di PISTA T6 MAY1552 Sa CÈ li si RENDICONTO . ‘DELLE SESSIONI e, DELL? ACCADEMIA DELLE SCIENZE 5: CET | DELL’ :smiTUTO DI BOLOGNA i Anno Accapemco 1851-1852. gi Lai di n i TATA F vaghi Di, RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE © dell' Sstituto di Yologua ANNO ACCADEMICO I851--1852 BOLO@KTA Cihoprofia Sos nelle Giadered. 185206 i BUI! ? spetta 4, gl ì LS sO 0°, Li XE i i fi "ata À DAR RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL’ ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA. Anno Accapemico 1851--1852. PRIAISLIDANDA PROFESSORE CAV. MICHELE MEDICI PER LA TERZA VOLTA. ——>>bbiteseei— | Nelle ferie estive I° Accademia adunata in seduta straordinaria i giorni 1, 8 e 15 Ottobre promosse 1’ Aeca- demico Onorario Prof. Giambattista Belletti ad Accademico Pensionato in rimpiazzo del defunto Prof. Cavara , 1’ Alun- no Dott. Pietro Gamberini ad Accademico Onorario, ed elesse Alunno il Dott. Carlo Massarenti. Nelle stesse ferie 1’ Accademia ricevè in dono le ope- re seguenti: Dal Governo Britannico — Observations . . . . . . Os- servazioni delle straordinarie perturbazioni magne= tiche Vol. I. Dal Governo Toscano — Rapporto della pubblica espo- sizione dei prodotti del 1850. Dall’ Accademia delle Scienze di Pietroburgo — Bulle- tin de la classe historico-philologique. T. VI et VII. Recueil des actes des séances publiques 28 Dicembre 1847, et 29 Dicembre 1848. 4 Mémoires. VI.me Serie. Sciences Mat. Phys. et Natur. T. VII. Seconde P. Se. Natur. T. V. &.me et 6.me livr. Mémoires. VI.me Serie. Sciences Mat. Phys. et Natur. T. VIII Seconde P. Sc. Natur. T. VI. 4,me livr. Mémoires. VI.me Serie. Sciences Mat. Phys. et Natur. T. VII. Première P. Sc. Mat. et Phys. T. V. 3.,me et 4.me livr. Mémoires présentés par divers savants. T. VI. 4.me livr. Dalla R. Accademia Bavarese — Abhandlungen. . . . . Dissertazioni della classe Matematico-Fisica Vol. V. parte 3.* Bullettino pel 1849. Buchner. Discorso sulla Chimica. Dalla R. Accademia di Napoli — Memoriale de’ lavori 1849-50. Osservazioni di Melloni sopra una Memoria offerta in dono all’ Accademia. Dalla R. Accademia di Torino — Memorie Ser. II. T. XI. Dalla R. Accademia di Madrid — Memorias. Ciencias ‘naturales. T. I. P. I. Rendiconti 1849-1850. Dalla P. Accademia de’ N. Lincei — Atti delle sessioni 23 Febb., 25 Marzo, 6 Apr. e 11 Maggio 1851. Dalla Società Medico-Chir. di Bologna — Bullettino di Maggio-Settembre 1851. Dalla Società Editrice — Annali delle Scienze Naturali fasc. di Maggio, Giugno, Luglio e Agosto 1851. Dalla Contessa Elis. Contarini — Trattato delle Attinie del Conte Nicolò Contarini. Dello stesso. Sullo studio degli Insetti ; Cataloghi d’ Uc- celli ed Insetti; Nuova specie di Cecidomia; Bruco che mangia le foglie del moro. Dal Sig. Gaetano Giordani — Descrizione succinta di ciò che si contiene nell’ Instituto di Bologna, e del 5 modo in cui vi si coltivano le Scienze. Minuta del celebre Canterzani. Dai rispettivi Autori. Costa Prof. O. G. — Gita a Pietraroja. Pacini Prof. Filippo — Muffa parasita. Trevisan Vittore — Storia Naturale popolare. T. I.; punt. 185 0e0/255 Caulerpearum Sciagraphia. Alghe Udinesi. Caroli Ferdinandia. Alghe Cocecotalle. Scarpellini Erasmo — Biografia di Cesi. Biografia di Cacciatore. Biografia d’ Inghirami. Volpicelli Prof. Paolo — Lampada elettro-dinamica. Necrologia di Jacobi. Nuova general soluzione della x° +y?°=7?. Sacchetti Dott. Antonio — Sull’ olio di fegato di Merluzzo. Storia di un lupus scrofoloso. Geoffroy Saint-Hilaire Isidoro — (Collections de Jacque- mont. Mammifères et Oiseaux. Sobrero Ascanio — Manuale di Chimica applicata alle Arti. Vol. I. par. I. Berti-Pichat Carlo — Istituzioni d’ Agricoltura. Dispen- se 4-3. Pétrequin J. E. — Chirurgie d’ Hippocrate. Classificazione delle malattie cutanee. Trattamento per gli ascessi freddi. Impiego terapeutico delle preparazioni di manganese. Bosi Prof. Luigi — Elementi di Patologia. Prolegomeni alla Medicina. Massalongo Abramo — Orsi fossili del Veronese. Longo cav. Agatino — Discorso preliminare della Geonomia. 6 Contri Prof. Gian-Francesco — Sulla malattia della vite» Paolini Prof. Marco —- Annotazioni cliniche sulla Pellagra. Aggiunti della nostra Specola — Osservazioni Meteorolo- giche Maggio-Settembre 1851. Golinelli Dott. Luigi — Amputazione di coscia per can- crena spontanea. Senoner Adolfo — Misure ipsometriche nell’ Austria e nel Tirolo. 1.° Sessione Ordinaria. 6 Novembre 1851. Il Presidente nomina suo Vice-Presidente il Prof. Cav. Matteo Venturoli. Si legge Dispaccio dell’ Eiîmo Protettore, che partecipa la nomina del Dott. Lorenzo Respighi alla cattedra di Astro- nomia in questa Pontificia Università, onde gli compete il grado di Accademico Pensionato; ed altro Dispaccio, com cui si approva la nomina de’ Soci Corrispondenti I. Ca- Jandrelli, P. Volpicelli, G. Jan, R. Piria, G. Airy, G. B. Biot, P. Flourens; non che le lettere d’ accettazione e ringraziamento de’ nuovi Socj tanto Residenti che Corri- spondenti. Agli esercizi letterarj diede principio l’ illustre Pre- sidente coll’ elogio del fisiologo Vogli. Gian Giacinto Vogli, nato in Budrio nel 1697, fu in» gegno assai precoce, emulo in qualche modo di Pico, di Clairaut e di Young. Ammaestrato nelle mediche discipline da Stefano Danielli, fu tratto nel partito opposto a’ se- guaci del Malpighi: contro le cui teorie su la generazio- ne, e su la struttura e l’ufficio del cervello sostenne egli di soli 19 anni pubbliche disputazioni; e poco stante, a conferma delle proprie opinioni diede alla luce due ope- ve, intitolata 1’ una Antropogonia, \ altra Fluidi Nervei Historia. Senonchè crescendo in lui cogli anni e col sar 7 pere l’amore della Verità, molte cose venne successiva- mente modificando, fino a discendere tanto in Fisiologia che in Medicina a quella dottrina eclettica, e a quel giusto mezzo fra l’empirismo e il razionalismo, che la nostra scuola ha poi costantemente professato. Bacone nel suo slile figurato avea delto = Empirici, formicae more, con- gerunt tantum et utuntur: ralionales, aranearum more, telas ex se conficiunt. Apis vero ratio media est, quae materiam ex floribus horti et agri elicit, sed tamen eam, propria facultate, vertit ac digerit. = Or niuna scuola più della nostra seguì il costume dell’ape: qui ogni sistema fu ridotto al suo giusto valore: niun sapiente fu disprez- zato, niuno venerato con culto idolatra. E forse che senza l’ opposizione del Vogli sarebber le malpighiane dottrine trascorse ad errori pericolosi: e for- se che, se non avesse il Vogli inculcata tanto presso di noi la dottrina del fluido nerveo, non avrebbe il sommo Galvani pensato all’azione del fluido elettrico sul sistema nervoso; la quale studiata per dieci anni continui lo con- dusse finalmente per fortuna ben meritata a rendersi crea- tore di maraviglioso ramo di Fisica. Fu anche il Vogli distinto naturalista, distinto chimico, Analizzò le acque di Galisano; studiò la natura de’ gessi, onde son ricche le nostre montagne, e in molte disserla- zioni ne trattò in questa Accademia. Morì nel 1762, lasciando due figli degni di lui, Mar- cantonio che professò leggi nell’ Università, autor d’ opere lodatissime, e Giuseppe pur nostro Accademico, famoso per vastità di sapere, più famoso ancora per filantropia, non teoretica ma operosa, uno di quegli esseri angelici, che non vivono per sè, ma pe’ loro fratelli, modello di sacerdote e di cittadino. E qui fu dove il chiarissimo dis- serente polè lasciar libero il corso alla sua eloquenza, co- me avea lasciato libero il corso alla severità della sua critica nell’ esaminare i lavori del padre. 2.8 Sessione ordinaria. 13 Novembre 1851. Si legge lettera dell’ Accademia delle Scienze di Ma- drid , che propone il cambio degli Atti: e la proposizione è accettata con giubbilo dal Consesso. I pericoli a cui sono sottoposti in varii casi non po- chi individui affetti da fratture molto oblique della gamba in causa della difficoltà, od impossibilità di ricomporre, e mantenere in normale direzione tali fratture, richiamarono l’attenzione dei Chirurghi moderni, i quali molti mezzi a ciò proposero, e fra questi la tenotomia sottocutanea del tendine d’ Achille, mediante la quale venendo tolto quel- } attacco con cui i muscoli gemelli e soleo rimangono fissi al calcagno, nè più potendo i medesimi fortemente con- trarsi, manca così del tutto quella forza muscolare, che obbliga ben di frequente i frammenti a sormontarsi, ed a sporgere all’infuori, 1’ esatta coattazione dei quali può quindi ottenersi col mezzo di assai semplici apparecchi. Non convennero però alcuni in simile pratica, presi dal timore che ne potessero rimanere alterate le funzioni del piede. Ma il Rizzoli nella Memoria letta a questo Con- sesso appoggiandosi ad alcune importantissime osservazioni intorno alla riproduzione del tendine d’ Achille completa- mente esciso, od in qualsivoglia modo distrutto , comuni- cate è già oltre un secolo da Pietro Paolo Molinelli al- }P antica nostra Accademia, e convalidate da altre osserva- zioni a lui proprie, si fa a dimostrare come per questi e molti altri fatti che la giornaliera esperienza ci addita sia reso manifesto che l’indicata tenotomia sottocutanea pra- ticata onde ridurre e mantenere ridotte alcune fratture della gamba, oltre essere esente da pericoli, non può compro- mettere le funzioni del piede, e la dichiara quindi non di rado preferibile ad altri processi. Un caso molto impor- 9 tante, e grave curato in simile modo assai felicemente dal- 1’ Autore serve a convalidare il suo asserto. Non ommette però il Rizzoli di indicare, che in alcune circostanze tale tenotomia potrebbe rendersi inefficace, o dannosa; e do- vrebbe quindi essere rigettata, o ad altri espedienti pospo- sta, confermando così che dalla conveniente applicazione di un mezzo dipende l’ottenere qui felici risultati, che altrimenti sarebbe vano sperare. Il Rizzoli inoltre facendo riflesso che se per molta serie di fatti è comprovato potere la natura riescire a ri- parare perdite anche molto estese di sostanza tendinea, tuttavia non potendosi escludere per questo la possibilità che in alcune particolari circostanze tale riproduttivo la- voro o manchi, o sia così incompleto da rimanerne im- pediti necessari, ed assai utili movimenti; onde ovviare a tanto danno, che in un caso assai grave era ragionevole il temere, si prevalse di una risorsa colla quale potè rie- scire ad ottenere quel pieno successo, che ardentemente desiderava. Un giovinetto di 15 anni, in seguito di esplosione d’arma da fuoco, riportò tale lesione alla mano sinistra, per la quale era stata dichiarata indispensabile 1’ amputa- zione della mano istessa. Chiamato il Rizzoli a consulto, ed esaminata quella mano trovò, che il pollice sinistro, col corrispondente metacarpo era arrovesciato all’infuori, mancava l’ indice il di cui metacarpo tuttora aderente al carpo era però nel restante estesamente staccato, e mo- stravasi privo di quasi tutte le parti molli, che a lui so- vrastanno , fratturato in direzione trasversa era il meta- carpo del medio, i di cui tendini estensori vedeansi in gran parte distrutti in corrispondenza al metacarpo istesso in un colle sovrapposte parti molli , questo dito mostravasi notabilmente incurvato a motivo dello stato di contrazione dei muscoli flessori che al medesimo appartengono, allon- tanati dalla normale posizione erano 1’ anulare ed il mi- 10 mimo, distrutta pure vedeasi estesa porzione della cute palmare. Il Rizzoli coll’idea di risparmiare 1’ amputazione, e di porre invece la mano offesa in condizioni da potersi rendere di molta utilità all’ infermo si regolò nella manie- ra seguente: Riflettendo egli, che volendo conservare il superstite, ed in gran parte staccato melacarpo, che corrispondea al- l’indice già perduto, ne sarebbe rimasta una piaga assai vasta, e quindi molto pericolosa, e che 1’ interposizione di quest’osso fra il pollice, ed il medio avrebbe impedito di accostare il pollice stesso al medio dito, quanto era ne- cessario onde evitare la deformità, che senza di ciò nella mano sarebbesi presentata, posta la mano in supinazione si determinò a risecare il metacarpo stesso di basso in al- to, dal suo lato esterno verso l’interno, ed in direzione assai obliqua, o come suol dirsi a becco di flauto, in vi- cinanza alla di lui articolazione col carpo tuttora intatta, nel qual modo ottenne non solo di rendere molto minore l estensione della ferita, ma di permettere ancora al me- tacarpo del pollice d’ accostarsi di tanto a quello del me- dio da ridurre la forma della mano assai più piacevole. Ciò fatto considerando pure, che il guasto nato nei ten- dini estensori del dito medio era tale da non potere con fondamento sperare la riproduzione di tanta sostanza ten- dinea perduta, che valesse a permettere al dito i naturali movimenti, ebbe fiducia di potere meglio in questo riescire ricorrendo al seguente ripiego. Siccome il metacarpo corrispondente al dito medio era fratturato in direzione trasversa in prossimità del carpo, sollevò il frammento superiore , che era il più lungo, lo portò alquanto infuori con delle pinzelte, staccandolo per circa un pollice dalle poche carni cui aderiva, e ne risecò la predetta porzione trasversalmente mercè le cesoje ossi» vore. In tal modo posti a contatto i due estremi del me- 11 tacarpo risecato scemò maggiormente la estensione della ferita, e se ne diminuirono quindi i pericoli, e nel tempo stesso combaciaronsi i troncati, e superstiti tendini esten- sori del dito corrispondente in guisa da farne sperare la reciproca unione. Oltre di che si ottenne ancora, che messi a contatto i due estremi del metacarpo risecato, il dito medio corrispondente, il quale di tutte le dita della mano è il più lungo rimase accorciato quanto era suffi- ciente acciocchè il pollice, che gli era posto a contatto non fosse col proprio polpastrello così distante da quello del medio da renderne molto deforme la mano, e che anzi trovandosi il dito medio istesso vicino al pollice, e più basso dell’ anulare sembrasse per questo l’ indice, 1’ anulare paresse il medio, il minimo figurasse 1’ anulare, e la mano quindi si mostrasse di quella forma abbastanza simetrica, che presenta quando del piccol dito e corrispondente metacarpo soltanto è mancante. Eseguita l’ operazione nel modo de- scritto, accostati i lembi pendenti di cute, e le allontanate dita, ed applicato un opportuno apparecchio di medicatura in meno di 40 giorni senza che l’infermo incorresse nel più che piccolo rischio, si ottenne il completo risarcimento di così grave guasto, rimanendo la mano di assai piacevole forma, come rilevasi dai disegni, e dalle preparazioni in plastica appositamente fatte eseguire dal Rizzoli, della quale mano il giovinelto così bene si serve, da non ac- corgersi direbbesi quasi d’avere nella medesima riportata la descritta assai temibile lesione, 3.8 Sessione Ordinaria. 20 Novembre 1851. Leggesi lettera, colla quale il Vice Segretario della Veronese Accademia di Agricoltura, Commercio ed Arti accompagna il dono dei dodici ultimi volumi delle Memo- rie, e propone il cambio degli Atti; proposizione accettata con piacere dal Consesso. 12 L’ Accademico Piani fa soggetto d’una sua Miscella- nea Analitica la separazion delle variabili nell’ equazioni differenziali, l’analisi d’alcune curve, la cui equazione non è solubile per veruna delle coordinate, e l’analisi de’ sistemi di punti secondo il metodo dell’ illustre Magistrini. Poscia l'alunno dell’ Accademia Dottor Enrico Ven- turini, secondo l’incarico ricevuto dalla Presidenza, rife- risce la dissertazione del chiarissimo Pettenkofer intitola- ta = La Chimica ne’ suoi rapporti colla Fisiologia e colla Patologia = letta all’ Accademia Bavarese. Quando Paracelso insegnava, comporsi il corpo del- l’uomo di due materie, terrena l’ una, l’altra siderea, la quale alla morte staccavasi dalla prima, per formare lo spettro del trapassato ; allora v'era manifesta incoerenza a suppor la macchina umana sottoposta totalmente alle leggi della nostra Chimica, perchè la materia astrale, su cui la morte non avea possanza , dovea di necessità esser re- frattaria agli agenti terrestri. Ma il chimico moderno, il quale nel corpo dell’ uomo non vede se non il fango del- l' Eden, non cade certo in alcuna contraddizione, se pre- tende che appartenga quello, al par del suolo che lo so- stenta, al dominio esclusivo della sua scienza, e, tranne le operazioni dello spirito; consista puramente la vita in un complesso di chimiche azioni. Pur v ha troppo intervallo dal potere alla realtà: e niuno giungerà mai a provare impossibil l'esistenza di forze vitali, di speciali forze che solo si manifestino negli es- seri viventi, e 0 non agiscano punto 0, agendo, rimangan senza effetto negli altri corpi. E quando pur fosse provata la non esistenza di speciali forze della vita, ne seguirebbe solo che la vita potria divenire d’ esclusivo dominio della scienza fisico-chimica, quando questa giungesse a cono- scere tutti gli agenti della Natura, e le leggi loro completa mente: non ne seguirebbe già che la scienza attuale con le sue pile e i suoi apparecchi alla Woolf spiegar potesse 13 le funzioni tutte della vita animale, 0 pur solo vegetabile. Co’ suoi mezzi attuali potrà bene la Chimica trasformare il tizzone spento di Meleagro ne’ brillanti d’ Aleina; ma . tratta nel regno della vita non sarà valevole a produrre una setola di majale od una foglia di cavolo. Che se mai una Chimica perfezionata potrà operare quest’ altri portenti, allora i fisiologi diverran chimici, e non saran certamente sordi alla voce della verità: chè la stessa face della Filosofia, la quale guidò i passi de’ La- voisier e de’ Berthollet, splendeva pure sui Malpighi e sugli Haller, e splende tuttor fulgidissima sulla nobil lor successione. Intanto converrà lasciar loro le forze vitali, almeno quai simboli di potenze fisico-chimiche non anco determinate, quando non vogliansi ammettere (come il complesso de’ fenomeni invita ad ammetterle) quali forze e proprietà esclusive della materia organizzata. A segnare i giusti confini del chimismo e dell’orga- nismo intende il chiarissimo Pettenkofer colla dissertazio- ne, di cui ci esponeva un sunto il Dott. Venturini con tanta nitidezza e precisione. = Sembrami (concludeva il giovine scienziato) che l'Autore abbia avuto mente di mostrare la dignità della chimica, e la sua importanza nel regno della vita orga- nica; di far vedere che se sono falsi i pensamenti di co- loro che le funzioni organiche vorrebbero circoscritte sol- tanto nella sfera delle chimiche reazioni, è del pari de- stituita di fondamento la credenza di quegli altri che nel- l'organismo solo ne vedrebbero volentieri la cagione; che esistono ancora delle imperfezioni nei metodi impiegati dalla chimica organica nelle sue analisi, e nel modo di porgerne al medico i risultati; che finora la patologia non può avere sull’essenza de’ processi morbosi esatte e positive indica- zioni dalla chimica organica, fintanto che questa non ab- bia rinvenuto con quali immutabili leggi accada nell’ or- ganismo il cambiamento della materia, e quale accordo 14 esista fra esso e quello che succede all’ esterno. Quantunque Egli vegga la scienza anche assai lontana ad ottenere sì importanti ed utili risultati , nondimeno profetizza che verrà tempo in cui essa potrà vantare segnalati trionfi in vantag- gio della medicina; ed è condotto ad una sì bella predi- zione dai giganteschi passi che ha fatto la chimica orga- nica nella {breve serie di anni, che essa conta di vita. = 4.*° Sessione ordinaria. 27 Novembre 1851. Mentre il Prof. Fulvio Gozzi, con alcuni suoi dotti lavori, comunicati in varie riprese alla nostra Accademia, veniva mostrando le più rilevanti cagioni per le quali nop di rado avvengono inconvenienti più o meno gravi nell’ e- sercizio pratico delle arti salutari, e ne proponeva modi opportuni onde evitarli, si riserbava però di trattenere in più acconcia circostanza il Consesso, intorno le molte sor- genti di mali, che ponno ancora derivare dagli stessi eser- centi, al che intese con una sua memoria, della quale fece lettura nella summentovata sessione. Compreso infatti 1 Accademico dalla importanza del- l'argomento, lo trattò con tanta estensione, e sapienza, da poter bene sperare, che i di lui consigli seguendo una folla di mali sarebbesi per evitare. Anzi mostrando egli quanto saggiamente, a sì lode- vole scopo abbiano di già cooperato i più inciviliti governi, a loro si rivolge, e gli impegna a continuare con bell’ e- sempio , in sì utile intendimento, ed a metter freno a quelle eagioni, per le quali ponno appunto riguardo a ciò ren» dersi infruttuosi i più provvidi disponimenti dei magistrati, il rigor delle leggi, l'appoggio di sovrana autorità. Se la compasione infatti, se la pietà che ispira un in- fermo nella vita grandemente minacciato, fosse la voce unica, o più forte, che guidasse il medico nel pratico esercizio, non piccola serie di mali verrebbe ben di sovente evitata. 15 Ma a questo sentimento sublime, non cedono spessis- simo molte umane passioni, non vi cede l’ ambizione, l’ or- gogliosa smania di primeggiare, e tutti i pensieri non son per. questo rivolti ad un unico, e santo scopo, a quello cioè di veramente giovare a chi perdette salute. Che se pur giorno venisse in cui a questo solo fine si tendesse, quanti maggiori vantaggi non ne ricaverebbero per ciò co- loro che sono oppressi dal male! Non più in allora diffatto vedrebbonsi così di frequente esposte tante nuove ed insulse dottrine; le quali perchè dettate da fervida mente, ed abbellite da non comune elo- quenza guidano al laccio i meno esperti, e gli inducono con gravissimo rischio degli infermi a prestamente abbrac-» ciarle; ma lasciato quant’ evvi di immaginario o di falso, alla scienza soltanto dono farebbesi di quelle dottrine che una lunga esperieriza, che una pratica ragionata avessero fatto riconoscer migliori. E percorrendo sulle orme famose dei nostri padri, e cercando nelle doti dell’intelletto di trovare motivo, e cagione di decoro, e di gloria; ed abborrendo dalle frodi e dagli inganni, a tutt'uomo adoprandosi onde fare acquisto di cognizioni non già vaghe, e superficiali, ma sode, e profonde, allora sì che riescire potrebbesi di reale van- taggio a chi gravemente infermò; allora potrebbesi con- fidare, che non si ripetessero quegli inconvenienti dai quali tanto danno ponno ricavare gli infermi. 5.° Sessione ordinaria. 4 Decembre 1851. Il Dott. Pietro Gamberini espone i suoi pensamenti in- torno le tregue, e la guarigione della sifilide. Notando l’Accademico che questa infermità a diffe- renza d’ altri morbi contagiosi ha di particolare d’ assumere molte, e svariatissime forme, e di ripetersi nel medesimo individuo qualora si esponga all’azione del venereo con- 16 tagio, dimostra pure esservi in tale malattia questo di par- ticolare e cioè, che da primitiva fattasi costituzionale in- nanzi d’essere eliminata e distrutta, va soggetta ben di frequente a recidive, fra le quali evvi spessissimo una tre- gua, un periodo cioè, sebbene indeterminato, irregolare, ed incostante di notabile diminuzione del male, o di ap- parente guarigione. Tale tregua però , che qualche volta è spontanea, più spesso è conseguenza della cura intrapresa, e ad essa tien dietro ora la rinnovazione della preesistente forma mor- bosa, ora invece una serie di fenomeni venerei ben diver- si, finchè col ripetersi delle tregue, e delle nuove sifili- tiche manifestazioni, fannosi queste qualche volta così stra- ne, e svariate da potere ingannare in quanto alla loro na- tura il clinico più avveduto, e provetto. Le tregue spontanee poi, secondo 1’ Accademico, ve- donsi più di frequente negli individui affetti da dolori osteo- copi, alquanto meno spesso si osservano in coloro che” sono in preda ai reumi sifilitici, ed anco meno manifesta- mente rilevansi in quelli, che sono attaccati dalle celtiche dermatosi. Concorrerebbe poi da quanto ne pensa l’ Autore stes- so a favorire le recidive della lue il passaggio dai rigori del verno ai tepori della primavera, l’uso delle bibite, e dei bagni di acque minerali, o di quelli di mare, 1° a- bitare in luoghi umidi, il cibarsi di comestibili poco sani, 0 poco nutritivi, l’attenersi ad un genere di vita, che serva ad infievolire 1’ organismo, e lo spirito ; le quali cagioni anzi sfuggendo, od evitando, spererebbe il Gam- berini, che in quei casi nei quali la lue è mite, tanto più se prodotta da blenorragia, riescire si potesse di prolun- gare le tregue in modo da lasciar campo all’ organismo, di continuare in quei salutari lavori, pei quali la tregua potesse cangiarsi in completa spontanea guarigione della sifilide. 16 17 Insiste però molto saggiamente 1° Accademico acciocchè siasi ben guardinghi nel dichiarare la perfetta sanazione della lue costituzionale, giacchè d’ ordinario questa gua- rigione è illusoria, non è che una tregua assai prolungata; e dimostra che caduti non pochi in tale inganno diedero per questo a varii rimedi non mercuriali nè jodici quel valore che non hanno nella cura della sifilide, e che a questi soltanto è serbato. E fu diffatto soggiunge, 1’ Acca- demico, pel presentarsi di queste tregue spontanee , pel ces- sare temporaneo, o pel rendersi; meno palesi i fenomeni materiali, o visibili della sifilide sotto 1’ uso degli antiflo- Gistici, che si attribuì a questi farmaci la proprietà di vincere la lue venerea costituzionale. Ma questo realmente non è. Con tali rimedi null’ al- tro si ottiene, se non che quell’ affievolimento di forze vi- tali, che non permette all’ elemento infiammatorio , od ipe- remico (il quale assai di sovente accompagna non poche morbose forme veneree) di reggersi o di sostenersi; mo- tivo per cui i fenomeni di turgore, o di flogosi soltanto in causa di ciò, si ammansano o si dileguano. Ma questo minorare e svanire di tali fenomeni accompagnanti le le- sioni indotte dalla lue, non potrà essere di lunga durata non tarderanno i medesimi a nuovamente presentarsi, al- lorchè desistendo dal metodo debilitante, che non potrebbe più oltre essere iollerato dall’infermo, si lascierà perciò campo al non ancora distrutto velenoso principio di far risentire la sua malefica influenza sull’ organismo. E neppure i preparati d’oro, d’argento, gli acidi, i sciroppi concentrati d’azione diaforelica ponno, a sentimento del Gamberini, nelle indicate circostanze rendersi utili in pratica, o molto meglio nor lo ponno se non se quando tali mezzi vengano tentali in individui che furono a lungo ed infruttuosamente sottoposti all’ azione del mercurio. Anzi stando sempre a quanto asserisce il nostro sifi- lografo anche col mercurio, e col jodio sebbene ammini- RENDICONTO DELL’ACCAD» 2 18 strati colle maggiori cautele e diligenze non sì ottengono quasi mai, nei primi trattamenti almeno, complete guari- gioni, ma invece spessissimo sole tregue. Queste però sono più prolungate, di quello che non avvenga quando si usi qualsivoglia altro farmaco, perchè il male lotta contro un rimedio, il quale se, attesa forse la natura particolare del venereo veleno, non giunge a prestamente annientarlo, o distruggerlo, tende però man mano a rintuzzarne la forza, ed a renderne quindi più tarde, e meno marcate le di lui nuove manifestazioni. Coll’insistere però nella cura, rimanendo quel virus senza posa attaccato da così potente nemico , rimane per questo a gradi a gradi eliminato o distrutto , ottenendosi alla perfine così non di rado una guarigione completa, la quale il medico potrà quindi presagire, allora quando le tregue fa- cendosi maggiormente prolungate, e le appariscenze ve- neree meno estese, e meno pericolose, verrà in tal modo fatta palese la incessante, sebbene graduata distruzione, o scomparsa del contagioso principio. 6.° Sessione ordinaria. 11 Decembre 1851. L’ Accademia ha ricevuto in dono Dalla R. Società di Edimburgo la medaglia coniata in ono- re del celebre Nepero, e il Vol. XVI. P. IV. e il Vol. XVIII delle Transazioni coi fasc. 31 e 32 de’ Processi. Dalla Società Editrice — Annali delle Scienze Naturali. Settembre e Ottobre 1851 col Propagatore Agricola. Dai Medici degli Asili infantili di Bologna — Rapporto Sanitario pel 1850. Dall’ Osservatorio di Edinburgh — Osservazioni Astrono- miche Vol. IX. 19 Sabine Eduardo — Sui mezzi adottati negli osservatori magnetici ecc. Maclear Tommaso — Contributo all’ Astronomia e Geodesia. Contri Prof. Giovanni — Del Progresso Agrario. Predieri Dott. Paolo — Dell’ Agricoltura Bolognese. Compiesi la lettura dell’ Elogio storico del Cardinal Mezzofanti, dettato con aurea latinità dal Cav. Antonio Santagata. Se quell’ Anacarsi Klootz, che trasse alla sbarra del- l° Assemblea Costituente i rappresentanti de’ popoli della Terra, si fosse avvisato di farlì parlar tutti nell’idioma nativo, sarebbe forse riuscito impossibile a tutto il sapere de’ Girondini di pur intenderli, impossibil certo di render risposta nelle proprie loro favelle. i Ma già si educava in Bologna chi da sè solo saria bastato ad eseguire ciò che tanti dotti riuniti non avrebber potuto. E la prova si fece più tardi, quando tutti gli al- lievi di Propaganda gli furono intorno, ed egli rispose all'improvviso in tutte le lingue loro, e rispose per gui- sa; che l’ uom nato fra Savena e Reno parve aver bevuto le prime aure di vita sul Gange, sul Negro, sull’ Orenoco. Quantunque non sia raro il trovare chi un poliglotto assomigli ad un pappagallo, e buono solamente il creda a bordo d’un vascello; è però ben agevole a sentirsi, per poco che vi si rifletta, l’importanza scientifica degli stu- di idiomografici. Chi può dire, quanta ricchezza Jetteraria degli Egizi, degl’Indi, de’ Caldei, de’ Persi, de’ Fenici sia perita, per non avere i sapienti di Grecia conosciuto gl’idiomi delle mazioni, che i lor conquistatori facevano scomparir dalla faccia della Terra? Chi può dire, quanta ricchezza letteraria degli Arabi sia perduta, o quanta giac- cia ancor sepolta nelle biblioteche, per non aver i filo- sofi europei coltivato il linguaggio de’ Mori? Mille monu- 20 menti dell'umano ingegno perirono per l’ignoranza delle lingue, come sarebber perite , se cause d’ ordine superiore non le preservavano, le fulminee arringhe degl’Isaia, la sublime lirica dei David, che non canta la destrezza de’ cocchieri, ma celebra le glorie dell’ Onnipossente, la elegia desolata de’ Geremia, che non piange l’infedeltà delle bel- le, ma geme profondamente sulla rovina delle nazioni. Che se costoro ispirarono i Danti, i Milton, i Bossuet, i Klop- stock, non meno che Omero e Sofocle ispirassero gli Ariosti ed i Corneille; è bene a presumersi , che anche i genj delle letterature perdute, avrebber potuto influire sulle moderne, ed accrescerne le ricchezze dell’ intelletto e della fantasia. Ecco vantaggi, di cui l'ignoranza delle lingue ha privato il genere umano. Si consideri d’ altra parte, come le sco- perte analogie del sanscritto col zend, col greco, col latino, col germano, collo slavo comprovino una comune origine dal centro dell’ Asia, quale ci viene attestata dalle Sagre Carte; e come lo studio di queste analogie esteso più lungi debba farci conoscere i rapporti de’ popoli anche dove ci manchin del tutto istorici monumenti: e niuno sarà certo che possa in buona fede disprezzare l’idiomografia e i suoi professori. Fra i quali fu maraviglioso il mostro Accade- mico per vastità di cognizioni, più maraviglioso ancora, anzi unico, per la perfezion della pronuncia, che è pur sempre l’ elemento più difficile d’ una lingua straniera, | 7.* Sessione ordinaria. 18 Decembre 1851. Il Sig. Franck di Amsterdam inviava sul finire del- l’anno 1844 un formichiere didattilo al celebre nostro Prof. Antonio Alessandrini, il quale ben sapendo quanto inesalti fossero gli studi anatomici fin qui fatti su questo 21 animale, non lasciossi perciò sfuggire occasione così fa- vorevole per determinarne in modo più preciso |’ anato- mica struttura. Nel dare però conto 1’ Accademico delle indagini da lui fatte, stimò opportuna cosa il non diffondersi su quanto da un Daubenton, da un Rapp, e da altri era già stato rischiarato, e riserbossi piuttosto la minuta descrizione di quelle parti, e di quegli organi sui quali non eransi fatte indagini abbastanza esatte, e complete. E cominciando dall’osseo sistema a differenza d’ altri celebri autori stabilisce, che la colonna vertebrale di questo animale è composta di 74 vertebre, 4 delle quali in forma di zona comprendono il cervello, altre 7 appartengono alle cerviciali, 17 alla regione del dorso, una a quella dei lombi , 5 alle sacrati, 40 infine si osservano nella coda. Delle coste otto sono sternali o vere, nove asternali o spurie, mostrando tanto le une, quanto le altre la por- zione cartilaginea del tutto ossificata, la quale nelle ulti- me si riduce ad esilissimo tubercolo. L’ Accademico molto opportunamente mediante appo- sita figura da delle indicate ossa non solo, ma ben anco di tutto lo scheletro quella esatta idea di cui eravamo fi- nora mancanti. E di più onde meglio addimostrare la for- ma, e la capacità del cranio aggiunge altre due figure colle quali con somma esattezza si rileva essere la di lui inter- na cavità piuttosto ampia, e capace quindi di contenere un cervello alquanto voluminoso in proporzione della gran- dezza dell’ animale, e di tal forma che molto si accosti alla sferica. Nel passare poi che fa 1’ Accademico alla descrizione della pelvi, al contrario di quanto ne pensa il Meckel, di- mostra, che le ossa innominate sono completamente sepa- rate nella regione del pube, e fra loro riunite soltanto per parti molli, ed aggiunge ancora non verificarsi |’ as- serzione sfuggita al Cuvier, e cioè che in tutti i formi- ‘2 chieri, il bacino offra la singolarità, di trovarsi |’ Ischio unito all’ ultima vertebra del sacro la quale presenta due apofisi per riceverlo, dal che ne risulta un foro invece dell’ ischiatica incavatura; facendone eccezione il formi- chiere intorno il quale 1° Accademico richiama |’ attenzione di questo Consesso, nel quale evidentemente manca il di- chiarato contatto dell’ osso cosciale col sacro, aderendo soltanto mediante tessuti molli alle due prime vertebre della coda, i di cui processi trasversi presentansi perciò molto più, estesi, e robusti di quelli che appartengono alle altre vertebre caudali. Che se poi il Prof. Alessandrini non fosse alieno dall’ introdurre senza necessità nuovi nomi per animali già da lungo tempo conosciuti, toglierebbe al for- michiere il nome sotto il quale è più generalmente ricor- dato non essendo del tutto esatto, e lo chiamerebbe piut- tosto formichiere biungulo, avendo cinque dita nei piedi sì anteriori che posteriori, ma delle cinque dita anteriori due soltanto rendendosi manifeste fuori della pelle me- diante egual numero di robustissime unghie. Compita il Cav. Alessandrini la descrizione delle più importanti parti costituenti lo scheletro, fatta considerazione al modo di ali- mentarsi, ed alla qualità del cibo di cui fa uso questo animale, passa a trattare dell’ apparecchio digerente, nel che fare però non parla estesamente deli” anatomica strut- tura della prima regione dell’ apparecchio stesso, perchè già stata estesamente illustrata dal Rapp, e dal Meckel, ma invece con molto maggior vantaggio si fa a descrivere lo stomaco, e gli intestini rendendo così palese, che la lunghezza del tronco del piccolo formichiere, alquanto diversamente da ciò che il Cuvier, ed altri ne pensano, sta a quella degli intestini come uno a quattro, e che lo stomaco di questo animale non è come generalmente dai naturalisti ripetesi del tutto semplice, presentando invece complicazioni manifeste ed interessanti abbastanza; com- plicazioni di struttura che fra gli organi secernenti acces- 23 sorî del canale alimentare devono essere ancora in modo speciale nel fegato notate. Le osservazioni poi del Cav. Alessandrini variano pure alquanto da quelle del Meckel, del Rapp, e di altri per ciò che riguarda la struttura anatomica dell’ apparato re- spiratorio. La laringe infatti oltre che, da quanto ha egli osser- vato, è della lunghezza di 11 millimetri , mostrasi tutta in- tera sostenuta dal largo corpo dell’ osso joide, contandosi poi nella breve, e larga trachea, che è soltanto lunga 13 millimetri, e larga quattro, undici anelli. I pulmoni che da questa hanno origine, purchè esaminati siano nella loro faccia vertebrale, non mostrano alcun solco di separa- zione, se se ne eccettui uno appena percettibile nel pul- mone sinistro, ed al contrario veduti i pulmoni nella loro faccia sternale, il sinistro è manifestamente diviso in due lobi mostrando nell’ esterno lembo mediante due profonde solcature traccie di ulteriori divisioni. Il destro pulmone poi è profondamente separato in quattro distintissimi lobi. Il cuore di questo animale, secondo 1’ Accademico, non è piccolissimo come generalmente si riferisce, e sebbene si creda che negli sdentati manchi 1’ appendice auricolare dei seni venosi, in questo formichiere manifestamente esiste rudimentaria nel seno delle vene cave, molto più espansa in quello delle vene pulmonari, ed al contrario di quanto dichiara il Rapp, mostrasi col lembo irregolare, come d’ordinario si osserva negli altri mammiferi. Finalmente il Cav. Alessandrini per ciò che riguarda 1’ apparecchio uropojettico genitale nota di particolare, che in questo formichiere Ì’ orifizio dell’ utero non è come indica il Rapp doppio, ma che invece non vi ha che una sola apertura, ma larga, ad orlo debole, e quasi frasta- gliato. Che se per le osservazioni fatte dal nostro Accade- mico su questo animale la scienza si arrichì di nuove im- 24 portanti. nozioni, se in seguito di queste singolarmente poteronsi molto meglio stabilire nuovi pupti di analogia e di ravvicinamento fra questi mammiferi tanto anomali in apparenza e molti rettili, ed uccelli, il Prof. Alessandri- ni però in quel modo che è ben degno del suo grande sapere, lungi dall’ inorgoglire per la importanza dei di lui ritrovati, dando nuova prova di quella singolare modestia, che forma uno dei tanti belli ornamenti che gli son pro- pri, nulla cerca di ommettere, onde addimostrare le molte cagioni, per le quali i sommi uomini che in tali difficilis- sime indagini lo precedettero, non giunsero a rilevare, ciò che venne da esso lui osservato. 8.2 Sessione ordinaria. 8 Gennajo 1852. Si legge Dispaccio dell’ Emo Protettore, che partecipa la nomina del Dott. Lorenzo Della Casa alla cattedra di Fisica in questa Pontificia Università, onde gli compete il grado di Accademico Pensionato. Si riceve in dono da questa Società Medico-Chirur- gica 1’ ultimo fascicolo del Bullettino pel 1851. Godea di fiorente salute una giovane abbastanza av- venente, di condizione modista, quando volle sventura, che per motivo ben giusto, oppressa fosse da assai pro- fondo ed affliggente patema, pel quale tanto soffrì e nel morale, e nel fisico, da perdere in brev'ora la primiera ilarità, e freschezza. E ben lungi di contribuire a toglierla dalla penosa, e triste situazione in cui era caduta, valse I° esser presa da amorosa passione, trovandosi |’ animo suo in angustia 25 continua pel ragionevol riflesso, che in causa di ciò per cui tanto avea sofferto, e soffriva, quel giorno istesso nel quale sarebbe fatta sposa a colui, che anelava stringere al seno, non già lietezza, ma desolazione, e pianto gli avrebbe forse procurato. A tali cagioni morali, altre fisiche, de assai potenti aggiugnendosi, ne riportò tale offesa il merveo sistema, tanto danno ne risentì |’ intera macchina della giovane da susseguirne lenti bensì, ma assai temibili interni pato- logici lavori. Essa per altro tali mali trascurando, non solo conti- nuò nelle ordinarie domestiche occupazioni, ma infer- matasi per grave febbre tifoidea una di lei sorella, più di quanto le indebolite forze avrebbergli permesso, affettuo- samente l’ assistette; e fu in seguito di ciò, e fu per la suscettività del di lei alterato nervoso sistema, che anch’ essa venne presa dai prodromi di simile malattia. In tale stato venne sciaguratamente mandata a mari- to; ma sull’ imbrunire di quel giorno istesso in cui effet tuaronsi le di lei nozze, oppressa dal male, non più po» tendosi reggere in piedi dovette di necessità stabilmente in letto coricarsi. Ivi giacque per sette giorni, e con sintomi tanto mi- nacciosi, da indurre il medico curante a consigliarne i parenti di collocarla in Clinica. Ma non valsero le sapienti e caritatevoli cure ivi prodigatele dal Ch. Prof. Belletti, onde tentare di por freno ad una malattia così precipitosa, l’inferma morì 63 ore dopo il di lei ingresso nello Spe- dale per le insanabili successioni di un micidiale tifo me- ninge encefalite. Il dottissimo Professore pertanto nella indicata sessione informa l’ Accademia di questo importante fatto, ed accu- ratamente espone i risultati delle osservazioni anatomiche eseguite sul sisi 30 ore dopo la morte della giovane sposa. 26 Per le quali indagini, oltre che è reso manifesto il lento interno lavoro pel quale la misera progressivamente deperiva, e che consisteva in una mesenterica, e pulmo- nare tubercolosi, sono resi del pari manifesti ì guasti al cervello già presagiti, e pei quali l’inferma dovette soc- combere. Ma mentre i risultati necroscopici pienamente confer- mavano quanto dal nostro Accademico erasi dubitato in riguardo all’encefalo, nel portare però che si facea l’ ana- tomico coltello sullo stomaco di questa giovane fatta ca- davere, con sorpresa nel medesimo tali disordini organici rilevava da non poterne dare convincente spiegazione stan- do ai fenomeni che l’ inferma presentò nel corso della ma- lattia che troncolle la vita. Lo stomaco infatti nel fondo cieco era assottigliato, e rammollito in modo da rompersi e minutamente lacerarsi al più che piccolo tocco, e den- tr’ esso conteneasi un muco denso, sieroso, giallastro, di colore cinereo, ed inodoro. Attentamente esaminato lo stomaco istesso, mentre la di lui membrana esterna scor- geasi liscia, la mucosa, la vascolare, e la muscolare pre- sentavansi fuse non solo in tutto il cul di sacco, ma ben anco in buon tratto delle regioni adjacenti, e solo per gradi queste membrane riacquistavano le loro apparenze, e i loro caratteri fisiologici in vicinanza al piloro. Nel fondo cieco del ventricolo poi rimanevano super- stiti aleuni avanzi di arborizzazioni vascolari contenenti globuli sanguigni d’ assai nero colore. Che se le indicate profonde, ed estese lesioni tennero per un momento esitante il nostro Collega a stabilirne la genesi, se le più diligenti e perspicaci indagini convali- date da accuratissima analisi chimica istituita gentilmente dal Prof. Cav. Gaetano Sgarzi, servirono ad allontanare ogni sospetto di propinato veleno, le profonde cognizioni anatomico-patologiche di cui il Professore Belletti è fornito valsero ben presto a persuaderlo della più probabile ori- gine di quell’ esteso rammollimento. 27 Con tali nozioni infatti vedendosi egli autorizzato ad escludere, che il rammollimento istesso fosse conseguenza ultima di malattia acuta, o lenta dello stomaco, che esi- stesse nella indicata inferma prima della sua morte, ne risultava perciò che il riscontrato estesissimo guasto non poteasi ascrivere ad alcun procedimento patologico, e quin- di nè a flogosi gastrica, nè a qualsivoglia diatesi o discra- sia come sarebbe la scirrosa, la cancerosa, la scorbutica, nè a rammollimento morboso semplice, nè al gelatinifor- me di Cruveillier, ma invece, secondo 1’ Accademico, at- tribuire piuttosto si dovesse a quel rammollimento che Carswel chiama chimico cadaverico, che non è quindi ef- fetto di una malattia reale, che non è semplice risultato della putrefazione, ma bensì il prodotto di una del tutio particolare dissoluzione chimica avvenuta dopo la morte, e cagionata forse, come pure opinò il Jaeger in analoghi casi, dall’azione dissolvente dei succhi gastrici, divenuti estremamente acidi negli ultimi periodi della vita, per la malefica influenza del sistema nervoso profondamente al- terato, in causa della natura, e violenza del male cui fu soggetto. 9.° Sessione ordinaria. 15 Gennajo 1852. Si ricevono in dono le opere seguenti: Dal Governo Neerlandese — Flora Batava fasc. 165 e 166. Dalla R. Accademia Bavarese — Dissertazioni della Clas- se Matematico-Fisica Vol. VI. P. I, e Bullettino pel 1850. E dai rispettivi Autori: Chelini Prof. Domenico — Sopra una Memoria di Liou- ville. — Sul parallelogrammo de’ moti rotatorj. — Sul moto diurno della Terra. 28 Fabroni Dott. Lorenzo — Sugli offizi dell’ordine sanitario. — Epizoozia del pollame d’ India. Astolfi Ing. Giuseppe — Proposte pe’ danni della grandine. Leggesi una Nota inviata dall’ Accademico Pensionato Prof. Francesco Orioli, col titolo di Idee Cosmologiche ; di cui è principale soggetto una questione di priorità. = Il celebre Faraday (vi è detto) manifestava sulla natura della materia le proprie idee nell’ Aprile del 1846, pubblicandole nel Philosophical Magazine del susseguente Maggio (V. Archives des Sciences physiques et naturel- les, Décembre 1846 n.° XI. pag. 244 et suiv.) con dire ch’ei non ammette atomi di dimensioni sensibili, mante- nuti in equilibrio da forze di diversa natura, e separati da spazi vuoti; e che sostituisce, in luogo loro, semplici centri di forze, la cui riunione costituisce i corpi; e che considera ogni atomo, cioè ogni centro nel senso dianzi dichiarato, come presente da per tutto dove l’ azione ch” esso esercita si fa sentire; e poichè si fa sentire su tutto 1° Uni- verso, egli ammette coesteso ogni atomo all’ Universo. Or tali appunto sono l’idee, ch’ io più distesamente pubbli- cava dal mio lato, due anni prima di lui. = E qui l’ Autore trascrive quanto avea detto nell’ Opera sua, stampata in Corfà — Spighe e Paglie — nel Qua- derno d° Aprile del 1844 alla pag. 145 e seguenti; e che è a un dipresso il sistema dinamico presentato sotto la stessa forma, sotto la quale presentavalo da molti anni nelle sue lezioni in questa nostra Università. Indi passa a mostrare come le obbiezioni mosse dal celebre Airy con- tra il sistema dinamico ( Philosophical Magazine n.° sup- plementario del 1846) non vi necessitino verena sostanzial mutazione. Noi viviam certi, che tale questione agitata fra tre nostri illustri colleghi non riuscirà ad alcuna spiacevole 29 conseguenza, € che il Faraday, tanto ricco di proprie sco- perte, vorrà di buon grado riconoscere d’essersi in questa speculazione incontrato col fisico italiano. 10.° Sessione ordinaria. 22 Gennajo 1852. All’ occasione di dover riferire intorno ad Opere del Sobrero e del Tonini, che testè ricevemmo in dono, il Prof. Domenico Santagata entra a parlare dell’ Insegna- mento della Chimica applicata alle Arti. Appoggiato all’ autorità de’ più solenni maestri e al- l’esempio de’ più rinomati istituti sostiene che 1’ insegna- mento debb’ essere scientifico e non empirico ; ciò che im- porta pure che s’incominci da un esteso corso di Chimica Generale. Richiederassi allora che l'allievo non patisca troppa scarsezza di tempo disponibile, e che sia atto a comprender le teorie della scienza. Zo mon iscrivo pel garzone, dice Chaptal . . . . Ma quel garzone, ch’entra la prima volta in Filadelfia dando di morso ad una grossa pagnotta; vi farà tra pochi lustri un ingresso trionfale, e sarà salutato pel più gran fisico e pel più gran diplomatico dell’età sua. Questo ed altri sommi tulît saeva paupertas: nè certo abbisogna altrettanto ingegno a intender le pro- porzioni atomiche o l’ isomorfismo. L° Accademico osserva che tali esempi furono sempre rari, e che in generale = l’uomo che travaglia nelle fatiche de’ muscoli e delle membra ; o che è obbligato a eseguire di continuo de’ mac- chinali movimenti, perde la facoltà del riflettere dell’ astrar- re del meditare, e senza di queste operazioni rettamente continuate non può la mente sollevarsi a quelle intelli> genze o cognizioni che sono proprie dei dotti e guidano la mano ad opere nuove e peregrine =. Quindi egli pre- ferisce d’istruire la classe media, la quale si renderà va- 30 levole a dirigere gli stabilimenti d’ industria, e a soccor- rere co’ suoi lumi l’infimo operajo. A questo fine o si potranno istituire apposite scuole o, se particolari condi- zioni non vi si oppongono, si potrà profittare delle già esistenti, dando all’ insegnamento una conveniente esten- sione. 11.* Sessione ordinaria. 29 Gennaio 1852. L’illustre filologo e poeta march. Angelelli legge un dotto ed elegantissimo ragionamento sul M0ly d’ Omero. Antichi e moderni botanici cercarono qual fosse que- sto preservalivo contro gl’incanti di Circe, che Mercurio porse ad Ulisse. = Ponendo mente al testo di Omero (dice 1’ Accade- mico), stimo che molto ragionevolmente Eustazio abbia affermato, non altro essere da cercare nella voce mo/y che un senso allegorico e morale; ed io aggiungo che il poeta esclude, con le sue medesime parole, la possibilità di tro- vare fra le opere di natura |’ erba mentovata. Prima d’ogni altra cosa, Omero non dice qual nome avesse il moly nella favella comune degli uomini: la qual cosa mostra che quest’erba, come ignota a tutti, non aveva proprio nome. Appresso questo, aggiunge, che ardua impresa è ca- varla dalla terra e per avventura impossibile ad uomo: di che danno indizio quelle parole, che glî Dei possono tutto; ciò vuol dire quello ancora che ad uomo non è con- cesso. Alla per fine, ponendo le particolarità di quest’ erba che ha radice nera e fior.bianco ; niuno potrà credere che, appresso questi segni chiari e visibili, fosse rimasa senza 31 nome: talchè, avendo gli antichi notizia di un farmaco di tanta utilità, non sapessero come chiamarlo. Sopra queste ragioni, parmi che sia mostrato a suf- ficienza, che il poeta intende per le sue parole medesime ad avvisare il lettorè, che 1’ erba m0/y non ha nascimento e vita che nella sua mente. E modo somigliante tennero an- cora i più moderni poeti . .... =. Dopo un sì fatto avvertimento dato ai cultori della naturale filosofia, 1° Accademico entra nelle regioni della filosofia morale, e accostandosi a Temistio ritiene, che per la voce moly sia significato un antidoto contra i ve- leni che guastano la mente ed il cuore. E per vero in Circe, non meno che in Alcina ed in Logistilla, è così manifesta l’ allegoria, che il poeta può ben risparmiarsi di gridare: « O voi ch’avete gl’intelletti sani, Mirate la dottrina, che s’ asconde Sotto 1 velame degli versi strani. » Dopo questo Ragionamento legge il Prof. Domenico Santagata un’ Appendice alla Dissertazione della seduta precedente, colla quale, mentre conferma le proprie opi- nioni sul miglior metodo da seguirsi nell’ insegnamento; intende però ad allontanare da sè il sospetto d’ aver voluto far carico a chiarissimi direttori d’istituti, se in vista di speciali condizioni hanno dovuto battere diversa strada. L’ Accademico è, quanto altri mai, persuaso che il pre- scinder dalle circostanze è vaneggiamento d’ utopista, e che le stesse più consentite riforme debbonsi introdurre per gradi, quando abbiavi inconveniente ad operarle tutto ad un tratto. E fors’ anco non mancherà chi stimi, non esservi poi alcun assurdo, se accanto a quella scuola, su cui dovrebbe scriversi = Odi profanum vulgus, et ar- ceo =, altra sen vegga ordinata a dirozzare il povero 32 artigianello ; come non trovarono assurdo i nostri maggio- ri, che accanto all’alta Università d’ Irnerio sorgesse 1’ u- mile ginnasio del Calasanzio. 12.* Sessione ordinaria. 6 Febbrajo 1852. L’Accademia ha ricevuto in dono dall’ Istituto Smith- soniano di Washington le opere seguenti; Smithsonian ... . Lavori scientifici Smithsoniani. Vol. II, e Appendice I. al Vol. III. Annual . . . . Rapporto pel 1849 de’ Regenti dell’ Isti- tuto Smithsoniano. Reports . . . . Rapporti della Segreteria della Guerra con ricognizione delle strade da Sant’ Antonio ad EI Paso. Report . ... + Rapporto di T. Butler King sulla Ca- lifornia. Report . . . . Rapporto di B. Apthorp Gould sulla sto- “ria e scoperta di Nettuno. Notices . . . . . Notizie sulle pubbliche librerie degli Stati Uniti. Annual . . . . Rapporto pel 1848 de’ Commissari del» le Patenti. Report . ... Rapporto di Foster e Whitney sulla geo- logia e topografia del Lago Superiore nel Michigan. Report . . . . Rapporto di R. R. Gurley sulla Liberia. Proceedings . . .. Processi dell’ Associazione Ameri- cana per l'avanzamento della scienza; Congresso del 1850. Il Prof. Contri, non avendo ancora condotte a ter- mine le osservazioni sugl’ingrassi, ch'egli prosegue colla pazienza di Santorio, e che gli sono al tutto necessarie per 33 la promessa Continuazione della già pubblicata sua Me- moria sul Progresso Agrario, nè però volendo mancare all'obbligo accademico , prende a soggetto di ragionamento un’ Operetta francese di un Montagne, marchese di Pon- cins, e discendente dal famoso filosofo, la quale s° intitola Le Grand Oeuvre de l’ Agriculture e comparve nel 1779; lavoro assai pregevole, ignoto o sfuggito al dottissimo Prof. Re e agli altri storici e bibliografi della scienza. La satira sanguinosa lanciata contro a’ nuovi Trilto- lemi nell’ Z7omme aux quarante écus , applaudita dalla na- turale pigrizia, e sostenuta dalla forza dell’ abitudine, sa- rebbe riuscita a perpetuare un’ agricoltura non troppo su- periore a quella dei Druidi; come dall’ altro lato la dot- trina de’ nuovi Trittolemi, se avesse trionfato, sarebbe riuscita ad opprimere di fatiche enormi il genere umano per ridurlo in compenso a poi morirsi di fame. Saggia- mente pertanto divisarono quegli agronomi, che tolsero ad esaminare con imparzial crilica i diversi metodi agra- rii, e sceverarne l’utile dal dannoso. Tra questi fu note- vole il JTontagne, il quale seppe assai bene conciliare il sistema di Toull coll’ antica agricoltura francese, accop- piando il lavoro abbondante della terra all’ uso de’ conci- mi. E al lavoro della terra consigliava egli perfino si fa- cesse prender parte dalla milizia; ciò che da buon uffi ciale riconosceva dover tornare in vantaggio della milizia stessa. E per vero non si vorrebbe rivocare in dubbio la bonta della pratica romana, che il Segretario Fiorentino riassumeva con quel precetto = Si tengano i soldati in tanti esercizi ora particolarmente, ora generalmente, che non resti loro tempo a pensare o a Venere, 0 a’ giuochi, nè ad allre cose che facciano i soldati sediziosi e inutili =. RENDICONTO DELL’ACCAD» 3 34 13.° Sessione ordinaria. 12 Febbrajo 1852. Il Cav. Bianconi legge una quinta dissertazione = De Mari olim occupante planities, et colles Italiae, Graeciae, Asiae minoris etc. et de aetate Terreni quod Geologi ap- pellant Marnes bleues =. L’ Accademico facendo discendere il Mediterraneo dal- l’ altezza delle marne bleu verso i tempi della guerra tro- jana, metteva alla disperazione i nostri archeologi. Non basta dunque (dicevano) che ci sia tolto di più vagheg- giare una Ravenna fabbricata cogli avanzi dell’ Arca, se anche non siamo obbligati a ritirare da’ tempi omerici la trojana Padova e l’ etrusca Felsina ed altre antichissime città italiane? Sarebbe pur cortesia, se 1° Accademico, sen- za rinunziare alla testimonianza de’ fatti, potesse ravvi- cinare un poco più al Diluvio quel suo distacco d’Abila e Calpe. Certo che per far riuscire l’isola di Pharos ad una velata dal lido egizio, come la trovò Menelao, per render possibile la navigazione fra il Mare Interno e l’Eritreo, attestata da qualche scrittore, non è già necessario d° ele- vare il Mare Interno fino alle marne subapennine; ma, se i geografi ne dicono il vero, basta la sola sedicesima parte di quest’ altezza. Anzi una tanta altezza del Mare Interno avrebbe resa difficile, se non impossibile la navi- gazione. Chiudiam difatto lo stretto di Gibilterra, ed ele- viamo di settecento piedi il Mediterraneo: e 1’ acqua sor- montando l’ istmo di Suez per secentosessanta piedi, in breve si scaricherà nel Mar Rosso, e noi con ciò solo avremo fatta opra di ragni. Alziamo ancora l’istmo quasi ad al- trettanta altezza, dacchè ci è lecito supporre che le forze della natura, come staccarono Abila e Calpe con permesso d’ Ercole, così potessero produrre pur anco uno sprofon- damento nell’istmo arabico, e nelle sue adiacenze: e al- 35 lora i flutti del Mare Interno o si precipiteran. nell’ Eri- treo da una cateratta di 650 piedi d’altezza, o almeno discenderanno per un pendio da non permetter guari corso di navigli contr’ acqua. La navigazione adunque fra i due mari, quando fosse provata, invece di favorire l’ipotesi dell’ Accademico, per poco l’abbatterebbe. Essa però è ben lontana dall’esser provata: chè anzi dal non trovar- si mai menzion di barche nella narrazione de’ viaggi d’ A- bramo e della famiglia di Giacobbe, si rende probabile che viaggiassero all’ asciutto sull’ istmo. Vorremo noi an- che dalle frasi discendere în Egitto e salir dall’ Egitto, usate in essa narrazione, inferire che l’istmo fosse molto basso, o poco superiore all'attuale altezza? Ma alle obbiezioni tratte da’ passi biblici fu già data soddisfacente risposta nelle precedenti dissertazioni, stu- pende del pari per erudizione e per acume; e le opinio- ni degli egizianisti sull’ antichità del Delta furono vitto- riosamente combattute. Onde se l’ Accademico, facendo un? escursione in Grecia e nell’ Asia Minore, potesse cogli oc- chi. proprii assicurarsi, non esservi luogo chiaramente ricordato da Omero, il qual si trovi, siccome noi, al di sotto delle marne bleu, ed obblighi a trasformare in tri- tone un qualche Ajace o un qualche Sarpedonte; allora l'ipotesi che il Mediterraneo arrivasse alle marne verso l’epoca della guerra trojana, acquisterebbe tal grado di probabilità , ch’ egli potrebbe gridare con maggior fran- chezza che non ha fatto finora = Ite a cercare in alto le rovine di quella Troja, che per tanti secoli non poteste rinvenire sulla pianura =. Lasciando omai le discussioni storiche, 1’ Accademico entra a trattar di proposito la questione geologica. Egli segue le marne bleu per tutta Europa e fuori; vien trac- ciando a grandi tratti il periplo dell’ antico Mediterraneo, o mare pliocenico; ed esaminando ora in luogo, ora sulle opere d’illustri geologi, la composizione, la giacitura, le 36 relazioni cogl’ inferiori e coi superiori terreni , e gli acci- denti tutti d’ esse marne, e notando specialmente come in moltissimi luoghi (a Monte Biancano per esempio) il plio- cene si trovi a nudo 0 coperto di poco humus, in situa= zione orizzontale e non traversato da altri terreni, ne con- clude che il deposito pliocenico si è formato dopo l’ ul- timo cataclismo. Ecco ciò che la Geologia da sè sola ne insegna. Se poi l’ abbassamento del mare sia avvenuto fra Noè ed Abramo, o fra Abramo ed Omero, o fra Omero ed Erodoto, non si può dalla sola Geologia determinare, ma convien far ritorno alla storia e alla tradizione. Nè sarìa forse assurdo il supporre, che dapprima si abbassasse o si rovesciasse l’istmo, e il Mare Interno si scaricasse nell’ Eritreo; e mantenuto quello da piogge e nevi a qualche metro d’ altezza al di sopra dell’ istmo nuo- vo, ne avvenisse che e potesse navigarsi dall’ uno all’ al- tro mare, e ad un’epoca più o men rimota da Omero (sotto il regno di Menes se vuolsi) il basso Egitto fosse così sommerso, come lo suppone il poeta al tempo del- l’eccidio di Troja: in seguito, aprendosi lo stretto gadi» tano, si abbassasse il Mediterraneo al livello attuale. Con questa modificazione che ridurrebbe 1’ effetto del- lo stretto alla stima d’Eratostene , sarebbe tolto il biso- gno d’ imbarcare Abramo, e la famiglia d’ Israello, pecora sua, et armenta, et omnia, quae habere potue- runt, e per giunta anche i carri che quel gentil Faraone mandò ad portandum senem, et omnia, quae possederat în Terra Chanaam. Se la pietà filiale sollevò il veneran- do vegliardo în plaustris, quae miserat Pharao, non vorremo noi intrometterci per calarlo in nave non regia: ma quando l’istmo attuale non fosse per avventura emerso, gli apriremo un cammino sull’ istmo antico al disopra delle marne. Già l’istmo bisogna alzarlo ; quando per contenere le acque all’ altezza delle marne subapennine non si pre- ferisca di chiudere lo stretto di Mandeb, e far dell’ Eritreo 37 un seno del mare pliocenico; ciò che importerebbe uno studio preventivo de’ sedimenti marini lunghesso la catena trogloditica e l’arabica, le quali, convergendo appunto verso il Bab-el-Mandeb, sembrano invitarne a tale supposizione. Converrebbe però riaprire a suo tempo lo stretto, per dar passo alla flotta di Salomone, e alle stesse navi d’ Egitto. Ma non'è questa palestra per un algebrista, e si è arri- schiato anche troppo. Il chiarissimo Collega si propone di tornare sopra una questione, che è così degna di lui, come il saper suo è potente a vincerne tutte le difficoltà, per quanto si vogliano grandi. Ben potranno occorrer pentimenti nella costruzione dell’ edifizio: ma le fondamenta ne furon gettate saldissime, quand’ egli venne a provarci, che le marne bleu si sten- dono tutto all’ intorno del Mediterraneo , preso nel più lar- go significato della parola, e che son deposito marino posdiluviano. Alle fatiche gravissime, che gli restano a sostenere, non fia per mancare premio condegno: chè la soluzion completa di sì alta e importante questione basta ad assicurare eternità di fama. Lo stesso Prof. Bianconi legge una parte d’un nuovo Fascicolo dei suoi Saggi Zoologici Mozambicani, nella quale descrive due serpenti avuti dal cav. Fornasini, un Tropidonotus scaber di Linneo, ed una specie nuova delle Calamarie di Schlegel, a cui per la somma piccolezza degli occhi 1’ Accademico dà il nome specifico di micro- phtalma. Ed eccone la frase = Calamaria supra undique plumbeo-nigra, subtus albescens, serie macularum nigre- scentium in ventre medio =. 14.* Sessione ordinaria. 26 Febbraio 1852. Il Prof. Giuseppe Bertoloni descrive alcuni Coleotteri del Mozambico, i quali sebbene già dagli Entomologi co- 38 nosciuti, ignoravasi però che abitassero ancora in questa Provincia Africana, e presenta al Consesso un’insetto ra- rissimo nativo pure del Mozambico; che stando alle più accreditate moderne classificazioni dei Coleotteri apparter- rebbe alla famiglia dei Goliatidi; ed al genere Goliathus della medesima, il quale insetto dall’ Accademico , ad onore del suo scuopritore, è perciò chiamato Goliathus Fornasini. Nel descriverne che fa 1’ illustre Entomologo tanto il maschio, quanto la femmina dimostra che mentre questa non offre alcuna differenza generica dai Goliati, e deve perciò tale essere la medesima ritenuta, il maschio invece si scosta alquanto dalle varie specie di questi animali finora conosciute per alcuni caratteri specifici motevolissimi, € cioè per la presenza nel sincipite d’ una particolare apofisi, per la rotondità dell’ apice della tibia anteriore, e pel dente mulico che rilevasi all’angolo esterno della tibia istessa. Per le quali differenze, che rinvengonsi fra questo insetto, e gli altri Goliati di sesso mascolino, 1’ Autore, se non convenisse collo Schaum di non creare cioè nuovi generi, sopra la differenza di un sol sesso, sarebbe indotto. ad escludere questa specie dal genere indicato, e ad ele- varlo invece al grado di genere novello. Ma rimanendo egli fermo nel suo proposito ben s’ av- vede però che l’insetto, variando dalle tre specie di Go- liati già noti non solo per la diversa natura e distribuzione dei colori, per la quale queste specie istesse vengono fra loro distinte, ma bensì, come dissi, per importanti, € specifici caratteri, dedotti dalla particolare forma, e strut- tura di alcune parti, non potrebbe per questo essere con quelle raggruppato; le quali quindi essendo fra loro distinte per caratteri di assai poca importanza, € forse ancora non valutabili, dovrebbero essere considerate piuttosto come distinte varietà di una sola e medesima specie, per la quale 1’ Accademico riterrebbe il nome di Goliathus giganteus. 39 E questa sua proposta troverebbe appoggio dal Bur- maister che non ammette per buona la seconda specie dei Goliati conosciuti, e la rifonde nella prima; e sarebbe pure sostenuta dal riflesso, che la differenza di tali ani- mali non essendo dedotta dalla loro particolare forma e struttura, ma bensì dalla varia disposizione del loro co- lorito, non può questa prestarsi all’ esatta loro distin- zione, variando la medesima negli individui di tutte e tre le pretese specie, della quale varietà il Bertoloni ne dimostra i passaggi tanto negli individui da lui osservati, quanto in quelli esaminati dal .Melly, e dallo stesso Schaum. Per il che adunque 1° Accademico riunendo le tre an- tiche specie in una sola, che per quanto ho detto si di- stingue dalla novella da lui egregiamente descritta per s0- stanziali, e rilevanti caratteri, dichiara, da queste due specie doversi ricavare le norme per la fondazione del ge- nere Goliathus, nel qual modo, egli dice, non allontanandoci dal sentiero di severa filosofia, e dalla stessa legge ema- nata dallo Schaum di non creare cioè dei nuovi generi sopra le differenze di un sol sesso, le raggrupperemo per più certi legami, dedotti dai caratteri comuni alla strut- tura di ambedue. Sessione straordinaria del 26 Febbrajo 1852. Finita la sessione ordinaria, 1° Ordine de’ Pensionati si è trattenuto per eleggere un alunno della Sezione Matema- tica. Il Presidente ha proposto i Dottori Don Giuseppe Ru- bini e Alfonso Colognesi; de’ quali è rimasto eletto il se- condo quasi alla unanimità, avendo però anche il primo ottenuto un partito favorevolissimo , anzi per un solo voto inferiore a quel dell’ eletto. 40 15.° Sessione ordinaria. 4 Marzo 1852. L’Accademia ha ricevuto in dono le opere seguenti: Dalla R. Accademia Belgica — Memorie T. XXIV e XXV. — Memorie premiate ec. T. XXIII. — Ballettino T. XVI. P. II, T. XVII. P.I. e H., T. XVIII. P. 1 — Catalogo della Biblioteca dell’ Accademia. — Annuario 1850 e 1851. — Memorie di Le-Docte sull’ Agricoltura Lussembur= ghese e sulla Chimica. Vegetabile. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna — SO fasc. di Dicembre 1851. Dalla Società editrice — Annali delle Scienze Naturali. Novembre e Dicembre 1851, col | Propagatore Agricola. Dai rispettivi Autori — Ercolani G. B. Degli Scrittori di Veterinaria. Vol. I. — Berti-Pichat Carlo — Istituzioni d’ Agricoltura. Di- spense 9-14. — Strobel Pellegrino — Malacologia Ungherese: e Ma- lacologia Trentina. Disp. 1 e 2 — Gualandi Francesco — Olometro di Porro. — Bellini G. B. — Oftalmie nei militari di Cestello. — Bellavitis Giusto — Geometria Descrittiva. — Robolotti Francesco — Degli Ospitali di Cremona. -— Volpicelli Paolo — Sull’ Accademia dei Lincei. Il Prof. Giuseppe Bertoloni descrivendo una leguminosa, ch’ egli appellava Mavia judicialis dal nome caffro Mavi e dall’ uso che si fa ancora al Mozambico del suo veleno nella procedura criminale, ci annunziava che il cav. Sgarzi aveva assunto l’impegno. di riconoscerne il principio ve- nefico (V. Memorie della nostra Accademia T. II). Fedele 41 alla sua promessa, il cav. Sgarzi viene oggi ad esporci le relative sperienze. Quello che dall’ Accademico poteva sottoporsi ad esame, era porzione della radice con sua corteccia. Se ne presero 3600 grani, che si sottoposero successivamente al tratta= mento coll’ alcool, coll’ acqua distillata e coll’ acido acetico diluito, e all’incenerimento. I prodotti però nulla offriva- no di nuovo, e il particolar principio venefico era sfug- gito all’ analisi. Senonchè nell’ Alcool ottenuto dalla di- stillazione pel concentramento dell’ estratto alcoolico , € così nell’ Acqua distillata dalle tinture per la riduzione dell’ estratto acquoso manifestavansi caratteri che indicavan l’esistenza d’un principio acido: allora si prese a sepa- rarlo dall’ Alcool per mezzo della Calce, e dall’ Acqua per mezzo dell’ Ossido di Zinco idrato ; e si ebbero cristalli salini, sui quali versando poi Acido Solforico diluito, Si ottenne per mezzo della distillazione una minima quantità d’un nuovo principio, che 1’ Accademico così descrive. = Esso è un liquido trasparente, scolorato, di con- sistenza quasi oleosa; l’ odore suo è a dirsi veramente par- ticolare, perchè molto somiglia quello di materiale grasso e segnatamente del butirro irrancidito, ha molto del vi- roso e dell’ aromatico insieme , che ricorda in lontano 1’ À- cido Valerianico; ba un sapore acre assai, e per modo che la lingua d’ un coniglio nel punto che ne fu bagnata, sì fece pallida, indi giallastra, e così il labbro dacchè ne fu tocco. Alla temperatura di —17C. si solidifica sotto forma cristallina confusa, ma tosto ritorna liquido allor. chè s’ allontana dalla mistura frigorifera inserviente a con- Selarlo. E volatile; si scioglie nell’ acqua e nell’ alcool; produce dei sali i quali per la loro parte sono perfetta» mente cristallizzati, solubilissimi nell’ acqua, non però nell’alcool e nell’etere; in tutto e per tutto somiglianti ai Valerianali. Che se non fosse l’azione sua estrema e potentissima, 42 e che lo accosta all’ Acido Idrocianico, dal quale d’ altron- de lo separa l’odore ed il niun effetto sui sali a base di ferro; potrebbesi quasi confondere coll’ Acido Valerianico, siccome col ‘Butirrico, col Focenico ec. pei principali carat» teri e pel suo aroma; ma da questi pure lo tengono lontano ancora il piccante ed acetico effluvio che hanno dessi, a cui esso sostituisce il viroso che piuttosto lo metterebbe a lato degli Acidi Lactucico, Atropico, Veratrico ed al- tri, se non vi si opponesse o il non volatilizzarsi degli uni, 0 il mancare di stabiliti caratteri gli altri. Quindi il medesimo è apertamente a giudicare un acido nuovo e di suo genere; che non ha un analogo ed è affatto partico» lare; e che stante il provenire dalla Mavia Judicialis ha diritto ad essere chiamato Acido Mavico =. Sperimentossene la potenza sopra conigli e porcelli- ni d’India, propinandolo ora in istato di combinazione ne’ sali, ora in istato di semplice soluzione nell’ acqua. Combinato non produsse la morte, se non dopo molti giorni: libero invece, quantunque in dose minima, spiegò un’ azione fulminante e superiore a quella d’altra qua- lunque sostanza deleteria, attaccando il sistema nervoso alla maniera dell’ Acido Idrocianico. La Chimica ha dunque trovato nell’ Acido Mavico il violentissimo de’ veleni: tocca ora alla Terapia a volgerlo in vantaggio dell’ umanità. Se nol faremo, non avrem che apprestata un’ arma più terribile al delitto, e qualche ar- rabbiato sofista si unirà al volgo ignorante per gridare, che l’albero della scienza non ci frutta altro che danno. Ma l’Accademico ha già riconosciuto un facile e prontis- simo antidoto nell’ Alcool: e determinando l’azione eletti va dell’ Acido, ha indicato a’ Clinici il genere di malattie, in cui possono farsi a sperimentarlo come soccorso tera- peutico ipostenizzante. Nè mancherà certo di trovarne i componenti chimici, tostochè gli verrà fornito tanto di Mavia da poterne estrar |’ Acido in quantità sufficiente; 43 sebbene la modestia sua non gli conceda di farcene so- tenne promessa. 16.% Sessione ordinaria. 11 Marzo 1852. Dall’ Imperiale Accademia delle Scienze di Vienna si sono ricevute in dono le opere seguenti; Memorie della Classe Fisico-Matematica Vol. I, e fasc. 1. 2. 3 del Vol. II. Memorie della Classe Storico-Filosofica Vol. I, e fasc. 1. 2 del Vol. II. Fogli di Notizie. N. 1-18. Rendiconti della Classe Fisico-Matematica per gli anni 1849-50-51. Item dell'a, Classe Storico-Filosofica. Fontes Rerum Austriacarum, fasc. 1-4. Archivi per le Fonti delle Antichità Austriache, pub- blicati negli anni 1849-50-51. Dalla nostra Specola le Osservazioni Meteorologiche di Decembre 1851. Dal Principe Baldassare Boncompagni Je Notizie su Guido Bonatti, Gherardo Cremonese e Gherardo da Sab- bionetta, e sulle versioni di Platone Tiburtino. Dal Prof. Poletti la Relazione sul Cholèra Morbus in Ferrara nel 1849. Dal Dott. Giuseppe Parmeggiani la Monografia della Febbre Tifoidea. Il Dott. Ermete Malaguti legge una sua Memoria in- titolata Considerazioni anatomiche fisiologiche sul settimo pajo dei nervi cerebrali appartenenti al vitello. Da che il Wrisberg scuoprì l’esistenza di un nervo intermedio fra la porzione dura, e molle del settimo pajo dei nervi, sorsero cerebrali fra gli anatomici, ed i fisiologi opinioni assai disparate onde stabilire di quel nervo Je at- tinenze, la distribuzione, la natura. 44 La quale differenza d’opinioni dovendosi forse prin- cipalmente ripetere dalla mancanza di studi anatomici ab- bastanza esatti sul nervo indicato, onde porre in più chiara luce un argomento così importante, il Dott. Malaguti im- prese per questo nuove indagini, ed osservazioni, e collo scopo di ricavare dal maggiore sviluppo delle parti meno incerti ed equivoci risultati le istituì sul vitello. Tale. ne è la loro importanza da non dovere ommettere di alquanto estesamente descriverle. Denudata il Malaguti nei modi i più opportuni la guaina fibrosa molto robusta costituita dalla lamina esterna della dura meninge che abbraccia tanto il facciale, quanto l’acustico, dopo averla incisa ed allontanati 1’ uno dall’ al- tro questi nervi potè in allora osservare alcuni fili nervei, i quali a seconda che egli ne scrive pel color grigio ros- signo di cui erano forniti offrivano il più vivo contrasto col niveo candore dei nervi fra i quali trovavansi colloca- ti, e risolvevansi come in due radici distinte delle quali una scorgevasi in corrispondenza del nervo acustico ; 1’ al- tro era attigua al nervo facciale mediante alcuni esili ra- moscelli, e siccome prolungavansi fino alla estremità li- bera del moncone del settimo ove erano troncate, mostra- vano per tale maniera di continuarsi entro la sostanza del cervello. Dapprima, dice il Malaguti, non volli credere ai miei propri occhi, rimanendo indeciso se quelle pretese radici piuttostochè appartenere all’ intermedio del Wrisberg fos- sero invece fili radiculari del settimo pajo ; ma poscia ap- prezzare dovetti la prima opinione, imperocchè oltre al colore differente che offrivano potei assicurarmi che con- vergendo fra di loro andavano a confondersi con un corpo allungato gangliforme , analogo al ganglio genicolato , che si riscontra nella specie umana. Questa particolare intu- mescenza di colore grigio rossigno come i summentovati fili componevasi di una moltitudine mirabile di fibrille 45 nervee delicatissime strettamente riunite insieme da un tes- suto tomentoso ricco di vasi sanguiferi. Denudato il gan- glio dalla guaina fibrosa che lo avvolgeva in un col fac- ciale entro l’ acquedotto del Faloppio s’avvide che il pri- mo poggiava semplicemente sopra il secondo ,che pel co- lore era da questo diversissimo , e che incurvandosi formava una specie di ansa atiorno al nervo indicato laddove si riflette per insinuarsi nell’ acquedotto. Colla sua estremità superiore il ganglio in discorso trovavasi in immediato rap- porto colle due radici più sopra accennate, al disotto delle quali mezza linea circa il ganglio istesso staccava una co- spicua propagine che in un col nervo acustico penetrava entro il labirinto, ove pervenuta è probabile che andasse con quello ad espandersi sull’ apparecchio membranoso del labirinto istesso. Ma ciò che grandemente richiamò la mia attenzione, continua a dire l’ egregio anatomico, su questo apparato nervoso singolare fu il vedere, che dalla convessità del ganglio, che chiameremo genicolato, e dalla parte del medesimo che guardava il quinto pajo dei nervi cerebrali partivasi un grosso ramo molto analogo al vi- diano craniale, che si osserva nella specie umana, che senza avere alcun rapporto col nervo facciale sortiva dall” acque- dotto del Faloppio per confondersi dopo breve cammino con un denso tessuto fibro cartilagineo , che quasi mi tolse la speranza di vederne la terminazione. Volle fortuna che falliti non andassero i miei voti, poichè superato che ebbi l'ostacolo non tardai ad isolarlo fino ad un ganglio del gran simpatico al quale direttamente si congiungeva senza mandare per via alcuna diramazione alle parti adiacenti. Intorno al quale ganglio del gran simpatico non devo na- scondere che spediva anteriormente un ramo all’orbita in rapporto se non erro col sesto pajo dei nervi cerebrali, ed un altro inferiormente, che rappresentava come la con- linuazione del vidiano craniale decorrente al ganglio cer- vicale superiore del gran simpatico. Il ganglio genicolato 46 poi nella sua estremità inferiore dividevasi in tre grossi rami anch’essi di color grigio rossigno, i quali erano molto appariscenti sul ginocchio del facciale, ma mano mano, che scendevano con questo nervo per 1’ acquedotto scioglievansi in guisa da formare colle fibre del comu- nicante un intreccio assai complicato. Agendo poi debita- mente sull’ estremità inferiore del ganglio in discorso potè il Malaguti scorgere un plesso di fili in istretta attinenza col nervo comunicante della faccia, dal quale plesso par- tivano alcuni rami, che a diversa altezza perdevansi nel facciale istesso, ed uno dei quali soltanto gli fu dato iso- larlo in basso dal tenace neurilema fino al ramo aurico- lare del vago con cui istituiva una vera anastomosi. Final- mente fra l’ auricolare ed il comunicante vide teso un fila» mento nervoso, che non saprebbe precisare se fosse spe dito dall’ auricolare al comunicante, o viceversa, sebbene per l’anastomosi precedente, e per la tinta cinericcia che lo caratterizzava avesse motivo di giudicarlo uno dei tanti fili del ganglio genicolato, che si commescolava discen» dendo colle fibre del facciale. E potè ancora assicurarsi che il ganglio genicolato esistente sul ginocchio del fac- ciale, mandava fuori dell’acquedotto due propagini una delle quali si anastomizzava col tronco comune formato dalla riunione di quattro filamenti che scaturivano dal gan- glio cervicale superiore dell’intercostale, mentre 1’ altro che era più sottile e descriveva un più lungo tragitto an- dava ad anastomizzarsi col primo ramo uscente dal gan- glio cervicale superiore, a poche linee di distanza dal ganglio medesimo. Per le quali indagini, ed osservazioni anatomiche fi- nora descritte, avvalorate da’ più sottili argomenti , dalle più profonde ed estese cognizioni fisiologiche e patologiche il Malaguti ne deduce 1.° Che l’apparecchio nervoso osservato nel vitello fra la porzione dura, e molle del settimo pajo avendo 47 colore; struttura, forma ; e distribuzione del tutto diffe- renti da ciò, che offrono i nervi collaterali, ne viene per conseguenza che debba ritenersi da questi separato, e di- slinto. 2.° Che tanto l’ intermedio per essere in rapporto alla maniera de’ comunicanti dell’ intercostale col settimo pajo, quanto il ganglio genicolato per non avere i caratteri dei gangli composti, e per comunicare col gran simpatico, meritano di essere collocati nella sezione dei nervi spet- tanti alla vita organica. 3. Che l’intermedio offrendo una plausibile spiega- zione dei consensi, che esistono fra i visceri del torace, e dell’addome coll’ organo dell’udito, e col cervello, e viceversa mercè i rapporti che istituisce col simpatico, e col vago, debba perciò considerarsi come un’emanazione dell’intercostale protratta fino agli organi cerebrali. 4.° Finalmente che il nervo del Wrisberg non poten dosi considerare contro l'opinione del Sig. Morganti come un nervo sensifero identico alle radici posteriori dei nervi spinali, acquisterebbe un grado maggiore di probabilità il ritenerlo un nervo della vita organica in attinenza diretta col centro più cospicuo del sistema nervoso, 17.* Sessione ordinaria. 18 Marzo 1852. Leggesi Dispaccio dell’ Emo Pro-Segretario di Stato, col quale partecipa, che avendo rassegnato al S. Padre a nome dell’ Accademia il Tomo II delle sue Memorie, la Santità Sua si è degnata di accogliere con la usata be- nignità un tale omaggio, e gli ha comandato di esternarlene il suo gradimento. Sebbene non pochi dei più accreditati medici sistemi siano stati fecondi di scientifiche e pratiche utilità, ciò nullameno bisogna pur convenire che ben di frequente 48 spinta troppo innanzi |’ applicazione delle vagheggiate dot- trine, od usato ogni sforzo acciocchè alle medesime pie- gassero, o cedessero i fatti, ne derivaron per questo al- l’egra umanità serie infinite di mali. Convinto di ciò il Chiarissimo Professore di Clinica Medica G. B. Comelli nella indicata sessione leggeva al- l'Accademia una sua Memoria, colla quale si proponeva di convalidare un tal vero mercè d’assai robusti, ed in- calzanti argomenti, cercando nel tempo stesso di compro- vare che il metodo empirico razionale era quello, il quale nell’attualità della scienza sembrava dovesse meritare la preferenza. In conferma di che appoggiavasi egli dapprima a quanto ne dimostra la giornaliera osservazione in riguardo a non pochi assai validi rimedi, i quali lungi di far co- noscere la loro efficacia in quel modo che dovrebbe essere consentaneo colle teorie più persuadenti, rendono all’ op- posto in non poche circostanze palesamente manifesto , che soltanto per un’azione del tutto modale, o specifica in molto gravi e particolari emergenze riescono di immensi vantaggi fecondi. E seguitando |’ Accademico nel suo assunto, espone i danni rilevanti da cui in alcuni temibilissimi momenti è minacciato un infermo non allontanandosi dalle norme di qualche preconcepito sistema, ed indica invece i sommi vantaggi che l’infermo istesso può in tali casi ritrarre de- clinando coraggiosamente dagli stabiliti precetti. Intorno a che sì fa forte 1’ avveduto Clinico, d’ inte- ressanti felici risultati ottenuti nella sua lunga, e lumino- sa pratica, e di molti altri osservati da uomini non meno rinomati ed esperti, pei quali si rende palese, che stre» mate in non pochi individui le generali forze in causa d’ energico metodo antiflogistico usato onde tentare di vin- cere acutissima pleurite, o profonda pneumonite, riescì diffatti assai efficace il distogliersi dal consiglio d’ alcuni 49 sistematici, famosi d’altronde per ingegno, e per dottri- na, i quali in simili pericolosissime circostanze giammai vorrebbero che si ricorresse ai corroboranti od agli ecci- tanti onde non aumentare così l’impeto di quella flogosi che minaccia d’appresso la vita dell’infermo, mostrando invece ripetuti fatti (come 1° Accademico ne assicura) van- taggiosissimo l’uso interno del vino, delle misture cor- diali, dei ricreanti, coi quali mezzi le naturali forze riac- quistano il vigore che è sufficiente, od indispensabile, ac- ciocchè effettuinsi quei salutari critici cambiamenti che ser- vono a far dileguare la flogosi. I quali salutari lavori, non solo denno essere conve- nientemente all’ opportunità procurati, ma ciò che più monta si è di guardarsi bene dal giudicarli (il che in molti casi diversi dagli enunciati da non pochi si usa) dipen- denti essi stessi da flogistico processo, e curabili quindi con metodo debilitante. Nel quale errore, secondo l’ Accademico, caddero spe- cialmente tutti coloro che nelle febbri così dette essenzia- li, o primitive null’ altro videro, che una manifestazione di un interno più o meno esteso lavoro infiammatorio. Per lui tali febbri devono, come ancora molti illustri ne pensano, essere quasi sempre ben diversamente consi- derate. Il loro apparire in buon numero di casi, non è che l’ effetto della forza conservatrice insita all’ organismo , che sorgendo, e mostrando la propria potenza, il proprio vigore colle febbrili appariscenze, serve in tal modo a li- berare la macchina animale di principi superflui, etero- genei, o nocivi. Chiunque pertanto preoccupato dall’ idea di infiammazione tenterà ad ogni possa di spegnere, o di annientare tal febbre, null’altro farà, che danneggiare l’infermo. Chiunque cercherà invece di non disturbarne menomamente il regolar corso, di convenientemente diri- gerla o soccorrerla, sarà il benefico ajuto della natura. Ed infine il Prof. Gomelli non pochi argomenti ag- RENDICONTO DELL'ACCAD» 4 50 giugnendo, onde vieppiù confermare la fallacia d’ alcuni sistematici precetti, proclama nuovamente l’ utilità del me- todo empirico razionale, od ecclettico, ed egli ne ha ben ragione, giacchè cotale metodo fruttò i più felici; e bril- lanti risultati al nostro clinico venerando. 18.* Sessione ordinaria. 1. Aprile 1852: Legge dapprima il Prof. Respighi sui principj fonda» mentali del Calcolo Differenziale. Quando D’Alembert applicava al Calcolo Differenziale l’archimedeo principio de’ Limiti, niuno potè negare che egli non vi portasse con ciò tutto il rigore dell’ antica Geo- metria. Liberati una volta i matematici dalle lor dubbiezze, non dee recar maraviglia, s’ essi non fecer poi alla teorica delle derivate quell’ accoglienza, che il nome immortale di Lagrange potea ripromettersi; e che, tranne la scuola di Brunacci, la qual piegò a terra il ginocchio ; adorando il Sole nascente, tutto il rimanente mondo scientifico la- sciassela passare, quasi meteora inosservata. Che la certezza sia la dote precipua d’una scienza, chi vorrà negarlo? Ma chi vorrà d’altra parte sostenere, che dopo la certezza non si debba a tutt’uomo cercar \ evidenza? Qual filosofo, sia pur anco più trascendentale di Kant e di Fichte, vorrà mai applaudire ad Eulero, quando vien dimostrando proprietà di quantità reali a furia d’immaginarj? E chi non rimane scontento, quando il geometra con una riduzione all’ assurdo 1’ abbia solamente convinto senza illuminargli l'intelletto? Le condizioni de’ lempi obbligavano spesso a ricorrere a cotal mezzo i geo» metri di Grecia, impegnati con trista genìa di sofisti e di scettici, i quali chiudevan gli occhi alla luce, e conveniva tostringerlì all’ assenso: ma i nostri matematici, che hanno 51 a fare con ispiriti docili alla voce del vero, debbon possi- bilmente astenersi da qualunque uso di metodi indiretti. Poichè dunque il principio dei Limiti si dimostra uni- camente colla riduzione all’ assurdo; il metodo di D’'Alem- bert è già per ciò solo men diretto de’ metodi di Newton e di Leibnizio; e il Calcolo Differenziale nelle mani del filosofo francese ha perduto dal lato dell’ evidenza, quanto ha guadagnato dal lato del rigore: onde riman sempre che alcun trovi modo di conciliar.la qualità essenziale della scienza coll’ altra qualità, che 1’ umano intelletto ha pur diritto di esigervi. L’Accademico ricorre con Newton agl’ indivisibili del Cavalieri : ma dove Newton procede per sintesi, generando il continuo col flusso dell’ indivisibile, 1° Accademico in- vece con Cavalieri e Leibnitz procede dal continuo a’ suoi elementi. Dove poi il Cavalieri non vede nel continuo se non una somma d’infinito numero d’indivisibili, 1° Acca- demico riconosce la necessità d’un modo di congiunzione (qualunque poi esser possa) fra gl’indivisibili stessi; come per formare una catena non basta già ammassare anelli, ma è uopo inoltre che questi anelli sì vengano congiun- gendo. Rispetto al continuo l’indivisibile isolato è zero, alla stessa guisa che l’ anello è catena zero: e la semplice somma d’ indivisibili separati non potrebbe mai darci altro che zero. Si destini dunque il segno + ad esprimere la somma degl’ indivisibili, ma nel loro stato di congiunzione nel continuo, per cui ne diventa ciascuno parte integrante; e il simbolo differenziale si traduca dall’ infinitesimo all’ in- divisibile: ed avremo un nuovo metodo differenziale, dove non trascureremo con Leibnitz quantità, comunque si vo- glia piccole, nè trascureremo col Cavalieri il necessario vincolo, che secondo 1° Accademico unisce gl’ indivisibili nella quantità continua, riguardando con quello la quantità continua qual semplice somma d’ indivisibili: concetto che tenne lontani i matematici dall’ addottarne il metodo, onde 52 Leibnitz diede la preferenza agl’iufinitesimi di Gregorio da San Vincenzio. Se al filosofo sensista potrà parere che 1’ Atsademitò costruisca l’edifizio suo di pietre immaginarie unite con un cemento arcano ; la gioventù invece, alla cui istruzione egli lo destina, educata com’è in una filosofia ragione- volmente trascendentale, non troverà alcuna difficoltà a discendere col Cavalieri fino all’indivisibile del continuo, non trovera nella modificazione dell’indivisibile, che il rende parte del continuo, un concetto più astruso degli ordinarj principj di metafisica. Dopo la dissertazione del Prof. Respighi il Dott. Ba- ratta, per incarico già avutone dalla Presidenza, legge un succoso estratto dell’ importante opera di King sulla Ca- liforma , corredandolo d’ opportune considerazioni minera- logiche e di politica Economia; lavoro che ha cortese- mente ceduto alla benemerita Società editrice degli Annali delle Scienze Naturali, dove comparirà in breve agli oc- chi del Pubblico. 19.* Sessione ordinaria. 15. Aprile 1852. Legge il Dottor Fagnoli intorno alla Teorica delle Pressioni, che un Corpo o Sistema di forma invariabile esercita contro appoggi rigidi ed irremovibili, dai quali è sostenuto în equilibrio. » L’ argomento, sul quale si fonda la comune teorica , e da cui si deduce che le pressioni sono di loro natura indeter- minale, ridotto a” suoi minimi termini può esprimersi così = Se in luogo degli appoggi si sostituiscono altrettante forze attive, uguali rispettivamente alle resistenze esercitate da quelli, tali forze attive dovranno fare equilibrio alla forza premente. Ma in moltissimi casi l'equilibrio può del pari ottenersi sostituendo agli appoggi infinite combinazioni di- verse di forze attive: le quali combinazioni essendo fra 53 loro în tutto equivalenti, non v'è ragione snfficiente per ritenere, che una di esse rappresenti le resistenze piutto- stochè un’altra qualunque. Le resistenze possono, dun- que, essere egualmente rappresentate da ciascuna delle suddette combinazioni di forze, e quindi possono attuarsi in infiniti modi, ossia sono indelerminate =. » Ma qui, per quanto a me sembra, chiaramente si scorge, che la conclusione che logicamente discende da tali premesse, è assai diversa, 0 anzi contraria a quella che se ne trae. Perocchè dall’essere la forza che preme, come si suppone, indifferente a distribuirsi secondo qua- lunque delle disposizioni, che darebbero origine alle di- verse maniere di resistenze, non ci è già lecito dedurre ch’essa possa ad arbitrio attualmente distribuirsi secondo alcuna di quelle; ma ci sarebbe anzi forza concludere, che non possa presceglierne veruna, e però non si distri- buisca affatto. A quella maniera che, dall’ essere un punto spinto normalmente contro un piano, e perciò indifferente a strisciarvi sopra in ogni senso, non deduciamo già, che sia indeterminata la direzione nella quale striscierà attualmente, ma invece con tutta certezza concludiamo, che non presceglierà direzione veruna, e però non si mo- verà affatto. Attenendoci adunque all’ addotto argomento, saremmo spinti a concludere che, colle sole condizioni stabilite dal problema, non possa attualmente aver luogo pressione alcuna contro gli appoggi; lo che essendo evi- dentemente assurdo, ci fa conoscere che quelle combina- zioni di forze, che sono equivalenti fra loro quanto al produrre equilibrio, non possono esserlo del pari quanto al rappresentare le resistenze d’ appoggi; e che perciò ne- gli effetti loro esiste pure qualche differenza, della quale non si tiene conto, e che tuttavia è d’uopo indagare. Ed a questa ricerca ci faremo ora strada colle seguenti con- siderazioni generali. » Se due o più forze siano applicate ad un medesimo 54 punto materiale, è palese che le azioni loro si compor- ranno immediatamente in una sola azione, che corrispon- devà ad una sola forza applicata a quel punto. Ma se una forza applicata ad un punto di un corpo o sistema qua- lunque, fa risentire la sua azione in altri punti del corpo stesso, ciò non potrà avvenire senonchè mediatamente, e per. effetto delle reazioni esercitate da quelle parti del corpo, 0 sistema, che sono fra di essi punti interposte, per mezzo delle quali lazione della forza si trasmette. Infatti se il punto o elemento materiale, a cui è immedia- tamente applicata la forza, non trovasse impedimento nelle reazioni esercitate su di lui dagli altri punti o elementi adja- centi, obbedirebbe pienamente all’ azione della forza che lo anima; la quale s’impiegherebbe per intero nel produrre il moto di quello, e non si distribuirebbe ad altri punti an- cora. Ma se i punti adjacenti reagiscono sul punto d’im- mediata applicazione della forza, assumono in se tanta parte di essa forza, quanta ne spengono nell’ elemento primitivo, e con quella si muovono, o la trasmettono in modo ana- logo mano mano, ai punti o elementi che vengono dopo, a seconda delle reazioni che questi sono capaci di esercitare. » Qualunque poi sia l’intima natura di queste rea- zioni, senza le quali l’azione di una forza non potrebbe diffondersi, dipenderanno esse interamente dalla entità e direzione delle forze attive che le producono, dalla situa- zione de’ punti a cui tali forze sono immediatamente ap- plicate, e dalla maniera di dipendenza, o di vincolo che unisce i diversi elementi, o le diverse parti del corpo 0 sistema in cui sono prodotte: e se il sistema sia in attuale movimento, dipenderanno altresì dal modo nel quale vi è la massa distribuita. Così che, se sia dato il Sistema, e determinato il modo col quale le diverse sue parti dipen- dono le une dalle altre, anche le forze esercitate scambie- volmente dalle parti stesse, ch'io chiamerò reazioni in- terne, saranno determinate per ciascuna combinazione di 55 forze attive, e riusciranno sempre le stesse per una stessa combinazione di forze, ma varieranno col variare della combinazione medesima. » Pertanto, se un corpo, o sistema di forma invaria» bile sia mantenuto in equilibrio da quante si voglia forze attualmente applicate a punti fra loro distinti, sarà sog» getto ad alcune reazioni interne, che non potrebbero aver luogo, se quelle forze non agissero attualmente, e che d’ altronde non potranno esser nulle, a meno che non siano nulle anche le forze applicate a ciascun punto; ma che: saranno determinate quando quelle forze lo siano. Onde avverrà bene che le forze applicate al sistema, o alcune di esse, possano essere aumentate o diminuite, o in altro modo variate senza che si turbi |’ equilibrio; ma è certo che, quando ciò avvenga, le parti del sistema adja- centi ai punti d’immediata loro applicazione, o anzi le parti tutte che influiscono nell’ equilibrio, eserciteranno reazioni dipendenti da queste nuove forze, e quindi diverse da quelle che esercitavano prima. Così, se due forze uguali e contrarie siano applicate a’ punti estremi di un filo ri» gido ed inestensibile, produrrebbero l’attuale moto di quelli, 0 di qualche porzione del filo medesimo, se non vi si opponessero le reazioni esercitate dal filo interposto ; e quella reazione che ciascun punto del filo per tal modo esercita sul punto adjacente, e per effetto della quale i due punti non cambiano la loro posizione rispettiva, sarà determinata e costante, finchè le due forze applicate al filo si conservino le medesime; ma varierà col variare di quelle, e sarà per esempio una pressione se le forze sono dirette secondo il filo, 0 una tensione se sono dirette secondo ì suoi prolungamenti, e sarà maggiore o minore dipen dentemente dalla intensità delle forze stesse. » Due diverse combinazioni di forze potranno, dun que, dirsi fra loro equivalenti in quanto che imprimono Q tendono ad imprimere uno stesso moto nel sistema di 56 forma invariabile su cui agiscono: ma, quand’ anche vi siano rispettivamente applicate agli stessi punti e nelle stesse direzioni, differiranno pur sempre fra di loro in quanto alle reazioni interne che vi ecciteranno; a meno che le forze applicate a ciascun punto nelle due combi- nazioni non risultino anch’ esse rispettivamente eguali. » Ciò premesso, se un sistema animato da una forza sia mantenuto in equilibrio mediante appoggi qualunque, sarà soggetto a reazioni interne, le quali saranno in parte dipendenti anche dalla speciale natura degli appoggi stessi, e dal loro particolar modo di reagire. Ma se gli appoggi siano assolutamente rigidi e irremovibili, e reagiscano in- dipendentemente da ogni circostanza accessoria, come 5’è detto, le reazioni interne prodotte nel sistema non potranno dipendere da altre condizioni, fuorchè dalla quantità e si- tuazione della forza attiva che le produce, dalla forma e situazione degli appoggi, e dal modo nel quale sono gli uni dagli altri dipendenti gli elementi del Sistema che fra loro reagiscono. Determinate queste condizioni, saranno del pari totalmente determinate le reazioni interne; e quindi ancora saranno totalmente determinate le pressioni esercitate contro gli appoggi, le quali sono una conseguenza neces» saria delle stesse reazioni interne; per mezzo di cui la forza attiva premente si diffonde. » Nasce da ciò, che ciascun dato sistema attuale di forma invariabile, quante volte sia -animato dalla stessa forza attiva, e sostenuto in equilibrio dagli stessi appoggi , sarà sempre soggetto alle stesse reazioni interne ,jed eser- citerà sempre contro quegli appoggi le stesse pressioni determinate e costanti; giacchè sarebbe del pari assurdo il ritenere; o che le reazioni interne potessero eccitarsi a capriccio e indipendentemente dalla costituzione intima del sistema; ovvero che un corpo 0 sistema fosse attualmente costituito in più modi diversi. Laonde, quando si volesse pur supporre, che due attuali sistemi di forma invariabile, 57 ‘perfettamente uniformi per ogni altro rapporto, possano fra loro differire per un diverso modo di scambievole di- pendenza delle parti loro; è tuttavia indubitato che cia- scuno di essi, quando sia animato da una forza data, e sostenuto in equilibrio da appoggi rigidi dati di forma e di posizione, sarà sempre soggetto a reazioni interne determinate; ed esercilerà pressioni pure totalmente de- terminate. » Ma questi risultamenti ai quali si è necessariamente condotti quando si considera l'equilibrio mantenuto da forze passive, ossia dalle resistenze di appoggi assoluta- mente rigidi ed irremovibili, non hanno più luogo quando agli appoggi vengono sostituite delle forze. attive; poichè in questo caso, quantunque sia pienamente determinato il modo di dipendenza o di vincolo fra le parti del sistema attuale equilibrato, pure le reazioni interne non saranno più, come prima, dipendenti dai soli dati del problema; e quindi determinate e costanti; ma varieranno dipenden- temente dalle diverse combinazioni arbitrarie di forze at- tive, colle quali si potrà riprodurre l’ equilibrio. E insie- me colle reazioni interne varierà pure la distribuzione della forza premente; e non già per effetto delle condizioni espresse del problema, ma a cagione soltanto delle muove arbitrarie forze introdotte, le quali perciò tengono luogo di nuove condizioni. Pertanto, l'equilibrio prodotto da appoggi rigidi ed irremovibili risulta generalmente attuato con circostanze diverse da quelle che hanno luogo quando agli appoggi vengono sostituite delle forze attive; poichè in quello le reazioni interne sono, per ciascun sistema, determinate e dipendenti dalla sola forza premente, ed in questo sono variabili, essendo altresì dipendenti dalla speciale combi- mazione arbitraria di forze attive, che ci piaccia di sce- gliere per mantenere l’ equilibrio. È dunque erroneo il ri- tenere assolutamente în tutto equivalenti fra loro Je di- 58 verse combinazioni di forze attive, che possono sostituirsi in luogo degli appoggi , ed il supporle tutte in egual grado capaci di rappresentare le resistenze esercitate da quelli; mentrechè sono fra loro equivalenti in7ciò solo, che cia» scuna di esse può fare equilibrio alla stessa forza, ma differiscono poi essenzialmente in un altro loro effetto, e cioè nelle reazioni che ciascuna di esse eccita ne’ diversi elementi del corpo o sistema a cui sono applicate; e men» trechè si deve ritenere che quella sola combinazione di forze attive sia adatta a rappresentare le resistenze, la quale riproduca esaliamente zuzze le circostanze che ac- compagnano l’ equilibrio prodotto dagli appoggi corrispon- denti; la quale, cioè, dia luogo alle stesse determinate reazioni interne, che sarebbero a quell’ equilibrio dovute. » Adunque, la comune teorica nell’indagare le pres» sioni esercitate da sistemi di forma invariabile contro ap- poggi rigidi che li tengono in equilibrio, ommette veramente di tener conto di una circostanza determinata, ed essen- zialmente inerente alla natura del problema, ommettendo di considerare le reazioni interne che hanno luogo fra gli elementi del Sistema, le quali sono funzioni implicitamente determinate della forza premente, e degli altri dati del problema; e sostituendo a queste altre reazioni interne, che sono funzioni di quantità in parte arbitrarie, come sono le forze attive colle quali si può mantenere l’equili- brio (e come: sono le forze che risultano dall’ arbitraria decomposizione della forza premente), introduce nel cal- colo quella indeterminazione, che non è propria del pro- blema, e che dà origine al noto paradosso =. Poscia 1° Accademico prende a sviluppare maggiormente queste sue considerazioni: e provato che la questione non è mai di sua natura indeterminata, perchè la forza pre- ‘ mente non ha il libero arbitrio per potersi distribuire a capriccio, passa a darne effettiva soluzione nel caso d’ap= poggi silnati tutti in un piano. 59 20.* Sessione ordinaria. 22. Aprile 1852. L’illustre cav. Bertoloni prosegue in una XIII® Mi- scellanea la trattazione delle piante alabamesi, descrivendo le specie seguenti; CI. Ord. Famil. 1. Nicotiana humilis ( Pentandria. Monogynia, Solanaceae): caule brevi, erecto : foliis imis spathulatis, successivis oblongo-lanceolatis; floribus brevissime pedunculatis ; calycibus tubulosis, hirsutis , quinquepartitis, laciniis linearibus. 2. Persealongipeda (Enneandria. Monogynia, Laurineae): glabra; caule erecto ; foliis oblongo-obovatis, obtusis , coriaceis; pedunculis terminalibus, elongatis, apice breviter racemosis, racemulis trifloris, cinereo-to mentosis. 3. Trichostema lineari-folium (Enneandria. Monogynia, Laurineae): caule erecto, brachiato ; foliis linearibus, oppositis ; floribus terminalibus, subternis; labiis ca- Iycinis inaequalibus, demum resupinatis, laciniis ova- tis, aristatis. 4. Dasystona tubulosa (Didynamia. Angiospermia. Scro- phulariaceae): breviter pubescens; foliis inferne si- nuato-pinnatifidis, superne grosse dentatis; calyce pe- dunculis breviore, laciniis integris, dentatisque; corol- lae tubo cylindraceo. 5. Hypericum punctulosum (Monadelphia. Polyandria. Hy- pericineae): caule tetragono, tetraptero; foliis parvis, oblongo-lanceolatis: subtus crebre glanduloso-puncta- tis; cyma biradiato-dichotoma ; foliolis calycinis ovatis, oblogis, obtusis, stilo solitario ; stigmate breviter trifido. A questa Miscellanea l’ Accademico premette un eru- dilissimo discorso sopra i pascoli e i cereali degli antichi 60 geoponici. Primo si presenta l’incertissimo Ocinus. Bene ponderati e confrontati i luoghi di Catone, Varrone e Pli- nio, i quali non permettono di crederlo col Pontadera la farragine, nè collo Schneidero il irifoglio, nè la fava, nè la veccia, congettura |’ Accademico ch’esser possa il Lathyrus Aphaca di Linneo. Simili confronti inducono a credere che |’ Adoreum o Far sia il Triticum hybernum de’ moderni botanici. La Farrago poi risulta chiaro da più passi, e principalmente da uno di Vegezio, non esser ‘ pianta speciale, ma un certo miscuglio di pascoli. Infine V Hordeum hexasticum degli antichi è identico al nostro, e il loro Hordeum disticum o Galaticum è il nostro Hor- deum vulgare. Egli è pur bello il veder 1’ antico Varrone, che pur passava pel dottissimo de’ Romani, rimanersi incerto, se il nome di farrago provenga dall’ essere ferro caesa, op- pure dal seminarsi în farracia segete, e all’incontro i nostri lessicografi con sicura fronte sentenziare = Dicta est farrago, quia praecipue ex farre constat =. Dove 1° av- verbio praecipue vale un tesoro, quando fra i componenti della farrago nè Varrone nè Vegezio contano il farro. Tanto erano inesatti que’ vecchi nelle loro enumerazioni! 21. Sessione ordinaria. 29 Aprile 1852. L’ Accademia riceve in dono le opere seguenti; Dall’ Accademia de’ Lincei — Alti 1847-48, Dalla Società Medica di Bologna — Bullettino. Febb. e Marzo 1852. Dalla Specola di Bologna — Osservazioni meteorolo- giche Febbr. e Marzo 1852. Dalla Comm. Amm. Ferrara — Cholera Morbus in Ferrara. Dalla Società Editrice — Annal. Sc. Naturali Genn. e Febbr. 1852, 61 Dai rispettivi Autori — Bellani prof. Angelo. Osservazioni sui Bachi da Seta. Sui fenomeni annunziati da Boutigny. —— Del Pozzo prof. Enrico. Il magnetismo: animale. -—— Gandolfi prof. Giovanni. Medicina Forense. —— Terzi Gaetano. Osservazioni sull’ ascite. Si legge una dissertazione dell’ assente cav. Brighepti = Sulla bonificazione dei Paduli di Bientina e di Massac- ciucoli =, Voto richiesto dal Governo Toscano. Fra i molti progetti 1° Accademico, dopo accurato esame e visita in luogo, dà la preferenza a quello del Fantoni opportuna- mente modificato dal commend. Manetti. Dovendo questo Parere venir in breve pubblicato in Toscana; è inutile darne ulteriore ragguaglio. Ma non tornerà inutile lo spendere alquante parole intorno all’autore del progetto, trovandosi sparse di lui alcune notizie inesatte e perfino calunnie. Pio Fantoni fu Bologuese. Educollo alle matematiche discipline Vincenzio Riccati, splendido ornamento di que- sta Società Scientifica. Dapprima lo scelse a suo alunno Eustachio Zanotti nella sessione accademica del 21 Marzo 1743; e l'Accademia aggregollo poi il 2 Maggio del 49: ma oltre il 9 Aprile del 61 nol troviamo intervenuto alle adunanze. Rivedealo questo recinto, quando nel 1803 in- terveniva coi Volta, cogli Scarpa e cogli altri primi mem- bri dell’ Istituto Italiano a formare la doppia lista, che al Presidente della Repubblica dovea presentarsi per la scelta de’ rimanenti. Fu de’ più grandi idraulici del secolo scorso, sicchè i governi italiani se ne valsero in gravissime occasioni; € il Palcani, giudice ben competente, in quel famoso elogio d’ Eustachio Zanotti lui francamente collocava fra lo Xi- menes e il Lecchi. Per estese notizie vedasi il suo elogio letto dal Ser- chiani a’ Georgofili il 19 Settembre 1804. Esso varrà a 62 correggere ciò che della nascita sua e della morte sta scritto nel Repertorio de’ Professori dell’ Università, che lo dice spento nel 1766, e nel Vol. III dell’Istituto Lom- bardo-Veneto, che lo fa nascere in paese innominato di Toscana, ma dove era necessariamente una Collegiata, perchè gli si conferisce un canonicato in patria. Il Serchiani poi intoppa alla sua volta, mettendolo nel 1760 alle prese con Eustachio Manfredi, che fin dal 39 erasi addormentato nella pace del'Signore. Nè era nel carattere del nostro illustre Fondatore lo scrivere contro coscienza .e per aliena instigazione, come suppone il Segretario de’ Georgofili. L'errore del Repertorio è pro- venuto dall’ aver di quel tempo il Fantoni ( risolutosi final- mente di spatriare) rinunziato a tutte le cariche che qui copriva, lettura di Geometria all’ Università, canonicato in S. Petronio, e sopraintendenza al Collegio Montalto : e il biografo milanese, se non ha preso dalla Biographie Universèlle, sembra aver prestato fede a favole di nemici personali. E difatto nella Breve Confutazione del Profilo composto dal Perito Montanari il Fantoni, dirigendo alla maniera d’ Ovidio il discorso al proprio libro, gli dà una siffatta commissione ; = Dirai apertamente, che se un Fau- tore del Cavo Benedettino in rispettabile luogo, e poscia un altro in certa lettera anonima scritta all’ Amico suo di Siena, venduta qui pubblicamente in Bologna, ha avuto coraggio di dire, ch'io son forestiere, e che ho ingannato l eccelso Reggimento nella Cittadinanza Bolognese di due origini, quando mì conferì la lettura, tu dirai, io replico, che già ho consegnato agli atti del Sig. Gaspare Sacchetti Notajo Arcivescovile di Bologna per dimostrar senza un soldo a chiunque vorrà vedere le fedi autentiche della origine bolognese di mia Madre, del Padre suo già defunti, e poscia di me, e de’ trapassati mio Padre, mio Avo, mio Bisavo, mio Arcavolo con altri non inutili do- cumenti. Queste fedi per ora di ducento e più ‘anni d’ ori- 63 gine Bolognese ben potea alcuno, e 1’ Anonimo Autore aft- darle a riconoscere, come tultodì costumasi, al Pubblico Battistero; prima di porre in tanto rischio la propria probità =. Ma noi non vorremo già imitare |’ Anonimo Autore, ripudiando un sì distinto cittadino: ed anche perdoneremo ad un esule d’avere inserito nelle Transazioni della Reale Società di Londra (1767) la bella Memoria d’ Analisi Geo- metrica letta undici anni prima alla nostra Accademia, e che avrebbe potuto trovar ne’ Commentari luogo molto acconcio allato delle analoghe produzioni del suo famoso maestro. ll Fantoni però vi si sottoscrive = Mathematicus Bononiensis =, dichiarando così ch'egli avea rinunziato alle cariche, non alla Patria: come non avea certo rinun- ziato all’ Accademia; ne’ cui Cataloghi si trova sempre in- scritto il suo nome. Quanto all'origine de’ suoi dispiaceri, la Linea della Longara sarà stata ( se vuolsi ) un’ eresia nell’ incerta Scien- za de’ fiumi: pur quell’eresia sedusse in Roma Jacquier e Le Seur, i dotti commentatori di Newton: pur quell’ ere- tico fu ‘successivamente Primo Matemalico di Pio VI, di Leopoldo, di Napoleone; tre nomi soli, ma da valutarsi non meno de’ Cinquanta Riformatori. Certo poi che il rinunziare alle cariche occupate sarìa stato in un padre di famiglia sconsigliata risoluzione: ma in bocca d’ un Re- verendo non par tanto bizzarra questa parola = Cerchia- mo da Essi (i 50) la minor dipendenza possibile, e sieno li nostri studj il nostro conforto (lett. a Palcani da Città della Pieve 10 Ottobre 1785) =. 