpo dell'animale; gli anelli dell’ addome, eccetto i primi due, molto distinti anche agli orli laterali. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 541 Pigidio con tre paia di palette. Quelle del 1.° paio, grandi, col margine posteriore rotondato, ed i margini laterali debolmente incisi. Quelle del secondo e del terzo paio molto piccole, triangolari, acute. I pettini, disposti secondo la formola 2, 2, 3, 3-5 sono larghetti, for- temente frangiati al margine posteriore ed i più esterni anche al margine esterno. Le frangie di tutti i pettini sono molto acute, ma non molto fitte. I pettini più esterni vanno gradatamente sce- mando di grandezza e semplificandosi di forma, fino a ridursi a piccole punte triangolari. Internamente al paio mediano di palette vi sono due piccole pa- rafisi ed internamente al secondo paio v è una profonda insena- tura circondata da rilievo chitinoso (Tav. IX, fig. 34). Alla faccia dorsale il pigidio porta anteriormente quattro calli lineari, disposti come in altre specie congeneri, cioè due centrali e due laterali. Inoltre, le pieghe sinuose dell’ epidermide vengono a mancare nella parte centrale-anteriore, in un’ area obpiriforme. L’apertura anale è grande, situata subito sopra alle due piccole parafisi delle palette mediane (Tav. IX, fig. 32). Alla faccia ventrale mancano i dischi ciripari perivulvari, ed invece la vulva appare oscura per un ispessimento dell’ epidermide occupante una piccolissima area intorno ad essa, mentre ai lati e posteriormente, le pieghe dell’epidermide disegnano un contorno ondulato limitante un’ area a forma di lingua dello stesso colore dell’epidermide circostante e con la base allargata verso il mar- gine anteriore del pigidio (Tav. IX, fig. 33). Follicolo femminile. Piccolo, a contorno circolare anteriormente ed allungato al di dietro in una lingua larga e bianca. La sua lunghezza, compresa la lingua, è di 840 p.. mentre la sua massima larghezza è di 570 p.. La parte anteriore è rigonfiata a cupola, e questa è superiormente troncata da un piccolo piano circolare e bianco, corrispondente al foglietto dorsale della prima ninfa. La cupola risulta formata da zone circolari concentriche diversamente colorate: dal bianeo-candido al rosso-bruno e all’aranciato. Essa comprende, al centro, le spoglie dell’ insetto, che però non si ve- dono, coperte come sono dai loro foglietti dorsali. La lingua po- steriore in cui si allunga lo scudo è invece molto piatta, sottile e sandida ; e, nei punti di maggior sottigliezza, è trasparente tanto, 342 ETTORE MALENOTTI da lasciar vedere dal di sopra l epidermide della foglia su cui si appoggia e ’ orlo ingrossato dello scudo ventrale, il quale, nel resto, è esilissimo e bianco (Tav. IX, fig. 31). La specie somiglia molto all’ Aspidiotus (Hemiberlesia) gowdeyì Newst. (1); ma ne differisce, sia per avere lo seudo femminile allun- gato in una lingua, sia per avere l’orlo del cefalo-torace ingros- sato e munito di strozzatura, sia per il numero, la forma e la disposizione dei pettini del pigidio, e per 1’ ispessimento dell’ epi- dermide perivalvare limitato ad una ristrettissima zona. Molta maggior somiglianza si riscontra invece, per la conforma- zione del pigidio della femmina e l’aspetto del suo follicolo, con la specie Aspidiotus (Hemiberlesia) fissidens var. pluridentatus LAgr. (2). Ritengo però trattarsi di varietà distinta, per il fatto che il Lindinger, nell’ esporre i caratteri dell'A. fissidens var. pluridenta- tus Ldgr. parla bensì della forte chitinizzazione del cefalo-torace, ma non accenna affatto alla strozzatura ch’ esso presenta ai lati, e del tutto caratteristica. Tutte le forme seguenti di Hemiderlesia: A. (H.) gowdeyi, Newst.; A. (H.) fissidens, Ldgr.; A. (H.) fissidens var. pluridentatus Ldgr.; A. (H.) fissus, Ldgr.; A. (H.) fissidens var. constrieta, Malen. sono molto vicine tra loro, e derivano probabilmente da un’ unica forma primitiva. i Habitat. Su foglie di Ahizophora mucronata a Giumbo presso la foce del Giuba, 13 giugno 1913; e su foglie di una palma, la Hyphaene pyrifera Beccari insieme a Chionaspis pseudo-nivea Malen. sp. n. sulla spiaggia di El Sai, 21 giugno 1913. 9. Parlatorea (Websteriella) blanchardi (Targ.). (Tav. IX, fig. 35). Esemplari di questa specie, dal maschio ad ali cortissime, fu- rono raccolti a Merca il 6 giugno 1918 su palma da datteri. Riporto anche di questa la figura del pigidio della femmina, visto dal ventre (Tav. IX, fig. 35). (1) NEwSsTEAD R., Notes on Scale-Insects (Coccidae), Part I, pag. 77. « Bul. of Ent. Res. », Vol. IV, may 1913. (2) Afr. Schildl. III, pag. 35, 1910. