È va o 9% Lisa) ) { N HA (S D7 L RAI è EA. dll SO di TIA rn P. VAN & ES 4 î ì | { I ) ì : ; y 9, \VAGATATAVA y DA DI i è DI : DI | DI DTD _IDII 2 DI toe», - Ng a da agi NIGEÙ Y U UA My IATA, VAAG O ISIN VR il i, DE j Zi AND, d PIGGA TV Die 0A O) DÒ. S VEGA DI E: o FEE DITE ERI?_JBLD bot) > = DI LI PS > 2 o.) O. si È; 55 d° IPOD II SDWOI "5 DI L: BZ PIA Si DIDPDD_N > 1% 13 ST d DIL III IVI DIE? I so > Db dI i Na » D DI >» » 33 SL 3OSÌ ris cs co "ali Se N] I te: Ù tl . % ‘4 ' pes ' i : LI À M ' v + _ i ' ‘ È ' \ è : ‘ nti . I UL ' Pisi ' ' Ò U fi - n Ù . i ' : ù ' Li ui Ù . . : a PA ; : ' Pa î . _ mer li U 5 È si è , i Ù Ù 4 | P ‘ i “ ! R : DI : _ | NO: : ‘ P x AR I fi il p i | i a 3 i la a \\ se AGI I DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. IUS/©ML SELES Io VISI FTA RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. VOLUME X. 2° SEMESTRE. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI TA DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ALTA (ION tI RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI pervenute all’ Accademia sino al 7 luglio 1901. An xo, Meccanica. — Sulla resistenza dei mezzi fluidi. Nota di T. Levi-Civita, presentata dal Socio Sracci ('). A me pare che la legge di Newton (resistenza proporzionale al quadrato della velocità v), relativa ai fluidi incompressibili, si possa ricavare teorica- mente, senza uscire dalla idrodinamica pura. Per i fluidi compressibili, come ad es. l’aria, la cosa si complica un pochino. Tuttavia, finchè una certa serie converge, ciò che sembra ben plausi- bile per v inferiore ad un certo limite (forse 279" al secondo, se si risguarda il movimento del fluido come un processo isotermico) (2), la legge della re- sistenza si presenta sotto l'aspetto CAN 000 R=esttatat4, essendo 0 la densità del mezzo (opportunamente precisata), le 4 costanti, che dipendono soltanto dalla forma del corpo, e c la costante della legge di Boyle (quindi — NA quantità molto piccola), talchè, per valori moderati di , potranno bastare il primo, o al più i primi due termini della serie. (1) Estratto di una lettera al senatore prof. F. Siacci. (2) Considerazioni dello stesso tipo si potrebbero istituire, risguardandolo invece come adiabatico. Tale del resto andrebbe ritenuto nel caso di grandi velocità. Come probabile velocità limite (per la convergenza dello sviluppo di R) si presenta allora quella del suono. Lascierò qui di occuparmene, per non complicare con formule poco istruttive un semplice abbozzo, quale il presente. re Risultati questi perfettamente conformi all’ esperienza (!). Il difficile rimane sempre, anche sotto questo punto di vista, di ricono- scere il comportamento della resistenza per v molto grande (0, se si vuole, la espressione asintotica di R, al crescere indefinito di v). Ciò spiega in certo modo l'origine delle gravi difficoltà, che si incontrano nella balistica, e che Ella ha così luminosamente discusse. Ecco come io giustifico le mie asserzioni. Considero, per maggior semplicità, un corpo S animato di velocità tras- latoria uniforme v, e immerso in un fluido indefinito non sollecitato da forze. Per effetto del moto di S, il fluido pure entra in movimento. Con quale legge? Come è ben noto, l'ipotesi di un movimento continuo in tutto lo spazio esterno ad S conduce a conseguenze affatto inattendibili circa la resistenza del fluido. La risultante delle pressioni, esercitate dal fluido su S, riesce iden- ticamente nulla; ossia un corpo in moto traslatorio uniforme non incontra alcuna resistenza di mezzo. Di solito si attribuisce questo risultato, così apertamente in contraddi- zione coll’ esperienza, all'ipotesi teorica che si tratti di fluidi ideali. I fluidi naturali sono viscosi, si dice; nessuna meraviglia dunque che essì si compor- tino in modo diverso. Ogni difficoltà logica vien così tolta di mezzo. Ma resta pur sempre assai strano che, mentre in moltissime altre questioni la ipotesi della perfetta fluidità risponde con discreta approssimazione alle condizioni di fatto, in questo solo caso se ne tragga una deduzione affatto contraria all'esperienza. Ciò fa pensare che, proprio in questo caso, la posizione ana- litica del problema introduca qualche elemento, apparentemente innocuo, ma ben più lontano dalla realtà che non sia il carattere di fluido perfetto. Tale è, a mio avviso, l'ipotesi della continuità del movimento del fluido in tutto lo spazio esterno al corpo. Sostituendo questa ipotesi con - altra, più con- forme all'esperienza quotidiana (delle colonne fluide, che i corpi in movi- mento un po’ rapido si tirano dietro), e del resto perfettamente analoga a quella ammessa nella teoria delle vene fluenti, si pone assai bene in evi- denza il fenomeno della resistenza del mezzo, indipendentemente dalla visco- sità. Oserei anzi affermare che, per velocità superiori ad un certo limite, l'influenza della viscosità si può ritenere affatto trascurabile. 1. Introduco pertanto le seguenti ipotesi: 1°. Il movimento del fluido, prodotto dal corpo S (stazionario ri- spetto allo stesso S), presenta dietro il mobile una superficie di disconti- nuità d estendentesi fino all'infinito a partire da una certa curva s del contorno o di S. (1) Cfr. per es. Nazzani, /draulica pratica, vol. I, pag. 302; Loria, Ze strade fer- rate, vol. II, cap. 1. Dego — 2°. Le molecole fiuide, appartenenti alla regione posteriore B, si comportano come se fossero rigidamente collegate con S. 8°. Il moto del fluido nella regione A è irro- tazionale; e soddisfa alle solite condizioni all’ infinito (in quanto naturalmente vi si tenda senza uscire da A). Diciamo 0, e 0, le due regioni (anteriore e posteriore) della superficie o del corpo, separate da s. Gli assi di riferimento x,y ,g sì suppongano rigidamente collegati ad S, coll’asse 2 diretto come la velocità. Sia y il co- seno dell'angolo, che la normale esterna 7, in un punto generico di 0,,0, 0 di d, forma coll'asse # (chiamando esterna, rispetto a d, la direzione rivolta verso A); vg il potenziale di velocità relativo ai punti di A. 2. Considero dapprima il caso di un fluido incom- pressibile di densità costante 0, e allora 4 deve soddi- sfare in A alla equazione indefinita (1) 459 =0 (1); sul contorno 0, + d alla TT (2) sg nonchè alle condizioni all’ infinito. Dicendo p, e ps (quest'ultima evidentemente costante) le pressioni in un punto generico di A e di B, si ha sopra d Pe Pa: Dacchè in tutto lo spazio A la pressione è definita in termini di g dalla relazione Mi e) ih 2 e P 1a L=c-Lagg+e® 0, (1) Abbrevio al solito in 429 e (4;9)? i trinomi d*@ | d*@ | d°@ e ($£ 7 +( dp inn SARE, It dz ) rispettivamente. (2) i ad assi fissi éÉ, 7,6, si avrebbe 1 Zi (i 0° ( Luz (e Ù dp Ai diri immaginando SR il potenziale 9 espresso per £,7,6,t. Ora si può supporre che g(É,7,6;t) provenga dalla espressione qui considerata @(4,Y,z), ponendovi a = È, y=n, z=%—ot. Si ha in tal caso do __dp d@_d dp_ dd _ dp Ce Rd dt de donde la formula sopra scritta. gua dove C è una costante, e che nei punti di A situati a distanza infinita le derivate di g si annullano, sì ha (00) Ro il Ge 0 1 Considerando in particolare un punto infinitamente distante sopra d, ne | deduciamo 1 Cie ol con che la espressione della pressione in un punto qualunque della regione A diviene 6 t] d (3) Pa = Ps 4 00° $ ia ca (419)? {. Nei punti di d si ha conseguentemente 4) D, INIZIA ( ( 19) 2 de 0, e così in definitiva la incognita funzione g deve soddisfare alle equazioni (1), (2), (4). Se d fosse data a priori, le (1), (2) (tenuto conto delle condizioni all'infinito) basterebbero a determinare la g. Ma d non è data, e si tratta appunto di determinarla in modo da rendere simultaneamente soddisfatte le (1), (2), (4). Dal punto di vista del rigore matematico inceppiamo qui in una questione di esistenza, che cogli attuali mezzi analitici non sì sa- prebbe discutere. Fisicamente la questione di esistenza viene sostituita, e ri- soluta in senso affermativo, dalle ipotesi sopra dichiarate. Ciò posto, l’ essenziale per noi si è di osservare che la definizione di g, in base alle (1), (2), (4), dipende unicamente dalla forma del corpo S, e non dalla velocità v, nè dalla densità @ del mezzo. Di quà segue immediatamente la legge di Newton. Infatti la resistenza totale R, incontrata dal corpo nel suo movimento, è data da Ri= fo do = Pay do, +S Prey do, . Ma, ps essendo costante e 0, + o, costituendo una superficie chiusa, fa dos =-f Pay do, ; Ap e quindi, posto per p, il suo valore (3), d (5) ) Ref 4/29 (4g) ydo,, Pe] e ciò dimostra l’asserto. Prendendo /= 9g — #, si ha in vf il potenziale di velocità di una cor- rente, (di velocità limite v nel senso delle 3 negative) interrotta dal corpo S. La forza, che è necessario vincere perchè S non sia trasportato dalla cor- rente, è ancora espressa dalla (5), ossia, introducendovi / al posto di , da R=e0 f sil —-(4f)°}ydo,. i Questa formula è un'ovvia estensione, al caso di tre dimensioni, di quella stabilita da Lord Rayleigh per la pressione, che si esercita sopra l’unità di lunghezza di una lamina infinitamente lunga a orli paralleli (!). 3. Venendo ora al caso di fluidi elastici, avremo, supposta la validità della legge di Boyle, p=c@ (c costante), E cia La equazione di continuità assume l’ aspetto dl : “i su vi‘ =0 ’ ossia anche 104. fd ME) Ta di + v 2Y 0; mentre le equazioni di Eulero si riassumono in i 2a PISA 2 P=0+05}2T— (Agi. (*) Cfr. per es. Kirchhoff, Vorlesungen ber mathematische Physik, B. I, pag. 307. E Renee Eliminando P fra queste due equazioni e ponendo IPIlo [RN al (dp dg dp _ e dI “ua > gii i dy i {rig ni rg (19) sì ha (1.is) dg + 40p9=0. Un ragionamento identico al precedente mostra che C=P.,=elogps; quindi DN GOR 2 (8!) pi— pa= ps [e° pi052 ( FT vi I dp __ 19)? (505) R= Ps [e Go È dz CD) —_ 1] y do, Le condizioni determinative di 4 sono ora la equazione indefinita (1P's) colle (2), (4) e condizioni all'infinito. Per 4 abbastanza piccolo ('), è presumibile che la espressione analitica di g si possa sviluppare in serie di potenze di 4 Po + Api 4: ::; dP 241207 gr lo stesso avviene allora per e ; quindi per R. Il primo ter- mine dello sviluppo di R è v? dà dPo che corrisponde alla resistenza di un fluido incompressibile, avente dapper- tutto la densità costante della regione B. (1) Se si tratta dell’aria, si ha in unità [C. G.S] c= a 10°; quindi, qualora basti per la convergenza dello sviluppo che sia 4< 1, il limite per v, in metri, si trova essere v = 2792, So, 1) pera 2 Badando che i=, risulta in definitiva Euasiota + |. dove i coefficienti a dipendono esclusivamente dalla forma del corpo S. 4. Osservazione. — La circostanza che, supponendo il movimento del fluido ovunque continuo, la resistenza incontrata da S riesce identicamente nulla si suol rendere intuitiva per via energetica, ragionando come segue: Dacchè si tratta di un fluido perfetto, la forza viva, posseduta da S in un generico istante, non può cambiarsi in altra forma di energia (termica o chimica per es.); per il carattere stazionario (rispetto ad S) del movi- mento del fluido, determinato dall’ uniforme traslazione di S, non vi può es- sere trasmissione di forza viva da S al fluido. Dunque l'energia cinetica di S rimane inalterata, il che equivale appunto ad una resistenza nulla. Molto opportunamente il sig. Foppl, nelle sue Vorlesungen ber techni- sche Mechanik ('), aggiunge a questo proposito che non può nemmeno sor- gere il dubbio che si stabilisca un flusso (stazionario rispetto ad S) di energia accumulantesi all'infinito, dato il comportamento all'infinito del potenziale di velocità, quando appunto lo si determina in base alle ipotesi consuete. Colle nostre ipotesi il comportamento è diverso, poichè concorre all'in- finito anche la superficie d. Il flusso non è più identicamente nullo, e questo spiega la sottrazione di forza viva, che un fluido, anche perfetto, determina colla sua resistenza nei corpi in movimento. La energia, sottratta ad S, non si distrugge naturalmente, nè si trasforma, ma soltanto si trasporta all'in- finito e vi si accumula; in teoria. Quel che avviene nella realtà si è una dispersione per la massa fluida di energia cinetica, assorbita dalle varie re- sistenze passive. Tale dispersione ha però rispetto al movimento di S (che qui costituisce la parte essenziale del fenomeno) gli stessi effetti del trasporto a distanza infinita contemplato dalla teoria. Geodesia. — n principio fondumentale nello studio delle superficie di livello terrestri. Nota di PAoLO PIZZETTI, presentata dal Socio BIANCHI. Storia della scienza. — Di una lettera inedita di Nicolò Tar- taglia. Nota di V. Tonni-Bazza, presentata dal Socio V. CERRUTI. Le due Note precedenti saranno pubblicate nel prossimo fascicolo. (1) B. IV, pag. 367. RenpICcONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 9 SE a Mineralogia. — Appunti sopra alcuni minerali delle Cetine di Cotorniano presso Rosia (in Provincia di Siena) (). Nota di ALBERTO PELLOUX, presentata dal Socio STRUEVER. Nell'aprile scorso il comm. G. B. Traverso, ingegnere consulente della miniera antimonifera delle Cetine, gentilmente mi donava una piccola ed interessante raccolta dei minerali di quella località; la descrizione di questi minerali, che oggi figurano nel Museo Mineralogico della R. Università di Roma, forma l'oggetto della presente Nota. Stibina. — È il minerale industrialmente più importante della miniera di Rosia; della sua giacitura trattarono il Fabri (?) ed il Traverso (3), delle forme dei cristalli, l' Artini (4); credo quindi superfluo di parlarne limitan- domi ad osservare come nei campioni ricevuti la stibina si presenti sotto varî aspetti, e cioè: a) in aggruppamenti cristallini a struttura fibroso-raggiata; 5) in cristalli aciculari disseminati nel quarzo compatto; c) in brillanti e piccoli cristalli prismatici, terminati da una parte, del tutto simili a quelli descritti dall’Artini, ed accompagnati, come già os- servò quest'autore, da cristalli di quarzo, calcite e gesso; d) in cristalli prismatici superficialmente alterati in cervantite e lunghi sino a 6 cm.; e) in cristalli in parte alterati e rivestiti da 9 41.2 » 25.» 8.2 (1) M. v. Frey, Abhandl. cit., pag. 228. (2) Cfr. i valori da me ottenuti nel lavoro citato. Kiesow. — 390 — Per la parte superiore del braccio in Fontana furono trovate le se- guenti cifre: Distanza dall’estremità Circonfe- : A ARIESATO SEME Lato palmare| L. radiale 48 cm. 22 cm. 8.9 15.1 55» 22 » IEZ4 cicatrice 59 » Dn 255, ” ARTO INFERIORE SINISTRO. Gamba. Ivi i peli si trovano in molto minor numero che nell’avam- braccio, ma sono più lunghi. Sul lato dorsale (anteriore) e sul tibiale sono disposti per lo più a gruppetti di due o tre. I peli cessano all’ altezza del malleolo tibiale e peroneale, sopra di essi. Descrivendo una grande curva colla convessità verso il lato anteriore ed in alto, si avanzano sul dorso del piede in una stretta lingua di circa 4 cm. di lato. In tal modo restano de- terminate due ampie superficie prive di peli, delle quali la maggiore è quella peroneale e che comprende quasi la metà della superficie dorsale del piede. Sulle dita del piede i peli appaiono lunghi, ma scarsi. La loro superficie di un pianto è ivi in noi due minore di 1 cm?. Gamba sinistra (Fontana). Media dei gruppi per 1 cm.? sul lato Distanza dalla base Circonferenza del calcagno dorsale | tibiale | piantare | peroneale irgiemi 20.7 cm. _ 4.8 —_ _ 16 ” 22 ” ò 7.8 —_ 83 22 ”» 25.5. » 5 11.1 5.8 4.8 29» 30.8.» 5.6 7.6 _ 5.6 35 ” 29.8.» Tall 104 — 7.2 40.6.» 30.5.» 6.1 6.2 — 8.2 Coscia sinistra (Fontana). Media dei gruppi :m 2 Distanza dulla»baso edia dei gruppi per 1 cm ? sul lato del calcagno Circonferenza dorsale I tibiale | plantare peroneale 52.9 cm. 36.7 cm. 3.3 3.6 —_ 9.6 70 ” 36.8. » 8.7 _ — -- Nel punto di mezzo di una linea passante peril gran trocantere del femore e il suo condilo esterno . . . - 11.2 VSTi 10.8 8 90 Per la regione patellare non si è potuto fare alcuna determinazione esatta, perchè a cagione dello sfregamento continuo operato su essa dagli abiti, molti peli cadono giornalmente. Una volta se ne trovarono 3 in media su 1 cm?, un altra 4. In talune porzioni della stessa regione i peli mancano poi affatto per una superficie assai estesa. i Tronco (faccia anteriore). Le superficie circolari si seguono sempre sulla linea mediana sternale. Le medie per 1 cm? sono: Regione | Kiesow |Circonferenza] Fontana |Circonferenza All'altezza del 2° spazio intercostale. . . 19.5 89 cm. 19.2 84.5 cm. ” della 4% costola . ....... 16.5 86.5.» 21.7 80. » ” del OL KSPAZIO,c: > SERENO 23.2 85.8.» 24.9 TAO Nel punto di mezzo della linea xifoom- bellicale Sg ranoto. » CRRRSE 20.5 800 » 39.7 eb %) Tronco (faccia laterale sinistra). Si seguono le superficie circolari sempre sulla linea ascellare media. Le medie per 1 cm? sono: Regione | Fontana |Circonferenza All'altezza della 4* costola . . ...... 22 80 cm. ” del5° Ss pazionRen, ten en. 20.7 ITC All'altezza del punto di mezzo della linea xifoombellicale. ;........... 16.2 74.» Tronco (faccia dorsale). In tale regione si segnava nei diversi punti una superficie circolare di 1 cm? sulla linea spondilea, fiancheggiata da due laterali. Le medie per 1 cm? sono: Kiesow. Regione Circonferenza| A sinistra |L.spondilea | A destra Apofisi della 72 vertebra cervicale. . ..| 35 cm. MOLTA 1212 12.5 » della 8° vertebra dorsale . . ... 100 » 23.2 22.2 24.7 Per una linea passante per le spine iliache SUPéer. ANtertea.t o 0 sE 82 16.7 15.2 14,2 TZ en Fontana. Regione Circonferenza] A sinistra |L. spondilea | A destra Apofisi della 7% vertebra cervicale . . . .| 37 cm. 30.2 32.2 32.7 » della 32 vertebra dorsale . . . .. 98 »(0)| 22.2 26.2 22.2 Per una linea passante per le spine iliache SUPERRZAN ICH o 79 » 13 15.5 18.5 Facendo le medie delle tre superficie circolari e ponendo a confronto i risultati delle due tabelle si ha; Media per 1 cm?. | Kiesow Fontana Apofisi della 7° vertebra cervicale .. . 12.1 81.7 » della 8* vertebra dorsale. . . . . 23.3 23.5 Per una linea passante per le spine iliache SUPERMANCELAN oe 15.4 15.7 Terminato il nostro lavoro trovammo che anche il Withoff (?) aveva già studiato alcuue poche parti del corpo a questo riguardo. Egli ottenne i ri- sultati seguenti: Vertice . . . . . . . 293 peli per pollice? = 160 per cm? OCCIpitone lr II ” = 122.8 ” Parte anteriore del cranio. 211» ” —_ MO ” Mentone Sl. i. Sii 99 ” LR ” Pub dee ’ = Risi ” Avambraccio . . ... 23 n» ’ zio ” Dorso della mano . . . 19 » »_ = 104 7 Faccia ant. della coscia . 13 » ’ 0.3 ” Al cuoto capelluto rivolse pure la sua attenzione l’ Exner(3), il quale dice, che per una testa mediocremente coperta, si hanno circa 300 peli per em?. Quest'ultimo valore va d'accordo colle nostre osservazioni. (1) La misura doveva ivi passare sopra la parte superiore del braccio. (2) Citato da H. Beaunis et A. Bouchard, Nouveaua éléments d' Anatomie descriptive et d'Embriologie, 12. ed. pag. 973, 1873. (3) Lav. cit., pag. 240. CONCORSI A PREMI Al premio Santoro, scaduto col 30 giugno 1901 « per una scoperta o invenzione nel campo della Meccanica, applicata alla filatura o alla tessi- tura » concorse l'ing. RarrAaELE MENoccHIO con una memoria manoscritta avente per titolo: Rzentramento dei panni (Décatissage). CORRISPONDENZA Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute: La R. Accademia di scienze ed arti, di Barcellona; la R. Accademia delle scienze di Lisbona; la R. Accademia di scienze e lettere di Copena- ghen; la R. Società zoologica di Amsterdam; la Società zoologica di Tokyo; la Società di scienze naturali di Emden; le Società geologiche di Manche- ster e di Sydney; l'Istituto Smithsoniano di Washington. Annunciarono l'invio delle proprie pubblicazioni : La R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena; il R. Istituto di studi superiori di Firenze; la R. Accademia delle scienze di Stockholm; l'Accademia delle scienze di Cracovia; l'Accademia nazionale delle scienze di Cordoba; la Società zoologica di Londra; il Ministero della Marina di Lisbona; il Museo Reale di storia naturale di Bruxelles; la Società degl'in- gegneri civili di Londra; l'Istituto geodetico di Potsdam; l' Osservatorio me- terologico del Monte Bianco; gli Osservatorî di Oxford e di Cambridge Mass. OPERE PERVENUTE IN DONO ALL ACCADEMIA dal 2 giugno al 7 luglio 1901. Alessi C. — Dell'acqua. Avola, 1901. 8°. Barbillon L. — Production et emploi des Courants alternatifs. Paris, 1901. 8°. Bombicci L. — Di talune recenti idee sulla formazione della grandine e della pretesa potenza dei vorticelli degli spari grandinifughi. Bolcgna, 1901. 4°. Id. — Replica a due obbiezioni sulla cristallizzazione cubiforme della silice nella cubosilicite. Bologna, 1900. 4°. IJd.— Sopra una nuova contorsione arcuata di speciali allineamenti nei cri- stalli di quarzo. Bologna, 1900. 4°. Brédikhine Th. — Sur la comète 1899 I (Swift). St. Pétersbourg, 1901. 4°. Colomba L. — Sopra alcune lave alterate di Vulcanello. Roma, 1901. 8°. De Blasio A. — Cranio piramoide in una epilettica. Napoli, 1901. 8°. Lea 3 AE D'Ovidio E. — Su alcune successioni di medie aritmetiche, geometriche ed armoniche. Torino, 1901. 8°. Gasperini R. — Notizie sulla Fauna imenotterologa dalmata. IV. Hyme- noptera symphyta Gerst. Spalato, 1901. 8°. Gualdi T. — La febbre tifoide a Roma. Roma, 1901. 4°. Hadamard J. — La série de Taylor et son prolongement analytique. Paris, 1901. 8°. Istituto Geografico Militare. — Sull'Etna. Firenze, 1901. 8°. Istituto Geografico Militare. — Superficie del Regno d'Italia valutata nel 1884. 32 appendice (Isola di Sardegna). Firenze, 1901, 4°. Lockyer N. — Further observations on Nova Persei. N. 2. London, 1901. 8°. Lockyer N. e Baxandall F. E. — On the Enhanced Lines in the Spectrum of the Chromosphere. London, 1901, 8°. Langley S. P. — Sur les derniers résultats obtenus dans l'étude de la partie infra-rouge du spectre solaire. Paris, 1901, 4°. Jeffrey E. C. — The Morphology of the Central Cvlinder in the Angiosperms. Toronto, 1900, 8°. Maryland Geological Survey. — Allegany County. Baltimore, 1900, 8°. Oddone E. — Ricerche sulla temperatura che possono assumere le lamiere di ferro variamente verniciate esposte ai raggi del sole. Milano, 1901, 8°. Passerini N. e D'Achiardi G. — Sopra la Pioggia melmosa (Pioggia di sangue) caduta in Firenze la sera del 10 marzo 1901. Firenze, 1901, 8°. Relazione al IV Congresso geografico italiano sui recenti lavori dell'Istituto Geografico italiano. Firenze, 1901, 8°. Righi A. — Sui campi elettromagnetici e particolarmente su quelli creati da cariche elettriche o da poli magnetici in movimento. Bologna, 1901. 4°. Rowland H. A. — A preliminary Table of Solar Spectrum Wawe-lengths. Chicago, 1898. 8°. Schwendener S. — Zur Theorie der Blattstellungen. Berlin, 1901. 8°. Studnicka I. J. — Prager Tychoniana. Prag, 1901. 8°. Venturi A. — Determinazioni di gravità relativa nella regione occidentale della Sicilia. Palermo, 1901. 4°. e, UTI Y Li i; b. tI il dy (IE îl PR digit eten an RIOT e SÙ albo ATI i] 4 è fa LI ni } LI “= { LR LE INE be POL Ri MISERI E CO d più MN L'OPI 1) dindati digli, eee (ia 78 iui { vitaiuca è MITO OUT Lay tbggoda ne e: ve Si Di n UT PE GI TTPRLI PIRO Mt rane ne > | ja x ] i Pr A DI e î URINE RIOT | MT "“egflagi IERI, VAC fa O DA Al SLOT (GRA ) Pa TA fa RTAS TARE DO TOIIILOCE in inf ‘ou OT f i sl p Pot MR 25, o] MORICI SED STI, i Vo] Wi Rees Ta sd Di a DI k ; SN Li SAM i , x Pap | ia a PAT iniil: BERIO] "Agia sei Ad ni Sol; MU. DES gti E IUIaT: D] i deal N ì Mei n È ni ara tua jon (esc 5 È il ” n? ati RUI j pui ti n: i de (CAI VE UTET, A O { IT ì j (TL n i {7 Ì il î E i f I SUI Ù î ì P î LE Ea] î ti] 1 Pa, indi LL i 16d AITTERART NELITI = Inca sitaripti Ù ©. î y #15 PI ì 14194) DL f À ì ni CA FI 14 , L, x n , I î i (di AMI RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI pervenute all’ Accademia sino al 21 luglio 1901. Anno a Geodesia. — Un principio fondamentale nello studio delle superficie di livello terrestri. Nota di PaoLO PIZZETTI, presentata dal Socio BIANCHI. Si ammette di solito, o tacitamente, o come dato di fatto, nei fonda- menti della Geodesia, che le superficie di livello terrestri siano superficie chiuse. L'ammissione a priori è arbitraria. La dimostrazione di fatto si fonda sulla presunta possibilità di tracciare una rete di canali che allaccino i varî mari, in guisa che la superficie oceanica, prolungata attraverso i continenti, dia, essa stessa, una immagine materiale di una superficie chiusa di livello. Ma, oltrechè è alquanto arrischiato il considerare, a priori, la superficie media dei mari come una superficie di livello, questa dimostrazione presuppone la uguaglianza di livello dei varî mari, la quale è bensì molto probabile, ma non è accertata. Intendo qui di far vedere come, in modo semplice, si possa dimostrare che le superficie di livello sono chiuse, almeno dentro uno spazio che si estende per circa cinque volte il raggio medio terrestre, al di fuori della terra. Gli unici dati di fatto dei quali farò uso sono i seguenti: 1°. La superficie materiale del globo è poco diversa da una sfera, e più precisamente : si può assumere sull’ asse della rotazione diurna un punto G tale che i raggi vettori massimo e minimo della detta superficie, rispetto all'origine G, differiscano dal raggio vettore medio Rm di meno di /100 Rm. 2°. Detto R, il massimo raggio vettore, M la massa terrestre, e la costante dell'attrazione, w la velocità angolare diurna, si ha (1) SA To i sM 280 RenpIcoNTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 5 2249 e Il primo di questi fatti è accertato dalle più comuni osservazioni astrono- miche e specialmente dalla misura delle para/lassi lunari. Quanto al secondo, 3 m 7 w? il valore del rapporto M può dedursi dal movimento della luna (*), e si 1 1 îì : trova pressapoco uguale a 989° Tenendo conto che R, — Ra < 100 Rasi ha la diseguaglianza (1). 2. Sia un punto P a distanza « da G ed esterno alla sfera S, di raggio R,. La componente, secondo PG, dell'attrazione che la massa elemen- tare dm esercita su P è data da e(a— 0 cos y). dm (a° + 0° — 2ao cos y)°/s dove o è la distanza di dm da G e y l'angolo che il raggio vettore G(dm) S fa con GP. La detta componente è dunque sempre maggiore di masi (poichè « > o). Poichè tutta la massa terrestre è contenuta dentro la sfera S,, la componente, secondo PG, dell'attrazione che questa massa esercita su P è dunque maggiore di la componente della forza centrifuga oe E (a+ Ri)?” è < 0*a. Quindi la componente, secondo PG, della gravità in P è «M : e ar AMA 7 a+8 (1) Se per semplicità si considera come circolare l’orbita della luna, e si trascura 471° 3 sn dove D è la distanza media, T la durata del mese anomalistico; chiamando N il numero di giorni siderali compresi E Rs R 8 in T, si ha quindi = N) x la massa di questa rispetto alla Terra si ha gsM= eM D on Posto a=«R,, e tenuto conto della (1) abbiamo: X Rî 1 & (2) Mo 7 (e +1)? 280° Il 2° membro è positivo per x compreso fra 0 e 5,89...; sarà dunque X positivo per valori di a compresi fra R, e 5,89... R,. Detto.V il poten- ziale attrattivo della massa terrestre in un punto, 7 la distanza di questo punto dall'asse terrestre e posto W=sV+ 307, sarà W= cost l'equazione delle superficie di livello e il valore della deri- Tr vata presa secondo il raggio vettore GP in P sarà uguale a — X. Q Resta dunque dimostrato che lungo ogni raggio vettore la funzione W è continuamente decrescente a partire da S, fino, almeno, ad una distanza da G uguale, in cifra tonda, a sei volte il raggio terrestre. 3. Consideriamo ora una sfera S, di centro G e di raggio «, tale che si abbia insieme: é si HRo90o (3) Gi 00:00 2R, pri I Poniamo, per fissare le idee, 4= 4R,, valore che soddisfa a entrambe queste condizioni ('). Siano Q e P le intersezioni di un raggio uscente da G colle sfere S,, S.. In Q la W è certamente maggiore di pe in P si ha 1 eM a— ki WES +10?a?, e tenuto conto della (3), a fortiori sarà nel punto P, bon Poichè W decresce di continuo da Q a P, vi sarà, fra Q e P 1 DII un punto, ed un solo, nel quale W= Il ragionamento vale per ogni raggio uscente da G. Vi ha quindi una superficie di livello chiusa, tutta compresa fra le due sfere Si, Ss, e che incontra una sola volta ognuno dei raggi uscenti da G. a RS 1 i ; si non è >= la (8) sarà soddisfatta, quando lo sia quest'altra 1 è li (1) Poichè M 280 2R, 1 /a\ er = la quale è soddisfatta da ogni valore di a compreso fra 3,02 .R, e 15 .R,. Saggi Procedendo ora dalla superficie X così trovata, verso l'interno o verso l'esterno, poichè la derivata Di (è, costante, è manifesta l’esistenza di una infinità di altre superficie di livello chiuse, incontranti una sola volta ogni raggio uscente da G, ben inteso entro lo spazio compreso fra la sfera S, e quella di raggio = 5,89...R,. 4. Vediamo ora fino a qual punto, in base ai nostri postulati, possa accertarsi, al di dentro della sfera S,, l’esistenza di superficie di livello godenti della stessa proprietà della X. Basta cercare fino a quale profondità sì possa ritenere positiva la componente radiale X della gravità. Ciò non può farsi senza qualche ipotesi sulla densità degli strati terrestri; noi por- remo la condizione che fino a una certa profondità la densità @ non su- peri 6, o più precisamente, detta 0,, la densità media della terra: è finita, diversa da zero, e di segno x (28h (6) 9, = (Fanno eccezione a questa ipotesi talune porzioni affatto limitate della cor- teccia terrestre, quali i giacimenti metallici; ma questi non possono avere un'influenza sensibile sul risultato dei nostri calcoli). La componente, se- condo NG, dell'attrazione che la massa terrestre esercita sopra un punto N posto alla distanza R, — % da G, sarà maggiore di quella che si ottiene sup- ponendo che sul punto N agisca la massa M, racchiusa entro la sfera Sz di raggio R —/, e la massa M, contenuta nel segmento sferico AQB (vedi figura) compreso fra la sfera S, e il piano tangente alla Ss in N. L'’attra- zione della massa M; è < 27r#0h. La massa M, è maggiore di M — 4r:Rth0 e la componente radiale dell’ attrazione che la M, esercita su N è > esi Quindi la componente X, secondo NG, della gravità in N sarà CA EA 60 4 REI 2 LS LARSEN. 2 ESE Zap: 4r Ri h60) — 2r806h—- (RR — h). Posto 4= «R,, ricordando le diseguaglianze (i) e (6) e osservando che per approssimazione M = 47Rî0,, avremo: xRi_ 1-83 = (7) MI aa n ogg Il secondo membro è positivo da <=0 fino a #=0,11 circa, ossia da h=0 fino ad 4= 700 Km. circa. Se ammettiamo che la nostra ipo- tesì (= 1,1) valga fino ad una profondità di 600 Km. (il che è assai ce 99 — probabile: vedi Radau, Bull. Astron., T. VII, pag. 80), potremo esser certi che fino a quella profondità le superficie di livello godranno delle proprietà della 3. È inutile dire, che per la pochissima limitazione delle nostre ipotesi fondamentali, abbiamo ottenuto in questi calcoli dei limiti assai più ristretti di quelli reali. Storia della scienza. — Di una lettera inedita di Nicolò Tar- taglia. Nota di V. TONNI-BAZZA, presentata dal Socio V. CERRUTI. Carlo Promis, nella biografia di Francesco de Marchi (’) affermava di aver visto, presso la Segreteria comunale di Urbino, più lettere originali, inedite di Nicolò Tartaglia. Volendo completare alcune ricerche sul matematico bresciano — ricerche non intraprese di recente — abbiamo fatto pazienti indagini nell’ archivio comunale di Urbino, seguendo la traccia data dal Promis, e ci è difatti riuscito di trovare una lettera del Tartaglia, diretta all'architetto militare Jacopo Fusti Castriotti da Urbino. Tale lettera è inserita in uno scartafaccio in folio, di dieci carte (*), contenente lettere scritte e ricevute dallo stesso Castriotti, ed essa pure è risposta ad altra del Castriotti, che per maggior chiarezza riportiamo in precedenza. Con tutta probabilità, si tratta di una delle lettere cui alludeva il Promis; ma non crediamo prudente affermare ciò con sicurezza; perchè, quanto è ri- masto in quell’archivio, è ben poca cosa in confronto a ciò che vi sì con- servava in tempo passato, ed anche quando scriveva il Promis. Infatti lo stesso schedario dice dello scartafaccio, come di già grosso volume, ora mancante, lacerato e infamemente manomesso. Basti sapere, del resto, che è il solo che si possegga, di 29 grandi quinterni che costituivano la raccolta. Le lettere sono evidentemente copie, e la mano che le esemplò deve essere del Cinquecento. Dopo la lettera del Castriotti, e prima che cominci quella del Tartaglia, vi è un brano non firmato che però non appartiene nè all'una nè all'altra, bensì al capitano Frate, da Modena; il che è avvertito da due richiami nel manoscritto (due mani disegnate a penna). Forse i disegni o ragionamenti del Castriotti erano accompagnati da una lettera dello stesso Frate; ma di tale lettera non si ha conoscenza. (1) Questa biografia è inserita nella Miscellanea di Storia Italiana, edita a cura della R. Deputazione di Storia Patria, t. IV, Torino, 1868, pag. 641. (2) Archivio Comunale di Urbino, rip. 3°, busta 122, fasc. 8. — 40 — Ecco intanto le lettere: « Al Magnifico Ms. Nicolò Tartaleo Brisciano Iacomo Fusto Castrioth Urbinato » « Molto magnifico ms. Nicholo mio honorando. Intendendo dall’Il1. Sr. Conte Girolimo conte de piagniano quanto sieno le vostre virtù e quanto diritto el vostro ingiegnio in ogni scientia e maxime in quelle che apartengono a sol- dati tanto per conto de artellarie et loro effetti como del metterre Giente in ordinanza et alloggiarle como ancor del fortiffichar Città e Castelli et ogni altro luogo per il che non ho voluto manchare delettandomi de fortifficha- tione como soldato, mostrarvi alchuno mio pensieri sopra cio per il che vi mando questi miei discorsi con questi pochi disegni li quali sono fatti gros- samente da soldato et detti anchora loro ragione medemamente alla Grossa senza cirimonie liberamente como noi altri soldati dovemo fare. Sopra li quali vi degniarete trattenervi un pocho. Le cause intenderete per questa del strenuo Cap.° frato de modena Ciaro a questo nostro tempo raro et in Cienioso huomo et de grandissimo inditio et i modi e la ragione intenderete de mano in mano in scrittura Poi li effetti vederete nelli fogli segniati de mano in mano Pregandovi che como quello amorevol de virtuosi siate como di sopra contento darli cura con vostra comoditta et visto che li averete re- mandar melli et darmi per una vostra lettera raguaglio partichulare de quanto sia el parere e inditio vostro sopra essi et faciendolo ligarete me a vostra Captena perpetua et farete anchora piacere grandissimo all’Il1.'"® sopranomi- nato S.°" Conte Girolimo stando io ressoluto non li potere fare vedere a per- sona che alla libera mi possa dare determinata ressolutione del bene et del male, del bono et del tristo como Lei, sapendo come disopra la sua dillet- tatione et rara virtù in tutte le dottrine alle qual resto schiavo et perpetuo amicho et servidore spettando sua resposta le baso le mano de Urbino el dì 25 di Dicembre 1549 ». Fin qui il Castriotti, al quale così risponde il Tartaglia: « Al Stenuo Cap.° el Cap.° Iacomo De Fusti Castrioth Urbinato Nicolò Tartaleo Brisciano » « Strenuo Cap.° mio honorando. In questo di o ricevuto una vostra insiemi con uno libretto de discorsi sopra le fortiffichatione et con alchuni fogli de disegni, li quali vedendo de luno et de l'altro o presa Grandissima dellet- tatione et mi alegro che voi sendo soldato creato et alevato da uno tale DESATI Ill.M° et Ecc.®° Ducie, como fo quel raro soldato Frane. Maria Feltrio della Rovera. terzo Ducha de Urbino de felicissima memoria Vi siate confrontato con il mio pensieri sopra l'ordine e modi de le fortifficatione restandone con sattisfatione Grandissima stando cierto che le mie huopare abbiano da essare molto più care et utile et grate al mondo de quello che mi pensavo. Dichovi brevemente aver letto inteso aminuto et visto con lochio tutte le vostre fan- tasie et vostre potissime ragione Capo p. Capo partichularmente et tutte mi paiiano capacissime et evidentissime et che il sia il vero che non vi adulo, vederete nel mio libro dei quisiti fatto da me novamente nel sesto libro qual parla sopra tale opere de fortiffichatione et in esso molto bene vederete li nostri pensieri essarse confrontate asiemi dicho commo nui ciffussimo par- lati et avessimo consultato in siemi in tal cosa settimane et mesi però le- giendo quello vi sera risposta partichulare et generale et non mì duole altro se non che voi non potiate vedere in disegnio como intenderete per scrittura li quali spero mandare presto a lucie et voi serete il primo averli — non mi ochorrendo altro dirvi salvo che recordarvi al o attendere che li consiste el tutto ovve (e) delettatione e in Ciegnio però non manchate anoi medemo et potendo altro per voi avisate e Comandate galiardamente che sono per sattisfarvi in tutti modi purre che io possa in tanto state sano de Venegia el di 27 de Dicîbre 1549 ». « Mi è venuto in pensieri agiongervi queste poche parole brevemente e dirvi che li vostri novi balloardi de quelle faccie mi sonno piaciuti tanto et olli considerati tanto al proposito di queste nove in ventione et io li o caro assai perchè faranno più de uno effetto buono El primo sara che quello obliquo ovve fate quelli novi fianchi se pote tirare molto più indintro dan- doli dello achuto assai che non se sarebbe fatto che como più lo tirarete meglio effetto farete. L uno che lo in nimicho mai non poterà batterlo se non per cortina con quello squinzo che io mi sono in maginato et cio 0 detto como intenderete Tattoria fare poco danno che il battere per faccia perpendichularmente e quello che ruina el mondo. L'altra sarà che mettasa esso in nimicho ovve vora se metterà sotto li vostri balloardi e nociereteli molto più loro che non loro le vostre cortine poi como più serà questo aguto il vostro ball. converrà che vengi più ottuso più rottondo in sua più utile e più bello. E questo è quanto mi è venuto in fantasia subbitto che ebbi fenito di scrivere e con questo de novo valete ». Il Tartaglia, come si vede, rispondendo al Castriotti, si rallegra che i loro singoli studi sulle fortificazioni conducano a risultati conformi; e ciò, dice il Tartaglia, si vedrà nel /ibro dei quesiti fatto da me nuovamente nel sesto libro. I Quesiti et inuentioni diuerse, già erano stati pubblicati la prima Pt 4OR volta nel 1546; ma nel 1554 sopravenne la ristampa (!), con la appendice al sesto libro cui allude il Tartaglia (?). Ivi figurano alcuni problemi propostigli dal Magnifico e Clarissimo sig. Marc Antonio Morosini dottore e Philosopho Eccellentissimo. Non figura il Castriotti; sebbene vi si trattino però argomenti contenuti nei « discorsi » di lui, e nella sua lettera, il Tartaglia, prometta una risposta partichulare et generale. Ci è sembrato non sia privo di interesse questo nuovo contributo allo studio biografico del sommo e sventurato matematico bresciano. Per ora ci dispensiamo però da maggiori note illustrative, sperando di poter presto con- durre a termine una completa monografia che ne ricordi le eccelse virtù. Mineralogia. — Sw aleuni minerali della Rocca Rossa e Monte Pian Real (Val di Susa) (*). Nota di FERRUCcIO ZamBo- NINI, presentata dal Socio STRUEVER. La Rocca Rossa della quale qui ci occupiamo, appartiene a quel gruppo di monti serpentinosi che circondano a sud l'estremità del bacino del Rio Gravio, in Val di Susa. Essa s' innalza a 2288 m. sul livello del mare, ad ovest di Giaveno (circa 13 Km. in linea retta), a 14 Km. dalla riva meri- dionale del Sangonetto, di fronte all’ Alpe di Giaveno. Per la sua esatta posizione e particolari topografici si può consultare la tavoletta di Roure al 25.000 o il foglio di Susa, N. 55, della carta al 100.000 dell’ Istituto Geo- grafico militare. L'ing. Franchi (4) ha pubblicato pochi anni fa uno studio geologico- petrografico assai importante su questi monti: dalle sue ricerche risulta che tanto la Rocca Rossa, quanto il vicino monte Pian Real appartengono ad un'unica massa serpentinosa a conca, cogli orli molto rilevati verso nord ed assai meno a sud. il Nel corso delle sue gite geologiche l'ing. Franchi ha raccolto parecchi bei campioni di minerali, che egli cortesemente mi ha affidati per eseguirne (1) Quesiti et inuen | tioni diuerse | de Nicolo Tartaglia, | di nouo restampati con una | gionta al sesto libro, nella | quale si mostra noui modi di redur una Città inespu- gnabile | ecc. Venetia MDLIII: (*?) La gionta del sesto | Libro de’ Quesiti, et inuentioni diuerse | de Nicolo Tar- taglia | nella quale si dimostra un primo modo di redurre una città inespugnabi | le e che non potra essere battuta, ne danneggiata da nemici | con le artegliarie | con altre particolar | sottilita. (8) Lavoro eseguito nel Gabinetto di Mineralogia della R. Università di Roma. (4) Appunti geologici e petrografici sui monti di Bussoleno, nel versante destro della Dora Riparia. Bollettino del R. Comitato Geologico, anno 1897, n. 1. SERA lo studio cristallografico: mi sia permesso di rendergli anche qui i miei più vivi ringraziamenti. In questa Nota preliminare non parlerò che dell’idocrasio e dell’ epidoto trovati nelle serpentine della Rocca Rossa, e della prehnite rinvenuta nel vicino Monte Pian Real. In una successiva Nota mi riservo di descrivere succintamente gli altri minerali di questi monti. Di epidoto non fu raccolto che un solo campione, di forma ovaloide, composto di un intreccio di cristalli di varia grandezza, con piccole quantità di albite. Esso fu trovato a nord della punta della Rocca Rossa, nella zona di contatto fra le anfiboliti e le serpentine. Questa zona di contatto è net- tamente visibile nella cartina geologica dei dintorni del Colle del Vento, che l'ing. Franchi ha unito al suo lavoro (v. pag. 16 dell’ estratto). Il colore di questo epidoto è verde-chiaro; vi sono per altro frequenti dei cristalli di color verde più scuro, alcuni fin quasi neri. Essi sono per la massima parte freschi: in alcuni punti del blocchetto se ne rinvengono però anche profondamente alterati. Le dimensioni sono variabilissime: il più pic- colo cristallino da me osservato non misurava che 1$-2 mm., il più grande 20 mm. nella direzione dell'asse y. Spesso dei piccoli cristallini di 2-3 mm. sì osservano inclusi nelle masserelle di albite. I cristalli da me osservati sono ben sviluppati soltanto nella zona [100:001], che è generalmente povera di faccie, le quali sono però in ge- nerale assai regolari. Sono assai rari dei cristalli terminati almeno ad una estremità dell’ asse y, e questi sono generalmente molto piccoli. Un solo cristallo di dimensioni abbastanza considerevoli (15 mm. secondo 7) è stato da me rinvenuto terminato, e sarà particolarmente descritto in seguito. Esso è molto importante per la presenza di alcune forme piuttosto rare 0 scono- sciute del tutto nell’ epidoto dei giacimenti italiani delle Alpi piemontesi fin qui studiati. Tutte le forme da me osservate sono le seguenti : 100% co PI n T )010! 0 Pò g* P }001| OP p M }110{ co m 4 }120% 0 P2 9° 7) }101} —Pi 0% e 1201 20 alla l {101} al a 7 3102 Iii a’ î {1034 LARE a o RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 6 — 44 — i = mostra le estremità inferiori delle lamine di coloro) bruno, rottura delle estremità radicali mancanti. A quale delle quattro principali specie, Z. meridionalis Nesti, E. anti- quus Falc., E. trogontherii Pohlig, E. primigenius Blum., possono questi due frammenti essere riferiti? Dai dati raccolti mi sembra, se non con l’ assoluta certezza, almeno con la massima probabilità appartengano all'Z. trogontherdi Pohlig. Infatti, tenendo conto della formula lamellare, della forma loro, del- l'indice, della spessezza dello smalto, delle dimensioni sì assolute che in rapporto coll’ indice, col numero e conformazione delle lamine costitutive, vediamo che ben differiscono dai molari dell’. meridionalis Nesti per le minori dimensioni, per lo smalto più sottile, per il numero maggiore delle lamine e per essere queste assai più avvicinate tra loro. Differiscono da quelli dell'#. antiquus Falc. per la mancante dilatazione centrale angolare dei dischi, per la maggiore larghezza del piano d'abrasione, per la poca altezza delle lamine e per essere le figure d'abrasione complete non tortuose, nè frasta- gliate, nè costituite di una parte mediana lamellare e due laterali anulari. Si discostano da quelli dell’. primigernius Blum. per non essere polidisco- donti, densilamellati, endioganali e per avere un indice dentale superiore ai mm. 15. Se confrontiamo questi due frammenti (affatto simili a quelli di Kurgan (in Siberia) esistenti nel museo paleontologico di Firenze, da me descritti e figurati) ('), con quelli dei travertini di Turingia, esistenti a Weimar nella (1) A. Ricci, Mammiferi post-pliocenici di Kurgan in Siberia. Boll. Soc, Geol. It.,. vol. XX, fasc, 3°, tav. I, fig. 2-3. Roma, 1901. op SR collezione Schwabe, veri tipi dell’. /rogontherii Pohlig('); con quelli esi- stenti a Dresda, Iena, Pietroburgo, Monaco, Berlino, Karlsruhe, pure descritti ed attribuiti dal Pohlig al proprio Z. trogorntherti (2); con quelli del Fo- rest-bed, Norfolk, Clapton, assegnati da Adams(*) alla varietà A dell’£. an- tiquus e poi dal Pohlig al suo £. trogontherii; con quelli scoperti nel 1896 presso Jaroslawl, descritti e figurati dalla sig*. Maria Pavlow (4); con i due molari x situ nel mascellare superiore, trovati presso Zawadynce in Podolia (che hanno 12 lamine in una lunghezza di corona di 6,9 pollici), descritti e figurati sotto il nome di Maxilla. superior Elephantis proboleti Fisch, da Eichwald (°); infine con i tre molari veri secondi superiori di Silssemborn, esistenti a Weimar, tipici di Z. trogontherti, Pohlig, descritti e figurati da Wiist (9); troviamo esistere tra loro una così stretta analogia da non lasciare alcun dubbio sulla unicità di tutte queste forme e da essere così autorizzati ad ascriverli all'#. trogontherii Pohlig. Una notevole differenza ci è data osservare se paragoniamo questi fram- menti con i due molari terzi superiori, 2 s:/u nel mascellare superiore (la cui fotografia gentilmente mi fu inviata dal prof. Capellini), ritrovati a Quarata, in Val di Chiana, esistenti nel museo di Bologna, acquistati nel 1856 dal prof. Alessandrini, ed attribuiti dal Falconer nel 1857 (7) all'Z. armeniacus, dal Pohlig (8) all'X. trogontherii, presentando questi dei carat- teri assai più afferenti all’. meridionalis che all'E. primigenius, cioè un numero piccolissimo di lamelle in rapporto alle loro dimensioni, una mag- giore espansione dei dischi, uno spessore maggiore dello smalto ed un indice dentale superiore ai 20 mm. (') H. Pohlig, Dentition und Kranologie des E. antiquus. Falce. Nova Acta Akad. Caes. Leop. Carol Natur. Curios., Bd. 53, n. 1, pag. 192-197, fig. 79 a 85. Halle, 1888-89. (2) H. Pohlig, op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 197 a 208. fig. 86 a 91 dis, 1888-89; Bd. 57, n. 5, pag. 325, 1888-91. (3) L. Adams, IMonograph on the British fossil Elephants, pag. 82, 175 a 178, tav. V, fig. 1, e tav. XX, fig. 1-2. London, 1877-85. (4) M. Pavlow, Sur un Mammouth trouvé en 1896 près de la ville de Jaroslarl. Extrait de l’Annuaire géologique et minégralogique de la Russie, tome II, n. 3-4. Var- sovie, 1887. (5) Ed. Eichwald, De Pecorum et Pachydermorum reliquiis fossilibus in Lithuania, Volhynia et Podolia repertis. Nov.Act. Akad. Caes. Leop. Carol. Natur. Curios, Bd. 17, part. II, pag. 695, tav. LIII, fig. 2. Halle, 1834. (59) Ew. Wiist, Untersuchungen uber das Plioziin und das tilteste Pleistozin Thi- ringens. Abhandl. der Naturf. Ges. zu Halle, Bd. XXIII pag. 240 a 246, tav. III, fig. 28, 29, 30. Stuttgart, 1901. (?) Falconer, On the American fossil Elephant of the regions bordering the Gulf of Mexico (E. Columbi Falc.) vith general observations on the living and extinet species. Pal. Mem. II, pag. 250, London, 1868. (8) H. Pohlig, op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 206, fig. 92. Halle, 1888-89, ERA Se li confrontiamo infine con il molare di Burgtonna, vero tipo della specie £. primigenius, descritto e figurato dal Blumenbach (*); con quelli tipici di Taubach, Weimar, Tonna, Karlsruhe, descritti e figurati dal Pohlig (?): con quelli della Val di Chiana esistenti nel museo paleontolo- gico di Firenze ed in quello di Arezzo, da me descritti e figurati (3); infine con due esemplari siberiani, d'ignota località, tipici dell’. primigenzus ed esistenti nel museo fiorentino, troviamo avere questi caratteri odontologici ben diversi, presentando smalto assai più sottile, maggiore il numero delle lamine rispetto alle loro dimensioni, dischi diritti ed assai più stretti, minori gli intervalli del cemento ed un indice dentale mai superiore ai 13 mm. In conclusione possiamo dunque ritenere dietro l’accurato esame di tutti quei pochi resti proboscidiani attribuiti all'£. prim:genius Blum, esistenti nel museo paleontologico di Firenze ed in quello di Arezzo, da me descritti e figurati (‘), che non solo il tipico £. primigenius Blum e la sua varietà a sottili lamine, quale ci è rappresentata dall’ esemplare delle alluvioni del Po, trovato nel comune La Loggia e descritto dal Portis (°) (affatto simile al molare della Dobroudscha che esiste nel museo fiorentino) (9); ma che anche l’Z. trogontherii Pohlig. hanno veramente abitato in Italia e che queste due specie sono tra loro contemporanee come probabilmente lo furono anche in Siberia (7) ed altrove. (1) I. Fr. Blumenbach, Manuel d'histoire naturelle, tome II, pag. 408, tav. 28, fig. b. Paris, 1803. (?) H. Pohlig, op. cit., Bd. 53, n. 1, pag. 175 a 183, 227 a 247, tav. X, 1888-89; Bd. 57, n. 5, pag. 315, tav. III dis, fig. 9-9a. Halle, 1883-91. (3) A. Ricci, L'E. primigenius nel Post-pliocene della Toscana. Palaeontographia italica, vol. VII, mem. 8*, tav. 1-3. Pisa, 1901. (4) A. Ricci, L'E. primigenius nel Post-pliocene della Toscana. Palaeontographia italica, vol. VII, mem. 3?, tav. 1-3. Pisa, 1901. (5) A. Portis, Di alcuni avanzi elefantini fossili scoperti presso Torino. Nota, Boll. Soc. Geol. Ital., vol XVII, fasc. I, pag. 94 a 121. Roma, 1898. (6) A. Ricci, Mammiferi post-pliocenici di Kurgan in Siberia. Boll. Soc. Geol. Ital. vol. XX. fasc. 3, tav. I, fig. 2.3. Roma, 1901. (?) A. Ricci, L'E. primigenius della Dobrogea (Rumania). Rendiconti della R. Ac- cademia dei Lincei, vol. X, 2° sem, serie V, fasc. I, pag. 14 a 18. Roma, 1901. ER Fisica. — Sulla relazione fra la solubilità e il calore di solu- zione ('). Nota di ADOLFO CAMPETTI, presentata dal Corrisp. NACCARI. 1.° Nei suoi studî sopra l'influenza della temperatura sull'equilibrio chimico, il Van't Hoff arriva alla nota relazione d lognat K MI 2 (1) G NIRTS RT AT ove T è la temperatura assoluta, R la costante della formula dello stato gas- soso, K la costante di equilibrio della reazione 0 processo che si considera (nel senso della legge delle masse) e 9 le quantità di calore che viene svolta allorquando la reazione o processo che si considera avvenga senza fornire lavoro esterno e corrispondentemente ad un grammo-molecola delle sostanze che pren- dono parte alla reazione stessa. Nella equazione (1) 9 è (come K) funzione della temperatura e varia quindi in generale col variare della temperatura; tuttavia l’esperienza ci dice che in un gran numero di casi il calore svolto nel processo che si considera, quando esso avviene alla temperatura T,, differisce poco dal calore svolto nel processo stesso quando esso avviene alla temperatura T,, purchè T, e T, differiscano tra loro solo di pochi gradi; noi possiamo quindi in quell’intervallo di temperatura ritenere con grande approssimazione g come costante. Allora l'equazione (1), integrata fra T, e T; ci dà l'equazione in termini finiti q 7 n n) = R(lognat K, — lognat K,) e se poniamo in luogo della costante R il suo valore numerico e, per como- dità di calcolo, passiamo dai logaritmi naturali ai volgari: ____ 458 (log K. — logK,)T, T, DN ANG a TI essendo K, e Ks i valori della costante di equilibrio K alle temperature T, e T,. 2.° L'equazione precedente può applicarsi immediatamente per deter- minare la quantità di calore che viene svolto od assorbito per la soluzione di (1) Lavoro eseguito nell'Istituto di fisica della R. Università di Torino. — 100 — una sostanza in un solvente, ad esempio nell'acqua, quando siano note le con- centrazioni e, e cs della soluzione satura di quella sostanza a due tempera- ture T, e T, abbastanza prossime: in tal caso 9 è dato da 4,58 (log co — log e.) T. T: 2 RI pale II o (2) q T,=T, e naturalmente, poichè nella formula figura il rapporto delle concentrazioni, sì può scegliere ad arbitrio l'unità. La formula (2), che fu dedotta anche direttamente dal Van't Hoff, richiede per la sua immediata applicazione che la sostanza che sì scioglie non dia luogo a dissociazione: essa fu verificata dal Van't Hoff stesso per le soluzioni acquose di acido succinico, benzoico, salicilico e borico, le quali sostanze sono assai poco dissociate e di assai debole solubilità, di guisa che le soluzioni sature sono di concentrazione assai bassa. Osserviamo subito che per la deduzione dell’ equazione (2) si ammette la validità della legge dello stato gassoso per la sostanza disciolta, in quanto riguarda la sua pressione osmotica, il che può supporsi solo per le soluzioni di bassa concentrazione. Quando la sostanza che si discioglie è molto solubile, in guisa che la sua soluzione satura è di concentrazione assai elevata, per stabilire in modo rigoroso una relazione tra il calore di soluzione e la solu- bilità converrebbe conoscere qual'è la relazione tra la pressione osmotica e la concentrazione, cosa che in generale in tal caso non è nota. Se tale relazione fosse conosciuta, allora il Van't Hoff dimostra che, con una formula analoga alla precedente, si può ottenere, dai valori delle solubilità a due temperature, una quantità Q, che egli chiama calore di soluzione della sostanza nella sua soluzione satura, quantità che naturalmente non può ottenersi diretta- mente e solo può riguardarsi come valore limite. 3.