22.* Sessione ordinaria. 6 Maggio 1852. Si legge una memoria spedita all’ Accademia dal Cav. Prof. Paolo Baroni. Non essendo tuttora gli Ostetricanti d’ accordo nell’am- 64 mettere la possibilità dell’ assorbimento della placenta ri- masta nell’utero dopo la espulsione di un feto allorquando specialmente la gravidanza è giunta al suo termine, 1’ Ac- cademico si fa a narrare colla maggiore accuratezza la storia di un fatto, che servirebbe a comprovare tale assorbimento potere in realtà effettuarsi. Il Chiarissimo Prof. per altro, sebbene in seguito di ciò si mostri convinto della possibilità di così singolare avvenimento, nulladimeno riflettendo ai pericoli da cui il medesimo può essere accompagnato, e ponendo pur mente ai temibilissimi rischi, che per la ritenzione della placeota non assorbita ponno alle puerpere sovrastare, si dichiara per questo inchinevole a coloro, i quali allorquando la espulsione della placenta di molto ritarda ad onta dei mezzi più opportuni impiegati onde sollecitarla, piuttosto che lasciare le puerpere in balìa d’una serie imponente di mali, e pericoli, nella ben lontana speranza del placentale assorbimento, stimano miglior partito di prevenire tanti danni eseguendo l’ artificiale estrazione della seconda. Anzi ad esempio dei più illustri pratici vuole egli, che tale di- stacco si compia prima che la bocca della matrice sia no- tabilmente ristretta, onde non -giunga il momento da ren- dersi assai difficile od impossibile l’insinuarvi la mano. Il che ognun vede di quanto danno sarebbe allor- quando tale estrazione compiere si volesse non già per prevenire soltanto i pericoli della ritenzione della placenta, ma bensì per rimediare a qualche temibilissimo fenomeno, che obbligasse a sgombrare di quella )’ utero immediata- mente, nel qual caso le violenze fatte dalla mano dell’ Oste- trico onde superare gli ostacoli opposti dal collo dell’ utero grandemente ristretto, di molto aggraverebbero le condi- zioni delle puerpere, le quali poi darebbero triste spetta- colo della pronta lor morte in quei casi funesti nei quali non fosse fattibile il penetrare colla mano nella matrice. Che se per altro il Cav. Baroni è d’avviso di non 65 dovere esporre una donna ai gravi pericoli, che d’ ordinario susseguono alla ritenzione della seconda, perchè qualche caso eccezionale, od assai raro ne mostra possibile il na- turale assorbimento, da tale regola devesi però secondo lui decampare, allorchè in parte, od in totalità la pla- centa è tenacemente all’ utero adesa. In questa circostanza piuttosto che porre le donne in quel- le pericolosissime condizioni che il distacco violento della seconda potrebbe cagionare, 1’ Accademico è convinto in un coi più distinti pratici di non estrarla, o di estrarre soltanto quelle porzioni che riesce facile lo staccare, o che sono già distaccate, per non incorrere nel rischio di produrre colla mano tali lesioni nella matrice da rendersi superiori a qualsivoglia risorsa della natura, o dell’arte. 23.4 Sessione ordinaria. 13 Maggio 1852. L’Accademia ha ricevuto in dono le opere seguenti: Dall'I. Accademia di Pietroburgo ® Memorie. VI.® Serie, Scienze Mat. Fisiche e Natur. T. VI. P. I. Sc. Mat. e Fis. T. IV. 3.°% e 4.% dispensa. — Memorie presentate T. VI. 5.° e 6.* dispensa. — Bullettino Storico-Filologico VIII. Dalla R. Società d’ Edinburgo — Transazioni Vol. XX. P. II. — Processi. Vol. III. N. 40 e 41. Dal Governo Britannico — Osservazioni Magnetiche al Capo di Buona Speranza 1841-46. Dall’ Accademia di Belle Arti di Bologna — Atti per la distribuzione de’ premii 1848-51. Dalla Società Editrice — Annali delle Scienze Naturali. Marzo e Aprile 1852. E dai rispettivi Autori. Faraday Michele — Ricerche sperimentali sull’ elettricità. Zanon Bartolomeo — Sull’ acqua minerale di Lorenzaso. Benvenisti Donato — Del sistema vascolare. T. I. RENDICONTO DELL'ACCAD- ò 66 Passerini Carlo — Insetti Coleotteri dannosi. Passerini G. — Flora dei Contorni di Parma. Valori Francesco — Dissertazioni Medico-Scientifiche. — Igiene pei Romani. Legge il Prof. Calori = Sulla matrice» degli scudetti cornei della cassa toracico-abdominale dei Chelonii =. Il Cav. Bianconi in due Memorie, lette già alla nostra Accademia e pubblicate negli Atti, aveva emessa la con- gettura che l’organo secernente la sostanza cornea degli scudetti avesse sua sede nei solchi delle ossa corrispondenti ai margini degli scudetti medesimi. Ma d’ una semplice con- gettura non contentandosi, voleva pure accertarsene me- diante l’osservazione diretta, e pregava il Calori a farlo in sua vece. Questi condiscendeva di buona voglia al de- siderio del collega; e dopo molte, minute e coscienziose osservazioni riusciva alle conclusioni seguenti. = L’organo secretore della sostanza cornea del pia- strone e della cappa delle Testuggini non è ristretto al cordoncino, ma esteso a tutta la superficie , 0 a tutte 1’ aree coperte dai singoli scudetti cornei. Il primo dei fatti che favoreggia questa idea, è il trovarsi su tutta la superficie del derma ossefatto coperta dagli scudetti cornei il corpo mucoso o sostanza cornea molle. Si sa che questa sostanza in istato di mollezza non si trova che sopra o intorno la matrice o l’organo che la genera. Ora non dovrebbe essere che sopra o intorno il cordoncino, quando questo fosse la matrice, o 1’ organo generatore esclusivo della medesima: ma essa si estende a ciascun punto dell’aree occupate da ciascuno scudetto: la matrice dunque o l’organo generatore si estenderà a ciascun punto delle aree sottoposte ‘agli scudetti cornei e non sarà circoscritta al cordoncino. E che il corpo muco- so, 0 sostanza cornea molle si estenda su tutti i punti dell’ aree delle ossa dermali coperte dagli scudetti ossei; 67 lo si vede già nell’ Emys Lutaria adulta, e molto più negl’individui giovani nei quali forma una membrana più cospicua. La quale membrana osservata al microscopio sì mostra composta di cellule nucleate a doppio contorno, € d’ un pigmento stelliforme, e non lascia alcun dubbio in» torno la sua natura. Esistendo dunque questa membrana del corpo mucoso sopra tutte le aree indicate, nè poten- dosi derivare dal cordoncino, derivar dovrassi dalla super- ficie esterna delle ossa dermali, le quali ne saranno per conseguenza l'organo generatore. E le condizioni ad esse non mancano perchè vengano così significate. Difatti que- ste ossa rappresentano il derma, e sono attraversate da moltissimi vasi sanguiferi, i quali si rendono molto super- ficiali e seguono gl’irradiamenti della ossificazione, e a quando a quando si anastomizzano e dispongonsi in reti: la quale grandissima vascolarità superficiale ed esterna di tali ossa è apparente anche senza previe injezioni. E quan- do per il progredire dell’ età, o per l’ulteriore incremento e perfezionamento della ossificazione simile vascolarità sce- ma nelle ossa dermali, ostruendosi ed ossefacendosi una gran parte di que’ vasi, si trova sempre che queste ossa rimangono rilevantemente vascolose; certo assai più del cordoncino, il quale fu rinvenuto nelle Lutarie adulte esangue, o quasi esangue: ond’è che questa condizione di grande vascolarità tanto essenziale per un organo se- cretore è più durevole o, per dir più esatto, permanente nelle prefate ossa: circostanza che toglie assai di valore al cordoncino, e rende più che verosimile che il vero or- gano generatore sia la superficie di quelle ossa in contatto col corpo mucoso. Ma un fatto che mette fuor di dubbio che l'organo generatore è la detta superficie mi è stato somministrato dalla Testudo Caretta. Contemplandone la cappa o seudo dorsale, e fermandomi sulle molto marcate distinzioni degli scudetti cornei, argomentai che i solchi corrispondenti inscritti sulle ossa sottoposte esser doves- 68 sero molto capaci, e contenessero quindi un cordoncino proporzionato a tale capacità. Spinto da ciò non volli a- spettare che la macerazione mi agevolasse il distacco degli scudetti cornei, ma ricorsi alla bollitura nell’ acqua sem- plice, e subito mi diedi a sollevare gli scudetti e ad esa- minare particolarmente i solchi cavati nelle ossa dermali. Ma quale fu la mia sorpresa quando per ricercar che fa- cessi non mi venne fatto di scoprire il minimo vestigio di un organo, che paragonarsi potesse al cordoncino dell’ Emys Lutaria! Rimasi veramente confuso, e vedendo la grossa membrana del corpo mucoso tutta continua mì diedi ad osservarla minutamente in corrispondenza dei solchi pre- fati, ma non mi mostrava che una specie di sutura, una impronta lineare giallastra , e niente, niente che ricordasse la struttura del cordoncino. E considerando la grossezza della membrana del corpo mucoso, mi nasceva un sospetto ch’essa fosse il derma; che si trattasse di una eccezione; che non fosse univere salmente vera la opinione da me adottata, cioè che gli scudetti ossei della cappa e del piastrone, sieno il derma ossificato; che non fosse senza ragioni la contraria senten- za del Cuvier. Ma l’ osservazione microscopica rimosse ogni dubbiezza, e mi rassicurò, mostrandomi in quella mem- brana che mentiva il derma, una stratificazione grande- mente moltiplicata di sostanza cornea semidura, onde an- che qui il derma veniva rappresentato dagli scudetti ossei superficiali, i quali poi erano porosissimi ed attraversati da vasi sanguigni di qualche calibro, specialmente da vene. Per la quale osservazione parmi sia provato all’ ultima evi- denza che la matrice, o l’ organo generatore degli scudetti cornei del piastrone e della cappa delle Testuggini non è ristretto ai solchi inscritti nelle ossa dermali in corrispon- denza dei margini di essi scudetti, ma tutto esteso all’ aree ossee coperte da questi scudetti medesimi. Lo che è in ar- monia col fatto generale osservato nelle diverse produzioni 69 cornee degli altri animali, che quando la sostanza cornea si modella sull’organo generatore e vi fa da copertura, quest’ organo è sempre molto esteso e tanto quant’è la copertura medesima, quale è appunto quello degli scudetti cornei che coprono la superficie esterna delle ossa dermali della cassa toracico-abdominale dei Chelonii. Con la quale conclusione io non intendo già di toglier facoltà al cor- doncino, quando esiste, di secernere la sostanza cornea, e di far credere che sia organo accidentale, inutile; che anzi ne deve pur essere organo secretore siccome formato nelle Lutarie adulte di frammenti ossei pertinenti alle ossa dermali, e coperto del corpo mucoso, ma organo non principale, bensì una parte dell’ organo principale, un complemento , od una addizione , od un limite., se così piace appellarlo, del vero organo principale, che abbiamo rico- nosciuto lutto esteso alle singole aree ossee occupate da ciascuno degli scudetti cornei =. Tali osservazioni non appoggiano certamente la con- gettura del Bianconi, il quale le ha provocate: ma egli ha pur voluto nell’ interesse della scienza , che 1’ amico suo le pubblichi, incominciando dal comunicarle allo stesso Corpo scientifico, a cui fu comunicata la congettura. Or venga Gian-Giacopo a gettarci in viso quell’ ingiuriosa sen- tenza = Non havvi un solo filosofo il quale, arrivando a conoscere il vero e il falso, non preferisse la menzogna da lui trovata alla verità scoperta da un altro =. 24.° ed ultima Sessione ordinaria. 27 Maggio 1852. 1.° Il Prof. Della Casa legge = Dell’ Elettrometro del Peltier, e del modo di renderlo atto a denotare le specie della elettricità =. Descritti i pregi di tale istrumento, che il Dott. Palagi ha introdotto nella nostra Specola, ed esposte le avvertenze da aversi nell’ usarne, l’ Accademico soggiunge = Mentre 70 questo elettrometro è molto atto a misurare esattamente la elettricità dell’ atmosfera, è poi inatto a dimostrare la spe- cie della elettricità medesima, non valendo a dirci, se sia da nominar positiva o negativa. Egli è vero, che, giusta le idee del suo inventore, il globo terrestre si riguarda trovarsi in uno stato abituale di elettricità negativa, e l’at- mosfera di elettricità positiva, di modo che la misura som- ministrata dall’elettrometro verrebbe sempre, dalle circo- stanze straordinarie all'infuori, a riferirsi ad elettricità positiva: ma, oltrechè non sono state accettate da tutti i Fisici e Meteorologisti quelle sue idee, i fatti talvolta sono ad esse contrarii. Se adunque la elettricità dell’ atmosfera può essere ora positiva ora negativa, si vede essere neces- sario, che l’elettrometro la possa indicare. Il porlo in co- municazione con qualche elettroscopio richiede non solo l’uso di questo secondo strumento, ma fa che si parta dall’elettrometro, per arrivare all’ elettroscopio indicatore, una porzione di quella elettricità, che tutta dovrebbe ri- manere nell’ elettrometro per dare la misura che si cerca. Inoltre, potrebb’essere sì tenue la elettricità nell’ elettro- metro, che poi ripartita fra esso, l’elettroscopio e il filo necessario per mettere quello con questo in comunicazione, non potesse essere manifestata dall’ elettroscopio stesso. Ad evitare pertanto tutto ciò, ed a ridurre l’elettrometro ca- pace a pur denotare la specie della elettricità, ecco, a mio avviso, come basta operare. In un punto del cilindro di eristallo (cassa dell’ elet- trometro) si pratichi un picciol foro, e vi si adatti verti- calmente un sottil filo metallico, che serva di asse, intorno al quale si possa far girare orizzontalmente, mediante un piccolo manubrio di materia isolatrice, una leggierissima leva di filo metallico nel modo stesso, nel quale una delle gambe del compasso gira nell'altra. Abbia questa i suoi due bracci orizzontali incurvati circolarmente, cosicchè l’uno possa, muovendosi la leva, mettersi in contatto della 71 parete interna della cassa, e l’altro della esterna. Abbia inoltre nell’ interiore sua estremità un piccolissimo dischetto od emisfero concavo parimenti metallico, e nella esteriore sostenga una pagliolina d’oro, od un globettino di midollo di sambuco attaccatovi per un filo di canapa, ovvero ab- bia al di sopra una sottilissima punta metallica, destinata a tenere in bilico un ago metallico arrotondato ne’ suoi estremi e mobilissimo in direzione orizzontale. A_ seconda de’ casi poi si potrà dare la preferenza alla fogliolina , al pendolino, od all’ ago piuttosto. Intanto, messo in opera l’elettrometro ed apprezzata la deviazione del suo ago mobile, incontanente si meni, per mezzo del manubrio, il dischetto od emisfero concavo della leva in contatto con una estremità dell’ ago stabile, e così una parte della elettricità di questo passerà ad elettrizzare per comunicazione la fogliolina d’oro , o il pendolino di mi- dolla di sambuco, o l'ago. Preso tantosto un bastoncello, per mo’ d’esempio, di ceralacca, e stropicciatolo con un pezzo di panno, sicchè si elettrizzerà negalivamente, si presenti da lontano alla fogliolina, 0 al pendolino, o all’ago, ed indi, approssimandolo a grado a grado, si badi al primo movi- mento, che nell’uno qualunque dei tre si manifesta: im- perocchè, se sarà d’avvicinamento, avrassi certezza di elettricità positiva nell’ elettrometro, e di elettricità nega- tiva nell’ atmosfera; e se sarà di allontanamento, la elet- tricità sarà allora negativa nell’elettrometro, e positiva nell’ atmosfera medesima. Finchè non è stata misurata la deviazione dell’ago mobile dell’ elettrometro, è d’ mopo che la leva rimanga colla sua estremità interiore, il più che si possa, lontana dagli aghi dell’ eleltrometro , affinchè non si determini attuazione elet- trica veruna, la quale potrebbe ingenerare alterazione in quella deviazione, ed impedire in tal modo la giusta misura dell’ elettricità atmosferica. Per questo intento , prima di co- minciare l’osservazione, si fa girare la leva intorno all’ asse 72 fino a che il suo braccio orizzontale interno sia giunto a contatto della parete del cilindro (cassa dell’ elettrometro) ove durerà a fermarsi fino a tanto che, per conoscere la specie della elettricità, si dovrà operare nella maniera già esposta. Si sarà poi avuta la cura di aver fatto coprire di uno strato di materia resinosa la parte interna della leva, non che il filo metallico che le serve di asse, eccetto i punti coi quali il dischetto o l'emisfero concavo deve toc- care l’ago stabile dell’elettrometro ; come ancora di avere ben fatto otturare, pure con materia resinosa, il foro pra- ticato nella cassa, cosicchè possa bensì girare liberamente la leva, ma nulla possa passare per esso. In tal modo l’ elettrometro del Peltier potrà da se solo servire al du- plice scopo d’indicare la natura, e di misurare la quantità della elettricità atmosferica, e sempre meglio sarà il più acconcio strumento da usare per le osservazioni di cosiffatta elettricità =. 2.° II Cav. Gualandi porgendo tributi di lode a quei sommi, che si segnalarono nello stabilire le norme più ac- concie , per assicurarsi che coloro i quali hanno sembianza di esanimi, o di estinti, realmente lo siano, onde potere in tal modo col maggiore fondamento fare ogni sforzo per richiamare alla vita coloro in cui questa rimase soltanto sospesa, e procedere in chi la perdette a quelle maniere di sepoltura, le quali soddifacendo all’ amore ,.ed alla pietà dei congiunti, impediscano nel tempo stesso, che i cada- veri rechino danno ai viventi per la putredine da cui ri- mangono presi; lo stesso Prof. Gualandi si rammarica perchè non infrequentemente di molto allontanandosi dagli stabiliti precetti, e procedendosi quindi qualche volta al- l’umazione prima che i segni certi della morte siansi pa- lesati e dando sepoltura agli estinti senza attenersi alle re- gole più opportune, conseguenze assai funeste alla privata e pubblica salute, dolorosi e lacrimevoli avvenimenti non mancano di presentarsi. 73 I quali mali, dice l’Accademico, dovendosi ripetere specialmente dall'essere tali uffici affidati per lo più a per- sone tutte materiali, nelle quali l’interesse, 1’ ignoranza, e l’inerzia combattono col dovere, deesi per questo far ogni sforzo onde cercare di porvi un durevole riparo ; e deplo- rando le trascuranze passate, desideroso di un migliore avvenire dà prove di nobile e dolce sentire richiamando alla più rigorosa osservanza tutte quelle norme, sull’ ese- guimento preciso delle quali è a porsi fondata speranza di potere riescire nel lodevolissimo fine. 3.° La storia di un gravissimo caso di glossite susse- guita all’ amministrazione del decotto del Salvadori forma il principale argomento della Memoria d’obbligo redatta dal Prof. Cav. Vincenzo Valorani, Descrive 1’ Accademico in questo suo scritto coi colori più vivi il penosissimo ed orrendo stato in cui trovavasi l’inferma che egli vide da tale flogosi attaccata, descrive i palpiti, e le angustie da lui provate per l’ imminente peri- colo di vita in cui vedea la misera in preda; descrive quanto egli fece per sottrarla con maggiore sicurezza da morte. Nel che egli diffatto riescì singolarmente perchè fatto riflesso, che i pericoli immediati i quali sovrastavano alla donna erano a ripetersi non tanto dalla minaccia di esiti flogistici irremediabili, quanto dai disordini meccanici in- dotti specialmente nelle funzioni respiratorie dalla lingua fattasi enormemente voluminosa , a tale meccanica influenza temibilissima , che 1’ infiammata lingua'esercitava sulle parti a lei adiacenti capace di produrre interruzioni, o disordini funzionali in breve tempo mortali, e di rendere perciò ogni medicina inutile allorchè la malattia fosse giunta a certi estremi, diresse molto saggiamente le di lui viste pratiche, per cui e collo scopo di prevenirne ulteriori gravissimi passi, o di frenarne per quanto era possibile i progressi, 74 spinse il metodo antiflogistico a quel grado che non so- lo avrebbe potuto servire ad evitare la suppurazione, o la cancrena, ma che era acconcio ben anco ad impedire che il turgore flogistico della lingua di tanto aumentasse da indurre sconcerti meccanici prontamente mortali. Nel che imitando i più illustri pratici, confermò col Tommasini quanto importante sia nella cura delle infiam- mazioni, il farsi calcolo della posizione in cui trovansi gli organi ove la medesima va a stabilire sua sede, ap- punto perchè ogni qualvolta pel turgore flogistico derivare ne potessero interruzioni di funzioni necessarie alla vita, cerchi il medico in ogni modo di prevenirle, e ricorra quindi a quell’energico metodo anliflogistico il quale quan- tunque forse in alcuni casi non necessario onde evitare i più temibili esiti della infiammazione, è però indispensa- bile a prevenire quel grado di flogistico turgore che è ca- pace di produrre compressioni assai pericolose, o letali. Sessione straordinaria del 3 Giugno 1852. Raccolte le schede per la nomina del Presidente pel venturo anno accademico, trovansi proposti Alessandrini, Bianconi, Medici, Venturoli. Posti a partito segreto, ri- sulta eletto il Cav. Prof. Antonio Alessandrini. Estratti poscia a sorte i nomi de’ pensionati che do- vran leggere nelle successive sessioni, risulta il seguente 75 REGISTRO 18526 NovEMBRE DicemBrE 11. Bertoloni Antonio 2. Belletti 18. Calori 9. Santagata 25. Gualandi 16. Della Casa 23. Bertoloni Giuseppe 30. Brighenti 185560 GENNAJO APRILE 13. Medici 7. Rizzoli 20. Piani 14. Valorani 27. Fagnoli 21. Barilli 28. Baroni FEBBRAJO Maccio 10. Alessandrini 17. Orioli 12. Venturoli 24. Contri 19. Gozzi Marzo 3. Bianconi 10. Comelli 17. Respighi 31. Sgarzi INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. Mepici — Elogio di Giacinto Vogli. . + +. . pag. 6 RizzoLi — Tenotomia sottocutanea del tendine d° A- chille, e nuova applicazione della resezione me- tacarpiana.. ... . +... porge .15.0 > 8 Piani — Miscellanea Analitica . L esqua ur0n12 Gozzi — Degl’ inconvenienti nell’ esercizio dell’ arte salutttren tomo» ipabuve italia vizio telia2 + sona Di GamBERINI — Le tregue e la guarigione della sifilide . » 15 Santagata ANTONIO — Elogio del Cardinale Mezzo- Gamtivosogi loteroralt aci dibatte» 19 ALESSANDRINI — Annotazioni anatomiche sul Formi- elttere \didattilo +, (ubmagag sioni «alla 10138120 BeLLETTI — Di un tifo-encefalite con rammolimento cadaverico dello stomaco. . i 20003124 OrioLi — Idee Cosmologiche . . +... . . . » 28 SantAGATA DomeNnICO — Del Metodo d’Insegnamento della Chimica Applicata alle Arti . . . »29.e 31 AnceLELLI — Del Moly di Omero . . . . . . » 30 Contri — Relazione intorno ‘ad un’ Opera di Agricol- inra "di MisMontagne" . ... 0... . '. . » $2 Bianconi — De mari olim occupante planities et col- les. ltaliag'ietosistalitoga Lu Malo Rosi fsi avrn98 Insm — Calamaria microphtalma . . ... . . »37 BertoLoNi GiuserPE — Illustrazione dei prodotti na- turali del Mozambico . . . . +. a lab 497 78 ScaRZI — Studii Analitici ed Esperimenti intorno al Mavi dei Caffra | SRIMEgu Min... .. pag 40 MaLaguti — Considerazioni anatomico-fisiologiche sul settimo pajo dei nervi cerebrali appartenente al Vueuom. =... è IS MR) Comeiti — Sulla cura dine febbri, e ‘sull Ecletticismo DET TA RR ER ‘50 > 1 RR PRIN DOC" » 47 RespiGHi — Riflessioni sui principii Poni del Calcolo Differenziale “. .. . . 0. +04 80 Facmori — Ulteriori Riflessioni intorno alla Teorica delle Pressioni: ‘.;1};07. otros ih orgoti e 00 BertoLoni AnToNIO — Miscellanea Botanica XIII. . » 59 BricHENTI — Sulla bonificazione dei Paduli di Bientina e di Massacciucoli . . . . diro »' 01 Baroni — Sopra un caso di salati della pla- centà.»5 vi: 191950 sogni. ipo. Ms CaLorI — Sulla matrice degli sai cornei della cas- sa toracico-abdominale dei Cheloni . . . . »66 Detta Casa — Dell’elettrometro del Peltier, e del modo di renderlo atto a denotare le specie del. la elettricità . . +. : » 69 Guatanpi — Sulle morti iirbutt e s silla bai vileaits ne simo: drill atto tt 100.10, e IATA VALORANI — Storia a un gravissimo caso di glossite susseguita all’ amministrazione del decotto del Sal- warorinineni "db abojeli lalla ogg 412040008 Rapporti, partecipazioni e nomine. Nomina del Prof. Belletti ad Accademico Pensionato, del Dott. Gamberini ad Accademico Onorario, e del Dott. Massarenti ad alunno . . . . . . » 3 Nomina del Prof. Venturoli a Vice-Presidente. . . » 6 79 Dispaccio dell’ Emiaentissimo Protettore , che partecipa la nomina del Dott. Respighi alla cattedra d’ Astro- nomia, onde gli compete il grado di Accademico Pensionato: ed altro Dispaccio, con cui si appro- va la nomina de’ Socii Corrispondenti Calandrelli, Volpicelli, Jan, Piria, Airy, Biot, Flourens pag. 6 Lettera dell’ Accademia delle Scienze di Madrid, che propone il cambio degli Atti. . . . . . . >» 8 Ip. della Veronese Accademia di Agricoltura , Com- METEiO, GUAIO n o è » il Recazione della Memoria dì Pettenkofer sulla Chimica ne’ suoi rapporti colla Fisiologia e colla Patolo- A I RT e ET) rn RCA Dispaccio dell’ Eminentissimo Protettore, che partecipa la nomina del Dott. Della Casa alla cattedra di Fisica, onde gli compete il grado di Accademico Pensionato . . . sh MER Re Nomina del Dott. Cologuesi ad alunno . . . . . >» 39 Dispaccio della Segreteria di Stato esprimente la beni- gnità colla quale il Santo Padre si è degnato di accogliere l'omaggio del Tomo II delle Memo- melo ti di Sa Nomina del Presidente per l'amo “hand: 1852-1 1853. » 74 Argo delle Sessioni del 1852-1853 . . . . . .‘» 75 Oggetti ricevuti in dono. FocLio MS. del Canterzani . . . î » 4 Lisri . . ‘0... pag. 3. 18. 24. 27. 32. 40. 43. ‘60. 65 Mepagtia di Neper. . . . i + ANI NIENTE IS NING ISDN NINNI SINNI: NGN INTANI/S i I “rm VO NAD = MSC I STAMPATO NEI NUOVI ANNALI © delle Scienze Naturali di Bologna e 2 “Tomo V. e VI, Serie II. È SA Lo COAT x IGSAG AGE i. AI À £ Ù x ) ANZI Ap SAU ACETICENCORINN PRESTA ATC & S//05 A sa SIYANVENTANTAENI VEDYIETATET INIZI N) TERSEDIEN'ED'EN'EAYATA N iosa ANAGNINA ISS e, VS Sr Sh) VANASRAHO TINTA Le t a È Ò as + n NEENYAENIAENYAI YET i SE DLE GINE peri { È e i O) MEI TA CS *FENTES RENDICONTO + DELLE SESSIONI — DELL? ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA SA IENE: SNZANIIN il ENEL VEANTANTSE EaÌ “Anno Accanemico 1852-1853. $ ni % Y Li è x » . LO 4 È » 4 È mu É # Vr Le RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell Sotituto db Vologua ANNO ACCADEMICO 1852--1853 BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI NELLE SPADERIE, 1853. RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'Sttuto di Bologna. ANNO accapemico 1852-1853. PRESIDENTE PROFESSORE CAV. ANTONIO ALESSANDRINI per la decimaterza volta. _—rr>pijcceee——€ Nette ferie estive 1’ Accademia ricevè in dono le ope- re seguenti: Dal Governo Britannico — Osservazioni ad Hobarton. Vol. II. —- Catalogo di stelle osservate a Markree. Vol. I. Dal Governo Neerlandese — Flora Batava. fasc. 167 e 168. Dall’ I. R. Istituto Lombardo — Giornale. Tom. 1.-VIII. -—— Giornale. Nuova Serie. Fasc. 1l-XV. —— Piola. Elogio del Cavalieri. ——— Meguscher. Sul rimettere i boschi nelle montagne disboschite dell’ Alta Lombardia. —— Sormani. Monografia sulle Morti Repentine. —— Restelli. Sulle Associazioni Industriali e Commer= ciali. —— Merlini. Sulla costruzione dei telti. 4 Dalla Società R. di Londra — Osservazioni Magnetiche e Meteorologiche a Greenwich nel 1850. Dal R. Osservatorio di Edimburgo. — Osservazioni Astro- nomiche Vol. X. Dalla Società Italiana delle Scienze — Memorie. T. XXI. P. Mat; IT. AIN. pid e 2, Toni RO p..1.* Dalla P. Accademia de’ N. Lincei. — Sessioni 3 Agosto, 28 Settembre e 28 Dicembre 1851, Dalla R. Accademia di Torino — Memorie. Ser. II. T. XII, Dalla Società Agraria di Bologna — Memorie Vol. I-V, e i fasc. 1-4 del VI. —— Istruzione intorno al miglioramento delle razze. Dalla Società Medica di Bologna Pal gono, Aprile-Lu- glio 1852. Dalla Società Editrice — N. Annali delle Scienze Natu- rali. Maggio-Agosto 1852. Dalla Specola di Bologna — Osservazioni. Maggio-Lu= glio 1852. Dai rispettivi Autori: Gandolfi Prof. Giovanni. — Medicina Forense. T.I. P. IL Fasc. V e VI. —— Sulla visita del coscritto. Patellani Prof. Luigi. — Anatomia Veterinaria. Vol. III Fasc. 1.° Bizio Prof. B. — Dinamica Chimica. T. I. P. II e III, —— Sui fenomeni capillari. —— Cenno storico sulla forza ripulsiva. —— Intangibilità della Dinamica Chimica. Berti-Pichat Carlo — Corso d’ Agricoltura. Disp. 15 e 16. Volpicelli Prof. Paolo. — Sull’integrabilità delle funzioni. —— Sul raggiamento del Sole. Gualtieri Cesidio — Geometria applicata alle arti. Sobrero Cav. Ascanio — Lezione proemiale 16 Novem= bre 1846. 5 Sobrero Cav. Ascanio — Sopra un fornello fumivoro. —— Sull’azione dell’acido nitrico sui corpi organici non azolati. Zantedeschi Prof. F. — Nuove esperienze d’ elettricità a- nimale. Proja Salvatore — Storia dei nuovi pianeti: Rossi Prof. Vincenzo — Sulle Superficie Anulari a Cono Direttore. 1.* Sessione ordinaria. 11 Novembre 1852. Il Presidente nomina suo Vice-Presidente il Prof. Cav. Michele Medici. Il Segretario legge le accompagnatorie dei doni rice- vuti nelle ferie estive, e lettere di ringraziamento dell’ Ate- neo di Venezia e del Ferdinandeo Tirolese per l'invio degli ultimi Volumi degli Atti. Ha dato cominciamento agli esercizi letterarj 1’ illustre Prof. Cav. Antonio Bertoloni colla sua Miscellanea Bota- nica XIV, divisa in due parli. Nella prima parte ha discorso di alcune cose impor- tanti riguardo alle piante Monocotiledonali. Ha rivendicato a Marcello Malpighi la gloria di avere scoperta la loro struttura, gloria che il De Candolle attribuì al Desfon- taines. Il Malpighi la dimostrò nelle piante graminacee, cioè nel frumento, e nel frumentone, nella palma, nella canna d’India, e nelle felci. Il Desfontaines la ripetè per le stesse piante, nè fece mai menzione del Malpighi, om- missione veramente non lodevole. Tuttavia il Bertoloni non nega al Desfontaines il dovuto merito per avere estese le sue osservazioni intorno ad altre monocotiledonali, quali sono le Asparagee, i Dragoni, le Liliacee, non che ad altre Acotiledonali, quali sono le Licopodiacee, ed i Mu- schi. Dopo ciò il Bertoloni entra a parlare della teoria di 6 Ugo Mohl, col quale si vorrebbe stabilire, che le piante monocotiledonali non siano più endogene, ma appartengano alle exogene come le dicotiledonali. Il Mohl parte dalle sue osservazioni fatte sopra un fusto di Palma tagliato per la lunghezza, dice, che i suoi fasci vascolari movendo dall’ alto, cioè da una gemma, o foglia, scendono incur- vandosi verso |’ interno, indi si gettano di nuovo verso la superficie del tronco incrociechiandosi coi fasci , che incon- trano, e con ciò intende, che gli accrescimenti del tronco vengano dalla parte esterna. Confessa però, che la sezione verticale di un fusto non può mostrare un fascio tutto in- tiero da una delle sue ‘estremità all’altra, e che il suo corso tortuoso, e la difficoltà di seguitarlo in mezzo a tutto il suo intrico cogli altri vasi rendono singolarmente complicata questa sorta di ricerche. Non trova identica la composizione dello stesso fascio osservato a diverse altezze, perchè nella parte superiore vi trova trachee, vasi proprii;, vasi fibrosi, e tessuto cellulare, nell’ estremità inferiore vi trova soli vasi fibrosi numerosi, e assottigliati, i quali anastomizzandosi con quelli dei fasci vicini offrono una grande confusione di cose. Da questi fatti quale chiarezza si può mai ricavare? L’incurvamento de’ vasi non è cer- tamente una scoperta del Mohl, perchè il Malpighi molto prima di lui l’aveva osservato nelle Graminacee, l'aveva descritto nella pag. 21 dell’ Anatome plantarum, e l'aveva messo sott’occhio nella tavola ottava figura trentotto; ma il Malpighi ‘partiva dal principio, che «i vasi avessero la spinta alla vegetazione dal basso all’alto, ed il Mohl sem- bra, che li faccia muovere dall’ alto al basso. E qui il Bertoloni domanda, come le parti poste in alto avranno vita senza le parti inferiori, che loro la somministrino, come la forza vegetativa verra dall’alto al basso, e non più dalle radici? Che i vasi inferiori di un tronco coll’ età sì assottiglino , è cosa trita. Può dunque stabilirsi Ja teoria del Mohl sopra tanta‘inverosimiglianza , e sopra la ‘confu- i sione de’ vasi, che ha luogo nella parte inferiore del tronco per confessione dello stesso Mohl? Chi in questa matassa può più distinguere quali siano i vasi interni, e quali gli esterni nati prima, 0 dopo? Dal che il Bertoloni conchiu- de, che si tenga pure conto delle opinioni del Mohl, come mere opinioni teoretiche , e che sia necessario fare nuove; e più diligenti osservazioni prima di stabilire la dottrina, che esclude le monocotiledonali dalle endogene per collo= carle nelle exogene. Nella seconda parte della sua Miscellanea il Cav. Beta toloni somministra preziosè osservazioni intorno a sei spes cie di Tamarici, non che intorno alla sua Moehringia pas pulosa, ed. alla sua Carex macrostachys. Ebbe la sorte di ricevere da tre diversi, e lontani luoghi gli esemplari di tre Tamarici, e tutti fre sotto lo stesso nome di Ta marix senegalensis. Ben vide che appartenevano a specie diverse, e che due erano nuove. 1. Tamarix senegalensis: caudice erecto, paniculato-ras moso, foliis e lata basi lanceolato-acuminatis; spicis lateralibus; gracillimis, elongatis; bracteis longe attenuato-subulalis, pedicellum brevissimum multo superantibus. T. senegalensis De Cand. Prodr. 3. p. 96. Ne ebbe gli esemplari dal Dott. Samuele Brunner; che li raccolse nell’isola Sor del Senegal ; e nell’isola Bonavista del Capo verde. 2. Tamanix aegyptiaca: caudice erecto, paniculato-ra- moso; foliis exiguis; primariis e lata basi lanceo- latis , aculis, ramuloram subovatis, obtusiusculis ; imbricatis; spicis lateralibus , brevibus, erassiuscus lis ; bracteis lanceolato-acuminatis pedicello subae= qualibusj pappo seminum capsulam subaequante, seta media plumosa. T. senegalensis Sav. Cent. di piant. Egiz. pi27. 8 Ne ricevè gli esemplari raccolti dal Raddi nell’ Egitto per mezzo del Cav. Prof. Gaetano Savi. 3. TAMARIX palaestina: caudice erecto, paniculato-ra- moso; foliis longiusculis, lanceolato-linearibus , li- nearibusve, acutis, subtus impresso-punctatis 5 spi- cis elongatis, laxiuscule floriferis; bracteis lineari= bus, pedicellum longiusculum duplo superantibus T. senegalensis? Felis. PI. sicc. Ebbe gli esemplari dal Dott. Felisi di Ferrara. Erano stati raccolti nella valle Sidim sulle sponde del lago A4s- faltite nella Palestina dal viaggiatore Sig. Scutellari. L’autore seguita a parlare della Tamarix tetrandra Pall., della Tamarix articulata Vahl., e della Tamarix anglica Webb. Ricevè gli esemplari della prima dalla valle Sudak della Tauria meridionale, ove li raccolse il mento- vato Dott. Brunner. La corredò di nuove osservazioni, dalle quali risulta, che la Tamarix laxa W. non è specie di- versa dalla Tamarix tetrandra Pall. Gli esemplari della Tamarix articulata furono raccolti nell’ Egitto dal Raddi, e li ebbe dal Cav. Prof. Savi. Era necessario scevrare que- sta specie dall’ erroneo sinonimo, che Linneo le attribuì nelle Amoen. Acad. 4. p. 295. e nelle Sp. pl. p. 1422. prendendolo dal Shaw Afr. p. 188. La pianta del Shaw era una Thuja cogli strobili quadrivalvi, per lo che esso Linneo riferì alle Thujae la pianta d’ Egitto, e la chiamò Thuja aphylla, errore che ora viene chiarito, ed emen- dato dal Bertoloni. In fine ricevè l’ esemplare della Tama- rix anglica Webb dal Requien, che lo raccolse a Bajona, e questo servì a mostrargli quanto fosse diversa dalla 7a- marix gallica L., colla quale era stata scambiata nel- l’Engl. bot. v. 19. tab. 1318. Ne mostrò le diversità nel colore dell’ erba. di un verde carico, nelle foglie più corte, 9 sciolte alla base, cioè prolungate in un corto sperone, e nelle brattee lunghette, e uguali al pedunculetto. Dopo di aver parlato delle Tamarici, espone alcune cose intorno alla Aoehringia papulosa da esso per la prima volta annunziata nella Flora Italiana tomo 4.° pagina 363., e ne dà la figura, della quale sino ad ora si mancava, e finalmente chiude il suo lavoro col dichiarare meglio la sua Carex macrostachys, ed esiben- done la figura, che parimente mancava. Questa specie è evidentemente diversa dalla Carex ferruginea Scop. per la spica maschia lunga, sottile, e biancastra, per il frutto col rostro tagliato obliquamente, e leggermente lacero al- l’apice, laddove nella Carex ferruginea Scop. la spica maschia è più grossa, e più corta, è di figura ovale-bi- slunga, e di colore rossigno, 0 spadiceo; il rostro del suo frutto è forcuto. Per le quali cose il Prof. Parlatore non adoperò bene nel riferire la Carex macrostachys Bert. alla Carex ferruginea Scop. nella sua FI. Ital. tom. 2. pag. 198. Sessione Straordinaria delli 11 Novembre 1852. Dopo la seduta ordinaria si trattennero gli Accademici dei due primi Ordini, già invitati con polizza, per la no- mina d'una Commissione che prendesse in esame una Me- moria pervenuta all’ Accademia innanzi che spirasse il ter- mine del concorso al premio Aldini per l’anno corrente, avente a soggetto il Manuale pratico per gl’ Incendi, Premessa la partecipazione del Programma, e giusti» ficata la regolare consegna dell’ unica Memoria pervenuta, il Presidente ordina la lettura del Regolamento interno che tratta del metodo da seguirsi nell’ esame delle memo= rie di concorso, e nell’aggiudicazione de’ premj; dopo di che il Segretario presenta la Memoria, la quale, conse- guata li 9 Ottobre p. p., porta le due epigrafi 10 = Poca favilla gran fiamma seconda. Dante. = L'Opera vostra valga, se non a togliere, almeno a diminuire le fatali conseguenze de’ disastri prodotti da uno de’ più terribili agenti della natura. Aldini — Istruz. popolare. = Staccata la Scheda sigillata, sulla quale erano ripetuti gli stessi motti, e depositata sotto sigillo nella Segreteria dell’ Accademia, come lo prescrive il Regolamento, il Pre» sidente nomina la Commissione incaricata dell’ esame € ri» ferimento, ed alla quale vien tosto consegnata la Memoria di concorso, ed il Programma che la risguarda. 2.8 Sessione ordinaria 18 Novembre 1852. Comincia il Prof. Luigi Calori la lettura della sua Memoria di obbligo con lo esporre le diverse opinioni va- gheggiate dai più classici autori sulla provenienza, sulle proprietà e sugli usi della corda del limpano, dopo di che rende palesi le indagini da lui fatte in ispecial modo sul= l'uomo onde stabilire quale sia delle opinioni quella cui dee darsi la preferenza. Pone dapprima che questo ramo anastomotico tra il linguale del quinto ed il facciale, rappresentato dalla cor- da del timpano esce dal tronco del facciale non a modo di semplice cordoncino, ma di due, uno superiore maggiore, arcuato, altro inferiore minore, 0 più sottile, ascendente, il quale descrive con la porzione verticale del tronco del facciale, che sta per uscire dal foro stilo-mastoideo, un angolo acuto superiormente aperto, dalla quale circostanza dipende particolarmente l'apparenza a retrogrado incesso della corda medesima. Ma volendo investigare profonda= mente ‘questa duplicità di origine della corda del limpano,; trova necessario farsi a studiare il facciale dalla sua ori» gine cefalica sin fuori al foro stilo-mastoideo ed i nessì 11 importanti che ha questo nervo con altri. Comincia dal- l’ ammettere che il facciale ha due ‘porzioni una mag» giore, altra minore: riconosce nella porzion maggiore due radici profonde in connessione col fascio olivale, una tra- sversale, che corrisponde a quella che ha descritto il Mor- ganti, altra longitudinale che può seguirsi con i fascetti del laqueus fino al di ‘dietro dei tubercoli quadrigemini alle sedi del nervo patetico. E rispetto alla porzione minore pone che una parte delle sue fibre si ‘approfondi al da- vanti della radice più ‘anteriore del nervo glosso-faringeo, mentre altra parte con la branca vestibolare dell’ acustico penetra nel corpo restiforme o processo cerebelloso ad me- dullam: paragona questa minor ‘porzione ai fascetti che il nervo spinale riceve dalla ‘midolla allungata, e quantunque una parte delle fibre sembri in connessione col fascio re= stiforme, non crede che la porzion minore debba avere perciò una diversa significazione della maggiore, poichè il sorgere di un nervo dai fasci posteriori non include sem» pre 1’ idea di una radice spinale posteriore, mentre sap> piamo ‘che il nervo accessorio del Willis negli uccelli trae dai predetti fasci. Prosegue poi le due porzioni del fac- ciale nel meato uditivo interno, ne descrive le anastomosi, il plesssetto ed i mervicciuoli vascolari che provengono specialmente dalla porzion minore, le anastomosi tra questa e la branca vesbolare, intorno le quali anastomosi addotta l’interpretazione del Valentin e dell’ Arnold, però alquanto modificata: viene poi al ganglio genicolare; cui riconosce in connessione con la porzion minore: discute le opinioni che fegnano sulla significazione di questo ganglio e lo giudica con il Miller un ganglio simpatico : dopo di che disciolto il tronco del facciale ne’ suoi stami descrive la composizione delle due radici della corda del timpano, mo- strando che la radice superiore o maggiore è principalmente formata dai fascetti discendenti dal ganglio genicolare, e da fibre di altri fascetti del tronco del facciale come prima 12 di ogni altro ha insegnato il Morganti, e che la sottil radice della corda è formata da fibre procedenti dal trige- mello e specialmente dal ramo auricolo-temporale della terza branca del quinto. Riconosciuta la composizione della corda del timpano si fa ad investigarne la terminazione, e trova che. essa corda si consuma quasi per intero negli apparecchi nervosi degli organi salivali inferiori e sopratutto nel ganglio sub- mascellare, e qui descrive. una interessante anomalia ri- scontata in un bambino, consistente in una moltiplica- zione dei gangli dei menzionati apparecchi, col maggior nu- mero dei quali gangli la corda del timpano era in connessio- ne: le poche fibre che di essa rimangono si portano col linguale del quinto alla mucosa della lingua, e queste pu- re disperdonsi verosimilmente nelle glandolette linguali. Termina la memoria esponendo le proprietà e gli usi della corda del timpano; cui ha per un nervo mi- sto, sensore cioè per le fibre che riceve dal trigemeilo, motore per. le. fibre che accoglie dal facciale: piuttosto che nervo diigustazione come il ramo linguale del. glos- so-faringeo o della terza branca del quinto, crede egli sia nervo dell’ apparecchio dell’organo del gusto, nervo presiedente a funzioni organiche, nervo che influisce sulla secrezione degli umori necessari alla gustazione, mervo insomma che influisce nella parte chimica di questa fun- zione con animare insieme col quinto ed il simpatico le glandole salivali inferiori, e le glandole proprie della lin- gua: ecco: perchè nei cimenti fisiologici sulla corda del timpano, e nella emiplegia facciale |’ integrità del gusto vien meno, 0: perchè la gustazione s’indebolisce, si ottun= de, non è più istantanea, è come passiva, e già è stato notato che la lingua patisce certa secchezza nel lato emi- plegico o cimentato, perchè la corda non più concorre insiem con gli altri nervi alla integrità delle funzioni delle glandole prefate. Finalmente crede che così definita .la L 13 corda del timpano sia sciolto l’ enigma della sua anasto- mosi con il linguale del quinto, non essendo alcuna ma- raviglia che un nervo dell’ apparecchio dell’organo del gusto si associ al nervo gustatorio o sia incluso nella me- desima guaina neurilematica, molto più poi in questo caso che per certa transizione all’organo del tatto sono alle fibre gustative aggiunte fibre di sensibilità tattile, ed altri fascetti nervosi che al pari della corda del timpano pre- siedono alle funzioni dell’ apparecchio dell’ organo del gusto. 3.3 Sessione ordinaria. 25 Novembre 1852. Se le predominanti mediche dottrine contribuirono sem- pre non poco, a far preferire nella cura dei morbi quelle sostanze, la di cui maniera d’agire meglio adattavasi al concetto, che il medico erasi dei morbi stessi formato, se molti rimedi per questo furono in circostanze diverse ora prescelti, ora condannati all’obblìo, se varii di essi vene nero insieme riuniti, ed alla creduta occorrenza al mede- simo individuo contemporaneamente somministrati, niuno per certo meraviglierà se coloro, i quali posero fede pie- namente ai dettati di Brown, e di Rasori, stabilirono che ad assai piccolo numero ridurre si dovessero le medici- nali sostanze. Ma sebbene il Tommasini scuotendo in gran parte il giogo Browniano, e Rasoriano aggiugnesse per questo ai due gruppi di mali cui dai più caldi sostenitori del dua- lismo volevansi ridotte le umane infermità, quello che egli faceva appartenere alle irritative, e quello che era di pertinenza delle dinamico-chimiche, e delle dinamico-pla- sliche, e mostrasse così che la serie dei rimedi doveva quindi di molto aumentarsi, ciò nullameno proseguirono non pochi con gravissimo danno dell’egra umanità a so- stenere il contrario. Ad abbattere la quale sentenza surse il Chiarissimo 14 Prof. Fulvio Gozzi, e nella dottissima Dissertazione letta all’ Accademia, cercò di mostrare l’ errore in cui si trovan quei medici, che persistono nella medesima. Nel che onde meglio riescire prese ad esame gli studi fatti dai più celebri nosologi, ed appoggiandoli con pro- prie osservazioni confermò che a poche classi non si ponno circoscrivere i mali,e che la loro natura grandemente va» riando, mezzi per questo, di natura molto diversa, denno essere usati onde a dovere curarli. Oltre di che facendo calcolo dei temperamenti, delle idiosincrasie, dell’età, dei sessi, dei climi, delle abitudini, e di molte, e molte altre circostanze, trovò nuovi motivi onde dichiarare indispensa- bile tale corredo di medicinali, che a tutto questo possa debitamente soddisfare. Ai quali farmaceutici presidi aggiugnendone pure non pochi altri, e non meno importanti quali sono quelli che servono ad eliminare, distrugger veleni, a prevenire i mali effetti delle putride emanazioni, dei miasmi, e dei contagi, a calmare i dolori, a* conciliare il sonno nelle veglie ostinate e penose, a rendere insensibili coloro che si sottopongono alle più dolorose operazioni chirurgiche, rese manifesto così che ben molti, e non pochi sono i ri medi che dal medico esperto devonsi adoperare, Per altro nell’ammettere ciò, il nostro Accademico non intese di approvare la polifarmacia, chè anzi altamente la biasimò, e consigliò invece la maggiore semplicità nele l’usare i farmaci, onde potere in tal modo conveniente» mente misurare, e conoscere gli effetti che le medicinali sostanze inducono nell’ organismo. 4.3 Sessione ordinaria. 2. Decembre 1852. L’ Accademia riceve in dono dall’I. R. Istituto Lom» bardo il T. III. delle Memorie, e i Fasc. 16-18 del Gior- nale; dal prof. Faraday le Ricerche sull’ Elettricità presen= Ù "| | i 15 tate alla Società R. li 22 Ottobre e 31 Dicembre 1831, e la dissertazione sui caratteri fisici delle linee di forza ma- gnetica; dal Sig. Adolfo Senoner le Misure d’altezza della Slesia, Carintia e Dalmazia; e dal Sig. Domenico Rizzi l’ opuscolo sull’ Istruzione Agraria. L’alunno Dott. Palagi lesse una dissertazione sulle osservazioni meteorologiche fatte in questi due anni alla nostra Specola, ch’ egli ha cercato di ravvicinare possibil- mente a’ più celebrati Osservatorii. Le osservazioni con- suete vi furono moltiplicate; moltiplicati e perfezionati i relativi strumenti: nuove s’ introdussero le osservazioni elettriche che si eseguirono cogli elettrometri di Bohnenber= ger e di Peltier combinati nel modo seguente. = Sperimentava (dice il disserente) il Peltier 1’ elet- trica tensione dell’ atmosfera, trasportando l’istrumento da una stazione stabile ad un’altra all’ altezza di un me- tro e mezzo: noi invece, riuscendoci penoso un tale tra- sporto, pel confondersi i movimenti dell’ago, dovuti al- l’elettrica tensione, con quelli prodotti dal moto di tra- slazione dell’ istrumento medesimo, lasciamo fermo l’ Elet- trometro ad un’ altezza superiore a qualunque corpo circo- stante, innalziamo ed abbassiamo, mercè apposito conge- gno, una piccola palla di ottone, dalla quale dipende un filo di rame, coperto di seta e spalmato di gommalacca, la cui estremità libera si unisce alla palla maggiore del- l’Elettrometro . . . . La qualità dell’ elettricità viene in dicata dall’ Elettrometro di Bohnenberger a pile secche dello Zamboni, che mediante un filo di rame, coperto di seta e spalmato di ceralacca, si unisce all’ Elettrometro di Peltier. I fenomeni che si osservano e nel divergere dell’ ago dell’ Elettrometro di Peltier, e nel muoversi della foglia d’oro in quello di Bohnenberger in presenza di diversi stati del cielo, ci sembrano degni della più attenta pon» derazione: eccone alcuni de’ più rimarchevoli. 16 A cielo sereno e tranquillo, il più delle volte, 1’ ago è respinto con forza e rimane deviato dal piano del me- ridiano magnetico, toccando ancora l’istrumento, e |’ an- golo di deviazione, ch’esso descrive in ascesa della pic- cola palla, sta fra i 60° ed i 90°; in discésa sta fra i 35° ed i 90°. L’Elettrometro di Bohnenberger, in tale sta- to di cielo , segna costantemente elettricità positiva in ascesa, ed elettricità negativa in discesa della piccola palla. A cielo temporalesco e in tempo di alcune piogge, l’ago è respinto con forza nell’ascesa della palla, resta deviato di molti gradi e non torna nel piano del meridia- no magnetico, toccando eziandio |’ Elettrometro ; vi ha al- cune volte scintillazione, se avvicinasi un corpo condut- tore all’ Elettrometro: in discesa della palla; l'ago è re- spinto con minor forza; resta deviato, se anche toccasi l’istrumento, e non vi ha mai scintillazione. L’ Elettro- metro di Bohnenberger segna, in ascesa, elettricità nega- tiva, in discesa elettricità positiva. Cangia poi questi se- gni alternativamente, e allora il cielo addiviene più o meno temporalesco, ossivero la pioggia cresce o diminuisce. ‘In presenza d’un temporale o vicino o lontano, l'ago devia di 90° dal piano del meridiano magnetico a solo por- tare l’ Elettrometro alla stazione stabile; resta così fermo nell’ascesa della palla, perchè non può andare più oltre; non si può toccare l’istrumento, per la forte scintillazio» ne, e, se toccasi collo scaricatore isolato, l'ago tenta di rimettersi nel piano del meridiano magnetico, ma per de- viare di nuovo, tosto che più non si tocchi |’ istrumento: nella discesa della palla pare che voglia tornare nel piano del meridiano magnetico, ma è respinto immediatamente a molti gradi di deviazione, ed ivi resta fermo; non vì è mai scintillazione. L’ Elettrometro di Bohnenberger segna costantemente elettricità negativa in ascesa della palla , ed elettricità positiva in discesa. Sciolto il temporale, e qual- che tempo innanzi che si dissipi, cangiano i segni, che 17 dà la foglia dell’Elettrometro; diventano cioè, positivi nel primo esperimento e negativi nel secondo. Quando il cielo è compiutamente nuvolo o se piove uta pioggia minuta minuta, l’ ago dell’ Elettrometro allora si muove con istento. Stenta altresì a tornare a zero, toc» cando ancora l’istrumento. L° Elettrometro di Bohnenber- ger è incerto, ed esso pure stenta a segnare, e dà per lo più elettricità negativa in tutti e due gli sperimenti. Se poi si ha quel cielo coperto ovunque e quell’aria affannosa da noi detta afa, in cui è difficile la respirazio- ne ed universale il malessere negli uomini, allora 1’ ago dell’ Elettrometro di Peltier in ambo gli sperimenti non si muove punto. L’Elettrometro di Bohvenberger varia il suo andamento così: segna elettricità negativa o positiva in ambedue gli sperimenti, oppure dà stentatamente indi- zio: di elettricità positiva in ascesa della palla, e negativa in discesa; ma in allora sta per cangiarsi lo stato del cielo. = ; In seguito il disserente passa a parlare dei medii del- le osservazioni. = Alla fine d’ogni mese in apposito quadro si rac- colgono da queste Effemeridi Meteorologiche in riepilogo i medii di dieci in dieci giorni, o decadîì, per ogni ora d’ osservazione e per tutti gl’istrumenti; dalle decadi si desumono i medi generali per ogni ora di osservazione e per ogni istrumento di tutto intero il mese. A termine dell’anno col sostituire alle decadî i mesi, già riepiloga- li, si ottiene di riunire in un simile quadro i medii e le indicazioni per ogni ora d’osservazione e per ogni stru- mento di ciascun mese e di tutto intero l’ anno ; così dicasi per un tempo indeterminato. = Ottimamente, se fosse l’anno di 36 decadi esatte. Ma che faremo de’ cinque o sei epagomeni? La Repubblica Francese si trasse facilmente d’impaccio; fece festa, e diede vacanza. Ma la Natura non fa mai festa, e non dà RENDICONTO DELL'ACCAD» 2 18 mai vacanza ai meteorologisti: e non è mica impossibile che in que’ giorni complementarii accada tale una strava- ganza da alterare sensibilmente il medio dell’ annata. Ora sia che si attribuiscano all’ ultimo mese tre de- cadi e mezzo, sia che si distribuiscano i giorni d’ eccesso pel corso dell’anno in guisa da far corrispondere le tri- ple decadi a’ mesi del nostro Calendario, coll’ aggiungere o levare qualche giorno alla tripla decade, o alle decadi individuali di cui si compone; sempre il matematico tro- verà a ridire sul medio annuo così dedotto, perchè il di- visore 365 —5.73 della somma annua delle quantità diurne non si può riprodurre colle successive divisioni per 10, 3 e 12, ed anche per 9 ed 11, che si vengan facendo; e sarebbe poi strano l’aggruppar le osservazioni a 73 a 73, per riprodurre l’indecomponibil secondo fattore del 365, come d’ altra parte non si è riconosciuto abbastanza van- taggioso l’aggrupparle a cinquine. A torre ogni scrupolo sarebbe conveniente d’ aggiungere alle altre deduzioni anche il medio annuo trovato direttamente: nè già occorrerebbe per questo l’addizione di 365 numeri, avendosi in pronto le 36 somme parziali, che si ebbero a preparare, quando si volle determinare il medio di ciascuna decade. Tolga il Cielo che si voglia con ciò aumentare al Dott. Palagi noja e fatica: è necessario anzi che per questi calcoli e per le tanto moltiplicate osservazioni in uno Stabilimento abba» stanza incomodo egli si abbia diligenti collaboratori: chè la fatica da lui durata in questi ultimi tempi non è tale da poterla, senza grave scapito di salute, continuar lun- gamente. i 19 Sessione straordinaria del 5 Decembre 1852. Convocata la Classe dei Pensionati 0 ‘Benedettini ad eleggere un Accademico del loro Ordine in rimpiazzo del defunto Prof. Cav. Vincenzo Valorani, trovasi proposto in tutte le schede il solo Prof. Marco Paolini, già Acca- demico Onorario, onde si ha per eletto a pienezza di suffragi. 6.° Sessione ordinaria. 9. Decembre 1852. Si legge lettera di ringraziamento del Prof. Paolini per la sua promozione ad Accademico Benedettino. Coll’ elogio di Paolo Battista Balbi chiudeva oggi 1° il- lustre Prof. Cav. Medici quella prima parte dell’ impor- tantissima sua Storia scientifica , la quale comprende i chiari Anatomici e Medici Bolognesi che, nati nel XVII secolo, salirono in fama nel secolo susseguente. Fu il Balbi insigne poligrafo. E come poeta concorreva con altri celebri Bolognesi a vestire d’ eleganti ottave |’ a- mena Favola del Croce: e, per tacere d’ altre poesie d’ oc- casione, celebrava le lodi d’una dottissima giovinetta, che ben tosto dovea sedergli a lato in questa Accademia, e succedergli poi nella cattedra di Fisica all’Istituto, for- mando l’ ammirazione dei nostri e degli stranieri. Fra’ suoi lavori scientifici vuolsi ‘certamente ricordare la soluzione ch’ ei tentò del problema Belliniano, ricor- rendo alla forza centrifuga, e più ancora le sperienze sulle fratture de’ vetri, e sopra tutto la scoperta del famoso fe- nomeno delle ampolle bolognesi, la quale sembra però 20 aver divisa col celebre Trionfetti e col Canonico G. G. Amadei. Ma rapivalo. all’ Accademia il clinico esercizio, che, tutto a sè lo traeva: tanta era Ja riputazione medica dal valentuomo acquistata! Onde lasciò al Bibiena la cura di difenderlo dalle censure ;del Cigna; al Laghi, al Bianconi e al Casali abbandonò le ricerche sulle fratture de’ vetri; al Galeazzi, al Matteucci e al Bacialli i bene incominciati studi sulle sperienze di Leibnizio e di Corradi. 6.* Sessione ordinaria. 16 Decembre 1852. L’ Accademia riceve in dono Dall’ I. Ferdinandeo d’Innspruck la Carta Geognostica del Tirolo; Dall’I. Accademia delle Scienze di Vienna le opere seguenti; 1. Memorie. Classe Filos. Istor. Vol. IIL 2. Memorie. Classe Mat. Natur. Vol. III fasc. 3.° 3. Rendiconti. Classe Filos. Istor. 1852. fasc. 1. e 2. 4. Rendiconti. Classe Mat. Natur. fasc. 1, 2 e 3. 5. Archivi per le fonti delle Antichità Austriache. 1851, fasc. 3 e 4. 6. Fogli di Notizie. 1852. N. 3-10. 7. Almanacco 1852. 8. Fritsche. Calendario botanico di Praga. 9. Pohl. Tavole di confronto e riduzione barometrica. 10. Pfirmaier. Sulla lingua degli Ainos. Dalla Società Editrice degli Annali delle Scienze Na- turali il fasc. di Settembre e Ottobre 1852. Dal Dottor G. B. Baravelli i seguenti suoi. opuscoli; 1.° sull’ estirpazione dei tumori; 2.° sull’ avvelenamento ‘ per funghi; 3.° amputazione parziale di mascella infe- 21 riore; 4.° d’una degenerazione di testicolo; 8.° riseca- zione di radio. Il chiarissimo Prof. Gian-Francesco Contri, continuan- do ad enumerare i molti e distinti pregi dell’ingiustamente dimenticata operetta agronomica di Montagne marchese di Poncins, di cui avea già cominciato a ragionare nell’ adu- nanza del 5 Febbrajo; aggiunse:e in iscritto e a voce tante di sue erudite note e profonde considerazioni, quante non si sarebbe mai creduto ne potesse far. mascere quel bre- vissimo testo. Si distese specialmente sul bisogno di ac- coppiare all’uso del concime 1° abbondante lavoro della terra, condannando i metodi esclusivi, e quel fatale spi- rito di sistema che si va insinuando anche nelle discipline più positive. Dimostrò geometricamente come 1° Agricoltura sia il vero e necessario fondamento della prosperità na- zionale; e però debbasi consacrare ad essa il maggior nu» mero di braccia, e non a quelle industrie mal vantate, che variando a capriccio de’ lioni e delle civette, levano il pane ad un tratto a molte migliaja d’operai, e producono lo strano fenomeno di John Bull, che presta il suo oro ai Sultani e a’ più remoti Nababbi, mentre in casa sua trae stentata vita o si muore di fame. Nè dimenticò l’im- portanlissima questione, da molto tempo agitata, del Co- dice Agrario: e il venerando Nestore e maestro de’ nostri Agronomi si mostrò il degno protettore di quella povera classe che tutte le altre alimenta, e dovrà alimentarle finchè l'albero del pane non ci favorisca i suoi frutti; difese egli con paterno zelo la classe, che suda per sostentare la s0- cietà, e che all'uopo sa fornirci i David, i Cincinnati, i Sisti, la difese dalle angherie e dal disprezzo di quelle superbe nullità, Je quali non versano il prezioso loro su- dore, se non quando, fatte volontarie compagne dell’ equus et mulus, quibus non est intellectus, corrono gloriosa> mente ad attaccarsi al carro trionfale delle silfidi e delle sirene. 22 Sessione straordinaria. 16 Decembre 1852. — *Dopo la sessione ordinaria si trattennero i primi due ordini per nominare un Accademico Onorario in rimpiazzo del Prof. Paolini promosso a Benedettino. Avendo il Pre- sidente proposto il Dott. Enrico Venturini, il più anziano degli Alunni della Sezione Medica, venne questi eletto a quasi pienezza di suffragi. 7.° Sessione ordinaria. 23 Decembre 1852. Dalla R. Accademia Bavarese si ricevono in dono i fascicoli 2 e 3 del T. VI. Memorie CI. Fisico-Matematiche, e il Bullettino pel 1861. Si legge lettera di ringraziamento del Dott. Venturini per la sua promozione ad Accademico Onorario. Il Prof. Giuseppe Bertoloni legge una terza Memoria sulle Piante del Mozambico, illustrando tre specie, due delle quali gididica affatto nuove pe’ Botanici. Anzi una d’ esse costituisce un genere nuovo appartenente alla classe Pentandria, ed all’ ordine Monogynia, e nella distribuzione naturale è vicina alla famiglia delle Boraginee Frutescenti. L’ Accademico distingue questo genere e specie coi nomi di Lepipogon obovatum. Character genericus essentialis. Calyx conicus, inferne adnatus, limbo libere quinque- fido. Corolla monopetala, tubo brevi, intus ad medium instructo squamis quinque dense barbatis, limbo quinque- partito. Stamina quinque inclusa, orta e corolla paullo supra squamas tubi, filamentis brevissimis, antheris longis , 23 erectis, bilocularibus; loculis connectivo diremptis Necta- rium scutellatum, ovario incumbens. Stilus solitarius. Sti- gma bifidum, cruribus oblongis, crassis. Nomen genericum a Aeris squama, et 7r0ywy barba. Characteres speciei. Caulis teres, alterne ramosus, glaber, ramulis tan- tum apice pubescentibus. Folia petiolata , obovala; oblusa, integerrima, glabra, aut pilis raris adspersa, in nervo et venis pubescentia. Petioli pubescentes, folio breviores. Sli- pulae breves, latae ovatae, pilosae ferrugineae, deciduae. Pedunculi terminales, uniflori, solitari, vel geminali, pu- bescentes, longitudine floris. Calyx campanulatus, tubo adhaerente, dense pubescens, limbo quinquefido, laciniis spathulatis, vix acutis, basi angustatis, tubo brevioribus. Corolla supera, monopetala, tota dense pubescens, tubo brevi, intus ad medium instrueto squamis quinque dense barbatis, barba alba, nitida, limbo quinquepartito, la- ciniis obovalis, obtusis, tubo longioribus. Stamina quin- que libera, inclusa, orta paulo supra squamas barbatas tubi contra divisiones corollae. Filamenta brevissima. An- therae longae, erectae, oblongo-lanceolatae, tumidulae, obtusae, basi snbcordatae, subemarginatae, biloculares, loculis connectivo diremptis, flavescentibus, unoquoque e fissura longitudinali bilocellato. Nectarotheca discoidea, scutellata, ora marginali tumidula, ovario incumbens. Sti- lus e centro nectarothecae, inferne crassior. Stigma bifi- dum, eruribus oblongis, crassis, obtusis. Fructum non vidi. Frutex. Accepi ex Inhambane Africae austro-orientalis ab Eq. Fornasinio. Passa l’ Accademico alla Cassia acutifolia Delille, di cui dà completa descrizione, e ne ricompone la frase nel modo seguente : Cassia aculifolia Delille. Foliis abrupte-pinnatis, inferioribus 6-6 jugis, supe- 24 rioribus 8-jugis, foliolis lanceolatis, acutis, glabris; corym- bis axillaribus; leguminibus elongatis planis, apice ro- tundatis. Perenn. Habitat in Mosambico et in Arabia. La terza pianta importantissima è la Chibaca della Baja di Lagoa, la cui scorza presta sicuro rimedio contro una mortal malattia di gola ivi endemica, dalla quale ri- mase attaccato anche il Le Vaillant, e può leggersene mi- nuta descrizione ne’ suoi Viaggi. Per l’imperfezione degli esemplari ricevuti non potendo |’ Accademico classificarla, si limita a darne una descrizione storica, come segue. Cuisaca salutaris. » Questa specie appartiene ad un grande albero, co- me si deduce dall’ampiezza e grossezza della sua scorza, non che dall’asserzione del Cav. Fornasini. Probabilmente costituisce una famiglia novella, che sarebbe vicina a quella delle Laurinee, per quanto a me pare. Il suo fusto è guar- nito di rami, gli estremi de’ quali sono di legno bianca- stro, piuttosto duro, ricoperti da una scorza striato-rugosa, finchè sono giovani, e racchiudenti un midollo centrale di colore molto più fosco del legno. Le loro foglie sono al- terne, coriacee, superiormente splendenti, opache nel dis- sotto, di figura lato-lanceolata, con un solo nervo longi- tudinale, che scorre dalla base all’apice della foglia, e si dirama in vene laterali, le maggiori delle quali sono quasi opposte, e si anastomizzano fra di loro a poca di- stanza dal margine della foglia. I fiori probabilmente sa- ranno solitarii, perchè in due esemplari ricevuti i frutti sono solitarii; sostenuti da un peduncolo, che all’apice porta calice persistente, trifillo, con fogliette corte, rugose, più larghe che lunghe, ottuse. I frutto è una bacca, che aperta mi ha mostrato de’ loculetti mancanti di sementi. Questa bacca secca è piriforme, della grandezza, colore e rugo- sità delle prugne selvatiche nostrali, quando sono secche. La pianta è provveduta di grosse e lunghe radici, legnose , 25 ramose, di legno duro,.compatto, cinereo, con. midollo centrale sottile, ricoperte da una scorza della grossezza. di un millimetro e mezzo circa, bianco-grigia all’ esterno, striata, e con lenticelle rotonde, prominenti, e fesse tra- sversalmente pel mezzo, internamente poi è di colore ros- so-fosco simile a quello del guscio delle nostre castagne; questo colore è analogo a quello dell’interno della scorza del tronco, ed indica che in ambedue è contenuto uno stesso principio. Ciò tanto più si conferma perchè gettan- do sulle bragie un pezzetto delle sue scorze, questo tra- imanda lo stesso odore come d’incenso. » Il tronco di quest'albero, come già dissi, dee es- sere grosso; il suo alburno è bianco. Intorno ai caratteri del legno non posso pronunziare parola, perchè non ne ho ricevuto: ma se dovessi indovinarli, deducendoli da quelli del legno delle radici e dei ramicelli, dico che il legno del tronco dovrebbe essere compattissimo e di tes- situra omogenea. » La scorza annosa ha la grossezza anche di due cen- timetri. Allo esterno è tutta screpolata da fessure profonde longitudinali più larghe, interrotte da fessure trasversali oblique più strette, per cui riesce tutta quanta disugual- mente divisa in dischi quadrilateri più o meno regolari, tanto più che il tessuto corticale mortificandosi sopra que- sli si screpola per tutti i sensi in frustoli più o meno gran- di, perciò la superficie del tronco riesce tutta disuguale; “i frustuli di tessuto corticale mortificato restano tenacemente aderenti alle parti sottoposte, ed atteso il loro colore oscu- ro indicano, come quelli delle nostre quercie invecchiate, la vetustà del tronco che ricuoprono. La superficie: interna di questa corteccia è coperta da uno stralicello sottile di alburno biancastro, allo esterno del quale sono sovrap= posti strati fibrosi vascolari di colore.rosso fosco di rug- gine tendente un poco al paonazzo, il qual ultimo colore si fa più intenso quanto più questi strati vascolari passano 26 nella corteccia, almeno queste gradazioni di colore si pa- lesano strappando gli strati nel senso della loro soprap- posizione, che se invece si osserva la scorza nella sua rot- tura trasversale o longitudinale, questi strati compariscono di color rosso fosco simile a quello del guscio delle nostre castagne, come dissi di sopra. A questi strati vascolari sono sovrapposti molti strati cellulosi appartenenti al tes- suto corticale; la scorza.attesa la sua vetustà non mostra più alcun indizio di quella cuticola, che certamente co- priva questo tessuto nell’ età giovane. Ogni strato cellulo- so corticale ha la spessezza di un millimetro e mezzo: è dello stesso colore degli strati fibrosi, e si alterna con uno straticello sottilissimo celluloso di colore biancastro. Questi strati cellulosi presi insieme costituiscono la mag- gior parte della grossezza della scorza, perchè gli strati fibrosi non ne misurano che la spessezza di quattro mil- limetri appena. ‘Tanto negli strati fibrosi, che ne’ cellu- losi corticali è contenuto quel principio, pel quale met- tendo sulle bragie un pezzetto di loro ne esala un odore analogo allo incenso. » lofine 1° Accademico, nell’interesse dell’ Umanità, in- vita l’onorevol Collega Cav. Sgarzi a volere investigare il principio allivo di questa pianta, per cui riesce sicuro ri- medio per gl’indigeni affetti da mortal malattia di gola. In via d’introduzione il disserente premetteva una de- scrizione dell’ Agricoltura de’ Caffri, rimarcando special» mente una specie di fagiuolo ignota ai Botanici, e a cui ha imposto il nome di Dolichos hypogaeus per la parti- colarità che il legume è sotterraneo come quello del- )’ Orachide. 8.8 Sessione ordinaria. 30 Decembre 1852. Si legge una Memoria del cav. Maurizio Brighenti, spedita all'Accademia a principio dello scorso Novembre, 27 dove si prende in esame la soluzione del Betti intorno al- l’efflusso dell’acqua da un foro piccolissimo nel fondo di un vaso prismatico. verticale, inserita dal Tortolini negli Annali di scienze fisiche e matematiche pel mese di Otto- bre 1850. Quantunque il Betti dichiari di non aver pre- supposta alcuna direzione agli elementi fluidi, pare all’ Ac- cademico che siasi tacitamente attenuto all’ipotesi, che le molecole discendano per linee rette concorrenti nel cen- tro del foro; poichè la effettuata decomposizione della ve- locità asscluta è quale sarebbe quella d’ una velocità di- retta all’origine delle coordinate, che è appunto nel cen- tro della luce. Onde la soluzione del Betti verrebbe a confondersi con quelle del Venturoli e del Bidone nella parte sostanziale, restando al Betti il merito d’ una analisi matematica condotta colla più grande maestria; onde quan- do l’Italia perdesse un idraulico, avrebbe sempre a ralle- grarsi d’avere acquistato un potente geometra. = Queste soluzioni (dice 1’ Accademico) dipendono dalla teoria delle trajettorie rettilinee concorrenti in un punto, la quale è tutta presupposta ed arbitraria, e non possono aversi in conto di rigorose, e soddisfacenti all’ as- sunto. Nè ciò per aver trascurate le resistenze della coe- sione, e ogni altra, da cui prescindono le generali equa- zioni della Idrodinamiga: ma perchè, siccome avvertiva nelle mie più ampie considerazioni (pubblicate nel T. I. delle Mem. Accad.), in quelle equazioni è formulato un concetto troppo astratto e incompleto dei fluidi, e per ridurle al concreto conviene di necessità venir supponendo per via ciò che si cerca. Dopo la lettura della Memoria del Prof. Cav. Bri- ghenti, il Presidente ammette il Sig. Dott. Antonio Sac- chetti a leggere la storia di una Rupia sifilitica da cui trovavasi affetto un uomo di 42 anni accolto nello Spedale di S. Orsola, mentre lo stesso Dott. Sacchetti prestava |’ of- 28 fizio di Medico-Chirurgo assistente in quello stabilimento, Le gravissime organiche lesioni, che susseguirono a quella infermità, richiamarono l’attenzione; e lo studio del gio- vane medico, il quale nel miglior modo che per lui si potè discorse delle affezioni veneree primitive che la pre- cedettero , degli assai temibili di lei progressi, e del me- todo di cura, che riescì più acconcio a sanarla. Sessione straordinaria del 6 Gennaio 1853. Convocati gli Accademici del prim’ Ordine per la no- mina d’un alunno, in sostituzione del Dott. Enrico Ven- turini già promosso all’ Ordine degli Accademici Onorarii, il Presidente propone i Dottori Baravelli Giambattista , Berti Leonida e Sacchetti Antonio , fra’ quali riesce eletto il Dott. Leonida Berti con tredici voli contro uno. 9.° Sessione ordinaria. 13 Gennajo 1853. L’ Accademia riceve in dono dal Governo Toscano le Notizie sulla Storia delle Scienze Fisiche in Toscana cavate da un MS. inedito di Giovanni Targioni- Tozzetti ; dal Prof. Giovanni Zuliani le Modificazioni all’Insegnamento dell’AI- gebra; dal Dott. Augusto Ferro le Riflessioni sull’ Inse- gnamento dell’ Ostetricia ; dal Prof. Giovanni Gandolfi il Fasc. VII. T. 1. P. II. dei Fondamenti di Medicina Foren- se; dall’Ingegnere Elia Lombardini la Memoria sui Can- giamenti del Po nel Ferrarese; dal Dott. Lodovico Spen- gler la Memoria sulle Terme di Ems; dal Dott. Luigi Go- linelli la Memoria sull’Amputazione della mascella inferiore. La vita universale già ammessa da antichi filosofi, e della quale in modi veramente sublimi scrissero ai giorni nostri uomini sommi per elevatezza d’intelletto., e per va- stità di dottrina; formò pure il subietto di profonde consi- 29 , derazioni dell’ Accademico Dott. Quirico Baratta; il quale dopo avere parlato di tale argomento a questo. Consesso con-molta eloquenza, ed estensione nella. tornata del 10 Aprile 1851, desioso di maggiormente illustrarlo tornò in arringo nella suddetta adunanza. . E.traendo profitto da ciò che servire potea ad. abbat- tere 1’ opinione di coloro i quali distinguendo i.corpi in organizzati, ed in inorganici ammettono ‘perciò una’ vita nei primi diversa da quella dei secondi, si apre il varco così onde appoggiare con robusti argomenti | coloro che rigettando l’ indicata distinzione sostengono invece» essere la materia universalmente organizzata, pel medesimo prin- cipio vitale, vivere tutti i corpi, e riepilogando infine le cose diffusamente discorse, termina col dire: « Che la Vita è! e come non occupa già un ‘ultimo grado nella scala delle essenze create, nè è una di quelle | che sembrano emerse quasi per caso, 0 per isbalzi; 0 per ‘ eccezione, sibbene la primissima , e nobilissima di tutte, la più perfetta e direbbesi quasi 1’ Apoteosi della ‘creazio- ne, siccome quella alla quale tutto il resto creato è som- messo e subordinato, non puossi restringerla nè circo- scriverla, e direbbesi quasi annientarla in una parte sola del Mondo Universo, ed in quella segnatamente che è la minimamente estesa, quale si è l’animale, o tutto al più la vegetale, che formano il velo della crosta esilissima di questo esilissimo, e minimissimo Pianeta! Che la Vita è! e per non essere Cosmica bisognerebbe in uno, 0 hell’ al- tro di questi scogli rompere, e sfracellare. O ‘ammettere una Causa ‘permanentemente, e universalmente operante senza effetto egualmente corrispondente, o ammettere in- vece questi ultimi senza una Causa Una , Costante, e Uni- sona; imperocchè o la Vita è il prodotto diretto, essen- «Ziale di quelle forze, o principii formali che composero dapprima il Creato, Etere, Luce, Calorico, Attrazione, Elettricità; o questi mon sono che Coefficienti passivi, , 30 în concorso, e in virtù dei quali soltanto ‘un tale altro principio, tutto stante da se, ed esclusivo così detto ‘Bio- tico si ‘risolse, e si ‘sviluppò! Nel primo caso, e come non essere la Vita Universa, dacchè quei principii, o for- ze, 0 Potenze furono colla voce del Fiat nate e incessan» temente, e costantemente dovunque sparse, e disseminate ! E nel secondo per essere la vita tra |’ infinità del Creato concentrata, e circoscritta all’ infinitesima parte di questo infinitesimo corpo mondiale, o dovrebbero gli Agenti es- ser dovunque, senza esser del pari il principio a cui con- sociarsi, 0 sopra cui operare, od essendo. egualmente |’ uno egli altri per tutto quanto |’ Universo, in nessuna parte fosse la combinazione luro; la loro lega così felice ed ef- ficace come nella più misera parte di questa misera scor- za terrestre; mentre poi in tutto il rimanente dei Cieli, e dei corpi celesti fossero principio, ed Agenti senza effetto veruno, che è quanto dire fosse la causa causante, e la efficiente, ossia Potenza, ed Atto, senza verun risultato, tanto da costituir della Vita quasi una essenza anomala, ed eccezionale! » 10.° Sessione ordinaria. 20 Gennajo 1853. L’ Accademico Piani intese di soddisfare all’ obbligo ‘di pensionario, leggendo una sua prima Esercitazione di Poligonometria Analitica sulle tracce del Magistrini. Trattò de’ poligoni regolari d’Euclide, e degli stellati di Poin- sot; de’ poligoni simili; de’ poligoni inscritti in altri po- ligoni o in date curve; de’ poligoni circoscritti successi» vamente ad un dato, e della curva che è il limite della circoscrizione, e che realizza il concelto di Platone: sul passaggio dalle figure rettilinee alle curvilinee. Poscia il ch. Prof. Giovanni Brugnoli gratificava al- }) Accademia, celebrandovi con molta facondia ed affetto le lodi del cav. Valorani. 31 Vincenzo Valorani, oriundo di Offida, nacque nel 1786 in Cantiano, dove il padre suo Francesco esercitava con onore l’arte salutare. Studiò Letteratura e Filosofia nel Seminario di Jesi, donde nel 1808 passò a questa no- stra Università ad apprendervi Medicina. Quivi per la prontezza dell’intendimento e le grazie del dire destò |’ ammirazione de’ condiscepoli e de’ mae- stri, e lo stesso difficile Testa l’ ebbe a chiamare Medicum bene loquentem. Salì presto in fama d’ eccellente nel pratico esercizio non meno che nella teoria, tanto che, alla partenza del Tommasini, succedutogli il ch. Comelli nella Direzione del- la Clinica Mediea, vi ebbe il Valorani grado di Supplente; donde passò in seguito all’ insegnamento della Medicina teo- rico-pratica. Professò la Nuova Dottrina Medica Italiana: ma non fu già un Attila o un Tamerlano; nè, come il Dott. Sangrado, si mandava innanzi il flebotomo a dar buon prin- cipio alla cura. Professò quel Rasoriano sistema con mode- razione e prudenza, contemperandolo colle dottrine degli altri sapienti: chè non è obbligata la scienza a cercar l’ u- nità, quando in Natura è molteplice la condizione morbosa. Fu poeta, se non alla maniera di Dante e di Lodovi- co, almeno quanto può conceder Natura ad uno scienziato. Ebbe verso armonioso, stile elegantissimo: la sua Musa « Vergin di servo encomio E di codardo oltraggio » non espresse mai altro che le convinzioni della sua mente, che Ie emozioni del suo cuore. Non fu però (com’ egli soleva dire) la sua Musa che in questo recinto gli meritò lo scanno di Dionigi Strocchi: poichè il Consesso intese a promovervi un filosofo, nè senza venir meno al suo Statuto avria po- tuto chiamarvi un poeta. Gli scritti letterarii e scientifici, che in varii tempi . venne pubblicando, fanno fede di quanto avrebbe saputo operare, se avesse vissuto vita men travagliata. Un terri» 32 bile accidente produsse in lui la più fiera neurosi, ch” abbia mai tormentato un figlio d’ Adamo, e che non gli concesse mai tregua finchè non l’ebbe spento. Dopo infiniti dolori sopportati con rassegnazione cristiana, fece da noi dipar= tita il giorno 8 dello scorso Novembre, lasciando memoria cara ed onorata. 11.* Sessione ordinaria. 27 Gennaio 1853. L’Accademico Dott. Clodoveo Biagi tratta della diffe- renza individuale, o individualismo delle malattie. Nella differenza individuale comprende tutto quello, che ogni.singolar malattia in ogni siogolar individuo ne presenta oltre |’ essenza, o natura sua comune, e specifica. La chiama differenza individuale, perchè la conosce soltanto come tale, cioè come una negazione, o privazione di simili» tudine nell’individuo che appartiene ad una specie, verso la specie stessa nosografica ; e pare al Biagi così nominarla be- ne, perchè, come egli dice, se ogni cosa nominata secondo quello si conosce è nominata bene, non conoscendo la differenza se non in relazione ad una cognita da cui diffe- risce, la nomino giustamente, nominandola in tal modo. Questo nell’ordine teorico ; ‘o speculativo ; nell’ ordine pra- tico poi, continua a dire il Biagi, la differenza individua- le, è ciò che realmente informa e distingue la malattia, così come esiste in atto, da qualunque altra, e in tutte le sue relazioni con quel dato e determinato individuo in cui accade. Cosicchè 1° insieme di quell’ individuo più quella malattia costituisce 1’ essenza e la differenza ultima di quella malattia, per cui potrebbe secondo l’Accademico as- serirsi, che ogni malattia, mentre non equivale giammai e non può equivalere alla sua nozione astratta , equivale alla sua differenza, è identica anzi con questa, mentre con questa e per questa sola, ogni malattia singolare è quella tal malattia, e non altra; esiste in quel tal modo, è la sua singolarità e individuazione istessa, è ‘in una parola la sua stessa differenza. 33 E seguitando dichiara che siccome le idee si formano in noi mediante le sensazioni, e di ogni malattia che ci occorre osservare esperienza non abbiamo, perchè quella malattia mai non fu, così il medico non può conoscer mai le malattie, che si accinge a curare, se non approssima- tivamente in un concetto anteriore. E dopo molti rilevanti riflessi 1’ Accademico conchiu- de, che la scienza deve trovare ostacoli insuperabili al suo perfezionamento, che ogni malattia come è muova nella natura, è nuova alla cognizione del medico, che la pra- tica quindi non può se non dentro certi limiti giovare alla scienza, e che dopo la diagnosi restano sempre altre cose importanti pel medico, che naviga ognora in un mare in- certo, di cui la carta non verrà tracciata giammai. 12.* Sessione ordinaria. 10 Febbraio 1853. L’ Accademia ha ricevuto in dono dalla Società R. di Edimburgo la P. IH. del Vol. XX. Transaz. e i Processi delle Sessioni 1851-52; e dall’I. Accademia di Russia il Bullettino della Classe Fisico-Matem. T. IX e X, e della Classe Storico-Filologica T. IX. Legge il Presidente Prof. Antonio Alessandrini una sua Memoria intorno |’ anatomica struttura del formichiere medio, Myrmecophaga Tamandua Cuvier, Myrmecophaga tetradactyla et tridactyla Linn. Fatto un sunto storico dei principali lavori anatomici pubblicati intorno a questo animale, il Cav. Alessandrini dà conto delle indagini da lui istituite onde aggiungere quanto d’interessante poleva essere sfuggito agli osserva- tori che lo precedettero, in causa specialmente di non es- sersi ai medesimi presentate quelle favorevoli circostanze che rendere poteano esatti o completi i loro stud]. L’esame pertanto dello scheletro appartenente ad uno RENDICONTO DELL’ACCAD. ; 3 34 di questi animali in età consistente gli ha fatto conoscere, che nel medesimo esistono 19 coste, delle quali dodici sono vere, e cioè congiunte al lungo sterno ad evidenza composto di nove elementi, o centri di ossificazione, di- sposti in unica serie longitudinale notabilmente prolungata da robusto processo ensiforme terminato da larga carti- lagine. Lo sterno istesso poi, quantunque per la massima parte di sua estensione sia piuttosto ristretto, presenta però 1’ e- stremità sua anteriore ossia il manubrio ben largo, e ro- busto arrivando alla larghezza di tre centimetri, ed alla lunghezza di due, in seguito di che le prime coste esse pure assai robuste si congiungono mediante brevissima car- tilagine verso la metà della linea laterale a questo primo pezzo sternale, e lungi dall’ unirsi fra loro da destra a sinistra come indicano i Signori Pander e Dalton fra l’e- stremità sternale delle due prime coste s’interpone il non breve spazio di tre centimetri. E così pure sebbene le e- stremità sternali delle coste che seguono s’ avvicinino 1’ una all'altra molto di più per la ristrellezza dei pezzi sterna- li, giammai arrivano a toccarsi, se si eccettuino Je ultime due alle quali veramente lo sterno è sovraposto. E seguitando 1’ Accademico aggiunge , che i pezzi dello sterno che seguono il primo sono bensì brevi ma molto grossi, mostrando piuttostochè la forma laminare quella di un cubo di otto millimetri, e che la regione sternale delle coste vere, già ossificata molto per tempo, pervenuta in prossimità dello sterno si biforca occupando così più dei due terzi inferiori della linea d’ unione di ciascun pezzo sternale, di guisa che 1’ altra terza parte rimanendo al di- sopra della inserzione delle coste ha potuto indurre nel- l’errore i Signori Pander e Dalton di credere cioè che lo slerno sia collocato tutto intero al di fuori, e superior- mente alle coste. Siccome poi non solo rispetto al numero delle verte- 35 bre del torace e quindi a quello delle coste corrispondenti, sono discordi gli autori, e tale diversità di pareri sì rife- risce ancora a parecchie altre regioni della spina, così il Prof. Alessandrini dopo avere ammesso che il numero complessivo deì pezzi vertebrali nell’ individuo da lui de- scritto è di 73, annovera quattro zone vertebrali del cranio, 7 vertebre cervicali, 19 dorsali, 2 lombari, 6 del sacro, 35 caudali. Esaminato poscia il modo col quale congiun- gonsi le ossa innominate col sacro, ed indicata la strut- tura della pelvi, prende il Cav. Alessandrini ad esame gli arti di questo animale, e mostra che le estremità anteriori prevalgono in robustezza alle posteriori, che nella regione della spalla manca bensì la clavicola, ma che attesa la particolare struttura della larga scapola la corrispondente regione si rende per questo capace di validissima attività, massime nell’ azione dell’ arrampicarsi. E portando da ultimo le sue indagini specialmente sui piedi anteriori fa conoscere come anche questi piedi siano forniti di cinque diti distinti, dei quali il medio è robu- slissimo mentre il pollice, ed il minimo ben piccoli si compongono soltanto del metacarpo, e di una falange, e rimangono nascosli fra le parti molli. Data l’ anatomia dello scheletro appartenente all’ indi- viduo suindicato, passa I Accademico alla succinta descri- zione di un piccolo individuo della medesima specie, mor= to od ucciso appena nato, notando quelle particolarità re- lative alla di lui struttura che non vennero descritte dal Rapp; ed indicando poscia le differenze che rilevansi in varii sistemi a seconda della diversa età di questi animali. Dà fine alla sua preziosa memoria coll’istituire un con- " fronto dei sistemi ed apparecchi appartenenti alle tre spe- ‘ cie del genere formichiere, mediante il quale confronto dimostra |’ intima relazione che esiste fra le tre specie istes- se, e l'impossibilità di formarne anche soltanto dei sotto- generi distinti, come pure si credette da taluno poterlo 36 fare, in vista principalmente della statura, e degli esterni caratteri di generale conformazione a prima vista di non tanto lieve importanza. 13.° Sessione ordinaria. 17. Febbrajo 1853. L’ Accademia riceve in dono dai rispettivi Autori le opere seguenti; Medici Cav. Prof. Michele — Memorie sulle Accademie di Bologna. Pacini Dott. Filippo — Sull’organo elettrico del Gim- noto, ed altri pesci elettrici. Strobel Dott. Pellegrino — Malacologia Trentina. Disp. IV. Baravelli Dott. G. B. — Parole relative a lettera Mala- godi sulla litotripsia. Riflettendo il Prof. Paolini, che coloro i quali cerca- rono di determinare il modo. d’ azione tanto fisiologico quanto terapeutico delle acque termali della Porretta sul- l’animale economia, per la maggior parle invece di atte» nersi alle risultanze della pura osservazione, e della nuda esperienza, modellarono come egli dice i loro giudizj a seconda dei sistemi diversi di medicina che a mano a mano si succedettero nelle scuole in questi ultimi secoli, dimo- stra per ciò come andassero errati il Bassi ed il Zeneroli perchè partigiani delle teorie meccaniche, e chimiche ai loro tempi dominanti vollero colle medesime spiegare gli effetti, e stabilire il valore terapeutico delle indicate acque, e come pure pel propagarsi fra noi le Browniane teorie er rasse il Bacchelli annoverando le acque istesse fra i ri- medj stimolanti, od iperstenizzanti, e perchè in fine non molto dopo avvenuto per opera specialmente di Rasori e di Tommasini un totale rivolgimento delle dottrine patolo- giche, e terapeutiche cadessero non pochi in un errore af- fatto opposto dichiarando quelle terme dotate di un’ azione ’ 37 diametralmente contraria alla suindicata, e cioè deprimente, o controstimolante. In seguito di che il Prof. Paolini no- tando come molto più al vero si accostasse lo Zecca al- lorchè coll’appoggio dei fatti dichiarò quelle fonti godere della facoltà di aperire, resolvere, atque debiles partes corroborare, non ommise per questo di prevalersi di nuo- ve accuralissime indagini, ed osservazioni onde riescire a confermare quanto era già stato 11 anni or sono da esso lui dichiarato , e cioè che le acque termali della Porretta non solo sono fornite delle indicate facoltà, ma ben anco di un’azione chimico-organica, vale a dire idonea a cor- reggere le viziate qualità dei fluidi, e dei solidi del cor- po. In prova di che, dopo avere egli affermato che le delte acque sonosi da annoverare fra le salso-jodico-sol- forate, e che le medesime per l’analisi fatta dal Prof. Cav. Sgarzi contengono una materia organica cui questi diede il nome di zoofisogene, la quale rende l’ azione Joro al corpo vivo più omogenea, fa conoscere che l’acqua del Leone, e delle Donzelle prese per bevanda non solo agi- scono come lenienti, e lassative, ma che in generale tanto queste acque quanto quelle della Puzzola e della Porretta vecchia operano pure un'azione universale sui liquidi e sui solidi del corpo, giacche dopo la bevanda insinuan- dosi nella massa del sangue mediante 1’ assorbimento delle vene sono trasportate nelle più riposte parti dell’ organismo. E provato che i principii fissi mineralizzanti disciolti in quelle termali usate per bagno, sono durante il bagno stesso dalla pelle assorbiti in un coi prineipii gazosi in esse abbondevolmente contenuti, passa a scandagliare gli effetti immediati che si manifestano nell’ umano organismo per la introduzione delle acque istesse, e massime per mezzo della bevanda. In seguito di che egli crede poter dichiarare che fra le ricordate termali, in ispecie quella della Porretta vecchia agisce tonicamente al pari della china, e degli amari. 38 Ricorrendo poi alle indagini che ritenne opportune onde stabilire le mutazioni che Je acque istesse inducono in alcuni umori, e nel solido vivo, sebbene non trovasse nel sangue da lui e dall’ egregio Dott. Rota esaminato , 1’ a- cido solfo-idrico , ed osservasse soltanto quell’ umore di un colore più scuro dell’ordinario, ed il di lui coagulamento più tardo e meno resistente, con forli argomenti per altro cercò di provare che non per questo poteva essere lecito a chicchessia di negare, che i principii medicamentosi del- l’acqua bevuta penetrassero nel torrente della circolazione sanguigna. Cimentate pure le urine dopo la bevanda delle sud- dette acque; osservò che le medesime rendono le uripe stesse affatto neutre, che queste non danno giammai indizio di alcalinità, che in esse non si rinviene |’ acido solfo-idrico , il quale per altro trovò nel sudore. La secrezione della bile ancora per la ingestione di tali acque andrebbe se- condo il Prof. Paolini soggetta a notevoli modificazioni. Per le quali esposte cose 1’ Accademico conchiude che se è molto ragionevole il supporre, che per l’ introduzione nel corpo delle Porrettane acque termali rimane modificata la crasi del sangue, se i falli pienamente ne dimostrano modificata quella di alcuni umori dal medesimo originati, non potrà per certo mettersi in dubbio che eguali cangia- menti patiscano nel modo di essere, nella chimica composi- zione, nella costituzione insomma gli altri fluidi, ed i solidi, e non si potranno quindi, come già aveva egli indicato , più naturalmente, e logicamente interpretare i salutari muta- menti da esse loro originati che per un’azione aperiente, risolvente, e ad un tempo chimico-organica. ) Sessione straordinaria del 17 Febbraio 1853. Dopo la seduta ordinaria si trattengono gli Accade- mici dei due primi Ordini, già invitati con polizza, per 39 l'aggiudicazione del premio Aldini sugl’ Incendi per l’an- no 1852. La Commissione nominata nella sessione 11 Novem- bre 1852 avendo letto il suo rapporto, il Presidente di- chiara aperta la discussione. Ma prolungandosi questa di soverchio, il Presidente usando della facoltà accordatagli dall’ apposito Regolamento , sospende la sessione, aggrega alla Commissione altri Colleghi, che unitamente a’ primi prendano in ponderato esame i punti controversi, e rife- riscano in altra sessione da riguardarsi come continuazio- ne della presente. 14.3 Sessione ordinaria. 24 Febbraio 1853. Un agnello morto nell’ età di quattro mesì mancante degli arli posteriori fu sottoposto alle anatomiche ispezio- ni del Dott. Enrico Giacomelli, il quale nella suddetta adunanza informò questo consesso intorno a quanto gli fu dato rilevare mercè le indagini da esso lui fatte. Non poche invero furono le innormalità anatomiche degnissime di rimarco, che 1° Accademico potè sottoporre ai propri studi, ma ciò che maggiormente lo colpì, e che crede non sia stato per anco da alcuno osservato si fu, che mentre in quell’animale la mancanza degli arti po- steriori era completa, e non esistevano neppure in rudi» mento le ossa innominate, l’esterno sviluppo del corpo dell'animale istesso non presentava alcun’altra innormalità. E così pure era per |’ Accademico assai rilevante, che sebbene come si è detto degli ossi cosciali non vi fosse la più che piccola traccia, ciò nullameno gli organi genito- urinari presentassero la più regolare struttura, e quan- tunque mancassero le quattro regioni degli arti posteriori (diversamente da quanto in casi analoghi si osserva) la midolla spinale mostrasse il bulbo addominale assai bene sviluppato. Pel quale fallo anatomico, e per molte notevoli 40 considerazioni 1’ Accademico si indurrebbe ad opinare, che lo sviluppo degli arti posteriori è da quel midollare bulbo indipendente, come indipendenti 1’ uno dall’ altro si riten- gono da insigni anatomici, e fisiologi tutti gli organi nei primi periodi di loro formazione. 15.* Sessione ordinaria. 3 Marzo 1853. In una dissertazione intitolata = Specimina Zoologi- ca Mosambicana, Fase. VII = il Prof. cav. Bianconi de- scrive alcuni mammiferi spediti in dono alla Patria dal cav. Fornasini. Incomincia da un Quadrumano assai raro, e che man- ca anche alle principali Collezioni, 1’ Otolicnus crassicau- datus di Geoffroy , da’ Caffri detto Gueguerra, di cui non si conosceva finora con certezza qual paese abitasse. Dicesi che è di tanta agilità, che dallo stare seduto spicca un salto con cui prende gl’insetti di volo che fossero a tale. distanza da credersi fuor di tiro. Sebben la coda sia ric- chissima di folto e lungo pelo, tuttavia non sembra ch’ egli possa erigerlo, e servirsene come si valgono gli Scojattoli della propria. È forse ì’ unico dei quadrumani che offra uno straordinario allungamento delle ossa del piede. Dà l’ Accademico in 2.° luogo una minuta descrizione di un Pleropo, che nomina Cynopteres marginatus, e che non pare potersi ridurre esattamente ad alcuna delle spe- cie note, quantunque abbia grandissima prossimità col Pteropus tittaecheilus, e prossimità abbia ancora col Pre- ropus hottentotus, da cui però diversifica nel numero dei denti, avendone questo 34 e quello soli 28. Chiudesi la descrizione osservando, che = se si amputasse il capo di questo Chirottero, esso sembrerebbe in tutto il capo di un Quadrupede. Le narici e le orecchie di Cane, e sempli- cissime non hanno alcun chè di quelle espansioni mem- branose e foliacee che sono proprie della più parte dei 41 Chirotteri. AI contrario gli occhi ponno dirsi non grandi, ma grandissimi a proporzione del corpo. Per cui qui s’in- contra l’opposito di ciò che è nei Pipistrelli per la mag- gior parte, cioè gli occhi piccolissimi , e le membrane folia- cee assai estese. Potrebbesi dunque congetturare che quelle membrane supplissero spesse volte agli occhi, e li surro- gassero in quanto servissero all’ animale per dirigere il suo volo. Le esperienze dello Spallanzani persuadono di que- sto; e già oggi è da tutti ammesso che le membrane o appendici nasali non servano soltanto all’olfato, e le au- ricolari soltanto all’udito, ma che valgano principalmente ad estendere la superficie del corpo, affine di ricevere le delicatissime sensazioni provenienti dai corpi, o dai fluidi ambienti =. Tra i quali fluidi nota } Accademico che pri- meggierebbe l’ elettrico, se fosse vero che al semplice avvi- cinarsi de’ corpi fra loro, o allo scostarsi, variasse |’ e- lettrica lor condizione, come sostiene il collega Dott. Palagi. Viene in 3.° luogo descritto un altro Chirottero del genere Dysopes. La specie nota a cui sembra avvicinarsi di più è il Dysopes tenuis Hors. Evvi però questa diffe- renza che il tenuis dicesi avere il labbro inferiore coper- to di verruche ed altrove che una serie di tali verruche cingono il suo margine; le quali, a meno che non siano minimissime, mancano nel nostro esemplare. Ma principal- mente differenza vi ha nella lunghezza e proporzione del corpo, il quale nel nostro è lungo e quasi cilindrico. L’Accademico presenta poi altri due Chirotteri, ma di specie nole, un Rhinolophus Clivosus, e un INycticejus leucogaster. Presenta due esemplari della Talpa aurata, due esem- plari dell’ H7elamys caffer o Xengue dei Gaffri, un Rosi- cante del genere Gerbillus, e che fra le specie note si ap- pressa di più al Gerbdillus pyramidum e al Gerbillus py- gargus. Presenta in fine le zanne del Cinghiale del Mo- zambico, che crede essere il Phascochaeres africanus, e 42 le corna d’un Rinoceronte bicorne, che attesa la forma del secondo corno può credersi della varietà detta Rhino- ceros Brucei. 16.% Sessione ordinaria. 10 Marzo 1853. L’ Accademia ha ricevuto: in dono. Dal Governo Neerlandese — Flora Batava Fasc. 169-172. Dalla R. Accademia di Napoli. — Rendiconto di Novem- bre e Decembre 1852. Dalla P. Accademia de’ N. Lincei. — Sessione del 22 Feb- brajo 1852. Dalla P. Accademia di Belle Arti di Bologna — Atti per la premiazione del 1852. Dalla Società Medica di Bologna. — Bullettino di Gen- najo 1853. Dalla Società Editrice — N. Annali delle Scienze Natur. Novembre e Decembre 1852. Accolta nelle sale chirurgiche del Ricovero una gio- vinetta claudicante in seguito di traumatica lussazione iliaca del femore destro ‘avvenuta’ già da sette anni, e fervoro- samente chiedendo che in lei si facessero i più efficaci ten- tativi onde toglierle il visibilissimo diffetto da cui trovavasi travagliata, il quale neppure potendosi debitamente correg=- gere coi più adattati ingegni meccanici le impediva perciò di prestarsi a quegli uffici da cui poteva trarre i mezzi necessari alla propria esistenza, il Rizzoli veduta 1’ impos- sibilità di effettuare 1’ immediata riposizione dell’ osso lus- sato, conosciuta inapplicabile a simile lussazione la gra- duale estensione dell’ arto corrispondente, dimostrata teme- raria, e nel tempo istesso inefficace la incisione sottocuta- nea dei forti vincoli che da lungo tempo fermo tenevano il femore nella innormale posizione; e fatto invece riflesso alle felici e lusinghiere condizioni in cui trovavasi la nuova 43 formatasi arlicolazione, dopo non pochi rilievi si decise onde porre ambo gli arti in equilibrio d’ azione di effet- tuare non già la lussazione iliaca del femore non spostato, la quale trovò per molti titoli non sanzionabile, ma d’ e- seguire invece la frattura artificiale di questo femore istes- so, e di accavallarne i due risultanti frammenti in modo da ridurre l’arto della lunghezza medesima del lussato. Compita diffatto tale operazione colle regole tenute nel ben diverso caso in cui per la prima volta praticolla, e col- locata la giovane nel letto a piani inclinati di Carle da esso lui modificato, ne ottenne quell’ esito felice, che gli era paruto non potesse mancare, e del quale stimò bene rendere informato questo illustre consesso. î 17.° Sessione ordinaria. 31 Marzo 1853. Le gravi difficoltà che non infrequentemente riscon- transi nel curare quella penosissima e temibile tosse che da alcuni è nominata Coqueluche essendo in ispecial modo riferibili alla mancanza di cognizioni precise sulla natura della morbosità da cui questa tosse dee ripetersi, si fu in seguito di ciò che valenti patologi non trascurarono le più sensale investigazioni onde cercare di spargere almeno qualche luce su un argomento di tanta importanza. Ma i loro sforzi non furono troppo felici, le emesse opinioni tro- varono forli contradittori, e vennero pure in questa adu- nanza mediante un’assai erudita dissertazione sodamente combattute dal Ch. nostro Prof. di Clinica Medica Cav. G. B. Comelli il quale però sebbene all’ appoggio delle osser- vazioni che furono frutto della sua lunga e luminosa espe- rienza si sentisse tentato a ritenere con alcuni Îa indicata forma morbosa dipendente da una neurosi, pure con sana prudenza si astenne dal dichiararla tale decisamente. E fatto piuttosto calcolo dei mezzi che meglio riescano a sanarla , non dimenticò quello dal Brofferio per lunga serie 44 di anni con felicissimo esito adoperato, il quale al nostro Accademico essendo pure riescito giovevolissimo lo volle per questo raccomandare. Consiste codesto rimedio nel riscaldare della minuta ghiaja in una coppa di ferro, e dopo avere coperto il capo dell’infermo con lungo pannolino come praticasi comunemente nelle ordinarie suffumigazioni, nel versare sulla ghiaja istessa un cucchiajo o due di acqua coobata di lauro ceraso e nel dirigerne il vapore alla boc- ca dell’infermo onde farglielo inspirare per sei, od otto volte nella giornata. In simile maniera regolandosi nei due primi giorni olliensi poco o niun sollievo, qualche volta anzi la tosse si esacerba, ma alla terza, o quarta giornata per lo più si mitiga il male, e d’ordinario alla ottava, od alla decima ha luogo la guarigione. Il Prof. Comelli però nel proporre questa cura non intende che la mede- sima si debba usare allorquando la Coqueluche è compli- cata a malattie più o meno gravi degli organi pulmonari siano esse indipendenti dalla medesima, o di lei conse- guenza, nei quali casi inculca invece di regolare il piano di cura in quel modo che le varie circostanze possono ad- dimandare. 18.° Sessione ordinaria. 7 Aprile 1853. Ebbe in questi ultimi anni il Prof. Belletti non infre- quente occasione di verificare quanto da un Borsieri, e da non pochi illustri moderni patologi venne dichiarato intor= no il modo subdolo, proteiforme, temibile, proditorio, e spesso fatale con cui procede non di rado la eruzione mi- gliarosa primitiva, od essenziale, e trasse egli da ciò pro» fitto onde ricavarne particolari considerazioni patologiche, terapeutiche, e cliniche. Prima però di esporle a questo consesso, il che si pro- pose di fare in altra adunanza, ragionò intorno uno dei casi gravissimi di migliare da esso lui curato nella nostra 45 clinica, e fece ciò in causa della singolare stranezza con cui tale malattia procedette. Esordì la medesima con una flemmassia della retroboc- ca, alla 6.* giornata di male l’ infermo presentò generale, e ben pronunziata itterizia e fenomeni così proteiformi le in- dicate manifestazioni morbose accompagnarono, da richie» dersi appunto l’avvedutezza, e perspicacia di espertissimo clinico onde poter esser preso dal sospetto che l’ infermo si trovasse invaso dal morbo migliare. Ma giunti alla 7.% giornata di malattia cominciando a presentarsi in alcuni tratti di cute delle granulazioni bianche cristalline, e que- ste in maggior copia sviluppandosi nei giorni successivi con tutli quei caratteri che sono proprii della migliare bianca primitiva, venne così pienamente confermato quanto dal Chiarissimo nostro Collega erasi sospettato. La malat- lia giunse a tal grado da fare disperare della vita dell’ in- fermo, ma le indefesse e sagaci cure del Prof. Bellelti, valsero a debellare e superare tutti quegli ostacoli che attesa la gravezza, molliplicità, e stranezza dei fenomeni morbosi che accompagnavano simile morbo, ne rendevano assai difficile il trattamento. Sessione straordinaria del 7 Aprile 1853. Dopo la seduta ordinaria si trattengono gli Accade- mici dei due primi Ordini, già invitati con polizza, per l’ aggiudicazione del premio Aldini sugli Incendi per 1’ an- no 1852. Sentito il Rapporto della Commissione Intera costitui- ta nella Sessione straordinaria del 17 Febbrajo p. p., il Consesso giudica meritevole del premio |’ unica Memo- ria pervenuta al Concorso. Aperta la scheda, si trova es- sere Autore del premiato MAanvALE Pratico PER GL’ INCENDI il Chiar. Sig. Prof. Cav. Francesco Del Giudice Direttore del Corpo degli Artigiani-Pompieri della Città di Napoli , 46 Jo stesso che conseguì gli altri due premi Aldini pel 1843 e pel 1846. Poscia il Presidente nomina una Commissione per re- digere il programma per un premio Aldini sul galvanismo, composta degli Accademici Prof, Marco Paolini , qual Capo , Prof. Lorenzo Della Casa e Prof. Domenico Santagata. 19.° Sessione ordinaria. 14 Aprile 1853. L'Accademia ha ricevuto in dono dai rispettivi Autori libri seguenti; Collenza Cav. Pietro — Di un Ermafrodito vivente. Pistocchi Dott. Francesco — Malattie epidemiche 1849-51. Kendall Amos — Sulle pretese di Jackson all’ invenzione del telegrafo elettrico americano. Ercolani Dott. Giambattista — Sullo Strongilo armato. Mazzanti Dott. Domenico — Uso del Malico contro i profluvi. Berti-Pichat Carlo — Corso di Agricoltura. Dispense 17-28. Gandolfi Prof. Giovanni — Medicina Forense. T. I. P. II. Fasc. VII. ; Leggesi Dispaccio dell’ Esîo Segretario di Stato, col quale -partecipa, che avendo rassegnato al S. P. a nome dell’ Accademia il Tomo HI delle sue Memorie, la Santità Sua si è degnata accogliere benevolmente un tale omaggio. Il Prof. Cav. Sgarzi espone 1’ Analisi della Scorza della Chibaca salutaris di Bertoloni figlio (V. Sessione 23 Decembre 1352). Si presero dapprima 100 grammi di questa scorza che, spogliati dell’acqua igrometrica, si sottoposero suc- cessivamente al trattamento coll’ Alcool, coll’ Acqua Distil- lata, coll’ Acido Acelico Diluito. I Dalle tinture alcooliche si ebbero f. Traccie di un’ Es- senza solida, bianca, solubile nell’ alcool, insolubile nel- l’acqua, e che il forte sapore ed odore in un con tutte le apparenze disvelano formata di un principio analogo alla canfora, probabilmente facente funzione di base, e di un principio acre, che tutto porta a credere possa farla da acido; 2. Mannite; 3. Acido Tannico ; 4. Glucosa; 5. Re- sina solubile nell’ ammoniaca , altra nella potassa, altra in- solubile negli alcali. Dall’ estratto acquoso si ebbe 1. Acido Pellico; 2. Aci- do Tannico ; 3. Glucosa. Finalmente il trattamento coll’ Acido Acetico sommi- nistò una materia, la quale si riconobbe per affine ed analoga agli albuminoidi o proteici conosciuti. Così della parte organica della scorza scoperto quanto ha di solubile nell’ alcool, nell'acqua, nell’acido acetico diluito, era presumibile che non vi fosse più a vedere che il legnoso, o quel che è fibra, o scheletro vegetabile. A questo fine s’incenerì una quantità non tocca della stessa, ed egualmente di 100 grammi, che dopo il bruciamento e la calcinazione a forte fuoco residuarono in soli gram- mi cinque. Questa cenere fu lisciviata coll’ acqua distil- lata bollente. Evaporata la soluzione, ed avutone un resi- duo di grammi 2,4, si assoggeltò questo all’azione del- l'alcool concentratissimo, che ne disciolse quattro deci- grammi, i quali trattati col Nitrato d’ Argento, col Clo- ruro di Platino e coll’ Ossalato d’ Ammoniaca, si riconob- bero per un misto di Cloruro di Potassio, Cloruro di Cal- cio, e senza forse anche di Cloruro di Sodio. I due gram- mi lasciati intatti dall'alcool, si trovarono costituiti da Carbonato di Calce, Solfato di Calce e Carbonato di Po- tassa. Finalmente la parte indisciolta dall’ acqua bollente si trovò costituita da Solfato di Calce, Ossido di Ferro, Carbonato di Calce, Carbonato di Magnesia, Silice, e trac- cie d’ Ossido di Manganese. 