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 345 10. Dinaspis reticulata Malen. n. sp. (Tav. X, figg. 42-48). Il genere Dinaspis del gruppo dei Diaspides, fondato recente- mente da Leonardi per la D. JIchesiù Leon. (1) e la D. Lahillei Leon., fu poi dallo stesso autore accresciuto delle altre cinque spe- cie seguenti, tutte dell’ Africa occidentale e meridionale, e cioè D. distincta, D. Giffardi, D. Lounsburyi, D. pseudomorpha, D. Sil- vestrii (2). Anche la Chionaspis permutans Green e la sua varietà verecunda Green (3) sono forme che stanno benissimo nel genere Dinaspis. Il quale è qui accresciuto da due specie, e da una varietà, tutte nuove per la scienza e cioè D. reticulata, D. reticulata var. minor e D. berlesei. La D. reticulata presenta i seguenti caratteri : Larva. Ovale allungata, a contorno leggermente incavato fra le antenne, le quali sono provviste di peli notevolmente lunghi (Tav. X, fig. 46). Gli anelli addominali sono abbastanza bene distinti fra loro e leggermente lobati al margine. Quivi, alle congiunture dei cinque anelli pre-pigidiali, è situato un pelo-filiera molto corto, ma grosso e largo, del tutto caratteristico. Il pigidio ha invece due grossi peli— filiere per lato, oltre a due sottili setole caudali, lunghe quanto i */, del corpo, mentre mancano le palette. Dimensioni della larva: 350 X 215 p. La spoglia larvale tanto del maschio che della femmina è di forma più allungata di quella della larva, misurando 540 %< 250 p.. quella della femmina, men- tre quella del maschio è alquanto più grande. Non ho veduto ninfe femminili; ma la seconda spoglia, o spoglia ninfale, è di forma allungata, ristretta anteriormente, allargata no- tevolmente nei primi anelli dell addome e posteriormente trape- (1) Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie della Repubblica Argentina. Por- tici, 1911, p. 282. (2) Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie dell’ Africa occidentale e meridio- nale. Portici, 1914, p. 213 e seg. (3) The Coccidae of Ceylon, Part. II, p. 130, 1899. ene.” BAL ETTORE MALENOTTI zoidale. Il torace è molto ben distinto dall’ addome per un soleo ben netto, e, ai lati del corpo, profondo. Il contorno libero del pi- gidio, salvo le minori dimensioni, somiglia moltissimo a quello della femmina, tanto per il numero che per la disposizione delle varie appendici. Dimensioni della spoglia ninfale: 870 X< 410 p. Colore delle spoglie giallo-aranciate. Femmina. Allungata, anteriormente ristretta, con l’addome note- volmente più largo, a guisa di fiasco. Se non aneora ovigera, mi- sura 1100X 500 1..; se ovigera, 1600 X 760 p. (Tav. X, figg. 44 e 45). Gli anelli del cefalo-torace, specialmente il secondo, sono molto sviluppati; inoltre, nella femmina matura, sono fortemente chiti- nizzati in guisa da costituire un robusto astuccio in cui la regione addominale, dopo l’ emissione delle giovani larve, rientra in gran parte. Le antenne sono tubercoliformi con una o due setole eon- torte a spira. La femmina non ancora ovigera non presenta aleuna struttura particolare dell’ epidermide, ma nell’ adulta matura 1 epidermide del cefalo-torace, eccetto la parte anteriore, e quella dei primi anelli dell’addome, mentre alla superficie esterna mantiene le finissime striature rettilinee e a zig-zag come accade in moltissimi altri Dia- spiti, alla superficie interna, invece, si ispessisce in zone, le quali si presentano suddivise in moltissime aree poligonali, per lo più ad esagono, separate nettamente fra loro da fossette sottili, che nel loro insieme formano un reticolato, ricordando altresì l aspetto del tessuto vegetale parenchimatico (Tav. X, fig. 48). Le zone d’ ispessimento si iniziano dal dorso, invadendolo a poco a poco fino al margine ; ma in seguito anche l’epidermide del ventre assnme identico aspetto. Spesso esse non si estendono a tutta la larghezza dei primi anelli addominali, rimanendo una o due striscie di epidermide più sottile al margine dei segmenti. Esempi di si- mile struttura epidermica nei Diaspiti sono rari. Se ne hanno in Ohionaspis retigera Ckll e in Mytilaspis (Lepidosaphes) defecta Mask. (1), forme non molto lontane dalla Dinaspis reticulata. (1) COCKERELL T. D. A., South African Coccidae. «'The Entomologist », 1901, pag. 249. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 345 La reticolazione poligonale della faccia interna dell’ epidermide si osserva pure nella femmina matura dell’ Howardia biclavis (Comst.) almeno dopo aver trattato gli insetti con soda bollente. Mentre, nelia Din. reticulata, la reticolazione si osserva bene anche nelle femmine mature non trattate con soda. In Aspidiotus (Spatheaspis) secretus, Ckll, si hanno figure esago- nali solo al margine della seconda spoglia (1); ed in Protodiaspis anomala Green, questi esagoni sono limitati al margine della grande paletta semicircolare situata posteriormente nella seconda spo- glia (2). Il pigidio della femmina è provvisto di due paia di palette, di cui le mediane sono bene sviluppate, più larghe che lunghe, smussate, crenulate al margine posteriore e verso il margine interno, il quale rientra in una insenatura notevolmente profonda dell’ orlo del pi- gidio. Questa insenatura è munita di due piecoli denti chitinosi triangolari, e, al dorso, di due peli semplici, piccoli e corti (Tav. X, fig. 47). Esternamente a ciascuna paletta mediana si incontrano : Due piccoli denti triangolari sotto lo sbocco di una grossa ghian- dola; una paletta piccola, triangolare o spatuliforme, a margini irregolarmente dentati e con due rilievi chitinosi alla parte ante- riore, dove, convergendo, si uniscono; un piccolo pelo semplice ; un secondo pelo-filiera; una insenatura, larga e poco profonda; rudimenti di due palette, molto smussate; un terzo pelo-filiera ; una seconda insenatura conformata come la prima ed infine un quarto pelo-filiera. Al dorso, Vl ano è sitnato molto anteriormente e si notano nu- merosi sbocchi di grosse filiere dorsali a tubo cortissimo e rag- gruppati in due serie per lato. Al ventre, l apertura sessuale è conformata a V rovescio e di- stante dall’ orlo esterno delle palette mediane la metà di quanto lo è V apertura anale. Mancano i dischi ciripari perivulvari. An- (1) GREEN E. E., Coccidae of Ceylon, Part I, pag. 64, PI. XV, fig. 5, 1896. (2) Id. id., New species of Coccidae from Australia, (from «The Bull. of Ent. Res. », Vol. VI, june 1915). 346 ETTORE MALENOTTI teriormente il pigidio è convesso, con una depressione per lato, intermedia fra 1 asse e l’ estremo orlo laterale del pigidio. Follicolo femminile. Bianco, tendente leggermente al grigio-ar- genteo, denso, robusto, lucido, stretto e lungo, leggermente ineur- vato, molto convesso, non carenato. Spoglie all'estremità del follicolo, di color giallo-araneiato. Dalla spoglia larvale sì partono lunghi e radi filìî sericei, candidi e con- torti. Dimensioni: 1900 x 600 pu. (Tav. X, fig. 42). Follicolo maschile. È anch'esso bianchissimo, stretto ma non molto lungo, diritto, piatto, coi lati paralleli, non carenato o con accenno di carena all’ estremità posteriore e di consistenza deli. cata. Dimensioni: 1300 X 400 pu. (Tav. X, fig. 43). Habitat. Sulle foglie dì una Salvadoracea, la Dobera macalusoi, a Uambatti, ove la raccolse il Prof. G. Stefanini nel Novembre 1913. Molti seudi vuoti di maschi alla pagina superiore delle foglie e qualche femmina all’ orlo delle medesime. Moltissimi altri furono raccolti su entrambe le pagine fogliari di una pianta (Capparidacea ?) rimasta indeterminata, a Mallàble, il 28 luglio 1913. Le cocciniglie non erano sparse confusamente sulle pagine fogliari, ma distribuite molto fittamente in parecchi sistemi di archi concentrici e molto accostati fra loro. 11. Dinaspis reticulata, var. minor Malen. n. var. (Tav. X, figg. 49-52). Questa varietà differisce dalla D. retieulata tipica specialmente per le dimensioni, che sono notevolmente più piecole, come mostra la seguente tabella : Dinaspis reticulata ei te rr tipica var. minor Spoglia larvale della femmina. — 540 Xx 250 410 x 240 » ninfale » » +. 870x410 700 Xx 350 Follicolo della femmina . . 1900 Xx 600 1600 x 400 » del maschio . . +. 1300 Xx 400 $90 Xx 850 Le differenze, però, sono anche di forma, poichè il pigidio del. l’adulta ha le palette mediane a lati paralleli, quelle del secondo DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 5347 paio tricuspidate, e talvolta si notano rudimenti di nn terzo paio contiguo al secondo (Tav. X, fig. 52). Il follicolo femminile è più piccolo, meno Incido, e quasi sempre diritto e la spoglia ninfale è rivestita da velo sericeo più denso e perciò più bianco, salvo all’ estremità posteriore, che sporge nuda del tutto (Tav. X, fig. 49). Il follicolo maschile è molto più corto del femminile, candido, piatto, feltrato, a lati paralleli e con una larga carena incompleta, limitata da due solchi appena marcati (Tav. X, fig. 50). Habitat. Su entrambe le pagine fogliari di una Zigofillacea, il Balanites somalensis, presso Matagassile il 24 settembre 1913. 