° Io ho voluto esaminare la relazione fra il calore di soluzione e la solubilità per alcune sostanze che si sciolgono nell'acqua in forte proporzione; ed ho scelto perciò l’urea e la mannite che potevo avere allo stato di suffi- ciente purezza. La solubilità di queste sostanze venne determinata a tre tem- perature, differenti fra loro di circa cinque gradi, ponendo la sostanza fina- mente polverizzata ed in eccesso insieme all'acqua entro ad una lunga pro- vetta collocata in un bagno a temperatura costante e agitando vivamente per qualche ora con un agitatore elicoidale di platino posto in moto da un pic- colo motorino elettrico. Il liquido chiaro ricavato per decantazione veniva pesato in un crogiuoletto di porcellana, e tirando poi a secco a bassa tem- peratura, si ricavava con una nuova pesata la quantità di sostanza solida disciolta. Della stessa soluzione veniva pure determinata la densità. Quanto al calore di soluzione si determinava direttamente aggiungendo all'acqua posta in un calorimetro (di cui era noto l' equivalente in acqua) — 101 — una piccola quantità della sostanza, in guisa da potere calcolare con grande approssimazione il calore specifico della soluzione dal calore specifico del- l’acqua e da quello della sostanza disciolta. In tal modo si ebbero i seguenti risultati: Urea. — Nella tabella seguente £ rappresenta la temperatura, p il numero di grammi di urea che si sciolgono in cento di acqua, 4 la densità della soluzione alla corrispondente temperatura : t p d 9,95 84,97 1,132 14,92 96,46 TEA]: 19,92 108,17 1,151 Quanto al calore di soluzione si ottenne come media di più esperienze concordanti, tra 10° e 15° q=—3645 piccole calorie per grammo-molecola e tra 15° e 20° q=— 3566 >» n > ’ ’ . Mannite. — Le lettere della tabella seguente hanno lo stesso significato che sulla precedente: t p d 10,00 13,94 1,044 15,01 16,18 1,050 20,02 18,98 1,057 Quando al calore di soluzione si ebbe, tra 10° e 15° q= — 5004 piccole calorie per grammo-molecola e tra 15° e 20° q=— 5012 » ” ” 7 z i 4°. Dai dati precedenti possiamo facilmente calcolare le concentrazioni delle respettive soluzioni, essendo ad esempio c il numero di grammi con- tenuti in 100 centimetri cubi di soluzione. In tal modo si ricava per le tre soluzioni di urea Gi l509 Co-—-"90,01 Ci 09:61 e per le tre di mannite: Gi c° = 14,63 ce 10,50 e possiamo calcolare quindi con questi dati il calore di soluzione per mezzo — 102 — della formula (2). Se eseguiamo un tale calcolo si trova per l’'urea: q=== 2369 tra 10° e 15° e q= — 1752 tra 15° e 20° e per la mannite: q= — 4380 tra 10° e 15° e q= — 4731 tra 15° e 20° valori che, specialmente per l' urea, differiscono notevolmente da quelli otte- nuti coll’ esperienza. Se invece nella formula (2) poniamo per c il numero di grammi aggiunti a 100 grammi di acqua per avere la soluzione satura, sì ottiene per l' urea: q=— 4046 tra 10° e 15° e q= — 3833 tra 15° e 20° e per la mannite: q==— 4788 tra 10° e 15° e q= — 5342 tra 15° e 20°. Se si tien conto del fatto che, per la forma della (2), un piccolo errore nel rapporto = porta una differenza relativamente assai grande nel valore 2: di 9g, sì può dire che, per le sostanze dotate di grande solubilità esaminate, essa formula (2) permette di dedurre con sufficiente approssimazione il calore di soluzione della variazione di solubilità, quando in essa sì intenda che e rappresenti il numero di grammi di sostanza aggiunti ad un medesimo peso di solvente. Solo esaminado un gran numero di sostanze, si potrebbe concludere se tale formula modificata abbia una validità generale. VAIO RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINGEI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI pervenute all’ Accademia sino al 1° settembre 1901. INIST Fotografia del cielo. — Zavoro della stazione internazionale nell’ Osservatorio di Catania per la Carta fotografica del cielo. Nota II° del Corrispondente A. Riccò. Siccome questo lavoro che si esegue nell’ Osservatorio di Catania sta per entrare in una fase nuova, più avanzata, credo opportuno di informare l’Acca- demia di ciò che si è fatto dopo la relazione che ebbi l'onore di presentare nel gennaio 1897, e dare contezza di ciò che ora ci accingiamo a fare. Nell'esercizio finanziario 1898-9 avendo ottenuto un aumento sull’ asse- gno per la fotografia celeste (il quale da alcuni anni aveva subìto una for- tissima riduzione), sì era in grado di intraprendere la misura delle fotografie già fatte per il catalogo. Pertanto si istituì nell’ Osservatorio un modesto ‘ufficio di misura, cui fu posto a capo il sig. P. Gatti, allievo dell’ Ufficio Centrale meteorico di Roma, il quale ebbe per primo incarico di studiare l' ec- cellente macromicrometro universale, costruito dal Gautier, meccanico del- l'Osservatorio di Parigi, e determinarne gli errori; che però furono trovati tutti trascurabili. Il medesimo sig. P. Gatti aveva anche l' ufficio di esercitare nelle misure gli studenti di matematica sig. U. Mazzarella e F. Eredia; i quali poi furono assunti come misuratori e cominciarono il lavoro nell'agosto 1899. AI principio del 1900 il sig. Gatti, avendo avuto dal Governo impiego stabile quale verificatore di pesi e misure, rinunziò all’ Ufficio di Capo misu- RenpICcONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. me) — 104 — ratore delle fotografie celesti; ed anche il sig. Eredia rinunziò all'incarico di misuratore, per essere stato nominato assistente straordinario nell’ Osser- vatorio. Fu quindi promosso come capo misuratore il sig. Mazzarella, che aveva già acquistata una notevole abilità nelle misure, e furono assunti come misu- ratori i sigg. ing. L. Franco ed M. Massa, dopo che ebbero fatto le neces- sarie esercitazioni. Nel luglio 1900, dietro invito del Direttore dell’ Osservatorio di Parigi, M. M. Loewy, presidente dell’ Ufficio Permanente per la Carta fotografica del cielo, e coll’adesione del Ministro italiano dell’ Istruzione, il prof. Tacchini, come membro dell’ Ufficio suddetto, e lo scrivente come membro del Comi- tato internazionale e partecipante al lavoro della Carta celeste, presero parte alla Conferenza che ebbe luogo in Parigi; nella quale i direttori delle 18 sta- zioni, che collaborarono all'impresa, riferirono sullo stato dei lavori; dopo di che furono stabiliti gli ultimi accordi per la pubblicazione delle coordinate rettangolari delle stelle del Catologo fotografico, per la determinazione delle grandezze stellari, per la riproduzione della Carta del cielo, ecc. Inoltre, stante il grandissimo interesse che per la cognizione della parallasse solare ha la determinazione del maggior numero possibile di posizioni del nuovo pia- neta Zros, tutti gli Osservatorî partecipanti al lavoro della Carta celeste, ed anche altri, assunsero l'impegno di osservare, misurare, fotografare, il detto pianeta e le stelle presso le quali si sarebbe trovato lungo la sua traiettoria. In questo Congresso lo scrivente riferì che nell’Osservatorio di Catania era quasi compiuta la serie di 1008 fotografie per il Catalogo, eseguita da lui e dall'ing. A. Mascari; che le misure delle fotografie fatte proce- devano bene e si erano eseguite sopra 35 lastre; inoltre prese impegno di fare fotografie della zona di cielo percorsa da Eros: le quali infatti furono eseguite in numero di 78 nel successivo autunno od inverno 1900-1 e di cui quali le 48 migliori sono state inviate all’ Osservatorio di Parigi, che ha cor- tesemente assunto di fare il lavoro di misura e riduzione, che per i nostri mezzi limitati sarebbe stato troppo gravoso. Lo scrivente dovette tuttavia dichiarare al Congresso che 1’ Osservatorio di Catania non aveva i mezzi per fare di più, e che non avrebbe potuto intra- prendere la stampa del Catalogo e la costosa riproduzione delle fotografie della Carta, senza un aumento di risorse. Allora, dietro proposta del Presidente, l'Assemblea dei congressisti espresse il voto unanime che all'Osservatorio di Catania, il quale finora aveva pro- ceduto bene nei lavori di fotografia celeste, venissero dal Governo italiano accordati i mezzi per la pubblicazione dei medesimi. Questo voto venne tra- smesso dal Presidente della Conferenza a S, E. il Ministro italiano dell’ istru- zione con una lettera molto lusinghiera per l'Osservatorio di Catania, e che — 105 — fu cortesemente comunicata in copia allo scrivente dal Presidente medesimo della Conferenza (!). Alla metà di novembre 1900, essendo già fatte le misure di un discreto numero di lastre, fu istituito anche l'ufficio di calcolo, al quale. come pure a quello delle misure, fu posto a capo il prof. G. Boccardi, che aveva già fatto studî speciali all’ Osservatorio di Parigi; e fu poi nominato calcolatore per quell’ ufficio il sig. Taftfara; inoltre il sig. Traversa, studente di matematiche, prestò per alcuni mesi volontariamente l’opera sua per i calcoli in discorso. Non essendo ancora stabilita una regola comune a tutte le 18 stazioni per determinare nelle fotografie le grandezze luminose delle stelle, e non aven- dosi neppure un metodo universalmente accettato dagli astronomi, ci siamo limitati nel fare le misure di posizione delle immagini delle stelle e valu- tarne il diametro, adoperando come termine di confronto e come unità di misura l'intervallo dei due fili verticali del micrometro, che è di 6.6, e che viene di quando in quando verificato. Però la stima ad occhio, ed anche la misura dei diametri delle imma- gini delle stelle, non potrebbe dare esattamente la grandezza luminosa di tutte le stelle: 1° perchè non si è ancora trovata una formola, accetta a tutti, che esprima la relazione che esiste fra i detti diametri e le corrispondenti gran- dezze; 2° perchè il diametro e la forma delle immagini stellari sono sensi- bilmente alterati dal centro alla periferia della lastra; 3° perchè il colore, ed in generale l’azione attinica della luce delle diverse stelle non è la stessa; (?) Copie. Observatoire de Paris. Paris, le 3 aoùt 1900. A Son Excellence le Ministre de l’Instruction publique du Royaume d’Italie, è Rome. Monsieur le Mainistre, La 5° Conférence astrophotographique internationale réunie è l’Observatoire de Paris en juillet 1900 m'a chargé de transmettre è votre Excellence le voeu suivant adopté è l’unanimité dans la séance pleinière du 20 juillet. « La Conférence constatant avec la plus vive satisfaction l’état d'avancement des tra- « vaux de la Carte du Ciel dans les Observatoires associés à cette grande entreprise, exprime «le veu que l’Observatoire de Catane soit également doté des ressources nécessaires pour «la publication des nombreux et precieux résultats obtenus dans l’exploration photogra- « phique du Ciel par cet établissement astronomique ». Convaincu de la sollecitude du Gouvernement Italien pour les interèts de la science, j'ai confiance que votre Excellence voudra bien appuyer de sa haute autorité la réa- lisation de ce vou, dont l’accomplissement aurait pour résultat de mettre en lumière les travaux si importants de l’Observatoire de Catane. Je prie votre Excellence d’agréer l’hom- mage de mon profond respect. Le President de la Conférence internationale astrophotographiqne Signé: M. Lavy. — 106 — 4° perchè le immagini delle stelle men lucide non sono nere, ma grigie, cioè l'esposizione per esse è insufficiente, mentre per le più lucide è eccessiva, in confronto a quella necessaria a produrre il massimo di modificazione nello strato sensibile; e perciò le due sorte d'immagini, nere e grigie, non sono comparabili tra loro per via di semplici misure. — Ciò è tanto vero, che in alcuni degli Osservatorî, partecipanti a questa operazione, si preferisce di valutare le grandezze stellari direttamente dall'aspetto complessivo (dimen- sioni ed intensità) delle immagini. Evidentemente. così non si può avere una sufficiente esattezza, ed è necessario il controllo colle stelle di nota grandezza che sì trovano nella lastra, per poi correggere le grandezze delle altre. Avendo visto che nell’ Ufficio delle misure dell' Osservatorio di Parigi si adopera per la determinazione delle grandezze stellari un comparatore, ideato dal sig. P. Henry, nel quale le fotografie delle stelle sono confrontate ad una scala di immagini rappresentanti le stelle delle diverse grandezze, ed essendo questo metodo di molta facilità e sicurezza, ci siamo provvisti presso il Gautier del detto comparatore, che ci è arrivato al principio dell'anno corrente 1901. Però l'aspetto dei dischetti della detta scala differisce molto da quella delle stelle nelle nostre fotografie; e invero quella scala è ottenuta stampando e riproducendo su lastra sensibile dei fori tagliati in lamina metallica, aventi esattamente il diametro delle immagini delle stelle dalla 7* alla 12* gran- dezza, come sono ottenute coll’ equatoriale fotografico di Parigi; ci siamo quindi proposti di eseguire noi stessi la detta scala, fotografando col nostro equatoriale una stella di 7° grandezza con pose: , 0.4p, (0.4)°p, (0.4): p, (0.4)*p, (0.4) p, P p con che si ottengono prossimamente le immagini delle stelle dalla 72 alla 12* grandezza: essendo p il tempo di esposizione per le lastre del Catalogo (prima posa), cioè quello per ottenere colla necessaria intensità (e non più) le stelle di 11°. Poscia le immagini della scala così ottenute mediante il comparatore si confrontano colle fotografie di stelle di grandezza esattamente conosciuta; e così si determinano i coefficienti da applicarsi alle grandezze date dal comparatore per trasformarle nelle vere. Le valutazioni già fatte dei diametri ci serviranno per lo meno di con- trollo; poichè non sarà difficile determinare con metodo analogo al precedente le grandezze corrispondenti ai diversi diametri delle immagini. Attualmente siamo occupati in queste comparazioni e si sono già fatte diverse prove di fotografie della scala in discorso. Come si è detto prima, al luglio 1900 le 1008 fotografie del Catalogo erano quasi compiute: restavano poche lacune, causate dalla contrarietà della stagione in cui quelle fotografie si dovevano fare: le quali lacune si vanno colmando a misura che se ne presenta l'occasione. Inoltre abbiamo ritenuto opportuno di rifare le fotografie prese prima del 1897, come troppo lontane dall'epoca 1900, o a cui si debbano riportare le posizioni delle stelle misurate. Si aggiunga purtroppo, che di mano in mano si son tolte le lastre dalle cassette per misurarle, con molto rincrescimento abbiamo constatato che in parecchie la pellicola sì era staccata, e che in altre il distacco succedeva sotto i nostri occhi, anche durante le misure. Abbiamo subito per precauzione ver- niciato gli orli delle altre lastre; ma ciò non ha fatto cessare completamente l'inconveniente, verificandosi il distacco anche a cominciare dal mezzo delle lastre. — Questo inconveniente, come è noto ai fotografi, può derivare da diverse cause; a noi che naturalmente ci siamo dati cura d' eliminarle per quanto è possibile, non resta il dubbio che sulla influenza delle seguenti cause: 1) Emanazioni solfuree. 2) Sviluppo troppo prolungato. 3) Lavaggi troppo prolungati. 4) Temperatura troppo elevata, dei bagni, dei lavaggi e dell’aria. La prima causa è inevitabile per noi, perchè in causa delle molte raffi- nerie di zolfo e talvolta anche per le emanazioni dell’ Etna, spesso nell'aria di Catania si avverte odore di zolfo: ed è poi notorio che qui le divisioni d'argento degli strumenti, come in generale tutti gli oggetti di metallo, anne- riscono rapidamente. Ma è certo che la quantità di tali gas che può arrivare alle lastre ben conservate nel sottosuolo del padiglione fotografico, quasi sempre chiuso, entro armadî e cassette di legno verniciato esternamente, può essere ben poca cosa, ed è poco probabile che sia la causa del deplorato inconve- niente; tanto più che esso non si è mai verificato nelle numerose fotografie che nell’ Osservatorio sì fanno per scopi geotisici, e che quando non hanno un interesse speciale si lasciano anche lungamente sugli asciugatoi all'aria libera. Le 2* e 3* cause sono pure inevitabili, perchè stante la necessità di sviluppare a fondo le fotografie, affinchè le immagini delle stelle riescano nere il più che è possibile, si è adottato il tempo per lo sviluppo di 20 minuti di estate e 25 d'inverno (come si fa all’ Osservatorio di Parigi); ed i lavaggi poi dobbono essere prolungati per molte ore, come in generale è buona re- gola, e come del resto si fa in tutte le 18 stazioni della fotografia celeste, per assicurarsi che non abbia luogo alcuna alterazione ulteriore delle fotografie. È bensì vero che esistono altri rivelatori più rapidi di quello al ferro- ossalato, che noi abbiamo sempre adoperato: ma l’esperienza ha provato esservi da temere che le immagini stellari ottenute con questi nuovi reattivi non sieno altrettanto stabili quanto quelle date dal vecchio e classico rivelatore, — 108 — che non abbiamo voluto abbandonare, anche malgrado queste avversità, ed anche perchè tutte le nostre fotografie siano della stessa qualità e compara- bili tra loro. Ma v'è di peggio: in Catania la temperatura dell’aria e, quel che più importa a noi, quella dell'acqua della conduttura pubblica per gran parte dell’anno è assai elevata (oltrei 18°, che sarebbe la temperatura conveniente per le operazioni fotografiche). Si è cercato da prima di evitare questo incon- veniente, sviluppando nelle ore fresche del primo mattino, e poi facendo il lavaggio fino a mezzodì; ma ciò non ha impedito che in alcune lastre la gelatina si sia alterata per la temperatura elevata. Poi si è ricorso all'uso di una specie di ghiacciaia ove tenere i liquidi reattivi e l’acqua per i primi lavaggi a temperatura inferiore a 20°; ma per l'ulteriore lavaggio a gran- d'acqua sarebbe stato complicato e gravoso il produrne artificialmente il raf- freddamento sotto 20°, e perciò ci siamo accontentati di fare il lavaggio me- desimo al mattino, ponendo attenzione a che l'acqua non oltrepassasse i 25°. Ma anche questo espediente risultò insufficiente nel forte dall’ estate; e nel- l’anno scorso si pensò di seguire l’ esempio dell’ Osservatorio di Algeri (che è prossimamente nelle nostre condizioni di temperatura) sospendendo lo svi- luppo delle lastre per tutta l'estate; ma è evidente che anche questo sistema presenta degli inconvenienti e dei pericoli. In questa estate proveremo a sviluppare nel sotterraneo dell' Osservato- rio, in uno stanzino buio, appositamente allestito, ove la massima tempera- tura estiva non oltrepassa i 23°; e vi faremo arrivare l’acqua direttamente dalla conduttura sotterranea, con che la si avrà a temperatura pure inferiore a 23°. Adotteremo inoltre, come più efficace, il lavaggio singolo delle lastre: cioè . ciascuna con un getto d’acqua separata, come consigliò al Congresso di Parigi il sig. L. Lumière, persona tanto competente, ed il cui grande stabilimento (mi piace qui ricordarlo) con lodevole disinteresse ci fornisce a prezzo di costo le lastre sensibili per la Carta ed il Catalogo fotografico. Riguardo al modo di conservazione delle lastre impressionate, ossia delle fotografie fatte, finora si sono tenute entro cassette ed armadî nel sottosuolo del padiglione fotografico, il quale non è affatto umido, e dove la tempera- tura è molto uniforme; essendoci però venuto il dubbio che quel locale non sia abbastanza asciutto, abbiamo ora trasportato le cassette colle lastre nel- . l'ufficio dell’Osservatorio, al 2° piano, ove certamente l' umidità è minore: e le abbiamo poste in una camera che guarda a nord, ove le variazioni di temperatura sono minori che altrove. Coi predetti mezzi confidiamo di riuscire ad eliminare la perdita di fotografie causata dal distacco della gelatina. Abbiamo poi avuto un altro inconveniente di genere diverso (al quale però si riparò subito), consistente nell’essersi spezzato il 18 dicembre 1900 — 1090 — il gambo elastico di acciaio del pendolo conico regolatore dell’ equatoriale foto- grafico: per il lungo vibrare, secondo il noto fenomeno, l'acciaio si era ecces- sivamente incrudito ed era divenuto fragile; di maniera che il detto gambo si ruppe così nettamente alla sezione d'incastro, che lo strumento continuò a camminare ed il pendolo a funzionare, quantunque non regolarmente; tanto che sulle prime noi non ci accorgemmo della gravità di ciò che era acca- duto. 1l meccanico, sig. Capra, rifece subito il detto gambo con sezione all'in- castro anche maggiore, e dietro le nostre indicazioni e per tentativi ridusse e foggiò per modo le altre sezioni che il pendolo dasse come prima 4 oscil- lazioni per secondo. Ad evitare perdite di tempo, nel caso che per l'avvenire questo fatto dovesse ripetersi, si è preparato nello stesso tempo un secondo gambo di riserva, iden- tico a quello che ora è in azione. Riassumiamo il lavoro compiuto dal principio del 1897 fino al presente. Fotografie. — Rifacendo le fotografie del Catalogo eseguite prima del 1897 e quelle nelle quali si era staccata la pellicola, abbiamo fatte 250 altre foto- grafie del Catalogo: aggiungendo alle quali quelle fatte per regolare l’equa- toriale fotografico e per altri scopi, abbiamo il seguente elenco di fotografie celesti, in formato 0",16 X 0,16, eseguite dal 1° gennaio 1897 a tutto il giugno 1901: 250 fotografie per il Catalogo. 78 ” della zona di cielo percorsa dal pianeta ros. DI ” di aree celesti tipiche proposte da Captayn e Pritchard i per determinare la posa onde avere le stelle di 11. 5 ’ per l'orientamento ed il centramento del chassis fotografico. 2 ” per la determinazione del fuoco chimico dell’ obbiettivo. 3 ” di prova per la Carta celeste. 6 Ù della nuova stella in Perseo. 3 7 dell’occultazione di Saturno. 6 ” di ecclissi lunari. 450 7 in totale. Inoltre, in occasione della osservazione dell’ eclisse solare totale del 28 maggio 1900, fatta dal prof. Tacchini e dallo scrivente in Ménerville (Algeri), si sono prese le seguenti fotografie speciali o di prove, generalmente in formato 9 X 12: 6 fotografie della luna per prova del fuoco chimico. 8 ” per prova della posa. d ) negative della corona e protuberanze solari. 7 ’ positive» ’ ” 7 16 ” ingrandite della corona e protuberanze ('). (!) Questi ingrandimenti sono stati eseguiti gentilmente dal prof, G. P. Grimaldi con un apparato da lui fattto costruire. — 110 — Di più si fecero le seguenti fotografie di spettri colla camera prismatica. 2 n negative dell' eclisse. 4 ” ingrandite ('). 8 ” di spettri solari per prova. 1 » «spettro di Venere e per la Nova Persei. 3 ’ negative dello spettro. 6 ” positive dello spettro allargato. 66 ” in totale. Misure. — Dall’agosto del 1896, come si disse, nell’ Ufficio delle misure si procede alla determinazione in millesimi di millimetro della distanza del- l’immagine (la maggiore delle due ottenute colle due pose) di ciascuna stella nelle fotografie del Catalogo, misurandola rispetto ai quattro lati del qua- dretto che la comprende: quadretto o maglia che appartiene al reticolato impresso sopra ogni fotografia; si fa poi nello stesso tempo la stima del dia- metro dell'immagine stessa in decimi dell'intervallo dei due fili verticali del micrometro. (Queste due operazioni si ripetono, facendo una seconda misura di ogni lastra, dopo averla girata di 180°. Si considerano come errate, e si ripetono le misure che nelle due posi- zioni risultano diverse di più che 0,010, Al 30 giugno 1901 erano state misurate 59 lastre contenenti 22435 stelle, ossia 380 per lastra in media. Questo lavoro di misura è stato eseguito quasi tutto dai sigg. ingegneri L. Franco e M. Massa; i quali negli ultimi tempi, coll’ esercizio fatto, sono arrivati a non sbagliare (nel modo detto sopra) che circa il 2°/, delle misure che fanno. L'errore probabile di una misura semplice è = 0"",0013, cioè = 0,08, e quello della media delle due misure, diretta od inversa è = 0,0001, ossia + 0,06, quindi ammissibile anche di fronte alle maggiori esigenze di precisione. Il sig. Mazzarella riduce e compulsa le misure fatte nelle due posizioni, tiene il registro degli errori, e fa le medie delle misure ottenute nelle due posizioni delle lastre. Calcoli. — Nell' Ufficio di calcolo dal novembre 1900 in poi si sono fatti dal prof. Boccardi, aiutato dai sigg. Traversa e Taffara, i seguenti lavori: 1. Determinazione degli errori complessivi dei lati dei quadretti del reti- colato N. 82, e costruzione della relativa tavola di correzione delle coordinate rettilinee, misurate su di esso. 2. Costruzione di varî diagrammi astronomici. 8. Spoglio di 11 cataloghi di stelle per trovarvi le stelle comuni col Cata- logo della Astr. Gesellsch. per la zona + 46° e + 55°, e riduzione delle dette stelle al 1875. — lll — 4. Costruzione di tavole per la differenza delle precessioni, dipendente dalla differenza fra le costanti di Struve e quelle di Newcomb, adottate dal Congresso astrofotografico del 1896. 5. Catalogo fondamentale di 2200 stelle per la nostra zona, tenendo conto dei moti proprî e delle costanti di Newcomb. 6. Riduzione all'equinozio 1900,0 di 8000 stelle di riferimento per la nostra zona. Lavori da intraprendersi. — In conseguenza del preaccenato voto della Conferenza di Parigi e della lettera del Presidente, avendo ottenuto nell’ at- tuale esercizio 1901-2 un altro aumento nell’ assegno per la fotografia celeste, siamo ora in condizione di cominciare la stampa del Catalogo fotografico, e di eseguire le fotografie per la Carta propriamente e farne eseguire subito la riproduzione a scala doppia in eliografia. Per questi aiuti, benignamente concessi all’ Osservatorio di Catania e che lo mettono in grado di compiere la sua parte nella impresa interna- zionale per lo studio fotografico del cielo, mi onoro di presentare al Ministero della Pubbliea Istruzione i più vivi ringraziamenti. Ghimica. — Sul! Artemisina('). Nota di P. BeRTOLO, presen- tata dal Socio CANNIZZARO. Dai semi dell'Artemisia marittima si ottiene, come è noto, la santonina. Dalle acque madri della preparazione di questa Merck (?) potè estrarre un altro principio attivo, che chiamò artemisina, la quale recentemente è stata introdotta in terapia. Questa sostanza nella sua composizione centesimale differisce dalla san- tonina per un atomo di ossigeno in più: Cis Hg (07 Cis His 0, Santonina Artemisina per cui il Merck (3) la considerò come un ossisantonina. L'artemisina presenta con la santonina alcune analogie, ed appunto per ciò decisi di occuparmi di questo nuovo corpo, e segnatamente per ricercare quali relazioni esistono fra le due sostanze nella loro costituzione. Lo studio interessante fatto dal Cannizzaro e dai suoi allievi sulla san- tonina per stabilirne la costituzione, servirà a me di guida nelle ulteriori ricerche. (!) Lavoro eseguito nell’ Istituto di chimica-farmaceutica della R. Università di Catania. (2) Merck, Annales 1894, pag. 3. (8) Merck, Annales 1899, pag. 37. RenpIcONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 14 — 112 — Ora come Nota preliminare pubblico i primi risultati ottenuti, solo allo scopo di prenderne data. Colgo frattanto l'occasione per ringraziare pubblicamente il dott. Merck, il quale, al desiderio espresso dal mio direttore prof. Zanetti, perchè mi occu- passi sotto la sua guida dello studio sull’artemisina, rispose con squisita cor- tesia favorevolmente, regalandomi inoltre una certa quantità di materiale. L’artemisina, come appunto la descrive il Merck nei suoi annali del 1894, si presenta sotto forma di cristalli incolori a colonne; fonde a 200° e si scio- glie in 3 p. di alcool assoluto a caldo ed in 60 p. d’acqua bollente, dando soluzioni con reazione neutra, che deviano a sinistra il piano della luce pola- rizzata. Una soluzione al 10 per cento nell’alcool a 99°,2 dà al polarimetro una deviazione a sinistra di gradi 6,55, da cui si ricava il suo potere rota- torio specifico: (a), — 84,3. Esposta alla luce del sole si colora lentamente in giallo, ma con minore intensità e rapidità della santonina. Si discioglie in un miscuglio a volumi eguali di acido solforico ed acqua senza colorazione alcuna; aggiungendo alla soluzione una goccia di cloruro ferrico e riscaldando, il liquido diviene leg- germente torbido e prende una colorazione giallo-bruna intensa. La santonina nelle medesime condizioni dà una bella colorazione violetta. Se si riscalda gr. 0,1 di artemisina con gr. 1 di soda e 4 cc. di acqua, si produce un liquido colorato in rosso carminio, il quale si decolora per raf- freddamento. Se si fa la medesima esperienza con la santonina, il liquido rimane incoloro; è noto però che si può ottenere la stessa colorazione rosso- carminio con la santonina per trattamento con una soluzione alcoolica di soda o potassa caustica. Pure con soluzione di soda o potassa alcoolica, l’ artemisina produce colorazione rosso-carminio. L’artemisina, a differenza della santonina, dà col cloroformio un prodotto di addizione cristallizzato e di composizione definita, corrispondente alla for- mola, His 0 SCHCI: Questo composto riscaldato a 80° perde tutto il suo cloroformio e lascia l'artemisina perfettamente pura (!). Si ricorre appunto a questa combinazione cloroformica per depurare l'artemisina dalle ultime quantità di santonina, dalla quale con gli altri mezzi difficilmente si purifica. L'artemisina, in tal modo purificata, diede i seguenti risultati analitici: In 100 parti o ro Va pa calcolato I II III per ho Hig 0, C = 69,00 68,84 68,92 68,70 Hit= 7,95%, 7,2067277 6,87 (?) Questo comportamento con il cloroformio ricorda quello di molte altre anidridi, come ad esempio la salicide, ecc.' ls — Io, dopo aver ottenuto pure l’ artemisina dal prodotto cloroformico, provai a ricristallizzarla da altri solventi e trovai che assai bene si presta l'etere acetico, dove a caldo è solubile e si separa per raffreddamento in bei cristalli splendenti che fondono pure a 200°, i quali sottoposti all'analisi, diedero risultati che corrispondono a quelli ottenuti dal Merck: gr. 0,3076 di sostanza fornirono gr. 0,7706 di CO, e gr. 0,2140 di H,0 trovato calcolato C = 68,30°/ 68,70 Has 6,87 Dai brevi cenni sopra esposti, risulta che l’artemisina ha carattere e comportamento alquanto analogo alla santonina, e dall’ analisi emerge che la prima differisce dalla seconda per un solo atomo di ossigeno in più. Ho creduto opportuno incominciare intanto il mio studio sull’ artemisina col provare se, sciogliendosi essa negli alcali o nei carbonati alcalini, formasse un sale nello stesso modo come avviene per la santonina, e quindi, se il sale corrispondesse ad un acido monocarbossilico, ricercare sotto qual forma l’ ossi- geno in più si trova nella molecola di questa sostanza. Sale sodico dall’artemisina. — Per la preparazione di questo sale ho seguito il metodo indicato per ottenere il santoninato sodico ('): gr. 3,50 di artemisina furono disciolti in cc. 80 di alcool a 90 p. c. e poscia addizionati con cc. 10 di acqua e gr. 2 di carbonato sodico cristalliz- zato e ridotto in polvere. Il tutto fu messo a bollire a b. m. in apparecchio a ricadere per 8 ore circa. Con l'ebollizione il liquido acquistò una colorazione rosso-carminio, che scompariva col raffreddamento. Poscia, eliminato l'alcool! per distillazione e concentrato ulteriormente il liquido nel vuoto, rimase una massa vischiosa, alquanto colorata in bruno; per aggiunta di alcool comune, la massa si è solidificata, e per ripetute cri- stallizzazioni da questo solvente a caldo, si ottiene per raffreddamento il sale sotto forma di aghetti incolori, appiattiti, lucenti, i quali conservati in essi- catore ad acido solforico, divengono eftlorescenti. Essi sono poco solubili nel- l'alcool a freddo, solubilissimi in acqua, e le soluzioni hanno sapore salato, amarognolo. Dalla soluzione acquosa del sale, per aggiunta di acido solforico di- luito (1:5), si separa col riposo l’artemisina che identificai dal punto di fusione e dagli altri suoi caratteri. Da ciò si vede che anche l’ artemisina si comporta in modo analogo alla santonina. (1) Beilstein (1890), vol. II, pag. 402. — ll4 — Se invece di scomporre il sale sodico in soluzione acquosa con acido sol- forico diluito, si tratta il detto sale con acido solforico concentrato, si ottiene un precipitato bianco, il quale, raccolto e lavato accuratamente, sciolto in alcool, si separa, per evaporazione del solvente sotto forma di grossi cristalli tabulari, che fondono a 170°-171. Questa sostanza che ora ottenni in piccola quantità, verrà in seguito studiata. Visto che il sale sodico presentava il carattere dell’ efflorescenza, e quindi certo conteneva acqua di cristallizzazione, data la scarsa quantità di mate- riale di cui disponevo, interessandomi operare rapidamente senza per ora deter- minare con quante molecole d’acqua cristallizza il sale sodico, passai alla preparazione e all'analisi del sale d' argento. Sale d’argento dall’artemisina. — La soluzione acquosa concen- trata del sale sodico venne trattata con una soluzione acquosa neutra di nitrato d'argento; tosto si formò un precipitato bianco, che raccolsi rapida- mente, filtrando all’ aspiratore, lavai con cura, e poi disseccai sino a peso costante nel vuoto in un essicatore ad acido solforico. All’analisi questo sale diede risultati che corrispondono a quelli richiesti dalla composizione del sale argentico di un acido monobasico, analogo all’ acido santoninico. CH 0, C14 H19 03. COOAg Artemisina Sale argentico gr. 0,1723 di sale lasciarono per calcinazione gr. 0,477 di Ag trovato calcolato per Cis His 05 Ag Agi 21.605%0% 27,9 La santonina, come è stato dimostrato da Cannizzaro (') ed in seguito confermato da Gucci (?), e da Grassi-Cristaldi (*) contiene un gruppo ceto- nico, tanto che si potè ottenere l’ossima e l'idrazone corrispondente. Per vedere se anche nell'artemisina fossero contenuti uno o più gruppi carbonici, sottoposi questa sostanza all’ azione dell’idrossilammina e della fenil- idrazina. Azione dell’idrossilammina sull’artemisina. — Con lo stesso processo seguito da Gucci (4) per la preparazione della santoninossima, ope- rai sull'artemisina, senonchè aggiunsi un eccesso di cloridrato d’ idrossilam- mina: p. 5 di artemisina sciolti in 50 p. di alcool a 90° furono addizionati con gr. 6 di cloridrato d'idrossilammina (3 mol.) e con p. 5 di carbonato di calcio precipitato. Il miscuglio venne bollito a b. m. in apparecchio a ricadere per 8 ore. Il liquido filtrato, privato per distillazione dall’ eccesso (1) Berl. Ber. XVIII, pag. 2746. (2) Gazz. Chim. V. XIX, pag. 367. (3) Id. id., pag. 382. (4) P. Gucci, Ricerche sopra la santoninossima e suoi derivati, Gazz. Chim. 1889, vol. XIX, pag. 367. — 115 — di alcool, venne addizionato con acqua, la quale ha dato luogo ad un pre- cipitato colorato leggermente in bruno. Raccolto questo precipitato e lavato con acqua, venne sciolto a caldo nell’alcool diluito e scolorato con nero ani- male. Concentrando alquanto la soluzione, per raffreddamento e con il riposo, si separa il nuovo prodotto sotto forma di aghetti, che in seguito vennero purificati per successive cristallizzazioni dall'alcool metilico. La sostanza così ottenuta si presenta sotto forma di aghi bianchi, seta- cei, alcune volte raggruppati a raggi che fondono a 233°-234. Sono poco solubili in acqua, solubilissimi invece in alcool, etere e cloroformio. L'analisi ha dato risultati corrispondenti a quelli calcolati per una mo- nossima della formola Cs His 03. NOH I. gr. 0,2080 di sostanza diedero gr. 0,4938 di CO, e gr. 0,1442 di H, 0; II. » 0,1543 ” ” » 0,3662 di CO; e gr. 0,1126 di H, 0; III.» 0,2948 ” » cc. 15 di Azoto misurato alla temperatura di 27° e alla pressione di 763°: _trovato in 100 p. calcolato TE DIE Toh per Ci His NO, C = 64,74 64,72 — 64,98 H= 8,22 8,10 — 8,38 Ne=st= — 5,67 0,36 Il prodotto ottenuto si discioglie a freddo nelle soluzioni acquose diluite di soda e di potassa. Per assicurarmi se veramente fosse nna ossima, ne trat- tai una piccola quantità con acqua ed acido cloridrico diluito, bollendo in apparecchio a ricadere per un'ora circa. Dopo raffreddamento filtrai, e nel liquido filtrato confermai la presenza del cloridrato d’idrossilammina per mezzo delle sue reazioni speciali. L’artemisina trattata con fenil-idrazina nelle stesse condizioni nelle quali Grassi-Cristaldi (') operò con la santonina, dà pure una sostanza che ha il carattere di un idrazone. Parimente riscaldato leggermente a b. m. una solu- zione dell’ossima, ora descritta con una soluzione acquosa di acetato di fenil- idrazina, sì ottiene l'idrazone come sostanza semisolida, che non si riesce a purificare quando è in piccole quantità. Sulla preparazione dell’idrazone farò nuovi tentativi tostochè avrò nuova quantità di materiale. Dai risultati fin ora ottenuti si può dedurre: che l'artemisina rispetto ai carbonati alcalini si comporta come la santonina; e che contiene quindi ()) Gazz. Chim. V. XIX (1889), pag. 382. — 116 — probabilmente un eguale aggruppamento lattonico, che al pari della santo- nina forma una monossima dimostrando che nella molecola è contenuto un solo gruppo chetonico. Per conseguenza assai interessante sarà l’esperimentare sull’ artemisina le reazioni e le trasformazioni che si avverano con la santonina sotto l’in- fluenza dei varî agenti, per potere stabilire sotto qual forma trovasi l’ ossi- geno in più nella molecola di tale sostanza, studiandone i prodotti di ridu- zione e di scissione. Anzi dirò che per trattamento dell’artemisina con acido cloridrico e cloruro stannoso si ottiene una sostanza bianca cristallina, che si purifica abbastanza bene dall'alcool bollente, che fonde a 265° e che si discioglie a caldo nei carbonati alcalini. Ma su ciò, come pure sulle altre esperienze in corso, pubblicherò pros- simamente i risultati. Chimica. — Sul! tricloruro di iodio (1). Nota di G. Oppo, presentata dal Socio PATERNÒ. Il comportamento del tricloruro di iodio ha richiamato più volte l’at- tenzione dei chimici. Gay-Lussac (2), nel descriverlo per il primo col nome di cloruro giallo solido, osservò che nell'acqua si scioglie senza alcun'apparente trasforma- zione, e intravide, senza però definirla, che in quel fenomeno avviene una reazione di natura reversibile. Serullas (*) la dimostrò nettamente: egli trovò che nel disciogliere il cloruro giallo solido in acqua si formano acido iodico ed acido clori- drico, mentre resta una parte del prodotto inalterato, il quale precipita aggiungendo alle soluzioni acido solforico concentrato; viceversa, se ad una miscela di soluzioni concentrate d’acido iodico e cloridrico si aggiunge acido soltotico, precipita il cloruro giallo solido. Trascinato da questi risultati, e non conoscendosi ancora la composizione esatta del composto, gli attribuì la formola ICl;, che darebbe luogo con H,0 all'equazione reversibile: ICI; + 8H,0 =" HIO;+ 5HC1. Ma quando nel 1837 Soubeiran (‘) ne fissò con ripetute analisi la for- mola ICl,, la formazione dell'acido iodico non trovò più sufficiente inter- pretazione. (1) Lavoro eseguito nell'Istituto di Chimica generale dell’ Università di Cagliari. (2) Ann. Ch. Phys., 97, 1 (1814). (3) Ann. Ch. Phys., 43, 208; 43, 59 (1830). (4) Journ. de Ch. 23, 49. — ll7 — Philipp (') nel 1870 ritenne ch'esso non fosse costituito da una sola molecola, ma da due distinte IC1+-Cl.; credeva di spiegare a questo modo perchè nell'azione sugli alcali non dava origine a ioditi. Questa opinione, secondo quanto pensano Sommaruga e Zeisel nel capitolo scritto per il trattato di Dammer (°), spiegherebbe la facile dissociabilità del prodotto. Schutzenberger (3) invece, studiando l’azione dell'acqua su una serie di sistemi composti di cloro e iodio nei rapporti di I:C1; e 1:Cl, ritenne che, sebbene ICI; non esista, si deve ammettere che il tricloruro di iodio con l’acqua sì comporti come un miscuglio di ICI; e ICI, secondo l'equazione: 2ICLk +3 H:0 == HIO; + ICI. HC1+4- 4 HCI. A parte tale dissidio, questo comportamento speciale del tricloruro di iodio con l’acqua, per il quale si distacca dai composti alogenati dei veri metalloidi, come quelli dello zolfo e del fosforo, che non danno origine a rea- zioni reversibili, e si avvicina invece ai composti alogenati degli elementi con spiccato carattere metallico, come quelli d'arsenico, antimonio, bismuto ete., mi aveva fatto sorgere da parecchio tempo il dubbio che il tricloruro di iodio dovesse considerarsi come un vero sale. Volli quindi determinare il peso molecolare in soluzione nell'ossicloruro di fosforo per osservare se anch'esso, analogamente a quanto ho dimostrato per i cloruri d’oro, di ferro e di platino (4), si mostrava dissociato. L'esperienze confermarono le mie previsioni; ecco difatti i risultati ottenuti : In ossicloruro di fosforo. I serie. Concentrazione Abbass. punto cong. Peso molecolare 3,1224 19,302 165,4 4,5400 1,864 173,42 II serie. Concentrazione Abbass. punto cong. Peso molecolare 3,4332 DEY(05) 134,21 6,0110 2,695 152 Per ICls si calcola p. m. = 233,20 ta) ICL rp 9 ” 116,60 (1) Berichte 1870, 4; Bull. Soc. Ch. /3, 496. (*?) Handbuch anorg. Chemie I, 579. (3) Bullett. Soc. Chim. 28 (1877) 254; Comptes Rendus 84, 389. (4) Questi Rendiconti 1901, 456. — 118 — Anche il tricloruro d’' iodio tende però a combinarsi col solvente e perciò non conviene eseguire molte determinazioni in serie. I valori che si ottengono invece in soluzione acquosa sono molto più bassi, ma quasi costanti per diverse concentrazioni: In acqua. I serie. Concentrazione Abbass. punto cong. Peso molecolare 3,0352 Jet 41,97 9,9270 4,288 43,98 Il: serie. 1,4791 09,669 42,00 3,9311 1,657 45,07 6,6442 Ludo 45,52 9,3258 3,770 46,2 La molecola del tricloruro di iodio dunque, in soluzione nell’ossicloruro di fosforo, si scinde in due parti. E poichè la solubilità del cloro in questo solvente è molto limitata e non se ne sviluppa neanche a concentrazioni molto più elevate di quelle che ho riportato, non possiamo ammettere sia avvenuta la dissociazione molecolare in IC1 + Cl», secondo il concetto di Philipp (!); ma un'altra di natura diversa, cioè la dissociazione ionica e che perciò il tricloruro di iodio sia un elettrolite, a differenza di altri cloruri di veri metalloidi. Ma che cosa c'insegna ancora di nuovo il modo come avviene la disso- ciazione ? (1) Io non ho potuto leggere il testo originale della Memoria, che si trova pubblicata nel vol. III. del Berichte, incominciando la collezione di questo giornale che possiedo in laboratorio dal vol. VITI. Nel breve riassunto che ne è riportato nei Bullettin de la So- ciété Chimique /3, 486, è detto: « La décomposition du triclorure d’iode par l’eau, donne non de l’acide iodeux, mais de l’acide iodique et de l’iode libre, ce qui tend à montrer que IC], n'est pas une molecule unique, mais renferme IC14- Cls » Concetto in verità in- comprensibile, nè lo è meno ciò che dicono Sommaruga e Zeisel nel Dammer (1. c.): « Soll die Verbindung von einwerthigen I abgeleitet werden, so muss sie als Molekularverbin- dung IC14- Cl. angesehen werden; die leichte Dissociirbarkeit der Verbindung wiirde zu Gunsten dieser Ansicht sprechen ». Im che cosa differirebbe infatti in questo caso un composto molecolare da un composto vero e proprio ? — 119 — Ho dimostrato nella nota citata che anche FeCl;, AuCl,, e PtC], nelle soluzioni in ossicloruro di fosforo dànno valori per il peso molecolare cor- rispondenti quasi alla metà di quelli calcolati per le molecole intere. Queste nel dissociarsi non si scindono quindi, come forse si sarebbe potuto imma- ginare a priori, nel metallo, ione positivo, e negli atomi di cloro, ioni ne- gativi, poichè in tal caso avremmo ottenuti valori corrispondenti alla quarta parte della molecola per FeCl, e AuCl; ed alla quinta per PtCl,. AI contrario dei loro atomi di cloro uno soltanto si distacca per acqui- stare il carattere d'ione negativo e gli altri restano legati al metallo a costituire gli ioni complessi positivi : ClsFe CLAu ChPt Cloreferronio (1) Cloreauronio Cloriplatonio (1) paragonabili all’ammonio H,N, e perciò li ho chiamati con nomi analoghi, radicali dei quali FeCl3, AuCl3, PtCl, non sono che i monocloruri. Analogamente il tricloruro di iodio si deve considerare come il cloruro di cloreiodonio, il quale nelle soluzioni in POCl: si dissocia in CLI Cl Al n e perciò mostra un peso molecolare metà del calcolato. Abbiamo pertanto il fatto interessante, a prima giunta alquanto strano, che due elementi così negativi come il cloro e l’iodio, unendosi fra loro, costituiscono un ione positivo. L'ossicloruro di fosforo viene dunque a fornirci delle conoscenze preziose, sulla costituzione dei composti alogenati per ora, che possono concorrere a risol- vere altre questioni più complesse, come quelle dei sali doppi; conoscenze che nelle soluzioni nell'acqua ci sfuggivano per l’azione che questo solvente esercita su quei corpi (?). Difatti i cloruri dei veri metalloidi, almeno quelli contenenti pochi atomi d'alogeno, come il protocloruro di zolfo e di iodio che ho studiati nelle Memorie precedenti, dànno abbassamenti che corrispondono a molecole intere. Quando incomincia a manifestarsi negli elementi il carattere metallico, nei composti nei quali essi mostrano la massima valenza, come sono quelli da me finora studiati, non tutti gli atomi dell’alogeno si distaccano come ioni (*) Con le vocali e ed i attaccate alla radice « clor » intendo indicare rispettivamente i numeri 2 e 3 secondo il progetto di riforma della nomenciatura della chimica inorga- nica cae ho compilato per incarico affidatomi dal Congresso internazionale di Chimica pura, tenutosi a Parigi nel luglio del 1900, e che è in corso di pubblicazione nel resoconto degli atti di quel congresso. (2) Chem. Centr. 1899 I, 1057; Zeitsch. anorg. Ch. XXII, 445 e Gazz. chim. ital. 1900, II, 565. RenpIcONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 15 — 120 — dall’ elemento più positivo a costituire in soluzioni individui isolati, ma uno soltanto; gli altri vi restano attaccati a costituire un ione complesso posi- tivo. Col crescere però della natura positiva del metallo anche gli altri atomi d'alogeno acquistano la loro indipendenza ionica. Sebbene non abbia potuto eseguire determinazioni coi cloruri dei metalli alcalino-terrosi in ossicloruro di fosforo, perchè insolubili, il comportamento di questi sali in soluzione acquosa ci mostra difatti che in essi sì trovano dissociati tutti gli elementi. Si completa così con l’uso di questi due solventi inorganici il quadro di tutto il processo del fenomeno, che non mancherò d'illustrare con altre ri- cerche, appena avrò il materiale necessario. L'analogia del cloruro di cloreiodonio con gli altri tre cloruri da me studiati non si limita al comportamento crioscopico in POCl:, ma si estende alquanto al comportamento chimico. Già fin dal 1845 Filhol (') aveva descritto i composti KC1.ICl3 e NH, CI. ICl;. Per lungo tratto di tempo altri composti simili non furono ottenuti. ma nel 1892 Wells e Wheeler (?), in una memoria interessante sui composti pentalogenati dei metalli alcalini, descrissero i seguenti altri sali: RbC1.ICl3; NaC1.1Cl; LiC1.ICl3.4 H;0. Si ottengono molto facilmente mescolando a freddo le soluzioni acquose cloridriche dei due cloruri, o facendo passare sulla soluzione dei iodati una corrente di HCl e raffreddando. Avviene in un caso o nell'altro che tutta la soluzione si rappigli talvolta in una bellissima massa cristallina gialla, per lo più splendente, costituita da questi sali. Altri composti analoghi io ho ot- tenuto con le basi organiche terziarie e forse anche con il cloridrato d' idra- zina (3); ma ne rimando la descrizione all'inverno venturo, non essendo riu- scito finora ad avere risultati d'analisi concordanti, a causa della parziale decomposizione che subiscono nel disseccarli, per la temperatura elevata dell'atmosfera (‘). (!) Berzelius, Jahrb. 20 [2] 110. (?) Ber. deut. ch. Ges. XXV, 773, Ref. (3) Versando goccia a goccia su una soluzione acquosa concentrata di cloridrato d’idrazina, raffreddata con un miscuglio frigorifero, una soluzione ugualmente raffreddata di IC]; in HCI, si forma un precipitato giallo, che però subito diventa di colorito che varia dal giallastro al bruno. Cessa la precipitazione quando si è aggiunto ad una mo- lecola di cloridrato d'idrazina una molecola di IC]. Il precipitato subito raccolto su filtro, lavato con HCI e spremuto bene tra carta, contiene iodio e cloro; ma se si lascia all'aria, rimane un residuo bianco di cloridrato d'idrazina. Non sono riuscito finora ad ottenerlo di composizione costante. Ritornerò a studiarlo in inverno. (4) Per il medesimo motivo rimando a quella stagione le ricerche per tentare di ottenere altri sali dei radicali Cl.Fe, ClsAu, ClsPt, ChI. — 1221 — Che questi composti si debbano considerare come sali doppi paragona- bili ai cloroaurati corrispondenti, e non come composti dovuti a pentavalenza del metallo alcalino o dall’ammonio, io credo ce ne diano il mezzo di di- mostrarlo altre esperienze dei sudetti chimici Wells e Wheeler, i quali nel medesimo anno (') prepararono composti trialogenati dei metalli alcalini; ma riuscirono ad ottenerli soltanto del cesio, del rubidio e del potassio; arrivati a quest'ultimo metallo i sali che ottennero erano molto instabili, tanto che poterono prepararne soltanto pochi termini, mentre del cesio Wells aveva descritto perfino dieci sali trialogenati diversi semplici o misti. Al contrario i composti NaC1.ICl;, NH,C1.ICl3 si ottengono facil- mente e sono abbastanza stabili. I sali trialogenati quindi debbono attri- buirsi alla trivalenza che acquistano i metalli alcalini col crescere del peso atomico, analogamente a quanto avviene nella parte opposta della classifica- zione naturale con gli alogeni, e perciò quelli di cesio sono i più stabili; gli altri invece non si possono attribuire a pentavalenza, bensì a combina- zioni simili a quelle che riscontriamo in tutti i sali doppi come i cloro- aurati e i cloroplatinati. Dimostrata pertanto sia per il comportamento fisico che per quello chi- mico la funzione di sale del tricloruro di iodio, si capisce perchè esso sia solubile nell'acqua soltanto con parziale decomposizione, dando origine ad una reazione reversibile. Se poi questa nuova nozione sulla funzione del tricloruro di iodio si mette in confronto con altre analoghe che ne possediamo in chimica organica, risulterà questo fatto interessante: a Tricloruro di iodio, è un sale. ci SIC Cloroioduro di Willgerodt, (?) CsH; 2 cH. > 1-00). Cloruro di difeniliodonio, è anch'esso un sale. Ora è evidente che i cloroioduri debbono essere delle sostanze saline di costituzione uguale alle altre due, e sono il termine di passaggio tra i diar- riliodonii e il cloreiodonio, primo termine di questa serie di basi. In questo indirizzo nel mio laboratorio si sono incominciate delle ri- cerche sui cloroioduri. (!) Berichte XXV, 271, 543, 623, Ref. (2) Ber. deut. chem. Gesell. XXXI, 915, 1898 — 122 — PERSONALE ACCADEMICO Pervenne alla Presidenza la triste notizia della morte del Socio stra- niero barone ApoLe ERIK NoRDENSKIOLD, mancato ai vivi il 12 agosto 1901; apparteneva il defunto all'Accademia, sino dal 12 novembre 1883. CORRISPONDENZA Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute : La R. Accademia di scienze ed arti di Barcellona, la Società Reale di Londra; la Società geologica di Sydney; la Società zoologica di Tokio; le Società di scienze naturali di Emden e di Hamburg; l' Università di Glasgow. OPERE PERVENUTE IN DONO ALL’ ACCADEMIA dal 5 agosto al 1° settembre 1901. Atti della Commissione nominata dal Ministro dei lavori pubblici per rife- rire sui danni ai muraglioni del Tevere e proporre i necessarî provvedi- menti. Roma, 1901. 4°. Berlese A. — Osservazioni su fenomeni che avvengono durante la ninfosi degli insetti metabolici. Portici, 1901. 8°. Delitala G. — Un correlativo del teorema di Stewart. S. 1. 1901. 8°. Dalla Vedova G. — I progressi della geografia nel secolo XIX. Roma, 1901..80. Ekman W. — On a new Current-Meter invented by Prof. Fridtjof Nansen. Kristiania, 1901. 8°. Fischer E. e Guth M. — Der Neubau des ersten Chemischen Instituts der Universitit Berlin. Berlin, 1901. 4°. Gadot A. — Un nouveau mètre, unité physique essentielle. Paris, 1901. 8°. Manca G. — Ricerche fisiologiche su animali a sangue freddo tenuti in digiuno. Portici, 1901. 8°, ‘gg Nansen F. — Some Oceanographical Results of the Expedition with the « Mi- chael Sars » headed by Dr. J. Hjort in the summer of 1900. Christia- nia, 1901. 8°. Rabot Ch. — Les variations de iongueur des glaciers dans les régions arcti- ques et boréales. Genève, 1900. 8°. Schetelig J. — On the use of the Hydrometer of total Immersion. Kristia- nia, 1901. 8°. Strazzeri V. — Le eliche cilindriche. Sassari, 1901. 8°. Tuttolomondo A. — Fauna ittiologica del Compartimento marittimo di Catania. Girgenti, 1901. 8°. Wéòlfer A. — Astronomische Mitteilungen. N. XCII. Zirich, 1901. 8°. VEC: RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI pervenute all’ Accademia sino al 15 settembre 1901. ANAAO ««<«-<n. Ricorsi perciò a miscele di essenze di cannella e ga- rofano, e potei determinare, con sufficente approssimazione, per la luce gialla : luues 20 Pi== 1,580. La terza decimale non è tuttavia da ritenersi del tutto sicura, in causa della rapidità con cui all'aria si altera l'essenza di cannella, vuoi per par- ziale evaporazione, vuci per assorbimento d'ossigeno, e del notevole aumento di indice di rifrazione che porta con sè tale alterazione. — 143 — Dai due valori sopra esposti si calcola, per la luce gialla, 2Va = 47°,13. Il minerale è dunque otticamente monoclino, e l’ apparente cristallo tri- metrico va rappresentato come formato da due individui monoclini, geminati secondo }100{. Volendo conservare per quanto è possibile la orientazione data al cristallo nella ipotesi trimetrica, e portando in calcolo come terzo angolo (103) ((00)\—= 78988 si hanno le nuove costanti : agio —WV5l:1:0M945 pa SITI L'angolo # acuto è, nella metà davanti del cristallo, rivolto verso l' os- servatore, e le due forme che nella ipotesi trimetrica avevano i simboli }101{, }103{, diventano rispettivamente }101{ e }103{. Che se invece si volesse evitare di tener come base una faccia non esi- stente in realtà, e le due forme che nella orientazione trimetrica avevano i simboli }101{, }103{, fossero assunte rispettivamente come }101‘ e }001{, le costanti diventerebbero : arbie= 1;2006:1:0;5230 1 — ASSE e la forma possibile }001{ diventerebbe }102{. Il minerale fonde facilmente al cannello, con intumescenza. Dagli acidi forti, anche a caldo e in polvere fina, è decomposto solo in piccola parte. Scelsi con ogni cura il materiale per l'analisi chimica, isolandolo da tutti i frammenti dei minerali adiacenti: l'esame microscopico della polvere mi persuase che se c'erano sostanze estranee, queste dovevano essere in pro- porzioni insignificanti. Eseguii l'analisi mediante fusione con carbonato sodico secco: la deter- minazione degli alcali feci due volte: la prima disgregando con HFI, secondo il metodo solito, e la seconda col metodo di J. Lavrence Smith ('): delle due determinazioni, concordantissime, fu presa la media. Ecco i risultati : Hi /8 ie a ROIO Si Ogieenito .. 00,98 AO Seno a 49 Canc en... 2447 Morta. 80:12 (Nata I 029 Somma . . . 99,72 (1) Am. Journ. of Sc., 2 Ser., L, 1879, pag. 269; cfr. anche Hillebrand-Zschimmer, Analyse der Silikatgestzine. Leipzig, 1899, pag. 70. (2) Con tracce sensibili di Ks 0, — 144 — Da questi risultati si arriva facilmenle alla formula: Caz Al, Sic 018. H3 0. Questa formula corrisponde infatti alla seguente composizione centesimale : HO; SR OO Sii. MM a A1,0, MM To Cao... ose I risultati ottenuti dall'analisi vanno dunque sufficientemente d’ accordo col calcolato dalla formula. Un leggero eccesso di silice può benissimo esser spiegato ammettendo qualche inclusione o infiltrazione quarzosa o calcedoniosa così minuta da sfuggire alla cernita più accurata. La deficienza di calce è inoltre in parte compensata dalle piccole quantità di soda e di magnesia. Per quanto mi risulta, non è ancor nota una specie minerale con cui il minerale da me studiato possa essere identificato, nè cristallograficamente, nè chimicamente. Dal punto di vista chimico tuttavia non bisogna dimenti- care che esso ha una grande analogia con un minerale abbastanza mal defi- nito del granito di Striegau studiato varî anni or sono da A. v. Lasaulx, e da lui chiamato Pzéinzte (!). Per questo minerale il v. Lasaulx, da un’ana- lisi di Bettendorff, calcolava la formula: Cas AL Si; 0,3 .H2 0, molto vicina a quella del minerale di Baveno, come ognuno può vedere: non ne differisce infatti che per il rapporto tra l'ossigeno della calce e quello dell’allumina, che è 2:83 nella formula Lasaulx, mentre è 1:1 nella mia. Il calcolo dà la seguente composizione centesimale : SO! Re 337 St0; RE 0] VAS Og E 92 Ca... a 2099 composizione assolutamente incompatibile coi risultati della mia analisi, no- nostante l'accordo nella cifra della silice, poichè differenze del 4°/, nella determinazione dell’allumina e della calce non sono in alcuna maniera am- missibili. D'altra parte la pilinite, oltre che un materiale raro, sembra anche essere una sostanza poco pura, poichè una nuova analisi, fatta dal prof. A. Lindner (2), lo condusse a risultati notevolmente diversi da quelli del (1) A. v. Lasaulx, I/ineralogisch-Krystallographische Notizen, XII. Pilinit, ein neues Mineral. Neues Jahrb., 1876, pag. 358. (2) A. Schwantke, Die Mineralien des Striegauer Granits. Leipzig, 1896, pag. 60; C. Hintze, Handbuch der Mineralogie. 