48 Le proporzioni poi de’ eomponenti sì veggono nel seguente Specchio. Parte Organica in 100 grammi. Essenza con specie di canfora, quantità indeterminata. Mannitaxi dcr teli + toi Gram, Acido Tannico è. . . n i SID —— —— reso insolubile niet costnalbo;e 008 Glucosa. . . o 11010 Stat a Resina solubile cl eoniara. sola RS -—— —— nella potassa . ...» 0,3 —— insolubile negli alcali. . . . . » 3,3. AcidoiBetticofb: a ‘para rai Pie Materia Azoatala00;1. i.4!/ aureo ant e Fibra lepnosazce sali'u.0 ilsigr alti a 06850 Menpuar i 8 are AIA tano sid Menditat.iion + fpic lora, Sit "AAA Grammi 100,0 Parte Inorganica nella stessa quantità. Cloruro di Potassio —— di Sodio . Gram. 0,4,0 —— di Calcio }| © Sala ali Galle”. 70. L'area 0,3,5 Carbonato di Calce .. - . ._ +...) 2,2,0 —— Pi ER ee i 1,6,5 -—- di Magnesia. ‘.. +... è + ® 0,1,0 Ossido di ferro . . . e. Dx (ga —— di Manganese, traccie CI n de Arene 0 Seen Principj organici, come sopra . . +. » 84,90 e i lidi 10,0,0 ein e e Grammi 100,0,0 a 49 Se i sintomi della mortal malattia di gola, che al Mozambico vien curata con siffatta scorza, inducono a credere che sia essa una specie d’Angina Gangrenosa, v'induce non meno, a parere dell’ Accademico, la sua chimica composizione. Abbiamo appunto una essenza con specie di canfora ; abbiamo abbondante 1° acido tannico od un materiale astringente e tonico molto analogo a quello che nella china può riputarsi attivo nella circostanza di gan- grena; abbiamo de’ principj resinosi ed in assai copia che intervengono al compimento di quello che 1’ esperienza ha indicato )per la malattia medesima. Il farne riprova è ri- serbato ai Direttori di Clinici Stabilimenti. Alla dissertazione Sgarzi altra ne tiene dietro del Prof. Respighi, il quale chiama l’attenzione della Accademia sulla importante questione del moto del pendolo semplice sotto l’influenza del moto rotatorio della terra. Accenna principalmente al singolare fenomeno previsto e verificato dal celebre Fisico Francese Leon Foucault del moto spon- taneo angolare del piano di oscillazione attorno alla ver- ticale e dopo di avere indicate le due vie seguite dai geo- metri per vendere teoricamente ragione di questo fenomeno, una fondata sulla teoria analitica dei moli relativi, l’altra sopra considerazioni puramente geometriche, fa notare che se i risultati ottenuti per esse soddisfanno alla spiegazione del fenomeno considerato nel suo complesso, non corrispon= dono certamente a quelle proprietà che l’esperienza ci mostra inerenti al fenomenò stesso e che sensibilmente ne modificano la legge fondamentale, omali sono il moto co- nico del pendolo e la variabilità nel moto angolare del- Papside della curva descritta dal pendolo in ciascuna oscil- lazione attorno alta verticale. Queste circostanze, dice il disserente, complicano la questione di maniera, da non permetterci di ravvisarla sotto un punto di vista puramente geometrico svelandoci nel pendolo l’azione di forze acce- RENDICONTO DELL'ACCAD» 4 50 leratrici che dovrebbersi affatto escludere, qualora si vo- lesse ritenere il moto del piano di oscillazione come un moto apparente e totalmente geometrico, indipendente da qualunque forza acceleratrice. Conchiude quindi doversi seguire la via della analisi ripetendo la risoluzione della questione da principj dina- mici, facendo uso delle equazioni generali del moto col- l’applicarle convenientemente al moto del pendolo, intro- dottevi tutte le forze acceleratrici che sensibilmente agi- scono sopra il pendolo stesso. i E su questo particolare espone il dubbio che nelle equazioni a questo scopo impiegate siasi trascurato un elemento dal quale dipenderebbe in gran parte la spiega- zione delle suaccennate proprietà del moto del pendolo. Questo elemento è la variazione della forza centrifuga sviluppata dal moto rotatorio del pendolo attorno all’ asse della terra, variazione prodotta dagli aumenti e decrementi subìti durante le oscillazioni dalla velocità colla quale il pendolo si muove lungo il parallelo all’ equatore, per la quale variazione si avrebbe a ritenere il pendolo soggetto ad una nuova forza acceleratrice da cui sarebbero modi- ficati i risultamenti finali del processo analitico in modo- da corrispondere meglio a quanto ci viene dalla esperien- za presentato. Prima di venire alla risoluzione del problema ravvi- salo sotto questo nuovo punto di vista si propone di rica- vare le equazioni generali del moto di un punto relativa- mente ad un sistema di assi che con moto uniforme gira attorno ad una linea fissa nello spazio, appoggiandosi su questo principio. i = Per determinare il moto di un punto relativamente a tre assi che mantenendosi sempre nello stesso modo con- nessi ad una linea fissa nello spazio girano attorno a que- sla con moto uniforme, si può fare totale astrazione da questo movimento e ritenere gli assi nello stato di quiete 51 assoluta, purchè in ciascun istante si intenda il punto mo- bile animato esso stesso di un moto angolare attorno a quella linea in senso opposto a quello, e colla medesima velocità angolare. = Per determinare poscia il moto apparente dello stesso punto per un osservatore che partecipando al moto degli assi si giudica nello stato di quiete, per le note leggi della prospettiva attribuisce al mobile la velocità angolare del- l’ osservatore ma in senso contrario. Ricavate le equazioni generali del moto relativo le accomoda al caso particolare del pendolo introducendovi le forze acceleratrici che agiscono sul medesimo, e cioè 1. La forza di gravità diretta al centro della terra, la cui intensità sì ritiene costante supponendo trascurabili in paragone al raggio della terra le distanze relative dei punti che occupa successivamente il pendolo nelle sue oscillazioni. 2. La forza centrifuga parallela all’equatore ed al me- 9 2 Di U DI ridiano rappresentata da “ essendo w la velocità assoluta del pendolo lungo il parallelo all’ equatore, ed 7 il raggio del parallelo su cui si move il pendolo. 3. La tensione del filo cui è sospeso il pendolo. 4. La resistenza dell’ aria. Supposte piccolissime le escursioni del pendolo abban- donato senza verun impulso a se stesso, trascurando la re- sistenza dell’ aria, le equazioni generali si semplificano, e si prestano ad una prima integrazione, per la quale si ot- tiene la velocità angolare del piano di oscillazione attorno alla verticale. Determinando il valore di questa velocità per l'istante in cui il pendolo trovasi alla massima distanza dalla verticale in ciascuna oscillazione, si trova il piano di oscillazione investito di una velocità nel senso del moto rotatorio della terra, velocità piccolissima nelle prime oscil- lazioni ma crescente nelle seguenti, dimodochè al princi» pio di ciascuna oscillazione si potrà ritenere il pendolo 52 soggetto ad un impulso secondo il moto della terra per- pendicolare al piano di oscillazione, onde il suo moto si farà conico, e tanto più sensibilmente conico , prescindendo dalle resistenze, quanto più si prolungherà il fenomeno. Per nna seconda integrazione di questa equazione si determina la posizione dell’ apside della curva alla fine di ciascuna oscillazione, e trovasi il medesimo dotato di un moto angolare jattorno alla verticale in senso opposto a quello della terra con velocità variabile, minima al meri» diano ed eguale ad Aseza, essendo 4 la velocità ango- lare della terra ed & la latitudine geografica del luogo di osservazione, continuamente crescente verso il primo verticale dove si fa massima e sensibilmente maggiore di hsena. Questi risultati della teoria combinano sufficiente» mente colle leggi sperimentalmente dedotte dal disserente da una serie di osservazioni da lui istituite sopra un pen- dolo della lunghezza di 42,50 circa sospeso colle debite cautele nella Chiesa di S. Petronio in Bologna. Poichè da — queste osservazioni risulta. 1. Il moto angolare dell’apside in senso opposto al moto della terra variabile con velocità massima in vicinan- za al primo verticale dove fu trovata del medio valore di 0° 10'45"” di arco per ogni 1’ di tempo siderale; minima al meridiano in vicinanza al quale si trovò del medio va- lore di 0°9'31" di arco per ogni 1' di tempo, mentre la velocità calcolata rsena per la latitudine di Bologna di 44°29'54” si riduce a 0°10'30",6. 2. Il moto del pendolo non è piano ma conico e pro- cede generalmente in senso opposto al moto angolare del- I’ aspide. 3. Il moto conico del pendolo è piccolissimo nelle prime oscillazioni e si rende sensibilissimo nelle seguenti, raggiugnendo in parità di circostanze il massimo al pri» mo verticale. Da ultimo il disserente dà ragguaglio del processo da 53 lui seguito per determinare sperimentalmente il valore della gravità per Bologna servendosi del pendolo suaccennato, dal quale processo ne risulta la gravità g per Bologna —=9,805553 essendosi ritrovato per il pendolo che batte i secondi di tempo solare medio la lunghezza L = 0,9935510 medio dei risultati pochissimo differenti ottenuti da due esperienze in proposito eseguile e convenientemente cal- colate. Li Confrontando questo risultato con quello di 0,9935338 che si ottiene per ZL dalla formola —2 L=a-+-bsena mettendo in luogo dei coefficienti a,b i loro valori nu- merici sperimentalmente dedotti dal Biot, egli trova la piccolissima differenza di — 0©,000028 differenza che lo stesso vorrebbe piuttosto attribuire alla geologica costituzione del terreno che ad inesattezza delle esperienze conscio a se stesso di avere in queste usate tutte le cautele ed avvertenze possibili per ottenere i dati per quanto è possibile precisi ed esatti. ( Sunto favoritoci dall’ Autore). Sessione straordinaria del 17 Aprile 1853. Convocati gli Accademici pensionati, o Benedettini, ad eleggere un Accademico del loro Ordine in sostituzio- ne del defunto Prof. Gioacchino Barilli; fra i diversi Sog- getti proposti a norma del prescritto dal Regolamento del- l'Accademia, viene scelto il Sig. Dott. Paolo Predieri. 54 20.* Sessione ordinaria. 21 Aprile 1853. L’ Accademia riceve in dono i libri seguenti; Società Medica di Bologna — Bullettino fase. di Febbr. e Marzo 1853. Baravelli Dott. G. B. — Sul Carbonchio. Ponzi Prof. Giuseppe — Nuovo Cono VITERBO nella Val- le Latina. —— Appendice alla Memoria del 31 Dai 1848. Nuovi Annali delle Scienze Naturali. Genn. e Febbr. 1853. Il Cav. Prof. Antonio Santagata ,'non godendo di ben ferma salute, adempie all’ obbligo de’ pensionati col man- dare il figlio suo Prof. Domenico a comunicarci una dotta ed elegante dissertazione sui Bagni Pubblici e gli Esercizi Ginnastici. Tali istituzioni?dell’ antica sapienza, d’una incalcola- bile utilità igienica e sociale, sono state da’ moderni non abbastanza curate. All’occasione che il nostro Municipio se n’è con molta saviezza occupato, |’ Accademico ha dato novella prova di vasta erudizione e fino criterio, ripor- tando e discutendo quanto ne hanno pensato filosofi e me- dici di tutti i tempi, e adattando!e alle condizioni della moderna Società, e alle particolari condizioni del paese. E quanto all’ azione dell’ acqua sul corpo umano, 1° Ac- cademico propone alcune idee, che sembrano meritare di venir prese in attenta considerazione da’ cultori dell’ ani- male Fisiologia. « lo non so (dice Egli) perchè non si accordi dai medici un’ampia ragione di operare i bagni le loro mera- viglie coi semplici fatti fisici e chimici ai quali danno ca- gione. Non azzardo un giudizio, ma solo un dubbio pro- pongo. Questo dubbio è che i bagni introducano nel corpo una quantità di acqua sufficiente ad agevolare le operazioni 55 fisiologiche e chimiche necessarie alla vita per conservarla in salute, o per reintegrarla dalle molestie che gli agenti interni od esterni possan venir generando. Nota il Fran- ceschi che = l'illustre Mascagni, negando qualunque as- sorbimento venoso, ha posto in chiara luce la facoltà esclu- siva de’ linfatici nell’ assorbire qualunque principio si pre- senti alle loro avidissime boccucce =; e dietro questo ne conelude che = per la forza attraente de’ linfatici deve il fluido acquoso versarsi in grandissima copia nel torrente della circolazione, e mescolandosi col sangue, sortir di nuovo per i naturali emuntorj carico di principj escremen- tizi che, trattenuti dentro di noi, non mancano di esser cagione di una numerosa serie di mali =. Ma questa ma- niera di spiegare l’azione dell’acqua entrata nel corso de” linfatici mi sembra, a dir vero, troppo superficiale e mec- canica, riducendosi semplicemente a considerarla come mezzo meccanico sottraente de’ principj escrementizi. Lodo il Franceschi dell’aver concepita l’idea che grandissima sia la copia dell’ acqua che entra în circolazione, quando ancora non si avea che la notizia della facoltà assorbente de’ linfatici messa innanzi dal Mascagni, mentre poi in questi ullimi anni si sono fatte esperienze colle quali in effetto si dimostra che l’acqua è assorbita in copia abbon- dante, benchè per fatto delle estremità venose piuttosto che pei linfatici stessi. Intorno alla quale quistione de’ vasi assorbenti nella cute non entro a parlare, bastando al mio assunto che in effetto sia l’acqua assorbita e portata per tutto il circolo de’ fluidi. Delle quali esperienze le più celebrate sono quelle di #alconner, per le quali pretende che un uomo adulto può assorbire in un bagno quarantotto oncie di acqua per ora, e quelle del Dott. Westrumb che ha provato, che in un bagno tepido la. pelle dell’ uomo è suscettibile di assorbire diverse sostanze che sieno sciolte nell’ acqua del bagno. Ma i medici ancor posteriori italiani e stranieri non credo che attribuiscano all’ acqua così en- 56 trata pei linfatici tutta quella parte che mi sembra che abbia, e quale ho sopra accennata, e cioè che essa agevoli le operazioni fisiologiche e chimiche necessarie alla vita. Opinione che nasce dall’osservare tutto giorno l'influenza, dirò così, universale dell’acqua nelle azioni molecolari della materia. È V' acqua in certo modo il gran- de elemento universale temperatore della natura e di ogni organismo, e per essa massimamente si operano , come ge- nerale solvente dei corpi, le chimiche reazioni di essi; nè mai (si noti questo fatto) alle chimiche reazioni è sover- chia l'abbondanza dell’acqua, ma invece coll’ abbondanza si ajutano. Per questo introduciamo col bere sì gran copia di acqua, per questo n’è carica l’aria, per questo intol- lerabile è il vivere in un’aria molto secca, la quale seb- bene spesse volte contenga più acqua che un’aria calda umidetta, non è però in quello stato che all’ organismo conviene, perchè troppo assoltigliata appunto dal calore, mentre lo stato diverso dei corpi muta di molto i loro at- tributi. Immaginiamo pertanto che un’acqua alquanto pura entri per tutti i linfatici e più per le vene della superficie del corpo e giunga direltamente o indirettamente ad oc- cupare le glandole, dove le più delicate funzioni si fanno, e dove è a pensare che la più parte dei morbi incominci cogl’infarcimenti di esse, com’è costume di esprimersi. Non è ragionevole il credere che l’acqua dilati e diluisca quelle materie colà contenute, e le riduca in tale stato che meglio possano reagire fra loro, o meglio provare le azioni e gli effetti di fluidi operatori de’ fatti e fenomeni fisiolo- gici e chimici dell’organismo? Argomento inoltre per me molto forte a sostenere questa opinione si è l’osservare la condizione dei morbi, nei quali più aperta e spiegata è l’efficacia propizia de’ bagni. La colica dei pittori, si dice, è quella che più di ogni altra riceve un incontrastabile be- neficio dai bagni. Secondano inoltre 1’ azione del mercurio, ne favoriscono l'assorbimento, e niuno ignora 1’ efficacia 57 loro nel frenare la salivazione: allontanano i parossismi gottosi, e favoriscono l’eruzione del vajuolo ecc. Or chi non vede in questi casi l’ azion chimica dell’ acqua venuta acontatto di farmachi o di veleni, o de’ materiali qualun- que produttori di morbi? posciachè diluiti che sieno si riducan più blandi, e meglio si possa dalle forze fisiche e chimiche di fluidi superare, o governarne comunque la loro potenza; come più blando e benigno diviene quell’ acido diluito con acqua, senza la quale corrode e distrugge qualunque organismo? Con che per altro non disconosco le altre maniere concomitanti di agire dell’ acqua ne’ bagni in fuori della chimica solvente. Piacemi solo di ammettere che questa forse in ogni caso non manca, potendosi va- riare ad ogni istante e per ogni benchè minima causa il chimismo, dirò così, del corpo umano. D'altra parte è indubitabile che i solidi ancora del corpo, ed i nervi so- pratutto e le membrane che per tutto serpeggiano e si rav- volgono, debbano senza fine godere dell’essere per imbibi- zione inumidili e irrorati, sicchè perdano quella rigidezza e slringimento di parti che, pel mutato forse poter con- duttore dell’elettrico in esse parli, producono gli spasi- mi, le irritazioni, i convulsi, le epilepsie stesse e il teta- no, che trovano ne’ bagni immenso ristoro. Il calorico infine e l’elettrico dalle diverse temperature. e pressioni dell’ acqua promossi, accresciuli o sottratti, motabili e grandi effetti producono certamente non solo per mante- nere quella temperie di coesione che è necessaria ai solidi ed ai liquidi animali, ma per cooperare insieme coll’ acqua a dilatare e disciogliere le materie, e a reggere e favo- rirne le reciproche azioni, essendo il calorico dalla natura posto a freno della coesione, signore in certo modo di essa, solvente esso pure universale , e l’elettrico guida, principio ed effetto di ogni molecolare composizione. E 1’ acqua che entra e trapassa pe’ meati più intimi de’ tessuti ha una maniera d’ influir sul calorico e sull’elettrico delle fibre e 58 de’ fluidi tutta propria e speciale, come è ben facile a dimostrarsi. Ed è molto probabile ancora che 1’ acqua en- trata ne’ vasi per le estemità capillari abbia un potere od acquisti una maniera di agire diversa da quella colla quale essa opera introdotta per cibo o per bevanda, sic- come il fatto lo prova, e come per analogia di altri fatti congeneri si può sostenere, forse perchè conferisca alle trasformazioni stesse del sangue nelle estremità capillari, e a tutte quelle operazioni chimico-fisiologiche, che nella esteriore periferia del corpo si eseguiscono; qualora spe- cialmente si pensi che le influenze morbose non circoscritte rimangano ne’ loro effetti a quelle parti dove si fanno pa- lesi, ma di esse tutto intorno l’organismo ne soffra. Ma lasciando ancora queste capitali ragioni degli effetti mira» bili de’ bagni, diremo noi piccola quella che si desuma dalla nettezza del corpo? Non senza grande molivo di sa- nità la natura ha posto in noi la molestia e lo schifo del vedere nel volto e nelle vesti degli altri le ombre ancora, e le macchie della sozzura, e se nelle classi più infime della società, come oggi han costume di vivere, è più fre- quente una serie numerosa di malattie che nelle altre è più rara, è da attribuirsi in gran parte al sucidume, al quale prende abitudine, e dal quale è evidente che le fun- zioni della cute sono più o meno impedite e guastate; e così in proporzione si dica del trascurare che ognuno fac- cia il conveniente riguardo della persona, avendo sempre in pensiero che la ragione nell’ uomo sta in luogo dell’ i- stinto e de’ preservativi accordati agli altri animali. » Sessione straordinaria del 21 Aprile 1853. Dopo la seduta ordinaria si trattengono gli Accademici dei due primi Ordini, già invitati con polizza, per romi- nare un Accademico Onorario in sostituzione del Dottor O 59 Paolo Predieri promosso all’ Ordine de” Pensionati. Il Pre- sidente propone l’ Alunno Dott. Alessandro Palagi, il quale viene eletto con onorevolissimo partito. 21.% Sessione ordinaria. 28 Aprile 1853. Legge il Dott. Predieri il Discorso Preliminare d’ un suo Trattato = Dei rapporti della Meteorologia colla Medicina, e dei vantaggi che si possono attenderne. = Le osservazioni e le deduzioni del filosofo naturale possono islituirsi o intorno a cose che non sono in nostro potere, o intorno a cose sulle quali abbiam facoltà d’ agire. Le osservazioni e le deduzioni del primo genere non servono in generale che a soddisfar la nostra curiosità, 0 mon hanno che un’ utilità morale, come di portarci ad am- mirare le opere della Creazione, come di tenerci lontani dall’ozio, sorgente di pubblica non meno che di privata sciagura; Otium reges, otium beatas Perdidit urbes. Le osservazioni e le deduzioni del secondo genere non mancano mai di fruttificare a lor tempo vantaggi fisici e morali all’ umanità, sebbene a prima giunta possano sem- brare non suscettive di pratiche applicazioni. Fra gl’ infiniti esempi, che si potrebber recare in mez- zo, bastino i seguenti. Quando Herschel m’insegna che la materia di certe nebulose si va continuamente addensando verso il centro per formar col tempo astri novelli, non ha fatto avanzare d’un passo i miei materiali interessi, perchè io non avrò mai alle mani materia nebulosa da trastullarmi a impa- star nuovi mondi. 60 Quando De Buch ed Humboldt, mostratomi il gran fenomeno del sollevamento de’ monti per ignea forza, mi gridano = non ti confidar troppo nella solidità della ero- sta terrestre che li sostenta: quel che avvenne, può av- venire ancora =, se non intendono con ciò di mandarmi a vivere in barca, non vedo che mi dicano di più di quel- lo che faccia da una parte il mio Curato, il qual m’av- verle tuttodì che debbo star preparato alla morte, e dal- l’altra parte il seguace d’ Epicuro, cantando: » Per gli anni, ce’ hanno a nascere, » Tesoro io non farò. » Ch’io serbi per dimani! » Follia! che san gl’insani, » Diman se vi sarò? Ma quando 1° Autor della Teoria del piacere metteva la lingua fra due metalli diversi, quando Galvani eccitava le convulsioni della rana, preparavano la decomposizion delle terre, preparavano il mezzo di favellare agli antipodi con più facilità e prontezza che non si parliuo da monte a monte due pastorelle di Svizzera. Giammai a mente creata sarà concesso di prevedere fin dove possano estendersi le applicazioni d’ un agente na- turale; che ci sia dato dirigere a nostro talento. Or la Meteorologia, presa coll’ Accademico nel senso più esteso della parola, se tratta di certe cose su cui non abbiamo alcun potere, tratta puranco d’allre che possiam signoreggiare, e almeno indurvi sufficienti modificazioni. Forse non potrem mai impedire che grandini, e certo non potremo impedire che piova: non potremo impedire che l'immensa coda d’ una cometa attraversi Ja nostra at- mosfera, e vi deponga principj deleterj e vi desti epidemie. Ma potremo medicar l’aria di certi luoghi, procurando scolo ad acque stagnanti, d’altri collo stabilirvi una co- 61 piosa vegetazione, d’ altri col favorirvi la ventilazione; co- me bene avvisò il nostro illustre fondatore, quando fe? che Ravenna non restasse più sepolta fra gli argini del Montone e del Ronco; potremo all’incontro con pinete o altri boschi artifiziali moderar l’ impeto di venti che noc- cia a certe località: e allorchè meglio avremo studiato l'ozono, edogni maniera di miasmi o di principj salutari, potremo o direttamente combattere le azioni deleterie, 0 almeno neutralizzarle fra loro. L’ Accademico con vasta erudizione espose quanto in Meteorologia erasi operato dagli Etruschi a noi, e con sot> tile intendimento venne esaminando quanto rimanesse a farsi in generale, e quanto in particolare nella provincia nostra, dove gli assidui osservatori non tradiscon certamente l’oraziano precetto = Nec quarta loqui persona laboret =. E questi pochi son essi a sufficienza provvisti di mezzi? Di Bologna non chiesi; ma certo a Medicina non hanno comodità di studiare le variazioni del magnetismo terrestre. Pur s’ ebbe in altro secolo coraodità a Panzano di studiare i moti de’ Satelliti di Giove, e compor quelle Tavole fa- mose, onde invidiò Francia a Bologna il grande successore di Galileo! = Sint Maecenates, non deerunt Marones =. Sessione straordinaria del 28 Aprile 1853. epo la seduta ordinaria si trattengono gli Accademici dei due primi Ordini, già invitati con polizza, per trat- tare d’ un programma per premio Aldini. Letto il progetto redatto dall’apposita Commissione, viene approvato dal Con- sesso, e se ne ordina la sollecita stampa e diramazione. Sessione straordinaria delli 8 Maggio 1853. Convocati gli Accademici Pensionati per la nomina d’un Alunno ‘in sostituzione del Dott. Alessandro Palagi 62 promosso all’Ordine degli Accademici Onorarj, il Presi» dente propone il Dott. Giambattista Baravelli, il quale viene eletto all’ unanimità. 22.* Sessione ordinaria. 12 Maggio 1853. Leggesi una Memoria inviata dall’illustre Orioli = De’ fantasmi che si manifestano ne’ sogni. = È intendimento dell’ Accademico cominciare un lavoro sull’ immenso subbietto de” sogni. Havvene ad occhi aperti e vegliando; ve n’ ha il più spesso dormendo. Havvene in altri stati che non son veglia nè sonno. L’ Accademico, conosciuta la vastità dell’ argomento, lo dividerà in tante dissertazioni. In questa prima tratta solamente degl’idoli o fantasmi, che nel sognare, massime dormendo, spesso con tanta perfezione, e con tanta apparenza di verità ne si presentano agli occhi interiori della fantasia. Discussi i fenomeni osservati dagli autori più gravi nell’ uom sano, e que’ specialmente che 1’ Accademico ha per ben vent’ anni coll’ attenzione più scrupolosa osservati in se medesimo, i fatti de” sonnambuli, de’ catalettici, de- gli eterizzati, i fatti degli amputali, de’ miserissimi in cui restò distrutto od inerte l'organo della vista o dell’ u- dito, ed esaminate le diverse ipotesi e sentenze, egli è condotto alle seguenti conclusioni. » Nel fatto la verità sembra questa: le impressioni durevoli che son fondamento alla memoria, e indi ai la- vori dell’immaginazione e della fantasia, si stampano in tutto il tratto il qual va dall’ organo esteriore d’ ogni senso fino al centro encefalico, sì fattamente collegate, che mai perfettamente o imperfettamente, riunite insieme o disgiun- te, mon si rieccitano, a qualunque provocazione, senza che si rieccilino per tutto il tratto sul quale si stamparo- no: e ciò viene a dire, che non fa differenza, se la prima mossa parte dal senso periferico, o dal sensorio. Senza 63 dubbio, in tutti i casi, la porzione efficace, rispetto al- l’anima, anzi la sola immediatamente efficace, è la cen- trale. Ma s’egli avviene che, per un impedimento patole- gico, o d’altro genere, dal lato della porzion periferica si proibisca la cooperazione di questa al risvegliamento degli antichi sentimenti, e agli altri lavori della facoltà d’immaginare e di fantasticare, basta allora, pur solo, il lavoro della parte encefalica, prolungato automaticamente verso la periferia tanto quanto può, acciocchè non solo essi senlimenti si producano vivaci ed interi, come se nulla mancasse dal lato dell’ organo, ma eziandio perchè il luogo assegnato loro dall’anima, se abitualmente è periferico, seguiti ad esserlo, ancorchè la parte periferica, a cui l’ a- nima debbe assegnarlo, sia distrutta. Laonde ben potrebbe essere, in alcuni fantasmi de’ sogni, che desto essendo, in tutto o in parte il solo cervello, ma non desto l’este- rior senso, le immagini fantastiche non altro campo aves= sero che la porzione svegliata, l’/occhio non partecipandovi per nulla, come in tuili i casi analoghi d’impossibilità di partecipazione . +. ... » I fantasmi immaginarii, che fanno il soggetto delle presenti nosire ricerche, in più guise par che avvengano. Talvolta colla cooperazione evidente dell’ occhio in una col- l’encefalo. Tal altra volta per solo mutamento sensoriale di quest’ultimo, l’ occhio rimanendo inerte. Qualche volta in modo alternativo, secondochè la retina ora perde l’at- tività, ora la risveglia. E finalmente in alcuni casi, per un modo che rassomiglia al primo, ma ne differisce in questo, che l’organo esterno del vedere coopera sì col cervello, ma coopera per una sua forma di destamento, ch'io chiamerei destamento dal di dentro e non dal di fuori; cioè destamento sotto l’impero delle interne asso- ciazioni, e sonno più © men profondo agli esterni stimoli : con questo di più, che, quando però impedimento non Vè, l’occhio vi partecipa sempre, se non per altra ca- 64 gione, almen per legge d’ abituale legame e di sinergia. » Le teorie passano, ma i fatti restano per servire a successive teorie, finchè si giunga alla vera: onde, qua- lunque esser possa il giudizio de’ Filosofi sulla dottrina emessa dall’ Accademico, crediam che sì debba far tesoro delle seguenti sue osservazioni. » Questo assai spesso notai: che nell’acconciarmi al dormire, o per la siesta pomeridiana, seduto sopra una seggiola a bracciuoli, o la notte adagiato nel letto, fatto prima o naturale o artificiale buio entro la camera e chiu- si gli occhi, succede in me quello che non so se in tutti, ma che pur leggo notato in sè stessi dal Burdach, dal Goethe, e lungo tempo innanzi dal Cardano, or più or manco, secondo lo stato d’eccitamento nel qual mi trovo; ed è che, ora spontaneamente, ora ay provocazione delle mie proprie e volontarie idee, ma con più frequenza nel primo modo, che nel secondo, mi si para innanzi alle pupille velate dalle palpebre, come se fossero scoperte, una successione di fantasmi; o faccie, o corpi interi, nè già incerti nelle figure loro, comechè il più delle volte da istante ad istante variati, ma tali e sì vivaci, che potrei, se fossi piltore, e se tanto fugaci quelli non fossero, con pennello ritrarli: e mon ciò solo rispetto alle persone, ma eziandio rispetto ad animali quali che siano, a mostri, a luoghi noli od ignoti, salvo che, ancor quando noti, sempre o quasi sempre, la fantasia tantosto li trasfor» ma e li travisa o li deforma a legge di suo capriccio. V'è pur caso in cui queste immagini durano e stanno a bell’agio. Nè già perciò io dormo, o non conosco la lor falsità, più però col giudizio interiore, che col senso. Intendo benissimo d’ esser desto, o al più di sonnec- chiare. Quanto anzi più desto sentomi, m’ avveggo che vie meglio obbediscono alla mia volontà, e si serbano e si governano a piacer mio. A che s’ aggiunge che non di rado, per poco ch’io palisca certo interior tremito , il 65 quale talvolta m° invade, e più m°invadeva in men senile età, si fanno innanzi a me, e si facevano circoli bianchi nell’ aria, d’ una luce morta, i quali rapidamente succedono a circoli, come sull’ acqua tranquilla d’un lago quando vi si gettan sassolini; e dentro a’ circoli accade l’ evoca- zione degli spettri (faccie allora per solito, senza corpo) ehe alternativamente ingrandiscono ed impiccoliscono dal microscopico al telescopico. » Studiando me medesimo, allorehè i dianzi deseritti fenomeni in me osservo, sento realmente il lavoro dell’ or- gano esteriore, o mi par di sentirlo. M’ accorgo spesso che una spezie di convulsione lo agita nel suo fondo. » I circoli (sopradetti) sono d’ un diametro apparen- temente uguale a quello del bulbo. » Curiosa è la particolarità, che le figure ora sono, siccome dissi, sole faccie, ora corpiinteri, 0 prospettive, come le chiamano, più o manco vaste ed artifiziate. Posso ben asserire che, quando son faccie, ciò sopratutto acca- de a quella immaginaria distanza, nella quale se si trovan persone reali, guardandole, il campo della nostra vista non ce ne lascia scorgere, ad un intuito, che la faccia sola; e nell’ altro caso, o la distanza apparente si fa mag- giore, e tanta quanta si richiede per abbracciare nel cam- po del vedere tutte le parti dell’ obbielto, o-sì veramente a poterlo comprendere da vicino tutto in ùn guardo, esso obbietto impiccoliscesi a proporzion di bisogno. » 23.° ed ultima Sessione ordinaria. 19 Maggio 1853. (Le Sessioni sono state 23, perchè è mancata la Ses- sione 17 Marzo, essendosi dall’ Università trasportata a quel giorno la festa di S. Tommaso d’ Aquino). L’ Accademia riceve in dono Dall’ Istituto Smithsoniano — Lavori scientifici Smithsoniani T. Il e IV. RENDICONTO DELL’ACCAD» 5 66 —— Quinto Rapporto Annuale dell’ Uffizio de’ Reggenti. —— Booth e Morfit. Sui progressi recenti nell’ Arti Chi- miche. —— Istruzioni per preservare e trasportare gli oggetti di Storia Naturale. —— Girard. Bibliografia Americana Zoologica ec. pel 18651. Dall’ Accademia di Sc. Nat. di Filadelfia — Ruschenberger. Notizia sull’ origine ec. della stessa Accademia. Dal Prof. Giuseppe Bertoloni — Relazione della 3.* Espo- sizione bolognese de?’ fiori. Dal Prof. Enrico Dal-Pozzo — Dei Tavoli o corpi semo- venti. Avendo nell’anno 1851 il Cav. Gualandi notificate a questa Accademia le proprie osservazioni sui pellagrosi dementi accolti nel manicomio da lui diretto durante |’ an- no 1850, in questa Sessione a meglio dilucidare alcuni punti di pratica importanza diede ragguaglio di quelli che furono da lui curati negli anni 1851 e 82, Quarantatrè pellagrosi dementi vennero nell’anno 1851 affidati alle cure del nostro Accademico, 11 uomini e 32 donne. Degli uomini uno però apparteneva a quelli del- l’anno antecedente non peranco uscito dallo Spedale , delle donne 10 pure erano fra quelle che nell’anno 1850 dallo stabilimento non erano uscite. Parimenti 5 dei dimessi nell’anno precedente erano stati di nuovo ricevuti per la ricomparsa del male, e cioè 3 uomini e 2 donne. In quanto ai guariti nell’anno 1851 ed ai migliorati in modo da potere essere inviati alle proprie abitazioni si ebbero dei primi un uomo, e quattro donne, dei secondi due uomini, e cinque donne. Finalmente dei venuti e dei rimasti per Vanno 1852 si annoverarono di quelli 5 uomini, e 11 donne, di questi 3 uomini, e 12 donne; per cui la mortalità per 67 cento nell’anno 1851 fu di 45, e 4710 negli uomini, di 34 3710 nelle donne; nel totale degli uomini, e delle don- ne di 37 2710. Gli elementi statistici poi desunti dall’ età, dalla professione, dal luogo di domicilio, dallo stato civile, e dai varii tempi dell’anno fecero conoscere che in quanto all’età, degli uomini due trovavansi fra è 40 e i 50 anni, 5 tra i 50 e i 60, e 4 tra i 60 ei 70, delle donne due dai 20 ai 30, 13 dai 30 ai 40, 7 dai 40 ai 50, 9 dai 50 ai 60, una dai 60 ai 70. Riguardo alle professioni, 0 mestieri due erano contadini, sette giornalieri, uno calzo- lajo, ed un accattone. Delle donne 8 contadine, 16 gior- naliere, 4 filatrici, due occupate degli affari di casa, e due accattone. Intorno al domicilio, degli uomini uno solo abitava il piano, e 10 dimoravano nelle regioni montuo- se; delle donne 14 abitavano nel piano, 18 nelle seconde. Rapporto allo stato civile, 11 erano gli uomini ammogliati, 20. le donne maritate, 7 le vedove, e 5 le nubili. Final- mente avuta considerazione alle stagioni sette uomini en- travano nello stabilimento in primavera, uno ‘in estate, e tre in inverno. Delle donne 15 in primavera, otto in estate, 5 in autunno, e 4 in inverno. Nell’anno 1852 i pellagrosi dementi venuti nello stesso manicomio furono 70, e cioè 33 uomini, e 37 donne. De- gli uomini 3 dovevano riguardarsi rimanenza dell’anno 1851, e 30 gli entrati nell’anno successivo. Delle donne 12 le rimaste, e 25 le entrate, come pure fra gli entrati dove- vansi considerare 11 individui esciti nell’anno precedente, e di nuovo soprafatti dalla medesima infermità, e cioè 6 uomini, e 5 donne. Sul numero dei guariti, e dei miglio- rati che già eransi portati alle loro abitazioni si poteron contare dei primi 4 uomini, e sette donne, dei secondi 12 uomini, e sette donne. Riguardo ai morti entro l’anno, ed ai rimasti al finire di esso nello stabilimento pel 1853 potè stabilirsi di quelli 7 uomini, e 9 donne, di questi 9 uomini, e 14 donne. Finalmente considerata la mortalità 68 per cento risultò di 21 2710 negli uomini, 24 3/10 nelle donne, e nel totale fra uomini e donne di 22 8,10. Presi in considerazione gli elementi statistici nell’ anno precedente contemplati si riscontrò in quanto all’età, un indi- viduo dai 20 ai 30 anni, 2 dai 30 ai 40, 9 dai 40 ai 50, 8 dai 50 ai 60, 10 dai 60ai 70, e due dai 70 agli 80. In quanto al domicilio 4 degli uomini abitavano il piano e 29 le regioni montuose. Circa le diverse professioni si rilevò che $ erano contadini, 22 giornalieri, 1 muratore, e 2 accattoni. Delle donne 7 contadine, 17 giornaliere, 6 filatrici, 6 oc- cupate negli affari di casa, 5 calzettaje, ed una facitrice di cappelli di paglia. Fatto il riflesso allo stato civile, 3 uo- mini appartenevano ai nubili, 27 agli ammogliati, 3 ai ve- dovi. Delle donne 13 alle nubili, 16 alle maritate, e due alle vedove. Finalmente in rapporto alle diverse stagioni 14 uomini entrarono nello stabilimento in primavera, 6 in estate, 5 in autunno ed 8 in inverno, delle donne ‘15 in primavera, 11 in estate, 7 in autunno, e 4 in inverno. Il Prof. Gualandi poi all’ appoggio dei fatti da esso lui osservati stabilendo che la Pellagra non è di sua natura assolutamente insanabile, mostra per questo che coloro i quali tale la dichiararono ; non fecero riflesso che ciò av- venne perchè gli individui ché ne furono attaccati conti- nuarono a rimanere, o vennero dopo la guarigione di nuovo esposti a quelle medesime cagioni, per le quali la pella- gra si sviluppò, dalle quali ogni qualvolta si fossero com- pletamente allontanati la malattia non sarebbe, in molti casi almeno, ricomparsa, o non avrebbe certamente per- corsi i più temibili stadi. E finalmente 1° Accademico sempre sostenuto dalle proprie osservazioni dichiara che la serie dei sintomi ri- scontrati nei pellagrosi dementi inviati al di lui manicomio non fu mai tale da far nascere il concetto dell’ entità pa- tologica ammessa dal Calmeil nei pazzi, e voluta dal Bail- larger nei pellagrosi dementi. A me, dice 1’ Accademico, nor 69 accadde giammai di riscontrare negli indicati fenomeni il delirio allegro, ed ambizioso in mezzo ad una indicibile miseria, ciò che qualche volta ho ritrovato nei pazzi, non l'infiammazione periferica del cervello nel maggior nu- mero dei casi, ma invece disordini strumentali ai visceri del basso ventre, e singolari abnormità al midollo spinale, non inuna parola i tratti tutti patognomonici , che più ca- ratterizzano la Paralisia generale degli alienati. Alla dissertazione Gualandi altra ne tien dietro del- I° Accademico Benedettino Prof. Lorenzo Della Casa intito- lata = Considerazioni sull’ Elettricità atmosferica a ciel sereno, e su alcuni fenomeni che ne dipendono. = Sono circa venti anni che il fisico francese Atanasio Peltier proclamò la terra essere in istato elettrico eminen- temente negativo , e cagionare perciò nell’ atmosfera, a cielo sereno ed asciutto, uno stato elettrico positivo. Fino allora era stato avvertito questo stato elettrico dell’ atmosfera, ma non erasi fatto dipendere da verun altro stato elettrico op- posto. Molti fisici seguirono ben presto, e seguono anche adesso la sentenza del Pellier; e continuarono gli altri ye continuano, invece, a seguitare quella di prima. Il Prof. Della Casa senza abbandonarsi all’ una sentenza o all’ al- tra, e inteso soltanto a riconoscere il vero sino a quel punto, a cui è possibile raggiungerlo nel presente stato delle fisiche cognizioni, ha procurato, da prima, di ben fermare quale sia l’effetto elettrico, che si produce in un corpo conduttore, subito che vien esposto all’ aria libera, asciutta e serena. L'esperienza gli hanno dato a vedere, che un tal effetto consiste nello svilupparvisi una doppia elettricità: negativa nella parte superiore, e positiva nel- l’inferiore: questa con tendenza ad uscirne e a disperdersi nel suolo, e quella con tendenza a rimanere anzi dov'è, e massime poi a non diseendere a terra, se anche con que- sta viene messo in comunicazione il corpo conduttore: la 70 seconda quindi è un’elettricità attuata o di pressione, e ‘la prima un’ elettricità indotta, come |’ Accademico, seguen- do il Prof, Belli, trova comodo di chiamarla; e tutto 1° ef- fetto, pertanto, non è che un fenomeno d'influenza elet trica esercitata sul corpo conduttore. Il Prof. Della Casa ha fatt’ uso nelle sue esperienze d’ uno strumento semplicissimo, che ha chiamato epirro- scopio (indicatore dell’influenza), e consiste in una ver- ghetta metallica dell’ altezza d’ un piede circa, arrotondata alle sue estremità, ed avente nel mezzo un manico isolante, per opera del quale si solleva verticalmente nell’ aria a toccare nello stesso tempo le palle di due elettroscopii molto sensibili del Bohnenberger, disposti in alto, e tanto l'uno al di sopra dell’ altro quanto è lungo l’ epirroscopio. Dai segni degli elettroscopii ha potuto assicurarsi della qualità dell’influenza indicata. Ha, dipoi, considerato gli effetti elettricò, che dovreb- bono manifestarsi ne’ tre possibili casi della sola terra in istato elettrico, della sola atmosfera in istato simile, e della terra e insieme dell’ atmosfera in istato elettrico del- la stessa o di natura diversa, ed ha potuto. conchiude- re: non potersi veramente precisare se la terra sia in ista- to elettrico, od in istato naturale: essere però indubitato che |’ atmosfera, quando è serena e secca, si trova in istato elettrico positivo ; ed essere indubitato non meno, che l’ in- tensione elettrica dell'atmosfera, subito al di sopra della superficie della terra, è sempre superiore a quella che po- tesse avere la terra stessa: di guisa che si può riguardare, che solamente 1’ atmosfera sia in istato elettrico positivo con un’ intensione eguale a quella che ha, diminuita del- l’altrà che alla terra mai, potesse competere. L’ Accademico facendo osservare non potersi conseguen- temente ammettere la sopraccennata sentenza del Peltier, . così soggiunge: « Egli (il Peltier) fu indotto ad affermare » quello che si è precedentemente espresso, massime dal 71 » vedere, che il suo elettrometro (del quale qui tenni pa- » rola nella sessione 27 Maggio 1852), partendo da un » piano qualunque, in cui l’avea, a suo dire, equilibrato , » se dava segno d’elettricità positiva innalzandolo, dava » anche segno d’elettricità negativa abbassandolo: mentre » non pose ben mente, che il modo che teneva per equi- » librarlo, consistendo nel metterne in comunicazione il » gambo col suo globetto inferiore, non ad altro serviva » che a togliergli l’ elettricità attuata e positiva, che » l'influenza elettrica dell’ atmosfera gli aveva cagionata » nel posto in cui era, ed a lasciargli l’ elettricità indotta » e negativa, che per essere nella palla sovrastante al » gambo, non potev’ essere manifestata dall’ ago situato » nella parte inferiore dello strumento. Talchè avveniva, » che abbassando l’ elettrometro, e perciò diminuendosi in » esso l'influenza elettrica dell’ atmosfera, l’ elettricità in- » dotta negativa diventava libera, e si rendeva manifesta: » ed, in vece, innalzandolo, e facendovisi così maggiore » l’ipfluenza elettrica , I’ elettricità negativa indotta riceveva » un aumento , il quale determinava lo sviluppo di altret- » tanta elettricità positiva attuata, che facevasi manifesta » anch'essa. I segni elettrici, che si hanno per l’alza- » mento e l’ abbassamento dell’ elettrometro del Peltier si » spiegano adunque con somma facilità per la sola cre- » sciuta o diminuita influenza elettrica dell’ atmosfera, e senza ricorrere come quegli fece ad un’elettricità nega- » tiva della terra. » Toccando, in seguito, 1’ Accademico di alcune espe- rienze già fatte dal fisico berlinese Erman sino dal 1803, e rimaste finora inesplicate, mostra come la loro spiega- zione discenda assai facile dalla dottrina dell’ elettricità po- sitiva dell’ atmosfera da lui presa in esame e confermata. Mostra del pari, come della dottrina medesima sia una legittima conseguenza l’elettricità negativa che nelle ca- scate d’acqua si manifesta: e come sia il simigliante del- = 72 l'elettricità de’ zampilli acquei, i quali si addimostrano con elettricità positiva nella Joro parte ascendente, con negativa nella discendente, ed in apparenza allo stato na- turale, ma in realtà con elettricità parimente negativa nella sommità loro. Finisce con avvertire, che l’ elettricità, sviluppata ne” corpi conduttori per l’ influenza elettrica dell’ atmosfera se- rena ed asciutta, avendo sempre una tensione debolissima , è malagevole accumularla nei coibenti armati; ma che, nulladimeno, ha potuto con un giuoco d’ altalena riuscire a caricare con essa nello stesso tempo due bottigliette di Leida, delle quali una die’ segno di positiva elettricità e l’altra di negativa, e che meno difficilmente ha potuto raccoglierla sull’ elettrometro condensatore. ( Sunto favo» ritoci dall’ Autore.) Sessione straordinaria del 22 Maggio 1853. Convocato l’ ordine dei Benedettini ad eleggere il Pre- sidente pel nuovo anno accademico, e formare 1’ Albo delle sedute scientifiche , si trovan proposti per la Presidenza gli Accademici Alessandrini, A. Bertoloni, Bianconi, Medici, Venturoli, fra’ quali risulta eletto, o confermato nella Presidenza, il Prof. Cav. Antonio Alessandrini. Estratti poscia a sorte i nomi de’ pensionati che do- vranno leggere nelle successive sessioni, risulta il seguente 73 REGISTRO Dei giorni delle adunanze scientifiche e degli Accademici pensionati che în esse leggeranno. 18550 NovEMBRE DICEMBRE 10. Medici 1. Orioli 17. Alessandrini 15. Predieri 24. Comelli 22. Rizzoli 29. Paolini 1854 GENNAJO APRILE 5. Belletti 6. Sgarzi 12. Fagnoli 20. Contri 19. Baroni 27. Calori 26. Della Casa FEBBRAJO Maccio 9. Respighi 4. Santagata 16. Brighenti {1. Bianconi 18. Gualandi Marzo 2. Piani 9. Venturoli 16. Bertoloni Antonio 253. Bertoloni Giuseppe 30. Gozzi INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. BertoLoni Antonio. — Miscellanea Botanica XIV. pag. 5 CaLori — Sulla corda del timpano . . . 0g 10 Gozzi — Quanto giovi la moltiplicità dei tuto! » 13 PaLaci — Sul metodo delle osservazioni meteorologi- che tenuto alla nostra Specola. . . . e MEDICI — Ziogia: storico di Paolo Battista Balbi . >» 19 Contri — Di un’ Operetta Agraria di Montagne mar- chese di Poncins. . . DAR BerroLoni Giuserre — Sulle A del OO Dissertazione.-III. i“... +0. 5 22 BrIGRENTI — Sopra una soluzione del Betti intorno all’ efflusso dell’acqua da un foro piccolissimo. » 26 SaccHETTi — Di un rupio sifilitico . . . . . . >» 27 BARATTA — Sulla vita universale . . . . » 28 Pirani — Della Poligonometria Analitica, idisitaio: DESIO soit: SMI BruenoLi — Elogio Lio di Viatonzo Xalokani bia avi Biagi — Sulla differenza individuale delle malattie. » 32 ALESSANDRINI — Annotazioni anatomiche sul Formichie- re medio: 9 IRAN aa » 33 PaoLINI — Sull’ azione fisiologica e trapentic ‘delle terme Porrettane. . . » 86 GiacomELLI — Di un Agnello idneante idegli* arti po- SEGRIOrI; "0 3 "i, ViM SARI RT lio ILE dI 76 Bianconi — Specimina Zoologica Mosambicana, Fasc. VIT tate Spar RizzoLi — Metodo di togliere la olaudicnsiane « “a COMORE Cometti — Cura della Coqueluche . . . . . . » 43 Beretti — Sulla migliare primitiva, od essenziale. » 44 Scarzi — Analisi della scorza della Chibaca salutaris di Bertoloni figlio . . . "PRI: » 46 ResPIGRI — Intorno al moto del ia RENO ssaa l’ influenza della rotazione terrestre . . . . » 49 SanTAGATA AntToNIO — Sui Bagni pubblici e gli Eser- cizi Ginnastici. . . è. + » 54 PREDIERI — Dei rapporti della Vite ott Shui Me- dicina, e dei vantaggi che ‘si possono attender- ne. . . . . . . ° . . . . . . . . » 59 OrioLi — De’ fantasmi che si manifestano ne’ sogni » 62 Guaranpi — Sui pellagrosi dementi . . . . . . » 66 DeLLA Casa — Considerazioni sull’ Elettricità atmosfe- rica a ciel sereno, e su alcuni fenomeni che ne dipendono i) so E one ce ago SE Rapporti, partecipazioni e nomine. Nomina del Prof. Cav. Medici a Vice-Presidente. . » 5 PRESENTAZIONE d’una Memoria di concorso al premio Aldini sugl’incendi . . . . . . pel ce. pi Nomina del Prof. Marco Paolini ad NY Mat a Pensio- natoriia UASa da ria Nomina del Dott. Earisb sbaiiti ad Paniere Ono- rando & SE PACQMC SCATTATA «nidi Nomina del Dott. Legale Berti ad At alianti #T 9 BE AcgiupicazioNE del premio Aldini sugl’ incendi pel 1852 alla Memoria del Cav. Francesco Del Giudice . » 45 Dispaccio della Segreteria di Stato esprimente la be- nignità colla quale il Santo Padre si è degnato di sua Spine TIA n E I 77 e ia Lig CMPERLE del Tomo III. delle Memo- rie * + pag. 46 Nomina del Dott. Pagio Predieri ad Accademie Pen- sionato . . . ; +. è » 53 Nomina del Dott. Ta ‘Palagi àd fesdeito Onorario. . . «.L » 59 Programma per nre Aldini ‘eu ciltimno n 61 Nomina del Dott. G. B. Baravelli ad Alunno . . . »62 Nomina del Presidente per l’ anno accad. 1853-1854. » 72 Registro delle Sessioni del 1853-1854. . . . . »73 Oggetti ricevuti in dono. Liri . . . . +. pag. 3,14,20,28,33,36,42,54,65 ENO ENNENENCALITLI END CEIE 4 MSTALIEMIENIOM SE VSEM I VAL VA8 VAN DI SAILING 9 JE paralellamente, quando la pietra sia così voluminosa e molto schiacciata da non passare assolutamente, e solo con grande stento e lacerazioni; cosicchè a molta lun- ghezza e molta larghezza non corrispondesse che poca profondità. : Come sieno per riescire utili alla medicina operatoria le Osservazioni di questo nostro Illustre Collega non è fra voi chi nol conosca, persuasi come già siete della verità e bontà delle ragioni dette, e del merito suo distinto in que- ste ed altre operazioni di alta chirurgia. 47 18.° Sessione ordinaria. 30 Marzo 1854. L’ Accademia ha ricevuto in dono le opere seguenti; Dalla R. Accademia di Napoli. — Memorie Tomo VI. —— Rendiconto. Luglio-Ottobre 1853. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna — Bullettino. Gennajo e Febbrajo 1854. Dalla Società Agraria di Bologna — Memorie Vol. 7.° fa- scicolo 2. Dalla Società Editrice. — Nuovi Annali delle Scienze Na-. turali Novembre e Dicembre 1853. Dalla Direzione — Corrispondenza Scientifica in Roma. An. 3. N. 3-8. Dalla Direzione — L’Ape. An. 1. N. 3-8. Dal Prof. Roberto Fauvet. — Sulla estensione ec. della Medicina Veterinaria. Dal Prof. Gio. Gandolfi. — Fondamenti di Medicina Foren- se. Fasc. IX-XII. Dal Prof. Luigi Patellani. — Abbozzo di Fisiologia Vete- rinaria. Vol. III. fasc. 2.° porz. 2. i Dal Prof. G. G. Bianconi. — Repertorio italiano per la storia naturale. An. 1853. fase. 2.° Il Ch. Sig. Prof. Cav. Gaetano Sgarzi legge la = Ana- lisi d’ uno degli Aeroliti caduti nel territorio di Monte-Mi- lone presso Macerata li 8 Maggio 1846 =. Riferito quanto dal Conte Spada e dal Prof. Narducci fu pubblicato sulle particolarità della caduta dì questi aeroliti, e sui loro ca- ratteri fisici ( V. Memorie della R. Accademia delle Scienze RENDICONTO DELL'ACCAD. 4 48 di Torino, Serie 2.° Tomo IX; e Raccolta Scientifica di Roma, Anno 2.° N. 11); dichiarata la sua gratitudine verso il Cav. Bianconi, il Conte Salina e il Prof. Orsini per l’occasione e il materiale fornito; e lodatosi dell’ ajuto prestato dal Dott. Rota; 1° Accademico espone il suo ope- rato ne’ seguenti termini. Riscontrativi dapprima i caratteri precisi disopra enu- merati sì nella superficie che nello interno; vale a dire la crosta sottilissima nero-scura, e come di materia fusa, su di un nucleo grigio-biancastro, e come cinereo, presen- tante quà e là molti punti lucenti di splendore metallico, un peso notabile d’ assai sproporzionato riguardo alla mole dei pezzi, l’ apparenza nella forma e nel prospetto di fran- tumi di un corpo spezzato visibilmente da figura sub-ro- tonda o sferica; si devenne a misurarne la durezza, e lo stato aggregatîvo di sue molecole, macinandone porzione in un mortajo di porfido, per cui tale porzione mostrò separarsi in due sostanze distinte, cioè l'una fragile for- mata d’una polvere di color grigio, finissima, facilmente resa impalpabile, e qualche poco attraibile dalla calamita, l’altra più dura ed assai tenace, di guisa che il pestello piuttosto la ridusse in laminette grigiastre e Iucide, che la calamita mostrò d’ attrarre fortemente, che per questo si potè dividerla quasi in totalità, e che tutto manifestò per puro ferro metallico. Avanzando poscia alla composizione, da un saggio preliminare, che ne sembrò necessario, ebbesi a risulta- mento essere in genere l’ Aerolito di Monte-Milone, al pari che uniforme agli altri nello impasto, analogo nell’insie- me degli elementi, non però nella totalità del qualitativo di questi indicatovi dal Conte Spada, circa segnatamente il nickel ed il cobalto, dei quali non si ottennero neanco delle traccie, della calce e della magnesia che desso affatto non accennò, e non nella specialità di una materia orga- nica vegetabile dal solo Prof. Giulj rimarcata nella piog- 49 gia di terra caduta a Siena il 16 Maggio 1830, da noi per contrario in quest aerolito vista azotata; avvegnachè trattando la polvere suddetta coll’ acqua distillata bollente, feltrando il liquido, evaporandolo a secco, ed il residuo costituente una zona giallastra staccato dall’ evaporatorio, bruciandolo in un tubo, somministrò dei vapori decisa- mente ammoniacali. a Ma l’interessante si era determinarne il quantitativo oltrechè la reale qualità dei componenti, ed a tale inten- dimento se ne presero 100 grani in sottilissima polvere, s’introdussero in un piccolo matraccio, e vi si versò sopra cinque volte di più d’acido idroclorico; adattato quindi alla bocca del matraccio un tubo piegato che metteva in boccetta con soluzione d’acetato di piombo acidulata da poche goccie d’ acido acetico, avvalorando Ja reazione a lento calore, si ottenne abbondante sviluppo di gas idro- gene solforato che nella boccetta precipitò il piombo allo stato di solfuro, nel matraccio porzione dell’ aerolito si sciolse, e della silice apparve precipitarsi commista all’in- soluto in una specie di gelatina, indizio sicuro che era stata tolta da uno stato non di mescolanza o aggregalivo , ma di combinazione. Cessato che fu lo sviluppo del gas, del quale più non se ne aveva sentore all’odorato, si raccolse dalla boccetta su di un feltro il solfuro di piombo, che lavato ed asciut- tato trovossi del peso di grani 12 corrispondenti a 1,61 di solfo. Tutta la materia poi contenuta nel matraccio, dopo averla passata in evaporatorio di porcellana, e quivi ridot- ta a secco a lento calore, si trattò coll’ acqua distillata bollente, la quale una parte ne sciolse, e ne lasciò un’ al- tra parte che lavata pure sopra UL e bene asciulttata era in peso di grani di 54, Intanto nel liquido di soluzione colorato in giallo ver- dastro, fattavi gorgogliare una corrente di cloro per ri- durre il ferro dallo stato di protossido a quello di peros- 50 sido, si versò dell’ammoniaca in eccesso , la quale vi pro- dusse un precipitato rosso-cupo che egualmente che quelli disopra lavato, diseccato, e pesato, risultando di grani 58, diede a conoscere che doveva rappresentare nell’ aero- lito grani 41,64 di ferro metallico ; avvegnachè bollito an- cora questo precipitato in una soluzione di polassa caustica all’ alcool, e non diminuito per niente di peso, manifesta- vasi in totalità ossido di ferro, ed escludeva |’ allumina che fosse per essere stata insieme con esso precipitata. E comechè il liquido soprastante, invece di mostrarsi bleu o paonazzo , quale doveva per la presenza del nickel, si riscontrava limpido, trasparente, scolorato , e quindi nol conteneva o rifiutava disvelarlo ; comechè diversi tentativi, che nullameno furono fatti per iscoprirlo, riescirono vani ed inutili; convenne piultosto rivolgere il pensiero alla calce, alla magnesia o altre basi terrose suscettibili di esi- stervi allo stato d’idroclorati. Per vero esploratolo coll’ ossalato d’ ammoniaca, ne precipitò delì’ ossalato di calce, che mediante la calcina- zione del residuo di grani 1,75 offrì appunto in tale quan- tità la calce dell’aerolito in esame. Spoglio così il liquido di essa calce al pari che sopra del ferro, avendolo evaporalo a secco, indi assoggettato a forte fuoco in un erogiuolo, somministrò una polvere bian- ca, di sapore lievemente alcalino urinoso, insolubile nel- l’acqua, inverdente la carta azzurra, solubile nell’ acido solforico, formante un sale che cristallizzò in aghi, sco- lorato, qualche poco efflorescente, amaro, decomponibile dal carbonato dì soda, che conseguentemente vi trasse del carbonato di magnesia facile a conoscersi, e più facile a ridursi a magnesia pura che fu determinata alla propor- zione di 1 grano. Tutta la parte adunque dell’ aerolito disciolta dall’ acido idroclorico, presunta naturalmente del quantitativo di grani 46, sperimentalmente si dedusse costituita di 51 Solfo î : é 9 ; . Gr. 1,61 Ferro metallico ‘ 4 4 E » 41,64 Calce. da i ; * » 1,75 Magnesia . s ? i Ù ì » 1,00 Materia organica azolala . È a . traccie — —_—6& Grani 46,00 Di seguito Ja parte dello stesso aerolito non sciolta dall’ acido idroclorico, che si disse del peso di grani 54, “che era a desumersi composta di silicati, e che per lo meno erasi diggià manifestata contenere della silice ; previo il mescolarla con tre volte più di potassa caustica all’ al- cool; il calcinarla entro crogiuolo d’argento al calor rosso per mezz'ora; il lasciarla raffreddare, onde acquistò un colore giallo verdastro; la si trattò coll’acqua distillata bollente che ne sciolse gran parie, lasciandone un terzo all’incirca, colorandosi in giallo, accennando con questo la presenza del cromo. Il perchè si rese acida tale solu- zione coll’ acido nitrico, poscia evaporossi a secchezza, il residuo in fine nuovamente sì trattò coll’ acqua distillata. quello che era nitrato, e cromato di potassa, venne di- sciolto, rimase tutta Ja silice che separata col feltro, ca- ralterizzata appieno, lavata ed asciuttata, si trovò essere in peso di grani 30. Dall’altro lato sulla nuova solu- zione, fatta prima alcalina con poca ammoniaca, versato a goccie del nitrato, di protossido di mercurio, si ottenne un precipitato rosso di cromato di mercurio, il quale di- poi della lavatura calcinato lasciò 2 grani di residuo verde d’ossido di cromo, per cui fu dato sapere che grani 1,40 di cromo metallico entravano nella composizione del no- stro aerolito. Per ultimo il terzo d’ avanzo dal trattamento, su men- tovato ed antecedente, coll’acqua distillata della materia 52 calcinata colla potassa, e che ogni buona ragione condu- ceva a credere un particolare impasto di silice e di ferro, ed una specie particolare di silicato sfuggito all’ azione di quest alcali potente, dal medesimo nullameno modificato ; postolo a contatto coll’acido idroclorico alquanto diluito, lo si vide in allora sciogliervisi quasi totalmente, rima- nerne inaltaccata soltanto piccola quantità, che liberata come sopra da ogni imbarazzo si palesò per silice in peso di grani 6, e dalla soluzione venirne unicamente, mercè |’ am- moniaca, dell’ossido di ferro, calcolato nell’aerolito con ogni probabilità e in istato di protossido, ed in quantita- tivo di grani 14. Nè che vi fossero ulteriori sostanze di pertinenza dell’ aerolito medesimo il comprovò |’ evaporare il liquido sopravanzato al deposito dell’ ossido di ferro sud- detto, che diede un residuo salino bianco, il quale total- mente si volatilizzò colla calcinazione, prova non dubbia che era materiale d’ aggiunta, o puro idroclorato d’ am- moniaca. A tal che li grani 54 di materia di prima sepa- razione e di finale esame vennero risolti in «Gromo... |. 3 : : . Gr. 1,40 Protossido di ferro . ì } F » 14,00 Silice y è È ‘ 4 k » 36,00 Perdita . & Li + ; è » 2,60 Grani 54,00 Dietro le quali operazioni e risultamenti ne è adun- que per fermo determinato, che li 100 grani dell’ aerolito indagato , contano in complesso di — Solfo ò ‘ È 5 ° »1:05 Gra 161 Ferro. ; ‘ Digi ; » 41,64 Ossido di Calcio. . : ; x » 1,75 —— di Magnesio . ‘ î è » 1,00 Protossido di Ferro. : È ì » 144,00 Segue ; ‘ Gr. 60,00 53 Riporto n . Gr. 60,00 Cromo . ) { ì . È » 1,40 Silice 1 ì î 5 ì È » 36,00 Materia organica azotata . ° È » traccie Perdita . i ? A n È » 2,60 Grani 100,00 Esposta così 1’ analisi dell’ aerolito, 1’ Accademico trat- tenne gratamente il Consesso riferendo e discutendo le opi- nioni tutte emesse da Aristotele fino a noi intorno all’ ori- gine di siffatti corpi; fra le quali gli parve da preferirsi quella di Chladni così bene da Humboldt dichiarata nel Cosmos. La obbiezione tratta dal non rinvenirsi negli aero liti alcun elemento estraneo alla Terra non gli parve di molto peso; poichè nulla ci vieta d’ ammettere che i corpi celesti si compongan degli stessi elementi ponderabili del nostro pianeta; e inoltre gli aeroliti, mentre constano d’ elementi chimici che tutti si trovano sulla Terra, non sono però identici nè pel modo di composizione, nè pel complesso de’ caratteri fisici coi corpi di decisa origine terrestre finor conosciuti. Il qual complesso di caratteri fisici li può far credere corpi smorzati dopo uno stato di incandescenza, simile a quello in cui, secondo la opinione prevalente, si trova tuttora l'interno del nostro globo, piuttosto che arroventati o fusi nel rapido passaggio per l'atmosfera, nel qual caso la silice e i silicati contenulivi avrebbero dovuto darvi l'impronta del vetro che non vi notiamo. 19.8 Sessione ordinaria. 6. Aprile 1854. Il Ch. Sig. Prof. Giuseppe Bertoloni legge sulla ma- lattia della vite. Con ragioni fisiologiche, e (ciò che vale assai meglio) con buona mano d’ osservazioni e sperienze, 1’ Accademico Li 54 prova, che i semi possono resistere a freddi molto più in- tensi di quello che possan tollerare le loro piante, e che i gongili o spore delle criptogame posson resistere ad altri freddi molto più acuti ancora di quelli che possan tollerarsi da? semi: e conclude non esser fondata la spe- ranza di molti, che il freddo del passato verno abbia di- strutto le condizioni di svilupparsi nel gongilo o spora dell’ Oidium Touckerì, che è pianta parassita indigena di questo clima, ed anche di climi più rigidi del nostro. Può bene sperarsi che nelle consecutive stagioni non s’ incontrino, come negli anni passati, circostanze atmosferi- che le quali ne favoriscano lo sviluppo, e da potenza lo tra- dncano ad atto. Ma dobbiam noi riposarei sulla speranza, e non cercar anzi alcun provvedimento ? L’ Accademico in- culea i suggerimenti del parmigiano prof. Passerini, la bontà de’ quali è comprovata da gran numero di fatti, avvenuti anche nella Provincia nostra ; vale a dire di sdra- Jare in terra le viti o all’epoca della potazione, il che tornerebbe meglio, od al momento ancora che si scorges- se il principiare dello sviluppo della parassita, perchè i grappoli, che toccano terra o vi son vicinissimi, non amma= lano. Ma poichè questa pratica potrebbe non essere utile ed opportuna dovunque, 1’ Accademico raccomanda caldamente di procacciarsi succedanei al:vino, come ne han dato esem- pio Parma e Sarzana: chè le ciliegie forniranno kirsen, le susine liquori spiritosi, i pomi sidro, ed alcool le bar- babietole colle sue radici zuccherose. L’intera Memoria, siccome lavoro d’opportunità, è già stata pubblicata dal chiarissimo Autore in questi stes- si Annali delle Scienze Naturali. 20.° Sessione ordinaria. 20 Aprile 1854. I corpi mostruosi che vengono partoriti dalla donna, presentarono sempre molto interesse all’ anatomia, e alla 55 fisiologia, sicchè lo studio dei medesimi, e le deduzioni che se ne ottengono, costituirono in progresso di tempo un esteso benchè disgiunto ramo di scienza, la Teratologia. Ad accrescere il numero di tali osservazioni, il Chiarissi- mo Anatomico Prof. Luigi Calori, nella varietà dei molti argomenti di anatomia umana e comparata in ogni anno da esso trattati, imprende a leggere due Memorie esse pure di moltissimo interesse. La prima contiene la descrizione di un mostro umano appartenente al genere Peracefalo del Sig. Isidoro Geof- froy Saint-Hilaire, e alla specie del genere Acefalo stabi- lito da Gurlt nella sua classificazione, la quale specie è da questo autore chiamata Acefalobipede. Fatta la minuta descrizione delle varie parti del mostro femmina, sortito dall’utero dopo un primo feto normale vivente, parla del- l’anatomia interna di questo, all’appoggio di belle tavole diseguale appositamente, e di alcune parti al naturale con- servate. Laonde seguendo l’ordine più semplice descrive le parti riferibili ai tegumenti, nei quali rileva la iper- trofia del tessuto celluloso sottocutaneo, frequente contin- ° genza dell’ Acefalia notata pure dallo Tiedemann. Descritto poscia ciò che risguarda lo scheletro, dice delle parti ri- feribili al sistema nervoso; indi passa allo esame dei pochi visceri trovati, e delle loro. differenze fisiologiche, dimo- strando come i visceri contenuti nella cavità addominale siansi limitati agli uro-genitali, e ad una porzione d’ in- testino crasso. Dopo ciò si fa a descrivere il sistema san- guifero, il quale come suole riscontrarsi nei mostri ace- fali mancava del cuore: Vi aveva invece una connessione fra i vasi ombelicali del feto normale, e i vasi del Pera- cefalo. Non tutli- però i vasi di questo si connettevano con i vasi ombellicali del feto normale, perchè una delle ar- terie del feto mostruoso andava direttamente alla placenta; talehè in questo caso bastavano i soli vasi alla circolazione. Per quanto poi riguarda la struttura delle vene, dice non 56 avervi incontrato in queste nessun véstigio delle solite val- vole, mancamento che fu pure rilevato da Kalk e da Ter- manini. Per le quali disposizioni speciali, e qualità dei vasi osservali, il Disserente è indotto a sospettare di una invertita direzione nel corso del sangue, condotto dai due diversi ordini di vasi. La quale opinione dal Calori soste- nuta con valide ragioni, quantunque contraria a quella che il Miller ha riferita con buone osservazioni e ragiona- menti, pure crede potersi ammettere nel modo seguente. Che cioè nella circolazione del mostro presentato il san- gue procedesse dalla placenta al Peracefalo per la vena ombellicale, la quale poi lo diffondesse colle sue dirama- zioni arleriose nelle arterie ombellicali, e queste poi lo riconducessero alla placenta; e ciò senza l’impulso del cuore, e per le sole forze fisiche e vitali dei vasi, più una forza dipendente dalla sopravenienza continua del sangue, e, come suol dirsi, con la Vis a tergo. In quanto alle cause, 1’ Autore opina possano ' essere state le seguenti o disgiuntamente o complessivamente con- siderate. Pone per prima la Idrocefalia del feto: Ammette per seconda la compressione esercitata dal feto normale sulla metà superiore del corpo dell’altro feto cui era ge- mello, la quale non appena formata si è probabilmente distrutta senza lasciare di se alcun vestigio: Espone per una terza cagione della mostruosità }’ impedita formazione di delta metà superiore per un disturbo avvenuto nell’ uovo metamorfizzato nei primi lineamenti dell’ embrione, e pre- cisamente nel comparire della chiglia, disturbo causato 0 da compressione dell’ altro uovo, o da qualche scossa im- pressavi inavvertentemente dalla madre, o da altro consimile accidente. Qualunque però sieno state le cagioni, certa cosa è che hanno prodotto uno di questi due effetti, o distrutta la metà superiore del corpo embrionale o fetale, o impe- dita la formazione di essa. Nel primo caso verrebbe, come ognun vede, a ripristinarsi l’ antica opinione che fu tra gli 57 altri professata dall’ Haller, e dal Morgagni, e adottata a giorni nostri specialmente da Béclard, e da Dugés. Nei secondo si viene a cadere nella teoria dei difetti di for- mazione, e di sviluppamento proclamata da G. Meckel, e sostenuta dal maggior numero dei moderni. Quale preferire delle due opinioni? L’autore lo ignora, avvegnacchè tanto l’una che l’altra presta una spiegazione egualmente faci- le e verosimile, servendo pure alla medesima la interpre- tazione delle speciali anomalie osservate negli organi ri- scontrati. Per le quali cose già dette, e per molte altre riferite, il Chiar. Anatomico valendosi di quanto la fisio- logia e patologia ne addita, dice essere chiaro che le leggi della organo-genesi, e la teoria degli arresti o diffetli di sviluppo e di formazione, non bastano a farci intendere tutte le parziali anomalie indicate, ma per ciò volersi pure l'intervento della Patologia. In Teratologia difatti come in fisica animale, non può bastare una teorica esclusiva, siccome di spesso non abbastanza generale, od imprevi- dente di non poche contingenze; ma dal complesso di tut- te, quasi altrettante particolarità, altrettante membra di un corpo di scienza si può solo derivare la spiegazione degli svarialissimi fenomeni che si presentano. Dato termine alla lettura della prima memoria, con ra- gione, assai applaudita, il Calori imprende a leggere la prima parte di un’ altra Memoria non meno della prima interessante per ogni rapporto, intorno all’ anatomia di un quadrupede roditore del genere Helamys Caffer di Federico Cuvier. Di questo' esteso lavoro si darà un transunto nella sessione seguente. 21.° Sessione ordinaria. 27 Aprile 1854. Come fu detto nel verbale della sessione precedente il Ch. Anatomico Prof. Luigi Calori prosegue la lettura di un indaginoso lavoro, intorno |’ Anatomia di un indi- 58 viduo giovine della specie Helamys Caffer, pervenuto in dono a questa P. Università nell’ anno 1848 con moltissimi altri oggetti del Mozambico. L’ illustre berlinese Sig. Pe- lers pubblicò non è guari una grandiosa opera sopra gli animali del Mozambico, nella quale però, come in altre opere di storia naturale, manca affatto la illustrazione z00- logica e zootomica del mominato roditore da lui non os- servato, talchè da quella lontana terra affricana il Cav. Fornasini, anche per la rarità de’ suoi doni, si è reso benemerito della scienza naturale, oltre di essersi dimo- strato generoso e cordiale verso questa sua patria nativa. Dopo che Sparvman e F. Cuvier ebbero descritti i ca- ratteri e le forme esteriori di questa specie di roditore, i naturalisti erano con ragione desiderosi della parte zooto- mica che lo riguarda. Questa lacuna ora non è più, mercè l’esteso lavoro, del quale si porge qui un breve cenno. Sulla Osteologia dell’ Helamys leggonsi, è vero, non poche annotazioni negli autori; ma è a notarsi che nessuno ha date di esso buone figure dello scheletro, e delle varie parti e visceri interni , siccome oggi è stato fatto con vera diligenza e solerzia dal nostro Accademico, il-Quale vi ha pure rimarcale delle singolari anomalie, che bene distin- guono questa dalle altre specie affini. Di queste riportarne i dettagli troppo lungo sarebbe, e val meglio leggere il lavoro per intero allorchè verrà pubblicato fra le Memorie di questa Accademia. Dirò tuttavia che oltre le nuove os- servazioni da lui praticate, e le ammende fatte a quelle già riferite da altri, vi ha saputo dedurre non poche conse- guenze anatomico-fisiologiche. Oltre gli studi fatti sulla Osteologia, la quale ora può dirsi completa, 1° Accademico ne ha pure praticati altri che si riferiscono allo esame e descrizione delle parti ri- feribili all’ Asse Cerebro-Spinale, a quelli dell’ Apparecchio Digerente, e a quelli del, Polmone e del Cuore. Seguendo lo stesso metodo esamina i Visceri Uro-pojetici, e gli Organi 59 genitali del roditore, descrivendoli con grande esattezza. Chiude poi la sua Memoria colla spiegazione delle tavole chiaramente delineate le quali sono poste infine di essa. A dir breve per questo lavoro non poche asserzioni sul- I’ anatomia del genere Helamys sono state dimostrate false, lo che torna lo stesso che avere ampliato il numero dei veri. Per esso alcuni nuovi particolari sono stati introdotti, i quali non solo illustrano 1’ anatomia in discorso e dilatano i confini di essa; ma aumentano eziandio i possibili della orga- nizzazione generale dell’ ordine dei roditori; per essa infine potranno da chichessia rilevarsi maggiori tratti di analogia fra lo scheletro dell’ Helamys, e quello di certi animali a borsa, come i Kangorou, con lo scheletro dei quali, esistenti pure in questo Museo, ha potuto fin da ora stabilire de- gli utili confronti. Avesse pure avuto altro individuo simile a quello esaminato, chè colla stessa solerzia avrebbe dato opera ancora allo esame dei sistemi muscolare, vascolare, e nervoso, ed agli organi dei sensi, alfine di completare totalmente lo studio di questa speciale quasi ignota orga- nizzazione ! Appresso la Memoria del Prof. Calori il Prof. Dome- nico Santagata legge un Discorso intorno alle Immagini ed Iscrizioni da porre a decoro del Teatro Chimico di questa Università. Mancando ancora al Teatro Chimico i busti d’ uomini illustri alle quattro nicchie che in esso si trovano, e re- stando ancora per questo il Teatro ineompiuto, si propone trascegliere ad essi i quattro maggiori scienziati che pos- sano considerarsi autori della Scienza Chimica odierna e quindi offerirsi, come si dice, rappresentanti di essa. — In ogni altra scienza o disciplina, egli dice, non vi sareb- be forse per noi alcun dubbio per elevare e porre in cospi- euo i creatori o instauratori famosi di esse, ma per la Chimi- ca egli non trova uniti i quattro personaggi che eerca nè in 60 Italia, nè in Francia, nè in Germania, nè in Inghilterra. E siccome par che l’Italia abbia pecca di aver -coltivata la Chimica meno delle altre nazioni, così stringendo in breve la storia della Chimica in Italia a confronto della medesima storia nelle altre nazioni viene a dimostrare che prima dell’epoca del Lavoisier Ja Chimica è stata in Italia più bella, più savia e giudiziosa che altrove, riconoscendo che mentre il Lavoisier segna per la Francia il punto di migliora- mento della scienza, ne segna invece per |’ Italia il punto di decadimento. Ma si conviene da tutti che, propriamente par- landò, la Chimica vera quale ora |’ abbiamo, prima del’ Lavoisier non esisteva ancor che di nome, e spiega l’ au- tore come da Lavoisier fino a noi la Chimica è somma- mente cresciuta giovandosi di quel sapere che da Fonti su- periori veniva, e riducendo a suo fondamento e parte in- tegrale di se quel sapere al quale non accennavano i chi- mici in addietro che confusamente o per caso. E interes- sando molto all’ Autore di stabilire il concetto della Scienza odierna dopo aver delto ch” = essa non è più l’artigiana ingorda manipoliera, nè la confusa ceca e vanitosa presti> giatrice, nè più si contenta di pochi ingegnosi e sconnessi trovati = egli la qualifica con queste parole = Essa è la » scienza della Natura delle cose, degli elementi primi di » esse, dell’ordine numero e qualità in che sono in ogni » corpo disposti, e delle attrazioni che hanno fra loro, » delle leggi onde sono governati, della forma e misura » in che sono racchiusi, della maniera e del metodo di » praticare le esperienze, delle relazioni e attinenze di » tutte materiali cose tra loro pel servizio dell’uomo € » pei fini superiori di creazione. = Considerata così questa scienza, egli trova che più elevati e maggiori sono i suoi principii di quello che co- munemente si creda o si pensi; ed i rappresentanti di que- sti principii li trova in Galileo, in Newton, in Leibnizio e Lavoisier. Lavoisier succedeva all’invenzione ed all’ uso 61 del Metodo sperimentale; e sebbene per sua natura la chi- mica, essendo artigiana, procedesse per via di fatti e di esperienze, la perfezione però e l’intelligenza dell’arte non le veniva che dalla riforma del metodo sperimentale: e senza dubbio il far dell’arte o del metodo una parte integrale della-scienza quale oggi 1’ abbiamo nella chimi- ca stessa ha la sua origine in Galileo: il quale inoltre fu il primo ad usar la bilancia ed inventò il termometro . che sono gli strumenti originari e in certa guisa creatori della Chimica. Il Newton è il massimo scopritore della po- tenza animatrice della materia, ed egli stesso ha veduto e studiato il rapporto fra l’aitrazione generale e la mo- lecolare che è parte essenziale della Scienza chimica. Ed in Leibnizio egli riguarda l’autore sommo dell’ elemento metafisico della scienza medesima, la quale, tutta intesa allo studio dell’intima composizione di tutti i corpi ed a scoprirne i rapporti tutti fra loro scambievoli, non può essere scienza vera e perfetta se non riconosce i rapporti ancora che vi hanno fra le sostanze materiali e le imma- teriali, tanto più ch’essa giunge colle sue proprie specu- lazioni al limite ultimo della materia. — Sopra di che si trattiene esso alquanto collo scopo di sviluppare i principii della metafisica della scienza, traendoli dalla Monadologia e della Teodicea di Leibnizio, ed augu- rando che in appresso si rischiari meglio e s’ insegni ai giovani che hanno a far professione di Scienze la vera Filosofia della Natura quale si trae e si compren- de dalla considerazione di tutti insieme i principii ma- gnificamente illustrati da quei quattro geni che egli chia- ma i primi ministri interpreti della natura e dell’ intima composizione dei corpi e che hanno per questo a figurare nel teatro Chimico. E figurando i ministri vuole che so- vr'essi campeggi e figuri l’immagine della Sapienza mede- sîma. Dice che se n’ebbe pensiero fin da quando fu eretto ìil Teatro e vi venne adombrato, ma che fu vera ombra e 62 pensiero di ombra e non di sole: avvegnachè nell’ alto della | parete rettilinea più presso alla volta, e nel luogo invero più nobile e cospicuo si figurò la Sapienza, non già quale noi la sentiamo ma quale fu intesa dai gentili, col simulacro e col mito di Minerva cui dall’una e dall’ altra parte stanno i geni o le fame librate a incoronarla. Oggi ancora Minerva è simbolo di Sapienza ma da lasciare ai Poeti. Gli antichi ancora compresero che la Sapienza non è che la stessa Divinità e cogli infelici loro concetti la espressero: ma noi rischiarati dal vero abbiamo più alte idee e figure. Raffaello non fu mai tanto sublime e strau- mano che là nelle stanze auguste del Vaticano, dove, compreso dal senso delle sacre parole, nella eterna città, presso il tempio maggiore del mondo, e nella presenza medesima del Pontefice raffigurava i misteri più profondi e gli avvenimenti più sacri di nostra Santa Religione. E là nella persona sola dell’ Eterno, fra gli elementi confusi ancora del Caos fece palese, quanto ad uomo è possibile, l’ onnipotenza e l’amore nell’atto di Creazione. E l’immagine è questa di quella infinita Sapienza nelle cui opere s° affa- licarono i geni di più vigoroso e penetrante intelletto e nelle quali noi tutti studiamo: e come principio e fine di scienze è a preporre ad ogni altra nel nostro Teatro. Ma tutto il pro- digio di creazione in cinque parole ci è rivelato nel Libro medesimo della sapienza: e le scienze della natura a gran passi gloriosamente le spiegano ; e (mi si conceda di dire) la scienza degli atomi e delle attrazioni corre innanzi alle altre in questo arringo stupendo. Omnia în mensura et numero et pondere disposuisti (Sap. XI. 21). Le quali per essere il termine cui è giunta o va presso ed al quale dee sempre andar dietro la nostra scienza, fanno (egli dice) a mio parere quella iscrizione che meglio di ogni al- tra o sola si addice in fronte al Teatro per sonda con esse omaggio perenne al Creatore e Ordinatore del tutto, e con questo si compie il Teatro fin qui incompiuto. 63 22.* Sessione ordinaria. 4 Maggio 1864. Il Prof. Domenico ‘Santagata legge una dissertazione del padre suo Prof. Cav. Antonio, impedito per indisposi- zione dall’intervenire, la quale tratta della terra interpo- sta fra i cristalli del gesso. » Di quanti hanno scritto dei gessi (dice 1’ Accademi- co) per indagarne l’origine e le vicende, o per descriver semplicemente 1’ ordine e la giacitura delle masse o degli strati de’ monti che formano, non so che alcuno abbia fatta avvertenza , e tanto meno poi fatto studio o menzio- ne della terra che sta ovunque interposta fra i cristalli laminari delle grandi masse di essi . . .. » In qualunque parte si osservino i gessi mostri, e in qualunque parte si rompano, ci appare ne” piccoli spazi spartiti per tutta la massa, e negl’interstizi de’ grandi cristalli ond’ essa è tutta formata, dove più dove meno, tanti piccoli nuclei o masse di terra che alla vista ‘ci sembra una creta o un’argilla. . . . . » Tratta con punta dalle anguste cellette, nelle quali si trova, tanto che potesse bastare all’ analisi, volli cono- scere bene i componenti di essa, i quali coi metodi op- portuni a tal fine mi si presentarono nel prospetto se- guenle, che in cento parli essa fosse composta di Carbonato di Calce . . .... 4 Adliunpna o: ae eta Ossidovdi. Ferro: ig Li è 6 Solfato-di'\Galce il... 88 ST TTT AN ala 0 (IR CORTEI RE RR AP AAA ARE DET Perfitan ie dine Ri Lil met Questa analisi induce 1° Accademico ad abbandonare l'opinione generalmente ammessa, che i gessi vicini alla nostra città sian metamorfosi del calcare compatto, paren- dlogli ben più probabile che i cristalli di gesso siano stati | RENDICONTO DELL’ACCAD, 5 64 formati entro argilla calcare alluminosa silicea e ferrugi- nea, la quale nell’ atto della sua eruzione fosse invasa da abbondanti vapori solforici, e si trovasse in condizione fa- vorevole al cristallizzar del solfato di calce; condizione principalmente dovuta all’ abbondanza dei vapori acquosi che dovean seguitare i solforici. Onde quela terra, che or trovasi interposta al gesso, è per l’ Accademico un re- siduo della salificazion dell’argilla lasciato dalla quantità dell’acido operante che non poteva salificare il restante, e rimaneva equabilmente spartito nella massa, senza di che non si può spiegare quell’ uguale spartimento di esso. Per la quantità insufficiente dell’ acido solforico è rimasta an- cor carbonata la calce nella terra interposta, dovendo ri- manere pur libera gran quantità d’ acido carbonico fra quelle reazioni violente e molteplici. Appresso la Memoria del Prof. Antonio Santagata il | Prof. Giambattista Belletti lesse sulle migliari primitive. Fu già detto nel decorso anno, il chiaris. Prof. G. B. Belletti avere verificato in alcuni infermi da esso curati, quello che sostennero l’illustre Borsieri, e allri moderni patologi, intorno al modo proteiforme, subdolo, e prodi- torio con cui procede di spesso Za eruzione miliare pri- mitiva od essenziale, e fu pure riferito nel rendiconto di quella sessione, come pel cumulo di altre osservazioni si fosse proposto di riferire al consesso accademico alcune proprie considerazioni patologiche, terapeutiche, e chimi- che intorno a questa infermità. Ora appunto conosciutosi dall’accademico il bisogno maggiore di chiamare )’ atten- zione dei medici sopra questo morbo, per lo innanzi non prima osservato fra noi, e di bene studiarne i sintomi, le cause, la indole, la cura, per cagione del notevole au- mento degl’infermi di miliare da lui e da altri osservati e curali, ha pienamente dimostrato, che infermi di vera miliare primitiva essenziale esistono in Bologna da otto — 65 anni, e che anzi nel decorso 1853 il numero dei medesi- simi si è notevolmente accresciuto. Esponendo poscia i criteri diagnostici che lo hanno condotto a riconoscere l’esistenza del morbo, attraverso molte volte di svariati fenomeni, e di altre morbose complicanze, si è studiato d’ indagare la natura della miliare veduta, e ne ha addi- tato quei migliori mezzi terapeutici, che la esperienza gli ha indicati più opportuni a minorarne i danni. Le osservazioni sopra infermi di miliare primitiva in oggi riferite dal Chiar. Accademico cominciano dal Luglio 1846, dalla quale epoca fino al maggio 1853, dice averne veduti trentaquattro. Dopo di quel tempo nella sua pratica ha veduto accrescersi il numero di altri trentaquattro in- fermi, tutti di miliare primitiva rossa e cristallina, dei quali 15 nello Spedale maggiore, ove però fa notare che negli anni precedenti non aveva avuto campo, come nel decorso , di curare infermi. Arroge al già detto, che nel- l’ultimo anno i casi annoverati sonosi a lui presentati nel- lo estate e nell’ autunno, mentre nei passati mesi di mar- zo ed aprile ne ha veduti quattro, in uno dei quali in- fermi il morbo è stato semplice e mite, in due associato a pneumonite, nel quarto complicato a febbre tifoidea. E facendosi in prima ad annoverare con ordine stati- stico gl’infermi curati dice che 40 sono stati gli uomini, e 28 le donne, pochi i fanciulli; la massima parte adole- scenti e giovani; pochi gli adulti; uno solo di essi era in età inoltrata. In 32 di questi infermi la malattia si è mo- strata semplice; in venti dei quali con ‘andamento assai grave e pericolosissimo; in 12 mite e senza pericolo. Tren- tasei volte I’ ha veduta complicata; venti volte a tifoidea , sei ad artritide, dieci con grave flogistica compromissione de- gli organi respiratorii. I guariti sono stati cinquantatre; due i morti per miliare semplice gravissima; nove quelli di lifoidea con miliare; due quelli con artritide, ed altrettan- ti quelli con flogosi degli organi del petto, ad undici dei 66 quali ha potuto praticare la necroscopia. La durata mini- ma del morbo fu di 10 giorni se con esito fatale, di 16 se prospero. La massima durata fu di 63 giorni quando seguita da morte, se da salute 97; in due infermi sola- mente il corso del male si è prolungato oltre 1’ anno, forse per non essere stalo conosciuto per tempo; ma in gene- rale la durata media del morbo, specialmente se si tratta di semplice miliare, crede di poterlo fissare dai 21 ai 28 giorni, Parla dopo ciò dei sintomi e dell'andamento, che ha trovati in quasi tutti gli infermi conformi a quelli descritti dai più accreditati trattatisti della miliare primitiva. Prosegue indi il Belletti a discorrere in particolare delle malattie che in questi otto anni ha veduto compli- carsi alla miliare, e cioè l’ Artritide , la Pleuro-pneumonite, e la Tifoidea; avvertito opportunamente avere egli pure osservato durante il corso di questa malattia, ed ‘in non «pochi individui altri disordini morbosi quali 1’ afta, l’ angina, il gastricismo interno, passa ad esporre le particolarità de- gne di tutta l’ attenzione del medico che in cotali compli- cazioni ha potuto rilevare; e quelle singolarmente della Tifoidea con la miliare gli offre campo d’ istituire un giu- dizioso, importante, ed utile paralello tra queste due ma- lattie. Indi, riassunto quanto in vari luoghi della sua me- moria avea riferito intorno ai risultati anatomico—patolo- gici da lui rilevati, conclude con tutti i più accreditati scrittori, che le ricerche anatomico-patologiche intorno a questa specialità morbosa sono ancora molto incomplete, e che nulla finora di positivo e costante mg, sulla sede e nalura di essa. Pervenuto il disserente a trattare della causa ingene- rante la malattia da lui osservata, provato prima che la diversità delle cagioni addotte dagli infermi non davano ragione dell’ identità in tutti dell’ effetto, all’ appoggio non solo di molti autorevoli scrittori, ma con alcune proprie 67 î osservazioni, e con altre comunicategli da due suoi colle- ghi ed amici, ritiene essere questa malattia il prodotto di un particolare principio contagioso, il quale conosciuto fortunatamente di non facile propagazione, presenta uno dei motivi pei quali questa malattia finora tra di noi ri- mase sporadica. Quanto alla cura da lui istituita egli fa riflettere che sebbene sapesse di avere a curare un morbo ingannevole, temibilissimo, e dove spesso oscure, intralciate, e fugge- voli si presentano le indicazioni, pure trattandosi di ma- lattia febbrile eruttiva ogni suo intento fu diretto a far sì che più possibilmente questa compiesse con qualche rego- la i suoi stadii, opponendosi nel frattempo a tutto che 0 la violenza stessa dell’infezione, o la gravezza delle com- plicazioni avessero potuto suscitare a danno de’ suoi in- fermi. E siccome vi ha veduto predominante in generale l’orgasmo irritativo flogistico, e non poche volte la stessa flogosi, così il metodo di cura da lui con successo adope- rato si è stato generalmente il rinfrescante l’ antiflogistico ; e meno in alcuni momenti nei quali l’ allarme o 1° abbat- limento nervoso essendo grandissimi ha dovuto ricorrere precariamente ai calmanti e ricreanti presidii; le sottra- zioni sanguigne generali e parziali, le larghe copiose be- vande, l’ipecacuana, il solfato di chinina, i senapismi e i vescicanti gli hanno efficacemente corrisposto. Per ciò poi che riguarda le fredde esterne applicazioni 1’ autore fran- camente confessa, che null’ ostante gli sieno riescile in qualche caso giovevolissime, pure l’esito non avendogli sempre corrisposto; e la loro applicazione essendo sovente d’ insopportabile molestia agli infermi, alcuno dei quali si è mostrato esposto con ciò a grave pericolo, si è per- suaso di non avervi a ricorrere che quando nella semplice miliare gravissima ogni altro mezzo curativo cognito sia tornato inutile. Riferite estesamente e con moltissima erudizione e dol- n 68 ‘ trina i proprii pensamenti, e detto di quelle considerazioni che giovano a confermare e rischiarare la patologia di questo morbo oscuro, e dopo avere nilidamente dimostrata la esistenza insolita di esso in questa nostra città, chiude il suo importante indaginoso lavoro, collo esporre compen- diatamente altre utili avvertenze cliniche risguardanti il traltamento in generale di questa infermità, tanto durante il corso come nella convalescenza della medesima. 23.* Sessione ordinaria. 11: Maggio 1854. Il Ch. Prof. Cav. Gian-Giuseppe Bianconi legge il Fascicolo VIII de’ suoi Saggi zoologici mozambicani, dove descrive i pesci ricevuti dal benemerito Cav. Fornasini. Credonsi specie nuove le seguenti: 1. AMPHISILE PUNCTULATA. A. Corpore punctis nigris seriatis distincto. 2. HIPPOCAMPUS CAMELOPARDALIS. H. Cornu nucali longo, apice truncato, polygono; utrinque macula nigra notato. Angulo dorsali laevi tribus maculis utrinque notato. 3. TETRODON HARTLAUBII. T. Corpore supra latissime nigricante, punctis macu- lisque albidis asperso ; lateribus albo et nigricante nebulo- sis, ventre argenteo. 4. TETRODON PETERSII. T. parvulus, corpore supra undique fusco maculis 69 quamplurimis perlaceis , lineolisque undique decurrentibus picto; maculàque nigro fusca, albo marginala ad basim pinnae dorsalis utrinque ornato. 5. MONACANTHUS BERTOLONII. M. cute undique aspera non squamosa. Caudae late- ribus inermibus. Cinereus punctulis nigris postica parte conspersus, fascia lata nigro marginata ab oculis ad gu- lam declivi. 6, DIODON CALORI. D. parvulus, spinis crebris undique hispidus; eartm quinque numerantur inter oculos. Dorso ex rubro brune- scens,, ventre albidus. Maculis nigricantibus quibusdam ad oculos et ad pinnas. . 24.° ed ultima Sessione ordinaria. 18 Maggio 1854. Il sistema nervoso è il paese degl’incanti, scriveva un immaginoso fisiologo,, per denotare la moltiplicità , stra- nezza, e novità dei fenomeni di cui esso è di frequente la prima e potente cagione. Però quanto più si osservano nevrosi straordinarie, e fatti avvilluppati e rari, sempre se ne rinvengono altri non meno degni di savia considerazio- ne, quindi meritevoli di essere registrati negli annali della medica scienza. Tale è appunto la Storia dì una Mono- mania religiosa accompagnata di tratto în tratto da iîn- sulti maniaci, che per ventidue anni affligge la Geltrude degli Esposti Fava, degente in questo Manicomio detto. di S. Orsola, narrataci in oggi con molto interesse ed esattezza dal nostro Accademico il Chiar. Sig. Prof. Cav. Domenico Gualandi. Nubile è la donna, di anni 36, di professione servente, di forma gracile , di capelli castagni, 70 di statura piuttosto piccola, di temperamento linfatico ner- voso , di cute bianca, di occhi vivaci e sentimentali. Nel quattordicesimo anno di sua età soprafatta da terrore, per un ladroneccio a mano armata, patì questa giovinetta tale insulto epilettico, che oltre il durare un intero giorno in convellimenti spasmodici molto intensi, anche libera di quello, risentì per qualche tempo di una tal quale stupidità congiunta a una dimenticanza totale dell’ accaduto. In se- guito di altro funesto attentato ebbe pure a soffrire altra forte epilessia, dopo del quale accesso, sorvenuto un furio- so delirio, dovette introdursi l’ inferma per la prima volta nel maniconio. Non seguiremo il disserente nei miuuti particolari nar- ati nella Storia di questo morbo proteiforme e straordi- nario, sia nel tempo in cui l’inferma rimase in quel primo Stabilimento, come pure negli anni passati in appresso allo Spedale Provinciale ed in altri siti, talvolta migliorata in salute, non mai però guarita totalmente : Nè molto meno riferiremo le cure prescritte per riordinare le funzioni ute- rine, e i farmaci apprestati per togliere il delirio, e le epilessie; nè diremo degli altri sussidi terapeutici usati, cioè i bagni, le aspersioni fredde, la musica, e quando trovavasi nello Spedale Provinciale perfino il Magnetismo animale. Coll’ ajuto de’ quali presidj, se talvolta potè ot- tenersi un manifesto miglioramento nella salute della gio- vine donna, col cessare del delirio, e colle variazioni av- venute nelle convulsioni di forma epilettica in quella di manifesta cattalessia, pure riprendendo poco tempo dopo nuova gravezza e continuando anche di presente 1’ infer- mità per nuove cagioni sorvenute, meriterebbe un lungo racconto sconveniente ad un breve rapporto. Diremo però che in seguito di sonno procuratole da un inesperto colle manipolazioni magnetiche, il quale perdurò due interi giorni, ed in seguito di forte terrore sentito da essa in causa di improvviso incendio, il delirio prese novello vi- ì n 7, 7 71 gore, sicchè dovette di nuovo venire introdotta |’ inferma nel manicomio predetto; delirio che tuttora continua ad affliggere la infelice, per guisa che il Chiarissimo Acca- demico anche di presente la tiene in cura, e promette di continuare in appresso l’esame di essa, e quindi il completo racconto storico, che ora è costretto di riferire incompleto, benchè degno della più seria considerazione del fisiologo, come del patologo, e del clinico. S Dopo la Memoria Gualandi, legge il chiarissimo Prof. Lorenzo Della-Casa. L’ Accademico ha fatto soggetto della sua Memoria la «formazione della grandine. Di questa si sono occupati assai molto i fisici, ma non ancora sono riusciti a darne una soddisfacente spiegazione. Tra loro gli uni hanno pensato che l’elettricità sia la vera cagione del fenomeno, e gli altri sono stati di avviso contrario. Tra i primi va noverato segnatamente il celebre Volta; il quale se propose una spiegazione che poscia fu trovata non ammissibile, Ja vestì, non pertanto, di tale un’ apparenza da farla sommamente ammirare, e da proccacciarne mai sempre all’autore la lode di molto ingegnoso. Del numero de’ secondi sono, in ispecie, il non men celebre Alessandro Humboldt. il prof. Augusto De la Rive., il profondissimo Belli ed il prof. Kaemtz, al quale è dovuto il più riputato Corso di Meteo- rotogia conosciuto finora. È parso all’ Accademico che, per ispiegare la grandine, non si possa non essere della seconda delle accennate due classi di pensatori, e gli è parso ancora, che le condizioni per la formazione della minuta grandine noù sieno le stesse e vadano per conseguente distinte da quelle, che sono necessarie per la formazione delle grandini grosse. Il perchè, osservato che la grandine cade più spesso nei mesi più caldi dell’anno e nelle più calde ore del giorno, dà per la grandine minuta la spiegazione seguente. 72 Nei tempi e nelle ore più calde l’evaporazione si fa più abbondante -sulla superficie della terra, dalla quale perciò si eleva nell’aria una colonna di vapori, che incon- trando strati molto secchi e sempre più rari, si diffonde per essi, ognor più si dirada, e ognor più conseguente- mente raffreddasi. Quegli strati, che sono già freddi, e tanto più quanto sono più in alto, ricevono per tal modo un raffreddamento maggiore ; talchè può avvenire che il va- pore sopravvegnente, da invisibile che è, si addensi in vapore visibile, o passi allo stato liquido, o ben anche si rapprenda in particelle e in que’ piccoli aghi di ghiaccio, che compongono le nuvole a cirri, la di cui comparsa suole precedere la caduta della grandine. In quest’ ultimo caso, le particelle o i piccoli aghi di ghiaccio potranno riunirsi fra loro e costituire quando nevischio, quando fiocchi di neve, e quando l’uno e gli altri insieme. Ma se, mentre questo succede nell’alto, un vento freddo e saturo di vapore arriverà a frammischiarsi coll’ aria sot- tostante satura anch’ essa di vapore, una parte di questo necessariamente diverrà sovrabbondante, si condenserà e formerà una nube o un cumulo di nubi, tanto più dense ed estese, quanto maggiore sarà la durata del vento e quanto più bassa la sua temperatura. Intanto, cadendo’ il nevischio o i fiocchi di neve altraverso questa nube 0 questo cumulo di nubi facilmente raffredderanno il vapore. che sarà da loro toccato, il condenseranno e l’obbligheranno a depositarsi sulla loro superficie, sulla quale formerà uno strato che sempre più s’ ingrosserà consolidandosi e forman- do uno di quegli strati di ghiaccio che si osservano nei grani della grandine. Se il cumulo delle nubi sarà diviso in più ordini o serie, in ogni ordine i grani si potranno vestire d’un nuovo strato, che accrescerà sempre più di grossezza quel primo, e ne prenderà la stessa od una di. versa apparenza, secondochè la stessa 0 diversa sarà stata così la rapidità della sua formazione come l’ omogeneità del vapore ne’ differenti ordini del cumulo. 73 Così formata la grandine, non polrà avere acquistata molta grossezza nel tempo non inai molto lungo della sua caduta: laonde, per ispiegare il notevole ingrossamento che pure talvolta riceve, considera l’ Accademico che gli sia do- vuta la seguente origine. Formati i cirri ed i cumuli, come antecedentemente, venga tra gli uni e gli altri a soffiare impetuoso un vento freddissimo, siccome è facile ad accadere nei forti temporali. Neli’ aria umidissima, cui esso attraversa, il vapore im- mantinente si addensa, e da uno spazio grandissimo che occupava, si riduce in uno spazio assai piccolo; talchè si forma un gran vuoto, cui tutto precipita dall’intorno a riempiere, e precipitano quindi anche i vapori da’ cumuli, e massime i superiori, che trascinano seco i grani della grandine che hanno cominciato a formarsi cadendo dai cirri entro loro. Tornando in allora i grani verso l'alto, e traversando di nuovo i vapori intermedii, ne addensano sovr’ essi un nuovo strato, e di poi come prima discendo- no. Ma il vento non cessa , ed anzi ripete il suo soffio, e con esso ripetesi la serie delle cose indicate; onde i grani di grandine vengono spinti nuovamente nell’ alto, nuovamente si coprono d’uuo strato di ghiaccio, e nuovamente si vol- gono al basso, per rinnovare l’alternaliva della salita e della discesa, sino a che abbiano acquistato tal peso da non potere più essere sollevati, e cadono allora effettiva- menle a terra. In vece d’un solo vento tra i cumuli e i cirri po- tranuo intervenirne anche due o più, ed accrescere il già descritto effetto. Potranno eziandio determitare col loro urto de’ moti vorlicosi, che travolgeranno seco i grani della grandine, gli sbatteranno gli uni contro gli altri, e saranno causa che ora si uniscano insieme, ora sì spezzino, ed ora se ne logorino i loro angoli, si arro- tondino, si formi perciò una specie di polverìo di ghiac- cio di cui si vede talvolta coperta la grandine, e prendane 74 i grani di questa molte e svariate forme. Dall’ urtarsi e sbattersi de’ grani fra loro deriverà pure quel particolare "umore, come di noci riversate da un sacco, che da taluni è stato avvertito in occasione specialmente di grandini impetuose. In fine, per la rapida espansione delle nubi de’ cumuli nel vuoto, di che si è detto di sopra, venendosi ad accrescere il freddo, potrà questo , se sarà molto intenso, apportare un subitaneo congelamento in parti più o meno grandi della massa vaporosa, e produrre que’ pezzi di gran- dine senza nucleo interno, i quali discenderanno a terra con istrati di altro ghiaccio all’intorno oppur no , secondo- chè avranno potuto o no essere stati agitati in alto e in basso e qua e là dai venti o dai moti vorticosi accennati. A ciò soprattutto voglionsi attribuire quei pezzi di gran- dine in forma pressochè di lamine o lastre, che sono state osservate più volte, e specialmente in Padova nell’ occasione della disastrosa grandine, che vi cadde il giorno 26 Agosto 1834. Da ultimo il ch. Prof. Gian-Francesco Contri tiene parola della interpretazione di varii passi di Virgilio atti- nenti all’ Agricoltura e alla Pastorizia, fermandosi special- mente sopra i seguenti versi che insegnan la migliore espo- sizione da darsi alle stalle per le capre = Et stabula a ventis hyberno opponere soli, Ad medium conversa diem, cum frigidus olim Jam cadit, extremoque irrorat Aquarius anno =. È manifesto che ad ‘una stalla simile alle nostre non si dà l’esposizione di mezzogiorno, se non mettendo la parete anteriore nel piano del primo verticale: ma allora la stalla è volta a mezzodì tanto di state che d’inverno. Se dunque non vogliamo supporre gratuitamente che il poeta credesse il meridiano invernale diverso dall’ estivo , converrà che riteniamo aver egli parlato d’altra maniera di stalle. L’ Accademico opina che sia discorso di stalle scavate nelle, 75 rupi (cosa possibile, per esser le capre gregge montano), e che il preceito sia di scavare la grotta in un pendio, il quale nella rigida stagione riceva perpendicolare, e però più efficace, il raggio meridiano del Sole. Tale pendio do- vendo tagliar l'orizzonte secondo una linea normale alla meridiana, avrà certo in ogni tempo una esposizione di mezzodì, ma non così perfelta come allorquando riceve perpendicolare il raggio meridiano del Sole; alla. qual epoca si può dire per antonomasia che sia opposto al So- le o rivolto al mezzo giorno. Quando con Servio e De la Cerda sì dicesse che 1’ in- ciso cum frigidus . . . . non è determinativo del medium diem, ma invece esplicativo dell’ hyBerno Soli; allora 1° Ac- cademico troverebbe un pleonasmo nell’ aggettivo hybernus. Ma un pleonasmo è egli impossibile ad un poeta, anche della precisione di Virgilio? E chi ne assicura che il poe- ta non abbia voluto esprimere il precetto di Varrone, che le stalle si rivolgano all’oriente invernale, piegandole al- quanto verso mezzo giorno, ad hybernos exortus, magis ad orientem, quam ad meridianum tempus? Nell’ esclu- dere questa ipotesi l’ Accademico si trova d’accordo coi primar)j commentatori, Servio, Heyne e De la Cerda. Nè sarebbe maraviglia, se al poeta riou fosse andato a san- gue il precetto di Varrone, che fu pur disprezzato da Co- lumella, il quale scrisse = poni debent contra medium diem =. Sessione straordinaria. 22 Maggio 1854. Si è riunito I’ Ordine dei Pensionati all’oggetto di nominare il Presidente pel venturo anno accademico 1854- 1855, formare 1’ Albo delle sessioni, eleggere un Pensio- nato in sostituzione del fn Prof. Paolo Baroni, ed un A- lunno in sostituzione del Dottore Francesco Gualandi già promosso all’ Ordine degli Onorarii. 76 Sono proposti per la Presidenza gli Accademici Be- nedettini Alessandrini, Belletti, Bertoloni Antonio, Bian- coni, Medici, Rizzoli: e risulta riconfermato, quasi al- l’unanimità, l’attual Presidente Prof. Cav. Antonio Ales- sandrini. Sono proposti pel Benedettinato gli Accademici Che- lini, Fabbri, Giacomelli, Michelini, Santagata Domeni- co, Scandellari, Soverini, fra i quali resta eletto con par- tito onorevolissimo il Prof. Giambattista Fabbri. Infine il Presidente propone al posto d’ Alunno il Dottore Don Giuseppe Rubini, che viene nominato a pie- nezza di suffragi. Estratti a sorte i nomi de’ pensionati che dovran leg- © gere nelle successive sessioni, risulta il seguente 77 REGISTRO Dei giorni delle adunanze scientifiche, edegli Acca- demici pensionati che în esse leggeranno. NovEMBRE . Predieri . Della Casa D3, 30. Bianconi Medici GENNAJO Santagata + Comelli . Belletti - Brighenti FEBBRAJO . Contri . Rizzoli 2. Paolini Marzo + Venturoli Calori 1854o À Bertoloni Giuseppe 2. Gualandi .- Orioli DICEMBRE + Fagnoli . Fabbri - Respighi APRILE » Gozzi . Alessandrini . Bertoloni Antonio MacciIo - Sgarzi Piani 78 L'Accademia ha ricevuto in dono le opere seguenti; Dalla R. Accademia Bavarese — Memorie della Classe Fi- sico-Matematica. Vol. I-IV. —— Bollettini 1843. 44. 45. Dalla I. Accademia di Pietroburgo — Bullettino della Clas- se Fisico-Matematica. Vol. XI. —— Bullettino della Classe Storico-Filologica. Vol. X. —— Memorie delle Scienze Matematiche e Fisiche. Tomo V. 5.° e 6.° dispensa. Dalla P. Accademia de’ N. Lincei. — Atti della sessione 11 Luglio 1852. Dalla Società delle Scienze Naturali di Cherbourg. — Mé- moires. 1. Vol. Livrais. 2. 3. et 4. Dalla Società Agraria di Bologna. — Considerazioni fisio- logiche del Prof. Giuseppe Bertoloni contro l’importanza, che si dà oggi al prognoslico di quelli, che nel freddo dell’ inverno pas- sato riconoscono la causa della distruzione dell’ Oidio micidiale alla vite, perchè credo- no finita la malattia dell'uva. Copie N. 54. da distribuirsi al Corpo Accademico. Dalla Società R. di Londra. — Osservazioni astronomiche di T. Catton. Dalla Direzione. — Corrispondenza Scientifica in Roma. An. HI. N. 9-15. Dalla Direzione. — L° Ape. An. I. N. 9. Dalla Direzione — Archives de Physiologie ete. N. 1. Dalla Società de’ Curiosi della Natura in Halla. — Dis- sertazioni T. I. fasc. I. Dall’I. R. Istituto Geologico di Vienna. — Memorie del- l’ Istituto Vol. I. -— Annali dell’ Istituto. An. 1850. 31. 52. —- Haidinger Guglielmo. Memorie di Scienze Natu- rali Vol. L-IV. -—— Rendiconio delle Adunanze degli Amici delle Scienze Naturali. Vol. I-VII 79 Dalla Società Medica di Bologna. — Bullettino Marzo e Aprile 1854. Dalla Società Editrice. — Nuovi Annali delle Scienze Na- turali fasc. 1.° e 2.° del 1854. Dai rispettivi Autori Volpiceili Prof. Paolo — Rettificazione delle formole per assegnare il numero delle somme, ognuna di due quadrati, nelle quali un intero può spez- zarsi. —— Sulla elettricità svolta dai corpi, quando isolati cangiano luogo. —— Sopra una nuova proprietà elettrostatica. Magistrini Prof. Domenico — Elementi di Calcolo Diffe- renziale e Integrale. Libro I. Poletti Prof. Lionello. — Cisti avventizia del cenuro cere- brale del vitello. Zantedeschi Prof. Francesco. — Lettera a Quetelet intorno al principio del Dott. Palagi. Le Jolis Augusto — Sur l’introduction à Cherbourg du lin de la Nouvelle=Zelande. -—— Sur les ulex des environs de Cherbourg. —— Sur la reproduction des -algues zoosporées. —— Sur l’ oedipode voyageuse trouvée à Cherbourg. Berti-Pichat Carlo — Corso d’ Agricoltura. Disp. 34-38. Piana Dott. Gaetano. — Osservazioni statistiche nel mani- comio di Sant’ Orsola. RENDICONTO DELL’ACCAD. DI 80 INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. LI Mepici — Elogio di;PierîPaolo Molinelli. . . pag. ALESSANDRINI — Della facilità colla quale l’ attività as- sorbente vitale consuma quasi totalmente i feti ed i loro inviluppi rimasti incarcerati nell’ utero, e nel- la cavità addominale . . . +. PE ig Gozzi — Annoiazioni teorico-pratiche ‘Flag dei bi- carbonati di potassa, e di soda nella Renella, e nel- la Gotta 1, Mi DIP AR dee VeRARDINI — Osservazioni intorno alla Pioemia. . » BricnENnTI — Intorno alle Ulteriori Considerazioni sul Moto delle Acque, Memoria postuma dì G. Piola. » PaoLini — Intorno un modo speciale di azione reflessa propria de’ nervi sensorii. . . IR a RizzoLi — D’ un’ operazione dea di lingua darlua eseguitaici;; «pont adoniben "i 108 FacnoLi — Dell’ Udometrografo +. . 