12. Dinaspis berlesei Malen. n. sp. (Tav. X, figg. 53-56). Questa specie somiglia molto, nella larva e nella ninfa femmi- nile, alla D. reticulata tipica. Le sue spoglie pero sono di color rosso-aranciato molto ca- rico. Inoltre, la ninfa femminile è provvista di tre paia di palette invece che di due paia. La femmina è di forma allungata, ristretta anteriormente e col secondo anello del cefalo-torace sviluppato assai. Anche il terzo anello è considerevolmente lungo. A maturità, dopo la deposizione delle larve, gli anelli dell’ ad- dome rientrano così bene in quelli del cefalo-torace, che Vanimale assume un contorno trapezoide. In queste condizioni la femmina misura 1300 X 650 p. (Tav. X, fig. 55). Nelle adulte contenenti gli embrioni in grado di sviluppo molto avanzato non ho mai potuto osservare la reticolazione dell’ epider- mide, ciò che fa subito distinguere questa specie dalla precedente, Il pigidio, per grandezza e forma, somiglia molto a quello della D. reticulata tipica, ma se ne distingue per avere tre paia di pa- lette invece che due paia. Inoltre, le palette mediane sono deci- samente triangolari, coll’ estremità appuntita anzichè rotondata, e formano con il loro margine interno un arco più profondo e più grande ; oltre il primo pelo-filiera si nota nna sola sporgenza den- S4S ETTORE MALENOTTI tiforme sotto lo sbocco della grossa ghiandola. Il secondo paio di palette è conformato come nella D. reticulata tipica, il terzo paio è contiguo al secondo, e formato da palette simili a quelle del paio precedente, ma notevolmente più piccole. Oltre a questo paio di palette il profilo del pigidio non presenta difterenze in confronto a quanto fu detto per la specie precedente, alla quale il pigidio della D. berleseìî corrisponde infine per la posizione delle aperture anale e sessuale, e degli sbocchi delle grosse ghiandole dorsali a cortissimo tubo (Tav. X, fig. 56). Follicolo femminile. Molto allungato, stretto, diritto o legger- mente ricurvo, fusiforme, con la maggior larghezza nel terzo ante- riore, posteriormente rotondato. Lo scudo dorsale si presenta con- vesso, ma un po” meno che nella specie precedente, di cui è anche meno lucido, però egualmente denso e niveo. Nel terzo posteriore o su tutta la lunghezza si notano spesso due o tre leggieri rilievi longitudinali divergenti, non molto pro- nunciati, ma tuttavia ben visibili (Tav. X, fig. 53). Le due spoglie, larvale e ninfale, sono situate all’ estremità an- teriore, e parzialmente sovrapposte l’ una all’ altra. La spoglia larvale è molto lunga e stretta, a contorno lobato, con gli anelli molto ben distinti fra loro e leggermente carenata. Dimensioni 520 X 300 w. La ninfale pure è lunga e stretta, a contorno lobato, col torace ben distinto dall’ addome. Essa è di color rosso aranciato vivace, con la parte centrale più scura. Dimensioni: 1050 X 600 p. Lunghi e radi fili sericei candidi si intrecciano anche in questa specie attorno alla spoglia larvale. Velo ventrale candido, quasi completo. Dimensioni del follicolo 2450 Xx 700 e quindi maggiori che nella specie precedente. Follicolo maschile. Il follicolo maschile è molto più piccolo, stretto, carenato su tutta la lunghezza, coi lati paralleli e con piccoli solchi a spina di pesce fra la carena e gli orli. È di color grigio-chiaro paglierino, quasi translucido (Tav. X, fig. 54). Dimensioni: 1100 X 350 pu. Habitat. Sopra la pagina ventrale delle foglie di una Cappari- DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 5349 dacea, forse riferibile al genere Cadaba, a Biobahàl, sul Giuba, il 26 settembre 1915. 13. Chionaspis usambarica Lder. I sette od otto esemplari di questa specie, tutti adulti femmine, furono raccolti sulla pagina inferiore delle foglie coriacee del Xylo- carpus obovatus alla foce del Giuba, nelle formazioni a Mangrovie, nel settembre 1913. Essi corrispondono bene alla precisa descrizione ed alla figura del pigidio esposte dal Lindinger (1) senonchè nei campioni da me esaminati le palette del secondo paio sono un po’ meno svilup- pate di quelle vedute dal suddetto autore. 