11, pag. 1826. — 145 — Bettendorff, e assai più prossimi a quelli calcolati per la formula del mi- nerale di Baveno. La descrizione, accurata, che ne dà il v. Lasaulx, esclude la riunione delle due specie in una. La pilinite è in aghetti finissimi, /lessidz/7, di aspetto « durchaus asbestartig », in forma di aggregato fe/trato, donde il nome del minerale, prismatici, con due sfaldature, delle quali una facilissima normale all'allungamento: la sezione ha forma di un rombo, con angoli di 60°, ed estinzione diagonale. Tutti questi caratteri sembrano incompatibili affatto con quelli da me constatati con sicurezza nel minerale di Baveno: e sopratutto il peso spe- citico, che nella pilinite fu trovato = 2,263 a 15° C., elimina ogni possibilità di avvicinamento: ma si comprende senza fatica essere il confronto malage- vole, essendo la pilinite un minerale rarissimo, del quale la conoscenza, causa appunto questa rarità, è affatto incompleta. Il minerale da me studiato forma invece una specie der definita, così chimicamente che morfologicamente, e deve essere distinto con un nome specifico nuovo: io propongo di chiamarlo dal nome della località: Bavenzte. Sistematicamente, si tratta di un metasilicato idrato, e malgrado la quantità d'acqua sia scarsa, non mi parrebbe opportuno collocarlo vicino agli asbesti, come il Lasaulx e il v. Rath ('), inclinavano a fare per la pilinite. Per il complesso dei suoi caratteri, e specialmente per l'aspetto, il modo di giacimento e la natura delle basi che contiene, la Bavenite si riattacca alle zeoliti: proporrei perciò di collocarla, nel sistema del Dana, nel gruppo in- troduttivo alle zeoliti, accanto all’apofillite. Fisiologia. — Differenze dell’irritabilità dei nervi e dei mu- scoli (*). Nota del dott. H. CusHIna, presentata dal Socio straniero KRONECKER. Kronecker nelle sue esperienze sulla fatica (1871) aveva osservato che la soluzione di cloruro di sodio di 0,7 per cento circolando per i vasi san- guigni di muscoli affaticati non può rinvigorirli, ma che il sangue diluito con uguale quantità di acqua salata, fa aumentare molto e per un tempo considerevole l’ energia. Una lunga serie di ricerche sull’esaurimento dei cuori di rane, rospi e tartarughe confermava il resultato: che soltanto le sostanze albuminoidi del siero di sangue rendono la forza anche al muscolo del cuore. Osservatori posteriori vedevano muscoli bagnati in soluzione fisiologica indeboliti ed irritati. — Locke raccontava in una pubblicazione preventiva (?) Vedi nota a piè di pagina nel citato lavoro di v. Lasaulx. (2) Lavoro eseguito nell'Istituto fisiologico di Berna. — 146 — (1894), che il sartorio di rana in acqua salata normale diviene inquieto, ma non resta irritabile da parte del suo nervo. Il signor Cushing perfezionando il metodo di perfusione dei vasi sanguigni dei muscoli di rana, arrivò ai seguenti risultati : 1) Dopo che i gastrocnemii di rana appariscono affaticati completa- mente per lunga serie di irritazioni massime del nervo sciatico, irritazioni dei muscoli stessi possono provocare alte contrazioni. 2) Sono affaticate le fibre terminali dei nervi, perchè non giova cam- biare i posti degli elettrodi. 3) I muscoli perfusi con acqua salata divengono presto incapaci di rispondere agli irritamenti dei loro nervi. 4) I muscoli esausti per la soluzione fisiologica fin al punto che non reagiscono più alle irritazioni più forti dei loro nervi, possono fare una lunga serie di contrazioni alte, se vengono irritati direttamente. 5) I nervi divengono paralizzati tanto più presto, quanto più concen- trata si adopra la soluzione salata. 6) I nervi paralizzati ricuperano la loro funzione, se si fa circolare per i loro muscoli sangue, oppure siero od anche la soluzione di Ringer. 7) Se si fa passare pel muscolo stancato una soluzione di Ringer, alla quale si sia aggiunto un po’ più di calce, il muscolo può diventare rigido. 8) Iniezioni intramuscolari hanno un effetto simile alle perfusioni intra- vascolari. CORRISPONDENZA Ringraziano per le pubblicazioni ricevute: La R. Accademia di archeologia e la R. Accademia di scienze ed arti di Barcellona; la Società geologica di Manchester; la R. Biblioteca di Ber- lino; le Università di Cambridge, di Lione, di Strasburgo, di Upsala. VEC: RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI pervenute all’ Accademia sino al 6 ottobre 1901. AINNNNINSNISISISIISNASNISIIIITOA-|- Matematica. — Sulle funzioni biarmoniche. Nota del prof. Giu- SEPPE LAURICELLA, presentata dal Socio V. VOLTERRA. Mi propongo di dimostrare che una funzione biarmonica — per fissare le idee — nei punti di uno spazio a tre dimensioni, sì può sempre svi- luppare in serie di funzioni razionali, intere, omogenee nei punti dell’in- terno di una sfera, in serie di funzioni razionali, fratte, omogenee nei punti dello spazio indefinito esterno a questa sfera; e che i termini di questi sviluppi si possono determinare per mezzo dei valori nei punti della super- ficie sferica di questa funzione e della sua derivata normale, valori che, come è noto, si possono dare ad arbitrio. È facile comprendere come questo teorema si possa estendere al caso delle funzioni poliarmoniche. 1. Sia R il raggio della sfera, sia per semplicità il centro della sfera nell'origine degli assi, e sia @ il raggio vettore che parte dal centro della sfera e va ad un punto qualsiasi dello spazio. È noto (!) che un integrale regolare qualunque v della doppia equa- zione di Laplace nei punti della sfera di raggio R, si può sempre porre sotto la forma: (1) u=(R°—0°)g+%, dove @,w sono due convenienti funzioni armoniche. (1) Cfr. Almansi, Sulla deformazione della sfera elastica. Mem. della R. Acc. delle Sc. di Torino, serie II, tom. XLVII, pag. 9; Sull'integrazione dell'equazione differenziale 4%n= 0. Annali di Mat. ser. III, t. 2. RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 19 — 148 — Questo principio si può estendere al caso dello spazio indefinito limitato dalla superficie sferica di raggio R. Infatti basterebbe estendere al caso nostro i calcoli del prof. Almansi; ma è più semplice procedere nel se- guente modo. Sia « una funzione biarmonica, regolare nei punti dello spazio indefinito limitato dalla superficie o della sfera di raggio R; e sia, per un momento, g' il raggio vettore che parte dall'origine e va ad un punto qualsiasi di tale spazio. Mediante un'inversione, fatta in base alla sfera data, la « si trasfor- merà in una funzione «' regolare nei punti dell'interno della sfera e la ou sarà una funzione biarmonica (!) dei punti di questo spazio; e, se si vuole che la w a distanza infinita divenga infinitesima del primo ordine, la ow' dovrà divenire per g=0 infinitesima del secondo ordine. Ora la ow' si può porre sotto la forma: ou=(R°—0°)p +, con $1,%, funzioni armoniche tali che per o=0 l’espressione R° g, + Y1, divenga infinitesima del secondo ordine. Si ha ancora, ripetendo la medesima inversione, i R*\c l 12 2 PL si 5 A U_0 I(ne— it = — n) (n o +)+x da dove gi, sono le trasformate di 4,,w, e dove le espressioni a PU Wil pal 3 o u ONT n o sono due funzioni armoniche, di cui la prima a distanza infinita diviene infi- nitesima del terzo ordine, la seconda infinitesima del primo ordine. Adunque per lo spazio indefinito limitato da o varrà ancora la formola (1), con l’av- vertenza che a distanza infinita la 4 divenga infinitesima del terzo ordine, la w del primo ordine. 2. Si ha per i punti dell'interno della sfera di raggio R: (2) Ga per i punti dello spazio indefinito esterno alla sfera di raggio R: (2) p Si Ne ps Ni Vi os n n+1 ? 0 dove Y7,, YT, Y7", Y" sono convenienti funzioni sferiche di ordine 7, e dove n (1) Cfr. Volterra, Sulle funzioni poliarmoniche. Atti del R. Ist. Veneto, tom. LVII. — 149 — ancora Y} = Y{"=0; per cui sarà nei punti dell'interno della sfera: (1)' a Di o” R° Xi va Yn-g E 0 ’ 0 nei punti dello spazio indefinito esterno alla sfera: 1 n+i (1)” ION RYO YVLat+ YI. US) Queste due formule dimostrano la prima parte del risultato enunciato. 3. Indichiamo ora con /, i valori arbitrariamente dati di v nei punti della superficie o, con /» quelli della derivata normale di « pure dati ad arbitrio nei punti di 0; e vediamo in che maniera si possono determinare le funzioni sferiche Y,,, Yn, Yn In da sostituire nelle (1), (1)”. Osserviamo anzitutto che, come apparisce dalla (1), la funzione armonica y nei punti di o coincide con la funzione v; in questo modo nei punti di o si dovrà avere W=/1; è quindi sarà: dop n D TII 2 n - n+ ui ISTITO 2 n + 1 nel (3) (. Gis inBr Pa hh do , In Nn 47 SI dove P, è la nota funzione di Legendre. Le serie (2) nei punti della sfera e le serie (2) nei punti dello spazio indefinito limitato da o sono derivabili termine a termine; per cui si potrà scrivere per i punti dell'interno della sfera: \ie A) —2eg ++ a — do = 203 eT+ Ye + (R— 0) Dee TL, 0 0 per i punti del campo indefinito limitato da o: bea VI Pra +e Moltiplichiamo ambo i membri della (4) per P, e integriamo a tutta la superficie sferica o’ di raggio o R. — 150 — Si ottiene, facendo uso delle note formole sulle funzioni sferiche, du US I Ù n+1l dr se 2 2), pn+} 4 I, sid dr er i Sal du 2 40 o n+1 47 ara Ani LAO LIMA INS Y ie Pile ANAS PACI ; Pn 350 e*2n+1 i, o ‘2n4+10" a roi 2n+1 4 Passando al limite per o= R ed osservando che si ha per ipotesi: lim SI i timo Me lit do ; i i ot do i le due formole precedenti ci daranno: et, uti P, fa do = 2R+3 VE — nR"+! Va 3 2n ù I Ra VR n oPafs CIO rare rar In ri R® Ya ? e quindi: SZ a n (241) \ Y, nia 8rR"+3 Jo P, fa do

10. Ora si noti che essendo 109(® — 1=9.11...1 (supposto questo numero di (a) cifre) divisibile per 9 deve RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 20 — 156 — 5. Il teorema III, combinato con le osservazioni esposte nel numero precedente, dimostra che la ricerca delle condizioni di divisibilità del nnmero Nî= a+ 1004,+ 10° a+... pel numero intero 4 è ridotta alla ricerca analoga pel numero k=n=-1 (5) Sion (N) = d04-@ +-+ +1-10"! ama + ZI Lim A Oa “a T107 dt ma] (1), m essendo un numero tale che 10% — 1 sia multiplo di &. Ora il criterio generale di divisibilità di N per a così risultante si può evidentemente trasformare in infiniti altri, potendosi al numero Sio (N) sostituirne un altro che ne differisca per un multiplo qualsivoglia di 4; di tale circostanza si può trarre profitto per dedurre dei eri/er? speciali, relativi ad assegnati valori di 4, purchè primi con 10. Sono molto noti per la loro utilità quelli del seguente tipo: affinchè N sia divisibile per a è necessario e sufficiente che lo sia un multiplo determinato del numero delle sue decine accresciuto o diminuito di un multiplo pure determinato del numero delle sue unità (°). Per dimostrare e precisare siffatto enunciato, consideriamo l’espressione (6) S= 040 + 44, + 10Za> 4: + 10"? Zam, + h=n-) + DI 1021 À[ rm + 104xmt1 + Si + dre da+vmr] , = ove 0 è un intero, positivo o negativo, da determinarsi, e 4 è uno dei nu- : L 5 meri 1, 2, 5. Posto n=, dalle (5) (6) si trae k=n-1 pS— Siom(N) = (uo — 1) 40 + 2 (10% —1) [anm-10dwmer + T “n 10: Aa+y mr] O essere 9 oppure 11...1 un multiplo di 4; ma la prima ipotesi è da escludersi perchè 9 0,9114 623,0 3064 375,6 0,9112 595,6 313,9 3 0,9122 566,4 322,4 d Il valore di M, era 0,00112 henry con una resistenza di 24,9 ohm. Ogni valore del rapporto 77° era ottenuto con diverse deviazioni nel- 2 l’istrumento che variavano de pochi centimetri a tutta la lunghezza della scala (60 cm.). Si vede dai numeri precedenti come sarebbe difficile preten- dere da altri metodi dei risultati migliori, se si pensa che col galvanometro balistico, di cui ho dato più sopra la sensibilità veramente eccezionale, si sarebbe ottenuta appena la stessa sensibilità e con precauzioni ben diverse. Unico difetto di questo metodo è quello di richiedere un calcolo laborioso, ma esso può essere facilmente eliminato semplificando la disposizione dei circuiti. Basta che il commutatore a 6 vie metta in comunicazione coll’elet- trodinamometro ora l'uno ora l’altro dei due secondarî in serie ciascuno ad una cassetta di resistenza. Si fa variare il valore delle due resistenze, finchè l'inserzione dell'uno o dell'altro dei due secondarî, sia la stessa deviazione nell’istrumento, in tal caso è DI 23.5 M, R: Non ho potuto eseguire misure più numerose ed accurate con questo metodo come coll’elettrodinamometro differenziale per i guasti avvenuti. Però in questi ultimi due metodi è necessario avere una certa costanza nella frequenza della corrente alternata, almeno nel breve tempo che dura una misura. Essa può essere ottenuta al solo patto di adoperare la corrente di città quando non sia prodotta da motori a vapore, oppure facendo muovere un al- ternatore da un motore elettrico azionato da accumulatori ed eccitato in de- > 186 — rivazione. Sarebbe illusorio tentare gli ultimi metodi con corrente alternata poco costante, mentre in tal caso è lecito usare l’elettrodinamometro diffe- tenziale. Si può dunque concludere: L'elettrodinamometro (quando la corrente alternata possa essere adope- rata) per quel che riguarda sensibilità e precisione di misure, può essere non solo sostituito ma in molti casi preferito al galvanometro balistico. L'elettrodinamometro differenziale ed il metodo ultimo possono dirsi equivalenti: solo essi devono essere utilizzati in condizioni diverse, a seconda della corrente alternata di cui si dispone. Se si ha una corrente alternata sufficientemente costante è preferibile il 2° metodo, perchè più semplice, non dovendo determinare alcuna costante dell’istrumento. Quando invece la corrente soddisfa meno bene a questa con- dizione, diventa illusoria la praticità del 2° metodo, ed è preferibile l’elet- trodinamometro differenziale, curando o che lo zero rimanga stabile o cam- pionando l’'istrumento per diverse posizioni dello zero. Fisiologia. — Sulla decomposizione di sostanze albuminoidi nell'uomo sottoposto a forti strapazzi ('). Nota del dott. C. JACKSON, presentata dal Socio straniero KRONECKER. Kronecker nel suo lavoro sulla fatica (1871) aveva dimostrato che rane illese delle quali i gastroenemi erano caricati di 20 gr. ed irritati fino al- l'esaurimento ogni giorno, divengono dopo due o tre giorni incapaci di ri- stabilirsi e muoiono: le fibre muscolari apparivano degenerate. Angelo Mosso (Seduta reale dell'Accademia dei Lincei, 29 maggio 1887) ha fatto conoscere un veleno nel sangue di cani esauriti per fatica. Gli alpinisti sanno bene che dopo ascensioni molto faticose emettono anche per due o tre giorni urina di color d'arancio con sedimenti, malgrado che abbiano con molte bibite ri- costituita l’acqua evaporata col sudore. Molti viaggiatori più deboli si accor- gono di uno stato febbrile. Le guide avvezze a grande fatiche, lavorando non soffrono e la loro urina non apparisce modificata. La guida Reichen faceva da Kandersteg l’ ascensione del Doldenhorn (3047 m. ) nell'intervallo di 8 ore con due fratelli di 14 (Federigo Zurbu- chen) e 13 anni (Massimo). Furono misurate le quantità di nitrogeno nei saggi delle urine raccolte prima e dopo l’ ascensione. (') Lavoro eseguito nell'Istituto fisiologico di Berna. — 187 — Risultavano i seguenti dati: Nitrogeno per cento Prima dell’ascensione Dopo l’ascensione Guida 1,322 1,981 Federigo 0,76 1,097 Massimo 0,774 1,222 Questo risultato interessante fa vedere che l'eliminazione del nitrogeno s'aumenta colla fatica. Ma fu insufficiente perchè non si misurò la concen- trazione dei liquidi. Perciò il sig. Jackson approfittava dell’occasione di una traversata della piccola Scheideck (2000 m.) che facemmo nei primi giorni del gennaio da Grindelwald a Lauterbrunnen (Cantone di Berna). Il tempo freddo impediva di sudare. Eravamo 5 persone: Portatore di circa 35 anni (P), un uomo di 62 anni (K. s), due uomini di circa 32 anni (C) e 26 anni (F), un giovane di liGfanmi ((K.J.). Le urine emesse subito dopo l'arrivo in Lauterbrunnen furono para- gonate colle urine lasciate in pieno riposo. La seguente tavola fa conoscere la composizione percentuale dei saggi d'urina (N). + ; ; Nitrogeno in ; Nin U Vitroo 5 » c nai Peso specifico Nitrogeno totale Urea -- Ammionaca Proporzione del Nelle Riposo Lavoro Riposo Lavoro Riposo Lavoro Riposo Lavoro I 1024 1023. 0,78 1,28 0,65 0.99 0,83 0,77 F. 1023 1028. 1,41 1,65 1,13 0,92 0,80 0,56 C. 1024 1024 1,14 1579 0,94 1,18 0,82 0,66 K.s. 1021 1026. 1,43 1,65 1,27 0,69 0,88 0,42 K.j. 1023 1030. 1,51 2,11 1,32 1,82 0,87 0,86 Si vede che il peso specifico dell'urina di 4 persone è punto o poco aumentato; soltanto il giovane emise dell'urina concentrata, dopo il viaggio. Tutti producevano più nitrogeno dopo il lavoro. Ma questo poteva dipendere dalla maggior quantità di cibi presi. Il portatore e il giovane mangiavano molto; il vecchio non aveva appetito e mangiava quasi niente durante il viaggio. Si sa, che la più gran parte del nitrogeno dei cibi viene eliminato sotto forma di Urea. Colla nutrizione cresce la quantità dell’ Urea. Voit, Fick ad altri dimostrarono che il lavoro non aumenta l’ Urea. Nella nostra tavola si vede che il portatore ed il giovane, che avevano mangiato molto durante il cammino, davano maggior quantità di Urea dopo la corsa che negli altri giorni. K.s. quasi digiuno ne elimina poco più della metà; gli altri compagni di mediocre appetito, poco più o meno dell’ ordinario. — 188 — Ma le ultime due colonne fanno riconoscere l'influenza dello strapazzo : la proporzione del nitrogeno nell’ Urea rispetto al nitrogeno eliminato in altre combinazioni è diminuita pel lavoro. Soltanto il giovane conserva l'urina non modificata. Il vecchio presenta una diminuzione fino alla metà. Bisognerà continuare queste ricerche, ma già apparisce probabile l'ipotesi che /o strapazzo è uno stato patologico nel quale le materie eliminate dal corpo non sono soltanto aumentate ma cambiate, in maniera che si riconosce una dissoluzione di tessuti, probabilmente muscolari. Per l’ esercizio, lo stesso lavoro diviene possibile senza distruzione dei muscoli. i Fisiologia. — Za funzione del nervo qlossofaringeo nella ruminazione (*). Nota del sig. EmiLIo KRUEGER, presentata dal Socio straniero KRONECKER. Suetonio racconta dell'imperatore Claudio che dopo pranzi lussuriosi si procurava il vomito irritando con una penna la mucosa della faringe. Lo stesso fanno col dito gli studenti tedeschi, quando hanno riempito di birra lo sto- maco. Ma non esiste ancora una spiegazione del fatto ben conosciuto. S. Meltzer ha dimostrato che il nervo glossofaringeo serve come nervo inibitore del movimento di deglutizione. Così egli rende possibile il vomito sopprimendo le resistenze dell'esofago. Wassilieff ha osservato che un uomo quando appoggia il manico di un cucchiaio alla sua faringe non può più deglutire. E. Kriger considerando la ruminazione come atto analogo al vomito, studiava la funzione del nervo glossofaringeo nelle pecore. Irritando il nervo glossofaringeo nelle teste di pecore macellate, vedemmo, d'accordo con molti osservatori, che possiede fibre motrici pel « m. constrictor medius pharyngis » e pel « m. stylopharyngeus ». Ma le contrazioni di questi muscoli sono passeggere, anche se si tetanizza il nervo, mentre pel nervo pneumogastrico tetanizzato tutta la faringe e l'esofago restano tanto tempo contratti quanto dura l’ irritazione. Buona parte delle fibre del glossofaringeo penetra fino alla mucosa della faringe. Per queste fibre, influenze inibitrici si portano al centro nervoso della deglutizione nel midollo allungato. Osserrammo anche, irritando il ramo faringeo, segni di leggero dolore nelle pecore. Poscia esaminammo i disturbi della ruminazione dopochè erano tagliati i nervi glossofaringei di una pecora. L'animale subito dopo l'operazione è in (1) Lavoro eseguito nell'Istituto fisiologico di Berna. — 189 — buono stato, mangia erbe, ma non rumina. Osservando attentamente l'animale, non lo si vide ruminare che all'ottavo giorno. Ma l'atto era penoso per l’animale, che riusciva soltanto dopo ripetuti sforzi dei muscoli addominali, a respingere il boccone nella bocca. Qualche volta il boccone si fermò nell’esofago e fu poi inghiottito giù nel rumine. Atto simile al rutto, al quale Meltzer ve- deva succedere una peristalsi del suo esofago. Nella seconda settimana la pecora aveva imparato a ruminare con minor pena, ma l’atto risultava più difficile che nelle pecore normali. Ad una seconda pecora fu tagliato soltanto il nervo glossofaringeo si- nistro. Alla sera del secondo giorno dopo l'operazione, si vedeva l’animale ru- minare con qualche sforzo, ma trascorsi due giorni la ruminazione appariva normale. Il gusto per materie dolci, agre e salate restava intatto anche nella pe- cora senza nervi glossofaringei, ma per le sostanze amare (china, aloé) mo- stravasi indifferente l’animale senza nervi glossofaringei, e poco sensibile la pecora con un nervo. Così possiamo conchiudere che il nervo glossofaringeo irritato dall’animale ruminante, fa cessare per un momento il tono della cardia, mentre i muscoli dell'addome premono il rumine. Oltre ciò il glossofaringeo serve come nervo del gusto amaro. Ve C. di Dal Fip 21 08 Sri RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI aSacae ANN“ Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 3 novembre 1901. P. BLASERNA, Vicepresidente. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Astronomia. — Osservazioni di pianetini recentemente sco- perti. Nota del Corrispondente E. MILLOSEVICH. L'ultima mia Nota, che ebbi l’onore di presentare all'Accademia, a pro- posito di mie osservazioni su nuovi pianetini, scoperti colla fotografia, si arrestava al pianetino FX 1900. Dei numerosi pianetini ritrovati in que- st'ultimo anno, potei osservare soltanto i seguenti: GH 1901 (449) gr. 11.0 1901 marzo 17 9°8"148 R.C.R. » « apparente (449) 12%352515.06 (92.568) » d » (449) + 2° 7" 327.7 (0. 759) 1901 marzo 28 82562188 R.C.R. » « apparente (449) 12n26"165,67 (92.508) » di no (449)+ 3° 7 4070 (0. 750) Il pianeta GH 1901 venne riconosciuto identico al pianeta (449) Hamburga. GP 1901 (11.6) (12.0) Il pianeta fu scoperto colla fotografia da Carnera ad Heidelberg l'11 luglio. « apparente d apparente 1901 luglio 18 11224308 R.C.R. 199462485.09 (82.877); — 15°57/45”.2 (0.869) ” n 22 1058 13° » 1943 5. 83(82.960); — 163027. 0(0.871) ” n 25 1042 47» 1940 20.02(82.959); — 16 55 16. 8(0.873) » agosto 5 10 6 89» 1930 51.43(82,769); — 18 2534. 9 (0.884) » n 91080 87 » 1927 49 18(8.436); — 185728. 8(0.884) no» 14 1251 48» 1924 26.26(9.513); — 193617. 7(0.850) » sett 2 919 4» 1917 88.30 (8.978); — 213932. 0(0.892) n» 9 885 10» 1917 38.25(8.792); — 221728. 0(0.896) RENDICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 24 — 192 — GQ 1901 (11.0) Il pianeta fu scoperto colla fotografia da Carnera ad Heidelberg il 17 agosto. « apparente d apparente 1901 agosto 21 10h 4455 R.C.R. 20h372425,19 (82.826); + 6°21/48”.3 (0.707) GV 1901 (11.0) (10.8) Il pianeta fu scoperto da Villiger a Monaco l’11 ottobre scorso. e apparente d apparente 1901 ottobre 12 101381225 R.C.R. 1h57m465,97 (92.328); — 0°35/52/.7 (0.771) ” n» 16 9838 54 n 154 55. 34 (92.448); — 058 4. 1(0.778) ” n 20 9 0 46» 151 58.05(92484); — 11919. 0(0.775) ” » 23 853 11» 149 42.98(92.471); — 13420. 4(0.774) Dopo il plenilunio venne ritrovato ieri sera e osservato come segue: 1901 novembre 2 6243208 R.C.R. « apparente 14202584 ” — 2°16‘.4 La posizione è soltanto approssimata, necessitando un luogo rigoroso della stella di riferimento. Fisiopatologia. — Intorno alla Fisiopatologia dell’ Embrione di Pollo. Memoria del Corrispondente A. MAFFUCCI. Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie. Meccanica. — Su alcuni problemi d'equilibrio elastico. Nota del dott. O. TEDONE, presentata dal Socio VOLTERRA. Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. Ma PI — 193 — Fisica. — Intorno ad un metodo per determinare 0 per elimi- nare la costante psicrometrica, e ad un psicrometro assoluto con tre termometri. Nota di G. GuaLIELMO, presentata dal Socio BLA- SERNA. La nota formula che dà la tensione del vapor acqueo nell'aria, quando si conosca la differenza di temperatura di due termometri contigui, esposti all'aria libera, uno col bulbo nudo e asciutto, l’altro col bulbo avviluppato di garza e bagnato con acqua, contiene una costante il cui valore non è punto costante ma varia notevolmente, a seconda delle condizioni in cui si trovano i due termometri, e quindi se nell'applicare tale formula non si fa uso di quel valore della costante che appunto corrisponde alle condizioni sud- dette, si possono ottenere per la tensione cercata valori notevolmente erronei. Il valore trovato da August supponendo che sempre nuovi strati d'aria giungano a contatto col termometro bagnato, e che il calore da essi perduto nel raffreddarsi fino alla temperatura di questo sia uguale al calore assorbito nell’evaporazione dell’acqua destinata alla loro saturazione, senza tener conto della diffusione del vapore (indipendente dall’ accennato fenomeno di conve- zione) nè del calore che il termometro riceve per irradiazione, non si discosta moltissimo dal valore esatto ma tuttavia, come fu ripetutamente dimostrato, non sì può in nessun caso adottare senza incorrere in errori grandissimi. Il valore trovato da Maxwell e da Stefan per il caso d'un'atmosfera quieta e illimitata, deducendolo dal coefficiente di diffusione del vapore nel- l’aria, può dare valori abbastanza esatti della tensione cercata qualora si verifichino le condizioni suddette, ciò che in pratica avviene ben raramente. Nè il locale ove conviene fare le determinazioni può assimilarsi a un’ atmo- sfera illimitata, nè l'aria è, se non raramente, affatto quieta; nel caso, special- mente, dei psicrometri a ventilatore o ad aspirazione, tali ipotesi non si ve- rificano neppure lontanamente. Di solito si determina il valore di essa costante eseguendo contempora- neamente e nello stesso locale due determinazioni, una col psierometro che dà la differenza di temperatura dei due termometri, l’altra con un igrometro, p. es. a condensazione, il quale dà il valore corrispondente della tensione di vapore. Tuttavia anche il valore così ottenuto della costante cessa di essere esatto quando variino le condizioni in cui si trova lo psicrometro, cioè la forma e le dimensioni del locale nel quale esso è collocato, e il movimento dell’aria. Nello psicrometro con ventilatore, quest'ultimo può attenuare ma non eliminare completamente e con sicurezza le suddette cause di variazione. — 194 — Mi pare dunque che possa riuscir utile il metodo seguente che permette col solo psicrometro, senza nessun altro igrometro, sia di determinare il va- lore della costante suddetta in ciascuna delle varie condizioni in cui può trovarsi lo psicrometro, e di assicurarsi così dei limiti della sua costanza, sia di eliminare affatto questa costante ed ottenere indipendentemente da essa e senza che le sue variazioni possano influire, il valore esatto della tensione cercata. Si possono ottenere questi risultati eseguendo, sia dopo la determinazione solita col termometro bagnato con acqua, sia contemporaneamente ad essa, ma facendo uso d'un terzo termometro, una determinazione con un termometro bagnato con una soluzione acquosa avente una nota tensione di vapore. Se- condo la formula dello psicrometro, la differenza di temperatura dei termometri asciutto e bagnato è proporzionale alla differenza della tensione di vapore del liquido che bagna il termometro e della tensione dello stesso vapore nell'aria. Se quindi /' ed /" sono le tensioni di vapore dell’acqua pura e della soluzione alle temperature # e 7" indicate dai rispettivi termometri, x e t sono la tensione del vapore nell'aria e la temperatura del termometro asciutto, ed A la costante psicrometrica, supponendo costante la pressione atmosferica sì ha: a) i Fo (2) (get) donde sì ricava: i; 7 (8) A-GZE È Ari ee (4) = prg feat) (5) i Se le due determinazioni necessarie per calcolare A ed x sono eseguite successivamente, può avvenire spessissimo che nell’ intervallo, per quanto breve, fra le due determinazioni, il valore d'x cambi ed allora le due equazioni (1) e (2) avendo una diversa « non sono rigorosamente paragonabili e quindi i valori di A e di x che se ne ricavano non sono esatti. Si può evitare questa causa d’ inesattezza eseguendo la seconda determina- zione con i due termometri entrambi bagnati, uno però con acqua pura, l’altro colla soluzione. I valori di 4" e #" che così si ottengono sono rigorosamente paragonabili perchè ottenuti contemporaneamente e introdotti nella (3) dove non comparisce il valore di /, che nella seconda determinazione noi non po- tevamo osservare, avremo il valore esatto di A. Siccome A è almeno appros- simativamente una costante, si può ammettere con tutta sicurezza che essa non abbia variato nel breve intervallo fra la prima e la seconda determina- — 195 — zione, e sostituendolo nella (1) o nella (4) avremo il valore esatto che aveva x durante la prima determinazione. Certamente però sarebbe preferibile l’ uso di tre termometri, uno asciutto, uno bagnato con acqua, ed il terzo bagnato colla soluzione, ciò che permet- terebbe di eseguire simultaneamente le due determinazioni senza cambiare l’uso a cui è destinato il termometro asciutto. Può avvenire, se la soluzione è molto concentrata o l’aria molto umida, che la tensione di vapore della soluzione sia minore di quella del vapore nell'aria; questo allora si condenserà sul termometro bagnato colla soluzione e lo riscalderà, la diffusione del vapore si farà verso la soluzione, ma le for- mule precedenti rimarranno ancora applicabili, solo /" — x e ft — #" avranno entrambi cambiato segno. Può avvenire altresì che la tensione di vapore della soluzione sia uguale a quella del vapore neil’aria; allora sul termometro ba- gnato colla soluzione non avverrà nè evaporazione, nè condensazione, la sua temperatura rimarrà uguale a quella del termometro asciutto, e la formula (2) conforme all'ipotesi darà 7 =". Questo caso, come risulterà ancor meglio in seguito, è il più favorevole e il più sicuro, ed è quello al quale converrà, per quanto è possibile, avvicinarsi. Nell eseguire queste determinazioni bisogna tuttavia tener conto di due circostanze che trascurate potrebbero talvolta dar luogo ad errori notevoli. Una si è che per effetto dell'evaporazione del liquido o condensazione del vapore sulla soluzione, essa si altera specialmente alla superficie, lentamente ma progressivamente, concentrandosi se vi ha evaporazione, diluendosi nel caso contrario, e quindi la temperatura del termometro che ne è bagnato, nel primo caso salisce, nel secondo scende avvicinandosi in ogni caso alla temperatura del termometro asciutto, o bagnato colla soluzione che non emette nè assorbisce va- pore. È evidente che l'errore derivante da questa causa decresce quando decresce l’evaporazione o la condensazione, s'annulla con esse ed è facile vedere con un diretto ragionamento o applicando le formule che esso, tanto per A che per x, ha un segno diverso a seconda che avviene evaporazione o condensazione. Risultano da ciò due modi per evitare o per correggere questo errore. Uno consiste nell'uso di una soluzione la cui tensione di vapore sia per quanto è possibile vicina alla tensione di vapore nell'aria che possiamo almeno ap- prossimativamente dedurre o dalla prima determinazione con acqua pura o dalle indicazioni d'un igroscopio, p. es. l' igrografo degli Osservatorî. L’ altro mezzo consiste nell'eseguire due determinazioni oltre quella con l’acqua: una con un termometro bagnato con soluzione avente una tensione di vapore maggiore di quella nell'aria, e l’altra col termometro bagnato con una soluzione avente la tensione di vapore minore d' altrettanto di quella nell'aria. In tal modo i due valori che si ottengono sia per A che per x hanno errori di segno contrario e all’ incirca uguali, e si distruggono nel prendere la media. Conviene notare che una sola determinazione coi due termometri bagnati colle due — 196 — soluzioni suddette non gioverebbe, poichè i singoli errori anzichè distruggersi si sommerebbero. Due altri modi supplementari per correggere l'errore suddetto consistono, l'uno nell'osservare a intervalli noti la temperatura del termometro bagnato colla soluzione, dedurne la variazione per minuto e servirsi di questa per calcolare la temperatura iniziale della soluzione, quando essa era ancora inal- terata; l’altro consiste nel rinnovare lentamente la superficie della soluzione, facendola colare lungo la garza che avvolge il bulbo del termometro. Ho sperimentato l'utilità e l'efficacia del primo di questi metodi supplementari, non quelle del secondo; occorrerebbe che la soluzione scorresse con tale ra- pidità da non alterarsi sensibilmente nel tempo che essa impiega a percorrere la lunghezza del bulbo, ma occorrerebbe anche che le quantità di calore che essa cede o acquista nel prender la temperatura del bulbo non facessero variare sensibilmente quest’ultima; ignoro fino a qual punto le due condizioni sono compatibili. L'altra circostanza di cui bisogna tener conto nell'applicare la formula della psicrometro a termometri bagnati con soluzioni, si è che il calore latente o di evaporazione dell’acqua il quale trovasi al denominatore del valore teo- rico della costante A, è certamente diverso per l’acqua e per le soluzioni saline e specialmente per le soluzioni d’ acido solforico che svolgono notevoli quantità di calore per effetto della diluizione, e quindi le assorbiscono nella concentrazione causata dalla evaporazione. Per poter applicare ad esse con esattezza la formula psicrometrica, bisognerebbe aggiungere alla costante A come fattore il calore latente dell’acqua e come divisore quello delle solu- zioni di acido solforico, cioè il calore latente d’ evaporazione accresciuto di quello di concentrazione. Tuttavia pare probabile che esistano soluzioni nell'acqua di uno o più corpi per le quali il calore latente di evaporazione sia uguale o pochissimo diverso da quello dell’acqua. Siccome però tale non è il caso delle soluzioni di acido solforico, credo utile dimostrare che il trascurare la diversità dei calori latenti produce nei valori di A e di x errori di segno diverso a seconda che la soluzione emette o assorbisce vapore, i quali s'annullano se non si pro- duce nè emissione nè assorbimento di vapore. La formula (2) che vale per il termometro bagnato con soluzione può scriversi tenendo conto del diverso calor latente di evaporazione : (2) f'-a=A(1-4)(f(—0)=A(t—")AAZ(t—-t") dove 4 è una quantità minore di 1, positiva per le soluzioni di acido solforico. La (3) e la (4) ottenute per combinazione colla (1) divengono allora: È ea fap (3) i EI f—{NU=0) "7 Te-n+ae=oy Il termine 4(4— #") cambia segno secondo che # >" e che la soluzione s'evapora o che t<#" e la soluzione assorbisce vapore. Quindi trascurando questo termine si commette un errore di segno diverso nei due casi ed un errore nullo per {= ". Dunque anche il possibile errore derivante dal diverso calor latente, ed anche colle soluzioni di acido solforico, viene evitato completamente se la soluzione non assorbisce nè emette vapore, è piccolo se l’evaporazione o l'assorbimento sono piccoli, ed è di segno diverso secondo che vi ha evapo- razione o assorbimento; quindi facendo due determinazioni con due soluzioni aventi tensioni di vapore poco ed egualmente differenti in più e in meno da quella nell'aria, non solo gli errori provenienti dalla alterazione della soluzione, ma altresì quelli derivanti dalla trascurata diversità del calore di evapora- zione, sono piccoli e di segno contrario e si annullano nel far le medie dei singoli valori. Essendo chiuso da molto l’anno scolastico ed essendo io inoltre occupato a condurre a termine altri studî, non m' era possibile incominciarne uno nuovo sperimentale completo sul presente argomento, che avrebbe richiesto determi- nazioni delle tensioni di vapore, del calore di evaporazione e del calore spe- cifico di molte soluzioni. Perciò feci solo qualche prova con soluzioni di acido solforico, di cui sono ben note le tensioni di vapore e di cui sono altresì noti i calori di diluizione per le esperienze di Pfanndler, di cui però non potei aver conoscenza. Dopo alcuni tentativi con soluzioni prese a caso, di nota densità, per le quali però riusciva troppo inesatta la ricerca per interpolazione del valore della tensione alle diverse temperature, preparai quattro soluzioni che avevano a 26° rispettivamente le densità 1,240, 1,280, 1,333, 1,412 e che corrispon- devano abbastanza esattamente ad alcune di quelle studiate da Regnault. Pur troppo non avendo acido solforico puro, dovetti usare di quello del com- mercio che conteneva del solfato di piombo; le densità vennero determinate colla bilancia di Mohr trascurando la dilatazione del vetro, poichè date anche le condizioni in cui eseguivo le esperienze, tale precisione mi parve sufficiente. Lo psicrometro a ventilatore di cui feci uso era quello dell’Osservatorio meteorico, lasciato al suo posto nel balcone meteorico. Osservavo i termometri con un cannocchiale da lettura attraverso i vetri della finestra che separa il balcone dall’ interno. I due termometri erano divisi in quinti di grado, e quello bagnato aveva una divisione nitidissima che lasciava apprezzare con sicurezza i centesimi di grado, mentre quello asciutto aveva tratti grossissimi a orli ondulati, tracciati evidentememte a mano e da mano inesperta. Essi vennero nuovamente confrontati fra loro e con un termometro campione. Eseguii una sola serie di determinazioni nel modo seguente. Bagnai il termometro a ciò destinato con acqua, misi in moto il ventilatore, chiusi la finestra e andai ad osservare i termometri, prendendo nota di minuto in minuto — 198 — della loro temperatura, trascurando talora le prime letture. Dopo fermatosi il ventilatore, tolsi dal termometro bagnato la garza che ne avviluppava il bulbo, lo asciugai, lo avvolsi strettamente con due giri di carta da filtro mantenuta a posto da un anelletto di gomma, feci immergere questo bulbo nella soluzione più concentrata, misi in moto il ventilatore, chiusi la finestra, e così di seguito ripetei l'operazione per le quattro soluzioni in ordine di densità decrescente e poi di nuovo coll’acqua. Ecco i risultati corretti dalle varie osservazioni. XII e 20' Bagno il termometro con acqua 2l' Term. bagnato 19°,54 Term. asciutto 279,6 22° 18 ,38 23' 18 ,24 27,4 26° 18 ,94 28’ 18 ,52 27 4 Valori medî 189,37 279,4 La tensione di vapore dell’acqua sul termometro bagnato a 18,37 ri- sulta dalle tavole 15,72 mm., la differenza fra i due termometri era di 9°,02 e la tensione di vapore nell'aria risulta dalle tavole dell'Osservatorio 10,24 mm. XII e 34 Bagno il termometro con soluzione di acido solforico di den- sità 1,412. 36" Term. bagnato 28°,34 Term. asciutto 27°,80 SIT 29 ,54 38" 29 ,36 39’ 29 ,14 40" 28 ,84 41’ 28 ,84 42" 28 ,59 27,00 Valori medî corretti 300,11 27°,75 La temperatura del termometro bagnato era più elevata di quella del termometro asciutto, segno che sul primo avveniva condensazione di vapore, e questa andava decrescendo lentamente per effetto del diluirsi della soluzione. La variazione media per minuto fu di 0°,19 ed ammettendo che essa si produ- cesse anche nei 3 minuti fra l'immersione del termometro e l'osservazione a 37, se ne deduce che la temperatura iniziale calcolata del termometro bagnato fu di 30°,11 mentre quella media del termometro asciutto fu di 27,75. La differenza di temperatura dei due termometri risulta dunque di — 2,36, la tensione di vapore della soluzione a 30°,11 risulta dalle tavole di Regnault di 10,76 mm. Per le ragioni sopra addotte non posso. garantire .che le soluzioni da me usate fossero identiche con quelle di, Regnault, sebbene non mi paia che possa esistere una grande differenza. Se questa si suppone trascurabile e si — 199 — ammette quindi che la tensione di vapore della soluzione fosse realmente di 10,76 mm,, ne risulterebbe che il valore trovato precedentemente nel modo solito per la tensione del vapore nell'aria, di 10,24 mm. è certamente molto inesatto perchè in tal caso la soluzione avrebbe dovuto emettere e non già assorbire vapore. È da notare che allo stesso risultato conduce anche la de- terminazione seguente eseguita con un altra soluzione. XII e 46° Bagno il termometro con soluzione di acido solforico di densità 1,333. 48' Term. bagnato 269,54 49' 26 ,47 Term. asciutto 28,00 Is 26 ,84 52” 26 ,96 noi 26 ,98 54” 27 ,06 55: 27 ,00 56" 27 ,06 28 ,50 Valori iniziali calcolati 269,22 27°,80 Il termometro bagnato indicava una temperatura inferiore a quella del termometro asciutto, ed emetteva quindi vapore; la sua temperatura andava lentamente crescendo e la variazione media per minuto fu di 0°,084, poco diversa da quella del termometro asciutto che è dovuta unicamente alle variazioni della temperatura ambiente. Se ne deduce per la temperatura iniziale del termometro bagnato 269,22 e per quella del termometro asciutto 27,80. La differenza è di +- 19,58 mentre la tensione di vapore della soluzione a 26°,22 risulta dalle tavole suddette di 12,45 mm. Queste due ultime determinazioni, secondo ciò che fu esposto, sono suf- ficienti e sono anche le più adatte, quando siano combinate colla 1%, per il calcolo della costante e della tensione del vapore nell’aria, anzi nel fatto una sola di esse sarebbe sufficiente. Credo tuttavia utile di riferire anche le os- servazioni eseguite colle altre due soluzioni meno concentrate, sebbene io non abbia potuto calcolarle per la mancanza dei dati sul calore latente di eva- porazione, e sebbene inoltre esse siano meno adatte al calcolo suddetto e presentino anche qualche anomalia. XIII e\ l' Bagno il solito termometro con soluzione di acido solforico di densità 1,280. 3 Term. bagnato 24°,74 4' D'ASTA Term. asciutto 289,30 bi 24 ,56 6° 24 ,64 Ti 24,94 21,90 3 24 ,78 9' 25 ,04 28 ,10 10° 25 ,94 JO 25 ,56 28,30 Valori iniziali 239,96 280,30 Renpiconti. 1901, Vol. X, 2° Sem. i 9 (PA | — 200 — La temperatura del termometro bagnato fu inferiore a quella del ter- mometro asciutto, più che nel caso precedente, ed anche la variazione media per minuto di 0°,15 dovuta alla nota causa fu maggiore. Se ne deduce per la temperatura iniziale 23°,96, per quello del termometro asciutto ho as- sunto 28,30 quindi la differenza è 4°,34 mentre la tensione del vapore della soluzione a 23°,96 risulta dalle tavole di 13,74 mm. 5® Determinazione. XI Bagno il termometro colla soluzione di acido solforico di densità 1,240. 19' Term. bagnato 239,94 20" 29037 Term. asciutto 279,84 21’ 23 ,94 22' 24 ,16 23' 24 ,34 27,78 24 24 ,14 25: 23 ,94 26! 24 ,04 Du 24 ,04 27 ,80 Valori iniziali calcolati 239,68 27°,81 La temperatura del termometro bagnato risulta sempre inferiore a quella del termometro asciutto, la variazione per minuto 0°,046 però risulta minore che non nel caso precedente, ciò che potrebbe dipendere dal fatto che la variazione della concentrazione per una data perdita d’acqua diminuisce colla diluizione, e diventa nulla se questa è infinita. La temperatura iniziale del termometro bagnato risulterebbe di 23°,68, la differenza fra i due termo- metri 4°,13 e la tensione del vapore della soluzione a 23°,68 secondo le tavole suddette 15,64 mm. Questa determinazione, forse per una improvvisa variazione dell'umidità dell’aria, non va d'accordo colla precedente, poichè mentre la tensione di vapore della soluzione è aumentata, la differenza fra i due termometri, che dovrebbe essere indizio dell’ intensità dell’ evaporazione è diminuita. Occorrerebbe tuttavia tener conto della diversità della costante per le due diverse soluzioni. 6* Determinazione. XIII e 29 Bagno il termometro con acqua 31' Term. bagnato 19°,76 321 19 ,74 Term. asciutto 279,22 33’ 19 ,94 34 19 ,98 27,60 SOI 20 ,04 30" 20 ,14 27,72 YA 20 ,04 Valori medi 19 ,95 27,50 — 201 — Anche in questo caso la temperatura del termometro bagnato cresceva lentamente, non certo per alterazione del liquido che era acqua, ma per au- mento dell'umidità dell'aria, e rimane un po’ dubbio quale valore convenga scegliere; come media presi 19,95 per iltermometro bagnato, 27,50 per l’a- sciutto. Differenza 7°,52; tensione dell'acqua a 199,95 = 17,50 mm., ten- sione del vapore nell'aria secondo le tavole dell’ Osservatorio 12,73 mm. Come apparisce dai risultati le condizioni atmosferiche in cui vennero ese- guite, queste determinazioni non furono buone, in breve tempo la tensione di vapore variò di 2,5 mm. ed anche la temperatura ambiente variava non poco; nelle giornate precedenti aveva soffiato un forte vento di maestrale a raftiche e le condizioni mi parvero ancora meno soddisfacenti. Secondo le indicazioni dell'igrografo avrei trovato una grande costanza dell'umidità e della tem- peratura in alcune ore notturne, ma la disposizione del balcone meteorico, che anche di giorno per la lettura di termometri col cannocchiale richiedeva esercizi di acrobatismo, non permetteva affatto le determinazioni notturne. Finalmente non avevo ancora scorto l’ utilità delle determinazioni con entrambi 1 termometri bagnati, uno con acqua l'altro con soluzione, le quali appunto nel caso di rapide variazioni del valore d'. sarebbero state opportunissime. Dalle precedenti determinazioni applicando ad esse la formula psicro- metrica, e distinguendo con apici i valori di. e di A corrispondenti alle varie determinazioni troviamo: 1® determinazione 15,72 — x = A’. 9,03 Ze ” 10,76 — a" = — A”. 2,36 3a ” do 45 — 0 A. 1,58 4a ” Lori — a = AN, 4,34 5a ” 15,604 — e” Adi 6% ” 17,30 — ii A 7,52 6% bis ” 14,80 — 2° A L'equazione 6 dis fu ottenuta supponendo che sebbene i valori di 4’ e x“ dati dalle tavole psicrometriche possano essere inesatti, la loro differenza possa ritenersi come abbastanza esatta e quindi «= x' + 2,50 mm. Trascurando le differenze fra 4’, 4", ed «"” poichè si riferiscono a de- terminazioni molto prossime, trascurando altresì le differenze fra A’, A” ed A"' le cui variazioni a causa della piccolezza dell'evaporazione o condensazione hanno poca influenza, come apparisce dai risultati, si trova combinando: la 1* e la 2* equazione A=0,435 x = 11,79 Jia Da 0,439 11,76 Media delle due determinazioni 0,437 11,745 Combinando la 2% e la 62 0,396 Je BAMNOAENIO? 0,409 11,82 Media delle due determinazioni 0,407 11,770 — 202 — I valori così ottenuti per x’ sono molto concordanti e molto differenti da quello 10,24 dato dalle tavole usuali. Si potrebbe credere che tale diffe- renza fosse causata dall'aver trascurato nel calcolo precedente le differenze fra A", A" ed A", ma una formula trovata precedentemente dimostra che l'errore che ne risulta è di segno contrario per le due soluzioni delle quali una emette, l’altra assorbisce vapore, quindi i valori corrispondenti di x do- vrebbero risultare uno maggiore, l'altro minore di quello dato dalle tavole. Inoltre che questo valore è inesatto dimostrerebbe anche il fatto già accen- nato che la soluzione più concentrata avente la tensione di vapore 10,76 assorbiva vapore dall’ aria avente una tensione del vapore presunta di 10,24 mm. Del resto è certo che queste poche determinazioni non possono bastare a decidere sulla erroneità di tavole da molto tempo e generalmente in uso; occorrono molte esperienze, ed anche misure dirette della tensione di vapore delle soluzioni, che potranno essere oggetto d'un prossimo studio. Credo tuttavia che l'utilità e l’ efficacia del metodo sia sufficientemente dimostrata, indipendentemente dalla maggiore o minore bontà dei risultati ottenuti con queste poche ed affrettate esperienze. Fisica. — Sulla conducibilità elettrica dei vapori di ipoazotide. Nota di A. PocHETTINO, presentata dal Socio BLASERNA. Una breve Nota presentata da Le Verrier all'Accademia di Parigi ('). suona testualmente così: « Il sig. O. Hempel costruttore di macchine elet- triche ha osservato un fatto notevole di conduttività dei gas. Se, mentre una macchina è in attività e fornisce forti scintille, si pone un vaso contenente dell'acido nitrico e tornitura di rame al di sotto dell'intervallo che separa il conduttore dalla sfera eccitatrice, le scintille cessano completamente e la macchina perde tutta la sua tensione quando i vapori rutilanti si innalzano nello spazio traversato dalla scintilla. La tensione riappare immediatamente allorquando, per il rinnovarsi dell'aria, si è dissipata la nebbia rossa. L'espe- rienza non riesce che nell'aria secca; nell'aria umida la formazione di acido nitrico impedisce all'aria di riprendere così rapidamente la sua proprietà isolante ». L'impressione che si riporta nel leggere la nota riferita si è che l'’Hempel voglia attribuire all'ipoazotide la proprietà di una conducibilità elettrica molto elevata. Questo fatto sarebbe estremamente interessante perchè sono ben note le proprietà d'isolamento dei gas alla temperatura ordinaria, quando questi non si siano sottoposti a condizioni speciali (radiazioni Ròntgen, ultra- violette o Lenard, Becquerel; ovvero presso a scintille, a dei pezzi di fosforo); (!) Comptes Rendus, LXII, pag. 58, 1866. — 203 — e la cosa sarebbe anche più importante per il fatto che la ipoazotide alla temperatura ordinaria si trova già parzialmente dissociata (nel senso ordinario, chimico della parola). Ora che la conducibilità elettrica dei vapori rossi di ipoazotide non sia molto elevata risulta dalle esperienze di A. De Hemptinne ('). Questi, par- tendo dall'osservazione fatta poco prima da J.J. Thomson (?) che i gas, i quali portati ad elevata temperatura conducono l'elettricità, si trovano sempre in un certo stato di dissociazione e, volendo d’altra parte evitare la causa perturbatrice che proviene dallo spolverizzamento (3) dei metalli costituenti gli elettrodi, decise di determinare se le sostanze che si dissociano a tem- perature non tanto elevate, divengano conduttrici quando siano dissociate, ossia se, contemporaneamente alla dissociazione, si abbia la produzione di quegli joni liberi necessarî a dare al gas una certa conducibilità per l'elet- tricità. Il metodo da lui adoperato consiste essenzialmente in quanto segue: Il gas o vapore da studiare si fa arrivare in un recipiente di vetro ove tro- vansi due elettrodi ben isolati terminanti in due piattini affacciati, uno in comunicazione con una batteria di pile o accumulatori, l’altro con un elet- trometro capillare molto sensibile. Come si eseguisca una misura è senz'altro evidente. Ebbene, usando questo metodo coll’ipoazotide, non potè constatare con- ducibilità di sorta, nè riscaldando nè raffreddando, sebbene alla temperatura ordinaria, come si sa, il gas sia già parzialmente dissociato. Il metodo del Hemptinne è però molto poco sensibile, e per procedere ad un esame più rigoroso delle proprietà conduttrici dell’ipoazotide ricorsi alle misure di dispersione che consentono una sensibilità molto maggiore. Ecco pertanto come operai: In un cilindro vuoto di vetro, chiuso da due tappi di paraffina, si trovano due piattelli metallici alla distanza di circa !/, centim. uno dall'altro, uno in comunicazione col suolo, l’altro con un elet- trometro Exner di buona tenuta; il gas entra per un tubo ed esce per un altro, ambedue fissati attraverso i tappi di paraffina, dopo avere riempita tutta la boccia così formata. Una misura si conduceva così; si caricava l’elettro- metro e il piatto con esso comunicante per 5' con una pila Zamboni a circa 200 Volt, poi si determinava quanto tempo occorresse perchè la divergenza delle foglie d'alluminio dell’elettrometro, letta su un'apposita scala, dimi- nuisse di una certa quantità a seconda che il riempimento era pieno d’aria o d’'ipoazotide. Ecco i risultati delle misure eseguite compendiate nella se- guente tabella: (*) Zeit. fir phys. Chemie, 12, pag. 244, 1893. (2) Phil. Mag. 29. 356. 441, 1890. (3) Wied. Ann. 32, 289. — 204 — Tempo impiegato dalle foglioline per passare da una divergenza di 18 mm. ad una di 15 mm. Mentre la boccia è piena di: I serie II serie III serie 30" 311, 40" Aria 33' 35' 35° Ipoazotide 35' 37 34 Aria Come si vede, nessuna differenza sensibile si nota fra il comportamento dell’aria e quello dell'ipoazotide. Ad ogni modo volli ripetere le esperienze variando la durata delle medesime, ed eccone i risultati : Tempo impiegato per passare da una divergenza di 18 mm. a una di 5 mm. Mentre la boccia è piena di: 40' Aria 42° Ipoazotide 43' Aria Da 18 mm. a 10 mm. 24 Ipoazotide 20 Aria 2004 Ipoazotide Da 20 mm. a 8 mm. 37 Aria DOG Ipoazotide 35" Aria Dunque possiamo concludere che la conducibilità elettrica dell’ipoazotide è precisamente dello stesso ordine di quella dell’aria atmosferica ordinaria. Volli in appresso studiare il comportamento dell’ipoazotide rispetto alla scarica disruptiva. Ricorsi perciò al metodo escogitato dal Sella (') per dimo- strare l’azione della luce ultravioletta sulla distanza esplosiva. Questo metodo ha il vantaggio che la distanza esplosiva è molto sensibile allo stato del gas, ma assai poco alle cause secondarie, come presenza di altri corpi in vicinanza della scintilla ecc. Le armature interne dei due condensatori di una macchina Whimshurst terminano, come al solito, allo spinterometro della macchina stessa; le armature esterne sono in comunicazione mediante due fili lunghi circa due metri ciascuno con un secondo spinterometro i cui due conduttori sono uniti fra loro mediante una resistenza induttiva formata da poche spire di filo di rame grosso. La distanza fra le palline di questo secondo spinterometro venne mantenuta sempre all'incirca di mm. 2 e si regolava invece la distanza fra le palline dello spinterometro della macchina finchè nel se- condo passassero ancora delle scintille, sempre, ma un po’ stentatamente, cioè (1) Nuovo Cimento (4), 1899, 10, p. 184. — 205 — finchè alla più piccola diminuzione della distanza esplosiva del primo spin- terometro non scoccassero più scintille nel secondo. Di più, sia per condurre via i vapori di ipoazotide, sia per impedire un'azione fotoelettrica fra le due scintille, il secondo spinterometro veniva posto sotto una cappa di vetro i cui sportelli venivano abbassati in modo che i due tratti di scintilla 7207 52 vedessero. Disposto così l'apparecchio, sotto al secondo spinterometro si poneva il generatore di ipoazotide, consistente in un palloncino, contenente del nitrato di piombo preventivamente essicato, il cui collo sboccava proprio sotto le due palline; non appena i vapori rossi si innalzavano sotto il tratto di scintilla questa non scoccava più. Tre cose si potrebbero ora obbiettare a questo modo di sperimentare: prima di tutto che, malgrado l’essicamento del nitrato di piombo prolungato per più ore, in una stufetta ad acqua, l’ipoazotide svol- gentesi contenesse dell'umidità, donde formazione di acido nitrico e relativo alteramento della superficie delle due palline, fatto questo molto grave ben sapendo di che importanza sia in esperienze di questo genere lo stato della superficie degli elettrodi; poi che fosse possibile un'azione sulla distanza esplosiva del vetro del palloncino; infine che l’azione non fosse dovuta all'aria riscaldata dal becco Bunsen posto sotto il palloncino, o addirittura ai pro- dotti della combustione del gas illuminante. Per ovviare il primo inconve- niente, non si pose il palloncino donde si svolgeva il gas sotto lo spintero- metro, se non quando dal nitrato di piombo si era già svolta buona quantità di ipoazotide, di più mi fu facile il convincermi che non avvenisse l’inconve- niente di un'alterazione delle palline giacchè, per far scoccare nuovamente la scintilla, bastava allontanare, semplicemente soffiando, i vapori rossi dal tratto fra le palline, e non appena i vapori di nuovo lo occupavano, la scin- tilla cessava; di più ancora la superficie delle palline, anche dopo un fun- zionamento abbastanza prolungato, non presentava alcuna alterazione visibile. Il fatto che soffiando via i vapori rossi dal tratto del secondo spinterometro bastava per far ritornare la scintilla e che al ritornare dei vapori rossi la scintilla cessava, dimostra anche la nessuna azione del vetro del palloncino. Infine, tolto via il palloncino e posto il becco Bunsen sotto il tratto di scintilla, non si notò nessuna azione marcata su quest'ultima. Possiamo quindi concludere che nell’ipoazotide la distanza esplosiva è minore che nell'aria. Resta ora ad esaminarsi il comportamento di questi vapori rossi rispetto alla scarica detta per convezione quale quella che ha luogo fra una punta acuminata ed un piano. Circa questa specie di scarica nei gas esistono al- cune interessanti esperienze eseguite dal Rontgen (!). Egli fece l'osservazione che la scarica fra punta e piano non ha luogo per qualunque potenziale, ma che esiste un potenziale minimo al di sotto del quale questa scarica non si effettua. (1) Phil. Mag., V, 6, pag. 136, 1878. — 206 — Rontgen trovò che questo potenziale minimo non è lo stesso in tutti i gas, ma varia in ordine crescente dall'idrogeno, all’ossigeno, all'ossido di carbonio, al metano, al protossido d'azoto, all’ anidride carbonica, di modo che parrebbe che il potere isolante dei gas per questo genere di scarica cresca col diminuire del cammino medio delle loro molecole; ed invero fa- cendo, per i vari gas, il prodotto di questa differenza di potenziale minima per il cammino medio delle molecole, si hanno dei numeri pressochè uguali. Mi parve dunque interessante fare alcune esperienze in proposito anche sul- l’ipoazotide, che ora descriverò. La determinazione di questo potenziale minimo si può fare sia crescendo che diminuendo il potenziale, ma le differenze dei valori che così sì otten- gono è così piccola, come risulta dalle recenti ricerche, di F. Tamm (') che io, trattandosi di sole misure quantitative, mi sono limitato a misurare il potenziale di cui la scarica comincia ad effettuarsi. La disposizione sperimentale risulta chiaramente dalla seguente figura: T M / —__——_——_—_ di __———. IILLELLILIVILLE ILLUELILT I LUCEIUILE / Uno dei pettini di una macchina Holtz M era posto in comunicazione col suolo, l’altro attraverso un lungo filo di cotone AB caricava una bat- teria C di grande capacità coll'armatura esterna parimenti al suolo. L'ar- matura interna comunicava poi col piatto P e con un elettrometro 7 di con- veniente sensibilità che venne tarato col metodo della distanza esplosiva. Il piatto P e la punta p alla distanza di circa 20 mm. si trovavano chiusi in un cilindro / di vetro chiuso superiormente e inferiormente da (!) Ann. der Physik., 1901. N. 10, pag. 259. SA — 207 — due tappi di paraffina; per mezzo dei due tubi S e V il recipiente così formato poteva riempirsi di ipoazotide e di aria a piacere. La punta p poi era in comunicazione col suolo attraverso un galvanometro convenientemente shuntato. La misura del potenziale a cui avviene la scarica si faceva così: si allontanavano i bottoni della macchina, posta in rotazione uniforme da un motore elettrico a campo rotante, e si cominciavano, grazie al filo A B, a caricare lentamente i condensatori €, contemporaneamente si osservava l’elet- trometro £ e si faceva lettura della deviazione subìta dall’ago di questo nell'istante preciso in cui il galvanometro G accennava al passaggio di una corrente. Il risultato fu il seguente: mentre nell'aria la scarica comincia ad effettuarsi per una differenza di potenziale corrispondente a una distanza esplosiva di 0,50 mm., nell’ipoazoatide essa si inizia per una differenza di potenziale corrispondente ad una distanza esplosiva di 0,75 mm. fra palline di 37 mm. di diametro. Questi sono naturalmente numeri solo approssimativi; mi riserbo di studiare in appresso più minutamente questo fenomeno e il suo andamento colla dissociazione del gas ipoazotico. Risulta dunque dalle mie esperienze che il potere isolante dell'ipoazo- tide alla dispersione lenta è del medesimo ordine di quello dell’aria; che la distanza esplosiva però in detto gas è minore che non nell'aria e che il potere isolante dell’ipoazotide per la scarica detta per convezione fra punta e piano è maggiore che non quello dell’aria; l'effetto osservato dall’ Hempel deve dunque ricondursi a una causa affatto secondaria e non a una proprietà specifica dell’ipoazotide. Mineralogia. — Da analitici su alcuni campioni di Manga- nese di Sardegna. Nota del dott. 0. RiMATORI, presentata dal Socio STRUEVER. Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. Chimica. — Sulle anidridi solforica e disolforica. Nota di G. Oppo ('), presentata dal Socio PATERNÒ. Le notizie che si possiedono finora sull'anidride solforica sono poco precise e talune anche contradittorie. Secondo Marignac (?) esistono due modificazioni isomere d'anidride, di cui una, liquida a temperatura ordinaria, bolle a 46° e cristallizza a 18° in prismi trasparenti; l’altra fibrosa, come amianto, si ottiene dalla prece- (1) Lavoro eseguito nell’ Istituto di Chimica generale dell’Università di Cagliari. (*) Arch. science. phys. nat. 22, 225 (1853); 52, 236 (1875). RenpiIconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. LO (en) — 208 — dente col riposo, è infusibile e distilla a 100° allo stato d’anidride liquida. Nelle analisi che eseguì di queste due modificazioni non trovò difatti alcuna differenza di composizione. Quest’ affermazione, contradetta da Buff('), nel 1870 fu confermata in gran parte da Schultz-Sellak (?), il quale diede per punto di fusione della prima varietà 16°, disse che la fibrosa si liquefà a poco a poco al di là di 50°, e osservò inoltre questi due fatti interessanti: 1° che la trasformazione della varietà liquida nella fibrosa avviene quando si conserva a 25° e al di là di 27° non continua; 2° che l'anidride liquida subisce dilatazione con- siderevole col calore e il suo coefficiente tra 25 e 45° è uguale a 0,0027, cioè più di °/3 di quello dei gas. Ma non ritenne le due sostanze isomere, bensì credette la fibrosa risultasse dalla liquida per polimerizzazione, come l'acido cianurico dal cianico. Malgrado questo lavoro, Weber nel 1876 (8) ritornò a negare l'esi- stenza di due anidridi isomere o una polimera dell'altra: egli dimostrò che la fibrosa sì forma dalla liquida quando questa assorbisce acqua, assorbimento che riesce difficile evitare del tutto; la credette quindi un prodotto d'idrata- zione. È un concetto questo che non si capisce come sia potuto sorgere nella sua mente, poichè egli aveva spesso osservato che bastano tracce d’acqua per compire la trasformazione. La vera anidride solforica pura invece si con- serva secondo Weber liquida per un tempo indefinito in tubo chiuso. Egli difatti riuscì ad ottenerla assolutamente anidra, p. f. 15°, facendola ricadere in tubo chiuso per 6 o 8 ore su anidride fosforica e raccogliendola poi nella branca del tubo che l'anidride solforica aveva lavato nel ricadere, ed era quindi esente d'ogni traccia d'umidità. Così preparata si è conservata liquida per anni. Quest’ opinione sulla natura della sostanza fibrosa non poteva essere ac- cettata da Marignac (4), il quale nel 1877 fece osservare che anche i pro- dotti preparati con tutte le regole prescritte da Weber per evitare ogni traccia d'umidità, dopo alcuni giorni si trasformano nella modificazione fibrosa. Weber in una pubblicazione del 1886 (°), ritornando a descrivere il metodo di preparazione dell’ anidride solforica liquida, mostrò che il fatto osservato da Marignac' è d’attribuirsi alla qualità del vetro e asserì d'aver ottenuto un campione d'anidride solforica che si è conservata liquida per 8 anni; ma non si occupò più dell’anidride fibrosa. Più recentemente, nel 1889, Rebs (5) ha confermato l’opinione di Weber, ammettendo ch' esista una sola (1) Liebig*s, Ann. Ch., 4 suppl., 127. (2) Bull. Soc. Chim. /4, 154, Ber. deut. chem. Ges. III, 215. (3) Poggendorff, Ann. 759, 313; Ber. deut. chem. Gesell. XIX (1886) 3187. (4) Arch. science. phys. nat. [2], 58, 228 (1877). (9) Ber. deut. chem. Gesell. XIX, 3187. (6) Bull. Suc. chim. (1889), 1. 717; Liebig*, Ann. ch. 246, 856-382. SEO 0 anidride solforica, la quale bolle a 46°2 e fonde a 14°8; ed egli l’ha po- tuto conservare liquida per due anni. I trattatisti evidentemente dovevano dividersi tra opinioni così disparate, e, per citarne alcuni, mentre Dammer (!), per l'indole della sua opera riporta le opinioni di tutti senza commenti, Mendeleeff (?) e Richter-Piccini accettano l'opinione di Weber (3), Erdmann (‘) quella di Schultz-Sellak, e Ostwald (5) pare ritenga si possa trattare d'un caso di polimortismo, come per i due monocloruri di iodio e per lo zolfo, con la differenza che le due forme non hanno un punto di trasformazione nel quale la loro stabilità si possa per- mutare, ma una è sempre stabile e l’altra sempre instabile. Che dire poi del comportamento chimico? Non si sa mai, perchè non sempre se ne fa esattamente la distinzione, se le proprietà siano loro co- muni o no, e in questo caso se le reazioni che si descrivono appartengano ad una modificazione od all'altra, a meno che non fosse espressamente detto nelle memorie originali. Questa discrepanza d'opinioni e confusione nella parte descrittiva su corpi che s imparano subito a conoscere, è senza dubbio censurabile. Io credo d'essere riuscito a definire la questione. Determinando la gran- dezza molecolare delle due varietà in soluzione nell’ ossicloruro di fosforo, ho po- tuto dimostrare che la modificazione liquida a temperatura ordinaria, p. f. 13°8, ha il peso molecolare corrispondente alla formola SO:, mentre invece la mo- dificazione fibrosa infusibile ha la formola doppia Ss Os. Differenze pure al- quanto notevoli ho constatato nel loro comportamento chimico. Nell esporre le mie esperienze chiamerò quindi la prima anidride solfo- rica e la seconda anidride disolforica. Parte sperimentale. Anidride solforica. Per prepararla ho riscaldato a bassissima temperatura a bagno di sabbia l'acido solforico fumante cristallizzato di Kalbaum, raccogliendo in un col- lettore saldato alla storta che conteneva l'acido solforico fumante, e all’ altra estremità era tirato in punta sottile, che veniva chiusa con valvola ad H. SO,. Durante la distillazione lo teneva immerso in bagno ad acqua a 27-30° e, raccolto il prodotto, le due estremità del collettore venivano chiuse alla lam- pada, separandolo così dalla storta. Avveniva sempre che, dopo una notte di 1) Band I, 627. (1) (2) Grundl. der Ch. ubers. Jawein-Thillot. 913. (8) Tratt. chim. inorg. II. Ed. ital. 178. (4) Lehrb. anorg. Ch. II, Auf. 244. (3) Grundlin. anorg. Ch. 292. — 210 — riposo a temperatura ordinaria, si trovava l'anidride solforica trasformata nella disolforica fibrosa. Per cercare d'ottenerla allo stato di liquido persistente, tentai far uso d'un metodo diverso da quello consigliato da Weber: alla storta, cioè, che conteneva l'acido solforico fumante saldai non uno, ma una serie di cinque palloncini Erlenmeyer ad angolo retto fra di loro e l’ultimo saldato con un tubo ad U, che riempiva di pomice asciutta imbrattata d’anidride fosforica, dopo aver disseccato bene tutto l’ apparecchio riscaldandolo fortemente in corrente d’ aria secca. Versato quindi rapidamente l'acido, raccoglieva nel primo palloncino Erlenmeyer l'anidride solforica, lo distaccava dalla storta fondendo alla lampada il tratto di tubo intermedio, sovrariscaldava gli altri palloncini an- cora vuoti per scacciare ogni traccia d'umidità e farla assorbire, nel caso ve ne fosse ancora, dall’anidride solforica che si trovava ad una estremità dell'apparecchio o dall’anidride fosforica che era all’ altra estremità, e dopo averli lasciato raffreddare, faceva subire all'anidride solforica una serie di 3 o 4 distillazioni, raccogliendo sempre nei palloncini successivi e separando alla lampada quelli già usati. Ma non raggiunsi lo scopo, e sempre dopo una notte di riposo l'anidride solforica s’ era polimerizzata nella disolforica fibrosa. Il metodo di Weber, che ho accennato sopra, resta quindi sempre da prefe- rirsi per ottenerla allo stato di liquido persistente. Per determinare il peso molecolare, raccoglieva in due collettori separati due frazioni diverse d'anidride solforica e l'uno e l’altro chiudeva alla lam- pada conservandoli sempre a bagno d'acqua alla temperatura di 30°. Ne pesava uno soltanto, l'anidride dell’ altro mi serviva invece per aggiungerne poche gocce al solvente, senza pesarla, allo scopo di disidratarlo completamente ; poichè, come ho detto nel descrivere il comportamento crioscopico dell’ ossi- cloruro di fosforo, questo, per quanto si cerchi di purificarlo, mantiene sempre una certa quantità d'idrati (o forse anche di acqua). Avviene perciò che le prime gocce d' anidride solforica aggiunta, secondo l' idratazione minore o mag- giore del solvente, o non vi determinano affatto abbassamento nel punto di congelazione, o possono dare anche un leggero inalzamento, perchè tendono a formare dei prodotti insolubili nel solvente stesso, i quali agiscono come corpi indifferenti. Quando però si è raggiunto il momento in cui resta nel solvente dell’ ani- dride solforica inalterata, gli abbassamenti si succedono in modo regolare e le determinazioni non vanno più soggette, possiamo dire, a nessuna causa d' errore, se nella manualità per versare l'anidride nel tubo crioscopico si saprà evitare che avvenga idratazione. E operando nel modo da me seguìto si raggiunge pienamente anche questo scopo: io costruiva il collettore, nel quale pesava poi l'anidride solforica, con un'estremità lunga circa un dm, e tirata in tubo sottile circa un mm. As- ini So — sieme ad esso pesava un pesafiltri: raggiunto il momento in cui l'anidride solforica dell'altro collettore, che aveva versata, senza pesarla, nel solvente, vi determinava un abbassamento alquanto notevole, assumeva questo come punto di congelamento del solvente, e non più l’altro ch'esso aveva prima di disitratarlo per mezzo dell'anidride solforica; quindi da un assistente svelto faceva tagliare con la lima un pezzo di tubo del recipiente pesato, che conte- neva l'anidride solforica, e mentre io, capovolgendolo in modo che per la sua punta ancora lunga e sottile venisse a funzionare come una pipetta Beckmann, faceva gocciolare l'anidride solforica dentro il tubo crioscopico che chiudeva poi subito con turacciolo di sughero, l'assistente chiudeva nel pesafiltri il pezzettino di tubo tagliato al collettore e quindi alla lampada il collettore stesso, e si ritornava a pesare collettore e pesa filtro. Si possono impiegare senza alcun inconveniente i turaccioli di sughero per il tubo crioscopico; poichè, come dirò più tardi, i vapori d' anidride sol- forica non sì sollevano fino alla loro altezza. Ecco i risultati ottenuti: 1* Determinazione. — Il solvente solo cristallizzava a 3,928 del ter- mometro differenziale. Dopo averlo disidratato per l’ aggiunta d' anidride sol- forica non pesata nel cristallizzare raggiunse i gradi 3,458: questo valore fu adottato come temperatura di cristallizzazione del solvente. Aggiungendo successivamente anidride solforica in quantità pesata sì ebbe 1,362. Quindi: Concentrazione Abb. punto cong. Peso molecolare 2,2902 2°,096 75,4 2* Determinazione. — Il solvente solo cristallizzava a 3,812 e dopo l'aggiunta di SO; non pesata, per disidratarlo, a 2,310, che fu preso come suo punto di congelamento. Aggiungendo successivamente anidride solforica pe- sata si ebbe 0,488. Concentrazione Abb. punto cong. Peso molecolare 2,0643 19,822 78,1 Per SO; si calcola p. m. = 80,06. Anidride disolforica. Per prepararla e poterne disporre a piacimento, ho trovato che il metodo più comodo è far arrivare il prodotto della distillazione a blando calore dell'acido solforico fumante in un tubo lungo circa cm. 50, largo 1 cm. e più: per un'estremità esso viene saldato alla storta che contiene l’ acido, estremità che si chiude poi alla lampada, quando la preparazione è finita; l’altra invece, di un diametro un po’ inferiore a quella del tubo, è smerigliata in modo che — 212 — vi sì possano adattare una valvola ad acido solforico, durante la preparazione, o dopo, un turacciolo a tenuta perfetta. Durante la preparazione manteneva il tubo all’ aria (temp. 15-18°): la so- lidificazione del prodotto nella massa fibrosa poteva così avvenire subito, ma non era mai completa; ed anche quando con un po’ di riposo aveva preso tutto l'aspetto d'amianto, la polimerizzazione era parziale; difatti i valori per il peso molecolare che si ottengono con un prodotto preparato di recente, come mostrerò, sono alquanto inferiori a quelli calcolati per Ss 0g. Si com- pleta invece col riposo: aspettando che ciò avvenga, conviene tenere il tubo capovolto con l'estremità a turacciolo sotto; usando tale cura, se questo per poco perde, l'acido solforico che si forma impedisce per capillarità l' ingresso d'altra umidità e il prodotto sì può conservare a lungo inalterato. Si constata intanto che mentre esso si era depositato durante la preparazione nella parte più declive del tubo, poscia, sublimando, arriva a tapezzarlo completamente di lunghe fibre splendenti, d'aspetto d’ amianto. Volendo poi adoperare il prodotto, difficilmente si riesce ad averlo in piccoli pezzi per strappamento. Io ho trovato invece più conveniente di ti- rarne dal tubo una certa quantità per mezzo d'un filo di ferro ben pulito e robusto terminante ad uncino, e farla cadere in un mortaio di porcellana profondo: la nubecola bianca che subito si solleva impedisce, come dirò meglio più oltre, l'attacco dell'umidità per tutta la massa, che si può comodamente ridurre in pezzi della grandezza desiderata, senza alcun inconveniente, piglian- dola con una pinza di platino, o, in mancanza di questa, anche con una a punte d'osso, che non vengono alterate, e tagliandola con una forbice d' acciaio ben pulita, esente d’ ossido. È bene poi avvertire che dei pezzettini così ottenuti non conviene met- terne assieme parecchi in un medesimo pesa filtro, perchè ritornano a saldarsi molto facilmente. Conviene quindi isolarli in singoli pesa filtri; e con questa cura sì eviterà ogni perdita di tempo e quindi di prodotto nel passare la sostanza dal pesafiltro nel crioscopo. Per rendere agevole quest’ operazione ed evitare ogni causa d'errore o renderle trascurabili, io ricorreva al seguente processo: un assistente apriva il pesafiltro in vicinanza del tubo laterale del crioscopo, io per mezzo d'una pinza a punte d'osso toglieva rapidamente il pezzo d' anidride da un oggetto e lo passava nell’ altro; e mentre l' assistente chiudeva il pesafiltro, io chiudeva il crioscopo e le perdite diventavano quasi nulle. Debbo poi accennare che appena introdotto il pezzo d'anidride nel crioscopo, cessa la sublimazione di essa, anche lasciando il crioscopo aperto, e quindi non è necessaria una fretta eccessiva. L'anidride disolforica si scioglie nell’ossicloruro di fosforo con una certa lentezza; occorre agitare per alcuni minuti, tenendo il tubo crioscopico fuori del bagno freddo. — 213 — Per le determinazioni ho seguito il metodo descritto per l'anidride sol- forica: ho aggiunto cioè prima dei pezzettini non pesati d’anidride (talvolta era sufficiente uno) sino ad ottenere la completa disidratazione del solvente, e quindi un abbassamento notevole nel punto di congelamento di esso. Anche in questo caso, se il peso d’'anidride aggiunta al solvente non era sufficiente alla completa disidratazione di esso, notai che la temperatura di congelamento o non sì abbassava, o anche talvolta aumentava d'un poco. Ecco i risultati ottenuti con anidride disolforica preparata da lungo tempo. Il solvente solo cristallizzava a 4,2122. Dopo l'aggiunta di S, 0, non pesata cristallizzava a 2,929, che fu adottato come punto di congelamento del solvente. Aggiungendo successivamente anidride disolforica in quantità pesata, cristallizzò a 2,145. Perciò: Concentrazione Abb. punto cong. Peso molecolare 1,9322 0,784 170,05 Le seguenti determinazioni furono eseguite in serie; i valori ottenuti tuttavia sono abbastanza concordanti, ciò che dimostra l’ esattezza del metodo. Il solvente solo cristallizzava a 4,898. Dopo l'aggiunta di SO; non pesata cristallizzara a 4,569, che fu preso come punto di congelamento di esso. Concentrazione Abb. punto cong. Peso molecolare 2,0360 09,848 166,6 3,1505 1,947 161,38 3,8400 1,682 157,5 Per S: 0; si calcola p. m. = 160,12. Questi risultati non lasciano alcun dubbio che la modificazione fibrosa sia dimera della liquida. Riporto finalmente una serie d’ esperienze eseguite con anidride disolforica preparata di recente. Il solvente solo cristallizzava a 3,625. Dopo aver aggiunto l'anidride non pesata cristallizzava a 3,155, valore che adottai come punto di congela- mento di esso. Concentrazione Abb. punto cong. Peso molecolare 1,9893 JRSl9 122,66 4,0609 2,365 118,47 4,4510 2,548 120,77 Caratteri differenziati tra l'anidride solforica e la disolforica. Caratteri fisici. — Queste due anidridi si differenziano sia per caratteri fisici che per alcuni caratteri chimici. Sui caratteri fisici io debbo ripetere quanto in parte si conosce. L'anidride solforica cristallizza in prismi alquanto — 214 — trasparenti, p. f. 14°,8. In quanto al suo punto d’ ebollizione da Mitscherlich fu dato 35°, da Schultz-Sellak 46°, da Buff 46°-47°, da Fischer 52°-56°. Io non ho ancora l'apparecchio adatto per darne con esattezza la cifra; vi ritornerò in occasione di altri lavori su questa sostanza. Si conserva bene inalterata in bagno a 27-30°. L'anidride disolforica invece non fonde ma si decompone. Se si ri- scalda a pressione ordinaria, a circa 50°, incomincia a fornire S0;, che si può raccogliere; ma a questa temperatura la dissociazione è molto lenta e dopo circa mezz'ora di riscaldamento, anche operando con discreta quantità di sostanza, se ne raccoglie appena qualche goccia; progredisce più rapida- mente coll’ innalzarsi della temperatura e a 100° ha acquistata tale celerità da potersi raccogliere l'anidride solforica come quasi in una distillazione ordinaria, senza che mai la disolforica arrivi a fondere. Se si riscalda in tubo chiuso, pieno quasi per un terzo, a bagno di H,0 bollente, con molta lentezza va diventando liquida, sino a fondere completamente; ma la lentezza con la quale si compie il fenomeno ci avvisa che non si tratta di semplice fusione, senza alterazione della sostanza, bensì della solita dissociazione; difatti tolto il tubo dal bagno caldo, lasciandolo raffreddare sino a temperatura ordinaria di 20-25°, rimane liquida per molto tempo e mostra tutte le proprietà del- l'anidride solforica. Anche nel vuoto non si riesce a distillarla senza dissociazione: se si mette nel primo della serie dei palloncini Erlenmeyer saldati fra di loro, che ho descritto avanti, dell'anidride disolforica, e si fa il vuoto, a temperatura ordinaria, a poco a poco sparisce, il palloncino che la contiene si ricopre di rugiada, raffreddandosi; ma nulla si condensa nei palloncini successivi, se sono tenuti a temperatura ordinaria; se invece vengono raffreddati con mi- scuglio frigorifero, vi si può raccogliere piccola quantità d'anidride solforica cristallizzata nei prismi caratteristici. Caratteri chimici. — Farò cenno in questa prima Memoria soltanto di pochi caratteri differenziali, riserrandomi un'ampia trattazione in lavori suc- cessivi. Il fatto più appariscente delle due anidridi è quello d'agire come forti disidratanti; però la solforica si comporta molto più attivamente della disol- forica, come mostrano le seguenti esperienze: 1°. Se una goccia d'anidride solforica cade su un pezzo di stoffa o su un tessuto organico, li carbonizza immediatamente e negli animali produce assieme ulcerazioni profonde. Al contrario l'anidride disolforica, cadendo sulle stoffe, non le altera, a meno che non vi resti tanto tempo da idratarsi all'aria; e si può prendere non solo, come ho avuto occasione di dire, con pinze a punte d' osso, senza che queste si alterino, ma anche con le dita; e tra queste perfino l'ho potuta premere come per impastarla, senza risentirne alcun danno. — 215 — 2°. Era stato osservato da Schultz-Sellak che l'anidride solforica s1 scioglie immediatamente nell’acido solforico, e invece la disolforica molto lentamente; io ho constatato che se l'acido solforico si raffredda e si gettano dentro di esso dei pezzi d'anidride solforica e quindi pezzettini di ghiaccio, anche numerosi, non avviene alcuna reazione violenta, e occorrono parecchi minuti e una continua agitazione affinchè sparisca. Tali caratteri differenziali di grande rapidità di reazione con l'anidride solforica e maggiore lentezza con la disolforica, si ripetono con le sostanze organiche definite, purchè si abbia cura d'evitare ogni innalzamento brusco di temperatura, che, provocando una rapida dissociazione dell'anidride di- solforica in solforica, farebbe attribuire a quella il comportamento di questa. E così, per citare qualche esempio, se si versa anidride solforica su polvere di canfora, reagisce energicamente, fluidificandola in parte ed in parte anche carbonizzandola; viceversa se si mescolano intimamente a temperatura ordi- naria anidride disolforica e polvere di canfora, nulla avviene; e soltanto quando sì è premuto per un po di tempo il miscuglio, incomincia la reazione: ma appena insorta, lo sviluppo di calore è tale da provocare la dissociazione istantanea di tutta l'anidride disolforica in solforica e quindi una reazione energica e brusca, con risultato finale uguale al precedente. E senza andare più oltre per ora, terminerò accennando qualche altro fatto interessante delle due anidridi. L'anidride solforica non reagisce con nessun metallo: io ne ho versato parecchie gocce in varî tubi da saggio asciutti e in ciascuno ho fatto cadere un metallo diverso: ho osservato che il potassio ed il sodio galleggiano sul- l'anidride, rimanendo inalterati; gli altri metalli, come Mg, Zn, Cu, Sn, Pb, Hg, Ni, Cd, anche se in polvere, vi restano al fondo ugualmente inalterati. Ma ancora più inaspettato è il fatto che nemmeno gli ossidi vi rea- giscono: ho eseguito l'esperienze mettendo l’ossido in polvere in fondo al tubo da saggio, e versandovi sopra l'anidride in notevole quantità: constatai che con ossido di sodio avviene subito reazione, che con eccesso d'anidride non continua. L'ossido impiegato però proveniva da ossidazione lenta del sodio in vaso che non chiudeva bene ed era esente di petrolio, ed evidente- mente doveva contenere dell’idrato: e a ciò si deve se reagì solo in parte. Gli ossidi di Hg, Sn, Cu, Zn, Pb, Ba, non reagiscono affatto o danno origine al momento del contatto ad un leggero sibilo, forse dovuto a traccia d'idrati o d'umidità; ma anche con un eccesso d'anidride restano inalterati e null’ altro si osserva nel miscuglio, anche agitandolo. Dirò finalmente che l'anidride disolforica resta inalterata per giorni interi, quando se ne metta qualche pezzo al fondo d'un tubo da saggio aperto: essa in parte si sublima sino a raggiungere una piccola altezza del tubo, ma al disopra si forma una nubecola bianca, in forma di menisco convesso, che se non è agitata non si solleva a riempire tutto il tubo, ma protegge l'anidride sot- RexpiconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. DI — 216 — tostante dall’ attacco dell'umidità dell’aria. Se invece si tiene in vaso slar- gato, continua a spargere sempre densa nube bianca finchè si consuma. L'anidride solforica invece conservata al fondo d’ un tubo da saggio aperto, si trasforma presto nella disolforica. Se ammettiamo l'atomo di zolfo essavalente, essendo la formola dell’ ani- dride solforica: (0) o=s< NO) quella della disolforica possiamo rappresentarla con l’altra: Za) 07 No7 "No Il suo primo termine d'idratazione è quindi l'acido disolforico: x <# "a 4 / (0) W D- (0) o Riguardo poi alla stabilità di queste due anidridi in funzione della tempe- ratura, essendo la solforica*stabile a temperatura superiore ai 27° e la disolforica a temperatura inferiore, e riguardo alla maggiore avidità che mostra SO; a combinarsi, avidità che la fa quasi paragonare ad un composto non saturo, accennerò un mio concetto che vale molto per lo meno come mezzo mnemonico. Ammettiamo che gli atomi d'ossigeno abbiano la forma d'un ellissoide, e siano disposti simmetricamente attorno all'atomo di zolfo come sui lati d'un triangolo equilatero, di cui lo zolfo occupa il centro: vibrando a bassa tem- peratura vengono ad urtarsi per gli estremi nelle loro escursioni: ne risulterà una tensione esterna — per adottare l’espressione in uso — paragonabile a quella che Baeyer ammise per i composti trimetilenici: da ciò la grande ten- denza alle combinazioni che possiede l'anidride solforica; e quando non può addizionare altri corpi, perchè o non ne trova, o non si prestano, basta una causa perturbatrice qualunque, come tracce d'umidità, per far ruotare un atomo d'ossigeno e dare l'anidride disolforica, addizionando un'altra molecola di sè stessa: ciò avviene difatti a temperature inferiori a 25°. Se invece si ri- scalda, gli atomi si allontanano e nelle vibrazioni non si urtano; finisce quindi la tensione esterna nell’anidride solforica ed il corpo diventa stabile. Ciò avviene difatti a partire da 27° in su, temperature alle quali riesce facile conservare l'anidride solforica inalterata. — 217 — Ripetendo il ragionamento inverso per l’ anidride disolforica, ci spieghiamo ugualmente perchè sia stabile a bassa temperatura e tenda a dissociarsi alle temperature alle quali SO3 è stabile; e perchè inoltre alle temperature alle quali è stabile non mostri l’ avidità di combinazione dell’ anidride solforica e si avvicini per i suoi caratteri, a confronto di essa, quasi ad un composto saturo e senza tensione. RELAZIONI DI COMMISSIONI Il Segretario CERRUTI, a nome del Corrispondente NasinI, relatore, e del Socio CiaMIcIAN, legge le Relazioni sulle seguenti Memorie: /n/lwenza del solvente sopra i numeri di trasporto, del dott. G. CARRARA; Sul com- portamento e sul punto di fusione di alcune sostanze organiche a bassis- sima temperatura, dei dottori G. CARRARA e A. Coppaporo. Le relazioni concludono col proporre l'inserzione dei due precedenti lavori negli Atti accademici. Le conclusioni della Commissione esaminatrice, messe ai voti dal VIcE- PRESIDENTE, sono approvate dalla Classe, salvo le consuete riserve. PRESENTAZIONE DI LIBRI Il Segretario CERRUTI presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna- lando quelle inviate dai Soci CoccHi, DALLA VEDOVA, p'Ovipio, Riccò, Boussineso, KLEBS, KòLLIKER, NANSEN; fa inoltre particolare menzione di una recente edizione dell’opera: De Nova Stella di TycHo BRAHE, dono della R. Accademia danese delle scienze, e del vol. IX delle Opere complete di CHRISTIAAN HuyGENS, dono della Società olandese delle scienze di Harlem. Il Socio TACCHINI presenta il 1° e 2° volume della 3* serie delle Me- morie del R. Osservatorio del Collegio Romano, che contengono i lavori eseguiti dopo il passaggio dell’Osservatorio alla dipendenza del Ministero della Pubblica Istruzione. Oltre alla memorie astronomiche dei professori Tac- chini e Millosevich, vi sono in questi volumi osservazioni dei signori Ce- rulli. Peyra e Palazzo. I volumi sono corredati di tavole e di figure. Il Corrispondente CuBonI presenta, discorrendone, il volume intitolato : L'Italia agricola alla fine del secolo XIX, contenente 35 monografie inviate alla Società degli Agricoltori di Francia in occasione della Esposizione inter- nazionale di Parigi, del 1900. -—. 218. — PERSONALE ACCADEMICO Il Vicepresidente BLASERNA dà comunicazione delle lettere di ringra- ziamento inviate, per la loro recente nomina, dai Soci nazionali: MATTIROLO, PiNncHERLE, PrroTtTA e SPEZIA; dai Corrispondenti: CAGNI, CAPELLI, CA- stELNUOVO, CuBonI e MacaLUSO; e dai Soci stranieri: ENGELMANN, PICARD, PicKERING, RicHET, RosENBUSCH, van'T Horr e WALCOTT. CORRISPONDENZA Il Segretario CERRUTI dà conto della corrispondenza relativa al cambio degli Atti. Ringraziano per le pubblicazioni ricevute : La R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Lucca: la R. Accademia delle scienze di Amsterdam; la R. Accademia di scienze ed arti di Bar- cellona; la Società di scienze naturali di Emden. Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni: La R. Accademia delle scienze di Berlino; la Società zoologica di Londra; la Società degl'ingegneri civili di Londra; le Università di Rostock e di Freiburg i. B. OPERE PERVENUTE IN DONO ALL’ACCADEMIA presentate nella seduta del 3 novembre 1901. Abel 0. — Les Dauphins longirostres du Boldérien (Miocène supérieur) des environs d'Anvers. Bruxelles, 1901. 4°. Association internationale des Académies. Première assemblée générale tenue à Paris du 16 au 20 avril 1901. Paris, 1901. 4°. Cocchi I. — Sur l'origine de l'acide carbonique dans les eaux et de la tem- pérature des sources. Liége, 1898. 8°. Colomba L. — Sopra una iadeitite di Cassine (Acqui). Padova, 1901. 8°. Gadot A. — Un nouveau mètre unité physique essentielle. Paris, 1901. 8°. Gallardo A. — Concordancia entre los poligonos empiricos de variacion y las correspondientes curvas teòricas. Buenos Aires, 1901. 8°. Id. — Las Matématicas y la Biologia. Buenos Aires, 1901. 8°. Id. — Notes morphologiques et statistiques sur quelques anomalies héréditai- res de la digitale. Paris, 1901. 8°. — 219 — Gaudry A. — Sur la similitude des dents de l'homme et de quelques ani- maux. Paris, 1901. 8°. Huygens Ch. — Oeuvres complètes publiées par la Société hollandaise des sciences. Vol. IX. La Haye, 1901. 4°. Italia (L') agricola alla fine del secolo XIX (Società degli agricoltori ita- liani). Roma, 1901. 8°. Klebs E. — Diplococcus semilunaris, ein Begleiter der Tuberkulose. Minchen, 1901. 8°. Krug A. — Die lineare Differenzialgleichung dritter Ordnung. I. Bd. Aussig, TO O80, Memorie del R. Osservatorio del Collegio Romano. Ser. 3, vol. I, II. Roma, 1889. 1901. 4°. Middendorp H.W. — L'étiologie de la tuberculose suivant le prof. Dr. R. Koch et se méthode curative. Paris, 1901. 8°. Millosevich E. — Il pianeta Eros. Roma, 1901. 4°. Niedenzu F. — De genere Byrsonima. Braunsherg, 1901. 4°. Omboni G. — Denti di Lophiodon degli strati eocenici del Monte Bolca. Venezia, 1901. 8°. Palazzo L. — Sur l’organisation en Italie des stations pour l’étude des orages et de la gréle. Paris, 1901. 8°. Pennisi-Mauro A. — Metamorfosi cosmica. Catania, 1901. 8°. Scarpini G. — Tavole numeriche di topografia. Torino, 1901. 8°. Stossich M. — Osservazioni elmintologiche. Trieste, 1901. 8°. Tycho Brahe — De Nova Stella. Hauniae, 1891. 4°. Verson E. — Sull'armatura delle zampe spurie nella larva del filugello. Venezia, 1901. 8°. Valli V. — Rivendichiamo all'Italia la priorità della scoperta dell’ inocula- zione del Virus rabido e del pus antipestilenziale. Roma, 1901. 8°. V. C. Dix (SMI si tu (IERI \ ti 4 I ut ba ‘PIA i MIDI 5UI > “ Ù h. bl! e fl LL Lilagalae SIT pd birra si li:o "ae ‘ROTainanad ti FIUGGI) RAT Roe (0 Latola Ù ROZZANO. by Bi; Ì ì RENDICONTI | DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI aaa varati n Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 1? novembre 1901. P. BLASERNA, Vicepresidente. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Chimica. — SuMa polimerizzazione di alcune cloroanidridi imorgamiche del prof. Oddo. Nota del Socio G. Cramician. Fra le pubblicazioni che il prof. Giuseppe Oddo presentò al recente concorso al premio Reale per la Chimica, ve ne erano due intitolate: Su/la polimerizzazione di alcune cloroanidridi inorganiche. Con questi lavori l'A. cercò di dimostrare che le sostanze da lui esaminate, in alcuni solventi orga- nici hanno tendenza a polimerizzarsi, deducendo ciò dalle determinazioni dei pesi molecolari fatte col metodo ebullioscopico Beckmann. I risultati furono i seguenti: Ossicloruro di fosforo : P. ebollizione 107-108°. POCl: = 135,4 Metodo ‘ebullioscopico : in etere p. eb. 35°,6. Peso molecolare = 147-157 ” ” SMMECSÌ ” LOR ” = 214-244 7 ” : in CHCL » 63° ,04ta . = 159-164 ” ” : in CCL ’ (fg CO, ’ = 825-362 ” ” : in benzolo » 80% oe ” = 283-309 Metodo crioscopico : in benzolo ” ” —= 149-152 Ossibromuro di fosforo: P. ebollizione 193°. POBr3 = 287 Metodo ebullioscopico : in CCL, p. eb. 78°,5. Peso molecolare = 287-310 ” ” : in benzolo » 80°, bui. a ” CRIA52 Metodo crioscopico : in benzolo ” ” = 293-308 Solfocloruro di fosforo: P. ebollizione 124°, PSCl = 169,4 Metodo ebullioscopico : in CCL, p. eb. 789,5. Peso molecolare = 209 ” ” : in benzolo » 800,5... (» - — 299-248 Metodo crioscopico —: in benzolo ) ” —ilbo-101 RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 28 — 222 — Protocloruro di solfo: P. ebollizione 138°. SC, = 19458 Metodo ebullioscopico : in CCL p. eb. 78°,5. Peso molecolare = 169-172 ” ” : in benzolo » 8050 ” —= 180-193 Metodo crioscopico —: inbenzolo ed acido acetico valori normali (Raoult) Cloruro di tionile : P. ebollizione 78°. SO,Cl, = 118,8 Metodo ebullioscopico : in cloroformio p. eb. 63°. Peso molecolare = 233-240 Metodo crioscopico : in benzolo ” ” —= 108-110 Cloruro di solforile : SO,Cl, = 134,8 Metodo crioscopico —: in benzolo Peso molecolare = 131 Cloruro di cromile : P. ebollizione 118°. Cr0.Cl, = 155,3 Metodo ebullioscopico : in CCL, p. eb. 78°,5. Peso molecolare = 225-243 Metodo crioscopico —: in benzolo ” ” = 165-175 Come si vede tutti questi cloruri hanno a freddo peso molecolare nor- male quando questo venga determinato col metodo crioscopico; con quello ebullioscopico si notano invece delle differenze che in genere sono tanto maggiori quanto più il punto d’ebollizione del solvente si accosta a quello della sostanza studiata. L'unica conclusione che da questi numeri a priori poteva essere dedotta era però quella, che in genere le differenze dipendessero dalla volatilità della sostanza disciolta, la quale per la piccola distanza del suo punto di ebolli- zione da quello del solvente doveva necessariamente ripartirsi fra le due fasi del sistema. A raccomandare questa interpretazione ed a porre in ogni modo in guardia l'Autore da conclusioni troppo affrettate, avrebbe dovuto servire l’esempio dell’ossibromuro di fosforo, il quale, per la sua minore volatilità, dà, a differenza dell’ossicloruro, anche col metodo ebullioscopico il peso mo- lecolare quasi esatto. Il prof. Oddo invece va assai oltre nelle sue conclusioni, e sebbene egli si proponesse di tener conto in una prossima pubblicazione della tensione di vapore delle sostanze disciolte, pure invece credette di poter affermare senza altro che le relative correzioni « saranno quasi trascurabili poichè W. Nerust « con soluzioni di benzolo e cloroformio in etere trovò che il peso molecolare « osservato superava quello corretto soltanto dal 10 al 20 per cento ». L'Autore evidentemente qui s'è lasciato illudere perchè la correzione a seconda dei casi può essere assai varia. Vi è poi un’ altra circostanza che merita d' esser posta in rilievo. L'Autore sembra non essersi accorto che gli innalzamenti da lui osservati sono propor- zionali alla concentrazione, ciò che risulta evidente ad es. per l’' ossicloruro di fosforo in benzolo; per questa coppia ho riportato ‘nella tabella che segue più avanti il rapporto dei due valori. Il coefficiente d'innalzamento, come si vede, si mantiene costante entro i limiti d' errore e ciò, come osserva il Nerust — 223 — nella stessa Memoria citata dall’ Oddo ('), significa che alla sostanza disciolta spetta lo stesso peso molecolare tanto allo stato di soluzione, che allo stato gassoso. Se questo non fosse, infatti, il rapporto non sarebbe neppure lonta- namente costante. Secondo l’interpretazione del prof. Oddo l'ossicloruro di fosforo presen- terebbe perciò il seguente interessante caso: Esso avrebbe in soluzione ben- zolica al suo punto di congelamento (5°) peso molecolare normale, nello stesso solvente invece al suo punto d’'ebollizione (80°) peso molecolare doppio che si manterebbe tale anche allo stato di vapore alla stessa temperatura, per ritor- nare normale a temperature superiori a 108° (2). Malgrado tutto ciò l'Oddo attribuisce ai cloruri in questione tendenza a polimerizzarsi a caldo in alcuni solventi, dà all’ossicloruro di fosforo la formola raddoppiata e lo chiama difosfodiossicicloessacloruro, che è vera- mente un bel nome. E si noti che se anche realmente questa sostanza mo- strasse in soluzione benzolica peso molecolare doppio, non sarebbe per questo lecito raddoppiargli la formola, dal momento che allo stato gassoso ha peso molecolare normale. Davanti a tante stranezze ed essendo io relatore nella Commissione pel premio Reale, credetti conveniente di accertarmi come stessero realmente le cose, sebbene dopo quanto s'è detto, il giudizio non dovesse esser difficile anche senza fare ulteriori esperienze. Feci però eseguire alcune misure per la coppia ossicloruro di fosforo e benzolo, per vedere a quanto ascendesse la correzione da farsi secondo Beckmann. L'esperienza dette il seguente risultato: In grammi 73,75 di benzolo furono sciolti gr. 3,95 di ossicloruro di fosforo. Furono distillati gr. 9,4628, dai quali si ottennero gr. 0,7146 di AgCl pari a gr. 0,2548 di POC];. Quindi la composizione della soluzione liquida al principio ed alla fine dell'esperienza e quella del vapore era la seguente: Soluzione iniziale Soluzione finale Vapore Benzolo igr. . . . 783,75 64,54 9,2078 BOC netta 3,95 3,70 0,2548 77,70 68,24 9,4626 Concentrazioni. . . Co = 5,08 C,= 5,42 Ci '2:09 ca Cosi = 5,25 a => —/0;bl media Come si vede il coefficiente di ripartizione per la concentrazione del cinque per cento circa ha il valore 0,51 e però applicando la formola (!) Zeitschrift fir physikalische Chemie, VIII, 116. (*) La densità di vapore dell’ossicloruro di fosforo fu determinata da Wurtz (Annales de chimie et de physique [3], XX, 472) e da Cahours (Ibidem, XXIII, 829); e corrisponde alla formola semplice POC]:. — 224 — Meor = Mirov (1 — @), i pesi molecolari osservati si riducono a circa la metà e l'anomalia è spiegata. In base a questo risultato ed alle considerazioni suesposte la Commis- sione credette di poter concludere « che introducendo nei risultati sperimen- « tati descritti dall’ Oddo, la correzione indicata dal Beckmann per il metodo « ebullioscopico, quando la sostanza disciolta ed il solvente hanno punti di « ebollizione vicini si elimina l'anomalia da lui notata », e questo giudizio è stato riportato nella relazione. Il prof. Oddo evidentemente poco soddisfatto e non persuaso di questo giudizio ha posto in esecuzione il suo proponimento ed ha eseguito alcune misure per determinare quale parte avesse la volatilità della sostanza disciolta, nella correzione da portarsi ai pesi molecolari osservati. Il lavoro è comparso ora nella Gazzetta chimica ('); ma disgraziatamente le sue misure non con- ducono sempre ai valori normali. Egli trovò per la coppia ossicloruro di fosforo in benzolo i seguenti numeri: I II III Concentrazione media della soluzione: 1,0465 2,18975 3,56305 ” del vapore . . . . 0,2829 0,6775 0,9648 PARO SIM; 0,31 0,27 media i quali, sì vede, sono assai diversi da quello sopra riportato. Siccome corre- gendo i pesi molecolari osservati con i coefficienti di ripartizione da lui tro- vati, si ottengono valori ancora notevolmente superiori ai normali, egli insiste nella sua ipotesi di « una polimerizzazione molto labile che avviene in con- « dizioni speciali di temperatura e di soluzione ». Noi abbiamo perciò ripetuto le esperienze a diverse concentrazioni, ma i risultati ottenuti concordano perfettamente con quelli della prima determi- nazione surriportata. (Queste determinazioni, come la prima, furono eseguite impiegando un apparecchio che non differisce sostanzialmente da quello di Beckmann; però il recipiente era a pallone della capacità di 200 cem. circa, riempito per più di un terzo di granati; si poteva così operare con grandi quantità di soluzione diminuendo notevolmente le cause di ‘errore. I vapori dopo aver percorso il tubo laterale ascendente (che era munito di una bolla onde evitare le projezioni) entravano in un refrigerante discendente che vi era direttamente saldato. Il tutto stava immerso in un bagno d'acqua tenuto ad 81°, fino alla piegatura del refrigerante; ciò allo scopo di togliere completamente la defle- gmazione, poichè ciò che interessa è di conoscere la composizione del vapore che sta in equilibrio colla superficie del liquido. Il distillato, raccolto in boccetta chiusa con tappo a cloruro di calcio, e pesato, veniva scomposto con (1) Gazz. chim. 1901, 2° vol., fasc. III, pag. 222. — 225 — potassa alcoolica e sbattuto ripetutamente con acqua; la soluzione acquosa scaldata a bagno maria per cacciare l’ alcool, ed acidificata con acido nitrico; infine si precipitava in essa il cloro con nitrato d' argento. Ecco ora i risul- tati ottenuti: I. In grammi 102,85 di benzolo furono sciolti gr. 1,35534 di POCl,. Furono distillati gr. 13,4952 dai quali si ottennero gr. 0,2680 di AgCl, corrispondenti a gr. 0,0953 di POCI;. II. Dalla soluzione rimasta furono distillati gr. 11,0986, dai quali si ebbero gr. 0,2302 di AgCl, corrispondenti a gr. 0,0821 di POCl;. Da queste nuove determinazioni sì calcolano quindi i dati seguenti: Soluzione iniziale Soluzione finale Vapore ins benzolor gr: >. 710285 89,45 © 13,40 ROC ate 1,95 1.25 0,0953 104,20 90,70 13,495 Concentrazioni. . C, = 1,83 Ci—4599 Ci 0400 O Ae o media II. Benzolo gr. . . 89,45 78,43 11,02 ROC ven AM, 1,25 107, 0,0821 90,70 79,60 11,10 Concentrazioni. . Co = 1,39 Ci=148 Cap = 0440 Co Conedia == 1,44 Wes Ciita Lo Il coefficiente @ resta dunque fra le concentrazioni di 1,3 a 5 per cento, perfettamente costante. Per mostrare quanto oltre vada questa costanza, da cui risulta senz’ altro l'uguale grandezza molecolare nelle due fasi, dirò che da una determinazione eseguita su una soluzione concentratissima (Cmedia = 20,44) sì ottenne un vapore della concentrazione 11,13; da cui si calcola «a = 0,545. Se ora si correggono i pesi molecolari trovati dall’ Oddo col valore medio di « da noi trovato (0,515), si hanno i seguenti numeri: Serie di misure Concentrazione Coefficiente Peso molecolare Peso molecolare d'innalzamento trovato corretto m= Mirov (1 — 0,515) IV 1,0465 0,083 321 156 IV 2,18975 0,080 332 161 II 2,2318 0,091 288 140 I 2,4392 0,094 283 137 II 3,1517 0,087 309 150 IV 3,56305 0,086 812 151 I 3,8612 0,089 801 146 II 4,5907 0,090 296 144 III 9,2026 0,087 809 150 > . POCk=153,4 2200 Come chiaramente si vede tutti questi valori oscillano intorno al peso molecolare semplice e concordano con questo in modo soddisfacente entro i limiti di errore. Quale sia la ragione per cui i numeri del prof. Oddo non coincidono coi nostri, non credo necessario ricercare; sembra però che egli non si sia abbastanza premunito contro una parziale deflegmazione dei vapori di ossi- cloruro di fosforo e benzolo nel suo apparecchio, per cui avrebbe ottenuto nel distillato una quantità di ossicloruro minore di quella contenuta nel vapore che trovasi immediatamente a contatto col liquido. Chimica. — Esperienze al tubo caldo freddo al forno elettrico. Memoria del Corrispondente R. NasInI e del dott. F. ANDERLINI. Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie. Mineralogia. — Dati analitici su alcuni campioni di Manga- nese di Sardegna. Nota del dott. C. RIMATORI, presentata dal Socio STRUEVER. Per la varietà delle sue formazioni geologiche, l’importanza de’ suoi giacimenti e la ricchezza delle specie minerali, la Sardegna ha attirato l' at- tenzione di studiosi nazionali e stranieri, epperciò sono estese le cognizioni, che si hanno ora su questa terra così interessante ne' molteplici campi d'in- vestigazione, che essa presenta. Io credo però che non siasi fatto abbastanza dal lato chimico e che da un particolareggiato esame analitico, finora limi- tato per la maggior parte a scopi industriali, si possano derivare ulteriori conoscenze e probabilmente dimostrare l’esistenza di specie nuove, non solo per la Sardegna, ma forse anche per la scienza. Così ne’ giacimenti de' mi- nerali di piombo, zinco ed argento si può senza difficoltà ammettere l' esi- stenza di altre forme di combinazione di questi metalli, oltre a quelle già conosciute, derivante anche da metamorfosi od alterazioni delle specie pri- mitive. Il procurarsi il materiale necessario per effettuare un lavoro complesso, quale sarebbe mio desiderio di fare, costituisce la principale difficoltà, che non è sempre possibile superare, almeno in poco volgere di tempo; per tale ragione ora mi limiterò a comunicare in questa breve Nota i dati risultanti dall’ analisi di diversi campioni di manganese provenienti da località diffe- renti e che ho potuto avere per cortesia del prof. Lovisato, al quale rendo grazie anche per le notizie relative al loro giacimento e per i consigli pre- statimi. — 227 — I campioni di manganese non sempre si presentano in frammenti puri abbastanza grandi; talvolta il minerale è impastato con la roccia in modo da richiedere una separazione accurata, la quale invece che per densità, ho preferito eseguire meccanicamente riducendo il minerale in piccoli frammenti e scegliendo quelli che, esaminati con la lente, si presentavano scevri di ganga. Con questo metodo ho avuto talvolta il minerale quasi puro, in altri casi sostanze estranee sono tanto intimamente mescolate, che non si possono separare e che rimangono indietro, quale residuo inattaccabile, nel trattamento con gli acidi. La densità fu sempre determinata con il metodo della boccetta e la quantità de’ componenti con il processo che così riassumo. In un dato peso di sostanza polverizzata fu determinato il manganese allo stato di biossido, trattandola con circa tre volte il suo peso d’ossalato potassico puro e l’acido solforico in un apparecchio di Schròdter e pesando questo prima e dopo com- pletato lo sviluppo di anidride carbonica: un'altra porzione di sostanza fu sciolta in acido cloridrico; in alcuni casì si è avuta soluzione limpida ed altre volte è rimasto indietro un residuo. Dalla soluzione filtrata, previa ag- giunta di acqua di cloro, fu mediante soda caustica precipitato il manganese allo stato d'ossido idrato misto e pesato quindi sotto forma di ossido salino ; dalla quantità di questo si è calcolato il manganese che si trovava in forma di protossido. Ne' campioni, che nei saggi qualitativi accusavano presenza di quantità apprezzabile di calce, il manganese totale fu precipitato mediante solfidrato d’ammonio. L'umidità è stata desunta dalla perdita in peso su- bìta da un’altra porzione di sostanza riscaldata a circa 300° in tubetto chiuso da una parte; infine il ferro, per quei campioni che lo contengono in quan- tità apprezzabile, fu dosato volumetricamente in un altro peso di sostanza. Manganese n. i. — Proviene da’ dintorni di Padria (circondario di Al- ghero). Presentasi in massa compatta di color grigio d'acciaio scuro, in al- cuni punti con struttura cristallina e splendore metallico, in altri con splen- dore quasi sericeo e struttura fibroso-raggiata; tinge per confricamento le dita; polvere nera. Trovasi compreso ora in piccoli noduli, ora in considere- voli concentrazioni nella massa d'un calcare talvolta roseo, tal’ altra bianco sporco, a struttura granulare, a contatto con le trachiti. Densità a 149,6 = 4,71; durezza 3. Composizione centesimale. «) della massa totale 8) della parte solubile in HC1 Mn0? 90,63 92,04 Mn0 3,95 4,01 Fe?03 tracce tracce Cu0 tracce tracce H?0 8,92 3,56 Residuo insol. o 99,63 i 99,61 — 228 — Campione n. 2. — Proveniente pure dalla stessa località di Padria. Massa compatta di color quasi nero, amorfa, senza splendore, più dura del campione precedente; confricata non tinge le dita; nell'insieme presenta l'aspetto d'un incrostazione mammellonare. Densità a 169,8 = 3,34; durezza 5. Composizione centesimale. «) della massa totale. 8) della parte solubile in HCI1. Mn0? 38.75 67,05 Mn0 16,03 27,78 Fe?08 tracce tracce H?0 3,39 5,86 Residuo insol. 42,21 — 100,38 100,64 La maggior durezza, il peso specifico poco elevato ed un po’ anche la composizione chimica, farebbero vedere in questo campione una varietà di psilomelano. Campione n. 3. — Nelle trachiti di color rossigno chiaro, che trovansi presso la Punta o Capo Giordano per andare a Porto Scuso, si riscontrano delle incrostazioni di manganese prive assolutamente di struttura cristallina e con notevole durezza. Densità a 259,6 = 3,25; durezza 5-6. Composizione contesimale. a) della massa totale. 8) delle parte solubile in HOI. Mn0? 43,84 69,74 Mn0 11,22 17,82 Fe?03 1,17 1,87 Ca0 e Ba0 tracce tracce H?0 5,59 8,56 Residuo insol. 37,16 — 98,92 97,99 Anche questo possiamo considerarlo come psilomelano che sì riscontra pure nel trachitico delle vicinanze di Bosa. Campione n. 4. — Proveniente da Pozzomaggiore. Questo manganese è compreso nella massa compatta d'un calcare chiaro, ora formando de’ noduli, ora diffuso in esso con aspetto dendritico. Questi arnioni, non molto grandi, — 229 — non manifestano sempre struttura omogenea, e poichè alcuni, i più grandi, sono costituiti d'un involucro esterno più o meno spesso di color bruno cioc- colatte e d'un nucleo interno più duro di color nero con splendore subme- tallico e minutamente cristallino, così ho proceduto all'analisi delle due parti. a) Parte esterna. Densità a 12°,6 = 4,9; durezza 1-2. Composizione centesimale. «) della massa totale. B) della parte solubile in HCl. Mn0* 67,45 70,95 Mn0 21,81 22,93 Fe?0? tracce tracce 1300) 5,99 6,26 Residuo insol. 4,98 —_ 100,23 100,14 b) Parte interna. Densità a 16°,4= 4,79. Composizione centesimale. MIO, eee. . de 0 05,58 Mn0basas" Salle L . a 2,24 H'UMest anta e, 1,86 IIGSIOMORISO IO 0,37 100,00 Da questi dati risulta che il manganese di Pozzomaggiore è costituito da pirolusite quasi pura all’esterno alterata più o meno profondamente. Campione n. 5. — Proveniente dal vulcanico antico fra Ploaghe e Chia- ramonti. Massa compatta di color nero bluastro, senza splendore, a prima vista amorfa, osservata però con la lente, presentasi impregnata di minute particelle cristalline a splendore submetallico. Densità a 16°,25 = 4,399; durezza 3. Composizione centesimale. a) della massa totale 8) della parte solubile in HC1. Mn0? 88,20 92,51 Mn0 5,87 6,14 Fe?03 tracce tracce H?0 1,88 1,95 Residuo insol. 4,46 _ 100,41 100,40 RenpiconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 29 — 230 — Campione n. 6. — Appartiene a quel giacimento, che si tentò colti- vare, e che è situato fra Bosa e Montresta. Trovasi in forma di noduli più o meno grandi misti ad una ganga ferruginosa a tinte diverse; in alcuni punti chiara, in altri rossa o gialla oppure rosea. Solo col ridurlo in piccoli frammenti lo si può meccanicamente separare dalla ganga in modo da pre- sentarsi omogeneo ed adatto all'analisi. Massa di color grigio scuro di ferro, splendore tra il submetallico ed il resinoso senza struttura cristallina distinta. Confricato, tinge le dita. La sua composizione si differenzia da quella degli altri manganesi per una notevole quantità di ferro e per la presenza di forte percentuale d'ossido di piombo. Densità a 14°,2 = 3,51; durezza 2,5. Composizione centesimale. a) della massa totale B) della parte solubile in HCI. Mn0? 23,94 35,06 Mn0 8,12 11,88 PbO 20,68 30,28 Fe?0* 6,30 9,22 H?°0 8,51 12,46 Residuo insol. 31,72 — 99,27 98,90 Campione n. 7. — Trovasi nelle trachiti andesiti presso la stazione di Siliqua. Massa di color grigio bluastro chiaro poco distinta dalla roccia in- volgente di color roseo chiaro, ma spesso impastata con essa; in alcuni punti però presentasi quasi pura, ora spugnosa, tal’ altra con struttura cristallina poco distinta; confricata, sporca le dita. Densità a 199,4= 4,88; durezza 2,5. Composizione centesimale. MIO e O 195 Mn@ar tt, A 3,35 Retotleeino + A ATA tracce HO... 1,19 Residuo sinsol. + MM iii 0,94 100,43 Campione n. 8. — Proviene dal giacimento compreso fra Capo Rosso e Capo Becco sulla costa occidentale dell’isola di S. Pietro. Per quanto riguarda — 281 — l'aspetto di questo giacimento e le roccie che l’accompagnano, ci ha dato una dettagliata descrizione l'ing. Bertolio ('). Il campione che ho esaminato presentasi amorfo, di consistenza terrosa, color quasi nero traente al rossigno, macchia fortemente le dita. Anche ad occhio nudo appare molto impuro e disugualmente nelle sue diverse parti. Questi caratteri corrispondono a quelli descritti dal suddetto autore, e proba- bilmente il campione da lui analizzato non sarà stato molto diverso da quello che è passato fra le mie mani per l’analisi. Da una porzione, che, scelta colla lente, appariva la meno inquinata da ganga, ho ricavato i dati seguenti: Densità a 19° —= 9,41. Composizione centesimale. a) della massa totale 8) della parte solubile in HCl Mn0* 59,17 69,75 Mn0 10,91 12,86 Fe?0* 2,03 2,39 Cao 2,12 2,61 H?0 10,09 11,89 Resid. insol. 