4 +... > PrEDIERI — Delle carestie avvenute nel Bolognese, e del modo migliore di evitarle în appresso. . . . >» Piani — Ricerche poligonometriche. Esercitazione II. » BertoLoNI Giuseppe — Illustrazioni di piante mozam- bicesi: Diss Ipo rg, vit. 25M BerroLoni Antonio — Miscellanea Baliica XY. Poi Respicni — Considerazioni sulla teoria dell’ equilibrio de’ fluidi inigenere, e in particolare dei liquidi. » Comeuir'=— De Contagi. . ‘0.0.0... lele» » Baroni — Osservazioni sopra alcuni metodì e processi i are car et a 3 81 Scarzi — Analisi d’ uno degli Aerolitì caduti nel terri- torio di Monte-Milone presso Macerata li 8 Mag- MSISA PRI eran pag. BerroLoni Giuseppe — Considerazioni SI IONICh con tro l’importanza che sì dà oggi al prognostico di quelli, che nel freddo dall’ inverno passato ricono- scono la causa della distruzione dell’ Oidio mici- diale alla vite, perchè credono finita la malattia del- 10%: TIT; LR. ‘3 ASIA IM OS: GE ARTI IRSA IE E Pg CaLori — Descrizione anatomica di un mostro umano paracefalico sviluppatosi sopra un tralcio comune a feto normale . . . . . PA A E PSA Ip. — Sulla struttura dell’ Bejonia Caffer di Federico CUVER ETA. ENTI SS AE SAVAGE, SANTAGATA DOMENICO — Iasoi alle Immagini ed iscri- zioni da porre a decoro del Teatro Chimico di que- StORUNICEnNSU ANO e 0. HO SANTAGATA AnTONIO — Della terra interposta tra è cri- AA GORI A RN e o em BeLLeTtti — Sulle migliari primitive. . . . . . >» Bianconi — Specimina zoologica mosambicana. Fascic. BAR NET oe GuaLanpI — Storia d’ una maniaca. . . . . . >» DeLLA-Casa — Sulla formazione della grandine . . » Contri — Sul!’ interpretazione della Georgica di Virgi- VO A A I DA SIRIA IA O IRA SES PRA, Rapporti, parlecipazioni e nomine. Conferma del Prof. Cav. Medici a Vice-Presidente . >» Nomina del Dott. Paolo Predieri a Vice-Segretario . » Nomina del Prof. Domenico Chelini, e del Dott. Fran- cesco Gualandi ad Accademici Onorarj si » Partecipazione di osservazioni del Prof. G. B. Ri calo contro la generazione spontanea. . . . . +. > 47 53 54 57 31 44 82 Nomina del Presidente per l anno accademico 1854. 1 1 ET RIINA, 11M RAI EZIO Nomina del Prof. G. B. Fabbri a Benedettino » Nomina del Dott. Don Giuseppe Rubini ad Alunno. » Registro delle Sessioni del 1854-1855 . » Oggetti ricevuti in dono. Bua) o n 7 pag ‘2, 14, 19.: FICUIR 16 MAY 1885 76 ivi ivi 77 78 ANIA È NA e al von) do DI & N IENA i ala DG STAMPATO NEI NUOVI ANNALI delle Scienze Naturali Tomo VII. E IX. x PA. AIEd'€ (4 TAI RSS NA A O, re NG (È RARA, 7A: AS) SAS, GOD, E AN À G IAT, Y 2/4 pg I W SRI ACONRINIRIONION RENDICONTO È DELLE SESSIONI DELL’ ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell' Istituto di Bologna ANNO ACCADEMICO 1854-1855 NS 2 si RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell Auluto di Palag 07/4) ANNO ACCADEMICO 1854-1855 SLI a ESE (a BOLOGNA TIPI A SAN TOMMASO D’ AQUINO 1855 © ) Ù ui * ul Au | i ROSI ì —Adbraoei d9LR9 ici É o La L RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'Istituto di Ybolo gua ANNO ACCADEMICO 1854-1855 PRESIDENTE PROFESSORE CAVALIERE ANTONIO ALESSANDRINI per la decimaquinta volta N elle ferie estive l’ Accademia ricevè in dono le ope- re seguenti: Dal Governo Neerlandese — Flora Batava N. 175. Dalla Pontif. Accademia de’ Nuovi Lincei — Atti della Ses- sione 15 Agosto 1852. Dall’ Imp. Accademia delle Scienze di Vienna — Memorie della Clas. Filosof. Stor. Vol. V. —— Memorie della Clas. Mat. Natur. Vol. VI. e VII. —— Rendiconto delle Sessioni della Clas. Filosof. Stor. Vol. X. fasc. V.; Vol. XI. fase. I-V.; Vol. XI. fasc. I-IV. Rendiconto delle Sessioni della Clas. Matem. Na- tur. Vol. XI. fasc. I-V.; Vol. XII. fase. I-IV. —— Archivii per le Antichità Austriache. Vol. X. fasc. II.; Vol. XI..fase. I. egli; Volt XIH.-:fasc.. Ii e.Jl —— Almanacco dell’ Accademia pel 1854. —— Fogli «di Notizie 1853. n.° 1-24.; 1854. n.° ‘1-17. —— Auer Luigi. Tavole di Poligrafia. 4 Dall’ I. R. Istituto Lombardo — Memorie. Vol. IV. Giornale. Nuova Ser. fasc. 19-32. Dalla R. Accademia di Torino — Memorie. Ser. 2.° Tom. XIII. Dalla R. Accademia di Napoli — Rendiconto. Novembre e Dicembre 1853. Dalla R. Accademia Belgica — Mémoires Tom. XXVII. Bulletins. Tom. XIX. P. III ; Tom. XX. P. 1. et II. Mémoires couronnés. Collect. in 8.° Tom. V. 2.0 P.; Poni: VISTE. —— Annuarie 1853. Instructions pour l’ observation des phènomenes pé- riodiques. Dalla Società de’ Curiosi della Natura a Francoforte sul Meno — Memorie. Tom. I. fasc. I. Dalla Società delle Scienze Biologiche in Torino — Memo- rie. Tom. I. fasc. I. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna — Bullettino. Maggio-Settembre 1854. Indice degli ultimi 12. vol. della 3.* serie. Dalla Società Agraria di Bologna — Memorie. Vol. VII. fasc. 3.° Dalla Società Editrice — Nuovi Annali delle Scienze Na- turali. fasc. 3-8 del 1854. Dalla Direzione — Corrispondenza Scientifica in Roma. An. 3.° N. 14-37. Dalla Direzione — L’ Ape, Giornale di Pesaro. An. I. N. 10-12. Dai rispettivi Autori : Quetelet prof. Adolfo — Conference maritime tenue à Bru- xelles pour |’ adoption d’ un sistème uniforme d’ observations meteorologiques à la Mer. ld. — Notice sur Edouard Smits. Serpieri prof. Alessandro — Sulle osservazioni meteorolo- giche di Urbino. Dai N. Ann. Sc. Natur. 1854. Colla Commend. Antonio — Sopra i pianeti Euterpe, Bellona ec. 5 Patellani prof. Luigi — Abbozzo per un Trattato di Ana- tomia e Fisiologia Veterinaria. Vol. II. Fasc. III. P. II. e Fase. IV.; Vol. III. Fase. III e IV. Cavalli Ferdinando — Studi economici sulla provincia di Padova. —— Biografia di Stefano Morcelli. —— Atti della Società d’ Incoraggiamento per 1)’ Agri- coltura e }’ Industria in Padova. An. I-II. Bonucci Dott. Francesco — Fisiologia e Patologia dell’ Ani- ma Umana. Ercolani prof. G. B. — Sugli Scrittori di Veterinaria. Vol. II. Gandolfi prof. Giovanni — Medicina Forense. Fasc. XIII. Marianini Cav. Stefano — Sull’ assorbimento dell’ elettrici- tà. Dal T. XXV. della Società Italiana. Marianini Prof. Pier Domenico — Sulle calamite tempora- rie. Dal T. XXV. della Società Italiana. —— Sull’ Elica Elettrodinamica. Modena 1852. Brewster Cav. David — Fenomeni Ottici e Cristalizzazione della Tormalina, del Titanio ec. De’ Cristalli Cir- colari. Effetti della compressione su polveri cri- stallizzate. Edinburgh 1853. Bosi prof. Luigi — Lezioni sulle Febbri continue. Ferra- ra 1854. Volpicelli prof. Paolo — Estratto delle Memorie di Melloni sul magnetismo delle rocce. Zantedeschi prof. Francesco — Lettera a Dumas sull’ azio- ne reciproca di due correnti elettriche. —— Relazione sul sistema ottico di Parrot. Crescimbeni Dott. Giulio — Sopra 4. casi di paralisi. Fa- no 1854. Fabroni Dott. Lorenzo — Sulla struttura geologica della Romagna Toscana. Peyrani Dott. Carlo — Sulla presenza del ferro nell’ ema- tina ec. 6 Venturini Dott. Enrico — D’ una singolare neurosi guarita coll’ atropina. Contri Prof. Giovanni — Lezioni di Agronomia. Vol. I. e Il. Opuscoli Agrarii. Vol. I. Costa Prof. Oronzio — Prospetto dell’ Ittiologia Fossile Italiana, Napoli 1853. Barone D’ Hombres-Firmas — Sopra il Rinoceronte Minuto di Saint-Martin-d’ Arènes. 1.* Sessione ordinaria. 9 Novembre 1854. Il Presidente conferma a suo Vice-Presidente il Cav. Prof. Michele Medici. Il Segretario legge le accompagnatorie dei doni rice- vuti nelle ferie estive, e lettere di ringraziamento de’ Cor- pi Scientifici, a cui sono stati inviati gli Atti della nostra Accademia. Diede cominciamento alle accademiche esercitazioni 1’ il- lustre - Medici, il quale seguitando il solenne suo lavoro storico-critico sugli Anatomici Bolognesi, celebrò in questo giorno le lodi di Francesco Maria Galli Bibiena. Nacque il Bibiena in Bologna del 1720, ed ebbe a padre Francesco, a zio paterno Ferdinando, architetti am- bidue e pittori di chiarissima rinomanza. Ebbe a maestri nelle filosofiche discipline il Galeazzi, e nelle mediche il Beccari, a cui fu dilettissimo, tanto che istituillo erede della cosa più cara, i propri MSS. Salì in grande riputa- zione, onde il Senato gli conferì nel 1765 una lettura di Medicina nell’ Università; ma 16 anni prima avea reso giu- stizia al suo merito questa nostra Società scientifica, a cui venne poi comunicando quelle sue insigni produzioni sul baco da seta e sulla sanguisuga, e a cui presiedeva , quan- do Morte il colse in età d’ anni 54, defraudando le scien- ze d’ altri lavori, che avrebbe potuto redigere non meno 7 pregevoli de’ mentovati. Il valore de’ quali veggiam final- mente dalla nostra generazione riconosciuto , quando la sa- pienza dell’ Istituto Lombardo nel decretare al Cornalia il premio Sacco-Comneno volle in prima rammentar col do- vuto onore il filosofo bolognese , che entrato animosamente nella difficil carriera del Malpighi aprì il campo alle ri- cerche de’ moderni, e in buona parte ne prevenne i risul- tamenti. Noi ci dispenseremo dal discendere a più minuto rag- guaglio, perocchè questo dotto ed eloquente Elogio Stori- co, al tutto degnissimo del lodato e del lodatore, non può mancare di venir fra non molto a fregiare i Volumi delle nostre Dissertazioni. 2.% Sessione ordinaria. 16 Novembre 1854. Fin dal 12 Maggio 1853 fu comunicato il Discorso I. dell’ illustre Orioli = Sui Sogni. = In quest’ adunanza vien fatta lettura del Discorso II, che iratta della vivaci- tà e regolarità de’ fantasmi, e dei dialoghi che teniamo con loro. = Par conforme a ragione pensare ( dice 1’ Accade- mico ) che come l’ orecchio, in argomento di suoni, è macchina. manifestamente costrutta a tal legge, che per sua virtù è disposta ad armonie e a melodie, sì fattamente che le disarmonie e le dissonanze, le quali vi penetrano dal di fuori, gli fan molestia e disagio , e quasi scompiglio , qual se fossero associazioni o successioni di vibrazioni nervee nel cembalo interiore, contrarie a sua natura di cembalo automatico; e come perciò |’ organo ( sano e ben costrut- to), se di per sè si commove, queste dissonanze e disar- monie in sè mai sponianeamente non suscita, per effeito di proprio meccanismo, e non le suscita che in casì d’ec- cezione e di irregolarità fuor di norma: così, mutatis mu- tandis, abbia a credersi nel suo genere, del senso della 8 vista. Onde è che debba esservi, tra le maraviglie di sua struttura, una preordinazione d’ organo alle euritmie, alle simmetrie ed alle armonie peculiari, quanto a combinazio- ni di linee sovrapposte le une alle altre, o giustaposte, e le une alle altre comunque innestate , e alle combinazioni di tinte e di parti messe in accordo con parti da dovervi e potervi imprimer sopra ; la qual preordinazione renda facile e grato un modo d’ impressione, e penoso e sgradevole un altro : cosicchè più difficilmente si pieghi la retina ad am- mettere ne’ commovimenti o provocati dal di fuori, o spon- tanei, quelle combinazioni che alla già detta preordinazio- ne non si addicono. = Tale preordinazione unita all’ abitudine fa sì che }’ ani- ma ed il sensorio possano completare e regolarizzare le imperfette immagini che da un commovimento iniziale ven- gono presentate nel sonno. = Impediscono |’ una e 1° altro che le infedeltà di tutte le riproduzioni primarie 0 secon- darie trapassino un certo limite, e aiutano a far nascere un regolare nuovo obbietto, una regolare nuova persona, se non un obbietto e una: persona che prima si conoscesse , e che precedentemente fosse stampata nel senso e dal sen- so. Il solo avere appreso da’ primi commovimenti la specie, se non l’ individuo, basta perchè lo spirito colla sua dire- zione, il cerebro colla sua propensione istintiva, facciano uffizio di compasso di proporzione, e dal tesoro delle ri- cordanze , cioè de’ ridestati risentimenti degli stami nervei che sono atti a provocarle, ricavino le parti che mancano, e le aggiustino al bisogno e a buona norma perchè la nuova creazione della fantasia sia secondo la verità analo- gica, e le parti si coordinino regolarmente e accomodata- mente al tutto. = E il simile avverrà de’ colloquii : perocchè abbiam pur una memoria dei discorsi, ed un’ abitudine di comporre discorsi nuovi sulle analogie di discorsi vecchi ; onde l° ani- ma nel sogno = sceglie incontanente e senza sforzo gli 9 antichi pezzi di ragionamenti o di discorsi che bisognano all’ uopo, adatti al centone da formare, e di leggieri ag- giunge gli altri che mancano a complemento. = L’ Accademico mostra Il analogia di questa scena con quelle che compongono i drammaturgi; e non manca di dare spiegazione di un fatto, attestato da molte storie = di quel sognare, in cui la persona fittizia offertaci allo spiri- to, ci par sopraffarci colla sapienza, e mostrarci una dot- trina a dilucidazione delle nostre ignoranze, o a confu- tazione delle nostre opinioni, che troviamo sommamente maggiore della nostra, e che allo svegliarci conosciamo vera. = Ma questi ultimi soggetti non si appartengono alle scienze fisiche e matematiche, le sole professate dall’ Ac- cademia. 3.° Sessione ordinaria. 23 Novembre 1854. Per quanto sieno estese le osservazioni di clinica chi- rurgica, contuttociò |’ esercizio pratico ne vede ognora delle importanti, e meritevoli di venire registrate negli archivii medici deila scienza. Fra queste piace annoverarne cinque oggi narrateci dallo esimio nostro Alunno Dottor G. B. Baravelli, due delle quali si riferiscono a speciali ernioto- mie praticate in causa di incarceramento intestinale. Ri- sguarda poi la terza un caso speciale di ernia strozzata, mentre le altre osservazioni direttamente appartengono alla ostetricia. Dire della prima vale quanto il riferire, che in seguito di erniotomia praticata in un vecchio di 72 ami, egli dovette curare l’ operate di un delirium tremens pota- torum, al quale morbo andò di subito soggetto, e ciò coll’ uso del vino e del laudano a dosi moderate ; coi quali presi- dii ebbe ben presto a guarire. In quanto alla seconda er- niotomia, abbenchè praticata pure a dovere e colle regole stabilite, in un uomo di qualche età, il Baravelli riferisce 10 che passato l’ infermo poco appresso a miglior vita, per causa di apoplessia, fu però osservato dai medici e chi» rurgi dello Spedale Maggiore, essere stato manifesta cagio- ne della morte uno stravaso sanguigno al cervello, il qua- le a quanto parve fu il prodotto dei violenti sforzi del vo- mito prolungato in precedenza per due interi giorni. Alla terza osservazione appartiene il caso di una Ernia interna strozzata in un uomo di qualche età , nel quale null’ ostan- «te i manifesti segni della flogosi nel sacco erniario, ed anche negl’ intestini, tuttavia ebbe a guarirne in pochi giorni coll’ uso interno del ghiaccio somministrato per un intero giorno, e poscia questo coadiuvato da cura emol- liente e debilitante. Dei due casi di ostetricia riferiti, )) uno si è di un Parto Cesareo, ch’ egli dovette praticare in una giovine di 25 anni, sì fattamente rachitica nelle ossa della pelvi, da essersi poi riscontrato, anche per |’ autopsia, di un solo pollice e dieci linee di Parigi, il diametro antero-posterio- re o sacro-pubiano; sicchè la bambina estratta e tuttora vivente, non avrebbe giammai potuto vedere la luce, senza l operazione da lui praticata, e sostenuta dalla paziente con vero coraggio; la quale inferma poi cessò di vivere so- lamente dne giorni ed alcune ore appresso alla operazione. Ben più degna di ricordanza si è 1’ altra osservazione risguardante una robusta sposa di anni 38, la quale sola- mente dopo 18 anni di matrimonio rimasta incinta, ebbe a soffrire nel quinto mese di forte patema, dopo del quale sorlirono poche acque dall’ utero ed in appresso comparve anche il funicolo ombellicale di un feto. Passati altri gior- ni, e in seguito di piccoli doloretti o contrazioni uterine, vide essa sortirne con sua sorpresa una sola coscia colla gamba di un piccolo feto. Niun dolore, niun altro incon- veniente ebbe poscia a soffrire, tranne di qualche scolo co- lorato e fetente. Se non che in appresso una volta in ogni mese, e precisamente all’ epoca della menstruazione espulse 11 dall’ utero, ora la tibia e la fibola, ora due costole, ora l’ ileo, ora l’ altro femore ed altri ossicini di una mano; ma tutto ciò senza disturbo della propria salute, giacchè la partoriente esercita tuttora i suoi lavori domestici, come altra donna che non senta molestia veruna. Ma intorno al- lo stato di salute di questa giovin donna, ed agli esiti del rimanente del feto rinchiuso nell’ utero, 1’ esimio relatore promette riferirne a suo tempo ulteriori schiarimenti, on- de completare questa osservazione, che molto interessa la Ostetricia e ad un tempo la Fisiologia. Dopo i casi narrati piacque pure al relatore leggere le deduzioni maggiormente meritevoli di ricordanza e con- siderazione e cioè: 1.° Che gli pare nel primo caso ben manifesto , come una buona diagnosi conduca ad una buona cura, avendolo provato di nuovo il diagnostico del Deli- rium tremens nel suo operato di Erniotomia. 2.° Che non sì può precipitosamente giudicare nei fatti oscuri, essendo le apparenze di spesso ingannatrici, come lo ha bene di- mostrato il suo infermo di Ernia morto poco appresso di apoplessia ben manifesta. 3.° Che il ghiaccio adoperato nel terzo caso è, e lo sarà sempre, un utilissimo mezzo terapeutico, usato a dovere e bene applicato. 4.° Che nel- la operata di taglio Cesareo, se egli avesse potuto osser- vare il diametro sacro-pubiano, ed operare più presto la sua inferma, vi erano tutte le probabilità di una felice riuscita, anche per la madre, come altre volte si è veri- ficato. 5.° Che non sempre deve essere lecito il ricorrere tosto ad operazioni ostetriche nei casi di feti morti, o pla- cente rimaste nell’ utero, giacchè si sono date e si danno di frequente circostanze tali, che fanno vedere chiaramen- te la utilità di un prudente temporeggiamento. 12 4. Sessione ordinaria. 30 Novembre 1854. Col titolo di Osservazioni sull’ Induzione elettrostatica il prof. Della Casa, premesse alcune necessarie nozioni circa 1° effetto dell’ induzione medesima sui corpi condut- tori, ha preso in esame l’ esperienze, colle quali il cele- bre fisico Macedonio Melloni, poco prima che fosse rapito all’ onore dell’ Italia ed alla Scienza del calorico raggiante da lui tanto illustrata, aveva mosso dubbio sull’ aggiusta- tezza della teorica seguita dai fisici intorno a quella, e aveva creduto bisognevole di modificazione il suo principa- le teorema, che è il seguente: Quando un conduttore iso- lato trovasi in presenza d’ un corpo elettrizzato, il prin- cipio elettrico contrario al principio elettrico di questo si svolge nella parte più prossima del primo e l omologo nella parte più lontana. Avendo supposto il Melloni che l’ induzione elettrostatica, estendendosi anche sugli stru- menti adoperati per conoscere la natura del principio elet- trico sviluppato ne’ conduttori ad essa esposti, potesse per- turbarli e ridurli inatti a decisive indicazioni, cercò di ri- pararneli con una lamina metallica in comunicazione col suolo, cui dovette interporre al corpo elettrizzato ed agli accennati strumenti ; e gli parve in tal modo di poter con- cludere: che un solo principio elettrico sensibile omologo a quello del corpo induttore, si estende su tutta quanta la superficie del corpo indotto, ed agisce per attrazione 0 per ripulsione sul principio elettrico contrario o simile, di cui sono stati caricati gli strumenti elettroscopici che gli sì avvicinano. Ma il prof. Della Casa considerando che la lamina metallica, se ripara dall’ induzione gli strumen- ti elettroscopici, ripara da essa ben anche una parte del corpo indotto, ha di leggieri potuto dedurre: che il prin- cipio elettrico omologo a quello del corpo induttore , non pure nella parte più lontana del corpo indotto, ma 13 dev’ estendersi eziandio in quella sua parte riparata, ab- benchè più vicina al corpo induttore medesimo : e che nel- le altre parti parimente più vicine, ma non riparate, deve trovarsi il principio elettrico contrario. Succede una vera perturbazione, ma non sugli apparecchi elettroscopici, ben- sì sul corpo indotto, in causa della lamina metallica, la quale vi cagiona uno scompartimento di fluido elettrico di- verso da quello che vi produrrebbe la libera induzione elet- trica. Ripetendo il Della Casa I’ esperienze del Melloni ha interamente confermato le sue proprie deduzioni sopra espo- ste : ha dimostrato che tutti i fenomeni, addotti da questo per concludere difettosa la seguita teorica dell’ induzione elettrostatica, discendono anzi da essa come legittimi co- rollarii: ha dato a vedere che non si può ammettere, co- me ha fatto il Melloni, che 1’ ettricità contraria a quella del corpo induttore si trovi, durante |’ azione di questo, insensibile sul corpo indotto, cioè senza tensione o affatto dissimulata ; ed ha concluso che la seguita dottrina dell’in- duzione elettrostatica non soffre crollo veruno dall’ esperien- ze del Melloni medesimo. 5.* Sessione ordinaria. 7 Dicembre 1854. Il Prof. Cav. G. G. Bianconi espone Alcune Ricerche sui Capreoli delle Cucurbitacee. I cirri son essi foglie abortive, come pensano alcuni? o rami abortivi, come altri sostengono? o veramente sono organi speciali ordinati ad un fine determinato ? Sullo stelo della Cucurdita pepo (alla quale per un primo saggio si limitano le osservazioni dell’ Accademico ) ogni nodo porta un cirro, come porta una foglia ed una inflorescenza, e queste parti han sempre fra loro la mede- sima disposizione. Or perchè dovrebbero abortire tutte le foglie a destra, e giungere a completo sviluppo tutte quelle 14 a sinistra? o perchè in ogni nodo dovrebbe abortire un ramo ? L’ ufficio di un cirro si è questo 1.° di andare a cer- care dei corpi lontani, allungandosi quanto più può ; 2.° di aderire ad essi coi ravvolgimenti dell’ apice; 3.° di accor- ciarsi dopo la presa, e stirare ed avvicinare i corpi fra’ qua- li aderisce; 4.° di reggere, e sostenere la pianta che ram- pica, e sostenere talvolta il peso che ne pende de’ volumi- nosissimi e gravissimi frutti. Ì cirri hanno un’ orbita vitale, per così dire, che se- gue l’ andamento della pianta. Ove questa è invecchiata, i cirri sono aridi e morti; ove questa è in vigore, essi pure sono in piena azione ed in forza; e finalmente ove essa è tenera ed erbacea, sono del pari i cirri rudimentali e teneri. Ma esaminando il Cirro fra li due estremi di rudi- mento e di morie, cinque fasi o periodi è parso di dovere distinguere 1.° Cirro rudimentale; 2.° Cirro steso, dirit- to, senza alcuno ravvolgimento ; 3.° Cirro ravvoltato nel- l’ apice; 4.° Cirro con. braccia raggirate a spirale; 5.° ed ultimo, Cirro indurito, e prossimo a disseccarsi. Tutte le particolarità delle varie fasi sono minutamen- te descritte dall’ Accademico, e rappresentate con apposi- le figure. Molti scrissero dell’ avvolgimento de’ cirri; contuttociò recentissimamente il Duchartre asseriva che » la volubilità » delle piante è una proprietà vitale inerente alla loro or- » ganizzazione, e la causa della quale sfugge ancora a » lutte le nostre teorie. ) L’ Accademico fonda la sua spiegazione sulla diversa dilatabilità dei diversi tessuti organici. È nota a tutti la sperienza, che suggerì a Bréguet il termometro a spirale. Saldando insieme alle loro estremità due lastre sottili di egual lunghezza, formate di due me- talli disugualmente dilatabili, quando vengano riscaldate, 15 una si allungherà più dell’ altra, ed il sistema s’ incurve- rà sicchè il metallo più dilatabile occupi la convessità del- la curva. Ecco una debole immagine di ciò che debbe ac- cadere, quando due tessuti organici siano diversamente in- turgiditi dagli umori che li percorrono e li nutrono. Il gambo del cirro consta di un abbondante tessuto cellulare, ordinariamente turgido di umore, ed ovunque circondato da integumenti fibrosi. Dividendosi il gambo in braccia, il tessuto cellulare del gambo si prolunga per la faccia interna d’ ogni braccio , mentre la faccia esterna vien formata dal prolungamento del tessuto fibroso. La sostanza cellulare, turgida com’ è, tende a dilatarsi, e specialmen- te ad allungarsi, e quindi ad incurvare il braccio del cir- ro in modo da occupar essa la convessità della curva. Il tessuto fibroso opporrà una resistenza allo sforzo che fa l’ altra sostanza per obbligarlo a prendere la forma conca- va. Quando lo sforzo non superi la resistenza, il braccio del cirro rimarrà disteso, come avviene nel secondo stadio; e quando la resistenza sia vinta, si presenteranno circon- voluzioni col tessuto cellulare alla convessità, e il fibroso alla concavità, come nel terzo e quarto stadio. E 1° Acca- demico ha trovato effettivamente il turgore massimo della sostanza cellulare corrispondere all’ epoca del ravvolgimen- to. Così è resa in buona parte ragione del fenomeno , quantunque altre cagioni più recondite possano per avven- tura concorrere a produrlo. 6.° Sessione ordinaria. 14 Dicembre 1854. L’Accademico pensionato Prof. Fulvio Gozzi legge alcune sue Considerazioni sul Mesmerismo , o Magnetismo animale. Ammessa la opinione che il Mesmerismo sia la pro- prietà, che ha naturalmente ogni essere vivente di atti- rare una parte del fluido etereo od universale, di appro- priarselo, e di modificarlo a suo piacimento, e di agire 16 con detto fluido ogni qualvolta ei voglia sopra i suoi simi- li, sopra se stesso, ed anche su certi corpi inorganici, approva e sostiene essere questo agente uno dei più poten- ti motori della natura, e doversi al medesimo apporta- re dai medici tutta quella attenzione e quello studio che si conviene, col fine di servirsene nella Terapia spe- ciale di quei morbi nei quali ha tante volte giovato, od almeno ha portato qualche sollievo. Dopo avere discorso in appresso delle origini, e dei progressi di questa maniera di cura in oggi così maltrattata e fraintesa, esprime i suoi pensamenti riprovando il mal’ uso che se ne fa dagli Em- pirici. E chi non sa, egli dice, che questi e tanti altri pseudomedici, non che le stesse donnicciuole, quando vo- gliono curare i malati ed immischiarsi nelle cure fatte dai medici, adoperando anche non di rado sostanze le più forti e pericolose, non lasciano, massime oggi giorno, di prevalersi dello stesso Mesmerismo applicato in modo scon- veniente e pericoloso? E stante che ogni Governo invigila e punisce coloro che adoperano sostanze medicinali special- mente venefiche, senza esserne abilitati, questo dovreb- be non meno estendersi e con maggiore efficacia alla pratica del Magnetismo animale, perchè si tratta di un mezzo a tutti comune, per cui sarebbe cosa vana il proibirne |’ uso regolare; e solo conviene promuoverne e regolarne i vantaggi impedendone gli inconvenienti per quanto è fattibile. Tuttociò , prosegue a dire , è per l’ appun- to conforme alle decisioni della Santa Sede, la quale am- mettendo gli effetti della magnetica influenza contro le ma- lattie, ha autorizzato moralmente i fedeli a ricorrervi, quin- di permette e riconosce per buono 1° uso del Mesmerismo in medicina da chiunque ne sia abilitato ad usarne; ed illecito soltanto dichiara il mal’ uso che volesse farsene dagl’ imperiti. Per la quale prescrizione è a tenersi per fermo che la stessa Superiorità avendone riconosciuta la importanza e l uso vantaggioso, non ometterà di valersi 17 di tutti quei mezzi che possiede col fine di impedirne li danni che spesso s° incontrano col mal’ uso. E sarebbe, prosegue a dire, non meno a desiderarsi, che i Governi invigilassero nel modo il più energico, e non permettes- sero assolutamente, che i cerretani ed i prestigiatori espo- nessero (come accade sovente ) al pubblico, ed anche nei teatri, soggetti magnetizzati, e specialmente delle giovani donne, per cui dal volgo si prende a gioco, o si giudica cosa frivola ciò che debitamente usato all’ uopo riuscire po- trebbe di grandissima utilità nella pratica medica , alla quale dovrebbesi esclusivamente riserbare ; oppure perchè se ne abusa in guisa da rendere il Magnetismo animale obbro- brioso, e gravemente pernicioso. Senonchè riflettendo che l’ abuso o mal’ uso può non meno dipendere da imperi- zia, o da pravità del curante, si potrebbe porvi riparo, statuendo che qualunque sia la pratica, il sistema, o dot- trina che seguano gli esercenti le arti salutari, venissero del continuo invigilati nel modo che più conviene, e come si osserva aver luogo presso quelle nazioni dove la Polizia Medica ha quel valore che giustamente richiede. Poste le quali cose, crede indispensabile sieno fatte delle leggi spe- ciali per regolarne l’ uso, le quali dovrebbero riferirsi in- torno alle seguenti proposizioni statuite dalla esperienza e dalla ragione. 1.° Che Il’ applicazione del mesmerismo si faccia dai medici esperti, forti, e caritatevoli. 2.° Che quante volte i Magnetizzatori dotati delle ne- cessarie qualità non siano medici, debbano , nei casi di qualche rilievo, essere diretti dai medici esperti in questo metodo di cura. 3.° Che una buona e vigilante Polizia Medica, protet- ta nel modo il più efficace da provvido Governo, ne impe- disca l’ abuso o mal’ uso, punendo severamente i trasgressori. La Memoria del Chiarissimo disserente oltre essere espo- sta colla chiarezza necessaria all’ oscuro argomento, si è 2 18 poi molto bene provveduta di quella erudizione storica, e di quelle cognizioni terapeutiche che persuadono pienamen- te gli uditori sulla importanza ed opportunità delle fatte proposte. 7.° Sessione ordinaria. 28 Dicembre 1854. Fra i moltissimi animali che i viaggiatori e naturali- sli descrissero e rappresentarono con figure alloraquando approdarono alle spiaggie dell’ America Meridionale, fuvvi I Acuti comune = Cavia acuti del Linneo = Roditore di mole notabile colà assai pregiato, perchè fornisce alimento copioso e saporito. Però 1’ anatomica descrizione di questo roditore essendo tuttora ben lungi dall’ essere esatta e co- me conviensi, il Chiarissimo nostro Presidente Sig. Prof. A. Alessandrini in oggi ha creduto colla lettura di una sua Memoria dovervi praticare quelle rettificazioni , che un minu- to e profondo esame gli ha dimostrato essere necessarie ; e ciò col mezzo di un bello individuo femmina, molto giovi- ne, della lunghezza di 32 centimetri, avente inoltre un pic- colo figlio maschio pervenuto a maturità. Egli è vero che nei recenti trattati di Anatomia Com- parata vedonsi di frequente citate le differenze che offre l’ Acuti comune negli organi e sistemi diversi con altri ani- mali affini; ma ciò è detto in modo sì fattamente conciso da non bastare nemmanco al bisogno, qualora con molta pena si riunissero questi brani sparsi e sconnessi; i quali il più delle volte riduconsi a copia servile, trascritta senza alcuna precedente verifica. Il solo sistema osseo è quello che può farvi eccezione, perchè notomizzato e descritto dal Cuvier, non però colla esattezza propria di quel celebre naturalista. Confrontando di fatti |’ individuo pervenutogli , colle figure rappresentate nell’ Opera del Sander e Dalton, l’autore ha trovato che anche in questo sistema sono occor- se differenze notevoli in minore grandezza nella testa in 19 genere, nel cranio, e nelle orbite. Il collo poi è ivi dise- gnato eccessivamente lungo, enormi le vertebre lombari, troppo grande la sproporzione fra gli arti anteriori ed i posteriori. Per la qual cosa il celebre anatomico ha credu- to meglio di farne la intera, ma esatta descrizione del si- stema osseo, unendola a belle figure ricavate dall’ individuo pervenutogli, notando pure tutte le differenze riscontrate, ed i rapporti che queste tengono con altri individui di quella famiglia. Inquanto poi all’ apparecchio digerente , del quale quasi nulla nell’ Acutî è detto fin qui dagli Anatomici , il Chiarissimo Professore, prevalendosi dello stesso individuo, ne porge una bella descrizione, notandovi le diverse particola- rità, fra le quali in questo roditore deve collocarsi la gran- de lunghezza del canale alimentare, non essendo per questo riguardo superato da verun’ altra specie. Duole però che lo stato di conservazione dell’ individo posseduto non gli abbia permesso di seguire l'andamento e lo sbocco dell’ esile con- dotto pancreatico , come pure a lui duole che la necessità di conservare lo scheletro sia stata cagione di trascurare la dimostrazione dell’ asse cerebro-spinale. Queste ommissioni e il desiderio di rilevare le differenze di struttura esistenti fra il feto e l’ adulto, determinarono pure il celebre Zoo- logo a prevalersi del feto riunito, descrivendo e delineando di esso con apposite tavole, alcune importanti differenze ana- tomiche , per indi proseguire 1’ esame degli altri visceri nel- la madre, il polmone, il fegato, |’ apparecchio uropoje- tico, non che quello degli organi della generazione. In fine del quale indaginoso lavoro assicura, che i caratteri della più minuta anatomia comparata di questa specie di Roditore gli hanno confermata la opinione di quei Zoologi, che vol- lero della medesima farne un genere distinto, cui applica- rono i nomi di Dasiprocta (Uliger); Viscaccia (Schinz); Chloromys (F. Cuvier) e ciò per togliersi dalle molte in- decisioni delle classificazioni precedenti. E questo esempio an- cora prova abbastanza la necessità dall’ Anatomia Comparata, 20 e quali e quanti vantaggi possono ripromettersi da questa scienza, massime i Zoologi, basando sopra caratteri ana- tomici, non solo le primarie loro divisioni del regno ani- male, ma quelle altresì dei generi e delle specie. I preparati, eseguiti con grande maestria, ora trovansi cogli altri nel gabinetto Zootomico da lui fatto ; il primo a vero dire che vanti |’ Italia per estensione, per importanza , e per celebrità. 8. Sessione ordinaria. 4 Gennaio 1855. Il Prof. G. B. Fabbri legge la= Descrizione di un li- totritore uretrale, e di un frangipietra curvo-retto .= Considerando gl’inconvenienti che pur rimangono ne’ più commendevoli processi di litotripsia or praticati, 1’ Accade- mico riputava potesse tornar utile un tentativo di far rivi- vere l'antico del Benivieni, recandovi que’ perfezionamenti che l’ arte moderna ha diritto di esigere. Il Litotritore uretrale, ond’ egli ha inteso di rifar quel- lo del Benivieni, del quale non ci è conservato disegno al- cuno, è così costituito. Una cannuccia metallica schiacciata ai lati, grossa come una mezzana siringa, lunga otto pollici , è saldata sopra una robusta lista di acciajo, che 1’ oltrepassa di un buon pollice. La medesima lista, prima di terminare , s’ incurva a modo d’ uncino schiacciato ai lati e più sottile della cannuccia ; tondeggiante di fuori ; tagliato a picco nella faccia che guar- da l’estremità aperta del tubo. La porzione libera della lista predetta s’ incurva leggermente in basso per offerire al cal- colo, che deve entrarvi, un seno più concavo. Un fusto d’ac- ciajo, scorrendo per entro la cannula, arriva quasi a toc- care l’ opposta faccia dell’ uncino; e il fusto nella sua cima è piano e solcato d'alto in basso. Questo piccolo litotritore nel- l’altra estremità, che ha maggior volume e può chiamarsi padiglione, è fornito di un apparecchio di pressione alla 21 Charrière; imperocchè il fusto nella faccia superiore è den- tato, e però può essere posto in movimento da un manu- brio a rocchetto introdotto nell’ anello del padiglione. Il mo- do di servirsi dello strumento è quello che segue. Situato l’ infermo supino, il litotritore viene immerso nell’ uretra, sino a tanto che tocca il calcolo. Allora ritirato il fusto d’ac- ciajo per lasciare sgombro il seno dello strumento, 1’ ope- ratore insinua destramente di piatto la parte uncinata al di là del corpo estraneo. Il fusto avanzato di nuovo lo avvise- rà della presa. Dopo di che rimane solo o trar fuori il cal- colo , se cede a blandi tentativi, o schiacciarlo. Dopochè l’ Accademico ebbe fatto eseguire questo li- totritore, gli venne in pensiero che si sarebbe potuto fog- giare cogli stessi principii un frangipietra propriamente detto. ‘Nel frangipietra inventato dal disserente sono le stesse parti, onde si compone il precedente litotritore uretrale. Ha nel suo padiglione 1’ apparecchio di pressione alla Charrière. A questo succede il corpo dello strumento tutto d’acciajo fog- giato a modo di un tubo diritto che ha le pareti assai ro- buste, e che, misurata la lunghezza di sei pollici, si pro- lunga colla sua parete inferiore in una solida appendice con- cava, la quale termina con estremità olivare , più larga che grossa, sporgente e divisa da profondo e largo solco nella faccia anteriore che è volta contro 1’ apertura del tubo. Quel solco converte la sporgenza della estremità olivare in un doppio risalto ottusamente acuminato. Una robustissima asta di acciajo percorre tutto il tubo, e di più arriva quasi a toccare l’ estremo olivare a ricontro alla doppia sporgenza anzidetta. L’ asta è dentellata là dove risponde al padiglione per servire all’ ingranaggio del manubrio a rocchetto ; e nella cima dell’ altra estremità è per la metà inferiore di sua grossezza armata di due punte formate a piramide trian- golare; nel mentre che l’ altra metà superiore è semplice- mente sporgente come l’ ugna di un dito. 22 Una pietra, che presenti un diametro di oltre due pol- lici, può essere con tutta agevolezza accolta nel seno della porzione ricurva, e può con pari saldezza esservi man- tenuta, stretta che si trovi tra il doppio risalto della estre- mità olivare, e le sporgenze scolpite nella cima dell’ asta. E se la pietra si trovasse di avere consistenza mediocre, la pressione dell’ asta incalzata dal manubrio la romperebbe ; e se fosse più consistente , la romperebbero i colpi del mar- tello. La morsa dell’ Amussat gioverebbe a reggere il fran- gipietra. L’ applicazione di questo sirumento non diversi- fica dalla maniera che si tiene nell’ introdurre in vescica per la ferita aperta nel perineo uno de’ comuni litotritori d’ Heurteloup. Tale frangipietra curvo-retto ha sui litotritori curvi il vantaggio che nasce dall’ essere la percussione esercitata con un’asta diritta più efficace di quella esercitata con un’ asta che è curvata. E dove i percussori comuni hannosi ad aprire in vescica, onde |’ operazione può incontrare qualche difficoltà o riuscire anche ineseguibile; in questo invece, introdotta la branca curva di dietro alla pietra, l'asta retta scorrendo pel tubo va naturalmente ad incontrare la pietra stessa nel- la sua faccia anteriore. Sessione straordinaria. 6 Gennaio 1855. Il Segretario presenta al Consesso una voluminosa Me- moria manoscritta di concorso al premio Aldini sul Galva- nismo pel 1854, ricevuta il 18 dello scorso Dicembre, e contrassegnata coll’ epigrafe = Multa abscondita sunt majora his; pauca enim vidimus operum ejus. Ecclesiastico Cap. XLII. Ver. 36.=A norma dell’ apposito Regolamento, il Presidente nomina una Commissione la quale prenda in esa- me la Memoria suddetta, e riferisca. In {seguito fu letto ed approvato ‘il Rapporto di una Commissione nominata ad istanza del Ch. Prof. Brugnoli per 23 esaminare i MSS. lasciati dal fu Cavaliere Vincenzo Valorani, e farne scelta per la stampa di un volume, che il Valorani ordinò fosse eseguita a carico della sua eredità. 9.% Sessione ordinaria. 11 Gennaio 1855. L’ Alunno Dottor Carlo Massarenti espone due casi in- teressanti di lussazione cosso-femorali, 1 una delle quali posteriore e recente avvenuta in una donna quinquegenaria, e l’altra anteriore e di antica data, accaduta in un giovane di 25 anni, rimesse con semplici movimenti di leva, E siccome la condotta da esso tenuta in questi processi di riduzione l’ha desunta da alcune nozioni acquistate nell’ ese- guire artificialmente lussazioni sul cadavere, così egli fa precedere all’istoria dei due su riferiti casi alcune conside- razioni ricavate da questi esperimenti, che qui non potrei bene indicare se non portando letteralmente quanto egli ha esposto a questo riguardo. Per la qual cosa mi limiterò a far conoscere soltanto che egli considera in questi sperimenti primieramente la velocità acquistata dal capo del femore, allorchè la causa dello slogamento dipende da un urto istan- taneo pel quale esso è più atto a sconnettere e lacerare le parti che si oppongono al suo movimento : In secondo luogo l’ essere il femore mosso dall’ urto convertito in una leva di primo genere, della quale egli considera principalmente il punto ove viene a stabilirsi il di lei fulcro; imperocchè dal îrovarsi questo situato a considerevole distanza dalla resisten- za, fa vedere che l’osso che forma la leva non potendo resistere al contrasto della resistenza colla potenza, o si rom- pe nel suo collo (parte più debole di esso) o nel punto d’ appoggio ove cade tutto lo sforzo della leva. Che se in- vece l’ appoggio è situato in prossimità della resistenza, al- lora si può agire con tanta forza sul braccio della potenza da superare la resistenza per quanto robusta sia, senza cor- rere il rischio che l’osso si rompa. Tutto questo ha dedotto 24 non solo dalle esperienze cadaveriche da lui istituite , le quali sono conformi a quanto accade sul vivente in casi con- generi, ma eziandio dimostra che tali esperimenti sono con- validati da leggi fisico-meccaniche le quali non possono es- sere controverse. Dopo di che emette l’ osservazione, che in molti casi di lussazione di femore che avvengono nel viven- te, è necessario per rimetter ]’ osso a luogo di eseguire un mo- vimento di leva, affine di far sormontare al capo dell’ osso lussato il ciglio cotiloideo, per ridurlo nella propria cavità, avendo però l’avvertenza avanti di fare questo movimento , di ricondurre il capo del femore sui contorni del ciglio cotiloideo stesso, se mai pel genere di lussazione fosse stato dal mede- simo allontanato. E qui espone il caso di lussazione acca- duta nella donna, ove tornati inutili diversi processi di ri- duzione , riescì a rimettere la lussazione coll’ istituire sul femore slogato una leva di primo genere : fa vedere inoltre il pericolo incorso di fratturare 1’ osso portando il punto d’ ap- poggio della leva a considerevole distanza dalla resistenza per l’ostacolo incontrato dal capo contro il talone dell’accettabolo, e mostra in fine come gli fu facile di rimettere l’osso a sito, allorchè stabilì 1’ appoggio in vicinanza della resistenza ; potendo in questo modo eseguire colla leva uno sforzo con- siderevole , senza che 1’ osso cedesse al contrasto delle forze operanti. Poscia pone più in chiaro l’ utilità di questa pra- tica da lui adottata nel secondo caso del giovane affetto di lussazione sul foro ovale, la quale e per le complica- zioni che I’ accompagnarono e susseguirono, e per la vio= lenza della causa che vi diè luogo, e per esistere da 37 giorni si disperava di ottenerne la riduzione. In questa cir- costanza , oltre l’istituire una leva come nel caso superior- mente accennato, egli ha agito sul braccio della potenza con vigorosi urti , affine di comunicare al capo del femore quella velocità per la quale è provato, come risulta dagli esperimenti eseguiti, e come è noto dalla Fisica, che esso rendasi più atto a superare le resistenze che si oppongono =» 25 alla di lui rimozione senza pericolo che |’ osso sì rompa. E in questo modo conducendosi ha potuto rimettere forzata mente l’arto a suo posto. Quindi nota la mancanza del ru- more che si suole sentire nel momento che l’ osso rientra nell’accettabolo, e la lunghezza maggiore dell’ arto osservata dopo la riposizione; espone le diverse cause che potevano dar luogo a questi fenomeni , e fra esse annovera come prin cipale il vuoto che va a formarsi nella cavità articolare nel- l’ atto che il capo l’abbandona; vuoto che viene subito oc- cupato da qualche porzione di parti molli, le quali empien- do in parte il cavo articolare impediscono che il capo del- l’ osso rientri totalmente nella propria cavità, e con ciò dà spiegazione e della mancanza del rumore e della lunghezza dell’ arto. Questa circostanza obbligò il malato a rimanere alcun tempo in letto, e dopo 20 giorni dalla eseguita ope- razione, trovandosi gli arti equiparati, potè 1’ operato cami- nare liberamente e tornare fra breve all’ esercizio del pro- prio mestiere. Finalmente dalle cose esposte nel suo lavoro ricava al- cune conclusioni che qui non potrei addurre senza dilun- garmi di troppo, la giustatezza delle quali è pienamente confermata e dalle esperienze eseguite sul cadavere, e dai processi da esso lui adottati nel rimettere lussazioni sul vivente. 10.* Sessione ordinaria. 18 Gennaio 1855. Un molto notabile esperimento era stato fatto in Vien- na, nella mattina del giorno 15 ottobre 1854 dal Direttore generale degli I. R. Telegrafi Dottor Guglielmo Gintl, per dimostrare che due correnti elettriche contrarie si possono trasmettere simultaneamente pel filo interposto a due stazio- nì telegrafiche, e che perciò in ognuna di queste si può ricevere dispacci dall’ altra e mandargliene nello stesso tem- po. L’ esperimento era riuscito a maraviglia : ma perchè non 26 sì sapeva, nè sì sa ancora in quale maniera il mentovato Gintl avesse disposto il suo apparato telegrafico elettro-chi- mico col quale lo eseguì, 1’ ab. Francesco Zantedeschi Prof, di Fisica nell’ Università di Padova, tentò il medesimo espe- rimento nel suo fisico Gabinetto verso la fine dello stesso mese mediante due apparati telegrafici alla Morse, e ne ot- tenne il risultato medesimo. Siccome questo secondo esperimento lasciava dubitare della simultanea trasmissione di due correnti contrarie sopra uno stesso filo metallico, 1° Accademico prof. Della Casa si die’ cura d’ instituire su ciò alcune esperienze, che con- dusse a termine nel giorno 11 del corrente, e comuni- cò alla mostra Accademia nella susseguente tornata del giorno 18. Dopo aver esposto le varie esperienze, colle quali i fi- sici, quando per corti e quando per lunghissimi condutto- ri, avevano cercato di far passare insieme due correnti elet- triche contrarie , arrivato a quella del Zantedeschi qui sopra indicata, cui volle ripetere: » disposi, egli dice, alla mia destra il tasto dell’ apparato alla Morse allora arrivato da Milano pel Gabinetto di Fisica di questa Pontificia Universi- tà, e dirimpetto ad esso nella distanza di circa otto metri la sua macchina scrivente ed il suo relais: inoltre alla mia sinistra, nella distanza di parecchi metri, collocai la mac- china scrivente col rispettivo relais di altro apparato alla Morse, e rimpetto il suo tasto. Un filo di rame ricotto lun- go sei metri, grosso poco più di un millimetro e posto fra- mezzo ai due apparati telegrafici era tenuto orizzontalmente in alto da sostegni isolatori nella direzione del meridiano magnetico. Era il filo destinato ad essere percorso dalle due correnti dirette simultaneamente in versi contrarii. Dal pri- mo de’suoi capi partivano due tratti dello stesso filo, lunghi ognuno tre metri e diretti a congiungerlo l’ uno col tasto a destra e l’altro col relais a sinistra; e dal secondo capo partivano altri due tratti di filo del tutto uguali ai precedenti, 27 per metterlo in comunicazione col relais e col tasto che sta- vano dirimpetto. Tutti questi tratti di filo avevano una loro porzione diretta secondo il piano del meridiano magnetico , e quindi parallela al filo principale da cui partivano. Presso all’ un tasto e all’ altro era un elemento di pila alla Bunsen, un di cui polo, per esempio il positivo, comunicava col tasto medesimo , e l’altro polo cemunicava mediante un pezzo del solito filo di rame col relais che gli stava a rincontro. Questi elementi rappresentavano le così dette pile di comu- nicazione. Così erano chiusi i circuiti dei due apparati te- legrafici ; oltre i quali altri due circuiti minori facevano co- municare i due relais colle loro macchine scriventi, ed avevano parimente ognuno un elemento di pila alla Bunsen, che denotava la pila denominata locale. » Così disposte le cose, quando si toccava |’ uno o Val- tro tasto, immantinente cominciava a scrivere la rispettiva macchina scrivente, ed era segno che la corrente elettrica sì trasmetteva per l’intero suo circuito: ma quando tocca- vansi nello stesso tempo i due tasti, e perciò si mettevano in moto entrambe le correnti delle pile di comunicazione, non era ben certo che queste correnti, benchè agivano tutte due le macchine scriventi, percorressero rispettivamente i loro circuiti, e andassero a passare realmente e simultanea- mente in direzioni opposte pel filo comune ai circuiti stes- si; perchè , oltre questa supposizione, poteva anche farsene una delle tre seguenti. 1.° Che l’ una corrente (la più intensa) camminasse pel suo circuito, e l’altra arrivata al primo capo del filo comu- ne, anzichè incanalarsi per esso, ne deviasse ed entrasse nel circuito della prima per proseguire unita con essa sino all’ altro capo del filo anzidetto; ed ivi separarsene, rien- trando nel proprio circuito e ripetendo il giro sempre come dianzi. 2.° Che la corrente più debole venisse annullata dalla più forte; che questa scorresse pel filo comune col solo 28 # suo eccesso sull’ altra: e che da eccesso siffatto provenisse una corrente di derivazione a far agire la macchina seri- vente della corrente più debole. 3.° Che siccome le due correnti, per l'indole degli apparati telegrafici tanto alla Morse quanto di ogni altra gui- sa, non sono affatto continue, ma intermittenti, così | una di esse si propagasse pel filo comune nei soli momenti d’in- termittenza dell’ altra , e perciò esse fossero correnti propria- mente successive anzichè assolutamente simultanee. L’ esperienze dell’ Accademico Della Casa furono preci- puamente relative a queste supposizioni, e dimostrò non po- tersi ammettere la 1.°, perchè l’ago calamitato, sottoposto al filo della corrente più intensa in qualunque sua parte non comune ai due circuiti deviava sempre ugualmente, sia che circolasse o no la corrente più debole ; e perchè , sottoposto in vece a quella parte comune di filo , la sua deviazione dimi- nuiva, ogni volta che si faceva circolare 1° altra corrente contraria. Dimostrò dipoi non potersi ammettere la 2.* supposi- zione, perchè tolta affatto la pila che dava la corrente più debole, e non punto interrotto il circuito di cui facea par- te, trovò che per quanto si facesse muovere il tasto di questo, la sua macchina scrivente non agiva di sorta, e dava così a conoscere che non riceveva corrente di derivazione sen- sibile. In fine, dimostrò non potersi ammettere neppure la 3.* supposizione. E qui, conoscendo insufficiente all’ uopo l’ago calamitato, egli fe’ in modo che dall’ un apparato telegrafico venisse dala una corrente continua, e per conseguenza la sua macchina scrivente tracciassè una lunga linea senza in- terruzione veruna : e cercò che l’altro apparato desse in vece una corrente interrotta, cosicchè la sua macchina scrivente tracciasse una serie di lineette, o una serie di punti, o una di linee e di punti frammisti come più si voleva. Ciò av- venuto, ed esclusa già la 1.* supposizione che I’ una corrente 29 passi fuori del filo comune ai due circuiti, ed esclusa ezian- dio la 2.% relativa ad una corrente di derivazione, restò solo che tutte e due le correnti si propagassero pel filo co- mune; ma perchè l’ una vi passava continuatamente, 1’ altra di necessità non poteva non passarvi nello stesso tempo, e perciò le due correnti erano veramente simultanee e non successive. Messa pertanto fuori d'ogni dubbio la simultaneità della trasmissione di due contrarie correnti sopra uno stesso con- duttore , il prof. Della Casa volle indagare, se mai le due correnti si trasmettessero sopra due lati diversi del condut- tore, com’era venuto in mente ad alcuno. Perciò , fatte pas- sare per un grosso cilindro d’ ottone lungo dodici decimetri due correnti contrarie e simultanee, fe’ in modo, con un congegno da esso lui ideato , di avere delle correnti derivate dai varii punti successivamente di due qualunque sezioni del medesimo cilindro; e perchè le ebbe sempre di uguale in- tensità, corrispondente alla differenza delle intensità delle due correnti, ne dedusse che non preferivano esse luoghi speciali per la loro trasmissione sulla superficie del cilindro conduttore, ma che vi si trasmettevano su tutti i punti ugualmente. Poscia il Dottor Predieri comincia la lettura d’ una Me- moria, di cui nella sessione seguente. 11.* Sessione ordinaria. 25 Gennaio 1855. Proposta di una Cronologia delle malattie dell’ uomo si è il titolo di un lavoro diviso in due memorie, che 1’ Ac- cademico pensionato Sig. Dottor Paolo Predieri leggeva al- l’ Illustre Consesso in questa e nella precedente Sessione. Intorno alle medesime, come parte di un Saggio di Medi- cina politica che risguarda la influenza dei luoghi, dei tem- pi, e delle persone a contrarre un morbo, o ad esserne esenti, fà d’uopo conoscere, che nei decorsi anni 1850 e 30 1851 il sullodato accademico presentò le due parti prece- denti, che contenevano le proprie idee di Medica Geogra- fia, e quelle di Patalogia comparata. Ora nella Cronolo- gia delle malattie, come la terza parte del suo lavoro allora annunziato , si fà ad esporre i propri pensamenti appoggian- doli agli studi fenomenologici da esso praticati sulla origi- ne dei morbi, sull’andamento e successivo progresso ch’es- si ebbero nei vari decorsi secoli, sia in riguardo alle cau- se, ai fenomeni, alla sede, e alla indole o condizione es- senziale che gli ha favoriti e sostenuti, come anche intor- no alle varie prescrizioni medico-politiche e farmaceutiche che adoperaronsi per debellarle. Le quali cose tutte egli cre- de potersi dimostrare essere state sempre molto varie, e ta- li dovere anco essere in avvenire, per quell’ assioma inec- cezionabile che chi nasce muore, sia pur esso anco dipen- dente dalle varie condizioni individuali e generali, quale un morbo qualunque debbe considerarsi. Questo studio crono- logico, propone il disserente sia praticato sopra i morbi tut= ti, ma specialmente sugli endemici, epidemici, e contagio- si, come quelli che maggiormente presentano le differenze avvenute, ed anche per |’ utile manifesto che ne ridonderà alle popolazioni, allorchè fia d’ uopo stabilire leggi sanita- rie o prescrizioni di pubblica igiene, in armonia coì biso- gni attuali; od anche perchè il medico non abbia soltanto notizia di quello che oggi si osserva nei fenomeni, e nella indole loro, ma sibbene sia tenuto conto del metodo di cu- ra cui cedono di presente, ben diverso da quello che ado- perarono gli antichi medici, i quali riescivano tuttavia a de- bellare malattie in oggi ribelli ai metodi curativi allora pre- scritti e usati. Le idee quindi dello Accademico intorno la influenza arrecata dal tempo, che è quanto dire dei cam- biamenti diatesici, cui andò soggetto il fisico delle popola- zioni nelle varie epoche storiche, vengono da esso sostenu- te, e per così dire dimostrate con succinte relazioni stori- che sopra l’origine e progresso di vari morbi, desunte dallo 31 studio di autori assai riputati, e vengono pure sostenu- te colle opinioni di filosofi e medici antichissimi, Ippocrate, Plutarco, Galeno e Plinio, e di altri meno afitichi come Ba- cone di Verulamio , Sydenham e Gregory , ed anche da quelle di medici moderni, |’ Hecker, il Fiister, ed il Foissac. I quali intrapresero lavori sopra 1’ argomento delle variazioni che av- vengono nel corso delle malattie, per guisa che il suo ra- gionamento rimane appoggiato, non solo dalle osservazioni storiche, ma sibbene dall’ autorità di uomini riputati, e solo in oggi vi manca quella estensione, quella ricognizione e pubblicità che può tanto servire al progresso della patologia generale , e al ben pubblico nelle prescrizioni della medici- na politica internazionale. Le osservazioni storiche oggi da esso riportate vengono da lui distinte in quelle che risguarda- no morbi affatto o quasi affalto cessati, come la Lebbra, la Danzimania, le varie Pestilenze avvenute nei trascorsi antichi tempi; dallo studio attento delle quali infermità rimangono chiaramente manifeste le differenze. cui andarono soggette. La descrizione della lebbra, che per la varietà fu detta con voci latine Elefantiasis, Morbus erculeus, Satiriatis, Leo, Mentagra, e con nomi italiani male di Giobbe, di S. Laz- zaro, di Gerusalemme; la sua indole epidemica e contag- giosa sostenuta dalle antiche leggi ebraiche e del medio evo, e dalle storiche narrazioni di Galeno , di Sprengel, di Thie- ne, di Medici, di Biagi, dimostrano pienamente essere un fatto, che le popolazioni attuali non hanno in oggi come le antiche, l’ attitudine per quel morbo schifoso e funestis- simo, avendone invece acquistata per qualche altro fortuna- tamente meno grave e mortale ; nè occorrere in oggi nemme- no uno spedale pei lebbrosi, quando nel 1300 Y Europa (al dire del Paris e del Rymond) furonvi perfino 19 mila spedali pei lebbrosi, e milioni di individui gravemente af- fetti dal rio malore. Malattia pure finita ricorda 1’ autore essere la danzima- nia, la quale prese nomi diversi secondo i paesi che afflisse, 32 e la forma, che presentò nel decimo quarto secolo. La sto- rica descrizione di essa, quantunque succintamente descrit- ta dal Heker, pienamente dimostra la tendenza di quelle popolazioni a contrarla, anche per mezzo della vista; tal- chè turbe di donne, di uomini, di fanciulli epilettici du- rante una fase dell’accesso accorrevano al circolo fatale nel- le piazze e nei trivii, e quasi privi dei sensi danzavano va- rie ore di seguito per così dire furenti senza prendere ver- gogna dei circostanti, finchè dall’ ambascia spossati cadeva- no al suolo, per rialzarsi dopo molte ore al prossimo assal- to nervoso. Riporta pure alcune citazioni storiche sopra morbi che variarono dalla origine loro fino al presente, sia aggravando sia diminuendo la indole loro appiccaticcia, facendosi talvolta pur anche epidemici, La sifilide a suo dire sarebbe di questo numero. Alcune citazioni tolte da Asclepiade di Bitinia, da Musa, da Megas di Sidone, da Celso tenderebbero a dimostra- re che il Morbus indecens degli antichi romani era una vera sifilide; e ad effetti sifilitici doversi riferire la marisca, il ficus, il chia, il fluor, la ragadis, la rubigo phagedenica o carbuncula il phimosis e paraphimosis ed altre molte va- rietà di fenomeni notati da quegli autori, e dai poeti satiri- ci ed epigrammatici Marziale e Giovenale, i quali chiama- vano ancunnuente le donne affette da scolo malsano, e cla- zomene quelle che avevano scolo cristallino appiccaticcio ; epitetando di Spincturnicium il loro viso macchiato e fiorito di bulbi, di crosta, di varie flittene umide insane, malat- lie che pare si attaccassero fra loro, poichè scriveva Lucilio » Haec te imbubinat, et contra te imbulbitat ille: e scriveva Giovenale » Podice levi caeduntur tumidae, medico ridente, mariscae. Ma troppo mi dilungherei se come per queste dovessi dire delle altre malattie da lui ricordate in appoggio del suo di- re, cioè la Gotta, lo Scorbuto, e dei fenomeni molto diver- si presentati da queste infermità nei vari periodi storici, 33 come anche se dovessi riferire quello che il Predieri ebbe a dire nelle due Sessioni intorno ad alcune nuove malattie, ricordandole tali, come il cholera morbus, accompagnato in questo secolo dal periodo algido, e seguito dal periodo tifoi- deo (non mai osservato dagli autori nel colera degli altri tem- pi), per guisa che volendo ora concludere col medesimo mi rimane solo a dire, essere molto opportuno che la proposta Cronologia delle malattie, e quella della medica Geografia e della Patologia comparata (altre due parti del suo Saggio) sieno dall’ autore pubblicate, affinchè il suo concetto, ora semplicemente annunziato, possa risplendere di tutta quella vivida luce di cui è provveduto questo argomento, e riu- scir possa veramente favorevole al progresso della medici- na politica, alla quale dallo egregio autore fino dallo esor- dire venne conscienziosamente dedicato. 12.* Sessione ordinaria. 1 Febbraio 1855. Il Dott. Domenico Piani legge alcuni Cenni sulle Equa- zioni a due Incognite , principale oggetto de’ quali è lo sco- prire fattori della Risultante per poterla piu facilmente ri- solvere. I metodi diretti debbono evidentemente consistere nel cercare i fattori comuni alle diverse funzioni de’ coefficienti dell’ incognita eliminanda, che occorre preparare per otte- ner la risultante medesima. Di questi è fatta applicazione a’ sistemi d’ equazioni, i quali contengono due sole potenze dell’ incognita eliminanda, e di cui è caso particolare il sistema di due equazioni di 2.° grado. I metodi indiretti consistono in combinar le proposte equazioni di guisa da ottenerne una terza fornita di un fat- tore in funzione=di una sola delle incognite. Le più sem- plici di tali combinazioni sono la somma delle proposte e la sottrazione d’ una dall’ altra. Imperocchè se sommando le proposte o come stanno o moltiplicate per quantità note, 3 34 ì avvenga che la somma abbia un fattore Y in funzione di una sola incognita y, allora le radici della F(y) =0 sosti- tuite nelle due proposte equazioni le ridurranno ad una sola e medesima equazione ® (x) = 0; onde le radici delle F=0, ®=0 apparterranno al proposto sistema, e quindi F=0 sarà un fattore della risultante in y. Accade talvolta che la somma delle proposte fornisca un fattore, ed un altro ne fornisca la sottrazione , ed anche che questi due fattori esauriscano la risultante. Finita la lettura di questa Nota , il Prof. Giuseppe Ber- toloni comunica al Consesso un Articolo che intende inse- rire nel suo Propagatore Agricola, contenente Notizie sul- la Bombyx Paphia delle Indie Orientali, e sul suo boz- zolo singolare. L’ Accademico crede però di dovere sconsi- gliare i sericoltori dall’ introdurre questo baco fra noi, pa- rendogli che la soverchia diversità delle circostanze non deb- ba permettere che possa prosperarci. 13.* Sessione ordinaria. 8 Febbraio 1855. L’ accademico Sig. Prof. Francesco Rizzoli legge una . sua memoria intorno ad un mezzo, non usato finora, per ridurre stabilmente con qualche facilità una grave lussazio- ne sintomatica del femore sinistro. Il fatto da lui narrato risguarda certo Luigi Neri, che di anni 17 per caduta grave era rimasto infermo di una lussazione posteriore superiore del femore sinistro, della quale venne curato colla riduzione dell’ osso lussato.. Però poco tempo appresso, nel sollevare un corpo molto pesan- te, il Neri sentì vivo dolore, e soffrì grandemente alla par- te in prima offesa, talchè più non potè camminare, anzi infermato dovette di nuovo guardare il letto. Colle intrapre- se cure alla parte offesa, il vivo dolore ammansossi, ma non potè tuttavia 1’ infermo servirsi bene dell’ arto se non se per breve tempo; perchè questo allungatosi in prima, e 35 poscia dopo breve tempo raccorciatosi, più non gli permise alcun movimento. In seguito di accurato esame praticato sulle parti infer- me nell’ anno 1853, ed anche pei fatti precedentemente avvenuti, il Chiarissimo Rizzoli si persuase, che il Neri trovavasi infermo di lussazione iliaca sintomatica, 0 con- secutiva del femore sinistro; quindi adoperati i migliori e più appropriati presidi per introdurre il capo del femore entro la cavità cotiloidea si accorse, che rientrato il capo articolare tendeva questo a sortirne ben presto se non ado- perava quei mezzi adatti per stabilmente contenerlo; fra è quali mezzi credè di dovere preferire la estensione continua e graduata dell’ arto offeso , contenibile questa coi piani di- versamente inclinati, o col letto di Earle da lui riformato per questa ed altre infermità, e già reso noto al pubblico in precedente suo lavoro. E in realtà per le ragioni stesse per le quali con molta agevolezza d’ ordinario si riesce ad ot- tenere la riduzione immediata delle lussazioni traumatiche iliache del femore, eseguendo in modo regolare la forza estensiva sull’ arto offeso semiflesso, il Rizzoli stimò pure che tale riduzione potesse con minore difficoltà, e a gradi effettuarsi tenendo, mediante il suindicato letto, il membro semiflesso, onde esercitare per tal guisa sul medesimo una graduata estensione. Inoltre in questa posizione la musco- latura dell’ arto lussato trovandosi in uno stato non violen- to di tensione, che per la forza estensiva stessa debbe ren- dersi facilmente a lungo tollerata, e niuna forte pressione sul membro infermo esercitandosi, si possono evitare quei pericoli, che per la continuata pressione si rendono assai temibili, ed obbligano non di rado a sospendere o ad ab- donare del tutto la cura con altri apparecchi intrapresa. Adoperati per tanto, e a gradi diversi questi mezzi, e favo- rita nei debiti modi la introduzione del capo nel cotilo, ivi lo trattenne colla posizione dell’ arto e del corpo, e colle . flessioni per guisa che tra breve ottenne, che la riduzione 36 sì confermasse nella cavità cotiloidea, e 1’ arto accorciato ri- prendesse la primiera lunghezza. Difatti dopo tre mesi allo incirca il Neri, già terminata ogni cura e sortito dallo Spe- dale, era così bene guarito da potere correre per fino da solo, non lasciando neppure sospettare che egli per lo ad- dietro avesse sofferto gravissima lussazione. Terminata la storica narrazione, riferisce il chiarissi- mo disserente quelle deduzioni che gli sembrano derivare dagli avvenimenti osservati. Sebbene, egli dice, il metodo dei piani inclinati , e quello del letto di Earle da me rifor- mato, abbia l’ inconveniente di non permettere la deambula- zione all’ infermo nel tempo della cura, ha però tali van- taggi da renderlo almeno in non poche circostanze , prefe- ribile agli altri che vennero fin qui adoperati ; imperocchè questo letto serve a mantenere il membro infermo semifles= so in quella posizione che rende la estensione continua fa- cilmente tollerata, in causa di trovarsi la muscolatura del- 1’ arto offeso in quelle condizioni che a ciò sono maggior- mente acconcie. Inoltre ha poi questo altro speciale van- taggio , che la estensione può essere insensibilmente , e con molta facilità portata al massimo, ed a gradi pure dimi- nuita, quando si rende o non tollerata o eccessiva, per- lochè meglio poi si giunge a ridurre la lussazione a quel punto che è indispensabile, per dar luogo ad una riduzione stabile e completa. La quale è anzi sperabile non possa mancare allorquando il cavo cotiloideo si trovi notabilmente appianato, giacchè una volta che sia condotta la testa del femore entro il cotilo, non potendo la medesima per la posizione in cui rimane l’ infermo da quello allontanarsi , e ciò avendo luogo senza patimento, o senza che si eserciti pressione molesta ed incomoda sul membro onde stabilmen- te fissare la testa del femore stesso nel punto che ha oc- cupato, la natura ha con ciò campo di dar luogo placida- mente a quelle salutari evoluzioni, dalle quali deriva lo svolgimento completo della cavità cotiloidea. Si evitano con 37 ciò quei pericoli , i quali essendo non di rado conseguenza di tale pressione rendonsi assai temibili, e costringono di frequente il Chirurgo a desistere del tutto dalla cura con comprensivi apparecchi intrapresa. Oltre di che col ricordato letto , essendo assai facile il variare le inclinazioni dei piani su cui poggia I° infermo, si riesce pure ad evitare la rigidezza, e le anchilosi delle ar- ticolazioni proprie dell’ arto affetto, e questo letto medesi- mo potendo adattarsi agli individui di varia statura ad es- sere ancora usato in circostanze, ed in morbosità degli arti inferiori molto diverse, ben si conosce questo essere di spesso sorgente di notevoli risparmii di spesa, i quali in ispecial modo negli Spedali con molto maggiore profitto ponno essere impiegati nell’ acquisto di altri oggetti nota- bilmente utili per coloro, che da malattie e da incalzanti bisogni sono appunto indotti a chiedere ricelto, e soccorso in quei locali che la compassione e la pietà edificarono in loro benefizio. Pertanto questa guarigione ottenutasi bene e comple- tamente dal nostro Clinico, oltre che dimostra viemeglio la possibilità di un nuovo metodo di cura, debbe poi col- locarsi d’ appresso a quella, che dopo molte prove ed espe- rimenti, ottenne il Professore Carbonai, in aumento ed ono- re della italiana ortopedia. 14.8 Sessione ordinaria. 22 Febbraio 1855. Sono già scorsi alquanti anni dacchè i medici francesi Beau e Courtin, guidati da accurate osservazioni fatte sui cadaveri, e da un attento esame dei segni fisici e raziona- li degl’ infermi di asma, additarono il Bagno Solforoso con- tro una maniera speciale del morbo anzidetto, null’ ostante che il bagno, ed in particolare i suoi effluvii sulfurei per lo innanzi fossero sempre stati tenuti grandemente perni- ciosi. L’ esperienza però, ed una più accurata osservazione 38 avendo dimostrato in generale doversi distinguere la indole propria di una qualità speciale di asma che può utilmente curarsi con tale presidio terapeutico, indusse il Ch. Prof. Marco Paolini a tenere dietro, ed a ragionare di alquanti casi presentatisi alla cura delle acque termali Porrettane, col fine di additare ai medici la forma ed indole speciale del morbo che può a differenza degli altri venire utilmente curato in quel celebrato Stabilimento. Al quale ragionamen- to però ha fatto precedere alquante considerazioni genera- li, acconce a riconoscere possibilmente quale sia la qualità speciale del morbo in cui sono indicate, e fanno profitto le dette acque Porrettane ; onde i cultori dell’ arte medica ab- biano una guida non fallace nell’ applicazione dei bagni solforosi, e sfuggano quindi i forti e duri scogli contro i quali per mala ventura potrebbero urtare, ove ciecamente e indistintamente da essi loro si applicasse un mezzo effi- cace, ma in molte circostanze fuori di misura pericoloso. Pertanto gli studi fisiologico-patologici sull’ asma in oggi letti al Consesso Accademico ponno dividersi in tre parti; in quella che riguarda un breve confronto delle teo- riche e delle opinioni degli autori relative al morbo in discorso ; in quella che si riferisce ad esperienze istituite sopra degli animali, col fine di bene stabilire le funzioni dei nervi inservienti alla respirazione; e per ultima ad al- quante osservazioni pratiche sui buoni effetti dei bagni sol- forosi di Porretta nella cura di speciali forme di affezioni asmatiche. Prima però di ogni altra cosa, 1’ accademico dice, non potersi stabilire più razionale etiologia dell’ asma, nè rinvenire con maggiore fondamento, e verosimiglianza Je ragioni da cui esso in diverse circostanze procede, di quel- lo che applicando al medesimo alcuni concetti fisiologico- -patologici del Lancisi, tratti da un brano dell’ opera sua veramente immortale sulle morti improvvise. Imperocchè quel- V illustre scrittore dice essere tre i fluidi, e tre parimenti 39 ì solidi principali, che reggono della vita lo stupendo ma- gistero. Tra i primi annovera l’ aria il sangue ed il fluido nerveo ; fra i secondi il cuore coi vasi maggiori, 1’ aspera arteria coi polmoni ed altre parti inservienti alla respira- zione ; ed in fine l’ encefalo insieme ai nervi particolarmen- te splancnici » Cum haec integra sint in vitae beneficium, ita si vitientur in vitae maleficium viresque consociant. » Premesse le quali cose, non vi ha dubbio alcuno che per l’ atto fisiologico del respiro i tre fluidi suindicati, aere, sangue, e principio nerveo, debbario porsi in reciproche attenenze fra loro, ed operare simultaneamente nel debito modo ed in conveniente misura. E di vero la giornaliera osservazione abbastanza dimostra con quanta facilità vada soggetto il respiro a più o meno gravi alterazioni, qualun- que volta sia viziata 1’ innervazione o pecchi 1 aria od il sangue pulmonale nella qualità e nella copia. A produrre le quali alterazioni non è necessaria 1’ azione abnorme di tutti e tre i fluidi indicati, bastando di frequente quella di un solo dei medesimi. Però la dispnea nella generalità dei casi, anzichè da disturbo dei predetti fluidi è prodotta e mantenuta da una lesione delle parti solide che prendo- no parte alla funzione del respiro , vale a dire, o ha quel- la sede nel cuore o nei vasi maggiori ond’ è gravemente sconcertata la circolazione del sangue nel pulmone; oppure è riposta in un vizio dell’ apparecchio respiratorio , larin- ge, aspera arteria, bronchi e pulmoni, per cui l’ introdu- zione dell’ aria incontra più o meno forti impedimenti ; oppure finalmente deriva da un disordine nell’ azione dei nervi, che alla respirazione concorrono. All’ appoggio di queste dottrine divide 1’ autore 1° asma in simpatico e idiopatico. Il primo ha luogo, egli dice, quando operano cagioni morbifere aventi loro sede in parti poste al di fuori dell’ apparecchio respiratorio ; 1’ idiopati- co poi a lui pare che per |’ analisi delle osservazioni pato- logiche poco sopra dichiarate si possa distinguere in cardiaco, 40 pulmonare e nerveo a seconda che la condizione morbosa prevale nelle une o nelle altre delle parti organiche suac- cennate. Ella è cosa difatti molto al vero somigliante che il pulmone operi attivamente nella aspirazione, mercè |’ e- lasticità, e la contrattilità vitale, onde sono i bronchi for= niti. Sappiamo dall’ Anatomia , che nelle suddette parti esi- stono fasci longitudinali, i quali esaminati col microscopio presentano tutti i caratteri delle fibre elastiche : oltre a ciò il pulmone concorre ancora all’ atto aspiratorio per essere le vie aeree provvedute di fibre muscolari trasverse, descrit- te esattamente da Reisseissen, aventi le apparenze di quel- le spettanti ai muscoli della vita organica, eccettuato però il cuore. Le quali fibre muscolari capaci essendo di con- trazione pare che operare debbano il restringimento dei tu- bi bronchiali. E difatti Krimer, Vernier, Vedemeger, Wil- liam, e Longet hanno osservato ( massime nel cavallo e nel bue) contrarsi manifestamente le ramificazioni bronchia- li per l’ azione immediata degli stimoli meccanici e galva- nici: di più 1’ ultimo dei sullodati autori pretende, che I’ applicazione del galvanismo ai rami del pneumogastrico diramantisi ai bronchi, risvegli delle contrazioni nei mede- ‘simi condotti; osservazione eziandio confermata da esperi- menti recentissimi di Volhmann. Laonde dagli esposti ci- menti pare al disserente si possa dedurre, che il ristringi- mento proprio dei bronchi non solo sia da contrazione mu- scolare effettuato, ma ancora che questa sia dipendente dal- l’ azione del nervo pneumogastrico. Ed a questi argomenti positivi comprovanti la parte attiva che prendono le fibre muscolari dei bronchi nel restringimento loro si può ag- giungere, che il Longet ha osservato avvenire I° enfisema dei pulmoni in seguito del taglio del nervo vago; ed anche perchè per la paralisi delle indicate fibre muscolari le ve- scichette si lasciano passivamente distendere dall’ aria, nè hanno il potere di espellerla mediante la espirazione. Mal- grado però i risultamenti favorevoli ottenuti dai summentovati 41 esperimentatori la contrattilità vitale dei condotti aerei vie- ne posta in dubbio dai risultamenti negativi ottenuti in non poche esperienze da valenti fisiologi istituite. Per la qual cosa al fine di chiarirsi possibilmente della verità , il Chia- rissimo Accademico prese vaghezza di fare alcune esperien- ze sul nervo pneumogastrico dei conigli, giacchè le sue particolari circostanze non gli permettevano di prevalersi di animali di maggior mole, assai più acconci per ricavarne effetti più concludenti. E poichè gli si porge il destro (ol- tre lo esporre le cose da lui vedute relative alla mobilità dei pulmoni ) piacegli di compendiare in cinque proposi- zioni quant’ altro ha ricavato dalle proprie esperienze. 1.° Il nervo vago o pneumo-gastrico nel collo è certa- mente un nervo misto, sia che per sè solo goda ad un tem- po della facoltà sensoria e motrice come pretendono Reid, Miiller, Stilling, Wolckman, Bernard, sia che, in origine unicamente sensore, acquisti la proprietà motrice dell’ ac- cessorio del Villis o spinale, conforme sostengono Arnold, Scarpa, Valentin, Bischoff, e Longet. La sensibilità sua non è però così squisita, quale si è quella degli altri ner- vi sensiferi cerebrali, o rachidei; perciocchè impassibile si rimane |’ animale alle punture fatte sopra quel nervo da un ago, o dalla punta di uno scalpello, e soltanto si _ giunge a trarre da esso grida di dolore stirandolo con forza, oppure comprimendolo con una pinzetta. La quale cosa fu pure osservata dal Branghtons, dal Van-Deen, dall’ illustre Medici, e confermata recentemente anche dal Bernard. Ne segue quindi che distribuendosi il pneumo- -gastrico alla membrana mucosa che tapezza la trachea, i bronchi, e le loro divisioni, presieda alla sensibilità di queste parti. 2.° L’ integrità dei predetti nervi è indispensabile al libero e regolare compimento della respirazione; poichè ta- gliati ambedue, oppure compressi da forte allacciatura , la respirazione si fa breve, celere, e sopra tutto 1’ inspirazione 42 diviene faticosa ed anelante. L’ animale dilata le rarici, apre la bocca, innalza di tempo in tempo la testa impri- mendovi un moto di semirotazione, e sopratutto (costringen dolo a muoversi e a camminare) |’ anelito si rende sempre più grave. 3.° I conigli giovani non hanno sopravissuto al taglio dei detti nervi, che cinque o sei ore al più; dopo del quale, oltre farsi il respiro breve, celere, affannoso , e na- sale, la testa e soprattutto le orecchie si raffreddano nota- bilmente, in confronto della temperatura del rimanente del corpo: fenomeno degno di considerazione, perchè mentre per le osservazioni di Bernard e di Ercolani, il taglio del grande simpatico nel collo produce ordinariamente un in- nalzamento di temperatura nelle parti del corpo su indica- te, per la recisione del pneumo-gastrico invece si ottiene un risultamento affatto opposto. Incisi i loro corpi dopo morte , la mucosa dell’ aspera arteria, e dei bronchi si mo- stra tinta di un colore roseo, che non si dilegua colle la- vature. I pulmoni presentano nella esterna superficie delle macchie nere, e tagliati trovansi ingorgati di atro sangue. Nel cuore destro, nelle vene cave e nell’ arteria pulmonale il sangue è coagulato. Da queste esperienze si può con molta probabilità ricavare, che quantunque la mucosa del- la trachea, dei bronchi, e fors’ anche i pulmoni traggano la loro sensibilità da questo nervo (giacchè ove sia reciso non si provoca più la tosse convulsiva, siccome innanzi accadeva, irritando le dette parti) ciò nullameno si sente ancora il bisogno di respirare, giacchè |’ animale seguita a trarre il fiato, avvegnachè però con molta pena e difli- coltà. Per lo che in mancanza dei pneumo-gastrici , pare che tale sensazione sia promossa dalle fibre del gran sim- patico, oppure quella persista per la ragione, che il prin- cipio eccitatore dei moti respiratori, secondo la pensano Legallois, Flourens, e Longet, sembra verosimile abbia sua sede nella midolla allungata; onde che il pneumo-gastrico 43 servirebbe solamente a rendere, mediante le impressioni da lui trasmesse alla midolla, la predetta sensazione più e- nergica. 4.° Il taglio dei nervi su mentovati non sospende im- mediatamente 1° ematosi nel pulmone, continuando il cam- biamento del colore del sangue di venoso in arterioso, nè cagiona il coagulamento del sangue stesso nel cuore, e nei vasi pulmonari siccome pretendono il Mayer, e il Dupuy. Imperciocchè dopo avere recisi quei nervi, e poscia fatte due aperture laterali nel torace per osservare i moti dei pulmoni, il sangue spicciò con forza dalle arterie recise di un bei colore rosso: lo che dimostra che la paralisi dei nervi laringei inferiori, 0 ricorrenti prodotta da quel taglio non induce una totale chiusura della laringe per cui pene- tra qualche poco di aria. E di fatti anche la voce non è affatto abolita, ma da stridu!a che era si fa debole e rau- ca: il sangue non si coagula nelle parti sopradette se non se un’ ora circa dopo la morte dell’ animale, siccome in generale interviene nei corpi degli animali in altre manie- re uccisi. 5.° Il pneumo-gastrico opera nella contrazione delle fibre muscolari della trachea, dei bronchi, e ramificazioni loro. Tagliati od allacciati i nervi in discorso , e subito do- po fatte colla massima prestezza due aperture ai lati del torace , i pulmoni eseguiscono appena due o tre moti rit- mici di dilatazione e di restringimento, rimanendo poscia del tutto immobili, ed alquanto retratti, forse per lo sti- molo operato sulla esterna loro superficie dall’ aria atmo- sferica; continua ciò nullameno per alquanti minuti il mo- vimento del cuore, ed anche la circolazione del sangue. È che il quasi immediato annientamento dei moti dei pul- moni debba assai più presto attribuirsi al taglio od al- la allacciatura dei pneumo-gastrici di quello ‘che al con- tatto , ed alla pressione esercitata dall’ aria, se ne ebbe una prova in altre esperienze, nelle quali messi allo scoperto’ i 44 predetti nervi, ma lasciati intatti, i moti ritmici dei pul- monì proseguono con regolarità per un mezzo minuto cir- ca, e poscia rallentandosi cessano dopo pochi istanti intera- mente. Isolato mediante una sottile lamina di vetro il pneu- mo-gastrico destro, e messo tosto allo scoperto il corrispon- dente pulmone, questo continua, come ho detto, per al- quanto tempo nei suoi moti alterni di dilatazione e restrin- gimento: appena i detti moti cominciano a farsi languidi, si faccia agire una ‘moderata corrente elettro-magnetica sul nervo stesso, e immediatamente ripiglia il pulmone per tre o quattro volte i movimenti suindicati, osservandosi un ma- nifesto innalzamento anche nell’ aspera arteria : indi il pulmone stesso si restringe, impiccolisce, e più non si muove. Allora facendo arco coi due reofori fra it mervo, ed il pulmone si osserva abbastanza distintamente una con- trazione od un corrugamento nella massa del pulmone stes- so, cosicchè il suo margine inferiore si fa concavo ed i bor- di si fanno rientranti o si ripiegano verso il fondo della stessa concavità. Le quali mutazioni non si notano nel pul- mone sinistro, che non avendo patita 1’ azione della corrente elettro-magnetica mantiene un volume maggiore, ed è più soffice e spugnoso dell’ altro quando sia tagliato. Recisi i predetti nervi ed isolate le loro inferiori estremità se si fa agire la corrente fra questa ed il pulmone non si manifesta contrazione veruna, mentre messe in communi- cazione le due prime col cuore si accrescono immediata- mente i suoi moti di sistole e diastole. La contrazione che presenta il pulmone nella sopradetta circostanza ha una qualche somiglianza con quella che si risveglia nella vesci- chetta seminale del coniglio istesso, ove operi su di essa una corrente elettrica. i Dalle esperienze adunque istituite dal nostro accademi- co, e da quelle di non pochi moderni fisiologi stranieri, gli pare abbastanza comprovato, godere i bronchi ed i pulmo- ni non solo della comune. elasticità, ma ancora di vitale 45 contrattilità inerente a fibre di natura indubitatamente mu- scolare. Non è però cosa molto agevole il conoscere se la contrazione dei bronchi intervenga al pari dell’ elasticità loro in ciascheduna espirazione, oppure soltanto in alcune circostanze speciali di espirazioni energiche , forzate , 0 com- plesse, come sarebbe per modo di esempio nella tosse, nella espettorazione ec. Imperciocchè non sembra che quel- le fibre muscolari per la speciale loro tessitura sieno capa- ci di eseguire movimenti ritmici od alterni, ma piuttosto un modo speciale di contrazione insensibile, lento, e ver- micolare, non altrimenti diverso da quello che è proprio delle arterie. Supposto adunque, come pare più probabile, che tale appunto sia il modo di reagire delle fibre musco- lari dei bronchi, ne viene per conseguenza che nello stato ordinario e fisiologico |’ attività di queste parti non abbia ad essere molto operativa nell’ atto della espirazione, sem- brando che il potere contrattivo proprio delle medesime sia destinato specialmente a porre un freno al soverchio disten- dimento meccanico prodotto dalla colonna di aria inspirata ad agevolarne il passaggio nelle ramificazioni dei bronchi ed a coadiuvarne la espirazione. Terminata la narrazione delle praticate esperienze e delle deduzioni ch’ egli ha creduto ricavarne dai vari casi di asma nei quali ha giovato il Bagno Solforoso, dice che questi erano dipendenti da cronica bronchiale diffusa in ispecie ad alcune più tenui ramificazioni, in guisa che por- gevano molta sembianza della cronica bronchite capillare. E quantunque la ostruzione dei canali aerei da muco in- spessato e denso si riconosca generalmente in oggi per ca- gione efficiente I’ accesso asmatico, siccome la cessazione od il fine del medesimo ritiensi determinato dalla espulsio- me o rimovimento del medesimo muco, tuttavia avuto ri- guardo ad alcune speciali circostanze pare al Ch. Professo- re, che questa opinione non sia abbastanza fondata sopra esatte e concludenti osservazioni. Inoltre in questa ultima 46 parte del suo lavoro ricorda pure sei essere stati gli infer- mi di asma catarrale, i quali mel corso di circa dieci anni ebbe opportunità di assistere e eurare alle Terme Porretta- ne. Infine dice, i sintomi propri dell’ asma curabile coi bagni solforosi consistere specialmente in una tosse, che non è di molta entità, nè cagiona molta pena, se non se qualche volta dopo il pasto, od in causa di esercizi violen- ti del corpo, e per l’ azione del freddo, e delle alternati- ve di temperature, o per le commozioni dell’ animo. L’ e- spettorazione è d’ ordinario in questi casi fuori degli acces— si facile e non molto abbondante ; lo sputo consiste per lo più in un liquido trasparente più o meno spumoso e visco- so, come una soluzione di gomma arabica; nel detto li- quido si osservano degli sputi più consistenti opachi o dia- fani di diverso colore, i quali poi vengono espettorati in maggior copia sul finire dell’ aceesso. Inoltre manca la febbre ed i polsi sono il più delle volte piccoli e celeri : la pelle non si presta con molta facilità alla traspirazione , e le funzioni digerenti non si compiono colla debita rego- larità, mancando talvolta 1’ appetito, od essendovi altri fe- nomeni indicanti uno stato di gastricismo congiunto non di rado a costipazione del ventre. L’ indaginoso ed assai importante lavoro del ehiariss. disserente venne ascoltato con moltissima attenzione, e ma- nifestamente applaudito , null’ ostante che per la notevote estensione abbia di alquanto tempo trapassata 1’ ora stabilita al trattenimento accademico. 15.° Sessione ordinaria. 1 Marzo 1855. Il Cav. Brighenti legge = Sul Reno Bolognese co’ suoi influenti attuali, e dopo gl’ influenti futuri; e sui provve- dimenti da prendersi. Parte 1.° = In onta alle magnifiche promesse d’ Idraulici famosi , che infatuati dietro alle utopie del Genneté , o esagerando | | 47 gli effetti di cause d’ altronde vere, deridevano i prudenti consigli del massimo Guglielmini, è stato pur necessario a contener le piene del Primaro-Reno di venir rialzando le arginature fino a tredici metri sulle campagne. Nè qui si ristà il male. Imperocchè fra poco, colmate le valli, sarà pur forza ricever nell’ alveo di Primaro le piene de’ torrenti Idice, Quaderna, Centonara e Gajana. Or la massima piena dell’ ldice co’ suoi tributari quanto alzerà la massima piena del Primaro-Reno alla Ba- stia? Applicando ai dati d’ osservazione la regola del Gu- glielmini, riuscita in tutte le prove piuttosto inferiore che superiore a’ risultati ottenuti per altre vie da pratici solen- ni, si trova un aumento d’ altezza di Metri 2, 22, L’ analogo alzamento degli argini sarà egli comportato dal fondo generalmente cuoroso, sul quale sono basate le presenti arginature ? Dopo i cedimenti che abbiamo veduto della nuova Chia- vica Lepri più alta dell’ antica? Dopo gli spaventevoli effet- ti dell’ ultimo alzamento dell’ argine al Froldo Manica, che sopra una lunghezza di cento Metri si avvallò, e fu quasi ingoiato, onde a rimetterlo sopra una base amplissima vi bisognarono sessantamila scudi di spesa? Dopo la continua, decennale esperienza degli abbassamenti dell’ arginatura del Sillaro, dalla Bina alla Foce? Le considerazioni sui provvedimenti possibili da pren- dere daranno materia alla seconda Parte di queste Memorie dell’ Accademico. 16.° Sessione ordinaria. 8 Marzo 1855. L’ Accademico pensionato Prof. Luigi Calori legge la sua memoria di obbligo, la quale verte intorno ad un mo- stro umano doppio di specie novella. S° introduce egli con un preambolo suggeritogli dalla opportunità di avere osservato un uovo anserino gemellifico, 48 nel quale uno dei tuorli possedeva due cicatricole, e va riandando gli Autori antichi e moderni che hanno fatte con- simili osservazioni delle quali, ei dice, la sua non essere che una verifica. Premessi questi fatti, discende a discute- re quale delle diverse teorie, che regnano nella scienza, è la più acconcia a spiegarci la duplicità mostruosa ; e do- po averle ad una ad una esaminate conclude che 1’ unica, che possa darcene una spiegazione soddisfacente, è quella della mostruosità originaria, della quale teoria ei ravvisa i germi in Harvejo là dove questi parla della duplicità di cicatricole in unico tuorlo; dietro il quale fatto Y Harvejo congetturò , che mascessero non solo gemelli, ma mostri doppi. Lo che fermato, passa a descrivere la complicazione mostruosa a Lui presentatasi, la quale poichè consisteva nell” associazione dell’ Ectopagia e dell’ Opodimia del Sig. Isidoro Geoffroy Sant-Hilaire , così ne forma un genere nuo- vo cui impone la denominazione di Opo-Ectopago, 0 di Opo-ectedimo, genere che ha in se i caratteri degli Opo- dimi e degli Ectopaghi più alcune assai rimarchevoli modi- ficazioni rispetto ai sistemì osseo e nervoso particolarmente. Conciossiachè a differenza degli altri Opodimi conosciuti presentò questo un unico cervello, ma due cervelletti, due midolle allungate e corrispondentemente due ossi occipitali distinti, e due grandi forami occipitali. L’ anatomia di questo mostro è trattata assai a disteso, e dimostrata in nove grandi Tavole che comprendono 1’ osteologia , la mio- logia, la neurologia e gli organi dei sensi, la splanenolo- gia e 1° angiologia. Terminatane 1’ anatomia 1’ autore vie- ne ad indicare it modo di formazione del mostro, e qui giovandosi della teoria che presuppone due vescicole germi- native in unico tuorlo, e ricorrendo alla storia dello svi- luppo normale si fa a spiegare con tutta lucidità le singole anomalie riscontrate nel mostro, traendone il modo e 1° or- dine di formazione dai diversi periodi di evoluzione degli organi, dei visceri, degli apparecchi quando semplicemente 49 uniti, quando fusi dei due feti coaliti alla composizione della mostruosità. 17.* Sessione ordinaria. 15 Marzo 1855. Il Ch. Sig. Prof. Cav. Gaetano Sgarzi, non trovando sufficienti le ipotesi di Haiy, Patrin e D’ Orbigny a spie- gare i particolari tutti della fossilizzazione , propone un suo Pensiero intorno alla Petrificazione del Legno, prese a precipuo fondamento le osservazioni di Liebig sulla pour- riture. = Figuriamoci un legno immerso a tutta profondità in un’ acqua avente sali calcarei, silice o silicati in soluzione. Sa- rà facile l’idearsi che in più o men tempo, stante la porosità e l’ attitudine dei tessuti all’ assorbimento, ne diverrà totalmente inzuppato. Il legno poi consta in generale di un tessuto cellu- lare di forma varia, nel quale le pareti delle cellule sono rico- perte dal legnoso , e 1’ interno contiene parecchie sostanze che si dicono materiali immediati, di qualità altrettanto diver- sa quanto diversa è la forma del tessuto stesso. Non è ne- cessario lo specificare partitamente nè tale struttura nè ta- li materie: basta pur solo notare in quanto a queste, che ve n’ ha delle solubili nell’ acqua e delle insolubili; che le une nell’ accennato inzuppamento dovranno venir disciol- le e quindi asportate fuori; che le altre non potendo evi- tare gli effetti della influenza decomponente dell’ acqua e dell’ aria, ed essendovene sempre qualcuna delle azotate, lentamente subiranno |’ alterazione o la commutazione soli- ta di tutte le materie organiche in simile condizione , onde i loro elementi si convertiranno in acido carbonico, ed in acqua , e fors’° anco in certi casi in idrogeno carbonato, e gas ammoniacali; che per conseguenza, protratto a lungo simil lavoro distruttivo, devono tali materie insolubili per- chè trasmutate in combinazioni gasose, egualmente che le solubili suddette perchè disciolte, scomparire. In quanto al 4 50 tessuto è a considerare aver esso a rudimento un principio proteico, ed un principio pectico che in seguito si modifi- cano nel vero legnoso: perciò dallo spoglio suindicato ri- dotto il legno al suo scheletro, e questo pure egualmente penetrato dall’ acqua, anche senza 1’ intervento dell’ aria bisogna, in causa del principio proteico, che concepisca il movimento medesimo di dissoluzione, che comunicatosi al principio pectico fatto legnoso, tra pe’ suoi stessi elementi, e per quelli dell’ acqua che vi si aggiungono, convertesi necessariamente in acido carbonico ed in idrogeno carbo- nato, sicchè esso pure in forma gasosa tutto si dissipa. E si noti che la costituzione elementare fissata dai Chimici pei materiali immediati vegetabili, pel celluloso e pel li- gneo si presta mirabilmente sia coll’ ossigeno dell’ aria, sia cogli elementi dell’ acqua, a formare appunto dell’ acido carbonico e dell’ acqua nel primo caso, e nel secondo ca- so dell’ acido carbonico parimenti, e dell’ idrogeno pro- tocarbonato. E ciò riguardo al legno che è sommerso nell’ acqua. Imperocchè, riguardo all’ acqua stessa, della quale lo di- cemmo inzuppato, egli è a notare che: o tiene disciolti i materiali calcarei, silicei ec., ed in questo caso, allorchè nell’ ultima cellula organica |’ acqua è occupata a conver- tire le fibbre del tessuto delle pareti in acido carbonico ed in idrogeno carbonato, conviene che se ne depositino quei minerali, che assumano la forma dello stampo in cui so- no, e conseguentemente sostituiscano l’ organico configu- rati puranco nella sua struttura, siccome fa qualunque sa- le o corpo venga tolto dallo stato di soluzione per sottra- zione del solvente per entro uno spazio limitato, una qual- siasi cavità: o accade che }’ acqua d’ inzuppamento tiene sciolti specialmente de’ silicati, e allora, poichè dall’ ac- cennata scomposizione de’ materiali immediati si sviluppa acido carbonico , egli è agevole comprendere che da que- st’ acido seomposti i detti silicati, se ne deposita la silice 51 in istato gelatinoso, od in molecule sì fine da penetrare I’ intimo della tessitura, da riempierne ogni vacuo, e così a mano a mano procedendo, da occupare il posto della materia organica in tutti i punti: o accade finalmente che l’ acqua d’ inzuppamento non tiene disciolti i materiali cal- carei, silicei. ec., bensì torbida qual era ha ricoperto il legno d’ una specie di limo, e di sedimento misto di car- bonati calcarei, di silicati ec. insolubili, e allora pel no- tato sviluppo dell’ acido carbonico nell’ interno del legno sommerso, sortendo questo a poco a poco ed incontrando quelli nelia fanghiglia, fa dissolvere i carbonati, scompo- ne i silicati, di guisa che ad ogni gallozzola di gas che sorte, penetra è s’ interna dell’ acqua più pesante pei sali calcarei disciolti, per la silice o sciolta od in gelatina, la quale acqua sposta la prima più leggiera, quindi opera, siccome negli altri casi, e mutamento e deposito e sosti- tuzione. = L’ Accademico non ha mancato di sperimentare l’azio- ne dell’ acido carbonico sui silicati, e ne ha ottenuto ri- sultati da servire di conferma all’ ipotesi sua, quando si abbia ragione del tempo impiegato dalla Natura nelle pe- trificazioni, incomparabilmente più grande di quello che s’ impiega nelle sperienze di gabinetto. 18.° Sessione ordinaria. 22 Marzo 1855. Il Prof. Giuseppe Bertoloni legge una quinta Disserta- zione in illustrazione de’ Prodotti Naturali del Mozambico. In essa descrive minutamente , presentandone anche esattis- simi disegni, sei specie novelle di Coleotteri; due appar- tenenti alla famiglia dei Lamellicorni; la terza alla fami- glia dei Melasomi ; la quarta dei Curculionidi; la quinta e la sesta dei Longicorni. 52 Di queste sei specie la prima costituisce un genere, o divisione novella, adoperando il modo di distinzione dei moderni entomologi ; bel genere, singolarissimo principal- mente per la forma del dissopra della sua testa, che 1’ Ac- cademico in segno di riconoscenza intitola al suo maestro Cammillo Ranzani, Naturalista di fama non peritura. Ap- partiene esso alla Tribù delle Ceronia-CERATORRHIN®, ed è vicino al genere o divisione DICRANORRHINA, e viene costi- tuito dai caratteri seguenti Ranzania pileo maris quadrilatero-oblongo , supra cym- baeformi, angulis posticis productis in cornicula antice re- curvata ; apophisi abdominali apice truncato. L’ Accademico poi distingue col nome di splendens la specie posseduta dal Museo zoologico della nostra Universi- tà, perchè rifulge dello splendore verde dello smeraldo con riflessione opalina, nel che somiglia un poco alla EupiceL- LA GRALLII. Ecco la frase delle rimanenti cinque specie. 1. OnITIS gigas: maximus, niger, punctatus, splen- dens; thorace scrobiculo laterali impresso; elytris striato -punctatis. Obtinui ab Eq. Fornasinio ex Inhambane Mosambici anno 1848. 2. HererosceLis Savti : castaneo-fuscus, punclatissimus; pileo antice bilobo ; elytris interrupte tuberculato-costatis. Obtinui ab Eq. Fornasinio ex Inhambane Mosambici anno 1848. 3. CryerorincHus ebeni: griseus, scabroso-squamma- tus; thorace antice linea mediana longitudinali extuberante, nigra, splendente; elytris albo-purpureoque nebulosis, ma- cula postica subsphaerica albo-purpurea. Inveni in leguminibus Fornasiniae ebeniferae Berto. anno 1845 e Mosambico prodeuntibus. 4. HammaticHERUS serraticornis : antennis complana- tis, argute-serratis, glabris; oculis nigris, splendentibus, 53 lineato-punctatis ; thorace spinoso , tuberculato-rugoso , pilo- so-tomentoso ; elytris pedibusque rufo-tomentosis. Habui ex Inhambane Mosambici anno 1845. 5. OsereA Alexandrini: dimidia circiter parte antica corporis fulvo-cinnamomea ; postica, antennis, oculis, man- dibulis, tibiisque posterioribus nigris. Accepi ex Inhambane Mosambici ab Eq. Fornasinio anno 1848. Ammesso poscia 1’ Eccellentissimo Sig. Dott. Gaetano Giovannini Medico-Chirurgo condotto nella terra di Medici- na, intrattiene il Consesso Accademico colla narrazione sto- rica e ragionata di una straordinaria Amputazione ed Estir- pazione di un grande Tumore formato dallo scroto morbo- samente affetto da una specie di Elefantiasi Orchelassia di Alibert, Spiloplassia di Deuhssaing, la quale operazione da lui primo eseguita in Italia, ora dopo il lasso di 4 lu- stri dimostra pienamente il buon esito della stessa, anche per la osservazione locale dello individuo che ne fu il sog- getto. In oggi presente e sano il Chelli, che allora dell’ età di 43 anni erasi gravemente malato alla parte, scorgesi es- sere egli ben conformato, e come a quel tempo colle im- pronte in generale di buona salute. Un tumore però quasi sferico gli pendeva fra le coscie, delle quali giungeva oltre il terzo inferiore, sporgendo assai in avanti, e indietro at- taccato al perineo e all’ ipogastrio , occupando tutto lo spa- zio compreso fra la regione del pube, gli inguini, e Vano. Il diametro perpendicolare di quel tumore era di centime- îri 25; la sua circonferenza alla base era di centimetri 48; ed alla parte più larga del tumore presso il suo terzo in- feriore centimetri 63. Il peso approssimativo di tutto questo volume poteva essere di dodici a quindici libbre, ovvero chi- logrammi cinque. La superficie di esso era gremita di tu- bercoletti molto più pronunziati nella inferior parte, i mag- giori dei quali rassomigliavano i grani di frumentone. Di 54 colore scuro era esso e tendente al paonazzo ; dura la sua consistenza; ai lati il tumore era appena dolente quando con qualche forza comprimevasi verso i testicoli, i quali d’ altronde sembravano in istato normale, siccome in altri incontri fu notato dagli Autori di tale morbo. Dopo avere minutamente descritto il metodo tenuto nella operazione , dimostrandone anche con tavole disegnate e colorite i risparmi fatti di porzione di pelle sana, onde creare uno scroto artificiale, sufficiente a contenere le due ghiandole, e con altra cute sana cuoprire di nuovo il mem- bro rimasto scoperto: perchè compreso dal rio malore, ed anche riparare agli smanchi avvenuti in piccole porzioni della regione del pube, il Chiarissimo Professore prosegue il racconto col descrivere gli ostacoli superati, le cisti tol- te, le utili avvertenze, le legature praticate, 1 andamento consecutivo alla vistosa amputazione ed autoplastica fortuna- tamente eseguita senza gravi emorraggie. Ultimata quindi la cucitura nei modi più convenienti, e medicata e coperta la parte con metodo semplice, lasciò 1° infermo in riposo. E ne aveva ben d’ onde, in quanto che per le molte bri- ghe e medicature occorse un’ ora e mezza di tempo per compierle interamente. La cicatrizzazione intera ed il pieno ristabilimento com- pievasi nello spazio di un mese e mezzo. Guarito 1’ infermo ha di poi, senza verun danno o molestia, adempiuto al debito coniugale, e già da 20 anni trovasi così bene in salute da lasciar scorgere a quelle parti una semplice trac- cia di anlica e robusta cicatrice. Lascio di esporre quello che nella seconda parte della sua Memoria storica, l’ autore con fino accorgimento e con buona dottrina, ha creduto di esporre intorno allo studio da lui praticato sugli autori antichi e moderni che trattaro- no di tale morbo, confrontandone le osservazioni, le partì affette, le cause, le cure , i giudizi; dirò solo fra i pri- mi avere esso discorso di Paolo di Egina, di Fabrizio di 55 Acquapendente, di Andrea della Croce, di Lanfranco, di Faloppio, notando che il caso da lui osservato è appunto un anello che congiunge 1’ Elefantiasi dei Greci con quella osservata fra noi da più moderni scrittori. Accenna quindi buon numero di casi registrati dalle, mediche storie in que- sti due ultimi secoli, fermandosi specialmente sopra quelli operati in questo secolo da Gilbert, da Delpech, da Caffort, da Velpeau, per i quali racconti storici crede confermarsi la ra- rità in Europa della così detta Elefantiasi dello scroto , la ra- gionevolezza dei dubbi sulla presunta identità di natura con essa di tutte le intumescenze per cui si eseguirono le operazio- ni conosciute, la non antica data della introduzione di quel- le nella pratica, il moderno scientifico perfezionamento di esse, la scarsità infine, e 1’ insufficienza di prove nella stabilità delle guarigioni con esse ottenute. 19.8 Sessione ordinaria. 29 Marzo 1855. Il Prof. Domenico Santagata legge sulla Origine delle Argille Scagliose. Aveva già 1’ Accademico fin dal 1848 recato notevol contributo alla dottrina del Metamorfismo delle roccie colla sua dissertazione = Delle Metamorfosi del Calcare Compat- to nel Bolognese = pubblicata nel Tomo II. delle nostre Memorie; dove fra le varie trasmutazioni d’ esso Calcare avea segnalato il metamorfismo a quella specie d’ Argilla , che i Geologi appresso il nostro Bianconi appellano Scaglio- sa. Sospettava egli allora che il metamorfismo all’ Argilla fosse moderno, lento e graduato: ma muovi studi e mol- tiplicate osservazioni l’ hanno persuaso che la trasmutazione sia avvenuta all’ epoca del sollevamento de’ monti, in cui quelle roccie son contenute. Imperocchè non v’ ha soltanto massi di Calcare Compatto trasmutati alla superficie in Ar- gilla Scagliosa, ma ve n’ ha de’ trasmutati completamente 56 dalla superficie al centro, e perfin de’ trasmutati al solo centro, ciò che non potrebbe accadere se la trasformazione venisse lentamente operata da un agente esterno. E se trasportandoci all’ epoca , in cui furono squarciati e sconvolti gli strati sedimentari del Calcare Compatto (e del- I’ azione vulcanica rimangon testimoni i disseminati cristal- li di ferro solforato ) riflettiamo che in quelle vicende plu- toniche tanti elementi muovi venivan sopra, portati dall’ e- lettrico e dal calore che si aprivano in prima la strada fra i corpi, e si facevan veicoli e mestrui a reagire con essi, non si parrà troppo strano che |’ alluminio e il silicio, ridotti a fluido d’ inconcepibile sottigliezza, fossero dentro i calcari portati a scomporre la calce dall’ acido carbonico, ed a cacciarli ad un tempo di posto, e mescolarsi con quella e formare 1’ argilla mel seno stesso di calcari, e coi materiali medesimi di che sono formati. La calce, può dir- si, è poca nell’ argilla, molta nel calcare; ma nei terreni di argilla abbiam di frequente 1° arragonite che è minerale di calce, e abbiamo in più luoghi il solfato di calce com- misto all’ argilla, ed abbiam gli oficalcei che ponno aver ricevuta la calce cacciata dalla primitiva sua sede. Al che si aggiunga, che ne’ massi medesimi de’ calcari divenuti già argilla trovansi frequenti e non piccole vene di calce carbonata spatica bianchissima. Il Calcare Compatto non è però la sola roccia che si converta in Argilla Scagliosa; ma I’ Accademico ha trovato che in essa convertesi ancora il Macigno, e 1’ Arenaria mi- nuta, e il Conglomerato ofiolitico, come gli ha mostrato } analisi chimica non meno che 1’ ispezione de’ caratteri esterni ne’ diversi saggi presentati al Consesso: la raccolta dei quali è dedicata e regalata dall’ Accademico stesso al Ch. Sig. Prof. Cav. G. Giuseppe Bianconi, il quale mo- strandone tutto il gradimento dichiara di esporre que’ sag- gi al Museo a schiarimento di ognuno che voglia osservare i fatti importanti che in essi si porgono. 57 La trasformazione integrale della composizione chimica e natura mineralogica di tali roccie per convertir tutto in Argilla Scagliosa, che forma estese e grandi montagne, ove si creda abbastanza provata, varrà a decidere la que- stione tuttora agitata fra i Geologi, se grandi masse e montagne di origine sedimentaria abbian potuto mutare af- fatto natura. 20.* Sessione ordinaria. 