14. Chionaspis elongata Green. Pochissimi esemplari, maschi e femmine, di questa bella specie furono trovati sulla pagina inferiore delle foglie di una Celastracea, la Cassine holstii, presso Giumbo, il 12 giugno 19153. 15. Chionaspis pseudonivea Malen. n. sp. (Tav. X, figg. 38-41). Larva. Ovale, lunga 280 e larga 175 p.. con I orlo del corpo lievemente ondulato, e con una leggiera strozzatura fra il torace e addome. Il pigidio presenta da ciascun lato: due grossi peli-filiere, una setola caudale di regolare sviluppo e due paia di palette brevi, larghe, ialine, a margine posteriore inciso al lato esterno. Aleuni altri peli-filiere, corti e grossetti, trovansi agli orli degli ultimi segmenti pre-pigidiali. Spoglia larvale allungata, misurando quella della femmina 430 X 240 u.. con il torace ben distinto dall’ addome. Colore della spoglia: carnicino. l Spoglia ninfale allungata, di color carnicino, lunga 800 e larga (1) Afrik. Schildl., V, pag. 18, fig. 4, 1913. 350 ETTORE MALENOTTI 410 p.. col torace ben distinto dall’ addome, col pigîdio avente due paia di palette piccole, triangolari, ialine e due paia di peli-filiere. Il contorno del pigidio è leggermente incavato nel mezzo e pre- senta tre profonde insenature per ciascun lato. Femmina. Allungata, alquanto più ristretta nella parte anteriore, da dove va allargandosi gradatamente, raggiungendo la massima larghezza nei primi anelli dell’ addome. Misura 1130 X 490 p. Tutti i segmenti del corpo sono molto ben distinti, anche agli orli, ed i segmenti dell’ addome quivi sono lobati (Tav. X, fig. 40). Antenne della forma solita; stigmi senza dischi ciripari. Colore del corpo giallo bruno; nelle femmine giovani giallo citrino, col pigidio giallo-rossastro. Pigidio rotondato, fornito di tre paia di palette, tutte triango- lari. Quelle mediane comprendono fra loro una insenatura larghetta ma non troppo profonda, ed in cui sono inseriti due peli semplici. Esse hanno i margini laterali una volta incisi e sono rotondate all’ apice. Esternamente a ciascuna paletta mediana si incontrano : un pelo-filiera ed una piccola punta triangolare sotto lo sbocco di una grossa ghiandola; poi le palette del secondo e del terzo paio, piccole, contigue, triangolari, acute, a margini pressochè uni- formi e di cui quelle del terzo paio sono un poco più piccole. Poi un secondo pelo-filiera ed una prima insenatura sotto lo sbocco di una grossa ghiandola, indi un terzo pelo-filiera ed una se- conda insenatura; un accenno di insenatura sotto lo sbocco di altra ghiandola, un quarto pelo-filiera ed infine una terza inse- natura (Tav. X, fig. 41). I peli-filiere sono piuttosto sottili in rapporto alla loro lun- ghezza; ed a ciascuno di essi corrisponde una coppia di piccoli peli semplici. Il margine anteriore del pigidio è molto convesso. Al ventre, si hanno cinque gruppi di dischi ciripari perivulvari, varianti intorno alla formola : 4 TREN 15-12 Inoltre, attorno alla vulva, seguendo il margine interno dei gruppi di dischi ciripari, è caratteristica una piega dell’ epidermide, a contorno tondeggiante. DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 351 AI dorso, l’ ano è situato molto all’ innanzi, in corrispondenza del gruppo anteriore di dischi ciripari. Ai lati dell'apertura anale vi sono due serie di sbocchi di ghian- dole: la più interna ne conta da cinque a sette; la più esterna da undici a quattordici, disposti ad arco, e termina presso la se- conda insenatura del pigidio. Follicolo femminile. Allungato, diritto o ricurvo, con la maggior larghezza nel terzo posteriore, e con le esuvie ad una estremità. Non è molto convesso, tanto che la parte mediana e la posteriore possono esser pianeggianti ed a volte, la sola mediana, anche leg- germente incavata in un solco longitudinale. È di notevole consi- stenza, lucido, e di colore variante dal bianco niveo al paglierino chiaro, con esuvie giallo-brune (Tav. X, fig. 38). Esso misura circa 3 mm. di lunghezza e 0,7-0,9 mm. di maggior larghezza. Follicolo maschile. È molto più piccolo, misurando 1290 x 350 LU. e di consistenza fragile. Esso ha i lati paralleli e, per tutta la sua lunghezza, è provvisto di una stretta, ma ben visibile carena me- diana (Tav. X, fig. 39). La specie somiglia molto alla Lepidosaphes nivea Maskell, special. mente nella conformazione del pigidio della femmina; ma ne dif- ferisce per la maggior lunghezza del follicolo femminile, pressochè doppia in confronto a quello della Lepidosaphes nivea, per avere il follicolo maschile decisamente carenato e per il minor numero di peli-filiere ai lati dei segmenti addominali pre-—pigidiali nella femmina. Habitat. Fu trovata abbondantissima su foglie di una Palma Dum, l’Hyphaene pyrifera, insieme a discreto numero di individui di Hemiberlesia fissidens (LAgr.), var. constrieta, Malen. sulla spiaggia di El Sai, il 21 giugno 1913. 