15,17 — CO? e perdite 0,51 0,60 100,00 100,10 Poichè tali cifre si allontanano di molto da quelle pubblicate dal Ber- tolio, ho creduto opportuno eseguire una seconda analisi sul minerale senza fare alcuna scelta, ma prendendo de’ frammenti in punti diversi in modo da avere una composizione centesimale probabilmente vicina alla media. Per confrontare i dati ho eseguito l'analisi anche del residuo insolubile nell’acido cloridrico; ecco i valori ottenuti : Mn ds. ea e 29:36 Made ee e e 13:98 Ko ai e iI A1°03 telo » SM 63 Mo0l sn a to) A e 00538 CAO 2047, 00 cene AR 1086 Alcali (KO predom:). . . ia... 1,73 Stio e e, i 16;8% 00 a ect 40: MR VR PI°OStTe Snare e o racco Eito I E. 8;80 99,88 (1) Appunti geologico-minerari dell'Isola di S. Pietro, 1896. — 232 — Nè risulta che, oltre al sesquiossido di ferro, il manganese contiene anche del carbonato di calcio, qualche silicato decomponibile dagli acidi, avendo riscontrato nel residuo insolubile della silice idrata solubile nel car- bonato sodico, ed infine un silicato inattaccabile contenente una discreta percentuale di potassa. Anche questi dati differiscono alquanto da quelli dell'ing. Bertolio; ciò prova che la composizione può facilmente variare da un punto all’altro del medesimo giacimento. Conclusione. — Da’ risultati riferiti si può concludere che i minerali di manganese che sì riscontrano in Sardegna si dimostrano in generale quali varietà di pirolusite; fanno eccezione i campioni 2 e 3 e quello segnato con il numero 6. Questo si distingue per la notevole percentuale in ossido di piombo; esso ci ricorda un esemplare di Wad (Wackenrodite), proveniente da Baden, il quale all'analisi accusò contenere il 12 °/, d’ossido di piombo (1). Gli altri poi per le proprietà fisiche e per la composizione chimica, special- mente il num. 3 contenente anche tracce di barite, possono essere considerati quali varietà di psilomelano. È da notarsi infine che il manganese ne' campioni esaminati, suole pre- sentarsi talora in forma di noduli o di piccole concentrazioni, tal’altra im- pastato più o meno intimamente con la massa di rocce calcaree, trachitiche o de’ tufi trachitici ed andesitici. Fisica. — Intorno ad alcuni nuovi metodi per determinare il peso molecolare dei corpi in soluzione diluita. Nota di G. Gu- | GLIELMO, presentata dal Socio BLASERNA. I metodi crioscopico ed ebullioscopico, per la determinazione del peso molecolare dei corpi in soluzione diluita, sono ormai resi d'un uso così fa- cile, che può parere superfluo il proporre nuovi metodi destinati allo stesso scopo; tuttavia sono così svariate le condizioni in cui conviene talora speri- mentare, sia per la natura dei corpi che si studiano, sia per altre ragioni, che forse, anche nuovi metodi che escano alquanto dalla solita « routine » possono riuscire non del tutto privi di utilità. Credo perciò utile far notare che tutti i metodi che servono in Igrometria per la determinazione della tensione del vapor acqueo nell'aria, e del rap- porto fra essa tensione e quella di saturazione alla stessa temperatura pos- sono altresì servire a determinare la tensione d'un vapore qualsiasi emesso da una soluzione e il rapporto fra essa tensione e quella del vapore emesso dal solvente puro, ossia saturo, alla stessa temperatura, donde si può dedurre (1) Dana, .4 System of Mineralogy 1893, pag. 258. SOI — nel modo solito il peso molecolare del corpo disciolto. Alcuni di questi me- todi inoltre non richiedono che apparecchi ed operazioni della massima sem- plicità. Uno studio comparativo completo di questi metodi, cioè del loro modo di funzionare, delle condizioni più propizie, degli apparecchi più convenienti, degli errori cui sono soggetti, delle precauzioni da usare, richiederebbe molto più tempo di quello di cui posso disporre attualmente, molto dopo la chiu- sura dell’anno scolastico. Differendo perciò questo studio ad epoca più pro- pizia, mi limiterò per ora ad esporre il principio di questi metodi, le di- sposizioni più ovvie per metterli in pratica, ed alcune esperienze destinate a dimostrarne l’'attuabilità e ad indicare all'incirca le condizioni nelle quali si deve operare. Metodo psicrometrico con termometri. — Questo, che è certo il più comodo dei metodi igrometrici e che difatti è adottato negli Osservatorî me- teorici, è anche d'un uso molto facile per la determinazione del peso mole- colare dei corpi in soluzione diluita. Il semplice apparecchio di cui mi sono servito nelle pochissime prove che ho eseguito è il seguente. Nel fondo d'una boccetta a collo largo versai uno strato della soluzione alto circa 1 cm. e chiusi la boccetta con un tappo attraversato da tre fori, per due dei quali passavano due termometri che giungevano fino a 1 cm. circa dalla soluzione, uno col bulbo nudo, l’altro col bulbo avviluppato strettamente da uno o due giri di carta da filtro tenuta fissa mediante una legatura o un anelletto di gomma; per il terzo foro passava e scorreva liberamente un'asta o tubo di vetro coll’ estremità inferiore ripiegata orizzontalmente, pescante nella solu- zione e destinata a rimescolarla per mantenerla omogenea. Alcune precauzioni che è utile di avere sono le seguenti: I due termo- metri paralleli devono esser tanto lontani quanto lo permette il diametro del collo della boccetta, ed inoltre conviene fissare al tappo una laminetta metallica levigata che stia fra i loro bulbi a modo di schermo ed impedisca che l'uno agisca sull'altro per irradiazione. È utile anche che la boccetta sia immersa fino al collo in un gran bicchiere o altro recipiente pieno d'acqua alla temperatura ambiente e frequentemente agitata, dimodochè la sua tem- peratura sia uniforme, e se le pareti di questo recipiente sono trasparenti, conviene avvolgerle con un foglio di carta per evitare che le irradiazioni dall’ esterno possano agire disugualmente sui due termometri. Ciò posto, sollevato per un momento il tappo coi termometri, con una pipettina di capacità conveniente facevo arrivare sulla carta da filtro che avvolgeva uno dei bulbi, tanto solvente che bastasse ad imbeverla bene senza che vi fosse la minima possibilità che potesse gocciolare sulla soluzione sot- tostante ed alterarne le proporzioni. È comodo che il solvente destinato a bagnare il bulbo del termometro sia tenuto in un tubo d’assaggio immerso nello stesso bagno colla boccetta suddetta, ed abbia quindi la stessa tempe- — 234 — ratura. Rimesso a posto il tappo, il solvente che bagna il bulbo, avendo una tensione di vapore maggiore di quella della soluzione, emette continuamente vapore che si diffonde verso di essa e vi si condensa, e così la temperatura del termometro bagnato diminuisce, finchè la quantità di calore assorbita per l’evaporazione non è uguale a quella ricevuta dall'aria circostante e per ir- radiazione. L'aumento di temperatura prodotto dal condensarsi del vapore sulla soluzione, a causa della gran massa di questa e del bagno che la cir- conda, è trascurabile. Siano £ e d' le temperature del termometro asciutto e di quello bagnato, F ed F'le tensioni di vapore del solvente a £ e #' ed F” la tensione di va- pore della soluzione a 7; sia m il peso molecolare del solùto, p il suo peso in grammi in 100 di solvente, e sia finalmente H la pressione atmosferica, A, B, C, apposite costanti. La formula psicrometrica ci dà: v IRSA r P—=HlI-!) Inoltre si può ammettere che per piccole variazioni di temperatura, le corrispondenti variazioni della tensione di vapore del solvente siano ad esse proporzionali, e quindi sia: F_F=M—- 1), essendo 4 la variazione per 1° di essa tensione. Ne risulta i, I ISS (+) eo D'altra parte la legge di Raoult'ci dà: F-pr=B.F.L m ed uguagliando i due valori di F — F” si ricava: (a) badi pai = € La costante C si potrebbe calcolare quando fossero noti B, F, 4, H e si calcolasse A basandosi sul coefficiente di diffusione del vapore, tenendo conto delle dimensioni dell’aria nella quale si effettua la diffusione ecc.; ma torna più comodo e più sicuro il determinarla sperimentalmente osservando la differenza di temperatura prodotta da una soluzione nota a temperatura e pressione determinate. Se p,, #1, é, i, sono i dati corrispondenti a questa soluzione e supponiamo #, poco diverso da ?, avremo: — 235 — esep=p; si ha: m_t—h Mi 1-1 . di È I 7 e se invece SPARI risulta: {—-/=4{—t, m Mi ossia : Soluzioni diluite aventi un ugual peso di corpo disciolto per 100 di uno stesso solvente producono sul termometro bagnato di solvente, a parità delle altre condizioni, abbassamenti di temperatura che sono inversamente proporzionali al peso molecolare del corpo disciolto; ovvero anche: Soluzioni diluite aventi disciolti uguali numeri di molecole di diversi corpi per 100 gr. di uno stesso solvente, a parità delle altre condizioni, producono uguali abbassamenti di temperatura sul termometro bagnato col solvente stesso. Nell'’applicare la formula (a) bisogna tuttavia tener conto che la co- stante C contiene come fattore F la tensione di vapore del solvente e quindi varia proporzionalmente ad essa quando la temperatura e quindi la tensione varia. Sarà facile di determinare coll’ esperienza oppure di calcolare i diversi valori di C per le temperature ordinarie. È anche da notare che essa costante vale rigorosamente solo per una stessa boccetta e per una stessa distanza del termometro bagnato dalla solu- zione, cambiando uno o l’altro di questi elementi, cambia la costante psi- crometrica A_ e quindi anche C. Tuttavia in parecchie prove eseguite avvici- nando o allontanando il termometro bagnato alla soluzione, tanto quanto lo permetteva la boccetta, la temperatura del termometro bagnato rimase immutata, per cui pare che questa causa di variazione della costante abbia ben poca influenza. La differenza 1 —?' delle temperature del termometro asciutto e di quello bagnato, può anche esser determinata con un solo termometro, poichè la temperatura del termometro asciutto è anche quella del bagno e della so- luzione. A tal uopo, scelto un periodo di tempo nel quale la temperatura ambiente e quella del bagno e della soluzione si mantenevano quasi affatto costanti, determinavo col termometro, col bulbo nudo, la temperatura del bagno che circondava la boccetta, quindi asciugavo il bulbo, lo avvolgevo colla carta da filtro, lo agitavo nell’aria finchè avesse perduto il calore ricevuto nell'ultima operazione, lo bagnavo col solvente puro e lo introducevo nella boccetta. Quando la temperatura da esso indicata era divenuta affatto sta- zionaria, ne prendevo nota ed avevo così 7; toglievo quindi il termometro, levavo la carta che ne avvolgeva il bulbo e determinavo nuovamente la tem- peratura del bagno che dava il valore di /, mentre la prima determinazione serviva solo come indizio o per una eventuale correzione. In un apparecchio costruito nel modo precedentemente indicato, l’ abbas- samento di temperatura causato da una soluzione di 5 gr. di glicerina in 100 gr. di acqua su un termometro bagnato con acqua, fu di 0°,25; misu- — 236 — rato con un termometro diviso in decimi di grado, esso permette già una determinazione abbastanza esatta del peso molecolare cercato. Tale abbassa- mento potrebbe riuscire alquanto maggiore qualora si facilitasse l’ evapo- razione coll’aumentare la superficie assorbente, p. es. tappezzando di carta da filtro le pareti della boccetta e facendole imbevere di soluzione. Inoltre esso risulterebbe assai maggiore per soluzioni in liquidi più volatili dell'acqua, come il benzolo, l'etere o il solfuro di carbonio, ecc. ed inoltre per una data soluzione esso cresce al crescer della temperatura (proporzionalmente alla tensione di vapore del solvente). Operando a temperature diverse dall'am- biente occorrerebbero molte cure per evitare gli errori prodotti dall’ irradia- zione dei corpi circostanti e dalle variazioni della temperatura; più facile riuscirebbe la determinazione alla temperatura d’ ebollizione del solvente e nella stufa che serve alla determinazione del punto 100 dei termometri, però è dubbio se il metodo in questo caso presenti qualche vantaggio sulla de- terminazione solita mediante la temperatura d'ebollizione della soluzione. Metodo psicrometrico senza termometri, mediante pesate. — Può av- venire non raramente in un laboratorio di chimica, che i buoni termometri, divisi almeno in decimi di grado, quali occorrono per le determinazioni col metodo precedente, non siano disponibili, perchè in uso per altre ricerche, 0 per altre ragioni. È possibile tuttavia eseguire la determinazione, non solo senza inconvenienti, ma fors'anche con vantaggio. Difatti, se nella determinazione precedente noi sostituiamo il termometro bagnato con un'asta o tubo di vetro avvolto anch'esso con carta da filtro e bagnato col solvente, ed abbiamo cura di pesare questo tubo (colle debite cure perchè durante la pesata non si perda liquido per evaporazione o per gocciolamento) prima d'’introdurlo nella boccetta che contiene in fondo la soluzione, e dopo avervelo lasciato per un tempo noto, la perdita di peso che esso ha subìto per minuto e per cm? della superficie evaporante, misura l'in- tensità dell’evaporazione e può servire altresì come misura del raffreddamento che in uguali condizioni avrebbe subìto un termometro. Potremo quindi far uso delle formule trovate per il metodo precedente, sostituendovi alle diffe- renze di temperatura il peso di solvente evaporato per cm? e per minuto, oppure anche il peso totale del solvente evaporato se si ha cura di usare sempre una ugual superficie evaporante e far durare l’ evaporazione un tempo determinato sempre lo stesso. Del resto la legge dell’evaporazione che sta- bilisce che la quantità di liquido evaporato è proporzionale alla differenza fra la tensione del liquido evaporante e la tensione nell'ambiente, o anche la legge della diffusione che stabilisce che la quantità di vapore che si dif- fonde è proporzionale alla differenza di tensione nelle sezioni estreme, con- ducono, unitamente alla legge di Raoult, alle stesse formule; l’ abbassamento di temperatura prodotto dall’ evaporazione non fa che modificare proporzio- nalmente la tensione di vapore del solvente e modifica solo la costante. br — 237 — Può tornar comodo di pesare non il tubo bagnato di solvente (che do- vrebbe esser pesato dentro un altro tubo per impedire l’ evaporazione durante la pesata) ma la boccetta colla soluzione, che avrà subìto un aumento di peso, oppure si potrà collocare su un piatto della bilancia la boccetta, e sull'altro il tubo bagnato, la variazione del peso occorrente per l’ equilibrio è in questo caso la somma e il doppio delle singole variazioni di peso del tubo bagnato e della boccetta. i Feci alcune esperienze colla soluzione acquosa di glicerina (al 5/0) usata precedentemente; per aumentare la quantità d'acqua evaporata, aumentai le superficie evaporante ed assorbente e diminuii la loro distanza. Perciò invece della solita boccetta usai un tubo d'assaggio di 3 cm. di diametro, lungo 15 cm. tappezzato internamente con carta da filtro fino a 3 cm. dal- l'orlo; in questo tubo versai un po’ di soluzione, ed inclinandolo e poi fa- cendolo ruotare attorno al proprio asse feci che essa bagnasse bene la carta da filtro, quindi pesai questo tubo dopo averlo ricoperto con una capsuletta che colla sua convessità s’ adattava bene all'orlo del tubo stesso. Inoltre presi un altro tubo d'assaggio di 1 cm. di diametro, attraver- sante un tappo che s' adattava bene nel tubo più largo, lo avvolsi con carta da filtro che bagnai d'acqua tanto che ne fosse bene imbevuta senza che potessero cadere delle gocce, e lo introdussi nel tubo più largo avendo cura che le pareti non venissero a contatto e fissai il tappo. Dopo un tempo de- terminato estrassi il tubo centrale colle stesse precauzioni, ricoprii il tubo largo colla stessa capsuletta di prima e lo ripesai, e l'aumento di peso mi diede la quantità d'acqua evaporata dal tubo centrale ed assorbita dalla solu- zione. È necessario durante l’evaporazione di rinnovare la superficie della soluzione che si diluisce per effetto del vapore che vi si condensa, e ciò tanto più spesso quanto maggiore è la condensazione. Ciò si ottiene facil- mente inclinando il sistema dei due tubi finchè sia quasi orizzontale (avendo cura che la soluzione pesata non giunga sino al tappo) e facendolo ruotare sul suo asse. Nelle mie esperienze la quantità d'acqua assorbita dalla soluzione fu di 7 mgr. per ora, quindi siccome l'esperienza può essere prolungata per 24 o più ore, si potrebbero ottenere risultati misurabili anche con soluzioni molto più diluite di quelle da me usate e con solventi molto meno volatili. Nel caso però di evaporazioni e diffusioni lentissime occorrerebbe assicurarsi, sperimentando prima con soluzioni note, che le perturbazioni causate dai cambiamenti della temperatura ambiente non disturbino sensibilmente la regolarità dei risultati. Qualora invece il solvente fosse molto volatile, sarebbe utile rallentare la velocità dell’ evaporazione, sia diminuendo la superficie assorbente e quella evaporante, sia aumentando la loro distanza. Così il tubo esterno non dovrebbe esser tappezzato con carta da filtro e dovrebbe contenere la soluzione, so- RenpICcONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 30 — 238 — lamente in fondo, ed il tubo bagnato dovrebbe essere più corto e di minor diametro. Ritengo che quèsto metodo possa dare buoni risultati anche a tempe- ratura diversa da quella dell'ambiente, ed anche se essa non fosse rigoro- samente costante ma oscillasse attorno ad una media. Nei periodi nei quali la temperatura cresce, siccome il tubo esterno si scalda per il primo, l’ as- sorbimento del vapore diminuirebbe, ma nei periodi nei quali la tempera- tura va decrescendo si produrrebbe il fenomeno inverso, e le due variazioni potrebbero compensarsi. Metodo degli igrometri ad appannamento. — Per vedere all'incirca il modo di funzionare di questo metodo e gl'inconvenienti che può presentare, in una boccetta a collo largo contenente in fondo un po' di soluzione, ho adat- tato un tappo attraversato da un tubo d'ottone nichelato, chiuso in fondo, aperto in cima, largo circa 2 cm. nel quale versavo un liquido volatile, etere, alcool o acqua. Esso tubo era chiuso a sua volta da un tappo con tre fori attraversato da un termometro immerso completamente nel liquido volatile, da un tubo aperto ai due capi, affilato inferiormente che giungeva fino in fondo del li- quido suddetto e da un terzo tubo più corto che non pescava nel liquido. Questo tubo nichelato col suo contenuto viene a costituire la parte essenziale dell'’igrometro di Regnault. Se per il tubo pescante nel liquido volatile si fa in questo gorgogliare aria, questa saturandosi di vapore produce evaporazione e quindi un raffred- damento progressivo, e quando la temperatura è divenuta così bassa che il vapore a contatto del tubo nichelato sia saturo, un ulteriore raffreddamento per quanto piccolo produrrà la condensazione del vapore, ossia l’appanna- mento del tubo. Interrompendo il passaggio dell’aria la temperatura salisce, e quando abbia oltrepassato quella di saturazione del vapore, l' appannamento sì evapora e sparisce. Operando lentamente e prendendo la media delle due temperature alle quali comparisce e scomparisce l’appannamento, si ha la temperatura alla quale il vapore prodotto dalla soluzione è saturo. Se F' è la tensione di questo vapore, £ la temperatura della soluzione, # la temperatura del tubo nichelato corrispondente alla saturazione, si ha che £ e 4" sono (per detinizione) le temperature d'ebollizione della soluzione e del solvente puro alla pressione F', e ad esse si può applicare la formola di Van 't Hoff. L'esperienza dirà se questo modo di determinare le temperature d' ebullizione del solvente e della soluzione presenti qualche vantaggio, per lo meno in casi speciali. In questo metodo è d'importanza essenziale, che le più piccole traccie d'appannamento siano visibili con sicurezza; nel mio apparecchio, l'imper- fezione del tubo nichelato, quelle del vetro della boccetta e del bicchiere che lo circondava, rendevano molto facile di confondere le suddette imperfe- zioni con le traccie di appannamento e viceversa. Colla soluzione di glice- — 239 — rina precedentemente usata, la temperatura di saturazione fu all'incirca di 0°,3 sotto quella della soluzione. Per apprezzare bene l’appannamento occorrerebbe che il tubo nichelato avesse almeno una faccia ben piana (come negli igrometri di Allouard e di Chistoni) e che fosse, per quanto è possibile, levigata e specchiante. So al- lora s' illumina fortemente questa faccia con luce normale, e si osserva per riflessione molto obliqua una superficie affatto nera, all'occhio difeso dai riflessi laterali non può pervenire niente luce. Se però sulla superficie spec- chiante si depone un po’ di rugiada questa diffonde la luce normale in tutte le direzioni ed apparirà all’ occhio come intensamente luminosa. M' è parso anche che riuscisse di qualche utilità l’illuminare obliquamente la superficie specchiante, e il ricevere i raggi riflessi prima su una lente e poi su uno schermo collocato al foco coniugato della superficie suddetta rispetto alla lente. Inoltre potrebbe esser utile far produrre l’ appannamento sul mer- curio, la cui superficie si può sempre e agevolmente rinnovare e rendere specchiante. Le esperienze da me eseguite furono finora, per le ragioni sopra esposte, troppo frettolose per poterne dedurre sicure conclusioni. Il metodo precedente, per il principio su cui essenzialmente è fondato, dà la temperatura di saturazione del vapore per approssimazioni successive; quando l’appannamento si produce il termometro indica una temperatura inferiore a quella di saturazione, fintantochè l’appannamento perdura, l'ap- parecchio diviene una specie di psicrometro, ed indica più o meno esatta- mente la temperatura del termometro bagnato del psicrometro che è sempre superiore a quella di salurazione (poichè altrimenti non vi sarebbe evapo- razione), e quando l’appannamento è scomparso del tutto la temperatura del termometro è ancora di più superiore a quella di saturazione. Solo se la quantità di rugiada è minima, le due temperature corrispon- denti alla produzione e alla dissoluzione dell’appannamento differiscono po- chissimo in meno e in più dalla temperatura di saturazione, colla quale la loro media può ritenersi uguale. Un metodo teoricamente esatto sarebbe quello di determinare la tem- peratura alla quale il solvente che bagna per es. un termometro non emette nè assorbisce vapore e quindi il suo peso rimane costante. In tal caso la sua tensione di vapore sarebbe uguale a quella della soluzione che trovasi alla temperatura ambiente; non mi pare tuttavia che questo metodo possa essere facilmente messo in pratica. Un altro metodo usato in igrometria, e che potrebbe essere usato facil- mente per lo scopo attuale, è quello di determinare con un manometro ad aria libera ad acqua o {con altro liquido, l'aumento di pressione che produce in un recipiente chiuso e pieno d'aria, l'introduzione di una certa quantità della soluzione. L'azione perturbatrice delle pareti osservata da Regnault, con- fermata dal Galitzin, in questo caso non sarebbe da temere, perchè il vapore non saturo non si condenserebbe su di esse. — 240 — Chimica. — I. Sulla reazione di Kolbe per la formazione degli ossiacidi aromatici in presenza di solventi indifferenti. II. Relazione tra questa reazione e il comportamento crioscopico dei fenoli in benzolo ed altri solventi esenti d’ossidrile (*). Nota di G. Oppo ed E. MAMELI, presentata dal Socio PATERNÒ. LE Abbiamo osservato che la reazione di Kolbe (°) tra sodio, fenoli e anì- dride carbonica perla formazione degli ossiacidi aromatici, avviene, in alcuni casi, anche in presenza di solventi indifferenti; e l’uso di questi ci ha fatto constatare delle differenze notevoli di comportamento tra i diversi fenoli, le quali sfuggivano operando per azione diretta a pressione ordinaria o in tubi chiusi. Il solvente del quale abbiamo fatto più uso nelle nostre ricerche è stato il toluene anidro, e quando la decomponibilità dell'acido non per- metteva d'operare a temperatura elevata, si fece uso dell’etere anidro; in altri pochi casi per ottenere temperature superiori a quella del toluene bollente, non avendo a disposizione cimene o xilene, si ricorse a delle frazioni di petrolio purificato, bollenti dentro certi limiti. Tentativi fatti con un solvente attivo — l'alcool amilico — allo scopo d’aumentare il ren- dimento in acido, non diedero risultato favorevole. A ciascun fenolo, sciolto in circa 50 volte il suo peso del solvente, veniva aggiunto il sodio, tagliato in nastrini molto sottili, si portava all’ebollizione | e contemporaneamente o dopo qualche tempo si faceva passare la corrente d'anidride carbonica secca. In un caso o nell'altro il sodio richiedeva molto tempo prima di consumarsi, anche impiegandone un atomo per ogni atomi- cità del fenolo, e rimaneva in gran parte inalterato se si usavano due atomi. Quando il sodio era interamente scomparso, o la quantità residuale non accen- nava a diminuire, si faceva raffreddare e la massa, che il più delle volte era densa e in gran parte gelatinosa, sospesa nel solvente, si trattava cau- tamente con acqua fino a consumare tutto il sodio. Separata la parte toluica da quella acquosa, la prima, dopo alcuni lavaggi con acqua, veniva asciugata con Ca Cl,, e distillata, ricavando così una parte del fenolo, che .non si era combinato; la soluzione acquosa alcalina veniva saturata con anidride (?) Lavoro eseguito nell’Istituto di Chimica generale dell’ Università di Cagliari, agosto, 1901. (2) Ann. Ch. 215, 201; Journ. pr. Ch. (2) 27, 503 e 37, 397; Ber. deut. chem. Ges. XI, 1910 e XVI, 795. — 241 — carbonica, per ottenere il resto del fenolo rimasto inalterato, e, separato questo, si acidificava per precipitare l'acido, il quale veniva raccolto, lavato su filtro e cristallizzato. Nei casi speciali in cui il fenolo in esame era so- ‘lubile in acqua, si riotteneva estraendo le acque sature di CO; con etere. I risultati ottenuti sono i seguenti. Il fenolo ordinario, sperimentato in diverse condizioni di temperatura (toluene, alcool amilico, petrolio p. e. 140-160°, petrolio p. e. 180-200°), anche dopo riscaldamento prolungato di varî giorni è rimasto sempre inal- terato. Dei tre cresoli, soltanto l'orto, dopo 24 ore di riscaldamento, ha for- nito il 5 per cento d'acido f cresotinico, p. f. = 163-164; mentre il guaiacolo, nel quale, come è noto, le due catene sostituenti OH, 0CH3, stanno pure in posizione orto, non ne diede nemmeno tracce. Migliori risultati si ricavano quando nel nucleo benzenico, insieme al- l'ossidrile fenolico sono legate altre due catene sostituenti; ma il rendi- mento varia con la natura della catena. Infatti lo xilenolo OH, CH; , CHa= 1, 2, 4 ci ha fornito il 15 per cento d’acido « ossixililico; mentre il creo- solo, nel quale OH, 0CH;, CH; stanno egualmente in posizione 1, 2, 4, anche dopo 80 ore di riscaldamento, dà un rendimento in acido creosolcarbonico più scarso del fenolo precedente, che non arriva al 10 per cento, analoga- mente a quanto abbiamo detto per il guaiacolo rispetto all’ ortocresolo. I rendimenti aumentano con l’allungarsi d’una delle due catene alchi- liche sostituenti, ma in modo diverso secondo la posizione della catena più lunga rispetto all’ossidrile. Così dei due metilisopropilfenoli, il timolo, nel quale l'isopropile è in posizione orto rispetto all’ossidrile, fornisce circa il 50 per cento d'acido ortotimotico; mentre il carvacrolo, in cui è il metile in posizione orto rispetto all’ossidrile, dà soltanto il 15 per cento d’acido carvacrotico CH3, OH, COOH, C;H,= 1, 2, 3, 4, p. f.= 135-137°. Questo processo, fondato sull'uso dei solventi, acquista però l’importanza d'un metodo di preparazione veramente vantaggioso con i fenoli biciclici. Infatti dai due naftoli @ e 8, si ottengono, con grande facilità e con rendi- mento quasi teorico, i due acidi naftolcarbonici OH, CO.H = ef, p. f. 185° per il primo e OH, CO.H=f@, p. f. 156°, per il secondo. Per ottenerli puri basta cristallizzarli per una o due volte da alcool ordinario, riscaldando però sino a temperatura non superiore a 40°, in caso diverso sì decompongono in CO; e nel naftolo corrispondente. Se invece degli alchili s' introducono nella molecola dei fenoli catene sosti- tuenti negative, come — NO,, ovvero — OH, —- CO,H, da noi finora stu- diate, non si forma affatto acido carbossilico. E così non ne abbiamo ottenuto nemmeno tracce impiegando, sempre in soluzione nel toluene, o— e p— nitrofenolo, dinitrofenolo OH, NO,, NO,= 1, 2, 4, acido picrico e anche dinitronaftolo OH, NO,, NO,= «, 8, «', per quanto si prolungasse il ri- — 242 — scaldamento per 24-30 ore. Similmente non si ottiene nessuna traccia di acido, nè in soluzione nel toluene bollente, nè in soluzione nell’ etere asso- luto, con i tre fenoli biatomici pirocatechina, resorcina e idrochinone; e in nessuna esperienza positiva con i fenoli monoatomici abbiamo ottenuto acidi bicarbossilici: ciò mostra che anche —CO,H ostacola la reazione. A. confer- mare questo fatto, si fece agire sull’acido salicilico in soluzione nel toluene il sodio e l'anidride carbonica per circa 24 ore e lo abbiamo riottenuto del tutto inalterato. Un'eccezione a questa regola delle catene sostituenti negative, che con- correrà poi molto a darci spiegazione del processo, abbiamo trovato tra i fenoli soltanto nella floroglucina, che fornisce facilmente l’acido floroglucin- monocarbonico. Basta far agire un atomo o più di sodio per una molecola di floroglucina, disciolta in etere anidro, far gorgogliare simultaneamente l’ ani- dride carbonica nell’apparecchio a ricadere per circa due ore, e trattare il prodotto della reazione nel modo già descritto, perchè si abbia ‘un rendi mento quasi teorico. Riesce però molto difficile purificare quest’ acido, perchè si decompone anche col riposo a temperatura ordinaria, come mostrano le seguenti analisi. Gr. 0,2514 di sostanza appena precipitata dalla soluzione alcalina, la- vata con acqua, disseccata un po’ all'aria e poi per una notte nel vuoto, fornirono gr. 0,4595 di CO; e gr. 0,1012 di H.0: Trovato °/o Calcolato per CsHs0:.CO.H C 49,84 49,40 H 4,50 3,56 Invece gr. 0,2137 della medesima sostanza, bruciata dopo oltre tre giorni di permanenza in un essiccatore nel vuoto, fornirono gr. 0,4883 di CO, e gr. 0,0984 di H.0: Trovato °/ Calcolato per CsHs0: C 55,93 57,12 H 5,15 4,80 In grandissima parte s’ era dunque decomposto in floroglucina, della quale presentò anche il punto di fusione. Non abbiamo eseguito ancora esperienze con fenoli nei quali si trovino, come catene sostituenti, radicali positivi come NHs. Da questo studio comparativo risulta che quanto più facilmente i fenoli sì prestano a fornire l’ossiacido corrispondente, tanto maggiore tendenza hanno questi a decomporsi. Infatti l'acido salicilico è abbastanza stabile, mentre i due acidi naftolcarbonici e così pure il floroglucinmonocarbonico si decompon- gono molto facilmente col riscaldamento e anche a temperatura ordinaria. pr: — 243 — Del pari gli ossiacidi meno stabili più facilmente reagiscono con l’ acido nitroso. Per gli acidi @- e #- naftolcarbonici basta agitarli a temperatura ordinaria con nitrito sodico per trasformarli negli isonitrosoortochinoni, con sviluppo di CO;; al contrario per l'acido salicilico, a temperatura ordinaria o all’ebollizione, la reazione non avviene, e quando si riscalda in tubi chiusi a 150° con nitrito d’amile, in mezzo a molti prodotti resinosi, si estrae con le soluzioni alcaline una scarsa quantità di sostanza, che, ripre- cipitata con gli acidi, dopo ripetute cristallizzazioni dall'acqua bollente e quindi dalla ligroina, dove è pochissimo solubile, si riesce ad ottenere in piccoli aghi bianchi, che danno con gli alcali la reazione gialla caratteri- stica degli isonitroso-chetoni, ed hanno un punto di fusione molto ele- vato: 220°. Riuscendo però molto costosa la preparazione, le risorse di questo laboratorio non ci hanno consentito d'ottenerlo in quantità sufficiente per po- terlo studiare. Per darci una spiegazione di tutti questi fatti, se richiamiamo alla nostra mente che i chetoni ciclici saturi, come la canfora e il mentone (!), danno facilmente nelle medesime condizioni gli acidi carbonici corrispondenti e che dei fenoli poliatomici studiati soltanto la floroglucina, la quale, come è noto, può assumere la forma trichetometilenica, fornisce e con grande faci- lità l’acido monocarbonico, possiamo attribuire la maggiore tendenza che vanno acquistando i fenoli a dare gli acidi carbossilici col crescere del nu- mero degli alchili sostituenti nel nucleo benzenico e della loro lunghezza e col condensarsi dei nuclei, ad una maggiore tendenza che va acquistando il loro ossidrile a diventare carbonile: CH CH, TREE wi oe 7 MA Lo stesso è da ammettersi per gli ossiacidi che si formano : C. CO.H CH. CO.H ( è COH = f ò CO 7 XA e perciò gli acidi naftolcarbonici sia rispetto al calore che all’ acido nitroso, hanno un comportamento identico a quello dimostrato da uno di noi per gli acidi canfocarbonico e mentonmonocarbonico (?). (1) G. Oddo, Gazz. chim. ital., 1893, I, 70; 1897, II, 97. (2) G. Oddo, Gazz. chim. ital., 1893, I, 85 e 1897, II, 108. — 244 — TIE Mettiamo ora questa proprietà da noi riscontrata nell’ossidrile dei fenoli in relazione col comportamento crioscopico di questi corpi negl’ idrocarburi aro- matici ed altrì solventi esenti d'ossidrile. È noto, per le interessanti ricerche principalmente di Paternò (*) e in seguito di Auwers (?), che mentre gli acidi, gli alcooli propriamente detti, le ossime ed altre sostanze contenenti ossidrile mostrano in soluzione nella ben- zina, nella naftalina, nel p-xilene etc. un comportamento crioscopico anormale, e col crescere della concentrazione si determinano delle condensazioni moleco- lari sempre più complesse, i fenoli invece si comportano quasi normalmente, dando abbassamenti che corrispondono quasi alla molecola semplice. Ma vi hanno delle eccezioni, che però sono poche, come abbiamo po- tuto osservare anche noi, studiando crioscopicamente in benzolo i fenoli da noi usati per la reazione di Kolbe, dei quali non si conosceva il compor- tamento. Si sono riscontrate principalmente col fenolo ordinario e col p-cresolo in diversi solventi: ora poichè nessuno di questi due fenoli fornisce col nostro metodo l’ossiacido — e ciò rivela che l’ossidrile resta in essi inalterato (a parte la questione delle soluzioni solide che non si può invocare per tutti i solventi) — era d'aspettarsi che anche il comportamento crioscopico doveva essere quello anormale caratteristico dei veri alcooli. Ma abbiamo constatato che questa corrispondenza non si conserva nel comportamento degli altri fenoli. Difatti 1’ o-cresolo ha fornito, come abbiamo detto, il 5 per cento d'ossiacido: e in soluzione nel benzolo, dove non era stato studiato, noi abbiamo ottenuto crioscopicamente i seguenti risultati : OH 2 CH; —R075205 Concentrazione Abb. punto congel. Peso mol. Differ. dal peso molec. teoret. I. SERIE 1,185 0,554 104,7 RIDE 2,451 1,083 110,8 + 2,75 3,497 1,470 116,6 » 9,95 4,558 1,880 118,7 » 11,45 9,096 2,183 125,6 » 18,39 (1) Gazz. chim. ital. 1889, 640; 1894, II, 197; 1895, I, 411. (2) Zeits. phys. Ch. 22, 689; /5, 53: /8, 595 (1895); 27, 337 (1896). Si veda inoltre xaoult, Ann. Ch. Phys. (6). 2. 66; Beckmann, Zeits. phys. Ch. 2, 715. — 245 — . Concentrazione Abb. punto congel. leso mol. Differ. dal peso molcc. teoret. II. SERIE 0,825 0,891 103,3 — 3,95 2,120 0,948 109,5 + 1,25 3,658 1,546 116 IRR (5) 5,058 2,057 120,5 » 13,29 6,495 2,517 126,4 » 19,15 ed Auwers in soluzione nella naftalina: 1,15 0,692 115 + #75 2,50 1,260 118 » 10,75 3,62 2,068 123 3 15,75 8,75 4,600 131 » 88,75 L’as. m-xylenolo ci ha fornito il 15 per cento d'ossiacido, e crioscopi- camente nella benzina ci ha dato i seguenti risultati : OH Cp ( MT gene PIEA CH; Concentrazione Abb. punto congel. Peso mol. Differ. dal peso molec. teoret. I. SERIE 1,090 0,493 107,3 —:13,9 2,172 0,371 122,2 + l 3,307 1,268 127,8 » 6,6 4,404 1,649 130,9 » 9,7 5,545 1,997 136,1 » 14,9 II. SERIE 0,889 0,388 112,3 Lig59 2,064 0,942 120 ni 2 3,319 1,266 128,4 +72 4,594 . 1,689 183,3 » 2,1 5,995 2,059 140,3 » 19,1 RexpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 81 — 246 — e ad Auwers in soluzione nella naftalina: CS Concentrazione Abb. punto congel. Peso mol. Differ. dal peso molec. teoret. 1,12 0,630 123 URL, 3,66 1,946 130 » 8,8 6,41 3,276 135 » 13,8 8,93 4,375 141 n 11958 Il timolo ci ha fornito il 50 per cento d’acido timotico e il prof. Pa- ternò vi ha osservato in benzina il seguente comportamento crioscopico: 1,2822 0,43 158 99 2,2362 0,755 157 » 8 3,3795 1,11 161 » 12 6,0069 1,89 168 » 19 10,5183 3,06 182 » 83 17,7079 4,725 198 » 49 e Auwers in naftalina: 1,42 0.669 146 ca 5) 2,58 1,195 148 sal 5,46 2,437 155 + 6 5,604 3,697 159 » 10 Il carvacrolo ci ha fornito invece il 15 per cento d' ossiacido, ma crio- scopicamente in benzolo non vi abbiamo constatato notevoli differenze dal suo isomero. Ecco difatti i risultati che ne abbbiamo ottenuti: Concentrazione Abb. punto congel. Peso mol. Differ. dal peso molec. teoret. I. SERIE 0,822 0,831 121,7 — 19718 2,159 0,773 136,9 » 12,1 3,295 1,130 142,9 + 6,1 4,510 1,462 dodo » 2,1 5,707 1,783 156,8 n (41/8 II. SERIE 1,089 0,448 119,1 _ 29,9 2,258 0,818 185,3 > Rida 3,483 1,175 145,2 n l9:S 4,659 1,519 150,3 + 1,3 5,724 1,782 157,4 » 84 — 247 — I due naftoli @ e # ci hanno fornito rendimento quasi teorico in ossi- acido, e il prof. Paternò ha ottenuto crioscopicamente in benzolo risultati quasi normali: Concentrazione Abb. punto congel. Peso mol. Differ. dal peso molec. teoret. a-naftol = 141 2,2024 0,74 157 + 16 3,4594 Ile 159 » 18 p-naftol 1,3706 0,47 154 Ta 2,2701 0,73 165 » 24 Da questo studio parallelo risulta quindi evidente che non possiamo attri- buire del tutto il comportamento crioscopico quasi normale dei fenoli al fenomeno da noi constatato della trasformazione tautomerica del gruppo — COH=CH — in — CO—CH,—. Abbiamo visto difatti nei casi riportati che le modi- ficazioni nel rendimento in ossiacido non sono proporzionali a quelle del comportamento crioscopico; ma una prova più decisiva dell’ influenza d'altri fattori su quest’ ultimo fenomeno l'abbiamo ricavato con lo studio del creo- solo e più specialmente del guaiacolo. 11 creosolo, pur avendo le catene sostituenti nella medesima posizione dello xilenolo studiato, con la sola differenza che in posizione orto rispetto all’ ossidrile contiene un OCH;, ci ha dato un rendimento inferiore in acido carbossilico (circa il 10 per cento); ma il comportamento crioscopico è stato quasi uguale, normale. Abbiamo ottenuto difatti : OH DO: ilo dp CH; Concentrazione Abb. punto congel. Peso molec. Differ. dal peso molec. teoret. I. SERIE 2,125 0,809 128,7 DB) 3,492 1,263 135,5 ») 1,9 4,835 1,700 139,4 + 24 6,260 2,118 144,8 Fa IGO Selev 2,615 lo2,1 n. 16,1 II. SERIE 1,054 0,434 119 3 2,183 0,834 128,3 BI COSI 3,224 1,200 131,6 + 5,4 4,557 1,611 138,6 » 1,6 — 248 — Col guaiacolo poi non abbiamo ottenuto nessuna. traccia d’ossiacido, mentre abbiamo trovato il comportamento crioscopico in benzina quasi del tutto normale: OH ) ; al da 6, È n) Ian de Ch 1, e questa formola, paragonata con l’altra ) 1 1 2 1 : — 210 = sad (3 ti _2(4 Fu n) do: — 254 — ci dà subito 0 SEA Allo stesso modo si stabilirà l’altra formola | IERI ati I I NA (CO Je Sti Us a etf ra Facendo uso di questi risultati, le (4) si trasformano, facilmente, nelle altre formole: PS 1 2+ wi 3 n ari LlFa alta ta “as (Fal dq r mbe tia e Ate ale malint zro=—Tf v7— n) + ii = (7) 2-4 d co(1-1 ia RALE 00; VA) ui da dr Queste formole risolvono completamente il nostro problema se riusciamo a determinare i valori di 0 su 0, e 03 in funzione dei valori dati di x, v, w. Per raggiungere questo scopo, deriviamo successivamente le (5) rispetto ad x,7,4 e sommiamo. Tenendo presente la (1), si trova, facilmente © 743 ef fe) )+ o a Mes Ta: spdt irta] Prima di procedere oltre, osserviamo che l'integrale Dieral 1 DI 1 1 DE 1 1 SAT) sane + T(+ —.) che, per brevità, possiamo indicare con T, è una funzione finita e continua, insieme a tutte le sue derivate, in S, tranne nei punti di o, nei quali l'in- tegrale stesso è improprio. Possiamo, però, facilmente, dimostrare che T tende ad un limite determinato e finito quando ci avviciniamo, restando do; fat < — 2559 — sempre in S, ad un punto qualunque di o,, fatta eccezione, al più, per i punti dell'asse y. Abbiamo, infatti: i Sense 2 2 ci i, da (i- Ii AR Sr i+ a PF -_)a o +37 ci da —1)dn+ È) dw do, DO sf pat ci_2a- ci LI 03 DÒ r3 MILES Questo risultato si ottiene, facilmente, con delle integrazioni per parti, tenendo presenti le (a) e (5) e nella ipotesi che gli assi (4, 7,4) sieno orientati nel modo solito, in modo, cioè, che se una persona ha i piedi sul piano 4, y e la testa secondo la direzione positiva dell’ asse 2, quando guarda verso la direzione positiva dell'asse y, ha la direzione positiva dell'asse « alla sua sinistra. Ora di tutti i termini che compaiono nella nuova espres- sione di T soltanto mi SC ai TT Data sil da» GE, possono diventare infiniti nei punti dell’ asse y. Però nuvi supporremo, a causa della continuità, che il limite di %,v,w%w, quando ci avviciniamo ad un punto qualunque dell’ asse y, restando su 0,, sia zero in modo che i due integrali precedenti saranno identicamente nulli. Questo valore limite di T è, inoltre, una funzione continua dei punti di 0,. Indicando con T'(y,<) il limite di T perx=0 e con T"(2,g) il valore di T per z=0, dalla (6) risultano subito le due equazioni seguenti : i laghi cl 8 6($,n,0) do, wu (4 +34) 0(0,7,) RO) 3 n 0(0,7,t) do, o: [2° yi FEE (7) E ARI (*) Nel caso in cui i valori di «,v,w su 6: sieno diversi da zero, ma passando attraverso l’asse y, da 01 a 02, sia conservata la continuità, i due integrali in quistione si distruggono con quelli che proverrebbero trasformando, analogamente a quello che ab- biamo fatto per l'integrale T esteso a 01, l'integrale analogo a T, esteso a 02, e la dimo- strazione del nostro assunto non ha bisogno di altre osservazioni. — 256 — ed il nostro problema è ridotto a determinare le due funzioni 0(0,y,), 0(2,y,0) da queste due equazioni. 8. Cominciamo col dimostrare che, se w,v,w si annullano, oltre che su 03, anche su 0,, e quindi sia T'(y,2)=T"(7,9)=0, le equazioni (7) non ammettono altra soluzione che 0(0,y,z)= 0(2,7,0)=0. E difatti, nella nostra ipotesi, supponendo che @(0,y,),@(z,y,0) non sieno identica- mente nulle, chiamando A il massimo fra i massimi moduli di 0(0,%,) e di 6(2,y,0), dalla prima delle (7) si avrebbe: ‘ 3 A+w i? do, 6 — Cal I; 1000 ,9,4)| = tt La celt + (y n° + °]5 qualunque sia il punto (y,<) su 0,. E questa disuguaglianza, osservando che SE x? do, = ST (+90 dé (i o [Et (gain ML DI [+= pe +e 0? sì può scrivere i+ wi = — LL. ACE «ma Allora, dalla seconda delle (7), risulterebbe e 9:01 (17) A e quindi ancora dalla prima (0, ei CEROEA (arm) ES e dalla seconda Ripetendo un numero sufficiente di volte questo ragionamento, risulta che tanto il modulo di @(4,y,0) che il modulo di 6(0, y , #) sono più pic- A+ w 4A 4-34 6(0,y,) e 0(2,Y,0) sono identicamente nulle. Da questo teorema risulta anche, immediatamente, che ad un sistema di valori di u,v,w dati su 0,, non può corrispondere che un solo sistema di funzioni 0(0,y,<), 0(2,y,0), soddisfacenti alle (7). Se, difatti, vi corrispondessero i due sistemi distinti: 0(0,7,2),9(0,y,); 0(2,7,0), 0'(2,y,0) le due funzioni, non identicamente nulle: 0(0,9,4) —0/(0,7,4), coli di qualunque numero, giacchè, 0 < < 1. Ciò mostra, appunto, che — 257 — 6(2,9,0) — 0((x,y,0) corrisponderebbero a spostamenti «,v,w nulli anche su 0,, il che è impossibile. 4. Determineremo ora le due funzioni @(0,%,<), @(2,y,0) soddi- sfacenti alle (7), per mezzo di approssimazioni successive. Partendo dai va- lori 0(0,y,z)=0(2,y,0)=0, poniamo successivamente: u Ty, 8) de IR ae ZIA ea) Sit, £209,(£,7,0) do, (I nen er ST I i MMM; T'(y,2) 34+w% 4 E20,(£,n,0) do, 9(0.9:9 == i pont #4 480 Sal += MPA nuty 5 a+ È SE0 (51000) do, 3 aaa ta METE Ty) olasy,y=— Leti, __BT(.9) 44 u £0(0,7,8) do, 0(2,y,0)= mi+ 34 ia ale + (7 — n LI a|pa PA ME A x 26,(0,, 0) do L= Ian SI ti 3u S cole + (94M +" ___ET"(2,9) 34 dee i 0-0, " na) d01 0,(2,y9,0)= RIT, i REA o. Le? Ly pelo: Vogliamo dimostrare che al crescere di » all'infinito 0,(0,y,), 6,(2,y,0) tendono a limiti determinati 0(0,y,), 0(2, 7,0) soddisfacenti alle equazioni (7). Chiamiamo, perciò, A il massimo dei massimi valori assoluti raggiunti da 9,(0,7,<) e 0,(2,7,0). Dalle formole: DI a (e Gv) Ea Pg A 370 c°0,(0, n, ©) do, O Ben ME O ia TI Testo Le +e si deduce, ragionando come sopra: [92(0, OTT, |02(2,7,0) —0(2,7, Br Similmente, dalle formole : _ BATH, F10(E,7,0)_ 000: 00:99 700,027 oa e E INT SI i (09,0, n.6) —9,(0,7,0)]do, 9:(0,9,4) —9:(0,9,4)= —G no), [+-+ si deduce: 7 2 24 u\? |0s(0,9,4) — 0(0,9,4)] = Fasi A, |03(2,9,0) — 0:(€,9,0)|= fa A E, più in generale, dalle formole : 3 E10n(€,7,0) — 0n-o(É,7,0)] do, de Seicento erge 324% 2f ET0n-(0,7,5) — 9 -s(0,7,$)] dox 29,0) ale Spal, Lt+ gen tenendo conto dei risultati precedenti, si deduce : i 44 p\°® (a i A+ p\°® |0(0,9,8) 00 =(T A) 40 [0-(0,9,4) bu(0 (E) A. Ora |9,(0 »Y > 8) oi 0n4x(0 »Y ,8)| = lOn4+:(0 34» 8) 5 9,(0 7Y 2)| DE 5F |0n+e(0 34) 2) —na(0 »Y ,8)| + ha 35 10n+x(0 0725) 8) —Bn+n(0 »Y 29)] quindi 100,48) — 0n+x(0,4,4)|< ( zone DI E a si Xi ul (5 ha E da “ye tu tu Questo risultato mostra, appunto, che al crescere di x all’ infinito 0,,(0,y, 4) tende ad un limite determinato e finito @(0,7,), che può considerarsi come somma della serie convergente assolutamente ed in egual grado 9,(0,9,2) +[02(0,9,3) —01(0,9,2)]+[0s(0,9,2) —0:(0,7,2)]+"" onde può anche scriversi Lu T(Y88)38 A+ (| 004,3) te o EL x; 0,(£,7,0) + È? do, + [02(5,7,0) — 9,($,7,0)] + [03($,,0) — 0x(£,m,0)] +" i [EFA= MARE Questo risaltato e l'altro analogo relativo a 0(4,y,0), dimostrano com- ‘ pletamente quello che ci eravamo proposti. — 259 — Fisica. — Intorno ad una microbilancia idrostatica ed al suo uso per la misura di piccole forze. Nota di G. GuGLIELMO, presentata dal Socio BLASERNA. In una Nota precedente (Rendiconti dell’Acc. dei Lincei, IX, 2, 1900) indicai come l’areometro a immersione totale, inclinazione variabile e rifles- sione, possa servire utilmente per determinare il peso nell'acqua o in altri liquidi e la densità di minime quantità di un solido, con una esattezza molto maggiore di quella ottenibile in un simile caso colle solite bilance di pre- cisione. Essendo soppresso il filo di sospensione parzialmente immerso, viene soppresso altresì l'errore causato dalla tensione superficiale del liquido attorno ad esso filo; essendo molto piccolo il peso apparente dell’areometro e quindi la pressione che esso esercita sul piano d'appoggio, diventa affatto minimo il relativo attrito, il quale viene anche diminuito perchè il liquido inter- posto fra le punte e il piano d'appoggio ne diminuisce l'aderenza ed agisce come lubrificante; finalmente l'azione della spinta rende meno sensibili le imperfezioni del coltello, o delle punte, e del piano d'appoggio. In tale Nota non tralasciai d'osservare che l’areometro, originariamente destinato alla determinazione della densità dei liquidi, è molto sensibile alle variazioni della densità dell’acqua causate da quelle della sua temperatura, e che per effetto di queste la posizione d’equilibrio dell’areometro varia continuamente, con una rapidità tanto maggiore quanto maggiori sono la sua sensibilità e la variabilità della temperatura suddetta. Si possono bensì rendere minime o nulle, nei modi soliti, le variazioni della temperatura dell’acqua; si possono correggere gli effetti di queste va- riazioni mediante osservazioni successive ed alternate ad intervalli di tempo uguali o noti; finalmente si può evitare l'effetto di queste variazioni facendo uso di due areometri uguali, contigui, ed osservando le deviazioni che i pesi noti e quelli da determinare producono in uno di essi rispetto all’altro, poichè le suddette variazioni agendo quasi ugualmente su entrambi gli areo- metri non fanno variare che in piccol grado la loro posizione relativa. Tut- tavia questi metodi complicano più o meno l'apparecchio e l'operazione che si deve eseguire, e se la sensibilità o la variabilità della temperatura sono molto grandi, il continuo variare dell’inclinazione dell’areometro può rendere la determinazione alla temperatura ambiente, molto incerta, molto penosa o anche del tutto impossibile. La suddetta azione della temperatura è evitata completamente senza che riescano più complicati nè l'apparecchio, nè l'operazione, quando l’areo- metro sia costruito in modo che il suo centro di spinta e quindi anche quello RenpiconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 399) — 260 — di gravità, nella posizione d’'equilibrio si trovino sulla verticale passante per il punto d'appoggio; allora l'apparenza dell’areometro ed il suo modo di funzionare non differiscono essenzialmente da quelli della bilancia, ma sic- come persistono le condizioni vantaggiose sovraccennate mentre è evitato l'inconveniente suddetto, la precisione di cui è suscettibile quesito nuovo strumento, che indicherò col nome di microbilancia idrostatica, è grande- mente aumentata. Fra le molte forme d'areometro che avevo sperimentato ma che avevo creduto inutile di descrivere nella Nota citata, trovavansi anche areometri che soddisfacevano alla condizione ora accennata; ma alcune esperienze, ese- guite certamente in condizioni non buone, ed una considerazione superficiale del loro modo di funzionare m'avevano indotto a credere che, a pari sensi- bilità, i primitivi areometri fossero più stabili, meno sensibili alle imperfe- zioni della costruzione che non questi ultimi, i quali ad ogni modo richie- devano uno studio ulteriore. Cercai dapprima di evitare questa supposta instabilità usando areometri in forma di pendolo rigido, nei quali il centro di gravità e quello di spinta si trovavano distanti circa 1 metro, al disopra o al disotto, dal punto d'ap- poggio ed il peso era equilibrato quasi completamente dalla spinta; ma seb- bene questi pendoli possano riuscire utilissimi per la misura di piccole forze, specialmente se esse agiscono in direzione orizzontale, essi non erano certo nè adatti, nè comodi per lo scopo che mi proponevo. In seguito considerata meglio la teoria dello strumento trovai utile che il centro di spinta coincida o sia vicinissimo al punto d'appoggio. Sia A questo punto, o in generale la proiezione dell’asse d' inclinazione dell’areometro sul piano della figura che suppongo verticale, B e C il centro di gravità e quello di spinta (o le loro proiezioni), sia AB=L, AC=U', siano g e g' gli angoli della AB e della AC colla verticale, e P e Q il peso dell'areometro e la spinta che esso subisce. Suppongo inoltre che B e C si trovino al disotto di A e che sia P>Q, sebbene i risultati con poche ed ovvie modificazioni di segno possano servire per tutti i casi; considero inoltre come positivi i momenti che agiscono nello stesso senso di P. Perchè l’areometro appoggiato sul punto o asse A sia in equilibrio, dovrà essere : PLseng= QL' sen g Se sull'areometro viene ad agire un momento w, esso devierà d'un angolo @ e per l'equilibrio nella nuova posizione dovrà essere: u-+PLsen(g — @)=QL'sen(g'— a) e dividendo questa uguaglianza per la precedente e per sena, si avrà: u Lu sen(p—a) _sen(g'—a) PLsengsena * sen gsena sen g'sena — 261 — ossia: id r arr) “SR Di E PL La a— cotgp=cota— cot g ossia: sen (g'— cd i ; E EU Cn RISI, CAI sen g sen y ossia i momenti che agiscono sull’areometro sono proporzionali ai seni delle deviazioni che essi vi producono; il momento w rappresenta anche la reazione che oppone l’areometro alla sua deviazione di un angolo «. La deviazione prodotta dal momento 1, ossia la sensibilità media, è data da: sen e — sen g' sen @ u © PLsen(g'— g) — QU sen(g'—g) ‘ Se p< (in generale se la AB che passa per il centro di gravità è al disopra della AC che passa per il centro di spinta) l'equilibrio è instabile. Supponiamo che mentre l’areometro per l'azione del momento wu è de- viato d'un angolo @ e si verifica la precedente condizione d'equilibrio, la densità del liquido per effetto d'una variazione di temperatura divenga 1 4- d e la spinta Q(1+ 0), la deviazione dell'’areometro cambierà, ma potremo ricondurla ad essere quella di prima coll'aggiunta di un momento w, che servirà di misura dell'azione perturbatrice della temperatura, e la nuova con- dizione d'equilibrio sarà : + pi + PL sen (9 — @)=QL'(1-+ 9) sen (9 — 0) donde tenendo conto della precedente condizione: u,= QUL' sen (g'— 2) . Potremo quindi render minima o nulla l'azione perturbatrice suddetta ren- dendo piccoli Q e d ciò che non sempre è possibile o comodo, ma special- mente costruendo l’areometro in modo che siano piccoli o nulli L' e g'. Il rendere nullo g° 0 g'— @ non sarebbe sufficiente, a meno di ricondurre sempre l’areometro a quella inclinazione tale che il centro di spinta si trovi sulla verticale passante per il punto d'appoggio, e quindi sia g'—@=0 ciò che renderebbe più lunga e più difficile l'operazione e priverebbe dell'utilità della formula fondamentale. Se g'=0 e quindi anche g="0 come avviene nella microbilancia e nei pendoli idrostatici sopracitati, la relazione fra i momenti e le deviazioni diviene indeterminata, però in questo caso la condizione primitiva d’'equi- librio ci dà: PL (rit E Ve g_ 9 T.g1 H = PI fu n PL sena « | — 262 — si ha quindi: sena 1 =(PL— QU’)sena "on u=( QL') 7 PLL ossia la sensibilità è in ragione inversa della differenza dei momenti eser- citati dal peso e dalla spinta per una stessa deviazione qualsiasi; la posi- zione d'equilibrio stabile dell'areometro non soggetto ad altre forze è la stessa come se il momento minore non agisse. Queste relazioni possono anche scriversi identicamente: p=[(P — QL+Q(L—L)]sene sen a — 1 i (EQ r Ù 1 donde risulta che ad aumentare la sensibilità giova il diminuire di Q ed L, oppure di P ed L', ed inoltre il diminuire di P— @Q peso apparente del- l'areometro nell'acqua ed il diminuire di L — L' distanza del centro di gra- vità dal centro di spinta. Tre casi notevoli sono i seguenti: 1°. L= L' ossia il centro di gravità coincide con quello di spinta, l'’areometro si comporta come se essendo nell’aria fosse costruito con un ma- teriale così leggero che il suo peso fosse P—Q, rimanendo immutato il centro di gravità; le relazioni suddette danno: sene___1 nu (P—QL 2°. P=(), il peso dell’areometro è uguale alla spinta, in questo caso si ha: u=(P— Q)Lsena sen a — 1 u “P(L_L) la sensibilità sarà tanto maggiore quanto più vicini sono i centri di gravità e di spinta e quanto minore è il valore comune del peso e della spinta. 