12 Aprile 1855. Nel decorso anno il Ch. Prof. Cav. G. B. Comelli espri- meva all’ Accademico Consesso alcuni suoi pensamenti in- torno alle difficoltà, ed ai timori promossi dalla comparsa di alcuni fenomeni riferibili ai morbi contagiosi, ed alla migliare in ispecie, la quale infermità sembrava volere estendersi a questa popolazione. Ora in questo anno, crede l’ Accademico, proseguire la trattazione dell’ argomento dei morbi epidemici e contaggiosi, riferendo i propri pensa- menti intorno a quello che fosse in oggi fra noi opportuno ad esaminarsi e conoscere pel colera asiatico , il quale pu- re da qualche mese affligge non pochi individui nelle città e paesi limitrofi a questa provincia, aggravandosi sopra al- cuni, lasciandone poi altri illesi, quantunque frapposti a quelli ed in libera communicazione coi medesimi. Intorno al quale oggetto 1’ illustre clinico ricorda come il libero contatto di questa popolazione colle altre affette da lungo tempo, faccia palese abbastanza essere la nostra in quello stato di naturale immunità o resistenza organica vitale , che fortunatamente sembra nè sentire, nè temere, nè cedere agli attacchi del fatale flagello; vale a dire che avventuro- samente manca dell’ attitudine, o intero concorso di que- gli elementi, dalla completa unione dei quali sembra di- pendere lo svolgimento del germe e lo scoppio del morbo colera. Contuttociò sì fatte lusinghe di immunità assoluta , potendo come di altri luoghi si è osservato, essere precarie 58 e ingannevoli per l’ avvenire, egli cerca di studiare le or- me meno incerte a seguirsi, onde formarsi un razionale filosofico concetto, col quale stabilire giuste indicazioni e convenienti presidi terapeutici. E qui nominando di volo i principali farmaci stati proposti, dimostra come dalla inutilità loro si conosca es- sere noi pure oggi molto lontani dal conoscere la vera pa- tologica ragione di questa quasi indomabile malattia, poi- chè o contagio, o miasma, o veleno, ciò che solo importa si è il conoscere e scoprire quale e dove sia il vero pato- logico disordine, che nè 1’ analisi chimica, nè 1’ ispezione microscopica ed anatomica poterono fin qui chiaramente di- mostrare. E così egli volendo pure studiare quali sieno le regole migliori da seguirsi, intraprende 1’ esame delle teo- riche recenti più riputate, onde presciegliere quella sulla quale saviamente appoggiarsi nei vari casi che si potessero presentare. Detto quindi in breve ciò che pensano il Ber- tani, il Casorati, il Frua, il Graux, ed il Manzolini in- torno le cause, la sede, la indole e cura del colera, ricor- da che in tanta farragine di rimedi o di metodi curativi dovette 1’ ultimo concludere, che ogni presidio medico fu nel maggior numero dei casi inutilmente praticato. A tale sconfortevole e miseranda conclusione, che pur troppo fino ad ora si è confermata per ogni dove dalle esatte statisti- che nei casi gravi, 1’ illustre nostro Clinico assicura che i medici non si rimarranno inoperosi, ma doversi riconfor- tare Ja popolazione, perchè la loro divisa si è la carità, l abnegazione e la religiosa filantropìa; nè mancheranno di fare ogni sforzo per infrapporsi fra il flagello e la vitti- ma, onde sostenerla nel periglioso terribile assalto, e ren- dere assai meno micidiale la irruzione del morbo se mai questo avesse a presentarsi. Al quale proposito espone fin da ora essere lodevole cosa e vantaggiosa promuovere ed estendere quel metodo preventivo di cura, già da pochi anni in Inghilterra posto 59 ìn uso, appena si manifestano i sintomi precursori, o fe- nomeni sospetti di occulta incubazione e diarrea prodroma e premonitoria, metodo che appositi medici, diffusi per tut- te quelle città affette da alcuni casi di colera, prescrivono ad ogni cittadino, somministrando essi stessi anche i rime- di, quando lo voglia 1° urgenza dei casi. Notano essi a tal fine in piccolo registro diviso in tre colonne i fenomeni riscontrati ponendo nella prima i sintomi prodromi o la diarrea premonitoria ; nella seconda la diarrea avvicinantesi al colera; nella terza il morbo ben dichiarato. La convin- zione degl’ Inglesi sulla efficacia della cura preventiva è co- sì radicata che quando un medico visitatore dichiara essere passato un infermo dal secondo al terzo grado, viene esso sottoposto ad interrogatorio dal Medico Ispettore ed anche rimproverato per disattenzione o poca efficacia di metodo curativo; avvegnachè i soccorsi somministrati prontamente e le cure di una igiene pubblica e privata bene regolata , sono ritenuti di massima importanza ad allontanare e com- battere più di ogni altra cura questo malore, indomabile d’ altronde quando abbia già preso 1’ individuo in modo grave e completo. L’ opportunità dell’ argomento trattato, le ottime co- gnizioni recenti, e la estesa pratica del Nestore fra i Cli- nici viventi, invitano il Consesso ad un’ attenzione conti- nuata, e a quelle dimostrazioni di gradimento, che mai si ommettono nella lettura di Memorie di molto pregio e valore. 21.° Sessione ordinaria. 19 Aprile 1855. Il Dott. Ermete Malaguti, Alunno distintissimo del- Accademia, legge le sue Considerazioni anatomiche in- torno la Corda del Timpano. Dietro diligenti osservazioni istituite sull’ Uomo, sul Cane e sul Cinghiale, il giovine Anatomico stabilisce 60 1.° Che la Corda del Timpano non deve ritenersi una propaggine retrograda del linguale, od un ramo anastomo- tico fra questo nervo. e la porzion dura del settimo, ma invece come un ramo nervoso originato parzialmente dalle fibre motorie del facciale nell’ acquedotto del Falloppia. 2.° Che la Corda non è composta di sole fibre motri- ci, ma ben anco di fibre sensifere, non che del gran sim- patico , le une ascendenti dal ramo auricolare del vago, discendenti le altre dal ganglio genicolato, e confuse col- le fibre motorie del facciale, che offre pure una composi- zione analoga a quella della Corda. 3.° Che nella lingua la Corda del Timpano deve es- sere considerata come un nervo isolato e distinto da tutti gli altri che vanno a distribuirsi per la medesima. 4.° Finalmente che all’ organo dell’ udito anzichè es- sere estranea, come alcuni hanno pensato, tutto invece por- ta a crederla un mezzo diretto di relazione fra 1’ orecchio interno e Ja lingua, in virtù delle fibre del ganglio geni- colato che seco trasporta, e che sono in attenenza imme- diata col nervo grande simpatico. La Memoria è accompagnata da tre Tavole, e da Pre- parazioni che 1’ Autore desidera siano conservate nel Museo d’ Anatomia Comparata della P. Università. Poscia il Ch. Sig. Prof. G. F. Contri legge una Me- moria sul. processo del Dickson per preparare la canapa senza macerazione. i = I cilindri di una macchina qualunque, pochi o molti che sieno, scanalati o no, usati a secco e senza previa macerazione possono bene esser cagione che si com- prima, si riscaldi, si logori la parte tigliosa, e si addensi il glutine, e perciò siano di nocumento; ma che giovino a sciogliere la gomma, a staccare le resine, a separare i filamenti, e dolcemente liberare i medesimi dal conglutina- mento, senza produrre logorìo e indebolimento, non mai. 61 Macerata la canapa fino a quel punto in cui la cortec- cia si stacca dalla lisca, si è colla pratica bolognese otte- nuto quel che è scioglimento della parte gommosa, senza che la fibra vegetale, ossia il tiglio abbia sofferto. E già per l’ esiccazione prodotta dal vento, e dal Sole la parte resinosa si vede pronta a cadere. Quindi poi la scavezzatu- ra, la gramolatura , le replicate scosse compiono il buon lavo- ro col far cadere in stoppa la parte debole, la parte offe- sa del tiglio, la quale colla sua presenza mostra un au- mento di peso quando si lavori alla macchina, ma questo peso maggiore porta discredito al totale: ed è ben miglio- re un prodotto di peso minore, ma di maggiore tenacità, di piena forza e di fibre intere e sane in tutta la lunghez- za; qualità del tutto propria della canapa lavorata all’ uso di Bologna e non d’ altra. Questa ha di proprio ancora di conservare il naturale suo odore di canapa, perchè macerata ad acqua semplice, e non per alcun artifizio, il quale, qualunque siasi, pro- duce un bello, un candore, un lucido che è precisamente da paragonarsi alla biacca, ed al rossetto in sul volto di quelle femmine, le quali si credono in necessità di rico- prire le ingiurie del tempo e le magagne de’ vizi. E noi l’ abbiamo pur veduto ne’ campioni preparati col metodo del Dickson inviati alla Società Agraria dalla Ditta Curti, e giudicati da varie persone dell’Arte di un tiglio inferiore, più debole, e snaturato per modo da non doversi ritenere bene adatto all’ assorbimento del catrame, ed ai lavori im- portantissimi della Marina. = Se alcuno obbietterà, che i campioni inviati alla So- cietà Agraria potevano provenire da una qualità di canapa inferiore a quella che da noi si raccoglie, e non essere decisivi i confronti i quali non si facciano sottoponendo ai due processi identico materiale ; che inoltre il processo del Diekson non si limita già all’ uso della macchina a cilin- dri, ma a questo tien dietro un bagno in liquido di 62 segreta composizione ; che è troppo nota la prevenzione de- gli artigiani contro ogni novità; l’ Accademico si dichiara pronto a rimettersi all’ inappellabile decisione dell’ esperien- za, come adoperò in altra età, quando si agitava la que- stione del metodo di Christian, ch’ egli contribuì tanto a far abbandonare. Non crede poi ai magnificati vantaggi, che stabilito una volta il sistema del Dickson fra noi, e disposte le mac- chine a convenienti distanze, come in altrettanti centri del- le più estese coltivazioni, si andrà a lavorare la canapa in essi, a quel modo medesimo che comunemente si va al mo- lino a macinare il grano; ed anche s’ introdurrà 1’ usanza di vender la canapa in fasci non lavorati, in quella guisa che il proprietario di presente vende al mercante manifattore il filugello e non la seta. Imperocchè il primo non potrà farsi che con gravissimo danno della coltivazione per l’ im- mensa perdita del tempo occorrente ne’ trasporti, e per gli altri inconvenienti che s’ incontrano ne’ medesimi, e che a chiunque sono ben noti. E quanto alla vendita im- maginata, l’ Accademico oppone che la canapa, come si trae dal campo, non lavorata, non ha valore: perocchè un contadino inesperto, o male accorto , o negligente può nel- la macerazione rovinare la miglior canapa del mondo. Ma qui i seguaci del Dickson possono asserire ( e 1’ as- serirlo costa poco ) che i loro operai intelligenti, e ben diretti, usando di un processo non soggetto alle eventuali tà del nostro, son sicuri di proporzionare la bontà del prodotto alla bontà della materia prima. Onde a decider la questione sarà pur sempre forza d’ aver ricorso alla esperienza. Ma già di riconoscere sperimentalmente i pregi e i difetti del nuovo processo è pensiero della benemerita So- cietà Agraria, della quale è I’ Accademico da gran tempo degnissimo Segretario, ed uno de’ più splendidi ornamenti. Ve- dansii Verbali d’essa Società inseriti nel Propagatore Agricola. 63 22.% Sessione ordinaria. 26 Aprile 1855. L’ illustre Cav. Antonio Bertoloni legge la sua XVI. Miscellanea Botanica. Nella prima parte 1’ Accademico offre 1’ esatta e com- pleta enumerazione de’ vegetabili del monte Cornoviglia nel- la provincia di Luni, del quale aggiunge descrizione geo- logica e mineralogica. In quest’ occasione crede di non do- ver tralasciare di venir descrivendo gli avanzi di un’ antica via consolare, ch’ egli ha osservato passare per Ceparana, pe’ colli di Montebello, per la cima del suddetto Cornovi- glia, per la vallata di Zeri sotto l’ Apennino del Borgallo , per Borgotaro, e che con grande apparato d’ erudizione sostiene essere la via da Emilio Scauro condotta da Pisa e Luni per 1° Apennino, da tutti gli Autori supposta in altra direzione, e la quale probabilmente andava a congiungersi colla Emilia di Lepido. Nella seconda parte descrive varie specie di piante o nuove, o molto rare e di cui non erasi peranco esibita figura, alla qual mancanza egli supplisce. Trascriveremo ciò che riguarda le specie nuove. Classis Monoecia. Ord. Polyandria. Ord. nat. Najades Juss. MyrioruvLLUM fulvescens : foliis oppositis pectinato-pin- natifidis, laciniis brevibus, lineari-filiformibus ; floribus so- litariis, axillaribus, alternis. Perenn. Habui ex Alabama a D.re Gares. Caulis fluitans, et in parte fluitante radicibus filifor- mibus simplicibus praeditus, superne alterne ramosus, fo- liosus. Folia omnia pectinato-pinnatifida ,\ alterna, breviter petiolata, laciniis lineari-filiformibus, brevibus, acutis, in- tegerrimis; in eorum axillis saepe occurrunt foliola duo, 64 exigua , ovato-lanceolata, vel lanceolata , serrulata, viridia, quae videntur bracteae. Flores solitarii, axillares , alterni, sessiles. Nux grandiuscula, tetragona, basi tumens, rufo- -fulva, ipsa quoque solitaria, et alterna in quavis axilla. Classis Dioecia. Ord. Hexandria. Ord. Nat. Mimosae R. Brown. Acacia multifoliolata: caule fruticoso ,, erecto ,.|ramis angulatis, subspinulosis, foliisque pubescentibus; foliis bi- pinnatis, pinnis primariis subdenis, secundariis subquadra- gintijugis; foliolis exiguis, stipate approximatis, lineari- bus, latere interno angustiore ; rachide nuda ; capitulis glo- bosis, pedunculis solitariis, geminisve. Frut. Reperta in insula S. Domingo ab infelici Ber- TERO, Qui misit semina ad hortum nostram anno 1830. Culta ab eo tempore hactenus perdurat, et saepe floruit apud nos. Anno 1832 jam distinxeram hoc nomine. Floret decedente hyeme nostro, et veniente vere. Caulis fruticosus, erectus, junior angulatus ; aetate fere teres, cortice cinereo, alterne ramosus, in horto no- stro nunc septempedalis. Rami angulati, virides, tenuiter denseque pubescentes, subinde adspersi spinulis tenuibus rectis. Folia bipinnata, eodem modo pubescentia, breviter petiolata, pinnis primariis subdenis, secundariis subqua- dragintijugis, utrisque oppositis, secundariis brevissime pe- tiolulatis, foliis exiguis, stipate approximatis, et fere se se contingentibus, pariter oppositis, linearibus, acutiuscu- lis, basi paululum obliquatis, latere interno angustiore, subtus nervo elevato diremptis. Rachis nuda, sive omni ala destituta. Pedunculi axillares, solitari, vel gemini, folio multo breviores, pollicares et etiam ultra, tenues, pube- scentes terminali capitulo globoso , magnitudine capituli Aca- ciae Farnesianae , vel paulo grandiores. Flores albi. Fructum apud nos nondum tulit. 65 Dopo del Bertoloni prosegue ad intrattenere 1’ adunan- za il Ch. Sig. Prof. G. Batt. Belletti Accademico pensiona- to, col leggere un suo lavoro Intorno le malattie che dal- V Aprile 1854 a tuto Marzo 1855 hanno dominato in Bologna. Premesse poche parole sopra una Miliare cronica, al- cuni casi della quale anche in questo anno sonosi a lui presentati, avverte che a ciò l° hanno indotto l’ utilità e l’ importanza dell’ argomento , l’ esempio di alcuni antichi medici bolognesi (il Fattorini, il Laghi, il Canuti) ed an- che i consigli e le esortazioni che porgeva intorno a ciò il celebratissimo Francesco Maria Zanotti, non chè la lu- singa di eccitare altri medici nello studio delle malattie dominanti. Le Pleuro-pneumoniti , le Bronchiti, le Febbri cattarra- li, le Reumatiche, il Reumatismo articolare acuto , le Tifoi- dee , le Miliari, le Risipole, non pochi casi di Orecchioni, 0 febbre parotidea, pochissimi di Scarlattina , alquanti di Va- iolo, e di varioloide sono le malattie, che da lui più di frequente in questo anno osservate, gli porgono occasione al discorso, non d’ ognuna minutamente, ma di tutte insie- me considerate sotto il triplice rapporto dell’ epoca del loro dominio, delle cause ingeneranti, e dell’ indole loro. E quanto all’ epoca di loro dominio fatto conoscere come le Pleuro-pneumoniti in ispecie, ed esclusivamente fino al reumatismo articolare siansi in ogni stagione pre- sentate, osserva che lo stesso può dirsi essere avvenuto delle Miliari, e delle Tifoidee, colla differenza che quando diminuivano o quasi scomparivano i casi di Miliare , più fre- quenti e gravissimi si presentarono quelli di Tifoidea, la qua- le nella mite attuale stagione a lui pare abbia novellamen- te dato luogo alla prima. Le Risipole dominarono dall’ esor- dire dell’ autunno sino quasi a tutto lo scorso inverno, sul declinare del quale si videro molti casi di Orecchioni, seguiti, sinora da pochissimi. di Scarlattina. L’ arabo vaiolo 5 66 e la vaioloide in non molto numero sì sono presentati, e più di frequente nella calda stagione. La premessa nosologica esposizione dà motivo all’ au- tore di considerare, che se varie e diverse ponno essere state le cagioni operanti le anzidette morbosità , ura poi tra queste si è mostrata a vero dire più di tutte attuosa, sia che si riguardi la costanza de’ suoi effetti in qualunque momento di tempo ( Pleuro-pneumoniti affezioni cattarrali reumatiche ) sia che si consideri la qualità dei medesimi rilevata anche in altre malattie ( Miliari, Tifoidee, Risipo- le ) le quali sebbene non immediato effetto di quella ge- nerale condizione, pure durante il loro corso gli hanno dato a conoscere di essere state dalla medesima influenzate. Que- sta generale cagione egli la ravvisa nell’ atmosferica costi- tuzione che ha sopra noi dominato; a far conoscere l’ in- dole della quale espone un quadro meteorologico compara- tivo per gli anni 1851-52-53-54 che comprende in se or- dinatamente tutti i dati meteorici raccolti nella nostra Spe- cola intorno alle condizioni atmosferiche della nostra Città: lavoro giudiziosissimo e nuovo dell’ Egregio Signor Dottor Alessandro Palagi, del quale legge il riassunto finale. Per questo lavoro dice provarsi che cotesta atmosferica costilu- zione per avere conservato sempre, malgrado il variare del- le stagioni , le medesime fisiche condizioni, è stata staziona- ria, e per l’ indole poi di queste sembra avere atteggiato, e talvolta per se sola fatto cadere il nostro organismo in quelle alterazioni morbose, la di cui essenziale natura è riposta nell’ aumento di alcuni materiali organici, e del moto vitale. E benchè a rettificare sempre più 1° indole del- la costituzione atmosferica |’ autore mon possa addurre in proposito osservazioni Ozonoscopiche, da quelle però fatte da Boeckel, Simonin padre, Guillard, e Wolff si tiene auto- rizzato a concludere, che avendo tra noi, e durante il tempo a cui si riferisce, predominato gli ‘anzidetti morbi ( cattarrali e reumatiche in ispecie ) nella mostra atmosfera 67 abbia più o meno esistito contemporaneamente quell’ agen- te che dal Schonbein fu denominato Ozono. I sintomi poi osservati, le microscopie praticate, i presidii terapeutici dall’ autore posti utilmente in uso nella cura delle malattie che formano |’ argomento del suo di- scorso , gli hanno confermato quanto avea dedotto dall’ esa- me dell’ atmosferica costituzione. La ristretta natura, di un semplice rapporto non per- mette seguire i passi tutti dell’ autore nella parte della sua Memoria dedicata all’ esame dell’ indole deile malattie che ha avuto a curare. Ommesse quindi alcune, sebbene atten- dibili, particolarità a queste attenenti, e da lui all’ oppor- tunità riferite, dirò solo ch’ egli basandosi sempre sul tri- plice criterio diagnostico poc’ anzi espresso, accennata la natura generalmente riconosciuta. flogistica, od almeno la coesistente flogosi nelle pleuro-pneumoniti, bronchiti, affe- zioni cattarrali, reumatiche acute, e detto pure come rarissime volte in quest’ anno curando tali malattie, abbia riscontrato disaccordo grande tra lo apparato, od il viscere affetto , ed il generale dell’ organismo , prende in considerazione i mol- ti casi di Risipola, quasi sempre facciale, poscia quelli di Orecchioni che gli si sono «offerti. Nella prima afferma aver- vi rilevato sempre uno stato prettamente infiammatorio e non fenomeni adinamico-atassici, o puramente gastrico-bi- liosi, come talvolta; e sotto diversa costituzione gli è av- venuto di riscontrare; nei secondi eguale natura, benigna l’ indole, ed analoga probabilmente a quella delle risipole la cagione occasionale operante però sopra individui di una età ove ha predominio il sistema vascolare bianco. Nei casi di Vaiolo, ed in quelli pochi di Scarlattina con esito feli- ce.da lui curati mostrasi inclinato a. ritenere che la solita generale cagione siasi efficacemente opposta a quei. disfaci- menti di putrida, e dissolutiva: natura che in alcune. tem- pre; sotto diversa. costituzione, in seguito ‘anche »degli. an- zidetti. esantemi si sono; talvolta ‘osservati. Ma. più assai: che 68 nel Vaiolo e nella Scarlattina, nella Miliare e nella Tifoi- dea ha l’ autore riconosciuta palesemente 1’ influenza della costituzione (dominante, la quale, secondo lui, è stata po- tente cagione che nella prima di queste ultime malattie; in mezzo sovente a mentite vesti, siasi più di frequente manifestata una condizione di vita sempre eccessiva, e spes- sissimo anzi la flogosi per lo più membranosa; ed abbia pure questa malattia avuto un corso d’ ordinario più lungo che negli anni precedenti, ed alcuna volta assunto perfino un cronico andamento. Per ciò poi che riguarda la Tifoidea, egli colla scorta sempre delle osservazioni e del ragionamen- to sarebbe indotto ‘a. credere che il numero maggiore del- le vittime in confronto del minor numero d’ infermi di ta- le malattia che in quest’ anno abbiamo a deplorare, € nell’ esito felice ‘il suo decorso più lungo dell’ ordinario pieno sempre d° incertezze e pericoli; e finalmente il com- plicarsi ed il. succedersi più frequente di altre infermità quasi altrettanto gravi ed alcuna volta fatali, sia stata |’ 0- pera. in gran parte della più volte notata cagione. Svolto così |’ argomento principale del suo discorso, discende 1’ autore. nell’ ultima parte del medesimo a parla= re specialmente delle così dette Pleuro-pneumoniti da lui curate colla parsimonia del salasso, ‘e coll’ uso del calome- lano, e dell’ oppio. Metodo di medicatura del quale, dopo avere accennata la sua importanza in Italia, come ‘in sulle prime fosse di subito teoricamente avversato, la perplessità in che egli stesso per qualche tempo:è stato prima d’ adot- tarlo, i principali nomi di ‘que’ Medici che a sua notizia l hanno messo vantaggiosamente in pratica, afferma esser- sene di poi servito, e tuttora servirsene nella cura delle sunnominate infermità con grandissimo successo , quante volte particolarmente ha potuto applicarlo nei primordi del male, anche gravissimo. Date poscia alcune importanti av- vertenze cliniche, frutto di sue esperienze ed osservazioni intorno a questo'punto di pratica medicina , passa per ultimo 69 a provare come questo. metodo curativo debba; a suo avvi- so, riputarsi razionale e non empirico. Imperciocchè fatto primamente conoscere che l’ oppio non è che un coadiu- vante, il quale in alcuni casì si può, e si deve talvolta ommettere, dice che secondo alcuni principii delle odierne e già generalmente adottate dottrine di patalogia chimico- -organico-dinamica già da tempo annunziate da sommi no- stri Italiani, Buffalini, Medici, Puccinotti, valutandosi in queste Pleuro-pneumoniti più che l’ elemento dinamico, una primitiva alterazione dell’ elemento idraulico , consistente in un eccesso di plasticità del sangue che costituisce il feno- meno più elevato di loro patogenìa, a tal che la scuola di Vienna le ritiene un’ Iperinosi croupale, altri un’ Iperfitri- nosi, e Bernhards le considera non come malattia dei pul- moni, ma come localizzazioni di malattia del sangue. Per- tanto il Chiarissimo disserente conchiude il suo applaudito ragionamento col dire che razionale si è quel metodo di cura di queste infermità, le indicazioni del quale si rivol- gono a sottrarre nei primordi del male, tanto di materiale sanguigno, quanto è necessario a togliere lo stato di ipere- mia generale, ed a correggere l’ alterata crasi del sangue, togliendone la troppa plasticità ; al quale effetto ricorda niun altro più valido mezzo avere in oggi l’ esperienza trovato quanto il Calomelano. Sessione straordinaria del 29 Aprile 1855. Convocati i due primi Ordini dell’ Accademia all’ og- getto di nominare due Membri Onorarii in sostituzione dei defunti Conte Cammillo Salina, e Prof. Domenico' Magistri- ni, il Presidente propone quattro soggetti, fra i quali ri- sultano eletti con onorevolissimo partito i Dottori Ermete 70 Malaguti ed Alfonso Colognesi, già Alunni dell’ Acca- demia. 23. Sessione ordinaria. 3 Maggio 1855. Il Prof. Domenico Santagata legge a mome del padre suo Prof. Cav. Antonio, impedito per indisposizione dal- l’ intervenire, una dissertazione = Dei Sali Efflorescenti nelle Argille di Bisano e di Paderno. = La Memoria comincia con alquante considerazioni in- torno allo stato presente della scienza de’ Minerali, la qua- le, riconosciuti, distinti e descritti i minerali tutti, dovrà ( Egli dice ) procedere innanzi a cercare i rapporti e le attinenze che hanno ciascuno fra loro; e perchè sieno al- cuni abbondanti, e scarsi sien gli altri; e come abbia avu- to ognuno principio; e perchè vanno quelli insieme, e so- no gli altri disgiunti; e quali forze li fanno insieme tro- varsi; e con qual ordine sono fra lor ripartiti; ed a quai fini son fatti; e quali mutazioni ricevono. Ed è con queste intenzioni di studio che dall’ Autore s’ imprende a trattare de’ sali efflorescenti. Dall’ abbondanza relativa di ciascun minerale nota 1’ Au- tore che la regola di Natura sia stata 1’ utilità del servizio che ha ciascuno da rendere alle piante ed agli animali. E passa a mostrare che ben si conosce che a benefizio mas- simamente dell’ Uomo sono i minerali creati, poichè si ri- trovano con abbondanza sempre maggiore, quanto più pos- son servire ai maggiori bisogni di esso. Alla formazione poi delle masse de’ Minerali e degli aggruppamenti di essi, ed alle successive loro comparse sulla faccia del Globo gli pare che abbiano presieduto due leggi; 1’ una ch’ Egli dice di tempo per la quale vennero prima i materiali che servono a formar la terra da lavoro, e poscia i Metalli, e poscia i Marmi, e le pietre ornamentarie 71 e le gemme e infine il diamante coll’ ordine appunto del grado di necessità di ciascuno per soddisfare alle esigenze e facoltà umane; |’ altra, che riguarda i modi delle reci- proche tendenze o facoltà di andare insieme i minerali, ovvero disgiunti: e dà esempio di questa tendenza esplica- ta nei fatti dell’ isomorfismo, pel quale i corpi, che pos- son ricevere una medesima forma geometrica, hanno anco- ra indole e natura conforme, e tendono a stare insieme, ed insieme si trovano. Passa quindi al soggetto particolare della Memoria. Descritte le efflorescenze de’ sali che trovansi a Bisano e a Paderno, accennate già dal Bianconi nel suo Trattato dei Terreni Ardenti, ne determina la precisa natura colle ana- lisi chimiche , dalle quali risulta che sono la massima par- te di Solfato di Soda con piccola quantità di Solfato di Calce, di Solfato di Magnesia, di Cloruro di Sodio e di Cloruro di Calcio. Analizzate ancora le Argille, non trova- si in esse punto di questi sali. Donde adunque provengono, e come si formano, e quale interesse ci possono dare alla scienza ed all’ arte 0 all’ industria i sali medesimi ? Il sale marino è conosciuto avere influenza a produrre le efflorescenze del nitro, ed i ragionamenti su queste si applicano a quelle di Solfato di Soda. E donde proviene il sale marino che è comune alle argil- le? Indicate le maniere diverse di giacitura del sale mari- no, si recan le prove dell’ origine ignea del sale marino delle argille. Come allora sì spiega che sia nelle argille disperso in tante piccole masse o quantità lontane 1’ une dall’ altre ? Recasi sopra ciò dall’ Autore la sua opinione = che nelle eruzioni antiche e profonde avvenisse molto di frequente che oltre alle correnti delle materie, che giunsero a for- marsi in depositi o in vene cospicue, alcune porzioni di quelle materie si dispergessero intorno per mille luoghi e 72 spazi diversi de’ terreni, ed ancora in tenuissime parti iso- late fossero trasportate, e diffuse molto lontano dai cen- = i E dopo i ragionamenti opportuni parmi, Egli dice, che s’ abbia a concludere che nella eruzione 0 sollevamen- to delle Argille si diffuse ovunque per esse il Sal-Gemma, che in molti luoghi raccolto in ammassi grandiosi, in altri e infiniti s’ internò nelle masse tutte in tenuissime parti, e che poscia da esso si produsse il Solfato di Soda che è più abbondante nelle efflorescenze delle Argille medesime. Stabilita così la più probabile origine de’ Sali efflore- scenti, passa a cercare le circostanze nelle quali la cristal- lizzazione di essi venga a formarsi nell’ uscir dalle Argille, e per questo, oltre ai fatti osservati sui luoghi medesimi, porta una serie di esperienze praticate per vedere se il Sol- fato di Soda misto all’ Argilla esca tutto da essa, e quali influenze ci abbiano 1’ aria, la luce, lo spazio, il vapor d’ acqua, i miscugli di diversi sali col solfato di soda, e lo stato aggregativo de’ mezzi dai quali escono i sali. Colle esperienze eseguite conclude che tutto o presso- chè tutto il Solfato di Soda misto all’ Argilla esce fuori da essa; che in uno spazio ristretto di aria non fioriscono i sali: che la luce non pare che ci abbia influenza : che per fiorire que’ sali è necessaria molt’ aria: e che la spedita e facile evaporazione dell’ acqua da un’ argilla impregnata di sale favorisce in sommo grado l’ uscita e cristalizzazione de’ sali efflorescenti. Dietro queste osservazioni ed esperienze inoltre am- mette nelle materie una tendenza al cristallizzare centrifu- ga, ed in altre tendenza centripeta , e fra le due in altre una specie di indifferenza. Dopo la Memoria Santagata legge il Prof. Respighi le sue Considerazioni sulle Equazioni generali dell’ equilibrio dei fluidi. 73 Nel formare le equazioni generali dell’ equilibrio dei fluidi generalmente o in modo implicito o in modo esplici- to si fa uso di questo postulato che ammettesi come assio- ma idrostatico e cioè » che in una massa fluida equilibrata » supponendo che i punti materiali o le molecole di una » sua parte qualunque vengano a collegarsi in modo inva- » riabile fra di loro, in guisa da formare un sistema ri- » gido, dovrà cionullameno continuare in tutta la massa lo » stato di equilibrio. » Senza menomamente contrariare la verità di questa proposizione sembra, si possa movere qualche dubbio sulla sua immediata evidenza. Infatti supponendo che una parte della massa fluida divenga solida o rigida si suppone un cambiamento nella costituzione fisica di una parte del siste- ma, per cui viene questa spogliata della proprietà caratte- ristica di cui |’ esperienza ci mostra dotati i fluidi per la quale trasmettono in tulti i sensi in tutte le direzioni le pressicni prodotte in una parte qualunque della massa, € siccome non possiamo non ammettere che questa proprietà dei fluidi concorra a determinare le condizioni di equili- brio, così possiamo sospettare che tolla questa proprietà vengano tolte le condizioni di equilibrio, e perciò la pro- posizione per essere resa evidente abbisogna di qualche di- mostrazione. Oltre questo difetto di evidenza procurato dal- l’ uso di questo postulato nel metodo con cui si stabilisco- no le equazioni generali della Idrostatica, produce ancora l’ altro inconveniente di rendere il metodo stesso indiretto, per la necessità di far uso di ragionamenti non applicabili direttamente alla questione su cui si versa. Allo scopo di ricavare le equazioni generali dell’ equi- librio dei fluidi con metodo più diretto e indipendente dal suddetto postulato, il disserente propone di determinare il modo con cui viene prodotta nei diversi punti della massa fluida equilibrata la pressione e dedurne direttamente il suo valore per una corrispondente formola analitica, ciò che egli crede potersi ottenere col seguente processo. 74 Si supponga la massa fiuida formata da molecole 0 elementi materiali estremamente piccoli e non aderenti fra di loro, ma sciolti e indipendenti gli uni dagli altri. Ciò posto se nella massa fluida ha luogo lo stato di equilibrio, è evidente che la tendenza al moto procurata a ciascuna molecola dall’ azione delle forze ad essa inerenti dovrà es- sere distrutta da una resistenza opposta dalle. molecole che sono immediatamente a contatto con essa; e questa resi- stenza prende il nome di pressione Idrostatica. Ammesso poi il principio sperimentalmente dimostrato della egua- glianza di pressione, si rende evidente che se la massa fluida è equilibrata, considerando un punto qualunque nel- l’ interno della medesima, le pressioni prodotte attorno ad esso dalle molecole circostanti secondo le diverse direzioni dovranno essere eguali. Di qui deducesi che determinata la pressione in un punto qualunque della Massa secondo una direzione particolare, le condizioni dell’ equilibrio della mas- sa verranno stabilite col rendere il valore della pressio- ne stessa indipendente dalla direzione secondo cui si è calcolata. Le pressioni nell’ interno della massa evidentemente non possono venire prodotte che dalle forze sollecitanti cia- scuna molecola e dalle pressioni che possono intendersi applicate alla superficie esterna del fluido, per cui può am- mettersi che, se la massa fluida è equilibrata, 1° azione delle forze sollecitanti o sola o combinata colle pressioni ester- ne, se vi sono, è tale da produrre in ciascun punto della massa pressioni eguali in tutte le direzioni, in tutti i sen- si. Traduciamo questa condizione in calcolo. Siano €, Y, 4 le coordinate di un punto qualunque M della massa riferi- to a tre assi ortogonali, P, Q, R le forze acceleratrici di ciascuna molecola secondo i tre assi, p la pressione nel punto M, e q la densità del fluido nel luogo, dove trovasi M. È evidente che le quantità p, g, P, Q, R dovranno considerarsi ciascuna come funzione delle coordinate x, Y, z. 75 Ciò posto si immagini una linea MN condotta pel punto M ad un qualunque punto N della superficie esterna del flui- do, e inclinata comunque coi tre assi, e preso sopra la MN un elemento mm' infinitarmente piccolo, che chiame- remo ds, le sue proiezioni sui tre assi saranno dx, dy, dz, e per conseguenza gli angoli formati dalla MN con tre rette parallele ai. tre assi, e quindi colle forze P, Q, R, che sollecitano ciascuna molecola fluida posta sopra mm', avranno per coseni cui dy dai ds’ ds’ ds Suppongasi ora ciascuna delle forze P, Q, R decom- posta in due, una parallela ad MN, Y altra situata in pia- no perpendicolare alla stessa MN, e le prime componenti Pdx Qdy Raz, saranno Lo » de wii È evidente 1.° che le componenti situate in piani per- pendicolari alla MN non avranno alcuna influenza sulla pressione p prodotta nel punto M secondo MN. 2.° Che tra le componenti parallele alla MN quelle sole, che sollecitano le molecole MN, potranno concorre- re a produrre la pressione in M secondo MN. Dunque tale pressione risulterà dalla somma di tutte que- ste componenti parallele ad MN ed agenti sulle molecole si- tuate sulla linea MN congiunte alla pressione del punto N. Per cui chiamata Sla somma delle componenti, P' la pres- sione in N, la pressione p del punto M secondo MN sarà p=S+P'. Per trovare il valore di S si consideri che delle mole- cole poste sor elemento ds sarà ciascuna spinta contro M Qdy + a e siccome il loro complesso ds ds ? può rappresentarsi con gds, così lo sforzo totale prodotto dalle molecole corrispondenti all’ elemento ds della MN sarà Pda d Rdz qas( np du - 23) = q( Pdx + Qdy + Rdz) dalla iI — spe cit 7 76 e quindi lo sforzo totale con cui Je ;molecole MN concor> rono ;a produrre la pressione in M secondo MN sarà Sq(Pda + Qdy+ Rdz) integrale. da estendersi da N fino ad M, e per conse- guenza (a) p=P'+Sq(Pdx + Qdy+ Rdz). Siccome poi è condizione necessaria all’ equilibrio che il valore di p sia indipendente dalla direzione della ‘li> nea MN, così il valore di p dovrà essere indipendente da dx dy dz la di das ii quantità che determinano appunto la direzione della stessa MN. Differenziando la (a) si ottiene (b) (È ) da + RE )u+(AaszaP'+(Pav+ Qdy+Rdz); e se suppongasi data la pressione P' del punto N, sicco- me devesi considerare come funzione delle coordinate x’, Y', z' del punto N, le quali dovendo appartenere alle su- perficie esterna del fluido saranno vincolate dalla equazione di questa superficie, per cui potrà ritenersi z' funzione delle x, Y', e poichè l’ integrazione della 9(Pdx + Qdy + Raz) va estesa fino a questa superficie, si potrà supporre ap' aP' ap=(7)t2+(7) <(Me+ a) l’ equazione (6) si potrà mettere sotto la forma Me 93 (A) +g(Pdx + Qdy+ Rdz). 77 E siccome questa equazione deve verificarsi indipen- de dy dz dentemente dai valori del --., —-, -- e quindi del dx, f i ; hei rggiogpo gio A dy, dz, così la equazione (c) potrà spezzarsi nelle tre e- quazioni Caimi tro BA tal hat AE Il punto Ninvece di essere preso sulla superficie ester- na può essere, preso sopra una superficie. qualunque nel- I’ interno della massa, basterà allora supporre che P' rap- presenti la pressione nei diversi punti di questa superficie ; che se la superficie scelta avrà la pressione P' costante in tutti i punti, sarà allora dP'=0, e in questo caso l’ equa- zione (c) diventa (P)ac+ (Day + (2) as=g (paz + Qdy + Rdz) dy dz od anche (e) dp = q(Pdx + Qdy + Rdz); e le equazioni (d) diventano dp\ _ (1) 32 che’ sono ‘le note equazioni generali dell’ equilibrio dei fluidi. 78 Un simile processo. può servire per ricavare le equa- zioni delle forze sollecitanti della Idrodinamica, e la dedu- zione appunto di queste equazioni forma il soggetto dell’ ul- tima parte di questa Memoria. 24.° ed ultima Sessione ordinaria. 10 Maggio 1855. Le malattie croniche della pelle, come quelle del si- stema nervoso sott’ altri riguardi, costituiscono anche oggi uno degli scogli più poderosi della moderna patologia e della terapeutica. Null’ avvi di più ovvio al medico pratico dello imbattersi in questi malori, e dopo anche averlì os- servati con accuratezza e diligenza, commettere i più erro- nei giudizi, allorchè trattasi di chiamarli con proprietà di nome, di classificarli, e curarli. Tali sono le parole colle quali l’Accademico Prof. Cav. Domenico Gualandi incomincia la sua Memoria di obbligo, la quale porta per titolo : Insuf- ficienza delle Lesioni Primitive dei Tessuti ad una perfetta classificazione delle' malattie cutanee. . Dopo avere discorso in genere dello stato attuale del- la patologia, e della. clinica delle malattie della pelle, e delle molte lacune ed oscurità che tuttavia. esistono, espo- ne brevemente la storia di due non comuni malattie osser- vate in due giovani donne; e in seguito di alcune consi- derazioni sulla îndole, sulla forma, e sull’ origine e pro- gresso delle medesime, crede poter dichiarare la prima un Ecthyma sifilitico, sparso sopra tutta la pelle del corpo ove, meno del volto, vi aveva dato 1’ aspetto di macchie colore di rame; l’ altra è da lui detta una vasta Framboesia aven- te sede nella natica destra. La narrazione. di queste due infermità cutanee, e le ragioni per le quali stabilivane ta- le diagnosi, furono da esso corredate ed appoggiate a va- rie figure delineate e colorite: anzi in quanto alla Fram- boesia presentò 1’.autore ; bellissima; preparazione ; in. cera grande al naturale; per le quali figure venivano meglio; 79 dimostrate le forme originarie, e i progressi delle malattie stesse tanto nella prima infermità dipendente da lue sifili- tica, come nell’ altra che da fondo scrofoloso egli crede di- pendere. Gradita la lettura storica; la diligente diagnosi e la dimostrazione delle due straordinarie dermatosi, è vivo desiderio di conoscerne a suo tempo l’ esito delle cure ora intraprese. Sessione straordinaria. 14 Maggio 1855. Si è riunito 1’ Ordine dei Pensionati all’ oggetto di eleggere il Presidente pel venturo anno accademico 1855- -1856, formar l’ Albo delle Sessioni, e nominare due Alun- ni in sostituzione dei Dottori E. Malaguti e A. Colognesi già promossi all’ Ordine degli Onorarii. Sono proposti per la Presidenza gli Accademici Bene- dettini Alessandrini, Bertoloni Antonio, Bianconi, Fabbri, Medici, Paolini, Rizzoli : e risulta eletto il Prof. G. B. Fabbri. Il Presidente propone pei due posti d’ Alunno i Dot- tori Armandi Gaspare, Sacchetti Antonio, Taruffi Cesare; fra i quali vengono eletti i Signori Armandi e Tarufli. Estratti a sorte i nomi de’ pensionati che dovran leg- gere nelle successive sessioni, risulta il seguente 80 REGISTRO Dei giorni delle adunanze scientifiche e degli Accademici pensionati che in esse leggeranno. 1855 NovEMBRE DICEMBRE 8 Della Casa 6 Predieri 15 Bianconi 13 Brighenti 22 Santagata 20 Rizzoli 29 Bertoloni Giuseppe 27 Gozzi 1856 GENNAIO APRILE 3 Venturoli 3 Orioli 10 Medici 10 Comelli 17 Paolini 17 Fabbri 24 Fagnoli 24 Alessandrini FEBBRAI0 MaccIo 7 Belletti 8 Gualandi 14 Sgarzi 21 Calori 28 Piani Marzo 6 Respighi 13 Bertoloni Antonio 27 Contri 81 Libri ricevuti in dono dal Novembre 1854 al Maggio 1855. Dall’ I. R. Accademia Toscana d’ Arti e Manifatture — At- ti Verbali Ann. II, N. 3-6.; Ann. III, N. 1-5. e N. 7. —— Memorie pag. 1-40. Dalla R. Accademia di Napoli — Rendiconto Ao, II. 1.° Semestre. —— Elettroscopio del Cav. M. Melloni. —— Elogio del Melloni per A. Nobile. -Dalla Direziene — Corrispondenza Scientifica in Roma Ann. III. N. 38-52.; Ann. IV. N. 1-4. Dalla Società Medica di Bologna — Baullettino. Ottobre 1854 — Aprile 1855. Dall’ Ateneo Veneto — Esercitazioni Vol. VI. Fasc. III Dall’ I. R. Accademia di Padova — Nuovi Saggi Vol. V. e VI. —— Rivista Periodica de’ Lavori 1851-54. Dalla Società Chimica di Londra — Giornale trimestrale. Vol. VII. Fasc. 3.° Dalla R. Accademia del Belgio — Bullettini. T. XX. P. III; Annesso ai Bullett. 1853-54.; Bullett. T. XXI. P.I. —— Memorie coronate, e Memorie di Dotti Stranieri. T. XXV. —— Annuario. 1854. —— Rapporto sull’ Osservatorio R. pel 1853. —— Babbage. Costanti della Natura ; Classe de’ Mam- miferi. Dalla P. Accademia de’ N. Lincei +— Atti della Sessione 26 Settembre 1852. | Dalla Direzione — Archivi di Fisiologia, Terapeutica ed Igiene N. 2. Dalla Società Editrice — N. Annali delle Scienze Natu- rali. Fasc. 9. e 10. del 1854. 82 Dal Ferdinandeo d’ Innsbruck +— Giornale. Ser. III. Fa- scicolo IV. —— Rapporto dell’ Amministrazione per l’Ann. 1851-52. —— Spiegazione della tavola geognostica del Tirolo. Dalla Società Agraria di Bologna - Memorie. Vol. VII. Fase. IV. Dalla R. Accademia di Torino — Memorie. Serie II. Tom. XIV. Dal Governo Neerlandese — Flora Batava. N. 174. e 176. Dalla Direzione — Propagatore Agricola. Gennaio—Apri- le 1855. Dall’ Accademia di Palermo — Atti. Nuova Serie. Vol. II. —— Statuti novelli. Dall’ I. R. Istitato Lombardo + Rapporto della Commis sione per lo studio della malattia dell’ uva. Dall’ Istituto Agrario di Ferrara — Statuti per la Società Ferrarese di canapifizio col metodo Dickson. Dal Governo Britannico — Catalogo di stelle vicine al- l’ Eclittica osservate a Markree. Vol. III Dalla Società R. di Londra — Osservazioni Astronomiche ec. a Greenwich. Anno 1852. Dalla R. Società di Edimburgo — Transazioni. Vol. XXI. P. LL —— Processi delle Sessioni 1853-54. Dalla Famiglia Magistrini — Calcolo Integrale del Prof. D. Magistrini. Dal Sig. Andrea Marzetti — Elogio jdi D. Paoli per A. Serpieri. Dai rispettivi Autori : Alessandrini Cav. Antonio + Catalogo del Gabinetto di Anatomia Comparata nella P. Università di Bo- logna. Zantedeschi Cav. Francesco — Delle correnti elettriche si- multanee, che passano in direzioni opposte sul medesimo filo. Esperienze. —— Apparecchio per l’ elettricità dinamica , che si svi» luppa nelle chimiche reazioni. 83 Zantedeschi Cav. Francesco — Dell’ endosmoscopio capillare; —— Documenti risguardanti le varie accelerazioni o ri* tardazioni dei gravi , le oscillazioni de’ pendoli , e la inclinazione del piano di rotazione del giroscopio. —— Nuovi esperimenti sull’ origine dell’ elettricità atmo» sferica, e sull’ induzione dei conduttori. ‘—— Di uno scaricatore elettrico-telegrafico. —— Telegrafo elettro-magnetico delle stazioni e delle locomotive delle strade ferrate. —— Risposta ai Cenni della Relazione del Dott. Gintl intorno al contemporaneo passaggio delle correnti opposte in un sol filo. Colla Commend. Antonio — Sopra la III. e IV. Cometa del 1854. Grech Delicata Dott. G. C. +— Flora Melitensis, sistens stirpes phanerogamas. De Zigno Cav. Achille — Sui terreni jurassici delle alpi venete. —— Nuove osservazioni sui terreni cretacei delle alpi venete. —— Della Geologia e suoi progressi prima del secolo XIX. Quetelet Prof. Adolfo — Sull’elettricità delle nubi tem- poralesche. Giorgini Cav. Carlo — Discorso idranlico-storico sull'Arno. —— Sulle mutazioni dello stato dell’ Arno rispetto al suolo di Firenze dopo il mille. Levante Prof. Tommaso — Sulla ragnatela nelle febbri intermittenti. —— Su di nna mostruosità di feto umano. Spengler Dott. Lodovico — Studi balneologici sulle terme d’ Ems. Agresti Luigi — Saggio d° Analisi del Linguaggio. Gandolfi Prof. Giovanni — Medicina Forense. Fasc. XIV. Ménabréa Colonnello L. F. — Studi sulla teoria delle vi- brazioni. Bertelli e Palagi — Sulla distribuzione delle correnti elet- triche nei conduttori. Esperienze. 84 Marianini Cav. Stefano — Sulla proprietà posseduta in particolar modo dai corpi umidi di assorbire l’ e. lettricità dagl’isolanti solidi elettrizzati, quando si trovano a contatto con essi. —— Sopra un modo di vedere con facilità i colori acci- dentali. Berti-Pichat Carlo — Corso d’ Agricoltura. Dispense 39-46. Calzolari Professore Luigi — Tentativo per dimostrare il teorema di Fermat sull’ equazione indeterminata "zar +y”. Lanza March. Federico Esposizione statistica ed ammi- nistrativa del Monte di Santa Venera. Bernardi Prof. Antonio + Elementi di Perizia e Geodesia. Leroy-d’ Etiolles Dott. — Esposizione de’ suoi titoli scien- tifici ec. Marianini Ingegnere P. D. — Sulle funzioni che assumono ‘ . 0 0 ; Die, eda gli aspetti 0° 3? € sui massimi e minimi, jb aieizio INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. Mepici — Elogio di F. M. Galli Bibiena. . » pag. Oriori — I Sogni. Discorso HI. . . . + » BaravELLI — Rendiconto di alcune cai osser= vate in diversi malati all’ Ospedale Maggiore . » DerLa-Casa — Osservazioni sull’ elettrostatica. . . Bianconi — Alcune ricerche sui Capreoli delle Cucur- biigege: al a se ail) Gozzi — Considerazioni cuni Medicina. e partico- larmente sul Mesmerismo , o Magnetismo ani- IMAERTE sito sage RURAL ARISRI ALESSANDRINI — Annotazioni Maia V anatomia del Chloromys .F.. Cuvier. ..... pre, e ta +.) FasBrI — Descrizione di un litotritore uretrale, e di un frangipietra curvo-retto. +... +. » Massarenti — Sulla riduzione delle lussazioni feno HUlBIs Gs0- inoiront , )) Derca-Casa — Sulle ui nia natio in- DENSE .} iron ap BRAVE IE). PrEDIERI — Proposta du una arca GIL malat- He lumane:... 0 REN \PRPETA (OR MBOSTT PTT ARA ID) Piani — Cenni sulle dici a due vaGooito: Aa) Rizzori — Sulla ricomposizione di un’ antica lussa- zione sintomatica del femore sinistro . . . » Piorini — Studi fisiologico-patologici sull’ asma, ed efficacia dei bagni solforosi, in ispecie di Por- 13 15 18 20 23 25 29 33 34 retta contro il medesimo. . . . . ... + » 37 86 Bricnenti — Sul Reno Bolognese co' suoî influenti attuali, e dopo gl’ influenti futuri ; e sui provve- dimenti da prendersi. Parte I° . . . . pag. 46 Carori — Descrizione di un mostro umano doppio Opo-Ectodimo preceduta da un breve Commenta- rio sulle ova gemellifiche degli uccelli. + . . » 47 Scarzi — Un Pensiero sulla Pietrificazione del Le- PL RARE BRR De MO ee BertoLoNI GIUSEPPE — Titina di prodotti natu- rali del Mozambico. Diss. V.. . . .. . » 51 Giovannini — Caso d’ elefantiasi dello scroto felice- mente operato +. . . + . vi MU MISI SantaGATA Domenico — Origine delle Argilte scagliose. » 55 Comet — Sulla cura del Cholera. . . . . » 57 Matacuti — Considerazioni anatomiche intorno la Coro da del Timpano . . . a° et POT .69 Contri — Sul processo Dice di paginae la Ca- DEPR SP 19M} +. » 60 BERTOLONI ANTONIO — PRE Botanini XI. » 63 BeLLerti — Delle Malattie che dall’ Aprile 1854 a tutto Marzo 1855 hanno dominato nella Città di Bologna 8%) Sinti si » 65 SantagaTA Antonio — Dei Sali Efflorescenti ‘nella Ap gille di Bisano e di Paderno . . . . . . » 70 Respicm — Considerazioni sulle Equazioni generali dell’ equilibrio dei fluidi. +... . +... » 73 Guaranpi Domenico — Insufficienza delle lesioni pri- mitive de’ tessuti ad una perfetta classificazione delle malattie della pelle. . +. +. . +... » 78 Rapporti, Partecipazioni e Nomine. PRESENTAZIONE di una Memoria di concorso al premio Aldini pel Galvanismo +... . . . +. » 22 87 Comunicazione di un articolo del Prof. G. Bertolo- ni sulla Bombyx Paphia. . . . + +. pag. 34 Promozione degli Alunni Dottori Colognati e Malagu- ti ad Accademici Onorarii. . . = 169 Erezione del Presidente per l’ anno Golddcnioi 1855 SER e A SO Nourna dei Dottori Ammandi ci e Taruff Cesa- re ad Alunni . . DORIA a CS SI DINT Recistro delle Sessioni del 1855-1856. tn 80 Libri ricevuti in dono 0 cambio. . . . . »3 ed 81 IMPRIMATUR Fr. Petrus Caj. Feletti O. P. Inq. S. O. IMPRIMATUR Camillus Elmius Cens. Eccl. Le \SSISISISISISS& due -Y ; i S/IPIA RENDICONTO Ò DELLE SESSIONI — 0) © =. DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE ( dell Istiuto. di Bologna (6) ANNO ACCADEMICO 1855-1856 (0) a : x x : pi RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'Isbulo di Bologna ANNO ACCADEMICO 1855-1856 MO | Pa ARI | \ RE LA eh BOLOGNA TIPI A SAN TOMMASO D’ AQUINO 1856 RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell Sstitubo di VUbologua ANNO ACCADEMICO 1855-1856 PRESIDENTE PROFESSORE GIAMBATTISTA FABBRI — nta Neto ferie estive Y' Accademia ricevè in dono le Ope- ve segnenti : Dal Governo Britannico — Catalogo di stelle vicine all’ Eclit- tica osservate a Markree. Vol. III. Dalla P. Accademia de’ Nuovi Lincei — Atti della Sessione 19 Dicembre 1852. Dall’ I. R. Accademia delle Scienze di Vienna — Memorie della Classe Matem. Natur. Vol. IX. Memorie della Classe Filos. Stor. Vol. VI. —— Rendiconti della Classe Matem. Natur. Vol. XIV. Fasc. II; Vol. XV. Fasc. I-II ; Vol. XVI. Fasc. I. —— Rendiconti della Classe Filos. Stor. Vol. XIV. Fasc. I. Il; Vol. XV. Fasc. I-IIE; Vol. XVI, Fasc. I. —— Archivii per le Antichità Austriache. Vol. XIV. Fasc. I. —— Giornale dell’ I. R. Istituto Centrale Meteorologi= co-Magnetico. Vol. III. —— Fogli di Notizie. 1855. N. 1-12. 4 Dall’ I. R. Istituto Geologico di Vienna — Memorie Vol. II. —— Annali. 1854. Luglio-Dicembre. Dall’ I. R. Istituto Lombardo — Giornale. Nuova Serie. Fasc. 33-38. Dall’ I. R. Istituto Veneto — Memorie. Vol. I-IV. —— Atti delle Adunanze. Serie I. Tom. I-VII ; Serie II. Tom. I-V; Serie III. Tom. I. Puntate I-VII. Dalla Società R. di Londra — Osservazioni a Greenwich 1852. e 1853. Dalla R. Accademia Bavarese — Dissertazioni Tom. I-VII. e IX. Memorie della Classe Fisico-Matem. Tom. VII. Fasc 2.° —— Bullettino del 1853. Annali del R. Osservatorio di Monaco. Tom. VI. —— Determinazioni magnetiche nel Regno di Baviera per J. Lamont. Parte I. —— Sul clima di Monaco per C. Kuhn. —— Sul movimento della popolazione nel Regno di Ba- viera per F. Hermann. Dalla Società R. di Edimburgo — Transazioni. Vol. XXI. Parte I. —— Processi delle Sessioni 1853-54. Dalla R. Accademia delle Scienze di Napoli — Nendicanii Luglio-Dicembre 1854. Dalla Società de’ Curiosi della Natura in Halla — Disser- tazioni. Vol. I. Fasc. 1I-IV; Vol. II. Fasc. I-IV. Dalla Società delle Scienze Naturali per la Sassonia e la Turingia, residente in Halla — Giornale delle Scienze Naturali. 1853-54. Vol. I-IV. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna — Bullettino. Maggio-Settembre 1855. Dalla Società Editrice — Nuovi Annali delle Scienze Natu- rali. Ser. III. Fasc. 11. e 12. Bologna 1855. Dal Municipio di Belluno — Esequie a Bartolommeo Za- non; parole proferite da G. B. Zannini. 5 Dalla Commissione di Sanità di Perugia — Relazione in- torno alla Etiologia, Profilassi e Cura del Cho- lera. Dalla Direzione — Corrispondenza Scientifica in Roma. An. IV. N. 5-19. Dalla Direzione — Propagatore Agricola. Bologna 1855. Maggio-Agosto. Dai rispettivi Autori: Zantedeschi Cav. Francesco — Telegrafo delle stazioni e delle locomotive delle strade ferrate. —— Studi di Elettro-fisiologia ne’ suoi rapporti colla terapia del cholera. Briganti Prof. Francesco — Historia Fungorum Regni Nea- politani. Freschi Prof. Francesco — Storia documentata del cholera in Genova nel 1854. Vo!picelli Cav. Paolo — Sur |’ induction électro-statique. Sulla polarità elettrostatica. Nota 2.* Soluzione algebrica della (x2-+y?) = (a8+0°)" Nota riprodotta con aggiunte. —— Alcune Ricerche relative alla teorica de’ numeri. —— Sul numero delle soluzioni della x? — y° =c. Rettificazione delle formole per assegnare il nume- ro delle somme, ognuna di due quadrati, nelle quali un intero può spezzarsi. Minarelli Cav. Pietro — Manuale di bassa Ostetricia.’ Tarsitani Dott. (Napoletano) — Forceps à double pivot. II, edit. Cefalotripsia, praticata con felice risultamento. Desiderio Dott. Achille — Principio nuovo di Terapeutica. Gandolfi Prof. Giovanni — Dottrina analitica delle lesioni violente in rapporto alla legge criminale. Fondamenti di Medicina Forense. Fasc. 17.° Malagodi Prof. Luigi — Sulla Litotripsia. Lettere ai Dot- tori Santopadre e Peruzzi. 6 Idem — Sulla combinazione della Cistotomia colla Lito- tripsia. Carlo Cav. de Hauer — Sopra alcuni sali di cadmio. —— Nuove combinazioni del cloruro di cadmio coi sali basici metallici di cloro. Analisi della sabbia di Vienna. Sopra alcuni carboni fossili di Rossitz. —— Sopra un apparecchio di Markus onde avere una temperatura eguale mediante una lampada a gas. Sopra l’ acetato di magnesia cristallizzato. D’ Hombres-Firmas Barone — Mémoire sur la Fraidronite. Second Extrait de mon Itinéraire pour les Voya- geurs-Naturalistes dans les Cévennes. Rossi Dott. Antonio — Polemica pel ch. Prof. Tommaso Levante da Larino. Senoner Adolfo — L’ I. R. Istituto Geologico dell’ Impero d’ Austria, e Rivista degli Studi di Mineralogia ec. 1850-1853. —— Misure d’ altezza in Transilvania. Pur nelle ferie estive, in sessione straordinaria del 21 Ottobre, gli Accademici Pensionati procederono alla nomina d’ un Membro del loro Ordine in rimpiazzo del Prof. Ful- vio Gozzi, una delle vittime più illustri del feral morbo che ha imperversato. Furono proposti i Professori Brugnoli Giovanni, Santagata Domenico, Versari Cammillo , e i Dot- tori Michelini Vincenzo, Scandellari Gaetano, Soverini Car- lo. Ebbero il miglior partito Santagata e Soverini: e poichè fu eguale, si passò per essi ad un secondo scrutinio, do- v ebbero pure egual partito. Allora a norma del Regola- mento si rimise la decisione alla sorte, la quale favorì il Soverini. 7 1.8 Sessione ordinaria. 8 Novembre 1855. Il Presidente dichiara suo Vice-Presidente il Prof. Cav. Antonio Alessandrini. Il Segretario presenta i libri pervenuti in dono, o in cambio nelle ferie estive, e ne legge le accompagnatorie, e così pure le lettere di ringraziamento per le ricevute pub- blicazioni della Società nostra. Il Prof. Domenico Galvani, Socio Corrispondente, of- fre all’ Accademia il ritratto di Gaetano Monti, dipinto ad olio dal Fancelli; dono assai gradito dal Consesso, che ne porge vivi ringraziamenti al donatore presente. Allora il Prof. Cav. Antonio Bertoloni sorge a mostrare, come aven- do il Monti professato alla scuola botanica dell’ Archiginna- sio, e scrittane con aureo dettato la storia, non potrebbe la cara imagine di lui venir meglio locata, che al giardin botanico, dove in bella schiera pendono quelle d’ altri ce- lebri Naturalisti a spirare ne’ giovani riverenza a’ maggiori ed amore alla scienza: e il Consesso volentieri acconsente che la effigie di quell’ illustre venga data in custodia, o deposito al Direttore chiarissimo d° esso giardino, per Je cure Sue e per quelle de’ suoi predecessori divenuto uno de’ principali della penisola. Alle accademiche esercitazioni diede cominciamento l’ il- lustre Medici coll’ Elogio Storico d’ Ercole Lelli. Quella intensità di volere, che Ferdinando Bassi di spedizioniere trasmutava in naturalista, e che dalle sopori- fere cantilene sollevava Guglielmo Herschel fino ad Urano ed alle nebulose, quella trasformava pure Ercole Lelli d’ar- chibugiere in statuario. Che se le molte sculture da lui condotte in cera, le quali furono sì grande ornamento al- l’ Istituto, e in tanto vantaggio tornarono dell’ anatomico insegnamento , alla nostra generazione mon è concesso di 8 ammirare, ci rimane però quel prodigio delle statue in le- gno, che il cielo sorreggono della cattedra nell’ antico tea- tro anatomico, e ad aiutare gli studi di Miologia 1’ uom rappresentano nello stato del temerario suonatore, quando irato Nume lo trasse » Della vagina delle membra sue. Pure a’ Musei dell’ Università rimane altra maraviglia, a produrre la quale fu d’ uopo che in un sol capo alla dottrina dell’ Anatomico s’ innestasse la sagacia del Mecca- nico; uno scheletro umano , in cui ingegni d’ acciaio fan- no l’ uffizio delle cartilagini, e de’ naturali ligamenti, at- to a mantenersi stabilmente in qualunque postura piaccia al Professore d’ assegnargli. E ben fu degno che il senno di Benedetto XIV. a lui affidasse nell’ Istituto triplice ministero: e degno fu che il facondissimo Istorico degli Anatomici Bolognesi di lui pure celebrasse le lodi, e che voi, Prestantissimi, le ascoltaste. . Sessione straordinaria del 9 Novembre 1855. Si riuniscono gli Accademici d’ ambi gli Ordini al doppio oggetto, 1.° di nominare un Accademico Onorario in sostituzione del Dott. Soverini promosso a Benedettino, 2.° di pronunciare giudizio intorno .all’ unica Memoria pre- sentata al Concorso del premio Aldini sul Galvanismo , aper- to con Programma del 2 Maggio 1853. Quanto al 1.° oggetto della convocazione, il Consesso adotta la proposta fattagli dal Presidente, che si cambi il Diploma di Corrispondente in quello di Onorario al Prof. Cammillo Versari, il quale ha fermato sua dimora fra noi, insegnando Patologia alla P. Università. Passando al 2.° oggetto della convocazione, letto e discusso il parere dell’. apposita Commissione nominata nel- la sessione del 6 Gennaio, l’ Accademia non crede si possa 9 abbandonare la teoria elettro-fisiologica , frutto di profondi studi d’ uomini sapientissimi , fondata sopra una lunga ma- no d’ esperimenti praticati colla massima sagacia, e rica- vata da imparziale rigorosa induzione, per sostituirvi col- I’ Autore della Memoria una particolare ipotesi di vibrazio- ni che non ha sufficiente appoggio nell’ osservazione e nel ragionamento. Giudica quindi non esser quella Memoria me- ritevole di premio. Avuto però riguardo al molto ingegno, e alla vasta dottrina spiegatavi dall’ Autore, la crede degna di onorevole menzione: e risolve che nell’ annunzio, che se ne darà al Pubblico in questa Gazzetta Privilegiata, sia detto , essersi trovata molto ingegnosa e degna di lode, non però meritevole del premio. N Abbruciata in presenza del Consesso la scheda sigillata che accompagnava la Memoria, e * depositata questa nell’Ar- chivio dell’ Accademia, viene dal Presidente sciolta l’ adu- nanza. » a Sessione ordinaria. 15 Novembre 1855. Nell’ opera chirurgica di Vidal è scritto che il Sig. Be- rard ebbe la penosa missione di fare un deplorabile inven- tario degli errori chirurgici commessi per false diagnosi, e vi è pur detto che questo giudizioso ed abile operatore nei dieci giorni spesi in tali sue ricerche , rinvenne 1’ ingente numero di 267 diagnosi da altri chirurgi erroneamente pra- ticate. Ora il Dottor G. B. Baravelli, animato da spirito di rettitudine verso l’ umanità e di amore alla Chirurgia da lui già per molti anni professata, ha creduto di oggi riferire al corpo accademico delle Osservazioni e riflessi, i quali dimostrano, come pel medico, altrettanto sia utile e necessario al chirurgo di praticare una buona diagnosi, e quali siano î mezzi per meglio riescirvi. È certo che i sen- î, quando sieno perfetti e tutti messi in opera, sono quei tali mezzi pei quali noi arriviamo a conoscere e a distinguere 10 Ja qualità delle malattie; ed è pure un fatto, che la sfera di azione dei sensi e la potenza loro si accresce coi mezzi ausiliari che l’ uomo seppe a tal uopo inventare. La luce, le lenti, gli speculum per la vista; lo stetescopio per |’ u- dito; lo specillo, la candeletta e Ja siringa pel tatto, gio» vano com’ è noto ad accrescere la potenza dei tre sensi in- dicati; mentre a migliorare la potenza dell’ odorato e del gusto insegnò la chimica alcune combinazioni, e manipo- lazioni che a quel sensorio coadiuvano grandemente. Se poi a questi mezzi il chirurgo aggiungerà uno spirito di com- binazione, di analogia, e di confronto giusto e preciso, sia adoperando il metodo della eliminazione, come quello della osservazione diretta, egli otterrà una buona diagno- si, senza della quale una felice e bella operazione addi- viene inutile e fors’ anco dannosa. Questo tema svolto nei suoi particolari con molti esem- pi e con ottime ragioni, rese viemeglio persuasi della ne- cessità del consulto e della discussione sul malato, anche nei casi meno oscuri, e ottenne l’ approvazione dei colleghi, i quali attenti ne ascoltavano il discorso veridico, erudito, e preciso, 3.2 Sessione ordinaria. 22 Novembre 1855. Legge 1’ Accademico Piani una specie d’ elogio storico di Luigi Casinelli, Collega che perdemmo nel 1846. Professò all’ Università; dapprima Algebra e Geome- tria, dipoi Meccanica e Idraulica ; ed appartenne al Collegio Filosofico-Matematico. In altro de’ nostri pubblici Stabilimenti, la Pontificia Zecca, fu Segretario, e poscia Direttore. Coltivò con grande successo la Geometria, le Teorie de’ Numeri e delle Serie, e sopratutto quella delle Equa- zioni Algebriche. Molte classi di risolvibili ne determinò: risolse per serie le trinomiali : mostrò qual profitto potea 11 trarsi dal Calcolo Differenziale diretto ed inverso; e dal Cal- colo delle Differenze Finite per la risoluzion generale delle Equazioni, e per dimostrarne o scoprirne le proprietà. Man- carono, per morte, alcune parti all’ edifizio: e il biografo fece prova di tarda prudenza col tracciarne soltanto le pri- me linee, lasciando ch’ altri più abile conducesse a fine il lavoro. 4. Sessione ordinaria. 29 Novembre 1855. Il Prof. Giuseppe Bertoloni tiene ragionamento sulle attuali coltivazioni de’ bachi da seta nel Bolognese. L’ industria serica fra noi da lungo tempo scaduta ri- torna a fiorire per opera d’ illuminati proprietari. Notevolissimi perfezionamenti ha ricevuto , specialmente per l’ introduzione di migliorate razze, la coltivazione di quella varietà del bruco del gelso, la quale vien detta @ quattro mute, perchè il bruco nel progressivo suo crescere cangia quattro volte la pelle: e la quale fra noi si coltiva da secoli, e forse fin da quando i due monaci persiani ne portaron le uova dalla Cina a Bisanzio, dono a Giustiniano carissimo, ed utile per vero al Mondo Romano; quantun- que assai meglio avrebbero meritato della posterità, se in- vece del baco da seta ci avessero dalla Cina recata l’ arte della stampa, la quale ci avrebbe conservato i drammi di Menandro , tanti capo-lavori di Sofocle, tanta parte dell’Isto- rie di Sallustio e di Livio, e quanta è tutta la ricchezza letteraria e scientifica di cui lamentiamo la perdita irre- parabile. A’ conforti poi dell’ Accademico andiam debitori che se ne sia introdotta la varietà a tre mute; e con felice suc- cesso siasi pur tentata la coltivazione dell’ Eria o bruco del ricino. Il fatto ci ha mostrato che dell’ Eria sono possibili fra noi, durante il vegetar de’ ricini, tre successive educazioni 12 ubertosissime ; le quali riescono di molto maggior facilità che la coltivazion del baco del gelso, perchè |’ Eria mai non ammala. Inoltre il bruco per tessere il bozzolo non richiede apparecchio di boschetto, ma in ogni angolo il forma, pur sulle foglie di ricino che ne costituiscono il letto. E se potremo ottenere di farlo svernare o sotto lo stato di uova o di crisalide (lo che pare difficile, perchè dicesi che sia specie, le cui generazioni denno essere suc- cessive e non mai arrestate, onde all’ Indie ne succedono almen sette all’ anno e tutte produttive ) od anche alimen-, tandolo in ambienti tepidi con foglie di lattughe o d’ altri vegetabili, in mancanza del ricino, al solo scopo di otte- nere dalle generazioni invernali le uova per le coltivazioni grandi da. praticarsi nella susseguente stagione calda; se in ciò saremo fortunati, risulterà certamente non piccol vantaggio alla nostra industria agricola; producendo que- st’ animale molto più di bavella e seta finissima e fortissi- ma, che gli altri bachi conosciuti. La varietà selvatica cinese del bruco del gelso, che subisce solo tre mute, e produce bozzolo bianco , più pic- colo del nostrano, di finissima seta e lucidissima , non de- luse le speranze de’ coltivatori ; perchè la seta riuscì d' una finezza e bellezza molto superiore alle più pregevoli del nostro mercato, lodata a cielo dagl’ intelligenti filatori. For- se non corrisponde all’ antica nella quantità del prodotto: ma vuolsi aver ragione del minor cibo che questo baco con- suma. Prospere ne furono le fecondazioni, e si ottenner le uova per le coltivazioni avvenire. E non meno della va- rietà a quattro mute presentò il fatto del divoltismo. Quanto all’ antica varietà a quattro mute, la razza della Brianza , Ja Milanese, la Romagnola di Meldola, e la Bolognese della San-Martina hanno dato i migliori prodotti. L’ Accademico è convinto dalla propria esperienza, che ad ottener ricco e pregevol prodotto bastin nettezza d’ am- bienti e di letti, e copioso alimento; come pure che a far 13 nascer le uova basti 1’ azione de’ raggi diretti del Sole, surrogata di notte dal calore del corpo umano. Anzi le for- zate covature colle stufe, e le sollecitate coltivazioni con ambienti troppo caldi sembrano cause principalissime del- l epidemie distruggitrici del serico animale. E che un ab- bassamento di temperatura, anche tanto forte da rendere inerte e come paralizzato il bruco, non rechi alla perfine aleun danno al prodotto, ed alla perfezione del bozzolo, gli venne dimostrato dal seguente fatto. = Nello stesso ambiente ben aerato io teneva ( dice il nostro Entomologo ) i bruchi di due età diverse, ma na- ti della stessa razza di uova di Brianza bianca. Gli uni aveano già finito di filare quando gli altri cominciavano ad andare al bosco ; in questo frattempo per cagione di una burrasca accompagnata da una pioggia dirotta e generale la temperatura atmosferica si abbassò molto, ed i bruchi già saliti al bosco si rimasero inerti ed immobili per quat- tro giorni sui ramicelli di ginestra , onde io li credetti tut- ti perduti, perchè non avevano più la forza di tessere : ma avvenne che dopo i detti quattro giorni freddi si rialzò mol- to la temperatura ; e que’ bachi filarono tulti quanti i pro- pri bozzoli tanto perfetti e nutriti, che mentre i primi erano stati pagati 24 baiocchi la libbra, questi secondi furon pa- gati 25; per la qual cosa il freddo non apportò loro alcun nocumento nel prodotto sostanziale , soltanto sospese la ener- gia della vita, che poi si ridestò maggiore contro la mia aspettazione. Molte volte avevo osservato sugli alberi i bru- chi di specie nostrane salvatiche, e che fanno bozzoli di seta non filabile, rimanere per varii giorni paralizzati , e non atti a tessere il follicello per cagione di lunghe piogge e di abbassata temperatura, e poi, rialzatasi questa , ritor= nare subito l’ energia delle funzioni necessarie al perfetto sviluppo della specie; ma non credevo che ciò stesso po- tesse avvenire del bruco esotico nello stato di educazione , perchè non penetrai col pensiero che bisognava mettere a 14 calcolo il clima e la latitudine della sua patria natia, che sono circostanze ripetute analoghe nel suolo d’ Italia, := L’ esperienza propria ha pur confermato all’ Accade- mico che = 1l riescire divoltina una razza, od una varie- tà dipende da influenze della generazione, che è cagione della necessaria rinascita delle uova nello stesso anno, net quale si producono perciò le due ed anche le tre genera- zioni, mentre le wova che non sortono con questa disposi- zione dipendente dalla generazione, messe anche nelle con- dizioni dî una covatura di temperatura altissima non na- scono =: e che = î bachi bivoltini ponno essere ugual- mente molto produttivi e nella prima e nella seconda col- tivazione di uno stesso anno, sempre che î locali sieno adattati, e le cure per la nettezza de’ letti sieno maggiori nella state che quelle della primavera, atteso il troppo cal- do della stagione sollecitante le fermentazioni =. L’ Accademico trovò falsa l’ asserzione di molti che è bozzoli ad estremità assottigliate chiudano individui maschi, e femmine quelli ad estremità rotondate. Meno incerto glè parve lo stabilire che i bozzoli più grossi contengan le fem- mine, ed i più piccolî î maschî. Falsa trovò pure P opinione volgare che ne’ doppioni chiudasî eostantemente un maschio ed una femmina: pe- rocchè dei doppioni postî alla prova pochi vide contenere î due sessi, molti contener due maschi, la maggior parte due femmine. Onde concludeva che = assolutamente prima dello stato perfetto non risentono nella vita di bruco 1’ in- fluenza del sesso, quindi To incontrarsî insieme nello stes- so posto per caso due individuò è 1’ unica cagione della formazione del doppione. Infatti sappiamo che quanto più il bosco è ristretto ed i bruchi a maggior contatto gli uni cogli altri, anche maggiore riesce il numero deî doppioni. Siccome dunque il doppione dipende dal-caso, non da un istinto, non dal sesso diverso, così quando le femmine ed i maschì nati da essi sono perfetti, le uova ponno servire 15 benissimo per le future generazioni, e potranno dare un buonissimo e bellissimo prodotto di bozzoli semplici e non più doppioni, lo che esperimenterò nella futura primavera colle uova che ho ottenute dalle fecondazioni di scelte far- falle femmine e maschi tutte derivate da doppioni, e che io appositamente conservo distinte =. Deh che agli studi dell’ entomologo , alle cure de’ pro- prietari , alla sagacia de’ manifattori risponda una volta il senno de’ consumatori! Alla voce di Colbert abiuravano le belle francesi le mode d’Italia , e promettevano che più non Je avrebbe ornate oggetto di fabbrica estrania. E noi, che gli stranieri seguiamo in ogni loro follia, non sarem mai capaci d’ imitarli nelle sagge risoluzioni ? 5.* Sessione ordinaria. 6 Dicembre 1855. La frase materia morbosa o morbifera venne usata dagli umoristi principalmente a denotare una qualunque sostanza , o liquida o solida, valevole a produrre molte malattie. Se tale materia morbosa esista in genere è ciò che il ch. prof. Camillo Versari cerca di esaminare nella sua Memoria oggi letta, P. I.* di Considerazioni intorno alla materia morbosa. In seguito di tale concetto doveva necessariamente seguire ’ indicazione di opporsi ai morbi con mezzi capaci di eli- minarla: perciò, dice I’ Autore, si raccomandarono quei presidii che giovar potevano a produrne l’ emesi, la diafo- resi, la diuresi ed altre umorali evacuazioni. Caduto l’ umo- rismo , la materia morbosa non fu più considerata cagione, ma effetto del morbo. Laonde si fa manifesto come gran- demente ne scemasse l’ importanza patogenica, come fosse invertita e non più posta a base di curative indicazioni. Og- gidì però, in grazia delle esorbitanti presunzioni di alcuni cultori della Chimica organica, in causa degli avanzamenti della medesima, l’ umorismo, sebbene modificato, sta per risorgere e la materia morbosa per ripigliare sotto varie al- Jusioni |’ importanza che s’ ebbe nei secoli andati. E di fatto 16 . la materia tubercolare, 1’ artritica, la cancerosa ora ri- chiamano a sè l’ attenzione dei Patologi e dei Clinici, per guisa che il cercare se propriamente esista questa materia nelle varie malattie è divenuto argomento quanto utile al- trettanto opportuno. Che nel comune linguaggio si conoscano malattie atte a produrre materie è già ammesso da ognuno ; ascessi e flogosi passate in suppurazione preparano infezioni purulen- ti; le fisconie epatiche, e spleniche susseguite a febbri di accesso divengono materia di muove e diverse intermittenti, di vizi assimilativi, di asciti, di anemia, di cachessia, di edemi. E così allo scirro vedesi seguire il cancro ; la renel- la, i calcoli, e la gotta tengono dietro agli attacchi dell’ ar- tritide e del reumatismo : ma in questi casi, dice il Versa- ri, non dovrebbe farsene una nosologica entità essenziale , ma sibbene considerare siccome una cagione. Se il concet- to dei patologi intorno la materia morbosa fosse ‘una illu- strazione del vero, ossia se i fatti ne dessero fede dell’ as- soluta sua realtà, certo che non potrebbe essere stata con- traddetta da non pochi sinceri e profondi osservatori , fra i quali lo Shal, ed i celeberrimi Reil, e Tommasini ; tanto più che gli antichi 1’ ammisero, in un gran novero di ma- lattie se non in tutte, siccome è lecito desumere per 1’ at- tributo di morbosa che le venne assegnato, E tuttora pur sempre rimane incerta, posciachè i volonterosi di ricondur- la in campo non. ne porgono le prove opportune, non i caratteri fisici e chimici, non i sintomi e i segni pei qua- li distinguerla e riconoscerla. Se: fosse una, dovrebbe ap- palesarsi eguale od almeno molto. consimile nei generi e nelle specie delle malattie affini, e ciò non, si avvera; do- vrebbe anche essere espulsa dai medesimi emuntori, e que- sto pure non accade; e cotale identità di eliminatoria dire- zione non fu osservata nemmeno dai più attenti seguaci del metodo aspettante. Imperocchè come i seguaci del metodo attivo vedono molte pneumoniti e. pleuriti e bronchiti risol- 17 versi per sudori e per escreati, così vedonsi le cistiti, me- triti, enteriti, peritoniti risolversi per emorroidi e flussi uterini. E indipendentemente da ciò è un fatto che si sciol- gono alcune epatiti e alcune spleniti per le crisi qui sopra menzionate, e ancora per vomito semplicemente bilioso , pel sanguigno, e per epistassi, o per metrorragia , o per ema- turia, o per semplice emorroidario turgore. Di guisa che per le cose dette sembra all’ Autore, che la materia morbo- sa come effetto, possa risultare da varie sostanze e da va- rie malattie. Si parla di virus canceroso, di rachitico , di scrofoloso ec. ma non se ne hanno le definizioni, le de- scrizioni, le analisi; 1° Accademico osserva, che Lebdert quanto allo serofoloso ricorda, che nè il microscopio, nè l’ analisi chimica riescono a farcene comprendere il suppo- sto particolare elemento; pure Legrand senza avere trovato il virus scrofoloso nelle urine, nel siero, nel pus degli scrofolosi ne sostiene 1’ ipotesi. Altro argomento riferito dal Versari per escludere 1’ e- sistenza della materia morbosa in genere si ha dai profluvi sanguigni e sierosi, pei quali fenomeni, come nei chole- rosi si osserva, ben dovrebbe eliminarsene la qualunque morbosa materia, e quindi conseguirne men rara la sana- bilità; quando invece a conseguirla, è già ovunque dimo- strato, riescire utili i rimedi astringenti. Tuttavia vede nei contagi una materia morbosa, crede che i morbi contagiosi debbano trarre origine da diverse morbose materie; e, lo deduce dalla diseguaglianza del loro sintomatico apparato, dalla varia forma, dalle differenze di corso , dall’ essere volatili o fissi, alcuni innestabili ed altri no. i Ma se vi sono morbi che lasciano dubitare di materia morbosa , ve ne sono altri che non ne porgono verun indi- zio. Tali sono quelli che al sistema nervoso si riferiscono e che si veggono sciogliersi con isbadigli, con pandicola- zioni, col pianto, col riso, col sonno: tali sono i morbi guariti per lieto annunzio, o pel ritorno in patria, 0 pel 2 18 cambiato clima, nei quali non saprebbesi ove collocare la materia morbosa, a meno che non si scambiasse la noso- logia colla etiologia. Ma anche per questo bisogna ricordare che esistono cagioni immateriali e negative come i patemi , il freddo , e l’ oscurità prolungata, le grandi perdite umorali. Fattosi poi ad esaminare le malattie acute domanda, se mai ne porgessero le infiammatorie ? Cotali indizi consi- sterebbero forse nelle qualità impresse al sangue da queste vastissime patogeniche efficienze? Al che risponde che tali effetti dipendono da cagioni proprie e variano secondo la sede, gli stadi ec., e sono sintomi, non materia morbosa. Le flogistiche condizioni del sangue sono un prodotto di aumento , e di cambiata proporzione dei principii immedia- ti del medesimo ; sono effetti di effetti, non già una mor- bifera materiale cagione. Nè le suppurazioni, le emorragie, i versamenti dipendono dalla materia morbosa: sono esiti e successioni della preceduta infiammazione, e di altre di- sparate malattie, e debbono aversi per prodotti di accre- sciute e mutate elaborazioni degli organi infermi molte al- tre materie morbose espulse dal corpo, il catarro, le ma- terie delle diarree, delle dissenterie ec. E non se ne ot- tengono di consimili per esperienze fatte sopra sani animali? Infine chiede il Versari, se le affezioni a corso perio- dico derivano da materia morbosa? ma come spiegarne la intermittenza, come il preciso riprodursi di molte anche ove non sono paludi? Si rinnovano pure questi morbi, e ad espellerne la supposta morbosa materia giovano i china- cei i quali non servono per certo a cacciare alcuna materia dal corpo. Per le quali ragioni e per altre che per amore di brevità ommettonsi di ricordare, il Disserente crede non doversi ammettere la massima, ed è persuaso contro il con- cetto della materia morbosa in genere. Il discorso esposto dall’Accademico con purgato stile e con bello eloquio venne gradito dall’ intero Consesso, il qua- Je anche in questo incontro si compiacque di potere colla 19 recente sua nomina avere presente in Bologna un chiaro e distinto Collega, che or son pochi anni solo annoverar po- tea fra i Corrispondenti, 6.° Sessione ordinaria. 13 Dicembre 1855. L’ Ispettore Cav. M. Brighenti espone la seconda Par- te delle sue Considerazioni = Sul Reno Bolognese co’ suoi influenti ‘attuali; e dopo gl’ influenti futuri; e sui provve- dimenti da prendersi =, di cui avea già letto la prima Parte nella sessione 1 Marzo. A provvedere radicalmente e colla minima spesa alle nostre acque, senz’ alterazione apprezzabile delle condizioni del Po, converrebbe ultimare la nuova inalveazione del Re- no dalla Panfilia al Panaro, e immettere, come è già de- signato, e ‘inevitabile fra pochi anni, le acque dell’ Idice co’ suoi tributari nell’ attuale alveo del Primaro alla foce del Silaro. ) Quando poi si disperasse d’ immettere il Reno nel Po, a provvedervi col minimo danno delle Valli di Comacchio , e con tollerabile spesa per lunghissimo tempo, sarebbe da accorciargli la linea coll’ abbassare I’ arginalura sinistra, aprendogli un libero sfogo nella Valle Vacca da S. Alberto alla Chiavica Leonarda, e coll’ abbassar similmente 1° argi- natura destra dalla Balladora al Mare nelle basse delle Man- driole. Questo raccorciamento della linea cagionerebbe una tale depressione del pelo delle massime piene. da rendere 1’ alveo attuale capace della immissione delle acque dell’ Idi- ce alla Bastia, senza bisogno di ulteriore alzamento degli argini attuali, non possibili a rialzarsi senza patente peri colo della stabilità. Sono mancati all’ Accademico gli studi particolari del sito per vedere se vi siano. difficoltà, e precisare i lavori occorrenti rispetto alla Valle Vacca, e alle Mandriole; e la Commissione del Reno già se ne occupa affine di mettere in luce la convenienza, o no, di tale progetto. 20 7.° Sessione ordinaria. 20 Dicembre 1855. Riunitosi il Corpo Accademico, e lettovi il verbale del- la sessione precedente, il Chiarissimo Prof. F. Rizzoli co- me penso accademico, legge alcune sue Osservazioni e speciali metodi di cura adoperati nei casì di Ernie în- guinali. I pericoli, egli dice, ai quali si trovano esposti colo+ ro che sono affetti da ernie addominali esterne; la difficol- tà e la impossibilità che qualche volta si incontra onde con- tenerle ; la incapacità in cui non pochi individui sono po- sti di prestarsi a laboriose fatiche, indussero i Chirurghi fin da remoti tempi a tentarne la guarigione radicale. Ma sebbene le nozioni sull’ ernia abbiano di molto. progredito , ciò non ostante molti casi fallirono, perchè le radicali gua- rigioni proclamate non furono di frequente se non se tem- poranee. Dietro questi riflessi 1’ Accademico riferisce non poche di tali ernie, per le quali è fatto noto il modo suo di giudicarle, e di quelle operare a seconda delle loro dif- ferenze materiali interne, le quali non bene avvertite, e ma- le studiate sfuggirono a’ migliori Chirurghi de’ scorsi tempi. E di vero è noto che i Chirurghi sonosi limitati nei casi di ernie quasi sempre a consigliare qualche mezzo, che servisse ad impedirne per quanto era possibile |’ aumento dell’ernia, ed a garantire alla meglio l’ ernioso dai pericoli che gli sovrastano. Un esame giudizioso di tali infermità congenite, indus- se il Rizzoli a distinguere sette varietà o specie di ernie, le quali distinzioni egli ha trovato molto utili in pratica, poichè servono a stabilire quali fra queste varie specie pon- no considerarsi capaci di poter essere contenute, e con qua- li metodi; e quali le altre che non lasciano concepire spe- ranza veruna. Nella prima specie il testicolo non essendosi insinuato attraverso il foro inguinale esterno, rimane perciò nascosto 21 nel corrispondente canale , il quale ha conservata od ha per- duta la naturale lunghezza , avviluppando, esso testicolo colla tunica vaginale, i visceri che concorrono a formare l’ ernia. Nella seconda specie questi visceri hanno pure aderen- ze col testicolo, e si sono fatti in tal modo ipertrofici da non potere essere respinti in totalità entro la cavità ad- dominale. Nella terza il testicolo ed il funicolo, lungi di poggia- re sul piano inferiore del canale inguinale, hanno contrat- ti attacchi colla superficie interna della parete anteriore di esso canale, nascondendo dietro di se i visceri protrusi. Nella quarta specie il testicolo è fermo nel canale in- guinale, la vaginale in vicinanza al foro inguinale interno è aderente tutto allo intorno al funicolo, e I’ ernia conge- nita che si è formata, non è già ricoperta dalla vaginale stessa, ma da un sacco particolare somministratole per pe- ritoneo. Nella quinta gl’ intestini che concorrono a formare l’er- nia sono rivestiti noù solo dalla tunica vaginale, ma ben anche da un sacco formato dall’ omento, avente un collo proprio. Nella sesta il testicolo è appena abbozzato ; il corris- pondente funicolo qualche volta è brevissimo, qualche altra è così lungo da permettere al piccolo testicolo di giungere fin dentro la parete interna della membrana pellucida che chiude ancora l’ esterno foro inguinale. Nella settima gli attacchi del testicolo coi tessuti adia- centi sono così deboli, il foro inguinale interno così ampio da potere permettere che il testicolo stesso, in un coi vi- sceri erniosi, siano spinti entro 1’ addominale cavità. Dallo esame di queste varie specie di ernie inguinali congenite occulte si fa noto, non sempre le medesime pre- sentare condizioni tali da rendersi incontenibili ; mostrarsi in- vece alcune di esse capaci di essere completamente contenute, 22 e fra queste quelle in che, ollre i visceri erniosi, anche le stesso testicolo può essere insinuato entro P addome ; quelle pure nelle quali il testicolo essendo assai piccolo, oppure del volume ordinario, il funicolo ed il canale inguinale è così lungo da potere almeno permettere l’applicazione di un cinto. Ma perchè, prosegue 1’ Accademico, non pensare in queste ultime critiche circostanze di tentare la guarigione radicale dell’ ernia? Perchè quando ve ne priegbi 1’ ernioso si dovrà omettere una risorsa, la quale d’altronde è san- zionata dai più prudenti Chirurghi allorchè si tratta di er- nie inguinali o scrotali volgari non contenibili? Perchè ab- bandonare il malato e lasciarlo di continuo esposto a terri- bilissime ed anche fatali conseguenze ? A questo scoglio gravissimo che incontra la Chirurgia il Rizzoli pensò di ripararvi: e ciò appunto egli fece nel caso di Pietro Biagini di Anni 18, contadino ben conforma- to, che come suol dirsi era testicondo. Presentava esso una inmidezza congenita nella regione destra dell’ inguine, for- mata dal testicolo corrispondente, che per la ristrettezza del canale non era potuto discendere nello scroto; tumore che di tratto in tratto diveniva dolente al segno da rendergli intollerabili le fatiche. Esaminato a dovere gli parve si potesse ritenere che quella tumidezza fosse costituita da un’ Ernia inguinale congenita occalta, e che appartenesse ad una di quelle specie nelle quali il testicolo si presenta in tali condizioni da non permettere di mantenerla ridolta coi mezzi meccanici fin qui conosciuti; mentre d’altra parte non poteva prestatsi alle fatiche pur necessarie alla povera sua e robusta condizione. Questo mezzo il Rizzoli slimò, consi- stere in una operazione cruenta colla quale si potesse to- gliere il testicolo dal canale dell’ inguine ove era intollera- bile qualsivoglia anche blando mezzo meccanico, e ciò fa- re conservando il testicolo, omettendo perciò la semicastra- zione, che altri credettero necessario di adottare, quantun- que. con grave danno dell’ individuo. Pensò quindi il nostro 23 ìllastre Clinico di aprive nella sua lunghezza il canale in- guinale , di incidere pure per la sua lunghezza la vaginale che dava ricetto ai visceri erniosi, di togliere i deboli at- tacchi che legavano il testicolo alle vicine parti, ed isolato che fosse di incidere il foro inguinale interno in modo da dare passaggio al testicolo, e permettere di spingerlo, e man- tenerlo invece per sempre adeso entro la cavità dell’ addo- me, mediante quel blasfema che sarebbesi versato dalle in- ‘cisioni: e poscia guarito l’ interno, coll’ applicazione di un cinto trattenere |’ ernia, se mai questa si fosse di nuovo presentata all’ inguine. Fattosi poscia nella Clinica ad ope- rare il Biagini trovò, che quell’ Ernia apparteneva alla terza specie inguinale, congenita, occulta. Fu quindi costretto incidere da prima i predetti attac- hi onde aver campo di scuoprire meglio la vaginale, e di penetrarvi senza ferire il testicolo ; scoperta che 1’ ebbe ver- iso la sua parete superiore, potè inciderla in modo da farsi strada dentr” essa col dito , ed allargarne con sicurezza l’aper- tura fatta, di tavto da poterne dominare la interna di lei cavi- tà. Da quest’ apertuia èscì piccola copia di siero, e poscia Una piccola porzione di omento presentossi verso la parte interna ed inferiore di detta cavità; porzione ch’ egli im- mediatamente ridusse. Portati poscia i suoi esami al foro inguinale superiore, si confermò non essere ampio in modo da potere dare libero passaggio al testicolo, per cui vi fece alcune scalfiture; e così il testicolo stesso isolato in ante- cedenza dalle vicine parti, potè essere spinto con molta fa- cilità per quella via entro I° addome ; dopo di che venne me- dicata la ferita colle regole dell’ arte. Niun inconveniente disturbò il felicissimo corso di questa cura ; la cicatrice re- golarmente si andò formando ; obliterossi del tutto la cavi- tà della vaginale, e l’ interno foro vaginale, e con ciò si ottenne in due settimane la radicale guarigione dell’ ernia , e nell’ individuo la sanità , ed allegria più completa, la qua- le anche oggidì dopo molti mesi prosegue. 24 Questo fatto conduce pure a consigliare i Chirurghi di trarre profitto dal processo descritto, quando la necessità li obbliga ad eseguire | erniotomia per strozzamento delle in- dicate ernie, onde riescire almeno in seguito, qualora non se ne ottenga la guarigione radicale, a contenerle col cinto. Bello ed onorevole è quindi per la scienza e per la no- stra Clinica, che d’ora innanzi le. opere di Chirurgia avver- tano i giovani operatori a studiare le distinzioni delle ernie suenunziate, ed a seguirle in pratica, se vogliono rendere agiata e felice la esistenza a quei sventurati individui, che per tali congenite malaltie in passato vivere dovevano d°’ iner- zia, di privazioni, di stenti, con danno della società, e di loro medesimi. 8.2 Sessione ordinaria. 27 Dicembre 1855. Legge il Prof. Calori = Sul corso e sulla distribuzio- ne delle arterie della cavità del timpano ne’ Cheiropteri, ne- gl’ Insettivori e ne’ Roditori =. = Non men curioso che singolare è il corso di certe arterie profonde della testa in alcuni mammiferi , sopratut- to ibernanti, per entro la cavità del timpano fra le gambe della staffa, o nel canale arterioso del così chiamato pes- sulus da Carlisle e Rudolphi. Otto, che pel primo rivocò a particolare e minuto esame il fenomeno allo scopo di ri- schiarare ad imitazione di Mangili il sonno iemale, credette che |’ arteria percorrente questo nuovo cammino fosse sem- pre la carotide interna. Hyr! è di contrario avviso, e tie- ne non sia mai quest’ arteria; ma ora |’ etmoidale, ora la mascellare interna e l’ oftalmica riunite in un tronco da lui chiamato orbito-mascellare, ora una meningea accessoria, sendochè la vera carotide interna non attigne maî la staffa, nè il menzionato canale, ma corre sul, promontorio e sì con- duce per altrà via nella cavità del cranio a comporte il cir- colo del Willis; e finalmente seguendò le tracce di Oo 25 stabilisce diversi tipi sulle varietà di tali arterie ne’ Cheiro- pieri, negl’ Insettivori e ne’ Roditori. Differenza rilevantis- sima, che neppur scema di un poco ammettendo che Otto abbia, siccome ha di fatto, preso alla maniera di Cuvier e di Meckel per carotide interna il tronco arterioso che entra nella cavità del timpano. Non è però a tacere che questo autore ravvisò talvolta la vera carotide interna ; di che ognu- no potrà convincersi leggendo la descrizione da lui data de’ tipi dell’ Erinaceo e della Talpa comune. Contuttociò ad Hyrtl veramente appartiene averla fatta pel primo conosce- re; imperocchè non bastava che Otto |’ avesse indicata qua- le arteria cerebrale in que’ due insettivori, ma facea pur mestieri ne avesse eretta |’ osservazione in principio ; lo che non fece, anzi nel ritrarre gli altri tipi da questa idea sviò. Ma vi hanno altre differenze fra i due illustri Anatomici, le quali concernono la distribuzione e quindi la siguifica- zione de’ rami dell’ arteria che sorpassò la staffa. Le varie- tà di questi rami ne’ diversi menzionati mammiferi hanno prestato all’ /7yr uno de’ precipui argomenti alla creazio- ne de’ vari tipi. I quali confrontando io (prosegue 1° Acca- demico) col vero, sonmi, come suole non rare volte avve- nite a chi rianda le altrui osservazioni, trovato in non po- chi punti dissenziente, ed ho veduto ch’ essi non furono sempre tratteggiati secondo natura. Laonde ho stimato prez- zo dell’ opera rinfrescare tale materia , esponendo quanto su questo proposito mi hanno corrisposto di diverso le mie pro- prie investigazioni =. L’Accademico ha minutamente esaminato il tipo de’ Chei- ropteri nel Vespertilio serotinus Schreb., e nel Vespertilio Vispistrellus Bonap. ; il tipo dell’ Erinaceo Europeo e quel- lo della Talpa Europea, che ha trovati similissimi ; il tipo dello Sciurus Europaeus; il tipo del Myoxus glis; il tipo de’ topi nel Mus Decumanus; e ‘il tipo del Cavia Porcel- lus; e ne ha presentato le preparazioni insieme con accu- ratissime tavole. 26 Dalle sue osservazioni deducesi che = 1° arteria, ché penetra nella cavità del timpano, non ha sempre una me- desima significazione, essendo ora la carotide comune, co- me nell’ Erinaceo , nella Talpa; ora un trouco comune alla carotide interna e ad un’ arteria temporo-etmoidale, come ne’ Cheiropteri, ora la continuazione del tronco della caro= tide esterna, se non forse anche comune, costituente la ma= scellare interna, o questa stessa, come ne’ topi $ ora |’ ar- teria oftalmica, od un’ arteria meningo-temporo-oftalmica , come nello Sciurus ; ora infine la meningea media, come nel Myoxus. Si vede inoltre che non ben si addicono al- l’arteria transitante la staffa od il canale del pessul/us i no+ mi di orbito-mascellare, o di etmoidale; poichè, in quan- to alla prima denominazione , diverse arterie orbitali, come nell’ Erinaceo, nella Talpa ec., provengono dalle branche dell’ arteria stapedia, onde non verrebbe distinta |’ oftalmi+ ca, per la quale è stata creata quella denominazione j per chè chiamar dovrebbesi piuttosto oftalmico-mascellare, ma val meglio dirla semplicemente mascellare interna ; conside= rato che è come quasi di norma che l’ oftalmica sia subor= dinata alla mascellare, o ramo di questa: non può poi es+ sere estesa tale denominazione all’ arteria stapedia dello Sciurus, e congeneri Roditori, essendo che essa nell’ orbi= ta rimane semplice arteria oftalmica: in quanto al nome di etmoidale, questo non indica che una terminazione, e per simil motivo si sarebbe in diritto di appellarla pur tempo= rale, molto più che quest’ arteria etmoidale de’ Cheiropteri esiste anche negl’ Insettivori, ne’ quali, e specialmente nela la Talpa, prevale il ramo temporale; pe’ quali riflessi le converrebbe meglio il nome di temporo-etmoidale, o di etmo-temporale, o quello di stapedia dividentesi entro il cranio in ramo temporale ed in ramo meningo-etmoidale, Scorgiamo infine che la carotide cerebrale ama di attenersi alla mascellare interna, certamente perchè quest’arteria è per solito la continuazione del tronco della carotide comune — Ma 27 tulto questo singolare disponimento delle arterie profonde della testa ha esso, come volle Oto, una funzionale signi- ficazione? Crederemo noi che sia in rapporto colla iberna- zione? Crederemo noi che | estrema esilità della carotide interna negl’ ibernanti summenzionati, Cheiropteri, Insetti- vori, Roditori, ne spieghi il fenomeno? No per certo, im- perocchè se le carotidi interne conducono poco sangue al cervello, ne ha del poco questo viscere compensazione dal- le grosse vertebrali ; ed inoltre quando la sottigliezza di det- te carotidi fosse la vera causa organica del letargo iemale, si potrebbe indur questo a volontà in animali mon ibernan- li allacciando amendue le carotidi comuni; ma la prova non torna; chè in gattini, cui allacciai queste carotidi, trovai dopo alcuni giorni la medesima svegliatezza di prima. Che più? hanno animali letargici, come l’orso e il tasso, ne’ qua- li quel disponimento arterioso non esiste. L’ ibernazione è fenomeno oscurissimo , ma che non può dipendere da una parziale organica condizione, bensì da generali sia del si- stema nervoso, sia de’ sistemi e degli apparecchi della vita vegetativa, come pur ne fanno fede le diverse raccolte di grasso destinate a servire nel sonno iemale di alimento alla respirazione, e forse anche degl’ imponderabili del corpo ed estrinseci, e senza dubbio dalla deficiente stimolazione del calorico ambiente. Ma quel singolare corso delie arterie nel- la cavità del timpano sarebbe esso in rapporto colla iberna- zione in quanto che viene impedita la compressione delle carotidi interne, che parrebbe inevitabile per 1’ arcuamento del corpo e positura della testa contro il petto e l’ addome negli animali presi dal letargo invernale? Ma se fosse per- ciò, ond’ è che tutti gl’ ibernanti non presentano quel cor- so delle arterie, ond’ è che le carolidi intèrne non sempre derivano dall’ arteria della cavità del timpano? Hyrt opina che quel corso delle arterie, ch’ ei chiama giustamente mera- Viglioso, non abbia una funzionale significazione, e che pel forte sviluppo de’ muscoli masticatori ne’ Roditori, Cheiropteri 28 ed Insettivori non rimanendo sufficiente spazio per assicura- re la ramificazione delle grosse arterie della testa extra ca- vum tympani, natura abbia provveduto col nascondervele dentro. Ma anche qui è a domandare; perchè pur essendo enormi que’ muscoli, non le ha ella in qualche caso rin- chiuse in detta cavità (Cavia Porcellus, Lepus timidus et Cuniculus)? Bisogna confessarlo , noi veggiamo il fenome- no, ma non ci è dato spiegarlo. Per ora le riferite osser- vazioni non ci possono valere che ad illustrare certe ano- malie arteriose e le arterie della cavità del timpano nell’uo- mo; chè pure in questo ha un’arteriuzza della staffa, han- no rami della meningea media, della vidiana, della stilo- -mastoidea ec. propagati nella membrana mucosa timpani- ca: questi rami, che sono minimi nell’ uomo, acquistano ne’ suddetti mammiferi un forte calibro, e di dipendenti, che erano, diventano dominatori, o fanno |’ uffizio de’ tron- chi, donde que’ ramuscelli nell’ uomo procedono ; lo che ci rafferma in questa verità, che la natura è in fondo sempre una, ma multiforme nelle sue operazioni della stupenda fabbrica degli animali =. 9.3 Sessione ordinaria. 3 Gennaio 1856. L’ illustre Alessandrini legge una Memoria, che mo- destamente intitola = Cenni sull’ anatomia del Dasipo mi- nimo Desmarets, Dasypus sexcinclus et octodecim cinctus Linn. =. L’ Accademico , il quale avea già illustrato la struttura integumentale del Dasypus novemcinetus in due dissertazio- ni inserite nel Tomo IX de” Novi Commentarii, colse con premura 1’ occasione, che ùn anno fa gli si offerse, di po- ter istituire un generale esame sul Dasypus sewcinetus, di cui ebbe a sua disposizione un cadavere intero. E poichè il Museo da lui diretto (e diciam pure crea- to ) possiede lo scheletro intero e i visceri toracico-addominali 29 del Dasypus novemcinetus con un feto maturo di questa specie, e possiede pure lo scheletro del Dasypus villosus , ha stimato opportuno. |’ aggiungere l’ illustrazione di tutti questi oggetti. Il confronto poi delle tre specie da lui esa minate, sia fra loro, sia colle descritte da Rapp, Mayer ed altri insigni, lo ha condotto alle seguenti conclusioni, di non piccol rilievo per 1’ incremento della scienza zoolo- gica, poco avanzata in vero per quanto riguarda i Mammi- feri dell’ Ordine degli Sdentati. » Abbenchè dall’ esposto esame anatomico di tre specie soltanto del Genere Dasipo ne risultino non poche differen- ze nei diversi organi e sistemi in guisa da prestar forse in seguito fondamento sufficiente alla formazione di nuovi Ge- neri; tuttavia esistono pur anche, parecchie note importanti per le quali le specie stesse. moltissimo si rassomigliano, conservando così un tipo di costruzione che può bastare, almeno pel periodo che corre, a mautenerle raggruppate in un sol genere: tali caratteri anatomici sarebbero, se non erro ,,la mancanza dei denti alla punta delle due mascelle ; l’ appartenere i denti esistenti alla sezione dei semplici; il non avere, come opina almeno il Rapp, quelli della secon- da serie o di successione; il modo di articolazione della mandibola col cranio, che permette movimenti liberi in tutte le direzioni; la testa in forma di cono, appena alcun poco allargato ai zigomi ; 1’ occipite discendente nella regio- ne squamosa quasi verticalmente ; piccole le orbite ; la pron- ta saldatura di parecchie vertebre cervicali fra loro ; la sin- golare conformazione della pelvi; la robustezza della prima zona costale e del corrispondente pezzo sternale. Negli arti poi è notabile in tutti la solidità loro, e lo iilioro, massimo nelle regioni dell’ antibraccio , della gam- ba e dei piedi. È pure un carattere osteologico di qualche importanza, e comune a tutte queste specie, la profonda solcatura e perforamento dell’ interno condilo dell’ ome- ro. L’ osteologia del tronco dei Dasipi dimostra altresì una 30 certa analogia con quella della seconda classe dei vertebratì , gli Uccelli, non solo per la solida ed estesa saldatura de- gli ossi innominati colla regione interposta della colonna vertebrale, ma molto più per |’ esistenza dî vere coste os- see sternali. In quanto agli apparecchi vìscerali offrono pure carat- teri comuni a tutte le specie, finquì anatomicamente stu- diate con diligenza, la complicazione e la mole delle glan- dole salivali; la conformazione della lingua in parte pro- trattile, ricchissima di papille di varia qualità; fornita nel Dasypus peba , al dire dì Mayer, di un organo particola- re, consistente in due piccolissimi pangiglioni acuti e eor- nei, silvati immediatamente sotto il di lei apice, che ope- rano a guisa di tanaglia per gbermire gl’ insetti: la eom- plicazione dello stomaco, che nella robustezza muscolare, e nell’ esteriore striseia tendinea di una delle sue insacca- ture stabilisce nuovo punto di contatto colla classe degli Uccelli. In tutti il tubo intestinale è proporzionatamente molto lungo, ben distinta la sezione dei tenui da quella dei crassi; anzi nel modo d’ unione dell’ ileo col colon, abbenchè abbia luogo secondo 1° asse del canale; né vi esi- sta perciò vero intestino cieco, tuttavia a motivo dell’ im- provviso allargamento del crasso a destra ed a sinistra del- l’ ileo, produconsi nel crasso stesso due marcate promi- nenze, risguardate per lo appunto come una prima mani- festazione del doppio cieco proprio della maggior parte degli uccelli. Anche relativamente ai visceri accessorii dell’ appa- rato digerente, il fegato ed il pancreas sono pure molto voluminosi, quello diviso in molti lobi, questo consente colla mole e complicazione delle glandole salivali. Negli apparecchi respiratorio e circolatorio trovasi anche maggiore armonia di forma e di sviluppo nelle diverse spe- cie, essendo sempre la massa polmonale destra la più vo- luminosa, ed identica la divisione in lobi di ciascuna mas- sa: evvi qualche differenza soltanto nel dividersi della trachea 31 nei bronchi, riuscendo questi nel. Dasipo minimo molto lunghi, mentre invece sono brevissimi nel novemcinctus. L’ incominciamento però del canale aerifero , cioè la larin- ge, è sì nell’ uno che nell’ altro ben estesa, colla glottide ampia, e la epiglottide, proporziorata al foro cui adattare si deve, mostrasi incavata nel centro del margine libero, come se formata fosse di due uguali metà non del tutto saldate insieme. Relativamente al sistema circolatorio, i tron- chi principali dei vasi sanguiferi mantengono un modo di origine e suddivisione del tutto identica , tre essendo i tron- chi nati dalla convessità dell’ arco dell’ aorta, il che si ve- rifica pur anche delle principali diramazioni di tutto il si- stema sì arterioso che venoso. Per quel che spetta all’ apparecchio uropojetico-genitale, i reni sotto forma di piccola sfera compressa, hanno la superficie liscia ed unita; soltanto nel feto, come ho potu- to verificare nel Dasypus novemcincius, conservano delle irregolari solcature , traccia della composizione lobulare nel- la prima età. I reni succenturiati sì nel feto che nell’ adul- to sono, in proporzione dei reni e della mole dell’ anima- le, piuttosto voluminosi. In quanto agli organi genitali, nel maschio la parte preponderante si è l’ organo copulato- re: i testicoli, di moderata mole, restano permanentemen- te entro l’ addome, ma in grande prossimità del canale inguinale. Nelle femmine l’ apertura esterna delle parti ge- nitali è sempre del tulto distinta dall’ ano: semplice, di forma triangolare 1’ utero, di modo che la portata in cia- scuna gravidanza esser deve di uno o due feti al più, il che è altresì in relazione col numero delle mammelle, esi- stendone soltanto due presso la. regione posteriore del torace. Abbenchè lo stato di conservazione del cadavere del Dasipo minimo non mi permettesse 1° esame dell’ asse ce- rebro-spinale , avendolo però studiato e rappresentato in un feto maturo di sesso femminino del novemcinctus, verificai 32 quanto mi fece supporre il semplice esame dell’ interna conformazione delle pareti ossee del cranio relativamente al cervello; che cioè | esterna di lui superficie offre traccie molto evidenti di intercapedini e circonvoluzioni intestinifor- mi, abbenchè il Rapp noti intorno a questa specie mede- sima = che gli emisferi sono lisciî, solo ai lati si vede un solco cortissimo e superficiale =; molto brevi questi stessi emisferi, e quasi troncati trasversalmente nella po- steriore regione, lasciano del tutto scoperto il cervelletto , diviso in tre marcati lobi, ìl medio dei quali è il più pro- minente. La midolla spinale si mantiene polposa fino pres- so l’ estremità posteriore della regione lombare, di guisa che è poco manifesto il fascio dei cordoni nervosi, che in molte altre specie di mammiferi costituiscono la così detta coda equina. Degli organi dei sensi esternì il più esteso nei Dasipi si è quello dell’ olfatto, il che sì desume anco- ra dalla straordinaria ampiezza delle incavature olfattive della lamina cribrosa dell’ etmoide, e quantunque le fosse nasali per la ristrettezza dell’ estremità del muso non sieno molto ampie in larghezza , supplisce ad un tale difetto l al- lungamento delle medesime, corrispondendo quasi le aper- ture nasali posteriori al punto d’ unione della regione ba- silare dell’ occipite eollo sfenoide. In quanto all’ organo del- 1’ udito, abbenchè il meato uditivo osseo sia breve, suppli- sce la lunghezza del cartilagineo, che ascender deve. per tratto non piccolo onde continuarsi nell” orecchietta che oc- cupa la sommità della testa, quivì molto prominente per la direzione verticale dell’ occipite. La cavità del timpano è pure ampia pel notabile volume della bolla timpanica @ tamburo, eccettuato però il Dasypus peba, nel quale il rigonfiamento inferiore della parete della nominata cavità è appena sensibile. La facoltà visiva non può godere di mol- ta squisitezza per la piccola mole del bulbo, 1’ angustia del- I’ apertura interpalpebrale, e la poca mobilità della testa , che difficilmente può diriggere gli assi visuali sugli oggetti 33 circostanti. Abbenchè la lingua negli sdentati in genere sia piuttosto destinata ad afferrare che a gustare il cibo, tut- tavia la delicata sua struttura, la morbidezza dell’ integu- mento che la copre, la copia delle papille nervose delle quali è sparsa per tutta la sua estensione, gli umori ab- bondantissimi che la irrorano di continuo, sono cause più che sufficienti per renderla idonea altresì a servire come strumento del gusto. Che se la solida armatura distesa so- pra la maggior parte della superficie del corpo tende a di- minuire la squisitezza della facoltà tattile generale, la mor- bidezza delle labbra e della estremità del muso, le robuste setole coliocate sulle guancie, i vari ordini e qualità di pe- li interposti agli scudetti anche colà dove 1’ armatura è più solida, sono mezzi i più opportuni a rimediare alla prete- sa insensibilità della pelle colà dove tanto si scosta dalle più comuni condizioni che serba nel maggior numero de- gli altri mammiferi. Queste ricerche di Anatomia Comparata tendono a ren- dere sempre più evidente e comprovata la grande verità, del collegarsi cioè mirabilmente le infinite specie degli Es- seri organizzati per dei caratteri di struttura, che si vanno ripetendo e cumulando in talune di esse in guisa da for- mare continue fortissime eccezioni alle artificiali nostre clas- sificazioni : è così per 1’ appunto che i Dasipi, veri mam- miferi, unisconsi per molti importanti caratteri alla classe degli Uccelli, imitando nella disposizione della pelle le so- lide armature di molti rettili, e le variopinte squame dei pesci. ») 10.° Sessione ordinaria. 