16. Chionaspis paolii Malen. n. sp. (Tav. IX, figg. 36 e 37). Larva. È di forma allungata, misurando 300 X 140 w., coi lati paralleli. Ha contorno leggermente incavato fra le antenne, dove Lal - % LAO] STU A fa I A 302 ETTORE MALENOTTI sono impiantati due peli lunghetti. Gli anelli dell’ addome sono ben distinti, ma non al margine. Pigidio fornito di due corti peli-filiere per ciascun lato. Oltre i due peli-filiere sì nota una sporgenza corta e larga a guisa di paletta. Le setole candali sono lunghe quanto la metà del corpo. La spoglia larvale della femmina misura 450 X 200 p.., quella del maschio 560 x 370. La spoglia larvale della femmina è di color paglierino ; quella del maschio aranciato. Ninfa femminile. È anch’ essa allungata, cogli anelli del torace non distinti da quelli dell’ addome, e col pigidio armato di tre peli-filiere e di due palette per lato. Le palette sono piecole, brevi, rotondate, ialine. Dimensioni della spoglia ninfale: 690 X< 300 p. Femmina. Allungatissima, misurando 1000 p.. di lunghezza per soli 270 di larghezza. Contorno del corpo liscio, con gli anelli ad- dominali non sporgenti aftatto agli orli. Epidermide sottile anche nella femmina matura, con pigidio colorato in giallo. Antenne molto piccole; stigmi anteriori situati un poco più al- l indietro di quanto si osserva ordinariamente nelle forme conge- neri, e provvisti di due o tre dischi ciripari. Stigmi posteriori senza dischi. Pigidio avente tre paia di palette, tutte ialine ed a margini ro- tondati e lisci. Le mediane sono divergenti e divise da un’ inse- natura in cui non sì riscontrano nè peli semplici nè peli-filiere. Quelle del secondo e del terzo paio sono più piccole, vicine alle mediane e contigue tra loro. Oltre il terzo paio di palette si no- tano quattro o cinque insenature larghe e poco profonde, eorri- spondeuti agli sbocchi, ad orlo molto chitinizzato, di altrettante filiere. Fra queste insenature se ne trovano altre più piccole. Dei peli-filiere se ne hanno diversi per lato : Subito esternamente alle palette mediane se ne hanno due, im- piantati l uno al dorso, 1’ altro al ventre, e riuniti a coppia. Un’al- tra coppia si trova subito dopo le palette del terzo paio. Un altro pelo-filiera trovasi sotto alla prima delle insenature maggiori, altri in numero vario da quattro a sei, talvolta accoppiati, oltre la prima insenatura. I peli semplici sono piccoli, esili e brevi. toda di Masi © DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 5355 A) dorso l’area centrale del pigidio manca degli sbocchi delle filiere dorsali. Di questi se ne hanno due o tre per lato, in corri- spondenza dei gruppi laterali anteriori dei dischi ciripari perivul- vari, e quattro o cinque per lato al margine anteriore del pigidio. Dallo stesso margine, verso ’ asse, si staccano due pieghe mag- giori dell’ epidermide in direzione dell’ apertura anale, la quale è situata allo stesso livello di quella sessuale (Tav. IX, fig. 37). Al ventre, si hanno cinque gruppi di dischi ciripari perivulvari, secondo le formole : 6 6 9-8 oppure 10-8, 8-7 8-5 Follicolo femminile. Allungatissimo, stretto, a lati paralleli, con esuvie giallastre poste ad un’ estremità. È liscio, molto convesso, di media consistenza e bianchissimo. Misura 2500-300 p. di lun- ghezza e soli 270-300 p.. di larghezza. Follicolo maschile. È molto più corto del femminile, e misura 1000 x 250 p.. Anch’ esso è bianchissimo, ma | unica spoglia è di colore aran- ciato. Esso è provvisto altresì, per tutto il corso della sua lun- ghezza, di una carena stretta e tagliente. Habitat. Sulle foglie strettissime e lunghe di una Ciperacea, il Mariscus chaetophyllus a Bur Meldàe, il 23 luglio 1913. Le foglie di questa pianta hanno Je pagine piegate attorno alla nervatura mediana; così che gli insetti fissatisi alla pagina ven- trale, appariscono con | esuvia larvale infossata nel solco della foglia, come mostra lo figura 36 della Tav. IX. 17. Lepidosaphes (Coccomytilus) somalensis Malen. n. sp. (Tav. X, fig. 57). Femmina. Molto allungata, alquanto più stretta nella regione ce- falica, lunga 1100 p.., larga 270, coi margini laterali paralleli, e col pigidio largo quanto il corpo. L’ epidermide anche nelle ovi- gere è sottile e trasparente ; mentre il pigidio è colorato in giallo. Esso è semicircolare, provvisto di un solo paio di palette, le mediane. Queste sono bene sviluppate, tanto larghe che lunghe, ac- « Redia r, 1915. 