3°. L'=0 il centro di spinta dell’areometro coincide col punto d’ap- poggio, come si richiede per annullare l’azione della temperatura. In questo caso: u=(L— L')Psena sena 1 TIZI u= PLsena apparentemente come se l'areometro si trovasse in bilico nell'aria. Giova dimostrare che anche in questo caso, non solo la spinta agisce per diminuire il peso apparente dell'areometro e quindi l'attrito sul piano d'appoggio, ma essa agisce anche rendendo più piccoli gli errori che potreb- bero esser causati dalle imperfezioni del coltello o delle punte d'appoggio e da quelle del piano pure d'appoggio. Se, difatti, per effetto di queste im- perfezioni o anche per effetto d'un grano di pulviscolo, il punto d'appoggio — 263 — dell'areometro precedentemente in equilibrio, venisse a spostarsi lateralmente di una lunghezza (gli spostamenti verticali non alterano il valore dei mo- menti e non influiscono sull'equilibrio) l'equilibrio sarà distrutto perchè il momento esercitato da P avrà variato di Pe, quello esercitato da Q di Qs, e per mantenere, l'equilibrio dovremo aggiungere un momento wu, uguale e contrario a (P— Q)e che misura l'errore causato dallo spostamento suddetto. Se invece l’areometro di peso P fosse in bilico nell'aria, uno spostamento laterale e del punto d'appoggio causerebbe una variazione del momento eser- citato da P ossia un errore uguale a Pe, e se alle estremità del giogo come nelle solite bilancie fossero appesi dei piatti carichi di peso P' e P”, l'errore suddetto sarebbe e(P +4 P'+- P”). Appare chiaro che questo errore nel caso della microbilancia è minore, e può esser reso piccolo quanto si vuole. Inoltre, siccome per quanto accuratamente sia costruito il taglio del col- tello mediano d’una bilancia, esso differirà sempre più o meno da una linea retta matematica, e da una superficie cilindrica di raggio minimo costante, ne risulta che nel deviare del giogo per l’azione d'un momento, il fulero cambierà posizione e la nota relazione fra i momenti e le deviazioni non sarà rigorosamente applicabile, mentre nel caso della microbilancia, i sud- detti spostamenti produrranno errori più piccoli e la suddetta relazione sarà quindi più esattamente applicabile. Finalmente è utile determinare l’errore che può causare l’attrito del coltello o punto d'appoggio del giogo e dei piattelli. Il primo è evidente- mente determinato dal momento, sia p. es. 3, al quale può fare equilibrio. Per determinare il secondo, sia P il peso d'un piattello colla sua carica, l'attrito impedisce che il centro di gravità si disponga esattamente sulla verticale passante per esso punto di sospensione dalla quale si discosterà d'una lun- ghezza £,, e quindi il valore dell'attrito sarà per es. ut= Pe, ed il mo- mento del piatto sul giogo, se L è il braccio della bilancia, sarà non PL ma P(L = «,) e l'errore che ne risulterà sarà un momento Pe,, che d'altra parte fa equilibrio all'attrito e serve a misurarlo. Appare quindi che l'errore causato dall’attrito delle sospensioni dei piattelli è dello stesso ordine di grandezza di quello del coltello mediano, solo che questo sopportando il peso del giogo e dei due piattelli, a parità delle altre condizioni subirà un mag- giore attrito. Da quanto precede risultano le seguenti norme per la costruzione della microbilancia. 1°. Il centro di spinta si deve trovare sulla perpendicolare alla congiungente i punti d'appoggio ed all'asse del giogo (g'= 0). 2°. Esso deve essere vicino tanto quanto è possibile ad essa congiungente (L'= 0). 3°. Il centro di gravità deve anche trovarsi sulla perpendicolare suddetta (p=0). 4°. La sua distanza dalla congiungente i punti d'appoggio dev'es- sere tanto minore quanto maggiore è la sensibilità richiesta. 5°. La diffe- renza fra il peso e la spinta dev essere tanto piccola quanto è possibile — 264 — (compatibilmente colla comodità dell'operazione, perchè se tale differenza è troppo piccola, riesce difficile far stare a posto il giogo che obbedisce ai più piccoli impulsi). 6°. Il modo di sospensione o d'appoggio dei piattelli de- V'essere così accurato come quello del giogo. Riesce molto facile di soddisfare a queste condizioni; la 1% e la 8% sono già soddisfatte approssimativamente come conseguenza d'una costruzione simmetrica; inoltre è facile ottenere che l'areometro nell'aria si disponga Fic. 1. col giogo orizzontale e quindi sia p=0, e che abbia la sensibilità voluta; si dispone quindi l’areometro nell'acqua, se il giogo si mantiene orizzontale si ha anche g'=0, se s' inclina bisogna gonfiare l'estremità del giogo che rimane più bassa, (o fissarvi una bolla) ciò non sposta il centro di gravità ma bensì quello di spinta. Le microbilancie da me adoperate hanno all'incirca la forma rappre- sentata nella figura. Un'asta o tubo di vetro AB di 2 a 8 mm. di diametro, lunga da 8 a 40 cm., ha nel suo mezzo una bolla C di grandezza conveniente la quale alle estremità di un diametro perpendicolare all'asse del tubo è munita di due astine di vetro ricurve ad A, colle estremità libere affilate, arrotondate mediante fusione, e terminanti presso il prolungamento del diametro stesso. Questo tubo che fa l'ufficio di giogo di bilancia riposa colle estremità sud- dette sulle due parti d'un piano D della forma usata nelle comuni bilancie, cioè con un intaglio o scanalatura nella quale sta e può liberamente oscil- — 265 — lare la parte media del giogo. Questo è zavorrato convenientemente, sia con pallini contenuti nel suo interno e fissati con cera, sia con pezzetti di piombo fissati all’esterno con mastice, in modo da avere la stabilità e la sensibilità opportuna. Come ho già accennato, in una microbilancia ben costruita il giogo deve disporsi in equilibrio orizzontalmente tanto nell'aria che nell'acqua, ed avere in entrambe la stessa sensibilità. La bolla C può anche mancare se il giogo è abbastanza leggero e se le punte e il piano d'appoggio non sono troppo imperfetti. Se il giogo fosse di vetro pieno, il suo centro di spinta coinciderebbe con quello di gravità e la voluta sensibilità si potrebbe ottenere sia allontanando questo doppio centro dalla linea d'appoggio, sia abbassando la posizione dal centro di gravità con un minuscolo pezzetto di piombo, fissato al disotto del giogo. Il sostegno D era formato, ora da un piccolo parallelepipedo di legno duro, verniciato, convenientemente incavato, ora da una lamina d'ottone di 1 a 2 mm., di spessore, piegata ad U e colle estremità superiori piegate oriz- zontalmente. Però in entrambi i due casì piani su cui appoggiano le due punte del giogo erano di vetro da specchi, fissato con ceralacca e premuto con una lamina piana, mentre la ceralacca era ancor molle, dimodochè le due parti si disponessero nello stesso piano. È necessario osservare minutamente questo vetro per assicurarsi che la sua superficie non sia difettosa; essa presenta non di rado una serie di solchi paralleli dovuti alla lavorazione. La perfe- zione delle immagini ottiche che essa può fornire non è un indizio suffi- ciente; alcune strie o imperfezioni qualsiasi se di area molto limitata non pregiudicano sensibilmente alla bontà di esse immagini, formate dall'insieme dei raggi riflessi da tutta la superficie, mentre possono porre ostacolo all’ in- clinazione del giogo. Per le microbilancie più sensibili ho dovuto servirmi di vetro lavorato per usi ottici (a faccie piane e parallele), ma sarebbero certo preferibili lastrine di agata. In questi casi è utile che la lastrina su cui deve appoggiare il giogo sia unica, come avviene nelle bilancie di precisione; a tale scopo ho fatto uso di un giogo avente due bolle invece d'una, distanti entrambe circa 1 cm. dal punto di mezzo, riunite alla parte superiore da un corto tubetto, al quale era saldata nel mezzo un'astina trasversale ripiegata ad N le cui estremità affilate e fuse formavano le punte d'appoggio. Esse riposavano sulla latrina, che essendo compresa fra le due bolle suddette non impediva la libera inclinazione del giogo. È utile che le estremità delle punte d'appoggio si trovino in uno stesso piano, non già coll’asse del tubo che forma il giogo, ma colla sua genera- trice superiore; in tal modo il braccio di leva su cui agiscono i pesi in forma di cavaliere collocati sul giogo è determinato dal loro punto di con- tatto col giogo stesso e non dalla proiezione di questo punto sull'asse, la quale varia coll’'inclinazione. — 266 — Quando si richiede molta sensibilità, specialmente se il giogo è corto, in modo che possa esser collocato in recipienti di dimensioni solite, giova osservare le deviazioni per riflessione, fissando sul giogo al di sopra delle punte d'appoggio uno specchietto colla normale nel piano d'oscillazione, ed osservando in esso con un cannocchiale con reticolo l’ immagine d'una scala graduata. Se lo specchietto è verticale, si dovrà osservare attraverso le pareti del recipiente che dovranno essere trasparenti e piane; non sarà possibile o comodo collocare il recipiente in un bagno a temperatura costante o nel ghiaccio che impedirebbero l'osservazione, e questa potrebbe esser anche impedita dal sollevamento d'un braccio del giogo o dai piattelli. Perciò mi parve preferibile di disporre lo specchietto orizzontalmente, e al disopra di esso ma nell'aria, un prisma a riflessione totale (uno specchio a 45° avrebbe maggior estensione, minor perfezione e minor chiarezza) ed osservare col cannocchiale orizzontale e nel piano d'oscillazione, attraverso il prisma, e per riflessione sullo specchietto l’immagine della scala verticale. Sia lo specchio verticale o orizzontale, se l'angolo del suo piano colla su- perficie di separazione del vetro o dell'acqua dall'aria cresce, l' immagine della scala diviene meno netta, occorre un diverso adattamento dell'oculare per i tratti orizzontali e per i numeri nei quali predominano i tratti verticali, e finalmente i raggi riflessi dallo specchietto sono riflessi totalmente alla superficie dell’acqua e non pervengono al cannocchiale, ciò che limita al- quanto l'ampiezza delle deviazioni che si possono osservare a circa 24° al massimo in ciaschedun senso. Si può rimediare abbastanza facilmente a questo inconveniente in due modi. Il modo più semplice mi par quello di fissare al giogo un secondo specchietto contiguo al primo, facente con esso un angolo ottuso (p. es. di 160°), colla linea d'intersezione perpendicolare al piano d’oscillazione. A misura che uno specchietto s'allontana dal parallelismo colla superficie dell’acqua, l’altro se ne avvicina; e quando l'immagine fornita da uno spec- chietto diviene imperfetta o scompare, l’altra comparisce e diviene più netta. Si potrebbe altresì collocare sulla superficie dell'acqua un buon vetro d'oro- logio (possibilmente con superfici sferiche lavorate) col centro nel mezzo dello specchietto e colla concavità interamente piena d'acqua; in tal modo i raggi cadenti sullo specchietto o riflessi da esso attraverserebbero sempre in direzione normale la suddetta superficie di separazione fra l'acqua e l’aria. Quando l'ampiezza delle deviazioni sia un po’ grande (p. es. oltre 5°) occorre tener conto che la deviazione che si osserva per riflessione e rifra- zione non è proporzionale alla deviazione vera dello specchietto e del giogo, e converrà determinare sperimentalmente una relazione empirica fra i mo- menti e le deviazioni. Come piatti della microbilancia, ho usato una specie di areometri di forma varia, rappresentati nella figura, immersì totalmente, aventi un peso — 267 — di poco superiore alla spinta e riposanti in equilibrio sulle estremità del giogo che a tal wopo sono ripiegate in forma di U coll’estremità libera affilata e fusa. La forma «4 più semplice, ma meno comoda, consiste di una bolla di vetro nella quale si è praticata una conveniente aspirazione dopo averla fusa da un lato e dopo si è ripetuta l’operazione dal lato opposto, formando così nella medesima due concavità opposte, una delle quali serve di piatto e l’altra serve ad impedire che la bolla possa scivolar giù dall’estre- mità del giogo. Due astine di vetro saldate all'estremità d'un diametro oriz- zontale e piegate verticalmente all’ingiù, zavorrano la bolla e le danno una stabilità che aumenta col peso e colla lunghezza di esse astine, e che deve essere sufficiente anche se la bolla è carica di pesi. L'altra forma (fig. 2) meno semplice, ma più comoda, è formata da due piatti o coppe emisferiche, d 2' di vetro sottile collocate una sull'altra alla distanza di 3 o 4 cm. e riunite da una o due astine o tubetti di vetro; inoltre sotto la coppa superiore si trova una bolla c e questa, o la coppa inferiore o en- trambe presentano la concavità per la sospensione sul- l'estremità del giogo. Nella coppa inferiore si collocano i pesi maggiori che non occorre cambiare durante la de- terminazione, e che servono anche di zavorra, nella su- periore le frazioni che occorre collocare o togliere durante la pesata per ottenere l'equilibrio; il corpo, di cui si cerca il peso, si può collocare nella coppa superiore se si può afferrare colle pinzette e se il suo peso non è tale da far ribaltare il piatto. E comodo spesso che una o entrambe le coppe suddette siano mobili ; in tal caso alle coppe fisse si sostituiscono due anelli di vetro orizzontali sui quali si collocano le coppe mobili. Finalmente, dovendo pesare delle polveri, è utile introdurle in un mi- nuscolo tubetto d’assaggio il quale si può sottoporre alle solite operazioni, riscaldamento o rarefazione, necessarie per espellere le bolle d'aria; a questo tubetto ho saldato un uncino di vetro, dimodochè con un uncino d'ottone con manico potevo agevolmente collocare il tubetto dentro la coppa inferiore, oppure in un anello piuttosto largo, e toglierlo quando occorreva. I vantaggi che presentano questi piatti-areometri sono parecchi: 1°. Sono soppressi gli anelli, gli uncini e simili che facilmente si dispongono di tra- verso e che, se uniti indissolubilmente al giogo rendono l'apparecchio arti- colato incomodo, se si possono staccare, nell'acqua facilmente si staccano e riesce difficile il rimetterli a posto. 2°. Entrambi i piattelli sovrapposti, ma specialmente quello superiore, sono facilmente accessibili ; quest'ultimo trovasi alla parte superiore dell'apparecchio affatto libero come nella bilancia di Roberval, ma senza i noti inconvenienti di questa. 3°. Il loro peso totale IRTGs2: ReENDICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 94 — 268 — essendo equilibrato in massima parte dalla spinta, l'errore che può prove- nire da uno spostamento del punto d'applicazione sul giogo è minimo. Però non è comodo di render quasi nullo il peso apparente del piatto areometro perchè allora questo obbedendo a ogni più piccolo impulso, difficilmente si mantiene a posto. Talora uno dei piatti era sostituito da una bolla fissa al giogo, talora questo aveva le due braccia disuguali. Differisco ad una prossima Nota la descrizione di alcune delle determina- zioni più importanti eseguite con questa microbilancia, le indicazioni delle precauzioni necessarie, e di alcuni modi di renderle più facili. Differisco inoltre ad altre Note la descrizione dell'uso di questa bilancia, come bussola d'inclinazione, come bilancia telluro-magnetica, e per la misura della costante della gravitazione. Chimica. — Su un nuovo azotometro applicabile alla pompa Sprengel (1). Nota di G. Oppo, presentata dal Socio PATERNÒ. Nelle determinazioni d'azoto nelle sostanze organiche, se si fa uso del metodo di scacciare l’aria dal tubo a combustione per mezzo dell’anidride carbonica fornita dalla decomposizione d'un carbonato e di raccogliere l'azoto nell’azotometro di Schiff, si ottengono risultati superiori a quelli calcolati (circa di 0,2-0,3°/;)); se invece si estrae l’aria per mezzo d'una pompa, la manipolazione delle ordinarie canne graduate per raccogliere il gas a causa dell'uso della soluzione concentrata di potassa, non è scevra d' inconve- nienti e di perdita di tempo. Per unire l'eleganza del primo metodo con l'esattezza del secondo e ottenere maggiore rapidità, ho pensato che basta modificare l’' azotometro di Schiff in modo da poterlo applicare alla pompa Sprengel, dandovi una via d'uscita per il mercurio. A questo scopo il mio azotometro, come quello di Schiff, consta di una canna graduata di cc. 100 o 50, che nell'estremità superiore affilata porta un rubinetto e nell’ inferiore è chiusa. A circa cm. 3 dalla base sono saldati tre tubi: &, d, c; i primi due al medesimo livello: @ serve per attaccare l’azotometro alla pompa Sprengel e far entrare il mercurio e il gas; d è a rubinetto e serve per fare uscire il mercurio che arriva; e il terzo e, saldato circa mezzo centimetro al di sopra dei due precedenti, per il passaggio della soluzione di potassa, come nell'azotometro Schiff. Ognuno dei tre corpi che vi si raccolgono — mercurio, soluzione di potassa e gas — con questa disposizione trova nell’apparecchio, per ragione di densità, una strada propria. (1) Lavoro eseguito nell’ Istituto di Chimica generale dell’ Università di Cagliari. — 269 — Conviene montare l’azotometro su un sostegno di circa un decimetro di altezza, per potere raccogliere agevolmente il mercurio che n’ esce. Per eseguire la determinazione si attacca, per mezzo di un tubo di gomma, l’azotometro all'estremità inferiore della pompa Sprengel, che per l’altra PILERLIRETATISI TTI estremità è unita al tubo a combustione, e sì pro- cede quasi come si suole usando le campanelle graduate, con le poche modificazioni necessarie : te- nendo cioè i due rubinetti dell’azotometro aperti e la bolla contenente la potassa in basso, si fa il vuoto nel tubo a combustione; poi si ristabilisce la pressione, facendo sviluppare la quantità necessaria d'anidride carbonica con la decomposizione d'un po’ di carbonato collocato, al solito, all'estremità del tubo; si rifà il vuoto e quindi si ristabilisce la pressione con altro sviluppo di CO: si riempie allora l’ azotometro con soluzione di potassa al 50 %/o, inalzando Ja bolla e, chiuso il rubinetto superiore, si ritorna ad abbassare la bolla medesima al punto d'affioramento del tubo connesso con la pompa, affinchè dentro la canna a combustione non vi sia quasi pressione superiore a quella atmosferica, e si brucia la sostanza. Terminata la combustione si fa per la terza volta il vuoto, si ristabilisce la pressione con CO, e si ritorna a praticare il vuoto per la quarta volta; sì distacca quindi l’azotometro dalla pompa, chiu- dendo prima il tubo di gomma, che ve lo unisce, per mezzo d'una pinza di Mohr, e chiudendo pure il rubinetto dal quale è uscito il mercurio. Si legge il volume del gas raccolto con le solite norme. Siccome per ottenere una forte rarefazione con una buona pompa Sprengel non s' impiegano più di 5’, la durata dell’ analisi riesce molto più breve che facendo uso dell’azotometro Schiff senza vuoto, dà risultati quasi teorici ed è ugualmente elegante. È quasi superfluo dire che il mio apparecchio, modificato come si crederà più opportuno per forma e volume, riesce utile per tutti i casi nei quali si voglia estrarre un gas da qualunque recipiente e dosarlo. — 270 — Chimica. — Sulla formula del Triazolo. Nota di Gurno PEeL- LIZZARI, presentata dal Socio PATERNÒ. Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. Geologia. — Tracce glaciali nel Montenegro. Nota di P. Vi- NASSA DE REGNY, presentata dal Socio G. CAPELLINI. Dopo gli studî del Penck che dimostrò l’esistenza del glaciale nella Dalmazia, il contributo maggiore per la conoscenza delle tracce glaciali nella penisola balcanica è stato portato dal Cvijié col suo importante lavoro: Mor- phologische und glaciale Studien aus Bosnien, der Hercegovina und Mon- tenegro (*). Spinto da queste osservazioni l’ Hassert, così benemerito degli studî geografici nella penisola balcanica e specialmente del Montenegro, nell’ estate del 1900 vi si recava appositamente. Egli ebbe la ventura di fare molte ed interessanti scoperte, e sapendo che io pure ero deciso a fare una escursione geologica nel Montenegro sud-orientale, mi scrisse gentilmente avvertendomi di porre molta attenzione alle tracce glaciali, delle quali egli aveva trovato un numero assai rilevante, e che avrebbe fatte note in un prossimo lavoro. Debbo avvertire che sono sempre stato, forse eccessivamente, scettico sopra la grande quantità di glaciale, che oggi si tende a vedere quasi ovunque, e che credo parecchie formazioni considerate di origine glaciale possano da altre cause ripetere la loro origine. Ero perciò deciso a non considerare come glaciale se non quanto ne presentasse l'aspetto tipico. Lungo tutta la strada da Podgorica al Hum Orahovski nulla potei ve- dere, che con sicurezza potesse riportarsi a tracce glaciali. Ma oltrepassato il confine montenegrino, scendendo in territorio albanese a Greca (?), sopra a Selce nel Caîion del Cem, trovai alcune morene di cui una magnificamente conservata, e sebbene non molto alta e non di grande estensione, pure net- tamente tipica. Il ghiacciaio che la produsse doveva discendere dai monti di confine, come il Kupi Kostié, e tracce del suo passaggio sono infatti assai ben visibili. Salendo da Greta alla Kostiéa continua il terreno glaciale, in forme variate, e continua pure sotto l’Ibala sino a Rikavac e al lago omonimo; altre (1) Abhandlungen der K. k. geograph. Gesellsch. in Wien, II Bnd. n. 6, 1900. (2) Adopero pei nomi serbi l'ortografia comodissima dell'alfabeto croato. — 271 — tracce sono salendo a Sirokar e da qui sino al Polje di Mokro, sotto il Maglic. Anche al lago Bukomirsko sono avanzi glaciali assai nettamente visibili. Nella regione degli scisti paleozoici nella quale si entra, oltrepassando la Cafa ot proùssa verso Carine, non sono riuscito a vedere nemmeno nelle montagne calcaree triassiche, soprastanti agli scisti ed alle anageniti verru- cane, traccia alcuna dell’azione dei ghiacci, non ostante si sia più al Nord e ad altezze molto notevoli. Per ritrovarne dobbiamo giungere a Nord di Kolasin, lungo la Tara, ove nel piano di Vratlo, alla quota di circa 950 m. si ha una serie di argini paralleli, assai alti, costituiti da materiale detritico di dimensioni svariate, che non possono interpretarsi altro che come morene. Esse sono dirette circa da E. a W. ed addossate al Markovo Brdo. Il ghiacciaio che le produsse doveva probabilmente discendere lungo la valle della Plasnica, la quale però non ebbi tempo di esplorare. Sono queste quindi due regioni nettamente glaciali, che all’epoca del mio viaggio erano tuttora ignote. Al mio ritorno ebbi conoscenza del lavoro di Hassert (Meine Reise in Montenegro im Sommer 1900 (')), pubblicato nel frattempo, nel quale si facevano sommariamente note alcune regioni gla- ciali montenegrine, e tra queste erano pure Rikavac e Sirokar. Fui lietissimo di questa coincidenza di osservazioni, poichè il mio modo di vedere, per la grande autorità del prof. Hassert, veniva ad acquistare maggior valore. Il prof. Hassert però aveva trovato il glaciale anche ad ovest del Bu- komirsko jezero sino a Ziovo ed al Brskut. Completando le mie osservazioni con quelle di Hassert, il campo glaciale di Rikavac etc. viene ad estendersi ad E. sino a Greca, a S. sino alla Kostica, a W. sino a Ziovo ed a Brskut ed a N. sino a Mokro. È questa quindi una delle regioni glaciali più estese, se non la più estesa di tutto quanto il Montenegro. Hassert cita poi anche la regione dello Sto, come tipicamente glaciale. Le tracce da me trovate a Vratlo, presso al Markovo Brdo, potrebbero essere in relazione coi ghiacciai di questa regione. Non dubito che nuovi studî accresceranno notevolmente le nostre cono- scenze sul glaciale della penisola balcanica, specialmente poi quando potranno essere esplorate le ancor vegini montagne delle Alpi albanesi, o meglio stu- diate molte delle regioni montenegrine, le quali se non vergini del tutto, pure dal punto di vista topografico e geologico sono tuttora quasi ignote. (!) Mitth. K. k. geogr. Gesell. Wien, 1901. — 272 — Patologia. — L'azione dei farmaci antiperiodici sul parassita della malaria. Nota VI dei dottori D. Lo Monaco e L. PANICHI, presentata dal Socio LUCIANI. Dopochè Laveran descrisse il parassita della malaria, tutti gli autori che d'allora in poi si occuparono di questa malattia, usufruendo della scoperta dell'agente etiologico, giustamente ammisero che se la chinina riusciva a impedire il ritorno dell'accesso febbrile, la sua azione doveva essere localiz- zata, sul parassita. Per avvalorare siffatta supposizione si citavano le impor- tantissime ricerche del prof. Binz (!) eseguite sin dal 1867. Questo illustre farmacologo notò che la chinina in soluzione neutra o debolmente basica è un veleno energico per molti protoplasmi. Aggiungendo a una goccia di én-- fusione vegetale contenente molti infusorî, una goccia di soluzione 1:200 di chinina, egli osservò al microscopio che i movimenti vivaci di questi esseri sì paralizzano istantaneamente, e che il loro protoplasma dopo qualche tempo assume l'aspetto granuloso e si scompone in piccoli detriti. Ritenne poi giustamente che l’azione della chinina sugli infusorî era specifica, perchè adoperando altri alcaloidi non si ottenevano i medesimi risultati. Nelle espe- rienze posteriori Binz dimostrò che quanto meno sviluppati erano gl’ infusorî, tanto più erano resistenti alla chinina, e che adoperando soluzioni diluitis- sime di questo alcaloide, i movimenti protoplasmatici degli infusorî si facevano ancora più vivaci; per il qual fatto ammise che la chinina si comporta come i veleni paralizzanti i quali in soluzione diluita eccitano, e in soluzione con- centrata paralizzano. Riferendo l’azione della chinina sugli infusorî ai benefici che con questo alcaloide si ottengono nella cura dei malarici, Binz intuì che l'agente patogeno dell’ infezione palustre non poteva essere che un organismo protoplasmatico, sul quale la chinina doveva esercitare un'azione intensa- mente deleteria. Le previsioni di Binz furono confermate dall’ esperienza, in quanto che da tutti gli studiosi della malaria si osservò che dopo circa 24 ore dalla somministrazione della chinina, i parassiti non si ritrovano più nel sangue circolante. Non tutte le fasi di azione della chinina sui parassiti poterono essere dimostrate. Laveran (?) si limita a farci conoscere che la chinina uccide i parassiti paralizzandone i movimenti. Marchiafava e Celli (*) notano che nei malarici chinizzati, i parassiti sono immobili, e alcuni di essi si trovano (1) Binz, Schultze's, Arch. 1867. (2) Laveran, Zraité des fièvres palustres. Paris 1884. (3) Marchiafava e Celli, Arch. Scienze Mediche, 1886. — 273 — come fuoruscenti dal globulo rosso. Baccelli (!) osservando di mezz’ ora in mezz'ora il sangue di un individuo a cui aveva fatto un' iniezione endovenosa di 1 grammo di chinina, non riscontrò dopo sei ore nessuna modificazione sensibile nè nel numero, nè nella forma, nè nel movimento ameboide forse più vivace nelle prime 2 o 3 ore. Dopo 24 ore, egli aggiunge, quasi tutti i parassiti erano scomparsi senza aver potuto segnalare una fase di regres- sione o di morte. Marchiafava e Bignami (?) dopo la somministrazione della chinina, dicono di avere molte volte notato nel sangue circolante un aumento di forme parassitarie necrotiche e di pigmento libero. Mannaberg (*) ammette che i parassiti dopo il chinizzamento possono in un primo momento mostrarsi fortemente eccitati al pari degli infusorî trattati con soluzione debole di chinina. Contemporaneamente a queste ricerche ne furono eseguite altre allo scopo di potere stabilire in vitro l’azione della chinina sui parassiti malarici. Me- scolando una goccia di sangue contenente forme flagellate, con una goccia di soluzione di chinina, Laveran vide che i movinenti dei flagelli si arrestavano. Con la medesima tecnica Marchiafava e Celli (4) descrissero l'arresto dei mo- vimenti protoplasmatici delle forme giovanissime dei parassiti malarici, mentre Rosin (°) con soluzioni di chinina 1:5000 concluse che nessuna influenza sul movimento ameboide del parassita, nè su quello dei granuli di pigmento si poteva osservare anche dopo 10 ore dell’ aggiunta della chinina nel preparato microscopico. Ma poichè l' immobilità dei parassiti si effettua parimenti ado- perando le soluzioni di cloruro sodico o la semplice acqua distillata, questo metodo di ricerca fu abbandonato, e gli ultimi autori come Romanowski (°), Ziemann (7), Manneberg, Plehn (8) e altri studiarono nei preparati colorati le modificazioni strutturali che subiscono i parassiti dopo la somministrazione della chinina. In questo modo fu dimostrato con evidenza che la chinina ha un'azione necrotica sul protoplasma del parassita malarico. Come facilmente si può dedurre dal complesso dei risultati finora otte- nuti, restano ignote le prime fasi d'azione della chinina sul parassita malarico. Noi abbiamo ripreso questo studio, e nelle 5 Note precedenti (°) abbiamo (1) Baccelli, Riforma Medica, 1890. (2) Marchiafava e Bignami, Sulle febbri maluriche estivo-autunnali. Loescher 1892. (3) Mannaberg, Die Malaria-Krankheiten. Wien 1899. (4) Marchiafava e Celli, Arch. Scienze Mediche. 1886. (5) Rosin, Deut. Med. Woch. 1893. (6) Romanowski, Zur frage der Parasitologie u. Therapie der malaria, St. Peters- burger. Medic. Wochensch. 1891. (7) Ziemann, Veber Malaria u. andere Blutparasiten. Jena 1898. (8) Plehn, Die Kamerum-Atiste. Berlin 1898. (9) Lo Monaco e Panichi, Rendiconti Ace. Lincei, 1° e 2° sem. 1899, 1° sem. 1900, 1° sem. 1901. — 274 — mano mano descritto le nostre numerose e pazienti ricerche, i risultati delle quali possiamo brevemente così riassumere. Depositando sul margine del vetrino coprioggetti di un preparato fresco di sangue malarico una goccia di soluzione di chinina, i parassiti malarici fissati nel campo microscopico mo- strano di risentirne l’azione. Questa però si manifesta differentemente a se- conda del titolo della soluzione chininica. Se questa è debole, allora 1’ osser- vazione mostra che il parassita, appena si manifestano le correnti liquide nel preparato, sì contrae rapidamente, e torna dopo pochi minuti a riespandersi, emettendo dei pseudopodi più o meno vivacemente; se la soluzione di chinina è di media concentrazione, l’eccitamento del parassita va gradatamente aumen- tando, e finisce col produrre il distacco di esso dall’ eritrocito cui era aderente, il quale si scolora sempre dopo e mai prima della caduta nel plasma del parassita; se la soluzione è forte, questo si contrae permanentemente rima- nendo attaccato al globulo rosso. Avendo dopo osservato che, col somministrare a un malarico di terzana primaverile una dose di chinina equivalente a quella che 2 vitro produceva il distacco del parassita, si otteneva la scomparsa dell'accesso febbrile; noi ci siamo serviti di questo fenomeno (che rappre- senta una delle fasi d'azione della chinina) per stabilire la dose razionale di chinina capace di produrre la guarigione nei varî tipi d' infezione malarica. Inoltre abbiamo osservato che nel medesimo individuo le forme più resistenti alla chinina sono le più piccole, e che negli ammalati di infezione malarica con più generazioni parassitarie (terzana doppia, quartana doppia e tripla, terzana estiva), le forme della stessa fase di sviluppo sono meno resistenti alla chinina in vicinanza dell'accesso febbrile e durante lo svolgersi di esso, mentre nell'apiressia la resistenza raggiunge un limite massimo. Da ciò de- ducemmo che durante l’accesso febbrile circolano nel sangue sostanze antipa- rassitarie le quali, dal fatto che in quel periodo, per impedire il ritorno del- l’accesso febbrile, occorre una quantità di chinina minore di quella che si deve adoperare durante l’apiressia per ottenere il medesimo scopo, mostrano di essere dotate di azione simile a quella della chinina, L'azione di queste sostanze antiparassitarie si manifesta su tutte le forme malariche e su tutte le specie dei parassiti malarici, ad eccezione di quelle forme giovanissime senza pigmento che si rinvengono nella terzana estiva. Le forme estive pigmentate invece, resistenti durante l’apiressia all’azione della chinina quanto le altre meno sviluppate, durante l'accesso febbrile s' in- deboliscono, e possono farsi staccare dal globulo rosso con soluzioni relativa- mente deboli di chinina. Con l'insorgere però dei fenomeni di perniciosità, le forme parassitarie estive pigmentate e non pigmentate mostrano una resi- stenza massima che conservano fino a che l’ammalato non migliora, la qual cosa non abbiamo saputo altrimenti spiegare che ammettendo nello stato di perniciosità l'assenza di produzione di sostanze antiparassitarie o un aumento nelle sostanze finora non dimostrate e di azione opposta alle prime. — 275 — Tutte le nostre esperienze furono eseguite servendoci di soluzioni di bi- solfato di chinina in acqua distillata. Però non abbiamo mancato sin da prin- cipio di notare che i medesimi fenomeni si osservano quando alla soluzione di chinina sì aggiunge tanto cloruro sodico da ottenere la non dissoluzione dei globuli rossi contenuti nel preparato di sangue malarico sul quale si spe- rimentava. Con l’acqua distillata e con la soluzione isotonica 0,90 °/, di clo- ruro sodico, contenente chinina, il fenomeno del distacco del parassita, non potè mai essere riscontrato. Incalzati dai risultati che mano mano ottenevamo, non insistemmo su queste prime esperienze. A noi l'avere ottenuto il feno- meno del distacco del parassita con soluzioni clorurate e chinizzate, tali che non scioglievano i globuli rossi del preparato, ci parve sufficiente per esclu- dere che nei nostri risultati dovesse insieme alla chinina influire l’azione dell’acqua distillata. La comunicazione però fatta dal prof. Bignami a nome del dott. Capogrossi nella seduta dell’Accademia Medica di Roma del 26 giu- gno 1901, ci obbliga a ritornare su queste esperienze. Bignami e Capogrossi, come risulta dal resoconto della loro comunica- zione pubblicata nel Polzelinico e nella Riforma Medica, confermano il fe- nomeno da noi descritto del distacco del parassita, che ha subìto l’azione della chinina, dal globulo rosso; ma ritengono che ciò avviene perchè la so- luzione di cloruro sodico e di chinina da noi adoperata, ha una concentra- zione inferiore a quella che comunemente si adopera come isotonica al plasma sanguigno. Aggiungono che il fenomeno non si ottiene con la soluzione isoto- nica (0,90°/, di Na Cl) chinizzata, mentre si osserva 0r4 sì, ora no con la sola acqua distillata. A queste obiezioni potremmo esaurientemente rispondere, servendoci dei risultati delle esperienze già eseguite. Se infatti, come dicono Bignami e Capogrossi, l’acqua distillata o la soluzione di cloruro sodico sono le condi- zioni essenziali per potere riuscire ad assistere al distacco del parassita dal globulo rosso, non si riesce a comprendere per quale ragione, tutte le volte che si voleva da noi studiare la resistenza di una forma parassitaria alla chinina, nella serie graduale di soluzioni chininiche di cui disponevamo, so- lamente alcune, costituenti una porzione della serie suddetta, erano adatte a produrre il fenomeno; mentre le altre di concentrazione più leggiera o più forte ci guidavano a raggiungere lo scopo, facendoci notare le altre fasi d’azione della chinina sul parassita malarico. Medesimamente, se tutti i nostri risul- tati sono dovuti al solvente e non alla chinina in esso disciolta, perchè le forme estive resistentissime alla chinina non sì distaccano dall’ eritrocito con quelle soluzioni chininiche leggiere che sono adatte a produrre il medesimo fenomeno nei parassiti della terzana primaverile? Per noi il fenomeno del distacco di una forma con una data soluzione chininica, non si avvera ora sì, ora no. Se le condizioni sperimentali sono buone, ripetendo l’esperienza con le medesime forme e con la medesima so- RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 35 — 276 — luzione, i risultati sono sempre uguali, come si può anche facilmente osser- vare in certi tratti delle curve che abbiamo riportato nelle Note precedenti. Altri argomenti, per sostenere il nostro metodo di ricerca e i risultati delle nostre esperienze, potremmo ancora enumerare, ma sarà meglio seguire i nostri contraddittori nelle loro esperienze, e tra queste c’interessa in primo luogo di esaminare per quale ragione Bignami e Capogrossi sono venuti alla conclusione che l'acqua distillata può ora sì, ora no produrre il distacco del parassita. Premettiamo che prima di noi altri autori avevano studiato l’azione dell’acqua distillata sul parassita malarico. Marchiafava e Celli nella loro prima Memoria sulla malaria (!) descri- vono una loro esperienza in questi termini: « Se al sangue uscente dalla fe- rita, si mescola una goccia di acqua distillata e poi si dissecca, e si colora col bleu di metilene, allora si vedono insieme ai corpuscoli rossi normali che hanno perduto l’emoglobina e che sono marcati da un contorno sottilis- simo, altri che hanno ugualmente perduto l’ emoglobina, che sono ugualmente rivelati da un contorno sottilissimo, ma che contengono nel loro interno i corpicciuoli ricordati (parassiti malarici), intensamente colorati in turchino e nettamente distinti ». Il medesimo risultato fu ottenuto, variando le colorazioni, da questi autori, i quali nella tavola annessa al lavoro fecero riprodurre le figure dei globuli trattati nel modo suddetto. Per Marchiafava e Celli, quindi, i parassiti per l’azione dell'acqua distillata rimangono sempre aderenti agli stromi degli eritrociti. Simili esperienze furono ripetute da Marchiafava e Celli, da Laveran, da Manneberg e da altri allo scopo di studiare l’azione diretta della chinina sul parassita malarico, e da Grassi e Feletti (?) per istudiare la struttura di esso, ma nessuno di questi autori ebbe mai a notare che per azione del- l’acqua distillata il parassita si stacca dall’ eritrocita. I risultati quindi otte- nuti da Bignami e Capogrossi, non solo contraddicono quelli da noi descritti, ma anche quelli dei più noti studiosi della malaria, ai quali faremmo grave torto se per un momento solo pensassimo che non hanno saputo bene osser- vare. Pur nondimeno non mettiamo in dubbio i risultati delle esperienze di Bignami e Capogrossi, ma preferiamo credere che, se essi qualche volta hanno visto il distacco del parassita dal globulo rosso, depositando una goccia di acqua distillata sul margine del vetrino coproggetti del preparato di sangue malarico, ciò è dipeso dalle cattive condizioni in cui si è com- piuta l’esperienza. Ciò accade quando le correnti liquide che si manifestano nel preparato sono molto violenti. Allora è facile osservare che il parassita aderente al (1) Marchiafava e Celli, Atti Acc. Lincei, vol. XVIII, 1882-83. (2) Grassi e Feletti, Atti Acc. Gioenia di Catania, Serie IV, tomo V. — 277 — globulo rosso, sul quale abbiamo fissata la nostra attenzione, o viene traspor- tato dalla corrente al pari degli altri eritrociti normali, o si distacca dal globulo, e si allontana per azione del liquido dal campo microscopico; mentre il globulo, cui era attaccato, resta sul posto e si scolora. Se invece la corrente, che si manifesta nel preparato, dopo aver depositato una goccia di acqua distillata sul margine del vetrino coprogetti, è d'intensità leggera, condi- zione essenziale perchè simili esperienze diano risultati attendibili, noi pos- siamo affermare che allora la forma parassitaria resta sempre attaccata al globulo, anche dopo lo scolorimento di esso. Non ci è lecito quindi mesco- lare i risultati delle prime con quelli delle seconde esperienze, e dire che il parassita per azione dell’acqua distillata si distacca dal globulo rosso ora sì, ora no. Nei primi due casi siamo in presenza di un fenomeno fisico, nel terzo caso osserviamo l’azione dell’acqua distillata sul parassita, la quale, come è noto, consiste nel far perdere a questo i suoi movimenti ameboidi. Che la spinta di un corpo per azione di un liquido in movimento, come avviene nel primo caso, rappresenti un fenomeno fisico, nessuno vorrà oppu- gnare; che si tratti del pari di fenomeno fisico, quando la corrente strappa il parassita e lascia in sito il globulo, è facile dimostrarlo. Se teniamo presente il fatto già da noi notato, che il globulo parassitifero oppone una forte resistenza alla corrente del preparato, la qual cosa mostra rimanendo sempre nel posto dove si trova, mentre il parassita, quando è libero, si lascia facilmente trasportare da essa; ne viene di conseguenza che, essendo il paras- sita fuori e non dentro il globulo rosso, la corrente, quando non riuscirà a smuovere questi due corpi come corpo unico, agirà più sul parassita, produ- cendone il distacco, che sul globulo che non sì lascia vincere dalla forza di essa. E che il fenomeno del distacco sia in queste condizioni dipendente dalla forza della corrente, lo prova anche il fatto, che mentre per l’azione della chinina il parassita può lasciare il globulo rosso cui era aderente contro la direzione della corrente, ciò mai si osserva quando agisce la sola acqua distillata. Ammettendo invece la sede endoglobulare del parassita, l’ azione dell’acqua distillata dovrebbe manifestarsi sempre egualmente, lasciando il parassita in sito o producendone il distacco dal globulo rosso. Patologia. — Sul fenomeno dell’aqglutinazione nel sanque dei malarici. Nota dei dottori D. Lo Monaco e L. PANICHI, pre- sentata dal Socio LuCIANI. Questa Nota sarà pubblicata in uno dei prossimi fascicoli. 0078 — PERSONALE ACCADEMICO Il Vicepresidente BLASERNA dà il doloroso annuncio della perdita fatta dalla Classe nella persona del Socio straniero A. KowALEWSKy, mancato ai vivi il 22 novembre 1901; apparteneva il defunto Socio all'Accademia, sino dal 20 settembre 1887. I Soci Toparo e Grassi deplorano la perdita fatta dalla scienza colla morte del prof. Kowalewsky, di cui mettono in rilievo i meriti e l’operosità. Il Vicepresidente BLASERNA dà comunicazione delle dimissioni presen- tate, per ragioni di famiglia, dal Socio TaccHini dalla carica di Ammini- stratore; ed aggiunge che prossimamente, in una seduta delle due Classi riunite, si procederà alla nomina del nuovo Amministratore. PRESENTAZIONE DI LIBRI Il Segretario CeRRUTI presenta le pubblicazioni giunte in dono, segna- lando quelle inviate dai Soci Riccò, BASSANI, HAECKEL, HELMERT, LOcKYER, NoETHER; fa inoltre particolare menzione del vol. XI della edizione nazio- nale, sotto gli auspici di S. M. il RE, delle Opere di Galileo Galilei. Il Socio BeroccHI presenta alcune pubblicazioni dell’architetto Busiri- Vici, colle seguenti parole: « A nome dell'Autore, comm. Andrea Busiri-Vici, architetto primario della Fabbrica di S. Pietro, consigliere e già Presidente della Reale Acca- demia di Belle Arti di Roma, detta di S. Luca, ho l'onore di fare omaggio alla nostra Accademia di cinque delle sue numerose pubblicazioni storico- artistiche. « Tre si riferiscono a quell’insigne monumento che è la Basilica Vaticana; una all'arte nobilissima del mosaico ed allo studio di detta arte che da circa cinque secoli ha sede in Vaticano alla dipendenza della fabbrica di detta Basilica; ed una riguarda la più antica e la più rinomata Accademia di Belle Arti che si conosca, l’insigne Accademia detta di S. Luca, della quale hanno fatto e fanno parte gli artisti più illustri passati e presenti. « L'alto grado che il chiaro Autore occupa nei predetti Istituti, gli ha permesso di compulsare i rispettivi archivî, e di avere a sua disposizione memorie ed atti che altri difficilmente avrebbero potuto avere fra mani. « Donde ne viene che in queste pubblicazioni si trovano riprodotti disegni, notizie e documenti importantissimi, che invano si cercherebbero in altre pubblicazioni congeneri. — 279 — « E ciò forma il pregio singolare di queste monografie dovute all'amore vivissimo che il chiaro Autore ha per le Belle Arti, ed alla sua singolare competenza, essendo non solamente insigne architetto, ma ben anche distinto pittore ». Il Corrispondente CuBonI presenta il vol. I dell'Annuario della R. Sta- zione di patologia vegetale di Roma. CORRISPONDENZA Il Vicepresidente BLASERNA, a nome del Socio Mosso, fa omaggio di una copia della tessera coniata in occasione del recente Congresso interna- zionale di fisiologia, tenutosi a Torino. Il Socio Luciani dà alla Classe alcune notizie sui lavori e sulla im- portanza del Congresso anzidetto. Il Segretario CERRUTI dà conto della corrispondenza relativa al cambio degli Atti. Ringraziano per le pubblicazioni ricevute: La R. Accademia di scienze ed arti di Barcellona; la Società di scienze naturali di Emden; le Società geologiche di Manchester e di Sydney; la Società zoologica di Tokyo; l’Università di Upsala; l’Istituto tecnico supe- riore di Karlsruhe. Annunciano l'invio delle proprie pubblicazioni : La R. Società di scienze naturali di Budapest; la Facoltà delle scienze di Marsiglia; il Corpo Reale delle miniere di Roma; l’Istituto geografico militare di Vienna; la R. Scuola d'applicazione per gl’ingegneri di Roma; l’Università di Tokyo. OPERE PERVENUTE IN DONO ALL’ACCADEMIA presentate nella seduta del 1° dicembre 1901. Abafi Aigner L. — Historia Lepidopterologiae Hungaricae. Budapest, 1898. 8°. Arcidiacono S. — Principali fenomeni eruttivi avvenuti in Sicilia e nelle isole adiacenti durante l’anno 1900. Modena, 1901. 8°. Bassani F. — Il Notidanus griseus Cuv. nel Pliocene della Basilicata e di altre regioni italiane e straniere. Napoli, 1901. 8°. Id. — Su alcuni avanzi di pesci del Pliocene Toscano. Napoli, 1901. 8°. Id. — Nuove osservazioni paleontologiche sul Bacino Stampiano di Ales in Sardegna. Napoli, 1901. 8°. — 280 — Berlese A. — Gli uccelli insettivori sono realmente utili all’ agricoltura? Padova, 1901. 8°. (agri Id. — L'accoppiamento della mosca domestica. S. 1. 1901, 8°. Busiri- Vici A. — Il celebre studio del mosaico della Rev. Fabbrica di S. Pietro. Rama, 1901. 4°. Id. — La conservazione, il decoro e la difesa della maestosa patriarcale Basilica del Principe degli Apostoli. Roma, 1897. 4°. Id. — Le torri campanarie della Basilica Vaticana nel secolo XVII. Roma, 1899. 4°. Id. — Riforma artistica delle decorazioni, addobbi e luminarie nelle solenni funzioni pontificie della Basilica Vaticana. Roma, 1898. 4°. Id. — Sessantacinque anni delle Scuole di belle arti della ins. e pont. Ac- cademia Romana denominata di S. Luca. Roma, 1895. 4°. Crema C. — Cenni sull'industria delle Scorie Thomas. Roma, 1901. j8°. De Angelis G. e Millosevich F. — La Miniera di antimonio a Montauto di Maremma e suoi dintorni. Torino, 1901. 8°. De Angelis G. — Sulla geologia della provincia di Roma. Roma, 1901. 8°. Festschrift der Naturhistorischen Gesellschaft in Nirnberg 1801-1901. Nirn- berg, 1901. 8° Galileo G. — Le opere. Edizione nazionale. Vol. XI. 1901. 4°. Gentile G. — Su alcune nummuliti dell’Italia Meridionale. Napoli, 1901. 4°. Guareschi I. — Storia della Chimica. I. Amedeo Avogadro e la teoria mole- colare. Torino, 1901. 8°. Haeckel E. — XKunst-Formen der Natur. Lief VI. Leipzig, 1901. 4°. Heat Th. — Observations of Edinburgh Rock Thermometers. Edinburgh, 1901. 4°. Héjas A. — Die Gewitter in Ungarn nach den Beobachtungen von d. J. 1871- 1895. Budapest, 8°. Hellmann G. — Regenkarte der Provinzen Brandenburg und Pommern. Berlin, 1901. 8°. Helmert F. R. — Zur Bestimmung kleiner Flichenstiicke des Geoids aus Lothabweichungen mit Ricksicht auf Lothkrimmung. Berlin, 1901. 8°. Lockyer N. Chrisholm-Batten Capt.. Pedler A. — Total eclipse of the Sun, January 22, 1898. — Observations at Viziadrug. London, 1901. 4°. Matiegka H. — Bericht ueber die Untersuchung der Gebeine Tycho Brahe's. Prag:1901%8% Meli R — Cenno sulle escursioni geologiche eseguite con gli allievi inge- gneri della R. Scuola di applicazione di Roma. Roma, 1901. 16°. Negri A. — Carta geologica della provincia di Vicenza. Vicenza, 1901. 8°. Noether M. — Charles Hermite. Leipzig, 1901. 8°. Riccò A. — Cratere centrale dell’Etena. Modena, 1901. 8°. — 281 — Roscoe-Schorlemmer. — Ausfihrliches Lehrbuch der Chemie von J. W. Brihl. Bd. IX. 7. Die Kohlenwasserstoffe und ihre Derivate oder Orga- nische Chemie. Braunschweig, 1901. 8°. Sars G. O. — An account of the Crustacea of Norway. Vol. IV. Copepoda calanoida. P. I, II. Bergen, 1901. 8°. Studnicka F. J. — Bericht weber die astrologischen Studien des Reforma- tors der beob. Astronomie Tycho Brahe. Prag, 1901. 8°. RENDICONTI DELLE SEDUTE DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI AAANANANNAM_<‘<_----<-X ADUNANZA DELLE DUE CLASSI DEL 15 DICEMBRE 1901. P. BLASERNA, Vicepresidente. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Matematica. — Sopra una proprietà generale delle linee di curvatura di una superficie. Nota del Socio LuIci BIANCHI. 1. Da un noto teorema di Ribaucour, relativo ai sistemi ciclici, potrebbe facilmente dedursi la proprietà delle linee di curvatura di una superficie qualunque, di cui tratto nelle linee seguenti. Ma poichè la proposizione in vista esprime una proprietà semplice ed affatto generale delle linee di cur- vatura, e non sembra fino ad ora esplicitamente osservata, stimo non inutile darne, insieme ‘all’ enunciato, una dimostrazione diretta. La proposizione in discorso si enuncia: A) Sopra qualsiasi superficie, il luogo dei circoli osculatori delle linee di curvatura di un sistema, lungo una linea di curvatura del se- condo sistema, ammette questi circoli per linee di curvatura. Per dimostrarla geometricamente, consideriamo sulla superficie data S le linee di curvatura (u) del primo sistema e la prima falda S, della evo- luta di S, che è il luogo degli spigoli di regresso delle sviluppabili gene- rate dalle normali alla S lungo ogni singola linea (v). I piani normali di questa linea (x) toccano, nei corrispondenti centri M, di prima curvatura, la falda S, dell’evoluta, e contengono gli assi dei circoli osculatori di (%), il luogo di questi assi essendo appunto la sviluppabile polare della (x), sulla quale è tracciata la linea (w) di S,. Gli assi dei circoli osculatori della linea (v) sopra S toccano adunque la $, nei corrispondenti centri M, di prima curvatura; e, poichè formano una sviluppabile, hanno in ogni punto M, di S, RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 36 — 284 — la direzione coniugata a quella della relativa linea (vu). Dunque: gli assi dei circoli osculatori della linea di curvatura (u) del primo sistema sopra S sono le tangenti a quelle linee (v) della prima falda S, della evoluta, che corrispondono alle linee di curvatura del secondo sistema. Ciò. posto, si considerino le sfere (principali) che toccano la superficie S, avendo il centro nel rispettivo centro M, di primà curvatura, e contengono per conseguenza i circoli osculatori delle linee (u) sopra S. Se spostiamo il centro M, lungo una linea (v) di S,, avremo una semplice infinità di queste sfere, il cui inviluppo sarà una superficie a linee di curvatura. circolari; di- mostreremo il teorema A) provando che questi circoli di curvatura sono pre- cisamente i circoli osculatori delle linee (v) di S. E infatti le sfere princi- pali toccando la superficie S, il circolo caratteristico di una tale sfera Z (cioè la sua intersezione colla successiva nella serie (v)) passerà pel punto M di S e giacerà nel piano condotto per M normalmente alla direzione dello spostamento del centro; questa è segnata dall'asse del circolo osculatore della (v) in M, e ciò cimostra la nostra asserzione. 2. Possiamo confermare con un breve calcolo le proprietà sopra stabilite geometricamente. Riferita la superficie S alle sue linee di curvatura %,v, e ritenendo le consuete notazioni (!), poniamo DG MIST oa (ORE O du VG af velo 2 (So 9 ai (2) dXi__ 1 3I/G dg è Lia MESSICO VG CO A RO) ARS n La sfera principale avente il centro nel primo centro M, di curvatura, di coordinate (3) s a=a—-T,X, y=y_T,; AAA ha per equazione (4) (a+ nA+(0— = ri, indicando con &, n, le coordinate correnti. Spostando il centro M, lungo una linea (v) sopra S,, il circolo caratteristico della sfera (4) sulla superficie, (1) Vedi le mie Lezioni di geometria differenziale, cap. IX. — 285 — inviluppo si otterrà associando alla (4) l'equazione che ne risulta derivan- dola rispetto al parametro v, con che si ottiene a causa delle (2): dI ) =E-a{{E(1-2) usi Avendo riguardo alla formola di Codazzi d71 de, Sn (1 DE DI IG e combina, come dimostrano le (2), (3), colla equazione del piano osculatore alla prima linea di curvatura («) della S: E-a n_-y Èî-& dI dY d& dU w na | 0 DIA d°y DI dv? dv dv° Ne risulta la conferma analitica del teorema A). 3. Si è visto sopra che i circoli osculatori delle linee di curvatura (%) del primo sistema lungo ciascuna linea di curvatura (v) del secondo, gene- rano una superficie sulla quale essi sono linee di curvatura. Ancor più fa- cilmente si vede che la stessa cosa avviene per il luogo dei circoli oscula- tori di ana medesima linea (v); sussiste invero la proposizione generale seguente : B) La superficie luogo dei circoli osculatori di una curva qua- lunque dello spazio ammette questi circoli per linee di curvatura. La dimostrazione è immediata, ove si consideri che ogni circolo oscu- latore è l'intersezione della sfera osculatrice colla successiva, e per ciò la superficie considerata non è altro che l’'inviluppo delle sfere osculatrici. Così adunque, per qualsiasi superficie S, nella congruenza dei circoli osculatori delle linee di curvatura (v) di un sistema, sono contenute due serie co! di superficie aventi questi circoli per linee di curvatura; le prime si ottengono associando i circoli lungo le linee (v) stesse, quelle della se- conda serie associandoli invece lungo le linee di curvatura (v) del secondo sistema. Risulta inoltre dalle considerazioni superiori, che le normali a queste superficie, lungo uno dei detti circoli, concorrono per la superficie (%) — 286 — della prima serie nel centro M, della sfera osculatrice in M alla linea di curvatura (v), e per quelle (v) del secondo sistema nel centro principale M, di curvatura relativo alla linea (v) stessa. 