10 Gennaio 1856. Infinite volte si è parlato di Cholera nelle Accademie, e moltis:ime volte pubblicaronsi fatti ed opinioni iniorno a questo morbo crudele, sia per dimostrarne la indole epi- demica, sia per sostenerne la contagiosità, 0, dAda5arne 34 quant’ altro può interessare alla cura del medesimo. In Bo- logna però diedersi al pubblico poche pagine sul cholera, e queste potevano dirsi il frutto delle opinioni di alcuni me- dici scrittori, anzichè delle cliniche loro osservazioni. Non così può dirsi dacchè nel decorso anno il bolognese territo- rio in pochì mesi ebbe 19,916 malati di questo morbo, e la sola Città di Bologna 3777, dei quali morirono 2759; numero certamente grande per dar luogo ai medici di stu- diare ne’ vari suoi stadi un morbo, micidiale qui pure co- me altrove si è sempre osservato. L’ Accademico Dott. Pie- tro Gamberini ha quindi creduto trattenerne il Consesso, esponendo i proprii pensamenti con una memoria nella quale esprime le proprie opinioni sopra tre punti, i qua- li a vero dire sono fra i precipui che questo argomento ris- guardano, cioè la indole, la sede, la cura. Nella prima prescieglie dimostrare la contagiosità , es- cludendone affatto la indole epidemica, nulla ostante che ognora questa opinione vada acquistando terreno fra le na- zioni, le quali poi schiusero le antiche barriere, ed abbia sconvolta la mente di quei Protomedici illustri, le opinio- ni dei quali si tennero sempre di molto peso, perchè ai fatti essi pure si attengono. Ma i fatti dei contagionisti so- no poi così semplici e chiari da persuadere i più accorti e prudenti a non dubitarne di sorta alcuna? e il materiale miasmatico vegeto-animale è poi esso così dimostrabile e vero, da persuaderne i meno schifiltosi? Ciò è quello che sembra al Gamberini assicurando contagioso il Cholera, e vegeto-animale il tossico produttore del morbo; e questi suoi detti sostenendo con quelle migliori prove, che per brevità ora tralascio, perchè pure da altri indicate. Non escludo però, che agli epidemisti vorrebbe fosse facile il di- mostrare un oscuro problema, cioè quale sia la variazione cosmotellurica cui possa accagionarsi questo grave malore. Gli epidemisti, che l’Accademico ha con vive parole chia- mati a dura tenzone, e che vorrebbe convinti delle addotte 35 sue ragioni, si ritirino pure confusi, che ne hanno forte motivo, o al più loro sia permesso di chiedergli spiegazio- ne del grande problema, che entro le mistiche parole con- dizioni cosmo-telluriche si comprende, perchè senza di tale schiarimento non si può dar termine all’ antica questione, nè si può spiegare la cagione per cui viene, si accresce, parte e ritorna il Cholera, superando le barriere e quanti ostacoli si frappongono, cessando dippoi per non più com- parire se non se dopo molti anni. Fattosi poi 1° Accademico alla dimostrazione del secon- do punto, ammette svolgersi nelle terre alla foce del Gan- ge un miasma speciale di natura vegeto-animale, il qua- le opera sull’ organismo di quegli Indiani a guisa di quan- to le paludi Pontine operano sui transitanti, collo attossicar- li di tal guisa da ucciderli colle febbri perniciose che ris= vegliano; e solo esservi differenza, che gl’ Indiani col ma- larsi di Cholera svolsero nell’ anno 1817 novelli ed insoliti elementi contagiosi, i quali a guisa del lievito, ove tocchi- no altri uomini predisposti, e quando |’ atmosfera è adatta svolgendo altri simili elementi, si ammalano dello stesso mor- bo, uccidendoli per eguale cagione. Per la qual cosa opine- rebbe il Gamberini, che prima di quell’anno avvenisse sopra quegli abitanti un’ operazione chimica puramente materiale agli individui, ed in quell’epoca poi si svolgesse un lavorìo chimico potenziale, cioè atto a riprodursi a modo dei contagi. Crede pure il disserente di elevare i sintomi diarrea e vomito al grado di essenza morbosa del Cholera, in quan- to che sono congiunti a tutti quegli atti dinamico-organici , i quali determinano i predetti effluviî, ponendo poi la sede nella estesa rete dei vasi capillari, anzichè in quella dei minimi nervi. E di vero, egli dice, se questi provauo l’azione dina- mica degli agenti morbosi, i vasi accolgono tutto quello che realmente è predisposto, infermato, e cattivo ; sicchè venu- to quel lievito contagioso a contatto del sangue, vi pro- muove una fermentazione ossia decomposizione , traducibile 36 nella perdita del materiale sanguigno aqueo e sieroso , la quale perdita, quanto è maggiore, dà campo ulteriore al fer- mento sanguigno cruoroso, come il lievito è più tardo a funzionare ove prevalga la proporzione del liquido ; quindi quanto più prevale il vomito ed il flusso enterico, tanto più attendibile riesce l’opera del contagio sulla massa sanguigna. Ciò detto, espone il Gamberini la formula del criterio nosologico che gli è stata guida nell’ applicazione dei soc- corsi da lui somministrati ai cholerosi, e cioè « malattia. con- tagiosa il cui elemento avvelena il sangue ed. impressiona sinistramente il sistema nervoso ; al contatto poi del princi pio morboso col sangue succede il fermento di questo, per cui avviene la riproduzione di un materiale che compone il contagio indefinito, e lo svolgimento della forma morbosa cholera ; lo sbilancio idraulico accompagna naturalmente l’at- to specifico patologico del sangue; 1’ innervazione ausilia e conforta 1’ ente morboso, la cui fondamentale. espressione pernicie viene addimostrata dal caratteristico flusso gastro- -enterico , il quale quanto più incalza maggiormente afforza V infermità per le ragioni superiormente esposte ». Quindi arrestare il flusso choleroso, l’ interrompere di quell’atto chi- mico o fermentazione dell’ umore sanguigno, 1’ impedire lo sbilancio idraulico furono le principali viste terapeutiche po- ste in uso dal Gamberini. In quanto ad ottenere il primo intento, trovò gio- vare il Zaudano adoperato a rifratte ed abbondanti dosi stemperato nell’ acqua semplice. Ad interrompere la fer- mentazione vide giovargli il ghiaccio adoperandolo quasi senza interruzione. Alla terza indicazione pose limite con piccole, ma talora ripetute deplezioni sanguigne, e ciò in quegli infermi nei quali il battere delle arterie del capo era bensì languido, ma non prostrato e derelilto. Questo metodo di cura giovò si bene al nostro disserente , ove. po- tè aver tempo di adoperarlo, che niuno dei suoi infermi, esclusi quattro casi fulminanti, ebbe a perire, e quel che 37 più monta, niuno di questi diffuse il morbo agli inservien- ti ed alla famiglia; sicchè azzarderebbe di credere che col sospendere la pretesa fermentazione sanguigna nell’ infermo sì tolga pure il precipuo motivo della facoltà contagiosa del Cholera. Nota pure il disserente che nei quattro infermi che soccombettero, non fu possibile fargli tenere ed aggradire il laudano, mentre in tutti gli altri corse opposta evenienza. Termina la sua memoria raccontando un fatto di Cholera ricorso a manifestissime intermittenze , il quale cedette solo all’ottava presa di larga dose di solfato di chinino ; guarigione alta a dimostrare 1’ abilità del Gamberini, e l’annunziata ana- logia fra il morbo asiatico e le nostre minaccianti perniciose. 11.* Sessione ordinaria. 17 Gennaio 1856. Ben a ragione scriveva il Miller, che la grande discre- panza d’opiniori, professate dagli autori sulle funzioni fisio- logiche del midollo spinale, porge una chiara testimonian- za della incertezza delle cognizioni in proposito, e della oscurità delle funzioni che si esercitano da quella grande porzione del sistema nervoso. A togliere tali incertezze e per conoscere quali siano realmente le funzioni delle varie parti del medesimo, furono egli è vero credute molto effi- caci le esperienze pubblicate nell’anno 1811 da Carlo Bell, e quelle pure che il Longet pubblicava 30 anni appresso; per le quali dimostravasi la squisita sensibilità dei cordoni midollari posteriori, e la completa insensibilità degli ante- riori. Ma anche sopra di queste in progresso di tempo fu- tono poste innanzi molte dubbiezze, nè si conobbero gli usi e le funzioni proprie della sostanza grigia e bianca che com- pongono lo spinale midollo. Pertanto il chiarissimo Accademico Prof. Marco Paoli- ni, con quella solerzia a lui propria, e con quella diligen- za ed esattezza che si convengono in tali difficoltose ricerche, 38 espone al Consesso, i risultamenti di varie esperienze da esso nel decorso anno istituite nella Clinica veterinaria, in presenza di esperti medici sopra dei conigli, due pe- core ed un cane, onde conoscere tali funzioni e rischia- rare tali questioni, specialmente col ripetere gli esperi- menti che il Brown-Sequard ebbe eseguite nei decorsi an- Ni, per le quali questo fisiologo americano ottenne quel- le straordinarie deduzioni che destarono universale stupore , in quanto che tenderebbero a rovesciare dalle fondamenta la dottrina innalzata dal Bell, e porterebbero alla scienza nuovi princìpi anatomico-fisiologici sul modo della trasmis- sione delle impressioni sensifere e motrici. E di vero dalle moderne esperienze dello illustre fisio- logo americano pare in oggi dimostrato , che il taglio dei cordoni posteriori della midolla spinale, ritenuti comunemen= te come sensori, lungi di annientare la sensibilità nelle par- ti sottoposte e nelle membra addominali, | accresca invece per modo , che le parti predette entrano in uno stato di ipe- restesia, e pare ancora che dopo quel taglio la porzione caudale della midolla sia più sensibile della cefalica , e che a conseguire gli effetti indicati sia d’ uopo solamente di ave- re l’ avvertenza di non comprendere nel taglio la sostanza grigia; perchè tagliata o distrutta questa cessano tanto il moto quanto il senso nella parte posteriore del corpo del» l’animale, avvegnachè nel primo caso integri si mantenga» no i cordoni antero-laterali, e nel secondo i posteriori. Nè ciò è tutto; imperocchè per causa di altre esperien» ze lo stesso Brown-Sequard si mostra inelinato a credere. 1.° Che la trasmissione delle impressioni sensifere non si operi che in un modo passaggiero pei cordoni posteriori, trapassando da questi nella sostanza grigia, la quale ha l’ uffizio principalissimo di trasportarle al comune sensorio, 2.° che le fibre delle radici posteriori che si portano nei cordoni posteriori e laterali, sembrano in parte dirigersi ver- so } encefalo, ed in parte in una direzione opposta, ossia 39 inferiormente , in guisa che le une sono ascendenti, le al- tre discendenti; anzi amendue queste serie di fibre sembra- no abbandonare i cordoni posteriori e laterali dopo un cor- to tragitto per penetrare poscia nella sostanza grigia. Tale sostanza poi, quantunque insensibile per se medesima, è al dire dello stesso Brown-Sequard, il mezzo od il veicolo conduttore delle impressioni, essendochè i cordoni midolla- ri altro ufficio non sembrano avere se non se di riceverle immediatamente trasportandole , dopo breve corso nei mede- simi, alla sostanza sunnominata. À Queste nuove dottrine del Brown-Sequard indussero l’Accademico a seguire speciali ricerche, e ad esaminare per questa volta coi propri esperimenti, se si verifichi |’ accre- sciuta sensibilità della parte posteriore del corpo di un ani- male; in seguito del taglio dei cordoni posteriori del mi- dollo; ed anche quale parte precipua ed importantissima abbia la sostanza grigia nella trasmissione delle impressio- ni principalmente sensifere. I risultati esposti nella memo- ria letta si comprendono nelle seguenti generali proposizio- ni che qui fedelmente si riportano. 1.° In generale allorchè per il taglio dei muscoli, e il toglimento di alcuni archi vertebrali, si pone allo scoper- to un tratto di midollo nella regione lombare, scemano al- quanto la mobilità e la sensibilità nella parte posteriore del corpo dell’animale ; il quale fenomeno rendesi più manifesto dopo il taglio della dura madre, e lo scolo dell’ umore ce- falo-spinale. 2.° I cordoni posteriori o superiori del midollo spina- le nei quadrupedi sono forniti di squisita sensibilità, mentre gli anteriori ed inferiori, allorchè sono intatti, all’azione de- gl’ irritamenti meccanici si mostrano del tutto insensibili, nè risvegliano movimenti convulsivi. 3.° La sensibilità dei cordoni posteriori integra si man- tiene, e reagisce all’ azione delle potenze irritanti, finchè la sostanza grigia, o centrale del midollo rimane intatta, e nei debiti rapporti organici coi cordoni sumentovati. 40 4.° Trritando con agenti meccanici nel segmento cau- dale del midollo tagliato gli estremi dei cordoni anteriori, si eccitano contrazioni convulsive nella coda, e negli arti addominali, integra che sia o distrutta la sostanza grigia o centrale. 5.° L’ azione dei cordoni della midolla nella regione lombare è diretta e non incrocicchiata. 6.° La sostanza grigia o centrale del: midollo sembra sprovveduta della facoltà di ricevere e trasmettere le impres- sioni fatte immediatamente sopra di essa, quantunque in al- cune circostanze pare che serva di mezzo conduttore delle impressioni massime sensifere, che le vengono trasmesse dai cordoni posteriori. 7.° Il taglio dei cordoni posteriori nella regione lom- bare, purchè non comprenda la parte media o centrale del midollo, non solo non impedisce il trasporto al comune sen- sorio delle impressioni fatte nelle parti del corpo situate al disotto del taglio, ma eziandio pare che per esso taglio au- menti la sensibilità degli arti posteriori. «In ciascheduno degli esperimenti riferisce il chiarissi- mo Professore quali siano stati i modi adoperati, e le av- vertenze avute, onde scansare le difficoltà anatomiche, e to- gliere per quanto era prevedibile i pericoli di sbaglio ne- gli effetti ottenuti dal taglio, dalle lacerazioni e punture di- verse, ricordandone in pari tempo i motivi che lo fecero talvolta scegliere animali di maggior mole, onde meglio di- stinguere le parti soggette allo esperimento. Rallegratosi il Corpo Accademico col chiarissimo Disse- rente per le belle ricerche praticate con queste sue prime esperienze, e per le importanti deduzioni già ottenute, lo invita in pari tempo a proseguirle ed a ripeterle ben an- che variandole in appresso, onde viemmeglio onorarne se medesimo e l'Accademia, portandone in proposito quegli uti- li schiarimenti alla scienza, dei quali appunto anche in 0g- gi abbisogna, 41 12.° Sessione ordinaria. 24 Gennaio 1856. Il Prof. Cav. G. G. Bianconi legge il Fasc. IX. de’ suoi Specimina Zoologica Mosambicana, descrivendo Conchiglie di fresco ricevute dal benemerito Cav. Fornasini. Trascri- viamo la frase di quelle che l’ Accademico crede specie novelle. 1. VENUS VARIOPICTA. V. testa transversa ovata, transversim costulata , costis planulatis, quibusdam aptice bifidis; fulva, lineis angulatis brunneis diffusis picta; margine brunuescente. 2. TRIDACNA ELONGATISSIMA. T. testa transversim elongatissima , elliptica, compres- sa: limbo inferiori profunde undulato ; costis septem eleva- lis squamosis, squamis crebris sursum erectis; ani apertura oblonga. Costarum interstitiis per longitudinem striatis. 3. CARDIUM DESHAYESIANUM. C. testa oblique cordata, tenui, antice producta, vix hiante , plicis numerosis, verticalibus, latere antico angula- lis ciliatis. Varietà nuove sembrano le seguenti; 1. ARCA MOSAMBICANA. A. testa transversim oblonga, subquadrilaterali-ventri- cosa, multicostata , coslis quadragintaquatuor, muticis, po- Sticis vingintiduabus sulco divisis, area ligamentari rhombi- ca, sulcata. Alba, intus rufescente. 42 La figura esibita da Chemnitz mostra la divisione del- le coste anteriori, mentre qui esiste nelle 22 posteriori. 2. DOLIUM GALEA Lk. Due perfetti individui, conservando i caratteri princi- pali della spira, hanno questa assai più sporgente, e cana licolata nelle suture, dell’ ordinario ; talchè si avvicinano alle forme del D. olearium. Posto fine a questa descrizione di animali mozambice- si, entra l’ Accademico con altra Dissertazione a ragionare di cose patrie, esponendo le osservazioni che fece, pochi anni sono, sull’ antica Populonia ; con che non intende tan- to di continuare gli studi del benemerito Micali (Storia de- gli Antichi Popoli Italiani, Cap. VII), quanto di trovar nuova conferma alla propria opinione sul Mare Pliocenico, sostenuta già con tanto apparato di dottrina in ben cinque Memorie, onde vanno adorne le nostre Accademiche Col- lezioni. L' etrusca PUPLUNA , fiorente per commercio maritti> mo e per metallurgia, sedeva su alto promontorio che s0- vrasta al mare con taglio quasi perpendicolare. = Facendomi (dice 1’ Accademico ) a studiare la natu- ra de’ materiali adoprati nelle costruzioni , ebbi primo pensie- re di esaminare su qual terreno posino le Mura. Fatto quindi eseguire uno scavo, trovai che il suolo, il quale sopporta il basso de’ tavolati che compongono le Mura Ciclopee, era un Macigno della stessa natura di quello dei tavolati stessi. Macigno solido, spesso a falde 0 schistoso micaceo, grigia= stro. In tutto il giro delle Mura, che restano in piedi, non rinvenni un sol pezzo di altra pietra fuori dell’ indicato Ma- cigno; come non ne rinvenni neanche in que’ tratti che eran diroccati e caduti in rovina. Ma Populonia novella è di tutt’ altro materiale, alme- no per la massima parte. Cominciando dalle mura di cinta, 43 e andando alle case interne, tutto è di una Arenaria gial- lognola, a granelli grossi poco cementati, e che lasciano piccoli vani fra loro ; benchè assai resistente esposta che sia all’ atmosfera , è tenera al taglio tostochè venga estratta dal- la cava. Lo studio geologico del Monte mostra una successio- ne di banchi in istratificazione con taglio quasi orizzonta- le, dal lato molto scosceso e rotto che è sul mare, con una inclinazione al Nord appena sensibile. I banchi sono di Macigno ora solido ed unito, ora schistoso, ora fino e te- nero. Una specie di Calcare compatto, ma ambiguo si ap- palesa a mezza costa dal lato di terra. Tutta la ossatura del Monte è di queste sostanze. Ma discendendo dalle Mura del- l’ antica Città, verso il basso, a poco tratto di distanza si mostra 1’ Arenaria suddetta giallognola, che ha servito per la edificazione di Populonia moderna. Ho recato saggi dell’ un terreno, e dell’ altro. Il pri- mo, per quanto sembrommi, è un Macigno Miocenico ; l’al- tro invece mi restò dubio e indefinibile per finchè stetti sul Monte di Populonia, e nol ravvisai per quello che era, se non che dopo tornato al basso sul lido, confrontandolo con quello che ivi si trova a S. Vincenzio ed a Torre Nuova. Tutto quel littorale è coperto di un’ arena gialliccia identica agli elementi dell’ Arenaria descritta, e ne differi- sce sol quanto che 1’ arena del lido è sciolta e polverosa, e nell’ Arenaria è unita e legata in pietra. Per poco però che si lasci il lido, e si vada ascendendo entro terra verso S. Venanzio, vedesi I’ arena conglutinata, e formare più o men solida quella stessa Arenaria che s'incontra presso il vertice di Populonia. Niun dubbio pertanto che quella co- lassù non sia un sedimento marino, simile affatto all’odier- no, ma pertinente al periodo Pliocenico , ed equivalente per- ciò alle nostre marne subapennine. La grande differenza peraltro che passa fra queste mar- ne e la citata arenaria indurrebbe a considerarle cose affatto 44 diverse , se la origine di entrambe non ne mostrasse a mio credere 1’ indentità. Andavano al mare Pliocenico dal nostro versante settentrionale torrenti limacciosi per Ja Javatura de’ nostri monti la più parte composti di Argille scagliose : andavano come vanno oggidì al mare dall’ opposto versante toscano corsi d’acqua che venivano da monti di Macigno, di Calcare, di Serpentini ec., traendo seco i tritumi di que- ste pietre. Il mare aduoque non può avere là se non che arene, e costituire altro che un’ arenaria, qual è quella di Populonia, di S. Vincenzio, e presso Livorno. Due terreni pertanto distinguonsi nel Promontorio di Populonia, 1’ uno il Macigno, forse Miocenico , l’altro 1 Are- naria certamente Pliocenica. Ritornando ora a quanto sopra si è notato intorno ai materiali adoperati per le costruzioni di Populonia antica e moderna, è da stabilire 1.° che le Mura Ciclopee posano sul terreno del Macigno; e che il terreno Pliocenico non giunse quindi ad occupare il cucuzzolo del Monte ; 2.° che il Macigno che usarono i fondatori dell’ antico Populonium fu il macigno Miccenico tratto dal monte stesso : 3.° ch’es- si non usarono mai l’ arenaria Pliocenica: 4.° che questa invece fu usata dai posteri che edificarono Populonia mo- derna, e scavarono in essa i loro sepolcri. Singolare è per vero dire che i fabbricatori delle mu- ra ciclopee non usassero punto della Arenaria, che pur era facile a lavorare, e che trovavasi a sì piccola distanza dal luogo nel quale ponevano le fondamenta della oro Città ; ed invece adoprassero il Macigno del Monte assai più ma- lagevole da trattare. Qual fosse la causa della preferenza data a questo secondo materiale, è oscuro ed ambiguo: e Ie congetture che. ponnosi formare intorno sono due, una del- le quali specialmente si attiene all’ argomento che abbiam per le mani. vPl E primamente può credersi che que’ prischi Italiani volendo dare la massima solidità e durevolezza alla loro 45 edificazione, abbiano prescelto quel materiale che all’ aspet- to si offriva più resistente e più forte. Tanto più che non avendo forse essi contezza della solidità che acquista col tem- po l’altra pietra, cioè I’ Arenaria, 1 avranno reietta come materia di niun uso. 4 S’ aggiunga ancora che il Macigno essendo stratificato ed a falde, un cuneo che s’ interponga fra banco e banco ne può staccare le grandi tavole che essi usarono per la co- struzion delle mura; mentre 1° Arenaria avrebbe bisognato tagliarla a riquadri, lo che però si poteva fare con tulta facilità anche usando l’ accetta. Sia pur tutto questo. Ma un’altra ragione potrebbe es- sere addotta, e forse di molto maggior valore. Suppongo che quando si gettavano le fondamenta di Populonia antica e si erigevano le sue mura, il mare avesse ancora il suo alto livello, perlocchè esso avrebbe lambito quasi le mura della stessa città. E poichè questo punto ho toccato, non posso lasciare di riflettere come quadri questa supposta con- dizione di luoghi colla ubicazione di Populonia, la quale perciò sarebbe stata ciltà sul lido, città marittima, propria all’ esercizio di un commercio di mare, della pesca, e del trattamento della miniera di ferro trasportata sulle navi dal- l’ Elba. Quando per l’ opposto. poco mi sembra verosimile una attività commerciale marina, la quale importa pure e depositi, e abitazioni presso il mare stesso, colla stazione della città sul vertice di un promontorio scosceso , e di dif- ficile accesso, alta quindi 600 piedi sopra quel mare che doveva dare alimento alla sua industria. Più conseguente , o diciam meglio d’ inevitabile conseguenza è forse che presso lo stesso mare sorgesse la città che dovea profittare e lute- lare il commercio marittimo. Per questi riflessi dunque Po- pulonia sarebbe stata ben collocata se il mare antico più alto ne avesse bagnate le mura, e per contrario dovreb- besi dire mal posta lassù se il mare era anche dapprima x sì basso com’è oggigiorno. 46 Queste considerazioni poi non isfuggirono forse a Stra- bone, il quale si meravigliava appunto di trovare che tutte le Città più prossime al lido tirreno fossero entro terra, e. la sola Populonia presso al mare: e tenta di darne una spiegazione così. Itaque mihi sola de omnibus Tyrrhenis urbibus vetustis haec ad ipsum mare condita fuisse vide- tur: cum conditores omnibus modis mare fugerent , quod importuosa esset regio: aut propugnacula saltem objicerent, ne praedationibus appellantium essent eapositi. Lo che , sio non erro, vuol dire che la causa di averla fabbricata in al- to era il timor dei pirati, o di nemiei ehe con uno sbarco avrebber potuto invadere prontamente una città littorale, ma assai più difficilmente una città entro terra, o sull’ alto d’un monte. Se tale spiegazione è appoggiata a dati, o memorie istoriche, nulla v ha da opporre; ma se fosse mai dedotta dal solo fatto della lontananza di tali città dal mare, allo- ra taluno potrebbe soggiugnere che esse trovansi lungi dal flutto marino, perchè il mare abbassando dal primo livello. le abbandonò entro terra, o sull’ alto dei monti. Ma per tornare in cammino dopo questa digressione, dico dunque che avendo io supposto che il mare appunto più elevato per 600 piedi lambisse le mura di Populonia, le quali inclinano verso quella parte, ove il monte biparti- to forma un seno, e quindi ove presumibilmente era il Por- to antico, ognun vede che 1’ acque del mare avrebber co- perta l’ Arenaria di cui parlavamo, e che per conseguenza non poteva essere usata dai primitivi Populoniesi nè per le mura nè per le prime loro edificazioni, perchè essa era an- cor sottomare. Anzi, dirò di più, essa era allora in via dî formarsi; perocchè come oggi avviene sul lido attuale, co- sì in antico i tritumi dei monti portati giù dai torrenti era- no dall’ onde marine battuti, e lavati e quindi deposti sul fianco del monte ove si andavan via via conglutinando a co- stituire l’Arenaria in discorso. Il non avere io trovato questo terreno nè sotto le mura ciclopee ove feci fare l’esplorazione, 47 nè in seno ad esse pur un sol pezzo, m’indusse a crede- re che una novella prova in ciò si avesse che il mare cuo- priva, o meglio formava allora |’ Arenaria; la quale messa poi in appresso allo scoperto, servì di buon materiale alle edificazioni posteriori, ed a scavare in essa i sepolcri etru- schi e romani. Pertanto se per le prime considerazioni ne viene che i fondatori di Populonia non usarono di questa pietra per- chè non la reputarono buona, per le seconde ne consegue che non l’ adoperarono perchè non l’ avevano, essendo essa ancora in dominio del mare. Qui taluno potrebbe dirmi : se veramente il mare sta- va deponendo quell’ Arenaria quando Populonia era già in quel luogo, e quando le sue navi ne solcavano le onde, non vedi tu che senza dubbio qualche porzione di opera umana debbe essere sepolta nell’ arenaria medesima ? Or hai tu trovato nulla di ciò? Purtroppo, come ho accennato su- periormente, io non concepii sospetto sulla natura plioceni- ca dell’ Arenaria, se non che dopo che fui partito da Po- pulonia, e quando il confronto della odierna Arenaria di S. Venanzio mi avvisò della qualità della prima. Quel ter- reno mi restò sempre problematico sinchè mi aggirai per le pendici del Promontorio di Populonia , e non mi cadde per- ciò in pensiero nè di interrogarne in paese, nè di far de- gli scavi. Mi privai così di uno de’ migliori risultati che potessi attendere dal mio viaggio, e del più forte degli ar- gomenti in favore della mia Ipotesi. Ma se si avvera pur talora il detto che quod differtur non aufertur, spero di Tiparare a questa mancanza con una seconda visita e con accurate ricerche —. E che non debbe aspettarsi la scienza da un valentuo- mo, il quale alle cognizioni e alla critica dell’ età presente associa tutta la buona fede degli avi nostri? Di lui non avremo già a temere, che mandi a nasconder nelle mar- ne qualche oggetto de’ nostri Musei, e di lassù ci ritorni 48 portando in trionfo le supposte conquiste, secondo il Codi- ce di procedura del moderno Ciarlatanismo. Pertanto un de’ nostri, il quale altra volta promosse dubbi sull’ epoca dell’ abbassamento del Mediterraneo (Rendiconto della ses= sione 12 Febbraio 1852), dichiara fin d’ ora d’ ammettere. senza alcuno esame quanto il chiarissimo Naturalista verrà asserendo d’ avere cogli occhi proprii riconosciuto. In via provvisoria però continuerà a ritenere che quell’ abbassa- meouto, di cui gli pare di scorgere una specie di tradizio- ne nel mito di Deucalione, sia ben anteriore ai tempi Ome- rici: nè ciò forse importa di necessità che sia pur anterio- re alla prima civiltà degli Etruschi. Si noli soltanto , a ren- der più tollerabile la spiegazione suesposta di Strabone, che Populonia sarebbe stata colonia dei Volterrani, che ne cac= ciarono î Corsi, annidatisi per la prossimità in quel seno di mare, siccome » Narran le antique istorie , 0 vere o false, 13.* Sessione ordinaria. 7 Febbraio 1856. Legge I Accademico Pensionato Dott. Giuseppe Fagno- li una dissertazione che intitola = Brevi Considerazioni sul- I’ Insegnamento della. Filosofia Naturale =. - Mostrato in generale come 1’ insegnamento tecnico 0 utilitario non debba mai limitare lo studio delle scienze esatte o naturali, che sole potranno scoprire quelle leggi e proprietà donde traggano origine nuovi rami d’ industria, e gli avviati se ne vantaggino, entra 1° Accademico a tenere particolar ragionamento intorno al corso della Facoltà Filo- sofico-Matematica nelle Università. E qui non vorrem negare al disserente che, ad onta de’ molti perfezionamenti introdotti di tempo in tempo nel la istruzione , non vi rimangano tuttora, come in ogni uma- na cosa, alcuni inconvenienti : nè d’ altra parte sarebbe age- vole il provargli che le sue proposte non sieno le men dispendiose e Je più acconcie. Ma 1’ onore della Università 49 esige, venga altamente dichiarato che quegl’ inconvenienti sono ‘sempre stati riconosciuti dai Professori, e che i Dot» tori Collegiati hanno pur qualche volta avvisato al :rime- dio. Così un de’ nostri, Membro pur del Collegio, in una specie d’ Elogio Storico del celebre Magistrini ci asseriva che = finchè il corso di Calcolo Sublime non precederà quello delle Matematiche Applicate, a cui debbe servire, il bisogno delle applicazioni obbligherà sempre il Professore a deviare dall’ ordine naturale =. Insinuava dunque costui: che si premettesse il Calcolo Differenziale diretto ed inver- so alla Meccanica e all’ Astronomia: e siccome egli avea ricevuto un’ estesissima istruzione elementare da un distin» to allievo di quel profondo geometra che si fu il padre del disserente, così non sospettava allora che il corso d’ Intro- duzione al Calcolo Sublime avesse bisogno d’ essere prolun- gato. Ma or riflettendo quanto a’ giorni nostri sia scarsa ( generalmente parlando ) 1’ istruzione elementare:, e. che it Professore d’ Introduzione si trova obbligato a completarla , spendendovi la metà delle sue lezioni, egli discende senza, difficoltà nella sentenza del disserente, essere opportuno di, assegnare due anni all’ insegnamento dell’ Introduzione, deputandovi due Professori, fra i quali. si divida la mate. ria propria d’ essa Introduzione, già di molto ampliata pe’ lavori. di Ruffini, di Abdel, di Cauchy, di Sturm e di altri illustri; e dove sarà bene il comprendere un Trattato; a’ Analisi Geometrica presa nel senso dell’ antica. Scuola Alessandrina e della’ moderna Napolitana ; e inoltre all’ uno di que’ Professori s’ addossi I° incarico. di completare la mozza istruzione elementare, all’ altro di esporre un breve Trattato di Calcolo Infinitesimale, quanto basti ‘a preparare i giovani al corso delle Matematiche: Applicate; onde i Pro= fessori di Calcolo Sublime, di Meccanica, e. di Astrono= mia, liberati dalle pastoie che attualmente gl’ inceppano;, possano procedere liberamente nel relativo insegnamento, e quindi si ottenga miglior ordine e maggiore estensione. 4 50 Niuno poi vorrà al certo contrastare al disserente, che non sia da prolungare il corso della Fisica, dopo tante scoperte avvenute nel volger d’ un secolo. Così potrà il Pro- fessore dare tanta estensione alla .teoria dell’ equilibrio e del moto che quegli studenti, a’ quali toccherà in sorte di dovere incominciar. dall’ Idraulica ( sic voluere priores ) il loro corso di Matematica Applicata , sappiano già di Mec- canica tanto. che basti all’ uopo. E così il Collegio, il qua- le ha dichiarato il bisogno di prolungare a quattr’ anni l Insegnamento Universitario, sarà lieto di trovare un ap- poggio inaspettato nella dotta e luminosa Memoria dell’ Ac- cademico. 14.° Sessione ordinaria. 14 Febbraio 1856. Legge 1’ illustre Prof. Cav. Antonio Bertoloni la. sua Miscellanea Botanica XVII. La I.* Parte della dissertazione viene impiegata ad esporre e convenevolmente dichiarare |’ inedito Erbario Li- gustico del cel. Paolo Boccone, già dall’ Accademico sco- perto in Genova, e di cui egli possiede gli avanzi insieme colle schede autografe. Nella II.* Parte si continua la trattazione delle Piante dell’ Alabama, accompagnando la descrizione scientifica con opportuno corredo di tavole. Trascriviamo la frase delle spe- cie e varietà che si credono nuove. CI. Dipynamia. Ord. ANGIOSPERMIA. DipterAcANTHUS hispidus : strigoso-hispidus ; caule ere- cto. obtuse tetragono ; foliis oppositis, sessilibus, remotis , lanceolatis, tridentatis; floribus. solitariis, axillaribus, bre- vissime pedunculatis, bibracteatis ; laciniis calycinis linea- ribus, obtusis, subinaequalibus ; .capsulis. ovoideo-conicis , bivalvibus ; valvis arescendo bifidis. 51 Clas. Cryprocamia. Ord. Musci Willd. Dicnanum affine: caespitosum ; caule erecto, simplici, basive ramoso ; foliis laxiusculis, angustissime lanceolato-li+ nearibus, planis, erecto-patulis, multo margine, crebre, argute serrulatis, arefactione incurvis; seta subbasilari ; the ca cernua , operculo longiusculo , obtuso. Clas. CryProcamia. ‘Ord. ‘Licuenes Willd. CLaponia ‘crinita : podetio erecto, ramosissimo , dicho- tomo, ramis intricatis, supremis subfastigiatis, tenuissimis, capillaceis; axillis subimperforatis; apotheciis exiguis, ter-. minalibus, solitariis. Cl. rangiferina varietas minor Micha. Fl. Bor. Amer. Clas. Crvprocama. Ord. Funci Willd. Terepnora lodata : semiorbicularis, stipite. brevissimo lateraliter affixa, margine lobata, ora nigrescente, supra cinereo-tomentosa , quadrizonata , zonis senescentibus nigro- -limbatis, hymenio levi, extus lutescente. Chiude |’ Accademico questa al par dell’ altre dotta ed elegante Miscellanea coll’ esibire la. figura, non peranche data, d’ una specie di Salice da lui trovata nell’ Alpi Apua- ne, e cui descrisse sotto il nome di Salix crataegifolia nell’ Atlantica sua Fatica della Flora Italica. 15.° Sessione ordinaria. 21 Febbraio 1856. Il chiarissimo Contri , Professore emerito d’ Agraria. ed attual Presidente del Collegio Filosofico-Matematico nell’ Uni- versità , il Nestore e senza dubbio il più benemerito ed il- lustre de’ nostri Agronomi , intrattiene gratamente il Consesso 52 ragionando = Degli Studi Filosofici in genere, ma più particolarmente di quella Filosofia che s’ insegna, ed è di obbligo ‘per ‘chi fa il Corso d’ Ingegnere Architetto nella Pontificia Università di Bologna = Tralasceremo le dotte diflespioni intorno alla Filosofia Razionale, siccome quelle ‘che veramente sono estranie ‘allo scopo dell’ Accademia, la quale secondo la sua primitiva istituzione confermata da Benedetto XIV. dee limitarsi a coltivare e promuovere .le Matematiche e Ie Scienze Natu- rali. D’ altronde la profondità e la vastità scientifica e lel- teraria dell’ Accademico ,, e le massime sue /son note alle molte centinaia d’ ‘allievi ch’ egli ha formato in quarant’ an- nî di lodatissimo insegnamento, son note al Pubblico per le solenni testimonianze dell’ eccellenti. Memorie date al- la luce. Venendo dunque alla Filosofia Naturale, diremo «come il Valentuomo, dopo molte bellissime considerazioni gene- rali, facesse ‘principal soggetto di suo discorso |’ Insegna- mento Agrario, mostrando quanto occorra estenderlo nella parte che più da vicino riguarda la pralica, se non si vo- gliono esporre gl’ Ingegneri alle beffe de° proprietari , de’ ca- staldi e de’ lavoratori. Nè già si trovò egli in collisione con quanto avea det- to il Fagnoli in antecedente adunanza. Imperocchè il Fagmoli prese a provare che |’ insegna- mento ‘tecnico od utilitario non debbe limitar |’ insegna- mento teorico , dovendo questo servirgli di base, e .non potendo alla fine formarsi i Dottì, o per dir meglio pre- pararsi, se non nelle Università: non intese egli per fer- mo di voler limitare all’ incontro |’ istruzione tecnica, per- suaso quant’ altri mai che, nisi utile est quod facimus, stulta est gloria: nè sarà ‘per opporsi in vita sua ad un prolungamento dello studio dell’ Agraria, nè ad una mag- ‘giore estensione dell’ Orto, nè all’ aggianta di un Podere Sperimentale, con un Osservatorio Meteorologico , nè alla 53 introduzione di un qualche obbligatorio studio di Storia Naturale , specialmente di Geologia e Mineralogia pratica, acciocchè non abbiano gl’ Ingegneri a far le meraviglie, quando nelle loro operazioni vengano ad abbattersi a rocce o terreni diversi da :iciò che si vede tuattogiorno, e perchè possano rendersi atti a riconoscer le ricchezze de’ nostri monti. Sessione straordinaria del 21 Febbraio 1856. Dopo |’ esercizio letterario si trattengono gli Accade- mici d’ ambi gli Ordini al doppio oggetto di stabilire il Programma di Concorso al. premio Aldini sul Galvanismo pel 1857, e di eleggere alcuni Corrispondenti Italiani, Sentito il parere di apposita Commissione nominata il 7. corrente, 1’ Accademia, quanto al 1.° oggetto, risolve di riproporre con premio duplicato lo stesso tema che fu proposto pel 1854 con Programma del 2 Maggio 1853, non avendo ottenuto premio l° unica Memoria pervenuta al Concorso ( V. Sessione 9 Novembre 1855 ); ed ordina al Segretario di pubblicar subito colle stampe il relativo Pro- gramma. E quanto al 2.° oggetto, elegge a Soci Corrispon- denti que’ Soggetti illustri, che la Commissione le ha pre- seniati per una pronta aggregazione, e i cui nomi verran promulgati a mano a mano che otterranno 1’ approvazione della Superiorità. 16.* Sessione ordinaria. 28 Febbraio 1856. Il Presidente proclama i nomi de’ seguenti Soci. Cor- rispondenti, la cui nomina è stata approvata dalla Su- periorità ; | Avogadro Conte Amedeo, Professore. emerito di Fisica Sq- blime. Torino. 54 Berruti Secondo , Professore di Fisiologia. Torino. Billi Cav. Felice, Professore di Ostetricia. Milano. Boncompagni Principe Baldassarre, Matematico. Roma. Burci Carlo, Prof. di Clinica Chirurgica. Pisa. Gemellaro Carlo, Prof. di Storia Naturale. Catania. Giorgini Cav. Gaetano , Sopraintendente agli Studi nel Gran- ducato di Toscana. Pisa. Lombardini Elia, I. R. Direttore delle pubbliche costruzio- ni in Lombardia, Milano. Malagodi Luigi, Professore di Chirurgia. Fano. Malaguti Cav. Faustino, Professore di Chimica. Rennes. Massalongo Abramo, Professore di Zoologia. Verona. | Massimo Principe Mario, Fisico. Roma. Orsini Dottore Antonio, Naturalista. Ascoli. Ponzi Giuseppe, Prof. d’ Anatomia Comparata. Roma. Regnoli Cav. Giorgio , Professore di Clinica Chirurgica. Fi- renze. Secchi Padre Angelo, Professore d’ Astronomia. Roma. Zantedeschi Cav. Ab. Francesco, Professore di Fisica. Pa- dova. i Dopo di che il Consesso passa a trattare d’ affari in- terni. E perchè non si prolunghi di soverchio la sessione, il Ch. Prof. Sgarzi ‘acconsente di rimettere alla seguente tornata la lettura del suo penso accademico. 118 Sessione ordinaria. 6 Marzo 1856. Legge il Ch. Prof. Cav. Gaetano Sgarzi una disserta- zione che intitola modestamente = Altro Pensiero alla Pie- trificazione degli Organici Animali =, facendo seguito a quella che recitò nell’ adunanza del 15 Marzo dell’ anno scorso col titolo = Un Pensiero intorno alla Pietrificazione , del Legno =, la quale uscirà a giorni fra le Memorie del- I Accademia, e di cui si diede un sunto nel Rendiconto 55 delle Sessioni, sunto ripetuto , per l’ importanza della que- stione, dalla Corrispondenza Scientifica in Roma, Anno IV, n.° 26. Il processo della Pietrificazione degli Organici Animali, al par di quello della Pietrificazione degli Organici Vege- tabili, è dall’ Accademico ricondotto per intero all’ azion chimica; onde vien sempre più a dilatarsi il dominio della scienza ch’ egli con tanto plauso professa a questa Pontifi- cia Università degli Studi, che da 40 anni con tanto suc- cesso coltiva, e di cui con tanto zelo favoreggia le utili ap- plicazioni all’ Industria ed alla Agricoltura. La differenza fra le due Pietrificazioni dimora in ciò che i Vegetabili vengono per lo più mineralizzati dalla Si- lice, gli Animali per lo più dal Carbonato Calcare. Ma gli è necessario in ambi i casi che la materia mineralizzante sia sciolta nell’ acqua o nel limo, dove l’ organico si trova immerso 0 sepolto, sicchè, mentre questo putrefacendosi scompare, quella possa precipitandosi ire ad occuparne il posto. Nè 1° Accademico assegna all’ organico nelle pietrifi- cazioni una parle meramente passiva, ma lo guida a rea- gire sulla materia mineralizzante per mezzo cei gas ne’qua- li si risolve, facendo l’ acido carbonico precipitar la silice col decomporre i silicati, e facendo |’ ammoniaca precipita- re il carbonato calcare e non pochi ossidi metallici dalle loro dissoluzioni saline. Questo mostra il Disserente essere il più probabile pro- cesso della Pietrificazione degli Organici sì Animali che Ve- getabili, massimamente quando si tratta di. pielrificazione profonda, e totale, e dove l’ organico è scomparso affatto, e in suo luogo si è posto il minerale, E qui confessa con tutta ingenvità d’ essersi incontrato ia parte co’ Geologi A/es- sandro. Petzholdt e Carlo Lyell: ma ad allontanare da sè ogni sospelto di plagio, produce .la testimonianza del Ch. Prof. Cav. Gian Giuseppe Bianconi, il quale assai dopo la lettura di quella prima dissertazione , anzi testè , gli procurò 56 d’ oltremonti e d’ oltremare le opere di quegl’ illustri. Te- slimonianza quanto irrecusabile , altrettanto inutile : peroc- chè nè l’ Accademia nè il Pubblico entrerà mai in sospetto che un Dotto , tanto distinto per pregialissimi lavori in pres- sochè tutti i rami delle Naturali Discipline, e tanto ricco di concetti originali (fra quali basti il nominar la materia protogona e la diatesi tipica), possa aver bisogno d’ imi- tar la Cornacchia la qual s’ addobbò colle occhiute penne dell’ Augel di Giunone, o il Destrier di Sileno che vestì le spoglie del Re della foresta. Ma 1’ Accademico s’ incontrava con Lyell e con Petzholdt in una parte della dottrina degli organici mineralizzati, come s’ incontrò Cartesio con Snel- lio nelle leggi della Iuce rifratta, come Leibnizio con Newton nell’ invenzione del Calcolo Differenziale, come s’ imcontra- rono Cavendish, Watt e Lavoisier a scoprir la composizio- ne dell’ acqua, per tacer di mille consimili casi, soggetto di liti interminabili fra dotto e dotto, fra nazione e nazio- ne. E quando le più severe leggi della priorità gli doves- sero toglier |’ onore d’ avere escogitata quella parle di dot- trina ch’ egli si trova aver di comune co’ Naturalisti Stranie- ri, gli rimarrà pur sempre il merito d’ avere scoperta la causa della precipitazion della materia mineralizzante nella reazione esercitata sulla medesima dall’ organico per mezzo dei gas ne’ quali si scompone , ond’ esso non solo fa luogo al suo successore, come nell'ipotesi di que’ Geologi, ma con apposita modificazione lo rende atto a succedergli (ciò che nel Mondo Morale costituirebbe un fenomeno di genti- Jezza, non tanto facile a rinvenirsi). Per parte nostra non farem carico al Collega Prestan- tissimo d’ avere un tratto abbandonata la bandiera dell’ Em- pirismo. Chè noi vogliam bene conservarci Empirici, ma non perciò tarperemo i vanni all’ aquila che s’ affisa nel Sole: e mentre noi coll’ osservazione e col cimento verre- mo adunando tesoro di fatti, plaudirem sinceri al sapiente che, speculandovi sopra, potrà pur risalire alle loro cagioni. 57 Difficoltà più o men grandi saranno a superarsi, più o men lunga serie di secoli dovrà valicare; ma ogni ordine di na- turali fenomeni avrà un giorno il suo Keplero che ne de- terminifle leggi, avrà il suo Newton che ne disveli Ja causa. 18.* Sessione ordinaria. 13 Marzo 1856. Scriveva l’ illustre Sydenham intorno alle Epidemie, non sapere egli bene » se dielro esame accurato possa cono- scersi dal patologo, se i mali epidemici gli uni agli altri si appiglino costantemente in cerla serie continua come a circolo, o se pure indifferentemente e senz’ ordine veruno sopravengono, giusta 1’ occulto stato dell’ aria e Ja inespli- cabile ragione dei tempi ». E di vero questo difficile proble- ma, che d'altronde una volta risolto darebbe molta luce alla etiologia, e allo studio delle malattie epidemiche, mon si potrà giammai risolverlo, senza avere solt’ occhio la sto- ria delle varie e molte epidemie che successivamente si pre- sentarono in una data città o territorio, e le principali con- tingenze di provenienza, d’indole, di durata ed altre, che a ciascheduna si riferiscono. Tali storie però sono da far- si in ogni luogo; e se il Massari diede un qualche cenno per quelle di Perugia, egli pure non trovò modo di riem- piere i vuoti che vi si osservano, e che la rendono insufficien- te ad ottennere le deduzioni che in oggi si desiderano. Die- tro questi riflessi }’ Accademico Pensionato Cav. Paolo Pre- dieri, cui molto preme lo studio delle malattie epidemiche, tolse nei decorsi anni dagli storici e dalla cronache patrie, Te notizie più accurate, onde compilare Za storia delle Pesti- lenze avvenute nel bolognese in quel modo migliore che la oscurità di alcune e la deficienza dei mezzi in altre gli per- misero. Di questo suo lavoro che ha in animo di pubblicare a suo tempo, stante la opportunità attuale per questo stu- dio, in causa della invasione del cholera sofferta nello estate decorso, legge una sommaria e concisa relazione al Consesso 58 Accademico, facendo conoscere innanzi tutto per maggiore brevità e chiarezza, che le Pestilenze avvenute nel bologne- se ponno ordinarsi in sei gruppî, onde comprendere in ciascheduuo di questi lo esame storico delle epidemie che. presentarono una tal quale relazione e simiglianza di feno- meni fra’ loro. Il primo gruppo che è il più importante e numeroso comprende /e Pestilenze buboniche orientali, che dall’ anno 168 dell’ era volgare afflissero la popolazione bolognese fino al mille, come dopo di questa epoca. Delle prime scarseg- giano assai le nolizie, ma per le altre se ne trovano in co- pia maggiore specialmente per le più gravi, le quali presen- taronsi non meno di una volta in ogni secolo, e special- mente negli anni 1007, 1126, 1225, 1348, 1449, 1527 e 1630. Di queste nella sua storia riferisce le qualità dei principali fenomeni osservati, la provenienza del morbo qua- si sempre direttamente orientale, la durata della epidemia, che in ogni anno fu di tre in quattro mesi e videsi talvolta ripetere più anni consecutivi, ed anche per un decennio, come avvenne in quello anteriore al 1390. Riferisce pure alcune notizie su la loro intensità, estensione, e mortalità, la quale ultima talvolta fu per la sola Bologna di 12000 per- sone (anno 1527), tal altra di 13400 (1630) che fu l’ul- tima, mentre alcune volte la mortalità si accrebbe a 14000, come avvenne nell’ anno 1449; e perfino ad un numero tal- mente grande da uccidere nella città (nel triennio seguente al 1348) tre quarti della popolazione. Non dimentica inol- tre di riferire che gli attacchi delle pestilenze incominciaro= no, quando gravi, verso l’estate quasi sempre, e nei mesi cal- di afflissero maggiormente, scemandone poi la intensità e la mortalità al giungere del verno; nel qual tempo videsi ces- sare totalmente, o rimanervi' un qualche infermo, quasi per germe fatale della invasione seguente. Nel secondo gruppo delle Pestilenze bolognesi, avverte il Predieri doversi comprendere quelle che a guisa di /ebbra 59 più o meno grave e schifosa deturparono le popolazio- ni, accrescendone per diversi modi la mortalità. Furono que- ste egli è vero frequenti e funeste anche prima del mille; ma divennero poi comuni dopo le Crociate , e specialmen= te afflissero la nostra popolazione verso la fine del decimo quinto secolo, sia in unione alla Peste Marranica , sia dis- giuntamente da questa. Allora fu che vidersi diminuire no- tevolmente, e seguirne invece epidemie di morbo grave sifi- litico : Ie prime però finirono poco appresso, e le altre ri- masero bensì d° indole contagiosa, ma cessarono gli attac- chi epidemici notati dal Montesauro , dal Leoniceno, dal Be- nedetti e da altri contemporanei. Il terzo gruppo comprende le pestilenze d’ indole tifi- ca. Numerose e funeste furono difatti negli ultimi due se- coli le epidemie di tifo con petecchie e senza, e quelle per causa di febbri dette maligne , epidemiche, adinamiche , atas- siche, o per causa delle subdole febbri miliariformi ; qua= lità di morbi che in questa nostra epoca presero dominio su gli altri, siccome già nelle epidemie bolognesi degli an= ni 1800, 1801, e 1816, 1817 ebbesi ad osservare. Le epidemie prodotte da mordi esantematici formano il quarto gruppo. Però le ricerche storiche gli diedero finora scarse notizie, e solo di quelle prodotte dal vaiolo e dal morbillo ha riferito con maggiore estensione. Si vede da quelle quanto abbia il vaiolo epidemico martoriato i bolo- guesi, e come per esso si avesse, oltre ad un buon nume- ro di ciechi e di altri in viso deturpati e sconci, una mor- talità grave, ed in modo tale estesa da decimarne Ja po- polazione. 1 Nel quinto gruppo primeggia il catarro russo, detto poscia la Grippe quando fecersi più miti i fenomeni; e vi si trovano pure il Croup, ed altre infermità che hanno se- de nel torace. Del catarro russo trovansi notizie dopo il decimo, terzo secolo; è si conosce che in appresso divenne bensì più lieve, ma che più di frequente ebbe a molestarne 60 la popolazione ; talechè in questo nostro secolo già ebbersi cinque invasioni. - Infine il Disserente si fa a dire del Cholera, come di quel morbo che primeggia nel gruppo delle malattie epide- miche con fenomeni addominali assai gravi, esponendo gli effetti di esso, riconosciuti da una precisa statistica, ch’egli ba fatta compilare sui dieci registri degli uffizi di soccorso da lui nel decorso anno creati e diretti. Risulta da tale statistica del comune di Bologna ( popolazione 98,000) che gli attaccati furono 4905 dei quali morirono 3649 : in quanto a casi 3700 ed a morti 2759 appartengono alla città ; il rimanente al cir- condario detto degli Appodiati. Intorno al sesso degl’ infer- mi e dei morti, fa notare che le femmine, sia attaccate, sia morte, furono in una proporzione maggiore di un terzo ai maschi. Osserva pure che le età che presentarono mag- giore mortalità furono quelle dai 45 ai 75 anni, mentre quelle che diedero maggior numero di infermi furono com- prese negli anni 15 ai 45 ; e ricorda infine che anche in Bologna il cholera attaccò le classi povere in proporzione molto maggiore delle ricche ed agiate. In fine volgendosi a parole di confronto coll’ ultima grave pestilenza bolognese, fa notare la mitezza dell’ epide- mia cholerica in confronto della pestilenza dell’ anno 1630, the diede per la sola Bologna un numero di morti cinque vol- te maggiore, essendo però eguale d’oggidì quella popolazione. Ascoltata con moltissima attenzione la succinta storica relazione dell’ esimio collega disserente, egli. vi dà termine con calde parole, che ricordano i reali vantaggi ottenuti dal- la mitezza delle leggi vigenti, dalla buona igiene diffusa, e dalla civiltà dei costumi odierni. 19.8 Sessione ordinaria. 27 Marzo 1856. Il Consesso ode una dotta ed elucubrata Memoria dei Chiarissimi Professori Antonio ‘e Domenico, padre e figlio 61 Santagata ; sull’ importante argomento = Dei Carboni e Legni Fossili del Bolognese =. Fin dal 14 Gennaio 1847 il Chiarissimo Cav. Gaeta- | no Sgarzi avea letto all’ Accademia una dissertazione = la- torno ad alcune Liguili trovate nella. Provincia di Bologna e nelle sue vicinanze =, la quale venne. pubblicata nel To- mo I. delle nostre Memorie. In essa venivasi alla consolan- te conclusione = Se gli esaminati saggi non promeltono del Carbon Fossile, accertano delle Ligniti, le quali se non per le Locomotive, per le altre Macchine a vapore, e più poi per 1’ Illuminazione a gas, per gli alti Forni, per le Fon- derie, per le Fornaci, per. le grandi Evaporazioni, per le Fabbriche dell’ Allume e di Prodotti Chimici, e per molte altre Manifatture riescono di eccellente applicazione —. Quel Carbon Fossile nello stretto senso chimico e in- dustriale, quel Composto di tutti gli elementi delle Piante trasmutati affatto in combinazioni bituminose, che lo Sgar- zi non. ebbe fra’ suoi saggi, ci viene oggi presentato dai Santagata ; onde sulle prime s’ apre il cuore a liete speran- ze. Ma i Disserenti s° affrettano a toglierci da una illusio- ne, che potrebbe dissipare in vani tentativi i mezzi de’no- stri capitalisti, o sviarli da, altre applicazioni di maggior vantaggio per la nostra Provincia. Nella serie de’ loro sag- gi la proporzione del Carbon Fossile al Legno o in tutto 0 in parte pietrificato è così piccola da dover ragionevolmente temere non forse per tutta la estensione della Provincia sia no state le condizioni de’ monti assai più favorevoli alla pie+ trificazione de’ legni che alla carbonizzazione; onde ese- guendo scavi in grande si corra pericolo di tesaurizzare pe’ Musei piuttosto che fornir mezzi e materiali all’ indu- stria. manifatturiera ; la quale, se non al paro dell’ agrico- la, vuol pur essere anche fra noi incoraggiata, quando non si creda più meritorio il far limosina che il dar lavoro a chi è pur atto a lavorare. Nè vale opporre |’ esempio della Toscana: imperocchè le azioni plutoniane son certamente 62 più valide ne’ monti toscani, che nei bolognesi, ed è a _cre- dersi che lo fosser pure in antico. Dopo la Memoria Santagata vien letta dall’ egregio Dott. Alessandro Palagi la Nota seguente. . = Permettetemi,.0 Signori, ch’ io abbia I’ onore di comunicarvi in succinto aleune sperienze elettro-dinamiche. Io leggeva, son pochi giorni, nel Giornale dell’ Asso- ciazione Agraria degli Stati Sardi (Gennaio 1856). 1° an- nunzio di una nuova proprietà del carbone di legno scoper- ta dal Sig. Moride di Nantes. Se prendasi , dice il Moride, un pezzo di carbone di legno incandescente, e lo si tuffa in una soluzione di solfato di rame, sia immediatamente , sia dopo averlo spento nell’ acqua fredda, il metallo si de- posita a mano a mano sul carbone finchè lo ricuopre del tutto, Preso da vaghezza di ripetere il facile sperimento, mi vi accinsi il 18 del cadente mese. Variai di molte guise il modo d’ immersione del carbone nella soluzione salina, € sempre vidi il depositarsi del rame sul carbone, e spe- cialmente, quando un medesimo carbone fosse reiterate volte reso incandescente e altrettante tuffato nella soluzione stessa. x Mentre io eseguiva cotali sperimenti; ed attento. osser- vava il riprodursi di questo fenomeno, mi. passava inel- l’ animo l’° idea che, non potendo» essere se non effetto di chimica reazione, generare dovesse uno sviluppo di elet- trico. Senza indugio mi accinsi alla verifica. Situato conve- nientemente un galvanometro moltiplicatore, vi apposi due reofori di fil di rame, e falto incandescente un cilindro di carbone di legno, lungo 10 centimetri e grosso 15 milli- metri, lo unii con sollecitudine per i due capi. estremi, ai due reofori. Tenuto il carbone incandescente per brevi istanti all’aria libera, non vidi indizio alcuno di sviluppo elettrico : ma appena immerso l’ uno dei capi del carbone nella solu- 63 zione di solfato di rame, tosto apparve una corrente elet- trica di 80.° di tensione, diretta dall’ estremo del carbone non immerso all’ altro estremo già immerso, e la tensione cresceva mano a mano che s’ immergeva il carbone nel liquido. $ AI raffreddarsi del carbone, scemava contemporanea- mente la tensione della corrente, sino a che si ridusse a zero: ma in quell’ istante medesimo si sviluppò una cor- rente elettrica assai intensa, diretta in senso opposto, di guisa che il capo immerso del carbone, di negativo che era, divenne positivo, e il capo, che stava fuori del liquido e prima era posilivo, divenne negativo. Questa corrente ri- mase permanente ; e l’ago magnetico stette immobile a 40.° della scala galvanometrica. Ogni volta che si apriva il cir- cuito, l’ ago si rimetteva a zero: ma al richiudersi devia- va di nuovo e con assai violenza e, dopo brevi oscillazio- ni, riprendeva la sua posizione ai 40.° Sarei troppo lungo, se volessi di presente narrarvi, 0 Signori, tutti i fenomeni da me osservati, per otto giorni continui in questo carbone; sarà questo argomento di altra comunicazione che avrò «1 onore di farvi, se crederete nella vostra sapienza d’ incoraggiare questi miei studii. Mi basta ora il dirvi, o Signori, che il carbone di le- gno reso incandescente e immerso in una soluzione di sol- fato di rame, acquista una facoltà elettro-motrice assai po- tente e duratura; lo che conferma le sperienze del Volta sulla forza elettro-motrice del carbone di legna. Difatti, congiunti ai reofori del galvanometro i due capi di un carbone di legno, che io aveva reso incande- seente e poscia immerso per breve tempo nella predetta so- luzione otto giorni innanzi, e tenuto per poco così asciutto all’ aria libera, non manifestò indizio alcuno di stato elet- trico: ma tuffato nel liquido il capo del carbone non mai ‘immerso, si sviluppò una corrente elettrica così forte da turbare al primo istante l’ago del galvanometro ; la direzione 64 di ‘essa corrente era dal capo del carbone non immerso al ca- po, che stava entro la soluzione; più s° immergeva il carbo- ne, più cresceva la tensione della corrente, a tale che, tuf- fato del tutto il carbone entro il liquido , la tensione diven ne massima e la direzione si mantenne la medesima. Estratto il carbone dalla soluzione, la corrente persi- sleva ancora, scemando però d’ intensità e conservando la direzione stessa. Divenuto asciutto il carbone, non si aveva più corrente elettrica, la quale tosto ricompariva vie più energica al riattuffarsi del carbone nel liquido, riproducen- do le vicende medesime già descritte. Non è solo nella soluzione di solfato di rame che il carbone di legno reso incandescente sviluppa questa facoltà elettro-motrice; ma in altri liquidi ancora, inclusive 1’ ac- qua pura. Il carbone di legno freddo, e non reso prima incan- descente, ha pur esso questa facoltà elettro-motrice immer- so, non solo in soluzione di solfato di rame, ma in altri liquidi ancora, e la conserva altresì poscia che sia estratto dai liquidi medesimi. Avviene anzi che il carbone freddo e non fatto prima incandescente, immerso in certi liquidi, acquista la facoltà elettro-motrice in un grado eminente col dimorare a lungo in un liquido medesimo; e la facoltà stessa la conserva eziandio più lungo tempo all’ aria libera, rimanendo bagna- to fuori dei liquidi. Questa. facoltà elettro-motrice la possiede poi al mas- simo grado il carbone di coke e a freddo ed in ogni liquido. E non solo quando sia immerso in un liquido un pez- zo intero di carbone qualunque, alla foggia che abbiamo già detto, ma se immergansi in uno stesso liquido due pez- zi separati di carbone della medesima specie, o di specie diverse, in quella guisa che nel 1823 1’ Oersted pel primo osservava avvenire con due pezzi di un medesimo metallo, 65 che fossero immersi contemporaneamente in una soluzione acida. ( De la Rive. Traité de 1° électricité T. II. pag. 590, Paris 1856 ). © Io avrei molte altre sperienze da comunicarvi, 0 Si- gnori: ma è omai tempo che io dia termine a questa. co- municazione di semplici fatti, che artatamente ho scompa- gnata da teoriche considerazioni =. 20.° Sessione ordinaria. 3 Aprile 1856. Colla lettura della Memoria = Studi. clinici durante il Cholera che ha epidemicamente dominato in Bologna nell’ Anno 1855 = il Prof. Belletti informa gli Accademi- ci suoi colleghi intorno ‘ad. alcune morbose particolarità ch’ egli allora ebbe occasione di osservare. Dopo avere accennato che per causa di leggera; e, per lo meno, poco esatta osservazione, somosi non di rado giu- dicati per cholera asiatico fenomeni riferibili ad altre ma- lattie, e come ad errore di diagnosi debbasi riferire la ca- gione di non poche sollecite, e sorprendenti guarigioni di creduti casi di Cholera , asserisce il Belletti essersi incontrato in alcune morbose evenienze , nelle quali tanto bene appariva- no dei sintomi di grave cholera, ch’ egli ha trepidato per l’ altezza ed urgenza del pericolo in che vedea gli infermi, e per la difficoltà ed importanza dell’ incarico suo a bene e sollecitamente giudicare. A prova di questo asserto l’ autore espone la storia circostanziata di un caso di stasi sanguigna-venosa del cir- colo inferiore presentatosi in un’ attempata Signora, il pa- ‘lire gravissimo ed improvviso della quale, molti ed impo- nenti sintomi offeriva di quelli che in grave cholera si ri- scontrano , la quale venne in pochi giorni sottratta al prossi- mo pericolo di morte, mediante emissioni sanguigne ed opportuni lassativi, e ridonata poscia dopo non lungo tempo a perfetta salute, togliendone con acconci mezzi l’ azione b) 66 di altra causa ( un erpete ripercosso ) che predisposta avea- la a cotale infermità. Il disserente si fa poi in seguito a notare come, allor- quando il cholera infieriva maggiormente tra noi, poche fossero le infermità ordinarie della stagione, e. queste in generale di poco rimarco, se eccettuare si vogliano alquan- ti casi di lifoidea a carattere dissolutivo, o adinamico-atas- sico, che andavano manifestandosi, specialmente nel basso popolo, e con sospetta frequenza nell’ Appodiato di Berta- lia; e come durante la Cholerosa epidemia siasi poche vol- te verificato |’ associarsi di questa malattia colle altre in- tercorrenti. Due sole volte egli ha veduto questo malaugu- rato connubio , ed in ambi i casi mortale. Risguarda il primo di questi casi un uomo affetto di reumatismo, nel quale rimetteva già di sua acutezza la malattia, quando spintosi, a quel che pare, troppo oltre il metodo debilitante, un dopo l’ altro sollecitamerte insorsero tutti i più manifesti sintomi di grave cholera, che in breve il tras- se al sepolcro ; impotenti essendo rimasti i più commendati farmaci, che 1° autore ed altro suo collega in quella circo- stanza soprachiamati misero in opera. Forma il soggetto della 2.* sua osservazione una fan- ciulla appena trilustre , inferma in 13.*% giornata di, con- fluente miliare cristallina, nella quale dopo |’ apparsa e- ruzione, aveansi le più fondate lusinghe di completa e non tarda guarigione, quando in mezzo alla più appari- scente calma, ebbe senza alcuna turba un abbondante sca- rica alvina composta di materie bianco-cremose, e di più altre simiglianti ad erba pesta, commiste a non molte di colore atro sanguigno. Non era scorsa un’ ora che insoliti non dolorosi borborigmi annunziarono precipitosa una nuo- va deiezione, le materie della quale inodore ed assai più copiose si componeano esclusivamente di atro sangue non molto dissimile a pece disciolta. Da quel momento una smania indicibile assale 1’ inferma; lurida si fa la di lei 67 fisionomia , terreo-verdastro il colorito del volto, vitrei spa- lancati gli occhi, una voce stridula soffocantesi, ed un re- spiro sommamente laborioso l’ assomigliavano ad una vitti- ma che mano assassina tenta strozzare. Fredda la lingua e l’ alito, freddissima e veramente algido-marmorea addivie- ne sollecitamente la di lei cute; deboli poi esilissimi i pol- sì ; trattabile e non dolente in ogni regione l’ addome : non vomito , non crampi, non cianosi, ma continuando frequen- tissime non abbondanti le deiezioni alvine, e sempre del- la qualità ultimamente notata, integre fino all’ ultimo ri- maste le facoltà mentali, la fanciulla poco dopo tre ore era defunta. La natura di un breve rendiconto non ci permette svolgere con qualche estensione tutti gli argomenti diagno- stici diretti, e indiretti, che 1’ autore dopo la fatta nar- razione, adduce a sostenere, come egli opina, essersi in questo caso trattato di fulminante cholera asiatico, in mo- do diverso dall’ ordinario spiegatosi nella di lui malata, che individuali circostanze aveano in ispecial modo alteggiata. Accenneremo solo come egli accertatosi del famigliare fre- quente contatto di questa fanciulla, con persona che 22 ore dopo partitasi da lei periva di cholera alcuni giorni innan- zi la morte della fanciulla, viene a provare 1.° Che la di lui inferma, declinata già in essa coll’ apparsa eruzio- ne la potenza del principio miliaroso , si trovasse in ispe- cial modo atteggiata a subire di preferenza quella del cho- leroso, 2.° Come ( giovandosi dell’ argomento d’ elimina- zione ) la congerie dei fenomeni morbosi nelle ultime quat- tro ore di vita in lei presentatasi , non ad altro conducono che alla diagnosi suespressa. 3.° Che la mancanza, nel- l’ inferma in discorso, di alcuni sintomi, che d’ ordinario soglionsi riscontrare nel cholera asiatico, non toglie che tale non fosse la di lei malattia, perchè questi non sempre, nè unitamente, nè in qualunque località siasi sviluppato il cholera, hanno fatto loro mostra; e perchè nello apparato 68 fenomenologico morboso che presentò l’ inferma , trovansi sufficienti ragioni del motivo pel quale alcuno di questi sintomi mancò ed altri appena furono indicati. | L’ autore infine chiude la sua memoria col riferire quest’ ultimo caso, da lui osservato con fino discernimento , e descritto con verità e precisione, a quella forma o varietà di cholera che Rostan chiamò addominale, nella quale va- rietà, secondo le osservazioni di questo celebre scrittore e di altri » le evacuazioni sanguinolenti non sono rare. ». Che se il fatto da lui rapportato si scosta assai dall’ ordi- nario, ciò si deve con molta probabilità all’ essersi nella fanciulla associata la miliare, che è morbo assai fallace ed infido, al cholera, che | Illustre Cav. De Renzi con molta verità chiama » mostro misterioso che prende in prestito la » maschera dal traditore, il furore dalle furie, la falce dalla morte ». 21.° Sessione ordinaria. 10 Aprile 1856. La descrizione ostetrica della pelvi muliebre allora sol- tanto può dirsi fatta a dovere, quando le cose in quella descrizione annoverate, sono veramente tutte quelle che han- no attenenza colla meccanica del parto. Le comuni descri- zioni, che ne danno gli anatomici all’ ostetricante, nom bastano da sole; perchè questo ha bisogno di trovarvi quel- le cognizioni che valgano a dimostrare come il catino o la pelvi, durante la funzione del parto, conceda il passo al feto ; e se la pelvi contribuisca ed in qual modo alla espul- sione di questo. Intorno a tale argomento di Ostetricia il chiarissimo Prof. Gio. Batt. Fabbri attuale Presidente dell’ Accademia, legge Alcune Considerazioni , le quali sono appunto il frut- to delle proprie osservazioni, e della esperienza sua di mol ti anni, e che gli giovarono grandemente a rendere assai chiaro e preciso l’ insegnamento di questa parte di Ostetricia. 69 Per essere più esatto e più breve riporterò in epilogo le premesse dal medesimo riferite, e sulle quali poggiò la teorica che gli fu di guida alla pratica, da esso adoperata con maggiore e più deciso vantaggio. 1.° Il catino massime vestito delle parti molli, è una cavità sacciforme, la quale prolunga d’ alto in basso, e dall’ avanti allo indietro la cavità dell’ addome; ha 1’ aper- tura di uscita nel mezzo della parete anteriore ; ha pareti che sono parte rigide, parle elastiche, parte molli e ce- devoli, 2. Nello ingresso il catino è più largo che lungo ; nel fondo è più lungo e meno largo dello ingresso. 3.° Lo stretto superiore è rigido, e di forma che non può variare da quello che è in ogni persona. La sua area è un piano unico. Per converso lo stretto inferiore è metà rigido e metà elastico; e la sua area si compone di due piani che concorrono, e che si uniscono ad angolo poco più che retto in corrispondenza delle bozze degl’ ischi. 4.° Il fondo del catino è elastico, ma di tale marie- ra, che la sua elasticità diventa cedevolezza nel davanti ove si confonde colla parete carnea anteriore, la più molle di tulte; e diventa rigidità allo indietro, dove si confonde colla parete ossea posteriore. 5.° Il coccige col suo apice segna il punto centrale del fondo. 6.° L° altezza della scavazione è rappresentata da una linea perpendicolare al piano dello ingresso , che toltosi dal mezzo dello ingresso medesimo arriva all’ opposto punto centrale del fondo. 7.° L’ altezza della scavazione , e 1’ altezza dell’ angolo del pube, o spazio sotto-pubiale , hanno fra se proporzione diretta, cosichè l’ una non può aumentare senza che au- menti d’ accordo anche l’ altra. 8.° L’ altezza della scavazione aumenta per 1’ abbas- sarsi del coccige, e delle parti molli che chiudono Ja metà 70 posteriore dello stretto perineale ; e per 1° abbassamento del coccige aumenta eziandio la naturale lunghezza del diame- tro cocci-pubiale ; il quale normalmente non supera i pol- lici 3 3 e spesso neppure vi giunge. 9.° La metà posteriore dello stretto perineale è prin- cipalmente destinata a permettere l’ accrescimento in altezza della scavazione; mentre la metà anteriore è destinata a concedere al feto V' uscita definitiva dal seno della madre. 10.° Finalmente 1’ asse totale del catino è rappresen- tato da una linea scavezza, composta dall’ asse retto della scavazione, e dall’ asse curvo dello spazio sotto-pubiale. Dire dei vantaggi che il Fabbri ha ottenuti nella pratica ostetrica dall’ applicazione di queste proposizioni preliminari, non lo si potrebbe, se non che estendendo di scverchio il sun- to di questa sua memoria, e offendendo in pari tempo la precisione dei dati e la giustatezza delle deduzioni ottenu- te. Gioverà tuttavia riportare 1° epilogo della seconda parte del suo lavoro , onde si possa conoscere, come il Chiaris- simo Professore siasi fatto più innanzi degli altri in questa parte di ostetricia, e perciò debbansi al medesimo elogi sinceri e verace riconoscenza. 1.° Il coccige, egli dice, preso come punto di con- fronto giova nella diagnosi delle posizioni. 2.° L’ estremità del suo ovoide, che il feto presenta, scende in retta linea al fondo del catino. 3.° Il movimento di flessione nelle posizioni occipito- -anteriori succede regolarmente in fondo alla scavazione, senza che la fronte riascenda , mentre |’ occipite si abbassa. 4. L’ avanzarsi e | uscire della parie che finalmente si trova nell’ area dello spazio sotto-pubiale è opera della forza risultante dallo impulso dell’ utero, e dalla reazione del coccige, e di tutto il perineo disteso. 5.° La poca altezza della scavazione, e conseguente- mente ancora dell’ angolo del pube, basta per se sola a fare ostacolo al compimento del parto. 71 6.° L’ eccessiva lunghezza del diametro cocci-pubiale è il tipo delle circostanze che, nell’ ultimo stadio dell’ e- spulsione del feto, dimandano a buon diritto, che il peri- neo sia validamente sostenuto e compresso. 7.° Fuori del caso di mancanza della necessaria rea- zione per parte del fondo del catino, una pressione del perineo, che affretti 1’ uscita della testa, può cagionare le lacerazioni che si ha in mira di prevenire. 8.° Infine il Chiarissimo Professore opina, che l’ asse della pelvi, inteso nel modo ch’ egli ha detto nella prima parte, apporti qualche maggior grado di regolarità nel- I’ uso generale del forcipe. 22.° Sessione ordinaria. 17 Aprile 1856. Si legge una dissertazione dell’ illustre Prof. Orioli, col titolo = Fisiologia della sensazione delle reminiscenze della fantasia e della immaginazione secondo le vie ordi- narie =. V° ha un fluido imponderabile sparso ne’ corpi esterni, nello spazio interposto fra questi e gli organi de’ sensi, negli organi stessi, nei nervi, e nell’ encefalo, sede del- l’ anima. Non è quel fluido il mediatore plastico, nè altro assurdo quid medium fra lo spirito e la materia, fra il semplice ed il composto; ma è |’ etere universale, dalla comune de’ Fisici sostituito alla luce, al calorico, all’ elet- tricità e al, magnetismo. Le vibrazioni trasmesse da’ corpi esterni agli organi de’ sensi si comunicano tanto alla so- stanza ponderabile che alla imponderabile, o etere, del- I’ encefalo. E qui finisce il giuoco fisico. Alla vibrazione dell’ etere nell’ encefalo corrisponde poi la sensazione, mo- dificazione sui generis dell’ anima, qual si conviene a so- stanza immateriale ; vi corrisponde per un nesso incompren- sibile che Dio ha posto fra le due sostanze. E che la par- le eterea de’ nervi sia la sola, o almeno la principalissima , 72 strettamente e direttamente unita collo spirito, si deduce dal fatto che | anima non avverte tante azioni esercitate da’ corpi esterni sulla parte ponderabile del sistema nerveo, come ad esempio }’ attrazione universale. Ma come si riproduce -la sensazione, quando 1’ ogget- to non è più presente? — Nel senso corporeo (nè nella sola estremità peri- ferica del nervo, ma per tutto il prolungamento delle sue fibre fino al sensorio ultimo ) succede non la sola modifi- cazione fisica percettibile, e più passeggiera, che è causa prossima e reale del percepire, ma, oltre a questa, una modificazione più stabile di molecole nervee , che si solidi- ficano e s° organizzano da quell’ istante , ad un certo mo- do, 0, come oggi s' usa dire, si polarizzano , per ritene- re in ogni futuro tempo e riprodurre la sensazione primi- tiva, senza più bisogno della presenza dell’ oggetto. Ciò è al tutto come in una corda, o in un diapason immensa- mente piccolo, temprato in modo, al momento del tem- prarlo, che non potrà più esser messo in vibrazione, che per render sempre il tuono medesimo cui rese la prima volta =. L’ ordinamento stabile di molecole nervee, ?’ organiz- zazione alta a perdurare, come a fondamento futuro del- la memoria, e de’ lavori fantastici ed immaginarii , for- masi dunque nell’ ipotesi dell’ Accademico dall’ impressione dell’ oggetto esterno ( come si formano le imagini fotogra- - fiche ); laddove nelle ipotesi di Malebranche, Robinet, Bonnet e Priestley era preesistente, era una fibra cerebra- le; cui l’ impressione dell’ oggetto esterno non faceva che mettere in movimento. 23.* Sessione ordinaria. 24 Aprile 1856. La difficoltà di conoscere il vero fu sempre la precipua cagione delle diverse opinioni, che regnano in Patalogia, 73 sìiccome in ogni altro ramo di filosofia naturale. Però la discussione che ne risulta fra gli Accademici, come tal- volta non riesce a persuadere, perchè debole nei fatti e nelle ragioni riferite a fondamento delle opinioni sostenute, altrettanto è profittevole, quando segue sopra un concetto giusto ed appropriato, e con moderazione di parole e di forme. Presenti a queste discussioni, ognuno rimane soddis- fatto, conoscendosi raggiunto il precipuo scopo delle accade- miche istituzioni, Ja sola ricerca del vero; quindi conser- vata anzi accresciuta la stima reciproca dei contendenti. Ardua questione si è difatti quella in oggi sostenuta con speciale Memoria, letta dallo illustre nostro Clinico Prof. Gio. Battista Comelli, la quale risguarda il provare la esistenza della così detta materia morbosa ; sia per la oscurità speciale di questo argomento, come anche per non essere egli rimasto abbastanza persuaso di ciò che di esso disse e sostenne con fino accorgimento il Chiarissimo Prof. C. Versari nella sua memoria letta a questa Accademia, nel giorno 6 Decembre scorso. -- Lasciando di riportare i preliminari dal Comelli riferiti, intorno il metodo di scio- gliere le questioni in Patologia, riporterò in breve ciò che più da vicino risguarda questo argomento della materia mor- dosa nel modo inteso dal Chiarissimo disserente. Se è vero come incontestabi!mente riliensi, che ad ogni innormale successo, anche parziale, dell'animale economia, per quel consensus unus, consensus omnium, ne sussegue un universale analogo risentimento di ogni fibra, organo, ap- parato, e sistema, per cui più o meno deviano gli organi tutti dalla loro normale funzionalità, risultar deve per in- dubbia inevitabile conseguenza, la sopravenienza di alcuni materiali eierogenei irritanti ed inomogenei ; effetti innega- bili ed evidenti della sopravenuta generale organica innor- malità. Non era già (prosegue 1° accademico ) non era già nell’ artritico, reumatico, tubercoloso , e scrofoloso fermen- to, ove gli antichi fissavano 1’ importanza della loro materia 74 morbosa, per questi era quell’ innegabile ed inevitabile pro- dotto di inaffini, inomogenei materiali, che dalla generale or- ganica alterazione emergevano, per la disordinata e perturba- ta funzionalità dì ogni organo secretore, ed escretore ; i qua- li prodotti assorbiti per le vene e ricondotti all’ onda san- guigna dovevano subire per l’ organico chimico vitale pote- re un salutare elaboramento , e disporsi ad essere conve- nientemente eliminati, onde ridonare all’ organismo quella tranquillità, senza della quale non può aver luogo la desi- derata salute. D’ onde poi crearono le dottrine delle cozio- ni e delle crisi, le quali sono pure di spesso una guida non fallace pel medico ad operare ed a ristarsi dall’ operare, affinchè in alcune circostanze si possano distinguere i conati di natura da quelli della mortifera pestilenza, del patologico disordine, per non disturbare gli atti critici di natura, intenta sempre alla grande opera delta rissoluzione. Quindi atten- tamente esaminando il corso delle malattie, ed in partico- lare le acute ed ogni fenonemo analizzando, poterono gli an- tichi arrivare ad accorgersi e distinguere nei vari modi coi quali presentaronsi le urine, il traspirato , e le deiezioni, quelle differenze obbiettive del colore, dell’ odore, e della densità, per le quali dietro un immenso numero di osser- vazioni, giudicare con molta probabilità del grado , della du- rata, e del pericolo di ogni morbosa emergenza. Spiegato per tal modo, ed esposto con questi termini il vero concetto , che alla materia morbosa appartiene, non trova il Comelli ragione di considerarla associata a quelle specialità di materia cancerosa, strumosa, gottosa ec. da cui hanno e possono avere origine alcune delle prenonimate malattie ; nè trova tali specialità nella Pneumonite, Epatite, Metri- te, ec. ma bensì nell’ universale organico disordine, che sempre le accompagna: Ivi ravvisa, e vi trova quell’ inevi- tabile risultato di inomogenei, irritanti materiali che vanno veramente a capello coll’ accennato concetto della così det- ta materia morbosa. 75 In appresso il disserente ricorda ciò che dissero di essa lo Sthal, il Reil, ed il Tommasini allo appoggio delle dot- trine, che ammettono il puro solidismo. Indi cerca di es- cludere alcune tra le ragioni dal Versari poste innanzi con- tro la esistenza della materia morbosa, sia col ricordare la diversità degli emuntorii dai quali dovrebbe sortire, sia per la guarigione che talvolta si ottiene anche senza una pre- cedente manifesta crisi (come avviene nella pneumonite cu- rata e guarita col metodo del Morganti) sia infine per ve- dersi continuare la malattia, o finire colla morte, null’ostan- te la sortita abbondante di umorali secrezioni ed escrezio- ni diverse. Cerca pure il Comelli di appoggiare la sua opinione servendosi ancora dello eseimpio delle malattie nervose, le quali il Pasta chiamò senza materia, in quanto che sem- brano derivare da sconcerto di qualche imponderabile agen- te ; delle quali dice, che anche in queste resasi discordante la dovuta innegabile armonia delle parti col tutto, ed al- terate perciò e scomposte le secrezioni ed escrezioni, devo- no per necessità risultare inaffini, inomogenei elementi, non tollerati dai solidi ed inquinanti morbosamente i liquidi : intolleranza ed inquinamento durevole evidentemente, finchè o corretti per la viva chimica attività, o eliminati per la forza dei vitali poteri, otterrassi la ricomposizione del ma- laugurato organico disaccordo. Quindi nè la nostalgia colla speranza, nè le più strane neurosi guarite collo sbadiglio, colle parole, colla musica, col riso, col pianto, e col di- singanno serviranno di prove e controprove per sostenere la insussistenza della materia morbosa, conforme a quanto di essa sostennero gli antichi. In quanto alle infiammazioni acute dei visceri, poichè vedonsi risolvere allorchè sono seguite da crisi opportune e regolari, e da critiche escrezioni in prima elaborate e poscia espulse, ora da questo ora da quello emuntorio, niu- na ragione per dire che tali infermità escludano la esistenza 76 della materia morbosa, poichè anzi materialmente la dimo- strano ; ben diversamente dalle malattie nervose sostenute talvolta da disequilibrio degli imponderabili. In fine rispondendo a quanto espose il Versari delle malattie a corso periodico il Comelli dice, che 1° accennato concetto della materia morbosa è applicabile egualmente an- che a queste; poichè non vuolsi già considerare codesta mate- ria, come morbificante cagione, ma soltanto un prodotto del- l’ organico generale risentimento, dalla causa morbifaciente derivato. Quindi qualsiasi il fattore, la causa prima, da cui ebbero origine i misteriosi fenomeni del morboso, periodico ritorno, nulla trova di contradicente nel riconoscere in que- ste malattie, ancora la formazione di eterogenei prodotti co- me necessaria conseguenza dei :umultuosi disordini. Quindi il Chiarissimo Prof. Comelli nel dar termine alla memoria con quelle espressioni di concordia e di spi- rito eccletico da cui il lavoro è informato, ripete collo illu- stre Guerin « che non si danno verità così vere, che non abbiano bisogno di ringiovanire per nuovi studi, ed osser- vazioni, onde mantenersi come tali agli occhi di tutti, e pel corso delle età e dei progressi della scienza » talchè, egli dice, la materia morbosa ed altretali ipocratici con- celti, come ad esempio i rivulsivi e Za teoria che a que- sti serve di base, appunto perchè datano dalla più remota antichità, hanno bisogno di essere riesaminati al crogiolo della moderna critica, coadiuvata dai fatti, dalle osservazio- ni, e dalle moderne esperienze, non che dalle migliori dot- irine che da queste derivarono. Dopo la dissertazione del Cav. Comelli il Ch. Prof. Respighi ne legge altra col titolo = Notizie sul clima di Bologna dedotte dalle Osservazioni meteorologiche fatte nel- la Specola nel trentennio 1814-1843 =. In quei paesi (dice I Accademico ), che la Provvi- denza stabiliva come centri privilegiati di forza e vita elar- 77 gendo loro tutti i principali elementi proficui allo sviluppo’, incremento e conservazione degli esseri vegetali ed animali e specialmente. della umana famiglia, lo studio dei feno- meni meteorologici si presenta interessanlissimo ed utilissi- mo non solo per il preziosissimo materialé, che esso ac- cumula, ordina e prepara per la formazione di uno dei più importanti rami della teoria della fisica della terra, ma eziandio per il preziosissimo complesso di notizie, che som- ministra all’ uomo per ammaestrarlo a convenientemente di- rigere la sua industria a trarre profitto da quei portentosi elementi , che furono destinati a rendere più comoda e pia- cevole la sua materiale esistenza. A noi, che per somma ventura fummo prescelti ad abitare un paese, cui la bel- lezza del Cielo, e la fecondità del suolo rendono una del- le più fortunate parti della superficie della terra eminente- mente ricca di tutti gli elementi necessari al nostro benes- sere, a noi viene da un doppio obbligo imposto lo studio della Meteorologia, e cioè per concorrere ai progressi di questo interessantissimo ramo delle fisiche discipline , e per stabilire le norme a seguirsi dalla umana industria nella ricerca dei possibili miglioramenti nella nostra materiale esistenza. I preclari e beuemeriti Personaggi, cui negli andati lempi furono provvidamente affidate le cure di questo Os- servatorio Astronomico, persuasi di questa duplice impor- tanza, che presenta fra noi lo studio della meteorologia, saggiamente avvisarono di rivolgere l’ opera di questo sta= bilimento anche a questo ramo di osservazioni, quantunque poco streltamente legato al suo principale oggetto, e ai medesimi dobbiamo essere profondamente grati per il pre- zioso materiale, che a nostro vantaggio hanno accumulato. Fin dal principio del 1796 il nostro Osservatorio Astro- nomico divenne Osservatorio Meteorologico , perchè fin d’ al- lora si cominciò a raccogliere sistematicamente i dati, che dovevano in seguito servire alla caratterizzazione del clima 78 bolognese. Le prime osservazioni però , sia per la scarsezza degli elementi osservati, sia per le imperfezioni degli stru- menti, con cui venivano determinali, non si presentano ‘abbastanza favorevolmente da poter essere convenientemente applicate ad uno studio regolare delle vicende meteoriche di questo paese, e soltanto nel principio del 1814 per le cure del benemerito e preclaro Prof. Caturegli vediamo le osservazioni meteorologiche di quest’ Osservatorio estendersi in modo da poter corrispondere utilmente al loro oggetto, allo studio cioè del nostro clima per rapporto almeno ai principali elementi. Nel mentre che |’ Osservatorio di Bologna si occupa presentemente in conformità delle sue condizioni a dare al- lo studio della meteorologia uno sviluppo più proporzionato alle esigenze attuali della scienza, si è creduto opportuno di trarre -fin d’ ora profitto dal materiale raccolto dal prin- cipio del 1814 fino a questo punto per determinare fin d’o- ra le principali proprietà del nostro clima, e la discussio- ne di queste osservazioni formerà l’ oggetto di alcune me- morie, prima delle quali è appunto la presente destinata allo speciale esame delle Osservazioni Meteorologiche fatte nel trentennio 1814-1843 e a presentare i principali risul- tati dalle medesime ottenuti. Gli elementi meteorologici trattati nella presente me- moria sono Pressione atmosferica, Temperatura dell’ aria. Stato del Cielo. Meteore ordinarie e straordinarie. Fatto }’ esame di ciascuno di questi rami d’ osserva- zione, viene stabilito il grado di fiducia loro assegnabile, vengono indicate le operazioni sulle medesime eseguite, e presentati finalmente i risultati ricavatine, i principali dei quali possono compendiarsi nel seguente modo. 79 OSSERVAZIONI BAROMETRICHE. Ridotte a 0,° le altezze della colonna’ barometrica os- servate in ciascun giorno del trentennio a mezzodì, e ap- plicate le correzioni volute dalla capillarità e dagli errori verificati nei barometri d’ osservazione, ne risulta il medio generale 0,7 7553. Siccome l’ altezza barometrica a mezzodì può considerarsi come la media della giornata, così 1’ altezza media del trentennio potrà essere rappresentata dalla stessa quantità 097553. Essendo poi il numero degli anni abbastanza grande da ri- tenersi compensate tulte le accidentali variazioni della pres- sione atmosferica, può ancora stabilirsi, che all’ altezza del pozzetto del barometro la pressione media assoluta sia rappresentata dalla stessa quantità. Sapendosi per mezzo di livellazioni , che il pozzetto sud- detto trovasi elevato sul livello magro dell’ Adriatico allo sbocco del Reno di metri 74,33 circa, dalla nota formola di Laplace si è ottenuta la pressione media al livello del- \’ Adriatico di __ 0,” 76217. L’ escursione totale della colonna barometrica durante il trentennio si è trovata di 0.” 0530 risultante dalla differenza fra la massima altezza di 0.” 7775 osservata nel 7 Febbraio 1821 e la minima di . 0.7? 7245 osservata nel 2 Febbraio 1823. La pressione media pel primo e secondo decennio coin- cide colla media del trentennio , quella del terzo ne è in- feriore di 0,7" 11; e ciò conferma sempre più quello, che 80 superiormente si è detto, potersi cioè ritenere la medîa pres- sione atmosferica assoluta nel luogo di osservazione rappre- sentata da 0.” 7553. Le pressioni medie di ciascuno dei trent’ anni di osservazione oscillano attorno alla media del trentennio, e il limite di oscillazione in più è di 0.7 0024 corrispondente alla pressione media dell’ anno 1834, in cui si ebbe la massima pressione annua, che fu di 0” 7577, anno singolarissimo per la straordinaria durata della sere- nità, per la scarsezza del tempo piovoso, nevoso e tempo- ralesco, e per la minima quantità d’acqua caduta : il timi- te in meno è di 0.7 0018 dedotto dalla pressione media dell’ anno 1839 che fu di 0.2 7555 minima di tulto il trentennio: quest’anno fu sin- golarissimo per la straordinaria quantità d’acqua caduta, che fu la massima di tutti i 30 anni. Per facilitare |’ esa- me della media pressione annua se ne è fatta la costruzio- ne grafica con analoga curva, la quale però non offre alcun andamento regolare. Le massime e minime pressioni angue non presentano alcuna legge determinata. L’ epoca in cui si presenta la massima pressione an4 nua è quella dell’ inverno, e le più grandi pressioni sono state per lo più osservate nel Gennaio. Le circostanze atmosferiche, che in generale accom- pagnano le massime altezze barometriche, sono serenità di cielo, e calma atmosferica. L’ epoca delle minime pressioni annue è meno costan- te, poichè di queste ne sono state osservate in tutte le stagioni, il maggior numero però si è ottenute nel Feb- braio. Le minime pressioni hanno luogo generalmente o in tempo di pioggia, o di temporali o di venti impetuosissimi. Nelle quattro stagioni dell’ anno la media pressione atmosferica procede ordinariamente nel seguente modo : 81 Massima nell’ inverno, nell’ inverno poi e nell’ autunno su- periore alla media annua, minima nella primavera , nella primavera poi e nell’ estate inferiore alla media annua. Finalmente la pressione media dell’ inverno si innalza per lo più sulla media di tanto di quanto si abbassa nella pri- mavera, e così nell’ estate la media pressione è al disotto della media di tanto di quanto va al disopra nell’ autun= no, per cui le perturbazioni della pressione atmosferica dell’ inverno sono compensate da quelle della primavera, e quelle dell’ autunno dalle opposte perturbazioni del- l’ estate. La pressione media nei diversi mesi dell’ anno va soggetta a molte irregolarità e non presenta un andamento soggetto a leggi determinate. Dai medi però di ciascun de- cennio e da quelli del. trentennio rilevasi che la pressione media tende generalmente a diventar massima nel Dicem- bre e minima nell’ Aprile. Dal Maggio al Giugno, al Lu- glio, all’ Agosto le variazioni sono per lo più piccole, in= vece dal Marzo all’ Aprile e al Maggio, e dall’ Agosto al Settembre sono molto sensibili. Nel Settembre per lo più la media pressione si allontana dalla media annua meno che in qualunque altro mese dell’ anno. Dall’ esame delle curve barometriche annue costruite colle pressioni medie di ciascuna decade si rileva che quan- tunque durante l’ anno l’ andamento del barometro sia mol- to irregolare e diverso nei diversi anni, pure si notano alcune singolarità comuni a quasi tutte le curve corri spondenti a periodici innalzamenti ed abbassamenti della colonna barometrica, ciò che mostra |’ esistenza di cause perturbatrici periodiche e costanti nell’ equilibrio atmosferi- co. Le curve medie dei tre decenni e la curva media del trentennio comprovano colla loro somiglianza l’ esistenza delle cause perturbatrici periodiche. Dalle curve stesse rilevasi che le escursioni della colonna barometrica sono grandissime dal Selice al 82 Dicembre e dal Gennaio all’ Aprile, e molto minori negli altri mesi dell’ anno. OSSERVAZIONI TERMOMETRICHE. La temperatura media del trentennio è stata dedotta in quattro modi diversi e cioè 1.° Dal medio delle temperature massime e minime di ciascun giorno, ed è risultata di + 13,° 70 Centigradi. 2.° Dal medio della temperatura massima e minima di ciascuna decade, e si è ottenuto. + 13,° 79 centigradi. 3.° Dal medio della temperatura massima e minima di ciascun mese si è ottenuto = 13,° 81 centigradi. 4.° Dal medio delle temperature massime e minime di ‘ciascun anno, e si è trovata di + 13,° 70 centigradi. Dovendosi però il primo metodo ritenere come il più approssimativo, potrà stabilirsi la temperatura media del trentennio in 13, 70. Le piccole differenze, che si presentano nei risultati di ciascuno di questi metodi, mostrano essere proprietà del nostro clima il compensarsi quasi perfettamente durante il trentennio le escursioni fatte dalla colonna termomettica nei giorni, nelle decadi, nei mesi, negli anni, da. cui può arguirsi una quasi perfetta compensazione delle cause perturbatrici dell’ equilibrio termico durante questi periodi. La totale escursione della colonna termometrica duran- te il trentennio risulta di dò, 74 83 dedotta dalla massima temperatura osservata ‘mei trent’ anni che fu di + 38,° 87 ed ebbe luogo nel 1.° Luglio 1824, e dalla minima che fa di — 16,° 87 e che sì presentò nel 12 Gennaio 1830. Le temperature medie di ciascun decennio dedotte dal medio delle temperature massima e minima di ciascun gior- no, sono: i 1.° Decennio + 13,° 93 0 » » 13, 77 dl » M: 19, 99 dalle quali rilevasi una progressiva diminuzione di tempe- ratura, che probabilmente sarà seguita nei decenni succes- sivi da un progressivo aumento , corrispondentemente a pe- riodiche oscillazioni attorno alla media temperatura costante del nostro clima. Le temperature medie di ciascun anno ricavate collo stesso metodo oscillano attorno alla temperatura media del trentennio in periodi quasi regolari, e il massimo allonta- namento in più si ebbe nel 1822 la cui temperatura me- dia risultò di + 15,° 37 e il massimo allontanamento in meno si ebbe nel 1835 la cui media temperatura fu di + 12,0 25. I limiti di queste oscillazioni essendo perciò ristret- tu in 30142 possiamo con molta fiducia o almeno con molta probabilità ritenere, che la nostra temperatura media generale poco diversifichi da quella ottenuta pel trentennio. 84 Le temperature massime di ciascun anno sonosi per lo più osservate nel Luglio, qualche volta però nella fine del Giugno, e nel principio d’ Agosto ; siccome però le più grandi temperature. sono state generalmente osservate nella prima metà del Luglio, è questa a ritenersi per noi la vera epoca del massimo calore. Le minime temperature annue si presentano per lo più nel Gennaio, qualche volta alla fine del Dicembre, poche volte nel Febbraio: ma le più basse temperature del tren- tennio essendosi osservate nella prima metà del Gennaio, devesi considerare quest’ epoca come quella del massimo freddo. Le temperature medie delle quattro stagioni dell’ anno dedotte dal trentennio danno i seguenti risultati medi Inverno + 2,° 94 Primavera 13, 52 Estate 24, 03 Autunno 14,21 Dallo Specchio delle temperature medie di ciascuna decade e meglio dalla loro, grafica costruzione nelle curve termometriche annue del trentennio si rileva, che in cia- scun anno la temperatura media di dieci in dieci giorni passa dal suo minimo, che generalmente ha luogo nella decade del Gennaio, al suo massimo, che generalmente si presenta nella seconda decade di Luglio, e così dal suo massimo ripassa al suo minimo con andamento molto irre- golare non soggetto ad alcuna determinata legge. Però si notano in quasi tutte le curve delle anomalie corrisponden+ ti a periodi quasi costanti nell’ epoca e nella quantità di considerevoli aumenti e diminuzioni di temperatura, e da questi può arguirsi l’ esistenza di cause periodiche e co- stanti, che tendono a produrre regolarmente delle variazio- ni o in più o in meno sopra la temperatura media che 85 sarebbe richiesta dalla regolare variazione della declinazio- ne del Sole. Così generalmente si osserva la minima temperatura del Gennaio seguita da un irregolare e forte aumento di temperatura, a cui succede generalmente una forte dimi=- nuzione. Un rapido aumento di temperatura nell’ Aprile se- guito da un considerevole periodo di freddo nel Maggio, un secondo periodo di diminuzione di calore nel Giugno, un abbassamento notevole di temperatura subito dopo l’ e- poca del massimo a cui succede un sensibile rialzamento nell’ Agosto, qualche altro simile periodo di variazione re- golare di temperatura si presenta nella restante parte del- l’ anno. OSSERVAZIONI SULLO STATO DEL CIELO. Contraddistinto lo stato del Cielo durante il trentennio nei seguenti stati particolari : 1.° Sereno, cioè cielo senza nubi o con pochissi- me nubi. 2.° Misto, cielo con molte nubi. 3.° Nuvoto, cielo coperto o quasi totalmente coper- to con nubi. 4.° NeBBIOSO, cielo coperto con nebbia. 5.° Temporatesco , cielo coperto con temporale. 6.° Nevoso, con neve, 7.° Piovoso, con pioggia si è potuto fare la stima approssimativa della parte del trentennio occupata da ciascuno di questi stati del Cie- lo, e secondo questo risulta, che divisa tutta la durata 86 del trentennio in 1000 parti essa è stata ripartita fra i suddetti stati del Cielo approssimativamente nel modo se- guente Sereno 432 parti Misto 277 Nuvole 146 Nebbioso 62 Temporalesco 8 Nevoso 12 Piovoso 63 Le proporzioni secondo le quali la durata di ciascun anno è stata ripartita fra questi selte stati del Cielo viene presèntata in analogo specchio e grafieamente costruito se- condo stabilite convenzioni. Da questo specchio e dalla sua grafica costruzione si rilevano delle variazioni di anno in anno avvenute nelle proporzioni suddette, le quali sono a ritenersi come oscillazioni più o meno regolari attorno a quantità medie rappresentanti le durate, che ciascuno di questi stati avrebbe durante l’ anno, qualora venissero ri- mosse le molte cause perturbatrici. Ammettendo effettuata durante il trentennio }a compensazione di queste perturba- zioni, può inferirsi, che nel nostro clima la durata dell’ an- no normale viene ripartita fra i stati del Cielo superior- mente stabiliti nelle stesse proporzioni che sonosi ottenute pel trentennio, e perciò un’ anno si dovrà considerare rela- tivamente allo stato del Cielo più o meno anormale secon- do che presenterà queste proporzioni più o meno diverse da quelle dell’ anno normale o medio, e viceversa più 0 meno normale secondo che presenterà delle proporzioni che più o meno si avvicinano a quelle dell’ anno medio. Per questa ragione | anno 1834 dovrà consìderarsì rapporto allo stato del Cielo come il più anormale del trentennio, perehè in esso si ebbe la più grande durata 87 del sereno, la minima durata del cielo nuvoloso, nevoso, piovoso e temporalesco , quest'anno è poi rimarchevole per- chè presenta una delle più grandi temperature medie e la massima pressione del trentennio. — Invece il 1817 devesi considerare come il più norma- le perchè le proporzioni in cui è stata ripartita la sua du- rata fra i sette stati del cielo pochissimo diversificano da quelle dell’ anno medio; si noti che nell’ anno 1817 si ebbe la temperatura, la pressione media, e la quantità di pioggia caduta pochissimo diversa dalle medie del trenten- nio: da quelle cioè dell’ anno medio. Le proporzioni secondo le quali la durata di ciascun mese dell’ anno tende a ripartirsi tra questi stati del Cielo si sono dedotte dai medi generali dei risultati ottenuti per ciascun anno del trentennio ; secondo questi può ammetter- si, che il mese più sereno dell’ anno è il Luglio, il meno sereno il Gennaio; il più nuvoloso il Gennaio, il meno il Luglio: i mesi più abbondanti di tempo nebbioso il Gen- naio e il Dicembre, il ptù abbondante di temporali il Giu- gno, il più nevoso il Gennaio, i più piovosi I° Ottobre e il Novembre, il meno piovoso il Luglio. Per rendere più facile I esame delle variazioni, che durante l’ anno nor- male accadono di mese in mese nelle durate di ciascuno stato del Cielo, ne viene presentata in apposita tavola la costruzione grafica. METEORE Quantità di acqua caduta. L'altezza dell’ acqua raccolta nell’ udometro durante il trentennio ascende a 16,” 4370 da cui ricavasi l’ altezza media annua 0,7 5479. 88 Le altezze medie poi corrispondenti a ciascun decen- nio sono: 1.° Decennio 0,” 5473 2.9 » 0, 5404 3.° » 0, 5559. Nell’ ultimo decennio, in cui si ebbe la massima quan- tità di pioggia, si ebbe la minima pressione atmosferica. Le altezze dell’ acqua raccolta in ciascun anno del trentennio sono molto diverse e mon presentano nelle loro variazioni alcuna regolarità. L’ anno della massima quantità di piog- gia fu il 1839 anno della minima pressione atmosferica : 1’ altezza dell’ acqua raccolta fu di 0,7” 9270. L’anno della minima quantità di pioggia fu il 1834 anno della massima pressione atmosferica; 1’ altezza del- l’ acqua raccolta fu di 0,” 2120, Dallo specchio delle altezze dell’ acqua raccolta in cia- scun mese si rileva che esse vanno soggette a molte irre- golarità, e non presentano alcuna legge determinata. Dai medi, ottenuti però per ciascun mese dell’ anno, dall’ intero trentennio rilevasi che generalmente il mese in cui cade la massima quantità di pioggia è il Giugno, quan- tunque uno dei mesi più scarsi di tempo piovoso : il mese più scarso di pioggia è generalmente il mese di Luglio. Durante il trentennio il mese in cui si è raccolta la massima quantità di pioggia fu il Settembre del 1842 in cui l’ altezza fu di 0,7” 2600 maggiore dell’ altezza dell’ acqua raccolta in tutto |’ an- no 1834, 89 La pioggia più straordinaria del trentennio fu quella del 7 Settembre 1819 nel quale l’ altezza dell’ acqua ca- duta in cinque ore fu di 0,7 0970. L’ acqua raccolta nell’ udometro proviene dalla piog- gia, dalle nevi, e dalla grandine. Essendo l’ udometro elevato sul suolo di 48 metri cir- ca, è a ritenersi che la quantità di acqua raccolta in esso sia sensibilmente minore di quella che si sarebbe raccolta al suolo. VENTI. Il vento dominante nel trentennio fu l’ Ovest, predo- minante in tutti gli anni ad eccezione del 1814, 1815, 1816, 1838, in cui fu predominante il N. O. Rapporto ai mesi dell’ anno, i venti predominanti sono generalmente 1’ Est nei mesi d’ Aprile e Maggio e 1° Ovest in tutti gli altri mesi. La direzione dei venti si riferisce al Mezzodì. I mesi in cui dominavano i venti forti sono generalmente il Mar- zo e l’ Aprile, ei mesi di maggiore calma atmosferica so no l’ Ottobre, Novembre e Dicembre. Dai medi del trentennio risulta che noi abbiamo negli anni normali 44 giorni circa di vento forte. Dal medio del numero di giorni di pioggia presenta- tisi in ciascun anno del trentennio può stabilirsi che nel- l’ anno normale vi sono 101 giorni con pioggia 14 con neve - 23 con brina 31 con lampi e tuoni 4 con grandine 90 ‘considerando però la grandine caduta in Bologna o nel suo circondario. Durante il trentennio vi fu un sol anno senza grandi» de e fu il 1825. Termina la Memoria colla esposizione dei fenomeni straordinari osservati nel trentennio e delle circostanze in cui si presentarono. 24.° ed ultima Sessione ordinaria. 8 Maggio 1856. » Un Moncone che fin dalla nascita teneva luogo della mano destra in certa Rosa Mignatti Bolognese, che d’ al- tronde era simmetrica e ben conformata, e che morì allo Spedale Maggiore il 5 Gennaio 1839 per acuta Pneumoni- te complicata da contrazioni tetaniche in età d’ ami 58, porge argomento alla Memoria oggi letta dall’ Accademico Dott. Carlo Soverini col titolo = Ricerche Anatomico-Fisio- logiche sopra una Mano Mostruosa =. In questa Memoria l’ Accademico si prefigge 1.° di stabilire per la via del- l’ Anatomia di quali funzioni fosse capace questo Moncone, e quindi di verificare se si poteva o nò esercitare con esso il mestiere di Cucitrice e Stiratrice, siccome asseriva la Mi- gnatti di avere praticato; 2.° di ricercare a quale cagione poteva attribuirsi una tale mostruosità. Premesso pertanto il risultato dell’ Autopsia cadaverica, da cui veniva confermata Ja diagnosi del male pel quale perita era 1’ inferma, descrive 1° Accademico dapprima la forma esterna del Moncone dicendo, che aveva una figura triangolare coll’ apice troncato rivolto in alto e colla base in basso libera: e che questa base presentava due appen- dici coniche ulnare cioè e radiale, la quale ultima era fornita ancora di una piccola falange ungueale. Volgendo poscia l’ esame alle parti interne costituenti questa mostruosità, narra 1,° Che lo Scheletro della mede- sima era formato dalle otto ossa del carpo, dai cinque 91 metacarpi in istato più o meno rudimentario, non che dal- le due falangi poco sviluppate del pollice: e che queste quindici ossa si racchiudevano in undici soltanto, e eiò perchè il navicolare, il trapezio e il rudimento del primo metacarpo erano fusi fra loro formando un solo osso (cui I’ Autore chiama Innominato ) siccome un solo osso for- mavano il trapezoide e il capitato fusi ciascun di essi ri- spettivamente col rudimento del secondo e terzo metacar- po. 2.° Che questo Scheletro si articolava colle ‘ossa del- l’ antibraccio per artrodia ugualmente che la mano ben conformata , come pure per artrodia si articolavano fra loro i suoi undici pezzi ossei, meno la seconda falange del pol- lice che si univa alla prima mediante un legamento roton- do di sette in otto millimetri di lunghezza. 3.° Che le forze muscolari moventi questa mostruosità o per intero o particolarmente nelle sue due appendici erano i soliti venti muscoli dell’ antibraccio, i quattro proprii dell’ eminenza hypothénar assai più brevi dell’ ordinario, ei quattro lom- bricali soltanto: mentre gli altri undici muscoli, che d’ or- dinario trovansi nella mano ben sviluppata, affatto manca- vano. 4.° Che le arterie del moncone provenienti tutte dal- la radiale e cubitale come nella mano ben costituita, for- mavano sul dorso del medesimo l’ arco e rete dorsali, ehe comunicavano coll’ arco palmare profondo o radiale median- te tre rami, che dal dorso si recavano alla palma traforan- do gl’ interstizi degli ultimi quattro rudimenti metacarpia- ni: e l’ arco palmare profondo comunicava col superficiale per mezzo di un ramo, che suddiviso si anastomizzava col primo e secondo dei quattro rami che provenendo dalla convessità dell’ arco palmare superficiale o cubitale si reca- vano fino alla base del moncone. Le appendici ulnare e radiale di questa medesima base erano fornite di rami ar- leriosi disposti press’ a poco come quelli del pollice e mi- gnolo della mano perfetta. 5.° Che infine il nervo media- no e il cubitale sulla faccia palmare del moncone, fornite 92 di filamenti nervosi le appendici radiale e cubitale press’ a poco come il pollice e il mignolo nello stato normale, ri- piegavano gli altri sei rami mei quali si scioglievano sul moncone medesimo per anastomizzarsi con altrellanti nervi di quella regione, dando luogo così alla creazione dì sei anse nervose, cinque delle quali formate dal mediano e la sesta dal nervo cubitale. Dalle cose esposte, prosegue 1’ Accademico, intorno I’ Anatomia di questo Moncone, possiamo stabilire, che non era altrimenti falso quanto veniva asserendo la Mignat- ti di servirsi del medesimo alla maniera di una mano per- fetta, impiegandolo specialmente per esercitare il mestiere di Cucitrice e Stiratrice. Avvegrachè ci sia ora dimostrato che le ossa componenti il suo scheletro, tultochè viziate, si arlicolavano coll’ antibraccio e fra loro in guisa da per- mettere facili e spedili movimenti, a compiere i quali erano fornite ancora delle forze muscolari necessarie ed opportu- namente disposte. Questi movimenti infatti per rispetto al- l’ intero Moncone erano i medesimi della mano naturale : e in quanto alle due appendici ulnare e radiale ( per quan- to il loro imperfetto sviluppo permelteva ) erano rispeltiva- mente quelli del mignolo e del pollice, di cui tenevano il posto e facevano le veci. Il che fermato, chiaro apparisce come questa donna per esercitare il mestiere di stiratrice si servisse della palma del Moncone per premere il ferro che a tal fine si usa, e delle due appendici, quasi due dita, per stringerlo e così condurlo senza interruzione su tutta l’ estensione del tessuto che voleva stirare: e così per cucire si valesse specialmente della falange ungueale ( uni- ta all’ appendice radiale con un legamento di certa lun- ghezza ) piegandola totalmente sulla palma del moncone per stringere, e così impiantare e ritirare alternativamente l’ ago necessario per questo speciale lavoro, È poi facile il comprendere come in questa donna la diuturnità dell’ eser- cizio, massime motivato e stimolato quotidianamente dall’ ur- 93 gente bisogno anzi dall’ istinto della propria conservazione, supplisse mirabilmente al difetto e abnormità delle parti. Passa infine |’ Accademico ad investigare la causa di questa mostruosità, che secondo lui non può spiegarsi col- la teoria vascolare nè tampoco ritenersi quale un arresto di sviluppo. E però considerato che le circostanze della gra- vidanza e del parto di quest’ individuo escludono ogni so- spetto di morbosa influenza sulla descritta alterazione : con- siderato che la forma del moncone di primo tratto ricorda il risultato delle perdite e lesioni da causa meccanica, e che |’ assettamento delle sue parti interne anzichè contrad- dirvi concorrerebbe ad appoggiare una tale opinione: con- siderato che la immobilità e la pressione delle superficie articolari sono dopo la nascita una causa validissima di an- chilosi, e di atrofia a segno tale che veggonsi scomparire perfino quattro o cinque corpi vertebrali senza che verun vestigio di essi rimanga; considerato tutto ciò, crede l’Ac- cademico non del tutto inverosimile che da causa estrinse- ca, meccanica , e probabilmente da pressione dipenduta sia la congenita organica alterazione da lui descritta. Ad illustrazione della Memoria, 1’ Autore presenta al Corpo Accademico, oltre il modello in cera, cinque tavole che in undici figure di grandezza naturale mostrano l’ana- tomia della parte mostruosa. Alla dissertazione teratologica del Soverini tien dietro unà dissertazione del ch. Professor Della Casa di fisico ar- gomento. Allorchè le scienze fisiche vengono interrogate per mez- zo dell’ esperienza, rispordono d’ ordinario con qualche fenomeno, che ha relazione o si collega cogli altri, dei quali si era già in possesso. Talvolta però ne manifestano di quelli, che pel momento rimangono isolati ; e solo col progredir ch’ elle fanno, si trova indi modo di congiungerli 94 con ‘altri o prima moti cd iscoperti dappoi. Ne sono d’ e- sempio tra gli altri i fenomeni dell’ elettricità vindice e quelli del magnetismo di rotazione: de’ quali i primi fu poi veduto che si riferivano all’ induzione elettro-statica, ed i secondi ebbero spiegazione dall’ induzione elettro-dina- mica, che venne scoperta alcuni anni dopo. Ora da queste due induzioni, che hanno V una e |’ altra per fondamento I’ elettricità, e cioè di semplice tensione la prima e di corrente la seconda, ha tratto motivo per la sua, Disserta- zione di turno l’ Accademico Prof. Della Casa coll’ intendi- mento di sempre più ridurre i fatti gli uni agli altri, e semplificare in tal modo viemmaggiormente la scienza. Ha egli perciò intrattenuta 1’ Accademia sulla causa delle cor- renti indotte nei circuiti conduttori: sul quale argomento se avevano parlato prima i fisici, non l’ avevano tuttavia chiarito quanto faceva di mestieri. Fatto egli primamente un cenno delle due riduzioni, e notate le relazioni di rassomiglianza circa la loro mani- festazione, d’ onde ha congetturata la rassomiglianza ezian- dio della cagione loro, ha dato a vedere come si possa facilmente spiegare 1° induzione elettro-dinamica ; solo che si ammetta, che la corrente elettrica agisca come |’ elettri- cità di tensione, e quindi produca uno spostamento nel fluido elettrico naturale della parte anteriore de’ conduttori, che le si avvicinano, o le sono già prossimi. Ma perchè la congetiura potesse tenersi in conto di verità, tornava necessario di dar prova dell’ indicato spostamento elettrico , e della sua persistenza per tutto il tempo di mezzo tra la comparsa della correnie così delta inversa e dell’ altra che è chiamata corrente diretta; e questa prova è stata sommi- nistrata all’ Accademico dall’ esperienza, alla quale ha avu- to ricorso. Imperocchè disposte sì fattamente le cose, che il conduttore indotto potesse venire isolato dal rimanente del suo circuito. prima che cessasse di agire sopra di esso Ja correte induttrice , e fatta poi questa cessare, trovò che 95 îl conduttore dava segno all’ elettroscopio di elettricità ne= gativa, che tanto più era palese; quanto più era stata energica la corrente induttrice adoperata. L’ Accademico ha posto fine al suo dire, considerando il modo di vedere del Du Moucel su questo soggetto e l’ esperienze da lui esposte, ed ha concluso che non può ammettersi il primo, nè servono ad avvalorarlo le seconde. Chiude la sessione il ch. Prof. Domenico Santagata leggendo una = Nota di Aggiunta alla Memoria intor- no all’ Origine delle Argille Scagliose =; la qual Nota è stata pubblicata tosto in seguito della Memoria a cui ap- partiene. Sessione straordinaria. 