28 354 ETTORE MALENOTTI costate fra loro, col lato interno parallelo all’ asse del corpo, con l’ esterno smussato e finemente denticolato verso la base e col po- steriore rotondato. Nell’ insieme del loro contorno, esse ricordano l'aspetto delle palette mediane delle Hemichionaspis. Esternamente a ciascuna paletta si riscontrano: due grosse filiere a tubo corto, sboceanti ciascuna in un rilievo a guisa di dente triangolare sul- l'orlo del pigidio, altre tre filiere di mediana grandezza, con lo sbocco situato a breve distanza dall’ orlo del pigidio ; le piccole filiere corrispondenti a ciascun pelo sono ben visibili. Dei peli-filiere se ne hanno sei per lato, e di questi i tre più esterni sono tra loro più ravvicinati degli altri tre (lav. X, fig. 57). Dei peli semplici se ne hanno sei paia per lato. I più interni sono piuttosto corti; ma gli altri raggiungono e sorpassano in lunghezza i peli-filiere, mentre sono molto più sottili di questi. Al ventre mancano i dischi ciripari perivulvari. AI dorso, l epidermide della parte anteriore del pigidio si mo- stra scolpita in grandi areole a contorno convesso, come si osserva in Ischnaspis longirostris (Sign.), in Ischnaspis bipindensis Ldgr, e un poco anche in Lepidosaphes aberrans Ldgr. L’ apertura anale è situata al centro del pigidio ; la sessuale, alquanto più indietro. Follicolo femminile. Lungo, stretto, più o meno ricurvo, di 1500 X 550 p.., nero, convesso, con le esuvie di color rosso bruno, di cui la ninfale carenata. Entrambe le esuvie, negli esemplari da me osservati, si presentavano rivestite dall’epidermide della pianta— ospite, distesa sovr’esse a guisa di un retieolato a maglie esagonali o pentagonali. Follicolo maschile ignoto (1). Habitat. I pochissimi campioni furono raccolti sulla corteccia del tronco di Acacia asak insieme a Pseudaonidia quadriareolata Malen. ad Allengo, settembre 1913. Firenze, R. Stazione di Entomologia Agraria, 31 gennaio 1916. (1) Questa specie rientrerebbe bene, per molti caratteri, nel genere Ischnaspis, Dougl.; ma mi sono astenuto dall’ includervela per la mancanza di dischi ci- ripari perivulvari. D’ altra parte, non avendo potuto osservare i follicoli ma- schili, il riferimento al genere Lepidosaphes (Coccomytilus) resta soltanto dubbio. stà Sa RS DIASPITLI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 355 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE® TavoLa VIII, Aspidiotus (Evasp.) destruetor Sign. Pigidio della DI dal ventre (circa Do) \ Lai . Aspidiotus (Evasp.) destructor Sign. Scudo della O: dal dorso (7) 2 3. » » lataniae Sign. Pigidio della 2, dal dorso (molto ingrandito). 4. Aspidiotus (Evasp.) destructor Sign. Altra forma di 9, dal ventre (€). 5. » » » » » » Pigidio della stessa dal ventre () >. Aspidiotus (Evasp.) cyanophylli Sign. 9; dal ventre (18), b e 4 » Pigidio della Q, dal dorso () 8. » » orientalis Newst. 9, dal ventre (5°) dit» » » >» Pigidio della Q, dal dorso (1) 10. Chrysomphalus rossi (Mask.). Pigidio della ©, dal dorso (1) Tell » » var. ferrandii Malen. Q, dal ventre (È) 12. » » » » Pigidio della Q, dal dorso (7) 13. » piceus Malen. Seudo del I, dal dorso (È) sl = spoglia larvale. 14. Chrysomphalus piceus Misia. sn= spoglia ninfale. Sendo della 9; dal dor- a = primo anello nero costruito dalla 9. a’ = secondo anello nero, incompleto, co- struito dalla Q. (1) La figura 3 della Tavola VIII è tolta dal Green; tutte le altre sono originali. 356 » ETTORE MALENOTTI = TEMI è. RE 4 ; s6 Fig. 15. Chrysomphalus piceus Malen. 9, dal ventre (P) 16. » » » Pigidio della @, dal dorso (©) » » » » » » Tavora IX. . 17. Chrysomphalus piceus Malen. Parte del pigidio della 9 dal dorso (F) 18. » » » Pigidio della larva, dal dorso (FT 19. Pseudaonidia articulata (Morg.) Larva, dal ventre (P) 20. » » » Pigidio della larva, dal dorso (TI) 21. » » » Antenna della larva (FT) 99. » » » Zampa anteriore della larva (FT) 23. » » » Pigidio della 9, dal ventre (È) 24. » quadriareolata Malen. Spoglia ninfale, dal dorso (È) 25. » » » Pigidio della seconda ninfa fem- minile () 26. Pseudaonidia quadriareolata Malen. Q appena staccatasi dalla spoglia E 66 ninfale (T) 27. Pseudaonidia quadriareolata Malen. Pigidio della 2 giovane (T) 1 28. » » » 2 dal ventre dopo la costruzione del suo follicolo (5°) 29. Pseudaonidia quadriareolata Malen. 