4. Da quanto precede sorge spontanea la domanda: Quando accade che le due serie di superficie, a linee di curvature circolari, formate nel modo descritto coi circoli osculatori delle linee di curvatura di un sistema della data sugerficie S, si tagliano ortogonalmente lungo questi circoli? Pel teorema inverso di Dupin si può porre il problema sotto l'altra forma: Per quali superficie S accade che i circoli osculatori delle linee di curvatura di un sistema ammettono una serie di superficie ortogonali ? Per risolvere la questione proposta conviene esprimere che, in ogni punto M di una linea di curvatura (v), la sfera osculatrice della linea è normale alla superficie. Ora, il piano normale alla linea (w) avendo per equazione (5) (È —@)Xr +. y) XY 1-(C—a)Z 0, le coordinate &,, del centro della sfera osculatrice della linea (w) si cal- coleranno associando alla (5) le due equazioni che se ne ottengono con una prima ed una seconda derivazione rispetto a v. A causa delle (3), si hanno così le due equazioni seguenti: > —- x) ele ya sonar (I Ma, per le nostre ipotesi, deve essere >(f—x)X=0, onde le due equazioni x E AL CE I debbono coincidere, ciò che si esprime colla relazione (6) — 287 — indicando U una funzione arbitraria di v; inversamente quando sussiste la (6) ha luogo la proprietà richiesta. Il primo membro della (6) non è altro che la curvatura geodetica della linea (v); dunque ciascuna linea di curva- tura (u) deve essere a curvatura geodetica costante. Ora, per un noto teorema dovuto al Brioschi, ogni linea di curvatura che sia a curvatura geodetica costante è tracciata sopra una sfera (o piano) che taglia ad angolo retto la snperficie, ed inversamente. Ne concludiamo adunque: Ze superficie per le quali ta congruenza dei circoli osculatori delle linee di curvatura di un sistema ammette una serie di superficie ortogonali, sono tutte e sole quelle che hanno queste linee di curvatura sferiche, e tracciate sopra sfere ortogonali alla superficie. È ben noto come si trovano tutte queste superficie ('). Basta prendere ad arbitrio una semplice infinità di sfere, e nella congruenza delle loro 00° traiettorie ortogonali scegliere comunque una serie oo di queste traiettorie ; il loro luogo costituisce la più generale superficie richiesta. Quanto al pro- blema di trovare le traiettorie ortogonali di un sistema co! dato di sfere, esso riducesi ad un'equazione differenziale di Riccati e si risolve per qua- drature, appena nota una di esse. Meccanica. — Di alcune nuove forme delle equazioni della Dinamica, applicabili ai sistemi anolonomi. Nota del Corrispondente Gran AntonIO MagGI. Il concetto di formare le equazioni differenziali del movimento di un sistema vincolato di punti, valendosi dell’ espressione delle velocità per fun- zioni lineari di parametri indipendenti, si ritrova nella MechaniX di Kirchhoff. Ivi, con questo principio, sono dedotte dal teorema di Hamilton le ultime equazioni del $ 4 della Lezione 3*, le quali sono applicate, nel $ 2 della Lezione 4*, alla formazione delle equazioni differenziali più generali del mo- vimento di un solido libero, o avente un punto fisso. Il sig. Volterra ha applicato lo stesso principio nella sua Nota Sopra una classe di equazioni dinamiche, pubblicata nel volume XXXIII (1898) degli « Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino », per dedurre dal- l'equazione di d'Alembert e Lagrange, ridotta ad un'espressione di Beltra- mì (?), una forma delle equazioni del movimento di un sistema di punti i cui vincoli sono indipendenti dal tempo, ed espressi da equazioni ai diffe- (1) Darboux, Zecons sur les systèmes orthogonaux et les coordonnées curvilignes, Chap. II (?) Beltrami, Sulle equazioni dinamiche di Lagrange, Rendiconti del R. Istituto Lombardo, vol. XXVIII (1895). — 288 — renziali totali fra le coordinate, egualmente valida se queste formano o no un sistema integrabile, vale a dire se il sistema mobile è olonomo o ano- lonomo. Sono le equazioni differenziali (C), stabilite fra il tempo, le coordi- nate, e le caratteristiche del moto, in numero eguale a queste: così chiamando tanti parametri quanti sono i gradi di libertà del sistema, mediante i quali, in virtù dei vincoli, si esprimono per funzioni lineari omogenee le componenti della velocità d'ogni punto. E il sig. Volterra si propone particolarmente d'indagare il caso che dette equazioni siano sufficienti a determinare le Sara: teristiche in funzione del tempo. Infine il sig. Appell, col medesimo principio delle caratteristiche, ha dedotto dall'equazione di d'Alembert e Lagrange una forma elegante di equa- zioni differenziali del movimento, applicabili, come le precedenti, a sistemi olonomi e anolonomi, come pure al caso di vincoli dipendenti dal tempo, nella sua Nota Sur les mouvements de roulement — Equations analogues à celles de Lagrange, inserita nel tomo CXXIX dei « Comptes Rendus des Séances de l’Académie des Sciences » di Parigi (1899), e nell'altra Sur une forme générale des équations de la dynamique, pubblicata nel tomo CXXI del « Giornale di Crelle » (1900) (?). Mi permetto di mostrare, con questa breve Nota, come le equazioni del sig. Appell e quelle del sig. Volterra si deducano da una forma di equazioni della dinamica, che si trovano nel $ 493 della mia Meccanica (?), dedotta, alla sua volta, assai speditamente dal teorema di Hamilton: le quali, per quanto apparisce, passarono inosservate, quantunque siano applicate, nel seguente $, a formare le equazioni del movimento di un solido, con un me- todo che ci sembra presentare, in confronto di quello di Kirchhoff, il van- taggio di una maggiore prontezza. Comincierò col rammentare la semplicissima deduzione delle equazioni in discorso. Partiamo dal teorema di Hamilton : (1) Je (T+2)d=0, dove, indicando 91,92, 9 una specie qualsivoglia di coordinate, libere o no, del sistema mobile, si ha (2) SS (3d+ To), ji I=D QU A Ji oi (1) V. anche Appell, Les mouvements de roulement en Dynamique, $ 24 (Scientia 4°). Parigi, 1899. (?) Principii della teoria matematica del movimento dei corpi. Milano, 1896. — 289 — Siano i vincoli rappresentati da (3) x Pi, jdqi==T;dt, ($) — UO ZIORE 0) 1 con che le dq1, 92, ».. Îgn riescono definite da n (4) di Pi; dgi= 0 (Ji 1, 2a, —. M) 1 Queste ultime equazioni potranno sempre supporsi risolute rispetto ad 7. — m delle 091,042, ... 0dn, Se occorre, opportunamente. scelte, quindi tali da fornire (5) dgi= SE 8, (î=1,2,.. n) 1 dove le «,,€2,... &-m Sono altrettanti parametri arbitrarii. Ora (1), conformemente a (2), può porsi notoriamente sotto la forma = (dar _3T mn: ‘) i — Va JE I (1% dd Mi a) (oa che fornisce immediatamente È ic VT de Nella quale relazione introducendo le (5), raccogliendo le singole «,, egua- gliando a 0 il coefficiente di ciascuna, e ponendo Di QEr= E I con che, per (2), (6) IH = E E. <® I si ottiene £ dIT __DI Di fg = My è Case e = (7) —' n dii 3) E, | E, (7 1 3 25 n m) — 290 — Queste sono le equazioni cercate, formanti colle (3) un sistema di x equazioni differenziali, dove / funge da variabile indipendente, e le 91, Q2, + Qn da incognite: valide per sistemi olonomi e anolonomi, e per vincoli indipen- denti e dipendenti dal tempo. Per porre queste equazioni sotto la forma del sig. Appell, basta osservare che da (3) si ricaverà, conformemente a (5), n_M q=E + Drbiroo, @=132;.%) con che e1, 2, »-- 0n-m rappresentano le caratteristiche del movimento del considerato sistema, per modo che ®) i SI Mentre, d'altra parte, posto, col sig. Appell, S=1i\Im(P ++ 2), dove m e x, y, 4 rappresentano la massa e le coordinate del punto generico del sistema, e la somma è estesa a tutti i punti, si ha È TETNET RETE Difatti dS VIA] 3) FONT vg DE GRNTO ( ata dq Ma si ha DI EA mi oi donde e le analoghe. Quindi BIS dI . dI «= dé = m(69 4 Do i di dii Ù dii 4 dgi E stando (Lo) T=iYm(d+4y+#) anche BIS EVIL »i (6354, DEA sl De CARI Me dd dida didgi Wi poichè dda - n dr ; dda dd di dGi EA > wi #6 SI LIT Wi di wo Ciò posto, per (8) e (9), le (7) diventano RT, (r=1,2,..n—m) 1 di dér ossia (7°Îs) 23S = E, (r=1,2,..n- Mm) dé, i È che sono le equazioni del sig. Appell, svincolate da ogni ipotesi speciale sulla scelta delle caratteristiche. Le equazioni del sig. Volterra si ottengono, ponendo le (7), conforme- mente a (8), sotto la forma aa di dii dude lab ossia E SPRT M) dd _ dEi UL IT aid xo i derracra By Be o infine ter LATI vii dEi dT E, n° ES e diver i dt + XE3 Ad + (r=152,.. nm). Queste equazioni si applicano propriamente a qualunque specie di coor- dinate 91,92 ---4n, e a vincoli anche dipendenti dal tempo. Supposto che le 91,92 + dn, con n= 3v, rappresentino le coordinate cartesiane ortogonali, X,Y, 8, di un sistema di v punti, e che i vincoli siano indipendenti dal tempo, si ha, conformemente a (10), UL dT nm ; 7a vob di= tia Do Hiben (C=M620:8v, m==" Ma = Miao) RenpICONTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 37 — 292 — Inoltre, n LE; ? um 93v DEE Ei, i i n; sn di 20 % Da E. Quindi, in dette ipotesi, le precedenti equazioni diventano d DIL nem n_M > (19) O, 3 ci dt dé Zu —° rv uti ove 3y 3y E, ) £ dr } D == DE E FARI Mi = Hiu . I I èdij forma semplice, alla quale (salvo le lettere differenti) si riducono le equa- zioni (C) del sig. Volterra, valendosi delle premesse relazioni, ed eseguendo le operazioni indicate. Termino con brevi osservazioni sull’ opportunità e la legittimità dell’ uso del teorema di Hamilton. Pare a me, quanto ad opportunità, che l'equazione in cui si traduce questo teorema possa sempre considerarsi come una riduzione a forma più concisa dell'equazione di d’ Alembert e Lagrange, che si presta spontanea- mente per la deduzione delle equazioni del movimento in coordinate generali. Quanto a legittimità, all’ eccezione del sig. Appell, che forma oggetto della sua Nota Sur les équations de Lagrange et le principe d’ Hamilton, nel tomo XXVI del « Bulletin de la Société Mathématique de France » (1898), può obbiettarsi che la dimostrazione della incompatibilità di (11) dda = ddab ddqgi = ddqi, nel caso della anolonomia, si fonda sulla deduzione di d[de — (Ada + As dga)} = 0 dall’equazione traducente i vincoli de — (Ada, + Ae dqg) = 0. Ora, ciò signitica imporre al movimento virtuale di soddisfare i medesimi vincoli del movimento effettivo. Che se, conformemente all’ ordinario canone, la variazione relativa al passaggio ad un movimento virtuale si definisce colle (11), e, nel caso in discorso, con dex — (Ai 0g, + As dg) =90, il ragionamento del sig. Appell dimostra come, nel medesimo caso, l' olono- mia sia condizione necessaria e sufficiente perchè coincidano movimento vir- tuale e movimento soddisfacente agli stessi vincoli del movimento effettivo ('). (1) Cfr. Holder, Veber die Principien von Pamilton und Maupertuis, $ 6. Nachrichten der Gesellschaft der Wissenschaften in Gottingen (1896). Patologia vegetale. — Sulla malattia dell’ olivo chiamata « brusca » nel territorio di Lecce. Nota preliminare del Corrisp. G. Cusoni e del prof. U. BRIzI. Nella provincia di Lecce infierisce da qualche anno una grave malattia degli olivi che li rende assolutamente improduttivi. Tale malattia, che sul luogo è denominata drusca, non è nuova, giacchè autori antichi ne parlano e, a quanto sembra, ricorre più funesta periodicamente. Sulle cause che producono questo malanno si è molto discusso, e varie ipotesi più o meno attendibili furono emesse. L'ultima è quella del prof. Comes che studiò sul posto recentemente la brusca e che l'attribuisce senz’ altro al marciume radicale ed alla conseguente gommosi. Uno di noi (Brizi) recatosi sul posto sui primi dello scorso novembre per visitare gli oliveti colpiti, ebbe immediatamente l'impressione che dovesse trat- tarsi piuttosto di malattia crittogamica, giacchè quasi tutte le foglie degli olivi apparivano chiazzate di caratteristiche macchie arsiccie, per una gran- dissima estensione, comprendente tutto il territorio olivato dei paesi di Lizza- nello, Cavallino, Vernole, Castri, Pisignano, Melendugno ecc., al sud di Lecce. Oltre alla presenza delle caratteristiche macchie sulle foglie, facevano subito supporre trattarsi di malattia crittogamica altre circostanze che convalida- vano questa opinione. Infatti, l'esame accurato del sistema radicale della maggior parte degli olivi anche più fortemente colpiti dalla Brxsca, rivelò che le radici erano quasi sempre sane e che non poteva esservi alcun rapporto fra qualche radice superficiale eventualmente marcita e il deperimento generale del fogliame. Inoltre non era possibile spiegare colla sola ipotesi di un marciume radi- cale generale, anzitutto i caratteri della sofferenza del fogliame assai diversi da quelli che sogliono apparire nel vero marciume, ma sopratutto la rapidità con cui la malattia si manifesta, caratteristica delle vere infezioni crittoga- miche, tanto che, in generale, nella prima quindicina di novembre improvisa- mente in pochi giorni molte migliaia di olivi vengono quasi contemporaneamente colpiti. Si aggiunga inoltre che la malattia si presenta specialmente dopo un periodo di nebbie, e sopratutto che la 27rusca ha una spiccata preferenza per quella varietà di olivo detta 0/aro/a, mentre rispetta quasi total- mente la varietà detta nardò, che pur trovasi ovunque commista alla precedente. Lo studio microscopico del materiale raccolto sul posto, svelò la pre- senza sempre costante su tutte le foglie colpite, in corrispondenza delle macchie arsiccie, di un micelio ad ifi septati tenuissimi, non molto facile ad esser messo in evidenza per la sua estrema piccolezza. — 294 — Sul materiale raccolto non si rinvenne sul posto alcuna fruttificazione del fungillo, ma le foglie stesse invase dal micelio e tenute in laboratorio in condizioni opportune svilupparono un corpo fruttifero che permise di riferire il fungillo all'ordine dei discomiceti ed al genere stietis. Ritornati entrambi sul posto alla metà di dicembre, i dubbî che pote- vano rimanere sulla natura della malattia furono risolti completamente, giac- chè i caratteri di essa erano molto più accentuati e di più non solo si rin- venne la fruttificazione del fungo sulle abbondantissime foglie cadute, ma anche su quelle ancor vive e sulla pianta, fruttificazione perfettamente iden- tica a quella ottenuta in laboratorio. L'esame poi delle radici degli olivi più sofferenti nel territorio di Ver- nole confermò una seconda volta non potersi attribuire in alcun modo al marciume radicale la malattia in questione. Non rimane quindi secondo noi alcun dubbio sulla origine crittogamica della dannosissima malattia della drusca nell’agro Leccese. Il fatto ci sembra di grande importanza, poichè non è improbabile che lo studio accu- rato, che vedrà la luce a suo tempo, delle condizioni dello sviluppo del fun- gillo e della sua biologia ci diano una norma sicura, finora completamente mancata, per combattere questa malattia che, colla sua persistenza, ha comple- tamente immiserito e posta alla disperazione la popolazione di molti paesi, pei quali l’unica risorsa è il prodotto dell’ olivo. Meccanica. — Sv alcuni problemi di equilibrio elastico. Nota II (') del prof. ORAZIO TEDONE, presentata dal Socio VOLTERRA. 5. Come una generalizzazione immediata del problema precedente, in- dichiamo, senza insisterci, la soluzione del problema della determinazione della deformazione elastica di un mezzo isotropo ed omogeneo compreso fra le facce di un triedro trirettangolo quando in superficie sono dati gli sposta- menti. Mantenendo, per quanto è possibile, le notazioni precedenti, supponiamo che il mezzo elastico omogeneo di cui vogliamo occuparci occupi il triedro trirettangolo S in cui #,7, sono positive, e chiamiamo 0), 0,03 le facce corrispondenti a #=0, 7y=0, é=0. Insieme ai punti A, A, A3, A3, introduciamo anche gli altri punti A', Ai, Ag, Aj è le distanze: 7", 71, 73,73 di questi quattro punti dal punto (È, 7,6) di S. Come nel caso precedente, noteremo che il valore di una funzione ar- monica in S la quale su 0,,0,,03 assume valori fissati, nel punto A, è dato dalla formola (1) V. pag. 251. — 295 — (8) —2ng=® Li 9(---5+2) do, 4 DO 13 MO d 1 DA d Mt 1) Ti e(GFrata n) +3 Sg } nn DE mentre il valore di una funzione w che in S soddisfaccia all’equazione 4°4*y=0 ed è tale che w e 4°w assumano su 0,,0,03 valori fissati, nello stesso punto A, è dato dalla formola d 1 1 1 1 (9) uni n (ir ita) dat d 1 1 1 1 3 Il 1 il inoy iiitaa) Lo fol, +3) CA Ù n VE 1 a uno 20(- r e (3 S.0N AI, 1 1 «( È (11 I, (0 vi rin Y3 do:+5 | 4 ; PARTA a gue doz. Senza trascriverle, notiamo, pure, che sussistono delle formole analoghe alle (a), (a), (3), (2°), (e), (c') e che si dimostrano allo stesso modo. Ap- plicando la (9) a ciascuna delle (3) e trasformando i risultati con le for- mole a cui or ora abbiamo accennato, si trova, nella ipotesi che 4,0, sieno differenti da zero soltanto su 0): LL ne dd NORSI i el fo su xo) gun 2u 2 foi ap ian per, +Eb8,_ (dì ofi141_ e do, 438; Fi fofiit+) aes + (RNA La QU di fe rv reo ea -"REVARICA Le: Au 2 ( LL 1) 2rv = o( n) ot 2a Day oi. pt do + dele a tanta rrtat Qu * dY +e (1 B)er tft) sven (ei) (LE) pia (fiati) spira (o(fLI4 1) Pa +2 (Be )] — 296, Derivando queste formole successivamente rispetto ad 2,4, sommando e tenendo presente le (8), si trova OR a TA+smo=-[{e(-a-F+a)t DI RS dA pa ELI atenalionorta mita +e Sror)ilt reo) eie +Ea[Le(ti)afa( 1) ] Questa equazione al limite, pera = 0, y="0, #="0, successivamente, chiamando T'(y,), T"(4,), T”"(«,y) il valore limite ed i valori del- ’ l’ integrale (SET 1 d(1° LE dh 6C- 13 va care r3 co bl 1 1 1 ve Corsini ni) perizai=0; y==:0t NOHE Che la formazione dell'acido idrossammico sia dovuta ad azioni secon- darie, vale a dire all'azione dell’idrossilammina sopra l’aldeide (formazione dell'ossima) e successiva ossidazione (‘) non è ammissibile, giacchè il liquido (1) Thum, Monatshefte XIV, 299. (2) A. von Baeyer, Berl. Berichte XXXII, 3625: XXXIV, 853. (3) Berl. Berichte XXXII, 1676. (4) Bamberger, Berl. Berichte XXXIII, 1781. A. — 307 — che forniva le reazioni degli acidi idrossammici non riduceva il reattivo di Fehling. Riduce invece a caldo il nitrato d'argento ammoniacale (come fanno gli ipofosfiti). Estraendo il liquido con etere, e quindi trattando l'estratto etereo nel solito modo, non si hanno le reazioni degli acidi idrossammici; il composto non passa quindi nell’etere. Descriveremo per esteso a suo tempo i risultati delle nostre esperienze. Zoologia. — Sull'esistenza di una secrezione emessa dalla su- perficie del corpo dei Cestodi adulti. Nota di Pro MINGAZZINI, pre- sentata dal Socio TopARO. Dopo di aver mostrato con metodi più esatti di quelli adoperati dai precedenti autori, che dal corpo degli Elminti intestinali, e prevalentemente da quello dei Cestodi, si può estrarre una sostanza a caratteri fisico-chimici determinati, avente proprietà patogene costanti e quasi immediate, capace anche di produrre, quando venga iniettata in dosi piuttosto elevate, la morte di Uccelli e Mammiferi in tempo relativamente assai breve, e quella quasi istantanea di varî Protozoi quando con questi si ponga a contatto ('), io mi sono occupato di una questione attinente a tale soggetto, quella cioè della dimostrazione dell’esistenza di una secrezione per parte della superficie esterna del corpo dei Cestodi adulti. Infatti una fra le più gravi obbie- zioni che potesse muoversi alla teoria della velenosità dei Cestodi, era quella dell’esistenza di una secrezione per parte della superficie del loro corpo, che non era stata fin qui dimostrata da alcuno; perchè l’ estrazione di una sostanza tossica dagli elementi del corpo dei parassiti intestinali, senza distinzione della sua provenienza, coi metodi che attualmente possediamo, non escludeva la possibilità della sua derivazione da organi e tessuti non secer- nenti all’esterno, come per quelli di molti animali è stato già dimostrato da diversi sperimentatori. Mi è sembrato per conseguenza necessario di vedere se col metodo istologico potesse dimostrarsi l’esistenza di una tale secrezione esterna dal corpo dei Cestodi adulti, e dagli studî fatti fino ad ora, che esporrò in succinto nella presente Nota, sono giunto a stabilire: 1) che tutta la superficie del corpo dei Cestodi adulti segrega una sostanza che ha un'azione fisico-chimica notevole sul contenuto intestinale dell'ospitatore; (1) Ricerche sul veleno degli Elminti intestinali, in: Rassegna internaz. Medicina moderna, anno II, n. 6. Catania, 1901. RenpiconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 39 — 308 — 2) che la così detta cuticola, descritta da tutti gli autori i quali hanno fin qui studiato l'istologia dei Cestodi adulti, non rappresenta il rivestimento esterno proprio del corpo di questi parassiti, ma invece è formata da un com- plesso costituito dalle sostanze del chimo intestinale, modificate dall'azione della secrezione esterna del parassita e attaccate intimamente ad un sottile strato chitinoso, che rappresenza la vera cuticola del parassita. Esaminando i diversi lavori degli elmintologi che si sono fino ad ora occupati più o meno estesamente della struttura della cuticola dei Cestodi adulti ('), si nota una grande difformità nella descrizione di questo rivesti- mento esterno del corpo, sia per le diverse specie, sia altresì per la me- desima specie studiata con metodi simili. Così, per citare i più importanti lavori che trattano di questo argomento, noterò che il Wagener già fino dal 1853 descrisse in una serie di Cestodi (Zigula, Triaenophorus, Acan- thobothrium, Cylindrophorus, Taenia) la presenza di peli o villi sulla su- perficie esterna del corpo. Peli o ciglia vennero anche da molti successivi osservatori notati sul corpo di altre specie, e molti anzi sostennero che essi dovessero considerarsi come prolungamenti protoplasmatici delle cellule della subcuticola, passanti attraverso i pori dello strato cuticolare da tali autori notati; così per il Bothriocephalus sostennero il Sommer e Landois; per la Taenia solium lo Schiefferdecker, per molte specie di Cestodi (13 specie di Taenia, 2 Bothriocephalus, 1 Triaenophorus, 1 Ligula) lo Steudener; per il Bothriocephalus e Triaenophorus il Zograf; per i Tetrarinchi il Pintner; per il Calliobothrium uncinatum lo Zschokke ed altri ancora. Ma il Leuckart, pure ammettendo tali formazioni della superficie esterna di molti Cestodi adulti, nega che siano di natura protoplasmatica e collegate al protoplasma delle cellule della subcuticola. In altre specie di Cestodi non sono stati de- scritti simili peli, anzi molti autori notano l’ uniformità della superficie esterna di tali parassiti. Per quanto si riferisce alla stratificazione della cuticola stessa, vi sono pure osservazioni numerose ed in molti casi discordanti. Nel Caryophyllaeus, secondo Will, la cuticola sarebbe composta di tre strati, di diverso spessore, struttura e colorabilità; l’Amphilina, secondo Grimm, l'avrebbe costituita di corpi a forma di cellule, mentre il Salensky la trova formata da uno strato spesso, finamente granuloso, contenente fibrille e nuclei; il Gyrocotyle, secondo Loònnberg, ha la cuticola omogenea e formata da due strati, distinguibili spe- cialmente per il loro comportamento colle sostanze coloranti, mentre, secondo (1) Le indicazioni bibliografiche su questo soggetto, secondo i singoli autori qui citati ed altri di importanza secondaria, che ho trascurato, si possono trovare fino al 1895 nel Braun, Vermes; in: Bronn’s Klassen und Ordnungen des Thierreichs, IV Bd, Abth 1, b Cestodes (fino a pag. 1256); e dal 1896 al 1900 nell’articolo Vermes degli « Zoologischer Jahresbericht » degli anni corrispondenti. — 309 — Monticelli, essa sarebbe vacuolata, e, mediante uno speciale procedimento di tecnica istologica, i detti vacuoli apparirebbero come nuclei, contenenti i relativi nucleoli. Schiefferdecker trova la cuticola della Taenza solium costituita da quattro strati inegualmente spessi e distinguibili per la loro struttura; invece lo Steudener, nelle diverse specie da lui studiate, la descrive bistratificata ; il Zograf, tristratificata ed il Pintner, quadristratificata. Nella stessa specie di Solenophorus, come ha già notato il Braun, il Zograf trova la cuticola . unistratificata, ii Roboz ed il Griesebach, bistratificata ed il Crety tristrati- ficata. Zschokke in diverse specie di tenie, botriocefali e tetrabotri, trova la cuticola in alcune quadristratificata, in altre tristratificata ed in altre ancora bistratificata; l’Idiogenes otidis avrebbe poi, secondo lo stesso autore, la cuticola della superficie esterna del pseudoscolice bistratificata e l’ interna tristratificata. Hamann, nella Zuenza lineata, la trova formata da tre strati di differente struttura, spessore e colorabilità; Meyner, nelle due nuove specie del sottogenere Beriu da lui trovate, descrive la cuticola bistratificata e di- versamente colorabile, mentre al disotto di essa ammette una lamina vitrea, non colorabile e fortemente rifrangente; Morell e Fiilhrmann, l'uno in alcuni botriocefalidi, l'altro in molte tenie degli Uccelli, la descrivono bistratificata. La presenza di pori-canali viene pure da taluni autori ammessa, sia per tutto lo spessore della cuticola, sia soltanto in qualche strato di essa, mentre altri o la negano affatto, ovvero non ne parlano. Così Sommer e Landois, Schiefferdecker, Leuckart, Moniez, Kiessling, Roboz, Griesebach, Zograf, Ha- mann e Kraemer ne sostengono l’ esistenza, mentre Zschokke, Crety, Morell e recentemente anche Zernecke, il quale ha studiato la cuticola della Zigula col metodo del Golgi, la negano affatto ed anche il Braun è del parere che probabilmente i pori-canali manchino in tutti i Cestodi. Le stesse differenze di opinioni si possono notare circa la struttura di varî strati da alcuni autori descritti come omogenei, da altri granulosi o fibrillari e da altri infine in parte omogenei, in parte fibrillari ; ed inoltre alcuni autori vi hanno riscontrato anche inclusioni diverse, come ad es. il Linstow il quale nella cuticola della Tuenzia ursina descrive e figura corpi ovali, nettamente distinti, posti a notevole distanza fra loro; mentre il Monticelli nel Callibothrium corallatum vi trova dei vacuoli e lo Zernecke nella Zigula infossamenti regolari caratteristici, sotto ai quali vi è un prolungamento cel- lulare, che si ramifica a canestro e sta in rapporto con particolari cellule del parenchima, la quale formazione è ritenuta dall'autore in relazione col- l'assorbimento delle sostanze nutritive. Date tali differenti osservazioni sulla struttura della cuticola, insieme a non minori divergenze di opinione sulla costituzione della subcuticola, che qui non è il caso di esaminare, non deve recar meraviglia se nell’ interpre- tazione dei fatti osservati e sul valore morfologico dello strato esterno dei Cestodi, regni ancora una grande incertezza e si debba considerare tale pro- — 810 — blema come non risoluto (cfr. Brann, loc. cit., pag. 1255-56). Così dietro quanto ha sostenuto principalmente il Leuckart, seguìto fra gli altri da Kiess- ling, si ammette, per quanto riguarda lo strato più esterno della cuticola, che molti autori hanno visto distaccato per tratti più o meno considerevoli dai profondi, l’esistenza di mute nei Cestodi, almeno finchè dura il loro ac- crescimento, e per quanto si riferisce al valore morfologico della cuticola stessa, taluni sostengono che essa debba considerarsi come la secrezione di uno strato epiteliale sottogiacente (Leydig, Frey, antica opinione di Leuckart, Zernecke, Blochmann ecc.); altri invece ammettono che sia di natura con- nettivale, perchè considerano i Cestodi allo stato adulto come privi di ectoderma (ultima opinione di Leuckart, Schneider ecc.); altri infine la credono un epi- telio trasformato, nel quale tanto i nuclei, quanto i limiti cellulari siano spariti nella maggioranza delle specie (Monticelli). Ho esaminato la cuticola di varie specie di Cestodi parassiti dei diversi Vertebrati, appartenenti ai generi Acanthobothrium, Mesocestoides, Stilesia, Moniezia, Dipylidium, Oochoristica, Hymenolepis (con alcune specie appar- tenenti al sotto genere Drepanidiotaenia) Davainea, Nematotaenia, Taenia ed ho usato i comuni metodi di fissazione e di colorazione, avendo però cura per una gran parte delle specie di lasciarle aderenti alla mucosa intestinale; in taluni casi ho sezionato al mierotomo l'intiero intestino senza averlo aperto affatto sia prima, sia dopo la fissazione. L'esame istologico delle proglottidi giovani o mature delle diverse specie mostra che le stratificazioni della così detta cuticola dei Cestodi sono dovute in gran parte al contenuto intestinale, sostanzialmente modificato, dell’ ospi- tatore, accumulato attorno alla cuticola vera del parassita, per opera di una speciale secrezione da questo emessa e connesso più o meno intimamente con la superficie esterna del Cestode. Questa connessione del materiale nutritivo è dovuta a due fattori princi- pali: uno cioè è rappresentato dalla sostanza secreta dal corpo del Cestode che coagula attorno al parassita il chimo intestinale modificato dell’ ospitatore, l'aggrega spesso in modo assai uniforme e regolare, così da fargli assumere l'apparenza di una vera e propria cuticola; l’altro fattore è poi quello del passaggio di questo materiale fra i pori canali della cuticola vera del paras- sita. Formandosi per quest'ultima causa tante colonne di sostanza nutritiva entro i pori canali, ed essendo esse intimamente connesse colla massa di sostanza nutritiva esterna, ne viene di conseguenza un'aderenza notevole di questo strato nutritivo col corpo del Cestode, sia vivente, sia fissato con diversi metodi. Ma non sarà sfuggito certamente ad alcun elmintologo, che abbia eseguito sezioni più o meno numerose di Cestodi, il fatto che la così detta cuticola di diverse specie, per tratti più o meno lunghi, sì presenta staccata dal resto del corpo del parassita, ed allora questo si mostra limitato esternamente da una sottilissima zona trasparente, molto rifrangente, più o — 311 — meno incolora e striata in senso radiale per la presenza di pori-canali, zona che è stata veduta, descritta e variamente interpretata dagli autori, ed essa rappresenta la vera cuticola del parassita, mentre lo strato distaccato non è altro che la sostanza nutritiva. Questo dimostra che l'adesione della detta sostanza col corpo del Cestode, sebbene sia abbastanza intima, non è poi tale da rendere impossibile la sua separazione dalla cuticola. Tale constatazione non era del resto sfuggita nemmeno ad antichi elmintologi, i quali non ave- vano a propria disposizione i metodi attuali perfezionati della tecnica isto- logica, sebbene anch'essi come i successivi abbiano erroneamente interpretato il fatto, perchè ad es. P. I. Van Beneden aveva già, fino dal 1858, notato che stendendo dei Cestodi morti, nell'acqua, si formano sulla superficie del loro corpo delle escrescenze, e finalmente si stacca da essi tutta la cuticola, come l'epidermide dell’uomo dopo l’azione di un vescicante. Una tale sepa- razione si ottiene del resto, come io ho constatato per diverse specie, abba- stanza facilmente, ponendo dei Cestodi freschi in soluzione acquosa satura di carbonato di litio. L'effetto prodotto dalla secrezione sul materiale nutritivo circondante il parassita, è diverso a seconda delle specie, e probabilmente ciò è dovuto sia a differenze nella composizione della secrezione stessa, sia alle varie qualità della sostanza nutritiva contenuta entro il lume intestinale nel quale il Cestode vive. In generale però si constata che la zona più esterna del detto strato nutritivo ha una reazione colle sostanze coloranti molto simile, e in certi casi del tutto uguale a quella del chimo intestinale; essa si colora infatti quasi sempre piuttosto intensamente sia col carminio, sia coll’ ematossilina, sia con altre sostanze coloranti. Mentre in molte specie questa zona esterna presenta un limite ben netto, in altre invece si mostra più o meno sfran- giata irregolarmente o regolarmente, dando in quest’ ultimo caso quell’ aspetto villoso o peloso della superficie del corpo dei Cestodi, notato da molti autori che si sono occupati dell'anatomia di questi Platelminti. Nelle sezioni tras- versali d'intestino non aperto prima o dopo della fissazione, si può notare, come ad es. per l’ Oochoristica tuberculata (Rud.) parassita del Gongylus ocellatus, in molte sezioni di proglottidi, la diretta continuità del contenuto intestinale con questa zona esterna e la sua graduale trasformazione in quella sostanza omogenea che costituisce il rivestimento esterno del parassita. In altre specie nelle quali questa zona ha una superficie esterna molto regolare, vi ha una maggiore modificazione del contenuto intestinale, prima che esso entri a far parte del rivestimento di sostanza nutritiva del parassita. Si pos- sono però osservare qua e là nelle sezioni, in diretta vicinanza di questa zona, delle particelle più o meno grandi del contenuto intestinale che vengono modificate dalla secrezione del parassita e che entrano gradualmente a far parte del suo rivestimento. In tali casi l'apparenza della detta zona è così regolare e segue così perfettamente l'andamento della superficie esterna del — 312 — parassita, da assumere l'aspetto di una vera e propria formazione cuticolare; poichè, come succede ad es. nell’ Aeanthobothrium coronatum.(Rud.), essa può presentarsi anche striata radialmente con perfetta regolarità, per succes- sione di piccoli tratti colorati, altri non colorati, i quali dànno l' illusione della presenza in essa di pori-canali, ben visibili anche con mediocri ingran- dimenti, mentre in realtà non sono altro che l'espressione di tratti di sostanza nutritiva più o meno modificata dall'azione della secrezione emanata del parassita. A questa zona esterna succede in molte specie un’altra, posta più interna- mente, nella quale si constata un'azione più intensa della secrezione del parassita, perchè ne risente più direttamente gli effetti. Con taluni metodi di colorazione si osserva che questa zona ha un comportamento inverso colle sostanze coloranti di quella più esterna, poichè sì presenta del tutto incolora. Si può notare o un graduale passaggio dell'una all'altra, ovvero una sepa- razione piuttosto brusca e questo varia colle diverse specie. Anche lo spes- sore di questa zona può essere variabile, e si trovano casi, come ad esempio nell’ Acanthobothrium coronatum nel quale ha un’ altezza tre o quattro volte maggiore della zona esterna e casi nei quali può essere uguale od anche minore di questa. In ogni modo si vede che la sostanza di cui è composta ha subìto maggiori modificazioni, poichè è più compatta e mostra tavolta anch'essa una striatura in senso radiale simulante la presenza di pori-canali, dovuta a modificazioni più o meno profonde, probabilmente in relazione colla secrezione proveniente dai veri pori-canali della sottostante cuticola. In talune specie parassite degli Uccelli (qualche Davainea e Drepanidiotaenia) si può riscontrare in essa la presenza di vacuoli, anche questi forse dovuti all’azione della secrezione della superficie del corpo del parassita. Infine, allorquando questo strato di sostanza nutritiva è considerevolmente spesso, si può notare in esso anche un'ulteriore modificazione, proprio in quella parte che si trova in diretto contatto colla cuticola del parassita, e tale modificazione riesce molto evidente allorquando si facciano doppie o triple colorazioni, ad esempio quella con ematossilina Ehrlich, carminio litico 7 foto ed acido picrico nelle sezioni. Con una tale colorazione, nell’ Acanthobothrium coronatum sì riesce a vedere una zona esterna colorata in violetto scuro dall’ ematossilina, una zona media quasi scolorata o soltanto tinta in giallo chiaro dall’acido picrico, e finalmente una zona interna tinta in rosso rubino dal carminio litico, sottilissima ed a diretto contatto colla cuticola del pa- rassita. La cuticola vera del parassita viene poi in tutte le specie rappresentata da un sottilissimo strato rifrangente, debolmente colorato in giallastro, sempre perforato da numerosissimi pori-canali, nei quali vedesi il passaggio diretto della sostanza pericuticolare sopra descritta nelle cellule dello strato snbcutico- lare. L'apparenza della detta cuticola è simile a quella degli altri animali, — 313 — come Nematodi ed Artropodi, e presumibilmente essa è di natura chitinosa. Il fatto di avere confuso la cuticola vera collo strato nutritivo dei Cestodi, portò Frey e Leuckart a concludere che il rivestimento esterno di questi animali si differenziasse essenzialmente da quello chitinoso degli Artropodi, perchè sotto l'azione della potassa caustica si disgregava in un ammasso di sostanza amorfa e finamente granulosa, solubile con effervescenza negli acidi, e questo fatto fece loro ritenere che nella sua composizione entrasse princi- palmente del carbonato di calcio, la cui presenza venne anche confermata dal Griesebach, mediante reazioni diverse e soprattutto col verde di iodo. Le conclusioni alle quali conducono le presenti ricerche sono di natura morfologica e fisiologica. Morfologicamente, noi dovremo distinguere d'ora innanzi nel rivestimento esterno dei Cestodi adulti due strati di natura e provenienza diversa, appar- tenenti l'esterno all’ospitatore, l'interno al parassita. Al primo dò il nome di strato epicuticolare, formato di sostanza nutritita modificata; al secondo lascio quello di cuticola, perchè rappresenta lo strato di ugual nome presente in altri animali. Tale fatto venne già da me precedentemente dimostrato per i Cisticerchi ed i Cisticercoidi. Fisiologicamente dobbiamo riconoscere che l'alimento fornito dall'ospi- tatore al parassita viene, prima di essere assorbito, notevolmente modificato da quest'ultimo, per opera di una speciale secrezione da esso emanata. Questo fatto dimostra erronee le conoscenze attuali della fisiologia comparata, basate principalmente sui lavori del Fredericq (*), il quale, dietro ricerche eseguite su diversi parassiti intestinali, compresi i Cestodi, sostenne che i parassiti mancassero di succhi digestivi proprî, spiegando ciò colla supposizione che essi assorbissero, senza modificazione ulteriore, le sostanze già digerite dai succhi dell’ ospitatore. Infine va notato che allorquando il corpo del verme viene a contatto diretto colle cellule dei villi intestinali, come succede sempre per le prime porzioni del corpo a cagione dell’ adesione del parassita alla mucosa intesti- nale, come avviene anche per una certa parte del corpo in quelle specie che normalmente per un tratto più o meno lungo s'insinuano fra i villi intesti- nali (ad es. talune tenie degli Uccelli) e come talvolta accade anche per il corpo di quelle che pure rimanendo libere entro il lume intestinale poggiano direttamente col loro corpo sulla superficie dei villi, la secrezione emessa dal parassita può raggiungere anche le cellule intestinali dell’ ospitatore alte- randole nella forma e nella costituzione. Ciò in parte può anche ascriversi alla pressione esercitata dal parassita su questi elementi, ma l’azione mag- giore deve essere attribuita alla secrezione del corpo del Cestode, la quale (1) La digestion des matières albuminoides chez quelques invertébrés; in Arch. Zool. expér. Vol. VII, 1878, pag. 391. — 8314 — come modifica le sostanze del chimo intestinale, così esercita pure un’ azione notevole sul protoplasma delle cellule dei villi. E forse in questi casi, venendo assorbita la secrezione dall’ ospitatore, si hanno i particolari disturbi prodotti dalla presenza dei Cestodi nel corpo dell'uomo e degli animali. Patologia. — L'azione dei farmaci antiperiodici sul parassita della malaria. Nota VII dei dottori D. Lo Monaco e L. PANICHI, presentata dal Socio LUCIANI. Avendo nella nota precedente dimostrato che l'acqua distillata non ha mai prodotto la separazione del parassita dall'eritrocito, ciò che può facil- mente anche osservarsi esaminando il sangue malarico ottenuto per salasso e disciolto nell'acqua distillata, ne dobbiamo dedurre che l’azione della chinina sul parassita malarico dedotta con l' adoperare le soluzioni di questo alcaloide, non è dovuta al solvente, ma alla sostanza in esso disciolta, cioè alla chinina, la quale in contatto col parassita produce tutta quella serie di fenomeni che già abbiamo descritto. Si potrebbe però pensare, e così credono Bignami e Capogrossi, che l'azione della chinina in vitro non corrisponda a quella che questo alcaloide produce nel torrente circolatorio. Lo Monaco e Panichi, dicono i nostri con- traddittori, adoperano soluzioni chinizzate contenenti poco cloruro sodico, mentre quando si somministra la chinina a un malarico, essa passa in circolo dove deve agire in presenza di un liquido la cui concentrazione è uguale a quella di una soluzione 0,90 °/ di cloruro sodico. In verità difficile ci riesce @ preori il comprendere, perchè la soluzione da noi adoperata, la quale non permette la diffusione dell’ emoglobina dei globuli rossi contenuti nel preparato, debba essere dichiarata ipotonica. Se Bignami e Capogrossi sì fossero presa la pena di determinare contemporaneamente tanto in tubi d'assaggio che sotto il vetrino coproggetti, l'isotonia dei globuli rossi, si sarebbero subito accorti che in questo ultimo caso, depositando cioè la goccia di soluzione clorurata al margine del vetrino coproggetti di un preparato di sangue, si raggiunge l'isotonia quando la goccia depositata appartiene alla «soluzione di cloruro sodico che contiene 0,36-0,38 °/ di questo sale, mentre nella serie delle pro- vette, come tutti sanno, i globuli rossi cominciano a trovarsi, lasciando il liquido soprastante del tutto incoloro, nel fondo di quella provetta che con- tiene la soluzione 0,60 °/, di cloruro sodico. Continuando a intervalli e per più ore l'osservazione microscopica del preparato trattato con la goccia di soluzione 0,38 °/,, i globuli si ritrovano sempre normali e di volume costante, mentre se contemporaneamente al primo preparato se ne è fatto un altro, sui globuli del quale ha agito ‘una goccia di soluzione 0,90 °/, dopo qualche ora questi, dal loro evidente raggrinzamento, mostreranno che la soluzione ado- Si perata era per loro fortemente ipertonica. — Evidentemente le condizioni in cui si trovano i globuli rossi disposti nel preparato in unico strato e difesi, anche quando si muovono, per la massima parte delle loro superficie esterne, dalle pareti dei vetrini che li racchiudono, devono rinforzare la loro resistenza agli agenti che tendono ad alterarli. — Nè l'ammettere come isotonica per i globuli del preparato microscopico la soluzione 0,38 °/, di cloruro sodico, o per meglio dire il miscuglio di questa soluzione e del plasma che è rimasto tra i due vetrini, deve recar meraviglia, poichè è noto che il tasso della solu- zione di cloruro sodico isotonica al plasma sanguigno ha variato sempre col variare dei metodi di ricerca per l’isotonia. Mentre, infatti, prima per solu- zione isotonica al plasma sanguigno si riteneva quella la cui concentrazione era uguale a 0,75 °/, di cloruro sodico, ora alcuni, basandosi sui risultati ottenuti con la crioscopia, adoperano come isotonica la soluzione 0,92 °/, e altri quella di 0,82 °/, trovata col metodo degli ematocriti. Da queste esperienze risulta evidente che le soluzioni clorurate e chi- nizzate da noi adoperate per studiare l’azione della chinina sul parassita ma- larico, erano appunto quelle che contenevano per lo meno il 0,38 °/, di clo- ruro sodico, o quantità ancora un po' maggiori di questo sale. Con queste soluzioni convenientemente chinizzate si possono osservare tutte le fasi del- l'azione della chinina sul parassita, senza che esse esercitino alcuna infiuenza sugli altri globuli rossi del preparato; e se ciò avviene in vitro, non c'è ragione che non debba ripetersi nel torrente circolatorio. È vero che Laveran, Marchiafava e Celli, Baccelli, Mannaberg ecc. hanno visto che i parassiti, dopo la somministrazione della chinina, sì ritrovano nel sangue aderenti ai globuli rossi e immobili, ma è altresì vero che Laveran, Baccelli, Rosin, Mannaberg e altri hanno notato che i parassiti dopo la som- ministrazione della chinina si muovono qualche volta anche più vivacemente di quelli non chinizzati. Se poi questi autori non hanno osservato che la prima fase di eccitazione e la terza fase di paralisi, e mai la seconda fase del distacco del parassita, quantunque Mannaberg noti che la più forte azione della chinina consiste nella distrazione dei parassiti, i cui residui liberi si trovano nel plasma; ciò deve dipendere, sia perchè difficilmente si riesce, som- ministrando la chinina, ad indovinare quella tale dose che in circolo produca la sola seconda fase di azione del farmaco specifico, sia perchè nessuno finora si è mai preoccupato di ricercare se le forme libere parassitarie aumentano dopo l'azione dell’ alcaloide specifico. L'assenza di questa osservazione non autorizza però i nostri contraddit- tori a sostenere che in vivo non avviene il distacco del parassita. Per dimo- strare ciò, occorceva fare delle esperienze, servendosi di un metodo di ricerca adatto, per non cadere in errori di apprezzamento. Nei parassiti di sangue di un quartanario, noi abbiamo contato le forme libere parassitarie prima e dopo la somministrazione della chinina nel seguente modo: Ciascuna. osser- RenpIcontTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. 40 — 316 — vazione durava sempre 10 minuti, e il preparato si faceva scorrere sotto il microscopio prima lungo le linee diagonali del vetrino coproggetti e poi lungo i quattro lati di esso. Mettendosi così sempre nelle medesime condizioni di esperimento, finchè l’'ammalato non prese la chinina, si ritrovarono poche (3-4-5) forme libere, mentre nelle ore successive alla somministrazione di un gr. di chinina, se ne potevano in ciascuna osservazione contare dieci. venti e anche trenta. — D'altra parte si ammette (') che la morte del parassita si debba ritenere legata col fatto che questo diviene libero pel plasma, e non sì capisce perchè alla chinina, veleno specitico del parassita della malaria, debbasi @ priori negare un comportamento simile. Ma se è difficile assistere, dopo la somministrazione della chinina, al distacco del parassita, o farsi il concetto, esaminando pochi campi microsco- pici, della presenza di un maggior numero di forme libere; non lo è altret- tanto, sciogliendo direttamente la chinina nel sangue malarico. Questo espe- rimento è stato eseguito prima da Bignami e Capogrossi, e poi ripetuto da noi con leggiere modificazioni. Se, dicono Bignami e Capogrossi, sé fanno preparati, aggiungendo piccolissime quantità di sali di chinina diretta- mente nel plasma senza alcun solvente, il parassita diventa immobile, ma di regola non fuoriesce. Quest ultima espressione noi interpretiamo nel senso che Bignami e Capogrossi hanno qualche volta in quelle condizioni, assistito al distacco del parassita; dimodochè la rarità dell’ osservazione se da una parte si spiega con ciò che abbiamo già detto, dall'altra distrugge tutte le obiezioni dei nostri contraddittori. Noi, invece di aggiungere la chinina di- rettamente alla goccia di sangue che serve per fare il preparato, abbiamo fatto cadere una goccia di soluzione 1:15 di bicloruro di chinina in una pro- vetta contenente venti gocce di sangue di un quartanario doppio ricco di pa- rassiti. Dopo trenta minuti osservando più preparati di questo sangue, ab- biamo notato che le forme piccole della quartana, che sono resistentissime alla chinina, erano tutte libere nel plasma, mentre le forme più sviluppate si trovarono contratte e sempre aderenti ai globuli rossi. Vogliamo sperare che per questa esperienza la quale venne più volte ripetuta, l' obiezione dell’ipotonia ci venga risparmiata; e crediamo di avere esaurientemente dimo- strato che la chinina in circolo presenta tutte le fasi della sua azione, nella medesima maniera come sono state da noi descritte sperimentando in vitro. Ci resta ora da esaminare perchè, depositando sul margine del vetrino coproggetti del preparato di sangue malarico una goccia di soluzione di clo- ruro sodico di concentrazione superiore a quella che noi in queste condizioni riteniamo come isotonica, i parassiti diventano immobili, anche quando questa soluzione contenga un percento di chinina che sciolto in acqua distillata o in soluzione 0,38 °/, di cloruro sodico produce su altra egnale forma parassitaria (1) Bastianelli, Sull infezione malarica primaverile. Riforma Medica, 1890. — 317 — il fenomeno del distacco. Evidentemente il sale ha un'azione velenosa sul protoplasma dei parassiti, come lo ha sulle amebe di acqua dolce (Lauder- Brunton). È noto che in piccolissime quantità, in soluzione dell’1°/, versata lentamente, questo sale dapprima ravviva i movimenti protoplasmatici delle amebe di acqua dolce, poi cagiona subitanea contrazione tetanica con espul- sione dell'alimento, se ne conteneva, e talvolta anche del nucleo. Aggiungendo acqua che diluisca il miscuglio, le amebe possono riprendere ì movimenti. Son note anche le esperienze di Marchiafava e Celli, di Laveran ecc., i quali trattando il parassita malarico con soluzioni 0,50-0,75°/ di cloruro sodico, aggiunte al preparato di sangue malarico, hanno visto i parassiti diventare immobili. Si dice (') che leggiere febbri di malaria sieno state guarite dopo ingestione di forti quantità di sale. Tutti questi fatti mostrano che il cloruro sodico maschera l’azione della chinina sul parassita, e ci rende evidente la causa perchè zx vitro finora non era stata dimostrata l’azione della chinina sul parassita ; riuscendo le soluzioni adoperate a tale scopo, ipertoniche e quindi velenose per il parassita. Come prova di quanto abbiamo detto, ci sì permetta di riferire un'ultima esperienza. Se a un tubo d'assaggio contenente pochi centimetri cubici di sangue malarico, si aggiunge un' eguale quantità di solu- zione di cloruro sodico 5°/, dopo più giorni si vedrà che mentre nel tubo di controllo tutte le forme parassitarie si sono rese libere, nell'altro invece dopo otto giorni, tutti i parassiti si ritrovano sempre aderenti ai globuli rossi raggrinzati e più colorati di quelli normali. — Ciò mostra quanta influenza esercita il cloruro sodico sul parassita malarico. Il resoconto della comunicazione di Bignami e Capogrossi finisce con l’an- nunziare che dal meccanismo secondo il quale avviene il fenomeno, si può ricavare un nuovo argomento în favore del concetto che la sede del paras- sita sia endoglobulare. Noi nelle precedenti note abbiamo sostenuto la tesi contraria, e vorremmo rispondere anche a questa obiezione, se dal resoconto della comunicazione fossimo riusciti a capire quale è questo nuovo argomento. Aspetteremo quindi la pubblicazione del lavoro; e uno di noi che ha già studiato questa questione in special modo, valuterà i nuovi argomenti di Bignami e Capogrossi (°). (1) Binz, Deut. Medic. Wochens, 1894, n. 6. (2) Quando questa nota era pronta per la pubblicazione ci è stato inviato l'estratto del lavoro del dott. Capogrossi, il quale non aggiungendo nulla di nuovo a quanto era stato comunicato dal prof. Bignami, non ci obbliga a ritornare sull'argomento. Solamente notiamo che l’A. spiega la separazione del parassita dal globulo rosso, con il disequilibrio della pressione osmotica stabilitosi tra l’eritrocito parassitifero e il liquido ipotonico che lo circonda. St può ammettere, aggiunge il dott. Capogrossi, che mentre l’emoglobina si discioglie, lo stroma imbevendosi di liquido e facendosi sferico, spinga fuori il parassita. Ma siccome il distacco del parassita dal globulo rosso per azione dell’acqua distil- lata o delle soluzioni di chinina, per lA. avviene ora sì, ora no, così egli ricorre a un’altra — 318 — Assemblea generale dell'Associazione internazionale delle Accademie. — Relazione sulle adunanze del 1901. L' « Associazione internazionale delle Accademie », fondata a Wiesbaden nel 1899, comprende attualmente 18 Accademie, cioè quelle di: 1) Amster- dam; 2) Berlino; 3) Bruxelles; 4) Budapest; 5) Christiania; 6) Copenaghen; 7) Gottinga; 8) Lipsia; 9) Londra; 10) Monaco; 11-13) Parigi (Académie des Inscriptions et Belles Lettres, Académie des Sciences, Académie des Sciences morales et politiques); 14) Pietroburgo ; 15) Roma; 16) Stockolma : 17) Vienna; 18) Washington. La prima Assemblea generale della detta Associazione ha avuto luogo a Parigi dal 16 al 20 aprile del corr. anno, ed ha discusso tutte le proposte che figuravano all'ordine del giorno; vi hanno preso parte i delegati di tutte le Accademie componenti l'Associazione, ad eccezione solamente di quella di Washington ('). Quasi tutte queste Accademie hanno una « Sezione di scienze » o Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali; ed una « Sezione di lettere » 0 Classe di scienze morali, storiche e filosofiche. Conseguentemente l'Assemblea era distinta in una sezione di scienze ed una di lettere, ciascuna delle quali ha discusso separatamente le proposte che la riguardavano; mentre le pro- poste di interesse generale sono state discusse dall’ intera Assemblea in se- zioni riunite Nella « Sezione di scienze » l’ ordine del giorno portava quattro proposte : La prima che si riferisce alla prosecuzione della misurazione dell'arco geodetico lungo il 30° meridiano all'est di Greenwich, fu approvata. La pre- sidenza dell'Assemblea trasmetterà la risoluzione al Governo francese, perchè questo, alla sua volta, voglia trasmetterlo agli altri governi interessati. La seconda proposta, presentata dall'Accademia delle scienze di Parigi, sì riferisce alla verificazione degli strumenti di fisiologia. Fu accettata la pro- ipotesi, e sostiene che il rigonfiamento del globulo parassitifero non si manifesta sempre in modo uniforme, inquantochè delle volte si rigonfia prima il protoplasma globulare e poi quello del parassita, e allora questo diventa libero; altre volte invece si rigonfiano contemporaneamente tanto il globulo che il parassita, e allora questo resta unito all’eri- trocito. Il primo caso si ottiene a preferenza quando le correnti liquide del preparato sono violenti, il secondo quando queste sono deboli. Questa la teoria che l’A. emette, non accorgendosi che egli ridà alla forza della cor- rente liquida che si manifesta nel preparato, ciò che prima aveva attribuito all’azione della ipotonicità delle soluzioni adoperate. (?) Delegati della R. Accademia dei Lincei furono i Soci, professori A. Mosso e I. Guidi. — 319 — posta della Commissione internazionale del Congresso che si doveva tenere in settembre a Torino per il controllo degli strumenti registratori e l’ unifica- zione dei metodi nella fisiologia. La terza proposta, fatta dalla R. Accademia di Sassonia, portava la no- mina di una Commissione per la storia dello sviluppo dell’uomo e degli animali, e per lo studio dell'anatomia del cervello. L'Assemblea nominò una Commissione speciale col mandato di discutere i mezzi più adatti per far progredire gli studî in comune dell’ anatomia del cervello. E fu invitata la Commissione a proporre quali siano i mezzi migliori per formare un sistema internazionale di stabilimenti che siano destinati a sviluppare i metodi di ricerca; ed a raccogliere, con principî uniformi, il materiale di osservazione, e di metterlo alla disposizione degli studiosi che possono averne bisogno. In quarto luogo venne fatta una comunicazione dalla Società Reale di Londra relativa al Catalogo internazionale di letteratura scientifica del quale essa ha preso la direzione. Le varie Accademie riferirono intorno ai lavori già compiti dai rispettivi Stati, e per l’ Italia si annunciò che l’ Ufficio Regio- nale, istituito presso l'Accademia dei Lincei, funziona regolarmente e che già si è posto mano alla compilazione delle schede delle pubblicazioni italiane. L'intera Assemblea, a sezioni riunite, ha approvato la proposta presentata dall'« Académie des Sciences morales et politiques », per lo studio dei mezzi più adatti a preparare e pubblicare un'edizione completa delle opere di Leibnitz. Una Commissione speciale di tre direttori designati rispettivamente dalla « Académie des Sciences morales et politiques » (Parigi), dalla « Académie des Sciences » (Parigi) e dall'Accademia di Berlino (') comincerà dal fare appello a tutte le Biblioteche, per avere una lista completa delle opere stampate e manoscritte, del vastissimo Epistolario ecc. di questo Genio, le cui opere inte- ressano ugualmente le scienze e le lettere, e ne farà il catalogo. La Commis- sione preparerà il progetto metodico per l'esecuzione, da sottoporsi all'appro- vazione della prossima Assemblea generale. L'intera Assemblea ha approvato altresì il regolamento finanziario ela- borato dal Comitato nella sessione di luglio-agosto 1900, non che alcune norme regolamentari relative allo Statuto, fra le quali è notevole quella che le pro- poste le quali debbono essere discusse nell’ Assemblea generale, siano comu- nicate dall'Accademia che le presenta, almeno tre mesi prima della riunione dell'Assemblea medesima. Si è deciso altresì di promuovere le facilitazioni del prestito, con op- portune determinazioni e misure, non solo dei manoscritti, ma altresì di altre suppellettili scientifiche. In questo intendimento ciascuna Accademia interes- serà il rispettivo Governo. (1) Le due Accademie di Parigi hanno designato per direttori il sig. Boutroux (Sciences morales) e il sig. Poincaré (Sciences). — 320 — A partire dal 1° gennaio 1902, l’ « Accademia direttrice » dell'Associa- zione internazionale sarà la Società Reale di Londra, ove, nella primavera del 1904, si adunerà la prossima Assemblea generale (!). PRESENTAZIONE DI LIBRI Il Socio CREMONA presenta, dandone notizia, una Monografia del prof. G. TorELLI avente per titolo: SuZla totalità dei numeri primi fino ad un limite assegnato. Il Socio Dini fa omaggio, a nome dell'autore, della pubblicazione: Reéflexions sur l'exposition des principes de la Mécanique rationelle, del Corrispondente G. A. MagGI. COMITATO SEGRETO Il Vicepresidente BLAasERNA dà comunicazione di una lettera colla quale il Socio P. ViLLaRI, pur ringraziando l'Accademia dell'onore fattogli col nominarlo Presidente, dichiara di non poter accettare questa carica. Il Vicepresidente BLASERNA aggiunge che la elezione del nuovo Pre- sidente sarà indetta pei primi del prossimo giugno, all'epoca delle adunanze generali. Lo stesso VICEPRESIDENTE informa poscia l'Accademia che il Socio TaccHiNI ha presentato, per ragioni di famiglia, le dimissioni dalla carica di Amministratore. Su proposta dei Soci MarIOTTI e TopaRro, l'Accademia approva all’una- nimità un voto di ringraziamento e di plauso al Socio TaccHIN1 per la co- stante ed efficace opera prestata in vantaggio dell’amministrazione accade- mica. Poscia l'Accademia procede alla nomina del nuovo Amministratore. Il risultato della votazione è il seguente: Votanti 38. — VoLtERRA 35; PiroTrTA 1; STRINGHER 1; Schede bianche 1. Eletto VoLTERRA. Vele: (1) Le sedute dell'Assemblea a Parigi hanno avuto luogo al palazzo dell’ Istituto e i delegati delle Accademie ebbero accoglienza oltremodo cortese dal dotto Consesso che altresì offrì loro un banchetto al nuovo Hòtel du Palais d'Orsay, un’interessantissima gita allo storico castello di Chantilly ed una rappresentanza di gala alla Comédie frangaise; il Conte di Franqueville, Presidente attuale dell'Istituto, e il sig. Sénart de l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres invitarono a squisite audizioni musicali. Inoltre la Città di Parigi offrì ai delegati un banchetto con ricevimento nel sontuoso palazzo dell'Hotel de Ville, e lo stesso Presidente della Republica francese fece loro l'onore di invitarli a déjeuner all’ Eliseo, intrattenendosi poi affabilmente con essi. — 321 — INDICE DEL VOLUME X, SERIE 5°. — RENDIGONTI 1901 — 2° SEMESTRE. INDICE PER AUTORI A AmaALDI. « Le superficie con infinite tras- formazioni conformi in sè stesse ». 