15 Maggio 1856. Si è riunito |’ Ordine dei Pensionati all’ oggetto di eleggere il Presidente pel venturo anno accademico 1856- -1857, formar l’ Albo delle Sessioni, e nominare un Alun- no in sostituzione del Dottor Gaspare Armandi che ha ces- sato per assenza, avendo ottenuto una cattedra nel Liceo di Lugo. Sono proposti per la Presidenza gli Accademici Bene- dettini Alessandrini, Bianconi, Calori, Fabbri, Paolini, Rizzoli: e risulta eletto il Prof. Cav. Antonio. Alessandrini. Il Presidente propone pel posto d’ Alunno gli Eccel- lentissimi Dottori Belluzzi Cesare e Corradi Alfonso, fra i quali viene eletto il Corradi. Estratti a sorte i nomi de’ pensionati che dovran leg- ‘gere nelle successive sessioni, risulta il seguente REGISTRO Dei giorni delle adunanze scientifiche e degli Accademici pensionati che in esse leggeranno. NovemBRE 6 Bertoloni Giuseppe 13 Respighi 20 Alessandrini 27 Venturoli GENNAIO 8 Paolini 15 Brighenti €2 Calori 29 Piani FEBBRAIO 5 Della Casa 12 Santagata 26 Belletti Marzo 6 Orioli 12 Fabbri 26 Predierì 1856 1857 DicEMBRE 4 Soverini 11 Rizzoli 18 Gualandi APRILE 2 Medici 16 Bertoloni Antonio 23 Comelli 30 Sgarzi Maccio 7 Fagnoli 14 Contri 28 Bianconi 97 Libri ricevuti in dono dal Novembre 1855 a tutto Maggio 1856. Dal Governo Neerlandese — Flora Batava. N. 177. e 178. Dall’ I. R. Accademia delle Scienze di Vienna — Rendi- conto Clas. Matematica-Natur. Vol. XVI. fasc. II.; Vol. XVII. fasc. I-III —— Rendiconto Clas. Filosofico-Storica. Vol. XVI. fasc. II.; Vol. XVII. fasc. I. e II. —— Fogli di Notizie 1855. N. 13-24. —— Fontes Rerum Austriacarum. Ser. I. Vol. I., Ser. II, Vol. VIII. e IX. —— Monumenta Habsburgica. Ser. I. Vol. II. —— Archivi per le Antichità Austriache. Vol. XIV. fasc. II.; Vol. XV. fasc. I. Dall’ I. R. Istituto Geologico di Vienna — Annali. 1855. N. 1-3. Dall’I. R. Istituto Lombardo — Rapporto della Commis- sione per lo studio della malattia dell’ uva pel 1855. Dall’ I. R. Istituto Veneto — Memorie Vol. V. —— Atti. Serie 2.* Tomo VI. Puntate 8-10, con due Appendici ; Serie 3.° Tomo I. Dispense 1. e 2. Dall’ I. R. Accademia di Padova — Rivista periodica dei lavori dell’ Accademia 1854-55. Dalla R. Accademia del Belgio — Memorie Tom. XXVIII. e XXIX. —— Memorie Coronate e dei Dotti stranieri. Tom. XXVI. -—— Memorie Coronate. Collez. in 8.° Tom. VI., Par- Redi, —— Ballettino. T. XXI., Parte 2.°; Tom. XXII., Parte 1.° —— Annuario del 1855. —— Bibliografia Accademica 1854. Dalla R. Accademia di Torino — Memorie. Serie 2.* To- mo XV. 98 Dalla R. Accademia di Napoli — Rendiconto Gennaio-Di- cembre 1855. —— Eruzioni Vesnviane 1850 e 1855. —— Risultamenti nella cura del cholera pel Cav. P. Collenza. —— Osservazioni di GC. Gasparrini sopra rimedi contro la malattia della vite. Dalla Società R. di Edimburgo + Transazioni. Vol. XXI. Parte II. —— Processi 1854-1855. Dall’ I. R. Accademia Valdarnese — Memorie Valdarnesi. Vol. IV. Parte I. Dall’ Istituto Smithsoniano -— Contributi alla Scienza. Vol. VII. . —— Rapporti annui VIII. e IX. dei Regenti. —— Sulla redazione dei Cataloghi di librerie per Jewett. Dalia Società di Storia Naturale di Boston — Processi 1854-55. fogli 1-11.; 1851-53. fogli 25 e 26. Dall’ Accademia Americana d’ Arti e Scienze in Boston — Processi 1854-55. fogli 14-23. Dall’ Ateneo Veneto — Esercitazioni scientifiche e lettera- rie. Tomo V., Tomo VI. fasc. II., Tomo VII. fasc. I. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna. Memorie. Vol. V. fasc. 4.° —— Bullettino delle Scienze Mediche. Ottobre 1855 — Aprile 1856. Dal Ferdinandeo d’ Innsbruck = Giornale. Serie III. fase. 5.° —— Rapporto dell’ Amministrazione per 1’ an. 1853-54. Dalla Società Chimica di Londra — Giornale. N. 28-32. Dall’ Uffizio delle Patenti degli Stati Uniti — Rapporti pel 1853. Parte I. , Arti e Manifatture ; Parte II., Agri- coltura; Rapporti pel 1854, Arti e Manifatture. Vol. I. Testo. Dall’ Osservatorio Astronomico del Collegio Harvard — An- nali. Vol. I. Parte II. Dalla Direzione — Corrispondenza Scientifica in Roma, An- no IV. N, 21-39. 99 Dalla Direzione — Propagatore Agricola di Bologna. Set- tembre 1855 — Marzo 1856. Dai rispettivi Autori: Baldassini Conte Francesco — Intorno all’ Analisi de’ la- vori di Cuvier fatta da Flourens. —— Sul modo con cui si suppone che i molluschi lito- fagi perforino le rocce. —— Intorno al potere attribuito al mollusco del genere Cypraea di costruire una muova conchiglia ec. —— Intorno alla facoltà che hanno le sanguisughe di succhiare il sangue. —— Intorno all’ opera del Zinanni sulle uova e nidi degli uccelli ec. Bellavitis Prof. Giusto — Alcune opinioni sull’ apparente grandezza degli Astri. —— Considerazioni ideologiche sulla Matematica Pura. —— Nuova regola per riconoscer 1’ assenza di radici reali d’ una eqnazione in un dato intervallo. —— Sulla classificazione delle Curve della 3.* Classe. —— Sopra un Algoritmo per esprimere gli Allineamenti. —— Soluzioni di Questioni proposte nel Giornale di Ter- quem. Besti-Pichat Carlo — Corso di Agricoltura. Dispense 47-51, e 53-55. Bianconi Cav. Gian-Giuseppe — Repertorio Italiano di Sto- ria Naturale an. 1854. Bonucci Dottor Francesco = Gl’ imponderabili, o nuovo Esame dei mutamenti dinamici dell’ Universo. Colla Commend. Antonio — Intorno alle scoperte di 4 Pia- neti fatte nel 1855. Chierici Dott. Luigi — Sul Cholera in Corfù nel 1855. Cornalia Dott. Emilio — L’ Eria ne’ suoi rapporti scienti- fici e industriali. —— Monografia del Bombice del Gelso. Costantini Prof. Giuseppe — Saggio de’ risultati avuti nel- la Clinica Chirurgica della Romana Università per gli anni 1853-55. 100 De Hauer e Foetterle — Occhiata geologica sulle miniere della Monarchia Austriaca.’ Del-Pozzo Prof. Enrico = Prodromo di analisi chimica qua- litativa. i De Zigno Cav. Achille — Sulle ossa fossili di Rinoceronte trovate in Italia. Fabri Dott. Ruggero — Del barometro a due liquidi. —— Sull’ uso de’ principii meccanici nella ricerca delle proprietà geometriche delle curve. Flauti Cav. Vincenzo = Sulle invenzioni, scoperte ed ope- re di Galileo. Francis Dott. Giacomo — Sperienze sui Motori Idraulici fatte a Lowell. —— Sulla misura dell’ acqua impiegata nelle manifat- ture di Lowell. Galvani Prof. Domenico = Metodo di difendere le viti dal- l’ influenza epidemica a mezzo della solforazione. Jakschitch Prof. Vladimiro — Statistica di Servia fasc. 1.° Lancia di Brolo March. Federico — Rendiconto delle scuo- le di mutuo insegnamento in Palermo pel 1854. Mainardi Prof. Gaspare — Integrazione delle equazioni alle differenze lineri a coefficienti costanti , e com- plete. Malagodi Prof. Luigi — Guida per i bagni marini. Ménabréa Colonello L. F. — Leggi delle vibrazioni e pro- pagazion del calore. Massalongo Prof. Abramo — Schedulae in lichenes Italiae. Palagi Dott. Alessandro — Sperienze elettro-dinamiche. Peretti Dott. Paolo — (Cianogeno idrosolforato rinvenuto nei ‘cholerosi. Taruffi Dott. Cesare — Monografia del Reumatismo. —— Caso di sacco erniario a più colli. —— Intorno la cura degli aneurismi delle arterie colla- terali. —— Intorno al metodo per mortificazione nella cura del- le fistole all’ ano. Trask Dottor Giovanni — Sulla Geologia della Sierra Nevada. 101 Versari Prof. Cammillo — Biografia del Dottor Carlo Mi- glietti. Volpicelli Cav. Paolo — Sulla induzione elettrica, Lette- ra 2.* a M. Regnault. —— Sull’ Associazioni di più Condensatori fra loro per l’ aumento dell’ elettrostatica tensione, Zantedeschi Cav. Francesco — Ricerche sulla contempora- neità del passaggio delle opposte correnti elettri- che in un filo metallico. —— Nota sulle correnti elettriche dirette in senso op- posto sullo stesso filo, in relazione alla telegrafia, —— Nuovo elettroscopio per le due elettricità d° in- fluenza. lat P335 eREsta Can A LISTS cd INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. Mepici — Elogio di Ercole Lelli . . . . . pag BaravreLLI — Sulla utilità di una buona Diagnosi Chirurgica. ... at MITE a gt Piani — Elogio di Rogi Gatinelli.: cate le » BertoLoni Giuseppe — Notizie intorno alle stivali coltivazioni de’ bachi da seta nel Bolognese. . Versari — Sulla Materia Morbosa. . . . . . » BricuENnTI — Sul Reno Bolognese co’ suoi influenti attuali, e dopo gl’ influenti futuri; e sui provve- dimenti da prendersi. Parte II* . . .. + » Rizzori — Sulla cura radicale delle ernie . . » Carori — Sul corso e sulla distribuzione delle arterie della cavità del timpano nei Cheiropteri, NPA In- settivori e nei Roditori. . . . » ALessanprINI — Cenni sull’ anatomia del Dasipo 1 mi- nimo Desmarets. . . . DB Gamserini — /ntorno al morbo Choléra saio in Bologna nel 1855 . . . . È st ah PaoLini — Saggio di alcune desta su midollo spinale)» topi, + , . Id La Bianconi — Saggi PERLE satin rasoi IX. » Idem — Dell’ antica. Populonia. . . » FacnoLi — Brevi Considerazioni sull’ dici della Filosofia Naturale. . . + » BertoLonI Ayronio — Miscellanea Point XVII. » Contri — Degli Studi Filosofici. . . n. ‘Scarzi — Della Pietrificazione degli upizoali «id 7 24 28 33 37 4l 42. 48: 50 SI 54 103 Prepieri — Intorno alle Pestilenze avvenute nel Bo- lognese. . . ela) ce e .- + pag. SanTtAGATA — Dei CI e Legni Fasdili del Bo- BO IMESO cel Rea cele PaLaci — Facoltà elettromotrice del carbone . . » Berretti — Studi clinici fatti durante il Cholera che ha epidemicamente dominato in Bologna nel LBI0 A a i RAR I Fagsri — Alcune Considerazioni Ostetriche intorno AllaePelots, o e ta . «lei sieh0) OrIoLI — Fisiologia della sensazione * delta fantasia e della immaginazione, secondo le vie ordina- 0 RESP ARI RARO SV CAR SE, cc I PE alice pt dala eo it ComeLri — Sul! Ecclettismo Medico, e in partico- lare sulla questione della materia morbosa. . » Resricni — Notizie sul Clima di Bologna dedotte dalle Osservazioni a del treniennio 1814-1843. FASC WEA) SoverINI — Ricerche anatomico- CRUZ sopra una mano mostruosa. . . ran rh DeLLa Casa — Sulla causa delle Ourcenli Den nei circuiti condutiori . » SANTAGATA Domenico — Nota si ‘Ania ‘ala Me- moria intorno all’ Origine delle Argille Scaglio- se. ORIO ANTO ICAO API 10). Rapporti, Nomine cc. Promozione del Dott. Carlo Soverini da Accademico Onorario a Pensionato. . . È LAO). Promozione del Prof. Cammillo Fevai ‘da dois mico Corrispondente ad Accademico Onorario. » Rapporto e Giudizio sull’ unica Memoria di concorso al premio Aldini sul Galvanismo . . . «LD ProcraMMA di concorso a premio Aldini sul Giles: nismo Pia SP BII SEPA Pio REATI 1 57 60 62 65 68 11 72 53 104 Nomina e proclamazione di Socii Corrispondenti Ita- VI TNA - .415Bagi Erezione del Prefetti dar r dio ir 1856-1857. . . . PO) Nomina del Dottore Mino FIS i Alunito 21 Recistro delle Sessioni del 1856-1857. . . . . » Oggetti ricevuti in dono. Iii MOR da SRI RI SE Rirrarto di ciitiia Honii LEE dal Prof. Dome- UICO GALOGNI "TER ET PRO, CARI ST IMPRIMATUR Fr. Petrus Caj. Feletti O. P. Inq. S. 0. IMPRIMATUR Camillus Elmius Cens. Eccl. 53 95 95 96 97 _ RENDICONTO ER DELLE SESSIONI 0 DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE «dell'Istituto di Bologna ‘ANNO ACCADEMICO 1856-1857 RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'tilula di Bologna ANNO ACCADEMICO 1856-1357 an & IS LT TIR DÒ) © AVI v b; TANCEN Tala AA Leone BOLOGNA TIPI A SAN TOMMASO D’ AQUINO 1857 parata dali dA vat Aki DDA AS “ip Rie si FRA Midi “nido sape at Li RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell' Sstituto di Ybologua ANNO ACCADEMICO 1856-1857 PRESIDENTE PROFESSORE CAVALIERE ANTONIO ALESSANDRINI per la decimasesta volta —se—, _- N elle ferie estive 1’ Accademia ricevè in dono le ope- re seguenti: Dalla P. Accademia de’ Nuovi Lincei — Atti delle Sessio- ni 30 Gennaio , 3 Aprile, 22 Maggio, e 10 Lu- glio 1853. Dalla Imp. Accademia delle Scienze di Vienna — Memo- rie della Clas. Matem. Natur. Vol. X. e XI. —— Rendiconto della detta Classe Vol. XVIII, Vol. XIX, e fasc. I. del Vol. XX. ——— Rendiconto della Clas. Filos. Storica fasc. III. del Vol. XVII, Vol. XVIII, Vol. XIX, e fasc. I. del Vol. XX. —— Almanacco dell’ Accademia pel 1856. —— Fogli di Notizie pel 1856. N. 1-14. —— Fontes Rerum Austriacarum. Serie 2.* Vol. XII. —— Archivi per le Antichità Austriache Vol. XV. fasc. II. Vol. XVI. fasc;-H. A -—— Annali dell’ I. R. Istituto Centrale Meteorologico e Magnetico Vol. IV. Dali’ i. R. Istituto Geologico di Vienna — Annali. Lu- glio-Seltembre 1855. Dall’ I. R. Istituto Lombardo -— Memorie Tomo V. -—— Giornale Fasc. XXXIX-XLVHI. —— Atti della Fondazione Cagnola Vol. I. —— Storia e Statistica dell’ industria manifatturiera in Lombardia di G. Frallini. —— Rapporto della Commissione per lo studio della ‘malattia dell’ uva nell’ anno 1855. Dall’ I. R. Istituto Veneto — Atti 1855-56. Dispense 3°-7°. Dalla Società Imp. di Cherbourg — Memorie Tomo II. Dalla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti del Bel- gio — Memorie Tomo XVI. —— Memorie coronate ed. in 8.° Tomo IV. —— Annuario pel 1856. —— Bullettini. Tomo XXII. Parte II. Dalla R. Accademia di Napoli — Rendiconto. Gennaio e Febbraio 1856. Dalla Società Italiana delle Scienze — Memorie. Tomo XXV. Parte 2?. Dall’ Accademia Gioenia di Catania — Giornale Marzo-Ago- sto 1856. | Dall’ Accademia Valdarnese in Montevarchi — Memorie. Vos EVip. 1l° Dalla Società de’ Curiosi della Natura in Francoforte — Me- morie Tomo I. P. Il. Dalla Società Chimica di Londra — Giornale N. XXXII. Dall’ Ateneo Veneto — Esercitazioni Tomo V, Tomo VI. Fase. Il. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna — Bullettino. Aprile-Ottobre 1856. Dalla Società Agraria di Bologna — Memorie Tomo VIII, Dalla Direzione — Corrispondenza Scientifica in Roma. An. IV. N. 37-50. 5 Dalla Direzione — Propagatore Agricola. Marzo-Agosto 1856. Dalla Giunta Centrale di Sanità di Venezia — Sul chole- ra nel 1855. i Dal Prof. Giovanni Brugnoli — Dissertazioni del Prof. V. Valorani. Dai rspettivi Autori : Albèri Cav. Eugenio — Delle opinioni di Arago intorno a Galileo. : Baldassini March. Francesco — Elogio dal Conte Bomeni- co Paoli. Bellavitis Prof. Giusto — Intorno alle conseguenze d’ un abbondante prodotto d’ oro. Bonucci Dott. Francesco — Gl’ imponderabili, opuse. due. Burci Prof. Carlo — Elogio di Paolo Baroni. Castorani Dottore R. — Mémoire sur la Photophobie. Dal Pozzo Prof. P. Enrico — Prodromo di Analisi chimi- ca qualitativa. De Rossi Dott. Giuseppe — De laesionibus variis per au- topsias indagatis. Florenzi March. Marianna — La Monadologia di Leibnizio. Malagodi Prof. Luigi — Guida per i bagni marini. Massalongo Prof. Abramo — Studi paleontologici. Schedulae in lichenes exsiccatos Italiae. Fasc. II-X. Ménabréa Colonello L. F. — Lois des vibrations et de la propagation de la chaleur. Molin Prof. Rafaello — Sul cuore e sul sistema della cir- colazione del boa constrictor. Orioli Prof. Francesco — Fisiologia della sensazione, del- le reminiscenze ec. secondo le vie ordinarie. Tassi Prof. Attilio — Del modo di compilare i cataloghi di semi nei giardini botanici. —— Della fruttificazione dell’ Hoya Carnosa. —— Una visita all’ Esposizione dei fiori in Firenze. Zautedeschi Cav. Francesco — Descrizione di uno Spet- trometro. 6 Zavagli Dott. Ercole — Riflessioni critiche sul Contagio- nismo. Lombardini Ingegnere Elia — Intorno al sistema idraulico del Po. —— Importanza degli studi sulla statistica dei fiumi. —— Sull’ omonimia de’ fiumi dell’ Italia settentrionale e di quelli della Francia. —— Dei cangiamenti cui soggiacque l’ idraulica condi- zione del Po nel territorio di Ferrara. —— Della sistemazione dei laghi di Mantova. —— Sulle piene de’ fiumi e laghi della Lombardia av- venute nel Giugno 1855. —— Notizia sulla piena de’ fiumi di Lombardia avve- nuta dal 31 Ottobre al 2 Novembre 1855. De Renzi Prof. Salvatore — Lezioni di Patologia Gene- rale. Verardini Dott. Ferdinando — Breve Cenno intorno l in- vasione del Cholera-Morbus in Bologna nel 1855. —— Alcune Osservazioni sulla contemporanea esistenza del vaiuolo e del vaccino. De Visiani R. e Massalongo A. — Flora de’ terreni ter- ziarii di Novale. 1.8 Sessione ordinaria. 6 Novembre 1856. Il Presidente dichiara suo Vice-Presidente il Prof. Cav. Giambattista Fabbri. È comunicata Lettera Apostolica 26 Luglio p. p., col- la quale it SANTO PADRE si degna di esprimere il suo gra- dimento del presentatogli Vol. VI. delle nostre Memorie. Il Segretario presenta i libri pervenuti in dono, o in cambio nelle ferie estive, e ne legge le accompagnato rie, e così pure le lettere di ringraziamento per le ri- cevute pubblicazioni della Società nostra. 7 Alle accademiche esercitazioni diede cominciamento l’il- stre Prof. Cav. Michele Medici recitando 1’ Elogio Storico di Giovanni, e di Anna Morandi, Coniugi Manzolini. Dopo aver celebrate le lodi d’ Ercole Lelli, ragion voleva che il facondo Istorico degli Anatomici Bolognesi venisse a tenerci parole di Giovanni Manzolini, che fu al Lelli discepolo , successore ed emolo, e della donna sua, cui } affetto coniugale spinse a divider con lui i lavori anatomici, e la gloria. » Nella scuola d’ Amor che non s’ apprende? Tante, e di sì grande perfezione furono le opere da costoro condotte in cera , che l’ Istituto andò superbo del- la Manzoliniana Suppelletile, sulla quale diede il cele- bre Galvani un corso d’ Anatomia, exla descrisse in ap- posita Orazione latina. E lavori stupendi eseguirono pure pel Re Subalpino, per la Società Reale di Londra, per la Repubblica di Venezia. Nè furono solamente i Manzolini anatomici in quanto che seppero egregiamente modellare in cera, ed in altre materie le parti del corpo umano esterne ed interne, ma furono anatomici eziandio nel senso ordinario e rigoroso della parola. Imperocchè Giovanni fece rilevanti osservazioni sul- I’ organo dell’ udito, e sulle parti ministre della voce, e della loquela ; e propose correzioni alle tavole anatomiche date fuori dal Valsalva nel suo Trattato De Aure huma- na: ed Anna scoprì, fra altre cose, che il muscolo ob- bliquo inferiore dell’ occhio , anzichè arrestarsi all’ apofisi nasale, come generalmente opinavasi, procede e si disten- de terminando nel sacco lagrimale; ed a lei similmente è dovuta altra osservazione, per la quale divennero insussi- stenti le appendici venose dell’ utero, in prò delle quali tanto avea scritto l’ Astruc. Onde in patria le venne decretata una pubblica cat- tedra di Notomia, e bramarono di possederla Milano , 8 Londra, Pietroburgo, offerendole amplissime e nobilissime ricompense. E poichè la Notomia è fra tutti gli studi quel- lo che più deve riuscire gravoso al gentil sesso, la Man- zolini vuole essere assolutamente riguardata come un pro- digio. 2.% Sessione ordinaria. 13 Novembre 1856. Bene ricordano gli Accademici quello che venne nel decorso anno esposto dal Chiariss. Prof. Camillo Versari, e nel giorno 24 Aprile dal nostro clinico illustre Professo- re Gio. Battista Comelli, intorno al concetto patologico della Materia Morbosa ; il primo col circoscriverlo e limi- ‘ tarlo ; il secondo, collo ammetterlo pienamente, estenden- dolo per massima come guida meno incerta nel pratico esercizio medico. In quell’ applaudita memoria il Comelli disse e sostenne ancora, essere lo eclettismo medico quel- la dottrina, che bene soddisfa la mente del medico, e meglio si presta nelle indicazioni della Clinica, null’ ostan- te che in oggi sia ben lontana dal possedere quella unità , lucidità e sicurezza che pure ne abbisognano. Anzi in mez- zo alla folla dei nuovi immaginosi e lussureggianti lavori, che inondano per ogni lato lo scibile. medico, disse, nel solo eclettismo può il pralico severo, giusto estimatore del passato e del presente, trovare conveniente lume e riparo; però in un eclettismo ragionato , fondato, come scrive il dottissimo De Renzi, sulla storia medica; sulla estimazio- ne nuda e schietta dei fatti; semplici come li presenta la natura ; veduti con diligenza, con buona fede, e con ani- mo spregiudicato. Disse pure il Comelli, che sulla esperien- za, la quale ricerca novelli fatti a chiarire i primi, deve- si fondare l’ eclettismo ; che la esperienza obbliga talora la matura a produrne dei nuovi ; che lo eclettismo non con= tentasi di vedere ciò che si offre agli sguardi, ma che va in traccia di ciò che diversamente non potrebbe osservare ; 9 che si appoggia su la ragione, la quale giudica il passa- to, apprezza il presente, dirige la investigazione, collega le sparse cognizioni, fa servire le cognizioni storiche a svolgere e chiarire i fatti, fa servire i fatti a bene giudi- care le nozioni storiche, fa servire la esperienza come pie- tra di paragone per distinguere il vero dal falso, e per rendere agevoli le cose più difficili: doversi perciò, a suo dire, rivedere e coreggere molte viete dottrine, fra le quali questa della materia morbosa, e della cozione nel modo inteso dai medici degli antichi tempi. Non del tutto soddisfatto il Prof. Versari, nè bene persuaso di quanto ebbe a dire il Comelli in quella torna- ta, crede ora di rispondervi con ragioni sue proprie, le quali perchè esse pure sostenute dai fatti ammessi e stabi- liti, e da speciali osservazioni ed esperienze , oltrechè sem- brano escludere le ragioni e le osservazioni riferite dai Chiariss. Clinico per dimostrare la esistenza della materia morbosa, servono meglio ad appoggiare e a sostenere la contraria opinione. Riesce però oltremodo difficile il riferire in pochi detti quel molto che all’ appoggio di fatti, di storiche verità, di pareri, di ragionamento, e di contrarie autorità, il Versari espose in questa tornata, per combattere la: bontà e la reale esistenza dell’ eclettismo medico, e il molto pure che disse onde ridurre a più sane interpretazioni il concetto del- la materia morbosa. In quanto alla prima opinione valga. addurre in breve quanto disse il Ch. disserente intorno al- l’ eclettismo in genere ; e cioè , che questo poteva non disdi- re del tutto, ai tempi di Potamone, di Archigene di Apa- mea, perchè allora il tentativo era nuovo, ed i materiali per la filosofia e le altre scienze erano scarsi o mancava- no; le mediche nozioni si riducevano a poche , o ad im- perfette , e trevavansi le menti offuscate ed irresolute; ma in oggi lo eclettismo in filosofia, come in medicina, non doversi ammettere , perchè manca di principio scientifico , 10 ed anche perchè non fa riparo ai danni lamentati, e at- tribuiti dal Prof. Comelli alla confusione nata dalla molti- plicità delle mediche dottrine. Disse inoltre che 1’ eclet- tismo non ha fino ad ora posto innanzi alcuna propria teoria; che ottenebra l’ intelletto e lo tormenta; che ad esso è alla volortà non dà impulso veruno; che l’ azione sua è più istintiva, che regolata da sano criterio; che per ciò, e per se medesimo, l’ eclettismo reca confusione, e serve a rendere stazionaria la scienza e 1’ arte, e a da- re a quella un carattere servile, empirico a questa. Lo sottopose poi a disamina filosoficamente e medica- mente: per l’ eclettismo filosofico fece non poche altre con- trarie sue considerazioni, e ricordò le avverse sentenze di un Bacone, d’ un Gioberti, d’ un Rosmini, d’ un Gino Capponi; e per l’ eclettismo medico ricordò le imperfezio- ni occorse anche quando fu accolto dai più alti intelletti, e la caduta seguita delle eclettiche più splendide» dottri- ne. Nè omise gli opportuni storici documenti, nè le adat- te critiche, nè gli aperti e opposti giudizi di alcuni illu- stri scrittori trapassati e viventi, “Quanto alla materia morbosa, esistono egli è vero fra i due Accademici alcune discrepanze, però dopo lo svolgimento delle idee essenziali , sono in oggi rese mino- ri; poichè, se spiacque al Versari si rifiutasse in genere la teorica della materia. morbosa , desidera però il Comelli che questa, come quella della cozione e dei rivulsivi, e di altri ipocratici concetti, sieno di muovo riesaminati e posti al crogiolo di una sana critica, coadiuvata dalle mo- derne esperienze e dottrine; nel quale esame il Versari pur conviene. Questi però non è esclusivo, perchè tale massima è in medicina molto dannosa, ed anche perchè non mancano fatti valevoli a persuadere |’ esistenza di ma- teria morbosa ; siccome a modo di esempio quelli relativi ai contagi, ed ai virus; nè pure mancano altri esempi per indurne, che Ja materia morbosa, di effetto addivenga 11 cagione, cioè di morbosa diventi morbifera, o morbifica , sic- come interviene per flogosi interne passate ad ascesso, quan- do assorbitane la marcia, se ne ingenerano le infezioni purulente ; interverrebbe pure , se fosse vero secondo il giu- dizio di Malarhan, che pel flemmone diffuso si svolgessero princìpi deleteri e perfino contagiosi. Ma posto da parte sì ardito pensiero, chi non vede, dice il Versari, sorgere i morbi contagiosi ed i virulenti da speciali materie ? Chi non avverte V’ ammirabile mol- tiplicazione delle contagiose? Chi non sa avvenire altret- tanto di alcune per l’ innesto? E chi non ne scorse, e non ne arguì utile la cura eliminatoria, fatta però entro certi limiti, e condotta con delicata ponderazione , per non rinnovare i danni dei riscaldanti, dei quali Sydenham ri- provava con ragione |’ abuso che ne vedeva nelle febbri ; per non rinnovare i pericoli da altri notati nel vaiolo e nel tifo, al fine di espellerne le relative materie ; o gli altri dell’ epoca Browniana ; o quelli avveftiti da Broussais contro gli emetici e i drastici; o da Tommasini, e da al- tri per ogni maniera di argomenti applicati a raggiungere l’ indicazione di cacciare da più parti del corpo la materia morbosa? Cui , prosegue il Versari, non è noto, che per l’ assorbimento di un po’ di marcia dal fondo di un sem- plice ulcere venereo insorge la lue sifilitica, e che qualche altro contagio ora è cagione, ora effetto di malattia? Pare ancora abbastanza provato, che il Tifo ora sia per se me- desimo contagioso, ed ora tale addivenga per ammassa- mento di infermi, e per altre insalubri topiche circostanze. D’ altra parte sostiene il Prof. Versari, che si danno malattie senza materia ; ‘nè annovera altre ; allude alle acriliche ammesse già dagli antichi, da Vanswieten, dalle scuole; allude alle Lisi, e le spiega pel ristabilimento d’e- quilibrio de’ moti vitali, non per un processo di elabora- zione, e perciò si giova dell’ autorevole assenso di un Puc- cinotti. Per indurre a circoscrivere il concetto della materia ® 12 morbosa ritocca nuovi argomenti, comprova come. oltre Tommasini la negassero Stahl e Reil; aggiunge quanto ne scrissero in contrario Salio Diverso, Cullen, Voulonne, Magri, Bosi, e Vulpes; e sospetta che Morgagni da sè a sè in alcuni casi non |’ ammettesse, basando questo suo sospetto sopra un brano dell’ ari. 35 della Epistola 39, e su un altro dell’ art. 30 della 49, De sedibus ec. Innoltre dissente sulla crudità e sulla cozione, per 1’ esame di varie patologiche emergenze, e per molti riflessi fisici e chimici le mostra insussistenti, e le riferisce ad erronee teorie del fuoco d’ Empedocle , del calore innato d’ Ippocrate; a tra- slati, a metafore, a voci che vorrebbe avessero una volta bando dalla Nosologia. Tutti que’ fatti, ed altri che si affacciarono alla mente del disserente, le moderne presunzioni di alcuni fervidi cultori della chimica organica, ed i rischi che stanno per risorgerne consimili a quelli dell’ epoca chimiatrica , lo in- dussero a sciegliere il tema della materia morbosa, a trat- tarlo secondo le diverse fasi che corse, ed a prefiggersene una più o men lunga serie di studii, sopra alcuni dei qua- li ha intrattenuto gli Accademici in questa stessa tornata. I quali studii per non essere pochi, e perchè pare sia per conlinuarli , gioverà offerire poi in compendio, appunto se alla prima parte de’ preliminari sarà per aggiunger- ne altre. Tuttavia certo è fin qui, che entrambi gli Accade- mici, quantunque in diversi dei predetti punti alcun poco discordino, contuttociò per le ragioni esposte in questa seconda memoria si rende manifesto , essere concordi nel » doversi togliere o sminuire almeno le preesistenti im- » perfezioni delle antiche mediche dottrine; doversi ridur- » re il gran cumolo dei fatti in ordine scientifico , e a vera » pratica utilità, sicchè ne venga quell’ utile necessario , e » quello splerdore desiderabile per la pratica e per la scien- » za, che ogni medico deve conscienziosamente promuovere » e favorire ». 13 3.3 Sessione ordinaria. 20 Novembre 1856. L’ illustre Profess. Cav. Antonio Alessandrini, attua] Presidente dell’ Accademia, legge un Sunto di Osservazio= ni spettanti all’anatomia del Pecari. |. Possedendo il Museo d’ Anatomia Comparata dell’ Uni- versità nostra una femmina adulta ed un feto del sesso medesimo, l’ Accademico ha potuto ampliare i lavori dei precedenti Anatomici, i quali difeltavano in vari punti, ma sopratutto nella descrizione dell’ apparecchio SORIA della femmina. Comunicate le proprie osservazioni, cui accompagnano tavole esattissime, 1’ Accademico dà fine all’ applaudita sua Memoria colle seguenti parole = Le poche cose esposte ad ampliazione dell’ anato- mia del Pecari fornir possono argomento Sufficiente a due serie di deduzioni di non poca importanza, l una ri- sguardante l’ apparecchio digerente, spettante Y altra alla più evidente dimostrazione del posto che meglio compete a questo animale nella zoologica distribuzione della classe dei mammiferi. Rapporto all’ apparecchio digerente viene ad evidenza dimostrato che, a guisa delle altre specie con- generi, la dentizione procede nelle regole comuni, perchè esistono veri denti di latte sì nella serie degl’ incisivi, che in quella dei canini e dei primi molari, e che del tutto erronea si è l’ opinione, pure per lungo tempo da scrit- tori autorevoli sostenuta, che cioè in quanto al numero dei denti siavi differenza tra il maschio e la femmina. Come è pure eccezione singolarissima la mancanza della vesci- chetta del fiele: parve infatti di tanta importanza una tale anomalia al Tyson che suppose, poter essa esistere nasco- sta entro la sostanza del viscere; il che certamente non sì verifica. 14 Per uitimo molti sono i carattari pei quali sembra che il Pecari collocar si debba in prossimità dei Ruminan- ti; tali sono, citando solo i principali, la semplificazione del piede, e massime del posteriore , in cui il metatarso offre soltanto la doppia testa articolare inferiore per le due dita medie, essendo il dito laterale esterno del tutto scom- parso, e ridotto ad esilissimo rudimento |’ interno, quasi a foggia del così detto sperone dei ruminanti. La qualità dello stomaco, diviso non solo in quattro distinte conca- merazioni, ma avente ancora nel primo sacco epitelio aspro, rugoso, solido, ad imitazione di quello del rumine, e parte del colon ripiegata spiralmente, quasi a foggia di quello del vitello; 1° esistenza di ampio tappeto nell’ oc- chio; e la conformazione della massa encefalica che molto rassomiglia a quella della giraffa. Dunque ad ottenere una più naturale successione di specie, desunta dalla loro or- gauizzazione, si collochi il genere Sus all’ estremo limite dei Pachidermi, e la specie del Pecari li congiunga ai Ruminanti =. 4. Sessione ordinaria. 27 Novembre 1856. Il chiarissimo Prof. Giuseppe Bertoloni tiene ragiona- mento = Della malattia appellata Atrofia contagiosa del Filugello del Moro per la prima volta comparsa nelle col- tivazioni della provincia di Bologna nel Giugno del 1856 =. Mentre i coltivatori stranieri acquistavano da noi a prezzo esorbitante le uova per sostituirle a quelle di ge- nerazioni infette, la malattia compariva nelle nostre col- tivazioni. Questo novello morbo, che da soli sei anni si mani- festò iu Europa, attacca 1° animale in tutte le sue età, e nelle differenti sue forme di bruco, di crisalide e di far- falla; onde non è a riguardarsi qual derivazione , o modi- ficazione in grado maligno e contagioso dell’ antica Atrofia, 15 la quale non attacca che il baco nel suo primo nascere. Ha inoltre Ja malattia moderna caratteri speciali suoi pro- pri, non comuni con altro morbo. Il primo sintomo che comparisce del male è 1’ inap- petenza de’ bachi, il secondo lo scompagnarsi che i bachi fanno nelle dormite, e la difficoltà di nuovamente appostar- si dopo la levata: il primo sintomo dell’ inappetenza si scorge anche innanzi alla prima levata; onde l’ occhio pra- tico, che tutto bene osserva, e nulla si lascia sfuggire, anche prima della dormita può travedere da questo segna- le se i bachi saranno attaccati dopo la levata. Per terzo sintomo comparisce sul corpo dapprima una macchia ros- sastra tendente al nero, vagante; poi si fa fosca o del tut- to nera la punta dell’ appendice o cornetto caudale; od anche annerisce tuttaquanta la detta appendice. Contempo- raneamente il baco impicciolisce alquanto, affievolisce, e flacido presto si muore, come se restasse quasi vuoto nel suo interno, mostrandosi i cadaveri ancora freschi sempre di pelle bianca, soltanto colle stome ai lati divenute più fosche. ed il cornetto caudale pure od annerito nel solo suo apice, o per tutta la sua lunghezza. Il cadavere non tramanda puzzo nel decomporsi, e nel dividersi de’ suoi annelli, come invece tramanda nel Negrone, perchè nel novello morbo gli umori ed i visceri si annientano a poco a poco durante il corso della malattia, e si prosciuga e dissecca l’ animale, acquistando una tinta più o meno fosca od anche oscura a guisa di mummia. Quando la malattia altacca |’ animale a preferenza nello stato di crisalide, questa diventa nera lungo le stome, e poi si fende come se fosse tutta tagliuzzata negli anelli che sono ristretti in vicinanza della testa, ed anche annerisce sul dorso nella linea longitudinale. Fra noi la malattia colpì assai meno |’ animale nello stato di bruco, che in quello di crisalide; onde avemmo discreto prodotto di bozzoli. La crisalide attaccata dal morbo 16 più spesso si squaglia e si consuma quasi tutta nella so- sostanza interna, restando entro il bozzolo quasi il solo gu- scio; altre volte non si squaglia, ma il guscio intalto e perfettamente chiusò evaporizzò tutti gli umori interni con impiccolimento massimo de’ visceri, non cagionando la ben- chè minima effusione di liquido, e perciò il benchè mini- mo insudiciamento della seta. Non pochi bozzoli si trovarono contenere nel loro in- terno la farfalla morta e disseccata perfettamente, ma che visse e persino depose le uova non fecondate per entro la cavità, e mostrante i caratteri della malattia; la qual co- sa ci fa conoscere che non potè aprirsi il varco a traverso le pareti, perchè il morbo la colpì fieramente e con mag- giore intensità di quelle che hanno le forze di nascere’, sebbene sieno malate, insporcando anzi più delle sane il follicello, ed il loro addome, e parzialmente le ale di un umore giallo fosco. Queste ultime poi nella’ coltivazione dell’ Accademico nacquero ‘ nel generale col ventre tumido molto bagnato, colle ale alcune volte imperfette , od appena rudimentale, od anche perfette, cogli anelli posteriori del- I addome di colore giallo fosco più o meno intenso, e più o meno esteso sugli anelli anteriori ; inoltre erano torpide; si staccavano facilmente dalle pezze cadendo a terra; si accoppiavano con difficoltà, e molte emettevano le uova con assai facilità. All’ estero non si è trovata bastante la precauzione di rigettare Je uova delle farfalle malate; ma si è osservato che, quando una coltivazione è minimamente attaccata dal morbo, nemmeno le uova partorite dalle farfalle sane pro- ducono bachi immuni dal male. Tale dovrebb’ essere Ja nostra sorte nell’ anno venturo. Ma non si vuol tacere di un fatto favorevole occorso in una delle nostre coltivazioni. Alcune uova partorite da farfalle sane, le quali erano sta- te scrupolosamente separate dalle farfalle malate , presentaro- no nel Luglio il bivoltismo dando sviluppamento a’ bruchi ; 17 i bachi non ammalarono di sorta alcuna nello stato di bru- co, formarono bozzoli perfeltissimi, da cui nacquero per- fette farfalle, che si accoppiarono energicamente, e parto- rirono uova di una generazione sana. Questa esperienza fatta nel cuore della state ci dà belle speranze, e ci lascia nella lusinga di andare esenti dal morbo nell’ anno ventu- ro, se avrem posta tutti egual cura in separar le farfal- le sane dalle malate. 5.* Sessione ordinaria. 4 Dicembre 1856. Legge il Prof. Respighi = Sull’ accomodamento del- l’ occhio umano alla visione distinta nelle diverse distanze =. Si esaminano primieramente le diverse spiegazioni pro- poste su questo soggetto, e si accennano le difficoltà op- ponibili alle medesime, in forza delle quali le spiegazioni stesse debbono tutte ritenersi più o meno difettose. Si precisano poscia i limiti, le condizioni e le leggi secondo le quali si opera questo accomodamento dell’ oc- chio, e si propone pel medesimo una nuova spiegazione appoggiata sopra i seguenti dali sperimentali. 1.° L’ accomodamento dell’ occhio alle diverse distan- ze è un risultato immediato di un cambiamento fisico pro- dotto nel sistema rifrangente dell’ occhio, e cioè di una variazione nella forza di convergenza del medesimo, la quale aumenta per le minori distanze, diminuisce per le maggiori. Ciò risulta dall’ osservarsi costantemente che guar- dando o ad occhio nudo, o ad occhio armato di un dia- fragma anche piccolissimo si può a volontà rendere distin- ta la visione degli oggetti vicini e nello stesso tempo con- fusa e indistinta quella dei lontani e viceversa, e ottenere nella percezione delle immagini degli oggetti apparenze del tutto simili a quelle che si ottengono nelle ordinarie combinazioni di lenti. 2 18 2.° La facoltà dell’ accomodamento è ristretta alla par- te centrale del sistema rifrangente dell’ occhio, mentre le parti eccentriche presentano generalmente aberrazione di sfericità e di rifrangibilità, producendo nella massima par- te i conosciuti fenomeni di irradiazione. Infatti guardando oggetti tanto lontani quanto vicini attraverso un piccolo diafragma, si veggono molto più distinti che ad occhio nu- do quando il diafragma corrisponde alla parte centrale della pupilla, e allora si percepiscono gli oggelti, quan- tunque meno splendenti, cionullameno meglio definiti al loro contorno e nei loro dettagli, colle loro reali forme e dimensioni, e quasi totalmente spogli dei fenomeni di irradiazione. Mentre facendo coincidere il diafragma colle parti eccentriche della pupilla, gli oggetti appariscono indi- stinti e diffusi, presentando più o meno distintamente i co- lori dell’ iride. Questo fatto si osserva nella massima esten- sione esperimentando colla pupilla o dilatata coi mezzi op- portuni artificialmente, o dilatata naturalmente nella oscu- rità della notte, e guardando corpi molto luminosi 0 molto illuminati, come sono le luci artificiali, le primarie stelle, i pianeti Venere e Giove, la Luna e simili. 3.° Per | accomodamento dell’ occhio alle diverse di- stanze è necessario un cambiamento nel diametro della pupilla, e cioè un aumento per le distanze maggiori, una diminuzione per le minori. Questo cambiamento poi nel diametro della pupilla non ha solamente per oggetto di procurare al sistema rifrangente dell’ occhio un diafragma più o meno grande, onde permettere l’ ingresso ai raggi più o meno eccentrici, come taluno ha opinato, poichè questo cambiamento si osserva costantemente anche quan- do } occhio guarda attraverso ad un diafragma minore della pupilla, nel qual caso 1° ufficio di questa come sem- plice diafragma riesce inutile. 4.° L'occhio nello stato di pupilla dilatata è presbi- ta relativamente allo stato di pupilla ristretta. Ciò si deduce 19 dall’ osservare che, posto un oggetto alla minima distanza in cui può essere veduto distintamente colla pupilla molto ristret- ta per effetto di una forte impressione di luce, dilatando po- scia la pupilla stessa col sottrarla a questa impressione P_og- getto apparisce indistinto, ed è necessario di allontanarlo per vederlo distintamente. Lo stesso intento si raggiunge ancora col dilatare artificialmente coll’ atropina o con altro simile mezzo una delle pupille , procurando di lasciare | al- tra nello stato normale , poichè allora si riconosce 1’ oc- chio a pupilla dilatata sensibilmente presbita relativamen- te all’ aliro. Dietro questi dati può stabilirsi che 1’ accomodamen- to dell’ occhio alle diverse distanze è un risultato imme- diato di una alterazione nella parte centrale del sistema ri- frangente dell’ occhio stesso, la quale parte si rende se- condo il bisogno più o meno convergente, e che questa alterazione o cambiamento ha una stretta relazione colle variazioni del diametro della pupilla. Sembra perciò molto ragionevole il sospettare una dipendenza fra le variazioni della pupilla o dell’ iride e le variazioni necessarie nel siste- ma rifrangente dell’ occhio pel suo accomodamento , e il ri- cercare quindi in questa dipendenza la spiegazione del fe- nomeno in discorso, tanto più che i cambiamenti nella pu- pilla, e quindi nella conformazione deli’ iride, sono i soli cambiamenti fisici che si percepiscono immediatamente nel- l’ interno dell’ occhio nell’ atto del suo accomodamento. Considerando che }’ iride è formata in gran parte di vasi sanguigni, molti de’ quali hanno sufficiente capacità ‘| e sono raggianti verso il centro della pupilla presentando nello stato di restringimento di questa Ja forma di canali quasi rettilinei; mentre nello stato di pupilla dilatata si ripie- gano irregolarmente in forma di zic-zac , e ciò in un grado tanto più forle quanto maggiore è la dilatazione della pupil- la, sembra doversi con moltissima probabilità ritenere che i cambiamenti nel diametro della pupilla debbano produrre 20 una variazione nel volume dell’ iride. Infatti nello stato di restringimento della pupilla avendo questi vasi sanguigni la forma di canali quasi rettilinei e regolari, debbono pre- sentare una capacità maggiore di quella che loro può con- venire nello stato di pupilla dilatata, nel quale essi pre- sentano una forma irregolarissima per le molte strozzature da cui sono interrotti. D’ altronde essendo provato che nel- lo stato di dilatazione della pupilla gli altri vasi sangui- gni che trovansi nell’ interno della parte anteriore del- l’ occhio non presentano alcuna gonfiezza, così è a ritene- re che nelle dilatazioni della pupilla venga espulsa dalla capacità anteriore dell’ occhio una quantità di sangue più o meno grande secondo le diverse dilatazioni, e debba perciò conseguitarne una diminuzione nella massa e nel volume dell’ iride, e per conseguenza nella massa totale che riempie la capacità anteriore dell’ occhio. Ciò posto, osservando che il volume dell’ iride insieme a quello dell’ umore acqueo è destinato a mantenere con apposita pressione la necessaria curvatura nella cornea con- trabilanciando la pressione atmosferica esternamente eser- citata, è a ritenersi che variando il volume dell’ iride col variare del diametro della pupilla debba necessariamen- te variare anche la pressione contro la superficie interna della cornea, e risultarne quindi un disequilibrio fra que- sta pressione e la pressione esterna dell’ atmosfera, e in forza di questo disequilibrio presentarsi nella cornea stessa diversi gradi di curvatura. Così ditatandosi la pupilla e diminuendo quindi il vo- lume dell’ iride e con esso la pressione interna contro la cornea , prevarrà la pressione esterna dell’ atmosfera, e si produrrà perciò una depressione in quella parte della cor- nea dove meno stabile è I equilibrio. Considerando il mo- do con cui la cornea è innestata sul bulbo dell’ occhio, e la struttura della medesima , si rileva tosto, che la parte x centrale di essa è quella che più facilmente può essere 21 È depressa, perchè quivi minore è la sua grossezza, e mi- nore la resistenza che può opporre alla pressione atmosfe- rica; onde è a ritenersi che nelle dilatazioni della pupilla debba presentarsi una depressione nella parte centrale del- la cornea, depressione tanto più sensibile quanto sarà mag- giore la dilatazione della pupilla. Con un ragionamento in- verso può dedursi che nei restringimenti della pupilla deve aumentare la curvatura della parte centrale della cornea in forza dell’ aumento avvenuto nella pressione esercitata contro la superficie interna della cornea stessa per 1’ incre- mento presentatosi nel volume dell’ iride. Questi cambiamenti nella curvatura della cornea, che sembrano naturalmente derivabili dalle variazioni del dia- metro della pupilla, sono in perfetto accordo colle condizio- ni necessarie all’ accomodamento della distanza focale del- 1’ occhio. Infatti allontanando un oggetto dall’ occhio, per vederlo distintamente noi allar&hiamo la pupilla, diminuen- do quindi il volume dell’ iride, per procurareguna depres- sione nella parte centrale della cornea , in forza della quale viene aumentata la distanza focale dell’ occhio. Av= vicinando invece l’ oggetto, noi restringiamo la pupilla au- mentando quindi il volume dell’ iride per procurare una maggiore curvatura alla parte centrale della cornea, in for- za della quale viene diminuita la distanza focale del- 1’ occhio. Provato che i cambiamenti nel diametro della pupilla possono produrre una variazione nella distanza focale del- l’ occhio, e ciò in relazione alle circostanze nelle quali si opera l’ accomodamento del medesimo per }a visione distin- ta alle diverse distanze, si cerca se i cambiamenti prodot- ti nella curvatura della cornea per le diminuzioni o au- menti nel Volume deli’ iride possano essere sufficienti al- l’ accomodamento dell’ occhio per tutte le distanze nelle quali ordinariamente si ottiene la visione distinta. A que- sto scopo, stabilito come elemento di calcolo pel raggio medio . 22 di curvatura della cornea, per quello della faccia anteriore e posteriore del cristallino, e per indici di rifrazione del- l’ umore acqueo, del vitreo e del cristallino il medio dei valori esperimentalmente dedotti per 1’ occhio ben confor- mato dell’ uomo adulto, si è calcolata, supposti invariabi- li tutti gli altri elementi di calcolo, la variazione necessa- ria nel raggio di curvatura della parte centrale della cor- nea per ottenere la distanza focale dell’ occhio per un 0g- getto posto a distanza infinita eguale alla distanza foca- le corrispondente ad un soggetto lontano 20 centimetri, e si è trovato che il raggio di curvatura deve fra questi li- miti variare di 0”, 8 circa. Supposto poi che il cambia- mento nel raggio di curvatura della cornea sia ristretto al- la parte centrale sopra una calotta di 5"”, 0.di diametro, si trova la depressione della cornea stessa nel passaggio dalla visione alla minima distanza, e cioè di 20°", a quel- la della massima, ossia deila distanza infinita, eguale a or, 07 circa. Il cambiamento poi di volume prodotto in questa depressione nella capacità anteriore dell’ occhio ri- sulta di 1"", 5 circa. # ‘In forza di questi dati sembra potersi stabilire, che se il volume dell’ iride nel passaggio del diametro della pupilla corrispondente alla visione della minima distan- za a quello della massima diminuisce di 1””, 5, si po- trebbe con ciò ottenere la variazione nella curvatura della cornea richiesta per 1’ accomodamento dell’ occhio alla vi- sione distinta secondo le diverse distanze. Quantunque non sia possibile il determinare di quanto possa variare il vo- lume dell’ iride nel passare dallo stato di minima dilata- zione della pupilla a quello della massima, cionullameno considerando che moltissimi sono i vasi sanguigni ammas- sati nell’ iride, che molti di essi hanno una sufficiente ca- pacità, non si vede certo improbabile che una alterazione tanto sensibile nella loro forma possa produrre nella loro complessiva capacità la piccolissima variazione di 1", 5, 25 condizione richiesta nella suesposta spiegazione dell’ acco- modamento dell’ occhio. Ravvisata la questione sotto questo aspetto , l’ adattazio- ne della distanza focale dell’ occhio secondo le diverse di- stanze si ridurrebbe ad una variazione nel raggio di curva- tura nella parte centrale della cornea prodotta da una mag- giore o minore iniezione di sangue nella capacità anteriore dell’occhio, e procurata dalle diverse conformazioni che pren- de l’ iride nella visione degli oggetti secondo le loro di- verse distanze dall’ occhio, e ciò specialmente in relazione ai cambiamenti che si osservano costantemente nel diame- tro della pupilla. I motivi pei quali non si vorrebbe da taluno ammet- tere come causa dell’ accomodamento dell’ occhio il cam- biamento nella curvatura della cornea sono due e cioè: 1.° Perchè misurando il raggio di curvatura della cor- nea quando l’ occhio osserva a distanze diverse, non si tro- vano in esso variazioni sensibili. 2.° Perchè non si trova nell’ occhio un meccanismo atto a produrre la maggiore o minore curvatura nella cor- nea quale richiedesi per la visione alle diverse distanze. La prima difficoltà sembra distrutta coll’ osservare che i cambiamenti di curvatura della cornea, ristretti special- mente alla parte centrale, per la loro piccolezza non pote- vano rendersi sensibili coi metodi con cui vennero esplorati. La seconda difficoltà sembra superata dal meccanismo semplicissimo superiormente discusso. Questa spiegazione sembra poi acquistare un grado di probabilità molto maggiore dietro 1’ esame dei due seguen- ti fatti. 1.° La minima pressione prodotta nella cornea traspa- rente basta per alterare sensibilmente lo stato di accomo- damento dell’ occhio e rendere confuse le immagini degli oggetti; mentre esercitando sulle altre parti del bulbo del- I’ occhio pressioni molto più forti non si osserva una 24 sensibile alterazione nello stesso stato di accomodamento. Ciò prova che le pressioni esercitate sulla cornea traspa- rente possono avere una grandissima influenza nell’ acco- modamento della distanza focale dell’ occhio, mentre le pressioni esercitate sulle altre parti del bulbo dell’ occhio stesso non possono sensibilmente influire su quello ; e che perciò in quelle piuttosto che in queste si deve ricercarne la causa. 2.° Premendo la cornea trasparente, anche sotto una . forte impressione di luce, la pupilla si dilata. Ciò prova che i cambiamenti nella curvatura della cornea sono vin- colati coi eambiamenti nel diametro della pupilla. Che anzi, siccome premendo esternamente la cornea si tende a diminuire la capacità interna dell’ occhio, così è a ritenersi che le dilatazioni della pupilla sieno in questo caso desti nate a produrre una diminuzione nella massa e nel volu- me dell’ iride, per compensare la diminuzione procurata nella capacità dell’ occhio dalla pressione esterna. Il per- fetto accordo di questi due fatti colla spiegazione superior= mente data all’ accomodamento della distanza focale del- I occhio sembra procurare a questa, se non la certez- za, almeno un grado di probabilità superiore a quello che può accordarsi alle molte altre spiegazioni date in pro- posito. 6.* Sessione ordinaria. 11 Dicembre 1856. La chiarezza del dettato, e 1’ ordine nella esposizione furono sempre fra i migliori pregi che adornar debbono un lavoro accademico: la importanza del fatto, dimostrata con sodezza di ragionamento , e con quella erudizione che la mente coadiuva ed illumina, non basterebbero di per se a renderlo gradito agli ascoltanti ed utile alla scien za, imperocchè o verrebbe inteso erroneamente, o non be- ne si scorgerebbero i veri rapporti che esso tiene con altri, 25 ed. i vantaggi che se ne possano ottenere, sia che alla teorica serva di lume, o che alla pratica giovi nel pro- muovere perfetta salute, ove senza di quello esempio non v'era speranza di ottenerla. L’ Accademico Francesco Riz- zoli illustre Professore di Clinica Chirurgica, è uno fra quei fortunati, che queste belle doti accoppia in proporzione emi- nente, e che ogni volta sa bene chiamare |’ attenzione de- gli uditori, istruendoli e dilettandoli in pari tempo sopra importanti argomenti di chirurgia operatoria. Racconta egli che nel maggio decorso venivagli pre- sentata nello Spedale Clinico una fanciulla di nove anni, affetta di Atresia congenita dell’ ano con isbocco dell’ inte- stino retto nella vagina. Poichè robusta, avvenente , e molto intelligente quella bambinella , com’ era deturpata da quella deformità e schifezza, e ad un tempo pregiudicata nelle funzioni relative a quelle parti, invitava chiunque a compassione ; ed egli sentivasi desiderio di guarirla se pos- sibile fosse da quella congenita mostruosità. Simile in ap- parenza la osservata infermità, a quelle descritte da Moe- bio, da Benivieni, da Morgagni, da Flacco Conlarino e da vari moderni operatori, poteva però nelle interne parti presentare differenze anatomiche di molto rilievo, che o per mancanza, o per obliterazione di una porzione dello intestino retto, fosse impedito di ripristinare, e di restitui- re alle parti quelle funzioni, che nello stato normale gli appartengono. Per la qual cosa fatto esame alle parli , e notate quel- le che presentavano qualche innormalità esteriore, riferiva egli in quanto alle interne parti, che nella regione della fossetta navicolare rinvenivasi un’ apertura di figura circo- lare, del diametro poco più di due linee, increspata nel suo contorno, ricoperta allo interno da una membrana mu- cosa di colore piuttosto pallido, la quale apertura per le materie che ne venivano espulse, facevasi conoscere per lo sbocco del retto intestino. Quest apertura nell’ atto della 26 defecazione si poteva prestare a tale allargamento da per- mettere la escita a scibale anche grosse. Introdotto in essa apertura uno specillo sì poteva con facilità penetrare nel retto intestino, che era alquanto incurvato anteriormente , per cui, elevando verso la sinfisi del pube 1” estremità ester- na libera dello specillo , introdotto per più di un pollice entro lo stesso retto intestino, si giungeva a sentire di quel- lo alquanto profondamente la punta in corrispondenza alla regione mancante dell’ ano. Prima poi di stabilire quale metodo dovesse addottare, racconta il Rizzoli i processi operatori seguiti da Velpeau, da Breschet, da Martin, da Malgaigne, da Vidal de Cas- sis, e dal Diffembach in altri casi per varie guise simi- glianti al preacennato, saviamente notando i motivi pei quali, o non potevano essere da lui adoperati, o dovevan- si riformare; fra’ quali ricorda, che non avrebbesi potuto ottenere |’ obliterazione dell’ ano anormale, mostrando la esperienza quantò sia difficile il chiudere stabilmente fisto- le retto-vaginali, quantunque assai piccole; per cui anche in cotale guisa comportandosi possono rimanere superstiti due anali aperture, ed aggravarsi del pari le tristi condi- zioni dell’ operata; ovvero adoperando 1’ uno dei processi dai predetti autori indicati, sarebbesi ottenuto un ano man- cante dello sfintere, e quindi mon sarebbesi evitata la in- continenza delle materie fecali. Esposti questi riflessi, 1)’ illustre Accademico riferisce aver egli studiato di trovar modo per condurre nella nor- male posizione tutto 1’ estremo inferiore del retto intesti- no, compresa la sua apertura di sbocco nella vulva, af fine di obbligare così immediatamente e stabilmente le fe- ci a prendere, senz’ altro aiuto, un libero corso per le ‘vie normali. Avere egli pure cercato di mantenere prov- veduta l’ indicata porzione di retto intestino del suo sfin- tere, per non dovere poi deplorare, una volta che formato fosse il nuovo ano, la incontinenza delle feci; ed essere 27 conveniente il cercare di conservare debitamente i muscoli perineali per poterli mantenere nei rapporti anatomici , che loro sono propri. Il Rizzoli si fa quindi ad esporre il processo operali- vo da esso praticato , riferendo che, situata la fanciuila de- bitamente, con un piccolo bisturì panciuto credè di prati- care nella regìone ano-perineale una incisione paralella al rafe, incominciandola nel mezzo della forchetta , e prolun- gandola fino verso la punta del cocige. Dopo questo primo taglio, che non interessò soltanto la cute ed il tessuto cel- lulare sottoposto , divîse la fascia superficiale, 1’ aponeuro- si esterna del perineo ; ed in allora apparve chiaramente tessuto muscolare, che stando alla direzione delle fibre lo ritenne appartenere ai muscoli trasversi. Nella linea me- diana cellulosa che separa i detti muscoli approfondò cau- tamente l’ incisione, e poscia col medesimo bisturì di- staccò dalla cellulare sottostante le dette porzioni muscola- ri, mantenendole però aderenti ai sovraposti tessuti. Co- sì furono formati due lembi, divaricati i quali, insinuò leggermente un dito nell’ apertura vulvare del retto in- testino, e si accinse colla scorta di esso. ad isolare la porzione deviata dall’ intestino, non che la sua apertura esteriore o vulvare, avendo la massima cura di non le- dere le fibre muscolari, che ne costituivano lo sfintere. Se- parata pertanto dai circonvicini tessuti, e dalla parte po- steriore della vagina pel tratto di un pollice, la parte inferiore del retto, questa porzione di intestino cadde qua- sì spontaneamente verso la regione cocigea, avendo con ogni diligenza conservate illese le altre parti. Mantenuta con dolcezza la porzione isolata di retto intestino verso la regione cocigea in modo che la di lui apertura inferiore corrispondesse alla regione cocigea fra la parete anteriore di esso intestino, e la parete poste- riore della vagina, rimaneva uno spazio triangolare, che presentava quasi le ordinarie dimensioni della regione 28 perineale, il quale assai bene potevasi riempire, e far scomparire totalmente , insinuandovi e fra loro riunendo le rispettive porzioni di lembi muscolo-cutanei del predet- to, formate nei primi tempi della operazione. Onde con- servare le anzidette parti nei rapporti anatomici, si pre- valse di alcuni punti di sutura, e quindi gli fu piacevole l° osservare, che distesa anteriormente dal perineo |’ aper- tura del nuovo ano, e retrattosi il retto intestino, ch’ egli aveva alquanto disteso , onde riunirlo alla nuova anale aper- tura, erasi questa in causa di ciò infossata ed increspata in modo da non distinguersi da queffa di un ano normale. Riferito poscia quello che ebbe a presentare la fanciulla nei seguenti giorni di cura, e le cose ad essa prescritte ; e tolti mano mano i vacillanti punti di sutura, osservò che l’ intestino relto aveva presi attacchi coi contorni della nuova anale apertura, la quale aiutata dall’ arte, cicatrizzò ìn mo- do regolare, per guisa che in 45 giorni la guarigione divenne completa, e potè la fanciulla escire dallo Spe- dale Clinico, piena di quell’ affettuosa riconoscenza che giustamente doveva ad un illustre operatore, che 1° aveva ridonata alla società, togliendole quella grave innormalità e sconcezza. Le persone che videro la fanciulla in pri- ma inferma e poscia operata e guarita ne furono mera- vigliate; e lo esame delle tavole in disegno ed in cera al naturale, fatte dal bravo preparatore Bettini, servono as- sai bene a dilucidare la storica narrazione del fatto, ed a pienamente dimostrare agli Accademici plaudenti a sì brillante risultato , la realtà e bontà della esposta ope- razione. Indipendentemente però dal fortunato esito avuto, il disserente teme che il processo operatorio da esso adot- tato non sia sempre per soddisfare al bisogno. E per ve- rità, egli dice, forse questo non è sperabile, giacchè mol- te e varie innormalità anatomiche alla descritta potrebbero aggiungersi o complicarsi da costringere a variare od a 29 cambiare affatto il processo. Perchè adunque la pratica chirurgica possa in ciò ritrarre il maggiore possibile vantag- gio , chiude Ja sua memoria, volgendosi ai celebri anatomici presenti al consesso, pregandoli di interrogare nuovamente a quest’ uopo la natura, di sorprenderla nelle sue evolu- zioni, di indagare le cagioni più probabili dei suoi devia- menti, e di somministrare così al chirurgo quella copia di materiali che serva a condurlo alle pratiche applicazioni più razionali. » E mentre ( dic’ egli ) ansiosamente ciò aspetto da » voi, e vivo nella speranza di udire nuovi, e brillanti » risultati, a me ora basta di avere già poluto alla mia » volta ed in propizia circostànza, costringere la natura a » diriggersi per quella via da cui aberrò, e di averla ob- » bligata pur anco, cedendo all’ arte, di modellarsi con » quella simetria, che dà alla macchina umana ie impronte » di quella perfezione e bellezza , che la rende veramente » sublime e degna della mano del Creatore. » 7. Sessione ordinaria. 18 Dicembre 1856. Appoggiato all’ antico detto del Savio, che i veri fat- ti non sono mai in soverchio numero nella Scienza, il Dott. Gio. Battista Baravelli espone varie cure, ed operazioni chirurgiche da esso praticate con esito pronto e felice, mediante l’ uso di semplici, e di improvvisati ripieghi; e questi in mancanza degli addatti istrumenti chirurgici, in quanto che la urgenza, e la necessità così volevano ; i quali ripiegi, perchè bene riescirono nello intento, formano per vero dire la parte più interessante dell’ odierno suo lavo- ro. ll numero e la qualità delle operazioni riferite dal Ba- ravelli non permettono una precisa analisi delle medesi- me: però innanzi di riferirne i titoli, credo bene, sia noto ch’ egli ha esposte a dovere le diverse particolarità osservate, per le quali si fa manifesta Ja esattezza della 30 diagnosi, e l° abilità e prontezza nell’ eseguire quelle ma- nualità, che meglio potevano tornare utili a’ suoi infermi. Il primo racconto si riferisce all’ Estrazione di una porzione di candeletta rimasta mell’ uretra, al di là del- l arcata del pube. Estrasse egli quel corpo irritante col mezzo d’ un lungo, e sottile filo metallico piegato a me- tà, formandone un’ ansa; e con questo solo mezzo otten- ne con tutta sollecitudine |’ intento. Viene in seguito a nar- rare pronte e felici guarigioni di due inveterate ischialgàe, e di una nevralgia facciale, ottenute mediante alcune pic- cole ustioni auricolari ; malattie che si erano sempre mostrate ribelli ad ogni altro presidio dell’ arte. Espone quindi la guarigione ottenuta di una frattura di rotola , che presen- tava pure um massimo allontanamento dei frammenti, la quale felice cura egli ottenne col mantenere i frammenti a contatto con sole due Iunghe liste di cerotto adesivo, avu- ta però l’ avvertenza di mettere 1’ arto offeso in una posi- zione alta e tale da ottenere un assoluto rilassamento in iuita la muscolatura. Riferisce ancora due operazioni d’ ernie crurali stroz- zate, una delle quali di molto incerto , e dubbioso diagno- stico; però l’ una e l’ altra presentarono così ristretto annello, da riescire , se non impossibile, per certo molto difficolto- so lo sbrigliamento praticato col bistorì bottonato. A_tal fine I’ operatore si servì d’ un robusto, ma ottuso specillo, che gli riuscì di somma utilità; passò questo fra 1° anello e le. parli strozzate ; quindi con addattali stiramenti ottenne quel- la dilatazione bastevole per compiere sollecitamente, e con sicurezza quelle ardue operazioni. La novità di tale ripie- go, e la di lui utilità sono descritte chiaramente. nella suindicata memoria. Riferisce pure la estrazione di un tubetto metallico. dal canale nasale sepolto frammezzo a molte fungosità, in una donna operata tre anni addietro di fistola Jagrimale ; e ciò col semplice mezzo d’ un robusto refe, passato appositamente e 31 pel foro fistoloso , e fatto sortire, come insegna l’ arte, dalla narice esterna corrispondente; al quale filo Egli aveva fatti diversi grossi e raddoppiati nodi, colla vista che uno di quei nodi, nel ritirare il refe, urtando contro il tubet- to, potesse portario fuori; locchè difatti avvenne nel pri- mo tratto e con esito felice. Per ultimo il Baravelli riferisce il caso d’ una epistas- si assai grave da non permettergli di allontanarsi un solo istante dall’ infermo, onde provvedersi degli istrumenti ne- cessari al voluto tamponamento. Pronto ad ogni ripiego, il Baravelli si servì di un pezzetto di stoppino di cerino gial- lo, che ritrovò sul letto dell’ infermo, e questo semplicis- simo mezzo gli servì egualmente, come gli avrebbero gio- vato o la sciringa di Belloque, cd altro istromento addatto a portare il Tampone al suo posto dovuto. Terminali questi racconti, l’Accademico onorario Dott. Ferdinando Verardini si fa quindi a narrare gli allarmanti e vari fenomeni da lui osservati in una Siguora, già stata inferma di Neuralgìa intercostale e di Anemia, in grazia della poca alimentazione a cui erasi abituata, per causa del trattamento curativo usato pel sospetto di tisi minacciata, e di ipertrofia esistente all’ ovaia, fra’ quali ricorda essersi presentata Bulimia in modo siraordinario e grande per alcuni mesì. Però da queste infermità fortunatamente do- po l’ uso protratto del joduro di ferro, di alcuni vescican- ti al costato medicati colla morfina, e di vari altri rimedi emenagoghi e insieme marziali, venne guarita, perchè si ottenne la mestruazione, e quindi cessarono la grave duli- mia e la dolorosa neuralgia indicata. L’ Accademico anzidelto tenne per ultimo la narra- zione di un sudore nero presentatosi d’ improvviso in un giovanotto nella sera in cui ebbe a diletta consorte una giovin donna, pel possesso della quale aveva dovuto soffrire violente e prolungate angustie di spirito. Tanto al- la storia della Neuralgia e Bulimia, come a questa del 32 Sudore nero, il Verardini vi unisce una sua bene intesa e giudiziosa spiegazione dei principali fenomeni osserva- ti, riunendo pure in quest’ultima la enumerazione di vari altri casi di Sudore nero osservati dagli antichi ri- putati autori; mostrandosi inclinato nel caso prodigioso da Lui osservato, al mervoso esaltamento in cui trovavasi I individuo ; d’ onde poi trova analogia grande fra que- sto fatto colle istorie che ci furono narrate, di istanta- nea perdita del colorito dei peli, in grazia di gravi per- iurbazioni di animo. Se piacerà agli Accademici di vedere pubblicate que- ste osservazioni oggi riferite dal Baravelli, e dal Verar- dini, I Archivio Medico si accrescerà certamente di pre- gio, perchè gioveranno alla nostra medica scienza, ed in- sieme al decoro degli esponenti, che con diligenza e lealtà si presero cura di informarne il numeroso Consesso. 8.* Sessione ordinaria. 8 Gennaio 1857. Si è creduto da taluno in questi ultimi tempi, che lo zolfo possa essere un valido presidio per distruggere il contagio od il miasma choleroso, cagione delle gravi epidemie, che non ha guari noi abbiamo osservate. A so- stegno della quale opinione si adduce, che in alcuni pae- sì ove esistono sorgenti di acque solforose, e quindi in- cessanti esalazioni sulfuree , il eholera non era penetra- to, oppure non vi aveva fatto quel numero grande di vittime che negli altri luoghi privi delle anzidette esala- zioni si osservarono. Altri aneora aggiungono, essere andati esenti da quel male i fabbricatori di zolfanelli, e di fosfori ; e coloro che avevano fatto uso dello zolfo o delle predette acque solforose in bevanda od in bagno. La quale opinione non sembra al Prof. Marco Paolini abbastanza appoggiata da positive e concludenti osservazioni ; imperocchè nell’ inda- ginoso, erudito, ed esteso suo lavoro oggi letto al corpo 33 accademico , cui diede per titolo = Osservazioni e consi derazioni critiche intorno un nuovo mezzo profilatico contro il cholera = si è proposto di addimostrare 1’ inganno in che sono caduti coloro che credono lo zolfo, e le vaporose esalazioni di questo corpo elementare, un ottimo profilati- co e preservativo contro il micidiale morbo asialico. E Dio pur volesse che ove il cloro ( potentissimo ed utile trovato dei moderni ) non fosse sufficiente a distruggere quel te- muto e peslifero contagio, potesse essere richiamato in onore e riescirvi pienamente lo zolfo, del quale anche il più antico libro dopo la sacra Bibbia, parlò con fiducia, allorquando il suo autore, il grande Omero, fece dire ad Ulisse » Portami o vecchia ( Euriclea ) - » Il zolfo salutifero, ed il fuoco, » Perchè l’ albergo vaporare io possa. Ma se prima di oggi molto di questa virtù dello zolfo du- bitarono i medici avveduli, ora poi dopo tante prove avute in contrario di questa virtù profilatica e preservativa, rife- rite ed osservate dal Paolini, non sapremmo più sottoseri- verci, avvegnachè ai primi fatti pubblicati per favorevoli, possiamo opporne altri decisamente contrari a quella salu- tifera celebrità, esaminati ed analizzati con spirito di giu- diziosa analisi, e di imparziale ed avveduta osservazione. E vaglia il vero, se le terre napolitane di Fontana e di Colli, se le. castella Pontificie di Acqua Santa , di Fe- rentino, di Tivoli, di Maglano fa detto essere andate esenti affatto, o per meglio dire se ebbero pochissime vit- time, ciò sembra doversi assai più presto attribuire all’ as- senza in quegli abitanti di speciali condizioni igieniche pre- disponenti, ed anche cooperanti; quindi alla esistenza di quelle personali refratarietà od immunità altre volte 0s- servate ìn occasione di pestilenze, di quello che ad una 3 34 speciale possanza e virtù dei vapori di zolfo nel distrugge- re e neutralizzare, come disse taluno, |’ atmosfera miasma= tica cholerosa, e ciò per le ragioni seguenti. In primo luogo, perchè il morbo imperversò di spesso colla stessa intensità, tanto in coloro che per le loro condizioni topo- grafiche ed industriali respirarono un aere oltremodo ricco di vapore solforoso, quanto in quelli che per provvedere alla propria sanità, avevano usato per non breve spazio acque minerali sulfuree in lavacro ed in bevanda ; secondariamen- te perchè quà e là senza alcuna regola od apparente ra- gione andarono immuni da questo morbo terre, ville, cam- pagne, circuite dovunque da fierissimo cholera, avvegnachè nè nel suolo, nè nell’ atmosfera , nè entro i corpi di que- gli abitanti fosse traccia alcuna di zolfo. E fra tanti esempi dei quali avrebbe potuto far uso il disserente, piacque di limitarsi ad indicarne alcuni risguardanti paesi dello Stato Pontificio, ed in ispecie la terra di Porretta, i quali ri- pieni allo intorno di esalazioni solforose per causa di sor- genti di acque termali, sono tuttavia fra quelle località , che furono aggravate dal morbo, mentre altri paesi mancanti di esalazioni sulfuree ne andarono perfettamente immuni. An- che i fabbricatori di zolfanelli e di fosfori, gli abitanti presso le zolfatare di Perticara, di Marazzana, di Formignano, e coloro che lavorano e faticano in quelle miniere, come gli abitanti delle parocchie di S. Donato, di Savignano, di Rigo, di Ugrino, di Majano, nel corpo dei quali per le vie della pelle e della mucosa interna è a supporre si intro- duca quotidianamente una certa dose di zolfo 7 hanno soggia- ciuto al mortifero contagio , ed il cholera in essi si allargò ed infierì oltre misura. Laonde il Paolini crede di potere af- fermare, che se alcuni dei paesi giacenti in vicinanza di sorgenti minerali solforose furono salvi dal cholera od eb- bero a deplorare pochissime vittime, ciò si debbe credere dipendente da ben altre cagioni, di quello sia dalla virtà dello zolfo. Ad entrare nella quale opinione, oltre i fatti 35 superiormente riferiti, lo inducono il riflettere, che se nel granducato di Toscana il morbo asiatico non si diffuse in luoghi, come Rapolano, ove scaturiscono acque sulfuree , ciò avvenne nel compartimento di Siena che ebbe molti villaggi e castella immuni, ed altri appena tocchi dal con- tagio; mentre sono molto numerosi i paesi anche dello Stato Pontificio, che andarono immuni dal cholera quan- tunque privi delle predette esalazioni; e queste locali im- munità essere state osservate anche nelle altre. più famose pestilenze notate dagli storici, senza potersene assegnare una plausibile ragione. Soltanto essere dimostrato che que- ste anomalie o questi attacchi del cholera rassomigliano a quegli altri che presentano il vaiuolo ed altri contagi , e sembrano subordinati alle disposizioni meteorico-telluriche ed alle predisposizioni od attituini personali degli abitanti di alcuni paesi. Di questo numero egli accerta doversi an- noverare la borgata di Zustrola nella parocchia delle Ca- panne presso Porretta, e la parocchia della Croara propria- mente detta presso Bologna , le quali località andate esenti dal cholera erano tuttavia circuite da altre che. furono dal morbo aggravate. Tiene per ultima parte il riferire alcune osservazioni sue proprie che risguardano la creduta immunità degli eser- centi di certe arti o mestieri, quali sono oltre 7 fabbrica- tori dei zolfanelli, anche i conciatori di pelli ed i lavora- tori nei maceri da canepa. In quanto ai primi per alcune ricerche da esso praticate ha potuto conoscere, non esser- vi stata fra noi la pretesa immunità, ed avere riconosciuto un numero di vittime proporzionato a quello degli eser- centi. Lo stesso potere egli accertare dei conciapelli in Bo- legna, dei quali alquanti rimasero affetti dal cholera, men- tre pochi fra gli attaccati poterono scampare da morte. Questo però non doversi dire dei contadini ed operai che lavorarono nei maceri da canepa, e che vi abitavano d’ appresso, mei quali per osservazioni sue proprie e per 36 informazioni assunte da vari possidenti di Cadriano e San Martino in Soverzano ha potuto conoscere , che le emana- nazioni provenienti dalla canapa macerata, ed i lavori ne- cessari per estrarre da essa le tiglia, non solo non hanno reso più attivo il contagio colerico, ma pare piuttosto ne abbiano arrestata la diffusione ; lo che già fu notato in al- tre pestilenze dal celebre Muratori. Formano parte del gra- dito suo lavoro Alcune tabelle statistiche relative alle cose predette, ed una breve, ma esatta topografia, e meteorolo- gia della terra di Porretta, non che una precisa indica- zione delle malattie che vi dominano, e di quelle altre notizie utili per coloro che intendessero di studiare le ra- gioni per le quali molto andò soggetta nello estate del- I anno 1855 al cholera, null’ ostante la presenza di nu- merose e celebrate sorgenti di acque sulfuree e la evapo- razione assai abbondante del gas idrogene zolforato. Ma di questo bel lavoro ci spiace non poterne dare un più esteso racconto in quanto che ce lo vieta la brevità dovuta ad un rendiconto accademico, e la speranza di vederlo fra breve tempo presentato al pubblico per le stampe. 9.8 Sessione ordinaria. 15 Gennaio 1857. L’ Ispettore Cav. Maurizio Brighenti nelle sue Consi- derazioni = Sul Reno Bolognese co’ suoi influenti attuali, e dopo gl’ influenti futuri; e sui provvedimenti da pren- dersi = pubblicate nel fasc. 2.° del Tomo VII. delle no- stre Memorie, stabiliva che = Quando si disperasse d’ im- mettere il Reno nel Po, a provvedervi col minimo danno delle Valli di Comacchio, e con tollerabile spesa per lun- ghissimo tempo, sarebbe da accorciargli la linea coll’ ab- bassare |’ arginatara sinistra, aprendogli un libero sfogo nella Valle Vacca da S. Alberio alla Chiavica Leonar+ da, e coll’ abbassare similmente | arginatura destra dalla Balladora al Mare nelle basse delle Mandriole, Questo 37 taccorciamento della linea cagionerebbe una tale depressio= ne del pelo delle massime piene da rendere l’ alveo attua- le capace della immissione delle acque dell’ Idice alla Ba- stia, senza bisogno di ulteriore alzamento degli argini at- tuali, non possibili a rialzarsi senza patente pericolo della stabilità =. Nella Memoria d’ oggi Egli prende a ribattere le dif- ficoltà promosse contro quel suo Progetto. Quanto alla spesa, osserva che la terra non manca per recingere la Valle Vacca, anzi esiste un recinto che la separa dalle Valli contermine. Quanto alla difficoltà che rimarrebbe interrato 1’ ultimo tronco del Primaro, e si perderebbe la navigazione, per- chè sarebbe tolta la metà della piena al Reno nell’ ultimo tronco, onde invece di scavare l’ alveo lo riempirebbe; I’ Accademico osserva che quella navigazione è ora ridotta a così poco, che se si perdesse affatto per un vantaggio tanto maggiore, si farebbe opera prudente e lodevole. Ma si perderà poi? Quanto a me (Egli dice ) credo che rimarrà nè più nè meno, come al presente. È vera la massima che le piene scavano, e le mezza- zane (mon tutte), se torbide e lente, interrano. Ma nel nostro caso bisogna considerare, che si tratta del ironco alla foce, il quale sente non solo I’ azione viva del flusso e riflusso sopra una lunghezza di kilometri 21, ma quella eziandio della chiamata dello sbocco nelle mezzane piene, che seguiteranno ad essere contenute fra gli argini quan- tunque abbassati: e la velocità media di una portata di metri cubici :500 per 1” non può ivi essere minore di me- tri 1,30 per 1", vuol dire molto superiore al bisogno di mantenere incorporate le torbide, consistenti in finissi- mo limo. Quanto ai danni possibili alla Città di Comacchio e alle Saline, l’ Accademico risponde che, aperto un esito ampio alle acque della vasca sotto la chiavica Leonarda, o 38 attraverso alla strada del Lido, o alle dune, tutta la pie- na del Reno non potrebbe alzare il pelo massimo della valle più di mezzo metro, e |’ argine circondario provve- derebbe alla indennità del paese, e delle Saline. Nella peggiore ipotesi che fosse rotto, non potrebbe portare sen- sibile alterazione al pelo delle Valli e de’ Canali Comac- chiesi che sono superiori, attesa la grande ampiezza della superficie da allagare, e i naturali esiti che ha comuni- canti col mare direttamente. Nè vuolsi preterire, che il graduale acquisto della bonificazione della Valle Vacca preparerebbe alla popolazio- ne Comacchiese un avvenire meno tristo ; vuol dire lavoro , e rendite ben più efficaci a mitigare la miseria in cui è caduta , per la pesca insufficiente, e per l’ abitudine di un solo mestiere. 10.8 Sessione ordinaria. 22 Gennaio 1857. Il ch. prof. cav. Luigi Calori legge le sue Annotazio= ni anatomiche sulle borse mucose sottocutanee del corpo umano. Nella stupenda opera chirurgica di Regnoli e Ranzi trovasi riportato un elenco o quadro appartenente al Padieu , dove son comprese non solo le borse mucose sottocutanee naturali o normali, ma eziandio le anormali od aceidenta- li; e 32 sono le prime, 19 le seconde. Le diligentissime osservazioni istituite dall’ Accademico sui cadaveri riducono le prime solo alle seguenti : 1.° Borsa mucosa sottocutanea olecranica di Camper. 2.° Borsa mucosa sottocutanea sulla faccia anteriore della rotula, pur essa a Camper attribuita. 3.° Borsa mucosa sottocutanea sulla tuberosità della tibia, indicata da Velpeau. — Forse questa, per non es- sere sì frequente, come l’ ultima, dovrebbe porsi fra le accidentali ? 39 4.° Borsa mucosa sottocutanea in corrispondenza della tuberosità del calcagno — Lenoir. 5.° Borse mueose sottocutanee corrispondenti «alla fac- cia plantare della testa dei metatarsi primo e quinto — Lenoir. Le altre tutte vanno, secondo il Calori, ad ampliare il quadro già molto esteso delle accidentali. Considerando che un dato numero di queste borse si trova su parti fisio- logicamente costituite, e che altre corrispondono a parti che per vizio o mala disposizione congenita od avventizia , o per altro sono deformi, manche, deturpate ec., pare al- I’ Accademico che sen possa stabilire la distribuzione in fisiologiche e patologiche. Le borse mucose sottocutanee accidentali fisiologiche o sono legate in quanto alla loro esistenza ed al loro sviluppo alla frequente ripetizione di certi atti, allo esercizio di alcun mestiere ec., oppure non offrono questa correlazione. Donde la possibilità di distri- buirle in due serie, le quali però non possono avere limi- ti ben precisi. Noi ci restringeremo a quelle che sembrano non essere state osservate da altri prima dell’ Accademico. Alia 1.% serie delle fisiologiche appartiene una borsa mucosa ch’ Egli rinvenne sulla metà circa della spina di ambedue le scapole in un facchino , e che era partita in tre cavità a sinistra e semplice a destra, e più piccola, poichè quella emulava un uovo di piccione, e si estende- va in basso sull’ aponeurosi che copre it muscolo sottospi- noso, l’ altra non giungeva ad eguagliare il volume di una nocciuola e di poco eccedeva la larghezza del dosso della suddetta spina. Appartiene alle patologiche una borsa nucale, ch’ Egli rinvenne idropica in due feti emiacefalici ed anasarcatici, sì che sembrava un tumore ‘avvenuto per spina bifida cer- vicale od occipitale. In uno di quei feti emulava essa il volume di un uovo gallinaceo, e si estendeva in alto fin 40 presso 1’ angolo lambdoideo, in basso verso la base del collo, e sui lati alle regioni mastoidee. Nell’ altro era più piccola ed aveva poco più del volume di una grossa noce: ascendeva sino alla metà circa della faccia esterna della porzione lambdoidea dell’ occipite , nè eccedeva inferior= mente la terza vertebra cervicale. Due borse mucose sottocutanee patologiche ritrovò Egli in un feto paracefalico» Una di queste presentavasi a cia- scan lato del torace ed aveva il volume di un uovo di piccione: dopo un tratto di tre in quattro linee se ne of- feriva un’ altra presso a poco della medesima grandezza, borsa che pur era da ciascun lato e copriva le regioni pocondriache ed in parte le epicoliche. Ambedue queste borse erano idropiche. Altra borsa mucosa patologica, compartita in cellule di diversa grandezza, osservò Egli lungo quasi tutto il la- to esterno del quinto metatarso di ciascun piede in una donna, che portava in corrispondenza di quella borsa un callo enorme della pelle. Una serie di borse mucose patologiche vide Egli fra le teste dei metatarsi di una donna giovane, ed erano pa- tentissime alla regione dorsale del piede destro. Le dita erano deviate, e assai raccolte, e quelle di mezzo in parte addossate alle altre, deformità che pareva avvenuta per troppo stretta calzatura. Altre due borse mucose patologiche gli occorsero una allo esterno, altra allo interno lato dell’ articolazione fa= langea dell’ alluce in un individuo che presentava una curiosa deformità deila regione digitale d’ ambo i piedi; deformità che consisteva nell’ essere assai corte le quattro ultime dita, ed il pollice proporzionatamente assai lungo, il quale faceva un angolo quasi retto col suo metatarso, e giaceva orizzontale sotto le altre dita col margine inter- no inferiormente , 1’ esterno superiormente. Così l’ Accademico accresceva notabilmente il novero 41 delle borsè mucose sottocutanée nel tempo stesso che ve+ niva correggendo la distribuzione fattane dal Padieu, col levare specialmente dalla categoria delle normali molte di loro che non occorrono sempre, 0 quasi sempre, siccome la più diligente ispezione de’ cadaveri gli ha dimostrato. Dopo questo lavoro relativo all’ Anatomia Umana l’Acca- demico presenta la prima parte d’ altro lavoro relativo al- I’ Anatomia Comparata, nel quale si propone di completa re la illustrazione del Monitor terrestris di Cuvier, di cui non trovò illustrato altro che il teschio. Tratta in questa prima comunicazione dello scheletro, riserbando |’ illustra- zione delle parti molli ad altra tornata. 11.° Sessione ordinaria. 29 Gennaio 1857. L’ Accademico pensionato Dottor Giovanni Francesco Maria Contri, Segretario emerito della illustre Società Agraria della nostra Provincia, emerito Professore d’Agro- nomià Teorica e Pratica in questa Pontificia Università, e nella medesima attual Presidente del Collegio Filosofico-Ma- tematico, legge una dissertazione che intitola = Cenni Generali intorno all’ Arte, ed alla Scienza Agraria, e più particolarmente intorno al Lavoro =. Riassume in essa quanto aveva esposto in varii Ragio- namenti pubblicati negli Atti della nostra Accademia, e negli Opuscoli Agrarii; e nelle Lezioni di Agricoltura, ch’ Egli con tanta pubblica utilità è venuto dando alla lu- ce, specialmente in questi ultimi tempi. E quanto alle uti- li applicazioni del lavoro, vien dottamente discorrendo le nuove coltivazioni che sonosi fra noi introdotte, e consi- glia come assai opportuna quella del Luppolo. = A chiunque è ben noto ( dice I’ Accademico ) es- sere la coltivazione del Luppolo antichissima. Sappiamo che in Inghilterra le prime piantagioni di qualche grido con- tano più di tre secoli; ma sappiamo altresì che nel Nord 42 della Francia, nelle Fiandre, in Germania questo genere d’ agraria industria è ben anche di più remota e probabil- mente remotissima età, onde non è senza motivo che i Francesi meridionali chiamano il Luppolo Vite del Nord. Gli Italiani adunque, benchè ab antico siffatta coltivazione conoscano, tultavia poco curanti sempre dei prodotti pro- pri; sempre avidi degli stranieri, sempre vaghi di ciò che in Italia vien d’ oltremonte e d’ oltremare ; persuasi sem- pre che le nostre terre, e il clima nostro atti non sieno a generare buone e perfette molte di quelle cose che or I’ opinione, ora la moda, ora i vincoli, e le relazioni commerciali di colà ci mandano perfettissime, o se pure non tali, certamente per tali si comprano e si pagano con infiniti sopracarichi di vessazioni, e di spese; gl’ Italiani, dissi, già divenuti da oltre a trent’ anni e consumatori, e fabbricatori di Birra, non sembrano tuttavia ben persua- si che, essendo il Luppolo pianta indigena nell’ Italia, non difficilmente si possa trasformare; di vegetabile selva- tico, e poce utile ridurlo a domestica condizione per la coltura =. E qui l Accademico presenta un saggio della coltiva- zione, ch’ Egli aveva iniziata nell’ Orto Agrario della Pon- tificia Università, e i campioni di Luppolo che gli ha in- viati il suo corrispondente di Forlì Sig. Gaetano Pasqui, Fabbricatore di Birra, e Coltivatore di Luppoliere, accom- pagnati da una minuta descrizione de’ suoi tentativi, de’ suoi metodi, e de’ suoi progressivi profitti. Ma desiderando l’ Accademico di tuito verificare in luogo e cogli occhi proprii, rimette ad altro tempo la discussione scientifica ed economica di questo importante argomento, a compi- mento di quanto aveane scritto in altra dissertazione, che fu letta all’ Accademia nella sessione del 21 Marzo 1839, e della quale fu dato copioso rapporto nel Rendiconto, e negli Annali delle Scienze Naturali. 43 12.8 Sessione ordinaria. 5 Febbraio 1857. La memoria letta in questa sessione dal Dottor Carlo Massarenti risguarda la rottura di un Callo deforme del- l omero per accavalcamento dei frammenti , complicato a lussazione scapolo-omerale. Dotato di pronto e fino accor- gimento., il nostre Accademico, crede ben fatto di ricava» re dalla operazione da esso praticata, alcune deduzioni utili alla cura di queste infermità; talchè dell’ una e del- le altre ben volentieri se ne porge un sunto, in quanto che sono per se stesse pregievoli alla scienza, e sono di non lieve vantaggio nella cura e trattamento di quella in> fermità. La frattura, egli dice, di un osso male consolidato , allorchè non altera in modo sensibile la direzione e la lun- ghezza naturale di un membro, pè 1° esercizio delle sue funzioni, non è cosa che meriti l’ attenzione del Chirur= go; ma quando si verifica il caso opposto , vale a dire che il membro ha perduta la lunghezza, e la direzione, che gli sono proprie, e che perdette pure la libertà dei suoì movimenti, allora la viziata iconsolidazione dell’ osso frat- turato acquista una grave importanza, e dà luogo a quel- l’ alterazione che prende il nome di Callo deforme, il quale talvolta giova di togliere, e riordinare, per ridonare al membro i propri moventi. Si è appunto sopra questa innormalità , impediente ad una contadinella di anni 13 i regolati e necessari mo- vimenti del braccio sinistro, che il Massarenti, desioso di ritornarli a quella giovinetta, appoggiandosi ancora alla esperienza ed alle opinioni del Dupuytren, del Gruveiller, e del Malgaigne, ha voluto nel decorso anno riescirvi, rompendone l’ omero nel luogo preciso della mostruosa cal- losità, indi dopo averne riposto il capo dell’ omero nella cavità articolare, pensò di riunire i frammenti in luogo 44 normale, mantenendoli in sito con apposito semplice ap- parecchio, fintanto che fu certo della guarigione com- pleta. Lasciando in disparte la minuta descrizione del meto- do tenuto per ottenere la rottura del callo, e le successi- ve manipolazioni per rimettere in sito i due frammenti, dirò solamente che egli per eseguire la operazione diede in prima alla spalla dell’ inferma uno stato di reale im- mobilità, ed ai legamenti dell’ articolazione del braccio quella resistenza di cui mancavano, col mezzo di due as- sistenti e di robuste fascie, fermate alla testa del letto ; dopo di che ottenne la rottura, mediante la pressione assai forte di tutto il suo corpo sul callo deforme, tenuto bene fermo col pollice e coll’ indice della sua mano destra, . nel tempo stesso che altri due assistenti alzavano il braccio dal basso all’ alto in senso opposto alla detta pressione. Fu in quel contrasto di forza e di resistenza, ove |’ omero tene- va luogo di una leva, avente la potenza al gomito, il fulcro alla spalla, e la resistenza al callo anzidetto, che egli ottenne la desiata rottura nel luogo e nel modo sta- bilito; la quale poi pel successivo trattamento, tenuti con avvedutezza ben situati i frammenti e le parti molli, e medicato |’ infermo a dovere per più settimane , il Massa- renti ne ottenne dopo 40 giorni, ma con vero piacere, la completa guarigione, e vide perfino a lui tolto quel dubbio in precedenza concepito di pseudo-artrosi , che do- po il nuovo consolidamento temeva vi avesse potuto ri- manere. Compiuto questo racconto, l’ Accademico, crede di riferirne alcune deduzioni, che a lui sembrano derivare da questo fatto, e da altri due pressochè simili dal medesimo osservati. 1.° Che in casi di frattura male consolidata con ac- cavallamento dei frammenti, che conti un’ epoca non mol- to recente, da ritenere perciò che le estremità di essi si 45 trovino in condizioni da non potersi più fra loro riunire, I’ unione può accadere egualmente , come accade quella di due frammenti accavallati che non si toccano più colle lo- ro superficie rotte. Nel caso riferito si è forse con facilità maggiore ottenuto la consolidazione per ragioni anatomiche fisiologiche riferibili alle ossa stesse della ricordata inferma, le quali per la età giovanile, essendo dotate di forze dina- miche organiche superiori a qualunque altra, dovevano perciò dare necessariamente elementi di riproduzione più marcati e più sicuri, come il caso stesso ne fa prova ben manifesta. Ed informato del fatto medesimo non troverei, dice egli, per dubitare, che che ne dicano altri in con- trario, che la consolidazione della superficie dei frammen- ti fra loro non potesse sperarsi ancora in casi di rottura di callo antico deforme per sovraposizione delle ossa-, sem- prechè I’ apparecchio contentivo sia bene impiegato, e che l’ arto sia situato nella posizione richiesta dalla qualità della frattura. E penserebbe pure che le cause che possono dare luogo alla pseudo-artrosi, sieno quasi sempre insite al- I’ organismo stesso di quello individuo in cui mancò la riu- nione dei frammenti, avendone veduti parecchi esempi. 2.* Che la viziata consolidazione dell’ omero unita a lussazione è complicanza di poco momento, potendo il Chirurgo col semplice impulso delle mani rimettere I’ osso slogato nella propria cavità articolare, 3.8 Che quando un apparecchio è concepito a modo da rendere vana 1’ azione di qualunque forza, che tende a distruggere quanto coll’ uso di lui si vuole garantire, è un mezzo potentissimo per il buon esito della operazione. 4. Finalmente che quando il Chirurgo applica delle forze sul corpo vivente dirette da leggi meccaniche, può ottenere colle proprie mani , o sussidiate ancora da quelle degli assistenti, i risultati stessi che si ottengono per mez- zo delle macchine ; colla sola differenza, che colle mani può il Chirurgo misurare la forza della resistenza incontrata, € 46 da questa regolarsi sul dovere, o no continuare ad agire, o condursi piultosto diversamente, a seconda cioè delle eventualità che possono insorgere ; giò che non può essere sempre permesso dall’ uso delle macchine. Dà termine il Massarenti alla sua memoria col dire,. che talvolta si possono fare grandi violenze senza arrecare inconvenienti al braccio offeso; ciò essendo provato dal fatto ora esposto, in cui ottenne di fratturare di nuovo V omero di già consolidato, e provveduto di una consoli» dazione, avuto riguardo all’ età fresca dell’ inferma, da offerire una resistenza per cerlo non minore di quella che avrebbe presentato 1’ omero stesso se fosse stato sano. Ciò dimostrano pure, egli dice, altri due casi di lussazione traumatica del femore,.i quali col solo aiuto, delle sue mani egli potè rimettere, sebbene uno di essi datasse da 37 giorni; dei quali fatli importanti avendo tenuto al» tra volta discorso a questo Consesso nel Gennaio del- anno 1855, soltanto gli occorre di ricordarli in questo suo applaudito lavoro , per meglio dimostrare la convenien- za della rottura del callo deforme, in altri casi simiglianti che ai Chirurghi potessero presentarsi. 13.% Sessione ordinaria. 12 Febbraio 1857. Legge il chiarissimo Prof. Cav. Gaetano Sgarzi una dissertazione che porta per titolo = Esame Chimico di Macchie particolari di apparenza sanguigna, e delle Mac- chie in generale prodotte da vero Sangue =. Condiscendendo all’ invito. dell’egregio. Dott. Cesare Ta- ruffi, Accademico procedeva all’ esame di macchie particolari che si osservano nelle pezze, a mezzo delle quali si applica agl’ ipocondrii un cataplasma preparato con Verbena fre- sca, albume d’ uovo, farina di fava, e farina d’ orzo; macchie che, somigliando moltissimo quelle da trasudamen- to di sangue, mantengono tuttora l’ idea antica, che 1—————— Ma 47 realmente da questo provengano, e che da questo tutta l’ attività risulti del cataplasma medesimo. Moltiplici sperienze istituite su tali macchie e su altre provenienti da vero sangue, seguendo i più rinomati pro- cessi analitici, non riuscirono a comprovarne la differenza. Allora 1° Accademico pensò a modificare il metodo di Hoff, sostituendo principalmente il solfocianuro di potassio al ferrocianuro impiegato da questo Chimico per esplorare la presenza del ferro. Sospese pertanto le pezze macchiate nell’ acqua distillata , trattò il liquido coll’ acido nitrico » incenerì i precipitati, e dopo l’ acido idroclorico adoperan- do il solfocianuro di potassio, non ottenne alcun indizio di ferro dalle ceneri delle macchie da Verbena. Tale fatto decidendo della mancanza del ferro nelle macchie prodotte nelle pezze dal cataplasma di Verbena , somministrò un dato positivo, onde poter giudicare che le medesime non provengono altrimenti da sangue. Trovò poi che proveniva- no da un principio colorante della Verbena stessa: peroc- chè, preparato il cataplasma suddetto di Verbena, e man- tenuto fra pezze per alcun tempo in una stufa a tepido calore, esso le macchiò siccome fosse stato applicato sulle parti affette da malattia ; non così il cataplasma preparato senza Verbena. Onde 1° applicazione di esso cataplasma è a dichiararsi del tutto empirica , quando da altra attività , fuorchè dal supposto trasudamento sanguigno, non possa esserne giustificata l’ indicazione. Ma le macchie da verbena non fornivano più che I’ occasione agli studi dell’ Accademico, il quale mirava all’ importantissima questione della discriminazione delle macchie da sangue ne’ giudizi criminali. Cercava un pro- cesso per le macchie da sangue tanto su di un tessuto qualunque, che sul legno , sul ferro; tanto se recenti 0 d’ antica data, se visibili o appena tracciate, se integre 0 dilavate; tanto di realtà, o da vero sangue, che di appa- renza, o da materie coloranti diverse, Il processo, ch’ Egli 48 Irovò, consiste unicamente in esporre al gas cloro entro vasi a tappo smerigliato gli oggelli macchiati, inumiditi innanzi, e per lo spazio di poche ore; e dal quale proces- so si ha un indurimento notevolissimo nel corpo della macchia, fosse pure scolorata e slavata, oppure si ha del- I annerimento od imbrunimento di colore sensibilissimo, distintivi dei due principali elementi del sangue, della fibrina cioè e della ematosina. = $i potrà opporre ( Egli dice ) che il processo non è applicabile in tutti i luoghi dove possono essere macchie sospette di sangue, siccome nei muri, nelle armi, in o0g- getti di grande mole, e da dove non si possono le dette macchie intatte esporre al cloro, come porta il processo medesimo. A ciò può supplirsi col sostituire al cloro in forma di gas l’ acqua clorata, da bagnarne di frequente le macchie per un dato tempo, o da soprapporne uno strato sulle macchie mediante un cerchietto di cera formantevi una specie di capsula. Si potrà opporre che 1’ indurimento che vuolsi carat- teristico in questo processo, trattandosi di esili macchie, si rimarrà facilmente confuso col rassodamento che in cer- to modo acquistano tutti i tessuti stati esposti al cloro fino ad un tal dato punto; che dove non trattasi di tessuti, ma di corpi duri per sè, sarà difficilissimo lo scorgere quest indurimento, e lo assicurarsene ; e lo stesso avverrà del farsi più scuro il color delle macchie pel cloro, che sarà notabile solamente quando le sono intense, mentre quando le fossero appena discernibili pel colore, tutto scom- parirà invece, e nulla si otterrà di distintivo. AI che è da rispondere, che I indurimento della macchia ne’ corpi so- lidi e duri può conoscersi abbastanza ancora col procurare di raschiarla, e coll’ osservarvi assunto 1’ aspetto d’ una vernice ; che, riguardo ai tessuti, la diligenza del tatto, oltre il confronto con altri non macchiati e sottoposti al medesimo lraltamento, può bastantemente giovare; e che 49 pel resto non si dà miglior fortuna d’ esito in tulti i fe- nomeni che vengono dagli altri processi, onde tutt al più questo va del pari con quelli, e soltanto può esservi di risorsa, come per tutti i processi egualmente , il cumulare i fenomeni rispettivi che si possono ottenere dalla varietà de’ processi medesimi chiamati in aiuto =. Tale è il processo, che la filantropia dell’ Accademico gli faceva ricercare, e la sapienza chimica faceagli rinve- nire, allo scopo di agevolare alquanto le difficoltà immen- se della discriminazione del sangue. Sessione straordinaria. 17 Febbraio 1857. Si sono riuniti gli Accademici Pensionati all’ oggetto di eleggere un Membro del loro Ordine in sostituzione del fu Prof. Francesco Orioli. Sono proposti gli Accademici Onorarii Chelini Prof. P. Domenico , Palagi Dott. Alessandro , Santagata Prof. Do- menico, fra’ quali resta eletto il Santagata. 14.° Sessione ordinaria. 26 Febbraio 1857. Legge 1’ illustre Prof. Commend. Antonio Bertoloni la sua Miscellanea Botanica XVIII. | Descrive in essa ed accompagna di figure sei specie nuove, tre italiane, e tre esotiche, delle quali trascrivia- mo la frase. . LI Classis Hexandria. Ordo Monogynia. Ord. nat. Myrsinaceae A. De Cand. Genus Scleroxylon. €haracter generis. Calyx sexfidus, laciniis tribus in- ternis, alternis. Corolla sexpartita, calyce brevior. Stamina sex, sita contra lacinias corollae. Amygdala drupam implens. 4 50 Habitus. Arbor grandis. Folia sparsa, coriacea. Flores axillares , fasciculati. Observ. Willdenowius inslituerat genus Scleroxylon, quod postea abolitum, et species ejus ad Myrsine transla- tae sunt. Igitur novum, diversumque genus Sclerorylon hic exhibeo. 1. ScLERoxyLoN edule. Nuève Caffris. Arb. Habui ex Inhambane Mosambici ab Eq. ForNAsINIO. Arbor ingens ex litteris Fornasinii. Caudex, et rami teretes, glabri, corlice quidquam cinereo , ligno duro, al- bo. Rami alterni, juniores tantum minutissime puberuli, et veluti pulveracei. Folia coriacea, sparsa, mediccriter petiolata, oblongo-ovata , alia obtusa, alia emarginata, ba- si angustiora , margine inlegra, et subrevoluta, supra gla- bra, pallide viridia, subtus tomentosulo-argentina , uniner- via, venis numerosis, tenuibus, patenter obliquis, simpli- cibus, parallelis. Petioli tres-quattuor lineas longi, supra canaliculati, juniores furfuracei. Flores axillares, fascicula- to-subseni, pedicellati , alii retroflexi, alìi cernui, alii ere- cti in eodem fasciculo. Fasciculi prodeunt e squamis gem- maceis, parvis, subrotundis, concavis, deciduis ; saepe videntur extrafoliacei, quia folium delapsum est. Pedicelli sesqui-bilineares , pubescentes , flore longiores , superne sen- sim sensimque paulo crassiores. Flores parvi, vix ultra lineam longi, Calyx sexfidus, pubescens, laciniis ovatis, obtusis, raro acutis, tribus interioribus, alternis, paulo minoribus, primo omnibus conniventibus in clavam , exte- rioribus superimpositis divisionibus interiorum, postea, et praesertim in fructu patulis, persistentibus. Corolla alba, calyce paulo brevior, sexpartita, laciniis linearibus, apice subspathulatis, et incurvis, appendicibus nullis. Stamina 51 sex, corolla paulo breviora, sita contra lacinias corollinas, praedita filamentis tenuibus , filiformibus , glabris. Ovarium exiguum, ovale, hirsutum villo canescente, sursum verso. Stilus erassus, longitudine ovarii, rubescens. Stigma sim- plex, truncatum, obtusum. Drupa tecta cortice chartaceo , tenui, pubescente, demum glabrato, dum arescit facile secedente, ovalis, perfecta calyce quintuplo , vel sextuplo longior, terminata stilo attenuato, diu persistente, postea deciduo. Amygdala ejusdem formae ac drupa, eamque im- plens, compacta, dulcissima, et grate edulis, sicca rufe- ‘scens, et rugulosa. Haec species, quamvis hexandra , tamen ob affinitatem cum aliis Myrsinaceis ad Pentandriam videtur transferenda. Nomen genericum ejus a duritie ligni petitum. Classis Didynamia. Ordo Angiospermia. Ord. nat. Verbenaceae R. Brown. Genus Bruschia. Character generis. Calyx compressus, cuneiformis, su- perne truncatus. Corolla bilabiata , tubo cylindraceo, fauce non inflato , labio superiore bifido, inferiore trifido. Stami- na inclusa in fauce corollae. Capsula dicocca, valde com- pressa, suborbicularis, rostellata. Cocci monospermii. Se- men orbiculare. Habitus. Caulis tetragonus. Folia grandia, ovata, sub- integra. Flores parvi, fasciculati in apice pedunculi , bracteis communibus involucrati, propriis nullis, 2. BrRuscHIA macrocarpa. Gogòna Caffris. Frut. Habui ex Inhambane Mosambici ab Eq. For- NASINIO. 52 Caulis, ramique acute. tetragoni, ramis oppositis. Fo- lia grandia, scilicet tres’ pollices longa, duos, vel paulo ultra lata, ovata, acuta, vel acuminata , breviter petiolata , integra, aut uno alterove dente insculpta, pallide viridia, uninervia, venis ramosis, adscendentibus, venulis confluen- tibus instructa. Racemi terminalis, et laterales, opposite ramosi, axillares, longe pedunculati, ad ramificationes in- feriores foliosi, foliis caulino similibus, sed minoribus. Dantur etiam racemi simplices, sive pedunculi apice tan- tum floriferi. Flores pedunculis, vel pedicellis terminales, fascicu-- lato-quaterni, fasciculis modo solitariis, modo duobus-tri- bus coadunatis. Bracteae unumquemque fasciculum involu- crantes quattuor, cruciatae, foliaceae, late ovatae, acutae, aut acuminatae, smbinde ovato-lanceolatae, externis dua- bus majoribus. Flores parvi. Calyx monophillus , corollà brevior, compressus, cuneiformis, superne truncatus, et integer, ora densius hispidula. Corolla in sicco videtur crocea, Ejus tubus aequaliter cylindraceus, calyce longior, fauce non infilata; limbus bilabiatus, labio superiore bifi- do, inferiore trifido. Stamina inclusa in fauce corollae. Ovarium liberum, sessile. Stilus filiformis, corollà paulo brevior , apice incurvus. Stigma breve, crassiusculum, bi= filum. Capsula perfecta in utroque diametro quinque-sexli= nearis, late subrotundo-ovata, rostello brevi mucronata , compressa, dicocca, coccis valvaeformibus, connatis, pa- rallelis, demum secedentibus, unilocularibus , monosper- miis, extus viridibus, scabridis, mervo diremptis, nervu- lisque lateralibus pluribus strialis, qui superne abeunt in ramulos reticulato-confinentes, inius pallenti-albidis, et ra- - chide media, quae productio stili, conjunctis. Semen la- tum, subrotundum, compressum, multam partem loculi occupans, sed infra marginem cocci spatio unius lineae desinens. Tota planta sursum hispidulo-scabra. Caffri uiuntur floribus hujus plantae ad oryzam bulli= tam, quam Zuldo vocant, colore croceo lingend m. 53 Genus collocandum post Lippiam. Dixi in honorem Cl. Dominici Bruschi in Licaeo magno Perusino Botanices, et Materiei Medicae Professoris. Classis Diadelphia. Ordo Decandria. Ord. nat. Leguminosae Juss. 3. TuepuRosIA ictyneca: caule striato; foliis abrupte pinnatis; subseptemjugis, foliolis ovato-lanceolatis , acumi- natis; stipulis lanceolatis; pedunculis brevibus, sulcatis ; racemis multifloris. © Mzagahaga Caffris. Perenn. Habui ex Iuhambane Mosambici ab Eq. For- NASINIO. Caffri utuntur hac planta ad pultem conficiendam, quam conjiciunt in flumina, et lacus ad pisces ita necatos sibi comparandos. Classis Cryptogamia. Ord. Filices Linn. et Willd. 4. Acrosticum microphyllum: fronde longiuscule sti- pitata, circumscriplione lanceolata , inferne tripinnata, su- perne bipinnata, foliolis exiguis, subrotundis, convexis, integris, supra glabris, subtus dense villosis. Ital. Acrostico minuto. Perenn. Habui ex saxosis montis Mavore in districtu Forocorneliensi a TaAssinaRIo, qui ‘primus detexit. Floret aesate. 