9 dal dorso dopo la costruzione del suo follicolo (7) 30. Pseudaonidia quadriareolata Malen. Rilievi puntiformi dell’ epidermide 500) dorsale, nella Q matura (FP) 31. Hemiberlesia fissidens (Ldgr.) var. constrieta Malen. Scudo della 9 dal dorso (È) 3 1) 32. Hemiberlesia fissidens (Ldgr.) var. constricta Malen. Q, dal dorso (1° » DIASPITI RACCOLTI NELLA SOMALIA ITALIANA MERID. 357 Fig. 33. Hemiberlesia fissidens (LAgr.) var. constricta Malen. 9, dal ventre (n) 34. » » » » » » Pigidio della 9, dal torso (21°) dorso |). 35. Parlatorea (Websteriella) blanchardi (Targ.). Pigidio della 9, dal ven- t (I) re (—). L, Fig. 36. 37. 38. 39. 40. 4l. 42. 43. dd. 45. 46. Chionaspis paolii Malen. Porzione di foglia di Mariscus chaetophylIum mostrante una 9 fissatasi alla pagina interna ed al- lungatasi poi esternamente sovra i due lembi fra loro accostati della foglia (È). Chionaspis paolii Malen. Pigidio della 9, dal ventre (1) TAVOLA X. Chionaspis pseudonivea Malen. Follicolo della Q, dal dorso (3) / 31 » » » » del J', dal dorso (SO): » » » 9; dal ventre (È) > o » Pigidio della Q, dal dorso È 30 Dinaspis reticulata Malen. Follicolo della Q, dal dorso (FT) ; 30) » » » » del I, dal dorso (7) » » » Q ovigera distesa (8). » » » Q dopo la deposizione delle larve, di fi (È anco FT) A A 5 400) Dinaspis reticulata Malen. Antenna della larva (7) SNA 260 » » » Pigidio della Q, dal dorso (FT) » » » Alcuni anelli della Q ovigera, di fianco, mostranti zone di epidermide ispessite in aree poli- gonali e non ancora giunte alla loro massima esten- 5 127 sione (1) . MALENOTTI — ETTORE Fig. 49. Dinaspîs reticulata var. minor Malen. Follicolo della SÉ dal dorso (FP) : d 3 : » 50. » » » » » del dt, » (TP) ; i v A n >» Sl. » » » » Q, dal ventre (È) È a a, È è È » Pigidio della Q, dal dorso a) ci * : % = » 53. Dinaspis derleseì Malen, Follicolo della SA dal dorso (FT) A 0 » 54. » » » » del d'. » () n - = » bi. » » » » Q dopo la deposizione dei nati (FT) Si » 56. » » » » Pigidio della @, dal dorso (FT) DI »- 57. Lepidosaphes Said somalensis Malen. Pigidio della @, dal i al È n dorso (7) N° ci fi ” È CAT (e) 4{REDIA%» | *4REDIA» lo 47 atm sREDIA»x loZ 47 sed das. VIZ4 7/4 AGO po 4 I Or VIE ZI tira 4 p DIE, di 3 UG AZIZ È DÌ #0 0 0, di « e n > ‘ 9 è > } Po > ” ] è fl IT 4 » f. 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Stazione di Entomologia Agraria in Firenze Via Romana, 19 Il giornale « Redia » è destinato a comprendere lavori originali (anche di Entomologi non pertinenti alla Stazione) sugli Artropodi, lavori di Anatomia, Biologia, Sistematica, Entomologia economica ecc. Esso si comporrà annualmente di un volume di circa 24 fogli di stampa, e delle tavole necessarie alla buona intelligenza dei lavori. Prezzo d’ abbonamento al periodico L. 25,00, anticipate per ogni volume. Si desidera il cambio coi giornali di Zoologia e specialmente di Entomologia. Il Direttore Prof. ANTONIO BERLESE. NB. — Si pregano coloro che inviano nnhhlicaziani in anmti- tutte a questo p. “ Redia , GLI INSETTI MORFOLOGIA E BIOLOGIA DI ANTONIO BERLESE Di questo libro, che è destinato alla illustrazione anatomica e biologica degli Insetti, è completo il Volume I, di 1016 pa- gine con 1292 figure nel testo e 10 favole fuori testo. Le figure sono per la massima parte originali. Contiene i seguenti capitoli : PREFAZIONE. — I. Breve sioria della Entomologia; II. Grandezza degli Insetti; Ill. Piano di organizza- zione degli Insetti; IV. Embriologia generale; V. Mor- fologia generale; VI. Esoscheletro; VII. Endoscheletro; VII. Sistema muscolare; IX. Tegumento; X. Ghiandole; XI. Sistema nervoso ed organi del senso; XII. Organi musicali e luminosi; XIII. Tubo digerente; XIV. Si- stema circolatorio e fiuido circolante; XV. Organi e tessuti di escrezione plastica; XVI. Tessuto adiposo e sviluppo degli organi e tessuti di origine mesoder- male; XVII. Sistema respiratorio; XVIII. Organi della riproduzione. A + Ciascun capitolo è accompagnato da una ricchissima. biblio- grafia, la quale raggiunge in tutto 3276 lavori di Anatomia. Un supplemento alla bibliografia dei singoli capitoli la com- | pleta fino a tutto il 1908. 3 Formato 8° grande; carattere molto fitto. 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