168. ANDERLINI. V. Masini. ANGELI. « Sopra alcuni acidi dell'azoto ». 158. — e AngeLIco. « Ricerche sopra alcuni composti dell'azoto ». 303. AnseLIco. V. Angeli. ArtINI. « Di una nuova specie minerale trovata nel granito di Baveno ». 139. B BertoLO. « Sull’ Artemisina ». 111. BeroccHI. Fa omaggio di alcune pubblica- zioni dell’architetto Busiri- Vici e ne parla. 278. BrancHI. « Sopra una proprietà generale delle linee di curvatura di una super- ficie ». 283. BLasERNA (Vicepresidente). Dà comunica- zione del telegramma di auguri inviato della Presidenza a S.M.il Re in occa- sione del Suo genetliaco, e di quello di ringraziamento mandato in nome di S. M. all'Accademia dal Ministro della R. Casa. 249. —- Presenta, a nome del Socio J/osso, una copia della tessera coniata in occasione del recente Congresso internazionale di Fisiologia tenutosi in Torino. 279. — Comunica le dimissioni del Socio T'ac- chini dalla carica d’Amministratore. 278. Briost e FARNETI. « Intorno all’ avvizzi- mento dei germogli di gelso ». 61. Brizi. « Una nuova forma di Botrytis parassita del Diospirus Kaki ».75. — V. Cuboni. C Cagni. È eletto Corrispondente. 59. — Ringrazia. 218. Camperti. « Sulla relazione fra la solubi- lità e il calore di soluzione ». 99. Cannizzaro. « Sull’insegnamento dell’ Elet- trochimica ». 163. CareLLi. È eletto Corrispondente. 59. — Ringrazia: 218. CarraARA. È approvata la pubblicazione della sua Memoria: « Influenza del sol- vente sopra i numeri di trasporto »; e dell'altro suo lavoro, in collaborazione col dott. Coppadoro: « Sul comporta- mento e sul punto di fusione di alcune sostanze organiche a bassissima tem- peratura ». 217. CasreLnuovo. È eletto Corrispondente. 59. — Ringrazia. 218. CeRRUTI (Segretario). Dà conto della cor- rispondenza relativa al cambio degli Atti. 218; 279. — Presenta le pubblicazioni giunte in dono, segnalando quelle dei Soci: Bassari. 279; Boussinesq, Cocchi, Dalla Vedo- — 322 — va, D' Ovidio. 217; Haeckel, Helmert. 278; XAlebs, Kòlliker, Nansen. 217; Noether. 278; Riccò. 217; 278. — Fa particolare menzione della nuova edi- zione di un’opera di 7ycho Brahe e del vol. IX delle « Opere complete » di Christiaan Huygens. 217; di alcune pubblicazioni dell'ing. Cadolini. 249; del vol. XI delle « Opere di Galileo Galilei ». 278. Cramician. Fa parte della Commissione esa- minatrice delle Memorie Carrara e Coppadoro. 217. — « Sulla polimerizzazione di alcune clo- roanidridi inorganiche del prof. Oddo ». 291. ComeLta. V. Mameli. Cuppaporo. V. Carrara. CorBino. « Dispersione rotatoria magnetica dei vapori di sodio nell’interno della riga d’assorbimento ». 137. — « Sulla doppia rifrazione circolare e la polarizzazione rotatoria ». 175. CREMONA. Presenta, discorrendone, una Mo- nografia del prof. Z'orelli. 320. Cusoni. È eletto Corrispondente. 59. — Ringrazia. 218. — Presenta un volume intitolato: « L'Ita- lia agricola alla fine del secolo XIX ». 217; il vol. I dell’ « Annuario della R. Stazione di patologia vegetale di Roma ». 279. — e Brzi. « Sulla malattia dell’olivo chia- mata drusca nel territorio di Lecce ». 293. CusHine. « Differenze dell’irritabilità dei nervi e dei muscoli ». 145. D Dini. Fa omaggio, a nome dell’ autore Cor- rispondente /aggi, della pubblica- zione: « Réflexions sur l’esposition des principes de la Mécanique rationelle 320. E EnGELMANN. E eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. F FRANCcEScONI e ReccHI. « Sull’acido nafta- lico e sulla naftalimide ». 85. G Grassi G. B. Commemora il Socio stra- niero fowalewsky. 278. — « A proposito del paludismo senza ma- laria ». 123. Grassi U. « Intorno ad alcune corrispon- denze per proiezione delle superficie ». 64. GuGLIELMO. « Intorno ad un metodo per determinare o per eliminare la costante psicrometrica ». 193. — « Intorno ad alcuni nuovi metodi per determinare il peso molecolare dei corpi in soluzione diluita ». 232. -— Intorno ad una microbilancia idrosta- tica ed al suo uso per la misura di piccole forze ». 259. J JacKson. « Sulla decomposizione di so- stanze albuminoidi nell'uomo sotto- posto a forti strapazzi ». 186. K Kresow e Fontana. « Sulla distribuzione dei peli come organi tattili sulla su- perficie del corpo ». 24. KowaLEwsky. Annuncio della sua morte e sua Commemorazione 278. KricER. « La funzione del nervo glosso- faringeo nella ruminazione ». 188. L LaneLEy. È eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. LAURICELLA. « Sulle funzioni biarmoniche ». 147. — 323 — Levi-Civita. « Sulla resistenza dei mezzi fluidi ». 3. Lo Monaco e PaAnIcHI. « L'azione dei far- maci antiperiodici sul parassita della malaria «. 272; 314. — « Sul fenomeno dell’agglutinazione del sangue dei malarici ». 277. Longo. « Sul significato del percorso endo- tropico del tubetto pollinico ». 23; 50. Loria. « Carattere di divisibilità per un numero intero qualunque ». 150. Luciani. Dà alcune notizie sul Congresso internazionale di Fisiologia tenutosi in Torino. 279. M Macaruso. È eletto Corrispondente. 59. — Ringrazia. 218. Marrucci. « Intorno alla Fisiopatologia del- l'embrione di pollo ». 192. Maggi. « Di alcune nuove forme delle equazioni della meccanica, applicabili ai sistemi anolonomi » 287. MameLI e ComeLLa. « Su un fenomeno che si osserva nella reversione della fiamma ». 139. — V. Oddo. ManzertI. « Sull’uso dell’ elettrodinamo- metro nella misura dei coefficienti di induzione mutua ». 179. MarcoLongo. « Determinazione della fun- zione di Green di grado r, nel caso di una sfera ». 181. MartiROLo. È eletto Socio nazionale. 59. — Ringrazia. 218. MiLLosevicH. « Osservazioni di pianetini recentemente scoperti ». 191. Mingazzini. « Sull’esistenza di una secre- zione emessa dalla superficie del corpo dei Cestodi adulti ». 307. Mosso. Invia una copia della tessera co- niata in occasione del Congresso in- ternazionale di Fisiologia tenuto in Torino. 279. N Nasrxr. Riferisce sulle Memorie de dottori Carrara e Coppadoro. 217. RenpIconTI. 1901, Vol. X, 2° Sem. Nasini e ANDERLINI. « Esperienze al tubo caldo freddo al forno elettrico » 226. NorpeEnsKI6LD. Annuncio della sua morte. 11223 Oppo. « Sui due monocloruri di iodio ». di. — «Sul tricloruro di iodio ». 116. — « Sulle anidridi solforica e disolforica ». 207. — «Su un nuovo azotometro applicabile alla pompa Sprengel ». 268. — e Mamgtr. « I. Sulla reazione di Kolbe per la formazione degli ossiacidi aro- matici in presenza di solventi indiffe- renti. II. Relazione tra questa reazione e il comportamento crioscopico dei fe- noli in benzolo ed altri solventi esenti d’ossidrile ». 240. PagGLIanI. « Sul volume specifico dei li- quidia pressione infinitamente grande ». 69. Panricui. V. Zo Monaco. PeLLIZZARI. « Sulla formula del Triazolo ». 270; 297. PeLLoux. « Appunti sopra alcuni minerali delle Cetine di Cotorniano presso Rosia (in provincia di Siena) ». 10. Picarp. È eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. PickeRING. È eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. PincnerLe. È eletto Socio nazionale. 59. — Ringrazia. 218. Prrorta. È eletto Socio nazionale. 59. — Ringrazia. 218. PizzettI. « Un principio fondamentale nello studio delle superficie di livello ter- restri ». 9; 85. PocHertTINO. « Sulla conducibilità elettrica dei vapori di ipoazotide ». 202. 41 — 324 — R Ricci. «L'’Elephas primigenius della Dobrogea (Rumania) ». 14. —«L’Elephas trogontherii Pohlig. di Montecatini in Val di Nievole ». 93. Riccò. « Lavoro della Stazione internazio- nale nell’Osservatorio di Catania per la Carta fotografica del cielo ». 103. RicHer. È eletto socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. RimatorI. « Dati analitici su alcuni cam- pioni di Manganese di Sardegna ».° 207; 226. Rosati. « Studio microscopico e chimico delle rocce vulcaniche dei dintorni di Vizzini (Val di Noto, Sicilia)». 18. Rosenpusca. È eletto Socio straniero. 59. -— Ringrazia. 218. S Segre. È eletto Socio nazionale. 59. — Ringrazia, 249. Spezia. È eletto Socio nazionale. 59. — Ringrazia. 218. T TaccHINI. Presenta il 1° e 2° volume della 3° serie, delle « Memorie del R. Osser- vatorio del Collegio Romano» e ne parla. 217, TaccHini. Invia le proprie dimissioni dalla carica di Amministratore. 278; 320. — Riceve dall’Accademia un voto di plauso e di ringraziamento per l’opera pre- stata in vantaggio della amministra- zione accademica. 320. Tepone. « Su alcuni problemi dell’ equili- brio elastico ». 192; 251; 294. Toparo. Commemora il Socio straniero Kowalewsky. 278. Tonni-Bazza. « Di una lettera inedita di Nicolò Tartaglia ». 9; 39. V Van*r Horr. È eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. Vinassa DE ReGNY. « Traccie glaciali nel- Montenegro ». 270. VoLtERRA. È eletto Amministratore. 320. W Warcort. È eletto Socio straniero. 59. — Ringrazia. 218. Z ZAMBONINI. «Su alcuni minerali della Rocca Rossa e Monte Pian Real (Val di Susa) ». 23; 42. 5, — INDICE PER MATERIE A ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DELLE Àc- CADEMIE. Relazione sulle adunanze del 1901. 318. AstRONOMIA. Osservazioni di pianetini recen- temente scoperti. E. Millosevich. 191. B BoraAnIca. Intorno all’avvizzimento dei ger- mogli di gelso. G. Briosì e R. Far- neti. 61. — Sul significato del percorso endotropico del tubetto pollinico. B. Longo. 23; 50. C Crimica. Sopra alcuni acidi dell’azoto. A. Angeli. 158. — Ricerche sopra alcuni composti dell’azo- to. Id. e Angelico. 303. — Sull’Artemisina. P. Bertolo. 111. — Sull’insegnamento dell’ Elettrochimica. S. Cannizzaro. 163. — Sulla polimerizzazione di alcune cloro- anidridi inorganiche del prof. Oddo. G. Ciamician. 221. — Sull’acido naftalico e sulla naftalimide. L. Francesconi e V. Recchi. 85. — Esperienze al tubo caldo freddo al forno elettrico. f. Nasini e F. Anderlini. 226. — Sui due monocloruri di iodio. G. Oddo. 54. — Sul tricloruro di iodio. /d. 116. — Sulle anidridi solforica e disolforica. Id. 207. — Su un nuovo azotometro applicabile alla pompa Sprengel. /d. 268. — I. Sulla reazione di Kolbe per la for- mazione degli ossiacidi aromatici in presenza di solventi indifferenti. II. Relazione tra questa reazione e il comportamento crioscopico dei fenoli in benzolo ed altri solventi esenti d’os-- sidrile. /d. ed E. Mameli. 240. CÒimica. Sulla formula del Triazolo. G. Pellizzari. 270; 297. Concorso al premio Santoro pel 1901. 32. Corrispondenza relativa al cambio de- gli Atti. 32; 59; 81; 122; 146; 161; 218; 279. F Fisica. Sulla relazione fra la solubilità e il calore di soluzione. A. Campetti.99. — Disversione rotatoria magnetica dei va- pori di sodio nell'interno della riga di assorbimento. 0. M. Corbino. 137. — Sulla doppia rifrazione circolare e la polarizzazione rotatoria. /d. 175. — Intorno ad un metodo per determinare o per eliminare la costante psicrome- trica. G. Guglielmo. 193. — Intorno ad alcuni nuovi metodi per de- terminare il peso molecolare dei corpi in soluzione diluita. /d. 232. — Intorno ad una microbilancia idrosta- tica ed al suo uso per la misura di piccole forze. /d. 259. — Su un fenomeno che si osserva nella reversione della fiamma. £. Mameli e M. Comella. 139. — Sull’uso dell’ elettrodinamometro nella misura dei coefficienti di induzione mu- tua. PR. Manzetti. 179. — Sul volume specifico dei liquidi a pres- sione infinitamente grande. S. Pa- gliani. 69. — Sulla conducibilità elettrica dei vapori di ipoazotide. A. Pochettino. 202. — 326 — FisroLuGIa. Differenze dell'irritabilità dei nervi e dei muscoli. 7. Cushing. 145. — Sulla decomposizione di sostanze albu- minoidi nell'uomo sottoposto a forti strapazzi. C. Jackson. 186. — La funzione del nervo glossofaringeo nella ruminazione £. Kruger. 188. FisropaToLOGIA. Intorno alla Fisiopatolo- gia dell'embrione di pollo. A. Maf- fucci. 192. FISIOLOGIA SPERIMENTALE. Sulla distribu- zione dei peli come organi tattili sulla superficie del corpo. F. Aiesow e A. Fontana. 24. ForogRaFIa DEL cieLO. Lavoro della Sta- zione internazionale nell’ Osservatorio di Catania per la Carta fotografica del cielo. A. ficco. 103. G GropEsta. Un principio fondamentale nello studio delle superficie di livello ter- restri. P. Pizzetti. 9; 35. GroLoGIA. Traccie glaciali nel Montenegro. P. Vinassa de Regny. 270. L Lettere di ringraziamento delle LL. MM. il Re e la Regina Madre, per la pre- sentazione fatta dall'Accademia alle LL.MM. del Rendiconto della Seduta solenne, del 2 giugno 1901. 80. M MATEMATICA. Le superficie con infinite tras- formazioni conformi in sè stesse. Z. Amaldi. 168. — Sopra una proprietà gonerale delle linee di curvatura di una superficie. L. Bian- chi. 283. — Intorno ad alcune corrispondenze per proiezione delle superficie. //. Grassi. 64. — Sulle funzioni biarmoniche. G. Law- ricella. 147. — Carattere di divisibilità per un numero intero qualunque. G. Loria. 150. MatEMaTICA. Determinazione della fun- zione di Green di grado x, nel caso di una sfera. A. IMarcolongo. 131. Meccanica. Sulla resistenza dei mezzi fluidi. T. Levi-Civita. 3. — Di alcune nuove forme delle equazioni della meccanica, applicabili ai sistemi anolonomi. G. A. Maggi. 287. — Su alcuni problemi dell'equilibrio ela- ‘—stico. 0. Tedone. 192; 251; 294. M MineraLoGIA. Duna nuova specie minerale trovata nel granito di Baveno. £. Ar- tini. 139. — Appunti sopra alcuni minerali delle Ce- tine di Cotorniano presso Rosia (in pro- vincia di Siena). A. Pelloux. 10. — Dati analitici su alcuni campioni di Manganese di Sardegna. C. Rimatori. 207; 226. — Studio microscopico e chimico delle rocce vulcaniche dei dintorni di Vizzini (Val di Noto, Sicilia). A. Rosati. 18. — Su alcuni minerali della Rocca Rossa e Monte Pian Real (Val di Susa). /. Zam- bonini. 23; 42. N Necrologie. Annuncio della morte del Socio straniero Mordenskiòld. 122; KFowalewsky. 278. P ParrontoLoGIa. L’Elephas primige- nius della Dobrogea (Rumania) A. Ricci. 14. — L'Elephastrogontherii Pohlig. di Montecatini in Val di Nievole. /d. 93. PaToLOGIA. L'azione dei farmaci antiperio- dici sul parassita della malaria. D. Lo- Monaco e L. Panichi. 272; 314. — Sul fenomeno dell’ agglutinazione del sangue dei malarici. /d. id. 277. PATOLOGIA vEGETALE. Una nuova forma di Botrytis parassita del Diospirus Kaki. U. Brizi. 15. — 327 — PATOLOGIA VEGETALE. Sulla malattia del- l’olivo chiamata drusca nel territorio di Lecce. G. Cuboni ed U. Brizi. 298. S STORIA DELLA SCIENZA. Di una lettera ine- dita di Nicolò Tartaglia. V. Z'onni- Bazza. 9; 39. ZooLogia. Sull’esistenza di una secrezione emessa dalla superficie del corpo dei Cestodi adulti. P. Mingazzini. 307. ZooLogia MEDICA. A proposito del palu- dismo senza malaria. G. B. Grassi. 123. Tatari ra clic ae dla DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. LIO STESSE Bi QUEEN: PRA RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 1° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 7 luglio 1904. ROMA SI TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI N PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 2% | ; X 1901 \ / \ ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei - qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4.I Rendiconti non riproducono le discus- sionì verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia ; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o + da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti. contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell’ invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. ; 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è messa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei, Serie 1* — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol\LV. V. VI. VIL VI, Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — III-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologich.. Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpIcONTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5* — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 1°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 3°-4°, MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-IIIL MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI I] Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. 19; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-libral : Ermanno LorscHer & (C.° — Roma, Torino e Firenze. Utrico HorpLi. — Milano, Pisa e Napoli. Las RENDICONTI — Luglio 1901. INDICE Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al ? luglio 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI O PRESENTATE DA SOCI Levi-Cwita. Sulla resistenza dei mezzi fluidi (pres. dal Socio Staccd). . . . Pag. Pizzetti. Un principio fondamentale tiello studio delle superficie di livello (enti Des dal Socio Barchi) ea SZ) Tonni-Bazza. Di una lettera ia di Nicolò Tartaglia (ras: dal AA Certo 0). SEN Pelloux. Appunti sopra alcuni mineràli delle Cetine di Cotorniano presso Rosia (in provincia di Siena) (pres. dal Socio Struevér) . \./.. . ” Ficci. L’Elephas primigenitis della E i) e ui Conan De Ste: SONAR ERIN 1 JORSSARNE ; BIRRA, fosati. Studio microscopico e chimiéo delle rocce coltagiolie 5 dn di Vizzini (Val di Noto, Sicilia) (pres. dal Socio St7uever) . . . SEL Zambonini. Su alcuni minerali della Rocca osi e Monte Pisa Real (Val ‘di Susa) (PIERA deo RRRSTENNTI) Longo. Sul significato del percorso o ndotropico Fia best os ra dal Corrisp. PICO x E) Kiesow e Fontana. Sulla disttitiuzione dei peli come organi tattili cai sip a corpo umano; (pres. idal‘Socio Mosso)... GEM O a CONCORSI A PREMI Concorso ‘al premio Santoro pel ‘1901 CORE. CORRISPONDENZA Corrispondenza relativa al cambio degli Atti... . ./.0. 0.04 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. ® Sosta Nota sarà pabtioala nel prossimo fascicolo. 24 32 i ninni e n site etti di LD al (o De | DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCOVIII. 1901 o Bre BI @ UdEN IA RENDICONTI. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° —f Fascicolo 2° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 24 luglio 1901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE 16 Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche enaturali valgono lenorme seguenti : 3 ; 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon» denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 8. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4.1 Rendiconti non riproducono le discus sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all'autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria ‘agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. siete init mt | TE ISTE Ace Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 12 — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). ù Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. --2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VII. Serie 3a — TraNnsUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — INI-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpIcoNTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MemorIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5° — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 2°. REND:ICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 39-40. MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-II. MEMORIE della Classe di scienze morali, storîche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DPI LINCHI 1 Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all’anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. 19; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Lorscner & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. RENDICONTI — Luglio 1901. INDICE Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Comunicazioni pervenute all’ Accademia sino al 21 luglio 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI O PRESENTATE DA SOCI Pizzetti. Un principio fondamentale nello stuilio delle superficie di livello terrestri (pres. dal Socio Bianchi). . . . . EA LE Tonni-Bazza. Di una lettera alito di Nicolò Tartaglia nea dal Socio 0, A IT Zambonini. Su alcuni minerali della Rocca Rossa e Monte Pian Real (Val di Susa) (pres. dal Socio Struever) . . . È Va Longo. Sul significato del percorso ondate del tipe Dai, ui dal Corrisp. VERMI IT LE RE ICORVA RL RNVLIA REDIGE RAI Oddo. Sui due ISRUA di fado e dal Bic Paterno) A I IONE ELEZIONI DI SOCI Risultato delle elezioni nella Classe di scierize fisiche, matematiche e naturali. Elezione dei signori: Pincherle Salvatore, Segre Cortado, Spezia Giorgio, Mattirolo Oreste, Pirotta Romualdo a Soci nazionali; Capelli Alfredo, Castelnuovo Guido, Cagni Umberto, Ma- caluso Damiano, Cuboni Giuseppe a Corrispondenti; Picard Emilio, Pickering Edoardo, Langley Samuele, Van t° Hoff Jakob Heinrich, Rosenbusch Karl Harry Ferdinand, Wal- cott Carlo, Engelmann Teodoro e Richeb Carlo a Soci stranieri . . . . E e I) CORRISPONDENZA Corrispondenza relativa 21Cambio degli AMD E dd 59 LARE RE sur REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. L29204 pio E EQ UTENCT A RENDICONTI la, Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 3° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 4 agosto 1901. J E ZIAIAII n SNA an Ins; tu {ca \ 4! ife L3 SOTA! si L\\ 3a VS i 9017 "i x urea Nletional Muse nn ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un’annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della’-spesa è posta a suo carico. 4.I Rendiconti non riproducono le discus: sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com: missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conelude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell'Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 5) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 dello Statuto. i 5.L’ Accademia dà gratis 75 estratti agli au-' tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei, La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 12 — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2*> MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Nol INV: VIS-VIL:VIII. Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — III-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RENDICONTI Vol. I-VII. (1884-91). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5° — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 3°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 39-40. MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-II. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1 Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all’anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. 19; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Loescher & C.° — Roma, Torino e Firenze. Urrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. vele RENDICONTI + Aeg 1 sé MEMORIE E NOTE DI $ adi È Briosi e Farneti. Intorno all'avvizzimento dei Grassi. Intorno ad alcune corrispondenze per DICO Se (O Pagliani. Sul volume specifico A bpiù a Dr Blaserna); SR so Brizi. Una nuova forma di Botrytis parassit Cuboni). <.<... è Lettere di ringraziamento delle LL. MM. E Rù e] dall'Accademia alle LL. MM. del Rendiconto della Corrispondenza relativa al cambio degli Atbi «de BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Shel | DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCRI ANNO CCXCVIII. cal Ss Bibo LB Q, VUTN"TD A RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 4° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 18 agosto 1901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEI CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE JE Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Peri Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. 1 Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono lè Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l’Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com. missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conelude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 2) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra; ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell’invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casì, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26‘ dello Statuto. 5.L° Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di unnumero di copie in più che fosse richiesto. è messa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei, Serie 1 — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VIII Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1,2). — II. (1, 2). — IN-XIX. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII % Serie 4* — ReNnDICONTI Vol. I-VII. (1884-91). MemORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MemorIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5* — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 4°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 5°-6°. MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-III. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della fr. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all’anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l'Italia di L. 19; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Loescher & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. Classe di scienze fisiche, > 6 ba Comunicazioni pervenute all 4 o (9 MEMORIE E NOTE DI SOCI O PRESEN' Francesconi e Recchi. Sull'acido naftalico e sulla: imide (pr 9 Ricci. L'’Elephas trogontherii Pohlig. d i Corrisp. De-Stefandon a e TI REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. 1901 db: EB @ UEAIN:-T A RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 5° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al A° settembre A901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE E Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei» qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi» cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se ‘provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com. missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio. di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra:. ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro-. posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica nell'ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1* — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VIII. Serie 3* — TrAnsUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — HI-XIX. MemoRrIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RENDICONTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5° — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 5°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 5°-6°. MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-IIIL MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1 Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. 10; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno LorscHer & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico Hoepi. — Milano, Pisa e Napoli. * 2 MEMORIE E NOTE DI 150 sii 0 P PRESENTAT A Grif del-cielo ti cei o cao Bertolo. Sull’Artemisina (pres. dal Socio Canniz: Oddo. Sul tricloruro di iodio be: dal Socio Corrispondenza relativa al cambio dei Aia: BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. Seri DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. 1901 Sub DB O UER'TA RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 6° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino “al A5 settembre 1901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quarta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un’annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. I_L 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com: missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 dello Statuto. 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se ‘estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei, Serie 1 — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VII. Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — III-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpIcONTI Vol. I-VII. (1884-91). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MemoRrIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5 — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 6°. ReENDIcONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 5°-6°, MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali Vol. I-III. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. £®; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Loescner & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrIco HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. RENDICONTI -— Settembre 1901. INDICE Classe di selenze fisiche, matematiche e naturali. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 15 settembre 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI O PRESENTATE DA SOCI Grassi. A proposito del paludismo senza malaria . . . «ii Sano Marcolongo. Determinazione della funzione di Green di 2 n, Ve caso di una sfera (pres. dal Socio Cerruti). . . . È 4 SE SONMBLOL Corbino. Dispersione rotatoria mln ctica dei vapori di sani nell iii della riga di assor- bimento (pres. dal Socio Paternò)... .0. . Mio Ri (51 Mameli e Comella. Su un fenomeno che si osserva xo reversione sella fami (nica Id.)» 139 Artini. Di una nuova specie minerale trovata nel granito di Baveno (pres. dal Socio Struever) » » Cushing. Differenze dell’ irritabilità dei nervi e dei muscoli (pres. dal Socio Aronecker). » 145 CORRISPONDENZA LI Corrispondenza relativa al cambio degli Attigeno. Le N LO AT DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. T9O0% ser EQ OECD. RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 7° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 6 ottobre A901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI | 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso ‘| parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi» cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - 4) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - è) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casì, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. . 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei, La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1% — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2% — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze. fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV: Vi VE VER.VIU Serie 3 — Transunti. Vol. I-VIII. (1876-84). MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — III-XIX. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. © Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpICONTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MeMmoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5* — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 7°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 5°-6°. MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-II MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1 Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l'Italia di L. 10; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno LoescHer & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. iti sita ceo MESSIA: asp CR dii Salle di ni i biarmoniche sa LI, Ca Di «divis i di sio relativa si Sr degl i BuLLETTINO | BIBLIOGRAFICO. Sb [a DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. TOO: serbo ERi QQ, ONESTA RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Volume X.° — Fascicolo 8° 2° SEMESTRE. Comunicazioni pervenute all'Accademia sino al 20 ottobre 1901. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Peri Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1.I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matemetiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4.1 Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca: demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi» cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com. missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell'Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio ' dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra ziamento all'autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell'ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è . data ricevuta con lettera, nella quale si avverte | che i manoscritti non vengono restituiti agli . autori, fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 : dello Statuto. 5. L'Accademia dà gratis 75 estratti agli au- ‘ tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. LITRI: PICENO 0 I IRE RA Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1* — Atti dell’Accademia pontìticia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. 1V. V. VI. VIL VIII Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MeMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — HI-XIX. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XII. Serie 4* — RenpiconTI Vol. 1-VII. (1884-91). MemoRrIE della Classe di scienze fisiche , matematiche e naturali. Vol. I-VII. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serio 5 — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 8°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 5°-6°. MEMORIE. della (Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-1II. MemORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VI. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCE] I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della IR. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. 19; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Loescner & (C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. MEMORIE E NOTE DI | Cannizzaro. Sull’insegnamento dell’ Elettroc Amaldi. Le superficie con infinite trasfor Sei RATE RIA MERA TI Moggi Sull’uso dell'elettrodinamometro né (pres. dal Socio Blaserna) . Jackson. Sulla decomposizione di sostanze 21N (pres. dal Socio straniero Coe - AT TI DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. VOGH ese PI QUOSEEN.T A. RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 3 novembre 1901. Volume X.° — Fascicolo 9° 92° SEMESTRE. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI — PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI | 1901 ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti: 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmento due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un’annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 8. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l'autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4.I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi-. cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro . priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com-. missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con una proposta dî stampa della Memoria negli Atti dell’'Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio . dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- | posta dell'invio della Memoria agli Archivi , dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall” art. pre- , cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. | 4. A chi presenti una Memoria per esame è ‘ data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. . 5.L’Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se . estranei. La spesa di un numero di copie in più: che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. dtd si Prg Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1 — Atti dell’Accademia pontificia doi Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VIL VII Serie 58 — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemorIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2)- — II. (1, 2). — HI-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4° — ReNDICONTI Vol. 1-VII. (1884-91). MreMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5* — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 9°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 7°-8°. MemoRIE della Classe. di sciense fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-II. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. : CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE ‘AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCRI 1 Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche ‘e naturali della I. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- -denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta d'Italia di L. #0; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti «editori-librai : | Ermanno Loescher & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. i. RENDICONTI — Novembre 1901. INDICE Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 3 novembre 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Maillosevich. Osservazioni di pianetini recentémente scoperti . . . . . ... .. . Pag. Mafucci. Intorno alla Fisiopatologia dell’Embrione di Pollo (*). . . RR, T'edone. Su alcuni problemi d’equilibrio: elastico (pres. dal Socio Volterra) e) Anais 0) Guglielmo. Intorno ad un metodo per determinare o per eliminare la costante psicrometrica, e ad un psicrometro assoluto con tre termometri (pres. dal Socio Blaserza) . |...» Pochettino. Sulla conducibilità elettrica dei yapori di ipoazotide (pres. /d.) . /./... » Rimatori. Dati analitici su alcuni campioni di Manganese di Sardegna (pres. dal Socio Struever) (#*) NEI CATE TARE CARS Oddo. Sulle sig solforica e Li gue dal - Pata da adi RELAZIONI DI COMMISSIONI Nasini (relatore) e C7amician. Relazione sulle Memorie: « Influenza del solvente sopra i nu- meri di trasporto » del dott. Carrara; e «Sul comportamento e sul punto di fusione di aleune sostanze organiche a bassissima temperatura » dei dott. Carrara e Coppadoro. » PRESENTAZIONE DI LIBRI Cerruti (Segretario). Presenta le pubblicazioni giunte in dono; segnalando quelle inviate dai Soci Cocchi, Dalla Vedova, D' Qvidio, Riccò, Boussinesq, Klebs, Kolliker, Nansen; fa inoltre particolare menzione dell’opera: « De Nova Stella » di Zycho Brahe, e del vol. IX delle « Opere complete » di Christiaan Huygens. . . . ” Tacchini. Presenta il 1° e 2° volume della 8* serie delle « Mente (I R. O del Collegio-Romano:»\eEne :discorre; > egg Cuboni. Presenta un volume intitolato: « L'*Italia agricola alla fine del secolo XIX» e ne parla ca ni ia N e TI 0 AMO oO RN TIA O IA OR PERSONALE ACCADEMICO Blaserna (Vicepresidente). Dà comunicazione delle lettere di ringraziamento inviate, per la loro recente nomina, dai Soci nazionali: Mattirolo, Pincherle, Pirotta e Spezia; dai Corri- spondenti: Cagri, Capelli, Castelnuovo, Ouboni e Macaluso; e dai Soci stranieri: Engel mann, Picard, Pickering, Richet, Rosenbusch, van't Hoff e Walcott . . . ... » CORRISPONDENZA Cerruti (Segretario). Dà conto della corrispandenza relativa al cambio degli Atti . . . » BULLETTINO BIBLIOGRAFICO, (*) Questo lavoro sarà pubblicatg nei volumi delle Memorie. (**) Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. 191 192 » 217 218 | | I AUT DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCOVIII. 1901: Sio e Y, URESNEEEA. RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del A7 novembre 1901. Volume X.° —f Fascicolo 10° 2° SEMESTRE. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 [fl sc cc@o@eEcuu©(-,EEéé ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un’annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4.1 Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell'Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conelude con una delle se- guenti risoluzioni. - @) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi dell’ Accademia. 8. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall’art. 26 dello Statuto. ‘5.L’ Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è morsa a carico degli autori. Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1* — Atti dell'Accademia pontificia doi Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2° MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VIL VIII. Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MemorIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — IL (1, 2). — III-XIX. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4° — ReNDICONTI Vol. I-VII. (1884-91). MeMoRIE della. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. i Vol. I-VII. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 58 — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 10°. ReENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 7°-8°. MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-IIIL MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all’anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l’Italia di L. £®; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno Loescner & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULRICO HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. RENDICONTI — Novembre 1901. INDICE Classe di scienze fisiche; matematiche e naturali. Seduta del 17 novembre 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Ciamician. Sulla polimerizzazione di alcune cloroanidridi inorganiche del prof. Oddo . Pag. Nasini e Anderlini. Esperienze al tubo caldo freddo al forno elettrico (*). . ROLIS E) Rimatori. Dati analitici su alcuni campioni di Mariganese di Sardegna (pres. dala Sue ” Guglielmo. Intorno ad alcuni nuovi metodi per determinare il peso molecolare dei corpi in soluzione diluita (pres. dal Socio Blaserza). . . SE GIIRA 3 RUE Oddo e Mameli. I. Sulla reazione di Kolbe per la foninidione degli Se snom in presenza di solventi indifferenti. II. Relazione tra questa reazione e il comportamento erio- scopico dei fenoli in benzolo ed altri solventi esenti d'ossidrile (pres. dal Socio Paternò) » PERSONALE ACCADEMICO Cerruti (Segretario). Presenta due pubblicazioni dell'ing. Cadolini e ne parla. . . . . » CORRISPONDENZA Blaserna (Vicepresidente). Dà comunicazione del telesramma di auguri inviato dalla Presi- denza a S. M. il Re in occasione del Suo senetliaco, e di quello di ringraziamento man- dato in nome di S. M. all'Accademia dal Ministro della R. Casa... Detto. Comunica una lettera del prof. Segre, che ringrazia per la sua recente nomina a Socio EVA) OMAR A A AN I RA e (*) Questo lavoro sarà pubblicato nei volumi delle Memorie. 240 249 di d AT FA DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCOVIII. EIOT ro ev LEQ INT A RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 1° dicembre 1901. Volume X.° — Fascicolo 11° 2° SEMESTRE. TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 ROMA ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE I. Col 1892 si è iniziata la Serse quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci o Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12° pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. ) 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. 4. I Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso parte, desiderano ne sia fatta menzione, essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. y II 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conelude con una delle se- guenti risoluzioni. - a) Con ‘una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell’Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 5) Col desiderio -di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- posta dell'invio della Memoria agli Archivi , dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall art. pre- cedente, la relazione è' letta in seduta pubblica, nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. 5.L' Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se estranei. La spesa di un numero di copie in più che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. RR ON RI PROLE Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1* — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2* — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3» MekmMoORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VII. Serie 3* — TRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — HI-XIX. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpIconTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturati. Vol. I-VII. MemoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5? — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fase. 11°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 7°-8°. MemoRIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturale. Vol. I-III. MamMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCPI I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all'anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per: ogni volume e per tutta l’Italia di L. 10; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai ; + BESTIA Ermanno LoescHer & C.° — Roma, Torino e Firenze. Utrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. RENDICONTI — Dicembre 1901. INDICE Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Seduta del 1° dicembre 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI O PRESENTATE DA SOCI Tedone. Su alcuni problemi di equilibrio elastico (pres. dal Socio Volterra) . . . . Pag. Guglielmo. Intorno ad una microbilancia idro$tatica ed al suo uso per la misura di piccole forze (pres. dal Socio Blaserna). . . ” Oddo. Su un nuovo azotometro applicabile alla pompa Spronfial i dal Sica Pater) D) Pellizzari. Sulla formula del Triazolo (pres. MW.) È). . . è. . ia Vinassa de Regqny. Traccie glaciali nel Montdnegro (pres. dal Sara Celio I e LINO Lo Monaco e Panichi. L'azione dei farmaci 4ntiperiodici sul parassita della malaria (pres. dall Soc ZUNE BENSI DI Id. Sul fenomeno dell’agglutinazione ne ap dei dirsi (0 Ia) on ERI PERSONALE ACCADEMICO Blaserna (Vicepresidente). Dà il doloroso annuncio della perdita fatta dall'Accademia nella persona del Socio straniero Kowalewsky. , . . + REN E I i) Todaro e Grassi. Commemorano brevemente ij defunto iron RRIna On Blaserna (Vicepresidente). Dà comunicazione delle dimissioni presentate dal Socio “P'acchani dalla carica di Amministratore; ed aggiurige che si procederà alla nomina del muovo Amministratore, in una prossima seduta delle due: Classtiriumite eee PRESENTAZIONE DI LIBRI Cerruti (Segretario). Presenta le pubblicazioni giunte in dono, segnalando quelle inviate dai Soci Riccò, Bassani, Haeckel, Helmert, Loekyer, Noether; fa inoltre particolare menzione del vol. XI della edizione nazionale, sotto gli auspici di S. M. il Re, delle « Opere di Galileo Galilei» .. . . CEI Betocchi. Fa omaggio di diet abi dell'architetto ‘Bai Vinci e ne ana) DOO Cuboni. Presenta il vol. I dell’« Annuario della R. Stazione di patologia vegetale di Roma » CORRISPONDENZA Blaserna (Vicepresidente). A nome del Socio Wosso, fa omaggio di una copia della tessera coniata in occasione del recente Congresso internazionale di fisiologia, tenutosi in Torino » Luciani. Dà alla Classe alcune notizie sui lavori del Congresso anzidetto . . . . . . » Cerruti (Segretario). Dà conto della corrispondenza relativa al cambio degli Atti . . . » BULLETTINO BIBLIOGRAFICO. (*) Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. (**) Questa Nota sarà pubblicata in uno dei prossimi fascicoli. TRN ETIOPE PA PADRI ALII DER, PORCI ENTIRE 7 DILUITO, ba nico ch GET DELLA REALE ACCADEMIA DEI LINCEI ANNO CCXCVIII. TIO1T Stieg EB U LE INIT A RENDICONTI Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Adunanza delle due Classi del A5 dicembre 1901. Volume X. — Fascicolo 12° e Indice del volume. È 2° SEMESTRE. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI PROPRIETÀ DEL CAV. V. SALVIUCCI 1901 x AO 2tlopal Musei gai mo ESTRATTO DAL REGOLAMENTO INTERNO PER LE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE Col 1892 si è iniziata la Serie quinta delle pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei. Inoltre i Rendiconti della nuova serie formano una pubblicazione distinta per ciascuna delle due Classi. Per i Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche enaturali valgono le norme seguenti : 1. I Rendiconti della Classe di scienze fi- siche matematiche e naturali si pubblicano re- golarmente due volte al mese; essi contengono le Note ed i titoli delle Memorie presentate da Soci e estranei, nelle due sedute mensili del- l'Accademia, nonchè il bollettino bibliografico. Dodici fascicoli compongono un volume, due volumi formano un'annata. 2. Le Note presentate da Soci 0 Corrispon- denti non possono oltrepassare le 12 pagine di stampa. Le Note di estranei presentate da Soci, che ne assumono la responsabilità, sono portate a 8 pagine. 3. L'Accademia dà per queste comunicazioni 50 estratti gratis ai Soci e Corrispondenti, e 25 agli estranei: qualora l’autore ne desideri un numero maggiore, il sovrappiù della spesa è posta a suo carico. Hi 4.1 Rendiconti non riproducono le discus- sioni verbali che si fanno nel seno dell’Acca- demia; tuttavia se i Soci, che vi hanno preso - parte, desiderano ne sia fatta menzione; essi sono tenuti a consegnare al Segretario, seduta stante, una Nota per iscritto. II. 1. Le Note che oltrepassino i limiti indi- cati al paragrafo precedente, e le Memorie pro priamente dette, sono senz’ altro inserite nei Volumi accademici se provengono da Soci o da Corrispondenti. Per le Memorie presentate da estranei, la Presidenza nomina una Com- missione la quale esamina il lavoro e. ne rife- risce in una prossima tornata della Classe. 2. La relazione conclude con una delle se- guenti risoluzioni. - @) Con una proposta di stampa della Memoria negli Atti dell'Accade- mia o in sunto o in esteso, senza pregiudizio dell’ art. 26 dello Statuto. - 3) Col desiderio di far conoscere taluni fatti o ragionamenti contenuti nella Memoria. - c) Con un ringra- ziamento all’ autore. - d) Colla semplice pro- Ù posta dell'invio della Memoria agli Archivi | dell’ Accademia. 3. Nei primi tre casi, previsti dall’ art. pre- | cedente, la relazione è letta in seduta pubblica, | nell’ ultimo in seduta segreta. 4. A chi presenti una Memoria per esame è data ricevuta con lettera, nella quale si avverte che i manoscritti non vengono restituiti agli autori, fuorchè nel caso contemplato dall'art. 26 dello Statuto. 5. L’ Accademia dà gratis 75 estratti agli au- tori di Memorie, se Soci o Corrispondenti, 50 se | + estranei. La spesa di unnumero di copie in più | che fosse richiesto. è mersa a carico degli autori. | ì | il il i | | I | rates Publicazioni della R. Accademia dei Lincei. Serie 1* — Atti dell’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo 1-XXIII. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Tomo XXIV-XXVI. Serie 2° — Vol. I. (1873-74). Vol. II. (1874-75). Vol. III. (1875-76). Parte 1* TRANSUNTI. 2* MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 3* MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. IV. V. VI. VII. VII. Serie 3* — TRrRANSUNTI. Vol. I-VIII. (1876-84). MreMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I. (1, 2). — II. (1, 2). — HI-XIX. MemoRrIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-XIII. Serie 4* — RenpIcoNTI Vol. I-VII. (1884-91). MEMORIE della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-VII. MeMoRIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. Serie 5* — RENDICONTI della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali Vol. I-X. (1892-1901) 2° Sem. Fasc. 12°. RENDICONTI della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-X. (1892-1901) Fasc. 7°-8°. MemoRIE della Classe di sciense fisiche, matematiche e naturali. Vol. I-III. MEMORIE della Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Vol. I-VII. CONDIZIONI DI ASSOCIA ZIONE AI RENDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Accademia dei Lincei si pubblicano due volte al mese. Essi formano due volumi all’anno, corrispon- denti ognuno ad un semestre. Il prezzo di associazione per ogni volume e per tutta l'Italia di L. #0; per gli altri paesi le spese di posta in più. Le associazioni si ricevono esclusivamente dai seguenti editori-librai : Ermanno LoescHER & C.° — Roma, Torino e Firenze. ULrico HoepLi. — Milano, Pisa e Napoli. F- RENDICONTI — Dicembre 1901. INDICE î Glasse di scienze fisiche, matematiche e naturali. Adunanza delle due Classì del 15 dicembre 1901. MEMORIE E NOTE DI SOCI 0 PRESENTATE DA SOCI Bianchi. Sopra una proprietà generale delle linee di curvatura di una superficie. . . Pag. 288 Maggi. Di alcune nuove forme delle equazioni della Dinamica, applicabili ai sistemi ano- lonomi. z Le SAVINI Cuboni e Brizi. Sulla atta dell'olivo dii « AREE E) n Sani di ak A I Tedone. Su alcuni problemi di equilibrio elastico (pres. dal Socio Volterra) . . . .. » 294 Pellizzari. Sulla formula del Triazolo (pres. dal Socio Paterno) . . . » 297 Angeli e Angelico. Ricerche sopra alcuni composti dell'azoto (pres. dal Cosio Ballad) » 303 Mingazzini. Sull’esistenza di una secrezione emessa dalla superficie del corpo dei Cestodi adulti (pres. dal Socio Todaro). . . . È 6 . Lee nd04 Lo Monaco e Panichi. L'azione dei farmaci uti peziodioi ui A dela figlaria (pres. daliSocio SZ2 0010) SORIA SETA. £ da STALLA E Assemblea generale dell’Associazione int ladiiane delle dea Helizione sulle adu- nanze del'1901: i o SR E A RARO el SRI SOLO NZ N AI PRESENTAZIONE DI LIBRI Cremona. Presenta una Monografia del prof. Z'orelli e ne parla . . ........ n 320 Dini. Fa omaggio di una pubblicazione del ('orrispondente Maggi. . . ../......» » COMITATO SEGRETO Blaserna (Vicepresidente). Dà comunicazione della rinuncia inviata dal Socio P. Villari alla carica di Presidente . . . . punt Id. Informa l'Accademia delle gintissioni RT dal Sica Tacchi dalla carica di Ammi- nistratore, Re SOLA » Mariotti e Todaro. Propdigada un voto di cin cotanto e So piso ni pio T'acchidi DILLO Elezione del Socio Volterra ad Amministratore dell’Accademia. .-./././.....» » Indice del vol. X, 2° ‘S6MM@RURBIAUL i, 0,01 CINTO 5 SONE LORO ON LIAA O PALO la n “i i Pi i) — >>>... —_C _ _ _*X**-@® T_* Pale « : = LC (| CCL CC ECC «€. TCC@Wc CE CCC «<<<. e—T- << la < TC TC e (C € C LC TE SEC. SS e < CC A A A Ata, dA NAR: À A A VA La ” A IA) A A AA VA CRE RA pa oe MO AR RS AA vi A AL AAA IA SARAR: mm VANE RARA AAN ANA: AR Mu, RARAA RT PAGA AI VARARA [ANO AN Aù MR (€ a «Ce Cierre CT Ta È < ili È id GR «da ai SISI d «CC TC CCC ANAAO \AAnAhal NANA AVA AA AS BR AA na i na AT Mi; A A) A PR À RARA A )A x ZAR) AN \ A A A Lon lai À sha A RAGA A A A SETE. CE CC «E << SEE da ET. cn CC LC €‘ & (GATA cede ST ea CC METTI € GIGC AIGLC di ST. CTS ai CC c Sasati c& CEE CEE a INA ARGA x ii < CL cu €. - di (MKC A YA C e ISS Ci Se 6 CC & ACARA atea) i EE: Ù Ce = SS Sti CIS Ci ERE SS ecc AR x aZa E _/S Pe > > PPS) ) DID 333) I PVI LI) VII 39 DI DI VIDI DI DID) 2 o .) Il i} ti Ì | ‘ I \OAO Mead *. (E DI DIO TEN Hifi À ei; 5 II PID: DI nai + Wed N) PA 3 QI PALATI PRIZE A f ) N Ne) eo AREZZO Il È AI II VIVAI Ù: ) A) J J #8 iI fi