54 6. ScororENDRIUW dreve: pygmaeum; stipite superne nudo; fronde cordata, subrotunda, oblongave, crenata, auriculis rotundatis, deorsum versis, Ital. Scolopendria raccorciata. Perenn. Habui ex insula Caprearum a Prof. Giratpio. Fructificat Augusto, Septembri. 6. PreRIS vulcania : fronde pinnata, pinnis lanceola- to-linearibus , linearibusve, margine planis, integris, basi leviter oblique cordatis, auriculis parvis, nullisve. Ital. Felce de’ fumaiuoli. Perenn. Habui ex regno Neapolitano, et ex Sicilia. Fructificat ab aestate in serum autumpum, Alla descrizione di queste sei specie di piante pre- mette l’ Accademico un eruditissimo discorso, dove parla del Melagrano sotto 1’ aspetto filologico, geoponico e bota- nico. Mostra come fosse noto non solo a’Carlaginesi, a’ Ro- mani ed a’ Greci, ma agli Ebrei, agli Egizii, agli Assi- rii, e come vi sì anneltessero idee religiose. Sopratutto lo troviamo prescritto nell’ Esodo, quale ornamento alla tona- ca del Sommo Sacerdote. = Deorsum vero, ad pedes ejus- dem tunicae, per circuitum, quasi mala punica facies, ex hyacintho , et purpura, et cocco bis tincto, mixtis in me- dio tintinnabulis, ita ut tintinnabulum sit aureum, et ma- lum punicum: rursumque tintinnabulum aliud aureum, et malum punicum. Et vestietur ea Aaron in officio ministe- rii, ut audiatur sonitus quando ingreditur, et egreditur Sanctuarium in conspectu Domini, et non moriatur =. V° ha alcun moderno, il quale congettura che tanto i me- lagrani, quanto i campanelli fossero di ricamo attorno al lembo della tonaca: ma campanelli ricamati sarebbero stati 55 così acconci a mandar suono, come i pasticci dipinti a saziar |’ appetito degli attori comici. Eran dunque campa- nelli effettivi: e i melagrani erano veri palloncini di bisso aventi la forma di quel frutto, quasi mala punica. Giuseppe Flavio opinava, che le melagrane significas- sero i lampi, e i sonagli lo strepito de’ tuoni. Ma conver- rebbe supporre l’ una delle due, o che i tuoni nella Pa- lestina fossero molto deboli, o che que’ sonagli fossero come il campanone della nostra Metropolitana. Con più verosimiglianza il ch. Lanci vi trova figurato l’ odore di sante azioni, e il suono di sante lodi. Ma a questo punto la questione diventa di pertinenza degli studi sacri, ed estranea al nostro istiluto. 15.° Sessione ordinaria. 5 Marzo 1857. Il Chiariss. Professor Domenico Santagata legge = Di un Monte di Arkosia che si trova in Barzanella = luogo situato alla destra del Reno fra Castiglione e Vergato. È una vera maraviglia, Egli dice, il trovare colà in mezzo ai terreni del Calcare compatto e delle Argille scagliose un gran monte piramidato ed acuto della circonferenza di cir- ca due miglia, che agli occhi del volgo par tutta ghiaia minuta e soitile, legata insieme e congiunta dal più forte cemento, e che realmente è un Puddingo o Aggregato di piccoli ciottoletti, la più parte di quarzo e non pochi di calcare di schisto argilloso con frequentemente ancora la mica spesso talcosa, ed il cemento è al tutto siliceo. Il nome di Arkosia fu dato a questa roccia dal celebre Ranzani che ebbe a vederla in un masso erratico proveniente dal Reno, e si conserva ad essa roccia quel nome per riverenza an- cora a quell’ illustre. Il monte di Burzanella inoltre si tro- va essere stratificato, ma a strali di potenze molto inegua- li, e tutti sommamente elevati per non dir raddrizzati da 56 Levante a Ponente, è tratto tratto alternati gli strati dì Arkosia con altri di macigno, per quanto almeno ne sem- bra all’ aspetto esterno di esso monte, il quale è pur rico- perto quasi per tutto da boschi di castagni o da prati , ingombro nondimeno qua e là da rottami e da massi caduti dall’ alto. Notabilissimo poi è che frequentemente in quei rollami si veggono chiare e palesi le vestigia come di fuo> co vulcanico , ridotta la Roccia ad uno stato come di sco- ria cavernosa 0 porosa, con entro non raro il ferro piri+ toso e il manganese, e dentro a quella specie di scoria si rinvengano ciottoli calcari convertiti in silicati di ferro e di manganese ed in ocra, ed altri nel punto del lor pas- saggio allo stato di Argilla scagliosa. Poste le quali cose è ben facile il vedere le molte quistioni scientifiche che si presentano intorno all’ origine colà fra il calcare e le ar- gille di un monte così singolare. Passa pertanto 1’ Autore ad esporre le congetture di» verse che si possono fare sull’ origine in prima di quella roccia formata di ciottoli silicei e calcari legati da pasta silicea, e poscia sull’ epoca del sollevamento che di essa è avvenuto : dove con molte ragioni sostiene che non è quel- la roccia proveniente da uua alluvione che di lontano ne portasse gli elementi dei quali si forma, ma che invece sia stata, come dire, creata nel luogo stesso dove si tro- va e dove era prima il terreno del calcare compatto e del macigno. Immaginando che forse un improvviso cratere co- là si formasse, nel qual sobbollendo |’ acqua sgorgata e le materie muove diverse emanate si producesse 1’ impasto che ora vi resta. » In questo di Burzanella, Egli dice, io » considero che abbia prevalso la silice; e messi insieme » ad agire il forte calore, il vapor d’ acqua , la silice nuova » sublimata e disciolta, e il tramestio continuato e violen- ) to del tutto, nulla più si richiede ad intendere come il » calcare si riducesse in frantumi che nell’ attrito si fa- » cessero ancora rotondi, restando molti angolosi, e come 57 è gran parte di essi si riducessero iù diaspro «od in quar= » zo, altri solo per gradi vi fosser condolti, altri ancora » sfuggisser Il’ azion tramutante, e come la silice nuova » s° agglomerasse essa stessa in granella di quarzo ialino ) e feldspato, e si facesse la mica ed il talco, e si aves- » se materia tùlla acconcia a formare il cemento siliceo. » Ammesso poscia un riposo si spiega, con poche e spontanee avvertenze che s’ aggiungano, come si facessero i banchi che dopo altro tratto di tempo e per altra forza inferiore fossero rotti e sollevati, potendosi pure indicare la direzione dell’ urto, il quale vuole 1’ Autor che avvenis- se nell’ epoca del sollevamento dei serpentini di seconda eruzione. In questo secondo periodo delle vicende del monte si pensa ancor dall’ Autore che la roccia in molti punti fosse ridotta a quello stato di scoria che sopra si è detto. Ma che questo però non avvenisse per forza di in- tensissimo fuoco come potrebbe sembrare, mentre Ie espe- rienze sopra la roccia stessa eseguite esponendola a un ca- lore ardentissimo, escludono affalto questa opinione: ben- sì è probabile che l inscoriamento, per così dir, della l'occia sia stato |’ effetto di effluvi di acidi forti, e di me- talli, e di zolfo, e di silice i quali correndo o serpeg- giando per essa roccia distruggessero i ciottoletti calcari, ed altri ne convertissero in silicati, metalli ed in argilla scagliosa. Anche questa opinione si è V Autore studiato afforzarla ‘coll’ esperienza appunto degli acidi sopra la roccia, la qua- le per questo solo mezzo si fa così cavernosa 0 porosa come è appunto la scoria. Chiudesi infine la Memoria con breve ragionamento sopra 1 origine della terra vegetale che veste il monte, e sopra I uso da farsi del puddingo del monte medesimo, e sopra le utilità che di esso si avran- no, avendosi in esso un materiale che senza dubbio è mi- gliore di tutti gli adoperati da noi a selciare ie strade. ZI 58 16.3 Sessione ordinaria. 12 Marzo 1857. L’ Accademico Piani Iegge (oltre un’ Appendice al- l’ Elogio storico del Prof. Luigi Casinelli, di cui nella sessione 22 Novembre 1855 ) una Nota di Geometria Ana- litica, ove risolve vari problemi intorno a’ Circoli tangenti ad una terna di Rette variabile con data legge, e discute le linee che risultano come luogo geometrico de’ centri de- gli stessi cerchi. Quindi è ammesso dalla Presidenza l’ Eccellentissimo Dott. Cesare Belluzzi a comunicare un suo erudito e giu- dizioso Lavoro, di eui rendiam conto. Scriveva nei decorsi anni il Chiarissimo Prof. Medici, che le osservazioni, e gli studi praticati al fine di togliere affatto o diminuire il numero dei falsi o degli inverosimi- li, servono assai bene alla scoperta di quelle verità che si ricercano; e che quantunque quegli studi sieno di effetto negativo, tuttavia giovano moltissimo al progresso delle mediche scienze. Questa opinione trova poi ogni giorne la conferma e I’ appoggio dei fatti, dopochè il giornalismo si propose di pubblicare con molta facilità, e curò di dif- fondere certe pretese scoperte, le quali poi bene esaminate e studiate, non sussistono alla prova dei fatti veri; quindi se non venissero tolte sarebbero di danno reale alla cura di alcune infermità. i Forte di questa verità il Dott. Belluzzi, ha stimato di piacevolmente intrattenerne l’ adunanza, dimostrando con necroscopie da esso praticate nel grande Ospedale, e colla raccolta di altre tratte dall’ opera del Morgagni, e del Fuchs, e pubblicate dal Chomel!, la fallacia di una pre- tesa scoperta di Trousseau, risguardante le condizioni pa- tologiche delle varie forme di apoplessia. Richiamando a nuova vita una idea di Recamier, annunziava il predetto Lal 59 Trousseau, avere sempre verificato, che quando nell’ apo- plessia 1’ intelligenza , il moto, e la sensibilità sono nello infermo simultaneamente e profondamente alterate, vi è sicuramente emorragia cerebrale ; e che quando insieme ad abolizione più o meno completa del moto, vi è conserva- zione ed integrità della intelligenza e della sensibilità, al- lora il medico può credere ad un rammollimento cerebra- le; perciò esservi nella emorragia consonanza fra i sinto- mi; invece nel rammollimento riscontrarsi dissonanza ma- nifesta dei medesimi. Stabilitosi dal Belluzzi, che per apoplessia egli intende quello che credevano gli antichi, cioè una malattia carat- terizzata da improvvisa perdita di senso e di moto, più o meno estesa, più o meno completa, più o meno durevole, prodotta nel maggior numero dei casi da uno spandimento sanguigno nelle membrane cerebrali, nei ventricoli, o nel- la sostanza deil’ encefalo, egli ne esclude quel concetto che alcuni moderni vollero attribuirle, estendendolo allo stravaso di sangue entro la trama di un organo, e di un parenchima qualsiasi. Espone quindi il Belluzzi 1’ autopsia praticata ad un giovine di 34 anni, un tempo cocchiere, il quale avendo subìta per non breve tempo una puniliva reclusione in un carcere, tornato poscia in Bologna nell’Aprile 1856, si in- fermò, anche in seguilo di forte patema sofferto. Preso dopo ciò da istantanea diminuzione di vista in due giorni divenne amaurolico. Accolto nello stesso giorno nello Spe- dale Maggiore presentava i seguenti sintomi: Perdita com- pleta della conoscenza, con sopore continuo e profondo ; emiplegia sinistra tanto di moto, quanto del senso; le pu- pille dilatate; i polsi piccoli; la calorificazione naturale ed eguale per tutto il corpo ; il volto era. pallido ten- dente al gialliccio; e quantunque 1’ individuo fosse. ab- bastanza nutrito, mostrava però un mal/us habilus, dovu- to probabilmente alla recente prigionia. Nei cinque giorni 60 che visse nello Spedale, non mostrò mai di intendere, nè proferì alcuna intelligibile parola, e peggiorando sem- pre si manifestarono prima della morte i fenomeni della più grave apoplessia. L’ autopsia presentò rammollimento cerebrale al lobo anteriore e superiore, sino alla sua par- le media. Il diametro maggiore del tratto rammollito , che era dall’ alto al basso, corrispondeva ad un pollice cir- ca. I limiti di esso mon si potevano bene determinare, giacchè finiva insensibilmente. Le membrane erano ingor- gate solamente in corrispondenza del rammollimento indi- calo; nessuna punteggiatura eravi nel cervello, ed il re- sto dell’ organo fu trovato normale. In questo individuo , riferisce il disserente, non man- cava certamente la consonanza del Trousseaù , per cui se- guendo la formula da esso proposta , sì sarebbe digno- sticato trattarsi di emorragia cerebrale : facendo invece il debito calcolo di tutte le apparenze cachetiche del sogget- to, e della reclusione patita, in quanto alle cause, del- la qualità dei polsi, che erano deboli, e della mancanza di segni di congestione fra i sintomi, sarebbesi inclina- to per il rammollimento. La incertezza della legge del Trousseau, che il Bel- luzzi ha cercato di dimostrare colle osservazioni, altri lo fecero col semplice ragionamento. Per vero dire il Sig. Dott. Alberinto Beccari ( Raccoglitore Med. Chir. di Napoli fasc. di Febb. 1856) partendo dalla dottrina della moltiplici- tà degli organi del cervello , dice che le manifestazioni morbose indicate dal Trousseau, non possono indicare la qualità o natura della alterazione dell’ organo, ma solo l’ estensione del processo; o in altri termini il maggior o minor numero di sintomi non indica emorragia piut- tosto che rammollimento , ma estensione maggiore o mi- nore della alterazione. Alla quale sottile obbiezione rispon- de il disserente, che ammettendo ancora la pluralità de- gli organi cerebrali non ne discende, che avendosi un 61 rammollimento od un’ emorragia nel medesimo punto del cervello si debbano avere i medesimi sintomi , perchè il modo d’ agire delle due affezioni è spesso ben differente. Nel rammollimento infatti, se non è molto avvanzato, la tessitura cerebrale non è sempre lacerata e divisa; men- tre nell’ emorragia, un poco rilevante, della sostanza cere- brale questa lacerazione è più o meno evidente. Nel ram- mollimento le parti ad esso adiacenti non soffrono distra- zione 0 spostamento, perchè parli nuove non sono vera- mente venute nel cranio; mentre nell’ emorragia il sangue versato viene ad occupare uno spazio dal quale sono allon- tanate parti del cervello che lo occupavano; le quali pure alla loro volta comprimono altre parti più lontane. Ed ol- tre le differenze che risultano dal vario modo di agire del rammollimento e della emorragia cerebrale, allorchè essi si trovano nel medesimo punto del cervello, ne possono esi- stere altre derivanti da circostanze che non sono loro co- muni, fra le quali quella, che il rammollimento non può avvenire che nella sostanza del viscere, mentre |’ emorra- gia può succedere entro le sue cavità senza ledere quasi punto il cervello. Ritiene pertanto il Belluzzi, che si possono dare casi di emorragia cerebrale senza che e senso e moto, ed intel- ligenza siano tutte alterate; meno poi che lo siano profon- damente e contemporaneamente; e ritiene possano queste manifestazioni morbose trovarsi tutte nel rammollimento : ciò comprovandolo la predetta, ed anche altre osservazioni sue proprie , oltre quelle degli autori sunnominati. Dal che ne deriva che il nuovo segno diaguostico della consonanza e dissonanza dei sintomi nel differenziare | emorragia cere= brale dal rammollimento tanto encomiato dal Trousseau, può ben essere tenuto a calcolo come segno probabile nel ram- mollimento acuto, e in concorso di tutte le altre cognizio- ni possedute dalla scienza; ma non doverglisi poi dare quel valore assoluto che vorrebbe gli fosse attribuito. 62 17.* Sessione ordinaria, 26 Marzo 1857. Il Presidente comunica al Consesso una lettera diret- tagli dall’ Accademico Pensionato Prof. Cav. Michele Medi- ci in data 15 corrente, con cui accompagna il dono di preziosi Manoscritti d’ Antichi Accademici, da essolui pos- seduti, fra” quali alcune schede del celebre GALVANI, ed inoltre profferisce la somma di scudi cento da erogarsi in aumento della premiazione Palcani di quest’ anno, ove pu- re l’ Accademia non trovi meglio usarne per altri suoi bisogni. Viene incaricato il Segretario dì porgere all’ illustre Ponatore le debite grazie a nome del Consesso. L’ Accademico Pensionato Cav. Paolo Predieri, cui spettava di turno, adempie all’ obbligo dell’ annua dis- sertazione leggendone uno Studio storico comparativo în- terno al consumo delle carni nella Città di Bologna. Dappoichè il Tholozan, il Boussingault, e lo Schar- ling, dimostrarono con recenti opere la convenienza e la utilità degli studi relativi al valore nutritivo, e ai dati ana- litici delle varie sostanze alimentari, e che di queste, ma specialmente delle appartenenti al regno animale, diedero le più precise notizìe, circa alla quantità di azoto e di car- bonio che contengono, dimostrandone quanto influisca , e come sia necessario che gli alimenti siano assorbiti dagli intestini sotto la forma proteica, sorsero in varie città de- gli altri osservatori, i quali con pari esattezza, e buon discernimento , diedero opera per raccogliere dati positivi e precisi, onde conoscere la qualità e quantità delle varie sostanze alimentari che servono alle popolazioni. Furono questi il Payen, il Mélier, il Robinet, il Boudin per la citià di Parigi, il Loiset per quella di Lilla, il Bergasse per la città di Rouen, il Ducpectianx per quella di Bruxelles, 63 per tacere di altri che in Inghilterra, in Germania ed in Isvizzera, seguendone questi studi tennero conto degli ani- mali che si uccidono, delle quantità di carne che sommi- nistrano, e di quelle che ivi si consumano ; traendone po- scia utili conseguenze e dimostrazioni pratiche sulla mag- giore o minore robustezza e persistenza al lavoro degli operai di uno piuttosto che di altro paese, ed anco sul- la varietà degli altri effetti che si ottengono da speciali ali mentazioni date all’ uomo sedentario, od operante, ovvero a quello costituito in età infantile, anzichè nella età adul- ta o senile si convenga. Seguendone pertanto queste pratiche l’ Accademico Pre- dieri, primo di altri che siansi in Italia occupati di que- sto argomento, ha voluto esaurire il proprio penso, leg- gendone al Consesso Accademico una sua Memoria, nella quale dopo avere nella prima parte fatto parola della con- venienza ed utilità per noi di tale sorta di studi e di ri- cerche sull’ alimentazione tratta dal regno animale, e do- po avere riferito quali siano le razioni o porzioni e quali- tà di cibo in oggi dimostrate dalla esperienza maggior- mente utili all’ operaio lavorante o sedentario, si fa nella seconda parte del suo lavoro ad esporre i risultamenti della proprie ricerche, e le conseguenze che da quelle credesi potere derivare. E prima d’ ogni altra cosa 1’ Accademico ri- volge le sue cure a conoscere il quantitativo delle varie qua- lità di bestiami da macello che si uccidono e consumano nella città di Bologna, la quantità del pesce e delle altre sostanze animali che si introducono , e col seguire l’ e- sempio del Bizet, ha esperimentato ancora quale sia la la quantità delle carni che sì ricava per medio termine dai predetti animali bovini, suini, e pecorini, riportando- ne le cifre dicontro a quelle riferite dai predetti scrittori, onde stabilirne una proporzione ed un relativo confronto. E per meglio riescire nel proprio intento, ed anche allo intendimento di giovare ai propri concittadini, estese 64 il Predieri le proprie ricerche sopra altri quesiti che a a questo argomento prestano il loro appoggio e concor- so, in quanto che strettamente lo riguardano , riportando» ne aneora i risultati in parecchie tabelle, ove sommaria= mente trovansi inseritte le cifre relative. La prima tabella dimostra la quantità e qualità dei bestianìi che esistevano nel decorso anno 1855 in ogni Co- mune del bolognese, poste al confronto delle quantità che si avevano negli anni 1828, e 1840. Da quella tabella I Accademico trae argomento per dire che gli aumenti avuti nei bestiami, non sono proporzionati allo aumento av= venuto nelle popolazioni e nei consemi attuali della bolo- guese provincia. La seconda tabella dimostra le qualità e quantità dei bestiami da macello che esistono presso quattro nazioni estere, e presso quattro italiane tenute fra le meglio prov-. vedute di questa qualità di cibo. Colla terza e quarta tabelta il Predieri pone al con- fronto le dette qualità dei bestiami, sia col numero degli ettari di ciascun territorio predetto, come delle popolazio-. ni diverse italiane e straniere che vi si comprendono. Finalmente colla quinta e colla sesta pone al parago- ne la quantità degli animali che si uccidono ogni anno. in Bologna, con allre dodici eîttà fra italiane e straniere; riferendone contro a ciascheduna la quantità di carne che per ogni individuo si consuma, e tuito ciò seguendone le cifre riferite dalle opere del Boudin, del Payen e degli al- tri predetti osservatori che scrissero sulle varie specie di alimentazione e sugli effetti prodotti dalle varie qualità loro. Infine riportandosi ad alcune notizie patrie, trae motivo di far conoscere agli Accademici le quantità, e i consumi che si facevano in Bologna negli anni 1665 e 1781, è qua- Ji poichè si conoscono maggiori degli attuali, null’ ostante che la popolazione del bolognese territorio sia accresciuta notevolmente, inducono però a pensare, essere giunto il 65 momento , che anche gl’ italiani, scuotendo la ruggine degli usi omai troppo antiquati, si debbano fare imitatori delle nazioni più industriose, onde fra loro sorgano dei Tonckins e dei Backewel, dei Daubanton, dei Pabste, dei Dombàsle, dei Moll, e degli altri eccellenti allevatori, i qua- li arricchendo le nazioni proprie, di razze nuove utilissime, e di abbondanti prodotti, resero anche il loro nome illu- stre, e fecersi benemeriti della patria loro, e dell’ intero consorzio civile. 18.° Sessione ordinaria. 2 Aprile 1857. Esordisce nella carriera accademica il Dottore Don Giuseppe Rubbini con un importante lavoro d’ Analisi Su- periore, che intitola = Proprietà di alcuni determinanti minori — Applicazione alla teorica dei massimi, e dei minimi =, Presenta dapprima alcuni teoremi che ha rilevato in- torno ai determinanti funzionali, e ad altri speciali deri- vati: alcune formole dedotte pei valori degli elementi di questi ultimi lo hanno servito a porre sotto una forma par- ticolare il differenziale secondo totale di una funzione a più variabili indipendenti, e quindi a dedurre un criterio del massimo, e del minimo, che in confronto dell’ assegna- to fin qui, per una parte riesce facilissimo alla memoria, da non esservi bisogno o di dedurlo ogni volta che se ne ha d’ uopo, o di ricorrere a qualche autore per avere le formole , per l’ altra riesce alquanto più semplice nelle ap- plicazioni , allora particolarmente che le variabili sono mol- te. I teoremì poi esposti pei primi, e quella forma a cui ha ridotto il differenziale secondo totale di una funzione a più variabili, lo hanno messo in grado di soltoporre im- mediatamente ad un’ analisi generica il caso, che può in- contrarsi nella ricerca del massimo e del minimo per fun- zioni a più variabili, di non essere cioè sufficienti le 5 66 equazioni che si ricavano coll’ anpullare i differenziali pri- mi affine di averne determinati i valori delle variabili stes- se. Questo caso, che sotto un particolare aspelto era stato considerato dal Francais, viene analizzato dall’ Accademico assai facilmente, e con molta brevità, e generalità ad un tempo coll’ aiuto dei determinanti. 19.° Sessione ordinaria. 16 Aprile 1857. Legge il Chiarissimo Prof. Cav. G. B. Fabbri intorno ad una = Pelvi obbliqua-ovale esistente nel Museo Anato- mico della P. Università di Camerino =, caso della Pel- vis oblique ovata del Naegele; il qual caso offre 1’ e- sempio di deformità, rare ad incontrarsi separate, rarissi- me ad incontrarsi congiunte, e forse accumulate questa per la prima volta in una medesima persona. = Maria Pesci camerinese, da sani genitori nata, pervenne all’ età di 10, o 12 anni vegeta, robusta , e con tutte le apparenze di regolare struttura. Camminando un giorno sulle grosse pietre del letto di un rio, sdrucciolò, cadde, e patì grave offesa nella regione della giuntura cos- so-femorale destra. Nessun chirurgo venne chiamato a cu- rarla. Per alquante settimane giacque in letto; nè si giovò d’ altra medicatura oltre la volgarissima delle chiarate, Quando la cessazione del dolore glielo concesse, si alzò; ma i movimenti dell’ articolazione erano perduti, e la co- scia rimase piegata per sempre. Ond’ è che volendo pur toccare il suolo col piede , fu costretta a supplire alla brevità dell’ arto col curvare il tronco. — Nei primi tem- pi che seguirono il suo decubito, ebbe necessità di reg- gersi appoggiata ad un bastone; ma non varcò gran tem, po, che potè farne a meno. Di 24 anni andò a mari- to, rimase incinta, arrivò al termine della gravidanza e. sjette in soprapparto non pochi giorni, ferma nel rifiu- to di qualsiasi operazione. Tre giorni dopo la rottura delle 67 membrane venne a morte. — Il feto, per vero, uscì sen- za l’ aiuto dell’ arte poco dopo estinta la madre; ma rac- contasi che fosse rammollito dalla putrefazione, e portasse nel capo i segni manifesti dello stentato passaggio per l’ angusta trafila attraversata. Il benemerito Prof. Casali, di questa povera donna conservò la pelvi coi due femori, e di più, unite al sa- cro, le sette vertebre inferiori. Meno il femore sinistro che è separato, e meno il femore destro che è unito al- l’ osso innominato per anchilosi perfetta o sinostosi, tut- te le altre ossa sono insieme congiunte per legamenti naturali. In questa pelvi esiste 1° anchilosi perfetta di una sin- fisi sacro-iliaca, ed è la destra. Ciò nondimeno, alla de- stra del promontorio del sacro, e lontano da esso due o tre linee meno di quello che dall’ altro lato ne sia distan- te la sinfisi sacro-iliaca sinistra, a chi ben guardi si fa manifesta , nell’ orlo dello stretto superiore , una lieve trac- cia, che, quasi a modo di superficiale sutura, sembra es- sere indizio di antica sinfisi abolita in appresso. Il perchè nel caso nostro, benchè a prima giunta sembri che il sa- cro manchi di quasi tutta 1’ ala destra, meglio osservan- do, si scorge che la detta ala esiste realmente, ed è solo piegata in modo strano all’ innanzi, là dove si stacca dal promontorio. Di questa disposizione fa fede eziandio quel- 1’ ampio forame ovale, che pare aperto nella parte posterio- re dell’ ileo destro, ma che è in gran parte un avanzo di quello spazio vuoto, che dall’ altro lato vedesi chiaramen- te tra la parte più alta dell’ ala del sacro e la tuberosità dell’ ileo. La sinfisi del pube trasportata alla parte sinistra, in linea retta dall’ avanti all’ indietro, risponde alla metà del- la larghezza dell’ ala sinistra del sacro. Un’ altra linea, dal mezzo del promontorio, condotta direttamente all’ in- nanzi, incontra il ramo orizzontale del pube nella metà circa della sua Junghezza. 68 È da notarsì chele due incisure ischiatiche differi- scono appena l’ una ‘dall’ altra ; cosa che dipende dall’ es- sere il sacro non posto‘ verticalmente ,, ma inclinato al- quanto dalla base all’ apice verso 1° osso innominato si» nistro. Disposizione che d’ altronde è stata osservata qual- che volta dal ‘Naegele, ed. è rappresentata in più d’ una delle sue tavole, Merita pure menzione 1 angolo del pube non fatto angusto, non somigliante ‘a quello della pelvi maschile. Il mantenimento dell’ ampiezza di quest’ angolo è prodotto in gran parte dalla circostanza, che 1’ estremità inferiore dell’ ischio destro non è spinta in dentro e a sinistra; co- me mostrerebbe volerlo 1° appianamento trasversale dell’ os- so innominato ; ma è invece rovesciata all’ esterno. Tra le bozze degl’ ischi vi è dislivello, poichè Ja .de- stra rimane 7 linee più alta della. sinistra, mentre le due creste degl’ ilei sono orizzontali. Guardando il bacino dalla sua faccia posteriore; ognun s° accorge che Ja spina lombare e la spina del sacro, nel- Ja loro unione, formano un angolo ottuso, aperto a sini» stra, e valutabile a circa 160°, e la distanza che in sen- so trasversale passa dalla spina del sacro alla. spina poste- riore e superiore dell’ ileo, è minima a destra (lin. 3), e a sinistra è cinque volte più lunga ( pol. 1 lin 4). Le sette vertebre nominate, oltrechè costituiscono un pezzo di colonna inclinato a sinistra, formano tutte insieme un ar- co grandemente curvato ‘all’ indietro. Questa disposizione s’ allontana forte dalla normale; imperocchè nello. stato normale, cominciando dalla seconda .0 terza vertebra. dei Jombi e ascendendo sino alla settima o sesta cervicale, la colonna nella sua faccia ‘anteriore è concava. Tale dispo- sizione ad arco e aîl’ indietro della predetta porzione del- la colonna vertebrale doveva di necessità aver. prodotto 1’ effetto che in questa donna la pelvi presentasse un’ in clinazione fuori dell’ usato. eccessiva. 69 Ma la'cosa che colpisce maggiormente in questa por- zione di colonna, è la sinostosi che confonde in un pezzo selo i corpi di due vertebre, I’ ultima del dorso e la pri- ma lombare. | Un’ altra particolarità del pezzo patologico in discorso è Ja sinostosi della estremità superiore del femore colla ca- vità cotiloidea. La quale è accaduta per la produzione di un grosso ed abbondante strato di sostanza ossea che for- ma un pezzo solo, continuo, indistinto del collo del femo- re e dell’ osso innomivato. Nella corrispondente fossa ilia» ca interna si osservano alcune rilevanti scabrezze che de- rivano da nuove formazioni di sostanza ossea. E sembra doversi attribuire alla stessa causa la protuberanza della sottoposta parete cotiloidea, la quale è molto sensibile nel senso verticale; ma non lo è nel senso trasversale. Sono pure da ricordarsi due tubercoli ossei, che sorgono dalla faccia interna dei due pubi, ai lati della sinfisi che li congiunge. Del resto, nessun carattere sia di rachitide, sia di osteomalacia. Ora la sinostosi cosso-femorale, la sinostosi delle due vertebre, e la conformazione della colonna ren- dono la preparazione del Museo Camerte singolarissima e molto pregevole. Della prima sinostosi si può affermare che fu conseguenza dell’ offesa riportata nella. caduta; e intor- ‘no alla causa immediata della sua produzione, non si va di sicuro lontani dal vero riconoscendola in un lavoro flo- gistico al quale l’ osso innominato ha preso grandissima parte. Rispetto alla sinostosi vertebrale, reputo che non si possa ammettere come lavoro di primitiva formazione anor- imale. La colonna che in quel luogo, in chi è sano è con- cava, Qui è convessa , e questa convessità nom esisteva certamente prima della malattia patita dall’ articolazione dell’ anca; giacchè si sa che, prima che la fanciulla ca- desse nel rio, era formata della persona in quella gui- sa’ che lo sono le persone ben conformate., — Che se 70 considero lo sforzo per lungo tempo sopportato in quel luogo dall’ apparato fibroso e Jlegamentoso delle vertebre , confesso di sentirmi proclive assai al riconoscere, anche in questa seconda sinostosi, la derivazione da processo flogi= stico appigliatosi al tessuto tanto de’ legamenti, quanto delle ossa. Parmi contuttociò che sia forza ammettere in questo individuo una peculiare facilità alle produzioni 0s- see di nuova formazione. Quanto alla deformità dell’ osso innominato destro ; e quanto a quella del sacro; come ancora, riguardo al- l’ anchilosi vera della sinfisi sacro-iliaca destra, lascierò che altri giudichi, se in questo caso speciale sia lecito escludere affatto dal novero delle loro cause quella flogosi che ha dominato in modo non dubbio nei contorni della cavità coliloidea. Qualunque sia per essere |’ altrui senten- za, moi potremo almeno asserire che questo caso si toglie dall’ ‘ordine consueto anche per riguardo all’ anamnesi ;, imperocchè , a detto del Naegele, le violenze traumatiche non figurarono sino ad ora nella storia dei fatti che per- vennero a sua cognizione =. ‘Le misure prese dall’ Accademico si pezzo patologi- co lo rendon certo che = se all’ epoca nella quale accad- de questo fatto si avesse avuto notizia di ciò che il Naege- le pubblicò nel 1837, sarebbe stato facile determinare an- ticipatamente il genere della deformità. Sarebbe però stato impossibile fissare con qualche esattezza il grado di angu- stia della pelvi; e forse sarà facile che si arrivi un giorno a toccare questa perfezione di diagnosi =. = Concedetemi (continua il Fabbri ) di palesarvi un mio pensiero. Nella pelvi della Pesci, tra i diametri più importanti, il più corto è quello che corre dall’ una al- \’ altra spina dell’ ischio. Infatti non ha che pol. 2 e lin. 6. Nelle altre dieci pelvi descritte dal Naegele senza ommet- tere V indicazione del prefato diametro, otto volte varia dai pol. 2 e lin. 3, ai pol. 2 e lin. 11; due sole volte 71 supera i pol. 3, e una di queste pelvi è quella della don- na di Gissen che partorì sei volte felicemente. In questa pelvi il detto diametro è di pol. 3 e lin. 7 }. La conse- guenza più giusta di questa osservazione mi pare quella di cercare, se è possibile, il modo di rilevare, durante la vita, la vera lunghezza del diametro bis-ischiatico del- la scavazione. Che se la difficoltà non vi sembra facile a superarsi, allora io aggiungerò quello che segue, Noi conosciamo due fatti. Uno è la quasi costante cortezza eccessiva del diametro bis-ischiatico della scava- zione ; 1° altro è la funesta riuscita che hanno avuto i par- ti in circostanza di distocia dipendente da bacino obliquo- -ovale. Ciò posto, qualora l’ ostetrico, dopo praticata in una gravida la pelvimetria di Naegele , avesse fatto la dia- gnosi generica della deformità obliqua-ovale ; questa sola diagnosi mi parrebbe sufficiente per antorizzarlo a promuo- vere il parto prematuro, prima almeno della fine dell’ ot- tavo mese di gravidanza. Dalla quale regola non sarebbe per avventura prudente cosa allontanarsi, altro che quando tutte le parti e il complesso del bacino, nonostante la de- formità, presentassero sviluppo e grandezza non comune. I dati statistici, dai quali ho dedotto le conseguenze che precedono, se vengono stimati in ordine a mero valo» re numerico, per verità sono scarsi assai. E però mi per- suado che non pochi concorreranno nel desiderio , che in un maggior numero di bacini obliquo-ovali sia riscontrata la media lunghezza del diametro bis-ischiatico della scava- zione ; e che lo sia almeno in que’ 28, nel descrivere i quali il Naegele ha ommesso significarci quale ne fosse la lunghezza. Tuttavia anche nell’ aspettazione di somiglianti ulteriori documenti, non è forse al tutto impossibile pre- vedere ragionando la risposta delle desiderate ricerche. — Ecco in breve il tenore delle mie riflessioni. Il Naegele melte chiaramente sott’ occhio che la deformità obliqua-ovale 72 può combinarsi tanto con un bacino naturalmente grande, quanto con uno naturalmente piccolo. Nel primo caso, una deformità anche vistosa può non impedire il parto (e que- sto, non v ha dubbio, era il caso della donna di Gissen); mentre nell’ altro caso una deformità anche mediocre sarà cagione d’ ostacolo non lieve. Quindi Egli conchinde che il grado peculiare di angustia non dipende solo dal grado della deformità, ma dipende inoltre dalle dimensioni origi- narie della pelvi. Ora, i bacini grandi fuori dell’ usato, sa ognuno come s’ incontrino di rado. La cosa più con- sueta è, o che la pelvi sia di una comunale grandezza, 0 che pecchi piuttosto verso il piccolo che verso il gran- de. — Quando si avveri la congiuntura di un bacino che soverchi sensibilmente le consuete misure ( quand’ anche trovisi affetto dalla deformità in discorso ), un esame dili- gente potrà scoprire come le cose di fatto si trovino. Al- lora sarebbe intempestivo e riprovevole indursi ad opera che interrompesse il corso naturale della gravidanza. — Ma, quando la pelvi obbliqua-ovale mostri di appartenere origi- nariamente al novero o dei bacini di media grandezza, 0 di quelli che peccano per difetto, è molto facile che la deformità abbia (troppo più del bisogno ) ristretto il vano della scavazione ed accorciato il suo diametro trasverso o bis-ischiatico. — Nè si dimentichi, che, sebbene il famo- so Alemanno abbia parlato di restringimento dell’ angolo del pube, nel catino. della Pesci il detto angolo non era ristretto, e ciò nondimeno il diametro bis-ischialico suac- cennato contava soli pol. 2 e lin. 6. Egli è pertanto nella circostanza 0 di pelvi d’ usuale grandezza o di pelvi ten- dente al piccolo, e nello stesso tempo oblique ovali, che io propongo il parto prematuro. Lontano dal chiedere pron- ta e definitiva decisione, che mal converrebbe colla gra- vezza dell’ argomento , io chieggo soltanto che la mia pro- posizione sia esaminata e ciabtisa con severità riposata ed imparziale =. 73 20.8 Sessione ordinaria. 23 Aprile 1857. Si comunica al Consesso una Circolare di S. E. R. Monsignor G. Milesi Ministro del Commercio, quale Pre- sidente della Commissione Pontificia relativa all’ lIstmo di Suez, con cui fa appello anche all’ Accademia nostra , per averne proposte da prendersi in considerazione. Quin- di il Presidente nomina una Commissione composta degli Accademici Contri, Bertoloni figlio, Bianconi, Fagnoli e Piani, la quale debba presentare all’ Accademia un pros getto di risposta alla Circolare suddetta. L’ Accademico pensionato Prof. Giambattista Belletti legge una sua Memoria che ha per titolo = Osservazioni e considerazioni cliniche fatte sopra il Reumatismo acuto, e sopra il Calomelano, ed il Solfato di Chinina impiegati nella cura del medesimo =. Conviene il Chiarissimo Disserente nella maggior par- te delle opinioni professate dal Parmeggiani nella sua Memoria pubblicata in Reggio, e con questo autore, difinisce il Reumatismo » un’ affezione risultante da tre » diversi elementi; il primo vero efficiente, che potreb- » besi chiamare specifico, o se pur vogliasi chimico , » siccome quello che è manifesto per alterazione dei ma- » teriali di secrezione, con predominio di acidità, mes- » so in gioco dalla soppressa traspirazione in virtù del » freddo provato dalla cute, a cui vanno subordinati » gli altri due elementi cioè l’ iperemico, ed il nervoso ». Una tale definizione oltrechè pare all’ Accademico la più esatta, non è punto in contraddizione, anzi si accorda con quanto pensarono e pensano vari ed illustri antichi e mo- derni scrittori di medicina, i quali hanno più o meno ri- tenuto, che questa malattia abbia una natura propria e 74 specifica , che costituisca una idiopatia a parte , e che l’ e- lemento primario causale di essa, sia da ripetersi da una alterazione del sangue per difetto di una importantissima secrezione che dovea spogliarlo di alcuni princìpi divenuti inaffini. Di ciò si persuade il disserente, e cerca addimo- strarlo, prendendo primieramente in esame le cause, po-, scia i sintomi, ed infine i mezzi curativi riconosciùti più efficaci nella cura di questa infermità. In quanto alle cau- se, ritiene egli doversi ripetere dal soppresso traspirato per la brusca ed improvvisa azione del freddo esercitata sulla cute ; indi fa conoscere colla scorta della Fisiologia , della Chimica, e della pratica osservazione come, e di quali materiali rimanga con ciò inquinata la massa sangui- gna, e come si generi il reumatismo acuto, del quale in seguito analizza i principali e più manifesti fenomeni , tanto nell’ esordire, quanto nello acme, nel declivio, e risoluzione della malattia. Indi considerata con Chomel e Requin la diuturnità ed indipendenza della febbre da sin- tomi locali, e senza alcun segno positivo di interna coesi- stente flogosi, come di frequente gli è avvenuto osservare; ponderato il valore che per le odierne cognizioni può ave- re attualmente la cotenna del sangue, che si riscontra di spesso negli attaccati da questa infermità , riscontrata la ne- cessità della crisi onde si sciolga radicalmente la malattia; esaminati brevemente tanto i vari modi di critiche evacua- zioni, come i più cospicui caratteri delle medesime; valu- tati puranco i responsi negativi che intorno a questa infer- mità si hanno dall’ anatomia patologica, il Belletti ne trae argomento per opporsi alle teoriche di alcuni patologi, ma specialmente a quelle del Bouilland, it quale dichiarò il reumatismo tipo delle malattie infiammatorie di spettanza della medicina, ad ulteriore conferma dell’ etiologia dallo stesso disserente adoltata. La quale etiologia poi addiviene, secondo la pensa lo stesso Belletti, più ferma e sicura, quando si usi del criterio 75 terapeutico, esaminando cioè i mezzi finora adoperati a combattere efficacemente la malattia in discorso. Infatti, prosegue egli, se si consideri che i molti rimedi, com- mendati nella cura delle affezioni reumatiche acute, oltre I’ azione ipostenizzante, che il maggior numero di essi possiede, altra ne hanno quando spogliativa, quando deri vativa, fondente, neutralizzante, e quando finalmente ner- vino-calmante , la quale in un certo numero di questi si rile- va, o sola od almeno prevalente, si avrà indubitata prova che in questa malattia è stato sempre notato eretismo vila- le, abbondanza e qualità morbosa di materiali, commovi- mento ed allarme nervoso ; d’ onde poi si manifestano i tre fattori di essa, dinamico cioè, iperemico , e chimico. Jl quale ultimo, considerate le cose in antecedenza esposte, ed atteso il vantaggio grande che in un vistoso numero di casi l’ autore ha avuto dall’ impiego del Nitro, e degli al- tri sali a base di Magnesia, Potassa , e Soda, ritiene col lo- dato Parmeggiani essere il principale efficiente della malattia. Riferisce poscia 1’ Accademico, che analogamente ai suesposti principi, e veduta 1’ inutilità o la poca efficacia di altri mezzi curativi, ba egli esperimentato con felice successo il metodo del Morganti (il Calomelano unito al- I’ Oppio ) in cinque casi di acutissima affezione reumatica , nei quali si verificarono quei segni di alterato chimismo per esuberante anzi straordinaria plastieità, identica a quel- la che si riscontra nelle così dette Pneumoniti curate ap- punto con questo metodo. in quanto poi al Solfato di Chi- nina, il disserente fa riflettere che tra i nervini adoperati nella cura del Reumatismo acuto, merita questo rimedio, a suo avviso, speciale considerazione, poichè incontestabile n’ è l’ef- ficacia, ed a ciò che gli consta non ha mai direttamente nociuto nel trattamento di questa infermità, a meno che non se ne elevi imprudentemente la dose, come da alcuni fu praticato. Anzi io stesso, soggiunge egli, I’ ho molte volte usato e con vantaggio nell’ acutezza della malattia, quando 76 ad esempio per togliere-un’ iscaria , quando per vincere um singhiozzo , quando per sedare tumulti precordiali, più o me- no gravi e pericolose espressioni di girovaga reumatosi. Giac- chè bisogna pur confessarlo, benchè non se ne intenda pur anco il modo, qui pure come nella morbosa periodicità (av- venga questa 0 per azione nociva di cause esterne, miasma paludoso p. e. ovvero sia essa l’ effetto di altro inquinamento per lavoro patologico internamente orditosi; puf a modo di esempio, fusione tubercolare ec.) il solfato di chinina nel mas- simo numero dei casi giova , sopprime, e tronca pur anche, sebben per poco tempo, ogni periodico risentimento. Ma come appunto questo farmaco nelle surriferite circostanze non porta stabile guarigione all’ infermo, se prima non si giunge a togliere la vera e principale causa efficiente del- la malattia, così, a quel ch’ egli pensa, non si vince per esso solo, e.radicalmente il Reumalismo, se prima o con- temporaneamente debellati non siano gli altri due fattori di questa morbosa affezione, ed in modo speciale il suo primo coefficiente, costituito da materiali già resi inaffini, e trattenuti nell’ organismo dell’ infermo. Questa ultima parte specialmente, oltre quanto si ri- ferisce a dimostrare la etiologia del reumatismo, è quella che l’ autore ha voluto più delle altre precedenti far cono- scere col suo pregiato lavoro agli Accademici; i quali con molta attenzione, e con animo grato plaudirono il disse- rente, e per le rette opinioni da esso professate, e per gli utili risultamenti che queste apportano alla cura di una dolorosa infermità. 21.°% Sessione ordinaria. 30 Aprile 1857. Legge il Prof. Lorenzo Della Casa intorno un Nuovo modo di rendere grafici gli strumenti meteorologici. L’ Accademico ha incominciato dall’ esame delle tre specie di mezzi, che sono stati finora impiegati per rendere 77 atti gli strumenti meteorologici a serbar traccia delle loro passate indicazioni, Ha quindi primieramente notato come i mezzi meccanici sieno imperfetti o per lo meno insuffi- cienti , in quanto che non danno che la massima indicazio- ne e la minima avvenute entro dato tempo ; se si eccettui il barometrografo fatto di recente costruire dal celebre pa- dre Secchi, e molto giustamente encomiato, che le dà tut- te quante: ha notato dipoi come i mezzi fotografici sieno assai complicati e costosi, ed abbiano d’ uopo di tanta di- ligenza e perizia da non potersi inslituive nè pralicare da tutti: ed ha notato infine, come i mezzi elettrici, oltre al non essere semplici nè di poco costo, ed oltre a segnare le loro indicazioni solo ad eguali intervalli di tempo e non continuamente , sieno poco espediti, quando dalle loro in- dicazioni si voglian dedurre le corrispondenti misure. Dopo di ciò collo scopo di ottenere nello stesso tempo semplici- tà di costruzione, modicità di spesa, facilità di uso e trac- cia continua delle variazioni degli strumenti, ha proposto il seguente mezzo; che mentre si riferisce alla specie degli elettrici, non è però ad impronte come gli altri già imagi- nati, ma elettro-chimico, dipendendo dalla proprietà de- componente della corrente elettrica. Ai tre angoli di un basamento triangolare si elevano altrettante colonnette che sostengono due architravi, fra i quali stanno compresi quattro cilindri verticali; due nelle estremità del loro lato anteriore, e due a destra e a sini- stra dell’ angolo formato posteriormente dagli altri due la- ti. Tutti questi cilindri sono mobili intorno ai lero assi; e fra i due posteriori è fisso un tamburo, dentro il quale è posto un meccanismo d’ orologeria che fa muovere lenta- mente e in modo equabile |’ asse verticale del tamburo me- desimo , e perciò anche una ruota dentata, che è stabil- mente applicata nella sua estremità inferiore, e rimane in- terposta alla base del tamburo ed al più basso dei due ar- chitravi. Questa ruota ingrana in altre due che si trovano 78 sui lembi inferiori dei due cilindri posteriori, e li fa gira= re in versi contrarii. Una zona di carta , imbevuta di iodu- ro 0 meglio di cianuro di potassio, è fermata per un suo capo sul cilindro posteriore destro , interno al quale si av- volge più volte, e va a passare al dinanzi dei due archi. travi poggiando sui due cilindri anteriori e dirigendosi po- scia verso il cilindro posteriore sinistro, al quale arrivata si ferma sovr” esso per |’ altro suo capo. Avviene per tal modo che la carta si sviluppa dal cilindro posteriore destro , scorre davanti agli architravi aiutata dal moto giratorio cui possono prendere i due cilindri anteriori, e si va ad av- volgere al cilindro posteriore sinistro in tanta quantità , in quanta si è sviluppata dal destro, rimanendo così dapper- tutto sempre tesa ugualmente. Essa è destinata a ricevere la traccia o curva delle variazioni diurne, Volendo quella delle variazioni barometriche, sì pone nella parte anteriore destra del basamento triangolare un barometro a sifone, e s’ introduce a galleggiare sul mer- curio del suo braccio più corto ed aperto un cilindretto di ferro con base d’ avorio, sporgente per un certo tratto fuo- ri del barometro. Un cordoneino di seta è unito per una estremità al cilindretto galleggiante, e per I’ altra va a passare per la gola d’ una mobilissima carrucoletta eonve- nientemente disposta, e sostiene un piccol peso d’ assai poco minore del peso del' cilindretto, che perciò non gra- vita quasi niente sulla superficie del mercurio, ed ubbidi- sce a’ suoi più piccoli movimenti. La sommità del cilin- dretto medesimo corrisponde immediatamente al di sotto del braccio più corto di una sottilissima leva di ferro, la quale è sommamente mobile sopra un apposito piede, e colla estremità del suo braccio più lungo è posta a contatto del- la carta che lentamente passa dinanzi agli architravi supe- riormente indicati. Il braccio più corto della leva è più pe- sante del braccio più lungo; ma solo quanto basta, perchè possa seguire i movimenti di discesa del galleggiante e 79 toccarne sempre la sommità. Una pila che può essere col- locata sulla parte anteriore sinistra del già menzionato ba- samento od altrove, si fa comunicare pel suo polo positivo con una laminetta metallica che trovasi a contatto della carta , al di dietro di essa e corrispondentemente alla estremi- tà del più lungo braccio della leva, e pel suo polo negati- vo col cilindretto galleggiante. La corrente in allora attra- versa la carta nel punto, nel quale è toccata dalla leva; e per la sua virtù decomponente è cagione onde quel punto rimanga colorato, e così avvenga di tutti gli altri, in cui la leva toccherà nel corso del giorno la carta medesima, sulla quale perciò si vedrà tracciata la curva delle diurne variazioni del barometro. Era necessario aver riguardo a due cose, e cioè; ad un certo grado di umidità necessario alla carta , perchè la corrente elettrica possa esercitarvi la sua azione decompo- nente e colorarla, e ad impedire gli effetti della dilatazio- ne del galleggiante, non importando badare a quella del mercurio del braccio più corto del barometro che riesce af- fatto trascurabile. Al primo oggetto sì è provveduto, po- nendo al di dietro della carta e in vicinanza all’ estremità della leva un vaso poroso, a contatto del quale passando la carta s’° inumidisce come fa d’ uopo : e si è provveduto al secondo, facendo terminare superiormente il galleggian- îte in un archetto di lamine compensatrici colla concavità verso l’ alto, che fa sì mediante i suoi allargamenti e re- stringimenti prodotti dalle variazioni di temperatura, che la leva vien mossa dal galleggiante come se non si fosse allungato nè accorciato, Sostituendo al barometro il termometro od il psicrome- tro aperti al disopra, si può coll’ uso del galleggiante e della stessa disposizione di cose denotata pel primo di que- sti strumenti ottenere dagli altri due rispettivamente la cur- ‘va delle variazioni diurne di temperatura o di umidità. Nè solo poi separatamente, ma anzi tutti insieme possono 80 mettersi in azione col medesimo apparecchio gli uni stru- menti e }’ altro; e vi si può aggiungere eziandio |’ udome- tro, e in generale qualunque strumento pel quale si possa far uso di galleggiante. Benchè |’ Accademico non abbia fatto esperienze col descritto apparecchio, dichiara però d’ averne fatto con al- tri che ne hanno tenuta la vece; e dai risultati che ha conseguito da questi, ha potuto dedurre che anche quello non può non soddisfare acconciamente al suo scopo. 22.3 Sessione ordinaria. 7 Maggio 1857. Legge il Professor Giuseppe Bertoloni = Illustrazione de’ Prodotti Naturali del Mozambico ; Dissertazione VI. In- torno ad Insetti Coleotteri =, Descrive in essa selte specie novelle di Carabici, che tutte riferisce a generi già fondati dagli Autori, quantun- que alcune potessero facilmente, per chi ne fosse vago, costituire generi nuovi. Qui se ne trascrive la sola frase. \ 1. CicinpetA Bianconi: supra nigro-cuprea, subtus violacea ; capite, thoraceque cupreis , subtiliter rugosis, an- tennarum arliculo sexto, seplimo, et octavo compresso ; mandibulis nigris, labro superiori albo, palpis pellucidis vix rubris, postremo articulo nigro ; elytris opacis, nigris, subtiliter punctulatis, in mare ad basim lineolis lutescenti- bus duabus, interiore longiore, suturae proxima et paral- lela, exteriore brevissima, divergente, puncto lutescente prope suturam ultra medietatem longitudinis, macula trian- gulari apicali albescente; in foemina puncto tantum lute- scente prope suturam. Longa 16 ad 17, lata 5 ad 6 millim. Invenit Eques Karolus Fornasinius in ripis fluminis Magnarra provinciae Inhambanensis Mosambici, et Bononiae ego obtinui anno 1848. 81 2. Dromica rugosa: oblonga, tota nigra, subnitida; mandibulis palpisque flavis , apicibus nigris, labio superio- ri nigro, lateribus flavis ; thorace subquadrato , supra trans- versim rugoso ; elytris antice flexuoso-costatis , rugoso-scro- biculatis, postice ad apicem scrobiculatis ; tibiis posticis fusco-rubris. Long. 23., lat. 6. mill. Reperit Fornasinius in ripis fl. Magnàrra, et ego ob- tinui an. 1848. Dromica limbata : oblonga, obscure cuprea , subopa- ca; labro superiore maris albo, foeminae nigro , splenden- tibus ; capite, thoraceque rugosis; elytris regulariter sero- biculatis ; lateribus externis albo-marginatis. Mas long. 15 lat. mill. 3 4. Foem. longa 18 lata mill. 5. Legit Fornasinius in Zipis fl. Magnàrra, et ego obli- nui an. 1848. 4. AntHIA mutilloides: oblonga, convexa, nigra, pi- losa; capite, thoraceque punctatis; Jabro, mandibulis, palpis splendentissimis; articulo secundo, tertio, quarto antennarum pilosis, reliquis nudis; scutello, basi elytro- rum tomento albescenti tectis; elytris apice oblique trun- cato, incavato , costato-sulcatis, punctalis, maculis duabus albis transversalibus. Long. 22 lat. 6 3 mill. Reperta a Fornasinio in ripis fl. Magnàrra ; et indivi- duum unicum ego obtinui an. 1848. 5. AntHIa minima: elongata, nigra, nitida; capite elongato, splendentissimo , postice supra punctato; thora- ce oblongo, obovato, punctato, supra costato ; elytris vix truncatis , sulcato-costatis, punctatis, maculis duabus al- bis, marginibus externis vix tomentosis. Long. 12 , lat. 3 mill. Fornasinius legit in ripis fl. Magnàrra, et ego obti- nui an. 1848, | 6 82 6. TerrLus Thomsonii : niger, vix splendens; thora» ce supra rugoso-punctato, subtus parum punctato, lateri- bus medio angulatis; elytris costato-sulcatis , tuberculatis , tuberculis rotundis, triseriatis alternantibus. Long. 3 & lat. 1 $ centim. Misit ex Inhambane Fornasinius an. 1848. 7. Reupus Dohrnii: niger, splendens, oblongo-ovalis ; capite punctulato ; thorace supra grosse punctato , ad basim impresso, subtus vix punctato; elytris sulcato-costatis , co- stis obtusis, levibus, sulcis minutissime punctulatis. Long. centim. 2 et mill. 8; lat. centim. 1. Misit Fornasinius ex Inhambane an. 1848. 23.* Sessione ordinaria. 14 Maggio 1857. Il Dott. Ermete Malaguti, il quale ci aveva, due an- ni fa, comunicato importanti ricerche intorno alla natura, composizione, e modo di distribuzione della Corda del Timpano, che noi facendo plauso al giovine Anatomico pubblicammo nel fascicolo I del Tomo VII delle nostre Memorie, viene oggi a comunicarci le sue Considerazioni Anatomico-Fisiologiche intorno all’ uso più probabile della Corda medesima. Discusse le opinioni degli Anatomici antichi e moder- ni, pare all’ Accademico che in molte, se non in tutte, sia qualche parte di vero, niuna però esprima completa- mente il magistero di Natura. Si fa quindi ad esterna- re modestamente e con molta riservatezza i proprii pen- samenti. = Innanzi ogni altra cosa è da dirsi che volendo discutere su l’ uso di una parte qualunque del nostro corpo, è necessario premettere non solo la conoscen- za della sua estensione, carattere tutto estinseco, ma ancora bisogna conoscerne |’ intrinseca. struttura, non dimenticandone i rapporti colle parti vicine; affinchè in 83 “virtù di tali cognizioni assegnare si possa con più esattez= za |’ uffizio competente. Il perchè rispetto alla Corda del timpano mostrando l’ osservazione che dall’ acquedotto del Falloppia si continua fino all’ apice della lingua, dopo avere attraversato il timpano, che tanto in quella quanto in questo si mette in rapporto strettissimo con delle parti e per composizione, e per uffizio diverse fra di loro, com- posta essendo di fibre nervose primitive provenienti da fon- ti svariate, e distinte, ne emerge che, sotto qualunque aspetto si consideri, non deve la Corda avere nell’ econo- mia animale un uso solo, come molti hanno pensato, ma che invece la sapiente Natura tanto più industre e solerte, quanto meno appariscenti sono le parti, abbia affidato a questo nervicciuolo abbietto in apparenza, in realtà nobi- lissimo, moltiplici attribuzioni, vo’ dire; 1.* Che la Corda del Timpano deve non solo coope- rare ai movimenti degli esili muscoli destinati a tendere e rilassare la membrana, ma in pari tempo ancora deve ani- mare le fibre carnee anomale, nascoste nell’ organo della lingua, e scoperte dal Malpighi. 2.* Che la Corda tanto nella cavità del Timpano, quanto nella îingua, non deve essere del tutto straniera al grado eminente di sensibilità tutta propria di questi organi medesimi. 3.* Finalmente che la Corda dee servire in modo stupendo a mantenere un rapporto di simpatia fra la sede principale dell’ udito, e l’ organo necessario alla parola, la lingua, in quella guisa che il nervo facciale, mercè le fibre istesse del ganglio genicolato che seco trasporta, mantiene un sim- patico rapporto fra 1° udito e 1° organo della fonazione, vale a dire la laringe =. Quanto alla prima proposizione , 1’ Accademico collo scalpello anatomico alla mano riconobbe vero, contra il chiarissimo Guarini, 1° asserto del Valsalva, di M. A. Cal- dani, e d’ altri illustri, che ad una voce confessarono, la Corda dispensar rami ai muscoli della catena degli ossetti; 84 e dietro le fatte osservazioni potè ritenere che la Corda con una parte delle sue fibre anima nell’ orecchio medio i due muscoli rilassatori della membrana, in quella guisa che il facciale con una parte delle sue fibre motorie ani- ma gli altri due muscoli antagonisti, derivandone la forza motrice dal cervello. = E che l’ Autore Sapientissimo della Natura abbia affidato al nervo facciale ed alla corda l’ uffizio di portare lo stimolo della volontà ai muscoli degli ossetti tanto ne- cessari alla specie umana per |’ ineffabile magistero della parola, sembra possa dedursi anche da questo, e cioè che il nervo facciale dopo avere animato quei muscoli, porta la sua iufluenza a quelli della faccia, e delle labbra, così ancora la corda dopo essersi distribuita ai rilassatori, si reca col linguale del quinto all’ organo della lingua, parti tutte essenzialissime alla perfetta articolazione della parola. Il quale secondo uffizio della Corda, di animare cioè nel- la lingua delle fibre carnee particolari che per forma e di- sposizione si allontanano di molto dai muscoli intrinseci , potrei comprovarlo fisiologicamente richiamando gli speri- menti galvanici del Guarini, come pure in senso patologi- co col caso riferito dal Jodin nel T. XI del Giornale di Magendie =. Ma volendo restringersi alle prove anatomiche, l’ Ac- cademico viene sponendo Je sue investigazioni, colle quali si propose di esaminare se la Natura, specialmente negli animali mammiferi domestici, avesse a seconda del loro grado d’ intelligenza conceduto più o meno voluminosa la corda per quel tratto della medesima che corre dalla fes- sura del Glasser al punto di accollamento col nervo lin- guale del trigemini, od invece offrisse un eguale volume in tutti, fatta proporzione col linguale medesimo. Messa ch’ ei I’ ebbe a nudo nella specie umana, ove la riscontrò di un volume molto cospicuo , discese poscia a discoprirla nel cane, nella pecora, nel vitello, e finalmente nel O O | 85 cinghiale. Il cane solamente, quantunque e per volume di corpo, e per volume del nervo linguale fosse inferiore al vitello, ed al cinghiale, pure offriva quella parte di corda così voluminosa da essere superiore di mollo in grossezza a quella degli altri indicati animali , tranne l’ uomo. Per mezzo delle quali osservazioni tenne per ragionevole il concludere che la corda nella lingua umana deve servire probabilmente ai moti proteiformi che occorrono ad arlico- lare le parole. Quanto alla seconda proposizione dell’ Accademico, che ammette nella Corda delle fibre sensorie destinate in parte alla sensibilità del timpano e della lingua, bastereb- bero a dimostrarla le sperienze del ch. Morganti, il quale, cimentando la corda in animali vivi, ebbe manifesti indi- zi di sensibilità: perocchè le sue fibre sensifere non de- vono credersi affatto indifferenti per 1’ orecchio medio, e per la lingua, qualora si consideri la squisita sensibilità di queste parti. = Ma poichè codesti esperimenti ( segue il Malaguti ) ci lasciano indecisi sulla provenienza delle fibre che rendono sensibile la corda, facendole alcuni de- rivare dal ganglio genicolato, altri dal quinto mediante il vidiano craniale , per conseguenza mi determinai a tenta- re, se nella specie umana l’ ispezione anatomica mi aves- se somministrato nuovi lumi da aggiungere a quelli otte- nuti studiando la porzion dura del settimo nel vitello , per poi concludere con qualche fondamento su questo importan- tissimo problema. E non fu piccola la mia sorpresa all’ osser- vare che nella specie umana la corda usciva da una particola- re intumescenza del nervo facciale entro l’ acquedotto Fallop- piano, a non molta distanza dal foro stilo-mastoideo , la quale intumescenza offriva |’ aspetto di una piccola uliva, spogliato che fu il facciale del suo neurilema. Che se da questo ganglio emanava la corda, ragion vuole che il ner- vo facciale esser dovesse di un diametro minore al dissot- to del ganglio medesimo, per avere ceduta una parte delle 86 sue fibre onde comporre la corda del timpano; ciò nulla- meno il fatto anatomico mostrava che il comunicante della faccia era invece più sottile al dissopra del ganglio indica- to ; di modo tale che era forza concludere. 1.° Che la forma del ganglio analoga a quella, che si riscontra alle radici posteriori de’ nervi spinali, autorizzava ad ammettere in quello delle fibre sensifere, come se ne ammettono in que- sti; 2.° Che la porzion dura del settimo essendo più volu- minosa al dissotto del "ganglio che dà la Corda, è neces- sario che le fibre sensifere non procedano dal ganglio ge- nicolato, nè dal vidiano craniale , collocati superiormente; ma invece dal ramo auricolare del vago che appunto co- munica col facciale inferiormente al ganglio da me veduto. Nè poteva Natura scegliere posizione più di questa conve- niente per ingrossare il mervo facciale in un ganglio sem- plice ; imperocchè la presenza in questo punto di fibre sen- sifere complicando la composizione del comunicante della faccia, richiedeva un mezzo idoneo a far sì che di tutti gli elementi, di cui risulta composto il facciale, lo fosse pur anco la Corda destinata ad attraversare |’ orecchio me- dio, e terminare nell’ organo della lingua. Nella quale mi giova il rammentare, che Natura consentanea sempre a’ suoi principii ripeteva la medesima disposizione ganglia- re nei rami anteriori del linguale, che anche per questo motivo debbono considerarsi come la teminazione della Cor- da del Timpano. La presenza delle quali fibre sensifere nella cavità media dell’ orecchio offre una plausibile spiegazione dei rapporti strettissimi che la Corda istituisce col martello, il manico del quale essendo in continuazione colla mem- brana del Timpano, deve avvenire che l’ impressione tal- tile dei suoni esercitata più che altrove sulla membrana , venga comunieata al cervello mediante le fibre sensifere del nervo pneumogastrico, trasfuse nella Corda del Timpa- no mediante il piccolo, ma interessantissimo ramo auricolare, 87 essendo comprovata la tattile tinsensibilità tanto del nervo acustico quanto della porzion dura alla base del cranio : ottimo provvedimento codesto affinchè a seconda del grado d’ irritazione recato dai suoni alla cavità media dell’ udito; sì determinasse la volontà a mettere in contrazione quei muscoli degli ossetti che servono a diminuire o ad accre- scere in modo particolare 1’ intensità dei suoni, funzione importantissima, che da natura*non poteva venir meglio affidata, quanto alle fibre sensifere di quel nervo istesso che provvede di copiose diramazioni la laringe, organo che va streltamente congiunto e per argomenti anatomici e per fisiologici all’ organo dell’ udito, sicchè non è senza fon- damento il giudicare, che quella particolare inclinazione, o genio che dir si voglia in alcuni al canto, abbia sua ragione anatomico-fisiologica nel perfetto sviluppo di que- sto rapporto nervoso che natura istituisce fra udito, larin- ge e linga, mercè le fibre sensifere del ramo auricolare del vago nella Corda del Timpano .:...=. Passa 1° Accademico alla terza proposizione, e cioè che la Corda, oltre servire al senso, e moto di alcune parti contenute nel timpano , e nella lingua, debbe avere pur anco l’ incarico importantissimo di mantenere un rap- porto di simpatia fra la sede principale dell’ udito, e lo strumento della parola, la lingua. = Fino a questo punto del mio discorso , le relazioni accennate fra i tre organi, che per così dire un solo ne costituiscono, si limitarono a quelle parti che formano la voce, che la modificano, e che rispetto al cervello 1’ au- mentano e la diminuiscono, nulla avendo ancor detto in- torno al modo con cui questi effetti simultanei diventano causa pel nervo acustico di risvegliare per le vie affatto misteriose del cerebro la distinta percezione della parola all’ animo nostro. Al che |’ Autore sapientissimo della Na- tura provvedeva con mirabile magistero originando dal cer- vello, in corrispondenza del settimo paio , il nervo grande 88 simpatico, per tal modo nobilitando 1’ organo acustico col concedergli per primo la sua diretta influenza cerebrale. E noi già vedemmo in qual maniera le due radici di questo nervo formassero sul ginocchio del facciale il ganglio geni- colato da cui, senza far motto del vidiano craniale, parti- vano rami cospicui compenetranti il vestibolo insieme alla branca vestibolare del nervo acustico , non senza che dal ganglio stesso propaginassero tre grossi fasci di fibre , com- presi nel facciale sotto un neurilema medesimo, e decor- renti per l’ acquedotto Falloppiano; delle quali fibre poi una parte concorreva alla composizione della Corda del Tim- pano. Vedemmo inoltre che il residuo delle fibre discen- denti dal ganglio genicolato per una parte uscivano col facciale dal foro stilo-mastoideo , per l’ altra si trasfonde- vano nel ramo auricolare del vago. In questa guisa non è chi non veda la stupenda armonia, ed unità che deve esi- stere fra i tre organi indicati, non escluse le anfrattuosità del labirinto; unità, e semplicità che 1’ infinita Sapienza del Creatore riproduceva nella parola compresa dall’ animo nostro ; prodigio della creazione tanto più stupendo , quan- to che la parola così intesa costituisce un effetto semplicis- simo che ha per causa un meccanismo il più complicato, quale si è l’ insieme delle parli organiche che si ricercano onde e colla parola e col canto dischiudere agli altri gli affetti del cuore. Ma ciò non è tutto; imperocchè 1’ origi- ne cerebrale del gran simpatico in seno per così dire del seltimo paio, e distribuito mirabilmente ne’ penetrali del- l’ orecchio interno e medio, aveva ottenuto dal Creatore un altro ‘nobilissimo scopo, quello cioè di fondere i due orga- ni dell’ udito in un solo =. L’ Accademico qui descrive la notomia che istituì so- pra il capo appartenente ad un individuo della specie uma- na, che appena contava |’ età di 20 mesi ; d’ onde emerge che = il ganglio cervicale superiore del gran simpatico è in direlta comunicazione colla branca cochleare del nervo 89 acustico, e che la branca cochleare dal nervo acustico, e pro- babilmente ancora la branca anastomotica del Jacobson di una parte, si mettono in comunicazione con quelle del lato opposto mediante i rami nervosi molli dell’ arteria carotide cerebrale , che formano un plesso intricatissimo in corrispon- denza della glandula pituitaria. Per la quale ammiranda di- sposizione non è chi non veda un vero circolo nervoso fra gli organi dell’ udito e 1’ apparecchio della loquela; circolo nervoso che era indispensabile perchè ?’unità dell’ udito cor- rispondesse all’ unità misteriosa della parola. E per tal mo- do non rimarrà del tutto inesplicabile il caso prodigioso del sordo-muto registrato negli Atti dell’ Accademia delie Scien- ze di Parigi an. 1703; imperocchè la morbosa raccolta di sierosità nell’ orecchio sinistro di quell’ individuo, fin dai primordii di sviluppo, comprimendo le parti nervose del- l’ udito, e specialmente il gran simpatico, impedire doveva non solo il commercio posto dalla natura fra ertranbe le orecchie, ma ancora l’ altro importantissimo fra 1’ adito e la lingua mediante la corda, se alla perfine dopo 24 anni ri- mossa la meccanica cagione, e stabilito il commercio fra quelle parti, il sordo-muto di Charires non solo potè udire da ciascun orecchio, ma ancora parlare=. 1 mostrati molteplici uflizi della Corda del 'Timpano la rendono degna che alla materiale sua denominazione l’altra più nobile si sostituisca di nervus audiloquens, proposta dal giovine Anatomico, Sessione straordinaria. 18 Maggio 1857. Convocati gli Accademici d’ ambi gli Ordini per nomi- nare un Accademico Onorario in sostituzione del Prof. Do- menico Santagata promosso a Pensionato , il Presidente pro- pone i due Alunni Dott. Giambattista Baravelli, e Dott. Car- lo Massarenti, fra’ quali resta eletto il Massarenti. 90 Il Prof. Cav. G. B. Fabbri rappresenta al Consesso , co- me il Dott. R. A. Philippi, Direttore del Museo Nazionale di Santiago nel Chili , abbia ben meritato de’Musei della nostra Università con invio cospicuo d’ oggetti importanti. Conside- rato il bisogno d’istituire un’ ulile corrispondenza coll’ Ame- rica Meridionale, e sentiti i Professori Commend. Antonio Bertoloni e Cav. Gian-Giuseppe Bianconi intorno a’ meriti scientifici del Philippi, il Consesso all’ unanimità lo eleg- ge a Socio Corrispondente, salva la Superiore Approvazione. 24.° cd ultima Sessione ordinaria. 28 Maggio 1857. Il Dottor Giuseppe Fagnoli., relatore della Commissione nominata nella sessione 23 Aprile, legge il seguente RAPPORTO La Commissione incaricata di presentare un Progetto di Risposta alle Domande indirizzate a quest’ Accademia de- le Scienze dall’ Illustre Commissione Pontificia relativa al- l’Istmo di Suez, mediante sua ossequiata Circolare data in Roma il 14 Aprile 1857. N. 4., adunatasi e preso in consi» derazione lo scopo di pubblica utilità verso il quale sono di- rette le fatte interpellanze, sente in primo luogo il dovere di esprimere i sensi della più viva gratitudine per questo nuovo atto di paterna sollecitudine Sovrana , e insieme di rendere distinte azioni di grazie alla sullodata Pontificia Com- missione per 1’ onore che volle comparlire a questa nostra Accademia chiamandola a parte degli studi, e delle ricerche di cui essa fu incaricata. Ma fattasi più da vicino a ponderare sulla natura delle indagini da intraprendersi, e sullo speciale tenore de’ pro- getti ed osservazioni da presentarsi, ha dovuto con suo rincrescimento riconoscere, che ben poco le è dato di fare per corrispondere all’ onorevole invito, mentrechè 1° Acca- 91 demia nostra, essendo per istituto dedita esclusivamente alle scienze esatte e naturali, trovasi in un campo troppo di- scosto da tutto ciò che si riferisce a ricerche legislative ed economiche, amministrative e commerciali, quali sono quel- le, che hanno più immediata attenenza colte conseguenze derivabili dal progettato taglio dell’ Istmo di Suez. Laonde la Commissione, per rispondere pure di qual- che guisa al cortese appello, ha creduto di dover limitare le proprie osservazioni e proposte ad alcune soltanto delle categorie sottoposte a disamina, restringendole ancora quasi esclusivamente ad alcune vedute generali, dalle quali tut- tavia spera, se mon altro, che possano derivarsi utili argo- menti e motivi a più speciali e diretti provvedimenti. Dietro questi principj, e seguendo la divisione delle materie prescrittale dalla Circolare summenzionata, la Com- missione ha, dunque, primieramente ritenuto di doversi astenere dall’ emettere qualsiasi avviso intorno alla prima categoria proposta, risguardante è progetti e studi sopra Leg- gi governative, e precipuamente sulla protezione alla ma- rina, dovendo queste avere loro fondamento sopra disqui- sizioni e teoriche totalmente estranee ed aliene da quelle professate dall’ Accademia nostra. Per la qual cosa, anzi- chè dare intorno a questa parte il richiesto Rapporto, si li- mita ad esprimere il voto, che le Leggi e discipline da adot- tarsi siano tali da offerire ogni maggiore facilità ed agevolezza al Commercio che andrà ad attivarsi pel nuovo Bosforo ar- lificiale, e ciò tanto in riguardo alle transazioni commer- li nell’interno di questi Stati della Santa Sede, quanto ancora riguardo al transito per essi delle merci provenienti dal- l’ Oriente, od ivi dirette, ed alle relazioni commerciali coi paesi esteri, Quanto alle altre due Categorie , la Commissione sot- topone al giudizio ed all’approvazione vostra, Accademici Umanissimi, i due seguenti brevi Rapporti. 92 RAPPORTO Sulle vie di communicazione terrestri e marittime. Le memorie istoriche , che ci ricordano la floridezza ed attività del commercio esercitato in molti Porti d’Italia, e precipuamente a Venezia ed a Genova, innanzi la scoperta del Capo di Buona Speranza, e la rapida decadenza a cui soggiacque dappoichè le transazioni commerciali colle Indie e coll’ altre remote regioni d’ Oriente, lasciata la: via del Mediterraneo , presero l’altra, che raddoppia il Capo suddet- to, sono prova abbastanza chiara e convincente per argo= mentarne con fiducia la molta utilità e ricchezza, che sarà per derivare nuovamente all’ Italia ed a tutta 1’ Europa cen- trale, quando, attivata la navigazione attraverso 1’ Istmo-di Suez, quel grande movimento commerciale sarà richiamato alle vie primitive, e porgerà nuovo alimento e nuovo im- pulso alla operosità di queste nostre svegliate popolazioni. Per Ja qual cosa è da ritenere superflua ogni ulteriore pa- rola diretta a dimostrare genericamente i molti vantaggi, che sono per noi da aspettarsi da questa grande intrapre- sa: i quali anzi risulteranno ora assai più certi, ed este- samente diffusi, che non in antico, mercè | uso comune- mente adottato delle strade ferrate, e de’ telegrafi elettrici, che facilitano così stupendamente ogni maniera di comu- nicazioni. Ma l’ esempio de’ tempi trascorsi, oltre a questi con- forti, ci porge ancora nella ricchezza di Genova e di Venezia un salutare ammonimento, inquantochè ci fa vedere come il commercio facilmente prediliga talune vie, ed a quelle si rivolga quasi esclusivamente, per poco che le altre ri= mangano indietro nell’ offerirgli uguali comodi e vantaggi. Ond’ è, che vuolsi con ogni studio procacciare , che lo Stato nostro presenti nelle sue vie commodità ed agevolezze per 93 lo meno ‘non inferiori a quelle procurate dagli altri Stati Italiani, per evitare di rimanere estranei al generale mo- vimento, e per non vederci defraudati di quella parte di utilità, alla quale possiamo ragionevolmente aspirare. I vantaggi, che lo Stato Pontificio potrà ritrarre dal nuovo avviamento del commercio orientale, pare che pos- sano considerarsi sotto due rispelli principali, e cioè ; rap- porto alla più diretta provenienza e diramazione delle merci destinate per l’ interno dello Stato ed alla più facile ed uti- le estrazione di quelle, che potranno al di fuori spacciar- si: e rapporto al transito di merci , che siano destinate per la Lombardia e per altri Stati settentrionali, o siano da quelli provenienti. E in entrambi questi rispetti pare che, per quanto ri- guarda le interne comunicazioni, debbano pienamente ba- stare le nuove strade ferrate decretate dalla Sovrana Prov- videnza; le quali toccando i due principali Porti d’Ancona e di Civitavecchia, e ponendoli in comunicazione colla Capitale e colle altre primarie Città dello Stato, e congiun- gendosi finalmente colla immensa rete di strade ferrate, che per l’ alta Italia deve diffondersi in tutto il resto d’Eu- ropa, assicurano la richiesta facilità. e prontezza di co- municazioni, e non lasciano altro desiderio fuor quello di vederle con tutta sollecitudine eseguite ed attivate. Quanto poi agli scali marittimi, per quelle merci che saranno destinate all’interno dello Stato, si riconoscono del pari attissimi i due Porti d’ Ancona e Civitavecchia, che per essere collocali sui due opposti mari Adriatico e Tirre- no, soddisfaranno rispettivamente a tutte le relative esigenze delle Provincie orientali ed occidentali dello Stato. Ma per ciò che riguarda le transazioni commerciali coll’ alta Italia e coll’ Europa centrale, per quella parte, che potrà esser- ne esercitata in questi Stati della Santa Sede, sembra che debba ‘venire preferito il Porto d’ Ancona, come quello che presenta una più breve e direlta comunicazione terrestre 94 colle suindicate regioni. Ond’ è a presumersi che in quella Piazza, già fin d’ora fiorente per attivi negozi, verrà a rac- cogliersi il principal movimento , ed a formarsi il principale emporio del commercio orientale in questo Stato. Quindi chiaro si scorge la convenienza di procurare alla Città d’ Ancona tutti quei miglioramenti , che sì ricono- sceranno adatti a favorire questa fausta destinazione a cui sembra chiamata, e che potranno essere efficaci a metterla in grado di sostenere utilmente fa energica concorrenza, che le verrà contrapposta dai Porti più settentrionali di Ve- nezia e Trieste. E poichè il Porto d’ Ancona ampio e ca- pace, è già molto bene accomodate a dare sicuro ricetto a numeroso naviglio: e poichè la sollecitudine Sovrana ha già disposto, che nuove macchine siano costrutte e nuovi provvedimenti adottati per mantenerlo debitamente escava- to: resta che si provveda ai bisogni de’ molti trafficanti , che vi concorreranno, col metterli in grado di procacciarsi comode abitazioni, nonchè vasti locali per raccogliervi e de- positarvi ogni maniera di merci, Lo che richiede , che l’at- tuale perimetro della Città venga considerevolmente ampliato. E in vero; già fin d’ora la ristrettezza dell’ abitato si fa sentire in Ancona ogni dì più; di che fanno prova e il progressivo aumento del fitto de’ locali, e il rapido moltipli- carsi di muove fabbriche ne’ suoi dintorni; le quali però essendo fuori della cerchia del Porto-franco , male possono rispondere alle esigenze del commercio. E tale vi è anzi lo stipamento delle persone, da non vedersi del tutto innocuo alla pubblica igiene: onde più grave vi sorse l’ apprensio- ne e lo spavento nella recente fatale invasione del morbo Cholera. Ma se tale è ora il bisogno d’ampliamento per la Cit- tà d’ Ancona, quale non diverrà egli, effettuato che sia il taglio dell’ Istmo di Suez, per poco che le previsioni suac- cennate abbiano a verificarsi? La Commissione ritiene dun- que, che |’ allargare con nuove mura il recinto della Città 95 e Porto-franco d’ Ancona sia misura preventiva non pure utile, ma necessaria per assicurare allo Stato Pontificio tut- ti i vantaggi che può ripromettersi dal nuovo inviamento , che il commercio orientale va ad assumere; e quindi non esita a raccommandarla e spera di vederla con buon effetto adoltata. RAPPORTO Sull’ agricoltura, commercio ed industria. Quantunque le varie Industrie manifatturiere siansi da alcuni anni animate di nuova vita negli Stati Pontifici e si mostrino ora in condizione assai soddisfacente e in via dî rapido progresso, pare tuttavia indubitabile , ch’ esse diffi- cilmente potranno giungere a tanta altezza da estendere la sfera di loro attività in paesi molto remoti, e con bastan- te efficacia per sostenervi la preponderante concorrenza d’al- tre Nazioni eminentemente industriali, e che sono già in possesso di mezzi produttivi enormi e di gran lunga su- periori a quelli, de’ quali è a noi dato disporre. Laonde pare, che il nuovo taglio dell’ Istimo di Suez non potrà avere su di esse altra influenza fuor quella che potrà esercitarvi coll’ arrecarci materie prime in maggior copia e a miglior patto. Ma di tale questione, per quanto si riconosca importan- tissima e di grave momento, non riteniamo poterci occu- pare, perchè richiederebbe notizie e cognizioni speciali trop- po lontane dall’ ordine di studi coltivati da questa Accade- mia ; laonde, risguardando piuttosto la nostra regione come eminentemente agricola, limiteremo le nostre brevi consi- derazioni alle conseguenze presumibili, che sarà per risen- tirne } Agricoltura. Fra le quali è sperabile, e per certo desiderabilissimo, che primeggi l'aumento nella esportazione di prodotti agrari 96 superflui all’ uso nostro, come sono principalmente la (a- nepa, il Vino ed altri forse. Perocchè è da ritenere, che tale aumento, accrescendone il prezzo, stimolerebbe ad ac- crescerne anche il prodotto ed a migliorarne la qualità: e specialmente pei Vini inspirerebbe quello spirito di accura- tezza e diligenza nel fabbricarli, che si richiede per ren- derli atti a sostenere lunghi trasporti, ma che reso oggi meno necessario dalla loro immobilità viene trascurato , e ci toglie quella preminenza, che pure ci sarebbe accordata a petto di molti altri paesi meno favoriti da natura in que- sto riguardo. E che queste speranze non abbiano a riuscire frustra- nee, facilmente si raccoglie dall’ osservare, che già altra vol- ta ancora i nostri Vini Italiani erano spediti in oriente, quando vi era aperta la via del Mediterraneo : e che, rap- porto alle Canepe, il loro consumo e la conseguente ricerca si faranno maggiori. Inviata, infatti, la navigazione pel Mar Rosso e il Mediterraneo, tutti i Porti lunghesso que’ Mari raddoppieranno la loro attività, e molte nazioni saranno chiamate a prendere parte attiva nel commercio orientale, le quali prima d’ ora o poco he partecipavano , o n’ erano del tutto escluse. Si renderà quindi necessaria la costru+ zione e il mantenimento di non pochi nuovi navigli e si darà luogo all’ uso ed al consumo di una ulteriore consi- derevole quantità di Canepa. Oltredichè , quelle nazioni an- cora, che attualmente esercitano il commercio dell’ Indie orientali e vi hanno Porti ed altri commerciali stabilimenti, (come sopra tutte 1’ Inghilterra) potranno qui procacciarsi le Canepe occorrenti al racconciamento di loro Navi per una via molto più breve e con notabile economia; dalla quale nascerà qualche maggior ricerca, e qualche aumento nel prezzo delle nostre Canepe. Per assicurarci, adunque, questi benefizi, che pro- meitono al nostro paese novella operosità e ricchezza , è solo da provvedere, che le Leggi commerciali e doganali siano G dirette a favorire e promuovere con ogni miglior mezzo la esportazione di questi generi, e degli altri che si ricono- sceranno per noi sovrabbondanti. Oltre all’ aumento nell’ esportazione , pare che 1’ aper- tura dell’ Istmo di Suez abbia ancora a produrre fra noi qualche maggiore consumo interno ne’ generi alimentari , dovuto all’ accresciuta affluenza di negozianti ed al più frequente loro transito; consumo che si farà principalmen- te sentire nelle carni da macello, e che potrà quindi dare nuovo impulso a quel progressivo accrescimento di Bestia- mi nelle nostre Campagne, che si va effettuando, e che da qualche tempo è invocato e riconosciuto utilissimo al buon © andamento della nostra Agricoltura. Un altro vantaggio eventuale, che la nostra Agricol- tura può aspettarsi dal taglio dell’ Istmo e dalle facilitate comuricazioni coll’ estremo oriente, consiste in qualche nuo- va coltivazione , che possa venirci di là importata, o nel miglioramento di quelle, che n° abbiamo già da gran tem- po ritratte. Così, non ha molto che la coltivazione umi- da ebbe grandemente a rallegrarsi fra noi per la importa- zione dalla China di nuove specie o varietà di Riso, più produttive di quelle anteriormente conosciute, o di una col- tivazione più facile, come quella, ora tanto diffusa, che ha ritenuto il volgar nome di Riso Chinese. Così nuove specie di Bachi serici sono state ultimamente di là intro- dotte in Europa, le quali sottoposte ora ad esperimento danno speranza di risultati utilissimi. Così finalmente è da ritenere che potremo, se non in altro modo, riparare alle malattie, che ora infestano la sericoltura, col procurarci nuova e sana semente di Bachi dalle primitive loro regio- ni. E tali vantaggi quanto siano per riuscire più probabili e pronti per le facilitate comunicazioni, ognuno sel vede. i Nè meno dell’ Agricoltura saranno per profittarne le Scienze Naturali. Poichè lo stesso materiale escavamento del nuovo Bosforo potrà meglio svelare 1’ intima natura 7 98 geologica di que’ terreni, e spargere nuova luce sopra le successive variazioni a cui andarono sottoposti. Le quali hanno già fornita così interessante materia alle congetture de’ più chiari Naturalisti, come può riconoscersi dalla re- lativa Memoria del Prof. Cav. Bianconi, che presentiamo qui unita; ma che, per la importanza loro, meriterebbero tut- tavia ulteriori esami e verificazioni locali, e renderebbero perciò desiderabile e utilissima la presenza in luogo di qualche dotto Naturalista espressamente incaricato di rile- vare e raccogliere le circostanze tutte proficue alla scienza, che nel corso de’ lavori si verranno manifestando. — Oltre e ciò, resa più agevole e frequente la navigazione pel Mar Rosso, assai maggiori opportunità si presenteranno di esplo- rare per minuto le orientali coste dell’ Affrica e ) altre adiacenti inospitali regioni, che per difficoltà d’ accesso sono finora rimaste così poco conosciute, e che promettono quindi ricca messe alle future indagini dei naturalisti. E niuno meglio di noi, nè con maggiore fiducia può fare assegnamento sopra queste speranze: dappoichè abbiamo veduto, che l’ accidentale dimora del benemerito Cav. For- nasini sull’ orientale costa affricana, e P amor suo per le scienze gli hanno dato opportunità nel corso di pochi anni di arricchire tanto le collezioni de’ nostri Gabinetti di Sto- ria Naturale da renderle sopra molte altre celebratissime, e per certo non inferiori ad alcuna sopra questo rispetto. Accennate queste fra le molte sorgenti di utilità che possono derivarci dall’ apertura dell’ Istmo di Suez, resta che consideriamo brevemente se la nostra Agricoltura pos- sa risentirne alcun danno. E qui s° affacciano tosto alla mente gli abbondanti prodotti di Seta e di Riso, che si raccolgono in Asia, i quali esonerati dall’ aggravio di troppo lunghi trasporti, sembra che potessero per le vie accorciale versarsi sui no- stri mercati ed esercitarvi una troppo dannosa influenza. Ma, quanto alle Sete , è da considerare, che essendo merce iena Lari ANN n dedi sr 99 di molto valore rispetto al volume ed al peso, deve risen- tire le differenze di prezzo, cagionate da un più o meno lungo trasporto , in una proporzione assai minore che non I’ altre merci d’ inferior costo, e quindi in misura poco rilevante, e per quanto sembra insufficiente a far sì, che la loro importazione in Europa s’ accresca considerevolmen- te. E se a ciò s’ aggiunga la superior qualità delle nostre Sete Italiane, che le rende preferibili a tutte le altre , e le fa riguardare come le sole adatte ai più delicati lavori, sembra che ogni ragionevole apprensione abbia a dileguar- si su questo particolare. — Quanto poi al Riso pare, che una ragione del tutto opposta conduca tuttavia ad una con- clusione analoga. Sendochè il troppo lieve suo costo fra noi , relativamente al volume ed al peso, difficilmente giun- gerà a compensare gli aggravi di un trasporto, che per quanto minorato rimane tuttavia lunghissimo e dispendio- so. Onde fatta anche qui ragione della migliore qualità de’ nostri Risi procurataci da una più industre e diligente coltivazione, riteniamo che per questo rispetto ancora la nostra Agricoltura non debba soggiacere a dannose con- correnze. Dietro le quali considerazioni, la Commissione crede di poter concludere, che 1’ apertura dell’ istmo di Suez tornerà utilissima anche alla nostra Agricoltura. Contri Giovanni. Bertoloni Giuseppe. Bianconi Gian-Giuseppe. Pianì Domenico. Fagnoli Giuseppe Relatore. Il Consesso approva la Risposta progettata dalla Com- missione. , x Il Prof. Cav. Gian-Giuseppe Bianconi legge il Fasci- colo X de’ suoi = Specimina zoologica Mosambicana = ; in cui seguita la descrizione de’ Pesci inviati dal beneme- rito Cav. Fornasini. 100 Quì, lasciando da parte le semplici Varietà , trascri- veremo la frase delle Specie nuove, e di un Genere nuovo nella Famiglia de’ Percoidi. Genus MEGALEPIS. Operculo unispinoso. Praeoperculo, suboperculo, et interoperculo inermibus — Lingua postrema parte denti- culis hispida, antice rugosa, apice levi. Naribus remotis. Pinnis dorsalibus disjunctis. Capitis latera squamis tecta , suboperculo eacepto. Linea lateralis ramulosa , dorso pa- rallela. Squamae corporis magnae. Questo genere è prossimo al genere Labrax, e il no- me è tratto dalla grandezza delle scaglie, maggiore che egli altri pesci della Famiglia. La specie vien dedicata all’ illustre Presidente nostro. MecaLePis Alessandrini. M. Capite declivi, obtuso, maxilla inferiori breviore , genis undique squamosis, suboperculo excepto. La lunghezza totale dell’ individuo ricevuto è di polli- ci 5 e lin. 10. Cueiio bdicolor. Ch. operculi angulo ultra radicem pinnae pectoralis producto , corpore supra ab apice rostri ad medium pinnae caudalis fusco , subtus ex flavo argenteo. Fra le specie note quella, a cui sembra più avvicinar- si, si è il Ch. auratus 0 hemichrysos. Delle Varietà descritte in questa dotta Memoria diremo che appartengono alle Specie Platycephalus insidiator , Tri- gla lineata, Periophtalmus Koelreuteri. 101 Ma non possiamo tralasciare le seguenti considerazioni dell’ Accademico sulla 7rigla lineata. = Dalle parole di Cuvier dedurrebbesi che le linee, le quali accerchiano il corpo di queste Triglie, fossero una semplice piega o duplicatura della pelle, nè altri Autori, che io ho cercato ,s indicano nulla di più intorno a que- st’ organo. E forse considerato così pareva che non meri- tasse realmente la pena di occuparsene di vantaggio. Ma a me la cosa si è presentata altrimenti. Fosse lo stato di miglior conservazione del Pesce del Mozambico, fosse che con maggior attenzione abbia io esaminate le li- nee, io ho visto che le linee verticali, che segnano come tanti filamenti sui fianchi, sono vasi che più o meno pa- rallelamente serpeggiano sui. fianchi, e rivolgonsi allorchè sono presso la linea del dorso, e presso la mediana ven- trale. Da ciascuno di questi vasi o tubi parte ad ogni tratto un piccol tronco, o tubetto pertugiato nell’ apice, e rivolto allo indietro, il quale posa e si adagia sopra una scaglia. Sono poi così spessi che sopra ogni scaglia uno sen vede, talchè sembra che ogni scaglia abbia il suo tu- betto colla boccuccia aperta. Questa disposizione di parti mi ha destato il pensiero che sia qualche cosa paragonabile alla linea laterale dei Pesci, organo secernente, il quale molto variamente è mo- dificato nelle varie Specie e Famiglie. Infatti la linea la- terale è formata da uno stelo principale, al quale si an- nettono i rami, e tronchi secondari in più o men numero , i quali finiscono con una troncatura o taglio su cui è la boccuccia. Ma ordinariamente le ramificazioni si stendono e diffondono sopra una sola delle scaglie che costituiscono Ja linea laterale. Nella Triglia invece del Mozambico , co- me nella comune Zrigla lineata, quest’ organo si diffon- derebbe su tutte le scaglie del corpo. Ma a conoscere bene e stabilire la cosa occorre en- trare in un esame più intimo, lo che non mi è stato 102 concesso di fare sin qui, e che rimetto ad altro giorno, se a Dio piace =. Poscia il Prof. Domenico Santagata, a nome ancora del proprio padre Cav. Antonio, legge una Seconda Memo- ria sopra i Ligniti del Bolognese, prendendo a parlare di quelli che si ritrovano nella parte mediana delle nostre Montagne, avendo nella prima Memoria più specialmente trattato di quelli che appartengono alla parte alta ed alla sinistra del Reno; e di due località più estesamente ragio- na, siccome quelle che gli hanno dato materia ampia e svariata di osservazioni e discorso, quali sono il Bacino del Rio Carbonara che versa le acque nel Torrente Setta, ed i terreni circostapti al Rio delle Rovine o della Cava in Mongardino che sbocca nel Torrente Olvetta. I Terreni del Bacino del Rio Carbonara sono costituiti , può dirsi, da quelli che formano il Monte Adone, dal quale il Rio stesso ha principio, e che si compone nella parte superiore di un’ arenaria giallognola fossilifera più o me- no indurita con agglomerati di ghiaie grosse o minute, e nella parte inferiore , di una marna argilloso-calcare grigia, appartenente tutto al periodo terziario medio , e nella par- te inferiore più antica si trovano qui li liguiti. I quali più spesso sono in minuti frantumi quà e là dispersi nell’ ar- gilla, e tratto tratto rinvengonsi in ceppi interi di piante ma rari. Osservando Jà intorno il. terreno venne scoperto uno strato sottile. di carbone continuato per tre 0 quattro metri, attorno al quale scavando ‘si trovò che la terra è tanto penetrata di carbonosa lignite che può dessa ancora servire da combustibile trascegliendola bene e purgandola alquanto dalla terra vergine e adoperandola insieme ad al- iri materiali buoni da fuoco. E qui la Memoria sì allunga a parlare della probabilità di trovare il lignite in maggio- re abbondanza dissolto a questi terreni, accennando i criteri che è mecessario ancora scoprire per consigliare l’ impresa 105 di escavazione profonda, per la quale finora non si hanno ragioni bastanti al bisogno, benchè mon si abbia motivo ancor sufficiente di escludere affatto che mai non si possa rinvenire più a fondo in questi terreni alcun abbondante deposito di combustibile, come si prova al confronto degli argomenti contrari e de’ favorevoli che nella Memoria sono indicati. In quel Bacino inoltre si hanno diversi altri og- getti di osservazione e di studio che sono pure descritti, e che qui per brevità sì trapassano, interessando più di far noto ciò che dell’ altra località è narrato. In essa, cioè in Mongardino e nei monti costeggiati dal Rio della Cava, ti è visibile uno strato carbonoso nero che, discoperto , si mostra essere un ammasso curioso di vegetabili diverso af- fatto da quelli fin qui conosciuti. Il terreno nel quale des- so si trova è simile a quello del Monte Adone, e i vegeta- bili sono precisamente nell’ Argilla calcare grigia, sotto e a contatto dell’ arenaria giallognola fossilifera superiore ca- ratterizzata specialmente nelle due località dall’ Ostrea fo- liosa e dalla Edulis che vi son più frequenti. Recati in Bo- logna parecchi saggi trascelti di quell’ ammasso, con faci- lità si è potuto separare e disgiunger fra loro gli avanzi dei vegetabili dei quali è formato, e si è conosciuto, che sono nient’ altro che Piante marine delle più antiche vege- tazioni del Globo, e la più parte di specie perdute. Recasi in questo, si dice nella Memoria, il giudizio del Professor Giuseppe Bertoloni che ha esaminati quegli avanzi medesi- mi, ed ha in essi distinti ben chiari i caratteri della Dico- tomia esprimendo ancor |’ opinione ehe la massima parte appartenga al Genere Cilindrites del Prof. Goppert, mira- bili alcune per esser di enorme grandezza. Alcune ancora sono articolate, e il Bertoloni è d’ avviso che spettino al Genere delle Coralittidi , ma gigantesche al confronto di quelle che vivono ancora. Molti pezzi non sono determina- bili punto perchè amorfi, e sembran frantumi delle stesse piante suddette. Avvene alcuno che può credersi analogo 104 alle Zosteritidi, ed un frustolo ancor si rinviene di fronda che ha intera la costa da un lato, e dall’ altro 1’ ha aperta: come pure vi ha un pezzetto che ha molta somiglianza col- la tessitura della scorza di Pino marino: e fra tanto am- masso si trovan vestigia di foglie di piante dicotiledonee che non si è potuto determinarle per essere troppo im- perfette. Si promette qui dagli autori di far più ampia raccolta di quei singolarissimi avanzi e di ragionarne poscia per quello che ognuno ben vede interessare non poco allo stu- dio della Geologia dei nostri terreni ed alla Storia delle creazioni degli esseri organizzati. Sessione straordinaria. 31 Maggio 1857. Si aduna l’ Ordine de’ Pensionati all’ oggetto di eleg- gere il Presidente pel venturo anno accademico 1857-1858, formar 1’ Albo delle Sessioni, e nominare un Alunno in sostituzione del Dottor Carlo Massarenti promosso ad Acca- demico Onorario. Proposti per la Presidenza gli Accademici Benedettini Alessandrini, Bianconi, Medici e Rizzoli, resta confermato nella Presidenza il Prof. Cav. Antonio Alessandrini. Il Presidente propone pel posto d’ Alunno 1’ Eccellen- tissimo Dottor Cesare Belluzzi, che viene eletto, quasi alla unanimità. Estratti a sorte i nomi de’ Pensionati che dovran leg- gere nelle successive sessioni, risulta il seguente 106 REGISTRO Dei giorni delle adunanze scientifiche e degli Accademici pensionati che in esse leggeranno. NovEMBRE 12 Bertoloni Giuseppe 19 Rizzoli 26 Fagnoli GENNAIO 7 Santagata Domenico 14 Venturoli 21 Soverini 28 Piani FEBBRAIO à Fabbri 18 Medici 25 Brighenti Mazzo 4 Respighi 11 Belletti 18 Della Casa 1857 1858 DicEMBRE 3 Predieri 10 Gualandi 17 Bertoloni Antonio APRILE 8 Comelli 15 Santagata Antonio 22 Contri 29 Calori Maccio 6 Alessandrini 20 Sgarzi 27 Paolini Giucno 10 Bianconi 106 Libri ricevuti in dono dal Novembre 1856 a tutto Maggio 1857... Dal Governo Britannico + Osservazioni a Greenwich nel 1854. Dal Governo degli Stati Uniti — Sperienze sui metalli da cannone. —— Studi per'uba strada di comunicazione fra il fiume Mississippi e 1’ Oceano Pacifico. —— Rapporto dell’ Uffizio delle Patenti 1854. Dall’ Accademia P. de’ N. Lincei + Atti delle Sessioni 4 Dicembre 1853, 22 Gennaio 1854; 7 Dicembre 1856, 4 Gennaio, 1 Febbraio, 1 Marzo e 2 Apri- le 1857. Dalla Imp. Accademia delle Scienze di Vienna + Memo- rie della Classe Matem. Natur. Vol. X. e XI. —— Memorie della Classe Filosof. Stor. Vol. VII. —— Rendiconto della Classe Matem. Natur. Vol. XVIII- RMX: —— Rendiconto della Classe Filosof. Stor. Vol. XVIII -XXT: —— Fontes Rerum Austriacarum. Ser. 2.% Vol. XI. e XII. —— Archivii per le Antichità Austriache. Vol, XV. e XVI. —— Fogli di Notizie pel 1856. —— Giornale del 32.° Congresso de’ Naturalisti e Me- dici Tedeschi. —— Annali dell’ I. R. Istituto Centrale Meteorologico e Magnetico. Vol. IV. —— Almanacco dell’ Accademia pel 1856. Dall’ I. R. Istituto Geologico di Vienna — Memorie. To- mo III. —— Giornale. Ottobre 1855 — Marzo 1856. 107 Dall’ I. R. Istituto Lombardo — Memorie. Tomo VI. —— Giornale. Fascic. IL. e L. Dall’ I. R. Istituto Veneto — Memorie. Tomo VI. Parte I. —— Atti 1856. Dispense 8-10. Dalla R. Accademia di Madrid + Memorie. Tomo I. Ter- za Serie — Scienze Naturali. Tomo I. Parte 3.* —— Memorie. Tomo II. Prima Serie = Scienze Esatte. Tomo I. Parte 1. —— Riassunto degli Atti. Anni 1851-53. Dalla Società R. di Edimburgo — Transazioni. Vol. XXI. Parte III. —— Processi delle sessioni 1855-56. Dalla R. Accademia di Medicina del Belgio — Memorie Tom. I-III. —— Memorie di Concorso ec. Tom. I. e II, e fasc. 1. 2. del Tomo III, —— Bullettino. Tom. I-XV, e fasc. 1-3. del Tomo XVI. Dalla R. Accademia di Napoli — Memorie dal 1852 in avanti. Vol. I, fasc. I. Dalla Società Letteraria e Filosofica di Manchester — Me. morie. Serie 2.*% Vol. I-XIII. Dall’ Accademia di Agricoltura ec. di Verona — Memorie. Vol. XXVII-XXXII. Dall’ Istituto Smithsoniano= Contributi alla Scienza. Vol. VIII. Dalla Società di Storia Naturale in Boston — Proces- si 1855-56. Dall’ Accademia Americana di Boston — Mem-:1e. Nuova Serie. Vol. V. Parte 2. Dall’ Accademia di Scienze Natur. di Filadelfia — Proces- st, VolVILI nad. —— Notizie redatte da Ruschenberger. Dall’ Accademia di Scienze Natur. in California — Proces- siValgale Dall’ Accademia Gioenia di Catania — Giornale. Settem- bre 1856 — Febbraio 1857. Dalla Società Senckenbergiana di Francoforte — Memo» rie. Tomo II. fasc. I. 108 Dalla Società de’ Naturalisti per Sassonia e Turingia — Giotè nale. An. 1855. Dalla Società Chimica di Londra — Giornale. N.° XXXIII -XXXV. Dalla Società Medico-Chirurgica di Bologna + Bullettino. Ottobre 1856 — Aprile 1857. Dall’ Istitùto Agrario Ferrarese — Relazione de’ lavori per la formazione di una Società di canapificio. Dalla Direzione + Corrispondenza Scientifica in Roma. An. IV. N.° 50-52; An. V. N.° 1-5. Dalla Direzione — Propagatore Agricola. Settembre 1856 — Marzo 1857. Dalla Bolognese Commissione di beneficenza a poveti pér causa del cholera — Rendiconto a tutto Giugno 1856. Dalla N. Famiglia Baldassini — Orazion fanebre pel march. F. Baldassini scritta dal Canonico Ortolani. Dalla Bolognese Deputazione di Sanità — Il cholera in Bo- logna Ì’ anno 1855. Dai rispettivi Aùtori: Lombardini Ingegnere Elia — Intorno al sistema idraulico .del Po. —— Importanza degli studi sulla statistica dei fiumi. —— Sull’ omonimia de’ fiumi dell’ Italia Settentrionale e della Francia. —— Dei cangiamenti cui soggiacque l’ idraulica condi. zione del Po. —— Delta sistemazione dei laghi di Mantova. —— Sulle piene de’ fiumi e laghi della Lombardia av- venute nel Giugno 1855. —— Notizia sulla piena de’ fiumi di Lombardia avvenu- ta dal 31 Ottobre al 2 Novembre 1855. De Renzi Prof. Salvatore — Lezioni di Patologia Generale. De Visiani e Massalongo + Flora de’ terreni terziarii di Novale. Verardini Dott. Ferdinando — Intorno l’ invasione del cho- lera nel 1855. 109 Verardini Dott. Ferdinando — Sulla contemporanea esisten- za del vaiuolo e del vaccino. Volpicelli Prof. Paolo — Algebra. Proprietà dei numeri da esso osservata. —— Sugli spezzamenti di un dato numero. —— Sull’ induzione elettro-statica. 3.* e 4.* Communi- cazione, Corvini Dott. Lorenzo — Dell’ innesto nella peripneumonia de’ bovini. Berti-Pichat Carlo = Corso d’ Agricoltura. Dispense 56-63. Garbiglietti Cav. Antonio — Ricerche sopra l’ osso qua- drato degli uccelli. —— Risposta al Dott. Gastaldi. Gallotti Barone Giuseppe — Del ribasso del valore permu- tabile dell’ oro, e sue conseguenze. Trask Dott. Giovanni — Rapporto sulla geologia della Ca- lifornia. Vaughan D. — Fenomeni del Mondo Materiale. n.° 1. Treadwell Daniele — Sulla costruzione de’ cannoni di gros- so calibro. Horner Dott. G. R. B. — Topografia medica del Brasile. Strambio Dott. Gaetano — Su l’ ozono atmosferico duran- te l’ ultima epidemia colerosa in Milano. Adriani Prof. G. B. — Della vita di Monsignor Giansecon- do Ferrero. Tassi Prof. Attilio — Intorno ad una particolarità di strut- tura dell’ Allium sativum Lin. —— Dello svolgimento di calore ne’ fiori della Magnolia grandiflora. Radlinsky Prof. Giacomo — Esposizione dei dogmi di Noir- lien. Versione con Note. —— Orazione nelle esequie de’ Benefattori delle case di Ricovero ed Industria. —— L'America prima di Colombo. —— Influenza delle conquiste d’ Alessandro. —— Studi 'sul Fedone. Ghiselli Antonio — Intorno agli animali da macello, e al- la salubrità delle loro carni 110 Cialdi Commend. Alessandro — Cenni sul Moto Ondoso del Mare , e sulle Correnti di esso. —-— Sul Porto-Canale di Pesaro. —— Sul nuovo Emissario del Lago di Bientina , e sulla Botte sotto 1’ Arno. Tortolini Prof. Barnaba += Quadratura della superficie pa- rallela alla superficie di elasticità. Grech Prof. Carlo — Flora Melitensis. Ponzi Prof. Giuseppe — Eruzione solforosa a Lagopuzzo. —— Articolo sull’ Opera di Flourens della longevità umana ec. Massalongo Prof. Abramo — Miscellanea Lichenologica. Bertoloni Prof. Giuseppe = Del Castagno, e della sua Coltivazione. Taruffi Dott. Cesare — Della Legislazione Italiana intorno le Lesioni personali esaminate sotto il rapporto medico-legale. Jakschitch Prof. Vladimiro — Statistica di Servia. Dispen- sa,2.5 Galvani Prof. Domenico — Metodo di Galvani e Teracchini a preservare dalla siccità le piante di frumentone. Linati Cav. Filippo — Sull’ istinto umano studi psico-fisio- logici. —— Effetti della corrente continua sulle funzioni del gran-simpatico. —— Saggio di studi sulla simbologia siderea. —— Canzone a Giulia Sanchioli. Fabri Dott. Ruggiero — Sulle Curve Cicloidali. Gemellaro Prof. Carlo — La Creazione, Quadro Filosofico. Gemellaro Dott. Gaetano — Descrizione di alcune specie minerali dei vulcani estinti di Palagonia. Mem. I. e II. Palagi Dott. Alessandro — Elettro-magnetismo generato dalla naturale elettromozione della Terra. Ferrari Bar. Silvio — Calcul décidouzinal. 111 INDICE Memorie lette nelle adunanze scientifiche. Mepici — Elogio di Giovanni',e di Anna Morandi , Coniugi Manzolini. . . . . . aa pag VersarI — Rivista critica in risposta alla Memoria letta dal Prof. Comelli nel 24 Aprile 1856. . » AressanprINI — Sunto di osservazioni csi al- l’ anatomia del Pecari. . . è. +. nat); BertoLoni Giuseppe — Della Atrofia Vonzazià del Filugello del Moro. È. . . +» » Respicni — Sull’ accomodamento della METIS vai cale dell’ occhio umano secondo le diverse distan- ze degli oggetti visibili. . . . + Aa; RizzoLr — Atresia congenita dell’ ano, con isbocco dell’ intestino retto nella vulva. Processo operato- CL ae E ora dn. BaraveLLI — Diversi Casi Chirurgici, ed alcuni nuo- vi mezzi per condurli a guarigione. . . . » Vrerarnini — Neuralgia intercostale , seguita da Bu- limia, e Storia di un Sudor nero. . . . . » PaoLinIi — Zntorno un nuovo mezzo profilattico contro il'enolera. *. n der » BricnenTti — Sui provvedimenti dl AO: va nb no bolognese. . . SPAN fi ns SR) CaLori — Sulle borse mucose sottocutanee del corpo umano. . + Mine, —— Sullo soheletto dar Movitor Later Cut » 17 24 29 SL 32 36 38 41 112 Contri — Cenni Generali intorno all’ Arte ed alla Scienza Agraria, e più particolarmente intorno aliLasbro» ans. Mato aa 0 è POg Massarenti — Rottura di un callo deforme dell’ o- mero per accavallamento dei frammenti compli- cato a lussazione scapolo-omerale. . . . . Scarzi — Esame chimico di Macchie particolari d° ap- parenza sanguigna, e delle Macchie in generale prodotte da vero sangue. . . . +... BertoLoni Antonio — Miscellanea Botanica XVIII. » SantacatA Domenico — Burzanella, ovvero Di un Monte d° Arkosia che in quel luogo si trova. . » BeLLuzzi — Sopra un nuovo segno diagnostico diffe- renziale fra l’ emorragia cerebrale ed il rammol- Time ansa 18 Piani — De Circoli tangenti ad una terna di Rette variabile, con data legge. +. . . + +...” PrEDIERI — Studio storico comparativo intorno al con- sumo delle carni nella Città di Bologna. . . Ruspini — Proprietà di alcuni determinanti minori. Applicazione alla teorica de’ massimi e de’ mini- MIL Ri e a a Lu DIRT N ari Fassri — Pelvi obliqua-ovale esistente nel Museo Ana- tomico della P. Università di Camerino. . . BeLLertI — Osservazioni e Considerazioni cliniche so- pra il Reumatismo acuto. . +. +. + + +. + DerLa Casa — Nuovo modo di rendere grafici gli stru- menti meteorologici. . . . * . è. +» BertoLoni Giuseppe — Illustrazione de’? Prodotti INa- turali del Mozambico. Diss. VI. Intorno ad In- sertifualaotterta su droit de Pleo ce MacLacuti Ermete — Considerazioni Anatomico-Fi- siologiche intorno all’ uso più probabile della Cor- da del‘Timpano. “il. è det A Bianconi — Specimina zoologica mosambicana Fasc. Ri n CRI RS) I Re La TERRE MN E ie 4i 43 46 49 55 58 ivi 62 65 66 73 76 80 82 99 SantAGATA — Ligniti del Bolognese. Memoria II.* » 102 113 Rapporti, Nomine ec. Promozione del Prof. Domenico Santagata da Acca- demico Onorario a Pensionato. . . . . pag. 49 Promozione del Dottor Carlo Massarenti da Alunno ad Accademico Onorario. . . » 89 Nomina del Dottore R. A. dea: a SA Co Rpbnisende: i e. » 90 Risposta @ Circolare della Dioiiidione Pusifota” re- batieacall* Istmo di Suez. 00 4a D_ 99 Erezione del Presidente per l° Anno Accademico 1857- BOS eta PA E LoVe DI 104 Nomina del Dottore beate Belluzzi ad A . » ivi Recistro delle Sessioni dell’ an. accad. 1857-1858. » 105 Oggetti ricevuti in dono. Lrsnr. . ... su ia 406 MSS. d’ Antichi (PA RIE “iotiali dal Prof. Medici, e somma di & 100 profferta dal medesimo. . » 62 SRO IMPRIMATUR Fr. Petrus Caj. Feletti O. P. Ing. S. O, IMPRIMATUR Fr. Ferd. Romanengo O. P. Cens. Eccl. PSI (0 0) O y (ne A] ‘ GS , O À 0ì ol Ò Do i; I () | V) O, em i RR 770